Università degli Studi di Milano

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Università degli Studi di Milano
Università degli Studi di Milano
Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Scienze dell’Informazione
L’esperienza di Knowledge Management di una P.M.I.:
aspetti tecnologici e organizzativi
Tesi di Laurea di
Pietro Farioli – Mat. 467561
Relatore: Prof. Mario Benassi
Correlatore: Dott. Daniele Pagani
Anno accademico 2004/2005
“Non la scoperta. Ma la salvaguardia del sapere...
perché non c’è progresso nella conoscenza,
ma solo un’infinita e sublime ricapitolazione...”
(Jorge da Burgos) – da “Il nome della rosa”, U. Eco
2
A dispetto della citazione di U. Eco, si è sempre più affermato, in ogni campo dell’umano vivere,
che la conoscenza è un elemento chiave, caratterizzante e in continua evoluzione, di ciascun
individuo. Non poteva quindi restarne escluso l’universo economico-commerciale del quale il
mondo cosiddetto “civile” è intessuto.
Questo lavoro intende presentare alcune riflessioni su ciò che in letteratura viene definito “Il
capitale intellettuale”, ovvero la “Conoscenza” (intesa come risorsa in grado di sostenere l’attività
di una organizzazione nel lungo periodo), nell’ambito di una esperienza specifica di PMI (acronimo
di Piccola Media Impresa), sottolineando i seguenti punti:
-
riconoscere i tratti e le caratteristiche del capitale intellettuale nell’organizzazione;
-
individuare le fonti e i luoghi di scambio della conoscenza operativa;
-
verificare il contributo dello strumento tecnologico nella gestione del capitale intellettuale,
tentando di dedurne la corretta collocazione all’interno delle strategie di innovazione.
Si tenta di proporre uno studio circa l’attualità e l’attuazione di una teoria del Knowledge
Management all’interno di una PMI commerciale, nei suoi aspetti gestionali e informatici, percepiti
dalla teoria e dall’esperienza come mutuamente interconnessi ed alimentati.
L’esperienza specifica della PMI commerciale in esame verrà analizzata partendo dalla nascita
dell’esigenza, per arrivare alla consapevolezza, di una visione di Knowledge Management: verrà
presentato l’aspetto funzionale di un progetto software, realizzato in proprio dall’autore, per la
gestione della conoscenza acquisita dal e del cliente, utilizzata al fine di accrescere le opportunità di
mercato, migliorando la risposta alle aspettative del cliente stesso.
Tale esperienza verrà inquadrata nell’ambito più generale delle riflessioni sul Knowledge
Management e sulla gestione dei rapporti con il cliente (Customer Relationship Management), alla
luce della crescente evoluzione tecnologica ed organizzativa delle imprese e degli effetti che la
cosiddetta globalizzazione sta portando anche a livello delle reti di PMI.
3
1. Premessa: l’evoluzione tecnologica e le PMI ................................................................8
1.1
Le PMI, tessuto dell’economia del nostro paese, nell’era di Internet .............................8
1.2
Quando e come innovare nella PMI? ...............................................................................12
1.3
Qui comincia l’avventura: la PMI nell’oceano della globalizzazione............................14
2. Per entrare nel mondo del Knowledge Management.................................................17
2.1
Introduzione.......................................................................................................................17
2.2
La gestione della conoscenza: aspetti teorici....................................................................19
2.2.1
Cosa si intende per conoscenza ......................................................................................19
2.2.2
Dati, informazioni, conoscenza ......................................................................................21
2.2.3
Un aiuto dalla psicologia sociale....................................................................................25
2.2.4
Conoscenza tacita ed esplicita ........................................................................................28
2.2.5
Il modello di Nonaka e Takeuchi per la creazione di conoscenza (modello SECI) .......31
2.2.6
Alcune considerazioni ....................................................................................................42
2.3
La gestione della conoscenza: aspetti pratici ...................................................................44
2.3.1
Il “mercato della conoscenza” ........................................................................................44
2.3.2
La strategia della conoscenza per la conoscenza............................................................46
2.3.3
Gli spazi della conoscenza – Il concetto di Ba ...............................................................53
2.3.4
Il modello delle comunità di pratica...............................................................................56
2.4
La conoscenza e il Capitale Intellettuale ..........................................................................60
2.4.1
Definizione di capitale intellettuale................................................................................60
2.4.2
Modelli per il capitale intellettuale.................................................................................62
2.4.3
Misura del capitale intellettuale......................................................................................65
3.
Il Customer Relationship Management: un quadro di riferimento ................................73
3.1
La nascita del CRM............................................................................................................73
3.1.1
Per una definizione di CRM ...........................................................................................76
3.1.2
Le categorie del CRM ....................................................................................................77
3.2
Struttura del CRM .............................................................................................................79
3.2.1
L’infrastruttura informatica di un sistema CRM ............................................................80
3.2.2
Modellizzazione dell’offerta di contenuti e servizi ........................................................85
3.2.3
La centralità delle relazioni ............................................................................................87
3.2.4
Caratteristiche funzionali del CRM................................................................................90
4
3.3
Il marketing relazionale.....................................................................................................92
3.3.1
Identificare......................................................................................................................94
3.3.2
Differenziare...................................................................................................................95
3.3.3
Interagire.........................................................................................................................96
3.3.4
Personalizzare.................................................................................................................97
3.4
Interazione tra le funzioni aziendali .................................................................................99
3.4.1
La produzione.................................................................................................................99
3.4.2
Il servizio pre e post vendita ..........................................................................................99
3.4.3
La logistica ...................................................................................................................101
3.5
L’integrazione aziendale..................................................................................................102
3.6
Conclusione .......................................................................................................................102
4. Metrohm Italiana Srl ..................................................................................................105
4.1
Presentazione della società ..............................................................................................105
4.1.1
Descrizione dell’azienda ..............................................................................................106
4.1.2
I prodotti .......................................................................................................................107
4.1.3
I servizi .........................................................................................................................109
4.1.4
Il marketing ..................................................................................................................111
4.2
La storia del Knowledge Management in Metrohm Italiana Srl.................................113
4.2.1
Lo stato iniziale: il KM “a quei tempi” ........................................................................113
4.2.2
La meteora “Qualità” e la nascita di una strategia per il KM.......................................119
4.2.3
Il blocco del sistema: due amministratori.....................................................................122
4.2.4
Lo sblocco del sistema: il cambio dei “vecchi” Amministratori Delegati ...................122
4.3
La certificazione del Sistema Qualità e il Knowledge Management ...........................123
4.3.1
La gestione della conoscenza operativa finalizzata alla soddisfazione del cliente ......123
4.3.2
La gestione della conoscenza e l’approccio per processi .............................................124
4.3.3
La gestione della qualità e le risorse umane.................................................................126
4.3.4
Dalla gestione della qualità alla creazione di conoscenza organizzativa .....................129
4.4
Il Knowledge Management in Metrohm Italiana Srl....................................................132
4.4.1
Quale conoscenza per Metrohm Italiana Srl?...............................................................132
4.4.2
La conoscenza del front office......................................................................................136
4.4.3
La conoscenza del back office ......................................................................................143
4.4.4
Mettendo tutto insieme .................................................................................................144
4.5
Il futuro .............................................................................................................................145
5
4.5.1
Centralità del CRM ......................................................................................................145
4.5.2
Attenzione alle risorse umane ......................................................................................151
4.5.3
Innovazione culturale e organizzativa ..........................................................................152
4.5.4
Innovazione tecnologica...............................................................................................154
4.5.5
Il Knowledge Management e lo scambio di informazioni ...........................................155
5. Una soluzione per il KM dai dati di CRM: il sistema MOIS ..................................156
5.1
Introduzione......................................................................................................................156
5.2
Obiettivo e funzionalità....................................................................................................157
5.2.1
Considerazioni iniziali..................................................................................................157
5.2.2
Adeguatezza del modello dell’organizzazione del cliente ...........................................160
5.2.3
La gestione e l’utilizzo delle informazioni caratteristiche del cliente..........................163
5.2.4
L’uso di MOIS nei processi aziendali ..........................................................................164
5.3
5.3.1
L’infrastruttura e il ruolo del middleware ....................................................................165
5.3.2
Il codice middleware ....................................................................................................167
5.3.3
La struttura del database...............................................................................................168
5.3.4
Le stampe......................................................................................................................168
5.3.5
In futuro ........................................................................................................................169
5.4
6
Aspetti tecnici....................................................................................................................165
Considerazioni finali ........................................................................................................170
5.4.1
Uso del sistema CRM...................................................................................................170
5.4.2
Politica di sviluppo di MOIS........................................................................................172
Bibliografia e riferimenti al Web...............................................................................174
Introduzione..............................................................................................................................174
Knowledge Management e Capitale Intellettuale.....................................................................174
Customer Relationship Management .......................................................................................176
Metrohm Italiana Srl, sistema MOIS e altro ............................................................................178
6
7
1.
Premessa: l’evoluzione tecnologica e le PMI
1.1
Le PMI, tessuto dell’economia del nostro paese, nell’era di Internet
Che la realtà delle PMI (e in particolare, delle Piccole Imprese, cioè con meno di 20 dipendenti)
rappresenti l’elemento costitutivo del tessuto economico del nostro Paese è un dato ormai entrato
anche nel modo comune di pensare “l’universo impresa italiana”: infatti, le imprese propriamente
dette (con più di 50 dipendenti) rappresentano una percentuale del tutto irrisoria sul numero totale,
così come il numero complessivo degli addetti in questa percentuale rimane notevolmente inferiore
rispetto a quelli occupati nelle piccole-medio imprese.
Tabella 1.1 - Distribuzione dell’occupazione nell’impresa italiana1
Come si può vedere il 99.45 %, - praticamente la quasi totalità del numero delle imprese è
ragionevolmente elencabile come PMI (cioè ha meno di cinquanta dipendenti); inoltre,
considerando comunque l’elevato numero degli addetti in questa percentuale (il 69.35 % degli
addetti totali), si capisce come, anche culturalmente, il fenomeno PMI faccia parte della realtà
sociale italiana. Si osservi anche2, come dato significativo, che il 94% delle imprese della provincia
di Milano ha meno di dieci addetti e la prevalenza delle imprese che nascono derivano da imprese
già esistenti. I profondi cambiamenti avvenuti negli anni Ottanta hanno spostato il sistema
economico milanese dalla produzione tradizionale, caratterizzata dalla presenza di grandi aziende,
verso un network integrato di piccole e medie imprese.
Questo scenario di riconfigurazione delle imprese ha intrinsecamente modificato la struttura sul
territorio reale e virtuale e, soprattutto in quest’ultimo campo, è rilevabile sempre più la necessità di
strumenti adeguati per l’adattamento delle relazioni tra i soggetti economici di impresa.
L’innovazione tecnologica crescente, che coinvolge sempre più il modo stesso di comunicare e
relazionarsi tra imprese (si pensi, ad esempio, l’uso della posta elettronica), non può quindi non
coinvolgere pesantemente questa preponderante fetta di imprese italiane: alcuni strumenti, quali
1
2
Fonte: elaborazione dell’autore su dati ISTAT, da “Annuario statistico italiano 2004”
Cfr: http://temi.provincia.milano.it/economia/istituzionale/milanoincifre7.htm
8
l’accesso al Web, ai gruppi di discussione pubblici o privati e la posta elettronica, sono ormai
irrinunciabili, analogamente a quanto è impensabile non poter utilizzare un apparecchio telefonico.
Tuttavia, la piramide della spesa IT è rovesciata rispetto a quella della distribuzione del numero di
addetti:
> 250
56,2%
0,47%
50…249
24,3%
1,24%
20…49
98,22%
1…19
0,07%
Distribuzione imprese per numero di addetti
Addetti
19,5%
Distribuzione relativa della spesa IT
Figura 1.1 - Relazione tra spesa per IT e dimensione delle imprese nell’anno 20033
A questo punto si può intuire che nel contesto delle aziende, soprattutto per le PMI, non sempre
(anzi, quasi mai) l’innovazione tecnologica è percepita come must per stare al passo con le esigenze
dei clienti e del mercato globalizzato. Secondo una prospettiva strutturalista, la globalizzazione
viene intesa come rischio e opportunità poiché una maggiore interdipendenza strutturale delle
diverse parti del globo determina nuovi fenomeni di gerarchizzazione, dovuti ad una diversa
distribuzione dei vantaggi connessi alla divisione internazionale del lavoro: gli scambi e i flussi che
legano insieme le diverse realtà sono ormai tali da modificare profondamente le condizioni in cui
attori sociali ed individuali perseguono i propri obiettivi. E’ grazie alle possibilità che i sistemi
informativi e telematici mettono a disposizione che l’interdipendenza si rafforza così rapidamente (e
quindi l’organizzazione della vita economica travalica ampiamente i confini degli stati nazionali)4.
Anche in una prospettiva soggettivistica, in cui la globalizzazione consiste
“nell’intensificazione delle relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località distanti, facendo sì
che gli eventi locali vengano modellati dagli eventi che si verificano a migliaia di chilometri di distanza
e viceversa.”5
3
Fonte: Assinform (NetConsulting), “Tecnologie ICT per reti di PMI”, ottobre 2004
Cfr. Z. Barman, “Dentro la globalizzazione”, 1999, Il Saggiatore
5
Cfr. A. Giddens, “Le conseguenze della modernità”,1994, Il Mulino
4
9
non è assolutamente pensabile uno sviluppo economico senza un uso massiccio delle nuove
tecnologie. E’ quindi interessante vedere quantitativamente l’impatto delle nuove tecnologie sulle
imprese italiane:
Tabella 1.2 - Strumenti ICT e imprese italiane6
E’ interessante osservare come l’uso della email e di Internet, intesi come strumenti per lo scambio
di informazioni, si sia effettivamente affermato (sebbene solo il 74.1% delle PMI appartenenti alla
fascia da 10 a 49 addetti disponga di posta elettronica – e quindi ancora un buon 25%, ovvero
44160 imprese, non ne usufruisca7).
Consolante è la percentuale, seppure bassa, del 27.5% di imprese che dispongono di rete Intranet,
luogo privilegiato di scambio di informazioni e di know-how, oltre che di crescita della conoscenza.
Le basse percentuali di reti Extranet, tuttavia, indicano che l’integrazione ICT della network di PMI
deve essere ancora sviluppata.
Di più difficile interpretazione sono i dati relativi alla modalità di accesso alla rete (analogico,
ISDN, xDSL) poiché dalla tabella esposta ne appare sostanzialmente una equa distribuzione. Una
indicazione più precisa e forse più aggiornata ci viene da un comunicato dell’Unione Europea:
Secondo una nuova relazione dalla Commissione europea, il numero di cittadini e imprese che
accede a Internet con collegamenti ad alta velocità è cresciuto di oltre l’80% tra il gennaio 2003 e il
gennaio 2004. L’adozione della banda larga nell’UE procede attualmente ad un ritmo più elevato
rispetto agli Stati Uniti e alcuni Stati membri vantano le migliori prestazioni al mondo in questo campo.
Tutti gli Stati membri dell’UE15 hanno adottato strategie nazionali in materia di banda larga e i nuovi
6
7
Fonte: dati ISTAT, da “Annuario statistico italiano 2004”
Deduzione dell’autore confrontando i dati ISTAT
10
Stati membri presenteranno le loro rispettive strategie entro la fine del 2004. Tutti gli Stati membri
convengono che il progresso deve essere dettato dal mercato. La crescita è stata più rapida nei paesi
in cui la concorrenza, in particolare quella delle reti alternative, ha garantito la possibilità di scegliere
tra diversi fornitori del servizio e ha abbassato i prezzi. Le autorità pubbliche, tuttavia, devono ancora
intervenire ogniqualvolta i mercati non garantiscono gli investimenti necessari. Le strategie nazionali in
materia di banda larga mirano, pertanto, ad assicurare una maggiore copertura delle zone ancora
scarsamente servite e a stimolare la domanda. La relazione giunge alla conclusione che le strategie
nazionali devono essere rivedute ed aggiornate durante il 2005 per tenere conto delle nuove tecniche
per la connessione ad alta velocità e per apprendere dalle buone pratiche attuate da altri paesi.8
Infatti, è facilmente intuibile che la diminuzione dei costi di connessione xDSL porterà la
prevalenza degli utenti di Internet ad abbandonare le vecchie tecnologie di connessione in favore di
queste ultime. In un Paese come l’Italia in cui si è raggiunto, nel febbraio 2005, il quarto posto
europeo per il ccTLD, con un milione di TLD “.it” registrati, i dati presentati rappresentano una
sorta di campanello di allarme per la competitività delle PMI in un mercato sempre più globalizzato.
Sebbene il concetto di Innovazione Tecnologica sia molto più generale del mero investimento in
strumenti tecnologici, questi dati sottolineano comunque una certa freddezza delle imprese verso
tale innovazione. Di seguito è illustrata la variazione di spesa ICT negli ultimi anni:
Figura 1.2 – Variazioni percentuali del mercato IT9
Dalla figura 1.2, riflettendo ulteriormente sulla grande sproporzione di investimenti, si può
concludere che
8
9
Comunicato stampa UE: Reference: IP/04/626 Date: 11/05/2004
Fonte: Assinform (NetConsulting), op. cit.
11
“dato l’andamento del mercato ed il gran numero delle aziende di più piccola dimensione, risulta, quindi,
ancora più importante il benefico effetto delle aziende “leader” nel processo di adozione di nuove tecnologie
per l’impatto e ruolo guida e di spinta che hanno nei confronti delle PMI. La Piccola e Media Impresa italiana
è, di fatto, prevalentemente raggruppata in Indotti, Poli Produttivi o Distretti Industriali. Nei casi in cui esiste
una situazione ben definita, dove in un raggruppamento d’imprese sono presenti soggetti con capacità
governance ed il possesso di una chiara vision sul processo di digitalizzazione, un’azienda leader (o un
nucleo costituito da più aziende leader) riesce a coinvolgere le aziende dell’Indotto, del Polo Produttivo o del
Distretto, nel proprio sforzo di revisione dei processi aziendali; la conseguenza è che le aziende più piccole
ne traggono benefici in termini di efficienza, risparmi, vantaggi organizzativi e quant’altro”10.
1.2
Quando e come innovare nella PMI?
In definitiva l’innovazione può essere notevolmente agevolata se è il cliente che lo richiede o se la
concorrenza sprona in questa direzione.
“Un reale contatto con il sistema competitivo anche a livello internazionale rappresenta un fattore di
stimolo alla ricerca dell’innovazione (…) In Italia lo sboom è stato, se possibile, ancora più pesante –
spiega Andrea Rangone, docente e responsabile della parte gestionale degli osservatori della School
of management del Politecnico di Milano – creando un diffuso senso di sfiducia e addirittura di
depressione, soprattutto da parte di chi aveva subito l’euforia internettiana come un corpo estraneo.
Un quadro che si incrocia con l’arretratezza culturale storica del nostro paese nel campo delle nuove
tecnologie (…) Esaminando lo stato dell’arte della dotazione hardware e software emerge una realtà
che si potrebbe riassumere con un solo aggettivo: un patchwork (…) Alla domanda crescente di
funzioni tecnologiche le aziende hanno risposto per esempio acquistando nuovi server, ma senza
ridisegnare la propria infrastruttura. Accade così che nelle imprese (…) vi sia una presenza (…)
sorprendente di una dotazione software obsoleta, caratterizzata prevalentemente da Windows 98 e
NT, sistemi AS400 e gestionali monolitici sviluppati in Cobol”11
Tuttavia, anche se
“La diffusione dell’impiego dell’ICT non è certamente la soluzione ai problemi di sviluppo, evoluzione e
competizione sui mercati internazionali della nostra PMI, (…) si può affermare (…) che se essa non è
una condizione sufficiente, senza di essa sarà ben più difficile superare i problemi. La Piccola Impresa
distrettuale (…) non ha ancora accettato l’azione innovatrice della tecnologia dell’Informazione e della
Comunicazione sul Modello di Business e le cause sono da attribuirsi principalmente a:
10
11
Assinform, op.cit.
Andrea Di Stefano, La repubblica – Affari e finanza – 29 marzo 2004
12
- una resistenza a cambiare un sistema che ha funzionato e che ha prodotto importanti vantaggi
competitivi;
- una visione culturale della Tecnologia nata e radicatasi quando le tecnologie disponibili erano
tutt’altra cosa rispetto alle attuali;
- il timore dell’imprenditore di non riuscire a proteggere le proprietà intellettuali ed i segreti
commerciali, in quanto la trasformazione delle relazioni/comunicazioni in modalità telematica porti
verso rapporti interpersonali, trasmissioni di conoscenza e rischio di più facile acquisizione da parte di
altri delle proprie conoscenze.
I Fornitori di tecnologie, d’altro canto, trovano difficoltà nel rapporto con le PMI e si concentrano
maggiormente sulle prestazioni tecniche di prodotti e/o servizi che offrono, anziché puntare ad
interpretare e soddisfare le esigenze del contesto organizzativo, economico, umano e relazionale sul
quale possono incidere.”12
Ma anche il fattore umano può risultare determinante per l’innovazione tecnologica all’interno di
una PMI:
“Un ruolo fondamentale è quello del pivot: la presenza di una figura interna all’impresa che sia in
grado di svolgere un ruolo organizzativo di collegamento tra il vertice, il management di linea, la
direzione Information Technology ed i fornitori tecnologici (…) il pivot non deve necessariamente
possedere approfondite competenze tecniche (ma deve avere una esplicita e forte sensibilità alle
tecnologie) mentre deve avere buone competenze gestionali e di business. Rappresenta il riferimento,
il promotore dall’interno dell’impresa dell’innovazione e, per questo, deve possedere anche capacità di
project management, di relazione interpersonale e una buona propensione al cambiamento e
all’innovazione”13.
Riassumendo: si possono allora delineare due caratteristiche necessarie all’innovazione nella PMI:
-
stile “accogliente” verso le nuove tecnologie da parte dell’imprenditore;
-
individuazione di una figura o gruppo di persone che faccia da pivot per l’introduzione di
sistemi di gestione software, mediando la realtà aziendale con la soluzione proposta
Ancora una volta, l’innovazione è questione di persone.
12
13
Assinform, op. cit.
Andrea Di Stefano, La repubblica – Affari e finanza – 31 gennaio 2005
13
1.3
Qui comincia l’avventura: la PMI nell’oceano della globalizzazione.
L’innovazione non è però propria del solo dominio tecnologico: ha in sé una portata culturale ad
ampio raggio che parte dalla formazione nozionistica di base data dalla scuola e dall’università per
raggiungere la vita quotidiana personale e della polis. Innovazione e cultura vanno di pari passo,
riflettendo nella vita sociale gli aspetti, a qualunque titolo, negativi e positivi (basti pensare a cosa
voglia dire un telefono cellulare dato a una figlia adolescente).
In una PMI, innovare significa anche avere il tempo di ristrutturare o ripensare i processi e le
attività, integrarle con gli strumenti tecnologici salvaguardando le peculiarità e i servizi al cliente.
In una direzione più consona a questo lavoro, si può affermare che, se da una parte l’evoluzione
tecnologica stessa costringe le organizzazioni ad essere sempre più efficaci ed efficienti – pena la
perdita di competitività e quindi di fatturato –, dall’altra non è possibile pensare all’innovazione
dell’organizzazione nell’azienda medio piccola, senza valutare e porre al giusto posto i mezzi per
l’elaborazione e la comunicazione dell’informazione e la necessaria formazione agli stessi utenti.
A partire da questa ultima affermazione, si può allora intuire la necessità di orientarsi, anche
all’interno di una PMI, alla gestione dell’unica risorsa in grado di sostenere nel tempo il business: la
Conoscenza, il know-how, ovviamente convertito in valore per il cliente, ciò che rende unica e
caratteristica una azienda rispetto ad un’altra.
Le condizioni economiche del momento e la crisi di molti mercati sono segnali di allarme per
l’occupazione che non possono essere ignorati: oltre ad essere necessario che i governi nazionali e
quello europeo facciano la loro parte14, anche le aziende stesse devono dare “un colpo di reni” per
stare “al passo” con i fenomeni della globalizzazione e di evoluzione tecnologica.
“I progressi delle tecnologie digitali sono descritti in parte da alcune leggi che sono diventate piuttosto
popolari negli ultimi anni e che lasciano prevedere una preoccupante progressiva ingovernabilità di
questi fenomeni:
14
Almeno sulla carta, pare che il nostro governo abbia colto l’importanza di ciò:
“… si è resa indispensabile una vera e propria politica per l’innovazione. Nell’ambito di questa, le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione rappresentano una priorità …” Cfr. II piano per l’innovazione digitale nelle
imprese” Min. delle attività produttive, Min. per l’innovazione e le tecnologie, gennaio 2005. C’è purtroppo da
osservare la bassa spesa per la ricerca (Cfr. http://htm.cisl.it/sito/Contenuti/SPECIALEFINANZIARIA/innovazionericerca.htm)
e l’insistenza di un pedagogicamente pericoloso approccio in stile marketing all’alfabetizzazione informatica basato su
sconti e incentivi per l’acquisto di un PC quasi ironicamente accostato al contributo per l’acquisto del ricevitore DTT.
(Cfr. http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/Finanziaria2005/finanziaria.pdf). E’ però di notevole importanza
il Fondo di Garanzia, istituito con la legge 662/96, che permette il rilascio, da parte del Gestore del fondo, di garanzie
sui finanziamenti concessi alle PMI a fronte di programmi di investimento in tecnologie digitali.
Cfr. http://www.innovazione.gov.it/ita/news/fondo_garanzia_ict.shtml
A titolo puramente informativo si ricordano anche i finanziamenti previsti per le PMI dalle leggi 46/82, 898/94,
1329/95, 140/97.
14
-
Legge di Moore: la potenza di elaborazione di un microprocessore tende a raddoppiare ogni 18
mesi, a costi costanti;
-
Legge di Metcalfe: il valore di una rete cresce con il quadrato del numero dei suoi utilizzatori;
-
Legge di Gilder: la larghezza di banda raddoppia ogni 12 mesi, a parità di costo;
-
Legge della distruzione: mentre il cambiamento tecnologico si sviluppa a ritmo esponenziale, i
sistemi politici, sociali ed economici cambiano soltanto a ritmo incrementale.”15
Si auspica anche che i recenti accordi finanziari tra le banche europee16 siano stimoli e non blocchi
per sostenere l’innovazione tecnologica nelle PMI, base per qualunque altro tipo di innovazione.
In questo oceano dell’economia globalizzata, nel quale si
“comincia a delineare l’emergere di una economia interconnessa (…), caratterizzata dalla graduale
sfumatura delle distinzioni tra beni e servizi, tra compratori e venditori, tra capitale materiale e
immateriale, tra singola impresa e singola impresa. E’ un fenomeno assai ampio, la cui portata è
anche legata agli sviluppi di quella che è stata chiamata ‘new economy’, la cui evoluzione è tuttora
poco chiara e definibile.”17
la PMI – nello spazio sempre più ridotto della globalizzazione e nel tempo sempre più accorciato
dalla rapida corsa verso l’obsolescenza dei prodotti tecnologici, nel progressivo affermasi del
business on-demand18 – deve trovare nuovi sentieri da percorrere per poter mantenere la
competitività, rispondendo adeguatamente alla natura sempre più complessa dei bisogni che lo
sviluppo economico porta con sé.
15
Cfr. M. Raimondi, “Marketing del prodotto-servizio”, 2005, Hoepli.
Il cosiddetto accordo “Basilea 2” introduce un meccanismo di rating per valutare il grado di affidabilità delle aziende
che intendono chiedere finanziamenti alle banche, al fine che queste ultime accantonino quote di capitale proporzionali
al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti. Il timore è che l’applicazione dell'
accordo possa tradursi in
minor credito alle imprese più rischiose e a tassi più elevati.
17
Cfr. M. Raimondi, op. cit.
18
Cfr. G. Merli. A. Crippa, “Business on demand”, 2003, Ed. Il Sole 24 ORE.
16
15
Prima parte
Per una teoria del Knowledge Management
e del Customer Relationship Management
16
2.
Per entrare nel mondo del Knowledge Management
2.1
Introduzione
Una domanda che può sorgere leggendo l’indice di questo lavoro, è perché accostare il KM
(Knowledge Management – gestione della conoscenza) con il CRM (Customer Relationship
Management – gestione della relazione con il cliente). Sebbene intuitivamente chiunque abbia avuto
un minimo di esperienza commerciale troverà da sé la risposta, ci pare importante al fine di capire
la relazione tra queste due attività, riportare in seguito un riflessione di K.E. Sveiby:
“(…) people in an organization direct their efforts in two directions primarily: outward working with
customers or inward maintaining and building the organization. When they work with customers they
create customer relationships and an image in the marketplace that is partly owned by the corporation.
I call this an external structure. When their efforts are directed inwards they create an internal
structure, which in management literature is called the organization. I regard both as structure of
knowledge”19
La conoscenza posseduta da una organizzazione, intesa nella più ampia accezione del termine,
come si avrà modo di illustrare nel seguito, diviene quindi investimento per il futuro e ricchezza
patrimoniale attuale. Con essa, se gestita e curata, l’organizzazione orientata al business può seguire
le sempre più pressanti richieste di mercato, mantenendo un vantaggio competitivo sostenibile nel
tempo e non incidentale, come, invece, può essere un vantaggio derivato dall’uso della tecnologia
nei processi produttivi o nei servizi interni. Il cliente effettivo o potenziale diviene quindi stimolo e
sfida per l’organizzazione, spronandola a ricercare nuovi prodotti (o servizi), creando perciò nuova
conoscenza. L’immagine seguente illustra questo concetto. La conoscenza entra nell’organizzazione
da tre sorgenti esterne:
Mercato del
personale
competenza
Mercato dei clienti
Organizzazione
Fornitori
conoscenza,
competenza,
referenze,
immagine
conoscenza,
competenza,
referenze,
immagine
Figura 2.1: l’interazione dell’impresa nel mercato
19
Cfr. K. E. Sveiby – The new organizational wealt, 1997, Berrett-Koehler Publisher, Inc
17
La parte destra della figura precedente è l’area di attività del CRM: in questa accezione è possibile
dire che il CRM rappresenta un’istanza di KM. In questo senso, come il KM presenta aspetti
filosofici, politici e tecnologici, così il CRM eredita da quest’ultimo le medesime caratteristiche.
Sebbene il CRM sia nato soprattutto come fenomeno tecnologico software (è il segmento di
mercato del sofware in maggior crescita negli ultimi anni), riteniamo che il giusto inquadramento
all’interno della riflessione, teorica prima e operativa poi, relativa alla gestione della conoscenza in
una organizzazione possa dare il contributo più significativo alla crescente richiesta di
rinnovamento delle aziende20. Questo rinnovamento parte dalla spinta all’innovazione tecnologica
per arrivare all’innovazione del pensiero, della vision di impresa. Una organizzazione che fermasse
tale processo al dato meramente tecnologico, rischierebbe di perdere consistenti opportunità di
business, cosa che, in questo particolare frangente della situazione economica italiana, è
quantomeno pericolosa ai fini della stessa sopravvivenza dell’organizzazione.
20
K.E. Sveiby e molti altri autori riconoscono il Customer Capital come parte integrante del Capitale Intellettuale di
una impresa basata sulla conoscenza. Questo concetto verrà ampliato nel § 2.4.
18
2.2
La gestione della conoscenza: aspetti teorici
2.2.1 Cosa si intende per conoscenza
Il dibattito filosofico, sociale e scientifico sul concetto di conoscenza e sulle sue proprietà comincia
sin dai tempi dell’antica Grecia e arriva ai giorni nostri21. Dopo il 1870, a seguito dell’aumento
della capacità di comunicazione ad opera della creazione della rete ferroviaria, si innescano due
processi a lungo termine che potenziano in misura considerevole l’efficacia della conoscenza.
-
Il primo processo consiste nella progressiva separazione e specializzazione di ambiti
cognitivi che in precedenza esistevano confusi entro la diretta esecuzione operativa. Nelle
grandi imprese si formano i primi dipartimenti di Ricerca e Sviluppo e, negli anni Venti, con
il marketing, si viene formando un corpo specializzato di nozioni sui comportamenti di
consumo che, in un processo di continuo affinamento, retroagisce e orienta le strategie di
produzione e di vendita. Negli anni Ottanta si realizza un ulteriore salto evolutivo nel
processo di gestione separata delle conoscenze. Da un lato si assiste alla crescita di scala e di
complessità delle organizzazioni – che implica la creazione di sistemi di gestione di dati,
informazioni e conoscenza sempre più precisa e puntuale, dall’altro la distribuzione e la
logistica inseriscono nei servizi una nuova serie di valori rendendoli standard de facto per il
campo loro specifico (codici a barre, tracking della merce, ecc.).
-
Un secondo processo consiste nella progressiva riduzione degli ostacoli alla circolazione
della conoscenza (pubblicità, espansione della grande distribuzione) favorendo il confronto
tra i prodotti, creando trend di consumi, per arrivare sino al fenomeno dei brand22.
Infine Internet ottimizza, su scala mondiale e con minimo dispendio di risorse, la raccolta delle
conoscenze rilevanti per acquisti e investimenti.23
Con il termine “conoscenza” si intende generalmente
“il risultato di un’attività di interpretazione e di astrazione, basata essenzialmente su paradigmi logici e
formali, ma anche su principi di natura morale ed estetica. La conoscenza rivela la strutturazione
21
Per una piccola storia della conoscenza si veda on-line
http://www.itconsult.it/knowledge/white_papers/whiteCapitoli.asp?id=5&Submit=Invia
22
“Sebbene i termini branding (diffusione del marchio) e advertising (pubblicizzare) siano spesso usati in maniera
intercambiabile, corrispondono in realtà a due processi diversi. Pubblicizzare un determinato prodotto è solo una parte
del vasto programma di diffusione del marchio, come lo sono la sponsorizzazione e la licenza del logo. Pensate al
marchio come significato chiave della grande impresa moderna e alla pubblicità come al veicolo usato per diffondere tale
significato nel mondo”. (Cfr. N. Klein,“No Logo”, 2000, Baldini e Castoldi).
23
Cfr. T. Davenport, L. Prusak “Il sapere al lavoro”, 2000, Etas
19
profonda e nascosta del mondo che non è avvertibile direttamente dalla percezione senza
l’indispensabile mediazione di una complessa attività mentale” 24.
Contrapposta alla percezione – che tende ad essere soggettiva e variabile dando una
rappresentazione specifica e superficiale di quanto osservato – la conoscenza tende ad essere più
universale e profonda25. La percezione permette di acquisire osservazioni sulla realtà che ci
circonda e l’elaborazione personale – seppur condizionata dagli aspetti sociali, religiosi, ecc. –
costruisce rappresentazioni mentali atte a descrivere quanto osservato.
Passando attraverso il concetto di modello – rappresentazione di una porzione della realtà parziale,
soggettiva e orientata a un obiettivo – è quindi possibile definire la conoscenza come una collezione
di modelli.
Dal punto di vista dello studio che si intraprenderà, è interessante riportare la definizione proposta
da Sveiby:
“I define knowledge as a capacity to act”26.
Egli tuttavia suggerisce che per sottolineare l’aspetto della conoscenza individuale che abilita
all’azione è meglio il termine competenza.
La conoscenza e la sua gestione hanno avuto grande risonanza negli ultimi dieci anni del secolo
scorso e da più parti27 è stata riconosciuta come fattore di competizione decisivo.
La gestione della conoscenza consente ai soggetti economici – imprese, lavoratori, amministrazioni
pubbliche, ecc. – di prendere decisioni e intraprendere azioni che creano valore economico. Oggi il
Knowledge Management è un tema di cui probabilmente si parla meno, ma questo succede perché è
ormai entrato nelle pratiche quotidiane di un gran numero di aziende. Come verrà evidenziato nel
paragrafo 4.3 il fenomeno sempre crescente che vede la diffusione della “Certificazione del Sistema
Qualità aziendale” ha portato il problema della gestione della conoscenza anche nel tessuto delle
PMI.
24
Cfr. G. Giuda, G. Berini, “Ingegneria della conoscenza”, 2000, Egea
E’ interessante ricordare che il verbo conoscere, nella Bibbia, indica l’intima vicinanza, a volte anche il rapporto
sessuale, tra vari soggetti.
26
Cfr. K.E. Sveiby, op. cit.
25
27
“Se un tempo il fattore decisivo della produzione era la terra e più tardi il capitale, inteso come massa di macchinari e
di beni strumentali, oggi il fattore decisivo è sempre più l’uomo stesso, e cioè la sua capacità di conoscenza che viene in
luce mediante il sapere scientifico, la sua capacità di organizzazione solidale, la sua capacità di intuire e soddisfare il
bisogno dell’altro” – Giovanni Paolo II, enciclica Centesimus Annus, 1991
20
2.2.2 Dati, informazioni, conoscenza
Sebbene molte volte, anche nei contesto aziendale, i termini “dati”, “informazioni” e “conoscenza “
siano spesso usati in modo intercambiabile, è utile definire e distinguere i significati di questi tre
termini, in quanto come osservano Davenport e Prusak,
“la confusione su cosa significhino dati, informazioni e conoscenza – quanto differiscano oppure
indichino parole simili – ha avuto come conseguenza un enorme aumento di investimenti in soluzioni
tecnologiche che difficilmente riescono a soddisfare le esigenze delle imprese che le hanno realizzate,
oppure a conseguire ciò che le imprese credono di avere ottenuto.
(…)
Il successo o l’insuccesso delle attività di un’organizzazione dipendono in larga misura dalla
consapevolezza di che cosa, in termini di dati, informazioni e conoscenza, si vuole acquisire, di che
cosa è già sotto il controllo dell’organizzazione e di quali risultati è possibile conseguire o non
conseguire attraverso essi.”28
Qui di seguito si elencano le definizioni dei suddetti termini e le relative implicazioni per i contesti
aziendali:
- dati: costituiscono un insieme di fatti distintivi, oggettivi, riferiti ad un evento. In un contesto
aziendale posso essere elencati come tali le registrazioni strutturate delle transazioni. Sono la
rappresentazione di simboli (testi, numeri, formule, disegni, ecc.) e segnali fisici (suoni, immagini,
video, ecc.).
Dal punto di vista quantitativo, le imprese valutano la gestione dei dati in termini di costo, velocità
e capacità: quanto costa reperire o raccogliere un dato? Quanto tempo si impiega per accedere ad un
dato? Quanti dati possiamo raccogliere?
L’attività di raccolta è al centro di quella che potremmo definire “cultura dei dati” e la gestione
efficace degli stessi risulta essenziale per quelle organizzazioni che fondano interamente la loro
attività sui dati: (es.: assicurazioni, banche, ministeri, ecc.). Tuttavia, la mera raccolta di dati non
genera informazione – cioè conoscenza utilizzabile – essenzialmente per due motivi:
1) non esiste un significato proprio nei dati, non forniscono alcun giudizio o interpretazione;
2) un sovraccarico di dati può rendere difficile l’identificazione, tra questi, di quelli
effettivamente rilevanti.
I dati diventano informazioni quando chi li rileva vi aggiunge un significato attraverso operazioni di
contestualizzazione (per quale fine sono stati raccolti tali dati?), categorizzazione (quali componenti
chiave dei dati? A quali fenomeni o avvenimenti si riferiscono?), calcolo (i dati sono sottoposti ad
28
Cfr. T. Davenport, L. Prusak, op. cit
21
analisi matematiche, ad es. statistiche), correttezza (i dati errati sono eliminati), concentrazione (i
dati sono riassunti)29. Anche se il recente progresso ICT ha permesso di codificare in forma
elettronica tali dati (digitalizzazione dei dati) – consentendone quindi la memorizzazione, la
sucessiva elaborazione e la trasmissione –, l’intervento dell’uomo è comunque richiesto per la
categorizzazione, il calcolo e la concentrazione.
- Informazioni: sono messaggi, solitamente prodotti attraverso un documento, oppure
comunicazioni udibili o visibili. Informare, inteso come “dare forma a”, consente al ricevente di
rendere differente il suo ragionamento o la sua catena di valori. In senso stretto, è il ricevente – e
non il mittente – che decide se il messaggio che ha ricevuto è definibile come informazione – cioè
se, concretamente, lo informa.
L’informazione è, in genere, frutto dell’elaborazione di dati ai fini della produzione di significati.
L’informazione offre perciò al ricevente un punto di vista nuovo, originale, per l’interpretazione
della realtà rendendone di essa visibili o intuibili nuovi significati o permettendogli di correlare tra
loro fatti o concetti sino a quel momento apparentemente slegati (per esempio, l’introduzione della
patente a punti ha avuto come immediata ripercussione il deciso calo di incidenti – dato – e questo
effetto è stato da molti interpretato, oltre che come indicatore del successo dell’iniziativa, anche
come dimostrazione che molti incidenti sono dovuti allo scarso rispetto dei limiti stradali –
informazione, se non già conoscenza –. Il successivo ripristino del numero di incidenti al valore
precedente tale iniziativa – altro dato – porta con sé l’informazione e la conoscenza che l’aspetto di
deterrenza dei punti è ormai scemato).
L’elaborazione dei dati per estrarre informazioni è un processo che può essere automatizzato solo
parzialmente, mediante vari strumenti informatici (data warehouse, analisi on-line multidimensionale, sistemi di data mining o di content management, motori di ricerca, ecc.): in ogni
caso, i dati elaborati automaticamente da questi strumenti, richiedono comunque l’intervento umano
al fine di ottenerne utilità, in quanto la costruzione di significati è una prerogativa dell’essere umano
che, pur potendo essere supportata dalla tecnologia, non può essere automatizzata. Infine, è bene
ricordare che una tecnologia più avanzata non rende necessariamente migliori le informazioni.
- Conoscenza: non intendendo fare nostra una definizione di stampo epistemologico, proponiamo
una definizione più operativa, avente cioè una valenza prevalentemente pragmatica, similmente a
quella sopra riportata sopra di Sveiby30: si tratta di una combinazione fluida di esperienza, valori,
informazioni contestuali e competenza specialistica che fornisce un quadro di riferimento per la
29
30
Cfr. T. Davenport, L. Prusak, op. cit.
Cfr. nota 20.
22
valutazione e l’assimilazione di nuova esperienza e nuove informazioni, sulla base della quale è
possibile prendere decisioni operative e intraprendere azioni che producono valore per qualche
stakeholder dell’impresa31.
Per certi versi, il passaggio dai dati alla conoscenza si può rappresentare nello schema seguente:
DATI
INFORMAZIONI
CONOSCENZA
Figura 2.2: Dati, Informazioni, Conoscenza
O, più in dettaglio, il medesimo schema può essere illustrato come segue32:
Figura 2.3: Dai dati ai giudizi
La fase di passaggio dall’informazione alla conoscenza può contenere le seguenti osservazioni:
-
confronto: come confrontare informazioni relative a differenti situazioni?
-
conseguenze: quali implicazioni comportano le informazioni rispetto alle decisioni e alle
azioni?
31
32
connessioni: come un elemento di conoscenza è collegato con altri?
Cfr. T.H. Davenport, L. Prusak, op. cit.
Cfr. J. Liebowitz, “Knowledge Management Handbook”, 1999, CRC
23
-
conversazione: che cosa pensano gli altri delle informazioni a nostra disposizione?
In conclusione, va comunque detto che può essere complicato definire l’esatto confine che
separa il dato dall’informazione o dalla conoscenza: occorre però prestare attenzione, in quanto
quest’ultima può seguire il percorso inverso ritornando allo stato di informazione – solitamente
nel caso di un eccesso di conoscenza formalizzata.33
L’informazione deve essere quindi arricchita da una serie di attributi per diventare conoscenza:
-
esperienza: si riferisce alle azioni che abbiamo compiuto e agli eventi ai quali abbiamo
partecipato in passato (la parola deriva dal verbo latino “experiri”, cioè “mettere alla
prova”). Uno dei vantaggi più evidenti dell’esperienza, rimanda al fatto che essa fornisce
una prospettiva storica attraverso la quale osservare e comprendere nuove situazioni e nuovi
eventi. La conoscenza nata dall’esperienza riconosce la familiarità di alcuni percorsi,
permettendo di costruire confronti tra ciò che accade nel presente e ciò che è accaduto nel
passato.
-
veridicità: la conoscenza discende da dati e informazioni reali, non fittizie o distorte. La
conoscenza deve essere validata sul campo. La fiducia in essa deve essere massima.
-
complessità: è un attributo intrinseco alla conoscenza e ne rappresenta gran parte del valore.
Nonostante l’Uomo abbia una naturale tendenza a semplificare problemi complessi e
nonostante preferisca affrontare l’incertezza semplicemente facendo finta che questa non
esista, bisogna essere consapevoli che una conoscenza più approfondita generalmente
garantisce decisioni migliori rispetto ad una conoscenza superficiale, anche laddove il
superficiale appaia più chiaro e definito. La certezza e la chiarezza scontano spesso il prezzo
dell’ignoranza di fattori essenziali. In un motto: “la conoscenza è consapevole di ciò che non
conosce”.
-
giudizio: la conoscenza implica un giudizio. Le informazioni vengono innanzi tutto
giudicate rispetto a ciò che già abbiamo acquisito e questo giudizio ci permette di collocare
la nuova conoscenza nella giusta posizione (cfr. paragrafo successivo).
-
intuizione: generalmente, la conoscenza si sviluppa attraverso processi di tipo “trial and
error” e grazie all’esperienza e all’osservazione. Le regole pratiche – euristiche – possono
rappresentare una scorciatoia per ricercare soluzioni da applicare a nuovi problemi ritenuti
simili ad alcuni già affrontati in precedenza. La conoscenza interiorizzata può assumere
aspetti intuitivi: ciò avviene quando la velocità di risposta ad un problema o di una reazione
ad una sollecitazione esterna ne sottolinea la similitudine. Per chi ha da qualche anno la
patente guidare una macchina ha ormai carattere di routine e intuitivamente sa come
33
Eschilo riassumeva: “E’ saggio colui che conosce cose utili, non colui che conosce molte cose”
24
comportarsi in occasione di particolari eventi, anche senza implicare una reazione conscia di
discernimento.
Parecchi di questi attributi dipendono dalle opinioni e dalle convinzioni personali, dalla cultura
organizzativa e sociale specifica:
“… la conoscenza, diversamente dall’informazione, concerne le credenze e il coinvolgimento. E’ cioè
funzione del punto di vista, della prospettiva o dell’intezione del singolo”34
Tuttavia, mentre l’epistemologia occidentale enfatizza la verità come attributo essenziale della
conoscenza, Nonaka pone l’enfasi sulla natura della conoscenza come “opinione giustificata”,
legata all’agire in specifiche situazioni e alle convinzioni personali e soggettive influenzate dal
sistema di valori di un particolare contesto sociale.
2.2.3 Un aiuto dalla psicologia sociale
La conoscenza è dunque il frutto dell’interazione sociale fra persone e comunità. Le persone che
interagiscono in un particolare contesto sociale scambiano contenuti, idee, best practices mediante
cui costruiscono conoscenza socializzata che, a sua volta, diventa una realtà sociale che va ad
influenzare i giudizi, comportamenti ed attitudini delle persone medesime. Il significato dell’evento
/ situazione / concetto – e il suo valore etico o economico - è quindi conseguenza diretta di tale
interazione.
Per meglio riflettere su questo concetto – che a nostro avviso risulta poi determinante parlando di
innovazione –, ricordiamo che, come tutti gli individui, anche i componenti di una organizzazione e
componenti esterni che hanno rapporti con essa sono soggetti alle dinamiche di interazione, giudizio
e scelta ampiamente sottolineate negli studi di psicologia sociale.
Ci sembra quindi interessante portare la riflessione su ciò che in questa disciplina vengono dette
“euristiche”, cioè strategie cognitive semplificate riconoscibili nel giudizio sociale.
1. Euristica della rappresentatività: si tratta di una scorciatoia di pensiero che consente di
ridurre la soluzione di un problema inferenziale a un’operazione di giudizio particolarmente
semplice. Essa viene impiegata quando i soggetti devono fare inferenze circa la probabilità
del verificarsi di un certo evento. Il suo impiego può aiutare a rispondere a domande come
queste: qual è la probabilità che l’evento A sia membro della categoria B? Nella vita di ogni
giorno sono moltissime le occasioni in cui siamo portati ad usare l’euristica della
34
Cfr. I. Nonaka, H. Takeuchi, The knowledge creating company, 1997, Guerini e Associati
25
rappresentatività per effettuare dei giudizi di appartenenza categoriale: normalmente le cose
vanno per il verso giusto perché il criterio di rilevanza che abitualmente impieghiamo
funziona correttamente per produrre le stime probabilistiche. Tuttavia si dovrebbe tener
conto della probabilità di base (distribuzione reale dei campioni), basando meno il giudizio
sulla somiglianza e più su questa.
2. Euristica della disponibilità: è una strategia di pensiero che viene attivata quando le persone
devono valutare la frequenza o la probabilità di un evento. Essa si basa sulla facilità e sulla
velocità con cui vengono alla mente esempi o associazioni che si riferiscono alla categoria
su cui il giudizio viene emesso. In pratica, se al soggetto vengono alla mente con facilità
esemplari di una certa categoria, allora egli può ragionevolmente concludere che si tratta di
una categoria “numerosa”. Si può facilmente intuire che non sono rari i casi in cui fattori
diversi, che in maniera sistematica aumentano o diminuiscono la ricuperabilità mnestica
degli esemplari, possono provocare distorsioni nelle stime frequentistiche. Anche il
cosiddetto fattore di riferimento a sé, che tende a dare un posto privilegiato alle
informazioni che riguardano il soggetto, distorce facilmente tali stime, in quanto tali
informazioni godono di un più facile e immediato recupero.
3. Euristica della simulazione: è una variante della precedente. Essa viene impiegata quando i
soggetti devono immaginare ipotetici scenari in maniera da produrre ipotesi su come certi
eventi si potrebbero realizzare o avrebbero potuto realizzarsi. Questa euristica ha senz’altro
delle conseguenze importanti sul giudizio sociale e sulle risposte affettive di fronte ad
avvenimenti drammatici e può essere riconosciuta in tante osservazioni o brain-storming
relativi alla reazione dei clienti dinanzi alla proposta di nuovi servizi post vendita.
4. Euristica dell’ancoraggio e accomodamento: dovendo emettere dei giudizi in situazioni di
incertezza, spesso le persone riducono l’ambiguità ancorandosi ad un punto di riferimento
“stabile” per poi operare degli aggiustamenti ed infine raggiungere una decisione finale.
Tale euristica risulta distorta da almeno due fattori: il primo è che solitamente il punto di
ancoraggio è il soggetto giudicante stesso – la sue esperienza, il suo credo, ecc. – e il
secondo è che si tende, nel processo di accomodamento, a non distaccarsi troppo dal punto
di ancoraggio.
Anche la teoria degli stereotipi aiuta a comprendere il processo di giudizio e valutazione di persone
e fatti. Per stereotipi si intendono sistemi concettuali che semplificano le rappresentazioni della
realtà. Dunque sistemi semplici, semplificatori ma anche semplicistici che hanno in sé due
caratteristiche: si propongono di rappresentare gruppi di persone o eventi, trascurando la specificità
26
singola; inducono aspettative nel soggetto che ha a che fare con appartenenti a categorie
stereotipate.
Il rischio maggiore è quello che un stereotipo funga da punto di riferimento in una euristica di
ancoraggio e accomodamento descritta precedentemente, fornendo all’analisi comunque euristica
una partenza pericolosamente semplicistica della realtà35.
Un altro gruppo di teorie che a nostro avviso possono aiutare a chiarire meglio le dinamiche
dell’elaborazione delle informazioni sono quelle dell’attribuzione causale, che spiegano come le
persone attribuiscono il comportamento di altri a cause distinte. A titolo puramente informativo
ricordiamo i lavori di Heider (1958, teoria ingenua dell’azione: il soggetto percipiente deve decidere
se una particolare azione è causata da fattori interni alla persona che la compie – la capacità, lo
sforzo, l’intenzione – o causata da fattori esterni – la difficoltà del compito o la fortuna), di Jones,
Davis e McGillis (1965-1976, teoria dell’inferenza corrispondente: lo scopo del processo attributivo
è inferire che il comportamento osservato e l’intenzione che lo sottende corrispondono a qualche
qualità stabile della persona – dall’azione all’intenzione e quindi alla qualità), di Kelley e McArthur
(1967-1972-1973, teoria della coovariazione, in base alla quale un effetto è attribuito a quella
condizione che è presente quando l’effetto è presente, e assente quando l’effetto è assente, in tre
condizioni – persona, entità circostanza) e altri.36
Nel senso tracciato da questa digressione si può quindi intuire che un supporto psicologico o sociale
dato da psicologi consulenti potrebbe aiutare i processi cognitivi interni all’organizzazione (si pensi
ad esempio al marketing, prima ancora che al management di persone o progetti).
35
Un libro a carattere divulgativo, interessante e divertente, è l’opera di M. Piattelli Palmarini, “L’illusione di sapere”,
1993, Oscar Saggi Mondadori.
36
Cfr. M. Hewstone et altri, “Introduzione alla psicologia sociale”, 1988, Il Mulino – o qualsiasi altro manuale di
psicologia sociale o di comportamento organizzativo o sociale.
27
2.2.4 Conoscenza tacita ed esplicita
La gran parte degli autori, ad iniziare da M. Polany37, concordano che è possibile distinguere due
tipi di conoscenza:
1) Conoscenza esplicita: è la conoscenza riportata su documenti, Web, supporti audio o video,
ecc., cioè codificabile – e quindi trasmissibile ad altre persone – mediante il linguaggio
naturale o altri formalismi quali formule, diagrammi di flusso, schemi o disegni, ecc.
2) Conoscenza tacita: conoscenza personale o implicita in specifici contesti, indirettamente
accessibile solo con difficoltà attraverso deduzioni e osservazioni dei comportamenti,
oppure attraverso discussioni e indagini in gruppi (aziende). Secondo Nonaka e Takeuchi,
“Il riconoscimento della dimensione tacita e della sua rilevanza ha numerose implicazioni di
importanza decisiva. Innanzitutto da’ origine a una visione completamente diversa
dell’organizzazione, che cessa di essere considerata come una macchina deputata
all’elaborazione di informazioni e diventa un organismo vivente. In questo contesto,
condividere una visione del significato dell’organizzazione, della direzione verso cui si
muove, del tipo di mondo in cui vuole operare, e delle modalità per realizzare questa visione
del mondo, è di gran lunga più importante di quanto non sia l’elaborazione delle informazioni
oggettive.
(…)
La seconda implicazione (…) è una conseguenza naturale della prima. Una volta
riconosciuta l’importanza della conoscenza tacita, si comincia a pensare all’innovazione in
tutt’altra prospettiva. Non si tratta semplicemente di aggregare dati e informazioni
eterogenee, ma di percorre un processo assolutamente individuale di rinnovamento
personale e organizzativo. L’impegno personale dei dipendenti e la loro identificazione con
l’impresa e la missione organizzativa diventano indispensabili (…).
Creare nuova conoscenza significa ricreare, pressoché letteralmente, l’impresa e quanto vi è
contenuto, in un processo dinamico di rinnovamento personale e organizzativo”38
In questo tipo di conoscenza sono compresi due elementi:
-
elementi cognitivi: modelli mentali come paradigmi, prospettive, convinzioni,
percezioni (diremmo anche “forma mentis”) così consolidate da essere divenute
assiomatiche. Persone di formazione diversa interpretano la medesima realtà in
modo differente.39
37
Cfr. M. Polanyi, The tacit dimension, Routledge & Kegan Paul, 1966
Cfr. I. Nonaka, H. Takeuchi, op. cit.
39
“Questa dimensione cognitiva della conoscenza tacita riflette la nostra rappresentazione della realtà (l’essere) e la
38
nostra visione del futuro (il dover essere). Nonostante la loro difficile formulabilità, questi modelli impliciti determinano il
nostro modo di percepire il mondo circostante” - I. Nonaka, H. Takeuchi, op. cit.
28
-
elementi tecnici: che comprendono l’abilità, esperienza (diremmo anche “knowhow”) e tutte le conoscenze pratiche acquisite sul campo. Ad es. un artigiano
sviluppa negli anni una ricchezza di esperienze che gli consente di svolgere il suo
lavoro “sulla punta delle dita”, ma che non gli consente, di solito, di formulare i
principi scientifici e tecnici alla base della sua abilità.
A questa distinzione tipicamente epistemologica, gli autori affiancano un’altra dimensione lungo la
quale la conoscenza si sviluppa: la dimensione ontologica. La conoscenza è unicamente il prodotto
di singoli individui inseriti nel contesto aziendale.
La tabella seguente40 illustra altri elementi di distinzione fra conoscenza tacita e conoscenza
esplicita:
Conoscenza tacita (soggettiva)
Conoscenza esplicita (oggettiva)
Conoscenza esperienziale (corporea)
Conoscenza razionale (mentale)
Conoscenza simultanea (qui e ora)
Conoscenza sequenziale (là e allora)
Conoscenza analogica (pratica)
Conoscenza digitale (teorica)
Tabella 2.1: Conoscenza tacita ed esplicita
Le caratteristiche associate alla conoscenza tacita sono messe in corrispondenza con altre
caratteristiche della conoscenza esplicita.
“Ad esempio, la conoscenza che deriva dall’esperienza tende ad essere tacita, corporea e soggettiva,
mentre quella che deriva dalla ragione tende ad essere esplicita, astratta e oggettiva.”
Anche M. Polanyi sottolinea l’importanza della conoscenza tacita: egli mette in evidenza
l’importanza di una modalità personale di costruzione della conoscenza influenzata dalle emozioni,
acquisita al termine di un lungo processo di creazione attiva e di organizzazione delle esperienze di
ogni individuo.
Quando un individuo conosce tacitamente, egli fa e agisce senza distanza da cose e persone usando
il proprio corpo: in tal modo presenta una grande difficoltà a spiegare in parole (o con regole o
algoritmi) il processo nel quale è coinvolto.
Polanyi afferma che si conosce più di quello che si può spiegare.41
40
Cfr. I. Nonaka, H. Takeuchi, op. cit.
Cfr. K.E. Sveiby “Tacit knowledge – An introduction to Michael Polanyi”, 1997, reperibile on-line a
http://www.sveiby.com/articles/Polanyi.html
41
29
L’interazione nel tempo – secondo i modelli illustrati in seguito – tra la dimensione epistemologica
e ontologica da’ luogo a quella che viene chiamata “knowledge spiral”, che delinea un percorso di
Asse temporale
sviluppo della conoscenza all’interno di una organizzazione42:
Asse epistemologico
(tacita – esplicita)
Asse ontologico
(individuo – gruppo – organizzazione)
Figura 2.4: Lo spazio della creazione della Conoscenza
42
Cfr. M. Pasin, “Teoria della Conoscenza nella società Post-Fordista. Filosofia e Knowledge Management: un
percorso concettuale”, 2004. Reperibile on-line a
http://www.itconsult.it/knowledge/white%5Fpapers/whiteCapitoli.asp?id=5&Submit=Invia
30
2.2.5 Il modello di Nonaka e Takeuchi per la creazione di conoscenza (modello SECI)43
“La storia dell’epistemologia occidentale può essere vista (…) come un susseguirsi di controversie
dirette a stabilire quale tipo di conoscenza sia da considerare più veridica. Mentre gli occidentali
tendono a porre l’accento sulla conoscenza esplicita, il giapponese è più incline a sottolineare quella
implicita. A nostro avviso (…) questi due tipi di conoscenza non costituiscono entità assolutamente
separate, ma dimensioni mutuamente complementari che interagiscono fra loro in un continuo
interscambio nelle attività creative degli esseri umani.”
Nonaka e Takeuchi indicano tale interazione con il concetto di “conversione della conoscenza”,
intendendo così che la conoscenza umana si crea e si diffonde attraverso l’interazione sociale fra
conoscenza tacita ed esplicita.
Essi postulano quattro distinte modalità di conversione della conoscenza: socializzazione,
esteriorizzazione
o
meglio
esternalizzazione,
combinazione,
interiorizzazione
o
meglio
internalizzazione – da cui l’acronimo SECI per indicare questo modello –; trattasi di momenti che
vedono il continuo processo di conversione tra la conoscenza tacita e la conoscenza esplicita.
S) Da una conoscenza tacita ad un’altra: la socializzazione è un processo di condivisione di
esperienze e di creazione di forme di conoscenza tacita quali modelli mentali e abilità tecniche
condivise44. Un individuo può acquisire conoscenza tacita dalla relazione diretta con altri anche
senza l’intervento del linguaggio (apprendisti e maestri, percorsi formativi del tipo on the job
training).
“La chiave per acquisire conoscenza tacita è l’esperienza. Senza una qualche forma di esperienza
condivisa, è estremamente difficile che una persona riesca a proiettare se stessa nel processo di
pensiero di un’altra. Il semplice trasferimento di informazione tenderà ad avere poco senso, se slegato
dalle emozioni che vi si associano e dai contesti definiti nei quali le esperienze condivise si radicano”
In questa fase, la conoscenza nasce in forma tacita dall’intuito e dalla creatività degli individui. Per
esempio, in una fabbrica a Milano l’operatore di una macchina può inventare un nuovo modo di
farla funzionare in modo più efficace e potrà “socializzare” questa conoscenza in forma tacita con i
colleghi che lo circondano attraverso un processo di imitazione e cooptazione, simile
all’apprendistato e/o al tirocinio.
43
Se non diversamente indicato, le citazioni si riferiscono alla già citata opera di I. Nonaka, H. Takeuchi.
K.E. Sveiby, in “The new organizational wealth”, adotta il termine inglese “tradition”, che possiamo tradurre con il
termine “tradizione”, sottolineando come in questo contesto la conoscenza tacita è trasmessa attraverso l’imitazione e
l’apprendimento reciproco.
44
31
La socializzazione richiede la condivisione di un contesto comune e quindi è un processo
relativamente lento e confinato a piccoli team.
E) Esternalizzazione: è il processo di espressione della conoscenza tacita attraverso concetti
espliciti; può essere espletato con metodo analitico o non-analitico.
Il primo si avvale dell’uso congiunto di deduzione e induzione, per determinare, da una prima
esplicitazione vaga e indefinita della conoscenza tacita (che di solito consiste in una metafora), una
sua prima riduzione a concetto. Questo poi viene adattato induttivamente sulla base di esperienze
che, per loro vari aspetti, vanno comprese e mantenute sotto il nuovo concetto in fase di creazione.
Anche il secondo metodo è sostanzialmente un processo di creazione della conoscenza, nel quale la
conoscenza tacita diviene esplicita assumendo forma di metafora, analogia, concetto, ipotesi o
modello45:
“La modalità di conversione di conoscenza dell’esteriorizzazione, che può essere osservata in forma
tipica nel processo di creazione dei concetti di prodotto, è innescata da dialoghi e riflessioni collettive.
(…)
L’esteriorizzazione costituisce, più delle altre modalità di conversione, la chiave della creazione di
conoscenza, perché crea concetti nuovi ed espliciti a partire dalla conoscenza tacita. La questione
diventa quella di come convertire la conoscenza tacita in conoscenza esplicita in modo concreto ed
efficiente. La risposta a questa domanda sta nell’uso della sequenza metafora-analogia-modello.
(…)
La metafora è un modo di percepire e cogliere intuitivamente un oggetto immaginandone
simbolicamente un altro.
(…)
Le contraddizioni intrinseche nella metafora vengono poi armonizzate nell’analogia, che riduce l’ignoto
sottolineando la “comunanza” che lega cose diverse. Metafora e analogia vengono spesso confuse.
L’associazione di due contenuti nella metafora è prevalentemente il frutto dell’intuizione e
dell’immaginazione solistica e non mira a rinvenire le differenze fra i medesimi contenuti.
L’associazione per analogia, invece, è prodotto del pensiero razionale e si incentra sulle somiglianze
di struttura e funzionamento fra le cose e per questa via sulle differenze che le distinguono. L’analogia
ci aiuta a capire l’ignoto attraverso il noto e a superare il divario che separa l’immagine dal modello
logico.
45
Davenport e Prusak, nell’opera citata, sottolineano il valore della narrazione: “Gli uomini apprendono moltissimo dalle
storie. Come dice Karl Weick, gli individui pensano secondo una logica narrativa, piuttosto che argomentativi o
paradigmatica (…) In tutti i campi, la ricerca cerca di dimostrare come la conoscenza venga comunicata in maniera più
efficace attraverso forme narrative convincenti, trasmesse con attributi di eleganza formale e passione (…) Dopo aver
compreso che quello narrativo è il mezzo preferibile per insegnare e apprendere contenuti complessi, è comunque
possibile codificare le stesse storie, in modo da trasferire significati senza dovere rinunciare a gran parte del suo valore.
Ovviamente, il narratore deve possedere il livello d’immaginazione necessario per comprendere la cultura dei suoi
interlocutori, cioè il contesto attraverso il quale le sue parole vengono interpretate.”
Osserviamo che tale dinamica è simile alla comunicazione attraverso simboli, di cui tipica espressione è la cultura
antropologica specifica di un popolo o anche l’azione liturgica di una religione.
32
Una volta creati, i concetti espliciti possono dare origine a modelli. Nel contesto di un dato modello
logico non dovrebbe esservi spazio per le contraddizioni e tutti i concetti e le proposizioni dovrebbero
essere espresse in una forma sistematica, secondo una logica ispirata a principi di coerenza”
Una volta diventata esplicita, la conoscenza può essere trasmessa molto più rapidamente e su scale
organizzative molto più estese. Riprendendo l’esempio precedente, se il team di operatori della
fabbrica di Milano riesce ad “esternalizzare” la conoscenza sotto forma di procedura o bestpractice, magari supportata da dati o misure, allora quella conoscenza può essere rapidamente
trasmessa agli operatori di macchine analoghe in altri stabilimenti in tutto il mondo.
C) Combinazione: è un processo di sistematizzazione di concetti in un sistema di conoscenze; una
volta diventata esplicita, la conoscenza può essere “combinata” con altre conoscenze esplicite.
“La realizzazione di questa modalità di conversione di conoscenza implica la combinazione di corpi di
conoscenza esplicita tra loro distinti. Gli individui scambiano e combinano conoscenze attraverso
mezzi svariati quali documenti, incontri, conversazioni telefoniche, reti informatiche di comunicazione.
La riconfigurazione delle informazioni esistenti attraverso lo smistamento, l’aggiunta, la combinazione
e la categorizzazione di conoscenze esplicite (resa possibile ad esempio dai database elettronici) può
condurre a nuove forme di conoscenza. La conoscenza attuata dall’istruzione formale e dalla
formazione scolastica assume in genere questa forma”
In questa fase, i punti critici sono la comunicazione, la diffusione e la sistematizzazione della
conoscenza. Si noti che in questo processo non si produce conoscenza in senso stretto della parola,
ma si categorizza quella esistente per permetterne un flusso maggiore e, di conseguenza, stimolare e
incentivare l’innovazione nelle altri fasi. Tale categorizzazione avviene anche per costruire un
archetipo, ossia un prototipo della nuova idea che coinvolga tutti gli aspetti pratici (legati alla
tecnologia) della sua realizzazione, e che combini dunque molte persone e competenze all’interno
dell’azienda. La realizzazione del prototipo, pertanto, risponde all’esigenza di integrare le nuove
scoperte con le vecchie (ma consolidate) tecniche di lavoro.
Ancora riprendendo l’esempio precedente, in questa fase la conoscenza esplicita prodotta dagli
operatori di Milano viene “combinata” con le conoscenze apprese dagli operatori della stessa
macchina in altri stabilimenti, con le conoscenze del fornitore di quella macchina, con le
conoscenze tecniche e scientifiche del progettisti, ecc.: alcune conoscenze possono essere sommate,
altre eliminate in quanto ridondanti o smentite, altre validate con un valore maggiore della somma
delle conoscenze dei singoli stabilimenti.
33
I) Internalizzazione: consiste nel tradurre concretamente conoscenza esplicita in conoscenza pratica.
In questa fase le conoscenze esplicite combinate nella pratica quotidiana, incorporate nell’azione,
divengono nuovamente conoscenza tacita.
“Si tratta di un concetto strettamente collegato a quello di apprendimento attraverso l’azione. Quando
vengono interiorizzate le basi di conoscenza tacita dell’individuo in forma di modelli mentali condivisi o
di
know-how
tecnico,
le
esperienze
maturate
attraverso
le
modalità
di
socializzazione,
esternalizzazione, combinazione divengono beni utili.
(…)
La conversione della conoscenza esplicita in conoscenza tacita è facilitata quando la prima è
verbalizzata o rappresentata graficamente in documenti, manuali e storie. La presenza di una
documentazione aiuta gli individui a interiorizzare la loro esperienza e ad arricchire così la loro
conoscenza tacita.
Documenti e manuali, inoltre, facilitano la trasmissione della conoscenza esplicita ad altri soggetti
aiutandoli a vivere le esperienze altrui in forma indiretta (o in altre parole, a ri-esperirle).
(…)
L’interiorizzazione non richiede sempre la ri-esperienza reale delle esperienze altrui. Nella misura in
cui, ad esempio, la lettura o l’ascolto di una storia di successo fa percepire ad alcuni membri
dell’organizzazione il contenuto di realtà e di essenza di una vicenda, l’esperienza avvenuta nel
passato può tradursi per essi in un modello mentale tacito. Quando tale modello mentale viene
condiviso dalla maggioranza dei membri dell’organizzazione, la conoscenza tacita entra a far parte
della cultura organizzativa.”
Nell’esempio precedente, la conoscenza esplicita, risultato della combinazione, viene trasmessa in
modo sistematico a tutti gli operatori in tutti gli stabilimenti; questi operatori applicheranno questa
conoscenza esplicita per migliorare le proprie attività quotidiane di esercizio di quella macchina.
Inizialmente, questa conoscenza rimarrà esplicita, ovvero gli operatori la useranno in modo
consapevole ed intenzionale. Con il tempo, quella conoscenza esplicita entrerà a far parte della
pratica quotidiana, diventerà routine fino ad essere usata in modo inconsapevole, ovvero diventerà
tacita. Questa nuova pratica quotidiana, che incorpora in modo ormai inseparabile la conoscenza
esplicita trasformata in conoscenza tacita, diventerà la base su cui potrà nascere nuova innovazione
e nuova conoscenza, innescando un nuovo giro della spirale. E’ possibile illustrare quanto esposto
con la seguente figura46:
46
Cfr. D. Pagani, “Seminario di Knowledge Management”, 2003, Politecnico di Milano, disponibile on-line a
http://www.pagani.net.
34
Figura 2.5: Ciclo SECI
Sulla base di quanto affermato fino ad ora, si può comprendere come la creazione di conoscenza
organizzativa sia un processo continuo e dinamico di interazione fra conoscenza tacita ed esplicita,
processo che prende forma a partire da mutamenti fra modalità distinte di conversione di
conoscenza, innescati a loro volta da numerosi fattori scatenanti.
Possiamo allora tracciare, sulla figura precedente, la cosiddetta “spirale della conoscenza”:
Figura 2.6: La spirale della conoscenza.
Il contenuto di conoscenza che si viene a creare da ciascuna modalità di conversione è ovviamente
diverso. La socializzazione produce “conoscenza simpatetica”, modelli mentali e abilità condivise.
La esternalizzazione produce “conoscenza concettuale”. La combinazione dà origine a “conoscenza
35
sistemica”, l’internalizzazione produce “conoscenza operativa”. Ancora, sulla medesima figura,
possiamo rappresentare quanto detto:
Figura 2.7: Conoscenza simpatetica, concettuale, sistemica, operativa.
Secondo Nonaka e Takeuchi, il ruolo dell’organizzazione nel processo di creazione di conoscenza
organizzativa è di fornire il contesto idoneo a facilitare le attività di gruppo e la creazione e
l’accumulo di conoscenze a livello individuale. Gli autori elencano cinque condizioni necessarie
perché ciò avvenga: l’intenzionalità, l’autonomia, la condizione di fluttuazione e “caos
organizzativo”, la ridondanza, la varietà minima richiesta. Queste condizioni consentono alle
quattro modalità di trasformazione della conoscenza di dare origine alla spirale di conoscenza, non
appena inseriamo come terza dimensione l’asse temporale.
Analizziamo in seguito brevemente ciascuna di queste condizioni:
Intenzionalità: lo scopo che un’organizzazione si prefigge è alimentato dall’intenzione di
raggiungerlo.
“Solitamente, in ambito economico, gli sforzi di acquisire l’intenzionalità prendono la forma di una
strategia. Considerata dal punto di vista della creazione di conoscenza organizzativa, la strategia
consiste essenzialmente nello sviluppo della capacità organizzativa di acquisire, creare, accumulare e
sfruttare conoscenza. L’aspetto più critico dello sviluppo di una strategia di corporate consiste nel
concettualizzare una vision relativa al tipo di conoscenza da sviluppare e nel dare a essa una veste
operazionale in un sistema manageriale capace di implementarla.
(…)
L’intenzionalità organizzativa costituisce il criterio più importante per valutare la veridicità di ciascun
elemento di conoscenza. Senza l’intenzionalità, non è possibile stabilire il valore di un’informazione o
di una conoscenza percepita o creata. A livello organizzativo, l’intenzionalità è spesso espressa dagli
36
standard o dalle vision, che possono pertanto essere utilizzati per valutare e giustificare la
conoscenza creata. L’intenzionalità è quindi necessariamente intrisa di valori.”
Grande ruolo può svolgere, in questo ultimo caso, il Management dell’organizzazione.
Autonomia:
sebbene
ogni
individuo
sia
gerarchicamente
inserito
nell’organigramma
dell’organizzazione,
“a livello individuale, tutti I membri di un’organizzazione dovrebbero poter agire, nella misura
consentita dalle circostanze, in modo autonomo. Permettendo l’azione autonoma degli individui,
l’organizzazione può accrescere la probabilità di generare opportunità inattese. L’autonomia
incrementa inoltre la possibilità che gli individui si motivino da sé al compito di creare nuova
conoscenza(…) Le idee originali nascono da individui autonomi, si diffondono nel gruppo e divengono
infine concetti organizzativi. Da questo punto di vista, l’individuo capace di auto-organizzarsi assume
nell’organizzazione una posizione analoga a quella della bambolina più interna di una matrioska.
(…)
Analogamente a un sistema autopoietico, i singoli individui e i gruppi attivi in un’organizzazione che
crea conoscenza stabiliscono da sé i limiti dei loro compiti, con l’intento di perseguire l’obiettivo finale
espresso dall’intenzionalità massima dell’organizzazione”
L’autonomia è forse la condizione più ampiamente disponibile in una PMI, nella quale, sebbene
molte volte gli obiettivi non siano esplicitati in tutti i loro aspetti e le loro implicazioni, ampio
margine di libertà è solitamente lasciato ai singoli individui, che, molte volte anche fisicamente, si
trovano soli dinanzi alle istanze del lavoro quotidiano47. In questo contesto, risulta di fondamentale
importanza il recepimento degli obiettivi e delle strategie aziendali sia al fine di orientare
sinergicamente gli sforzi di tutti sia per evitare reazioni o comportamenti contraddittori dei
collaboratori nei confronti dei clienti.
Fluttuazione e caos creativo: questa condizione è incidentale e prevalentemente dovuta a cause
esterne. Si riferisce al momento in cui, per causa non qui precisata – ma si potrebbe portare come
esempio un periodo di crisi di qualsivoglia natura – gli individui e i gruppi si trovano a dover
esulare dalle normali procedure o si trovano dinanzi a situazioni di “ordine privo di ricorsività”,
cioè di ordine che segue uno schema difficilmente prevedibile nella fase iniziale.
47
“Io mi comporto come un imprenditore all’interno dell’azienda”, frase raccolta da un collega dell’assistenza tecnica,
S.B.
37
“L’ingresso della fluttuazione in un’organizzazione rompe le routine, le abitudini e i quadri cognitivi di
riferimento dei suoi membri(…) Una frattura produce un’interruzione dei nostri modi di essere abituali.
Quando ci confrontiamo con eventi di questo tipo, abbiamo la possibilità di riconsiderare il nostro
pensiero e il nostro punto di vista abituale. In altri termini, possiamo mettere in dubbio la validità dei
nostri atteggiamenti nei confronti del mondo(…) Il verificarsi di una frattura richiede di prestare
attenzione al dialogo in quanto strumento di interazione sociale, e ci aiuta perciò a creare nuovi
concetti(…).Qualcuno ha proposito di definire questo fenomeno creazione di ordine a partire dal
rumore o di ordine a partire dal caos.
(…)
Occorre notare che i benefici del caos creativo possono presentarsi unicamente se i membri di
un’organizzazione sono in grado di riflettere sulle azioni che compiono. Senza questa riflessione, la
fluttuazione tende a generare caos distruttivo.”
Si intuisce pertanto come il Management debba essere abbastanza lungimirante per permettere la
possibilità di riflessione, se non già debba promuoverla ufficialmente.
La ridondanza: è un’abbondanza eccessiva nella sovrapposizione intenzionale di informazioni circa
l’attività di business, le responsabilità manageriali e l’organizzazione nel suo complesso.
“All’orecchio
dei
manager
occidentali
interessati
al
concetto
di
elaborazione
efficiente
dell’informazione o a quello di riduzione dell’incertezza, il termine può suonare pericoloso, per le
connotazioni di inutile duplicato, di vuoto o di sovraccarico informativo che richiama.
…
Il verificarsi della creazione di conoscenza organizzativa richiede la condivisione dei concetti elaborati
da un individuo o da un gruppo da parte di altre persone, che possono non averne un bisogno
immediato. La condivisione di informazioni ridondanti promuove la condivisione di conoscenza tacita,
in ragione della capacità delle persone di avvertire ciò che altri stanno cercando di formulare, In
questo senso, la ridondanza di informazioni accelera il processo di creazione della conoscenza. Essa
è particolarmente importante in fase di sviluppo dei concetti di prodotto, quando è decisivo poter
esprimere le immagini radicate nella conoscenza tacita. In questa fase, l’informazione ridondante
permette ai singoli di invadere i rispettivi ambiti funzionali e di offrire consigli o nuove informazioni a
partire da punti di vista diversi. In breve la ridondanza di informazioni determina una sorta di
apprendimento per intrusione nella sfera di percezione di ciascun individuo.
…
Condividere informazioni aggiuntive aiuta altresì le persone a capire la loro collocazione
nell’organizzazione, processo che a sua volta serve a controllare la direzione del pensiero dell’azione
individuale. Le persone non sono isolate fra loro ma liberamente interconnesse e assumono posizioni
significative nel contesto organizzativo totale. La ridondanza di informazione offre pertanto
all’organizzazione un meccanismo di autocontrollo che le consente di mantenere la rotta prefissata.”
38
Gli autori ricordano poi alcuni metodi pratici per favorire la ridondanza:
-
la sovrapposizione, creando più gruppi aventi il medesimo obiettivo, al fine poi di discutere
insieme vantaggi e svantaggi delle diverse strategie individuate
-
la rotazione strategica del personale (specie fra aree tecnologiche e funzionali notevolmente
diverse, come la ricerca e sviluppo e il marketing). Questa metodologia aitua gli individui a
comprendere il business da molteplici prospettive, con ciò rendendo la conoscenza
organizzativa più fluida e più facilmente applicabile nel concreto.
-
Incontri di scansione e raccolta di idee (brainstorming) o l’istituzione di reti di
comunicazione formale o informale (ad esempio, “bevute al termine dell’orario di lavoro”);
Tuttavia,
“La ridondanza delle informazioni fa aumentare la quantità di informazioni da elaborare e può
condurre a un fenomeno di sovraccarico informativo. Essa aumenta anche i costi del processo di
creazione di conoscenza(…) L’individuazione di un punto di equilibrio fra creazione d’informazione ed
elaborazione rappresenta pertanto una questione importante.”
Varietà minima richiesta: l’organizzazione, al fine di far fronte alle sfide poste dal contesto, deve
armonizzare la propria diversità interna con la varietà e complessità esterne.
“I membri dell’organizzazione possono rispondere al mutare delle circostanze se possiedono la varietà
a ciò necessaria, che può essere accresciuta combinando le informazioni in modo diverso, più
flessibile e rapido, e concedendo a ogni settore dell’organizzazione le stesse possibilità di accesso
all’informazione(…) Quando l’informazione posseduta all’interno dell’organizzazione variabile, i
membri non possono interagire fra loro su basi paritetiche, e la ricerca di interpretazioni alternative
delle nuove informazioni ne è intralciata.
(…)
Lo sviluppo di una struttura organizzativa piatta e flessibile, caratterizzata da interconnessione tra le
diverse unità attraverso una rete informativa è un modo per rispondere alla complessità del contesto.
Una modalità alternativa, che consente di rispondere rapidamente alle fluttuazioni ambientali inattese
e di mantenere la necessaria diversificazione interna, consiste nel rinnovare frequentemente la
struttura organizzativa”
Una sottolineatura ontologica del modello dato ci porta ad un’ulteriore rappresentazione, che mette
in luce cinque fasi necessarie al processo di conversione della conoscenza organizzativa. Tale
modello è schematizzato da I. Nonaka e H. Takeuchi come segue:
39
Figura 2.8: le cinque fasi da conoscenza tacita a conoscenza esplicita in una organizzazione
Fase 1) Condivisione di conoscenza tacita.
Il processo di creazione di conoscenza organizzativa parte dalla condivisione di conoscenza tacita,
che si identifica grosso modo con la modalità della socializzazione, e che consiste nella diffusione
nell’organizzazione del patrimonio inesplorato di conoscenze degli individui. Difficilmente
esprimibile a parole, la creazione di questa conoscenza richiede una situazione di fiducia reciproca
tra gli individui, favorita dal condividere emozioni, sentimenti e modelli mentali.
“Un gruppo autoorganizzato facilita la creazione di conoscenza organizzativa avvalendosi della
necessaria varietà dei suoi membri, che sperimentano in esso la ridondanza delle informazioni e
condividono i loro modi di interpretare le finalità dell’organizzazione. Il management provoca il caos
creativo definendo obiettivi sfidanti e delegando ampia autonomia ai membri del gruppo. Un gruppo
autonomo definisce innanzi tutto i limiti del proprio compito e, in qualità di unità extraterritoriale,
comincia ad interagire con il contesto esterno, accumulando conoscenze tacite ed esplicite”
Fase 2) Creazione di concetti
In questa fase si realizza l’interazione più intensa fra conoscenza tacita e conoscenza esplicita.
Avviene la formalizzazione del modello mentale condiviso, e questa fase corrisponde alla modalità
di esternalizzazione.
40
“La creazione dei concetti attraverso la comunicazione, in questa fase, è cooperativa. L’autonomia
aiuta i membri del gruppo a utilizzare senza timori modalità divergenti di pensiero, mentre l’intenzione
funge da mezzo per far convergere i loro pensieri in un’unica direzione. La creazione di concetti
richiede ai membri del gruppo di ripensare a fondo i propri presupposti mentali. L’ineliminabile varietà
li aiuta, in questo, offrendo angolature e prospettive diverse da cui considerare un problema. Allo
stesso modo, la fluttuazione e il caos, esterni o interni, li aiutano a modificare in profondità il loro modo
di pensare. La ridondanza di informazione, infine, permette loro di meglio capire il linguaggio figurato e
di articolare i modelli mentali condivisi.”
Fase 3) Giustificazione dei concetti
Per la teoria della conoscenza di Nonaka e Takeuchi, la conoscenza è una credenza dimostratasi
vera. I nuovi concetti e modelli trovati dagli individui e dai gruppi di lavoro devono allora essere
validati, giustificati, al fine di stabilire se questi hanno un reale valore per l’organizzazione. I criteri
di tali validazioni e giustificazioni sono formulati dai top managers.
“La ridondanza di informazioni, facilitando il processo di giustificazione, riduce la possibilità di
fraintendimenti riguardo ad essi”
Fase 4) Costruzione di un archetipo
Il concetto giustificato viene, in questa fase, convertito in un’espressione tangibile o concreta. Può
essere un prototipo o, in caso di servizi, un nuovo modello organizzativo48. Poiché la conversione
dai concetti giustificati agli archetipi è un passaggio da concetti espliciti ad altri concetti espliciti,
questa fase è affine alla modalità di combinazione.
“La complessità di questa fase impone la cooperazione dinamica di diversi dipartimenti o nell’ambito
dell’organizzazione, in un processo che risulta facilitato sia dalla varietà, sia dalla ridondanza
d’informazione, Anche la presenza di finalità organizzative chiare facilita la convergenza dei diversi tipi
di know-how e di tecnologie presenti nell’organizzazione, e promuove la cooperazione interpersonale
e interdipartimentale. In questa fase del processo di creazione di conoscenza organizzativa
l’autonomia e la fluttuazione sono invece meno rilevanti.”
48
Davenport e Prusak riferiscono anche della cosiddetta conoscenza integrata: “Una categoria di conoscenza assai
complessa e di forma inizialmente tacita può essere esternalizzata e integrata nei prodotti e servizi offerti dalle aziende.
Qualunque processo industriale, sia quelli automatizzati sia quelli formalizzati in una serie di procedure, è costruito su ciò
che in precedenza era conoscenza individuale. In teoria, questa conoscenza integrata è indipendente dalle persone che
l’hanno sviluppata e perciò presenta caratteristiche di stabilità…In pratica, però, è difficile tracciare una linea di
separazione tra la conoscenza totalmente intergrata in un processo e la conoscenza tacita che mantiene in vita il
processo.” Cfr. H.T. Davenport, L. Prusak, op. cit.
41
Fase 5) Interlivellamento di conoscenza
Il concetto o il prodotto creato, giustificato e modellizzato passa ad un nuovo ciclo di creazione di
conoscenza a un livello ontologico superiore, sia a livello organizzativo che interorganizzativo.
A livello organizzativo, si può assistere ad un processo di cross-fertilization,
per il quale
l’archetipo innesca un nuovo ciclo di creazione di conoscenza che si può quindi espandere
orizzontalmente (portando, per esempio, alla creazione di prodotti simili che condividono con
l’archetipo soluzione tecniche o funzionali) e verticalmente (ispirando, ad esempio, un modo di
concepire un gruppo di prodotti – ad esempio di elettrodomestici – o di servizi).
A livello interorganizzativo, la conoscenza creata può rendere disponibile quanto acquisito per lo
sviluppo del prototipo da fornitori, clienti, dalla concorrenza e altri. Particolare importanza ha, in
questa fase, il feedback da parte dei clienti rispetto a nuovi prodotti o nuovi servizi.
“Per la buona riuscita di questa fase, è essenziale che ogni unità organizzativa goda dell’autonomia
necessaria ad appropriarsi della conoscenza sviluppata altrove e ad applicarla liberamente,
superando livelli e confini, La fluttuazione interna, realizzata ad esempio attraverso una frequente
rotazione del personale, faciliterà il trasferimento di conoscenze. Altrettanto faranno la ridondanza
d’informazione e la varietà minima richiesta. Nell’interlivellamento intraorganizzativo, poi, le finalità
dell’organizzazione agiranno da meccanismo di controllo per decidere se la conoscenza verrà o meno
diffusa o cross-fertilized nell’ambito dell’organizzazione”
2.2.6 Alcune considerazioni
Il modello di Nonaka e Takeuchi ha portato tre importanti contributi alla cultura manageriale49:
-
al centro dell’attenzione vi è il ruolo chiave delle conoscenze tacite individuali e
organizzative che, proprio in quanto tacite, sono difficilmente inimitabili dalla concorrenza e
quindi possono rafforzare la differenziazione;
-
le conoscenze, sia tacite che esplicite, non producono valore come bene statico, bensì creano
valore solo come risultato di un più o meno lungo processo dinamico, basato sulle
conversioni tra conoscenze tacite ed esplicite. L’unica fonte di vantaggio competitivo
sostenibile nel tempo è l’apprendere ed innovare più rapidamente della concorrenza, cioè far
girare la spirale più efficacemente e rapidamente della concorrenza;
-
tale processo di creazione di conoscenza funziona nella misura in cui i tutti i livelli
gerarchici dell’impresa sono coinvolti in esso: in altre parole, la creazione di conoscenza
organizzativa è un fenomeno che non può esaurirsi all’interno dei laboratori di ricerca e
sviluppo. Ma anche i confini dell’impresa stessa non devono essere i limiti entro i quali tale
49
Cfr. D. Pagani, op. cit.
42
fenomeno avviene. L’organizzazione deve essere vista come un soggetto vitale in un
ecosistema, che interagisce con esso e con esso muta, si adatta e si rapporta nel tempo.
Nei secoli passati, i produttori potevano conservare la supremazia commerciale attraverso la
segretezza dei processi produttivi o economici. Anche oggi esistono noti esempi (ad esempio, la
ricetta della Coca Cola), ma, in generale, in un’epoca caratterizzata da mobilità di informazioni e
persone, è virtualmente impossibile impedire ai concorrenti di copiare e anche migliorare prodotti e
processi. In un motto, potremmo dire che se da una parte la tecnologia trasforma le logiche
competitive, dall’altra però scompare come fonte di vantaggio sostenibile.
“In un contesto in cui le imprese necessitano di “sapere ciò che conoscono” e devono impiegare
efficacemente la loro conoscenza, le dimensioni e la dispersione geografica delle loro attività rendono
particolarmente difficile localizzare la conoscenza esistente e renderla disponibile dove è necessaria.
In una piccola azienda, un manager molto probabilmente conosce i soggetti che possiedono
esperienza in un ambito specifico del business, quindi può facilmente raggiungerli fisicamente e
comunicare con loro…La conoscenza diviene una risorsa critica solamente quando è accessibile, e il
suo valore aumenta all’aumentare del livello di accessibilità.”50
Ovviamente, la conoscenza necessita di essere codificata per essere diffusa. Ma nel momento che
essa viene esteriorizzata o codificata, tale conoscenza diventa facilmente imitabile, copiata,
perdendo quelle caratteristiche di unicità che le fanno acquisire valore. Inoltre, codificare la
conoscenza costa e spesso fa aumentare la complessità della sua interpretazione e del suo utilizzo.
Dopo aver analizzato come secondo Nonaka e Takeuchi sia possibile modellizzare la creazione di
conoscenza all’interno di una organizzazione, nel paragrafo successivo verranno analizzati alcuni
aspetti pratici della gestione della conoscenza.
50
Cfr. T.H. Davenport, L. Prusak, op. cit.
43
2.3
La gestione della conoscenza: aspetti pratici
In un contesto pratico, i fenomeni attinenti alla creazione e al trasferimento della conoscenza sono
molto più complessi rispetto al modo in cui il modello di Nonaka e Takeuchi li presenta. Ciò è
dovuto in parte al normale comportamento tra individui (e a questo proposito si rimanda al
paragrafo 2.2.3), in parte alla difficoltà di mantenere vigilante l’organizzazione sulla necessità di
una gestione della conoscenza, e per un’altra parte a cause infrastrutturali o anche esterne.
“You cannot manage knowledge; you can only manage the environment that leads to the knowledge
being created and transferred”51
2.3.1 Il “mercato della conoscenza”
Poiché la conoscenza è un valore, è possibile analizzare il suo scambio all’interno di una
configurazione del tutto simile ad un mercato di beni tangibili, con la sola – ma grande! – differenza
che la conoscenza, se condivisa, non viene ceduta: il venditore continua comunque a possederla.
Comprendendo le regole di questo mercato interno ad ogni organizzazione, che chiameremo
“mercato della conoscenza”, è quindi possibile impiegare tale conoscenza per raggiungere una
maggiore efficacia all’interno dell’organizzazione stessa. Il modello di mercato della conoscenza
che presentiamo in seguito è quello proposto da T.H. Davenport e L. Prusak nell’opera citata.
Nonostante la valenza di questo modello sia più inquadrata nella dimensione metaforica che pratica,
esso appare comunque in grado di aiutare a comprendere le dinamiche che regolano lo scambio
della conoscenza, nel senso che tutti possono trovare in questo modello riflessi di situazioni e
avvenimenti che, a questo proposito, capitano nel lavoro di tutti i giorni.
“Esiste un mercato spontaneo della conoscenza all’interno delle organizzazioni(…)Nel mercato della
conoscenza, le transazioni hanno luogo perché i soggetti che vi partecipano ritengono di ottenere un
certo vantaggio. Gli economisti dicono che gli individui ricavano dalle transazioni una certa utilità.
(…)
All’interno delle organizzazioni, le transazioni che hanno per oggetto la conoscenza non coinvolgono
denaro, tuttavia questo non significa che non possa esistere un prezzo di mercato, oppure che possa
avvenire un pagamento(…) Il mercato della conoscenza, come qualunque altro mercato, costituisce
51
Cfr. S. Kermally, “Effective knowledge management”, 2002, Wiley
44
un sistema in cui i partecipanti operano una remunerazione di un fattore scarso per il consumo
presente o futuro.”52
Gli autori individuano tre attori: i venditori, gli intermediari, gli acquirenti:
“Gli acquirenti di conoscenza sono solitamente persone che cercano di risolvere problemi la cui
complessità e incertezza precludono una soluzione semplice(…) L’interesse per la conoscenza è un
interesse per la comprensione, il giudizio e l’analisi approfondita. Ciò significa tentare di rispondere a
domande quali: “come si comporterà quel determinato cliente?”, oppure “come riuscire a concludere
un’operazione di vendita”, domande che comportano riflessioni complesse, riflessioni che
comprendono elaborazioni soggettive
(…)
Nel mercato interno delle organizzazioni, I fornitori di conoscenza sono persone in possesso di una
reputazione relativamente a un processo o una attività. Tali persone possono cedere la loro
conoscenza in unità o, più facilmente, in pacchetti in cambio di una remunerazione(…) Alcuni fornitori
potenziali di conoscenza si autoescludono dal mercato perché ritengono di potere ottenere maggiori
vantaggi dall’accumulazione che non dalla condivisione(…) Se la conoscenza rappresenta una fonte
di potere, allora chi la possiede detiene un potere che viene messo in pericolo dal suo trasferimento
(…) Una delle sfide poste dal knowledge management consiste nell’assicurare alla condivisione una
remunerazione maggiore rispetto all’accumulazione.
(…)
Gli intermediari della conoscenza (definiti anche come gatekeepers, cioè guardiani, e regolatori di
confini) mettono in relazione gli acquirenti e i fornitori, cioè coloro che cercano conoscenza con coloro
che la possiedono(…) Gli archivisti spesso svolgono il ruolo di intermediari nascosti della
conoscenza.”
All’interno delle organizzazioni, nel mercato della conoscenza, il mezzo di scambio è raramente il
denaro: tuttavia esiste ugualmente un meccanismo per la determinazione del prezzo, che è a sua
volta la stessa moneta di scambio. Gli autori individuano quattro fattori da considerare:
-
la reciprocità:
“Un fornitore di conoscenza impegnerà il tempo e gli sforzi necessari per una condivisione efficace
della conoscenza se confida nella disponibilità degli acquirenti a cedere la loro conoscenza nel
momento in cui, in un’altra circostanza, il fornitore si trovasse nella posizione di acquirente.”
Oltre a garantire una mutua assistenza, la reciprocità è anche una caratteristica che
garantisce l’arricchimento reciproco, e quindi è alla base del processo di socializzazione di
cui è stato riconosciuto il ruolo fondamentale nel modello SECI di Nonaka e Takeuchi
esposto precedentemente.
52
In questo paragrafo, se non diversamente indicato, tutte le citazioni si riferiscono al capitolo secondo dell’opera di
H.T. Davenport e L.Prusak, “Il sapere al lavoro”, 1998, Etas
45
-
La reputazione:
“un fornitore di conoscenza normalmente desidera essere riconosciuto come una persona in
possesso di competenze e disponibile alla condivisione. La reputazione può sembrare un concetto
immateriale, tuttavia riesce a produrre risultati affatto tangibili (…) la reputazione di un individuo
come fornitore chiave di conoscenza è utile a diffondere negli altri la convinzione della sua
disponibilità a condividere conoscenza in situazioni simmetriche: viene a crearsi una sorta di debito
di conoscenza (…). Molto probabilmente altri individui appartenenti all’organizzazione tenderanno a
replicare lo stesso atteggiamento in circostanze differenti. Reciprocità e reputazione, dunque, sono
legate l’una all’altra.”
-
L’altruismo:
“E’ possibile, ovviamente, che un individuo decida di condividere la propria conoscenza
semplicemente perché è una persona disponibile per cui un grazie costituirebbe sufficiente
motivazione (…) Il consiglio rappresenta una forma di trasferimento della conoscenza in parte
basato sull’altruismo (…) l’altruismo tende a prosperare in organizzazioni che assumono dipendenti
gentili trattati gentilmente”
-
La fiducia:
“la fiducia deve essere visibile: i componenti di una organizzazione devono vedere riconosciuta e
premiata la decisione di condividere conoscenza; (…) la fiducia deve essere diffusa; (…) Nelle
organizzazioni, la fiducia tende a essere trasferita verso il basso. L’esempio fornito dai livelli
superiori di management definisce le norme e i valori dell’azienda. Se il vertice è credibile e
affidabile, la fiducia si diffonde e conquista tutta l’organizzazione.
(…)
L’impersonalità dei groupware consente a chiunque di trasmettere informazioni e invita all’accesso
anonimo a quelle stesse informazioni, In ogni caso, non permette la creazione della stessa fiducia
nella qualità della conoscenza che è assicurata invece dai rapporti diretti e dalla reputazione”53
2.3.2 La strategia della conoscenza per la conoscenza
Al di là del gioco di parole, tutti gli autori consultati sottolineano la necessità che la strategia
aziendale sia integrata da e nella strategia per la conoscenza. Si possono individuare tre fasi:
-
l’accorgersi della necessità di una gestione della conoscenza;
-
l’analisi del dominio specifico delle conoscenze (tacite ed esplicite dei collaboratori) e della
conoscenza organizzativa;
-
l’instaurarsi di una attenzione, di un comportamento vigilante e proattivo nei confronti delle
dinamiche di scambio e di creazione della conoscenza;
53
Si è tentati, a queste parole, di intraprendere una digressione riguardo la fiducia nella disponibilità di supporto in rete
al software “open source”. Tuttavia, vengono lasciate al lettore le riflessioni soggettive in questa direzione.
46
Sultan Kermally, nell’opera già citata “Effective Knowledge Management” propone, nei capitoli
centrali del libro, alcuni suggerimenti di tagli pratico per favorire le condizioni necessarie per
l’accadere dei due ultimi punti sopra elencati.
Secondo l’autore, due sono i concetti chiavi per affrontare il KM:
-
il trasferimento delle best practices
-
il benchmarking
Il primo concetto permette l’affermarsi di una conoscenza operativa, acquisita da fonti interne o
esterne; il secondo permette di misurare il grado di adeguatezza dell’organizzazione al business che
l’adozione delle best practices ha portato.
In una economia sempre più globalizzata, tali concetti sono fondamentali per permettere alle
aziende la sostenibilità della competizione:
“All organisations, irrespective of size, have to operate and make business decision within the context
of changes taking place outside their organisations at national and international level. These changes
have favourable and unfavourable impacts on business operations.
(…)
The process of globalisation influences the way we trade, our trading partners, the skills required to
compete in such an environment, the creativity and innovation of organisation, the job situation, our
environment, cultures and values. It is, therefore, an all-embracing phenomenon.”
Egli propone l’adozione, da parte dell’organizzazione, di una best practice che permetta di catturare
i cambiamenti esterni e utilizzare questi per creare conoscenza organizzativa: individuate a quali
categorie (sociali, tecnologiche, economiche e politiche) questi cambiamenti appartengono, se ne
valuta l’impatto sull’organizzazione e si calcola la probabilità che questi cambiamenti avvengano.
Quindi si modifica la strategia aziendale prestando attenzione ai cambiamenti che hanno il
maggiore impatto sull’organizzazione e con la maggiore probabilità che avvengano.
L’organizzazione deve quindi possedere una elevata flessibilità per cambiare (innovarsi)
continuamente, sotto la spinta di fattori interni ed esterni: la sua attenzione e la sua vigilanza
devono, sempre secondo l’autore, essere rivolte ai collaboratori e ai clienti.
L’attenzione ai collaboratori, intesa come attenzione alla loro esperienza e alle loro aspirazioni, è il
punto di partenza per la gestione della conoscenza all’interno dell’azienda e si realizza registrando il
lavoro che fanno, il lavoro che potrebbero fare, il lavoro che vorrebbero fare.
“Gather information on these aspects as a starting point and you have the most valuable information
on your staff that you can use (creation of knowledge) to develop your business and to achieve high
47
performance. This information should be documented and constantly updates. If acted on, such best
practice can deliver the following results and behavior:
- it will motivate your employees because they will feel you care about their aspirations;
- it will give you a clear understanding of what your employees perceive thei current duties and
responsibilities to be;
- it will give you an indication of how can stretch your employees’ capabilities;
- it will help you prepare an appropriate development plan for your employees;
- it will enable you to develop your business by identifying talent an knowledge that has remained tacit;
- it will promote a culture of open communication;
- it will motivate staff and help you institutionalize trust;
- it will enable you to benchmark against best practice and identify the gaps;
- it will give you a clear indication of the resources and capabilities of your organisation to compete
effectively
- it will enable you to assess the strategic fit of your organization with what it aspires to achieve”
Egli propone quindi un modulo per raccogliere tali informazioni all’interno dell’organizzazione e
propone alcune tematiche di feedback ( aspettative, possibili miglioramenti, vantaggi, ecc.) per i
collaboratori, al fine proseguire il confronto e quindi la creazione di conoscenza.
L’attenzione ai clienti è un must se si desidera competere con efficacia all’interno del mercato
sempre più globalizzato. La conoscenza da acquisire da parte dell’organizzazione in questa
direzione è individuata dalle seguenti domande:
-
what is your value proposition to your customers?
-
why do they do business with you?
-
what is it that you do better or can do better than your competition that the customer perceives
as valuable?
-
is it your product innovation or operational excellence or customer intimacy or a combinations of
all these that is significant?
L’organizzazione può ascoltare le esigenze del cliente nei seguenti modi:
-
establish customer focus groups and invite your customers to give you feedback on the way you
deliver your products or services or to offer their views on product design
-
visit your customers. …
-
send questionnaires and conduct postal surveys to gather information on how customer perceive
your organization, your products and your services
48
-
undertake customer care training to deliver excellent service54
La codificazione e la reperibilità della conoscenza sono successivamente aspetti essenziale del KM.
L’obiettivo della codificazione consiste nel trasformare la conoscenza dell’organizzazione in una
forma accessibile agli individui che ne hanno bisogno. Le nuove tecnologie svolgono certamente un
ruolo importante nella codificazione: ma come codificare la conoscenza senza indebolirne le
proprietà distintive e rischiare di trasformarla in un raccoglitore meno pregnante di informazioni e
dati? T.H. Davenport, L. Prusak55 riconoscono che
“La codificazione di tutta la conoscenza posseduta da un’organizzazione rappresenta un compito
immenso e insensato”
ma T.A. Stewart56 va oltre:
“l’idea che il sapere si possa organizzare ordinatamente in una gerarchia che va dai dati a saggezza
è una panzana, per la semplice ragione che quello che per uno è sapere per un altro sono semplici
dati. (…)
Lasciamo stare le distinzioni arbitrarie fra dati, informazioni, conoscenze e saggezza, che sono un
groviglio inestricabili. Quello che stiamo cercando noi (…) si presenta sotto due forme. In primo luogo
c’è l’insieme semipermanente del sapere – l’esperienza – che cresce attorno a un compito, una
persona o un’organizzazione. (…) Il secondo tipo di capitale di conoscenza consiste in strumenti che
incrementano l’insieme del sapere, vuoi aggiungendovi fatti, dati, informazioni (…), vuoi offrendo
esperienza e strumenti di potenziamento ad altre persone che ne hanno bisogno quando ne hanno
bisogno, vale a dire mettendo loro in mano una leva”
In ogni caso la conoscenza deve essere disponibile quando e dove serve. Una proposta dei primi due
autori sono le “mappe della conoscenza” .
“Tipicamente, le mappe della conoscenza indicano persone, documenti o database presso cui
indirizzare la ricerca. L’obiettivo principale e il vantaggio più evidente ottenuti attraverso una mappa
della conoscenza consistono nel mostrare all’organizzazione i luoghi dove risiedono alcune
competenze. (...) La mappa può quindi essere utilizzata come uno strumento di valutazione del
patrimonio di conoscenza disponibile nell’impresa, e anche di definizione dei punti di forza su cui fare
leva e dei punti di debolezza da correggere. (…)
54
Non ci resta che osservare come, per una società commerciale come Metrohm Italiana Srl, di cui presenteremo
l’esperienza più avanti, è più che mai necessario stabilire il legame sinergico tra CRM e KM.
55
Cfr. T.H. Davenport, L. Prusak, op. cit.
56
Cfr. T.A. Stewart, “Il capitale intellettuale”, 1999, Ponte alle Grazie
49
L’organigramma dell’impresa è un sostituto carente di una completa mappa della conoscenza, (…)
non è in grado di dire a quali persone rivolgersi per reperire una particolare conoscenza. (…) Le
competenze che non trovano riflesso nel titolo e nella descrizione delle posizioni non compaiono
nell’organigramma. In più, l’organigramma non dice nulla in merito all’accessibilità della
conoscenza.”57
T.A. Stewart si riferisce alla mappa della conoscenza come ad una sorta di “Pagine gialle”
aziendale.
“Il sapere cresce con una rapidità tale che qualsiasi tentativo di codificarlo tutto fa ridere; invece,
l’identità degli esperti interni alle aziende cambia lentamente. Nella vostra azienda c’è qualcuno che
sa se il contratto con la ditta XYZ copre o meno i servizi di riparazione, o se un certo interruttore
elettrico provoca guasti in paesi dove il voltaggio in rete è di 220. Ma chi è? Chi parla arabo? Chi sa
qualcosa di fluorocarburi?”58
Relativamente alla codificazione e al trasferimento della conoscenza tacita, possiamo raccogliere
due suggerimenti tra tutti:
1) le persone devono poter interagire: occorre dare spazio a confronti, sessioni di discussioni
ma anche a momenti meno formali (anzi, Nonaka e Takeuchi sono più propensi a momenti
decisamente non formali, ad esempio “bevute insieme” in orario extra lavorativo).
2) Valorizzare la narrazione (case-studies, ecc.). Anche riferendoci alla nostra personale
esperienza possiamo affermare che le persone apprendono moltissimo dalle storie:
“gli individui (…) pensano secondo una logica narrativa, piuttosto che argomentativa o
paradigmatica”59
57
Cfr. T.H. Davenport, L. Prusak, op. cit.
Cfr. T.A. Stewart, op. cit.
59
Cfr. T.H. Davenport, L. Prusak, op. cit.
58
50
Infine, raccogliamo alcune indicazioni pratiche dal testo di Nonaka e Takeuchi:
“Presenteremo sette linee guida che il manager interessato a sviluppare un programma di creazione
di conoscenza organizzativa può utilizzare nella sua azienda:
1) creare una vision di conoscenza: il top manager dovrebbe creare una vision di conoscenza e
comunicarla entro l’organizzazione. Tale vision ha il compito di definire un campo o dominio in
grado di dare ai membri dell’organizzazione una mappa mentale del mondo in cui vivono e un
indirizzo generale circa il tipo di conoscenza da creare. La vision di conoscenza è analoga
all’intenzione organizzativa e dovrebbe fungere da base alla formulazione della strategia
dell’impresa, la cui essenza sta nello sviluppare la capacità organizzativa di acquisire, creare,
accumulare e sfruttare il dominio di conoscenza. (…)
2) sviluppare un equipaggio per la creazione della conoscenza: (…) la creazione di conoscenza
parte quindi dagli sforzi operati da singoli individui di convalidare o giustificare le loro credenze e il
loro coinvolgimento nel compito che svolgono e nell’organizzazione in cui operano. A questo
livello entrano in gioco anche prospettive e modelli mentali personali. La base della creazione di
conoscenza e dell’innovazione va posta cioè in percezioni, intuizioni e indizi estremamente
soggettivi. Per arricchire queste percezioni e intuizioni, l’organizzazione che crea conoscenza
deve poter annoverare, nella gamma dei suoi talenti, una certa diversità. Essa rafforza la varietà
minima richiesta, che abbiamo visto essere una delle condizioni facilitanti della creazione
organizzativa di conoscenza. (…)
3) Costruire un campo di interazione ad alta densità a livello di front line: per favorire una mentalità
personale e soggettiva fra i propri membri, l’organizzazione che crea conoscenza deve individuare
uno spazio che renda possibile l’acquisizione di un’ampia gamma di esperienze originali. Abbiamo
definito questo luogo con l’espressione campo ad alta densità. Con essa ci riferiamo ad un
contesto in grado di consentire interazioni frequenti e intense fra i membri dell’equipaggio. (…)
L’essenza del processo di creazione di conoscenza si determina allorché la conoscenza tacita
viene convertita in conoscenza esplicita. (…) Il luogo in cui si innesca, attraverso la
comunicazione e lo scambio, questo processo di conversione è il campo ad alta densità. E’ qui
che i membri dell’organizzazione cominciano a costruire un linguaggio comune e a sincronizzare i
loro ritmi mentali e fisici60. (…)
4) Gestire il processo di sviluppo di nuovi prodotti: (…) la creazione di conoscenza organizzativa è
una sorta di derivato dello sviluppo di nuovi prodotti. La capacità effettiva di gestione del processo
di sviluppo di nuovi prodotti diventa quindi il fattore cruciale del successo del processo
organizzativo di creazione della conoscenza.
5) Adottare uno stile di management middle-up-down: (…) Una delle modalità a nostro avviso più
efficaci di gestione del caos è il management middle-up-down. In questo modello, il top manager
formula la vision o il sogno dell’organizzazione, mentre i dipendenti della linea guardano la realtà,
nelle loro trincee. La distanza fra il sogno e la realtà viene in qualche modo colmata dai manager
intermedi, che mediano fra i due livelli creando concetti di business e di prodotto a medio raggio.
60
Il paragrafo successivo illustrerà il concetto di “Ba”, parola giapponese malamente tradotta con place, cioè luogo.
51
Nel far ciò, essi sintetizzano la conoscenza tacita immagazzinata del vertice e della linea, la
rendono esplicita e la incorporano in tecnologie, in prodotti e in programmi nuovi.
6) Passare ad un’organizzazione ipertestuale: (…) la struttura meglio capace di garantire
l’acquisizione, l’accumulazione e lo sfruttamento della conoscenza è quella gerarchica, mentre la
creazione di nuova conoscenza è più favorita da una struttura di tipo task force. La
ricategorizzazione e la ricontestualizzazione delle conoscenza generata in entrambe le strutture
richiede l’istituzione di un terzo livello, che abbiamo chiamato base di conoscenza. Esso non
costituisce un’entità organizzativa reale, ma è incorporata nella vision, nella cultura e nella
tecnologia organizzative. Vision e cultura rappresentano la conoscenza tacita, mentre la
tecnologia rappresenta la conoscenza esplicita generata a livello gerarchico e di task force. …
Convincere i manager più propensi a pensare in termini dualistici dell’opportunità di vedere la
gerarchia e la task-force come termini complementari che non si escludono vicendevolmente
rappresenta di per sé una sfida.
7) Costruire una rete di conoscenza del mondo esterno: (…) la creazione di conoscenza non
consiste semplicemente nell’elaborazione di informazioni oggettive su clienti, fornitori, concorrenti,
abbonati di rete, comunità locali ed enti governativi. Essa richiede altresì la capacità dei membri
dell’equipaggio di mobilitare, attraverso l’interazione sociale, la conoscenza tacita immagazzinata
da questi azionisti esterni. L’esplicitazione delle mappe mentali dei clienti è un tipico esempio di
questa attività di mobilitazione
Nel paragrafo 4.5 si cercherà di costruire una road map di gestione della conoscenza per Metrohm
Italiana Srl, ma in genere per una PMI commerciale, che tenga contro dei suggerimenti raccolti
dalla bibliografia presentata.
52
2.3.3
Gli spazi della conoscenza – Il concetto di Ba
Il concetto di ba è stato originalmente proposto dal filosofo giapponese K. Nishida, ed è stato
rielaborato da I. Nonaka e N. Konno61 al fine di ottenere un modello di creazione della conoscenza.
Il ba può essere pensato come uno spazio condiviso per le relazioni; tale spazio può essere inteso in
senso fisico (ufficio, sale riunioni, ecc.), virtuale (email, groupware, teleconferenze, ecc.), mentale
(esperienze condivise, idee, ideali, ecc.) o come qualsiasi combinazione di questi aspetti.
L’ “ideogramma in caratteri Kanji ne mostra la composizione in una parte destra, che significa
ciò che rende possibile e rinvia al concetto yin-yang (la trasformazione permanente), e in una
di sinistra, assimilabile alla terra, all’acqua bollente o a tutto ciò che si solleva o è sollevabile:
un potenziale contro un motore, o ciò che imprime una direzione. Nella concezione di Kitaro Nishida, il
ba è lo spazio nel quale soggetto e oggetto esistono contemporaneamente come aspetti relazionali di
una medesima realtà de-sostanzializzata, e nel quale si realizza la conoscenza sotto forma di
esperienza pura. Per il nostro tema, il ba è assimilabile al luogo di spazio-tempo dove gli individui (il
potenziale), che si autocoinvolgono (il motore) tra di loro, sperimentano un’evoluzione qualitativa.”62
Da questa spiegazione si deduce l’immediato risvolto pratico di tale concetto: nei tre spazi elencati
sopra si riconoscono gli spazi della normale attività quotidiana di una organizzazione.
“Knowledge is embedded in ba (in these shared spaces), where it is then acquired through one’s own
experience or reflections on the experiences of others. If knowledge is separated from ba, it turns into
information, which can then be communicated independently from ba. Information resides in media
and networks. It is tangible. In contrast, knowledge resides in ba. It is intangible.
(…)
Ba is the platform for the resource concentration of the organization’s knowledge assets and the
intellectualizing capabilities within the knowledge creation process. Ba collects the applied knowledge
of the area and integrates it. Thus, ba can be though of as being built from a foundation of
knowledge.”63
Da queste riflessioni, emerge chiaramente la necessità, ai fini di una gestione della conoscenza, di
concepire quest’ultima come uno spazio condiviso, di cui occorre prendersi cura per far emergere
conoscenza in grado di creare valore. Si propone di suddividere le leve di intervento del
Management in quattro aree principali64 :
61
Cfr. I. Nonaka, N. Konno, “The concept of Ba”, 1998, California management review, Vol. 40, no. 3
Cfr. D. Bugliolo, “KM-Appunti: 6. Il ba”, reperibile on-line all’indirizzo
http://www.aidainformazioni.it/pub/kmappunti42003.html
63
Cfr. I. Nonaka, N. Konno, op. cit.
64
Cfr. D. Pagani, Seminario di Knowledge Management, 2003, Politecnico di Milano
62
53
1) spazi organizzativi.
Abbiamo già sottolineato che il modello organizzativo “comando e controllo” non è più
adeguato per superare le sfide di competitività a livello globale: le organizzazioni di
successo stanno via via sempre più costruendo il proprio vantaggio competitivo mediante
una strategia di minor controllo e maggior apprendimento (creazione e condivisione di
conoscenza). In questo contesto, il Management deve riconoscere che l’avvio di un percorso
di Knowledge Management non è sufficiente a garantire che le risorse umane modifichino i
propri comportamento di condivisione di conoscenza. Se, come è stato evidenziato
precedentemente, il mercato della conoscenza ha una sua dinamica ed evoluzione, questa
deve essere tenuta in considerazione e il modello delle comunità di pratica è una possibile
indicazione da seguire al fine di assicurare la motivazione degli individui alla condivisione
della conoscenza. Parimenti, si potranno inserire nell’organigramma i nuovi ruoli
organizzativi dedicati alla gestione della conoscenza (Chief Knowledge Officer, Chief
Learning Officer, Knowledge Manager, ecc.), sebbene stia progressivamente maturando la
coscienza che questi ruoli funzionino meglio quando ricoperti (magari a rotazione) da
persone normalmente impegnate nel core business aziendale.
2) Spazi fisici.
Raramente lo spazio fisico di una organizzazione è pensato in un’ottica che possa favorire lo
scambio di conoscenza tra gli individui. Tuttavia, proprio per la caratteristica di pervasività
che lo spazio fisico possiede in ogni attività umana è bene tenerne conto, sebbene in
moltissimi casi i knowldege workers abbiano come ufficio la propria casa65 o la propria
automobile. Teoricamente parlando, nell’ipotetico progetto architettonico di un ufficio
sarebbe opportuno tenere presenti almeno quattro ambienti:
-
gli spazi individuali, che ormai sempre più spesso sono costituiti da open space composti
da cubicles (unità scrivania-cassettiera con separazioni visive ma non acustiche);
-
gli spazi per il lavoro “nomade”, utilizzati dagli individui dotati di computer portatile e
telefono o di terminale dati mobile, che si spostano ovunque; una telefonata, che
potrebbe portare disturbo agli occupanti dei cubicles vicini, potrà essere allora effettuata
in un phone kiosk; se dovranno concentrarsi e isolarsi acusticamente, andranno in un
think booth e, tra una riunione e l’altra, staranno in uno spazio touch down per leggere la
posta elettronica;
-
gli spazi collaborativi, oltre alle classiche sale riunioni, possono essere costituiti da
apposite stanze, opportunamente dimensionate per team che lavorano ad un progetto
65
Il diffondersi dei prodotti SOHO – small office home office – è l’evidenza consumistica di tale osservazione.
54
comune, nelle quali gli individui possano coordinarsi e collaborare; interessante è il
sistema di Capgemini denominato ASE (Accelerated Solution Environment), uno spazio
totalmente riconfigurabile, completo di vari strumenti di supporto, tecnologici e non;66
-
gli spazi informali, poiché il riconoscimento del ruolo dei processi di socializzazione
restituisce dignità ai luoghi fisici di interazione informale (ad esempio salotti, magari
dotati di sistemi di videoconferenza per collegarsi ad altri).
3) Spazi cognitivi.
Oltre alla già citata knowledge map, possiamo elencare, come mezzi per la classificazione
delle conoscenze esplicite, le tecniche tradizionali di archivio, potenziate dalle tecnologie
ICT, in cui un ulteriore aiuto alla catalogazione avviene mediante l’utilizzo di metadati (ad
es. tipo di supporto, grandezza, ecc.). I metadati descrittivi possono essere di tipo libero o
controllato, ricorrendo a keywords o ricercando una particolare tassonomia: ambedue le
tecniche permettono il superamento delle inefficienze della ricerca free-text, individuando
sinonimi o presentando concetti non nominati espressamente.
knowledge
mapping
classificazione
dei contenuti
classificazione
dei contenuti
controllo degli
accessi e della
qualità
Mappatura dei
contenuti di
conoscenza esplicita
(home page, site
map, ecc.),
conoscenza tacita
(“chi sa che cosa”)
Rappresentazione
grafica e
navigazione delle
mappe
Interni / esterni
granularità dei
contenuti
filtro centralizzato
o distribuito
templates e
formati standard
gestione dei
contenuti generati
metadati
keywords
linee guida
tassonomia
Infrastruttura
(software di content-management, document management, information access, collaboration, ecc.)
Figura 2.9: Progettazione degli spazi cognitivi
Rientrano in questa categoria le sessioni di esercitazioni del tipo learning by doing e le
sessioni di brain-storming;
66
Cfr. http://www.capgemini.com/ase
55
4) Spazi virtuali.
L’ICT consente di supportare la gestione delle conoscenze esplicite e tacite, sia consentendo
la ricerca, la classificazione, l’elaborazione e la comunicazione (quindi, potenziando gli
spazi cognitivi), sia supportando la comunicazione e l’interazione tra individui distanti nel
tempo e nello spazio (quindi, potenziano gli spazi fisici e organizzativi). Appartengono a
questo gruppo gli strumenti per archiviare67, condividere, comunicare o anche sistemi di elearning.
BASE
SHARE
MAP
document
& content repository
group-ware &
community-ware
domain &
competence mapping
PUSH
PULL
LEARN & SIMULATE
desktop presence
searching & mining
acquire experience
Figura 2.10: Framework funzionale delle tecnologie per il supporto del KM
2.3.4 Il modello delle comunità di pratica68
Il modello delle comunità di pratica è nato alla fine degli anni ottanta come teoria sociale
dell’apprendimento basata su estesi studi etnografici69. Negli ultimi anni è stato applicato al
business ed è diventato uno dei modelli più usati nella gestione della conoscenza, con decine di casi
aziendali in vari settori industriali. E. Wenger le definisce come gruppi di persone legate
67
Si può distinguerne il funzionamento tra strumenti di tipo “pull”, ad esempio sistemi di ricerca in database, forum,
link sulla knowledge map, e strumenti di tipo “push”, che prevedono, previa l’indicazione di un particolare interesse, di
essere aggiornati qualora una conoscenza relativa diventi disponibile (ad. esempio le mailing-list).
68
Ampio contributo a questo paragrafo è dato da D. Pagani, Seminario di Knowledge Management, Politecnico di
Milano, 2003
69
Cfr. J. Lave, E. Wenger, “Situated learning : Legitimate Peripheral Participation”, 1991, Cambridge University
56
informalmente da una expertise condivisa e dalla passione per un’impresa comune70. In altre sue
parole:
“Communities of practice are groups of people who share a concern or a passion for something they
do and learn how to do it better as they interact regularly”71
La concezione tradizionale di apprendimento si basa sul travaso di conoscenza di “chi sa” a “chi
non sa”; in questa concezione, la conoscenza è un oggetto che esiste indipendentemente da chi lo
trasmette, da chi riceve e dalla situazione in cui viene appresa ed applicata. La teoria
dell’apprendimento di Wenger si basa su quattro assunti che scardinano questa visione:
1) l’apprendimento è un fenomeno sociale: non si impara nel vuoto, bensì all’interno di una
fitta trama di relazioni sociali;
2) l’apprendimento si manifesta nell’azione competente per obiettivi di cui è riconosciuto il
valore: non esiste conoscenza senza un contesto di azione;
3) l’apprendimento è un processo di partecipazione del singolo alle pratiche di una comunità
per raggiungere obiettivi di cui è riconosciuto il valore e che caratterizzano l’identità della
comunità;
4) l’apprendimento è, in ultima istanza, la capacità di produrre significato, ovvero l’abilità di
interpretare le situazioni reali del mondo dando ad esso un senso.
Il risultato di quanto detto è che l’apprendimento viene visto non come un travaso di conoscenza,
bensì come un processo sociale di partecipazione, laddove “partecipazione” implica non solo
l’interazione con altre persone nello svolgere certe azioni, ma anche l’assimilazione delle pratiche
della comunità e l’identificazione nella comunità. In questo senso, una comunità di pratica si
caratterizza per i seguenti tre attributi distintivi:
1) Impegno reciproco.
La pratica non esiste in astratto, nei manuali o negli strumenti, ma solo perché i membri
della comunità sono impegnati in azioni di cui negoziano reciprocamente i significati. Per
appartenere ad una comunità di pratica non basta che i membri abbiano una categoria sociale
in comune, si conoscano fra di loro in una rete di relazioni personali o che siano fisicamente
vicini. L’appartenenza richiede un impegno reciproco nel condividere azioni e negoziarne
significati da cui scaturisce la pratica comune. L’appartenenza alla comunità non richiede
70
Cfr. E. Wenger, W. Snyder, “Communities of practices: the organizational frontier”, Jan-Feb 2000, Harward
Business Review
71
Cfr. http://www.ewenger.com/theory/
57
omogeneità dei membri, anzi la diversità è proprio uno stimolo alla negoziazione di punti di
vista eterogenei per costruire significati condivisi.
2) Iniziativa comune.
Si tratta dello sforzo per elaborare un’identità comune rispetto ad obiettivi di apprendimento
e di crescita della conoscenza. La qualità di una comunità si misura sulla sua capacità di
riconoscersi attorno a pratiche e saperi distintivi, che i membri della comunità si impegnano
ad alimentare e a rinnovare in modo sistematico.
3) Repertorio condiviso di conoscenze e di routines.
Le interazioni e negoziazioni volte all’iniziativa comune sedimentano nel tempo un
repertorio condiviso di conoscenze, strumenti, artefatti, forme verbali gergali, routines,
atteggiamenti, credenze, ecc. che costituiscono un elemento essenziale della comunità dal
momento che ne custodiscono la memoria.
Alcune comunità si incontrano regolarmente faccia-a-faccia, altre si mantengono in contatto a
distanza mediante posta elettronica e altri media digitali. Alcune comunità sono completamente
spontanee, altre si danno un’agenda di obiettivi che gestiscono in modo flessibile. In ogni caso, i
membri di una comunità di pratica condividono le proprie esperienze e la propria conoscenza in
modi liberi e creativi che stimolano lo sviluppo di nuovi approcci alla risoluzione dei problemi
comuni della comunità.
Una varietà di casi aziendali in diversi settori industriali ha dimostrato che le comunità di pratica
migliorano le prestazioni organizzative in vari modi: sviluppare la strategia aziendale, generare
nuove linee di business, risolvere problemi complessi, promuovere la diffusione di best practices,
sviluppare competenze professionali delle risorse umane, attirare e trattenere talenti. In tutti questi
casi aziendali, le comunità di pratica rendono possibile la creazione e la condivisione di conoscenza
superando sia le barriere organizzative fra dipartimenti e unità organizzative, sia i confini
dell’impresa coinvolgendo clienti, fornitori, distributori, ecc.
A proposito della comunità di pratica, T.A. Stewart afferma che:
“(…) forse la caratteristica più affascinante delle comunità di pratica è che risponde soltanto ad essa:
non ha proprietari. E’ come un’associazione professionale: è formata da persone che si mettono
insieme e ci restano perché hanno qualcosa da imparare e un contributo da dare. Il suo lavoro è
proprietà comune e privata del gruppo: è cosa nostra.
Queste caratteristiche assegnano alle comunità di pratica un posto particolare nell’ecologia
dell’organizzazione informale. I gruppi di progetto e le squadre di lavoro hanno uno statuto e
riferiscono ad una autorità superiore. Anche se a loro non corrisponde una casella nell’organigramma,
hanno un piano, una scadenza, sono responsabili davanti a qualcuno, hanno un elenco dei membri.
58
Invece la comunità di pratica si costituisce su base volontaria, vive più a lungo e non produce un bene
specifico come un rapporto o un nuovo prodotto. (…)
Le comunità di pratica svolgono due grandi compiti di formazione del capitale umano: il trasferimento
della conoscenza e l’innovazione. (…)
(…) pongono una sfida (…): da questi gruppi, spesso invisibili, dipende l’apprendimento in seno a
un’organizzazione. Eppure, sono praticamente incompatibili con la gestione intesa in senso
tradizionale, anzi, cercare di gestirli può voler dire ucciderli. (…)
Ora, anche se non sono capaci di gestire una comunità di pratica, i manager possono comunque
aiutarla nel suo lavoro: (…)riconoscendone l’esistenza e l’importanza, (…), assegnando loro le risorse
necessarie”
Per un esempio significativo di comunità di pratica, può essere utile il riferimento al caso dei tecnici
di manutenzione di Xerox, di cui esistono numerosi resoconti72.
Le comunità di pratica sono sempre esistite, non solo sul luogo di lavoro; la novità è che le
comunità di pratica sono entrate nel linguaggio aziendale come un nuovo meccanismo
organizzativo, che si affianca ad altre forme organizzative e sociali ben note quali team di progetto,
gruppi di lavoro formali e network informali di colleghi e conoscenti.
Comunità di
pratica
Obiettivo
Membri
Sviluppare le
competenze e capacità
dei membri; creare e
condividere conoscenza
Membri che si
autoselezionano
Produrre un servizio o un
Gruppi di
prodotto
lavoro formali
Team di
progetto
Portare a termine un
compito specifico
Network
informale
Raccogliere e scambiare
informazioni di business
Tutti coloro che
riportano al
manager del gruppo
Motivo di
Durata temporale
aggregazione
Passione, impegno
e identificazione con Finché c’è interesse
le competenze della
nel tema
comunità
Incarico
organizzativo e
obiettivi comuni
Dipendenti nominati Obiettivi e scadenze Finché il progetto
dal management
del progetto
non verrà terminato
Amici e conoscenti
di lavoro
Bisogni reciproci
Tabella 2.2: Caratterizzazione delle comunità di pratica
72
Fino alla prossima
riorganizzazione
Si veda ad esempio S. Micelli, “Imprese, reti e comunità virtuali”, 2000, Etas
59
Finché le persone
hanno un motivo
per tenersi in
contatto
2.4
La conoscenza e il Capitale Intellettuale
Il capitale intellettuale è un argomento di crescente interesse per le aziende per le quali il profitto
deriva prevalentemente dall’innovazione dalla conoscenza. Esempio di queste aziende sono
Microsoft, Google, Ebay, Glaxo, Pfizer, ecc. Per molte di queste imprese il valore di mercato è
maggiore del valore di libro: il valore di avviamento a volte ne costituisce la parte preponderante.
Il valore di queste aziende è maggiore delle loro risorse finanziarie e dei beni mobili e immobili:
risiede nella loro abilità di convertire la conoscenza in profitto. Ad esempio, per McDonald’s, Nike,
e aziende simili il più grande valore è senza dubbio il brand e la loro rete di vendita.73
Dopo aver quindi parlato della gestione della conoscenza, affrontiamo ora il frutto di una attenta
gestione della conoscenza: il capitale intellettuale.
2.4.1 Definizione di capitale intellettuale
Quando il mercato azionario valuta le imprese in misura maggiore del valore contabile (di libro) del
loro patrimonio, afferma una verità semplice ma profonda: i valori classici (capitali mobili e
immobili) di un’azienda della conoscenza contribuiscono in modo molte volte marginale rispetto a
quanto non vi contribuisca il suo patrimonio intangibile (cioè non materiale): il talento dei
dipendenti, l’efficienza dei sistemi di gestione, la natura del rapporto con i clienti e la qualità dei
beni e prodotti da essi percepita, che insieme costituiscono il suo capitale intellettuale.
L’attenzione sul capitale intellettuale è stata accesa da T.A. Stewart in una serie di articoli sulla
rivista Fortune nei primi anni ’90: egli focalizzò l’attenzione su come le aziende creano valore
mediante le capacità intellettuali dei loro dipendenti (brainpower); nella sua già citata opera
“Intellectual Capital – The new wealt of organization”, egli ampia tale ricerca, fornendo
suggerimenti e indicazioni al fine di cogliere la giusta dimensione dell’importanza di tale concetto.
Riprendendo le definizioni di D. Klein e L. Prusak, egli afferma che:
“L’intelligenza diventa un capitale quando da un brainpower libero si ricava un certo ordine utile, vale a
dire quando a esso viene data una forma coerente (una mailing list, un database, la scaletta di una
riunione, la descrizione di un processo); quando esso viene incapsulato in modo tale da consentire di
descriverlo, comunicarlo ad altri sfruttarlo; e quando può essere applicato per fare qualche cosa che
non si potrebbe fare se rimanesse sparpagliato come tante monetine in un rigagnolo. Il capitale
intellettuale è sapere utile confezionato.”74
73
Alcuni autori condannano l’intenzione di alcune ditte, tra le citate, di eliminare completamente dai loro assets le
fabbriche, a tutto vantaggio dell’immagine e della redditività aziendale. Cfr. N. Klein,“No Logo”, 2000, Baldini e
Castoldi
74
Cfr. T.A. Stewart, “Il capitale intellettuale”, 1999, Ponte alle Grazie.
60
Anche Patric H. Sullivan dà una definizione simile:
“Intellectual capital may be though of simply as knowledge that can be converted into profits”75
Il termine che descrive l’azienda attenta al capitale intellettuale è “azienda della conoscenza”,
oppure “azienda basata sulla conoscenza”.
Queste aziende possono usare la loro conoscenza incapsulata nei prodotti venduti o la conoscenza
del mercato di questi per ottenere vantaggio sulla concorrenza. Al di là delle differenziazioni
ontologiche e epistemologiche analizzate precedentemente, la figura seguente suggerisce, in prima
approssimazione, cosa si intende per capitale intellettuale, evidenziandone le parti costitutive76:
Invenzioni
Dati
Tecnologie
Abilità
Idee
Processi
Conoscenze
Creatività
Software
Pubblicazioni
Progetti
Intenzioni
Figura 2.11: Il capitale intellettuale
In questa figura ritroviamo tutte le espressioni della Conoscenza analizzate precedentemente, nelle
sue forma tacite o esplicite, personali o di organizzazione.
75
76
Cfr. P.H. Sullivan, “Profiting from intellectual capital”, 1998, Wiley
Ibidem.
61
2.4.2 Modelli per il capitale intellettuale
Per poter meglio capire la differenza che porta il valore di mercato di una azienda ad essere anche
cinque o dieci volte il valore contabile, possiamo rifarci al modello di bilancio per una impresa
basata sulla Conoscenza proposto da Sveiby77:
Figura 2.12: Il bilancio per una impresa basata sulla Conoscenza
Secondo Sveiby esistono tre tipi di assest (beni) intangibili:
1) La struttura esterna: include le relazioni con i clienti e i fornitori, e in generale con tutti gli
stakeholders dell’impresa. Racchiude anche i marchi registrati, i brand e la reputazione (o
immagine) dell’azienda. Alcuni di questi elementi possono essere considerati come
proprietà a tutti gli effetti (e questi sono effettivamente registrati a bilancio), ma posseggono
differenti gradi di rischio: ad esempio, gli investimenti in strutture esterne non possono
essere fatti con lo stesso grado di confidenza degli investimenti nelle strutture interne. Il
valore di questi è determinato per la maggior parte dalla capacità dell’azienda di risolvere i
problemi dei clienti e ciò riserva un certo grado di incertezza a tale valore – reputazione e
relazioni cambiano con il tempo.
2) La struttura interna: include brevetti, concetti, modelli, sistemi amministrativi e sistemi
ICT78. Questi elementi sono creati dagli impiegati e sono di proprietà dell’organizzazione. A
77
Cfr. K.E. Sveiby, “The new organizational wealth”, 1997, Berrett-Koehler Publisher, Inc.
62
volte possono però essere acquisiti da altri. La decisione di investire in questi elementi può
essere effettuata con un grado di incertezza minore del precedente, poiché si tratta di una
“elaborazione interna” della struttura già esistente.
3) La competenza degli impiegati: è la capacità di agire in una vasta gamma di situazioni in
modo da creare attivi patrimoniali visibili o invisibili79. Tale competenza deve
necessariamente essere elencata nei beni dell’azienda in quanto non può ovviamente esistere
un’azienda senza persone. Queste ultime tendono a comportarsi lealmente se, a loro volta,
sono trattate in tal modo: tendono così a sviluppare una sorta di senso di appartenenza. La
ricompensa è molte volte non solo remunerativa, ma può includere benefits di vario genere.
La struttura interna e le persone costituiscono ciò che viene generalmente definito organizzazione. I
beni visibili rappresentati nel modello sono quelli classici della contabilità: la liquidità, i crediti da
cliente, i beni immobili.
Dal punto di vista finanziario, questo modello accosta ai finanziamenti “a bilancio” (quali i debiti a
corto-medio termini, quelli a lungo termine e al capitale sociale) quelli che permettono il
finanziamento dei beni invisibili (il capitale sociale invisibile, inteso come la voglia e la capacità
delle persone di attivarsi per la creazione di valore, cioè la capacità di finanziamento dei beni
invisibili – e questo è, secondo Sveiby, la differenza tra il valore di mercato e il valore di libro – e le
obbligazioni o impegni verso le risorse umane, ad esempio accordi “paracadute” o pensioni
integrative.).
78
Qui non si intende l’insieme hardware e software, ma bensì lo “stato” del sistema con tutti i suoi dati e le sue
procedure personalizzate.
79
E’ interessante osservare come T.A. Stewart, nell’opera precedentemente citata, riconosce che il capitale umano non
potrà mai appartenere all’impresa, in quanto: “si possono affittare le persone ma non si può esserne proprietari … la
cessione della proprietà del capitale umano a un’azienda deve essere volontaria. C’è un modo rapido ma non semplice
di farlo: creare un senso di proprietà incrociata fra azienda e dipendente … al cuore dell’organizzazione dell’era
dell’informazione, vi è dunque un paradosso: i datori di lavoro hanno allentato i vincoli della sicurezza del posto di lavoro
e della fedeltà all’azienda, e al tempo stesso dipendono più che mai dal capitale umano. … Paradossalmente, è
riconoscendo la proprietà virtuale da parte del dipendente nei sistemi retributivi e organizzativi che le aziende possono
proteggere la loro quota d’interesse nel loro stesso patrimonio intellettuale. Naturalmente le aziende compensano il
capitale umano pagando un salario maggiore ai dipendenti dotati di esperienza”
63
Il valore di mercato di una azienda può essere allora scomposto secondo la figura seguente:
Intangible assets
(stock price premium)
Visibile equity
(book value: tangibile
assets minus visibile
debts.)
External structure
(brands, customer and
supplier relations)
Internal structure
(the organization:
management, legal
structure, manual system,
attitudes, R&D, software)
Individual
competence
(education, experience)
Tabella 2.3: Il valore di mercato di un’azienda basata sulla Conoscenza secondo K.E. Sveiby
Simile a questo schema, il modello di valore di mercato proposto dalla società finanziaria e
assicurativa svedese Skandia AFS è il seguente:
Figura 2.13: Modello di valore di mercato di una società basata sulla Conoscenza proposto da Skandia AFS.
E’ possibile elencare alcune definizioni che meglio permettono di comprendere i vari tipi di capitali
oggetto della gestione del capitale intellettuale80:
-
capitale umano: è un modo che molti teorici del IC usano per definire la componente
umana di una azienda, ponendo specifica attenzione alla conoscenza posseduta dal
80
Cfr. M.L.W. Hall, “The confusion of the capitals: surveying the cluttered landscape of Intellectual Capitals and
terminology”, in P.H. Sullivan, op. cit.
64
singolo o da gruppi all’interno di essa. In genere, è la parte di capitale intellettuale dove
è necessario spendere molte risorse affinché l’azienda possa affermare di gestire “bene”
il capitale intellettuale;
-
capitale culturale: strettamente legato al precedente, è l’ambiente interno di una
organizzazione che include le possibilità di comunicazione tra individui e gruppi, i loro
valori e le loro vision.
-
capitale clienti: è l’area di capitale intellettuale alla quale appartengono i clienti e le
relazioni tra clienti e azienda, intendendo per appartenenza il riconoscimento da parte dei
clienti del valore dell’azienda stessa (immagine, reputazione, ecc.). In quest’area il
marketing e la gestione del capitale intellettuale coesistono. Inoltre, alcuni studiosi di IC
comprendono in quest’ambito anche il cosiddetto “stakeholder capital”, allargandone
così i confini sino a considerare come clienti anche i fornitori propriamente detti, i
dipendenti e, in generale, chiunque abbia interessi collegati all’azienda;
-
capitale organizzativo: è il capitale insito nel modo in cui una azienda si organizza –
nelle sue strutture, procedure, persone – al fine di ottenere il meglio relativamente alla
situazione esterna (ad esempio la situazione di mercato);
2.4.3 Misura del capitale intellettuale
In questo paragrafo si presentano i suggerimenti di K.E. Sveiby per misurare le componenti del
capitale intellettuale e dei beni da esso prodotti in una knowledge company81; l’autore in parola
propone di affiancare ai tradizionali parametri finanziari anche una serie di indicatori nonfinanziari, in quanto afferma che:
a) gli indicatori usati sinora sono adeguati per le imprese che basano il loro fatturato
essenzialmente sulla produzione di beni materiali; poiché sono sempre di più le imprese che
basano il loro profitto sull’erogazione di servizi, può rendersi necessario avere altri metodi
di misura per gli investimenti in R&D o in altre tipologie di assets intangibili;
b) gli indicatori finanziari sono di poca utilità pratica per il Management dell’azienda: i flussi
della conoscenza e i beni intangibili sono essenzialmente caratteristiche non-finanziarie;
Sveiby riconosce tuttavia una certa difficoltà nell’interpretare gli indicatori, soprattutto per
la grande quantità in cui possono essere prodotti.
81
Cfr. K.E. Sveiby, op. cit.
65
Al fine di proporre una misura per le tre componenti degli intangible assets, sono necessari due
passi propedeutici:
-
stabilire l’uso che si vuole fare della misura (ad esempio, chi la utilizzerà e per che
cosa): la misura potrà essere utilizzata per rappresentare internamente (ai managers) ed
esternamente (ai clienti e agli altri stakeholder della società). Ciascuna di queste
rappresentazioni, più attente ai vari trend di valori le prime, più attente al livello le
seconde, dovrà comunque avere un termine di confronto per risultare significativa (ad
esempio, le misurazioni effettuate su un’altra azienda simile o sull’anno precedente della
medesima)
-
classificare i vari gruppi di impiegati sotto ciascuna delle tre componenti. Si suddividono
i collaboratori in due gruppi: i professionals (cioè coloro i quali pianificano, producono,
processano prodotti o soluzioni strettamente collegati con l’attività aziendale esterna) e i
membri dello staff di supporto (amministrativi, segretarie, ecc.). Personale professional
non dipendente (ad esempio gli ex co.co.co.) andrà considerato solo per le misure della
struttura esterna, per via del suo impatto con la produzione, ma non per le misure della
struttura interna, uniformandosi così alla prevalenza delle statistiche che distinguono tra
dipendenti assunti e collaboratori. Personale che svolge attività mista sarà computato con
la frazione di tempo corrispondente.
Suddiviso a sua volta il gruppo dei professionals in base ai ruoli, si potranno, ad esempio, calcolare
i seguenti indici (# indica il numero di persone appartenenti al gruppo):
Indicatore
Formula
rapporto staff/professionals
#staff / #professionals
rapporto fatturato/professionals
fatturato / #professionals
rapporto fatturato/staff
fatturato / #staff
rapporto dirigenti/professionals
#dirigenti / #professionals
profitto per professional
profitto / #professionals
Tabella 2.4: Alcuni indicatori per i collaboratori
Come accennato sopra, per avere un giudizio dell’andamento della società occorrerà confrontare
questi valori con quelli ottenuti nell’analisi del periodo precedente per la medesima società o per
una società concorrente.
Per ciascuna delle tre componenti si daranno parametri per valutarne l’ampiezza, l’efficienza e la
stabilità.
66
1) Misura della competenza: la competenza dei collaboratori non è solo uno dei tre beni
intangibili, ma è anche sorgente della struttura interna ed esterna. Come accennato prima, ci
riferiamo alla competenza come competenza dei professionals.
Circa la misura della competenza, si possono suggerire i seguenti parametri:
- numero di anni nella professione: è un semplice indicatore, sebbene strettamente parlando
non sia possibile sommare gli anni di anzianità tra le persone; tuttavia, nel totale del gruppo,
le differenze si assottigliano. Infatti, se il numero totale di anni nella professione indica il
livello della competenza posseduta dall’azienda, l’anzianità nel ruolo di ciascun
collaboratore è un indice altrettanto importante. Questi valori possono essere tracciati su un
grafico con tre o cinque livelli che, confrontato con quello dell’anno precedente, da’
un’indicazione dell’andamento della competenza.
- livello di istruzione: il livello formale di istruzione è un valido indicatore, in quanto gli
studenti universitari sono in genere preparati a processare un vasto numero di informazioni.
Solitamente, il livello di istruzione è suddiviso in tre fasce: primario, secondario e terzario.
Anche il computo degli anni di studio può essere utilmente impiegato per valutare il livello
di istruzione, e può essere vantaggioso rifarsi anche alle cosiddette “certificazioni”, ad
esempio in tema di gestione o utilizzo di strumenti di Information Technology82.
- costi di training e di aggiornamento: viene sommato quanto annualmente viene speso
dall’azienda per accrescere la competenza dei collaboratori o per il loro aggiornamento
professionale.
- assegnazione di voti al personale: i responsabili valutano i loro collaboratori in una scala,
ad esempio, di cinque gradi; è un metodo che può essere usato con successo in imprese di
medio-grandi dimensioni. Questi voti possono essere successivamente analizzati
statisticamente.
- valutazione del turnover: se gli indicatori sopra suggeriti sono calcolati per i nuovi assunti
e per i dimissionari, e quindi ne viene fatto il rapporto, si ha una indicazione del turnover per
ciascuno di essi.
- valutazione della competenza assorbita dal cliente: poiché molti knowledge worker
lavorano a contatto con i clienti, può essere interessante valutare quanta competenza deriva
da questa attività, ad esempio registrando il numero di ore di lavoro presso il cliente, il
numero di visite, ecc.
82
Ad esempio, le certificazioni Microsoft, per Linux o quelle relative alla Patente Europea di utilizzo del Computer.
67
Riguardo all’efficienza si suggeriscono i seguenti parametri:
- proporzione del numero dei professionals nell’azienda: cioè il rapporto tra il numero dei
professionals e il numero dei collaboratori totali nell’azienda. Questo indice è però
significativo solo se usato per confrontarsi con altre aziende che operano nel medesimo
settore, in quanto settori diversi richiedono una frazione di professionals diversi (ad esempio,
una azienda di trasporti richiederà presumibilmente meno professionals di uno studio di
consulenza software.)
- l’effetto influenza (leverage effect) aiuta a stimare la relazione che sussiste tra reddito di una
azienda e i professionals assunti. Per il calcolo ci si può rifare alla formula seguente:
profitto per professional =
profitto
reddito
# ( professional + esterni)
*
*
reddito # ( professional + esterni)
# professional
ciò significa che l’indicatore di efficienza profitto per professional è il prodotto di tre
indicatori: l’efficienza delle vendite, l’efficienza del personale e il cosiddetto leverage
indicator.
- valore aggiunto per professional: definendo il valore aggiunto – in un esercizio economico –
come la differenza tra i ricavi e i costi, è quindi possibile calcolare questo parametro
dividendo l’importo del valore aggiunto per il numero di professional.
Riguardo alla misura della stabilità, i parametri suggeriti sono i seguenti:
- l’età media: un’organizzazione con professionals di età media più elevata è presumibilmente
più stabile di una avente professionals con età media inferiore; è anche un indicatore di
dinamicità: una età media elevata indica più una tendenza alla riflessione che alla reazione. Un
aumento costante dell’età media di una organizzazione è però un segnale di allarme e il
Management dovrebbe vigilare su questo: molte volte, un arresto nella crescita di
un’organizzazione provoca un immediato aumento dell’età media.
- l’anzianità, definita come il numero di anni trascorsi in una organizzazione. Un alto valore
per i professionals indica una certa stabilità della competenza. Un alto valore per gli
amministratori indica una certa stabilità della struttura interna.
- confronto con le retribuzioni dei professionals con altre aziende del settore: solitamente
espresso in indice (ad esempio, da 95 a 105), questo è un parametro di grande importanza
68
poiché permette di confrontare i costi del personale con quelli dei concorrenti e da’
un’indicazione del desiderio di un professional al cambio di lavoro.
- turnover del personale professional: calcolato come rapporto tra il numero di coloro che
lasciano l’azienda (turnover esterno) o cambiano mansione (turnover interno) e il numero di
professionals all’inizio dell’anno, è un indicatore importante della stabilità della competenza:
un elevato turnover indica solitamente una insoddisfazione del personale e può essere
utilizzato come indicatore della dinamicità dell’azienda.
2) Misura della struttura interna: l’attività principale degli impiegati che lavorano
nell’amministrazione, nella contabilità, nell’ufficio personale, segreterie, manutenzione sistemi
informativi, ecc. è il mantenimento della struttura interna.
Circa la misura della struttura interna, si possono suggerire i seguenti paramenti:
- investimento nella struttura interna: spesso considerato un mero costo, si esprime come
rapporto tra quanto investito in beni o strutture interne e il totale del fatturato, o meglio, del
valore aggiunto, su base annuale.
- investimenti nel settore ICT: si può considerare il rapporto tra quanto investito in sistemi
ICT e il fatturato, oppure il numero di PC per collaboratore, ecc.
Riguardo all’efficienza si suggeriscono i seguenti parametri:
- la proporzione dello staff di supporto: rapporto tra il numero di persone di supporto e il
numero totale dei collaboratori. Una variazione di questo indice suggerisce una variazione
nell’efficienza della struttura interna.
- fatturato rispetto al supporto: rapporto tra il fatturato e il numero delle persone di supporto.
- misure sull’ambiente lavorativo, si intende con ciò il giudizio che i collaboratori hanno del
lavoro, dell’ambiente di lavoro, dei colleghi e dei superiori. Se questi giudizi sono positivi, i
collaboratori contribuiscono consciamente, o più spesso inconsciamente, ad una buona
reputazione dell’azienda verso i propri stakeholder, primi tra tutti i clienti. L’ascolto da parte
del Management attraverso il dialogo o mediante sondaggi anonimi può portare ad indici,
magari non direttamente numerici, ma altrettanto importanti83.
83
Con grande vantaggio per i collaboratori stessi.
69
Riguardo alla stabilità i parametri suggeriti sono i seguenti:
- età media: come detto sopra, l’età media è un indice molto importante per la valutazione
della stabilità di un valore intangibile
- turnover dello staff di supporto: poiché lo scopo del supporto è quello di mantenere la
struttura interna, un basso tasso di turnover (rapporto tra il numero di dimissionari e il numero
totale del gruppo) è molto importante.
- il tasso recluta (rookie ratio): complementare alla misura dell’anzianità, è inteso come il
rapporto tra il numero di collaboratori aventi meno di due anni di anzianità nel ruolo e il
numero totale dei collaboratori. Solitamente, coloro che appartengono a questo gruppo sono
meno efficienti degli altri poiché non si sono ancora completamente inseriti nella struttura
(tradizione) aziendale. Quindi, un elevato valore per il rookie ratio è indice di bassa stabilità e
bassa efficienza.
3) Misura della struttura esterna: la struttura esterna include il marchio, l’immagine, le relazioni
con i fornitori ma soprattutto le relazioni con i clienti. Tutto il tempo che i collaboratori passano
lavorando per i clienti è impiegato per mantenere, creare e sviluppare
relazioni con essi. I
professionals spendono, in genere, gran parte del loro tempo con i clienti.
Se tutti i clienti generassero profitti e aiutassero anche lo sviluppo di competenze, di immagine,
ecc., allora l’azienda avrebbe davvero successo. Ma naturalmente non è così: conseguentemente,
prima di procedere alla misura dei tre parametri, i clienti devono essere segmentati, cioè suddivisi in
varie categorie. Per far ciò, oltre ai tradizionali parametri di segmentazione (percentuale di ciascuno
sul fatturato totale dell’azienda o sul parziale per prodotto, percentuale sul profitto totale, capacità
di solvibilità, ecc.), è conveniente affiancare una segmentazione basata su criteri non finanziari.
Prendendo spunto da PLS-Consult, ora Rambøll Management, una società di consulenza aziendale
danese, K.E. Sveiby suggerisce di suddividere i clienti in quattro categorie, ciascuna con tre livelli
di valutazione (“molto”, “medio”, “poco”):
a) clienti redditizi;
b) clienti che contribuiscono all’immagine, alle referenze: sono clienti che possono agire come
opinion leader del mercato o clienti particolarmente soddisfatti dell’attività del fornitore;
c) clienti che richiedono grossi progetti, attività stimolanti o educative per il fornitore: sono i
clienti più preziosi dal punto di vista di acquisizione, da parte dell’azienda, di nuova
conoscenza;
70
d) simili ai precedenti, sono clienti che possono incrementare la competenza individuale dei
professionals dell’azienda: tipicamente, sono clienti di piccole dimensioni seguiti da uno o
al più due professionals.
Fatta questa analisi preliminare, che schiude e meglio caratterizza la specificità del parco clienti, è
possibile procedere alla misura delle tre quantità.
Circa la misura del livello della struttura esterna, si possono suggerire i seguenti paramenti:
-
redditività per cliente: questa analisi può dare risultati spaventosi, ad esempio scoprendo
che in un periodo di esercizio solo il 20% del parco clienti genera reddito (solitamente si
analizza il reddito per prodotto o per segmento di mercato);
-
crescita per acquisizioni di altre società: se l’azienda acquisisce altre società, allora è
bene tener presente quanto questa azione contribuisca alla crescita della struttura esterna,
al fine di suddividerne i contributi e isolare i dati relativi al prima e dopo l’acquisizione.
Per la misura di efficienza si possono considerare:
-
indici di soddisfazione del cliente: è il miglior indicatore per stabilire se i risultati
ottenuti aumentano o diminuiscono il livello di soddisfazione del cliente. Anche se le
indagini in questo senso sono primariamente utilizzate nell’ambito del marketing, questi
dati possono essere interessanti anche ai fini di una analisi finanziaria dell’azienda. Per
avere una serie temporale di riferimento, tali indagini devono essere ripetute ad intervalli
regolari;
-
indice di win/loss: se una grande parte del business dell’azienda proviene dal
meccanismo di offerta di servizio e accettazione da parte del cliente, un semplice indice
è il calcolo della percentuale del numero delle offerte andate a buon fine rispetto al
numero totale delle offerte effettuate (e, soprattutto in caso di grosse perdite, è opportuno
focalizzare, ad esempio con una relazione scritta, il perché del fallimento); questo
indicatore può, ad esempio, dare suggerimenti sulla riuscita o meno di diverse strategie
di prezzi attuate nel tempo;
-
fatturato per cliente: poiché vendere ad un cliente già acquisito è solitamente più
semplice che vendere ad un nuovo cliente, questo parametro dà indicazioni
sull’efficienza della rete di relazioni con i clienti attuali. Uno sforzo teso ad aumentare
71
questo parametro, magari dopo aver individuato i prodotti “preferiti” dai vari clienti, può
portare ad un rapido aumento del fatturato totale.
Riguardo alla misura della stabilità i parametri suggeriti sono i seguenti:
-
proporzione del numero dei grandi clienti rispetto al numero totale: se l’azienda dipende
da pochi grandi clienti, allora la sua posizione è debole. Si possono usare due indicatori:
1) la percentuale di fatturato relativa ai primi cinque grandi clienti o il numero di clienti;
2) in ordine decrescente di fatturato, necessario per ottenere il cinquanta per cento del
fatturato;
-
anzianità del cliente: i clienti di lunga data sono coloro che più probabilmente hanno
buone relazioni con l’azienda e con i quali è possibile continuare stabilmente il business;
-
clienti “affezionati”: sono quelli che sono clienti dell’azienda per più di cinque anni. Il
rapporto tra il numero di questi e il numero totale dei clienti è indice della stabilità della
struttura esterna;
-
frequenza degli ordini: è un altro indice della soddisfazione del cliente. Un elevato
valore equivale a dire che il cliente è soddisfatto e poiché, come accennato sopra, i
clienti vecchi sono più redditizi, questo parametro dà anche una indicazione riguardo al
potenziale reddito. Oltre ad essere anche un indicatore della qualità percepita dal cliente,
questo indice è anche una conferma relativamente al fatto che il prodotto / servizio
offerto dall’azienda sia quello giusto per la tipologia del cliente in esame.
Grazie al contributo di K.E. Sveiby si è potuto dare una metodologia di valutazione dei beni
intangibili di una azienda. Nel capitolo successivo, verrà affrontato il tema della relazione con il
cliente da una prospettiva più legata alle tecniche di marketing: non si tratta di un punto di vista
alternativo a questo appena esposto ma, al contrario, va considerato come parte integrante di una
reale visione gestionale, da parte dell’impresa, del capitale intellettuale nella sua componente
esterna.
72
3.
Il Customer Relationship Management: un quadro di riferimento84
3.1
La nascita del CRM
“I presupposti economici del rapporto azienda-cliente stanno cambiando radicalmente ed i modelli
guida della produzione e del marketing di massa, creati dalla Società Industriale, stanno cedendo il
posto a nuovi paradigmi nei quali la relazione con il cliente è sempre più l'
elemento centrale del
business. (…) è importante sottolineare come il "ciclo di vita" del rapporto con il cliente sia diventato
un elemento chiave di qualsiasi strategia di business. Gli obiettivi delle imprese, nell'
attuale quadro
economico, puntano molto sulla fidelizzazione e sulla massimizzazione del grado di soddisfazione del
cliente come requisiti fondamentali per migliorare la redditività dell'
azienda e aumentare il valore
dell'
azienda per gli azionisti. L'
obiettivo non è più solo quello di acquisire nuovi clienti, ma anche di
ottimizzare l'
interazione in tutti i suoi aspetti.”85
Questi nuovi paradigmi di management, insieme alle considerazioni del capitolo precedente sul
capitale intellettuale di un’azienda – nella dimensione di “Intangibile assets / External structure” –,
le implicazioni di Internet sul sistema economico, oltre che sulla connessa evoluzione dei rapporti
impresa-mercato, hanno comportato radicali cambiamenti nella dinamica dei sistemi competitivi e
nelle formulazioni strategiche aziendali. Sebbene l’obiettivo primario di queste strategie è ancora
rappresentato dalla soddisfazione dei bisogni emergenti dei clienti, la modalità instauratasi sempre
più frequentemente è primariamente l’ascolto del cliente e delle sue esigenze, mediante la
definizione di un sistema relazionale.
La strategia di Customer Relationship Management è il risultato attuale del processo di evoluzione
delle strategie messe in atto dalle aziende nel tempo per il mantenimento del business.
Dagli anni Ottanta, nei quali il focus aziendale era rappresentato dalla qualità dei prodotti, mediante
l’implementazione di una strategia di Total Quality Management, attraversando gli anni Novanta,
nei quali la strategia di successo era costituita dal Business Process Reengineering, (e l’attenzione
era focalizzata sui processi per la riduzione dei costi), si è giunti a sancire l’importanza della
soddisfazione del cliente come elemento chiave per stabilire strategie vincenti di mantenimento, di
crescita e di potenziamento. Le aziende hanno percepito sempre più la necessità di “dare voce” al
cliente e, in questa urgenza, le tecniche volte a misurare la soddisfazione hanno svolto un ruolo
determinante. All’obiettivo di ottenere la soddisfazione del cliente se n’è poi aggiunto un altro: la
84
Ampio contributo a questo capitolo è dato da A. Farinet, E. Ploncher, “Custormer Relationship Management –
Approcci e metodologie”, 2002, Etas
85
Cfr. G. Stucch,i “ Il Customer Relationship Management, una nuova cultura di business.”, Marzo 2000, Hi Tech
Server.
73
fedeltà del cliente. La soddisfazione del cliente è, in condizioni di libero mercato, un fattore
decisivo per stringere un rapporto duraturo con lui ottenendone la fiducia.
La fiducia reciproca porta l’immenso vantaggio dello scambio di Conoscenza:
“Sono tre i punti di vista coinvolti:
Sociale: rinforzando le condizioni di feeling interpersonale e di consulenza e supporto a ciò che è di
valore per il cliente passando inevitabilmente attraverso il rapporto di fiducia e di cooperazione con le
singole persone all’interno dell’organizzazione del cliente.
Economico: cercando e acquisendo continuamente nuovi spazi di miglioramento di efficienza e di
efficacia nelle aree comuni tra cliente e fornitore nella catena di valori, attraverso un maggiore
scambio di esperienze e d informazioni e la specializzazione delle singole competenze.
Operativo e organizzativo, cercando valore attraverso sempre una maggiore integrazione dei processi
di lavoro: prima quelli di vendita del fornitore e di acquisto del cliente, poi quelli amministrativi e
logistici di entrambi, quindi quelli di marketing, di servizio e di erogazione. Fornitore e cliente
alimentano il proprio know-how reciprocamente, e quasi non si distingue più tra essi chi compra e chi
vende.”86
In un motto molto ovvio: “Un cliente soddisfatto è un cliente fedele, e costa meno”: infatti, il “costo
delle vendite” a clienti consolidati è generalmente inferiore a quello necessario per acquisire nuovi
clienti e per stabilire un rapporto commerciale con essi.
“Regrettably, companies spend most of their effort in acquiring new customers and not enough in
retaining and growing business from their current customers. Companies spend as much as 70
percent of their marketing budget to attract new customers while 90 percent of their revenues come
from current customers. (…) Acquiring new customers can cost 5 to 10 times more than the costs
involved in satisfying and retaining current customers. (…) The customer profit rate tends to increase
over the life of the retained customer”87
Nonostante la soddisfazione rimanga il solo fine ultimo di ogni sforzo aziendale, sussistono validi
motivi che hanno spinto e stanno spingendo il mondo economico a concentrarsi sulla fidelizzazione.
In molti campi, infatti, i nuovi mercati verso cui tendere sono sempre meno, ed è quindi prioritario
instaurare con i clienti di oggi relazioni che possano continuare ad esistere anche domani. Inoltre,
chiunque non detenga una posizione dominante sul mercato – caratterizzata da competenze uniche
distintive – deve fare i conti con una concorrenza agguerrita che, giocando sullo stesso piano,
tenderà a sottrargli anche i clienti fino a quel momento serviti con successo. Anche in molte realtà
business to business, come Metrohm Italiana Srl, è lo stesso cliente che ricerca un legame sempre
86
87
Cfr. A. Drei, “Oltre il CRM“, 2004, Guerini e Associati
Cfr. P. Kotler, “Marketing insight from A to Z”, 2003, Wiley
74
più stretto con il proprio fornitore, che lo vede – o lo desidera – come portatore di mezzi e
soluzioni.
“Il contatto con il cliente è chiaramente un elemento fondamentale per il successo di qualsiasi
azienda, dato che, se non si interagisce con i propri clienti, non si può vendere loro alcun prodotto.
Essere semplicemente in grado di portare a termine una transazione commerciale di base, quale può
essere l'
acquisizione di un ordine, non è più sufficiente per competere. La qualità e la completezza del
contatto con il cliente sono diventati gli elementi distintivi fondamentali per qualsiasi azienda che operi
in un mercato competitivo.”88
Sovente, le aziende ricercano sempre maggiore flessibilità attraverso la cessione all’esterno di fasi
non vitali dei propri cicli gestionali concentrando l’attenzione sul proprio core business. Sia tale
modello di crescita sia le sollecitazioni provenienti da richieste di mercato sempre più specifiche e
puntuali, hanno condotto il cliente ad alzare il livello delle minime competenze necessarie per
entrare nella rete di vendita89. Un esempio è la sempre maggiore indagine, in fase di qualificazione
del fornitore, relativa all’ottemperanza della norma UNI EN ISO 17025, riguardante la gestione dei
laboratori di prova e taratura90.
Infine, la diffusione delle nuove tecnologie informatiche (sistemi gestionali client-server o con
possibilità di esportazione dei dati, Web, email) ha determinato un rapido accumulo di dati
consultabili più o meno velocemente, prima attraverso sistemi chiusi e poi mediante sistemi di
facile personalizzazione91. La capacità di elaborare tali dati ha portato un radicale mutamento nei
processi di produzione di valore e nella gestione delle relazioni tra i diversi soggetti economici, con
particolare riguardo alle relazioni instaurate con i clienti.
In sintesi, il successo di un’impresa non dipende più soltanto dalle competenze che si originano in
specifiche attività della catena del valore, ma anche, e in misura sempre più determinante, dalla
capacità di istituire relazioni stabili con i clienti. In tale contesto la formulazione di una strategia di
88
Cfr. G. Stucchi, op. cit.
Per approfondimenti Cfr. Giancarlo Nadin, “Customer Relationship management: dalla relazione commerciale a
quella relazionale”, SanPaolo IMI, reperibile on-line all’indirizzo
http://www.sanpaoloimprese.com/scriptImp/imprese/dossier/dossier.jsp?idcontent=682
90
Cfr. UNI EN ISO 17025:2000. Nel maggio del 2005 è stata pubblicata una revisione di tale norma. Dal sito
http://www.sinal.com leggiamo:
89
“Lo scopo della revisione è l'
allineamento dei requisiti gestionali della norma con quelli della ISO 9001:2000. L'
allineamento ha
comunque comportato le poche modifiche necessarie ad assicurare la compatibilità delle due norme. Tra queste, si possono
evidenziare:
eliminazione della dichiarazione che i laboratori conformi ai requisiti della ISO/IEC 17025 sono automaticamente conformi ai
requisiti della ISO 9001. Si ribadisce nell'
introduzione che la conformità ai requisiti della ISO 9001 del sistema di gestione per la
qualità non dimostra la competenza di un laboratorio a fornire risultati tecnicamente validi. Contemporaneamente la conformità alla
ISO/IEC 17025 non implica la conformità del sistema gestionale per la qualità del laboratorio a tutti i requisiti della ISO 9001
maggiore enfasi alla responsabilità della direzione
impegno a migliorare continuamente il sistema gestionale
maggiore attenzione alla soddisfazione dei clienti.”
91
“Mi devi proprio insegnare ad usare le tabelle pivot!” – frase più volte ripetuta all’autore.
75
Customer Relationship Management si pone come elemento essenziale e determinante per la
creazione di un vantaggio competitivo sostenibile e duraturo nel tempo.
3.1.1 Per una definizione di CRM
Il Customer Relationship Management rappresenta una strategia aziendale focalizzata sulla
massimizzazione del valore potenziale dei clienti, attraverso la creazione e la gestione di una
relazione di lungo periodo con essi. L’adozione di un approccio relazionale richiede un
cambiamento di fondo della cultura aziendale, il cui obiettivo primario diventa l’interpretazione e il
soddisfacimento delle esigenze e dei bisogni del clienti, mediante la definizione di un’offerta
sempre più strutturata (e personalizzata anche nel caso business to business) sulla base delle
specifiche necessità del singolo individuo.
Per poter raggiungere tali risultati è necessario coinvolgere i clienti in un processo congiunto di
creazione di valore sviluppando relazioni fiduciarie e rendendo fedele il cliente attraverso un
rapporto cooperativo vantaggioso per entrambi.
L’obiettivo è sviluppare un dialogo bidirezionale tra impresa e cliente, creando un clima di
collaborazione e intesa che permetta di giungere ad un punto di incontro nel processo di creazione
di valore per ambedue le parti:
“Relationship management is the process of planning, developing and nurturing a relationship climate
that will promote a dialogue between a firm and its customer which aims to imbue an understanding,
confidence and respect of each other capabilities and concerns when enacting their role in the market
place and the society”92.
“Non basta riuscire a conquistare un acquisto per potersi dichiarare fornitori preferiti. La fiducia tra
fornitore e cliente si basa sulla presenza di alcune condizioni di relazione:
92
93
-
feeling interpersonale;
-
comunicazione frequente, onesta, non richiesta e a valore aggiunto;
-
coerenza tra diversi interventi;
-
allineamento di valori personali e aziendali;
-
continuità di qualità nelle soluzioni proposte;
-
continuità e congruità di modi e attori di relazione;
-
velocità di intervento;
-
miglioramento continuo;”93
M. Saren, N. Tzokas, “Value transformation in relationship marketing”, 1997, University of Strathclyde, Scotland
Cfr. A. Drei, op. cit.
76
In seguito, verrà dato un quadro logico di definizione di questa strategia e si cercherà di dimostrare
come la capacità di instaurare una relazione di lungo periodo con i clienti più profittevoli sia in
grado di generare valore competitivo e incrementare il profitto d’impresa.
Elenchiamo di seguito alcune definizioni di Customer Relationship Management:
“CRM is about achieving sustainable competitive advantage and enhance long term profitability
through concentrating efforts on the company’ s most valuable customers. It involves developing an
integrated approach to identify, develop support and retain quality customer”
“ CRM is a concert, or management discipline concerned with how organizations can increase
retention of their most profitable customers, simultaneously reduce costs and increase the value of
interactions, thereby maximizing profits”
“CRM is about delivering value to the customer relationship, in the customer’s terms, to maximize the
value of the relationship to the customer for the customer’s benefits and the company’s profit” 94
Quindi, il CRM può essere definito come un processo integrato e strutturato per la gestione delle
relazioni con la clientela, il cui scopo è la costruzione di relazioni personalizzate di lungo periodo
con il cliente, in grado di aumentare la soddisfazione dei clienti e, in ultima analisi, il valore per il
cliente e per l’impresa: in sintesi, è un approccio sistematico alla gestione del ciclo di vita del
cliente che allinea tecnologie, processi e cultura d’impresa.
3.1.2 Le categorie del CRM
Osservando le caratteristiche dei sistemi CRM, è ormai unanime riconoscerne la suddivisione in tre
categorie principali95:
1) CRM operativo: vi appartengono i sistemi di gestione delle transazioni, di registrazione dei dati
e delle informazioni (preferenze, abitudini, attività, ecc.) ottenute dai clienti. Tali dati sono
ordinariamente generati dalla attività di ogni impresa;
2) CRM collaborativo: vi appartengono i sistemi di interazione diretta con il cliente (chiamate
telefoniche, fax, email, siti Web, ecc.);
3) CRM analitico: vi appartengono i sistemi e le attività di analisi che permettono, a partire dai dati
raccolti nei due ambiti precedenti, di individuare nelle interazioni con i clienti regole, modelli di
comportamento o preferenze relativi a prodotti o servizi. I risultati di tali analisi potranno essere
utilizzati per creare nuove opportunità di mercato o, al fine di perseguire l’instaurarsi di un
94
95
Cfr. http://www.insightexec.com
In alcuni contesti, tuttavia, le prime due categorie sono accorpate.
77
rapporto fiduciario tra fornitore e cliente, affinare e personalizzare – in una parola, sostenere –
la relazione con i clienti stessi.
“(…) una volta realizzato e messo in funzione il CRM operativo (…) l’elemento che può far scattare il
vantaggio competitivo è la capacità di gestire la conoscenza e di realizzare nei confronti del mercato
delle azioni ottimizzate, ovvero utilizzare strumenti analitici in abbinamento ad una profonda
conoscenza del mercato.”96
La strategia di CRM si propone di sviluppare modelli analitici che consentano di esaminare e
misurare differenti forme di relazione e gradi di fedeltà, al fine di progettare e gestire un portafoglio
di strumenti che permettano all’impresa di esercitare, anche relativamente alla profittabilità dei
clienti, una pluralità di azioni mirate alle esigenze del singolo individuo.
Naturalmente, le peculiarità offerte alle imprese dalle nuove tecnologie della conoscenza,
potenziano gli strumenti a disposizione delle imprese stesse per attuare una strategia di CRM. Ad
esempio, nel termine e-CRM – che viene usato quando ci riferiamo al CRM integrato con il Web – è
insita l’intenzione di massimizzare il valore della relazione con i clienti utilizzando, oltre ai consueti
mezzi a disposizione dell’impresa, le opportunità offerte da Internet (ma non solo) in termini di:
-
risorsa strategica per l’ottenimento di informazioni sul comportamento e sulle preferenze del
cliente on-line;
-
comunicazione interattiva, bidirezionale e personalizzata;
-
personalizzazione della relazione instaurata;
-
possibilità di effettuare transazioni digitali;
-
possibilità di modificare radicalmente le modalità con cui le imprese organizzano e gestiscono
le relazioni con i clienti, aprendo nuove vie alla comunicazione diretta in tempo reale e alle
interazioni delle controparti;
-
riduzione dei costi di contatto.
Le caratteristiche peculiari di Internet stimolano, dunque, le logiche proprie del Customer
Relationship Management. Internet, e in particolare il commercio elettronico, soprattutto business to
business, rappresenta una componente essenziale di una strategia di e-CRM.
“Oltre 80 miliardi di Euro, secondo le nostre stime, è il valore complessivo dell’eCommerce B2B in
Italia nel 2003, pari a circa il 5% degli scambi totali tra le imprese.”97
96
Cfr. C. Vercellis, “E’ l’analisi a dare più valore al CRM” – Intervista di R. Vota, disponibile on-line a
http://spss.it/news/crmval.htm
97
Cfr. “Il B2B in Italia: finalmente parlano i dati” – Osservatorio B2B – III rapporto – Marzo 2004 – Politecnico di
Milano, School of management.
78
Tuttavia, per ottenere risultati positivi si rende necessaria un’estrema integrazione di questo canale
con l’intero sistema gestionale aziendale.
“In molti casi, i fallimenti di progetti di e-commerce, cui abbiamo assistito nei primi mesi del 2001, sono
dovuti essenzialmente alla mancanza di integrazione del nuovo canale con la struttura aziendale nel
suo complesso.”98
3.2
Struttura del CRM
Il Customer Relationship Management comprende tutti i processi aziendali messi in atto da
un’organizzazione per identificare, selezionare, acquisire, sviluppare e conservare i propri clienti.
Esso si pone l’obiettivo di generare valore competitivo e incrementare la profittabilità di impresa
attraverso lo sviluppo e la fidelizzazione a lungo termine dei propri clienti. Tali finalità sono
raggiunte attraverso un affinamento continuo della conoscenza sviluppata all’interno dell’impresa
rispetto ai bisogni, ai comportamenti e ai valori dei clienti. Per poter implementare una strategia di
CRM è necessario analizzarne le tre componenti fondamentali:
-
l’architettura tecnologica,
-
i contenuti e i servizi,
-
le relazioni.
Il fulcro di un progetto CRM è quello di selezionare correttamente i dati, dalla cui elaborazione
possa emergere chiaramente il profilo del cliente: cioè l’applicazione del CRM analitico.
Perciò, le risorse infrastrutturali, rappresentate dall’Information Technology, costituiscono uno degli
elementi abilitanti l’implementazione di una strategia di CRM, consentendo la gestione di un
enorme quantitativo di dati e di informazioni provenienti da molteplici fonti. La sinergia prodotta
dall’integrazione degli strumenti messi a disposizione dalla rivoluzione ICT, con una rinnovata
cultura di impresa, può tramutarsi in un reale aumento di valore del capitale intellettuale. Il concetto
di architettura tecnologica integrata99 intende, pertanto, l’insieme degli strumenti hardware,
software e dei servizi che accrescono l’efficienza e l’efficacia del processo attraverso cui l’impresa
crea valore sviluppando conoscenza sui clienti.
A questo proposito, nell’era di Internet si è sviluppato il concetto di Intranet, che comprende tutte
quelle iniziative web-based destinate ad essere rivolte agli stakeholders interni all’azienda. Sebbene
ancora acerbo, come evidenziato dalle statistiche riportate nella prima parte100, il concetto di
98
Cfr. A. Farinet, E. Ploncher, op. cit.
Ploncher, “E’ nell’integrazione il cuore del CRM”, in Computerworld, giugno, num. 22, 2001
100
Cfr. Tabella 1.2, pag. 10.
99
79
Intranet è alla base di molte architetture tecnologiche intergrate. I benefici per una PMI sono
molteplici, e tra questi ricordiamo:
-
l’automatizzazione delle procedure esistenti con la conseguente riduzione dei costi e dei tempi;
-
l’agevolazione della ristrutturazione dei processi aziendali, tipicamente destrutturati in una PMI;
-
il notevole supporto per la gestione della documentazione aziendale101;
-
l’agevolazione dello scambio di conoscenza operativa, premessa indispensabile per la creazione
di conoscenza organizzativa;
-
lo sviluppo delle competenze e del senso di appartenenza, migliore definizione degli obiettivi e
diffusione dei risultati dei benchmark o statistiche classiche.102
La rete Intranet può quindi essere riconosciuta come elemento tecnologico fondamentale per una
strategia di CRM. Tuttavia, sebbene è molto facile, ormai da molto tempo103, dotarsi di una rete
locale, è bene tenere presente che, secondo P. Kotler,
“Yet CRM has not worked out that well in practice. Large companies sometimes spend $5 million to
$10 million on CRM systems only to find disappointing results. Less than 30 percent of CRM-adopting
companies report achieving the expected return from their CRM investments. And the problem isn’t
software failure (only 2 percent of the cases). CRM-Forum reported the following causes of failure:
organizational change (29 percent), company politics/inertia (22 percent), lack of CRM understanding
(20 percent), poor planning (12 percent), lack of CRM skills (6 percent), budget problems (4 percent),
software problems (2 percent), bad advice (1 percent), other (4 percent).”104
Non sono quindi gli aspetti tecnologici a condizionare una strategia di CRM, bensì l’impresa stessa.
3.2.1 L’infrastruttura informatica di un sistema CRM
In un quadro generale, l’infrastruttura informatica è costituita dall’insieme dei database e data
warehouse – che raccolgono le informazioni di diversa provenienza sui clienti – , dai sistemi di
Business Intelligence – che, sulla base dei dati e delle informazioni contenute nei database,
sviluppano conoscenza – e, infine, dall’insieme degli strumenti costituenti il Customer Interaction
System, che si pongono a diretto contatto con la clientela, sviluppando con essa interazioni
101
“Ma già, a quel tempo non conoscevo lo spaventoso potere anestetico delle carte aziendali, la loro capacità di
impastoiare, smorzare, smussare ogni guizzo di intuizione e scintilla d’ingegno. Del resto, è noto ai dotti che tutte le
secrezioni sono nocive o tossiche: ora, in condizioni patologiche non è raro che la carta, secreto aziendale, venga
riassorbita in misura eccessiva, e addormenti, paralizzi, o addirittura uccida l’organismo da cui è stata essudata”.
Cfr. P. Levi, “Il sistema periodico degli elementi”, 1975, Einaudi.
Cfr. Il valore dell’Intranet aziendale per una PMI, reperibile on-line a
http://ebusiness.provincia.milano.it/documenti/cat_9/IntranetPMI.pdf
103
L’autore ha incontrato la prima rete locale già nel 1990: Novell Netware 3.11
104
Cfr. P. Kotler, op. cit.
102
80
dinamiche da cui provengono rilevanti informazioni, utili all’analisi strategica. Il data warehouse105
può essere pensato come un contenitore di dati di varia natura, codificati in forma digitale, raccolti
da fonti diverse e successivamente “puliti” e in qualche misura normalizzati, ordinati, per poter
risultare funzionali ad una successiva lettura. Nel DW potranno confluire, ponendo l’esempio di una
tipica azienda commerciale, tutti i dati relativi agli ordini, allo stato delle consegne e delle
fatturazioni di merce venduta (dati tipicamente prelevati dai software ERP o gestionali) e le
informazioni relative al cliente, anagrafiche, comportamentali, ecc., pronte per il Customer
Profiling106. Si deduce che la vera forza di un sistema DW è la sua organizzazione.
Per le operazioni di scambio e organizzazione di dati contenuti in database di diversi produttori
assume un ruolo decisivo il software middleware, coadiuvato dalle meta-informazioni necessarie
per correlare i dati di un cliente presenti all’interno di un database con altri dati presenti in altri
database ma riferiti al medesimo cliente. Queste meta-informazioni e le informazioni stesse possono
vantaggiosamente essere reperibili in formato XML, per essere quindi facilmente recuperate ed
elaborate mediante servizi Web che comunicano tra essi con il protocollo SOAP o REST107. Così
facendo, la Conoscenza dei clienti, che l’impresa accumula giorno per giorno nel corso della propria
attività, può essere dischiusa con la chiave “cliente”, aprendosi su un panorama olistico108 a grande
vantaggio dei knowledge workers.
“Parlando di CRM, si ripete ossessivamente nei convegni e in letteratura che, per conoscere i singoli
clienti e gestirli in maniera integrata, occorre un Sistema in grado di aggregare, analizzare e
visualizzare tutte le informazioni legate ai singoli clienti. Si usa dire che questo Sistema deve avere
una “chiave di lettura” per il cliente, ovvero che deve consentire di associare ai singoli clienti tutti i dati
di transazione e relazione che li riguardano.109
105
106
In seguito indicato con DW.
“Il profiling, è, semplificando, un sistema che permette di:
integrare dati e informazioni aziendali, spesso presenti in diversi sistemi aziendali, in un unico contenitore
(generalmente, un data warehouse);
aggregare quei dati e informazioni in maniera da associarli ai singoli clienti;
fornire una serie di indicazioni sintetiche per ogni cliente: gli indicatori;
effettuare analisi incrociate per singoli indicatori, dati e informazioni elementari.
Quando si realizza un profiling, la prima indicazione, ovvia quanto spesso disattesa, è quella del data cleaning. E’ chiaro
che se le informazioni che convergeranno sul profilino sono tra loro incoerenti o se risultano poco affidabili, poco
affidabile risulterà a maggior ragione tutto il sistema”. Cfr. A. Farinet, E. Ploncher, Op. Cit.
107
108
Per una breve spiegazione di questi protocolli cfr. http://www.ba.infn.it/~zito/xml/xmlfaq.html
Cfr. da google.com: “Definizione di OLISTICO su Internet:
(pensiero olistico): visione che riconosce l'
unità dell'
individuo, in tutti i suoi diversi aspetti, con il mondo, la psiche
collettiva e la natura. Concezione degli insiemi complessi ( di esseri, di facoltà, di energie...) come livelli superiori alle
parti che li costituiscono ed alle quali non possono essere ridotti. Ma anche fine della dualità tra osservatore e osservato,
tra coscienza e materia. http://members.xoom.virgilio.it/r_a/glossario.htm”
109
Cfr. A. Farinet, E. Ploncher, op. cit.
81
Dal modello proposto110 nella pagina successiva, emerge con chiarezza la possibilità di suddividere
l’insieme delle soluzioni applicative CRM in due macro-aree: la prima, costituita dall’insieme delle
applicazioni di back office a sostegno del CRM analitico, la seconda rappresentata dalle soluzioni di
front office a sostegno del CRM gestionale.
110
Cfr. A. Farinet, E. Ploncher, Op. Cit.
82
Figura 3.1: Struttura di un sistema CRM
Back office
Rete di vendita
Customer
DataWarehouse
Altre fonti interne
ERP, sistemi gestionali
CRM analitico
Marketing
operativo
Media tradizionali
Sistemi di
vendita
Telefono e IT
(call center, fax)
Sistemi di
Customer
service
Posta elettronica
Internet
CRM operativo
Fonti esterne
83
CUSTOMER INTERRACTION CHANNELS
Front office
Tools di Marketing Intelligence,
data mining
L’insieme dei dati e delle informazioni sui clienti, provenienti da molteplici fonti, quali il sistema
ERP, altri database aziendali, il Customer Interaction System, vengono integrati all’interno di un
Customer Data warehouse, nel quale le informazioni sono archiviate secondo un modello integrato
e scalabile. Successivamente, per concretizzare le enormi potenzialità delle informazioni raccolte, è
necessario predisporre una serie di strumenti di Business Intelligence, in grado di interpretare le
informazioni e sviluppare conoscenza, ad esempio, per mezzo di strumenti multidimensionali come
gli On Line Analytical Processing (OLAP).
I sistemi di Customer data warehouse e gli strumenti di marketing intelligence, magari con funzioni
di data mining, che compongono l’infrastruttura per il CRM analitico, sono in grado di sviluppare
un’approfondita conoscenza sui clienti al fine di supportare il sistema decisionale strategico.
“Uno degli asset in termini di capacità competitiva di un'
azienda è dato dai propri knowledge worker,
dipendenti che svolgono un'
attività in qualche modo di natura decisionale, a valore aggiunto. Per i
concorrenti questa è la cosa più difficile da imitare e procurarsi gli skill delle persone è ancora il fattore
più critico.
Investire in strumenti di supporto alla decisioni, termine un po'desueto ma efficace, migliora la
capacità decisionale dei dipendenti. In questo senso, il CRM analitico è un fattore che migliora le skill
dei knowledge worker e quindi la loro capacità decisionale.”111
La conoscenza così sviluppata sarà convogliata all’interno dei sistemi informativi dedicati al CRM
operativo per gestire la relazione con il cliente mediante la personalizzazione delle attività operative
di marketing, di vendita e di Customer Service, sui canali off-line e on-line112. Il risultato ottenuto
sarà quello di dare la sensazione al cliente di essere “coccolato”, ovvero che l’azienda ha ben
presente le sue peculiarità e le sue aspettative.
Le tecnologie, definite di front office, che compongono questa infrastruttura, coinvolgono numerose
applicazioni come il call center, il Web, i sistemi di personalizzazione del sito, i software di
gestione e di Sales Force Automation113. Una coerente integrazione e organizzazione di queste
tecnologie consente la creazione di un ambiente di interazione focalizzato sulle esigenze del cliente
e in grado di fornire, indipendentemente dal punto di contatto, una visione unitaria dell’impresa.
111
112
113
Cfr. C. Vercellis, op. cit.
Ad esempio, posta ordinaria e posta elettronica.
“Abbreviated SFA, a technique of using software to automate the business tasks of sales, including order processing,
contact management, information sharing, inventory monitoring and control, order tracking, customer management, sales
forecast analysis and employee performance evaluation”.
Cfr. http://www.webopedia.com/TERM/S/Sales_Force_Automation.html
84
“Ogni contatto con il cliente viene capitalizzato mediante l’invio di informazioni al Customer
Warehouse, rialimentando il processo conoscitivo e innestando un flusso informativo continuo che si
sviluppa secondo una logica di apprendimento, insegnamento, adattamento.
Si può comprendere perché l’infrastruttura tecnologica per il CRM venga definita integrata.”114
Infatti, solo un’integrazione delle tecnologie di back office e front office consente di alimentare i
flussi informativi secondo un modello circolare che si autoalimenta.
Oggigiorno non è più necessario organizzare l’infrastruttura tecnologica fisicamente presente in
azienda: è interessante osservare come sempre più le applicazioni CRM rientrano nei servizi ondemand, disponibili ad un costo di circa 40 USD al mese per ciascun utente115.
“Every new technology is a force for creative destruction. Your company is more likely to be buried by a new
technology than by its current competitors. (…) New technologies will hopefully increase productivity at a
greater rate than their cost. But avoid adding a new technology to an old organization. This will only result in
116
an expensive old organization.”
3.2.2 Modellizzazione dell’offerta di contenuti e servizi
I contenuti e i servizi offerti rappresentano la reale proposizione di valore presentata al singolo
cliente. Sulla base delle informazioni, sottoposte ad analisi e interpretazione, contenute nei data
warehouse aziendali, è possibile differenziare l’offerta di contenuti e servizi in relazione a una
precisa segmentazione della clientela.
L’impresa riesce nell’intento di creare maggior valore al cliente, mediante la definizione di un
insieme di prodotti e servizi allineati ai bisogni e alle esigenze espresse dal singolo cliente.
Il processo che porta alla definizione di una proposizione di valore per il cliente è il risultato di un
percorso dinamico di sviluppo di conoscenza sulle esigenze e sui bisogni espressi ed emergenti che
i clienti esprimono direttamente o indirettamente all’impresa.
T. Conti, riprendendo lo slogan “Imparare a leggere da destra a sinistra” che fu coniata all’interno di
Olivetti negli anni Ottanta, nel pieno della stagione della “Qualità totale”, afferma:
“Capovolgere il senso di lettura è percepito come un cambiamento radicale, proprio come quello che
deve avvenire in molte organizzazioni in relazione al rapporto che esse hanno con i propri clienti (…).
Leggere da destra a sinistra evoca un capovolgimento, perciò è efficace in sé; ma lo diventa ancora di
114
Cfr. A. Farinet, E. Ploncher, op. cit.
Cfr. ad esempio http://www.sugarcrm.com/home/Sugar_On-Demand/187/ , http://www.crmondemand.com/ (Siebel)
116
Cfr. P. Kotler, op. cit.
115
85
più se si acquista familiarità con i modelli TQM117 (…), perché questi sono disegnati ponendo
l’organizzazione (e i suoi fattori sistemici e i suoi processi) sulla sinistra, i clienti e le parti interessate
(e i relativi obiettivi e risultati) sulla destra.”118
Il percorso che egli propone per la lettura delle attese dei clienti è illustrato nella seguente figura:
Azienda
Lettura e
interpretazione
attese dei clienti
Segmento di mercato che
interessa all’impresa.
Lettura dx - sx
attese
clienti
Rappresentazione
delle attese dei clienti
Figura 3.2: La lettura “da destra a sinistra” delle attese dei clienti
La relazione fiduciaria di lunga durata è quindi il risultato di un ascolto delle esigenze del cliente e
della conseguente elaborazione di queste da parte dell’azienda, coinvolgendo i clienti in un processo
congiunto di creazione di valore e di apprendimento relazionale, fidelizzando il cliente attraverso
un rapporto cooperativo vantaggioso per entrambi.
La personalizzazione può essere attuata a diversi livelli, con un grado di complessità e un impatto
sulla supply chain crescente; essa può riguardare i prodotti, i servizi e i canali. Nel quadro più
generale di una teoria per il CRM, questi ultimi possono assumere una diversa funzione a seconda
degli obiettivi aziendali e del tipo di destinatari.
Si possono distinguere, pertanto:
-
i contenuti per attivare le relazioni
-
i contenuti per fidelizzare le relazioni
-
i contenuti per personalizzare le relazioni
Da questa distinzione si deduce l’integrazione necessaria tra contenuti, da un lato, e obiettivi
relazionali, dall’altro. Lo sviluppo futuro dell’informatica e delle telecomunicazioni imporrà
un’estrema attenzione al tema della riconfigurazione dei contenuti che, dopo essere stati archiviati,
117
118
Total Quality Management
Cfr. T. Conti, “Qualità: un’occasione perduta?”, 2004, Etas
86
vengono distribuiti su un dispositivo innovativo come il telefono cellulare o il palmare: il fenomeno
della convergenza tra prodotti e servizi produrrà una domanda di mercato, ad esempio relativa
all’assistenza, che potrà trovare in questa integrazione un risposta adeguata, a tutto vantaggio della
qualità percepita dal cliente119.
3.2.3 La centralità delle relazioni
La relazione con il cliente costituisce la parte centrale di una strategia di CRM. Lo scopo cui si
tende è, da un lato, massimizzare la durata del ciclo di vita del cliente e allungare il periodo durante
il quale la relazione con la clientela è soddisfacente e redditizia, dall’altro, aumentare la “quota
cliente”, cercando di ampliare la gamma di servizi e prodotti offerti mediante una attività di crossselling120 e up-selling121.
L’attenzione dell’intera organizzazione non verrà dunque finalizzata alla massimizzazione della
redditività delle singole transizioni nel breve periodo, quanto piuttosto a massimizzare la
soddisfazione e la reddititività della relazione con il cliente in un’ottica di lungo periodo, sulla base
dell’interazione diretta e bidirezionale con il cliente stesso e dell’elaborazione della Conoscenza che
viene acquisita in questa interazione.
L’approccio relazionale implica lo sviluppo del marketing relazionale e una diversa concezione del
mercato:
“I concetti sottostanti sono dunque quelli di continuità di rapporto e di relazione. L’economia classica
aveva concentrato una buona parte della sua attenzione sul fenomeno dello scambio, cioè della
singola transazione fra domanda e offerta. E l’approccio di marketing si era sviluppato intorno all’idea
che si possono attivare molte azioni (leve di marketing) per facilitare lo scambio e per influenzarlo. Ma
per passare al concetto “continuità e durata” degli scambi fra l’azienda ed i suoi clienti, occorre
allargare questa prospettiva: gli scambi diventano episodi che si manifestano all’interno di un rapporto
durevole che si instaura fra le due parti. Pertanto l’attenzione si sposta da tutto ciò che serve per
agevolare il singolo scambio a quanto occorre fare per istituire e mantenere nel tempo una continuità
di rapporto con i clienti. Gli scambi diventano quindi più una conseguenza che una causa della
continuità del rapporto.”122
119
Si pensi, ad esempio, ai “Numeri verdi” dedicati ai consumatori, prodighi di informazioni e di consigli per l’uso dei
prodotti di largo consumo.
120
“Metodo di vendita per associazione praticato, tra gli altri, su Internet grazie ai legami ipertestuali. Un internauta che
percorre un sito commerciale e che decide di acquistare un prodotto si vede, in questo modo, proporre degli articoli
associati, provenienti, o no, dallo stesso sito. Il cross-selling sfocia spesso nell'
up-selling”.
Cfr. http://www.i-dome.com/glossario/index.phtml?id=1141
121
“Metodo di marketing per il quale il venditore, per esempio ornando minuziosamente la configurazione dei suoi
prodotti e giocando sulle opposizioni, spinge l'
internauta a comperare un articolo più caro di quanto avesse previsto.
Spesso l'
Up-Selling è la risultante di una politica intelligente del cross-selling”.
Cfr. http://www.i-dome.com/glossario/index.phtml?id=1173
Cfr. M. Raimondi, “Marketing del prodotto-servizio”, 2005, Hoepli
122
87
Il marketing relazionale svolge un ruolo rilevante nel progettare e gestire l’interazione: dopo aver
esaminato come le relazioni possono configurarsi, quali variabili ne determinano le caratteristiche e
l’evoluzione, il marketing procede a individuare criteri e procedure per attivarle e gestirle
efficacemente. La tabella seguente123 confronta i diversi aspetti dell’orientamento alla transazione e
alla relazione:
Elementi caratterizzanti
Transazione
Relazione
Orizzonte temporale
Breve periodo
Lungo periodo
Obiettivo
Massimizzazione redditività
singola transizione
Massimizzazione redditività della relazione
Concetto di qualità
Funzionale, riferita alla relazione
Tecnica, riferita all’output e ai
complessiva e alle transizioni di cui essa si
processi operativi
compone
Sensibilizzazione al prezzo
Elevata
Bassa
Misura della soddisfazione
del cliente
Indiretta: quota di mercato,
ricerche specifiche
In base all’interazione diretta con il cliente,
con continuazione
Concetto di marketing
Marketing-mix
Marketing relazionale
Segmentazione
Poco utilizzata
Molto utilizzata, sociodemografica e
comportamentale
Differenziazione
Pochi elementi,
non gestiti sistematicamente
Molti elementi,
gestiti in modo accurato
e sistematico
Marketing interno
Inesistente
Fondamentale
Obiettivo dell’uso della
tecnologia informatica
Riduzione costi
Miglioramento qualità dei servizi e maggiore
efficienza
Tabella 3.1: Caratteristiche del marketing orientato alla transazione o alla relazione
La gestione della relazione si attua mediante strumenti differenziati in relazione alla tipologia dei
clienti e, in particolare, differenziando le attività sulla base dei clienti acquisiti, congiunti e
prospettici. Un’efficace relazione con il cliente presuppone la gestione integrata del singolo cliente
e la possibilità, per lo stesso, di autopersonalizzare il servizio.
Il processo che porta alla gestione di una relazione di valore con il cliente si sviluppa su diverse
fasi:
123
Cfr. A. Farinet, E. Ploncher, op. cit.
88
-
il cliente viene identificato e caratterizzato in termini descrittivi, comportamentali e predittivi;
-
il cliente viene classificato in termini di valore per l’impresa;
-
a ogni cliente viene associata una strategia relazionale;
-
con ciascun cliente si concretizza una relazione secondo la strategia predefinita, identificando
tutti i canali di interazione con il singolo cliente;
-
si definisce la gestione di un ciclo di apprendimento-adattamento con l’obiettivo di aumentare il
livello di soddisfazione con il cliente.
Qualsiasi strategia diretta alla gestione delle relazioni con il cliente deve, pertanto, tener conto di tre
principi chiave:
-
segmentazione e profilazione della clientela: è necessario comprendere il valore del singolo
cliente per l’impresa;
-
integrazione dei punti di contatto: il contatto con il cliente può avvenire attraverso una
molteplicità di canali: questi devono essere integrati in modo da riconoscere il valore dei singoli
clienti;
-
integrazione dei processi: integrare i processi di front office e back office, per assicurare che le
informazioni pervengano all’intero sistema.
La capacità di un’impresa di costruire relazioni di lungo periodo si ricollega alla capacità
dell’impresa stessa di conoscere le abitudini e le preferenze d’acquisto dei consumatori. In questo
senso, la raccolta del maggior numero di informazioni possibile permette all’azienda di realizzare
l’obiettivo più importante: instaurare una relazione “personale” con il singolo cliente.
89
3.2.4 Caratteristiche funzionali del CRM
Il percorso che porta all’implementazione di una strategia di CRM può essere rappresentato da un
modello di tipo circolare al cui centro è posizionato il cliente: attorno a quest’ultimo, si sviluppano
le diverse fasi strategiche che sono collegate da opportuni flussi informativi; si tratta di un processo
di apprendimento-adattamento in cui l’informazione riveste un ruolo strategico prioritario.
Acquisizione
informazioni
on-line e off-line
sui clienti
Feedback
Fidelizzazione
della clientela e
sviluppo di
relazioni
fiduciarie
Personalizzazione
delle relazioni,
comunicazioni
e servizi
Interpretazione
delle informazioni
e sviluppo di
conoscenza
Segmentazione
della clientela
sulla base
del valore
per l’impresa
CLIENTE
Sviluppo di
proposte:
contenuti,
prodotti, servizi
Individuazione dei
clienti più
profittevoli e a
maggior valore
Figura 3.3: Il percorso CRM
Le fasi che distinguono il percorso di un processo di CRM possono essere così sintetizzate:
1) raccolta delle informazioni riguardanti i clienti, che verranno opportunamente gestite all’interno
dei database aziendali;
2) analisi e interpretazione delle informazioni raccolte, al fine di sviluppare la conoscenza sui
clienti;
3) segmentazione: i clienti vengono suddivisi sulla base del valore che essi assumono per l’impresa
(ad esempio clienti strategici, potenziali, emergenti e di basso valore);
4) offerta per i clienti più profittevoli: definizione delle proposizioni di valore in termini di
prodotti e servizi indirizzate ai clienti più profittevoli per l’impresa;
90
5) gestione della relazione: tentativi di attivazione di una molteplicità di strumenti per condurre in
modo profittevole la relazione con i clienti, gestendo i diversi punti di contatto e le interazioni
con i clienti;
6) personalizzazione: sviluppo di prodotti e servizi personalizzati sulle specifiche esigenze del
singolo cliente;
7) fidelizzazione della clientela: sviluppo delle relazioni fiduciarie (con il conseguente generarsi di
attività di cross-selling e up-selling, in vista dell’incremento della redditività di impresa di lungo
periodo);
8) feedback: processo di feedback per la comprensione dei nuovi bisogni dei consumatori e
modificare conseguentemente l’offerta.
Lo sviluppo di una strategia di Customer Relationship Management richiede un notevole sforzo
organizzativo e culturale da parte delle imprese. Infatti, queste ultime devono comprendere
l’importanza di adottare un orientamento al cliente, che non deve più essere identificato come il
destinatario finale di un flusso univoco di trasferimento, come nel precedente orientamento alla
produzione, ma il punto di partenza di un circuito attraverso il quale si realizza una strategia di
successo. L’implementazione di una strategia di CRM deve essere supportata dal vertice aziendale,
che deve rendere manifesta all’interno, dell’intera struttura aziendale, la volontà di cambiare
orientamento.
Uno dei maggiori ostacoli alla realizzazione di una strategia di CRM è rappresentato, infatti, dalle
resistenze culturali presenti all’interno dell’azienda. È quindi importante che tutte le persone siano
motivate e convinte dell’effettiva validità di questo nuovo orientamento: il Customer Relationship
Management rappresenta una filosofia organizzativa che deve permeare l’intera struttura aziendale,
modificandone i processi di creazione di valore interni.
“(…) il comportamento dei dipendenti verrà pesantemente influenzato dalla cultura dell’organizzazione
per cui lavorano, ovvero dalle norme e dei valori pervasivi che condizionano il comportamento
dell’individuo e del gruppo. La cultura aziendale è stata definita come l’insieme delle credenze e dei
valori condivisi che assicurano un significato ai membri di un’organizzazione e forniscono loro delle
regole di comportamento all’interno del sistema.
(…) un’azienda orientata al cliente (…) si fonda su una cultura del servizio, cioè una cultura in cui si
apprezza una prestazione di qualità e in cui fornire un buon servizio ai clienti interni, e soprattutto
quelli esterni, è considerato da tutti uno stile di vita e una delle norme più importanti.”124
124
Cfr. V. A. Zeithaml, M. J. Bitner, “Il marketing dei servizi”, 2000, McGraw-Hill.
91
Da un punto di vista organizzativo è necessario ricercare una forte integrazione e,
contemporaneamente, un’elevata flessibilità e dinamicità: questo criterio vale sia nella
configurazione interna sia nei confronti delle relazioni esterne, ricercando strutture meno
gerarchizzate e più reattive, in grado di far fronte alla necessità di ridisegnare il proprio modello di
business in funzione del cambiamento del mercato.
Il CRM si fonda su una gestione integrata e unitaria delle diverse funzioni aziendali. L’obiettivo
primario di ogni singola funzione consiste nella creazione di valore per il cliente finale, sviluppando
contenuti, prodotti, servizi, relazioni incentrate sul soddisfacimento delle crescenti esigenze
espresse dai clienti.
3.3
Il marketing relazionale
Data la complessità e la mutevolezza del contesto ambientale e l’evoluzione dei mercati e della
domanda, la funzione di marketing ha assunto una dimensione sempre più critica e strategica per la
ridefinizione delle potenzialità di rapporto tra l’impresa e il suo mercato; tutto ciò mediante lo sviluppo di nuovi modelli di comunicazione, la valorizzazione delle relazioni con i diversi soggetti con
cui l’impresa interagisce e l’utilizzo delle potenzialità di creazione di conoscenza. Una strategia
CRM implica l’adozione di una filosofia relazionale, sulla cui base sviluppare la soddisfazione del
cliente. La tesi che sta alla base dello sviluppo del marketing relazionale consiste nel considerare
l’esistenza di un legame tra soddisfazione del cliente (fedeltà e redditività dello stesso) e variabili
relazionali.
Le variabili di comportamento relazionale evidenziate da Leuthesser e Kohli125 possono essere così
riassunte:
-
initiating behaviour, descrive la capacità del venditore di acquisire informazioni proattivamente
sui bisogni specifici del cliente;
-
signaling behaviour, descrive la capacità del venditore di informare il cliente sulle proprie
capacità d’offerta;
-
disclosing behaviour, descrive la volontà del venditore di fornire informazioni su di sé anche se
di natura critica;
-
interaction frequency, descrive il tempo medio che intercorre tra interazioni consecutive tra
venditore e cliente;
-
interaction richness, definito come la percentuale di interazione face-to-face contrapposta ad
altro tipo di interazione;
125
Questa analisi, proposta da A. Mandelli, è disponibile on-line a http://www.web-spot.net/netpro/rrm.htm
92
-
lateral involvement, si riferisce alla capacità di coinvolgere orizzontalmente diverse funzioni
aziendali nel processo di vendita;
-
vertical involvement, che si riferisce alla capacità di coinvolgere diversi livelli gerarchici dell’
azienda fornitrice nel processo di vendita.
Vicari126 concentra la sua attenzione sullo sviluppo di competenze relazionali in termini di risorse
immateriali, costituite essenzialmente dalla conoscenza e dalla fiducia, per lo sviluppo della
soddisfazione del cliente. Le variabili critiche risultano essere variabili relazionali, di comunicazione, di conoscenza e di fiducia.
Il marketing relazionale è volto alla costruzione di un rapporto di lungo periodo con gli interlocutori
con cui l’impresa vuole entrare in contatto. In tal senso, occorre abbandonare una visione di breve
periodo orientata alla transazione e focalizzare l’attenzione dell’impresa sulla relazione e sul
consumatore, prima, durante e dopo il processo di acquisto, instaurando un dialogo bidirezionale in
cui la vendita non è l’obiettivo primario, ma la naturale conseguenza del rapporto.
Le innovazioni tecnologiche accrescono le capacità di impresa di sviluppare relazioni di qualità,
secondo l’approccio appena descritto. In particolare, utilizzando la comunicazione interattiva
diventa possibile sviluppare azioni di marketing uno a uno, personalizzando la comunicazione e la
relazione del singolo cliente.
“Tutto sommato, il marketing 1to1 si basa su un’idea molto semplice: trattare clienti diversi in maniera
diversa” 127
Le aziende più attente hanno sempre sviluppato la loro offerta incoraggiando la partecipazione
attiva dei clienti: orientati alle aspettative dei clienti (customer oriented) ha sempre significato tener
conto delle esigenze del cliente tipico sul mercato, ben individuato dal cliente medio che emerge
dalle indagini di mercato. Seguendo l’approccio di M. Rogers e D. Peppers, per creare relazioni
durature, una azienda deve continuamente fare tesoro delle interazioni con i singoli clienti e
rispondere in modo fortemente dinamico alle sollecitazioni che nascono dall’analisi di tali
interazioni.
126
Cfr. S. Vicari, L’impresa vivente, 1991, Etas
Cfr. D. Peppers, M. Rogers, B. Dorf “The One to One Fieldbook: The Complete Toolkit for Implementing a 1 to 1
Marketing Program”, 1999, Wiley, Ed. Italiana de IlSole 24 ORE.
127
93
“Si tratta di un’idea fondamentale per avere successo in tempi fortemente competitivi e in cui la
rapidità è essenziale: riconoscere che non esistono due clienti uguali e che le azienda più attente
possono trarre vantaggio da queste inevitabili differenze di fondo”128
In questa direzione, si possono identificare quattro fasi per l’implementazione di una strategia di
marketing personalizzato:
-
identificare;
-
differenziare;
-
interagire;
-
personalizzare.
3.3.1 Identificare
“Create un sistema che vi permetta di identificare i clienti come singoli ogni volta che entrate in
contatto con loro.”129
Un efficace programma di marketing personalizzato si basa sulla raccolta di nuovi dati e
informazioni, in occasione di ogni interazione tra azienda e cliente.
Naturalmente, la prima domanda da porsi è come definire un cliente: differenti definizioni di cliente
creano problematiche diverse a cui occorre rispondere con strategie apposite. Tipicamente, infatti,
in un contesto generale, i clienti si possono suddividere tra utilizzatori finali e distributori del
prodotto / servizio. Inoltre, la tipologia del mercato è a sua volta determinante: in un mercato
consumer occorre conoscere quanti più dettagli possibili sui consumatori – non solo le
caratteristiche demografiche – , ma anche le abitudini, le preferenze, i comportamenti d’acquisto e
la quantità di prodotti servizi acquistati; in una realtà business to business si ha spesso un contatto
con funzioni aziendali (ad esempio, Uffici Tecnici, Uffici Acquisti, ecc.), diverse dai gruppi di
utilizzo finale: si indaga sull’attività del cliente e sul suo specifico uso dei prodotti / servizi richiesti.
“Il modo corretto per affrontare una situazione di questo tipo consiste nel pensare a ciascuno di questi
tipi di clienti come ad un elemento della clientela base. Ognuno di essi è importante sotto qualche
profilo e voi dovreste seguirli tutti. Dato il grado di automazione sempre più sofisticato dei sistemi
riguardanti le forze vendite, non ci sono ragioni per le quali non dovreste essere in grado di non farlo.
(…) Per molte aziende che vendono attrezzature ad altre aziende il problema fondamentale è quello di
identificare i veri utenti finali del prodotto. I manager addetti agli acquisti e coloro che si occupano
128
129
Ibidem.
Ibidem.
94
dell’approvazione dei contratti si identificano con facilità, mentre scoprire chi, all’interno di un’impresa,
utilizza il vostro prodotto, che ne dipende per eseguire il proprio lavoro, è spesso considerevolmente
più difficile.”130
Questi dati vengono poi strutturati in modo tale da facilitare non soltanto il tipo di relazione ma
anche l’identificazione dei progressivi passi da realizzare per stabilire e approfondire il rapporto con
il cliente. L’utilizzo delle informazioni raccolte e opportunamente trasformate in conoscenza,
permette all’azienda di identificare e classificare i propri clienti sulla base di criteri di profittabilità
e di valore strategico.
3.3.2 Differenziare
“In primo luogo, ordinate I vostri clienti sulla base del loro valore per la vostra impresa, poi
differenziateli in base alle loro necessità nei vostri confronti.”131
In altre parole, nella differenziazione, i punti chiave sono ciò che il cliente vuole e quanto egli
valga.. Il processo di differenziazione deve aver costantemente luogo, ordinando quindi i clienti in
base al loro valore (considerando il valore netto di tutto il profitto futuro ottenibile – il Life Time
Value, LTV – e il valore strategico, cioè il valore addizionale che il cliente potrebbe produrre
applicando la strategia giusta) e quindi differenziarli in base alle loro esigenze.
Per classificare il clienti di un’azienda in base al valore, si può procedere considerando tre grandi
classi132:
-
Most Valuable Customer, (Clienti più pregiati), clienti più profittevoli che evidenziano i più
elevati livelli di acquisto e un elevato LTV. Essi rappresentano il cuore dell’attività di impresa,
è necessario sviluppare una strategia di fidelizzazione al fine di incrementarne la fedeltà;
-
Most Growable Customer, (Clienti coltivabili), clienti di elevato valore strategico per il potenziale di crescita che manifestano, ad esempio dinanzi a strategie di cross-selling;
-
Below zero Customer, (Cilenti sotto zero): clienti che non costituiscono valore per l’impresa a
causa degli elevati costi connessi alla loro gestione.
130
Ibidem.
Ibidem.
132
Una classificazione forse sin troppo dettagliata è proposta da J. Curry, S. Meacci, “Il Customer Marketing:
identificare, acquisire, mantenere e sviluppare i clienti”, 1994, Ed. Il Sole 24 ORE.
Il testo propone la suddivisione della clientela in tre categorie:
- clienti effettivi: suddivisi in grandi, medi, piccoli, nuovi, molto caldi;
- clienti potenziali: caldi, freddi, incerti;
- clienti possibili: possibili, resto del mondo.
Per ciascuna di queste tre categorie si propone l’identificazione, l’acquisizione, il mantenimento e l’aumento.
131
95
Successivamente, si rende necessaria una suddivisione dei clienti appartenenti alle prime due
categorie sulla base dei bisogni espressi. E’ possibile quindi introdurre il concetto di “Esigenze
della comunità”, intendendo con questa espressione le preferenze e le priorità che un cliente ha in
comune con un gruppo di altri clienti. Conoscendo le esigenze di una comunità di clienti permette
ad un’azienda di anticiparne i desideri, a volte persino prima che lo sappia il cliente stesso.
Nella fase di differenziazione occorre prestare molta attenzione nell’individuazione dei cosiddetti
“opinion leaders”, ovvero il gruppo di clienti che non possono essere identificati in termini di
profitti e perdite ma, nonostante i loro contributi al successo aziendale non siano esprimibili in
termini direttamente monetari, risultano ugualmente fondamentali: le loro opinioni e azioni avranno
un impatto significativo sulle decisioni dei clienti più importanti, attuali e futuri.
“Il vostro obiettivo nell’ordinare i clienti in base al valore o all’importanza è quello di individuare delle
priorità nel programma di marketing e delle vendite, mettendo alcuni clienti al primo posto nella vostra
lista, altri al secondo, e così via.”133
3.3.3 Interagire
“Impegnate i vostri clienti in un dialogo continuo che vi permetta di conoscere sempre di più i loro
interessi, le loro esigenze e priorità particolari.”134
Sulla base della segmentazione effettuata, occorre differenziare l’approccio dell’impresa in termini
di comunicazione e offerta, sulla base delle specifiche esigenze del singolo, interagendo con
ciascuno di essi e fornendo il maggior valore possibile ai fini relazionali. L’interazione con il cliente
è normalmente la prima e a volte l’unica iniziativa di personalizzazione del servizio ad essere
effettivamente visibile per i clienti.
Le iniziative di interazione con esso dovrebbero:
a) minimizzare il disagio del cliente;
b) rappresentare un vantaggio per il cliente;
c) influire sul comportamento dell’azienda verso ogni cliente, nella sua specificità.
E’ importante che, nello svolgersi delle interazioni tra azienda e cliente, egli abbia la percezione di
parlare ogni volta con il medesimo interlocutore: in questo senso, le moderne tecnologie
informatiche possono permettere di recuperare, in tempo reale e a qualunque funzione aziendale, il
dialogo nella stessa posizione in cui è stato precedentemente interrotto.
133
134
Cfr. D. Peppers, M. Rogers, B. Dorf , op. cit.
Ibidem.
96
“L’interazione non è un fine in sé, una tattica che applichiamo visto che la tecnologia lo ha reso
possibile; essa non serve solo a fare sentire meglio il cliente, non è una sorta di assistenza simulata.
Attraverso il dialogo infatti otteniamo informazioni che ci permettono di fare qualcosa per il cliente,
qualcosa che nessun concorrente può fare, se non dispone dei dati che l’interazione ci ha procurato. Il
dialogo è l’elemento chiave della learning relationship.
Attraverso il dialogo mettiamo in gioco il cliente; apprendiamo le sue preferenze e le sue esigenze.
L’impresa 1to1 trasforma quanto ha appreso interagendo con il cliente in informazioni disponibili e
utilizzabili: unendo queste informazioni alle potenzialità della nostra impresa, esse si trasformano in
conoscenza. Poiché nessuno può agire in base a ciò che noi sappiamo del cliente, nessun’altro può
servirlo in modo altrettanto adeguato. Quindi, la conoscenza del cliente si traduce direttamente in
fedeltà, poiché questi dovrebbe reinstaurare daccapo la relazione per poter ottenere lo stesso
prodotto da qualcun altro.”135
3.3.4 Personalizzare
“Mettete in pratica ciò che avete imparato. Utilizzate la vostra conoscenza su ciascun cliente per
personalizzare il modo in cui lo trattate.”136
Le tre fasi precedenti conducono a questa quarta fase, nella quale le informazioni elaborate portano
ad un mutamento del comportamento dell’azienda nei confronti di ciascun cliente.
La personalizzazione dell’offerta è un fatto di ordinaria amministrazione per le società di servizi,
per le quali l’ascolto delle esigenze dei clienti è il canale naturale per il quale inizia un rapporto di
relazione, e il soddisfacimento di tali esigenze è l’obiettivo stesso dell’attività.
Tuttavia, può succedere che un’azienda debba trovarsi dinanzi a richieste particolari di singoli
clienti: in questo caso, l’analisi del LTV è di importanza strategica.
In altri casi, fortunatamente più probabili, è possibile rispondere alla richiesta di personalizzazione
mediante la strategia cosiddetta di “personalizzazione di massa”: questa strategia prevede la
disponibilità di una produzione modulare di prodotti, che, combinati insieme, permettono di meglio
adattare il prodotto finale alle esigenze di un cliente specifico; ciò è possibile anche per quanto
riguarda la personalizzazione di servizi.
“La messa in atto della personalizzazione di massa è più semplice di quanto possa sembrare, poiché
in realtà non implica la implica la personalizzazione di qualcosa, bensì la pianificazione e la
preproduzione di decine o centinaia di moduli per uno stesso prodotto; in seguito, sulla base delle
esigenze specifiche del cliente, l’azienda combinerà tra loro i moduli più adatti, fino a ottenerne
135
136
Ibidem.
Ibidem.
97
migliaia o anche milioni di possibili configurazioni.(…) Quindi, quando pensate a come cambiare il
comportamento della vostra impresa per soddisfare le esigenze dei singoli clienti, pensate alla
modularizzazione”137
La personalizzazione non deve riferirsi solo al prodotto in sé, ma anche alle modalità di consegna,
ai servizi a esso connessi, al packaging, e ai termini di pagamento. In passato, i beni e i servizi sono
stati oggetto di una produzione di massa, ora, grazie alle innovazioni tecnologiche, è possibile
attuare una produzione altamente personalizzata a basso costo. In tal modo sono venute meno le
incompatibilità esistenti in passato tra produzione su larga scala e varietà e personalizzazione.
In conclusione, un approccio relazionale e personalizzato nelle attività di marketing, può contribuire
in un’ ottica CRM a ottenere molteplici benefici:
-
instaurazione di relazioni stabili e continuative tra l’impresa e i clienti a maggior valore
strategico;
-
sviluppo di azioni di marketing differenziate per ciascun cliente;
-
personalizzazione e integrazione delle attività di comunicazione;
-
creazione di maggior valore per i clienti mediante lo sviluppo di prodotti-servizi personalizzati;
-
maggiore fedeltà dei clienti;
-
possibilità di valutare con maggior precisione il valore delle azioni intraprese sui clienti;
-
coinvolgimento dei clienti finali nelle attività di business, mediante lo sviluppo di un rapporto
cooperativo con essi.
Il marketing relazionale, dunque, sviluppa un elevato grado di coinvolgimento dei clienti nei
processi decisionali e operativi d’impresa e ne aumenta, in tal modo, il grado di sintonia (in termini
di obiettivi) e il livello di fiducia, che è alla base del raggiungimento di un vantaggio competitivo
sostenibile.
137
Ibidem.
98
3.4
Interazione tra le funzioni aziendali
3.4.1 La produzione
La produzione rappresenta la funzione aziendale che, sulla base delle attività di marketing, sviluppa
concretamente la personalizzazione dei prodotti e dei servizi. Per attivare il meccanismo di
“personalizzazione di massa” discusso nel paragrafo precedente, è necessario disporre di un sistema
informatico adeguato che permetta la possibilità di realizzare, su larga scala, un prodotto altamente
personalizzato, sulla base delle esigenze del singolo cliente.
Inoltre si deve creare un’elevata flessibilità strutturale all’interno della funzione di produzione che
deve collaborare e lavorare a stretto contatto con la funzione di marketing. L’integrazione tra queste
due funzioni aziendali appare un elemento di criticità nell’implementazione di una strategia di CRM
che fa della personalizzazione di massa la risposta alle esigenze del singolo cliente.
A tal fine è necessario garantire:
-
facilità di comunicazione e scambio di flussi informativi, dal marketing alla produzione e
viceversa;
-
collaborazione e condivisione di documentazione interna;
-
definizione di una metodologia comune di lavoro tra le persone coinvolte nelle due funzioni, al
fine di creare una procedura integrata.
La personalizzazione deve essere ricercata e sviluppata non solo a livello di prodotti e servizi ma
anche nella gestione dei diversi canali (di contatto o di distribuzione), ricercando un punto di
integrazione tra le potenzialità del singolo canale e le esigenze espresse dalla clientela.
Così riorganizzate, la produzione e le vendite contribuiscono a realizzare gli obiettivi di interesse
aziendale e a rafforzare la soddisfazione del cliente.
3.4.2 Il servizio pre e post vendita
Le attività di customer service rivestono un ruolo strategico, poiché assicurano un elevato
soddisfacimento della clientela; costituiscono un elemento su cui si basa lo sviluppo di un vantaggio
competitivo sostenibile. L’importanza degli elementi materiali del prodotto diminuisce a vantaggio
degli elementi immateriali dei servizi incorporati nei prodotti: infatti, nella sempre maggiore
convergenza tra prodotto e servizio, è quest’ultimo aspetto che determina la soddisfazione del
cliente, e conseguentemente, il progredire o meno di relazioni di lungo termine.
Tra le caratteristiche distintive del servizio si possono ricordare:
-
l’intangibilità: è la caratteristica che spesso rende più difficile una valutazione, da parte
dell’acquirente, di ciò che intende acquistare e ciò che ottiene. Ad esempio, non sempre per un
99
cliente è del tutto chiaro che cosa realmente stia acquistando quando compera un’assicurazione
o una consulenza;
-
la contestualità: nel servizio, produzione e consumo sono contestuali, anche se il servizio è
erogato relativamente ad un prodotto venduto in precedenza;
-
la variabilità: il servizio gode di una possibilità di personalizzazione relativa alle esigenze del
cliente molto maggiore di quella posseduta da un prodotto tangibile;
-
l’inseparabilità: un servizio è inseparabile dal cliente, e senza di esso non può sussistere;
-
la deperibilità: non essendo possibile pre-produrre un servizio e quindi immagazzinarlo per un
uso futuro, l’impresa fornitrice di servizi deve essere in grado in rispondere in tempi brevi alle
richieste di erogazione del servizio da parte del cliente.
Tra queste, l’intangibilità è la caratteristica più evidente che distingue i servizi e i prodotti. Tuttavia,
in un numero sempre più elevato di casi le imprese si rendono conto che le sole prestazioni
intrinseche di un prodotto non sono sufficienti ad assicurare la soddisfazione del cliente e, di
conseguenza, un vantaggio certo sulla concorrenza. L’idea di un “servizio aggiunto” è stata spinta
sempre avanti sino a rendere prodotto e servizio inscindibili.
Il primo servizio che si deve fornire alla clientela è quello di metterla in grado di scegliere il
prodotto/servizio – o il mix corretto – che maggiormente risponde alle sue esigenze (e quindi un
servizio pre-vendita). In secondo luogo, è necessario che al cliente venga consentito di scegliere il
canale più adatto per acquisire il bene e di poter trarre tutti i benefici possibili dall’acquisto
effettuato, ad esempio garantendo una serie di servizi post vendita.
“Il Customer Service può assumere un ruolo più o meno profondo limitandosi ad intervenire per
assicurare assistenza tecnica per la migliore funzionalità del prodotto (…) oppure può coprire una
gamme di attività più ampie ed anche complesse che riguardano la relazione con il cliente – e non più
solo con il prodotto.”138
L’individuazione dei servizi da offrire al cliente diviene un elemento fondamentale nella definizione
dell’offerta al cliente, poiché i servizi costituiscono l’elemento preponderante su cui si può basare lo
sviluppo di relazioni fiduciarie. In un’ottica CRM, l’impresa deve erogare servizi personalizzati in
grado di aumentare la soddisfazione dei clienti e, in particolare, deve progettare l’insieme dei
servizi:
-
legati direttamente al prodotto, che ne aumentano il valore percepito per il cliente e permettono
di differenziare i prodotti dell’azienda da quelli dei concorrenti;
138
Cfr. M. Raimondi, “Marketing del prodotto-servizio”, 2005, Hoepli
100
-
distinti dai prodotti, ma che ne migliorano l’utilizzo e la qualità (si pensi, ad esempio, alle
garanzie o ai numeri verdi);
-
idonei a favorire un rapporto di fiducia con il consumatore e aumentarne la fedeltà (ad esempio,
i servizi cui si può accedere dopo un determinato numero di acquisti effettuati);
-
generati all’interno del canale e-commerce (come la possibilità di personalizzazione del sito
stesso).
3.4.3 La logistica
La logistica rappresenta l’insieme dei processi di pianificazione, realizzazione e controllo delle
attività inerenti il flusso dei beni, oltre che delle informazioni relative alle stesse. Gli obiettivi
principali della logistica sono rappresentati dal raggiungimento di elevati livelli di
personalizzazione, velocità, puntualità e completezza delle consegne, al fine di creare valore
aggiunto per i clienti. Per raggiungere tali livelli di efficienza è spesso necessario migliorare l’integrazione dei sistemi informativi aziendali che devono garantire la facilità di comunicazione tra le
diverse funzioni, come produzione e contabilità.
Il trasporto dei prodotti è diventato un fattore molto più complesso e critico del passato, in quanto la
globalizzazione del mercato e la sua frammentazione lo rendono una parte fondamentale e critica
della catena logistico-produttiva. Spesso è conveniente avvalersi di una terza parte, cioè di aziende
specializzate in logistica e consegna delle spedizioni in senso stretto. Tali aziende consentono un
evidente recupero di efficienza e una riduzione dei tempi di consegna, a vantaggio dei clienti finali:
i corrieri espresso in Italia garantiscono, dalla province del Nord, la consegna entro 24 ore per
spedizioni con destinazioni aree del sud Italia, e entro 48 ore con destinazione sulle isole. Notevole
aiuto è dato dai partner di servizio logistico che permettono una rintracciabilità in tempo reale della
spedizione attesa o effettuata, magari consultabile direttamente dal cliente.
Il tempo di consegna può diventare estremamente critico in situazioni “di blocco” che il cliente si
viene a trovare: in queste situazioni, l’impresa deve rispondere prontamente, garantendo il minore
tempo possibile impiegato per la gestione logistica della transazione.
L’uso di tecnologie di identificazione, quali i codici a barre e, probabilmente in breve tempo, la
tecnologia a Tag RFID139, è di grande supporto e aiuto nella gestione logistica della transazione, ma
richiede una integrazione maggiore dei processi e dell’hardware e dei software impiegati.
139
Cfr. “Login Internet expert”, n. 52, Maggio-Giugno 2005
101
3.5
L’integrazione aziendale
L’integrazione delle potenzialità offerte dalle diverse funzioni aziendali è certamente uno dei fattori
determinanti il successo di una strategia di CRM. Le diverse funzioni aziendali devono sviluppare
una forte collaborazione interna al fine di poter creare maggior valore aggiunto al cliente finale.
Il primo passo da compiere, per creare tale integrazione, consiste nel garantire un facile e veloce
accesso alle informazioni possedute dall’impresa. Le informazioni e le conoscenze sviluppate
all’interno di una funzione devono essere messe a disposizione dell’intera organizzazione, al fine di
permettere all’impresa la gestione univoca delle relazioni instaurate con i singoli clienti.
Inoltre, l’integrazione deve svilupparsi tra i canali di comunicazione al cliente, per fornire una
visione univoca dei valori e degli obiettivi d’impresa. In particolare, devono essere integrati i
sistemi di front office con quelli di back office: in tal modo, si assicura un corretto processo di sviluppo della conoscenza e di creazione del valore: da ciò derivano diversi vantaggi: infatti,
unificando i processi di business con le operazioni interne, è possibile ridurre i costi, eliminare gli
sprechi e evitare la duplicazione degli sforzi, dei processi e delle informazioni.
I processi di integrazione riguardano anche i partner d’impresa (quali, ad esempio, i fornitori), per
creare e sviluppare maggiore efficienza e produttività.
Il percorso di integrazione coinvolge pertanto:
-
le funzioni aziendali;
-
i sistemi di front office e back office;
-
i fornitori.
E’ dunque necessaria una continua revisione dei sotto-obiettivi e dei metodi per raggiungerli, al fine
di garantire sempre una maggiore fluidità nel processo delle transazioni: infatti, la strategia di CRM
non rappresenta una alternativa al modello di business orientato alla transazione, ma, al contrario,
ne fa’ parte integrante e necessaria (la relazione di fiducia si instaura necessariamente osservando il
buon esito delle singole transazioni).
3.6
Conclusione
Il CRM rappresenta la genuina istanza applicativa dell’intenzione aziendale di muoversi verso la
gestione del capitale intellettuale e della conoscenza, creando valore aggiunto ben gradito al cliente.
Creare e mantenere relazioni continuative con i clienti, rappresenta l’elemento cardine per la
costruzione di un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo all’interno dei nuovi mercati globali.
Tale strategia si propone obiettivi di fidelizzazione e massimizzazione del grado di soddisfazione
della clientela come requisiti fondamentali per migliorare la redditività d’impresa.
102
Gli strumenti e le innovazioni, rese disponibili grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie
dell’informazione, consentono un significativo miglioramento delle attività svolte in questa
direzione, tanto da poterla definire e-CRM (sebbene con questo termine si intende la
massimizzazione del valore delle relazioni instaurate con i clienti mediante l’utilizzo di Internet e lo
sviluppo, soprattutto in ambito B2C, del commercio elettronico).
Anche all’interno di un piccola impresa è possibile intraprendere un percorso di CRM: il paradigma
“on-demand” permette, a fronte di un impegno finanziario ragionevole e completamente
prevedibile, di ottenere strumenti tecnologici di CRM in grado di poter supportare completamente
tale innovazione, anche senza disporre, da parte dell’impresa, delle competenze necessarie per
sviluppare e mantenere un tale sistema. Tuttavia, come già osservato, non è il fattore tecnologico
l’aspetto maggiormente limitante in questa fase della storia economica delle PMI, ma piuttosto è la
mentalità e la scarsa apertura all’innovazione da parte del Management.
103
Seconda parte
La presentazione
dell'esperienza di Knowledge Management di una PMI
104
4.
Metrohm Italiana Srl
4.1
Presentazione della società
Metrohm Italiana Srl140 è una società commerciale nata nel 1993 a seguito della dismissione, da
parte di AESSE Spa, del reparto dedito alla rappresentanza in Italia dei prodotti di Metrohm AG141,
società svizzera con sede ad Herisau, nei pressi di Sangallo. Quest’ultima ha iniziato nel 1943 la
propria attività dedicandosi al campo dell’elettronica; dopo il fortuito incontro del fondatore
Ing. Shuner con un chimico della Geigy, avvenuto durante una gita sulle Alpi svizzere, si è
convertita alla produzione di strumentazione per l’analisi chimica.
Metrohm AG ha introdotto nel mercato della strumentazione per l’analisi elettrochimica molti
prodotti innovativi: nel 1950 il primo elettrodo “combinato”142 per la misura del pH, e nel 1956 la
prima buretta meccanica dotata di cilindro e pistone. Affermandosi progressivamente nel mercato,
negli anni '
80 gli iniziali i proprietari hanno donato la società Metrohm AG alla Fondazione
Metrohm, il cui scopo è tenere indipendente di società, fornire fonte di impiego significativo per la
gente locale e sostenere cause di pubblico interesse per il cantone. Ad oggi, più di 350 persone
lavorano in essa e il Gruppo Metrohm include più di trenta società tra consociate e società di joint
venture; è presente in più di quarantasette paesi che assorbono più di due terzi delle vendite totali e
impiegano più di mille persone. Metrohm Italiana Srl, Società a Responsabilità Limitata, è la
consociata italiana di Metrohm AG; il suo fatturato totale nell’anno 2004 ammonta a circa 4 ML di
Euro – includendo i servizi post vendita – . L’intera quota del capitale sociale è posseduta da
Metrohm AG e il Consiglio di Amministrazione, a dicembre 2004, è così formato143:
Carica in Metrohm Italiana Srl
Carica in Metrohm AG
Adrian Deteindre
Presidente CdA
Presidente e Direttore Marketing
Jan Geil
Consigliere
Vice direttore Marketing
Bruno Winterhalter
Consigliere
Direttore Finanziario
Cosimo Santini
Consigliere delegato
-
Tabella 4.1: Struttura di Metrohm Italiana Srl e di Metrohm AG
140
http://www.metrohm.it
http://www.metrohm.com
142
Nel quale l’elettrodo di misura e l’elettrodo di riferimento sono uniti in un unico corpo.
143
Cfr. Visura Camerale
141
105
Metrohm Italiana Srl da’ lavoro a circa trenta dipendenti, in due sedi: la sede legale a Origgio (VA)
e un ufficio a Roma. Ad Origgio lavora è un gruppo di commerciali, tecnici, specialisti di prodotto,
persone dedite all’amministrazione, ed è ivi dislocato il magazzino principale.
4.1.1 Descrizione dell’azienda
L’attività di Metrohm Italiana Srl è quindi una attività principalmente commerciale, a cui si affianca
l’offerta di un servizio di assistenza tecnica e applicativa (pre e post vendita) su tutta la gamma dei
prodotti. A grandi linee, al di là di ulteriori differenziazioni pur presenti nell’Organigramma
Funzionale, le funzioni aziendali presenti possono essere così rappresentate e descritte:
Direzione generale
Magazzino
Amministrazione
Venditori
Spec. prodotto
Back office
Ass. tecnica
Segreteria
commerciale
Font office
Figura 4.1: Struttura di Metrohm Italiana Srl
Venditori: è il gruppo, di dieci persone, che si occupa di contattare i clienti potenziali e acquisiti.
Lavorano su base geografica, con riferimento all’area di più province. Obiettivo principale di
costoro è quello di vendere i prodotti Metrohm, proponendo lo strumento più indicato per le
esigenze operative del cliente.
Supporto pre e post vendita: si tratta di nove persone che possiedono una particolare conoscenza
delle tecniche di misura e degli strumenti e/o del loro funzionamento interno. All’interno di questo
gruppo si possono individuare due categorie di persone: gli specialisti di prodotto – Product
specialist – e i tecnici di assistenza comunemente intesa. Il compito dei primi è quello di supportare
il venditore qualora debba effettuare dimostrazioni circa l’adeguatezza degli apparecchi proposti
(tipica fase pre-vendita) o aiutare il cliente qualora sorgessero dubbi o difficoltà applicative (fase
post vendita).
Compito dei tecnici di assistenza è il mantenimento delle caratteristiche originarie degli strumenti,
ripristinandone l’affidabilità e la precisione dopo il normale uso (manutenzione ordinaria) o a
seguito di un guasto (manutenzione straordinaria). Politicamente, per la maggioranza dei casi,
l’intervento di uno specialista di prodotto non dà luogo a richieste economiche al cliente, mentre
l’attività di un tecnico di assistenza è a pagamento e rappresenta una fetta corposa del fatturato di
Metrohm Italiana Srl (cfr. paragrafo 4.1.3)
106
Segreteria commerciale: è il gruppo che si occupa del supporto alle iniziative di vendita, e
supervisiona la redazione delle offerte, la registrazione degli ordini e la consegna del materiale
acquistato.
Back office: è composto da sei o sette persone, da contare tra l’Amministrazione e il Magazzino che
gestiscono la contabilità amministrativa, il recupero crediti e la logistica per la spedizione della
merce.
Le interazioni previste e i mezzi di supporto per esse, sono descritte dettagliatamente nelle
Procedure del Manuale di Qualità144 che, come si avrà più volte modo di asserire in seguito, ha
rappresentato il primo passo verso l’identificazione della necessità di una gestione della Conoscenza
acquisita da Metrohm Italiana Srl negli anni della propria attività.
4.1.2 I prodotti
I prodotti di Metrohm AG sono ormai prevalentemente strumenti scientifici per effettuare analisi
con tecnica elettrochimica in laboratorio: è da escludere perciò un utilizzo diretto di esse in impianti
pilota o di produzione. Tipiche apparecchiature appartenenti a questa tipologia di strumenti sono
misuratori di pH puntuale, burette e titolatori automatici, cromatografi ionici e misuratori di stabilità
all’ossidazione di oli o PVC. I clienti di tali strumenti sono le industrie chimiche, farmaceutiche,
alimentari, petrolifere, laboratori pubblici (ARPA, ASL, Università, CNR, ecc.) e privati (analisi
per conto terzi o ambientali): in generale, chiunque abbia da effettuare analisi chimiche attraverso
grandezze elettrochimiche. Alcuni esempi delle più disparate applicazioni possono essere: analisi di
ioni in acque potabili, ppm145 di acqua in oli per isolamento elettrico, resistenza all’irrancidimento
di grassi alimentari e grado di dissolvimento delle pastiglie di detersivo per lavatrice.
In relazione alla concentrazione attesa degli analiti, Metrohm AG propone una differenziazione
della tecnica di analisi, riassunta nella figura 4.2 seguente146:
144
Il Sistema Qualità di Metrohm Italiana Srl è certificato ISO 9002 dal 1999 e ISO 9001:2000, con esclusione della
progettazione – § 7.1 della norma – dal 2002.
145
parti per milione
146
Cfr. http://www.metrohm.com/company/profile_e.html
107
La strumentazione Metrohm è quindi tradizionalmente suddivisa in categorie (o gruppi) di
apparecchi, dipendentemente dal tipo di tecnica utilizzata per ottenere il valore cercato. Per meglio
capire l’impatto che la vendita di uno strumento di ciascuna categoria può avere sul fatturato, può
essere utile rifarsi alla tabella seguente:
Categoria
Numero parti a listino
Media costo di listino in €
1.Titolatori
31
5.000
2.Meter
18
1.100
3.Burette elettroniche
14
1.700
4.Strumenti per polarografia
7
11.500
5.Misuratori di stabilità
4
13.500
6.Cromatografia ionica
52
18.500
7.Dispositivi per l’automazione
60
11.700
-
-
8.Sensori e accessori
Tabella 4.2: Costo medio per strumento vs. tipologia147
A dicembre 2004 la distribuzione del fatturato per tipologia di strumenti è illustrata dal seguente
grafico:
Fatturato 2004
Suddivisione per categoria di strumenti
18%
35%
5%
6%
8%
1%
5%
22%
1.Titolatori
2.Meters
3.Burette elettroniche
4.Polarografia
5.Mis. stabilità
6.Cromatografia
7.Automazione
8.Sensori e accessori
Figura 4.3: Suddivisione del fatturato 2004 di Metrohm Italiana Srl per tipologia di prodotto
Mentre una decina di anni or sono, il mercato dei titolatori era di gran lunga preponderante rispetto
alle altre tecniche di misura, i cromatografi ionici Metrohm stanno acquisendo una fetta di mercato
147
Riferito al listino prezzi in vigore a marzo 2005.
108
– mondiale e nazionale – sempre più cospicua e rappresentano ormai un serio problema per il
produttore americano Dionex148, leader storico nella produzione di Cromatografi Ionici.
Occorre anche sottolineare che le tecniche di analisi cromatografica rappresentano – agli effetti –
una alternativa sempre più ricercata alle tecniche potenziometriche: ciò è dovuto principalmente al
minore utilizzo di reagenti per tali analisi e per una intrinseca spiccata sensibilità.
Si tratta in ogni caso di dispositivi ad elevata integrazione tecnologica:
-
tecnologia elettronica ed informatica, in quanto gli strumenti dispongono di microprocessore
interno e sono programmabili nella sequenza di operazione. Taluni strumenti, peraltro, sono
comandabili solo attraverso un Personal Computer e solo attraverso questo vengono presentati i
risultati;
-
tecnologia dei materiali per la realizzazione dei sensori di misura (elettrodi e colonne
cromatografiche): questa tecnologia è sviluppata particolarmente nell’ambito della lavorazione
del vetro e delle ceramiche.
4.1.3 I servizi
Una fetta consistente del fatturato di Metrohm Italiana Srl è rappresentata dagli introiti per servizi
erogati: la percentuale relativa ai servizi sul fatturato totale è cresciuta, passando dal 14.8% del
2003 al 16% del 2004. Per completezza, di seguito è riportata la suddivisione, per voce, del fatturato
dell’assistenza tecnica nei primi sei mesi del 2005.
Figura 4.3: Suddivisione del fatturato 2004 di Metrohm Italiana Srl per tipologia di servizio
148
Cfr. http://www.dionex.com
109
I servizi a pagamento erogati da Metrohm Italiana Srl sono generalmente effettuati facendo
riferimento ai Manuali Utente e di Servizio editi dal costruttore. Nulla, per ciò che riguarda il
protocollo di controllo delle caratteristiche dei prodotti è ideato all’interno di Metrohm Italiana Srl o
peggio lasciato alla libera iniziativa del personale tecnico. Ciò assicura la possibilità di una perfetta
taratura dello strumento di misura anche dopo parecchi anni di utilizzo e ciò rappresenta un vanto
nelle caratteristiche di analisi dell’investimento.
Oltre a provvedere al ripristino degli strumenti guasti, prevedendo prestazioni presso la sede e
presso il laboratorio del cliente, Metrohm Italiana Srl propone anche un’efficace servizio di
manutenzione preventiva: i cosiddetti “Contratti di Assistenza Tecnica Programmata” – CATP . La
prestazione per questi contratti prevede tipicamente una o due visite all’anno presso il laboratorio
del cliente, durante le quali gli strumenti sono sottoposti a revisione e controllo dei dati di targa. A
seguito di tale attività è rilasciato al cliente un documento comprovante “lo stato di salute” dello
strumento149. Questa attività è molto richiesta, soprattutto da coloro che possiedono un Sistema
Qualità certificato UNI EN ISO 9001 o operano in regime della norma UNI EN ISO 17025:2000
“Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura”.
Il crescente interesse per tale norma ha portato ad una maggiore differenziazione dei servizi
proposti e ad un ovvio maggior introito. La gestione della qualità in un laboratorio è una questione
alquanto complessa e ad un osservatore esterno può apparire non chiara. Come spesso accade in un
settore in fase di sviluppo, il significato di alcuni termini può variare, avendo diverse definizioni a
seconda dell’area di applicazione. Senza entrare nello specifico, termini come validazione,
qualificazione e verifica sono ormai abituali nelle pratiche di gestione della strumentazione di
laboratorio. Molto importante è il concetto di qualificazione, che si riferisce ai diversi stadi di vita
di uno strumento analitico o di un sistema di analisi: nel modello di ciclo di vita i passi individuali
sono chiamati qualificazioni.
Nella tabella seguente è riportato il ruolo delle qualificazioni nel ciclo di vita di uno strumento, ed è
indicata la responsabilità di ciascuna qualificazione150:
149
Se, incidentalmente, uno strumento risultasse, al controllo, fuori tolleranza per qualche parametro, allora si
renderebbe necessario invalidare tutte le prove che il cliente ha effettuato con esso. Da ciò si deduce la necessità e la
criticità di tale servizio.
150
Cfr. “Gestire la Qualità con Metrohm”, fascicolo edito da Metrohm Italiana Srl.
110
Qualificazione
Fase
Responsabile
SQ
Specification Qualification
Sviluppo
Produttore
CQ
Construction Qualification
Costruzione
Produttore
DQ151
Design Qualification
Valutazione
Utilizzatore
IQ
Installation Qualification
Installazione
Utilizzatore
OQ
Operational Qualification
Start-up
Utilizzatore
PQ
Performance Qualitfcation
Routine
Utilizzatore
152
Attività
L’hardware e il software
dello strumento sono sviluppati e testati in accordo
con le definite linee guida
per la qualità.
Lo strumento è prodotto e
testato in accordo con le
linee guida definite per la
qualità.
Contributo Metrohm
Metrohm AG è certificata
ISO 9001. Lo sviluppo
delle strumento è documentato nella sua totalità.
Durante la produzione e il
testing dello strumento le
richieste del sistema di
gestione della qualità sono
rigorosamente adempiute.
Evidenza che lo strumento Consigli tecnici forniti da
soddisfa le richieste sta- Metrohm.
bilite.
Controllo e documen- Dettagliate istruzioni per
tazione che lo strumento è l’uso. Consigli tecnici forniti
stato correttamente instal- su richiesta. Logbook.
lato. Controllo funzionale.
Controllo delle specifiche. Bollettini applicativi editi da
Controllo delle perfor- Metrohm (esempi di Stanmance.
dard Operating ProceduControlli periodici delle res). Metodi di analisi prespecifiche,
analisi
di programmati nella strumentazione per il controllo
campioni di riferimento.
delle performances.
Tabella 4.3: Alcune tipologie di qualifiche effettuabili per la strumentazione di laboratorio
Come si evince dalla colonna “Contributo Metrohm”, il supporto applicativo e tecnico post vendita
risulta essere così un elemento caratterizzante dell’attività di Metrohm Italiana Srl, oltre a
rappresentare una cospicua fonte di guadagno, prevedibilmente in crescita per gli anni a venire.
4.1.4 Il marketing
Metrohm Italiana Srl sviluppa una politica di marketing seguendo, in generale, le indicazioni date
dalla casa madre Metrohm AG. Da essa, un’indicazione pressante è rivolta alla necessità di
effettuare dimostrazioni al cliente delle possibili soluzioni aperte dall’impiego di strumenti
Metrohm per le specifiche esigenze.
“It is so easy. And it is still ignored by many organizations. It is a proven fact that you sell what you
demo! And it works better than any other sophisticated marketing campaign. Those distributors who
run sales driven organizations prove it every day:
Demo a Titrando and you sell a Titrando.
Demo a Titrino and you sell a Titrino.
…
151
Cfr. ad esempio “Quale elettrodo per quale misura?” su
http://www.metrohm.com/applications/titration/ov/appl_electrode.html e “Quale elettrodo per quale titolazione?” su
http://www.metrohm.com/applications/titration/ov/tit_electrode.html
152
Il servizio di questa qualificazione e della successiva rappresenta un ottimo esempio di come la conoscenza
posseduta da Metrohm Italiana Srl possa diventare valore per il cliente. E’ infatti veramente basso il numero di clienti di
cui si ha notizia che procedano essi stessi a tali qualificazioni; anche grandi aziende farmaceutiche quale, ad esempio la
Merck Sharp & Dohme Italia Spa di Pavia, preferisce lasciare a Metrohm Italiana Srl tale compito.
111
Make it easy for the sales force. Give them the demo stock to make it happen. Have them trained well.
Perhaps with our help. And with the help of professional sales trainers. And provide the infrastructure.
…
You sell what you demo.
Or do you test drive a Fiat to buy a BMW?”153
Le dimostrazioni sono condotte sia dai venditori che dagli specialisti di prodotto, previa valutazione
della fattibilità dell’analisi richiesta sul campione fornito dal cliente154.
Altra tecnica di marketing adottata è quella per la quale viene ridotto il prezzo di particolari prodotti
– dipendenti dall’obiettivo della campagna – e pubblicizzato mediante email (ad esempio, si è
deciso di vendere un pHmetro al prezzo di poco maggiorato rispetto al costo per favorire, con
questa vendita, l’introduzione del marchio Metrohm nella strumentazione di laboratorio di un
cliente)
Esiste poi una rete per lo scambio di informazioni tra azienda e clienti realizzata mediante seminari,
emailing list, pubblicazioni periodiche155, note applicative e monografie156 sulle tecniche di misura.
Attenzione costante è rivolta all’acquisto di nuovi clienti e, in questa direzione, Internet rappresenta
uno strumento insostituibile per la facilità e la velocità con cui è possibile ottenere indirizzi e
riferimenti: ad esempio, con consultazione degli elenchi degli associati a gruppi potenzialmente
interessati (quali i laboratori ambientali accreditati Sinal, i gestori degli acquedotti, ecc.) e,
successiva navigazione nel sito Internet del potenziale cliente così individuato. Questa attività è
svolta dal gruppo “Segreteria commerciale”, il quale segnala al venditore di zona competente i
risultati delle ricerche.
Attualmente, il sito di Metrohm Italiana Srl è pensato come “sola presenza” sul Web e riporta i dati
di contatto dell’azienda; per la maggior parte degli argomenti, il rimando è al sito della casa madre.
Sempre più, tuttavia, man mano che si realizzano soluzioni di interesse particolare per il mercato
italiano della misura elettrochimica, si inseriscono in esso i relativi articoli.
Naturalmente, la vendita di uno strumento permette, oltre ad allacciare un rapporto di
collaborazione con il cliente, di godere nel tempo degli ordini per l’acquisto di materiale di
153
Estratto dalla comunicazione originale, sui forum privati del gruppo Metrohm, da parte di J.V. Geil, vicedirettore
Marketing di Metrohm AG, dell’ottobre 2004.
154
Cfr. paragrafo 4.4.2
155
Cfr. http://www.metrohm.com/company/metrohminfo/minfo_main.html
156
Cfr. http://www.metrohm.com/support.html
112
consumo157, per l’esecuzione di contratti di assistenza tecnica programmata, e divenire comunque
un fornitore di riferimento per il cliente stesso per occasioni future.
4.2
La storia del Knowledge Management in Metrohm Italiana Srl
“L’intendere il Knowledge Management come la disciplina che impiega il capitale intellettuale come
risorsa gestibile, con l’obiettivo di mettere tale capitale intellettuale dell’azienda a disposizione di tutti i
collaboratori, utilizzando come mezzo la fusione tra cultura dei processi aziendali e tecnologia
disponibile, deve e dovrà sempre più essere la vision del Customer Relationship Management di
Metrohm Italiana Srl. Per una società commerciale è infatti “linfa vitale” la conoscenza del cliente e
tale linfa è tanto più nutritiva quanto più tale conoscenza è precisa e condivisibile. Se, da un lato, il
sistema informatico gioca un ruolo chiave per la realizzazione di una appropriata infrastruttura per
l’integrazione di tutti i dati del cliente conosciuti da Metrohm Italiana Srl, dall’altro, in un contesto più
generale, essa non può essere solamente “informatica”: occorre anche vigilare affinché le procedure
di lavoro aziendali – come, ad esempio, i famosi processi della ISO9001:2000 – e le gestioni delle
istanze non standard dell’attività non siano contraddittorie relativamente all’obiettivo enunciato sopra.
L’esperienza iniziale di Metrohm Italiana Srl ha purtroppo sofferto, in generale, della mancanza di un
collegamento organico tra le varie attività, dalla gestione ordini alla gestione dei contatti clienti, dalla
gestione delle scadenze contabili attive alle movimentazioni di magazzino, dall’attività del supporto
post vendita a quella del laboratorio e dei commerciali”158.
Leggendole a distanza di tempo, tali affermazioni rappresentano una sorta di visione profetica della
direzione che Metrohm Italiana Srl è stata capace di intraprendere negli ultimi due anni di attività.
Ovviamente non si è trattato di un passaggio indolore: è stato necessario un cambio di mentalità – e
a volte, anche di persone – e, soprattutto, di quella figura che troppo spesso, nella PMI, tende a
costruire l’azienda a propria immagine e somiglianza: l’Amministratore Delegato, al quale, per
convenienza, daremo il nome di Dott. Bianchi, ai tempi anche socio159.
4.2.1 Lo stato iniziale: il KM “a quei tempi”
E’ doveroso, al fine di comprendere la giusta dimensione della rivoluzione KM in Metrohm Italiana
Srl, ripercorrere a grandi linee la storia del suo Management nel decennio di vita. In alcuni tratti
trasparirà inevitabilmente il giudizio di chi scrive sulle decisioni e sui comportamenti dei vari
157
Si ricorda che nell’anno 2004 la frazione del fatturato dovuta a questa voce è superiore ad un terzo!
Relazione consegnata dall’autore, in qualità di Responsabile ICT, all’ Amministratore Delegato – gennaio 2003
159
“…l’imprenditore è a un tempo padrone e capo dell’impresa, della quale si assume, più di ogni altro soggetto, rischi
e responsabilità…In questa situazione il soggetto economico (dell’azienda) non può che coincidere con la figura
dell’imprenditore, vero deus ex machina dell’impresa, e quindi gli obiettivi dell’impresa non possono che corrispondere
agli interessi di cui tale figura è portatrice…In definitiva, la ricerca del massimo profitto, per l’impresa padronale, può
essere identificata come l’obiettivo più appropriato, a condizione che venga relativizzata al complesso degli interessi
extraeconomici dell’imprenditore, al suo orizzonte temporale di riferimento, alla sua propensione al rischio.”
Cfr. Francesco Favotto, Economia aziendale. Modelli misure casi – McGraw-Hill – 2001.
158
113
amministratori che si sono succeduti. Tuttavia si cercherà di dare una visione oggettiva del vissuto,
supportando le affermazioni fatte con la documentazione esistente, come ad esempio le circolari
della direzione o i verbali delle riunioni o, dove non esistesse forma scritta, riferendosi a quanto
ricordato dai protagonisti.
Costituitasi alla fine del 1993, il capitale sociale era posseduto per il 30% dall’Amministratore
delegato stesso (il restante 70% era posseduto dalla casa madre Metrohm AG), configurandosi
quindi, almeno agli effetti, come azienda “padronale”. L’amministratore, facendo prevalentemente
riferimento alla propria esperienza di imprenditore, dettava obiettivi alle varie funzioni aziendali:
tuttavia, se da una parte era abbastanza chiaro l’obiettivo ultimo – l’aumento di fatturato – ,
dall’altro non erano sempre chiari gli obiettivi intermedi e i mezzi per raggiungere il risultato finale.
Anche un individuo completamente a digiuno di strategia aziendale poteva osservare una certa
distorsione, se non contraddizione, nelle analisi e nelle decisioni.
Figura 4.5: La storia del KM in Metrohm Italiana Srl: comunicazione tra gli uffici
Come è possibile che anche le telefonate debbano “passare” attraverso altri? Come può un gruppo
di supporto con tipiche mansioni di segreteria diventi il motore di KM della società?
Si può certamente obiettare che, del resto, questo è il comportamento tipico dell’impresa padronale
e, in particolare, nessuna giustificazione è dovuta ai propri collaboratori: se la maggioranza
azionaria non interviene, l’operato dell’amministrazione è pienamente giustificato di per sé. Ciò non
114
toglie, però, che già dai primordi Metrohm Italiana Srl avrebbe potuto addirittura avvantaggiarsi
della sua particolare situazione di impresa appena formata.
Il problema della gestione della conoscenza non era neppure nominato. L’azienda è stata
esplicitamente paragonata ad un villaggio tribale, il personale delle vendite ai cacciatori il cui
lavoro è quello di portare agli altri le prede catturate.
Le poche iniziative di marketing erano orientate alla sola transazione!
La riuscita di un affare concludeva il lavoro del venditore e quest’ultimo era il vero e proprio
“responsabile” del cliente, conoscendone virtù, vizi e difetti. Purtroppo, dei contatti avuti per
concludere la vendita rimanevano soltanto l’offerta, la bolla di accompagnamento, la fattura. Il
venditore – o meglio, la sua agenda – era unico depositario della conoscenza acquisita, più che mai
esplicitata, ma tutt’altro che condivisa.
Dunque è facile immaginare come, in questa situazione, l’azienda correva il rischio di perdere il
cliente se, ad esempio, il venditore rassegnava le dimissioni e – a maggior danno – passava alla
concorrenza.
Nel 1998 il Dott. Bianchi chiese al Responsabile ICT di realizzare una applicazione software per la
stesura delle offerte di vendita. Questi formulò la proposta di un sistema il cui obiettivo andava oltre
la semplice “macchina da scrivere”: occorreva iniziare a pensare un modo per mantenere i contatti
con i clienti all’interno dell’azienda, al riparo da eventuali dipartite del personale o quant’altro.
Il tempo necessario per tale realizzazione – almeno tre mesi – suscitò la risposta decisamente
avversa del Dott. Bianchi: il tempo appariva eccessivo, il sistema serviva immediatamente, il
problema di mantenere traccia elettronica dei contatti era una falso problema.
Ancora, si può obiettare che la lungimiranza nell’organizzazione non è un dono a tutti elargito. Di
certo, rimane l’impressione che l’azienda fosse dotata di una struttura assai debole, una struttura in
cui ogni collaboratore era prezioso per i risultati immediatamente conseguiti e poco (o nulla)
lasciava, come traccia scritta, del suo operato. In ogni caso, questa organizzazione dava risultati
immediati – seppure non sempre positivi – e permetteva ai lavoratori ampio margine di iniziativa
(spesse volte incontrollata) e comunque assicurava loro una rimunerazione in linea con quelle del
settore.
A questo punto può essere illuminante, al fine di cogliere sino in fondo il mutamento di rotta
avutosi in seguito per il KM all’interno di Metrohm Italiana Srl, rileggere il verbale di una riunione,
tenutasi il 10 Marzo 1997, nella quale l’Amministratore Delegato illustrava il suo modo d’intendere
la gestione delle attività e in particolare il flusso delle informazioni nel gruppo Sales. Si potrà
115
immediatamente osservare come la definizione degli obiettivi (“necessità”) evidenzi il fatto che, ai
tempi, l’impresa non fosse ancora neppure entrata nell’ottica “Service” del modello di M. Treacy160,
anche se la condivisione della conoscenza era già, in qualche modo, riconosciuta necessaria161
Maggiormente rivelatrici dell’idea che si aveva allora del flusso della conoscenza, sono le righe del
paragrafo “Compiti dei venditori”: l’informazione e la conoscenza dovevano prevalentemente in
maniera unidirezionale, da Metrohm Italiana Srl ai clienti162, i quali riceveranno informazioni “circa
nuovi strumenti, le possibilità di utilizzo della strumentazione posseduta, nuove applicazioni e
nuove potenzialità degli strumenti posseduti”.
E’ rilevante osservare, a questo punto, che, nella visione attuale del Knowldege Management di
Metrohm Italiana Srl, è il cliente che con le sue richieste modella la proposta commerciale.
Altro fattore anomalo è il ruolo determinante, diremmo più propriamente di pivot, assegnato alla
Segreteria Reparto Vendite163, anomalia ancora più evidente ricordando che il personale che lo
componeva era in possesso di una preparazione tecnica specifica pressoché nulla e che i contatti che
costoro avevano con il cliente erano prevalentemente telefonici e dettati da esigenze di back office.
Già solamente pensare che questa funzione fosse da sola capace di veicolare e far condividere anche
la conoscenza esplicita, fu un grave abbaglio.
Tuttavia, attualmente questo modello è stato ripreso sebbene per la sola conoscenza operativa
esplicita (ad es. richieste, indirizzi) che nasce dai normali contatti che l’ufficio di supporto alle
vendite ha con i clienti e le altre funzioni aziendali (i cosiddetti “clienti interni”).
In ultimo, facciamo osservare che non era stato pensato un canale istituzionale per lo scambio di
esperienze o di conoscenze tra le varie funzioni di Metrohm Italiana Srl che, in un modo o
nell’altro, avevano incontri diretti con le esigenze dei clienti: tale scambio era lasciato al rapporto
personale e/o alla buona volontà dei soggetti.
segue Figura 4.6: La storia del KM in Metrohm Italiana Srl: i primi tentativi.
160
Cfr. M. Treacy, “The Discipline of Market Leaders: Choose Your Customers, Narrow Your Focus, Dominate Your
Market”, 1997, Perseus
161
“Ogni intervento degli uomini Metrohm in zona (Service o Application) dovrà essere coordinato con il responsabile
di zona” nel paragrafo “Obbiettivi”.
162
“… del venditore territoriale … il quale ha il compito di educare i clienti …”
163
Cfr. “Flusso delle informazioni nel gruppo di vendita”
116
117
118
4.2.2 La meteora “Qualità” e la nascita di una strategia per il KM
La crescente richiesta del requisito di disporre, da parte di Metrohm Italiana Srl, di un “Sistema di
gestione per la Qualità” certificato per partecipare a gare o appalti presso enti pubblici e il
progressivo fermento su tale argomento ha indotto, nel 1998, o meglio obbligato, l’Amministratore
Delegato ad intraprendere il percorso di certificazione. L’impatto dell’istituzione del Sistema
Qualità in Metrohm Italiana Srl è stato tale da poter senz’altro rappresentare un esempio di come
una sorgente di conoscenza esterna possa scatenare all’interno di una organizzazione tutta una serie
di pensieri, attività e processi che portano realmente ad un vantaggio, sia interno (l’ottimizzazione o
almeno la razionalizzazione delle risorse, l’affermarsi di best practices in seguito istituzionalizzate,
l’introduzione di tecniche statistiche o di benchmarking) che esterno (un lavoratore sa, almeno
teoricamente, come gestire la maggior parte delle istanze che si presentano durante il suo lavoro).
Il primo passo è stato di quello di rivolgersi ad un consulente esterno, la cui scelta si è basata su
motivazioni prevalentemente economiche. In quanto azienda non produttrice di beni in senso
119
proprio, la norma di riferimento è stata la ISO 9002:1994, la quale, a differenza della ISO
9001:1994, non contempla il processo di progettazione.
Il programma di lavoro proposto era semplice ed intuitivo: dopo aver prodotto alcune
documentazioni sulle attività della società, occorreva organizzarle in modo da individuare una
corrispondenza biunivoca tra i capitoli del Manuale della Qualità e i paragrafi della Norma, al fine
di sottolineare come ciascun requisito di tale norma fosse stato analizzato e, almeno teoricamente,
soddisfatto.
Questo modo di procedere ha fatto sì che per molto – troppo – tempo la Gestione della Qualità
restasse un esercizio teorico, una specializzazione di un paio di collaboratori, e come tale, si
sviluppasse come attività a sé stante, ripresa in occasione degli audit interni o delle visite di
sorveglianza da parte dell’ente certificatore164. A tale proposito, la UNI EN ISO 9001:1994 (ormai
decaduta, sostituita dalla UNI EN ISO 9001:2000), al paragrafo 4.1.1 recitava:
Politica per la qualità
L’alta direzione del fornitore deve definire e documentare la propria politica per la qualità, ivi inclusi
gli obiettivi e gli impegni per la qualità. La politica deve essere attinente agli obiettivi aziendali e alle
esigenze e aspettative dei propri clienti. Il fornitore deve assicurare che tale politica sia compresa,
attuata e sostenuta a tutti i livelli dell’organizzazione.
La qualità, intesa come da UNI EN ISO 9000:2000 o da UNI EN ISO 8402:1994, cioè come “il
grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti”165, è dunque innanzi tutto
un impegno dell’ “alta direzione” – nel nostro caso, dell’ Amministratore Delegato – e quindi è egli
stesso che, per primo, deve cogliere gli aspetti innovativi e caratterizzanti di una gestione della
Qualità. Si può facilmente intuire che, se la “faccenda Qualità” viene affidata in maniera quasi
esclusiva solo ad alcuni collaboratori, non può iniziare a creare quelle condizioni che favoriscono
l’apertura del modo di operare dell’impresa verso nuove idee e nuove forme, per renderla più
competitiva, ben sapendo che
“The internet age has removed the boundaries of industries and now small and big businesses
compete within the same market place and market space.”166
Ogni ritardo accumulato in questo senso può pericolosamente abbassare il livello di competitività
dell’impresa stessa, non tanto per le caratteristiche del prodotto, bensì per la capacità di captare – e
quindi intercettare – le esigenze di clienti nuovi e acquisiti. Di fatto, la richiesta di documentabilità
164
Curioso è l’episodio per il quale, a seguito dell’avvenuta certificazione del SQ, il responsabile del laboratorio
applicativo donò un mazzo di fiori alla responsabile dell’Assicurazione Qualità; al di là della cortesia e del
ringraziamento comunque dovuti, resta il sospetto che tale gesto sottolineasse l’impegno personale piuttosto che il
saluto all’auspicato cambio della mentalità collettiva.
165
Cfr. UNI EN ISO 9000:2000, §3.1.1
166
Cfr. S. Kermally, “Effective knowledge management”, 2002, Wiley
120
e tracciabilità esplicitamente contenuta nelle ISO 9000167 è il primo grande passo verso una esplicita
gestione della conoscenza che un’organizzazione deve mantenere, se non altro per assicurare la
soddisfazione dei requisiti e delle esigenze dei clienti, obiettivo del SQ.
Probabilmente, attraverso questo sentiero, “accidentalmente” intrapreso, Metrohm Italiana Srl ha
iniziato ad interrogarsi sulla propria organizzazione del lavoro e sui valori di conoscenza in esso
contenuti168. Non si è certamente trattato di un’istanza collettiva, ma fortunatamente chi ha
cominciato ad occuparsi di quest’ambito aveva, se non già un background di teoria
dell’organizzazione del lavoro, almeno una certa sensibilità verso la tematica. Ma, come Nonaka e
Takeuchi insegnano, è stato necessario lasciare completare il ciclo SECI nei suoi ultimi due
momenti affinché la conoscenza innovativa avesse a generarsi. Il forte richiamo intrinseco –
sebbene forse acerbo169 – ad una razionalizzazione dell’attività aziendale emesso dalle norme ISO
9002 si è così incontrato con una conoscenza tacita di alcuni (fatta di capitale umano, di livello e di
percorso di istruzione, di esperienza, di valori e di abilità sociali) e, dopo questa fase di
internalizzazione, ha permesso di far maturare in questi un desiderio di organizzazione del lavoro in
netta rottura con il passato. E’ forse una peculiarità – e probabilmente un vantaggio competitivo –
delle PMI la velocità con la quale si compie un ciclo SECI, in quanto le dimensioni anche fisiche
dell’azienda e il grado di elevata autonomia dei collaboratori170 portano ad una rapido e continuo
confronto, in molti campi anche senza la necessità di un valido supporto (ad esempio informatico)
ove codificare la conoscenza esplicitata, almeno quella operativa, strettamente correlata alla
richiesta del prodotto o del servizio171.
C’è tuttavia da ricordare che l’Amministratore Delegato e alcuni colleghi – purtroppo anche
occupanti ruoli strategici – rimasero comunque insensibili a questo cambiamento, con il
conseguente sviluppo di incomunicabilità tra persone e funzioni aziendali: per costoro, “la qualità”
era una moda o comunque solamente “una cosa escogitata per far lavorare i consulenti, che non
sanno più cosa fare per campare”172. Tuttavia, a consolazione, è bene ricordare che non poche
persone appartenenti ad aziende diverse hanno rilevato, nelle discussioni informali avvenute in
167
Secondo la versione di tale norma redatta nell’anno 2000, sono almeno sei le procedure documentate che una
organizzazione deve predisporre.
168
E’ interessante osservare che già nell’edizione del 1994 delle norme ISO della serie 9000 la conoscenza era
considerata come un prodotto – risultato di attività o di processi – e quindi fonte di business per le imprese: “Un
prodotto può essere tangibile (per esempio: apparecchiature o materiali da processo continuo) o intangibile (per
esempio: conoscenza o concetti) o una loro combinazione” – Cfr. UNI EN ISO 9001:1994, §3.1, nota 3. La norma UNI
EN ISO 9001:2000, al §3 esplicita ulteriormente: “In tutto il testo della presente norma internazionale, ogni volta che
viene utilizzato il termine prodotto, esso può significare anche servizio”.
169
E’ famosa la battuta: “Si può certificare ISO 9000 anche il Sistema Qualità di una azienda che produce salvagenti in
granito”. Di fatto, perché non applicare anche a tutto il fenomeno “Certificazione dei SQ” il modello SECI?
170
Cfr pag. 32, rigurado a quanto Nonaka e Takeuchi pensano relativamente all’autonomia come condizione necessaria
per la creazione di conoscenza organizzativa.
171
Cfr. Thomas A. Stewart, Il capitale intellettuale, 1999, Ponte alle Grazie
172
Frase pronunciata da una collega, E.N.
121
occasioni di corsi o convegni aventi come tema la certificazione del Sistema Qualità, la medesima
mentalità nelle rispettive organizzazioni di appartenenza.
La necessità quindi di esplicitare i processi organizzativi, le procedure di lavoro e quant’altro avesse
impatto diretto sulla Qualità del prodotto – e del servizio – fornito al cliente ha quindi spianato la
strada ad una possibile impostazione “teorica” della pratica quotidiana (e quindi la richiesta di una
codificazione della conoscenza), sebbene nei primi anni tali vision erano di pochi e neppure molto
chiare e dettagliate.
4.2.3 Il blocco del sistema: due amministratori
Vicende avverse hanno poi portato Metrohm Italiana Srl ad un momento in cui erano presenti due
Amministratori (al Sig. Bianchi è stato affiancato chi, per convenienza, chiameremo Sig. Verdi), le
cui competenze erano sì preventivamente stabilite, ma non con sufficiente chiarezza, poiché nella
pratica portavano molte volte ad un pericoloso blocco delle attività in quanto non era evidente, per i
collaboratori, come interpretare le indicazioni e i desideri di entrambi.
Va sottolineata la situazione estremamente paradossale, se si ricorda quanto detto poc’anzi rispetto
all’impresa padronale: di fatto, in questi anni, il fatturato diminuì e la sensazione di malcontento
andò aumentando.
Null’altro diremo a questo proposito poiché è abbastanza intuitivo come una situazione di questo
tipo sia assurda e controproducente, ma rimane la curiosità di sapere quale eco giungesse di ciò ai
soci e ancora di più il dubbio che ciò effettivamente accadesse.
4.2.4 Lo sblocco del sistema: il cambio dei “vecchi” Amministratori Delegati
Fortunatamente per l’azienda e per chi scrive, nell’anno 2003 le contemporanee dimissioni dei due
Amministratori hanno richiesto un reintegro di tale figura. I soci hanno quindi chiamato al ruolo di
Amministratore Delegato chi, per convenienza, chiameremo Sig. Rossi. L’azienda ha così compiuto
due passaggi fondamentali: la presa di coscienza da parte dell’alta direzione della necessità di un
sempre maggiore collegamento e coordinazione tra le due sedi (immediatamente evidente al nuovo
amministratore) ed è divenuta impresa manageriale, scostandosi conseguentemente dagli interessi,
dai valori extraeconomici e dagli umori che un amministratore “padrone” inevitabilmente porta con
sé. Tutto ciò accadde fortunatamente senza contraccolpi negativi173, ma acquisendo le
173
“…un momento di discontinuità assai delicato e spesso traumatico è costituito dal venire meno della figura
dell’imprenditore e dalla conseguente necessità di una sostituzione”. Cfr. Francesco Fagotto, op. cit.
122
caratteristiche positive per l’occupazione e per gli azionisti174, con un orizzonte temporale lungo e
una alta flessibilità.
4.3
La certificazione del Sistema Qualità e il Knowledge Management
Come accennato nel paragrafo precedente, la decisione di dotare Metrohm Italiana Srl di un Sistema
per la gestione della Qualità, anzi di un Sistema per la gestione della Qualità certificato è stato il
passo decisivo per mettere l’azienda dinanzi alla prospettiva di una “obbligata” gestione
dell’informazione e quindi della conoscenza operativa.
4.3.1 La gestione della conoscenza operativa finalizzata alla soddisfazione del cliente
Non si faccia l’errore di considerare scontato il fatto che una società che produca utile e dia lavoro a
persone abbia affrontato il problema gestionale della conoscenza operativa in forma ancorché
teorica o scientifica, ma anche pratica e funzionale. E’ innanzi tutto interessante osservare come la
norma di riferimento UNI EN ISO 9000:2000, al §2.1, giustifichi tale passo:
2.1 Motivazioni alla base dei sistemi di gestione per la qualità
I sistemi di gestione per la qualità possono aiutare le organizzazioni ad accrescere la soddisfazione
dei clienti.
I Clienti richiedono prodotti con caratteristiche in grado di soddisfare le loro esigenze ed aspettative.
Tali esigenze ed aspettative sono espresse in specifiche di prodotto che, nel loro complesso,
costituiscono i cosiddetti “requisiti del cliente”. I requisiti del cliente possono essere specificati
contrattualmente dal cliente stesso, ma possono essere stabiliti anche dalla stessa organizzazione. In
entrambi i casi, è il cliente che, in definitiva, determina l’accettabilità di un prodotto. Dato che le
esigenze e le aspettative del cliente si modificano, e date anche le pressioni della concorrenza e del
progresso tecnico, le organizzazioni sono spinte a migliorare continuamente i loro prodotti e i loro
processi.
L’approccio suggerito dai sistemi di gestione per la qualità incoraggia le organizzazioni ad analizzare i
requisiti del cliente, a definire i processi che contribuiscono ad ottenere un prodotto accettabile per il
cliente ed a tenere questi processi sotto controllo. Un sistema di gestione per la qualità può fornire la
struttura per il miglioramento continuo ed accrescere la probabilità di soddisfare il cliente e le altre
parti interessate. Tale sistema dà fiducia, all’organizzazione ed ai suoi clienti, di essere in grado di
fornire prodotti che rispondono sistematicamente ai requisiti.
L’obiettivo finale di un sistema per la gestione della qualità è quindi la soddisfazione del cliente,
per la quale il cliente si lega all’organizzazione in modo fedele – fedeltà ottenuta dall’unione della
soddisfazione e dalla fiducia – e l’organizzazione stessa mantiene ed espande il proprio business.
174
“…un obiettivo prioritario, nella considerazione del manager, è rappresentato dallo sviluppo dell’impresa…Ancora,
il manager è sicuramente interessato alla sopravvivenza dell’impresa, in quanto garanzia del mantenimento ed
eventualmente della progressione della propria posizione economica e professionale”. Ibidem
123
D’altro canto, una gestione della conoscenza operativa facilita la collaborazione tra le varie figure
coinvolte nella produzione di beni e/o servizi, unificandone gli obiettivi e le aspettative e generando
quell’unità di intenti che favorisce il raggiungimento dell’obiettivo per il quale l’azienda esiste.
Ora, considerando che i clienti desiderano che le proprie aspettative e richieste, cioè i “requisiti del
cliente”, siano tenuti in considerazione durante la progettazione e la produzione del bene acquistato
(si pensi, per esempio, alla fornitura di un servizio), è necessario che l’organizzazione tenga ben
presenti, cioè reperibili e tracciabili, tali requisiti.
Fondamentale diviene dunque la necessità di codificare e rendere disponibile la conoscenza
operativa che ogni istanza di produzione porta con sé.
4.3.2 La gestione della conoscenza e l’approccio per processi
Un sistema di gestione per la qualità, secondo le norme ISO 9000, ha quindi come elemento
costitutivo la gestione della conoscenza e “promuove l’adozione di un approccio per processi nello
sviluppo, attuazione e miglioramento dell’efficacia” del sistema stesso “al fine di accrescere la
soddisfazione del cliente mediante l’osservanza dei requisiti del cliente stesso”175.
Questo approccio per processi, inserito nella versione dell’anno 2000 della UNI EN ISO 9001, ma
già presente nella ENI EN ISO 9000-1:1994, a nostro parere ha semplificato notevolmente la
redazione delle procedure di lavoro – in ultima analisi, la codificazione della conoscenza contenuta
nelle best practices affermatesi – in quanto rispecchia un modello di pensare l’organizzazione del
lavoro già assorbita nel background di molti collaboratori, e quindi con grande eco sulla conoscenza
tacita da ciascuno posseduta. Sebbene l’edizione 9001–1994 della norma includeva in un unico
paragrafo (il 2.9) il concetto di processo, questo era sottinteso come un unicum, senza l’ulteriore
invito alla esplicitazione di altri sotto-processi, ma riferendosi ad esso con il generico termine di
attività. Tale esplicitazione, presente nella UNI EN ISO 9000-1:1994, ai paragrafo 4.7 e 4.8, trova
quindi immediata applicazione nella gestione del lavoro stesso.
4.7 Rete dei processi di una organizzazione
Ciascuna organizzazione esiste per eseguire un lavoro con valore aggiunto. Il lavoro è eseguito
attraverso una rete di processi. La struttura di tale rete solitamente non è una semplice struttura
sequenziale, ma spesso è assai complessa.
In una organizzazione sono molte le funzioni da svolgere. Tali funzioni comprendono la produzione, la
progettazione del prodotto, la gestione relativa alla tecnologia, lo studio e ricerca di mercato,
l’addestramento, la gestione delle risorse umane, la pianificazione strategica, le consegne, la
fatturazione e la manutenzione. Data la complessità della maggior parte delle organizzazioni, è
175
Cfr. UNI EN ISO 9001:2000, § 0.2.
124
importante mettere in evidenza i processi fondamentali, semplificare e dare priorità ai processi
necessari per gestire la qualità.
Un’organizzazione ha bisogno di identificare, organizzare e gestire la propria rete di processi e di
interfacce. L’organizzazione crea, migliora e fornisce una qualità costante nelle proprie offerte
attraverso la rete di processi. Questa è una base concettuale fondamentale per la famiglia ISO 9000. I
processi e le loro interfacce dovrebbero essere sottoposti ad analisi e miglioramento continuo.
I problemi tendono a presentarsi quando le persone devono gestire diversi processi e le loro
interrelazioni, in modo particolare per grandi processi che possono interessare parecchie funzioni. Per
chiarire le interfacce, le responsabilità e le autorità, un processo dovrebbe avere un gestore come
persona responsabile. La qualità dei processi che sono propri dell’alta direzione, come la
pianificazione strategica, è particolarmente importante.
4.8 Il sistema qualità in relazione alla rete dei processi
Convenzionalmente si parla di un sistema qualità costituito da un certo numero di elementi. Il sistema
qualità è attuato mediante processi che si svolgono sia all’interno delle singole funzioni sia attraverso
le stesse. Affinché un sistema qualità sia efficace questi processi, e le relative responsabilità, autorità,
procedure e risorse dovrebbero essere definiti e distribuiti in modo coerente. Un sistema è più della
somma di processi. Per essere efficace un sistema qualità necessita di coordinamento e compatibilità
di processi che lo compongono e della definizione delle loro interfacce.
Se da una parte il Manuale del Sistema di Gestione per la Qualità redatto secondo l’edizione del
1994 della norma aveva la caratteristica di ripetersi in alcuni punti – e ciò, come accennato, per
evidenziare l’adesione alle specifiche della norma – il Manuale e le procedure redatte secondo
l’edizione del 2000 della norma non presentano ripetizioni e sono di fatto divenute realmente le
procedure operative per la gestione del lavoro ordinario, con vantaggio della gestione stessa e con
maggior recepimento da parte dei collaboratori. Metrohm Italiana Srl ha quindi “approfittato”,
soddisfacendo al §4.1 della UNI EN ISO 9001:2000, di questa esplicitazione dei processi, sia per
identificare meglio l’attività svolta nei particolari, sia per meglio definire sorgenti e flussi di dati e
informazioni che l’attività giornaliera genera. Infatti, le seguenti richieste
4.1 Requisiti generali
L’organizzazione deve stabilire, documentare, attuare e tenere aggiornato il sistema di gestione per la
qualità e migliorarne, con continuità, l’efficacia in accordo con i requisiti della presente norma
internazionale.
L’organizzazione deve:
a) identificare i processi necessari per il sistema di gestione qualità e la loro applicazione
nell’ambito di tutta l’organizzazione,
b) stabilire la sequenza e le interazioni tra questi processi,
c) stabilire i criteri ed i metodi necessari per assicurare l’efficace funzionamento e l’efficace
controllo di questi processi,
125
d) assicurare la disponibilità delle risorse e delle informazioni necessarie per supportare il
funzionamento e il monitoraggio di questi processi,
e) monitorare, misurare ed analizzare questi processi,
f)
attuare le azioni necessarie per conseguire i risultati pianificati ed il miglioramento continuo di
questi processi,
g) attuare le azioni necessarie per conseguire i risultati pianificati ed il miglioramento continuo di
questi processi
Questi processi devono essere gestiti dall’organizzazione in accordo ai requisiti della presente norma
internazionale. Qualora l’organizzazione scelga di affidare all’esterno processi che abbiano effetto
sulla conformità del prodotto ai requisiti, essa deve assicurare il controllo di tali processi. Nell’ambito
del sistema di gestione per la qualità devono essere definite le modalità per tenere sotto controllo tali
processi affidati all’esterno.
sono proprie di una gestione aziendale che, anche se non condotta da manager professionisti,
individuano un percorso per una promettente ed efficace gestione.
4.3.3 La gestione della qualità e le risorse umane
Il “III° Rapporto di Custormer Satisfaction” dell’istituto di certificazione di Sistemi di gestione per
la Qualità Certiquality con sede a Milano illustra i risultati di un questionario inviato alle aziende
che scelsero Certiquality per certificare il loro SQ: i
“(…) benefici apportati dalla Certificazione di un Sistema Qualità rivelano che nell’organizzazione
aziendale le Aziende percepiscono come maggiori vantaggi (…) il maggior controllo delle attività, il
miglioramento dei rapporti con i clienti, il miglioramento dei rapporti con il personale e i collaboratori, il
miglioramento dei rapporti con i fornitori e l’efficienza dei processi” 176.
L’esperienza avuta in proposito da Metrohm Italiana Srl induce a ritenere che le difficoltà della
gestione del lavoro in una PMI, amplificate dai fattori extraeconomici sopra accennati e di altri
facilmente immaginabili, possono trovare parziale attenuazione nell’obbligare i responsabili alla
riflessione sulle modalità di processo di prodotti e/o servizi. Nel documento “Quality management
principles”, edito da ISO177, vera “bibbia” per la comprensione del fenomeno “ISO 9000”, tra gli
otto principi di gestione elenca, tra gli altri, i seguenti due, estremamente interessanti sotto il profilo
KM:
Principle 2 Leadership
176
177
Cfr. Prima edizione, novembre 2004, §5.2
Disponibile su Web a http://www.iso.org/iso/en/iso9000-14000/iso9000/qmp.html
126
Leaders establish unity of purpose and direction of the organization. They should create and maintain
the internal environment in which people can become fully involved in achieving the organization’s
objectives.
Key benefits:
People will understand and be motivated towards the organization’s goals and objectives.
Activities are evaluated, aligned and implemented in a unified way.
Miscommunication between levels of an organization will be minimized.
Applying the principle of leadership typically leads to:
Considering the needs of all interested parties including customers, owners, employees, suppliers,
financiers, local communities and society as a whole.
Establishing a clear vision of the organization’s future.
Setting challenging goals and targets.
Creating and sustaining shared values, fairness and ethical role models at all levels of the
organization.
Establishing trust and eliminating fear.
Providing people with the required resources, training and freedom to act with responsibility and
accountability.
Inspiring, encouraging and recognizing people’s contributions.
Principle 3 Involvement of people
People at all levels are the essence of an organization and their full involvement enables their abilities
to be used for the organization’s benefit.
Key benefits:
Motivated, committed and involved people within the organization.
Innovation and creativity in furthering the organization’s objectives.
People being accountable for their own performance.
People eager to participate in and contribute to continual improvement.
Applying the principle of involvement of people typically leads to:
People understanding the importance of their contribution and role in the organization.
People identifying constraints to their performance.
People accepting ownership of problems and their responsibility for solving them.
People evaluating their performance against their personal goals and objectives.
People actively seeking opportunities to enhance their competence, knowledge and experience.
People freely sharing knowledge and experience.
People openly discussing problems and issues.
127
L’esperienza di Metrohm Italiana Srl permette di affermare, sebbene forse ancora prematuramente,
che effettivamente alcune conseguenze sopra menzionate sono già state sperimentate. La sfida
rivolta al Management di Metrohm Italiana Srl, per ciò che concerne la gestione dei collaboratori,
sarà quella di riuscire a perseguire l’obiettivo proposto da T.A. Stewart:
“Siamo abituati a pensare ai lavoratori dipendenti in termini di quanto guadagnano, quindi di quanto
costano. Ma qual è il loro valore? (…) occorre assumere il punto di vista dell’organizzazione, non
quello dell’individuo: per un’azienda, la questione è come acquistare (…) capitale umano da poterlo
utilizzare in modo redditizio. Se lo scopo primario del capitale umano è l’innovazione – che si tratti di
nuovi prodotti e servizi
o miglioramenti dei processi aziendali – il capitale umano si forma e si
dispiega quando aumenta la quota di tempo e del talento che i dipendenti di un’azienda che viene
dedicata ad attività che producono innovazione. Il capitale umano si accresce in due modi diversi:
quando l’organizzazione usa una quota maggiore di ciò che sanno i suoi membri, e quando un
numero maggiore di questi sa più cose che risultano utili all’organizzazione.(…). Per sprigionare il
capitale umano già insito nell’organizzazione occorre ridurre al minimo i compiti che non richiedono
riflessione, cioè le pratiche burocratiche e le lotte intestine non produttive.(…). I dirigenti aziendali
devono concentrare e accumulare talento là dove ce n’è bisogno, o con le assunzioni o per mezzo
dell’insegnamento”178.
Queste indicazioni citate sono tra l’altro profeticamente intuite, se non già recepite, nella norma ISO
9001:2000:
6.2 Risorse umane
6.2.1 Generalità
Il personale che esegue attività che influenzano la qualità del prodotto deve essere competente sulla
base di un adeguato grado di istruzione, addestramento, abilità ed esperienza.
6.2.2 Competenza, consapevolezza ed addestramento
L’organizzazione deve:
a) definire la competenza necessaria per il personale che svolge attività che influenzano la
qualità del prodotto,
b) fornire addestramento o intraprendere altre azioni per soddisfare queste esigenze,
c) valutare l’efficacia delle azioni intraprese,
d) assicurare che il suo personale sia consapevole della rilevanza e dell’importanza delle proprie
attività e di come esse contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi per la qualità,
178
Cfr. T.A. Stewart, “Il capitale intellettuale”, 1999, Ponte alle Grazie
128
e) conservare appropriate registrazioni sul grado di istruzione, sull’addestramento, sull’abilità e
sull’esperienza del personale (vedere 4.2.4).
Alcuni, poi, si spingono oltre e esplicitamente parlano di empowerment dei dipendenti:
“E’ importante ricordarsi che i dipendenti esperti, come i clienti, sono i beni più preziosi di una società
Jonathan Copulsky, partner per la pratica del CRM di Deloitte Consulting dice che la ricerca e
l’esperienza con il cliente della sua società indicano una decisa correlazione tra la soddisfazione del
cliente e, a sua volta, tra la fedeltà del dipendente e la fedeltà del cliente”, citando il “credo” della
catena di Hotel Ritz-Carlton nei suoi “tre principi fondamentali: 1) smuovete mari e monti per
soddisfare un cliente; 2) ogni dipendente è autorizzato a spendere fino a 2000 dollari per soddisfare
l’esigenza di un cliente; 3) tutti sono autorizzati a rivolgersi ai colleghi per avere un aiuto.”179
Al di là dell’ovvia perplessità che nasce dalla lettura di questo stralcio, è importante osservare il
progressivo affermarsi della consapevolezza che sempre di più sarà la qualità recepita dal cliente
piuttosto che la qualità intrinseca o supposta di un prodotto o servizio. Probabilmente, verrà un
giorno in cui, anche in un’ottica business-to-business, il cliente gradirà l’attenzione solitamente
dedicatagli come consumer e conseguentemente ciò giocherà un parametro di discernimento
abbastanza importante. La qualità, intesa come grado di soddisfacimento delle esigenze esplicite ed
implicite espresse dal cliente, sarà allora sempre più dominio del marketing, e restringerà
maggiormente le possibilità di business ad organizzazioni che non mettono al primo posto il cliente.
In questo scenario sarà quindi fondamentale essere precisi e puntuali nei confronti del cliente e,
conseguentemente, le aziende si dovranno dotare di procedure di lavoro e di strumenti tecnologici
per assicurare queste due caratteristiche: si tratta, come ampiamente sottolineato nella prima parte,
di un vero e proprio cambio di mentalità.
4.3.4 Dalla gestione della qualità alla creazione di conoscenza organizzativa
La stesura da parte dell’organizzazione di protocolli di lavoro e il supporto tecnologico permette, in
perfetta aderenza agli specifici requisiti ISO 9000, di favorire le condizioni sopra elencate, anche
all’interno dell’esperienza di una PMI nella quale, riferendosi al lavoro “…siccome la ditta è
piccola, se non lo faccio io non lo fa nessuno…”, con la possibilità di creare conoscenza e quindi di
accrescere il vantaggio competitivo rispetto ad altri.
Come accennato precedentemente, la flessibilità e i momenti di incontro presenti in una PMI
possono permettere con grande facilità scambi di informazioni “faccia a faccia”, realizzando quegli
179
Cfr. F. Newell, “Perché il CRM mantenga le promesse”, 2004, Etas
129
spazi di interazione reciproca ove può avvenire quanto teorizzato nella prima delle cinque fasi del
modello di Nonaka e Takeuchi che raffigura la creazione di conoscenza organizzativa: la
condivisione della conoscenza tacita.
Oggetto di tali scambi di idee e impressioni, “spesso fuori dall’ufficio e con l’aiuto del” la birra180, è
stato la metodologia di erogazione dei servizi, le procedure di lavoro ordinario e l’individuazione
degli strumenti necessari per poter governare l’attività quotidiana (è in questo contesto, per la
precisione all’interno di un parcheggio, che è nata l’idea che il software CRM doveva avere una
interfaccia su Web).
In questa fase di elicitazione della conoscenza, Metrohm Italiana Srl è stata quindi cliente di sé
stessa, fornendo prima e consumando poi i prodotti – teorie di gestione e best practices affermatesi
– e assorbendo idee e indicazioni che la conoscenza tacita, l’esperienza e il buon senso suggerivano,
portando all’ esplicitazione di queste, nelle procedure di lavoro, diventate le attuali procedure
difficili citate nel Manuale del Sistema Qualità.
Così facendo, l’informazione – o meglio, ancora, la conoscenza operativa – elaborata dai processi
informazione viene esplicitata in tutti gli aspetti e catturata, come richiesto dalla norma, seguendo le
indicazioni al paragrafo 4.2:
4.2 Requisiti relativi alla documentazione
4.2.1 Generalità
La documentazione del sistema di gestione per la qualità deve includere:
a) dichiarazioni documentate sulla politica per la qualità e sugli obiettivi per la qualità,
b) un manuale della qualità,
c) le procedure documentate richieste dalla presente norma internazionale,
d) i
documenti
necessari
all’organizzazione
per
assicurare
l’efficace
pianificazione,
funzionamento e controllo dei suoi processi,
e) le registrazioni richieste dalla presente nostra internazionale (vedere 4.2.4)
Nota 1) Dove, nella presente norma internazionale, viene usato il termine “procedura documentata”
ciò significa che tale procedura va predisposta, documentata, messa in atto e tenuta aggiornata.
Nota 2) (…)
Nota 3) La documentazione può avere qualunque forma o tipo di supporto
4.2.2 Manuale della qualità
L’organizzazione deve preparare e tenere aggiornato un manuale della qualità che includa:
180
Il sakè non è usualmente servito nelle birrerie milanesi, cfr. I. Nonaka, H. Takeuch, op. cit.
130
a) il campo di applicazione del sistema di gestione per la qualità, nonché dettagli sulle eventuali
esclusioni e relative giustificazioni (…),
b) le procedure documentate predisposte per il sistema di gestione per la qualità o i riferimenti
alle stesse,
c) una descrizione delle interazioni tra i processi del sistema di gestione per la qualità.
4.2.3 Tenuta sotto controllo dei documenti
I documenti richiesti dal sistema di gestione per la qualità devono essere tenuti sotto controllo. L e
registrazioni sono un tipo speciali di documenti e devono essere tenute sotto controllo in accordo con i
requisiti del punto 4.2.4.
Deve essere predisposta una procedura documentata che stabilisca le modalità necessarie per:
a) approvare i documenti, circa l’adeguatezza, prima della loro emissione,
b) riesaminare, aggiornare (quando necessario) e riapprovare i documenti stessi,
c) assicurare che vengano identificate le modifiche e lo stato di revisione corrente dei documenti,
d) assicurare che le pertinenti versioni dei documenti applicabili siano disponibili sui luoghi di
utilizzazione,
e) assicurare che i documenti siano e rimangano leggibili e facilmente identificabili,
f)
assicurare che i documenti di origine esterna siano identificati e la loro distribuzione
controllata,
g) pervenire l’uso involontario dei documenti obsoleti ed adottare una loro adeguata
identificazione qualora siano da conservare per qualsiasi scopo.
4.2.4 Tenuta sotto controllo delle registrazioni
Le registrazioni devono essere predisposte e conservate per fornire evidenza delle conformità ai
requisiti e dell’efficace funzionamento del sistema di gestione per la qualità. Le registrazioni devono
rimanere leggibili, facilmente identificabili e rintracciabili. Deve essere predisposta una procedura
documentata per stabilire le modalità necessarie per l’identificazione, l’archiviazione, la protezione, la
reperibilità, la definizione della durata di conservazione e le modalità di eliminazione delle
registrazioni.
La consapevolezza di questa conoscenza elaborata giornalmente è andata quindi affiorando di pari
passo alla maturazione del SQ introdotto. Dall’utilizzo immediato delle informazioni si passa quindi
a momenti di progettazione futura – marketing – relativa alle mosse e alle strategie per migliorare la
soddisfazione del cliente e ampliare lo share di mercato. Il database aziendale è quindi alimentato
dalla conoscenza operativa e, letto trasversalmente, permette di considerare l’andamento del
mercato e progettare interventi futuri. Si potrà forse obiettare che tale approccio spiana la strada per
un management a modello top-down, che
“concepisce la creazione di conoscenza entro i confini della prospettiva dell’elaborazione delle
informazioni. Il vertice riceve dalla base informazioni semplici e selettive, che utilizza allo scopo di
131
creare pianificazione e ordini e che alla fine restituisce alla base…Ne consegue un enorme carico di
lavoro e di informazione per l’organizzazione nel suo complesso.”181
Tuttavia non è assolutamente trascurabile, né tanto meno sacrificabile, la grande possibilità di
sviluppo del business che deriva da una saggia analisi di questi dati: in questo senso, l’adozione di
una saggia strategia per il Customer Relationship Management, alimenta il capitale intellettuale
posseduto da Metrohm Italiana Srl.
4.4
Il Knowledge Management in Metrohm Italiana Srl
4.4.1 Quale conoscenza per Metrohm Italiana Srl?
Per parlare di KM in questa esperienza occorre identificare quali sono, almeno in prima battuta, le
conoscenze esplicite e anche operative con cui Metrohm Italiana Srl svolge la sua attività
giornaliera. Come in ogni attività, è importante distinguere due tipi di conoscenza: la conoscenza
operativa – cioè quella gestita durante lo svolgersi delle normali attività – e la conoscenza
organizzativa, che crea valore per il cliente e per Metrohm Italiana Srl, intendendo con ciò tutta
quella conoscenza, metabolizzata dalla precedente, che però è capace di creare valore per tutti gli
stakeholders dell’azienda.
Per meglio approfondire le dinamiche tra questi due aspetti della conoscenza elaborata
quotidianamente da Metrohm Italiana Srl, è opportuno ricordare la categorizzazione delle funzioni
aziendali, raggruppando queste ultime in due grandi sezioni182:
-
le funzioni di front office, formata da coloro che hanno contatti diretti con i clienti (venditori,
assistenza tecnica, specialisti di prodotto, segreteria commerciale)
-
le funzioni di back office, formata da coloro che non hanno contatti diretti con i clienti
(amministrazione contabile, magazzino)
Come presentato teoricamente nella prima parte, ciascuna di queste due categorie elabora
informazioni e, relativamente ai propri specifici campi di interesse, crea conoscenza.
-
la conoscenza nel front office include la conoscenza specifica degli argomenti caratteristici delle
applicazioni dei prodotti, delle loro configurazioni, peculiarità e problematiche; di conseguenza
comprende anche le motivazioni d’uso e di acquisto – di marketing – rispetto alla concorrenza e,
finalmente, la conoscenza del cliente (la sua struttura e le sua attività) e delle sue esigenze.
181
182
I. Nonaka, H. Takeuchi- op. cit.
Cfr. paragrafo 4.1.1
132
Generalmente parlando, si tratta della fonte del maggior contributo alla costruzione di valore per
il cliente e, quindi, una sorgente di creazione di capitale intellettuale183 per Metrohm Italiana
Srl.
-
la conoscenza nel back office include il modus operandi delle funzioni “Amministrazione
contabile”, “Magazzino”. E’ il risultato delle elaborazioni dei dati commerciali relativi ad ordini
e fatture, e contribuisce ad alimentare il capitale intellettuale interno di Metrohm Italiana Srl, nel
senso che una maggiore efficienza di queste due funzioni ha come immediato risvolto un
vantaggio per tutta l’azienda e quindi anche per il cliente.
Tuttavia, le due categorie non hanno una linea di confine ben definita, in quanto ciascuna delle
categorie si interseca con l’altra e in essa sfuma: se è evidente il caso della funzione “Segreteria
commerciale” forse lo è meno il caso dell’attività di magazzino, che diviene attività di front office
nella misura in cui è ad essa richiesta flessibilità per adattarsi alle esigenze che, di volta in volta,
possono essere avanzate dalle molteplici situazioni di business (come la necessità di consegnare un
prodotto entro una data prefissata). In ciascuna di queste categorie, ogni collaboratore è dunque
presente con il suo background di conoscenza, sia per ciò che riguarda la specificità del proprio
operato, sia per ciò che l’esperienza ha potuto suggerire.
Assistenza tecnica
Magazzino
Specialisti
Amministrazione
Vendite
Segreteria commerciale
Figura 4.7: Knowledge sharing in Metrohm Italiana Srl
Questa immagine illustra le intersezioni di conoscenza operativa – intesa come la conoscenza
necessaria per le normali attività quotidiane – di ciascuna funzione aziendale: le superfici
sovrapposte indicano l’esistenza di un flusso di conoscenza tra le funzioni aziendali relative.
Naturalmente, si tratta di una schematizzazione che, come facilmente si può intuire, non rispecchia
183
Cfr. paragrafo 2.4
133
in pieno la fitta rete di relazioni che hanno vita nel “Ba”184 di Metrohm Italiana Srl: tuttavia, può
essere inteso come una road-map per comprendere il flusso delle informazioni provenienti
dall’interno e dall’esterno dell’azienda.
A titolo esemplificativo, nelle miriadi di informazioni quotidianamente scambiate, riportiamo
alcune tra le più significative:
184
Cfr. § 2.3.3
134
Tabella 4.6 : Le informazioni scambiate tra le funzioni aziendali
Vendite
disponibilità prodotti
(per vendita);
Specialisti
disponibilità prodotti
(per l’installazione o
per dimostrazioni);
Assistenza tecnica
disponibilità parti di
ricambio;
Segreteria comm.
Amministrazione
disponibilità prodotti;
invio merce;
(rimanenze)
Magazzino
ricerca soluzioni per le
esigenze dei clienti;
organizzazioni
dimostrazioni in sede o
presso il cliente;
soddisfacimento
richieste dei clienti;
dati per la stesura delle
offerte di vendita di
prodotti o servizi;
ricerca soluzioni per le
esigenze dei clienti;
soddisfacimento
richieste dei clienti;
dati per configurazione
sistemi di analisi;
soddisfacimento
richieste dei clienti;
dati per la stesura delle
offerte di vendita di
prodotti o servizi;
ricerca soluzioni per le
esigenze dei clienti;
informazioni sulla
informazioni sulla
situazione contabile di
situazione contabile di
stato delle trattative dei
un cliente;
un cliente;
contratti;
stato delle trattative dei
stato delle trattative dei
contratti;
contratti;
Vendite
Specialisti
Assistenza tecnica
informazioni sulla
situazione contabile di
un cliente;
stato delle trattative dei
contratti;
Segreteria comm.
In colore sono evidenziate quelle che hanno riferimento immediato alla mission aziendale: esse sono gestite prevalentemente dai professionals e la
loro elaborazione permette la creazione di conoscenza che può generare valore per il cliente.
135
4.4.2 La conoscenza del front office
Le funzioni “Vendite”, “Laboratorio Applicativo”, “Assistenza Tecnica” (i gruppi dei cosiddetti
professionals) e la “Segreteria Commerciale” sono le funzioni deputate ad elaborare le richieste dei
clienti secondo l’esperienza acquisita – anche detta, riconoscendo un giusto tributo alla conoscenza,
know-how – che, unita alle caratteristiche dei prodotti venduti, realizza quella risposta la cui
capacità di soddisfazione è direttamente proporzionale alla qualità recepita dal cliente. Tuttavia, la
comunicazione e la condivisione della conoscenza acquisita, dal normale rapporto quotidiano con le
problematiche dei clienti, quasi inevitabilmente, incontrano difficoltà e rallentamenti all’interno di
ogni funzione. In generale, una delle difficoltà maggiori che si incontra prima nella esplicitazione e
poi nella comunicazione delle esperienze è la tentazione che un’esperienza acquisita rimanga di
proprietà di una funzione aziendale, restia – quando non addirittura contraria – alla diffusione di tale
informazione.
Consideriamo, per esempio, la funzione “Vendite”: se, da una parte, è accettato da tutti il fatto che
occorre diffondere la conoscenza operativa necessaria per la gestione di un determinato ordine, al
fine di preservare il cliente da problemi inerenti la fornitura – e questo, a volte, porta a giustificare
una gestione arbitraria o fuori procedura –, dall’altra non tutti vedono come best practice strumenti
per la condivisione del perché una vendita ha avuto successo o meno.
Cliente: “Bene, grazie a questo strumento ho ridotto del 22% i tempi di
analisi dei miei prodotti!”
Venditore: “Mi sembra di ricordare che anche altri clienti, tra cui Rossi, Bianchi e
Neri hanno una analisi simile in controllo qualità. Devo verificare sul database e
eventualmente li sento per parlargliene.”
Venditore: “Bene, è vero: posso proporre a Rossi, Bianchi e Neri questa
soluzione. Registro questa possibilità nel database in modo che gli altri
colleghi possano sfruttare questa occasione di vendita.”
136
Venditore: “Cari colleghi, ho brillantemente risolto un problema
proponendo il prodotto X. Se siete a conoscenza di clienti che hanno
una simile difficoltà, proponete tale prodotto senza indugio!”
L’intensità del colore della freccia indica la probabilità – al momento attuale – che l’evento
successivo avvenga! Di fatto solo ultimamente, dopo ripetuti inviti dell’Amministratore Delegato,
durante i sopraccitati sales meeting, si intravede qualche timido tentativo di instaurare un reale
scambio di esperienze.
A questo proposito, si ricorda che, solo da un paio di anni a questa parte, si è instaurata l’abitudine
di redigere, (in ogni caso, dopo ripetute segnalazioni di “non conformità” rispetto alle procedure del
Manuale della Qualità), al seguito di una installazione e messa in funzione di apparecchiature
vendute, un cosiddetto “Rapporto di installazione”, dove sono riportati gli strumenti installati, i
clienti presenti all’installazione e i loro riferimenti (numeri telefonici ed indirizzi email).
Questo strumento, di potenziale enorme per i dati di CRM riportati circa le possibili attività di
marketing successive dalla vendita (ad esempio, la proposta di contratti per la manutenzione
periodica, l’offerta di nuove soluzioni o sensori, ecc.), ancora a fine ottobre 2004 non raccoglie il
motivo per cui il cliente ha effettuato tale acquisto, cioè qual è l’uso che ne fa e come lo fa. Al di là
di segreti aziendali che comprensibilmente il cliente tende a mantenere, dovrebbe essere obiettivo di
Metrohm Italiana Srl e, in questo caso, del venditore, carpire quanta più informazione possibile e
renderla patrimonio collettivo. Come si può notare, anche la “semplice” adesione alla norma di
certificazione del Sistema Qualità aziendale, avrebbe potuto creare l’infrastruttura per una raccolta
di informazioni che, in un secondo momento, sarebbero potute essere capitalizzate da Metrohm
Italiana Srl.
Persiste, purtroppo, la tentazione della worse-practice della mancanza di comunicazione, per la
quale ancora a fine maggio 2005, non sono organicamente previste riunioni di funzione. Tuttavia si
è avuto, nel tempo, una crescita di sensibilità per questa problematica e, sebbene timidamente,
qualche passo in avanti è stato fatto. Come esempio di questa crescita di sensibilità, si riporta, nel
seguito, il tentativo – senza esito positivo – di dotarsi di un protocollo di raccolta di informazioni
circa l’utilizzo della strumentazione da parte dei clienti di Metrohm Italiana Srl.
137
Per cercare di arginare la carenza
di informazioni relative a tali
applicazioni, il responsabile dei
venditori per il Nord Italia aveva
ideato un protocollo di raccolta
dati,
denominato
ITACA
(acronimo di ITAlian Customer
Application): si trattava di un
modulo cartaceo da compilare,
riportato qui a fianco.
Allegato a tale modulo (visibile
nella
figura
4.8
a
fianco),
consegnato in data 8 gennaio
2004, era presente una lettera di
accompagnamento, riportante un
cenno
alla
motivazione
dell’iniziativa e brevi istruzioni
per l’uso. Dalla lettera originale
si riportano le righe seguenti:
Gent. Colleghi,
con l’inizio del nuovo anno vorremmo far partire un nuovo database denominato ITACA:
si tratta semplicemente di compilare, per ogni strumento fornito dal 01.01.2004, il modulo in allegato.
Lo scopo è quello di far circolare alcune informazioni nel modo più capillare possibile, cosa
fondamentale soprattutto per chi non è a Saronno o a Roma; ma, attenzione, senza gravare più di
tanto sulle nostre mansioni. Infatti il modulo dovrà essere compilato solo nei campi dove compariranno
delle particolarità: tutto ciò che può essere considerato routine o valori di default non vanno indicati.
Anche il report di analisi difficilmente potrà essere allegato. Vi raccomando però di essere il più
possibile precisi e di abbondare in dettagli nella seconda finestra (settore cliente, tipologia produzioni,
analisi effettuata). Il modulo così compilato dovrete inviarlo a me; verrà indicizzato, classificato e poi
inoltrato a tutti voi (oltre naturalmente ad essere inserito nelle applicazioni in rete).
Aggiungo solo che nulla vi vieta di compilare delle ITACA per strumenti già forniti, perché ad esempio
la metodica di analisi che avete sviluppato è particolare o significativa per clienti simili al vostro.
Ribadisco altresì l’assoluta riservatezza di queste note applicative che MAI potranno essere inoltrate a
nostri clienti, come anche l’accortezza nel richiedere certe informazioni all’utilizzatore (è bene che non
veda mai questo nostro modulo).
138
Ai fini di un’analisi dell’iniziativa nel contesto tracciato da queste riflessioni, si evidenziano alcune
osservazioni.
La prima osservazione riguarda la constatazione del progressivo affermarsi, anche tra i
professionals senior, della consapevolezza che l’obiettivo primario commerciale di Metrohm
Italiana Srl non consiste solamente nel vendere strumenti, ma soprattutto proporre soluzioni per
l’analisi di laboratorio effettuate attraverso gli strumenti Metrohm.
In secondo luogo, si osserva che nella motivazione data – la circolazione delle informazioni – è
tacitamente assunto, come spazio dove tali informazioni possono risiedere, la fisicità della sede
aziendale e, inoltre, poiché nasce l’esigenza della diffusione e della conseguente reperibilità di tali
dati, l’ideatore del protocollo, prevedendo anche una diffusione “motu proprio” (previa
codificazione) presumibilmente per email, probabilmente ancora non ha assunto particolare
dimestichezza con gli strumenti di CRM a disposizione: in ultima analisi, non aveva ancora
riscontrato l’esigenza di un luogo virtuale per lo scambio delle informazioni.
Figura 4.9: Esempio di uso di MOIS
Come anticipato, l’iniziativa non ha avuto seguito, neppure da parte del promotore: tuttavia, molto
positivo è il fatto il collaboratore in questione è stato, in seguito, uno dei primi ad accorgersi delle
possibilità di knowledge sharing di MOIS, presentando una curva di utilizzo del sistema MOIS
come illustrato nel grafico seguente185.
185
Dati elaborati ai primi di luglio 2005.
139
Sebbene non rapidamente, la nascita dell’esigenza di un sistema per la memorizzazione e lo
scambio di informazioni, ha man mano favorito l’approccio al mezzo ICT. Il passo successivo, sarà
quello di utilizzare il sistema CRM per la memorizzazione dei dati raccolti mediante il protocollo
ITACA.
Il venditore ideale si configura quindi come colui che, riuscendo a soddisfare per almeno una volta
una richiesta di un cliente, riesce a proporre tale soluzione ad altri che possono avere ricevuto, o
potranno ricevere, una richiesta simile, se non uguale. Il venditore acquisisce cioè nuova
conoscenza proponendo la sua esperienza d’uso di uno strumento ad un cliente che ne ha fatto
esplicita richiesta e, trovandola soddisfacente, realizza l’acquisto. Tale conoscenza creata potrà
essere a sua volta comunicata a colleghi, esplicitandola nel database per il CRM o condivisa durante
i sales meeting e essere utilizzata per realizzare altre vendite. In sintesi, se durante i contatti con un
cliente si ottiene che lo strumento e/o la metodologia proposta per la soluzione di una problematica
è efficace e anche accettabilmente efficiente per lo scopo prefisso, cioè il cliente manifesta la
specifica adeguatezza – in termini economici e funzionali – di tale soluzione, allora
successivamente Metrohm Italiana Srl non avrà più solamente uno strumento, un hardware da
vendere, ma avrà una soluzione, un servizio chiavi in mano che potrà proporre ad altri.
Il giusto ruolo di ciascuna competenza è fondamentale, prima che al raggiungimento dell’obiettivo
di incremento o mantenimento del business – che può dipendere dalla situazione di mercato, al buon
equilibrio e allo sviluppo di sinergie atte a unificare intenti e obiettivi tra i vari collaboratori.
Naturalmente anche la casa madre Metrohm AG fornisce molto supporto per lo scambio di
conoscenza tra le varie filiali. Oltre ad organizzare ogni anno corsi di aggiornamento per il
personale Metrohm sparso per il mondo – sia presso la propria sede che presso le sedi delle varie
sussidiarie – essa mette a disposizione tre siti Internet, ad accesso riservato, ciascuno dei quali
dedicato a:
-
le funzioni Sales, nel quale sono disponibili informazioni relative al marketing, alla teoria di
base delle metodologie di misura degli strumenti, informazioni e confronti con la concorrenza,
manuali di uso per l’utente, referenze a livello mondiale e altro materiale di supporto;
-
le funzioni Service, nel quale sono disponibili tutte le informazioni per garantire il buon
funzionamento degli apparecchi nel tempo;
-
le funzioni Management, nel quale sono disponibili le informazioni relative agli aspetti
strategici della politica di marketing di Metrohm AG.
140
L’aspetto più innovativo di questa impostazione virtuale di scambio di conoscenza è stato introdotto
alla fine dell’anno 2001, con l’uso del software opensource mwForum186, mediante il quale ogni
persona autorizzata all’accesso può scambiare informazioni sotto forma di messaggi di testo o
anche effettuare l’upload e il download di files.
Figura 4.10: La home page del Virtual IC Lab, per lo scambio di esperienze a livello mondiale.
Questi forum, uno per ciascuna metodologia di misura di analisi, hanno permesso la condivisione,
negli anni, delle soluzioni che ogni collaboratore Metrohm nel mondo trova per una particolare
esigenza di analisi. Queste soluzioni, cui è dato il nome di “Application work”, rappresentano forse
l’aspetto più evidente della conoscenza convertibile in valore per il cliente. Queste informazioni,
create dai professionals Metrohm, sono catalogate insieme a numerose altre fonti di informazioni,
quali libri o riviste, utilizzando il software della askSam System187 con interfaccia Web. Tramite una
186
Cfr. http://ww.mwform.org
Cfr. http://www.asksam.com : questo interessante software permette di catalogare molti formati di documenti,
estraendo da essi il testo in chiaro sul quale è quindi possibile effettuare ricerche. E’ così possibile ricercare
comodamente un testo in files di diverso formato, quale PDF, Word, ecc.
187
141
semplice funzione di ricerca è quindi possibile esplorare in poco tempo tutta la conoscenza
codificata di Metrohm relativa all’analisi di ioni.
Esiste anche un forum tutto dedicato all’assistenza tecnica, nella quale è condivisa l’esperienza
relativa ai casi di ripristino del buon funzionamento di apparecchiature riparate.
Un ruolo speciale nel front office, assolutamente non secondario rispetto ai professionals, è svolto
dalla funzione “Segreteria commerciale”. I compiti di tale funzione sono fondamentalmente le
seguenti:
-
l’accoglimento delle richieste telefoniche dei clienti e il conseguente smistamento di queste alle
persone interessate;
-
la stesura delle offerte e la registrazione degli ordini pervenuti dai clienti;
-
affrontare le richieste di sostituzione e la gestione dei resi di materiale da parte dei clienti;
Per quanto riguarda il primo punto si è rivelato vantaggioso, sia per Metrohm Italiana Srl che per il
cliente, il fatto che, già al primo contatto, il cliente stesso potesse interloquire con una persona che
sapesse dargli indicazioni il più precise possibili, rispetto alla richiesta avanzata. Ciò permette di
risparmiare tempo prezioso da parte di Metrohm Italiana Srl e del cliente, migliorando l’immagine
che il cliente ha dell’azienda. L’obiettivo finale è che il cliente debba necessariamente ricorrere ad
un contatto con il venditore – cosa ovviamente più difficile, in quanto molte volte impegnato in altri
contatti – solo nel caso in cui voglia acquistare un intero sistema o, naturalmente, per ottenere uno
sconto. La comodità di poter inviare dal software MOIS un SMS o un’email con tutti gli estremi
della richiesta di contatto o semplicemente, grazie ad una precisa scelta del sistema telefonico
interno, di poter trasferire una chiamata (originalmente effettuata a Metrohm Italiana Srl sulla rete
telefonica fissa), al numero di cellulare del professionals, riduce drasticamente i tempi di
comunicazione tra questi e la sede, a grande vantaggio della semplicità di gestione della chiamata e
dell’immagine dell’azienda.
Anche la stesura delle offerte, la registrazione degli ordini e la gestione dei resi di materiale
rappresentano delle attività per le quali è richiesta una notevole dose di conoscenza specifica,
essenzialmente in due campi: il primo, già elencato, riguarda la configurazione e la compatibilità
dei prodotti venduti188, e il secondo è relativo alle varie destinazioni del materiale e della
documentazione189. L’esperienza avuta in occasione di sostituzione temporanea di personale in
questa funzione, ha evidenziato quanto non si debba trascurare il livello di conoscenza necessario
188
Ad esempio, è necessario verificare che una parte non più prodotta ma ugualmente ordinata dal cliente – molte volte
alla stessa stregua del materiale di consumo - sia sostituita da una in produzione secondo le indicazioni del costruttore.
189
E’ molto irritante, per un cliente, scoprire che l’offerta da esso richiesta non comprende tutte le a parti accessorie per
un sistema, oppure che la merce ordinata è stata erroneamente inviata ad un’altro suo laboratorio.
142
per questi due aspetti, e tale esperienza ha avviato una fase di revisione delle procedure operative di
gestione di tali attività.
Al fine di agevolare la reperibilità delle informazioni circa il materiale giacente in magazzino190, il
materiale acquistato, consegnato o fatturato, è stata ideata una sezione di MOIS che permetta la
consultazione di tali dati attraverso Web. Inoltre, ogni giorno è inviata a ciascun venditore (in forma
completamente automatica) una email con un foglio Excel riportante le informazioni appena
menzionate, in modo che egli sia sempre informato di quello che i clienti nell’area di sua
competenza acquistano (una copia elettronica dell’ordine originale del cliente, in formato PDF, è
anche reperibile attraverso la rete Intranet).
4.4.3 La conoscenza del back office
La conoscenza posseduta dal back office è, ovviamente, prevalentemente “ad uso interno”, nel senso
che i dati e le informazioni giornalmente elaborate da questo gruppo permettono il funzionamento
“di base” dell’attività commerciale. Tuttavia, le informazioni che i collaboratori appartenenti al
Amministrazione contabile possiedono permette (o meno) l’esecuzione di una serie di analisi di
efficienza sulla gestione economico-finanziaria dell’azienda, che può portare ad individuare risorse
utilizzabili ove necessario.
Per chiarire meglio questo concetto, ricordiamo che il cosiddetto “Piano dei conti” del bilancio
aziendale è l’insieme delle classificazioni delle entrate, delle uscite e del patrimonio dell’azienda.
Nei vincoli comunque imposti dalla legislazione del Codice Civile e dalle norme tributarie, un
piano dei conti troppo generico non permette un’analisi approfondita del movimento dei capitali,
mentre un piano dei conti con voci troppo particolareggiati191 rischia di far perdere il punto di vista
generale sull’intera realtà economica e patrimoniale della società.
Il medesimo pericolo di soggettivismo risiede anche nelle descrizioni delle registrazioni contabili –
ad esempio i cosiddetti “giroconti”, chiari, nel loro significato, nel giorno in cui si eseguono, ma del
tutto oscuri già nel mese successivo.
Le informazioni contenute nelle registrazioni contabili sono, infatti, di importanza strategica, e
compito dell’Amministratore è coglierne sia l’aspetto qualitativo che quantitativo, al fine di
devolvere o meno risorse a l’una o l’altra attività aziendale. L’informazione acquisita
dall’Amministrazione Contabile viene quindi elaborata con e mediante la Conoscenza
190
Aspetto fondamentale di un processo di vendita: la disponibilità è, molte volte, determinante nella scelta del prodotto
da parte del cliente.
191
Gli aggettivi “troppo” devono essere valutati rispetto alla tipologia di attività e di transizioni.
143
dell’Amministratore, che molte volte, in una PMI è, come già osservato, il deux ex machina della
situazione.
Un altro genere di informazione gestita dall’Amministrazione Contabile è il grado di solvibilità di
un cliente: questi dati, gestiti da un’accurata procedura di recupero crediti, permette all’azienda di
evitare “passi falsi” nei perfezionamenti dei contratti e di disporre sempre una cospicua fonte di
disponibilità finanziarie immediate. I dati di solvibilità sono accessibili attraverso Intranet.
La previsione per gli acquisti dei prodotti da vendere è anch’essa effettuata attraverso MOIS,
osservando le quantità ordinate dai clienti mediante la valutazione del backlog e la stima del valore
della media mobile del numero dei prodotti ordinati nei quattro mesi precedenti192. Anche in questo
caso, l’informazione è elaborata attraverso la Conoscenza del front office, che, conoscendo
l’andamento del mercato e le possibilità di conclusione delle trattative in corso, permette di ottenere
un più che buon risultato nella gestione efficiente delle scorte di magazzino.
4.4.4 Mettendo tutto insieme
L’interazione tra Conoscenza del front office e Conoscenza del back office ha sviluppato, nel tempo,
la già citata Conoscenza “incorporata” nei processi aziendali, e questa ha avuto un prima
esplicitazione
nelle
Procedure
del
Sistema
Qualità.
Tali
procedure,
ereditate
quindi
dall’elaborazioni interne all’organizzazione di best practices, permettono allora di affermare che i
dati di CRM raccolti da tutti i rami dell’azienda sono mantenuti e elaborati dal back office, mentre
sono creati, aggiornati e ovviamente elaborati (quasi “consumati”) dal front office.
Su questo veglia la funzione “Assicurazione qualità”, prevista dalla norma UNI EN ISO 9001,
vigilante circa l’applicazione delle procedure, la quale garantisce che le procedure di lavoro siano
tracciabili e non contraddittorie.
La Conoscenza è quindi a disposizione delle attività di marketing e di pianificazione strategica del
business: garante del funzionamento di questo sistema di KM è il Knowledge Manager, figura non
istituzionalizzata ma di fatto dapprima accettata e in seguito esplicitamente desiderata dalla
Direzione Generale e impersonata dall’autore. Ad esso compete anche la supervisione dei report
(contabili e di mercato) che la casa madre Metrohm AG richiede mensilmente.
192
“Uno dei vantaggi più significativi dell’informazione è la sua capacità di eliminare il magazzino”. Cfr. T.A. Stewart “Il
capitale intellettuale”, 1999, Ponte alle Grazie.
144
Direzione generale
Vendite
Assicurazione qualità
Amministrazione
Assistenza tecnica
Gestione ordini
Specialisti di prod.
Magazzino
Segreteria commer.
Dati CRM
in ingresso e in uscita
Knowledge repository of CRM data
Figura 4.11: La vision attuale dei dati di CRM.
4.5
Il futuro
4.5.1 Centralità del CRM
E’ facilmente intuibile che anche nell’ambito B2B il cliente desidererà trovarsi “coccolato” – cioè
egli stesso soggetto delle transazioni, modellate sui suoi desideri espressi ed inespressi – come
attualmente le visioni più avanzate del CRM per il B2C affermano.
Nell’era della “domanda scarsa” (rispetto a un’offerta sovrabbondante) la sfida competitiva si
giocherà in termini di valore percepito dal cliente, e a poco o nulla serviranno i modelli di approccio
al cliente adatti a un contesto di “domanda abbondante”. La valutazione del valore è dominio
esclusivo del cliente, frutto del giudizio individuale che il cliente viene a formare sulla base delle
sue esigenze e aspettative.
La descrizione dei comportamenti del cliente nella sua relazione di scambio con l’azienda, che il
CRM rende disponibile, crea così un patrimonio informativo essenziale per la costruzione di
145
risposte di valore. Ma il tracciamento dei comportamenti del cliente sono solo dati, informazioni,
cioè solo il presupposto per arrivare a una lettura dei comportamenti del cliente e, da qui, alla
costruzione di risposte di valore per il cliente. Ci sarà parecchia strada da percorrere perché dal
tracciamento – comunque ancora insufficiente – si arrivi compiutamente alla creazione di valore.
Percorrere la strada del valore è assai più dell’installazione di un nuovo sistema e di una nuova
tecnologia. Non sarà sufficiente il sistema ICT per ottenere i risultati attesi; tutto ciò costituisce solo
una parte, uno strumento, ma occorre “installare” nuove capacità. Ciò richiede che le persone
debbano essere messe in grado di governare gli scopi che l’azienda si prefigge attraverso i nuovi
strumenti, (che è assai più che governare gli strumenti stessi). Sarà richiesta grande dinamicità per
ritornare sempre sui modi di funzionamento dell’azienda, poiché, come detto ripetutamente, i
processi aziendali non potranno rimanere modellati come nell’era della “domanda abbondante”.
Occorre superare definitivamente la cultura del prodotto ed entrare nella cultura del cliente e del
valore, comprendendo pienamente il significato e le conseguenze della fusione tra prodotto e
servizio.
Siccome implementare il CRM nell’azienda significa saper impostare una visione di strategie di
gestione orientate al cliente e condividerle con il personale dell’azienda e avere la capacità di
misurare la performance delle attività strategiche e operative intraprese, occorrerà che ciascuna
funzione aziendale fugga dalla tentazione di privatizzare le informazioni che riguardano il cliente.
Il Management dovrà evitare di pensare il CRM come insieme di applicazioni tecnologiche,
analitiche e operative in grado di svolgere una serie di funzioni che riguardano l’assistenza,
l’interazione con il cliente e la vendita al cliente, seguendo il principale obiettivo di aumentarne
l’efficienza e accelerare i tempi di contatto: certo, anche questo, ma vendere “efficienza” non
aumenta direttamente la soddisfazione del cliente; occorre, piuttosto, massimizzare il valore per
cliente e utilizzare meglio le proprie risorse e condurre al miglioramento della relazione con il
cliente nella prospettiva aziendale (cioè ritornare allo scopo primario del CRM).
Newell propone di cominciare a pensare finalmente al cliente che – ovviamente – “non vuole essere
gestito”, bensì essere coccolato, meno stressato, vuole una vita più semplice e piacevole; è’ il
cliente che definisce il tipo di interazione, i tempi, il valore della relazione: in definitiva, è il cliente
che gestisce la relazione – Customer Management of Relationship, CMR – non l’azienda.193
193
“Il Customer Mamagement of Relationship (CMR) sposta il focus dell’efficienza all’efficacia della gestione della
relazione con il cliente e alla creazione del valore per il cliente: il CMR non consiste nel lanciare l’ennesima campagna,
né nell’ideare un’ulteriore promozione. Ed è anche molto più della somma del database-marketing, della pubblicità
mirata, della raccolta delle informazioni sui clienti e dell’offerta di nuovi servizi. Si tratta di creare un’esperienza,
personalizzando l’interazione con i singoli clienti nei modi stabiliti del cliente, e dunque sviluppando i rapporti.” I.
Merlinovà in “Presentazione dell’edizione italiana a cura di GRAMMA”, in F. Newell, op. cit.
146
Questo potrà rappresentare una strategia di business integrata per la gestione del rapporto
azienda/cliente, attraverso un legame finalizzato alla creazione di valore per il cliente a lungo
termine.194 Metrohm Italiana Srl dovrà fare sempre più propria la convinzione che il CRM/CMR è
basato sull’apprendimento e sulla comprensione tramite l’interazione e la comunicazione
continuativa, conscia che non è la tecnologia il driver del CRM ma la customer intelligence: con
una strategia di Customer Interaction Management, la relazione di apprendimento (learning
relationship) tra il cliente e l’impresa si affinerà progressivamente ad ogni nuova interazione,
profilando sempre più in dettaglio i bisogni e i gusti del singolo cliente e creando le premesse per un
proficuo ritorno (fidelizzazione) del cliente, rispondendo alle sue istanze con una strategia che
inevitabilmente assumerà sempre più le caratteristiche di un rapporto one-to-one, anche nel campo
B2B nel quale agisce Metrohm Italiana Srl.
194
“Abbiamo due orecchi e una sola bocca”, F. Newell, op. cit
147
Figura 4.12: Una prospettiva futura per il KM/CRM in Metrohm Italiana Srl
Opportunity management
Impatto KM/CRM sul business
Educazione
dei professionals,
creazione di un gruppo per
il CRM analitico
Iniziative di marketing autonome
Confidenza con
lo strumento
Capitalizzazione conoscenza
Diffusione uso,
ADSL,
motivazione
Consapevolezza
Fattori interni
e esterni
Stato iniziale
Tempo
148
A medio termine è possibile prevedere quindi un ipotetico percorso:
1) Pensare diversamente: come già accennato, i vantaggi che derivano dal CRM, oltre a garantire
una gestione del contatto e della richiesta del cliente, possono essere non ancora sufficienti per
accogliere le sue esigenze espresse ed inespresse. Occorrerà però non immaginare, ma ascoltare
dal cliente quali processi sono importanti per lui e cosa si potrà fare per semplificare la sua vita.
Il venditore dovrà sempre più porsi come colui che trova il giusto equilibrio tra un conveniente
rapporto costi-benefici e la soddisfazione del cliente, dovrà presidiare il rispetto degli accordi,
dare e cercare collaborazione attraverso un rapporto win-win, nel quale ciascuno dei due
interlocutori gestisce attivamente ciò che lo riguarda e ottiene così il livello di soddisfazione
cercato.
Necessario sarà lo sviluppo di una visione comune e condivisa, tra le persone del front office.
Ad esempio, il cliente dovrà avere una serie di feedback che gli permetteranno di non dover più
pensare all’assistenza tecnica come ad un’esito certo del suo acquisto (nel senso che prima o poi
lo strumento si guasterà) bensì dovrà trovare in questa un valido supporto per avere soddisfatte
le proprie esigenze, soprattutto nel momento del bisogno.
Diviene infatti sempre più importante lavorare all’unisono, poiché ai clienti già stride anche la
più leggera contraddizione delle informazioni e delle indicazioni ricevute da persone diverse: la
fiducia reciproca tra i collaboratori e tra le funzioni aziendali dovrà essere alimentata e
mantenuta; a questo proposito, sarà sempre più indispensabile l’uso di tecniche di benchmarking
che monitorino l’effettivo raggiungimento delle attese minime di cooperazione tra una funzione
e l’altra all’interno dell’azienda (ad es.: tempi di intervento, aspettative dei servizi o degli
specialisti, capacità di trasferimento delle informazioni circa l’uso e la manutenzione degli
strumenti, ecc.). Non di meno, ogni individuo operante a contatto con il cliente dovrà
dimostrargli e trasmettergli competenza tecnica, al fine di indirizzare la tipologia della relazione
instaurata verso un vero scambio di conoscenza bidirezionale195.
2) Stabilire i termini di riferimento del successo da inseguire. Occorre integrare la prassi attuale
classica di analisi della clientela – quantità di contatti, acquisti di prodotti e servizi – con
indagini che, partendo da alcune situazioni brillantemente condotte (cliente soddisfatto e
gratificato e buon risultato economico per l’azienda), possano evincere quali sono stati i fattori
di successo. La conoscenza emersa da tale elicitazione dovrà essere sempre più condivisa tra i
collaboratori dell’azienda, al fine di agevolare la formazione di nuovo capitale intellettuale
195
“La sfida commerciale non è solo quella di acquisire uno spazio negli acquisiti del cliente, ma soprattutto nella sua
mente; occorre determinarne la cultura operativa, farne crescere il modo di pensare, guidarne i punti di vista”. Cfr.
Alberto Drei, Oltre il CRM, Ed. Guerini e associati, 2004, pag. 191 e seg.
149
d’azienda. Questo diverrà successivamente il termine di riferimento per la gestione delle
richieste dei clienti, per la formulazione delle offerte di servizi, ecc.
3) Stabilire finalità e obiettivi misurabili: è forse questo punto quello più difficilmente risolvibile.
Tra i parametri suggeriti da Newel ve ne sono alcuni che possono essere fatti propri da Metrohm
Italiana Srl (aumento delle vendite, maggiore retention dei clienti, volume medio dell’ordine,
aumento della comunicazione), ma alcuni sono di difficile monitoraggio per la pressoché
assoluta mancanza di informazioni. Attraverso la registrazione della data di installazione, sarà
però possibile valutare la durata della vita di uno strumento mediante la determinazione del
volume di accessori consumabili per esso acquistati nel tempo e la stessa mappatura dettagliata
degli strumenti acquistati (utilizzando il sistema MOIS), permetterà di quantificare il ritorno
delle iniziative di marketing mirate (presentazione di nuovi accessori e/o servizi per gli
strumenti posseduti, ecc.).
4) Creare la strategia:
“una strategia di CRM non è un piano d’azione né una road map. Una vera strategia CRM assume la
direzione e gli obiettivi economici della strategia aziendale ed esprime i criteri di costruzione della
fedeltà dei clienti. Gli obiettivi di una strategia di CRM sono individuare i target, acquisire, sviluppare e
mantenere i clienti preziosi per raggiungere gli obiettivi dell’azienda”.196
Anche una visione di CMR è caratterizzata dai medesimi obiettivi, ma sarà il rapporto con il
cliente il vero punto di forza della strategia di approccio: sarà lui che sceglierà i modi, i tempi e
gli argomenti per il contatto. L’azienda dovrà cogliere queste opportunità, allinearle agli
obiettivi di profitto e dimensionarle rispetto alle proprie risorse, reperire dalle esperienze
precedenti le basi per una risposta che risulti soddisfacente e gratificante per il cliente. La
strategia dovrà necessariamente tenere presente che occorre investire per fornire gli strumenti
per portare tutti i collaboratori alla consapevolezza del nuovo corso, individuando nuovi o più
attraenti benefit legati ai passi percorsi in questa direzione (ad esempio, premiando – pagando –
report e relazioni sui casi di successo / insuccesso avuti, dati inseriti nel database, fornendo le
connessioni in rete con cui i vari collaboratori possano da casa, senza cioè avere la necessità di
tornare in ufficio, aggiornare tali database, ecc.). Sarà indispensabile far entrare il concetto di
customer focus in ogni sforzo aziendale, poiché ogni attività ha ormai un significato solo nella
misura in cui genera, direttamente o indirettamente, valore per il cliente. Il front office di
Metrohm Italiana Srl dovrà identificare sempre meglio le esigenze del cliente, sia nella
particolare istanza del contatto che nel marketing generalizzato e, rispetto a queste, allineare
196
Cfr. F. Newell, op. cit.
150
l’offerta e i processi aziendali, creando cultura operativa, premessa per una conoscenza
organizzativa applicata. Al front office sarà richiesto di essere mediatore, filtro attivo, dovrà
avere cioè la capacità di utilizzare i prodotti, i servizi, la conoscenza esplicita e implicita di
Metrohm Italiana Srl per soddisfare il cliente. Spostando l’attenzione agli effettivi bisogni e
desideri del cliente occorrerà essere pronti a recepirli e ad essi rispondere in modi nuovi e saggi.
4.5.2 Attenzione alle risorse umane
Metrohm Italiana Srl dovrà porre particolare attenzione ai propri collaboratori, al fine di creare
condizioni di cambiamento e di lavoro che permettano di realizzare il migliore equilibrio tra il
soddisfacimento di necessità strettamente aziendali – ROI, quote di mercato, customer satisfaction,
sviluppo di core competence, miglioramento continuo – e i bisogni del collaboratore stesso –
sostentamento, direzione e guida, identità e autonomia, relazioni, opportunità –.
“L’individuo, infatti, è tanto più portato a cercare nuovi comportamenti e un rinnovamento della
propria professionalità quanto più vede in questo un ritorno – in termini di soddisfacimento maggiore
dei suoi bisogni – senza sentirsi minacciato nell’attuale livello di soddisfacimento conquistato, poiché
può lavorare in un ambiente organizzativo confortevole. D’altronde, nel creare per il cliente finale
quel valore che genera fidelizzazione e redditività l’azienda deve saper conquistarsi la qualità di
servizio, la professionalità, lo spirito di cooperazione, la ricerca di innovazione del collaboratore.
Perciò i suoi bisogni sono importanti quanto quelli del cliente finale.”197
Infatti,
“il collaboratore altro non è che il fornitore nei confronti dell’azienda di competenze specifiche,
capacità cognitive e operative, motivazioni; che saranno tanto più esaltate e con un coefficiente di
produttività/qualità elevato quanto più l’individuo sarà cliente soddisfatto del supporto, delle risorse,
del clima, delle opportunità professionali messe a disposizione dall’organizzazione. Oggi è perciò
importante saper gestire la relazione con i collaboratori secondo gli stessi criteri di soddisfazione che
portano alla conquista e soddisfazione dei clienti. Ciò peraltro è tanto più vero quanto più si chiede a
questi collaboratori di essere quella specie di reparto scelto aziendale che sono i knowledge worker.
Ovvero professionisti che:
-
all’interno dell’organizzazione identificano le “terre di nessuno” e colgono le opportunità di
efficienza/efficacia a queste connesse;
-
sono proattivi, perché progettano e implementano costantemente nuove iniziative;
-
sono process owner di specifiche fasi di creazione di valore, poiché si assumono la
responsabilità rispetto ad obiettivi specifici e si premurano di recuperare le risorse necessarie;
197
Cfr. A. Drei, op. cit.
151
-
si assumono la responsabilità di andare oltre i loro spazi di autorità;
-
mobilitano team di persone trasversali alle regole organizzative precostituite;
-
fanno coaching continuativamente a collaboratori, colleghi, capi, distribuendo informazioni e
conoscenze a 360° e offrendo idee e modelli progettuali;
-
ragionano per priorità strategiche, secondo una vision specifica.”198
Seguendo le osservazioni di A. Drei, occorrerà “evitare qualità negativa, ovvero soddisfare le
aspettative minime del collaboratore nei confronti dell’organizzazione” riuscendo “al massimo a
evitarne la depressione, ottenendo che semplicemente abbia parte alla vita aziendale perché deve.”
Si cercherà di “produrre qualità positiva, ovvero incontrare i desideri dei collaboratori nei confronti
dell’organizzazione” in modo da “ottenerne un comportamento positivo e continuo, poiché nella
vita aziendale fa la propria parte perché è interessato”; ancor più “realizzare qualità eccezionale,
cioè superare le speranze del collaboratore nei confronti dell’organizzazione” ottenendo “un
coinvolgimento eccezionale, poiché interviene nella vita aziendale per crescere e far crescere”.199
Anche il già citato processo di empowerment del collaboratore dovrà essere alimentato, benché
necessariamente limitato ed educato:
“il pensiero che si possa creare valore da uno scambio reciprocamente vantaggioso tra una società e i
suoi dipendenti, suggerisce uno spostamento della gestione della relazione con il dipendente
(employee relationship management, ERM) alle relazioni gestite dal dipendente (relationship managed
by employee, EMR). I dipendenti che hanno potere, esattamente come i clienti, troveranno le loro
personali motivazioni per dare e ricevere valore – conoscenza – dal vostro sistema aziendale”200.
4.5.3 Innovazione culturale e organizzativa
Occorre innanzi tutto creare una nuova cultura. Infatti, ogni organizzazione è refrattaria ai
cambiamenti: alcuni si oppongono perché hanno sempre fatto le cose in un’altro modo, altri sono
preoccupati a difendere il proprio “territorio”. Il nuovo corso di Metrohm Italiana Srl richiede che le
figure di responsabilità diventino leader per il loro gruppo e sappiano saggiamente destreggiarsi tra
il rispetto della “tradizione” e la nuova direzione aziendale. Ogni collaboratore, sia del front office
che del back office, deve essere coinvolto nella visione che l’azienda intende assumere, in modo
che, oltre a facilitare il processo di creazione della motivazione, il Management possa percepire le
esigenze dei collaboratori per poter svolgere il loro compito nella direzione intrapresa.
Possono essere di aiuto le seguenti domande, proposte da S. Gudat201:
•
In che modo vengono coinvolti tutte le aree, gli uffici e i dipendenti?
198
Ibidem.
Ibidem.
200
Cfr. F. Newel, op. cit.
201
Cfr. S. Gudat, “What makes CRM works?”, in “The DMA Intercative”, 4 aprile 2002
199
152
•
•
•
•
•
Quali nuove competenze devono acquisire i dipendenti?
Quali saranno le loro mansioni quotidiane?
Che cosa già stanno facendo sarà di sostegno a questa nuova visione?
Come verrà misurato il loro impegno?
Che cosa cambierà? Cosa non cambierà?
Possiamo anche rifarci fruttuosamente all’analisi proposta da S. Tonchia202:
“La gestione dei processi può essere diversamente declinata e a differenti livelli d’intensità a partire da
una loro semplice razionalizzazione (process management) fino all’intera riprogettazione del
funzionamento operativo (process reengineering) e financo strategico sul business (business
reengineering), determinando in questi ultimi due casi congiuntamente quello che è noto come
Business Process Reengineering (BPR). Più precisamente:
-
il process management consiste nella razionalizzazione dei processi alla ricerca di
efficienza/efficacia;
-
il process reengineering consiste nella riprogettazione del funzionamento operativo, sempre
alla ricerca di efficienza/efficacia;
-
il business reengineering consiste nella riprogettazione del funzionamento ma in un’ottica
strategica (per esempio, riposizionandosi su business diversi ecc.).”
Distinguendo semplicemente “tra un miglioramento graduale (Business process improvement, BPI)
e un cambiamento radicale (BPR)”, possiamo riassumere tale analisi nelle seguenti tabelle:
1) Miglioramento oppure riprogettazione dei processi aziendali
Business process improvement (BPI)
Business process reengineering (BPR)
Gradualità nell’approccio al cambiamento
Radicalità nell’approccio al cambiamento
Assenza di una situazione di emergenza
Forte urgenza di cambiamento
Limitata/indiretta dalla strategia aziendale
Collegamento diretto con la strategia aziendale
Attitudine a cogliere anche piccole opportunità
Attitudine a rischiare a fronte di grandi opportunità
Coinvolgimento di processi di limitata ampiezza
Coinvolgimento di processi ampi e trasversali
Coinvolgimento contenuto ma di numerosi processi
Coinvolgimento di pochi processi ma critici
Individuazione anche empirica delle opportunità
Complessa
gestione
progettuale
del
cambiamento
Contributo di tipo bottom-up
Impostazione ex-novo di tipo top-down
Costi e tempi di realizzazione inferiori
Costi elevati e tempi non brevi
FASI
FASI
1) Identificazione dei processi su cui intervenire
1) Ripensamento della strategia
2) Costituzione di un team d’intervento
2) Valutazione dell’inadeguatezza dei processi
chiave attuali
3) Analisi degli interventi di miglioramento
3) Ridisegno dei processi chiave
4) Attuazione degli interventi di miglioramento
4) Messa a punto di nuovi processi chiave
5) Verifica dei risultati
5) Valutazione dei risultati
202
Cfr. S. Tonchia, A. Tramontano, F. Turchini, “Gestione per processi e knowledge management”, 2003, Il Sole 24
ORE
153
2) La gestione per processi come approccio, a vari gradi d’intensità, tra miglioramento e
riprogettazione del modo di operare di una organizzazione.
Process management
Process reengineering
Business reengineering
Business process improvement
Business process reengineering
Gestione per processi
La ristrutturazione dei processi oscillerà tra i due estremi e sarà inevitabilmente condizionata da
fattori esterni a Metrohm Italiana Srl (quali, ad esempio, l’andamento del mercato).
4.5.4 Innovazione tecnologica
Naturalmente, occorrerà dare il giusto grado di importanza alla tecnologia:
“stabilire quali funzioni aziendali devono essere automatizzate dovrebbe essere una cosa semplice,
ma automatizzare un processo aziendale imperfetto diventa un disastro (…) La regola numero uno è
ottimizzare il processo aziendale prima di tentare di incorporare la tecnologia, e poi non cercare di
automatizzare troppi processi nello stesso momento (…) La regola numero due è non permettere che
il vostro programma di CMR venga considerato solo un processo di IT (…) accertatevi che tutti gli
interessati” all’automatizzazione “siano coinvolti (…) fin dall’inizio del progetto (…) In altre parole, il
CMR deve essere visto come un nuovo modo per fare business piuttosto che come un progetto di IT.
E questo deve essere chiaro dal principio per tutti i soggetti coinvolti”203
I dati raccolti dalle varie istanze dovranno essere inseriti nel database MOIS e di questi occorrerà
tenere conto in ogni altro futuro contatto. Il processo di unificazione dei vari strumenti informatici
per la gestione dei servizi e delle vendite dovrà terminare, al fine di rendere immediatamente
disponibili, a chiunque abbia un contatto con il cliente, tutte le informazioni possedute che lo
riguardano (infatti, la comprensione e la cura dei rapporti con i clienti richiedono un flusso di
informazioni notevoli all’interno dell’azienda) poiché disporre delle informazioni giuste al
momento giusto è di fondamentale importanza.
A questo proposito, Newel cita:
“Prima di tutto analizzate le vostre esigenze, non la tecnologia. E’ facile farsi entusiasmare dalle
informazioni sulle ultimissime tecnologie e dai fornitori; tuttavia, il punto di partenza del processo della
vostra “richiesta di offerta” dovrebbero essere le esigenze della vostra società. Dovere essere in grado
di spiegare dettagliatamente i seguenti punti fondamentali prima di cominciare a valutare delle
soluzioni tecnologiche:
203
-
che cosa volete veramente risolvere con tale applicazione;
-
in che modo vi aspettate che lo risolva o lo faccia (ad esempio, la funzionalità dell’applicazione);
F. Newel, op. cit., pag 203
154
-
come essa si interfaccia con i vari utenti e i vari modi di utilizzo nella vostra organizzazione, e
come le diverse aree si coordineranno con l’applicazione;
-
come si interfacciano con l’applicazione (se è questo è il caso) i clienti e potenziali clienti.204
L’attuale diffusione dei PC palmari e la crescente possibilità di consultazione del Web a prezzi
sempre più contenuti permette di individuare un effettivo percorso di implementazione tecnologica
d’avanguardia delle risposte a tali domande.
Le risposte formulate da Metrohm Italiana Srl hanno contribuito a determinare le funzionalità del
sistema MOIS, la cui più grande peculiarità risiede nell’essere una soluzione realizzata su misura e
completamente adattabile e aggiornabile.
I collaboratori dovranno inoltre sviluppare una conoscenza approfondita circa l’uso degli strumento
informatici, ad esempio mediante la frequentazione di appositi corsi e sostenendo i relativi esami
finali.
4.5.5 Il Knowledge Management e lo scambio di informazioni
Poiché l’attività del customer service pre e post vendita conduce i professionals dell’organizzazione
ad entrare, a volte in modo molto approfondito, nelle specifiche esigenze del cliente, e poiché tali
esigenze rappresentano il campo sconfinato delle applicazioni della chimica, potrà essere di grande
aiuto procedere alla stesura di una mappa delle conoscenza possedute dai collaboratori in ogni
argomento di questo campo. Tale mappa, che potrà ragionevolmente assumere la forma di una
tabella consultabile attraverso la rete Intranet, elencherà le esperienze avute dai professionals nel
corso delle attività svolte nella loro carriera professionale, e permetterà un rapido recupero della
sorgente di Conoscenza tacita da loro posseduta.
Inoltre, si dovrà curare di lasciare spazio, all’interno di incontri periodici che dovranno essere
previsti per ogni funzione aziendale, al dibattito e allo scambio di esperienze e di pareri relativi alle
attività quotidiane, cercando sempre, nell’ottica di un processo Plan-Do-Check-Act205, il
miglioramento continuo e la minimizzazione delle risorse, aumentando, nel contempo, il grado di
supporto a tali attività da parte dell’infrastruttura ICT.
204
Cfr. “You CRM/eCRM Data Integration Project”, in Relationship Marketing Report (tratto da
marketingsherpa.com, vol. IV, n. XI, 2001).
205
Cfr. T. Conti, “Qualità: un’occasione perduta?”, 2004, Etas
155
5.
Una soluzione per il KM dai dati di CRM: il sistema MOIS
5.1
Introduzione
L’idea dello sviluppo di un software CRM risale alla fine del 1999, su richiesta della Direzione
Generale di Metrohm Italiana Srl, dove l’autore svolgeva, ai tempi, la prima attività di responsabile
per l’Information Technology.
Erano tempi nei quali l’uso di applicativi con interfaccia Web era timidamente iniziata: la struttura
tipica di un sistema software client-server prevedeva applicativi installati in locale e server
pesantissimi che giravano su macchine altamente instabili. Il linguaggio di scripting PHP era
appena approdato alla versione 3206 e appariva miracoloso se confrontato con le versioni di allora di
ASP207 di Microsoft.
Obiettivo ambizioso di tutto il progetto era quello di dotare Metrohm Italiana Srl di un unico
sistema di gestione dei dati CRM, unificando tutti gli archivi sino ad allora presenti. Infatti, per
motivi tecnologici ma anche storico-culturali, al tempo non esisteva neppure una politica per la
gestione dei dati e ogni funzione aziendale – e, spesso, anche a livello individuale – il problema era
risolto banalmente (elenchi in formato Word o Excel) o, magari, anche elegantemente (ad esempio
mediante l’uso di applicazioni Access sviluppate da terze parti), ma purtroppo legate al
soggettivismo della scelta e della cultura informatica di base dei collaboratori. Come già osservato,
la scarsa lungimiranza informatica / gestionale del Management (ai tempi, ricordiamo, accentrata
nella figura dell’Amministratore Delegato) e la sua scarsa propensione al dialogo era l’ostacolo
maggiormente determinante nel rallentamento di una effettiva innovazione nell’intendere i dati
CRM: sicché ciò si rifletteva in un “arrangiarsi” diffuso, che non ha creato storia (diremmo capitale
intellettuale convertibile in beni intangibili, recuperando i concetti espressi nel paragrafo 2.4). Il
periodo nel quale convivevano due amministratori, seppure oscuro per certi versi, ha permesso un
ritorno al giusto equilibrio informatico, favorendo lo studio e la progettazione del sistema CRM di
Metrohm Italiana Srl.
Il sistema MOIS nasconde sotto la veste di una normale Intranet un serie di funzionalità necessarie a
fornire un terreno di coltura per creare e far sviluppare conoscenza che sia in grado di generare
valore per il cliente.
206
Per una storia del linguaggio PHP cfr. on-line http://freephp.html.it/articoli/print_articolo.asp?id=143.
ASP è l’acronimo di Active Server Pages, il linguaggio proposto da Microsoft per la generazione dinamica di pagine
web.
207
156
5.2
Obiettivo e funzionalità
5.2.1 Considerazioni iniziali
L’obiettivo generale era quindi la realizzazione di un singolo luogo (virtuale) nel quale
immagazzinare la maggior parte delle informazioni relative ai clienti (anagrafica, relazioni con esso
e dati di business) possedute da Metrohm Italiana Srl. Le funzionalità da includere nel software
erano le seguenti:
-
gestione anagrafica dei contatti e dei prodotti venduti;
-
redazione delle offerte di vendita e servizi;
-
richieste di assistenza;
-
assistenza tecnica programmata;
-
acquisizione di informazioni commerciali (dal sistema ERP);
-
acquisizione facilitata di know-how (applicazioni, metodiche di analisi, ecc.).
Inoltre, il sistema doveva permettere una grande flessibilità nel trattare le modifiche che le
organizzazioni dei clienti subivano (basti pensare al mondo delle case farmaceutiche, per le quali è
quasi elemento caratterizzante la continua fusione, incorporazione, cambio di ragione sociale, ecc).
Sono state individuate tre aree di intervento208:
•
Dati anagrafici aziendali: acquisiti da Metrohm Italiana Srl durante il normale svolgersi delle
attività (nominativi, indirizzi, contatti, numeri telefonici, fax, email, ecc.). Questi dati
presentano una forte componente oggettiva.
•
Le informazioni: definibili come risultato finale di una attività di individualizzazione e
contestualizzazione dei dati (applicazioni particolari, aree di interesse per categorie di clienti).
Questi dati presentano una buona componente oggettiva.
•
La conoscenza: idea del cliente e per il cliente che si afferma nel tempo (buoni clienti, “quello
strumento per quella applicazione non va molto bene”). Questo aspetto presenta una forte
componente soggettiva.
Una prerogativa essenziale doveva essere la flessibilità: i dati, le informazioni e la conoscenza che
Metrohm Italiana Srl ha di un determinato cliente evolve nel tempo, e la realtà stessa del cliente (i
suoi dati anagrafici, i nominativi, le applicazioni, i prodotti e quant’altro) è soggetta a evoluzioni nel
tempo. Il nuovo sistema doveva quindi permettere una grande flessibilità di modifica dei dati, al
fine di poter in ogni istante procedere a variazione dei dati e delle informazioni registrate.
208
Cfr. paragrafo 2.2.2: Dati, Informazioni, Conoscenza
157
La costruzione di un singolo luogo (virtuale) dove poter trovare tutte le informazioni relative ad un
determinato cliente ha incontrato già inizialmente un grande ostacolo, dovuto al fatto che, essendo
le informazioni di natura commerciale (materiale ordinato, consegnato e acquistato) possedute dal
sistema informatico di gestione contabile e di magazzino (sviluppato da terzi e di tipo closed
source), anche tuttora è necessario l’interpretazione umana per associare un cliente registrato nel
sistema CRM con un cliente registrato nel sistema ERP. Tale associazione è fatta registrando
separatamente nei due sistemi i dati relativi ai prodotti e ai servizi erogati, sebbene dopo questa
prima fase la struttura client-server dei due sistemi aiuta molto il recupero delle informazioni (ad
esempio, attraverso semplici link ipertestuali è possibile visualizzare immediatamente la
registrazione di un ordine – dato presente nel sistema ERP – dalla visualizzazione dell’offerta
relativa – dato presente nel sistema CRM).
Ciò permette all’utente una consultazione più immediata della conoscenza che Metrohm Italiana Srl
possiede di un determinato, cliente rispetto ad una serie di consultazioni ripetute su sistemi software
con interfacce e filosofie alquanto diverse.
Fondamentale è stata dunque la scelta di avere a disposizione strumenti informatici basati su una
architettura client-server, che, per quanto radicalmente diversi nella struttura dei database,
permettono un accesso realizzabile con un normale browser e con poche righe di script in
linguaggio PHP (il cosiddetto middleware) che rende quasi del tutto insignificante all’utente finale
la grande disomogeneità della strutturazione dei dati.
L’accesso mediante un browser (attualmente è supportato il solo Internet Explorer, ma una
revisione del codice atta ad ampliare la gamma di browser utilizzabile è abbastanza facilmente
implementabile: l’unica caratteristica richiesta al browser è il supporto client-side del linguaggio
javascript), oltre a non vincolare l’installazione di software ad hoc sulla macchina client e rendere
possibile l’interazione a distanza con i dati aziendali, ha inoltre la peculiarità di permettere anche a
chi possiede una cultura informatica medio-bassa di svolgere le dette attività (inserimento, ricerca,
modifica e stampa delle informazioni), facendo in modo che anche utenti con minore esperienza
nell’uso di strumenti informatici ma di grande esperienza commerciale (i professionals senior)
possano arricchire il database e conseguentemente arricchirsi da esso. Nella pagina seguente, è
riportata la tabella 5.1 con il quadro, a suo tempo realizzato, dell’analisi delle caratteristiche e delle
funzionalità. Alcune funzionalità non sono ancora state tuttavia terminate ma, in compenso, ve ne
sono state aggiunte altre, come, ad esempio, la possibilità di informare i collaboratori attraverso
SMS o email, inviando automaticamente i dati di contatto da clienti desiderosi di essere richiamati.
158
Funzionali
Obiettivi
Soluzioni proposte
Applicativi / software / protocolli
Rappresentazione ad albero della
struttura organizzativa del cliente
-
DBMS
SyBase SQLAny, MySql
Server Web con possibilità di
generare pagine
con contenuto dinamico.
Apache + PHP, IIS + ASP
Browser pagine HTML
Utilizzo di formati
“device indipendent”
LaTeX, Adobe Acrobat Reader (PDF), RTF
Protezione e
segretezza dei dati
Gerarchia di utenti,
accesso tramite autenticazione,
protezione della comunicazione
Apache + SSL
Facile reperibilità
e interpretazione dei dati
XML, WML
Browser pagine XML (*), terminali WML
Anagrafico particolareggiato
Mappa dei prodotti acquistati
e loro dislocazione nelle sedi dei clienti
Gestione contatti, visite
Gestione assistenza tecnica
Integrazione con il sistema
back office preesistente
Controllo errori e
incongruenze nei dati
Sicurezza dei dati
(accessibilità, identificazione,
localizzazione)
Economici
Tecnici
Struttura client-server
Possibilità di aggiungere postazioni di
lavoro remote
Flessibilità, espansibilità, versatilità
“on road”
Indipendenza dalla piattaforma
Windows per quanto riguarda la
gestione degli stampati
Mantenere il costo totale
dell’investimento
(costi software, costi di sviluppo, TCO)
il più basso possibile
Indipendenza da terzi per la
manutenzione e l’espansione
Utilizzo di “Free software”
Linux
Utilizzo di interfacce
utente conosciute
Browser IE > 5.X
Realizzazione e manutenzione
“in proprio”
Uso di software open source
159
5.2.2 Adeguatezza del modello dell’organizzazione del cliente
La prima constatazione è stata che la totalità dei sistemi già esistenti prevedevano una catalogazione
dei contatti (persone fisiche) che potremmo definire “a lista”: le persone fisiche erano elencate nelle
righe delle aziende, quasi attributi descrittivi della società (e con essi tutti gli attributi tipici: numeri
di telefono, ecc.).
L’esempio seguente può chiarire quanto detto:
Ragione sociale1
Indirizzo
Contatto
Telefono
Giko Srl
Viale Piave, 2 – PZ
Ufficio acquisti
0123 4556788
Same Spa
Via dei Tigli, 3 – MI
Dott. Primo
02 3456789
Same Spa
Via dei Tigli, 3 – MI
Sig.ra Piera
02 789456
Same Spa
Via Torino, 15 – NO Sig. Martelli
333 444555
P.zza Cè, 2 – VA
0123 456455
Zinco Spa
Ragione sociale2
Semilavorati ind.li
Laboratorio
Tabella 5.2: Esempio di memorizzazione “a lista” di dati anagrafici
Tuttavia, come è del resto facilmente intuibile, tale rappresentazione non comunica
immediatamente la complessità dell’organizzazione del cliente: tipicamente, una persona appartiene
ad un gruppo (ufficio acquisti, laboratorio R&D, produzione, ecc.) e il gruppo appartiene ad uno
stabilimento (o locazione produttiva, o altro) e tutti questi fanno capo alla sede centrale.
L’aggiungere colonne a quelle già presenti rischiava di rendere di difficile consultazione
l’anagrafica clienti. La struttura della maggior parte delle aziende commerciali presenta una sede
legale, presso la quale possono o meno essere dislocati uffici, laboratori o insediamenti produttivi.
Per aziende grandi (tipicamente industrie farmaceutiche o grandi multinazionali della chimica) si
possono anche facilmente individuare stabilimenti, intesi come luoghi di produzione distinti dalla
struttura del cliente stessa per località o prodotto. Laboratori, uffici, gruppi di interesse sono
ulteriormente componenti delle unità produttive, di ricerca e sviluppo o di controllo qualità.
Di fatto, in una analisi meno superficiale della tipica organizzazione di una società, si trova che una
struttura “ad albero” meglio rappresenta le responsabilità e le dipendenze di persone, uffici, siti
produttivi o altro di quella che diviene allora, ai fini della nostra analisi, l’entità astratta “ditta”. La
figura seguente illustra meglio il concetto espresso:
160
Struttura ad albero dell’organizzazione del cliente
Sede amministrativa (ditta)
Ad es. dove vanno inviate le fatture:
se la sede legale ha indirizzo diverso
ciò può essere specificato nelle note
Unità produttiva (stabilimento)
Unità produttiva (stabilimento)
Si distingue per
- Indirizzo
- funzione
- altro
Si distingue per
- Indirizzo
- funzione
- altro
Gruppo di lavoro (gruppo)
(laboratorio, ufficio, ecc.)
Gruppo di lavoro
Si distingue
- indirizzo
- sede
- attività
- altro
Persona
Persona
Strumento (prodotto acquistato)
Figura 5.1: Struttura ad albero dell’organizzazione di un cliente
161
In questo modello ad albero è ammessa la mancanza di nodi e foglie: solo la radice è obbligatoria.
Ad esempio, di seguito è illustrata la struttura espansa di un cliente.
Figura 5.2: Esempio di visualizzazione di una struttura del cliente in MOIS
In questo esempio è possibile osservare il caso reale di Enìa Spa. Da questa immagine possiamo
dedurre che Metrohm Italiana Srl è a conoscenza del fatto che il cliente possiede stabilimenti a
Parma, a Reggio Emilia e a Piacenza. La Dott.sa Marchesi lavora a Parma, ma non si sa in che
laboratorio o gruppo. Diverso è il caso del Dott. Bocchia, che sappiamo appartenere al Laboratorio
Analisi Sezione Acque Potabili. Analogamente non sappiamo dove sia lo strumento 2.732.0010, ma
con certezza sappiamo che la Dott.sa Chesi e il Dott. Spigoni lavorano nel Laboratorio Chimico
dello Stabilimento di Reggio Emilia.
Per ogni nodo anagrafico (ditta, stabilimento, gruppo, persona) è possibile inserire un numero
arbitrario di numeri telefonici, di fax, indirizzi email, url e documentazione, cioè qualunque file di
dimensione ragionevole che possa contenere informazioni di quel particolare nodo (ad esempio, il
metodo di analisi utilizzato, risultati di particolari analisi o documentazione prodotta in occasioni di
ordini o contatti di altro tipo).
162
Posizionandosi su un nodo e selezionando una voce nel menu contestuale in alto a destra è
possibile vedere le registrazioni omogenee memorizzate per il nodo selezionato e ciascun nodo
figlio. A destra sono invece visualizzati numeri telefonici, di fax ed indirizzi email del solo nodo
selezionato.
Inoltre, per ciascun nodo è possibile associare attività specifiche, impostabili parametricamente
nella configurazione del software: ad esempio, ad una persona potrà essere associato un contatto,
mentre per uno strumento potrà essere registrata la data dell’ultima revisione tecnica.
5.2.3 La gestione e l’utilizzo delle informazioni caratteristiche del cliente
Ogni nodo possiede intrinsecamente alcune caratteristiche ad esso specifiche (attributi) che ne
individuano in modo indicizzato la particolare attività: ad esempio, è importante individuare, ai fini
di una attività di marketing, tutti clienti che svolgono attività nel campo dell’industria galvanica
piuttosto che nella produzione di smalti e vernici, così come un ricercatore può essere interessato
alle applicazioni per la speciazione dell’arsenico nei pozzi di acqua potabile. Tutte queste
informazioni,
parametricamente
impostabili,
concorrano
a
creare
possibili
percorsi
di
segmentazione della clientela in base all’attività o agli interessi specifici: in ultima analisi
permettono a Metrohm Italiana Srl di individuare, cliente per cliente, i motivi che potrebbero
portare creazione di valore per il cliente stesso. Ad esempio, se diventasse disponibile una nuova
metodica per la speciazione dell’arsenico, il cliente ad essa interessato ben accoglierebbe il fatto di
essere aggiornato con tale notizia, e recepirebbe la cura che Metrohm Italiana Srl ha nei suoi
confronti. Ovviamente, un discorso analogo può essere fatto qualora diventassero disponibili
sensori di nuova produzione che garantiscano risultati migliori di altri già in possesso dal cliente.
Così facendo, l’azienda si sintonizzerebbe sempre più sulle esigenze del cliente, ampliando nello
stesso tempo le possibilità di crescita del fatturato basandosi semplicemente su dati già raccolti nel
normale svolgersi delle attività.
Una ulteriore possibilità tesa alla caratterizzazione del cliente è l’immediata possibilità di
consultazione della storia della relazione con Metrohm Italiana Srl (i contatti, gli ordini, le offerte, i
problemi tecnici, ecc.), con grande vantaggio per l’efficienza con la quale un rapporto interrotto per
un po’ di tempo può essere ripreso nella sua interezza.
Inoltre, allegando dei files di qualsivoglia natura, ad ogni nodo della struttura del cliente, si utilizza
sino in fondo la possibilità di archiviazione del sistema, creando un “archivio virtuale” relativo al
cliente stesso facilmente reperibile e consultabile.
L’obiettivo della gestione dei dati inseriti nel sistema MOIS è l’instaurazione, all’interno di
Metrohm Italiana Srl, di una pratica di CRM analitico, gestito da un futuro gruppo di marketing.
163
5.2.4
L’uso di MOIS nei processi aziendali
Abbiamo visto come professionals di Metrohm Italiana Srl interagiscono con i clienti. Allo stato
attuale, i collaboratori di Metrohm Italiana Srl interagiscono con MOIS per:
-
reperire ed aggiornare dati anagrafici dei clienti, loro struttura interna e sul territorio;
-
individuare il parco strumentale (cioè gli strumenti posseduti);
-
registrare e recuperare i contatti avuti;
-
ottenere ed inserire informazioni commerciali e di business (offerte redatte)
-
informazioni interne (disponibilità di magazzino, ecc.).
Ciò permette di raggiungere quella visione “olistica” del cliente che permette la rapida accessibilità
di (quasi) tutti i dati di contatto e transazione tra Metrohm Italiana Srl e il cliente stesso. Al
momento rimangono escluse le email inviate e ricevute, ma, ovviamente, è teoricamente possibile
sviluppare un piccolo script che permetta di associare, ad ogni nodo avente indirizzo email e in
maniera automatica, le email inviate e ricevute.
Periodicamente, i dati inseriti sono “restituiti” ai professonals sotto forma di report. Attualmente, le
informazioni inviate periodicamente via email dal sistema in maniera automatica sono:
-
il dettaglio delle offerte effettuate ai clienti appartenenti alla zona di competenza;
-
il dettaglio della merce ordinata, consegnata e fatturata, in formato Excel;
-
l’elenco dei clienti, comprensivo delle informazioni anagrafiche, in formato Excel (quest’ultimo
report sarà ovviamente eliminato qualora sarà economicamente sostenibile il costo di una
consultazione Web tramite un dispositivo di telefonia cellulare).
Le statistiche di performance sono presentate nella consultazione di pagine Web della rete Intranet,
generate “on-demand” sui dati reali, procedendo alla loro rappresentazione tabellare e grafica, sia
relative alla suddivisione del materiale ordinato, consegnato, fatturato per tipologia, sia per area
geografica209.
Analogamente è possibile l’analisi del materiale ordinato, consegnato e fatturato relativo ad ogni
cliente, permettendo l’individuazione dei clienti più profittevoli e presentandone le voci tipiche,
209
A breve, una cartina dell’Italia rappresenterà in forma grafica la suddivisione del fatturato su base geografica – per
provincia – e in base alla tipologia di prodotto.
164
cioè l’importo e la percentuale rispetto all’intero, la data dell’ultima transazione e la frequenza di
queste210.
Mediante l’uso di SMS è al momento possibile ricevere la disponibilità e il prezzo delle parti a
magazzino, e a breve sarà possibile ottenere, inserendo in un SMS il cognome di un cliente e la
provincia di appartenenza, le principali informazioni anagrafiche. Infine, ogni giorno,
l’Amministratore Delegato riceve via SMS i dati relativi agli importi ordinati e fatturati dall’inizio
del mese, garantendo così una informazione in “real time” dell’andamento del business senza la
necessità di effettuare un collegamento ad Internet.
5.3
Aspetti tecnici
In seguito si presenta il software MOIS da un punto di vista maggiormente tecnico del precedente,
senza eccedere tuttavia in digressioni approfondite che volutamente esulano dallo scopo di questa
trattazione.
5.3.1
L’infrastruttura e il ruolo del middleware
Allo stato attuale delle cose, la struttura più essenziale di MOIS è implementata su una macchina
Linux SuSE 9.3211, Kernel 2.6.11212, con hardware da PC economico213 (un solo processore Pentium
4, 512 MB di RAM, HD da 200 GB), utilizzando questi pacchetti, tutti open-source:
-
Apache 2.0.X214, il server Web open source utilizzato da più del 70% dei siti Web con
dominio registrato215;
-
PHP 5.0.X216, usato da quasi un milione di indirizzi IP217;
-
MySQL 4.1.X, il database server più utilizzato in associazione a PHP;
-
Samba 3.0.X, l’emulatore di reti Microsoft.
PHP in particolare garantisce la facilità di colloquio, attraverso le librerie freetds218, con il sistema
ERP preesistente utilizzato per la gestione documenti fiscali (DDT219 e fatture), contabilità e
magazzino, che utilizza SQL Server di Microsoft220.
210
Anche la clientela di Metrohm Italiana Srl soddisfa alla legge “80-20”, cioè l’ottanta percento del fatturato è
realizzato dal venti percento dei clienti.
211
Del costo di Euro 84,00 presso la libreria Hoepli di Milano.
212
E’ stata scelta una distribuzione per pura semplicità di installazione e di aggiornamento delle librerie e del
compilatore gcc di sistema. I pacchetti indicati sono però scaricati direttamente dai siti Internet relativi e
successivamente compilati, al fine di garantire la sicurezza a fronte di bachi progressivamente individuati e
l’indipendenza della configurazione dalla particolare distribuzione Linux adottata.
213
Per una spesa totale di circa 520 Euro.
214
Cfr. www.apache.org
215
Cfr. news.netcraft.com/archives/web_server_survey.html
216
Cfr. www.php.net
217
Cfr. www.php.net/usage.php
218
Cfr. www.freetds.org
165
Sono presenti altri servizi, quali ad esempio un sistema per l’invio di SMS221 e un sistema MTA222
per l’invio delle email, tutti pacchetti “open source” disponibili per Unix o Linux e
abbondantemente documentati e supportati in Internet.
user
browser (IE)
Internet
shared file system
with samba
Apache 2.0.X
LAN based on
Microsoft network
(Win 2K domain style)
native
freetds
CSV files
middleware
PHP 5.0.X
MySQL 4.1.X
CRM system
MS SQL Server
ERP system
SyBase SQL
old ERP system
SMS and email
systems
Figura 5.3: Struttura del sistema MOIS
219
Documento Di Trasporto.
In passato, il sistema ERP utilizzava come motore SQL il server Sybase Anywhere, in una versione non supportata
dalle librerie freetds. Per poter comunque accedere ai dati in esso contenuti, si salvavano i risultati delle query
(effettuate mediante IIS e ODBC) in file di testo, tipicamente in formato CSV, e quindi recuperate dal middleware di
MOIS attraverso un client http.
221
Il pacchetto è conosciuto con il nome smstools ed è reperibile on-line a smstools.meinemullemaus.de/ .
Gli SMS sono inviati da un cellulare Siemes S45 con SIM aziendale, acquistato, completo di cavo RS232, su eBay al
costo totale di 43,50 Euro, comprensivo di spese di trasporto. Dispositivi modem GSM per inviare SMS sono
disponibili sul mercato ad un costo non inferiore a 150 Euro.
222
sendmail, Cfr. www.sendmail.org. In questo caso si è preferito mantenere il pacchetto previsto dalla distribuzione
Linux scelta, al fine di facilitarne l’installazione e la configurazione.
220
166
Ovviamente, gran parte delle funzionalità sono comprese nel middleware, scritto in PHP, con il
supporto dell’utility Unix crontab per quanto riguarda la gestione di eventi temporizzati, quale il
controllo della correttezza formale dei documenti inseriti e i report periodici (giornalieri e mensili)
delle attività effettuate mediante il sistema.
5.3.2
Il codice middleware
Il software di MOIS si basa sulle due categorie di linguaggi di script per il Web: un linguaggio per
il lato client e un linguaggio per il lato server. Come già accennato, la maggior parte delle
funzionalità è implementata in PHP, linguaggio per script per il lato server disponibile sia per Unix
che per Windows.
Pur disponendo della possibilità di programmazione orientata agli oggetti, si è preferito ricorrere a
questi solo dove ciò è veramente vantaggioso: questa scelta, seppure largamente criticabile, è
dettata da due motivazioni:
a) altre persone, all’interno di Metrohm Italiana Srl, pur non possedendo una cultura informatica di
base abbastanza solida, possono modificare e mantenere attivo il codice;
b) solo la versione 5.X di PHP supporta la programmazione orientata agli oggetti in modo
sufficientemente completo per dirsi tale.
Il codice sino ad ora scritto non è, purtroppo, elegante né tanto meno efficiente: molte parti
andrebbero riscritte e l’aspetto relativo alla sicurezza è lasciato in secondo piano, in quanto
comunque si tratta di una applicazione per accedere alla quale occorre essere preventivamente
autorizzati223.
Per la visualizzazione della struttura ad albero si è ricorso allo script in linguaggio javascript in
licenza BSD “Morten’s Javascript Tree Menu”224. L’utilizzo di tale codice ha permesso un notevole
risparmio di tempo nello sviluppo, in quanto si tratta di un pacchetto pronto per l’uso e dotato di
abbondante documentazione. Per la creazione dei files in formato PDF è usato il pacchetto
pdfLaTex e per quelli in formato RTF si è utilizzato uno script PHP dal costo irrisorio, reperito su
Internet225.
223
A parziale discolpa, ma a totale consolazione, si ricorda che molti software gestionali attualmente in uso sono stati
originalmente sviluppati in linguaggio Cobol e tali codici sono semplicemente stati solo sintatticamente riscritti per
adattarsi ai vari compilatori e linguaggi, mantenendo inalterato il flusso logico dell’elaborazione.
224
Cfr. http://www.treemenu.org/
225
Cfr. http://paggard.com/projects/rtf.generator/
167
5.3.3 La struttura del database
L’attuale database, sufficientemente normalizzato, consiste in una novantina di tabelle: la maggior
parte di esse possiedono come chiave un codice assegnato dal sistema in maniera completamente
trasparente all’utente, di modo che non sia necessario conoscerne il valore per effettuare le normali
attività quotidiane.
Entrando nel dettaglio, la struttura anagrafica del cliente è memorizzata in tabelle (ditta,
stabilimento, gruppo, persona, strumento, telefono, fax, email, Web) ed è utilizzato un sistema di
puntatori tra le chiavi per indicare i nodi superiori nella struttura ad albero dell’organizzazione del
cliente, in una tipica di relazione “uno a molti”.
L’attraversamento – di tipo “pre order” – della struttura è eseguito in maniera ricorsiva226, quindi
con grande spreco di tempo: tuttavia, la velocità delle macchine attuali e, soprattutto, la piccola
entità del numero dei nodi da attraversare, rende di fatto di scarsa importanza la sostituzione della
struttura dati attuale e dell’algoritmo di attraversamento con tecniche maggiormente efficienti227.
E’ attualmente utilizzata la versione 4.1.X di MySql. La versione 5.0.X, ora in beta, permetterà
l’uso delle viste e delle stored procedures, a grande vantaggio della compattezza (e quindi, con
minore presenza di bachi) del codice PHP.
5.3.4 Le stampe
Un problema diffuso in ambiente Windows è la grande dipendenza dell’output su stampante:
stampanti diverse generano formattazioni diverse. Per ovviare a ciò si è adottato il formato PDF,
generato da PDFLaTeX228. Sebbene possa sembrare ingiustificato l’uso di un potente strumento di
scrittura di testi come LaTeX, occorre tenere presente l’elevata qualità grafica desiderata per i
documenti prodotti.
Tuttavia, per comodità, è anche possibile ottenere stampati o report in formato RTF, elaborabile
dalla maggior parte dei software di trattamento testi. I dati, recuperati dal database, sono elaborati
fondendo insieme le definizioni del “modello” (inteso come script PHP) e la eventuale definizione
“grafica” della Carta Intestata della società (composta mediante LaTeX),
La figura seguente illustra il processo che porta all’ottenimento di un report, o più in generale, di un
documento, in formato PDF o RTF.
226
Cfr. R. Sedgewick, “Algoritmi in C”, 1993 , Addison Welsley
In effetti, ad un profiling del codice risulta che la maggior parte del tempo è impiegato per il recupero dei dati. Ad
esempio con quelle proposte in http://freephp.html.it/articoli/view_articolo.asp?id=165, conosciuto con il nome
Modified Preorder Tree Traversal
228
Cfr. http://www.latex-project.org/
227
168
Modello
(PHP)
Dati
(da MySQL)
Compilatore LaTeX o RTF
Documento
(formato pdf, rtf)
Carta intestata
(LaTeX)
Figura 5.4: Creazione di report e documenti mediante il sistema MOIS
E’ così possibile, utilizzando modelli diversi, presentare i medesimi dati in forma diversa, a seconda
dell’uso del report stesso.
5.3.5
In futuro
Dal punto di vista tecnico, il middleware PHP richiede una revisione del codice, in modo da rendere
uniforme le tecniche di accesso ai dati del database e alle variabili di script, prestando attenzione
alle tecniche suggerite in rete e in bibliografia per una scrittura di codice PHP il più possibile
intrinsecamente sicuro.
Analogamente, la struttura del database dovrà essere migliorata, eliminando alcune ridondanze e,
non appena disponibile la versione di produzione 5.0.X per MySQL, utilizzare quanto più possibile
le viste per permettere – se non un più veloce – un accesso ai dati maggiormente fluido.
Attualmente è allo studio un sistema per garantire un accesso concorrente sicuro alle pagine di
modifica dei dati, ovviamente utilizzando le sessioni del protocollo HTTP e memorizzando in una
apposita tabella del database l’oggetto e il soggetto della modifica in atto229.
Dal punto di vista funzionale occorrerà invece permettere la nidificazione di gerarchie più
complesse di quelle attualmente possibili, ad esempio permettendo che un gruppo dipenda da una
229
Ma, come colui che realizza siti web fortemente dinamici sa molto bene, ciò rappresenta un notevole scoglio di
difficoltà da superare. L’idea fondamentale si basa sull’osservazione che per vigilare sulla chiusura repentina della
pagina e su un’interruzione della comunicazione si possa usare una routine con una funzione di watch-dog,
eventualmente mediante l’uso di un componente tipo ActiveX o di un’applet java.
169
persona. Ciò al fine di permettere la memorizzazione di strutture complicate quali, ad esempio, i
dipartimenti dei vari dicasteri italiani o delle università. Naturalmente, è molto probabile che ciò
comporterà anche una revisione della struttura del database, per la quale è già sin da ora prevedibile
un’unica tabella per i nodi dotati di indirizzo postale (ditte, stabilimenti, gruppi) e caratterizzati dal
fatto di appartenere alla medesima struttura (ad esempio utilizzando la chiave del nodo radice), in
modo che siano leggibili con un’unica query.
Infine, completando la parte che permette la registrazione delle attività relative all’assistenza
tecnica, si perseguirà sempre più la “fusione” tra prodotto e servizio, anche a livello di gestione
mediante lo strumento informatico.
5.4
Considerazioni finali
5.4.1 Uso del sistema CRM
Il sistema è attivo da dicembre 2001 e, alla fine di maggio 2005, presenta i seguenti dati di utilizzo:
Numero di nodi inseriti
Nodo
Fino al 2002
2003
2004
Maggio 2005230
Totale231
Ditte
1156
224
191
262
1833
Stabilimenti
409
49
47
179
684
Gruppi
484
116
120
335
1055
Persone
2156
612
742
1182
4692
Indirizzi email
131
322
734
701
1888
Numeri di telefono
2379
570
622
1188
4759
Numeri di fax
1766
505
446
808
3525
Numero di Offerte
1439
1416
1358
701
4914
Tabella 5.3: Numero di nodi inseriti in MOIS nel tempo
Come si può osservare, con questi dati è possibile avere una misura della quantità di informazione
acquisita dal cliente nel tempo, e quindi il grado di incremento dei contatti di cui è mantenuta
traccia.
230
Dall’inizio di Maggio 2005 anche la sede di Roma ha iniziato ad inserire dati, occupando una persona praticamente a
tempo pieno.
231
Comprensivi dei dati inseriti prima del 2003, per i quali non è possibile risalire alla data di inserimento.
170
Uno dei problemi principali del sistema MOIS è l’uso che i professionals ne fanno, o meglio, non
ne fanno. Al fine di monitorare costantemente la situazione (e con ciò possiamo rifarci ai
suggerimenti di S. Kermally232) è possibile la consultazione on-line di MOIS circa le statistiche di
utilizzo del sistema. Interessante è osservare l’accelerata che l’uso di MOIS ha subito negli ultimi
mesi da parte del personale del front office, spinto dalle insistenze dell’Amministratore Delegato e
dall’autore:
Figura 5.5 Modifiche effettuate sui nodi
Figura 5.6: Modifiche effettuate sui nodi
232
Cfr. S. Kermally, “Effective Knowledge Management”, 2002, Wiley
171
Il numero delle offerte effettuate mediante il sistema MOIS, dal solo ufficio Nord, è rappresentato
nel grafico seguente:
Figura 5.7: Numero di offerte realizzate con MOIS dalla sede Nord
Dall’inizio del mese di Luglio 2005, anche la sede di Roma ha cominciato ad effettuare le offerte
mediante il sistema MOIS, e ciò rappresenta un grande passo in avanti relativamente all’uniformità
del comportamento verso il cliente (soprattutto verso quelli dislocati in più sedi sul territorio
italiano).
5.4.2 Politica di sviluppo di MOIS
Gran parte del lavoro futuro che attende Metrohm Italiana Srl sarà quello di rendere l’uso di MOIS
parte integrante della propria attività Per agevolare questo passaggio, la direzione ha fornito, a spese
aziendali, un connessione ADSL a ogni professionals. Per monitorare il successo di tale iniziativa,
che si spera essere abilitante nei confronti dell’uso del sistema, è possibile visualizzare graficamente
l’origine della connessione, dalla rete locale (nel grafico indicata con Intranet) o esternamente (nel
grafico indicato con Internet). Sebbene tali dati (raccolti dal 1 gennaio 2004), espressi in valore
assoluto non siano confortanti, nonostante siano già passati circa cinque mesi dall’inizio della
disponibilità ADSL, ci si auspica che in un futuro – si pensa a settembre o a ottobre prossimi – essi
possano finalmente annunciare una reale inversione di tendenza, che sancirà l’uso dello strumento
informatico MOIS come essenziale nella normale attività quotidiana.
172
Figura 5.8: Origine delle connessioni al sistema MOIS
Entro la fine dell’anno 2005 verrà portato a termine la parte relativa all’assistenza tecnica (contratti
di manutenzione, programmata e non) e, a quel punto, il sistema si potrà ritenere sufficientemente
completo per le esigenze di una PMI commerciale come Metrohm Italiana Srl.
Se nascerà l’esigenza, si doterà il MOIS di un sistema per la gestione delle opportunità, in modo che
l’Amministratore Delegato – che è anche il Direttore delle vendite – possa mantenersi
costantemente e dettagliatamente informato sullo stato delle trattative in corso.
Dal punto di vista dello sviluppo del codice, si potrà scegliere il modello di manutenzione che più si
adatta alla visione aziendale: al momento le ipotesi sono tre:
1) lo sviluppo sarà portato avanti solamente da personale di Metrohm Italiana Srl;
2) lo sviluppo sarà portato avanti da un gruppo di collaboratori Metrohm, italiani e svizzeri (in
passato era stato manifestato un certo interesse), al fine di proporne l’uso ad altre consociate;
3) si tenterà l’apertura di un progetto su sourceforge.net
Sebbene la terza opzione appaia la più elegante e gratificante, l’autore ritiene che le prime due, in
particolare la seconda, possano permettere il mantenimento della conoscenza operativa insita in
MOIS all’interno di Metrohm, a totale vantaggio sulla concorrenza.
173
6
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Ringrazio tutti coloro che, tra amici e colleghi, mi hanno incitato e aiutato a portare a termine gli studi da
tempo intrapresi: in particolare mia moglie, che, oltre a starmi vicino, mi ha aiutato nella revisione della
stesura finale del lavoro e mi ha dato utili indicazioni riguardo la parte in cui sono trattati argomenti di
psicologia sociale.
Un particolare ringraziamento al Prof. Mario Benassi e al Dott. Daniele Pagani, che con i loro preziosi
suggerimenti mi hanno aiutato ad arricchire e meglio inquadrare le tematiche esposte.
Infine, con profonda riconoscenza, un “grazie” – “grazie, Mario”233 – all’Ing. Cosimo Santini, per la fiducia
e la conseguente libertà concessami nell’esercizio della mia attività in Metrohm Italiana Srl.
PS: per Nena: a proposito di conoscenza, “presto ti accorgerai come è facile farsi un inutile software di
scienza, e vedrai che confuso problema è adoprare la propria esperienza”234.
233
234
Cfr. “Non ci resta che piangere”, 1984, Regia di R. Benigni e M. Troisi.
Cfr. F. Guccini, “Culodritto”, 1987
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