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casastile
La competenza
dei materiali
a cura di Rossella Conte
VETRO - CRISTALLO
CERAMICA - PORCELLANA
ACCIAIO
RIVESTIMENTO ANTIADERENTE
ARGENTO
In collaborazione con ART Arti della Tavola e del Regalo
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PREFAZIONE
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Capitolo primo IL VETRO
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1.1 Le origini del vetro
1.2 Che cos’è il vetro?
1.3 La lavorazione manuale vs la lavorazine industriale
1.4 L’arte del decorare
1.5 Il vetro rispetta l’ambiente e non solo
Capitolo secondo LA CERAMICA
21
2.1 Le origini della ceramica
2.2 Che cosa è la ceramica?
2.3 Le tecniche di lavorazione
2.4 Le tecniche di decorazione
2.5 Curiosità
Capitolo terzo L’ACCIAIO
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3.1 Le origini dell’acciaio
3.2 Che cos’è l’acciaio?
3.3 Come nasce la pentola?
3.4 E le posate?
3.5 La cultura del recupero
Capitolo quarto L’ANTIADERENTE
53
4.1 Le origini dell’antiaderente
4.2 Che cos’è l’antiaderente?
4.3 Come scegliere la pentola antiaderente
4.4 La manutenzione delle pentole antiaderenti
Capitolo quinto L’ARGENTO
62
5.1 Le origini dell’argento
5.2 Che cos’è l’argento?
5.3 Come nasce un oggetto in argento
5.4 Come riconoscere l’argento
5.5 Come conservare l’argento
COME APPARECCHIARE LA TAVOLA
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GLOSSARIO
71
Editore: Il Sole 24Ore spa - Gruppo 24Ore
Direttore responsabile: Antonio Greco
Direttore di redazione: Laura Tarroni
Progetto grafico e impaginazione: Fabio Anselmo / studiofans
Stampa: Faenza Industrie Grafiche
Supplemento a Casastile 352
Registr. al Trib. di Milano n. 394 del 20-X-72
R.O.C. n° 6357 del 10 dicembre 2001
Associato ANES
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La competenza dei materiali
La terra, l’acqua il fuoco… Gli oggetti che ornano le nostre
case hanno origini ancestrali, che derivano dagli elementi
dai quali scaturisce la vita stessa.
La materie prime con cui sono realizzate sono puri
e preziosi elementi della natura che la maestria e l’ingegno
dell’uomo hanno saputo interpretare e trasformare.
Raccontano storie affascinanti le cui parole chiave sono
“arte”, “innovazione”, “ricerca”, “estetica”, “qualità”.
Nelle pagine che seguono vi raccontiamo alcune di queste
storie. Sfogliando questa agile pubblicazione troverete
informazioni, curiosità, annotazioni storiche, consigli per
l’utilizzo e la manutenzione degli oggetti e suggerimenti per
la tavola e la cucina. Un modo nuovo e coinvolgente per
conoscere in maniera più approfondita i materiali con cui
questi oggetti così familiari vengono realizzati attraverso
procedimenti antichissimi o innovativi.
Questo volumetto, fortemente voluto da ART (Arti della
Tavola e del Regalo, l’Associazione delle aziende di
produzione e distribuzione di articoli per la tavola, la cucina
e il regalo), è una guida per aiutarvi a valorizzare questi
prodotti, a comprenderne i contenuti estetici, funzionali,
sociali e culturali, in qualche misura, ad amarli. Si tratta di
un invito ad acquisire una competenza che diventa sinonimo
di buon gusto, di capacità di scelta, di ricerca del bello
(che si manifesta nelle forme più semplici così come nelle
elaborazioni più complesse e originali). Buona lettura!
Donatella Galli
Presidente ART
Arti della Tavola e del Regalo
www.art-tavolaregalo.it
materiali PREFAZIONE
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© RaMstudio - RSM
FADE S.p.A.
Strada Cardio 52
47899 Serravalle
Repubblica di San Marino
Collezione Brenda
Telefono (+378) 0549 900255
Fax (+378) 0549 900719
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VE
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Capitolo primo
IL VETRO
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1.1 Le origini del vetro
Un’antica leggenda
Secondo una antica leggenda una nave di mercanti fenici, trasportante un carico di soda, approdò
alla foce del fiume Belo in Siria. Per caso questi
marinai stanchi ed affamati per il loro viaggiare,
utilizzarono i blocchi di soda naturale come supporti per cucinare. Questi con il calore del fuoco si
fusero e si mescolarono con la sabbia del litorale,
dando origine al primo materiale vetroso.
Una leggenda, ma che contiene comunque delle
verità sulla composizione del vetro e sulla diffusione di questo materiale ad opera dei Fenici.
Il vetro infatti nasce dalla combinazione della silice,
minerale contenuto nelle sabbie dolci, combinata
con la calce (carbonato di calcio); la fusione è favorita da una sostanza alcalina, la soda che veniva
ricavata nell'antichità dalle ceneri delle alghe o di
piante costiere. La sabbia del fiume Belo, in Fenicia, era molto adatta e ricercata per la fabbricazio-
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ne del vetro. Inoltre quasi sicuramente, furono i
mercanti e i navigatori Fenici a diffondere gli oggetti e le tecniche del vetro nel bacino del Mediterraneo.
In realtà
La scoperta vera e propria della materia vetrosa, in
forma di faïence o di pasta vitrea, si data alla metà
del III millennio a.C. in Mesopotamia (Iraq e Siria), preceduta solo dall’uso dell’invetriatura nell’Alto Egitto.
Durante il II millennio a.C., grazie alle navigazioni dei fenici, il vetro si è diffuso lungo tutto il
Mediterraneo. Successivamente poi, intorno al I
secolo a.C., i siriani introdussero la tecnica della
soffiatura con canna.
Solo in epoca romana ebbe il via la produzione
delle prime bottiglie a forma geometrica, mentre in
Oriente i vetrai si specializzarono nella lavorazione
del vetro soffiato.
Venezia in questo periodo divenne il massimo centro di produzione vetraria e nel 1291 le vetrerie cittadine furono trasferite nell’isola di Murano, per
proteggerla dagli incendi.
La produzione artigianale continuò fino al 1800
quando nacque e si sviluppò l’attività industriale,
che oggi affianca quella manuale con nuove tecniche di produzione sempre più efficienti.
Parte del corredo di una
tomba della necropoli
dell’Area Pleba
1.2 Che cos’è il vetro?
Il mix del vetro
Il vetro è un materiale solido amorfo formatosi per
progressiva solidificazione di un liquido viscoso,
ottenuto per fusione di minerali cristallini.
Il vetro è composto da una miscela omogenea di
ossidi in proporzioni variabili, distinti in formatori
e modificatori del reticolo vetroso. I principali formatori di reticolo (per questo detti anche vetrificanmateriali VETRO
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Curiosità
Il MIT ha realizzato un
rivoluzionario sistema per
per produrre energia solare
utilizzando comuni vetri
al posto delle costose celle
fotovoltaiche al silicio.
(Andrea Porta, 21 luglio
2008)
Un semplice vetro ricoperto
con una pellicola colorata
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ti) sono la silice (SiO2) e l’anidride borica (B2O3).
I modificatori si distinguono in fondenti (ossidi alcalini, principalmente di sodio e potassio) e stabilizzanti (ossidi alcalino-terrosi di calcio, magnesio,
bario, ..).
Le diverse sostanze che compongono il vetro sono
miscelate tra loro secondo le seguenti percentuali:
72% di silice (sotto forma di quarzo o sabbia);
15% di soda (carbonato di sodio e potassio);
10% di carbonato di calcio e magnesio;
2% di allumina;
1% di altri ossidi (che servono come coloranti).
permetterà di catturare
i raggi solari per produrre
energia elettrica con una
maggior efficienza rispetto
al passato
Canna da soffio immersa
nel crogiuolo di vetro fuso
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Le caratteristiche del vetro
La miscela di elementi che compongono il vetro gli
conferiscono:
• bassi valori di elasticità con conseguente fragilità;
• elevata trasparenza (la trasmissione della luce
dipendente in modo sensibile dalla lunghezza dell’onda incidente) e durezza (5-7 nella scala di
Mohs);
• resistenza agli agenti chimici con l’esclusione dell’acido fluoridrico che aggredisce la silice (la corrosione in presenza di acidi è di 0,05 mm/anno e di
0,3 in presenza di basi);
• indice di rifrazione 1,5-1,8 con specifici valori per
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ogni tipo di vetro;
• coefficiente di dilatazione termica compreso tra
5-100 x 10 alla - 70 °C e resistenza agli sbalzi termici inversamente proporzionale al coefficiente di
dilatazione);
• bassa conducibilità elettrica (alta resistività elettrica superficiale, fino a 10 alla 17 ohm/cm al quadrato che ne fa un prodotto isolante) e termica.
Inoltre:
• è un buon isolante e, nel vetro in silice, la conducibilità termica è di 1,3 W/m°C;
• nei vetri normali non avviene alcuna deformazione prima della frattura (resistenza meccanica compresa tra 100-10.000 kg/cm al quadrato);
Diversi impieghi diversi tipi
Esistono numerosi tipi di vetro che possono essere
classificati in diversi modi, di seguito viene riportata la suddivisione più comune, che classifica il vetro
in base al suo impiego.
- Vetro comune è trasparente ed è usato per finestre, specchi e servizi da tavola. Il vetro per bottiglie
viene spesso colorato con ossidi di ferro o altre sostanze.
- Vetro neutro viene impiegato nell’industria farmaceutica.
- Vetro atermico o Pyrex è resistente al calore, viene
impiegato nella vetreria domestica e per recipienti
usati nei laboratori chimici.
- Vetro ottico limpidissimo e trasparente, viene usato per lenti, occhiali, apparecchi scientifici.
- Cristallo è formato da silicati di piombo e di
potassio ed è caratterizzato da una notevole brillantezza e sonorità metallica. Si presta per la molatura e l’incisione ed è utilizzato per articoli di elevata
qualità.
È stata concordata una classificazione dei diversi
tipi di vetro cristallo in funzione delle differenti percentuali di ossido di piombo contenute.
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In alto, i minerali cristallini
Sopra, la bacinella d’acqua
per il raffreddamento
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Sabbia di silicio, soda
e carbonato di calcio
e magnesio
Chi ha inventato
la bottiglia?
Nel corso dei secoli l’uomo
ha utilizzato ogni tipo
di oggetti come contenitori
di liquidi, ma furono gli
egiziani a creare il primo
esemplare di bottiglia
di vetro. Erano recipienti
primitivi, fabbricati
La tabella in alto ne spiega le caratteristiche e le denominazioni.
modellando uno stampo di
terra o d’argilla attorno a un
cilindro di legno, spalmando
poi lo stampo con vetro
polverizzato misto a
sostanze adesive e quindi
immergendolo in un forno
pieno di vetro fuso.
Niente tappi. I recipienti
- Specchio viene utilizzato per fabbricare gli specchi. Si parte da lastre di vetro perfettamente parallele, senza difetti.
Per ottenere la superficie riflettente si fa depositare
sul vetro uno strato sottile di argento per gli specchi
pregiati, di stagno e alluminio per gli specchi comuni, di piombo per gli specchi scuri.
Gli strati metallici vengono poi protetti con vernici.
in vetro soffiato, invece,
non apparvero fino all’anno
200 avanti Cristo.
1.3 La lavorazione manuale vs
la lavorazine industriale
Un particolare curioso: le
prime bottiglie non erano
fornite di tappo e potevano
quindi essere impiegate
soltanto per servire le
bevande in tavola, ma non
per conservarle a lungo.
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Vetro piano e vetro cavo.
Un’ulteriore classificazione dei vetri basata sui metodi di produzione distingue il vetro piano da quello cavo.
Il vetro piano è costituito dall’insieme di produzione delle lastre piane ed è utilizzato nei mezzi di tramateriali VETRO
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TABELLA 1 – CATEGORIE VETRI DI QUALITÀ
Categoria
Ossidi metallici
Cristallo superiore
PbO >30%
Densità gr / cm3
Indice rifrazione
Etichetta
>3,00
nD = >1,5450
Rotonda
colore oro
Cristallo al piombo PbO >24%
>2,90
nD = >1,5450
Rotonda
colore oro
Vetro sonoro
superiore
ZnO – BaO
PbO – K2O
singolarmente
o combinati
> 10%
>2,45
nD = >1,5200
Quadrata
colore argento
Vetro sonoro
BaO - PbO - K2O
singolarmente
o combinati
> 10%
>2,40
Triangolare
colore argento
Fonte: RCR (2008)
sporto e nell’edilizia. La formatura del vetro piano
avviene per stiratura verticale oppure con il sistema
float.
La stiratura verticale consiste nel sollevare da una
massa fusa un velo di vetro di sufficiente plasticità
da poter essere innalzato evitando il restringimento
laterale. Il vetro, ridotto a forma di nastro continuo,
viene spinto a sollevarsi attraverso una fessura orizzontale, ricavata in un blocco refrattario mantenuto sommerso nel vetro fuso, e quindi viene fatto
passare attraverso due serie di rulli.
A partire dalla fine degli anni Cinquanta invece, è
stato introdotto il processo float (Pilkington) in
sostituzione dei precedenti metodi di tiratura.
Il prodotto che si ottiene (float glass) ha sostituito il
cristallo ottenuto da molatura di vetro greggio tirato. Nel processo denominato float glass, la pasta
vitrea, proveniente dal crogiolo alla temperatura di
1.100 °C, assume forma perfettamente piana in un
forno a tunnel la cui base è formata da un letto di
7cm di stagno fuso. Questo è posto in atmosfera
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condizionata debolmente riducente, contenente
azoto e idrogeno, in modo da non essere ossidato.
Lo stagno leviga la superficie inferiore del vetro per
diretto contatto, mentre la parte superiore si
appiattisce per gravità essendo ancora allo stato
semifuso.
Il vetro cavo invece è quello tipico di tutti i contenitori e, in particolar modo, delle bottiglie. Due sono
i tipi di lavorazione: manuale e industriale.
La rifinitura di un pezzo
in cristallo
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La lavorazione manuale
La lavorazione manuale acquistò massimo sviluppo
con l’invenzione della canna da soffio ed è fondata
sull’energia di cui sono capaci i polmoni umani:
l’aria introdotta attraverso la canna nell’interno di
una massa di vetro incandescente, tolta dal crogiolo in quantità commisurata all’oggetto da produrre,
riscaldandosi, agisce per pressione sulle pareti interne, genera lo stiramento della massa che man
mano assume la forma voluta dall’abilità del maestro soffiatore.
L’operaio immerge una canna da soffio nel crogiolo contenente il vetro fuso e, soffiando, trasforma il
vetro in globo al quale far assumere spessore e
forma diversi, avvalendosi di appropriati movimen-
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J&J Jesurum
“Non ci può essere un buon
modo di vivere dove non
c’è un buon modo di bere”
Benjamin Franklin
Distribuito da Corrado Corradi – ww.corrado-corradi.it
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ti e di utensili come pinze e spatole. Talvolta, l’operatore, per ottenere oggetti di uguale dimensione,
soffia il vetro prelevato con la canna in uno stampo
apribile di legno o metallo. Tale operazione, detta
di stampaggio, può essere eseguita in maniera automatica e continua, utilizzando macchinari di elevata produttività, capaci di lavorare fino a 70 t. di
vetro in 24 ore.
La lavorazione meccanica
Nella lavorazione meccanica la formazione dell’abbozzo viene in genere ottenuta in un primo stampo, detto appunto stampo abbozzatore, dal quale,
con sistemi diversi a seconda del tipo di macchina,
l’abbozzo viene trasferito al secondo stampo, finitore, dove avviene la soffiatura finale.
L’abbozzo, come inizialmente accennato, può essere ottenuto per soffiatura o per pressatura, mentre
la forma definitiva si ottiene sempre mediante soffiatura.
Operazione di stampaggio
Le fasi di produzione si possono così sintetizzare:
• le materie prime, contenute in silos, vengono
opportunamente dosate, miscelate ed immesse nel
forno fusorio per mezzo di nastri trasportatori.
• Il forno, costruito in materiale refrattario in grado
di resistere per anni alle elevate temperature di
fusione (1.600°C), è prevalentemente alimentato
con gas metano e autoregolato in tutte le sue funzioni. Attivo 24 ore su 24, è controllato da monitor
e calcolatori di processo che consentono di verificare costantemente i parametri di funzionamento e di
ottenere la corretta vetrificazione delle materie prime.
• Il liquido fuso in uscita dal forno, entra in canali
di condizionamento termico e, raggiunta l’opportuna viscosità, viene “tagliato” in gocce di dimensione e peso proporzionale all’oggetto che si vuole
realizzare. La goccia di vetro incandescente (1.200
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°C circa) giunge, per caduta verticale guidata, allo
stampo della macchina formatrice.
“Il processo tradizionale di “formatura” di un contenitore con il procedimento “soffio-soffio” ha trovato le sue evoluzioni nel processo “presso-soffio”
dapprima applicato a contenitori con imboccatura
di grande dimensione e recentemente anche nei
più difficili contenitori con imboccatura stretta.
Queste nuove tecnologie consentono di ottenere
contenitori più leggeri con migliori prestazioni
meccaniche.
“Alla formatura segue la fase di “ricottura”, procedimento che consente di eliminare le tensioni del
vetro mediate riscaldamento preliminare e successivo raffreddamento graduale dell’oggetto fino a
raggiungere la temperatura ambiente. Dopo l’avvenuta formatura il contenitore è infatti sottoposto a
fortissime tensioni poiché la superficie esterna, a
contatto della temperatura ambiente, tende a raffreddarsi più velocemente della superficie interna.
Le tensioni generate da questo squilibrio termico
potrebbero compromettere la resistenza meccanica
del contenitore.
“Segue un accurato controllo qualitativo automatico che sottopone a verifica tutte le caratteristiche di
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Rifinitura automatica
dei bordi
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ogni singolo pezzo prodotto: dimensioni, forma,
spessore, calibratura delle bocche, integrità, resistenza. I contenitori non considerati idonei vengono espulsi automaticamente dalla linea di imballaggio ed immediatamente riciclati nel medesimo processo produttivo per essere rifusi. L’impiego delle
più recenti tecnologie consente la gestione e il monitoraggio di tutto il ciclo produttivo per mezzo di
apparecchiature computerizzate, mentre strumenti
altamente sofisticati e specializzati assicurano il
controllo su base statistica, al fine di ottenere il
livello qualitativo del prodotto finito rispondente
alle esigenze degli imbottigliatori, della distribuzione fino al consumatore.
Con queste macchine automatiche il contenitore
(bottiglia, vaso, ecc.) si forma in pochi secondi. Si è
passati così da una produzione di alcune centinaia
di pezzi in un laboratorio artigianale, a centinaia di
migliaia che escono ogni giorno da un singolo impianto.
1.4 L’arte del decorare
Molti lavori vetrari sono frutto dell’abilità di artigiani che successivamente abbelliscono le superfici
con tecniche cosiddette a freddo. In molti lavori
l’abilità del decoratore trasforma manufatti vitrei
semplici in vere e proprie opere d’arte.
Vediamone alcuni:
- L’incisione. Consiste in una graffiatura sottile con
una punta di un materiale più duro del vetro (acciaio vidiam, corindone, diamante) sulla superficie. Si
tratta di una tecnica molto antica che è stata applicata al vetro come derivazione dalle pietre dure.
Il solco appare opaco ed in tal modo si possono
tracciare disegni o decorazioni o semplicemente
scrivere sul vetro.
- L’acidatura. Immergendo un vetro in una miscela di acido fluoridrico e solforico si ha la corrosione
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JINGYA
NG
VERONICA
SHANGRI-LA
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Produzione seriale
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della superficie.
Le parti dell’oggetto che non devono venire a contatto con l’acido sono ricoperte con materiale
impermeabile (cere o materie grasse) in modo che
l’acido agisce solo sulle zone scoperte.
- La sabbiatura. La superficie del vetro può essere
attaccata e quindi smerigliata anche per effetto di
un getto di sabbia spinta dall”aria compressa contro la superficie.
La finezza della smerigliatura dipende dal tipo e
dalla violenza del getto e dalla granulometria della
sabbia. Le parti della superficie che non devono
essere smerigliate vengono protette con delle maschere di metallo nelle quali sono ritagliati i disegni
da riprodurre sul vetro.
- La pittura su vetro. Vi sono tre tecniche per la pittura sul vetro.
1 - La tecnica tradizionale delle vetrate che utilizza
lastre colorate: con il pennello vengono segnati i
contorni e le ombreggiature; si usa quindi la grisaglia che per cottura in forno viene fissata irreversibilmente al vetro.
2 - La pittura con smalti fusibili colorati, trasparenti od opachi, che vengono fissati per cottura in
forno.
3 - La pittura a freddo con colori che si fissano per
essiccamento del legante e senza cottura. Quest’ultima può essere facilmente rimossa per abrasione.
- La serigrafia. Con questa tecnica, la decorazione
viene impressa attraverso un cliché appoggiato
sulla superficie del vetro. Per fare questo si utilizza
un telaio metallico sul quale viene teso un tessuto
sintetico (in origine era di seta da cui deriva il nome
della tecnica ). Il cliché si ottiene con un sistema
foto-meccanico che permette di aprire le maglie del
tessuto nelle parti del disegno che deve essere riprodotto. Un vetro bassofondente, polverizzato e
mescolato ad un pigmento, viene messo sopra il
telaio e fatto passare attraverso le maglie aperte del
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tessuto con una spatola di gomma.
- Gli smalti. Sono vetri facilmente fusibili, contenenti per questo molti ossidi bassofondenti come
quelli di piombo,boro e bismuto. Essi sono colorati
con gli stessi ossidi e composti usati per i vetri, ma
in concentrazioni molto più elevate, dato il sottile
spessore con cui vengono applicati. Possono essere
sia opachi che trasparenti.
I colori per la pittura si compongono quindi di un
vetro facilmente fusibile (fondente), che serve ad
ancorare il colore alla superficie dell’oggetto e da
un preparato colorante. Il miscuglio dei due componenti in polvere finissima, sospesi in un legante
organico oleoso, sono applicati sul vetro a pennello
o a spruzzo, lasciati essiccare e quindi scaldati in
una muffola a temperatura relativamente bassa
(circa 500°C) per evitare la deformazione del manufatto, fino alla fusione del fondente.
Decorazione con la tecnica
dell’incisione
1.5 Il vetro rispetta l’ambiente e non solo
Numerose sono le qualità del vetro
Il vetro è innanzitutto un materiale inerte, cioè non
contamina l’ambiente dal quale viene lentamente
trasformato in silicati ed è anche un materiale ideale per bloccare componenti pericolosi che possono
essere fusi nel vetro e inertizzati nella sua struttura.
Non solo, il contenitore in vetro è anche il più adatto per confezionare alimenti e bevande in quanto
non determina reazione con le sostanze con cui
viene a contatto, conservandone meglio caratteristiche chimiche ed organolettiche (gusto e profumo).
Il vetro oltre il risparmio energetico.
A differenza di altri materiali, il vetro può essere
rifuso infinite volte conservando le sue proprietà. Il
suo riciclo è un processo ecologico in tutti i suoi
aspetti. Esso riduce la quantità di rifiuti da trattare
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Decorazione con la tecnica
dell’incisione
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o gettare in discarica, consentendo, oltre a ridurre
il danno ambientale, un risparmio sui costi di trasporto e smaltimento dei rifiuti.
Il rottame riduce l’inquinamento dovuto ai fumi di
combustione. Milioni di quintali di olio combustibile sono risparmiati ogni anno in Europa grazie al
riciclo del vetro; alcuni forni, usati per la produzione di contenitori colorati, utilizzano oltre il 90% di
rottame nella miscela vetrificabile. Inoltre è ridotta
l’emissione di CO2, il gas che provoca l’effetto
serra, in quanto viene eliminato il contributo di
anidride carbonica derivante dalla decomposizione
dei carbonati presenti nelle materie prime.
Il vetro che non può essere completamente riciclato per fusione (ad esempio gli schermi TV, il vetro
colorato dei finestrini delle auto...) trova altri impieghi, per esempio viene utilizzato nella produzione
di fibre di vetro per l’isolamento termico, come
additivo nella produzione di asfalti, ecc.
La ricerca è oggi orientata a studi finalizzati al riciclo totale: nel prossimo futuro in Europa tutto il
vetro prodotto sarà interamente riciclato.
Ottimizzazione del lavaggio
Il lavaggio manuale è sempre preferito.
Nel caso dell’utilizzo di una lavastoviglie:
• Scegliere detergenti possibilmente liquidi a bassa alcalinità;
• evitare il più possibile i multidetergenti solidi;
• scegliere un programma di lavaggio idoneo:
1. Tempi brevi di lavaggio (max.20-30 min.)
2. Basse Temperature di lavaggio (max.50°C)
3. Evitare di mettere il vetro assieme a vasellame e pentole con residui di grasso
• evitare possibilmente il Brillantante se il tempo di risciacquo è breve;
• controllare che non manchi mai il sale nella lavastoviglie;
• durezza H2O ideale (10-14°F);
• aggiungere 1 bicchiere di aceto di vino durante il ciclo di lavaggio;
• togliere i bicchieri solamente dopo che sono completamente asciutti.
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CER
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Capitolo secondo 2.1 Le origini della ceramica
LA CERAMICA
Una scoperta casuale
Il termine ceramica deriva dal greco kéramos, argilla, e comprende una vastissima gamma di prodotti ottenuti modellando impasti di argilla e di altre terre. Successivamente questi sono cotti e, spesso, ricoperti di un rivestimento impermeabile di
smalto o vernice.
Si tratta di una delle maggiori conquiste dell’età
neolitica, la cui scoperta è stata del tutto casuale:
una volta compreso che l’argilla, impastata e lavorata, sotto l’azione del fuoco si consolidava, si capì
che era comodo foggiarla prima della cottura per
poi poterla sfruttare come recipiente e contenitore.
La pasta era di solito argilla naturale non decantata; le forme si ricavavano dalla manipolazione del
blocco di pasta, oppure con la sovrapposizione a
spirale di cilindretti di terra che poi venivano livellati: in ogni caso, il fondo veniva essiccato a temperatura ambiente e poi cotto vicino al fuoco.
Dal Neolitico ai giorni nostri
I primi manufatti quindi risalgono al Neolitico, e si
compongono di vasellame cotto direttamente sul
fuoco. In seguito l’arte vide l’introduzione del torArgille del periodo Neozoico
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nio, che consentì di ottenere facilmente oggetti aggraziati e di perfetta simmetria rispetto all’asse di
rotazione. L’introduzione della verniciatura vetrosa, in uso dal II millennio a.C. in Mesopotamia,
migliorò ulteriormente la resistenza all’usura e le
caratteristiche estetiche. Una vera rivoluzione si
ebbe, tuttavia, con la scoperta della lavorazione
della porcellana, che si fa risalire all’VIII secolo d.c.
in Cina.Verso la fine del 1800 poi, la produzione di
ceramica prende corpo, grazie all’introduzione di
alcune tecniche industrializzate. Ma è solo negli
anni 60 e 70 del secolo scorso che il mercato della
ceramica in Italia vide una vera impennata. La produzione viene completamente automatizzata in tutte le sue fasi e vede l’introduzione di un nuovo macchinario: l’atomizzatore. Questo consentì di sostituire i filtri pressa usati nella preparazione ad umido
degli impasti. Dagli anni 80 in poi, ci si è concentrati soprattutto sulle tecniche di cottura veloce e sulla
riduzione dell’impatto ambientale della produzione.
2.2 Che cosa è la ceramica?
La composizione della ceramica
La ceramica è un materiale composto inorganico,
non metallico, rigido e fragile (dopo la fase di cot-
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tura), molto duttile allo stato naturale, con cui si
producono diversi oggetti, quali vasellame e statuine decorative. È inoltre usato nei rivestimenti ad
alta resistenza al calore per le sue proprietà chimico-fisiche e il suo alto punto di fusione. Solitamente
di colore bianco, può venire variamente colorata e
smaltata. La ceramica moderna è usualmente composta di diversi materiali: argilla, feldspato, sabbia,
ossido di ferro, allumina e quarzo.
Una composizione così articolata determina la presenza di strutture molecolari appiattite dette fillosilicati. La forma di questi, in presenza di acqua,
conferisce all’argilla una certa plasticità e ne rende
la lavorazione più facile e proficua.
I diversi tipi di ceramiche
I prodotti ceramici possono essere suddivisi in due
macrocategorie:
• Ceramiche a pasta porosa. Sono tipicamente le terracotte, le maioliche e le terraglie. Hanno pasta tenera e assorbente, più facilmente scalfibile.
La terracotta è il più elementare degli impasti argillosi. Ha consistenza porosa e dopo la cottura assume toni rossastri, dovuti alla presenza di composti
ferrosi che vanno dal rosso rosato al rosso porpora
intenso, dipendentemente dal fuoco impiegato per
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la cottura e dal tipo di argilla. Sono utilizzate sia
con che senza rivestimento superficiale. Le prime
come ceramica strutturale e ornamentale: mattoni,
tegole, coppi, vasi, brocche, ecc. Le seconde soprattutto come vasellame da cucina: tazze, piatti, pentole. Un perfezionamento di questo sistema consisteva nella cosiddetta ceramica a freddo, in cui la
terracotta veniva ricoperta con colori o patinature
di varia specie. Il metodo, molto usato dagli antichi
greci, è oggi praticamente abbandonato e sostituito
con la rivestitura a fuoco.
Nella maiolica (nome derivato da Maiorca, dove gli
Arabi avevano impiantato una vasta produzione)
l’impasto sottoposto a una prima cottura e chiamato biscotto, viene ricoperto da vernici solitamente a
base di stagno (bianche) interamente coprenti in
modo da mutare totalmente l’aspetto e il pregio del
prodotto. La decorazione è effettuata sopra tale rivestitura e s’incorpora alla maiolica durante la seconda cottura.
La maiolica è detta anche faenza dal nome della
notissima città italiana che nel Rinascimento fu
uno dei più importanti centri di produzione e anche oggi, le cosiddette ceramiche di Faenza sono
conosciute e apprezzate in tutto il mondo.
Di impiego più recente è la terraglia. Si tratta di un
materiali CERAMICA
Curiosità
Cosa può accumunare un
piatto decorato a mano con
i freni di un’auto sportiva?
La composizione fisica della
materia. La ceramica,
infatti quest’ultima è
utilizzata da alcuni
costruttori come Porsche per
costruire i dischi dei freni.
Da qui, in occasione del
“Meissen Porcelain
Exhibition” organizzata
nel giugno 2008 per
celebrare il 300esimo
anniversario dalla scoperta
della porcellana, l’idea di
affiancare antiche stoviglie
in porcellana che per tre
secoli hanno imbandito le
tavole delle famiglie più
nobili d'Europa ai freni di
alcune Porsche.
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tipico prodotto inglese che vide il nascere della propria diffusione nel primo quarto del XVIII secolo,
principalmente grazie alle creazioni di J. Wedgwood.
Sotto il nome terraglia è compresa una grandissima
quantità di prodotti che vanno dalle classiche pentole e tegami ricoperti di vernice al piombo, fino ai
caratteristici orci per l’acqua di produzione paesana. Questo tipo di stoviglie di basso costo è generalmente costituito di terra bianca verniciata ed è
detto anche terraglia tenera. Di maggior pregio è la
terraglia dura, sempre bianca o in tinta avorio,
raramente di pasta colorata artificialmente, più
resistente perché cotta a temperature più alte e
ricoperta con smalto più fine.
Articoli in grès
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• Ceramiche a pasta compatta. Rientrano nel gruppo il
grés, la bone china e la porcellana. Hanno una bassissima porosità e buone doti di impermeabilità ai
gas e ai liquidi.
Il grès è una particolare ceramica caratterizzata da
una pasta compatta, impermeabile e opaca, ottenuta con la cottura di un impasto di fondenti e
argille speciali ad altissime temperature. Il grés fu
largamente utilizzato fin dalle antiche civiltà orien-
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Fasi della produzione
artigianale
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tali e si diffuse in Europa nel XV secolo.
I colori variano a seconda dei composti ferrosi presenti. Per ottenere grés bianchi si utilizzano impasti
artificiali a base di argille cuocenti bianche e rocce
quarzoso-feldspatiche che inducono la greificazione della massa. La bone china o spode china è un
prodotto ceramico nato in Inghilterra in risposta
alla porcellana europea che imperava dal 1740.
Nel 1780 il ceramista Josiah Spode per migliorare
la qualità estetica e funzionale della classica terraglia inglese inventò la bone china. La composizione tipica della bone china è:
- 50% cenere d’ossa;
- 25% caolino;
- 25% cornish stone pietra di Cornovaglia o miscela di quarzo e feldspato.
La porcellana è considerata il più “alto” livello di
produzione ceramica per gli orientali. È stata
inventata in Cina attorno al VIII secolo ed è realizzata con caolino, silice (o sabbia quarzosa) e feldspato. Il caolino le conferisce le proprietà plastiche
e il colore bianco; il quarzo è il componente inerte
e svolge la funzione di sgrassante, consentendone
inoltre la vetrificazione; infine il feldspato, viene
definito fondente, perché, fondendo a temperature
più basse, abbassa notevolmente la cottura dell’impasto ceramico (1280 °C).
A differenza delle altre ceramiche la pasta della
porcellana è bianca, compatta, traslucida, impermeabile e si presta benissimo a decorazioni pittoriche e plastiche.
2.3 Le tecniche di lavorazione
Produzione artigianale
L’elemento di partenza è l’argilla che deve essere
opportunatamente selezionata in base alla lavorazione che si intende portare avanti. Una volta selezionata e ripulita delle impurità si può procedere
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Morbide volute dai colori
evanescenti appoggiano sulla bianca bone china, decorando con lievi toni argentei e
dorati tutti i pezzi dalle forme
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con l’impasto che tende ad eliminare eventuali
bolle d’aria e a rendere l’argilla compatta, in modo
da prevenire il formarsi di crepe nel prodotto finito.
La modellazione a stampo
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La modellazione
La seconda fase è la cosiddetta modellazione, che
può avvenire con diverse tecniche. Tra le più importanti possono essere citate le seguenti.
La modellazione a mano libera è la più antica e
ricorda il gioco dei bambini con la plastichina: si
prende una porzione di argilla e, con il solo uso
delle mani, si modella fino ad ottenere la forma
desiderata.
La modellazione al tornio è usata soprattutto per la
produzione di vasellame caratterizzato da una simmetria rispetto all’asse di rotazione. Il tornio è un
supporto girevole, simile ad un piatto, la cui velocità viene stabilita per mezzo di un pedale. La massa
di argilla viene posta al centro del piatto e qui viene
modellata con l’uso delle mani o di altri strumenti.
La modellazione a stampo utilizza uno stampo in
gesso, precedentemente preparato in ottica della
forma che si vuole dare all’impasto. L’argilla liquida viene versata nello stampo. Una volta essiccata
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La modellazione a stampo
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viene estratta e rifinita a mano.
È molto importante che i manufatti in argilla essicchino completamente all’aria. Attraverso l’essiccazione l’oggetto perde l’umidità residua e la sua plasticità.
L’ultima fase è la cottura che modifica la struttura
del prodotto finale. In base alla temperatura adottata si possono ottenere risultati diversi:
• terracotta - si ottiene tra 960 e 1030 °C ;
• terraglia tenera - si ottiene tra 960 e 1070 °C;
• terraglia dura - si ottiene tra 1050 e 1150 °C;
• grés - si ottiene tra 1200 e 1300 °C;
• porcellana tenera - si ottiene tra 1200 e 1300 °C,
previo utilizzo di caolino;
• porcellana dura - si ottiene tra 1300 e 1400 °C;
è di solito di uso industriale.
La produzione industriale
Il manufatto prende il via dalla preparazione delle
materie prime: la composizione dell’impasto deve
essere omogenea, con una distribuzione granulometrica e forma dei grani appropriata. La granulometria fine permette una giusta velocità di essiccamento e una corretta reattività in fase di cottura.
La forma dei grani e l’umidità dell’impasto influenzano l’uniformità del pressato.
L’impasto deve inoltre presentare un contenuto
d’acqua adatto al sistema di formatura che si è scelto. I sistemi di formatura sono:
• pressatura - interessa soprattutto il settore delle
piastrelle e comporta un 5-6% di acqua;
• estrusione - è in uso soprattutto per i laterizi e
comporta un 20 % di acqua;
• colaggio - è il sistema adottato per i sanitari e presenta un contenuto di acqua del 40%.
Dopo la formatura ha luogo il processo di essiccazione e successivamente quello di cottura, che conferisce maggiore resistenza meccanica ai manufatti
ed elimina l’acqua residua.
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Modellazione manuale
dei dettagli
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2.4 Le tecniche di decorazione
Esistono diversi modi di decorare e colorare la
ceramica in base al tipo di risultato che si desidera
ottenere ed alla cottura cui si sottoporrà il pezzo. I
colori da ceramica sono essenzialmente di tre tipi:
- Ingobbio: sono specifici colori per la decorazione
della ceramica composti da argille già cotte e finissimamente triturate, caolino, sostanze minerali e
ossidi. Si tratta di smalti adatti ad essere applicati
sull’oggetto essiccato, ma ancora da cuocere.
L’oggetto è cotto una sola volta, dal momento che
questo tipo di colori tollera l’alta temperatura cui si
sottopone la ceramica. Gli ingobbi non sono molto
diffusi, essendo costosi e di tonalità piuttosto tenui.
- Cristalline: sono smalti di tipo vetroso, impermeabili e lucidi. Usualmente trasparenti (solo occasionalmente sono colorati) lasciano intravedere l’argilla sottostante. Alle cristalline si aggiungono i fondenti, quali il germano, gli alcali o i borati con lo
scopo di abbassare il punto di fusione.
- Smalti: sono anch’essi di tipo vetroso ma, a differenza delle cristalline, non sono trasparenti bensì
coprenti. Ciò è determinato dalla presenza di componenti quali il feldspato potassico o sodico, bentonite, stagno, e altri ancora.
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Preparazione degli smalti
colorati
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La smaltatura di un pezzo in ceramica ha lo scopo
di proteggere il pezzo dall’usura, di facilitarne la
pulitura e la manutenzione e di decorarlo.
Se il pezzo non viene colorato all’ingobbio la smaltatura avviene dopo la cottura ed è definita in gergo
“applicata al biscotto”, ovvero all’oggetto già passato in cottura. Anche per la smaltatura vi sono svariate tecniche, tra le quali ricordiamo:
• smaltatura ad aerografo;
• smaltatura per immersione;
• pittura a smalto;
• smaltatura a campana;
• smaltatura elettrostatica.
Una volta smaltata la superficie dell’oggetto si
passa alla decorazione pittorica che è usualmente
fatta a mano con pennello e colori ceramici ottenuti da ossidi minerali oppure da ossidi metallici
arricchiti di fondenti o indurenti.
Dopo la smaltatura e la decorazione si procede con
una seconda cottura, il cui scopo è quello di fissare
lo smalto all’oggetto.
2.5 Curiosità
La porcellana e la pietra filosofale
La prima porcellana europea fu fabbricata a
Dresda, nel principato di Sassonia, nell’anno 1709.
Questa invenzione ebbe una strana origine. II principe Federico Augusto, appassionato cultore d’arte,
possedeva una ricca collezione di porcellane cinesi
che acquistava attraverso la Compagnia delle
Indie.
Al pari di molti altri sovrani europei avrebbe voluto strappare ai cinesi il segreto della loro mirabile
porcellana dura; e vi riuscì nel modo più impensato.
Nel 1701 si era rifugiato in Sassonia un tale Johan
Friedrich Bóttger, fuggito dalla Prussia dove il re
Federico Guglielmo l’aveva incarcerato per assicu-
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rarsi la sua opera di scienziato. Infatti il Bòttger,
esperto chimico, assieme a un alchimista greco,
stava compiendo una serie di esperimenti per la
ricerca della famosa “pietra filosofale” che doveva
trasformare in oro gli altri metalli.
Federico Augusto, venuto a conoscenza di questa
sua attività, si affrettò a sua volta a imprigionarlo.
Questa era la consuetudine di allora: in mancanza
di brevetti industriali ci si assicurava il possesso dell’inventore!
Finalmente nel 1708, invece della fantomatica pietra filosofale, egli otteneva un materiale dall’impasto durissimo, tipo grès, di colore rosso scuro: era il
primo antenato della porcellana. Ma Bòttger, insoddisfatto, continuava gli esperimenti per arrivare
alla famosa porcellana dura e candida di tipo cinese.
Un giorno, esaminando un nuovo tipo di cipria per
la parrucca portatogli dal cameriere, s’accorse che
quella polvere finissima aveva l’apparenza di un
minerale: era infatti caolino purissimo, di cui nelle
vicinanze esistevano delle vaste giacenze. Con quella preziosissima materia prima Bòttger il 28 marzo
1709 presentava alla Cancelleria di Corte la prima
porcellana dura fabbricata in Europa.
In Italia
II nome deriva dall’italiano “porcella”, denominazione di una conchiglia dall’aspetto traslucido trasparente; e probabilmente fu Marco Polo il primo a
usare questo termine per indicare i prodotti cinesi
di tale tipo.
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CIA
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Capitolo terzo
L’ACCIAIO
Acciaieria a due archi
di fornace
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3.1 Le origini dell’acciaio
L’acciaio alle sue origini
L’acciaio affonda le sue radici nell’antica India. Il
primo metodo per produrre acciaio propriamente
detto, ovvero quello di alta qualità, è stato il sistema
“Wootz”, simile al moderno sistema a crogiolo,
usato nell'India meridionale almeno dal 300 d.C.,
anche se alcuni lo fanno risalire addirittura al 200
a.C..Veniva preparato in crogioli chiusi sigillati, che
contenevano minerale di ferro ad alta purezza, carbone e vetro.
I crogioli venivano poi messi alla fiamma e riscaldati fino ad avere la fusione del miscuglio, per cui il
ferro si arricchiva di carbonio, e il vetro assorbiva le
impurità man mano che fondeva, galleggiando
sulla superficie. Il risultato era un acciaio ad alto
tenore di carbonio e di elevata purezza, chiamato
poi acciaio di Damasco, famoso per la sua resistenza e la capacità di mantenere il filo.
La tecnica indiana mise molto tempo a giungere in
Europa. Solo dal XVII secolo gli olandesi portarono l’acciaio di Damasco dall’India nel sud all’Europa, dove in seguito si avviò la sua produzione
in larga scala, con il nome di tecnica del crogiolo.
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Dall’acciaio di Damasco all’acciaio inox
Per la scoperta dell’acciaio inossidabile bisogna aspettare il 1913 quando l’inglese Harry Brearley di
Sheffield sperimentando acciai per canne di armi da
fuoco, scoprì che un suo provino di acciaio con il 1314% di cromo e con un tenore di carbonio relativamente alto (0,25%) non arrugginiva se esposto all’atmosfera. Successivamente questa proprietà venne
spiegata con la passivazione del cromo, che forma
sulla superficie una pellicola di ossido estremamente
sottile, continua e stabile. I successivi progressi della
metallurgia fra gli anni ’40 e ’60 hanno ampliato il
loro sviluppo e le loro applicazioni. Tuttora sono perfezionati e adattati alle richieste dei vari settori industriali, come il petrolifero/petrolchimico, minerario,
energetico, nucleare ed alimentare.
Harry Brearley (1871 – 1948)
3.2 Che cos’è l’acciaio?
La composizione dell’acciaio
L’acciaio è una lega di ferro e carbonio che contiene una percentuale di carbonio inferiore al 2% e
più piccole quantità di altri elementi come il silicio,
il manganese, lo zolfo e il fosforo. Le materie prime
per la produzione dell’acciaio sono:
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• la ghisa greggia, proveniente dall’altoforno, che
viene affinata (riduzione della percentuale del carbonio e delle impurità) e che è la materia prima
principale;
• il rottame di ferro, derivato da recuperi civili e
industriali;
• le ferroleghe, che sono leghe di ferro particolari,
che non hanno impiego autonomo, ma sono
appunto preparate per essere usate nella produzione di acciai e ghise speciali; contengono una percentuale di carbonio generalmente molto bassa
(dallo 0,1% all’1%), con massiccia presenza (che
può superare l’80%) di altri elementi come silicio,
manganese, cromo, nichel, cobalto ecc... che vengono aggiunte agli acciai per migliorarne le caratteristiche.
Le caratteristiche
Le proprietà dei vari tipi di acciaio dipendono principalmente dalla quantità di carbonio presente e
dalla sua distribuzione nel ferro, dalle ferroleghe
aggiunte e dai trattamenti termici subiti. Le caratteristiche principali dei contenitori in acciaio sono
le seguenti:
• robustezza;
• totale riciclabilità;
• protezione dagli agenti esterni tra cui la luce.
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Da sapere…
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Le cinque macro categorie dell’acciaio
È accertato che i primi
laminati di ferro ricoperti
di stagno erano impiegati
per gli usi più vari fin dal
medioevo. Ma il primo ad
intuire che l’accoppiamento
tra la robustezza dell’acciaio
L’acciaio è commercializzato in una gran varietà di
tipi, ciascuno con caratteristiche diverse, classificabili secondo la composizione chimica, la struttura,
il processo di produzione, l’impiego prevalente.
Una classificazione molto comune distingue cinque
grandi categorie.
e la duttilità e purezza dello
stagno poteva garantire
un’ottima conservazione
dei cibi, fu un francese,
Nicolas Appert, che nel 1810
brevetto un metodo di
Acciai al carbonio
Costituiscono oltre il 90% di tutti gli acciai e contengono una quantità variabile, generalmente inferiore all’1,5%, di carbonio, un massimo di 1,65%
di manganese, lo 0,60% di silicio e lo 0,60% di rame.
sterilizzazione sotto vuoto
che prese il suo nome.
Acciai legati
Sono caratterizzati dalla presenza di quantità variabili di uno o più elementi, quali vanadio, molibdeno, manganese, silicio, rame, in percentuali superiori a quelle contenute negli acciai al carbonio. Gli
acciai legati sono usati nella produzione di molti
elementi meccanici: bielle, alberi, perni, sterzi, assali dei veicoli, ecc.
Acciai debolmente legati ad alta resistenza
Sono la più recente categoria di acciai, noti con la
sigla HSLA (acronimo di high-strength low-alloy).
Contengono solo piccole quantità di altri elementi
quali, ad esempio, vanadio, e dunque sono in generale più economici dei normali acciai legati.
Acciai da utensili
Si usano per produrre la maggior parte degli utensili per lavorazioni meccaniche. In particolare, sono
detti acciai rapidi quelli che contengono tungsteno,
molibdeno e altri elementi leganti che ne aumentano la resistenza all’usura in lavorazioni ad alta velocità; extrarapidi o super-rapidi quelli che contengono anche cromo.
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visual communication: starsnet.de - photos: leotorri.it
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Le fasi di imbutitura
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Acciai inossidabili
Contengono cromo (in quantità variabile tra il 12%
e il 30%), nichel (fino al 35%) e altri elementi leganti, che li rendono brillanti e li proteggono dall’attacco degli agenti atmosferici e di gas e acidi
corrosivi. Presentano una resistenza meccanica
non comune, che possono mantenere anche per
lunghi periodi a temperature molto alte o basse. La
brillantezza della loro superficie li rende utilizzabili anche per scopi puramente decorativi. Trovano
impiego nella realizzazione di tubature e serbatoi
di raffinerie petrolifere e impianti chimici, di aerei
a reazione e capsule spaziali, di apparecchiature e
strumenti chirurgici, di protesi dentarie e chirurgiche. Molto diffuso l’impiego nella produzione di
pentolame, posate e utensili da cucina.
3.3 Come nasce la pentola?
Le fasi produzione
Per la produzione di pentole in acciaio l’elemento
di partenza è il disco con caratteristiche qualitative
(purezza del metallo) e dimensionali (diametro e
spessore) predefinite. Nel caso di recipienti di forma rettangolare invece, si parte dal quadro ed è
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Il secondo disco in acciaio
viene applicato a quello
in alluminio per permettere
a fondo di essere utilizzato
anche su fonti a induzione
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richiesta durante la lavorazione, la tranciatura delle
parti in eccedenza. Per il corpo della pentola viene
impiegato acciaio inox 18/10 (AISI 304), in dischi
con spessore da 1,5 mm, specifico per profondo
stampaggio, per il fondo, rame con spessore da 1
mm e per il coprifondo acciaio inox 18/C (AISI 430).
Tutte le deformazioni plastiche per ottenere il
corpo cilindrico della pentola vengono eseguite,
come per il vasellame, a freddo, esercitando una
pressione statica e interponendo tra gli stampi e i
dischi da stampare una pellicola di lubrificante per
evitare rigature sulla superficie. Le principali fasi di
produzione possono essere così sintetizzate:
• imbutitura per dare la profondità al corpo pentola;
• laminatura con tornio a lastra per allungare il
corpo pentola fino all’altezza desiderata;
• calibratura del corpo pentola per creare uno scalino uniforme sotto il bordo e poter dare nel momento della pulitura l’effetto lucido e satinato;
• imbutitura bordo per creare il bordo della pentola;
• rifilatura e bordatura per dare rotondità ed uniformità al bordo e al fondo;
• sgrassaggio, per togliere gli oli di lavorazione;
• saldobrasatura per creare il triplo fondo della
pentola. Consiste nell’inserire il disco di rame sotto
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La fase di rifinitura
del bordo
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Lo sapevate che…
Lo spessore più alto dà più
valore all’oggetto, sia
perché la lavorazione è più
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il corpo pentola e incapsularlo ad esso con il coprifondo tramite saldobrasatura con lega d’argento;
• lucidatura del corpo pentola;
• saldatura dei manici in acciaio inox 18/10.
complessa, sia perché il peso
e, di conseguenza, il costo
della materia prima
aumentano notevolmente
a vantaggio dell’estetica
e della robustezza.
È importante perciò
verificare al momento
dell’acquisto lo spessore
delle posate.
Il fondo
Le pentole in acciaio sono provviste di un fondo
detto “termodiffusore” in grado di sopperire alla
scarsa conduttività di calore di questo metallo.
Il procedimento per la sua produzione consiste nell’applicazione di un disco di alluminio di forte spessore (6-7 mm.) sul fondo della pentola facendolo
aderire con un processo di saldo-brasatura.
A questo viene applicato un secondo disco, questa
volta in acciaio, sul quale viene esercitata una forte
pressione ad alta temperatura che ne facilita l’aderenza; di qui il nome di “sandwich bottom”.
La composizione ferritica di tale disco supplementare fa sì che la pentola sia utilizzabile anche per la
cottura ad induzione.
3.4 E le posate?
Le fasi di produzione
Per la lavorazione delle posate viene impiegato normalmente acciaio inossidabile AISI 304 con una
percentuale di nichel del 10% e di cromo del 18%.
Le acciaierie lo forniscono alle aziende in coil o in
lastre (fogli) da 1x3 metri, in spessori variabili da
0,8 a 4 mm. Le fasi di lavorazione a freddo delle
posate da lastra o da coil possono essere sintetizzate nel modo seguente:
• tranciatura degli sviluppi, cioè del profilo del pezzo;
• laminatura, per assottigliare la tazza del cucchiaio o la spina della forchetta;
• tranciatura della tazza del cucchiaio o della spina
della forchetta;
• sgrassaggio, per togliere gli oli di tranciatura;
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Lo sapevate che…
• Il peso di 19.000 barattoli
in acciaio per conserve è la
quantità necessaria per
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• coniatura, per dare la forma e il disegno finale;
• lucidatura, con l’impiego di paste abrasive;
• lavaggio, per toglierei residui delle paste abrasive
• eventuale doratura.
produrre un’automobile;
• 7 scatolette da 50 g
3.5 La cultura del recupero
potrebbero diventare un
vassoio;
• con l’acciaio riciclato da
2.600.000 scatolette da 50 g
si può realizzare 1 km
di binario ferroviario.
Una fase della coniatura
del cucchiaio
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Riprodurre l’acciaio
L’acciaio, per le sue caratteristiche, è il materiale
più riciclabile per eccellenza: in Italia ogni anno
vengono prodotte circa 400.000 tonnellate di rifiuti di imballaggi in acciaio e il 40% della produzione mondiale di acciaio è costituita da materiali di
riciclo. Per la maggior parte provengono da rifiuti
solidi urbani, mentre all’incirca 60.000 tonnellate
sono costituite da imballaggi ad uso in-dustriale.
Notevoli sono i benefici economici ed ambientali.
La raccolta differenziata degli imballaggi di acciaio
oltre a sottrarre rifiuti alla discarica, costituisce
anche un notevole risparmio di materie prime.
L’innovazione tecnologica ha inoltre consentito di
diminuire in modo rilevante il peso dei contenitori
in acciaio e banda stagnata riducendone lo spessore delle lamiere utilizzate, ottenendo conseguentemente una riduzione nell’utilizzo di materie prime.
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Capitolo quarto
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4.1 Le origini dell’antiaderente
Il PTFE
Le origini dell’antiaderente risalgono al 1938, anno
in cui fu scoperto il PTFE, registrato poi con il marchio commerciale di Teflon. Si tratta di una grande scoperta destinata a rivoluzionare le tecniche di
cottura. Infatti, solo qualche anno più tardi, esattamente agli inizi degli Anni '60, il Teflon fu impiegato per la produzione di rivestimenti per pentole.
Nel 1976 e nel 1986 vengono sperimentati due
nuovi materiali con caratteristiche di antiaderenza
maggiori: il Silver Stone e il Silver Stone Supra. Da
allora la ricerca nel settore è continuata e oggi possiamo usufruire in cucina di strumenti particolarmente resistenti all'usura e con proprietà di antiaderenza ancora più elevate. Un grande aiuto per
chi ama alimentarsi in modo sano, col minimo
dispendio di tempo e sapendo di avere una buona
resa dai cibi.
In Italia la produzione industriale del PTFE iniziò
nel 1954 ad opera della Montecatini, che lo commercializzò con il nome di Algoflon. Oggi i rivesti-
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menti antiaderenti vengono prodotti da differenti
aziende chimiche che ne controllano anche la corretta applicazione.
4.2 Che cos’è l’antiaderente?
La qualità delle vernici
L’antiaderente è un materiale inerte, molto igienico e non tossico che può venire tranquillamente in
contatto con i cibi. Esistono diverse tipologie che
hanno prestazioni diverse e rispondono a specifiche
esigenze. Le vernici antiaderenti, come detto, sono
basate sulla chimica del PTFE, un composto inorganico che dona la caratteristica “scivolosità” e la
proprietà di “non attaccare”.
In linea generale, la qualità si differenzia in base al
numero degli strati del sistema:
• vernici “a due strati”, composte da una “base”,
che si attacca bene al substrato metallico e una
“finitura” non-stick;
• vernici “a tre strati” composte da una base, da
uno strato intermedio, il cui ruolo è quello di incrementare l’adesione tra i due strati estremi, e una
finitura.
Le vernici possono essere ulteriormente rinforzate
dai cosiddetti “rinforzi”: sistemi che servono ad aumentare la durabilità dei manufatti verniciati.
I rinforzi esterni sono procedimenti in cui particelle metalliche o di altra natura vengono spruzzate
sul manufatto prima della verniciatura, in modo da
aumentarne la durezza e creare rugosità.
I rinforzi interni sono invece, sistemi dati dalla presenza di particelle ceramiche o di altra natura
(molto dure) nella vernice; anch’esse creando asperità, contrastano l’azione abrasiva e di taglio degli
utensili metallici.
I metodi di applicazione
Oggi si utilizzano due distinte metodologie d’applimateriali ANTIADERENTE
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cazione del PTFE, con risultati molto differenti in
termini di qualità.
Il rullato consiste nell’applicazione del rivestimento
direttamente tramite passaggi a rullo sul disco, prima che la pentola abbia assunto la sua forma definitiva.
Si tratta di un tipo di lavorazione che viene impiegato unicamente per la realizzazione di prodotti
destinati all’uso domestico. È facilmente riconoscibile da striature orizzontali presenti sulla superficie.
Lo spruzzato consiste nell’applicazione del materiale, tramite appositi apparecchi, direttamente sulla parte interna del corpo già stampato nella sua
forma definitiva, evitando in questo modo che ulteriori lavorazioni sul pezzo ne compromettano l’attaccatura. I prodotti che si ottengono presentano
una migliore qualità, infatti è un tipo di lavorazione che viene utilizzata per la produzione di articoli
destinati anche ad un utilizzo professionale.
L’uniformità della superficie, quasi granulare, ne
contraddistingue l’aspetto.
Le caratteristiche
Le pentole antiaderenti presentano una serie di
vantaggi.
Innanzitutto i cibi cuociono in tempi brevi, senza
attaccarsi. Anche i cuochi meno esperti riescono a
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Taormina,
tra mare e fuoco nascono grandi miti.
Le pentole Taormina sfidano il fuoco e non temono il trascorrere del tempo, perché
sono costruite per resistere agli attacchi dell’usura. Insieme alle alte prestazioni, design e raffinatezza entrano in scena da protagonisti e regalano effetti gastronomici
spettacolari. Il successo è nella qualità dell’antiaderente, che non può essere intaccato
nemmeno dagli utensili in metallo. Progettate per tutti i metodi di cottura, compresi
quelli a induzione, le pentole Taormina sorprendono anche in forno, grazie ai manici
in silicone resistenti alle alte temperature. Qualità sublime garantita dieci anni.
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preparare pietanze difficili, senza pericolo di commettere sbagli. Inoltre, la quantità di grasso da usare è veramente minima, anzi se ne può fare del tutto a meno e l’aggiunta di olio o burro ai cibi è solo
una questione di gusto e non più un mezzo indispensabile per portare a cottura gli alimenti.
Ma soprattutto i materiali antiaderenti sono inerti,
quindi non esercitano alcuna azione negativa sul
nostro organismo: i cibi con cui vengono a contatto non possono subire contaminazioni.
4.3 Come scegliere la pentola antiaderente
Acquistando una pentola antiaderente, per valutarne la
qualità bisogna prendere in considerazione il peso, lo
spessore, la presa del manico che deve essere salda e
robusta per non rischiare di deteriorarsi con l’uso. Lo
spessore deve essere almeno di 5 mm. Se è più basso, il
calore si diffonde in modo non uniforme e i cibi bruciano in superficie e non cuociono bene all’interno. La
durata media di una pentola antiaderente standard è di
3-5 anni, con il passare del tempo, lo strato che ricopre
l'alluminio si scrosta e i cibi si attaccano. Continuare ad
usare le pentole non ha però effetti nocivi, perché anche
l'alluminio sotto il rivestimento è igienico. I materiali
antiaderenti sono inerti, quindi non esercitano alcuna
azione negativa sul nostro organismo. Questo vale
anche nel caso di una pentola che, usata in modo
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improprio o per troppo tempo, cominci a sfaldarsi
all’interno. Naturalmente è opportuno non usare utensili troppo logorati: anche se non sono nocivi, non
forniscono più prestazioni di antiaderenza adeguate.
4.4 La manutenzione
Come usare al meglio una pentola antiaderente?
Le regole da seguire sono poche e facili. Prima di
tutto è necessario “condizionare” la pentola, cioè
ungerla, prima di usarla la prima volta, con un filo
di olio o di burro fuso e lavarla poi con acqua e
sapone. Non si devono mai pulire queste pentole
con spugnette abrasive, che sono, del resto, superflue: se i tegami sono stati usati correttamente il
cibo non rimane attaccato. È vietato utilizzare
utensili graffianti per mescolare i cibi: niente forchette o cucchiai in metallo, ma solo posate di legno o spatole di materiale plastico speciale. Le superfici antiaderenti resistono benissimo alle temperature molto elevate, fino a 300°C, non è tuttavia il
caso di dimenticarsele sul fuoco. Anzi se ne raccomanda l’impiego su fonti di calore moderate.
Le pentole antiaderenti possono essere lavate nella
lavastoviglie senza subire alcun danno.
Il rivestimento ceramico
Un rivestimento interno di nuova generazione è il
ceramico. È uno speciale rivestimento nanotecnologico che crea sulla pentola (con il corpo in alluminio o in acciaio) una pellicola fittissima e compatta,
sempre liscia, assolutamente non porosa. Lo strumento di cottura risulta così resistente agli shock
termici, ai graffi, alle abrasioni e alle alte temperature (450°C). È facile da pulire e garantisce una
cottura croccante e dorata senza grassi. Inoltre la
produzione è a basso impatto ambientale: il suo ciclo produttivo, infatti, consente un notevole risparmio energetico e quindi ridotte emissioni di CO2.
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5.1 Le origini dell’argento
Capitolo quinto
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L’argento affonda le sue origini fin dall’antichità. Il
termine deriva dal latino argentum e dal greco
ÚÁ‡ÚÈÔÓ, “splendente, candido, bianco”. È menzionato già in testi cuneiformi del III millennio, nel
libro della Genesi e l’analisi di resti nei siti archeologici dell’Asia Minore, delle isole del Mar Egeo e
del Vicino Oriente, indica che l’argento già nel IV
millennio a.C. veniva separato dal piombo e che
erano note le tecniche di cesello, sbalzo e agemina
rimaste sino all’età moderna. Insieme all’oro fu
coniato per la prima volta in Lidia intorno al 600
a.C. Poi dalla metà del VI secolo, Atene ebbe il primato nella coniazione di monete d’argento grazie
al controllo delle miniere del Laurio, in Attica. Per
millenni è stato considerato il secondo metallo più
prezioso, dopo l’oro. Nel Buddhismo è il secondo
dei sette tesori e simboleggia la virtù. In molte teologie l’argento è associato alla luna e a divinità
lunari e femminili
5.2 Che cos’è l’argento?
L’argento è un elemento molto raro in natura. I
suoi principali minerali sono il solfuro (Ag2S argentite e acantite), il cloruro (AgCl cerargirite) e alcuni
solfuri doppi come AgCuS (stromeverite), Ag3SbS3
(pirargirite) e Ag3AsS3 (proustite). L’argento è un
metallo dalla tipica lucentezza, abbastanza tenero,
duttile e malleabile, ed è il migliore conduttore termico ed elettrico conosciuto. È un metallo nobile,
come è dimostrato dall’elevato valore del potenziale standard di riduzione, e non è attaccato dall’ossigeno neppure a temperature superiori a quella di
fusione. Inoltre reagisce anche a freddo con lo zolfo
o con il solfuro di idrogeno in presenza di ossigeno
dando il solfuro Ag2S nero: questo è il motivo dell’imbrunimento dell’argento all’aria.
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Come viene utilizzato?
L’argento trova principalmente impiego come metallo prezioso e i suoi alogenuri, in special modo il
cloruro d’argento, sono impiegati in fotografia, ma
oltre che per realizzare oggetti per la casa, per la
tavola e gioielli, l’argento trova applicazione nei
sistemi di trasporto dell’energia elettrica e nel
campo dell’elettronica (conduttori, contatti, accumulatori e pile), nella realizzazione di lingotti di
spessore variabile; nell’industria alimentare, come
colorante in medicina.
5.3 Come nasce un oggetto in argento?
Il processo di produzione dell’argento è lungo e
articolato in fasi diverse. Alcune comuni a tutti i
prodottti, altre specifiche a seconda della tipologia.
Fusione: all’interno del forno fusorio la coppella
viene unita in lega con il rame, in percentuale
variabile secondo il titolo, per realizzare dei lingotti di spessore due centimetri; laminazione: i lingotti d’argento vengono trasformati in lamine sottili;
modellazione plastica: le lamine d’argento a questo
punto seguono strade differenti per subire, a seconda dell’oggetto che si vuole realizzare, una delle fasi
di stampaggio, tornitura o martellatura; stampaggio: sfruttando la forza delle macchine e per mezzo
di stampi in acciaio viene data alla lamina d’argento la forma desiderata. In questa fase vengono prodotte soprattutto le posate; tornitura: le lamine già
tagliate in forma ovale o circolare vengono lavorate al tornio per la realizzazione di vassoi e centrotavola; martellatura: la lamina viene lavorata interamente a mano tramite un martello; cesellatura:
l’interno dell’oggetto viene riempito con un impasto di pece e altre sostanze per conferire una maggiore elasticità e resistenza alla sua superficie. Su
questa viene tracciato a matita il disegno che si
desidera realizzare e con degli scalpelli in acciaio,
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detti ceselli, viene battuta delicatamente sino a
riprodurre in bassorilievo il decoro iniziale; incisione: la superficie dell’oggetto viene incisa con una
punta di acciaio che asportando parte dell’argento
traccia il disegno desiderato; assemblaggio: le
diverse parti che compongono il manufatto vengono saldate tra loro; pulimetatura: in questa fase
l’oggetto viene pulito da tutti i residui lasciati con
l’uso di spazzole speciali attaccate a un asse rotante; argentatura: il manufatto viene immerso in un
bagno galvanico e ricoperto da uno strato di argento puro; lucidatura: tramite spazzole morbide e
imbevute di apposite sostanze, l’argento assume il
suo aspetto brillante e lunare.
5.4 Come riconoscere l’argento
I titoli
Innanzitutto per titolo si intende la percentuale
minima d’argento puro contenuta nella lega metallica che compone l’oggetto. In virtù della bellezza e
lucentezza di questo metallo prezioso, sin dai tempi
antichi, è stato utilizzato per monete, posate, vasellame, monili e altro. I lingotti d’argento che sono in
commercio hanno normalmente titolo 999/1000:
la lega è quindi composta del 99,9 per cento d’argento puro. La maggior parte di gioielli e di oggetti per la casa hanno invece titolo 800, 835 e 925.
Questi numeri indicano la percentuale minima di
argento puro che, combinato con altri metalli,
compone l’oggetto. In Italia, il titolo minimo della
lega d’argento è di 800 millesimi mentre quello
superiore è 925.
I marchi
È molto importante anche, ai fini dell’identificazione, che i titoli impressi sugli oggetti siano contenuti in un ovale. In ogni paese esiste una disciplina
legale sui marchi che devono essere riportati sugli
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Da
oggetti d’argento, a garanzia degli acquirenti. In
Italia vige la legge del 30 gennaio 1968 che prevede un doppio punzone: l’ovale contenente il titolo e
quello del produttore: un rettangolo in cui deve
comparire una stella (simbolo della Repubblica), il
numero e la provincia dell’argentiere. Poi la legge
del 22 maggio 1999 ha introdotto un nuovo punzone per i casi in cui l’argento sia esterno e a copertura di altro materiale. Immaginiamo un coltello
d’argento. Di solito la lama e l’interno del manico
sono di acciaio. Quindi l’argento è limitato a una
lamina esterna al manico. L’interno può anche
essere riempito di resina o altro materiale. In questo caso il nuovo punzone, una lettera [R] racchiusa in un quadrato, ci indica che il manico è “riempito” di altro materiale non prezioso. Vicino alla R
deve essere indicata la quantità d’argento minima e
massima seguita dai grammi di argento presenti.
Quindi [R] 3-5 g sta ad indicare che l’oggetto
“riempito” ha da 3 a 5 grammi d’argento. Nulla
vieta di aggiungere loghi o simboli dell’argentiere.
Con il termine silverplate o sheffield si indicano
invece gli oggetti in ottone nichelato argentati galvanicamente
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5.5 Come conservare l’argento
I metodi “della nonna”
Il metodo tra i più noti per pulire l’argento ossidato è quello del dentifricio. Bracciali, anelli, catenine, si strofinano con uno spazzolino e un po’ di
comune dentifricio, si sciacquano con acqua tiepida e si asciugano poi con un panno morbido di
cotone. O ancora, si può lasciare l’argenteria per
un’ora in un bagno di latte acido, si sciacqua in
acqua calda e si asciuga accuratamente.
In caso di macchie nerastre si usa l’aceto di vino
caldo, mentre le macchie di cibo vanno via istantaneamente con una pezza imbevuta di aceto.
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Ottima per pulire l’argento è l’acqua di cottura
degli spinaci. Si lascia riposare l’argenteria per un
quarto d’ora circa e si asciuga poi con un panno di
cotone. Molto importante è la conservazione dell’argento: non avvolgetelo né nella carta, né nella
gomma, né tantomeno lasciatelo in sacchetti di plastica, si ossiderebbe molto facilmente. Invece è bene utilizzare sacchetti di tela o fogli di alluminio.
I metodi tradizionali
Premettendo che il modo migliore di salvaguardare la propria argenteria è quello di utilizzarla quotidianamente, esistono comunque alcuni accorgimenti che andrebbero osservati. Per ottenere la
migliore lucidatura occorre in primo luogo lavare
l’argento in saponata calda, poi dopo averlo asciugato per bene, si può lucidare con uno degli appositi prodotti sul mercato aiutandosi con un panno
morbido (meglio una spugna o una pelle scamosciata) e strofinando non troppo energicamente e
mai di traverso o in senso rotatorio. A questo punto
lavatelo una seconda volta in saponata calda, sciacquatelo e infine asciugatelo per bene. Per lucidarlo
è ottimo anche il bicarbonato di sodio o il bianco di
Spagna addizionato con poche gocce di ammoniaca o di alcol, da stendere con un panno umido. Per
pulire l’argento cesellato o lavorato a sbalzo esistono speciali e particolari spazzole. È importante proteggere l’argento dall’aria avvolgendo ogni singolo
pezzo in un panno morbido (le custodie per le
posate si acquistano belle e pronte) o in fogli di
carta velina nera, se possibile trattati al nitrato d’argento (li troverete dagli argentieri e dagli orefici).
Il consiglio più importante? Non abbiate paura di
usare le poste d’argento anche tutti i giorni e poi
lavatele tranquillamente in lavastoviglie.
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Tutti a tavola!
Il bon-ton nell’apparecchiatura della tavola non è
un argomento d’altri tempi legato a usi desueti, tutt’altro. Una tavola arredata con gusto e stile è un
dono che si fa ai propri ospiti, una modalità per
esprimere la propria personalità, esattamente come
gli abiti che indossiamo. È un dettaglio fondamentale quindi negli appuntamenti formali, ma non
solo. Una maggiore attenzione all’apparecchiatura
della tavola nel quotidiano è sintomatica di una
attenzione alla qualità della vita, di un volersi bene,
di cultura.
Ma cosa significa apparecchiare una tavola con
stile? Certamente oggi sono considerate glamour le
cosiddette tavole destrutturate, ovvero realizzate
mixando servizi differenti, utilizzando pezzi tradizionali per nuove funzioni e creando veri e propri
paesaggi architettonici per differenti occasioni.
Vi sono però alcune regole base che possono aiutarvi a realizzare un messa in scena elegante, armoniosa e di grande impatto.
Iniziamo dalla tovaglia: se si vuole puntare su
una sobria eleganza si può scegliere una tovaglia
bianca, mentre, per creare atmosfere differenti, si
può puntare su tessuti colorati purché poi vi si
armonizzino i colori del servizio.
Oggi vanno molto di moda i sottopiatti, da scegliere però solo se vi è spazio sufficiente in tavola
(andrebbero calcolati circa 50 cm per commensale)
che possono essere parte del servizio di piatti ma
anche di colore contrastante o in argento: in questo
caso vi abbineranno anche posate d’argento.
Sul sottopiatto andrà messo il piatto della prima
portata, sempre piano (i fondi si usano solo per le
minestre o i cibi liquidi) ma oggi sono ammesse
anche variazioni sul tema come ciotole e ciotoline.
Alla destra del piatto vanno posti il coltello con la
lama rivolta all’interno e il cucchiaio.
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Le forchette vanno posizionate alla sinistra del
piatto con questo ordine: forchetta da insalata, da
pasto e poi da pesce. All’estrema sinistra va messo
il tovagliolo (anche se c’è chi non disdegna di posizionarlo a destra o, nel caso non ci sia molto spazio,
direttamente sul piatto).
Sopra il piatto vanno le posate da dessert, la
forchettina con l’impugnatura verso sinistra e il
cucchiaino vero destra. Le posate da frutta andrebbero portate in tavola al momento di servirla.
Sopra le posate di sinistra va sempre posizionato il
piattino per il pane con il rispettivo coltellino.
Sopra le posate di destra metteremo invece i bicchieri partendo da sinistra: prima quello dell’acqua, poi quello del vino e, in alto al centro tra i due,
il bicchiere per lo spumante. I bicchieri per il vino
possono essere due, uno per il rosso e uno per il
bianco (in questo caso va messo prima quello per il
rosso). Infine due regole base per il centro tavola: va
disposto in tavola solo se c’è spazio e la sua altezza
non deve essere eccessiva. Per quanto riguarda
l’estetica si possono utilizzare fiori freschi non troppo profumati, mai i fiori di plastica, sì (purché belli
e raffinati) i fiori di seta, magari creando composizioni con stecche di cannella, bambù, pietre colorate, agrumi disidratati...
Le candele possono essere usate purché non troppo
invasive e profumate (ad esempio possono risultare
d’atmosfera quelle galleggianti). Come supporti si
possono utilizzare anche pezzi del servizio, antiche
zuppiere, centro tavola in argento.
A questo punto tutto è pronto, non resta che rilassarsi e godersi il pranzo con gli ospiti.
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Le parole del vetro
CANNA DA SOFFIO tubo di materiale ferroso, cavo,
con il quale si attinge nel crogiolo del forno per togliere
la parte di vetro fuso che verrà successivamente lavorato.
FILIGRANA consiste nell’inserimento in una canna di
vetro trasparente (cristallo) di un’anima colorata, spesso
bianca, che risulta immersa, nella parte centrale, della
canna. Questa è la base di tutta una serie di particolari
lavorazioni, dal reticello allo zanfirico. Quando più canne vengono attorcigliate assieme si ottengono forme particolari che sembrano dei ricami all’interno del vetro.
FORMA è il modello nel quale la massa vischiosa, sotto
l’aspetto di pallina, viene insufflata per essere trasformata in vetro cavo. Questa forma è solitamente di legno e
deve essere mantenuta umida. La forma può essere anche metallica, e il maggior costo è compensato dal maggior numero di pezzi che si possono produrre.
INCALMO tecnica di accostamento di diversi colori di
vetro saldati assieme a caldo, così da creare un unico
pezzo soffiato con distinti colori. Solo alcuni colori possono essere uniti con questa tecnica, in quanto ogni colore ha proprie caratteristiche di raffreddamento che, ovviamente, debbono essere compatibili, altrimenti le tensioni diverse finirebbero per rompere l’oggetto creato.
INCISIONE è la tecnica più pregiata di decorazione del
vetro. L'incisione si effettua per mezzo di piccole rotelline di rame di diverso diametro.
MESCOLA indica quella miscela fatta in base alla ricetta che stabilisce la quantità delle diverse materie prime
necessarie per la produzione di un determinato tipo di
vetro. È ovvio che ogni vetro, a seconda degli scopi cui è
destinato, richiede una particolare ricetta e quindi una
speciale mescola.
MOLATURA è un’operazione con cui si toglie alla superficie dell’oggetto in vetro, con un determinato criterio, parte della sua massa con l’aiuto di mezzi meccanici.
Gli attrezzi principali per l’esecuzione del processo di
molatura sono dei dischi, che possono essere di ghisa o di
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acciaio, di carborundum, di pietra arenaria, di legno o di
sughero pressato, talvolta anche di feltro. Essi possono
essere disposti sia verticalmente sia orizzontalmente, e
sono dotati di un rapido movimento di rotazione intorno
al proprio asse.
MURRINA è un pezzo di canna tagliata. Di solito la si
ottiene con l’accostamento di vari tipi di colori in pasta
vetrosa accostati per formare il disegno voluto e portati a
fusione. Il risultato è una lunga canna la cui sezione ha la
forma e i colori voluti. Tagliata in dischi della lunghezza
variabile (da pochi millimetri a 3-4 centimetri) la forma
ottenuta è la murrina. L’accostamento di più murrine su
una piastra permette la lavorazione della murrina stessa
sia per la preparazione di vari oggetti, sia per la decorazione con l’attaccatura a caldo di oggetti più grandi.
SABBIATURA è un sistema di decoro che si effettua nel
modo seguente: le parti di vetro che non devono essere
sabbiate vengono ricoperte da sagome di gomma; le parti
scoperte rimangono colpite da minuscoli granellini insufflati con aria compressa, e in tal modo vengono opacizzate.
Le parole della ceramica
ARGILLA materia prima della ceramica, costituita da
minerali di vari tipi, rientra nel gruppo delle rocce sedimentarie.
BISCOTTO il termine indica un prodotto smaltato nel
momento in cui non ha ancora nessun tipo di rivestimento, ma ha già subito una prima cottura ad alta temperatura.
COMPOSIZIONE PORCELLANA è costituita da circa
50 parti di caolino, 25 di quarzo e 25 di feldspato, che
vengono legate mediante un’adeguata lavorazione.
II caolino è un’argilla bianca il cui nome ha origine cinese e significa “alta cresta” (con evidente derivazione dai
luoghi d’origine). È l’elemento che conferisce la plasticità alla porcellana. II quarzo è un minerale di colore bianco latte, definito scientificamente ossido di silicio (SiO2),
che viene aggiunto all’impasto sotto forma di macinato
oppure di sabbia. II feldspato è un minerale che si pre-
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senta sotto vari colori: biancastro o giallognolo, verdognolo o rossastro. serve da fondente.
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FORNACE struttura fabbricata per la cottura dei manufatti. Può essere strutturata con due camere separate, una
per il combustibile e una per i manufatti da cuocere
(camera di cottura) oppure con una camera sola, nella
quale si inseriscono entrambi i prodotti. Del primo tipo
se ne trovano svariate differenziazioni (fornace verticale
oppure orizzontale).
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MAIOLICA nome dato alla ceramica italiana con rivestimento a base di smalto stannifero, cotta a 950-1050°C.
MASSA s’intende il prodotto, allo stato plastico o fluido,
proveniente dall’impasto delle singole materie prime.
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VETRINA rivestimento a base di silice ed ossidi di piombo od alcali (vetrine piombifere oppure alcaline) applicato sui prodotti solo essiccati (vetrine in monocottura) oppure sui biscotti (invetriate). La vetrina è trasparente e impermeabile. Può essere colorata aggiungendo ossidi metallici.
Le parole dell’acciaio
ACCIAIO è il nome dato ad una lega composta principalmente da ferro e carbonio.
ACCIAIO INOX O ACCIAIO INOSSIDABILE è il
nome dato correntemente agli acciai con un tenore di
cromo indicativamente superiore al 13%, per la loro proprietà di non arrugginire se esposti all’aria e all’acqua: il
cromo, ossidandosi a contatto con l’ossigeno, si trasforma
in ossido di cromo (CrO2) che crea uno strato aderente e
molto resistente, impedendo un’ulteriore ossidazione.
ACCIAIO INOX 18/10 è composto da ferro, carbonio,
18% cromo (per la durezza) e 10% nichel (per la brillantezza una volta effettuato il processo di lucidatura).
IMBUTITURA è un processo tecnologico attraverso il
quale una lamiera viene deformata plasticamente ed
assume una forma scatolare, cilindrica o a coppa.
Consente di realizzare oggetti aventi profonde cavità
come ad esempio pentole e altri contenitori.
materiali GLOSSARIO
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74_MM 1 glossario 2a
22-09-2010
10:20
Pagina 1
Da
FORGIATURA è un processo di produzione industriale
di trasformazione plastica di pezzi metallici a sezione
varia, solitamente portati allo stato rovente in corrispondenza del cambiamento di forma del cristallo di ferro da
alfa a gamma e lavorati quindi con ripetute scosse di un
maglio, una pressa per forgiatura ecc.
Una variante della forgiatura è la forgiatura a stampo,
detta anche stampaggio. Consiste nella trasformazione di
pezzi mediante una pressa, il cui utensile è costituito da
due stampi che, oltre a malleare il metallo, imprimono
una determinata geometria al pezzo lavorato.
È ac
nati
gno
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Ma
l’acc
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tà e
pote
cons
Le parole dell’argento
fran
nel
ARGENTATURA è il metodo di elettrodeposizione galvanica dell’argento su un altro metallo.
di st
che
CESELLATURA è la tecnica di lavorazione praticata
mediante specifici strumenti, i ceselli, per ottenere motivi ornamentali a bassissimo rilievo.
MARCHIO è l’ncisione a mezzo di un punzone del titolo della lega e del marchio di identificazione del produttore. La loro apposizione è obbligatoria per legge.
MARTELLATURA è una tecnica di lavorazione consistente nel battere con un piccolo martello una superficie
fino a conferirle la foggia e lo spessore desiderato.
STERLING è il termine con cui viene indicato in Gran
Bretagna e in altri paesi di tradizione anglosassone l’argento a titolo 925 millesimi.
Si ringraziano per le immagini
Akzo Nobel, Alessi, Arnolfo Di Cambio, Baccarat, Barazzoni,
Bugatti, Ceramiche Virginia, Colle Vilca, Gino Cenedese,
Greggio Argento, Iittala, Kosta Boda, Laboratorio Pesaro,
Lagostina, Lladrò, Piral, RCR Cristalleria Italiana,
Reichenbach Porzellanmanufaktur, Richard Ginori, TVS,
Waterford.
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materiali GLOSSARIO
I professionisti del fiore al servizio delle aziende
Per informazioni:
Federfiori – Confcommercio
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11-05-2010 23:26:27
MM 1 IV copertina 4a
29-09-2010
16:28
Pagina 1
Hanno partecipato
ALESSI
tel. 0323 868611
www.alessi.it
AYNSLEY
distribuito da Luigi Galli
tel. 02 6691011
www.galliluigi.com
BALLARINI
tel. 0376 9901
www.ballarini.it
BUGATTI
tel. 030 89280
www.casabugatti.it
DOMINO
distribuito
da Unitable
tel. 02 9850961
www.unitable.it
FADE
tel. 0549 900255
www.fade.sm
GREGGIO
tel. 049 8686299
www.greggio.it
LAGOSTINA
tel. 800-014122
www.lagostina.it
CRISTAL DE SEVRES
distr. da Corrado Corradi
tel. 02 5099421
www.corrado-corradi.it
MONETA
tel. 0721 9801
www.moneta.it
ROYAL BONE CHINA
distribuito da Livellara
tel. 02 39322741
www.livellara.com
NORITAKE
distribuito da Luigi Galli
tel. 02 6691011
www.galliluigi.com
VILLEROY&BOCH
02 6558491
www.villeroy-boch.com
RISOLÌ
tel. 030 8925944
www.risoli.com
WALD
tel. 075 919621
www.wald.it
ROGASKA CRISTALLO
tel. 0521 538805
www.rogaskacristallo.it
SAMBONET-ROSENTHAL
tel. 0321 879711
www.rosenthal.de
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