Grafica Antica

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Grafica Antica
Grafica Antica
GRAFICA ANTICA
CATALOGO 47
COP catal 47 28/02/13 12:37 Pagina 1
ANTIQUARIUS
Catalogo 47
Antiquarius
Grafica Antica
Catalogo 47
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Lucas Cranach
(Kronach 1472 – Weimar 1553)
1. Il giudizio di Paride
Xilografia, 1508, datata e monogrammata in lastra in basso al centro. Magnifica
prova, ricca di toni, caratterizzata dal segno intenso e nitido tipico delle sole
prime prove, impressa su carta vergata coeva con filigrana “testa di bue con
fiore” (Meder 63, Briquet 14882), completa della linea di demarcazione, intervento di restauro ricostruttivo perfettamente eseguito nella parte alta destra,
tracce di pieghe di carta, nel complesso in buono stato di conservazione. Una
delle più belle xilografie del ‘500.
Bibliografia: Bartsch, Hollstein 114. Dimensioni 254x362.
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Albrecht Dürer
(Norimberga 1471 – 1528)
2. San Sebastiano
Bulino, 1501 circa, monogrammato in lastra a destra. Esemplare nella terza variante di cinque descritte dal Meder. Buona prova, nitida, impressa su carta
vergata coeva, con sottili margini, in perfetto stato di conservazione. Il San Sebastiano del Dürer viene rappresentato con la figura di un uomo vecchio e barbuto che nell’iconografia sarà poi sostituita da una figura più giovanile. La
scena ricorda, come per il San Sebastiano di Martin Schongauer, l’antico motivo di Marsia legato all’albero. L’incisione mostra le frecce che non sono conficcate chiaramente in nessun punto del corpo o dell’albero. Questo particolare
lascia supporre che le frecce siano state incise solo successivamente - e dunque
la composizione originale non le prevedesse - traendo spunto proprio dall’analogia della rappresentazione del mito di Marsia, ben noto al Dürer. Bellissimo esemplare.
Bibliografia: Meder 62 c/e; Strauss, The intaglio prints of Albrecht Dürer, p.
102,33; Panofsky 162. Dimensioni 70x115.
Albrecht Dürer
(Norimberga 1471 – 1528)
3. San Filippo
Bulino, 1526, datato e monogrammato in lastra in basso a sinistra. Esemplare
nella seconda variante di cinque descritta dal Meder. Ottima prova, impressa
su carta vergata coeva, rifilata alla linea marginale, in ottimo stato di conservazione. Opera della tarda maturità del Dürer, il San Filippo, appartiene alla
serie degli Apostoli, questa risulta la più nobile e gradevole figura della serie.
Bibliografia: Meder 48 b/e; Strauss, The intaglio prints of Albrecht Dürer, p. 286,
103; Panofsky 153; Winkler p. 328. Dimensioni 70x120.
Marcantonio Raimondi
(Argini 1480 circa – Bologna 1534)
4. Quos Ego
Bulino, circa 1516. Da un soggetto di Raffaello. Esemplare del primo stato di
due avanti l’indirizzo del Salamanca. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora in un cerchio”, rifilata alla linea marginale,
leggere abrasioni nella parte superiore ed inferiore destra, per il resto in ottimo stato di conservazione. La composizione illustra alcuni episodi tratti dal
primo libro dell’Eneide. Derivata dalla celebre Tabula Iliaca, ne rappresenta una
contemporanea traduzione a stampa, espressamente richiesta da Raffaello a
Raimondi, e da quest’ultimo eseguita, con ogni probabilità, nello stesso anno.
Le scene, chiuse entro pannelli, sono riprodotte alla maniera dei rilievi antichi
mentre il grande campo nel mezzo è concepito alla maniera di un quadro. La
scena principale descrive le flotte troiane in balia di una tempesta, con Enea che
alza le braccia al cielo in gesto implorante. In primo piano Nettuno, a cavallo
della quadriga, placa le onde del mare pronunciando minaccioso le celebri parole “Quos ego!” Bellissima e rara opera del Raimondi. Bibliografia: Bartsch 352
I/III, Delaborde 102; Oberhuber, Roma e lo stile classico di Raffaello, p. 299; Dimensioni 333x420.
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Marcantonio Raimondi
(Argini 1475 circa – Bologna 1534)
5. Cleopatra
Bulino, circa 1515, firmato in lastra in basso, al centro, con il simbolo della tavoletta. Da un soggetto di Raffaello. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione.
L’opera è ispirata alla celebre Arianna del Vaticano, da un disegno di Raffaello
che si trovava nella raccolta Lawrence, come descritto da Passavant. Dello
stesso tema esiste una replica a stampa, sempre attribuita allo stesso Raimondi,
sia dal Bartsch che, recentemente, dal Landau. Questi sostiene che probabilmente quest’opera sia cronologicamente successiva. Molto rara.
Bibliografia: Bartsch XIV, 199; Landau & Parshall, The Renaissance Print 14701550, p. 136; Raphael Invenit p. 234. Dimensioni 175x113.
Marcantonio Raimondi
(Argini 1475 circa – Bologna 1534)
6. La Speranza
Bulino, circa 1516-18, monogrammato in lastra in basso, al centro. Della serie
le Virtù teologali e cardinali, da un soggetto di Raffaello. Magnifica prova, ricca
di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “ancora nel cerchio”, rifilata al rame, in buono stato di conservazione. I disegni preparatori della serie
non sono noti, e sono attribuiti dal Vasari a Raffaello, mentre il Delaborde li assegna a Giulio Romano, ed altri studiosi al Peruzzi. Per ragioni stilistiche, le
opere vengono ricondotte all’ultima fase tecnica del Raimondi, in cui rappresenta le figure con ricchezza di contrasti e con un senso dello spazio notevolmente accentuato, conferendo al corpo una decisa plasticità mediante l’uso di
un sistema di linee curve e regolari che incidono a fondo la lastra. Magnifica
prova. Ex collezione Federico Augusto di Sassonia (Lugt 971).
Bibliografia: Bartsch XIV, 391 ; Oberhuber, Roma e lo stile classico di Raffaello, p.
127, 68. Dimensioni 106x215.
Marcantonio Raimondi
(Argini 1475 circa – Bologna 1534)
7. Galba
8. Augusto
Incisioni al bulino, circa 1520. Della serie I dodici Cesari. Esemplari nel primo
stato di due, o di tre, avanti l’indirizzo dell’editore Salamanca e la numerazione. Magnifiche prove, ricche di toni, impresse su carta vergata coeva priva
di filigrana, rifilate al rame, in perfetto stato di conservazione. La serie I dodici
Cesari rappresenta il primo esempio di riproduzione di monete antiche, ingrandite in misura significativa, secondo una pratica che divenne poi abituale
e fu adottata da Daniel Hopfer ad Augsburg. Secondo Vasari, i ritratti degli
imperatori erano tra le opere che Raffaello spedì a Dürer, il quale successivamente lodò l’arte di Marcantonio. Questa serie documenta il profondo interesse dell’artista per il settore antiquario, che lo spinse a riprodurre i modelli
nel modo più fedele possibile. Per affinità stilistiche con l’incisione raffigurante Carlo V (B. 497), le opere possono essere datate intorno al 1520. Molto
rare. Bibliografia: Bartsch XIV, 506 e 507 ; Oberhuber, Roma e lo stile classico di
Raffaello, p. 299; Delaborde p. 250. Dimensioni 174x152.
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Cerchia di Marcantonio Raimondi
(Argini 1475 circa – Bologna 1534)
9. Venere ed Amore
Bulino, circa 1520. Da un soggetto di Raffaello. Magnifica prova, impressa su
carta vergata coeva, rifilata al rame, in buono stato di conservazione. La stampa
è una ripetizione dell’opera di Marcantonio Raimondi (Bartsch 279), rispetto
alla quale è in controparte. Il tema, senza alcuna variante, è affrontato anche da
Marco Dente. La storia dell’arte è piena di artisti di scuola che replicavano le
opere del Maestro; il Bartsch le denomina “ripetizioni” mentre altri studiosi
preferiscono chiamarle “repliche”. Secondo Landau esistono ben 42 lavori di
Marcantonio che sono interpretati anche da artisti della sua cerchia come Agostino Veneziano, Marco Dente ed altri che, non firmandosi, sono di difficile, e
comunque dubbia, individuazione. Bellissimo e raro esemplare. Timbro di collezione al verso. Bibliografia: Bartsch 279 B; Landau & Pershall, The Renaissance print 1470-1550, p.131. Dimensioni 133x170.
I Piccoli Maestri di Norimberga
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Poco prima del 1520, alcuni giovani artisti della cerchia di Albercht Dürer presero a realizzare incisioni molto piccole che hanno sfidato lo spettatore con un
mondo in miniatura, un mondo di nuovo soggetto laico e di interpretazioni non
convenzionali di temi tradizionali. A causa delle ridotte dimensioni delle loro
incisioni, questi artisti sono stati appellati a lungo, con il nome collettivo, e poco
lusinghiero, di Piccoli Maestri di Norimberga. Il nucleo del gruppo consiste in tre
artisti di Norimberga, Hans Sebald & Bartel Beham e Georg Pencz, e inoltre
Jacob Bink da Colonia e Heinrich Aldegrever da Soest. Il seguente gruppo di incisioni proviene da una vecchia collezione in cui le opere erano conservate,
come spesso accadeva, applicate in un album databile al XVIII secolo. Belle o
bellissime prove, impresse su carta vergata coeva, rifilate al rame, in buono stato
di conservazione. Bibliografia: Pauli, Hans Sebald Beham; Bartsch vol. 8; Gooddard, The World in miniature Engravings by the German Little Masters.
Hans Sebald Beham
(Norimberga 1500 – Francoforte 1550)
10. Soldato con la sua amante. 1521. Bartsch 202, Pauli 198 II/II. Dim. 52x79.
11. Adamo. 1524. Bartsch 3, Pauli 3 II/II. Dim. 54x81.
12. Adamo ed Eva. 1536. Bartsch 5, Pauli 6. Dim.54x81.
13. Melancolia. 1539. Bartsch 144, Pauli 145 III/VI. Dim.53x79.
14. La Pazienza. 1540. Bartsch 138, Pauli 141. II/V. Dim.70x106.
15. La cacciata dal Paradiso Terrestre. 1543. Bartsch 7, Pauli 8 III/III. Dim.56x81.
16. Giuditta e Oloferne. Bartsch 10, Pauli 11. Dim.67x108.
17. Cimon e Pero. 1544. Bartsch 75, Pauli 79 II/III. Dim.47x70.
18. Ornamento con maschera e due geni. 1544. Bartsch 228, Pauli 232 II/II.
Dim.70x49.
19. Genio con alfabeto. 1544. Bartsch 229, Pauli 233 II/III. Dim.70x43.
20. Fregio con vaso e 2 geni. 1544. Bartsch 233, Pauli 238. Dim. 80x29.
21. Fregio con due geni e cavalli marini. 1544. Bartsch 236, Pauli 241 III/IV.
Dim.70x49.
22. Ercole e Cerbero. 1545. Bartsch 100, Pauli 104. II/III. Dim.78x53.
23. Ercole e Idra. 1545. Bartsch 102, Pauli 100. II/IV. Dim.79x54.
24. Allegoria della Cristianità. Bartsch 128, Pauli 130 III/IV. Dim. 47x76.
25. Il Giudizio di Paride. 1546. Bartsch 89, Pauli 92. Dim.47x70.
26. Adamo ed Eva. Bartsch App. 1. Dim. 52x79.
27. Adamo ed Eva. Pauli 6c (copia in controparte) Dim. 52x79.
28. Donna nuda con la Morte. Pauli 151d (copia in controparte). Dim.
48x76.
Bartel Beham
(Norimberga, 1502 - Italia, 1540)
29. Putto con tre teschi. 1540. Bartsch 27, Pauli 35. II/II. Dim.56x43.
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Heinrich Aldegrever
(Paderbon 1502 - Soest tra il 1555 ed il 1562)
30. La Fortezza. 1528. Bartsch 133. Dim. 56x81.
31. Ercole ed Anteo. 1529. Bartsch 96. Dim. 74x117.
32. Un soldato. 1529. Bartsch 174. Dim. 40x65.
33. Luna. Bartsch 81. Dim.52x83.
34. Mercurio. 1533. Bartsch 77. Dim. 63x97.
35. Giove. 1533. Bartsch 78. Dim. 63x97.
36. Saturno. 1533. Bartsch 80. Dim. 63x97.
37. Ammon e Jonadab. 1540. Bartsch 22. Dim.79x119.
38. David riceve la notizia della morte di Ammon. 1540. Bartsch 28. Dim.79x119.
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Hieronimus Hopfer
(Ausburg circa 1500 - Norinberga 1563)
39. Sacra Famiglia
Acquaforte su ferro, monogrammata in lastra in basso a sinistra. Derivazione,
in controparte, dell’opera di Jacopo de’ Barbari. Esemplare nel secondo stato
di due, con il numero aggiunto. Magnifica prova, ricca di toni, impressa su sottile carta coeva, con margini, in perfetto stato di conservazione. Contrariamente agli altri maestri del bulino attivi a Norimberga, Hieronimus Hopfer
era solito realizzare le proprie incisioni all’acquaforte e su lastra di ferro anziché di rame. Bellissimo esemplare. Tre timbri di collezione al verso non identificati. Ex collezione Federico Augusto di Sassonia (Lugt 971).
Bibliografia: Bartsch 4, Hollstein 6 II/II; Hind V, 154, 17. Dimensioni 84x135.
Giovanni Giacomo Caraglio
(Verona 1505 – Cracovia 1565)
40. Mercurio
Bulino, circa 1526, privo di firma. Da un soggetto di Giovan Battista Rosso.
Esemplare nel secondo stato di due, con le ombre nella cornice. Magnifica
prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, rifilata al rame, in
ottimo stato di conservazione. L’incisione appartiene alla serie di stampe raffiguranti gli Dei dell’Olimpo, realizzate nel 1526 dal Caraglio su disegni di Rosso
Fiorentino, come documentato dal Vasari nel suo libro sulle vite dei pittori. La
serie consta di 20 incisioni al bulino, con le divinità inserite entro nicchie; le
lastre sono numerate e la prima, raffigurante Saturno, reca la firma del Caraglio e la data 1526. Opere molto rare. Bibliografia: Bartsch, vol. XV, p. 78, 36;
Massari, Tra Mito ed Allegoria, pp. 119/140, 48. Dimensioni 115x215.
Marco Dente detto Marco da Ravenna
(Ravenna ? – Roma 1527)
41. Fauno
42. Bacco
Incisioni al bulino, circa 1526. Magnifiche prove, impresse su carta vergata
coeva con filigrana della “mano”, rifilate al rame, in perfetto stato di conservazione. Le due opere sono ispirate, o derivano direttamente, dai disegni di
Rosso Fiorentino, che nel 1526 vengono tradotti a stampa da Giovanni Iacopo
Caraglio nella serie denominata Gli dei dell’Olimpo. L’idea di raffigurare gli dei
nella nicchia è antica e molti sono i prototipi classici che il Rosso può aver osservato per le sue composizioni, meditate forse sulle stampe di Marcantonio
Raimondi. È probabile che anche Marco Dente abbia avuto accesso ai disegni
del Rosso. Oltre a queste due incisioni, ne è nota una terza raffigurante l’
Olimpo. È possibile che l’autore intendesse realizzare anche altre stampe della
stessa serie, ma che non vi sia riuscito a causa della morte, avvenuta durante
il Sacco di Roma del 1527. Opere molto rare. Ex collezione K. E. Hasse (Lugt
860) & J.K. Bronner (Lugt 307). Bibliografia: Bartsch XIV, 307 & 308; Massari,
Tra Mito ed Allegoria, pp. 119-120. Dimensioni 105x212.
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Maestro del Dado
(attivo a Roma verso la metà del XVI secolo)
43. Trionfo d’Amore
Coppia di incisioni al bulino, circa 1532, monogrammate in lastra in basso a destra. Da un soggetto della scuola di Raffaello. Esemplare nel probabile secondo
stato di due, editi da Antonio Lafrery. Bellissime prove, impresse su carta vergata coeva, rifilate irregolarmente alla linea marginale, in ottimo stato di conservazione. Le opere sono forse connesse al celebre fregio di Polidoro da
Caravaggio descritto dal Vasari come “il fregio bellissimo di fanciulli” che esisteva in via dei Coronari a Roma, ora conosciuto attraverso un disegno conservato a Berlino. Possibile anche la derivazione da Giulio Romano, data la
somiglianza con un fregio dell’artista realizzato per la chiesa di Fidenza.
Bibliografia: Bartsch 36 & 37; Massari, Raphael Invenit, p. 260, 9 & 10. Dimensioni 400x100.
Giovanni Battista Franco
(Venezia 1510 circa – 1561)
44. Mosè trova l’acqua nella roccia
Acquaforte e bulino, circa 1540, monogrammato in lastra in basso a sinistra.
Esemplare nel secondo stato di due, con l’indirizzo di Giacomo Franco. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “stella”, con margini, in ottimo stato di conservazione. La figura del Franco è assai singolare
nell’ambito della grafica italiana del Rinascimento e rappresenta una risorsa
fondamentale per lo studio delle antichità classiche, dei temi e dello stile michelangiolesco. Nativo di Venezia, si trasferisce a Roma intorno al 1530, e qui
apprende e si dedica all’arte dell’incisione, sotto la guida di esperti editori quali
Antonio Salamanca e Antonio Lafrery. A Roma sviluppa il suo interesse per le
antichità classiche, che lo porterà a creare una linea di continuità tra l’editoria
romana e veneziana e a sviluppare e perpetuare l’interesse per lo stile classico
dell’Alto Rinascimento. Bibliografia: Bartsch, 2. Dimensioni 510x370.
Jan Stephan van Calcar
(Calcar, Cleve 1499– Napoli 1546)
45. Memento Mori
Xilografie, 1543 circa. Tratte dal De humani corporis fabrica libri septem, di Andrea
Vesalio. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, in ottimo stato di
conservazione. Andrea Vesalio, forma italianizzata di Andreas van Wesel è
stato un anatomista e medico fiammingo. Il suo De humani corporis fabrica libri
septem pubblicato a Basilea nel 1543 rappresenta un monumento della storia
della scienza ed anche una delle più alte espressioni dell’arte grafica. Il Vasari
attribuisce le tavole dell’opera a Jan Stephan van Calcar, pittore ed incisore
fiammingo, che aveva studiato a Venezia con Tiziano, del quale fu anche allievo. Edizione tedesca del 1706. Bibliografia: Muraro & Rosand, Tiziano e la
silografia veneziana del Cinquecento, pp. 123/133, 69. Dimensioni 203x337.
Jan Stephan van Calcar
(Calcar, Cleve 1499– Napoli 1546)
46. Uomo e donna nudi (Adamo ed Eva)
Xilografie, 1543 circa. Tratte dal De humani corporis fabrica librorum Epitome, di
Andrea Vesalio. Bellissime prove, impresse su carta vergata coeva, in ottimo
stato di conservazione. Nello stesso anno della sua opera principale, il Vesalio
pubblica l’Epitome, una sorta di sommario al De humani corporis fabrica, composto da 12 pagine di testo ed 11 silografie. Alcune tavole provengono
dall’opera precedente, mentre altre, come queste due, sono ridisegnate,
alquanto più grandi. La loro funzione era quella di costituire un punto di riferimento per tutte le immagini. Sembra che le due figure simboleggino l’intera
umanità, come le statue di Adamo ed Eva nei portali delle cattedrali gotiche o
quelle di Antonio Rizzo nel Palazzo Ducale di Venezia. Il Vasari attribuisce le
tavole dell’opera a Jan Stephan van Calcar, pittore ed incisore fiammingo, che
aveva studiato a Venezia con Tiziano, del quale fu anche allievo. Tuttavia queste due xilografie, che si differenziano notevolmente dalle altre, rappresentano
una vera incognita per chi studia l’opera del Vesalio. Edizione tedesca del 1706.
Bibliografia: Muraro & Rosand, Tiziano e la silografia veneziana del Cinquecento,
pp. 123/133, 73&74. Dimensioni 212x422.
Enea Vico
(Parma 1523 – Ferrara 1567)
47. Il combattimento delle amazzoni
Bulino, 1543, datato e monogrammato in lastra in basso al centro. Da un soggetto di Perin del Vaga. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, con
margini, leggere abrasioni nel margine bianco, per il resto in ottimo stato di
conservazione. La composizione, ritenuta dal Bartsch invenzione di Raffaello
o di Giulio Romano, deriva dal foglio di Perin del Vaga raffigurante il combattimento delle amazzoni conservato al Louvre e noto come Teseo e le Amazzoni. La scena è una delle dieci rappresentazioni intagliate su cristallo da
Giovanni Bernardi che adornano la Casetta Farnese, oggi al museo di Capodimonte di Napoli. Rispetto al disegno del Perin, l’opera di Enea Vico è molto più
ricca di particolari e interpretata in maniera del tutto personale. L’artista raggiunge con questa incisione un risultato bizzarro, complicato da arbitrari usi
della luce alternati da ombre scure e zone appena tratteggiate al bulino. Il risultato è un effetto teatrale altamente suggestivo e tipicamente manierista.
Opera rara e ricercata. Bibliografia: Bartsch XV, p. 287, 14; Massari, Tra Mito ed
Allegoria, p. 262, 100. Dimensioni 280x205.
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Enea Vico
(Parma 1523 – Ferrara 1567)
48. Trofeo con guerriero con elmetto
49. Trofeo con donna con elmetto
50. Trofeo con insegne dei romani
Incisioni al bulino, 1550 circa. Da un soggetto di Polidoro da Caravaggio.
Buone prove, impresse su carta vergata coeva, con sottili margini, applicate su
antico supporto di collezione, in buono stato di conservazione. Le tre opere
appartengono ad una serie che è catalogata nell’indice delle stampe di Antonio Lafrery del 1573 sotto il nome di Libro de Trofei cavati da disegni di Polidoro
ad imitazione de gli Antichi. Alla morte del Lafrery (1577), le lastre passarono al
nipote Claudio Duchetti e quindi a Paolo Graziani e Pietro de’ Nobili. Nell’inventario di quest’ultimo, risalente al 1584, la serie risulta essere di sedici
stampe. Tuttavia le lastre risalgono al periodo 1550/53 e sono il frutto della rivalità prima, e fusione poi, delle tipografie di Antonio Salamanca e Antonio Lafrery. Bartsch attribuisce le incisioni ad Enea Vico. Rare. Bibliografia: Bartsch
438, 442, 447; Bury, The Print in Italy, pp. 60/2, 38. Dimensioni 165x243 circa.
Battista Angolo del Moro
(Verona 1515 circa – 1573)
51. Perseo reca sacrificio a Giove
Acquaforte e bulino, circa 1545/50. Da un soggetto di Giulio Romano. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con margini, tracce di piega centrale, per il resto in ottimo stato di conservazione. L’opera appartiene alla serie
della leggenda di Perseo, che Giulio Romano affida a Battista Angolo per la
traduzione a stampa. Battista Angolo del Moro fu il patriarca di una generazioni di artisti veronesi, educati allo stile del Parmigianino e alla tecnica del
Meldolla, ma influenzati dalla Scuola di Fontainebleau. Questa corrente, attiva tra il 1550 e la fine del secolo, ebbe come esponenti principali Battista e
Marco del Moro, Battista Pittoni, Giovan Battista Fontana, Paolo e Orazio Farinati, Angiolo Falconetto. Battista Angolo (noto anche come Giovanni Battista
d’Angeli) era il genero e pupillo di Francesco Torbido detto Il Moro, importante pittore allievo di Tiziano al quale deve il suo nome. Opera molto rara.
Bibliografia: Bartsch 19; Massari, Giulio Romano pinxit et delineavit, p. 183, 173.
Dimensioni 243x175.
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Battista Angolo del Moro
(Verona 1515 circa – 1573)
52. Ritratto di Giovanni da Valletta
Acquaforte e bulino, circa 1557, firmata in basso a destra. Esemplare nel probabile secondo stato di due, con la data 1565 e l’indirizzo di Ferrando Bertelli.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, irregolarmente rifilata al rame, piccola macchia di inchiostro nella parte
sinistra, per il resto in perfetto stato di conservazione. L’opera non è inserita in
nessuna delle bibliografie consultate, ed è da me attribuita per evidenti motivi
stilistici a Battista Angolo. Evidenti sono i riscontri con l’altro ritratto da lui
eseguito intorno al 1555, quello di Enrico II, Re di Francia (Bartsch 28). Il ritratto raffigura padre Jean de La Vallette-Parisot , il quarantanovesimo Gran
Maestro del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, da cui il nome
della capitale di Malta, nominato nel 1557 per difendere l’isola dagli ottomani.
Probabile che il ritratto venga realizzato in occasione della sua elezione a Gran
Maestro e quindi ristampato nel 1565, anno della resistenza alla flotta turca,
per motivi economici, data la fama che ne seguì. Tra le opere della tipografia
Bertelli, attiva a Venezia dal 1558, troviamo tracce anche di un ritratto di Giovanni da Valletta inciso da Martino Rota, ma non di questa lastra. Opera molto
rara. Bibliografia: Non descritta. Dimensioni 140x196.
Dirk Volkertsz Coornhert
(Amsterdam, 1522 – Gouda 1590)
53. Il battesimo di San Paolo
Bulino, 1553, datato in lastra in basso al centro. Da un soggetto di Maarten van
Heemskerck. Esemplare nel primo stato di due, con l’indirizzo di Hieronimus
Cock. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, irregolarmente rifilata
al rame, leggere abrasioni perfettamente restaurate al verso, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Maarten van Heemskerck (1498 - 1574) è stato un pittore olandese del periodo
detto rinascimento transalpino. La sua arte è stata influenzata dal viaggio in
Italia, dove resterà per 4 anni a Roma, dedicandosi soprattutto allo studio dell’antico, mediante l’esercizio del disegno. Ritornato in patria, continuerà a rappresentare nei suoi quadri le antiche rovine di Roma usate per ambientare
soggetti anche eterogenei. Si dedica anche alla grafica, caratterizzata da un
particolare manierismo appreso in Italia, che ricorda il Parmigianino ed il Pontormo. Intuendo la grande potenzialità dell’incisione per la traduzione dei suoi
disegni, l’artista inizia la collaborazione con alcuni editori ed incisori quali
Hieroniums Cock. Sono note circa 600 incisioni derivanti dai suoi disegni.
Dirck Volkertszoon Coornhert nacque ad Amsterdam, dopo aver viaggiato in
Spagna e in Italia, si stabilì ad Haarlem. Rara incisione. Bibliografia: The New
Hollstein 394 I/II; Riggs, Hieronimus Cock, 113; The Illustrated Bartsch 55, 42. Dimensioni 405x294.
Nicolas Beatrizet detto Beatricetto
(Thionville 1515 circa - Roma 1565)
54. Lupa Capitolina
Bulino, 1552, datata in lastra in basso al centro. Esemplare nel primo stato di
quattro, con l’indirizzo dell’editore Antonio Lafrery. Magnifica prova, ricca di
toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana “stemma con giglio e chiavi
decussate sormontato da stella”, con ampi margini, per il resto in ottimo stato
di conservazione. Attribuita al Beatricetto dal Bartsch. Molto rara. Bibliografia:
Huelsen 47 a/d; La Roma del Cinquecento nello Speculum Romanae Magnificentiae, pag. 10. Dimensioni 345x255.
Nicolas Beatrizet detto Beatricetto
(Thionville 1515 circa - Roma 1565)
55. Sepolcro di papa Giulio II
Bulino, 1554, datato in lastra in basso al centro. Da un soggetto di Michelangelo
Buonarroti. Esemplare nel primo stato di tre, con l’indirizzo dell’editore Antonio Salamanca. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “incudine e martello nel cerchio”, rifilata al rame, in ottimo stato di
conservazione. L’opera è successivamente inserita nello Speculum Romanae Magnificentiae di Antonio Lafrery. Attribuita al Beatrizet dal Bartsch e altri studiosi, riproduce la tomba di Giulio II, con il celebre Mosè, scolpita da
Michelangelo in San Pietro in Vincoli, una delle più famose sculture di tutti i
tempi. Bibliografia: Barnes, Michelangelo in Print, pp. 156/159; La Roma del Cinquecento nello Speculum Romanae Magnificentia, p. 120; Huelsen p. 163, 107 a/c.
Dimensioni 274x423.
Nicolas Beatrizet detto Beatricetto
(Thionville 1515 circa - Roma 1565))
56. Theatrum sive Coliseum Romanum
Bulino, circa 1550/1560, privo di firma e data. Esemplare nel primo stato di
tre, edito dalla tipografia Lafrery o Salamanca. Magnifica prova, ricca di toni,
impressa su carta vergata coeva con filigrana “scala nel cerchio con stella”, rifilata al rame, in eccellente stato di conservazione. Parte dello Speculum Romanae Magnificentiae di Antonio Lafrery. L’opera raffigura una fedele ricostruzione
del Colosseo, ed è attribuita al Beatrizet da Huelsen, per motivi stilistici. Magnifico esemplare. Bibliografia: Huelsen 18a; Marigliani, La Roma del Cinquecento nello Speculum Romanae Magnificentiae p. 134. Dimensioni 575x417.
Bottega di Antonio Labacco
(Vercelli 1528 circa – Roma 1590 circa)
57. Colonna Traiana
Bulino, circa 1550, privo di data e firma. Esemplare nel primo stato di tre,
avanti l’indirizzo di Paolo Graziani e Pietro de Nobili. Magnifica prova, impressa su carta vergata cova con filigrana “pellegrino nel cerchio”, con margini,
in ottimo stato di conservazione.
L’opera è inclusa nella raccolta di Antonio Labacco, pubblicata per la prima
volta nel 1552 e successivamente inserita anche nello Speculum Romanae Magnificentiae di Antonio Lafrery. Incerta, invece, l’attribuzione della lastra, da
ascriversi forse al figlio Mario Labacco, o molto più probabilmente a Baldo Perogino o Perosin, fine incisore di intaglio che risulta anche nell’inventario del
Lafrery. Molto rara. Bibliografia: Huelsen 30A. Dimensioni 375x545.
Antonio Lafrery
(Orgelet 1512 circa – Roma 1577)
58. Frontespizio della collezione sacra lafreriana
Bulino, 1576, datato in lastra al centro. Esemplare nell’unico stato conosciuto.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana
“scudo con stella e lettera M”, con piccoli margini, piega centrale orizzontale,
per il resto in perfetto stato di conservazione. Il frontespizio è decorato con
una cornice architettonica a tre registri al cui centro campeggia l’intestazione.
La composizione dell’opera è analoga a quella realizzata per lo Speculum Romanae Magnificentiae, rispetto alla quale risulta tuttavia più splendida e ricca di
immagini e didascalie. Uno dei tre frontespizi che l’editore fece realizzare per
raccogliere e catalogare le sue opere. Foglio di incredibile rarità. Bibliografia:
Bury, The Print in Italy, pp. 49/51, fig.2; Marigliani & Biguzzi, La Collezione Sacra
della Bottega di Antonio Lafrery, pp. 39/41. Dimensioni 334x460 circa.
English translation available @ www.antiquarius.it
Donato Bertelli
(attivo a Venezia tra il 1558 ed il 1592)
59. Arresto di Gesù nel Getsemani
Acquaforte e bulino, circa 1560, monogrammata in lastra in basso al centro.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva con filigrana
“giglio entro cerchio”, irregolarmente rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione. Donato Bertelli era stampatore, editore calcografico e cartografico,
mercante di stampe a Venezia in Merzaria, “all’insegna di S. Marco”. Noto certamente a Padova, dal momento che si sottoscrisse “Donatus Bertellius patavinus”, nel 1558 si firmava “Donato de Piero”, in seguito più comunemente
“Donato Bertelli libraro”. I limiti dell’attività del Bertelli, comunemente fissati
tra il 1563 e il 1574, possono essere dilatati, sulla scorta delle carte da lui edite,
al 1558 - 1592. Nell’anno 1559 frequentava la bottega di Ferdinando Bertelli, col
quale non sono chiari i rapporti di parentela; da lui ereditò i rami sostituendovi
il suo nome, e in data 1 aprile 1571 fu iscritto alla matricola dell’Arte degli stampatori. Suo successore “alla Libraria di S. Marco” fu Andrea, attivo fra il 1594 e
il 1601, che non sempre utilizzò i vecchi rami di Donato. L’opera, non descritta
in nessuno dei repertori consultati, è rarissima.
Bibliografia: Bury, The Print in Italy, p.221. Dimensioni 302x410.
Ambrogio Brambilla
(attivo a Roma 1582 -99)
60. La Cappella Sistina
Acquaforte e bulino, 1582, datata in lastra in basso a destra. Esemplare nel secondo stato di tre, con l’indirizzo di Van Schoel. Bellissima prova, impressa su
carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili margini, pieghe di carta e
strappo perfettamente restaurato visibili al verso, per il resto in ottimo stato di
conservazione. L’opera raffigura la Cappella Sistina di Michelangelo, durante
una cerimonia celebrata dal Pontefice. Incisa da Ambrogio Brambilla, è una
delle prime opere stampate dalla tipografia di Claude Duchet, erede di Antonio Lafrery, che si firma “Claudii Ducheti formis Nepos Ant. Lafrery”. La lastra è una replica, come allora accadeva spesso, del lavoro edito da Lorenzo
Vaccari, a firma di Etienne Duperac, nel 1578. Molto rara. Bibliografia: Huelsen 130 b/c; McGinniss 268. Dimensioni 390x530.
Ambrogio Brambilla
(attivo a Roma 1582 -99)
61. Prospetto esterno di San Pietro
Acquaforte e bulino, 1582 circa, firmata in lastra in alto a sinistra. Da un modello di Michelangelo. Esemplare nel primo stato di due, con l’indirizzo di
Claude Duchet. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana
“scudo con stella e lettera M”, rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione.
La lastra è una replica, come all’epoca accadeva spesso, del lavoro a firma di
Etienne Duperac. Basato sul modello ligneo costruito da Michelangelo conservato al Museo della Fabbrica di San Pietro. Rara.
Bibliografia: Huelsen 93B I/II.; Marigliani, La Roma del Cinquecento nello Speculum Romanae Magnificentiae, p. 132. Dimensioni 456x340.
Martino Rota
(Sebenico 1520 – Vienna 1583)
62. San Domenico scaccia il demonio
Bulino, firmato in lastra in basso al centro. Edita a Venezia da Luca Bertelli.
Buona prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, con piccoli margini,
in perfetto stato di conservazione. Tra i seguaci tecnicamente più dotati di Marcantonio, Rota fu uno degli artisti che esportò al nord lo stile e la tecnica italiana dell’arte della stampa. Stando agli indirizzi riportati su molte delle sue
lastre, era nato a Sebenico, in Dalmazia, la stessa regione natale di Schiavone.
Tuttavia la vita dell’artista, prima della sua presenza a Roma, nel 1540, come
incisore di riproduzioni, è pressoché ignota. Le prime stampe da lui realizzate
coniugavano la maniera raffinata e sistematica di Marcantonio con un’abilità
in continua crescita. Bibliografia: Bartsch 17; Bury, The print in Italy 1550-1620,
p. 191. Dimensioni 217x339.
Agostino Carracci
(Bologna 1555 - Parma 1602)
63. Satiro che frusta una Ninfa
Bulino, circa 1590/5. Della serie delle cosiddette Lascivie. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione.
Questa collezione, undici opere a carattere mitologico e biblico con marcato
sfondo erotico, fece infuriare papa Clemente VIII (1592-1605) che biasimò il
Carracci per la sua mancanza di buona creanza. Proprio la diatriba con il Pontefice contribuisce alla datazione delle lastre, altrimenti prive di firma e data.
Dato il soggetto “peccaminoso” le opere ebbero poca tiratura e risultano pertanto assai rare. Bibliografia: De Grazia 186; Bartsch 133; Bury, The print in Italy
1550-1620, p. 196, 139. Dimensioni 112x154.
Agostino Carracci
(Bologna 1555 - Parma 1602)
64. Lo sposalizio mistico di Santa Caterina
Bulino, 1582, firmato e datato in basso a destra. Da un dipinto di Paolo Veronese. Esemplare nel primo stato di due, avanti l’indirizzo dell’editore Giacomo
Franco. Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva
di filigrana, rifilata al rame, piccolo restauro nella parte centrale perfettamente
eseguito, per il resto in ottimo stato di conservazione. L’opera deriva dal dipinto del Veronese nelle Gallerie dell’Accademia, ma che nel 1575 era sito nella
chiesa di Santa Caterina a Venezia. Il Carracci riprende fedelmente la composizione originale, e rese in maniera perfetta gli effetti scintillanti della pittura
del Caliari. Il Bartsch affermò giustamente che questa è una delle opere più felici di Agostino. Bellissima prova. Bibliografia: De Grazia, Le Stampe dei Carracci, p. 125, 104 I/II; Bartsch 98. Dimensioni 344x505.
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Agostino Carracci
(Bologna 1555 - Parma 1602)
65. Copricapo a forma di ventaglio
Bulino, circa 1589-95, firmato in lastra in basso a sinistra nelle prove di secondo
stato. Esemplare nel raro primo stato di due, avanti lettera. Magnifica prova,
ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, rifilata al rame,
intervento di restauro perfettamente eseguito nella parte bianca superiore,
tracce di colla al verso, per il resto in ottimo stato di conservazione. Scrive De
Grazia ”L’incisione è sempre stata interpretata quale rappresentazione di un
ventaglio, ma deve trattarsi di qualche cosa d’altro, perché del ventaglio non
ha l’impugnatura e quella al centro è troppo scomoda per consentirne un uso
siffatto. Non esiste una spiegazione dei tre ovali nell’angolo basso a destra e di
un quarto appena accennato un basso a sinistra. Diane Russel ha suggerito che
forse l’oggetto era inteso quale copricapo da ritagliare e portare in una festa.
In questo modo ciascuna scena negli ovali poteva venire alternata a piacere al
busto e al paesaggio del copricapo”. Se questa fu la sua destinazione probabile
che sia realizzata nel 1589 in occasione delle nozze tra Ferdinando de’ Medici
e Cristina di Lorena. Gli esemplari di primo stato sono assolutamente rarissimi. Bibliografia: De Grazia, Le Stampe dei Carracci, pp. 178/9, 193 I/II; Bartsch
260. Dimensioni 251x368.
Cerchia di Agostino Carracci
(Bologna 1555 - Parma 1602)
66. Madonna che allatta il bambino, in un paesaggio
Bulino, fine XVI secolo. Da un disegno di Agostino Carracci. Magnifica prova,
ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame, in ottimo stato
di conservazione. Il soggetto è già interpretato da Francesco Brizio nel 1595; e
del tema esistono diversi disegni preparatori, nessuno dei quali sembra essere
l’originale del Carracci. Questa incisione è nello stesso verso rispetto al disegno preparatorio e pertanto potrebbe essere stata realizzato guardando la
stampa del Brizio. Non descritta nei repertori. Bibliografia: De Grazia R28 (Brizio); Bartsch 39. Dimensioni 150x193.
Cornelis Cort
(Hoorn, Alkmaar, 1533 - Roma, prima del 1578)
67. Noè costruisce l’arca 69. Noè ringrazia per l’arca
68. Il Diluvio Universale 70. Noè , ubriaco, viene beffato
Incisioni al bulino, 1559, firmate in lastra in basso. Della serie La storia di Noè,
da disegni di Marteen van Heemskerck. Esemplari nel terzo stato di tre, con
l’indirizzo dell’editore Claes Jansz Visscher. Bellissime prove, impresse su carta
vergata coeva con filigrana “stemma di Amsterdam”, con margini, leggere
macchie sui margini bianchi che non toccano la parte incisa, per il resto in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein (Van Heemskerck) pp.
17/22, 2,4,5 & 7, III/III; TIB 52, 4-9. Dimensioni 250x202 circa.
Joannes van Doetecum
(attivo a Deventer ed Amsterdam tra il 1554 ed il 1580)
71. Paesaggio con villaggio e castello
Acquaforte e bulino, circa 1562. Della serie Paesaggi con scene di villaggi, da disegni di Hans Bol. Esemplare nel secondo stato di due, con il numero 9 aggiunto. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “scudo
con stemma”, rifilata al rame o con sottili margini, in ottimo stato di conservazione. La serie consta di 12 paesaggi, tutti tratti da disegni di Bol. Pubblicati
per la prima volta da Hieronimus Cock ad Anversa, sono ristampati in seguito
da Hendrick Hondius a L’Aia. Rara. Bibliografia: Hollstein pp. 55/63, 229 II/II.
Dimensioni 320x223.
72. Narciso ed Eco
Acquaforte e bulino, circa 1572. Della serie Le Metamorfosi di Ovidio, da disegni di Gerard van Groeningen. Esemplare nel primo stato di tre, edito da Peter
de Jode. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame o
con sottili margini, applicata su antico supporto di collezione, in ottimo stato
di conservazione. Bibliografia: Hollstein pp. 128/136, 633 I/III. Dimensioni
292x210.
Johannes Wierix
(Anversa 1549 – 1618 circa)
73. Vanitas
Bulino, circa 1566, da un soggetto di Albercht Dürer Esemplare nel secondo
stato di due con l’indirizzo di Claes Jansz. Visccher. Magnifica prova, ricca di
toni, impressa su carta vergata coeva con parziale filigrana, non identificabile,
rifilata al rame, piccole abrasioni agli angoli superiori, per il resto in ottimo
stato di conservazione. L’opera è una derivazione dell’incisione di Albrecht
Dürer, datata al 1503, rispetto alla quale è una fedelissima ed ingannevole
copia. L’incisione raffigura uno scudo con un enorme teschio sormontato da un
elmo alato, sorretto da un selvaggio che abbraccia una fanciulla in abito festoso. Dal punto di vista iconografico appare descrivere una sorta di versione
araldica del tema Amore e Morte, simboleggiando vacuità e transitorietà. Magnifica impressione. Bibliografia: Mauquoy-Hendrickx 1485; Alvin, Catalogue
raisonné de l’oeuvre des trois frères Jan, Jérome et Antoine Wierix ,1191; The Illustrated Bartsch 101, C1. Dimensioni 159x212.
English translation available @ www.antiquarius.it
Hieronymus Wierix
(Anversa 1553 – 1619)
74. Fede, Speranza e Carità
Bulino, firmato in lastra in basso a destra. Da un soggetto di Marteen de Vos.
Esemplare nel primo stato di due, con l’indirizzo dell’editore Peter de Jode.
Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili
margini, in perfetto stato di conservazione. Bibliografia: Alvin, L., Catalogue
raisonné de l’oeuvre des trois frères Jan, Jérome et Antoine Wierix, 1391. Dimensioni
288x196.
Harmen Jansz Muller
(Amsterdam 1538 circa – 1617)
75. Giuda dona a Tamar il pegno
76. Hira di Adullam chiede notizie della prostituta
77. La nascita di Perez e Zarah
Incisioni al bulino, circa 1566, monogrammate in lastra in basso. Della serie La
storia di Giuda e Tamar, da disegni di Marteen van Heemskerck. Esemplari nello
stato finale, con l’indirizzo dell’editore Claes Jansz Visscher. Bellissime prove,
impresse su carta vergata coeva con filigrana “stemma di Amsterdam”, con
margini, leggeri difetti sui margini bianchi che non toccano la parte incisa, per
il resto in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein (Van Heemskerck) pp. 50/53, 39, 42 & 43, III/III. Dimensioni 260x208 circa.
Philippe Galle
(Haarlem 1537 - Anversa 1612)
78. La distruzione del tempio di Astarte
79. Il massacro del sacerdoti di Samaria 80. Giosia celebra la Pasqua
Incisione al bulino, circa 1569. Della serie Re Giosia restaura la legge del Signore,
da disegni di Marteen van Heemskerck. Esemplari nello stato finale. Esemplari nello stato finale, con l’indirizzo dell’editore Claes Jansz Visscher. Bellissime prove, impresse su carta vergata coeva con filigrana “stemma di
Amsterdam”, con margini, leggeri difetti sui margini bianchi che non toccano
la parte incisa, per il resto in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein (Van Heemskerck) pp. 126/131, 147, 149 & 150. Dimensioni 260x208
circa.
Adriaen Collaert
(Anversa 1555 circa - 1618)
81. I quattro condottieri
Incisioni al bulino, circa 1575, firmate in lastra in basso al centro. Serie completa
denominata I quattro condottieri, da disegni di Marten de Vos. Esemplari di secondo stato con la numerazione aggiunta in basso a destra. Bellissime prove,
impresse su carta vergata coeva con filigrana “stemma di Amsterdam”, con
margini, leggeri difetti sui margini bianchi che non toccano la parte incisa, per
il resto in ottimo stato di conservazione. Le quattro incisioni raffigurano Alessandro Magno, Giulio Cesare, Ciro il Grande, Nino di Ninive, i più grandi condottieri del passato. Bibliografia: Hollstein (Collaert) 1174/1177 II/II; Hollstein
(De Vos), 1315/1318. Dimensioni 255x222 circa.
Jan Collaert I
(attivo 1525 – 1580 ad Anversa)
82. La costruzione della torre di Babele
83. La Torre di Babele
Bulino, 1579 circa. Della serie Thesaurus sacrarum historiarum veteris testamenti,
elegantissimis imaginabus expressum excellentissimorum in hac arte virorum opera:
nunc primum in lucem editus tratta da disegni di Jan Snellinck. Esemplari nel
secondo stato di due, con l’indirizzo di Claes Jansz Visscher. Bellissime prove,
impresse su carta vergata coeva con filigrana “stemma di Amsterdam”, con
margini, leggeri difetti sui margini bianchi che non toccano la parte incisa, per
il resto in ottimo stato di conservazione.
Bibliografia: Hollstein, 14 & 15. Dimensioni 310x228 circa.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
Aegidius Sadeler
(Anversa 1570 circa – Praga 1629)
84. Madonna con Bambino nel paesaggio
Bulino, 1590 circa, firmato in lastra in basso. Da un soggetto di Albrecht Dürer.
Esemplare nel secondo stato di due. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “stemma con grappolo d’uva”, rifilata al rame o con
sottili margini, in ottimo stato di conservazione. Aegidius Sadeler, noto anche
con il nome italianizzato Egidio o come Gilles, era pittore, incisore e un importante manierista, sicuramente l’esponente più importante della dinastia dei
Sadeler. Dopo essersi trasferito a Colonia durante l’infanzia (circa 1579), e poi
a Monaco di Baviera (circa 1588), si reca in Italia, lavorando a Roma (1593), Verona e probabilmente Venezia (1595-1597). Dopo un viaggio a Napoli, si trasferisce a Praga nel 1597, dove trascorse il resto della sua vita, per lo più
impiegato alla corte dell’imperatore Rodolfo II, con Bartholomäus Spranger,
di cui divenne il migliore traduttore. Opera giovanile di Aegidius Sadeler, relativo al periodo trascorso tra Monaco e Norimberga. Bellissimo foglio. Bibliografia: Hollstein 72 II/II. Dimensioni 245x345.
Johannes Theodor & Johannes Israel de Bry
(Liegi 1561 – Francoforte 1623)
Incisioni al bulino 1592 circa, prive di firma. Opere tratto dal rarissimo Emblemata saecularia, mira et iucunda varietate saeculi huius mores ita exprimentia edito a
Francoforte nel 1592 e 1596 ed inciso dai fratelli De Bry. Le incisioni sono tratte
principalmente da soggetti di Hyeronimus Bosch, Peter Brueghel, Hans Bol e
Marten de Vos, rappresentando temi alchemici e filosofici nel classico stile dei
maestri fiamminghi dell’epoca. Bellissime prove, impresse su carta vergata
coeva ed applicate su antico supporto di collezione, con sottili margini, lievissime ossidazioni, per il resto in perfetto stato di conservazione. Rarissime
Bibliografia: Hollstein 240-287.
85. La Felicità della vita è nell’amore. Da Peter Brueghel. Dim. 100x108.
86. Maniera in cui circola la moneta. Dim. 84x108.
87. Il camino più fa fumo e meno brucia (Allegoria dell’amore coniugale). Dim.
82x110.
88. Alcuni uomini amano le spine. Da Hieronimus Bosch. Dim. 85x107.
89. Non ti ho riservato questo trattamento amore. Da Peter Brueghel. Dim. 78x104.
90. I pesci vengono catturati nello stesso modo. Da Peter Brueghel. Dim. 95x110.
91. Guarda come è faticosa l’arte. Da Peter Brueghel. Dim. 83x107.
92. L’umanità provoca risa e lacrime. Da Marten de Vos. Dim. 96x93.
93. Guardare nella stalla dopo che sono fuggiti i cavalli. Da Marten de Vos. Dim.
97x107.
94. L’uomo che ride delle sfortune altrui è sfortunato. Dim. 97x107.
95. Bilancia per le coppie. Da Marten de Vos. Dim. 100x105.
96. Un uomo davanti ad una donna. Dim. 87x108.
97. Felici gli uomini che hanno questo albero nel proprio giardino. Dim. 92x94.
98. Guardandoti nello specchio dovresti riconoscerti. Dim. 84x108.
99. Bere rende l’uomo debole. Da Peter Brueghel Dim. 98x108.
100. Ignoriamo i desideri preferendo i sogni. Da Peter Brueghel. Dim. 97x107.
101. Giovane uomo attratto dai soldi di una donna anziana. Dim. 84x108.
102. Si sacrifica con l’uomo vecchio per donare al giovane. Dim. 84x108.
103. Le nozze sono fatte dal destino. Dim. 104x94.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
85
90
97
99
100
Antonio Tempesta
(Firenze 1555 – Roma 1630)
104. Allegoria dell’estate
Acquaforte e bulino, 1592, firmata e datata in lastra in basso al centro. Esemplare nel primo stato con l’indirizzo dell’editore Giovanni Orlandi. Magnifica
prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili margini o rifilata al rame, in ottimo stato di conservazione. L’opera fa parte
della serie Le quattro stagioni, relativa al periodo romano del Tempesta, dedito
alla rappresentazione delle opere mitologiche. Al verso, una parziale controprova dell’ Allegoria dell’inverno, della stessa serie. Magnifico esemplare. Bibliografia: Lippincott 1999, p.86, 078; Bartsch XVII.152.805, I/II. Dimensioni
218x144.
Francesco Villamena
(Assisi 1565 circa – Roma 1624)
105. Riposo dalla fuga in Egitto
Bulino, 1597, firmato datato e dedicato in lastra in basso. Da un disegno di Girolamo Muziano. Magnifica prova, ricca di contrasto, impressa su carta vergata coeva con filigrana “mano”, rifilata al rame, restauro all’angolo inferiore
destro perfettamente eseguito, nel complesso in buono stato di conservazione.
Bibliografia: Kühn-Hattenhauer, Das graphische Oeuvre von Francesco Villamena,
p. 195; Bury, The Print in Italy, pp.17/18. Dimensioni 145x205..
Peter De Jode
(Anversa 1570 – 1634)
106. Vita di Santa Caterina da Siena
Bulino, 1597, della seri Vita, mors, gesta et miracula quaedam selecta B. Catherina
Senensis, da disegni di Francesco Vanni. Edito a Siena da Matteo Florimi. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “doppio cerchio
con tre monti e fiore”, rifilata al rame, in perfetto stato di conservazione. La
composizione, come le altre 10 della serie, raffigura tre scene della vita della
Santa, con relativo testo esplicativo. Il De Jode traduce il chiaroscuro dei disegni manieristi del Vanni attraverso un intreccio di linee alternate ad ampie
zone non incise, in modo da donare alla composizione la teatralità e la luce
mistica presente nei disegni. Bibliografia: Hollstein 265; Bury , The print in Italy
1550-1620, p. 191. Dimensioni 280x247.
Anonimo
107. Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo
Bulino, databile alla fine del XVI secolo, monogrammato in lastra in basso a sinistra con le iniziali AD. Copia nelle stesso verso dell’incisione di Albrecht
Dürer. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, con sottili margini, in
ottimo stato di conservazione. Unica copia nello stesso verso dell’opera di
Dürer, probabilmente di mano fiamminga che nessuno è riuscito a identificare.
Bellissimo esemplare. Bibliografia: The Illustrated Bartsch 98, C1. Dimensioni
188x242.
Crispijn de Passe il vecchio
(Arnemuiden ca. 1565 - Utrecht 1637)
08. Juventus Labori
Bulino, 1596, firmato in lastra in basso a destra. Della serie Le quattro età dell’uomo, da disegni di Marteen de Vos. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “aquila reale”, con sottili margini, traccia di piega
centrale, per il resto in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein
489; Hollstein (De Vos) 1459. Dimensioni 222x188.
109. Virilitas 110. Senectus
Incisioni al bulino, 1599, firmate in lastra in basso. Della serie Le età dell’uomo,
da disegni dello stesso artista. Magnifiche prove, impresse su carta vergata
coeva, con sottili margini, in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein 496 & 498; Franken 1095 & 1096. Dimensioni 149x220 circa.
111. Putto alato con aquila
Bulino, 1601, privo di firma. Della serie Le Sibille, composta da 18 incisioni. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili
margini, in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein 315; Franken281. Dimensioni 115x156.
112. Allegoria dell’Asia
Bulino, 1601, privo di firma. Della serie I quattro continenti, di invenzione dello
stesso artista. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, con margini,
in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Hollstein 598. Dimensioni
220x188.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
Nicolas de Bruyn
(Anversa 1570 circa – Amsterdam 1656)
113. Adamo ed Eva nel paradiso terrestre
Bulino, circa 1600, firmato in lastra in basso. Da un disegno di Marteen de Vos.
Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva, con sottili margini, in ottimo stato di conservazione. Nicolas de Bruyn era figlio di Abraham, dal quale
fu indirizzato verso lo studio dell’incisione. Tuttavia non ne seguì l’esempio
per stile ed esecuzione, ispirandosi invece ai lavori di Luca di Leida. I disegni
di Marteen de Vos raffiguranti la storia di Adamo ed Eva sono incisi anche da
Crispin de Passe. Dimensioni 120x132.
Jan Saenredam
(Zaandam 1565 circa – Assendelft 1607)
114. Eva porge ad Adamo il frutto proibito
Bulino, 1604, firmato in basso a destra. Della serie La storia di Adamo ed Eva, da
disegni di Abraham Bloemart. Esemplare nel primo stato di due. Magnifica
prova, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame ed applicata su antico
supporto di collezione, in ottimo stato di conservazione. Bibliografia: Bartsch
14; Hollstein 3 I/II. Dimensioni 190x256.
da Frans Floris
(Anversa 1517 – 1570)
115. Ercole uccide Achilleo sotto forma di toro
Bulino, con il monogramma dell’editore in basso a sinistra. Della serie Le fatiche di Ercole, da dipinti di Frans Floris realizzati nel 1554 e andati poi perduti.
Magnifica prova, ricca di toni, impressa su carta vergata coeva, con sottili margini, in perfette condizioni. L’opera è una fedele replica dell’incisione di Corneli Cort realizzata nel 1563 ed è edita dall’incisore Nicolaes Lauwers verso il
1630. Magnifico esemplare. Biliografia: Hollstein 117b. Dimensioni 285x224.
Johan Bara
(Hertogenbosch 1581 – Londra 1634)
116. Giove e Giunone
Acquaforte e bulino, 1599, firmata in lastra in basso al centro. Da un disegno
di Bartolomeo Spranger. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con
filigrana “figura nel cerchio”, con sottili margini, in buono stato di conservazione. Rara. Dimensioni 193x220.
Raffaello Guidi
(Firenze 1540 – 1613)
117. Giove
118. Saturno
119. Mercurio
120. Vulcano
Incisioni al bulino, 1613, datate in lastra in basso. Della serie Divinità mitologiche, da affreschi di Polidoro da Caravaggio. Edite a Roma da Antonio Carenzano. Magnifiche prove, ricche di tono, impresse su carta vergata coeva con
filigrana non leggibile, rifilate al rame, in ottimo stato di conservazione. La
serie, di 8 soggetti, è dedicata dall’editore al marchese Ippolito della Rovere, e
non viene descritta dal Bartsch. Molto rare. Dimensioni 210x345 circa.
Raffaello Schiaminossi
(Borgo San Sepolcro 1570 circa – 1620)
121. Assunzione della Maddalena
Acquaforte e bulino, 1612, firmata e datata in lastra in basso. Da un soggetto
di Luca Cambiaso. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, rifilata
al rame, in ottimo stato di conservazione. Raffaello Schiaminossi fa parte della
folta schiera di artisti nativi del piccolo borgo di San Sepolcro. Membro della
corporazione fiorentina dei pittori a partire dal 1596, si dedica con successo all’incisione, traducendo ed interpretando a stampa disegni di Ventura Salimbeni, Federico Barocci, Paolo Veronese ed appunto Luca Cambiaso. La sua arte
incisoria è del tutto particolare ed innovativa, caratterizzata dal forte uso del
chiaroscuro, realizzato attraverso l’uso di una fitta serie di linee incrociate, alternate ad aree intagliate delicatamente. Uno dei migliori lavori dell’artista.
Bibliografia: Bartsch XVII, p. 232, 91. Dimensioni 197x280.
Willem Peter Buytenwech
(Rotterdam 1585 – 1624)
122. San Francesco riceve le stimmate
Acquaforte, firmata da Rubens, autore del disegno preparatorio all’opera.
Esemplare nel secondo stato di due, con l’aggiunta della firma in basso a sinistra. Buona prova, impressa su carta vergata, rifilata al rame, in ottimo stato di
conservazione. Bibliografia: Hollstein 11, Mostra Genova 62. Dimensioni
104x142.
Basilus Besler
(Wöhrd 1561 - 1629)
123. Cinera cum flore
134. Melagris
124. Tordilion Creyicum
135. Heleborus albus
125. Helenium
136. Ricinus maior
126. Papaver multiplex
137. Trifolium Bituminosum
127. Matricaria
138. Calamintha montana
128. Nepetella
139. Chamaenerion
129. Geranium
140. Iris latifolia
130. Sedum arborescens
141. Anemone flore multiplici
131. Lilium Montanum
142. Scabiosa Alpina
132. Saponaria
143. Moluca odorata spinosa
133. Flos Armerius
144. Cinara maior boloniensis
Incisioni all’acquaforte, finemente colorate a mano, 1613 circa. Magnifiche
prove, impresse su carta vergata coeva, con margini, in perfetto stato di conservazione. Tratte dal celebre Hortus Eystettensis di Basilius Besler, edito per la
prima volta ad Amsterdam nel 1613. Pubblicato con una tiratura di soli 300
esemplari questa magnifica opera può essere considerata la pietra miliare dei
libri di botanica ed il più maestoso ed importante libro del genere mai pubblicato. Le 367 tavole finemente incise in rame, di formato in-folio, contengono
oltre 1.000 diversi fiori, rappresentanti 667 specie differenti. Basilius Besler era
farmacista e botanico; le opere raffigurano il meraviglioso giardino del Cardinale Konrad von Gemmingen, che commissionò l’opera al Besler proprio per
illustrare il giardino che circondava il suo castello. Dimensioni 400x485 circa.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
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Jacques Callot
(Nancy 1592-1635)
145. Frontespizio delle Miserie della guerra. Inciso da Abraham Bosse. Meaume 557.
146. L’agguato sulla strada. Lieure 1334.
147. Devastazione di un monastero. Lieure 1335.
148. Saccheggio ed incendio di un villaggio. Lieure 1336.
149. La vendetta dei paesani. Lieure 1337.
150. L’ospedale. Lieure 1338.
Le piccole miserie della guerra
La serie consta di 6 incisioni più il frontespizio, inciso da Abraham Bosse. Le
opere precedono cronologicamente la serie magistrale delle Grandi miserie della
guerra, composta da ben 18 lastre. Incisioni all’acquaforte, magnifiche prove,
impresse su carta vergata coeva, con sottili margini o rifilate al rame, in buono
stato di conservazione. Prove nel secondo stato di due, con l’indirizzo dell’editore Israel Henriet, datate 1636. Applicate su antico supporto di collezione.
Bibliografia: Lieure 1333-1338 II/II; H. Diane Russell., Jacques Callot prints &
Related Drawings pp. 60-62. Dimensioni 115x55.
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Israel Silvestre
(Nancy 1621 – Parigi 1691)
151. Panorama di Roma da Monte Mario
Acquaforte, 1642, firmata in lastra in basso. Bellissima prova, impressa su carta
vergata coeva, rifilata al rame, alcuni restauri perfettamente eseguiti, tracce di
colla la verso per il resto in buono stato di conservazione. Inusuale veduta panoramica della città, presa dalle pendici di Monte Mario. La Basilica, in primo
piano, è disegnata con grande dettaglio, come pure il panorama della città,
dove sono riconoscibili numerose opere architettoniche. Il Silvestre, incisore e
disegnatore, nasce a Nancy nel 1621. Tra il 1638 e il 1641 viaggiò in Italia; si
hanno notizie della sua presenza nella Penisola ancora nel 1643 e nel 1653. Il
suo stile fu, all'inizio, piuttosto sciolto, ma dal 1643 in poi divenne più raffinato
e delicato, acquisendo accuratezza e precisione senza essere asciutto, risultando a volte simile a quello di Jacques Callot o di Stefano della Bella, con i
quali ebbe rapporti di amicizia. Primo, in ordine cronologico, dei quattro panorami dedicati dall'artista francese alla città. Molto rara. Bibliografia: Le Blanc
III, p. 508, 224; Roma Veduta, p. 168, 27; Faucheaux, Catalogue raisonné de
l'oeuvre d'Israel Silvestre, 28 II/II. Dimensioni 1230x185.
Harmensz van Rijn detto Rembrandt
(Leida 1606 - Amsterdam 1669)
152. Nudo seduto con gamba distesa
Acquaforte, 1646, firmata e datata in lastra in basso a sinistra. Esemplare nel
primo o secondo stato di due. Magnifica prova, impressa su carta vergata
coeva priva di filigrana ma databile al XVII secolo, rifilata all’interno della linea
del rame, in perfetto stato di conservazione. Il tema del nudo è molto caro all’artista, che nei primi anni della carriera interpreta il soggetto nella versione
femminile. Questo nudo di schiena è prova del virtuosismo di Rembrandt che
incide l’opera direttamente sulla lastra da un modello messo in posa. Opera
rara, del cui primo stato sono noti solo sei esemplari. Bibliografia: White Boon
196 II. Dimensioni 141x90.
Cerchia di Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto
(Iativa di Valenza 1591 – Napoli 1652)
153. La piccola testa grottesca
154. La grande testa grottesca
Incisioni all’acquaforte, circa 1640, prive di firma. Magnifiche prove, ricche di
toni, impresse su carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili margini, piccoli fori di tarlo perfettamente restaurati nella parte inferiore, per il resto in ottimo stato di conservazione. Le due opere sono copie in controparte delle rare
incisioni del Ribera che, negli esemplari di secondo stato, recano le iniziali dell’incisore, editore e mercante di stampe fiammingo Frans van den Wyngaerde
(1614-1679). Le stampe rappresentano un uomo affetto dal morbo di Reclinghausen (neuro fibromatosi multipla) che si manifesta con la comparsa di
grossi tumori benigni. Possibile che le due lastre furono realizzate per un progettato, ma mai completato, manuale per gli artisti principianti, una sorta di
compendio per il disegno molto in voga negli artisti del periodo. Possibile che
queste due incisioni siano da assegnare allo stesso Frans van den Wyngaerde.
Rare. Bibliografia: The Illustrated Bartsch 8 & 9; Brown 10 & 11; Salamon, Josepe
de Ribera, 12 & 13. Dimensioni 123x155 & 120x160.
Cerchia di Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto
(Iativa di Valenza 1591 – Napoli 1652)
155. Sileno ebbro
Acquaforte e bulino, circa 1640, priva di firma. Magnifica prova, ricca di toni,
impressa su carta vergata coeva con filigrana “grappolo d’uva”, con margini,
piega di carta verticale, per il resto in ottimo stato di conservazione. L’opera
raffigura in controparte l’incisione del Ribera, rispetto alla quale è esattamente
una copia, come dimostra il fatto che nel cartiglio in basso a sinistra sono mantenuti il nome dell’autore e la data 1628. Il rame riproduce nello stesso verso
un dipinto che il Ribera realizzò nel 1626 per il mercante e collezionista fiammingo Gaspar de Roomer, attualmente conservato al museo di Capodimonte
di Napoli. Probabile che questo lavoro sia opera dell’editore e mercante di
stampe fiammingo Frans van den Wyngaerde (1614-1679). Bellissima prova. Ex
collezione H. Fliescher (Lugt 1362b). Bibliografia: Bartsch 13; Brown 14, copia
1; Costamagna, Incisori Napoletani del ’600, 36. Dimensioni 346x248.
Pietro Testa detto il “Lucchesino”
(Lucca 1611 – Roma 1650)
156. Giovane che ascende al Parnaso
Acquaforte, circa 1645/50, firmata in lastra in basso. Rarissima controprova. Le
controprove venivano impresse direttamente dalla stampa fresca di inchiostro
ed erano realizzate dagli artisti solo occasionalmente, probabilmente per vedere il risultato allo stesso modo del disegno preparatorio. Magnifica prova,
impressa su carta vergata coeva con filigrana “scudo con stella e tre monti”, rifilata irregolarmente alla linea marginale, lievi pieghe di carta visibili al verso,
per il resto in ottimo stato di conservazione. Questa meravigliosa composizione allegorica del Testa è legata ad un profondo senso morale e raffigura un
giovane, nudo, che attraverso un sentiero impervio raggiunge il Parnaso, dove
è accolto dalla Fama e dalla Saggezza che lo illumina con la sua fiaccola. Alle
sue spalle fuggono via, vinte, l’Ignoranza, l’Invidia e gli altri Vizi. Sul Parnaso
lo attendono le Muse, circondate da putti, e Saturno che simboleggia il Tempo.
Databile al periodo dopo il 1645, l’opera è frutto del periodo di maggiore intellettualismo dell’autore; alcuni critici sostengono che, limitatamente alla
parte inferiore destra, sia stata, terminata dal nipote Giovanni Cesare, a causa
della morte del Lucchesino. Secondo il Passeri nel volto del giovane virtuoso
è da ravvisare il volto dello stesso Testa. Senza dubbio, attraverso questa composizione l’artista ha voluto rappresentare la sua profonda convinzione della
virtù che trionfa sempre sull’ignoranza, e anche, sul piano più strettamente
personale, il proprio trionfo, in qualità di artista, sui suoi denigratori del
tempo. Bibliografia: Massari, Tra mito ed allegoria, pag. 540, 222.; Bellini 33;
Bartsch 33. Dimensioni 574x410.
English translation available @ www.antiquarius.it
Giovanni Benedetto Castiglione detto Grechetto
(Genova 1609 – Mantova 1665)
157. Temporalis Aeternitas
Acquaforte, 1655, firmata e datata in lastra in basso a sinistra. Esemplare nel
terzo stato di cinque. Bellissima prova, nitida, impressa su carta vergata coeva
con filigrana “lettere in un cerchio sormontato da un fiore”, con inusuali ampi
margini, in ottimo stato di conservazione. Questa incisione, databile per motivi stilistici al periodo più maturo del Castiglione, ripropone un tema già affrontato dall’artista nella lastra verticale (Bartsch 25) risalente a circa 10 anni
prima e chiaramente ispirata al dipinto di Poussin realizzato a Roma verso il
1630. Temporalis Aeternitas è un tema molto caro al Castiglione, perché meglio
di ogni altro riesce a mettere a fuoco l’azione distruttiva e annientatrice del
tempo nei confronti delle gesta dell’uomo. Antony Blunt ha interpretato la
scritta sul libro in terra “Il sa-/con” come il Satyricon di Petronio, riferendosi
probabilmente alla orazione di Encolpio per la morte di Licia, in cui il poeta latino allude alla mutevolezza della fortuna e alla vanità dell’ambizione umana.
Ottimo esemplare. Bibliografia: Bartsch 27; Bellini 63 III/V; Massari, Tra Mito
ed Allegoria, p. 418, 158. Dimensioni 256x182.
Salvator Rosa
(Napoli 1615 – Roma 1673)
158. I cinque fiumi
Coppia di incisioni all’acquaforte e puntasecca, circa 1650/60, monogrammate
in lastra in basso a destra ed a sinistra rispettivamente. Stato unico. Bellissime
prove, impresse su carta vergata coeva priva di filigrana, con sottili margini, in
ottimo stato di conservazione.
Le due stampe documentano la capacità del Rosa di ricreare un’atmosfera da
favola ellenistica, dove le divinità mitologiche sono rappresentate in perfetto
equilibrio con la natura circostante. Rotili ritiene che le opere siano databili intorno al 1651/6, sostenendo che simboleggino i fiumi dei quattro continenti, in
analogia con la Fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona realizzata da Gian
Lorenzo Bernini, 1648/51. Bibliografia: Bartsch 15&16; Rotili 16 & 17; Wallace
96 & 97; Massari, Tra Mito ed Allegoria, p. 438, 163 & 164; Costamagna, Incisori
Napoletani del’600, 63 & 64. Dimensioni 210x94 ognuna.
Salvator Rosa
(Napoli 1615 – Roma 1673)
159. Combattimento di Tritoni
160. Combattimento di Tritoni
Incisioni all’acquaforte con ritocchi di puntasecca, firmate in lastra in basso a
destra. Bellissime prove, impresse su carta vergata coeva, sottili margini, in ottimo stato di conservazione. Il Rosa ha eseguito tre stampe di questa tipologia
raffigurante il combattimento di tritoni, probabilmente assai congeniale al suo
modo eroico di interpretare l’antico. È chiara nell’artista l’ispirazione desunta
dalle Battaglie di dei marini di Andrea Mantegna, delle quali ricrea anche lo spirito gioioso del mito pagano, e con le analoghe composizioni di Odoardo Fialetti. Le opere sembrano essere state eseguite nello stesso periodo delle Diverse
Figure, databili tra il 1656 e il 1658. Bibliografia: Bartsch 12&13; Rotili 13 & 14;
Wallace 93 & 94; Massari, Tra Mito ed Allegoria, p. 440, 166 & 167. Dimensioni
166x108 & 206x94.
Lorenzo Loli
(Bologna 1612 – 1691)
161. San Gerolamo
Acquaforte, monogrammata in lastra in basso a destra. Da un disegno di Giovanni Andrea Sirani. Magnifica prova impressa su carta vergata coeva con filigrana della “brocca”, rifilata al rame, leggere tracce di colla al verso degli
angoli, per il resto in ottimo stato di conservazione. Una delle migliori incisioni del Loli. Ex collezione E. Devaulx (Lugt 670). Bibliografia: Bartsch 14; Bertelà, Incisori Bolognesi ed Emiliani del’600, 754. Dimensioni 173x233.
Gerolamo Scarsello
(Bologna 1624 – 1678 circa)
162. La Fortuna
Acquaforte, metà XVI secolo, monogrammata in lastra in basso. Da un soggetto di Guido Reni. Esemplare nel secondo stato di due. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “stemma con aquila” databile alla
metà del Seicento, rifilata al rame, piccole abrasioni visibili al verso, per il resto
in ottimo stato di conservazione. Pittore ed incisore bolognese fu allievo di
Francesco Gessi. La sua produzione grafica sinora conosciuta ammonta a 6 acqueforti di soggetto mitologico che riproducono opere di Guido Reni e Giovanni Andrea Sirani. La data di nascita dello Scarsello è documentata al 19
gennaio 1624, mentre quella della sua morte non è esattamente nota, ma presumibilmente avvenne dopo il 1678. Malvasia, infatti, lo descrive alla data 1678
attivo a Torino, dove arrivò dopo aver in precedenza lavorato a Bologna e a Milano. Bibliografia: Bartsch XIX, 6; Bertelà, Incisori Bolognesi ed Emiliani del’600,
916c. Dimensioni 180x225.
Anonimo
163. Monastero di Vallombrosa
Acquaforte e bulino, circa 1644, monogrammata in lastra in basso al centro.
Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, con margini, minime ossidazioni all’angolo superiore destro per il resto in ottimo stato
di conservazione. La presente incisione raffigura l’abbazia di Vallombrosa. La
facciata del monastero si deve a Gherardo Silvani (1637) che intervenne proseguendo l’opera di Alfonso Parigi; allo stesso Silvani si deve anche la facciata
della chiesa (1644) preceduta da un portico nel quale si trova una statua del
santo fondatore, del primo Seicento. Gli stemmi sono quelli dei Medici e di
Vallombrosa, quest’ultimo raffigurante un bastone a forma di tau. Probabile
che questa lavoro venga prodotto in occasione della fine dei lavori, nel 1644,
per divulgare la notizia al mondo. Ignoto l’autore dell’opera, siglata in lastra
con lo sconosciuto monogramma I.B.F.S. Rarissima. Dimensioni 510x395.
164. Eremo di Camaldoli
Acquaforte e bulino, circa 1650. Bellissima prova, impressa su carta vergata
coeva priva di filigrana, con margini, minime ossidazioni all’angolo superiore
destro per il resto in ottimo stato di conservazione. L’opera raffigura l’Eremo
di Camaldoli che si trova nei pressi dell’omonima località, in provincia di
Arezzo. Fu fondato da San Romualdo nei primi anni dell’XI secolo ed è la casa
madre della Congregazione benedettina dei camaldolesi. L’opera non risulta
nei repertori da noi consultati. Stilisticamente sembrerebbe relativa alla metà
del XVII secolo, tuttavia una data abrasa ma ancora leggibile “1664” appare in
basso a sinistra. Nel 1663 Johannes Blaeu realizza una veduta che include nel
suo Theatrum Italiae , con degli spazi bianchi al posto dei cartigli decorativi agli
angoli inferiori, che sembra chiaramente derivare da questa opera. Probabile
quindi che la lastra sia databile alla metà del’600 e che abbia avuto più tirature. Molto rara. Dimensioni 510x375.
English translation available @ www.antiquarius.it
Giulio Carpioni
(Venezia 1613 – Vicenza 1678)
165. Fregio con tritoni e nereidi
Acquaforte, circa 1640/50. Da un soggetto di Odoardo Fialetti. Magnifica prova,
ricca di toni, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana, rifilata al rame,
traccia di piega centrale verticale, per il resto in ottimo stato id conservazione.
L’opera fa parte della serie Tritoni e Nereidi per la quale il Carpioni si ispira
alle lastre di Odoardo Fialetti, realizzandone delle copie molto simili ma in controparte. In questo intreccio di Tritoni che afferrano Nereidi, Centauri, putti e cavalli marini che nuotano tra i flutti, e grandi pesci che emergono dalle acque,
rivive l’atmosfera del classicismo veneto tardo-cinquecentesco.
Bibliografia: Bartsch 24; Massari, Tra Mito ed Allegoria, p. 485. Dimensioni
450x118.
Stefano della Bella
(Firenze 1610 – 1664)
166. Il Cosmo o vero L’Italia trionfante
Acquaforte, 1650, firmata in lastra in basso a destra. Frontespizio dell’opera di
Giovan Carlo Coppola. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana del “sole”, rifilata al rame, in perfetto stato di conservazione. Il Cosmo o
vero L’Italia trionfante, è un “poema sacro” dedicato a Ferdinando II, stampato a
Firenze, nella Stamperia granducale, nel 1650. Il Cosmo, poema di venti canti in ottave, ha come materia, suggerita da Ferdinando II, un leggendario episodio della
difesa dell’Italia dai barbari, al tempo dell’imperatore Onorio, per opera di Cosimo o Cosmo, discendente di Perseo e mitico capostipite della famiglia dei Medici. L’incisione del Della Bella raffigura Cosmo, con lo scudo che mostra lo
stemma mediceo, vittorioso nel duello con Radagario, re dei Goti. Bellissima e
rara incisione. Bibliografia: De Vesme/Massar 959. Dimensioni 187x262.
Giovanni Francesco Grimaldi
(Bologna circa 1606 – 1680)
167. Due uomini a cavallo
168. Il fusto di una colonna
Incisioni all’acquaforte, circa 1647/50, firmate in lastra in basso a sinistra. Stato
unico. Magnifiche prove, ricche di toni, impresse su carta vergata coeva con filigrana “agnello pasquale nel doppio cerchio” (Heawood 2838), con sottili margini, minime ossidazione, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Conosciuto come il Bolognese, Grimaldi era probabilmente nato in questa città
intorno al 1606 e, in effetti, la produzione degli ultimi anni fu fortemente influenzata dai suoi primi contatti con la tradizione dei Carracci. Grimaldi realizzò oltre cinquanta incisioni di paesaggi, tutti fortemente influenzati dalla
formula paesaggistica di Annibale Carracci e Domenichino. Le sue stampe,
così come i dipinti e i disegni di vedute, sono caratterizzate da un approccio
alla natura estremamente regolare e controllato, enfatizzando le linee orizzontali, verticali e i piani. Alla stregua dei suoi modelli bolognesi, Grimaldi
usava spesso masse rocciose, o di terra, sporgenti, file di alberi posizionate
strategicamente, e architetture posizionate nei piani per disporre il suo schema
organizzativo. Bibliografia: Bartsch & Bellini 5, 8. Dimensioni 190x195.
Carlo Cesio
(Antrodoco 1626 - Rieti 1687)
169. Venere e Anchise. Bartsch 21, TIB 021, IV/V. Dim. 213x228.
170. Diana e Endimione. Bartsch 22, TIB 022, II/II. Dim. 220x235.
171. Mercurio e Paride. Bartsch 23, TIB 023, II/III. Dim. 248x358.
172. Diana e Pan. Bartsch 24, TIB 024, II/III. Dim. 247x360.
173. Ercole e Iole. Bartsch 25, TIB 025, II/III. Dim. 236x223.
174. Giove e Giunone. Bartsch 26, TIB 026, III/IV. Dim. 221x237.
175. Polifemo e Galatea. Bartsch 27, TIB 027, III/IV. Dim. 252x346.
176. Polifemo e Aci. Bartsch 28, TIB 028, III/IV. Dim. 251x344.
177. Tronfo di Galaeta. Bartsch 29, TIB 029, II/III. Dim. 455x251.
178. Aurora e Cefalo. Bartsch 30, TIB 031, III/IV. Dim. 460x251.
179. Perseo e Andromeda. Bartsch 31, TIB 031, III/IV. Dim. 534x271.
180. Perseo con la testa di Medusa. Bartsch 32, TIB 032, III/IV. Dim. 536x235.
181. Trionfo di Bacco e Arianna. Bartsch 33, TIB 033, II/III. Dim. 753x373.
Carlo Cesio o Cesi è pittore e incisore italiano. Dopo la sua educazione a Rieti,
alla fine degli anni ’40 del 1600, si trasferì a Roma dove divenne apprendista
di Pietro da Cortona, il quale lo presentò a molti mecenati, compresa la Regina
Cristina di Svezia e il Cardinal Decio Azzolini. Inoltre, il maestro sostenne la
candidatura dell’allievo per l’ammissione alla Accademia di S. Luca nel 1651.
Nel 1657 Cesi pubblicò una serie di stampe sugli affreschi di Annibale Carracci alla Galleria Farnese. L’opera consiste in 44 incisioni all’acquaforte realizzate nella stessa direzione degli affreschi del Carracci. La fama di queste
acqueforti, delle quali Cesi realizzò anche una controprova, si deve alla loro fedeltà agli originali. Furono molto apprezzate nonostante la freddezza che
spesso questa fedeltà comportava. Dopo la prima stesura, vennero infatti replicate in ben altre cinque edizioni. Magnifiche prove, impresse su carta vergata coeva con filigrana “cerchio e giglio con lettera V” (ove presente), ampi
margini, in perfetto stato di conservazione. Bibliografia: Bartsch 21-64; Palo
Bellini, The Illustrated Bartsch, 021-064; Le Blanc 21-64.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
170
173
Bartolomeo Biscaino
(Genova 1632 circa - 1657)
182. Adorazione dei Magi
Acquaforte, 1655 circa, firmata in lastra in basso a destra. Esemplare nel quinto
stato di sei. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva priva di filigrana,
inusuali ampi margini, in ottimo stato di conservazione. Nato a Genova dal
grande pittore Giovanni Andrea Biscaino, i primi anni di formazione Bartolomeo li visse a fianco del padre per poi passare nel laboratorio dell’ancora più
illustre Valerio Castello. La breve carriera di Biscaino venne interrotta nel 1657,
quando morì, a soli venticinque anni, a causa di un’epidemia di peste a Genova. La sua fama come pittore rimase piuttosto circoscritta, ma la sua prolifica produzione di incisioni lo rese famoso ben oltre i confini della sua città
natale. La composizione si basa sul dipinto, nello stesso verso, di Valerio Castello, oggi in una collezione privata a Genova. Questa lastra è stata poi pubblicata da Daman, il cui nome appare in quasi tutte le incisioni realizzate da
Biscaino e da Remondini. Bibliografia: Bartsch XXI, 9; The Illustratd Bartsch,
009, V/VI. Dimensioni 149x209.
Dominique Barriere
(Marsiglia 1618 – Roma 1678)
183. Veduta di un porto di mare
Acquaforte, 1660, firmata in lastra in basso a destra. Da un soggetto di Claude
Lorraine. Bellissima prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana
“stemma araldico con cavallo galoppante” (Mannocci 23), con margini, in ottimo stato di conservazione. L’opera è realizzata nello stile del Lorraine del
quale riproduce un disegno. Entrambi gli artisti erano a Roma nel periodo; il
foglio è stampato su una carta usata spesso anche da Claude Lorraine. Dominique Barriere è acquafortista e specialista in disegno architettonico. Giunse a
Roma nel 1640 e si unì alla comunità di artisti francesi dell’Urbe. Non si hanno
notizie sul suo apprendistato. Bibliografia: Robert-Dumesnil p.84, 185. Dimensioni 260x195.
Giacomo Barri
(Verona circa 1614 – 1684)
184. Il miracolo dell’Aracoeli
Acquaforte, 1667, firmata e datata in lastra in basso al centro. Da un soggetto
di Giovanni Coli e Filippo Gherardi. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva, rifilata al rame o con sottili margini, traccia di piega centrale verticale, per il resto in ottimo stato di conservazione. Pittore e incisore
all’acquaforte e al bulino, nato forse a Venezia nel 1614. Incise stampe d’invenzione, ma anche opera di altri autori in particolare dal Veronese. Dimensioni 370x305.
Francesco Curti
(Bologna 1603 – 1670)
185. Amore dormiente
Acquaforte, firmata in lastra in basso al centro. Da un soggetto di Guido Reni.
Esemplare nell’unico stato conosciuto. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “stella”, con margini, in ottimo stato di conservazione.
Lastra ovale, sconosciuta al Bartsch.
Di questo incisore bolognese del sec. XVII mancano esaurienti dati biografici.
Incerte sono anche la data di nascita e quella di morte; secondo la maggior
parte dei repertori sarebbe nato a Bologna verso il 1603 ed ivi morto attorno al
1670. Pare, inoltre, che il Curti sia stato allievo del Guercino, ma non si conoscono sue opere di pittura (De Boni, 1852). Il Curti è noto soprattutto per le
sue incisioni di traduzione. Eseguì, infatti, soprattutto a bulino, diverse serie
di stampe tratte da disegni dei Carracci, del Guercino, di Guido Reni, Simone
Cantarini, ed altri. Bibliografia: Bertelà, Incisori Bolognesi ed Emiliani del’600,
546; Gori Gandellini XXII. Dimensioni 125x170.
Domenico Maria Bonaveri
(Bologna 1640 - 1695 ca.)
186/200. Notomie di Tiziano
Incisioni al bulino, circa 1670, monogrammate in lastra in basso. Da un soggetto di Tiziano. Bellissime prove, impresse su carta vergata coeva, con sottili
margini, leggere abrasioni nel margine superiore, per il resto in buono stato di
conservazione. Le incisioni fanno parte dell’opera Notomie di Tiziano dedicate all’Ill.mo Sig. Francesco Ghislieri, edita a Bologna tra il 1670 ed il 1680. Il frontespizio contiene il ritratto di Tiziano tra le foglie di alloro, il leone di San Marco,
un drappo contenente la dedica. Seguono 17 incisioni anatomiche, 3 dello scheletro e 14 dei muscoli. Quattordici delle tavole sono tratte dal De humani corporis
fabrica del Vesalio e le altre dalle Tabulae anatomicae VI, pure del Vesalio. Queste ultime in realtà non furono in realtà disegnate da Tiziano, bensì da Jan van
Calcar, mentre per il primo gruppo la paternità è dubbia e controversa. Rare.
Bibliografia: M.A. Chiari, Incisioni da Tiziano, 77; Muraro-Rosand, 1980, 307316; Choulant, 196; Le Blanc, I, 449 . Dimensioni 205x355.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
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Francesco Vaccari
(Bologna 1636 circa – 1687)
201. Capriccio di Architettura
Acquaforte, seconda metà del ‘600, firmata in lastra in basso a sinistra. Della
serie Prospettive. Magnifica prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana
“stemma con lettere e trifoglio”, con margini, in ottimo stato di conservazione.
Rara. Bibliografia: Nagler 2. Dimensioni 175x125.
Anonimo
202. La Vergine di Valencia
Acquaforte, 1681, datata in lastra in basso a destra. Bellissima prova, impressa
su carta vergata coeva, con margini, piccoli fori di tarlo sul margine bianco sinistro, per il resto in ottimo stato di conservazione. L’opera riproduce la celebre Vergine degli Abbandonati di Valencia, patrona della città e situata
nell’omonima chiesa. Opera molto rara, non descritta dai repertori consultati.
Dimensioni 305x445.
Gaspar Adriaensz van Wittel
(Amersfoort 1653 – Roma 1736)
203. Prospettiva della rinominata piazza e guglia del Popolo
204. Prospettiva del grande e meraviglioso Tempio di S. Pietro in Vaticano
Incisioni all’acquaforte, 1685, firmate in lastra in basso a sinistra. Magnifiche
prove, impresse su carta vergata coeva, con sottili margini, lievi restauri alla
piega centrale perfettamente eseguiti, per il resto in perfetto stato di conservazione. Gaspar van Wittel , naturalizzato in italiano Gaspare Vanvitelli è il
vero precursore del vedutismo settecentesco. Nato in Olanda, si trasferisce a
Roma nel 1674, a 22 anni. L’ingegnere Cornelis Meyer gli commissiona alcuni
rilievi per il suo libro sul corso del Tevere, contribuendo in modo decisivo alla
passione per il paesaggio e per la veduta. Le due opere che presentiamo risalgono al periodo giovanile del Vanvitelli, e sono il suo contributo principale al
lavoro di Cornelis Meyer denominato L arte di restituire a Roma la tralasciata navigatione del suo Tevere. Alla Santità di Nostro Signore Papa Innocentio XI, edito nel
1685.
Dimensioni 430x220 e 460x230.
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Georges Tasnière
(1632 circa - 1704)
205. Vero Ritratto del Santissimo Sudario
Acquaforte e bulino, 1697, firmata in lastra in basso a destra. Magnifica prova,
impressa su carta vergata coeva con inusuale colore giallo di sfondo, con margini, piccolissimi fori di tarlo, per il resto in ottimo stato di conservazione.
L’opera raffigura l’ostensione della Sacra Sindone in Torino, 1697. Incisa dal
Tasnière, descrive l’apparato di invenzione dell’architetto Antonio Giuseppe
Bertola. Georges Tasnier era un incisore della Borgogna, ma attivo a Torino, tra
il 1670 ed il 1678. Tra le sue opere diverse incisioni da soggetti di Domenico
Piola. Alcuni attribuiscono questo lavoro a Bartolomeo Giuseppe Tasnière.
Opera molto rara. Dimensioni 332x460.
Giuseppe Zocchi
(Firenze 1711 – 1767)
206. Veduta del Palazzo del Sig. Principe Strozzi e della Strada che conduce al
Ponte a S. Trinita
207. Veduta della Chiesa e Piazza d’Ognissanti
Incisioni all’acquaforte e bulino, 1744, firmate in lastra da Baldassarre Gabbuggiani e Giuseppe Papini in basso a destra. Tratte dalla celebre Scelta di XXIV
vedute delle Principali Contrade, Piazze, Chiese e Palazzi della Città di Firenze. Magnifiche prove, impressa su grande foglio di carta vergata coeva, con margini,
in ottimo stato di conservazione. Le due serie dedicate alle vedute di Firenze
e alle ville dei Medici e della nobiltà fiorentina, per le quali Zocchi aveva predisposto 74 disegni, furono messe in cantiere intorno alla fine degli anni ‘30 del
‘700. Le incisioni di Zocchi, che hanno avuto un successo internazionale di
grande rilievo, sono un tassello prezioso di quella splendida produzione di
immagini di architetture, giardini e campagne che l’Italia del secolo dei lumi
offriva a un pubblico ammirato e sempre più vasto. Bibliografia: Berlin Catalog 2700; Nagler XXV, 3300. Dimensioni 675x505 circa.
Giovan Battista Piranesi
(Mogliano Veneto 1720 – Roma 1778)
208. Veduta di Piazza Navona sopra le rovine del Circo Agonale
1751, firmata in lastra in basso a destra. Esemplare nel rarissimo secondo stato
di sei, prima dell’indirizzo di Bouchard e Gravier. Il primo stato è ante litteram.
Perfetto stato di conservazione. Filigrana “cerchio e giglio con lettera V”. Bibliografia: Wilton Ely 143; Focillon 806; Hind 16 II/VI. Dimensioni 545x385.
209. Veduta di Piazza di Spagna
1750, firmata in lastra in basso a destra. Quarto stato di sette. Leggere abrasioni
al verso, per il resto perfetta. Filigrana “cerchio e giglio con lettera V”. Bibliografia: Wilton Ely 154; Focillon 795; Hind 18 IV/VII. Dimensioni 590x380.
210. Veduta del Ponte e Castello Sant’Angelo
1754, firmata in lastra in basso a destra. Secondo stato di sei. Filigrana “doppio cerchio e giglio con lettere CB”. Bibliografia: Wilton Ely 156; Focillon 793;
Hind 29 II/VI. Dimensioni 585x385.
211. Veduta dell’Arco di Benevento nel Regno di Napoli
1778, firmata in lastra in basso a sinistra. Secondo stato di quattro. Piccolo
strappo perfettamente restaurato, per il resto in ottime condizioni. Bibliografia: Wilton Ely 268; Focillon 849; Hind 135 II/IV. Dimensioni 710x465.
Le 4 incisioni sono parte della serie Vedute di Roma. L’opera consiste in 135 lastre prodotte individualmente da Piranesi per almeno 30 anni, dal 1745 circa,
fino alla data della sua morte. All’opera sono aggiunte poi 2 vedute realizzate
dal figlio Francesco. Per la prima volta furono edite dall’editore Giovanni Bouchard nel 1751 (34 lastre), successivamente dallo stesso Piranesi, editore a Palazzo Tomati in Roma (scritta che appare su molte tavole), fino alla stesura
definitiva composta da 137 lastre. Dopo la morte dell’autore, le lastre furono
ereditate dal figlio Francesco, che ne curò la pubblicazione prima nella capitale,
e poi a Parigi. Le lastre furono quindi acquisite dalla Calcografia Camerale,
oggi Calcografia Nazionale, dove sono tuttora conservate. Magnifiche prove,
impresse su carta vergata coeva, in perfetto stato di conservazione.
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Giovan Battista Piranesi
(Mogliano Veneto 1720 – Roma 1778)
212. Catalogo delle opere date finora alla luce da Giovanni Battista Piranesi
Acquaforte e bulino, circa 1761, firmata in lastra in alto a sinistra. Esemplare nel
probabile tredicesimo stato di ventisette, databile al 1768. Magnifica prova, impressa ad inchiostro bruno su carta vergata coeva con filigrana “doppio cerchio
e giglio”, rifilata al rame ai lati ma con margini in alto ed in basso, leggere ossidazioni e pieghe di carta visibili al verso, per il resto in buono stato di conservazione. Abitudine comune di molti editori nel XVIII secolo, era redigere e
dare alle stampe cataloghi o listini - prezzi delle opere grafiche che offrivano
in vendita, allo scopo pubblicitario di promulgarle, facilitarne le ordinazioni,
ricevere sottoscrizioni. Piranesi non si limitò soltanto a realizzare un semplice
catalogo scritto, ma addirittura ne illustrò uno, meglio conosciuto come “catalogo inciso”, che pubblicò per la prima volta nel 1761. L’occasione per la
stampa del catalogo fu quella della nuova sede di Palazzo Tomati, dove andò
a stabilirsi nel 1761. Il primo catalogo conteneva l’elenco delle 59 vedute della
serie Vedute di Roma, la lista dei libri pubblicati e delle altre stampe realizzate.
Il catalogo veniva di volta in volta aggiornato con l’aggiunta del nuovo materiale in vendita, producendo un notevole numero di stati differenti, di cui ben
27 sono ora noti. Il catalogo inciso costituisce un elemento fondamentale per
la datazione delle opere del Piranesi, strumento insostituibile di studio e ricerca, la cui analisi degli stati permette di datare approssimativamente anche
tutte le opere tarde dell’artista. Nella realizzazione di quest’opera, che a ragione viene considerata come l’ennesimo capolavoro, Piranesi studia soprattutto l’aspetto decorativo. La tecnica usata è la stessa che ritroviamo in alcuni
suoi libri; su uno sfondo architettonico crea un effetto trompe oeil, disegnando
degli spilli che fermano alcuni cartigli contenenti titoli delle sue opere. Il primo
piano è costituito da rovine e frammenti scultorei, mentre lo spazio bianco era
volutamente inserito per aggiungere in seguito altre voci. Gli esemplari del catalogo sono notevolmente più rari delle altre incisioni del Piranesi, probabilmente per la tiratura limitata, ma anche per il fatto che i cataloghi venivano
considerati materiale pubblicitario quindi effimero, e non da conservarsi. Alcuni di questi, recano incise dediche ad amici e protettori dell’artista, mentre
su altri sovente si trovano annotazioni a penna con opere pubblicate da poco
aggiunte a mano, spesso autografa. Rarissimo.
Bibliografia: Hind p. 6, Focillon 1, xiii/xxvii; K. Meyer-Haunton in Piranesi,
Incisioni, Rami, Legature, Architetture, 4. Dimensioni: 405x295.
Francesco Barbazza
(attivo a Roma 1771 – 1789)
213. Obelisco e piazza di Montecitorio
Acquaforte e bulino, 1789 circa, firmata in lastra in basso a destra. Bellissima
prova, impressa su carta vergata coeva con filigrana “Fabriano”, con margini,
piccolo strappo sul lato destro perfettamente restaurato, per il resto in ottimo
stato di conservazione. L’opera viene stampata in occasione della sistemazione
definitiva della piazza di Montecitorio, opera dell’architetto Giovanni Antinori. Nel 1789, infatti, Pio VI conferì, all’architetto Antinori l’incarico di innalzare al centro della piazza l’obelisco che l’Imperatore Augusto, dopo la
conquista dell’Egitto, aveva portato a Roma. La stele - trovata nel 1748 nei
pressi di piazza San Lorenzo in Lucina - proveniva da Eliopoli dove era stata
innalzata in onore di Psammetico II, fra il 594 e il 589 a.C., per commemorare
la vittoria sugli Etiopi. Sulla cima, Pio VI volle fosse posto un globo di bronzo
con una fessura centrale attraverso la quale, a mezzogiorno, passa il sole, disegnando così un punto luminoso nell’ombra che l’obelisco proietta sul pavimento della Piazza, in ricordo dell’antica funzione di gnomone, il cui
quadrante era stato già disegnato sul pavimento di una piazza presso San Lorenzo in Lucina, alla quale l’imperatore Augusto l’aveva destinato. Opera di
grandissima rarità.
Dimensioni 515x725.
Giovanni Maria Cassini
(1745 – 1824)
214. Nuova Raccolta delle megliori Vedute antiche, e moderne di Roma. Disegnate
ed incise da Giovanni Cassini Disegnate ed Incise da Giovanni Cassini l’anno 1779
Volume in-quarto oblungo (395x258 mm), legatura in mezza pelle del XIX con
piatti e tagli marmorizzati, frontespizio allegorico inciso, tavola di dedica a
Guglielmo Pallotta, indice e 80 vedute della città finemente incise in rame, tutte
firmate dal Cassini. Restauro al verso del frontespizio, leggere ossidazioni sui
primi fogli per il resto in ottimo stato di conservazione. Presso Venanzio Monaldini Mercante di Libri in Roma, 1779. Giovanni Maria Cassini, Chierico Regolare Somasco fu geografo e cartografo, ma anche intagliatore di architetture
e prospettive - uno dei migliori discepoli di Giovanni Battista Piranesi. Cassini fu uno degli ultimi sferografi italiani del Settecento ed i suoi globi ebbero
una notevole diffusione, come pure il Nuovo Atlante Geografico. Bella raccolta
di vedute di Roma, rara da reperire completa. Bibliografia: Thieme-Becker VI,
130; Cicognara 3657. Borroni 8155-1; Rossetti, Roma, 1680.
Tutte le opere sono visibili su www.antiquarius.it
Anonimo
215. Veduta di San Giovanni e Paolo
216. Casino del Principe Panfili su la riva del Tevere
217. San Bartolomeo dalla parte del Tevere
218. Palazzo di Nerone in Campovaccino
219. Chiesa di San Stefano Rotondo
Incisioni all’acquaforte, databili alla fine del XVIII secolo. Magnifiche prove,
impresse su carta vergata coeva con filigrana “petalo di fiore”, con margini, in
perfetto stato di conservazione. Sconosciute a tutti i repertori da noi consultati,
queste rarissime incisioni raffiguranti luoghi di Roma sono stilisticamente databili all’ultimo decennio del XVIII secolo. Sulla prima tavola, raffigurante la
chiesa di San Giovanni e Paolo, che sembra essere anche il frontespizio della
serie, troviamo l’iscrizione “Vedute di Roma Disegnate e Intagliate da Icaorat”.
Tuttavia non siamo riusciti ad attribuire le opere, probabilmente appartenenti
ad una serie di oltre 5 incisioni. Opere non descritte. Dimensioni 260x195 circa
ognuna.
216
215
217
218
219
Marianna Candidi Dionigi
(Roma 1756 – Lanuvio 1826)
220. Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal Re Saturno
In folio oblungo (510x405 mm), edito in Roma da Salvioni nel 1809, legatura
coeva in mezza pelle ornata, 64 fogli di testo e tavole finemente incise all’acquaforte, leggere abrasioni nei piatti, nel complesso bell’esemplare. Un foglio
volante scritto in francese contiene l’avviso ai lettori e fornisce l’elenco delle tavole. Quest’opera è composta da 30 tavole e da 34 fogli di testi. Le tavole raffigurano le principali città del Lazio meridionale, con le loro mura ciclopiche
e sono firmate da Vincenzo Feoli e W. F. Gmelin. Marianna Candidi Dionigi,
nobildonna romana, figlia di Giuseppe Candidi e Maddalena Scilla, nacque a
Roma nel 1756 e visse nel pieno dei grandi cambiamenti politici e sociali che
investirono l’Europa, tra i quali la Rivoluzione Francese e l’Impero Napoleonico. Si dedicò agli studi archeologici ed alla pittura sotto la direzione del rinomato paesista Carlo Labruzzi, poi divenuto Direttore dell’Accademia di
Perugia. Pittrice emerita, i suoi quadri si trovano presso il Palazzo della Cancelleria in Roma; presso l’Accademia di San Luca e la Reggia di Caserta, inoltre in Inghilterra e presso le famiglie dei suoi discendenti a Roma e Lanuvio.
Scrisse anche un’opera didattica Sulla pittura dei paesi corredata da un trattato
sull’architettura e di prospettiva. I Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate
dal Re Saturno, descrivono minuziosamente l’origine delle città laziali donandoci visioni di paesaggi non più esistenti realizzate durante i suoi viaggi di
studio, ricerca e conoscenza. L’opera era celebrata fin dall’epoca e, pare, fu tradotta anche in altre lingue. Testimonianza preziosa di paesaggi ottocenteschi,
in particolare per le incisioni all’acquaforte. Bibliografia: Olschki, Choix, 18827.
Isidor Laurent Deroy
(Parigi 1797 - 1886)
221. Venezia
222. Catania
223. Ginevra
Litografie tinte acquarellate a mano, circa 1840/50, firmate in basso a destra.
Magnifiche prove, impresse su carta coeva, con margini, minime ossidazioni
agli estremi del margine bianco, per il resto in ottimo stato di conservazione.
Isidore Laurent Deroy, è un acquarellista, pittore e litografo francese. Fu allievo dell’architetto Félix e del pittore Cassas. Autore di un notevole corpus di
lavoro, particolarmente incentrato sulle vedute di città, tradotte poi in litografia tinta, ideali quindi per essere colorate. Le opere appartengono alla serie denominata Ports de Mer d’Europe, realizzata in collaborazione tra il Deroy e
André Chapuy. Le vedute venivano pubblicate dall’editore Turgis sia a Parigi
che a New York. Bellissimi esemplari. Dimensioni 480x310 circa.
Anonimo
224. Taranto da Oriente & Taranto da Occidente
Coppia di gouache su carta raffiguranti la città dal mare, prima metà del XIX
secolo. Leggere abrasioni, difetti minori, nel complesso in ottimo stato di conservazione. Le veduta da Oriente raffigura la città di giorno, mentre l’altra è
una scena notturna. Nell’ambito di questa tipologia pittorica, tipica per le vedute di Napoli e dintorni, il soggetto di Taranto è assolutamente inusuale. Racchiuse entro cornice d’inizio secolo scorso. Molto decorative. Dimensioni
570x400.
Charles Mottram
(Londra 1807 – 1876)
225. Boston
Acquaforte ed acquatinta colorata a mano, 1857 circa, firmata in lastra in basso
a destra. Da un dipinto di J. Hill. Bellissima prova, impressa su carta coeva,
con ampi margini, perfetto stato di conservazione. Magnifica veduta del porto
e della baia di Boston. Il punto di vista rivela un porto occupato con navi di
tutte le nazioni e tipologie che solcavano le acque. In primo piano pescatori e
lavoratori portuali, sullo sfondo il Bunker Hill Monument e campanili vari
chiaramente visibili. Charles Mottram è stato incisore inglese ad acquatinta e
maniera nera attivo nel 19° secolo, molto attivo nell’uso delle lastre acciaiate.
Il suo lavoro comprende un vasto corpus di vedute e illustrazioni, molte tratte
da dipinti. Dimensioni 990 x 685.
English translation available @ www.antiquarius.it
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