P o ste Ita lia ne S .p .A - Suore Missionarie di s. Pietro Claver

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P o ste Ita lia ne S .p .A - Suore Missionarie di s. Pietro Claver
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento TAXE PERCUE
In caso di mancato recapito inviare al CPO di Trento per la restituzione al cliente
Rivista missionaria per le famiglie fondata dalla
beata Maria Teresa Ledóchowska nel 1895.
È un semplice ed efficace strumento
di informazione e animazione missionaria.
SOMMARIO
In ascolto del Papa
Il Suo Volto ispira l’amore
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In cammino con la Chiesa
Avrai parte al premio del vincitore!
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In breve
Vaticano, Libia
India
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In diretta
Il messaggio della pace e del bene
La Pasqua è vicina!
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Intenzione missionaria
“Bisogna aver cura che l’amore
per le missioni non si spenga mai nei nostri cuori,
anzi, aumenti sempre più.
Una pianta che non viene innaffiata
di tanto in tanto, inaridisce.”
Maria Teresa Ledóchowska
Intenzione di marzo 2014
Auguri di Pasqua
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Pagina della gratitudine
Grazie per le statue sacre
L’auto nuova
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Pagina della solidarietà
Ricostruzione della chiesa
Per l’acquisto di oggetti sacri
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Zoom
Chi è chiamato a evangelizzare?
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Spazio giovani
Esperienza missionaria, parte 3
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Notizie claveriane
Festa in famiglia: 25° anniversario di professione
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Bacheca
In copertina: Celebrazione della Via Crucis in Repubblica
Centroafricana. Foto: Krzysztof Ferenc
Ricordo di padre Michele Simone
Ricordiamo i nostri defunti
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40
In ascolto del Papa
IL SUO VOLTO ispira l’amore
ari fratelli e sorelle, mi pongo anch’io con
voi davanti alla sacra Sindone (…); il nostro non è un semplice osservare, ma è un venerare, è uno sguardo di preghiera. Direi di
più: è un lasciarsi guardare. Questo volto ha
gli occhi chiusi, è il volto di un defunto, eppure misteriosamente ci guarda, e il silenzio
ci parla. Come è possibile? Come mai il popolo fedele, come voi, vuole fermarsi davanti
a questa icona di un uomo flagellato e crocifisso? Perché l’uomo della Sindone ci invita
contemplare Gesù di Nazaret. Questa imma-
C
gine - impressa nel telo - parla al nostro
cuore e ci spinge a salire il Monte del
Calvario, a guardare al legno della
Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore. Lasciamoci, dunque,
raggiungere da questo sguardo, che non
cerca i nostri occhi, ma il nostro cuore.
Ascoltiamo ciò che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte.
Attraverso la sacra Sindone ci giunge la
Parola unica e ultima di Dio: l’Amore misericordioso di Dio che ha preso su di
sé tutto il male del mondo per liberarci
dal suo dominio. Questo volto trasfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e
donne feriti da una vita non rispettosa
della loro dignità, da guerre e violenze
che colpiscono i più deboli (…). Eppure
il volto della Sindone comunica una
grande pace; questo corpo torturato
esprime una sovrana maestà. È come se
lasciasse trasparire un’energia contenuta, ma potente; è come se ci dicesse:
«Abbi fiducia, non perdere la speranza:
la forza dell’amore di Dio, la forza del Risorto
vince tutto».
Per questo, contemplando l’uomo della Sindone, faccio mia, in questo momento, la preghiera che san Francesco d’Assisi pronunciò
davanti al Crocifisso: «Altissimo e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio. E dammi
fede retta, speranza certa, carità perfetta,
senno e conoscimento. Signore, che faccia il
tuo santo e verace comandamento. Amen».
Papa Francesco
Ostensione della Sindone, 30 marzo 2013
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In cammino con la Chiesa
AVRAI pARTe al premio del vincitore!
lcuni Padri della Chiesa hanno racchiuso in
un’immagine l’intero mistero della redenzione. Immagina, dicono, che si sia svolta, nello
stadio, un’epica lotta. Un valoroso ha affrontato
il crudele tiranno che teneva schiava la città e,
con immane fatica e sofferenza, lo ha vinto. Tu
eri sugli spalti, non hai combattuto, non hai né
faticato né riportato ferite. Ma se ammiri il valoroso, se ti rallegri con lui per la sua vittoria,
se gli intrecci corone, provochi e scuoti per lui
l’assemblea, se ti inchini con gioia al trionfatore, gli baci il capo e gli stringi la destra; insomma, se tanto deliri per lui, io ti dico che tu
avrai certamente parte al premio del vincitore.
Ma c’è di più: supponi che il vincitore non abbia
alcun bisogno per sé del premio che ha conquistato, ma desideri, più di ogni altra cosa, vedere
onorato il suo sostenitore e consideri quale premio del suo combattimento l’incoronazione dell’amico, in tal caso quell’uomo non otterrà forse
la corona, anche se non ha né faticato né riportato ferite? Certo che l’otterrà!
Così avviene tra Cristo e noi. Egli, sulla croce,
ha sconfitto l’antico avversario. «Le nostre
spade» - esclama san Giovanni Crisostomo -«non
sono insanguinate, non siamo stati nell’agone,
non abbiamo riportato ferite, la battaglia non
l’abbiamo neppure vista, ed ecco che otteniamo
la vittoria. Sua è stata la lotta, nostra la corona.
Con voci di gioia esaltiamo la vittoria, intoniamo
inni di lode al Signore».
La liturgia «rinnova» l’evento, nel senso forte
di ri-presentare, cioè rendere nuovamente presente e operante l’accaduto. C’è una differenza
sostanziale tra questa nostra rappresentazione
liturgica della morte di Cristo e quella, per
esempio, di Giulio Cesare nella tragedia di
A
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Shakespeare. Nessuno assiste da vivo all’anniversario della propria morte; Cristo sì, perché è
risorto. Egli solo può dire, come dice nell’Apocalisse: «Io ero morto, ma ora vivo per sempre»
(Ap 1,18).
Noi non stiamo celebrando solo un anniversario, ma un mistero. Questo cambia tutto. Non si
tratta solo di assistere a una rappresentazione,
ma di «accoglierne» il significato, di passare da
spettatori a attori. Non prendere posizione è
prenderne una ben precisa: quella di Pilato che
si lava le mani o della folla che da lontano
«stava a vedere» (Lc 23,35).
Se tornando a casa, questa sera, qualcuno ci
chiede: «Da dove vieni? Dove sei stato?», rispondiamo pure, almeno nel nostro cuore: «Sul
Calvario!».
In un’omelia pasquale del IV secolo, il Vescovo
pronunciava queste parole straordinariamente
moderne e, si direbbe, esistenziali: «Per ogni
uomo, il principio della vita è quello a partire
dal quale Cristo è stato immolato per lui. Ma Cristo è immolato per lui nel momento in cui egli
riconosce la grazia e diventa cosciente della vita
procuratagli da quell’immolazione».
Questo è avvenuto sacramentalmente nel battesimo, ma deve avvenire consapevolmente sempre di nuovo nella vita. Dobbiamo, prima di
morire, avere il coraggio di compiere un’azione
audace, di fare quasi un colpo di mano: appropriarci della vittoria di Cristo.
Ascoltiamo un dottore della Chiesa. «Io» - scrive
san Bernardo - «quello che non posso ottenere
da me stesso, me lo prendo (lo usurpo!) con fiducia dal costato trafitto del Signore, perché è
pieno di misericordia. Mio merito, perciò, è la
misericordia di Dio. Non sono certamente po-
I volontari in soccorso ai barboni Foto: R. Siciliani/SIR
vero di meriti, finché lui sarà ricco di misericordia. Che se le misericordie del Signore sono
molte (Sal 119; 156), io pure abbonderò di meriti. E che ne è della mia giustizia? O Signore, mi
ricorderò soltanto della tua giustizia. Infatti
essa è anche la mia, perché tu sei per me giustizia da parte di Dio (cfr. 1 Cor 1,30)».
Forse che questo modo di concepire la santità
rese san Bernardo meno zelante nelle buone
opere, meno impegnato nell’acquisto delle
virtù? Forse trascurava di mortificare il suo
corpo e ridurlo in schiavitù (cfr. 1 Cor 9,27),
colui che, prima di tutti e più di tutti, aveva
fatto di questa appropriazione della giustizia di
Cristo lo scopo della sua vita e della sua predicazione (cfr. Fil 3,7-9)?
A Roma, come purtroppo in ogni grande città, ci
sono tanti senzatetto. Esiste un nome per essi
in tutte le lingue: homeless, clochards, barboni:
persone umane che non posseggono che i pochi
stracci e qualche oggetto che si portano dietro
in borse di plastica. Immaginiamo che un giorno
si diffonda questa voce: in Via Condotti c’è la
proprietaria di una boutique di lusso che, per
qualche sconosciuta ragione, invita tutti i barboni della Stazione Termini a venire nel suo negozio; li invita a deporre i loro stracci sudici, a
farsi una bella doccia e poi a scegliere il vestito
che desiderano tra quelli esposti e a portarselo
via, così, gratuitamente. Tutti dicono in cuor
loro: «Questa è una favola, non succede mai!».
Verissimo, ma quello che non succede mai tra
gli uomini, tra di loro, è quello che può succedere ogni giorno tra gli uomini e Dio, perché,
davanti a Lui, quei barboni siamo noi! È quello
che avviene in una bella confessione: deponi i
tuoi stracci sporchi, i peccati, ricevi il bagno
della misericordia e ti alzi che sei «rivestito
delle vesti della salvezza, avvolto nel mantello
della giustizia (Is 61,10)».
Non portate con voi nella tomba il vostro segreto. Egli perdona molte cose per un atto di
pentimento. «Anche se i vostri peccati fossero
come scarlatto, diventeranno bianchi come la
neve (Is 1,18)».
P. Raniero Cantalamessa, O.F.M.Cap
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In breve
VATICANO
Il 4 giugno scorso il Card.
Tarcisio Bertone ha informato che il 51° Congresso
Eucaristico Internazionale si
svolgerà a Cebu, nelle Filippine,
dal 25 al 31 gennaio 2016 e avrà
come tema: «Cristo in voi, speranza della
gloria» (Col 1,27).
La scelta delle Filippine era già stata annunciata dal Papa Benedetto XVI nel messaggio
trasmesso durante la Messa conclusiva del 50°
Congresso di Dublino (10-17 giugno 2012).
Le ragioni della scelta e le finalità di questo
specifico Congresso erano state indicate a suo
tempo dalla Conferenza Episcopale Filippina:
approfondimento della devozione all’Eucaristia, rinvigorimento dell’impegno missionario,
avviamento delle celebrazioni per l’anniversario della evangelizzazione delle Filippine
(1521-2021).
Situato nel cuore dell’arcipelago filippino,
nella regione del Visayas Centrale, il territorio
di Cebu fu raggiunto dall’esploratore Ferdinando Magellano nel 1521. Secondo il racconto di Pigafetta, Magellano venne accolto
con calore dal re indigeno Humabon, che si
convertì poco dopo al cristianesimo insieme
con la regina e 400 sudditi. Per commemorare
l’evento Magellano donò alla regina Juana una
statuetta del bambino Gesù (Santo Niño) e innalzò una croce sul luogo della conversione.
La celebrazione del 51° Congresso Eucaristico
Internazionale in questo Paese, l’unico a maggioranza cattolica del Continente asiatico, è
una sfida importante per rafforzare la prospettiva missionaria ed evangelizzatrice, ma
anche per individuare nuove modalità nella
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celebrazione dei Congressi stessi.
Per la fine del corrente anno sarà pronto il documento teologico di base che guiderà le riflessioni e la celebrazione del Congresso.
All’interno del tema della speranza verrà ricuperato anche l’annuncio del dono di Dio ai
giovani, che costituiscono una vera ricchezza
dell’Asia, e l’impegno a favore delle innumerevoli schiere di poveri del Continente. Quanti
partecipano all’Eucaristia, infatti, assumono
non soltanto l’impegno di trasfigurare la propria esistenza secondo il Vangelo, ma anche
di trasformare il mondo secondo quello stesso
modello. ZENIT
Foto: SIR
LIbIA
Un gruppo salafita fa irruzione nel mercato
ortofrutticolo di Bengasi e arresta 48 cristiani
copti di origine egiziana, che vi lavorano con
mansioni diverse: alcuni gestiscono piccole
bancarelle, altri sono alle dipendenze di commercianti del luogo. L’arresto è motivato dal
possesso di materiale religioso. I prigionieri
vengono condotti dove la banda ha la sua
base e vengono picchiati, rasati e ammassati
in una piccola stanza. In seguito a ciascuno
di loro verrà bruciato con acido il tatuaggio
della croce che i copti sono soliti portare sul
polso: la croce è un insulto, un’ostentazione
del male. La croce, quella croce, va cancellata.
Samir è il primo. Due uomini lo prendono e lo
costringono a sedersi. Uno di essi lo cinge da
dietro le spalle e gli blocca il braccio con una
stretta ferrea; l’altro gli fa distendere l’avambraccio, con il polso ruotato verso l’alto, e poi
gli immobilizza la mano salendo con un ginocchio sul palmo aperto. La croce è lì, davanti a tutti, quasi viva per la tensione dei
tendini e il pulsare delle vene, pronta per essere inchiodata un’altra volta.
Il comandante, invocando Dio, rovescia dell’acido sul tatuaggio. Il ragazzo prima vede lo
sfrigolio della carne, poi sente il dolore e da
ultimo ode il proprio urlo. Come è possibile
tanta crudeltà ai nostri giorni? La storia lo
conferma e possiamo dire con certezza che
oggi esistono più martiri che durante i primi
secoli dell’era cristiana. Tempi.it
INDIA
Dare una casa ai senzatetto in Kerala è l’appello lanciato al governo dello stato del Kerala da Philipose Mar Crisostomo, arcivescovo
metropolita della Chiesa siro-malankarese indipendente “Mar Thoma”, in Kerala. Il primo
ministro del Kerala, Oommen Chandy, ha visitato la casa del metropolita che, nato nel
1918, è uno dei vescovi più anziani dell’India
ed è una personalità molto rispettata e apprezzata per il lavoro decennale svolto alla
guida della sua Chiesa. In quell’occasione
Chandy ha illustrato ai responsabili della
Chiesa il progetto Zero Landless (Nessuno
senza terra), che intende dare un appezzamento di terra a tutti i contadini che non ne
hanno. In quella stessa occasione il metropolita ha, quindi, suggerito un progetto parallelo, il progetto Zero homeless (Nessuno senza
tetto), chiedendo che lo stato del Kerala ri-
Foto: M. Moryl
volga la medesima attenzione a tutte le famiglie che sono senza una casa. Il
metropolita ha sottolineato che l’assistenza
finanziaria deve giungere alla popolazione,
che ne ha diritto, direttamente attraverso le
istituzioni del governo locale, evitando intermediari, perché i fondi stanziati non si perdano nei rivoli della corruzione. Il fenomeno
sociale dei senzatetto è, in India, una della
piaghe più gravi. Secondo stime ufficiali, le
persone senza fissa dimora sono, in India,
oltre 78 milioni. Agenzia Fides
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In diretta
IL MeSSAggIO della pace e del bene
arissime Sorelle e Amici della rivista “Eco dell’Africa e di altri Continenti”,
da Cochin, città dello Stato indiano del Kerala,
il mio fraterno saluto in questo tempo in cui i
nostri cuori vibrano per il felice annuncio della
Resurrezione di Gesù Cristo. È Lui che ci riunisce e ci rende fratelli, ovunque siamo, e, d’altra
parte, l’incarico così speciale di diventare missionari ci è stato affidato proprio da Gesù per
trasmettere messaggi di pace e di bene.
Non è una semplice iniziativa umana, né un
semplice desiderio di essere buoni, ma un lasciare risuonare in noi le parole di san Paolo:
«Guai a me, se non annuncio il Vangelo!», ricordando quanto dice Madre Teresa: «Importante non è quello che facciamo, ma quanto
amore mettiamo in ciò che facciamo».
Per questo l’Amore che ci rende fratelli, cioè
Gesù Cristo e la forza dello Spirito Santo, è la
nostra energia sin dal primo giorno in cui diventiamo annunciatori del Regno, non importa
a quale latitudine.
Per la nostalgia del mio Paese lontano, il Portogallo, per il desiderio della mia lingua nativa,
ma soprattutto per la condivisione del vostro
ideale e per la passione verso le missioni, io
vivo come un momento molto speciale l’arrivo
della vostra rivista “Eco das Missões” nella nostra comunità di Cochin, in cui vivo come missionaria da sette anni.
Ogni pagina è letta con allegria, curiosità, desiderio di apprendere, entusiasmo, perché le testimonianze e le esperienze di vita, di cui ci parlate
attraverso queste pagine, rappresentano per noi
una sfida e un incentivo a meglio operare.
Molte volte condivido gli articoli con le ragazze
che si stanno formando, affinché il mio stesso
C
26
spirito missionario cresca in ognuna di loro. So,
infatti, che si apprende più facilmente attraverso
l’esempio che attraverso le parole. Mi congratulo
con voi per la vitalità di questa rivista missionaria, che già appartiene alla nostra quotidianità.
Sorelle, io appartengo alla Congregazione missionaria delle Sorelle Francescane della Madonna
della Vittoria e siamo in India dal 1997, terra
natale della nostra Fondatrice, sr. Mary Jane Wilson. Già da molto tempo desideravo mettermi
in contatto con voi, perché, proprio dalla vostra rivista ho tratto il coraggio per intraprendere il mio cammino. L’unione fa la forza, e i
piccoli gesti, quando sono fatti con amore, si
trasformano in fonte di vita. Grazie infinite!
Con la grazia di Dio e attraverso la generosità
umana, la nostra presenza qui si estende a tre
comunità in due diversi stati: il Kerala e il Tamil
Nadu. Nonostante le molte difficoltà, stiamo
lottando per la promozione dei fratelli, a livello
umano, spirituale, educativo, sociale, sanitario
e pastorale, forti anche della forza e dell’entusiasmo delle consorelle indiane.
Dio conduce i nostri passi e crediamo che ogni
porta che si apre è un Suo invito a proseguire
più lontano, senza temere i condizionamenti
che a volte sembrano ostacolare il nostro cammino. Lingua, cultura, costumi e clima differenti
sono addolciti dalla presenza di Cristo, che cammina accanto a noi in ogni sorriso, in ogni
sguardo e in ogni mano tesa.
Niente è più forte della certezza che Gesù è il
protagonista delle missioni. Noi siamo solo semplici strumenti, «come una matita nella mano di
Dio», diceva Madre Teresa.
Ora stiamo preparando l’apertura di una nuova
missione, dove siamo state invitate dalla Società
Missionaria dei Missionari della Compassione. Si
trova nello stato di Andra Pradesh, nella Diocesi
di Nalgonda, in un villaggio chiamato Ponugodu.
È una zona molto lontana, in cui il desiderio di
conoscere il Vangelo è molto forte, dove i cristiani, di recente conversione, sono una minoranza, e, dunque, ancora fragili nella fede e
nell’adesione ai valori del Vangelo. Durante il
nostro sopralluogo, abbiamo sentito forte la richiesta locale della nostra presenza e il modo
in cui abbiamo potuto testimoniare e celebrare
la fede ci ha permesso di rivivere l’esperienza
delle prime comunità cristiane.
Oltre che con la parrocchia, collaboriamo anche
con 18 cappelle. La nostra missione si svilupperà, dunque, attraverso l’insegnamento, le attività pastorali e le attività sociali, quali la
distribuzione del cibo per i poveri e le visite
nelle famiglie.
Come potete vedere, è un campo missionario
molto vasto, e ben vengano molti cuori generosi, mani disposte a lavorare e sguardi com-
passionevoli. E poiché da sole non riusciamo ad
abbracciare tutta questa missione e da circa sei
mesi abbiamo aperto un’altra comunità in una
zona arida, in senso umano e religioso, chiediamo la vostra preghiera e la vostra condivisione spirituale e, qualora sia possibile, anche il
vostro sostegno materiale, per assicurare i beni
necessari alla vita della comunità e della missione che le consorelle svolgeranno con i bambini e la popolazione.
Ogni goccia di generosità è gradita e per
ognuna di esse ringraziamo Dio, poiché è Lui
che dà il centuplo a chi offre qualcosa con
amore e gratuità.
Care sorelle, vi saluto come si usa in India:
Nanny, Namaskaram! Grazie per la vostra attenzione e per il modo meraviglioso con cui aiutate
i missionari e i più bisognosi.
Che Dio benedica la vostra missione e la faccia
prosperare sempre di più!
Con gratitudine e amicizia fraterna
Sr. Maria do Carmo Jesus, FNSV
Chellanam-Cochim, INDIA
Visita nei villaggi Foto: sspc
27
In diretta
LA pASQUA è vicina!
La celebrazione della Pasqua Foto: W. Koscielniak
un’idea geniale: ogni catechista deve venire in parrocchia con cinque suoi collaboratori, che guidano con lui la comunità, per
preparare la Pasqua. L’incontro si ispira al comando di Gesù nel Vangelo: «Andate a preparare per noi la Pasqua, perchè possiamo
mangiare» (Lc 22,8).
La Pasqua è il cuore della fede, della liturgia
e della vita. Così per gli Israeliti e così per i
cristiani. Gli Israeliti la facevano precedere da
una settimana di preparativi, perchè non c’è
notte più misteriosa e più santa della notte di
Pasqua. Memoria del passato, ma anche celebrazione della speranza futura. Ogni anno un
canto ritmava: «Quest’anno ancora schiavi qui,
ma il prossimo anno liberi a Gerusalemme». È,
È
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questa, una speranza che non si lascia mai
vincere dalle delusioni: LIBERI! È il sogno di
chi vive una qualche forma di schiavitù. L’appuntamento è a Gerusalemme: la città santa,
la città del cuore: LIBERI! La Pasqua è liberazione e esodo, gioia e canto.
Questi temi hanno origine nella prima Pasqua.
Gli Israeliti sono schiavi in Egitto e sono sempre più duramente costretti a lavori forzati.
Fino a quando una persona può essere soggiogata con la violenza? Fino a quando un
corpo può resistere alla fatica? Fino a quando
un uomo può vivere senza dignità? Gli Israeliti gridano al Signore. Il Signore sente, si
commuove, interviene, salva. Sempre. Il nostro Dio non è beato nella sua trascendenza.
È beato quando nella storia, attraverso la
voce dei profeti, difende i poveri, le vedove
e gli orfani; quando censura gli scambi falsi
e la violazione dei confini; quando castiga i
soprusi e bolla le false testimonianze e le
sentenze ingiuste. Il nostro Dio riprova con
forza ciò che uccide la dignità, la fraternità
e l’equità.
Alla luce di questo insegnamento pasquale
viene posta ai partecipanti una domanda:
«Quali sono le schiavitù che attanagliano la
tua comunità?». Il catechista si circonda dei
suoi collaboratori e discutono. Le risposte
sono varie e riflettono il contesto delle diverse comunità. Ma emergono denominatori
comuni:
- le donne non sono considerate come gli uomini;
- le vedove subiscono soprusi;
- la corruzione dilaga negli uffici e nei servizi
governativi;
- mancano le medicine;
- l’educazione e le strutture scolastiche sono
nel più completo abbandono;
- l’AIDS dilaga e ha, come conseguenza, un
grande numero di orfani;
- gli operai sono obbligati a lavorare per un
numero troppo alto di ore e non sono pagati
giustamente;
- quando non piove sufficientemente, i raccolti sono scarsi ed è carestia;
- il Governo non si interessa di noi;
- nelle comunità sopravvive la stregoneria,
viene alimentato lo spirito di vendetta e la
rassegnazione passiva.
Sono schiavitù reali, che disseminano di croci
e di morti ogni nostra giornata. In aula, chi
ascolta questa litania di mali, sa che non è
letteratura per suscitare commozione. Sa che
è la vita quotidiana, vissuta nell’estrema precarietà e nella paura. In questa situazione, è
difficile alzare la testa e la voce; è difficile
sperare. È sempre stato così! Nel cuore si annida la sfiducia, ma anche la pigrizia. Perchè
la liberazione e la libertà hanno il loro prezzo:
sono frutto di sacrificio, impegno e lavoro.
Ma che significato ha la celebrazione liturgica
della Pasqua se essa non genera un nuovo
sussulto di vita nel contesto concreto della
comunità? Se non genera e fa gustare novità?
Lo affermava già san Paolo: «Togliete via il
lievito vecchio, per essere pasta nuova. Celebriamo con azzimi di sincerità e di verità».
Ecco la fede resa vita! Ecco la Pasqua del Cristo resa Pasqua del credente! Novità, sincerità,
verità; o, con altre parole: giustizia, solidarietà, carità.
Illuminati dalla Parola, all’analisi segue la
programmazione. Ogni comunità formula il
suo programma. Il lavoro è lento e faticoso,
perchè i suggerimenti devono rispondere ad
alcuni criteri precisi ed essere concreti: riflessione e metodo ai quali i nostri non sono
abituati. Ma infine emerge un ricco mosaico
di idee e di attività, che meraviglia. È persino ambizioso. Ma meglio puntare in alto!
Da tutti i gruppi si levano due parolechiave: responsabilità e impegno. Già questo
soltanto è Pasqua.
I partecipanti sono tornati ai loro villaggi
con alcune idee ben chiare: la Pasqua non è
celebrazione vera, se non tocca e cambia la
vita, anche quella sociale; i cambiamenti e
la trasformazione sono possibili, e lo sono
attraverso l’impegno di ciascuno e di tutti.
Pasqua è innanzi tutto liberarsi, prima ancora che liberare!
P. Giuseppe Inverardi, IMC
Consolata Mission Centre, TANZANIA
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Intenzione missionaria
da Il Messaggero del Cuore di Gesù
INTeNzIONe MISSIONARIA di marzo 2014
Perché numerosi giovani accolgano l’invito del Signore
a consacrare la loro vita all’annuncio del Vangelo
I giovani per l’annuncio del Vangelo
a vocazione religiosa o sacerdotale non
spunta dal nulla, ma richiede un terreno,
per così dire, ben preparato: per questo, pregare perché i giovani consacrino la loro vita
all’annuncio esplicito del Vangelo, cioè seguendo Cristo nella vita consacrata, significa
pregare innanzi tutto perché le nostre comunità cristiane non vivano di una fede pallida
e ambigua, ma nel fervore della preghiera e
della carità. Solo da qui potranno sorgere vere
vocazioni religiose o sacerdotali.
In altri termini, non ci saranno giovani che si
impegnano per il Vangelo se non ci sono fin
da ora padri e madri autenticamente cristiani,
se non ci sono fin da subito cristiani autentici, che vivano la capacità trasformante della
fede nelle loro vite. È vero che la grazia di Dio
suscita miracoli, nel senso che afferra uomini
e donne ben oltre quelle che sarebbero le possibilità umane, e in questo senso non sono mai
mancati veri apostoli sorti proprio là dove non
si sarebbe mai pensato. Tuttavia, è pur vero
che l’evangelizzazione in generale presuppone
una comunità gioiosa nella fede, perseverante
nelle preghiera e operosa nella carità.
Insomma, sorgeranno numerosi giovani disposti ad annunciare il Vangelo con la loro
vita se tutti noi lo faremo, senza delegarlo a
eventuali giovani che Dio vorrà mandare.
Sono persuaso che le vocazioni di speciale
L
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consacrazione in un certo senso debbano essere meritate: se una cristianità non si stupisce di fronte al dono della Messa, se non
adora il Sacramento, se non stima e valorizza
il dono della Confessione, se ha barattato il
Vangelo con una qualche forma di buonismo,
di chiacchiere più o meno a sfondo ecclesiastico, o di solidarietà più o meno umana, e
vive più di eventi apparenti che di reale e personale esperienza della Parola di Dio, perché
dovrebbero sorgere sacerdoti o missionari?
In altri termini, se una comunità cristiana,
cioè se i laici come tali, che sono la stragrande maggioranza dei fedeli, non stima il
sacerdozio, se ritiene in fondo insignificante
l’annuncio del Vangelo, se non sa ringraziare
Dio per i (pochi) preti e suore che ancora ci
sono, al di là delle loro possibili piccolezze e
meschinità, perché Dio dovrebbe mandarci
ancora preti e suore?
Consacrare la vita all’annuncio del Vangelo, infatti, non è un piacere che noi facciamo a Dio,
ma un piacere che Dio fa a noi, perché la vita
veramente evangelica è la gioia più intensa che
possiamo avere in questa vita: disgraziatamente, molte false voci o illusioni si frappongono tra noi e la chiamata di Gesù. Solo lo
Spirito Santo ci può fare ascoltare questa parola, e lo Spirito si ottiene, per sé e per tutti,
solo con la preghiera.
Ottavio De Bertolis
Cristo è risorto!
Alleluia!
È questo il grande annuncio,
il Vangelo, la Buona Novella.
La Pasqua è la festa delle Feste.
Il giorno fatto dal Signore.
Esultiamo e rallegriamoci in esso.
Ai nostri cari LETTORI e AMICI
auguriamo una BUONA PASQUA!
Particolare del mosaico di M.I. Rupnik S.J., Cappella di abuna Yakub, Libano.
31
Pagina della gratitudine
gRAzIe per le statue sacre
L’AUTO riparata
arissimi Benefattori, non potete immaginare la gioia che ha causato l’arrivo delle
statue sacre alla nostra comunità ecclesiale.
Questa comunità è composta da 80 famiglie e
ha nove catechisti. I catechisti mantengono
e animano la fede dei loro fratelli. Grazie al
loro intervento presso le autorità civili locali,
abbiamo potuto ottenere la ristrutturazione
dell’antica cappellina, che era rustica, piccola
e con un tetto di paglia. L’attuale è più ampia
e fatta con legno locale. Abbiamo, perciò, sollecitato il vostro contributo per un Crocefisso
destinato alla nuova cappella, che ispirasse
la devozione dei fedeli e servisse, in particolare, alle cerimonie del Venerdì Santo. Oltre
al crocefisso, abbiamo ricevuto anche una
statua del Buon Pastore e un Cristo risorto.
Grazie, grazie!
La comunità di San Ramoncito ha ricevuto un
Cristo Crocifisso. I fedeli si sono riuniti presso
la riva del fiume per accogliere il Cristo al
suono di strumenti musicali: un violino, un
flauto e il tamburo, e con la danza detta macheteros. Poi ognuno si è incamminato, con
vera pietà, verso la cappella, dove tutti volevano toccare il Signore crocifisso.
Con la vostra generosa offerta avete davvero
contribuito a far crescere la devozione dei
fedeli. Insieme a loro vi siamo molto riconoscenti e vi promettiamo il nostro ricordo
nella preghiera.
arissimi Benefattori, desidero informarvi
che ho ricevuto la vostra offerta per la riparazione dell’automobile, che ci è indispensabile per la nostra opera pastorale. Mi
mancano le parole per esprimere la mia gratitudine. Ora la macchina, che era costretta all’immobilità, è come risuscitata e corre
nuovamente per le strade della missione. Vi
ringrazio e vi assicuro che siete tutti presenti
nella mia preghiera. So che la vostra offerta è
scaturita dal vostro amore e non dal fatto che
siete nell’abbondanza. Con il vostro aiuto ho
comperato due pneumatici nuovi, ho fatto
ispezionare e riparare il motore e ho anche
provveduto a far ritingere la carrozzeria, perché il veicolo era davvero vecchio. Potete ora
godere anche voi con me, vedendo la foto. Il
Signore vi benedica!
C
M. Maria Elva, MJVV
El Beni, BOLIVIA
32
C
P. Angelo Nkhata
Mzuzu, MALAWI
Pagina della solidarietà
RICOSTRUzIONe
della chiesa
peR L’ACQUISTO
di oggetti sacri
arissimi Benefattori, sono tante le necessità di un Paese che esce da una guerra
durata anni! Occorre riavviare il processo di
evangelizzazione e di educazione e ripristinare il sistema di assistenza sanitaria.
La nostra cappella, che costituisce luogo di
preghiera anche per i fedeli del piccolo villaggio in cui risiediamo, e che è centro di
apostolato, ora è priva degli oggetti sacri indispensabili per il culto. In particolare ci occorrerebbero quattro casule, con i colori dei
tempi liturgici, due portacandele, un piccolo
ostensorio, un calice e una patena. Il nostro
vescovo, mons. Macram Max Gassis, che conosce questa nostra necessità e la nostra situazione finanziaria, ha appoggiato la nostra
iniziativa di rivolgerci alla vostra carità.
Grazie! Preghiamo per voi.
C
arissimi Benefattori, la missione di San
Bonifazio di Lumbala Nguimbo, che ricopre 37.817 km2 e conta 97.000 abitanti, è
una delle più estese in Angola, ma durante la
guerra tutte le sue strutture sono andate distrutte. Della chiesa, duramente bombardata, è rimasto in piedi soltanto qualche
brandello di muro. Grazie all’aiuto dei nostri
fedeli, abbiamo potuto ricostruirla quasi interamente e persino dotarla dei banchi. Allo
stesso modo abbiamo ricostruito, dalle rovine, la casa dei sacerdoti.
Ci occorrono ancora US$ 11.080,00 per provvedere la chiesa di nuove finestre e dell’illuminazione. Per questo ricorriamo ancora una
volta a voi, fiduciosi nella vostra solidale generosità. Con gratitudine, vi assicuro il nostro
ricordo nella preghiera.
C
Sr. A. Lettecristos Gebremicael, F.S.A.
El Obeid, SUDAN
Mons. Jesus Tirso Blanco
Lwena, ANGOLA
Vi preghiamo di indirizzare le offerte a:
Congregazione delle Suore Missionarie di S. pietro Claver - Via della Collina 18 - 38121 TReNTO
CCp n. 35483452
IbAN: IT39 L076 0101 8000 0003 5483 452
Le eventuali offerte che risulteranno in eccedenza rispetto alle richieste che abbiamo presentato saranno destinate a
progetti analoghi a noi comunicati dai missionari sparsi in tutto il mondo.
33
Zoom
ChI è ChIAMATO a evangelizzare?
Nella puntata precedente abbiamo chiarito il significato del termine evangelizzare. In questa puntata,
invece, ci soffermeremo sui soggetti dell’evangelizzazione e sulla figura dell’evangelizzatore.
nviato dal Padre ad annunciare il Vangelo,
Gesù Cristo ha invitato tutti gli uomini alla
conversione e alla fede (cfr. Mc 1,14-15), affidando agli Apostoli, dopo la sua Risurrezione, la continuazione della sua missione
evangelizzatrice (cfr. Mt 28,19-20; Mc 16,15;
Lc 24,4-7; At 1,3): «Come il Padre ha mandato
me, anch’io mando voi» (Gv 20,21; cfr. 17,18).
Mediante la Chiesa, Cristo vuole infatti raggiungere ogni epoca della storia, ogni luogo
della terra e ogni ambito della società, vuole
interpellare ogni persona, perché tutti diventino un solo gregge e un solo pastore (cfr. Gv
10,16): «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e
sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,15-16).
Gli Apostoli, quindi, «mossi dallo Spirito, invitavano tutti a cambiare vita, a convertirsi
e a ricevere il battesimo» (Redemptoris Missio, 47), perché «la Chiesa pellegrinante è
necessaria alla salvezza» (Lumen Gentium,
14; Ad Gentes, 7). È lo stesso Gesù Cristo
che, presente nella sua Chiesa, precede l’opera degli evangelizzatori, l’accompagna e la
segue, facendone fruttificare il lavoro: ciò
che è accaduto alle origini continua lungo
tutto il corso della storia.
Chi sono, dunque, i soggetti dell’evangelizzazione?
Tutti siamo chiamati a evangelizzare. È la risposta al comando di Gesù: «Andate, e fate
I
34
discepoli in tutte le nazioni» (Mt 28,19). Noi
abbiamo ricevuto il Battesimo non tanto perché ci fosse assicurato il diritto alla salvezza,
ma perché ricevessimo la missione di fare conoscere la Buona Novella a quelli che ancora
la ignorano.
Il perfetto missionario è colui che desidera ardentemente lodare, riverire e servire il Signore, come dice Sant’Ignazio. Chiunque,
dunque, può evangelizzare!
A questo proposito il Papa Francesco ci ha lasciato questo insegnamento nella catechesi
tenuta durante l’Udienza Generale del 22 maggio 2013: «Evangelizzare è la missione della
Chiesa, non solo di alcuni, ma la mia, la tua,
la nostra missione». L’Apostolo Paolo esclamava: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!»
(1Cor 9, 16). Ognuno deve essere evangelizzatore, soprattutto con la vita! Paolo VI sottolineava che «evangelizzare è la grazia e la
vocazione propria della Chiesa, la sua identità
più profonda. Essa esiste per evangelizzare»
(Evangelii Nuntiandi, 14).
Chi è il vero motore dell’evangelizzazione
nella nostra vita e nella Chiesa? Paolo VI scriveva con chiarezza: «È Lui, lo Spirito Santo
che oggi, come agli inizi della Chiesa, opera
in ogni evangelizzatore che si lasci possedere
e condurre da Lui, che gli suggerisce le parole che da solo non saprebbe trovare, predisponendo nello stesso tempo l’animo di chi
ascolta, perché sia aperto ad accogliere la
Buona Novella e il Regno annunziato» (Evangelii Nuntiandi, 75). Per evangelizzare è necessario, allora, aprirsi ancora una volta
all’orizzonte dello Spirito di Dio, senza avere
Volontariato in India, 2013 Foto: E. Soltysik
timore di che cosa ci potrà chiedere e di dove
ci potrà condurre. Affidiamoci a Lui! Sarà Lui
a renderci capaci di vivere e testimoniare la
nostra fede e sarà Lui a illuminare il cuore di
chi incontriamo. Questa è stata l’esperienza
di Pentecoste: agli Apostoli, riuniti con Maria
nel Cenacolo, «apparvero lingue come di
fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito
Santo e cominciarono a parlare in altre lingue,
nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di
esprimersi» (At 2,3-4). Lo Spirito Santo,
scendendo sugli Apostoli, li spinge ad abbandonare la stanza in cui stavano rinchiusi
per timore, li fa uscire da se stessi e li trasforma in annunciatori e testimoni delle
«grandi opere di Dio» (At 2,11). E questa trasformazione operata dallo Spirito Santo si riflette sulla folla accorsa sul luogo e
proveniente «da ogni nazione che è sotto il
cielo» (At 2,5), perché ciascuno ascolta le
parole degli Apostoli come se fossero pronunciate nella propria lingua (cfr. At 2,6).
Continua Papa Francesco: «Il giorno di Pentecoste, Pietro, colmo di Spirito Santo, si alza
in piedi “con gli undici” e “a voce alta” (At
2,14) e “con franchezza” (At 2,29) annuncia
la Buona Notizia di Gesù, che ha dato la sua
vita per la nostra salvezza e che Dio ha risuscitato dai morti. Ecco un altro effetto dell’azione dello Spirito Santo: il coraggio, di
annunciare la novità del Vangelo di Gesù a
tutti, con franchezza (parresia), a voce alta,
in ogni tempo e in ogni luogo. E questo avviene anche oggi per la Chiesa e per ognuno
di noi: dal fuoco della Pentecoste, dall’azione
dello Spirito Santo, si sprigionano sempre
nuove energie di missione, nuove vie attraverso cui annunciare il messaggio di salvezza,
nuovo coraggio per evangelizzare. Non chiudiamoci mai a questa azione! Viviamo con
umiltà e coraggio il Vangelo! Testimoniamo la
novità, la speranza, la gioia che il Signore
porta nella vita. Sentiamo in noi “la dolce e
confortante gioia di evangelizzare” (Evangelii
Nuntiandi, 80). Perché evangelizzare, annunciare Gesù, ci dà gioia; l’egoismo, invece, ci
dà amarezza e tristezza».
a cura di sr. Maria Maciag sspc
35
Spazio giovani
eSpeRIeNzA MISSIONARIA, parte 3
IL RITORNO AL VILLAGGIO
I momenti che ricorderò di più sono probabilmente i momenti di vita quotidiana nel villaggio in cui si trova la casa parrocchiale.
Ogni giorno
lungo la
36
strada verso la scuola, sino al cancello, siamo
stati accompagnati dalle manine dei bambini
che cercavano e si contendevano le nostre per
camminare insieme, giocare e saltare; i più
coraggiosi cercavano anche di farsi portare in
spalla. Già dal mattino sentivamo le risate e
le voci che chiamavano i nostri nomi e al pomeriggio trovavamo una piccola folla di bambini che ci correva incontro esultante.
Con il passare dei giorni siamo davvero diventati un’unica famiglia: come noi abbiamo
imparato i nomi dei bambini e abbiamo dato
loro dei soprannomi, allo stesso modo i bambini hanno imparato i nostri nomi e ci hanno
dato dei soprannomi.
Un episodio indimenticabile, che mi ha riempito di vera gioia e sorpresa, è accaduto un
pomeriggio: ritornavo a casa e, stanca della
giornata, ero rimasta un po’ indietro rispetto
agli altri e camminavo guardando il paesaggio. Arrivata all’ultima curva dopo la quale si
sarebbe vista la casa, ho iniziato a sentire
delle voci in lontananza che scandivano, ritmando, qualche parola. Ho pensato che qualcuno dei miei compagni stesse cantando un
bans con i bambini, ma quando ho svoltato,
ho visto una folla di bambini che correva nella
mia direzione, gridando “Gi-raffe, Gi-raffe!”,
come per incitare un campione. D’istinto mi
sono voltata indietro, per vedere a chi si rivolgessero, ma, con mia immensa sorpresa,
dietro di me non c’era nessuno!!! I bambini
mi avevano soprannominato così a causa della
mia altezza e ora mi correvano tutti incontro.
Ho dimenticato la stanchezza e mi sono
messa a correre anch’io verso di loro: in un
attimo mi sono ritrovata circondata e abbracciata, piena di nuova energia per giocare con
loro. Era stata l’ennesima situazione in cui,
invece di essere io a dare qualcosa, avevo ricevuto, e moltissimo!
Arricchente, e qualche volta anche commovente, è stato, inoltre, andare in giro per le
capanne, spesso guidati dai bambini, e visitare le loro case. Nella semplicità talvolta
estrema delle loro abitazioni abbiamo sempre
trovato calore, non soltanto per il focolare,
che al loro interno è sempre acceso, ma per la
cordialità con cui ci hanno accolto, offrendoci
una tazza di chai, un pezzo di canna da zucchero, una banana: doni di grande valore nel
contesto di quella povertà, che ci riempivano
gli occhi di lacrime di riconoscenza.
UN BAGAGLIO DI EMOZIONI
Al termine di questo mese in terra di missione, posso dire di aver vissuto un’esperienza ricca e forte.
Ogni giorno è stato prezioso e attraversato da
mille emozioni diverse. Porto con me, una
profonda gratitudine, il ricordo di un’accoglienza viva e partecipe, che mi ha avvolta in
un abbraccio. Spesso mi sono sentita incapace di ricambiare, almeno in parte, quel bene
immenso che mi veniva donato. Gioia e commozione si sono intrecciate in ogni occasione.
Tornando in città, non è mancata la nostalgia
per il calore delle persone e per l’immensità
del paesaggio. Lo stupore e il senso di libertà
che si provano nel mezzo della savana o di
fronte ai cieli africani non si possono descrivere: vanno vissuti.
Sara Costantino
Foto in queste pagine: Renato Amatteis
37
Notizie claveriane
FeSTA IN FAMIgLIA:
25° anniversario di professione
Sr. Viji ringrazia il Signore per 25 anni di vita religiosa Foto in queste pagine: M. Maciag
a celebrazione del 25° anniversario di professione è sempre un momento di grazia,
di gioia, di gratitudine a Dio, alla Chiesa, alle
sorelle e a quanti, direttamente o indirettamente, sostengono e rafforzano una vita votata all’evangelizzazione.
Il giorno dell’Epifania del Signore, il 6 gennaio
2014, P. Alberto Trevisiol, Missionario della
Consolata, ha presieduto, nella cappella della
nostra casa generalizia, l’Eucaristia, alla quale
hanno partecipato oltre trenta sorelle provenienti da tredici Paesi. La lettura del Vangelo
ha richiamato alle nostre menti il viaggio che
i Re Magi intrapresero, dopo l’apparizione in
cielo dell’astro luminoso, seguendo quella particolarissima stella nel firmamento.
L
38
Scomparsa la stella dal loro orizzonte, i Magi
cominciarono a interrogarsi sulla direzione del
loro cammino: sarebbero dovuti ricorrere alla
mediazione dell’uomo per dare continuità alle
speranze che portavano nel cuore: «Abbiamo
visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per
adorarlo (Mt 2,2)».
Mi piace contemplare l’atteggiamento di questi uomini saggi: in modo emblematico, esso
illustra il cammino di coloro che sono chiamati al servizio del Regno e all’annuncio della
buona novella. Quanti, infatti, potrebbero dichiarare di non aver mai perso di vista la
“Stella” luminosa delle loro sicurezze?
Proprio nel giorno della solennità dell’Epifania
Sr. Viji ha celebrato il suo 25° anniversario di
professione, mentre altre quattro sorelle
hanno rinnovato i voti religiosi. Tutte potrebbero raccontarci le proprie esperienze di
“viaggio”. Qual è il segreto che le ha spinte e
le sprona tuttora ad andare avanti, a lasciare
le cose passate, a prendere persino «un’altra
strada»” (cfr Mt 2,12), pur di seguire, con
amore incondizionato, il Maestro?
È Gesù la Luce vera che illumina, riscalda il
cuore e incoraggia a proseguire, anche sotto
il peso della croce, perché al di là della croce
vi è l’approdo alla gioia e alla salvezza.
Sr. Viji condivide con i lettori alcuni tratti della
sua esperienza. Questa è la sua testimonianza:
«La potenza di Dio si è manifestata nella mia
debolezza. È stato sempre per me angoscioso,
sin da piccola, mostrarmi in pubblico. Il Signore, però, nella sua immensa saggezza, ha
usato la mia debolezza e l’ha messa al suo servizio. All’età di sette anni ho conosciuto “la
piccola via” di Santa Teresa del Bambino Gesù
e il pensiero che “faceva ogni cosa per amore
di Gesù e offriva tutto per i missionari” mi è rimasto sempre impresso nel cuore. Per grazia
divina ho capito che tutti noi possiamo cooperare alla missione salvifica di Cristo.
Se considero i 25 anni trascorsi all’interno
della Congregazione delle Suore Missionarie di
San Pietro Claver, come consacrata, confesso
che ho svolto la maggiore parte del mio lavoro apostolico al servizio dell’evangelizzazione, per così dire, dietro le quinte: il mio
contatto con il mondo missionario e i suoi innumerevoli bisogni è stato sempre mediato da
un computer. A un certo punto, ho cercato di
cambiare attività. Poco dopo, però, il Signore
mi ha riportato, con estrema delicatezza, al
precedente impegno lavorativo, senza risparmiarmi dolore e lacrime. Oggi continuo la mia
vita al servizio della Chiesa “nascosta in Dio”
e sono lieta di seguire il suo volere e lo ringrazio di cuore per la sua provvidenza e le
tante grazie che mi ha elargito:
“Grazie, Signore, per i miei genitori, che mi
hanno aiutato a crescere nella fede e nell’amore.
Grazie, Signore, per la vocazione claveriana, che
mi ha permesso di conoscere te più intimamente e di avvicinarmi ai missionari che condividono con i fratelli il Pane della tua Parola
e il tuo Amore per i poveri.
Grazie, Signore, per quei fratelli e sorelle che,
amandoti senza riserva, mi aiutano a superare
meglio tutte le paure e a perseverare fedelmente nel cammino verso la Patria”».
Sr. Silvia Simas, sspc
39
Bacheca
RICORDO di padre Michele Simone
Il 4 febbraio 2014 P. Michele Simone, gesuita, è
ritornato alla casa del Padre. Da alcuni anni collaborava alla redazione della nostra rivista missionaria. Possa la sua anima riposare nella pace
di Dio!
mprovvisamente è morto P. Michele Simone,
uno dei protagonisti della vita e della redazione della Civiltà Cattolica negli ultimi
trent’anni. In realtà, spiega GianPaolo Salvini
parlando del gesuita, era ammalato da alcuni
mesi, colpito da gravi disturbi neurologici che lo
avevano colto di sorpresa durante l’estate scorsa.
Nato a Bari il 4 dicembre 1943, era entrato nella
Compagnia di Gesù il 31 dicembre 1967. Per un
po’ di anni gravitò nella sua città natale, dove
studiò giurisprudenza all’università statale, e
alla sua terra pugliese rimase sempre affezionato. Ordinato sacerdote nel 1977 a Napoli,
dove aveva compiuto gli studi di teologia, si era
poi specializzato in teologia morale e in parti-
I
colare nel campo dell’etica economica all’università Gregoriana. Cominciò a insegnare etica
speciale alla Facoltà teologica dell’Italia meridionale, sezione San Luigi di Napoli, dove assunse anche la redazione della rivista Rassegna
di Teologia.
Nel 1985 vi fu il cambio di direzione e di redazione alla Civiltà Cattolica. P. Bartolomeo Sorge,
che l’aveva diretta per dodici anni, venne destinato al Centro Arrupe di Palermo, e venne sostituito da chi scrive, mentre il vicedirettore e
caporedattore, Federico Lombardi, venne nominato provinciale dei gesuiti d’Italia.
Al suo posto i superiori chiamarono appunto
Michele Simone, anche per la sua precedente
esperienza napoletana. Per oltre ventisette
anni Simone è stato il vero “confezionatore”
della rivista, in quanto ne ha curato direttamente, e talvolta gelosamente, la composizione
e la redazione.
P. Antonio Spadaro, S.I.
RICORDIAMO i nostri defunti
P. Michele Simone SJ – Roma (RM)
Filomena Incandela - Altavilla Milicia (PA)
Elisabetta Cau - Castelsardo (SS)
Ciro Staiano - Napoli (NA)
Enrico Altobelli - Vallecorsa (FR)
Ada Caproni - Mori (TN)
Gian Carlo Soroldoni - Cornate D'Adda (MI)
Emilio Trani - Pastena (FR)
Nicola Greco - Sternatia (LE)
40
L’eterno riposo dona loro, o Signore,
risplenda a essi la luce perpetua,
riposino in pace. Amen
Anno CXIX
n. 3-4 Marzo-Aprile 2014
DIVULgA LA NOSTRA RIVISTA
Poiché si ama soltanto ciò che si conosce e
la lettura è fonte di conoscenza, consiglia il
suo abbonamento o offrilo a una persona
amica. L’Eco dell’Africa e di altri Continenti
porta nelle famiglie cristiane lo spirito missionario di Cristo!
In marzo celebriamo
5 Mercoledì delle Ceneri
8 Giornata internazionale per i diritti delle
donne e per la pace nel mondo
19 San Giuseppe – Festa del papà
22 Giornata mondiale dell’acqua
24 Giornata nazionale di preghiera e digiuno
in memoria dei missionari martiri
25 Solennità dell’Annunciazione del Signore
In aprile celebriamo
13 Domenica delle Palme – Giornata della
gioventù
18 Venerdì Santo – Colletta per le Opere
della Terra Santa
20 Pasqua di Risurrezione
26 Memoria della Madonna, Madre del Buon
Consiglio – Festa patronale delle Suore
Missionarie di S. Pietro Claver
29 120° anniversario della fondazione
delle Suore Missionarie di S. Pietro Claver
Direttore responsabile
Mons. Ernesto Menghini
Redazione
Sr. Silvia Simas, sspc - Sr. Maria Maciag, sspc
Collaboratori
Sr. Maria Paola Wojak, sspc - Sr. Jolanta Plominska, sspc
Sr. Maria Elena Caridi, sspc - Vincenza Zangara
Maria Teresa Rinaldi - Patrizia Raffi
SUORE MISSIONARIE DI SAN PIETRO CLAVER
www.missionarieclaveriane.org
REDAZIONE
00184 ROMA - Via dell’Olmata 16
Tel. 06 4880450 - fax: 06 4871953
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AMMINISTRAZIONE
38121 TRENTO - Via della Collina 18
Tel. 0461 263645 - fax: 0461 268435
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art. 1, comma 2, DCB Trento.
Autorizzazione del Tribunale di Roma
n. 148 del 25 marzo 1986.
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L’Eco dell’Africa e di altri Continenti
di gennaio-febbraio 2014, n.1-2,
è stata consegnata all’ufficio postale di Trento il 31 dicembre
Stampa:
Nuove Arti Grafiche
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«Questo è l’ideale della carità cristiana
che proprio nel Sodalizio è meravigliosamente impresso:
di dedicarci interamente a favore di coloro che non conosciamo,
che non incontreremo mai quaggiù,
anzi nemmeno di lavorare direttamente per loro
ma, attraverso l’assistenza prestata
ad altre Congregazioni missionarie,
venire così in loro aiuto.»
Maria Teresa Ledóchowska
120 anni di fondazione
delle Suore Missionarie di S. Pietro Claver
29 aprile 1894 - 29 aprile 2014
Per informazioni:
www.missionarieclaveriane.org
Suore Missionarie di S. Pietro Claver
Via della Collina 18
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Tel. 0461 263645
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