- Quadri degli Studenti

Transcription

- Quadri degli Studenti
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Hello,goodbye
Pag. 4
Badrkik Ana
3^DSA
Lettera al mio Liceo
Pag. 5
Bernardotto Simone
3^DSA
Saluto a Davi
Pag. 6
Concato Giovanni
5^CST
Esperienza al Quadri
Pag. 8
Fanton Margherita
4^ALG
L’America in Italia, L’Italia in America
Pag. 8
Dopo il Quadri
Pag. 9
Giuliari Giacomo
4^AI
Terzo Piano, Edificio A
Pag.12
Graziani Matteo
4^AT
Francia , mon amour
Pag.13
Graziano Corrado
1^BSE
Concorso Xausa.Cimmino
Pag. 14
Mecenero Marta
4^ALG
La Zanzara
Pag. 19
Monte Giulia
3^DSA
Led Zeppelin-Celebration day
Pag. 21
Nodari Marina
3^DSA
Depeche mode-Delta Machine
Pag,. 21
Pellegrini Niccolò
4^AT
Conan Doyle nel ventunesimo secolo
Pag. 23
Jimmi Endrix
Pag. 23
Rigobello Caterina
4^CI
Uno , nessuno, centomila
Pag. 24
Rigobello Giuseppe
2^ASC
Social,tv,pubblicità
Pag. 24
Squaquara Giampietro
5^AI
I diritti umani
Pag. 26
Todescato Eleonora
4^BLG
Ancora una volta campioni
Pag. 27
Zanoni Marco
2^ASE
De odissea scholastica
Pag. 28
Zulian Giacomo
3^DSA
Il diario di Idro
Pag. 29
L’angolo del Kayak
Pag. 30
I grandi della formula 1
Pag. 31
La grande innovazione tedesca
Pag. 33
Cara vecchia AIM
Pag. 34
Google. It !
Pag. 35
Comics
Pag.36
Quadriverba
Pag.38
Uomo obiettivo: Giuliano Cisco
Direttrice: Cecilia Meledandri,5^BLG
Vice direttore: Augusto Vighy, 5^AI
Gerardo Graziano,3^DSA
Impaginazione: Andrea Campesan,2^DSA
Enrico Giacomini, 1^ASC
Copertina e disegni: Ivan Bressan,3^CSA
Quarto di copertina: Aruni Ranasighe, 5^AT
Ci abbiamo lavorato per due anni come negri!!
Carissimi lettori del Quadrifoglio,
eccomi qui a scrivere questo editoriale a pochissimi giorni dalla fine delle lezioni (e probabilmente,
come al solito, in ritardo con la consegna, ma that’s how I roll). Chi mi legge di solito o mi conosce saprà che questo è il mio ultimo contributo al nostro giornalino preferito, e pensarci un po’ mi fa effetto. Certo, alla fine della mia avventura nel Quadrifoglio (e scolastica) si accompagnano parolacce e
infinite ore di studio in vista del famigerato Esame di Stato, che ormai è alle porte, quindi in un certo
senso la scuola non mi mancherà; per impressioni e riflessioni più dettagliate vi rimando al mio breve
articolo di “addio” che è contenuto in questo numero.
Scrivere è una mia passione da molto tempo, e aver avuto l’opportunità di farlo per qualcuno, anche
se poche persone e per un periodo di tempo limitato, il pensiero che alcuni di voi avranno
letto i miei articoli mi rende un po’ più fiera di me stessa. Ritengo che sia importante
lasciare un segno ovunque si vada e in qualunque situazione ci si trovi, è una mia
convinzione, e mi piace pensare di aver lasciato anch’io il mio, nel bene o nel
male, se i miei articoli non vi sono piaciuti per nulla o se li avete letti con piacere. Quello che voglio farvi capire è che questo è un mezzo che avete a disposizione per far sentire la vostra voce, se avete qualcosa da dire, e grazie
alla “stampa” scolastica avete l’opportunità di condividere passioni, abilità
e anche qualche cazzata ogni tanto: sfruttatelo! Sono consapevole di suonare come il cattivo di qualche film/serie TV che invita a passare il lato oscuro perché “abbiamo i biscottini”, ma dico sul serio, se siete scrittori in erba o semplicemente volete farvi sentire.. Bussate alla
nostra porta (quattro volte, se potete).
In conclusione, riporto la vostra attenzione sul fatto che la fantomatica figura del Direttore del Quadrifoglio ora necessita di un nuovo volto. Non pretendiamo di ricevere la stessa attenzione del periodico e temutissimo cambio di attori di Doctor Who, ma un mistero aleggia comunque sulla redazione, e non sarà svelato fino a settembre.. Maledetti cliffhanger!
La mia “stagione” è finita, e devo ammettere che è stata una bella avventura, dopotutto, e probabilmente, in fondo in fondo I don’t want to go e mi ritroverò a rimpiangere questi momenti nei prossimi
mesi, ma è il caso di dire che ce l’abbiamo fatta, finalmente. Grazie a tutti coloro che sono stati al
mio fianco, before I go I just want to tell you you were fantastic. And d’you know what? So was I!
Arrivederci, e buona fortuna per tutto.
Cecilia Meledandri, 5^BLG
Non pensate che Manzoni leggesse cose pornografiche in convento!
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So che state pensando che questo sia uno dei soliti pallosi articoli di addio, e so anche che la maggior parte di voi
glisserà verso i più divertenti “Io, Pirla” e giochi vari, e vi do assolutamente ragione se lo state facendo proprio in
questo momento. Se invece vi interessa sapere come ci si sente ad aver (quasi) finito la scuola, se siete in prima e
in cerca di consigli per la sopravvivenza al Quadri, se vi meravigliate che sì, ce la si possa davvero fare, allora.. restate sintonizzati.
Dopo cinque lunghissimi anni, non ancora finiti (siamo “ai ultimi strùchi”, come si suol dire), ancora si è poco
nell’ordine di idee che da settembre non si tornerà più a scuola e che invece ci si imbarcherà nella più grande avventura dell’università, ma così è. Eppure c’è stato un attimo, l’esatto momento in cui mi sono detta “Ecco, è proprio
finita”, ed è stato quello della foto di classe in cui, guardando
i miei compagni e il mio prof, mi sono ritrovata ad immaginare che rimpiangerò quel momento in un futuro anche non
troppo lontano. Ho incontrato persone che mi hanno reso la
vita difficile, certo, e anche fatto dispiacere e stare male personalmente, e ho vissuto i miei brutti momenti a scuola
come sarà successo (o succederà) a ciascuno di voi. Dunque
se dicessi che gli anni al Quadri sono stati i migliori anni della
mia vita probabilmente mentirei, oltre che risultare straordinariamente banale, ma non è certo una bugia dire che qui ho
vissuto momenti bellissimi e divertenti con amici e compagni, e che ho dei ricordi meravigliosi legati ad alcuni professori in particolare, che porterò con me per tutta la vita.
Mi sento dunque in dovere di ringraziare sinceramente i miei amici, e anche coloro tra i miei prof che mi hanno
fatto amare le loro materie e che mi hanno resa una persona matura e anche solo un pochino più completa: se
state leggendo questo, grazie, davvero.
*si ricompone* Ma bando ai sentimentalismi, ragazzi. In fondo la scuola fa schifo, e questo è appurato, e probabilmente davanti a un sistema di equazioni a tre incognite o alla risoluzione di un logaritmo naturale ciascuno di
noi si è trovato a porconare in lingue sconosciute, ma vi assicuro che, se la prendete dal verso giusto (e vi mettete
nell’ordine di idee che studiare, specialmente al Quadri, è NECESSARIO) la sopravvivenza non solo è possibile, è
addirittura garantita.
Buona fortuna, da una felice (quasi) “reduce”
Cecilia Meledandri,5^ BLG
Certo non mi stupirei se tra pochi anni Roberto Giacobbo facesse uno speciale sul liceo G.B. Quadri. In questi 5 anni
ho imparato tutto ciò che c'era da imparare in questa scuola, ho partecipato a mille attività, ma non ho mai saputo
dare una risposta a quei misteri che aleggiano come ombre per gli immensi corridoi del nostro istituto. Primo tra
tutti la comparsa improvvisa della famigerata palude nel campo di calcetto, capace di apparire in un'ora e diventare
il perfetto habitat per migliaia di piccoli esserini, prede preferite di Renato, per non parlare del insidioso fischio
(percettibile ai pochi orecchi fini) nell'edificio B. Il mio dubbio più grande però riguarda il quarto piano: che l'accesso
sia stato bloccato agli studenti perchè sede dell'armadio che porta al mondo di Narnia? Ammettiamolo, tutti noi prima o poi ci siamo imbattuti in professori o studenti mai visti, presenze nuove che destabilizzano le nostre certezze!
Ormai io sono arrivata all'ultimo anno, e visto il poco tempo che mi è rimasto dubito che riuscirò a scoprirlo, quindi
continuerò a sperare in un approfondimento di Voyager...nonostante questo però, sappiate che il Quadri saprà sempre offrire ai suoi studenti croccantelle, giornalini e amici a volontà!
Anna Fra, 5^AT
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Vai in bagno, ma basta che non scappi calandoti dalla finestra!
Non ho mai scritto una lettera d’addio. Non ho mai scritto una lettera ad una scuola. Non ho mai scritto una lettera a qualcuno senza saper bene cosa dire e con il gran guazzabuglio di pensieri e sentimenti
che mi impedisce ora di ragionare lucidamente.
Caro Quadri… caro Quadri, ma chi sei? Sei forse quell’edificio d’avanguardia, blu il guscio e giallo l’interno, che
da cinque anni è la mia bellissima scuola? Sei forse
quell’insieme variegato di oggetti, a me così familiare e
amico, costituito da banchi, sedie, cattedre, macchinette del caffè e del gelato, cestini per la raccolta differenziata, porte tappezzate di cartelli colorati, finestre grigie
e squadrate, arnesi da laboratorio, fotocopiatrici, e ancora, ancora, ancora… Sei forse tu tutti quegli adulti che
ti lavorano, che, secondo una precisa gerarchia, ti governano e che, nel bene e nel male, mi hanno accompagnato in questi anni di crescita? Sei forse tu
quei ragazzi che ti hanno vissuto, che ti vivono e che ti vivranno ricordandoti sempre non come una
triste e cupa prigione, ma come una divertentissima agonia, poiché, nonostante le mille sofferenze per
lo studio e per l’impegno, sempre sono risuonate nelle tue aule le risate della complicità fra compagni
di classe, della condivisione e della solidale amicizia. O se forse proprio me, caro Quadri, e queste mie
mani che tanto si sono macchiate del tuo inchiostro in questi anni?
Queste povere definizioni non completano il tuo complesso ritratto, fatto di angoli metallici, routine,
giornate piovose, Giornalini, giornali, pizze, esperimenti in laboratorio e miriadi di elenchi come questo, elenchi di ricordi, valanghe di ricordi.
Tuttavia non crogiolarti, caro Quadri,
nello stagno dei tuoi pregi, non fregiarti
dei tuoi successi, ma vivi sempre con
modestia ed autocritica. Di difetti, caro
Quadri, ne hai tanti, proprio tanti, checché ne dicano gli indifferenti ed i negazionisti . E tuttavia non è questa la sede
per discuterne con te, poiché credo che
le polemiche nei confronti di una scuola
vadano affrontate con chi di dovere non
certo nel giornalino d’istituto. Ma grande
fiducia ho io in te e nel tuo progressivo
percorso in anabasi, nella tua difficile
evoluzione da scuola CON alunni a scuola PER gli alunni. E quando, dopo averti definitivamente abbandonato, ripenserò a te, combinerò il ricordo statico di come eri al pensiero di come ti starai trasformando, perché anche tu come me cresci con il tempo, sbagli, cadi e ti rialzi, vivi.
Timido anonimo di quinta
Il gerundio non ha un soggetto proprio, ma se lo ciuccia dalla principale
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Sezione a cura della 3^ESC
Carmen Davis honoris causa
Cui donamus hanc commemorationem funestam
A discipulis classis 3Esc scriptam et inventam?
Tibi, professor Davi: namque tu solebas
Magna cum patientia nostros compitos corrigere
Et etiam ausus es, unus magistrorum,
Nos interrogare ferens omnes nostros errores,
Adorne, saepe inenarrabiles et mostruosos!
Tibi gratiam agemus pro hoc anno
Intra desperationem et sollecitudinem acto
Et ante omnia pro iis rebus quae nos costanter docuisti.
Nunc otio vacare potes et noli te pigere
Si nos in liceo quadri relinques...
Te salutamus..........Vale
Tui Discipuli
Disegno di Veronica ,3^FSC
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Se non trovo i compiti consegnati, si scatena
l'inferno compresa la chimera che pietrificava chiunque passasse…
1. Che cosa le piace del suo lavoro?
Sono al Quadri da 25 anni, dall'a.s. 1977/'78. Per 15 anni sono stato collaboratore vicario, fino al
2010. Del mio lavoro mi piacciono molte cose. Oltre agli aspetti culturali delle discipline che ho insegnato (Italiano e Latino) mi piace il fatto che favorisce le relazioni con gli altri, fa stare con le persone, colleghi, studenti e genitori. Abitua al dialogo e all'ascolto, sollecita ad avere delle idee e a
confrontarsi con quelle degli altri, a non dare nulla per scontato e a mettersi in discussone. Abitua a
migliorarsi. Ci sono anche cose che non mi piacciono: le famose 'carte, da compilare, gli obblighi
burocratici da rispettare.
Credo che questa opinione sia abbastanza diffusa ma sono altrettanto convinto, e lo dico per esperienza, che sia doveroso sottostare alla norma. Che provenga direttamente dal legislatore o dalla
Presidenza del Liceo, essa costituisce un principio d'ordine che è necessario.
2. Che cosa pensa dei suoi alunni ?
Penso bene. Al Quadri ci sono tanti bravi ragazzi che si impegnano, dedicano tempo, anche molto,
allo studio, sono disposti a far fatica pur di ottenere risultati. Per la qualità e il valore degli studenti,
penso che il liceo sia un ambiente privilegiato, lo dico come docente.
Più in generale, penso che i ragazzi di oggi siano come i ragazzi di ieri: con la loro esuberanza, la
loro vivacità , le loro contraddizioni, talvolta con gli eccessi tipici dell'età. Come si potrebbe parlar
male di chi rappresenta la bellezza della giovinezza?
3. Che sport preferisce? Quale pratica?
Mi piace qualsiasi sport, se è 'pulito'. Da dilettante ho praticato il calcio (ma non lo considero uno
sport educativo: ci sono troppi eccessi). Fino a qualche tempo fa ho giocato a calcetto qui, al Quadri, con il 'gruppo del lunedì'. Non ho ancora giocato l'ultima partita. Mi piacerebbe farlo.
4. Che cosa pensa di fare quando sarà 'libero'?
Ancora non lo so. Penso che potrò dedicarmi meglio all'incarico amministrativo che sto svolgendo
da un paio d'anni nel mio comune di residenza (Monteviale) e che richiede parecchio tempo. Per il
resto non ho ancora le idee chiare. Avrò tempo per farlo.
5. Numero preferito? Perchè?
Ovviamente il 13 perché è il numero fortunato e la fortuna è una bella cosa che auguro a tutti.
Grazie e un caro saluto a tutti gli studenti del Quadri. A loro i migliori successi nello studio e anche
dopo ....
Disegno di Juri Zambon,3^ESC
Avete zero tempo per imparare verbi! Dopo di che… la mannaia!
7
Ciao! Sono Tim, vengo dalla Nuova Zelanda. Sono un studente internazionale qui al Liceo Quadri. Sono arrivato a gennaio e sono qui da quattro mesi. Prima di venire in Italia non sapevo l'Italiano (solo poche cose basilari), ma non mi importava... Era più difficile, ma per questo motivo ha reso una sfida molto gratificante da superare.
Il Liceo Quadri ha rappresentato un grande cambiamento rispetto alla mia scuola. In Nuova Zelanda, per
esempio, non abbiamo 'interrogazioni' e siamo noi a spostarci verso i nostri insegnanti, non viceversa. Qui tutti
sembrano essere molto bravi a scuola, mentre in Nuova Zelanda ci sono studenti con motivazioni diverse allo
studio.
Nella mia classe tutti sono molto simpatici e sempre disposti a darmi una mano con l'Italiano (sono anche persone brave in Inglese!). Inoltre ho avuto tante occasioni di fare visite e gite con la mia classe ogni mese!
Soprattutto, la mia famiglia italiana è perfetto con me, sono tutti molto ospitali. Non ci sono parole... Mi sento
a mio agio, come se fossi una persona di famiglia.
Per non parlare delle opportunità che mi hanno offerto! Raccomanderei a tutti di fare un'esperienza di mobilità
studentesca all'estero, e soprattutto, di venire in Nuova Zelanda!
Grazie alla professoressa Spadavecchia (la mia insegnante di Italiano) per avermi corretto gli errori in questa
presentazione - perché non sono ancora così bravo in Italiano!
Mi piace molto la cultura italiana e sono sicuro che tornerò!
Tim. Kevern 4^BLG
Giovedì 18 Aprile ha bussato alla nostra porta un giovane plotone di alunni della High School Vicenza e noi abbiamo aperto loro la porta della nostra scuola e del nostro cuore, mostrando il nostro animo italiano perseverante,
ma amorevole. Fra mille intrattenimenti e presentazioni, c’è stato poco tempo per approfondire la conoscenza dei
nostri compagni d’avventura, eppure, come si dice sempre, il linguaggio dei giovani è universale e così, chi facendo
fantastici discorsi in inglese e chi gesticolando animatamente, siamo riusciti a stringere un solido legame di amicizia e collaborazione.
Alla fine della giornata, dopo un delizioso banchetto imbastito dai volenterosi genitori, siamo stati costretti a salutare con la tristezza nel cuore i nostri nuovi amici, con la promessa di rivederci presto e con la certezza che le diversità ci avrebbero aiutato ad arricchire non solo il nostro inglese, ma anche la nostra vita.
Fieri del nostro lavoro e attendendo con trepidazione il momento in cui ci saremmo ricongiunti, non potevamo
fare a meno di immaginare il giorno speciale in cui avremmo potuto ravvisare uno scorcio dei così apparentemente
distanti Stati Uniti d’America.
La data tanto agognata è giunta rapidamente: venerdì 26 aprile! Quella giornata è stata per noi un susseguirsi di
emozioni: prima è avvenuta l’assegnazione dei tutor, che ci hanno aiutati ad ambientarci nella scuola e a seguire le
lezioni; successivamente ci siamo rifocillati confrontandoci con le esperienze dei nostri compagni di classe presso il
“Burghi” (Burger King).
Nonostante le frenetiche attività, non potevamo dimenticarci del nostro compagno Geri, che abbiamo presentato
attraverso una simpatica intervista dal vivo!!! Ci tenevamo molto a far capire che lui è parte integrante della nostra
classe, e come tale, doveva vivere anche lui questa bellissima esperienza nel modo più positivo possibile.
Infine, i teenager ci hanno offerto la possibilità di assistere a una partita di softball femminile; noi ne siamo stati
entusiasti, ma a causa del forte sole, gli amici statunitensi hanno deciso di mostrarci un altro bellissimo luogo, il
Teen Center, dove solitamente i ragazzi vanno per sfogarsi e liberarsi dallo stress, giocando, facendo qualche attività fisica o semplicemente svagandosi.
Lì ci siamo divertiti molto e abbiamo capito che anche lo sport è un espediente utilissimo per fare conoscenza,
anche per chi, magari, si ritrovava all’inizio a dover fare i conti con la proprio timidezza o con la scarsa dimestichezza nell’utilizzo dell’inglese.
Questa esperienza ci ha permesso di esplorare e conoscere nuovi orizzonti e nuovi punti di vista. Non è stata importante unicamente sotto l’aspetto della lingua… Riuscire ad applicare nella vita reale le materie, finora studiate
solo tra i banchi di scuola, ci ha regalato la possibilità di comprendere il tanto predicato e richiesto impegno per lo
studio!
Pinato Maria e Sgarabotto Lavinia, 1^DSC
8
È un esercizio di grammatica, non un parto gemellare.
“Basta che scrivo qualcosa”. E’ quello che mi sto ripetendo da più di due mesi, quando mi sono reso conto che la mia
pur breve esperienza universitaria doveva essere raccontata in un articolo, se non altro per rispetto della Redazione
(con la R maiuscola) del giornalino che mi ha sostenuto durante gli ultimi cinque anni. La prima domanda che al lettore
di questo articolo può saltare in mente: perché quindi non l’ho ancora fatto? Beh, direi perché i miei primi mesi all’università sono stati tutto fuorchè quello che mi aspettavo. (Stavo per scrivere “tutto fuorchè indimenticabili”, ma effettivamente uno potrebbe dire che sono stati proprio indimenticabili, anche se per tutte le ragioni sbagliate.) Domanda
successiva: è proprio necessario rovesciare il mio catalogo di sfighe e disavventure su chi si appresta a lasciare la scuola
superiore e ad entrare a sua volta nel mondo universitario? Forse no. Però credo veramente che alcune lezioni che ho
imparato negli ultimi mesi possano essere universalmente utili a chi mi seguirà, e se almeno una persona riuscirà ad
imparare dai miei errori, potrò dire allora che è veramente valsa la pena di scrivere tutto questo.
DISCLAIMER: Le esperienze raccontate in questo articolo sono puramente indicative dell’esperienza relativa agli esami
di maturità e ai primi mesi di università di una persona qualunque e non sono in alcun modo da intendersi come universalmente rappresentative.
“Chi si sente perseguitato dalla sfortuna ha ancora tutta la fortuna di ritenersi talmente importante da pensare che la
sfortuna si occupi costantemente di lui.”
Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010
GLI ESAMI
Ok, riprendiamo questo racconto da dove lo avevo lasciato lo scorso maggio,
e cioè dall’avvicinamento ai miei esami di maturità. Finisce l’anno scolastico e
dopo un lungo periodo passato in teoria sui libri, in pratica davanti al televisore
a guardare gli Europei di calcio, si giunge alle tanto attese tre prove scritte. La
prova d’italiano è strettamente legata, per chi ci crede, all’uscita di un particolare autore nella traccia A, quella della comprensione del testo. Ci sono dei siti
che si premurano, nelle settimane immediatamente precedenti all’esame, di fare
uscire rumours più o meno ufficiali sulle tracce scelte dal Ministero, che saranno irrimediabilmente smentiti il giorno
dell’esame, ma intanto vi avranno fatto penare su decine di autori diversi rubandovi il tempo necessario per studiare
tutte le altre materie. Cito a braccio da una certa pagina Facebook: fino al 5 giugno è sicuro Pirandello, il 15 giugno torna in auge Pascoli (non usciva da moltissimi anni), il 18 prende corpo l’ipotesi Calvino e nelle ore immediatamente precedenti alla prova aumentano improvvisamente le quotazioni di Primo Levi, apprezzato particolarmente dal ministro
dell’istruzione Profumo (entrambi gli autori non erano nel nostro programma d’Italiano). Nessuno, e dico
nessuno, aveva previsto che sarebbe uscito di nuovo Eugenio Montale, contrariamente a quello che vi
verranno a raccontare per giustificare le previsioni per l’anno che viene. Vale la stessa cosa anche per le
speculazioni sulle altre tracce, che normalmente si basano sulla ricerca di particolari ricorrenze o anniversari di avvenimenti storici.
Segue la prova di matematica, che si svolge in quello che risulterà essere il giorno più caldo dell’estate
2012: la temperatura raggiunge i 38 gradi e il sottoscritto, una volta consegnata la prova per ultimo
dopo 5 ore e 55 minuti dall’inizio della stessa, rischia di svenire per disidratazione sull’autobus che lo
riporta a casa (consiglio: ricordatevi ASSOLUTAMENTE di portarvi dietro una bottiglia d’acqua se non
volete incappare nello stesso errore!). Il testo prodotto dal Ministero risulta (almeno per me, che avevo avuto notevoli difficoltà con il programma durante l’anno e quindi mi ero particolarmente concentrato sulla seconda prova durante l’avvicinamento agli esami) molto più facile compatibilmente agli
standard sollevati dalla simulazione ufficiale: non è così per tutti coloro che, dopo aver brillato in matematica per tutto l’anno, decidono di trascurarla allegramente l’ultimo mese in favore delle altre
materie.
Dopo la pausa per il weekend è il momento della terza prova. Ovviamente mi rendo immediatamente conto che studiare per le prime due prove mi ha portato a trascurare
irrimediabilmente la terza, e non esiste materialmente il tempo di recuperare.
Cerchi forse la crocifissione?
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Non aiuta il fatto che non si sa se il commissario esterno di storia e filosofia chiederà l’una o
l’altra materia, ed entrambe presentano un programma molto corposo. La prova dura
tre ore, che andrebbero (andrebbero!) equamente suddivise in 45 minuti per ogni
materia, da frazionare possibilmente in 15 minuti per ogni domanda, scrivendo
sempre e comunque il più possibile anche se non si ha la minima idea di cosa si
sta parlando per recuperare comunque qualche punto. Alla fine riesco a salvare
due materie su quattro (inglese ed educazione fisica) mentre produco disastri in
fisica e filosofia, peggiori anche di quelli delle simulazioni di inizio maggio.
Mi presento dunque all’orale con l’unica certezza che il mio 61 dopo gli scritti supera di un punto il voto finale di Walter e Carlotta (chi non ha visto la seconda serie dei “Cesaroni” non può capire). Senza dilungarmi troppo sui dettagli
dei miei esami, voglio aggiungere un paio di consigli per chi si troverà ad affrontare la commissione, maturati dopo
aver seguito decine e decine di orali. Innanzitutto, checché vi abbiano detto, una buona performance nell’esposizione
della tesina è FONDAMENTALE. Essendo un argomento che vi siete preparati voi, dovete risultare estremamente sicuri
nell’esposizione della vostra tesina, possibilmente provandola più e più volte a casa dinanzi a un pubblico scelto di
ascoltatori. Importante è anche controllare che l’esposizione rientri tassativamente nei 10 minuti concessi (passati i
quali la commissione potrà fermarvi come e quando vuole, costringendovi a iniziare la fase delle domande in una posizione di svantaggio); in più, se vi servite di una presentazione PowerPoint per accompagnare la vostra illustrazione,
controllate accuratamente il testo che appare sullo schermo per evitare che la commissione vi faccia notare, nel mezzo dell’esame, la presenza di imbarazzanti refusi (sì, è successo anche questo!).
Al di là di tutto, l’unica cosa che mi preme fare presente è che, contrariamente a quello che molti pensano, sia studenti che docenti, non è vero che il voto di maturità è soltanto un numero e non conta assolutamente niente al fine della
vostra carriera di studi: in gran parte dei test d’ingresso per le facoltà universitarie a numero chiuso una parte del punteggio è costituita dal voto di uscita del liceo, indipendentemente dal percorso di studi
svolto (cosa che personalmente non approvo). Pensateci!
LA SCELTA
Finiscono gli ultimi orali, escono i quadri, e ci si trova da un giorno all’altro a passare dallo stress e dall’ansia dello studio quotidiano alla vacuità di giornate vuote in
cui ancora non ci si rende conto di avercela fatta veramente. L’estate dello
studente medio del Quadri passa attraverso una seconda tornata di studio
per superare i tanto temuti test d’ammissione alle facoltà universitarie; la mia si concentra principalmente davanti ai principali eventi sportivi trasmessi dalla televisione (Olimpiadi, Paralimpiadi ed
Europei di atletica) con due piccole digressioni all’estero (quattro giorni a Berlino e una settimana
al mare in Croazia) sempre con la testa rivolta al problema che mi assilla oramai da mesi: meglio
iscrivermi alla facoltà che desidero più di ogni altra cosa (Mediazione Linguistica a Padova) pur
sapendo che il livello d’insegnamento non è alto e che gli sbocchi lavorativi sono pressochè nulli,
o tentare una strada in partenza sicuramente più sofferta (Statistica sempre a Padova) sapendo che, una
volta conclusa, essa mi aprirebbe grandissime possibilità nel mondo del lavoro? Dopo mesi di discussioni,
confronti e ricerca di ulteriori alternative, la mia scelta ricade, anche se a malincuore, sulla seconda
opzione, che racchiude in sé il vantaggio di non prevedere alcun test d’ammissione. Tale e tanto è il
mio interesse alla strada intrapresa che decido di non iscrivermi al pre-corso di matematica da
svolgersi in settembre, ritenendo (e a ragione) di essere già preparato dall’istruzione ricevuta al
liceo scientifico. Peccato che la mia mancata partecipazione mi faccia perdere due punti al primo esame di analisi,
assegnati d’ufficio a chi completava il corso.
I PRIMI MESI
L’approccio al mondo universitario è difficile fin da subito, per diversi motivi che ora cercherò di elencare. In primo
luogo la distanza dal luogo di studio, che combinata agli orari di lezione assurdi mi porta a giungere a casa nel pomeriggio inoltrato, dopo un lungo percorso da compiere a piedi, sia a Padova che a Vicenza (specialmente se uno ha la
bella idea di lasciare la bicicletta legata in stazione con una catena da 2 euro). La facoltà di Statistica è sita in via Cesare
Battisti, subito oltre la Cappella degli Scrovegni, noto capolavoro giottesco, in un ambiente ricavato da un ex convento.
L’ubicazione è decisamente al di fuori del glamour che contraddistingue il pool delle facoltà più in voga (Economia,
Ingegneria, Fisica, Medicina), situate in una sorta di quadrilatero che va a coincidere con la zona delimitata dalla zona
10
Se c'è qualcun altro che non lo sa, si metta con la schiena
appoggiata al muro e si prepare a essere fucilato.
fieristica a nord, il Portello ad est, via Belzoni a sud e l’asse via Morgagni-via Gozzi ad ovest. Chiaro è, quindi, che chi come il sottoscritto si presenta al mondo universitario senza conoscere nessuno, finisce per passare intere giornate completamente in solitudine, specialmente durante le ore buche che non mancano mai. La facoltà di Statistica, ancora decisamente poco conosciuta e in via di sviluppo, è decisamente valida dal punto di vista didattico ma molto meno per quanto
riguarda l’ambiente e il gruppo dei frequentanti, costituito (anche se le cose vanno cambiando) principalmente da un
vasto gruppo di respinti ai test d’ingresso delle facoltà a numero chiuso e da numerosi studenti provenienti dagli istituti
tecnici e professionali di Padova e provincia, a cui si aggiunge una nutrita schiera di rappresentanti dell’ASCAP
(Associazione degli Studenti Camerunensi di Padova, gruppo no-profit legato a filo doppio alla facoltà di Statistica fin dal
2007) che si faranno notare fin da subito per tutte le ragioni sbagliate, soprattutto per il loro occupare quotidianamente
decine di posti a sedere seminando quaderni o srotolando una sciarpa di cashmere per l’intera lunghezza delle prime file
della bancata.
L’ostacolo più grande che trovo nei primi mesi universitari è però l’adattamento al metodo di studio, che prevede uno
studio costante e regolare fin dai primi giorni, anche quando mancano ancora più di due mesi alla fatidica data dell’esame. Per rimanere al passo ci vuole una notevole forza di volontà e un’eccellente capacità di organizzazione, che devo
ammettere mi mancavano già ai tempi del liceo. Cosicché quando arrivano i primi esami, mi rendo conto che il tempo per
ripassare tutto non è propriamente sufficiente, e soprattutto (lezione già imparata agli esami di maturità) che è molto
difficile presentare tre materie diverse in una sola settimana. Certo che se poi ci si mette anche la cattiva sorte…
GLI ESAMI UNIVERSITARI
Capita il giorno in cui hai un esame fondamentale e ti svegli con un mal di testa
atroce che quasi non ti permetta di reggerti in piedi; capita che durante un
esame che comprende un’esercitazione al computer questo si blocchi
impedendoti di proseguire, e che il professore addetto dica che
ne terrà conto salvo poi evitarti e non rispondere alla tua richiesta di spiegazioni dopo aver ricevuto l’ovvio “Non sufficiente”; capita anche che, dopo aver provato ripetutamente a
svolgere a casa gli appelli degli anni passati, che sembravano quasi offensivi
per la loro facilità, il professore abbia un attacco di carognaggine che lo porti a produrre una prova talmente complicata
che neppure i più preparati possono pensare di riuscire a svolgere nel tempo previsto.
In queste situazioni (tutte accadutemi realmente nell’arco delle prime due sessioni di esami) è facile pensare che la sfortuna ti si accanisca contro. E’ però necessario guardare ai risultati ottenuti con un po’ di autocritica e cercare una spiegazione razionale in ciò che è avvenuto davanti al compito d’esame, che il più delle volte dev’essere ricondotto ad uno
scontato, banale e comunque spesso taciuto “non ho studiato abbastanza” o, ancora meglio, “non ho fatto abbastanza
per meritarmi il tale voto”. Io penso che la fortuna (e il risultato) arrivi quando una persona cerca di propiziarsela nel miglior modo possibile, e se la situazione in cui sono bloccato non rispecchia minimamente quel 90 che mi sono meritato
solo dieci mesi fa, non può essere interamente dovuto al caso, ma anche al fatto che non ho saputo ancora assimilare
quei determinati automatismi che ti permettono di proseguire nella carriera universitaria.
“Basta che scrivo qualcosa”: beh, io ci ho provato. Spero vivamente, quasi come Manzoni al termine dei suoi “Promessi
Sposi”, di non avervi annoiato con il racconto della mia vicenda, che magari non sarà stata brillante e coinvolgente come
quella che si aspetta di vivere chi sta per lasciare il liceo ed entrare all’università, e che (vi assicuro!) ho notevolmente
faticato per cercare di rendere piacevole e divertente a chi vorrà leggerla. Non intendo assolutamente deludere le
aspettative di nessuno con questo mio racconto, bensì cercare di fornire un’opinione valida e uno spunto di riflessione su
un’esperienza che comunque varia sempre da persona a persona e in cui è molto difficile delineare dei tratti comuni a
tutti. L’augurio che mi viene dal profondo del cuore verso tutti voi è di seguire la vostra strada come meglio possiate,
senza badare esageratamente all’opinione e al giudizio degli altri, e soprattutto di non arrendervi mai di fronte alle difficoltà, cercando di rifiutare la passività e la rassegnazione e di trovare continuamente uno scopo che renda la vostra vita
migliore.
Buona fine dell’anno scolastico a tutti!
Davide Maistrello, Diplomato nell’anno scolastico 2011/12
Disegni di Ivan Bressan,3^CSA
Da qua si esce con la grammatica o morti!
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Terzo piano, edificio A: Maria.
Credo che molti fra voi seguano su Facebook 'Spotted Liceo Quadri' e forse chi sta leggendo ora ne
è addirittura l'amministratore... In questi ultimi tempi le pagine di spotted si sono diffuse con una
rapidità imprevista e a questo fenomeno aggregante (?) non si è sottratta la nostra scuola.
Funziona così: si manda un messaggio privato all'admin della pagina il quale ne pubblicherà il contenuto in forma anonima (dedica o sputtanamento che sia) Sappiate che uno fra i primi post in quella
pagina è dedicato a lei e così la descrive:
- Signora Maria, cosa ne pensa?
Fino a venerdì prossimo per vedermi? E che devo fare? Venire anche il giovedì, il mercoledì, il martedì e il lunedì? Se conosci chi l'ha scritto digli che possiamo incontrarci anche di domenica dal momento che ci tiene tanto a vedermi!
Margherita Fanton 4^ALG
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Ma non capite niente! Siete stranieri?
E’ difficile non dare ascolto a pregiudizi e stereotipi quando ci si imbatte in una novità. Per questo motivo all’arrivo
dei corrispondenti francesi in Italia, ciascuno di noi italiani
si aspettava di veder scendere dal pullman un’orda di giovani puzzolenti con gravi difetti di pronuncia. Fortunatamente, le nostre previsioni iniziali si sono rivelate (quasi
del tutto) sbagliate. Dopo i primi giorni di ambientamento
e la scoperta di innovazioni sensazionali quali il bidet e il
cibo non annegato in salse, il popolo francese si è presto
sentito a suo agio e si è preparato a scoprire le meraviglie
del nord est, dalla maggior parte di loro viste sino ad allora
solo in cartolina. Durante la settimana, infatti, tutti insieme abbiamo visitato Venezia, Verona e la nostra Vicenza.
Ciascuno ha alternato momenti di doverosa serietà culturale ad altrettanti numerosi momenti di svago e a serate
dominate da un pericoloso mix di non-cultura italofrancese.
Scherzi a
parte, la settimana è trascorsa sin troppo bene, anche se al
termine di essa tutti eravamo stremati e, al tempo stesso, tristi per la partenza, ma consapevoli che due mesi dopo l’esperienza si sarebbe ripetuta.
Il secondo round della partita, infatti, si è giocato in Francia, ad Ambérieu-En-Bugey, nei pressi Lione. Siamo partiti l’8 aprile e nonostante qualche problema iniziale, il viaggio è poi proseguito nel migliore dei modi. Nove ore di
viaggio non sono state facili, ma tra pause agli autogrill e quizzoni musicali di classe il tempo è volato. All’arrivo, i
nostri corrispondenti erano già lì ad aspettarci con i genitori e, una volta salutato ed abbracciato tutti, ciascuno ha
raggiunto la propria casa. Poche ore dopo, tutti eravamo già connessi su Facebook per scambiarci le prime impressioni. C’era chi aveva mangiato bene e chi invece si era sforzato di farsi piacere tutto, chi aveva le lenzuola e
chi no, chi non riusciva a capire perché il water fosse separato dal resto del bagno, ma soprattutto chi non riusciva
a scrivere vista la differente posizione delle lettere della tastiera. Nessuno però si poteva lamentare dell’ottima
accoglienza ricevuta e della disponibilità dimostrata dalle famiglie. I giorni successivi all’arrivo sono stati molto
intensi. Abbiamo visitato Annecy, Lione, Bourg-EnBresse e infine Ambérieu-En-Bugey stessa. Purtroppo, non siamo stati molto fortunati con il tempo e
abbiamo trovato pioggia e vento per quasi tutta la
settimana. Non per questo l’esperienza è stata meno
piacevole e intensa, anzi, forse anche questo ha contribuito a creare complicità all’interno del gruppo.
Al termine della settimana è venuto il momento di
salutarsi definitivamente e, con un po’ di malinconia,
tra lacrime e abbracci, ciascuno ha salutato quelli che
per una settimana sono stati come dei fratelli.
Cogliamo l’occasione per ringraziare le prof. De
Guio, Manfredotti e Fina, che ci hanno accompagnati
e che ci hanno accuditi, in particolare durante la permanenza in Francia. Ringraziamo anche Mme. Lagrange e Mme. Grandhaie, il Preside, il Vicepreside,
la prof. Martini, la prof. Rasia e la Sig.ra Maria Rosa.
Todescato Eleonora e Anna Carollo, 4^BLG
Erodoto era come un rapper
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Anche quest’anno, in data 1/2/2013, si è svolto il concorso di Scrittura Creativa intitolato alle colleghe scomparse Stefanella Xausa e Maria Pia Cimmino.
Nella sua nuova formula il concorso è alla sua 4° edizione. La 1°, Veleggiando, ha avuto per tema il mare, la 2°, Diversamente, ha
avuto al centro il tema della diversità, la 3°, Libriamoci, in concomitanza con il Forum del Libro che si è tenuto a Vicenza nello
scorso ottobre, si è concentrata sul libro e sulla lettura; quest’anno, con il titolo Mi alzo sui pedali, lo spunto tematico proposto ai
partecipanti è stato offerto dalla bicicletta, che grazie al suo fascino e al suo grandissimo valore simbolico ed evocativo è stata
spesso al centro della riflessione artistica, divenendo musa ispiratrice di poeti, scrittori, cantautori e artisti in genere, nelle cui
opere ha svolto il ruolo di protagonista.
Hanno partecipato al concorso 25 studenti del biennio e 19 studenti del triennio.
Di seguito presentiamo i due testi vincitori (uno per il biennio e l’altro per il triennio).
Non è stato facile convincermi a partecipare al concorso Stefanella Xausa (prima che fosse co-intitolato alla professoressa Cimmino).
Già dalle medie, quando leggevo i Quadrifogli che portava a casa mia sorella, rimanevo sempre sorpreso: della fantasia con cui si
districavano in tracce di cui non capivo niente, e di come sapessero scegliere sempre le parole giuste, mentre io faticavo a finire i
soliti temini che popolano i sogni di certe professoresse di lettere. Soprattutto mi lasciava a bocca aperta la libertà delle forme
che poteva prendere quello che si voleva raccontare. A parte il ciclico riproporsi ogni anno del concorso di poesia per ragazzi
(prova tangibile dei crimini che può commettere la scrittura coercitiva) le occasioni per me di uscire dalla spirale dei testi
“scolastici” erano state davvero rare. Il tema poi oscillava sempre tra le classiche vacanze estive e riflessioni abbastanza gratuite
sul “come sto cambiando” (“Che pedagoghi eravamo, quando non ci curavamo della pedagogia!”).L’orizzonte che mi aprivano
quelle pagine mi lasciava con due sensazioni precise: che la scrittura, quella vera, non è cercare di occupare spazio su una pagina,
e che il massimo a cui io potessi puntare era lasciare quella pagina bianca.
Entrato al Quadri, poi, ed entrato anche nella redazione del Quadrifoglio, quella sensazione di fondo è restata. Certo, dopo qualche lieve bastonata da professori capaci un po’ ero migliorato, ma nella mia testa prendere un’indicazione di massima, setacciarne un pensiero coerente, una forma concreta e magari una trama era sempre un’impresa titanica. Partecipare addirittura ad un
concorso in cui bisogna sbrigarsela in una mattina mi sembrava ridicolo. Oltretutto, dato che lo scrivere è sempre stato per me
un processo abbastanza faticoso, non contavo di poter arrivare vivo in fondo a 5 ore di tête-à-têtecon un foglio protocollo.Quindi
quando in terza alla fine ho partecipato è stato perchè, a dirla in modo poco carino, ci sono stato tirato dentro (sul fatto che poi
abbia vinto glisserò elegantemente, giusto per evitare la figura di quello che scrive tutto un articolo solo per tirarsela).
L’anno dopo è stata istituita una seconda giuria, composta da ex-vincitori di questo e altri concorsi, e mi sono ritrovato (in modo
devo dire un po’ traumatico e non proprio aspettato), dall’altra parte della barricata.
Giudicare un racconto è una cosa molto diversa dallo scriverlo. Tutto ciò che all’atto pratico di scrivere è frutto più di intuito che
non di una puntuale scelta stilistica viene dilatato, come sotto una lente di ingrandimento, indagato, considerato nel contesto e
rimesso al suo posto, cercando nel frattempo di non deformarlo con interpretazioni troppo soggettive. É una cosa abbastanza
faticosa. Paradossalmente è un processo che può richiedere più concentrazione e attenzione dello scrivere in sé.
Si impara anche molto però. Confrontarsi con i lavori di tante persone diverseaiuta innanzitutto a vedere con più obiettività i
propri gusti, e cliché che magari nemmeno si pensava di avere. Sebbene la traccia sia unica, poi, le idee degli studenti per affrontarla riescono sempre a sorprendere: o perchè semplicemente diverse da quelle che avrei avuto io o perchè più ardite e ambiziose di quanto ci si aspetterebbe da un liceale (il grosso delle discussioni in giuria in effetti vergono sul discernere il genio dal paraculo, un confine a volte labilissimo).
Sela scrittura,infine, è una fatica in genere solitariafar parte di una giuria vuol dire anche saper lavorare con gli altri, difendere le
proprie opinioni rimanendo aperti a quelle altrui. Questo a dir la verità non ha mai costituito un grosso problema. Sarà un certo
amore per la scrittura che accomuna, sarà lo stordimento ad assumere una volta tanto un ruolo di potere, sarà che avendo tutti
un’idea di cosa hanno scritto gli altri gli anni prima sembra di conoscersi da una vita, alla fine le divergenze si superano più o meno allegramente, con sufficiente caffeina (si supera anche l’imbarazzo di trovarsi come collega l’autore del testo che avevi stroncato l’anno prima).
Io ormai frequento il secondo anno di università, e ogni volta che mi viene proposto di partecipare alla giuria non posso fare a
meno di pensare a cosa ha rappresentato per me questo concorso, e cosa rappresenta tuttora. Parte della sorpresa di quando
arrivavano i Quadrifogli da Vicenza (che sembrava l’America) non sono riuscito a scrollarmela di dosso. La libertà di dare una
forma ai propri pensieri, anche quelli che in un tema di letteratura stanno stretti, di scegliere un punto di vista come si pianta una
bandiera, era difficile da trovare quando ero bambino, e in realtà è difficile anche adesso. Le occasioni per esplorare certi talenti,
anche solo per avere a disposizione 5 ore in cui non ti si chiede altro che provarci, non capitano spesso. Mi hanno insegnato tutto
su quello che avevano scritto gli altri, ma poco o nulla su quello che avrei potuto scrivere io. Fare parte della giuria quindi per me
adesso significa anche aiutare gli studenti a mettersi alla prova, e a vedere in unapagina una possibilità, più che spazio da occupare.
Federico Ceretta , ex studente del Quadri
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Ok, l'alternativa è spaccarvi la testa
e mettervi i pronomi nel cervello uno ad uno
Primo premio per il biennio
Tutto comincia da due ruote, un sellino, un manubrio, un fanale, un paio di pedali, i cambi per le marce e una strada
davanti.
Eh già, basta “poco” per creare una bicicletta.
Ma non credo sia tutto. Perlomeno, non è tutto per noi.
Fin da quando veniamo create, noi biciclette di tutti i tipi sappiamo che la specialissima ricetta grazie alla quale esistiamo è molto più complessa di un paio di ruote, un manubrio e due pedali. Potrebbe sembrare impossibile ai più,
lo so, ma in fin dei conti ognuno ha la sua storia. Perché mai noi biciclette non dovremmo averne una?
Una bicicletta è molto più di un semplice mezzo per spostarsi, bisogna dirlo chiaramente. Se dovessi elencare uno
tra i tanti ingredienti per dare vita ad una bicicletta, direi subito “salita”. Poi, siccome non c’è sale senza zucchero,
aggiungerei qualche chilo di discesa, un pizzico di fatica (che fa sempre bene), mezzo bicchiere di risate ed amici,
una spolverata di vento, magari qualche cucchiaino di velocità, tre pizzichi di estate e caldo, un misurino d’acqua,
due manciate di sole e il gioco è fatto. Tuttavia, tutte le ricette hanno sempre un ingrediente segreto, che le rende
uniche ed irripetibili; e, probabilmente, il nostro è quello che davvero ci contraddistingue da auto, moto, scooter e
quant’altro. Ci contraddistingue in meglio, s’intende. Ovviamente, l’ingrediente segreto non va rivelato con leggerezza e nemmeno il cuoco più negligente se lo lascerebbe sfuggire, così su due piedi. Ma se si guardano più da vicino
le biciclette, capire cosa è davvero unico in noi è impresa da poco.
Beh, basta cominciare a guardare un bambino con la sua prima bicicletta, che prova a pedalare senza rotelle. Quanto sono difficili tutte le cose agli inizi? Andare in bicicletta non fa eccezione. Il sostegno che si aveva fino a pochi
giorni prima viene a mancare, le rotelle se ne vanno, lasciando un vuoto colmo di
insicurezze. Ci penso molte volte e spesso mi rendo conto che la vita degli esseri
umani è molto simile ad un giro in bicicletta. Non è vero che quando l’amicizia o
la presenza stessa di qualcuno viene a mancare ci si sente soli e sperduti? Non è
forse vero che molte volte si crede di contare solo su se stessi e poi si scopre di
aver sempre camminato sostenendosi a vicenda? Forse è proprio così che si sente
un bambino quando le rotelle della sua bicicletta scompaiono misteriosamente,
lasciandolo con una bici conosciuta, eppure stranamente diversa. Bisogna prenderci confidenza di nuovo, riuscire a trovare l’equilibrio perduto, fidarsi l’uno
dell’altra. E, dopo rovinose cadute con conseguenti ginocchia sbucciate e pianti
pressoché interminabili, la bicicletta e il bambino ripartono insieme per una lunga, lunghissima strada.
Se li seguiamo, ci accorgiamo che il bambino cresce e la bicicletta rimpicciolisce. È intervenuta qualche sorta di reazioni chimica a catena? Beh, direi di no. L’unica “magia” avvenuta è il tempo. Ed è di sicuro arrivato il momento del
primo grande cambiamento. Il bambino ormai ragazzo abbandona la prima bicicletta, per lasciare il posto ad una
nuova, più grande, più scintillante, più bella… insomma, migliore decisamente. E anche qui si può rivedere nella storia di una bicicletta quella di un essere umano. È ovvio che, tralasciando maglioni, calzini e guanti, quando si cresce
tutto sembra diventare più “stretto”; anche alcuni amici, per esempio. Oppure i libri che da piccoli non si riusciva a
smettere di leggere, che diventano per qualche imperscrutabile ragione insopportabili. O ancora i giochi, che da
primi oggetti in ordine di importanza scendono rapidamente la classifica, relegati all’ultimo posto. È la fine? Direi di
no. In qualche modo, questa mi sembra la fine di un lunghissimo periodo, ma altrettanto l’inizio di una nuova vita.
Vita nuova, bici nuova, quindi. E il ragazzo che si sbucciava le ginocchia sul vialetto del suo giardino riparte in quarta
con la sua bicicletta nuova fiammante, riprendendo la strada da dove si era interrotto.
Noi biciclette sappiamo essere davvero delle compagne formidabili. Avete mai visto uno scooter che si affida totalmente al suo conducente? Io, mai. Gli scooter sono così insensibili: alcune volte finiscono per fare di testa loro e
quando restano senza benzina mettono il muso e restano zitti per settimane. Senza fare un solo movimento. Bah,
che esseri strani; non li ho mai capiti. E poi, chi ha mai visto un’auto o una moto seguire alla perfezione gli ordini del
proprietario? Oltre a fare sempre di testa loro, le macchine e le moto sono altezzose e orgogliose; senza contare che
non sono così comode come una bicicletta: si può gettare una moto a terra o abbandonare un’auto per strada, in
caso di bisogno, come si può fare con noi bici? Decisamente no. E poi, le auto prendono sempre così tante multe che
la loro fedina penale in confronto a quella di una bici assomiglia ad un buco nero.
Però, per motivi che ancora nessuna di noi è riuscita a spiegare, la maggior parte delle persone, quando raggiunge i
diciotto anni, sembra impazzire e le parole che si sentono ripetere, come in un nastro incontrollato, sono “auto”,
“macchina”, “patente” e anche una buona dose di “non vedo l’ora”. Restiamo sempre e comunque il loro mezzo di
trasporto, ma non siamo più quello che eravamo prima: amiche e compagne.
Se non vi va bene questa strategia posso anche spararvi musica nelle orecchie e
Poi farvi capire con voce suadente: "Cos'è un pronome relativoooooo...!"
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E, quando ognuna di noi vede comparire una macchina nuova nel garage in cui vive, capisce che il suo piccolo bambino in
qualche modo non esiste più.
Al suo posto c’è un nuovo adulto che, oltre a camminare per il mondo come un giovane conquistatore della libertà tanto
agognata, guida una macchina e non più una bicicletta.
E qui noi bici siamo esattamente come tutti i genitori del mondo; come tutti loro, infatti, lasciamo che i nostri protetti
scivolino via, come aquiloni nel vento, senza più tenere tesa la corda che ci lega, lasciandola correre. Fino a che il filo finisce e noi guardiamo in alto, felici e orgogliose di ciò che è diventato il bambino che faticava a pedalare senza rotelle, ma
anche piene di tristezza.
Tuttavia, sarei una stupida se dicessi che la nostra vita diventa noiosa e monotona. La vita in garage non è male, anche
se dopo un po’ polvere e ruggine vengono a minacciare la nostra integrità. E, nonostante non sia facile da capire per tutti, il periodo che trascorriamo al buio forse è quello che amiamo di più. Non c’entra assolutamente nessuna questione di
masochismo (del resto, chi vorrebbe finire dimenticato in una cantina umida e buia?), ma piuttosto qui entra in gioco il
nostro VERO ingrediente segreto. Quello che macchine e moto mai e poi mai potranno solo sperare di avere. Quello che
gli scooter vedono da lontano con il cannocchiale. Quello specialissimo ingrediente che fa di noi le vere amiche dell’uomo, quello che ci rende assolutamente ed inderogabilmente biciclette. Quello che non importa di che tipo e di che marca
tu sia. Quello che tutte le biciclette hanno nel sangue, dal più piccolo triciclo ai più lunghi tandem.
È quell’ingrediente che, una domenica mattina di primavera, guarda il cielo e dice: “Che bella giornata! Quasi quasi…” . È
sempre lui, quando chiede a moglie e figli di fare un giro per i campi tutti insieme; è quello che prepara i panini per la
scampagnata e riempie le borracce d’acqua. È quello che recupera una pompa per biciclette, esce in giardino e prende un
mazzo di chiavi. Proprio lui, che infila la chiave nella serratura del garage e lo spalanca, inondando di luce la cantina. E
che gioisce inconsapevolmente nel vedere la sua vecchia bicicletta posata contro un muro che gli sorride implicitamente.
Il nostro unico, irripetibile ingrediente segreto, che non manca in nessunissima bicicletta del mondo, che ci rende veramente noi stesse, senza il quale non avremmo motivo di esistere, sei tu, grande adulto che nascondi ancora un cuore di
bambino.
Il nostro ingrediente speciale è l’uomo.
La vera essenza della bicicletta è diversa da quella di macchina e moto. Siamo noi biciclette a rievocare giorni caldissimi
ormai lontani, giorni passati a pedalare sotto il sole con la compagnia degli amici; noi sappiamo di sete e fatica, ma anche di vento in faccia e della sensazione di volare; noi risuoniamo di risate e di schiamazzi, ma anche di pianti e ginocchia
sbucciate. Noi siamo il ritardo e la frenesia di arrivare in tempo e anche la tranquillità delle pedalate in campagna; siamo
noi che, dopo tanti mesi passati chiuse in cantina, gioiamo lo stesso nel vedere che, ancora una volta, pedaleremo insieme ai nostri proprietari, per solo un’ora, per qualche giorno o per tutta la vita.
Le memorie di una bicicletta possono sembrare cose di poco conto. Eppure, mentre guardo il mio amico, con cui ho macinato strade su strade senza mai fermarci o stancarci, aiutare suo figlio a pedalare senza le rotelle, mi viene da sorridere.
So già che fra poco quel bambino pedalerà senza l’aiuto del padre e so che ne sarò felicissima. Forse non è importante,
ma sapere che una nuova storia, sempre e comunque uguale, con il suo specialissimo ingrediente segreto indispensabile,
si ripete come si avvicendano le stagioni mi riempie di gioia.
E sono la bicicletta più contenta del mondo quando vedo il bambino partire da solo e gridare felice al mondo intero: “Mi
alzo sui pedali!”
Silvia Chiarello, 1^ASC
Motivazione della Giuria:
“In un'epoca inflazionata da ricette culinarie in onda alla tv a tutte le ore della giornata, ecco un titolo e la parte iniziale di
un testo davvero accattivanti: la bicicletta e i suoi bizzarri ingredienti invitano a proseguire nella lettura, che scorre sempre disinvolta e piacevole, alla scoperta dell'ingrediente segreto.
Altrettanto originale e convincente è la scelta del punto di vista che conferisce al testo freschezza e spontaneità: è la bicicletta a narrare in prima persona le varie fasi di crescita dell'uomo che l'hanno vista sua fedele compagna, dalla prima
bicicletta senza rotelle a quella più grande e scintillante, fino all’inevitabile sostituzione con un nuovo mezzo di trasporto, l'auto, e al conseguente distacco, al quale la bici, come un bravo genitore, sa rassegnarsi. Ma sa anche di poter contare, una volta abbandonata in garage, su quello speciale ingrediente che alla fine si rivela essere proprio l'uomo, con le sue
emozioni indissolubilmente legate ai ricordi dell'infanzia: "siamo noi a sapere d'infanzia, di giochi, di piccoli litigi e di fughe incontrollate", emozioni che indurranno l'uomo a scegliere ancora la bici, in una bella giornata di sole, a dispetto di
altri mezzi più veloci e comodi,perché unica a regalare rari momenti di felicità”.
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Ti metto un collare sulla caviglia così ogni volta che dici TIPO ti do una scossetta
leggermente forte!
Primo premio per il triennio
Ogni volta che giro l’angolo del cortile, la vedo, è lì, la vedi anche tu, la vedono tutti, ma non come la
vedo io. Non è sola, ha un Leone di fianco, tu non lo vedi ma è lì; a volte si lecca le ferite, altre, come oggi, viene
verso di me e mi accarezza con la sua dolce e soffice criniera, profuma di buono, non riesco sempre a identificare
il suo odore, ma quando ci riesco sa di quel profumo che gli avevamo regalato. Stare lì davanti a lei, arrugginita e
sporca, e a lui, bello come il sole, non è sempre semplice, anzi non lo è mai. I ricordi riaffiorano, mentre io sprofondo in un pianto nostalgico.
Sono lì, mi vedo, ho quattro anni e sono pronta a togliere le rotelle con il mio Leone vicino. Sono intimorita, ho un po’ di paura, ma Leone mi guarda con i suoi occhi verdi e inizia a spingermi. L’aria mi accarezza il viso e i
miei capelli ricci di bimba si spettinano in modo grazioso attorno a quel cappellino verde. Poi Leone, un po’ affaticato, mi fa iniziare a pedalare e io inizio, di lui mi posso fidare. Mi sembrava di avere Leone ancora vicino, ma
poi controllo e sono io a pedalare, sono io a restare in equilibrio, ci sono riuscita. Mi fermo con un po’ di goffaggine e lo sento, sta arrivando, mi bacia e mi abbraccia... il suo profumo.
Mi asciugo le lacrime ma poi io mi accorgo del sorriso che abita il mio viso, non so se voglio restare in giardino o tornare in casa veloce, come faccio sempre. Questa
volta mi sembra diversa, Leone mi continua a “coccolare”,
la sua criniera è pulita e morbida, lo sento, lo vedo, è reale.
Siamo insieme, è estate, dobbiamo andare alla
cartoleria del paese per comprare il materiale per il mio
primo giorno di scuola, ci andiamo in bicicletta. Mi fa stare
sempre davanti, “così non ti perdo” dice, ma io so che non
mi perderà mai. Ora invece sono in seconda o terza elementare e sto uscendo da scuola, di solito tornavo a piedi,
ma quel giorno lo vedo, è lì, il mio Leone con ben due bici:
una per me e una per lui… anche io non lo perderò mai.
Com’è bello stare lì all’aperto con lei e lui, ora Leone si è un po’ allontanato ma mi osserva, io mi avvicino
impulsivamente a lei… quanto è invecchiata!
“Elena, Elena guarda cosa c’è per te? Vieni dietro casa… buon ottavo compleanno!!”
È lei, la vedo, Leone me la mostra orgoglioso, è rosa, anzi fucsia, una bicicletta da grandi, con una scritta
“CICLODORO”. È usata, ma è bellissima, è già mia… lo ringrazio, lo abbraccio.
Istintivamente corro ad abbracciare Leone come avevo fatto quel giorno, ma lui si ritrae.
La sua espressione indica dolore. Soffre. Io lo controllo, gli accarezzo il muso, la criniera, le zampe ma niente,
nessuna reazione; però, appena gli tocco la schiena reagisce, piange.
Avevo insistito tanto per andare alla cartoleria con lei come facevamo prima, lui mi amava così tanto da
prendere la bicicletta e mettersi in strada anche con tutto quel dolore. Leone era giù di morale, era tutto diverso
da prima, l’incidente del 2004 lo aveva cambiato, anzi, ci aveva cambiato. Quel giorno ero io dietro di lui, ero io
che non volevo perderlo, come se preannunciassi qualcosa, ma anche se non vedevo il suo viso percepivo la sua
sofferenza nel pedalare su terreni scoscesi… stava male…
Leone si nasconde, non vuole farsi vedere mentre piange, ma appena vede le mie lacrime le sue scompaiono e con la sua dolce criniera me le asciuga. È sempre stato amabile e premuroso. Sento un altro odore, non
è più solo quel buon profumo, ora sento l’odore di qualcos’altro, non sa di buono, sa di cattivo. La fine è vicina, lo
sento sempre meno reale.
Quella volta in terza elementare avevo fatto un incidente con lei, mi avevano portata in ospedale e dovevo rimanere una notte in osservazione. Leone mi era accanto, abbiamo parlato, giocato e mi ha insegnato l’alfabeto muto. Ero felice di stare in ospedale perché lui era lì con me.
Leone mi scruta, mi osserva: io non riesco ad alzare lo sguardo, so bene quale momento è arrivato. Questa volta però trovo il coraggio di guardarlo. Il suo muso ha un’espressione di addio, triste, ma in qualche modo
serena, come se quell’addio fosse l’ultima cosa consentitagli, l’ultima possibilità, per sopravvivere. L’odore cattivo si fa più forte, sa sempre più di morte, sa di metano e la sua figura perde nitidezza. Leone sa cosa deve fare, lo
Andrea Campesan
È la volta in cui il preside mi chiama e mi chiede se sono suonata
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deve respirare tutto, altrimenti potrebbe uccidere anche me quel brutto odore e più respira più scompare.
Io piango, lui no. Questa volta mi impongo di non chiudere mai gli occhi, voglio vedere, voglio capire. Leone, per la prima volta, si avvicina mentre sta scomparendo, le lacrime mi annebbiano la vista e sento un bacio sulla mia fronte, non sento la criniera, non sento il muso, non sento più il metano, sento solo le sue labbra, le stesse che mi baciavano tanto tempo fa, quasi scomparso lo vedo balzare dentro a lei e non lo vedo
più.
Rimango lì, in ginocchio sull’erba davanti a lei. Non provo più niente, non sento più niente, sento solo
il mio cuore triste, piangere. Vorrei tanto che ricomparisse, ma per oggi è abbastanza. Non riesco ad alzarmi per tornare in casa, di solito, quando vedevo Leone, lo salutavo con un cenno veloce e me ne andavo,
non volevo ricordare. Invece oggi sono lì immobile, in giardino, che ascolto solo il mio cuore. All’improvviso
mi viene in mente una frase. L’aveva letta mamma in un telegramma di condoglianze, le era piaciuta così
tanto da farla incidere in un pezzo di granito nero e farla mettere davanti alla lapide di Leone:
“Mi lascio in eredità alla terra, per rinascere nell’erba che amo,
se ancora mi vuoi, cercami sotto i tuoi piedi.”
Walt Whitman
Io lo volevo, lo voglio più che mai, ma sotto di me c’è solo terra.
Guardo lei, la mia bicicletta, mi avvicino. È così arrugginita, come i miei ricordi, ormai il fucsia non si vede
più, ma “CICLODORO” è ancora ben visibile, le gomme sono a terra, secche, le ragnatele popolano i raggi
delle ruote e la sella è crepata, c’è ancora il lucchetto grigio, di cui l’ex proprietario aveva perso le chiavi,
attaccato al manubrio. Lei è ancora lì, non mi ha mai lasciato.
Improvvisamente mi viene voglia di fare un bel giro in bicicletta, non posso usare lei, ma prendo quella di mamma. Libera, pedalo per le vie del paese, passo anche davanti alla cartoleria, continuo a pensare a
quella frase: “Se ancora mi vuoi cercami sotto i tuoi piedi”.
Guardo sotto i miei piedi, ci sono i pedali, ma non sono pedali. In un attimo non sono più sulla bicicletta di mamma, sono sul dorso del mio Leone, le mie mani non sono più appoggiate al manubrio, sono
aggrappate alla sua criniera, sotto i miei piedi finalmente c’è lui, non c’è più solo terra, non ci sono più solo
pedali, c’è il mio Leone, il mio papà, il mio angelo.
Nemmeno lui mi ha mai lasciata.
“Finalmente ti ho trovato.”
Elena Faedo, 4^AI
In memoria di
Faedo Pio Leone
*11-9-1961 +17-10-2004
R.I.P.
Motivazione della Giuria:
Il testo è incardinato su una metafora incisiva e coerente: la figura del padre è presentata in modo originale
e poetico, arricchendo contenuti intensi di immagini nitide e mai banali, insieme solide e delicate. La voce
narrante è accompagnata dall'immagine di un leone nel suo rapporto con la bicicletta, nel viaggio attraverso i propri ricordi, le difficoltà e il superamento del dolore. Il testo riesce a fondere le forme di un racconto,
di una lettera e di una piccola epopea, dove il costante bisogno di ricerca e movimento guidano il lettore
attraverso significati rappresentati con cura e su più livelli. Il lettore è sempre stimolato a proseguire, seguendo la protagonista nei suoi primi tentativi sulla bici, le cadute, l'amaro addio al padre e il continuo aleggiare, come gas velenosi, dello smarrimento e della perdita. La traccia del concorso è ben incorporata e
contribuisce in modo sostanziale all'ossatura del racconto. La bicicletta è il ponte che unisce il presente con
il passato. E' l'unica testimone, col suo arrugginirsi, dello scorrere del tempo, altrimenti pietrificato nel dolore. E' la terra in cui cercare chi ci ha lasciato e ritrovare se stessi.
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Ti rompo le scatole eh? Beh sappi che mi pagano di più se lo faccio!
Nello sfogliare le prime pagine dei quotidiani, ai più attenti osservatori (ma anche ai meno attenti) non
sarà certo sfuggita la costante presenza di notizie basate su dichiarazioni scandalose, paradossali, assurde.
Cosa hanno in comune, vi chiederete? E’ molto semplice: sono state tutte abilmente sfornate da “La Zanzara”, programma radiofonico di culto in onda dal lunedì al venerdì su Radio 24. La suddetta Zanzara
“punge” infatti ogni sera dalle suddette frequenze, senza risparmiare gli ospiti più illustri.
I temi del programma spaziano tra attualità e politica: nel trattarli si fondono un commento semiserio, toni
accesi, e un imperante nonsense. Le interviste de “La Zanzara” sono sempre spregiudicate e
spesso e volentieri evadono la sfera pubblica, entrando con noncuranza in ambiti personali o particolarmente delicati. Il tutto è abbondantemente condito con uno spiccato gusto per il trash più
cristallino, imitazioni casarecce, scherzi da caserma e impietosi tranelli per i malcapitati ospiti. Il
risultato è una trasmissione mai vista prima: politicamente scorretta, sleale e apertamente maleducata (cosa che i radioascoltatori sono sempre pronti a far notare mediante telefonate infuocate!). D’altra parte è innegabile che si tratti di un prodotto innovativo, fresco, capace di rinnovarsi
e spesso assai divertente. Sono queste le chiavi del suo successo.
I CONDUTTORI
Il “direttorissimo” e conduttore della trasmissione è il mitico Giuseppe
Cruciani, celebre per il suo inconfondibile eloquio, per le sue stringenti argomentazioni e soprattutto per i suoi impagabili insulti. La sua
carriera, dopo una laurea in Scienze Politiche, inizia con un’esperienza a
Radio Radicale, durante la quale collabora anche con Il Foglio e Liberal.
Viene poi assunto da Radio 24 e vi presenta diverse trasmissioni fino ad
arrivare alla conduzione de “La Zanzara” dal 2008, anno in cui riceve la
“Grolla d'Oro come migliore trasmissione della sera”. Contemporaneamente partecipa a programmi televisivi come “Complotti”, su La7 e
(ebbene sì) si cala addirittura nei panni dell’opinionista sportivo in
“Controcampo” e “Controcampo Linea Notte”.
Realizza e conduce poi “Il Tritacarne” su Current Tv, il cui slogan recitava “Per scoprire un personaggio bisogna farlo a pezzi”. Ha pubblicato due libri: il primo sul progetto del Ponte di Messina (Questo ponte s'ha da fare, 2009), il secondo sul caso di Cesare Battisti (Gli amici del terrorista. Chi protegge Cesare Battisti?, 2010).
Negli anni, Cruciani è stato affiancato alla conduzione della Zanzara da altri due giornalisti: Luca Telese e David Parenzo, ma è con quest’ultimo che la collaborazione è
stata più proficua e continua tuttora. David Parenzo approda alla Zanzara dopo la
collaborazione con varie testate giornalistiche minori, ma soprattutto con emittenti
televisive come Telenuovo, 7Gold, Telelombardia e successivamente La7 e MTV. La
coppia Cruciani-Parenzo si è vista assegnare per l’anno 2013 il Premiolino, il piu' antico premio giornalistico italiano. Le motivazioni della giuria: “Beffardi, spregiudicati,
irriverenti e politicamente scorretti, muovendosi al confine tra informazione, satira
e sberleffo hanno creato un nuovo linguaggio radiofonico e una rubrica di successo”.
LO “STILE ZANZARA”
“La Zanzara” funziona soprattutto grazie all’affiatamento tra il conduttore e la sua spalla. I continui battibecchi tra Cruciani e Parenzo generano infatti dinamiche fondamentali per la riuscita della trasmissione. Alla
visione liberale di Cruciani, connotata da una forte matrice radicale, si contrappongono così le posizioni più
“di sinistra” di Parenzo. E’ però il primo a tenere le redini della trasmissione, sia nel condurre le interviste con
gli ospiti, sia nel moderare gli interventi degli ascoltatori.
Tra le telefonate che vengono quotidianamente mandate in onda, più di metà sono costituite da insulti verso
lo stesso Cruciani, che non si sottrae mai a vere e proprie battaglie dialettiche senza esclusione di colpi.
L’”arma” preferita di Cruciani è indubbiamente quella della provocazione: performances significative in que-
Chiamami xanax!
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sto senso si riscontrano nell’ambito del caso Ruby, con un battagliero Cruciani che si districa tra affermazioni quali “Un mondo in cui c’è un uomo ricco e potente a cui si rivolgono donne che vogliono entrare nel
mondo dello spettacolo è il segno che la società occidentale funziona” o “Vendere il proprio corpo è il segnale che c’è la libertà!”. Se a questo punto l’ascoltatore di turno tiene ancora botta, a Cruciani non resta
che ricorrere alla mitica “ambulanza”, facendo partire il suono delle sirene ed attaccando il motivetto di
Renato Zero (“L’ambulanza va / Mentre la città / Finalmente sa che mostro sei […]”).
Il vero obiettivo del programma, però, è quello di mettere a nudo la classe politica e dirigente del Paese.
Mediante l’uso di un tono scherzoso ed apparentemente bonario, la coppia di conduttori riesce a mettere a
proprio agio tutti gli ospiti, anche i più prestigiosi. I malcapitati però non si rendono conto di essere
“vittime” del diabolico duo, che riesce sempre a strappare loro dichiarazioni incredibili, che in altri contesti
non farebbero mai e che immancabilmente raggiungono le prime pagine di tutti i giornali. Cruciani ha inoltre uno spiccato gusto per il trash e invita di frequente, dunque, alcuni dei politici più pittoreschi e controversi: tra i suoi “fedelissimi” si spazia infatti da Scilipoti a Borghezio, da Sgarbi a Razzi; non mancano poi
personaggi estranei alla politica, da Paolo Villaggio a Rocco Siffredi, passando per Annarella, anziana signora celebre per passare le sue giornate urlando improperi contro Berlusconi davanti a Montecitorio. Probabilmente vi starete chiedendo che senso abbia intervistare personaggi di questo tipo. Cruciani risponde
così:
Alcuni ascoltatori mi scrivono: “Perché devi intervistare Califano su un argomento del quale non sa niente?”
Guardate che gli interlocutori delle interviste non sempre devono essere dei professoroni, delle persone che
sanno tutto, o che fanno finta di sapere tutto, o degli esperti. Qui sentiamo anche delle persone per sentire
solamente gli umori, quello che viene fuori dalla pancia. Quindi non c’è sempre bisogno di avere l’esperto. Odio
gli esperti.
LE MALEFATTE
Negli ultimi anni i due conduttori, sempre a caccia dello scoop e dell’assurdo, hanno ideato scherzi telefonici e trabocchetti volti allo scopo di incastrare gli interlocutori in dichiarazioni scomode o addirittura scandalose. Vi proponiamo alcuni delle migliori malefatte:
La sera del 4 aprile 2013 una finta Margherita Hack telefona al costituzionalista Onida, fresco di nomina tra le fila dei “saggi”, chiedendo delucidazioni sul loro ruolo. Onida risponde definendo il loro
operato “inutile” e volto unicamente a “coprire il periodo di stallo” causato dall’esito delle elezioni.
Prima pagina su tutti i giornali, piccolo terremoto istituzionale.
Pioggia di critiche e insulti a Cruciani e Parenzo, che secondo
Gad Lerner “perseguono un itinerario entomologico di abrutimento dell’umano, di ridicolizzazione dell’impegno, al termine
del quale rimane solo il linguaggio della forza”.
Altri scherzi degni di nota:
Il 27 ottobre 2011 un Bossi fittizzio goffamente interpretato da Parenzo telefona in diretta a Lorenzo Bini Smaghi, esprimendogli
la solidarietà della Lega a seguito delle sue dimissioni forzate
dal Comitato esecutivo BCE a causa della nomina di Draghi a
presidente. Ci casca.
Il 19 marzo 2013 il Senatore Campanella (M5S) riceve una telefonata da un abile imitatore di Vendola,
che lo ringrazia per il suo voto a Grasso per la Presidenza del Senato.
IN CONCLUSIONE
I più schizzinosi storceranno pure il naso, le penne più altezzose e impegnate della gauche italiana manifesteranno pure il loro sdegno, ma la verità è che un programma come “La Zanzara” non può semplicemente
essere liquidato come volgare. E’ un format furbo, sì, forse anche troppo, ma dopotutto ci racconta un pezzetto di Italia. Tra encomiabili programmi d’inchiesta come “Report” e talk show sempre più pomposi e
sempre più vuoti, potrà certamente trovare il suo spazio un insettino fastidioso che punge qua e là, senza
pretendere di cambiare il mondo.
“Chi sente la Zanzara deve sbellicarsi, quando sono al casello di Carisio voglio ridere, r-i-d-e-r-e!” – ascoltatore
Augusto Vighy e Giacomo Giuliari ,5^AI
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Dovete imparare che la vita è fatta da mutismo e rassegnazione...
Dopo 27 anni, il dirigibile è tornato a volare. Celebration Day è la ripresa del concerto dei Led Zeppelin, tenuto a
Londra il 10 dicembre 2007 alla 02 Arena, in memoria di Ahmet Ertegun, mitico fondatore dell'Atlantic Records.
Su molti il tempo passa e, depositandosi come un velo, li appanna nella riproposizione opaca del loro repertorio
più fortunato. Per i Led Zeppelin invece, non solo sembra che il tempo non passi, ma addirittura che li migliori,
per la maturazione artistica e personale, perché le doti di cantante o strumentista si affinano fino a costituire un
patrimonio insostituibile. La formazione originale composta da Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones è
stata accompagnata da Jason Bonham (figlio del compianto
John “Moby Dick” Bonham, rimasto vittima dei suoi numerosi
eccessi nel lontano 1980). “Good Times, Bad Times” tratto
dall’album di debutto del 1969 apre il concerto e la storia ha
inizio. “Ramble On”, “Black Dog”, “In My Time of Dying”
schiariscono le idee mentre la potenza di “Trampled Under
Foot” scatena l’arena. Si alternano i riff di chitarra ineguagliabili di Jimmy Page allo scambio di ruolo che John Paul Jones
effettua con se stesso: prima al basso poi alle tastiere per
quell’amplesso che è “Kashmir”, poi di nuovo al basso (senza
tasti) poi di nuovo alle tastiere. L’armonica di Robert Plant fa
da cornice a quella voce suadente, sublime, unica, che lo caratterizza: l’effetto eco si incastra perfettamente con la distorsione della Gibson di Page, così come in “Stairway to Heaven”
o nell’urlo disperato che contraddistingue “Rock and Roll”, cui
è affidato il compito di chiudere il concerto.
Niccolò Pellegrini, 4^AT
A quattro anni di distanza dall’ultimo album, tornano i Depeche Mode, band attiva dal 1980 e sempre al passo
coi tempi.
Sono infatti tra gli inventori della musica elettronica (synth-pop) che li ha resi i più
importanti artisti del genere che il mondo abbia mai visto (almeno a livello di notorietà e successo). Nonostante siano passati più di trent’anni, Dave Gahan (voce),
Martin Gore (chitarra e tastiere) e Andy fletcher (tastiere e seconda voce), sono ancora qui a proporci nuove idee e ritmi, non come tanti gruppi che girano in tournèe
come dei cantanti di liscio alle balere.
L’album è composto da tredici tracce, ma la versione deluxe da diciassette pezzi
(assolutamente da acquistare) contiene anche un album fotografico del gruppo.
Dopo il moderato successo dell’ultimo album, Sound of the Universe, che mi ha
regalato un gran pezzo come “Wrong” che ad anni di distanza è ancora il mio singolo preferito, questa volta i Depeche Mode cambiano completamente il loro stile
investendo sulla potente voce di Dave Gahan, che coadiuvato da una cornice musicale estremamente minimalista, risuona diretta ai cuori degli ascoltatori.
Non vorrei fare la bacchettona, ma non potete trasformare la classe
in una spiaggia ecomportarvi come scimmie.
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E’ proprio così che inizia l’album, con “My little universe” che suona quasi da “invito” all’entrata in questo nuovo magico mondo, che è l’atmosfera creata dal disco. Con un beat dalle influenze blues, che quasi neanche si sente durante le
strofe per lasciare spazio alla voce intensa del cantante, è proprio la copertina, il biglietto da visita per il grande capolavoro che si sta per ascoltare. Nonostante la canzone sia molto lenta, essa accelera in corrispondenza del ritornello,
dove l’unione tra le tastiere e gli organi generano un momento di grande impeto emotivo, che fa grande contrasto
con le strofe, proprio per dare importanza alla poesia del testo:
“e se resti un po’, entrerò nella tua anima e sanguinerò nei tuoi sogni, avrai voglia di lasciarti andare
e piangerò dai tuoi occhi e farò cantare le tue visioni; aprirò cieli infiniti e cavalcherò le tue ali spezzate
benvenuto nel mio mondo“
Altro pezzo che mi ha impressionato molto è stato il primo singolo estratto dall’album, “Heaven”, che con un ritmo da
ballata con elementi elettronici, ci delizia con la sua dolcezza, e il ritornello è il perfetto coronamento dell’opera. Non
a caso è stato il pezzo scelto per l’annuncio del disco, e il video dallo stile psichedelico lo potete trovare su youtube.
Il mio singolo preferito è però “Should be higher” che anche qui con un beat semplice si da risalto agli acuti incredibilmente potenti e puliti, che trasudano sensualità:
“Cerco di resistere, ma soccombo alla beatitudine del tuo bacio. Dovresti essere più in alto, ti porterò più in alto. Bene,
non avere paura devi solo pregare. Le tue menzogne sono più attraenti della la verità, ma è il tuo amore è ciò che voglio. Le tue bugie
sono scritte lì nel tuo libro. L'amore è tutto ciò che voglio”
Pensieri importanti, raccontati da pochi, è questo il coraggio, il talento dei DM, che confermano il tutto nella prossima traccia da raccontare.
“Happens all the time” fa parte dei quattro pezzi allegati nel lato B
del disco, ed è assolutamente LA ragione per prendere questa versione. Con atmosfera dark blues la canzone avvolge l’ascoltatore, che in
una canzone senza particolari espedienti vocali, la band fa una panoramica sugli ideali della popolazione, che spesso, come dice la canzone si scorda il motivo per cui sta combattendo.
“A volte dimentico tutto quello di cui potrei un giorno pentirmi, quando lascerò questo mondo alle spalle, e a volte non sono sicuro per cosa sto combattendo;
succede tutte le volte. Non devo vergognarmi, non ci guadagno niente, se i tuoi sogni sono già passati. Come stelle ci
frantumiamo e bruciamo solo per tornare.
La vita passa così in fretta. “
Mi rendo conto che i testi finora riportati possono sembrare le frasi di un emo il minuto prima di tagliarsi le vene,
oppure di una qualunque persona che ha appena ascoltato “I’m in love” degli Ola, eppure posso assicurarvi che
nell’insieme questo album porta veramente grande serenità e calma, come dichiarato da Martin Gore:
« Scrivere questo disco è stato particolarmente incoraggiante, dato che volevo un suono molto moderno. Volevo che la gente si sentisse bene ascoltandolo, che trovasse una certa pace. C’è stato qualcosa di veramente magico in questo. »
Ma sono le parole di Dave Gahan ciò che realmente definiscono l’album:
« Con questa pubblicazione abbiamo completamente spostato la nostra idea di come creare un disco. Quando ci
scontriamo contro il muro della consapevolezza che il suono è troppo normale, lo scompigliamo, per dargli quel
vero sound Depeche Mode. “Delta Machine” non è differente, e non vedo l’ora che i nostri fan lo ascoltino. »
Grazie Depeche, del lavoro di oggi, è per quello di ieri.
Gerardo Graziano,3^DSA
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Apollo non era un festaiolo che viveva e ballava con la musica a palla…
Da sempre la BBC è sinonimo di grande qualità nei suoi programmi: certo, ha i suoi alti e bassi come tutte le emittenti, ma di
certo non ci si può lamentare di ciò che è uscito negli ultimi anni. In particolare, oggi voglio parlarvi di una serie TV di cui avrete
certamente sentito parlare, o che se frequentate tumblr e social network simili avrete molto ben presente, anche se non la
guardate.
Recentemente Hollywood ci ha regalato due bellissimi film su Sherlock Holmes, protagonisti Robert Downey Jr. e Jude Law,
girati in modo spettacolare, in un’ambientazione fedele, pieni di azione e di humour inglese: insomma, una bella soddisfazione
per gli amanti del genere. Ve li ricordate? Bene, dimenticateli, perché Sherlock della BBC ha rivoluzionato completamente tutto ciò che conoscevamo. Prendete ora Martin Freeman, lo Hobbit dallo sguardo confuso dell’ultimo film di Peter Jackson e
infilatelo nei panni di un tormentato e problematico medico/soldato, John Watson. Successivamente, ricercate tra i sidecharacters di moltissimi film degli ultimi anni (tra tutti War Horse di Steven Spielberg, La Talpa di Thomas Alfredson e Espiazione di Joe Wright) e troverete Benedict Cumberbatch, uomo dalla voce profonda e dall’infinito talento: sarà lui il vostro Sherlock Holmes, meno la pipa (e con un odio profondo per il classico cappello a due fronti), più giovane e scattante del detective
dei libri di Sir Arthur Conan Doyle, ma, non preoccupatevi, altrettanto sociopatico. Le storie di questi due rivoluzionati Holmes
e Watson sono tratte direttamente dalle opere di Conan Doyle, adattate e inserite nella Londra degli anni 2010, con tutte le
ovvie conseguenze che questo comporta. Gli episodi sono tre per serie (le serie sono due, con una terza in procinto di essere
ultimata) e durano circa un’ora e mezza l’uno, come dei film, il che permette di narrare l’intera vicenda che sta dietro alla risoluzione di un caso senza tralasciare alcun dettaglio.
Dietro a tutto ciò ci sono i due uomini più amati e più odiati di Internet, Steven Moffat e Mark Gatiss (che è anche attore, e in
Sherlock ha la parte di Mycroft Holmes), acclamati e geniali autori della BBC e esseri umani senza cuore per eccellenza, “amanti
dei cliffhanger di fine stagione e specialisti nel distruggere tutto ciò che sta a cuore ai fan” (e sì, purtroppo sto citando quasi
testualmente). Con questo non sto cercando di dissuadervi dal guardare Sherlock, perché allora a cosa servirebbe un articolo
che ne dà un’immagine positiva, diciamo che vi sto solo.. avvertendo.
Altro che questa serie vi può offrire? Un Jim Moriarty (l’antagonista numero uno di Sherlock) ancora più folle e distruttivo, un
ispettore Lestrade che per una volta non mette i bastoni tra le ruote al detective e una bella e terribile Irene Adler, più femme
fatale di sempre. Insomma, vi consiglio di prendervi un’ora e mezza della vostra vita e di dare una possibilità a questa serie, perché dubito che ve ne pentirete. Solo, fate attenzione: crea dipendenza.
P.S.: A tutti gli affezionati ricordo di segnarsi il 24 novembre, nuova stagione in arrivo!
Cecilia Meledandri,5^BLG
Jimi Hendrix - People, Hell and Angels
People, Hell and Angels è un album postumo registrato in studio da Jimi Hendrix, come solista con la collaborazione di alcuni
dei musicisti delle sue precedenti band, più altri, usati come session men. Rilasciato il 5 marzo 2013, contiene dodici canzoni,
scritte e registrate tra il 1968 e il 1970, mai pubblicate ufficialmente prima, a cui Jimi stava lavorando come seguito del suo
album Electric Ladyland. La ricostruzione e la qualità del suono sono a cura di Eddie Kramer, lo stesso fonico e produttore che
registrò in presa diretta il leggendario concerto di Jimi a Woodstock nel 1969.
Il nuovo disco, che contiene esclusivamente pezzi in studio, presenta una divaricazione evidente tra la presentazione al pubblico di rarità di un certo pregio e le versioni alternative di pezzi già noti. Nella prima categoria spiccano Hey Gypsy Boy, un blues
con una maestosa parte di chitarra, Somewhere, scelto anche come singolo di presentazione dell’album, con un altro grande
assolo, Inside Out, quasi una Voodoo Child (Slight Return) versione numero due, e Let Me Move You, un meraviglioso brano
R&B trascinato da un grintoso riff di Jimi e da un’insolita partitura per sassofono. Nella seconda, si ritrovano pezzi
“woodstockiani” come Villanova Junction e soprattutto Izabella, un vero capolavoro per dinamica e capacità chiaroscurali.
Hendrix dimostra inoltre di saper creare dalla base di un classico blues lento una composizione originale non solo per scrittura,
trasportandola verso territori realmente “progressivi”. Nell'album è presente anche Hear My Train A Comin’, forse il più bel blues
composto da Jimi e uno dei rock-blues migliori di sempre insieme a Since I’ve Been Loving You dei Led Zeppelin. Nessun brano di
questo album è inutile, anzi in ogni canzone c'è qualcosa che merita di essere ricordato. Uno stacco, un riff, un assolo piuttosto
che un giro di basso. In Mojo man come in Villanova Junction Blues. Quel che fa la differenza nei pezzi di Hendrix è l'approccio
alla musica che non è mai banale o scontato. Quel che si respira è il desiderio di suonare di sperimentare, di non avere una direzione da seguire, perché quel che guida tutto, alla fine, sono le buone vibrazioni. Che in questo album non mancano. Per questo, People, Hells & Angels vale indubbiamente più di un ascolto da parte di fan e amanti della grande musica, non solo rock.
Niccolò Pellegrini 4^AT
C'è il convegno degli smemorati oggi?
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Uno, nessuno, centomila.
Chissà se Pirandello si riferiva al problema più grande della mia generazione, Facebook. La droga più potente, dalla quale è quasi impossibile uscire; io stesso ho un profilo, forse di più.
Uno nessuno centomila.
Forse vedeva nel futuro, nel mio presente. Un presente ormai non più fisico ma cibernetico. Un presente irreale, un presente nascosto.
Senza confronto. Troppa gente, troppe informazioni. Ma la qualità è sinonimo di cultura, di saggezza, di conoscenza?
Uno nessuno centomila.
Sempre di più sembra che ci sia troppa gente esperta di troppe cose. La condivisione ha perso del tutto il suo significato; o forse è diventata TROPPO importante? Davvero si preferisce condividere un’emozione piuttosto che provarla?
Uno nessuno centomila.
Su Facebook la gente può essere chiunque. Può esserci un gruppo di persone dietro ad un unico profilo e un’unica persona dietro a dieci
profili. Può esserci una persona dietro a un profilo, una persona diversa, non per il nome ma per la personalità.
Uno nessuno centomila.
Una persona dietro a un computer può essere un altro tipo di persona, ma questo comporta che la sua vera personalità si disintegra piano
piano, diventando quel nessuno, che non è né l’una né l’altra persona.
Uno nessuno centomila.
Una persona dietro a un computer può diventare centomila persone diverse, può dire cose che non sa, può diventare fisico, chimico, poeta, filosofo, critico musicale, modello. Centomila che non sono né uno, né centomila.
Nessuno.
La C.R.E.P.A.
Quanto il capitalismo influenza le nostre vite?
Quanto il capitalismo influenza le nostre vite? Bella domanda, sembrano parole non connesse fra loro. In questo articolo voglio esprimere la mia opinione al riguardo, dilungandomi poi su un’analisi generale della società. Perdonate le mie scarse capacità di scrittura e se
sarò prolisso. Bene, cominciamo!
Il capitalismo si basa, come molti di voi sapranno, sulla costante crescita economica e industriale. L’intero sistema si regge sul circolo
facilmente semplificabile con la formula: Maggiori consumi -> richiesta di aumento della produzione -> crescita: investimento e nuovi
posto di lavoro -> più prodotti -> … . In questa struttura c’è quindi un elemento determinante: la crescita. Il tutto si fonda su un concetto
semplice: il voler avere sempre di più. E’ inevitabile, l’essere umano di oggi è avido, bramoso, figlio del sistema capitalistico da cui è stato
allevato. Ma poniamoci dunque una domanda fondamentale: perché le industrie si interessano a noi? In che modo? La risposta è nel primo elemento della formula sopra elencata.: maggior consumo. Come si può giungere ad avere più richieste del prodotto e ad aumentare
i consumi? Prendendosi cura dell’acquirente, facendolo sentire parte di un sistema generale, mettendolo a proprio agio fintantoché giunga nel negozio e tiri fuori il portafoglio sganciando parte del suo stipendio mensile. Da quel momento diventiamo inutili. Ci sentiamo
spenti, vuoti, l’ardore del desiderio svanisce, come ci piaceva sentirci importanti! che la gente si interessasse a noi, e ora? Qual è il prossimo passo? Per colmare questo vuoto non ci rimane che desiderare un altro prodotto. Qual è dunque il motivo del nostro malumore? Basiamo la nostra felicità sugli oggetti e non su noi stessi, perché siamo cresciuti da questa forma mentis deviata grazie a pubblicità, televisione e social network. Viviamo nella confusione, immersi da falsi ideali che facciamo nostri, e che accettiamo con fatica per “sembrare
normali”, ma che in realtà, sotto sotto, non lo sono.
Ma andiamo con ordine. Innanzitutto chiediamoci: come funziona la pubblicità? Il messaggio che ci appare di fronte ai nostri occhi è chiaro. Pensateci un attimo: “se compri questo prodotto, diventerai come il modello, sarai circondato da belle ragazze ma, soprattutto, sarai
felice e in pace con te stesso”. Qual è il risultato? Che buona parte delle persone oggi giorno possiedono principi e valori distorti e adattati alla logica del consumo..
Ne esce una società che eleva i superficiali, i furbi, e non i saggi, i giusti e i meritevoli, che identifica la bellezza e la ricchezza come gli
obbiettivi da raggiungere per poter essere influenti sugli altri, in parte controllandoli, ottenendo così una fama effimera e sentendoci
felici. Chi dovrebbe essere lodato per i propri meriti, ottenuti con fatica e sudore, viene lasciato da parte per qualcuno che vince un’ingente somma di denaro solo per aver dato spettacolo di sé. E’ ridicolo, lasciatemelo dire. Il tutto si compenetra nella televisione e nei social
networks:
-La prima prolifera di programmi inutili e insensati. La cultura è limitata e si prediligono in prima serata reality rispetto a pro-
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Chi sono gli offerti/sacrificati oggi?
grammi di approfondimento economico, politico, culturale, istituzionale e sociale. Quando muore un personaggio dei reality ne fanno un eroe nazionale, quando muore un elemento fondamentale nelle istituzioni o nella società non se ne approfondisce la figura e
gli effetti del suo operato. L’immagine sta prendendo sempre più piede e le
parole vere, sincere, le emozioni delle persone sono sempre più messe in un
angolo. In Italia è più importante mostrare a tutti le tette o il sedere, essere
modello o calciatore che vivere per una propria passione e per una missione
di vita, essere colti, onesti, integri, e questo in parte lo dobbiamo al capitalismo e alla pubblicità.
Per non parlare poi della figura della donna, che è spesso considerata alla
pari di un oggetto, viene accostata ad ogni genere di bene, associando l’acquisto del prodotto ad un conseguente successo col gentil sesso, balla e sorride ma è costretta a rimanere muta, e spesso viene insultata, umiliata e
sfruttata.
Mi guardo attorno e vedo i riflessi di questa mentalità, vedo ragazze poste su
un piedistallo perché “belle” (anche se queste molto spesso sono le più insicure), altre che fanno di tutto per diventare come loro e poter ricevere le stesse attenzioni, chi si mette a dieta e chi si mette in mostra anche in modo
esagerato senza cogliere invece l‘importanza della loro unicità, del loro essere e della loro personalità. E invece
no, bisogna adattarsi a quello che vogliono gli altri, ai canoni a dei modelli della società. Ma dico io, chi se ne frega
di ciò che vogliono gli altri? E’ meglio basare la nostra felicità su noi stessi o sui beni materiali e sull’estetica? E’
meglio vivere con i nostri principi, che sentiamo nostri, o seguire gli ideali degli altri e adattarsi alle norme della
massa che ci dice “così non vai bene”? Cresciamo affiancati da un sistema che noi crediamo desideri il nostri bene,
tuttavia, rifletteteci un secondo, perché credete che vi voglia con vestiti alla moda, gioielli, macchine costose e
cellulari megagalattici? Non perché le industrie vogliono vendere e arricchirsi, nooo, figuriamoci! Ma chi? Loro?
Impossibile! Per loro è più semplice gestire una società omogenea e uniformata o una eterogenea ed estremamente diversificata? E come se non bastasse diamo troppo importanza al consenso di chi ci sta attorno, desideriamo sentirci parte di un gruppo cercando quindi l’approvazione altrui e adattando i nostri ideali a quelli della massa, sperando di riuscire ad apparire meglio (o peggio, dipende dai punti di vista) di quel che siamo. Tuttavia, chi adatta il suo essere alla volontà degli altri
finirà per vivere infelice, perso in un universo di ideali che non sente propri. La
morale è: non rinnegatevi, siate sempre voi stessi, in ogni cosa che fate.
-I social invece sono il luogo dei criticoni, dei criticoni dei criticoni, dell’inattività, dei moralisti, dell’apatia, della falsità, di chi si nasconde dietro un profilo per
essere chi vuole, insomma della degenerazione dei valori. In internet, tutto è
facile ma scontato, basta scrivere un nome, caricare una foto, postare una critica e il gioco è fatto! E da lì verrò giudicato da molti dal numero di ‘Mi Piace’ o di
‘Amici’ presenti sul mio profilo. Se mi interessa una persona posso scriverle in
chat, wow che forte emozione! Mi tremano le gambe al solo pensiero!
Altro che uscire con lei, assaporarne il profumo, vederla in carne e ossa, perdersi nel suo sguardo, immergersi con lei nei suoni e negli odori della natura,
scherzare, sfotticchiarsi a vicenda, ridere, parlare, avvicinarsi pian piano e…
beh! Se c’è chimica, da cosa nasce cosa! Non fatemi essere blasfemo! La mia è
una critica alle relazioni che stanno assumendo delle nuove forme innaturali, insane e distaccate. Perché abbiamo
bisogno di un mezzo superfluo per fare qualcosa per cui siamo già naturalmente predisposti? Rifletteteci. Non è
vivere da protagonisti agire dietro uno schermo del computer! Il mondo vero, reale è fuori dalle quattro mura di
casa e vale la pena spendere la nostra vita nel scoprirlo, con lo stesso atteggiamento di curiosità mista a giocosità
e simpatia che avevamo da bambini.
Più in generale ho notato poi un complessivo degrado nello stile di vita delle nuove generazioni, non me ne vogliate, i sociologi sono dalla mia parte, che è causato, a mio avviso da un ruolo sempre più fondamentale che assumono il TV e il mondo digitale che, quasi come ‘baby-sitter’, hanno intrattenuto i giovani fin da piccoli, mentre i
genitori erano a lavorare, ‘allevandoli’ con mentalità consumistiche e distaccandoli sempre più dal coltivare le
proprie relazioni sociali. E guarda caso questo cambio di rotta coincide con l’avvento di internet.
Spero che questo nuovo punto di vista, per quanto poco, possa aiutare qualcuno nel cambiare certe abitudini o
norme comportamentali seguendo pian piano la via per scoprire se stesso e raggiungere la felicità, quella vera.
Buon viaggio!
Marco Dal Lago,4^CI
I latini erano in realtà buzzurri!
Se non fosse per i greci non sapevano nulla!!
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“La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.” Questo l’articolo con cui si apre la Carta Europea dei diritti fondamentali, stilata il 26 ottobre 2000, documento importante che viene inserito nella Costituzione europea e che riprende, almeno in parte, la precedente Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Una domanda sorge
subito spontanea: ma perché l’Unione Europea e prima di essa le Nazioni Unite hanno sentito la necessità di mettere
per iscritto i diritti di cui godono i propri cittadini?
Contrariamente a quanto si possa pensare, l’idea che esistano dei diritti che siano inviolabili e uguali per ogni persona, a prescindere da sesso, etnia, religione, condizione sociale, orientamento sessuale, è ancora relativamente nuova
e spesso poco condivisa. Inizialmente furono le religioni che cercarono di trovare dei diritti, riguardanti principalmente la vita e la libertà umana, che valessero per propri i seguaci e che erano loro dovuti a seguito di un privilegio
accordato agli uomini da una qualche divinità positiva. Questo primo
tentativo, come poi anche tutti quelli che seguirono, era dovuto al desiderio di trovare un rimedio alla povertà, che infieriva sul popolo, contrapposta all’enorme ricchezza di una cerchia ristretta di privilegiati che esercitava il proprio potere sul resto dei cittadini. È però solamente nel ‘700,
l’epoca dei grandi pensatori illuministi, che inizia ad affiorare e a farsi
strada per la prima volta un’immagine razionale dell’uomo, privata, per
quanto possibile, dei pregiudizi e delle credenze precedenti. Ogni uomo,
in una visione totalmente laica dell’esistenza, viene quindi considerato
uguale ad ogni altro uomo ed è perciò padrone di sé stesso e della sua
vita, che deve trascorrere in armonia e in rispetto degli altri. È proprio a
seguito di questa filosofia che nelle due grandi rivoluzioni, americana e
francese, del XVIII secolo il motto che univa i combattenti richiamava
all’uguaglianza e alla libertà di tutti gli uomini. Uguaglianza e libertà che però non esistevano ancora; le condizioni di
vita della maggior parte della popolazione erano infatti di una schiavitù non dichiarata ma effettiva, i soprusi dei più
ricchi sui loro sottoposti erano quotidiani e il degrado una realtà comune. A causa di questa situazione di ingiustizie
sociali, i rivoluzionari decisero di inserire, a fianco delle loro costituzioni, delle dichiarazioni in cui affermavano e pretendevano l’uguaglianza tra tutte le persone davanti alla legge. Sono nate così la Dichiarazione dei diritti americana,
nel 1776 la prima al mondo, e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino francese, nel 1789. Nonostante le
numerose novità in esse contenute, in nessuno dei due documenti, nemmeno della modernissima Dichiarazione parigina, viene contemplata l’idea dell’uguaglianza tra uomo e donna, argomento troppo ardito perfino per le larghissime vedute degli illuministi. Ci sono però i primi tentativi, principalmente da parte di donne, di ottenerla; un esempio
è quello proposto dalla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1791 da Marie-Olympe de Gouges
che ricalca la precedente Dichiarazione, rivolgendosi però alle cittadine francesi. In seguito, la rivoluzione francese e i
suoi ideali vengono presi come modello da tutte le nazioni occidentali; vengono perciò richieste e redatte costituzioni che, più o meno, si avvicinano a quella del 1789. Ma sappiamo che una vera uguaglianza non fu mai raggiunta e che
anzi intere popolazioni furono perseguitate, fino ad arrivare allo scoppio della 2^ Guerra mondiale e alle sue terribili
conseguenze. Al termine del conflitto l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ritenne opportuno, data la gravità
dei fatti che avevano sconvolto il mondo e che lo avevano fatto retrocedere vertiginosamente sulla questione dei
diritti umani, pensare a un documento che potesse garantire a ogni persona il diritto alla vita e alla dignità, a tutti
dovute in quanto esseri umani. Il 10 dicembre 1948 viene perciò adottata la Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo, “da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni”. Nonostante questo, situazioni in cui si sono visti
venir meno i diritti di alcune persone o popoli sono state, e purtroppo sono ancora, numerose. Anche l’Unione Europea, subito dopo la sua nascita, sottoscrisse la Carta europea dei diritti fondamentali. In questa troviamo una gradevole novità che rende finalmente giustizia alle femministe francesi: nella versione originale in inglese (diversamente
dalla traduzione italiana) non viene mai utilizzato il termine “uomo” (man) per indicare l’umanità nel suo insieme, ma
preferisce invece parole come citizen, person, human being, children che, più precise, comprendono veramente tutta l’umanità, donne comprese. Resta però ancora un’ultima battaglia da combattere, in Italia, affinché i diritti umani, almeno sulla carta, siano realmente rispettati: l’abolizione del termine “razza” ancora presente in tutte le traduzioni delle carte dei diritti ma rifiutato, in quanto erroneo, dalla comunità scientifica.
Caterina Rigobello ,4^CI
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Cioè Manzoni era mega avanti!
Ottima annata per la squadra di basket della categoria allievi del nostro liceo, che si è aggiudicata
per il sesto anno consecutivo il titolo di campioni provinciali, dopo aver vinto la finale a tre contro il
Liceo Tron di Schio e l’ITIS Fermi di Bassano.
I nostri ragazzi sono giunti in finale dopo aver superato la selezione del Fusinieri e gli storici avversari del Rossi (UMILIANDOLI!).
La squadra capitanata da Casale ha raggiunto questo ottimo risultato dominando
sia la prima che la seconda fase della competizione, grazie a una grande difesa, al
buon gioco offerto da tutti i componenti e
alle ottime prestazioni in fase realizzativa
offerte da Zaccaria e Ferrari.
Da sottolineare la giovane età dei componenti della squadra: tutti ragazzi del biennio, tranne due che frequentano la terza.
Essenziale l’aiuto e il supporto di Coach
Meneguzzo, sempre pronto ad affrontare
ogni situazione con mille risorse (guarda
te cosa ci tocca scrivere pur di giocare
qualche minuto in più).
Auguriamo a tutti di continuare così e di aggiudicarsi anche l’ambito titolo regionale…. IN BOCCA
AL LUPO!!!
Quadri
63
Fusinieri
38
Tabellini:
Barbieri 3, Casagrande,
Casale 6, Dal Zovo 6,
Fanin 7, Ferrari 6, Laggioni 3, Maculan, Pesavento 2, Zaccaria 18,
Zanetti 8, Zanettin 1,
Zocche 7
Quadri
85
Rossi
27
Tabellini:
Barbieri 6, Casagrande,
Casale 6, Dal Zovo 11,
Fanin 12, Ferrari 13,
Laggioni 3, Maculan 2,
Pesavento 8, Zaccaria
20, Zanetti 4, Zanettin,
Zocche (n.e.)
Quadri
74
Tron
44
Tabellini:
Barbieri 5, Casagrande
1, Casale 10, Dal Zovo
10, Fanin 7, Ferrari 8,
Laggioni 2, Maculan 2,
Pesavento 9, Zaccaria
12, Zanetti, Zanettin ,
Zocche 8
Quadri
87
Fermi
34
Tabellini:
Barbieri 6, Casagrande, Casale 15, Dal Zovo
6, Fanin 6, Ferrari 15,
Laggioni 2, Maculan 4,
Pesavento 4, Zaccaria
14, Zanetti 2, Zanettin,
Zocche 13
Andrea Casale ,3^ESC e Luca Barbieri, 3^DSA
M.J. Ti attacco alla giugulare, che non è poi così grave!
Poi basta che ci metti il dito per bloccare il sangue che spruzza!!
27
Ave pueri et puellae magnifici instituti Quadris!!Sapere vultis quod vos expectat in istos meravigliosos annos inter haec fabulosas muras? Aut vestrae epicae gestae in nostro liceo revivere?? Legite quod sequitur de odissea miseris discipulis:
1. Primam classem: finita schola media, ad noster magnificum et in secula seculorum celeberrimum liceum quadrium (noli preoccupare, non est ospitalem aut centrum experimentis nuclearis) arrivatus es et valde gasatus es, ut puer in paese baloccorum.. tranquillus: primum quattrum tuam sbarbinam euphoriam sedabit per semper :)
2. Secondam classem: iam annus unus passatus est a tuo
ingresso in ista prestigiosa culla geniorum, in ista fucina
culturae et sapientiae, sed ancoram non scis ubi est illud
extraordinarium planetarium, ab antiquitate notum et
laudatum?? Puto disagium communem esse. Superfuisti
primam classem, et credis sclerum maximum finitum
esse (stultus!!) sed magnificam classem tertiam te aspettat.
3. Tertiam classem: magno cum gaudio pervenitus es,
miserus discipulus ,ad istam ultimam formam legalem
torturis et servitudinis quae tertia classe appellata est. Te para ad: 123456 interrogationes,
86759 compitos cazziantes, 76859 scleros notturnos, absuntionem compulsivam caphei et pocciorum et 17 attaccos hystericos multiplos ob abstinentia capheinae.
4.Quartam classem: postquam tuum renem immolatus
habes quod tertiam classem superavisti, ad quartam classem giuntus es. Iam expertus es in sadicos magistros fottendos cum tua supraffina abilitate copiandi et in miseros
primottos bulleggiandos, et tuas geniales (?) trovatas ut
vitas interrogationes mathematicae in legenda entratae
sunt.
5.Quintam classem: post quattuor annos et innumerabiles crises nervosas postremo ad quintam classem arrivatus es, quae semper ab omnibus discipulis totis mundis
consideratum est annum magnificum et iucundissimum
(=in sterco totale es). Oh magnum iovem, nobis id mandas bonam!!!
Valete pueri et puellae!! Et nolite desperare!! Svaccus aestivus venturus est!!(se sperat)
Giampietro Squaquara,5AI
28
Scusate ragazzi, (espressione preoccupatissima) qualcuno potrebbe uscire a cercare M.?
Ha chiesto se poteva prendere una boccata d'aria ma... come dire.. siamo al secondo piano!
Caro diario,
oggi, dopo la scuola, la mamma ci ha portato al parco, perché voleva che interagissimo anche con gli altri elementi. Dice che io e mio fratello diventeremo una molecola unica, se “non ci apriamo a nuovi orizzonti”. Non
sopporta il fatto che insieme, io e lui, ci divertiamo a fare decine di scherzi. Dovrebbe averlo ormai capito che,
per natura, insieme siamo infiammabili! Ieri, per esempio, ci siamo nascosti sotto il tavolo della cucina e quando
è entrata siamo esplosi! Povera mamma, ci è mancato veramente poco che non le saltasse un elettrone. Beh,
lei è un ossigeno, ha molti più elettroni di noi, dovrebbe essere contenta di dimagrire un po’, ma dice che le servono tutti … Appena si è accorta che eravamo stati noi, ha cominciato ad urlare: “Idro! Geno! Andate in camera
vostra e non fatevi vedere fino a cena!” E così, abbiamo passato tutto il pomeriggio in camera a “girarci gli elettroni”, come una vecchia coppia di atomi di idrogeno che si legano solo per assomigliare ai cosiddetti Gas Nobili, che si vantano tanto di avere l’ultimo livello energetico pieno e si sentono così importanti che snobbano tutti
gli altri! Noi però non siamo così, quando siamo insieme io e Geno ci sentiamo completi, come una cosa sola,
chissà, forse è perché siamo gemelli.
Dalla camera abbiamo sentito la mamma parlare al telefono con gli zii. Geno non li sopporta! Ogni volta che ci
vengono a trovare vogliono dettar legge e ci rimproverano in continuazione. Non posso di certo biasimarlo se a
volte ha la tentazione di buttare fuori a calci la zia Cloro: è antipaticissima!
La mamma diceva cose del tipo “ Avervi a pranzo domenica”e “aiutarmi con i ragazzi”. Al che, io e mio fratello,
abbiamo deciso di mettere in atto un piano d’ azione, quanto meno per sopravvivere! Scommetto che l’idea del
parco gliel’ha data lo zio Idrogeno. Non ho nulla contro di lui, è un tipo tranquillo e mi sta simpatico, anzi, mi
stava simpatico, ma da quando ha incontrato la zia Cloro è cambiato completamente. Quando vanno in giro si fanno chiamare “Acido Cloridrico”, ma che
razza di nomignolo è?! Adesso va di moda dare dei nomi alle proprie famiglie
( o formalmente parlando, alle proprie “molecole”). Noi, per esempio, siamo
la famiglia Acqua, la mia amica Azoto è della famiglia degli Anidride Nitrica …
e quei due sono gli Acido Cloridrico. Ora, capisco che lo zio sia tanto innamorato della zia Cloro, ma non vedo proprio perché perdere la propria dignità
per una moda del genere! Io personalmente, trovo la faccenda un po’ triste,
ma per lo meno è comoda per quando dobbiamo firmarci sui biglietti di auguri! Adesso la mia firma è diventata H di H2O, molto più breve! Secondo la tendenza, se nostro padre fosse ancora con noi, ci saremmo chiamati Acqua Ossigenata. Sai, caro diario, a volte mi ritrovo a pensare al giorno dell’incidente
e continuo a chiedermi perché quel fulmine abbia colpito proprio noi, proprio
di fronte a quel dirupo. È stato un attimo: un lampo accecante e non abbiamo più sentito il legame con papà.
L’hanno cercato per settimane, ma di lui non c’era più traccia. Eh si, purtroppo la vita a volte gioca brutti scherzi, ma bisogna farsi forza e affrontarli a testa alta! Ecco perché devo assolutamente mettermi al lavoro, per elaborare un piano di difesa per resistere all’arrivo degli zii.
Scusa, caro diario, ora ti devo proprio lasciare: prima comincio a scrivere il piano e meglio è!
A domani,
Idro
Beatrice Ntakirutimana , 4°BLG
Parallelipepido? Ho scritto in fretta, sembrava giusto prima...
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Avete mai notato i fogli appesi in giro per il Quadri, alle amate macchinette, alle porte e nella bacheca della palestra? Ma
sì, quelli del corso di kayak.. Ah no? Non li avete visti? Ce ne siamo accorti.. 1500 persone popolano ogni giorno l’istituto,
10 miseri iscritti al corso, soltanto 2 si presentano alla prima lezione; tutto ciò dopo parecchia pubblicità tramite e-mail,
volantini e attività di presentazione all’assemblea! Non è forse il caso di fare più attenzione ai progetti che la scuola ci
propone e magari mettere da parte paura e pigrizia? Per chi non lo sapesse, il kayak oltre ad essere uno sport all’aria
aperta che permette, anche attraverso uscite di gruppo, di gustarsi splendidi panorami attraverso i corsi d’acqua, ha il
pregio di allenare corpo e mente, sviluppando la coordinazione.
Ora però vi raccontiamo la nostra prima esperienza in canoa, sperando di invogliarvi un po’!
Domenica 5 Maggio, contro ogni previsione sopra al lago di Fimon splende un bel sole e mentre aspettiamo impazienti il
nostro istruttore osserviamo con riluttanza le alghe che ricoprono una buona parte del lago e che fanno sembrare la nostra prima lezione più un corso di sopravvivenza nella giungla selvaggia che una lezione di kayak. Ad ogni modo, dopo
una prima parte teorica pagaiando contro ipotetici mostri invisibili dell’aria e trainando canoe da una parte all’altra, ci
avviciniamo finalmente all’acqua! Dopo un ingresso traballante (e svariate preghiere a dei sconosciuti perché ci evitassero un bel bagno) partiamo; proviamo due diversi tipi di canoe, una molto stabile, ma molto difficile da far girare e un’altra, impossibile da far andare dritta. Le scene comiche, fra giri in tondo in mezzo al lago in “stile trottole”, pagaie completamente ricoperte di alghe e ribaltamenti evitati per un soffio, non sono mancate ma, possiamo affermare che l’esperienza è stata decisamente bellissima anche grazie ad Alvise, il nostro simpaticissimo istruttore. Ora ci aspettano altre
lezioni ed uscite, fra cui l’ultima a Venezia! Che dire, cari Quadrini, non sapete che occasione meravigliosa vi siete persi!
Beatrice Cobalchini e Martina Lorenzon 4^CT
Cosa vuol dire essere sportivi? Per me significa mettere anima e cuore nel proprio sport. Allora è lecito chiedere: perché
ci metto l’anima e il cuore? Non è facile rispondere, direi quasi impossibile. Probabilmente si tratta di una propensione
per quello sport, che risulta inspiegabile. Di certo si tratta di passione, di qualcosa che ti attrae e da cui difficilmente riesci a sottrarti.
Il mio sport è la canoa. Il suo fascino irresistibile è la condizione di solitudine:
sei tu, in mezzo ad un fiume o ad un lago, isolato, solo con te stesso, a tenerti
compagnia solo il tuo kayak, la pagaia, e soprattutto la natura. Una natura
inedita, mai vista prima. Una natura che ti fa riflettere, crescere, capire te stesso. Vedi l’acqua del fiume impetuoso scorrere. Un fiume che può riserbare
mille sorprese. La canoa scorre sulle onde, che mettono a dura prova la tua
abilità e il tuo equilibrio.
Poi arriva il momento della gara, sei in partenza, il giudice comincia il conto
alla rovescia, battiti del cuore a mille perché sai che devi dare il massimo, perché quella è la tua gara, costruita da tanti sacrifici e allenamento. Ora dipende tutto da quei pochi minuti in cui trovi solo
te, e il fiume. 3.. 2.. 1.. via! Comincia una avventura che difficilmente scorderai perché ogni gara è unica. Un arcobaleno
di emozioni, sensazioni, adrenalina. Senti il tuo respiro pesante, affannato. Il forte rumore dell’acqua. Pensi alla fatica, alla traiettoria provata
decine di volte, ma ora il fiume sembra qualcosa di nuovo, diverso. Intanto il cronometro scorre, una lotta contro il tempo. Cerchi di strappare
ogni centesimo di secondo all’avversario, come se fosse lì, davanti a te.
Esci dall’ultima curva e vedi l’arrivo. Scatto finale, stai dando tutto ciò
che ti resta. Passi il traguardo. Sai che dovrai aspettare per le classifiche,
ma già sei consapevole di aver dato il massimo e ciò è più che sufficiente.
Se il risultato viene, bene. Altrimenti già si pensa ai prossimi allenamenti,
alla prossima gara, ad una nuova sfida.
Riccardo Mattiello, 2^DSA
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Voi senza computer andate in giro come persone che non sanno chi sono!
JUAN MANUEL FANGIO,la prima leggenda
Juan Manuel Fangio (Balcarce, 24 giugno 1911 – Buenos Aires, 17 luglio 1995) è stato un pilota
automobilistico argentino, campione del mondo di Formula
1 nel 1951, 1954, 1955, 1956 e 1957.Nella massima serie automobilistica disputò un totale di 52
Gran Premi, vincendone 24 e salendo per 35 volte sul podio. Ottenne inoltre 29 pole-position.
Il suo record di 5 titoli mondiali resistette per 48 anni e fu eguagliato e superato solamente nel
2002 e 2003, da Michael Schumacher. Detiene tutt'oggi la più alta percentuale di pole position
realizzate in carriera, 55,8% dei Gran Premi disputati; a 46 anni e 41 giorni è il corridore più
anziano ad avere conquistato un mondiale.Aveva uno stile di guida preciso ma allo stesso tempo spettacolare oltre che una profonda conoscenza della meccanica.
NIKI LAUDA,il “computer”
Andreas Nikolaus "Niki" Lauda (Vienna, 22 febbraio 1949) è un ex pilota automobilistico austriaco di Formula 1 e fondatore delle compagnie aeree Lauda Air e Niki, è ora dirigente
sportivo. È stato tre volte Campione del mondo nel 1975 e 1977 con la Ferrari e nel 1984 con
la McLaren. Ha disputato 171 Gran Premi vincendone 25 e segnando 24 pole-position e altrettanti giri veloci.Era soprannominato "Il computer", a causa della sua incredibile capacità
di individuare, al pari di un elaboratore, tutti i difetti, anche i più piccoli, della vettura che
guidava e per la meticolosità con cui metteva a punto il proprio mezzo meccanico.
GILLES VILLENEUVE,il pilota pazzo
Joseph Gilles Henri Villeneuve(Saint-Jean-sur-Richelieu, 18 gennaio 1950 –Lovanio, 8 maggio 1982), è stato un pilota automobilistico canadese. Nel 1977 la McLaren fece esordire Villeneuve
in Formula 1.Nello stesso anno la Ferrari lo ingaggiò per le ultime due gare stagionali in sostituzione di Niki Lauda. Legatosi alla scuderia di Maranello per il resto della carriera fece registrare sei
vittorie nei Gran Premi. Morì in uno schianto a 225 km/h causato da un contatto con Jochen
Mass durante le qualifiche del Gran Premio del Belgio 1982 a bordo della Ferrari . Villeneuve al momento del decesso era molto popolare per il suo stile di guida altamente combattivo e spettacolare, e da allora è diventato un simbolo della storia di questo sport e uno dei più grandi piloti di tutti i
tempi pur non avendo mai vinto un titolo mondiale.
ALAIN PROST,il “professore”
Alain Marie Pascal Prost (Lorette, 24 febbraio 1955) è un ex pilota automobilistico francese, vincitore di
51 Gran Premi di Formula 1 e quattro volte campione del Mondo.Il suo debutto in Formula 1 risale
al 1980 su McLaren e la sua attività di pilota nella massima categoria di competizioni su pista è proseguita
fino al 1993. Le sue numerose vittorie (mediamente una ogni quattro Gran Premi disputati) lo hanno portato a diventare il pilota più vincente della storia della Formula 1;il primato è stato poi battuto14 anni
dopo da Michael Schumacher. La sua carriera è stata contrassegnata da molti duelli con altri famosi piloti
del tempo, come Niki Lauda e Ayrton Senna. Dal 1997 al 2001 è stato costruttore nella massima serie,
portando la sua Prost Grand Prix a disputare 83 Gran Premi,senza vittorie. Prost è stato soprannominato "Il professore" per il suo approccio tattico alle gare e per la sua pignoleria nella messa
a punto della monoposto. Il pilota era esperto nell'assetto della sua vettura e tendeva a conservava pneumatici e freni a inizio gara, per sfruttarli meglio in un eventuale duello nelle ultime tornate.
Mi piace terrorizzarti, è questa la verità!
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AYRTON SENNA,il più forte di tutti i tempi
Ayrton Senna da Silva (San Paolo, 21 marzo 1960 – Bologna, 1º maggio 1994) è stato
un pilota automobilistico brasiliano, tre volte Campione del mondo di Formula
1 nel 1988, 1990 e 1991. Considerato il pilota di Formula 1 più forte di tutti i tempi, si è
dimostrato un campione assoluto in condizioni di asciutto, ma anche e soprattutto sul
bagnato, riuscendo spesso in imprese entusiasmanti Coniugava la capacità di portare al
limite la propria monoposto con una grande sensibilità nella messa a punto e nella scelta
degli pneumatici.Senna è stato il pilota, dopo Juan Manuel Fangio, Jim Clark ed Alberto
Ascari, ad avere ottenuto più pole position in rapporto ai Gran Premi disputati, ed è il terzo pilota in classifica per numero di vittorie (41) dietro a Michael Schumacher (91) e Alain
Prost (51).Morì in seguito a un incidente nel Gran Premio di San Marino 1994.
MICHAEL SCHUMACHER,il “recordman”
Michael Schumacher (Hermülheim, 3 gennaio 1969) è un ex pilota automobilistico tedesco. Ha conquistato 7 titoli mondiali: i primi due con la Benetton (1994 e 1995) e
successivamente cinque consecutivi con la Ferrari (2000, 2001, 2002, 2003, 2004). Schumacher detiene la gran parte dei record della Formula 1, avendo conseguito, oltre ai titoli
iridati, anche il maggior numero di Gran Premi vinti, di Pole Position, di Giri Veloci in gara,
di Hat Trick (pole position, vittoria e giro più veloce nella stessa gara) e di punti in carriera.
Schumacher è stato anche il primo tedesco a divenire campione del mondo di Formula
1. Nel 2003 diviene il più titolato pilota di Formula 1 (con la vittoria del sesto titolo mondiale, superando il record di Juan Manuel Fangio) e nel 2004 marca un ulteriore record
vincendo il suo quinto titolo iridato consecutivo (il precedente record, che spettava sempre a Fangio era di quattro titoli mondiali consecutivi). Dopo sedici stagioni consecutive
in Formula 1 dal 1991 al 2006 e tre anni di inattività, ha deciso a 41 anni di tornare a correre, a partire dalla stagione 2010, rimettendosi così nuovamente in gioco accettando
l'offerta della Mercedes . Dopo tre mondiali a quasi 44 anni di età, ha deciso di annunciare
il suo nuovo secondo ritiro dalle competizioni ufficiali.
FERNANDO ALONSO,il giovane campione
Fernando Alonso Díaz (Oviedo, 29 luglio 1981) è un pilota automobilistico spagnolo di Formula 1, vincitore dei Campionati Mondiali 2005 e 2006 con la scuderia Renault e attualmente prima guida della Ferrari. Oltre a essere il pilota spagnolo di maggior successo, ha detenuto il record di più giovane vincitore di un Campionato mondiale di
Formula 1, conseguito al termine della stagione 2005 e quello di più giovane bi-campione del
mondo di categoria. Con la stagione 2007 è diventato il secondo pilota dopo Michael Schumacher a ottenere un punteggio maggiore di 100 punti nel Campionato mondiale per tre
stagioni consecutive.È considerato da gran parte della stampa e dalla maggior parte dei tifosi
come uno dei più grandi talenti attuali nelle corse automobilistiche.
Ovviamente quelli sopraelencati sono solo pochi dei grandi campioni che hanno lasciato il segno nella formula 1 e ricordo
anche per esempio Piqué, Clark,Stewart,Ascari, Mansell e altri che corrono ancora come Button,Hamilton,Raikkonen,Vettel,ecc... Tutti questi hanno caratterizzato in modo positivo il mondo automobilistico. Dico
anche orgogliosamente che tutti i piloti che ho deciso di riportare con tanto di foto sono o sono stati tutti in Ferrari,l’unica
scuderia ad aver partecipato a tutti i mondiali, stabilendo il record di vittorie nella classifica costruttori(16) e molti altri.
Corrado Graziano,1^BSE
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Io non vado mai in bar
Cari lettori del quadrifoglio,
anche quest’anno scolastico sta per terminare ed anche gli eventi sportivi europei più importanti stanno giungendo alla conclusione con esiti che forse in pochi (nemmeno i più speranzosiJ ) avrebbero osato pensare.
Di cosa sto parlando??
Beh!! Mi sembra ovvio che io stia parlando dei risultati del campionato di calcio europeo più importante,ovvero la
Champions League che quest’anno vedrà affrontarsi in finale il 25
Maggio a Wembley (Londra) il famigerato Bayern Monaco contro il
sorprendente Borussia Dortmund.
Questa sarà la prima volta che due squadre tedesche si sfideranno per
conquistare la famosa coppa dalle “grandi orecchie”; entrambe le
squadre all’inizio di questa competizione non erano date per favorite a
dispetto delle squadre più blasonate come Barcellona e Real Madrid,
ma sono riuscite a stupire tutti con grandi goleade e vittorie emozionanti fino all’ultimo secondo.
Oltre che all’ambito economico ora la Germania è diventata la nazione
numero uno anche nel calcio.
Portando come insegnamento ad alcune squadre italiane, ma anche
estere , come in questo sport non conti sempre avere i migliori giocatori al mondo acquistati a suon di milioni, per
poter vincere una competizione di tale importanza.
In Germania il calcio è vissuto in un modo completamente diverso dal quale noi siamo abituati;i giocatori non vengono continuamente incalzati dalle critiche e quindi si vengono a creare climi meno tesi che fanno apprezzare
quale sia la vera bellezza di questo sport.
Inoltre l’organizzazione delle società e la loro gestione è suddivisa in modo da poter far fruttare ogni proprio singolo settore affinché il club riesca ad auto finanziarsi e a scoprire giovani talenti di prospettiva; proprio come in questi
ultimi anni hanno fatto queste due squadre che si affronteranno in finale.
Anche l’apporto dei tifosi è totalmente differente rispetto a
quello che vediamo tutti i giorni in Italia.
In Germania gli stadi sono sempre “sold out”(tutto esaurito) per utilizzare un temine in inglese, anche grazie alle
campagne intraprese da queste società che vogliono avvicinare la gente e soprattutto i giovani a questo sport rendendoli parte integrante della propria organizzazione, anche
con il fatto che la maggior parte degli stadi sono societari e organizzati
affinché i prezzi dei biglietti siano più contenuti.
Insomma io penso che in questi anni la Germania possa insegnare tanto agli altri stati europei sia dal punto di vista
economico ma anche da quello calcistico e sportivo; in Italia siamo ancora fermi ad un “secolo” fa in confronto.
Bisogna iniziare a cambiare costruendo, ad esempio ,stadi di proprietà(come qualcuno ha già fatto),organizzando
meglio le proprie spese, puntando sui giovani e coinvolgendo nei propri progetti anche i tifosi per riuscire in pochi
anni a colmare il “gap” che in questo periodo divide le nostre squadre da quelle tedesche.
Giacomo Zulian 3^DSA
La ragazza aspetta il ragazzo per un tempo limite,
sennò non gliela dà. La mano
33
Ho deciso di scrivere un articolo che accomuni tutti noi sfigatelli, abitanti in città o provincia, che usufruiamo delle magnifiche e ben organizzate linee AIM (da non confondere con la sigla AIM del film Iron Man 3).
Principalmente parlo a chi usa abitualmente le linee bis scolastiche, o peggio ancora delle linee, (come le
chiamo io) non ancora totalmente emancipate, quali la 6, la 8, la 9 (e così via), e che viaggiano su quei vecchi catorci che risalgono ai tempi di quando i nostri genitori facevano ancora le superiori.
A quanti di voi stanno simpatici quei vecchi mezzi di trasporto che sono sempre in vena di fare scherzetti?
Sembra impossibile, eppure i finestrini d’estate rimangono sempre ermeticamente chiusi!
Per quanto ci sforziamo ad aprirli, chiedendo l’aiuto a metà passeggeri dell’autobus, anche a chi non abbiamo mai visto nella nostra vita, loro non si smuovono.
Noi speriamo nel motto “l’unione fa la forza”, ma i finestrini sono più forti dell’unione!
Non c’è nulla da fare. Dobbiamo soccombere alla loro volontà.
L’aria non passa e la temperatura interna continua a salire e salire e salire, finche non si arriva a provare la
brezza di un forno puntato sui 60°C, che ci porta a destinazione cotti a puntino.
Ok… Mettiamocela via, in estate va così.
Ma d’inverno?
D’inverno la situazione dovrebbe volgere a nostro
favore, con i finestrini che non scendono mai.
E invece no, non è così.
D’inverno i finestrini sono sempre aperti.
L’unico modo per tenerli chiusi sarebbe quella di
stare attaccati al finestrino, col braccio teso, in
modo da tenerlo sempre su, ma come è ovvio,
dopo poco ci si stanca, e si manda tutto a quel
paese lasciando che intemperie e tifoni vari ci
colpiscano, creando situazioni che, se fossimo
nella nostra città capitale, sarebbero degni dello
“stato di calamità naturale”.
Ma le intemperie, che i finestrini siano aperti o meno, sono sempre presenti all’interno dei nostri famigerati
autobus.
A volte goccie d’acqua cadono dall’alto, la cui provenienza è ignota, e bagnando i libri sui quali stiamo studiando intensamente, al fine da salvarci dall’incombente avvicinarsi della verifica che terremo 40 minuti
dopo.
Oppure, grazie alla favolosa ermeticità dei finestrini, rigagnoli d’acqua scendono dalle pareti, creando magnifiche cascate e acquitrini sul pavimento, ove le nostre cartelle sono appoggiate e di conseguenza assorbono grandi quantità d’acqua, annegando tutto ciò che c’è al loro interno compresi i nostri benamati libri.
Ecco, concludo così il mio articolo, che potrà servire a dare l’idea di cosa ci si deve aspettare quando si sale
in un mezzo di trasporto pubblico cittadino, e che serve a me per sfogarmi dalla mitica competenza pubblica che testo ogni giorno.
Marco Zanoni, 2^ASE
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Che strada faresti? Vai fin qui a 90 gradi, e poi?
Nel lontano 27 settembre 1997 viene fondato il sito più visitato del mondo, Google.
In breve tempo, diventa talmente popolare che in inglese nasce il verbo transitivo "to google", col significato di "fare una ricerca sul web"; con lo stesso significato, in tedesco è nato il verbo "googeln" e in italiano è nato il verbo "googlare".
Tutto sembrava andare per il meglio, ma il 9 novembre 2010 qualcosa cambiò. Infatti, in quel fatidico
giorno, Google rese disponibile una nuova funzione: Instant Previews. Per quelli di voi che non sanno di
che diavoleria io sto parlando, questa funzione permette di visualizzare l'anteprima di ogni risultato direttamente dalla pagina di ricerca. Cosa potremmo mai desiderare di più? Un tucano che sa giocare a
poker? Un cavallo che beve il caffè? Anche questo è troppo poco... Non sembra poi così male, vero? Ma
la cosa più incredibile di questa funzione è avere a portata di clic la demenza dell'intera umanità. Pensate
a tutte quelle cose a cui non pensereste mai, anche la più deviata risulterà una leggera brezza in confronto all'uragano di tutto ciò che potete trovare su Google. Per esempio, io potrei pensare a Charles Darwin
che cavalca un dinosauro attraverso lo spazio, a un uomo che per mimetizzarsi all'interno di un ristorante
si traveste da piatto di lasagne o a un grembiule con scritto “Luke sono tuo padre, mangia le tue verdure”. Tutto questo non è minimamente comparabile a quello che potete trovare sulle Instant Previews di
Google. Ecco a voi alcuni esempi.
I hate when Link comes into my house and breaks all my pots
I hate when elevator's door open up and a raptor appears in front of me
I hate when Voldemort uses my shampoo
I hate when Voldemort hides my turban
I hate when Hitler steals my nutella
I hate when Loch Ness monster asks me for 3.50
I hate when random turkish men add me
I hate when Jesus rides dinosaurs in my house
I hate when you walk outside and a giraffe is selling pot to your dog
I hate when you walk outside and someone randomly throws a fridge at you
I hate when I lose my white friend in the snow
I hate when I'm studying and a velociraptor throws bananas at me
I hate when a chinchilla eats the universe
I hate when a llama named Carl stabs me 37 times
I hate when someone throws a walrus at your grandmother
I hate when Dumbledore and Hagrid leave a baby
I hate when Voldemort uses my shower gel without asking
I hate my teenage daughter
I hate when you open the fridge and get punched by a bear
I hate when spiders just sit there on the walls and act like they pay rent
I hate when i keep my swag on all day and I overswagulate
I hate when cashiers ask is that everything uh no I’d also like all this invisible stuff
Ebbene sì, c'è così tanto da imparare... Ho preferito riportare solo esempi d'oltreoceano perché, a parte
qualche rara eccezione come “perché mi chiamo Giovanni” e “perché YouTube si sente male”, il Bel Paese è ancora abbastanza sano di mente (altro che fuga di cervelli...). Quindi, se vi state annoiando o avete
solo noleggiato Matrix, e vi viene in mente la cosa più stupida di questo mondo... Chiedetela a Google!
Se vi dice bene, trovate pure qualcosa di interessante…
Niccolò Pellegrini, 4^AT
La patata ha molte doti .
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Di Giuseppe Rigobello, 2^ASC
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Perché Argo è una località a nord di Nizza
dove si producono tutti i profumi del mondo
Causa efficiente? No deficiente!!
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Marta Mecenero 4^ALG
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Quel prof si porta dietro così tanti libri che sembra un mulo da soma!
ORIZZONTALI
1.
Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti
4. World Wide Web
5.
Breve melodia per fischiettare
7.
Regista di "Titanic"
9. Un football club londinese
10. Il commissario di Camilleri
14. Capitale della Svizzera
15. "Vai in segreteria che ti vuole..."
21. La fermata ai box delle vetture di Formula 1
22. Il considerarsi cittadini del mondo
24. Doppie in collassare
27. Quelle notturne... sono piccole!
28. I colori del Lanerossi
29. I nati tra il 21 maggio e 21 Giugno
32. Lunghi periodi geologici
37. Amico nonchè guida dell'Alighiero
38. Fondatore del nostro Istituto
41. Baraccopoli brasiliane
42. Glucidi, saccaridi
43. Le vocali del coro
44. Quotidiano inglese
45. Call Of Duty
46. Ballo del Moulin Rouge
48. Banca del Vaticano (sigla)
49. Si dà al governo... per farlo cadere
50. Perugia
51. Casa automobilistica francese
54. Re dei venti, nella mitologia greca
56. Nuovo ministro dell'Istruzione e Università italiano
57. Fare oziosi ragionamenti perbenisti
59. Mistica, contemplativa
VERTICALI
1.
Pianta carnivora detta "acchiappamosche"
2. Si firma... con la spada!
3.
Camminare a Londra
4. L'equivalente a 1 joule al secondo
6. Insegnante di educazione fisica
8. Per nulla comuni
9. Soprannominato "Albertone"
11. Abitanti di Caltanissetta
12. Il primo "James Bond" al cinema
13. IVA per gli inglesi
16. Os, sulla tavola periodica
17. Piano Nazionale Informatica (sigla)
18. Molti istituti ci invidiano per averle
19. Buongiorno a Parigi
20. Sito internet in cui si condividono e visualizzano video
23. Laboratorio al terzo piano, edificio A
25. Chiudono sempre bottega
26. Brindisi
30. Compositore tedesco che divenne sordo...
31. La capitale è Pechino
33. Sentimento di amore e solidarietà per l’umanità in generale
34. Si intende dirlo annuendo
35. Virtual Network Computing
36. Esercito italiano
39. Punto e ...
40. Stato più grande al mondo
41. Protagonista del romanzo "Il Signore degli Anelli"
47. Decimo presidente della repubblica italiana
52. La fine del campionato
53. Lo sono la metà dei numeri
55. Imposta Locale sui Redditi
58. Iniziali del vincitore della guerra civile americana
E col naso faceva trombetta!
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