DIRITTO DI STAMPA 8 Collana diretta da

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DIRITTO DI STAMPA 8 Collana diretta da
DIRITTO DI STAMPA
8
Collana diretta da
Giuseppe Boncori, Nicola Siciliani de Cumis, Maria Serena Veggetti
A11
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Il diritto di stampa era quello che, nell’università di un tempo, veniva a
meritare l’elaborato scritto di uno studente, anzitutto la tesi di laurea, di cui
fosse stata dichiarata la dignità di stampa. Le spese di edizione erano, budget
permettendo, a carico dell’istituzione accademica coinvolta. Conseguenze immediate: a parte la soddisfazione personale dello studente, del relatore e del correlatore, un vantaggio per il curricolo professionale dell’autore, eventuali
opportunità di carriera accademica e possibili ricadute positive d’immagine per
tutti gli interessati. Università compresa.
La dignità di stampa e, se possibile, il diritto di stampa erano quindi determinati dalla cura formale della trattazione, dalla relativa novità del tema di studio, dall’originalità del punto di vista e magari dai risultati “scientifici” della tesi:
e cioè dal “vuoto” che, in via di ipotesi, si veniva a riempire in un determinato
“stato dell’arte”, e dunque dal valore metodologico, anche in termini applicativi,
della materia di studio e dei suoi risultati tra didattica e ricerca. Caratteristica del
diritto di stampa, in tale logica, la discrezionalità e l’eccezionalità. La prospettiva di contribuire, così facendo, alla formazione di élites intellettuali.
Sulla scia di questa tradizione, e sul presupposto che anche l’università di
oggi, per quanto variamente riformata e aperta a un’utenza di massa, sia pur
sempre un luogo di ricerca, nasce questa collana Diritto di stampa. Sul presupposto, cioè, che la pubblicità dei risultati migliori della didattica universitaria sia
essa stessa parte organica e momento procedurale dello studio, dell’indagine: e
che pertanto, ferme restando la responsabilità della scelta e la garanzia della
qualità del prodotto editoriale, il diritto di stampa debba essere esteso piuttosto
che ridotto. Esteso, nel segno di un elevamento del potenziale euristico e della
capacità critica del maggior numero possibile di studenti.
Un diritto di stampa, che però comporta precisi doveri per la stampa: il
dovere di una selezione “mirata” del materiale didattico e scientifico a disposizione; il dovere di una cura redazionale e di un aggiornamento bibliografico
ulteriori; il dovere della collegialità e insieme dell’individuazione dei limiti e
delle possibilità dell’indagine: limiti e possibilità di contenuto, di ipotesi, di
strumenti, di obiettivi scientifici e didattici, di interdisciplinarità. Un diritto di
stampa, che cioè collabori francamente, in qualche modo, a una riflessione sulle
peculiarità istituzionali odierne del lavoro accademico e dei suoi esiti.
Questa collana, dunque, prova a restituire l’immagine in movimento di un
laboratorio universitario di studenti e docenti. E l’idea che alcuni dei risultati
più apprezzabili, come le tesi di laurea prescelte, possano mettersi nuovamente
in discussione mediante i giudizi e gli stimoli di studiosi competenti.
Università degli Studi “La Sapienza” di Roma
Facoltà di Filosofia
Dipartimento di Ricerche storico–filosofiche e pedagogiche
Corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione
Villa Mirafiori / Via C. Fea, 2 – 00161 Roma
Tel. 06 8632 0520 – Fax. 06 4991 7210
Cura redazionale di
Germana Recchia e Alessandro Sanzo.
Anna Matellicani
La “Sapienza” di Maria Montessori
Dagli studi universitari alla docenza
1890–1919
Presentazioni di
Nicola Siciliani de Cumis, Furio Pesci e Marco Antonio D’Arcangeli
Postfazione di
Giacomo Cives
Copyright © MMVII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 a/b
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–1365–6
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: ottobre 2007
Alla mia famiglia
Indice
Presentazioni
di Nicola Siciliani de Cumis ...........................................................................
di Furio Pesci .................................................................................................
di Marco Antonio D’Arcangeli .......................................................................
Premio “M. Jervolino” ...................................................................................
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Avvertenza ...........................................................................................................
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Introduzione .........................................................................................................
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Capitolo primo – Vita e prima formazione educativa (18701890) ....................
1.1 Premessa ................................................................................................
1.2 L’infanzia ..............................................................................................
1.3 Contesto storico, culturale e sociale ......................................................
1.4 L’adolescenza.........................................................................................
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Capitolo secondo – Gli anni dell’Università ....................................................
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2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
Una scelta coraggiosa ............................................................................
L’iscrizione alla Facoltà di Scienze naturali ..........................................
Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e chirurgia .........................
Laurea in Medicina e chirurgia e primi riconoscimenti scientifici ........
La Scuola Magistrale Ortofrenica e l’Istituto Superiore di Magistero
femminile di Roma ................................................................................
L’iscrizione alla Facoltà di Filosofia .....................................................
Maria Montessori e la libera docenza in Antropologia .........................
Esame di libera docenza in Antropologia: 8 giugno 1904 ....................
L’insegnamento all’Università «La Sapienza» ......................................
2.9.1 L’istituzione della Scuola Pedagogica e pubblicazione
dell’Antropologia pedagogia .........................................................
La realizzazione dei progetti educativi: le prime Case dei bambini .......
La diffusione del pensiero e del «Metodo» Montessori fuori dall’Italia ..
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Capitolo terzo – La scoperta del bambino in Maria Montessori ..........................
3.1 L’incontro con Giuseppe Ferruccio Montesano ....................................
3.2 La scoperta dell’infanzia degenerata .....................................................
3.3 La questione dei deficienti nelle scuole e la scoperta del «Metodo» .....
3.4 La «Casa dei Bambini» ..........................................................................
3.5 Il Metodo della Pedagogia Scientifica ...................................................
3.6 Il «Metodo» ............................................................................................
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Capitolo quarto – La conferenziera .....................................................................
4.1 Premessa ................................................................................................
4.2 Maria Montessori e il suo impegno femminista ....................................
4.3 Berlino 1896 ..........................................................................................
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Indice
4.4 Il Primo Congresso Nazionale Pedagogico, Torino 1898 ...................... 150
4.5 Il Congresso di Londra .......................................................................... 155
4.6 Il Primo Congresso Nazionale delle Donne, Roma 1908 ...................... 161
Conclusione ......................................................................................................... 167
Appendice ........................................................................................................... 169
Introduzione ........................................................................................................ 171
Parte prima Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
(18901904) ...............................................................................
I.1 Maria Montessori alla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali ..
I.1.1 Anno Accademico 189091 .........................................................
I.1.2 Anno Accademico 189192 .........................................................
I.2 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e Chirurgia ...........................
I.2.1 Anno Accademico 189293 .........................................................
I.2.2 Anno Accademico 189394 .........................................................
I.2.3 Anno Accademico 189495 .........................................................
I.2.4 Anno Accademico 189596 .........................................................
I.3 Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria ...........................................
I.4 Maria Montessori alla Facoltà di Filosofia..................................................
I.4.1 Anno Accademico 190203 .........................................................
I.4.2 Anno Accademico 190304 .........................................................
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Parte seconda Nota biografica dei docenti universitari
dei quali Maria Montessori ha frequentato i corsi (18901904) .....
II.1 Docenti alla Facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali ...........
II.2 Docenti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia ............................................
II.3 Docenti al Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria ......................
II.4 Docenti alla Facoltà di Filosofia ...................................................................
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Parte terza Gli studi e gli interessi accademici di Maria Montessori
negli scritti giovanili (18961907) ..............................................
III.1 Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia, Contributo clinico
allo studio delle Allucinazioni a contenuto antagonistico (1896).........
III.2 Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale (1896) .......
III.3 Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche (1897)................................
III.4 Ricerche batteriologiche sul liquido cefalorachidiano
dei dementi paralitici (1898) .........................................................................
III.5 Il primo Congresso Pedagogico Nazionale di Torino ...............................
III.6 Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza (1898)...............................
III.7 Scuole di redenzione (1899)...........................................................................
III.8 Il Congresso Internazionale di Londra (1899) ............................................
III.9 Riassunto delle lezioni di didattica (1899) .................................................
III.10 Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto
ai metodi speciali di educazione (1902) .....................................................
III.11 Antropologia pedagogica (1903) .................................................................
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Indice
III.12 La teoria Lombrosiana (1903) .....................................................................
III.13 Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali
dei fanciulli nelle scuole (1904) ...................................................................
III.14 Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale
degli scolari (1904) ........................................................................................
III.15 Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio (1905) ..............................
III.16 L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia
pedagogica (1907) .........................................................................................
Parte quarta Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
all’Università (18901896 e 19001904) ...................................
Premessa .........................................................................................................
IV.1 Attestato di licenza Fisico–Matematica (20 settembre 1890) ...................
Facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali
IV.2 Modulo d’iscrizione alla Facoltà di Scienze Naturali (189192) ................
IV.3 Botanica ...............................................................................................................
IV.4 Zoologia...............................................................................................................
IV.5 Fisica sperimentale ............................................................................................
IV.6 Istologia e Fisiologia generale.........................................................................
IV.7 Anatomia comparata..........................................................................................
IV.8 Chimica generale ed organica .........................................................................
Facoltà di Medicina e Chirurgia
IV.9 Anatomia umana normale ................................................................................
IV.10 Patologia generale ...........................................................................................
IV.11 Fisiologia sperimentale...................................................................................
IV.12 Materia medica.................................................................................................
IV.13 Anatomia chirurgica e corso d’operazioni..................................................
IV.14 Medicina legale ................................................................................................
IV.15 Patologia speciale medica ..............................................................................
IV.16 Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica ................................
IV.17 Clinica dermosifilopatica ...............................................................................
IV.18 Cinica psichiatrica ...........................................................................................
IV.19 Clinica oculistica..............................................................................................
IV.20 Igiene sperimentale e Igiene applicata alla polizia sanitaria ...................
IV.21 Anatomia patologica .......................................................................................
IV.22 Clinica ostetrica................................................................................................
IV.23 Clinica medica..................................................................................................
IV.24 Clinica chirurgica.............................................................................................
IV.25 Patologia e clinica pediatrica.........................................................................
IV.26 Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia (solo frontespizio)......................
IV.27 Certificato di laurea in Medicina e Chirurgia
rilasciato il 29 luglio 1896 .............................................................................
IV.28 Verbale dell’esame di laurea in Medicina e Chirurgia (10 luglio 1896)....
Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria
IV.29 Libretto d’iscrizione al Corso di perfezionamento in polizia sanitaria.......
IV.30 Documento riepilogativo della carriera scolastica (1890–1904) ......
Facoltà di Filosofia
IV.31 Modulo d’iscrizione alla Facoltà di Filosofia (1903–04) ........................
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Indice
Parte quinta Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori
all’Università (18901896 e 19001904) ..................................
V.1 Lettera del 29 luglio 1897 ..................................................................................
V.2 Lettera del 16 luglio 1903 ..................................................................................
V.3 Lettera del 14 gennaio 1904 ..............................................................................
V.4 Lettera del 4 giugno 1904 ..................................................................................
V.5 Lettera del 8 giugno 1904 ..................................................................................
V.6 Lettera del 11 gennaio 1908 ..............................................................................
V.7 Lettera del 11 gennaio 1912 ..............................................................................
V.8 Lettera del 21 marzo 1913 .................................................................................
V.9 Lettera del 4 gennaio 1919 ................................................................................
Bibliograa ..........................................................................................................
Avvertenza .....................................................................................................
Primo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori
(scritti e compresi tra il 1896 e il 1918 incluso) ............................................
Secondo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori
dal 1919 in poi ...............................................................................................
Primo gruppo: bibliografia della letteratura generale utilizzata
sulle opere della Montessori ..........................................................................
Secondo gruppo: bibliografia di riferimento generale utilizzata ...................
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Fonti archivistiche ............................................................................................... 340
Indice delle tematiche ricorrenti .......................................................................... 341
Indice dei nomi .................................................................................................... 345
Referenze accademiche
Correlazione della prof.ssa Paola Trabalzini ................................................. 351
Autopresentazione della studentessa Anna Matellicani ................................. 353
Postfazione di Giacomo Cives ............................................................................ 355
Presentazione
di Nicola Siciliani de Cumis
Rispetto alla quindicina di tesi di laurea d’argomento montessoriano (del
Vecchio Ordinamento e del Nuovo) di cui, negli anni, mi è accaduto di essere relatore nell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza» e che in larga
parte figurano ora registrate nella Bibliografia Internazionale Montessori1
(perché spesso vincitrici del Premio Maria Jervolino, istituito dall’Opera Nazionale Montessori per i migliori lavori di laurea sul pensiero e sulla didattica di Maria Montessori), il presente, informatissimo contributo di Anna Matellicani viene a segnalarsi come il primo che, da tesi di laurea, sia riuscito a
farsi libro. La prima significativa indagine, cioè, che di seguito e parallelamente alle ricerche di un’altra mia laureata, Germana Recchia2, abbia cominciato a porre nei giusti termini il problema dei rapporti Montessori–
Università di Roma «La Sapienza».
Un’indagine, tra l’altro, intesa a non rifuggire dal tema dei rapporti universitari, cronologicamente circoscritti e tuttavia non trascurabili, tra la “frequentante” Montessori e il professor Antonio Labriola: e, dunque, ad affrontare il problema di qualche significativa interferenza tra la pedagogia romana
dell’Otto–Novecento, tradizionalmente filosofica (hegeliana, herbartiana, da
Labriola a Luigi Credaro) e le metodologie montessoriane, inizialmente terapeutiche, quindi a tutto campo pedagogiche (dalle esperienze con i bambini frenastenici a quelle della Casa dei bambini). Tutto un ambito di attività,
che resta da esplorare nella sua ampiezza e profondità.
Quali che possano essere state, infatti, le ragioni personali della già dottoressa in Medicina e Chirurgia Montessori ad iscriversi nella Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza», negli anni
accademici 19021903 e 19031904, fa riflettere alquanto la circostanza o1
Cfr. le schede n. 2488 (Anna Maria Bianconi), n. 3980 (Giuliana Di Egidio), n. 4261
(Daria Egidi), n. 4933 (Marta Gandiglio), n. 10183 (Germana Recchia), n. 11089 (Maria
Carmen Silvestri), n. 11719 (Maria Tampone), in Montessori Bibliografia Internazionale International Bibliography 18962000. Contiene versione su CD-ROM, a cura di C. Tornar,
Istituto Superiore di Ricerca e Formazione dell’Opera Nazionale Montessori, Roma, Edizioni
Opera Nazionale Montessori, 2001. Si tratta però di aggiungere, nell’elenco di cui sopra, alcuni lavori di laurea presentati al concorso o premiati successivamente al 2000 (almeno un
paio: Giovanna Di Dieco e Francesca Fusiani); e alcuni altri, pur notevoli, fuori concorso o
non ancora in concorso (gli elaborati scritti della laurea triennale di Donato Marchesani, Francesco Ventrella, Giada Zattini, ecc.; e la tesi della laurea specialistica di Eva Gugu).
2
Cfr. quindi G. Recchia, Antonio Labriola e Maria Montessori: un incontro possibile e A.
Matellicani, Dati e documenti sul rapporto tra Maria Montessori e Antonio Labriola, in Antonio Labriola e la sua Università. Mostra documentaria per i settecento ani della “Sapienza” (1303203). A cento anni dalla morte di Antonio Labriola (19042004), a cura di N. Siciliani de Cumis, Roma, Aracne, 2005 (seconda ristampa 2006), pp. 217223 e 224.
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Presentazione
biettiva dell’incontro universitario della “medichessa” con Labriola, allora
professore di Filosofia teoretica. Un “teoretico”, tuttavia, da sempre sensibile
alla «psicologia del bisogno», all’«etica dello stato sociale», all’«infanzia»,
ai «poveri», all’«ospedale», ai «fanciulli, vecchi, inabili ammalati»3: tematiche, tutte, che, com’è noto, sono al centro degli interessi dell’aspirante pedagogista, al tempo dell’iscrizione alla Facoltà di Filosofia e lettere e
dell’incontro con Labriola.
Di più, era la stessa caratterizzazione interdisciplinare e scientificoeducativa dell’“enciclopedia pedagogica” labrioliana (tra psicologia, antropologia, psico–fisica, etica, sociologia, metodologia, politica, filosofia, giuridica, amministrazione), che non avrebbe potuto non intrigare la “scientifica” e “pratica” Montessori. Questo infatti, tra “teoremi” e “corollari”, il ragionamento sul «limite dell’attività pedagogica» e sul nesso pedagogia–
scienze dell’educazione, che risulta essere alla base dell’insegnamento di
Labriola, negli appunti delle lezioni, a cura di suoi allievi (ultimi anni
dell’Ottocento–primi del Novecento):
Abbiamo sopra parlato di scienze, di cui la pedagogica sarebbe il derivato o
l’applicazione. Quali sono? Innanzi tutto, la psicologia, intesa nel senso lato della
parola. Se l’educazione è il tentativo pratico di dare materia ed indirizzo alla naturale evoluzione, è chiaro che la regola di ogni operazione pedagogica dipenderà dalla
conoscenza delle leggi psicologiche; non solo perché la conoscenza di tali leggi, che
sono tutte leggi dello sviluppo, di genesi, di formazione, ci dà anche il limite
dell’attività pedagogica, ma altresì perché la formazione, pur avendo possibilità varie di modalità e di accomodazione, ha schemi e confini invalicabili. Come corollario delle cose dette sulla psicologia, si deve indicare l’importanza speciale
dell’antropologia e della psico-fisica, cioè delle discipline che hanno per oggetto il
terreno sottostante all’attività psichica propriamente detta, o il terreno su cui
l’attività fisica e psichica si confondono.
E prosegue:
Se la psicologia, nel senso lato della parola, col corollario dell’antropologia e
della psico–fisica, ci dà la conoscenza del subbietto su cui cade l’azione educativa,
questa ripete la coscienza della sua finalità dal concetto di perfettibilità umana, ossia
dall’etica. Perciò restando problema di pura tecnica educativa la scelta, la prova e
l’esperimento dei mezzi, la pedagogica, nel segnare ed assegnare il fine ultimo delle
sue operazioni, deve presupporre una concezione assodata del fine morale della vita.
E, perché la vita non è individuale soltanto, ma sociale, e non sociale per accidente o
per caso, perché la società è terreno e condizione dello sviluppo individuale, così il
rapporto della pedagogica con l’etica ci porta a stabilire anche il rapporto fra la pedagogica stessa e la sociologia. Quest’ultimo rapporto può poi specificarsi in quello
della pedagogica con la politica e con l’amministrazione, quando non si tratti più del
3
Cfr. N. Siciliani de Cumis, Sulla prima pedagogia universitaria romana e don Luigi
Guanella. Illazioni ed ipotesi, in Antonio Labriola e la sua Università, cit. pp. 438 sgg.
Presentazione
13
concetto puramente filosofico della pedagogica, ma si tratti, poniamo, dell’ordinamento, pratico della scuola4.
Un incontro pertanto, quello tra la studentessa Montessori e il docente
Labriola, di cui Matellicani, nel suo accurato lavoro di ricostruzione delle
varie tappe della vicenda universitaria montessoriana, fornisce ora puntualmente la prova, stimolando ulteriori approfondimenti biografici, ma non solo
biografici: a partire, per l’appunto, da quel certificato di frequenza delle lezioni labrioliane di Filosofia teoretica, in data 10 luglio 1903, che ci riporta
senza meno alla concretezza del rapporto Montessori–Labriola e alla situazione accademica in cui l’incontro è avvenuto.
Se e quanto, poi, i due abbiano potuto e voluto realmente comunicare tra
loro; in che misura la studentessa Montessori sia riuscita effettivamente a
frequentare le lezioni del professore Labriola, e a ritenerle utili per sé in quel
particolare momento, indipendentemente dalla decisione, poi, di sostenere o
di non sostenere l’esame, questo è un altro e ben più arduo argomento. Che
rinvia anzitutto, da un lato, ai contenuti e alle modalità dell’insegnamento
labrioliano, nell’ultima fase dell’attività del filosofo e pedagogista romano;
e, dall’altro lato, stimola a riflettere sulle peculiari aspettative montessoriane
dalla laurea in filosofia, nel senso di una sorta di palingenesi culturale in
senso pedagogico — come precisa — fin nei «principi».
«Noi non abbiamo facoltà, né di scegliervi né di respingervi. Voi ci venite di vostro impulso»5 — diceva Labriola agli studenti riflettendo sui loro
rapporti con i professori e sulle connesse scelte universitarie. Quanto all’impulso della dottoressa Montessori a ridivenire studentessa e ad avere, tra gli
altri, Labriola tra i suoi professori, eccolo, in qualche modo spiegato da lei
stessa:
volli intraprendere lo studio della pedagogia normale e dei principi sui quali si fonda
— onde m’iscrissi studente di filosofia all’Università. Una gran fede m’animava: per
quanto io non sapessi se avrei potuto mai sperimentare la verità della mia idea, pure
lasciai ogni altra occupazione per approfondirla, quasi preparandomi a una sconosciuta missione6.
4
Cfr. A. Labriola, in L. Dal Pane, Antonio Labriola. La vita e il pensiero, Roma, Ed. Roma, 19341935, pp. 380-381.
5
A. Labriola, L’Università e la libertà della scienza (1896-1897), in id., Scritti pedagogici, a cura di N. Siciliani de Cumis, Torino, Utet, 1981, p. 613.
6
M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile
nelle Case dei Bambini. Edizione critica, Istituto Superiore di Ricerca e Formazione
dell’Opera Nazionale Montessori, Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2000, p. 115.
Cito da questa edizione: e ringrazio Paola Trabalzini, massima esperta degli scritti di Maria
Montessori, per le numerose e utili indicazioni fornitemi, in funzione della redazione di questo mio intervento.
14
Presentazione
Quali pensieri, parole e fatti, concernenti in un modo o nell’altro Labriola, possano essere stati recepiti come interessanti o respingenti dalla signorina Montessori, questo non è agevole dire. Così come non è facile spiegare la
natura del rapporto tra i principi di quella pedagogia normale, che Montessori invoca per sé iscrivendosi a Filosofia, e la dimensione teoretica di quella
filosofia morale e pedagogia, che Labriola aveva insegnato per tanti anni e
per cui era soprattutto noto tra gli educatori a Roma.
Ma ci si chiede se l’incontro Montessori–Labriola avvenga soltanto per
un puro e semplice motivo di routine istituzionale, obbligata. E se l’episodio
sia allora determinato più dalle circostanze, che non da una consapevole
scelta.
E tuttavia rimane il problema: incontrandolo, che cosa poteva già conoscere lei, la trentaduenne Montessori, del pensiero e dell’attività pedagogica
dell’assai noto professore Labriola? che cosa, in generale, poteva avere sentito dire o letto di lui? cosa di particolare, allora — come studentessa che ottiene la «frequenza» — può avere appreso o non avere appreso da lui a lezione, sia in tema di Psicologia delle finzioni operative (era questo
l’argomento del corso labrioliano di Filosofia teoretica di quel 19021903),
sia in tema di Storia, filosofia della storia, sociologia ecc. (tematiche proprie
dell’insegnamento di Filosofia della storia): tenuto conto del fatto che Labriola, provava variamente a collegare tra di loro le pur distinte trattazioni
monografiche dei suoi corsi?
Domande possibili, domande plausibili: e a maggiore ragione in quanto,
se da un lato non c’è chi non veda la differenza di personalità, di temperamento, di cultura, di prospettiva, tra l’etico–politico–pedagogico filosofo
della storia Labriola e la “utopica”, “metodologica”, “scientifica”, “attivistica” dottoressa Montessori; da un altro lato, si può agevolmente supporre che
proprio la già laureata in medicina e neo-iscritta in filosofia Montessori,
nell’ottica del professor Labriola, interpreti perfettamente la parte della studentessa ideale.
Studentessa ideale, cioè, di quel Labriola, che era generalmente noto per
avere sostenuto e dibattuto pubblicamente, ancora di recente per i laureati di
tutte le Facoltà, nell’Aula Magna della «Sapienza», la celebre tesi:
che la laurea in filosofia si conferisca agli studenti di qualunque Facoltà, compresa
la letteraria, i quali, frequentato che abbiano entro il quadriennio di obbligo certi
corsi filosofici da determinare, si espongano a sostenere una tesi scritta di argomento
generale quanto all’obbiettivo ed al metodo, ma fondata sempre sopra una determinata cultura speciale7.
7
A. Labriola, La laurea di filosofia, in «La Tribuna» del 14 luglio 1887; ora in N. Siciliani de Cumis, Filosofia e università. Da Labriola a Vailati 18821902. Prefazione di E. Garin,
Torino, Utet Libreria, 2005, pp. 2021.
Presentazione
15
Ed erano intendimenti, questi di Labriola sulle lauree in filosofia, che,
fatte salve le differenze, poggiavano su domande e risposte, per così dire di
senso comune; e che, sia pure polemicamente, chiamavano in causa modi di
pensare diffusi e valori condivisi tra i filosofi e gli scienziati del tempo. Propositi di riforma e modalità di pensiero, in altri termini, che per quanto esposti in forma interrogativa, lasciavano poco spazio al dubbio:
Ma, facendo così, speriamo noi con fondamento, che la filosofia cessi ormai
dall’essere una mera scolastica od una opinione letteraria? e dov’è il positivismo del
quale tanti si dichiarano aderenti? e quando si arriverà all’indirizzo reale e razionale,
che molti, con espressione a me poco gradita, ma vera nel fondo, chiamano filosofia
scientifica? Io credo fermamente, che nel giro degli studi universitarii, la filosofia
abbia ad essere, non un complemento obbligatorio della storia e della filologia, ma
un complemento, invece, facoltativo di qualunque cultura speciale: storica, giuridica,
matematica, fisica, o che altro siasi8.
Quindi anche medica… Perché, dunque (e Montessori ne offrirà per
l’appunto testimonianza):
«Alla filosofia ci si deve potere arrivare didatticamente per qualunque
via, come per qualunque via ci arrivaron sempre i veri pensatori»9.
Ecco perché non è qui una semplice fantasia il supporre, che lo stesso
Labriola — rivolgendosi il 14 novembre del 1896, nell’Aula Magna della
vecchia «Sapienza», ai professori e agli studenti di ogni Facoltà dell’Università e della libertà della scienza —, possa avere avuto tra il pubblico proprio
la ventiseienne Montessori. Ed è altrimenti verosimile che quest’ultima, leggendo e rileggendo sui giornali dell’assai chiacchierata conferenza labrioliana, nei mesi a cavallo tra il 1896 e il 1897, ne avesse ricevuto motivi di riflessione e stimoli per un mutamento d’indirizzo, come si diceva, in senso
pedagogico–generalistico e filosofico.
Il che non significa che la “nuova” Montessori, iscrivendosi a Filosofia,
non avesse le sue brave aspirazioni e predilezioni culturali e pedagogiche.
Non vuol dire che le differenze specifiche tra la pedagogia labrioliana e quella montessoriana non siano assai più evidenti di qualche generica analogia.
Vuol dire, se mai, provare a guardare anche oltre il saputo e il risaputo di
un processo formativo “in atto”. E, quindi, a far luce tanto sui pronunciamenti dell’antropologia montessoriana, tra medicina, pedagogia e filosofia;
quanto sulle dimensioni formative universitarie, «teoretiche» e «genetiche»,
labrioliane, del contesto.
Per cui vanno in tal senso apprezzati gli esiti della ricostruzione montessoriana di Matellicani, che ha infatti il pregio di immettere nuova linfa vitale
nel nesso costitutivo di «elementi della formazione» e «cosa formata». E,
dunque, di prefigurare una sorta di nuovo “ordine genetico”, tra le «condi8
9
Ibidem.
Ibidem.
16
Presentazione
zioni» filosofico–universitarie dell’incontro Montessori–Labriola, ovvero
l’estrema pedagogia etico–teoretica labrioliana nei suoi risvolti scientifici,
empirici, fisiologici, psicologici, antropologici, ecc., e i «condizionati»
dell’iniziale proposta pedagogica montessoriana.
In questo senso, viene proprio da supporre che possa esserci un qualche
rapporto tra ciò che il professore Labriola va facendo leggere a lezione e ciò
che la studentessa Montessori si trova sincronicamente a dire, a sua volta,
come docente. Tra i pensieri, che la studentessa-insegnante di Antropologia
pedagogica Montessori dedica, per l’appunto, «All’Onorevole Luigi Credaro, professore di pedagogia dell’Università di Roma», e i pensieri del teoretico e filosofo della storia Labriola, c’è forse un filo sottile, magari sottilissimo, che può valere la pena non ignorare.
E questo, proprio nella misura in cui la filosofa–apprendista e antropologa–didatta Montessori si dà pensiero del «posto che l’uomo occupa nella natura» e delle «sue relazioni con l’insieme delle cose» e con «tutto l’insieme
sociale»; e viene riflettendo sull’«unico fine» dell’uomo, di «tutto l’uomo»
da educare, dell’«organismo intero» da far crescere e progredire unitariamente, in forza del «parallelismo tra la stigmate morfologica e quella psichica, tra la forma esterna del corpo e quella del carattere morale» (dell’«uomo
nuovo»)10. E ne spiega così il motivo etico–teoretico–pedagogico:
È necessario che una sintesi […] si operi nella pedagogia scientifica tra il punto
di vista naturale, che delinea la personalità umana biologica, e il punto di vista morale, che […] esplica e prepara l’uomo sociale. […] date ai biologi ciò che è dei biologi, e date ai filosofi ciò che è dei filosofi: ma fate che essi riuniscano armonicamente il rispettivo lavoro. Poiché non solo la pedagogia deve attingere a ogni moderna branca di scienza positiva, ma pure abbracciare tutto quanto l’esperienza umana seppe accumulare fino dalla più alta antichità11.
Così la “morfologica” Montessori; mentre il “morfologico” Labriola si
trova a spiegare a lezione della «fisiologia», che è «al tempo stesso un’arte,
ossia una tecnica dell’esperimento ed una scienza nelle conclusioni»; e a
spiegare dell’importanza teoretica dell’«ambiente naturale», della «psicologia», della «filosofia scientifica» e dell’«origine storico-psicologica della
dottrina», della «convivenza» e della «cooperazione fra gli uomini», dei «fenomeni di correlazione i quali non trovano una diretta spiegazione nelle condizioni bio–psichiche immediate di ciascuno degli individui e nascono solo
dal fatto che gl’individui sono in interdipendenza fra di loro»12. Il Labriola
che, alla sua maniera — e nelle drammatiche condizioni di salute in cui si
10
M. Montessori, Antropologia pedagogica, Milano, Vallardi, 1903, pp. 321.
Ibidem.
12
A. Labriola, Storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico, in id., Saggi sul materialismo storico, a cura di V. Gerratana e A. Guerra, Roma, Editori Riuniti, 1977,
pp. 321 sgg.
11
Presentazione
17
trova a insegnare, per il cancro alla laringe di cui morrà a breve — spiega
alla probabilmente attenta Montessori:
Tutti quelli che si occupano di psicologia, rimanendo al puro schema della psicologia individuale, non possono a meno di rimanere nel puramente astratto; per es. chi
si mette a studiare le forme della volontà secondo l’assunto che io mi proponevo nel
mio corso di Filosofia Teoretica, — e non so più quanta parte ne potrò svolgere, —
deve prescindere quasi sempre dal vero e proprio contenuto delle forme volitive,
perché questo contenuto è sempre sociale13.
E poco più oltre, un chiarimento ulteriore, tutto da meditare (e da collocare storicamente e teoreticamente, accanto al giudizio labrioliano su Giovanni
Gentile, in occasione della solenne bocciatura al concorso a cattedra per Filosofia teoretica, a Palermo, in quello stesso 1903)14:
Quando la psicologia non era ancora una scienza, quando gli spiritualisti d’ogni
maniera potevano sbizzarrirsi a fare dell’io l’attributo extratemporale di uno spirito
soprastante ad ogni genesi, quando gli idealisti che ripetevano Fichte potevano far
dell’io una trascendente autoposizione, o il problema del noi non si affacciava, o si
presentava involuto nella immaginazione di un preteso spirito collettivo ed extraindividuale. Ma ora che noi facciamo dell’io l’esponente variabile della appercezione
interna delle nostre variabili condizioni per cui oltre all’io empirico che si esprime
così: ora sto dettando, non ammettiamo un io puramente possibile o trascendente,
non c’è meraviglia che tale funzione di appercezione in uno e medesimo ambito di
coscienza pigli il doppio esponente di io e di noi; il che non vuol dire che tutte le
persone le quali adoperano questi termini non sbaglino, perché l’uso corretto di essi
si può ottenere soltanto dalla elaborata scienza psicologica15.
Che era, per l’appunto, uno dei propositi intrinsecamente innovativi, pedagogici, della stessa Montessori, che le presenti ricerche di Matellicani contribuiscono opportunamente a chiarire.
13
Ivi, p. 333.
Cfr. A. Labriola, in Antonio Labriola e la sua Università. Mostra documentaria per i
settecento ani della “Sapienza” (1303203). A cento anni dalla morte di Antonio Labriola
(19042004), pp. 380381, i due pannelli dal titolo “L’ultimo concorso e L’anti–Gentile”,
ovvero il testamento (hegeliano) diLabriola.
15
A. Labriola, Storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico, cit., p. 336.
14
Presentazione
di Furio Pesci
Il lavoro attento e scrupoloso di Anna Matellicani ha ricevuto ampia considerazione già in passato da parte degli studiosi raccolti intorno all’Opera
Nazionale Montessori: la tesi di laurea, dalla quale ha origine il presente volume, è stata, infatti, premiata dall’Opera con il conferimento del premio
“Jervolino” ed è stata acquisita nel patrimonio della biblioteca dell’Ente.
Già questo dato consente di comprendere il valore e i meriti della ricerca
compiuta da Anna Matellicani, che ho avuto modo di apprezzare già prima
dell’elaborazione della tesi, durante i suoi studi di storia della pedagogia. E
penso di poter aggiungere che è molto bello per un docente vedere l’esito di
un lavoro di ricerca nato e cresciuto nell’ambito del proprio corso di laurea
ricompensato meritatamente con la pubblicazione, grazie all’impegno del
promotore e curatore principale di questa collana.
In altre occasioni, e precisamente nei volumi di Giordana Szpunar e di
Franca C. Floris ho avuto modo di osservare che, secondo me, e per quanto
mi riguarda, mi sembra opportuno non dilungarmi in una presentazione che
inevitabilmente diventerebbe una raccomandazione al lettore superflua per
un lavoro la cui consistenza il lettore stesso potrà apprezzare adeguatamente.
Anna Matellicani si è impegnata in una ricerca che poteva risultare anche
infruttuosa, rispetto all’insieme delle conoscenze già acquisite su Maria
Montessori; invece, il suo ponderoso elaborato finale risulta molto utile per
la proposta al pubblico di documenti inediti, spesso di difficile reperibilità e
che, comunque, nessuno prima aveva pensato di offrire agli studiosi, sottraendoli al silenzio e all’oscurità degli archivi. Occorre anche aggiungere che
Anna Matellicani si è mossa in mezzo ad una quantità di “fondi” non sempre
catalogati adeguatamente e che, peraltro, negli anni successivi alla conclusione del suo lavoro, sembrano essere divenuti ancor più difficili da consultare.
L’utilità di questa ricerca per coloro che si interessano di Maria Montessori è, quindi, indubbia, e sarebbe, a mio avviso, opportuno per il lettore accostare lo studio del libro ad altre letture montessoriane, dalle biografie “canoniche”, di Standing e Kramer, ai notevoli studi anche di matrice italiana
sulla vita della Montessori e in particolare sul periodo giovanile, sul quale
per la verità si è scritto molto, ma la cui documentazione non è stata ancora,
credo, completamente scandagliata.
Al di là, comunque, del valore documentario di questa ricerca, deve essere sottolineato anche il tentativo originale di interpretare la complessa vicenda biografica della Montessori in alcuni momenti cruciali: dagli studi universitari (ed ancor prima, scolastici) alle collaborazioni scientifiche con gli an19
20
Presentazione
tropologi dell’Università di Roma, tra i quali trovò i primi maestri e l’incoraggiamento necessario per i suoi studi personali, fino al momento delicato
dell’interruzione dell’attività didattica e di ricerca nell’Università e nel Magistero femminile, momento, in fondo, ancora poco documentato. Gli studi
di Anna Matellicani restituiscono l’immagine di una Montessori giovane e
brillante, stretta anche nella morsa delle difficoltà determinate, per un verso,
dall’essere una delle rarissime donne iscritte a corsi universitari in Italia, per
di più in una facoltà scientifica, e, per un altro verso, dalla non facile condizione economica familiare (si sa che, alla fine dell’Ottocento, gli studi universitari erano un privilegio di pochissimi). Dopo gli studi universitari della
Montessori, la ricerca di Matellicani offre una panoramica delle prime attività scientifiche della dottoressa, al seguito di figure come Sergi e Sciamanna,
e documenta le prime attività di docenza, ponendosi anche giusti interrogativi sull’incidenza nella sua vita di quelle esperienze e della decisione di lasciare l’Università per dedicarsi interamente alla causa del nuovo “Metodo”.
Il lettore, quindi, troverà nell’opera di Matellicani, che arricchisce la collana “Diritto di stampa” di una nuova voce, un’ampia documentazione e una
“narrazione” capace di iniziarlo alla lettura dei documenti, calandosi nella
Roma umbertina e in una vita universitaria segnata tanto dalla presenza di
grandi personalità della cultura quanto dai rituali di un’epoca piena di conformismi, ai quali Montessori stessa, probabilmente, trovò difficile adeguarsi.
Presentazione
di Marco Antonio D’Arcangeli
Maria Montessori e Luigi Credaro
La attenta e meticolosa ricerca di Anna Matellicani su La “Sapienza” di
Maria Montessori. Dagli studi universitari alla docenza 18901919 presenta, fra i non pochi pregi e motivi di interesse, quello di stimolare una ripresa
e un approfondimento della questione dei rapporti fra la “medichessa” e Luigi Credaro (Sondrio, 1860Roma, 1939), storico della filosofia, pedagogista
e uomo politico, ordinario presso l’Ateneo romano dal 1902 al 1935, offrendo informazioni e documentazione, fra l’altro, su due significativi episodi:
Montessori studentessa di Credaro — che ne frequentò, nell’anno accademico 190304, vale a dire nel secondo dei due anni in cui fu iscritta alla Facoltà di Filosofia e Lettere capitolina1, il corso di Pedagogia e quello, libero, di
Magistero di Pedagogia; Montessori docente di Antropologia alla Scuola pedagogica di Roma (dal 190607 al 190910), fondata e diretta dallo stesso
Credaro2.
1
La scansione delle frequenze dei corsi da parte di Maria Montessori nei due anni accademici in cui fu iscritta alla Facoltà di Filosofia e Lettere, effettuata da Anna Matellicani sulla
base di quanto riportato dai registri delle carriere nell’Archivio Studenti dell’Università di
Roma «La Sapienza» [di qui in poi, ASUR], mette in luce un elemento di un certo rilievo riguardo ai suoi rapporti con Credaro: in sintesi, la circostanza che l’opuscolo L’Antropologia
Pedagogica, (Milano, Vallardi, 1903) fosse dedicato dalla giovane Montessori «All’onorevole
Luigi Credaro Professore di Pedagogia nell’Università di Roma» (ivi, p. 3) prima che la studiosa marchigiana iniziasse a frequentare le lezioni del Valtellinese. L’Autrice del presente
volume individua la motivazione della dedica nel fatto che Montessori «venne [...] incaricata
da Credaro» di tenere la Conferenza [...] agli studenti di Filosofia nell’Università di Roma
che, appunto, questo scritto riproduce: una affermazione che andrà, peraltro, precisata (v infra). V’è da aggiungere che in questo periodo Credaro divenne Preside della Facoltà: con ogni
probabilità, però, successivamente allo svolgimento della Conferenza di cui sopra (fu eletto,
infatti, il 14 novembre 1903, riportando 8 voti su 23 votanti e superando sul filo di lana Della
Vedova7 preferenze e Barzellotti6: v. ASUR, Verbali Facoltà, Verbale dell’adunanza del
14 Novembre 1903, p. 402).
2
Nell’Archivio Studenti dell’Università di Roma «La Sapienza», qualche anno fa, chi
scrive ebbe modo di consultare (usiamo il passato perché attualmente i documenti di cui si
dirà risultano, purtroppo, irreperibili) i libretti delle lezioni tenute presso il Corso di Perfezionamento per i licenziati dalle Scuole Normali da Maria Montessori negli anni accademici
19071908 e 19081909. Può rivestire forse un qualche interesse la circostanza che in ambedue gli anni (se gli appunti tratti a suo tempo dall’Archivio non c’ingannano) la dicitura usata
per la materia impartita dalla “medichessa”, sulla prima pagina dei libretti, sia Antropologia
(non Antropologia pedagogica, che pure figura negli “Annuari” dell’Università romana e in
altre pubblicazioni ufficiali); sarebbe di conseguenza importante verificare, dato che in entrambi i casi il nome della disciplina e quello della docente sono manoscritti, verificare se la
grafia appartenga, almeno in un’occasione, a Maria Montessori. Purtroppo, non essendo disponibili i libretti non è possibile effettuare questo controllo; d’altro canto, l’uso della deno-
21
22
Presentazione
La possibilità che gli itinerari biografici e intellettuali di questi due protagonisti (da punti di vista e con percorsi ed esiti — anche nel senso delle “durate” — ovviamente ben diversi fra loro) della pedagogia italiana del Novecento si siano intersecati in modo significativo (magari in più punti, e sotto
diversi profili, “formativi”, “politici”, ecc.), non è stata sin qui fatta oggetto
di un’indagine a sé stante e sistematica (benché non siano mancati, in tempi
relativamente recenti, contributi di indubbio rilievo — specie nei lavori sulla
“dottoressa” marchigiana di Paola Trabalzini e Giacomo Cives)3: né avrebbe
minazione suindicata potrebbe anche spiegarsi con la necessità, dal punto di vista istituzionale, di usare la medesima intitolazione del corso libero tenuto da Montessori presso le Facoltà
di Scienze fisiche matematiche e naturali e di Medicina e chirurgia, da cui quello per la
“Scuola pedagogica” veniva, con termini moderni, “mutuato”. È altresì da notare che entrambi i libretti, all’interno, non recano trascrizione alcuna di lezioni effettuate. Sempre in merito
all’insegnamento di Maria Montessori presso la “Scuola pedagogica”, si v., in ASUR, Facoltà
di Lettere. Verbali di Facoltà 19051914 (volume ms. che in realtà contiene i verbali del
Consiglio della “Scuola pedagogica” di Roma dal 24 maggio 1905 al 19 marzo 1914), Seduta
del giorno 5 aprile 1906, pp. 2223, nel quale fra l’altro si rinviene la conferma di quanto
Montessori afferma nel suo Antropologia Pedagogica, Milano, Vallardi, s.d. [ma 1910], p.
VIII, circa il ruolo decisivo rivestito da Sergi nel far sì che il suo «libero insegnamento universitario agli studenti delle Facoltà di Scienze naturali e Medicina» fosse «assunto [...] dalla
Scuola Pedagogica della Università di Roma». Questa seconda Antropologia pedagogica raccoglie le lezioni tenute dalla Montessori nell’Università di Roma riassunte dallo «studente
Franceschetti»: il medesimo, con ogni probabilità, che trascrisse gli Appunti di storia della
pedagogia del 190607, ovverosia le lezioni di Credaro di quell’anno accademico, secondo
quanto riporta il frontespizio del dattiloscritto (inedito, ma di imminente pubblicazione in edizione critica). Sull’esperienza delle “scuole pedagogiche” disponiamo ora di un’ampia raccolta di studi, di sintesi e di approfondimento delle singole realtà universitarie, negli “Annali di
storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, nn. 10 e 11, 2003 e 2004; per La Scuola
pedagogica di Roma è da v. il puntuale saggio di Alberto Barausse (ivi, n. 10, 2003, pp. 57115).
3
Si v. Paola Trabalzini, Maria Montessori da Il Metodo a La scoperta del bambino, Roma, Aracne, 2003, pp. 5969, sugli anni della frequenza montessoriana della Facoltà di Filosofia e Lettere e dell’incarico presso la “Scuola pedagogica” di Roma, e pp. 8285, sul “caso”
— l’unico che attesterebbe un “dissidio” fra i due personaggi, tutto da documentare e precisare, però — della Commissione ministeriale per gli asili infantili, nominata da Credaro
all’epoca in cui era Ministro della P. I., le cui conclusioni pedagogicamente favorevoli
all’adozione di un froebelismo «con applicazione temperate e coordinate all’indole propria del
bambino italiano» (v. Relazione sommaria sui lavori della Commissione per gli asili infantili,
in ACS, Fondo Credaro, busta n. 13, fasc. 11, Studi e appunti sugli Asili, p. 7), sfociate nella
promulgazione del R. D. 4 gennaio 1914, Istruzioni, programmi e orari per gli asili infantili e
i giardini d’infanzia, dovevano suscitare la successiva stizzita reazione degli ambienti montessoriani e, sembra, sempre a detta dei seguaci della “medichessa”, un successivo parziale
riconoscimento da parte dello stesso Credaro della legittimità delle loro rimostranze (ma il
documento, «probabilmente una lettera», afferma Trabalzini, che racchiude questa “ammissione di colpa”, non è stato sin qui rinvenuto. Ivi, p. 85). E ancora è da v. Giacomo Cives, La
“Rivista Pedagogica” di Credaro e Maria Montessori, in ID., Maria Montessori pedagogista
complessa, Pisa, ETS, 2001, pp. 197260, unico approfondimento sistematico sin qui sviluppato delle posizioni assunte dal “fronte anti–idealista” della pedagogia italiana, raccolto dal
Valtellinese nel periodico che promosse nel 1908 e diresse sino al 1939, nei confronti della
teoria e dell’opera educativa della studiosa marchigiana (alle opinioni proprie di Credaro, al
suo sobrio ma chiaro apprezzamento del Metodo della “dottoressa”, sono dedicati i paragrafi
Presentazione
23
potuto e dovuto esserlo, a rigore, in questa occasione, dato che l’obiettivo di
Anna Matellicani era diverso, vale a dire ricostruire nel loro complesso i
rapporti intercorsi fra Montessori e la prima Università di Roma, una vicenda densa e “affollata”, nella quale l’incontro con Credaro rappresenta soltanto uno, e forse neanche il principale, fra gli episodi più significativi.
Tuttavia, è la stessa Montessori a suggerire che la pedagogia accademica
capitolina e di conseguenza il suo “lettore” istituzionale, il Valtellinese, possano aver giocato un qualche ruolo, forse anche non di secondo piano, nella
Entwicklungsgeschichte del Metodo.
Fin da quando […] mi dedicai all’istruzione dei fanciulli deficienti, credetti
d’intuire che quei metodi non erano soltanto un tentativo per aiutare gli idioti, ma
contenevano principi di educazione più razionale di quelli in uso: tanto che perfino
una mentalità inferiore poteva divenire suscettibile di sviluppo. Questa intuizione
divenne la mia idea dopo che ebbi abbandonato la scuola dei deficienti; e a poco a
poco acquistai il convincimento che metodi consimili applicati ai fanciulli normali
avrebbero sviluppato la loro personalità in modo sorprendente.
Fu allora che principiai un vero e profondo studio della cosiddetta pedagogia riparatrice e in seguito volli intraprendere lo studio della pedagogia normale e dei
principi sui quali si fonda — onde m’iscrissi studente di filosofia all’Università4.
Quanto poi, in effetti, la frequenza dei corsi di Credaro possa aver corrisposto alle attese della ancor giovane studiosa marchigiana, è tutto da verificare. Per il momento, però, va ascritto ad Anna Matellicani il merito di aver
rammentato ed evidenziato questo passaggio: e la presentazione del suo lavoro, proprio per valorizzarne la serietà d’impianto e il rigore procedurale,
tanto nello scrupolo dell’analisi quanto nella sobrietà delle interpretazioni,
reclama — perché soltanto così potrà dirsi congruente con lo spirito e la lettera del testo e porsi in effettiva linea di continuità, nel merito e nel metodo,
con il medesimo — un rilancio della “questione Montessori–Credaro” e la
congiunta proposta di un qualche nuovo elemento che possa far avanzare lo
“stato dell’arte”.
A tal fine si proporranno, qui di seguito, anzitutto, l’indice del volume
delle Lezioni di pedagogia tenute da Credaro nell’anno accademico
19031904 — quelle frequentate, per intenderci, da Maria Montessori —
raccolte stenograficamente dal Dott. Vittorio Melillo5 e, di quel corso e di
quel testo, propriamente non un inedito ma che non ebbe diffusione oltre
l’ambito degli studenti di filosofia della «Sapienza», la prolusione dedicata
conclusivi del capitolo, Il positivo apprezzamento di Credaro per la Montessori e Il riconoscimento della rivista per il valore mondiale della Montessori, ivi, pp. 249252, 252255).
4
M. Montessori, La scoperta del bambino, cit., p. 24.
5
Testo manoscritto litografato di 371 pagine (circa 9001.000 caratteri, spazi esclusi, a
pagina) suddiviso in 47 dispense. Va precisato che in realtà il volume non ha indice; quello
sopra riportato è stato ricavato dalla suddivisione in paragrafi del testo.
24
Presentazione
dal Valtellinese a Erberto Spencer6. Non sarà possibile, in questa sede, proporre un commento, ma si darà comunque modo di comprendere a “quale
pedagogia” si trovò di fronte la giovane “medichessa” — in realtà, fondamentalmente, per una storia della pedagogia7.
Lezioni di pedagogia dell’Onle. Prof. LUIGI CREDARO raccolte stenograficamente dal Dott. V. MELILLO Anno Accademico 19034. Roma, Tipo-litografia del
Genio Civile, s. d. [ma 1904].
Prolusione. Erberto Spencer, 3
Definizione e divisione della pedagogia, 16
Storia della pedagogia, 28
Bacone da Verulamio e Renato Cartesio, 29
Cartesio e la libertà scientifica ed accademica, 47
Influenza di Cartesio sulle scuole della Francia nel secolo XVII, 68
Che cosa e come insegnavano costoro [i Giansenisti], 73
L’educazione femminile francese nel secolo XVII, 78
Fénélon, 85
[Ancora sull’educazione femminile, in Francia e altrove, dal sec. XVII al XX],
98
Origine della scuola in Germania. I. La teoria, 102
Giovanni Wolfango Ratke, 104
Giovanni Comenio, 112
[Origine della scuola in Germania.] II. La pratica, 152
Il Pietismo e il Francke, 154
Ordine e sviluppo positivo della scuola popolare germanica, 166
I filosofi che prepararono la nuova pedagogia, 172
Tommaso Hobbes (1588-1679), 173
Giovanni Locke (1632-1704), 183
Svolgimento della filosofia e della pedagogia del Locke in Francia nel sec.
XVIII, 233
G. B. Cronsaz, 234
Stefano Bonnot de Condillac, 235
Helvetius, 246
Diderot, 249
6
Ivi, pp. 315. Si precisa che di qui in poi, l’uso del simbolo /, nella trascrizione dei testi,
varrà ad indicare la conclusione di pagina nell’originale.
7
In ottemperanza a questa finalità — per dare modo di stabilire, anche se in via meramente ipotetica, quanto tempo fosse dedicato alla trattazione dei vari argomenti del corso,
nell’indice è stata riprodotta anche la numerazione delle pagine. Non è stato possibile, purtroppo, consultare il libretto delle lezioni di Credaro di quell’anno accademico, che pure avrebbe rappresentato un termine indispensabile di confronto.
Presentazione
25
Il naturalismo [e Jean-Jacques Rousseau], 252
[L’Emilio], 277
Il Filantropismo. Basedow, 308
[Continuatori del Basedow], 329
Influenza del naturalismo del Rousseau ed altri pedagogisti del tempo in Francia,
337
[G. B. La Salle], 340
L’istruzione elementare in Francia durante la [dalla] Rivoluzione [al secolo XX],
342
***
Prolusione8
Erberto Spencer
Nel giorno otto di dicembre moriva nelle vicinanze di Londra l’apostolo della
educazione scientifica, H. Spencer, moriva nell’età di 83 anni. Non era mai stato
membro di alcuna accademia, non era mai entrato nell’insegnamento, non aveva mai
partecipato alla vita pubblica. Egli aveva dedicato tutta la sua attività esclusivamente
ad una altissima missione scientifica.
Se si dovessero menzionare le tre opere più utili che, in fatto di pedagogia, furono pubblicate nel periodo moderno, io dovrei menzionare l’Emilio di G. G. Rousseau, la / Pedagogia di Herb[a]rt (1806) e l’Educazione fisica, intellettuale e morale di
H. Spencer (1861). Il Rousseau può essere chiamato l’apostolo della pedagogia liberale, l’Herbart dell’Educazione morale e lo Spencer dell’educazione scientifica.
Io mi propongo di analizzare a suo tempo il pensiero pedagogico dello Spencer,
ma mi preme fin da oggi, a mo’ di commemorazione, ricordare quale sia stato il suo
alto proposito, e di esporre con brevità, senza entrare nell’esame di essa, la dottrina
in raffronto con quella dell’Herbart e del Rousseau. Fra questi ultimi vi è, a mio, avviso, un rapporto di somiglianza, di derivazione molto maggiore di quanto si creda; e
l’educazione scientifica di cui fu propugnatore lo Spencer non può essere intesa in
tutto il suo significato, se non è messa in relazione con la dottrina pedagogica del
Rousseau, se non è illuminata con l’opera dell’Herbart.
Tutti sanno che lo Spencer è nato nel 1820, che fu nella giovinezza un appassionato raccoglitore di insetti e di piante, che lavorò come ingegnere in una compagnia
costruttrice delle ferrovie — (e questa pratica della vita non è senza influenza sul
suo pensiero filo/sofico e pedagogico[)], che fece, in seguito, il pubblicista, collaborando in alcune riviste inglesi e cominciando così a fare conoscere il suo grande sistema filosofico sintetico, intorno al quale spese tutta la sua lunga vita.
8
L’originale reca, in questo punto, la seguente nota a piè di pagina: «(1) Non sapremmo
meglio dar principio al presente Corso di lezioni dell’On. Prof. Credaro, che riferendo e ponendo come Prolusione l’elevata conferenza di Lui tenuta ai suoi studenti in commemorazione del grande filosofo inglese, Herbert Spencer. (N. d. C.)».
26
Presentazione
La filosofia dello Spencer si svela in un’opera grandissima, di dieci volumi. I
primi principii. I principii di biologia, i principii di sociologia, i principii di morale,
ecc. sono una serie di pubblicazioni, nelle quali lo Spencer ha sempre innanzi a sé
una sola idea scientifica, un contenuto unico di pensiero, che abbraccia nella dottrina
della evoluzione il mondo inorganico, organico e superorganico. Il suo lavoro si
svolge parallelamente a quello del Darwin nel campo delle scienze naturali, e nel
campo delle scienze sociali e della vita civile parallelamente a quello del Marx. Così
si andava compiendo quel pensiero che deve preparare la base di una nuova civiltà.
Non spetta a me esaminare il contenuto della filosofia dello Spencer, la sua dottrina dell’evoluzione è materia che riguarda il professore di morale. A me però incombe il dovere di determinare quale sia la traiettoria della sua dottrina pedagogica./
La caratteristica dello Spencer è una grande forza di pensiero, una potenza di sintesi veramente straordinaria, una potenza che non muove da apriorismi, da principii
astratti da dottrine metafisiche, ma invece prende le mosse da una sintesi che sta sopra dati di fatto, accertati e studiati, che riguardano il mondo naturale e quello storico ed umano. Egli dimostra di conoscere ad un tempo così quello che avviene nelle
vie e nelle famiglie di Parigi come quello che avviene nelle pianure della Patagonia,
pur vivendo sempre a Londra, aveva modo di mettersi in rapporto con tutte le parti
del mondo; e riusciva così, ad organizzare intorno al principio della evoluzione tutti
i dati di fatto, necessarii per determinare le leggi generali.
Qualcuno ha definito lo Spencer lo Spinoza positivista. Ogni similitudine zoppica, ed anche questa zoppica. E’ certo però che essi hanno molti punti di somiglianza.
Ma lo Spencer, mentre conosce tutti i fatti del nostro tempo e le scienze naturali e la
biologia e la fisica e la letteratura, mentre va indagando di tutte le scienze i principii
fondamentali con una sintesi unica, nello stesso tempo conosce la letteratura, la / filosofia, la pedagogia degli altri tempi e cita Aristotele ed Emanuele Kant e Cartesio
e Leibnitz.
La caratteristica della sua pedagogia può essere questa. La educazione tradizionale, quella delle nostre scuole, che è fondata sopra lo studio delle lingue e della letteratura è inefficace, l’educazione deve avere per suo fondamento primo la scienza.
La scienza è capace di formare il cittadino assai più che la letteratura.
Come è dimostrata questa sua tesi? In che modo egli crede che si possa raggiungere la felicità? Che cosa è la felicità? Questa consiste nella vita completa, nella piena esplicazione di tutta l’attività umana, e nella piena esplicazione dell’attività umana si vengono a fondere in armonia e i sentimenti altruistici e i sentimenti personali.
L’uomo, mentre cerca la felicità personale, quando la cerchi con altezza di vedute,
con cognizione di causa, non viene a trovarsi in opposizione colla felicità collettiva.
L’uomo si perfeziona continuamente, e si perfeziona continuamente l’umanità. Di
generazione in generazione vi è un miglioramento continuo, un’elevazione
dell’umanità umana, tale / che verrà un giorno i cui il dovere e gli atti morali saranno
compiuti come un istinto. La perfezione non è alle nostre spalle, come si insegna
nelle nostre scuole, come insegnava il Rousseau che diceva essere uomo perfetto
l’uomo di natura; la perfezione ci sta innanzi in un lontano avvenire, e noi dobbiamo
dirigere i nostri passi verso questo lontano avvenire. I sentimenti altruistici vengono
sempre acquistando una maggiore estensione ed una maggiore intensità, passando da
una generazione all’altra. Non è vero che gli uomini diventano peggiori col tempo,
come alcuni sostengono; l’umanità si perfeziona continuamente, l’umanità progredi-
Presentazione
27
sce verso un fine di bene, nel quale devono trovare piena soddisfazione e i sentimenti individuali e i sentimenti collettivi.
Questa evoluzione verso una felicità ultima che coincide con la perfezione della
moralità divenuta istinto negli uomini, questa marcia è compendiata dallo Spencer
nella dottrina dell’evoluzione che abbraccia, come abbiamo già detto, i fenomeni
inorganici, organici e superorganici e i fenomeni corporali e spirituali. Nulla si sottrae a questa legge suprema del progresso continuo ed incessante. /
Affinché l’evoluzione della moralità progredisca fruttuosamente, è necessario
che si evolva l’educazione nella scuola, nella famiglia, nella società. Infatti, mentre
l’opera educativa svolge la sua influenza sopra gli adolescenti che ci stanno innanzi,
la sua azione si espande da questi alle famiglie, alle generazioni che nasceranno, nello spazio e nel tempo; in una parola, l’educazione scientificamente eseguita è universale nello spazio e nel tempo.
Si accelera così il moto della perfezione umana e l’avvento della vera moralità. E
quale sarà l’educazione che produrrà la perfezione umana, che accelererà il progresso dell’umanità? Secondo lo Spencer, quella che prepara la vita completa. Quali sono allora gli elementi che costituiscono la vita completa?
Quando noi conosceremo questi elementi, noi potremo anche conoscere quali
sono i metodi che si devono adottare nell’insegnamento, per portare l’adolescenza
alla vita completa.
Analizziamo perciò sommariamente quali attività, quali funzioni, quali atti costituiscono la vita / completa d’un uomo.
Innanzi tutto la costituiscono tutti gli atti che riguardano la vita fisica, la vita del
corpo. Non è possibile una vita completa, quando noi possediamo un corpo malaticcio — e lo Spencer ne parlava con cognizione di causa, perché egli era quasi sempre
ammalato, e anzi a 35 anni dovette per diciotto mesi lasciare interamente lo studio e
dopo non poteva occuparsi mai più di tre ore al giorno! Per 83 anni egli ebbe innanzi
a sé una missione che voleva compiere, ma questa missione egli la compieva per un
sentimento di profondo dovere, ma non con vivo piacere, perché egli produceva la
sua grandiosa opera di filosofia in uno stato continuo di anormalità fisica.
Perciò un’educazione che trascurasse la sanità fisica sarebbe un’educazione che
non porterebbe alla vita completa, non sarebbe scientifica. I genitori, che trascurano
di rinvigorire l’organismo de’ loro figli, gli insegnanti che non pensano alle condizioni igieniche delle scuole, coloro che credono di condurre degli eruditi alla gran
parata degli esami e vi conducono invece dei consunti e degli ammalati, non compiono la loro / missione scientifica.
In secondo luogo sono elementi preparatori di una vita completa gli atti che tendono alla conquista dei beni materiali. E’ necessario, infatti, per mantenere la salute
fisica e per svolgere la propria energia morale, il possesso dei beni materiali, della
ricchezza; e necessario, pel raggiungimento di essi, sostenere una lotta cogli altri, e
l’educazione deve mettere gli uomini in grado di conquistarli.
In terzo luogo, quando uno ha compiuto questi atti che mirano alla salute fisica e
all’acquisto dei beni materiali necessari alla vita fisica, si sente parte d’una famiglia
e deve quindi sempre mantenere la sua posizione di capo di famiglia con criterii
scientifici. In quarto luogo costituiscono elementi di una vita completa gli atti che
riguardano il cittadino, ed, in ultimo, gli atti riflettenti le energie dello spirito, cioè
l’attività estetica.
28
Presentazione
A ciascuno di questi cinque gruppi di attività e di funzioni corrispondono alcune
determinate materie di insegnamento e l’ordine di questi gruppi indica anche
l’ordine che si deve seguire nell’educazione. /
E infatti la salute fisica può essere conservata e difesa da chi conosce l’igiene e
la fisiologia. Per l’acquisto poi dei beni materiali, è necessaria l’istruzione tecnica e
professionale e quindi la conoscenza della fisica, della chimica, delle scienze naturali, della matematica. Per gli atti che riguardano l’allevamento e la educazione della
prole è necessario conoscere la psicologia e le leggi dello spirito. Per formare il cittadino, poi, lo Spencer suggerisce lo studio della storia; noi possiamo avere un concetto esatto della vita civile del nostro tempo, noi possiamo con coscienza compiere
i nostri doveri civili, per es. quelli elettorali, se abbiamo anche un concetto esatto
dell’organismo sociale, ed avremo un concetto esatto dell’organismo sociale, se lo
studiamo nella sua genesi. Si potrebbe qui osservare: ma la storia s’insegna in tutte
le scuole, e perciò tutti conosciamo il passato della umanità. Niente di più falso: non
è la storia delle Corti, la storia aristocratica, militare, ma è la storia delle istituzioni,
dei costumi, nei quali l’umanità vive ed estrinseca la sua attività che ci farà conoscere quale è il passato dell’umanità. E’ necessaria una storia fatta cogli alti intendimenti voluti dallo / Spencer; e questa è la Sociologia descrittiva, chi ci addita gli elementi economici, giuridici, morali del passato dell’umanità e ricostruisce il modo
col quale questa umanità assorge, a grado a grado, verso una luce di maggiore civiltà. In altre parole non la storia dei sudditi; ma la storia dei cittadini. Vengono in ultimo le attività estetiche. Secondo i programmi ufficiali della maggior parte delle
nazioni, uno studente che esce del liceo sa il latino e il greco, se li sa, un po’ di fisica, poco, di chimica, meno ancora, di storia naturale, così e così; ma non conosce
una lingua moderna. E’ un fatto che esso viaggia per tanti anni in compagnia di Omero, di Cicerone, di Orazio, tutte bravissime persone che però non lo mettono in
condizione di avere quella che si può chiamare un’educazione scientifica.
Spencer dice: bisogna rovesciare il sistema dell’educazione; ciò che si pone in
principio deve essere posto in ultimo e viceversa. L’educazione deve avere per suo
fondamento la scienza; le arti e le lettere verranno dopo. Egli parte da questo presupposto che per gustare la musica, per sentire la poesia, la pittura e la scultura, è
necessario aver fatto colazione, perché / uno che è digiuno non può intendere le arti
e la letteratura.
Il mondo oggi trasforma, rende intensiva la sua agricoltura con pochissima spesa
e in poco tempo trasporta le sue produzioni e diffonde la ricchezza, e non certo per
opera delle lettere, ma per opera della scienza; la scienza è il fattore fondamentale
della società umana, della ricchezza, il vero propulsore del progresso civile e sociale.
E per mezzo suo si migliora anche la moralità, poiché gli uomini, quando mangiano bene, si vogliono pure più bene; la moralità s’eleva, in fatti, in ragione diretta
dei mezzi economici che ci sono per soddisfare i primi bisogni della vita.
Prima la scienza, dunque, e solo come coronamento della educazione l’arte e la
letteratura.
Tutto il sistema educativo che domina nelle nostre scuole deve essere perciò
cangiato.
Alla dottrina dello Spencer obbiezioni possono farsi e se ne fanno infatti; ma il
suo concetto, esposto brevemente in questo cenno che a mo’ di commemorazione
del grande filosofo abbiamo oggi fatto, è / un concetto eminentemente pratico ed educativo. E non è vero che la scienza è priva di poesia, essa invece di poesia è riboc-
Presentazione
29
cante; non è vero che una goccia d’acqua analizzata perde la sua bellezza estetica; la
natura anche studiata nei suoi particolari è sempre piena di poesia altamente educativa.
Lo Spencer ebbe, come pedagogista, molti successi. In Francia, dove ebbe moltissime edizioni, fu assai diffuso. Esso però è ancora lontano dall’essere adottato dalle leggi scolastiche delle varie nazioni civili. Quelli che dominano ancora nelle scuole d’Italia e di Francia, e di Germania e di Inghilterra sono sempre i filologi, cioè
l’educazione del Rinascimento.
Un terzo documento che ci sembra rivestire un certo interesse per il tema
che veniamo affrontando, con particolare riguardo all’esperienza dell’insegnamento montessoriano alla “Scuola pedagogica” di Roma, è una lettera,
probabilmente inedita, della studiosa marchigiana a Credaro, del giugno
1909, conservata nel Fondo intitolato al Valtellinese all’Archivio Centrale
dello Stato di Roma. Testimonia, se non altro, dell’impegno posto dalla
“medichessa” nello svolgere il suo incarico; e fa riferimento a un evento “epocale” non solo nell’itinerario biografico e intellettuale di Maria Montessori, ma nello svolgimento della pedagogia novecentesca: la pubblicazione della prima edizione del Metodo.
Onorevole professore,
Il Segretario Dr. Bertini Calosso9 mi scrive ch’Ella sarebbe disposta a completare
l’acquisto degl’istrumenti da me ordinati per la Scuola Pedagogica, ove li ritenga
necessari. RingraziandoLa dell’offerta, mi permetto dirLe che tutti10 gli istrumenti
acquistati sono colà indispensabili, che non sarebbe possibile tenere un corso / sia
pure modestissimo, ove alcuno ne mancasse.
Colgo questa occasione per annunciarLe che è comparso un mio libro intitolato:
il Metodo della Pedagogia Scientifica ecc. e che gradirei molto offrirLene in omaggio una copia, presentandoglieLa personalmente ove Ella volesse dirmi quando potrei / senza Suo troppo disturbo incontrarLa.
Intanto, ricordando che oggi ricorre il Suo Onomastico, Le porgo i miei più vivi
augurî, mentre mi professo di Lei
Dev.ma
Maria Montessori
21 giugno 190911
9
Achille Bertini Calosso era il Segretario della Scuola pedagogica di Roma.
Sottolineatura nel testo.
11
ACS, Fondo Credaro, busta n. 10, fasc. 3, Lavori sul disegno di legge sul Tiro a segno
ed educazione fisica militare 1908. Si fa solo incidentalmente notare come al pari degli inediti
labrioliani, pure dallo scrivente rinvenuti nel Fondo Credaro conservato presso l’Archivio
Centrale dello Stato, anche questa lettera montessoriana sia allocata in una busta e in un fascicolo tematicamente e cronologicamente non congrui. Questo, per ribadire la necessità di una
nuova sistemazione del Fondo, per la quale chi scrive vuole ribadire qui pubblicamente la
propria, del tutto “volontaria”, disponibilità (le virgolette sottendono la richiesta, ad ogni buon
conto disinteressata, che a quest’opera possa accompagnarsi la pubblicazione di un volume di
10
30
Presentazione
Un quarto e ultimo elemento di riflessione si può rinvenire nel breve contributo di Credaro su La scuola pedagogica di Roma (19041923) apparso
sulla “Rivista Pedagogica” a conclusione del 1935 — dunque, fra l’altro, in
anni di ormai completo ostracismo da parte del regime nei confronti della
“medichessa”12. Il saggio è occasionato dall’istituzione, nelle Facoltà di Magistero, accanto alla Laurea in pedagogia, del Diploma di abilitazione alla
vigilanza nelle scuole elementari (R.D. 25 novembre 1935, n. 2044), nel
quale il Valtellinese saluta, con soddisfazione, il «ritorno nel grembo della
grande madre degli studi, dell’università» dei “suoi” Corsi di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali13. Di seguito Credaro dedica
una breve ricostruzione alle vicende politico-pedagogiche delle “scuole pedagogiche”, facendolo seguire dalla riproduzione di un articolo apparso sulla
“Illustrazione italiana” il 21 luglio 1907, di autore ignoto, dal titolo Una
nuova istituzione scolastica — nel quale si descriveva il funzionamento della
“scuola” di Roma14.
Al termine dell’articolo è posta una nota, il cui stile impersonale farebbe
pensare ad una provenienza redazionale ma che ci sentiremmo, al contrario,
di attribuire allo stesso Credaro.
All’articolo sono aggiunte sei fotografie della vita interna della Scuola,
che la Rivista nostra non può riprodurre. In tre di esse ha risaltato la bella figura di Maria Montessori, allora insegnante di antropologia alla scuola, mentre tiene lezione e fa esercizi collo spirometro insieme cogli studenti. Alla
Scuola Pedagogica di Roma Maria Montessori, per proposta del direttore
Credaro, iniziò il suo insegnamento. Studioso allora del Séguin, alla ricerca
di un metodo nuovo inspirato nella sua linea fondamentale dal Séguin stesso,
esponeva spesso, questi suoi primi trovamenti pedagogici al Credaro, col
quale amava ragionare e discutere, quasi ogni giorno15.
V’è, in verità, in questa testimonianza, qualche elemento non perfettamente congruente con quanto, sin qui, si è documentato e appurato. La proposta di assegnare alla Montessori l’insegnamento di Antropologia nella
Scuola pedagogica di Roma fu avanzata da Giuseppe Sergi nel periodo in cui
era Direttore era Giuseppe Della Vedova; e il tono della lettera montessoriana del 1909 dà l’idea di una assai maggiore “formalità” nei rapporti fra i due
indici del Fondo stesso, e magari anche di un secondo, un repertorio di documenti notevoli
dello stesso Fondo, selezionati, trascritti e commentati).
12
L. Credaro, La scuola pedagogica di Roma (19041923), “Rivista Pedagogica”, a.
XXVIII, n. 5, ottobredicembre 1935, pp. 553558.
13
Ivi, p. 553. Il parallelo proposto da Credaro, peraltro, getta nuova luce sulla sua concezione delle finalità e della “portata” di questo istituto universitario di cui fu promotore e sostenitore. Ma è tema, questo, che si dovrà riprendere in altra sede.
14
Cfr., in L. Credaro, La scuola pedagogica di Roma (19041923), cit., le pp. 555558.
15
Ivi, p. 558, nota n. 1.
Presentazione
31
di quanto non lasci supporre quanto riportato poco sopra. Ma Credaro, pur se
non ufficialmente, è sempre stato l’effettivo “timoniere” del Corso di perfezionamento romano e potrebbe comunque aver sollecitato l’affidamento di
cui sopra; per quanto concerne il secondo rilievo, è appena il caso di notare
come le regole e gli usi vigenti nei rapporti “gerarchici” e fra i sessi, a inizio
‘900, fossero molto diverse da quelle attuali. E questa “rivendicazione” di
colleganza e condivisione nei confronti di Montessori, da parte di Credaro
(che la nota gli appartenga o meno, a questo proposito, non segna a nostro
avviso una gran differenza), sembra, comunque, significativa e importante.
In ogni caso, c’è molta materia per lavorare ancora.
Con il mio più cordiale “in bocca al lupo!” ad Anna Matellicani
Marco Antonio D’Arcangeli
33
Avvertenza
Il volume che presento è dedicato ad una delle protagoniste italiane del
Novecento, Maria Montessori, personaggio che ha esercitato, un importante
ruolo nel campo scientifico–pedagogico, tanto da ispirare in maniera significativa il pensiero delle successive generazioni di intellettuali.
Partendo da una immagine “scontata” di una delle donne italiane più conosciute e celebrate, ho esplorato aspetti poco valorizzati, anzi direi mai sviluppati sino ad ora o male intesi come quello dell’excursus universitario–
accademico. Ne emerge un ritratto insolito a tratti inedito, capace di mostrare
la portata inaspettata della sua opera, ma soprattutto una riflessione diversa,
apparentemente semplice, ma di difficile penetrazione, che potremmo racchiudere nella declinazione di tre verbi: conoscere, amare e stimare.
Nel lavorare costantemente e con non poche difficoltà ho portato a compimento dei miei studi universitari questa tesi, dal titolo “Maria Montessori
all’Università “La Sapienza” di Roma. Tra didattica e ricerca 1890’91
1918’19 . L’elaborato compiuto, si differisce da quello discusso al termine
degli studi accademici: in primo luogo è diverso il titolo, quello attuale, La
“Sapienza” di Maria Montessori. Dagli studi Universitari alla docenza
1890–1919. In secondo luogo è cambiata, in alcuni punti, l’introduzione ed il
secondo capitolo, al quale è stato aggiunto un sottoparagrafo, per dare più
fluidità al testo. Per quanto riguarda gli altri capitoli è stato fatto, invece, soltanto un lavoro di editing, per dare maggiore uniformità al lavoro scritto.
Un’altra variazione riguarda l’Appendice, nello specifico la parte quarta e
quinta contenente i documenti relativi all’excursus accademico di Maria
Montessori. In queste due parti, per motivi di spazio, non sono stati inseriti
molti dei documenti presenti nella tesi originale; la trascrizione dei quali,
comunque, è presente nel secondo capitolo del volume (ad esclusione della
tesi di laurea di Maria Montessoti, trascritta solo in parte).
Sono molte le persone cui debbo una stretta di mano. Innanzitutto, non
posso dimenticare il primo, mentore di questo mio viaggio, voce costante in
un dialogo ininterrotto e di grande spessore nella progettazione e realizzazione di questo libro. Quindi, un grazie speciale a Nicola Siciliani de Cumis,
professore e maestro, intendendo con tale termine qualcuno capace di insegnare cose che non sono scritte nei libri. Colui che ha saputo vedere, come
ogni autentico educatore, un frutto in un modesto seme.
Devo molto a Furio Pesci professore della cattedra di Storia della pedagogia, correlatore della tesi, per l’aiuto e il supporto che mi ha dato in questi
anni, importante per il compimento di questo libro. Un particolare ringraziamento va al prof. Giacomo Cives, per aver alimentato e impreziosito la
mia ricerca con il suo sapere, concedendomi l’onore di un suo intervento in
35
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Avvertenza
questo libro. Ringrazio il prof. Marco Antonio D’Arcangeli per il suo importante sostegno fornito nella revisione del materiale su Luigi Credaro. Un
pensiero personale va alla prof.ssa Paola Trabalzini per i suoi suggerimenti
che tanto hanno arricchito il lavoro e per la sua nobiltà d’animo e sostegno
morale dedicatomi in questi anni. Un ringraziamento particolare va al dott.
Alessandro Sanzo per la paziente e costante revisione del libro, consigliandomi modifiche utili per la stesura del volume, ed alla dott.ssa Germana
Recchia per il lavoro di editing. Un affettuoso ringraziamento va a Luisa
Crisci, amica preziosa, che ha saputo distinguere i particolari in modo meticoloso e preciso.
Dal momento che la ricerca è stata condotta per lo più su fonti
d’Archivio, desidero ringraziare il Signor Angelino Iona per la disponibilità
nel segnalare il materiale presente presso l’Archivio Generale Studenti
dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza».
Esprimo gratitudine, all’Opera Nazionale Montessori di Roma e tutta
l’equipe che mi ha accolto mettendomi a disposizione tutto il materiale in
loro possesso, con garbo e professionalità.
Infine, voglio ringraziare, Guglielmo mio marito e la mia famiglia, in particolare mamma e papà, per il sostegno e la pazienza dimostrata in questi anni e per aver creduto in me dandomi forza e speranza, poiché, ben difficilmente avrei potuto condurre a termine questa fatica senza il loro amore e appoggio incondizionato.
A. M.
Introduzione
L’immagine che voglio dare al lettore è l’immagine “inedita” di una donna che, prima di diventare un personaggio di fama mondiale, è stata una ragazza con le proprie incertezze ed insicurezze, ma anche con tanta determinazione nel suo intento di dare un contributo alla società.
Oggi, Maria Montessori è celebre in tutto il mondo e le sue scuole hanno
avuto un’espansione eccezionale sia nel nostro Paese che all’estero. La sua
figura compare su di un francobollo prima, sulla moneta da duecentolire poi,
ed infine sulle banconote da millelire; questa è la prova che dopo un inizio in
sordina per il suo modello di scuola, elaborato sulla base di una continua
sperimentazione e verifica, ella è stata apprezzata ed addirittura imitata. Difatti, anche gli Ordinamenti del 1991 per la scuola dell’infanzia recepiscono
molti motivi montessoriani, anche se Maria Montessori non è mai, purtroppo, esplicitamente citata.
Eppure, inevitabilmente, l’immagine della straordinaria pedagogista ha
posto in secondo piano quella della studentessa, giovane medico, psichiatra e
femminista. L’esperienza del periodo giovanile della Montessori è stato
l’avviamento ad un lavoro pedagogico ed educativo mai sperimentato prima,
che sicuramente la portò a muoversi sempre più dalla medicina alla pedagogia.
Nella ricerca che ho condotto, ho voluto mostrare che il passaggio dalla
medicina alla pedagogia non è improvviso, ma risiede nelle esperienze professionali vissute da Montessori, nel periodo giovanile. Elementi, tuttavia,
che mostrano continuità e che aiutano a comprendere meglio Montessori adulta.
Nel ripercorrere l’itinerario della studiosa è emerso che non ha avuto vita
facile. Indubbiamente, ha ricevuto, in ogni Paese, ospitalità e sostegno; basti
menzionare alcuni dei suoi interventi all’estero come al Congresso Internazionale di Berlino svoltosi nel 1896, quello di Londra nel 1899, quello degli
Stati Uniti, ed altri che l’hanno vista sempre impegnata in prima linea in favore dell’educazione, della pace, della giustizia, della parità tra i sessi.
Nella “giovane” Montessori è costante la profonda sensibilità verso la
sfera sociale, che, in un “primo periodo”, si manifesta nella cognizione del
legame tra scuola e società e nella necessità che la pedagogia sia posta a
fondamento di un programma proteso alla liberazione dell’individuo.
Con questa ricerca ho inteso anche sottolineare che sin dalla esperienza
universitaria, Montessori si è occupata di infanzia; ciò è dimostrato dal suo
curriculum scolastico, dalla frequenza dei corsi in pediatria, psichiatria, igiene, psicologia e pedagogia.
Occupandomi della sua carriera studentesca, dei contenuti della sua didattica e delle prospettive pedagogiche sviluppate all’interno delle sue ricerche
e dei suoi scritti “giovanili”, ho potuto spiegare il successivo approdo alla
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38
Introduzione
pedagogia, tutto ciò, non tralasciando l’ambiente storico, culturale e sociale
dell’epoca.
L’intento di intraprendere una ricerca di questo tipo è nata dall’interesse
di coniugare la formazione giovanile della studiosa con la sua maturità, partire cioè da Montessori giovane allieva sino ad arrivare a Montessori matura
insegnante, per averne una visione quanto più completa ed esaustiva.
Il primum movens è stato quello di tracciare la storia formativa della ricercatrice sia attraverso il percorso educativo personale–accademico, evidenziando i legami con gli scritti apparsi in quel periodo, sia attraverso un
percorso storico relativo agli orientamenti educativi, ai curricula scolastici,
evidenziando gli ordinamenti e l’organizzazione del sistema universitario
italiano dell’epoca. Congiuntamente ho presentato una vasta documentazione, utile, soprattutto a giungere a valide conclusioni ed a spingermi verso ipotesi che contribuiscono a dare una attenta e valida visione dei contenuti
formativi, intellettuali e professionali di Maria Montessori.
Ho cercato, attraverso una minuziosa ed impegnativa ricerca, di reperire
anche il materiale cartaceo relativo all’arco di tempo che va dal 1890 al
1904. Contemporaneamente, ho approfondito gli anni dal 1904 al 1918. Tale
scelta è stata mossa dal desiderio di arricchire una biografia già ampiamente
esistente, per rafforzarla nella sua validità storica e scientifica.
Mi sono avvalsa, per la parte riguardante gli anni universitari, della documentazione conservata presso l’Archivio Generale Studenti dell’Università degli Studi «La Sapienza» e, per la parte riguardante Maria Montessori
nella veste di docente dei documenti conservati nell’Archivio Centrale dello
Stato. Queste ricerche, durate alcuni anni mi hanno permesso di arricchire la
biografia montessoriana e di dare un piccolo contributo al lettore, con la speranza di aver fornito una originale ed alternativa chiave di lettura.
La ricca documentazione reperita mi ha spinto a dividere la ricerca in tre
parti. Una prima parte riguarda il percorso educativo ed è stata divisa in
quattro capitoli. Nel primo capitolo, si esplora la prima fase di vita, storia e
formazione di Maria Montessori, partendo dall’infanzia sino ad arrivare
all’adolescenza, cioè al diploma ottenuto presso il Regio Istituto Tecnico
“Leonardo da Vinci” di Roma, nel 1890.
Nel secondo capitolo, si ripercorre l’excursus universitario soffermandosi
in modo particolare sul sistema universitario, sull’ambiente storico, culturale, politico e sociale in cui si è venuta a formare la studiosa. In questo capitolo si tratta anche degli anni di libera docenza in Antropologia presso
l’Università di Roma, e dell’insegnamento di Igiene e di Antropologia presso
l’Istituto di Magistero femminile di Roma, tenuto da Maria Montessori sino
al 1918.
Nell’approfondire gli anni universitari, ho ampiamente narrato l’ambiente
in cui si è venuta a trovare, un ambiente ancora ostile alle donne, soprattutto
alle donne “medichesse”, un ruolo ancora intessuto di pregiudizi.
Introduzione
39
Infatti, la realtà universitaria è stata per la giovane Maria ben diversa,
probabilmente, più di quanto si aspettasse lei stessa. Nonostante qualche
sconforto e delusione è stata in grado di difendersi e andare avanti portando
con sé quel bagaglio di idee che da sempre l’hanno contraddistinta.
Ha iniziato a seguire le lezioni universitarie col desiderio di studiare e
apprendere insegnamenti nuovi; si trovò dinanzi a studi quali: Istologia, Fisiologia, Psichiatria, Anatomia, Pediatria, Igiene, che tanto destavano il suo
entusiasmo ed interesse. Montessori è stata allieva di personaggi illustri, a
tutt’oggi ricordati per il notevole contributo scientifico apportato, come il fisiologo Jacopo Moleschott, l’igienista Angelo Celli, lo psichiatra Clodomiro
Bonfigli, il clinico Guido Baccelli, il pediatra Luigi Concetti, l’anatomo–
patologo Ettore Marchiafava, ed altri.
Montessori aveva davanti un futuro ragguardevole come psichiatra, in
quanto aveva scelto — come oggetto di lavoro per la propria tesi — un argomento inerente la psichiatria, dal titolo di Contributo clinico allo studio
delle allucinazioni a contenuto antagonistico.
In seguito continuò a frequentare la Regia clinica psichiatrica, e nella
stessa clinica diventò assistente volontaria, iniziando a praticare la professione medica presso vari Ospedali, tra cui il manicomio Santa Maria della
Pietà a Roma. Ed è proprio attraverso la pratica medica che la studiosa approfondì gli studi sugli stati fisiologici e patologici di quei bambini “deficienti” ricoverati con gli adulti al manicomio romano.
Da questa esperienza, ebbe inizio per Montessori un cammino lungo e
complesso, fatto di incontri e dibattiti nazionali ed internazionali per sensibilizzare l’opinione pubblica a prendere coscienza dell’esistenza di una realtà
tanto diversa, ma così bisognosa d’aiuto. In questo percorso si appoggia ad
alcuni dei suoi docenti universitari che ricoprivano oltre ad incarichi accademici, anche politici, quali: Clodomiro Bonfigli psichiatra e deputato, Guido Baccelli medico e Ministro della Pubblica Istruzione ed Angelo Celli igienista e deputato, tutti interessati ai problemi dell’infanzia rifiutata e abbandonata.
A questo periodo, appartengono le ricerche di Maria Montessori nel campo della psichiatria fatte insieme a Sante De Sanctis e Giuseppe Montesano,
con i quali collaborò all’uscita di due scritti: Sulle cosiddette allucinazioni
antagonistiche e Ricerche batteriologiche sul liquido cefalorachidiano dei
dementi paralitici, entrambi pubblicati nel 1897 dopo la laurea in Medicina e
Chirurgia.
Montessori cominciò a prendere a cuore la questione dei bambini frenastenici tanto da recarsi a Londra e Parigi per approfondire gli studi condotti
da Séguin ed Itard, dei quali analizzò le ricerche scientifiche fatte sulle malattie mentali, con l’intento di arrivare alla fondazione di appositi Istituti di
accoglienza per quei bambini anormali.
La giovane Maria si rese conto che la questione dei bambini deficienti era
di natura pedagogica prima ancora che medica, e che era necessario predi-
40
Introduzione
sporre e organizzare in modo nuovo i maestri. Da ciò venne alla luce nel
1900 la Scuola Magistrale Ortofrenica, in cui la studiosa, accanto a Giuseppe
Montesano, formò i futuri maestri.
La Scuola Magistrale nacque per iniziativa della «Lega nazionale per la
protezione dei fanciulli deficienti», promossa da Clodomiro Bonfigli, ex docente di Maria Montessori; la stessa pedagogista fece parte della Lega sin
dalla sua fondazione. Con lei nella Scuola Magistrale collaborava Montesano con il quale ella cooperava anche nell’Istituto medicopedagogico, dove
vennero dislocati i bambini prima ricoverati nel manicomio romano. Tra
Montesano e la giovane Maria ci fu un legame molto forte iniziato probabilmente quando entrambi prestavano servizio presso la Clinica psichiatrica
e finito dopo la nascita del figlio Mario.
Nel complesso questo capitolo affronta ed approfondisce l’insegnamento
condotto da Montessori sia all’Università di Roma che all’Istituto Superiore
femminile di Magistero, sottolineando il tutto, con alcuni documenti
d’Archivio che avvalorano l’analisi scientifica e storica della studiosa.
Nel terzo capitolo, si percorre il “periodo maturo”, quello in cui elabora il
metodo pedagogico fondato sull’osservazione, sul rispetto dell’individuo e
sulla libertà ed autonomia del bambino. Ho voluto approfondire l’approccio
ai bambini deficienti, l’elaborazione di quello che sarà conosciuto come
“metodo montessoriano”, l’apertura della prima Casa dei bambini e la pubblicazione della sua grande opera Il Metodo della pedagogia scientifica.
Nel quarto ed ultimo capitolo, si ripercorre l’impegno della studiosa marchigiana alla campagna di sensibilizzazione delle categorie sociali più deboli
e bisognose di protezione. Montessori interviene attraverso conferenze e
Congressi nazionali ed internazionali, denunciando sempre la necessità di
migliorare la società, coinvolgendo in questo progetto di progresso civile anche il mondo politico e accademico.
*
*
*
Nell’affrontare le questioni a lei più care c’è sicuramente, come si può rilevare dai suoi scritti giovanili, una Montessori attiva, dinamica, laboriosa, a
volte caratterizzata dall’impulsività (dall’indomito desiderio di vedere subito
cambiare le cose). Un esempio arriva dalle sue prime ricerche di Antropologia pedagogica, nelle quali suggerisce la divisione tra bambini “più intelligenti” e bambini “meno intelligenti”, e lo fa non per creare una “divisione
per classi”, ma per mettere in evidenza ciò che alla studiosa sta a cuore, cioè
proteggere e sorreggere i più bisognosi. A tal proposito, vanno ricordati due
scritti importanti: Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole e Influenza delle condizioni di famiglia
sul livello intellettuale degli scolari. L’autrice, nel presentare la separazione
41
Introduzione
tra i cosiddetti “bambini più intelligenti” e “meno intelligenti”, riscontra le
profonde influenze sociali che possono condizionare l’evoluzione scolastica
del bambino.
Accanto al “primo periodo” ho sottolineato un “secondo periodo”
(19091918) nel quale Montessori ha raggiunto una maturità personale, che
la conduce ad individualizzare e accogliere un risultato scientifico di grandi
proporzioni teoriche, ma soprattutto pratiche.
In questo “secondo periodo” la studiosa si affida ad una scrittura più matura, arricchita da esempi pedagogici da lei direttamente vissuti e sperimentati. In Maria Montessori colpisce ora la consapevolezza con cui guarda
all’esperienza sin allora compiuta; consapevolezza che la conduce a dare risalto alla libertà ed all’indipendenza del bambino, limitando l’importanza
della figura del maestro. L’insegnante per la studiosa deve svolgere il suo
ruolo di giudice con umiltà; egli deve conquistare una agilità morale fatta di
calma e pazienza, aspetti che sino a quel momento non erano stati sufficientemente considerati.
Attraverso questa ricerca si può evincere che la studiosa del “primo periodo” è una persona che si prepara su basi positiviste e riformiste, e che
pensa il suo metodo in base al reale contesto storico–sociale. Montessori del
“secondo periodo” si adopera a far conoscere e diffondere la sua esperienza
nel mondo.
*
*
*
La seconda parte della ricerca è dedicata ad alcuni temi già affrontati precedentemente e che ho riproposto in Appendice, in chiave diversa, in quanto
possono definirsi “inediti”.
Difatti proprio in Appendice ho ripresentato il tema — esaminando il tutto da un punto di vista prettamente documentaristico — degli anni in cui Maria Montessori frequenta l’Università. Anche in questo caso ho ritenuto opportuno dividere la ricerca in quattro parti.
Una prima parte, dal titolo Maria Montessori all’Università «La Sapienza», in cui ho esposto minuziosamente i corsi e gli esami che Montessori ha
frequentato e sostenuto alla Facoltà di Scienze fisichematematiche e naturali dell’Università di Roma, alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e per il Corso di perfezionamento in polizia sanitaria. Per la Facoltà di Filosofia, invece,
ho esposto solo le lezioni frequentate dal 1902 al 1904, poiché non ho trovato nessuna documentazione riguardante gli eventuali esami sostenuti o
l’eventuale conseguimento della laurea in Filosofia. L’unico dato emerso riguardo alla Facoltà di Filosofia è stato la frequenza dei corsi di Filosofia teoretica, Storia della filosofia, Filosofia morale, Pedagogia, Psicologia ed altre
discipline, impartiti da docenti come Antonio Labriola, Luigi Credaro, Sante
42
Introduzione
De Sanctis, ed altri. personaggi con i quali la pedagogista fu anche legata da
rapporti professionali.
Per agevolare il lettore, ho ritenuto opportuno, in questa prima parte
dell’Appendice, ripartire in anni accademici gli esami sostenuti e superati
dalla “studentessa”, inserendo per ogni esame il probabile programma seguito e i testi sui quali la “studentessa” avrebbe studiato.
La seconda parte dell’Appendice è costituita da una nota biografica dei
docenti universitari con cui Montessori ha frequentato i corsi; anche in questo caso ho utilizzato la suddivisione dei docenti per Facoltà, e all’interno di
ogni gruppo i nomi sono in ordine alfabetico.
Nella terza parte, dal titolo Gli studi e gli interessi accademici di Maria
Montessori negli scritti giovanili, ho approfondito la ricerca evidenziando
come negli scritti compresi tra il 1896 ed il 1907 risaltino i frutti dei suoi
studi giovanili. In questo caso è stato importante ripartire gli scritti della studiosa in base agli anni di pubblicazione. La scelta di indagare alcuni tra gli
scritti pubblicati sino al 1907, è stata conseguente a quella di occuparmi della “giovane Montessori”, pur restando ferma l’importanza di tutti i contributi
della pedagogista sino al 1909.
Nella quarta parte, dal titolo Documenti relativi agli esami sostenuti da
Maria Montessori all’Università sono compresi tutti i certificati degli esami
sostenuti da Montessori tra il 1890 ed il 1896, ed i registri d’iscrizione della
Facoltà di Filosofia.
Nella quinta ed ultima parte, dal titolo: Documenti relativi l’excursus accademico di Maria Montessori, ho inserito delle missive, molte inedite, riguardanti la carriera accademica che hanno visto la marchigiana, come docente sino al 1918.
Per la vasta documentazione reperita è stato opportuno raccogliere i documenti in un secondo volume, dove oltre a catalogare la documentazione
della carriera scolastica della Montessori, ho inserito una quinta parte costituita da una serie di lettere relative alla libera docenza e all’insegnamento di
Igiene e Antropologia all’Istituto Superiore femminile di Magistero di Roma.
Alla luce della pubblicazione del testo ho ritenuto, con il professor Nicola
Siciliani de Cumis, sintetizzare la documentazione, scegliendo solo alcuni
dei tanti documenti raccolti che risultano più significativi e di facile comprensione per il lettore.
In definitiva, se le motivazioni di questa ricerca sono state largamente
precisate, non si può tuttavia nascondere che proprio il tipo di lavoro condotto ha presentato delle difficoltà.
Infatti, un primo nodo problematico è stato quello della reperibilità e limitatezza delle fonti, nonché della loro disorganicità. Un altro nodo è stato
quello della non facile interpretazione dei documenti, scritti per lo più a mano, e delle lacune che la stessa documentazione presenta, come la mancanza
dei certificati riguardanti i programmi ed i testi d’esame.
Introduzione
43
Nonostante tutto bisogna dire che gli studi e le ricerche si sono rivelati
quanto mai interessanti, mi riferisco in particolare allo studio degli Annuari
scolastici (18901910), ai testi che riguardano la storia dell’Università relativa ai regolamenti ed al materiale documentario. Questo ha permesso di
compiere approfondimenti ed in qualche caso ha consentito di delineare il
percorso formativo di Maria Montessori in modo diverso rispetto a quanto
fatto da altri autori1.
Il merito di questa ricerca è stato di riportare alla luce e trascrivere documenti dimenticati e sepolti negli Archivi, che possono, a mio avviso, dare
ai cultori del pensiero e dell’opera di Maria Montessori, nuovi elementi per
una proficua e futura discussione.
1
2000.
Mi riferisco al libro di V. P. Babini, L. Lama, «Una donna nuova», Milano, Angeli,
Capitolo primo
Vita e prima formazione educativa (18701890)
1.1 Premessa
In questo primo capitolo l’obiettivo che mi propongo è quello di fornire
al lettore un quadro completo e succinto dell’ambiente familiare, storicoculturale e politico nel quale Maria Montessori è nata e cresciuta. A tale
scopo nel ripercorrere l’infanzia, l’adolescenza, l’ambiente familiare di
Montessori, ho utilizzato per lo più materiali tratti da studi già esistenti, tracciando in modo breve e attento la prima formazione educativa. Inoltre ho ritenuto importante ricostruire attraverso particolari esperienze, la quotidianità
di una bambina, divenuta adulta e donna che non ha saputo dimenticare l’età
magica, misteriosa, l’età che non ricordiamo più, in cui tutto è incredibilmente primo.
1.2 L’infanzia
Il dramma del neonato è il totale distacco dalla madre che, finora, ha fatto tutto
per lui. Separato da lei […] egli deve ad un tratto compiere da solo tutte le funzioni
della vita. Fino a questo momento era cresciuto adagiato là, dove un liquido tepido
creato per lui, perché meglio potesse riposare, lo difendeva da ogni urto, da ogni
squilibrio di temperatura; là ove mai non gli era giunto il minimo raggio di luce, né
il più lieve rumore1.
Maria Montessori descrive così il “dramma” della nascita al momento del
distacco del neonato dalla madre, sofferenza che nessuno vede nel bambino
appena nato, soffermandosi solo sulla felice presenza nella famiglia di quel
corpicino nuovo che «riunisce tutti in un sentimento d’amore»2. Montessori
descrive la tribolazione che il neonato avverte quando viene proiettato
dall’oscurità alla luce e al mondo dei suoni.
«Paragona il neonato a un pellegrino che giunge da remote distanze, esausto e malconcio. In nessuna altra epoca l’uomo incontra una simile occasione di lotta e di sofferenza; è la prima volta che l’uomo riflette in sé il Cristo che muore e il Cristo che ascende»3.
Questi sono temi importanti nella vita di Maria Montessori, ripresi più
volte e che oggi lasciano un segno nella storia del mondo. Infatti, ella posse-
1
M. Montessori, Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti Editore, 1991, p. 16
Ivi, p. 17.
3
M. Schwegman, Maria Montessori, Bologna, il Mulino, 1999, p. 14.
2
45
46
Capitolo primo
deva la capacità straordinaria di “vedere” tutta la storia del bambino e di
rappresentarla in una sintesi maestosa e viva.
Nata a Chiaravalle un piccolo paese della provincia di Ancona, il 31 agosto 1870, figlia unica di Renilde Stoppani e Alessandro Montessori, Maria,
sin da piccola, ripose nei genitori un affetto senza limiti. Quell’amore che i
genitori cercarono di darle sempre, teso al ritrovamento di sé e all’adattamento alla vita sociale.
Negli anni dell’infanzia, l’amore ricambiato ardentemente dai genitori fece in modo da tendere su quell’unica figlia molti dei loro desideri incompiuti, aspirazioni tipiche di quella borghesia, che aveva fatto la nuova Italia.
L’ambiente in cui nacque e visse Montessori contribuì a farle maturare
una “filosofia” in cui coesistevano fede religiosa e istanze moderne. Nella
sua formazione intellettuale, la figura della madre ebbe un posto di rilievo.
Renilde Stoppani, nata a Monsanvito il 24 aprile 1840 da una famiglia di
proprietari terrieri, aveva profonde convinzioni liberali e cattoliche e in tal
modo univa elementi della scienza moderna ad una profonda fede religiosa.
Una presenza spirituale, per la piccola Maria, rappresentava poi lo scienziato
e letterato italiano Antonio Stoppani, zio della madre di Maria, sacerdote liberale e rosminiano, che si distinse nel corso delle cinque giornate di Milano
del marzo 1848 e nella guerra del 1866 alla quale partecipò come volontario
nella Croce Rossa. L’abate Stoppani aveva dedicato la sua vita al desiderio
di riavvicinare lo spirito della scienza e lo spirito della religione, scrivendo
sull’argomento i libri Storia della creazione secondo la ragione e la fede4 e
Il dogma e le scienze positive5. Grazie a questi scritti scientifici e divulgativi,
Stoppani ebbe modo di raggiungere posizioni istituzionali di prestigio come
l’affidamento nel 1861 della cattedra in Paleontologia all’Università di Pavia, per poi passare nel 1862 ad insegnare all’Istituto tecnico superiore di
Milano (l’odierno Politecnico)6. Sostenitore dell’unione tra Stato e Chiesa é
conosciuto per essersi distinto nell’Italia post–unitaria per le sue idee liberali
e autarchiche e viene così a lasciare una traccia indimenticabile nella sua parentela. Infatti, la figura dell’abate giocò un ruolo primario per la formazione
della giovane pedagogista; non si parlava spesso dello zio Stoppani, ma la
sua presenza veniva avvertita proprio per i suoi scritti e per la sua personalità
innovativa per quell’epoca. La giovane Maria, presumibilmente, subì la sua
influenza attraverso gli incontri personali e la lettura dei suoi libri. Ciò è facilmente deducibile dallo stile montessoriano, scorrevole e ricco di immaginazione e di inventiva.
Un’altra figura importante nella crescita educativa della Montessori è il
padre: Alessandro Montessori, nato a Ferrara il 2 agosto 1832 da una famiglia bolognese. Uomo pratico e preciso, studioso di matematica e retorica,
4
A. Stoppani, Sulla Cosmogonia Mosaica, Milano, 1887.
Id, Il dogma e le scienze positive ossia La missione apologetica del clero nel moderno
conflitto tra la ragione e la fede, Milano, 1882.
6
C. G. Lacaita, Sviluppo e cultura, Milano, Angeli, 1984, pp. 188–195.
5
Vita e prima formazione educativa (1870–1890)
47
intraprese la carriera statale. L’educazione ricevuta, piuttosto rigida e costituita da regole militari, l’aveva profondamente plasmato e il carattere fermo
e deciso già si intravedeva quando, da giovane, aveva partecipato alle prime
guerre di indipendenza. Fu impiegato come funzionario al dipartimento delle
finanze dello Stato Pontificio dal 1850 al 1853; poi diventò ispettore
dell’industria del tabacco e del sale, prima a Comacchio e a Cervia, in seguito a Bologna e a Faenza. Con tale carica, fu inviato nel 1865 a Chiaravalle,
dove conobbe Renilde Stoppani, più giovane di otto anni, che sposò nel
1866.
Maria fu, così, educata secondo regole severe, basate sulla disciplina e
sull’impegno. Anche la madre, nonostante le sue idee liberali, era una donna
di forte personalità e in uno dei pochi episodi ricordati da Maria a proposito
della sua infanzia, poi riportati in molte biografie, viene infatti rammentata la
sua severità. A testimonianza di ciò richiamo un episodio della sua infanzia:
la famiglia era da poco tornata da un viaggio. Maria disse che aveva fame, la
madre rispose di aspettare un momento, ma la bambina non voleva saperne e
con insistenza chiedeva qualcosa da mangiare. La mamma allora le diede
qualcosa: “Se non puoi aspettare prendi questo”. Era un pezzo di pane stantio rimasto in casa un mese intero7.
Entrambi i genitori riponevano grandi aspettative su Maria: la madre era
convinta che la figlia fosse destinata ad adempiere un’importante missione
nel nuovo mondo. Difatti, si stava avvicinando un’epoca che avrebbe reso
protagoniste le donne, in modo particolare nella partecipazione alla vita sociale.
Da sempre i genitori proiettano sui figli molti dei loro desideri irrealizzati, e spesso ciò è causa di profonde crisi nel bambino. Questo è appunto il caso dei bambini iper–sensibili che non sono capaci di distinguere le proprie
fantasie, capacità e necessità da quelle proiettate su di loro dai genitori.
Montessori è divenuta la portavoce della sensibilità e dell’intelligenza dei
piccoli, proprio attraverso queste qualità, le sue riflessioni a riguardo porteranno ad una lettura montessoriana del bambino: «bambino creatore di vita,
padre e costruttore di vita»8.
Montessori scriverà, una volta adulta, che i genitori piuttosto che interessarsi a quello che il bambino “è” vogliono sapere solo se i figli riescono a
comprendere le loro regole, cioè la cultura degli adulti e in tutto ciò, afferma,
“si racchiude la soddisfazione dei padri”9.
Suo padre senza alcun dubbio apparteneva proprio a questa categoria: per
lui era importante, giacché badava molto all’apparenza, che sua moglie e sua
figlia uscissero ben vestite e facessero sempre bella figura.
7
M. Schwegman, op. cit., p. 18.
A. Scocchera, Maria Montessori, Quasi un ritratto inedito, Firenze, La Nuova Italia,
1990, p. 70.
9
M. Schwegman, op. cit., p. 21.
8
48
Capitolo primo
La madre pur essendo legata alle convenzioni sociali, possedeva una personalità più mite (dovuta forse al fatto di essere religiosa) e propensa a prestare attenzione a tutto ciò che interessava la figlia.
La famiglia Montessori presentava, dunque, le caratteristiche di una famiglia comune dove l’affetto e l’unione erano alla base del vivere insieme,
nonostante non mancassero le incompatibilità. Questa incompatibilità era legata per esempio alla scelta scolastica della figlia (la scelta non approvata da
entrambi i genitori di frequentare una scuola superiore di indirizzo matematico, piuttosto che classico) e al comportamento distaccato del padre.
La giovane Maria vedeva, spesso, i suoi genitori scontrarsi e cercava fin
da piccola di riconciliarli, tanto che una volta salì su una sedia e unì le mani
dei genitori in litigio10. Il voler porre fine ai contrasti dei genitori aveva per
Maria una ragione intrinseca: diffondere l’armonia, la gioia di vivere e la
possibilità di trasformare le persone da aride a generose. L’amore, in particolare quello materno, favorisce lo sviluppo armonioso del corpo e dell’anima
del bambino. E in questo si racchiude il sogno di tutta la vita della Montessori: volere un “eroismo interiore” non “esteriore” basato sull’arricchimento
dell’anima e sul desiderio di dare agli altri qualcosa di nuovo.
La sua intenzione vera di diffondere la pace e porre fine ai conflitti che vedeva attorno a sé, in modo da trasformare il pane duro in un pasto buono,
perché, come era solita dire: “l’uomo non vive di solo pane”11, la “vita é
gioia”12 che si raggiunge attraverso l’amore. Questo desiderio mette in evidenza il rapporto “ambiguo” col padre, perché se da un lato essa accoglie
l’aspirazione paterna di vederla maestra, dall’altro si ribella alla scelta di incarnare quel modello femminile concepito dal genitore.
1.3 Il contesto storico, culturale e sociale
Nel 1870, anno di nascita di Montessori, in Italia si era da poco compiuta
l’Unità (17 marzo 1861) ed il nostro Paese attraversava un periodo estremamente importante per l’affermazione e lo sviluppo delle nuove istituzioni
democratiche, rilevanti per il consolidamento della vita nazionale.
All’indomani dell’Unità, l’Italia conobbe una grande trasformazione economica provocata dall’avvento e dallo sviluppo dell’industrializzazione, che
mutò le condizioni di vita e le abitudini di parte della popolazione. Il reddito
nazionale aumentò come anche quello medio individuale e crebbe la produzione industriale. Infatti l’Italia da Paese agricolo, si trasformò in Paese agricolo–industriale. Questo processo di sviluppo investì le regioni centro–
10
A. M. Maccheroni, Come conobbi Maria Montessori, Roma, Ed. Vita dell’Infanzia,
1956, p. 25.
11
M. Montessori, Antropologia Pedagogica, Milano, Vallardi, s.d. 1910, p. 107.
12
Ibidem.
Vita e prima formazione educativa (1870–1890)
49
settentrionali della penisola, mentre le plebi meridionali erano costrette ancora dalla miseria ad un’emigrazione sempre più massiccia13.
Insomma, il panorama economico, politico e sociale in quegli anni era in
continuo cambiamento, così come quello culturale.
Tra Ottocento e Novecento, in Italia si manifestarono sul piano culturale
e scientifico delle novità. Infatti, incominciò ad affermarsi un nuovo orientamento culturale che investì non solo la filosofia in senso stretto, ma anche
la “mentalità comune”. Nacque la «Filosofia positiva» che prese il nome di
Positivismo: l’uomo cessa di chiedersi il “perché” dei fenomeni e bada al
“come” essi avvengono.
In Italia la filosofia del Positivismo, a differenza della Francia e dell’Inghilterra, raggiunse particolare successo solo alla fine dell’Ottocento. Questo
ritardo era dovuto non solo al lento sviluppo tecnologico–scientifico, ma anche al fatto che l’Italia continuava a subire condizionamenti di ordine religioso14.
A introdurre in Italia i temi del Positivismo contribuirono personaggi con
i quali Montessori strinse rapporti. In particolarmodo ricordiamo il filosofo
Roberto Ardigò e lo psichiatra Cesare Lombroso. Il primo, scontrandosi con
il diffuso clima culturale idealistico–spiritualista, sostenne la necessità del
metodo “positivo” e l’importanza di un riferimento costante all’esperienza
concreta, perché indispensabile presupposto per ogni costruzione teorica.
Lombroso, invece, partendo dalle premesse teoriche del Positivismo, fondò
l’Antropologia criminale, la disciplina secondo la quale i comportamenti dei
criminali sono determinati da imperfezioni e anomalie di ordine fisico.
Nella seconda metà dell’Ottocento si verificarono straordinari sviluppi in
tutti i campi scientifici. Ad esempio, nel campo medico–biologico, Louis Pasteur scoprì lo streptococco responsabile della febbre puerperale, aprendo la
strada alla prevenzione delle malattie attraverso le vaccinazioni. L’aspetto
più innovatore del pensiero e della cultura dell’età positivista è costituito indubbiamente dal darwinismo, cioè dalla teoria biologica sull’evoluzione naturale degli esseri viventi, dello studioso inglese Charles Darwin15. La teoria
evoluzionistica, infatti, suscitò fin dal suo primo apparire, un grande interesse, ma anche numerose polemiche che erano destinate a durare nel tempo. Di
fatto Darwin, affermando che tutti gli organismi viventi non sono comparsi
sulla terra così come ci appaiono, ma sono il risultato di una lunghissima serie di trasformazioni, che è iniziata con l’origine della vita e continua ancora,
13
14
Ivi, pp. 240–242.
F. Roncoroni, Lingua, storia e società, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1992, p.
236.
15
Charles Robert Darwin, naturalista inglese (18091882). Seguendo la tradizione famigliare intraprese gli studi in medicina, ma in seguito li abbandonò e fu indirizzato verso la carriera ecclesiastica. Conseguita la laurea in Scienze naturali si dedicò a studi e ricerche che dovevano condurlo all’elaborazione della sua teoria evoluzionistica, basata sulla selezione naturale.
50
Capitolo primo
non solo si ribellava alle idee correnti avallate dalla chiesa circa la creazione
del mondo e degli esseri viventi, ma avanzava anche l’ipotesi, ritenuta scandalosa, che l’uomo discendesse da animali a lui inferiori nella scala evolutiva16.
La giovane marchigiana conobbe i testi di Darwin ai tempi dell’università, quando nelle Facoltà di medicina si consolidavano man mano le nuove
scienze come: biologia, embriologia, medicina sperimentale, antropologia,
psicologia, medicina mentale, igiene, ecc.. Nelle aule risuonava non solo il
nome di Darwin, ma anche di Lamarck, Pasteur, De Vries e Mendel, Lombroso, Wundt e Binet. Da questo ambiente in continuo evoluzione Montessori accolse positivamente tutte le prospettive scientifiche, importanti per la
sua concezione pedagogica. Al contempo, essa prese le distanze da qualunque concezione meccanicistica e materialistica della vita dello spirito, poiché
non riescono a soddisfare il carattere religioso della sua anima. Se nel suo
metodo emerge una contraddizione, questa sicuramente è data dal conflitto
tra la sua formazione scientifica e il suo personale orientamento di pensiero.
Nello stesso tempo, tuttavia, “la sua opera rientra a buon diritto nella grande
corrente moderna del liberalismo pedagogico”, come scrisse in un articolo
Guido Calogero in occasione della morte della Montessori17.
Il nome che spesso viene associato a quello della Montessori è J. J. Rousseau autore dell’Émile. Entrambi trattarono il tema dell’autoeducazione, sostenendo che l’influenza repressiva dell’adulto deforma le tendenze spontanee del bambino, il quale lasciato a se stesso crescerebbe certamente migliore.
La differenza tra i due studiosi, si mostra nel fatto che, pur perseguendo
lo stesso fine, nel primo il pensiero pedagogico si sviluppò come logica conseguenza della sua concezione filosofica: l’ambiente educativo che proponeva era basato su un’astrazione intellettualistica, sulla non concezione del
tempo e su un ritorno dell’umanità ad uno stato presociale. Nella Montessori,
invece, tale pensiero aveva origine dall’elaborazione dei risultati dell’esperienza, giungendo così ad un’impostazione speculativa della sua pedagogia.
Montessori colse quel che il pensiero idealistico richiedeva da tempo:
cioè un’educazione intesa come autoeducazione, utilizzando le tecniche delle
scienze sperimentali sorte dal Positivismo e dando così vita ad una corrente
singolare e originale.
16
17
F. Roncoroni, op. cit., p. 273.
M. Pignatari, Maria Montessori, Roma, Comitato Italiano dell’Omep, 1967, pp. 69–70.
Vita e prima formazione educativa (1870–1890)
51
1.4 L’adolescenza
Nel 1875 la famiglia si trasferì a Roma, luogo dove la piccola Maria
crebbe e si formò, poiché suo padre fu chiamato ad occupare un posto di rilievo al ministero delle Finanze.
Negli anni 18761881, Maria Montessori cominciò a frequentare la scuola elementare di via di “San Nicolò da Tolentino”. Sin da piccola si dimostrava sensibile, socievole, gioiosa ed attenta a tutto ciò che la circondava.
Nell’adolescenza, cominciò a distinguersi per il suo carattere deciso e sicuro e ciò veniva fuori in ogni occasione che le si presentava. In quel periodo, infatti, la giovane Maria si trovava dinanzi ad una realtà in fermento, un
mondo in cui era pressante l’urgenza di trasformare le strutture tradizionali,
condizionate in maniera negativa da antichi pregiudizi, in modo particolare
riguardo all’educazione femminile e alle attività riservate alle donne. Per lo
sviluppo industriale e il progresso in genere si aprivano necessariamente
nuovi orizzonti, nuove attività, nuovi studi e professioni.
In questo ambiente, la giovane Maria maturò l’idea di iscriversi alla Regia Scuola Tecnica. Superando l’opposizione dei genitori, soprattutto quella
paterna, il quale preferiva per la figlia studi umanistici, più consoni al
modello femminile.
Questa scelta coraggiosa la portò, seguita da altre donne, a rompere i legami con la tradizione, contribuendo così al progresso della vita civile e sociale del Paese.
Nel 1883, Maria entrò nella Regia Scuola Tecnica “Michelangelo Buonarroti”, scuola da sempre dominio maschile. Compì quindi un atto coraggioso (anche se non l’unico)18, ma la sua esperienza fu dura: «i suoi compagni non l’accettavano e importunavano talmente le due ragazze che, per proteggerle dai dispetti durante gli intervalli, venivano rinchiuse in un locale
speciale»19.
In questa scuola tutto era ripetitivo, noioso, senza alcuna possibilità di
svolgere attività spontanee; gli allievi dovevano imparare tutto a memoria,
tutto era finalizzato a non fare emergere la propria individualità. Maria osservava in silenzio senza mai disubbidire apertamente (infatti il suo voto più
alto era il voto in condotta). In tale situazione Maria trova consolazione nel
ripetere alla madre ogni sera, affranta, ciò che ha imparato a scuola e questo
contribuì ancora di più a unire le due donne.
Era dunque Renilde, costretta dalle circostanze all’autoeducazione, che stimolava
la figlia ad assorbire le materie nello stesso modo che Maria più tardi presenterà come l’unico grazie al quale si possa veramente imparare: assimilando lentamente dal-
18
Nella Regia Scuola Tenica, Montessori in realtà, non era sola, ma c’era con lei una giovane ragazza che non ha lasciato traccia nella storia. Vedi, M. Schwegman, op. cit., p. 25.
19
Ibidem.
52
Capitolo primo
la fertile humus della propria personalità la conoscenza ottenuta, finché ne nasca
qualcosa di nuovo20.
La riconoscenza per la madre è qualcosa che Maria porterà con sé per tutta la vita, tant’è vero che la studiosa porterà sulla tomba materna la prima
copia del suo libro Autoeducazione nelle scuole elementari21.
Dopo aver affrontato vari ostacoli, nel 1886 ottenne il diploma con la votazione di 137 su 16022. Nello stesso anno decise di continuare gli studi di
matematica e di scienze frequentando il Regio Istituto Tecnico Leonardo da
Vinci (equivalente all’odierno Liceo Scientifico) dove, nel 1890 conseguì la
licenza Fisico–matematiche23.
La giovane Maria durante questi anni di intenso studio scoprì l’interesse
per la matematica, una propensione tale da ponderare l’idea di iscriversi alla
Facoltà di Ingegneria. La giovane era particolarmente portata per la matematica, fisica, chimica, così come per l’italiano e la geografia, meno invece per
le materie come lingue e disegno24.
La scuola intrapresa dalla Montessori non era da considerare una vera e
propria scuola secondaria, piuttosto un istituto professionale che garantiva
un minimo di cultura, ma non permetteva l’accesso a tutte le Facoltà universitarie.
Si trattava quindi, di un percorso scolastico che, pur permettendo ad una
famiglia piccoloborgheseoperaia di diventare autonoma e di avere un lavoro socialmente utile e riconosciuto, non facilmente permetteva l’ingresso,
a chi lo volesse, di intraprendere gli studi universitari.
Come vedremo, la giovane Montessori dovrà, infatti, affrontare anche
queste difficoltà.
20
Ivi, p. 26.
M. Montessori, L’Autoeducazione nelle scuole elementari, Roma, Milano, Garzanti,
1916, ripubblicato in edizione storica, Milano, 1962.
22
G. H. Fresco, La Montessori perché no? Una pedagogia per la crescita, Milano, F. Angeli, 2000, p. 39.
23
Vedi Parte IV, All. n. 1 e 1/bis.
24
Fascicolo personale Maria Montessori contenente, oltre il certificato di licenza, anche il
libretto scolastico ottenuto presso il Regio Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci”. Posizione
R.S. 170, presente nell’Archivio studenti dell’Università «La Sapienza».
21
Capitolo secondo
Gli anni dell’Università
2.1 Una scelta coraggiosa
Maria Montessori, dopo aver meditato a lungo, decise a sorpresa di studiare medicina. Probabilmente questa scelta, come ci racconta la sua allieva
Anna Maria Maccheroni nel libro Come conobbi Maria Montessori, fu dovuta a quella che Montessori definì una “chiamata misteriosa”. Alla Maccheroni, infatti, Maria diceva di non conoscere il motivo di tale cambiamento.
Fu un momento. Una sera in una via di Roma Maria vide seduta sul marciapiede
una povera donna con in grembo un piccolo bambino, che aveva in mano una strisciolina di carta rossa. Ricordava bene questo dettaglio, ne parlava descrivendo questa scena nella via e diceva come in quel momento le venne la decisione di studiare
medicina. Mentre raccontava questi strani fatti i suoi occhi avevano uno sguardo
profondo come se volesse cercare, scavare tra cose che sono al di là delle parole. E
lei stessa domandava: “perché?” Come un lieve, espressivo movimento della mano,
faceva capire che strane cose accadono dentro di noi per guidarci a un fine che non
conosciamo…1
Nel decidere di proseguire e intraprendere gli studi di medicina, la giovane Maria non mancava d’incontrare dure opposizioni ovunque. Il primo ostacolo che si trovò di fronte fu, proprio, la difficoltà ad iscriversi a medicina. La licenza ottenuta presso il Regio Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci”
le consentiva l’accesso universitario, ma limitatamente alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Infatti lo stesso art. 8 del regolamento universitario recitava: «La licenza della sezione fisico–matematica dell’Istituto tecnico dà adito alle Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali
delle università»2.
Con la tenacia e la fermezza di sempre, Montessori scrivendo e riuscendo
a fissare un appuntamento, chiese appoggio a Guido Baccelli, primario di
Clinica medica dell’Università di Roma e deputato al parlamento dal 1874,
che negandole l’aiuto, confermò l’impossibilità ad iscriversi alla Facoltà di
Medicina. Il parere negativo del professor Baccelli era forse dovuto al fatto
che conosceva bene l’ambiente accademico e le resistenze nei confronti della
presenza femminile nelle Università. Si narra che in quell’occasione Maria,
senza scoraggiarsi, gli rispose: «…Eccellenza, studierò medicina»3. Infatti,
1
A. M. Maccheroni, op. cit. p. 27.
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1890–91, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1891,
p. 170. D’ora in avanti questo sarà citato: Annuario 1890–91 con l’indicazione delle pagine.
3
A. M. Maccheroni, op. cit., p. 28.
2
53
54
Capitolo secondo
continuò a mantenere ferma la sua causa fino ad ottenere un intervento conclusivo di Papa Leone XIII4. Vicende rese note una volta che Montessori divenne un personaggio pubblico in un articolo apparso su «L’Illustrazione italiana»5.
La mentalità corrente era sfavorevole all’iscrizione di una donna
all’Università ed i presidi rifiutavano di accettare studentesse; anche se il Regolamento Bonghi, del 3 ottobre 1875, dichiarava — novità assoluta — che le
donne potevano essere immatricolate qualora presentassero i documenti e titoli
richiesti (art. 8)6.
Questo fu un passo importante, ma sarebbe rimasto vano senza un cambiamento radicale, per quanto riguardava il titolo richiesto per l’accesso a
tutte le università. Difatti prima del 1883 potevano accedere ad alcune Facoltà, come medicina, solo gli uomini e coloro che avevano conseguito la licenza liceale, ma nel 1883 il Parlamento intervenne decidendo che anche le
donne potevano entrare al liceo classico.
L’ingresso delle donne all’Università venne accolto, come si può facilmente immaginare, con disappunto dal corpo docente e dagli studenti. Sulle
riserve riguardo alla presenza femminile all’Università è emblematico il discorso, nel 1881, di un certo dottor Rota che in uno scritto dal titolo Le studenti e le medichesse, letto all’Ateneo di Brescia, scriveva:
la sconvenienza per la giovinetta di sedere nella facoltà medica a canto agli studenti,
e come nemmeno s’addica alla donna l’ufficio di medichessa, acciò resti contenta
del proprio stato, né si pretenda da lei cosa indebita o impossibile. Per uscir medichessa, e in certa guisa cessare di essere donna finirebbe per diventare clorotica, forse tisica, o pazza, certo nervosa, non riuscendo ad emulare i compagni che hanno
una tempra più robusta, maggior capacità e saldezza di propositi e di cuore7.
Il dottor Rota non rappresentava un’eccezione, ma un tipico modo di pensare generale o quasi.
L’ambiente accademico e non solo, continuava ad avere dei pregiudizi
per quanto riguardava l’ingresso delle donne in alcune professioni prima di
allora di competenza prettamente maschile.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento c’era un orientamento
negativo nei confronti dell’istruzione superiore femminile, e quelle poche
4
Notizia riportata nel libro di R. Kramer, Maria Montessori. A. Biography, Reading Massachuset, Addison–Wesley, Publshing Company, 1988, pp. 34–35.
5
«L’Illustrazione italiana». Giornale per le famiglie del 5 marzo del 1899, nell’articolo
dal titolo: La medichessa Maria Montessori. Le sue strane vicende e le sue conferenze.
Nell’articolo si narra delle passate vicende della medichessa Montessori per frequentare le
lezioni di latino e greco “nascosta dietro un assito di legno, per non turbare con la sua presenza i giovani seminaristi”. La frequenza alle lezioni fu possibile grazie all’intercessione di un
religioso (non bene identificato).
6
A. Forti Messina, Il sapere e la clinica, Milano, Franco Angeli, 1998, p. 208.
7
Ivi, pp. 209–210.
Gli anni dell’Università
55
donne che coraggiosamente decidevano di continuare gli studi dovevano affrontare non solo i divieti legislativi, ma anche e, soprattutto, i pregiudizi
dell’epoca.
Montessori si trovò coinvolta in prima persona in questa situazione, combattendo una battaglia prima all’interno della sua famiglia, in special modo
con il padre, desideroso per la figlia di una carriera diversa, e poi all’interno
dell’ambiente del quale sarebbe entrata a far parte.
2.2 L’iscrizione alla Facoltà di Scienze naturali
Maria Montessori non potendosi iscrivere, alla Facoltà di Medicina
dell’Università «La Sapienza», si iscrisse nell’anno 189091, alla Facoltà di
Scienze fisiche matematiche e naturali della stessa Università.
L’anno scolastico, per le Università, durava nove mesi e mezzo, cominciava il 15 ottobre e terminava il 30 luglio. Le lezioni incominciavano ai
primi di novembre e terminavano il 15 di giugno, anche se la durata dei corsi
poteva variare. Non più tardi di venti giorni dopo l’apertura veniva letto il
discorso inaugurale; quell’anno, il 1890, fu letto dal professor Angelo Messedaglia, docente della Facoltà di Giurisprudenza, e si intitolava: L’economia
politica in relazione con la Sociologia e quale scienza a sé8.
La giovane Maria presentò alla segreteria dell’Università prescelta la domanda d’immatricolazione nell’anno 189091. In essa, oltre ai suoi dati personali e a quelli dei suoi genitori, dovette includere anche alcuni documenti
come la fede di nascita, il diploma originale di licenza ed altri titoli, che, secondo il regolamento vigente o i regolamenti speciali delle Facoltà e delle
Scuole, erano necessari per l’immatricolazione ai vari corsi, oltre alla quietanza del pagamento della tassa d’immatricolazione9.
Nel 1890, Montessori cominciò a frequentare i corsi del primo anno.
Scelse e ottenne, infatti, la frequenza, per i corsi obbligatori, in Chimica generale con il professor Stanislao Cannizzaro10, Fisica sperimentale con il
professor Pietro Blaserna, Zoologia ed esercizi con il professor Antonio Carruccio e Botanica ed esercizi con il professor Romualdo Pirotta. Per quanto
riguarda invece i corsi liberi, Montessori ottenne la frequenza in Parassitologia con il professor Antonio Carruccio, Fisiologia vegetale con il professor
Romualdo Pirotta, Anatomia descrittiva ed esercizi con il professor Francesco Todaro, Lingua tedesca con il professor Giuseppe Schuhmann e Anatomia microscopica ed esercizi con il professor Michele Giuliani. Al suo primo
8
Vedi, Annuario 1890–91, pp. 7–10.
Ivi, pp. 169170.
10
D’ora in avanti per le notizie riguardanti i docenti universitari citati in questo libro, si
rimanda all’Appendice, Parte II, Nota biografica dei docenti universitari dei quali Maria Montessori ha frequentato i corsi (18901904).
9
56
Capitolo secondo
anno di Università, Montessori sostenne e superò tre esami: Botanica, Zoologia e Fisica.
Nell’anno accademico successivo la giovane Maria frequentò tra i corsi
obbligatori: Anatomia comparata ed esercizi con il professor Francesco Giuseppe Gasco, Istologia e fisiologia generale con il professor Giuseppe Magini, Tecnica microscopica, Esercizi di Fisica con il professor Pietro Blaserna
e Chimica organica con il professor Stanislao Cannizzaro. Per quanto, invece, riguarda i corsi liberi, Montessori frequentò: Anatomia descrittiva ed esercizi con il professor Francesco Todaro, Anatomia umana con Michele
Giuliani, Fisiologia sperimentale con Baldovino Bocci, Embriologia con
Francesco Gasco e Istologia pratica con il professor Giuseppe Magini. Alla
fine dei corsi, sostenne e superò altri tre esami: Istologia e Fisiologia generale, Anatomia comparata e Chimica generale ed organica11.
In quegli anni universitari, la studentessa si trovava dinanzi una vita nuova, una importante possibilità di crescita; era dunque entusiasta, come del
resto tutti i suoi coetanei che avevano deciso come lei di continuare gli studi.
Ella non mancava di entusiasmo e di coraggio, e lo testimoniano alcune annotazioni autobiografiche12.
In queste pagine fatte di appunti, la giovane Maria descrive l’inizio della
sua partecipazione alle lezioni nella sala anatomica, i batticuori provati tra
pudore e ribrezzo nel vedere per la prima volta un cadavere. Non bisogna
dimenticare che, in quell’epoca, anche solo mostrare una caviglia era considerato indecente e che la studiosa aveva solo vent’anni; era dunque comprensibile la sua reazione nell’impatto con la sala anatomica e l’intervento di
un docente per aiutarla a superare le difficoltà.
Lunedì 4 maggio 1891
Settimana memorabile. Alla scuola d’Anatomia trovai un cadavere
coperto. Si vedeva un corpicino assai piccolo, in confronto al senatore
Todaro. Alla fine della lezione il Senatore avvisò che avrebbe cominciato a
parlare delle arterie del bacino. Era un avviso per me che avevo chiesto al
prof. Giuliani d’avvisarmi: per certe lezioni delicate non sarei andata e
avrei ascoltato dietro l’uscio. Il prof. Giuliani con una delicata gentilezza
che mi consolò e mi commosse, mi promise aiuto — mi disse che mi avrebbe
dato dei libri — mi avrebbe spiegato in particolare. Mi promise d’avvisare il
11
D’ora in avanti, per approfondire le notizie riguardanti la carriera universitaria, di Maria
Montessori, si rimanda all’Appendice, Parte I presente in questo libro.
12
Si tratta di appunti di taccuino non firmati. Libretto senza copertina, formato14,5×10,
carta a quadretti piccoli, scrittura con inchiostro nero. Questi inediti appartengono
all’Archivio storico Montessori dell’Associazione “Centro Nascita Montessori”. Questi inediti, insieme ad altri documenti e libri, costituiscono il Fondo Giuliana Sorge, messo a disposizione dagli eredi e acquistato dall’Associazione nell’ottobre del 1895. Vedi G. H. Fresco, Maria Montessori: perché no? Una pedagogia per la crescita, Milano, F. Angeli, 2000, pp. 69–
79.
Gli anni dell’Università
57
dei libri — mi avrebbe spiegato in particolare. Mi promise d’avvisare il Todaro. Ecco dunque l’avviso!…
Dopo la lezione, il Dott. Mingazzini fece la spiegazione sul cadavere. Tirò giù il lenzuolo fino alla vita — vidi una mammella troppo sviluppata peressere d’un uomo… “È una giovinetta!” disse il Dottore. Di giovinette
c’ero anch’io, li dietro. Tutti mi guardavano — sotto quegli sguardi, dinanzi
a quell’innocente infelice mezza nuda, sentii forte emozione. Credo di non
aver arrossito esageratamente. Ciò che è strano è che io vidi una mammella
sola, quella che stava accanto agli studenti.
(La ragazza) era piccola ma graziosa, graziosissimo il tronco. Il colore
cadaverico, visto anche a piccola distanza, con la sua uniformità, fa sembrare più grassi. Vicinissimo, ogni illusione sparisce: la morte è spaventevole. Uno studente si mise a parlare di quella mammella graziosa: nessuno difendeva quell’infelice bambina? Già il Dottore stava sollevando con le pinze
le vene d’un braccio tutto spaccato, con l’osso a nudo…Me ne andai, non
potendo vedere a toccar quella mammella. L’avrei anche baciata. Pensai
d’andare il giorno dopo a toccarla, ma ci pensavo per burla»13.
« Il 5 maggio.
Andai all’Anatomia mezz’ora più tardi, per ascoltare all’uscio. Non si
sentiva nulla. Salii dal prof. Giuliani per chiedergli un libro illustrato. Cominciò a spiegarmi su quel libro e sul più bello disse: “Lei qui non può capire niente. Le figure servono quando si è già studiato sul cadavere”. Mi
disse poi, non con quella gentilezza dell’altra volta, che s’io ho soggezione
di certe cose, se non mi faccio coraggio e non dimentico d’essere una donna,
non farò nulla. Che vada alle lezioni come gli altri, che stia alle spiegazioni
sul cadavere.
Sentii una gran disillusione: ero dunque caduta in disgrazia? Risposi:
“È quasi ridicolo stare ‘appoggiata’ agli studenti durante la spiegazione
e star seduta in mezzo alla platea dove scrivo sulle ginocchia…in tempo di
lezione!”. Poi soggiunsi: “Dal momento che mi dice così, andrò a tutte le
lezioni — una volta entrata dovrò pur rimanere a sentire ciò che il professore dice. Soffrirò molto, di più non potrò (…). Volevo evitarmi una sofferenza,
ma non importa, le seguirò tutte. Forse, anzi certo, vincerò. Altrimenti, capisco di dar troppo incomodo”. Egli non rispose.
Dunque incomodavo, ero di peso, ero “sopportata”! mi prese una profonda mestizia, ebbi le mani gelate. “Le cose alle quali accenna” disse poi il
professore” sono pregiudizi della società. Con la volontà che dice di avere,
se ne sappia emancipare. Lo scopo pel quale ella sente e vede certe cose, è
nobile: dunque (si) imporrà a chi la circonda e non le sarà mancato di rispetto”. “del resto” soggiunse dopo un poco “siamo fatti tutti eguali, questo
si deve mettere in mente e sopra il cadavere lei è come gli altri. Quel cada-
13
Ivi, pp. 69–70.
58
Capitolo secondo
vere non è più una persona — lo fu: ora diventa un soggetto, l’oggetto del
nostro studio che ci serve per conoscere e soccorrere il vivo”.
Uscì, tornò con un sigaro in mano dicendo che oggi, dopo la lezione,
m’avrebbe fatto la spiegazione sul cadavere. Io lo ringraziai e feci per andarmene, egli mi trattenne: “S’accomodi. Non aspettiamo che finisca la lezione? “. “Oggi, fece poi, misureremo il suo coraggio, toccherà il cadavere”. Tacque. Io dissi: “Se fosse quella giovinetta d’ieri, perché no? Mi fa
schifo”. “Perché è un uomo?”. “Perché mi fa schifo”. “È tutta una cosa: un
cadavere è un cadavere. Oggi le metterò un grembiule perché non si sporchi
e toccherà il cadavere. Ora ci pensi” e mi dette un libro d’anatomia umana
con le figure, figure d’ogni genere, naturalmente. Lui, col berretto in testa,
fumava leggendo. Mi sembrava una villania. “Sono caduta in disgrazia”
pensavo struggendomi per la pena “se non oserò toccare il cadavere, mi
manderanno via”. Toccarlo! Ma sì…in presenza di cento giovani che guardano pronti a beffare o ad applaudire, in mezzo a tanta vita, una bravata si
fa. Ma sola!…sola col professore…!
Io tremavo. Venne un dottore; il Giuliani chiese se il cadavere d’oggi doveva servire per gli esercizi della sera. Il dottore con un sorriso ironico disse quando mai con un caldo simile si erano fatti gli esercizi. “Il caldo” pensai “perché vanno in putrefazione — e io sola…proprio col caldo?…Perché?”. Volli aprir bocca e dire al professore che mi trovavo indisposta, che andrò alle spiegazioni nell’aula, che non avrò più riguardi, né
pregiudizi e mi lasciasse andare. Volevo ringraziarlo e andarmene. Ma non
sono pusillanime, subito ebbi in mente: “Andrò per la mia causa soltanto,
troverò quella forza che mi darebbe un pubblico”.
Venne Todaro che mi disse: “Domani può venire alla mia lezione”. Disse
che cosa avrebbe fatto. Giuliani gli fece capire che saremmo andati a (…) il
cadavere. “Sì, bene” fece il senatore e se ne andò. Allora Giuliani, sorridendo, mi disse: “Domani ci sarà una lezione simile a quella che c’è stata
oggi”. “Non importa” dissi “andrò, altrimenti il prof. Todaro s’inquieta e
non stima più il coraggio delle donne”. Il Giuliani sorrise, ma io nell’anima
mia piangevo.
Il momento venne. “Andiamo!”. Da questo andiamo, il professor Giuliani si trasformò.
Lui avanti col sigaro in bocca e io dietro, in punta di piedi, camminando
come un’ombra. Avevo paura di far rumore. “Entrate!” disse sgarbatamente
aprendo l’uscio della sala incisoria. “Così; si entra coraggiosamente”.
Vidi su un tavolo un corpo avvolto da un lenzuolo bianco. Più giù, in una
stanzina, due servi vestiti di nero, trasportavano un cadavere da un tavolo
all’altro. Io li avevo veduti sempre appoggiati i cadaveri; ma in quel trasporto, fatto senza riguardi, la testa e le braccia spenzolavano sfiorisce
(sic), deformi e negli sforzi di quei due servi, quella testa penzoloni si muoveva dondolando — e il tronco nudo si piegava. Nulla di più orribile che vedere quel corpo senza vita.
Gli anni dell’Università
59
Io rabbrividii: da quel momento, mi sentii cadere in un’involontaria immobilità.
“Cosa c’è?” Fece ruvidamente il professore “mettetevi questo grembiule, perché dovete toccare i cadaveri e potreste sporcarvi”. Mi dava del voi:
mi sembrò non avesse più rispetto per me — che mi trattasse male, perché
non lo andassi più a incomodare nell’avvenire.
Mi levai il cappello. Egli, stando dietro, mi allacciava davanti il grembiule. Certo mi stimava assai meno forte di quel che ero, perché credeva che
in quella sala io avessi perduto il cervello al punto di non sapermi più allacciare un grembiule — e in vece ne avevo abbastanza per capire che lui, uomo, non doveva circondare il mio corpo con le sue braccia, neppure in quei
momenti e dissi: “Mi allaccio da me”. Egli, lo so, aveva bandito in quel
momento l’uomo e la donna. Ero per lui uno studente. Ma non così facilmente dimenticavo io le convenienze sociali.
Come se niente fosse, mi prese per la mano, me la strinse e sempre tenendomi così, mi condusse dinanzi al cadavere coperto dal lenzuolo bianco.
I due servi furono sempre presenti ma a distanza. Quel sentirmi prendere
per mano senza il mio permesso, m’irritò. Ma quando il professore disse:
“Di me non dovete avere soggezione, questa è la giovane che stava ieri
nell’aula” con l’altra mano sollevò il lenzuolo…io sentii il mio pudore ribellarsi talmente che gridai: No, professore, no!” e tentai di svincolarmi per
fuggire.
Sentivo il mio pudore più forte di me, avrei perduto i sensi dinanzi a quella donna nuda. Ma la “bimba” era mutilata, aveva subìto la prima mutilazione della signora di Lamballe14. “Vedete disse il professore, le hanno tagliato tutto: di che temete?”. Io fui così confortata che mi misi a ridere forte,
d’uno riso convulso, funereo (…).
Il professore, vedendo che io stavo per guardare il viso della fanciulla, lo
coprì col lenzuolo. “No, non lo guardate questo”.
Mi teneva ancora stretta per la mano. Forse era assai debole la mia intelligenza in quel momento! Credevo di trovarmi con De Venosi (?) e mormorai: “Perché mi tiene la mano? Mi lasci andare”. Invece di rispondermi,
prese una manina della morta e la strofinò alla mia — io presi quella povera
mano, l’accarezzai e dissi: “Non mi è nuovo il gelo dei morti “. Poi sollevai
un pezzo di carne tagliata sul braccio e scoprii l’osso, comprimendo con le
mie dita il grasso del braccio.
“Qui fece la spiegazione il Dottor Mingazzini ieri?”, chiese indicando il
braccio che io toccavo. “Sì, qui”. Poi osservai il cadavere. La mia simpatia
per quella fanciulla era finita. Una mammella staccata lasciava scoperta la
carne annerita, con su delle uova di moscone, tutta sudicia, le gambe secche. Gran piedi, sudici, neri. Feci l’osservazione. Il professore disse al ser14
Maria Teresa di Savoia–Carignano, principessa di Lamballe, fedelissima di Maria Antonietta, dopo la caduta della monarchia, venne trucidata dalla folla a Parigi nel 1792.
60
Capitolo secondo
vo: “Lavate una gamba” quello prese una spugna e lavò. Il nero non andava via. Io sempre tenendo le mie dita nel grasso e nella carne di quel braccio, guardai il professore. “Vedete che non è sporca” fece lui “sono i lividi
per l’avanzata putrefazione, sta per disfarsi. ‘Ah!’ feci io e non lasciai il
braccio. Ero divenuta insensibile. Egli me lo levò dalle mani. Allora! Disse
il professore ‘i musi non si debbono fare. Venite qua’”. Lo seguii nella stanzina dell’altro cadavere.
La porticina si richiuse e i due servi restarono vicino, in piedi, immobili.
Qui il viso del cadavere si vedeva ed era nudo tutto il tronco — “era coperto
il più possibile per non farmi vedere tutto in una volta” così disse il professore. Coperto da lì fino ai piedi. Dallo stomaco in giù era spaccato. Gli ultimi lembi delle coste libere erano sollevati — le intestina mancavano, si vedeva il bacino, una pozza sanguinolenta. Il professore fumava sempre, io mi
tenevo a distanza.
“Date la mano a quest’uomo” disse il professore indicandomi il cadavere. La mano era grinzosa e sudicia. Non mi mossi. “Perché è grinzosa questa mano?”, “Era molto vecchio”. “Ah, è stata la vecchiezza, non la morte
che ha raggrinzito questa mano”.
“Anche il lavoro, era un contadino. Lo tocchi”. (Mi ridava del lei). “No,
è sudicio”. “Ma non è sudicio, questo vecchio è putrefatto; sono livide della
putrefazione quelli, non avete ancora imparato?”.
Mi prese la mano e la fece passare più volte su e giù su quel braccio. Io
lasciavo fare ma avvicinandomi sentii un puzzo indescrivibile di fradicio,
così potente che detti indietro dicendo: “Ma che puzzo insopportabile!”. “Si
questo deve essere per lei una gran sofferenza, ma si deve abituare, venga
qui, ora le spiegherò la lezione che ha lasciato oggi”. Egli fumava, ma io
sentivo nulla. Stetti lì con quel tremendo puzzo, pazientemente per tutta la
spiegazione. Solo quando mi montava il respiro, mi scostavo un momento.
Nessuna emozione sentivo per l’uomo povero morto all’ospedale, sentivo
solo quel fetore che era enorme. Finita la spiegazione, un servo uscì. Io stavo pure per andarmene anche perché credevo che il piacere che mi faceva il
professore gli pesasse. Egli mi disse: “Non vede l’ora di infilare quella porta?!…”. “Anzi, non ho sentito nulla”. “Sì, ma intanto guarda la porta?!…”.
Io sorridevo. “Su, su, queste cose bisogna farle allegramente”. “Allegramente!! È già abbastanza forte. Vede, quell’uomo ha camminato, ha mangiato, ha lavorato, ha compiuto tutte le funzioni della vita. Ora eccolo qui,
ha cessato di essere uomo, è un oggetto”.
Infatti è vero. Un uomo morto in putrefazione non è più uomo, non desta
pietà. Tra una giovinetta e un vecchio non c’è differenza, fanno ugualmente
orrore e schifo. Aveva detto bene il professore: che ragazza! Che vecchio!
Un cadavere è un cadavere”. (Capii subito che intendeva ch’io lo scoprissi
di più). “Che debbo fare?” “Lo guardai”. “L’ho già guardato anche troppo, non so che cosa vuole che faccia”.
Gli anni dell’Università
61
Guardai per combinazione il bidello. Forse a un cenno del professore se
ne andò via subito. Allora il professore prese un preparato in secco che rappresentava il bacino, che era fornito di un’appendice. Mi spiegò che era
un’appendice maschile. Tanto irriconoscibile che non riconobbi. “Questa è
una parte del tutto, il tutto è qui” e scoprì il cadavere. Non provai né meraviglia, né emozione. Lì ci andava di mezzo il pudore del professore. Poco
dopo, ricoperto il cadavere, entrò il servo che ci offrì sapone ordinario e poi
saponette profumate. Ci lavavamo due volte. Nel condurmi alla fontana il
professore mi passò un braccio intorno alla vita, quasi per sostenermi o per
farmi capire che non ero sola. Ma io, sospettosa, gentilmente mi divincolai
senza offenderlo. C’era presente il servo.
Lavandomi chiesi al professore del quale finalmente riconoscevo la paterna bontà, dopo quanto tempo ci si abitua a mangiare il giorno che si è
toccato un cadavere di quel genere. “Subito”, mi rispose. Io sorrisi, credendo che mi avesse detto una spiritosità. Ma la mia meraviglia fu al colmo
quando chiamò un altro servo, ordinandogli di comperare delle paste. “È
bene che mangi subito, se no oggi non mangia più e la debolezza di stomaco
le impedirà di mangiare anche domani”. Passammo nella grande sala incisoria e restammo in attesa delle paste. Mi chiese se io mi dedicherei
all’Ostetricia; gli risposi di sì, arrossendo tutta confusa. “Allora potrà stare
nell’ospedale a suo agio perché ci sono le levatrici”.
Io lo guardai: perché quando mi si parla di medicina, mi par di sognare.
Un sogno che aveva lo sciocco incubo di credermi in presenza di un De Vescovi e di credermi malamente sopportata. Mi ricordo che quando andò via
dalla stanzina anche l’altro servo, restammo soli noi due col cadavere, gli
dissi: “Perché sta chiuso l’uscio? Mi permette che l’apra?” e poi per allontanare il sospetto, soggiunsi “se no, moriamo asfissiati”. “Con un sorriso
calmo e buono il professore mi indicò la finestra aperta : ‘Non tema’ disse
tranquillamente tra due boccate di fumo ‘non c’è nessun pericolo!’”. E fece
quella tale spiegazione, mentre prima aveva detto al servo: “Coprite tanto
che basti, non voglio far vedere alla signora tutto in una volta”. Invece aveva scoperto, ma soli, per non offendere il mio pudore con la presenza di un
altro uomo; dunque mi trovava più coraggiosa di quel che aveva creduto.
Venne la pasta, la presi con quella mano che poco prima aveva poggiato
sul grasso putrefatto di quella fanciulla: dinanzi a lei, ma sulla soglia
dell’uscio che metteva nel corridoio, cominciai a mangiare. Il primo boccone non andava giù. Il servo rideva. Il professore mi faceva coraggio. A un
tratto sputai: “Non mi sono lavata la bocca, oh, porcheria!”. “La bocca non
era sporca” fece tranquillamente sorridendo il professore “Le mani sì erano
sporche — ma ce le siamo lavate bene. Nelle mani, nella bocca non ha più
nulla — quello che crede d’avere è impressione e le impressioni si debbono
vincere”. “Ma quell’aria venuta dal morto…”. “Di quella non ha più niente
— in noi c’è un continuo scambio d’aria — se contenesse dentro sé tutta
quell’aria respirata lì dentro, sarebbe morta. Mangi e vinca le impressioni“.
62
Capitolo secondo
Mangiai, e i bocconi andavan giù sempre meglio. Il professore lo notò lodandomi e mi strinse la mano dandomi un “a rivederci a domani”.
Uscii di lì contenta di me, rinforzata nei nervi — non sentii nello stomaco
il puzzo, come l’altre volte che avevo veduto e sentito il cadavere. Era una
impressione. Il professore, buon medico dell’anima, me l’aveva levata. Noto
che mi ricordai d’aver lasciato su una boccettina e in vece di fuggirmene
subito, andai a riprenderla. Dunque non ero minimamente turbata. È una
forza che mi viene miracolosamente»15.
6 maggio 1891
Andai alla lezione — e in mezzo alla scolaresca, sentii nominare certe
parti dal senatore Todaro. L’emozione non fu grande, credo d’essere arrossita, ma subito mi prese un violento mal di capo e dovetti chiudere il calamaio, non essendo più sicura di me. Così pazientemente, aspettai dopo il
professor Giuliani, per mezz’ora. Vidi con meraviglia che gli studenti andavano via subito, segno che non si erano fermati alle spiegazioni del dott.
Mingazzini. Io intanto sentivo un gran rumore. Venne finalmente il Giuliani
brontolando: “Mi spiace signorina, disse” ma hanno già incassato i morti,
non posso farle la spiegazione”.
“Non importa” dissi io con vero piacere. Il bidello diceva: “Puzzavano
tanto che non si poteva star sopra. Se vuole che le levi dalle casse…”. Quel
rumore che avevo sentito era venuto dunque dal trasporto dei tavoli a ruote
dove stanno i cadaveri e dai battiti del martello sui chiodi della cassa. Salutai contentissima il professore.
Avevo anche oggi da ricordarmi di qualcosa: la buona pappi (?) m’aveva
serbato delle bellissime rose e me le aveva fatte trovare nell’ora della colazione, prima di andare all’anatomia umana. Mi sembrò di riconoscere un
aiuto provvidenziale, un premio alle mie pene. Presi le carissime rose e con
la oro compagnia feci la lunga e assolata strada per andare all’altra università.
Oggi è il 7 — Giovedì — festa dell’ascensione. Piove — il mio animo è
tranquillo. Ho intenzione di passare la giornata studiando»16.
In questi appunti emerge il ritratto di Montessori studentessa, giovane con
tante ansie e paure da affrontare giorno per giorno e con il desiderio di superarle per dimostrare agli altri di poter essere in grado di affrontare tutto, con
forza d’animo e volontà. In questo fu aiutata da Michele Giuliani professore
di Anatomia microscopica e umana, che divenne per la giovane Maria un
amico o quasi, la guida, la persona da prendere ad esempio per affrontare le
lezioni e, perché no, anche la vita. Nel racconto viene fuori la studentessa
spaventata, sgomentata, inquieta, impaurita nel trovarsi per la prima volta
dinanzi ad un cadavere; ma ella ne seppe uscire matura “rinforzata nei nervi”
15
16
Ivi, pp. 70–75.
Ivi, pp. 75–76.
Gli anni dell’Università
63
forte, coraggiosa, cosa che le era stata insegnata da quel professore che Maria giudicava “buon medico dell’anima”.
Questo documento importante avvalora le ricerche sul percorso scolastico
della giovane Maria. Infatti, come ho in precedenza detto (si veda la documentazione inserita in Appendice), Montessori frequentò nel 1891 le lezioni
di Anatomia descrittiva ed esercizi con il professor Francesco Todaro, quelle
di Anatomia microscopica ed esercizi con il professor Michele Giuliani e,
nel 1892, frequentò anche le lezioni di Anatomia umana sempre con Giuliani
e Anatomia descrittiva ed esercizi con Todaro. Nel 1892 sostenne anche
l’esame di Anatomia comparata, che superò con la votazione di 29/3017.
Quindi, tra 189092 frequentò, sostenne e superò ben sei esami. Tutte le Facoltà proponevano, in conformità delle disposizioni dell’art. 84 n. 1 del Regolamento universitario 26 ottobre 1890 n. 7337, un proprio ordine degli
studi, anche se lo studente era libero di scegliere quali corsi seguire. Infatti,
l’art. 27 del suddetto Regolamento recitava:
Lo studente ciò non pertanto, sarà libero entro il regolamento della facoltà,
d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi che vorrà seguire, senza tenersi al presente
ordine.
Nessun anno di corso sarà valido se lo studente non si sarà iscritto almeno a tre
corsi obbligatori. In questa facoltà e per gli studenti che portano alle Lauree speciali,
saranno equivalenti ad un corso obbligatorio le conferenze, purché almeno in numero di tre per settimana e gli esercizi pratici di laboratorio.
Lo studente, iscrivendosi ai corsi obbligatori di un dato anno della sua carriera
scolastica, avrà l’obbligo di riservare per gli altri anni di corso, tante iscrizioni quante ne occorreranno per renderli validi. Se lo studente non avrà adempiuto siffatto obbligo, la segreteria annullerà le iscrizioni, che egli avrà preso oltre il dovere.
Inoltre la facoltà deliberò: 1° che il numero massimo delle iscrizioni ai corsi liberi sia pel primo biennio di 3 e pel il secondo di 4 all’anno. — 2° […] 3° che per la
Fisica sperimentale, le disposizioni del’art. 33 del Regolamento universitario
s’interpretino nel senso che l’esame si dia alla fine del 1° biennio di studio, cioè a
dire dopo che gli studenti nel primo anno abbiano sentito il corso orale e, nel secondo dato opera agli esercizi pratici — 4° che gli aspiranti alla Laurea in Scienze naturali e gli aspiranti alla Laurea in Chimica che fanno il primo biennio di Scienze Naturali, diano per la Chimica generale e la Chimica organica un esame unico e complessivo alla fine del 1° biennio18.
Nel 1892, Montessori conseguì dopo il primo biennio, la licenza in Scienze
naturali. Infatti lo stesso Regolamento universitario all’art. 9 stabiliva:
Gli studenti che sono ammessi con essa alle facoltà di scienze matematiche fisiche e naturali, possono conseguirvi la licenza dopo due anni, e passare alle scuole di
applicazione degli ingegneri.
17
18
Per approfondire questo argomento, vedi App. Parte I del libro.
Vedi, Annuario 1890–91 e 1891–92, pp. 128–129 e pp. 132–133.
64
Capitolo secondo
Essi non potranno però essere iscritti al secondo biennio, se non avranno superato un esame di letteratura italiana e di lingua latina secondo il programma e nei modi
che saranno prescritti da istruzioni speciali19.
2.3 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e chirurgia
Una volta conseguita la licenza in Scienze naturali, Montessori chiese
l’iscrizione alla Facoltà di Medicina che venne finalmente approvata. Difatti
il Regolamento generale universitario (27 ottobre 1891), all’art. 24 poneva
delle condizioni per chi avesse l’intenzione di trasferirsi da una Facoltà ad
un’altra:
I° che lo studente sia in regola con gli esami — 2° che il trasferimento sia cagionato dal trasloco dell’intera famiglia. Nel caso di un trasferimento domandato per
mutazione forzata della famiglia, il Consiglio si è pronunciato nel senso che debba
accertarsi la necessità di questo cambiamento; e, accertato questo, si dia il foglio di
congedo quando anche lo studente non sia in regola cogli esami, annotando però sul
congedo gli esami subiti dallo studente in modo che nella nuova Università alla quale viene iscritto, si conoscano esattamente le condizioni di lui20.
La richiesta di iscrizione alla Facoltà di Medicina e chirurgia venne accolta previa deliberazione della suddetta Facoltà il giorno 21 gennaio 1893,
sanzionata dal Ministero della Pubblica Istruzione con nota 9 febbraio 1893,
n. part. 232621.
Montessori venne così immatricolata, il 12 febbraio 1893, al terzo anno di
corso della Facoltà da lei tanto desiderata.
Il Regolamento generale universitario, prevedeva che: «I licenziati in
Scienze naturali, ai quali è concesso di iscriversi al 3° anno di medicina, non
pagano tutte le tasse del 1° biennio, ma solo la differenza»22. Inoltre il Regolamento specificava la funzione di ciascuna tassa da pagare. Infatti l’art. 61
(R. D. n. 7337, 26 ottobre 1890), recitava a riguardo che:
Nelle tasse, bisogna, assolutamente far differenza fra la tassa d’immatricolazione
e quella d’iscrizione. La prima è comune a tutti i corsi universitari che conducono
alla laurea e in fondo si paga una volta tanto per aver diritto a figurare come studente; e per così dire una tassa di buon ingresso, e quindi ne segue che, una volta pagata, non deve esserlo una seconda volta, se anche lo studente lasci una Facoltà per iscriversi ad un’altra, finché non abbia conseguito una laurea, perché prima di allora
19
Regolamento generale universitario firmato dal Ministro Boselli e approvato con R. D.
n. 7337 del 26 ottobre 1890. Vedi Annuario 1890–91, p. 170.
20
Circolare intorno al Regolamento generale universitario del 27 ottobre 1891, del Regolamento universitario 26 ottobre 1890, n. 7337. Vedi Annuario 1891–92, pp. 187–188.
21
Vedi documento carriera scolastica presente nella Parte IV. 3 All. 2 della tesi.
22
Vedi Regolamento generale firmato dal Ministro Villari e approvato con R. D. n. 7337,
26 ottobre 1890. Ivi, p. 190.
Gli anni dell’Università
65
non si può dire che essa abbia realmente ottenuto il suo intento. Soltanto dovrà pagare la differenza in più, qualora ve ne sia, pel nuovo corso a cui voglia iscriversi.
Siccome poi con il conseguimento della laurea la tassa può dirsi esaurita,
s’intende che, volendo il laureato conseguire una nuova laurea, dovrà anche ottenere
una nuova immatricolazione e pagare la tassa corrispondente.
Quanto alla tassa d’iscrizione, essa rappresentava è nella quale in un certo modo
le antiche retribuzioni dei corsi, e quindi la loro funzione si esauriva con l’anno scolastico pel quale sono state pagate. Quindi uno studente che cambiasse Facoltà dovrebbe pagare la tassa d’iscrizione richiesta nel nuovo corso a cui si era iscritto lo
stesso dicasi dei laureati che prendono una nuova iscrizione per conseguire una seconda laurea23.
Probabilmente, per la giovane Maria l’iscrizione alla Facoltà di Scienze
naturali fu una scelta e non un ripensamento, una scelta meditata per aggirare
l’ostacolo della mancata licenza liceale al fine di raggiungere quanto si era
prefisso. Ella fu una delle prime donne ad essere ammessa in un ambiente da
sempre maschile24. Per le donne del suo tempo era difficile ottenere il permesso di studiare Medicina, ma in questo suo desiderio Maria forse fu aiutata proprio dal padre che aveva delle conoscenze specialmente nell’ambiente
massonico romano. Se ciò risultasse vero, significherebbe che nonostante la
disapprovazione riguardo alle scelte della figlia, il padre credeva nelle capacità di Maria e in tutto questo dovette essere determinante anche la figura
materna25.
Le difficoltà che una donna doveva affrontare nell’ambito accademico e
dell’istruzione erano sia di ordine legislativo che morale: tale situazione divenne più evidente dopo l’Unità allorché le donne presero consapevolezza
del loro ruolo di soggetto protagonista negli studi, nel lavoro e nei vari contesti sociali.
La legge Casati del 1859 non prevedeva espressamente l’esclusione delle
donne dall’istruzione superiore secondaria del Ginnasio–Liceo, dell’Istituto
Tecnico, dell’Università, ma per il costume vigente, le famiglie mai avrebbe23
Vedi R. D. n. 7337, 26 ottobre 1890. Vedi Annuario 1891–92, p. 189.
L’ammissione all’Università per le donne tra il 1877 ed il 1900 avviene con i seguenti
titoli di studio secondario:
licenza liceale
204
licenza di istituto tecnico (sezione fisico–matematica)
11
con titoli diversi
9
totale
224
V. Ravà, Le donne laureate in Italia, in «Bollettino Ufficiale del Ministero dell’Istruzione
Pubblica», Parte non ufficiale, Roma, a. XXIX, vol. I, n. 14, 3 aprile 1902, p. 639.
25
Alessandro Montessori mentre, da una parte, continuava a criticare le scelte della figlia
dall’altra cominciava a rendersi conto del successo sociale, dovuto proprio alle scelte insolite
di Maria. Un esempio del suo interesse nascosto per la figlia ci è dato dalla raccolta da lui fatta tra il 1892 e il 1900, di tutti gli articoli dei giornali in cui si parlava della figlia. La raccolta
di Alessandro Montessori si trova nell’Archivio Montessori, non aperto al pubblico, ad Amsterdam. (L’esistenza di questa raccolta è ricordata nel libro di R. Kramer, Maria Montessori.
A. Biography, Reading Massachuset, Addison–Wesley, Publshing Company, 1988).
24
66
Capitolo secondo
ro iscritto le figlie ad una scuola maschile. Dopo l’Unità d’Italia le cose cominciarono a cambiare: c’erano ormai le condizioni per un fecondo dibattito
che sfociò nell’approvazione da parte del governo con R.D. del 3 ottobre
1875 n. 2728, di un Regolamento che sanciva espressamente l’accesso alle
donne all’Università26.
La legislazione, in particolare quella dell’ordinamento degli studi medici,
all’indomani dell’Unità d’Italia, non risultava uguale in tutte le università
italiane, occorreva quindi uniformare le normative. Il decennio tra il 1890 ed
il 1900, poi, conobbe numerosi tumulti studenteschi ed il governo, che vedeva nella scuola uno strumento politico, subiva il fascino della disciplina universitaria tedesca alla quale attribuiva il merito della stabilità interna del paese. Evidentemente dal governo e dall’organizzazione universitaria ci si aspettava molto, soprattutto ora che il numero degli studenti era cresciuto. In
tutti i disegni di legge si può ritrovare un tema unificatore: quello della salvaguardia dell’aristocraticismo degli studi superiori27.
I progetti di riforma trattavano in genere temi quali: le tasse, la libertà degli studi, l’autonomia universitaria, il riordinamento degli esami e della didattica, lo stato giuridico, il reclutamento e la retribuzione dei docenti, il
problema della libera docenza, il pareggiamento, la riduzione delle Università e le scuole di applicazione, la disciplina studentesca.
Anche in questi casi, come in precedenza, la commissione spesso era
formata da politici puri, come ad esempio quella che elaborò il progetto Boselli e che vedeva la partecipazione di alcuni parlamentari, Giulio Rubini,
Galli, Ginori, Favale, e docenti universitari come Luigi Luciani, professore
di Fisiologia a Firenze e poi a Roma, e Giuseppe Colombo, ingegnere docente di meccanica e direttore del Politecnico. Per una vera riforma universitaria
bisognerà aspettare la Riforma Gentile, 192328.
2.4 Laurea in Medicina e chirurgia e primi riconoscimenti scientifici
Conseguita l’iscrizione, come previsto dal regolamento universitario, la
Facoltà di Medicina e chirurgia prevedeva per i laureati in Scienze naturali,
aspiranti alla laurea in Medicina, oltre l’iscrizione al terzo anno di corso, anche l’obbligo di attendere a due corsi di Anatomia patologica e di Clinica
medica e sostenere i relativi esami, e poi di assistere ai corsi di Anatomia
umana, di Istologia, Anatomia topografica, con esercitazioni anatomiche, Fisiologia, Farmacologia sperimentale e Materia medica, Patologia generale,
26
T. Tomasi, L. Bellatalla, L’Università italiana nell’età liberale (1861–1923), Napoli,
Liguori Editore, 1988, p. 168.
27
Nel decennio tra il 1890 ed il 1900, i progetti di riforma furono: Boselli (1890), Martini
(1890), Turbiglio (1891), Baccelli bis (1895), Gianturco (1897), Gallo–Luzzati (1898), Cremona (1898), Baccelli ter (1899), Nasi (1902). Ivi, p. 97.
28
Ivi, pp. 98–116.
Gli anni dell’Università
67
Clinica propedeutica medica, Patologia speciale medica, Patologia speciale
chirurgica con Clinica oculistica e sostenere i relativi esami.
In più, la Facoltà di Medicina, prevedeva che qualora i laureati in Scienze
naturali avessero frequentato come uditore il corso di Anatomia con le relative esercitazioni e quello di Fisiologia, potevano ottenere l’iscrizione al
quarto anno, con l’obbligo di frequentare i corsi e sostenere gli esami delle
suddette materie, escluse Anatomia e Fisiologia. In ogni caso, la Facoltà non
concedeva l’iscrizione al terzo e al quarto anno, se gli aspiranti non avessero
sostenuto gli esami anche nelle materie di cui avevano seguito i corsi come
uditori29.
Montessori aveva sempre nutrito una grande passione per la medicina, si
era avvicinata ad essa perché questi studi le consentivano di dedicarsi a fondo alla scienza dell’uomo e perché le permettevano di dedicarsi attivamente
al servizio sociale. Ella vedeva nella professione di medico il “missionario”,
colui che impiega le sue forze per prendersi cura dei poveri e degli ammalati.
Questa passione umanitaria, costante nella sua vita, durante la commemorazione avvenuta nel giugno del 1951 a Roma di Donna Maria Maraini Guerrieri Gonzaga30, sua amica e collaboratrice, che aveva fatto aprire la scuola
regolare per infermiere a Roma, la indusse a ricordare, che:
alla medicina si aprirà un grande avvenire se si penserà a curare lo spirito
dell’ammalato oltre che il suo corpo. Questo può essere di grande aiuto alla scienza
medica, perché è una cura imperfetta quella che si rivolge al corpo senza curare lo
spirito. È così anche per l’educazione del bambino. La maestra non può solo insegnare: essa deve saper vedere dentro l’anima dei bambini affidati alle sue cure; essa
deve formare la personalità non solo attraverso gli insegnamenti, ma parlando alla
loro anima, al loro spirito, alla loro intelligenza, con comprensione, umiltà e rispetto.
Questa comprensione non può venire che da uno spirito eletto, raffinato, che sappia
approfondire i problemi della umanità31.
Queste parole mettono in risalto il significato della sua missione caritatevole ed educativa al servizio degli altri, missione che portò la studentessa ad
approfondire sempre più la scienza umana e sociale.
Il desiderio di dedicarsi allo studio della medicina, le fu dato anche dal
Cesare Lombroso, il quale voleva essere uno scienziato oggettivo, uno che
studiava il mondo e l’essere umano attraverso l’osservazione diretta.
Montessori si sentiva già da tempo pronta a contribuire allo sviluppo sociale per mezzo della scienza. È questa trasformazione in senso positivistico
29
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1892–93, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1892,
p. 180.
30
Maria Maraini Guerrieri Gonzaga, amica e collaboratrice della Montessori, ad ella si
deve l’apertura della scuola regolare per infermiere a Roma, sotto il patrocinio della Regina
Elena e i suoi ideali di bene e di fratellanza, ideali comuni ad altre donne.
31
M. Pignatari, op. cit., pp. 14–15.
68
Capitolo secondo
che la portò a conoscere una scienza nuova, una scienza tutta rivolta
all’umanità non fine a sé stessa.
Montessori cominciò a frequentare i corsi obbligatori e liberi32. Questo
ambiente non le risultò nuovo anche perché si trovò a seguire alcuni corsi
tenuti da quegli stessi professori già conosciuti alla Facoltà di Scienze. Incontrò, infatti nuovamente, i docenti di Anatomia topografica, Francesco
Todaro, Michele Giuliani, di Anatomia microscopica, suo grande conoscente, Giovanni Mingazzini, di Anatomia del sistema nervoso centrale, ma entra
in contatto anche con materie e insegnanti nuovi, come ad esempio Moleschott, insegnante di Fisiologia sperimentale, che Montessori stimava molto
sia come docente che come uomo.
In quegli anni lo sviluppo sociale e scientifico interessava tutte le Facoltà
(specialmente quella di medicina), che potevano contare sulla solerte presenza di docenti pronti a uscire dai canoni della ricerca tradizionale, per avviarsi
verso specialità mediche aperte all’approccio sperimentale. Erano anni in cui
la medicina e la scienza rivendicavano un ruolo come fondamento per il miglioramento sociale e civile del paese.
Molti furono i docenti che risentirono del culto del positivismo e che poi
influenzarono gli ambienti accademici romani: Jacob Moleschott, docente di
fisiologia sperimentale, prima all’Università di Torino poi, grazie alla chiamata di Francesco De Sanctis33, giunse nel 1879 all’Università di Roma;
32
Per le notizie riguardanti la Facoltà di Medicina e chirurgia, si rimanda all’Appendice
Parte I, di questo libro.
33
De Sanctis Francesco, nato il 28 marzo 1817 a Morra Irpina (Avellino) e morto a Napoli il 19 dicembre 1883. Scolaro a Napoli di Basilio Puoti fu nel 1848 preposto da lui in una
scuola privata, nella quale iniziò la sua meravigliosa attività di critico, dove ebbe scolari del
calibro di Angelo Camillo De Meis e Pasquale Villari. Il De Sanctis fu nominato segretario
della commissione provvisoria per la Pubblica Istruzione, fu arrestato durante la reazione borbonica e chiuso per tre anni e mezzo nel Castel dell’Ovo. Esiliato nel 1853, si rifugiò prima a
Torino, donde passò a Zurigo; lettore d’italiano presso il Politecnico, sino al 1859. Hegeliano
convinto si formò politicamente sugli storici, i giornali e le riviste liberali francesi sia su la
tradizione politica machiavellico–vichiana napoletana. Il De Sanctis si trovò fin da giovane in
una posizione indipendente verso i due maestri d’azione italiani del tempo: Mazzini e Gioberti, di cui doveva dare in età matura una valutazione critica. Orientatosi verso l’unitarismo sabaudo, il De Sanctis, liberato il Mezzogiorno, ebbe prima il governo d’Avellino (9 settembre
1860), poi la cura della Pubblica Istruzione nella luogotenenza di Napoli e infine la carica di
Ministro della Pubblica Istruzione del Regno (22 marzo 1861 5 marzo 1862). Il De Sanctis
sentì il problema scolastico più come problema d’uomini, che come problema dell’istruzione,
e rinnovò con scelta intelligente, l’alto personale universitario italiano. Insegnante dal 1871
all’Università di Napoli, il De Sanctis tornò altre due volte al governo come Ministro della
Pubblica Istruzione (26 marzo – 14 dicembre 1878 e 25 novembre 1879 – 1 gennaio 1881);
combatté l’analfabetismo e sviluppò l’istruzione elementare, mirando a fare delle plebi italiane un popolo libero. Quando il De Sanctis cominciò ad insegnare non tardò a staccarsi dal suo
maestro Puoti, per svolgere quelle ricerche d’estetica e quelle applicazioni critiche cui lo conduceva il suo spirito acuto e inclinato alle idee generali. Secondo il De Sanctis il critico non
dovrà mai fare il processo alle idee, ai concetti, all’argomento assunto, in quanto tali, ma porger l’orecchio alla vita poetica, al valore espressivo onde concetti, idee e argomenti, vita morale e condizioni politiche e civili si animano nell’ispirazione dello scrittore. Di qui la posi-
Gli anni dell’Università
69
Angelo Celli al quale nel 1888 venne affidata la cattedra di Igiene Sperimentale; Clodimiro Bonfigli, psichiatra, che diresse prima il manicomio di Ferrara, poi nel 1893 entrò alla Clinica psichiatrica di Roma e cominciò ad occuparsi dell’infanzia dei bambini deficienti.
L’interesse di Montessori alle tematiche della medicina sociale già si delineava da tempo, quando discipline mediche come la Fisiologia, l’Antropologia e l’Igiene si univano per lanciare una triste denuncia: quella contro
le ingiustizie sociali. Non vi è dubbio che gl’insegnamenti universitari seguiti in quegli anni dalla giovane Maria abbiano influenzato la sua vita futura.
Infatti, la studentessa superò con buoni voti specialmente gli esami relativi a
quelle discipline che successivamente distingueranno il suo impegno professionale. Un prova ulteriore del suo impegno scientifico venne data dall’esame di Fisiologia sperimentale (superato con voto di 30/30) seguito con il
professor Jacob Moleschott, e dai due esami di Igiene (superati con il voto di
25/30) sostenuti rispettivamente nel luglio del 1895 con i professori Angelo
Celli e Luigi Pagliani.
Montessori era entusiasta nel frequentare le lezioni di Fisiologia e di Igiene anche perché andavano ben oltre il campo specialistico della disciplina
e toccavano tematiche riguardanti le condizioni di vita delle classi povere. In
particolare, le lezioni del professor Celli interessarono molto la giovane Maria perché univano all’aspetto teorico quello pratico–applicativo e perché in
esse trapelava l’interesse del docente per patologie come la malaria e la tubercolosi diffuse tra le classi indigenti. L’impegno negli studi sulla malaria
raggiunse, infatti, importanti risultati di ordine epidemiologico e profilattico,
tanto che Celli — fondatore nel 1890 della Società di igiene e medicina tropicale e nel 1898, con la collaborazione del professor G. Fortunato e L.
Franchetti, della Società per gli studi sulla malaria — diede un apporto prezioso alla profilassi antimalarica. Egli dimostrò che nelle zone in cui la malaria era endemica, accorgimenti di tipo igienico–sanitario (come la protezione
delle abitazioni dalle zanzare che trasmettevano il virus e il coinvolgimento
degli abitanti nella prevenzione) erano essenziali per arginare le epidemie.
Questi studi costituirono la base dell’opera svolta da Celli per la redenzione
dell’Agro romano e delle zone più povere di Roma34.
Il Celli si impegnò anche politicamente facendosi promotore di leggi contro la malaria ed a favore di un’educazione igienico–sanitaria da effettuarsi
in particolar modo attraverso l’istruzione scolastica. Egli rivolse la sua attenzione alle condizioni delle zone più degradate di Roma, occupandosi dello
sviluppo dell’assistenza sanitaria e fu sensibile ai problemi dell’infanzia fondando a Roma, nel 1891, l’ambulatorio «Soccorso e lavoro» per i bambini
poveri, il cui scopo principale era quello di insegnare ai bisognosi a servirsi
zione del De Sanctis nella critica romantica in generale. Tra le opere di rilievo ricordiamo:
Storia della letteratura italiana, scritta nel 1870, e la Letteratura italiana nel secolo decimonono, tratta dalle lezioni tenute nel 1872–73.
34
M. I. Macioti, Ernesto Nathan, Roma, Newton, 1995, pp. 30–33.
70
Capitolo secondo
dell’assistenza sanitaria gratuita35. In questo impegno fu sostenuto, soprattutto dall’Associazione femminile, nella quale, oltre a sua moglie Anna Fraentzel, prestavano la loro opera molte donne e nobildonne romane, tra le quali
Montessori che allora, ancora studentessa, si dedicò all’attività ambulatoriale.
È probabile che gli studi universitari contribuirono a farle conoscere e incontrare l’altra faccia della realtà quotidiana, quella fatta di miseria, ristrettezze, di condizioni disagiate e sofferenza.
Particolarmente importanti per Montessori risultarono le lezioni di Clinica psichiatrica condotte dal professor Clodomiro Bonfigli, anche lui proveniente dalle Marche come Celli e la stessa Montessori. L’anno in cui la pedagogista scelse di frequentare le lezioni di psichiatria, Bonfigli dedicò
l’intero corso al rapporto tra educazione infantile e pazzia, ricercando tra i
fattori sociali della follia la genesi delle lacune formative che influivano poi
sullo sviluppo del carattere e sulla costruzione del senso morale. Montessori
frequentò il corso con particolare attenzione, dal momento che scelse di laurearsi in quella disciplina.
Si delineava ormai con chiarezza la sua scelta scientifica professionale e
umana, quella che l’avrebbe portata a condurre un’esistenza dedicata alla
medicina mentale infantile e alla conoscenza e alla trasformazione della realtà in cui l’uomo vive dibattendosi costantemente tra problemi e difficoltà.
Una conferma dell’attenzione verso l’infanzia e la medicina sociale, venne
anche dalla scelta del suo ultimo esame complementare: Clinica pediatrica,
che sostenne con il professor Luigi Concetti36. La cattedra era stata istituita
di recente nell’Ateneo romano; infatti il primo accenno a questo insegnamento si ebbe nel 1871–72, quando l’Ostetricia acquistò il nome più naturale
di Ostetricia e malattie speciali delle donne e dei bambini. Questo insegnamento al suo esordio fu tenuto dal professor Ercole Pasquali ed era per lo più
teorico, riguardando solo i neonati. In seguito, nel 1896, grazie al professor
Luigi Concetti, ebbe inizio l’effettivo studio della Pediatria, insegnamento
istituito da Guido Baccelli nel 1896 e inteso come studio delle patologie che
colpiscono il neonato, i bambini e gli adolescenti37. Concetti fu il primo insegnante a ricoprire questa cattedra che aiutava l’attività dell’ambulatorio
pediatrico di Trastevere, sorto già da alcuni anni sotto il segno della carità di
Angelo Celli e che contava nell’aiuto di alcune signore della borghesia romana.
35
Ivi, p. 64.
L’esame di clinica pediatrica fu l’ultimo sostenuto da Montessori il giorno prima della
seduta di laurea (9 luglio 1896 con il prof. Concetti), superato con il voto di 27/30. Si veda a
conferma l’App. Parte IV di questo libro.
37
L. Stroppiana, Storia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Roma, Edizioni
dell’Ateneo, 1985, p. 97.
36
Gli anni dell’Università
71
In un articolo dal titolo: Il medico dei bambini e le signore, apparso nel
1895 sulla «Rivista delle signore», l’igienista Angelica Devito Tommasi38
ricordava come nella Clinica pediatrica e in quella di «Soccorso e lavoro»,
lavorassero gli «stessi giovani e generosi colleghi», ma non mancava di evidenziare che poco o nulla avrebbero compiuto i dottori Concetti e Ruggeri
senza il sostegno materiale di quelle signore. Sul finire dell’articolo la dottoressa Devito Tommasi nomina Montessori: «fra un anno avremo laureata in
medicina Maria Montessori»39. L’accenno ci fa pensare come fosse già noto
il suo e operoso il suo impegno per l’infanzia e per l’ambulatorio di Trastevere.
L’anno in cui Montessori si iscrisse all’Università, l’Italia attraversava
una fase di grande sviluppo e l’Università viveva una grande espansione;
tant’è che nel ventennio dal 1880 al 1900 gli iscritti passarono da 13.387
unità a 26.761 ed in particolare la Facoltà di Medicina aveva registrato un
aumento notevole degli iscritti che — nel decennio dal 1880–81 al 1890–
91— erano passati da 4.000 a 6.000 inoltre, gli insegnanti nell’Ateneo romano dal 1870 al 1890 erano triplicati e con essi anche la popolazione scolastica, che dai 400 iscritti del 1875 era passata ai 1600 nel 189040.
Questo cambiamento in tutta Italia era anche il segno di una incalzante e
impellente ascesa della piccola e media borghesia, che voleva affermarsi
come classe dirigente e vedeva come unica possibilità per attuare questa ambizione l’accesso dei propri figli all’Università. La politica del tempo aveva
inteso bene le aspirazioni borghesi, cercando di rinnovare e innovare tutti gli
ambiti istituzionali, in particolare quello dell’istruzione dove il processo di
sviluppo era lento e difficile, soprattutto per le donne. Una prova è data dal
fatto che tra gli iscritti all’università risulta scarsa la presenza di giovani
provenienti da ceti medio–alti, figli di professori o di uomini politici41. Per la
donna italiana di una certa classe sociale, invece, risultava più facile entrare
all’università che non nella scuola classica nella quale l’ammissione di certi
ceti faceva temere una svalutazione della cultura. Nel 1874–75 il Ministro
Bonghi concesse alle donne, che avessero ottenuto privatamente la licenza
liceale, di frequentare l’Università a pieno diritto. Anzi, questo provvedi38
Angelica Devito Tommasi, nasce a Milano nel 1852. Dopo aver svolto gli studi medici,
si trasferì a Roma dove si iscrisse alla Facoltà di Lettere. Socialista e femminista, si dedicò a
far conoscere e migliorare la vita delle classi povere e scrisse la Guida della beneficenza in
Roma. Questo libro avrebbe dovuto secondo lei incoraggiare le donne ad occuparsi o alquanto
ad interessarsi all’opera sociale.
39
A. Devito Tommasi, Il medico dei bambini e le signore, in «Rivista per le signore», a.
II, n. 14, pp. 543–547.
40
R. Finzi, L. Lama, I conti dell’Università prime indagini: 1880/1923, in G. P. Brizzi e
A.Varni (a cura di), L’Università in Italia, fra età moderna e contemporanea aspetti e momenti, Bologna, CUEB, 1991, pp. 72–75.
41
M. Raicich, Liceo, università, professioni: un percorso difficile, in S. Soldani (a cura
di), L’educazione delle donne: scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’800, Milano,
Angeli, 1989, p. 151.
72
Capitolo secondo
mento venne giudicato positivamente nel 1896 da Antonio Labriola. In tal
modo la frequenza andò aumentando sempre più anche perché vennero aperte alle donne le porte della scuola classica. L’Italia entrò, per quanto riguarda
la divulgazione della cultura, in un processo di sviluppo ormai equiparato a
quello europeo. All’estero come da noi, infatti, le donne preferivano studi
tradizionalmente giudicati maschili, come la medicina, l’ingegneria, la giurisprudenza. Per le donne che intendevano intraprendere la via l’insegnamento, c’era la possibilità di frequentare gli Istituti Superiori Femminili di
Magistero, una sorta di università di serie B. Di conseguenza, mentre formalmente la cultura ufficiale accettava le donne, di fatto si tentava o di scoraggiarle o di dirottare i loro interessi verso scuole femminili. Un esempio
viene dato da un’inchiesta dal titolo “Le donne possono essere medichesse?..” apparso nel 1896 su «l’Illustrazione Popolare» dalla quale si evince
ancora un forte pregiudizio per l’ingresso delle donne alla professione medica42.
Anche se in quasi tutti i Paesi europei (ed anche in Italia) il corso di laurea in Medicina era il ponte che agevolava l’ingresso delle donne nelle università, indubbiamente l’esercizio della medicina incontrava, almeno a livello teorico, minore difficoltà rispetto ad altre professioni, quali ad esempio
l’avvocatura da cui le donne erano categoricamente escluse. Infatti si guardava positivamente alle donne medico, specialmente alle pediatre o ginecologhe, ritenendo che il loro istinto materno le avrebbe predisposte a prendersi meglio cura della salute delle loro simili, le quali, a loro volta, avrebbero
trovato un interlocutore più valido.
E tuttavia, altre donne furono ostacolate nella scelta della professione
medica. Ricordiamo, ad esempio, la figlia del famoso antropologo Cesare
Lombroso43, Gina, che non poté iscriversi alla Facoltà di Medicina perché
42
Le donne possono essere medichesse? In «L’Illustrazione Popolare». Giornale per le
famiglie, vol. XXXIII, n. 9, 1 marzo 1896, Curiosità della posta, p. 138. In tale articolo si denunciava il pregiudizio nei confronti delle donne medico: “Donne medichesse? […] I medici
vanno così poco d’accordo fra loro, e si lamentano tanto volentieri e così bene, che non ci pare edificante inserire nuovi elementi di discordia. Pensi molti medici sdegnerebbero di trovarsi
a contatto colle medichesse…E ne andrebbero di mezzo i malati!…Ahimè, la pianta medichessa alligna anche in Italia, prevedo ancor più gravi lutti nelle nostre famiglie italiane!…”.
43
Cesare Lombroso, Psichiatra e antropologo, nato a Verona il 6 novembre 1835, morto il
9 ottobre 1909. Laureatosi nel 1858 a Pavia, cominciò a farsi notare già con la sua tesi, Ricerche sul cretinismo in Lombardia (1859). In questo anno partecipò come medico militare alla
guerra contro l’Austria. Nel 1862 accettò di tenere un corso gratuito di psichiatria all’università di Pavia e nel 1865 lasciò l’esercito. Sono di quegli anni le sue prime ricerche sulla
pellagra e pure in quel tempo egli cominciò a elaborare gli Studi per una geografia clinica
italiana. Divenne poi medico primario del reparto malattie mentali dell’ospedale civile di
Pavia (1866) e nella stessa università professore straordinario di clinica delle malattie mentali
(1867), fu anche direttore del manicomio provinciale di Pesaro (1871) ed infine ordinario di
medicina legale e Igiene pubblica all’università di Torino (1876). Qui fu nominato nel 1896
ordinario di psichiatria e clinica psichiatrica, e nel 1905 ordinario di antropologia criminale.
Muovendosi da una concezione materialistica dell’uomo, Lombroso cercò di spiegare con le
Gli anni dell’Università
73
nessuna ragazza si era ancora iscritta, preferendo così Lettere e Filosofia
(l’unica Facoltà allora frequentata da ragazze)44. Un altro esempio eccezionale fu quello di Anna Kuliscioff alla quale venne impedito nel 1887 di esercitare la professione medica presso l’Ospedale Maggiore di Milano, benché
un’altra donna–medico, Giuseppina Cattani, avesse conseguito a Torino la
libera docenza in Patologia Generale45.
All’Università la studentessa si sentiva sola, quando passava nei corridoi
gli studenti la guardavano con stizza, tanto che era costretta ad entrare
nell’aula solo quando gli altri ragazzi erano seduti, in modo tale da non accentuare l’inquietudine46. Tutto questo era imputabile al preconcetto che una
donna potesse frequentare e studiare medicina. Maria con la stessa fermezza
di sempre, diceva: “Più soffiate e più vado in alto”47 e così fronteggiava la
quotidianità.
Proprio con questo spirito continuò a frequentare le lezioni di anatomia,
nonostante la restrizione iniziale dovuta al fatto che quando partecipò per la
prima volta ad una dissezione di un cadavere, «in quella stanza semi buia,
piena di teschi, scheletri e vasi di vetro con dentro diversi organi umani, Maria sentì un senso di disgusto e cercò di prendere le distanze pensando ad altro». Man mano però:
[…] una forza invincibile mi costrinse a pensare al mio stesso cervello, che era fatto
allo stesso modo, tanto da farmi trovare con i miei pensieri le mie proprie circonvoluzioni. Mi sembrava che nel cervello mi stessero crescendo tante protuberanze…volevo scuotermi ma non ci riuscivo. Il sangue continuava a salire e già le orecchie mi fischiavano talmente che non riuscivo a percepire nessun altro suono. Un
dolore acuto mi pugnalava le tempie e mi sentivo la testa così pesante che dovetti
appoggiarmi. Quando la lezione finì il sangue ancora mi opprimeva il cervello48.
Quando raccontò ai genitori il disgusto avvertito in quell’aula di dissezione, entrambi le consigliarono di non seguire le lezioni di anatomia. Ma
dopo un rifiuto iniziale Maria decise di continuare a frequentare le lezioni.
anomalie fisiche la degenerazione morale del delinquente, che dovrebbe perciò costituire uno
speciale tipo antropologico. Da questo presupposto nacque la nuova scienza dell’antropologia
criminale, i cui fondamenti sono posti nella maggiore opera di Lombroso, L’uomo delinquente
in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alle discipline economiche, pubblicata
nel 1876. Le teorie Lombrosiane ebbero risonanza nel campo del diritto penale. Le applicazioni principali delle teorie del Lombroso si ebbero nel campo di quella che egli chiamò la
profilassi e terapia del delitto. Concepito il delitto come una anormalità, il compito della società deve essere di curare il delinquente e di elevare il concetto di difesa sociale a quello di
rigenerazione del reo. Tra le opere ricordiamo: Genio e follia 1864, Sulla medicina legale del
cadavere 1877 e L’uomo delinquente 1876.
44
D. Dolza, Essere figlie di Lombroso. Due donne intellettuali tra ‘800 e ‘900, Milano,
Angeli, 1990, p. 120.
45
T. Tomasi, L., Bellatalla, op. cit., pp. 156–159.
46
A. M. Maccheroni, op. cit., pp. 27–28.
47
Ivi, p. 29.
48
Quanto detto è tratto da: R. Kramer, op. cit., pp. 41–44.
74
Capitolo secondo
Ed anzi nel ritornare in quell’aula, ella si sentì più forte che mai e pagò un
uomo che durante la sezione dei cadaveri le fumasse vicino in modo tale da
impedirle di svenire durante la lezione. Quando ciò non fu più possibile, cominciò a fumare lei stessa49.
Probabilmente ciò che turbava la giovane Maria non era solo il confronto
con la morte, ma anche, e ancor di più, il confrontarsi con alcuni argomenti,
come ad esempio quello della riproduzione umana50. Ciò dipese, quasi certamente, dal fatto che la madre, pur avendola preparata a tante cose, non aveva affrontato con lei in linea con l’educazione che le giovani ragazze del
tempo ricevevano, temi riguardanti la sessualità e la corporeità. Renilde aveva tenuto Maria nell’innocenza: una innocenza giustificata dalla madre come
purezza femminile; purezza che Maria, chiamerà in futuro “falsa”, prendendo le parti della donna, e cioè del diritto ad una corretta conoscenza del corpo51.
Montessori, in una lettera scritta all’amica Carla, spiega le ragioni per cui
riusciva a scindere l’emotività dalla medicina:
La mia celebrità deriva da questo fatto: sembro delicata e piuttosto timida, si sa
che osservo i cadaveri e che li tocco,… io una ragazza sola tra tanti uomini!… Che
nulla mi scuote, nulla; neanche un esame in pubblico; che parlo ad alta voce di cose
difficili con tale indifferenza e sangue freddo…E così, eccomi qui: famosa! D’altro
canto, mia cara non è difficile, come vedi. Io non sono famosa grazie alla mia abilità
o alla mia intelligenza, ma per il mio coraggio e la mia indifferenza nei confronti di
tutto. È una cosa che, se la si desidera, si può sempre ottenere, ma ci vogliono degli
sforzi spaventosi52.
Qui emerge una delle caratteristiche che contraddistinguono la pedagogista. Infatti, mentre esteriormente, cerca di adattarsi alle norme del positivismo divenendo temeraria e forte, internamente si ribella a questo modo oggettivo di vedere l’uomo, e lo fa seguendo quell’impulso dettato dall’emozione, dall’amore, dalla gioia di vivere che la porterà a scoprire il suo pensiero pedagogico. Lo studio della medicina, non si limitava per Maria Montessori solo a sezionare e analizzare i cadaveri, ma era legato al desiderio di vita, di amore ed è così che Maria volle vivere il suo rapporto con la medicina:
mescolando amore e scienza53.
Montessori, nonostante l’isolamento a cui l’essere donna l’aveva costretta, continua ad impegnarsi nel suo cammino. Continua a vivere gli anni universitari con coerenza, attenzione e con tanta voglia di conoscere. Lo dimostra il suo curriculum universitario, le scelte dei corsi da frequentare, i relati-
49
Ivi, pp. 40–45.
M. Schwegman, op. cit., pp. 33–34.
51
Ibidem.
52
R. Kramer, op. cit., p. 48.
53
M. Schwegman, op. cit., pp. 35–6.
50
Gli anni dell’Università
75
vi esami sostenuti, le borse di studio vinte ed i successivi riconoscimenti per
i suoi lavori.
La Fondazione Rolli concedeva annualmente ad uno studente di medicina
una borsa di studio consistente in una somma di L. 1000, che veniva assegnata
tramite un concorso per esami. Per la prima volta, nell’ottobre del 1894, il
premio fu dato a Montessori, nonostante il disappunto dei propri compagni del
quarto anno di corso, per essere stata lei, una donna, a ricevere il premio54. Fu
il suo primo riconoscimento scientifico, seguito da una serie di altre borse di
studio, che permisero alla Montessori di continuare e approfondire gli studi,
grazie alla sua indipendenza economica.
Quando Montessori cominciò a frequentare nel 1892–93 i corsi di medicina, solo una donna si era già laureata in medicina nell’Ateneo romano.
Maria Montessori già nel maggio del 1892 fu segnalata dalla stampa, come l’unica donna scelta tra tanti studenti maschi ad offrire, in occasione della seconda edizione della festa dei fiori, lo stendardo di seta alla regina Margherita. I giornali nel riportare la notizia della sfilata organizzata dall’aristocrazia romana e dagli studenti dell’Università, mettevano in evidenza la tranquillità e la dolcezza con cui la giovane studentessa di scienze naturali e
medicina (così i giornali indicano Maria Montessori) riuscì a persuadere la
sovrana a ritirare il premio55.
Quell’anno avvenne il suo esordio pubblico, non solo per essere apparsa
per la prima volta su un giornale, ma anche per aver colto l’attenzione di
molte personalità della politica e dell’aristocrazia, con le quali Montessori
non mancherà di rincontrarsi in futuro. Nel giugno del 1893 fu nuovamente
messa in evidenza dalla stampa per aver presenziato, insieme ai suoi compagni del terzo anno di medicina, alla veglia funebre per il professor Moleschott. I giornali non fecero che accentuare quell’unica presenza femminile,
che vegliava il suo amato e stimato professore.
Maria Montessori si laureò, infine, il 10 luglio 189656; come sostengono
ormai in molti, non è stata la prima donna a laurearsi in Medicina e chirurgia, ma fu una delle prime. Nell’Ateneo romano fu infatti preceduta, nel
1890, da Edvige Benigni e nel 1894 da Marcellina Corio Viola57.
54
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1893,
pp. 220–221.
55
M. Arsina, La festa dei fiori, La Cronaca di Roma, «Folchetto», 31 maggio 1892; Ghirigoro, La festa dei fiori a Villa Borghese, La cronaca di Roma. «Il Torneo» 31 maggio 1892;
A villa borghese, «Il Fanfulla» 1 giugno 1892, in P. V. Babini, L. Lama, “Una donna nuova”,
Milano, Angeli, 2000, p. 35.
56
Come risulta dal certificato di Laurea in Medicina e chirurgia presente nel fascicolo
R.S. 212 e da me All. in App., Parte IV. 28 e 28/bis.
57
In realtà non risulta prima del 1877 che siano state conferite lauree a donne del regno.
Dal 1877 al 1900 le lauree conferite a donne sono 257 e precisamente:
dal 1877 a tutto il 1880 lauree conferite
3
dal 1881 a tutto il 1884 lauree conferite
8
dal 1885 a tutto il 1888 lauree conferite
9
76
Capitolo secondo
Si laureò, con una tesi dal titolo: Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico, discussa alla presenza del suo relatore il
professore Ezio Sciamanna, direttore della Clinica Psichiatrica dell’Università di Roma58.
Durante l’anno 1895–96 nella Clinica psichiatrica vennero esaminati vari
casi di allucinazioni, che per il loro meccanismo, per la loro frequenza nonché per la condotta degli alienati meritarono particolare attenzione. Alcuni di
questi casi vennero presi in considerazione da Montessori e da Sante De
Sanctis (presente presso la Clinica psichiatrica universitaria già dal 1892) a
sostegno nel lavoro di tesi. Già da qualche tempo, alcuni studiosi di psichiatria si erano interessati a quelle particolari allucinazioni, che erano state osservate in modo particolare dalla scuola francese. I vari casi esaminati portarono i medici francesi Magnan e Séglas a definire quelle allucinazioni come
“antagonistiche”: cioè allucinazioni di senso contrario, chiamato in francese
fenomeno della double voix59.
Su questo particolare tipo di allucinazione si sapeva poco, in quanto mancava una loro definizione precisa e uno studio dal punto di vista psicologico.
Ad approfondire il tema fu Maria Montessori. Nel suo lavoro di tesi prese in
esame, durante l’anno scolastico 1895–96, nove casi clinici presenti nella
Clinica psichiatrica di Roma, casi in cui le allucinazioni a contenuto antagonistico si mostravano in diverse forme. Montessori in modo sintetico riferì le
storie e le vicende di tutti i casi presi in esame e cercò di dare una definizione clinica delle allucinazioni antagonistiche o allucinazioni di contrasto.
«Per allucinazioni antagonistiche io intendo due o più allucinazioni del medesimo senso o di sensi diversi, che succedendosi in uno spazio limitato di
tempo differiscono in modo nel loro contenuto, da riuscire l’una contraddittoria dell’altra»60.
Quanto si desume dalla tesi è presente anche in un articolo di Maria Montessori e Sante De Sanctis apparso nel 1897 sul «Policlinico». In questo articolo, tenendo conto dei casi osservati, viene messo in evidenza il carattere
distintivo di detta allucinazione. Infatti viene specificato che la denominadal 1889 a tutto il 1892 lauree conferite
18
dal 1893 a tutto il 1896 lauree conferite
79
dal 1897 a tutto il 1900 lauree conferite
140
La prima donna laureata in Italia è stata Ernestina Paper che nel 1877 consegue la laurea
in medicina e chirurgia presso l’Istituto di Studi Superiori di Firenze, aprendo poi, nel 1878,
uno studio medico dove cura le malattie delle donne e dei bambini. M. Raicich, op. cit., p.
156.
58
La tesi di laurea in Medicina e chirurgia di Maria Montessori viene interamente riportata in fotocopia dall’originale e da me trascritta per una comprensione migliore nell’Appendice
della tesi. Qui la scelta di riportare solo alcuni passi ritenuti particolarmente rilevanti in relazione agli studi accademici di Montessori (Vedi App. Parte III); ed il frontespizio presentenell’App. Parte IV all. n. 26.
59
M. Montessori, S. De Sanctis, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico», a. IV, fasc. 2, febbraio 1897, p. 68.
60
Vedi estratto della tesi di laurea in Medicina e chirurgia, presente nell’App. Parte III.
Gli anni dell’Università
77
zione “allucinazioni antagonistiche” è riferita solo a quei casi studiati in cui
l’opposizione o l’antitesi, rientra in due allucinazioni e non invece in quei
casi in cui l’opposizione si verifica tra un’allucinazione e un’idea delirante,
ovvero tra un’allucinazione e la condizione affettiva, oppure il carattere o le
abitudini del malato61.
Montessori nella tesi, spiega inizialmente che cosa si intende per allucinazioni antagonistiche, poi riassume la letteratura relativa a quelle allucinazioni, ed infine espone i casi clinici da lei osservati nella Clinica romana.
Approfondendo il suo lavoro, mostra poi che esistono delle lacune relative a
qualche varietà di allucinazioni, le quali per la loro frequenza meritano, invece, uno studio particolare. Nella tesi la studiosa elenca una serie di esempi
di allucinazioni antagonistiche:
[…] Se ne trova un primo esempio in Pinel che riporta l’osservazione d’un maniaco, nel giorno, calmo ma che di notte si credeva circondato da anime e da fantasmi: egli s’intratteneva ora con l’uno ora con l’altro dei buoni e dei cattivi angeli, e
secondo il carattere delle sue visioni era buono o malvagio, e portato a degli atti di
dolcezza o di una crudele barbaria […] Vi sono allucinati che si intrattengono successivamente con tre, quattro, fino a dodici o quindici interlocutori invisibili di cui
affermano distinguere facilmente le differenti voci62.
Sono riportati esempi di allucinazioni verbali, visive, uditive, gustative,
tattili, del senso muscolare e del genitale, tratti da studiosi come: Pinel, Baillaryer, Leuret, Griesinger, Leglas e Magnan. Infine, conclude il suo lavoro
spiegando che le allucinazioni antagonistiche non sono altro che uno dei tanti segni del contrasto psicopatologico, le cui cause erano da ricercare nella
vita psichica normale.
Il raggiungimento della laurea significò, per la giovane Maria, la realizzazione di un progetto a cui si era impegnata con perseveranza e fedeltà e
l’inizio del suo inserimento nella comunità medico scientifica del tempo.
Il suo impegno durante gli anni universitari condusse la giovane Montessori a prestare servizio in vari ospedali, il professor Sciamanna, infatti,
l’anno successivo alla sua laurea in Medicina, propose di nominare la signorina Montessori assistente volontaria presso la Regia Clinica Psichiatrica di
Roma, allora accorpata al Manicomio Santa Maria della Pietà. Dalla documentazione rinvenuta, risulta difatti che il professor Sciamanna fece richiesta
al Rettore dell’Università allora Giuseppe Cugnoni di inviare una lettera al
Ministero della Pubblica Istruzione di Roma, datata 29 luglio 1897, nella
quale si chiedeva che: «in luogo al Dott. Beniamino Nespa, che lascia volon-
61
S. De Sanctis, M. Montessori, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico», a. IV, vol. IV, fasc. 3, febbraio 1897, pp. 118–119.
62
Ivi, pp. 117–118.
78
Capitolo secondo
tariamente il posto [il professor Sciamanna], propone la nomina di Assistente
volontario al D. Montessori Maria»63.
Il Ministero con una lettera datata 13 agosto 1897 rispose al Rettore dichiarando che: «Non ho motivo di oppormi a che il Prof. Sciamanna, Direttore della Clinica psichiatrica, si valga dell’opera del Dott. Mario Montessori
in qualità assistente volontario gratuito»64. In questa lettera il Ministro chiamò Montessori, “Mario” e non Maria, probabilmente questa fu la riprova del
fatto che alla fine dell’Ottocento la professione intrapresa dalla Montessori
non poteva considerarsi una via “normale” per una donna e l’appellativo con
cui il Ministro si riferì, allude implicitamente a un ambiente totalmente maschile.
In seguito, il Rettore inviò una lettera, datata 18 agosto 1897 al Direttore
della Clinica di psichiatria, nella quale si legge che: «Il Ministero della Pubblica Istruzione in sua nota del 13 corr. […] mi dichiara di non aver motivo
di opporsi a che la S. V. Ill.ma si valga dell’opera della Sig.na Dott. Maria
Montessori in qualità di assistente volontaria gratuita, sotto la (…) di Lei responsabilità e senza alcun impegno per parte del Ministero»65.
In quegli anni la giovane Maria, oltre a prestare servizio presso la Clinica
psichiatrica romana, vinse nel 1895 un concorso come assistente all’Ospedale San Giovanni e nel 1896 all’Ospedale Santo Spirito di Sassia, sede
quest’ultima della Clinica medica universitaria66.
In tali ambienti ella ebbe l’opportunità di entrare in contatto con alcune
personalità considerevoli della cerchia medica. Il compenso alla diligenza
mostrato da Montessori ebbe modo di materializzarsi nel 1896 con la pubblicazione di un articolo Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale67. E l’anno successivo con altre due pubblicazioni: Sulle cosiddette
allucinazioni antagonistiche68 e Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo
rachidiano dei dementi paralitici69. Entrambe le ricerche di carattere scientifico trattano le ultime indagini e studi su alcuni pazienti ricoverati presso la
Clinica psichiatrica romana e sono il risultato del lavoro svolto nell’Istituto.
Montessori mostrava interesse e fiducia per le scienze, la biologia,
l’antropologia, la medicina mentale, l’igiene, la psicologia sperimentale, intese come possibile via d’uscita dalla povertà, dalla malattia, dalla miseria
63
Vedi App. Parte V, del libro.
In questo libro ho scelto di inserire, solo alcune delle lettere presenti nella tesi, per motivi di spazio. Per un ulteriore approfondimento vedi l’appendice della tesi.
65
Vedi app. All. n. 3 della tesi.
66
Babini, Lama, «Una donna nuova», cit., p. 44.
67
M. Montessori, Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale, in «Bollettino della Società Lancisana degli Ospedali di Roma», a. XVI, fasc. I, 1896.
68
Montessori, De Sanctis, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico»,
cit., pp. 68–71 e pp. 113–124.
69
G. Montesano, M. Montessori, Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano
dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini, 1897, estratto dalla «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neurologia», fasc. 15, 1 dicembre 1897, pp. 1–13.
64
Gli anni dell’Università
79
che ancora segnava la degenerazione di intere masse sociali. Infatti, in quegli
anni nacquero a Roma l’Istituto di neuropsichiatria (fondato dal prof. Ezio
Sciamanna) e l’Istituto di psicologia sperimentale (fondato dal prof. Sante
De Sanctis), che porteranno una più aggiornata visione della malattia mentale, in particolare di quella infantile.
L’interessamento della giovane Montessori allo studio della mente e delle
patologie affini, risultava insolito specialmente per una donna. In un documentato articolo del giornalista Padelletti risultava chiaro l’apprezzamento
rivolto alle donne che si dedicavano attivamente agli studi medici, pur suggerendo loro, a conclusione del discorso, di specializzarsi in discipline più
vicine alla loro natura, come pediatria e ostetricia, giacché una vita di studio
e applicata ad una professione, significava sbarrare matrimonio e maternità70.
Non è escluso che la scelta della studiosa di conoscere e approfondire lo
studio dell’infanzia affetta da handicap mentale fosse stata influenzata dalle
lezioni di Bonfigli e Moleschott, nonché (come si vedrà in seguito) dall’istituzione della psicologia empirica sostenuta da Antonio Labriola nelle sue lezioni di pedagogia. L’opera di divulgazione promossa da questi docenti costituì per Montessori la base della scelta di intraprendere e approfondire ricerche sul funzionamento della mente.
Nonostante l’impegno delle donne e gli ottimi risultati ottenuti negli studi, ancora l’opinione comune più diffusa appariva incredula e scettica verso
l’emancipazione femminile e verso l’uguaglianza tra i sessi, per la quale i
tempi non sembravano ancora maturi.
La laurea ottenuta dalla Montessori faceva notizia, infatti alcuni giornali,
quali il «Messaggero» e «Il Don Chisciotte», riportarono l’avvenimento,
giacché in quell’anno accademico su 21.813 iscritti in tutte le università italiane solo 132 erano donne71. L’attenzione pubblica verso Montessori “studentessa” fu concentrata sul suo sesso piuttosto che sulle sue capacità, ma
dal 1894 in poi questi due elementi si legano: la stampa cominciò ad interessarsi e si stupì che in lei avvenenza e femminilità si unissero all’inclinazione
intrepida e vigorosa necessaria per percorrere ogni tipo di professione in particolar modo quella medica. La dottoressa si sentiva continuamente osservata
e faceva fatica a resistere alle tentazioni del successo. Infatti sentiva il bisogno di vestirsi elegante, di ondularsi i capelli per essere il più attraente possibile, tanto che «L’Illustrazione popolare» pubblicò nell’ottobre del 1896 il
ritratto di Maria Montessori per soddisfare i lettori, che desideravano decorare i propri album con la fotografia della «vezzosa medichessa chirurga»72. La
studiosa riceveva molte attenzioni maschili ed ella reagiva in modo ambiva70
T. Tomasi, L. Bellatalla, op. cit., pp. 158–159.
G. Di Bello, A. Mannucci, A. Santoni Rugiu, Documenti e ricerche per la storia del
Magistero, Firenze, Manzuoli, 1980.
72
«Illustrazione Popolare». Giornale per le famiglie, n. 42, a. XXXIII, 18 0ttobre 1896.[la
pagina risulta illeggibile].
71
80
Capitolo secondo
lente, infatti da una parte ne era felice e lusingata, dall’altra la rendevano
nervosa.
A Montessori non sembrava vero che dopo quegli anni difficili di lotta
continua per sconfiggere i pregiudizi, l’attenzione dei giornalisti si spostasse
intorno alla sua persona, al suo carattere, alla sua forza e intelligenza. Questo
cambiamento portò suo padre a far tramontare quel atteggiamento distaccato
e freddo nei confronti della figlia per le scelte prese. Il modo in cui avvenne
questo mutamento fa parte della narrazione tradizionale della Montessori.
Nell’anno accademico 1895–96 Montessori doveva tenere una conferenza
a tutti gli studenti, quando:
[…] la mattina del grande avvenimento Alessandro Montessori si aggirava per le
strade di Roma senza l’intenzione di parteciparvi. Venne allora avvicinato da un amico, che lo persuase ad assistere. Quando Maria fu in procinto di parlare ebbe
l’impressione, come raccontò dopo, di essere un domatore di animali feroci che entrava nella gabbia dei leoni. Tuttavia parlò ed ebbe un successo straordinario. I testimoni raccontano che Alessandro rimase ad ascoltare con atteggiamento severo e
freddo, e si sciolse soltanto quando i presenti si congratularono con lui, dopo aver
applaudito Maria73.
Da quel momento in poi suo padre non criticò più Maria e in occasione
del suo trentesimo compleanno le regalò tutti gli articoli dei suoi trionfi che
aveva accuratamente raccolto in quegli anni.
2.5 La Scuola Magistrale Ortofrenica e l’Istituto Superiore di Magistero femminile di Roma
Negli anni posteriori alla laurea in Medicina e chirurgia, la studiosa fu
coinvolta in un fervore intenso, inesauribile, colmo di incontri, studi ed interessi. Dopo un anno di servizio come medico interno nell’Ospedale San
Giovanni e tre anni di servizio come assistente alla Clinica psichiatrica74 decise d’iscriversi al Corso di perfezionamento in Polizia Sanitaria. Montessori, presentò la domanda il 20 gennaio 1900, frequentando nel bimestre gennaio–febbraio ed ottenendo dopo superamento di un esame, il diploma di Ufficiale Sanitario il 3 marzo 190075.
Solo un anno prima si era recata a Parigi nel reparto di Bicetre, guidato da
Bourneville, dove scoprì i lavori di Itard e Séguin76. Nell’inverno del 1898 si
recò a Londra su incarico ministeriale per studi e ricerche concernenti le
scuole per i fanciulli deficienti e tenne in Italia, nel 1899, dei Corsi di Confe73
M. Schwegman, op. cit., p. 39.
Vedi Annuario scolastico per l’anno 1897–98, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1897,
p. 120. Montessori vi compare come assistente sino al 1899.
75
Vedi app. Parte IV.
76
Per approfondimenti si rimanda al Capitolo terzo, di questo libro.
74
Gli anni dell’Università
81
renze sulla psicologia e la pedagogia speciale per i fanciulli deficienti, anche
queste per incarico ministeriale svolte nelle tre Scuole Normali di Roma. Il
tema dei bambini anormali e la promozione di Istituti speciali medico–
pedagogici, fu una delle questioni più significative e preziose per Montessori.
In virtù di questa attenzione per l’educazione dei bambini deficienti, ebbe
l’incarico dal Ministro e suo maestro Guido Baccelli di dirigere la Scuola
Magistrale Ortofrenica, con l’aiuto di Giuseppe Montesano77.
Il loro impegno in questa Scuola fu strettamente legato alla realizzazione
nel 1899, della «Lega Nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti», di
cui era presidente Clodomiro Bonfigli allora direttore dell’Ospedale Santa
Maria della Pietà di Roma. I corsi tenuti in questa Scuola non furono altro
che un prosieguo delle lezioni che la stessa Montessori aveva condotto solo
un anno prima nelle Scuole Normali di Roma e riguardavano la preparazione
dei futuri maestri. Alla Scuola la dottoressa unì una classe “pilota” dove lavorava direttamente con i bambini anormali, sperimentando il materiale
creato da Séguin e preparandone altro.
Nonostante l’impegno assunto dalla Montessori e da Giuseppe Montesano all’interno della Scuola Ortofrenica, questa ancora non era riconosciuta
dal Governo. Pertanto, la «Lega», riteneva necessario sensibilizzare le istituzioni verso quell’infanzia abbandonata attraverso l’ufficializzazione della
Scuola. Il Bonfigli, allora deputato al Parlamento e presidente della “Lega”,
si fece promotore di una legge sull’assistenza psichiatrica e sulla istituzione
di Istituti medico–pedagogici.
Probabilmente, grazie a questo intervento, la Scuola Magistrale Ortofrenica venne inaugurata il 7 aprile 1900 e guidata da Montesano e Montessori,
la quale vi insegnava Igiene78. In seguito venne aperto, in via dei Volsci,
l’Istituto medico–pedagogico, che era preordinato a ricevere i primi cinquanta bambini fino ad allora ricoverati nel manicomio romano. L’inaugurazione
dell’Istituto avvenne il 24 aprile 1900 e ad essa presero parte anche molte
donne dell’aristocrazia romana79.
In questi anni si era venuto a formare quel grande sodalizio scientifico tra
Montessori, Montesano, Bonfigli e De Sanctis, del quale Giovanni Bollea,
parla in questi termini: «la Scuola Psichiatrica romana: un forte “quadrumvirato” intellettuale — che lavorava unito per una nuova organizzazione clinica, assistenziale ed educativa dei bambini cosiddetti deficienti»80.
L’aspirazione della dottoressa marchigiana agli inizi del nuovo secolo era
quella di istituire una nuova disciplina, quella di Igiene pedagogica, disciplina riferita al bambino nei primi anni di vita e soprattutto alle invalidità del
77
Montessori, La scoperta del bambino, cit., p. 23.
M. Gutierrez, La Scuola magistrale ortofrenica, in Enciclopedia Pedagogica, diretta da
Mauro Laeng, vol. V, Brescia, La Scuola, 1992, pp. 8590–8593.
79
G. H. Fresco, op. cit., p. 41.
80
G. H. Fresco, op. cit., p. 23.
78
82
Capitolo secondo
sistema nervoso e delle facoltà mentali. Ella rimarcava la necessità che proprio per gli argomenti che questa nuova disciplina trattava, riguardanti per lo
più madri ed educatrici, la cattedra doveva essere coperta da una donna, al
fine di combattere «le ipocrisie finora imposte da un pregiudizio spesso fatale alla salute, e dare con la voce della scienza e con l’ideale della pubblica
sanità, una base di moralità alta a tutte quelle cognizioni che oggi le allieve
apprendono per meno nobili vie»81.
A tal proposito, la studiosa evidenziava che bisognava fare una distinzione tra igiene “comune”, cioè quella relativa alla salute pubblica del Paese e
quella “nuova” igiene pedagogica utile anche ai bambini anormali. Ella aggiunse, inoltre, che l’igiene “generale” era sì essenziale, ma inadeguata anche per la salute pubblica, dal momento che non prendeva in considerazione
molti insegnamenti che sarebbero stati preziosi se impartiti alle future madri82.
Montessori chiese, con una lettera indirizzata ad un non specificato
“commendatore”83, di farsi mediatore con il Ministro al fine di ottenere
l’istituzione di una cattedra di Igiene pedagogica, presso l’Istituto Superiore
di Magistero femminile di Roma.
Uno degli argomenti trattati era l’asserzione dell’autonomia della “pedagogia pei deficienti” dalla pedagogia normale e dall’igiene. Il fulcro di questa autonomia era per la dottoressa lo studio “individuale” del bambino, che
consentiva una maggiore scientificità della disciplina rispetto alle idee ed ai
criteri della pedagogia tradizionale. In questa riflessione appariva chiaro,
come evidenzia anche lo stesso Furio Pesci, il fine sociale del suo lavoro e
della sua attività di studi e il suo desiderio di dedicarsi alla formazione culturale e professionale femminile ed in special modo alle insegnanti. Quindi per
Montessori insegnare nel Magistero significò dare seguito a questa sua sensibilità sociale a favore della istruzione elementare e femminile84.
Un altro interessante documento datato 9 ottobre 1899, scritto da Giacinta
Martini al Ministro Guido Baccelli, racchiudeva un accorato appello per
l’assegnazione di una cattedra di “pedagogia pei deficienti” a Montessori
nella Scuola di Alto Magistero femminile. In questo documento si legge: «Io
la prego adunque caldamente non solo di accordarle al più presto questa cattedra, ma di far sì che il lavoro della sig.na Montessori venga retribuito in
81
F. Pesci, L’istruzione superiore nei magisteri femminili dal 1878 al 1923, in «Educazione e Scuola», n. 32, ottobre–dicembre 1989, p. 65.
82
Id, L’insegnamento di Maria Montessori al Magistero di Roma, in «Educazione e Scuola», n. 30–31, aprile–settembre 1989, p. 108.
83
Il Commendatore, potrebbe essere Clodomiro Bonfigli, allora politicamente influente, o
Giuseppe Sergi riconosciuto dalla Montessori come autore della sua entrata
nell’insegnamento superiore o infine può anche farsi il nome di Guido Baccelli
84
Pesci, L’insegnamento di Maria Montessori al Magistero di Roma, cit., pp. 108–110.
Gli anni dell’Università
83
modo da poterle dare un aiuto efficace. La sig.na è in condizioni finanziarie
tutt’altro che buone»85.
Il Ministro Baccelli rispose alla signora Giacinta Martini di essere «dispiacente di non aver ancora assolutamente il modo per accontentarla a causa
di ristrettezze di bilancio»86.
Finalmente, il 4 gennaio 1900, la sezione scientifica del consiglio direttivo del Magistero romano fu convocata per esprimersi sulla proposta del Ministro di assegnare a Montessori la cattedra di Antropologia e Igiene. La
commissione esaminatrice, composta dai professori Cortesi, De Morris, Pagano Mattero Evangelina, Sprega Magistreli Carolina, non arrivò ad un giudizio finale, poiché riscontrò la probabile scarsità scientifica dei titoli presentati dalla candidata, affermando:
Considerando che dei diversi certificati presentati, alcuni sono anteriori al conseguimento della laurea in Medicina e Chirurgia, e per conseguenza atti soltanto a rilevare l’assiduità e la diligenza della sullodata Dottoressa come alunna, ma non approvare il vero valore come Insegnante, e gli altri non fanno che affermare
l’attitudine alla professione medica e nulla più.
Considerando che dei pochi e brevi lavori a stampa non è possibile di alcuni decidere del merito spettante alla concorrente, perché scritti con altri […], che l’unico
scritto dovuto alla sig.na Montessori […] non è un lavoro originale e ad ogni modo
non in rapporto con l’insegnamento d’igiene.
Considerando che la sullodata Dottoressa non presenta certificato da cui risulti di
aver fatto studi speciali nei corsi di perfezionamento ed essersi dedicata exprofesso alle
discipline di cui chiede l’insegnamento, che anzi risulterebbe essersi piuttosto dedicata
a studi relativi alle malattie mentali, come si rileva dalla stessa sua domanda; il Consiglio della Sezione Scientifica all’unanimità riconosce che l’unico documento che abbia
una importanza tra quelli presentati dalla sig.na Montessori non è altro che il certificato di aver conseguito una splendida laurea in Medicina e Chirurgia. D’altra parte non
essendo possibile in questo caso d’istituire confronti con titoli di altri concorrenti stante che la sig.na Montessori è la sola che si presenti, il Consiglio delibera […] di summettere alla decisione di Sua Eccellenza il Sig. Ministro, quale giudice competentissimo se la laurea in Medicina e Chirurgia sia o no titolo sufficiente per autorizzare chi
non presenti alcun titolo che comprovi un’attitudine particolare all’insegnamento, ad
insegnare Igiene col Antropologia in un Istituto Superiore87.
In un altro documento datato 6 Gennaio 190088, si legge:
85
Id, Pedagogia Capitolina, Parma, Ricerche Pedagogiche, 1994, p. 47.
Ivi, p. 48.
87
Per la mole di documentazione presente nella tesi, si è deciso di non inserire tutte le
missive relative all’excursus accademico di Maria Montessori, ma solo alcune di quelle ritenute particolarmente rilevanti. Per ulteriori approfondimenti si veda la tesi.
88
Si tratta della copia del verbale dell’adunanza della Sezione Scientifica e del Consiglio
direttivo relativi alla domanda della Sig.na Montessori, verbale nel quale veniva anche inserita contemporaneamente la copia della deliberazione presa, in seguito alla domanda della
Sig.na Montessoti. Vedi Parte V, della tesi.
86
84
Capitolo secondo
Il Sig. Direttore (dell’Istituto di Magistero, allora il professor Costanzo) legge
una istanza della Sig.na Dottoressa Maria Montessori, trasmessagli con nota ministeriale, e relativa al conseguimento dell’incarico dell’insegnamento dell’Igiene e
dell’Antropologia, rimasto vuoto per la morte del compianto prof. Zevi.
[…] Il Consiglio Direttivo, udita la relazione della Sezione Scientifica si associa
ad unanimità alle conclusioni di essa, presunto come è che nessuno è più competente
del Sig. Ministro a giudicare titoli attinenti all’insegnamento dell’Igiene e
dell’Antropologia, e faceste che voglia quanto più presto è possibile, provvedere
all’insegnamento89.
Dalla documentazione sopra citata si evidenzia come i professori del Magistero non fosseroo favorevoli all’ingresso della studiosa marchigiana in
quell’ambiente, probabilmente la giovane Maria si mostrava ai loro occhi
come una persona troppo giovane rispetto ad insegnanti, che non si erano distinti sul piano scientifico. Oltretutto, anche se l’Istituto Superiore femminile
di Magistero era l’unica scuola superiore aperta alle donne e rivolta alle future insegnanti, la presenza di donne educatrici era scarsissima e spesso fortemente ostacolata. I docenti lasciarono l’ultima parola all’allora Ministro
Baccelli, che si pronunciò a favore inviando a Maria Montessori una lettera,
datata 17 gennaio 1900, nella quale si legge:
Volendo provvedere per l’anno scolastico 1899–1900 all’insegnamento
dell’Igiene e dell’Antropologia nel R. Istituto Superiore di Magistero femminile di
Roma;
Veduto il Ruolo organico dell’Istituto stesso, approvato col Regio Decreto 29
Dicembre 1898, n. 555;
Veduta la proposta della Sezione Scientifica e del Consiglio Direttivo
dell’Istituto suddetto;
[…] La Dottoressa Maria Montessori è incaricata per l’anno scolastico 1899–
900, dello insegnamento […] con la retribuzione di annue Lire millecinquecento
(1500) a par tempo dal 16 gennaio 190090.
Ebbe, così, inizio per la giovane marchigiana il suo riconoscimento come
docente capace di ottenere l’approvazione di molti studenti, vista la sua preparazione e comprensione.
In questi anni Montessori oltre al nuovo incarico, ottenuto presso l’Istituto
Superiore femminile di Magistero, continuò a dirigere per altri due anni la
Scuola Magistrale Ortofrenica. In questa Scuola la studiosa restò a formare,
con l’aiuto di colleghi, i maestri di Roma impartendo loro metodi speciali (che
aveva appreso a Parigi e Londra) di addestramento e di educazione dei bambini deficienti. Ella stessa si mise non solo a dirigere l’attività delle educatrici
dei frenastenici, ma iniziò in prima persona ad insegnare ai bambini senza mai
89
90
Vedi Parte V.II, All. n. 5 della tesi.
Ivi, All. n. 7 della tesi.
Gli anni dell’Università
85
fermarsi dalle otto del mattino alle sette di sera, e come lei stessa ricorda questi
due anni di pratica furono «il primo vero titolo in fatto di pedagogia»91.
Le lezioni di quegli anni d’insegnamento nella Scuola Magistrale Ortofrenica vennero racchiuse sotto forma di dispense e poi pubblicate con il titolo Riassunto delle lezioni di didattica date in Roma nella Scuola magistrale
ortofrenica l’anno 190092.
È in queste lezioni che Montessori rivela come la questione dei bambini
anormali sia contemporaneamente medica e pedagogica. Infatti, nello scritto
si legge:
Prima […] di cominciare l’educazione è necessario «preparare» il bambino a riceverla, con un’altra educazione, che oggi tende ad assumere altissima importanza,
che deve essere il piano sul quale edificheremo tutta l’altra educazione, e sul quale
essa dovrà portare i suoi frutti. Voglio dire: l’educazione igienica, che nei fanciulli
deficienti assume talvolta il significato di educazione medica.
Perciò il metodo educativo dei deficienti si chiama: medico–pedagogico93.
Secondo la studiosa il bambino prima di essere educato, deve essere curato e posto in situazione di vivere decorosamente sia da un punto di vista fisico che igienico. Montessori era convinta che al bambino deficiente, per poter
raggiungere un’ottima educazione, occorreva che “l’organismo funzionasse
bene”, e mostra a tal proposito una serie di suggerimenti di “educazione medica” da prendere in considerazione per la cura muscolare e cellulare dei
bambini anormali94.
In questi anni furono molti i medici igienisti e pediatri che presero a cuore le problematiche igienico–sanitarie in cui vivevano le masse popolari più
povere. E proprio in questo periodo l’educazione igienica risultò fondamentale per qualsiasi altro intervento educativo. Di conseguenza occorreva una
campagna di alfabetizzazione igienico–sanitaria a cui dovevano provvedere,
innanzitutto, le istituzioni attraverso programmi d’insegnamento ed ambienti
sani95.
Nel 1901, Montessori presentò a Napoli, al secondo Congresso Pedagogico Nazionale, una relazione dal titolo Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione96. Qui la studiosa espose
91
Montessori, La scoperta del bambino, cit., pp. 23–24.
Id, Riassunto delle lezioni di didattica, Roma, Laboratorio Litografico Romano, 1900,
poi inserito nell’appendice presente in L’Autoeducazione nelle scuole elementari, Roma, Milano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916), pp. 639–675.
93
Id, L’Autoeducazione, cit., p. 639.
94
Ivi, p. 640.
95
F. Cambi, S. Ulivieri, Storia dell’infanzia nell’Italia liberale, Firenze, La Nuova Italia,
1988, pp. 65–67.
96
M. Montessori, Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione, in Atti del Comitato Ordinatore del II Congresso Pedagogico Italiano
1899–1901, Napoli, Trani, 1902, pp. 144–167 e ripubblicato col titolo Un metodo per la classificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia» a. XI, n. 9, ottobre 1962, pp. 3–12.
92
86
Capitolo secondo
le idee ed i metodi di Séguin, da lei ampliati ed approfonditi, il quale aveva
ben definito un sistema di educazione chiamandolo «metodo fisiologico». A
riguardo, Montessori pur affermando il valore scientifico dell’opera del Séguin per l’educazione degl’idioti, faceva risaltare due problemi: quello scientifico, cioè la mancanza di sperimentazione del metodo, e quello pedagogico
cioè la mancanza di un’opera adeguata di profilassi sociale97. Così, la studiosa metteva in evidenza che il primo materiale didattico che doveva essere
usato con i bambini deficienti era quello spirituale, rilevando la necessità di
una buona preparazione dei maestri. Appariva chiaro che bisognava preparare i maestri con la «cura medesima con cui i grandi artisti drammatici si preparano alle scene, perché debbono conquistare anime stanche e fragili ai
grandi sentimenti della vita»98.
Montessori sosteneva l’importanza del maestro nell’educazione e gli riconosceva un alto grado di responsabilità nella formazione del bambino e a
tale scopo riteneva fondamentale che il maestro conoscesse la psicologia, la
psichiatria e la pedagogia.
Il merito di Montessori è soprattutto quello di aver per prima intuito che
la deficienza del bambino è un fatto sociale e la sua educazione è possibile
con ambienti e materiali adeguati99.
2.6 L’iscrizione alla Facoltà di Filosofia
Fin da quando […] mi dedicai all’istruzione dei fanciulli deficienti, credetti
d’intuire che quei metodi non erano soltanto un tentativo per aiutare gli idioti, ma
contenevano principi di educazione più razionale di quelli in uso: tanto che perfino
una mentalità inferiore poteva divenire suscettibile di sviluppo. Questa intuizione
divenne la mia idea dopo che ebbi abbandonato la scuola dei deficienti; e a poco a
poco acquistai il convincimento che metodi consimili applicati ai fanciulli normali
avrebbero sviluppato la loro personalità in modo sorprendente.
Fu allora che principiai un vero e profondo studio della cosiddetta pedagogia riparatrice e in seguito volli intraprendere lo studio della pedagogia normale e dei
principi sui quali si fonda — onde m’iscrissi studente di filosofia all’Università100.
Le affermazioni di Maria Montessori appaiono chiare: la sua idea era
quella di sperimentare il metodo educativo per i bambini deficienti sui bambini normali.
Dopo l’esperienza alla Scuola Magistrale Ortofrenica, decise di iscriversi
alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma e venne immatricolata il 16
luglio 1903 al terzo anno di Filosofia101.
97
Id, Un metodo per la classificazione dei deficienti, cit., p. 3.
Id, La scoperta del bambino, cit., p. 28.
99
Id, L’Autoeducazione, cit. pp. 29–31.
100
Id, La scoperta del bambino, cit., p. 24.
101
Per approfondire questo argomento vedi appendice Parte I, del libro.
98
Gli anni dell’Università
87
Per la studiosa marchigiana neppure questa via fu facile, poiché la Facoltà di Lettere e Filosofia stava attraversando un periodo di passaggio tra vecchio e nuovo ordinamento, rendendo la situazione più difficile. I regolamenti
universitari erano fermi al 13 novembre 1859 (legge Casati) e solo in quegli
anni la Facoltà di Filosofia cominciava a definirsi, sia sotto il profilo della
didattica che sotto quello dello sbocco professionale. Tale ritardo non si doveva solo allo stato Pontificio, ma anche a leggi, come la legge Casati, che
bisognava riformare radicalmente. I primi a prendere atto di questa realtà furono i ministri Bonghi e Coppino. Il Bonghi propose un nuovo regolamento
universitario, che venne approvato con R. D. 3 ottobre 1875, nel quale venivano precisate le caratteristiche e gli obiettivi delle singole Facoltà102.
L’8 ottobre del 1876 il Ministro Coppino approvò un nuovo Regolamento
generale il quale sostanzialmente non risultava così diverso da quello del
Ministro Bonghi. Infatti, l’art. 1º, del Regolamento Bonghi recitava che il
fine della Facoltà di Lettere e Filosofia era quello di: «Promuovere la cultura
letteraria e filosofica della nazione […]. Preparare al conseguimento del diploma di insegnamento speciale della Letteratura italiana, latina, e greca, di
storia e di filosofia, nelle scuole secondarie classiche e normali, e di quello
di pedagogia nelle scuole normali»103. Cambiava solo il secondo comma del
Regolamento Coppino, il quale stabiliva che l’obiettivo della Facoltà fosse
anche quello di «preparare al conseguimento dei diplomi speciali d’insegnamento»104. Altre innovazioni concernevano la durata del corso prevista in
quattro anni, con conferimento di due lauree distinte, in Lettere e in Filosofia105.
Con l’espansione delle tipologie delle discipline, con la definizione di alcuni sbocchi professionali e con il reclutamento di nuovi docenti, la Facoltà
di Lettere e Filosofia cominciava a registrare un aumento degli iscritti. A cavallo tra i due secoli l’incremento delle iscrizioni superava le trecentunità106.
Montessori per l’iscrizione quasi sicuramente dovette attenersi a questi
regolamenti107. Infatti, dall’art. 105 del Regolamento generale, si legge :
«Colui che, già fornito di un diploma o di una laurea, desidera conseguirne
un’altra, può ottenere di compiere i corsi universitari in un numero minore
d’anni, secondo le disposizioni dei regolamenti speciali». Inoltre, qualora la
102
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1875–76, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,
1875, p. 85.
103
Ivi, pp. 85–86.
104
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1876–77, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,
1876, p. 59.
105
Ivi, pp. 59–60.
106
G. Monsagrati, Verso la ripresa: 18701900, in Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia del “La Sapienza”, L. Capo, M. R. Di Simone (a cura di), Roma, Viella, 2000, p. 415.
107
La domanda per essere immatricolato come studente doveva, secondo la Facoltà di Filosofia, indicare oltre i dati personali, la Facoltà o scuola a cui lo studente voleva iscriversi e
anche i titoli richiesti dai rispettivi regolamenti di Facoltà.Vedi Annuario per l’anno scolastico 1902–03, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1902, p. 252.
88
Capitolo secondo
Facoltà si pronunciasse non a favore «è ammesso il ricorso al Ministro, che
decide, udita l’aggiunta del consiglio superiore»108.
Montessori il 4 gennaio 1903 inviò una lettera al Preside della Facoltà
Cerruti, nella quale si legge:
La sottoscritta, iscrivendosi quest’anno come studente al III Corso di Filosofia,
domanda che per essere ammessa alla fine del IV Corso di esami di Laurea in Filosofia le siano considerati come sufficienti gli esami da superarsi nelle sole materie
filosofiche: e che come equipollenti gli altri esami consigliati dalla facoltà, le siano
considerati i seguenti titoli […].
[…] I seguenti titoli assumono importanza nel corso speciale, volendo la sott.a
dedicarsi alla Pedagogia e scegliere in questa materia la tesi di Laurea109.
Il Ministro, in una lettera del 6 marzo 1903, unita alla lettera precedente,
chiedeva al Consiglio Superiore per l’Istruzione Pubblica che la domanda
della Montessori fosse presa in visione tenuto conto che la Facoltà di Filosofia «ha espresso parere favorevole, considerando come equipollenti i titoli di
cui la Sig.na Montessori è provvista». Inoltre, il Ministro faceva asserire
all’Onorevole Consiglio Superiore per l’Istruzione Pubblica «che la Sig.na
Montessori non ha la licenza Liceale, ma è provvista soltanto di licenza
dell’istituto tecnico sezione fisico–matematica, e venne iscritta al corso di
medicina e chirurgia per speciale concessione»110.
Il professor Stanislao Cannizzaro, in un documento datato 11 aprile 1903,
comunica al Consigliere Gandino perché riferisca alla Giunta del Consiglio
Superiore di valutare la domanda d’iscrizione della dottoressa Montessori111.
Finalmente l’8 giugno 1903, il Consiglio Superiore dell’Istruzione Pubblica, con una lettera si pronuncia in risposta a quella del 6 marzo 1903 ed
enuncia che:
La Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Roma, nell’adunanza del 2 febbraio 1903, ha espresso parere favorevole alla domanda, considerando come equipollenti i titoli di cui è provvista la concorrente. Ma il vero è che i titoli enumerati
nell’istanza della signora Montessori sono tutti di cultura scientifica e non provano in
nessun modo ch’ella possegga una speciale cultura letteraria, tale da poterla dispensare
da uno studio e da un esperimento formalmente sancito dal vigente Regolamento.
S’aggiunge, che come rilevasi da una Nota Ministeriale che accompagna
l’istanza, la concorrente non è provvista della licenza liceale ma di quella
dell’Istituto tecnico, e fu iscritta al corso di medicina e chirurgia per una convenzione speciale.
Non vedo dunque il Rettore come si possa concedere alla signorina Montessori
quello che domanda e impone a V. S. che l’istanza sia respinta112.
108
Ivi, pp. 252.
Vedi Parte V.II, All. n. 22 della tesi.
110
Ivi, All. n. 26 della tesi.
111
Ivi, All. n. 29 della tesi.
112
Ivi, All. n. 31 della tesi.
109
Gli anni dell’Università
89
In ultima istanza fu interpellato a pronunciarsi il Ministro Nasi che, dopo
aver vagliato i titoli presentati dalla studiosa, acconsentì all’iscrizione previa
lettera datata 16 luglio 1903. In questa lettera si legge:
In conformità del voto favorevole di codesta Facoltà di Filosofia e Lettere e in
considerazione dei titoli speciali della Signorina D. Maria Montessori posseduti consentono in via eccezionale che essa possa essere ammessa al 3° anno di Filosofia con
dispensa dall’esame di lettere italiane voluto dall’art. 21 del Regolamento speciale
13 marzo 1902113.
Montessori venne così iscritta al terzo anno di Filosofia e cominciò a frequentare, senza sostenere alcun esame, i corsi di Filosofia teoretica, Storia
della filosofia e Filosofia morale.
La studiosa frequentò l’insegnamento di Filosofia teoretica col professor
Antonio Labriola, il quale fu con Decreto Reale del 7 luglio 1902 trasferito
dalla cattedra di Filosofia morale e Pedagogia, alla cattedra di Filosofia teoretica, presso la stessa Università di Roma ad iniziare dal 1 novembre
1902114.
Nello stesso anno, come risulta da un documento presente presso
l’Archivio dell’Università «La Sapienza», la studiosa ottenne la frequenza,
oltre che in Filosofia teoretica, anche in Storia della Filosofia seguita col
professore Giacomo Barzellotti e Filosofia morale tenute dal professor Pietro
Ragnisco115.
Senz’altro le lezioni che la studiosa scelse di seguire andavano nella direzione di un accrescimento di tematiche a lei già conosciute. Il Barzellotti
come il Labriola, nelle loro lezioni di Storia della filosofia e Filosofia teoretica, consideravano in particolare il ruolo della psicologia empirica e della
ricerca scientifica. In quegli anni, infatti, Labriola, nelle sue lezioni “scapigliate ma geniali”, non solo mostrava un interesse per la psicologia sperimentale, ma esortava gli studenti a prendere parte attiva alla discussione in
aula, e non mancava di far intendere la sua percettibilità democratica e progressista su temi che riguardavano l’analfabetismo e il bisogno di una scuola
popolare. Inoltre, è da sottolineare l’attenzione del Labriola alla pedagogia di
Herbart che aveva per lui il merito di suggerire una costruzione scientifica
del sapere educativo. Herbart veniva considerato dai pedagogisti italiani, tra
113
Vedi App. Parte V All. n. 2 del presente libro.
Da questo documento datato 21 agosto 1902, si legge testualmente: «Copia di Decreto
Reale del 7 novembre 1902 col quale la S. V. Illustre Professore di Filosofia morale e Pedagogia nella R. Università di Roma, è stata col suo consenso trasferito alla cattedra di Filosofia
teoretica nella stessa Università conservando il grado dell’incarico e lo stipendio di £ 7000, a
decorrere dal 1° novembre 1902». Vedi Fascicolo personale AS 67 presso l’Archivio studenti
«La Sapienza».
115
Presente nell’App. Parte IV, All. n. 30 e 30/bis di questo libro. Cfr. Parte IV.4, All. n. 2
della tesi
114
90
Capitolo secondo
cui anche Credaro, come l’iniziatore della pedagogia positiva, disciplina autonoma lontana dalla filosofia116.
Nel 1904, Montessori presentò domanda al Rettore dell’Università di
Roma, come si evince dal documento datato 14 gennaio 1904, per essere
ammessa come studente al quarto anno di Filosofia117. La sua richiesta venne
accettata come risulta dal modulo d’iscrizione per l’anno scolastico 1903–
1904118.
In questo anno frequentò le lezioni di Storia della filosofia con il professor Barzellotti, Letteratura italiana con il professor De Gubernatis, Filosofia
teoretica con il professor Villa, Filosofia morale con il professor Ragnisco e
Pedagogia con il professor Credaro.
Quest’ultimo, dopo essersi laureato in Filosofia presso l’Università di Pavia nel 1883, per concorso vinse il posto di professore ordinario in Storia
della filosofia presso lo stesso Ateneo. Nel 1902 fu chiamato a Roma per desiderio dello stesso Antonio Labriola, trasferitosi proprio in quell’anno alla
cattedra di Filosofia teoretica, per ricoprire la cattedra di Pedagogia119.
Alle lezioni di filosofia, Maria Montessori visse una condizione culturale
dissomigliante da quella della Facoltà di Medicina. La cultura che la studiosa
respirava ai corsi di Filosofia era più aperta alle cognizioni del sapere e non
totalizzante come quella imperante della medicina.
La studiosa, negli anni in cui fu iscritta a Filosofia, oltre alle lezioni citate, seguì anche i corsi liberi di Psicologia con il professor Sante De Sanctis,
Storia di Roma nel Medioevo con il professor Giuseppe Tomassetti, Antropometria con il professor Ugo Vram, e Magistero di pedagogia con il professor Luigi Credaro. Nel frequentare i corsi, Montessori si venne a trovare a
fianco di qualche studentessa sua allieva al Magistero femminile, che era divenuto il passaggio più facile per accedere all’Università e quindi
all’insegnamento. Le lezioni di Antropometria con il professo Vram, le servirono per affinare la sua preparazione tecnica. Il professor Vram, all’epoca,
era membro fisso e con incarichi nella Società romana di Antropologia assieme al professor Moschen e a Sergi; Società di Antropologia che il 22 febbraio 1903 accolse la studiosa come socio onorario e, allo stesso tempo, la
nominò per la revisione del consuntivo per l’anno 1902120.
116
Vedi App. Parte I paragrafo I.4 del libro.
Ivi, Parte V All. n. 3 del presente libro.
118
Ivi, Parte IV. All. n. 31 del libro.
119
Ciò risulta da un documento datato 1 agosto 1902, nel quale si legge:«Con Decreto del
7 luglio u. s. secondo i voti di codesta facoltà di Lettere e Filosofia, il prof. Antonio Labriola è
stato trasferito alla cattedra di Filosofia teoretica ed il Prof. Luigi Credaro è stato chiamato
alla cattedra di Pedagogia in codesto Ateneo, conservando entrambi lo stipendio di cui sono
provveduti. I provvedimenti avranno effetto dal 1° Novembre p. v. e la S. V. si compiacerà di
darne notizia alla facoltà ed agli interessati. Mi riservo poi di farLe noto le ulteriori mie decisioni circa la cattedra di Filosofia morale. [firmata Ministro Nasi]». Questo documento è presente nel fascicolo personale AS 64, presso l’Archivio studenti «La Sapienza».
120
Babini, Lama, «Una donna nuova», cit., p. 151.
117
Gli anni dell’Università
91
In una lettera scritta di suo pugno, Montessori espresse l’ingiustizia subita
dalle istituzioni universitarie riguardo alla sua domanda di professore straordinario, tenuta dal Ministro in sospeso sino al 1904 quando, poi, riuscì ad ottenere finalmente la libera docenza in Antropologia. Probabilmente, in quegli anni, la studiosa attraversava un periodo in cui era particolarmente sensibile: a causa forse della nascita da pochi anni di Mario suo figlio, sofferente
per la storia sentimentale definitivamente conclusa con Giuseppe Montesano
e stanca di lottare per vedersi riconoscere il suo operato, mentre per altri
“tutto sorride”, dice esprimendo la sua amarezza in una lettera ad una “diletta signora”, una certa Donna Cristina di cui non si conosce l’identità. La lettera si apre con una dedica “Dolce come il profumo di un segreto affetto, forte come la luce di una speranza, salisce a voi il mio cuore!” e continua121:
«Ho sentito parlare all’Università della inaugurazione dei nuovi locali
della Scuola Magistrale Ortofrenica — le ragazze parlavano di rinfreschi, di
versi, di festa.
Infatti ho comperato un giornale e vi ho trovato la notizia che Le uniscono. Anche Lei vi leggerà il trionfo dei miei nemici. A loro tutto sorride: la
gioventù inneggiante e le autorità beneficenti che concedono nuovi locali,
somme di denaro e protezione.
Di me, chi più si ricorda?… in quella scuola è proibito pronunciare il
mio nome, nome di un nemico; in quella scuola hanno distrutto tutto quanto
poteva ricordarmi, perfino fatto a pezzi o bruciato gli strumenti che io avevo
fatto fabbricare per l’educazione dei bambini, con tanto entusiasmo
d’amore, affinché non si dica che qualcosa di mio possa esservi ancora utile. E pure io misi l’anima e sangue, pel trionfo di quella istruzione: l’ho amata! (Si ricorda quando uscivano i bambini dal manicomio ed entravano)
le ho dedicato cinque degli anni migliori della mia vita. (La lunga storia della mia sofferenza là dentro) Mi si erige dinanzi all’anima la lunga storia
delle ingiustizie che mi hanno straziata, fantasma crudele che mi spezza il
cuore! O come è amara e fredda questa mia solitudine!
Mia diletta signora! Lei ha visto com’è il mio pianto quando un’anima
dolce e generosa m’invita alle confidenze. (…) E pure — quanto è raro uno
sfogo per me e quanto singolare un’anima che risponda al mio dolore!
Per lo più io giro solitaria tra gente indifferente o crudele; cerco solo in
me e da me la forza di riprendere nuovamente il lavoro e vincere la disperazione. Da professore mi sono fatta allieva, da dottore, studente […]. Dopo
sette anni che ero dottore, dopo essere passata attraverso facili trionfi, dopo
aver fondato due istituzioni nelle quali fui un momento regina — sì, dico,
tornai umile studente in III corso di Università — entrando scolara in quelle
aule, dove già alcuni miei antichi compagni di scuola vi entrano come docenti, a tutti sconosciuta (…) Sentii più volte la vergogna che deve provare
121
G. H. Fresco, op. cit., p. 76.
92
Capitolo secondo
un ricco caduto nella miseria: quella gioventù animata dalle belle speranze
che io pure provai tredici anni fa, quando cominciai gli studi universitari —
passava accanto a me — loro compagna di scuola — vecchia a oro confronto, oppressa dalla disillusione della vita. Sentii questa specie di umiliazione
fredda, che non saprei descrivere. Io non sono uno studente come un altro:
la fatica delle lezioni, la tortura degli esami speciali — si sopportano.
Da professore mi sono fatta allieva, da dottore studente, ma che cosa triste lo studente che non ha più le brillanti speranze della gioventù, ma
l’amarezza delle delusioni! (…) Come un morto — freddo e solo — che si
sforzi di ricominciare la vita e rientri in una culla. Ho sentito più volte la
vergogna che deve provare un ricco caduto nella miseria, una specie di umiliazione fredda che non si può descrivere.
E pure — strane crudeltà del mondo! Ho veduto le persone sollevarsi intorno a me per respingermi. Non sentivano che io seguivo un potente dovere: il dovere di vivere e di lavorare, anche quando sembra di non poter più
vivere e di non poter più lavorare. Non capivano che il mio corpo fatto grave da un’oppressione compiva un dovere trascinandosi tra quei banchi di
scuola. Tutti in coro ripetevano: “Cosa viene a fare questa rimestatrice?
Non le basta quello che sa e quello che ha?”.
Voglio studiare antropologia — e mi fanno perdere otto mesi di tempo
con false promesse infine mi impediscono di continuare lo studio […]. Finalmente dopo otto mesi di incertezza, intercalati da promesse, concludono,
come se niente fosse, che rifiutano assolutamente di costituire la commissione. A fare una cosa simile a un uomo dottore avrebbero forse avuto paura,
ma una donna…cosa importa?. E da un altro lato le stesse incertezze come
studente d’Università. Non so se ancora potrò iscrivermi studente in III Corso di Filosofia. Il Ministro — cosa veramente scandalosa inconcepibile! —
rinnega per me le leggi fatte da lui stesso: ha appena approvato un regolamento che ammette gli studenti di scienze naturali e medicina alla facoltà di
filosofia — ed io che per prima mi presento in queste condizioni, sono respinta. Perché? …tredici anni fa i miei esami non furono sufficienti al liceo
!!! una profana che è da sette anni dottore e da quattro professore in una
scuola superiore al liceo!! Sembra una favola, ma pure è la verità. E poi sia
pure questo, ma nelle Scienze naturali si può andare coi soli studi di matematiche e il regolamento ammette il passaggio dalle Scienze alla Filosofia.
Dunque in ogni modo io sono più che in regola. Il Ministro non ha dato il
consenso ch’io sia studente di III Corso di Filosofia all’Università …e ha
rinviato la mia domanda al Consiglio Superiore dell’Istruzione!…
[…] Il Ministero! Quello che mi dette incarichi — che mi fece fondare
una scuola: e ci sono i documenti. Io sono in credito col Ministero — ho insegnato tre anni — ho contribuito all’istruzione pubblica — ho educato i deficienti; ho preparato i maestri; ho portato dall’estero un metodo nuovo.
Ho speso denaro, forze e cuore. Il Ministro non mi ha dato nessun altro
compenso che sancire un’ingiustizia contro di me: che non rispondermi,
Gli anni dell’Università
93
quando chiedevo giustizia alla persona del Ministro con una lettera, che
rinnega le proprie leggi per respingermi, quando ho voluto fare il sovrumano sforzo di umiliarmi e ricominciare a studiare!! Una donna …che cosa
importa?…oggi le sì dà — domani le si leva; oggi le si promette, domani le
si manca di parola, chiede giustizia e le si ride in faccia.
Ecco il dolore più profondo che possa provare un’anima: l’ingiustizia
trionfante (Mia cara, dolce Signora! Qualche volta l’eccesso…Eccomi tutta
via forte e serena…)
Tuttavia l’eccesso aspro dell’amarezza ci fa sentire dentro come un gigante che nasce e che si erge a lottare col mondo: allora il rivo di lacrime
diventa un fiume di fuoco — e quella amarezza diviene dolce come la serenità dei forti.
[…] Mia diletta signora! Sul Suo cuore versai in ogni sua piega e sfumatura l’anima mia — quanto soccorso mi ha dato la sua bontà soccorrevole e
l’amicizia generosa con cui mi ha sostenuta!
Lei sa che oggi io devo chiedere: non per me — ma per il mio lavoro.
Devo acquistare autorità nella (mia) Scuola di Magistero, diventando professore straordinario, per entrare nel Consiglio dei Professori, dal quale
oggi sono esclusa per la pochezza della mia carica: e ne ho diritto, avendo
già insegnato quattro anni, mentre ne basterebbero tre; e devo avere dal
Ministro la somma che mi occorre per continuare i miei studi — non come
favore, ma come giusto compenso a quanto feci nella Scuola dei deficienti in
servizio della istruzione pubblica. Ecco la materia di cui ho bisogno per esplicare nell’opera la mia forza. Cioè forza non mia…»122.
Montessori quasi sicuramente decise di iscriversi a Filosofia non solo per
un arricchimento culturale, ma anche in prospettiva di un avanzamento accademico. Di ciò ne è testimonianza lo scritto del 1903 dal titolo: L’Antropologia Pedagogica123 dedicato all’Onorevole Luigi Credaro professore di pedagogia nell’Università di Roma. La studiosa venne, infatti, incaricata da
Credaro di tenere una conferenza agli studenti di Filosofia sul tema
dell’Antropologia Pedagogica. In quella occasione, diede sfoggio della sua
preparazione scientifica esponendo agli studenti gli ultimi rinnovamenti nelle ricerche scientifiche in campo biologico e pedagogico, sottolineando il
ruolo basilare di una competenza scientifica che doveva essere fondamento
della più moderna pedologia, intesa come studio complessivo della personalità psico–fisica dell’individuo124.
In questa conferenza, Montessori univa in un certo senso medicina e pedagogia, in quanto affermava che: «all’applicazione di questo studio è necessario costituire una clinica di Pedologia normale, e di Pedologia pediatrica,
122
G. H. Fresco, op. cit., pp. 76–79.
M. Montessori, L’Antropologia Pedagogica. Conferenza tenuta agli studenti di Filosofia dell’Università di Roma. Milano, Vallardi, 1903, pp. 3–22.
124
Ivi, p. 5.
123
94
Capitolo secondo
per raccogliervi i soggetti. Esso è […] come fu nel vasto campo della medicina, la clinica medica [perché dalla medicina] si formano molti rami scientifici»125.
La studiosa per offrire esempi di questa redditizia collaborazione tra medicina e pedagogia citava Blum, Mac–Donald, Mosso, Perez ed affermava
che la pedagogia aveva le sue radici nella biologia e il suo fine nella politica.
Citava anche Séguin, il quale prospettava meglio di chiunque altro che
l’applicazione della pedagogia speciale fosse prospettabile anche per i bambini normali126. Alla fine del suo intervento, poi, giunse ad affermare: «io
chiamerei quella importantissima Pedologia […] Antropologia pedagogica
[…] che riassume il metodo di studiare l’uomo in sintetiche comparazioni a
scopo ora sociologico, come per esempio l’Antropologia Sociologica, che
studia i vincitori dell’esistenza, ora pedagogico come nel caso nostro»127.
All’indomani di questa conferenza, il suo nome giungeva su riviste, giornali, e particolare attenzione le fu data dal periodico «L’Università popolare»128 diretto da Luigi Molinari. Questo periodico pubblicava con una certa
regolarità le lezioni ed i corsi tenuti da Montessori anche e, soprattutto, dopo
aver ottenuto la libera docenza in Antropologia.
Nello stesso anno, la studiosa pubblicò un altro scritto dal titolo: La teoria lombrosiana e l’educazione morale129. Si trattava di un discorso inaugurale al corso di Antropologia pedagogica del quale era stata incaricata nel
1903 quando intervenne al secondo corso di Pedagogia scientifica, tenuto dal
medico Ugo Pizzoli a Crevalcore130.
Ugo Pizzoli aveva aperto nella provincia di Bologna, a Crevalcore appunto, una Scuola estiva per maestri, che si prestabiliva finalità simili a quelle
della Scuola Ortofrenica. Ugo Pizzoli programmava corsi in cui attribuiva ai
maestri nozioni teorico–pratiche riguardanti lo studio sperimentale del bambino. Tuttavia, nel suo corso mancava la classe di tirocinio, anche se venivano organizzate lezioni speciali costituite da visite presso istituti all’avanguardia nel settore medico–pedagogico131. Erano proposte in linea con il
pensiero della pedagogia scientifica manifestata da Giuseppe Sergi, che assunse il ruolo di presidente nelle sezioni d’esame dei corsi sia di Roma che
di Crevalcore. Difatti non va dimenticato che la studiosa collaborò con Sergi
125
Ivi, pp. 5–6.
Ivi, pp. 4–21.
127
Ivi, p. 18.
128
«L’Università popolare»periodico diretto da Luigi Molinari, principale esponente
dell’educazionismo anarchico di inizio secolo; nel periodico apparivano i sunti delle lezioni
tenute al corso di pedagogia a Crevalcore della Montessori a partire dal 1 febbraio 1904, sotto
il titolo di Nozioni di Antropologia. Vedi Babini, Lama, «Una donna nuova», cit., pp. 133–
134.
129
M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, in «Rivista d’Italia», a.
VI, vol. II, 1903, pp. 326–331.
130
V. P. Babini, La questione dei frenastenici, Milano, F. Angeli, 1996, p. 91.
131
Ivi, pp. 91–92.
126
Gli anni dell’Università
95
Sergi già nella Scuola Ortofrenica romana, “maestro” che assumerà per la
studiosa un ruolo cospicuo nella sua formazione futura.
Montessori, nel corso tenuto a Creavalcore, spiegava alla luce della teoria
lombrosiana che significato avesse la morale nell’educazione. Per Lombroso
l’educazione morale veniva assunta come fondamento della pedagogia scientifica, il cui obiettivo si trovava nella fusione tra ambiente e individuo, per
riconoscere l’insieme delle caratteristiche di entrambi e impiegare per ciascun soggetto il metodo educativo più adeguato. La studiosa chiariva questo
affermando: «L’ambiente ha la sua parte d’alta efficacia, ma non è tutto. Il
pedagogista [deve] anche in primo luogo studiare l’individuo»132. La studiosa accenna anche ad un passo della Bibbia, per far capire questo concetto,
affermando che «il re Salomone dice: “il cuore si legge sul viso”»133.
2.7 Maria Montessori e la libera docenza in Antropologia
Nel 1902 la studiosa marchigiana lasciò sia la direzione che l’insegnamento nella Scuola Magistrale Ortofrenica.
Già dal settembre dello stesso anno presentò domanda per l’ottenimento
della libera docenza in Antropologia. Il percorso non fu facile, come si rileva dalla documentazione raccolta e presente nell’Archivio Centrale dello
Stato e l’Archivio Generale Studenti dell’Università «La Sapienza».
Il conseguimento della libera docenza avrebbe permesso alla studiosa di
svolgere lezioni all’Università e di percepire uno stipendio proporzionale al
numero degli iscritti, che in quel caso pagavano direttamente e personalmente il privato docente del corso. Infatti, l’attributo di «liberi» veniva dato ai docenti proprio dal fatto che essi non dipendevano se non da sé stessi
e offrivano la loro opera dietro compenso134.
La Legge Casati tenne conto di questi insegnanti (cfr. artt. 93104), che
prima dell’Unità si autoproclamavano liberi docenti e dal 1861 tale titolo,
invece, si conseguiva tramite un esame, a meno che la persona che vi aspirava, non ricadeva sotto la clausola della «chiara fama». Infatti, l’aspirante alla
libera docenza poteva appellarsi all’art. 69 della Legge Casati che concedeva
la promozione agli studiosi di chiara fama, accuratamente riconosciuti da
una saggistica i cui risultati dovevano avere anche il pregio di dimostrare la
validità dei titoli di ricerca presentati 135.
Ed era proprio l’art. 49 della Legge Casati ad affermare che l’abilitazione
alla libera docenza si poteva conseguire: «per esami, per titoli, in base
all’art.69». Inoltre, chi aspirava alla libera docenza doveva rivolgere istanza
132
Montessori, La teoria Lombrosiana e l’educazione morale, cit., p. 328.
Ivi, p. 329.
134
T. Tomasi, L. Bellatalla, op. cit., p. 145.
135
G. Monsagrati, Verso la ripresa: 1870–1900, in Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia de “La Sapienza”, (a cura di) L. Capo, M. R. Di Simone, Roma, Viella, 2000, p. 422.
133
96
Capitolo secondo
al Ministero, indicando: «l’insegnamento a cui intende di essere abilitato,
l’istituto dove si prefigge di esercitarlo, e se intende conseguirla per esame o
per titoli. All’istanza deve essere unito il certificato della laurea conseguita
da almeno due anni. Deve altresì allegarsi il certificato penale in data non
anteriore a due mesi. In casi particolari, di cui è giudice il consiglio superiore, possono valere altri titoli equipollenti alla laurea»136.
L’aspirante, doveva dare prova della propria capacità dinanzi ad una
commissione ministeriale, presieduta dal Preside della facoltà e composta in
parti uguali da docenti della stessa facoltà e da membri da essa non coinvolti.
Una volta raggiunto il titolo, se non veniva praticato per cinque anni ininterrottamente, a meno che non esistevano legittimi impedimenti, decadeva137.
Secondo l’art. 51, la nomina della commissione spettava al Ministro su
proposta della giunta del Consiglio superiore ed in casi urgenti, il Ministro
poteva sostituire un commissario, anche senza il parere della giunta, udito il
presidente della commissione. Inoltre, secondo l’art. 52, i membri estranei
alla facoltà avevano diritto ad un’indennità di viaggio e di soggiorno a carico
del candidato, che li versava anticipatamente nella cassa universitaria138.
L’esame consisteva precisamente in due prove: l’assegnazione del tema
per la dissertazione scritta, di cui all’art. 98 della legge Casati, doveva aver
luogo nella prima adunanza della commissione, per la validità della quale era
richiesta la presenza di almeno tre dei commissari. Ogni membro della
Commissione doveva proporre un tema, che doveva essere poi sorteggiato
dalla candidata e approvato per iscritto ed essere inviato al Ministero il quale
li rimetteva alla giunta del Consiglio superiore per l’estrazione a sorte. Il tema estratto a sorte veniva dal Ministero comunicato direttamente
all’interessato. La commissione secondo l’art. 55 poteva concedere per la
presentazione della dissertazione non meno di tre mesi, periodo che però poteva essere dalla commissione stessa prorogato.
La seconda prova, invece constava di una discussione orale, di cui allo
stesso art. 98 della Legge Casati, e non poteva durare meno di un’ora ed era
pubblica. Della discussione veniva dato avviso nell’albo dell’istituto, almeno
ventiquattro ore prima. Secondo l’art. 57, l’assegnazione del tema per la lezione orale doveva essere fatta il giorno precedente alla prova, i temi estratti
però erano due ed il candidato aveva la facoltà di scegliere tra questi quello
che avrebbe presentato alla lezione. Lezione che era tenuta in pubblico e doveva avere la durata di non meno di quaranta minuti e non più dei sessanta139.
Una volta completata la prova, la commissione era chiamata a valutare e
a pronunciarsi. Infatti, ogni commissario disponeva di dieci punti che doveva
136
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1902–03, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,
1902, p. 234.
137
T. Tomasi, L. Bellatalla, op. cit., p. 146.
138
Vedi Annuario 1902–03, pp. 234–235.
139
Ivi, p. 235.
Gli anni dell’Università
97
attribuire in modo palese. In ultimo, secondo l’art. 59, l’aspirante, per essere
giudicato idoneo doveva raggiungere almeno gli otto decimi dei punti, ed alla commissione, inoltre, spettava una relazione contenente un giudizio complessivo sul valore dimostrato dall’aspirante nelle diverse prove sostenute.
La relazione veniva inviata al Consiglio Superiore, il quale la restituiva al
Ministro col suo giudizio in merito alla dissertazione e con le sue osservazioni sull’esatta applicazione della legge140.
L’aspirante una volta ottenuta la libera docenza, valida per la sola materia
per la quale era stata conseguita, doveva secondo l’art. 62 esercitarla nella
sola università per la quale era stata concessa, anche se il docente che ne faceva richiesta poteva essere autorizzato dal Ministro ad impartire in altra Università l’insegnamento al quale era stato abilitato. Inoltre, secondo l’art.
104 della legge Casati, il docente poteva decadere dalla qualità di libero docente su proposta del Rettore, che veniva pronunciata dal Ministro con decreto motivato141.
Montessori, contemporaneamente all’insegnamento nell’Istituto Magistero dal 1900 al 1913, intraprese le pratiche per il conseguimento della libera
docenza. Come risulta dalla documentazione, una serie di malintesi e rinunce
contrastarono la realizzazione della commissione d’esame che Nasi, Ministro
della Pubblica Istruzione nel governo presieduto da Giuseppe Zanardelli, aveva assegnato rapidamente il 10 ottobre 1902. In una lettera datata il 10 ottobre di quell’anno, emessa neppure un mese dopo la domanda presentata
dalla dottoressa, si legge: «Su proposta della Giunta del Consiglio Superiore
la commissione esaminatrice è composta nel seguente modo: Membri effettivi — Roma, Sergi Giuseppe — Roma, Grassi Gio Battista — Firenze, Giglioli Enrico — Pavia, Maggi Leopoldo; Membri supplenti — Roma, Magini
Giuseppe — Pisa, Romiti Guglielmo»142.
Il professor Sergi fu il primo dei membri della commissione a far presente al Ministro, con una lettera datata 27 ottobre 1902, di «non assumere
l’incarico di far parte della commissione per la libera docenza della Dott.
Montessori»143. Pochi giorni dopo il rifiuto di Sergi, con un’altra lettera datata 29 ottobre 1902, il professor Leopoldo Maggi confermava la sua disponibilità con queste testuali parole «Colla massima stima mi raffermo»144.
Con una lettera datata 3 novembre 1902 il professor Gian Battista Grassi
scrisse all’illustrissimo Rettore dell’Università di Roma in risposta alla lettera del 29 ottobre 1902145: «accetto l’incarico a far parte della commissione
per l’esame di libera docenza di Antropologia della Signorina Dott. Maria
Montessori».
140
Ivi, pp. 235–236.
Ivi, p. 236.
142
Parte V.II, All. n. 8 della tesi.
143
Ivi, All. n. 11 della tesi.
144
Ivi, All. n. 12 della tesi.
145
Ivi, All. n. 13 (b) della tesi.
141
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Capitolo secondo
Infine, anche il professor Enrico Giglioli inviò una lettera al Rettore, datata 10 novembre 1902 nella quale si scusava per aver appreso in ritardo della lettera e affermava: «Sono dolente di non poter accettare l’onorevole incarico […] ma sono tanto occupato in altre faccende che debbo declinare molti
incarichi»146.
Con una lettera datata 21 novembre 1902, il Ministro della Pubblica Istruzione, in risposta alla lettera inviatagli il 30 ottobre 1902, nella quale si
dava notizia della impossibilità del professor Sergi di far parte della commissione giudicatrice147, invitava il Rettore a sostituirlo con il professor Giuseppe Magini148. Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, con una lettera datata 23 novembre 1902, nominava quindi membri della commissione
per l’esame di libera docenza il Preside della facoltà, il professor Sergi, Magini di Roma e Leopoldo Moggi di Pavia; sollecitava poi Romiti e Magini a
dare una risposta al più presto149.
In un’altra lettera del 3 dicembre 1902 Magini, chiamato a sostituire Sergi dichiarava di non poter accettare e pregava il ministero di voler promuovere una nuova commissione150.
Prima di sostituire Magini e Sergi, il Ministro aveva fatto avanzare da
parte del Rettore più di una sollecitazione a desistere dalla rinunzia. Infatti,
una prova ci viene fornita da una lettera (17 febbraio 1903), nella quale il
Ministro chiede al Rettore «se sono state fatte premure presso i prof. Sergi e
Magini perché desistano dalla loro rinunzia, e ove queste premure non siano
state fatte, è d’avviso che si facciano, riservandosi a deliberare dopo
l’esaurimento di queste pratiche»151. A tal riguardo la giunta del Consiglio
Superiore prima di passare alla rinomina della commissione, inviò al professor Sergi ed a Magini una lettera (datata 27 febbraio 1903), in cui si legge:
«la Giunta del Consiglio Superiore ha deliberato di insistere presso V. S. Illustrissima nel desiderio che Ella sia per desistere dalla rinunzia fatta. In tale
stato di cose, prego V. S. a farmi conoscere le sue risoluzioni»152.
Il professor Sergi (lettera del 28 febbraio 1903) rispondeva al Magnifico
Rettore dell’Università di Roma, conservando la sua posizione e aggiungeva
qualcosa in più al riguardo: che la stessa Montessori gli aveva espresso di
non intendere presentarsi immediatamente agli esami e proferiva perentoriamente che:
In risposta alla lettera S. Vra, relativa alla libera docenza della Dr. Montessori, fo
conoscere che io (…) la dimissione da commissario per la detta libera docenza, an146
Ivi, All. n. 16 della tesi.
Ivi, All. n. 14 della tesi.
148
Ivi, All. n. 17 della tesi.
149
Ivi, All. n. 18 della tesi.
150
Ivi, All. n. 20 della tesi.
151
Ivi, All. n. 21 della tesi.
152
Ivi, All. n. 23 della tesi.
147
Gli anni dell’Università
99
che perché la stessa Montessori non intenda presentarsi immediatamente agli esami
come ella stessa mi ha dichiarato.
Quando il Dottore Montessori rifarà la sua domanda in un prossimo avvenire, e
la on. Giunta del C. S. farà una nuova commissione e con nuovi elementi, forse io
non troverò difficoltà di emettere il mandato153.
Parole che fanno sospettare che l’antropologo Sergi valutasse se non imprudente almeno affrettata la richiesta della studiosa che, peraltro, non aveva
in quel momento specifici titoli scientifici per la libera docenza in Antropologia. Una possibile interpretazione di tale atteggiamento potrebbe essere
che si trattasse di una strategia per avvantaggiare temporalmente la studiosa
nell’ampliare le sue conoscenze antropologiche. Infatti, proprio nell’anno di
attesa per la composizione di una nuova commissione, Montessori avrebbe
redatto e presentato due lavori di antropologia pedagogica, valendosi tra
l’altro dell’attrezzatura e dell’appoggio dell’Istituto romano di antropologia
diretto dallo stesso Sergi.
Tuttavia, risultano continui imprevisti e negazioni dei vari membri che
dovevano comporre la commissione d’esame. Difatti anche il professor Magini in una lettera del 3 marzo 1903 risponde alla lettera del 27 febbraio
1903, nella quale il Rettore lo esortava ad una replica immediata, comunicando: «aderendo al nuovo invito della Onorevole Giunta del Consiglio Superiore, accetto di far parte della commissione»154.
Il professor Giuliano Romiti (lettera, datata 21 marzo 1903), risponde alla
nuova sollecitazione del Rettore della Regia Università di Roma, “illustrissimo” Senatore Cerruti, e la interpreta come premura alla formazione della
commissione. Scrive, infatti: «La nuova sollecitazione della S. V. voglio interpretare come nuova nomina; ed allora dichiaro che accetto volentieri di far
parte della Commissione per la Libera Docenza in Antropologia, chiesta dalla Sign. Montessori, ponendomi a disposizione della S. V.»155.
A questa nuova solerzia da parte del Rettore, seguì l’accettazione dei professori Romiti e Magini di far parte della commissione; così il Rettore (con
una lettera datata 2 aprile 1903) ne informò il Ministro della Pubblica Istruzione:
Il Prof. Guglielmo Romiti invitato a sostituire il prof. Enrico Signor Giglioli, commissario nella commissione della libera docenza chiesta dalla Signorina Dr. Maria Montessori, avendo appresa la rinunzia del prof. Giuseppe Sergi e l’accettazione di essa a
fronte di cotesto Ministero, ha dichiarato di non poter più accettare l’incarico stesso.
Prego cotesto Ministero di voler provvedere alla innovazione della commissione156.
153
Ivi, All. n. 24 della tesi.
Ivi, All. n. 25 della tesi.
155
Ivi, All. n. 27 della tesi.
156
Ivi, All. n. 28 della tesi.
154
100
Capitolo secondo
Il Rettore dell’Università di Roma inviò poi al ministero della Pubblica
Istruzione un’altra lettera datata 7 giugno 1903 in cui si legge:
Con una lettera dell’8 marzo in risposta alla Ministeriale 17 febbraio N. 1734,
comunicai a cotesto Ministero l’esito delle rinnovate pressioni fatte ai prof.ri Magini
e Sergi perché desistessero dalla rinunzia di far fronte della Commissione per
l’esame di libera docenza della Signorina Dr. Maria Montessori.
Il prof. Sergi subordinò la sua probabile accettazione alla possibilità che la giunta
del Consiglio Sup. nominasse una nuova Commissione con nuovi elementi.
Il Prof. Romiti dichiarò alla sua volta che per l’assenza del Prof. Sergi egli non
intendeva di accettare l’incarico157.
La studiosa marchigiana intendeva dunque avvicinare alla sua opera,
svolta all’Istituto di Magistero, anche quella di libera docenza presso la Facoltà di Scienze naturali, cosa di cui non poteva non essere a conoscenza
Sergi professore di Antropologia presso la stessa Facoltà. Questo traspare
nella prefazione all’opera L’Antropologia pedagogica, nella quale sono raccolte le lezioni tenute dalla Montessori nell’Università di Roma, riassunte
diligentemente dallo studente Franceschetti. In questa prefazione si legge:
«Devo ringraziare il Prof. Sergi, mio Maestro, che, dopo avermi esortata a
rivolgere sulla scuola i miei studi di Antropologia, mi designò come specialista della materia, quando il mio libero insegnamento universitario agli studenti delle Facoltà di Scienze naturali e Medicina venne assunto dietro suo
consiglio dalla Scuola Pedagogica della Università di Roma»158.
Difatti, per iniziativa del professor Credaro, presso la Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università di Roma, era stato istituito un corso di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali, soprannominato appunto «Scuola
Pedagogica». Nella Scuola, di cui Credaro fu direttore, insegnarono tra
l’altro Sergi, De Sanctis, Montessori e Gentile, il quale nel 1923 la soppresse. La «Scuola Pedagogica» si basava in un corso biennale in cui i maestri
potevano accedere alle lezioni universitarie, come era già avvenuto in qualche altra Università159.
Compresa la posizione del professor Sergi, possiamo ipotizzare che Montessori abbia agito con molta fiducia e ingenuità circa la sua richiesta di libera docenza, mentre il Sergi aveva una maestria più misurata e riflessiva. Finalmente con una lettera datata 19 luglio 1903 la Giunta del Consiglio Superiore e il Ministero propongono che per
157
Ivi, All. n. 30 della tesi. Lo scritto che segue non ci permette di intendere se il Rettore Cerruti accetta o meno le volontà summenzionate.
158
M. Montessori, Antropologia Pedagogica, Miano, Vallardi, sd (1910), p. VIII.
159
L. Bellatalla, Classici e storia della Pedagogia: una lezione di Credaro del 1903, G.
Cives, G. Genovesi, P. Russo, (a cura di) I classici della Pedagogia, Milano, Franco Angeli,
1997, pp. 114–17.
Gli anni dell’Università
101
[…] completare la Commissione per l’esame di libera docenza in Antropologia da
dargli presso codesta Università alla Dot.ssa Maria Montessori, ai professori Sergi
dell’Università di Roma e Giglioli dell’Istituto Superiore di Firenze si sostituiscano i
Prof. Magini della Università di Roma e il Prof. Morselli dell’Università di Genova:
mancando allora i due supplenti; nomina il Signor Moschen Lamberto libero docente
in Antropologia a Roma, che può considerarsi come facente parte della facoltà di
Scienze in quanto vi entra come rappresentante dei liberi docenti, e il Signor Mingazzini Giovanni che è entrato nella facoltà di Scienze di Roma perché appartiene a
quella di Medicina. Così la Commissione risulta completa:
Effettivi
Preside della facoltà di Roma
Prof. Gio Batti Grassi Roma
” Giuseppe Magini Roma
” Leopoldo Maggi Pavia
Supplenti
” Lamberto Moschen Roma
” Giovanni Mingazzini160.
Il Rettore (con lettera datata 8 giugno 1904) informò quindi la dottoressa
di presentarsi «giovedì 9 corr. Alle ore 17.30 presso l’Istituto di anatomia
comparata, dove avrà luogo la lezione di prova dell’esame di libera docenza
chiesto dalla Signorina Dott. Maria Montessori»161. Nella commissione figura dunque Lamberto Moschen, membro della Società antropologica romana
e professore di Antropologia zoologica, insegnamento che risulta anche nel
registro d’iscrizione della studiosa alla Facoltà di Filosofia, ma che non risulta essere stato frequentato da lei. Per la prima volta compare il nome di
Enrico Morselli. Montessori lo aveva conosciuto proprio in occasione delle
tante tappe che ella organizzava per la «Lega», non solo perché ne era la ideatrice, ma anche perché proseguiva ad esserne l’anima, tant’è che era partita
da Roma per una serie di conferenze o lezioni proposte da enti diversi, alla
volta di Milano, Padova, Genova, in quest’ultima città, la studiosa prese parte alla Società di letture e conversazioni scientifiche presieduta dallo psichiatra Enrico Morselli e visitò anche la Casa di cura per le malattie nervose diretta sempre da Morselli162.
Il Rettore dell’Università, il 23 luglio 1903, inviò ad Enrico Morselli una
lettera nella quale si legge:
Il Ministro della Pubblica Istruzione, su proposta del Consiglio Superiore, ha
nominato V. S. Illus. Membro della Commissione per l’esame di libera docenza in
Antropologia chiesto dalla Signorina Maria Montessori.
Di detta commissione fanno parte, il Preside della facoltà e i Sig.ri Prof.ri G. B.
Grassi, Giuseppe Magini e il Prof. Leopoldo Maggi dell’Università di Pavia.
160
Vedi Parte V.II, All. n. 33 della tesi.
Vedi App. Parte V All. n. 5 del presente libro.
162
Babini, Lama, «Una Donna nuova», cit., pp. 75–76.
161
102
Capitolo secondo
Prego V. S. Ill.ma Di volermi insignirmi se crede di accettare tale incarico163.
Morselli (lettera datata 29 luglio 1903), risponde al Preside riferendo:
«Accetto di far parte della Commissione per la libera docenza […] poiché la
convocazione di essa abbia luogo dopo la vacanze estive, anzi tornati, cioè
nell’ottobre e oltre […]»164.
In seguito, al Rettore giunsero altre due lettere in risposta alla sua del 19
luglio 1903: nella prima, datata 24 ottobre 1903 e inviata dal professor Giuseppe Magini, si legge: «Per le mie attuali comparizioni mi è impossibile
prendere parte alla Commissione […] Sarei grato alla S. V. Ill.ma se vorrà
farmi sostituire dal prof. Moschen, supplente nominato dal Consiglio Superiore»165. Nella seconda, datata 28 maggio 1904, il professor Giovanni Mingazzini risponde di accettare con piacere di far parte della Commissione per la libera docenza della dottoressa Montessori166.
Il Rettore inviò poi un’altra lettera datata 6 novembre 1903, nella quale
informava la dottoressa Montessori che:
La commissione per l’esame di libera docenza da lei chiesta le ha assegnato il
seguente tema per la dimostrazione scritta:
“I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, desunti dalla osservazione di almeno cento soggetti viventi”
Termini delle disposizioni regolamentari le sono concesse questo mese di tempo
per la presentazione del manoscritto167.
Fra gli argomenti proposti dalla Commissione veniva estratto quello indicato dal professor Lamberto Moschen, che esigeva una preparazione antropologica considerevole.
Crediamo che la studiosa non fu compiaciuta del tema attribuitole; anzi,
rimaneva il dubbio che la commissione, prospettandole questa ricerca da
svolgere sul campo, avesse avuto l’intenzione di metterla alla prova e anche
di aggirare il problema del troppo pudore della popolazione femminile nei
confronti del medico “uomo”.
In un secondo tempo, il Rettore fece pervenire alla Montessori un’altra
lettera (datata 31 marzo 1904), nella quale si legge: «In seguito al parere favorevole espresso dalla Commissione per il suo esame di libera docenza. Le
rimanda la proroga a tre mesi che Ella chiese per la presentazione della dissertazione»168.
Leopoldo Maggi (con una lettera del 27 maggio 1904), scrive al Rettore:
«rinuncio di far parte della Commissione, potendo io essere sostituito da un
163
Vedi Parte V.II, All. n. 34 della tesi.
Ivi, All. n. 35 della tesi.
165
Ivi, All. n. 36 della tesi.
166
Ivi, All. n. 41 della tesi.
167
Ivi, All. n. 37 della tesi.
168
Ivi, All. n. 39 della tesi.
164
Gli anni dell’Università
103
supplente. Perciò rimetto alla S. V. I. la tesi della suddetta Montessori, inviatami senza nessuno allegato (…) nella tesi stessa»169.
Il Rettore Cugnoni inviò quindi ai professori Alberto Tonelli, Battista
Grassi, Giovanni Mingazzini, Enrico Morselli e Lamberto Moschen, una lettera (del 4 giugno 1904) nella quale informava: «L’esame di libera docenza
della Signorina Dott. Maria Montessori, (…) [si presume che la parola sia
sosterrà] mercoledì 8 corr. alle ore 8 e non alle 9 come era stato precedentemente stabilito»170.
Di fatto, il conseguimento del titolo di libera docenza in Antropologia, la
studiosa marchigiana l’avrebbe ottenuto dopo il superamento di un esame.
2.8 Esame di libera docenza in Antropologia: 8 giugno 1904
L’8 giugno 1904 alle ore otto, la commissione giudicatrice per la libera
docenza della Montessori si riuniva nell’istituto di Anatomia comparata per
assistere alla dissertazione orale della ricerca svolta dalla candidata. Al professor Moschen toccò per primo la richiesta di fare un commento, poiché fu
lui per primo a suggerire il titolo dell’argomentazione scritta, in rapporto alle
due domande di prassi avanzate dal professor Morselli e Mingazzini. Nel resoconto stilato dalla Commissione, si faceva riferimento alla singolarità del
lavoro ed alle problematicità incontrate nello svolgimento del lavoro stesso
dalla dottoressa, ma veniva manifestata qualche dubbiosità circa la parte costruttiva della ricerca, considerata dalla Commissione poco elaborata.
Al termine del colloquio orale, la studiosa estrasse i due titoli della lezione da spiegare il giorno successivo e scelse: «Craniologia e craniometria
comparata dell’uomo e dei primati, con dimostrazioni». Infatti, nel tardo
pomeriggio del 9 giugno 1904, la candidata sostenne la lezione sul tema accordato; la commissione poi si sarebbe riunita per deliberare su tutte le prove
d’esame eseguite dalla dottoressa.
Il professor Morselli prospettò una votazione globale di quaranta punti su
cinquanta, che venne approvata da tutti i membri della commissione. Montessori, solo con D. M. del 29 dicembre 1904, venne dichiarata idonea alla
libera docenza in Antropologia171.
Dalla documentazione raccolta e visionata, sia nell’Archivio Centrale dello Stato sia nell’Archivio «La Sapienza», non risulta traccia alcuna della lezione orale; l’unica notizia al riguardo sono le tesi proposte oltre a quella
sorteggiata dalla Montessori.
169
Ivi, All. n. 40 della tesi.
Vedi App. Parte V All. n. 4, del presente volume.
171
Di questi due ultimi documenti riguardanti l’esame della dottoressa Maria Montessori
non si ha il cartaceo, ma tale documentazione è presente presso l’Archivio Centrale dello Stato fondo: liberi docenti busta n. 223. Vedi anche Annuario scolastico per l’anno 1905–06,
Roma, Topografia Fratelli Pallotta, 1905, p. 61.
170
104
Capitolo secondo
Le tesi di lezioni proposte erano: 1) “Sui principali metodi di misurazione
cranica, con dimostrazioni”; 2) “Craniologia e craniometria comparata
dell’Uomo e dei primati, con dimostrazioni”; 3) “Sopra gli indici craniali e
facciali e sopra il loro valore, con dimostrazioni”; 4) “Misure dello scheletro
e loro importanza per lo studio delle razze, con dimostrazioni”172. Tra l’altro,
mentre si preparava per la libera docenza, la dottoressa marchigiana già aveva pubblicato nel 1903 due scritti: L’Antropologia Pedagogica e La teoria
lombrosiana e l’educazione morale.
Per quanto riguarda la dissertazione scritta, invece, Montessori sorteggiò
il tema dal titolo: I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio desunti
dall’osservazione di almeno 100 soggetti. Questo lavoro aveva, però, la
complicazione di esigere una ricerca sul campo ed un numero abbastanza alto di soggetti, tant’è che ancora sei anni dopo la studiosa poteva sostenere
che la sua inchiesta risultava «l’unico lavoro di antropologia regionale sul
vivo, finora esistente»173.
Tra i titoli dei temi mostrati dalla commissione per la libera docenza, solo
uno non faceva chiaro riferimento alla donna, cioè quello presentato dal professor Grassi che portava il titolo: «Il collo nello sviluppo morfologico proporzionale del corpo umano». Per quanto invece concerneva gli altri temi
mostrati dalla commissione troviamo: il professor Leopoldo Maggi, il quale
aveva prospettato «La donna come capitolo dell’Antropologia»; Morselli
«Uno studio sulle acconciature delle donne nubiane e il pudore della donna
nelle diverse razze», ed infine, quello sorteggiato da Montessori e presentato
dal professor Moschen dal titolo «I caratteri fisici delle giovani donne del
Lazio desunti dall’osservazione di almeno 100 soggetti»174.
La scelta da parte della commissione di affidare ad una donna questo argomento, ci induce a pensare che proprio a causa del sesso, gli uomini non
avrebbero avuto successo per questo tipo di ricerca; invece, per una donna
sarebbe stato relativamente più semplice svolgere delle indagini su altre
donne, che si sarebbero rese cordiali e disponibili dinanzi a lei.
Il lavoro di ricerca, presentato dalla Montessori per il superamento
dell’esame per la libera docenza, venne pubblicato nel 1905, cioè due anni
dopo l’esame, con il titolo: I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio175.
Si trattava del primo studio antropologico concernente la popolazione femminile del Lazio, che veniva svolto su un campione di duecento donne di età
compresa tra i 20 e i 30 anni. Nell’attuazione di questa ricerca, la studiosa
trovò davanti a sé non pochi problemi, che la indussero a chiedere una proroga di sei mesi ed a decidere poi di tracciare chiaramente nello scritto.
172
Vedi Archivio Centrale dello Stato, fondo: liberi docenti, busta n. 223.
Montessori, Antropologia Pedagogica, sd. (1910), cit., p. 93.
174
Vedi Archivio Centrale dello Stato, fondo: liberi docenti, busta n. 223.
175
M. Montessori, I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, Roma, Società Romna
di Antropologia, 1905 estratto dagli «Atti della Società Romana di Antropologia», vol. XII,
fasc. I, pp. 3–86.
173
Gli anni dell’Università
105
La candidata cominciò le sue ricerche nell’Ospedale San Giovanni, dove
era riuscita a mettere insieme quasi la metà dei soggetti, confidando presumibilmente in conoscenze di vecchia data. Proprio in quell’Ospedale, infatti,
la studiosa aveva avviato il suo impegno per l’apprendimento della pratica
medica, e lì trovò cortesia ed ospitalità sia nel direttore dell’Ospedale, il professor Torti, che nei suoi collaboratori tra cui il professor Mazzoni, con cui
la studiosa aveva sostenuto alcuni esami alla Facoltà di Medicina. Montessori durante la sua ricerca si recò presso le popolazioni del Lazio, che le rivelarono un ambiente scoraggiante e avvilente: «Innanzi a questa gente io non
ero più né una signora, né un medico […], ma strega […] spia delle carceri,
fabbricatrice di cartoline illustrate — ecco ciò che a volta a volta divenivo
innanzi ai loro occhi annebbiati dal pregiudizio dell’ignoranza»176.
In questo ambiente, la studiosa si trovò appunto ad elaborare il suo lavoro
tra una popolazione fiera, selvaggia e nomade, con un grado di civiltà inferiore rispetto alla popolazione industriale, e costretta ad emigrare dai monti
alla città. Questa era la situazione rilevata dalla Montessori nelle campagne
limitrofe alla Capitale e da sempre ignorata. Analogamente, la studiosa
s’impegnava a far risaltare questa condizione reale, tant’è che nel suo scritto
fa riferimento a ciò che Angelo Celli aveva riscontrato nelle popolazioni
dell’Agro Romano. Infatti, la studiosa riprende una frase che il suo vecchio
professore universitario di Igiene scriveva in un suo libro dal titolo Come vive il campagnolo nell’Agro Romano:
Tutto questo popolo di nomadi sin dal sec. XVII scende, come uno sciame
d’uccelli di passaggio, dai monti dell’Appennino, lucro aviditate illeciti, diceva il
Doni nel 1667 e le ripete oggi qualcuno che neppur di vista conosce i loro nativi e
alpestri paesi del Lazio…. Purtroppo non l’avidità del lucro, ma la fame e la neve li
scacciano dai loro nidi177.
La studiosa riferisce che proprio alle porte di Roma si veniva a formare:
«tra pastori e nomadi primitivi, un certo gregge che la civiltà cosmopolita
della Capitale sembra ignorare»178. Questa situazione di “inferiorità civile”
in cui versava «la popolazione del Lazio mi si rese manifesto — scrisse la
dottoressa — nella lotta che dovetti sostenere per istudiare dal lato antropologico le sue giovani donne»179.
Lo stato sociale, in cui versava la popolazione, fece comprendere alla
studiosa gli impedimenti che tale popolazione arrecava all’indagine scienti176
Montessori, Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, cit., p. 8.
Ivi, p. 7. Probabilmente Montessori lesse il libro del professor Angelo Celli durante la
frequentazione alla Facoltà di Medicina, non solo perché sostenne l’esame di Igiene con lui,
ma anche perché il professor Celli fu uno dei suoi insegnanti al Corso di Perfezionamento in
polizia sanitaria e con lui e la moglie, Montessori si occupò per un certo periodo di tempo della profilassi nelle campagne dell’Agro Romano.
178
Ibidem.
179
Ibidem.
177
106
Capitolo secondo
fica e antropologica. Secondo la dottoressa era la scienza che doveva condurre le popolazioni ad un cambiamento radicale, scienza considerata come
strumento per il miglioramento sociale, culturale etico. Al riguardo Montessori scriveva: «E riflettevo spesso su quei ferri antropometrici, inventati
dall’ingegno scientifico, costruiti dalla intelligenza industriale, che sembravano spezzarsi e riuscir vani, nell’atto pratico, per l’ignoranza del popolo!
Veramente credo che la scienza non possa progredire come un’aristocratica:
essa deve trascinare le masse o ad un certo punto arrestarsi»180.
Così, la studiosa si richiamava al positivismo e all’insegnamento del suo
vecchio professore Moleschott, il quale credeva che le verità scientifiche avevano la forza e la capacità di contribuire sicuramente al progresso solo se
avessero però compreso a fondo la vita quotidiana dei popoli181.
Dopo aver sottolineato le difficoltà incontrate nello svolgimento della ricerca, Montessori ritenne opportuno riconoscere nel Lazio due tipi diversi di
donne: uno “dolicocefalo”: bruno e di statura bassa; l’altro “brachicefalo”
cioè biondo e di statura alta. Da queste differenze così marcate Montessori
ha prospettato uno studio futuro basato proprio su un possibile confronto tra
i suoi dati raccolti e quelli riferiti a caratteri fisici di popolazioni e razze diverse. Questo lavoro permise sicuramente alla studiosa di consolidare ed accrescere la sua abilità all’osservazione diretta, all’esattezza dell’indagine,
all’oggettività nella trasmissione dei dati e nella loro meticolosa verifica.
2.9 L’insegnamento all’Università «La Sapienza»
Maria Montessori, dunque, si impegnò profondamente per l’abilitazione
alla libera docenza in Antropologia, che ricevette il 29 dicembre 1904.
La studiosa iniziò a insegnare Antropologia nella Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali dell’Università di Roma, insegnamento che terrà
sino al 1° aprile 1929, quando il Ministro Belluzzo la dichiarerà decaduta
non avendo esercitato il suo insegnamento per il quinquennio accademico
1920–25182.
Negli anni in cui insegnò Antropologia all’Università di Roma, vennero
pubblicati altri due scritti: Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole183 e Influenza delle condizioni
180
Ivi, p. 9.
Vedi Annuario scolastico per l’anno 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,
1893, pp. 127–128.
182
Cit., Archivio Centrale dello Stato, busta n. 223.
183
M. Montessori, Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei
fanciulli nelle scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2,
1904, pp. 243–300.
181
Gli anni dell’Università
107
di famiglia sul livello intellettuale degli scolari184. Si tratta di scritti che possiamo considerare complementari, poiché il primo risulta di natura antropologica, l’altro di natura pedagogica. Dalle ricerche su l’igiene e
l’antropologia pedagogiche la professoressa aveva potuto accrescere la sua
già minuziosa sensibilità sociale, verificando se fosse possibile, prendendo in
esame allievi di alcune scuole elementari, rivelare una corrispondenza tra lo
sviluppo intellettuale e quello volumetrico del cranio.
In questa prima ricerca, studia infatti 105 bambini normali di alcune
scuole elementari di Roma, scelti tra i più intelligenti, i mediocri ed i tardivi,
aventi la stessa età, sesso e razza. Una difficoltà incontrata fu la scelta dei
soggetti; Montessori ritenne opportuno che i più intelligenti fossero da ricercare nelle gerarchie scolastiche tra i mediocri, perché i maestri non avevano
ancora un itinerario scientifico per valutare i loro allievi: «e i metodi pedagogici oggi in uso conducono piuttosto a soffocare l’espansione spontanea
della intelligenza svegliata»185. Questo «Poiché la nostra società non permette la libertà del lavoro intellettuale»186 lasciando fuori tutto un proletariato
nel quale l’intelligenza può cogliersi molto sviluppata. La questione risultava
assai articolata ed era necessario sottrarsi a principi indiscutibili che sarebbero stati rischiosi se impiegati per legittimare le differenze sociali. A tal riguardo, la studiosa accondiscendeva al fatto che le cose negli studi antropologici classici stavano iniziando a cambiare, in quanto:
L’antropologia che si fa base delle disuguaglianze sociali di casta e di sesso sta
già decadendo insieme ai dogmi tutti che sanciscono tali disuguaglianze. Invece oggi
entra serena e libera nella scuola e si mette a lato della pedagogia.
[…] Quindi insieme a quelli fisiologico ed etnologico un concetto nuovo entra
fra i criteri di comparazione del volume cranico; quello pedagogico dell’esercizio
intellettuale metodico e progressivo187.
Dalle ricerche condotte si evinceva che, paragonando bambini stimati dai
maestri «più intelligenti» e quelli considerati «meno intelligenti» della classe, le condizioni sociali favorevoli erano a vantaggio dei più intelligenti e
che la diversità tra le due categorie era principalmente fisiologica e in relazione al variato stato di nutrizione e di ambiente familiare. Era, dunque,
chiaro, secondo la studiosa, che le condizioni sociali avevano un potere sullo
sviluppo volumetrico del cranio. Importante risultava, allo stesso tempo,
l’appello della studiosa alla scuola ed ai maestri, sia per un aumento delle
istituzioni educative, sia per una migliore preparazione dei maestri affinché
184
Id, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. Ricerche
d’igiene e antropologia pedagogiche in rapporto all’educazione, in «Rivista di filosofia e
scienze affini», a. VI, vol. II, n. 3–4 e 5–6, settembre–ottobre 1904, pp. 234–284.
185
Montessori, Sui caratteri antropometrici in reazione alle gerarchie intellettuali dei
fanciulli nelle scuole, cit., p. 296.
186
Ivi, p. 245.
187
Ibidem.
108
Capitolo secondo
comprendessero l’influenza che le condizioni sociali degli scolari avevano
sul loro accrescimento o arretramento intellettuale.
Alle stesse conclusioni la studiosa marchigiana era pervenuta nella successiva ricerca dal titolo Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari, nella quale sottolineava ancora una volta come il
benessere ed il potere sociale potevano influenzare la vita degli uomini. In
questa ricerca, la studiosa sottoponeva a misurazione i bambini tra i 9 e gli
11 anni considerati dai maestri come i più intelligenti e quelli della stessa età
ritenuti meno intelligenti. Le interviste presentate dalla Montessori, che non
era a conoscenza di quali bambini fossero i più intelligenti e quali meno, furono tre: la prima riguardava il criterio adoperato dall’insegnante nella scelta
dello scolaro giudicato come migliore o peggiore; la seconda obbligava il
maestro a rispondere a dei quesiti riguardanti lo studio, l’attività fisica, i giochi importanti secondo Montessori per evidenziare lo stato psichico dei
bambini. Ed infine, la terza, per chiedere ai maestri delle condizioni di famiglia dei bambini, importanti per indagare sullo stato biologico e sociale del
soggetto.
Questa ricerca antropologica spinse la studiosa a rilevare che le cause del
diverso apprendimento scolastico erano da riportarsi a due fattori: «uno si
riferisce a condizioni biologiche di nascita (tra le quali, l’età dei genitori)
l’altra a condizioni sociali»188. Montessori in conseguenza di ciò sosteneva
che bisognava riconsiderare il «senso di giustizia» con cui venivano giudicati gli scolari proprio per tener conto di questi nuovi fattori. Infatti, i maestri,
nel valutare gli allievi, non devono unicamente basarsi sul criterio delle conseguenze psicologiche, ma aggiungere a tale criterio le cause biologiche e
sociali.
Questi […] riscontri biologici e sociali che contribuiscono a formare vari livelli intellettuali tra i fanciulli, dovrebbero nella scuola educativa essere alleviati, non aggravati come oggi succede: — analogamente a quello che si fa per la bellezza morfologica e in parte anche per la forza dei muscoli e lo stato di salute generale. Non si loda in
iscuola il bimbo bello […] per opprimere di disprezzo quello brutto […]. Anzi, quasi
forse un evidente principio etico, si cerca d’infiltrare nell’animo dei bambini quanto
sia vano il merito personale nell’estetica del corpo — e s’incoraggia il brutto sollevando l’animo suo possibile conquista d’altra beltà meno transitoria e più meritevole.
Come si stimola il bambino forte a compatire e ad amare e aiutare quello debole e malaticcio ha la disgrazia di soffrire, quasi a indicargli che nella sua forza sta insito il dovere di sollevare i deboli e i sofferenti189.
Con questa attenta considerazione, Montessori veniva a mettere in risalto
come la bellezza del corpo non dovesse essere riportata al valore individuale,
essendo da esso indipendente, così come sono involontarie le condizioni bio188
Montessori, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari,
cit., p. 282.
189
Ivi, pp. 282–283.
Gli anni dell’Università
109
logiche e sociali di nascita e perciò esse non devono condizionare il giudizio,
che viene dato sulla intelligenza dei bambini. Si trattava, insomma, di una
questione che coinvolgeva i bambini, ma soprattutto la scuola come istituzione. A tal riguardo, Maria Montessori affermava:
Essa [la scuola] non dovrà permettere che siedano a lato del bambino sazio e dei
bambini affamati; dei bambini ricchi di forze fisiologiche e dei bambini deboli, proletari delle forze umane […]. Poiché giammai non potranno sviluppare tutte le forze
del bambino normale e intelligente e dirigerle con l’educazione della sua volontà attiva al massimo utile sociale — se dovremo di necessità usare con lui uno stesso metodo comune ai torpidi, ai tardivi e perfino agli anormali!190.
La professoressa, in questo periodo, mostra un’attenzione particolare per
l’aspetto sociale dell’educazione e per la formazione dei maestri. Questi argomenti vennero ripresi ampiamente in un altro suo scritto del 1907 dal titolo: L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica191.
In questo scritto, dedicato al professor Enrico Morselli in occasione del
XXV anno del suo insegnamento universitario, la professoressa occupandosi
insieme di Antropologia pedagogica e di Etnologia sostenne che: «Se la pedagogia deve assumere basi scientifiche nello studio individuale dello scolaro cioè se tende a prendere il suo fondamento nell’Antropologia, non può
prescindere dai dati etnologici»192.
Lo studio antropologico di una popolazione può offrire indicazioni utili
nel giudicare la degenerazione o meno di un individuo, in quanto vi sono
delle malformazioni che si accostano molto a singolarità morfologiche comprese come “stigmate degenerative”, che secondo la studiosa devono comprendersi come caratteri di razza. «Tutte queste considerazioni d’ordine patologico assumono certo la più alta importanza nell’Antropologia Pedagogica, perché le predisposizioni infantili potranno sino ad un certo punto correggersi con adatta igiene fisica, e con esercizi ginnastici razionali»193. Tramite lo studio dei caratteri etnici regionali vengono, quindi, fuori malattie a
cui una determinata popolazione per configurazione e conformazione fisica e
morfologica è più esposta e questo assume rilievo per l’Antropologia Pedagogica, poiché «la scuola con i suoi errori igienici, mantenendo i fanciulli
entro locali chiusi molte ore del giorno, col petto curvo sul banco, prepara
largamente dei predisposti alla tubercolosi»194.
190
Ivi, p. 283.
M. Montessori, L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica,
in «Ricerche di Psichiatria e Nevrologia, Antropologia e Filosofia», dedicate al professor Enrico Morselli nel XXV anno del suo insegnamento universitario, Milano, Vallardi, 1907, pp.
603–619.
192
Ivi, p. 603.
193
Ivi, p. 608.
194
Ivi, p. 609.
191
110
Capitolo secondo
Occorreva quindi una “revisione” della scuola accompagnata da una
competenza del maestro, occorreva cioè una professionalità non solo nel
campo dell’etnologia regionale, ma anche riguardo «al grado di civiltà, ai
costumi, al linguaggio regionale»195.
Un interesse persistente in Montessori fu la sua attenzione per la professionalità dei maestri; interesse che ritorna anche durante l’insegnamento di
Antropologia pedagogica che le venne affidato dal Consiglio direttivo della
Scuola Pedagogica di Roma, per assenso del professor Sergi, il 5 aprile
1906. Montessori detenne questo incarico dal 1906–07 al 1909–10196.
195
196
Ivi, p. 618.
Montessori, Antropologia pedagogica, (1910), cit., p. VII–IX.
Gli anni dell’Università
111
2.9.1 L’istituzione della Scuola Pedagogica e la pubblicazione dell’Antropologia pedagogica
Con la legge n. 689 del 24 dicembre 1904 fu istituito il «Corso di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali» chiamata «scuola pedagogica», di cui era relatore il professor Credaro197.
Questa scuola pedagogica fu costruita, grazie a Credaro, sull’esempio del
Museo di istruzione e educazione fondato da Labriola. Museo che non solo
comprendeva una vasta documentazione relativa ad indagini didattiche, alla
legislazione scolastica, alla storia della pedagogia, ma era anche sede di conferenze, illustrazioni didattiche, lezioni e corsi per i dirigenti scolastici e per
insegnanti sull’ordinamento, i contenuti e i metodi dell’insegnamento primario e secondario, con supporto di riferimenti applicativi e pratici198.
Il Museo, con il nome di Museo Pedagogico, verrà poi ricostruito in diversa forma nel 1906 da Luigi Credaro, che ne sarà direttore, succedendo al
Labriola dal 1902 nell’insegnamento della Pedagogia all’Università «La Sapienza». Il “nuovo” Museo aveva obiettivi conformi a quello precedente, ma
accanto ad una matura biblioteca pedagogica ricevuta in eredità da Labriola,
vi era sorto, con l’evoluzione delle nuove scienze sperimentali, un seminario
psico–pedagogico diretto da Sante De Sanctis199.
Successivamente, nella stessa dimora, venne accolto il «Corso di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali» chiamato abitualmente
«scuola pedagogica», istituito il 19 gennaio 1905 con R. D. n. 29, presso alcune Università italiane. L’Università di Roma fu una delle prime ad introdurlo negli ordinamenti della Facoltà di Filosofia per le materie teoriche e
per legge gli studenti potevano anche usufruire dei corsi, se ciò era approvato dal Consiglio direttivo. Tale Corso era composto da una serie di lezioni
biennali, in cui i maestri potevano seguire delle lezioni universitarie ed accrescere la loro preparazione. Tuttavia, le lezioni accademiche non erano
molte durante l’anno ma erano integrate con molte esercitazioni scritte e orali, con letture, relazioni di visite a scuole, esame critico di libri, studio sperimentale pedagogico–psicologico degli alunni. Insomma, il maestro «ridiven197
F. Pesci, Scuole di Magistero, istituti superiori femminili di magistero e “scuole pedagogiche” dal 1869 al 1922, in «Scuola e Città», a. XXXIX, 31 dicembre 1988, pp. 525–527.
198
Il Museo di istruzione e educazione nacque nel 1874 e venne affidato a Labriola nel
1877 dal Ministro Bonghi. Durante la sua esperienza al Museo al Labriola venne affidata la
cattedra di Pedagogia dal Ministro Baccelli, presso l’Università romana, grazie ai materiali
didattici ed alle ricerche eseguite durante la direzione del Museo. Nel 1891, il Museo venne
soppresso ed il materiale dato una parte da Labriola all’Università, in quanto gli ritornò utile
per la guida della cattedra di pedagogia, un’altra parte costituita da libri e riviste venne assegnata alla Biblioteca Nazionale di Roma. Vedi N. Siciliani De Cumis, Laboratorio Labriola.
Ricerca, didattica, formazione, con presentazione di E. Garin, Firenze, La Nuova Italia, 1994,
pp. 121–126.
199
Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia de “La Sapienza”, (a cura di) L. Capo, M.
R. Di Simone, op. cit., p. 472.
112
Capitolo secondo
tando alunno, avrebbe dovuto continuare ad essere attivo e produttore del
suo sapere […] il professore non un facitore di teorie e un parlatore ex cathedra, ma […] un propulsore dello studio personale»200.
Il valore di questa scuola pedagogica fu soprattutto legato alla formazione
dei futuri maestri ed al carattere “universitario” dei titoli, che venivano conseguiti. A tal riguardo, nel mondo della pedagogia italiana si aprì una polemica proprio intorno all’eventuale carattere universitario della scuola pedagogica. Il Credaro fu attaccato da molti studiosi tra cui Nicola Festa e Giuseppe Lombardo Radice, i quali lo accusarono di eccessivo accentramento di
cariche accademiche e politiche201.
Nella “scuola pedagogica”, oltre a Credaro, vi insegnavano Sergi, De
Sanctis e, come già detto, Montessori. In seguito al suo libero insegnamento
universitario, la studiosa scrisse nel 1906 Lezioni di antropologia pedagogica202. La giovane insegnava presso la Facoltà di Scienze naturali e teneva il
corso di perfezionamento per i licenziati dalle scuole normali. L’ordine degli
studi consigliato per il corso di perfezionamento prevedeva al primo anno:
Letterature italiane, e Igiene scolastica; al secondo anno, invece: Pedagogia,
Esercitazioni di pedagogia, Lettere italiane, Esercitazioni di lettere italiane, e
Legislazione scolastica203.
La professoressa svolgeva le lezioni di Antropologia pedagogica il mercoledì ed il venerdì dalle 17.00 alle 18.00 e la domenica dalle 09.00 alle
10.00 presso la Scuola n. 16204. E continuò a svolgere le sue lezioni sino al
1910, come risulta dagli Annuari scolastici consultati. La sua presenza
all’Università di Roma risultò importante in quegli anni; le consentì di scrivere molto e allo stesso tempo di arricchire col suo bagaglio culturale le
menti di molti giovani studenti.
In quel momento Montessori era l’unica donna nell’Università di Roma a
poter prendere la parola con competenza scientifica sulla questione dell’inferiorità antropologica femminile, argomento su cui tanto era stato detto da
parte dei colleghi medici e su cui la professoressa si sentiva in dovere intervenire, come avrebbe affermato nella suo scritto del 1910 Antropologia pedagogica205. Questo scritto si apre con una dedica ai genitori: «A mia Madre
Renilde Stoppani e a mio Padre Alessandro Montessori, in occasione del
200
G. Cives, La “scuola” di pedagogia della Facoltà di Lettere e Filosofia della “Sapienza” di Roma. Da Labriola a Credaro, in «Scuola e Città», a. XLV, n. 12, 31 dicembre 1994,
p. 521.
201
Cives, La scuola pedagogica, cit., pp. 203–204.
202
M. Montessori, Lezioni di antropologia pedagogica, Regia Università di Roma, anno
1905–1906, Litogr. Sabbadini. Questo scritto importantissimo per la biografia di Montessor,i
non è reperibile, anche se risulta citato in molte bibliografie. Vedi M. Grazzini, Bibliografia
Montessori, Brescia, La Scuola, 1966, p. 21.
203
Vedi Annuario scolastico per l’anno 1905–06, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,
1905, p. 222.
204
Ivi, pp. 224–225.
205
Montessori, Antropologia pedagogica, (1910), cit., pp. VII–438.
Gli anni dell’Università
113
quarantacinquesimo anniversario del loro sereno matrimonio — dedico questo libro frutto dell’amore e del bene ch’essi m’hanno ispirato». Nel libro
sono raccolte tutte le lezioni svolte all’Università di Roma nell’arco di quattro anni. Il libro comprende dieci capitoli, ognuno dei quali tratta un argomento preciso e compiuto: nozioni di Biologia generale e generalità biologiche e sociali sull’uomo, considerato secondo un concetto organico puntualizzato in ogni singolo aspetto (cap. 1); craniologia (cap. 2), un argomento
questo che studiava da anni e che fu il suo cavallo di battaglia per la libera
docenza e per le lezioni al Magistero di Roma206. Scrive infatti:
Un ultimo argomento che ci interessa è la questione dei rapporti tra il volume cerebrale e l’intelligenza della donna. Perché loro sanno che è assai popolarizzata questa antica affermazione emessa in nome della scienza: che la donna è biologicamente, cioè totalmente, inferiore, che il volume del suo cervello è destinato da natura ad
una inferiorità contro la quale nulla si può207.
Montessori affermava che la pretesa inferiorità mentale della donna era
una condanna su cui pesava il pregiudizio di scienziati insigni come ad esempio Messedaglia, Dubois, Lapique, Zanolli, Monouvrier e Lombroso.
Quest’ultimo moriva proprio quando la studiosa stava ancora lavorando
all’elaborazione dello scritto208. Essa delineava in queste lezioni la storia
dell’antropologia definita dal Broca come «la storia naturale dell’uomo e intesa quale applicazione del metodo zoologico allo studio della specie umana»209. Ciò che si evidenziava era che l’Antropologia, come tutte le scienze
positive, è caratterizzata non dall’oggetto (cioè l’uomo), ma dal «metodo»
con cui quello deve essere studiato, metodo naturalistico e descrittivo.
L’Antropologia inoltre doveva estendersi anche ad altri ambiti come quello
della linguistica e della preistoria in quanto l’uomo è un animale parlante e
un animale sociale210.
Tuttavia, l’Antropologia non «seppe popolarizzarsi»; secondo Montessori
mentre in quel mezzo secolo del Novecento si vedevano moltiplicare i rami
scientifici della biologia, della istologia, della biochimica, l’Antropologia
non riusciva a sottrarsi a quello stato di «scienza pura e aristocratica, cioè
superflua», che le impediva di schierarsi tra le scienze primarie. La studiosa
denunciava quindi il fatto che mentre la zoologia era materia obbligatoria
all’Università, l’Antropologia costituiva ancora una materia facoltativa presente solo in tre Università italiane.
Dal terzo capitolo in poi dell’Antropologia pedagogica, la professoressa
continua a trattare l’analisi morfologica di alcuni organi, mentre dal capitolo
206
Ivi, p. 218.
Ibidem.
208
Ibidem.
209
Ivi, p. 1.
210
Ivi, pp. 1–2.
207
114
Capitolo secondo
settimo al decimo si trattiene sulla parte tecnica, metodologica, statistica e
sulla biometria applicata all’antropologia. Inoltre si occupa della carta biografica dello scolaro per le scuole, citando al riguardo il professor Sergi e
prendendo anche in considerazione il quadro morfologico menzionato dal
Séguin211.
*
*
*
Maria Montessori nelle sue lezioni universitarie sosteneva che la «pedagogia» sarebbe stata la disciplina che avrebbe potuto adoperare le grandi
scoperte scientifiche sull’età dell’uomo, sulla sua natura animale, sui primi
sforzi come singolo e come individuo sociale. Ma la pedagogia, come altre
discipline aveva trascurato ogni contributo dell’Antropologia e cioè la storia
dell’uomo che lotta contro l’ambiente, che lavora e trasforma il creato. Anzi,
«le scuole insegnano la storia delle guerre, dei disastri e delle colpe» al contrario la storia della civiltà che «risiede nell’evoluzione del lavoro e del pensiero, rimane pei fanciulli nelle tenebre del silenzio»212. Montessori, disapprovando, affermava che in questo modo si insegnava al bambino solo una
serie di guerre e carestie spingendolo ad ignorare la redenzione dei lavoratori
e la pace universale, dicendogli «la storia è maestra della vita»213.
L’attenzione della studiosa per l’Antropologia pedagogica è legata alla
lezione di civiltà, giustezza e mutamento sociale ed a questo proposito scrive: «con l’opera educativa vorremmo prevenire le conseguenze ultime della
degenerazione e della morbilità: se l’antropologia criminale ha saputo nella
società moderna trasformare una pena, noi dobbiamo proporci nella scuola
futura di trasformare un individuo»214. In questo scritto colpisce il richiamo
della Montessori a conoscere la soggettività del bambino allo scopo di valorizzare la specificità e l’evoluzione dello sviluppo dello stesso. Ciò aiuta a
meglio conoscere la personalità e i bisogni del bambino. Infatti, la studiosa
svela, sin dai primi scritti che il bambino non è un uomo in miniatura ma
presenta una sua specificità e come si trasforma il corpo così si trasforma la
personalità psichica dell’uomo, e scrive: «i caratteri infantili non sono quelli
dell’adulto ridotti a piccole proporzioni, ma costituiscono caratteristiche infantili». Ed è proprio per queste ragioni che all’antropologia pedagogica viene assegnato il dovere di studiare gli anormali, perché tale conseguimento
possa poi favorire i maestri a intendere l’umanità normale215.
211
Ivi, pp. 317–374.
Ivi, p. 3.
213
Ivi, p. 4.
214
Ivi, p. 14.
215
Ivi, pp. 13–14.
212
Gli anni dell’Università
115
In queste lezioni, la professoressa marchigiana affermava la generalità del
maestro nell’educare l’alunno e quindi, ribadiva che nella scuola era in vigore il “principio di giustizia” «l’uniformità livellatrice degli scolari»216. Questa uniformità nell’infanzia, secondo la studiosa, non può esistere perché
l’umanità è varia e contiene differenti tipi sociali ed è per questo che occorre
che il maestro conosca il singolo bambino attraverso le «storie biografiche».
La storia biografica viene dalla Montessori indicata come base scientifica
della pedagogia e sostituisce le pagelle ed i registri il cui fine era quello di
accertare gli effetti dell’insegnamento, mentre la «carta biografica» intende
scrutare le cause delle difficoltà dei bambini e certificare i risultati e
l’acquisizione delle abilità. La conoscenza del singolo bambino viene accostata ad una nuova cultura del maestro posto sullo stesso piano del medico
nell’assunzione di responsabilità per il progresso e miglioramento delle giovani generazioni217. La «Carta biografica» venne designata per la prima volta
nel 1886 da Giuseppe Sergi, per lui era un procedimento metodico di osservazione diretta atta ad esaminare il corpo e lo spirito dello scolaro, e attraverso questa «Carta» l’insegnante veniva a conoscenza dei dati fisici e mentali di ciascun scolaro218.
Per Montessori la «Carta Biografica» racchiude due progetti educativi
importanti, che hanno fatto sì che questo mezzo divenisse significativo, tanto
da essere poi legittimato dai programmi per gli asili infantili del 1914219.
Quindi gli obiettivi sono, da una parte, la continua ed aggiornata conoscenza
del singolo bambino e dall’altra, la salvaguardia del rapporto scuola e famiglia. «La Carta Biografica, scrive la dottoressa, sarà per ogni individuo un
documento capace di guidarlo nella propria ulteriore autoeducazione»220.
Un altro campo in cui la professoressa assunse una posizione indipendente, rispetto a quella dei suoi maestri come Sergi e Lombroso, fu quella della
“questione femminile”. Infatti, a cavallo tra i due secoli, quasi tutte le ricerche di antropologia, biologia, medicina si interessavano della donna e della
sua natura. Il Sergi asseriva che l’inferiorità della donna era biologica mettendo in evidenza la questione dell’eredità dei caratteri del genio, i quali possono trovarsi in germe nella donna, che però non costituisce il terreno adatto
al loro sviluppo data la sua condizione fisiologica. Quindi la donna, per il
Sergi, «può essere madre del genio senza essere mai geniale» e per la sua
sessualità resta sempre un passo indietro allo sviluppo maschile221. Anche
216
Ivi, p. 12.
Ivi, p. 384.
218
G. Sergi, Educazione e istruzione, Milano, Trevisini, 1892, p. 112.
219
E. Catarsi, L’asilo e la scuola dell’infanzia. Storia della scuola “materna” e dei suoi
programmi dall’Ottocento ai giorni nostri, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 168–169.
220
Montessori, Antropologia pedagogica, 1910, cit., p. 391.
221
P. Trabalzini, Il Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria Montessori: scritture,
sviluppi, edizioni, tesi di laurea in Storia della pedagogia, relatore prof. G. Cives, Università
degli Studi «La Sapienza», Corso di laurea in Filosofia, Anno Accademico 1997–98, p. 34.
217
116
Capitolo secondo
Cesare Lombroso, che Montessori menziona nell’Antropologia pedagogica,
valuta la donna come un uomo non totalmente sviluppato.
Infine, la dottoressa si sofferma sulle sue tre lezioni settimanali e sulla
compilazione delle «Carte biografiche»222. Le lezioni si concludevano con
delle “escursioni” per sopperire a quanto mancava a completare un Istituto
Universitario di Pedagogia Scientifica e per gettare le basi per una riforma
della scuola. Pertanto il fine ultimo di queste lezioni era quello di impiantare
le forme di studio e gli intenti dell’Antropologia pedagogica, per differenziarla dall’Antropologia generale e dai rami congiunti dell’Antropologia applicata: Antropologia criminale e medica. Questi ultimi due rami, infatti, necessitano come studiosi solo dei medici specializzati, mentre per l’Antropologia pedagogica sono necessari medici specialisti, ai quali possa venire affidata la diagnosi, la cura e l’igiene dei soggetti anormali. A tal riguardo, la
studiosa diceva:
L’Antropologia pedagogica, come tutti i rami dell’Antropologia studia dal lato
naturalistico l’uomo: ma a differenza dell’Antropologia generale, non si sofferma sui
problemi filosofici che vi sono uniti quali, per es., l’origine dell’uomo, le teorie sul
monismo o il poligenismo, le emigrazioni, le classificazioni secondo le razze: problemi, come si sa di difficile soluzione, e intorno ai quali si impernia l’antropologia
biologica223.
La scuola, per Montessori, è il luogo che fonda l’enorme ambiente di studio ed è pertanto in essa che, attraverso l’opera dei medici unita a quella dei
maestri, può applicarsi la “cultura dell’umanità” e può germogliare la specie
e la civiltà umana. Nell’Antropologia pedagogica del 1910, così, la studiosa
riprende ciò che aveva affermato già nella conferenza sull’Antropologia pedagogica del 1903.
La studiosa continuerà a mantenere sempre come riferimento l’opera del
medico francese Séguin, che l’ha introdotta prima ai suoi studi rivolti ai
bambini deficienti e poi ai suoi studi di antropologia rivolti ai bambini normali. In questo cammino la studiosa mantiene sempre al primo posto il punto
di vista “morale”, che svolge e prepara l’uomo sociale224.
Ora P. Trabalzini, Maria Montessori «Il metodo e la scoperta del bambino», Roma, Aracne,
2003.
222
Montessori, Antropologia pedagogica, 1910, cit., p. 24. Queste lezioni di Antropologia
risultano dagli Annuari scolastici del 1905–06/1909–10. Una era teorica e vi si esponeva il
contenuto della scienza antropologica; l’altra esponeva la tecnica del metodo, cioè metteva in
risalto come si possono evidenziare i dati antropologici, come studiarli e raggrupparli per ricavarne delle leggi; la terza ed ultima lezione pratica e clinica insegnava a rilevare sui soggetti
i dati antropologici e pian piano a indirizzare lo studio sui singoli scolari presi in esame per
arrivare alla compilazione delle «Carte biografiche».
223
Ivi, pp. 27–29.
224
G. Cives, P. Trabalzini, Significato e importanza della conferenza l’Antropologia pedagogica del 1903 della Montessori, in «Vita dell’Infanzia», a. XLVI, novembre 1997, pp. 8–
12.
Gli anni dell’Università
117
2.10 La realizzazione dei progetti educativi: le prime Case dei bambini
La professoressa non cessò di affiancare alla libera docenza, presso la Facoltà di Scienze naturali, l’insegnamento all’Istituto Superiore di Magistero
Femminile. A testimoniare il suo impegno, infatti, vi sono alcune lettere tra
le quali quella del direttore del Magistero, Giuseppe Aurelio Costanzo, nella
quale il professore portava a conoscenza il Ministero del contributo che
Montessori aveva saputo dare al suo insegnamento. Inoltre, in questa circolare si legge:
Essa effettivamente ha, lungo l’anno 1905–06 avvalorato il suo insegnamento
con la visione diretta delle cose, facendo frequenti visite scientifiche a gabinetti
d’igiene sperimentali, ad uffici di disinfezione […] ad edifici scolastici, al mattatoio,
e dando sul luogo lezioni illustrative, sicché ha dovuto all’uopo spendere molte ore,
oltre quelle assegnatele dall’orario della relativa disciplina225.
Il direttore chiedeva anche per Montessori, che ha saputo dare al suo insegnamento «maggior sviluppo», una retribuzione di £.500 proprio per
l’anno 1905–06.
Nel frattempo, le idee e i progetti educativi della Montessori cominciavano a prendere una forma concreta; infatti il 6 gennaio 1907 venne inaugurata
la prima Casa dei bambini a Roma nel quartiere San Lorenzo, conosciuto
come il “quartiere dei poveri”. Ebbero inizio i suoi numerosi impegni e incontri con personaggi di un certo spessore sociale, molto rinomati e stimati e
con alcuni di loro stringerà rapporti d’amicizia. Conobbe Anna Maria Maccheroni con la quale collaborerà alla «Società Umanitaria», con cui si stabiliscono rapporti che portarono all’apertura a Milano nel 1908 della prima Casa
dei bambini.
Continua, intanto, a insegnare Antropologia agli allievi del Corso di perfezionamento per i licenziati dalle scuole normali e con una lettera dell’11
gennaio 1908, indirizzata al Rettore dell’Università di Roma, il Consiglio
Direttivo del Corso di perfezionamento chiedeva che alla Montessori fosse
dato un compenso per aver svolto il corso per l’anno 1906–07. Inoltre, in
questa lettera si legge:
Questo Ministero deve in proposito osservare, che a norma del’art. 9 (R. scuola
1216 ultimo comma) le nomine degli insegnanti che non appartengono con grado di
ordinari o di straordinari all’Università, debbono essere fatte dal Ministero anno per
anno secondo le norme del regolamento generale universitario, cioè su proposta delle facoltà corrispondenti.
Ora nell’estratto del verbale della seduta di codesto Consiglio del 27 ottobre
1906 anche si proponeva la riconferma dell’incarico al prof. Dante Caporali, non si
faceva alcuna proposta relativa all’incarico di Antropologia alla Montessori: sicché
il Ministero dette corso, approvandola, solo alla unica proposta relativa al prof. Ca225
Vedi Parte V.II, All. n. 44 della tesi.
118
Capitolo secondo
porali. A parte la suddetta considerazione, non si comprende da quale fondo si possa
prelevare il compenso proposto per la Signorina Montessori da codesto Consiglio,
una volta che, a norma del penultimo comma dell’art. 2 del R. D. 1 febbraio 1906 n.
30, ai professori si impartiscono corsi speciali: deve essere corrisposto un compenso
commerciale secondo la disponibilità delle somme […].
Rincresce quindi a questo Ministero per le ragioni suesposte di non poter accogliere la proposta di compenso fatta da codesto Consiglio Direttivo per la suddetta
insegnante226.
Dal 1907, com’era inevitabile, la continuità all’Istituto di Magistero iniziò a ridursi a causa della diffusione dei suoi esperimenti pedagogici. L’eco
di queste esperienze si estese presto in tutta Italia; questo contribuì a farle
incontrare alcune personalità di una certa fama, tra cui i baroni Leopoldo e
Alice Franchetti.
I baroni Franchetti credevano nel progetto della studiosa marchigiana tanto vicina alla soluzione dei problemi sociali più sentiti in quel tempo. Per
Montessori inizia così l’impegno per far aprire altre Case dei bambini dopo
il successo di quella romana. In questo periodo i rapporti con i baroni Franchetti si rafforzano e nasce un’amicizia e una collaborazione molto feconda.
Nel 1909 Montessori accolse l’invito dei baroni a trascorrere un periodo
di tempo nella loro tenuta “La Montesca” a Città di Castello, perché scrivesse un libro con le sue attente considerazioni sull’educazione dei bambini. Si
deve ai baroni Franchetti la pubblicazione dell’opera grandiosa Il Metodo
della Pedagogia Scientifica, dedicato proprio ai Fianchetti, in cui la studiosa
raccoglie e spiega le sue osservazioni e gli esperimenti condotti sui bambini227.
In seguito al successo del suo «Metodo», la professoressa non ebbe modo
di dare la propria disponibilità con continuità all’insegnamento nell’Istituto
di Magistero, anche perché in quel periodo la madre era ammalata. In una
lettera dell’11 gennaio 1912, il Direttore le chiedeva se fosse in grado di tenere le lezioni: «La prego farmi sapere se e quando Ella crede di dar (…)
quest’anno alle sue lezioni mi fu detto che Sua madre ammalata la teneva in
casa e quindi crede sempre che Ella venisse da un giorno all’altro a far lezione. Da Lei non seppi mai nulla (…) La prego a farmi sapere qualche una
si presenta in seguito ch’io provveda»228.
In seguito, la dottoressa preferì non prendere servizio chiedendo una aspettativa per cinque mesi e con una lettera al Direttore dell’Istituto di Magistero, datata 24 gennaio 1912, scrive:
Il sottoscritto, Dott. Prof. Maria Montessori, non intenoo, per ragioni di salute
proseguire nell’insegnamento di Antropologia e Igiene, è obbligata come ha già fatto
a mezzo di domanda presentata a Sua Eccellenza il Ministro di Pubblica Istruzione,
226
Vedi App. Parte V All. n. 6 e 6/bis, 6/tris, del presente volume.
Vedi, più avanti, Capitolo terzo.
228
Vedi App. Parte V All. n. 7, del libro.
227
Gli anni dell’Università
119
a chiedere l’aspettativa per cinque mesi, cioè da 1 febbraio al 1 luglio p. v., tempo
che si prevede sufficiente per il ristabilimento della sua salute.
Nel comunicare la V. S. quanto sopra, si prega avvertirla che la sua supplente nel
predetto insegnamento propone il collega Prof. Carolina Magistrelli Sprega229.
Il Direttore (lettera del 25 gennaio 1912), informa quindi il Ministero
dell’aspettativa della Montessori e chiede che al più presto sia accettata la
domanda in modo che le alunne non perdano molte lezioni230. Il Ministro
Nasi risponde tempestivamente (7 febbraio 1912), dichiarando al Direttore
che «non ha difficoltà di accogliere la domanda di aspettativa fatta dalla sig.
Maria Montessori […] ma è necessario che essa trasmetta un certificato medico debitamente legalizzato comprovante la sua infermità»231.
Finalmente (con una lettera del 13 marzo 1912) il Ministro Nasi informa
il Direttore dell’Istituto di Magistero che «la sig.ra Maria Montessori di codesto istituto è stata collocata in aspettativa a datare dal 1 febbraio e non oltre il 15 ottobre 1912 con l’annuo assegno di £ 1166,66; e dalla stessa data è
stata affidata la supplenza dell’insegnamento […] alla sig.na Carolina Magistrelli Sprega, con l’assegno in ragione di £ 1500»232.
A testimonianza dei suoi sempre più crescenti impegni, vi è un decreto
Ministeriale del 12 marzo 1913, nel quale si legge che Montessori «è comandata, per studi pedagogici, presso il Ministro dell’Istruzione Pubblica, a
decorrere dal 1 marzo fino al 31 luglio 1913, conservando il grado e lo stipendio di cui è fornita»233. Certamente questi impegni tenevano lontana la
studiosa dall’insegnamento, tanto che il Ministro Nasi con un lettera del 21
marzo 1913 informava il Direttore che visti gli obblighi ministeriali assunti
dalla Montessori «è dunque chiaro che la Sig. Montessori dovrà percepire
dal 16 ottobre al 31 dicembre 1912 l’assegno d’aspettativa, e dal 1 gennaio
1913 in poi lo stipendio; e che dal 16 ottobre al 31 dicembre 1912 la sig.
Magistrelli dovrà essere retribuita per la supplenza fatta»234.
In seguito, il 10 aprile 1913, il Ministro invia una lettera al Direttore, nella quale si legge: «Con decreto in corso di registrazione, il Ministero ha affidata la supplenza dell’insegnamento dell’igiene ed antropologia alla prof.
Carolina Magistrelli Sprega, dal 1 aprile al 31 luglio 1913 con la retribuzione
in ragione di annue lire 1500»235.
229
Vedi Parte V.II, All. n. 47 della tesi.
Vedi Parte V.II, All. n. 48 della tesi.
231
Ivi, All. n. 49 della tesi.
232
Ivi, All. n. 40 della tesi.
233
Ivi, All. n. 51 della tesi.
234
Vedi App. Parte V All. n. 8, del presente libro.
235
Vedi Parte V.II, All. n. 54 della tesi.
230
120
Capitolo secondo
2.11 La diffusione del pensiero e del «metodo» Montessori fuori dall’Italia
In quegli anni il nome della Montessori si propagava in Europa e negli
Stati Uniti; nel 1913 venne inaugurato a Roma il primo Corso Internazionale
per la formazione degli insegnanti, per il quale si radunavano circa un centinaio di insegnanti ed educatori di lingua e religione diversa, ma tutti conquistati e affascinati dalle teorie della Montessori. A questi corsi ne seguirono
altri, nazionali ed internazionali, diretti sempre dalla Montessori che a causa
di questi ricorrenti viaggi era costretta suo malgrado a interrompere
l’insegnamento all’Istituto di Magistero di Roma.
Infatti il Ministro con una lettera datata 5 gennaio 1914 comunica al Direttore dell’Istituto di Magistero: «alla Sig. Maria Montessori è stato accordato un congedo straordinario di due mesi dal 1 dicembre 1913 al 31 gennaio
1914.
Si prega inoltre la S. V. di avvertire la sig. Montessori che allo scadere
del congedo non potrà riprendere l’insegnamento, dovrà presentare regolare
domanda di aspettativa»236.
In seguito Maria Montessori (lettera del 9 marzo 1914 indirizzata al Direttore dell’Istituto di Magistero), informa di non poter tenere per quell’anno
le lezioni presso l’Istituto. Scrive, infatti:
Sono dolente di non poter tenere quest’anno le mie lezioni d’Igiene e di Antropologia, come avrei desiderato, avendo uno speciale incarico dal Ministero della P. I.
La prof. Diez potrebbe forse essere interpellata per sostituirmi; essa segue il mio
indirizzo nell’insegnamento e potrebbe fare una esauriente trattazione della materia.
Spero che ella vorrà considerare la rinuncia a questo mio grato lavoro, come necessaria anche quest’anno, e di sacrificio da parte mia237.
In una lettera del 15 marzo 1914, il Direttore Giovagnoli informa la Direzione Generale per gli studi Superiori del Ministero della Pubblica Istruzione
che: «la Dott. Montessori Maria, insegnante d’igiene ed Antropologia in
questo istituto, mi scrive di non poter assumere quest’anno il suo insegnamento» e che pertanto informa il Ministero «di voler dare necessarie disposizioni perché le allieve non abbiano a perdere altre lezioni». Alla fine del documento in aggiunta a penna ed in corsivo, si legge «che già troppi ne hanno
perdute»238. In quest’ultima frase è quasi chiaro che l’incoerenza
dell’insegnamento non era vista di buon grado da parte dei colleghi
dell’Istituto nel quale insegnava; tant’è che molte lettere furono mostrate a
nome dei Consigli direttivi al Ministero allo scopo di mettere fine a queste
difformità didattiche; addirittura alcuni dei suoi colleghi interpellarono
l’ispettore dell’Istituto consigliando il sollevamento dall’incarico.
236
Ivi, All. n. 55 della tesi.
Ivi, All. n. 56 della tesi.
238
Ivi, All. n. 57 della tesi.
237
Gli anni dell’Università
121
Pochi giorni dopo il Ministero dell’Istruzione rispondeva al Direttore
dell’Istituto di Magistero, con una lettera datata 20 marzo 1914, nella quale
si legge:
Come si è già avvertito con precedente comunicazione la sig. Maria Montessori è
stata comandata presso questo Ministero per studi pedagogici. Il comando le è stato
conferito con decreto 10 marzo corr. a decorrere dal 16 dello stesso mese fino al 31
luglio 1914.
Per conseguenza occorrerà provvedere sollecitamente ad una supplenza
nell’insegnamento dell’igiene e dell’antropologia, supplenza che sarà pagata sul capitolo dei maggiori proventi delle tasse scolastiche.
Si prega pertanto la S. V. di convocare il competente Consiglio di sezione ed il
Consiglio direttivo, affinché concretino una proposta in merito239.
Il 28 marzo 1914 con una lettera il Direttore trasmette al Ministro della
Pubblica Istruzione, come si legge:
…gli estratti di verbali dei Consigli di Sez. scientifica e Direttivo riguardante la proposta d’affidare alla Dott. Magistrelli Carolina la supplenza a l’insegnamento
all’Igiene e dell’Antropologia nel 2° biennio di questo Istituto, in sostituzione della
Dott. Montessori Maria.
Prego l’I. V. di favorirmi con la massima cortese sollecitudine la Sua approvazione nell’interesse delle allieve240.
Nonostante le sue continue aspettative per i molti impegni straordinari riguardanti i suoi successi didattici nazionali e internazionali, Montessori venne riconfermata all’insegnamento d’Igiene ed Antropologia, anche per gli
anni scolastici 1914–15. Ciò viene confermato da una lettera datata 21 dicembre 1914, nella quale il Ministero informa il Direttore dell’Istituto di
Magistero che Montessori appunto «è stata confermata per l’anno scolastico
1914–915, con lo stipendio di £ 3500»241.
Il 28 dicembre 1914 il Ministero invia una lettera al Direttore dell’Istituto, nella quale si legge che Montessori «è stata confermata nel comando
presso questo Ministero dal 1 gennaio al 31 luglio 1915»242 e si invita il Direttore a provvedere alla supplenza nell’insegnamento d’Igiene e Antropologia.
Nel 1916 la situazione non migliora, anzi il Ministero invia al Direttore
Generale dell’Istituto una lettera datata 29 marzo, nella quale si legge:
Sul decreto di comando presso l’Amministrazione centrale della Prof. Dott. Maria Montessori, decreto emesso a cura di cotesta Direzione Generale, il Capo Ragioniere ha osservato quanto segue:
239
Ivi, All. n. 58 della tesi.
Ivi, All. n. 59 della tesi.
241
Ivi, All. n. 60 della tesi .
242
Ivi, All. n. 61 della tesi.
240
122
Capitolo secondo
“L’art. 7 del D. L. 18–XI–1915 N. 16 25, se non vieta esplicitamente i comandi
dall’Amministrazione provinciale alla centrale, ne limita però la durata fino al 30
giugno 1916. Sembra quindi che il comando della Montessori al Ministero debba
aver termine col 30 giugno prossimo”.
Si prega la S. V. di voler far conoscere a questo Segretariato Generale per quale
ragione il detto comando sia stato disposto fino al 31 luglio anziché fino al 30 giugno 1916, e se nulla osti a che il decreto venga rettificato, dandosi al comando stesso
il termine del 30 giugno243.
In seguito, il Ministero (lettera del 19 settembre 1916) informa il Regio
Commissario dell’Istituto Superiore femminile di Magistero che:
con recente decreto la Sig. Maria Montessori è stata comandata presso questo ministero a decorrere dal 16 marzo al 31 luglio 1916 conservando il grado e lo stipendio,
di cui è fornita.
In conformità della proposta già fatta da codesto Consiglio della sezione di
scienze, si è contemporaneamente incaricata della supplenza nel detto insegnamento
la Sig. Carolina Magistrelli Sprega, con la retribuzione di L. 1500 annue che graverà
sul fondo dei maggiori proventi delle tasse244.
Dinanzi a queste azioni tentate nei suoi confronti, la dottoressa non sembrò reagire, probabilmente perché dopo un’attività didattica incostante, il
rapporto con l’Istituto era diventato freddo o probabilmente perché era sempre più presa dai suoi successi nazionali ed internazionali. Nonostante ciò,
nell’adunanza del 11 novembre 1916, nella quale sono presenti i professori
Magistrelli – Pagano e Costanzo – Preside la prof.ssa Carolina Magistrelli
Sprega, il Consiglio delibera: «la Dottoressa Maria Montessori sia riconfermata a professore straordinario di igiene e antropologia nel 2° biennio di
questo Istituto di Magistero per il corrente anno scolastico 1916–17»245.
Nell’anno 1917–18 gli impegni della Montessori aumentarono notevolmente, proseguirono senza sosta i suoi viaggi all’estero per motivi di lavoro:
nel 1917 venne infatti inaugurata ad Amsterdam la prima Casa dei bambini;
ma dovette anche recarsi in America per assistere al matrimonio del figlio
Mario con l’americana Helen Christie.
Intanto, con una lettera datata 13 aprile 1917 il Ministero informava il Direttore dell’Istituto di Magistero che:
La Corte dei Conti con deliberazione di sezione ha respinto il decreto con cui la
sig. Maria Montessori veniva posta in aspettativa per motivi di famiglia e alla sig.
Carolina Magistrelli Sprega veniva affidata la supplenza all’insegnamento di antropologia e igiene presso codesto Istituto. Motivo della negata registrazione è che, in
base alla procura trasmessa dalla sig. Annina Fedeli, questa non può ritenersi autorizzata a presentare domanda di aspettativa per la sua rappresentata.
243
Ivi, All. n. 62 della tesi.
Ivi, All. n. 63 della tesi.
245
Ivi, All. n. 64 della tesi.
244
Gli anni dell’Università
123
Voglia pertanto la S. V. invitare d’urgenza la sig. Montessori a trasmettere una
domanda di suo pugno in carta legale, per poter rimandare il decreto alla Corte predetta246.
Gli incarichi della Montessori all’estero aumentarono sempre più, tanto
da non avere neanche il tempo di fare lei stessa la domanda per l’aspettativa
e delegando in questo una sua procuratrice, Annina Fedeli. Infatti, con una
lettera datata 27 luglio 1917 il Presidente della Corte dei Conti fa presente al
Ministero della Pubblica Istruzione in risposta a una lettera del 7 luglio 1917
che:
non avendo la Sez. II ritenuto regolare che la domanda di aspettativa fosse fatta da
una procuratrice della Signora Montessori, anziché da questa personalmente.
Con nota del 7 luglio 1917 cotesto Ministero insiste per la registrazione del decreto adducendo principalmente che la Montessori trovasi all’Estero e che durante
l’anno scolastico l’insegnamento è stato impartito dalla supplente Magistrelli, la
quale avrebbe perciò diritto a riscuotere il compenso.
Ma la Sezione, ripreso in esame il decreto, ha rilevato che trattasi nel caso di un
unico atto comprendente due provvedimenti, dei quali quello relativo alla Montessori deve ritenersi non regolare per la ragione anzidetta […].
E pertanto, allo stato delle cose, la Sezione stessa ha deliberato di non ammettere
a registrazione il decreto stesso che si restituisce qui unito»247.
Montessori quindi non teneva più le sue lezioni alle allieve del Magistero,
tant’è che il Consiglio della Sezione Scientifica nell’adunanza del 16 ottobre
1917, nella quale erano presenti i professori Magistrelli Pagano e Costanzo
Preside la prof.ssa Carolina Magistrelli Sprega, esponeva:
con voto unanime, dato il lodevole interessamento impartito per anni dalla professoressa Carolina Magistrelli–Sprega, in assenza della professoressa Maria Montessori,
propone che la cattedra di Antropologia ed Igiene, venga affidata, durante l’anno
scolastico 1917–18, per incarico alla medesima professoressa Carolina Magistrelli–
Sprega248.
Dopo un intero anno scolastico, nel quale la professoressa marchigiana
non tenne alcuna lezione, il caso fu portato dinanzi al Consiglio Superiore
della Pubblica Istruzione che nell’adunanza del 4 gennaio 1919, decise quanto segue:
Esaminando lo stato di servizio della Maria Montessori, esprime il parere che,
giusta il combinato disposto del R. Decreto 17 dicembre 1908 n. 830 e dell’art. 37
ultimo comma del Reg. Gener. universitario, non sia più da confermare la prof.
246
Ivi, All. n. 65 della tesi.
Ivi, All. n. 66 della tesi.
248
Ivi, All. n. 67 della tesi.
247
124
Capitolo secondo
Montessori nel suo ufficio di straordinario nel R. Istituto Superiore di Magistero
femminile di Roma249.
La partecipazione di Montessori nell’Istituto Superiore femminile di Magistero come si è potuto riscontrare dai molteplici documenti, anche se molto
lunga, non è stata conforme a quel tipo di formazione elargita da sempre nel
Magistero, caratterizzata da quel tipo d’insegnamento manchevole di originalità e legato per lo più ad una preparazione unicamente teorica dei docenti
e scarsa di elaborazione personale. Un insegnamento tanto diverso da quello
che Maria Montessori andava predisponendo in quegli anni, e che l’hanno
condotta alla rivelazione di un metodo didattico nuovo.
249
Vedi App. Parte V All. n. 9, del presente volume.
Capitolo terzo
La scoperta del bambino in Maria Montessori
3.1 L’incontro con Giuseppe Ferruccio Montesano
Quando nel 1895 Maria Montessori conobbe Giuseppe Ferruccio Montesano frequentava la Facoltà di Medicina e chirurgia e prestava servizio volontario presso diversi Ospedali ed Istituti medici romani. La giovane Maria,
ancora studentessa probabilmente conobbe nel suo ruolo di medico, presso la
Clinica psichiatrica, l’uomo che per alcuni anni sarebbe stato “l’energia della
sua vita”.
Di Montesano si parla poco nelle biografie montessoriane, eppure fu importante per Montessori tanto da lasciare nella sua vita una traccia incancellabile: un figlio.
Montesano era nato a Potenza il 4 ottobre 1868 da una famiglia ebraica;
si trasferì a Roma all’età di 17 anni e si iscrisse alla Facoltà di Medicina e
Chirurgia ottenendo la laurea nel 1891. Studente eccellente, si distinse per
aver vinto due concorsi che gli offrirono la possibilità di fare pratica medica
prima di finire gli studi universitari. In seguito, ebbe modo di continuare la
pratica ospedaliera e lavorò presso l’Istituto d’Igiene diretto da Angelo Celli,
dove appunto incontrò Maria Montessori e insieme a lei, nel 1895, iniziò a
lavorare alla Clinica psichiatrica1.
Non si sa nulla del modo in cui Maria e Giuseppe si innamorarono: forse
galeotto fu l’ambiente o l’interesse comune verso temi positivistici o
l’amicizia precedente della pedagogista con il fratello o cugino di Montesano, compagno di corso di Maria2. Entrambi erano socievoli, instancabili lavoratori e ben consapevoli di ciò che desideravano. Montesano, infatti, era
molto attento agli aspetti sociali della malattia mentale, un’attenzione che si
spostava in maniera sempre chiara verso una pedagogia diretta al miglioramento delle condizioni di vita, in particolar modo quella dei bambini ritardati. La stessa passione per la scienza medica e per la ricerca che animava
Montessori.
La giovane Maria, quando entrò nella Clinica psichiatrica dell’Università
di Roma per raccogliere materiale per la sua tesi, già pensava di rimanervi,
tant’è che nel 1897, con un documento ufficiale firmato dal Rettore, venne
nominata assistente volontaria presso il gabinetto di neuropatologia diretto
1
M. Schwegman, op. cit., p. 40.
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1895–96, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1896,
p. 264. Il nome di Vincenzo Montesano risulta presente nell’elenco degli studenti iscritti alla
facoltà di Medicina dal 1893–94, insieme a quello della Montessori.
2
125
126
Capitolo terzo
dal professor Sciamanna; insieme a lei prestava servizio anche Montesano ed
entrambi lavoravano accanto a Sante De Sanctis3.
In quegli anni la collaborazione scientifica Montessori–Montesano si
concretizzò nel lavoro dal titolo: Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo
rachidiano dei dementi paralitici. I comuni ideali e la passione per lo studio
intensificarono la relazione affettiva tra i due. Le prospettive scientifiche ed i
ripetuti incontri nella Clinica romana, rafforzarono il loro legame, tant’è che
risulterebbe che Giuseppe per condividere l’impegno sociale di Maria si iscrisse nel 1897 alla società femminile “Per la donna”, nata da poco e dove
era tra i pochissimi uomini membri4.
La passione che unì ancor di più Maria e Giuseppe fu l’amore per quei
bambini con deficit mentali ricoverati nella Clinica psichiatrica, presso la
quale entrambi prestavano servizio. Montessori, energica e generosa, prese a
cuore questi bambini e decise di dedicarsi al loro recupero. Un interesse nato
già prima della laurea e manifestatosi in seguito, quando il coinvolgimento
fu tale da avviarla sulla strada della pedagogia.
La relazione tra Montesano e Montessori non durò molto (1895–1900),
ma fu una intensa storia d’amore dalla quale nacque il 31 marzo 1898 un
bambino: Mario. Il piccolo fu dapprima affidato ad una balia, presso la quale
i genitori andavano a trovarlo. In molte biografie questa parte della vita della
Montessori viene tracciata in maniera breve o per nulla. Questo si deve forse
da un lato all’incoerenza delle notizie al riguardo, dall’altra al bisogno di non
danneggiare l’immagine che i giornali delineavano di lei.
Non si sa cosa spinse la studiosa a nascondere questa gravidanza, quali
gli avvenimenti, le circostanze, le incertezze, forse i timori di non riuscire a
realizzare i propri desideri. La nascita di un figlio avrebbe potuto voler dire
rivedere i suoi progetti, la realizzazione di ciò in cui credeva e per cui si era
molto impegnata. Montessori voleva sviluppare quell’intuizione che aveva
avuto quando cominciò ad osservare e studiare nella clinica i bambini ritardati. Per fare ciò aveva bisogno di ampliare le sue conoscenze attraverso
viaggi e ricerche continue.
3.2 La scoperta dell’infanzia degenerata
Un episodio, che viene citato in molte biografie e che ci fa capire come
Montessori si accosta al mondo dei piccoli deficienti (con un interesse scientifico, ma soprattutto morale), viene fornito dalla Maccheroni, allieva della
Montessori e autrice di un’importante biografia dal titolo: Come conobbi
3
Vedi Annuario scolastico per l’anno 1896–97, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1896,
p. 54.
4
Movimento femminile e notizie, «Vita femminile», 1897, n. 4, aprile, p. 39.
La scoperta del bambino in Maria Montessori
127
Maria Montessori. Nel periodo in cui prestava servizio presso la Clinica romana, Maria ebbe il suo primo incontro con i piccoli minorati:
[…] un giorno Maria venne portata in una stanza dove stava un gruppetto di bambini
deficienti. Erano affidati alle cure di una donna che li presentò come ghiotti e sudici
[…] perché appena finito di mangiare si gettavano per terra raccolgono le briciole di
pane e le mangiano. Maria si guardò intorno e vide che in quella stanza non c’era
nulla che i bambini potessero prendere in mano. […] Maria capì in un lampo di intuizione che i bambini avevano bisogno di fare, di stabilire un contatto col mondo.
Erano imprigionati e dovevano invece essere liberi […]. Vide che nei loro occhi
c’era la fiammella di intelligenza che c’è in tutti gli uomini e decise di alimentarla5.
Da allora, proprio nell’esercizio delle sue funzioni di assistente, cominciò
lo studio dei bambini minorati psichicamente e iniziò per lei un percorso
nuovo: non prettamente medico, ma educativo. Nell’intraprendere questa
strada si trovò di nuovo sola, poiché nessuno dei suoi colleghi approvava le
sue idee. Alla solitudine che l’accompagnava si affiancava la forza fisica,
l’intelligenza, la determinazione e grazie a queste qualità — presenti anche
nei momenti bui — iniziò a ricercare, esaminare ed approfondire questo
nuovo aspetto “pedagogico”.
L’importante, per Montessori, era riconoscere a questi bambini con disturbi delle doti, delle qualità, che potevano riemergere solo attraverso una
rieducazione, basata su una conoscenza scientifica dei loro disturbi e
sull’amore e sull’affetto: caratteristiche che erano mancate sino ad allora.
Montessori si rese conto della povertà d’indagine storica e sociologica
sull’infanzia in generale e non di meno sull’infanzia minorata. Fu per questo
che decise di indagare quella piccola e “insignificante” realtà “dimenticata”.
Nel ricercare materiale utile per i suoi studi sull’educazione dei bambini
ritardati, studiò per la prima volta due libri, che lasciarono nella sua formazione un segno incancellabile. Il primo libro è: Traitement moral, hygiène et
éducation des idiots, del medico francese Edouard Séguin6, pubblicato nel
1846. Lo studio le diede la base per costruire il metodo educativo, che la rese
famosa nel mondo. Il secondo libro è quello di Jean Marc Gaspard Itard7:
Des premiers développements du jeune sauvage de l’Aveyron, che le indicò
l’aspetto del metodo dell’osservazione realizzata attraverso una comunicazione narrativa. Montessori accolse come scelta espositiva la narrazione,
5
A. M. Maccheroni, op. cit., p. 31.
Eduard Séguin, nato nel 1812 e morto nel 1880, medico e iniziatore della pedagogia ortofrenica, è fautore della nascita di istituzioni speciali per minorati mentali. Egli fu allievo e
collaboratore di Itard giacché entrambi ritengono che per lo sviluppo delle idee e delle sensazioni vi sia un’organizzazione neurologica da attivare.
7
Jean Marc Gaspard Itard, medico francese nato in Oraison, Provenza, nel 1775. È autore
del primo trattato sulle malattie dell’orecchio, pubblicato nel 1821. Dopo essersi laureato in
medicina collabora con Philippe Pinel grazie al quale sceglie di interessarsi alla rieducazione
degli anormali. Muore a Parigi nel 1838.
6
128
Capitolo terzo
poiché nessun altro linguaggio, simbolico o scientifico, avrebbe potuto rappresentare una realtà che emergeva per la prima volta e della quale Montessori era l’inaspettata studiosa: la realtà che rivela il bambino come uno
“scomparso” dinanzi al mondo dell’adulto.
Quindi per la dottoressa, “nulla” esisteva prima del bambino ed è nel bambino che si concentra la presenza dei caratteri psichici naturali, nei quali doveva avere fondamento l’educazione. Da ciò è stato possibile partire per far nascere un metodo educativo: da quel “nulla” che poteva essere soltanto narrato
poiché ancora non faceva parte di quel metodo del sapere organizzato8.
Montessori, studiando e valutando le opere di Séguin e Itard, riconobbe ai
due scienziati il merito di aver fatto molto per la rieducazione dei bambini
minorati. Ella si rese conto che il «materiale sensoriale» creato dai due risultava insufficiente e fece in modo di predisporne uno più appropriato traendone un successo clamoroso.
I metodi di Séguin e Itard si basavano sullo studio individuale dell’allievo
e sull’analisi dei fenomeni fisiologici e psichici visti in relazione gli uni con
gli altri. Il metodo “fisiologico”, creato da Itard e perfezionato da Séguin,
suo allievo, prevedeva che il bambino passasse dall’educazione del sistema
muscolare a quella del sistema nervoso e dei sensi. E quindi, dall’educazione
dei sensi alle nozioni, dalle nozioni alle idee e dalle idee alla moralità.
L’importanza che la studiosa attribuiva al «materiale sensoriale», apparve
come una chiave segreta, fondamentale per aprirle la porta ad una serie di
esperimenti didattici (efficacissimi) per la rieducazione degli anormali. In
questo, le fu molto utile la lettura di Itard e del suo più importante libro sul
piccolo selvaggio dell’Aveyron,9.
Itard prestava, infatti, servizio come medico presso la scuola per sordi,
fondata dall’abate Charles Michel de l’Epée nel 1755. L’abate l’Epée si era
proposto di educare i sordi e aveva scoperto che avevano una propria lingua
dei segni, che usavano per comunicare fra loro, mostrando, inoltre, che non
erano mentalmente ritardati né incapaci di ragionare, come si era creduto sino ad allora.
Itard credeva, come il suo discepolo Séguin, nella possibilità di educare i
disabili e così prendendo in cura Victor attuò su di lui un intenso addestramento rieducativo riuscendo a far emergere varie capacità cognitive e sociali
del bambino. Ciononostante, Victor non sviluppò mai del tutto il linguaggio
al di là di poche parole10.
Le opere e l’esperienza dei due grandi medici francesi spinsero Montessori a prendere atto che la civilizzazione dell’individuo è “simile allo strappo
8
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Garzanti, 1950, pp. 190–191.
Da questo libro François Truffaut, circa settant’anni dopo, prese spunto per il suo film
del 1969 dal titolo Il ragazzo selvaggio. Il film narra la storia del bambino ritrovato da alcuni
cacciatori nella foresta dell’Aveyron nel 1799 quando aveva un’età stimata di undici o dodici
anni. Questo bambino fu preso sotto le cure di Itard e gli fu dato il nome di Victor.
10
Ivi, p.166.
9
La scoperta del bambino in Maria Montessori
129
del neonato dal seno materno”: si viene separati per sempre da quell’idilliaco
stato naturale in cui si vorrebbe vivere. L’essere umano in questo passaggio
non ha scelta e per vivere non rimane altro che cogliere i frutti della civilizzazione11.
Montessori ha sempre riconosciuto il debito inesauribile verso Itard e Séguin tanto da visitare nel 1899 ciò che restava (dopo cinquant’anni
dall’uscita di Séguin dalla Francia) della scuola di Séguin, in rue Pigalle, n. 6
a Parigi.
Ne Il Metodo la studiosa, con l’aiuto dei metodi inventati da Séguin, riuscì a capire che non era il materiale a stimolare i bambini, ma la sua voce che
li chiamava «e li spingeva ad usare il materiale didattico e ad educarsi»12. Le
sembrò, infatti, un miracolo che i bambini minorati, in seguito a cure loro
rivolte, potessero presentarsi agli esami di licenza primaria con bambini
normali e non rimanere loro inferiori nel confronto. In realtà questi bambini
erano stati aiutati nello sviluppo psichico e avevano, così, potuto raggiungere
determinate mete, mentre i bambini normali erano stati soffocati. Tali metodi
andavano sempre più maturando man mano che si approfondivano i suoi
studi, che porteranno Montessori a dar vita ad un’opera educativa positiva e
creatrice di grandi valori umani.
Nell’approfondire la conoscenza dell’opera dei famosi medici francesi,
Pinel, Itard e Séguin, Montessori continua a studiare ed a prestare la sua attività come assistente volontaria all’Ospedale Santo Spirito di Roma. L’opera
svolta fu quella di individuare tra i pazienti quelli più idonei all’attività di
didattica clinica. Nel lavoro non era sola, con lei c’erano Giuseppe Montesano e Sante De Sanctis. Insieme facevano parte di un gruppo di lavoro che si
avvaleva di scienziati rinomati, quali il professor Sciamanna, De Sanctis e
Sergi, tutti attenti alla neuropatologia, alla psichiatria e alla psicologia, nonché alle esigenze ed interessi di quella parte di società bisognosa di cure fisico–psichiche. L’opera di questi scienziati fu, per la dottoressa, un costante
riferimento, tanto da lasciare una traccia nel suo percorso pedagogico.
Tra l’altro, in Italia la scienza medica arrivò relativamente tardi ad occuparsi dell’infanzia. A dare impulso alla medicina fu sicuramente l’elevato tasso di mortalità infantile accentuatosi in special modo dopo l’Unità d’Italia. Di
fronte a tale situazione, la comunità scientifica cominciò ad impegnarsi attivamente nel campo sociale a favore dell’infanzia, dando importanza a discipline quali: igiene, antropologia e la nascente pediatria. Quando la cura delle
condizioni igieniche iniziò a diffondersi fra le classi popolari la vita del bambino prese un aspetto nuovo. La società da cieca e impassibile cominciò ad aprire gli occhi ed a rendersi conto di una situazione che di fatto andava cambiata e che doveva portare ad una trasformazione delle scuole già esistenti e
all’ingresso di principi educativi nuovi: sensibili e tolleranti, sia nelle famiglie
11
12
Montessori, Il Metodo, cit., pp. 109–110.
Ivi, pp. 30–31.
130
Capitolo terzo
che nelle scuole. A tale cambiamento non vi è dubbio che la scienza ha contribuito, anzi si può dire che essa sia stata l’anticipatrice del movimento sociale a
favore dei bambini e dell’adolescenza. Tutto questo coinvolgeva medici, educatori, maestri e pedagogisti, inclini sempre più ad un’evoluzione di idee e di
ricerche nei riguardi dell’infanzia e dell’infanzia “degenerata”. Bisognava
formulare una ricerca medico–antropologica in grado di fissare la norma e da
ciò individuare “l’anormale” su cui intervenire.
A muoversi in questa direzione fu il professor Sergi che già nel 1886,
dall’Istituto di Antropologia dell’Università di Roma, proponeva la nascita
di un’organizzazione di studiosi di antropologia in grado di raccogliere un
insieme di dati riguardanti le condizioni della popolazione italiana. Sorsero,
così, i primi gabinetti di antropologia, punti di ricerca e strumenti di diffusione di quella cultura medico–antropologica che stimolava, consigliava e
presentava progetti tali da lasciare un segno sulle idee pedagogiche diffuse in
quel periodo13.
L’impegno mostrato in quegli anni portò l’Italia ad un progressivo miglioramento, anche se rimaneva tanto ancora da fare per i cosiddetti “degenerati”, considerati un problema sia scientifico che politico. Ci si interrogava
su come diminuire in futuro il numero dei degenerati e su quale provvedimento adottare per migliorare la loro esistenza nel presente. La risposta veniva, soprattutto, dalla pedagogia e la parola d’ordine diventava “educare”:
l’educazione doveva servire come recupero dei degenerati e come strumento
per rafforzare e formare negli uomini del domani una personalità individuale
nuova, pronta a mutare il proprio carattere attraverso un’educazione che, ispirata a criteri fisiologici, potesse essere prevenzione della freniatria e della
devianza14.
La parola “frenastenia”, introdotta per la prima volta da Andrea Verga 15,
era stata scelta come termine per ricordare che non ci si trovava di fronte ad
una vera e propria malattia mentale, ma ad una fragilità delle funzioni cerebrali, considerata radicale e incurabile. Per il padre dell’alienistica italiana, la
frenastenia non era, probabilmente, una malattia «se malattia c’era stata o
aveva albergato nell’utero materno o era passata inosservata»16. Il frenaste13
V. P. Babini, La questione dei frenastenici. Alle origini della psicologia scientifica in
Italia, Milano, Angeli, 1996, p. 112
14
G. Sergi, Per l’educazione del carattere, Torini, Bartolero Editore, 1885; Cfr. G. Sergi,
Le degenerazioni umane, Milano, Dumolard, 1889.
15
V. P. Babini, M. Cotti, F. Minuz, A. Tagliavini, Tra sapere e potere. La psichiatria italiana nella seconda metà dell’800, Bologna, il Mulino, 1982. La questione della freniatria
viene affrontata per la prima volta dallo psichiatra Andrea Verga presidente della Società italiana di freniatria. Infatti proprio nel corso di un incontro della suddetta Società, lo psichiatra
pose il problema della collocazione e della cura dei fanciulli frenastenici. A tal proposito lo
psichiatra milanese calcò la differenza tra frenosi, vere e proprie malattie, e frenastenie: anomalie queste considerate da Verga non di competenza della psichiatria, che in quanto clinica,
avrebbe dovuto occuparsi solo di malattie.
16
Babini, La questione dei frenastenici, cit., p. 9.
La scoperta del bambino in Maria Montessori
131
nico era, secondo Verga «di competenza del filosofo o del naturalista, piuttosto che del medico e del clinico»17.
In Italia, intorno al 1870 (anno di nascita della psichiatria), il problema
dei frenastenici veniva affrontato non solo dal punto di vista filosofico, ma
anche medico, perché forse si intendeva fare riferimento all’esistenza di una
tradizione scientifica nello studio e nella cura dei pazienti psichicamente minorati, studio che aveva avuto nei francesi Itard e Séguin i suoi massimi esponenti. Quindi Verga, oltre a introdurre il termine frenastenia, mise in evidenza la questione educativa, la cura morale e la fiducia nel ruolo terapeutico
delle istituzioni speciali18. I soggetti frenastenici, anche se il loro stato di infermità riguardava solo la struttura sensoriale o fisica, come nel caso dei ciechi e sordomuti, si trovavano a convivere nei manicomi con veri e propri
malati mentali.
Alla fine del diciannovesimo secolo per i sordomuti e i ciechi erano già
attivi degli Istituti educativi, mentre per i frenastenici la difficoltà era maggiore, proprio per via del deficit intellettivo più grave e per la mancanza di
una collocazione istituzionale e legislativa19. Nel programma scientifico
promosso dagli psichiatri riguardo ai frenastenici, si metteva in risalto
l’urgenza di far sorgere istituti speciali per accogliere, educare e curare i
bambini frenastenici.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento erano sempre più gli psichiatri, che
avanzavano la necessità di una «educazione speciale» da impartire in istituti
appositi, separati dai manicomi.
Séguin, reputato il precursore nella terapia e cura degli idioti, fu destinato
ad entrare nella pedagogia tramite l’opera di Maria Montessori, che nel 1899
si reca a Parigi per conoscere dettagliatamente la sua attività e svolgere il tirocinio presso il reparto di Bourneville. Durante il soggiorno, ella copierà
riga per riga quel libro, che rappresenterà la base per l’avvio delle sua pedagogia20. L’elemento innovatore del metodo di Séguin fu quello di educare
all’azione un sistema nervoso pigro, come reputava essere quello dell’idiota,
che attraverso una sorta di ginnastica mentale introducesse nel sistema nervoso centrale precisi «schemi motori» in grado di dare un contributo alla
messa in azione del sistema nervoso. Secondo Séguin bisognava, dunque,
dirigersi verso quella specie di strumento alterato che era il sistema nervoso
17
Ivi, p. 10.
Ivi, pp. 10–11.
19
Ivi, pp. 15–16.
20
Montessori spesso nei suoi libri faceva riferimento all’opera di Séguin, sia per il fatto
che si recò a Parigi per leggerlo, perché introvabile in Italia; e sia perché a livello scientifico
risultava non solo un libro da copiare, ma anche e soprattutto un importante riferimento da
tenere presente per la cura degli idioti. Infatti l’opera che rese celebre il francese Séguin e il
suo metodo terapeutico è il Traitement moral, hygiène et éducation des enfants idiots et des
autres enfants arriérés ou rétardés dans leur développement, agités des mouvements involontaires, débiles, muets non sourds, béuies, etc…, Paris, Baillière, 1846 (tr. It. L’idiota, Roma,
Armando, 1970, pp. 734).
18
132
Capitolo terzo
degli idioti per permettere un minimo esercizio della volontà, a iniziare dal
quale sarebbe poi stata possibile un’educazione morale e intellettuale21. Su
queste basi, egli aveva tentato l’educazione degli idioti in un istituto speciale
e con un metodo fisiologico, fondamentale nel trattamento degli idioti, in
parte ripreso dal predecessore Itard, ma che solo Séguin rese originale interpretando quella dell’idiota: «un’infermità del sistema nervoso che sottrae
l’individuo all’azione regolare della volontà»22.
In Italia, un esempio di educazione diretta al miglioramento psichico fu
dato dall’apertura, nel 1853, di un Asilo speciale, fondato per la cura e la
rieducazione del cretinismo, ma che finì per diventare un istituto di semplice
assistenza23. Dopo sporadiche proposte senza seguito, un primo esperimento
è riscontrabile nell’opera del Senatore Vincenzo Tommassini, che fonda a
Roma, nel 1884, un Istituto per educare gli “idioti”24. Ma l’iniziativa più importante, che alla fine dell’Ottocento lasciò una traccia tangibile e duratura,
fu quella di Antonio Gonnelli Cioni che, da maestro di scuola elementare del
Comune di Firenze, divenne insegnante in un Istituto per sordomuti dove
ebbe l’opportunità di dedicarsi al problema dell’educazione dei frenastenici.
Egli propone l’utilizzazione, ai fini educativi, del lavoro manuale, in particolare di quello agricolo e fonda nel 1889 a Chiavari, un Istituto per fanciulli
frenastenici dove applica i suoi principi teorici25.
La questione della educabilità dei bambini anormali continuava però a essere sottovalutata dalla legislazione, soprattutto quella relativa alla scuola e
bisognerà attendere il 1900 perché divenga una vera “questione sociale”.
3.3 La questione dei deficienti nelle scuole e la scoperta del «Metodo»
Il pensiero di Montessori è chiaro in tutti gli scritti di questo periodo. Indicativo è quello dal titolo Scuole di redenzione pubblicato nel gennaio del
1899, sull’importante rivista magistrale «Il Risveglio educativo»26.
Montessori evidenziava che la scienza aveva dimostrato non solo
l’esistenza effettiva dei degenerati, ma anche che la minore potenzialità psichica e morale dei degenerati rendeva impraticabile l’insegnamento che era
21
Babini, La questione dei frenastenici, cit., p. 17.
Ibidem.
23
Questo Asilo speciale, per l’educazione e istruzione dei bambini indirizzata al miglioramento psichico, era nato in seguito alla proposta di una commissione per lo studio del cretinismo istituita dal re di Sardegna nel 1848. Questa proposta non ebbe seguito, infatti di lì a
pochi anni l’Asilo passò da istituto di formazione, quale avrebbe dovuto essere, a puro ricovero. A. Tamburini, L’odierno movimento in Italia per la cura e l’educazione dei frenastenici,
«Rivista sperimentale di freniatria», vol. XXV, 1899, p. 3.
24
E. Catarsi, La giovane Montessori, Ferrara, Corso Editore, 1995, p. 65.
25
G. Calò, Pedagogia degli anormali, Firenze, Editrice Universitaria, 1946, pp. 65–67.
26
M. Montessori, Scuole di redenzione, in «Risveglio Educativo», a. XV, 23, 7 gennaio
1899, pp. 185–187.
22
La scoperta del bambino in Maria Montessori
133
rivolto a bambini normali. L’esigenza di migliorare e perfezionare le scuole
cresceva sempre più, anche se in Italia, a differenza di altre nazioni civili,
questa scuola non solo non esisteva, ma era ancora quasi sconosciuta.
Montessori aveva avuto parole ironiche nei confronti di coloro che incolpavano la scuola di non essere capace di educare e accogliere questi bambini
svantaggiati. Nello scritto Scuole di redenzione ricorda, infatti, che a quei
fanciulli degenerati che sono i deficienti intellettuali e morali è dedicato un
solo comma regolamentare che suona press’a poco così:
quell’alunno che non potrà per malvolere o per insufficienza mentale seguire il corso
regolare degli studi, o quello che per indisciplina disturbi incorreggibilmente la tranquillità della classe, siano espulsi dalle scuole». Se dunque si escludono dalla scuola
educativa i frutti nocevoli della società e si abbandonano nell’ambiente degenerato
della loro famiglia e in quello [ …] della strada […], come la scuola potrà venire incolpata della crescente delinquenza? E a che si prenderanno misure di rigore verso i
maestri e verso l’obbligatorietà della prima istruzione per tutti […], quando poi verranno educati solo i normali […]? Se la scuola educativa ha una forma di deficienza
che sia uno dei fattori del crimine, è quella appunto di trascurare l’educazione dei
fanciulli degenerati. Ma ciò non appartiene ai maestri27.
In questi anni, la giovane studiosa credeva sempre più in una unione tra
intervento scientifico e sociale, che era alla base di ogni probabile metodo
educativo nei confronti dei degenerati. Bisognava andare avanti, creare in
Italia quegli Istituti speciali che all’estero erano già diffusi e dove questi
bambini venivano amati e curati, favorendo il loro sviluppo. Il nostro paese,
invece, sperava solo nella beneficenza e nella filantropia, attendendo che si
ripetesse ovunque il miracolo della «Nave redenzione» dei garaventini28.
Questi ultimi credevano nella educabilità dei bambini delinquenti, anche:
«senza metodo scientifico, purché un genio affettivo se ne occupi» e aggiungevano con sarcasmo «sono educabili pure col metodo e senza genio, ciò che
è più pratico».
Montessori riteneva che la nave di Genova era una soluzione, ma non la
chiave più adeguata per affrontare un fenomeno di così grandi proporzioni.
Occorreva, invece, un metodo che richiedeva un educatore specializzato, una
singolare progettazione didattica e pedagogica e una eguale riforma legislativa. Questi bambini deficienti dovrebbero infatti:
27
Ivi, p. 185.
Si credeva di educare i piccoli delinquenti seguendo la via del cuore, senza metodo
scientifico, riuscendo a estrarre da quelle anime impenetrabili dei tesori, pieni di affetto e amore. Un esempio viene da Niccolò Garaventa, filantropo, che si impegnò di raccogliere i
bambini delinquenti e i figli di prostitute nella sua “Nave redenzione” che ancorava nel porto
di Genova; egli amava e proteggeva con passione paterna e li trattava con onestà. In questo
modo ottenne dei risultati sorprendenti: lasciati liberi, questi garaventini, non dimenticando il
bene ricevuto, continuavano a scrivere, anche dopo vari anni lettere dove raccontavano la loro
vita. Catarsi, La giovane Montessori, cit., 1995, p. 125.
28
134
Capitolo terzo
[…] venire educati e sorvegliati rigorosamente come si fa all’estero, negli Istituti
medico–pedagogici. Con metodi d’insegnamento adatti, che la filantropia e la psicologia hanno suggerito, possono venire educati ed istruiti in una professione che li
rendeva socialmente utili. Queste scuole speciali pei frenastenici sono un mezzo potente di civiltà […]. Non v’è omaggio più nobile alla dignità e al sentimento umano;
non v’è ritrovato della scienza positiva più socialmente utile di questo; non v’è prudente misura che per la sicurezza degli stati possa uguagliare questa misericordiosa
istituzione29.
Conciliare miglioramento scientifico e ricerca pedagogica, educazione
morale e speciale; scommettere sull’efficacia della patologia psichica e sociale: erano tesi puramente montessoriane, che contraddistinguevano la studiosa nel panorama pedagogico e scientifico del tempo e che sono ancora
oggi presenti30.
Montessori non perdeva occasione, soprattutto nelle circostanze pubbliche, di ribadire e diffondere le sue idee a sostegno dell’educazione dei bambini anormali. Nel 1902, a Napoli, fu organizzato il secondo Congresso Pedagogico Nazionale dove la dottoressa, a differenza del primo incontro nazionale del 1898 tenutosi a Torino, si preparò con una relazione, pubblicata
negli atti del Comitato Ordinatore del Congresso, sul tema: Norme per una
classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione31.
Quello che risultava evidente era la convinzione che ogni azione diretta a
normalizzare o a mettere in movimento la vita corporea si legittimava pedagogicamente come stimolante al risveglio dello spirito, cui spettava una parte
decisiva negli stessi processi vitali dell’uomo in formazione32.
La dottoressa marchigiana rilevava in questo difficoltà scientifiche e pedagogiche, tutte legate principalmente alla mancanza di studi e di esperimenti. Una mancanza che, da un lato non permetteva di formulare scientificamente le basi per distinguere i «tipi» di anomalie, dall’altro offriva metodi
non ancora aggiornati che si rifacevano al solo ed esclusivo testo del Séguin,
divenuto ormai complementare, dopo la via tracciata dalla moderna psicologia positiva. «Questo metodo, fondato su molti anni di pratica fatta da un
medico alienista, — scriveva Montessori — è quanto di più scientifico ci sia
oggi nella pedagogia»33. Séguin, infatti, iniziava la sua opera educativa mescolando l’igiene alla pedagogia: «gettando maestrevolmente la prima pietra
di quella igiene pedagogica che oggi ancora è così poco ben definita»34. I
metodi speciali dello studioso francese distinguevano l’educazione dei defi29
Montessori, Scuole di redenzione, cit., p. 187.
A. Scocchera, Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito, Firenze, La Nuova Italia,
1990, p. 51.
31
M. Montessori, Un metodo per la classificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia»,
a. XI, n. 9, settembre 1962, pp. 3–12.
32
Ivi, p. 3.
33
Ibidem.
34
Ibidem.
30
La scoperta del bambino in Maria Montessori
135
cienti in due parti: la prima era quella preliminare che parte dal ricambio materiale e dalle funzioni fisiologiche viscerali; la seconda era quella normalizzatrice, in cui il bambino doveva essere ridotto simile al bambino normale.
In questa fase lo studioso si soffermava sull’educazione psico–muscolare e
psico–sensoriale. Ciò veniva espresso nella sua nota formula:
[…] condurre il fanciullo come per la mano dalla educazione muscolare a quella del
sistema nervoso e dei sensi; dall’educazione dei sensi alle idee; dalle idee alla moralità.
Da queste parole veniva fuori il distacco scientifico della Montessori dal suo
Maestro riguardo il percorso educativo del bambino deficiente. Il Séguin credeva di
giungere all’educazione morale con l’educazione intellettuale: credeva possibile correggere con l’educazione intellettuale le idee, considerando sbagliata la teoria del
sensismo, pur servendosi dell’educazione dei sensi, come di un mezzo per migliorare le idee emerse dal trionfo dell’educazione intellettuale. La Montessori riteneva
poco convincente che le tappe del metodo fisiologico dello studioso francese giungevano alla “normalizzazione” e quindi verso la moralità e l’efficienza volitiva. Egli
affermava che: «dalle idee si passa alla moralità» e dimostrava che «la educazione
morale è l’educazione della volontà, poiché per essere morali bisogna volerlo essere
e l’ufficio dell’intelligenza è quello di illuminare la volontà35.
Séguin dimostrò in tutta la sua opera di essere “un pratico”, e non uno
scienziato, che pur vincente nell’educazione intellettuale perse nell’educazione morale. Egli non si avvicinava neppure alle idee filosofiche del suo
contemporaneo tedesco Schopenhauer, il quale affidava l’essenza della natura umana e la segreta spinta della volontà «nella somma degli istinti oscuri
risiedente nell’organismo»36.
Secondo la studiosa marchigiana la riscoperta della volontà è la prima
qualità del percorso psichico e intellettivo del bambino deficiente, per cui la
funzione dell’educazione speciale doveva essere prima di tutto la rinascita
“sentimentale” dell’individuo. La classificazione dello sviluppo ideata da
Séguin venne rovesciata: la volontà (in quanto scelta di bene o di male), non
è il gradino ultimo sorretto dall’educazione dell’intelligenza, bensì è il gradino di supporto di ogni verosimile rieducazione, che è tale anche quando
quella della intelligenza sia infattibile. Montessori si rendeva conto dell’esistenza di una componente biologica celata, ancora da rinvenire, la quale in
un certo modo risultava legata a quella fisiologica37. E si distaccava dal Séguin, per la sua idea di mettere al primo posto l’educazione morale, la quale
non portava sempre ad una norma per la classificazione educativa, ma secondo la studiosa, a questo sopperirà il fine educativo che si conosceva già,
cioè:
35
Ivi, p. 4.
Ibidem.
37
A. Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, Roma, Edizioni Opera
Nazionale Montessori, 1997, p. 36.
36
136
Capitolo terzo
[…] impedire che i degenerati, lasciati fin dall’infanzia nell’abbandono per l’incompletezza delle nostre scuole e della nostra pedagogia, crescano in mezzo ai normali,
cioè in un ambiente a loro non adatto […]. Perciò il fine di questa educazione è essenzialmente di profilassi sociale. In fondo al quale si trova un importantissimo lato
economico della questione; perché qui è il vero caso di dire : ad ogni scuola che si
apre si chiude una prigione: e una scuola di bambini richiede una spesa lievissima
[…] al confronto di quella di una prigione […]38.
L’unico modo per diminuire la spesa sociale nei confronti degli individui
“educati”, secondo la studiosa, era renderli produttivi, senza però che il loro
lavoro intaccasse quello dei normali. Questo si poteva ottenere mettendo in
vendita, ai prezzi comuni, i lavori prodotti, ma solo quelli che avrebbero potuto concorrere con quelli realizzati dagli individui normali, lasciando i lavori più imperfetti per usi interni all’istituto. Oppure si potevano impiegare i
ragazzi con deficit nel lavoro dei campi, senza nessuna concorrenza ma solo
con più benessere comune. Le esperienze montessoriane sino a quel momento, dimostravano che questi individui erano in grado di fruttare e di concorrere al mantenimento dell’istituto che li ospitava. Dalle sue conoscenze il deficiente non era un malato che richiedeva solo l’intervento del medico, ma
l’espressione di un disordine dello sviluppo, di una discordanza funzionale
che inibiva la completa espressione dello spirito. Tutto questo diveniva sempre più materia di ricerca della pedagogia. Ciò che venne fuori fu, dunque,
un nuovo concetto di educabilità e rieducabilità del deficiente visto come
persona e rieducato alla luce del miglioramento scientifico e morale. L’educazione morale deve essere importante nell’educazione degli anormali, aspetto manchevole nel metodo classico del Séguin che, pur parlando di educazione dei sensi e quindi delle idee, dimenticava «l’azione moralizzatrice
che, pur dalle idee così formate, potrebbe farsi scaturire dalla natura,
dall’arte e dalla religione»39. Ciò che, inoltre, secondo la studiosa italiana,
veniva ad aggravare la situazione del degenerato era la mancanza di affetto e
di tenerezza.
Montessori in questo saggio, dopo aver presentato in maniera chiara uno
schema classificatorio dei bambini frenastenici, si sofferma sulle istituzioni
che dovevano essere preposte alla loro educazione.
Ecco il fine della scuola dei deficienti: sottrarre all’azione dell’ambiente i piccoli
degenerati, creare loro un asilo di protezione e di educazione, separandoli però in
maniera che nella scuola stessa non si trovino a contatto i pervertiti coi suggestionali. Di qui la necessità di distinguere dei tipi da suddividere in varie scuole, non sulla
38
M. Montessori, Norme per una classificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia», a.
XI, n. 9, settembre 1962, p. 4.
39
Ivi, p. 9.
La scoperta del bambino in Maria Montessori
137
base scientifica ma, per ora, sulla guida di uno scopo pratico che conduca alla profilassi sociale40.
Secondo Montessori, il “tipo” non poteva essere dato dallo stato intellettuale, ma dal carattere morale: ogni “tipo” aveva, dunque, tante sfaccettature
che dipendevano dallo stato o dalle turbe dell’intelletto. In definitiva, secondo la studiosa, i frenastenici possono essere educabili completamente o parzialmente o ineducabili, ed in base a questa suddivisione, potevano essere
inseriti in appositi Istituti.
3.4 La «Casa dei Bambini»
Maria Montessori manifesta, con sempre più interesse, la sua attenzione
particolare per la dimensione sociale dell’educazione. Con l’inizio del nuovo
secolo approfondisce i suoi studi nel campo dell’Antropologia pedagogica, detiene la libera docenza in Antropologia all’Università di Roma, continua ad
insegnare nell’Istituto Superiore femminile di Magistero e ad impegnarsi
nell’opera riparatrice ed emendatrice dell’educazione. In seguito, l’opera di
pratica medica, di insegnante, di educatrice, eseguita diligentemente sulla base
degli studi passati e recenti in questo delicato settore, aprì alla sua attività orizzonti nuovi, che l’avviarono verso il più grande progetto della sua vita.
Era il 1906, quando la dottoressa — tornando da Milano dove si era recata perché eletta nella giuria per l’assegnazione dei premi all’Esposizione Internazionale, nella sezione della Pedagogia Scientifica e Psicologia Sperimentale — venne condotta da Edoardo Talamo, direttore generale dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, il quale le espone il progetto di creare, nel
quartiere San Lorenzo, una “scuola nella casa”, una specie di asili infantile
nelle Case popolari appunto nel suddetto quartiere41.
Il 15 febbraio 1906 il quotidiano «La vita», dava notizia, che il giorno
precedente gli azionisti dell’Istituto Romano dei Beni Stabili si erano adunati
per discutere riguardo agli obiettivi e all’operosità dell’Istituto per migliorare
le condizioni del quartiere San Lorenzo, dove più miseramente si era accumulata la popolazione operaia di Roma. Durante quest’assemblea prese la
parola l’ingegner Talamo, direttore generale dell’ente, che possedeva la
maggior parte degli stabili nel quartiere San Lorenzo42. Il quartiere era nato
tra il 1884 e il 1888, all’epoca dell’imponente incremento edilizio, epoca in
cui più si fabbricava e maggiori erano le sovvenzioni che si ricavavano dalle
banche e da Istituti. Infatti, vi era una legge secondo la quale i finanziamenti
pubblici ai costruttori erano dati a metro quadrato costruito, coerentemente si
era giunti a edificare più del pensabile senza tener conto di alcun criterio i40
Ivi, p. 11.
G. H. Fresco, op. cit., pp. 24–25.
42
In «La vita», a. II, n. 46, 15 febbraio1906.
41
138
Capitolo terzo
gienico e sociale. Di conseguenza, i finanziamenti vennero fermati e scoppiò
nel 1888–90 la ineluttabile crisi edilizia che portò all’incompleta costruzione
del quartiere.
Montessori nel suo Discorso inaugurale per l’apertura della Casa dei
Bambini definisce il quartiere San Lorenzo celebre, poiché:
[…] tutti i giornali della Capitale se ne occupano sulle cronache quasi quotidianamente […] non vi fu mai l’intendimento di costruire qui un quartiere popolare; non
si volle fabbricare pel popolo, né questo è perciò un quartiere pel popolo. S. Lorenzo
è il quartiere dei poveri: dall’operaio onesto mal retribuito e spesso disoccupato […]
a colui che subisce il termine della sua condanna con la sorveglianza dopo la prigione: sono tutti qui alla rinfusa43.
La studiosa denunciava il degrado, l’eccessivo affollamento fonte di
promiscuità e di immoralità e di delitti. Sottolineava che per questa gente
«C’è […] un problema profondo prima di quello della elevazione intellettuale: il problema della vita […] Qui pei fanciulli che nascono bisogna mutare
la frase consueta: essi non vengono alla luce, vengono alle tenebre, e crescono tra le tenebre e i veleni dell’agglomerato urbano»44. Nel suo discorso continuava ad asserire: «Quando sono venuta la prima vota per le vie di questo
quartiere, dove la gente per bene passa solo dopo morta, ho avuto
l’impressione di trovarmi in una città dove fosse avvenuto un gran disastro.
[…] Ecco iniziarsi l’opera grandiosa e geniale dell’Istituto Romano dei Beni
Stabili, ispirata nei suoi criteri di alta modernità dall’ingegner Talamo…»45.
L’idea dell’ingegner Talamo era di raccogliere i piccoli figli degli inquilini del “casamento”, dai tre ai sette anni, alle dipendenze di una maestra che
coabitasse nell’edificio stesso. La prima scuola sarebbe dovuta sorgere in un
grande “casamento” popolare del quartiere San Lorenzo, contenente circa
mille persone. Questa scuola speciale venne fondata il 6 gennaio 1907 e prese il nome di «Casa dei bambini», nome creato dalla giornalista Olga Lodi
vecchia conoscente di Montessori.
La prima Casa dei bambini, in via dei Marsi 58, era stata aperta perché
l’ingegner Talamo, responsabile delle nuove fabbricazioni dei «Beni Stabili», era scosso dal fatto che tanti piccoli bambini fossero abbandonati a sé
stessi vaganti per le strade, senza che nessuno si prendesse cura di loro.
Montessori pensò al materiale, che doveva essere leggero e facilmente movibile dai bambini; portò oggetti che già aveva adoperato per i suoi esperimenti educativi antecedenti e affidò i bambini alla giovane maestra Candida
Nuccitelli46, la quale più che il compito d’insegnare aveva quello di osserva43
M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, Città di Castello, Tip. Casa ed. S. Lapi, 1909, p. 38.
44
Ivi, p. 39.
45
Ivi, p. 41.
46
Questa donna pare fosse la figlia di un custode del “casamento”, che aveva il compito
di controllare i bambini quando Montessori si assentava. Vedi G. H. Fresco, op. cit., p. 27.
La scoperta del bambino in Maria Montessori
139
re i bambini quando la dottoressa non era presente. Segno che la studiosa
dava molta importanza alle cure igieniche–sanitarie, ma anche alla presenza
della maestra, che già da allora doveva “osservare” più che agire. Montessori
per la prima volta, poteva avere a sua disposizione un ambiente libero da ogni influenza dei metodi tradizionali di educazione, nel quale poter eseguire
una sperimentazione nuova, nata sicuramente dall’osservazione di bambini
liberi.
Intanto, il 7 aprile 1907, venne inaugurata la seconda Casa dei bambini,
aperta sempre nel quartiere San Lorenzo a Roma. Alla studiosa che ne assunse la direzione, venne data la possibilità di sperimentare il metodo educativo applicato ai bambini anormali con i bambini normali. Montessori si richiamava alla «scuola di Stanz» del Pestalozzi, la quale aveva consentito di
osservare «L’esistenza reale di una meravigliosa energia latente nel bambino»47.
Questa rivelazione ebbe per la studiosa conseguenze notevoli per la relazione tra educatore ed educando. In principio, per l’insufficienza di mezzi
finanziari, sembrava alla studiosa quasi impossibile attuare l’esperimento, e
così pensò di utilizzare lo stesso materiale usato per i bambini anormali e
sperimentarne così la validità con i bambini normali. «Furono quei meravigliosi, poveri, semplici bambini di Roma a indicarmi la via giusta…»; a questa esperienza concorsero in maniera decisiva i suoi studi universitari e le
sue lezioni di Antropologia all’Università. In lei andava maturando quella
riforma educativa che è e sarà il fondamento della sua preparazione scientifica; aveva, infatti, compreso il bisogno di dare alla riforma educativa un fondamento insostituibile: «lo studio scientifico dell’uomo sconosciuto»48.
Al’apertura della seconda Casa dei bambini, anch’essa riservata esclusivamente ai piccoli non ancora nell’età della scuola, le madri mandavano volentieri i loro figli in questa “Casa”, dove essi potevano apprendere mentre i
genitori andavano in cerca di lavoro. Un obiettivo che si riuscì a raggiungere, con l’istituzione della Casa dei Bambini, fu quello di un’educazione ispirata ai principi razionali della pedagogia scientifica, che si fondava sullo studio antropologico dell’allievo da educare e prendeva in considerazione solo
la parte positiva per trasformarla.
La pedagogia scientifica doveva cercare, secondo la studiosa, di migliorare le nuove generazioni tenendo conto sia del singolo individuo che
dell’ambiente sociale e familiare. «Io credo dunque che aver potuto aprire la
casa alla luce dei nuovi veri, al progresso della civiltà — cioè aver risolto il
problema di poter direttamente modificare l’ambiente delle nuove generazioni, sia stato rendere possibile l’attuazione pratica dei principi fondamentali della pedagogia scientifica»49.
47
Pignatari, Maria Montessori, cit., pp. 27–28.
Ivi, pp. 28–29.
49
M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato alle Case dei Bambini,
Città di Castello, Tip. Casa editrice S. Lapi, 1909 1909, cit., pp. 45–46.
48
140
Capitolo terzo
La Casa dei bambini, col passare del tempo, va assumendo un significato
sempre più grande ed esteso. Essa dà «la vita morale e il benessere — cura,
educa, e se ci fosse refezione scolastica, nutrisce i teneri figli: come sul seno
di una donna generosa e soave, il lavoratore stanco trova in essa riposo e
stimolo a una vita intima, e felice»50. Con questa esperienza, ebbe così inizio
quel moto definito rivoluzionario del bambino che da lì a poco si diffuse in
tutti i paesi del mondo.
3.5 Il Metodo della Pedagogia Scientifica
L’ambiente in cui nacquero le Case dei bambini, fu estremamente favorevole all’educazione e i risultati furono sorprendenti. Tra le famiglie dei bambini del quartiere e le Case si instaurò un sodalizio di pace e di benessere sino a quel momento ignorato. Questo era la prova che la gente dinanzi ad un
ambiente diverso si trasformava; infatti i bambini che vivevano nella Casa si
sentivano in paradiso, l’insegnante che non era una vera e propria maestra
osservava questi fanciulli e li aiutava nei lavori domestici e dei campi. In seguito, Montessori pensò anche di insegnare a questi piccoli a leggere e a
scrivere, anche se era riluttante di fronte all’ipotesi che i bambini possano
apprendere in un’età inferiore ai sei anni. Dopo molte insistenze, soprattutto
da parte di molte madri che dicevano: «qui si svegliano e imparano facilmente tante cose che se insegnaste a leggere e scrivere imparerebbero presto
e risparmierebbero le grandi fatiche della scuola elementare»51, Montessori
iniziò a lavorare per creare un materiale adatto allo scopo. Importanti erano
infatti, il materiale, il metodo, la preparazione dei maestri, l’ambiente e la
disciplina.
Nel frattempo, Montessori continuava a scrivere, furono pubblicati due
articoli, il primo sul periodico «L’Educazione dei sordomuti», dal titolo Metodo per insegnare la scrittura52, l’altro apparso sulla rivista «I Diritti della
Scuola», dal titolo Come si insegna a leggere e a scrivere nelle «Case dei
bambini» di Roma53.
Il 18 ottobre 1908, s’inaugura la terza Casa dei bambini, questa volta a
Milano, segno del successo e dell’impegno concreto della studiosa in sempre
maggiori iniziative sociali. Questa terza Casa, sul modello di quella di Roma, venne aperta nel quartiere operaio dell’Umanitaria in via Solari.
50
Ivi, p. 46.
Id, La scoperta del bambino, cit., p. 219.
52
Id, Metodo per insegnare la scrittura, in «L’Educazione dei sordomuti», fasc. 5, maggio 1908.
53
Id, Come si insegna a leggere e a scrivere nelle «Case dei bambini» di Roma, in «I Diritti della scuola», n. 34, 31 maggio 1908.
51
La scoperta del bambino in Maria Montessori
141
La «Società Umanitaria»54 nacque per iniziativa del filantropo Moisé Loria ed aveva lo scopo di appoggiare l’innalzamento etico della classe operaia,
sia attraverso l’istruzione sia attraverso le abitazioni in cui vivevano. Il progetto si mosse sulla stessa strada dell’Istituto Romano dei Beni Stabili e portò alla costruzione delle case popolari nel quartiere operaio aprendo, poi, con
la collaborazione diMontessori, la Casa dei bambini.
In questa prima scuola a Milano, venne assunta come insegnante, per
pubblico concorso, Anna Maria Maccheroni, fedele collaboratrice e interprete delle idee montessori. Inizia, la collaborazione e l’attività con
«l’Umanitaria», favorita, anche, dall’organizzazione di conferenze e corsi
per la formazione di maestri.
In seguito il 4 novembre 1908, venne aperta una terza Casa dei bambini a
Roma, in via Famagosta ai Prati di Casteli. Con l’esperimento delle Case dei
bambini, iniziò per Montessori il secondo periodo della sua vita, una fase felice per l’affermazione delle sue idee. I risultati furono di proporzioni straordinarie tanto da attrarre l’interesse di personalità famose, come quella del barone Leopoldo Franchetti55 e della moglie Alice Halgarten56. Entrambi avevano concretizzato, nella loro tenuta a Città di Castello, una serie di proposte
designate al miglioramento dell’educazione sociale dei contadini e si deve a
loro il primo corso di preparazione degli insegnanti, che si svolse nel 1909
nella Villa «La Montesca»57.
54
La «Società Umanitaria» nasce nel 1893 per volontà di un illuminato filantropo, Moisé
Loira. La «Società Umanitaria» si proponeva il compito di favorire l’elevazione morale dei
lavoratori attraverso un’azione ispirata a criteri a quel tempo presente. Oltre a dare ai lavoratori la possibilità di qualificarsi professionalmente si era occupata soprattutto di due problemi
importanti: la scuola e la casa. Per quanto riguarda il problema della casa, essa fa nascere, nel
1905, delle case operaie o case popolari nell’isolato che comprendeva Via Solari e Via Loria a
Milano. In seguito fa sorgere anche una casa dei bambini, una scuola simile a quella sorta a
Roma qualche anno prima.
55
Leopoldo Franchetti (1847–1917), uomo politico e pubblicista, fu deputato dal 1882 al
1904 e poi senatore nel 1909; in quegli anni che appoggiò lo studio per la possibile soluzione
delle questioni economiche, sociali e politiche. Egli soprattutto si occupò del problema del
Mezzogiorno attuando delle inchieste, come quella che realizzò nel 1876 con Sidney Sonnino
in Sicilia.
56
Alice Hallgarten (1874–1911), nasce a New York e dopo aver trascorso per un certo periodo di tempo in Germania, si trasferì a Roma, dove conobbe e sposò Leopoldo Franchetti
nel 1900. Architettò la scuola della «Montesca» e di Rovignano, attenta alle questioni sociali
e soprattutto all’infanzia ed alle attività assistenziali nel quartiere San Lorenzo di Roma.
Compì molti viaggi all’estero che le consentirono di saldare contatti con movimenti pedagogici dell’epoca. Un suo famoso viaggio nell’ottobre del 1909 negli Stati Uniti, ci fa pensare
probabilmente alla diffusione del metodo Montessori.
57
La «Montesca», scuola che nasce nel 1901, e si interessa a formare l’educazione dei
contadini, dando loro mezzi atti a migliorare il lavoro nei campi. Nell’insegnamento, un certo
interesse ricopre, l’osservazione diretta delle cose e lo studio dell’ambiente circostante, nel
quale possono questi contadini apprendere: la botanica, l’agricoltura, il giardinaggio e così
via.
142
Capitolo terzo
In questo periodo, così fecondo di iniziative ed attività, importanti risultarono i rapporti con i baroni Franchetti, i quali visto il successo avuto dalla
pedagogista in quegli anni, le suggeriscono di riportare le sue eccezionali osservazioni in un libro.
Nel 1909 infatti esce a Città di Castello Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato alle Case dei bambini, dedicato ai baroni Franchetti. Il volume comprendeva tutte le conferenze e lezioni tenute dalla pedagogista in
quegli anni, incluse le lezioni che vennero pubblicate nel brevissimo estratto
Corso di pedagogia scientifica58, dove erano riassunte le lezioni tenute a Città di Castello come docente all’Università di Roma.
Nella prolusione al Corso, tenuto a Città di Castello, Montessori affermò
che da circa vent’anni si enunciava l’esigenza di una scienza dell’educazione
nuova, che prendesse in considerazione le scienze sperimentali, e solo da poco si cominciava a parlare di Pedagogia Scientifica, e per questa Pedagogia
Scientifica, ribadiva Montessori, abbiamo una guida: «il fanciullo da educare; e come si fa per l’antropologia e la psicologia che sono schiettamente
sperimentali, anche per la pedagogia si deve osservare, studiare: poi verrà
l’opera dell’educazione, che raccoglierà quei risultati e seconderà i tentativi
e le speranze»59.
Montessori sottolineò che l’osservazione e il rispetto dell’anima del bambino s’imponeva e si doveva pensare che: «sui banchi di scuola sono accomunati in una uguaglianza infantile, briganti, come Salomone e Musolino e
gli innovatori, i conduttori del progresso come Carducci, e Marconi, e perciò
il metodo repressivo usato oggi nella scuola in un modo comune è irrazionale»60. Nel proseguire la prolusione, la studiosa evidenziava che solo la Pedagogia scientifica, avendo un alto contenuto morale, poteva offrire un apporto
pedagogico, perché capace di infondere una morale civile. Secondo la Pedagogia scientifica, l’educazione deve voler raggiungere un obiettivo secondo
nuovi valori con metodo e fermezza e per raggiungerlo è importante che il
«maestro non dica soltanto: sarò un uomo nuovo, ma anche: sarò un uomo
artefice»61.
Con le Case dei Bambini Montessori ebbe l’opportunità di sperimentare i
metodi da lei stessa ideati ed ebbe modo di rendersi conto che i bambini
normali hanno una grande analogia con i bambini anormali poiché i primi
«sono da formare» ed i secondi «non sono formati». Quindi, per entrambi, la
studiosa si avvalse come guida del criterio «di aiutare ragionevolmente lo
sviluppo dell’individualità umana»62. La studiosa conclude la sua prolusione
affermando che la Pedagogia scientifica è diversa dall’Antropologia e dalla
Psicologia, poiché la prima non può essere adattamento di altre scienze, ben58
M. Montessori, Corso di pedagogia scientifica, Città di Castello, Società Editrice, 1909.
Ivi, p. 17.
60
Ivi, p. 19.
61
Ivi, p. 22.
62
Ivi, p. 24.
59
La scoperta del bambino in Maria Montessori
143
sì il maestro deve divenire un naturalista: da meccanico a scienziato naturalista63.
In questo metodo rivoluzionario emergono, quindi, i rapporti tra il maestro e il bambino, poiché importante è il ruolo del maestro che deve lasciare
libero il bambino di agire secondo le sue tendenze naturali, senza alcun vincolo fissato o programmato, giacché la sua posizione deve essere quella di
disporre i bambini per osservarli allo stato naturale.
La riforma educativa era, ormai, matura nella mente della pedagogista, la
quale, forte della sua esperienza e preparazione scientifica, era giunta, con la
pubblicazione de Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato alle Case
dei bambini, all’apice della notorietà.
3.6 Il «Metodo»
Il grande successo, che Montessori andava riscuotendo in quegli anni era
in un certo senso il premio per tutte le ingiustizie subite agli esordi della sua
carriera universitaria e poi scientifica e professionale. All’opera teorica scritta da Montessori nel 1909 seguirono una serie di successi che si concretizzeranno negli anni successivi. Al Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini (ripubblicato nel 1950,
per desiderio dell’Autrice , con il nuovo titolo La scoperta del bambino) seguirà un’altra opera del 1916, altrettanto famosa, dal titolo L’autoeducazione
nelle scuole elementari64. Quest’ultimo testo rappresenterà il suo successivo
impegno, quello del progetto di una riforma educativa per l’istruzione primaria.
Il continuo interesse per l’educazione dei bambini non si fermò nella
Montessori solo ai piccoli, ma volle condurla sino all’istruzione elementare,
cioè sino ai dieci anni d’età. Questo progetto rappresentò un lavoro sperimentale di circa tre anni e in quest’opera, la studiosa venne aiutata
dall’amica Donna Maria Mariani Guerrieri Gonzaga. Fu proprio Gonzaga
che, nel 1911, volle mettere le prime fondamenta ad un esperimento privato
del tutto libero, per cercare se con altri materiali più evoluti si fosse potuto
proseguire nella via educativa iniziata con i piccoli bambini. Alla Gonzaga si
unirono anche i baroni Franchetti, ed in seguito anche l’aiuto finanziario della Regina Madre, la quale volle che venissero preparate delle maestre capaci
di diffondere in maniera certa il suo metodo65.
In quei sei anni di preparazione e lavoro, vennero organizzati una serie di
corsi per le maestre, con il patrocinio della Regina Madre ed il sostegno di
un gruppo di nobildonne romane. Infatti, dopo il corso del 1909 svoltosi a
63
Ivi, pp. 25–26.
M. Montessori, L’autoeducazione nelle scuole elementari, Milano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916; I edizione Garzanti 1962).
65
Ivi, p. XXI.
64
144
Capitolo terzo
Città di Castello, vennero organizzati altri due corsi a Roma in via dei Giusti,
presso l’Istituto delle Suore Francescane Missionarie, che con grande bontà
d’animo gettarono le basi per la nascita di un asilo modello. Vennero costituiti a Roma per opera della municipalità, nel 1911, altri corsi per le maestre,
tenutisi presso la Scuola Superiore femminile “E. Fuà Fusinato”. In questi
corsi, venne avviata la sperimentazione della nuova metodologia nelle classi
elementari, producendo i primi materiali per la psicoaritmetica66.
Nel 1911 venne fondata a Roma, dai sostenitori del Metodo Montessori,
la «Società degli Amici del Metodo Montessori», la quale ebbe sezioni anche a Milano e a Napoli. Essa si poneva come fine quello di promuovere
l’apertura di nuove scuole per i bambini da creare, soprattutto, nei quartieri
poveri delle città. Questa Società ebbe sempre più ammiratori dell’alta borghesia e della nobiltà, fra loro c’era Donna Maria Gonzaga, che diventerà la
migliore amica di Montessori, ed Ernesto Nathan, allora sindaco di Roma e
sostenitore accanito dell’opera della pedagogista, tanto da favorire l’apertura
di nuove scuole e da raccomandarla ai suoi colleghi nell’ambiente politico.
Probabilmente, alcuni di questi colleghi mandavano i propri figli proprio nella classe che la studiosa dal 1910 tenne a casa sua, per condurre degli esperimenti didattici con bambini tra i sei ed i nove anni67.
In questi anni, Il Metodo, veniva tradotto in varie lingue. Nel 1912 apparve la prima traduzione in inglese dell’opera. Alla fine dello stesso anno,
Montessori fu colpita da un grave lutto, il 12 dicembre moriva la madre, Renilde Stoppani, mentre Montessori e le sue allieve stavano facendo i preparativi per il primo Corso internazionale del Metodo montessoriano, che avrebbe dovuto debuttare nel gennaio 191368.
Nonostante tutto, il Corso internazionale ebbe inizio e vi parteciparono
allieve di vari continenti, anche se la maggior parte erano americane. I partecipanti erano quasi tutte donne, e alcune fra loro diventeranno, poi, assistenti
personali di Maria Montessori, come Helen Parkhurst69 e Adelia McAlpin
Pyle70. Contemporaneamente, ebbero inizio una serie di Corsi internazionali,
ai quali la studiosa offriva personalmente il suo contributo, proprio per il
grande valore che attribuiva alla preparazione delle maestre.
In questo fervido moto d’interessi sociali ed educativi, acquistarono particolare significato alcune società che nacquero a sostegno del metodo Mon66
G. H. Fresco, op. cit., p. 43.
R. Kramer, op. cit., pp. 268–270.
68
M. Montessori, Associazione Renilde Montessori, in «L’Idea Montessori. Organo
dell’Opera Nazionale Montessori», a. II, n. 11, 1929, p. 1.
69
Helen Parkhurst, insegnante allo State Teachers College del Wisconsin, era giunta a
Roma nel 1913 per seguire le lezioni di Antropologia del professor Sergi e partecipò al primo
corso internazionale, del quale rimase entusiasta a tal punto da divenire poi assistente
personale della Montessori.
70
Adelia Pyle, figlia di un milionario americano imparentato con Rockefeller, diventò assistente personale della Montessori, accompagnandola in molti dei suoi viaggi, facendole da
interprete e traduttrice dei suoi discorsi.
67
La scoperta del bambino in Maria Montessori
145
tessori. Nell’inverno del 1913, la studiosa si recò su invito di Samuel
McClure, nel Nord–America, per sostenere una serie di conferenze sul Metodo. In seguito si presentò a New York, dove ebbe un benvenuto trionfante;
Montessori si fermò in America per tre settimane ed ebbe modo di creare
una rete sempre più fitta di donne americane disposte a diffondere il Metodo,
attraverso scuole, società e altre iniziative. Proprio in quell’anno, la studiosa
conobbe Margaret Wilson, figlia dell’allora presidente degli Stati Uniti, e attraverso lei conobbe lo stesso Presidente. Nel frattempo venne fondato
l’American Montessori Society, di cui era presidente Alexander Graham Bell
e segretaria Margaret Wilson71.
Prima della fine del 1913, tra un viaggio e l’altro, Maria Montessori tornò
a Roma, dove si ricongiunse con suo figlio Mario. L’unione con il figlio si
rivelò un passo importante per la dottoressa tanto che da allora non se ne
staccò più per tutta la vita. Mario all’età di quindici anni diventò una presenza attiva e costante nella vita della madre, tanto da incoraggiarla nei momenti bui72.
Nel contempo, usciva la seconda edizione del Metodo della Pedagogia
Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, una
pubblicazione ampliata rispetto alla prima edizione, arricchita da sperimentazioni maggiori. Il Metodo si diffonde anche in Germania, Giappone, in Australia. Venne, poi, inaugurata la prima Casa dei bambini in Scozia, in Russia e in Australia. Nel 1914, continuavano ad aprirsi nuove Case dei bambini
anche a Milano ed in varie città italiane. Inoltre, venne organizzato, sempre a
Roma, il secondo Corso internazionale, al quale presero parte ben 15 Paesi.
Subito dopo uscì a New York un testo scritto in inglese dal titolo Dr Montessori’s Own Handbook, che venne tradotto in italiano solo nel 1921.
In questi anni fecondi di operosità e di iniziative, la studiosa visse il
trauma della prima guerra mondiale (1915–18). Il 25 novembre 1915, Montessori subì un altro lutto, la perdita del padre Alessandro Montessori. La
studiosa solo qualche mese prima, aveva lasciato il padre alle cure della sua
amica e collaboratrice Anna Fedeli, per partecipare con una classe
all’Esposizione internazionale a San Francisco73.
Nel 1917, Montessori si recò per la prima volta in Olanda, ad Amsterdam, dove venne aperta la prima Casa dei bambini ed incontrò il biologo
Hugo De Vries, che aveva osservato nelle specie animali e vegetali la presenza di particolari sensibilità74. Dopo la morte di entrambi i genitori, Montessori non tornò in Italia, ma andò a vivere in Spagna. Il figlio, che era andato a vivere in America a seguito del suo matrimonio con l’americana Helen Christie, che sposò, a Los Angeles nel dicembre 1917, a soli diciassette
71
M. Schwegman, op. cit., pp. 88–91.
R. Kramer, op. cit., p. 185.
73
Ivi, pp. 212–213.
74
G. H. Fresco, op. cit., p. 44.
72
146
Capitolo terzo
anni. Dopo il divorziato, Mario raggiunse a Barcellona sua madre e dove
vissero per qualche anno.
La diffusione ed il successo del Metodo portarono Maria Montessori a
viaggiare per il mondo, presa da impegni nazionali ed internazionali continui. E proprio mentre si stava programmando un suo viaggio in Africa, il 6
maggio 1952, Maria Montessori morì a Noordwijk aan Zee in Olanda, dove
fu sepolta.
Capitolo quarto
La conferenziera
4.1 Premessa
Nei capitoli fin qui trattati ho mostrato con l’aiuto di un gran numero di
documenti la carriera universitaria e l’excursus accademico che hanno condotto Maria Montessori alla scoperta di un nuovo metodo educativo. Ora, per
completare il corpulento quadro, non posso non mancare di citare il suo impegno a favore delle donne e le battaglie femministe per la parità dei diritti.
Questo, nell’intento di dare al lettore una visione d’insieme della vita di Maria Montessori.
4.2 Maria Montessori e il suo impegno femminista
Nel 1896 Maria Montessori si era fatta notare dall’opinione pubblica per
il suo impegno femminista; proprio in quell’anno era nata a Roma grazie a
Rosa Mary Amadori (redattore–capo dal 1895 della rivista «Vita femminile») una Associazione di donne, che si poneva come fine quello di spronare
le donne a dedicarsi ai loro interessi e al contempo a suscitare in loro uno
spirito di fratellanza e di solidarietà (Montessori in questa associazione compare come vice segretaria insieme ad Albani)1. Insomma, un’unione di donne
pronte a lavorare e lottare per la pacifica convivenza fra i popoli e per
l’educazione e la formazione delle generazioni future, attraverso la promozione di conferenze e letture aggiornate riguardanti la donna. Temi, questi,
comuni all’appena creata Unione internazionale femminile per la pace, di cui
l’Associazione romana voleva essere parte.
Molte donne cominciarono ad aderire all’Associazione e portarono il loro
contributo di “Donne operaie”, di “Donne intellettuali”, sostenitrici del sapere e della cultura. Nell’Associazione femminile Montessori collaborò impegnandosi come donna per la libertà, la giustizia e la sapienza. Ciò fu facilitato, certamente, dalla nascita del partito socialista, che segnò l’inizio di una
fase nella storia del movimento delle donne, nella quale i tratti
dell’emancipazionismo (promossi da Anna Maria Mozzoni attiva su questo
terreno di lotta sin dal 1864), si moderano. Il partito socialista fece subito
1
Tra le persone elette risultarono: “Presidenza: Ferrando, Müffling, Ballio; Segretaria:
Rosa–Mary Amadori; Vice segretarie: Albani, Montessori; Collaboratori: Broglio, Mauro;
Bibliotecarie: Bari, Robbé; Cassiera: Virginia Nathan (moglie del futuro sindaco di Roma Ernesto Nathan)”. Vedi Movimento femminile e notizie, in «Vita femminile», a. II, n. 4, aprile
1896, p. 32.
147
148
Capitolo quarto
proprie le ragioni del movimento femminista italiano, tant’è che in quegli
anni a Roma nascono tre periodici femminili importanti: «Donna e lavoro»,
«La rassegna degli interessi femminili» e «Vita femminile», quest’ultimo
comparso nel 18952.
Nella Capitale la questione femminile era riconoscibile nella sua essenza
e nella sua complessità, perché vi era la sede del Parlamento e delle rappresentanze politiche nazionali, e, dunque, era percepibile direttamente o indirettamente tramite gruppi politici, specialmente quello socialista, che per
primo rese accessibile i suoi Congressi alle donne3.
Con il socialismo, dunque, l’azione delle donne muta: in una prima fase
l’azione emancipazionista era legata al ribellismo egualitario e libertario;
successivamente, con l’accostamento di rivendicazione e lotta di classe, comincia il periodo proprio del femminismo4. Tuttavia, la presenza del partito
socialista in Italia, la mobilitazione dei cattolici nella politica sociale, in un
panorama in cui l’economia e il mercato del lavoro risultano in pieno processo di trasformazione, pongono le basi per la nascita di un vero e proprio
movimento di riscatto di larghe fasce della popolazione femminile5.
Negli ultimi anni dell’Ottocento, così, la società italiana assiste al risveglio della donna. In un suo libro Sibilla Aleramo6 afferma: «[…] come una
stanchezza morale si sovrapponeva a quella fisica, lo scontento di me stessa,
il rimprovero della parte migliore di me che avevo trascurata, di quel mio io
profondo e sincero, così a lungo represso, mascherato […]»7. Aleramo ci fa
intuire che il risvolto positivo sta nella “via di mezzo”, giacché la vera costruzione del nuovo modello sociale sta in una partecipazione ideale alla creazione di un mondo, che sia diverso non solo per le donne, ma anche per gli
uomini. In altre parole, secondo Aleramo, la questione femminile non chiede
soluzioni unilaterali, pone bensì problemi di rapporti reciproci all’interno
dell’umanità.
La questione femminile diventava un problema su cui si misuravano e si
scontravano ideologie e progetti politici concreti. Infatti, il problema aveva
2
A. Buttafuoco, Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in AA.VV, Storia della società italiana, Milano, Teti Editore, 1981, vol. 20, pp145–161.
3
Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, cit., p. 24.
4
S. Aleramo, La donna e il femminismo. Scritti, 1897–1910 (a cura di) B. Conti, Roma,
1978, pp. 181–182.
5
A. Buttafuoco, op. cit., pp.145–146.
6
Aleramo Sibilla, pseudonimo di Rina Faccio, nata nell’agosto del 1876, ad Alessandria.
Nel 1902 andò a vivere a Roma e cominciò a scrivere il suo primo romanzo: Una donna, che
uscì nel 1906. Soltanto nel 1919 pubblicò il suo secondo libro: Il passaggio; seguì nel 1920 la
prima raccolta di liriche: Momenti, e nello stesso anno il volume di prose: Andando e stando,
che si ristampò raddoppiato una ventina di anni dopo. Scrisse tanti altri romanzi tradotti alcuni
in altre lingue, ma la sua fortuna in Italia e in altri Paesi fu segnalata per il suo tema sul femminismo. Aleramo morì a Roma il 13 gennaio 1960.
7
S. Aleramo, Una donna, Roma, Feltrinelli, 2000, p. 14.
La conferenziera
149
assunto caratteristiche precise grazie a denunce aperte, scritti e movimenti
associazionistici nascenti in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica.
4.3 Berlino 1896
Tra le associazioni femminili nascenti in quel periodo, quella «Per la
donna», nata a Roma nel 1895 per opera di Rosa–Mary Amadori8, fu la più
ricordata anche perché molte donne che ne fecero parte divennero nel tempo
personalità di spicco in vari settori della società (politica, scienza e letteratura). L’Associazione romana fu l’unica in grado di tenere conferenze anche
all’estero, grazie alla sua adesione all’Unione internazionale femminile per
la pace. Essa nacque come reazione agli avvenimenti politici e sociali propri
di quel periodo; protestò contro la impellente guerra d’Africa e contro le disuguaglianze che in vari settori penalizzavano le donne; affrontò argomenti
come il disarmo, la pace nel mondo, l’educazione femminile, le riforme sociali e il diritto delle donne di studiare e lavorare.
Maria Montessori entrò a far parte dell’Associazione come vice segretaria
e si impegnò insieme ad altre donne con forza e audacia per combattere i
tradizionali pregiudizi. Grazie al suo impegno costante e profondo a favore
dei gruppi sociali ai margini della società, l’Associazione decise, nel giugno
del 1896, in occasione del Congresso femminile internazionale, di inviarla a
Berlino come rappresentante delle donne italiane. D’altra parte, ella era già
altre volte apparsa sui giornali e si era distinta per la tenacia e la forza
nell’affrontare le situazioni; così, l’Associazione non ebbe dubbi sul fatto
che la dottoressa potesse ben rappresentare le donne italiane.
Il Congresso si tenne dal 20 al 26 settembre 1896 e l’attività della Montessori riscosse un successo strepitoso. Molti giornali si interessarono a questo evento attraverso articoli a volte critici e pungenti, mettendo in evidenza
la “forzata” femminilità della Montessori: «la voce, la chioma bruna, lo
sguardo penetrante, i guanti portati con eleganza»; la stampa parlò di lei come di una miscela di cultura, italianità e grazia femminile9. Anche il «Corriere della Sera»” pubblicò un articolo dal titolo Congresso delle donne in cui si
legge: «La comparsa della dottoressa Montessori […] fa scomparire il sarcasmo dalle labbra dei signori in frac e spuntare un sorriso di vittoria in quello
delle signore; con tale delegatessa […] l’esito del Congresso non può che
considerarsi assicurato»10.
Durante il suo intervento al Congresso, tenutosi presso il Rathaus di Berlino sotto la presidenza di Lina Morgenstern, Montessori denunciò il sovra8
Rosa–Mary Amadori conosciuta per il suo impegno femminista, si distinse per essersi
fatta promotrice dell’Associazione femminile sorta a Roma nel 1896. Fu redattore–capo della
rivista «Vita femminile» dal 1895, organo del movimento femminile italiano.
9
Babini, L. Lama, «Una donna nuova», cit., p. 50.
10
Ivi, p. 51.
150
Capitolo quarto
lavoro femminile, una giornata lavorativa poteva infatti durare 18 ore, e le
mancanze di parità salariale tra donne e uomini. Il Congresso fu anche
l’occasione per discutere dei diritti civili e politici delle donne nei vari Paesi,
e del loro impegno sociale in difesa delle classi emarginate. In questo clima
di fervore, non mancarono le proteste di un gruppo di donne socialiste che
chiedevano l’abolizione del proletariato e la nascita della società socialista
«come se fosse la cosa più semplice al mondo»11.
Montessori decise di incontrare una delegazione ristretta di donne socialiste per discutere con loro dei problemi dell’istruzione femminile in Italia,
della guerra d’Africa, dell’impegno assunto dalle donne per sconfiggere il
diffuso analfabetismo e di quello profuso nella battaglia per la parità salariale. Si trattava di temi centrali dell’emancipazionismo italiano, ai quali molte
donne dedicarono la propria battaglia. Le proposte, rivoluzionarie per quei
tempi, le procurarono una grande ammirazione favorita dal sua personalità
affascinante.
Tornata a Roma, Montessori riprese la sua attività di assistente chirurgo
all’ospedale S. Spirito, per poi accettare, nel 1897, il posto come assistente
volontaria presso la Clinica psichiatrica, dove lavorò sino al 1900.
4.4 Il primo Congresso Nazionale Pedagogico, Torino 1898
Maria Montessori, grazie alle molte iniziative e progetti scientifici riguardanti l’educazione dei bambini deficienti, cominciò a coinvolgere i contemporanei in una riflessione nuova dettata anche dai sentimenti. La prima
occasione venne nel 1897 quando a Torino si svolse il primo Congresso Nazionale di Medicina. Montessori partecipò denunciando le responsabilità della società nei confronti della delinquenza minorile, responsabilità che la studiosa individuava nella mancanza di cure e assistenza12.
Solo un anno dopo, sempre nella città di Torino, Montessori ebbe
l’opportunità pubblica di “mettere in piazza” il problema della degenerazione e lo fece proprio in occasione del primo Congresso Pedagogico nazionale,
tenutosi tra l’8 e il 15 settembre 1898. Intervenne come professionista e rappresentante della scienza medica accusando i pedagogisti della loro chiusura
riguardo la questione, ormai sociale, dei degenerati. Durante il Congresso, la
dottoressa mise in evidenza lo stato in cui questi bambini degenerati erano
costretti a vivere perché disconosciuti dalla società.
Sono questi poveri esseri che il Governo dovrebbe correggere ed educare in speciali Istituti; sono costoro che, abbandonati nella società a loro medesimi, non potevano vivere del proprio lavoro cercano di mantenersi con il lavoro degli altri e diU. Sogliani, La settimana delle donne, in «L’Illustrazione italiana», 4 ottobre 1896, pp.
222–223.
12
Catarsi, La giovane Montessori, cit., p. 66.
11
La conferenziera
151
ventano delinquenti; questi fanciulli lasciando la scuola sono destinati a popolare i
manicomi, i postriboli, le galere. I degenerati non sono sempre incapaci di educazione; occorrono per essi metodi speciali. Usare per l’educazione di questi degenerati i
metodi tradizionali è uno sprecare […] la fatica. All’estero vi sono degli Istituti medico–pedagogici ove […] sono sorprendenti i risultati […]. Ci sono pure le classi
aggiunte ove si raccolgono quei fanciulli che senza essere completamente degenerati, pure disturbano e guastano le classi normali13.
La specificità del suo progetto era di credere nel recupero dei fanciulli
minorati attraverso speciali metodi educativi, applicabili in speciali Istituti
Medico Pedagogici, dove i bambini anormali sarebbero stati seguiti non solo
dai medici, ma anche da diversi specialisti. Durante una seduta del Congresso Pedagogico, Montessori presentò il seguente ordine del giorno:
Il Congresso Pedagogico convinto che la società civile non debba trascurare alcun mezzo per redimere ed educare i bimbi che, per speciali caratteri degenerativi,
non possono trarre profitto dalla Scuola comune, fa voti affinché essi vengano educati a parte, da maestri dotati di attitudini e cognizioni particolari, ed a tale scopo
chiede che: per l’educazione dei piccoli degenerati, lo Stato provveda legislativamente all’istituzione di classi aggiunte presso le Scuole elementari almeno dei Comuni più importanti e le province creino o sussidino nelle città capoluogo speciali
Istituti […] per i casi più gravi e per l’educazione speciale dei maestri, vengano insegnati in ogni Scuola normale i caratteri sintomatici della degenerazione ed i mezzi
più acconci a combatterli e lo Stato istituisca un corso speciale universitario per preparare a questo insegnamento i professori di pedagogia delle Scuole normali […].
Aggiunge che se esso verrà approvato, unirà il voto del Congresso alla domanda che
il deputato professor Bonfigli presenterà alla Camera nel prossimo autunno a proposito della istituzione benefica suaccennata14.
Il discorso pronunciato dalla studiosa ebbe molto successo, tant’è che la
sua proposta di introdurre le classi aggiunte e di dare ai bambini minorati
un’educazione speciale fu accolta da tutti i partecipanti. Essa chiedeva una
scuola aperta a tutti i bambini, perché una scuola chiusa, che rifiutava i bambini disprezzati e trascurati dalla società, era una scuola malata che poteva
procedere solo verso l’incivilizzazione. In quella occasione Montessori affermò pure, con insistenza, la necessità di un corpo insegnante preparato, che
avesse una formazione a livello scientifico capace di seguire lo sviluppo psichico e morale dei bambini ritardati15.
In quegli stessi giorni moriva, assassinata per mano italiana, la regina Elisabetta d’Austria. Dinanzi a questo avvenimento la stampa si scagliò contro
gli educatori e la cattiva educazione civica impartita dalla scuola del popolo
e decise, per protesta, di non prendere parte al Congresso. Montessori ritene13
M. Montessori, Intervento al Congresso di Torino, in G. C. Molineri e G. C. Alessio, Torino 8–15 settembre 1898, Torino, Stabilimenti Tipografico F. Camandona, 1899, pp. 122–123.
14
Ivi, pp. 123–124.
15
Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, cit., pp. 26–27.
152
Capitolo quarto
va la decisione dei giornalisti ipocrita, perché sino a quando l’intera umanità
non avesse risolto il problema della scuola come «scuola per tutti», opposta a
quella del presente, che è rivelazione di una società incurante delle grida di
aiuto dei bambini, non ci sarebbe stato progresso umano e sociale.
Con il suo intervento al Congresso di Torino, Montessori manifestava il
carattere riformista del suo pensiero, noncurante di allontanare da sé le simpatie del mondo moderato italiano.
Nello stesso anno del Congresso Pedagogico di Torino, la pedagogista
pubblicò un saggio dal titolo Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza16,
nel quale riassumeva il suo pensiero circa la possibilità di educare i deficienti, così come avveniva in altri paesi europei, e lo faceva riproponendo con
fermezza l’esigenza di istituire degli Istituti speciali in cui doveva esserci
una forte collaborazione tra il medico e il maestro.
Si sa come alcuni infelici nascono destinati ad avere facoltà intellettuali quasi
nulle, tantochè non arrivano da soli a disimpegnare le funzioni più semplici della
vita: sono sudici, non distinguono gli oggetti e non ne comprendono l’uso […].Altri
fanciulli giungono al disimpegno delle funzioni vitali, ma sono incapaci di apprendere intellettualmente o moralmente, e perciò espulsi dalle scuole, finiscono […] col
vagabondare nelle strade, vittime spesso del vizio e dei malvagi. Un altro genere di
deficienza è l’imbecillità morale, per cui i fanciulli non giungono a comprendere i
sentimenti etici17.
Montessori denunciava la mancanza, in Italia, di interventi educativi e
sociali a favore dei bambini. Questi bambini con insufficienza mentale venivano ricoverati nei manicomi e trattati come pazzi, senza ricevere cure particolari, ma solo quelle necessarie alla vita vegetativa. Erano solo dei poveri
infelici, quelli che la scuola di Lombroso chiamava “Delinquenti congeniti”;
bambini particolarmente sfortunati nati da padri alcolisti ed epilettici, che vivevano in miseria e che oltre ad essere sfortunati, venivano condannati a vivere in uno stato reso pesante dal disprezzo della società.
Montessori dinanzi a tale situazione restava lucida e convinta della esigenza di rispondere a precise richieste sociali.
Tutti sono persone nocevoli; ora essi non meritano né odio né collera, ma la società deve premunirsi contro di loro, mettendoli in grado di non poter nuocere e impedendo per quanto possibile, la loro riproduzione. Gli idioti e gli imbecilli intellettuali e morali sono appunto i degenerati nocevoli: i primi perché vivendo consumano
una certa quantità di materie utili, ed essendo inerti non possono concorrere alla
16
M. Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Il Risveglio educativo», a. XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130–132 e n. 18, 17 dicembre 1898, pp. 147–148;
ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4–9.
17
Ivi, p. 4.
La conferenziera
153
produzione […]. Gli altri, facilmente portati al crimine sono la continua minaccia
alla vita e ai beni degli individui produttori18.
In questo saggio, la studiosa evidenziò quanto i degenerati e i deboli del
sistema nervoso avevano bisogno di protezione e di cure e come per loro
fosse difficoltoso adattarsi alla società contemporanea. Il bambino debole,
sosteneva, «producendo meno, ha più bisogno degli altri, e cade ben presto
nella necessità di approfittare del lavoro altrui, ricorrendovi o con l’astuzia o
con lo sforzo violento; e l’esempio gli apre facilmente la via alla criminalità»19.
Era, allora, importante costruire anche in Italia Istituti medico pedagogici
sulla scia di quelli già esistenti in altre città europee, come a Parigi ed a
Vitry, nati dall’opera di grandi studiosi: Bourneville e Séguin.
Bastò la scoperta di Séguin, il quale affermava che: «l’idiota non è incapace di apprendere, ma solo non arriva a seguire i mezzi comuni di educazione»20, a dare impulso alla nascita di istituti adatti alla riabilitazione intellettuale e morale dei bambini deficienti. Montessori sosteneva la creazione
impellente, da parte dello Stato, di questi istituti speciali, che avrebbero dovuto avere caratteristiche particolari indispensabili per l’educazione dei deficienti. La studiosa evidenziava che occorreva un grande impegno, che non
doveva riguardare solo l’educazione dei sensi, ma anche l’educazione morale; specificava poi che la base su cui si fondava la grande opera di educazione degli idioti doveva essere:
ricercare ciò che sussiste in loro e utilizzare tutte le risorse, anche minime, per guadagnare il più possibile. Così può dirsi che un idiota isolato non è educabile, bensì lo
è “una classe di idioti” avendo questi il processo d’imitazione molto spiccato, il quale fa sì che in collettività si sommino gli sforzi di tutti. […] È difficile […] nei casi
più gravi, affidare l’educazione alla maestra, perché c’è bisogno continuo del medico clinico e dello psichiatra. È necessaria la collettività degl’idioti e perciò l’istituto;
è necessario il medico ed il maestro21.
Con grande accortezza, Montessori, indicava le caratteristiche che dovevano distinguere questi istituti, a partire dall’operato dei medici che non dovevano amare solo la scienza, ma anche il bambino che avevano in cura; non
dovevano essere solo scienziati, ma anche filantropi22. Lo scritto ci aiuta
meglio a comprendere il futuro di Montessori, segnato già da una passione
etico–civile per la difesa dei bambini e dei loro diritti, tanto da affermare:
18
Ivi, p. 6.
Ibidem.
20
Ivi, p. 4.
21
Ivi, p. 5.
22
Ivi, p. 6.
19
154
Capitolo quarto
«ora la scienza fa iniziare un nuovo corso, e rende possibile la presenza di
tutti al comune tavolo della vita»23.
Sulla base di ciò che sino a quel momento aveva visto nascere e svilupparsi negli altri Paesi europei, Montessori insisteva sulla scelta dell’Istituto
medico pedagogico, dove il bambino poteva usufruire sia di un medico, per
alleviare il peso della sua deficienza, sia di un maestro che però doveva avere una preparazione speciale.
La studiosa parte proprio dalla necessità di istituire scuole speciali atte a
realizzare interventi didattici individualizzati. Creare queste scuole, ove accogliere ed educare bambini deficienti, comportava per lo Stato una forte
spesa, ma la questione dei frenastenici era ritenuta da Maria Montessori questione sociale primaria, per cui lo Stato doveva, a suo avviso, farsene carico.
Anche perché, vivendo liberamente nella società, i bambini si sarebbero avviati facilmente alla prostituzione o al ladrocinio, rischiando di finire in
qualche prigione.
Montessori proponeva poi le “classi aggiunte”, da istituire in ogni scuola
elementare accanto alle classi normali e lo Stato riteneva questa via più percorribile rispetto agli istituti medico pedagogici. Le “classi aggiunte” presentavano, infatti, aspetti positivi sia per i bambini sia per i maestri e se in una
classe comune vi erano tre o quattro bambini che restavano indietro rispetto
agli altri, il maestro non doveva ripetere la lezione solo per loro, ma poteva
inviarli nella “classe aggiunta”. Il bambino, in queste classi, si trovava in un
ambiente più consono alle sue forze intellettuali e morali e gli studi proposti
con metodi adatti, non lo avrebbero irritato e stancato; egli, infatti : «rimane
tale, ma non si esaurisce e non si scoraggia, e viene condotto per lo più verso
l’educazione professionale che farà di lui un operaio laborioso e felice del
suo stato»24. Solo quando i bambini delle classi aggiunte non possono essere
educati nemmeno con metodi speciali, vengono condotti negli Istituti medico–pedagogici dove sono sorvegliati e curati continuamente, e dove devono
arrivare a realizzare una loro autonomia e autosufficienza fino a divenire utili, attraverso varie mansioni loro assegnate, alla vita dell’Istituto che costituirà poi l’ambiente principale della loro vita.
Gli idioti intellettuali, secondo Montessori, erano capaci di educazione,
anche se era necessario distinguere il grado di imbecillità, nei casi non gravissimi si poteva arrivare ad impartire addirittura un’istruzione elementare:
aritmetica, storia, geografia.
Maria Montessori sperimenterà personalmente i risultati che potevano
raggiungere i bambini handicappati se trattati con specifici metodi. Ne La
scoperta del bambino ricorda come era riuscita a far leggere e scrivere correttamente alcuni bambini deficienti del manicomio, i quali poi poterono
presentarsi a un esame nelle scuole pubbliche insieme ai bambini normali e
23
24
Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, cit., p. 26.
Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, cit. p. 9.
La conferenziera
155
superarne la prova25. Dietro a questi risultati non facili da raggiungere, c’era
un lungo e graduale lavoro educativo, non sempre incoraggiante; dice infatti
la pedagogista: «Ma non è forse pericolosa l’entrata nel mondo dei giovani
abbandonati a sé stessi, anche quando sono normali?»26.
4.5 Il Congresso di Londra
Nelle varie conferenze tenute nelle principali città italiane, da Roma a
Milano, da Torino a Padova, da Venezia a Genova, Montessori non mancò di
affiancare alla campagna di diffusione e promozione per la cura dei deficienti un discorso sul futuro della donna. Il suo impegno era e sarà caratterizzato
sempre, non solo dalla lotta per il riconoscimento dei diritti dei bambini, ma
soprattutto sino al 1910, anche da quella per il riconoscimento dei diritti della donna di vivere senza discriminazione giuridica, politica e di costume; discriminazioni che “inciviliscono ogni donna, a qualsiasi classe appartenga”27.
Il femminismo della Montessori, osserva Pieroni Bortolotti, si distingueva dall’emancipazionismo, che si era sviluppato in Italia nella seconda metà
dell’Ottocento e che aveva in Anna Maria Mozzoni una delle sue rappresentanti più autorevoli. Giacché l’adesione di Montessori al femminismo si accordava con quel movimento femminista moderato, che in quegli stessi decenni si dibatteva all’interno della cerchia politica e culturale di indirizzo
moderato28.
Certamente ciò che spingeva Montessori a parlare in pubblico e ad organizzare conferenze a favore della Lega per l’educazione dell’infanzia degenerata e per il femminismo era, non solo la formazione e la competenza medica, che le consentivano di occuparsi dei bambini malati, ma anche
l’immagine nuova della donna, vista pure come professionista, che ella voleva far conoscere al mondo29. Non è un caso, dunque, se le sue due battaglie
scientifiche e politiche furono dedicate all’infanzia e al movimento delle
donne. Proprio in occasione della conferenza di Padova, svoltasi il 22 feb25
Id, La scoperta del bambino, 1999, già cit., p.29.
Montessori rivela la non facile riuscita della educazione dei deficienti. In principio i risultati non furono incoraggianti: chi cadeva nel vizio, chi finiva ladro e chi entrava nel mondo
della prostituzione. Dinanzi a questa situazione molte donne di elevata carità, fecero nascere
comitati per la guida sin da piccoli di queste creature, per portarli sulla corretta strada. Id, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, cit., pp. 4–5.
27
M. L. Leccese Pinna, Educazione alla libertà, Bari, Universale Laterza, 1986, p. XIII.
28
F. Pieroni Bortolotti, Appunti sulla questione femminile nella storia del PSI, in «Rivista
Storica del Socialismo»,a. VI, n. 19, maggio–agosto 1963, p. 304.
29
Nell’Ottocento per le donne era difficile trovare spazio come pubbliche oratrici e anche
come conferenziere, in quanto apparivano un temibile sintomo di disordine delle gerarchie
sessuali (M. De Giorgio, Donne e professioni, in «Storia d’Italia». Annali 10: I professionisti,
Torino, Einaudi, 1996, pp. 466–468.
26
156
Capitolo quarto
braio del 1899, Montessori si fece carico di una “campagna” scientifica e politica, che definì “Femminismo scientifico”. Intendeva, usando questo termine, richiamare l’attenzione sul bisogno di ribellarsi al “monopolio scientifico” degli uomini, dando spazio alle donne di scienza. Giacché un passo simile, a suo parere, avrebbe portato non solo alla “popolarizzazione” della
scienza, ma avrebbe per sempre liberato la donna da quel suo stato diffuso di
subordinazione30.
Anche altre donne, in quel periodo, avevano parlato di “monopolio
dell’uomo”. La socialista Anna Kuliscioff, anch’essa medico, pochi anni
prima, in una conferenza del 1894 in un circolo milanese, aveva parlato contro il diritto esclusivo dell’uomo, nell’ambito delle professioni e delle scienze, trattenendosi in modo particolare sulle cosiddette “nuove professioni
femminili”. Occorreva, per rendere la scienza popolare, sradicare l’esclusivismo maschile nel mondo della scienza e abbattere quelle tesi di subordinazione naturale della donna e di servitù nella partecipazione alla vita sociale e
politica del paese, pronunciate dagli stessi scienziati e per questo ancor di
più radicate e in un certo senso legittimate a perdurare. Kuliscioff storicizzava le cause dell’inferiorità femminile e derideva la “ostentata scientificità dei
misuratori”31.
A questi giudizi sulla natura femminile della Kuliscioff e di altri colleghi,
Montessori rispondeva che andavano combattuti anche dall’interno della
scienza, e non per smentire le radici storiche della dipendenza della donna,
ma per liberare la scienza dal pregiudizio. Erano, appunto, gli anni in cui la
studiosa si faceva portavoce di un femminismo che si autodefiniva “pratico”
in quanto dava importanza politica al lavoro sociale delle donne che offrivano, non solo la prova delle loro capacità, ma la verifica delle carenze istituzionali nei settori dell’assistenza sanitaria e sociale, in cui le femministe
“pratiche” risultavano più industriose. Questo nuovo tipo di femminismo,
che in apparenza sembrava trascurare la lotta per la parità dei diritti civili e
politici e dei diritti economici, privilegiava un’educazione della donna al
«sentimento della sua forza»32.
Montessori aveva sottolineato sempre la scarsa partecipazione delle donne alla vita sociale e pubblica del Paese, anche se col nuovo progetto politico
dell’emancipazionismo di inizio secolo le cose stavano cambiando e si consentiva alle donne di mettersi alla prova, di mostrare che erano in grado di
30
Catarsi, La giovane Montessori, cit., pp. 129–138.
G. A. Andriulli, Discorrendo del monopolio dell’uomo. Alla signora Anna Kuliscioff, in
«Critica sociale», a. VIII, n. 12, 1908, pp. 178–180.
32
A. Buttafuoco, Vite esemplari. Donne nuove di primo ‘900, in A. Buttafuoco, M. Zancan (a cura di), Svelamento. Sibila Aleramo: una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli,
1988, pp. 139–163.
31
La conferenziera
157
affrontare, e bene, la gestione di settori nodali della vita nazionale, come
quello dell’assistenza sanitaria33.
Proprio in questi stessi anni di fine secolo fu organizzato a Londra
l’International Council of Women che si svolse dal 26 giugno al 4 luglio del
1899.
La scelta di inviare la studiosa, quale delegata nazionale, non fu casuale,
anzi voluta e decisa dal Ministro Guido Baccelli e dalla contessa Taverna,
esponente di spicco nelle file del Comitato italiano delle donne. Tale partecipazione fu da molti duramente discussa, tanto che in alcune città italiane
veniva stilato un documento di rimostranza, inviato alla stampa, nel quale si
criticava la scelta del Ministro di inviare Montessori al Congresso di Londra.
Si diceva che se la dottoressa aveva già partecipato al Congresso di Berlino,
dove «non era stata che la rappresentante d’un gruppo di signorine dimoranti
in Roma», ora a Londra avrebbe rappresentato unicamente il Ministro Baccelli promotore del suo invio34.
Come ricorderemo, nel prendere parte nel 1897 al Congresso femminile
di Berlino, Maria Montessori aveva svolto un ruolo importante, in difesa dei
diritti della donna e reclamando la parità salariale tra i sessi. Il successo che
aveva ottenuto allora, probabilmente influì sulla decisine del Ministro di inviarla a Londra35.
D’altra parte, Montessori in questi anni era abituata a essere oggetto sia di
contestazioni sia di approvazione; i giornali parlavano continuamente di lei
contribuendo, nel bene e nel male, a darle notorietà. La decisione di inviarla
al Congresso del 1899 fu anche il frutto della risonanza che il suo lavoro
cominciava ad avere, in particolar modo, all’interno del mondo della scuola,
tanto che un giornale, «Italia Femminile», presentava questa sua designazione scrivendo: «essa difenderà al congresso la causa delle maestre elementari
e specialmente delle maestre rurali che, abbandonate nella campagna, languiscono nella miseria dello stomaco e dell’intelletto, in preda alle angherie
ed alle seduzioni»36.
Nominata quale rappresentante per l’Italia, Montessori si recò, quindi, a
Londra insieme ad Olga Lodi, delegata in qualità di spettatrice37. Le persone
33
A. Buttafuoco, La filantropia come politica. Esperienze dell’emancipazionismo italiano
nel ‘900, in L. Ferrante, M. Palazzi, G. Pomata, (a cura di) Ragnatele di rapporti. Patronage e
reti di relazione nella storia delle donne, Torino, Rosenberg & Sellier, 1988, p. 173.
34
Catarsi, La giovane Montessori, cit., p. 37.
35
A. Scocchera, Maria Montessori: una biografia intellettuale, in Opera Nazionale Montessori (a cura di), Maria Montessori: il pensiero, e l’opera, vol. I, Teramo, Giunti & Lisciani,
1993, p. 17.
36 Movimento femminile, in «Italia Femminile», a. I, n. 24, 25 giugno 1899, p. 187.
37
Olga Lodi (1857–1933), nota con lo pseudonimo di Febea, giornalista è direttrice del
periodico «La Vita» e corrispondente del «Don Chisciotte». Per di più Olga Lodi e Maria
Montessori si impegneranno in difesa del diritto al voto delle donne. Tra l’altro Olga Lodi
sarà l’ideatrice del nome di Casa dei Bambini attribuito all’istituzione educativa che nascerà
158
Capitolo quarto
che presero parte al Congresso erano «donne nuove», ben lontane dal riecheggiare quel tipo così poco simpatico, che gli uomini identificavano col
nome di “terzo sesso”. Un’opinione, questa, che alcuni di loro, come
l’antropologo Giuseppe Sergi38, avevano spesso ribadito.
Il Congresso di Londra fu così, ancora prima di cominciare, il più discusso e criticato, ma anche il più completo per le tematiche trattate. A prendervi
parte furono quelle «donne nuove», che lavoravano al progresso sociale e
che contribuivano al benessere dell’umanità. Donne di diversa estrazione che
provenivano da ventotto paesi del mondo, guidate da una delle più illustri
donne di tutte le nazioni: la contessa lady Aberdeen, dama dell’aristocrazia
britannica e viceregina del Canada. Le congressiste furono ospitate nel palazzo della giovane duchessa di Sutherland39. A Londra quelle donne si trovavano contemporaneamente e concordemente unite da un fine comune: «fare agli altri quello che vorresti venisse fatto a te»40. Questo principiò piacque
tanto da convincere la Chiesa e lo Stato della santità d’intenzioni delle donne
del partito femminista, che fu consacrato ufficialmente dalla Chiesa Anglicana.
Noi, donne lavoratrici di tutte le nazioni, crediamo […] che un movimento organizzato di donne conserverà meglio il più alto bene della famiglia e dello Stato; e
farà avanzare l’applicazione dell’aureo principio della società intera, nei suoi costumi e nelle sue leggi. […] Essa (la donna) vuol migliorare ciò che esiste, vuol dar vita
di attività a ciò che langue, vuol far tesoro di tutto, poiché l’azione della forza è ricchezza41.
Il fine del movimento femminista riunitosi in Congresso era quello di
contribuire all’organizzazione delle donne già impegnate in attività lavorative. Si trattava di operaie, educatrici, professioniste, che con il loro lavoro
davano un apporto economico e culturale alla vita del Paese. Era necessario
rinnovare la legislazione ed i costumi, che non erano ancora preparati ad accogliere le donne lavoratrici. La donna operaia era mal pagata; la maestra
nel quartiere S. Lorenzo in Roma. (Montessori, Il metodo della pedagogia scientifica, 1909,
cit., p. 36).
38
Difatti Sergi riteneva il femminismo come una “ubbia” e lo considerava al più come argomento adatto a una conferenza umoristica. «Le femministe erano da lui considerate donne
piangenti, nemiche della famiglia e della patria, zitelle brutte e velenose: Donne che vanno
contro le stesse leggi di natura coi loro principi malsani». Di fronte a queste aspre critiche la
Montessori, non si fermava, anzi non perdeva occasione, sia nelle conferenze pubbliche che
nei suoi lavori scientifici, di criticare Sergi, Lombroso, ed altri uomini di scienza per la loro
misoginia. Maria Montessori si trovava così a criticare quei professori con i quali si sarebbe
poi trovata a lavorare come medico, negli ospedali e nelle cliniche, e come donna di scienza
nel lavoro editoriale della appena nata «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia».
39
Catarsi, la giovane Montessori, cit., pp. 133–134.
40
Ivi, p. 135.
41
Ivi, p. 130.
La conferenziera
159
che aveva quasi due terzi dell’educazione infantile nelle mani, aveva un trattamento economico inferiore al maestro, e le riforme tendenti alla trasformazione positiva della società, spesso, ignoravano la donna.
Maria Montessori intervenne al Congresso ben tre volte, apportando il
suo contributo di donna insigne e qualificata. Nel suo primo intervento, Il
saluto delle donne italiane, portò il benvenuto ufficiale delle italiane unitamente a quello di un illustre cittadino di Roma Guido Baccelli, per la sesta
volta Ministro della Pubblica Istruzione. E cominciò il suo discorso affermando:
Sebbene non ci sia ancora in Italia un fortissimo partito “femminista”, tuttavia si
percepisce che l’attività della donna introdotta nel settore dell’economia e delle disposizioni naturali è regolarmente risvegliata. […] Non c’è quasi nessun settore di
lavoro pesante a cui la donna non partecipi in grande misura. Da un punto di vista
fisiologico non può certamente essere affermato che la donna si affatica meno di un
uomo, mentre al contempo non ci sono leggi industriali o del lavoro per la sua protezione42.
Un primo intervento in cui, secondo alcuni studiosi, non sottolineò abbastanza le concrete condizioni politiche e sociali in cui versava l’Italia, infatti
la studiosa sosteneva:
[…] in Italia non sono tanto l’uomo o le leggi che sono contro il progresso della
donna quanto la donna stessa. Infatti ci sono leggi favorevoli alla donna da cui essa
non trae alcun vantaggio. Per esempio, potrebbe essere un membro degli importanti
consigli di amministrazione degli istituti di carità; ma le signore si limitano a raccogliere denaro durante le feste, affidandone l’amministrazione agli uomini43.
Per Montessori era chiaro che in Italia la donna «non è educata” alla vita
sociale e rimane ancora sotto il peso del pregiudizio dei secoli»44.
Molto più maturo e svincolato dai formalismi iniziali, si mostrava il secondo intervento dal titolo Il lavoro manuale nelle scuole elementari. La
giovane marchigiana, evidenziava le avvilenti condizioni in cui si trovavano
le maestre italiane. «Il numero delle maestre è in Italia quasi il doppio di
quello dei maestri […], ma se bene tutte le autorità scolastiche riconoscono
che le donne sono più adatte per l’educazione dei bambini e possiedono a
questo riguardo qualità molto superiori a quelle degli uomini, gli stipendi
delle maestre sono inferiori a quelli dei maestri»45. A decretare nel sistema
42
Il saluto delle donne italiane, in Catarsi, La giovane Montessori, cit., p. 139.
Ivi, p. 140.
44
Ibidem.
45
Catarsi, La giovane Montessori, cit., p.141.
43
160
Capitolo quarto
scolastico nazionale questa arbitraria differenza era stata infatti la legge Casati del 1859, abrogata solo nel nuovo secolo46.
Ma l’attenzione di tutte le donne, secondo Montessori, doveva essere richiamata attraverso la formazione di società femminili che dovevano avere
lo scopo di studiare la situazione sociale, culturale ed economica delle donne
italiane e favorire un’azione coscienziosa e poderosa sulla base di fatti reali.
Nel terzo intervento, la pedagogista richiamerà l’attenzione, facendo appello alla coscienza sociale, su un problema allora non ancora risolto:
L’impiego dei bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi. Montessori, informava così le congressiste della condizione in cui questi ragazzi giovanissimi lavoravano nelle miniere, sottolineando «gli orari lunghi, le posizioni
disagevoli, il continuo salire e scendere le scale, i pesanti carichi da portare,
la mancanza di […] luce e dell’aria ed il salario misero tendono ad allontanare ogni gioia e la buona salute dalle loro giovani vite»47. Inoltre, in questo
intervento, colse l’opportunità per informare il pubblico di una proposta di
legge che stava per essere appoggiata dal Governo e che riguardava il divieto
di impiegare i bambini sotto i 14 anni nelle zolfare o in altre miniere48. In
questo caso, colpiva anche la mancanza di qualsiasi relazione sui progetti
delle donne socialiste che già da diverso tempo reclamavano con forza una
legislazione a tutela del lavoro femminile e minorile49.
Maria Montessori, una volta tornata in Italia, approfondì i temi del Congresso londinese, pubblicando su “l’Italia Femminile” un lungo articolo
sull’argomento in cui ricordava lo “charme” di quelle serate con il dispiacere
di non essere stata capace di descrivere bene ciò che aveva visto.
Vorrei avere la penna di Victor Hugo, che incanta, “nell’Homme qui rit”, quando
parla dei palazzi principeschi di Londra, e della favolosa ricchezza ch’essi rivelano,
per descrivere la soirées di Lady Battersea una Rotschild; della contessa di Varwick;
della contessa di Aberdeen; e il brillantissimo garden party di Lady Leopold Rotschild, che oltre ad offrire con una cortesia perfetta le meraviglie di un parco principesco e del signorile castello […], aveva messo a disposizione delle congressiste
treni speciali e vetture dalle magnifiche pariglie per seicento persone50.
Oltre ai ricevimenti, che mostravano come questo nuovo movimento sociale fosse favorito da alcuni illustre persone, Montessori sottolineava il
46
Id, L’educazione del popolo. Momenti e figure dell’istruzione popolare nell’Italia liberale, Bergamo, Juvenilia, 1985, p. 99.
47
Ivi, p. 143.
48
Ibidem.
49
Le socialiste chiedevano di migliorare gli ordinamenti della già esistente Legge del
1886, rilevatasi incompleta e quasi sempre inapprezzabile e che aveva provocato alcune polemiche tra Anna Kuliscioff ed Anna Maria Mozzoni. Per ulteriori approfondimenti Vedi A.
Buttafuoco, Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in AA.VV.,
L’Italia di Giolitti, Milano, Teti, 1981, pp. 165–170 e M. Casalini, La signora del socialismo
italiano. Vita di Anna Kuliscioff, Roma, Editori Riuniti, 1987, pp. 96–103; 155–161.
50
Catarsi, La giovane Montessori, cit., p.134.
La conferenziera
161
benvenuto della presidentessa Lady Aberdeen, l’accoglienza della giovane
duchessa Sutherland, il saluto della regina ottantenne Vittoria ed altre presenze imponenti. Donne unite da un grande principio civile: la solidarietà e
la capacità organizzativa51. Montessori fu, dunque, lieta di aver avuto la possibilità di partecipare a questo evento straordinario e non finì mai di ringraziare il Comitato provvisorio della Contessa Taverna e il suo Consiglio52.
4.6 Il primo Congresso Nazionale delle Donne, Roma 1908
Il coraggio e la determinazione di Maria Montessori, nel sostenere le sue
battaglie contro quelle che riteneva le ingiustizie del suo tempo — che si
trattasse dell’infanzia abbandonata o dei diritti negati alle donne — si erano
già evidenziate ampiamente e pubblicamente: dal Congresso Internazionale
delle Donne a Berlino nel 1896, a quello di Londra nel 1899. Non era nuova
dunque a eventi in grado di animare l’opinione pubblica come il Congresso
Nazionale delle donne italiane che si svolgerà nel 1908 a Roma.
Sin dal 1901, anno della fondazione de «l’Unione Femminile»53, la studiosa, amica personale di Ersilia Majno Bronzini, fondatrice del giornale,
scrisse vari articoli fra i quali quello apparso il 5 maggio 1901, dal titolo
Femminismo. Così, sin dai primi numeri del mensile, si mosse a favore del
Comitato contro la tratta delle bianche e dell’Asilo Mariuccia54. Asilo che
nacque come progetto politico e sociale di assistenza e di difesa di ragazze
minorenni abbandonate e costrette a vivere per la strada. In seguito, l’Asilo
prenderà in considerazione un’altra questione sociale importante, quella
dell’infanzia abbandonata. Montessori collaborò a favore delle “Mariuccine”, organizzando nel 1908 una conferenza il cui ricavato andò tutto a favore
51
Ivi, p. 135.
Ivi, p. 136. Il Consiglio, composto dalla principessa di Venosa, dalla signora Virginia
Nathan, da Donna Giacinta Martini, e dalla contessa Pasolini, inviò al Congresso riponendo in
lei tanta fiducia e forza
53
«L’Unione Femminile» (Milano 1901–1905), giornale dell’omonima Associazione di
inclinazione socialista e radicale, fondata nel 1899 da Ersilia Majno Bronzini. Esso era
l’organo di diffusione politica e sociale del “Comitato contro la tratta delle bianche” e
dell’Asilo Mariuccia di Milano. Il Comitato era stato creato in seno all’Unione Femminile nel
1901 con il fine di realizzare attività concrete di prevenzione sul piano dell’assistenza e
dell’educazione delle “fanciulle pericolanti”. Oltre alla fondatrice, operavano altre donne come Nina Rignano Sullam, Alessandra Ravizza, Linda Malnati, Bice Cammeo, Maria Montessori ecc.
54
L’Asilo Mariuccia fu istituito da Ersilia Majno nel 1902 e dedicato alla memoria della
figlia morta in tenera età. Questo Asilo era nato per proteggere le ragazze minorenni senza
fissa dimora e costrette a prostituirsi. L’opera di questo Asilo (chiamato così non perché destinato a piccoli bambini, ma come luogo di accoglienza per ragazze in pericolo), col passare
degli anni, diventerà attività assistenziale e sociale a favore non solo delle giovani ragazze,
ma anche delle bambine, al fine di dedicarsi all’organizzazione e alla sensibilizzazione del
proletariato femminile.
52
162
Capitolo quarto
dell’Asilo Mariuccia, e nello stesso anno istituì, presso «l’Unione Femminile» e la «Società Umanitaria», anche corsi a favore delle madri in difficoltà55.
L’impegno della studiosa per i diritti delle donne e per attività femministe
veniva da lontano, e dagli inizi del 1900 Montessori si occupò della propaganda e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica per il rinnovamento
dei costumi della donna, anche attraverso giornali e riviste. Il nome di Maria
Montessori era, infatti, associato anche a riviste e associazioni per le donne
come: «Vita Femminile»56, «L’Italia Femminile»57, «L’Alleanza»58, «L’Unione Femminile»59, «La Vita»60, e «Pensiero e Azione»61. Montessori fu
anche uno tra i personaggi principali della campagna suffragista che caratterizzò gli anni dal 1904 al 1908, quando l’universo femminile si confrontava
sul diritto al voto. Furono questi gli anni in cui l’onorevole Roberto Mirabelli avanzò la proposta di legge in cui includere le donne nel suffragio universale62.
55
A. Buttafuoco, Le Mariuccine. Storia di un’istituzione laica: L’Asilo Mariuccia, Milano, Franco Angeli, 1985, pp. 422–423.
56
«Vita Femminile» (Roma 1895–1897), rivista mensile, con il sottotitolo “Organo del
movimento femminile”; fondata nel 1895 da Giuseppe D’Aguano, giurista e sociologo di
formazione positivista. La direzione della rivista era nelle mani della socialista Emilia Mariani, e di Rosa Mary Amadori e Linda Malnati.
57
«L’Italia Femminile» (Milano 1899–1904), giornale istituito da Emilia Mariani e per un
anno diretto da Rina Faccio Pierangeli (nota con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo). Giornale
rivolto ad un pubblico femminile.
58
«L’Alleanza» (Pavia 1906–1911), giornale femminista e socialista, istituito da Carmela
Baricelli, vi collaborarono Adele Albani Tondi, Giulia Cavallari, Paolina Schiff, Anna Franchi e la stessa Montessori.
59
«L’Unione Femminile», (Milano 1901–1905), giornale dell’omonima associazione di
tendenza socialista e radicale, istituita da Ersilia Majno Bronzoni.
60
«La Vita» (Roma 1905), quotidiano istituito da Olga Lodi (nota con lo pseudonimo di
Febea), si interessa di promuovere e sensibilizzare l’opinione pubblica a favore dei diritti delle donne.
61
«Pensiero e Azione» (Milano 1904–1908) rivista femminile cattolica, anche se vi collaborarono persone non cattoliche. Fu istituita da Adelaide Coari, pioniera del femminismo cattolico, ed insegnante in una piccola scuola elementare della provincia di Milano. Coari si avvicino al femminismo quando venne scelta come segretaria di redazione del periodico «Azione muliebre».
62
La proposta di legge era firmata oltre che dall’Onorevole Mirabelli, anche da: Credaro,
Socci, Ferri, Comandini, Andrea Costa, Montemartini, e Prampolini. Il piano di lavoro era
costituito da tre articoli; con il primo si annullava in parte la legge elettorale politica del 1895
e ad essa si aggiungeva: «Dal voto non sono escluse le donne, né gli italiani delle terre irredente». Il secondo articolo definiva che, pena di nullità, la scheda doveva contenere soltanto il
nome ed il cognome del candidato. Infine, il terzo articolo creava una Commissione costituita
da sette deputati per il coordinamento della legge elettorale. Vedi V. Babini, L. Lama, «Una
donna nuova», già cit., p. 164. La legge elettorale del 25 marzo 1985 non conteneva alcuna
disposizione che escludesse le donne dal voto ed appunto questa omissione fu usata dalle
donne per favorire un’azione, che doveva avere lo scopo non solo dimostrativo, ma anche di
supporto per una discussione parlamentare.
La conferenziera
163
La prima a reclamare l’iscrizione delle donne nelle liste elettorali fu Beatrice Sacchi, che alla fine del 1905 si adoperò per iscriversi nelle liste di Budrio in provincia di Mantova, suo comune di residenza. A lei si unirono altre
donne, tra cui Montessori, che già da tempo risultava impegnata a promuovere il diritto al voto, scrivendo su vari giornali. Ricordiamo l’uscita il 26
febbraio 1906 sul quotidiano «La Vita» di un proclama a titolo
dell’associazione “Pensiero e Azione”63, nel quale si legge: «Donne sorgete!
Il vostro primo dovere in questo momento sociale è di chiedere il voto politico»64. In quello stesso anno, la pedagogista sottoscrisse una “petizione delle
donne italiane per il voto politico amministrativo”, redatta da Anna Maria
Mozzoni, insieme ad altre donne del movimento operaio, molte delle quali
erano anche coinvolte in numerose proposte a salvaguardia dei minori per la
prevenzione igienica della prima infanzia e per la tutela giuridica dei minorenni65.
Riguardo alla questione della delinquenza minorile e del disgregamento
della famiglia, Montessori già si era pronunciata alcuni anni prima pubblicando un resoconto di una sua conferenza dal titolo La via e l’orizzonte del
femminismo66. La conferenza si era svolta il 18 maggio 1902 nella lussuosa
aula dell’Associazione della stampa, di fronte a un pubblico in massima parte femminile, e il resoconto della Montessori sottolineava appunto come la
donna moderna per inevitabile bisogno si avviasse ad una nuova missione
passando dall’ambiente domestico a quello sociale. Al momento attuale, sottolineava la studiosa marchigiana, la donna “nuova” risulta legata ad un’altra
missione sociale:
La vittoria sociale della donna sarà una vittoria materna, destinata a migliorare, a
rendere più forte la specie umana. Ella dopo essere avanzata alla conquista del lavoro sociale — farà un passo di più: andrà alla conquista del suo lavoro biologico, che
è il vero fine del femminismo — alla conquista dei propri figli; e basta l’umanità,
che riposi tra le braccia materne della madre cosciente e libera!67.
Le donne cominciano a fortificarsi confermando con dignità il loro ruolo
materno e assicurandosi la responsabilità dei bambini poveri ed abbandonati,
secondo un’opera di «professionalizzazione» della maternità; tuttavia, siamo
ancora lontani da una considerazione sulla maternità come “libera scelta”,
63
La «Società Pensiero e Azione», istituita per promuovere una campagna attiva in difesa
delle donne attraverso conferenze e incontri. Collaborano a questa Associazione molte donne
amiche della stessa della Montessori, come Giaginta Martini Marescotti e Teresa Labriola.
64
«La Vita», a. II, n. 58, 26 febbraio 1906.
65
A. Buttafuoco, Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in
AA.VV., L’Italia di Giolitti, Milano, Teti, 1981, pp. 178–179.
66
M. Montessori, La via e l’orizzonte del femminismo, in «Cyrano de Bergerac», a. II, n.
6, luglio 1902, pp. 203–206, in Catarsi, la giovane Montessori, cit., pp. 149–151.
67
Montessori, La via e l’orizzonte del femminismo, Ivi, cit., p. 151.
164
Capitolo quarto
sulla sorveglianza delle nascite e sul ruolo madre–lavoratrice, questioni che
verranno affrontate in anni futuri.
Nonostante la sua opera incessante per il voto alle donne, Montessori non
riuscì a raggiungere l’esito augurato. Il Presidente del Consiglio Giovanni
Giolitti decretò infatti, nel maggio del 1907 l’istituzione di una commissione
di uomini politici (tra i quali compaiono Napoleone Colajanni, Francesco
Saverio Nitti e Pasquale Villari), incaricati di affrontare la questione. I lavori
proseguirono con molta lentezza e solo il 12 dicembre del 1910 si riuscì a
deliberare la non concessione del voto alle donne68.
Le cose cominciarono a cambiare quando il 25 novembre 1907 venne eletto sindaco Ernesto Nathan. Per la prima volta repubblicani, liberali, sinistra radicale e socialisti avevano vinto sulle forze cattoliche e moderate proponendo un programma riformatore e assolutamente anticlericale. La forza
democratica, liberata da questo avvenimento, ebbe voce anche nel Primo
Congresso Nazionale delle Donne Italiane, organizzato a Roma nel 190869.
Il Comune, che ospitava il Congresso, si interessò molto per far risaltare
l’incontro femminile, sin dalla seduta inaugurale. Il meeting per tutte le congressiste e le persone autorevoli era fissato nella sala degli Orazi e Curiazi in
Campidoglio. Il Congresso si tenne dal 23 al 30 aprile 1908 e vi presero parte molte personalità illustri, come la Regina Elena, la quale aveva partecipato
anche al Congresso di Londra, la principessa Laetitia, Sibilla Aleramo, Maria Grazia De Edda, Ada Negri e Adelaide Coari, fondatrice della rivista
«Pensiero e Azione». Tra i politici figuravano uomini come il Senatore Antonio Fogazzaro, l’ex Presidente del Consiglio Sidney Sonnino, Edoardo Talamo, colui che in qualità di direttore dell’Istituto Romano dei Beni Stabili
aveva reso possibile l’esperimento della Casa dei bambini, ed altre autorità70.
I temi in questione erano l’istruzione, l’igiene, la fondazione di una Cassa
maternità, l’avviamento di una politica sociale rivolta all’assistenza della
vecchiaia e dei lavoratori malati. Sul piano dei diritti politici, per di più, si
considerava l’accrescimento, il progresso e la laicizzazione della scuola primaria, la laicità dello Stato in vari settori come l’educazione, l’assistenza
pubblica e il suffragio universale.
Maria Montessori intervenne il 29 aprile, nella sezione sulla condizione
morale e giuridica della donna, con una relazione dal titolo La morale sessuale nell’educazione71. L’interessamento per il suo intervento era dovuto
anche alla sua fama legata, soprattutto in quegli anni, ai buoni risultati ottenuti nella Casa dei bambini di San Lorenzo. La dissertazione della Montes68
A. Buttafuoco, Apolidi. Suffragismo femminile e istituzioni politiche dall’Unità al fascismo, in A. Buttafuoco (a cura di), Le donne e la Costituzione, Roma, Camera dei Deputati,
1989, pp. 14–15.
69
M. I. Macioti, Ernesto Nathan, Roma, Newton, 1995, pp. 37–42.
70
Babini, L. Lama, «Una donna nuova», cit., pp. 215–1219.
71
M. Montessori, La morale sessuale nell’educazione, in «“Vita” rivista d’azione per il
bene», a. V, n. 13–14, 31 luglio 1908, pp. 281–290.
La conferenziera
165
sori fu la prima del Congresso, che affrontava il tema della sessualità, legandolo anche alle questioni giuridiche della ricerca della paternità e del riconoscimento degli illegittimi. In questo discorso la studiosa mostrava moderazione, aspirando ad una trasformazione dei costumi sessuali e auspicando
una società che garantisse pari diritti tra uomo–donna. Spiegava quindi che
in questo mutamento importante era il ruolo della donna, che è portatrice naturale non solo di amore materno, ma anche di una sessualità rispettosa
dell’altro. Dopo essersi soffermata sull’importanza della cultura scientifica e
medica, si domanda quale dovrà essere l’indirizzo dell’educazione sessuale e
sostiene che per riformare i principi dell’educazione si deve:
allontanare l’attenzione dei nuovi uomini [che si formano] dal mezzo e riconcentrarla al fine; e fin dall’infanzia allontanarli dal pericolo di una caduta, che tolga
all’anima fanciulla la visione limpida della finalità della creazione e dell’eternità
[…] Perché l’educazione sessuale non deve certo limitarsi ad insegnare le norme pel
conseguimento dei mezzi: se no, saremo dei corruttori72.
In tale opera, proseguiva Montessori nel suo intervento, devono essere
d’aiuto la madre con il suo amore materno e la scuola alla quale spetta di
portare avanti con coerenza l’opera materna, poiché l’educazione può sì correggere e guidare, ma mai «trasformare l’individuo creato»73.
I temi della difesa del bambino bisognoso di cure, dell’importanza della
scuola e della preparazione del maestro — sui quali Montessori si era soffermata in tutti i suoi precedenti interventi congressuali — compaiono anche
in questa relazione al Congresso romano e continueranno ad accompagnarla
come principi ispiratori e fondanti della sua azione pedagogico–educativa
anche dopo l’esperimento della Casa dei bambini e l’uscita de Il Metodo.
72
73
Ivi, pp. 284–285.
Ivi, p. 283.
Conclusione
Maria Montessori è una donna straordinaria, è incredibile la quantità e la
qualità delle attività che svolse per prepararsi a trovare la sua strada.
Il decennio che va dal conseguimento della Laurea in Medicina e chirurgia (10 luglio 1896) alla Casa dei bambini è stato il più florido, caratterizzato
da ricerche, esperienze e sperimentazioni nella rieducazione dei bambini
subnormali.
In questa ricerca mi sono occupata anche del secondo decennio quello
che ha visto la studiosa portare la grande scoperta scientifica per il mondo
(1907–1919).
Montessori è una donna e come tale non ho potuto trascurare il suo impegno attivo, proprio in quegli anni, a favore delle donne, dei bambini poveri e
degli emarginati dalla società. Non posso non citare la sua partecipazione al
Congresso internazionale femminista tenutosi a Berlino nel 1896, al famoso
Congresso pedagogico di Torino (1898) ed al Congresso di Londra (1899).
Proprio in questi anni la giovane medico femminista incontra il suo destino, che sarà quello dell’impegno educativo. Impegno che affronta nei vari
Congressi, mettendo al centro dei suoi discorsi il tema del recupero dell’educazione dei bambini deficienti da una prospettiva insolita, sia per la medicina che per l’Antropologia pedagogica.
A differenza dei miei colleghi ebbi l’intuizione che la questione dei deficienti
fosse prevalentemente pedagogica, anziché prevalentemente medica e, mentre molti
parlavano nei congressi medici del metodo medico–pedagogico per la cura dei fanciulli frenastenici, io ne feci argomento di educazione morale…e credo di aver toccato una corda vibrante, poiché l’idea, passata dai medici ai maestri elementari, si
diffuse in un baleno come questione viva, interessante la scuola. (M. Montessori, La
scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 1870, p. 23).
Sulla scia di questo successo riceve dal suo professore Guido Baccelli,
divenuto nel frattempo Ministro della Pubblica Istruzione, l’incarico di tenere un Corso di conferenze sull’educazione dei bambini frenastenici. Questo
stesso corso si modifica in seguito nella Scuola Ortofrenica, che dirigerà e
che la vedrà come insegnante dei bambini subnormali.
Fonda un Istituto pedagogico dove accoglie tutti i bambini del manicomio
di Roma, nel quale aveva già lavorato, subito dopo essersi laureata. Questi
anni di pratica risultano essere il primo e vero titolo in fatto di pedagogia.
Nonostante gli ottimi risultati, siamo di fronte ad una pedagogia dello stimolo e non ancora alla rivoluzionaria pedagogia della risposta che rappresenterà la scoperta montessoriana.
La giovane medico, per approfondire lo studio al riguardo, si iscrive, nel
1902–1903, alla Facoltà di Filosofia presso l’Università «La Sapienza». Se-
167
168
Conclusione
gue, come dimostrano i documenti raccolti e inseriti nel volume, le lezioni di
pedagogia, filosofia e storia della filosofia. Inoltre, consegue nel 1904 la libera docenza in Antropologia e nel 1905/1906 viene nominata titolare della
suddetta cattedra, che manterrà sino al 1918–1919.
Grazie a questa esperienza, Montessori coglie dell’educazione, non solo
lo spirito scientifico (che aveva caratterizzato la sua impostazione iniziale),
ma va oltre la semplice educazione sensoriale ed intellettuale, diventa “contatto di anime” e si nutre di rispetto e simpatia per i bambini.
L’indagine storica, che si delinea, vuol essere un primo tentativo per focalizzare l’attenzione sugli anni “giovani” della studiosa per comprenderne i
successivi. Per attuare questo progetto ambizioso ho preso in considerazione
gli scritti giovanili di Montessori ed i documenti riguardanti la carriera universitaria e accademica sino al 1918/1919. Questi costituiscono una chiave
di lettura nuova ai fini di una riscrittura della storia di Maria Montessori.
Appendice
Introduzione
La formazione intellettuale di Maria Montessori è nata da uno spirito scientifico ancora "inconsapevole", il quale ha mantenuto vivo il suo desiderio di
proiettare luce nuova su una realtà adombrata dalla cultura tradizionale e
dogmatica. Ella è stata, come da molti viene definita, una "mente assorbente"
che ha saputo capire, afferrare e valersi di tutto ciò che la cultura e la scienza le
hanno saputo donare, accettando però solo quello che risultava utile al suo scopo
morale di libertà, di giustizia e di umanitarismo. Tutto ciò è visibile dai suoi
studi oltre che dai suoi scritti giovanili rivolti ad ascoltare i bisogni dell’umanità
del tempo.
Il periodo della formazione montessoriana ha inizio con l’iscrizione
all’Università, meta che non tutti potevano intraprendere e di non facile accesso,
soprattutto per le donne.
Dopo aver ottenuto, nel 1890, la licenza presso il Reale Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci”, Montessori si iscrisse, nell’autunno dello stesso anno, alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
La scelta di questi studi non sembra essere stata in armonia con quello che la
famiglia e, soprattutto, il padre, avrebbe desiderato dalla figlia. Infatti, il padre
avrebbe voluto che Maria intraprendesse la carriera di maestra, strada consueta a
molte donne d’estrazione piccolo–borghese.
Dalle biografie consultate risulta, però, che questo non fosse il desiderio ultimo di Montessori, anche se finirà, poi, con l’occuparsi per tutta la sua vita di
pedagogia e della preparazione degli insegnanti.
Sembrerebbe che la passione per gli studi scientificomatematici Maria
Montessori l’avesse ereditata dal padre, dal momento che era impiegato come
funzionario presso il Ministero delle Finanze e studioso di matematica e retorica,
o dallo zio materno, Antonio Stoppani, uomo di scienza e di cultura frequentemente presente nella vita della nipote attraverso la sua opera letteraria. Una famiglia quella di Maria in cui si respirava un’aria permeata di cultura ed interesse
per le scienze positive, che probabilmente influenzò le sue scelte, soprattutto,
professionali. A tal riguardo anche la madre avrebbe avuto indirettamente, ma
efficacemente, influenza sulla figlia. A conferma di ciò una sua allieva del Magistero, ricorda la concreta presenza della madre nella vita di Montessori: «Sedevamo una accanto all’altra dinanzi allo scrittoio dove carte e libri, grafici e
schede si affastellavano: la porta dello studio doveva restare sempre aperta perché nell’attigua stanza da pranzo una monumentale matrona, sua madre, leggeva, o la rimirava»1.
Il momento decisivo dell’evoluzione intellettuale di Maria Montessori è
rappresentato dall’aver dato vita a un metodo, a un sistema, a un’istituzione
1
P. Boni Fellini, L’italiana più famosa, in P. Boni Fellini, I segreti della fama, Roma,
Centro Editoriale dell’Osservatorio, 1955, p. 26.
171
172
Appendice
educativa, basato sulla conoscenza globale del bambino. Nel ripercorrere la
storia di questa grande pedagogista, l’attenzione si è soffermata sul suo percorso scolastico–accademico e formativo. La ricerca ha avuto inizio
dall’analisi degli studi compiuti dalla pedagogista, per giungere, attraverso i
vari documenti raccolti ad una attenta verifica del percorso scolastico, con
maggior riguardo alla formazione scientifico–medico–filosofica.
Il lavoro si è sviluppato prendendo in esame tutti i documenti a disposizione, attinti per lo più dall’Archivio Generale Studenti dell’Università degli
Studi «La Sapienza», grazie alla gentile disponibilità del responsabile, Sig.
Angelino Iona, che ha dato un contributo notevole alla crescita della ricerca;
ma anche dall’Archivio Centrale dello Stato.
L’approccio alle fonti non è stato del tutto facile come anche l’accesso al
materiale; inoltre, la difficoltà di interpretazione di alcuni documenti originali, ne ha reso necessaria la trascrizione per agevolare il lettore nella comprensione dei medesimi. Infine si è tentato di ricostruire il percorso formativo attraverso l’excursus scolastico ed accademico seguito dalla studiosa.
La maggiore difficoltà incontrata è stata la penuria di documenti inerenti
agli esami sostenuti dalla pedagogista, i programmi seguiti ed i testi sui quali
ha dovuto studiare. La ragione di tale irreperibilità è ascrivibile ad un incendio, verificatosi alla fine della seconda guerra mondiale, presso gli archivi
dell’Università della capitale, nel quale sono andati irreversibilmente perduti
molti documenti, tra cui le guide ai programmi ed alcuni registri risalenti al
periodo preso in considerazione (fine Ottocentoinizio Novecento). Nella
ricostruzione del core curriculum di ogni singolo esame ho preso in considerazione sia la biografia sia la bibliografia di alcuni docenti.
Maria Montessori, proprio perché medico, si avvicinò ai problemi
dell’educazione con una cultura biologica e fisiologica, e nello stesso tempo
nutrì una fervida fede riguardo alle possibilità di elevazione dei bambini
svantaggiati ad un livello psicofisico e sociale.
Nota metodologica
Nel lavoro che segue i nomi di cui non si è certi, perché la grafia risulta di
difficile interpretazione, sono indicati tra parentesi quadre.
Gli argomenti delle domande rivolte a Maria Montessori, in seduta d’esame, sono indicati in corsivo.
Inoltre, ho ritenuto opportuno rimandare tutte le biografie dei docenti citati in una nota biografica presente a fine testo.
Nella seconda parte, Gli studi e gli interessi accademici presenti negli
scritti giovanili di Maria Montessori (1896–1907), ho inserito alcune pubblicazioni della pedagogista tra quelle apprese negli anni 18961907.
Introduzione
173
Nel presentare le pubblicazioni inerenti gli studi accademici della studiosa, ho ritenuto utile per facilitarne la lettura, far precedere gli scritti da un
commento introduttivo.
Parte prima
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
(1890–1904)
I.1 Maria Montessori alla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e
Naturali
Nell’anno 1890 Montessori si iscrisse alla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali dell’Università di Roma. Tanto è vero che il 19 gennaio
1891 fu immatricolata, pagando £. 40 e £. 37,90 C., rispettivamente per la
prima e la seconda rata delle tasse di iscrizione, al primo anno del corso di
laurea in Scienze naturali, col numero di matricola 6801.
L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà prevedeva per il primo
biennio e per gli aspiranti alla laurea in Scienze naturali2:
I° anno
Chimica generale
Fisica sperimentale
Zoologia
Botanica
Esercizi di Botanica
Esercizi di Zoologia
Geometria analitica e proiettiva (libero).
2° anno
Chimica organica
Anatomia comparata
Istologia e fisiologia generale
Tecnica microscopica
Esercizi di chimica
Esercizi di fisica
Esercizi di anatomia comparata
Nel secondo biennio3, per gli aspiranti alla laurea in Scienze naturali, la
facoltà prevedeva:
1° e 2° anno
1
Dal registro d’iscrizione risulta che Montessori avrebbe pagato, oltre la tassa per
l’immatricolazione, anche la tassa di £. 12.90 C. per sostenere gli esami: datata 29 settembre
1891. Inoltre, c’è da segnalare, sempre nel registro d’iscrizione, un errore, poiché il primo
anno scolastico non dovrebbe risultare il 1891–92 (come dal registro), ma il 1890–91. Probabilmente si tratta di un errore di compilazione, perché dal modulo d’iscrizione alla suddetta
facoltà risulta poi 2° biennio. Vedi registro d’iscrizione (n. 1664 carriera scolastica), presente
nell’Archivio studenti dell’Università «La Sapienza».
2
Annuario per l’anno scolastico 1890–91, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1890, p.
128. D’ora in avanti questo testo sarà citato nel seguente modo: Annuario 1890–91.
3
Ivi, p. 129.
175
176
Appendice – Parte prma
Geologia
Esercizi di mineralogia, di zoologia, anatomia comparata,
botanica e geologia
Antropologia
Esercizi di antropologia
Parassitologia
Embriologia comparata
Fisiologia vegetale
Micetologia
Etnografia comparata
Tassonomia e corologia dei vertebrati
Analisi microscopica delle droghe
I.1.1 Anno Accademico 1890–1891
La giovane marchigiana ottenne, per l’anno scolastico 1890–91, la frequenza in tutti gli insegnamenti, sia obbligatori che liberi.
Infatti, Montessori nel primo anno risulta aver frequentato come studente
di Scienze Naturali, i corsi obbligatori di: Chimica generale con il professor
Stanislao Cannizzaro4; Fisica sperimentale con il professore Pietro Blaserna;
Zoologia ed esercizi con Antonio Carruccio e Botanica ed esercizi con il
professor Romualdo Pirotta; ed i corsi liberi di: Parassitologia, con il professor Antonio Carruccio; Fisiologia vegetale, col professor Romualdo Pirotta;
Anatomia descrittiva ed esercizi col professor Francesco Todaro; Lingua tedesca col professor Giuseppe Schuhmann ed infine Anatomia microscopica
ed esercizi col professor Michele Giuliani5.
Le lezioni di Chimica generale del professor Stanislao Cannizzaro si
svolgevano nell’Istituto chimico il martedì, giovedì e sabato dalle 10.30 alle
11.30. Nello stesso Istituto e dal medesimo professore venivano svolte anche
le lezioni di Chimica organica ed Esercizi di chimica6.
Presso l’Istituto fisico, il professor Pietro Blaserna teneva le sue lezioni di
Fisica sperimentale dal martedì al sabato dalle 08.30 alle 09.30 ed il lunedì e
4
D’ora in avanti per le notizie riguardanti i docenti universitari citati in questo scritto, si
rimanda alla nota biografica, Appendice, Parte II.
5
Non tutti gli insegnamenti liberi seguiti da Montessori, sono presenti nell’ordine degli
studi previsto dalla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali, per gli aspiranti alla
laurea in Scienze naturali. Infatti le materie di Anatomia descrittiva ed esercizi, Lingua tedesca e Anatomia microscopica ed esercizi non risultano nell’elenco degli insegnamenti liberi
previsti dalla facoltà. Vedi Annuario 1890–91, pp. 128–129.
6
Le lezioni di Chimica organica si svolgevano il mercoledì ed il venerdì dalle 10.30 alle
11.30; le lezioni di Esercizi di chimica, tenute sempre presso l’Istituto di chimica, si svolgevano il martedì, giovedì e sabato dalle 12.30 alle 14.00. Dal registro d’iscrizione, Montessori
risulta aver frequentato nell’anno 1890–91 solo Chimica generale. Ivi, pp. 130–131 e Parte
IV.3, All. n. 2, del presente libro.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
177
venerdì dalle 07.00 alle 10.307. Presso l’Istituto botanico, Montessori frequentò il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle 09.30 alle 10.30 il corso di
Botanica tenuto dal professor Romualdo Pirotta ed il giovedì, il venerdì e il
sabato, dalle 14.30 alle 16.30, seguì nello stesso Istituto gli esercizi di botanica8.
La giovane studentessa seguì il corso Zoologia, presso la Scuola di Zoologia: il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 13.00 alle 14.00 e nello stesso
tempo seguiva, nel Gabinetto di Zoologia gli esercizi di Zoologia che si tenevano negli stessi giorni, ma con orari diversi: dalle 16.00 alle 17.009.
Montessori nell’anno scolastico 1890–91 affrontò e superò, come risulta
dai verbali, tre esami: Botanica, Zoologia e Fisica sperimentale.
Botanica10
La studentessa sostenne e superò l’esame nel primo periodo della sessione ordinaria: il 17 giugno 1891, con la votazione di 25/30. Gli argomenti delle domande furono: Morfologia dei membri della pianta; Radice; Amido;
Composte11. La commissione d’esame era costituita da: Romualdo Pirotta,
professore ordinario per Botanica e predetto per Fisiologia vegetale; Antonio
Carruccio, professore ordinario per Zoologia ed insegnante libero con effetti
legali per Parassitologia ed il dottor Carlo Avetta assistente per Botanica.
Il professor Romualdo Pirotta nel 1890, pubblicò su varie riviste articoli e
saggi riguardanti la materia da lui insegnata. Tra le tante pubblicazioni ricordiamo:
a) Sulla presenza in Lombardia della Commelina communis (Firenze,
1890);
b) Le specie italiane del genere Helleborus, secondo il Dott. V. Schiffner (1890);
c) Flora, nella Guida della provincia di Roma del Dott. E. Abbate (Roma, 1890);
d) Note e comunicazioni nel Bollettino della Società botanica italiana
dell’anno 1889–90 (Firenze, 1890);
e) Annuario del Regio Istituto botanico di Roma (Roma, 1890).
Anche il dottor Carlo Avetta allora assistente per Botanica nell’Istituto
Botanico dal 9 giugno 1890, pubblicò:
a) Contribuzione allo studio della Micologia romana (1885);
7
Ibidem. Il professor Blaserna teneva presso l’Istituto fisico, oltre le lezioni di Fisica sperimentale, anche gli Esercizi di fisica, sia per i matematici che per i naturalisti. Le lezioni si
svolgevano: per il primo insegnamento, il martedì, giovedì, sabato e la domenica dalle 08.00
alle 10.00; mentre per il secondo insegnamento, il venerdì dalle 07.30 alle 10.30.
8
Ibidem.
9
Ibidem.
10
Vedi, Parte IV. All. n. 3. D’ora in avanti tutti gli statini degli esami sostenuti da Montessori, saranno inseriti in un’Appendice documentaria, presente nella parte IV di questo libro.
11
D’ora in avanti gli argomenti delle domande d’esame saranno dall’autore scritte in corsivo per agevolarne l’identificazione.
178
Appendice – Parte prma
b) Contribuzione allo studio delle anomalie di struttura nelle radici delle Dicotiledoni (1888);
c) Ricerche anatomo–istologiche sul fusto e sulla radice dell’Atraphaxis
spinosa (1888);
d) Contribuzione all’anatomia ed istologia della radice e del fusto
dell’Antigonon lepropus Hook (1888);
e) Prima, seconda, terza, quarta e quinta contribuzione alla flora dello
scioa (Firenze, 1890).
Dalle argomentazioni trattate in seduta d’esame dalla Montessori non è
facile raccogliere e ricostruire il programma. Tuttavia è possibile attraverso
un elenco di pubblicazioni e una conoscenza meticolosa del docente giungere alle probabili lezioni tenute dallo stesso durante l’anno ed ai testi relativi12.
Per quanto riguarda l’esame di Botanica, indubbiamente, Montessori portò libri concernenti le piante, la loro crescita e le possibili cure per un buon
sviluppo. Ricordiamo che, proprio nello stesso periodo in cui Montessori sostenne l’esame, il professor Pirotta fondò e diresse l’Annuario del Regio Istituto Botanico di Roma, inoltre promosse la costituzione del Parco nazionale
d’Abruzzo, e compì ricerche di fitopatologia, di anatomia ed embriologia
vegetali.
Il dottor Avetta, invece, proprio in quel periodo, si interessava all’anatomia e citologia; particolarmente importanti furono le sue osservazioni sulle
anomalie di struttura delle radici delle Dicotiledoni. Altri lavori si riferivano,
invece, a particolari citologici, ed altri davano notizia sulle piante medicinali.
Un probabile testo su cui Montessori avrebbe preparato quest’esame, può essere: Contribuzione allo studio delle anomalie di scrittura nelle radici delle
Dicotiledoni e Contribuzione all’anatomia ed istologia della radice e del fusto dell’Antigonon leptopus.
Zoologia
Nella stessa sessione Montessori sostenne l’esame di Zoologia, 22 giugno
1891, con l’insegnante Antonio Carruccio con la votazione di 24/30. Gli argomenti trattati furono: Miriapodi e Molluschi. La commissione d’esame era
composta da: Antonio Carruccio, professore ordinario di Zoologia e predetto
per Parassitologia; Francesco Gasco, professore ordinario di Anatomia
Comparata e insegnante libero con effetti legali per Embriologia comparata,
e Decio Vinciguerra anch’egli insegnante libero.
Nell’anno in cui Montessori sostenne l’esame con Carruccio professore
ordinario nella summenzionata materia e favorito per Parassitologia. A lui si
deve la fondazione dello Spallanzani, Giornale per le scienze biologiche
12
Per ricostruire la bibliografia del docente, ho consultato: l’Enciclopedia Universale Rizzoli, il Dizionario biografico degli Italiani e gli Annuari scolastici. Ciò ha reso possibile ipotizzare il percorso formativo e le letture accademiche di Maria Montessori.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
179
(Medicina, Chirurgia, Zoologia, Parassitologia e Anatomia), del quale fu anche direttore.
Tra le varie pubblicazioni di Carruccio che ci potrebbero essere d’aiuto
per la composizione del programma d’esame, citiamo:
a) Primi studi sulla collezione zoologica della Caracciolo e lettera al
comandante Carlo de Amezaga (Roma, 1885);
b) Sull’avvelenamento per ingestione di pesci. Contribuzione allo studio
dei pesci tossicofori indigeni ed esotici (Roma, 1887);
c) Fauna locale. Specie animali della provincia di Roma esistenti nella
nuova collezione. Mammiferi, uccelli (Roma, 1888);
d) Quesiti pel corso libero di lezioni e di pratiche esercitazioni sulla
Parassitologia: quarta edizione del programma ragionato (Roma,
1890);
e) Due lavori dimenticati del periodo classico dell’anatomia della cute,
e rivendicazione a un italiano fatta dal professor Unna di Amburgo
(Roma, 1890);
f) La tolleranza del fegato alle operazioni. Esperimenti del prof. Ponfick (Roma, 1890);
g) Influenza del sonno sul ricambio materiale, ricerche del Dott. H. Laehr;
h) Sull’attiva riduzione dell’ossiemoglobina nelle ascensioni, secondo il
dottore Henocque;
i) Il veleno della vipera ed il suo antidoto, secondo il dottore Kauffmann (1890);
j) Sopra un avvelenamento per carne infetta, del dottor Garthner;
k) Ricerche sulla durata della vita dei microbi patogeni, dei dottori
Straus e Dubarry;
l) Il suolo e la campagna romana, secondo il dott. Orth (Roma, 1890);
m) Sui Musei ed Istituti Zoologici di Berlino e Vienna visitati nell’agosto
e nel settembre 1890 dal prof. A. Carruccio (1890);
n) Contributo allo studio dei Coleotteri della provincia di Roma;
o) Fam. Cerambycidae («Bollettino del Museo Zoologico della Regia
Università di Roma» 1890);
p) Rettili ed anfibi della provincia di Roma. Introduzione. Ord. Chelonia. Ord. Sauri (1891).
Nella commissione esaminatrice, come abbiamo detto poc’anzi, vi era
anche il dottor Decio Vinciguerra, conservatore del Gabinetto di Zoologia
dell’Università di Roma e professore di Scienze naturali nella Regia Scuola
tecnica «Giulio Romano» e dottore aggregato nella Regia Università di Genova per Zoologia.
Tra le pubblicazioni del Vinciguerra ricordiamo:
a) Pesci della provincia di Roma esistenti nella nuova collezione locale
del Museo di Zoologia della R. Università di Roma (1889);
180
Appendice – Parte prma
b) Intorno ad alcune specie di pesci raccolte dal dott. Enrico Stassano
presso la costa occidentale del Sahara («Annali d’Agricoltura». Roma, 1890);
c) Viaggio di L. Fea in birmania e regioni vicine. Pesci (con 5 tavole,
una carta geografica e molte incisioni. «Annali del Museo civico di
Genova». 1890);
d) Contribuzione alla fauna Ornitologia di Assab (1890);
e) L’indirizzo e lo scopo del Museo di Storia Naturale, discorso del
prof. W. H. Flower (tradotto in collaborazione col marchese G. Doria). (Genova, 1890).
Dalle molteplici pubblicazioni, la studentessa potrebbe aver portato nel
suo programma d’esame testi concernenti la fauna laziale e le specie esotiche
raccolte nel Museo romano. Il Carruccio infatti, in quegli anni, aveva manifestato una preferenza per gli studi sistematici, mostrando come non fosse
possibile studiare collezioni botaniche e zoologiche senza conoscere i dati
che venivano forniti dall’embriologia, dalla paleontologia e dall’anatomia
comparata. La passione per le collezioni botaniche lo condusse a creare a
Roma, proprio nel periodo in cui la giovane studentessa frequentava le sue
lezioni, un Museo di zoologia. Grazie a questa iniziativa, Carruccio, ottenne
non solo numerosi esemplari di uccelli e mammiferi, ma anche interessanti
animali provenienti dall’Africa, dal Giappone e da altri Paesi, inviati al Museo da studiosi e dal re Umberto I che donò tutto il materiale esotico della
splendida collezione di Moncalieri. Sugli esemplari della collezione romana,
il Carruccio pubblicò una serie di accurati studi. Montessori nelle lezioni seguite per sostenere quest’esame potrebbe aver studiato uno o più testi, prima
elencati, trattanti questi argomenti.
Fisica sperimentale
Terzo ed ultimo esame che Montessori affrontò e superò nella sessione
ordinaria, fu Fisica sperimentale, il giorno 5 luglio 1891 con la votazione di
27/30, con il professore di cattedra Pietro Blaserna. Gli argomenti delle domande d’esame furono: Legge di Mariotte; Indice di rifrazione e Spettroscopia. I commissari d’esame erano: Pietro Blaserna, professore ordinario per
Fisica Sperimentale, Pietro Grimaldi insegnante libero per Fisica ed un terzo
docente il cui nome è illeggibile, anche se supponiamo essere quella del professor Filippo Keller.
Tra le pubblicazioni del professor Pietro Blaserna, ricordiamo:
a) Un harmonium colla scala matematicamente esatta (Roma, 1890).
Nella commissione esaminatrice erano presenti anche i dottori: Pietro
Grimaldi, assistente per Fisica dal 18 dicembre 1888, e Pietro Cardani, insegnante libero con effetti legali per Fisica dall’8 giugno 188913. L’interesse
13
Il nome del dott. Pietro Cardani non risulta nella commissione esaminatrice dell’esame
sostenuto dalla studentessa marchigiana il 5 luglio 1891. Il Cardani, risulterebbe, insegnante
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
181
maggiore del professor Blaserna, autore di numerose opere scientifiche, era
soprattutto legato alle ricerche relative all’induzione elettromagnetica. Anche gli interessi del Cardani in quel periodo erano legati all’elettromagia ed
in particolare alle scariche elettriche, infatti ideò un elettrometro assoluto a
tubi comunicanti e lo impiegò per la misura della costante dialettrica dello
zolfo. Per il complesso di questi lavori, l’Accademia dei Lincei, proprio nel
1890, gli conferì il premio ministeriale per la fisica.
I.1.2 Anno Accademico 1891–1892
Nel secondo anno di corso14, Montessori frequentò, le lezioni di: Anatomia comparata ed esercizi con il professor Francesco Gasco; Istologia e fisiologia generale e Tecnica microscopica con Giuseppe Magini15; Esercizi di
Fisica con Pietro Blaserna e Chimica organica con il professor Stanislao
Cannizzaro.
Montessori frequentò tutti i corsi obbligatori comprese le esercitazioni.
Difatti le lezioni e le esercitazioni di Anatomia comparata la giovane Maria
le seguì il lunedì, il martedì e il mercoledì dalle 13.00 alle 14.00 e gli esercizi, invece, il lunedì dalle 12.00 alle 13.00, il mercoledì dalle 09.00 alle 12.00
ed il venerdì dalle 14.00 alle 15.00; entrambi i corsi si conducevano presso il
Gabinetto di Anatomia comparata.
Il corso di Istologia e fisiologia generale lo frequentò nell’Istituto fisiologico, il lunedì, il martedì ed il mercoledì dalle 15.30 alle 16.30 e
l’esercitazione di Tecnica microscopica, sostenuta nel suddetto Istituto, il
giovedì, il venerdì ed il sabato dalle 15.00 alle 17.00; entrambe le discipline
erano insegnate dal professor Moriggia. Per quanto riguarda il corso relativo
a gli esercizi di Fisica, la pedagogista marchigiana le seguì col professor
libero con effetti legali per Fisica, proprio nell’anno in cui Montessori sostenne l’esame di
Fisica sperimentale. Tuttavia è probabile che quel giorno fosse stato assente e sostituito da un
altro dottore il cui nome dalla grafia sembrerebbe essere quello del professor Filippo Keller.
Vedi Annuario 1890–91, p. 52 e verbale dell’esame presente nell’Appendice, Parte IV, del
presente volume.
14
Vedi modulo d’iscrizione anno accademico 1891–92. Appendice, Parte IV, n. 2, del
presente volume.
15
L’insegnante Magini Giuseppe risulta dall’Annuario 1891–92 assistente nel Gabinetto
d’Istologia e Fisiologia generale dell’Università di Roma, per Istologia. Dall’orario dei corsi,
invece, risulta che le lezioni di Istologia e Fisiologia generale e Tecnica microscopica erano
impartite dal professor Aliprando Moriggia, straordinario per Istologia e Fisiologia generale
ed incaricato per Tecnica microscopica. Quindi è probabile che Montessori abbia seguito le
lezioni con il professor Moriggia (anche se dal registro d’iscrizione risulta aver ottenuto la
frequenza con il professor Magini), e abbia sostenuto l’esame con il professor Magini. Vedi
Annuario per l’anno scolastico 1891–92, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1891, pp. 134–
135.
182
Appendice – Parte prma
Blaserna presso l’Istituto fisico, il lunedì e il venerdì dalle 07.30 alle 10.3016.
Infine, il corso di Chimica organica le frequentò il lunedì ed il mercoledì dalle 10.30 alle 11.30 ed il venerdì dalle 10.00 alle 11.3017.
La giovane Maria ottenne la frequenza anche nei corsi liberi di: Anatomia
descrittiva ed esercizi, seguita col professor Todaro; Anatomia umana col
professor Giuliani; Fisiologia sperimentale col professor Bocci; Embriologia
col professor Gasco ed Istologia pratica col professor Magini.
Istologia e Fisiologia generale18
Montessori sostenne e superò l’esame nel primo periodo della sessione:
18 giugno 1892 con la votazione di 25/30. Montessori discusse l’esame non
con il professore del corso Aliprando Moriggia, ma con Giuseppe Magini,
che figura tra gli insegnanti liberi aventi effetti legali ed assistente nel Gabinetto d’Istologia e Fisiologia generale, oltre che membro ordinario per Istologia dal 1 febbraio 189019. Tra i membri della commissione esaminatrice
troviamo: Francesco Gasco, professore ordinario di Anatomia comparata e
predetto per l’Embriologia comparata, ed il dott. Baldovino Bocci, insegnante libero con effetti legali per Fisiologia sperimentale dal 30 novembre 1884.
La domanda d’esame concerneva il Protoplasma e sue proprietà.
Tra gli scritti del dott. Giuseppe Magini ricordiamo:
a) La diversa ubicazione del carioplasma e del nucleolo nella cellula
nervosa motoria (Roma, 1890);
b) Alcuni nuovi caratteri differenziali delle cellule nervose (1890);
c) Alterazioni istopatologiche dei centri nervosi prodotti da scariche
elettriche (Roma, 1890).
Tra le pubblicazioni del dottor. Bocci troviamo:
a) Un nuovo apparecchio il pesca–acido per le analisi dell’acido del
succo gastrico nell’uomo (Roma, 1890);
16
Nell’anno scolastico 1891–92, Montessori avrebbe frequentato gli esercizi di Fisica.
Dal registro d’iscrizione, come è stato detto, risulta che Montessori frequentò gli esercizi di
Fisica. In quell’anno, come nell’anno precedente, gli esercizi di Fisica erano divisi per corsi di
laurea: le lezioni per i matematici e per i naturalisti. Entrambi i corsi erano impartiti dal professor Blaserna nello stesso Istituto. Il primo corso (quello per i matematici) si effettuava il
martedì, giovedì, sabato e domenica dalle 08.00 alle 10.00; il secondo risulta quello summenzionato. Ivi, pp. 134–135.
17
Il professor Cannizzaro oltre a sostenere il corso di Chimica organica, svolgeva anche il
corso di Chimica generale e gli esercizi di chimica. Montessori si suppone che abbia seguito il
corso di Chimica organica, in quanto risulta dal registro d’iscrizione. Ibidem.
18
Vedi Parte IV. D’ora in avanti tutti gli statini degli esami sostenuti da Montessori, saranno inseriti in un’Appendice documentaria, presente nella parte IV di questo libro.
19
Vedi Parte IV e l’Annuario 1891–92, p. 42. Difatti nel modulo delle iscrizioni, Montessori sembrerebbe essersi iscritta al corso di Fisiologia e Istologia generale e Tecnica microscopica col professor Aliprando Moriggia, ma dal verbale d’esame, risulta aver sostenuto
l’esame con l’assistente Giuseppe Magini, il prof. Francesco Gasco ed un terzo professore, il
cui nome è illeggibile, ma supponiamo essere dalla difficile grafia quella del prof. Baldovino
Bocci.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
183
b) La dialettica del pensiero nella Scienza della vita (Prolusione del corso
libero di Fisiologia sperimentale per l’anno scolastico 1892–93).
Anatomia comparata
Montessori sostenne e superò l’esame il 28 giugno 1892, nel primo periodo della sessione, col professore di cattedra Francesco Gasco, riportando
la votazione di 29/30. Le domande d’esame furono: Tessuto muscolare. Sistema nervoso. Sistema digerente. La commissione esaminatrice per l’esame
era costituita dal professore Francesco Gasco, ordinario per l’Anatomia
comparata e predetto per l’Embriologia comparata; dal professore ordinario
di Zoologia e predetto per Parassitologia Antonio Carruccio e dal dottor Cesare Crety.
Il professor Gasco, in quel periodo, partecipava con assiduità ai vari Congressi di Medicina, nei quali (nella sezione anatomica) non perse occasione
per rendere pubblico il progresso di alcuni argomenti di carattere embriologico.
Tra le pubblicazioni del professor Gasco ricordiamo:
a) Descrizione di alcuni Echinodermi nuovi o per la prima volta trovati
nel Mediterraneo (1876);
b) Catalogo ragionato dei rettili e dei vertebrati raccolti nel basso, medio ed alto Egitto nel 18731874 (1877);
c) Intorno alla storia dello sviluppo del tritone alpestre (188081);
d) Libertà d’insegnamento e libertà di studio (1892).
Il dottor Crety in quel periodo pubblicò molte delle sue ricerche riguardanti l’anatomia, tra le quali citiamo:
a) Ricerche anatomiche ed istologiche sul genere Solenophorus (Roma,
1890);
b) Contribuzione all’anatomia muscolare e nervoso del Dibothriorhynchus Benedeni Crety (Napoli, 1890);
c) Sopra alcuni cisticerchi di una foca (Torino, 1890).
Chimica Generale ed organica
La studentessa, il 3 luglio del 1892, superò l’esame di Chimica generale
ed organica20 col professor Stanislao Cannizzaro, ordinario di Chimica gene20
«In conformità delle disposizioni dell’art. 84 n. I del Regolamento universitario 26 ottobre 1890 n. 7337, la Facoltà ha proposto il presente ordine di studi. Lo studente pertanto,
sarà libero entro il regolamento della Facoltà, d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi che
vorrà seguire, senza attenersi al presente ordine (art. 27 del citato regolamento universitario).
Nessun anno di corso sarà valido se lo studente non si sarà iscritto almeno a tre corsi obbligatori. Lo studente iscrivendosi ai corsi obbligatori di un dato anno della sua carriera scolastica, avrà l’obbligo di riservare per gli altri anni di corso, tante iscrizioni quante ne occorreranno per renderli validi. Se lo studente non avrà adempito siffatto obbligo, la segreteria annullerà le iscrizioni, che egli avrà preso oltre il dovere.
Inoltre la Facoltà ha deliberato: I° che il numero massimo delle iscrizioni ai corsi liberi sia
nel primo biennio di 3 e per il secondo di 4 all’anno. 2° che ai laureandi in matematiche sia
184
Appendice – Parte prma
rale e incaricato per Chimica organica, con la votazione di 29/30. Nella
commissione esaminatrice compaiono anche Augusto Piccini, professore
straordinario per Chimica applicata ed incaricato anche per Chimica analitica
e insegnante libero con effetti legali per Analisi minerale ed il dott. P. Gucci.
Il professor Cannizzaro insegnò a Roma per quaranta anni e lavorò nel
campo della ricerca fino verso i settanta anni. Tra le sue pubblicazioni più
significative troviamo:
a) Sunto di un corso di filosofia chimica (1858);
b) Intorno agli alcaloidi derivati dall’alcool benzilico (1866);
c) Relazione sull’analisi di quattro acque di Torino (1880);
d) Azione del pentacloruro di fosforo sull’acido santonico (in collaborazione con G. Carnelutti). (1880);
e) Sui due acidi isomeri santonoso e isosantonoso (188182);
f) Delle materie organiche nelle acque potabili e del giudizio della bontà delle acque medesime (1882);
g) Sui prodotti di decomposizione dell’acido santonoso (1883);
h) Sopra un nuovo acido derivato dalla santonina (188586);
i) Sopra alcuni derivati dell’acido fotosantonico (in collaborazione con
il dottor P. Gucci). (1892).
Per l’esame di Chimica generale ed organica non è possibile risalire al
programma ed ai testi perché dal verbale d’esame non risulta alcuna domanda21.
I.2 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e Chirurgia
Nell’anno scolastico 1892–93, dalla documentazione, appare chiaro che
Montessori pagò le tasse: di £. 37,90 C. per la prima e la seconda rata e £.
12,90 C. per gli esami. Pur tuttavia l’anno 1892–93 fu di transizione, poiché
la giovane Maria si volle trasferire dalla Facoltà di Scienze naturali a quella
di Medicina e chirurgia. Ciò si evince, oltre che dalle numerose biografie
scritte su di lei, in cui viene indagato il probabile motivo del passaggio da
pure fatto obbligo nel secondo biennio, qualora non intendano iscriversi che a cinque soli corsi, di frequentare per due anni uno dei tre corsi di analisi superiore, geometria superiore, meccanica superiore e fisica matematica. 3° che per la fisica sperimentale le disposizioni dell’art.
33 del regolamento universitario s’interpretino nel senso che l’esame si dia alla fine del primo
biennio di studio, cioè a dire dopo che gli studenti nel primo anno abbiano sentito il corso orale e, nel secondo, dato opera agli esercizi pratici. 4° che gli aspiranti alla Laurea in Scienze
naturali e gli aspiranti alla Laurea in Chimica che fanno il primo biennio di Scienze naturali,
diano per Chimica generale e Chimica organica un esame unico e complessivo alla fine del
primo biennio». Vedi, Annuario 1891–92, cit., p. 132.
21
Per quanto riguarda l’esame di Chimica generale ed organica, nel verbale d’esame, risulta indicata la data, i professori ed il voto, ma non risultano gli argomenti delle domande.
Vedi Parte IV. n. 8.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
185
una facoltà all’altra, anche dai documenti consultati. Tanto è vero che dal registro d’iscrizione, presente nell’Archivio dell’Università di Roma (Allegato
nell’Appendice documentaria), si arguisce, materialmente, la transizione: in
primo luogo attraverso il pagamento del supplemento tasse e del supplemento soprattasse rispettivamente di £. 70 C. e di £. 8,34 C., corrisposte entrambe il giorno 11 febbraio 1893; in secondo luogo dalla data di dispensa delle
tasse della prima e seconda rata, dispense datate 18 gennaio 1893 e 26 settembre 1893. Inoltre, il passaggio alla Facoltà di Medicina è confermato dai
corsi seguiti, come studente di Medicina, anche se Montessori risulta ancora
nell’elenco degli studenti iscritti alla Facoltà di Scienze naturali22.
Negli anni accademici 189293, 189394, 189495, 189596, Montessori si iscrisse rispettivamente al 3°4°5°6° anno del corso di laurea in
Medicina e chirurgia, col numero di matricola 166423.
L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà di Medicina e chirurgia prevedeva24:
3° Anno
Corsi obbligatori
Anatomia umana normale topografica
Chimica e fisica fisiologica
Fisiologia sperimentale
Patologia generale
Esercizi di anatomia umana normale topografica
4° Anno
Corsi obbligatori
Clinica medica propedeutica
Istituzioni di anatomia patologica
Materia medica e tossicologia
Medicina legale
Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica
Patologia speciale medica
5° Anno
Corsi obbligatori
Anatomia chirurgica e corso d’operazioni
Anatomia patologica dimostrativa
Clinica chirurgica
Clinica medica
Clinica oculistica
Igiene sperimentale
Corsi complementari
22
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1892–93, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1993,
p. 220 e Parte IV.3, All. n. 2 della tesi. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario
1892–93).
23
Vedi Parte IV. n. 31 e 31/bis, del presente libro.
24
Vedi Annuario 1892–93, p. 176.
186
Appendice – Parte prma
Otoiatria
6° Anno
Corsi obbligatori
Anatomia patologica dimostrativa
Clinica chirurgica
Clinica dermosifilopatica
Clinica medica
Clinica ostetrica
Clinica psichiatrica
Corsi complementari
Otoiatria
I.2.1 Anno Accademico 1892–93
Nel l’anno 1892–93, dal registro d’iscrizione, appare chiaro che Montessori frequentò sia i corsi obbligatori che quelli liberi. Infatti, tra i corsi obbligatori, ottenne la frequenza in: Anatomia topografica ed esercizi, tenuto dal
professor Francesco Todaro; Anatomia microscopica ed esercizi col professor Michele Giuliani; Chimica e fisica fisiologica con Giuseppe Colasanti;
Patologia generale con Antonio Valenti; Materia medica con Giuseppe Colasanti e Fisiologia sperimentale col professor Jacopo Moleschott. Nei corsi
liberi, invece, ottenne la frequenza nelle seguenti materie: Embriologia, che
seguì col professor Francesco Todaro; Anatomia del sistema nervoso centrale con Giovanni Mingazzini; Chimica clinica con Giuseppe Colasanti e Zoologia medica col professor Pietro Mingazzini.
La giovane Maria seguì i corsi di Anatomia umana normale topografica
tenuti dal professor Todaro, presso l’Istituto anatomico, il giovedì e sabato
dalle 12.00 alle 15.30 e gli esercizi nella stessa materia nello stesso Istituto e
con il medesimo professore il giovedì e venerdì dalle 07.00 alle 10.00. Per
quanto riguarda il corso di Anatomia umana normale microscopica, tenuta
presso l’Istituto anatomico dal professor Michele Giuliani, la studentessa seguiva la lezione il giovedì e sabato dalle 12.30 alle 14.00 ed il lunedì, martedì e mercoledì dalle 12.30 alle 14.00. Montessori nello stesso Istituto frequentava gli Esercizi di Anatomia microscopica e le lezioni di Chimica e fisica fisiologica il venerdì dalle 14.00 alle 15.30, Esercizi e lezioni, svolti dal
professor Colasanti. Il corso di Patologia generale lo seguì presso l’Istituto
anatomico il giovedì e sabato dalle 12.00 alle 13.30, tenuto dal professor Valenti. Le lezioni di Materia medica svolte dal professor Colasanti, venivano
seguite da Montessori presso l’Istituto fisiologico il lunedì, martedì e mercoledì dalle 14.00 alle 15.0025.
25
Le lezioni di Materia medica erano impartite dal dottor Rocco Santoliquido presso la
scuola d’Igiene, mentre le lezioni del professor Colasanti si svolgevano nelle ore e giorni
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
187
Per quanto concerne i corsi liberi, anche qui Montessori ottenne la frequenza in tutti gl’insegnamenti. Infatti frequentò le lezioni di Embriologia
tenute dal professor Todaro, presso l’Istituto anatomico il venerdì e sabato
dalle 11.30 alle 12.3026. Le lezioni di Anatomia del sistema nervoso centrale
(corso che fa parte dei corsi a titolo privato complementari), Montessori le
seguiva con il dottor Giovanni Mingazzini, il lunedì e venerdì dalle 16.30
alle 18.00, presso l’Istituto anatomico. Il corso di Chimica clinica, facente
parte dei corsi a titolo privato equivalenti ai corsi ufficiali, si svolgeva presso
l’Istituto fisiologico il martedì dalle 15.00 alle 16.00 e la domenica dalle
10.00 alle 12.00, ed era tenuto dal professor Colasanti. Le lezioni di Zoologia medica, corso facente parte di quelli a titolo privato complementari, venivano impartite dal dottor Pio Mingazzini, presso l’Istituto anatomico il
martedì dalle 15.00 alle 16.30 e la domenica dalle 10.00 alle 11.30.
Nel primo anno di corso27 Montessori superò quattro esami: Anatomia
umana normale, che racchiudeva Anatomia umana normale descrittiva, topografica, microscopica ed i relativi Esercizi, insegnamento sostenuto dal
professor Todaro; Patologia generale con il professor Valenti; Fisiologia sperimentale con il Todaro28 ed un esame del quarto anno: Materia medica29 con
il professor Colasanti (Montessori frequentò tutti e quattro i corsi).
Le lezioni di Anatomia umana normale microscopica, del professor Michele Giuliani, Montessori le frequentava il giovedì e il sabato dalle 12.30
alle 14.00 e quelle di Anatomia umana normale topografica, del professor
Francesco Todaro, il giovedì e il sabato dalle 14.00 alle 15.30; tutte si tenevano nell’Istituto anatomico. Anche le lezioni di Patologia generale, del prosummenzionati, ma il nome dell’insegnamento non figura come Materia medica, bensì come
Materia medica e tossicologica, e non compare tra i corsi ufficiali, ma tra i corsi a titolo privato equivalenti ai corsi ufficiali. Ivi, pp. 160–163.
26
L’insegnamento di Embriologia risulta tale nel registro d’iscrizione (vedi Parte IV.3,
Allegato n. 2 della tesi), mentre nell’Annuario compare Embriologia comparata insegnata dal
professor Todaro e dal professor Francesco Gasco. Tale insegnamento viene tenuto presso il
Gabinetto di Anatomia comparata il giovedì, venerdì e sabato dalle 12.00 alle 14.00. Inoltre
l’Embriologia comparata figura non tra i semplici corsi ufficiali, ma tra i corsi a titolo privato
equivalenti ai corsi ufficiali. Ivi, pp. 160–161.
27
Montessori si iscrisse alla facoltà di Medicina e chirurgia e le furono convalidati tutti
gli esami che aveva sostenuto a Scienze naturali; pertanto iniziò a frequentare il terzo anno di
corso di Medicina e chirurgia, nell’anno 1892–93, ma nell’elenco degli studenti della summenzionata facoltà, risultò solo dall’anno successivo. C’è poi da rilevare che, in quell’anno
(1892–93), Montessori risultò nell’elenco degli studenti accettati agli esami di Laurea e finali.
Infatti ella figura come Licenziata in Scienze naturali, insieme solo ad un’altra persona di nome Ettore Ricci. Vedi Annuario per l’anno scolastico 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1894, p. 264. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1893–94).
28
Per l’esame di Fisiologia sperimentale dal verbale d’esame risulta aver sostenuto
l’esame con il professore Francesco Todaro, il professor Colasanti e con il dottor Bocci. Vedi
Parte IV n. 11. Il prof. Jacopo Moleschott, invece, risulta l’insegnante con cui Montessori frequentò il corso, ma non diede l’esame. Vedi Annuario 1892–93, p. 160.
29
L’insegnamento della Materia medica tossicologica, risulta infatti nell’ordine degli studi consigliato dalla facoltà, tra gli insegnamenti del quarto anno. Ivi, p. 158.
188
Appendice – Parte prma
fessor Antonio Valenti, si svolgevano presso l’Istituto anatomico il giovedì e
il sabato dalle 12.00 alle 13.30. Le lezioni di Fisiologia sperimentale, impartite dal professor Jacopo Moleschott erano tenute presso l’Istituto fisiologico, il giovedì venerdì e sabato dalle 15.30 alle 16.30. Le lezioni di Materia
medica del professor Colasanti30 Montessori le frequentava presso la Scuola
d’Igiene (allora in Piazza Vittorio Emanuele), tenute però dal dottor Rocco
Santoliquido. Il professor Colasanti, in quell’anno, sosteneva le lezioni per
Materia medica e Tossicologica, il lunedì, martedì e mercoledì dalle 14.00
alle 15.00, presso l’Istituto fisiologico. Montessori potrebbe aver seguito,
quasi sicuramente, le lezioni del professor Colasanti, come risulta dal Registro d’iscrizione, anche se nella commissione d’esame risulta essere presente
anche il dottor Santoliquido.
Anatomia umana normale
Montessori sostenne l’esame nella prima sessione ordinaria e precisamente il giorno 2 giugno 1893, con i professori Francesco Todaro, ordinario per
Anatomia umana normale descrittiva e topografica, Michele Giuliani, professore straordinario per Anatomia umana normale microscopica e predetto
per Anatomia umana normale descrittiva, e Giovanni Mingazzini, insegnante
libero con effetti legali per Anatomia umana dal 27 novembre 1888. La studentessa superò l’esame con la votazione di 25/30; gli argomenti delle domande consistettero in: Regione anteriore dell’avambraccio; struttura della
lingua. Tra le pubblicazioni del professor Todaro segnaliamo:
a) Sulla gemelliparità e mostruosità doppia nei mammiferi (Roma,
1890); Le prime fasi dello sviluppo dei mammiferi (Milano, 1890);
b) Il metodo sperimentale nella scienza della vita (Roma, 1891);
c) Sulla struttura, la maturazione e la fecondazione dell’ovo della Seps
chalcides (Roma, 1891);
d) Sopra lo sviluppo della Seps chalcides (Roma, 1892).
Tra le pubblicazioni del professor Giovanni Mingazzini, ricordiamo:
a) Sul significato onto e filogenetico delle varie forme dell’apertura
pyriformis (Roma, 1890);
b) Sopra un encefalo con arresto di sviluppo (Roma, 1890);
c) Intorno al decorso delle fibre appartenenti al pedenculus medius cerebelli ed al corpus restiforme (Torino, 1890);
d) Osservazioni intorno al cervello di un idiota (1890);
e) Descrizione di un cervello umano anomalo (Roma, 1893);
f) Intorno a un caso di demenza paralitica combinata con afasia (Roma, 1893).
30
Dal registro d’iscrizione risulta che Montessori abbia ottenuto la frequenza per
l’insegnamento di Materia medica con il professor Giuseppe Colasanti. Tuttavia nell’elenco
degli orari della facoltà di medicina, le lezioni erano svolte dal dottor Rocco Santoliquido. Ivi,
pp. 162–163.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
189
Dalle varie pubblicazioni possiamo dedurre che Montessori, per la preparazione di questo esame, potrebbe aver studiato almeno tre testi pubblicati
dai professori facenti parte della commissione, poiché tre erano i componenti
della commissione esaminatrice e tre erano i corsi inerenti alla materia sopra
citata.
Patologia generale
L’esame venne sostenuto il 1 luglio 1893, con una commissione formata
da tre componenti: Antonio Valenti, professore straordinario per Patologia
generale; Luigi Luciani, professore ordinario per Fisiologia umana ed incaricato per Tecnica fisiologica e Virgilio Pensuti31. Montessori superò l’esame
con la votazione di 30/30 e con una sola domanda: Natura e morfologia dei
batteri.
Tra le pubblicazioni del professor Valenti troviamo:
a) Lettera al Ch.mo prof. Luigi Lucchini sul programma
d’insegnamento della patologia generale per l’anno 1889–90, pubblicata nell’Università, Rivista dell’Istruzione superiore (Bologna,
1890);
b) Etiologia e patogenesi della melanemia e della infezione malarica.
Due lezioni dettate nell’Istituto anatomico e fisiologico nell’anno
1889–90 (Roma, 1890);
c) Un nuovo indicatore micrografico applicabile a qualunque microscopio a tavolino quadrangolare (Roma,1893).
Fisiologia sperimentale32
Montessori sostenne l’esame nel primo periodo della sessione, il 6 luglio
1893, e lo superò con la votazione di 30/30 rispondendo a domande su la
31
Dal verbale d’esame sembrerebbe risultare tra i componenti della commissione il professor Pensuti, ma non in maniera certa, data la precarietà del documento. Vedi Parte IV. n. 10.
32
Per quanto riguarda l’esame di Fisiologia sperimentale, dal registro d’iscrizione risulta
che Montessori ottenne la frequenza con il professor Jacopo Moleschott, ma dal verbale
d’esame risulta aver sostenuto il suddetto esame con i professori: Colasanti, Todaro e Bocci.
Bisogna tener presente che il professor Moleschott, nell’anno 1892–93, figurava anche come
professore ordinario per Fisiologia umana; inoltre era professore onorario della facoltà Medico–chirurgica della Regia Università di Torino, sempre per Fisiologia umana, e Direttore
dell’Istituto Fisiologico, situato presso l’Istituto Anatomico–fisiologica in via Depretis, 32 in
Roma, affiancato dai dottori Dutto Umberto e Jacongelli Tommaso. Tra le sue opere principali troviamo: La circolazione della vita (1852), uscita in italiano con la traduzione di Lombroso, nel 1869; Dei limiti della natura umana (1864); L’unità della vita (1864); Per una festa
della scienza (1888); Salvatore Tommasi e la Riforma della Medicina in Italia (Roma, 1890);
Untersuchungen zur Naturlehre des Menschen und der Thiere (Giessen, 1890); Seconda edizione pubblicata nel 1892; Ueber die Erzeugung von Händer und Füssen (Giessen, 1892). È
probabile che la giovane marchigiana portò all’esame almeno un testo di Moleschott, poiché,
nonostante il suo nome non compaia tra i professori dell’esame di Fisiologia sperimentale, il
suo nome figura come insegnante del corso del summenzionato insegnamento, che Montessori seguì nel 1892–93. Vedi Annuario 1892–93, p. 72 e Parte IV. n.11.
190
Appendice – Parte prma
Dottrina fisiologica e la Chimica respiratoria. La commissione esaminatrice
era composta dai professori: Francesco Todaro, ordinario per Anatomia umana normale descrittiva e topografica; Giuseppe Colasanti, professore straordinario per Materia medica e Farmacologia sperimentale e incaricato per
Chimica e Fisica fisiologica e per Chimica clinica nell’anno 1893–94, ed il
dottor Baldovino Bocci, membro corrispondente nazionale della R. Accademia medica di Roma ed insegnante libero con effetti legali per Fisiologia
sperimentale dal 30 novembre 188433.
Tra le pubblicazioni del professor Todaro ricordiamo:
a) Il metodo sperimentale nella scienza della vita (Discorso inaugurale
per la R. Università di Roma, 1891);
b) Sulla struttura, la maturazione e la fecondazione dell’ovo della seps
chalcides (Roma, 1891);
c) Le prime fasi dello sviluppo dei mammiferi (Milano, 1891).
Tra le pubblicazioni del professor Colasanti:
a) La tossicità dell’orina nel morbo di Addison (Roma, 1892);
b) La formazione della pirocatechina nell’organismo, 1892; Eine neue
Anwendung der Reaction von Molisch (Giessen Moleschott’s Untersuchungen, 1892).
Ed infine ricordiamo le pubblicazioni del dottor Bocci:
a) L’Igiene della vita: la vista, l’odorato, il gusto, l’udito, il tatto (Roma, 1892). (Rivista illustrata «Natura ed arte»);
b) L’organo del gusto (1892);
c) Guida tecnica del medico igienista (1892);
d) La dialettica del pensiero nella Scienza della vita (Prolusione del
corso libero di Fisiologia sperimentale per l’anno scolastico 1892–
93);
e) Un nuovo apparecchio il pesca–acido per l’analisi dell’acido del
succo gastrico nell’uomo (Roma, 1890);
f) Il pesca–acido nell’analisi quantitativa dell’acido del succo gastrico
nell’uomo (1890);
g) Se la secrezione gastrica sia continua o intermittente (in collaborazione col prof. P. Postempski. 1890);
h) Un caso di epilessia corticale nell’uomo (in collaborazione con il
prof. P. Postempski. 1890);
i) Centri motori corticali (in collaborazione con il prof. P. Postempski,
1890).
Dalle pubblicazioni, non è facile risalire ai testi ed al programma che la
studentessa potrebbe aver portato all’esame. Tuttavia, la giovane marchigiana potrebbe aver studiato su un testo del professor Moleschott, poiché, come
risulta dal registro d’iscrizione, la studentessa ottenne la frequenza del corso
con tale professore, anche se poi sostenne l’esame con il professor Todaro. A
33
Ivi, p. 75.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
191
tal proposito, è possibile ipotizzare che Montessori abbia frequentato le lezioni del professor Moleschott nell’anno 1892–93, ma che non abbia sostenuto l’esame con il summenzionato professore, poiché il Moleschott morì il
23 maggio 1893: Montessori avrebbe superato l’esame il 6 luglio 1893.
Inoltre, potrebbe aver potato all’esame un testo del professor Moleschott,
poiché le sue ricerche riguardavano la circolazione sanguigna, la respirazione, l’innervazione cardiaca, l’azione della luce sugli organismi viventi e anche argomenti biochimici. Moleschott fu uno dei rappresentanti più significativi del positivismo materialistico, nato in reazione all’idealismo; egli concepiva la realtà come trasformazione costante di una materia organica avente
come «proprietà inseparabile» la forza inerente ad essa dall’eternità. Le sue
teorie influenzarono la cultura scientifica italiana di quegli anni ed in particolare i giovani studenti frequentanti le lezioni.
Le sue lezioni ricche di sapiente e proficua operosità nel vasto campo della biologia, delle lettere e della fisiologia positiva, esercitavano un fascino
particolare sulla gioventù studentesca romana. Esse risultarono preziose, soprattutto, per la giovane Maria, che seguì minuziosamente il corso durante
tutto l’anno 1893. Le sue lezioni non erano grette e sistematiche, ma seguivano la freschezza scientifica. Infatti, a Moleschott si devono i proficui studi
sull’eliminazione dell’acqua con l’aria espirata, sulla perdita dell’azoto per i
tessuti cornei, sulla reazione chimica dei muscoli e del sistema nervoso in
riposo ed in attività e indagini chimiche, fisiologiche ed istologiche sul sangue, sul latte, sugli elementi anatomici dei nostri tessuti ed organi. Egli seppe
variamente trattare nel campo fisico, chimico e morfologico i diversi problemi della fisiologia e, come si può constatare dai suoi numerosi scritti,
seppe rilevare la geniale combinazione della scienza sperimentale con
l’intuito della filosofia materialistica. Il particolare fascino delle sue lezioni,
sembrerebbe aver indotto Montessori a seguire con passione e assiduità fuori
dal comune quelle lezioni. Una possibile ragione della sua passione, per le
lezioni del professor Moleschott, potrebbe essere il fatto che egli sempre si
industriò (attraverso gli scritti e le parole), a favore dei deboli, dei bisognosi
ed era sempre pronto a far sentire la sua voce in difesa della libertà, dei diritti del popolo e degli interessi della scienza. Le sue idee venivano spesso ripetute nelle sue lezioni, di cui Montessori fu attenta spettatrice34.
Materia medica
Montessori sostenne e superò l’esame il 31 ottobre 1893 nel secondo periodo della sessione, con la votazione di 27/30 e con una sola domanda riguardante l’Arsenico. La commissione esaminatrice era composta dai professori: Giuseppe Colasanti, Davide Toscani e Rocco Santoliquido. Il professor
Colasanti era incaricato per Chimica e Fisica fisiologica ed anche insegnante
libero per Chimica clinica e professore straordinario per Materia medica e
34
Ivi, pp. 127–129.
192
Appendice – Parte prma
Tossicologica e Farmacologia sperimentale; il Toscani era professore ordinario per Medicina legale ed il dottor Santoliquido insegnante libero per Materia medica dal 13 giugno 1891.
Tra le pubblicazioni del professor Colasanti più significative e che potrebbero ricondurci ai probabili testi studiati dalla Montessori ricordiamo:
a) La tossicità dell’eroina nel morbo di Addison (Roma, 1892);
b) La formazione della pirocatechina nell’organismo (Roma, 1892);
c) Ricerche batteriologiche sull’aristolo, dermatolo e idroformio (Roma,
1892–93);
d) La formazione dell’allantoina nell’organismo (Roma, 1892–93).
Dalle pubblicazioni potrebbero delinearsi i testi studiati dalla Montessori
per sostenere l’esame di Materia medica. L’attitudine del Colasanti alla ricerca sperimentale in campo chimico e fisiologico, nel periodo in cui anche
gli ambienti scientifici (soprattutto quelli italiani) cominciavano ad essere
animati dalle teorie e dai metodi innovativi, in particolare nel settore bio–
medico, contribuì a consolidare in lui la passione per la ricerca sperimentale;
in questo gli fu d’aiuto il contatto con il Moleschott ed il suo percorso scientifico rivolto alle posizioni del materialismo. Egli, come si evidenzia dalle
molte presenze nelle commissioni d’esame, presentava una non comune varietà di argomenti trattati. Infatti, con i suoi studi, il Colasanti contribuì alle
ricerche sull’acido urico, sul meccanismo d’azione dei purganti salini,
sull’azione dei cardiocinetici, sull’intossicazione cronica da cloridrato di cocaina. Importanti furono i suoi studi sperimentali sul ruolo del pancreas nella
patogenesi del diabete, quelli sul valore terapeutico del sangue e quelli sul
ferro nelle feci malariche.
L’attitudine costante anche nelle sue lezioni risultava essere la ricerca
farmacologica rappresentante, secondo il Colasanti, un potente ed insostituibile metodo biologico di indagine per la comprensione della struttura e della
funzione degli esseri viventi.
I.2.2 Anno Accademico 1893–94
Dopo aver sostenuto gli esami del terzo anno, la studentessa si iscrisse al
quarto anno di Medicina35. In quell’anno Montessori fu dispensata dal pagamento delle tasse con D. R. 11 gennaio 1894 ed anche dal pagamento della
tassa sugli esami (3 luglio 1894).
La ragione per la quale fu dispensata dalle tasse, fu la ricezione del premio che la Fondazione Rolli concedeva annualmente a uno studente della fa-
35
L’iscrizione risulta non solo dal registro d’iscrizione, ma anche dall’elenco degli studenti della facoltà di Medicina e chirurgia. Vedi Annuario 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli
Pallotta, 1893, p. 264. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1893–94).
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
193
coltà di Medicina e Chirurgia dei rispettivi anni di corso36. Il premio ammontava a £. 1000 per ciascun vincitore e quell’anno fu premiata Maria Montessori, che grazie a questo premio riuscì a pagarsi gli studi universitari37. Da
questo riconoscimento, la studentessa cominciò a riscuotere i primi compensi scientifici che ridussero di molto le spese universitarie.
La giovane Maria nel 1894 frequentò i corsi obbligatori in Clinica medica
e propedeutica con il professor Eugenio Rossoni; Patologia speciale medica
con Virginio Pensuti; Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica
con il professor Francesco Durante; Istituzioni d’anatomia patologica con il
professor Ettore Marchiafava; Medicina legale con Davide Toscani e Anatomia chirurgica con il professor Francesco Occhini.
Tra i corsi liberi, invece, frequentò: Patologia speciale e clinica medica
propedeutica con il professor Corrado Bernabei38; Oftalmoiatria e clinica oculistica con Mariano Scellingo; Anatomia del sistema nervoso con Giovanni Mingazzini e Patologia medica con il professor Ottavio Leoni.
Montessori frequentò le lezioni di Clinica medica e propedeutica, presso
l’Ospedale Santo Spirito svolte dal professor Eugenio Rossoni. Questo insegnamento era diviso in: Clinica medica e Clinica medica propedeutica. Il
primo si svolgeva il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 10.30 alle 12.00; il
secondo il martedì, il giovedì e il sabato dalle 11.00 alle 12.00. Per quanto
concerne le lezioni di Patologia speciale medica, dal registro d’iscrizione,
risulta che la studiosa abbia ottenuto la frequenza con il professor Pensuti,
anche se ciò non risulta nell’elenco degli orari dei corsi della Facoltà di Medicina39. Il corso di Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica tenuto dal professor Francesco Durante si svolgeva presso l’Istituto chirurgico il
lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle ore 08.00 alle ore 09.00. Inoltre, le lezioni di Istituzioni d’anatomia patologica si svolgevano presso l’Istituto anatomico ed erano tenute dal professor Ettore Marchiafava il lunedì, ed il mercoledì dalle 10.00 alle 11.00; l’insegnamento di Medicina legale si svolgeva
presso la Scuola N. 4 dell’Università ed erano svolte dal professor Davide
36
Solo un anno prima (1892–93) nell’elenco dei premiati emessi dalla Fondazione Rolli
risulta Giuseppe Montesano. Il quale vinse la borsa di studio per l’ammontare di £ 900 per un
anno a rate mensili. (Vedi Annuario 1892–93, pp. 222–223). Montessori risulta nell’elenco
dei premiati dell’anno 1893–94. Ivi, pp. 220–221.
37
La giovane Maria grazie alla borsa di studio, e ad altre vinte in seguito, riuscì a rendersi
indipendente dai genitori, almeno sul piano economico. Emotivamente, invece, l’alterco era
diverso: Montessori risentiva molto dell’ambiguità del padre nei suoi riguardi. Da una parte il
padre continuava a controllare le sue scelte, dall’altra iniziava a rendersi conto che sua figlia
stava raggiungendo successi, grazie a quelle scelte insolite e tanto ostacolate. Questo è quanto
viene fuori dalla lettura e dallo studio delle varie biografie scritte su Maria Montessori.
38
Per quanto concerne l’insegnamento libero di Patologia speciale e clinica propedeutica,
tenuto dal professor Bernabei, non è certo che Montessori l’abbia frequentato dato che nel
registro d’iscrizione, in corrispondenza di tale insegnamento non c’è il segno che indica la
frequenza ottenuta, ma il trattino. Vedi Parte IV.3, All., n. 2 della tesi.
39
Dal verbale d’esame sembrerebbe il nome del professor Pensuti, ma non essendo chiaramente leggibile, è incerto. Vedi Parte IV. n. 15, della tesi.
194
Appendice – Parte prma
Toscani, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 09.00 alle 10.00; Maria Montessori frequentò, infine, per quell’anno accademico anche il corso obbligatorio di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni, tenuto presso l’Ospedale
Santo Spirito, dal professor Francesco Occhini, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 14.30 alle 16.0040.
Dei corsi liberi Montessori frequentò nell’anno 1893–94 gl’insegnamenti
di Patologia speciale e clinica medica propedeutica, impartito dal dottor Corrado Bernabei, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 12.00 alle 13.00, presso
l’Ospedale Santo Spirito41; Oftalmoiatria e clinica oculistica, tenuto dal dottor Mariano Scellingo, il giovedì dalle 16.00 alle 17.00 e la domenica dalle
07.30 alle 09.30; Anatomia del sistema nervoso centrale42, svolto il lunedì e
il venerdì dalle 16.30 alle 18.00, nell’Istituto anatomico, dal dottor Giovanni
Mingazzini e Patologia medica43, impartito dal dottor Ottavio Leoni, il lunedì e il mercoledì dalle 15.30 alle 17.00, presso l’Ospedale di San Giovanni.
La giovane studentessa alla fine dei corsi del quarto anno sostenne quattro esami: Medicina operatoria44, Medicina legale, Patologia medica e Patologia chirurgica.
40
Nell’orario dei corsi della Facoltà di Medicina e chirurgia, questo insegnamento viene
indicato col nome di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni, invece nel registro
d’iscrizione viene riportato come Anatomia chirurgica. Vedi Annuario 1893–94, p. 180.
41
Dal registro d’iscrizione risulta presente il corso di Patologia speciale e clinica medica
propedeutica tenuto dal dottor Bernabei, ma tale insegnamento non risulta frequentato da
Montessori con il summenzionato insegnante; probabilmente perché nello stesso anno accademico lo stesso insegnamento era tenuto dal dottor Leoni. Ibidem. Vedi anche Parte IV. 3,
All. n. 2 della tesi.
42
Nel registro d’iscrizione l’insegnamento di Anatomia del sistema nervoso centrale, viene indicato come Anatomia del sistema nervoso, mentre nell’elenco degli orari di corso della
facoltà di Medicina risulta non solo tra i corsi a titolo privato complementari, ma anche col
nome di Anatomia fisiologica dei centri nervosi, insegnata sempre dal dottor Giovanni Mingazzini. Ivi, p. 182. Vedi Parte IV.3, All. n. 2 della tesi.
43
Nel Registro d’iscrizione l’insegnamento di Patologia medica viene indicato come tale,
invece nell’elenco dell’orario dei corsi della Facoltà di Medicina, risulta con la denominazione di Patologia speciale e clinica medica propedeutica, insegnato dal dottor Corrado Bernabei
e come Patologia speciale e clinica medica propedeutica, insegnato dal dottor Ottavio Leoni.
Montessori probabilmente trovandosi dinanzi a due insegnamenti complementari scelse i corsi
del dottor Leoni. Ivi, p. 180.
44
In un documento presente nel fascicolo personale di Maria Montessori posizione R.S.
212, la materia di Medicina operatoria è indicata con la denominazione di Medicina operatoria; mentre nel registro d’iscrizione risulta col nome di Anatomia chirurgica. Ulteriormente
nel verbale d’esame e dall’elenco degli orari dei corsi della facoltà di Medicina, risulta con la
denominazione di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni. Le alternanze di denominazioni
di questo insegnamento sono molto astruse e continue nel tempo, a cominciare dalla sua istituzione che si può far risalire al 1781. In L. Stroppiana, Storia della Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985, pp. 40–42. Vedi Annuario 1893–94, p. 178.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
195
Anatomia chirurgica e corso d’operazioni (Medicina operatoria)45
Montessori sostenne e superò l’esame il 6 giugno 189446 con la votazione
di 27/30. L’argomento della domanda fu: Legatura dell’arteria omerale nella piegatura del gomito. La commissione esaminatrice era costituita dal professore Francesco Occhini, straordinario per Anatomia chirurgica e Corso
d’operazioni; dal professor Michele Giuliani ed dal professor Gaetano Mazzoni.
Tra le pubblicazioni più importanti del professor Occhini, ricordiamo:
a) L’Uralio nel Diabete (Roma, 1892);
b) Prelazione al corso di Anatomia Chirurgica e Medicina Operatoria
(Roma, 1893);
c) Sulle emorragie nei neonati (Roma, 1893);
d) Trattato di Medicina Operatoria ad uso dei Medici e Studenti (Milano, 1893).
Del professor Michele Giuliani straordinario per Anatomia umana normale microscopica e per Anatomia umana normale descrittiva, ricordiamo la
pubblicazione del testo: Contributo allo studio della Macrosomia (Roma,
1892).
Del terzo membro della commissione, Gaetano Mazzoni insegnante libero con effetti legali per Patologia speciale dimostrativa e Propedeutica clinica chirurgica dal 1 maggio 1888, ricordiamo lo scritto dal titolo: L’Ittiolo in
ginecologia (Roma, 1892).
Medicina legale
Montessori sostenne e superò l’esame con il professore di cattedra Davide Toscani il 19 giugno 1894, con la votazione di 30/30. L’argomento delle
domande furono: Morte da strangolamento, differenze coll’impiccamento.
Insieme al professor Toscani erano presenti Luigi Galassi professore ordinario per Patologia speciale medica ed un terzo professore il cui nome è illeggibile, anche se sembrerebbe quello del dottor Rinaldo Roseo.
Tra gli scritti più significativi del professor Galassi ricordiamo:
a) Sur les lois des grandes epidémies catarrhales, la manière de les
vérifer et sur quelques graves complications thoraciques. Note adressée au X Congrès International de Médecine à Berlin (Roma, 1890).
45
Dall’Annuario scolastico del 1893–94, questo esame è previsto nel quinto anno, ma la
studentessa lo ha sostenuto nel giugno 1894. (Vedi Annuario 1893–94, p. 176). Inoltre
l’insegnamento di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni è indicato come tale
nell’Annuario 1893–94, p. 178, mentre nel fascicolo personale R.S. 212 dell’Archivio studenti «La Sapienza», tale insegnamento è indicato come Medicina operatoria.
46
Dal verbale d’esame e dal registro d’iscrizione, risulta che Montessori abbia sostenuto
l’esame il giorno 6 giugno 1894, invece dal documento della carriera scolastica presente nel
fascicolo R.S. 212 risulta la data del 6 settembre 1894. Cfr. App. Parte IV, n. 13 e All. IV 31 e
31/bis del presente libro.
196
Appendice – Parte prma
Il terzo componente della commissione sembrerebbe dott. Rinaldo Roseo
assessore comunale di Roma e insegnante libero con effetti legali per Medicina legale dal 11 febbraio 1885.
Patologia speciale medica (Patologia medica)47
Montessori sostenne e superò l’esame il 22 giugno 1894 con la votazione
di 27/30. La domanda fu: La tubercolosi polmonare. La commissione esaminatrice era formata da Luigi Galassi, professore ordinario per Patologia
speciale medica; Eugenio Rossoni, professore straordinario per Clinica medica propedeutica ed incaricato per Clinica medica, ed Ottavio Leoni, insegnante libero con effetti legali per Patologia speciale dimostrativa e Propedeutica clinica medica dal 13 maggio 1882.
Tra i lavori del professor Leoni ricordiamo:
a) Istituto Vaccinogeno dello stato. Relazione sul servizio del primo semestre del 1890 e sugli studi eseguiti intorno ai fattori dell’attività
patogena del vaccino (Roma, 1890).
Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica (Patologia chirurgica)48
Montessori sostenne e superò l’esame il 7 novembre 1894 con la votazione di 24/30. La domanda d’esame riguardò l’Eziologia della flogosi.
Il gruppo di esperti esaminatori era costituita da Francesco Durante, professore ordinario per Clinica chirurgica ed incaricato per Patologia speciale
dimostrativa e propedeutica clinica chirurgica; Francesco Occhini, professore straordinario per Anatomia chirurgica e Corso d’operazioni, ed Emidio
Tassi, insegnante libero con effetti legali per Clinica chirurgica propedeutica
dal 9 giugno 1886.
Tra gli scritti del professor Durante ricordiamo:
a) Sul trattamento dei fibromiomi dell’utero (Roma, 1892);
b) Sulla resezione dello stomaco (Roma, 1892);
c) Casi di stenosi pilorica trattati con la piloroplastica e con la plastica
piloro–duodenale (1892);
d) Innesto nervoso e struttura delle arterie (1892);
e) Sopra un caso di litopedion intraperitoneale (Roma, 1893);
f) Sulla sutura delle arterie, eseguita con successo nell’uomo (1893);
g) La Chirurgia degli arabi (1893);
h) Tubercolosi e resezione delle articolazioni (1893);
i) Sull’asportazione del laringe, della trachea, dell’esofago per cancro
(Roma, 1894).
47
Questo insegnamento è indicato tale, nell’Annuario 1893–94, p. 180, mentre nel fascicolo personale R.S. 212 è indicato come Patologia medica. Vedi Parte IV, n. 15 e IV. n. 31 e
31/bis.
48
Questo insegnamento è indicato tale nell’Annuario 1893–94, p. 178, mentre nel fascicolo personale R.S. 212 è indicato come Patologia chirurgica. Vedi Parte IV, n. 31 e 31/bis.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
197
Per quanto riguarda le pubblicazioni del professor Occhini ricordiamo:
a) Prelazione al corso di Anatomia Chirurgica e Medicina Operatoria
(Roma, 1893);
b) Sulle emorragie dei neonati (Roma, 1893);
c) Trattato di Medicina Operatoria ad uso dei Medici e Studenti (Milano,1893).
I.2.3 Anno Accademico 1894–95
Nel 1894–95 Montessori si iscrisse al quinto anno di Medicina ottenendo
la frequenza sia nei corsi obbligatori che liberi. Tra i corsi obbligatori la giovane Maria ottenne la frequenza in Clinica medica con il professor Eugenio
Rossoni; Clinica chirurgica col professor Francesco Durante; Clinica oculistica con Francesco Businelli; Clinica dermosifilopatica con Roberto Campana; Clinica psichiatrica con Clodomiro Bonfigli; Igiene sperimentale con
Angelo Celli; Anatomia patologica con Ettore Marchiafava; Fisiologia umana con Luigi Luciani; Polizia sanitaria con Angelo Celli e Igiene applicata
alla polizia sanitaria con il professor Luigi Pogliani49.
Tra i corsi liberi, Montessori, ottenne la frequenza in Clinica pediatrica
con il dottor Luigi Concetti; Clinica ostetrica con il dottor Felice La Torre;
Patologia medica o Patologia speciale medica dimostrativa con il dottor Virginio Pensuti; Antropologia con il dottor Mingazzini50; Clinica patologica
oculistica51 con il dottor Alfredo Fortunati ed Esercizi d’Igiene con il professor Angelo Celli.
La studentessa frequentò le lezioni di Clinica medica con il professor
Rossoni il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10.30 alle 11.30, presso
l’Ospedale Santo Spirito, dove lo stesso professore teneva anche il corso di
Clinica medica propedeutica, il martedì, giovedì e sabato dalle 11.00 alle
12.00. Maria Montessori frequentò inoltre le lezioni di Clinica chirurgica
con il professor Durante il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 09.00 alle
10.00 ed il martedì, il giovedì e il sabato dalle 08.00 alle 09.00, le lezioni si
svolgevano presso l’Istituto chirurgico; Clinica oculistica con il professor
49
L’insegnamento di Polizia sanitaria con il professor Celli venne frequentato da Montessori sino alle vacanze di Pasqua, mentre l’insegnamento di Igiene applicata alla polizia sanitaria, del professor Pogliani, venne seguito da Montessori dopo le vacanze Pasquali, sino a fine
corso. Vedi Annuario per l’anno scolastico 1894–95, Roma, Edizione Fratelli Pallotta, 1895,
p.172. (D’ora in avanti sarà così citato: Annuario 1894–95).
50
Montessori risulta aver ottenuto la frequenza in Antropologia, ma tale insegnamento tenuto dal professor Mingazzini non venne mai sostenuto dalla giovane Maria. Inoltre, tale insegnamento non risulta nell’elenco degli orari dei corsi della facoltà di Medicina dell’anno
1894–95. Vedi Annuario 1894–95, p. 204.
51
Dal registro d’iscrizione non è chiaro se la giovane Maria abbia frequentato
l’insegnamento di Clinica patologica oculistica, impartita dal dottor Fortunati. Vedi Parte
IV.3, All. n. 2 della tesi.
198
Appendice – Parte prma
Businelli il martedì, il giovedì e il sabato dalle 10.00 alle 11.00, presso
l’Ospedale Santo Spirito; Clinica dermosifilopatica con il professor Campana il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 12.30 alle 13.30, presso l’Ospedale San Gallicano; Clinica psichiatrica con il professor Bonfigli, il venerdì e
la domenica dalle 09.30 alle 10.30, presso il Manicomio romano. Inoltre, seguì Igiene sperimentale con il professor Celli il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 14.30 alle 15.30, presso l’Istituto d’igiene; Anatomia patologica52
con i professor Marchiafava, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 13.00 alle
14.30, nell’Ospedale Santo Spirito; Fisiologia umana53 con il professor Luciani il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 15.30 alle 16.30, presso l’Istituto fisiologico; Polizia sanitaria e Igiene applicata alla polizia sanitaria rispettivamente impartite da Celli e Pogliani. Questi due corsi frequentati da
Montessori nell’anno 1894–95 non compaiono nell’elenco degli orari dei
corsi della Facoltà di Medicina di quell’anno, ma dell’anno successivo. A
riguardo i soli corsi che compaiono sono quelli di Igiene sperimentale ed Esercizi d’Igiene insegnati dal professor Angelo Celli. Rivolgendo lo sguardo
all’elenco degli orari dei corsi della suddetta facoltà, dell’anno 1895–96 (anno successivo), si osserva che, non solo l’ordine degli studi prevedeva il corso di Igiene sperimentale e Igiene sperimentale applicata alla polizia sanitaria, ma il corso veniva diviso in due parti: una prima parte, Igiene sperimentale, impartita sino alle vacanze di Pasqua dal professor Celli; una seconda
parte, Igiene sperimentale applicata alla polizia sanitaria, assegnata al professor Pogliani. È possibile ipotizzare che l’anno in cui Montessori frequentò
e sostenne l’esame, l’insegnamento di Igiene racchiudeva tutti e due gli insegnamenti e che solo l’anno successivo, quando fu redatta la carriera scolastica dell’anno precedente, gli insegnamenti risultavano divisi e sostenuti da
due diversi professori54.
Dei corsi liberi la giovane Maria frequentò le lezioni di Clinica pediatrica
con il dottor Concetti55 il martedì, il giovedì e il sabato dalle 10.30 alle
52
L’insegnamento di Anatomia patologica viene denominato nell’elenco degli orari dei
corsi della facoltà con il nome completo di Anatomia patologica dimostrativa. Vedi Annuario
1894–95, p. 204 e Parte IV. 3, All. n. 2 della tesi.
53
Nel registro d’iscrizione l’insegnamento di Fisiologia umana risulta frequentato dalla
Montessori, ma nell’elenco dei corsi della facoltà di Medicina è denominato come Fisiologia
sperimentale, tenuto però dallo stesso professore cioè Luciani. Evidentemente tale insegnamento è uguale. Questo insegnamento appare per la prima volta con la Bolla Leonina nel
1824 ed acquista carattere sperimentale solo dopo il 1870 in particolare con l’Olandese Moleschott. Tale insegnamento fu coadiuvato dal Battistini insegnante di Tecnica fisiologica
(1881–92), per arrivare, poi, nel 1893 a Luigi Luciani il quale seppe dare alla materia veri segni di rinnovamento (1893–1917). Vedi L. Stroppiana, Storia della Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985, p. 113 e Annuario 1894–95, p. 204.
54
Vedi Annuario 1894–95, p. 202 e pp. 204–209. Cfr. Annuario 1895–96, p. 172, pp.
174–179 e Parte IV.3, All., n. 2 della tesi.
55
Il primo accenno a questo insegnamento si ebbe con l’Università Regia di Roma nel
1871–72, quando l’Ostetricia acquistò il nome più espansivo di Ostetricia e malattie speciali
delle donne e dei bambini. In principio era un insegnamento teorico e riguardava solo i neona-
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
199
11.30, presso la Clinica chirurgica; Clinica ostetrica con il dottor La Torre56,
il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 16.30 alle 17.30, presso l’Istituto privato di via Collina, 24 (Roma); Patologia medica57 con il dottor Pensuti il
lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 12.00 alle 13.00, presso l’Ospedale
Santo Spirito; Antropologia con il Mingazzini; Clinica patologica oculistica58 con il dottor Fortunati il martedì, il giovedì e il sabato dalle 15.30 alle
17.00, presso l’Ospedale Santo Spirito, e gli Esercizi d’igiene con il professor Celli il lunedì, il mercoledì e il sabato dalle 15.30 alle 16.30, presso
l’Istituto d’igiene.
Montessori nello stesso anno superò ben quattro esami: Clinica dermosifilopatica, Clinica psichiatrica, Clinica oculistica e Igiene sperimentale comprendente anche Igiene applicata alla polizia sanitaria. Si presuppone che la
giovane studentessa abbia seguito almeno tre corsi che, come risulta dal regolamento universitario del 26 ottobre 1890 n°. 7337, era obbligatorio seguire al fine di superare l’anno accademico59.
ti, tenuto dal professor Ercole Pasquali, titolare della cattedra ostetrica. Tuttavia, il vero studio
della Pediatria ebbe inizio con il professor Luigi Concetti e nel 1896, quando il Baccelli fondò
la Clinica Pediatrica, come materia d’insegnamento. Vedi L. Stroppiana, op. cit., p. 97.
L’insegnamento di Clinica pediatrica racchiudeva anche Pediatria e veniva impartito dallo
stesso professore nel medesimo orario. Vedi Annuario 1894–95, p. 208.
56
La cattedra di Ostetricia venne fondata nel 1876, agli inizi nasce con il nome di Clinica
ostetrica e Ginecologia e sempre sotto la direzione del professor Ercole Pasquali che tenne la
cattedra sino al 1905. (L. Stroppiana, op. cit., p. 93). Il dottor La Torre Felice figurava come
insegnante libero con effetti legali per l’Ostetricia e Clinica ostetrica. L’insegnamento di Clinica ostetrica, racchiudeva anche Ostetricia ed era assegnato dal medesimo professore nelle
stesse ore e giorni. Ivi, p. 206.
57
L’antico nome di tale insegnamento era Medicina theoretica et pratica. Il primo insegnante risulta essere stato Pietro Luigi Valentini (1824–1846). Il nome di Patologia speciale
medica viene introdotta nella Regia Università dal professor Luigi Galassi, al quale si deve la
notizia di quel morbo che vent’anni dopo prese il nome dal Weil. (L. Stroppiana, op. cit., p.
156). Nell’elenco dei corsi di Medicina tale insegnamento racchiude una serie di altre materie:
Patologia speciale medica, assegnata al professor Galassi e Patologia speciale medica dimostrativa, materia che Maria Montessori risulta aver seguito. Dal Registro d’iscrizione risulta,
invece, con la denominazione di Patologia medica insegnata dal dottor Pensuti. Ibidem
58
L’insegnamento di Clinica patologica oculistica venne attivato nel 1871, ma del suo insegnamento non si hanno notizie. Solo nel 1872 questo insegnamento compare con il professor Businelli al quale succede Alfredo Fortunati sino al 1909. (L. Stroppiana, op. cit., p. 87).
Nell’anno 1894–95 il corso di Patologia oculare era assegnato al dottor Fortunati, Clinica oculistica al dottor Parisotti Oreste e per quanto concerne il corso ufficiale, cioè obbligatorio, era
tenuto dal professor Businelli. Ivi, p. 204 e pp. 206, 208.
59
«La facoltà, uniformandosi al disposto dell’articolo 125 della legge 13 novembre 1859
n°. 2725 e dell’articolo 84 n. 1 del regolamento universitario 26 ottobre 1890 n°. 7337, col
presente manifesto suggerisce e consiglia agli studenti dei singoli anni i corsi ai quali potrebbero iscriversi con maggior opportunità e profitto. Lo studente, ciò sarà libero, entro il regolamento della facoltà, d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi che vorrà seguire, senza tenersi
al presente ordine (articolo 27 del citato regolamento). Nessun anno di corso sarà valido se lo
studente non si sarà iscritto almeno a tre corsi obbligatori (articolo citato).
Lo studente iscrivendosi ai corsi obbligatori di un dato anno della sua carriera scolastica,
avrà l’obbligo di riservare per gli altri anni di corso, tante iscrizioni quante ne occorreranno
200
Appendice – Parte prma
Clinica Dermosifilopatica60
Montessori sostenne e superò l’esame il 22 giugno 1895 con la votazione
di 30/30. L’argomento della domanda fu: Eczema crostoso e granulo–
squamoso. Ittiosi semplice. Varietà dell’esantema polimorfo. La commissione esaminatrice era formata dal professor Roberto Campana, ordinario per
Clinica dermosifilopatica; dal professor Antonio Valenti, straordinario per
Patologia generale e dal dottor Giovanni Melle, insegnante libero con effetti
legali per Dermosifilopatia e Clinica dermosifilopatica dal 27 novembre
1893.
Il professor Campana pubblicò molti scritti tra i quali ricordiamo:
a) Due storie cliniche di sifilidermi di aspetto non ordinario (1877);
b) Eritema polimorfo (1877);
c) Eritema nodoso (con Tavole. 1878);
d) Storia anatomica di un caso di lepra (1880);
e) Note cliniche ed anatomiche sulla lepra (con tavole. 1881);
f) Cura protettiva in alcuni morbi cutanei (1882);
g) Naftalina in alcuni eczemi (1882);
h) Eritema (1883); Erpete (con tavola. 1883);
i) Clinica Dermosifilopatica della R. Università di Genova (1884);
j) L’atrofia dermica nell’Ittiosi (1884);
k) Cura della sifilide ereditaria nei bambini lattanti (1884);
l) Eczema impetiginoide (1884);
m) Una varietà non ancora descritta di erpete boccale (1887);
n) Sulla cura della psoriasi (1887);
o) Psorospermosi ittiosi forme (Genova. 1891);
p) Istologia della cute apparentemente sana in un infermo di eczema
rubro squamoso (1891);
per renderli validi. Se lo studente non avrà adempito siffatto obbligo, la segreteria annullerà le
iscrizioni che egli avrà preso oltre il dovere (articolo citato).
Il massimo dei corsi liberi che lo studente di questa facoltà potrà prendere è di 5 per ciascuno anno.
Lo studente che aspira alla dispensa delle tasse scolastiche deve sostenere e superare, in
conformità delle disposizioni dell’articolo 68 del citato regolamento universitario, tutti gli esami speciali nelle materie obbligatorie consigliate dalla facoltà per l’anno precedente.
a) L’esame di Chimica generale ed organica è complessivo alla fine del secondo anno.
b) L’esame di Fisica si consiglia di darlo alla fine del primo biennio di studio, cioè a dire che dopo che lo studente del primo anno abbia sentito il corso orale e nel secondo dato opera agli esercizi pratici.
c) Per deliberazione del Ministero della Istruzione Pubblica l’esame di Fisiologia generale è riunito a quello di Fisiologia sperimentale; rimane, però, l’obbligo di sostenere l’esame
speciale sulla Istologia.
d) Gli esercizi, facendo parte integrale delle materie fondamentali o complementari non
devono considerarsi come singoli corsi». Ivi, p. 203.
60
Montessori sostenne questo esame nel primo periodo della sessione il 22 giugno 1895,
ma dall’ordine degli studi consigliato dalla facoltà questo esame cioè Clinica dermosifilopatica e Clinica psichiatrica, risulta da darsi al sesto anno. Ivi, p. 202 e Parte IV. n. 17.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
201
q) Lepra. Morfologia clinica. Anatomia patologica. Parassitologia. (Genova 1894);
r) Altre particolarità biologiche del bacillo leproso coltivato (Roma
1894). (Atti del Congresso medico Internazionale).
Tra le pubblicazioni del dottor Giovanni Melle ricordiamo:
a) Sulla specificità infettiva e sul valore diagnostico dei bacilli tubercolari di Koch. Del metodo di Weigert. (Napoli, 1884);
b) I Bacilli del Rinoscleroma. Memoria letta alla R. Accademia Medico–Chirurgica di Napoli nell’adunanza del 28 agosto 1887 (Napoli,
1888);
c) Studio clinico anatomo–patologico e batteriologico sull’Acne Cheloideo di Bazin. Tesi di libera docenza in Patologia e Clinica dermosifilopatica presso la R. Università di Napoli (Milano, 1891).
d) Giovanni Melle pubblicò insieme al dottor R. Stanziale anche lo Studio sulla Etiologia dell’Eritema polimorfo essudativo dal punto di vista parassitario. Lavoro eseguito nel laboratorio batteriologico del
prof. Cantani e nella Clinica dermosifilopatica del prof. T. De Amicis
(Napoli, 1889).
Tra gli scritti del professor Valente, straordinario per Patologia generale,
ricordiamo:
a) Dei processi morbosi infettivi. Eziologia, Nosologia e terapeutica
(Milano, 1895).
Dalle argomentazioni esposte da Montessori in seduta d’esame, è possibile ipotizzare il programma ed i testi da lei studiati: Clinica dermosifilopatica.
Indubbiamente, il professor Campana nelle sue lezioni affrontava lo studio di
particolari problemi della dermatologia. Infatti, in quegli anni, egli fu autore
di interessanti osservazioni sulla dermatite di Duhring, sul Lupus pitiriasi
versicolare delle unghie e si dedicò, soprattutto, allo studio della lebbra,
dando un contributo al problema della coltura del bacillo della lebbra, che,
scoperto da Hansen nel 1871, rappresentava allora un avvicinamento ad indagini ancora da sviluppare. Secondo le domande, poste dalla commissione
in seduta d’esame, Montessori potrebbe aver portato i testi del professor
Campana: Eritema, Erpete, Eczema impetiginoide, e Istologia della cute apparentemente sana in un infermo di eczema rubro squamoso.
Clinica psichiatrica
La giovane Montessori sostenne e superò l’esame con il professor Clodomiro Bonfigli il 27 giugno 1895 con la votazione di 27/30. L’argomento
della domanda fu Sfera affettiva. Sensibilità tattile e generale. La rappresentanza giudicante era formata dal professore incaricato per Psichiatria e Clinica psichiatrica Clodomiro Bonfigli; Luigi Luciani, professore ordinario per
Fisiologia umana ed incaricato per Tecnica fisiologica, e Giovanni Mingazzini, insegnante libero con effetti legali per Psichiatria e Clinica psichiatrica
202
Appendice – Parte prma
dal 19 maggio 1894 e direttore del laboratorio anatomico–patologico del
Manicomio di Roma, per l’Anatomia umana, dal 27 novembre 1888.
Il professor Bonfigli era anche direttore emerito del Manicomio provinciale di Ferrara e dal 1893 direttore dell’Ospedale psichiatrico provinciale di
S. Maria della Pietà di Roma, per Clinica psichiatrica.
Tra le sue opere ricordiamo:
a) Trattato delle malattie del sistema nervoso di Hasse (Milano, 1873);
b) Osservazioni sul regolamento ministeriale sui mentecatti e sui manicomi (Milano, 1875);
c) Sulla così detta pazzia morale (Milano, 1876);
d) Ancora sulla questione della pazzia morale (Reggio Emilia, 1878);
e) La Pellagra (Milano, 1880);
f) Compendio di psichiatria del Kraepelin (Napoli, 1886);
g) Perché in Torquato Tasso malato le allucinazioni e le idee ebbero
colore demonomaniaco (Milano, 1887);
h) Trattato delle malattie del sistema nervoso di Hirt (Milano, 1890);
i) Trattato delle malattie del sistema nervoso di Strümpell. (Milano,
1891);
j) Bollettino del Manicomio provinciale di Ferrara, contenente molti
articoli di psichiatria (Ferrara, 1874–93);
k) La storia naturale del delitto (Milano, 1893);
l) Lezioni cliniche di psichiatria del Meynert. (Milano, 1893);
m) L’Insegnamento clinico della psichiatria. Prelazione al corso di Clinica psichiatrica nella R. Università di Roma per l’anno 1893–94
(Roma, 1894);
n) Un caso di demonopatia. Considerazioni sulla patogenesi e natura di
questa forma mentale (Reggio Emilia, 1894). Estratto dalla Rivista
sperimentale di freniatria e medicina legale;
o) Dei fattori sociali della pazzia in rapporto con l’educazione infantile.
Prelazione al corso di Clinica psichiatrica nella R. Università di Roma
per l’anno 1894–95 (Roma, 1894).
Del professor Luciani, membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ed anche professore onorario del Regio Istituto di studi superiori
pratici e di perfezionamento a Firenze, ricordiamo alcune pubblicazioni:
a) Linee generali della fisiologia del cervelletto (Firenze, 1884);
b) Le localizzazioni funzionali del cervello. Monografia premiata dal R.
Istituto Lombardo di Scienze e Lettere (Napoli, 1885);
c) Il cervelletto. Nuovi studi di fisiologia normale e patologia. Con 48
figure intercalate nel testo (Firenze, 1891);
d) Lo svolgimento storico della fisiologia. Prelazione al suo primo corso
di Fisiologia nella R. Università di Roma (Torino, 1894);
e) De l’influence qu’exercent les mutilations cérébelleuses sur
l’excitabilité de l’écorce cérébrale et sur les réflexesspinaux. Comu-
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
203
nicazioni fatte al Congresso Internazionale di Medicina a Roma
(1894).
Il terzo ed ultimo componente della commissione d’esame era il professor
Giovanni Mingazzini. Tra i suoi numerosi scritti ricordiamo:
a) Sul collezionismo nelle diverse forme psicopatiche (Reggio, 1893.
Rivista sperimentale di Freniatria);
b) Contributo alla craniologia degli alienati (Roma, 1893. Atti della
Società romana di Antropologia);
c) Sui rapporti fra l’emicrania oftalmica etc. (Reggio 1893. Rivista sperimentale di Freniatria);
d) Descrizione di un cervello umano anomalo (Roma, 1893. Ricerche
del Laboratorio di Anatomia umana normale);
e) Intorno a un caso di demenza paralitica combinata con afasia (Roma, 1893);
f) Intorno ad un caso di psicosi transitoria postinfluenzale (Roma,
1893);
g) Ulteriori ricerche intorno alle fibrae arciformes ed al Raphe della
Oblongata (Leipzing, 1893);
h) Sulle lesioni del gusto negli alienati (Torino, 1894. Archivio di psichiatria);
i) Sui fenomeni circumcursivi e rotatori dell’epilessia (Reggio Emilia,
1894. Rivista sperimentale di Freniatria);
j) Sui fenomeni consecutivi alle estirpazioni emicerebellari (Roma,
1894. Ricerche fatte nel laboratorio dell’Istituto di Anatomia normale
di Roma);
k) Sulla così detta stato–baso–fobia (Roma, 1894);
l) La morfologia degli emisferi cerebrali dell’uomo in relazione coi fenomeni psichici (Torino, 1894).
Il professor Bonfigli, nell’anno accademico 1894–95, in cui Montessori
scelse di frequentare l’insegnamento della Clinica psichiatrica, scelse di aprire il corso con una lezione dal titolo Dei fattori sociali della pazzia in rapporto con l’educazione infantile.
Dal titolo del corso e dalle domande effettuate alla studentessa all’esame
è possibile dedurre i testi studiati per la preparazione dello stesso. Testi che
avrebbero potuto riguardare il legame tra educazione e follia, visto che il
Bonfigli, nelle sue lezioni, metteva in primo piano come fattore della pazzia
la carenza di educazione e la povertà.
Dalle esperienze del professor Bonfigli si evince che fu un medico molto
attento ai temi di psicopatologia, infatti fu tra i primi a chiarire la natura psichica dell’isterismo; inoltre fu uno tra i primi a tentare una classificazione
delle malattie nervose ed a definire le psicosi pellagrose (al riguardo scrisse
La pellagra, Milano 1880), ed anche le alienazioni del senso morale. Il problema delle manifestazioni psicopatologiche originate nell’età infantile fu un
tema caro al Bonfigli, tanto da trattarlo sia nelle sue lezioni, in particolare
204
Appendice – Parte prma
nel corso tenuto nel 1894 dal titolo Dei fattori sociali della pazzia in rapporto con l’educazione infantile (Roma, 1894), sia nell’opera che racchiude la
sua esperienza nel campo della psichiatria, L’insegnamento clinico della psichiatria (Roma, 1894). I problemi neuropsichiatrici connessi con una incongrua educazione infantile furono gli argomenti di cui il Bonfigli si fece promotore, anche in campo politico, propugnando, tra l’altro, la legge
sull’assistenza psichiatrica e la legge per la creazione degli Istituti medico–
pedagogici. Il suo coerente adoperarsi per la psichiatria infantile lo indusse a
fondare nel 1899 la «Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti». Il fine di questa Lega era di limitare al massimo i danni dipendenti da
una insufficiente assistenza dei bambini in un’età critica per la loro formazione. Le lezioni di Bonfigli dovettero essere importanti dal momento che la
giovane Maria non solo scelse di laurearsi in questa disciplina, ma impiegò i
suoi anni di maggiore attività in campo medico all’interno del movimento
della Lega fondata e diretta dal Bonfigli.
Clinica oculistica
Montessori sostenne e superò con il professor Francesco Businelli, ordinario per Clinica oculistica, l’esame il 30 giugno 1895 con la votazione di
27/30. L’argomento delle domande furono: Ambliopia. Congiuntiviti. Indicazioni della operazione di cataratta. La commissione esaminatrice era costituita da Francesco Businelli, Francesco Todaro e Mariano Scellingo; rispettivamente diedero alla Montessori il voto di : 9, 9 e 9.
Tra i professori appena nominati ricordiamo le pubblicazioni del dottor
Scellingo, insegnante libero con effetti legali per Oftalmoiatria e Clinica
oculistica dal 10 novembre 1885, direttore dell’Istituto oftalmico Torlonia e
oculista nell’Ospizio Margherita di Savoia per i ciechi poveri. Le pubblicazioni:
a) Asepsi, antisepsi, cocaina e luce elettrica nella chirurgia oculare
(Roma. 1890);
b) Resoconto del triennio 1887–88–89 dell’Istituto Oftalmico Torlonia
(Roma, 1890);
c) Resoconto del triennio 1890–91–92 delle cure e dee operazioni fatte
nell’Istituto Oftalmico Torlonia (Roma, 1893);
d) Resoconto del biennio 1893–94 dell’Istituto Oftalmico Torlonia
(Roma, 1895).
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
205
Igiene sperimentale e Igiene applicata alla polizia sanitaria61
Montessori sostenne e superò l’esame il 4 luglio 1895 con la votazione di
25/30 e con una domanda riguardante: Inquinamento delle acque per le materie organiche. Mortalità infantile in Italia. Surrogati del latte e latte condensato. La commissione esaminatrice era composta dai professori Angelo
Celli, Alberto Scala e Oreste Ferraresi.
Il professor Celli, ordinario per Igiene sperimentale e insegnante libero
con effetti legali per le Esercitazioni di polizia sanitaria, pubblicò molti scritti tra i quali ricordiamo:
a) Annali dell’Istituto d’igiene sperimentale della R. Università di Roma
(Roma, 1890);
b) Sulle febbri malariche predominanti nell’estate e nell’autunno di
Roma. In collaborazione con il prof. Marchiafava (Roma, 1890);
c) Sull’acqua del tevere. Studio dal punto di vista dell’igiene. In collaborazione con il dott. Scala (Roma, 1890);
d) Annali dell’Istituto d’Igiene sperimentale dell’Università di Roma
(Roma, 1893);
e) La Scuola e l’Igiene sociale (Napoli, 1893);
f) L’Igiene della Scuola. Conferenze agl’ispettori scolastici (Firenze,
1893);
g) Annali dell’Istituto d’Igiene sperimentale (Roma, 1894);
h) Il colera di Roma nel 1893, in confronto con le precedenti epidemie
(Roma, 1894);
i) Sulla alimentazione del proletario in Italia (Roma, 1894);
j) Sulla eziologia della Dissenteria (Roma, 1895);
k) Sull’acqua della condotta di Torino nel primo trimestre 1894 (Padova, 1895);
l) Annali d’Igiene sperimentale (Roma, 1895);
m) L’alcolismo in Italia (Roma, 1895);
n) Latifondo e Malaria (Roma, 1895).
Del professor Scala ricordiamo solo alcune pubblicazioni:
a) Determinazione quantitativa dell’acido formico in presenza di acido
acetico e butirrico (Roma, 1890);
b) Sui rapporti esistenti tra la vita dei Microrganismi acquatici e la
composizione delle acque (Roma, 1890);
c) Sull’acqua del Tevere. Studio dal punto di vista dell’Igiene (Roma,
1890);
61
L’esame di Igiene risulta nell’elenco dei corsi della Facoltà di Medicina e chirurgia, separato da Igiene applicata alla polizia sanitaria. Infatti, troviamo Igiene sperimentale insegnato dal prof. Angelo Celli ed Esercitazioni di polizia sanitaria, insegnato sempre dal prof. Celli,
ma risultante nei corsi a titolo privato complementari. Quindi, non viene fatto alcun riferimento all’unicità dei due insegnamenti, ed all’insegnamento di un professore diverso (prof. Pagliani), pur figurando uniti nel documento (vedi Parte IV) e separati nell’ordine degli studi
della suddetta Facoltà. Vedi Annuario 1894–95, p. 202 e pp. 204, 208 e Parte IV. n. 20.
206
Appendice – Parte prma
d) Azione dell’acido carbonico, disciolto nelle acque potabili, su alcuni
microrganismi patogeni (Roma, 1890);
e) Composizione del formaggio pecorino e trasformazioni che subiscono i componenti di esso durante la maturazione (Roma, 1892);
f) Sul modo migliore di identificare le materie coloranti blue e violette,
derivate dal catrame, e di separarle dalle loro mescolanze (Roma,
1894);
g) Relazione facile per scoprire se un vino sia stato colorato artificialmente con sostanze vegetali estranee (Roma, 1894);
h) Su di alcune modificazioni che subiscono i grassi nell’irrancidimento
(Roma, 1894).
Il terzo membro della commissione esaminatore era il Ferraresi insegnante libero con effetti legali per Anatomia patologica dal 26 novembre 1887 e
medico primario dell’Ospedale S. Giovanni.
Dalle numerose pubblicazioni è possibile ipotizzare che Montessori abbia
studiato su alcuni dei libri sopra citati. Il professor Celli ebbe una intensa attività didattica e portò un contributo notevole alla lotta contro la malaria. I
suoi primi studi sull’infezione malarica segnarono una svolta di ordine epidemiologico e profilattico; egli condusse studi sulla epidemia di colera a
Roma, scrivendo al riguardo un testo dal titolo Il colera di Roma nel 1893 in
confronto con le precedenti epidemie (Roma, 1894); inoltre guidò ricerche
sulla dissenteria bacillare, che sfociarono nella descrizione dell’agente eziologico di questa forma di dissenteria, evidenziando la netta distinzione dalla
dissenteria amebica. Di vasta risonanza furono le ricerche sulla malaria, infatti il Celli fu il primo a recare un contributo sperimentale al problema: egli
dimostrò che nelle zone malariche si riusciva a impedire la comparsa di nuovi casi di malaria riparando in modo adeguato le abitazioni dalle zanzare e
persuadendo le persone a non uscire all’aperto, soprattutto nelle ore notturne,
periodo nel quale più intensa è l’attività degli insetti. Questi studi formarono
la base del lavoro svolto dal Celli per la redenzione dell’Agro romano. Infine
si rese conto che ad una lotta antimalarica, bisognava associare una adeguata
profilassi medica–mentosa, fondata sull’utilizzo del chinino. Infatti ne curò
le modalità di somministrazione inserendo il chinino in barrette di cioccolato
per facilitarne la somministrazione nei bambini. Il Celli si impegnò anche
nel campo della politica, attraverso l’elaborazione e l’approvazione di leggi
volte a migliorare le condizioni di vita delle classi lavoratrici, rivolgendo
un’attenzione particolare alle condizione igieniche delle zone infestate, studiando in particolare l’approvvigionamento idrico delle città, l’igiene industriale e l’alimentazione delle classi meno abbienti. Al riguardo scrisse il testo dal titolo Sull’acqua del Tevere. Studio dal punto di vista dell’igiene
(Roma, 1890), scritto in collaborazione con il dottor Alberto Scala (presente
anche nella commissione dell’esame sostenuto da Montessori), e Sulla alimentazione del proletario in Italia (Roma, 1894).
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
207
Il Celli si interessò anche dell’assistenza sanitaria e, sensibile ai problemi
dell’infanzia, creò a Roma nel 1891 l’ambulatorio «Soccorso e lavoro» per i
bambini poveri (sostenuto dall’associazione femminile in cui oltre alle mogli
di medici avrebbe prestato la sua opera anche Montessori). L’attenzione alla
medicina sociale e in particolare all’infanzia povera e malata, suscitava nella
studentessa Montessori un interesse profondo che influenzerà (come si vedrà) la sua vita futura.
I. 2.4 Anno Accademico 1895–96
Montessori, dopo aver superato gli esami del quinto anno, si iscrisse al
sesto ed ultimo anno di corso, adempiendo al pagamento della prima e seconda rata d’iscrizione, rispettivamente il 26 febbraio 1896 di £. 45, ed il 2
settembre 1896 di £. 99. Inoltre per sostenere l’esame, Montessori dovette
pagare il 28 settembre 1896 una tassa di £. 16.67 C.
Montessori frequentò i corsi obbligatori di Clinica medica con il professor Guido Baccelli; Clinica chirurgica con il professor Francesco Durante;
Clinica ostetrica con Ercole Pasquali; Anatomia patologica con Ettore Mingazzini, e Clinica pediatrica con Luigi Concetti.
Per i corsi liberi la giovane Montessori frequentò i corsi di Clinica chirurgica con il dottor Gaetano Mazzoni; Anatomia patologica con il dottor
Oreste Ferraresi; Clinica oculistica, con il dottor Alfredo Fortunati; Clinica
ostetrica con il dottor Felice La Torre e Clinica psichiatrica con il professor
Giovanni Mingazzini.
Nell’anno 1895–96, Montessori seguì le lezioni di Clinica medica, presso
l’Ospedale Santo Spirito, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 10.30 alle
12.00 con il professor Eugenio Rossoni62; Clinica chirurgica con il professor
Francesco Durante, presso l’Istituto chirurgico, il lunedì, il mercoledì e il
venerdì dalle 09.00 alle 10.00 e il martedì, il giovedì e il sabato dalle 08.00
alle 09.00; Clinica ostetrica con il professor Pasquali, presso l’Ospedale San
Giovanni, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 14.30 alle 16.00; Anatomia patologica (dimostrativa) con il professor Marchiafava, presso
l’Ospedale Santo Spirito, il martedì dalle 13.00 alle 14.30, il giovedì dalle
13.30 alle 14.30 ed il sabato dalle 13.30 alle 14.00; Neuropatologia con il
62
Dal Registro d’iscrizione risulta che Montessori frequentò l’insegnamento di Clinica
medica con il professor Baccelli, ma dall’elenco dei corsi dell’anno 1895–96, emerge che a
tenere le lezioni vi era il professor Rossoni. Una possibile ragione può risiedere nel fatto che il
Baccelli pur essendo il professore di cattedra della summenzionata materia, in quel periodo
avesse importanti impegni, soprattutto politici e che non abbia potuto sostenere le lezioni per
l’intero anno, ma solo per alcuni mesi, settimane, o giorni. In sua assenza l’Università incaricava il professor Rossoni, quale sostituto per il corso di Clinica medica. Vedi Annuario scolastico per l’anno 1895–96, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1896, pp. 174–175 e Parte IV.3,
All. n. 2 della tesi. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1895–96).
208
Appendice – Parte prma
professor Giovanni Mingazzini, presso l’Ospedale Santo Spirito, il giovedì e
la domenica dalle 11.00 alle 12.00, ed infine quelle di Clinica pediatrica (Pediatria) con il dottor Concetti il martedì, il giovedì e il sabato dalle 10.30 alle
11.3063.
Per i corsi liberi, Montessori frequentò gli insegnamenti di Clinica chirurgica64 con il dottor Mazzoni, presso l’Ospedale San Giovanni, il martedì,
il giovedì e il venerdì dalle 16.00 alle 17.00; Anatomia patologica, presso
l’Istituto fisiologico, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 12.00 alle 13.30
con il Dottor Ferraresi65; Clinica ostetrica, presso l’Istituto privato di via
Collina 24 in Roma, il lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 16.30 alle 17.30
con il dottor La Torre, ed infine Clinica psichiatrica, presso il Manicomio, il
lunedì e venerdì dalle 09.00 alle 10.00 con il prof. Bonfigli.
Anatomia patologica66
Montessori sostenne e superò l’esame il 12 giugno 1896 con la votazione
di 26/30. Le domande furono: Esame degli organi toracici. Pleura. Polmonite destra e adenoma dello stomaco e del fegato. La commissione d’esame
era costituita da Ettore Marchiafava, professore ordinario per Anatomia patologica, Angelo Celli e Oreste Ferraresi, insegnante libero con effetti legali
per Anatomia patologica.
Il professor Marchiafava apportò contributi fondamentali allo studio
dell’Anatomia patologica. Infatti, svolse con Angeli Celli importanti ricerche
sul plasmodio agente della malaria, confermando i risultati di Laveran e descrivendone alcuni stadi dello sviluppo. Compì anche studi sull’artrite tubercolare, l’artrite luetica e sulla degenerazione del corpo calloso negli alcolisti.
63
Nell’elenco dei corsi della Facoltà di Medicina l’insegnamento di Pediatria e Clinica
pediatrica compare non tra i corsi ufficiali (obbligatori), ma tra i corsi a titolo privato complementari. Vedi Annuario 1895–96, p. 178. (c’è da precisare che nel registro d’iscrizione il
suddetto corso, compare tra i corsi obbligatori).
64
L’insegnamento di Clinica chirurgica, con tale denominazione, viene inserito tra i corsi
obbligatori. Mentre nei corsi a titolo privato (equipollenti ai corsi ufficiali), la Clinica chirurgica viene denominato con il nome di Patologia speciale e clinica chirurgica propedeutica. Ivi,
p. 176.
65
L’insegnamento di Anatomia patologica, risulta fra i corsi a titolo privato equipollenti
ai corsi ufficiali, tenuto dal dott. Ferraresi. Nell’ordine degli studi tale insegnamento del sesto
anno risulta come Anatomia patologica dimostrativa, i cui corsi erano tenuti dal prof. Ettore
Marchiafava. Quindi, Montessori potrebbe aver seguito il primo o il secondo corso o entrambi. Ivi, p. 172 e pp. 174–177.
66
L’insegnamento di Anatomia patologica veniva collocato tra le discipline più importanti della scienza medica. Un suo preciso inquadramento negli studi risale al 1852 quando, anche in Italia, sul modello di quanto si era già verificato in altri Paesi, quali Francia e
l’Inghilterra, venne sentita la necessità di una adeguata programmazione legislativa.
L’insegnamento di Anatomia ed l’Istologia patologica nacque proprio a Roma, con il professor Gaetano Valeri, che ne diresse la cattedra sino al 1865. Poi furono continuate dal Baccelli,
professore di Clinica medica. Tale insegnamento in seguito venne affidato al professor Ettore
Marchiafava (1881–1922), che portò la Scuola romana a nuova gloria. In L. Stroppiana, op.
cit., p. 43. Vedi anche Parte IV. n. 21.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
209
Insieme, Marchiafava e Celli, portarono un contributo essenziale alla lotta
contro la malaria. In particolare Celli si interessò dell’eziologia della meningite cerebrospinale della dissenteria; mentre il Marchiafava si interessò dello
studio dell’agente patogeno.
Clinica ostetrica
Montessori sostenne e superò l’esame il 22 giugno 1896 con la votazione
di 25/30 e con una domanda riguardante: Fenomeni della gravidanza (presuntivi) Del vomito incoercibile delle gravide. Provocazione del parto. Il
gruppo di esperti con cui sostenne l’esame era formato da Ercole Pasquali,
professore ordinario per Ostetricia e Clinica ostetrica, Francesco Businelli,
professore ordinario per Clinica oculistica e un terzo membro il cui nome risulta illeggibile, anche se sembrerebbe quello del professor Rossoni. I tre
componenti diedero rispettivamente: 8, 9 e 8.
Il professor Pasquali, chirurgo primario degli Ospedali di Roma e membro onorario della Società Ostetricia e Ginecologica di Berlino, tenne oltre
Clinica ostetricia anche un corso di Ostetricia per levatrici.
Clinica medica
Montessori affrontò e superò l’esame il 27 giugno 1896 con la votazione
di 27/30. Le venne fatta una sola domanda su la nefrite cronica, e la commissione era costituita da tre professori: primo il cui nome risulta illeggibile
anche se sembrerebbe quello del professor Grandi, e poi da Eugenio Rossoni, professore straordinario per Clinica medica propedeutica ed incaricato
per Clinica medica e Virginio Pensuti, insegnante libero con effetti legali per
Patologia speciale medica dal 13 novembre 1894.
Clinica chirurgica
Montessori sostenne l’esame nel primo periodo della sessione, 28 giugno
1896, promossa con la votazione di 21/30. L’argomento della domanda
d’esame riguardava: Cisti del digerente largo. Diagnosi differenziale fra adenoma ed epitelioma della mammella. La commissione d’esame era costituita dal professor Francesco Durante, ordinario di Clinica chirurgica, il professor Francesco Occhini, straordinario per l’Anatomia chirurgica e il Corso
d’operazioni, ed il dottor Emidio Tassi, insegnante libero con effetti legali
per Clinica chirurgica propedeutica dal 9 giugno 1886.
Il professor Durante, oltre ad essere ordinario per Clinica chirurgica era
anche incaricato per Patologia speciale dimostrativa e propedeutica clinica
chirurgica. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo:
a) Gli epiteliomi (Roma, 1875);
b) Indirizzo alla diagnosi chirurgica dei tumori (Roma, 1879);
c) Sul Papilloma infettante (Roma, 1894);
d) Sull’asportazione del laringe, della trachea, dell’esofago per cancro
(Roma, 1894);
210
Appendice – Parte prma
e) Sulla plastica gastro–duodenale nei restringimenti estesi del piloro
(Roma, 1894);
f) Una nuova specie di cisti del Pancreas (Roma, 1894);
g) Trattato di patologia e terapia chirurgica generale e speciale (Roma,
1895);
h) Dell’azione dello iodio nella cura della tubercolosi chirurgica (Roma, 1895);
i) Trattato di patologia e terapia chirurgica e speciale (Roma,1895–
98).
Del professor Occhino, straordinario per Anatomia chirurgica e Corso
d’operazioni, ricordiamo tra gli scritti più significativi:
a) Trattato di medicina operatoria ad uso dei medici e studenti (Milano,
1893–94);
b) La Piperazina nella Diatesi Urica (Roma, 1895);
c) Un nuovo processo di Cistotomia (Roma, 1895).
Il Dottor Tassi primario degli Ospedali di Roma e insegnante per la Clinica chirurgica propedeutica dal 9 giugno 1886 scrisse:
a) Resezione di due anse intestinali del tenue (Roma, 1894);
b) Craniotomia per pachimeningite emorragica (Roma, 1894);
c) Tre allacciature di grosse arterie unitamente alle vene e nevrorafia
(Roma, 1894).
La serie di lavori del professor Durante comprendono argomenti che abbracciano vari campi di applicazione della chirurgia, infatti egli studiò la genesi e la metamorfosi di un sarcoma giganto–cellulare delle ossa, la patologia
e la terapia delle ghiandole linfatiche; studiò l’uretroperineorafia nei restringimenti uretrali; compì interventi sul pancreas, sulla milza, sul rene e
sull’utero. In un contributo del 1893 sugli esiti a distanza dell’isterectomia
per via vaginale nel cancro, riferì le proprie esperienze su una casistica di 50
interventi. Il Durante ha lasciato molte osservazioni importanti sulla formazione dell’ano artificiale e sull’utilità dello stesso come mezzo preliminare di
cura nella patologia rettocolica. Il Durante diede contributi originali anche
nella chirurgia cerebrale, scoprendo, nel 1894, un nuovo procedimento operatorio per l’estirpazione di un fibroma della base cranica per via faringea;
diede anche contributi innovatori nella chirurgia ossea e articolare e nella sutura dell’arteria ascellare, praticata per la prima volta dal Durante per un improvviso intervento causato da una ferita accidentale dell’arteria occorsa durante una amputazione di mammella. Ideò un procedimento di asportazione
della lingua con preventiva legatura dell’arteria linguale. Il Durante attraverso ricerche sperimentali di laboratorio, poté proporre e presentare al X Congresso della Società italiana di chirurgia, svoltosi a Roma nel 1895, la nota
cura della tubercolosi mediante iniezioni locali di soluzione iodoiodurata,
che permetteva la guarigione senza le mutilazioni della pratica precedente.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
211
Patologia e Clinica pediatrica (corso libero)
Montessori sostenne e superò l’esame il 9 luglio 1896 con la votazione di
27/30. L’argomento delle domande furono: Rachitismo incipiente. Catarro
intestinale. La commissione era formata dal professor Luigi Concetti, Luigi
Luciani e Antonio Valenti.
Il Professor Concetti, incaricato per Pediatria, era anche dal 21 maggio
1894 insegnante libero con effetti legali per Patologia e Clinica pediatrica;
tra le sue pubblicazioni ricordiamo:
a) Studi clinici e ricerche sperimentali sulla Difterite (Roma, 1894);
b) Della pretesa influenza dei regolamenti sanitari sulla sifilide ereditaria nei Brefotrofi (Roma, 1894);
c) Lo stato attuale della pediatria in Italia (Roma, 1895);
d) La sieroterapia nella Difterite (Roma, 1895);
e) La Difterite (Milano, 1895);
f) A proposito di alcune forme prolungate di difterite laringea (Roma–
Napoli, 1896);
g) Sulle perdite che subisce annualmente l’Italia per il numero eccessivo di morti e di malattie nell’età infantile (Milano, 1896);
h) L’insegnamento della Pediatria in Roma (Resoconto statistico clinico
del biennio 1894–95 e 1895–96. Roma, 1896).
Il professor Luciani, ordinario per Fisiologia umana e incaricato per Tecnica fisiologica, scrisse:
a) Lo svolgimento storico della Fisiologia. Prelazione al suo primo corso di Fisiologia nella R. Università di Roma (Roma, 1894);
b) I recenti studi sulla fisiologia del cervelletto secondo il prof. David
Ferrier (Reggio Emilia, 1895);
c) Sui fenomeni respiratori delle larve del bombice del gelso (Firenze,
1895);
d) Alcune ricerche comparative sulle principali acque clorurate di Montecatini. In collaborazione coi dott. Dutto e Lo Monaco (Roma,
1896).
Il professor Valenti, straordinario per Patologia generale, scrisse:
a) Un nuovo indicatore micrografico (Microtopografo) applicabile a
qualunque microscopia a tavolino quadrangolare (Roma, 1893);
b) Dei processi morbosi infettivi. Eziologia, Nosologia e terapeutica
(Milano, 1895).
Negli anni a cavallo tra i due secoli, l’insegnamento della pediatria era
agli inizi, infatti solo dal 1892 esistevano le cattedre di Padova e Napoli, pochi erano anche gli ospedali infantili, nati per iniziativa di privati. Il professor Concetti che, nell’anno accademico 1894–95 tenne presso l’Università di
Roma un corso pareggiato di Clinica pediatrica inaugurato il 2 dicembre
1894, con la prolusione dal titolo Lo stato attuale della pediatria, fin
dall’inizio della sua attività aveva sostenuto la necessita degli esami di laboratorio infatti, poteva disporre di mezzi per l’attività di laboratorio, messigli
212
Appendice – Parte prma
a disposizione da Angelo Celli (professore d’igiene nella stessa università),
convinto assertore di uno stretto legame fra pedagogia e igiene. Gli
argomenti cui il Concetti si dedicò furono quelli riguardanti la
neuropatologia infantile, infatti fu uno dei primi a introdurre la puntura
lombare a scopo diagnostico; studiò il liquido cefalo–rachidiano e il suo
comportamento durante le varie forme di meningite purulenta, trattò
argomenti riguardanti la stipsi abituale, l’atrofia primitiva, i fermenti del
latte, i danni dell’ipoalimentazione del lattante e le malformazioni congenite
del colon che determinano la stipsi cronica. Il Concetti si interessò degli
aspetti sociali della pediatria, in particolare dei brefotrofi, della mortalità
infantile e dei mezzi per combatterla e insieme a Celli fondò l’ambulatorio
infantile «Soccorso e lavoro», con sede a Roma nel quartiere Trastevere.
Montessori dopo aver sostenuto tutti gli esami previsti dal regolamento
universitario, venne ammessa a sostenere l’esame di Laurea. La commissione esaminatrice, invitò la candidata alla dissertazione della tesi avente il titolo: Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico. Le domande che il gruppo di esperti pose alla studentessa consistettero
in: Applicazioni in generale della chirurgia cerebrale; Intubazione e tracheotomia (parallelo) nel crup, in rapporto alla sieroterapia. Compiuta la prova
la commissione, costituita di undici professori, si pronunciò sulla presentazione della candidata, con i voti seguenti:
– Davide Toscani, si pronunciò con un nove
– Luigi Luciani con otto
– Roberto Campana con nove
– Ercole Pasquali con dieci
– Antonio Valenti con nove
– Ezio Sciamanna con dieci
– Giovanni Mingazzini con nove
– Paolo Postempski con dieci
– Giacomo Emilio Caratullo con dieci
– Mariano Sciellingo con dieci
– Alfredo Fortunati con dieci67.
Il Presidente della commissione, il professor Davide Toscani, approvò
con la votazione di 104/110 e proclamò Maria Montessori Dottore in Medicina e chirurgia, il 10 luglio 1896.
67
Regia Università degli studi di Roma processo verbale dell’esame di Laurea in Medicina e chirurgia sostenuto dalla Montessori il 10 luglio 1896. Vedi Parte IV. n. 29.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
213
I.3 Corso di perfezionamento in polizia sanitaria
Nel 1900 la dottoressa Montessori si iscrisse al corso di perfezionamento
per il bimestre gennaio–febbraio 1900. Tale corso prevedeva la frequenza
obbligatoria, ore di pratica in Ospedali e un esame finale.
La dottoressa frequentò gl’insegnamenti di Epistemologia, Batteriologia
microscopia, Chimica, Zootecnica, Ingegneria sanitaria e Legislatura. Questi
insegnamenti erano tenuti rispettivamente dai professori: Celli, Casagrande,
Scala, Nasotti, Spataro e Gualdi.
Il corso aveva la durata di due mesi dopodiché bisognava affrontare un
esame finale. La dottoressa marchigiana ottenne la Licenza superando il relativo esame in data 3 marzo 1900 con il voto di 30/3068.
I.4 Maria Montessori alla Facoltà di Filosofia
I.4.1 Anno accademico 1902–03
La giovane dottoressa venne immatricolata, previa presentazione della
Laurea in Medicina e chirurgia, in seguito a lettera Ministeriale del 16 luglio
1903 n. 7298 conforme al voto favorevole della Facoltà di Filosofia e Lettere
preso nella seduta del 2 febbraio 190369. La dottoressa venne registrata al
terzo anno di Filosofia della Regia Università di Roma con numero di matricola 143770.
La scelta di iscriversi alla Facoltà di Filosofia non fu casuale, anzi è ipotizzabile che la sua iscrizione fosse maturata alla luce proprio dell’impegno
assunto nella Scuola Magistrale Ortofrenica, inaugurata nel marzo del 1900.
Montessori venne incaricata di svolgere una decina di lezioni di Antropologia, oltre che ad occuparsi della conduzione e della gestione della classe di
tirocinio annessa alla Scuola Magistrale Ortofrenica. Tale incarico testimonia un lento, ma progressivo distacco dalla psichiatria per l’antropologia, insegnamento a cui si dedicava anche all’Istituto Superiore di Magistero
Femminile, dove dal 1899 insegnava Igiene e Antropologia. L’insegnamento
al Magistero femminile, oltre ad assicurare finalmente alla dottoressa marchigiana uno stipendio fisso, le forniva l’opportunità di operare a favore della formazione, non solo scientifica, di molte giovani donne, sia attraverso
l’insegnamento impartito, inerente ad argomenti quali la maternità e la sessualità, sia con l’esempio della sua persona, donna forte ed avvincente. Pro-
68
Vedi Parte IV All. n. 29 e 30.
L’iscrizione alla Facoltà di Filosofia negli anni 1902–04, risulta dal registro delle
immatricolazioni della suddetta Facoltà. Vedi Parte IV All. n. 31 e 31/bis.
70
Ibidem.
69
214
Appendice – Parte prma
prio nei primi anni del suo insegnamento, la professoressa valutò di iscriversi al corso di laurea in filosofia, presso la Facoltà di Lettere.
È possibile ipotizzare che la scelta di iscriversi alla Facoltà di Filosofia
fosse stata presa non solo per arricchire la propria cultura scientifica, ma anche per rafforzare la posizione accademica in vista del raggiungimento della
libera docenza all’Università di Roma.
L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà di Filosofia e Lettere per
l’anno 1902–03 prevedeva71:
3° anno
Filosofia teoretica (psicologia e logica)
Filosofia morale (sociologia)
Storia della filosofia
Pedagogia
Montessori, per l’anno accademico 1902–03, risulta aver pagato una tassa
di £. 75 il 24 luglio 1903. Inoltre, in quell’anno frequentò come studente, gli
insegnamenti obbligatori quali: Filosofia teoretica con il professor Antonio
Labriola; Storia della filosofia con il professor Giacomo Barzellotti e Filosofia morale con il professor Pietro Ragnisco.
Filosofia teoretica
Per quanto riguarda il corso di Filosofia teoretica, Montessori frequentò
presso la Scuola N. 5, il lunedì, il martedì, il mercoledì e il venerdì, dalle
16.00 alle 17.00 con il professor Antonio Labriola72.
Il professor Antonio Labriola, ordinario per Filosofia teoretica73 ed incaricato per Filosofia della storia nella Facoltà di Filosofia, era anche incaricato per le conferenze di Filosofia teoretica nella Scuola di Magistero in Filosofia e Lettere74.
Tra le molte pubblicazioni citiamo:
a) La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone e Aristotele
(1871);
b) Della libertà morale (1873);
c) Morale e religione (Napoli, 1873);
d) Dell’insegnamento della storia (1876);
e) In memoria del manifesto dei comunisti (1896);
f) Del materialismo storico. Delucidazione preliminare (1896);
71
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1902–03, Roma, Fratelli Pallotta, 1903, pp. 152–
153. (D’ora in avanti sarà così citato: Annuario 1902–03).
72
Vedi Annuario 1902–03, pp. 156–157.
73
Il professor Antonio Labriola risulta, come si evince dal documento datato 21 agosto
1902, che da professore di Filosofia morale e Pedagogia, venne con suo consenso trasferito
alla cattedra di Filosofia teoretica con decreto 7 luglio 1902. Vedi Fascicolo personale docenti
Pos. AS. 67, Archivio studenti Università «La Sapienza».
74
Vedi Annuario 1902–03, p. 66.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
215
g) Discorrendo di socialismo e di filosofia (1898), che raccoglie le lettere critiche al Sorel.
La scelta da parte della Montessori di frequentare le lezioni del professor
Labriola, probabilmente, nasceva dai suoi interessi per una pedagogia non
dogmatica, aperta alla storia, alla società, alla scienza tendenzialmente diretta allo sviluppo civile ed all’innovazione culturale. Montessori, probabilmente, ammirava in Labriola (uomo polemico, censorio, pronto alla battuta
tagliente) questa illimitata dedizione al dovere accademico. Il carattere aspro, lo stile sarcastico del filosofo erano rinomati presso i suoi stessi contemporanei ed ancora nei suoi libri, articoli e lettere. La giovane dottoressa
era affascinata da quel suo essere stato così profusamente dibattuto.
Presumibilmente Maria Montessori conosceva già alcuni dei suoi libri e
sicuramente aveva sentito parlare di quel tanto disputato discorso pronunciato in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 1895–96 su
L’Università e la libertà della scienza. Labriola, infatti, confessò nello scritto dal titolo Discorrendo di socialismo e filosofia del 1897, che «a dir le cose
come sono, io non ebbi mai una troppo grande inclinazione […]. Fui sempre
e sono, invece, appassionatissimo dell’arte dell’insegnamento orale, in tutte
le sue forme; e l’attendere a codesta opera, con molta intensità, mi ha distolto per lunghi anni, in passato, di redire per iscritto ciò che insegnando vien
detto»75.
Labriola rappresentava un modello di quotidiana ed assidua operosità, sia
verso i colleghi che gli studenti. Prova di ciò fu quando nel 1900–1901 fu
costretto ad interrompere le sue lezioni orali a causa dell’aggravarsi di un
cancro laringeo; ma nonostante tutto egli continuò a tenere le sue lezioni anche nell’anno accademico 1902–03, con l’aiuto di appunti letti da uno scolaro. In quell’anno svolse un corso sui rapporti fra storia, sociologia, filosofia
della storia e materialismo storico; ma dopo un secondo intervento chirurgico alla gola, si spense il 2 febbraio 190476.
Nelle sue lezioni svolte alla Facoltà di Filosofia, Labriola spiegava il suo
punto di vista riguardo la storia, la sociologia, la filosofia della storia ed il
materialismo storico.
La storia intesa come parte subiecti è scienza del procedimento ed arte della
narrazione. Quindi la ricerca, lo studio delle condizioni è andato, e diviene sempre
più scientifico; pur non negando come fine ultimo della ricerca, la narrazione. La
sociologia è tutto ciò che può essere obietto del nostro pensiero, in quanto c’è una
75
G. Cives, La «scuola» di pedagogia della Facoltà di Lettere e filosofia della «Sapienza» di Roma. Da Labriola a Credaro, in «Scuola e città», a. XLV, n. 12, 31 dicembre 1994, p.
516.
76
A. Labriola, Saggi sul materialismo storico, in A. Guerra (a cura di), Roma, Editori
Riuniti, 2000, pp. 24–25.
216
Appendice – Parte prma
società, ed è ricerca preliminare necessaria allo storico, non solo per conoscere il terreno sul quale i fatti si svolgono, ma altresì per individuarne i motivi77.
Tuttavia la sociologia è complessità e concatenazioni di fatti eterogenei,
che bisogna empiricamente acquisire e conoscere. Tale acquisizione costituisce il proprio ed il complicato compito della ricerca storica «perché nessuna
astratta sociologia mi farà capire come mai, dato pure il generale processo
della formazione della borghesia, solo in Francia sia accaduta tal cosa che si
chiama la grande Rivoluzione»78.
La filosofia della storia, invece, si riporta ai principi che si suppongono
direttivi rispetto al succedersi degli avvenimenti stessi. Ora, il materialismo
storico (designato a cercare le condizioni materiali del mondo storico sociale), nell’opera Labriola, unifica queste diverse ricerche, poiché fornisce loro
una via prettamente realistica e nello stesso tempo tutte le proietta verso uno
scopo supremo, che è quello di esporre la storia in modo esplicito. Così, per
altra via, si arriva alla medesima conclusione, alla quale ci aveva condotto
già l’analisi del materialismo storico, nel quale Labriola spaziava per comprendere tutti i risultati dell’indagine realistica applicata allo studio dei fatti
umani. Questa indagine veniva protesa anche in altre direzioni: quella
dell’indirizzo politico dei socialisti. Tale ricerca implicava lo studio delle
condizioni della società contemporanea e del suo progredire, alla quale
l’illustre professore stabilmente teneva fisso lo sguardo79.
Nei suoi corsi tenuti dal 1897–1900, egli riprese e trattò l’argomento della dottrina del determinismo, che per lui era la dottrina della volontà, trattando la parte riguardante la psicologia della volontà insieme ad alcune applicazioni alla critica del diritto del punire.
Per quanto riguarda i corsi di pedagogia, la sua prefazione era sempre caratterizzata da due punti peculiari: il primo punto si basava sull’educazione
che doveva rivolgersi sempre al futuro uomo che è nell’educando, utilizzando mezzi che sono atti a sviluppare in lui il pieno esercizio della libertà; il
secondo punto stabiliva che tale educazione non doveva prescindere dalle
differenze di classe e dal particolare sviluppo delle attitudini, poiché queste
devono liberamente svilupparsi da certe inclinazioni. Egli manifestava nelle
sue lezioni di avere tanta fede nell’arte «insegnativa»; la sua opera filosofica
era legata alla sua opera pedagogica, in quanto alla scuola egli comunicò
sempre gl’intimi travagli dell’animo suo. L’interno dialogo del filosofo diventava nella scuola e per la scuola il discorso, l’insegnamento del maestro.
Sembrerebbe facile supporre che nelle sue lezioni svolgesse diffusamente
quei temi che, in forma più concisa, divennero oggetto delle sue opere e che
agitasse il problema della libertà morale, che trattasse dei rapporti tra morale
77
L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Torino, Enaudi,
1975, p. 419.
78
L. Dal Pane, op.cit., pp. 418–419.
79
Ivi, pp. 419–420.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
217
e religione e che tentasse una costruzione scientifica dell’etica prendendo a
guida l’Herbart e gli herbartiani, Strümpell, Hartenstein, Tepe, Thilo ed altri.
Fu proprio l’influsso diretto di quei due grandi sistemi, forgianti la cosiddetta filosofia classica, che si venne a formare l’educazione del Labriola; questi
due sistemi, cioè quello di Herbart e di Hegel, portarono al materialismo storico di Karl Marx ed alla psicologia empirica che entro certi limiti divenne
anche sperimentale, comparata, storica e sociale80.
Labriola fu giornalista e filosofo, moralista e studioso politico, ma soprattutto educatore, forza di stimolo e suggestione per quelle «scapigliate ma geniali lezioni»81; lezioni dettate dalla vivacità dalla polemica, come quelle a
difesa della libertà accademica e del suo impegno straordinario di comunicazione e risveglio delle coscienze, nel quale non smetteva mai di lavorare anche attraverso conferenze magistrali, corsi ai maestri romani, incontri con
insegnanti e con operai.
Montessori conobbe questo Labriola tramite i testi da lui scritti ed i giornali; poiché già nel corso dell’anno 1902–03 Labriola non era più lo stesso,
consumato a poco a poco dalla malattia.
Storia della filosofia82
Montessori frequentò le lezioni di Storia della filosofia, presso la Scuola
N. 4, tenute dal professor Giacomo Barzellotti, il martedì, il giovedì e il sabato, dalle 11.00 alle 12.0083.
Il professor Barzellotti, ordinario per Storia della filosofia ed incaricato
nella Scuola di Magistero in Filosofia e Lettere, per le conferenze di Didattica generale, pubblicò tra l’altro:
a) La morale nella filosofia positiva (Firenze, 1871);
b) La psicologia contemporanea e il problema della coscienza (1873);
c) La critica della conoscenza e la metafisica di Kant (1878);
d) il saggio La filosofia in Italia (1879);
e) La nuova scuola del Kant e la filosofia scientifica contemporanea in
Germania (Nuova Antologia, 1880);
f) L’educazione e la prima giovinezza di A. Schopenhauer (Roma,
1881);
g) Le condizioni presenti della filosofia e il problema della morale (prolusione al corso di filosofia morale, pubblicata in Rivista di filosofia
scientifica, 1882);
h) Le basi della morale di H. Spencer (Roma, 1882);
i) Filosofia delle scuole italiane (1882);
80
Ivi, p. 116.
N. Spano, L’Università di Roma, Roma, Casa Ed. «Mediterranea», 1935, p. 142.
82
Vedi Parte IV All. n. 31 e 31/bis.
83
Vedi Annuario 1902–03, pp. 156–157.
81
218
Appendice – Parte prma
David Lazzaretti di Arcidosso detto il Santo: i suoi seguaci e la sua
leggenda (Bologna, 1885);
k) Santi, solitari e filosofi (Bologna, 1886);
l) La morale come scienza e come fatto e il suo progresso nella storia
(1887);
m) La filosofia nella storia della cultura (1897);
n) La filosofia di H. Taine (1900);
o) Alla vigilia della scadenza della triplice. I. La politica estera d’Italia.
II. La politica interna dello Stato italiano (Roma, 1902);
p) Nel Centenario di N. Tommaseo (Roma, 1902);
q) Gaetano Negri (Firenze, 1902);
r) Per il Congresso internazionale di scienze storiche (Storia della filosofia, Storia delle religioni; ha pubblicato una relazione sul tema seguente: Di alcuni criteri direttivi dell’odierno concetto della Storia,
che restano tuttora da applicarsi pienamente e rigorosamente alla
Storia della Filosofia, massime di quel periodo che va dal Rinascimento al Kant. Roma, 1902).
Anche per l’insegnamento di Storia della filosofia non è facile risalire al
programma ed ai relativi testi. Ma da un’ampia ed approfondita analisi della
personalità del docente si può risalire ai suoi interessi che trascinavano alle
sue lezioni molti uditori tra questi anche Montessori.
Barzellotti non ricopriva una posizione filosofica precisa, pertanto la sua
posizione rimase sempre piuttosto generica. Egli ebbe interessi soprattutto
psicologici, sociologici e di natura morale e religiosa, piuttosto che speculativi. Di tendenza neokantiana, non fu favorevole al positivismo dominante ed
al neoidealismo di Croce e di Gentile, che si stava affermando. La religiosità
era stata da parte sua oggetto di studio, in particolare, nello scritto dal titolo
Italia mistica Italia pagana pubblicato nel 1894, in cui sosteneva l’accordo
fra la teoria del trasformismo e quella della creazione. Tuttavia nel testo David Lazzaretti di Arcidosso detto il Santo: i suoi seguaci e la sua leggenda
del 1885 (poi ripubblicato col titolo Monte Amiata e il suo profeta, 1909),
Barzellotti già aveva studiato la psicologia religiosa, cioè la descrizione del
mondo in cui si costituiscono, per proselitismo, gruppi sociali. Quest’opera
contribuì insieme con le opere di studiosi come De Gubernatis, Puini, Finzi,
Vignoli, all’affermazione in Italia, nel periodo 1870–1900, degli studi di storia delle religioni e alla nascita di una vera e propria storiografia religiosa,
che poi con Labanca, Turchi, Pettazzoni, Salvatorelli ed altri, sarà sempre
più decisamente ispirata da una metodologia scientifica.
Nel testo La filosofia nella storia della cultura, pubblicato nel 1897, Barzellotti ribadiva la necessità, per la filosofia, di svincolarsi dal dogmatismo e
di considerare peculiare la funzione critica dei principi, delle idee direttive,
delle leggi e dei presupposti della umana conoscenza. Barzellotti continuò su
questi temi anche quando ottenne, nel 1896, la cattedra di Filosofia della storia nell’Università di Roma che conservò sino alla morte.
j)
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
219
Filosofia morale
Nell’annuario per l’anno scolastico 1902–03 risulta che l’insegnamento di
Filosofia morale veniva impartito dal professor Pietro Ragnisco. Sempre
nell’annuario non sono però indicate le sue lezioni, anche se dal registro
d’iscrizione risulta che Montessori abbia ottenuto la frequenza in Filosofia
morale84.
Tra le tante pubblicazioni del Ragnisco, ricordiamo:
a) Storia critica delle categorie dai primordi della filosofia greca fino a
Hegel (Firenze, 1871);
b) Documenti inediti e rari intorno alla vita e agli scritti di Nicoletto
Vernia e di Elia del Medigo (1891);
c) Nicoletto Vernia: studi storici sulla filosofia padovana nel sec. XV
(1891);
d) La preghiera nell’etica moderna (1895).
I.4.2 Anno Accademico 1903–04
Nell’anno 1903–04, Montessori si iscrisse ai corsi del quarto anno85.
L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà di Filosofia e Lettere prevedeva gli insegnamenti di:
4° anno86
Letteratura latina
Pedagogia
Storia della filosofia
Letteratura greca
Storia moderna
Filosofia o altra disciplina di scienze naturali
Filosofia morale
Corsi complementari
Filosofia della storia
Montessori frequentò cinque insegnamenti obbligatori: Storia della filosofia con il professor Giacomo Barzellotti; Letteratura italiana con il professor Angelo De Gubernatis; Pedagogia con Luigi Credaro; Filosofia teoretica
con Guido Villa; e Filosofia morale con Pietro Ragnisco.
84
Ivi, pp. 156–159.
Nell’anno 1903–04 la dottoressa Montessori si iscrisse ai corsi del quarto anno della facoltà di Filosofia. Ciò risulta dal registro delle immatricolazioni della facoltà di Filosofia e
Lettere della Regia Università di Roma e dal modulo d’iscrizione per l’anno accademico
1903–04. Vedi Parte IV All. n. 31.
86
Vedi Annuario per l’anno scolastico 1903–04, Roma, Fratelli Pallotta, 1903, pp. 176–
177.
85
220
Appendice – Parte prma
Tra i corsi liberi frequentò: Psicologia con il professor Sante De Sanctis;
Storia di Roma nel Medio–evo con Giuseppe Tomassetti; Antropometria con
il professor Vram; Magistero di Pedagogia con Luigi Credaro87.
Storia della filosofia
Montessori frequentò le lezioni impartite dal professor Giacomo Barzellotti nella Scuola n. 4, il martedì. il giovedì e il sabato, dalle 11.00 alle 12.00.
Barzellotti insegnò dal 1881 al 1887 Filosofia morale all’Università di
Pavia, per poi passare all’Università di Napoli, quale ordinario della medesima disciplina. Nel 1896 ottenne la cattedra di Storia della filosofia nell’Università di Roma, che conservò fino alla morte.
Nel 1904 pubblicò il volume dal Rinascimento al Risorgimento (Studi di
psicologia storica. Palermo, 1904) ed il saggio L’Italia e il Papato (Roma,
1904).
Letteratura italiana
Maria Montessori frequentò le lezioni di Letteratura italiana presso la
Scuola n. 4, il martedì, giovedì, venerdì e sabato, dalle 14.00 alle 15.00, tenute dal professor Angelo De Gubernatis88.
De Gubernatis, professore ordinario per Letteratura italiana, incaricato
per il Sanscrito, professore emerito del Regio Istituto di Studi Superiori di
Firenze e fondatore e direttore del museo Indiano, pubblicò molto durante la
sua carriera, tra i tanti scritti ricordiamo:
a) Su le orme di Dante, Corso di lezioni nell’Università di Roma (Roma, 1901);
b) Lettere amorose di donne italiane del settecento (1901);
c) Le scrittrici italiane. Conferenza. Nella Vittoria Colonna di Napoli
(1901);
d) Buddha, dramma in versi, in cinque atti (Roma, 1902);
e) Cronache della civiltà Elleno–Latina (Roma, 1902);
f) Conferenze su Victor Hugo e Vittorio Alfieri. Nelle stesse cronache
(1902);
87
Nell’elenco degli insegnamenti complementari sopra citati non compare Antropologia
zoologica impartito dal professor Moschen pur essendo presente questo insegnamento nel registro d’iscrizione. Inoltre Montessori non risulta abbia frequentato questo insegnamento. Vedi registro in Parte IV della tesi. Inoltre nel libro di Babini e Lama risulta invece che la studiosa abbia frequentato tale insegnamento. (Vedi V. P. Babini, L.Lama, «Una donna nuova»,
Milano, Angeli, 2000, p.131). Ibidem
88
Dal documento presente nel fascicolo personale della Montessori (vedi Parte IV), risulta che la lezione di Letteratura italiana era tenuta dal professor De Guliernatio; non vi è alcun
dubbio che quel professore non esiste, almeno per quel che ci riguarda. Dall’elenco dei professori presente nell’annuario 1903–04, risulta, per l’insegnamento della Letteratura italiana,
il professor Angelo De Gubernatis, indianista e letterato nato a Torino nel 1840 e ottenne la
cattedra, oltre che in Letteratura italiana, anche in Sanscrito. Vedi Annuario 1903–04, pp.
178–179.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
221
g) Le genie florentin (1902);
h) Le stragi amorose di Giovanni Dalle Bande Nere (1902);
i) De Sacountala à Griselda (Discorso al XIII Congresso degli Orientalisti in Amburgo); Actes du XII Congrès des Orientalistes à Rome
(1901–02).
Pedagogia
Le lezioni di Pedagogia Montessori le frequentò presso la Scuola n. 16 il
martedì, il giovedì e il sabato dalle 17.00 alle 18.00, con il professor Luigi
Credaro. In quell’anno il professor Credaro ordinario per Pedagogia, era anche il Preside della Facoltà di Filosofia e Lettere.
Tra gli scritti più significativi troviamo:
a) Il passato e il presente della storia della filosofia (Roma, 1890);
b) Il problema della libertà di volere nella filosofia dei Greci (Milano,
1892);
c) Le basi della teoria herbartiana dell’istruzione (Roma, 1895);
d) Delle società comunali d’assicurazione mutua contro le malattie e
gl’infortuni del bestiame vaccino fra contadini del valtellinese (Sondrio, 1896);
e) Il greco nelle scuole secondarie d’Europa e d’America (Milano,
1897);
f) L’opera della società per la storia dell’educazione e della scuola tedesca (Pavia, 1899);
g) La libertà accademica: discorso (Pavia, 1900);
h) La Pedagogia di G. F. Herbart (Roma, 1900);
i) La refezione scolastica a Pavia: relazione (Pavia, 1900);
j) Dizionario di Pedagogia (condirettore prof. A. Martinazzoli. Milano,
1893–1900);
k) I progressi della pedagogia di G. F. Herbart (Pavia, 1901);
l) La Pedagogia di G. F. Herbart (seconda edizione riveduta e modificata. Roma, 1902);
m) Dalla letteratura pedagogica tedesca (Roma, 1902);
n) Relazione sul secondo anno di vita della «Unione Magistrale Nazionale» (Roma, 1902);
o) L’insegnamento universitario della Pedagogia (Prelazione. Roma,
1903);
p) Relazione sullo stato di previsione della spesa del Ministero
dell’Istruzione pubblica per l’esercizio finanziario 1903–04 (Roma,
1903);
q) Rassegna di Pedagogia (Bologna, 1904).
Nei suoi scritti Credaro mette in evidenza la necessità di una «istruzione
educativa» di stampo herbartiano. Infatti, nel 1900 suscitò un certo scalpore
l’ultima prolusione tenuta dal Credaro all’Università di Pavia (dove insegnò
Storia della filosofia dal 1890), riguardante La libertà accademica. Questa
222
Appendice – Parte prma
prolusione piacque molto al Labriola, il quale apprezzò in Credaro
l’herbartismo pedagogico. A tal riguardo il Credaro pubblicò La pedagogia
di Herbart ove sosteneva che la pedagogia è scienza autonoma anche se risulta legata ad altre scienze e alla filosofa, e che l’indirizzo herbartiano supera, senza negarle del tutto, le nozioni pedagogiche, sia spiritualistiche che
positivistiche. Per interessamento di Labriola, nel 1902 il Credaro fu chiamato a ricoprire la cattedra di Pedagogia, prima tenuta dal Labriola stesso, presso la Facoltà di Filosofia e Lettere89.
Accanto all’impegno universitario, il Credaro aveva assunto anche incarichi politici; si occupò spesso di problemi riguardanti la scuola e
l’educazione.
Nel 1900 fu eletto presidente dell’Associazione della stampa scolastica ed
incaricato di progettare un programma teso al miglioramento delle condizioni di vita dei maestri. A tal riguardo fondò a Roma, nel 1901, l’Unione Magistrale Nazionale e, nel 1904, la Scuola pedagogica, che aveva annesso il
Museo di istruzione e educazione precedentemente diretto, per molti anni,
dallo stesso Labriola90.
Il Museo di istruzione ed educazione di Labriola verrà ricostituito col
nome di Museo pedagogico, nel quale si tenevano anche seminari psico–
pedagogici diretti dal neuropsichiatra Sante De Sanctis. Alla Scuola Pedagogica con Credaro figuravano come insegnanti fra gli altri: Giuseppe Sergi,
Sante De Sanctis, Maria Montessori, Giovanni Gentile. La presenza della
pedagogista non solo alle lezioni del Credaro, ma anche negli ambienti sociali e culturali, sono la prova di un arricchimento culturale, anche in vista di
un avanzamento accademico. Nel 1903 il Credaro tenne all’Università di
Roma la prelazione al corso di Pedagogia, dal titolo L’insegnamento universitario della pedagogia.
Questa lezione apparve interessante dal punto di vista storico e storiografico, soprattutto per il periodo in cui venne elaborata; periodo in cui la posizione herbartiana, discussa già da tempo, era giunta in Italia con i positivisti,
i quali dibatterono sulla qualità scientifica della pedagogia e quindi sulla relazione reciproca tra la pedagogia ed altre discipline, non ultima la filosofia,
con cui sino ad allora la pedagogia stessa era stata identificata. Il dibattito
investiva addirittura la legittimità o meno della presenza di una prospettiva
filosofica all’interno di una teoria scientifica dell’educazione. L’herbartismo
89
Con lettera, datata 1 agosto 1902, il ministro Nasi con decreto del 7 luglio 1902, trasferisce il professor Labriola alla cattedra di Filosofia teoretica mentre il professor Credaro è
chiamato ad assumere la cattedra di Pedagogia, sempre presso l’Ateneo romano a decorrere
dal 1 novembre 1902. Vedi Fasc. Docenti: Credaro, AS n. 64, dell’Università «La Sapienza».
90
Il Museo di istruzione e educazione, con sede in Roma presso il Collegio romano, nacque nel 1874 e affidato al Labriola nel 1877 dal ministro Bonghi, Labriola tenne la direzione
sino al 1891. Il Museo offriva la documentazione per indagini comparative come quelle
sull’ordinamento della scuola nei diversi paesi e appunti sull’insegnamento secondario privato
in altri Stati ed inoltre era sede di conferenze, di lezioni, di corsi per dirigenti scolastici e per
insegnanti primari e secondari. Vedi G. Cives, op. cit., p. 520.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
223
sosteneva la necessità di una prospettiva interdisciplinare della pedagogia
che approdava, tutto sommato, ad un rapporto di equilibrio tra le componenti
filosofiche, psicologiche e pedagogiche91.
Credaro univa l’insegnamento universitario della pedagogia alla esigenza
di una profonda riforma nella formazione dei docenti, tema caro anche a
Montessori. Tuttavia, secondo Credaro occorreva proseguire sulla strada aperta da Herbart e arricchirla con materie di chiaro significato educativo e
importanza scientifica. «Non si tratta, in altre parole, di giustapporre ad una
preparazione umanistica una dose più o meno consistente di «scienze»; ma si
tratta di approdare ad una visione dialettica dei rapporti tra i vari momenti
della Pedagogia, di comprenderla nella sua multidisciplinarietà»92.
Nella parte conclusiva della prolusione del 1903, Credaro afferma: «che
educazione e storia possono conciliarsi in un terreno non più di esercitazione
culturale ed accademica, ma di viva e fertile costruzione dell’umanità che è
oppure va risvegliata in ciascuno»93.
Filosofia teoretica
Le lezioni di Filosofia teoretica94 le frequentò presso la Scuola n. 5, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 16.00 alle 17.00 con il professor Guido
Villa.
Il professor Villa incaricato per Filosofia teoretica e professore nel Regio
Liceo Torquato Tasso, per la summenzionata materia dal 13 maggio 1901 è
anche autore di molti scritti, tra i quali:
a) La psicologia contemporanea. Tradotta in varie lingue (1902);
b) Dei caratteri e delle tendenze della filosofia contemporanea (Pavia,
1903);
c) La filosofia di H. Spencer (1903).
Dal Registro d’iscrizione non risulta che Montessori abbia frequentato
questa materia; anzi, la sua non frequenza, viene fatta risaltare con un “no”.
91
L. Bellatalla, Classici e storia della pedagogia: una lezione di Credaro del 1903, in G.
Cives, G. Genovesi, P. Russo, I classici della pedagogia, Milano, Franco Angeli, 1997, pp.
109–110.
92
Ivi, p. 112.
93
Ivi, p. 122.
94
Il Corso di Filosofia teoretica, non era tenuto solo dal professor Villa, ma anche dai professori Luigi Ambrosi, Nicolò D’Alfonso, Giovanni Battista Milesi, Giuseppe Michele Ferrari
e Antonio Traglia. Rispettivamente insegnanti di Filosofia teoretica dei corsi liberi, invece il
professor Villa del corso ufficiale. Parrebbe, quindi, che Montessori abbia frequentato le lezioni del Villa, infatti ciò sembrerebbe chiaro anche dal registro d’iscrizione, dove risulta
chiaro dalla dichiarazione di frequenza che, la studiosa seguiva le lezioni tenute dal professor
Villa. Vedi Annuario 1903–04, pp. 178–181 e Parte IV della tesi.
224
Appendice – Parte prma
Filosofia morale
Il corso ufficiale di Filosofia morale era tenuto presso la Scuola n. 3 il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 11.00 alle 12.00, dal professor Pietro Ragnisco ordinario per Filosofia morale.
Dei corsi liberi Montessori frequentò le materie di Psicologia, con il professor Sante De Sanctis; Storia di Roma nel Medio–evo, con Giuseppe Tomassetti; Antropometria con il professor Ugo Vram e Magistero di Pedagogia con il professor Luigi Credaro95. Dal registro d’iscrizione, inoltre, è presente l’insegnamento di Antropologia zoologica insegnata dal professor Moschen, ma è indicata chiaramente la mancata frequenza96.
Psicologia
Le lezioni di Psicologia la dottoressa le frequentava presso il Collegio
Romano n. 26 il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10.00 alle 11.00, tenute
dal professor Sante De Sanctis.
Il professor De Sanctis, libero docente con effetti legali per la Psicologia
presso la Facoltà di Filosofia e Lettere, era anche socio corrispondente della
Regia Accademia medica di Roma per la summenzionata materia dal 16 dicembre 1901.
Tra le pubblicazioni più significative ricordiamo:
a) L’attenzione ed i suoi disturbi (1896);
b) I sogni dei delinquenti (1896);
c) Emozioni e sogni (1896);
d) Sopra uno speciale disturbo dell’attenzione in un degenerato (1896);
e) Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche (in collaborazione con
Montessori. Roma e Firenze, 1896. Atti del Congresso della Società
Freniatrica italiana, tenuto nell’ottobre 1896, e Policlinico, febbraio
1897).
f) Il metodo positivo della scienza (1897);
g) Lo studio dell’attenzione conativa (1897);
h) Ricerche psicofisiologiche sull’attenzione nei normali e nei psicopatici (1897);
i) Sui contrasti psichici (1897);
j) I sogni, (1899).
Il professor De Sanctis fu uno dei primi studiosi di neuropsichiatria infantile che impostò lo studio della psicologia su basi sperimentali. Egli fondò
scuole ed asili per ragazzi minorati psichici.
95
L’insegnamento di Magistero di pedagogia tenuto dal professor Credaro non è presente
nell’Annuario, ma nel registro d’iscrizione la materia viene così definita.
96
L’insegnamento di Antropologia zoologica tenuto dal professor Moschen, risulta chiaro
dal registro d’iscrizione alla facoltà di Filosofia e Lettere, ma non è indicata, né nell’ordine
degli studi della summenzionata Facoltà, né negli orari dei corsi. Vedi Annuario 1903–04, pp.
152–158.
Maria Montessori all’Università «La Sapienza»
225
Storia di Roma nel medio–evo
Il suddetto corso libero si svolgeva presso la Scuola n. 3, il martedì, il
giovedì e il sabato dalle 17.00 alle 18.00, tenuto dal professor Giuseppe Tomassetti.
Il professor Tomassetti, libero docente con effetti legali per la Storia di
Roma nel Medio–evo, era Consigliere comunale di Roma, membro della Società romana di Storia patria e socio corrispondente della Commissione Senese di Storia patria per la summenzionata materia dal 18 novembre 1886.
Tra le più importanti pubblicazioni ricordiamo:
a) Forma Urbis (Roma, 1903);
b) Archeologia geniale (1903);
c) Bartolomeo Colonna (1903);
d) L’impero antico e moderno; Una villa di Giulio Cesare; Storia delle
vie Labicana e Prenestina; Il Comune di Roma e Rignano Flaminio
(1903);
e) I Romani alla battaglia di Lepanto (Roma, 1904);
f) La poesia nella campagna romana; Una lettera inedita di Cola di
Rienzo (Roma, 1904).
Antropometria
Montessori frequentò le lezioni del professor Ugo Vram, anche se nell’elenco degli orari dei corsi e dall’ordine degli studi dell’anno accademico
1903–04 non risulta presente97. Tra le pubblicazioni del professor Vram ricordiamo:
a) Crani della craniologia (1902);
b) I Berchini (1902);
c) Su due grosse ossa vorminiane del palato duro (1903);
d) Un caso di saldatura dell’atlante con l’occipitale in un cinocefalo
(1903).
Magistero di pedagogia98
Per il corso libero di Magistero di pedagogia, Montessori ottenne la frequenza con il professor Credaro, ordinario per la Pedagogia ed incaricato
presso la Scuola Magistero in Filosofia e Lettere per le conferenze della suddetta materia. Credaro scrisse nel 1904 la Rassegna pedagogica e la Rela97
Dall’annuario scolastico del 1903–04 il nome del professor Vram risulta presente solo
tra le pubblicazioni dell’Istituto di Antropologia. L’insegnamento di Antropometria invece,
non risulta nell’elenco degli orari dei corsi non solo per quell’anno, ma anche per l’anno
1904–05 e 1905–06. Ivi, p. 117.
98
Negli elenchi prescritti dal Regolamento speciale 13 marzo 1902 (art. 16) e dal Regolamento generale 13 aprile 1902 (art. 85), lo studente poteva scegliere i corsi liberi e le materie d’esame a compimento di quelle però già prescritte per la facoltà di Filosofia e Lettere. In
detto elenco non risulta presente, oltre Antropologia zoologica, neanche il corso di Magistero
di pedagogia. Ivi, pp. 154–155 e pp. 158–159. Invece risulta nel registro d’iscrizione. Vedi
Parte IV.4, All. n. 1 della tesi.
226
Appendice – Parte prma
zione sullo stato di previsione della spesa del Ministero dell’Istruzione pubblica per l’esercizio finanziario 1903–04.
Parte seconda
Nota biografica dei docenti universitari
dei quali Maria Montessori ha frequentato i corsi
(1890–1904)
II.1 Docenti alla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali
AVETTA CARLO (Torino, 1861–1941).
Compì gli studi universitari a Roma, dove fu poi assunto come assistente
nell’Istituto Botanico per l’insegnamento della Botanica dal 9 giugno 1890.
La sua produzione scientifica fu diretta in campi diversi, di cui il primo in
ordine di tempo fu la micologia. Infatti, esordì nel 1885 con un lavoro sui
funghi e in generale sulle crittogame della provincia di Parma. Un’altra sua
ricerca riguardò la floristica e la sistematica della scioa (Africa), la cui flora
era allora sconosciuta. Un terzo gruppo di ricerche, le più importanti del professor Avetta, nelle quali ebbe modo di manifestare qualità di fine ricercatore, riguardò l’anatomia e la citologia.
BLASERNA PIETRO (Fiumicello Veneto, 1836 – Roma, 1918).
Studiò Fisica a Vienna e a Parigi, dove ebbe come maestro Regnault, e
nel 1863, ottenne una cattedra nell’Università di Palermo. Nel 1872 fu chiamato a Roma in qualità di professore ordinario per Fisica sperimentale e direttore dell’Istituto di fisica dell’Università. Fu preside della Facoltà di
Scienze dal 1885–86 al 1890–91, socio nazionale della Regia Accademia dei
Lincei e segretario della classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali.
Fu, inoltre, membro d’onore della R. Accademia di S. Cecilia, della Società
di fisica e storia naturale di Ginevra, oltre che membro del Consiglio centrale
di Meteorologia e Geodinamica, e socio corrispondente delle RR. Accademie di Torino, di Bologna e di Palermo.
CANNIZZARO STANISLAO (Palermo, 1826 – Roma, 1910).
Nato da Mariano e da Anna Di Benedetto, ultimo di dieci figli, nel 1836
restò orfano di padre e fu iscritto al collegio–convitto «Carolino Calasanzio», dove seguì con profitto gli studi classici, distinguendosi per la matematica. Si iscrisse alla Facoltà di medicina, allora unica facoltà scientifica
dell’università di Palermo, dove frequentò oltre a vari corsi di medicina, anche alcuni di letteratura e di matematica. Restò all’università sino al 1845,
sostenendo alcuni esami, ma non conseguì mai la laurea. Per tre anni frequentò il corso del fisiologo M. Foderà, del quale divenne allievo prediletto
e sotto la cui direzione eseguì alcuni esperimenti biologici. Cannizzaro si interessò alla chimica, spintovi dalle esigenze della fisiologia. Partecipò, a Napoli, alla adunanza degli scienziati italiani (settembre 1845) e presentò, alla
227
228
Appendice – Parte seconda
sezione di zoologia, anatomia comparata e fisiologia, una comunicazione
nella quale poneva alcuni quesiti: esistono differenze tra fibre nervose motrici volontarie e involontarie? La distinzione secondo lui esisteva, ed esisteva
anche negli Invertebrati. In quella circostanza, fece la conoscenza del fisico
M. Melloni, il quale considerato l’interesse di Cannizzaro per chimica, gli
fece conoscere Piria.
Piria, che era il più rinomato chimico italiano e stava costituendo presso
la sua cattedra di Pisa la prima scuola italiana di chimica, intuì le capacità
del giovane studioso e lo assunse come preparatore straordinario per le sue
lezioni di chimica inorganica e organica. Dopo la rivoluzione del 1840–45,
alla quale Cannizzaro prese parte attiva come ufficiale di artiglieria a Messina assediata dai borboni, nell’ottobre del 1855 per interessamento del Piria,
fu nominato dal ministro dell’Istruzione Pubblica G. Lanza, professore di
chimica presso l’università di Genova, dove rimase sino al 1860, quando ebbe la tanto desiderata cattedra di chimica inorganica e organica nell’università della sua città natale. Di Palermo fece il centro degli studi chimici in Italia, avvalendosi della collaborazione di chimici italiani e stranieri, molti dei
quali lasciarono un nome illustre nella chimica: E. Paternò, G. Koerner, A.
Lieben, U. Schiff. Nel 1870 decise insieme a L. Gabba, F. Selmi, P. Tassinari, D. Amato, E. Paternò e U. Schiff di fondare un periodico esclusivamente
dedicato alla chimica: «La Gazzetta chimica italiana».
Dopo l’Unità d’Italia fu chiamato a ricoprire la cattedra di chimica
all’università di Roma e contemporaneamente ebbe la nomina a senatore
(1871). Cannizzaro tenne nell’ateneo romano i due corsi di chimica generale
e di chimica organica e diresse la scuola pratica dal 1872 al 1909 quando
ormai ottantatreenne lasciò l’insegnamento. Negli ultimi anni della sua vita
ebbe molti onori: fu membro di numerose accademie e associazioni scientifiche nazionali ed estere. Nel 1873 l’Accademia dei Lincei lo nominò socio
nazionale; fu anche socio straniero della Società Reale di Londra, e professore onorario di chimica generale e Direttore della Scuola di farmacia.
BOCCI BALDOVINO.
Membro e corrispondente nazionale della Regia Accademia medica di
Roma per Fisiologia sperimentale dal 30 novembre 1884.
CARDANI PIETRO (Padova, 1858 – Parma, 1924).
Si trasferì con la famiglia a Palermo nel 1871, dove conseguì la laurea in
fisica nel 1881. Già dal 1876 egli fu nominato assistente alla cattedra di fisica della stessa Università rimanendovi sino al 1887, quando occupò per concorso la cattedra di fisica dell’Istituto tecnico di Roma. Nel 1893 fu nominato professore di fisica sperimentale nell’Università di Parma, ma il periodo
più interessante fu quando divenne assistente per l’insegnamento di Fisica
(dal 8 giugno 1889) all’Università di Roma. Assorbito dagli impegni politici
(fu infatti candidato per il Comitato elettorale liberale–monarchico nel I col-
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
229
legio di Parma, nel 1904 venne eletto deputato per la XXII legislatura riconfermato nel 1909), la sua attività scientifica fu modesta, e rivolta soprattutto
al chiarimento di ricerche di altri sperimentatori.
CARRUCCIO ANTONIO (Cagliari, 1837 – Roma, 1923).
Socio di numerose società e accademie, tra le quali la Regia Accademia
delle scienze, lettere ed arti di Modena, l’Accademia medico–fisica di Firenze e quella medicochirurgica di Bologna. Fu inoltre membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma, membro effettivo della R. Accademia delle scienze mediche di Palermo, della società entomologica italiana,
capitano medico del R. Esercito, decorato della medaglia per le guerre
dell’indipendenza e della medaglia d’oro per atto di benemerenza. Divenne
anche professore ordinario per Zoologia.
Carruccio si laureò in medicina e chirurgia a soli ventitrè anni, con una
tesi sull’emorragia cerebrale. Svolse dapprima la sua attività presso l’Istituto
di anatomia di Cagliari, città nella quale fondò la rivista scientifica dal nome
«La Sardegna medica».
Nel 1867, Carruccio dette un nuovo indirizzo alla sua attività scientifica
dedicandosi a studi di zoologia e di anatomia comparata. Nello stesso anno
ottenne l’insegnamento di Anatomia comparata a Cagliari e successivamente
divenne aiuto all’Istituto di zoologia di Firenze. Nel 1884 ottenne la cattedra
di zoologia presso l’università di Roma e da allora cominciò una lunga serie
di lavori e ricerche sulla fauna del Lazio. Il suo impegno non si limitò solo
all’insegnamento, egli volle diffondere al di fuori del mondo degli studiosi
l’amore per la scienza, fondando nel 1892, la Società romana per gli studi
zoologici, che nel 1900 mutò in Società zoologica italiana. Scopo di questa
Società era quello di riunire i cultori e dilettanti di zoologia e raccogliere tutti i contributi atti ad illustrare la struttura anatomica, lo sviluppo, la fisiologia
e i costumi degli animali. Insieme alla Società nacque il Bollettino, del quale
egli fu prima direttore e poi principale collaboratore.
CRETY CESARE…
(di questo docente non è stato possibile rilevare alcun dato biografico)1.
GASCO FRANCESCO GIUSEPPE (Mondovì, 1842 – Roma, 1894).
Sin dall’infanzia mostrò un interesse per i fenomeni naturali, che esprimeva con la ricerca e raccolta di insetti, conchiglie e piante. Nel 1861 ottenne per concorso un posto gratuito nel Collegio delle province di Torino, si
iscrisse poi alla Facoltà di Scienze naturali, laureandosi nel 1865 con una tesi
sul sistema digerente nella serie animale. Frequentò per qualche tempo il
Museo zoologico dell’Università di Torino e nel 1867 fu nominato professo1
D’ora in avanti i nomi contraddistinti dai puntini sospensivi indicano che per questi docenti non è stato possibile rilevare alcun dato biografico.
230
Appendice – Parte seconda
re di storia naturale nel Liceo Principe Umberto di Napoli. Divenne stretto
collaboratore di P. Panceri, che dirigeva l’Istituto di Anatomia comparate
dell’Università di Napoli. Egli fu assiduo frequentatore della stazione zoologica e si dedicò allo studio dei pesci, molluschi, crostacei ed echinodermi,
che costituivano la ricchissima fauna del golfo di Napoli.
Nel 1877 Gasco vinse la cattedra di zoologia dell’Università di Genova, e
qui si occupò anche del Museo zoologico che arricchì di nuovi reperti fra cui
lo scheletro di una balenottera arenatasi a Monterosso in Liguria. Abbandonato lo studio dei cetacei, si dedicò ad una serie di lavori riguardanti la fecondazione, la deposizione e lo sviluppo delle uova dei Batraci.
Nel 1882 passò all’insegnamento della zoologia e dell’anatomia
comparata all’Università di Roma e nel 1885 tenne il discorso su Influenza
della biologia sul pensiero moderno. Nel 1890 cominciò poi a sviluppare un
certo interesse per il mondo degli uccelli. Gasco fu impegnato anche
politicamente, infatti divenne deputato al Parlamento nel 1890, anni in cui
egli auspicava una riforma radicale dell’insegnamento universitario.
GIULIANI MICHELE.
Professore straordinario per Anatomia umana normale microscopica e
predetto per l’Anatomia umana normale descrittiva, sia alla Facoltà di Scienze naturale che alla Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Roma.
GRIMALDI PIETRO.
Assistente nell’Istituto Fisico dell’Università di Roma per Fisica dal 18
dicembre 1888.
GUCCI PIETRO…
MAGINI GIUSEPPE.
Assistente nel Gabinetto d’Istologia e Fisiologia generale presso l’Università di Roma, membro ordinario residente della Regia Accademia medica
di Roma, per Istologia, dal 1 febbraio 1890.
MORIGGIA ALIPRANDO.
Socio nazionale della Regia Accademia dei Lincei, membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma. Ricevette inoltre una medaglia
commemorativa per la guerra del 1859. All’Università di Roma fu incaricato
per Tecnica microscopica e professore straordinario per Istologia e Fisiologia generale.
PICCINI AUGUSTO.
Professore straordinario all’Università di Roma, alla Facoltà di Scienze
fisiche, matematiche e naturali, per Chimica applicata, incaricato per Chimica analitica e predetto nel 1891–92 per l’Analisi minerale.
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
231
PIROTTA ROMUALDO.
Membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma, socio
corrispondente nazionale della R. Accademia dei Lincei, socio corrispondente del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, per Botanica. Inoltre fu, professore ordinario presso la Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali
dell’Università di Roma, per Botanica e predetto per Fisiologia vegetale.
SCHUMANN GIUSEPPE…
SERGI GIUSEPPE (Messina, 1841 – Roma, 1936).
Antropologo italiano; si occupò inizialmente di studi di psicologia e successivamente si dedicò all’antropologia, diventando uno dei più quotati specialisti. Iniziò la sua attività d’insegnamento come professore nella scuola
tecnica di Noto e dal 1870 come professore di filosofia nei Licei di Messina,
Benevento e Milano. Egli è stato professore di antropologia prima all’Università di Bologna (1880–1884) e poi all’Università di Roma alla Facoltà di
scienze (1884–1916), dove fondò il Museo dell’Istituto d’antropologia e il
laboratorio di psicologia sperimentale; ideò una nuova classificazione dei tipi umani fossili, rielaborata ed estesa ai tipi umani attuali dal figlio Sergio.
L’interesse per la psicologia scientifica si trasforma in una delle più importanti pubblicazioni dal titolo: Principi di psicologia sulla base delle scienze
sperimentali (Messina, 1873–1874). Fondò nel 1906 a Roma la «Rivista di
Antropologia», ritenendo importante l’utilizzo di strumenti antropologici e
psicologici per la conoscenza del bambino proponendo che le osservazioni
fisiche e psicologiche riguardanti i bambini fossero raccolte in una cartella,
chiamata “Carta biografica”. La sua notorietà è legata non solo agli studi
sull’origine e distribuzione delle razze, specialmente quella ariana e mediterranea, ma anche agli studi di psicologia sperimentale il cui scopo è la riconduzione dei fenomeni psichici a quelli biologici.
La sua produzione scientifica fu notevole (oltre 400 opere): L’uomo
(1911), L’Italia: antropologia e cultura (1918), La più antica umanità vivente (1930). Il figlio Sergio, nato a Messina nel 1878 (antropologo), docente di
antropologia all’Università di Roma dal 1916, collaborò col padre, continuandone, poi, l’opera. Gli si devono importanti progressi nel campo della
sistematica antropologica e l’introduzione di nuovi metodi nell’analisi comparativa in antropometria, soprattutto, in craniometria. Perfezionò la classificazione dei tipi umani fossili, elaborata dal padre, e l’estese ai tipi umani attuali. Fra le sue opere ricordiamo: Le reliquie dei Garamanti (1936), Craniografia e Craniometria (1948).
TODARO FRANCESCO.
Senatore del Regno, Consigliere dell’Ordine Civile di Savoia, socio nazionale della R. Accademia dei Lincei, vice–presidente della R. Accademia
medica di Roma, come anche dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti,
232
Appendice – Parte seconda
dell’Accademia di medicina di Torino. Fu anche socio onorario degli aspiranti naturalisti di Napoli, membro della Società degli amici di antropologia
ed etnologia di Pietroburgo. Inoltre divenne assistente di Embriologia comparata presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Roma.
VINCIGUERRA DECIO.
Professore di Scienze naturali nella R. Scuola tecnica “Giulio Romano”
in Roma, dottore aggregato nella R. Università di Genova per Zoologia dal 6
giugno 1888. Inoltre fu conservatore nel Gabinetto di Zoologia dell’Università di Roma e assistente per la stessa materia.
II.2 Docenti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia
BACCELLI GUIDO (Roma, 1830 – Roma, 1916).
Nato da Antonio, illustre chirurgo, e Adelaide Leonori, dopo aver studiato nel collegio Ghislieri in Roma, iniziò all’università lo studio della medicina. Negli anni 185253 ottenne la doppia laurea in medicina e chirurgia; fu
professore nell’Ospedale di Santo Spirito, sostituto di C. Maggiorani nel
1859 e nel 1862 titolare di Clinica medica.
Baccelli, oltre all’attività scientifica, svolse una intensa attività politica:
fu eletto deputato dal III collegio di Roma nella XII legislatura, divenne ministro della Pubblica Istruzione nel governo Cairola il 2 gennaio 1881, rimanendo in carica anche con il successivo governo Depretis, fino al 30 marzo
1884. In seguito, fu nuovamente chiamato dallo stesso ministero Crispi il 15
dicembre 1894 e mantenne il portafoglio sino al 9 marzo 1896; lo stesso incarico ebbe, infine, dal governo Pelloux nel biennio 1898–1900. Nel 1901
divenne ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio, con il governo
Zanardelli–Giolitti, incarico ricoperto sino al 1903.
Baccelli, oltre che vicepresidente della Camera dei Deputati, fu anche
Consigliere comunale di Roma, presidente del Comitato esecutivo del Congresso medico internazionale d’Italia, della Società nazionale di Medicina
interna, del Consiglio superiore di sanità, della R. Commissione esecutiva
per il Policlinico. Fu, tra l’altro, socio d’onore della Società Reale medico–
chirurgica di Londra, delle accademie mediche di Berlino, di Monaco di Baviera, di Bruxelles, di Parigi e di altre Accademie italiane ed estere.
BERNABEI CORRADO.
Medico primario, libero docente dal 18 gennaio 1883 e professore incaricato di Clinica propedeutica e Patologia speciale medica della R. Università
di Siena, membro e segretario della R. Accademia dei Fisiocratici e direttore
incaricato dell’Istituto di Clinica medica della R. Università di Pisa per le
materie summenzionate. Bernabei, inoltre, fu libero docente di Patologia
speciale e Clinica propedeutica medica dal 6 luglio 1891.
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
233
BONFIGLI CLODOMIRO (Camerino, 1838 – Roma, 1909).
Dopo essersi laureato in medicina e chirurgia a Roma, tornò nella sua città natale, dove prese a frequentare la clinica medica di quell’Ateneo, allora
diretta da C. Federici, sotto la cui guida iniziò ad interessarsi di problemi
neuropsichiatrici; poté così approfondire i suoi studi con ricerche che ben
presto gli valsero la libera docenza. Nominato prima direttore dell’Ospedale
psichiatrico di Reggio Emilia, nel 1873 assunse la direzione del nosocomio
di Ferrara, dove rimase per vent’anni, fondando la scuola neuropsichiatrica e
dando impulso alle ricerche clinicoscientifiche in tema di alienazioni mentali. Nel 1893 fu nominato direttore dell’Ospedale psichiatrico provinciale di
Santa Maria della Pietà di Roma e per un anno unì questa attività
all’insegnamento universitario della psichiatria presso l’Ateneo romano.
Bonfigli fu decorato della medaglia di bronzo ai benemeriti della salute
pubblica e divenne membro ordinario della R. Accademia medica di Roma e
membro della R. Deputazione di Storia patria per le Marche e l’Umbria. Nel
1897 fu eletto deputato di Camerino al Parlamento e si fece, quindi, promotore di innovazioni in campo neuropsichiatrico propugnando, tra l’altro, la
legge sull’assistenza psichiatrica e la legge per gli Istituti medico–
pedagogici, quest’ultima ispirata, soprattutto, al suo interesse per i problemi
neuropsichiatrici legati ad una incongrua educazione infantile. Questo suo
interesse lo indusse a fondare nel 1899 la «Lega nazionale per la protezione
dei fanciulli deficienti».
BUSINELLI FRANCESCO.
Membro ordinario residente della R. Accademia Medica di Roma, membro corrispondente della Società imperiale dei medici e di quella di zoologicobotanica di Vienna, direttore sanitario dell’Ospizio dei ciechi poveri in
Roma e professore ordinario di Clinica oculistica presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Roma.
CAMPANA ROBERTO (Teramo, 1844 – Roma, 1919).
Dopo aver compiuto gli studi nella città natale, si iscrisse alla Facoltà di
Medicina e chirurgia dell’Università di Napoli, dove poté formarsi sotto la
guida di grandi maestri quali S. Tommasi e A. Cantani per Clinica medica e
V. Tanturri per Clinica dermosifilopatica. Nel 1878 vinse il concorso per la
cattedra di Patologia e Clinica dermosifilopatica dell’Università di Genova e
nel 1893 venne chiamato a dirigere la stessa cattedra a Roma, succedendo a
C. Manassei. All’Università di Roma, svolse il suo insegnamento, prima nei
locali dell’Ospedale San Gallicano, poi presso il Policlinico Umberto I, dove
organizzò l’Istituto di Clinica dermosifilopatica fornendolo anche di una biblioteca.
Campana fu membro delle R. Accademie mediche di Roma, Napoli e
Genova; delle Società dermosifilopatiche di Francia e Vienna.
234
Appendice – Parte seconda
CARATULLO GIACOMO EMILIO.
Membro della società italiana di Chirurgia, della R. Accademia medica di
Roma e della R. Accademia di scienze mediche di Palermo, oltre che insegnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Ostetricia
e Ginecologia dal 15 gennaio 1891.
CELLI ANGELO (Cagli, prov. di Pesaro, 1857 – Monza, 1914).
Di modeste condizioni economiche, rimase orfano presto e poté proseguire gli studi grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dall’Istituto
dei Piceni. Conseguita la laurea in medicina e chirurgia presso l’Università
di Roma, grazie al contributo del sottosegretario al ministero dell’Istruzione
F. Martini, si recò per un breve periodo a Monaco a perfezionarsi nell’Istituto di M. J. Von Pettenkofer, il creatore dell’Igiene sperimentale. Tornato a
Roma, nel 1883, si dedicò ad importanti studi, infatti collaborò insieme con
E. Marchiafava, su una epizoozia di colera dei polli nella campagna romana;
nel 1884, con G. Guarnieri, si occupò della penetrazione per inalazione del
bacillo di Koch negli organismi animali e nel 188485, ancora con Marchiafava, studiò un microrganismo reperito in due casi di meningite e l’infezione
malarica.
Gli studi sull’infezione malarica segnarono una svolta nella impostazione
concettuale sull’argomento e costituirono la base degli studi sulla profilassi
che dovevano seguire pochi anni più tardi. Dopo che Laveran ebbe scoperto
un parassita che chiamò Oscillaria malariae. Egli indusse gli ambienti scientifici ad avere opinioni diverse al riguardo, tanto che in Italia si dubitava delle osservazioni del Laveran. Finalmente, nel 1885, Marchiafava e Celli modificarono le proprie osservazioni e riconobbero la natura parassitica dei cosiddetti corpi di Laveran, e dimostrarono che il microrganismo, accrescendosi nei globuli rossi, trasforma l’emoglobina in pigmento e poi si divide in vari piccoli figli che invadono altri globuli rossi. Ebbe inizio una nuova corrente di pensiero che poi risultò feconda, tanto da far ricordare gi studi italiani
tra i contributi fondamentali alla conoscenza della malaria.
Nel 1886 Celli conseguì la libera docenza in igiene e nello stesso anno
venne nominato professore straordinario presso l’Università di Palermo; in
questa città fondò un Istituto antibatterico, uno dei primi sorti in Italia. Celli,
intanto si andava sempre più distinguendo per l’opera svolta in occasione
dell’epidemia di colera scoppiata nell’Italia centromeridionale ed a tal proposito venne incaricato dal governo di dirigere il servizio profilattico nelle
zone più colpite. Per questa ragione si recò nel 1886 a Ripi, presso Frosinone, nel 1887 nella provincia di Napoli, poi in Calabria, dove per la sua generosa attività ottenne la cittadinanza onoraria dei comuni di Resina e Roccella
Ionica. Trasferitosi come professore straordinario presso l’Università di Roma, nel 1889 fondò un Istituto antirabbico e diede vita al periodico Annali di
igiene. Nel 1890 succedeva a C. Tommasi Crudeli e venne nominato professore ordinario per l’Igiene sperimentale; nello stesso anno cominciò ad inse-
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
235
gnare nella Scuola di applicazione di Roma e nel 1893 anche nella Scuola di
farmacia.
La sua attività didattica pur intensa non lo distoglieva da altri interessi,
come lo studio delle epidemie, che colpirono Roma nel 1893; lo studio
dell’epidemia, che colpì l’Egitto nel 1895 e che lo portò a compiere ricerche
più approfondite; la prosecuzione degli studi sulla malaria e le molte iniziative culturali come la fondazione della Società d’Igiene e medicina tropicale
nel 1890 e nel 1898, insieme a G. Fortunato e L. Fianchetti e la Società per
gli studi sulla malaria.
Intensa ed interessante fu la sua azione nel campo della politica sanitaria,
infatti oltre all’interesse per la lotta antimalarica, Celli rivolse l’attenzione
alle condizioni igieniche delle zone infettate, studiando in particolare
l’approvvigionamento idrico della città e, soprattutto, l’alimentazione delle
classi povere italiane. Si occupò dei problemi dell’infanzia, fondando a Roma nel 1891 l’ambulatorio Soccorso e lavoro per i bambini poveri. A tal riguardo, in Parlamento, Celli si batté sempre per lo sviluppo della legislazione sociale, collaborando all’elaborazione ed all’approvazione delle leggi volte a migliorare le condizioni di vita delle classi lavoratrici. Celli fu membro
di varie accademie e associazioni mediche e venne insignito del titolo di
doctor honoris causa dalle Università di Atene e di Aberdeen, di quello di
lettore del Royal Institute of Public Health di Londra e della medaglia Mary
Kingsley dell’Institute of Tropical Medicine di Liverpool.
COLASANTI GIUSEPPE (Civita Castellana, prov. di Viterbo, 1846 – Roma,
1903).
Ricevette la prima educazione nella città natale, per poi seguire gli studi
universitari a Roma, dove si laureò in medicina. Dopo la laurea si dedicò a
ricerche anatomiche e alla chirurgia, frequentando per qualche anno gli Ospedali romani come aggiunto e come sostituto chirurgo e meritandosi, nel
1869 la medaglia d’oro per il corso di Anatomia negli Ospedali di Roma.
Nel 1871 fu nominato direttore nell’Istituto di Anatomia diretto da F. Todaro e nel 1874 passò all’Anatomia comparata, lavorando nel laboratorio di
F. C. Boll. La sua intensa attività ebbe inizio nel 1876, quando vinse una
borsa di studio, che gli permise un lungo viaggio di perfezionamento in vari
istituti europei. In questi ambienti, Colasanti affinò la sua attitudine allo studio sperimentale, acquisendo esperienza nel metodo della indagine biologica. Nel 1878 ottenne la libera docenza in Fisiologia. Nel 1880 fu chiamato,
come professore di Fisiologia, all’Università di Camerino, dove fu anche incaricato dell’insegnamento di farmacologia sperimentale. Colasanti, tuttavia,
tornò nel 1881 a Roma dove, presso l’Istituto Fisiologico diretto dal professor Moleschott, venne chiamato come professore straordinario per Chimica
fisiologica. Nel 1890, alla morte del professor F. Scalzi, venne nominato
straordinario per l’insegnamento della farmacologia, presso la Facoltà di
236
Appendice – Parte seconda
Medicina e chirurgia di Roma, dove contemporaneamente mantenne l’insegnamento di Chimica fisiologica.
Il suo nome resta legato soprattutto alla fondazione della rivista «Archivio
di farmacologia sperimentale e scienze affini», che volle destinata a raccogliere i risultati degli studi della sua scuola e che iniziò le pubblicazioni a Roma
nel 1902, pochi mesi prima della sua scomparsa. Colasanti durante la carriera
universitaria si dedicò allo studio dell’Anatomia e Fisiologia comparata per
poi approdare alla biochimica, alla farmacologia e alla farmacoterapia.
CONCETTI LUIGI (Viterbo, 1854 – Roma, 1920).
Studiò lettere nel seminario della sua città, per poi iscriversi alla Facoltà
di Medicina a Roma. Laureatosi nel 1879, continuò a frequentare gli Istituti
clinici, interessandosi in modo particolare alla Pediatria, dove divenne prima
assistente, poi aiuto e, nel 1881, pro–primario della sala alessandrina dell’Ospedale Santo Spirito di Roma, cui era annesso un piccolo reparto infantile.
Nel 1883 Concetti venne nominato assistente e nel 1890 primario dell’Ospedale infantile «Bambino Gesù» di Roma, di cui sarà in seguito direttore.
Nel 1894 conseguì la libera docenza in Patologia e Clinica pediatrica e,
nell’anno accademico 1894–95, tenne all’Università di Roma, alla Facoltà di
Medicina, un corso pareggiato di Clinica pediatrica, inaugurato il 2 dicembre
1894 con la prolusione Lo stato attuale della pediatria (Roma, 1894). Nel
1896 alla Facoltà di Medicina di Roma, venne istituita la prima cattedra di
Clinica pediatrica dove Concetti fu il primo titolare; poi nel 1899 passò come professore straordinario e dal 1900 sino alla morte, passò, tramite concorso, come ordinario sempre per Clinica pediatrica.
DURANTE FRANCESCO (Letojanni Gallodoro, prov. di Messina, 1844–1934).
Compiuti i primi studi a Messina, si trasferì a Napoli, dove seguì i corsi
universitari di medicina e dove si laureò nel 1866. Dopo la laurea fu per alcuni anni a Firenze, dove poté perfezionarsi in Istologia sotto la guida di F.
Pacini e ottenne la nomina a chirurgo nell’Ospedale di Santa Maria Nuova.
Per completare la propria formazione scientifica, soprattutto nel campo
dell’anatomia e dell’istologia patologica, dal 1869 visitò i principali centri di
ricerca europei: Vienna, Berlino, Londra e Parigi.
In questo lungo periodo di formazione cominciò ad interessarsi della patologia dei tumori, che sarebbe poi divenuta uno dei suoi principali argomenti di studio, ed a seguito dell’opera prestata nella Croce rossa, avvertì la prima inclinazione per l’esercizio della chirurgia.
Durante, tornato in Italia nel 1872, fu chiamato da C. Mazzoni, succeduto
in quell’anno a G. Corradi nella direzione della Clinica chirurgica dell’Università di Roma, allora collocata nella vecchia sede dell’Ospedale di San
Giacomo, all’Università della capitale col titolo di assistente; nel 1873–74
gli venne poi affidato l’insegnamento dell’Anatomia chirurgica. Durante rimase all’Università di Roma nonostante gli incarichi che molte altre univer-
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
237
sità italiane gli concedettero; nell’anno 187778 e nel 1881 venne nominato
professore di Patologia chirurgica. Alla morte del suo maestro Mazzoni, nel
1885, Durante era ormai maturo per ottenere la cattedra e la direzione della
Clinica chirurgica. Tra il 1909 ed il 1912 resse anche l’insegnamento di
Traumatologia, lasciato da F. Scalzi. Tenne la direzione della Clinica e la
cattedra sino al 1919, quando dovette lasciare la carica per limiti di età.
FERRARESI ORESTE.
Medico primario dell’Ospedale San Giovanni, membro ordinario residente
della R. Accademia medica di Roma e insegnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Anatomia patologica dal 26 novembre 1887.
FORTUNATI ALFREDO.
Insegnante alla Facoltà di Medicina, presso l’Università di Roma per Clinica e Patologia oculare dall’11 giugno 1888.
GALASSI LUIGI.
Professore ordinario presso la Facoltà di Medicina all’Università di Roma
per Patologia speciale medica e preside della stessa facoltà tra il 1875–76 al
1885–86.
GIULIANI MICHELE.
Membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma, professore straordinario per Anatomia umana normale microscopica e predetto per
l’Anatomia umana normale descrittiva.
LA TORRE FELICE.
Membro delle Società italiane di chirurgia e di ostetricia e ginecologia,
membro delle Società estere come quella di Parigi, e insegnante presso la
Facoltà di Medicina di Roma, per Ostetricia e Clinica ostetrica.
LEONI OTTAVIO.
Insegnante presso la Facoltà di Medicina di Roma per Patologia speciale
dimostrativa e Propedeutica clinica medica dal 13 maggio 1882.
LUCIANI LUIGI.
Membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, professore
onorario del R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Firenze, socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei e socio sanitario
della Imperiale Accademia Germanica Leopoldino–Carolina dei Naturalisti.
Inoltre, fu membro della R. Accademia economicoagraria dei Geografi di
Firenze, socio e presidente dell’Accademia Medicofisico fiorentina, membro onorario della Società Freniatrica Italiana e della R. Accademia Medica
di Genova.
238
Appendice – Parte seconda
Oltre a numerose e prestigiose nomine, Luciani fu professore ordinario
presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Fisiologia umana
e incaricato anche, nella medesima Università, per Tecnica fisiologica.
MARCHIAFAVA ETTORE (Roma, 1847–1935).
Membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma e professore ordinario all’Università di Roma, presso la Facoltà di Medicina, per
Anatomia patologica. Marchiafava, apportò contributi fondamentali allo studio dell’anatomia patologica. Seguì con A. Celli importanti ricerche sul plasmodio agente della malaria, confermando i risultati di Laveran. Compì anche studi sull’artrite tubercolare, l’artrite luetica e sulla degenerazione del
corpo calloso negli alcolisti.
MAZZONI GAETANO.
Chirurgo primario dell’Ospedale di San Giovanni ed insegnante, presso la
Facoltà di Medicina di Roma, per Patologia speciale dimostrativa e Propedeutica clinica chirurgica dal 1 maggio 1888.
MELLE GIOVANNI.
Insegnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma di
Dermosifilopatia e Clinica dermosifilopatica dal 27 novembre 1893.
MINGAZZINI GIOVANNI (Ancona, 1859 – Roma, 1929).
Neuropsichiatra italiano, legò il suo nome allo studio delle basi anatomiche delle afasie, alla fisiologia del cervelletto, del corpo calloso e del nucleo
lenticolare e alla descrizione della paralisi omolaterale, o bilaterale del terzo
paio di nervi cranici con emiplegia omolaterale, che si riscontra nei tumori
del lobo temporale (sindrome di Mingazzini). Fu membro ordinario residente
della R. Accademia medica di Roma, direttore del laboratorio anatomia patologica del Manicomio di Roma per Anatomia umana dal 27 novembre 1888
ed insegnante presso la Facoltà di Medicina di Roma per Psichiatria e Clinica psichiatrica dal 19 maggio 1894.
MINGAZZINI PIO.
Professore straordinario, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di
Roma per Anatomia umana normale microscopica.
MOLESCHOTT JACOPO (Bosco Ducale in Olanda, 1822 – Roma, 1893).
Si laureò in medicina a Heidelberg nel 1845. Dal 1847 al 1854 insegnò a
Heidelberg, in qualità di libero docente per Chimica fisiologica, Anatomia
comparata, Fisiologia e Antropologia. Nel 1861 fu chiamato dal ministro
dell’Istruzione all’Università di Torino e nel 1879 passò all’Università di
Roma, tenendo la cattedra di Fisiologia umana, sino alla morte.
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
239
Nel corso della sua vita, Moleschott, ebbe molti onori. Infatti, fu Senatore
del Regno, membro del Consiglio Superiore di sanità, socio nazionale non
residente della R. Accademia delle scienze di Torino, socio straniero della
Società olandese delle scienze a Harlem e della R. Accademia di scienze, lettere e belle arti del Belgio, socio corrispondente degli Istituti Lombardo, Veneto, di Bologna e di Modena. Moleschott fu, anche, socio onorario della
Società Epidemiologica di Londra e della Società Antropologica spagnola di
Madrid, membro onorario della Società medica di Praga, socio corrispondente della Società Batava di Fisiologia sperimentale a Rotterdam, socio onorario della Società d’Igiene di Messina, e decorato della medaglia d’oro di
prima classe dei Benemeriti di Rumania. Molescott fu membro di molte associazioni italiane ed estere, ma rimase, proprio all’Università di Roma, dove insegnò come professore ordinario, per Fisiologia umana, sino agli ultimi
tempi della sua vita.
OCCHINI FRANCESCO.
Professore straordinario, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di
Roma per Anatomia chirurgica e Corso d’operazioni. Durante la sua vita, Occhini, ricevette molti onori. Egli fu vice–presidente del Consiglio Superiore di
sanità, del Comitato romano di Associazione medica italiana e della Società italiana di chirurgia, membro ordinario residente della R. Accademia medica di
Roma e decorato della medaglia commemorativa per le Patrie Battaglie.
PASQUALI ERCOLE.
Professore ordinario, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di
Roma per Ostetricia e Clinica ostetrica. Pasquali fu chirurgo primario degli
Ospedali di Roma, membro ordinario residente della R. Accademia medica
di Roma e membro onorario della Società Ostetricia e Ginecologia di Berlino.
POGLIANI LUIGI.
Professore ordinario d’Igiene nella Regia Università di Torino, direttore
della Sanità pubblica del Regno per l’Igiene sperimentale ed incaricato, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Igiene sperimentale
applicata alla polizia sanitaria.
POSTEMPSKI PAOLO.
Insegnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Patologia speciale dimostrativa Propedeutica clinica chirurgica dal 18 maggio
1885. Inoltre, fu chirurgo primario dell’Ospedale di San Giacomo, Ispettore
medico nella Croce rossa equivalente al grado di Tenente Colonnello e
membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma.
240
Appendice – Parte seconda
PENSUTI VIRGINIO.
Insegnante, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Patologia speciale medica, dal 13 novembre 1894.
ROSEO RINALDO.
Insegnante, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per
Medicina legale. Roseo fu, inoltre, Assessore comunale della città di Roma.
ROSSONI EUGENIO.
Professore straordinario presso l’Università di Roma per Clinica medica
propedeutica. Rossoni fu, inoltre, membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma.
SANTOLIQUIDO ROCCO.
Insegnante presso l’Università di Roma per Materia medica e Farmacologia sperimentale dal 13 giugno 1891.
SERGI GIUSEPPE (Messina, 1841 – Roma, 1936).
Si interessò nizialmente di studi di psicologia e successivamente di antropologia, diventando uno dei più importanti antropologi italiani. Fu docente
di Antropologia tra il 1880 e il 1884 a Bologna, poi a Roma tra il 1884 al
1916, dove fondò il Museo dell’Istituto di Antropologia e il laboratorio di
psicologia sperimentale. Sergi ideò una classificazione dei tipi umani fossili,
rielaborata ed estesa ai tipi umani attuali.
SCELLINGO MARIANO.
Insegnante, presso l’Università di Roma per Oftalmoiatria e Clinica oculistica dal 10 novembre 1885. Egli fu direttore dell’Istituto oftalmico Torlonia, oculista nell’Ospedale Margherita di Savoia per i ciechi poveri, membro
ordinario residente per la R. Accademia medica di Roma, membro della Società Lancisiana degli Ospedali e dell’Associazione oftalmologica italiana e
membro della Società Francese di oftalmologia.
SCIAMANNA EZIO (1850–1905).
Professore straordinario, presso l’Università di Roma, per Clinica psichiatrica e Neuropatologia. Egli fu membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma. Inoltre, fu allievo di J. M. Charlot a Parigi e di
Benedikt a Vienna. Insegnò neurologia dal 1892 all’Università di Roma dove diresse, dal 1895, la clinica psichiatrica rendendola autonoma dal manicomio.
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
241
TASSI EMIDIO.
Insegnante, presso l’Università di Roma per Clinica chirurgica propedeutica, dal 9 giugno 1886. Egli fu primario degli Ospedali di Roma e membro
ordinario residente della R. Accademia medica di Roma.
TOSCANI DAVIDE.
Professore ordinario, presso l’Università di Roma, per Medicina legale.
Toscani fu presidente della Società romana di soccorso agli asfittici, vice–
presidente della R. Accademica medica di Roma, decorato della medaglia
d’oro e di un’altra di argento ai benemeriti della salute pubblica ed anche
preside della Facoltà di Medicina e chirurgia dal 1886–87 al 1897–98.
VALENTI ANTONIO.
Professore straordinario, presso l’Università di Roma, per Patologia generale e membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma.
II.3 Docenti al Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria
CASAGRANDE ODD.
Fu secondo aiuto presso l’Istituto d’Igiene sperimentale, diretto dal professor Angelo Celli.
GUALDI…
NASOTTI…
SCALA ALBERTO.
Socio corrispondente della Regia Accademia medica di Roma, primo aiuto all’Istituto d’Igiene sperimentale, diretto dal professor Celli.
SPATARO…
II.4 Docenti alla Facoltà di Filosofia
BARZELLOTTI GIACOMO (Firenze, 1844–Piancastagnaio, prov. di Siena,
1917).
Conseguita la laurea nel 1867 in Filosofia, si dedicò all’insegnamento di
questa materia, pubblicando qualche anno più tardi la sua tesi dal titolo Delle
dottrine filosofiche nei libri di Cicerone. Dal 1868 al 1878, fu docente di filosofia nel Liceo Dante di Firenze. Discepolo di T. Mamiani e di A. Conti,
esponenti entrambi della corrente spiritualistica, che lo portarono alla cono-
242
Appendice – Parte seconda
scenza della filosofia rosminiana e giobertiana. Fu professore ordinario,
presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di Roma, per Storia
della filosofia dal 1896; socio nazionale della R. Accademia dei Lincei dal
1899, dell’Istituto Lombardo, della R. Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli e nominato Senatore del Regno dal 1908.
CREDARO LUIGI (Colda, frazione di Sondrio, 1860 – Roma, 1939).
Professore ordinario, presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di
Roma, per Pedagogia e socio corrispondente del R. Istituto lombardo di lettere,
scienze ed arti.
Credaro, primogenito di poverissimi contadini analfabeti, fu l’unico di sei
fratelli a proseguire gli studi, viste le sue eccezionali capacità. Al liceo di Sondrio ebbe come professore di filosofia A. Martinazzoli, con cui diresse in seguito
il Dizionario di pedagogia (Milano 18921903). Nel 1879 vinse il concorso per
un posto gratuito di convittore interno al collegio Ghislieri di Pavia, dove trovò
un ambiente culturalmente e politicamente vivo. Si iscrisse alla Facoltà di Filosofia a Pavia, dove si laureò, insieme al suo amico C. Cantoni, nel luglio 1883
discutendo una tesi su Alfonzo Testa e i primordi del Kantismo in Italia, rielaborata e pubblicata nel 1886–87 sui Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei.
Cominciò ad insegnare Filosofia al liceo «Nolfi» di Fano, un anno dopo si
sposò con una donna di famiglia benestante, che lo aiutò nella carriera universitaria. Nel 1887 vinse una borsa di studi all’estero, all’Università di Lipsia, esperienza che fu determinante per la sua formazione intellettuale, tanto che, lo spinse a cercare un ulteriore legame tra filosofia e scienze e a scoprire un nuovo interesse quello pedagogico e scolastico, che diventò poi fondamentale nella sua attività di studioso e di politico. Nel 1888 insegnò al liceo “Umberto I” di Roma;
nella capitale assunse anche l’incarico di filosofia e pedagogia presso l’Istituto di
magistero. L’anno successivo pubblicò il primo volume della sua ricerca su Lo
scetticismo degli Accademici, premiato dall’Accademia dei Lincei.
Nel 1890 cominciò l’insegnamento di Storia della filosofia all’Università di
Pavia, dove dal 1899 fu Consigliere comunale, rappresentante del Consiglio
provinciale scolastico e Assessore comunale alla Pubblica Istruzione sino al luglio del 1902. Nel 1895 si presentò per la prima volta candidato al Parlamento
nel collegio di Tirano (Sondrio), dove fu eletto e rimase in carica sino al 1919.
Promosse varie iniziative, quali l’istituzione degli asili e della refezione scolastica; si occupò di problemi riguardanti l’educazione e la scuola, tanto che, nel
1900, venne eletto presidente dell’Associazione della stampa scolastica e incaricato di porre le basi per un’organizzazione dei maestri protesa ad ottenere il miglioramento delle loro condizioni economiche e giuridiche. Nel 1901, fondò così, l’Unione Magistrale Nazionale e perché avesse le più larghe basi la dichiarò
associazione apolitica.
Nel 1904 fondò la Scuola pedagogica, con annesso, nel 1906, il Museo di istruzione e di educazione, già diretto da molti anni dal Labriola. Alla Scuola pe-
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
243
dagogica insegnarono fra gli altri: Sergi, De Sanctis, Montessori, Gentile;
quest’ultimo, nel 1923, soppresse le scuole pedagogiche, nate in tutte le Facoltà
di Filosofia e lettere del Regno. Nel 1907 Credaro fu eletto presidente
dell’Associazione pedagogica professionale fra gli insegnanti delle scuole normali, in seguito fondò e diresse, sempre a Roma, la Rivista pedagogica (1908–
39) a cui collaborarono esperti di problemi pedagogici e scolastici, ma in particolare herbartiani e positivisti. Alla caduta del governo Giolitti, anche Credaro
lasciò nel marzo 1914, il suo incarico alla Minerva e nel 1917 fu nominato presidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, da cui lo rimosse nel
1923 Gentile. Nel 1919 divenne Senatore, ma il suo periodo decrescente, ebbe
iniziò con il fascismo. Infatti, durante il regime fascista, Credaro, che non si iscrisse mai al partito, rimase sempre più ai margini della vita politica, pronunciandosi contro la politica scolastica di Gentile. Nel 1932–33 diresse la scuola di
perfezionamento di pedagogia. Nel 1902, fu chiamato alla cattedra di Pedagogia
alla Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di Roma, dove fu anche preside
dal 1903 al 1911 e dal 1918 al 1920, e dove insegnò sino al 1935.
DE GUBERNATIS ANGELO (Torino, 1840–Roma, 1913).
Professore ordinario, presso la Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università
di Roma, per Letteratura italiana. Durante la sua vita ebbe molti onori. De Gubernatis fu professore emerito del R. Istituto di studi superiori di Firenze, decorato della medaglia d’oro dei benemeriti di Romania, fondatore e direttore onorario del Museo indiano, fondatore e presidente onorario della Società Asiatica
Italiana, membro dell’American Philosophical Society di Filadelfia, membro
onorario dell’Accademia Nazionale delle scienze di Budapest, dell’antropologia
di Bombay, delegato del Governo ai Congressi Internazionale degli Orientalisti
di Pietroburgo, Stoccolma, Londra e Ginevra e Segretario generale del Congresso degli Orientalisti di Firenze, oltre che presidente della sezione linguistica e di
etnografia e folklore al Congresso di Parigi.
DE SANCTIS SANTE (1862–1935).
Libero docente per Psicologia, presso la Facoltà di Filosofia e Lettere
dell’Università di Roma, dal 16 dicembre 1901. De Sanctis, fu uno dei primi
ad approfondire su basi sperimentali lo studio della psicologia e ad ideare
test reattivi per determinare il grado di anormalità dei bambini handicappati,
eseguendo poi con molta cura trattamenti adeguati. Fondò a Roma, nel 1899,
il primo asilo–scuola per fanciulli deficienti ed anormali e nel 1906 istituì
l’Istituto di psicologia sperimentale, dove creò nel 1907 il primo laboratorio
di psicologia, le cui ricerche furono pubblicate sia nella «Rivista Pedagogica» che nella «Rivista di Psicologia».
LABRIOLA ANTONIO (Cassino, 1843–Roma, 1904).
Filosofo italiano, fu allievo a Napoli di Bertrando Spaventa, sotto la guida
del quale studiò Hegel e Spinoza. Successivamente, subì l’influenza del pensiero
244
Appendice – Parte seconda
di Herbart, acquistando, attraverso questa esperienza intellettuale, soprattutto
l’abito del rigore formale e il gusto per i problemi concreti. Nel 1874 ottenne la
cattedra di Filosofia morale nell’Università di Roma; nel 1876, manifestò la sua
adesione al movimento socialista e la necessità di motivare razionalmente la
scelta politica lo portò ad approfondire, a partire dal 1890, lo studio di Marx. Da
questo interesse ebbe origine la collaborazione intellettuale, assai feconda per
entrambi, con Croce, il quale ben presto però si allontanò dal marxsismo considerando i suoi precedenti entusiasmi solo come un momento circoscritto della
propria formazione filosofica. Labriola giudicò quella svolta come un segno di
debolezza morale e non risparmiò all’amico rimproveri e sarcasmi. La polemica
condotta dal Labriola su più versanti contro la confusione del materialismo storico con il materialismo metafisico, contro la riduzione di esso a una «filosofia
della storia», contro le revisioni deformanti ed equivoche come quella di Sorel,
contribuì a «restaurare» un’immagine corretta del pensiero di Marx e ad avviare
quel nuovo corso teorico–politico del socialismo scientifico, di cui furono poi
protagonisti figure come Lenin e Gramsci. Per Labriola il marxismo è essenzialmente conoscenza critica della realtà ed il socialismo è un’aspirazione pratica che trova nel materialismo storico la propria verità.
Per Labriola motore della storia è l’azione dei gruppi umani consapevoli e
organizzati; cioè il materialismo storico, secondo Labriola, non elimina la radice
volontaristica della praxis ed esclude che la classe rivoluzionaria possa esistere
come pura entità sociologica, indipendente dal grado di presa di coscienza dei
singoli.
RAGNISCO PIETRO (Pozzuoli, 1839–Roma, 1920).
Dopo essere stato professore nei licei di Avellino e di Napoli, insegnò
nelle Università di Palermo, Padova e Roma. Infatti, presso la Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Roma, fu professore ordinario per Filosofia morale; fu anche membro effettivo del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti della R. Accademia di Padova e socio corrispondente nazionale
della R. Accademia di scienze morali e politiche di Napoli.
TOMASSETTI GIUSEPPE.
Professore libero docente presso la Facoltà di Filosofia e Lettere
dell’Università di Roma, per Storia di Roma nel medio evo, dal 18 novembre
1886. Tomassetti ebbe molti onori, fu Consigliere Comunale di Roma,
membro della Società romana di Storia patria, membro della Commissione
Araldica Romana e socio dell’Imperiale Istituto archeologico germanico,
Segretario della R. Accademia romana di Belle Arti di San Luca, archivista
del principe Colonna e socio corrispondente della R. Deputazione di Storia
patria per Modena, Romagna e Umbria.
Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)
245
VILLA GUIDO.
Incaricato presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di Roma,
per Filosofia teoretica e professore nel Regio Liceo Torquato Tasso, sempre
per la summenzionata materia.
VRAM UGO.
Incaricato per l’insegnamento della Antropologia dal 21 dicembre 1901.
Parte terza
Gli studi e gli interessi accademici di Maria Montessori
negli scritti giovanili (1896–1907)
III.1 Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia. Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico (1896)∗
Gli anni universitari costituirono un momento formativo importante che
non si concluse il 10 luglio 1896, ma proseguì per tutta la sua vita. Nel 1896
Montessori si laureò in Medicina e chirurgia discutendo la tesi dal titolo:
Contributo clinico allo studio delle Allucinazioni a contenuto antagonistico.
Il lavoro di tesi è costituito da una parte introduttiva, in cui l’autrice ripercorre le linee essenziali della letteratura scientifica relativa alle allucinazioni generali e una seconda parte in cui tale letteratura è ricostruita in maniera meticolosa. Dopo un breve riepilogo, la giovane marchigiana conclude
la sua tesi dando una definizione di allucinazione a contenuto antagonistico e
fornendo una proposta originale, mai avanzata prima di allora: un progetto di
classificazione delle allucinazioni antagonistiche.
Qui di seguito sono riportati alcuni passi ritenuti particolarmente rilevanti
in relazione agli studi accademici di Maria Montessori ed ai suoi interessi
scientifici1.
Ecco l’Allucinazione.
L’Esquirol considerava l’Allucinazione come un fatto puramente psichico, ciò
che equivaleva a dire completamente misterioso. Il Lélut ne faceva «una idea che si
proietta al difuori», il Délasienve: «una idea sensibile».
Per altri […] Baillaryer l’Allucinazione è un fatto psicosensoriale, in soggetti che
presentano il substratum patologico, ossia quella «modificazione dell’eccitabilità nel
cervello sensoriale» […]. Baillaryer, circondato da così illustri sostenitori, ammette
una specie di Allucinazioni alla cui genesi non concorrono i sensi, e comprende queste col misterioso mondo primitivo dell’origine psichica di Esquirol, le chiama «Allucinazioni psichiche». L’esistenza di allucinazioni psichiche fu ammessa e sviluppata dal Tamburini (teoria del Tamburini) le ammette. Tali Allucinazioni hanno il
carattere di essere del tutto indipendenti dagli organi sensoriali consistono esse in
voci che il malato crede di sentire: voci speciali che si possono paragonare alle fisiologiche voci della coscienza o a quella che sentì Frà Cristoforo alla partenza di Lucia: «il cuore mi dice che noi ci rivedremo presto». Difatti i malati non dicono di u-
∗
M. Montessori, Contributo clinico allo studio delle Allucinazioni a contenuto antagonistico, (tesi di laurea in Medicina e chirurgia, 10 luglio 1896, Roma), pp. 1–76 e presente interamente in questo lavoro. Vedi Parte IV.
1
Anche per i successivi scritti di Maria Montessori, considerati in questa Appendice, si
riportano solo alcuni brani.
247
248
Appendice – Parte terza
dire, ma di sentire voci interne, e certamente vedono la parola «voce» perché manca
vocabolo più adatto ad esprimere la loro sensazione […].
Ora questa Allucinazione, psichica pel Baillaryer, viene dal Leglas brillantemente interpretata come spontanea eccitazione morbosa dei gruppi cellulari della corteccia ove sono localizzate immagini mnemoniche di movimento […].
Così alle Allucinazioni psichiche delle Baillaryer, sono state sostituite recentemente quelle «verbali psicomotrici» del Leglas. Ma, come dirò più sotto, non si dà
solo un morboso eccitamento delle zone verbo motrici verticali e quando
l’eccitamento è a carico delle zone motrici in genere, si hanno Allucinazioni di specie diversa […].
Una corteccia […] è formata dalle allucinazioni psicomotrici. Anche al loro
svolgersi tiene la regola generale. In un primo grado l’infermo crede di compiere un
movimento, mentre le membra sue stanno immobili: avanzando l’intensità, piccoli
movimenti avvengono realmente, e poi moti spiegati e decisi, e forza irresistibile al
moto: impulsione. Fsiologicamente tutti possiamo provare cosa sia una allucinazione
motrice, quando nel segno crediamo di compiere dei movimenti o di credere
dall’alto.
Le più comuni di queste allucinazioni appartengono al campo del linguaggio: i
malati si sentono parlare col pensiero, comunicano da anima ad anima, per magnetismo. Una malata di Leuret diceva ch’ella intendeva i pensieri, ma preferiva di sentire parlare. Sono le allucinazioni psichiche del Baillaryer e Dagonet, che il Fournier
spiega come allucinazioni del linguaggio, mentre il Leglas ne fa un ordine a parte e
le chiama come vedremo, allucinazioni psicomotrici verbali, dandone un elaborato
schema.
Secondo che il tesoro mnemonico delle parole fu accumulato per mezzo
dell’udito o della vista (centro culturale) gli individui si dividono in uditivi che sono
più, e visivi. A questi il Leglas aggiunge il tipo degli individui psicomotori che hanno l’abitudine di parlare da soli, come il filosofo Ursus creato da Victor Hugo. E al
sopravvenire di un fatto morboso psichico, più facilmente i primi avranno allucinazioni verbali psicosensoriali acustiche e visive; i secondi allucinazioni verbali psicomotrici […].
Su un grado più avanzato di irritazione del centro di Broka, si producono anche
dei movimenti iniziali d’articolazione, senza che venga pronunciata alcuna parola
[…].
Simili sono le allucinazioni motorie grafiche dei famosi medium scriventi.
Secondo il Tamburini, tre fasi concorrono alla formazione dell’allucinazione motoria: nel centro si suscita in un modo esagerato la rappresentazione fisiologica
d’immagine sensorie tattili e muscolari di movimento, che accompagnano un impulso centrifugo. Questo eccitamento funzionante morbosamente intenso (fase centrale)
susciterà talmente vive le immagini, che si svilupperà l’impulso centrifugo relativo
(fase centrifuga) e l’atto potrà essere apprezzato come in via di esecuzione. Tale impulso sarà poi in grado di produrre nelle parti destinate al movimento delle modificazioni, che pur non arrivando al movimento compiuto, reca solo a quello iniziale e
impercettibile, ovvero lasciando l’immobilità, perverranno però da esse parti agli
elementi sensori del centro (fase centripeta) destandovi nuove immagini le quali, rafforzando quelle che già vi esistevano produrranno la completa illusione del movimento (allucinazione motrice).
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
249
Un punto ove le allucinazioni psicosensoriali e psicomotrici si confondono insieme, e dove è anche incerta la distaccazione tra allucinazione e illusione è nelle
allucinazioni a carico degli organi interni e della cenestesi […].
Secondo alcuni è dovuto strettamente al disturbo della sensibilità generale, il fenomeno metabolico della licantropia e zooantropia, del quale un bell’esempio dà
l’Esquirol che narra come in un convento d’Allemagna i frati, credendosi tutti trasformati in gatti, andavano di notte correndo e miagolando attorno alla loro casa
[…].
Io quest’anno ho potuto studiare vari malati della Clinica Psichiatrica, nei quali
si davano quelle speciali varietà di allucinazioni che furon dette da qualche autore:
«allucinazione a contenuto antagonistico» o semplicemente «allucinazioni antagonistiche», ma che nessuno finora ha convenientemente studiate, né classificate e che
nemmeno forse nessuno ha ancora ben definite […].
«Per allucinazione a contenuto antagonistico io intendo due o più allucinazioni
del medesimo senso o di sensi diversi, che succedendosi in uno spazio limitato di
tempo differiscono in modo nel loro contenuto, da riuscire l’una contraddizione
dell’altra» […].
Riassumo in modo brevissimo le principali conclusioni derivanti da questo mio
studio:
Definizione: «per allucinazione a contenuto antagonistico io intendo due o più
allucinazioni del medesimo senso o di sensi diversi; le quali, succedendosi in uno
spazio limitato di tempo, differiscono in modo nel loro contenuto, da riuscire l’una
contraddizione dell’altra».
Le allucinazioni antagonistiche sono molto frequenti negli alienati, esse influenzano più o meno notevolmente il delirio, ma di rado conducono a un vero sdoppiamento dell’Io. Le allucinazioni antagonistiche si verificano prevalentemente a carico
dei centri umani (uditivo, verbomotore).
III.2 Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale (1896)∗
Montessori pubblicò nel 1896 un estratto dal titolo: Sul significato dei
cristalli del Leyden nell’asma bronchiale. In questo primo contributo, Montessori evidenzia, attraverso gli studi di vari scienziati della medicina,
l’importanza dei cristalli del Leyden nei soggetti asmatici e come la loro individuazione rende accessibile e feconda la ricerca e la discussione intorno
all’argomento.
Sono tante le teorie sull’asma bronchiale, che è già prodigio se ormai nella mente
di quasi tutti ne resta un’idea precisa; cioè, che l’asma bronchiale si spieghi con
l’arco diastaltico il cui centro sta nel midollo allungato leso per lo più congenitamente […].
∗
M. Montessori, Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale, in «Bollettino della Società Lancisiana degli Ospedali di Roma», a. XVI, fasc. I, Roma, Tipografia Innocenzo Artero, 1896, pp. 3–6.
250
Appendice – Parte terza
Dalle ricerche dello Schreiner del Fürbringer, appare chiaramente che i cristalli
stessi rappresentino un prodotto di distruzione dei corpi albuminosi, e probabilmente
sono la cristallizzazione di una ptomania […].
Se dunque i cristalli del Leyden sono una espressione di cronicità, e perché cristalli, anche di ambiente non turbato da movimenti improvvisi, come mai essi si trovano dopo l’accesso dell’asma, che è un fatto acutissimo e conclusivo? Questo ragionamento mi ha condotto a studiare i cristalli del Leyden in sé stessi, e la tecnica
della loro preparazione. Leggendo a tale proposito un libricino del Kaatzer, mi colpì
un fatto: che cioè i cristalli ottaedrici del Leyden sono di sì estrema piccolezza, da
riuscir difficile anche ai più abili microscopisti la loro ricerca. […] Mentre invece se
osserviamo il preparato che ci presenta l’Eichhorst, fatto sullo sputo dopo l’accesso
d’asma, vediamo che alcuni dei cristalli sono si grandi, da raggiungere nella lunghezza quattro o cinque volte il diametro di un grosso leucocito […].
Dal che è facile argomentare, che preesistendo già nei bronchi un fatto cronico di
decomposizione, e con esso piccolissimi cristalli del Leyden per lo più invisibili ai
ricercatori — durante l’accesso convulsivo stenotico dei bronchi, nel quale lo sputo
già esistente subisce una specie di triturazione — i piccoli cristalli si fondano in cristalli grandi, riuscendo così facilmente visibili.
Dunque i cristalli del Leyden, pur essendo affatto indipendenti dall’accesso asmatico, subiscono però per questo tale modificazione meccanica da rendersi facilmente accessibili alle ricerche, destando così in questo morbo infinite discussioni.
III.3 Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche (1897)∗
L’incontro professionale con il De Sanctis fu ricco di incoraggiamenti e
orientamenti preziosi per l’accrescimento culturale e spirituale di Montessori. Infatti, agli esordi della sua attività, la studiosa condivideva con il De
Sanctis il quotidiano contatto con i ricoverati dell’Ospedale psichiatrico e le
relative ricerche, che la condussero a collaborare e ad impegnarsi concretamente con il De Sanctis nella stesura dell’articolo pubblicato nel 1897 dal
titolo: Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche.
L’articolo rispecchia la struttura della tesi, anche se maggiori risultano i
riferimenti alla letteratura su le allucinazioni antagonistiche ed agli studiosi,
che dell’argomento si erano occupati. Ma De Sanctis amplia ed approfondiscono, rispetto alla tesi, l’influenza del carattere individuale in tutte le forme
psicopatiche: influenza ritenuta dai due autori, preziosa e fondamentale, come veniva riconosciuto anche da altri studiosi tra i quali Morselli.
L’articolo si apre proprio con una frase presa dalla tesi della studiosa, per
poi entrare nel vivo della ricerca, con un ulteriore approfondimento dell’argomento.
∗
S. De Sanctis, M. Montessori, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico», a. IV, vol. IV, fasc. 2, febbraio 1897, pp. 68–71 e fasc. 3, marzo 1897, pp. 113–124.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
251
Durante l’anno scolastico 1895–96 nella nostra Clinica psichiatrica abbiamo studiato vari casi di quelle allucinazioni, osservate soprattutto dalla scuola francese antica e moderna (hallucinations contraires, allucinazioni di senso contrario, fenomeno della double voix di Morel), che il Magnam e il Séglas denominarono, in questi
ultimi anni, antagonistiche. L’argomento ci parve interessante, perché su questa specie di allucinazioni si sa poco ancora […]. Facciamo innanzi tutto, una breve scorsa
nella letteratura, spigolando qua e là i casi che ci sembrano più caratteristici […].
Il Magnan prese di mira soprattutto i casi in cui i termini antagonistici erano costituiti o da due allucinazioni uditive o da un’allucinazione uditiva e da
un’allucinazione psichica, e mise in chiaro le allucinazioni bilaterali sdoppiate:
l’orecchio destro, ad esempio, percepisce voci gradite e favorevoli, mentre il sinistro
percepisce accuse od ingiurie. […].
È stato però il Séglas quello che […] alla ipotesi della indipendenza funzionale
dei due emisferi celebrali, caldeggiata dal Magnan, ha sostituito, anzi, la teoria dello
sdoppiamento della personalità, la quale secondo lui spiegherebbe tutti i fenomeni di
antagonismo degli alienati […].
Dei rapidi accenni alle allucinazioni antagonistiche se ne trovano in molti autori;
ma uno studio completo su di esse manca perfino in Séglas, che è quello che più e
meglio degli altri se né occupato. Uno di noi parlò già delle allucinazioni antagonistiche per quanto riguarda la loro interpretazione psicologica generale […] ma resta
tuttavia molto da fare, specialmente per quanto si riferisce alla parte nosografica.
Nel solo anno scolastico 1895–96 abbiamo raccolti nella nostra Clinica psichiatrica n. 9 casi clinici, dove le allucinazioni a contenuto antagonistico si manifestavano nelle varie loro forme. A questi aggiungeremo però anche altre osservazioni che
potremmo raccogliere tra i ricoverati del Manicomio di Roma per gentile concessione del signor Direttore e dei signori medici primari […]2.
Tenendo presenti i casi di allucinazioni antagonistiche riferiti da noi e gli altri
casi osservati dagli autori antichi e dai moderni, crediamo poter tentare un riassunto
dei caratteri, che detta varietà di allucinazioni presenta […]. Noi applichiamo
l’appellativo di allucinazioni antagonistiche a quei casi soltanto in cui l’opposizione,
o l’antitesi, si contiene in due allucinazioni, e non lo estendiamo a quegli altri casi in
cui la opposizione si stabilisce tra un’allucinazione e un’idea delirante, ovvero tra
un’allucinazione e la condizione affettiva attuale del malato, ovvero tra una allucinazione e il carattere fondamentale o le abitudini del malato stesso. Questi ultimi
casi furono già da uno di noi (De Sanctis) classificati tra i fenomeni di contrasto
propriamente detti.
Le allucinazioni antagonistiche sono piuttosto frequenti negli alienati. Oltreché
nelle classiche psicosi allucinatorie e nella pazzia sistematica cronica, esse ricorrono
anche negli indebolimenti psichici terminali, negli stati degenerativi semplici e negli
stati malinconici[…].
Il fenomeno dell’antagonismo non si osserva con egual frequenza nelle varie
specie di allucinazioni. È nel caso di allucinazioni uditive e di allucinazioni verbo–
motrici […] che più facilmente si presenta […].
Abbiamo veduto come l’antagonismo allucinatorio possa riferirsi non solamente
a fatti di ordine psichico (accusa e difesa), ma altresì a fatti di ordine fisico (antagonismo di percezioni olfattive e di percezioni di colore) […].
2
De Sanctis, Montessori, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, cit., p. 113.
252
Appendice – Parte terza
Le principali distinzioni da tenersi presente nell’analisi clinica delle allucinazioni
antagonistiche:
a. Simultanee – Successive;
b. Sdoppiate – Promiscue;
c. Omonime o semplici – Eteronime o combinate;
d. Con antagonismo logico o assoluto – Con antagonismo personale o relativo;
e. Di ordine psichico – Di ordine fisico;
f. Episodiche o accidentali — Durature o sistematiche.
[…] Come già altre volte si è detto, gli elementi di una spiegazione delle allucinazioni antagonistiche bisogna rintracciarli nella vita psichica normale […].
Per non mancare allo scopo principale che ci siamo prefissi con questo lavoro,
non ci resta che tentare una definizione clinica delle allucinazioni antagonistiche, o,
come meglio vorremmo chiamarle, allucinazioni contrastanti, o di contrasto […].
«Per allucinazioni contrastanti si deve intendere un gruppo di due (o più) allucinazioni, entrambi nel medesimo senso, o l’una di un senso, l’altra di un altro, le quali succedonsi a una distanza più o meno breve di tempo, e differiscono in modo nella
loro forma o nel loro contenuto da riuscire, almeno per riguardo al paziente, l’una
antitesi, contraddizione o negazione dell’altra».
III.4 Ricerche batteriologiche sul liquido cefalorachidiano dei dementi
paralitici (1898)∗
Nel 1897 Montessori iniziò la sua attività come assistente volontaria
presso l’Ospedale psichiatrico romano, dove incontrò Giuseppe Ferruccio
Montesano, già assistente da qualche anno. I due giovani assistenti si trovarono a lavorare gomito a gomito, tanto da divenire l’uno per l’altro
un’importante presenza non solo professionale, ma anche sentimentale3.
In quegli anni si venne a formare tra i due quell’intraprendente sodalizio
scientifico che porterà all’interesse per l’infanzia degenerata. L’avvicinamento professionale si concretizzò nella stesura di un articolo pubblicato
dalla «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neurologia» nel dicembre del 1897 dal titolo: Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo–
rachidiano dei dementi paralitici.
A tutti è noto come per la prima volta il Quincke comunicasse nel 1891 al X
Congresso di Medicina Interna di Wiesbaden un metodo di presentare nella cavità
meningea spinale, senza bisogno di trapanare le vertebre: e come la cosi detta puntura spinale alla Quinke, riconosciuta presto assolutamente innocua, venisse in seguito
∗
G. Montesano, M. Montessori, Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano
dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini, 1897, estratto dalla «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neurologia», fasc. 15, 1 dicembre 1897, pp. 1–13.
3
Nelle molte biografie sulla Montessori si parla poco del dottor Giuseppe Montesano, eppure per la giovane Maria fu un’importante presenza, tanto da lasciare nella sua vita una traccia incancellabile: Mario, il figlio nato dalla relazione tra i due giovani assistenti nella clinica
psichiatrica dell’Università di Roma. Vedi in questo vol. il Capitolo III.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
253
adoperata da molti autori per una serie svariata di ricerche in malattie del sistema
nervoso centrale o dei suoi involucri. Le ricerche furono specialmente rivolte a scopo terapeutico e diagnostico […].
Faremo rilevare soltanto come ormai non resti dubbio che in alcune malattie acute d’origine batterica del sistema nervoso centrale e in specie delle sue meningi si
abbia nel liquido cefalo rachidiano, se non costantemente, con gran frequenza almeno la presenza del microbo che costituisce l’agente patogeno della malattia […].
Dietro tali risultati ci siamo indotti a fare delle ricerche analoghe in una malattia
delle meningi e della sostanza celebrale, che, […] lascia da lunga pezza sospettare ai
patologi che sia di natura infettiva: alludiamo alla demenza paralitica. Le nostre ricerche sono state fatte esclusivamente su malati affetti da demenza paralitica a decorso vario, ma sempre tipica, ricoverati nella Clinica Psichiatrica diretta dal professor Sciamanna.
Il numero di questi malati sui quali abbiamo fatto le ricerche fu di undici. Il liquido cefalo–rachidiano venne estratto in ogni caso col metodo classico di Quinke
[…].
Per conclusione facciamo rilevare intanto come, undici casi studiati, in tre soli
sia stato negativo il reperto batteriologico, e negli altri sempre positivo: e il reperto
non sia stato sempre unico e costante, ma anzi svariato.
Ora […] ci preme far notare come una delle forme da noi isolate, e precisamente
quella riscontrata con maggior frequenza, vale a dire il bacillo da noi provvisoriamente chiamato viscoso, non sia identificabile con nessun’altra di quelle conosciute
nella letteratura […].
È ben noto […] per quanto, ad esempio, siano stati messi in rilievo alcuni fattori,
come la sifilide, gli eccessi di lavoro cerebrale, gli eccessi venerei, le intossicazioni
(tra cui principalmente quella alcolica), l’eredità […] non si può allo stato odierno
delle nostre conoscenze, dare ad alcuna di esse una importanza eziologica diretta,
come di causa efficiente vera; ma piuttosto […] come cause predisponenti, tali cioè
da indurre una diminuzione forte di resistenza del sistema nervoso centrale, e renderlo quindi accessibile all’azione di un agente patogeno specifico […].
Come vedesi intanto tutte le ricerche batteriologiche fatte finora dai vari osservatori non sono riuscite a chiarire la patogenesi di varie malattie mentali e meno che
per le altre certo che per la paralisi progressiva.
Chiudiamo perciò questa breve nota mettendo in rilievo soltanto i due fattori positivi e indiscutibili che risultano dalle nostre ricerche cioè:
I) che vi ha una forma di bacillo viscoso differente dalle altre fin qui conosciute nella letteratura specialmente per la sua azione patogena.
Che può darsi il caso della presenza nel liquido cefalo–rachidiano dell’uomo di
un microbo tetanico virulento per le cavie, e ciò per tre mesi di seguito, senza che si
manifesti il quadro classico del tetano.
254
Appendice – Parte terza
III.5 Il primo Congresso Pedagogico Nazionale di Torino∗
Il Primo Congresso Pedagogico nazionale Italiano, si tenne a Torino
dall’8 al 15 settembre 1898. In tale occasione, la studiosa espresse la sua opinione sulla necessità di una urgente riforma della scuola che avesse riflessi
nella società intera. Per la prima volta, Maria Montessori scoprì la sua vera
inclinazione educativa: quella che doveva condurla alla «scoperta del bambino».
La Dottoressa Maria Montessori dice sembrarle che sino ad oggi gli oratori tutti
abbiano parlato solamente di fanciulli normali; ella, come medichessa, si vuol occupare soprattutto dei fanciulli degenerati, che alle volte sono al disotto delle bestie
medesime, che non parlano e non si nutrono non perché loro manchi la facoltà di
fare queste cose, ma perché non sanno comprendere che ad ogni azione corrisponde
un atto di volontà […].
Sono questi poveri esseri che il Governo dovrebbe correggere ed educare in speciali Istituti; sono costoro che, abbandonati alla società a loro medesimi, non potendo vivere del proprio lavoro cercano di mantenersi con il lavoro degli altri e diventano delinquenti; questi fanciulli lasciando la Scuola sono destinati a popolare i manicomi, i postriboli, le galere. I degenerati non sono sempre incapaci di educazione;
occorrono per essi metodi speciali […].
All’estero vi sono degli Istituti medico–pedagogici ove si isolano i degenerati
dalle famiglie degenerate e dai normali della società; sono sorprendenti i risultati di
questi Istituti […]. Ci sono pure le classi aggiunte ove si raccolgono quei fanciulli
che senza essere completamente degenerati, pure disgustano e guastano le classi
normali.
Ad alcuno potrà sembrare troppo grave la responsabilità che si assume la maestra
nel mandare i fanciulli a questi Istituti, a queste classi; ebbene, la maestra dica semplicemente: Questo bambino mi sembra un degenerato, e il medico giudicherà […].
Propone che ai programmi delle Scuole normali vengano speciali di studi per
preparare i maestri al metodo medico–pedagogico […].
Propone il seguente ordine del giorno:
«Il Congresso Pedagogico convinto che la società civile non debba trascurare alcun mezzo per redimere ed educare i bimbi che, […] non possono trarre profitto dalla Scuola comune, fa voti affinché essi vengano educati a parte, da maestri dotati di
attitudini […] particolari, ed a tale scopo chiede che: […] lo Stato provveda legislativamente all’istituzione di classi aggiunte presso le scuole elementari […] e le Province creino o sussidino nelle città capoluogo speciali Istituti medico–pedagogici per
i casi più gravi e per l’educazione speciale dei maestri, vengano insegnati […] i caratteri sintomatici della degenerazione ed i mezzi più acconci a combatterli e lo Stato
istituisca un corso speciale universitario per preparare a questo insegnamento i professori» […].
∗
M. Montessori, L’educazione dei piccoli degenerati, in E. Catarsi, La giovane Montessori, Ferrara, Corso Editore, 1995, pp. 111–112.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
255
Se esso [l’ordine del giorno] sarà approvato, unirà il voto del Congresso alla domanda che il deputato prof. Bonfigli presenterà alla Camera […]; l’ordine del giorno
della dottoressa Maria Montessori viene approvato per acclamazione.
III.6 Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza (1898)∗
I temi trattati nel Congresso Pedagogico di Torino vennero ripresi dalla
giovane marchigiana ed approfonditi da un punto di vista sociale, economico
e pedagogico. La studiosa, infatti, nello scritto del 1898 dal titolo: Miserie
sociali e nuovi ritrovati della scienza; ribadì l’importanza di istituire classi
aggiunte e di creare Istituti medico–pedagogici per i bambini anormali, giacché tali degenerati erano educabili se si consideravano ambienti idonei e metodi formativi adatti ai loro bisogni. Educare gli anormali era possibile, ma
per attuare un programma educativo adeguato era necessario un intervento
collettivo che implicasse la cooperazione di vari esperti dal maestro al medico e allo psichiatra.
Il rapido e forte impulso che gli studi positivi hanno avuto in questi ultimi tempi
[…], ha portato alla felice risoluzione d’alcuni dolorosi problemi sociali. Tra questi
uno più degli altri è altamente civile; quello che tende alla rigenerazione dei degenerati […].
La scienza, dopo aver studiato le cause varie delle degenerazioni o degli arresti
di sviluppo […], sa ora stender la mano a quegli infelici dal fato condannati alla esistenza più misera, e con meraviglioso studio mantenerli nel consorzio civile.
Gl’istituti speciali pel il trattamento dei frenastenici hanno una storia recente, ma
brillantissima per la rapida propagazione […] e per gli esempi di uomini eroici […],
i quali consacrano la loro umile vita a quell’opera generosa che tende alla riabilitazione intellettuale e morale dei fanciulli deficienti. […] In Italia questi fanciulli vengono ricoverati nei manicomi, alla rinfusa cogli altri pazzi, senza ricevere altre cure
oltre quelle necessarie alla vita vegetativa; e rappresentano nella economia sociale
una passività sì pel loro mantenimento, che pel servizio personale che richiedono.
Altri fanciulli […], sono incapaci di apprendere intellettualmente o moralmente,
e perciò, espulsi dalle scuole […]. Altro genere di deficienza è l’imbecillità morale,
per cui i fanciulli non giungono a comprendere i sentimenti etici. Sono quelli che la
scuola di Lombroso chiama: «Delinquenti congeniti». Per lo più generati da padri
alcolisti ed epilettici […]. Questi sono in Italia destinati a popolar le galere, e dopo
molti anni di carcere, in preda alla pazzia furiosa, a finire i loro giorni nei manicomi.
Bastò che il Séguin, nel 1831, scoprisse come l’idiota non è incapace di apprendere, ma solo non arriva a seguire i mezzi comuni di educazione; e che egli svolgesse un nuovo programma per l’educazione degli idioti, affinché […] sorgessero istituti adatti alla riabilitazione intellettuale e morale dei fanciulli deficienti. La sua gloriosa opera così inaugurata nel 1842, fu subito seguita dall’Inghilterra e
∗
M. Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Vita dell’Infanzia», a.
XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4–9. L’articolo venne pubblicato in «Il Risveglio educativo», a.
XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130–132.
256
Appendice – Parte terza
dall’America, e poi quasi in tutta Europa […] e dopo tanto esempio di uomini e
d’opere […], l’Italia non possiede ancora nessun istituto del genere. Gl’idioti intellettuale dunque e gl’imbecilli morali sono suscettibili d’educazione, ed hanno istinti
che si possono dirigere al bene […].
Ci sono istituti per fanciulli agiati ed altri per poveri, sorti tutti per iniziativa privata di alcuni medici e per concorso della carità pubblica. […] Così, mentre negli
ospizi si raccolgono ora solo i deficienti più gravi, vengono istituite scuole o classi
aggiunte alle scuole elementari già esistenti […], dove s’impartisce l’educazione col
metodo pedagogico speciale adatto ai deficienti. […].
La base su cui si fonda l’opera meravigliosa di educare gli idioti è questo principiò: «ricercare ciò che sussiste in loro e utilizzare tutte le risorse, anche minime, per
guadagnare il più possibile». Così può dirsi che un’idiota isolato non è educabile,
bensì lo è «una classe di idioti» avendo questi il processo d’imitazione molto spiccato, il quale fa sì che in collettività si sommino gli sforzi di tutti. Ed anche è difficile
nei casi più miti, impossibile nei casi più gravi, affidare l’educazione alla maestra,
perché c’è bisogno continuo del medico clinico e dello psichiatra. È quindi necessaria la collettività degl’idioti e perciò l’istituto; è necessario il medico ed il maestro.
Ci sono molte specie d’idiopsia: alcune dovute a malattie embrionali, altre conseguenza di parti difficili, altre prodotte da malattie ereditarie, altre cagionate da lesioni di visceri interiori, ecc.. La diagnosi […] richiede la scienza di un medico specialista, il quale dirigendo la cura medica fisica adatta, migliorerà le condizioni intellettuali degl’infermi […].
Così il fisico di questi fanciulli va giornalmente diretto e sorvegliato dal medico;
e sono tali cure e tale miglioramento del corpo, che rendono possibile il trattamento
pedagogico.
Questo tende prima all’educazione dei sensi, poi all’educazione dell’intelligenza.
[…] Compiuta l’educazione dei sensi ed educata insieme l’attenzione di questi fanciulli, si passa nel campo dell’istruzione. […] Un’altra parte è l’educazione morale.
Ecco il punto culminante dell’opera dello scienziato e del filantropo. È necessario
che il medico psicologo e psichiatra sorvegli continuamente l’animi di questi infelici
fanciulli, come era necessario di fare al medico clinico per migliorare il loro corpo.
Deve in questo caso amare non solo la scienza, ma la creatura […]. Ci vuole dolcezza con i fanciulli […] bisogna utilizzare soprattutto lo spirito d’imitazione, e la loro
spiccata vanità che può sapientemente trasformarsi in una provvidenziale emulazione capace d’essere diretta al bene […].
L’educazione dei frenastenici non interessa solo il sentimento degli individui ma
il diritto di protezione sociale; esso non è una questione d’Opere pie, ma d’economia
politica e di diritto penale. […] Il debole è incapace a qualsiasi sforzo prolungato, e
non solo ha maggior bisogno di nutrizione ma anche di eccitanti per sollevare la sua
vitalità fiacca. Egli dunque producendo meno, ha più bisogni degli altri, e cade ben
presto nella necessità di approfittare del lavoro altrui, ricorrendovi o con l’astuzia o
con lo sforzo violento; e l’esempio gli apre facilmente la via alla criminalità. Tutti i
degenerati sono persone nocevoli; ora essi non meritano né odio né collera, ma la
società deve premunirsi contro di loro, mettendoli in grado di non poter nuocere e
impedendo per quanto possibile, la loro riproduzione. Gli idioti e gli imbecilli intellettuali e morali sono appunto i degenerati nocevoli: i primi perché vivendo consumano una certa quantità di materie utili, ed essendo inerti non possono concorrere
alla produzione […]. Gli altri, facilmente portati al crimine sono la continua minac-
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
257
cia alla vita e ai beni degli individui produttivi. Ogni uomo produttivo ha diritto alla
protezione contro i criminali, non solo per convenzione tacita fra gli uomini, ma per
un fatto reale: cioè che ognuno paga alla società il suo tributo materiale e a volte
personale. Ora si è capito che la pena non evita né diminuisce il delitto. […]
L’interesse pubblico potrebbe essere soddisfatto solo con la radicale soppressione
del crimine, cercando perciò di stabilire dei caratteri precisi fisici e psichici, che
permettessero di distinguere prima del delitto e sopprimere senza rimorsi, quelli che
fossero riconosciuti come criminali. Ma fino ad ora questi caratteri, in gran parte ricercati dall’Antropologia criminale, sono illusori.
Ben dice a questo lo Spencer, come sia un inspiegabile anomalia della società,
che la sorte di una nuova generazione venga abbandonata all’arbitrio d’abitudini irriflessive e d’irragionevoli capricci; e che non si sia mai detto nelle nostre scuole su
queste materie la minima istruzione a quelle allieve che domani saranno madri di
famiglia ed educatrici dell’infanzia. Riuscendo più facilmente con questi mezzi al
riconoscimento dei degenerati […].
Così nel caso dei degenerati, se le ricerche dell’Antropologia criminale riuscirono infruttuose quando si rivolsero all’uomo già adulto che in sé portava non solo le
stigmate di natura, ma aveva nell’essere suo le infinite complicazioni prodottevi
dall’ambiente in cui visse per tanto tempo, da tanto insuccesso è portata a rivolgere
la sua attenzione al degenerato bambino […].
Sono rispondenti alla natura insieme e alla civiltà gli ultimi portati della scienza
positiva che rendono possibile l’educazione dei frenastenici, con metodi medico pedagogici. Difatti con gl’Istituti pei deficienti si raccolgono i distruttori e i nocevoli
quando son bambini isolandoli per tempo dalla società e dalle malsane influenze
d’un ambiente familiare spesso adatto a imprimere maggiormente le note degenerative […].
L’educazione dei frenastenici, considerata sotto il punto della protezione sociale
dovrebbe essere suddivisa in più modi. Se l’iniziale movimento fu solo verso quegli
idioti giacenti nel suo basso grado di deficienza mentale, ora il concetto educativo
tende ad estendersi ai degenerati più alti, fin quasi all’uomo normale. Gl’istituti medico–pedagogici classici, per quanto fossero grandi sì da contenere fino a 1000 letti
ciascuno si riconobbero ben presto insufficienti dal numero enorme degli imbecilli
che bisogna rimandare: e la sproporzione tra i rimedi e il male fu resa completamente nota dalle statistiche. Queste statistiche […] hanno spronato i vari governi a provvedere ai frenastenici con mezzi più facilmente attuabili che non siano gl’istituti
medico pedagogici. Questi mezzi consistono nelle «Classi aggiunte» che già cominciarono largamente a fondarsi in Francia, in Germania e in Inghilterra. In ogni città
[…] si dovrebbero unire alle comuni scuole elementari delle classi speciali alle quali
poter inviare quei fanciulli che nelle classi comuni nocciano al buon andamento generale progressivo o per il modo tardo di apprendere o per l’indisciplina […].
Quando il bambino è passato nelle classi aggiunte si trova in un ambiente più adatto alle sue forze intellettuali e morali […] così il fanciullo che nella classe comune per l’affaticamento soverchio s’irritava e s’indeboliva sempre più, rifuggendo dal
lavoro penoso, qui studia con amore secondo le sue forze.
Il deficiente rimane tale, ma non si esaurisce e non si scoraggia, e viene condotto
per lo più verso l’educazione professionale che farà di lui un operaio laborioso e felice del suo stato. […] L’allievo che passa nelle classi aggiunte non va solo sotto il
maestro preparato secondo i metodi medico–pedagogici, ma va pure sotto la sorve-
258
Appendice – Parte terza
glianza del medico che indaga le cause della sua deficienza, e lo sottopone a una cura atta a rinforzarlo […].
Da noi in Italia i ragazzi più intelligenti come i più tardivi seguono un solo e lento metodo educativo, mentre quelli così deficienti o poveri da essere esclusi dalle
pubbliche scuole sono destinati a errare per le vie […]. Così l’unica selezione che
avviene forzatamente da noi è non soltanto inutile e inumana, ma anche fatalmente
dannosa. Quando i fanciulli delle classi aggiunte non possono essere utilmente educati nemmeno coi metodi speciali, essi vengono rinchiusi negli istituti medico–
pedagogici ove la sorveglianza continua e la continua cura dei medici, giunge almeno ad educarli in modo da essere utili come dicemmo nell’istituto stesso che sarà
l’ambiente della loro vita […].
Quindi ci troviamo appena all’inizio di un’opera che tende a rendersi universale
ed è destinata a crescere insieme alla civiltà. Ogni vero progresso moderno è ora incompatibile economicamente e moralmente nella nazione che non prenda parte a
questo movimento di civiltà umana.
III.7 Scuole di redenzione (1899)∗
La studiosa marchigiana continuava a sostenere, in un altro suo scritto del
1899 dal titolo Scuole di redenzione, apparso su il «Risveglio Educativo»,
che occorreva individuare per tempo i bambini degenerati, attribuendo grande importanza in tal senso alle madri ed alle maestre.
Difatti i maestri per il loro ruolo potevano individuare per tempo i disagi
dei bambini, mettendo la società in grado di intervenire precocemente in
modo che quei bambini una volta adulti, non generassero altri individui anormali. Montessori ribadiva l’importanza delle classi aggiunte e degli Istituti pedagogici, entrambi fondamentali per educare questi anormali, in modo
da renderli produttivi e onesti e solo quando veniva garantita la loro educazione, si potevano reinserire nella società sotto la sorveglianza di comitati di
protezione, altrimenti dovevano rimane nell’Istituto, impegnati in alcune occupazioni. Nello scritto qui preso in esame, Maria Montessori cita l’articolo
di legge che imponeva l’obbligo dell’educazione scolastica applicato purtroppo solo ad una parte di bambini: quelli normali.
Quando la legge dice: «l’educazione della prima scuola è obbligatoria per tutti,
afferma cosa santa. E quando si spera da ciò il benessere e l’educazione dell’intero
paese non si ha torto. Ma disgraziatamente non è questa che un’ideale aspirazione,
essendo la legge applicabile solo a una parte dei fanciulli. Infatti il regolamento impone agli allievi la proprietà del vestire […] impone loro una certa intelligenza e
moralità, ciò che esclude i bambini anormali. Dunque la scuola è in realtà possibile
solo ai normali, sì dal lato economico, che da quello fisiologico; mentre la così detta
patologia sociale tanto temuta dagli Stati e che si vorrebbe correggere da noi con la
scuola educativa presente, è cagionata dai miserabili e dagli anormali» […].
∗
M. Montessori, Scuole di redenzione, in E. Catarsi, op. cit., pp. 123–128.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
259
Per i fanciulli degenerati che sono i deficienti intellettuali e morali vi è un solo
comma regolamentare che suona press’a poco così: «quell’alunno che non potrà per
malvolere o per insufficienza mentale seguire il corso regolare degli studi, o quello
che per disciplina disturbi incorreggibilmente la tranquillità della classe, siano espulsi dalle scuole». Se dunque si escludono dalla scuola educativa i futuri nocevoli della società e si abbandonano nell’ambiente degenerato della loro famiglia e in quello
non meno corruttore della strada ove andranno vagabondi, come la scuola potrà venire incolpata della crescente delinquenza? E a che si prenderanno misure di rigore
verso i maestri e verso l’obbligatorietà della prima istruzione per tutti i fanciulli,
quando poi verranno educati solo i normali? […] Se la scuola educativa ha una forma di deficienza che sia uno dei fattori del crimine, è quella appunto di trascurare
l’educazione dei fanciulli degenerati. Ma ciò non appartiene ai maestri […].
I maestri e i medici che negli istituti speciali pei frenastenici, così fiorenti
all’estero, si occupano della educazione dei bambini degenerati, mostrano loro un
interessamento appassionato. Li amano, li lodano, li premiano […]. I bimbi sanno
che finché saran buoni e laboriosi verranno amati, e il mondo si occuperà di loro
ammirandoli. Intanto il medico li sottopone a cure ricostituenti, e i più svariati esercizi sportivi agevolano il loro forte sviluppo […].
I fanciulli anormali sono di tante varietà come le malattie ed ogni specie vuole un
suo metodo pedagogico speciale, come la malattia il suo rimedio. Tutti conoscono le
scuole dei fanciulli ciechi e sordomuti […]. C’è un’altra classe di fanciulli anormali
più di questi infelici, ma sfuggono all’interessamento e alla pietà dei normali […].
Sono i bimbi degenerati: deficienti intellettuali e morali. […] Non fu il cuore ma la
scienza che andò a portare l’aiuto misericordioso a questi disgraziati paria della natura. Un medico francese del principio del secolo, Itard […] fu il primo educatore
d’un idiota. […] Non vi fu eredità più fruttuosa di quella e il Séguin riuscì nel gran
compito imperfettamente tentato dal suo predecessore e in un libro che restò classico, espone un metodo pedagogico nuovo che portò il suo nome […].
I deficienti si considerano per lo più sotto tre tipi i quali passano insensibilmente
uno nell’altro e si fondano spesso insieme: gli idioti, gli imbecilli intellettuali e gli
imbecilli morali […].
Ancor più pericolosa è la classe dei così detti pazzi o imbecilli morali. Apparentemente d’intelligenza normale, il loro raziocinio colpisce talvolta per la sua giustezza logica, ma le premesse dei ragionamenti sono erronee, falsate, conseguenza della
perversione degli istituti e delle sensazioni […]. Tali sono i deficienti, che sfuggono
alla nostra comune scuola educativa e che necessariamente riescono i nocevoli della
società. Essi dovrebbero venire educati e sorvegliati rigorosamente come si fa
all’estero, negli istituti medico–pedagogici. Con metodi d’insegnamento adatti, che
la fisiologia e la psicologia hanno suggerito, possono venire educati ed istruiti in una
professione che li renda socialmente utili. Queste scuole speciali pei frenastenici sono un mezzo potente di civiltà che tende a prevenire il delitto. Non v’è omaggio più
nobile alla dignità e al sentimento umano; non v’è ritrovato della scienza positiva
più socialmente utile di questo; non v’è prudente misura che per la sicurezza degli
stati possa uguagliare questa misericordiosa istituzione.
260
Appendice – Parte terza
III.8 Il Congresso Internazionale di Londra (1899)∗
Laureatasi nel 1896, la dottoressa marchigiana fu nominata, quale rappresentante dell’Italia, al Congresso Internazionale delle donne, che si tenne a
Berlino dal 20 al 23 settembre 1896. In quell’occasione si venne a trovare,
per la prima volta, a contatto con personaggi illustri di diverse nazionalità.
Gli argomenti di discussione furono: le riforme sociali, l’educazione, la delinquenza minorile, la pace, l’istruzione femminile e le pari opportunità per
donne e uomini.
Questi temi furono ripresi e approfonditi durante il Congresso Internazionale delle donne, tenutosi a Londra nel 1899, al quale partecipò come rappresentante dell’Italia. Al suo rientro in Italia pubblicò un resoconto del
Congresso su «L’Italia femminile». In questo lungo articolo dal titolo: La
questione femminile e il Congresso di Londra, la giovane dottoressa denunciò lo sfruttamento della donna e il fatto che molte donne, pur impegnate in
numerose attività lavorative, erano quasi sempre discriminate perché le leggi
ed i costumi non consentivano loro pari diritti.
Montessori partecipò al Congresso con tre interventi: Il saluto delle donne italiane4; Il lavoro manuale nelle scuole elementari5; e L’impiego dei
bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi6. La dottoressa nel primo intervento portò il saluto ufficiale delle donne italiane e tratteggiò la situazione
delle stesse; nel secondo intervento denunciò la situazione «pessima» in cui
erano costrette a vivere le maestre italiane che, pur ritenute più adatte
all’educazione dei bambini, erano costrette a stipendi inferiori rispetto a
quelli dei colleghi maschi; nel terzo ed ultimo intervento, si evidenziò la sensibilità sociale della studiosa, che richiama l’attenzione della società sulle
condizioni di vita dei ragazzi che lavorano in miniera. Qui di seguito si riporteranno alcuni brani tratti dagli interventi di Maria Montessori al Congresso.
Già in qualche giornale si è parlato dell’ultimo Congresso femminile a Londra,
che per le sue proporzioni e per la serietà e molteplicità dei temi trattati poteva reggere al confronto dei migliori Congressi che l’opera maschile abbia offerto
all’ammirazione del mondo. Circa trentamila donne d’ogni nazionalità d’Europa,
d’America, d’Austria e d’Asia erano convenute portando […] il racconto delle condizioni civili e morali, e dell’opera della donna, nei rispettivi paesi […].
∗
M. Montessori, La questione femminile e il Congresso di Londra, in E. Catarsi, op. cit.,
pp. 129–138. L’articolo venne pubblicato in due parti nel periodico dal titolo «L’Italia femminile»; la prima parte nel numero 1° ottobre 1899, pp. 298–299; la seconda nel numero dell’8
ottobre 1899, pp. 306–307.
4
Id, Il saluto delle donne italiane, in E. Catarsi, op. cit., pp. 139–140.
5
Id, Il lavoro manuale nelle scuole elementari, in E. Catarsi, op. cit., pp. 141–142.
6
Id, L’impiego dei bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi, in E. Catarsi, op. cit., p.
143.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
261
Lo scopo del movimento femminile iniziato dal Congresso è di «organizzare» le
attività femminili già esistenti in tutto il mondo; attività provocate già in gran parte
direttamente dal fattore economico, che crea operaie, educatrici, professionisti […].
Le leggi ed i costumi non sono preparati a questo movimento; ed ecco seguire
una serie di vittime e d’oppresse e d’incomprese. La donna operaia è mal pagata […]
la maestra che ha quasi due terzi dell’educazione infantile nelle mani è tenuta in un
grado inferiore al maestro; non le sono aperte carriere, e le riforme tendenti al miglioramento delle classe insegnante, spesso la dimenticano. […] la medichessa e
l’avvocatessa trovano nel pregiudizio sociale o nelle leggi, un impedimento a compiere con successo la lotta per l’esistenza […].
Ai giorni nostri l’attività delle donne si esplica in molti modi. Abbiamo impiegate al telegrafo […] nelle biblioteche […] l’educazione popolare è almeno per i due
terzi in mano alle donne, che specialmente negli ultimi dieci anni, sono aumentate in
grande numero nelle facoltà letterarie e scientifiche dell’Università […].
L’Associazione per le donne in Italia precisamente questo obiettivo di studiare la
condizione delle donne italiane, e di promuovere un’azione seria ed efficace sulla
base dei fatti reali […].
L’attenzione di tutte le donne italiane, ma semplicemente delle maestre, potrebbe
essere seriamente richiamata verso queste sventurate paria della civiltà. Questo è lo
scopo della società delle donne, che cerca di studiare la condizione femminile italiana e organizza la propria azione per aumentare la forza del Comitato al fine di proteggere moralmente e di aiutare materialmente nel paese le maestre.
Il ministro Baccelli in una recente legge stabilisce che un appezzamento di terreno dovrebbe essere annesso ad ogni scuola comunale, cosicché gli allievi sotto la
direzione dell’insegnante dovrebbero acquisire una essenziale e pratica conoscenza
delle attività che essi saranno chiamati a svolgere nella vita.
L’esperimento si è svolto con grande successo.
III.9 Riassunto delle lezioni di didattica (1899)∗
La giovane dottoressa alla fine del 1899 diresse la Scuola Magistrale Ortofrenica di Roma. Questa esperienza fu molto importante, perché le diede
l’opportunità di verificare, attraverso l’esperimento, tutto quello che aveva
assimilato dallo studio dei libri di Itard e Séguin. Nel 1900 ella pubblicò le
dispense delle lezioni tenute alla Scuola Magistrale Ortofrenica con il titolo
Riassunto delle lezioni di didattica.
«Condurre il bambino per la mano dall’educazione del sistema muscolare a quella del sistema nervoso e dei sensi; da quella dei sensi alle nozioni; dalle nozioni alle
idee; dalle idee alla moralità: tale è la via educativa percorsa da Séguin».
Prima però di cominciare l’educazione è necessario «preparare» il bambino a riceverla, con un’altra educazione, che oggi tende ad assumere altissima importanza
∗
M. Montessori, Riassunto delle lezioni di didattica, Roma, Laboratorio Litografico Romano, 1900 poi inserito nell’Appendice presente in L’autoeducazione nelle scuole elementari,
Roma, Milano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916), pp. 639–675.
262
Appendice – Parte terza
[…] l’educazione igienica, che nei fanciulli deficienti assume talvolta il significato
di educazione medica.
Perciò il metodo educativo dei deficienti si chiama: medico–pedagogico.
Voi che sapete l’importanza delle sensazioni interne, dei sentimenti dal lato educativo, comprenderete che è necessario che l’organismo funzioni bene per corrispondere ai nostri sforzi educativi, è quindi necessario mantenere il benessere se esiste, ristabilirlo se manca.
Ecco la necessità di badare bene alla nutrizione e allo stato dei visceri. […] Così
non si potranno educare i muscoli a un dato movimento coordinato, se essi sono alterati nella loro funzionalità: paresi, ecc.; e dovrà precedere alla educazione propriamente detta, una cura medica che li ristabilisca, possibilmente, nella loro integrità. Sarà possibile educare i sensi, p. es. l’udito, se un fatto patologico da una sordità
parziale, l’odorato se l’escrezione soverchia di muco impedirà agli stimoli esterni di
colpire le terminazioni nervose sensoriali, ecc., e dovrà prima una cura medica allontanare questi stati morbosi.
EDUCAZIONE MEDICA
Bagni generali: sviluppano la sensibilità delle papille nervose, se son brevi […].
Caldi e freddi alternati: è un mezzo educativo potente per richiamare l’attenzione
del bambino sull’ambiente esterno.
Bagni caldi parziali: si fanno su regioni molto sensibili, onde sviluppare la sensibilità […].
Bagno freddo parziale: sulla testa, mentre l’individuo è immerso nel bagno totale
tepido: è un tonico del cuoio capelluto, facilita il riavvicinamento delle ossa del cranio […] attiva e regolarizza la circolazione cerebrale […].
Bagni a vapore: sviluppano la traspirazione, che a volte manca o è parziale nei
deficienti […]. Questi bagni inoltre predispongono le terminazioni nervose alla più
alta sensibilità.
Sono però sempre controindicati simili bagni negli epilettici, nei bambini cachetici, pallidi, rachitici […].
ALIMENTAZIONE
I disturbi intestinali hanno diretta influenza sulla funzionalità del sistema nervoso centrale: quindi sono degni di speciale considerazione nei deficienti […].
L’igiene dell’alimentazione, che è presso a poco quella stessa dei fanciulli normali, deve essere adunque rigorosamente osservata.
Prima norma è che i fanciulli mangino a pasto e che mai negli intervalli introducano sostanze alimentari nello stomaco […].
Tenere i bambini a pasto vuol dire non dar loro nulla fuori dei pasti […]. Questo
rigore darà pure abitudini igieniche al bambino. Bisogna regolare il numero dei pasti
[…]:
da 2 a 7 anni quattro pasti al giorno;
da 8 a 14 anni tre pasti al giorno;
fatti a ore regolari, e seguiti sempre da un regolare riposo intellettuale che dovrà
essere preso in considerazione da chi fa gli orari delle scuole.
Merita uno studio speciale la ricerca di quali azioni si potranno far compiere ai
bambini durante la digestione, e quali organi potranno agire mentre lo stomaco compie il lavoro della digestione […] il primo lavoro che potrà compiere il bambino dopo il pasto, sarà una breve e lenta passeggiata all’aria aperta […].
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
263
Se pei bambini normali è bene usare una parca alimentazione carnea, pei deficienti è desiderabilissima una ricca alimentazione di carne e in genere d’albumina,
come in tutte le persone deboli, che debbono ricostituirsi […].
Una speciale educazione occorre per far imparare ai bambini la masticazione
completa e la deglutizione: movimenti degli organi della masticazione che li preparano in parte al linguaggio.
ESCREZIONI
Tra le irregolarità fisiologiche merita una considerazione speciale quella che riguarda le escrezioni.
Deiezioni. Si sa che molti idioti sono chiamati sudici, e di questi si fanno sezioni
speciali negli istituti: i sudici hanno perdite involontarie di feci e di urine, come i
bambini nella prima età infantile. […] Si comprende che per vincere questo difetto è
necessario un duplice ordine di mezzi: il primo tende a regolarizzare la funzione intestinale, rendendo solide le feci; il secondo a rinforzare gli sfinteri affinché possano
trattenerle.
EDUCAZIONE MUSCOLARE
L’educazione muscolare ha […] lo scopo, nei deficienti, di provocare o di coordinare movimenti utili.
Prepara: alla ginnastica; ai lavori d’uso domestico (lavarsi, vestirsi, ecc., apparecchiare, tirare il carretto, ecc.); ai lavori manuali (professionali); al linguaggio
(movimenti degli organi vocali) […].
Noto qualche anomalia motoria facile a riscontrarsi nei deficienti:
Atonia: il bambino non si muove, non si regge in piedi […].
Iperattività: […] movimenti quasi continui, incoordinati, ovvero disordinati e
senza scopo utile […].
III.10 Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi
speciali di educazione (1902)∗
In tutti gli incontri tenuti in quegli anni, Montessori non perse occasione
per riprendere il discorso sull’educazione dei bambini anormali, intervenendo anche al II Congresso Pedagogico, tenutosi a Napoli nel 1902, Norme per
una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione. In questa occasione, la dottoressa sottolineò per quanto riguarda i bambini anormali due problemi: scientifico (mancanza di sperimentazione) e pedagogico (opera di profilassi sociale), esaminando anche in maniera approfondita l’opera di Séguin.
In questo tema […] si presentano due problemi […] scientifico intendo […] dal
lato medico, l’altro è pedagogico. Le difficoltà sono […] mancanza di studio e di
∗
M. Montessori, Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione, in Atti del Comitato Ordinatore del II Congresso Pedagogico Italiano
1899–1901, Napoli, Ed. Trani, 1902, pp. 144–167, e ripubblicato col titolo Un metodo per la
classificazione dei deficienti in «Vita dell’Infanzia», a. XI, n. 9, settembre 1962, pp. 3–12.
264
Appendice – Parte terza
sperimento, che […] non permettono di precisare le basi scientifiche sicure per la
identificazione dei «tipi» morbosi di cui si tratta; dall’altro […] si va quasi esclusivamente seguendo il testo del Séguin, il quale è necessariamente inferiore a quanto
potrebbe pretendersi oggi, con la via tracciata dalla moderna psicologia positiva.
Quindi per svolgere degnamente questo tema, occorrerebbe aver tempo e opportunità di sperimentare, in istituti numerosi di fanciulli […] seguendo ed applicando gli
studi scientifici che nel frattempo venissero svolgendosi […].
Onde ricavare quelle norme cui accenna il tema, bisogna per ora seguire lo svolgersi del metodo classico del Séguin […].
Infatti il Séguin comincia la sua opera educativa dal ricambio materiale e dalle
funzioni fisiologiche viscerali, unendo strettamente l’igiene (o la cura medica) alla
pedagogia: anzi gettando maestrevolmente la prima pietra di quella igiene pedagogica che oggi ancora è così poco ben definita. Quindi si passa alla educazione psico–
muscolare e psico–sensoriale soffermandosi con graduale gradazione, alle successive tappe imposte dallo svolgersi della sfera rappresentativa nella formazione della
psiche […]. E ciò esprime nella nota formula:
«…condurre il fanciullo come per la mano dalla educazione muscolare a quella
del sistema nervoso e dei sensi; dall’educazione dei sensi alle idee; dalle idee alla
moralità».
Ma qui sta il difetto grave del metodo […] il Séguin crede di giungere alla educazione morale con l’educazione intellettuale: cosa del resto riflette l’epoca delle
idee psicologiche del Séguin. […] cade poi nel dualismo Schopenhaueriano quando
afferma che dalle idee si passa alla moralità e dimostra nel testo che la educazione
morale è l’educazione della volontà, poiché per essere morali bisogna volerlo essere
e l’ufficio dell’intelligenza è quello di illuminare la volontà. Senza però afferrare nel
complesso l’idea filosofica del suo illustre contemporaneo tedesco, il quale ripone
l’essenza della natura umana e la segreta spinta della volontà «nella somma degli
istinti oscuri risiedente nell’organismo» e dà per primo nel campo psico–fisiologico,
la tendenza a studiare le sensazioni organiche coi sentimenti ad esse congiunti.
Perciò il Séguin, il quale del resto in tutta l’opera sua si dimostra più un pratico
che uno scienziato, cade come Itard in un fondamentale errore, e pur riportando la
vittoria nella educazione intellettuale, fallisce completamente in quella morale […].
È perciò che essendo a mio parere della massima importanza l’educazione morale non sempre potrò trarre le norme per una classificazione dai metodi educativi: ma
a questo supplirà il fine educativo, che è ben noto, cioè: impedire che i degenerati,
lasciati fin dall’infanzia nell’abbandono per l’incompletezza delle nostre scuole e
della nostra pedagogia, crescano in mezzo ai normali, cioè in un ambiente a loro non
adatto e favorevole ad aggravare il loro debole stato. […] Perciò il fine di questa educazione è essenzialmente di profilassi sociale. In fondo al quale si trova un importantissimo lato economico della questione; perché qui è il vero caso di dire: ad ogni
scuola che si apre si chiude una prigione: e una scuola di bambini richiede una spesa lievissima per la società al confronto di quella per una prigione […].
I metodi speciali del Séguin dividono l’educazione dei deficienti in due parti: la
prima è preliminare (preparatoria) e deve condurre il bambino a un punto di partenza
fisso, oltre ogni dire importante: senza aver raggiunto il quale, la seconda parte
dell’educazione […] spesso fallisce. Il primo punto al quale accenno è questo. Bisogna condurre il piccolo deficiente allo stato di un bimbo normale che, svezzato dalla
madre, entra nell’asilo d’infanzia. […] Questa dice il Séguin, è la «posizione di par-
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
265
tenza» dell’educazione. […] Si tratta, dunque, di normalizzare prima il bambino e
poi di domarlo, di possederlo in forza di un potere suggestivo del maestro […] Questo stato […] è già molto diverso secondo i casi […] Si principia con una educazione
fisiologica con la quale debbono correggersi possibilmente le condizioni anomale
metaboliche, con ispeciale cure […] prendendo a considerare pure le condizioni di
alimentazione e respirazione; curare le secrezioni […].
Nello studio fisiologico si noteranno le anomalie viscerali: es. cuore embrionale
[…] forme anangioplastiche, cui spesso conseguono forme d’infantilismo o meglio
di giovanilismo che sfuggono a una cura educativa o […] la mancanza totale o parziale […] di qualunque glandola d’alta funzione metabolica nell’economia generale
dell’organismo (tiroide) […].
In secondo luogo si tratta di normalizzare il bambino il quale dovrà essere ridotto
simile al fanciullo normale […] (3 o 4 anni d’età): esso cammina e parla. Ora è ben
noto che molti idioti bassi, pur possedendo integrità di organi periferici, non camminano o non parlano per causa funzionale centrale […] ma che dopo complesse cure,
provocando speciali automatismi con la mozione passiva delle membra in principio,
poi ricorrendo a forti stimoli emotivi (spavento del vuoto), si riescono a provocare
quelle speciali associazioni muscolari che […] si sviluppano con ispontanea facilità
nei bambini normali […].
Da queste prime considerazioni risulta che, anche dallo studio fisico e anatomo–
patologico dei soggetti, può ricavarsi un qualche contributo a una classificazione dei
deficienti relativa agli speciali metodi educativi, contrariamente a quanto hanno finora affermato molti distinti cultori della psichiatria, i quali considerano che tale
studio e le classificazioni su esso fondate (come quelle anatomo–patologiche di Ireland–Bourneville) abbiano una importanza esclusivamente scientifica e riguardante
solo l’arte medica […].
Finora gli psichiatri che hanno voluto avanzare un passo nella pedagogia si sono
attenuti […] alla sola educazione psichica, sia pure tesa sino a quella psico–
muscolare […]. Ma la pedagogia positiva non si ferma […] il suo primo passo si rivolge all’organo donde la funzione deve scaturire […] l’igiene […] base e sostegno
continuo della pedagogia; negli anormali all’igiene s’unisce di necessità la terapia.
Terapia però che spesso è pedagogia […] perciò lo studio assolutamente scientifico
dei deficienti entra direttamente nel campo della pedagogia.
Dal lato fisiologico i deficienti non rappresentano individui malati in atto; ma
piuttosto esiti di malattie che lasciarono lesioni permanenti nel sistema nervoso centrale (malattie individuali, forme ad etiologia patologica). Talvolta non si trattò di
malattia del bambino, ma di speciali alterazioni dello sviluppo embrionale, collegate
a disturbi metabolici, il cui meccanismo misterioso si accenna nei fenomeni
dell’eredità degenerativa (malattie della specie; forme ad eziologia ereditaria degenerativa).
Nei due casi abbiamo individui anomali, ma con differente meccanismo; nel
primo c’è distruzione dell’organo, nel secondo, anomalia di sviluppo dell’organo.
Alla distruzione dell’organo, possono conseguire alterazioni diverse secondo la diversa localizzazione e diffusione dei focolai (cerebroplegie infantili); quasi sempre
ci sono disturbi motori caratteristici (paralisi infantile) che ne formano il sintomo
fondamentale: tuttavia possono conseguire anche disturbi sensoriali o psichici, se le
lesioni furono a carico delle zone corticali sensoriali o psichiche […].
266
Appendice – Parte terza
Quindi i primi tipi (cerebroplegici) sarebbero ineducabili in toto o in parte; educabili sarebbero i secondi (ereditari) […].
Si distinguerebbero i due gruppi, in parte dall’anamnesi; gli uni ebbero una malattia nella prima infanzia, dopo la quale tutto a un tratto si manifestarono i fenomeni
relativi allo stato di deficienza […] in parte si distinguono all’esame morfologico: i
primi […] hanno stigmate con significato funzionale (atrofie da non uso o da diminuita innervazione); i secondi ereditari, hanno stigmate con significato atavico; vere
stigmate degenerative […].
Infatti quelle malattie che lascerebbero come esito un deficiente si svilupperebbero (specialmente quando intervengono nel periodo embrionale e nel primo o secondo anno di vita) solo nei predisposti e allora ecco sommarsi i due fattori ereditario e patologico e in ogni caso non c’è corrispondenza nemmeno quantitativa tra lesione organica e funzionale […]. Basti ricordare che ormai la quantità di materia cerebrale cedette il posto di onore alla qualità sua, messa in rapporto con la struttura
fine: e questa sta cedendo il suo primato al fattore chimico–toxico.
In ogni caso però è bene ricordare quella distinzione schematica che porterebbe a
una prognosi di educabilità; se non altro per ispingere a interessanti ricerche sul possibile rapporto tra il numero e la dignità morfologica delle stigmate fisiche funzionali o degenerative e le varie alterazioni nelle funzioni mentali da considerarsi nel
campo educativo […].
DEFICIENTI
Con alterazioni solo
di ordine psichico
idioti semplici
motorie
paralitici
afasici
sensoriali
amaurotici
sordi
con alterazioni
anche
a manifestazioni
periferiche costanti
Sopra questo substratum di debolezza del sistema nervoso, su questi predisposti,
possono stabilirsi delle malattie nervose in atto, che si manifestano per lo più a fe-
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
267
nomeni intercorrenti con lucidi intervalli e periodi di calma. Queste malattie possono
distinguersi in nevrosi o pazzia […].
Ecco dunque una fine distinzione necessaria a farsi per distinguere i malati in atto, che vanno ricoverati in semplici asili di cura, o in iscuole specialissime (nevrotici); e non mai mescolati nelle vere scuole di educazione dei deficienti, sui quali la
società può calcolare un qualche beneficio educativo pratico […].
MALATI IN ATTO
Nevrotici
epilettici
istero–epilettici
coreici
Follia motoria
Epilettiforme, coreica
Follia sensoriale
Allucinatoria
Follia intellettuale
Melanconia
Stupore
Confusione mentale
Pazzi
L’importanza di questa distinzione si rivela ancor meglio avanzandoci nello studio dei metodi educativi i quali nella prima tappa, come dicemmo, portano il bambino alla «posizione di partenza fondamentale» non solo normalizzandolo ma anche
domandolo.
Il bambino deve essere posseduto dalla volontà del maestro, che se l’allievo è
apatico lo spinge alla azione; se iperattivo, lo fa tranquillo; usando due procedimenti
educativi affatto opposti. Onde la divisione di tutti gli allievi in questo periodo comprende:
i tranquilli;
gli apatici;
gli iperattivi.
Ora è di prima necessità non confondere gli apatici coi melanconici; o gli iperattivi coi maniaci motori. Poiché i procedimenti educativi necessari a domare il bambino, sono i più coercitivi e violenti; e a carico dei bambini pazzi si sprecherebbe
una grande energia del maestro, ottenendo un notevole aggravamento nello stato di
salute del fanciullo anziché raggiungere lo scopo educativo. E qui i lumi del medico,
potranno intervenire: benché non sia difficile, per es., distinguere il bambino iperattivo, che non può star fermo un solo secondo, con l’accesso maniaco intercorrente
[…].
268
Appendice – Parte terza
Riassumendo: noi ci troviamo, applicata la prima parte del metodo, ad avere eliminate molte varietà individuali, che potevano complicare una prima classificazione;
[…] Si tratta a questo punto di fare una prima […] divisione, cioè: quali bambini saranno fin da questo momento eliminati dall’educazione comune o con la prognosi di
ineducabilità assoluta, o con quella di educabilità parziale con metodi specializzati o
in ambienti artificiali; e quali bambini dovranno continuare ad essere sottoposti
all’educazione comune dei deficienti e con qual grado di probabilità prognostiche.
Ciò che ho procurato di raccogliere nel seguente quadro:
Epilettiforme
Follia motoria
I
n
e
d
u
c
a
b
i
l
i
D
E
F
I
C
I
E
N
T
I
Coreica
Malati in atto
Pazzi
Follia sensoriale
ùFollia intellettuale
Neurotici
Epilettici
Istero–epilettici
Coreici
Allucinatoria
Melanconica
Stupore
Confusione mentale
Ambiente educativo artificiale
Calma–cura dietetica
Cure igieniche varie, ecc.
A
s
i
l
i
d
i
s
a
l
u
t
e
Cure speciali: Kinesiterapia–Elettricità
Paralitici
Infermi
Massaggio–bagni di sole
Afasici
Sordo–muti
Amaurotici
E
c
u
c
a
b
i
l
i
Ereditari
Metodi educativi specializzati
Indizi favorevoli per l’educazione intellettuale
Stigmate specialmente se lo sviluppo fisiologico in toto
Degenera- è normale. Meno favorevoli per
tive
l’educazione morale.
Indizi meno favorevoli per l’educazione
Cerebroplegici Stigmate intellettuale specialmente se lo sviluppo
Funziona- fisiologico in toto è arrestato.
li
Più favorevoli per l’educazione morale.
Misti
[…] Infatti la infinita varietà […] dei tipi, […] e per di più l’intreccio complessivo nei fenomeni della vita psichica, senza nemmeno corrispondenza […] rendono
troppo arduo e forse insolubile il problema.
Voler delineare dei tipi artificiali cui riportare a gruppi varietà consimili prendendo a base di classifica un solo sintomo come l’attenzione (Sollier) o il linguaggio
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
269
(Esquirol) è non solo arrischiare di metter sotto lo stesso tipo individualità psichiche
diversissime dal lato dell’educazione, ma oggi è opporsi al concetto della psicologia
moderna, che tende all’unitarismo psichico o meglio al «ciclo psichico» nel quale
non si può vedere né il principio né il termine d’un processo cosciente né quale tra
gli elementi […] sia causa e quale effetto […].
Perciò è certo che essendo qualitativamente distinti gli elementi psichici: sensazioni, sentimento, conazione, potremmo rilevare nel ciclo psichico la prevalenza di
qualcuno nei vari individui; ed essendo le sensazioni elemento […] importante
nell’educazione intellettuale, i sentimenti e le conazioni, elementi delle emozioni e
degli atti volitivi, specialmente importanti da quel lato educativo che va col nome di
educazione morale, noi potremmo distinguere […] due maniere di considerare lo
studio psicologico relativo all’educazione degl’individui […].
Si tratta d’intendersi bene su questo punto: quale sia lo scopo principale
dell’educazione: se quello prevalentemente intellettuale o […] morale.
Si risponderà: è necessario il giusto equilibrio tra le due educazioni, perché se
l’una porta gli individui ad essere produttivi e a procurarsi una serie di elementi di
benessere materiale o intellettuale, l’altra li porta ad adattarsi all’ambiente sociale in
cui dovranno vivere […].
Ora questa somma d’istinti oscuri: il sentimento che caratterizza l’individuo anche nell’uomo normale […] è nel degenerato pure la parte più importante e caratteristica, che lo conduce a quelle azioni tristi, turpi, […] che sembrano talvolta turbare e
sconvolgere nel seno sociale gl’ideali e le azioni dell’uomo normale […].
Quale sia l’origine del sentimento è ancora problema, per quanto rischiarato dagli studi di Lange, James, Ribot, che ne hanno illustrato il lato fisiologico; […] intrecciato con le funzioni intellettive, che bisogna ricollegarlo, nel parallelismo psico–fisico […]. Il sentimento del bene e del male è qualche cosa più della conoscenza
di leggi che regolano nella vita sociale il bene e il male […].
Ha importanza grande la sindrome fisiologica delle emozioni: queste […] debbono richiamare […] l’attenzione e l’opera dell’educatore: i testi sentimentali devono avere nella moderna psicologia individuale, applicata alla pedagogia […].
Una igiene speciale sorge nelle future prospettive pedagogiche, igiene che dovrà
necessariamente precedere e preparare l’educazione psico–morale in un intervenire
forse non lontano. Ciò che si manifesta di comune nei degenerati […] è una speciale
deficienza del così detto «senso morale»; cioè la «simpatia», la «tendenza altruistica», il «sentimento di giustizia» sono diminuiti, o aboliti o pervertiti […].
L’ambiente sociale aggrava fatalmente le loro condizioni: non essendo capaci di
produrre nulla di utile nel suo seno, per la debolezza che li fa rifuggire da un lavoro
prolungato […] costretti ad approfittare del lavoro altrui.
E non potendo agire da soli, si uniscono o in coppie o in società numerose, ove si
distinguono maestri e allievi, incubi e succubi […].
Ecco il fine della scuola dei degenerati: sottrarre all’azione dello ambiente i piccoli degenerati, creare loro un asilo di protezione e di educazione, separandoli però
in maniera che nella scuola stessa non si trovino a contatto i pervertiti coi suggestionabili […].
Ed ecco il principio che vorrei fissare: il tipo è dato fondamentalmente dal carattere morale: ogni tipo ha poi tante varietà che dipendono dal livello o dalle turbe
dell’intelletto: questo insieme si manifesta […] secondo il grado della volontà che
270
Appendice – Parte terza
può lasciare nell’apatia, o spingere all’azione; che può lottare con maggiore o minore efficacia inibitoria contro gl’impulsi anormali.
Ciò premesso mi sembra di riconoscere quattro tipi fondamentali.
I. Perversione sistematica degli affetti (Maudsley) o pazzia morale con vari livelli
intellettuali […].
II. […] Prevalenza di un istinto pervertito (follia istintiva di Maudsley) che porta a
impulsi abituali costanti, tali da costituire nell’individuo uno speciale carattere di
perversità […].
III. Imbecilli anomalia di tutti gli istinti collegati con la vita somatica […].
IV. Idioti Perversione o mancanza di alcuni istinti […].
Riassumendo posso dire che […] avrei distinte, dal lato della educabilità, seguendo i metodi fino al limite in cui sono noti, ed attenendomi semplicemente ai fini
educativi là ove sono ancora da ricercare veri e propri metodi (educazione morale)
[…].
III.11 Antropologia pedagogica∗
Maria Montessori lasciò la Scuola ortofrenica e i bambini subnormali nel
1901, per restare un periodo di tempo a meditare in solitudine, avendo come
unico legame con il mondo reale l’insegnamento7. Nel 1902 si iscrisse alla
Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma, dove poté continuare a studiare
e meditare.
In quel periodo e precisamente nel 1903, mentre si preparava a sostenere
la libera docenza in Antropologia, la dottoressa marchigiana pubblicò una
Conferenza tenuta agli studenti di filosofia dell’Università di Roma, dal titolo Antropologia pedagogica, con dedica «All’Onorevole Luigi Credaro, professore di pedagogia nell’Università di Roma». Nella crescita intellettuale
della studiosa, questo scritto segnò un passaggio importante in quanto
dall’Antropologia e dall’Antropologia pedagogica si fece strada l’istanza per
una pedagogia scientifica, atta alla formazione «dell’uomo nuovo».
Un giorno dal cuore di un grande poeta usci la mistica interrogazione: Chi è
l’uomo?…donde vince? Donde va?… come l’espressione di un grande enigma
dell’universo, che al pensiero umano sarebbe rimasto impenetrabile.
In seguito quella domanda fu riportata da Thomas Huxley, Ernesto Haeckel,
Luigi Büchner e dagli altri filosofi della biologia zoologia […] e vi fu risposto determinando il posto che l’uomo occupa nella natura e le sue relazioni con l’insieme
delle cose.
∗
M. Montessori, Antropologia pedagogica, Milano, Antonio Vallardi, 1903, pp. 3–21 e
ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLVI, n. 8, ottobre 1997, pp. 8–15.
7
In quegli anni Montessori stava attraversando un periodo angoscioso: la nascita del figlio fuori dal matrimonio e la rottura definitiva dal compagno Giuseppe Montesano. Montessori pur non smettendo mai di pensare al figlio, di amarlo, scelse il lavoro.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
271
Oggi questa interrogazione deve riportarsi nei campi della pedagogia come enunciato di un problema positivo, che è necessario risolvere al lume delle scienze
sperimentali sorte in questi ultimi decenni.
La pedagogia deve condurre l’uomo.
Ma chi è l’uomo?
Poi che l’angelica e uniforme bontà del fanciullo, la generosità dell’adolescente
[…] sono stati sorpassati dalla filosofia biologica, che spostò le basi dell’origine
umana; e dell’antropologia che sfatò il principio monistico dell’origine unica, e mise
in luogo dell’uomo, l’idea generale e astratta, gli uomini in singole razze […] con
qualità ereditarie; […] e della patologia, che tra gli uomini normali distinse i degenerati, gli anormali, i malati: persone pericolose di contagio morale e fisico a tutto
l’insieme sociale, la pedagogia restò poggiata nel vuoto. I filosofi pedagogisti prima
di accingersi a interpretare […] il terzo quesito: dove va l’uomo?…[…] debbono rivolgersi ai biologi per essere rischiarati […] sull’origine ereditaria e sulla costituzione psico–fisica dei soggetti da educare. Così dice il Perez, la pedagogia troverà le
sue radici nella biologia e la sua fine nella politica.
È necessario che una sintesi […] si operi nella pedagogia scientifica tra il punto
di vista naturale, che delinea la personalità umana biologica, e il punto di vista morale, che […] esplica e prepara l’uomo sociale. […] date ai biologi ciò che è dei biologi, e date ai filosofi ciò che è dei filosofi: ma fate che essi riuniscano armonicamente il rispettivo lavoro. Poiché non solo la pedagogia deve attingere a ogni moderna branca di scienza positiva, ma pure abbracciare tutto quanto l’esperienza umana seppe accumulare fino dalla più alta antichità.
Bisogna aggiungere […] ciò che il clinico di Roma, Guido Baccelli, più volte esprimeva a noi suoi allievi: dobbiamo adoperarci sempre a congiungere la stipa
dell’esperienza antica alle conquiste della scienza.
L’autore che per primo ha precisato e messo armonia […] a tutto quel complesso
di ricerche scientifiche sperimentali, che possono dare […] contributo alla moderna
pedagogia, è Eugenio Blum.
A questa scienza nascente che va appena delineandosi, il Blum ha dato il nome
di Podologia […].
Egli divide la Pedologia in tre rami:
Pedologia generale.
Pedologia da laboratorio.
Pedologia introspettiva.
1° La Pedologia generale conduce allo studio rapido, complessivo sintetico della
intera personalità psico–fisica dell’allievo, considerata pure dal suo lato ereditario
[…].
All’applicazione di questo studio è necessario costituire una clinica di Pedologia
normale, e di Pedologia pediatrica, per raccogliervi i soggetti. Esso è […] come fu
nel vasto campo della medicina, la clinica medica. Da essa e intorno ad essa […] si
formarono molti rami scientifici: essa, facendo la storia dei malati, indicava le cause
dei morbi, e da ciò sorsero gl’istituti d’igiene per combatterli […].
2° Pedologia da laboratorio, comprende tutta la parte sperimentale che, senza
unità d’intento, ma con grande costanza di azione, va svolgendosi da qualche decennio, in tutto il mondo, sparsa a brani nei laboratori di psicologia, di antropologia,
d’igiene, di fisiologia: ove con un istrumentario […] si procede alla pedrometria,
cioè alla misurazione del fanciullo.
272
Appendice – Parte terza
Insieme […] vanno pure sorgendo […] in questi laboratori indirizzi vari
all’applicazione di metodi speciali per l’educazione fisica, fisiologica e sensoriale
[…].
L’Année Psychologique del Binet a Parigi; l’Experimental Study of Children di
Mac–Donald a New–York danno una larga letteratura e portano di anno in anno un
lungo contributo di questi studi […] sugli individui normali d’ogni età, sesso, razza,
condizione sociale; senza escludere i malati, né i degenerati […].
E una vera biblioteca […] per citarne qualcuno dei più noti […] indico il celebre
libro del Mosso su La fatica intellettuale e fisica, e quello […] più strettamente pedagogico, di Binet ed Henry: Il surménage, il bellissimo libro del Marro sulla Pubertà, tutto pieno di geniali visioni pedagogiche […] il libro di Edouard Séguin sulla
educazione dei deficienti […].
3° Pedologia introspettiva […] questa si riattacca all’antica psicologia pura, unica guida dei pedagogisti metafisici: essa riguarda il lato soggettivo dell’individuo; le
sue impressioni, ciò ch’egli sente e che costituisce la sua vita psichica […].
La pedologia si affanna a condurre anche l’educazione fisica verso lo scopo ultimo al quale armonicamente deve giungere tutto l’insieme dell’educazione: il fine
morale. E ancora oggi una educazione fisica che prepari quella morale […] è ignota
nelle scuole.
Il perfezionamento interiore dell’individuo, quello che dovrà condurlo alla più
difficile vittoria: la vittoria sopra se stesso e che è la necessaria stazione di partenza
di tutta l’educazione morale può prendere un valido contributo da quella fisica […].
A tale si può giungere solo col contributo di una illuminata educazione fisiologica, che ha, suo unico fine, l’economia delle forze umane normali.
Anche riguardo alla preparazione dei pedagogisti si potrebbe dire: oggi essi non
si fondano più sull’astratta psicologia pura; gli studi d’anatomia e fisiologia del sistema nervoso centrale sono appunto il contributo portato dalle scienze biologiche
alle fisiologiche.
Sì; ma il cervello, preso da solo, non potrà mai rispondere alla domanda: «Chi è
l’uomo?». Una parte non può essere il tutto: e i pedagogisti debbono educare tutto
l’uomo.
La fisiologia del sistema nervoso, studiata a sé, a scopo pedagogico, è non solo
un’astrazione, ma un errore.
Nessun organo come il sistema nervoso centrale, appunto perché organo delle reazioni per eccellenza, è soggetto alla funzionalità generale dell’intero organismo
[…].
Nella sostanza cerebrale ci sono o vasi sanguigni, che appartengono al sistema
circolatorio, e le cui modificazioni dipendono dal cuore […].
Prescindere dal sangue, nello studio del sistema nervoso, vuol dire prescindere
dal ricambio materiale, o metabolismo, delle cellule; cioè vuol dire prescindere dalla
vita […].
È un errore credere che le cellule nervose siano come l’officina ove si crea
l’energia, che va a stimolare e a dar tono a tutti gli elementi dell’organismo.
L’azione è reciproca; il ciclo è chiuso; a loro volta anche i tessuti secernono delle
sostanze stimolanti, che a traverso i vasi linfatici vanno ad eccitare gli elementi nervosi.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
273
Per comprendere questa verità fisiologica, pensiamo all’uomo nell’ambiente sociale: la sua vita per mantenersi non ha solo bisogno di nutrimento e d’ossigeno, ma
anche di stimoli […].
Questa non è una necessità soltanto psichica, ma fisiologica: il modo più crudelmente lento di uccidere un uomo è quello di privarlo di stimoli […].
Oggi forma […] la parte più interessante della fisiologia del sistema nervoso lo
studio degli stimoli, che gli prevengono da certe glandole sparse qua e là nel corpo:
le glandole a secrezione interna […] glandola pineale […].
A questa glandola è collegata tutta la crescenza, quasi che essa fosse il serbatoio
della eredità. Il bambino che ha scarsa questa glandola non può crescere: è piccolo di
statura, magro come uno scheletro […]. Il suo sistema nervoso è integro. Come è
integro in un altro tipo di fanciullo, che estremamente gli somiglia: il denutrito […].
Due vittime infantili: una della natura, una della società. Ma in entrambi il secreto dell’arresto mentale va ricercato nella fisiologia generale dell’organismo intero.
Per comprendere la psico–fisiologia, l’organismo intero va studiato: il parallelismo tra la stigmate morfologica e quella psichica, tra la forma esterna del corpo e
quella del carattere morale […].
Se i medici studiano minuziosamente l’anatomia […] e la sua fisiologia per prepararsi agli studi di patologia e tentar di guarire dai morbi alcuni individui umani;
non dovrà forse basarsi sopra simili studi il pedagogista, che avrà la grave missione
di condurre nel suo sviluppo tutta l’umanità normale e anormale […].
Al medico lo studio minuzioso dell’anatomia e dei meccanismi fisiologici, che
saranno guida diagnostica nella ricerca della localizzazione del male entro il corpo
umano.
Al pedagogista studi larghi e sintetici della personalità anatomo–fisiologica, orientati verso un punto di vista psico–fisico: poiché suo scopo non è localizzare un
morbo nel corpo, ma un individuo nell’umanità a mezzo di comparazioni. La pedagogia sarà la medicina sociale e spesso dovrà saper fare la diagnosi d’individui morbosi entro il corpo sociale dei normali; e ricercarne le cause e seguirne la cura.
Il suo indirizzo non è dunque anatomico, come quello dei medici: è antropologico.
Ecco perché io chiamerei quella importantissima Pedologia Generale del Blum
[…] e che nella sua missione di delineare l’individuo e la sua storia dà le basi biologiche alla Pedagogia rispondendo al quesito : «chi è l’uomo? …donde viene?» io la
chiamerei col nome di: Antropologia pedologica.
Nome ormai noto al pubblico e che riassume […] il metodo di studiare l’uomo in
sintetiche comparazioni a scopo ora sociologico, come per esempio l’Antropologia
Sociologica, che studia i vincitori dell’esistenza: ora pedagogico come nel caso nostro […].
A qual pro nell’Antropologia Sociologica si studiano i caratteri dei vincitori, per
ricercare se avevano nella loro costituzione psico–fisiologica qualche cosa che li indicasse predestinati alle grandi vittorie sociali […].
E tra gli uomini normali e geniali […] l’Antropologia Sociologica ricerca pure i
caratteri psico–fisici dei conquistatori e dei duci […].
A che pro tutte queste ricerche sui fatti compiuti, se esse non devono illuminare
gli educatori nel condurre al destino sociale più adatto alla sua personalità psico–
fisica l’allievo […]. A che pro, se nel campo della scuola mescoliamo ancora sotto
uno stesso metodo i geni e i deficienti; gli eroi dell’altruismo e i pazzi morali? E
274
Appendice – Parte terza
mentre parliamo dei capitali delle forze umane […] prezioso pegno dell’avvenire in
una mescolanza colpevole coi degenerati e coi malati, esponendoli al loro duplice
contagio morale e fisico.
A qual pro l’Antropologia Criminale sorta nella nostra Italia col Lombroso […]
donde nasce come vittima nostra quell’infelice, che è il criminale; sì che le sue colpe
si diffondono […] sulla collettività: se noi niente facciamo per salvare i fanciulli
predisposti […]. Ciò che dopo la luce portata dall’Antropologia Criminale apparisce
come delitto della società […].
Pedagogia […] Essa avrà la missione di creare l’uomo nuovo […] essa avrà il
gran compito della redenzione: dovrà salvare i deboli, dar la parola ai muti, raddrizzare gli storpi […] portare luce intellettuale nei deficienti e toccare il cuore infantile
dei pazzi morali.
Maestro! Questo nome di Antropologia Pedagogica ben si addice alla Clinica da
Voi ideata e difesa come concetto, con mirabile modernità di vedute: Clinica dove
potranno sorgere i diversi rami di studio speciale, e intorno a cui potrà svolgersi una
intera facoltà di Pedagogia […].
Voi potrete dar fama alla materia ed animarla di vita, col soffio della vostra anima forte.
III. 12 La teoria Lombrosiana (1903)∗
Montessori nel 1903 pubblicò un altro scritto dal titolo La teoria Lombrosiana e l’educazione morale. Si tratta della prolusione di Maria Montessori al corso di Antropologia Pedagogica, del quale era stata incaricata proprio nel 1903, quando partecipò al secondo corso di pedagogia scientifica
tenuto da Ugo Pezzoli a Crevalcore.
La studiosa, in questo scritto, si pone ormai dal punto di vista del pedagogista, domandandosi, alla luce della teoria lombrosiana che significato avesse l’educazione morale. Questa veniva assunta come fondamento della
pedagogia scientifica il cui fine sta proprio nell’unione tra l’ambiente e
l’individuo e nell’identificare un metodo educativo rispettoso dell’individuo.
Lo studio della forma esterna in biologia e più ancora in antropologia ha un’altra
importanza: perché la forma ha carattere limiti costanti, determinati nell’evoluzione
[…].
Essendo l’organismo un tutto armonico, in cui parti e funzioni sono strettamente
collegate fra loro, l’anomalia dell’esteriore ci fa supporre anche anomalie interne,
donde anomalie di funzione: quindi pure, nell’uomo anomalie psichiche […].
Noi studieremo brevemente in questo corso le anomalie di forma e la crescenza
morfologica.
E per questo studio non basta procedere ad esaminare l’uomo quale ora è, ma occorre riandare alle sue origini e basare su quelle le nostre osservazioni […].
∗
M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, in «Rivista d’Italia», a.
VI, vol. II, 1903, pp. 326–331.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
275
Ogni forma […] ha una ragione d’essere, un significato biologico, una filosofia.
E ogni forma è in relazione diretta con la funzione che l’organo compie […].
Dunque vi sono alcune parti del corpo facilmente variabili nella forma, altre no.
Ne consegue che le anomalie degli arti, per esempio non sono tanto gravi come le
anomalie della testa […].
Vanno perciò in prima linea di importanza le considerazioni sulla forma del cranio: la craniologia infatti costituisce un ramo scientifico a sé, che è a capo della morfologia antropologica […].
Anomalie che sono stigmate visibili di un errore evolutivo: stigmate della degenerazione. Non facile da riconoscersi, perché non si distaccano molto dalla normalità
[…].
Sembra ripugnante a tutte le nostre fedi anche alla fede pedagogica che
l’intelligenza, il senso morale, la psiche, infine, degli individui umani, possa stare in
rapporto con le forme esteriori, secondo quanto afferma la teoria lombrosiana. Il pedagogista crede che la persona si faccia buona o cattiva semplicemente secondo
l’ambiente educativo in cui visse […].
L’ambiente ha la sua parte d’alta efficacia, ma non è tutto. Il pedagogista non
può più limitarsi a studiare l’ambiente, che dovrà influire sull’educando e le azioni
ch’esso dovrà compiere: ma anche e in primo luogo studiare l’individuo, per distinguere le costituzioni dell’uno e dell’altro e adattare a ciascuno il più conveniente
metodo educativo. […] Per esempio, quando un cavallo è indomabile coi mezzi comuni, si chiama il veterinario il quale o ricerca una malattia e la cura […] e se sono
anomalie dichiara il cavallo assolutamente indomabile: è un cavallo degenerato.
Ma anche relativamente all’uomo la credenza che la stigmate fisica stia a rappresentare la stigmate morale è antichissima. Nella Bibbia troviamo il re Salomone che
dice: «il cuore si legge sul viso» […].
Concludendo se la teoria lombrosiana ha basi di vero, che dovremmo pensare noi
pedagogisti sulla questione dell’educazione morale? Siamo impotenti dinanzi a un
fatto di malvagità morale collegata col fisico: non ci sarà dunque più colpa nel fare il
male, c’è più merito nel fare bene? No certo: soltanto muta l’interpretazione dei fatti
e ne consegue un alto progresso morale, che segna la nuova via pedagogica.
Vi sono alcuni che si sentono irresistibilmente attratti verso il male […]. Altri
invece […] si sentono naturalmente spinti verso il bene […].
Per noi tutti questi istintivi che agiscono in maniera opposta non hanno né merito
né colpa, sono nati così […]. Quando l’educatore lodava l’uno e castigava l’altro era
un cortigiano della natura, non un pedagogista […].
Così la colpa scontandosi da ciascuno individualmente ricade su tutti. Ecco
Lombroso che sancisce con la teoria della degenerazione il dogma cattolico della
comunione dei peccati: tutti siamo responsabili dei peccati dei fratelli e dobbiamo
riparare in comune. In sociologia tutti siamo colpevoli delle cause sociali di degenerazione tutti abbiamo il dovere di contribuire a migliorare l’ambiente che procura i
degenerati […].
La società sarà migliorata e resa morale con l’armonica azione dei buoni, disciplinati al bene sociale. L’uomo sarà buono solo quando ciò gli sarà costato un volontario sforzo. Ecco l’umiltà cristiana, la rinuncia all’istinto bruto, l’opera pel bene altrui, rinvigoriti dalla novella veste scientifica. La scienza positiva non crea, ravviva.
Bisognerà dunque non ammirare, come si faceva in antico, l’uomo che nasce
buono, ma educarlo per renderlo cosciente, forte e utile; non condannare il malvagio,
276
Appendice – Parte terza
ma redimerlo con l’educazione e con quella solidarietà nella colpa comune, che è la
forma scientifica del perdono. Il degenerato che giungerà a vincere il malvagio istinto e a non nuocere più; il normale che si sarà reso sublime moralmente dedicando la
bella eredità fisiologica al bene collettivo, saranno pari di merito. E pure un abisso
starà tra loro, perché piccolo passo può fare il proletario fisiologico, ma immenso
cammino nella perfezione l’anima dell’uomo normale.
Qui sta [secondo Montessori] il compito nuovo del maestro dell’avvenire.
III.13 Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali
dei fanciulli nelle scuole (1904)∗
Montessori, nella ricerca «dell’uomo nuovo», fu guidata dal testo di Séguin, reputato il libro primo per eccellenza di metodo sulla pedagogia scientifica. I suoi studi e ricerche sull’igiene e l’antropologia pedagogica avevano
la loro coesione nell’approfondimento e applicazione nella scuola.
Montessori racchiuse le sue ricerche in uno scritto del 1904 dal titolo Sui
caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli
nelle scuole. In questo scritto, a carattere prettamente antropologico, la studiosa mise in evidenza, la connessione tra il dato antropometrico, quello fisiologico e quello sociale.
Stato attuale della questione — Considerazioni generali sulle relazioni tra il volume del cervello e l’intelligenza.
Le mie ricerche antropologiche compiute sopra gli scolari di alcune scuole elementari di Roma, tendono a portare un contributo agli studi, oggi altamente interessanti in antropologia, sulla corrispondenza possibile tra lo sviluppo intellettuale e
quello volumetrico del cranio. La questione certo è assai complicata […]. Secondo
la maggior parte dei ricercatori moderni, le persone più intelligenti avrebbero la testa
un po’ più grande delle meno intelligenti: naturalmente nei limiti della normalità.
Poiché gli anormali come gli imbecilli, gli alienati, possono avere per fatto patologico un cranio di volume superiore alla norma. E poiché nell’evoluzione zoologica
l’uomo ha il massimo cranio in rapporto al volume totale del corpo […] si offre al
nostro compiacimento l’idea confermata dai ricercatori, checché ne pensasse Aristotele, il quale stimava molto intelligenti gli uomini di piccola testa. Ma d’altra parte
nell’evoluzione appunto uno dei dati più fissi è il cranio, così nella forma come nel
volume: la sua invariabilità nei millenni sembra provata; e sarebbe proprio il caso di
non poter riportare i principi d’una evoluzione lentissima ad uno studio individuale
[…].
Ecco l’orientamento del problema: si può non raggiungere i limiti morfologici di
razza. Ma qual è il tipo morfologico il tipo morfologico perfetto del cranio in una
data razza? Ed a quale razza appartiene il soggetto che si studia? […] infine, le sue
condizioni speciali sono d’ordine fisiologico o di ordine etnologico?
∗
M. Montessori, Sui caratteri Antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei
fanciulli nelle scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2,
1904, pp. 243–300.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
277
Un’altra non minore difficoltà: su quali criteri dovrà giudicarsi l’uomo psichicamente superiore?
Gli autori hanno voluto perfino cercare la chiave antropologica dei fenomeni sociali[…].
Così si dica sulla prevalenza sociale di sesso, collegata finora a una supposta inferiorità del volume cranico nella donna, contro la quale si sarebbe invano ribellato
il gentil sesso. Ma ecco fallire la chiave antropologica: che cosa è psichicamente superiore e deve quindi prevalere? […] l’ingegno creatore dell’epoca presente, o il
sentimento sociale e la morale umana dell’avvenire? Evidentemente la superiorità
psichica fluttua sui bisogni relativi alle epoche della civiltà.
E fermandoci nel presente: come sceglieremo i soggetti «più intelligenti» per paragonarli ai «meno intelligenti» e valutare il rispettivo volume cranico? Se […] volessimo basarci sulle gerarchie intellettuali e mettere i vincitori dei titoli accademici
[…] contro i vinti del lavoro umano come manuale […] correremmo rischio di paragonare fatalità di nascita sociale più che diversi livelli intellettuali. Poiché la nostra
società non permette la libertà del lavoro intellettuale, ma ne esclude tutto un proletariato nel quale l’intelligenza può trovarsi molto sviluppata […].
L’antropologia che si fa base delle disuguaglianze sociali di casta e di sesso sta
già decadendo insieme ai dogmi tutti che sanciscono tali disuguaglianze. Invece oggi
entra serena e libera nella scuola e si mette a lato della pedagogia. Fu il Broca che ve
la introdusse. Notando come in realtà le persone che hanno gradi accademici posseggono un volume cranico maggiore delle persone ignoranti, pensò che lo studio
forzato, l’esercizio prolungato […] dell’intelligenza durante tutto il periodo della
crescenza potesse sviluppare l’organo–cervello. Perché dovrebbe esso sottrarsi alla
legge biologica generale che «la funzione sviluppa l’organo?». D’altronde i primi
educatori di deficienti tra i quali il Séguin […] hanno affermato che l’applicazione
metodica dell’intelletto sviluppa il volume cranico degli idioti microcefali, e ne migliora quindi la costituzione anatomica e fisiologica. «Quindi» esclama il Broca
«l’istruzione obbligatoria migliorerà la razza nella sua parte più importante: il cervello; e darà una spinta favorevole alla naturale evoluzione» […].
Quindi insieme a quelli fisiologico ed etnologico un concetto nuovo entra fra i
criteri di comparazione del volume cranico; quello pedagogico dell’esercizio intellettuale metodico e progressivo. Anzi quest’ultimo su tutti prevale, ed oggi simili
studi si compiono nelle scuole e nei collegi, cioè tra persone che sottoposero il cervello a identico esercizio.
Così fanno Wenn e Galton nell’Università di Cambridge; Mac–Donald nelle
scuole di New–York; Simon, Binet nelle scuole di Parigi, e da noi Vitale Vitali,
Ruggieri, ecc..
Nelle scuole si elimina il fattore esercizio come causa della disuguaglianza nel
volume cranico […] su di essi possono facilmente compiersi inchieste riguardanti la
razza, lo sviluppo fisiologico, ecc.; in maniera da poter porre in ultimo abbastanza
nettamente il problema: se a un maggiore sviluppo intellettuale corrisponde un maggiore sviluppo del volume cranico […].
L’interesse principale del volume del cranio risulta dalla relazione trovata tra volume del cervello e intelligenza; della quale relazione esso è l’espressione scheletrica
[…].
Per esempio, si è sempre ritenuto che il maggior sviluppo frontale del cranio in
rapporto con la razza umana più evoluta e con la più alta intellettualità individuale,
278
Appendice – Parte terza
fosse la rappresentanza scheletrica di un maggior sviluppo dei lobi frontali del cervello. Ma […] il peso relativo dei lobi frontali non varia né col sesso, né con la statura, né secondo il grado intellettuale evolutivo o individuale: tanto è nel selvaggio
come nell’europeo; tanto nell’uomo rozzo come nel geniale. Lo sviluppo dei lobi
frontali è press’a poco proporzionale a quello degli altri lobi, e le sue variazioni, piccole […] non sono in rapporto con l’intelligenza. Dunque il maggior sviluppo frontale è solo scheletrico; riportabile a meccanismi di adattamento nella crescenza ossea, in rapporto con un cervello più sviluppato in toto […].
Il volume del cervello va perciò considerato in rapporto allo sviluppo delle parti
attive del corpo, e specialmente in rapporto allo sviluppo muscolare. Ora, come lo
sviluppo cerebrale è attestato dalla capacità del cranio, così quello muscolare lo è
dalle ossa che formano le altre parti dello scheletro, costituenti nell’insieme il dato
della statura. E poiché ossa e muscoli danno il maggior contributo al peso totale del
corpo, statura e peso vanno messi in relazione col volume cerebrali. […] «Il peso
assoluto del cervello cresce col peso del corpo». Ma non proporzionalmente: il peso
del corpo cresce più del peso cerebrale, che ritarda nel seguirlo; così più grande è il
corpo, più il cervello è relativamente piccolo, cioè sta con esso in ragione inversa
[…].
Ma il volume relativo solo in piccola parte può riferirsi a tale inversione di rapporto con la massa totale del corpo […].
Data la reciprocità d’influenza della funzione e dell’organo, è da sperarsi che
l’artificiale esercizio intellettivo procurato dalla cultura obbligatoria possa aumentare anatomicamente l’organo nella complessità strutturale […].
Il fattore dell’eredità merita pure di essere valutato nelle nostre considerazioni: si
può ereditare un grosso cervello da parenti di alta statura, pur rimanendo per cause
occasionali di statura bassa […].
Se si tratta di bambini bisogna tener presente l’età e le condizioni di crescenza
relative rammentando come in tutta la scala zoologica dei mammiferi lo sviluppo
dell’encefalo è precoce, mentre il suo peso relativo diminuisce sempre più nella crescenza […].
L’uomo non si distingue nella sua superiorità morfologica solo pel cranio, ma
anche per le modifiche facciali. […] Il basso grado intellettuale porta con sé corrispondenti stigmate morfologiche sulla faccia, onde le ricerche vanno portate su tutta
la testa […].
II
Piano delle ricerche
CRITERI PER LA SCELTA DEI SOGGETTI. – INCHIESTE SUL LORO STATO
SOCIALE E SULLA LORO INTELLETTUALITA’. – MISURE ANTROPOMETRICHE DA ME ADOTTATE.
Benché nelle scuole elementari di Roma non ci fosse l’uso di intraprendere studi
sperimentali sugli scolari […] ottenni da uno dei più intelligenti direttori delle scuole
di Roma, il Cav. Petracci […] il permesso di prendere alcune misure antropologiche
sugli scolari della sua scuola maschile «Vittorio da Feltre» […] contenente oltre mille scolari, quasi tutti dei quartieri poveri. […] mentre io ancora lavoravo in queste
ricerche […] potei […] continuare i miei studi in altre due scuole: dell’«Umiltà» in
un quartiere assai ricco di Roma […] e di via «Giovanni Lanza» in quartiere di piccola borghesia […].
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
279
Superata la prima difficoltà pratica di trovare il materiale, si affacciava una seconda […] difficoltà: la scelta dei soggetti […].
[…] sapendo che le classi contengono da 45–50 allievi, chiesi il nome del ragazzo «il più intelligente» della classe e del «meno intelligente» senza altro aggiungere.
Tra i bambini […] sceglievo i fanciulli di 9–10–11 anni […]. Oltre dell’età
m’informavo, su questi prescelti, della nazionalità […] e della religione […] per escludere elementi di razze diverse […] volevo fare le mie ricerche soltanto su individui normali […].
Tali misure io ho eseguite facendomi venire i bambini secondo l’ordine alfabetico del loro nome, senza sapere né da quale classe mi provenivano, sé erano stati giudicati dal maestro tra i migliori o peggiori, per togliere ogni motivo di suggestione
[…].
Intanto era interessante conoscere se veramente i bambini giudicati dal maestro
come i migliori e i peggiori intellettualmente, fossero tali […] di ricercare quali soggetti antropologici vanno giudicati nelle scuole comuni, come i bambini modello
meritevoli di elogi e di premi, e come i rejetti, castigati o disprezzati. Questo concetto poteva condurre a offrire i lumi della biologia ai principi di giustizia pedagogica
esistenti nelle scuole.
Per rischiarare le mie idee sulla maniera che i maestri hanno di giudicare i loro
allievi, feci in proposito girare due inchieste.
La prima […] «Su quali criteri (perché) il signor Insegnante ha giudicato gli scolari inviatimi come il più intelligente, e come il meno intelligente, della classe?».
La seconda invece […] conteneva dodici domande informative sullo stato intellettuale e sulla motilità dei bambini […].
Un’altra inchiesta sulle condizioni di famiglia biologiche e sociali degli allievi
(anamnesi patologica; abitazione, vitto, professione, madre lavoratrice, sorveglianza
dei parenti sul bambino, ecc.), per mettere in rapporto tali condizioni d’eredità e
d’ambiente con lo stato psichico risultante dalle prime inchieste.
E dal loro confronto sono emersi dei fatti così interessanti in ordine alla pedagogia e alla igiene pedagogica (i bambini più poveri formano la maggioranza dei giudicati tardivi), da indurmi a trarne un altro lavoro, che ho pubblicato a parte […].
Infine la generalità dei maestri non sa ancora spogliarsi della propria personalità
nel cooperare a trarre un giudizio sereno e obbiettivo sui soggetti che loro interessano. Occorrerebbe liberare i maestri da molti pregiudizi e prepararli, se non direttamente allo studio di osservazione scientifica degli scolari, almeno a saper intendere e
coadiuvare l’opera di un ricercatore […].
Le misure erano eseguite dalle 10 alle 12 nella stanza del direttore, ove egli stesso mi faceva da segretario scrivendo in appositi fogli preparati da me, le cifre che io
dettavo.
Gli strumenti da me usati furono semplicissimi:
Un antropometro, che fu improvvisato inchiodando verticalmente al muro
un’asta di legno centrimetrata: mentre un istrumento costruito con due asticelle di
legno ad angolo retto, sostenute da una squadra, fabbricato nella scuola stessa, al reparto dei lavori manuali, serviva per applicarlo sul vertice onde ricavare l’altezza
della statura […].
Le misure da me scelte furono:
Peso.
Statura.
280
Appendice – Parte terza
Grande apertura delle braccia.
Circonferenza toracica.
Circonferenza massima del cranio.
Duo Diametro antero–poster. massimo.
Id.
trasverso massimo.
Id.
verticale massimo.
Diametro frontale minimo.
Altezza della fronte.
Id. naso–mentale.
Id. del naso.
Larghezza del naso.
Altezza della mandibola.
Diametro bizigomatico.
Id. Bigoniaco […].
Ma essendomi proposta nelle mie ricerche di tener conto non solo del fattore biologico […] ma pure del fattore fisiologico […] ho voluto ricercare il peso dei soggetti, tanto più che mi occupavo nelle inchieste appunto di ricercare le condizioni di
vita sociale in cui vivevano i bambini da studiarsi […].
Così sono 23 cifre che presento per ogni fanciullo.
I bambini così misurati salgono al numero di 40 peggiori — 35 migliori — 30
mediocri, in tutto 105 soggetti, relativamente ai quali presento oltre 2400 cifre […].
Riassumendo si ha che negli allievi giudicati migliori prevalgono:
a) Il peso e l’indice ponderale
Tutte le misure craniche
La lunghezza del naso.
Nei peggiori prevalgono:
Il perimetro toracico
L’altezza della mandibola (e quindi l’altezza della faccia)
La larghezza del naso […].
Fin qui, sui ragazzi presentati dai maestri. Ma io ho fatto l’inchiesta non solo per
verificare quali sono i soggetti che press’a poco vengono giudicati in scuola nelle
varie categorie intellettuali; bensì per poter scegliere quegli allievi che veramente
risultassero i migliori o i peggiori. A tal uopo sulla base delle inchieste riguardanti lo
stato psichico degli scolari feci una ulteriore selezione […].
In questa ulteriore selezione (Allievi scelti in base alle inchieste sullo stato psichico) si attenuano le differenze fisiologiche e si accentuano invece quelle antropologiche […].
[…] I migliori acquistano larghezza cranica e larghezza facciale.
Anche in questa comparazione risulta che i mediocri si trovano nelle migliori
condizioni dello sviluppo generale e fisiologico […].
In una prima comparazione tra gli allievi presentati dai maestri come i migliori e
i peggiori, si presentano delle notevoli differenze fisiologiche di peso e di circonferenza toracica, che vanno attenuandosi, se si comparano invece agli allievi migliori e
peggiori giudicati tali dal risultato di una sommaria inchiesta sul loro stato mentale
[…].
Noi dunque nelle categorie A–B offerte dai maestri, avevamo piuttosto dei fanciulli che differivano tra loro per lo stato di nutrizione fisiologica e di condizioni sociali.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
281
Nella categoria scelta C–D, avevamo dei fanciulli che invece differivano più per
condizioni biologiche […].
Secondo Binet si possono fare quindi le seguenti conclusioni, riguardo alle misure cefaliche cerebrali: i fanciulli più intelligenti hanno sui tardivi una prevalenza nelle misure craniche, meno sul diametro verticale, che non presenta differenze apprezzabili, le quali tuttavia sono a vantaggio dei tardivi; Invece è notevole tra tutte la differenza del diametro trasverso massimo. Quindi risulterebbe secondo il Binet non
solo una differenza di dimensione, ma una forma speciale della testa intelligente, più
larga è più bassa […].
Riguardo alle misure facciali risulterebbero […] i più intelligenti hanno una faccia più larga, specialmente in corrispondenza del diametro bizigomatico; i tardivi
hanno faccia più lunga, lunghezza data principalmente dall’altezza della mandibola
[…].
Le ricerche […] su le possibili relazioni tra il volume cerebrale e lo stato intellettuale si presentano gravi difficoltà.
Dato il problema non ancora risolto e indicato per la prima volta dal Broca, che
l’istruzione possa fare sviluppare qualsiasi organo […] e così ho fatto io studiando
su 150 bambini normali delle scuole di Roma, scelti tra i più intelligenti, i mediocri
e i tardivi, a pari condizioni di età, sesso, razza […].
Io comparando gli scolari presentatimi dai maestri come «il più intelligente» e
«il meno intelligente» della classe, ho notato che le condizioni sociali favorevoli erano a vantaggio dei più intelligenti, e che la differenza tra le due categorie era soprattutto fisiologica e in rapporto al diverso stato di nutrizione dei soggetti […]. Facendo poi una ulteriore selezione […] intorno allo stato psichico dei bambini, ho ricavato due gruppi in cui le differenze fisiologiche quasi scomparivano, accentuandosi invece le differenze craniche a vantaggio dei migliori. Quindi le condizioni sociali
avrebbero una influenza sullo sviluppo cranico; ma influenza minore del fattore biologico riguardante lo stato cerebrale […].
D’accordo con altri […] ho trovato nei fanciulli più intelligenti non solo il maggiore sviluppo della testa, ma pure alcune stigmate differenziali nella faccia. […] I
tardivi invece: faccia più lunga, mandibola più alta, naso camuso.
In tali dati bisognerebbe pure rintracciare l’influenza delle condizioni sociali
[…].
III.14 Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli
scolari (1904)∗
Nel 1904 Montessori pubblicò un articolo dal titolo: Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. In questo scritto, a
carattere prettamente pedagogico, la studiosa rifacendosi allo studio precedentemente esaminato Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerar∗
M. Montessori, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari (Ricerche d’igiene e antropologia pedagogiche in rapporto all’educazione), Bologna, Zamorani e Albertazzi, 1904, in «Rivista di filosofia e scienze affini», a. VI, 1904, vol. II, n. 3–4,
5–6, pp. 234–284.
282
Appendice – Parte terza
chie intellettuali dei fanciulli nelle scuole, evidenzia l’esigenza di mettere in
relazione il dato antropometrico con le condizioni di famiglia.
Quindi se nel precedente contributo la conoscenza dell’educando è limitata alla sola conoscenza biografica dell’alunno, ora è presa in considerazione
anche la vita famigliare e le relazioni con l’ambiente sociale.
Stavo seguendo un lavoro d’Antropologia sugli scolari delle scuole elementari di
Roma […] a tal uopo […] mi limitavo a scegliere per ogni classe l’allievo il più intelligente, cioè il primo e l’ultimo nella gerarchia intellettuale […].
Fu così che, quasi volendo rendere un atto di giustizia, decisi di fare un’inchiesta
per riconoscere su quali criteri nelle nostre scuole si giudichi il livello intellettuale
degli scolari: e ne uscì il presente lavoro.
Il quale appariva come avente un grave difetto: lo scarso numero dei soggetti
studiati (circa 70) […].
Le inchieste presentate furono tre: la prima […] diceva così: «Su quali criteri
(perché) il signor insegnante ha giudicato gli scolari inviatimi come il migliore e
come il peggiore (intellettualmente) della sua classe?» […].
La seconda inchiesta […] obbligava invece il maestro a rispondere alle mie intenzioni: questa io la feci passare dopo — e a distanza dalla consegna della prima
[…].
Da tale inchiesta desideravo rilevare uno studio metodico sullo stato psichico dei
bambini […] sulle condizioni dei fanciulli […].
Alle domande […] rivolte ai maestri affinché indicassero le ragioni che li avevano spinti al giudizio di «il più bravo» e «il meno bravo» della classe, non risposero
tutti […].
Fatto un sommario esame del suo stato fisiologico ho notato in lui un bellissimo
sviluppo scheletrico e muscolare […].
Ma è chiaro che manca nelle Scuole Normali una preparazione per condurre i
maestri a giudicare i loro allievi con criteri scientifici, e si lascia questa parte di fondamentale importanza, all’arbitrio, alla buona volontà, e, purtroppo spesso, alla
completa ignoranza individuale. […] Infatti è obbligo dei maestri di Roma, per recentissimo regolamento, fare uno studio dei loro allievi e presentare cenni biografici:
ma dove questi maestri debbano imparare a conoscere solo cosa sia una storia biografica dell’allievo non è detto, né si fondano a tal uopo corsi o scuole speciali […].
Dalle inchieste riportate […] sotto forma di storie biografiche si possono ricavare
due dati:
1° Che si notano tra i migliori dei bambini i quali potrebbero giudicarsi mediocri
e che certamente sono inferiori ad altri bravi; e viceversa ci sono tra i peggiori dei
bambini pur mediocri e assai superiori agli altri della stessa categoria.
Cosa che si spiega non con l’incapacità del maestro a fare la scelta, ma con una
specie di livello diverso esistente tra le classi: vi sono classi di bambini così intelligenti e scelti, che l’infimo tra loro è solo il mediocre: altre invece hanno un elemento scadente sì che il migliore scolaro è appena una mediocrità […].
2° Un’altra cosa notevole […] è che non a carico di tutti i bambini essa è completata: molti genitori si sono rifiutati di rispondere sulle malattie di famiglia, altri
sull’età; si noti che di un bambino solo il padre ha dato l’età e la madre vi si è rifiutata. Infine siamo ancora in piena lotta col pregiudizio: fino al punto che i genitori
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
283
hanno minacciato ribellione e ricorso alle autorità perché io misuravo la testa dei loro figli […].
Mi sono occupato di ricercare se esiste una differenza tra «migliori» e «peggiori», relativa:
al modo di abitare […]
alla nutrizione […]
ai maestri o professori delle persone che mantengono il bambino e la sua famiglia […]
il modo come il bambino passa il suo tempo dopo la scuola che finisce alle 1 ½;
ricercando se va a casa con la madre o all’educatorio, o per la strada.
infine alla disparità sull’età dei genitori […].
Esiste dunque una enorme differenza nella condizione economica dei bambini
giudicati come i migliori e come i peggiori, dal lato intellettuale, in una classe.
Gli intelligenti hanno una percentuale doppia nelle abitazioni sufficienti; i non
intelligenti hanno una percentuale quadrupla nelle abitazioni avvalente di anidride
carbonica (3–4–11 persone in una camera) […].
Dalle quali tavole risulta l’enorme differenza di nutrizione tra i bambini giudicati
rispetto alle manifestazioni intellettuali «i migliori» od «i peggiori» della classe.
Infatti circa la metà dei non intelligenti sono senza colazione o con solo pane:
mentre circa il 76 per cento degli intelligenti fa colazione abbondante e carnea a
pranzo […].
Le condizioni d’ambiente stanno in dislivello massimo, primo nella nutrizione;
poi nel dopo scuola passato in strada; pari alle condizioni di abitazioni; in ultimo nel
lavoro. Le condizioni di nutrizione hanno una proporzione tripla delle altre condizioni […].
Risulta infatti che gli allievi giudicati come «migliori» vivono in più favorevoli
condizioni di nutrizione e il peso maggiore lo conferma.
Invece quelli giudicati «peggiori» — tra i quali prevalgono i bambini poverissimi
— che abitano in case troppo ristrette (agglomeramento di individui, fino a 11 in una
camera) — quasi abbandonati che fanno la vita di strada nel doposcuola […] hanno
un maggior perimetro toracico, in relazione appunto alla vita di strada, all’aria aperta
[…].
Il perimetro toracico è deficiente in tutti i bambini giudicati intellettualmente
come i migliori. Risulta dalla inchiesta che in essi prevalgono i fanciulli felici […].
Lo studio antropologico precisò quindi l’esistenza di un duplice fattore come
causa dell’opposta gerarchia: uno si riferisce a condizioni biologiche di nascita […]
l’altra a condizioni sociali […].
Questi dolorosi riscontri biologici e sociali che contribuiscono a formare vari livelli intellettuali tra fanciulli, dovrebbero nella scuola educativa essere alleviati, non
aggravati come oggi succede […].
Ma non sono forse involontarie anche le condizioni biologiche e sociali di nascita, che possono condurre a diverse esplicazioni psichiche tanto nel campo intellettuale come in quello morale? […] Questo ci indica la scienza moderna, che si basa
sull’osservazione diretta dei fatti reali […].
Con ciò non è menomata l’opera educativa […]. Non l’educatore soltanto è
coinvolto nella questione; ma, e soprattutto, la scuola. Essa non dovrà permettere
che siedano a lato dei bambini sazi e dei bambini affamati; dei bambini ricchi di forze fisiologiche e dei bambini deboli, proletari delle forze umane […].
284
Appendice – Parte terza
Tutti i concorrenti debbono imprescindibilmente trovarsi nelle identiche condizioni […].
Evidentemente la scuola, in cui dovrebbe svolgersi il maggior coefficiente al
progresso sociale, è inferiore di livello scientifico e anche di livello etico
all’ambiente della moderna società.
III.15 Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio (1905)∗
Nel 1904 Montessori oltre alla cattedra di Igiene ed Antropologia all’Istituto femminile di Magistero di Roma che tenne dal 1899, ottenne la libera
docenza in Antropologia nella Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali dell’Università di Roma.
La studiosa per l’esame di abilitazione alla libera docenza in Antropologia, presentò un lavoro dal titolo: Caratteri fisici delle donne del Lazio, desunti dall’osservazione di almeno cento soggetti.
Tutti parlano del «tipo romano» con la fede ch’esso sia ben noto e stabilito
nell’arte come nella scienza. È un fenomeno di suggestione collettiva, che forse proviene dall’irradiarsi luminoso del passato storico di Roma latina nella coltura comune delle masse. Ma in realtà il «tipo romano» non è noto; e i caratteri fisici delle
donne romane, delle tanto decantate matrone della storia e dei poemi non si possono
con sicurezza definire né traendoli dai relitti dell’arte scultoria della civiltà romana,
né dai monumenti letterari di Roma antica.
Tanto meno l’antropologia fornisce dati sui caratteri fisici delle popolazioni del
Lazio. Nessuna ricerca era stata fatta finora su individui viventi […].
Allorché io cominciai ad osservare le donne del Lazio fui sorpresa della singolare frequenza di un tipo di donna piccola di statura, snella ed elegante, molto bruna
[…] mentre allontanandomi da Roma e […] avvicinandomi ai confini umbri a nord
del braccio trasverso del Tevere […] mi colpì la frequenza d’un tipo quasi affatto
opposto: alto, biondo, massiccio […]. Attraverso una grande serie di tipi misti e di
varietà individuali, con fatica ho potuto delineare due tipi di donne tra loro tanto dissimili da sembrare come originarie da razze diverse: e nell’un tipo (il piccolo e bruno prevalente numericamente sull’altro) due sotto tipi: come dirò in seguito.
Il mio scritto compare come fatto su duecento soggetti; ma se ho potuto spogliare
e misurare duecento donne, in maniera da offrire dati numerici e sicuri su tali soggetti, la mia osservazione della donna vestita, del volto e del colorito è stata invero
su un numero assai maggiore d’individui […].
Ho avuto l’impressione di trovarmi tra una popolazione fiera e selvaggia, posta
in un livello di civiltà infinitamente inferiore al nostro industriale […].
Che la popolazione del Lazio si trovi in uno stato di notevole inferiorità civile mi
si rese manifesto nella lotta che dovetti sostenere per istudiare dal lato antropologico
le sue giovani donne.
∗
M. Montessori, Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, Roma, Società Romana di
Antropologia, 1905 estratto dagli «Atti della Società Romana di Antropologia»vol. XII, fasc.
I, pp. 3–83.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
285
Innanzi a questa gente io non ero più né una signora, né un medico: la mia domanda incomprensibile li stupiva; medico perché cercavo le donne belle, giovani e
sane? No. Fattucchiera, strega, incettatrice di giovani pei postriboli, spia delle carceri, fabbricatrice di cartoline illustrate — ecco ciò che a volta a volta divenivo innanzi
ai loro occhi annebbiati dal pregiudizio dell’ignoranza. E come tale: nemica e sfruttatrice mi trattavano nella loro spesso brutale ostilità […].
Ho scelto le donne ben conformate e sensibilmente normali, senza preoccuparmi
tuttavia della parte estetica. Esse dovevano trovarsi nei limiti di età tra 20 e 30 anni
[…].
Nella scelta delle misure seguii due concetti direttivi:
Quello pratico che mi fece riflettere alla possibilità di dover viaggiare e girare
quindi con gli strumenti antropometrici. […].
Il concetto antropologico, che mi spinse a scegliere quelle misure […] ritenute
più esatte […].
In principio le misure da me scelte furono piuttosto scarse: statura in piedi, seduta, grande apertura delle braccia; diametro biacromiale: diametro basiliaco; diametri
toracici […] diametri della testa […]; due altezze facciali […].
Ma dopo poco tempo, avendo osservato delle particolarità caratteristiche
nell’orecchio, nella mano e nel piede, nella relativa lunghezza della gamba e
dell’avambraccio all’arto in toto estesi […] le mie misure, che furono trenta per ogni
soggetto […].
Sono andata svolgendo i miei studi, i primi che siano eseguiti sul vivo, desumendo una lunga serie di caratteri antropologici dalla misurazione e osservazione di
duecento soggetti femminili.
Ho creduto di riconoscere nel Lazio due tipi di donne tra loro tanto dissimili da
sembrare originarie da razze diverse; uno dolicocefalo, bruno, a statura bassa, prevalente numericamente sull’altro, che è alto di statura, brachicefalo, biondo. Il primo si
trova quasi allo stato puro nei Castelli Romani; l’altro prevale a Orte, nel confine
Umbro […].
Da note differenziali […] che ci delineano due tipi ben distinti nel Lazio, si comprende come gli autori che vollero descrivere il «tipo romano» unico […] fino a voler fondere insieme dolicocefali e brachicefali […].
Forse il complicato problema aspetta per la sua risoluzione un contributo materiale di altri studiosi; poiché nel vergine campo delle popolazioni del Lazio il mio
studio su 200 soggetti femminili è solo esistente in antropologia: troppo poco, io
credo, per bastare a conclusioni etnologiche positive sul più glorioso popolo della
storia.
286
Appendice – Parte terza
III.16 L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica (1907)∗
Nel 1906 la studiosa pubblicò in «Ricerche di Psichiatria e Nevrologia,
Antropologia e Filosofia» uno studio sull’Importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica.
In questo scritto, che si può ritenere un prosieguo dell’antecedente scritto
dal titolo Caratteri fisici delle giovane donne del Lazio, i dati etnologici ed
antropologici sono integrati a scopo pedagogico. Questo scritto è dedicato al
professor Enrico Morselli nel XXV anno del suo insegnamento universitario.
Se la pedagogia deve assumere basi scientifiche nello «studio dello scolaro» cioè
se tende a prendere il suo fondamento nell’Antropologia, non può prescindere dai
dati etnologici. Le variazioni individuali […] esistono sempre sulla base biologica
dei caratteri di razza. Mentre le stesse attitudini fisiche e psichiche possono fino ad
un certo grado collegarsi appunto con la storia etnologica dei popoli.
I maestri dunque, prima di accingersi alle ricerche di Antropologia pedagogica
— dovrebbero essere preparati da una cultura etnologica. […] Ma diverrebbe secondo me attuabile una preparazione d’etnologia regionale […] Io stessa, nelle mie ricerche, ho tentato di riunire i due indirizzi accompagnando gli studi sulle popolazioni del Lazio a quelli sui bambini delle scuole di Roma […].
Senza dire che l’etnologia regionale offrirebbe a tutti un interesse vivo […]. Io
ho sentito nella sua reale importanza questa integrazione di studi antropologici a
scopo pedagogico, che è scopo altamente ed essenzialmente umano e sociale […].
Quando si tratta di dover fare seri larghi studi antropologici (come quelli che si
vorrebbero introdurre in pedagogia) che trattino in particolar modo le influenze variabili dell’adattamento sull’uomo — per condurre il suo sviluppo e aiutarlo a raggiungere nel pieno e trionfale rigoglio della vita le sue finalità biologiche, bisogna in
qualche modo determinare quale dovrebbe essere questa forma da raggiungere e
quindi stabilire un tipo etnico al quale riferirsi pei giudizi di confronto […].
Ebbene io ho potuto stabilire un principio che mi sembra di notevole importanza:
quelli che noi consideriamo in morfologia come l’eccellenza dei pregi fisici
dell’umana natura, sono distribuiti tra razze diverse; e non possono quindi mai trovarsi insieme in un solo individuo […].
Io ho trovato nel Lazio due tipi, uno dolicocefalo […] uno brachicefalo […].
Ora è ben noto come, specialmente dalla scuola francese del MANOUVRIER —
si dia un significato di adattamento allo sviluppo scheletrico, che verrebbe a costituire la macroplastica quando è snello e sottile; e la uriplastica quando è più massiccio
[…].
Ora questa base etnologica non deve distruggere i criteri che si hanno sulla variabilità di adattamento sociale, essendo ben noto che i problemi biologici presentano sempre lati di verità. Nel caso pratico, perciò, ad ovviare presumibilmente errori
d’interpretazioni nei casi individuali ci verrà di criterio la statura che è alta nei ma∗
M. Montessori, L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica,
in «Ricerche di Psichiatria e Neurologia, Antropologia e Filosofia», Milano, Vallardi, 1907,
pp. 603–619.
Gli studi e gli interessi accademici della Montessori
287
croplastici di adattamento, e piccola nella razza bruna dolicocefala; mentre al contrario la euriplastica dovrebbe condurre ad un abbassamento di statura; e il tipo brachicefalo massiccio è invece alto […].
Tutte queste considerazioni d’ordine patologico assumono certo la più alta importanza nell’Antropologia Pedagogica, perché le predisposizioni infantili potranno
sino ad un certo punto correggersi con adatta igiene fisica, e con esercizi ginnastici
razionali […].
Ecco dunque che caratteri estetici speciali sono in rapporto con la razza, e la bellissima donna piccola e bruna, elegante di forme, perfetta nella cosmesi del volto,
non potrà mai vantare la rigogliosa beltà e la perfezione di forme del seno di una
brachicefala […].
Si dovrà dunque tenere in alta considerazione questo carattere etnico
nell’Antropologia Pedagogica; perché noi lamentiamo appunto come la scuola con i
suoi errori igienici, mantenendo i fanciulli entro locali chiusi molte ore del giorno,
col petto curvo sul banco, prepari largamente dei predisposti alla tubercolosi. Ma
molto probabilmente […] le vittime devono essere più numerose tra i bruni dolicocefali […].
La base di confronto razionale e naturale, la più vicina e la più vera non può essere data altro che dai tipi regionali […].
Un altro argomento d’ordine sull’interpretazione della morfologia umana, dobbiamo trarlo non solo dalla distribuzione geografica dei tipi, ma dai vari gradi di mescolanza in cui essi si trovano nella stessa distribuzione […].
Quando facciamo studi di Antropologia Pedagogica — usiamo ricorrere non solo
alle medie, ma soprattutto alle seriazioni. Dopo gli studi […] del Morselli (Critica e
riforma del metodo in Antropologia) la seriazione che dimostra come in statistica i
caratteri si distribuiscano nell’ordine dei coefficienti del binomio di Newton, e come
agli estremi della serie si trovino le eccezioni e quindi le anomalie — ha preso senza
dubbio una prevalenza sul metodo delle medie dapprima quasi universalmente usato
[…].
È certo che le seriazioni che noi potremmo ricavare in Antropologia Pedagogica,
studiano le modifiche di adattamento, come per es. lo sviluppo della statura in rapporto alle condizioni sociali, allo stato di nutrizione ecc. […].
Ma sotto tutto questo sembra che manchi una solida base — si potrebbe dire che
manca il piano biologico sul quale conviene costruire le ricerche di interesse pedagogico […].
Senza […] una base etnologica data all’antropologia pedagogica, mi sembra che
le ricerche riuscirebbero confuse, meno pratiche e meno fruttuose […].
Vorrei perciò concludere […] che l’Antropologia Pedagogica, pur avvalendosi
nell’interpretazione della morfologia umana infantile delle teorie sulla degenerazione e delle teorie patologiche per giudicare della normalità o meno dell’individuo,
conviene che prenda sua base sulla conoscenza dei caratteri etnici regionali.
La conoscenza della etnologia regionale non dovrebbe tuttavia limitarsi, nella
coltura del maestro moderno, ai caratteri fisici della popolazione, bensì ancora al
grado di civiltà, ai costumi, al linguaggio regionale […].
Ora un maestro che va ad insegnare nel Lazio, conosce l’antica storia romana, e
la geografia fisica della regione; ma ignora in modo completo lo stato di civiltà, i
costumi e il linguaggio delle popolazioni che ha la missione di educare, cioè di incivilire. Sua guida sono certi libri di testo, a tipo unico, e delle stereotipate nozioni di
288
Appendice – Parte terza
Pedagogia vacua, tendenti a confezionare psicologicamente un individuo insussistente all’uso della famosa statua di Condillac. Se il maestro è il primo tra i
civilizzatori, dove dovrà fondare l’opera sua e trarne l’efficace indirizzo […] che
deve illuminare […].
Noi dunque quando parliamo di Antropologia Pedagogica come base della Pedagogia rinnovata su fondamenti scientifici, conviene che abbracciamo per intero
l’idea innovatrice, ed estendiamo, integrandole, le conoscenze antropologiche generali con quelle particolari della Etnologia regionale.
Parte quarta
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
all’Università (1890–1896 e 1900–1904)
Di seguito presento una selezione dei documenti riguardanti la carriera
scolastica e accademica di Maria Montessori. Tale scelta si rende necessaria
in considerazione della corposità dei materiali archivistici rintracciati, interamente presenti, invece, nella tesi di laurea (consultabile presso la Facoltà
di Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza», Corso di laurea in
Scienze dell’Educazione e della Formazione). Gli Allegati selezionati sono
disposti secondo un criterio cronologico; per alcuni di essi lo stato precario
del documento originale ha compromesso la lettura.
289
290
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.1
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.1
291
292
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.2
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.3
Allegato IV.4
Allegato IV.5
293
294
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.6
Allegato IV.7
Allegato IV.8
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.9
Allegato IV.10
Allegato IV.11
295
296
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.12
Allegato IV.13
Allegato IV.14
Allegato IV.15
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.16
Allegato IV.17
Allegato IV.18
Allegato IV.19
297
298
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.20
Allegato IV.21
Allegato IV.22
Allegato IV.23
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.24
Allegato IV.25
299
300
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.26
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.27
301
302
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.27
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.28
303
304
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.29
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.30
305
306
Appendice – Parte quarta
Allegato IV.30
Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori
Allegato IV.31
307
Parte quinta
Documenti relativi all’excursus accademico
di Maria Montessori all’Università
(18901896 e 19001904)
Allegato V.1
309
310
Appendice – Parte quinta
Allegato V.2
Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori
Allegato V.3
311
312
Appendice – Parte quinta
Allegato V.4
Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori
Allegato V.5
313
314
Appendice – Parte quinta
Allegato V.6
Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori
Allegato V.6
315
316
Appendice – Parte quinta
Allegato V.6
Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori
Allegato V.7
317
318
Appendice – Parte quinta
Allegato V.8
Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori
Allegato V.9
319
Bibliografia
Avvertenza
Nella bibliografia che accompagna il presente volume, l’indicatore utilizzato segue una linea storica divisa in:
Primo periodo (18961918), che comprende gli scritti di Maria Montessori “giovane studentessa” e “matura insegnante”.
Secondo periodo, che comprende le opere di Maria Montessori dal 1919 in poi.
Accanto alla ricostruzione storica degli scritti di Maria Montessori, ho presentato
una bibliografia generale, divisa al suo interno in due gruppi:
Primo gruppo, che comprende la letteratura generale utilizzata su Maria Montessori.
Secondo gruppo, che comprende la letteratura di riferimento generale utilizzata.
La bibliografia è stata suddivisa in due parti: una prima parte in cui come evidenziato precedentemente, ho segmentato l’opera di Maria Montessori in due periodi
storici, adoperando un criterio cronologico; una seconda parte di letteratura di riferimento sull’argomento divisa in due gruppi, per la quale ho utilizzato un procedimento alfabetico.
Il fine è stato quello di presentare accanto ad una bibliografia storica di Maria
Montessori, una bibliografia di riferimento generale su temi ricorrenti nella ricerca,
in modo da offrire al lettore, uno strumento in più per orientarsi in un campo vastissimo di studio.
Oltre a ciò ho illustrato le fonti archivistiche, nelle quali ho incluso tutti gli Annuari scolastici consultati presso l’Archivio Generale Studenti dell’Università degli
Studi «La Sapienza».
Primo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori (scritti e compresi
tra il 1896 e il 1918 incluso)
Montessori M., Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale, in
«Bollettino della Società Lancisiana degli Ospedali di Roma», a XVI, fasc. I,
1896.
Montesano G., Montessori M., Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini, 1897, estratto dalla «Rivista
quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 15, 1 dicembre
1897, pp. 1–13.
Montessori M., Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico», a. IV,
vol. IV, fasc. 2, febbraio 1897, pp. 68–71, fasc. 3, marzo 1897, pp. 113–124.
Id., recensione a Tambroni, La olofoterapia nelle malattie nervose, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», vol. I, fasc. 4, 15 giugno1897.
Id., recensione a Baccelli, Turbe nervose per astinenza da tabacco in soggetti nevro–psicopatici, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», vol. I, fasc. 4, 15 giugno1897.
Id., recensione a P. Lombroso, La psicosi di Beccaria, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», vol. I, fasc. 8, 1897.
321
322
Bibliografia
Id., Assistenza e clinica, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», vol. I, fasc. 9, 1897.
Id., recensione a S. Venturi, Origine dei caratteri differenziali fra l’uomo e la donna, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 13–
14, 1897.
Id., recensione a G. Lumbroso, Sopra un caso di miopatia atrofica progressiva con
partecipazione di un muscolo oculare, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 13–14, 1897.
Id., recensione a R. Stanziale, Ulteriori ricerche istologiche sulle alterazioni luetiche delle arterie cerebrali, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 16, 1897.
Id., Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Il Risveglio educativo», a.
XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130–132 e n. 18, 17 dicembre 1898, pp. 147–
148; ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4–9.
Id., Nel mondo dell’infanzia, «Roma», a. II, fasc. XXXVI, 1898.
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1949).
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Mass Explained to Children, 1932; I edizione Garzanti 1949).
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originale in lingua inglese con il titolo The absorbent mind, 1949; I edizione
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Raccolta dei fascicoli personali dei docenti universitari.
Fascicolo Maria Montessori. Pos. Atti del Consiglio Superiore (1849–1903).
Fascicolo Maria Montessori. Pos. 11, busta 223.
Archivio Generale Studenti dell’Università degli Studi «La Sapienza»:
Posizione n° RS 212. Fascicolo personale di Maria Montessori studente in Filosofia,
Raccolta dei fascicoli personali degli iscritti alla Facoltà di Medicina e Scienze
Naturali.
Posizione n° RS 170. Fascicolo personale di Maria Montessori studente in Filosofia,
Raccolta dei fascicoli personali degli iscritti alla Facoltà di Lettere e Filosofia.
Raccolta dei fascicoli personali dei docenti universitari:
Angelo Celli professore ordinario di Igiene sperimentale pos. AS. 24.
Antonio Labriola professore ordinario di Filosofia teoretica pos. AS. 67.
Codomiro Bonfigli professore ordinario di Psichiatria e Clinica psichiatrica pos. AS.
44.
Giuseppe Ferruccio Montesano professore di Psichiatria e Clinica psichiatrica pos.
AS. 4366.
Jacopo Moleschott professore ordinario di Fisiologia sperimentale pos. AS. 169.
Luigi Credaro professore ordinario di Pedagogia pos. AS. 64.
Stanislao Cannizzaro professore ordinario di Chimica generale e organica pos. AS.
28.
Fonti utilizzate per ricostruire l’excursus formativo di Maria Montessori:
Registro d’iscrizione pos. N. 1664. Con l’excursus scolastico di Maria Montessori
(1890–1896) e (1900).
Registri dei verbali degli esami sostenuti nella Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali e Medicina e chirurgia. Pos. 1664.
Registro verbale degli esami speciali. Pos. 1664/8. Anno 1895–96 (laurea in Medicina e chirurgia.
Registro d’iscrizione pos. 1437. Con l’excursus scolastico di Maria Montessori
(1902–’03/1903–’04).
Annuari scolastici degli anni 1890–1910; pubblicati a Roma, Topografia Fratelli
Pallotta
Le fonti che si sono rivelate di primaria importanza per ricostruire l’excursus scolastico di Maria Montessori sono state in particolare i Verbali degli esami sostenuti
dal 1890 al 1896.
340
Indice delle tematiche ricorrenti
Allucinazione (i), 39, 7679, 202,
212, 224, 247 sgg., 252, 356
Ambiente, 16, 38, 4546, 5051,
5355, 65, 68, 78, 84, 95, 105,
108, 114, 116, 125, 133, 136, 139
sgg., 144, 154, 163, 242, 250, 257
sgg., 264, 268269, 272, 274275,
279, 281, 283, 351
Amore, 36, 4546, 48, 74, 91, 113,
126127, 133, 165, 229, 257
Anatomia, 39, 5558, 6263, 6668,
73, 101, 103, 175176, 178 sgg.,
185 sgg., 190, 193 sgg., 201203,
206 sgg., 227 sgg., 235 sgg., 272
273
Antropologia, 12, 14, 16, 2122, 30,
38, 40, 42, 48 sgg., 69, 7273, 78,
8384, 90 sgg., 105, 107, 109 sgg.,
137, 139, 176, 197, 199, 202, 213,
219, 223, 257, 270271, 273274,
276277, 282, 284 sgg., 352,
355356
Antropometria, 90, 219, 223, 225,
231
Clinica, 3940, 5354, 6667, 69
sgg., 8081, 94, 116, 125 sgg.,
130, 150, 185 sgg., 190 sgg., 202
sgg., 208 sgg., 211, 232233, 236
sgg., 241, 249, 251 sgg., 253, 271,
274, 352
Collaborazione, 69, 94, 118, 126,
141, 152, 180, 184, 190, 205206,
211, 224, 228, 244
Cultura, 1415, 20, 47 sgg., 49, 52,
7172, 8788, 90, 115116. 130,
147, 149, 165, 171172, 191, 213,
218, 231, 278, 286
Deficienti, 23, 3940, 69, 80 sgg., 93,
116, 126127, 132 sgg., 150, 167,
204, 233, 243, 255 sgg., 272273,
277
Didattica 11, 15, 20, 35, 37, 66, 85,
111, 122, 129, 133, 206, 217, 235,
261, 356
Diritti, 140, 147, 150, 153, 155 sgg.,
157, 161162, 164165, 191, 260
Disciplina, 21, 46, 49, 66, 6970, 82,
90, 114, 117, 133, 140, 204, 218,
220, 258, 275
Donna, 37, 43, 45, 47, 5355, 57, 59,
65, 67, 71, 73 sgg., 79, 82, 91
sgg., 94, 102, 104, 112113,
115116, 126127, 138, 140,
142, 144, 147 sgg., 153, 155 sgg.,
165, 167, 213, 218, 242, 260, 276,
284, 286, 353
Dovere, 2627, 63, 92, 109, 112,
114, 163, 183, 200, 214, 275
Bambino (i), 11, 13, 2223, 39 sgg.,
47, 50, 53, 67, 69 sgg., 71, 76,
8182, 84 sgg., 91, 94, 107109,
114 sgg., 118, 122, 125 sgg., 132
sgg., 144, 150 sgg., 157, 159161,
163165, 167168, 172, 198, 200,
204, 206, 231, 235236, 243,
254255, 257 sgg., 261 sgg., 267,
270, 272, 278 sgg., 283, 286,
356357
Bisogni, 28, 114, 171, 224, 255256,
277
Borghesia, 46, 7071, 144, 214, 278
Botanica, 5556, 141, 175 sgg., 178,
227, 231, 233.
Educazione, 1213, 22 sgg., 29, 37,
47, 5051, 67, 69 sgg., 74, 8182,
84 sgg., 86, 91, 9495, 104, 107,
109, 111, 115, 118, 127128, 130
sgg., 147, 149 sgg., 158, 160161,
164165, 167168, 172, 202 sgg.,
204, 216, 221 sgg., 224, 233, 235,
242, 253 sgg., 264, 266 sgg., 275,
281, 289, 355
Casa dei Bambini, 11, 40, 117, 122,
137 sgg., 145, 157, 164165, 167,
355
341
342
Indice delle tematiche ricorrenti
Emancipazione, 79, 148, 160, 163
Famiglia, 27, 36, 40, 45 sgg., 49,
5152, 55, 64, 107108, 115,
122, 125, 133, 158, 163, 171, 228,
242, 256, 259, 279, 281 sgg., 284
Filosofia, 11 sgg., 17, 20, 22 sgg., 27,
4142, 46, 49, 73, 86 sgg., 93, 96,
100 sgg., 106, 108, 111112, 115,
167168, 184, 191, 213 sgg., 225,
231, 241 sgg., 245, 270, 274, 281,
285, 289, 353, 355
Fisiologia, 16, 28, 39, 5556, 66 sgg.,
69, 175 sgg., 183, 185 sgg., 191,
197198, 200, 202, 211, 227 sgg.,
231, 235236, 238239, 259, 271
sgg., 273
Genitori, 27, 46 sgg., 48, 51, 55, 73,
108, 112, 126, 139, 145, 192,
282283
Giustizia, 37, 93, 108, 115, 147, 171,
269, 279, 282
Igiene (disciplina), 28, 37 sgg., 39,
42, 50, 69, 72, 78, 81 sgg., 84,
105, 107, 110, 112, 116 sgg., 123,
125, 129, 134, 164, 185, 188, 190,
197 sgg., 199, 204 sgg., 206, 211,
213, 234235, 239, 241, 262, 264
sgg., 269, 271, 276, 279, 281,
284, 286, 352, 355
Imparare, 51, 262, 282
Infanzia, 12, 22, 37 sgg., 39, 45 sgg.,
48, 69 sgg., 71, 79, 81, 85,
115116, 126 sgg., 130, 134, 136,
141, 153, 155, 161, 163, 165, 206,
229, 235, 252, 255, 257, 263 sgg.,
265, 270, 356
Insegnamento, 12 sgg., 14, 22, 25, 27
sgg., 30, 38, 40, 42, 70, 72, 82
sgg., 90, 95 sgg., 97, 100101,
106107, 109 sgg., 112, 115, 117
sgg., 124, 132, 134, 193 sgg., 199,
202 sgg., 208, 211, 213 sgg., 216,
218 sgg., 223, 225, 227 sgg., 237,
241242, 245, 254, 259, 270, 285,
355, 357
Intellettuali, 22, 35, 38, 107, 109,
132, 147, 152, 154, 256 sgg., 259,
269, 276 sgg., 278, 280281, 283
Istruzione, 23, 25, 28, 39, 54, 6465,
6869, 71, 7778, 82, 86, 88, 91
sgg., 93, 9798, 100, 102, 111,
115, 118 sgg., 123, 132133, 141,
143, 150, 154, 159, 160, 164, 167,
189, 200, 202, 221222, 225, 228,
232, 234, 237238, 242243, 250,
256257, 259260, 265, 277, 281,
351
Legge (Legislazione), 15, 27, 65, 81,
86, 95 sgg., 97, 111, 160, 162,
198, 204, 223, 258, 261, 276
Lezione (i), 12 sgg., 14, 21 sgg., 25,
60, 6263, 6970, 7374, 79, 81,
85, 8990, 92, 94 sgg., 97, 100
sgg., 104, 111 sgg., 120, 139, 142,
144, 154, 168, 176 sgg., 178, 180
sgg., 182, 186 sgg., 189, 191sgg.,
193, 197198, 201 sgg., 204, 207,
213 sgg., 220, 222 sgg., 225, 228,
261
Libertà, 4041, 66, 107, 147148,
171, 191, 216, 277.
Lotta, 27, 45, 80, 106, 114, 147148,
155156, 206, 208, 235, 261, 282,
284
Madre, 30, 45 sgg., 48, 5152, 74,
112, 115, 118, 143 sgg., 146, 163
sgg., 165, 171, 264, 279, 282283
Medicina, 11, 1415, 22, 37, 39, 41,
4950, 53 sgg., 55, 61, 64 sgg.,
78, 80, 83, 88, 90, 92, 94,
100101, 105, 115, 125, 127, 129,
150, 167, 178179, 183 sgg., 189,
192 sgg., 199, 202 sgg., 207, 210,
212213, 227, 229230, 232 sgg.,
241, 247, 249, 252, 271, 273,
351352, 356
Metodo, 1314, 20, 2223, 2930,
4041, 4950, 84, 86, 93 sgg., 95,
109, 113, 115116, 118, 120, 124,
127 sgg., 129, 131 sgg., 136, 138
sgg., 147, 158, 165, 167, 171,
Indice delle tematiche ricorrenti
188, 190, 192, 201,218, 224, 235,
252 sgg., 254, 256257, 259, 261,
263 sgg., 266, 273 sgg., 276, 287,
352353, 355357
Morale, 12, 14, 16, 25 sgg., 27, 36,
41, 65, 68, 70, 73, 8990, 95, 116,
126, 131132, 134 sgg., 137, 140
sgg., 142, 148, 150, 152153,
164, 167, 171, 203, 214, 216 sgg.,
220, 223, 244, 255256, 264, 268
sgg., 275, 277, 283
Padre, 46 sgg., 48, 51, 55, 65, 80,
112, 130, 145, 171, 193, 227, 231,
282
Pedagogia,. 12 sgg., 16, 19, 21, 23
sgg., 26, 30 35, 37, 41, 79, 8182,
85 sgg., 90, 93 sgg., 96, 106, 109,
111112, 114 sgg., 116, 127, 134,
136, 139, 142, 151, 168, 171, 211,
214 sgg., 217, 219 sgg., 223, 225,
242243, 264265, 269 sgg., 279,
286287, 353, 355357
Politica, 12, 55, 68, 71, 75, 94, 148
149, 155 sgg., 157, 161 sgg., 206,
217, 232, 235, 243244, 256, 271
Positivismo, 15, 4950, 68, 74, 106,
191, 218
Pregiudizio, 72, 82, 105, 113, 156,
159, 261, 282, 284
Programma (are), 37, 42, 64, 94,
131, 143, 164, 178 sgg., 180, 184,
189190, 201, 208, 218, 222, 255
Progresso, 2728, 40, 51, 106, 115,
139, 142, 152, 158159, 164, 183,
258, 274,283
Psichiatria, 37, 39, 70, 72, 76, 78, 86,
129 sgg., 131, 158, 201 sgg., 204,
212, 232, 238, 252, 265, 285, 356
Psicologia, 12, 14, 1617, 28, 37, 41,
50, 7879, 81, 86 sgg., 129130,
134, 137, 142, 158, 214, 216 sgg.,
220 sgg., 231, 240, 243, 252, 259,
263, 268269, 271272
Questione femminile, 115, 148, 155,
159, 260
343
Riforma/riformare, 15, 66, 87, 116,
133, 139, 143, 164165, 189, 222,
231, 254, 287
Scienza (-e), 12, 1617, 22, 26, 28, 41,
46, 4950, 5253, 55, 63 sgg., 68,
73 sgg., 75, 78, 82, 92, 100101,
106107, 111, 113, 116117, 122,
125, 129130, 132, 134, 142, 148,
150, 153 sgg., 156, 158, 171,
175176, 184, 188, 191, 208, 214,
221, 229, 255 sgg., 257, 259, 271,
274, 283284, 351
Scuola, 12, 21 sgg., 24, 26, 2930, 36,
40, 48, 5152, 56, 66 sgg., 68,
7172, 16, 80 sgg., 87, 89, 91 sgg.,
95, 100, 107 sgg., 112, 114 sgg.,
117, 128129, 132133, 136 sgg.,
142, 144, 151152, 154, 157, 162,
164 sgg., 167, 177, 179, 186, 188,
193, 208, 213 sgg., 217, 219220,
222 sgg., 225, 228, 231 sggg.,
242243, 251, 254, 258259, 261,
264, 269 sgg., 273, 276 sgg., 280,
283, 286, 355, 357
Solidarietà, 147, 161, 275
Stampa, 20, 75, 79, 83, 149, 151,
156, 163, 222, 242
Uguaglianza/disuguaglianza, 78, 142,
277
Università, (si omette per l’elevato
tasso di ricorrenza)
Verità, 13, 19, 30, 92, 106, 244, 272,
286
Vita, 12, 1920, 26 sgg., 28, 30, 36, 38,
45 sgg., 52, 56, 58, 62, 67 sgg., 69,
71, 74, 77, 79, 81, 86, 91, 106, 108,
114, 125126, 129, 134, 137138,
140141, 145 sgg., 152 sgg., 154,
156 sgg., 159, 162163, 171, 179,
183, 188 sgg., 190, 205 sgg., 207,
219 sgg., 228, 234235, 239,
242243, 247, 252, 255, 258,
260261, 266, 268269, 272, 274,
280 sgg., 286
Indice dei nomi
Aberdeen, contessa di, 158, 160161
Aleramo S., 148 e n., 156n., 162n., 164
Amadori R. M., 147 e n., 149 e n.,
162 e n.
Amato D., 228
Ardigò R., 49
Arsina M., 75n.
Avetta C., 177178, 227
Campana R., 197198, 200201,
212, 233
Cannizzaro S., 5556, 76, 88, 181
sgg., 184, 227228
Cantani A., 201, 233
Capo L., 87n., 96n., 111n.
Caporali D., 117n.
Caratullo G. E., 212, 234
Cardani P., 180 e n., 181, 228
Carruccio A., 55, 176 sgg., 180, 183,
229
Casagrande O., 212, 241
Casalini M., 160n.
Casati G., 65, 87, 95 sgg., 97, 160
Catarsi E., 115n., 132n.133n., 150n.,
156n. sgg., 160n., 163n., 253n.,
258n. sgg., 260n.
Cattani G., 73
Cavallari G., 162n.
Celli A., 39, 6970, 105 e n., 125, 197
e n. sgg., 199, 204n. sgg., 206, 208,
211212, 234235, 238, 241, 351
Cerruti V., 88, 99, 100n.
Cives G., 22 e n., 35, 101n. 112n.,
115, 116n., 215n., 222n., 355
Coari A., 162n., 164
Colajanni N., 164
Colasanti G., 186 e n sgg., 190191n.,
192, 235236
Comandini, 162
Concetti L., 39, 70 e n.71, 197198,
199n., 207, 210 sgg., 212, 236
Condillac, 24, 287
Conti A., 241
Coppino M., 87
Corradi G., 236
Cortesi L., 83
Costa A., 162n.
Costanzo Aurelio G., 84, 117, 122123
Credaro L., 11, 16, 21 e n., 22n.23,
24 e n.25n., 2930 e n., 41n., 90
e n., 93, 100101 e n., 111112 e
n., 162n., 215n., 219 sgg., 222 e
n.223 e n., 225, 242243, 270,
355
Babini V. P., 43n.,75n., 78n., 91n.,
94n., 102n., 130n., 132n., 149n.,
162n., 164n., 219n., 356
Baccelli G., 38, 53, 66n., 70,8182 e n.,
8384, 111n., 157, 159, 167, 199n.,
207 e n., 208n., 232, 261, 271, 351
Barzellotti G., 21, 8990, 214, 217
sgg., 220, 241
Bellatalla L., 66n., 73n., 79n., 9596n.,
101n., 222n.
Bernabei C., 193194 e n., 232
Binet A., 50, 271, 277, 280
Blaserna P., 5556, 176177n., 180sgg., 182 e n., 227
Bocci B., 56, 182 e n., 187 e n.,
189n., 190, 228
Bonghi, 60, 71, 87, 111n., 222n.
Bonfigli C., 3940, 6970, 79, 81
82n., 151, 197198, 201 sgg., 204,
208, 233, 254, 351, 357
Boni Fellini P., 171
Bortolotti Pieroni F., 155 e n.
Boselli P., 64n., 66 e n.
Bottero Pagano E., 83, 122123
Bourneville D. M., 80, 131, 153, 265
Brizzi G. P., 71n.
Broca P., 113, 227, 281
Büchner L., 270
Businelli F., 197 sgg., 199n., 204, 209,
233
Buttafuoco A., 148n., 156n.157n.,
160n., 162n. sgg., 164n.
Cairola, 232
Calasanzio C., 227
Cambi F., 85n.
345
346
Indice dei nomi
Crety C., 183, 229
Crisci L., 36
Crispi F., 232
Croce B., 218, 244
Cugnoni G., 77, 103
D'Aguano G., 162n.
D’Arcangeli M. A., 21, 31, 35
Darwin C., 26, 49e n., 50
De Edda M. G., 164
De Giorgio M., 155n.
De Gubernatis A., 90, 218 sgg., 220 e
n., 243
De Meis C., 68n.
De Morris G., 83
De Sanctis F., 68 e n.69
De Sanctis S., 39, 42, 16 e n., 77n.
78n., 79, 81, 90, 100, 111112,
126, 129, 219, 222 sgg., 224, 243,
250251 e n., 352, 357
De Vries H., 50, 145
Di Benedetto A., 227
Di Simone M. R., 87n., 96n., 111n.
Dolza D., 73n.
Dubois, 113
Durante F., 193, 196197, 207,
209210, 236237
Elena, regina, 67n., 164
Elisabetta d'Austria, 151
Favale, 66
Fedeli A., 122123, 145
Ferrari M., 223n.
Ferraresi O., 205 sgg., 207, 208 e n.,
237
Ferri, 162n.
Ferrier D., 211
Finzi R., 71n., 218
Foderà M., 227
Forti Messina A., 54n.
Fortunati A., 197 e n., 199 e n.,
207,212, 237
Fortunato G., 69, 235
Franchetti L., 69, 118, 141 e n.,
142143
Fresco G. H., 52n., 56n., 81n., 91n.,
93n., 137n.138n., 144n.145n.,
356
Gabba L., 228
Galassi L., 195196n., 237
Galli, 66
Garaventa N., 133n.
Gasco F. G., 56, 178, 181182 e n.,
183, 187n., 229230
Genovesi G., 101n., 222n.
Gentile G., 17 e n., 100, 218, 222, 243
Ginori, 66
Gioberti, 68n.
Giolitti G., 160n., 163n., 164, 232,
243
Giuliani M., 55 sgg., 58, 6263, 68,
176, 182, 186 sgg., 188, 195, 230,
237
Gonnelli Cioni A., 132
Graham Bell A., 145
Gramsci, 244
Grassi G. B., 9798, 101 sgg., 104
Griesinger, 77
Grimaldi P., 180, 230
Gualdi T., 212, 241
Gucci P., 184, 230
Guerrieri Gonzaga S., 67 e n., 143
Haeckel E., 270
Hallgarten Franchetti A., 118, 141n.
Hartenstein, 216
Hegel, 216, 218, 243
Herbart J. F., 8990, 216, 221222,
244
Hugo V., 145, 160, 220, 248
Huxley T., 270
Itard J., 39, 80, 127128 e n., 129,
131132, 259, 261, 264
Kingsley M., 235
Koerner G., 228
Kramer R., 19, 54n., 65n., 73n.74n.,
144n.145n., 356
Kuliscioff A., 73, 156 e n., 160n.
Indice dei nomi
Labriola A., 11 e n., 12n. sgg., 14,
1516 e n., 17n., 41, 72, 79, 8990
e n., 111 e n, 112n., 214 e n.215 e
n., 216217, 221 e n., 242 sgg.,
244, 357
Labriola T., 163n.
Laeng M., 81n.
Laetitia principessa di, 164
Lama L, 43n., 71n., 75n., 78n., 81n.,
94n., 102n., 149n., 162n., 164n.,
219n., 356
Lamarck, 50
Lanza G., 228, 278
Lapique, 113
La Torre F., 197, 199 e n.
Laveran, 208, 234, 238
Leccese M. L., 155n.
Leglas, 77, 248
Lenin, 244
Leone XIII, 54
Leoni O., 193194 e n, 196, 237
Leonori A., 232
Leuret, 77, 248
Lieben A., 228
Lodi O., 138, 157 e n., 162n.,
Lombardo Radice G., 112
Lombroso C., 4950, 67, 72 e n,
73n., 95, 113, 115116, 152,
158n., 189n., 255, 273, 275
Luciani L., 66, 189, 197198 e n.,
201202, 210 sgg., 212, 237238
Maccheroni A. M., 48n., 53 e n.,
73n., 117, 126127n., 141, 356
MacDonald A., 94, 271, 277
Macioti M., 69n., 164n.
Maggi L., 9798, 101 sgg., 104
Maggiorani C., 232
Magini G., 56, 97 sgg., 102, 181 e
n.182 e n., 230
Magistrelli Sprega C., 119, 121 sgg.
Magnan V., 7677, 251
Mamiani T., 241
Marchiafava E., 39, 193, 197198,
205, 207208 e n., 234, 238
Marescotti Martini G., 8283, 161n.,
163n.
Margherita regina di, 75
347
Marro, 271
Martinazzoli A., 221, 242
Martini F., 66n., 234
Marx K., 26, 216, 244
Maudsley, 269
Mazzini G., 68n.
Mazzoni G., 105, 195, 207208, 236
sgg., 238
Melle G., 200201, 238
Melloni M., 228
Mendel, 50
Messedaglia A., 55, 113
Milesi G. B.,223n.
Mingazzini E., 207
Mingazzini G., 57, 59, 62, 68, 101
sgg., 103, 186 sgg., 188, 193 e
n.194 e n., 197 e n., 199, 201,
203, 207, 212, 238
Mingazzini P., 186187, 238
Mirabelli R., 162 e n.
Moleschott J., 39, 6869, 75, 79,106,
186187n., 188189n., 190 sgg.,
192, 198n., 235, 238239, 351
Molinari L., 94 e n.
Monouvrier, 113
Montemartini G., 162n.
Montesano G. F., 3940, 78n., 81, 91,
125 e n.125, 129, 192n., 252 e n.,
270n., 352, 357
Montesano V., 125n.
Montessori A., 46, 65n., 80, 112, 145
Montessori M., (si omette per l’elevato
tasso di ricorrenza)
Montessori M., 40, 78, 91, 122, 126,
145146, 252n.
Morel B. A., 251
Moriggia A., 181 e n.182 e n., 230
Morselli E., 101 sgg., 104, 109 e n.,
250, 285, 287
Moschen L., 90, 101 sgg., 104, 219n.,
223 e n.
Mosso A., 94, 271
Mozzoni A. M., 147, 155, 160n.
Nasi N., 66n., 8990n., 97, 119, 221n.
Nasotti I., 212, 241
Nathan E., 69n., 144, 147n., 164 e n.
Nathan V., 147n., 161n.
348
Indice dei nomi
Negri A., 164
Negri G., 217
Nitti F. S., 164
Occhini F., 193 sgg., 197, 209, 239
Padelletti, 79
Paper E., 76n.
Parkhurst H., 144 e n.
Pasolini contessa di, 161n.
Pasquali E., 70, 197n., 199n., 207,
209, 212, 239
Pasteur L., 4950
Paternò E., 228
Pelloux L. G., 232 e n.
Pensuti V., 189, 193 e n., 197, 199 e
n., 209, 240
Perez, 94, 271
Pesci F., 19, 35, 82 e n., 111n., 356
357
Petracci, 278
Pettenkofer J. M., 234
Piccini A., 184, 230
Pignatari M., 50 n., 67n., 139n.
Pinel P., 77, 127n., 129
Pirotta R., 55, 176 sgg., 178, 231
Pizzoli U., 94
Pogliani L., 197 e n.198, 239
Postempski P., 190, 212, 239
Prampolini, 162n.
Puini, 218
Quincke, 252
Ragnisco P., 8990, 214, 218219,
223, 244
Raicich M., 71n., 76n.
Ravà V., 65n.
Recchia G., 11n., 36
Romiti G., 97 sgg., 100
Roncoroni F., 49n.50n.
Roseo R., 195196, 240
Rossoni E., 193, 196197, 207 e n.,
209, 240
Rousseau J. J., 2526, 50
Rubini G., 66
Ruggieri, 277
Saint Simon, 277
Santoliquido R., 186n., 188 e n.,
191192, 240
Santoni Rugiu A., 79n.
Sanzo A., 36
Scala A., 205206, 212, 241
Scalzi F., 234, 237
Scellingo M., 192, 194, 204, 240
Schiff P., 228
Schiff U., 162n.
Schiffner V., 176
Schwegman M., 45n., 47n., 51n.,
74n., 80n., 125n., 145n., 356
Schuhmann G., 55, 176
Sciamanna E., 20, 76 sgg., 79, 126,
129, 212, 240, 252
Scocchera A., 47n., 134n.135n.,
148n., 151n., 154, 157n.
Séglas J., 76, 271
Séguin G., 30, 39, 8081, 86, 94,
114, 116, 127 e n., 128129, 131
e n., 132, 134 sgg., 136, 153, 254,
259, 261, 263264, 272, 276277
Selmi F., 228
Sergi G., 20n., 22n., 30n., 82n., 90,
95, 97 sgg., 101, 110, 112, 114,
115 e n., 129130 e n., 144n., 158
e n., 222, 231, 240, 243, 352, 357
Siciliani de Cumis N., 11 e n.
12n.13n.14n., 35, 42, 111n.,
353, 355, 357
Soldani S., 71n.
Sollier, 268
Sonnino S., 141n., 164
Spaventa B., 243
Spinoza, 26, 243
Standing, 356
Stoppani A., 46 e n., 171
Stoppani Montessori R., 4647, 112,
144
Stroppiana L., 70n., 194n., 198n.
199n., 208n.
Sturzo, 355
Strümpell, 202, 216
Sutherland, duchessa di, 158, 161
Talamo E., 137138, 164
Tamburini A., 132, 247248
Indice dei nomi
Tanturri V., 233
Tassi E., 196, 209210, 241
Tassinari P., 228
Taverna L., 157, 161
Tepe, 216
Thilo, 216
Todaro F., 55 sgg., 58, 6263, 68, 176,
182, 186187 e n.188189n.190,
204, 231, 235
Tomasi T., 66n., 73n., 79n., 95n.96n.
Tommasi C., 234
Tommasi Devito A., 71 e n.
Tommasi S., 189n., 233
Tomassetti G., 90, 219, 223224, 244
Tondi Albani A., 162n.
Toscani D., 191 sgg., 195, 212, 241
Trabalzini P., 13n., 22 e n., 36,
115n.116n., 351, 356357
Ulivieri S.,85n.
349
Valenti A., 186187 e n, 188189,
199n.200 sgg., 212, 241
Valentini P. L., 199n.
Varni A., 71n.
Venosa T., 161 e n.
Verga A., 130 e n.131
Villa G., 90, 219, 223 e n., 245
Villari P. 68n., 164n.
Villari R., 64n.
Vinciguerra D., 178179, 232
Vitali V., 227
Vram U. G., 90, 219, 223, 225 e n.,
245
Wilson M., 145
Wenn, 227
Wundt W., 50
Zanardelli G., 97, 232
Zevi, 84
Referenze accademiche – Roma, 20 dicembre 2001
Correlazione
della prof.ssa Paola Trabalzini
Il lavoro di tesi della candidata Anna Matellicani si caratterizza per
l’accurata e puntuale ricostruzione del curriculum scolastico ed accademico
di Maria Montessori: giovane studentessa prima e ricercatrice e docente
all’Università degli Studi di Roma «La Sapienza» poi.
La ricostruzione della carriera scolastica ed accademica della scienziata è
stata realizzata attraverso la ricerca e la consultazione di un’ampia documentazione d’archivio, riguardante non solo e direttamente Maria Montessori,
ma anche i Regolamenti della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali e della Facoltà di Medicina e chirurgia, facoltà alle quali la studiosa si
iscrisse.
La documentazione consultata, e riportata in Appendice alla tesi, ha consentito di delineare in modo preciso il percorso di studi di Montessori, di indagare i suoi interessi e meglio conoscere l’ambiente culturale della sua prima formazione.
Dalla ricerca compiuta emerge, infatti, che la futura dottoressa frequentò i
corsi dell’igienista Angelo Celli, del fisiologo Jacob Moleschott, del clinico
Guido Baccelli, dello psichiatra Clodomiro Bonfigli. Si tratta di alcuni dei
nomi più importanti dell’ambiente accademico e scientifico della seconda
metà dell’Ottocento come anche di quello politico e sociale: Baccelli fu Ministro della Pubblica Istruzione, Bonfigli fu eletto deputato e portò
all’attenzione del governo la “questione dei frenastenici”, ossia dei bambini
affetti da debolezza delle funzioni cerebrali, che sebbene la ricerca contemporanea iniziasse a ritenere recuperabili con opportuni metodi medico–
pedagogici, di fatto, erano rinchiusi nei manicomi.
Per la ricostruzione degli anni della formazione di Maria Montessori è
stato di fondamentale importanza l’aver reperito e consultato i verbali
d’esame e gli Annuari scolastici. La candidata è venuta a conoscenza dei
nomi dei membri delle commissioni d’esame, di cui ha anche ricostruito il
percorso biografico e scientifico, e delle domande rivolte a Maria Montessori. Questi elementi le hanno permesso di ipotizzare sia quale fosse
l’argomento del corso sia quali fossero i testi previsti per gli esami e dunque
di giungere ad un dettagliato profilo della carriera accademica della giovane
studentessa.
La minuziosa analisi delle fonti costituisce un elemento di pregio della tesi, unita alla sforzo di cogliere come gli interessi scientifici, in particolare
psichiatrici, della “giovane Montessori” siano da lei approfonditi, una volta
351
352
Referenze accademiche
conseguita la laurea in medicina nel 1896, nel lavoro di assistente volontario
nella Clinica psichiatrica della Facoltà di Medicina dell’Università di Roma,
dove ella collabora con Sante De Sanctis e Giuseppe Montesano. Interessi
psichiatrici che la conducono a dedicarsi allo studio dei metodi per il recupero dei bambini frenastenici ed anche allo studio dell’antropologia, disciplina
nella quale le fu maestro un altro illustre medico e scienziato del tempo Giuseppe Sergi. Questi interessi sono inoltre sviluppati sia negli scritti a carattere scientifico e sociale pubblicati da Maria Montessori tra il 1896 e il 1907,
scritti che la candidata ha analizzato, sia nei corsi tenuti da Maria Montessori
quale docente di antropologia ed igiene all’Istituto Superiore femminile di
Magistero di Roma e di antropologia alla Facoltà di Medicina.
La ricerca svolta dalla candidata riveste dunque un notevole interesse
perché porta alla luce con dovizia di particolari la complessa e ricca figura di
scienziata e ricercatrice di Maria Montessori, oltre che l’influenza esercitata
dagli studi universitari nel caratterizzare l’impostazione scientifica del metodo educativo che renderà la “dottoressa” famosa in tutto il mondo.
Roma, 20 dicembre 2001
Referenze accademiche
353
Autopresentazione
della studentessa Anna Matellicani
Qualche anno fa, mentre seguivo le lezioni di Pedagogia generale all’Università «La Sapienza» mi sono imbattuta in una tesina sulla vita ed il pensiero di Maria Montessori. Sino ad allora la mia conoscenza riguardo la pedagogista era alquanto generica e legata ai libri di testo scolastici. La consapevolezza delle mie poche conoscenze sulla vita e sull’opera della pedagogista
è la mia indole particolarmente curiosa sono state da stimolo per un mio personale ed iniziale approfondimento. Per cui la proposta da parte del professore di Pedagogia generale, Nicola Siciliani de Cumis di scrivere su di lei,
mi trovò subito interessata appassionata ed entusiasta.
Non posso dimenticare il suggerimento datomi dal prof. Siciliani, quando
nel leggere la tesina mi domandò: Signorina, alcuni studiosi affermano che
Montessori si è laureata in Filosofia, secondo le sue ricerche, questo è vero o
no? ha sostenuto esami o seguito solo le lezioni?
La ricerca e la discussione su Maria Montessori ed i suoi studi giovanili
proseguì negli anni valorizzando il lavoro con sempre più documenti sino a
diventare argomento di tesi.
Ho riscoperto Montessori ragazza e giovane studente ed ho potuto chiarire quello che ancora oggi risulta argomento di dibattito fra molti studiosi.
Prima di tutto, Montessori non è stata la prima donna a laurearsi in Medicina
e chirurgia e secondo poi non si è mai laureata in Filosofia, pur seguendo i
corsi. Questo non sminuisce la figura di Maria Montessori che rimane e rimarrà una scienziata che ha scoperto un metodo pedagogico famoso nel
mondo.
Questa è la mia storia di come unendo passione volontà e studio si può
giungere a qualcosa di reale e concreto. Ringrazio il Prof. Siciliani che con la
sua competenza e cognizione, ha saputo risvegliare in me quel desiderio di
conoscere, intendere e sapere proprio dell’adolescente, ma che non tutti riescono a tirar fuori.
Un grazie infine a Maria Montessori, per aver lasciato in me, una traccia
indelebile e profonda, da trasmettere con serietà e semplicità. Spero, con
questa pubblicazione di dare la possibilità ad altri di tratteggiare meglio la
personalità scientifica di Maria Montessori.
Roma, 20 dicembre 2001
Postfazione
di Giacomo Cives
La prima impressione che suscita questa ricerca di Anna Matellicani sul
periodo 1890–1919 di Maria Montessori, cioè sulla sua giovinezza ma anche
sulla sua maturità e affermazione, in Italia e soprattutto nel mondo, è di straordinaria ammirazione per la pazienza e la minuziosissima applicazione con
cui ha raccolto i documenti sulla sua vita, sulle sue battaglie (non lievi)
nell’Università, nel mondo accademico, in quello culturale e sociale per
giungere alla sua affermazione, sempre del resto così contrastata nel nostro
Paese. Incideva qui, come dirà poi don Sturzo nel dopoguerra, il peso del paternalismo, dell’autoritarismo della tradizione italiana. E lui aveva potuto
confrontarla dal vivo col filone di libertà e democrazia dominante nel mondo
anglosassone, ove aveva vissuto da esule durante il fascismo.
Matellicani ricostruisce dunque il periodo degli studi universitari, dal noviziato accademico all’insegnamento come libero docente di antropologia e
nella Scuola Ortofrenica, nella cosiddetta “scuola pedagogica” per il perfezionamento dei maestri fondata da Credaro (dal 1906 al 1910), nell’Istituto
Superiore femminile di Magistero della Montessori. Qui fu docente di Igiene
e Antropologia, dal 1900 al 1919, anche se negli ultimi anni fu molto spesso
assente per la crescente attività di messa a punto, verifica e diffusione nel
mondo del suo “Metodo” educativo rivoluzionario.
L’autrice lo fa in virtù di un’analisi estremamente accurata — condotta
sulla base del metodo filologico e di reperimento di carte inedite o dimenticate della sua guida, vero maestro in questo campo, Nicola Siciliani de Cumis, che però non è maestro solo in tale settore — di certificati, registri, lettere relative a Maria Montessori, reperite soprattutto nell’Archivio Studenti
dell’Università romana «La Sapienza» e nell’Archivio Centrale dello Stato.
Materiale che è qui abbondantemente riprodotto e inserito nella ricostruzione
della vita della “dottoressa”.
Le notizie mettiamo sugli esami universitari sostenuti, sugli insegnamenti
del corso di laurea in filosofia per i quali Montessori si è iscritta, sono accompagnati da tanti altri di inquadramento, come in questo caso le schede
biografiche e bibliografiche dei vari docenti. Ma si consideri poi che la partecipazione alle iniziative e all’insegnamento della Montessori alla «Sapienza» si accompagna alla sua attività qui ben ricordata di femminista, di partecipante con comunicazioni e relazioni ai congressi di pedagogia, di oratrice
su temi sociali e educativi, di costruttrice dal 1907 del Metodo della “Casa
dei bambini”, poi sviluppato e esteso per le scuole elementari, di autrice di
opere importanti come Il Metodo della Pedagogia Scientifica nel 1909, Antropologia pedagogica nel 1910, L’autoeducazione nelle scuole elementari
355
356
Postfazione
nel 1916, di promotrice di corsi nazionali dal 1909 e internazionali dal 1913
per la formazione di insegnanti montessoriani.
Ebbene, se si tien conto di tutto questo, si comprende come il periodo esaminato 1890–1919 in rapporto particolare all’Università di Roma, naturalmente poi si allarga alla ricostruzione complessiva di uno dei periodi più
importanti (in realtà il più decisivo) per le vicende della Montessori. Così
questo lavoro costituisce in gran parte una biografia complessiva particolarmente documentata di un periodo della vita e dell’opera della pedagogista,
anche se veduta specie attraverso l’angolazione della presenza universitaria.
Il lavoro non si limita a una più o meno arida raccolta di lettere e atti amministrativi, ma integra il discorso con un felice riferimento ai testi della Montessori, e pertanto riporta, con interessante iniziativa, il testo integrale della
sua tesi di laurea in medicina e chirurgia, dal titolo Contributo critico allo
studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico. Raccoglie poi una significativa antologia per estratti di suoi articoli e saggi, spesso rari, per il periodo 1896–1907, di contenuto sociale, medico, antropologico e educativo.
In un distinto capitolo l’autrice si occupa, più o meno per lo stesso periodo,
delle conferenze e relazioni della Montessori sulla questione femminile. Il
volume è arricchito poi da una ricca e esauriente bibliografia.
Nel complesso si può dire che in questa storia dello sviluppo montessoriano fondata sull’analisi particolareggiata di tanti documenti (molti dei quali
riportati anche nella vasta appendice) emerge l’evoluzione dei suoi interessi,
dalla medicina alla psichiatria, dall’antropologia all’antropologia pedagogica, dalla pedagogia e didattica speciale dei bambini handicappati a quelle
della teoria e metodologia educative di tutti, con una speciale attenzione per
l’osservazione e la comprensione dell’infanzia, questo arcipelago così misterioso e insieme fondamentale per il destino dell’umanità, cui reca un apporto
davvero condizionante e decisivo (si ricordi il tema del “bambino padre
dell’uomo”).
Di fronte al così grande sforzo di ricerca, di ammirevole impegno e particolare attenzione di Anna Matellicani risultano una lettura nuova, qualche
nuova radicale scoperta per la storia della Montessori? Forse no, si potrebbe
rispondere, non emergono fatti fin qui sconosciuti eclatanti, che rivoluzionino la ricostruzione della vita della “dottoressa”. Com’è noto vi sono stati
ormai contributi importanti sull’argomento, che hanno offerto una visione
piuttosto ricca e nutrita delle sue complesse vicende, ora in una lettura complessiva, ora in un’analisi particolare, in chiave tematica o cronologica. I loro autori sono stati tra gli altri (e li vogliamo mettere in ordine alfabetico) V.
P. Babini, L. Lama, G. Honneger Fresco, R. Kramer, A M. Maccheroni, F.
Pesci, M. Schwegman, E. M. Standing, P. Trabalzini. Ma tutto questo non
toglie nulla all’importanza della ricerca di Anna Matellicani, che con la ricchezza dei suoi documenti ha ora permesso di capire meglio e in modo più
circostanziato tante notazioni che sono state avvertite prima in modo sommario e intuitivo o con approssimazione.
Postfazione
357
Un apporto specifico è poi distintivo del suo lavoro: ed è il tema di fondo
de “La Sapienza” di Maria Montessori. Pur in un quadro ampio e generale,
l’autrice mostra come sia stato decisivo l’incontro della pedagogista, nella
sua formazione, nella sua maturazione, nella sua appartenenza alla rilevante
e troppo dimenticata “scuola antropologica romana” dei Sergi e dei Bonfigli,
dei De Sanctis e dei Montesano, nei vari anni di docenza universitaria con
l’Università «La Sapienza». La stessa Università in cui in questi ultimi anni,
con l’impegno di F. Pesci, P. Trabalzini e anche di chi scrive, legati
all’Opera Nazionale Montessori e in particolare membri del suo Istituto Superiore, è venuto maturando un indirizzo di studi di approfondimento del
pensiero della Montessori. Mentre dall’insegnamento di N. Siciliani de Cumis, inesauribile studioso del filosofo e pedagogista della «Sapienza» Antonio Labriola, le cui ultime lezioni Montessori fece appena in tempo a seguire
prima della sua morte, sono derivate varie tesi montessoriane che si sono degnamente guadagnate il Premio Jervolino, assegnate dall’ONM alle migliori
tesi di laurea sul montessorismo. E tra queste va segnalata la tesi della stessa
Matellicani, dalla cui elaborazione è maturato questo volume.
Ebbene, di fronte al suo lungo e articolato impegno nella «Sapienza»,
Montessori si sentì chiamata a esprimere una scelta difficile e decisiva: continuare la via accademica così bene avviata per divenire un qualificato docente universitario ordinario, o dedicarsi a pieno tempo a diffondere nella
teoria e nella pratica il suo pensiero educativo nel mondo, formando educatori di vari paesi che fossero in grado di realizzare una elevata formazione
nella libertà e valorizzassero al massimo le straordinarie potenzialità costruttive del bambino, del ragazzo, dell’adolescente, senza distinzione di ceto, di
tradizione culturale o religiosa?
La Montessori scelse la seconda via. Così a tutt’oggi la sua pedagogia,
che è molto di più del semplice “Metodo”, continua a costituire il supporto
per una educatrice davvero antiautoritaria, emancipatrice e “dilatatrice”, e il
suo nome giustamente rimane come quello più noto e affermato della pedagogia italiana del Novecento in campo internazionale.
DIRITTO DI STAMPA
1 Alessandro Sanzo
L’officina comunista
Enrico Berlinguer e l’educazione dell’uomo (1945–1956)
2 Giordana Szpunar
Ricostruire la filosofia
Il rapporto individuo–ambiente nell’opera di John Dewey
3 Chiara Tana
Miguel de Unamuno e il suo Rosario de sonetos líricos
4 Franca Chiara Floris
La pedagogia familiare nell’opera di Anton Semënovic Makarenko
5 Aldo Demartis
fotoZAgrafando
Cesare Zavattini fotografo di realtà “altre”
6 Maria Pia Musso
Il “gioco” e il Fascismo
Il ruolo dell’ideologia nelle esperienze del ludico durante il Ventennio
7 Federica Federici
Homo viator
Il viaggio come risorsa didattica educativa
8 Anna Matellicani
La “sapienza” di Maria Montessori
Dagli studi universitari alla docenza. 1890–1919
Finito di stampare nel mese di settembre del 2011
dalla ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l.
00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15
per la Aracne editrice S.r.l. di Roma