tirata grazianesca contro le donne

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tirata grazianesca contro le donne
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Torna, fio mio, en ti, e recordate che la cale che ti tien va a spuntar a
canal Orfano; ché, se mi moro, restando senza bezi e senza vertù, ti sarà
una bestiaza, dilezao da tuti, befao da i puteli, scazao da i amizi, aborio
da i parenti e tegnuo in tel chitarin da quei stesi che adeso te lica.
Alontanate, fio mio, da i cativi compagni, che pezo de i impestai i te toca
el mal; da le donne, che pezo de i basilischi t'avelena con quei ochieti,
e dal ziogo, che pezo del fuogo manda per agere le case. Và al studio,
torna a casa toa un uom, e cosi ti sarà el bastoncelo de la mia cadente
etae, el reparo de la fameggia e el sollievo de la casa Bisognosi ».
{da A. PERRUCCI,
cit., pp. 196·197).
Documento@
Persuasiva
UNA ((TIRATA
al figlio, in Dell'arte
v
rappresentativa ...,
GRAZIANESCA
)1 Che cosa sia la donnq]
La donna l'è il zeppo dell'incostanza, l'è il specchi dell'infedeltà, l'è
la maistra delle malizie, l'è la ministra delle frodi, l'è amiga delli inganni,
l'è l'inventriz delle simulazion.
Ora, el dis ben colui che non gh'è mal che non vegni dalla femmina,
e quell'alter disse che l'è mejo-abitar in una tierra desertache
star con
una femina sl'ro a e un altro disea che la femmina l'è più dura della
morte, e per questo sta scritt che de mill'ommi se ne triova uno bon, ma
fra tutte le femine non gli è n'è una, e per questo se dise che tutte le
malizie del mondo son corte a ris ett della malizia de l donna.
E che sippia el ver, sta scritt che l'è miglior l'ini uità dell'om che una
bona azzion d'una femina, e per questo el disse un, che avea sal in suca,
che la femina l'ha il velen di un aspide, la lingua d'un serpent, il fiad
d'un basìlìsch, e quell'alter la chiama l!!,8anum diab i, e un alter la
ciamò porta diaboli, 'e Platon de tre cose ringraziava Ziove: d'averlo fatto
nascere greco e non barbaro, d'averlo fatto nascere uomo e non bestia,
d'averlo fatto uomo e non femina. Orizene dise che la femina è l'arma
del
QJ:l.io,e Caton che la femina è senza iudizio e razon, perèhéiWii'
ha altro che ambizion in tal cao; e Carandella dise che la femina è un
pavon in strada, un papagalL in finestra, un scimig nel etto e un diavo o ~r la casa; el filosofi Simonide dise che la femina è la confusion
dell'uomo, una bestia incostante, un naufragio della vita; Marziale dise
non aver mai trova da una femina bona; Tit Livi al dise che la donna è il
p'rinci io e l'inventrice delle malizie, ~upe~stizioni e. iniquità; Pittagora,
interrogat da un amigo perché avesse data la so fiola al suo nemigo, el
rispose subito: « Nihil illi poteram dare deterius »; Plaut dise aver trovate sempre donne ciarliere, ma non mai mutej, Valer i Massim dise,
scrivend a Rufin, che la donna ha il furor e la rabbia del lion, la seno
sualità della c'!Pra e i! ve en d~lla- vipera; il prenzipe de'-peripatetizi,
Aristoael, dise che la femina è un animaI ciarliero, volubile e stizzoso;
Ziovenal dise che la donna l'è il fonte di tutte le ciarle; Fervillo .filosofo
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dise. ~he I~ fe~ina èun
camaleonte che si pasce d'aria e si muta in
ogrn istanti: Diosene Cinico, quando usciva di ca' e trovava una fcmina
l'avea .per pessimo augurio; e un poeta, finalmente, dise: « Foemin~
demonibus, tribus aspibus est mala peior » (sic).
. E c~e el sippia la ,verità, dovi saver che la donna è l'inventriz della
sirnulazion, la. donna .e fiacca nella voze, l'è volubil nel zervel, presta nel
parl,ar,. tarda In .cammar: sollecita i~ far fioli, fasil nelle bugie, tenase
nel~ odiar, longa m far praser, presta 1Il far dispett. La donna l'è un finto
~COIO ~,ascost f~'a picciole onde, l'è una punzente
spina nascosta tra le
rose, Ie una, vl?era nascos~a fra l'erbe. La donna l'è la più imperfett
creadura dell umvers, la schiuma della natura, la feccia del mondo semi.
nari.o di .m~la~ni, origine di querele, il trastullo degli insensati, il 'staffile
delli savr, 11 tizzon d'inferno, l'incentiva del vizio, la sentina d'ogni lordura,. un mostro della nadura, un mal necessario, una difforme chimera,
un piacer dannoso, l'eccidio dell'uomo.
La don~a in casa comparisce da diavolo, in strada ha faccia di angelo;
la don~a ~ ~n mostro d! menzogne, un naufragio dell'uomo; la l'è un
barbagiannì 1Il finestra, una gaza alla porta, un fetore intollerabile nel
lett~. La donna è una nieve che langue, una fiamma che si smorza, una
gloria che cade, un sol che s'ecclissa, una luna che si muda una stella
che svanisce, un ziei che s'oscura. La donna è un anirnal indomit e che
eI sippia la veridà, ecco Ipocrat che vei conferma disendo: « Hab~t ~nim
[oemina quod natura indomat », De piii senti ancor Tit Livi che scriss:
« lndomitum animal [oemina ».
'
.Inson:ma, chi disse donna disse danno; e per quest non v'è pezor
anirnal 1Il sto mond de la donna, e l'istesse liettere dell'alfabet ve lo
faranno veder chiarament, e però mi voio corninzar dalla prima littera
che l'è l'A:
'
·
P
Q
R
S
T
V
tv<:>...ol'r-
nimal a ido.
· lì stiale inferno.
· c ncupiscenza della c me.
· cl, elio
nnoso.
tinzion d'ogni bene.
f de f llace.
n'ula g ra.
ipocrita iena.
· . vidioso fuoco.
· k os calunnioso.
· 1 e pestilenziale.
· mostruosa cabala.
· n trice di n ufragi.
· operatrice d'odi.
· prima peccatrice.
· querula bestia.
rovina de' regni.
· stolta superba.
· turbolenta tiranna.
· vanità delle vanità.
~'-Ovt:L~
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x
- xenocrata
finta.
- ypsilon di bugie.
- zizania pestilenziale;
Y
Z
Etna voraginosa di fiamme, radize d'ogni male. alfa e omega di tutte le
disgrazie che el sortiscon all'om,
Ora. per ultimo senti cos'el dise Pittagora, confirrnand il mi pensier:
« Mulier est bellum quotidianum, humanum mancipium, insatiabilis belua,
quotidianum turmentum »; e Aristotil dise: « Consilium mulieris est invalidum ac imperjectum »; e Senega il moral, conoscendo la mala qualidà
della femìna, al dise: « Cruenta belua [oemina est », e Zizeron al dis:
« Foemina nulla bona, quod si bona contingit una, nescio quo fato res mala
bona [acta sit».
Avivu mo' senta. cospettonar che dindirindona,
che delle donne non ghe n'è una bona.
(da
Selva overo Zibaldone di concetti comici. in E.
La Commedia dell'Arte, cit., pp. 258-261).
P. ADRIANI.
CaNE,
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22: BRAVURE
Capitano Spavento
PETRAC-
DEL CAPITANO
e Trappola
Cap.: - Avend'io una mattina grandissima volontà di far colazione. me
n'andai alla casa del Sole. mio grandissimo amico per camerata di molti
e molt'anni, là dove giunto, trovai che il Sole s'era levato molto per
tempo ed aveva ordinato alle Ore. sue serve di casa. che ponessero al
fuoco le quattro pigna te solite per cucinar la vivanda ai mortali.
Trap.: - Se il Sole ogni mattina fa bollire quattro pignatte piene di robba
per dar da mangiare ad ognuno, vorrei da qua innanzi andar ancor io
a far colazione a casa del Sole. ma ho paura che mi toccherà la colazione de' furfanti. cioè lo spidocchiarsi alla sfera del gran pianeta che
distingue l'ore.
Cap.: - Erano quattro pignatte al fuoco che bollivano nella cucina del
Sole: la prima era di ferro, la seconda d'argento, la terza di piombo
e la quarta di chiaro e trasparente vetro.
Trap.: - Pignatte fuora dell'uso umano e pignatte straordinarie. Ma che
bolliva in quelle stravaganti pignatte?
Cap.: - Nella pignatta di ferro bolliva il capo di Vulcano. nella pignatta
d'argento bolliva il riso di Giove. nella pignatta di piombo bolliva
la morte di Sa turno e nella pignatta di vetro bollivano le mammelle
di Giunone.
Trap.: - Strane vivande! Mi comincia a fuggir la volontà d'andare a far
colazione alla casa del Sole. ma potrebb'essere
che quelle mammelle
di Giunone mi vi tirassero. essendo le poppe delle donne piacevoli da
maneggiare e dolcissime nel gustarle.
Cap.: - Cucinate e cotte che furono le delicate vivande. posta la mensa
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e portate in tavola dall'Aurora, fantesca del Sole. cominciammo a mangiare, essendoc.i noi d.a. principio lavate le mani con la rugiada, che
suo~ cad~re dal matutìnì albori, e rasciugate allo sciugatoio dei giorni
caniculari, Il Sole se ne pigliò quattro bocconi in fretta in fretta montando da poi sopra il dorato suo carro per fare il suo viaggio ed' io me
ne rimasi solo soletto alla mensa solare.
Trap.: - Perché non mi chiamare allora, o padrone a desinar con voi
ch'io averei spiccato un salto nel cielo, come fate voi alle volte e
averei anch'io gustato di quelle stravaganti vivande? Voi volesti esser
solo per meglio empirvi la pancia!
Cap.: - Rimanendo solo alla dorata mensa. mi posi subito a mangiare il
riso di Giove, il quale era ancor tutto bollente.
Tr~p.: - ?uello doveva esser altro riso che quello che sogliono mangiare
I turchi. fatto con latte, con mele. con zucchero
e con botiro da loro
nominato pilao.
•
Cap.: - Gustato ch'io ebbi il riso di Giove, vivanda veramente delicata,
dolce e soave, diedi di mano alle mammelle di Giunone •...
Trap.: - Anch'io averei dato di mano alle poppe di Giunone!
Cap.: - ... Ie quali furono gustosissime alla bocca. Gustate ch'io ebbi le
due prime vivande. mi feci portar da bere; bevuto ch'io m'ebbi una
gran tazza di nettare, pigliai quattro bocconi della morte di Saturno
e dapoi mi posi a rodere la testa di Vulcano.
Trap.: - E forsi a buona usanza di testa di vitella da latte, e alla prima
doveste da.r nelle ce~'vella, la seconda negli occhi e la terza nella lingua.
come sogliono far I buoni mangiatori.
Cap.: - M~nt~e ch'i~ me n~ stava rodendo e scotennando il capo di Vulcano, mi SI fece innanzi Venereo la quale, vedendo ch'io ne divorava
il capo di Vulcano suo marito, cominciò a chiamarmi fierissimo Ciclope, crudelissimo lestrigone e inumanissimo antropofago
minacciandomi e giurandomi di farmi uccider da Marte, suo drudo 'e suo bertone.
Trap.: - lo mi n:eravigliava che il mangiare vi facesse pro': sempre si
~rova qualche intoppo, ed il più delle volte. dapoi il mangiare e dapoi
li bere, sogliono succeder de' pazzi avvenimenti.
Cap.: - Sentendomi io minacciare da quella potta sfacciata di Venere
subito m'accesi d'ira edi furore e quivi, pigliandola per le treccie la
slanciai n.el.bord~llo ?i Cipro, là dove pervenuta fu fatta regina di ~tte
l~ me~etr.lci. e dì qui .~asce che le meretrici sono molto più calde nei
piacen di Venere e piu scaltrite che non sono le altre donne.
Trap.: - Talmente che Venere è la regina delle meretrici io per me
credo ch'ella sia la priora di tutti i bordelli del mondo. Padrone mio.
la vostra fu una pazza colazione: ora guardatevi dal desinare, della
merenda e della cena, perché v'intervenìranno
de' pazzi scherzi e de'
stranissimi accidenti.
Cap.: - Trappola. va' alla posta e vedi se vi sono mie lettere.
Trap.: - Da chi l'aspettate voi?
Cap.: - Dal Cielo. dal Mare e dall'Inferno.
Trap.: - .So che i corrieri stanno freschi con voi; ma. ora ch'io mi ricordo. mi trovo accanto una lettera datami da un certo Barbacci, il quale