politecnico di milano modelli multiscala per il sistema circolatorio

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politecnico di milano modelli multiscala per il sistema circolatorio
POLITECNICO DI MILANO
FACOLTÀ DI INGEGNERIA DEI SISTEMI
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA BIOMEDICA
MODELLI MULTISCALA PER IL SISTEMA
CIRCOLATORIO:
ACCOPPIAMENTO NUMERICO DI MODELLI
TRIDIMENSIONALI E MONODIMENSIONALI
Relatore:
Prof. ALESSANDRO VENEZIANI
Correlatore: Ing. CHRISTIAN VERGARA
Candidato:
TIZIANO PASSERINI
ANNO ACCADEMICO
2003–04
[...]
Nah war die Krankheit. Schon von den Schatten bemächtigt
drängte verdunkelt das Blut, doch, wie flüchtig verdächtigt,
trieb es in seinen natürlichen Frühling hervor.
Wieder und wieder, von Dunkel und Sturz unterbrochen,
gläntze es irdisch. Bis es nach schrecklichem Pochen
trat in das trostlos offene Tor.
Rainer Maria Rilke, DIE
SONETTEN AN ORPHEUS, I.
25
Il male era prossimo. Già domato dalle ombre
urgeva il sangue intenebrato, ma come per fugace
presagio rifioriva nella sua naturale primavera.
Di nuovo ancora, interrotto di buio e di cadute,
terrestre rifulgeva. Finché dopo un terribile bussare
varcò irredimibile la porta spalancata.
(trad. Franco Rella)
A mamma e papà
Indice
Sommario
1
Summary
5
1 Introduzione
1.1 Le ragioni della modellazione multiscala
1.2 Applicazioni bioingegneristiche . . . . . .
1.2.1 Un laboratorio vascolare virtuale .
1.3 Modelli numerici multiscala . . . . . . . .
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2 La formulazione del modello matematico
2.1 Le caratteristiche del sistema . . . . .
2.2 Il modello tridimensionale . . . . . . .
2.3 Il modello monodimensionale . . . . .
2.4 Il modello a parametri concentrati . .
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3 Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
3.1 Modelli 3D e 1D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 Il trattamento della parete . . . . . . . . . . . . . .
3.1.2 Il trattamento dell’interfaccia . . . . . . . . . . . .
3.1.3 Modelli di interazione per il problema accoppiato
3.2 Strategie risolutive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.1 Discretizzazione nel dominio tridimensionale . .
Il problema di interazione fluido-struttura . . . .
3.2.2 Discretizzazione nel dominio monodimensionale
3.2.3 Condizioni al bordo deficitarie per il problema 3D
3.2.4 Accoppiamento dei problemi discretizzati . . . .
3.2.5 Il caso 3D rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Algoritmo 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Algoritmo 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3 La soluzione del problema accoppiato . . . . . . . . . . .
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3.3.1
3.4
Il caso 3D rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Il ruolo del parametro di rilassamento . . . . . . . . . . .
Accoppiamenti multipli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4 Risultati
4.1 La libreria C++ LifeV . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.1.1 Risolvere problemi differenziali con LifeV .
4.2 Un caso di riferimento . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2.1 Soluzione analitica . . . . . . . . . . . . . .
4.2.2 Soluzione numerica . . . . . . . . . . . . .
Algoritmo 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Algoritmo 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Alcune applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3.1 La riflessione delle onde di pressione . . .
La soluzione numerica . . . . . . . . . . . .
4.3.2 Fluidodinamica nelle biforcazioni . . . . .
La biforcazione iliaca . . . . . . . . . . . . .
4.4 Prospettive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Ringraziamenti
93
Bibliografia
95
Sommario
Il sistema circolatorio umano è in grado di garantire la corretta perfusione
dei tessuti cellulari grazie a un sofisticato sistema di controllo del flusso ematico. Le condizioni fluidodinamiche di specifici distretti vascolari sono correlate
con le caratteristiche della rete vascolare nel suo complesso. Fenomeni patologici (ad esempio l’aterosclerosi) a carico della parete vascolare di un’arteria
possono ridurre l’apporto di sangue ai tessuti irrorati: tuttavia, l’attuazione
di meccanismi di compensazione tende a ripristinare la perfusione fisiologica,
aumentando la portata di sistemi vascolari collaterali.
Lo studio del sistema circolatorio deve avvalersi di metodi che consentano
di cogliere la correlazione tra l’emodinamica locale e l’emodinamica globale: la
modellazione multiscala in senso geometrico del sistema circolatorio consente
di integrare differenti approcci nella descrizione delle caratteristiche del flusso
ematico. Nel contesto di regioni più o meno estese della rete vascolare, descritte da modelli ridotti, vengono individuati specifici distretti di interesse,
studiati con modelli dettagliati.
Dal punto di vista della simulazione numerica, questo comporta la risoluzione combinata di problemi matematici differenti. In questo lavoro, il dominio computazionale locale viene descritto da modelli tridimensionali, che
consentono di riprodurre geometrie vascolari realistiche, studiando nel dettaglio le caratteristiche emodinamiche. Il dominio globale è studiato sulla base
di modelli monodimensionali, che fanno riferimento a geometrie semplificate e descrivono il comportamento dei distretti in esame attraverso la stima di
grandezze medie.
La gestione integrata dei diversi approcci al problema richiede la formulazione di tecniche di accoppiamento, che consentano di gestire lo scambio
di informazioni tra i diversi modelli, in corrispondenza dell’interfaccia: in
questo modo è possibile simulare l’interazione tra diversi distretti del sistema
circolatorio.
La risoluzione del problema fluidodinamico tridimensionale è particolarmente impegnativa dal punto di vista computazionale. In particolare, la gestione del problema di interazione meccanica tra il sangue e le pareti vasco1
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PSfrag replacements
1D
3D replacements
1D
PSfrag
3D
1D
1D
(a) Il modello accoppiato considerato:
il tratto centrale è riprodotto con un
modello tridimensionale
(b) Il dominio computazionale tridimensionale
F IGURA 1: Un caso sperimentale: un vaso con impianto di stent
lari deformabili richiede l’utilizzo di metodi numerici molto onerosi. Questo
conduce a introdurre l’ipotesi semplificativa di pareti rigide per il dominio
tridimensionale, che risulta accettabile per una prima approssimazione del
problema emodinamico.
Le strategie risolutive proposte sono state implementate in un codice di calcolo con l’ausilio della libreria C++ LifeV (www.lifev.org), che fornisce metodi numerici agli elementi finiti (FE) per la risoluzione di problemi differenziali. Diversi algoritmi di risoluzione del problema accoppiato sono stati testati
su un caso di riferimento, che ha consentito di individuare il più efficiente.
Le simulazioni proposte dimostrano come l’approccio multiscala consenta
di descrivere fenomeni fluidodinamici tipici dell’albero vascolare arterioso.
La presenza di irrigidimenti locali della parete vascolare può determinare
alterazioni delle condizioni emodinamiche fisiologiche. L’impianto di protesi
vascolari rigide (stent, figura 1), per il sostegno della parete di vasi stenotici, modifica le modalità di propagazione delle onde peristaltiche di pressione.
Inoltre le condizioni emodinamiche locali possono essere critiche per la progressione della patologia della parete o per il danneggiamento della protesi.
É possibile definire un modello accoppiato, che descriva nel dettaglio il tratto di vaso patologico e riproduca l’andamento dei valori medi di pressione
nei tratti fisiologici a monte e a valle. La simulazione numerica riproduce il
fenomeno delle riflessioni dell’onda di pressione, dovute alle alterate caratteristiche meccaniche della parete vascolare in presenza dello stent: nel distretto
a monte del tratto di vaso patologico si osserva un aumento della pressione
che può tradursi in sovraccarico del muscolo cardiaco.
La fluidodinamica della biforcazione iliaca dipende dalle caratteristiche
meccaniche dei distretti vascolari distali: anche in questo caso la simulazio-
Sommario
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3D
PSfrag replacements
1D
PSfrag replacements
1D
3D
1D
1D
(a) Lo schema di accoppiamento utilizzato: il modello tridimensionale descrive nel dettaglio la fluidodinamica
nella biforcazione
(b) Il dominio computazionale tridimensionale
F IGURA 2: Il modello accoppiato per la biforcazione iliaca
ne può essere condotta con un’ottica multiscala (figura 2). Un irrigidimento
o ispessimento della parete vascolare dell’arteria iliaca comune di destra (rappresentata da un modello monodimensionale opportunamente caratterizzato)
induce la modifica della ripartizione della portata tra i due rami della biforcazione. Inoltre si è evidenziata una alterazione dei regimi pressori (aumento
della pressione in aorta addominale) e delle condizioni locali di flusso.
Il problema della modellazione multiscala del sistema circolatorio viene affrontato nello specifico aspetto dell’accoppiamento di modelli tridimensionali
e monodimensionali. Resta aperto il problema dello sfruttamento di reti di
modelli accoppiati (tridimensionali, monodimensionali e/o a parametri concentrati) per descrivere in maniera più articolata i vari distretti del circuito
vascolare.
Un’altra interessante prospettiva è l’estensione del problema di interazione
3D-1D al caso in cui il modello tridimensionale tenga conto della deformabilità della parete vascolare. Accoppiando modelli 3D deformabili delle regioni
di interesse specifico e modelli 1D deformabili dei distretti adiacenti, è possibile studiare il problema di interazione fluido-struttura in ampie regioni del
sistema circolatorio, utilizzando geometrie tridimensionali realistiche.
4
Summary
The function of the human circulatory system is to ensure the physiological perfusion of cellular tissues. This feature is accomplished by a complex
system of blood flow control. There is a strong relation between the fluidodynamic conditions of specific vascular districts and the characteristics of the
whole vascular network. Arterial wall lesions (e. g. due to atherosclerosis) may
cause a decrease in blood flow towards perfused tissues: nevertheless, proper
compensatory mechanisms take place to avoid tissutal ischaemia, enhancing
blood flow throughout collateral vascular circuits.
When studying the circulatory system, it is important to consider the correlation between local and global haemodynamics. Geometrical multiscale modelling aims to manage different approaches to the description of blood flow
characteristics: a detailed model of the district of specific interest is derived
in the framework of a synthetic description of the surrounding areas of the
vascular net.
From the numerical point of view, this implies the need for a coupled solution of different mathematical problems. In the present work, three-dimensional
models represent the local computational domain, providing the description of
real vascular geometries and a detailed analysis of haemodynamic characteristics. One-dimensional models stand for the global domain, taking into account
simplified geometries and average physical quantities.
The different models need to exchange information on the coupling interfaces in order to reproduce the physiological interaction between adjoining
vascular districts. Suitable numerical strategies have to be defined.
The computational solution of three-dimensional fluid-structure interaction problems is quite expensive. A typical simplifying assumption for haemodyamic simulations is that vascular walls are rigid in the 3D model: the
results are admissible at a first level approximation.
The coupling strategies here proposed have been implemented in a software, based on the C++ library Lifev (www.lifev.org) which provides finite element numerical methods for solving differential problems. Different
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PSfrag replacements
1D
3D replacements
1D
PSfrag
3D
1D
1D
(a) The coupled model: the dashed area is reproduced by a three
dimensional model
(b) The 3D computational domain
F IGURA 3: An experimental case: vessel with implanted stent
algorithms have been tested on a reference case, in order to identify the most
effective.
Other numerical simulations show that this multiscale approach can describe typical fluidodynamic phenomena in the arterial tree.
The local stiffening of the vascular wall may cause blood flow modifications. For instance, metallic stent implantation (figure 3), as a treatment for
vascular stenosis, alters the propagation of pressure waves along the vessel.
Local haemodynamic characteristics may be critical with respect to pathology
progression or damages to the prosthesis. A coupled model can reproduce in
detail the pathologic vascular region and at the same time take into account the
values of mean pressure in the physiological distal and proximal tracts. The
numerical solution shows the reflection of pressure waves, due to the presence
of the metallic stent resulting in non-homogeneous mechanical characteristics
of the arterial wall. In the proximal tract the pressure is greater than in the
physiological case (with the same blood flow): this can produce myocardic
overload.
A coupled model is able to describe, in a multiscale perspective, how fluidodynamics in the iliac bifurcation are related to the mechanical characteristics of distal districts (figure 4). A one-dimensional model can reproduce for
instance a stiffening or thickening of the right iliac artery wall: in this case, the
flow repartition between the two branches of the bifurcation changes (that is,
the flow in the left iliac artery increases). In the same pathological situation,
we notice increased pressure values in the abdominal aorta and altered local
haemodyinamics.
This work deals with a specific aspect of the multiscale modelling of the
circulatory system: the coupling of 3D and 1D models. What still remains to
Summary
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3D
PSfrag replacements
1D
PSfrag replacements
1D
3D
1D
1D
(a) The coupling scheme: the 3D model reproduces in detail the fluidodynamic characteristics of flow in the
bifurcation
(b) The 3D computational domain
F IGURA 4: A coupled model for the iliac bifurcation
do is to build up networks of coupled (three-dimensional, one-dimensional or
lumped parameters) models, in order to describe in a more realistic way the
complex anatomy of the vascular circuit.
Another interesting achievement to pursue is the coupling of 3D compliant
and 1D compliant models: this would allow to study the fluid-structure interaction problem in large vascular districts, exploiting real three-dimensional
geometries.
8
Capitolo 1
Introduzione
1.1 Le ragioni della modellazione multiscala del sistema circolatorio
(a) Sistema
arterioso
(b) Sistema
venoso
F IGURA 1.1: Il sistema circolatorio umano
Il sistema circolatorio umano è un circuito chiuso la cui funzione è garantire che il sangue perfonda tutti i tessuti dell’organismo. Il muscolo cardiaco
pompa il sangue nelle arterie, che lo trasportano verso le regioni periferiche
del corpo; le ultime diramazioni del sistema arterioso sono dette arteriole e agi9
10
scono come un “sistema valvolare”, controllando il flusso di sangue verso i
capillari: nel distretto capillare avviene lo scambio di acqua, nutrienti e altre
sostanze tra il sangue e il liquido interstiziale che bagna i tessuti cellulari. Il sistema venoso riporta il sangue verso il cuore, attaverso le venule e quindi vene
progressivamente sempre più grandi (figura 1.2).
Differenti caratteristiche geometriche e meccaniche riflettono lo specifico
ruolo di ciascuna componente della circolazione [1]. I vasi differiscono per
la composizione della parete (più ricca di tessuto muscolare ed elastico nel
sistema arterioso), per il volume di sangue trasportato (le vene sistemiche contengono la quantità di sangue maggiore), per i valori medi di pressione del
sangue al loro interno.
F IGURA 1.2: Componenti funzionali della circolazione
Il flusso ematico nei diversi distretti corporei è determinato da un complesso sistema di controllo, i cui principali responsabili sono i tessuti stessi (che
possono regolare l’apporto ematico in base alle proprie esigenze metaboliche),
il sistema nervoso (che può ad esempio deviare il flusso verso i distretti muscolari durante l’attività fisica) e la presenza di particolari sostanze chimiche
nel sangue (ormoni, ioni, . . . ). Ne risulta una stretta interrelazione tra le condizioni fluidodinamiche in diversi tratti del sistema cardiovascolare, che può
manifestarsi con meccanismi di compensazione: in questo senso si può spiegare ad esempio il fatto che, in presenza di una stenosi significativa dell’arteria
carotide interna (anche dell’ordine del 90% del lume fisiologico [2]), l’aumento
della portata complessiva degli altri vasi mantenga l’irrorazione del cervello
su valori fisiologici.
La conoscenza del dettaglio delle caratteristiche emodinamiche locali è preziosa, perchè può contribuire a spiegare il comportamento fisiologico o patologico dei vasi interessati. Evidenze sperimentali [3] supportano l’introduzio-
Capitolo 1.
Introduzione
11
ne del concetto di fattore di rischio emodinamico per patologie vascolari quali
l’aterosclerosi o la formazione di aneurismi, che possono essere promosse da
particolari regimi di sollecitazione a carico della parete delle arterie.
Uno degli obbiettivi della modellistica matematico-numerica del sistema
cardiovascolare è l’integrazione della conoscenza accurata dell’emodinamica locale con la valutazione delle cause e dei possibili effetti nel contesto dell’intera
circolazione.
Se si limita l’analisi ad un singolo distretto, è possibile effettuare simulazioni numeriche su scale spaziali ridotte, con risoluzioni dell’ordine di alcuni
millimetri: una prospettiva così “ravvicinata” non è praticamente utilizzabile
nello studio dell’intera rete vascolare, la cui estensione complessiva è stata stimata nell’ordine di decine di migliaia di chilometri [4]. Bisogna isolare delle
regioni di interesse, da studiare con modelli locali accurati, e ricorrere a modelli sistemici per descrivere in maniera sintetica le caratteristiche del resto del
sistema circolatorio. Questo richiede la capacità di gestire il problema fluidodinamico con diversi gradi di dettaglio, ovvero secondo una prospettiva
multiscala.
Il problema emodinamico ha anche una natura “multiscala” in senso temporale. Il moto del sangue nei vasi è indotto dall’azione pompante del cuore:
il periodo caratteristico del ciclo cardiaco, dell’ordine di un secondo, è tipicamente assunto come unità di tempo di riferimento nelle simulazioni numeriche. Tuttavia questo non consente di considerare lo sviluppo di fenomeni potenzialmente patologici come l’ispessimento della parete vascolare, che
possono essere correlati con le condizioni di flusso del sangue ma hanno un
orizzonte temporale di mesi o anni. In questa sede il problema della scala temporale non viene affrontato: la prospettiva multiscala adottata è intesa in senso
geometrico.
1.2 Applicazioni bioingegneristiche
L’albero arterioso è una rete di vasi deformabili: si possono individuare,
quali principali grandezze di interesse, il valore medio di velocità e pressione
sulle sezioni assiali. Questo approccio consente di conservare un certo livello
di dettaglio nella simulazione delle caratteristiche della circolazione ematica
(ad esempio la propagazione peristaltica delle onde di pressione lungo le arterie), e al tempo stesso le variabili sono clinicamente significative e facilmente
misurabili (nota l’area della sezione considerata il dato di velocità si riconduce
ad un valore di portata).
Un caso di particolare interesse è lo studio dell’effetto di restringimenti o
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irrigidimenti locali di un’arteria. Nella pratica clinica questa situazione si riscontra in associazione a patologie quali l’aterosclerosi oppure alla presenza di
protesi vascolari. La propagazione delle onde di pressione è generata dall’interazione tra la massa ematica e la parete espansibile del vaso ed è quindi intrinsecamente legata alle caratteristiche elastiche delle arterie: brusche variazioni
di tali caratteristiche possono causare alterazioni nell’andamento delle condizioni di flusso. Nelle grosse arterie questo fenomeno è particolarmente significativo: è stato osservato, ad esempio, che la presenza di protesi endovascolari
per il trattamento di patologie ostruttive dell’aorta è associata a condizioni
fluidodinamiche anomale. In particolare, compaiono elevati valori di pressione sistolica nell’albero aortico che possono sovraccaricare il muscolo cardiaco,
mentre nella zona occupata dalla protesi si generano sollecitazioni potenzialmente dannose a carico dell’endotelio vascolare [5]. In un’ottica multiscala, il
regime di moto del sangue può essere analizzato nel dettaglio da un modello locale per il tratto di vaso patologico, mentre un modello globale riproduce
l’andamento dei valori di portata e pressione media nei distretti confinanti.
Le biforcazioni sono sedi privilegiate per lo sviluppo di fenomeni di lesione della parete vascolare, associati generalmente alla patologia aterosclerotica.
In questi casi è particolarmente importante studiare l’emodinamica locale, che
può essere responsabile della manifestazione di particolari regimi di sforzo
sulla parete arteriosa (bassi sforzi di taglio, direzione dello sforzo oscillante
nel corso del ciclo cardiaco) che favoriscono il processo di aterogenesi [6, 7].
La stima delle sollecitazioni esercitate dal sangue sul tessuto intimale può consentire di valutare le prospettive di evoluzione della patologia o di intervento
terapeutico. D’altra parte, spesso la patologia aterosclerotica coinvolge anche i
vasi a valle della biforcazione [8]: l’ispessimento e l’irrigidimento della parete
possono causare alterazioni nei regimi pressori e nella distribuzione del flusso
ematico nei distretti irrorati [9]. Anche in questo caso il problema si presta ad
essere studiato in un’ottica multiscala.
1.2.1 Un laboratorio vascolare virtuale
Gli apparati sperimentali progettati per riprodurre in scala i distretti di interesse hanno dimostrato le potenzialità della modellistica del sistema circolatorio nello studio delle patologie vascolari [6, 7], nella valutazione di pratiche
chirurgiche [10] o di dispositivi artificiali di ausilio alla circolazione [11]. Molto spesso l’indagine viene condotta con una prospettiva naturalmente “multiscala”, poichè l’obbiettivo è lo studio di particolari caratteristiche locali nel
contesto di distretti vascolari o dell’intero sistema circolatorio.
La simulazione in vitro ha tuttavia degli svantaggi. In primo luogo, è diffi-
Capitolo 1.
Introduzione
13
cile ricostruire le caratteristiche meccaniche dei vasi reali: nei modelli in scala
la geometria della parete vascolare viene spesso riprodotta da strutture rigide
(in Plexiglas o vetro); per tenere conto della deformabilità si utilizzano materiali quali le gomme siliconiche, scelte in modo da riprodurre quanto più fedelmente possibile le caratteristiche viscoelastiche della parete. Gli elevati costi di
realizzazione rendono però improponibile la simulazione delle molteplici configurazioni geometriche associate alla evoluzione temporale della patologia o
alla variabilità soggettiva. Inoltre, nella prospettiva di uno sfruttamento delle
simulazioni fluidodinamiche nella pratica clinica, un fattore fortemente limitante è l’indisponibilità di fluidi dalle caratteristiche reologiche comparabili a
quelle del sangue umano.
Lo studio assistito dal calcolatore sta assumendo crescente importanza nella ricerca sulle patologie vascolari: gli apparati sperimentali sono fondamentali per la validazione dei metodi computazionali, che si candidano come strumento di ampio utilizzo in ambito clinico e di ricerca. La modellistica assistita dal calcolatore consente di arricchire nel dettaglio le informazioni ottenute
da altri strumenti diagnostici: ad esempio è possibile aggiungere la stima dei
campi di velocità e pressione a dati geometrici (ottenuti da tomografia computerizzata o risonanza magnetica) e a misure di flusso (ottenute da risonanza
magnetica o ultrasonografia). Potenziali sviluppi potrebbero portare all’utilizzo di simulazioni numeriche in fase di pianificazione e valutazione dell’efficacia a lungo termine di procedure chirurgiche e di protesi vascolari. Un
grande vantaggio dei metodi computazionali è infatti la possibilità di estrapolare informazione relativa ad istanti di tempo successivi a quello in cui si sono
ottenuti i dati sperimentali.
La sfida da affrontare è l’integrazione di tutte le informazioni utili alla risoluzione del problema. Le tecniche di medical imaging (CT, MRI, US, . . . ) consentono di riprodurre le caratteristiche anatomiche dei distretti in esame: tuttavia
le immagini ottenute richiedono tipicamente un processo di elaborazione, per
ridurre l’effetto distorcente di errori nell’acquisizione dei dati. A questo scopo sono stati sviluppati software di image processing and editing specificamente
concepiti per lavorare su immagini provenienti da sistemi scanner (ad esempio
Mimics della compagnia Materialise). Inoltre l’efficienza dei metodi di calcolo
delle grandezze di interesse dipende dalla regolarità delle geometrie riprodotte: spesso si ricorre a software CAD come Rhinoceros (Robert McNeel & Associates) per ricostruire le strutture anatomiche, a partire da entità geometriche
regolari.
La simulazione di diversi aspetti biofisici della circolazione ematica (moto
del fluido-sangue, deformazione della parete-solido, trasporto di massa, . . . ) e
la gestione della prospettiva multiscala nelle simulazioni richiedono opportu-
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ne formulazioni matematiche e numeriche del problema e la messa a punto di
strategie di validazione. Inoltre il problema emodinamico si rivela tipicamente
complesso dal punto di vista computazionale: questo spiega la costante ricerca di algoritmi di calcolo efficienti e il crescente sfruttamento di architetture
hardware a struttura parallela.
Un traguardo da raggiungere è la costruzione di un unico ambiente software in cui possano essere gestiti in maniera simultanea e pratica i differenti aspetti del problema di modellazione e simulazione (un primo tentativo è
illustrato in [12]). L’evoluzione della modellistica analitica e numerica nella
direzione di una elevata raffinatezza e affidabilità, coniugata alla semplicità di
utilizzo degli strumenti software e hardware, può veicolare l’introduzione di
strumenti predittivi in medicina, un campo tuttora prevalentemente dominato
da tecniche diagnostiche.
1.3 Modelli numerici multiscala
Nelle simulazioni numeriche della fluidodinamica del sistema circolatorio,
la prospettiva multiscala consente di coniugare la potenza descrittiva dei modelli tridimensionali con la capacità, propria dei modelli ridotti, di rappresentare ampi distretti vascolari in maniera sintetica e con ridotti tempi di calcolo
[13].
Questo lavoro si concentra sul problema specifico dell’accoppiamento tra
modelli tridimensionali e monodimensionali. Nel capitolo 2 vengono presentate le caratteristiche dei diversi modelli, evidenziando come le informazioni
relative al problema fluidodinamico vegano gestite in maniera differente. In
particolare, vengono indicate le ipotesi semplificative sulla base delle quali è
possibile passare dallo studio di quantità fisiche puntuali allo studio di quantità
medie.
La risoluzione del problema matematico accoppiato richiede l’interazione
dei modelli in corrispondenza dell’interfaccia. Il capitolo 3 analizza diverse
strategie che consentono lo scambio dei dati tra i modelli, in modo da garantire che il problema sia ben posto. Vengono presentati due algoritmi per la soluzione dell’accoppiamento tra un modello tridimensionale rigido e un modello
monodimensionale.
I test numerici presentati nel capitolo 4 consentono di individuare l’algoritmo più efficace, sulla base di un caso semplice di riferimento. Inoltre, applicando il modello accoppiato a geometrie vascolari realistiche, è stato possibile
riprodurre fenomeni fluidodinamici tipici dell’albero arterioso.
Capitolo 2
La formulazione del modello
matematico
Il sistema circolatorio può essere studiato attraverso la descrizione dell’andamento temporale e spaziale di alcune quantità, ad esempio geometriche come il calibro dei vasi, o fluidodinamiche come la portata e la pressione media
in determinate sezioni vasali. È possibile costruire modelli complessi a partire
da semplici componenti elementari, ciascuna delle quali rappresenti un tratto
del sistema cardiovascolare. In questo modo in linea di principio si potrebbe
riuscire a rappresentare tutti i vasi del sistema circolatorio, ma la pratica insegna che si tratta di un’impresa irrealizzabile: non si conoscono i parametri
con cui caratterizzare tutti i singoli componenti del modello, e comunque la
dimensione complessiva del problema risulterebbe difficilmente gestibile.
Lo stesso tipo di approccio è utile invece nel caso in cui si limiti l’indagine
a specifici fenomeni o a singoli distretti: sono disponibili ad esempio modelli a
parametri concentrati per l’albero aortico [14], la circolazione coronarica [15],
la circolazione cerebrale [16], la circolazione fetale [10]. In tutti questi casi,
le informazioni che si ottengono sono condizionate da un certo grado di approssimazione, dovuto al fatto che ogni componente elementare del modello
descrive delle grandezze “medie” relative alla regione che rappresenta. Inoltre la topologia delle reti vascolari di solito non è ricostruita nel dettaglio (si
considerano solo poche ramificazioni) e gli effetti dell’interazione tra il sangue
e le pareti sono studiati utilizzando modelli semplificati. Si riesce tuttavia a
stimare le caratteristiche “aggregate” del sistema, sintetizzando in pochi dati
generali l’informazione relativa a distretti anche estesi o articolati.
Per il calcolo dei dettagli fluidodinamici locali si utilizzano metodi che consentono di valutare con precisione, nelle zone di interesse, i profili di velocità,
le traiettorie delle singole particelle, i vortici, i flussi secondari, le pressioni e gli
15
16
sforzi di taglio esercitati dalle vene fluide. In questo modo è possibile ricavare
informazioni quantitative sulle condizioni di moto del sangue, che possono essere correlate con evidenze cliniche di effetti biologici quali il rimodellamento
delle pareti vascolari [17, 18, 19].
La prima sezione di questo capitolo presenta una analisi delle principali
proprietà fisiche del sistema circolatorio umano. Va notato che il moto del
sangue nei grossi vasi è caratterizzato principalmente da aspetti biomeccanici, legati alla deformabilità delle strutture vascolari biologiche sollecitate dal
flusso ematico. Variabili quali la temperatura o grandezze legate ai processi
di interazione biochimica tra fluido e parete vengono prese in considerazione
tipicamente nell’emodinamica dei piccoli vasi (capillari e pre-capillari) e nel
seguito saranno trascurate.
La natura tridimensionale del problema emodinamico può essere riprodotta con i modelli presentati nella sezione 2.2: la risoluzione delle equazioni che li
caratterizzano ha però elevati costi computazionali. Spesso è più pratico adottare modelli semplificati che, a fronte di una descrizione meno dettagliata, consentono una risoluzione numerica meno onerosa. I modelli monodimensionali illustrati nella sezione 2.3 studiano la dipendenza delle grandezze medie di
interesse da una sola coordinata spaziale e da una coordinata temporale. I modelli a parametri concentrati (sezione 2.4) interpretano come un unico “compartimento” l’intero dominio tridimensionale, e ne studiano le caratteristiche
fisiche come funzioni del solo tempo.
2.1 Le caratteristiche del sistema
La pulsatilità è la caratteristica più evidente del flusso del sangue nelle arterie: il ciclo di contrazione e rilassamento del cuore induce la comparsa di
gradienti pressori locali, interpretabili come onde di pressione che propagano
nell’intero albero arterioso. Il modello può servire per indagare le caratteristiche di questa propagazione, e in che modo l’onda pressoria induca il moto
del sangue: un elemento di complessità per le simulazioni numeriche su scala temporale di lungo periodo è dato dal fatto che l’ipotesi semplificativa di
periodicità del battito cardiaco è generalmente ammissibile soltanto per brevi intervalli di tempo (nei quali il carico dell’apparato cardiovascolare possa
essere considerato costante).
Il sangue è un fluido complesso: una sospensione di particelle (eritrociti, leucociti, trombociti) in una soluzione acquosa di ioni minerali e proteine
(il plasma): è molto complicato descriverne in maniera soddisfacente la reologia, cioè in che modo reagisca alle sollecitazioni che tendono a deformarlo. Il
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
17
comportamento del sangue è influenzato anche da variabili locali (pressione,
temperatura, geometria del vaso) e globali (presenza di traumi, infiammazioni, . . . ) non costanti nel tempo: per semplificare l’approccio al problema si può
considerare il sangue come un fluido omogeneo, ipotesi valida nei grandi e
medi vasi dove le condizioni di flusso non sono tali da evidenziare le peculiarità reologiche dei diversi componenti ematici. Questo consente di adottare modelli semplici per descrivere come il sangue risponda alle sollecitazioni
meccaniche: i risultati sono accettabili, ad un primo livello di approssimazione, in condizioni fisiologiche. Altri modelli, più complessi, sono stati proposti
per valutare gli aspetti reologici meno banali, in particolare il comportamento viscoelastico (ad esempio la capacità di reagire ad una sollecitazione con
una riorganizzazione strutturale piuttosto che con una deformazione macroscopica) e gli effetti della microcircolazione (in cui non è valida l’ipotesi di
omogeneità) [20, 21].
Fenomeni di turbolenza possono rendere particolarmente insidiosa la risoluzione del problema, perchè producono un comportamento fortemente caotico
nel sangue: in queste condizioni di irregolarità spaziale e temporale i modelli vedono ridotta la propria capacità predittiva. Generalmente in condizioni
fisiologiche il sistema cardiovascolare non è interessato da fenomeni di turbolenza: anche la pulsatilità gioca un ruolo stabilizzatore, riducendo il tempo
disponibile per il completo sviluppo di disturbi di flusso locali o occasionali. Questo rende accettabile l’ipotesi di flusso laminare nella risoluzione della stragrande maggioranza dei problemi emodinamici, anche se fenomeni di
instabilità di flusso possono essere associati al moto del sangue nelle grosse
arterie nell’istante di picco sistolico (per la presenza di velocità molto elevate),
o anche in corrispondenza di alterazioni patologiche nella geometria dei vasi
(in tal caso la turbolenza può incentivare il progresso dell’aterosclerosi).
Il problema meccanico di interazione tra fluido e parete associato alla propagazione delle onde pressorie nella massa fluida incomprimibile è rilevante per
i grossi vasi, per i quali la variazione del raggio è significativa (5 − 10%) tra
diastole e sistole. Le sollecitazioni scambiate tra sangue e parete influenzano
il comportamento del flusso: questo giustifica l’adozione di modelli anche raffinati per la meccanica del tessuto vascolare e lo sviluppo di metodi di calcolo
specificamente progettati per gestire l’interazione tra fluido e struttura. Lo
studio del flusso presso la parete vascolare può essere interessante anche per
descrivere i caratteristici fenomeni biologici e di trasporto che vi si localizzano
[22, 23]: tuttavia si richiede un livello di dettaglio superiore, per il quale molte
delle approssimazioni considerate in questo lavoro non sono valide ed in ogni
caso l’aspetto fluidodinamico non è più l’oggetto di interesse primario.
Per studiare un volume di sangue Ω come quello rappresentato in figura
18
Γout
1
PSfrag replacements
Γin
Γout
2
Ω
Γw
Γout
4
Γout
3
F IGURA 2.1: Un possibile dominio computazionale Ω relativo ad
una sezione del sistema vascolare
2.1 occorre definirne il contorno: la superficie Γw corrisponde al confine fisico determinato dalla parete vascolare, mentre le Γin , Γout
sono scelte arbitraj
riamente, “tagliando” idealmente il vaso e separandolo dal resto del sistema
circolatorio.
Il moto del sangue in Ω è descritto dalla meccanica dei mezzi continui: i
modelli presentati nelle sezioni seguenti si basano sulla traduzione matematica del principio di conservazione della massa e del principio di conservazione
della quantità di moto. Per risolvere i problemi differenziali che ne derivano, è
necessario conoscere il valore delle incognite sul contorno del dominio. Questo è particolarmente complesso in corrispondenza delle sezioni “artificiali”
Γin , Γout
j : per rendere conto della presenza dei distretti vascolari adiacenti, occorrono misure (generalmente valori di portata o pressione media) che possono essere difficili da ricavare in regioni a geometria complessa. Inoltre, perchè
i problemi differenziali siano ben posti, i dati misurati vanno opportunamente tradotti in condizioni al bordo: questo talvolta richiede tecniche particolari
(come discusso nel prossimo capitolo).
2.2 Il modello tridimensionale
Sia Ω un dominio tridimensionale aperto, limitato, connesso e con contorno orientabile e lipschitziano; per ogni istante di tempo in un dato intervallo,
t ∈ I = (t0 , t1 ), si definisce una applicazione Lagrangiana Lt : Ω0 → Ωt che
associa la configurazione al tempo t del dominio a quella iniziale o materiale
Ω0 . Tramite Lt è possibile definire la traiettoria di una particella che occupi
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
19
una certa posizione x ∈ Ωt nello spazio:
Tξ = {(t, x(t, ξ)), t ∈ I}
e quindi ricostruirne la posizione ξ ∈ Ω0 occupata nell’istante di tempo t0 .
L’applicazione Lagrangiana è assunta essere biiettiva e quindi ogni punto
x ∈ Ωt può essere visto come immagine di un punto ξ ∈ Ω0 . Qualsiasi campo (scalare, vettoriale, tensoriale) definito sul dominio Ωt può essere espresso
indifferentemente in funzione delle variabili euleriane (t, x) o lagrangiane (t, ξ).
Siano ad esempio
f : I × Ωt → R, fˆ : I × Ω0 → R ;
due campi scalari espressi rispettivamente in coordinate euleriane e lagrangiane. In ogni istante di tempo i due campi coincidono, per effetto dell’applicazione Lagrangiana che associa i punti tra i due domini:
fˆ(t, ξ) = f (t, x) con
x = Lt (ξ)
Ne consegue che il campo euleriano f ed il campo lagrangiano fˆ rappresentano la stessa quantità fisica ma con una diversa prospettiva. In particolare, si
definisce la derivata materiale o lagrangiana del campo f in un punto x:
Df
: I × Ωt → R
Dt
DERIVATA MATERIALE
Df
∂ fˆ
d
(t, x) =
(t, ξ) = f (t, x(t, ξ))
Dt
∂t
dt
che può essere espressa come somma di due contributi

Df
∂f 

+ u · ∇f
=
Dt
∂t x∈Ωt
(2.1)
(2.2)
rappresenta la variazione della quantità f nel punto x fissato nel dominio
(derivata euleriana); u·∇f tiene conto del fatto che il punto x si muove nel tempo lungo la traiettoria Tξ con una velocità u, e questo determina un contributo
convettivo alla variazione di f .
Sia ora Vt ⊂ Ωt un generico volume spaziale; in un certo istante di tempo,
esso può essere visto come l’immagine di un volume V0 attraverso l’applicazione Lagrangiana (figura 2.2):
∂f
∂t
V0 ⊂ Ω0 , Vt = Lt (V0 )
20
PSfrag replacements
Lt
Ωt
x = x(t, ξ)
Ω0
ξ
e3
e2
t = t0
e1
F IGURA 2.2: L’applicazione Lagrangiana; ei , i = 1, 2, 3 costituiscono la base ortonormale che definisce un sistema di
coordinate cartesiane su R3
La densità di massa ρ associata ai punti di Vt è la quantità che integrata sul
volume corrente dà la massa m del materiale contenuto:
Z
ρ = m(Vt )
Vt
Il principio di conservazione della massa applicato a Vt è espresso in forma
integrale:
Z
d
ρ=0
dt Vt
ovvero, applicando il teorema del trasporto di Reynolds [24]:
Z Dρ
+ ρ∇ · u = 0
Dt
Vt
Con l’ipotesi di continuità nello spazio dei termini sotto il segno di integrale e
grazie all’arbitrarietà di Vt è possibile scrivere l’equazione di continuità in forma
differenziale:
Dρ
+ ρ∇ · u = 0
Dt
Se la derivata materiale di ρ è nulla, l’equazione di continuità si riduce al
vincolo cinematico di incomprimibilità
∇·u=0
che esprime la conservazione del volume del fluido nel tempo.
(2.3)
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
21
Il principio di conservazione della quantità di moto descrive l’effetto di
tutte le forze agenti sul fluido:
Z
Z
d
ρ(t, x)u(t, x)dx =
ρ(t, x)f m (t, x)dx+
dt Vt
Z Vt
+
t(t, x, n)dσ ,
∀t ∈ I, ∀Vt ⊂ Ωt
∂Vt
dove f m : I × Ωt → R3 è il campo vettoriale che rappresente la forza specifica
di massa; t : I × Ωt × {n ∈ R3 : knk = 1} → R3 è lo sforzo di Cauchy
che, integrato sulla superficie del volume considerato, equivale al risultante
delle forze di continuità agenti sul volume stesso (se sono presenti forze di
superficie, lo sforzo di Cauchy coincide con lo sforzo applicato). Sfruttando il
teorema del tensore degli sforzi di Cauchy [24] si trova:
∀t ∈ I, ∀x ∈ Ωt , ∀n ∈ R3 : knk = 1 ,
t(t, x, n) = T (t, x) · n,
e quindi:
T : I × Ωt → R
d
dt
Z
Z
3×3
(2.4)
TENSORE DEGLI SFORZI
m
Z
T ·n
ρf +
∂Vt
Z
Z D
Du
=
(ρu) + ρu∇ · u =
ρ
Dt
Dt
Vt
Vt
ρu =
Vt
Vt
Applicando il teorema della divergenza e passando alla forma differenziale (nell’ipotesi di continuità nello spazio di tutti i temini integrandi e vista
l’arbitrarietà di Vt ) si ottiene:
Du
− ∇ · T = ρf m
Dt
L’accelerazione del fluido può essere riscritta facendo comparire esplicitamente la derivata euleriana della velocità e un termine di natura convettiva (legato
cioè al gradiente spaziale del campo di velocità):
ρ
∂u
+ ρ(u · ∇)u − ∇ · T = ρf m
∂t
Il tensore degli sforzi T può essere riscritto come funzione delle quantità cinematiche relative al fluido. Il comportamento del sangue nelle grosse e medie arterie di geometria semplice può essere assimilato a quello di un fluido
newtoniano incomprimibile [25]. Questo significa assumere
ρ
T = −P I + µ(∇u + ∇uT )
22
dove P è la pressione idrostatica e µ > 0 la viscosità dinamica (indipendente
dalle grandezze cinematiche). Definendo il tensore gradiente di deformazione
D(u) =
∇u + ∇uT
2
è possibile riscrivere l’equazione di conservazione della quantità di moto:
ρ
∂u
+ ρ(u · ∇)u + ∇P − 2∇ · (µD(u)) = ρf m
∂t
Essendo ρ costante e introducendo p =
cinematica) si ottiene:
(2.5)
µ
P
(pressione scalata) e ν = (viscosità
ρ
ρ
∂u
+ (u · ∇)u + ∇p − 2∇ · (νD(u)) = f m
∂t
Le equazioni di conservazione della massa (2.3) e di conservazione della
quantità di moto (2.5), scritte per un fluido incomprimibile (ρ costante) e con
viscosità costante, sono note come equazioni di Navier-Stokes. Si tratta di
equazioni differenziali nelle variabili u e p, ambientate in un dominio computazionale Ω ⊆ Ωt che rappresenta una regione spaziale fissa attraverso la quale
il fluido scorre (approccio euleriano). A tali equazioni vanno associate condizioni
iniziali
u(t = t0 , x) = u0 (x), x ∈ Ω
(2.6)
e condizioni al contorno. Nelle simulazioni emodinamiche tipicamente si considerano due sottoinsiemi misurabili della frontiera ∂Ω del dominio, ΓN e ΓD
tali che ΓN ∪ ΓD = ∂Ω e ΓN ∩ ΓD = ∅: è possibile assegnare lo sforzo te :
I × ΓN → R3 (condizioni di Neumann)
T · n = −P n + 2µD(u) · n = te
su ΓN ⊂ ∂Ω
(2.7)
oppure la velocità g : I × ΓD → R3 (condizioni di Dirichlet)
u=g
su ΓD ⊂ ∂Ω
(2.8)
Nel caso in cui ΓN = ∅ il problema si dice di Dirichlet ed in questo caso, essendo
∇ · u = 0 in Ω, risulta
Z
Z
Z
∇·u=
u·n=
g · n = 0, ∀t ∈ I
Ω
∂Ω
∂Ω
cioè il flusso del vettore g attraverso la frontiera del dominio deve essere nullo.
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
23
Per imporre la condizione (2.8) occorre conoscere il profilo di velocità su
ΓD , mentre per la (2.7) è necessaria la conoscenza dello stato di sforzo su ΓN .
Nella pratica delle simulazioni emodinamiche si cercano valori ragionevoli
sulla base di misure o di considerazioni a priori sulle caratteristiche del flusso.
In particolare, ricordando la figura 2.1, in corrispondenza del tratto di bordo
Γw , che rappresenta la superficie laterale del vaso, si impone la condizione di
perfetta aderenza delle particelle del fluido alla parete, cioè una condizione di
Dirichlet
u = 0 su Γw ⊆ ΓD
Per quanto riguarda le sezioni “artificiali”, essendo tipicamente disponibili
soltanto dati medi (velocità media o portata), si può scegliere di ipotizzare un
profilo realistico di velocità (ad esempio il profilo di Womersley [26], spesso
preso in considerazione per i problemi emodinamici). L’approccio utilizzato
in questo lavoro è invece basato su una formulazione variazionale aumentata
del problema di Navier-Stokes, ed è illustrato più diffusamente nel prossimo
capitolo (sezione 3.2.3).
Per definire le condizioni di Neumann si sceglie spesso un valore di sforzo
costante e normale alla sezione te = pe n, dove pe è un valore misurato di
pressione media sulla sezione. Nel caso in cui ΓN rappresenti una sezione
di efflusso, si usa comunemente porre pe = 0. Le condizioni di Neumann
che ne derivano corrispondono alla situazione idraulica di scarico libero in
atmosfera: per questo motivo non sono rigorosamente adatte alla descrizione
della fluidodinamica della rete vascolare, che è un circuito chiuso.
2.3 Il modello monodimensionale
Una prima formulazione di un semplice modello monodimensionale per il
flusso del sangue in vasi espansibili è dovuta ad Eulero, che tuttavia non riuscì
a risolvere il sistema di due equazioni differenziali a derivate parziale che lo
governa 1 .
Il dominio spaziale considerato Vt ⊂ Ωt è un tubo cilindrico a sezione circolare che intende rappresentare un tratto di arteria privo di biforcazioni. In
un sistema di riferimento a coordinate cilindriche (r, θ, z), nel quale si indichino con er , eθ e ez i versori radiale, circonferenziale e assiale, il tubo si estende
1
“In motu igitur sanguinis explicando easdem offendimus insuperabiles difficultates, quae
nos impediunt omnia plane opera Creatoris accuratius perscrutari; ubi perpetuo multo magis summam sapientiam cum omnipotentia coniunctam admirari ac venerari debemus, cum
ne summum quidem ingenium humanum vel levissimae vibrillae veram structuram percipere atque explicare valeat.” Euler Leonhard (1775), Principia pro motu sanguinis per arterias
determinando, 43.
24
da z = 0 a z = l e la sua lunghezza l è costante nel tempo. Ulteriori ipotesi
semplificative sono
1. Simmetria assiale: tutte le quantità sono indipendenti dalla coordinata cilindrica angolare. Questo implica in particolare che tutte le sezioni assiali rimangono circolari durante il movimento della parete (il raggio R del
tubo è funzione soltanto di z e di t);
2. Spostamenti solo radiali della parete: η = ηer , dove η = R − R0 è lo spostamento rispetto al raggio di riferimento R0 . Gli spostamenti assiali
vengono trascurati, sulla scorta di evidenze sperimentali, evitando di
complicare pesantemente il modello;
3. Asse del cilindro in posizione fissa nel tempo: ipotesi consistente con quella di
simmetria assiale, ma che non consente di valutare eventuali effetti dovuti allo spostamento dell’asse (che avvengono ad esempio nelle coronarie
per effetto del movimento del cuore);
4. Pressione costante su ogni sezione assiale: anche P dipende soltanto da z e
da t;
5. Assenza di forze specifiche di massa: l’eventuale introduzione della forza di
gravità è tecnicamente immediata (più complesso ma fattibile considerare le modifiche della forza di gravità nel passaggio tra diverse posture)
6. Predominanza della velocità assiale uz : si trascurano le componenti di velocità ortogonali all’asse del cilindro.
Le equazioni di Navier-Stokes, scritte per i punti del dominio Vt , si riducono così alle seguenti:
1 ∂P
∂uz
+ ∇ · (uz u) +
− ν4uz = 0
∂t
ρ ∂z
∇·u=0
(2.9a)
(2.9b)
che sono scritte ∀x ∈ Vt . Le grandezze di interesse nel modello monodimensionale sono invece relative alle sezioni assiali S = S(t, z) del dominio: l’area
A
Z
A(t, z) =
dσ = πR2 (t, z) = π(R0 + η(t, z))2
(2.10)
la portata Q
S(t,z)
Q=
Z
uz dσ = Au ,
S
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
la velocità media
u=A
−1
Z
25
uz dσ
S
e la pressione media P . La stima della quantità di moto della corrente in S,
ottenuta attraverso la velocità media, è un’approssimazione per difetto della
quantità di moto effettiva. Si introduce un coefficiente di ragguaglio α2 ≥ 1
(secondo coefficiente di Coriolis):
R 2
u dσ
(2.11)
α2 = S z 2
Au
α2 dipende dal profilo di velocità considerato: nel caso di profilo parabolico
(che corrisponde alla ben nota soluzione di Poiseuille per flusso stazionario
in tubi cilindrici a sezione circolare) si ha α2 = 34 , mentre se il profilo è piatto
risulta α2 = 1; il flusso ematico nelle arterie ha tipicamente un profilo piuttosto piatto, per il quale α2 = 1.1 è un valore ragionevole. In questo modello il
profilo di velocità è supposto costante in tempo e spazio (rappresenta la configurazione “media” del flusso): di conseguenza α2 risulta costante nel tempo e
nello spazio.
L’integrazione delle (2.9) sulla generica sezione S conduce alle forme ridotte della equazione di continuità
∂A ∂Q
+
=0
∂t
∂z
(2.12a)
e della equazione di conservazione della quantità di moto
∂
∂Q
+ α2
∂t
∂z
Q2
A
+
A ∂P
+ Kr u = 0
ρ ∂z
(2.12b)
z
dove il termine viscoso risulta molto semplificato nell’ipotesi che ∂u
dia un
∂t
contributo trascurabile al bilancio. Kr è un parametro di frizione che dipende
dal tipo di profilo di velocità scelto: generalmente si utilizza un valore Kr =
8πν proprio di un profilo parabolico; un’altra possibile scelta è Kr = 22πν che
corrisponde ad un profilo piatto, più realistico.
Il sistema di due equazioni (2.12) in tre incognite (A, Q, P ) richiede di essere
completato ad esempio con una relazione fra la pressione e l’area. Un modello
meccanico semplificato per la struttura della parete vascolare trascura l’effetto
dei termini inerziali e considera predominanti gli sforzi elastici in direzione
circonferenziale: ne deriva una relazione algebrica tra lo sforzo normale esercitato dal fluido (nel caso in esame è la sola pressione P ) e la conseguente
26
deformazione della parete (ovvero la variazione dell’area A della sezione del
tubo):
P (t, z) − Pext = ψ(A(t, z); A0 (z), β(z))
(2.13)
Nel caso più generale vanno evidenziate la dipendenza dall’area della sezione in condizioni di riposo A0 = πR02 e da un insieme di coefficienti β =
(β0 , β1, . . . , βp ) legati alle caratteristiche meccaniche della parete del vaso (generalmente funzioni note di z). Pext indica la pressione esercitata dai tessuti
circostanti e spesso è considerata nulla.
Sviluppando la legge elastica lineare per un vaso cilindrico ed essendo
√
√
( A − A0 )
√
η=
π
si ottiene
√
√
( A − A0 )
ψ(A; A0 , β0 ) = β0
A0
(2.14)
√
πh0 E
nella quale β = β0 = 1−ξ
2 ; ξ è il coefficiente di Poisson, E il modulo di Young
e h0 lo spessore della parete.
Un’altra espressione usata spesso è
ψ(A; A0 , β̃) = β̃0
"
A
A0
β̃1
−1
#
(2.15)
con β̃ = (β̃0 , β̃1 ); β̃0 > 0 è un coefficiente elastico e β̃1 è un parametro che
consente di riprodurre la curva di risposta sforzo-deformazione
ricavata spe√
πh0√
E
β
1
rimentalmente. Nel caso in cui β̃1 = 2 e β̃0 = (1−ξ2 ) A0 = √A0 0 , la (2.15) e la
(2.14) coincidono.
Esplicitando la (2.13) è possibile eliminare l’incognita P dall’equazione di
conservazione della quantità di moto, in modo che le (2.12) assumono la forma
∂
∂U
U + H(U )
+ S(U ) = 0
∂t
∂t
(2.16a)
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
27
t
PSfrag replacements
z2 (t)
(t, z)
z1 (t)
z
z=0
z=l
F IGURA 2.3: Ciascun punto del dominio (t, z) è raggiunto da una
coppia di linee caratteristiche (rettilinee in questo
caso)
dove
U=

0
A
Q
(2.16b)
1

H(U ) =  A ∂ψ
Q2
Q 
− α2
2α2
ρ ∂A
A
A


0
Q A ∂ψ dA0 A ∂ψ dβ 
S(U ) = 
+
Kr +
A
ρ ∂A0 dz
ρ ∂β dz
(2.16c)
(2.16d)
Il termine S(U ) tiene conto anche delle variazioni di A0 e β rispetto a z: in
questo modo il modello descrive il fatto che caratteristiche meccaniche o geometriche non uniformi lungo il vaso “immettono” o “sottraggono” quantità di
moto nel sistema.
Riarrangiando i termini, è possibile riscrivere le (2.12) in forma conservativa:
∂
∂
U + [F (U )] + B(U ) = 0
(2.17)
∂t
∂z
In questo caso, la variazione temporale di U viene legata alla divergenza del
suo flusso F (U ) e alla presenza del termine sorgente B(U ).
Utilizzando la (2.14) si verifica che il sistema non lineare (2.12) è iperbolico. Infatti, la matrice S(U ) è diagonalizzabile nell’ipotesi (fisicamente ra-
28
gionevole) A > 0 ed è possibile [27] riformulare il problema nelle variabili
caratteristiche W (U ):
∂W
∂W
+Λ
+ G(W ) = 0
∂t
∂z
(2.18)
dove Λ = diag(λ1 , λ2 ) ha sulla diagonale principale gli autovalori di S(U ).
Ogni punto (t, z) del dominio (t ∈ I = [t0 , t1 ], z ∈ [0, l]) è raggiunto da una
coppia di linee caratteristiche z1 (t) e z2 (t) (figura 2.3), lungo le quali le (2.18) si
riducono ad un sistema di equazioni differenziali ordinarie, cioè
d
Wi (t, zi (t)) + Gi (W1 , W2 ) = 0,
dt
i = 1, 2
(2.19)
Le (2.19) consentono di apprezzare il meccanismo di “propagazione” proprio
dei sistemi iperbolici: le condizioni al contorno del dominio spazio-temporale
forniscono i valori di “partenza” delle Wi , che vengono “trasportati” all’interno del dominio lungo le zi .
Nella simulazione del sistema circolatorio in condizioni fisiologiche, occorre tipicamente imporre esattamente una condizione su ciascun bordo (z = 0
e z = l): ad esempio, se in corrispondenza del bordo z = 0 la variabile caratteristica W1 è “entrante” (cioè propaga all’interno del dominio lungo le linee
caratteristiche), la condizione al bordo da imporre è del tipo:
W1 (t) = g1 (t),
∀t ∈ I, z = 0
(2.20)
g1 è una funzione nota del tempo, che può essere ottenuta a partire da dati fisici
noti sul bordo (ad esempio valori misurati di pressione media Pm e portata
Qm ), utilizzando la definizione della variabile caratteristica di interesse
W1 (A, Q) = W1 (ψ−1 (Pm (t) − Pext ), Qm (t)), t ∈ I, z = 0
Nel caso in cui si abbia a disposizione soltanto l’andamento nel tempo q(t)
di una variabile fisica Φ = Φ(A(t), Q(t)) (ad esempio la pressione), si possono
formulare condizioni del tipo:
Φ(A(t), Q(t)) = q(t),
∀t ∈ I, z = 0
(2.21)
Per la buona posizione del problema emodinamico risultano ammissibili condizioni di questo tipo sulla pressione media, sulla pressione totale oppure sulla
portata [27].
Una importante classe di condizioni al bordo sono le cosiddette condizioni assorbenti o “non riflettenti” il cui significato matematico è non ammettere variabili caratteristiche entranti su porzioni del bordo. Ad esempio, se
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
29
W1 è entrante nel dominio in corrispendenza di z = 0, si può imporre che
l’informazione in essa contenuta non propaghi nel dominio:
∂W1
+ R1 (W1 , W2 ) = 0, su z = 0
∂t
dove R1 si ottiene a partire dal termine sorgente della (2.17) [27].
2.4 Il modello a parametri concentrati
Per ottenere un modello a parametri concentrati o “zero-dimensionale”
(definizione che evidenzia l’indipendenza delle variabili dalle coordinate spaziali) di un vaso cilindrico espansibile occorre proseguire nel ragionamento
iniziato nella sezione precedente: valgono le stesse ipotesi semplificative, che
conducono ancora alle equazioni (2.12).
A questo punto occorre integrare ulteriormente lungo la coordinata assiale
z ∈ (0, l); definendo la portata media nell’intero distretto
Z
Z Z
Z
1 l
1 l
1
uz dv =
uz dσdz =
Qdz,
Q̂ =
l Vt
l 0 S(z)
l 0
e la pressione media nell’intero distretto
Z
1 l
P dz
p̂ =
l 0
si ottiene per l’equazione di continuità
Z l
Z l
∂A
∂Q
dz +
dz = 0
0 ∂t
0 ∂z
(2.22)
Considerando per la pressione la semplice relazione algebrica (2.14) e osservando che ne discende
∂A
∂P
= k1
∂t
∂t
con k1 =
3πR03
2Eh
è possibile riscrivere la (2.22):
k1 l
dp̂
+ Q2 − Q1 = 0
dt
(2.23)
dove, ricordando la definizione di portata volumica attraverso la sezione S(t, z),
Z
Q(t, z) =
uz dσ,
S(t,z)
30
si è posto per semplicità
Q1 (t) = Q(t, 0),
Q2 (t) = Q(t, l)
L’integrazione della equazione di conservazione della quantità di moto
produce una equazione integrale non lineare nelle variabili Q, A e P : per ottenerne una approssimazione lineare si introducono alcuni ipotesi aggiuntive:
2
Q
Q2
1. Il contributo dei termini convettivi (della forma A22 − A11 , con ovvio
significato dei termini A1 e A2 ) è trascurabile: questo è ragionevole per
tubi corti, nei quali Q1 ' Q2 e A1 ' A2
2. La variazione di A rispetto a z è trascurabile rispetto alla variazione di P
eQ
L’equazione di conservazione della quantità di moto per il modello a parametri
concentrati assume ora la forma:
ρl dQ̂ ρKr l
+
Q̂ + P2 − P1 = 0
A0 dt
A20
(2.24)
Il processo di integrazione ha generato nelle (2.24), (2.23) dei coefficienti
che sintetizzano le caratteristiche fisiche e geometriche elementari del sistema
meccanico in esame:
rl
rappresenta la resistenza opposta al flusso ematico
R Nella (2.24), R := ρK
A20
dalla viscosità; se il profilo di velocità è parabolico risulta
R=
8µl
πR04
ρl
rappresenta i termini inerziali nella legge di
L Nella (2.24), L := Aρl0 = πR
0
conservazione della quantità di moto e prende il nome di induttanza
3πR3 l
C Nella (2.23), C := k1 l = 2Eh0 rappresenta il coefficiente di accumulo di
massa nella equazione di continuità, dovuto all’espansibilità del vaso: è
l’equivalente di una capacità
Introducendo tali coefficienti nelle (2.24), (2.23) si ottiene

dp̂


C + Q2 − Q1 = 0

 dt



 L dQ̂ + RQ̂ + P2 − P1 = 0
dt
(2.25)
Capitolo 2.
La formulazione del modello matematico
31
che è una sintetica descrizione del flusso ematico in un vaso cilindrico espansibile, ottenuta attraverso i valori di portata e pressione medi nel dominio (Q̂,
p̂) e relativi alle sezioni di ingresso e uscita (Qi e Pi , i = 1, 2).
La dinamica del sistema è rappresentata dalle variabili sotto il segno derivata temporale (le variabili di stato): Q̂ e p̂. Attraverso il processo di integrazione, le condizioni al bordo del problema tridimensionale diventano dati
medi relativi alle sezioni di ingresso e di uscita. Ad esempio, se sono noti Q1
e P2 , è pratico (e ragionevole se il tubo è corto) approssimare le altre incognite
“ai bordi” Q2 e P1 con le variabili di stato:
p̂ ≈ P1 ,
in modo che risulti
Q̂ ≈ Q2

dP1



 C dt + Q2 = Q1
(2.26)


dQ

 L 2 + RQ2 + P2 = P1
dt
PSfrag replacements
Q1
Q2
L
P1
R
P2
C
F IGURA 2.4: Rete elettrica ad L
La (2.26) è formalmente identica al sistema di equazioni differenziali che
descrive una rete elettrica ad L [27] (vedi figura 2.4), quando la portata ematica
svolga il ruolo della corrente mentre la pressione sia assimilata alla tensione.
Nel caso in cui siano assegnate la pressione P1 e la portata Q2 , le variabili
di stato sono approssimate dal P2 e Q1 , e si ottiene il sistema:

dP2



 C dt + Q1 = Q2
(2.27)


dQ

 L 1 + RQ1 + P2 = P1
dt
32
PSfrag replacements
Q1
P1
Q2
L
R
P2
C
F IGURA 2.5: Rete elettrica ad L invertita
In figura 2.5 è rappresentata la rete elettrica ad L invertita, che è descritta
dal sistema (2.27). Altre due possibili configurazioni si ottengono nel caso in
cui siano disponibili diversi dati in corrispondenza delle sezioni di ingresso e
uscita.
I modelli monodimensionali così ottenuti consentono di rappresentare in
maniera sintetica il problema fluidodinamico tridimensionale. In particolare,
la configurazione ad L corrisponde al caso in cui il problema di Navier-Stokes
di partenza sia dotato di condizioni di Dirichlet sulla sezione di ingresso e
di condizioni di Neumann sulla sezione di uscita. Analogamente, le altre tre
configurazioni corrispondono alle possibili combinazioni delle condizioni al
bordo disponibili.
L’analogia elettrica consente di sfruttare la teoria dei circuiti per analizzare le possibili connessioni tra diversi modelli a parametri concentrati, che
possono simulare reti vascolari anche molto complesse.
Nel caso di moto stazionario, il modello a parametri concentrati del vaso
espansibile si riduce ad una relazione algebrica, corrispondente ad una rete
puramente resistiva: è l’assunzione tipica nello studio dei distretti capillari, nei quali l’effetto della pulsatilità del flusso è quasi totalmente annullato
dall’espansibilità delle grosse arterie.
Capitolo 3
Metodi numerici per
l’accoppiamento di modelli
eterogenei
Modelli progettati per simulare uno stesso fenomeno fisico a diverse scale
spaziali o temporali gestiscono in maniera diversa l’informazione associata ai
punti del dominio. Nel capitolo precedente è stato illustrato come il modello monodimensionale e quello a parametri concentrati “integrino” (nel senso
della media) l’informazione contenuta nel modello tridimensionale: i valori di
pressione e di portata sono relativi a intere sezioni S o a interi volumi V del
dominio Ωt .
I problemi matematici alla base dei modelli per la fluidodinamica hanno
natura differenziale: la descrizione dell’evoluzione (nel tempo o nello spazio)
delle grandezze di interesse richiede la conoscenza di valori “iniziali”, a partire dai quali cioè estrapolare l’andamento su tutto il dominio. Le equazioni
di Navier-Stokes (2.3), (2.5) necessitano di valori al bordo per ciascun punto
appartenente alla frontiera del dominio: valori “medi” associati a interi insiemi di punti sono una informazione di per sè insufficiente per la buona posizione del problema. Allo stesso modo, nelle equazioni “ridotte” (2.12), (2.25)
l’informazione puntuale non è visibile (come se le quantità “medie” non la
“percepissero”).
Per risolvere problemi “accoppiati” bisogna sapere tradurre l’informazione in modo che modelli diversi possano tra loro comunicare. Nella sezione
3.1 viene analizzato il caso dell’accoppiamento tra un modello tridimensionale e un modello monodimensionale: in corrispondenza della superficie di
interfaccia i due modelli devono descrivere la stessa realtà fisica.
Nella sezione 3.2 vengono proposte delle strategie risolutive per il proble33
34
PSfrag replacements
Γ1
Γ
Ω
Γ
a
Ω3D
1D
z
2
z=a
F IGURA 3.1: Accoppiamento tra un modello 3D e un modello 1D
ma accoppiato. Viene discusso in particolare il caso in cui il modello 3D sia
rigido: nelle simulazioni emodinamiche si trascura spesso la deformazione
della parete nel dominio tridimensionale, allo scopo di limitare i costi computazionali.
3.1 Modelli 3D e 1D
Siano Ω3D e Ω1D i due domini rappresentati in figura 3.1: per il primo viene formulato un modello tridimensionale basato sulle equazioni di NavierStokes, per il secondo un modello semplificato monodimensionale. Supponiamo che Ω1D “prolunghi” Ω3D nel senso che Ω1D ∪ Ω3D rappresenti un unico
tubo senza soluzione di continuità.
Γa rappresenta l’interfaccia tra i due domini: nel modello monodimensionale coincide con la sezione di ascissa a, mentre nel modello tridimensionale è
una porzione del bordo ∂Ω3D .
Le informazioni considerate dai due modelli, relative ai due diversi domini,
devono descrivere la stessa situazione fisica su Γa : a priori è sensato aspettarsi che alcune quantità (la portata, la pressione) coincidano in corrispondenza
dell’interfaccia. I due tipi di modello tuttavia sono concepiti per cogliere diversi aspetti fisici del flusso del sangue nel vaso, e sono capaci di un diverso
grado di dettaglio nella riproduzione delle caratteristiche fluidodinamiche.
3.1.1 Il trattamento della parete
La modellazione di vasi deformabili richiede lo studio dell’interazione tra
il fluido (sangue) e la parete del vaso. Il comportamento meccanico dei solidi
continui è caratterizzato dalla legge costitutiva, espressa come un legame tra le
quantità dinamiche (il tensore degli sforzi di Cauchy, (2.4)) e le quantità cinematiche (il gradiente di deformazione, [24]). Come nel caso del problema mec-
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
F IGURA 3.2: La parete vascolare è formata da strati di materiali con
differenti proprietà meccaniche [28]
3D
2D
1D
PSfrag replacements
F IGURA 3.3: Differenti modelli per la parete del vaso
35
36
canico per il fluido, è possibile formulare modelli tridimensionali, che siano in
grado ad esempio di tenere in considerazione la complessità strutturale della
parete vascolare (figura 3.2). Tuttavia spesso si ricorre a modelli ridotti (figura 3.3), in virtù della loro bassa complessità computazionale, approssimando
opportunamente la geometria della parete [24].
Nell’ottica della modellazione multiscala, è possibile scegliere un unico
modello per il problema solido, da sfruttare cioè tanto nel dominio Ω3D quanto in Ω1D . In questo modo si ottiene una trattazione uniforme del problema
strutturale nell’intero dominio Ω3D ∪ Ω1D , rinunciando però alla potenza descrittiva dei modelli tridimensionali. È anche possibile differenziare la descrizione della struttura, declinandola nelle forme più coerenti all’impostazione
del problema in ciascun dominio. Tipicamente si adottano modelli strutturali
più raffinati per il problema di interazione con il fluido nel dominio Ω3D . In
tal caso, in fase di accoppiamento con il problema in Ω1D , è necessario valutare
con attenzione il comportamento dei diversi modelli scelti, tarandoli in modo
da renderli compatibili.
D’altra parte va notato che la risoluzione del problema di Navier-Stokes in
un dominio mobile nel tempo risulta molto onerosa dal punto di vista computazionale, tanto che spesso, nelle simulazioni emodinamiche, si preferisce
trascurare gli effetti dell’espansibilità concentrandosi su quanto la geometria
del vaso possa determinare i campi di velocità e pressione. In questo caso il
modello definito sul dominio Ω3D descrive un tratto di vaso non deformabile,
cioè la cui parete sia rigida, e l’accoppiamento con modelli monodimensionali
espansibili richiede un trattamento particolare, come si vedrà nel seguito.
3.1.2 Il trattamento dell’interfaccia
Con riferimento alla figura 3.1, si indica con f (a− ) il valore assunto dalla
variabile f su Γa , dove Γa sia interpretata come una porzione di ∂Ω3D ; analogamente f (a+ ) è il valore di f in corrispondenza dell’ascissa a del dominio
Ω1D .
Il problema fisico suggerisce che in corrispondenza della superficie di interfaccia Γa sia sensato assumere la continuità di alcune quantità [29]:
[A] portata:
Q(a− ) = Q(a+ )
[B] pressione media:
p(a− ) = p(a+ )
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
37
[C] area:
A(a− ) = A(a+ )
[D] pressione totale:
Pt (a− ) = Pt (a+ )
[E] variabile caratteristica entrante in Ω1D (ricordando la (2.20)):
g1 (t; a− ) = W1 (a+ )
Ovviamente, le condizioni [A]-[E] non sono indipendenti l’una dalle altre:
la continuità di alcune grandezze è conseguenza della continuità delle altre.
Le quantità considerate sono esprimibili in ciascun dominio in funzione
delle variabili considerate dai differenti modelli. All’istante di tempo t, le
variabili U (t, z) = [A(t, z) Q(t, z)]T del modello 1D (definite nella (2.16b))
forniscono le quantità:
A(a+ ) = U1 (t, a+ )
Q(a+ ) = U2 (t, a+ )
p(a+ ) = Pext (a+ ) + ψ(A(a+ ))
2
Q(a+ )
1
+
+
Pt (a ) = p(a ) + α1 ρ
2
A(a+ )
ricordando (2.13)
Si definiscono le stesse quantità per il modello 3D, a partire dalle variabili
u(t, x), p(t, x):
Z
−
A(a ) =
dσ
ricordando (2.10)
Γa
Z
1
−
p dσ
p(a ) =
A(a− ) Γa
Z
−
Q(a ) =
u · n dσ
Γa
1
Pt (a ) = p(a ) + α1 ρ
2
−
−
Q(a− )
A(a− )
2
Se il modello 3D è in grado di riprodurre l’espansibilità del vaso, si assume
anche che in corrispondenza di Γa lo spostamento della parete sia funzione
dell’area:
η|Γa = η(A(a− ))
(3.1)
38
a−
dz
2
a+
dz
2
Γ2
Γ1
PSfrag replacements
a
z
F IGURA 3.4: Il problema della discontinuità dell’area nel caso di
differente trattamento del problema della struttura
nei due domini
ad esempio, nel caso semplice di spostamenti solo radiali e Γa circolare,
!
r
A(a− )
− R 0 er
η|Γa =
π
La condizione [A] è fondamentale: deve essere imposta esplicitamente o
garantita da un opportuno insieme di altre condizioni. Il fatto che non ci siano
violazioni del principio di conservazione della massa in corrispondenza di Γa
è una caratteristica necessaria per il modello emodinamico.
Le condizioni di continuità [B] e [C] vanno imposte esplicitamente nel caso dell’accoppiamento di due modelli deformabili: sono certamente soddisfatte nel caso fisico di un unico tubo, privo di discontinuità nelle caratteristiche
geometriche e idrostatiche.
Se il modello tridimensionale riproduce una geometria rigida, a rigore non
sono corrette, tranne nel caso particolare in cui anche il modello 1D rappreb (con A
b
senti un tubo rigido. In tal caso, nelle (2.12) bisogna porre A(t, z) = A
costante nel tempo e nello spazio), e quindi si ottiene un nuovo problema, la
cui unica incognita è il valore di portata: U (t, z) = U2 (t, z) = Q(t, z).
Per quanto riguarda nello specifico la condizione [C] di continuità dell’area, va notato che se la descrizione della parete è diversa nei due domini, è
ragionevole aspettarsi la situazione rappresentata in figura 3.4. In corrispondenza delle sezioni di ascissa z ∈ (a − dz
, a + dz
) si ha una zona di transizione,
2
2
nella quale si raccordano i due valori di area che i due diversi modelli associano allo stesso stato energetico. Simulare il comportamento della parete del
vaso in una simile situazione è un problema molto complesso; nell’ipotesi (ra-
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
a−
PSfrag replacements
dz
2
a+
39
dz
2
Ω3D
Ω1D
z
z=a
Γ1
Γ2
F IGURA 3.5: Un tubo di flusso elementare preso a cavallo della
superficie di interfaccia (z = a)
gionevole) che la zona di transizione sia piccola nell’accoppiamento, si concentrano gli effetti della discontinuità in z = a. In questo modo, Γa è interpretata
da entrambi i modelli come una sezione “sufficientemente distante”, ovvero ai
limiti della zona di transizione: il problema accoppiato ha ancora significato
fisico, nonostante la discontinuità all’interfaccia.
La condizione [D] traduce il principio di conservazione dell’energia meccanica per le correnti lineari (per le quali in ogni istante di tempo le traiettorie delle particelle del fluido sono rettilinee, parallele e fisse nello spazio)
applicato ad un tubo di flusso elementare scelto a cavallo di Γa (figura 3.5).
Secondo il teorema di Bernoulli [30], il carico energetico totale di un liquido
perfetto (cioè non viscoso), incomprimibile, pesante, omogeneo in moto permanente e isotermico in un condotto cilindrico si mantiene costante su tutte
le sezioni. Il tubo di flusso elementare considerato è di lunghezza infinitesima
dz: ne consegue che, nel bilancio energetico tra le due sezioni di ascissa a − dz
e
2
a + dz
,
risultano
trascurabili
la
variazione
dell’energia
di
posizione
del
volume
2
di fluido e la perdita di carico complessiva dovuta ad effetti viscosi. Portando
al limite dz → 0, ne risulta la [D].
Se la rigidità della parete è molto differente nei due modelli, si può pensare
di introdurre nel bilancio energetico una perdita di carico localizzata Π [30]:
ρ( uz |Γ1 − uz |Γ2 )2
2
in modo da riformulare la condizione [D]:
Π=
[D1] energia meccanica:
Pt (a− ) = Pt (a+ ) + Π
Tale perdita di carico rende conto di alterazioni nel campo di velocità del fluido, cioè rimescolamenti di corrente che fanno sì che il liquido non partecipi al
40
PSfrag replacements
(a)
(b)
F IGURA 3.6: Le perdite di carico concentrate in corrispondenza di
brusche variazioni del diametro del condotto sono
dovute all’instaurarsi di zone di moto turbolento nel
fluido, che avvolgono come una guaina la corrente
in prossimità della discontinuità. (a) brusco aumento
del diametro (b) brusco restringimento [30]
moto di trasporto lungo il vaso: in corrispondenza di brusche variazioni del
diametro del tubo, si formano zone di liquido in moto puramente turbolento,
la cui energia meccanica viene dissipata per effetto della viscosità (figura 3.6).
Tuttavia, visti i valori fisiologici tipici per p e u nel sistema circolatorio, si
verifica che l’energia meccanica associata alla corrente ematica è dovuta sostanzialmente alla sola pressione [27]: i termini di energia cinetica (e quindi
in particolare quelli legati alle perdite localizzate) risultano trascurabili, in assenza di significative alterazioni del lume dei vasi (proprie di situazioni patologiche o dovute a procedure chirurgiche quali il clamping). Supponendo
che il modello tridimensionale non sia deformabile, e rappresenti un tratto di
un grosso vaso in condizioni di riposo (diastoliche), la massima variazione del
diametro del tratto di vaso deformabile rappresentato dal modello 1D raggiungerebbe in sistole valori dell’ordine del 5 − 10%. In questa situazione, l’energia
dissipata da rimescolamenti di corrente può essere considerata trascurabile, e
quindi la [D1] si riconduce alla [D].
Il coefficiente α1 , che compare nell’espressione della pressione totale, è il
primo coefficiente di Coriolis
Z
ρ
u2z uz dσ
2 S
(3.2)
α1 =
ρ
A uz 2 uz
2
e rende conto dell’errore commesso nell’approssimare la potenza cinetica effettiva della corrente sulla generica sezione S tramite la velocità media uz . Ricordando la definizione del secondo coefficiente di Coriolis (2.11) e sapendo
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
41
che [30]
α1 ' 3α2 − 2
si trova che un valore α1 ' 1 è ragionevole nelle simulazioni emodinamiche.
La condizione [E] è conseguenza del ragionamento che ha portato alla formulazione del modello monodimensionale: sulla base delle ipotesi semplificative enunciate nel precedente capitolo e adottando la legge (2.14) per descrivere la meccanica della parete, è sempre possibile formulare i principi di
conservazione per un vaso espansibile come nelle (2.12). In particolare è possibile analizzare il problema fluido attraverso le variabili caratteristiche (2.18)
e si dimostra [29] che le variabili caratteristiche si possono esprimere in funzione dei valori medi, sulle sezioni del vaso, della velocità assiale uz e della
pressione p:
W1,2
r q
q 2
−
p(a ) − pext + β̃0 − β̃0
= uz (a ) ± 2
ρ
−
dove β̃0 è il coefficiente elastico ottenuto nella (2.15). Si procede come se anche
nel dominio Ω3D fosse definito un modello monodimensionale, da accoppiare con quello in Ω1D . In questo modo è possibile interpretare la [E] come la
propagazione, nell’intero dominio Ω3D ∪ Ω1D , dell’“informazione” contenuta nelle variabili caratteristiche. Se il modello 3D non prevede l’espansibilità
della parete, questa condizione di continuità non è valida: in tal caso infatti
il problema non ha più natura iperbolica e quindi non ha senso definirne le
variabili caratteristiche.
È possibile riformulare la [B] (e conseguentemente la [E]) ricordando che
nel modello 1D la pressione media p coincide con lo sforzo normale medio sulla generica sezione, poichè il contributo dei termini viscosi viene considerato
trascurabile. In questa stessa ipotesi si cerca quindi la continuità di
[B1] sforzo normale medio:
σ(a− ) = p(a+ )
dove σ = (T · n · n) e T è il tensore degli sforzi nel fluido (definito nel
capitolo 2.2)
[E1] variabile caratteristica entrante in Ω1D :
r q
p
2
uz (a ) + 2
σ(a− ) − pext + β̃0 − p+ = W1 (a+ )
ρ
−
42
3.1.3 Modelli di interazione per il problema accoppiato
In generale, il problema fluido risolto nel dominio Ω3D richiederebbe condizioni al bordo puntuali su Γa di Neumann (2.7) o di Dirichlet (2.8). Nel problema in esame, tuttavia, si ricerca la continuità all’interfaccia di grandezze
relative a sezioni del dominio e quindi si possono porre come condizioni al
bordo soltanto quantità medie. Con dati di questo tipo, il problema di NavierStokes non è ben posto: si parla di condizioni al bordo deficitarie, che vanno
trattate con opportune tecniche risolutive [31, 32, 33] (vedi sezione 3.2.3).
Se il modello strutturale della parete del vaso in Ω3D è basato su un problema differenziale che abbia come incognita il campo degli spostamenti dei
punti dello spessore (tridimensionale), è ancora necessario fornire condizioni al contorno puntuali sulla superficie di contatto con il fluido. Condizioni
di Dirichlet per il problema meccanico della parete impongono il valore dello
spostamento dei punti sull’interfaccia tra fluido e solido; condizioni di Neumann prescrivono i valori di sforzo normale. Sul contorno di Γa , i cui punti
appartengono anche alla parete del vaso, è possibile assegnare condizioni di
Dirichlet a partire dal valore dell’area (sulla base di opportune ipotesi, tipo la
(3.1)).
Il modello monodimensionale necessita di un’unica condizione al contorno
in corrispondenza della sezione di interfaccia [27, 29]. Ricordando le (2.20),
(2.21), risulta possibile assegnare in corrispondenza di Γa una delle grandezze
seguenti: il valore della variabile caratteristica entrante nel dominio, il valore
della portata, la pressione idrostatica oppure la pressione totale.
Il problema accoppiato deve gestire il dato al bordo sull’interfaccia per il
modello 3D, quello per il modello 1D ed eventualmente il dato al bordo per la
struttura nel dominio Ω3D . È possibile definire differenti modelli di interazione
che consentano di chiudere il problema, imponendo che siano soddisfatte un
opportuno sottoinsieme delle condizioni [A] - [E].
• Modello di interazione 1: condizioni [A], [C], [D]
La condizione [C] ha senso nel caso in cui il problema di interazione
fluido-struttura (ossia il legame tra pressione p ed area A) sia gestito nello
stesso modo nei due domini. In tal caso [D] implica che valga anche [B]
([B1]) e, nell’ipotesi in cui abbia senso definire le variabili caratteristiche
del problema, risulta verificata anche la [E] ([E1]).
Tuttavia è possibile ammettere la discontinuità dell’area, come discusso
nella sezione precedente: il modello di interazione esprime in tal caso la
conservazione dell’energia meccanica nel dominio Ω3D ∪ Ω1D
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
43
• Modello di interazione 2: condizioni [B] (risp. [B1]), [C], [E] (risp. [E1])
[B] ([B1]) e [E] ([E1]) implicano la continuità di u; grazie a [C] ne deriva
anche la continuità di Q, quindi anche [A] è soddisfatta.
La [B] ([B1]) si rivela nella pratica accettabile anche quando non rigorosamente vera, perchè riconducibile alla [D] (nell’ipotesi di contributo
trascurabile dei termini di energia cinetica). L’eventuale non ammissibilità di [C] porta a non garantire neppure la [A] e in tal caso il modello di
interazione 2 non è corretto.
• Modello di interazione 3: condizioni [A], [C], [E] (o [E1])
[A] e [C] implicano la continuità di u; aggiungendo [E] (o [E1]) ne deriva
la continuità di p, quindi anche [B] è soddisfatta.
Entrambi i modelli di interazione 2, 3, implicano che il modello tridimensionale non sia rigido, poichè in caso contrario la [E] ([E1]) non ha significato.
Da questo punto di vista il modello di interazione 1 risulta più adatto per il
problema accoppiato considerato, poichè è in grado di gestire un più ampio
spettro di situazioni. In tutti i modelli la condizione [C] consente di definire
delle condizioni al contorno di Dirichlet per modelli strutturali differenziali
tridimensionale.
3.2 Strategie risolutive
La suddivisione del problema nei due domini Ω3D , Ω1D può essere riformulata matematicamente grazie alla tecnica di decomposizione del dominio
[34]. Se la soluzione esiste per il sistema accoppiato, allora può essere trovata
risolvendo il problema separatamente nei due domini, e utilizzando la soluzione parziale ottenuta in ciascun dominio per calcolare le condizioni al bordo
nell’altro, in una logica iterativa.
Il problema accoppiato va risolto secondo il seguente schema:
1. risolvere il problema fluido-struttura in Ω1D con condizioni al contorno
sull’interfaccia ricavate da una delle condizioni previste dal modello di
interazione scelto e condizioni assorbenti sull’altro estremo del dominio.
2. risolvere il problema fluido-struttura in Ω3D con condizioni al contorno
sull’interfaccia ricavate dalle rimanenti condizioni del modello di interazione e condizioni di Neumann o Dirichlet all’altro estremo del dominio.
Se il problema è matematicamente ben posto in ciascuno dei due domini, è
possibile cercare la soluzione globale come l’insieme delle soluzioni dei due
sottoproblemi, compatibili con le condizioni di interfaccia.
44
3.2.1 Discretizzazione del problema nel dominio tridimensionale
Per la risoluzione numerica delle equazioni di Navier-Stokes si deve ricorrere alla discretizzazione del problema differenziale.
Nelle (2.5), (2.3) la velocità u è incognita di un problema differenziale del
secondo ordine nelle variabili spaziali e del primo ordine nella variabile temporale; la pressione compare attraverso il gradiente spaziale. La soluzione analitica richiede quindi che u e p siano opportunamente derivabili, in particolare
che ∀t ∈ I:
u(t) : Ω → Rd ⇒ u ∈ [C 2 (Ω)]d
p(t) : Ω → R ⇒ p ∈ C 1 (Ω)
La formulazione debole del problema differenziale consente di ridurre
l’ordine di derivazione richiesto alle soluzioni incognite [35]. Nel caso in cui il
modello 3D riproduca un vaso con pareti rigide, a partire dalle (2.5), (2.3), (2.7),
(2.8), moltiplicando ciascun termine della (2.5) per una funzione test v ∈ V ,
ciascun termine della (2.3) per una funzione test q ∈ Q (dove V e Q sono opportuni spazi funzionali) e integrando sul dominio Ω, si ottiene un problema
differenziale in forma integrale [24]:
∀t ∈ I trovare u(t) ∈ Vg e p(t) ∈ Q tali che
 ∂u


, v + a(u, v) + c(u, u, v)+


∂t

Z





+ b(v, p) = (f , v) +
b(u, q) = 0,
ΓN
∀q ∈ Q,
v · te ,
dove
Z
a(u, v) = 2 νD(u) : D(u),
Z Ω
c(w, u, v) = (w · ∇)u · v,
ΩZ
b(u, q) = − q∇ · v
Z Ω
(u, v) =
u·v .
Ω
∀v ∈ V ,
(3.3)
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
45
Il problema (3.3) è formulato in modo da tenere implicitamente in considerazione le condizioni al contorno di Dirichlet: in particolare, u ∈ Vg implica
che sia u|ΓD = g, mentre v ∈ V implica che sia v|ΓD = 0. Per questioni di
simmetria il problema viene riformulato, cercando la soluzione u nello spazio
V (rilevamento).
Le condizioni di Neumann non influenzano invece la scelta dello spazio
funzionale in cui ambientare la formulazione
ma compaiono esplicitaR debole,
e
mente nell’equazione, attraverso il termine ΓN v · t .
Deve ancora valere la condizione iniziale (2.6).
La soluzione del problema esiste nel caso in cui u(t) ∈ Rd con d = 2, 3.
L’unicità si dimostra solo nel caso d = 2 sotto opportune ipotesi sui dati [35].
Una possibile scelta per l’approssimazione numerica del problema di NavierStokes, scritto in forma debole, è il metodo di Galerkin-elementi finiti. Si cerca
una soluzione approssimata (uh , ph ) del problema:
∀t ∈ I trovare uh (t) ∈ Vh e ph (t) ∈ Qh tali che
 ∂u
h


, vh + a(uh , vh ) + c(uh , uh , vh )+


∂t

Z





+ b(vh , ph ) = (fe, vh ) +
b(uh , qh ) = 0,
∀qh ∈ Qh ,
ΓN
vh · t e ,
(3.4)
∀vh ∈ Vh ,
Vh ⊂ V , e Qh ⊂ Q sono spazi funzionali di dimensione finita e fe tiene
conto anche del rilevamento. Data una opportuna discretizzazione spaziale
del dominio, tipicamente Vh è uno spazio di polinomi a tratti di grado γ ≥ 1,
mentre Qh è uno spazio di polinomi a tratti di grado γ − 1. La scelta degli spazi
funzionali in cui ambientare il problema ne influenza la stabilità [35].
Per ottenere la soluzione approssimata in tempo del problema 3.4 si può
ricorrere a schemi risolutivi alle differenze finite [24]: l’intervallo di tempo I
viene suddiviso in intervalli I n = (tn , tn+1 ) (n = 0, . . . , M ) di ampiezza ∆t
costante e la soluzione viene calcolata per ognuno di questi. Lo schema numerico consente di ricavare la soluzione al tempo tn+1 a partire dalla soluzione
all’istante di tempo precedente (unh ,pnh ).
Siano ora
{φi , i = 1, . . . , dim(Vh )},
{ψi , i = 1, . . . , dim(Qh )}
opportune basi degli spazi Vh e Qh , rispettivamente. Si noti come le funzioni
di base non dipendano dal tempo, poichè Vh e Qh sono spazi funzionali fissi. Le funzioni uh e ph , soluzioni del problema approssimato, possono essere
46
espresse come combinazione lineare degli elementi della base dello spazio di
appartenenza:
dim(Qh )
dim(Vh )
uh (t, x) =
X
ui (t)φi (x),
ph (t, x) =
i=1
X
pi (t)ψi (x)
i=1
Le equazioni (3.4), discretizzate in tempo, devono essere soddisfatte per ogni
funzione di base Φi , Ψi : ci si riconduce ad un sistema algebrico a blocchi
nelle incognite (ui , pj ) [35], per il quale sono stati proposti diversi metodi di
soluzione [36, 37].
Si noti, infine, che la soluzione ricavata con il metodo degli elementi finiti di
grado r non coincide, in generale, con la funzione interpolante di grado r della
soluzione nei nodi del dominio discretizzato. Il metodo di Galerkin, infatti,
fornisce una approssimazione della soluzione esatta, in una norma opportuna, ma non coincide necessariamente con essa in corrispondenza dei nodi del
dominio.
Il problema di interazione fluido-struttura
Il problema di interazione fluido-struttura consiste nella ricerca di una soluzione per il problema di accoppiamento tra il modello del fluido e un modello strutturale per la parete.
Le sollecitazioni esercitate dal fluido sulla struttura ne determinano lo spostamento η, attraverso la legge costituitiva della parete; al tempo stesso la posizione della parete determina le condizioni al bordo per il problema fluidodinamico.
La tecnica risolutiva si basa sulla decomposizione del dominio [38]. Ciascuno dei sotto-problemi viene opportunamente discretizzato: in particolare,
il fatto che il dominio fluido si deformi implica la necessità di un modello per
la descrizione del movimento dei punti del dominio. Ad ogni istante di tempo la soluzione globale deve soddisfare contemporaneamente i problemi nei
due domini: le varie strategie risolutive proposte [39, 40] adottano procedure
iterative di calcolo, che risultano molto onerose. Al costo di un certo numero
di iterazioni è possibile ricavare la soluzione (un+1 , pn+1 , ηn+1 ) al tempo tn+1
a partire dalla soluzione al tempo precedente. Ogni iterazione richiede la risoluzione di un problema fluido del tipo (3.4) e di un problema strutturale, di
complessità arbitraria.
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
47
3.2.2 Discretizzazione del problema nel dominio monodimensionale
Seguendo [27], è possibile derivare una discretizzazione del problema (2.17)
applicando uno schema numerico di Taylor-Galerkin del secondo ordine.
Anche in questo caso l’intervallo di tempo I viene suddiviso in istanti I n =
n n+1
(t , t ) (n = 0, . . . , M ) di ampiezza ∆t costante. Il valore approssimato della
soluzione al tempo tn+1 è ottenuto considerando la serie di Taylor troncata al
secondo ordine, scritta per la soluzione al tempo tn .
La discretizzazione spaziale è ottenuta con il metodo di Galerkin-elementi
finiti: ad ogni istante di tempo tn si cerca una soluzione approssimata Uhn ∈
Wh , esprimibile come combinazione lineare della base {ξi , i = 1, . . . , dim(Wh )}
di Wh :
dim(Wh )
X
n
Uh =
Uin ξi (z), n = 0, 1, . . .
i=0
Il dominio monodimensionale (l’intervallo [0, L])
suddiviso in N + 1
PNviene
−1
elementi [zi , zi+1 ], con i = 0, . . . , N e zi+1 zi + hi :
i=0 hi = L, e hi > 0 è la
lunghezza dell’elemento i-esimo. Indicando con Wh lo spazio dei polinomi a
tratti su [zi , zi+1 ], si ottiene Wh = Wh × Wh . Allora la soluzione cercata Uin =
[Ani Qni ] è l’approssimazione del valore di A e Q sui nodi zi della griglia, al
tempo tn .
3.2.3 Condizioni al bordo deficitarie per il problema 3D
Nell’accoppiamento di un modello tridimensionale con uno monodimensionale (nel caso più generale, con un modello ridotto), lo scambio di informazioni all’interfaccia fra i due modelli provvede a fornire le condizioni al bordo
per i problemi differenziali. Tuttavia, il modello ridotto fornisce quantità medie, insufficienti per la buona posizione del problema matematico relativo al
dominio tridimensionale (che necessita di condizioni al bordo puntuali). Per
supplire a tale deficit di informazione sono state proposte varie strategie.
Per quanto riguarda l’imposizione della pressione media, l’approccio seguito in questo lavoro è quello illustrato in [31]: in corrispondenza dell’interfaccia vengono imposte condizioni puntuali di sforzo, che corrispondono alle
condizioni di Neumann implicitamente assunte da una opportuna formulazione debole del problema:
∂u
−pn + ν
∂n
Γa
= −p̄(a+ )n
48
p̄(a+ ) è il valore di pressione media fornito dal modello ridotto e Γa la sezione
di interfaccia. Questo approccio assume quindi che lo sforzo all’interfaccia sia
normale a Γa e costante nello spazio: nel caso in cui il dominio tridimensionale
sia cilindrico, l’assunzione è rigorosamente esatta.
Nel caso di portata imposta, un approccio comunemente utilizzato per le simulazioni emodinamiche consiste nello scegliere a priori un profilo di velocità
(ad esempio parabolico o piatto) da imporre all’interfaccia, ottenendo così una
condizione di Dirichlet: in questo modo, tuttavia, la soluzione viene sensibilmente perturbata dal dato al bordo. La strategia adottata nel presente lavoro è
invece quella basata sui moltiplicatori di Lagrange, proposta in [32] per il caso
lineare (equazioni di Stokes) stazionario ed estesa in [33] al caso non lineare
(equazioni di Navier-Stokes) non stazionario. La condizione di portata viene
ripensata come un vincolo che la soluzione deve rispettare, introducendo un
moltiplicatore di Lagrange λ(t). La formulazione debole aumentata diventa:
 ∂u


, v + a(u, v) + c(u, u, v)+


∂t


Z
Z



e
u · n = (f , v) +
v · te , ∀v ∈ V ,
+ b(v, p) + λ
N
Γ
Γa


b(u,
q)
=
0,
∀q
∈
Q,






 R
u · n = Q(a+ )
Γa
La formulazione aumentata si arricchisce di una incognita λ(t); la condizione
di portata è l’equazione aggiuntiva che consente di chiudere il problema.
3.2.4 Accoppiamento dei problemi discretizzati
Si parte dalla scelta di uno dei modelli di interazione presentati nella sezione 3.1.3 (figura 3.7): le condizioni di continuità associate sono suddivise
opportunamente in due sottoinsiemi (1), (2). Nel caso più generale, una sola
condizione di continuità sarà sfruttata per calcolare il dato al bordo per il problema in Ω1D , due serviranno per il problema in Ω3D (fornendo una condizione
al bordo al fluido ed una alla struttura).
Il problema viene risolto in Ω1D con condizioni al contorno all’interfaccia
tali da soddisfare la condizione di continuità (1).
La nuova soluzione così ottenuta fornisce dei valori all’interfaccia sulla base dei quali calcolare i dati al bordo medi per il problema in Ω3D : devono essere
verificate le condizione di continuità (2).
La soluzione in Ω3D deve ancora soddisfare l’condizione (1): in tal caso il
problema accoppiato è risolto.
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
49
F IGURA 3.7: Schema risolutivo per il problema accoppiato
Tipicamente è necessario ripetere il procedimento per ottenere dei valori
soddisfacenti: se il metodo converge, la stima si avvicina progressivamente al
valore corretto della soluzione globale all’istante tn+1 .
Ne discende la formulazione di un algoritmo iterativo: sia k il contatore del
numero di iterazioni. La soluzione f corrispondente all’istante di tempo tn+1 ,
valutata nella k-esima iterazione, sarà indicata con fkn+1 .
. Nel caso in cui k = 0, la stima
e An+1
), Qn+1
(ηn+1
, pn+1
1. Siano dati un+1
k
k
k
k
k
iniziale coincide con la soluzione all’istante precedente.
un+1
= un
0
pn+1
= pn
0
(ηn+1
= ηn )
0
An+1
= An
0
Qn+1
= Qn
0
2. risolvere il problema fluido-struttura in Ω1D , ottenendo i valori Qn+1
k+1 e
n+1
Ak+1 sull’intero dominio Ω1D : il valore all’interfaccia da imporre come
condizione al contorno è calcolato come funzione di un+1
, pn+1
(ηn+1
)
k
k
k
50
n+1
3. risolvere il problema fluido-struttura in Ω3D , ottenendo i valori un+1
k+1 , pk+1
n+1
(ηk+1 ) sull’intero dominio Ω3D : i valori all’interfaccia da imporre come
condizioni al contorno deficitarie sono calcolati come funzione di Qn+1
k+1 e
n+1
Ak+1
n+1
n+1
n+1
4. se un+1
, pn+1
(ηn+1
) entro una certa
k+1 , pk+1 (ηk+1 ) coincidono con uk
k
k
tolleranza, si pone
un+1 = unk+1
pn+1 = pnk+1
(ηn+1 = ηnk+1 )
An+1 = Ank+1
Qn+1 = Qnk+1
altrimenti k = k + 1 e torna al punto 1
Le proprietà di convergenza del metodo possono essere governate rilassando la soluzione sull’interfaccia [41]: nel punto 2 l’informazione sul dato di
interfaccia viene arricchita dalla conoscenza della storia precedente delle variabili nel dominio Ω1D . Ricordando la (2.21), la condizione al bordo per il
modello 1D diventerebbe:
n+1
n+1
Φ(Uk+1
|z=a ) = q(un+1
, ηn+1
) + (1 − ) Φ(Ukn+1 |z=a )
k , pk
k
Il parametro di rilassamento ∈ [0, 1] pesa il contributo relativo delle variabili del modello 3D rispetto a quelle del modello 1D nella stima del valore
all’interfaccia.
Scegliere valori di prossimi a 0 porta a definire un dato al bordo per il problema 1D “simile” al dato al bordo relativo all’iterazione precedente. Questo
può evitare problemi di non convergenza del metodo risolutivo, poichè l’eccessiva variazione del dato al bordo può provocare instabilità dello schema
numerico utilizzato per l’avanzamento temporale.
D’altra parte, se ad ogni iterazione la soluzione ottenuta nel dominio Ω3D
è una buona approssimazione della soluzione finale, può essere utile porre
→ 1: in tal caso infatti la soluzione nel dominio Ω1D è forzata a “seguire”
quella in Ω3D , e questo può accelerare la convergenza.
3.2.5 Il caso 3D rigido
Nel caso in cui si consideri indeformabile il dominio Ω3D , è necessario fare riferimento al solo modello di interazione 1. Inoltre la continuità dell’area non ha senso, poichè il modello 1D nel caso generale rappresenta un tubo
espansibile.
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
51
Le condizioni al contorno per il problema in Ω1D sono calcolate in base alla
condizione [A] oppure [D] e quindi a partire dai valori di portata o di pressione
totale calcolati in Ω3D (eventualmente rilassati).
Le condizioni al contorno per il problema in Ω3D sono calcolate in base alla
condizione non ancora sfruttata (rispettivamente [D] oppure [A]) e quindi a
partire dai valori di pressione totale o di portata calcolati in Ω1D .
Si possono costruire due diversi algoritmi, a seconda di come vengono
sfruttate le condizioni di continuità.
Algoritmo 1
PSfrag replacements
Q
Ω1D
Ω3D
Pt
F IGURA 3.8: Algoritmo 1: il modello 3D riceve un dato di
pressione totale e ne fornisce uno di portata
In questo caso si assume che il modello 3D riceva un dato di pressione
totale e ne fornisca uno di portata (figura 3.8).
1. Siamo all’istante di tempo n-esimo, k = 0
un+1
= un
0
pn+1
= pn
0
)
in Ω3D
)
in Ω1D
An+1
= An
0
Qn+1
= Qn
0
2. Si impone la continuità della portata sull’interfaccia, con rilassamento
+
n+1 −
Qn+1
(a ) + (1 − ) Qn+1
(a+ )
k+1 (a ) = Qk
k
Il problema 1D è risolto con la condizione al contorno
+
U2,k+1 (tn+1 , a+ ) = Qn+1
k+1 (a )
52
3. La condizione al contorno per il problema 3D è calcolata imponendo la
continuità della pressione totale
+
pn+1
k+1 (a )
n+1 + 2
n+1 + 2
Qk+1 (a )
Qk+1 (a )
1
1
n+1 −
+ ρ
= pk+1 (a ) + ρ
n+1 +
2
2
A(a− )
Ak+1 (a )
dove A(a− ) = A3D è un valore costante.
Ne risultano condizioni di Neumann medie
n+1
−
Tk+1
· n = pn+1
k+1 (a )
4. Il nuovo valore di portata:
−
Qn+1
k+1 (a )
=
Z
Γa
uk+1
k+1 · n dσ
deve ancora soddisfare l’ipotesi di continuità, ovvero deve essere uguale
+
a Qn+1
k+1 (a ).
n+1 +
−
Se il metodo converge, Qn+1
k+1 (a ) = Qk+1 (a ), per k → ∞. Se si considera
n+1 +
−
Qn+1
k+1 (a ) un’approssimazione di Qk+1 (a ), è possibile progettare un test
di arresto per il metodo iterativo, valutando l’errore assoluto e l’errore
relativo di tale approssimazione.
Scelti due valori di tolleranza ζrel e ζass ,
 n+1 −
+
ass
Qk+1 (a ) − Qn+1

k+1 (a ) > ζ


SE
n+1 +
−
Qn+1

k+1 (a ) − Qk+1 (a )

> ζrel

− ), Qn+1 (a+ )}
(a
min{Qn+1
k+1
k+1
k = k + 1 e torna al punto 2.
5. La soluzione all’istante di tempo n + 1 è
)
un+1 = un+1
k+1
in Ω3D
pn+1 = pn+1
k+1
An+1 = An+1
k+1
n+1
Q
= Qn+1
k+1
)
in Ω1D
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
53
PSfrag replacements
Q
Ω3D
Ω1D
Pt
F IGURA 3.9: Algoritmo 2: il modello 3D riceve un dato di portata
e ne fornisce uno di pressione totale
Algoritmo 2
In questo caso si risolve il problema duale rispetto a quello risolto dall’algoritmo 1 (figura 3.9).
1. Siamo all’istante di tempo n-esimo, k = 0
)
n
un+1
=
u
0
in Ω3D
n+1
p0 = p n
An+1
= An
0
Qn+1
= Qn
0
)
in Ω1D
2. Si impone la continuità della pressione totale sull’interfaccia, con rilassamento
+
n+1 −
(a+ )
(a ) + (1 − ) (Pt )n+1
(Pt )n+1
k
k+1 (a ) = (Pt )k
Il problema 1D è risolto con condizioni al contorno del tipo della (2.21),
cioè con U1,k+1 (tn+1 , a+ ), U2,k+1 (tn+1 , a+ ) tali che
+
n+1
pn+1
, a+ ))
k+1 (a ; U1,k+1 (t
1
+ ρ
2
U2,k+1 (tn+1 , a+ )
U1,k+1 (tn+1 , a+ )
2
+
= (Pt )n+1
k+1 (a )
3. Per il problema 3D, si impongono all’interfaccia condizioni di Dirichlet
medie ottenute attraverso il valore di portata: l’ipotesi di continuità è
−
n+1 +
Qn+1
k+1 (a ) = Qk+1 (a )
e quindi
Z
Γa
n+1 −
uk+1
k+1 · n = Qk+1 (a )
54
4. Il nuovo valore di pressione totale
−
1 Qn+1
k+1 (a )
−
n+1 −
ρ
(Pt )n+1
(a
)
=
p
(a
)
+
k+1
k+1
2
A3D
deve ancora soddisfare l’ipotesi di continuità all’interfaccia, ovvero deve
+
essere uguale a (Pt )n+1
k+1 (a ).
Analogamente a quanto visto nell’algoritmo precedente, si progetta un
test di arresto per le iterazioni, valutando l’errore assoluto e l’errore relan+1 −
+
tivo commessi nell’approssimare (Pt )n+1
k+1 (a ) tramite (Pt )k+1 (a )
Scelti due valori di tolleranza ζrel e ζass ,

n+1 +
−
ass
(Pt )n+1

k+1 (a ) − (Pt )k+1 (a ) > ζ


SE
n+1 +
−
(Pt )n+1

k+1 (a ) − (Pt )k+1 (a )

> ζrel

− ), (P )n+1 (a+ )}
min{(Pt )n+1
(a
t
k+1
k+1
k = k + 1 e torna al punto 2
5. La soluzione all’istante di tempo n + 1 è
)
un+1 = un+1
k+1
in Ω3D
pn+1 = pn+1
k+1
An+1 = An+1
k+1
n+1
Q
= Qn+1
k+1
)
in Ω1D
3.3 La soluzione del problema accoppiato
I modelli a parametri concentrati consentono di descrivere in maniera sintetica le caratteristiche fisiche del sistema in esame. Sfruttando l’analogia tra
le reti idrauliche e le reti elettriche è possibile semplificare lo studio del problema accoppiato, ricavandone informazioni sulle proprietà di convergenza e
stabilità.
Ciascun dominio può essere rappresentato come un doppio bipolo elettrico, ovvero una rete con due coppie di morsetti accessibili (figura 3.10). In
questo modo si mettono in evidenza i valori delle variabili di interesse in
corrispondenza delle sezioni di ingresso e di uscita.
Il problema accoppiato può essere studiato sulla base delle ipotesi di continuità esposte nella sezione 3.1.2, così reinterpretate:
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
Q3D
in
3D
Pin
Q3D
out
Ω3D
3D
Pout
(R3D , L3D , C3D )
Q1D
out
Q1D
in
1D
Pin
55
Ω1D
(R1D , L1D , C1D )
1D
Pout
F IGURA 3.10: Modelli a parametri concentrati per il problema accoppiato: ciascun tratto di vaso è rappresentato da
un doppio bipolo
[Ã]
3d
1d
1d
A(Q3d
out , Pout ) = A(Qin , Pin )
[B̃]
3d
1d
Pout
= Pin
[C̃]
1d
Q3d
out = Qin
[D̃]
1d
1d
3d
Pt (Q3d
out , Pout ) = Pt (Qin , Pin )
[Ẽ]
3d
1d
1d
1d
g 3d (Q3d
out , Pout ) = g (Qin , Pin )
I diversi modelli di interazione danno origine a diverse rappresentazioni a
parametri concentrati del problema accoppiato.
3.3.1 Il caso 3D rigido
Come già discusso nella sezione precedente, questo problema va risolto
sulla base del modello di interazione 1. Le due possibili situazioni, affrontate dai due algoritmi esposti, corrispondono ad una diversa modellazione a
parametri concentrati.
Nel caso rappresentato in figura 3.8, il modello 3D fornisce un valore di
portata al modello 1D: Q3d
out è la variabile di stato del problema rappresentato
dal doppio bipolo in Ω3d , e viene utilizzata per calcolare Q1d
in , condizione al
contorno per il problema in Ω1d .
Viceversa, per il modello 3D si ricavano condizioni al bordo in termini di
3d
1d
Pout , grazie all’informazione fornita dalla variabile di stato Pin
del modello 1D.
56
Questa situazione corrisponde all’accoppiamento tra due reti elettriche ad
L (figura 2.4), ciascuna descritta dal sistema di equazioni (2.26).
Il caso duale 3.9 conduce invece ad una rappresentazione del problema
basata su due reti ad L invertita (figura 2.5), e quindi a due sistemi del tipo di
(2.27).
Nel caso di vaso non espansibile (sia per semplicità rappresentato da una
rete ad L), le (2.26) diventano:


 Q2 = Q 1

 L dQ2 + RQ + P = P
2
2
1
dt
Si tratta di una relazione differenziale tra il valore Q di portata nel tubo e
la caduta di pressione ∆P = P1 − P1 ai suoi capi. L’equazione di continuità
implica in questo caso che non sia possibile imporre il valore di portata su entrambe le sezioni di ingresso e di uscita: questo pone dei limiti all’utilizzo dei
modelli di interazione presentati nella sezione precedente, poichè, ad esempio,
nel caso risolto con l’algoritmo 2 il modello 1D fornisce la portata all’interfaccia e quindi condizioni di Dirichlet sulla sezione di ingresso di Ω3 D non sono
ammissibili.
D’altra parte, nel caso in cui si impongano condizioni di Neumann sulla
sezione di ingresso di Ω3D , dato il valore di portata del vaso si ricavano univocamente i valori di pressione sulla sezione di uscita, e viceversa. Essendo
l’area di Γa costante, ne discende che il valore di pressione totale all’interfaccia è determinato univocamente dal valore di portata e lo stesso vale a termini
invertiti.
Il sistema globale si stabilizza quindi in un “punto di lavoro” (Q̂, P̂t ): il
modello 3D consente di determinarne una coordinata, il modello 1D chiude
il problema fissando l’altra. Ne consegue che, a parità di condizioni al bordo
sulle sezioni di ingresso e di uscita del dominio complessivo Ω3D ∪ Ω1D , i due
algoritmi proposti devono recuperare la stessa soluzione globale.
Il ruolo del parametro di rilassamento
In [41] è proposta un’analisi dettagliata del ruolo del parametro di rilassamento in problemi differenziali risolti con la tecnica di decomposizione del
dominio.
A partire da un problema differenziale ambientato in un dominio Ω, viene
elaborata una formulazione “multidominio” individuando due sottodomini
Capitolo 3.
Metodi numerici per l’accoppiamento di modelli eterogenei
57
fr
PS
nts
nts
me
me
e
lac
e
lac
rep
rep
ag
ag
fr
PS
Ω 1D
1
Ω 1D
1
Ω 3D
Ω 3D
Ω 1D
2
Ω 1D
2
3
Ω 1D
(a) Un accoppiamento doppio
(b) Un accoppiamento triplo
F IGURA 3.11: Il problema dell’accoppiamento multiplo per geometrie vascolari realistiche
Ω1 e Ω2 . Il problema di accoppiamento viene ricondotto allo studio delle caratteristiche di un opportuno operatore funzionale T , che dipende dal parametro
di rilassamento .
Risulta in particolare che opportuni valori di possono garantire la convergenza, ed è possibile individuare valori ottimali del parametro, che minimizzano il numero di iterazioni necessarie.
Nei casi numerici presentati nel capitolo successivo viene discusso il ruolo
di , con riferimento ai diversi algoritmi risolutivi utilizzati. Le simulazioni
proposte non hanno richiesto tuttavia lo studio approfondito delle proprietà di convergenza dei metodi di interazione. Il parametro di rilassamento è
stato scelto di caso in caso, sulla base delle prestazioni del codice di calcolo
implementato.
3.4 Accoppiamenti multipli
Il problema di accoppiamento si generalizza senza difficoltà al caso di interfacce multiple tra modelli 3D e 1D.
58
Ω21D
Ω11D
Ω3D
Ω11D
Ω21D
Ω3D
Ω31D
PSfrag replacements
Ω21D
Ω11D
Ω3D
Ω31D
F IGURA 3.12: Il problema degli accoppiamenti multipli si risolve
in maniera ricorsiva
Si consideri ad esempio il caso rappresentato in figura (3.11(a)). È possibile formulare un modello accoppiato ad esempio per il dominio Ω3D ∪ Ω11D :
se il problema è ben posto (ad esempio sulla base dei modelli di interazione
presentati nelle sezioni precedenti), se ne ricava una soluzione globale.
A questo punto si tratta di accoppiare il modello monodimensionale definito su Ω21D con il modello accoppiato definito su Ω3D ∪ Ω11D . Il problema può
essere risolto con i metodi fin qui presentati: si individua la superficie di interfaccia, si formulano delle ipotesi di continuità e si definiscono i modelli di
interazione.
Dal punto di vista del modello tridimensionale, infatti, l’accoppiamento
all’interfaccia non è altro che un modo per completare la definizione delle condizioni al contorno. Il modello accoppiato equivale ad un modello tridimensionale isolato nel quale, in corrispondenza dell’interfaccia, vengano fornite
in ogni istante di tempo le stesse condizioni al bordo calcolate a partire dai
modelli di interazione.
L’accoppiamento multiplo viene quindi affrontato ricorsivamente, per ciascuna superficie di interfaccia (figura 3.12).
Capitolo 4
Risultati
Le strategie risolutive definite nel capitolo precedente sono state impiegate
nella risoluzione di alcuni problemi di accoppiamento. Le simulazioni presentate in questo capitolo sono state realizzate con un codice di calcolo scritto appositamente per gestire l’accoppiamento di due diversi solutori per problemi
differenziali. La prima sezione del capitolo riguarda la libreria LifeV, a partire
dalla quale è stato sviluppato il software utilizzato.
Nella sezione 4.2 è presentato un test numerico, basato sulla soluzione di
un semplice problema di interazione. Sulla base dei risultati, viene valutata
l’efficienza dei diversi algoritmi proposti.
Le sezioni 4.3.1 e 4.3.2 illustrano simulazioni di fenomeni fisici realistici nei
distretti vascolari. Il primo caso riguarda la riflessione delle onde di pressione,
dovuta a discontinuità delle caratteristiche meccaniche della parete del vaso;
nel secondo caso si applica la prospettiva multiscala all’analisi delle condizioni
di flusso ematico nella biforcazione iliaca.
In conclusione, sono riportate alcune indicazioni su possibili sviluppi nella
ricerca di metodi numerici per la modellazione del sistema circolatorio.
4.1 La libreria C++ LifeV
LifeV (http://www.lifev.org) è una implementazione di metodi numerici agli elementi finiti (FE) per la risoluzione di problemi differenziali. Il
progetto è nato nel 2002 dalla collaborazione di tre istituzioni: École Polytechnique Fédérale de Lausanne (CMCS) in Svizzera, Politecnico di Milano (MOX)
in Italia e INRIA (BANG) in Francia ed è attualmente seguito da una comunità
internazionale di sviluppatori. Il software è organizzato in una libreria scritta in linguaggio C++ e distribuita con licenza LGPL (http://www.gnu.org)
per sistemi GNU/Linux, standard UNIX&trade e Cygwin.
59
60
LifeV evolve come supporto alla ricerca nel campo dei metodi matematici
e numerici, ma al tempo stesso si propone come strumento risolutivo in diversi campi applicativi (problemi di dinamica dei fluidi e delle strutture, trasporto di calore, interazione fluido-struttura, trasporto in mezzi porosi). La
libreria dispone di metodi per la manipolazione di griglie per il calcolo numerico (in particolare per griglie deformabili), gestione e implementazione di
elementi finiti, stabilizzazione di problemi di convezione a trasporto dominante, risoluzione di problemi di interazione fluido-struttura e modellazione
multiscala.
4.1.1 Risolvere problemi differenziali con LifeV
Il problema definito dalle (2.3), (2.5), (2.7), (2.8) viene riformulato in forma debole e quindi approssimato [35, 24]. Lo schema numerico implementato in LifeV prevede un metodo di avanzamento in tempo basato sulle differenze finite che porta alla definizione di un problema di Stokes generalizzato
per ogni istante di tempo: per l’approssimazione di quest’ultimo si applica il
metodo di Galerkin ad elementi finiti. Un metodo di fattorizzazione algebrica esatta, basato sullo schema di Chorin-Temam, consente di ridurne il costo
computazionale.
Le equazioni 2.12 vengono discretizzate in LifeV attraverso uno schema di
Taylor-Galerkin del secondo ordine.
4.2 Un caso di riferimento
Formulando opportune ipotesi semplificative, è possibile ottenere una soluzione analitica di riferimento per il problema dell’accoppiamento. In questo
modo si può studiare l’efficacia del metodo risolutivo numerico, confrontandone i risultati con la soluzione esatta.
• Modello 3D:
1. flusso laminare
2. stazionarietà: i profili di velocità siano costanti nel tempo
3. condotto cilindrico a sezione circolare e pareti parallele
4. pareti rigide
In questo caso la soluzione delle (2.3), (2.5) è la seguente (rappresentata
in figura 4.2), dove si indichino con u, v, w rispettivamente la velocità
Capitolo 4.
Risultati
61
Γ1
Γ2
z
PSfrag replacements
z
l
F IGURA 4.1: Il dominio del problema di Navier-Stokes semplificato
assiale, la velocità radiale e la velocità circonferenziale; µ è la viscosità
dinamica, r0 il raggio del tubo e r indica la coordinata radiale [42]:

C 2


(r0 − r 2 )
u=



4µ


v=0






 w=0
(4.1)
Il termine C rappresenta il gradiente di pressione, che è supposto essere
costante: indicando con ∆P la differenza tra la pressione media sulle
sezioni Γ1 e Γ2 (figura 4.1), si ottiene
C=−
∆P
(P2 − P1 )
=−
l
l
dove l è la lunghezza del cilindro.
Ne discende la legge di Poiseuille, che descrive il legame tra portata Q e
perdita di carico ∆P nel condotto:
πr04
Q = −∆P
8µl
• Modello 1D:
1. stazionarietà
62
3
2
1
Z
0
-1
-2
-3
0.4
0.1
-0.2
Y
-0.5
-0.5
-0.3
-0.4
-0.2
-0.1
0.1
0
0.2
0.3
0.4
0.5
X
F IGURA 4.2: Il profilo parabolico di Hagen-Poiseuille su una sezione di Ω ortogonale all’asse. Sull’asse z sono indicati i
valori di velocità assiale
2. fluido inviscido: i termini viscosi siano trascurabili
Le (2.12) diventano in questo caso

∂Q


=0

 ∂z


∂ Q2
A ∂P

 α2
=0
+
∂z A
ρ ∂z
poichè l’ipotesi di stazionarietà annulla le derivate temporali, mentre il coefficiente di frizione è proporzionale alla viscosità del fluido
e quindi è nullo per fluidi perfetti.
Ricordando l’espressione della pressione (2.13) e sviluppando le derivate composte si ottiene
che è risolta quando
A ∂ψ
Q2
− 2α2 3
ρ ∂A
A
∂A
∂z
= 0.
∂A
=0
∂z
Capitolo 4.
Risultati
63
La soluzione delle (2.12) ha in questo caso la forma:
(
b
Q(t, z) = Q
b
A(t, z) = A
b A
b costanti arbitrarie.
con Q,
L’ipotesi di inviscidità è applicata soltanto al modello 1D: questo semplifica
la risoluzione del sistema iperbolico di equazioni ma non riproduce un caso
fisico sensato. Si tratta di un test numerico per verificare che gli algoritmi
presentati siano in grado di risolvere il problema accoppiato.
4.2.1 Soluzione analitica
Si considerano due cilindri Ω3D , Ω1D , entrambi di raggio r0 = 0.5cm e lunghezza l = 5cm. Il fluido ha densità ρ = 1g/cm3 e viscosità cinematica (nel
solo modello 3D) ν = 0.035 poise.
Per il modello 1D si sceglie la relazione (2.14) tra pressione e area della
sezione: per definire il coefficiente β0 si considerano uno spessore della parete
h = 0.05cm, un modulo di Young E = 3 × 106 dyne/cm2 (pari a 3 × 105 P a)e
un coefficiente di Poisson ξ = 0.5. Si tratta di valori ragionevoli per arterie di
medio calibro [27].
Scegliendo per semplicità Q = 1cm3 /s nella (4.2), risulta che la perdita di
8µl
2
carico a cavallo del cilindro Ω3D vale ∆P = − πr
4 = −7.13dyne/cm .
0
Lungo il tubo Ω1D invece l’area della sezione è costante e quindi non ci sono
b = A0 , data la (2.14), la pressione media è nulla su tutte
perdite di carico. Se A
le sezioni.
La soluzione analitica del problema accoppiato è rappresentata in figura
4.3.
4.2.2 Soluzione numerica
Il dominio Ω3D è discretizzato in 4800 tetraedri (figura 4.4); l’intervallo Ω1D
è suddiviso in 50 elementi.
Un test minimale di validazione dei metodi numerici si ottiene richiedendo che il problema approssimato sia soddisfatto dalla soluzione esatta, a meno
dell’errore di troncamento. Se il test è superato, si parla di metodo numerico consistente. Nel caso in esame, se il sistema accoppiato viene inizializzato
correttamente e dotato di opportune condizioni al bordo, deve ammettere la
soluzione costante.
64
8
2
1.8
7
1.6
6
portata (cm 3 /s)
2
pressione (dyne/cm )
1.4
5
4
3
1.2
1
0.8
0.6
2
0.4
1
0
0
0.2
1
2
3
4
5
6
lunghezza (cm)
7
8
(a) Andamento della pressione
9
10
0
0
1
2
3
4
5
6
lunghezza (cm)
7
8
9
10
(b) Andamento della portata
F IGURA 4.3: La soluzione analitica, nel dominio Ω3D ∪ Ω1D , del
caso di riferimento
F IGURA 4.4: La discretizzazione spaziale del dominio Ω3D
Per le equazioni di Navier-Stokes in Ω3D si sceglie come condizione iniziale
C
=
il profilo di velocità (4.1), tale da dare una portata unitaria. Essendo 4µ
−1
2
[cm · s] , per i valori considerati si ottiene
πr 4
0
C
32
=
[cm · s]−1
4µ
π
Per le (2.12) in Ω1D si sceglie il set di condizioni iniziali (t0 = 0s)
Q(t0 , z) = 1cm3 /s
A(t0 , z) = πr02 = 0.7854cm2
Algoritmo 1
Condizioni di Dirichlet medie consentono di imporre il valore di portata
desiderato (Q = 1cm3 /s) sulla sezione di ingresso del dominio Ω3D .
Capitolo 4.
Risultati
65
All’interfaccia, il modello 3D fornisce il valore di portata al modello 1D, e
ne riceve un valore di pressione da imporre come condizione di Neumann.
Sulla sezione di efflusso di Ω1D si impongono condizioni assorbenti.
All’istante di tempo t = 0.001s, il dato di portata sulla sezione di interfaccia
è calcolato a partire dai valori di velocità (4.1), condizioni iniziali per il problema di Navier-Stokes. Per effetto della discretizzazione, il profilo parabolico
non può essere ricostruito esattamente in Ω3D . In particolare, la scelta di funzioni lineari a tratti sul dominio genera una sottostima del valore di portata. Il
modello 1D riceve quindi un valore all’interfaccia Q < 1cm3 /s , diverso dalla
condizione iniziale: questa discontinuità del dato al bordo è percepita come
un segnale non stazionario, che propaga nel dominio.
La perturbazione iniziale sul dato di portata è trascurabile. Il tubo 1D reagisce alla diminuzione della portata con una diminuzione dell’area della sezione
e quindi, data la (2.14), fornisce un valore di pressione negativo all’interfaccia:
il sistema accoppiato si allontana dal “punto di lavoro” desiderato. Tuttavia
le condizioni di Neumann sull’interfaccia alterano soltanto il valore di pressione idrostatica sulla sezione di ingresso di Ω3D : la perdita di carico è imposta (grazie alla legge di Poiseuille), poichè sono noti il valore del flusso e la
resistenza.
Negli istanti di tempo successivi, il valore unitario di portata è imposto
esattamente attraverso le condizioni al contorno di Ω3D : dopo pochi passi
temporali, il sistema accoppiato si assesta sulla soluzione costante.
Il solutore per il problema monodimensionale implementa uno schema di
avanzamento temporale esplicito. Questo impone di rispettare una condizione
di stabilità del tipo [35, 27]:
∆t ≤ f (∆z)
nota come condizione CFL. Nel caso in esame, Ω1D è un intervallo di lunghezza
5cm, suddiviso in 50 elementi: quindi ∆z = 0.1cm. Il problema risulta stabile
per (∆t)1D = 10−4 s.
Il problema di Navier-Stokes è risolto con uno schema di avanzamento
semi-implicito, che rende meno stringenti le condizioni di stabilità: questo
consente di scegliere un valore di (∆t)3D = 10−3 s.
L’utilizzo di passi temporali di diversi ordini di grandezza per i due modelli impone di modificare l’algoritmo per il problema accoppiato. Data la
soluzione al tempo tn , si cerca la soluzione al tempo tn+1 = tn + (∆t)3D . Alla
k-esima iterazione, la soluzione in Ω3D viene ottenuta risolvendo una sola volta il problema di Navier-Stokes; la soluzione in Ω1D invece è calcolata con un
ciclo di sotto-iterazioni, per le quali l’intervallo di tempo sia (∆t)1D . La scelta
di (∆t)3D e (∆t)1D si rivela ragionevole, poichè il costo computazionale di un
66
PSfrag replacements
A
z
Ω1D
Ω3D
Section,time=0.005000
Section,time=0.001000
0.785402
0.7854
0.7854
0.78539
0.78539
A
A
0.78538
0.78538
0.78537
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0.78536
Ω3D
Ω1D
0.78537
Ω3D
Ω1D
0.78535
0.78536
0.785355
0
1
2
z
3
4
5
0
(a) A(t, z), t = 0.001s
1
2
z
3
4
5
(b) A(t, z), t = 0.005s
Section,time=0.025000
Section,time=0.010000
3.285
0.785405
3
0.7854
2
A
A
0.78539
1
0.78538
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
PSfrag replacements
0.78537
Ω3D
Ω1D
0.78536
0.785358
0
−1
−1.715
0
1
2
z
3
4
(c) A(t, z), t = 0.010s
5
0
1
2
z
3
4
(d) A(t, z) = A0 , t = 0.025s
F IGURA 4.5: La soluzione numerica del caso di riferimento nel
dominio Ω1D : andamento temporale dell’area. La
soluzione analitica è ottenuta all’istante t = 0.025s
5
CapitoloPSfrag
4. Risultati
replacements
Q
z
67
Ω1D
Ω3D
Section,time=0.001000
Section,time=0.005000
1.001
1.002
1
Q
Q
1
0.99
0.99
PSfrag replacements
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
Ω3D
Ω1D
0.98
0.9779
0.9806
0
1
2
z
3
4
5
0
(a) Q(t, z), t = 0.001s
1
2
z
3
4
5
(b) Q(t, z), t = 0.005s
Section,time=0.010000
Section,time=0.025000
1.003
3.5
3
1
Q
Q
2
1
0.99
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0
Ω3D
Ω1D
Ω3D
Ω1D
−1
0.9818
−1.5
0
1
2
z
3
4
(c) Q(t, z), t = 0.010s
5
0
1
2
z
3
4
5
(d) Q(t, z) = 1cm3 /s, t = 0.025s
F IGURA 4.6: La soluzione numerica del caso di riferimento nel dominio Ω1D : andamento temporale della portata. La
soluzione analitica è ottenuta all’istante t = 0.025s
68
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
(a) p(t, x), t = 0.025: la caduta di pressione calcolata approssima il valore atteso (∆P =
7.13dyne/cm2), per effetto di errori di arrotondamento
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
(b) u(t, x), t = 0.025: il profilo è parabolico, riproduce la soluzione analitica illustrata in
figura 4.2
F IGURA 4.7: La soluzione numerica del caso di riferimento nel
dominio Ω3D , ottenuta con l’algoritmo 1: valori di
pressione e velocità assiale al tempo t = 0.025s
Capitolo 4.
Risultati
69
passo di avanzamento temporale del problema di Navier-Stokes è comunque
più elevato di quello di alcuni passi temporali del problema 1D.
Il parametro di rilassamento in questo caso non ha effetto sulle proprietà
di convergenza del modello di interazione, poichè, con le condizioni iniziali
indicate, le soluzioni nei due domini soddisfano le condizioni di continuità,
ad ogni istante di tempo, dopo la prima iterazione. D’altra parte, valori del
rilassamento prossimi all’unità consentono di “inseguire” più da vicino il valore di portata corretto (espresso dal modello 3D a partire dal secondo istante
di tempo), riducendo la durata della fase transitoria.
Nelle figure 4.5, 4.6, 4.7 sono riportati i risultati di una simulazione con
parametro di rilassamento = 0.1: la soluzione analitica è recuperata dopo
25ms. Utilizzando = 1 si arriva al valore stazionario dopo 15ms.
I valori di tolleranza scelti, per il test di arresto delle iterazioni, sono ζrel =
5 × 10−2 e ζass = 1 × 10−3 . In questo modo il valore di portata nel dominio Ω1D
è uguale a quello in Ω1D a meno di un errore relativo dell’1%.
70
Algoritmo 2
L’algoritmo 2 si rivela poco efficiente nelle applicazioni, e particolarmente
sensibile alle perturbazioni nei dati al bordo.
Il valore della portata fornito dal modello 1D è imposto come condizione
di Dirichlet media sull’interfaccia per il problema di Navier-Stokes.
Sulla sezione di ingresso di Ω3D viene imposta una condizione di tipo Neumann (2.7): la soluzione analitica corrisponde ad una pressione nulla all’interfaccia, e quindi, conoscendo la perdita di carico grazie alla legge di Poiseuille,
si impone una pressione all’ingresso pari a p = 7.13dyne/cm2 .
Sulla sezione di uscita di Ω1D si impongono condizioni al contorno assorbenti.
Se all’istante di tempo t = 0.001s il tubo Ω3D fornisce un valore di pressione all’interfaccia non rigorosamente nullo (ad esempio per errori di arrotondamento), il modello 1D altera la propria configurazione. Il problema diventa
non stazionario, come nel caso del paragrafo precedente, e cambiano i valori di portata imposti all’interfaccia. Il sistema accoppiato esce dal “punto di
lavoro” desiderato, ed in tal caso la condizione di Neumann imposta sulla sezione di ingresso non è corretta. Infatti, cambiando la portata, cambia anche
la perdita di carico in Ω3D e quindi il valore di pressione all’interfaccia ottenuto risolvendo il problema di Navier-Stokes sarà, in generale, nuovamente non
nullo.
In queste condizioni il problema può diventare fortemente instabile: se la
perturbazione iniziale è significativa, il problema accoppiato può non convergere al punto di lavoro. Il parametro di rilassamento è utile per ridurre l’effetto
delle perturbazioni determinate dallo scambio di dati tra i modelli: piccoli valori di possono consentire di recuperare la convergenza, al costo di un gran
numero di iterazioni.
Nel caso in esame, la perturbazione iniziale è minima, e si ha convergenza
∀ ∈ (0, 1). Tuttavia, la pressione all’interfaccia non è mai rigorosamente nulla (si mantiene su valori dell’ordine dei centesimi di dyne/cm2 ): questo può
essere dovuto ad errori di approssimazione nella risoluzione del problema di
Navier-Stokes. In ogni caso, i valori di pressione ottenuti sono ragionevoli,
cioè “praticamente” nulli.
In queste condizioni, la soluzione numerica del problema accoppiato non
coincide con quella esatta. In particolare, la portata viene sottostimata, con un
errore dell’ordine di 10−3 cm3 /s: per quanto trascurabile, questo dato rivela la
sensibilità del metodo a perturbazioni sui dati al contorno.
Come nel caso studiato nel paragrafo precedente, la discontinuità iniziale
nel dato al bordo dà origine alla propagazione di un’onda nel dominio Ω1D .
Capitolo 4.
Risultati
71
Se si scelgono i valori di tolleranza ζrel = 5 × 10−2 e ζass = 1 × 10−3 , la
soluzione del problema accoppiato richiede delle iterazioni nel primo passo
temporale. Nelle figure 4.8(a) e 4.9(a) è possibile apprezzarne l’effetto: all’istante di tempo t = 0.001s la perturbazione nel dato al bordo è già propagata
nel dominio (a differenza del caso in figure 4.5(a) e 4.6(a).
Valori elevati di tolleranza (ζrel = 5 × 10−1 ) consentono di trovare la soluzione del problema accoppiato senza iterazioni nei passi temporali: tuttavia,
questo non consente di individuare con precisione il punto di lavoro (Q, Pt . Ad
esempio, scegliere ζrel = 5 × 10−1 significa ammettere che il valore di pressione
totale in Ω3D sia uguale a quello in Ω1D a meno di un errore relativo del 50%.
Al contrario, piccoli valori di (ζrel , ζass ) portano a stimare più accuratamente il
punto di lavoro, al costo di un maggior numero di iterazioni.
Per analogia con il caso discusso nel paragrafo precedente, vengono illustrati i risultati ottenuti ponendo = 0.1. Il ruolo del parametro di rilassamento, è allo stesso modo, trascurabile ai fini della convergenza.
72
PSfrag replacements
Ω1D
Ω3D
Section,time=0.001000
Section,time=0.005000
3.285
0.785398
3
1
A
A
2
PSfrag replacements
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
Ω3D
Ω1D
0
−1
0.785397
−1.715
0
1
2
z
3
4
5
0
(a) A(t, z), t = 0.001s
3.285
3
3
2
2
1
1
A
A
Ω3D
Ω1D
z
3
4
5
Section,time=0.075000
3.285
0
2
(b) A(t, z) ' A0 , t = 0.005s
Section,time=0.025000
PSfrag replacements
1
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
−1
−1.715
0
−1
−1.715
0
1
2
z
3
4
(c) A(t, z) ' A0 , t = 0.010
5
0
1
2
z
3
4
(d) A(t, z) ' A0 , t = 0.025
F IGURA 4.8: La soluzione numerica del caso di riferimento nel dominio Ω1D , ottenuta con l’algoritmo 2: andamento
temporale dell’area. La soluzione costante ottenuta
non coincide esattamente con la soluzione analitica
5
Capitolo 4.
Risultati
73
PSfrag replacements
Ω1D
Ω3D
Section,time=0.005000
Section,time=0.001000
0.9998
0.99982
0.99981
0.9998
Q
Q
0.99979
0.99978
0.99977
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0.9997
0.99976
0.99975
Ω3D
Ω1D
Ω3D
Ω1D
0.99974
0.99966
0.99973
0
1
2
z
3
4
5
0
(a) Q(t, z), t = 0.001s
1
2
z
3
4
5
(b) Q(t, z), t = 0.005s
Section,time=0.025000
Section,time=0.075000
0.99986
3.5
3
Q
Q
2
1
0.99985
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0
Ω3D
Ω1D
Ω3D
Ω1D
−1
0.99985
−1.5
0
1
2
z
3
4
(c) Q(t, z), t = 0.010s
5
0
1
2
z
3
4
5
(d) Q(t, z) ' 1cm3 /s, t = 0.025
F IGURA 4.9: La soluzione numerica del caso di riferimento nel
dominio Ω1D , ottenuta con l’algoritmo 2: andamento temporale della portata. La soluzione costante
ottenuta non coincide esattamente con la soluzione
analitica
74
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
(a) p(t, x), t = 0.025: la caduta di pressione calcolata è minore rispetto al caso di figura 4.7
PSfrag replacements
Ω3D
Ω1D
(b) u(t, x), t = 0.025. Il profilo è parabolico, con valori medi della velocità assiale minori
di quelli ottenuti con l’algoritmo 1: il valore di portata è minore
F IGURA 4.10: La soluzione numerica del caso di riferimento nel
dominio Ω3D , ottenuta con l’algoritmo 2: valori di
pressione e velocità assiale al tempo t = 0.025s
Capitolo 4.
Risultati
75
4.3 Alcune applicazioni
Una rete di modelli 1D può consentire di studiare come le onde di pressione generate dal cuore propaghino nell’intero albero aortico, inducendo il
flusso del sangue [43]. I modelli 3D hanno costi computazionali maggiori, e
non sono quindi adatti a simulare sistemi vascolari estesi; tuttavia sono indispensabili per analizzare, in specifici distretti, la localizzazione e l’evoluzione
di fenomeni che possono portare ad insorgenza di patologie [44] o a fallimento
di protesi vascolari [45, 46].
Nel seguito sono illustrati alcuni semplici esempi di utilizzo di modelli accoppiati per la simulazione di specifici fenomeni emodinamici. Dati e geometrie considerati sono ragionevoli se confrontati con i valori presenti nella letteratura medica o bioingegneristica: in questa sede, tuttavia, l’intento è quello
di mostrare come i modelli presentati sappiano riprodurre i fenomeni fisici,
senza discuterne nel dettaglio il significato clinico.
4.3.1 La riflessione delle onde di pressione
Il trattamento chirurgico della stenosi prevede una procedura di angioplastica, cioè la dilatazione forzata del lume vascolare. Per evitare il rischio di
ulteriori ostruzioni, è possibile impiantare uno stent nel sito patologico: si tratta di strutture metalliche tubolari rigide, il cui compito è sostenere la parete.
Questa procedura determina l’alterazione delle caratteristiche meccaniche locali del vaso, i cui valori fisiologici di rigidezza sono inferiori a quelli dello
stent; inoltre possono essere indotte reazioni patologiche nella parete che ne
riducono gradualmente la deformabilità [47].
Lo studio dettagliato dei fenomeni emodinamici locali può consentire di
valutare il rischio di progressione della patologia (se permangano fattori di rischio fluidodinamici) o di fallimento della protesi (sottoposta a sollecitazioni
non previste in sede di progetto). Al tempo stesso è significativo valutare come la presenza di un tratto di vaso patologico influenzi la propagazione delle
onde di pressione: la discontinuità nelle caratteristiche meccaniche della parete può essere responsabile della comparsa di picchi di pressione, a monte
del sito di impianto di stent, dovuti a fenomeni di riflessione d’onda [48]. In
queste condizioni, aumenta il carico di lavoro richiesto al muscolo cardiaco
(soprattutto se i vasi interessati sono di medio o grosso calibro).
La natura multiscala del problema può essere studiata con i modelli accoppiati presentati: il modello tridimensionale riproduce il tratto di vaso in cui è
presente lo stent, mentre i modelli monodimensionali rappresentano le regioni
a monte e a valle.
76
PSfrag replacements
Ω11D
Ω3D
Ω21D
F IGURA 4.11: Modello di un vaso con impianto di stent: il dominio
Ω3D rappresenta il tratto di vaso patologico
Si considera un tratto di vaso cilindrico, di lunghezza l = 25cm e diametro di riferimento d = 1cm (in condizioni diastoliche); uno stent di lunghezza
5cm è impiantato nel tratto centrale (figura 4.11). Si individuano così tre domini: l’onda pressoria entra nel tratto di vaso fisiologico a monte dello stent
(dominio Ω11D ), attraversa il tratto patologico (dominio Ω3D ) e propaga infine
nel tratto di vaso a valle (dominio Ω21D ).
Il dominio Ω3D è studiato con un modello 3D rigido: in questo caso la scelta
è giustificata anche dal fatto che la presenza dello stent riduce effettivamente
la deformabilità del vaso, e l’interazione tra due sistemi fisici con differenti caratteristiche meccaniche è il fenomeno di interesse. Le caratteristiche geometriche e meccaniche dei tratti di vaso fisiologici sono sintetizzati nella seguente
tabella:
Modulo di Young
Spessore della parete
Raggio di riferimento R0
Lunghezza
Ω11D
Ω21D
3 × 105 P a 3 × 105 P a
0.05cm
0.05cm
0.5cm
0.5cm
10cm
10cm
F IGURA 4.12: I dati utilizzati nella simulazione: i valori scelti per
il modulo di Young e lo spessore della parete sono
ragionevoli per un vaso di medio calibro
La soluzione numerica
Il dominio Ω3D è discretizzato in 4800 tetraedri (figura 4.4); Ω11D e Ω21D vengono suddivisi entrambi in 50 elementi. Il problema tridimensionale è risolto con (∆t)3D = 10−3 s, mentre il problema monodimensionale con (∆t)1D =
10−4 s.
In entrambi i domini si sceglie una condizione iniziale che corrisponde ad
Capitolo 4.
Risultati
77
1
0.9
portata (normalizzata)
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
percentuale del ciclo cardiaco (T=0.83s)
0.8
0.9
1
F IGURA 4.13: Andamento temporale della portata, realistico nei
grossi vasi; l’ampiezza è normalizzata al valore
unitario
una portata nulla nel vaso considerato:
u0 = 0
in Ω3D ,
Q=0
A = A0
in Ω11D , Ω21D
La condizione al bordo, sulla sezione di ingresso del dominio Ω11D , è un
dato di portata Q(t) che riproduce un andamento fisiologico nel periodo cardiaco (figura 4.13). Il valore di picco scelto è Qmax = 25cm3 , che corrisponde
b = 10cm3 = 600ml/min; il dato di portata ed il
ad una portata media di circa Q
calibro considerato (1cm) sono ragionevoli per un vaso di medio calibro come
l’arteria iliaca esterna, che può essere sede di fenomeni patologici di stenosi ed
è trattato con impianto di stent [49, 50].
Sulla sezione di uscita del domino Ω21D si impongono condizioni al contorno assorbenti.
In corrispondenza di rapide variazioni del segnale di portata, il modello
accoppiato descrive il fenomeno delle riflessioni d’onda. La presenza del tubo
rigido impone un “punto di lavoro” (Q, Pt ) al tubo deformabile in corrispondenza dell’interfaccia: i valori di area e portata sono diversi quelli che sarebbero determinati dalla propagazione senza soluzione di continuità dell’onda
di portata.
In questa situazione, il modello 3D impone un segnale al modello 1D, che si
trasmette nel dominio Ω11D dalla sezione di interfaccia verso quella di ingresso:
è possibile quindi che si abbiano sovrapposizioni tra l’onda pressoria associata
PSfrag replacements
78
Ω11D
A
z
Ω21D
Ω3D
Section,time=0.130000
Section,time=0.120000
0.8433
0.84
0.84
0.83
PSfrag replacements
A
A
0.83
PSfrag replacements
0.82
Ω3D
Ω11D
Ω21D
0.82
Ω3D
Ω11D
Ω21D
0.81
0.81
0.8044
0
10
z
20
25
0
(a) A(t, z), t = 0.120s
z
20
25
(b) A(t, z), t = 0.130s
Section,time=0.140000
Section,time=0.150100
0.8433
0.8422
0.84
0.84
A
A
10
0.83
PSfrag replacements
PSfrag replacements
Ω3D
Ω11D
Ω21D
Ω3D
Ω11D
Ω21D
0.82
0.816
0.83
0.8229
0
10
z
20
(c) A(t, z), t = 0.140s
25
0
10
z
20
(d) A(t, z), t = 0.150s
F IGURA 4.14: Propagazione dell’onda di pressione in un vaso senza soluzione di continuità: nel modello 1D il valore di pressione media sulle sezioni è legato alla
variazione dell’area (equazione (2.15))
25
Capitolo 4.
Risultati
79
Section,time=0.160100
Section,time=0.170100
0.841
0.8394
0.839
0.84
0.838
0.837
0.836
A
A
0.835
0.834
0.833
0.832
0.831
0.83
0.83
0.829
0
10
20
25
0
10
z
20
25
z
(e) A(t, z), t = 0.160s
(f) A(t, z), t = 0.170s
Section,time=0.190100
Section,time=0.180100
0.8356
0.8375
A
A
0.83
0.83
0.82
0.823
0.8168
0
10
20
z
(g) A(t, z), t = 0.180s
25
0
10
20
z
(h) A(t, z), t = 0.190s
F IGURA 4.14: Propagazione dell’onda di pressione in un vaso senza soluzione di continuità: nel modello 1D il valore di pressione media sulle sezioni è legato alla
variazione dell’area (equazione (2.15))
25
PSfrag replacements
A
z
80
Ω11D
Ω21D
Ω3D
Section,time=0.120000
Section,time=0.120000
0.8239
0.8485
PSfrag replacements
A
A
0.82
PSfrag replacements
0.84
Ω3D
Ω11D
Ω21D
Ω3D
Ω11D
Ω21D
0.81
0.8333
0.809
0
z
10
0
(a) A(t, z) in Ω11D , t = 0.120s
z
10
(b) A(t, z) in Ω21D , t = 0.120s
Section,time=0.130000
Section,time=0.130000
0.8305
0.83
0.8517
A
A
0.85
PSfrag replacements
PSfrag replacements
Ω3D
Ω11D
Ω21D
Ω3D
Ω11D
Ω21D
0.8409
0.82
0.8151
0
z
(c) A(t, z) in Ω11D , t = 0.130s
10
0
z
10
(d) A(t, z) in Ω21D , t = 0.130s
F IGURA 4.15: Propagazione dell’onda di pressione in un vaso
con impianto di stent: le immagini sulla colonna
di sinistra rappresentano il tratto di vaso a monte dello stent, mentre quelle sulla colonna di destra
rappresentano il tratto di vaso a valle
Capitolo 4.
Risultati
81
Section,time=0.140000
Section,time=0.140000
0.8514
0.8374
0.851
A
A
0.85
0.83
0.849
0.848
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0.847
0.8468
0.8211
0
z
10
0
(e) A(t, z) in Ω11D , t = 0.140s
z
10
(f) A(t, z) in Ω21D , t = 0.140s
Section,time=0.150000
Section,time=0.150000
0.851
0.8417
0.84
A
A
0.85
0.849
0.83
0.848
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0.8474
0.8273
0
z
10
(g) A(t, z) in Ω11D , t = 0.150s
0
z
10
(h) A(t, z) in Ω21D , t = 0.150s
F IGURA 4.15: Propagazione dell’onda di pressione in un vaso
con impianto di stent: le immagini sulla colonna
di sinistra rappresentano il tratto di vaso a monte dello stent, mentre quelle sulla colonna di destra
rappresentano il tratto di vaso a valle
82
Section,time=0.160000
Section,time=0.160000
0.8462
0.843
0.842
0.846
0.841
A
A
0.84
0.839
0.838
0.837
0.836
0.845
PSfrag replacements
PSfrag replacements
0.835
0.834
0.8447
0
z
10
0
(i) A(t, z) in Ω11D , t = 0.160s
z
10
(j) A(t, z) in Ω21D , t = 0.160s
Section,time=0.170000
Section,time=0.170000
0.8407
0.842
0.84
0.841
A
A
0.839
0.838
0.84
0.837
0.839
PSfrag replacements
0.836
PSfrag replacements
0.8352
0.838
0.83772
0
z
10
(k) A(t, z) in Ω11D , t = 0.170s
0
z
10
(l) A(t, z) in Ω21D , t = 0.170s
F IGURA 4.15: Propagazione dell’onda di pressione in un vaso
con impianto di stent: le immagini sulla colonna
di sinistra rappresentano il tratto di vaso a monte dello stent, mentre quelle sulla colonna di destra
rappresentano il tratto di vaso a valle
Capitolo 4.
Risultati
83
Section,time=0.180000
Section,time=0.180000
0.8346
0.8398
0.8397
0.8396
0.83
A
A
0.8395
0.8394
0.8393
0.8392
0.8391
PSfrag replacements
0.839
PSfrag replacements
0.8389
0.8245
0.83886
0
z
10
0
(m) A(t, z) in Ω11D , t = 0.180s
z
10
(n) A(t, z) in Ω21D , t = 0.180s
Section,time=0.190000
Section,time=0.190000
0.838
0.824
0.823
0.837
0.822
0.821
A
A
0.836
0.82
0.819
0.835
0.818
0.817
PSfrag replacements
0.834
PSfrag replacements
0.816
0.833
0.815
0
z
10
(o) A(t, z) in Ω11D , t = 0.190s
0
z
10
(p) A(t, z) in Ω21D , t = 0.190s
F IGURA 4.15: Propagazione dell’onda di pressione in un vaso
con impianto di stent: le immagini sulla colonna
di sinistra rappresentano il tratto di vaso a monte dello stent, mentre quelle sulla colonna di destra
rappresentano il tratto di vaso a valle
84
PSfrag replacements
Ω11D
Ω3D
Ω21D
PSfrag replacements
Ω3D
Ω11D
Ω21D
(a) p(t, x), t = 0.160
PSfrag replacements
Ω3D
Ω11D
Ω21D
(b) u(t, x), t = 0.160
F IGURA 4.16: Condizioni emodinamiche all’istante di picco sistolico nel tratto di vaso con impianto di stent
Capitolo 4.
Risultati
85
al flusso fisiologico del sangue e quella determinata dalla presenza dello stent
rigido.
In particolare, si è considerata la propagazione del valore di picco sistolico
della pressione. Se il vaso è in condizioni fisiologiche, cioè non ha soluzioni
di continuità nelle caratteristiche meccaniche e geometriche, può essere rappresentato da un unico modello monodimensionale (figura 4.14). In tal caso il
segnale di pressione propaga dalla sezione di ingresso verso quella di uscita,
senza alterazioni morfologiche.
In figura 4.15 è illustrato il comportamento del vaso in presenza dello stent.
L’irrigidimento del tratto Ω3D determina un’aumento medio dei valori di pressione durante il ciclo cardiaco: si trova che nel caso patologico la pressione in
Ω11D aumenta mediamente dell’8 − 10% nel ciclo cardiaco. Ad esempio, all’istante t = 0.120s, prima del raggiungimento del valore di picco sistolico, si
nota che il valore dell’area sulla sezione di ingresso di Ω11D (figura 4.15(a)) è
maggiore rispetto al caso fisiologico (figura 4.14(a)).
Sulla sezione di ingresso di Ω11D il valore di picco sistolico della pressione
è assunto al tempo t = 0.130s (figure 4.14(b), 4.15(c)): il segnale propaga e
raggiunge la sezione di interfaccia con Ω3D nell’istante di tempo t = 0.160s
(figure 4.14(e), 4.15(i)). La riflessione dell’onda di pressione è responsabile
della persistenza di alti valori di pressione nel tratto di vaso a monte dello
stent, in tutto l’intervallo di tempo t = 0.130 − 0.160s (figure 4.15(c)- 4.15(i)).
Nel tratto di vaso fisiologico a valle dello stent, la propagazione dell’onda di pressione non è disturbata dai fenomeni di riflessione a monte. Si nota
tuttavia che la presenza del tratto di vaso rigido Ω3D aumenta la velocità di
trasmissione del dato di pressione: il valore di picco sistolico è raggiunto nel
caso patologico a t = 0.160s (figura 4.15(j)), anzichè a t = 0.170c come nel caso
fisiologico (figura 4.14(e)).
Il modello tridimensionale consente di visualizzare nel dettaglio le caratteristiche emodinamiche nel vaso in corrispondenza dello stent. In questo caso,
la geometria vascolare riprodotta è molto semplice, e le informazioni che si
ricavano non sono di particolare interesse clinico. La figura 4.16 rappresenta
i valori di velocità e pressione in Ω3D , in corrispondenza dell’istante di tempo
t = 0.160s, in cui si raggiungono i valori di picco sistolico.
86
4.3.2 Fluidodinamica nelle biforcazioni
I distretti in cui un’arteria madre si biforca in due arterie figlie sono tipicamente sede di fenomeni di interesse biologico: la configurazione geometrica
della biforcazione determina condizioni di flusso e regimi di sollecitazione sulla parete che possono essere correlate con l’insorgenza di patologie vascolari
[3].
La fluidodinamica nelle biforcazioni dipende dalle caratteristiche meccaniche delle arterie. Se la parete dei vasi figli è modificata da fenomeni di ispessimento o irrigidimento, risulta meno deformabile: a parità di portata, aumentano localmente i valori di pressione del sangue. Di conseguenza, per garantire
una perfusione fisiologica dei distretti a valle, sono necessari valori di pressione più elevati: in definitiva, aumenta il lavoro richiesto al muscolo cardiaco
(soprattutto se i vasi sono interessati da portate ematiche significative).
L’alterazione delle caratteristiche meccaniche può coinvolgere in maniera
prevalente uno solo dei vasi figli. In queste condizioni la pressione tende ad
innalzarsi localmente, in corrispondenza dei tratti di vaso meno deformabili, e
la distribuzione del flusso tra i due rami della biforcazione cambia. La portata
nel ramo fisiologico è maggiore, e cambiano le caratteristiche emodinamiche
locali.
I fenomeni illustrati possono essere studiati con una prospettiva multiscala: l’irrigidimento dei vasi figli può essere simulato da modelli monodimensionali opportunamente tarati, mentre i modelli tridimensionali consentono di
analizzare le alterazioni alle caratteristiche emodinamiche dovute all’accoppiamento.
La biforcazione iliaca
Una geometria reale della biforcazione è stata ricostruita a partire da dati di
tomografia computerizzata: il software Mimics ha consentito di ottenere la descrizione del volume di interesse per mezzo di semplici entità geometriche, a
partire dalle quali è stato creato un modello tridimensionale in ambiente CAD
Rhinoceros. Infine, il software Gambit ha consentito di disegnare la griglia di
discretizzazione del dominio Ω3d (figura 4.17(a)). Il dominio Ω3d rappresenta l’ultimo tratto di aorta addominale, la biforcazione e l’inizio delle arterie
iliache comuni. I domini Ω11d e Ω21d rappresentano una porzione dell’albero artierioso a valle della biforcazione, che comprende le arterie iliache esterne e le
femorali superficiali (figura 4.17(b)). Per semplicità, si assume che le caratteristiche geometriche e meccaniche si mantengano omogenee in tutti i distretti
considerati: in questo modo, ciascuno dei domini monodimensionali può essere descritto da un unico modello, senza soluzioni di continuità. Le caratte-
Capitolo 4.
Risultati
87
Ω3D
PSfrag replacements
PSfrag replacements
Ω3D
Ω11D
Ω21D
(a) Il dominio computazionale tridimensionale (18527 tetraedri)
Ω11D
Ω21D
(b) Lo schema di accoppiamento utilizzato
F IGURA 4.17: Il modello accoppiato per la biforcazione iliaca
ristiche meccaniche e geometriche considerate fisiologiche nella simulazione
sono indicate nella tabella seguente:
Modulo di Young
Spessore della parete
Raggio di riferimento R0
Lunghezza
Ω11D
Ω21D
6.18 × 107 P a 6.18 × 107 P a
0.18cm
0.18cm
0.92cm
0.85cm
60cm
60cm
F IGURA 4.18: I dati utilizzati nella simulazione: i valori scelti per
il modulo di Young e lo spessore della parete sono
fisiologici per l’arteria femorale superficiale [51]
In corrispondenza della sezione di ingresso di Ω3d è stato imposto un valore di portata Q(t) realistico, il cui andamento temporale è illustrato in figura
b = 20cm3 /s = 1200ml/min) è ragionevole per
4.13. Il valore medio imposto (Q
l’aorta addominale di un adulto sano, in condizioni di riposo.
La presenza dei distretti vascolari a valle, rappresentati dai modelli monodimensionali, viene correttamente percepita dal modello tridimensionale: il
valore di pressione sulla sezione di ingresso si assesta su un ordine di grandezza ragionevole (valore di picco sistolico psist ' 70mmHg), ma sottostima del
88
110
β1=0.5
β1=1
100
90
pressione (mmHg)
80
70
60
50
40
30
20
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
percentuale del ciclo cardiaco (T=0.83s)
0.8
0.9
1
F IGURA 4.19: Andamento del valore di pressione sulla sezione di
ingresso del dominio Ω3D (aorta addominale). Modificando la legge costitutiva della parete vascolare,
utilizzata nei modelli 1D a valle, si ottengono valori
prossimi a quelli fisiologici [1]
30 % il valore fisiologico (che è di almeno 100mmHg [1]). L’errore commesso
va attribuito ad una inadeguata riproduzione delle caratteristiche meccaniche
della parete dei vasi: nel modello 1D si è scelta una relazione tra area e pressione propria dei solidi elastici lineari (la (2.15), con β̃0 opportuno), che trascura
la natura viscoelastica della struttura. Si è notato tuttavia che modificando il
valore del parametro β̃1 nella (2.15) si possono ottenere valori fisiologicamente
più realistici (figura 4.19). Una trattazione approfondita dei modelli matematici per la parete vascolare esula dagli scopi di questo lavoro: per una analisi
del ruolo di β̃1 si rimanda ad esempio a [52].
Il modello accoppiato descrive bene la suddivisione della portata nei due
rami della biforcazione: nel caso fisiologico, in ciascuno dei domini Ω11d e Ω21d
entra circa la metà della portata imposta all’ingresso di Ω3d (figure 4.20(a)
4.20(b)), pari ad un valore Q1 ' Q2 ' 10cm3 /s (in accordo con misure sperimentali, [53]). I valori di portata non sono esattamente uguali, poichè la geometria della biforcazione è ricostruita con una certa approssimazione (dovuta
al processo di acquisizione dei dati di CT e alla successiva elaborazione): per
questo motivo i due rami di Ω3d non hanno le stesse dimensioni. In particolare, è differente il raggio sulle sezioni di interfaccia (vedi tabella 4.12), e questo
giustifica una distribuzione asimmetrica del flusso ematico.
L’effetto dell’irrigidimento di una arteria nel distretto a valle della biforcazione è stato studiato modificando i valori del modulo di Young e dello spessore della parete nel modello monodimensionale corrispondente: ipotizzando
che l’arteria iliaca di destra sia interessata da una alterazione delle proprie-
Capitolo 4.
Risultati
89
30
100
arteria iliaca destra
arteria iliaca sinistra
arteria iliaca destra
arteria iliaca sinistra
90
percentuale della portata (%)
80
20
3
portata (cm /s)
25
15
10
70
60
50
40
30
20
10
5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
percentuale del ciclo cardiaco (T=0.83s)
0.8
0.9
(a) Valori assoluti delle portate nei
due rami della biforcazione
1
0
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
percentuale del ciclo cardiaco (T=0.83s)
0.8
0.9
1
(b) Le portate nei due rami della biforcazione, normalizzate al valore di
portata in aorta addominale
F IGURA 4.20: La suddivisione del flusso ematico tra i due rami
della biforcazione. Ciascuna delle arterie iliache comuni riceve circa la metà della portata dell’aorta
addominale
tà strutturali in un tratto prossimale di 5cm di lunghezza, i dati vanno così
modificati:
Modulo di Young
Spessore della parete
Ω11D (tratto prossimale)
10.6 × 107 P a
0.23cm
Ω21D
6.18 × 107 P a
0.18cm
F IGURA 4.21: I dati utilizzati nella simulazione: l’arteria iliaca di
destra è più spessa e più rigida nel tratto iniziale
(valori tratti da [51])
In queste condizioni, la portata in Ω11D si riduce del 15% circa (figure 4.22(a),
4.22(b)), mentre la portata in Ω21D aumenta (figure 4.23(a), 4.23(b)). Inoltre la
presenza del’irrigidimento nell’arteria iliaca causa un aumento del 19% circa
nella pressione in aorta (figure 4.24(a), 4.24(b))
4.4 Prospettive
La modellazione multiscala di vasti distretti del sistema circolatorio richiede lo sfruttamento di reti di modelli locali e sistemici, che consentano di ripro-
90
92
30
caso fisiologico
caso patologico
91
9
rapporto tra le portate (%)
20
3
portata (cm /s)
25
15
89
88
87
86
85
84
10
83
5
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
percentuale del periodo cardiaco (T=0.83s)
0.9
82
0
1
(a) Valori assoluti della portata nell’arteria iliaca comune di destra (caso
fisiologico e caso patologico)
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
percentuale del periodo cardiaco (T=0.83s)
0.9
1
(b) Rapporto tra le portate nell’arteria iliaca comune di destra
Qpatologica /Qf isiologica
F IGURA 4.22: Effetto dell’irrigidimento dell’arteria iliaca comune
di destra: diminuisce la portata nell’iliaca di destra
26
caso fisiologico
caso patologico
24
22
rapporto tra le portate (%)
18
3
portata (cm /s)
20
16
14
12
120
115
10
8
6
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
percentuale del periodo cardiaco (T=0.83s)
0.9
(a) Valori assoluti della portata nell’arteria iliaca comune di sinistra (caso
fisiologico e caso patologico)
1
110
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
percentuale del periodo cardiaco (T=0.83s)
0.9
(b) Rapporto tra le portate nell’arteria iliaca comune di sinistra
Qpatologica /Qf isiologica
F IGURA 4.23: Effetto dell’irrigidimento dell’arteria iliaca comune
di destra: aumenta la portata nell’iliaca di sinistra
1
Capitolo 4.
Risultati
91
80
130
caso fisiologico
caso patologico
70
rapporto tra le pressioni (%)
125
pressione (mmHg)
60
50
40
115
110
30
20
0
120
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
percentuale del periodo cardiaco (T=0.83s)
0.9
(a) Valori assoluti della pressione nell’aorta addominale (caso fisiologico e
caso patologico)
1
105
0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
percentuale del periodo cardiaco (T=0.83s)
0.9
1
(b) Rapporto tra le pressioni nell’aorta
addominale Ppatologica /Pf isiologica
F IGURA 4.24: Effetto dell’irrigidimento dell’arteria iliaca comune
di destra: aumenta la pressione in aorta addominale
durre le articolazioni anatomiche delle strutture vascolari di interesse.
A questo scopo, occorre definire metodi numerici efficienti e flessibili per
la gestione di configurazioni di accoppiamento multiple o ibride (ad esempio,
un modello accoppiato multiplo 1D-3D-1D inserito in un circuito vascolare
descritto da modelli a parametri concentrati).
Lo studio dei singoli problemi di interazione va integrato nell’ottica complessiva della simulazione efficace e realistica del sistema circolatorio.
In questa direzione si muove anche l’estensione delle strategie di accoppiamento descritte in questo lavoro al caso in cui i modelli tridimensionali
riproducano la deformabilità della parete: in tal caso, l’utilizzo coordinato di
modelli 3D deformabili e 1D deformabili può consentire la descrizione accurata dei fenomeni di interazione fluido struttura. Infatti, in un’ottica multiscala,
la propagazione delle onde pressorie nell’albero arterioso potrebbe essere studiata senza soluzione di continuità nel modello globale e in quello locale, considerando il dettaglio fluididinamico in distretti di caratteristiche meccaniche e
geometriche realistiche.
92
Ringraziamenti
All’inizio di questo lavoro ero alla ricerca di un “maestro di bottega”, che
mi guidasse lungo i sentieri (così aspri!) del calcolo scientifico e della modellistica numerica. Lavorando alla tesi ho poi scoperto che il modo migliore per
trovare la propria direzione è camminare al fianco di persone appassionate e
competenti.
Per questo voglio ringraziare in modo particolare Alessandro Veneziani,
“compagno di strada” prima ancora che guida, che mi ha spesso indicato
la via più agevole per superare i valichi più impegnativi. Il suo infaticabile
entusiasmo è stato ogni giorno per me uno stimolo prezioso.
Christian Vergara mi ha seguito con pazienza e disponibilità in tutte le fasi
del mio lavoro. Lavorando con lui ho apprezzato il valore della disciplina,
una autentica risorsa quando i risultati sembrano non quadrare. A lui devo la
soddisfazione delle mie prime simulazioni funzionanti.
Al MOX ho trovato un ambiente quasi familiare, che ha reso più piacevole
il mio cammino. Ringrazio tutti gli amici conosciuti in questi mesi, a partire
dai “colleghi” del laboratorio.
Un pensiero particolare va al “multiscale staff”: le discussioni 3D-1D con
Alexandra “Xila” Moura hanno gettato semi i cui frutti ho puntualmente raccolto; Vincent Martin mi ha insegnato a stare a galla nel vasto e ondoso mare
delle equazioni differenziali iperboliche.
Non può mancare in questa sede il ricordo di chi mi ha accompagnato fino
ai piedi della vetta. Le amicizie impreziosiscono di ricordi indelebili le tappe
del cammino: sono felice di portare con me l’affetto di tante persone conosciute
strada facendo.
Ringrazio per primi i miei coinquilini: grazie a loro Milano è stata anche
un focolare domestico. Ringrazio i compagni di corso, che hanno condiviso
con me la bohème universitaria. Ringrazio gli amici di vecchia data, che hanno
posto le fondamenta della mia personalità.
Rivolgo un ringraziamento speciale a Patricia, che mi ha insegnato a cerca-
94
re l’anima nascosta tra le parole di un testo.
La mia famiglia è il cuore pulsante della mia vita. Ai miei genitori va la
mia gratitudine per la solidità dell’amore che mi hanno sempre dimostrato.
Per questo, e perchè sono un punto di riferimento in ogni circostanza, dedico
a loro questo lavoro.
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Finito di stampare il 31 marzo 2005 utilizzando LATEX 2ε