UFO Story

Transcription

UFO Story
UFO Story
dall’architettura radicale al design globale
Archivio Lapo Binazzi - UFO, Firenze
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato
UFO Story
dall’architettura radicale al design globale
UFO Story
dall’architettura radicale al design globale
Archivio Lapo Binazzi - UFO / Firenze
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci / Prato
Centro per l’arte Contemporanea luigi peCCi
prAto
Soci fondatori
Comune di Prato
Unione Industriale Pratese
Cassa di Risparmio di Prato
museo associato
presidente
Roberto Cenni
consiglio direttivo
Roberto Badiani
Elena Pecci Cangioli
Albini & Pitigliani Spa; Arci; Arpel-Manifattura Pellicce
Artificiali Spa; Banca Mercantile, Firenze; Bartolomei & Manetti Luca Tassi
Spa; Consorzio Pratotrade; E.T.S. Spa; Fibretex Sas di O. de
Renzis Sonnino & C.; Galleria d’Arte Moderna Farsetti Snc; Galli collegio Sindaci revisori
Spa; Geas Assicurazioni Spa; Gommatex Jersey Spa; Imex Lane Luca Ciardi, Presidente
Stefano Barni
Spa; Lanificio Mario Bellucci Spa; Lanificio Cangioli di Carlo
Riccardo Narducci
Cangioli & C. Sas; Lanificio Ciatti e Baroncelli Spa; Lanificio
Martin Spa; Lanificio T.O. Nesi & Figli Spa; Lanificio dell’Olivo;
Lavatura e Pettinatura Lane Spa; Lineapiù Spa; Mariplast Spa; comitato scientifico
Finanziaria Ernesto Breda, Milano; Mnemo Computers, Firenze; Carlo Sisi, Presidente
Maria Grazia Messina
Monte dei Paschi di Siena; E. Pecci & C. Sas; Snia Fibre Spa;
Giacinto Di Pietrantonio
Tessilfibre Spa; Toscana Infissi
Fabrizio Baldini; Stefano Balestri; Luigia Benelli; Loriano
Bertini; Arnolfo Biagioli; Bruno Bigagli; Marco Bigagli; Gianna
Briganti; Caroline Burton; Edo Cafissi; Luigia Canovai Sbraci;
Pier Giuseppe Carini; Sergio Chiostri; Luciana Chiostri Corsi;
Ornella Dolci Franchi; Elda Franchi Pecci; Mauro Giovannelli;
Alessandro Gori; Claudio Gori; Giuliano Gori; Foresto Guarducci;
Giannetto Guarducci; Nicoletta Kellner Ongaro Pecci; Romano
Lenzi; Antonio Lucchesi; Giuliano Magni; Franco Mantellassi;
Massimo Marchi; Anna Marchi Mazzini; Fiorenzo Narducci;
Alessandra Pandolfini Marchi; Piera Panzeri; Alberto Pecci;
Elena Pecci Cangioli; Enrico Pecci; Giovanna Pecci; Laura Pecci;
Adriana Pecci Querci; Margherita Pecci Querci; Piero Picchi;
Enrica Pieri Querci; Anna Querci; Maurizio Querci; Sergio Querci;
Tebaldo Raffaelli; Anna Rasponi Dalle Teste; Alberto Risaliti;
Giuseppe Risaliti; Fosco Rosi; Daniela Salvadori Guidi; Roberto
Sarti; Riccardo Tempestini; Luciano Toti
Soci onorari
Consiag Spa
Carlo Alberto Palli
Marco Romagnoli
Paolo Targetti
UFO StorY
dALL’ArchitettUrA rAdicALe AL deSign gLoBALe
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Prato, 30 settembre 2012 - 3 febbraio 2013
progetto speciale del
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato
in collaborazione con
Archivio Lapo Binazzi - UFO, Firenze
testi
Stefano Pezzato
Emanuele Piccardo
Amit Wolf
testi di repertorio
promosso da
Regione Toscana, Comune di Prato
Lapo Binazzi - UFO
Gillo Dorfles
Tommaso Trini
mostra e volume a cura di
Stefano Pezzato
immagini d’archivio
coordinamento mostra e allestimento
Antonio Bindi, Raffaele Di Vaia
ricerche d’archivio
Barbara Saura
UFO: Carlo Bachi, Lapo Binazzi, Patrizia Cammeo,
Riccardo Foresi, Vittorio Maschietto
crediti fotografici
Carlo Bachi, cover
Carlo Fei, pp. 6-268-269-290-291-294/295
Antonio Sferlazzo, pp. 251-273/275
Per i crediti non identificati
si fa riferimento all’Archivio Lapo Binazzi - UFO, Firenze
direttore artistico
Marco Bazzini
Segreteria organizzativa
Donatella Sermattei
direttore amministrativo
Elisabetta Dimundo
Ufficio stampa e comunicazione
Silvia Bacci, Ivan Aiazzi
Fabiana Bonucci Studio, Firenze
Lorenzo Ceccotti, postproduzione immagini
Area artistica
Stefano Pezzato, Responsabile d’area e conservatore
Raffaele Di Vaia, Coordinamento mostre e collezione
Antonio Bindi, Coordinamento allestimenti e manutenzione
Donatella Sermattei, Segreteria e amministrazione
media partners
Firenze Magazine
Rete Toscana Classica
impianti e stampa
restauratrice
Rachel Morellet
Ufficio stampa e comunicazione
Ivan Aiazzi
Silvia Bacci
Area amministrativa
Marco Bini, Coordinamento manutenzione e allestimenti
Carlo Chessari, Amministrazione
Pamela Masi, Amministrazione
Silvia Oltremari, Amministrazione
Lucia Zanardi, Segreteria generale
Area culturale, servizi al pubblico e al territorio
Piero Cantini, Responsabile d’area
Riccardo Farinelli, Coordinamento Area culturale
Barbara Conti, Coordinamento Sezione didattica
Anna Elisa Benedetti, Bibliotecaria CID Arti visive
Erminia Lo Castro, Bibliotecaria CID Arti visive
Emanuela Porta Casucci, Bibliotecaria CID Arti visive
Luca Ficini, Accoglienza
Giovanni Biancalani, Ricezione e custodia
Gionata Cati, Ricezione e custodia
Roberto Innocenti, Ricezione e custodia
Simona Bilenchi, Segreteria e amministrazione
Un ringraziamento particolare a
Lapo Binazzi, per la sua partecipazione
Patrizia Cammeo e Vittorio Maschietto,
per la loro collaborazione
Carlo Alberto Palli, per il prestito di opere
della sua collezione
opere nella collezione del centro
per l’arte contemporanea Luigi pecci
Comodato di Lapo Binazzi, pp. 6-294/295
Comodato della Fondazione Cassa di Risparmio
di Prato, pp.140/141-142/143-154-155-161-162
163-213-214-215-216-217 e ultima di copertina
Donazione di Pitti Immagine, pp. 290-291
La realizzazione della casa AnAS
gonfiabile (1969-2000)
è stata possibile grazie al generoso sostegno
di Spalmatura Italiana S.p.A., Prato
progetto grafico e impaginazione
Bandecchi & Vivaldi, Pontedera
© 2012
Centro per l’arte contemporanea luigi pecci
archivio lapo Binazzi - uFo per le immagini
gli autori per i testi
iSBn 978-88-85191-40-2
Dall’inizio degli anni Duemila il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci ha intrapreso - con mostre e una
mirata politica di acquisizioni per la sua collezione - un’attenta revisione e ricostruzione del lavoro di artisti e
movimenti irregolari, che hanno operato fuori dai confini dei generi e prodotto un proprio universo immaginario.
Tra questi, particolare attenzione è stata data all’esperienza dell’Architettura Radicale che, nella seconda metà
degli anni Sessanta, ebbe un suo epicentro a Firenze presso la facoltà di architettura.
Movimento interdisciplinare, favorito anche dalle coeve rivendicazioni studentesche per un futuro diverso da
quello delle generazioni precedenti, l’Architettura Radicale è stata un capitolo fondamentale in chiave antiaccademica per ripensare e riflettere sul progetto architettonico. Le forme più concrete sono state poi sviluppate
in un nuovo concetto di abitare lo spazio, con lavori di design dal carattere fortemente innovativo che hanno
segnato la recente storia di questa disciplina.
Dopo aver proposto studi e iniziative a Archizoom, Superstudio, Gianni Pettena, presentiamo in questa occasione gli UFO, gruppo la cui originalità e lungimiranza si possono misurare in molti architetti, designer e artisti
più giovani. Gli UFO hanno delineato una geografia anarchica animata da un sapiente bricolage che li ha portati
in prossimità di un’opera totale. Dotati di una “immaginazione abusiva” hanno agito nell’ambito del design rivoluzionando il modo di vivere lo spazio e il carattere degli oggetti, con contaminazioni direttamente prelevate
dalle arti visive e dai mezzi di comunicazione di massa. Hanno operato sul piano dell’happening e su quello della
perfomance in maniera provocatoria, apportando una critica serrata al buon senso comune. Il loro lavoro si è
sviluppato in forma apparentemente goliardica attraverso un linguaggio dissacrante fortemente radicato nel
carattere toscano. A ulteriore testimonianza di come questa regione produca contemporaneità nella sua migliore tradizione di irriverenza ai codici consolidati.
I materiali riuniti per la prima volta insieme in questa monografia e nella mostra collegata rappresentano le tracce di una storia lunga quasi mezzo secolo, vissuta e giocata dal 1967 al 2012; sono stati raccolti nell’Archivio
Lapo Binazzi - UFO di Firenze e in parte conservati ed esposti al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di
Prato, in comodato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato. Le ricerche d’archivio e la selezione dei testi e
delle immagini qui riprodotti hanno richiesto un anno di studio e lavoro. Il duplice progetto, editoriale ed espositivo, è realizzato dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci - Museo regionale toscano d’arte contemporanea, promosso dalla Regione Toscana e dal Comune di Prato.
Casa ANAS gonfiabile, 1969-2000 / Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato / installazione
Marco Bazzini, Direttore artistico del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
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UFO STORY
Verso “LA RICOSTRUZIONE RADICALE DELL’UNIVERSO”
Stefano Pezzato
Il contesto della storia è quello della ribellione alla regola architettonica e all’ortodossia razionalista, della liberazione di una nuova coscienza immaginativa e comunicativa, delle sperimentazioni interdisciplinari e linguistiche,
delle posizioni utopiche e antiaccademiche condivise dagli UFO con altri gruppi e architetti come Archizoom e
Superstudio, Gianni Pettena, 9999, dentro e fuori dall’ateneo fiorentino, tra le aule di Leonardo Ricci, Leonardo
Savioli, Umberto Eco e Giovanni Klaus Koenig, per la città dove fioriscono continue iniziative. Testi, fotografie,
video e pubblicazioni documentano e amplificano gli eventi, permettono di comunicare e condividere le esperienze in presa diretta, di allargare il network ad altre ricerche e iniziative analoghe, facendo di Firenze un centro
propulsore della stagione “radicale” europea insieme a Vienna, Parigi e Londra.
La storia degli UFO incarna fin dall’inizio il pensiero creativo, l’utopia sociale e l’esperienza collettiva del ‘68 all’interno dell’università fiorentina. Il gruppo si è formato ufficiamente nel 1967 e la sua composizione appare fluida,
permeabile ad inserimenti e collaborazioni che danno forma alla lotta del movimento studentesco attraverso
operazioni immediate come l’apertura di un cantiere alla facoltà di architettura e incursioni imprevedibili come
gli happening che occupano le facoltà di architettura e magistero, si riversano nelle strade e nelle piazze, invadono i monumenti simbolo di Firenze, sciamano in periferia e in provincia; stimolano una partecipazione attiva
diventando strumenti della contestazione studentesca ed elementi di difesa dei manifestanti dalle cariche della
polizia; provocano reazioni pubbliche e politiche, si fondono con la pratica artistica, si diffondono sulla stampa
locale e nazionale.
Gli Urboeffimeri degli UFO richiamano il Grande oggetto pneumatico - Ambiente a volume variabile proposto nel
1959-60 dagli artisti milanesi del Gruppo T e si collegano alle sperimentazioni di strutture e spazi pneumatici
ideate nel 1966-67 dagli architetti austriaci Hans Hollein, Walter Pichler, Haus-Rucker-Co e nel 1968 dagli architetti francesi del gruppo Utopie. A più riprese, nel 1968, la rivista “Marcatrè” pubblica e promuove la cronaca e
l’avventura di 7 elementi “gonfiabili” a scala urbana utilizzati per azioni ripetute di disturbo delle abitudini sociali
e dei riferimenti architettonici nella città: le evoluzioni di “effimeri urbanistici” ispirati a immagini e simboli della
società imperialista e capitalista come il missile e il dollaro a Firenze, o a non-sense provocatori come l’arrivo
degli extraterrestri e lo sposalizio fra un’Anitona di cartapesta e la statua di Garibaldi a San Giovanni Valdarno,
compongono un crescendo installativo-performativo ricco di invenzioni sceniche, improvvisazioni teatrali, suggestioni visive e letterarie.
Territorio discontinuo,1970
L’aura degli UFO si espande anche alla Triennale di Milano occupata, in un padiglione fotografico che documenta
le loro azioni e provocazioni: “gli UFO si scusano di non essere presenti... essendo impegnati altrove a disturbare
RITI e MITI SOCIOURBANI ARCHITETTONICI con interventi in scala 1:1”. A San Giovanni Valdarno, al 6. Premio
Masaccio, il Superhappening UFO provoca scandalo e scatena un dibattito acceso a cui partecipano Umberto
Eco, Furio Colombo, Claudio Popovich, Giuseppe Chiari, ripreso da Tommaso Trini su “Domus”.
Nel 1969 alle azioni urbane si affiancano la visione stereoscopica di Rebus viventi all’Isolotto fra le baracche di
Don Mazzi, “una catalogazione sistematica sulle variazioni tipologiche degli edifici ANAS sparsi sul territorio”, la
realizzazione dei “gonfiabili” Anas Restoration e Restauro di un acquedotto romano di campagna. L’attenzione
degli UFO si rivolge a pratiche ludiche e sociali, ad analisi classificatorie, a perlustrazioni nel quotidiano e divagazioni storiche, a intrecci fra l’estetico e il funzionale. Celebrano la Fiorentina “campione d’Italia” nel film super8
Alè Viola!, disegnano l’interno del negozio di sport Forza John! e costruiscono lampade Dollaro, appropriandosi di
icone popolari dello sport, del cinema e dell’economia. Allestiscono il ristorante Sherwood, la boutique Saga de
Xam, l’erboristeria Re di Puglia a Firenze, la boutique Mago di Oz a Viareggio e la discoteca Bamba Issa a Forte
dei Marmi, muovendo e promuovendo un circus di leggende, favole, visioni, personaggi da fumetto e azioni da
parodia all’interno di nuovi luoghi del consumo e del piacere urbano.
Nel 1970 “Domus” dedica la copertina di febbraio a Le cammelle di salvataggio del Bamba Issa. Gli UFO immaginano frammenti di Atlantide come set da studio fotografico, animano La comune agricola di Piazza della Signoria, espongono sulla stessa piazza una Linguaccia tricolore “gonfiabile” reinterpretando i paradisi e i miti esotici,
la città da cartolina, la campagna da favola o da vernacolo, la retorica patriottica in stile “pop fantasy”, creando
situazioni estemporanee vissute e partecipate che compongono una ricerca di appropriazione territoriale tanto
fisica quanto simbolica.
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UFO
Sperimentare la parodia nello spazio pubblico
Emanuele Piccardo
Urboeffimero 6, Firenze, 1968
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UFO (Unidentify flying object) viene fondato nel 1967 da Carlo Bachi, Lapo Binazzi, Patrizia Cammeo, Riccardo
Foresi, Sandro Gioli e Titti Maschietto.
La strategia progettuale degli UFO nasce in parallelo alla presenza di Umberto Eco nella facoltà di architettura
fiorentina nel corso di Decorazione, dal 1966 al ‘69, con la creazione di un’architettura semiologica in cui si
distingue il significante dal significato, il paradigma dal sintagma nell’occupazione dello spazio pubblico, ovvero
la piazza. Piazza che viene eletta come luogo della rappresentazione del pensiero politico del movimento
studentesco contro il potere e l’accademia dei baroni, ma anche come spazio della sperimentazione architettonica.
Gli UFO sperimentano nel contesto urbano di Firenze, città in cui la presenza della storia è soffocante ma allo
stesso tempo stimolante per confrontarsi con il monumentalismo delle architetture rinascimentali.
“Con l’occupazione di San Clemente (gennaio 1968) ha inizio la serie degli Urboeffimeri, interventi sulla realtà
dei comportamenti urbani in cui gli oggetti prodotti (i gonfiabili) vengono usati di volta in volta come strumenti
di lotta...come stimoli di comportamento”1. Proprio il mutare del comportamento sta alla base del contesto
culturale degli anni Sessanta con l’attraversamento disciplinare, annullando i rispettivi campi per una maggiore
contaminazione tra architettura, arti visive, letteratura, cinema e musica. Cambiamento ben espresso dalla
Sinestesia delle Arti di Ugo La Pietra o dal concetto dello “spazio del coinvolgimento” teorizzato da Leonardo
Savioli per la discoteca. Uno spazio che coinvolge tutti i sensi per esprimere la propria libertà e creatività, senza
nessun limite. Infatti la città diventa il campo di verifica delle teorie della neo-avanguardia architettonica con
le stesse modalità dei coetanei artisti. Per i gruppi fiorentini la mostra sulla Pop Art alla Biennale di Venezia del
‘64 consente di aprire nuove strade di ricerca, testimoniato dai primi oggetti di design di Archizoom (dai letti
alla Superonda) e Superstudio (dalla lampada Passiflora al divano componibile Bazaar), seguiti dagli UFO con le
lampade Dollaro, Paramount e MGM realizzate nel 1969.
L’attenzione al comportamento degli individui è centrale nei progetti urbani, nei ristoranti e nelle discoteche
degli UFO. È il caso degli Urboeffimeri, strutture tubolari gonfiabili di polietilene, che instaurano un dialogo con
i partecipanti all’happening contro la guerra americana al Vietnam sottolineando le affermazioni “Colgate con
Vietcong” e “Potele agli Studenti” (entrambi Urboeffimero n.5). L’Urboeffimero occupa lo spazio, lo invade e si
disperde nella folla del movimento studentesco diventando una sua icona, sottolineando l’importanza di azioni
contro il potere. Così si propone una lettura critica dei codici dell’immaginario collettivo attraverso l’happening
che diventa momento di riflessione teorico-comportamentale, per fare controinformazione e inventare nuovi
codici di lettura delle problematiche socio-politiche.
Scorrendo il testo-manifesto del programma performativo dell’Urboeffimero n.1 - operatori che svolgono il tubo
in polietilene, operatori saldano una estremità, si da aria... sbigottimento degli operatori-fruitori... il tubo penetra
le ogive manieriste... - si individua, nel ritmo delle azioni, un sapore futurista alla Marinetti nella concitazione del
farsi azione e spazio architettonico che contrasta la struttura di San Clemente, sede del potere accademico.
Gli UFO sono gli unici radicals italiani a usare il gonfiabile e si inseriscono in un contesto internazionale dove
l’uso di questa nuova tecnologia, facile da montare ed economica, ha preso il sopravvento in Inghilterra con
Graham Stevens, autore di tubi gonfiabili nei quali camminava come Cristo sulle acque ma lungo il Tamigi,
con gli Archigram e il loro Cuschicle (1966) disegnato da Michael Webb, che richiamava, come anche il Living
Pod le navicelle per la conquista della Luna, in perfetta sintonia con Odissea 2001 nello spazio di Kubrik. In
Francia agivano Utopie Group, fondatori dell’omonima rivista sotto l’egida di Henry Lefebvre, autori dell’Habiter
Pneumatique (1967) che comprendeva architetture e mobili gonfiabili; e le forme cilindriche di Hans Walter
Muller. Mentre negli USA il gruppo californiano Ant Farm autore di tre gonfiabili, tra cui uno realizzato per il
concerto dei Rolling Stones ad Altamont nel 19692, raccoglievano tali esperienze nell’Inflatecookbook (1970),
vero e proprio manuale per l’autocostruzione. Ma è sicuramente con l’Austria il rapporto più diretto (anche se
l’obiettivo degli UFO non è la costruzione di strutture abitative ma di oggetti per “disturbare”) con i gonfiabili
di Hans Hollein come l’ufficio mobile, le provocazioni di Haus Rucker-Co con le bolle (Mind Expander) e le unità
abitative Yellow heart o Ballon for Two che rimandano alla conquista dello spazio dell’universo e dello spazio
intimo, familiare, sessuale, con un’attenzione alla tecnologia costruttiva e al controllo climatico interno. E ancora
le sperimentazioni di Walter Pichler e di Coop Himmelblau come Villa Rosa (1968) casa gonfiabile con tre stanze,
letto girevole, suoni e proiezioni.
Il gonfiabile, nato con le mongolfiere sette-ottocentesche, si sviluppa successivamente con i dirigibili - come ci
ricorda la storica dell’architettura Caroline Maniaque - per usi e scopi militari con i progetti dell’americano Walter
Bird nel 1946. Ulteriormente aggiornati e migliorati dalle ricerche condotte da Frei Otto e Buckminster Fuller.
Essi riflettono sulla contrapposizione tra pesantezza e leggerezza, nomadismo, trasparenza e temporaneità.
Proprio la temporaneità delle strutture ne consente un uso immediato, sorprendente. Accadde così che nel
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UFO
lezioni di sperimentalismo teorico
Amit Wolf
Urboeffimero 6, Firenze, 1968
UFO, il terzo gruppo ad emergere dalla Superarchitettura, mostre/eventi del 1966-67, è l’unico collettivo
fiorentino che mette in rilievo, subito e con una vera intensità progettuale, la posizione privilegiata dell’architetto
nel dibattito teorico degli anni Sessanta. Infatti, fin dai sette rituali architettonici, detti Urboeffimeri (1968), alle
successive architetture d’evento, come Il Giro d’Italia (1972) e l’installazione per Eurodomus 4 (1972), UFO
si dimostra impegnato nello studio della semiologia, la scienza generale dei segni postulata da Ferdinand de
Saussure nel suo Cours de linguistique générale e ri-immaginata quasi mezzo secolo dopo da Roland Barthes
come lo studio dei linguaggi visivi1. Un impegno sviluppato insieme a Umberto Eco (allora professore di
Decorazione nella facoltà di Architettura a Firenze) che permetterà al Radical design italiano lo sfruttamento,
straordinario e spietato, del linguaggio consolidato dell’architettura moderna. Dati i successivi trattamenti
autocoscienti e conservatori della semiologia da parte dei neorazionalisti rossiani e dei postmoderni di matrice
americana, questo non è un risultato da poco. Tuttavia, una lettura storica dell’impegno sperimentalista-teorico
di UFO non è facilmente disponibile2. Già a partire dal 1968 infatti, alla Triennale di Milano, gli oggetti informali
e antifunzionali del gruppo vengono messi in mostra da Giancarlo De Carlo come portavoce di una “gioventù
rivoluzionaria”. Evitando così i presupposti semiologici degli Urboeffimeri, De Carlo promuove UFO come una
fazione del Movimento studentesco e come commentatori della loro politica.
Il lavoro compiuto dal Museo Pecci permette finalmente uno sguardo traversale e profondo sul lavoro degli
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UFO. Quello che segue è un accenno al lavoro performativo-ritualistico degli UFO, che vede il gruppo adottare la
semiologia di Eco per scandalizzare non solo i buoni abitanti di una Firenze passatista e malinconica, ma anche
i campi dell’architettura e dell’arte. Il gruppo si forma alla fine del 1967, ma diventa attivo solo l’anno seguente,
per l’occupazione del palazzo San Clemente, sede della facoltà di Architettura. L’approccio semiologico che attua
UFO si sviluppa in seguito negli Urboeffimeri. La ricerca ripercorre l’iconicità architettonica come è intesa da
Eco, passando dalle icone informali a quelle sempre più figurative. Per gli Urboeffimeri n. 1-3 UFO utilizza una
semplice forma astratta, un tubo in polietilene bianco, dieci metri di lunghezza e cinquanta centimetri di diametro.
Nella prima fase, piuttosto che i pezzi architettonici d’azione collettiva per le quali il gruppo diventerà famoso,
l’happening è riservato a pochi operatori-utenti. Così il tubo cilindrico è eretto, inflesso, e deformato in modo da
riempire lo spazio dell’atrio della facoltà. Negli Urboeffimeri n. 2 e n. 3, gli stessi oggetti vengono introdotti al
corpo studentesco convocato nella sala del piano superiore. In questo secondo momento, come oggetto di uso
collettivo, il tubo viene utilizzato dal MS (e sostituisce il ruolo dell’assemblea in modo efficace). I profili astratti
dei primi Urboeffimeri vengono riutilizzati nei successivi happening, producendo però figure riconoscibili. Così il
n. 4 ha il profilo circolare ridotto a sette centimetri per assomigliare agli Spaghetti Buitoni; il n. 5 è un gonfiabile
cilindrico, due metri di diametro, a forma di razzo; mentre il n. 6 è modellato sul logo di Esselunga.
Il più ambizioso in questo ciclo di lavori è il Superurbeffimero n. 7. È progettato per “Masaccio premio di pittura”,
nel giugno 1968 a San Giovanni Valdarno, seguendo un copione prescritto in contrasto con i precedenti
Urboeffimeri. La data dell’happening coincide con la processione religiosa per il patrono della città, e il “Masaccio”
sfocia in una rissa pubblica; il gruppo fa appena in tempo a scappare dalla tumultuosa folla. L’happening inizia
con UFO che occupa il tetto del Comune ed altri punti strategici nella piazza principale: “Dal suo pied-à-tour il
grande alchemico smista le vergini al pied-à-toit e i tecnici pied-à-terre”. Il grande alchimista, le vergini, e i tecnici
continuano a eseguire manovre complicate sul tema del pollo ruspante alla valdarnese, un piatto locale, con una
pioggia di “elementi prefabbricati per una nuova architettura toscana”, ovvero, polli in carta stagnola e polli di
cartapesta, così come i precedenti Urboeffimeri, portati via dai furiosi valdarnesi. Con l’uso dei banner pubblicitari
per la Pastucol, l’azienda che ha fornito agli UFO il polietilene, i dispositivi semiologici sono espliciti. I banner sono
trasformati in un sistema/codice di indumenti in una cerimonia che prevede l’intervento del critico-decodificatore
“Rolando Barthes”.
La politicizzazione del Valdarno continua. Successivamente, i democristiani e le fazioni di sinistra si scambiano
accuse a vicenda, con gli ultimi che celebrano la riuscita provocazione dei tecnici UFO, con gli altri ad invocare
la magistratura per accusarli di blasfemia. La rissa si conclude una settimana dopo, esattamente dove ha
avuto inizio, in un dibattito pubblico in Comune. Tra i partecipanti si distingue Claudio Popovich, organizzatore
del premio, che difende la sua decisione di invitare gli architetti. A rappresentare UFO in quest’occasione c’è
anche Umberto Eco. Tiene una breve lezione di semiologia in cui spiega che il Superurbeffimero n. 7 è, infatti,
una “elaborazione semiologica sincronica”. Conclude il dibattito dando il benvenuto ai membri del consiglio e
invitandoli ad una lezione sulle ricerche degli UFO presso la facoltà di Architettura a Firenze.
Sarebbe facile sbarazzarsi di questa lezione. Così facendo si rischia però di cancellare dalla storia i rapporti,
fondamentali ed espliciti, tra lo studio teorico dei linguaggi visivi e lo sperimentalismo architettonico. Detto
diversamente, si rischia di cadere nella convenzionale narrativa che presenta le teorie architettoniche (in Italia ma
anche negli USA) come un sapere estraneo, artificialmente riportato dalla filosofia e dalla letteratura comparata.
Intanto, si sa, l’uso dei modelli semiologici si è proliferato oltre i Radicali. Ma qualcosa si è perso nel processo: le
strategie semiologiche sono diventate meno eleganti ed efficienti, mentre l’indeterminatezza, alla base della
teoria di Eco, si è trasformata in ostilità politica. Le basi teoriche gettate dagli UFO sono diventate sempre più
disciplinate e storicizzate con le interpretazioni post-moderniste di Jencks, Stern e dei coniugi Venturi. UFO ha
puntato ad una espansione del campo architettonico tramite nuovi impieghi teorici, ma, inevitabilmente, ha
contribuito a renderlo ancor più sobrio e tradizionale.
1. Ferdinand de Saussure, Cours de linguistique générale, Paris: Payot, 1916; Roland Barthes, Éléments de sémiologie,
Communication, 4, 1964, pp. 91-165
2. Cfr. Amit Wolf, “Superurbeffimero n. 7,” Archphoto2.0 1 (2011): 28-29; “Superurbeffimero n. 7: Umberto Eco’s Semiologia
and the Architectural Rituals of the U.F.O.,” California Italian Studies Volume 2, Issue 2. Berkeley, Calif.: eScholarship (2011)
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UFO 1967 / 2012
PROGETTI E SCRITTI
EFFIMERO URBANISTICO SCALA 1:1 gli U.F.O.
BINAZZI LAPO/CAMMEO LAPO/FORESI RICCARDO/GIOLI SANDRO/MASCHIETTO TITTI
in “Marcatrè”, nn.37/38/39/40, 1968
GIORNALE MURARIO
MANOIPERDONEREMOANCHEIFRATELLICHEHANNOSBAGLIATO
chi può porti vernici plastiche tute caschi
strumenti musicali trikkeballakke chi può porti
cuscini da svantare palloni da areare
razzi e sloan carta moschicida chi può porti
maschere tragiche belle ragazze macchine inutili
caterpillar pulcini vivi chi può porti
MANOIPERDONEREMOANCHEIFRATELLICHEHANNOSBAGLIATO
PULIZIA/DEI/CODICI/MOLTEPLICITA/
DEI/CODICI/COMPLESSITA/DELLO/
INTERRAPPORTO/ALTA/ENTROPIA/
DELLA/INFORMAZIONE/ATROFIA/
DELLO/OGGETTIVO/IPERTROFIA/
DELLO/IMMAGINARIO/
MANOIPERDONEREMOANCHEIFRATELLICHEHANNOSBAGLIATO
FILOLOGIA/DI/RILETTURA/ROTTA/
DENTRO/SOTTO/DA/OPERAZIONE/
E/O/PRODUZIONE/OPERAZIONE/
METODO/LAVORO/PRODUZIONE/
ELABORAZIONE/SEMIOLOGICA/
venite figli dei fiori piselli liberi occupate
la Vostra facoltà i Vostri istituti la Vs città
di ingombri boffici colorate le planimetrie
ad ali di farfalla
riecheggia in termini
microsindacalistici
rinverditi
la PEPSI in circuito
integratoooo
MANOIPERDONEREMOANCHEIFRATELLICHEHANNOSBAGLIATO
FIRENZE
febbraio 1968
S. Clemente occupato
è stato aperto un
CANTIERE
produrrà pezzi unici
i pezzi denunceranno
il loro carattere
di precarietà
nonché di goffa
produzione artigianale
essi saranno gli
elementi di distrurbo
nei riti e miti
SOCIOURBANI
ARCHITETTONICI
chi può porti noi rilasceremo ricevute di
allucinogeni chicche e cicche di marijuana
zucchero filato fiori in boccio ricotte fresche
e per un circuito
DISINIBITORIO
architettura
per l’utenza verticale
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25
30
31
EFFIMERO 3
in “Marcatrè”, nn.37/38/39/40, 1968
Firenze città li 12 febbraio 1968
ore 19.15
il tubo poggia sui cervelli degli studenti intervallati
di m 3,50 uno dall’altro, muove snoda grida: POTERE
agli STUDENTI POTERE agli OPERAI CONTROLLO
del POTERE BLACKPOWER HOCHIMINH e CHE ritmato
piazza S. Marco
il rettorato è ignorato
via Cavour
serpeggiamento alla prefettura, traffico bloccato,
tubo palpato ciccato chiodato sgonfiato
i tecnici a stento lo fermano per la coda al distributore
d’aria: bas Stock 84 suturano le ferite con Mistik bianco
semiplastificato alto cm 6, si registrano gli appellativi
cittadini di: serpentone dragocinese tubo cazzata
baco stronzo
pop falloforia comunisti
piazza Duomo
rondò al Battistero
Strozzi-Tornabuoni
shopping-serpe: vendite bloccate
facoltà Magistero
entusiasmo ovazione adesione dell’assemblea
degli occupanti: il tubo riparte più veloce poggiato
su più cervelli
ore 20.05
il tubo flagella la città con serpeggiamenti più violenti
ore 20.30
è l’ora italiana del dinner: la città integra il tubo,
i tecnici atterriti si mistificano nella folla e si rarefanno
verso casa
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EFFIMERO 4
in “Marcatrè”, nn.37/38/39/40, 1968
Firenze città li 5 marzo 1968
ore 13.30
ora italiana del lunch
viale Giovine Italia
la polizia tutta argina la sacrosanta crociata
del Movimento contro la sede della Nazione
piazza Duomo
un vigile-uno contesta la legalità della presenza
sul sagrato di: 300m lineari di tubo polietilenico
Ø 15 cm biancolatte al dente una forchettona
cartaperstargentata di 4m una bocca Jodelle semiaperta
quattrodenti serie kolossal un panetto burro gonfio
salsa propaganda in mylard
ore 14.00
viale Giovine Italia
la polizia dilava il Movimento
piazza Duomo
gli U.F.O. è costretto a rigovernare in fretta il sagrato
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URBOEFFIMERO 5
in “Marcatrè”, nn. 41/42, 1968
CHE È, CHE È?? CAMPAGNA ELETTORALE?
- Sorry! Is that a students’ demonstration?
- Sì... yes!
- What does it mean?
- Beh... ecco, vedi, insomma... è una... sei americana?
- Yes
- Come ti chiami?
GUARDA! HANNO SBAGLIATO!
- My name? Maggie
MACCHÈ SBAGLIATO! SON CINESI!
- Maggie... vedi, noi protestiamo contro... noi rifiutiamo... Maggie bel nome!
Che fai qui a Firenze?
- I study italiano at the British Institute.
- Quanti anni hai?
- I’m seventeen... WHAT does, it actually mean?
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- Significa... il mito del centro storico... noi contestiamo... abiti qui da sola?
- I leave with two girlfriends of mine.
- Carine come te, è possibile!
- Are; you an UFO?
- YES I AM.
- Are these boys UFO as well?
- No! no! io, io, io solo! Dove stai, Maggie, posso accompagnarti, ne parliamo con calma...
- No thank you, ciao UFO!
LO HANNO MESSO A TRAVERSO! NON SI PASSA! NON SI PASSA!
- Maggie! MAGGIE! magg...
L’indomani, 27 aprile 1968, “La Nazione” - so tutt’io di Firenze - riporta: “un gruppo
di studenti ha organizzato ieri pomeriggio per le vie del centro una singolare
manifestazione: hanno portato in giro un enorme cilindro di plastica gonfiato a
forma di tubetto di dentifricio con scritte concepite in modo da sottileneare senza
possibilità di equivoco le loro idee ‘cinesi’. ‘Potele agli studenti’ era la scritta più
grande, con la ‘erre’ arrotondata il ‘elle’ come si ritrova nella pronuncia cinese. Altre
scritte erano: ‘Che’ (Guevara, s’intende) ‘UFO’ (?) e, vista la forma del grande cilindro,
il nome di una marca di dentifricio... ‘con Vietcong’ come sostanza additiva”.
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TRIENNALE DI MILANO, 1968
in “Marcatrè”, nn. 41/42, 1968
padiglione di documentazione UFO
ATTENZIONE!!!
QUESTO è solo un pied-à-terre e/o
laboratorio milanese degli U.F.O.:
appese alle pareti, come care memorie
alcune delle loro operazioni in campo
urbanistico e architettonico, un loro
giornale murale, delle spoglie e una
lampada amica.
Gli U.F.O. si scusano di non essere
presenti ma, essendo impegnati altrove
a disturbare RITI e MITI SOCIOURBANI
ARCHITETTONICI con interventi in scala 1:1,
sono costretti a lasciare per
il momento incustodito e inoperoso
il laboratorio: ne demandano perciò a
l’utenza cortese un prudente uso storico.
U.F.O. U.F.O. U.F.O. U.F.O. U.F.O. U.F.O.
U.F.O. U.F.O. U.F.O. U.F.O. U.F.O. U.F.O.
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Dollaro / 1969 / lampade autoprodotte
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CORRIERE DI SHERWOOD
Anno OZ - N. Uni.
1^ alta marea degli anni ‘70
L. $ 25 yen
Aspettando gli U.F.O. amici
stan gli attacchi dei nemici!
Anche se non sono eroi
le crociate fan per voi.
Entran 6 fiocchetti neri
e son morti già da ieri
con la Svizzera nel cuore
l’esiliato ohiboò! si muore.
E Bonatti esploratore
fa le foto alle signore
sta girando un fumettone
certo Allah! Televisione.
Bei vestiti fa l’infanta
per un party anni ‘50
nella pancia nel padule
Tarzan dorme nel baule.
Nel padule dei Sargassi
sopra Atlantide e i suoi massi
è scoppiato un pandemonio
sui balcon del condominio.
Spannocchiando stan da ieri
nientemen che i moschettieri
per saper con chi nel fiore
Lady Jane farà l’amore.
In quel bunker dell’Ussuri
il fagiolo spacca i muri
Pollicino l’ha piantato
e si pente d’esser N.A.T.O.
Ma i nemici alfine han vinto
hanno ucciso ed hanno estinto
Et s’on va tout Seul Tarzan
à travers un restaurant.
Ristorante Sherwood / 1969 / Firenze / arredamento e performance
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Le cammelle di salvataggio
in “Domus”, n. 483, febbraio 1970
Può essere l’alba o il tramonto, ma la parola Fine è già apparsa su queste immagini come in un film sulla dolce estate.
Le cammelle sgobbarono due volte per tutta la stagione nel nuovissimo night di Forte dei Marmi, dove erano stati
importati dal Marocco, l’epopea della Nasa, le impronte più vere del vero Armstrong, e l’Olandese Volante, il tutto in
sovrimpressione fantastica per le emozionanti notti versiliesi. L’UFO di Firenze aveva previsto i grandi svaghi degli
adulti nell’assortito e rilassante gioco delle cammelle-poltrone. Non risparmiano loro neppure il rito dell’estate-è-finita:
in carovana, in letizia, eccole allontanarsi verso il mare, il deserto, le onde, le dune. Cammelle-poltrone che non sono
riuscite a trasformarsi in veri giocattoli, con i loro adulti che danno l’addio; i bambini, si sa, distruggono e abbandonano.
Discoteca Bamba Issa / 1969 / Forte dei Marmi / arredamento e performance
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Discoteca Bamba Issa 2 / 1970-71 / Forte dei Marmi / arredamento e performance
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Discoteca Bamba Issa 2 - Drive In
La società perfettamente divisa in classi: destra e sinistra
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Discoteca Bamba Issa 3 - Armonia Gardens: autoscontro / 1972
Forte dei Marmi / arredamento
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La comune agricola di Piazza della Signoria / 1970 / Piazza della Signoria, Firenze / happening
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Studio UFO / 1970 / Piazza della Signoria, Firenze / allestimento
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Stand al Salone del Mobile / 1971 / Milano / allestimento e performance (con Valerio Zampagni)
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UNA LETTERA DAGLI UFO A DOMUS
in “Domus”, n. 495, febbraio 1971
Tommaso Trini, L’UFO DELLA PARODIA
in “Domus”, n.495, febbraio 1971
operatori sparsi per il mondo cantano alla luna come cow-boys storie dolcissime nel fuoco
dei bivacchi
C’è molto gioco, gioco dichiarato, dico, e qua e là venato di ferocia, nel lavoro degli UFO di Firenze. I loro allestimenti
realizzano fumetti nello spazio, con tutta la gamma dei risvolti dei fumetti, iconografici e psicologici, ma non ancora
intellettualistici, che leggevamo da ragazzi. Più che di comico si tratta a dire il vero di tragicomic stripes, di archifumetti costruiti sulla trave della parodia. Ci invitano al loro controcarnevale permanente e nel contempo, proprio per il
potere della parodia, ci escludono dal gioco. Non assistiamo nemmeno a una proposta di attività ludica, come parrebbe;
appunto perché la parodia ributta e non attira. Il nostro intervento è possibile solo in una fase successiva: quella del
gioco nell’accezione di contesa, intrigo e lotta. Vecchio gioco, ma che tende sempre a non farsi identificare, come è
giusto che sia con gli U.F.O., oggetti volanti sconosciuti.
Di certo, siamo nella Bengodi degli stereotipi e delle superstizioni - ossia qualche gradino sotto l’orizzonte delle mode
e dei miti, nel paese della cultura cosiddetta bassa, che ha l’aria “nostrana” dappertutto. Nel negozio di sport di “Forza
John!” recuperano edificanti avventure amate da intrepidi boy-scouts; al ristorante, le avventure di Sherwood fanno
da fondale alla gastronomia e aggiungono il pittoresco al pittoresco, come si suole; si rifà il belletto al night-club con
buffetti di tribalismo ed esotismo, “Bambaissa” e “I Grandi Viaggi”, e ancora le immagini rimandano a stereotipi di massa ferragostana. Ma è all’erboristeria “Re di Puglia” che la bassa cultura, con le sue immagini e i suoi comportamenti,
ramifica ovunque; questo erbario-sacrario può essere tutto: atto di pietà ecologica per la natura uccisa e gesto triviale
contro il patetismo ecologico, patriottismo rinverdito e tisana patriottarda. A parte quest’ultimo caso, brillante, si
tratta di temi scarsamente parodistici in sé. Nella bassa cultura si godono le storie avventurose o i viaggi organizzati
con grande gusto.
Ma per coloro che alla bassa cultura non appartengono, come i creatori o i destinatari di questi allestimenti, e che
tuttavia rifiutano di identificarsi con l’alta o media cultura, il gusto gioca a fior di pelle. Molti artisti e qualche scrittore
praticano la riduzione del mondo a fotografia, fumetto, cioè stereotipano l’uomo e le sue azioni per amore del neutro,
dell’oggettivo e dell’anonimo, e l’odio dell’angoscia e di chi si attarda a distinguere il bene e il male; la loro regola prima
è di liquidare ogni senso del tragico. Altri invece non riescono a sottrarsi alla coscienza del tragico; tentano di liquidarlo
con l’uso della parodia, altrimenti ne sono sommersi come i vecchi artisti e i vecchi scrittori. È utile comunque sapere
dov’è la tragedia, che la si odi o no.
Gli U.F.O. ricorrono all’uso della parodia al momento della trasmissione. Quando, una volta disegnati e costruiti, i loro
archifumetti devono essere comunicati ai mezzi d’informazione e, tramite questi, a coloro per i quali o contro i quali
hanno allestito il loro discorso. Con foto “sceneggiate”, didascalie e dichiarazioni cabalistiche, fanno ridondare la loro
opera di spunti parodistici, sarcastici e polemici. La tragedia è forse già nelle loro immagini germinali, e sicuramente
nella trsmissione di queste immagini a chi dovrebbe intenderle o invece fraintendere - come può darsi che stia accadendo qui; ma ai loro occhi, è chiaro, nulla è più tragicomico dei loro mezzi, metodi, aspirazioni e funzioni di architetti.
Ci scusiamo per il ritardo ma sperando “CHE LE VIE DELLA GEOGRAFIA SIANO
INFINITE” il “MESSAGGIO NELLA BOTTIGLIA” Vi arriverà sicuramente in tempo.
Viaggerà “A DORSO DI MULO” “LEGATO ALLA ZAMPA DI COLOMBO” “NELLA PANCIA
DELLA BALENA” insieme all’ANGUILLA e ai GABBIANI DEL PONTEVECCHIO e verrà
individuato dai TECNICI DELLA N.A.S.A./A.N.A.S. Per ora sono storie in una situazione
geografica che si sta arrovesciando come si arrovescia un lupo, un “LUPO” o un “LEONE”
infilando la mano nella bocca e acchiappando la coda OPERAZIONE COMUNE AI
GLADIATORI E AGLI INDIANI LICENZIATI DALLA CASA DI PRODUZIONE. Nel tentativo
di ristabilire gli equilibri naturali in ecologia proponiamo un baedecker internazionale del
turista archeologo rovesciando il rapporto GASTRONOMIA-ARCHEOLOGIA sperando che
nell’addentare le ROVINE DEL TEMPIO si rovini almeno qualche dente le nostre idee
sono sempre molto confuse ma ci muoviamo molto come tutti gli animali di razza e siamo
più nomadi degli ZINGARI e più fermi dei CUBI DEGLI INCAS...
CORDIALI CORDIALI
CORDIALI CORDIALI
Vi salutano gli
U.F.O.
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Gillo Dorfles, UFO - IL MOSTRO DELL’ID
Edizioni Jabik Arte Moltiplicata, Milano 1974
L’attività del gruppo UFO che, a partire dal ‘67 circa, ha suscitato a varie riprese animate polemiche e vive reazioni per
i suoi interventi dissacranti contro quelli che lo stesso gruppo definisce i “riti del quotidiano”, trova in questa tavola
multiplo una gustosa applicazione.
Si tratta di un’operazione che gli UFO avevano ideato nel 1971 per il progetto dell’Università di Firenze in un territorio
situato tra Firenze e Sesto Fiorentino e il discorso (o se preferiamo la “metafora visuale”) esemplato nella tavola si può
riassumere in un dialogo tra territorio e abitanti attraverso la creazione di un “Mostro dell’Id” sorta di materializzazione
dell’inconscio umano territoriale, che viene a sostituire il processo consapevole - ma spesso ahimè ipertecnologizzato
e mercificato - dalla normale progettazione architettonica.
La tavola che di per sé appare figurativamente interessante e bizzarra, tale da suscitare nello spettatore un’evidente
reazione d’attesa e di stupore, và tuttavia considerata soprattutto per le sue valenze concettuali e ideologiche che
riescono a suggerire molto di più di quanto non farebbe un commento scritto o un saggio stampato. Il fattore comunicativo - alla decifrazione della tavola - si evidenzia nell’incontro (dovuto a duplicazione simmetrica dell’immagine
fotografica) tra automobile e aereo da cui prende forma una figura mostruosa costruita da linee energetiche - per
l’appunto il “Mostro dell’Id” - sovrastante il territorio su cui alloggia.
Anche in questo progetto, come in molti di quelli studiati e realizzati dagli UFO, (spesso con mezzi e materiali poveri
e rudimentali: cartone, cartapesta, gonfiabili, ecc.) ciò che conta è soprattutto l’azione demistificante contro molti dei
cerimoniali della società borghese e consumistica del nostro tempo e il tentativo di risvegliare una nuova coscienza
immaginativa attraverso interventi-spettacolo e l’uso dei più svariati media comunicativi, dal video-tape alle documentazioni fotografiche alle diverse “operazioni al vero in scala 1:1”, che - più d’ogni progetto in scala ridotta - sono
in grado di sensibilizzare il pubblico e di scuoterlo dalla sua apatia conformistica.
Il mostro dell’Id / 1974 / edizione Jabik
Progetto per l’Università di Firenze / 1971 / Piana di Sesto Fiorentino / fotografie
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Architettura della burocrazia / 1969 / in “Casabella” n. 378, luglio 1973
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Casa ANAS / 1969-1973 / fotografie
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Giro d’Italia / luglio-agosto 1972 / “In” n. 6
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Giro d’Italia. Evasione alla rovescia sul territorio / 1974 / Contemporanea, Roma / performance
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UFO. APPUNTI PER UNA RIDEFINIZIONE DEL CONCETTO DI FANTAURBANISTICA
in “Inpiù”, n.8, 1974
Il Territorio, città o campagna non importa, è sottoposto a una continua colonizzazione. Gli avamposti della civiltà
omogeneizzano sotto lo sfruttamento aree di vocazione diversissima. L’ambiente, l’uomo e il suo lavoro vengono
ridotti alla logica del capitale. Il supercontrollo è oppressione delle masse popolari soggette sempre più al ricatto dei
servizi. Gli indizi di questo progetto di potere sono comunque rintracciabili dappertutto.
Manifesto del discontinuo
Tutte le cose, gli eventi, le azioni, i metodi, i comportamenti originali, sono discontinui. Lo dimostrano le ultime esperienze artistiche, quelle scientifiche e politiche. Gli artisti passano con naturalezza da un campo all’altro di espressione, la ricerca è sostanzialmente adisciplinare, l’arte attraversa un periodo di dematerializzazione e tende alla manifestazione di pura energia fisica e mentale, adotta l’uso dei mezzi più diversi e anche negli esempi di collaborazione fra
arte scienza e tecnologia gli interessi sono mischiati per cercare di stabilire dei punti che non appartengono a nessuno
di questi campi ma alla liberazione da ogni possibile condizionamento per l’espressione della creatività umana.
Il concetto stesso di arte sembra essere una specie di jolly per il recupero di spostati anche loro con il diritto del singolo
come l’ultima spiaggia in cui poterlo sfruttare meglio. La ribellione agli specifici disciplinari fonda un nuovo diritto alla
partecipazione aperta, alla costituzione collettiva di gruppi e energie al pensiero discontinuo. Se l’Arte è stato il feedback della società borghese e del suo funzionamento è giunto il momento di mettere in discussione anche questo. La
stessa cosa vale per l’urbanistica l’architettura il linguaggio e ogni sistema di potere.
La tradizione animistica della crescita attraverso la copia e la copia della copia di sistemi sempre più perfetti pone problemi al cannibale che vuole riacquistare la sua verginità. Si profila uno scontro fra tecnologia avanzata e tecnologia
semplice.
Ciò che noi chiamiamo tecnologia semplice non è altro che la coscienza di rapporti più avanzati anche se discontinui.
Non ha importanza l’uso di mezzi altamente sofisticati o destrutturati quanto le diverse relazioni che si stabiliscono
fra le esperienze, le azioni, i pensieri.
La realtà o la storia sono anch’esse concetti stabili da troppo tempo per essere ingenui. Essi sono invece dei perfetti
sistemi attraverso cui il potere si esercita. Non hanno niente di trascendentale a parte il fatto che sono il prodotto di
una serie di tendenze incoscienti e pluralistiche dell’ontologia degli esseri umani. Valide fino alla propria autodefinizione ma non oltre.
Il dove si andrà a finire, la tecnologia per il momento non ci riguarda anche se per il momento ci basta pensare alla
carica anticipatrice delle utopie per sentirci tranquilli. Se questo poi non basta preferiamo agire e comportarci secondo
coscienza, il nostro mondo è già il vostro o viceversa, la rete di sconnessioni che abbiamo teso intorno alla realtà è già
una realtà nuova che renderà impossibile qualsiasi ricomposizione a buon mercato.
Lapo Binazzi (UFO)
Controllo, colonizzazione e fascismo sul territorio / 1970-73 / fotografie
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You Tarzan Me Jane / boutique Chiara Boni, Firenze / copertina “Domus” n. 528, novembre 1973
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Ipotesi di sopravvivenza / copertina “Casabella” n. 386 , febbraio 1974
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Ipotesi di sopravvivenza / 1973 / Castel Ruggero, Firenze / performance (con Antonio Infantino)
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NON-DESIGN. DALL’OGGETTO ALLA SOPRAVVIVENZA
in “Casabella”, n.386, febbraio 1974
Lo scopo del tema è dimostare come gli oggetti e anche le idee, specialmente quelle buone, siano accessori del capitalismo ritenuti a torto espressioni insostituibili dell’attività umana.
Il tema si svolgerà per successive sezioni esemplificate da diapositive raccolte in un pacchetto di proiezione.
Le sezioni sono:
1. ‘La distruzione dell’oggetto’ - atrofia dell’oggettivo-ipertrofia dell’immaginario-design terroristico.
2. ‘Ricreazione del comportamento’ - analogia sportiva-dressing design-film d’animazione.
3. ‘Utopia della sopravvivenza’ - attrezzi globali-attività creative individuali-distorsione dei servizi-tecniche naturali
e relativi comporamenti.
L’attenzione per i fenomeni di sopravvivenza manifestati e inventati dalle classi più giovani durante questi anni ci
portano a ritrovare le stesse tendenze all’interno del design.
La costante ricerca di una libertà maggiore, di spazi liberi dove esercitarla e coltivarla, la creazione di territori vagamente magici dell’immaginazione, la mobilità degli insediamenti, la precarietà forzata dell’esistenza, il rifiuto della
schiavitù del lavoro, gli allargamenti delle proprie coscienze, la ribellione alla struttura piramidale della società sono
le direttrici di questi movimenti.
Le sovrastrutture attaccate fanno scricchiolare il sistema e rivelano la loro funzione portante.
Il capitale che inasprisce le sue reazioni e repressioni e cerca di colpire i più deboli fa capire che la strada imboccata
è quella giusta.
Il vuoto che si è aperto lascia molto spazio alla ricreazione dei propri comportamenti, all’invenzione di nuove forme di
comunicazione, all’amore.
Gli oggetti a nostra disposizione sono scomparsi, gli accessori i soprammobili i mobili le pareti e anche la casa la città
e tutto il resto, che bello!
Rimane il pianeta il cielo le stelle gli alberi ... per ricominciare da capo.
Purtroppo si scoprono delle prese di corrente a pagamento nel territorio e dei telefoni-spia, il capitale è arrivato fino lì.
Forse la rinuncia non è stata completa volevamo sentire musica. Ecco! Il territorio non è solo immaginario si comincia
a porci attenzione ora e forse è già tardi.
Ci restano degli attrezzi rudimentali con cui possiamo fare qualcosa, un golf all’uncinetto, un ricamo, dei comportamenti rudimentali come scalare un albero, fare una nuotata, un giro in bicicletta, delle tecniche rudimentali come
canalizzare l’acqua, orientarsi.
Anche l’ingegno tutto sommato non serve a molto perché è tutto così naturale che non ce n’è bisogno. Son finite le
notti curve sull’enciclopedia, i tentativi di emulazione, la ricerca del record...
Ci si confronta con gioia perché ci scopriamo l’un l’altro additandoci la natura come un’opera d’arte...
abbiamo intorno molti animali, tentiamo dei corsi di addestramento.
225
Lapo Binazzi (UFO)
Produzione industriale e cratività individuale U.F.O. / luglio 1973 / “Casabella” n. 379
224
224
scena 1 ...l’Oggetto si trascinò a fatica verso l’interno della FORESTA per non tornare più indietro
225
GLOBAL TOOLS. GRUPPO “TEORIA”
Relazione di Lapo Binazzi, 10 ottobre 1974
in La città invisibile. Architettura sperimentale 1965/1975, a cura di Gianni Pettena, Firenze 1983
Si ritiene necessario operare una ridefinizione del concetto di TEORIA come CREATIVITÀ PURA.
Per questo mezzo la teoria prò essere espressa dall’uomo che reagisce globalmente alla realtà preferibilmente con
azioni, comportamenti, ecc. semplici tecniche, pensieri, ecc. elementari. Il processo di identificazione istantanea di
teoria e prassi capovolge copernicanamente qualsiasi definizione della teoria come strumento per costruire oggetti
mentali, modelli di cultura e società. La distruzione di queste mediazioni disciplinari e accademiche attraverso progressive riduzioni è invece ciò che interessa.
In questo senso la teoria come viene intesa comunemente non esiste. Esiste al contrario il processo inarrestabile di
autoliberazione dell’uomo da ogni condizionamento, per la completa espressione della sua creatività.
Con la nascita dell’informazione nasce il problema della DISCONTINUITÀ. Ogni cosa può essere pensata, definita, divulgata istantaneamente. Per far CAMBIARE CORSO ALLA STORIA bastano poche parole, o pensieri. Si può addirittura
ipotizzare cosa cambia in seguito a pensieri non espressi ma solo formulati come energia pura allo stato di creatività.
Nasce la possibilità di pensare una cosa e il suo contrario simultaneamente. È il problema del codice dei codici e della liberazione anche da questo. In pratica il pensiero, che può contare su una serie collaudata di sistemi di pensiero, è ormai
in grado di realizzare differenti sistemi di grado più elevato e di negarlo al suo interno con verifiche di segno opposto.
Si tratta di definire una serie di strumenti semplici che facciano funzionare il meccanismo.
Le idee sono costruzioni di oggetti che equivalgono alla costruzione dei modelli di potere come struttura della società.
La riduzione opera come procedimento una prima destrutturazione.
La pura creatività si propone la deintellettualizzazione non solo dei prodotti ma anche dei metodi.
Discontinuità e sconnessioni diventano gli elementi distanziatori semplici di qualsiasi ricomposizione.
Si rendono possibili esercizi semplici come pensare due o più cose contemporaneamente, fare due o più cose contemporaneamente. Mettere a confronto elementi sempre più lontani fra loro, originare sistemi volutamente imperfetti ecc. ...
Applicare a campi reali la ricognizione pura di questi procedimenti come problema dell’amplificazione del “segno” (artistico) come corpo-nero assorbente energia in eccesso dell’immaginario collettivo, che restituisce un’unica radiazione
semplice, secondo la direzione antipersuasione invertitore riduzione.
La crescita in progressione geometrica della velocità di adattamento del pensiero pone problemi di sfruttamento delle
proprie capacità, fino ad un radicale mutamento delle azioni, dei comportamenti delle teorie e delle tecniche.
La vita, l’ambiente sono i termini globali in cui si verificano strumenti, tecniche, teorie.
Proponiamo una serie di operazioni elementari per evidenziare la fissione di teoria e prassi.
Sembra necessario che ad una fase di analisi segua una di interventi.
Il rapporto con gli altri gruppi sarà indispensabile per non ricreare specifici disciplinari, o quanto meno una confidenza
diretta all’interno del gruppo della teoria con i settori del corpo della comunicazione costruzione, sopravvivenza che
ridefiniscono il campo di interessi della Global Tools.
L’originalità del procedimento potrà anche rivolgersi a una suddivisione strumentale della teoria in: politica, religione,
mediazione, storia, tecnica ecc. ... per proporre temi particolari di indagine su cui si può accentrare di volta in volta
l’interesse della Global Tools.
Per l’apertura dei seminari di novembre proponiamo tre possibili temi di discussione:
1) Rapporti fra architettura e magia.
Studio dei rapporti criptici ai più alti livelli dell’organizzazione professionale. Piramide del potere. Oggetti magici.
Problema della scienza...
2) Analogia sportiva.
Rapporto fra creatività collettiva come terapia di gruppo e squadre di calcio, di pallavolo, di rugby, di attività all’aria
aperta come scoutismo, pic-nic...
3) Creatività pura.
...se io dico che farsi sparare da un cannone, per esempio è un esercizio di meditazione, si rende necessario costruire
il cannone e in una certa maniera perché ciò sia possibile... devo riuscire a farmi sparare nei luoghi più diversi tutte le
volte che voglio.
Cestino da pic-nic o cassetta per attrezzi / 1975 / oggetto multiuso
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Laboratorio artigianale Casa ANAS / 1975 / Piazza del Limbo, Firenze
(Atelier con Claudio Greppi, Isabella Musolino, Fiammetta Maschietto)
Stivale ANAS / 1993/ oggetto multiuso
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Neoilluminismo e Massoneria. La metafora rovesciata / 1976 / Teatro della Pergola, Firenze / performance
(Carlo Bachi, Lapo Binazzi)
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Ladro d’albergo I / 1976 / Galleria Schema Firenze / performance (Lapo Binazzi)
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Ladro d’albergo II - Annunciazione / 1976 / Galleria Schema Firenze / performance (Isa Baldi, Lapo Binazzi)
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UFO. DISCONTINUITÀ E TERRITORIO
Centro internazionale di Brera, Milano 1977
Dall’ipotesi sul ricatto dei servizi qui non documentata a una teorizzazione del “territorio liberato”.
L’attenzione si sposta sugli elementi “naturali” e inconsueti organizzati secondo una tecnica discontinua.
Alla logica istituzionale di intervento sul territorio o sull’ambiente si sostituisce l’operazione poetica di strategia visiva
discontinua e di messa in relazione di fatti apparentemente distanti fra loro, accostabili per relazioni di contiguità ai
limiti della teoria randomistica delle libere associazioni, fino a perdere anche i legami più esili per un criterio di espressione che viaggia nel vuoto mentale “minimo” che sta fra i due fatti proposti, come pura assenza in grado di restituire
i controlli necessari a seguire la “realtà” sempre più sofisticata.
L’effetto globale e “sinergico” è il “simbolo” (concepito come traduzione infedele dell’immagine) delle aspettative del
contesto antropologico mutato.
Intervento e critica nello stesso tempo sincronico, tagliato a misura dei comportamenti liberatori delle attitudini creative individuali e collettive.
Azioni esse stesse e contesti di riferimento per future operazioni predispongono i sistemi di pensiero ad accostamenti
non-casuali ma “labili” necessari per non colmare i vuoti con cui si presenta la realtà.
Il RIFIUTO della SPIEGAZIONE non è una indicazione negativa e presuppone l’estensione dell’uscita dalla operazione
anche al materiale della “scrittura”, oltre al materiale visivo.
Il “testo critico” o di presentazione o autocritico viene sostituito con un testo che deve fare i conti con la specificità
singola della “scrittura”, diventando omologo o contrario o opporto al materiale visivo o comportamentale.
La “concettualità” dell’operazione o dell’uscita dalla operazione come sarebbe meglio dire, consiste nel far reagire fra
loro i materiali diversi creando una discontinuità di segno diverso da quella della “logica” capitalistica della divisione
del lavoro artistico da quello critico e nella riqualificazione del lavoro critico secondo una precisione di analisi strutturale “profonda” adeguata alle caratteristiche teoriche “avanzate” del lavoro artistico.
La lettura di una operazione e la sua decodificazione viaggiano insieme all’operazione stessa in un’area di precisione
“teorica” o “culturale” secondo alcuni, ormai altamente sofisticata che viene ancora maggiormente sofisticata dai
risultati o effetti volutamente ambigui e tendenti spesso al “simbolico”. Per “simbolico” si intende qui il ricorso a una
complessificazione linguistica appartenente alla storia dei lavori artistici e dei metodi specifici di rappresentazione.
Ad esempio le distorsioni prospettiche di una scultura a scala reale di Claes Oldenburg tendono ad ampliare il più possibile il segno artistico per una immediata percezione della decontestualizzazione semantica dei “segni” di una piazza o
di una strada o di una periferia o dei campi come negli ultimi lavori di ambiente di Christo (Valley Curtain). L’effetto creato è una simbolizzazione enfatica per mezzo della prospettiva, in questo caso il metodo di rappresentazione grafica
adottato spesso “a posteriori” che si aggiunge alle tematiche più specificatamente Pop come la “scala gigante” oppure
l’oggetto domestico come la molletta per stendere i panni trasportato fuori dal suo contesto o la opposizione scultura
in piazza vs antimonumento e così procedendo potremmo esaurire tutta la decosificazione dell’operazione stessa.
Molte volte questi metodi di operazione vecchi e nuovi coestistono rendendo difficile l’interpretazione logica che del
resto non si vuole, per aumentare il deterrente del lavoro artistico.
Il sincretismo di tali lavori valori tende oggi ad azzerare in base all’effetto globale, fino all’esaurimento delle spinte
politiche, sociali, artistiche, i limiti temporali dell’operazione, rimandando la discussione sulla fine approssimata o
allontanata delle tematiche secondo il “consumo” e l’obsolescenza delle tendenze del mercato.
Si arriva anche a progettare operazioni di segno completamente opposto come recupero di uno spazio politico che a
differenza dello specifico politico tradizionale delle istituzioni non procede secondo una logica “continua” di trasformazione nel senso della “storia”, ma secondo una logica “discontinua” di sovvertimento pratico delle tendenze precedenti secondo una dialettica discontinua che vede schierati mercato artista critico politico sociologo tecnologo ecc. ......
La possibilità di comprendere sistemi di pensiero o di espressione artistica in sistemi ulteriori che comprendono al loro
interno i sistemi precedenti o per usarli come strumento o per emarginarli definitivamente è all’incirca quello che si
intende oggi come “ricerca artistica” il cui destino è di partire “viziata” per le interferenze provenienti da altri campi
specifici come la scienza, la politica, la antropologia, la linguistica stessa, l’informazione, il mercato. Tutto ciò rappresenta la conferma di presenza “reale” che l’arte cerca nel mondo.
Lo sconvolgimento o distruzione degli “specifici disciplinari” può non arrivare all’effettivo sconvolgimento dei ruoli
tradizionali del lavoro specifico separato artista-critico-politico-scienziato-ecc. ......
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Arte vs Sport. Scarto / 1977 / Centro internazionale di Brera, Milano / performance (Lapo Binazzi, Marino Vismara)
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Il metodo detto della “scatola cinese” diventa un gioco da cannibali alla ricerca della “credibilità” di far valere questa
come “alibi” alla propria sopravvivenza come lavoratore specifico “professionista”.
Il “professionismo”, quindi con tutte le dipendenze compromessi e ricatti dai mercanti, dal mercato, dal pubblico, è a
sua volta alibi della abilità tecnica della esecuzione, e slitta fatalmente come istrionismo nella rappresentazione “a
braccio” dei “falsi sentimenti” che non di rado critici e pubblico collocano all’apice dell’espressione artistica secondo
una matrice aristotelica consolatoria.
Del resto i metodi (o “poetiche”) freddi-e nel tentativo di aspirazione dai condizionamenti del pubblico, se orientano la
ricerca in un territorio più elevato dal punto di vista logico, cadono quasi sempre sul piano dei rapporti con le istituzioni.
La difesa del professionismo ad oltranza diventa la condizione necessaria per la “sopravvivenza”. Con i procedimenti
dell’arte povera, della minimal, dell’arte concettuale gli operatori vengono risospinti verso la galleria, verso il mercato,
pur con i grossi mutamenti che possono essere rappresentati dal vendere un pezzo di carta o una fotografia o altri
materiali (es. Kosuth) piuttosto che di un quadro a olio su tela che per tanto tempo ha rappresentato la regola senza
deroga della operazione artistica in base a richieste di non-deteriorabilità divenute esigenze di falsa cultura mutuata
dai “classici”.
L’informazione sembra essere il luogo privilegiato dove questi mutamenti “storici” possono estendersi riprovarsi trovare conferma e incidere attraverso il superamento delle barriere politico-geografiche su tutto l’ambiente antropologicamente inteso, ma il raffreddamento progressivo della terra ci rende tutti troppo anglossassoni per non dubitare neanche col melodramma accanto o la decadenza a portata di mano, questa sì vera inflazionata e regredita e repressiva.
È possibile vedere tutta la ricerca artistica come costituita da due filoni paralleli e per niente comunicanti dell’operazione e dell’interpretazione che procedono all’infinito facendo finta di trovarsi d’accordo mentre d’accordo non lo sono
affatto?
Le diapositive allegate rappresentano tre momenti della ricerca che andiamo conducendo da dieci anni. Il percorso
teorico di questa ricerca va nella direzione della destrutturazione dei linguaggi e della distruzione degli specifici disciplinari.
Lo smontaggio del sociale come ambiente complessivo ci permette di intervenire anche in campi non tradizionalmente
coperti dall’architettura.
Questa a-disciplinarietà della ricerca è comune anche alle arti visive, alla museica, ecc. ......
Le prime esperienze con i gonfiabili nel 1968, calati a sorpresa nei “riti e miti sociourbani”, costruiti in scala 1:1 nella
facoltà di architettura occupata, e gestiti anche dagli studenti per azioni dimostrative durante le manifestazioni del
maggio rosso. Per l’architettura delle facoltà erano la dimostrazione tangibile di una sperimentazione con materiali
leggeri (poliethylene, scotch-tape, saldature a caldo, tiranti in nylon). Invece di partecipare a concorsi di architettura
si fanno le proposte di costruire al vero il modello del progetto vincente (naturalmente distorto) e verificare sul posto
e con poca spesa l’effetto generale della architettura vera sull’ambiente. Pensate alle enormi possibilità date dalla
verifica su un progetto dei nostri “maestri”. Tale operazione mai eseguita avrebbe messo in cortocircuito i linguaggi
della “cultura” architettonica corrente con quelli più avanzati delle arti visive.
Cosa che ha fatto anche Claes Oldenburg con i suoi progetti di monumenti, e Christo con le sue realizzazioni.
Finito il momento “caldo” che per noi è stato relativo anche a una serie di arredamenti “diversi” di negozi, che ci permettevano di estendere la ricerca nel terreno pratico e di venire pagati per il nostro lavoro, decidemmo di partecipare
come altri gruppi di architettura “radicale” operanti a Firenze, come Archizoom e Superstudio, al concorso per l’Università di Firenze da costruirsi nella piana di Sesto Fiorentino. Le foto mostrano due fasi del progetto: quella dell’elaborazione a tavolino di un progetto disegnato ma fuori scala, infatti è esteso all’Europa fino alle Colonne d’Ercole a
sinistra e all’Albania a destra, concepita come teoria pura della rappresentazione, e quella della verifica sull’ambiente
con un progetto audiovisivo, durante una ricognizione sul territorio, come copia sterzata della realtà. Una successiva
elaborazione dà luogo alla scoparta di linee di energia presenti reichianamente sul territorio che formano il “mostro
dell’id”, prefigurazione in chiave science-fiction di una qualsiasi realizzazione costruita come violenza al territorio
libero, prateria popolata di uccelli migratori, fascia ancora inutilizzata della estrema periferia urbana.
La foto [successiva] è una parte di una sequenza di 36 foto su una performance a scala territoriale intitolata “Giro
d’Italia” che si proponeva di usare la chiave del Giro ciclistico come mezzo per la liberazione di spazi chiusi spazi privati
spazi segreti, divieti militari, di proprietà privata, ecc. ...... e si concludeva nel teatro n.1 della mostra Contemporanea
dove veniva riportata in videotape l’azione eseguita all’esterno in real-time e dove le biciclette passavano per una
liberazione della mostra stessa.
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L’azione che ci era stata commissionata da Achille Bonito Oliva per Contemporanea evidenziava come solo l’uscita
dall’operazione come dalle strutture di mercato, dalle gallerie e dagli spazi critici più o meno istituzionalizzati permetta
la riappropriazione collettiva del lavoro creativo.
Questa dell’uscita dall’operazione è sempre stata una constatazione della nostra ricerca ed ha lo scopo di non restare
vincolati all’uso, nel tempo anche breve della operazione stessa, di forme di linguaggio precostituite o che diverrebbero immediatamente istituzionalizzate.
Altre volte l’uso del comportamento in allestimenti realizzati, è servita proprio all’uscita dell’operazione oltre che a
mettere in relazione l’architettura costruita con quella azionata, o solo pensata. Si cerca cioè di relativizzare e rendere
indeterminato il processo di comunicazione relativo al linguaggio e alle operazioni su di esso. Tale metodo consente
una maggiore ambiguità, che di solito gestiamo anche dopo a evento finito, nel momento della trasmissione dove il
“rifiuto della spiegazione” crea una risonanza e una amplificazione del segno maggiore, purtroppo molto spesso in
senso simbolico a causa della fragilità “culturale” dei ricettori.
Questa volta invece abbiamo fornito una spiegazione, credo che sia la prima volta...... ma è già “storia” anche se non
è la “nostra storia”......
Lapo Binazzi (UFO)
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Discontinuità / 1977 / ZonA, Firenze / performance (Lapo Binazzi)
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Catastrofi leggere ecc. / 1978 / Cortile di Palazzo Strozzi, Firenze / performance (Lapo Binazzi, Marino Vismara)
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UFO
in Topologia e Morfogenesi. Utopia e crisi dell’antinatura. Momenti delle intenzioni
architettoniche in Italia, catalogo. Biennale di Venezia, a cura di L.-V. Masini, Venezia 1978
Il gruppo UFO vive ed opera a Firenze dal 1967, anno di nascita ufficiale.
Il nome non è più simbolo di imprendibilità.
I suoi componenti sono dispersi nella realtà...
La discontinuità elementare o ‘semplice’ delle teorie e delle operazioni si costituisce come ‘autobiografia’ totale, senza-matrice comune a tutti i lavori, amplificazione del proprio segno artistico al di fuori dei luoghi comuni dell’istituzione, riappropriazione personale e collettiva del procedimento creativo.
Il giro del mondo in senso ‘antiorario’ porta a ovest alle radici del futuro. La distruzione degli ‘specifici disciplinari’
conferisce ‘professionalità’ pura agli ‘scarti’ verso i sistemi massimi e minimi.
L’Archetipo discontinuo mette in relazione fatti apparentemente distanti fra loro, provoca all’inserimento di ‘azioni
diverse’ davanti dietro e di lato ma anche all’esterno, il cui collegamento con l’archetipo è stimolato e ambiguo.
La ‘porta’ da e per la quale si può accedere ai mondi sia dell’istituzione e dell’antiistituzione come del pubblico e del
privato, uscire ‘dall’operazione’ all’esterno o all’interno della propria opera, rimanda ai padiglioni del sistema dell’arte
come alla scomparsa del mercato e degli artisti nella laguna non popolata di riferimenti spaziali precisi.
- “Mi hanno accennato all’interessante presenza di ‘paletti’ ANAS per mezzi acquatici pubblici che mi propongo di
verificare sul ‘posto’.”
Ma questo non è che un aspetto del problema. Si fa la constatazione della mancanza di riferimenti ‘specifici’ ma emerge
una nuova attenzione o attesa per la coesistenza pacifica come atteggiamento retrodatato, dell’architettura, fotografia, concettualità, discontinuità, realtà, profondità, azione, archetipo, temporalità, politica, tecnica, storia, spettacolo,
menomazione, performance, psicanalisi, linguaggio, smaterializzazione, ineffabile, artisticità, mercato, sport...
Anche nell’assenza di ‘interventi fisici’ che mutino la configurazione formale del fenomeno radicale come disposizione
collettiva, le ‘cose’ sono andate avanti da sé, non accettano imposizioni, o consigli, o strategie, dato che la ‘liberazione’
dell’energia è lo scopo ultimo di ogni operazione.
La progressiva dematerializzazione di ogni parametro processuale o sistematico, azzera di nuovo ogni possibile linguaggio in quanto ‘riconoscibile’ perché privo di ‘attese’, dunque non è solo la ‘forma’ l’oggetto o l’immagine a scomparire ma qualsiasi riferimento troppo ‘sfruttato’ a fini storici o critici. In questo senso la ‘minimizzazione’ viene sostituita
dalla semplicità felice o infelice, l’arte che vorrebbe essere una ‘scarto’ fra arte e natura nella migliore delle ipotesi,
getta le basi per uno scarto definitivo tra natura e convenzione, che non è l’arte ma lo scarto da questa.
Alla stessa maniera non può essere architettura o altro.
È discontinuità pura.
Lapo Binazzi (UFO)
La B/arca ANAS / 1978 / Biennale di Venezia / happening
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PERFORMANCE IN BARCA
UFO-Mino Vismara (violino)
in Topologia e Morfogenesi. Utopia e crisi dell’antinatura. Momenti delle intenzioni
architettoniche in Italia, catalogo Biennale di Venezia, a cura di L.-V. Masini, Venezia 1978
La Fata Morgana è il ‘miraggio’ e la b/arca (barca-arca) trasportata a mezzo canale.
Come nello ‘stretto’, tra Scilla e Cariddi, solo in particolari condizioni atmosferiche il ‘fenomeno’, inteso qui come fenomeno da baraccone, è visibile.
L’esperienza ‘rara’ è ripetibile a piacere fino a cogliere le particolarità della situazione dell’osservatore di fronte a
un’esperienza difficile da raccontare, emozione pura registrata.
L’architettura, pretesto di allargamento delle facoltà percettive, si confonde immediatamente con la singolarità del
fenomeno e mette a confronto due ‘realtà separate’ ma possibili.
Istante effimero bloccato nel tempo, archetipo della ‘visione’, veggenza multinazionale del ‘segno artistico’, stratificata nelle opposizioni ‘Sogno o son desto?’ ............
La b/arca si vede nella stessa scala dei prospetti-fondali di Venezia. L’arca a due dimensioni si schiaccia e si appiattisce seguendo la determinazione dello spazio fotografico - avvicina-allontana l’ambiente, come nel deserto. Fugge o
raggiunge nel loop-backhole-maelstrom, l’esterno dello spazio cosmico.
La duplicità dei punti di osservazione: dalla barca-dalle ‘fondamenta’ (banchine), relativizza e rende indeterminata la
‘posizione’, fornendo in ogni punto le coordinate in un grafico non-esistente.
L’astrazione pura del procedimento è il luogo stesso logico-matematico della ‘assenza’.
Un pezzo di strada o di bosco, viene sovrapposto o estratte dalle case di Venezia, sullo sfondo dei profili della laguna.
In Hemingway, la liberazione dall’architettura ‘radicale’ come ghetto - gli sdilinquimenti e il ‘mal di pancia’, sono il ‘Sentimento’, il tono, il tratto soprasegmentale approssimato e discontinuo, senza-matrice, improvvisazione, e nel caso
autoterapia, liberazione dal sistema semiotico ormai troppo stretto.
I congegni del violinista
...... come in un impianto Duchampiano ...... il terzo vertice faunesco, intrigante, del triangolo fra termini arbitrari ......
violinista/Hemingway/la madonna.
Il retro del ‘quadro’ - la musica nascosta che emana dalla ‘casa’ quando si spenge il motore della b/arca.
Il marchingegno - invenzione - medium - collegamento = il motore ‘sentimentale’.
Il barcaiolo è il motorista, il Deus-ex-machina sempre presente, al contrario dell’impianto medioevale.
Lavoro riscattato-compagno di viaggio.
Siamo tutti sulla stessa b/arca.
Madonna
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Lapo Binazzi, GHIRIBIZZI DI LUCE
in “Interni Annual”, 1990
Questa può essere l’occasione buona per fare un ‘riassunto delle puntate precedenti’, della mia attività e di quella degli
UFO nel settore dell’illuminazione piuttosto che dell’illuminismo. È vero che si tratta di un giuoco di parole, ma ad un
esame più approfondito si potrebbe rivelare più sottile di quel che non sembri a prima vista. Il carattere ‘indipendente’
del nostro e del mio design si manifestava già dagli ormai lontani esordi intorno al mitico ‘68, quando dall’amicizia con
U. Eco e dai suoi insegnamenti ci appassionammo ad un’estetica affatto nuova, fatta di denotazioni e di connotazioni,
di ironia e di ambiguità, di giuochi di significante e di significato e in definitiva di precisione linguistica, che doveva
demistificare la retorica del ‘buon design’ italiano degli anni ‘60 e le sue un po’ tronfie sicurezze industriali dove la
tecnologia e la sofisticazione del rapporto tra forma e funzione si rivelavano metafore da status-symbol, intossicazioni da marketing, raffreddori da ‘persuasori occulti’. Invece scoprimmo che era possibile un design più dialogante con
le arti visive, con l’esuberanza dell’immaginario collettivo, con la spontaneità della creatività di massa, con la lucidità
della proposta individuale che, apparentandosi con la ‘moda di strada’, risultasse più leggero ma allo stesso tempo più
profondo. Come nel caso della ormai leggendaria Lampada Dollaro che era costituita da una base in pietra serena su
cui si ergeva una sorta di monumento a Paperon de’ Paperoni rivisto in una estetica ironica ministeriale anni ‘30. Sul
cappello della lampada dorata erano poi raccontate storie incredibili come quella [...] che rappresenta un cimiterino con
acquesantiere, croce di legno pregiato acquistata in un negozio per paramenti religiosi, e fiori di ferro teneramente
‘poetici’. L’accensione era del tipo ‘a catenella’. Per fotografarla poi, niente di meglio che una bella colonna dorica di
poliuretano che tra l’altro si poteva scomporre in puff e tavolino!
Oppure l’altra Lampada Dollaro che, sullo stesso impianto base stagliava un maggiolino Volkswagen ‘tutto matto’ e
una palmina contro cui l’auto era andata a sbattere come se il cappello della lampada fosse una duna del deserto.
Nelle altre varianti le storie erano sempre diverse. L’esempio resta insuperato, anche oggi che la semiotica è passata
di moda! Del resto, riandare con la memoria ai tempi ‘eroici’ mi provoca qualcosa di più di una semplice commozione, i
ricordi si affastellano alla mente in ondate inarrestabili ed è anche difficile mettere ordine e presentarli in modo intellegibile ai lettori. Pensate che le Lampade Dollaro degli UFO erano fatte per il mitico ristorante Sherwood e stavano
su una semi-tavola rotonda di Re Artù con tovaglia di plastica in finto tartan scozzese del clan dei Mackintosh! Che ci
volete fare, resto un sentimentale.
Ora queste lampade sono pezzi collezionati in giro per il mondo e francamente non so individuarvi una logica da
made in Italy, anche se da alcune di loro sono nati atteggiamenti neo-moderni che, perdendo il carattere iconoclasta
a favore di una maggiore amichevolezza verso il pubblico, hanno rivoluzionato il sempre troppo stagnante mondo
dell’industria. Adesso si parla di ‘Fenomeno del design italiano’, ma sempre progressivamente estromettendo e a volte
rinnegando gli ‘esordi radicali’ come se si trattasse di un’infanzia trascorsa in un orfanotrofio. Al contrario io ci sono
rimasto affezionato come a una stagione ‘mutante’, in cui è successo veramente qualcosa, e dalla quale ancora non
è stato tratto il frutto migliore. Ma torniamo a noi. Dopo il ‘72 gli UFO appaiono raramente insieme, e concentrandomi sulle lampade che mi paiono sempre più ‘strumenti di sopravvivenza estetica’, oggetti dotati di una potenzialità
espressiva, sconfinanti nell’umano, ghiribizzi di luce, serpentine fluorescenti, omuncoli alchemici, cerco di dar vita a
varie generazioni di progetti luminosi irirverenti e colorati. A questo periodo, anche se i primi disegni sono del ‘69,
appartengono la MGM, più volgarmente chiamata per esteso Metro-Goldwin-Mayer, incrociata con la Paramount, la
Paramount stessa, e la 20th Century Fox, per una trilogia della vendita a pezzi delle vecchie case cinematografiche,
e dei loro simboli così cari alla gente, perché dispensatori di sogni colorati e non in vistavision cinemascope e tecnicolor Todd-a-o. Ma stravolte nei materiali e nell’apparenza per cui la MGM invece che di pellicola è fatta di un nastro
di lamiera e il leone è stato soppiantato da una Paramount in lamiera con l’ombrello con puntale asburgico da impero
austroungarico. La Paramount vera e propria costituita da una montagna-base in ceramica smaltata tronca alla cima
tanto da assomigliare a un vulcano, di colori sempre diversi, con un ombrellino piantato nel cratere come una bandiera
piantata sull’Everest. Mi ricordo ancora mentre formavamo con Titti Maschietto la creta della montagna e sceglievamo
l’ombrello. La creatività a quattro mani e prima ancora a sei-otto-dieci mani mi suggerì l’esistenza della ‘discontinuità’.
Maschera al neon / 1981 / lampada multiuso (Lapo Binazzi)
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Effetto degli effetti, codice dei codici che costituiva la sostanza dell’informazione massima, interpersonale stumento
di comunicazione globale che partendo dall’iniziale fissione di teoria e pratica, saltando a volte il disegno esecutivo,
restava libera fino alla fine e aperta alle ultimissime trasformazioni della fantasia. E la 20th Century che, partendo da
un disegno dell’epoca arrivò alla realizzazione finto-marmo in base tronco piramidale e di una scultura fatta a mano
in terracotta ammaccata illuminata da due faretti disneyani colorati di giallo e appoggiata su un pratino sfrangiato
di erba artificiale della Triumph modello polygrass. Non saprei dirvi se si tratti di lavori di design o opere d’arte, ma
contenevano l’originalità di voler partire dal design per avvicinarlo all’arte, per dissolvere le barriere degli specifici
disciplinari e conquistare al design una libertà di espressione mai vista prima. udite udite! Non si tratta dell’avvocato
che canta ma se lo sa fare bene perché no!?
Seguono a ruota degli oggetti ‘invisibili’, frutto del laboratorio che dal ‘75 apriamo in Piazza del Limbo a Firenze, primo
atelier di design artigianale della nuova era in cui lampade erano messe in vendita praticamente al prezzo di costo o
giù di lì. Ciò doveva rivelarsi di lì a poco una falsa prospettiva, perché tali pezzi si dimostravano sempre più consoni
al gusto del collezionista che a quello del grosso pubblico, collocandosi in una diversa ‘fascia di mercato’. Esempi di
questo periodo sono le Scariche elettriche al neon con colori industriali accostati in maniera tale da risultare gradevoli.
In pratica sono i primi esempi di neo-moderno, risalendo i disegni orginali addirittura al ‘73 durante le riunioni della
Global Tools, mitica scuola del design a cui partecipavano tutti i gruppi ‘radicali’ con in più Sottsass e Mendini. Oppure
Ago e rocchetto lampada da ‘cucire’ con la lampadina celata nella cruna dell’ago e il rocchetto che aveva la duplice
funzione di prolunga e di sostegno con il filo avvolto intorno. È questa una lampada versatile che può assumere le
più varie configurazioni dalla torcia alla lampada luminosa, allo scaldino per le mani o, roteandola, alla churinga (str.
musicale) degli aborigeni australiani. Il suo aspetto a prima vista ‘pop’ si stemperava fino ad annullarsi nelle performance a cui poteva dar luogo reagendo con l’immaginazione dell’autore. E ancora la maschera al neon con trucco
punk-cinese, una categoria sconosciuta che parodiava il bisogno di occidente dei regimi dell’est. O la doccia di rame al
neon, spiazzamento concettuale ‘dada’ che ha la caratteristica di colorare l’aria per volumi e solidi geometrici, a seconda dell’angolo a cui viene appoggiata oppure al muro in cui si vuol riflettere la luce o la ribalta della scena domestica
che si vuole sottolineare. La falciatrice rocchetto-colonna con i tubi di neon fluorescente che rotolano sul pavimento
e cambiano la posizione tradizionale delle luci nella casa. Da notare che ho sempre avuto una speciale attenzione per
i colori e la loro complementarietà, ricreando all’interno l’artificio dei colori naturali che sono sempre tutti presenti e
che non siamo allenati a percepire. Dall’85 il laboratorio-negozio finisce, e inizia un nuovo periodo caratterizzato da
nuovi esperimenti. La creazione di una Macchina al neon da fantascienza o da museo della scienza e che in realtà è
un bar o un tavolo d’appoggio con amaca porta-frutta, o anche una libreria-consolle, per Documenta 8 a Kassel nel
1987 esemplifica l’estensione di Scariche elettriche precedenti ma anche una polifunzionalità ironica e spaesante con
accostamenti inediti di materiali e affronta una dimensione più grande dove la luce diventa mobile. Insieme a questo
oggetto una serie di alto-parlanti al neon dove la voce è un fulmine di luce colorata. Per gli oggetti a scala performance
più marcatamente post-umani c’è l’Ombrello del posteggiatore con un neon nascosto dentro il manico e vuol essere
una citazione da Blade Runner e da Paolo Uccello con la membrana delle ali del drago di S. Giorgio e il drago, alla National Gallery a Londra. E sempre proseguendo su questa linea nel 1987 insieme a Carlo Vannicola e Paola Palma, validi
e simpatici collaboratori, Il gabinetto del Dottor Caligaris che è un comodino porta-gioie ma anche un nuovo tipo di
torre-grattacielo con piazza sopraelevata e campanile illuminante. Questa lampada è derivata dal concorso fiorentino
Un’idea per le murate sul riuso delle ex-carceri. Per finire con una libreria a tralicci e uccelli dove gli uccelli sono delle
lampadine alogene poggiate sui fili delle campate fra i tralicci e i piani sono di cristallo sagomato.
Berlinguer / 1976 / lampada multiuso
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Doccia di rame al neon / 1978 / lampada multiuso (Lapo Binazzi)
Rocchetto al neon / 1978 / lampada multiuso (Lapo Binazzi)
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GUERRE STELLARI
L’idea dello spettacolo nasce in un cantiere, di notte possibilmente con lo sfondo di una galleria, buio ancora più oscuro, è in corso un traforo, ma anche una metafora della nascita della vita e della morte dell’umanità.
La caverna partorisce suoni, idòla, creazioni e riinghiotte tutto, pensieri, trasformazioni, angosce, paure, fastidi.
Il lavoro va avanti in-progress, degli uomini non ben consapevoli dei mostri-macchine e dei mostri-istituzioni che
stanno manovrando, si fanno guerra rumorosa in cui si inseriscono musicisti addestrati a capire e a educare ma senza
molto successo.
Fasci di luce colorate investono ora questo ora quello in azioni a volte importanti ed altre insignificanti e personali.
L’epico o etico contrasta con il soggettivo. Lo scontro è di nuovo tra il trascendentale e il metafisico. Su tutto veglia
l’istituzione totale della Caverna o della galleria. Essere dietro le quinte non è più un artificio ma occupazione di molti.
In tutta questa oscurità si aggirano registi in bicicletta e aiuti registi su pattini a rotelle con delle pile tascabili anche
potenti cercando di portare istruzioni, suggerimenti.
Cercando di cavalcare gli eventi salgono sulle macchine e dirigono le orchestre, cercano di trasformare il caos in una
grammatica o linguaggio o qualcosa del genere, danno vita a spazi cosmici ineffabili e sublimi ............
Lapo Binazzi (UFO)
Guerre stellari per macchine da sterro e orchestra / 1981 / Parco delle Cascine, Firenze / happening
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Macchina da fantascenza al neon e amaca portafrutta / 1987 / lampada multiuso / Documenta 8, Kassel
Scala empirea/Ombrello luminoso / 1987 / Documenta 8, Kassel / allestimento e performance (Lapo Binazzi)
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Vassoi autostrada / 1989 / ceramica (Lapo Binazzi)
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Zuppiera vongola / 1989 / ceramica (Lapo Binazzi)
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Lapo Binazzi, SCRITTURA CREATIVA
in Lettere segrete. Antologia di scritti e di oggetti di design,
Afro City Editore, Milano 1989
Come alcuni forse sanno, gli UFO, gruppo di cui facevo parte, hanno sempre scritto accompagnando i loro progetti con
una sorta di dichiarazione in codice, false profezie, esperimenti di semiotica, con largo uso di denotazioni e connotazioni, soprattutto, rifiutando la “spiegazione” in termini di metalinguaggio critico con tanto di note a piè di pagina,
o “uscendo dall’operazione” con piroette verbali e visive che richiamano alla mente l’effervescenza futurista e più in
genere le dichiarazioni di poetica delle avanguardie. Così facendo fondarono di fatto un nuovo codice che scattava in
avanti in discontinuità, e dettero i primi esempi di una “scrittura creativa”, che aveva il compito di competere da pari
a pari con la scrittura letteraria degli scrittori “veri”. Perché, il punto era: se gli “architetti radicali” destabilizzavano
il tranquillo sistema degli specifici disciplinari nelle arti visive nel design e nell’architettura, perché non avrebbero
potuto farlo anche in letteratura? E quindi facendo proprie tecniche e problemi dell’avanguardia in campo letterario,
piuttosto che limitarsi al ruolo e al posto che sarebbe stato loro assegnato dalla normale suddivisione del lavoro intellettuale, riservandosi brevi annotazioni al margine dei progetti e tenere e sentimentali dichiarazioni di poetica, oppure
solidi trattati di architettura alla maniera dei trattatisti, per definire le “nuove regole” compositive, oppure saggi critici
estremamente colti e di estrema precisione filologica. Erano tempi in cui gli Archizoom redicavano “La distruzione
tecnica della cultura” seguendo vie tracciate da Ivan Illich, il Superstudio presentava le “Parusie urbanistiche”, Gianni
Pettena il suo “Anarchitetto”, per intendersi. Gli UFO, ammaestrati anche da U. Eco, loro professore dal 1965 al 1970
alla facoltà di architettura di Firenze, si lanciarono nella sperimentazione a tutto campo di tecniche di scrittura inconsuete specialmente in campo architettonico, e fondarono di fatto una discontinuità di approccio al proprio lavoro che
ancora oggi e chissà per quanto altro tempo ancora aspetta di essere colmata. Poiché è inutile illudersi: finché non ci
sarà qualcuno che si spingerà altrettanto coraggiosamente più in là non avrà più senso parlare di avanguardia. Il questionario sui criptopoteri del 1971 venne portato da U. Eco a un congresso americano sulla letteratura italiana come
esempio non paludato e spontaneo di nuova scrittura giovanile. Allora, ricapitolando, che cosa ci aveva insegnato U.
Eco? E più propriamente la semiotica? Che, se esisteva a livello teorico il conflitto tra codici visivi di recente affermazione (vedi i media) e codice verbale, tradotto in scrittura letteraria di più antica formazione, tanto valeva rimescolare
un po’ le carte e vedere cosa succedeva.
No, non è proprio la stessa cosa delle annotazioni al margine del progetto, ma che ci volete fare, ero proprio io, a volte
noi, a quattro mani o a sei, a scrivere i testi, e il carattere indimenticabile di quell’esperienza che fondeva i nostri
cervelli in un immaginario clan collettivo, primo test di diffusione e controllo-lettura di tale scrittura creativa, è ancora
molto presente dentro di me. Quindi se per caso le Lettere Segrete vogliono essere un’antologia di “peccati inconfessabili” del design, dei “lo fò ma non lo dico” di progettisti timidi e introversi con la loro vena poetico-sentimentale
da trastullante “pruderie” massificata, dico subito che non ci sto. Se invece volessero essere la registrazione di fatti
storici per quanto riguarda l’avanguardia del design e dell’architettura e il trampolino di lancio per altri esperimenti e
“senza rete”, di “scrittura creativa” allora sì ci sto eccome!
A ben guardare il problema della scrtittura creativa intesa proprio in senso letterario mi appassiona fino dagli ormai
lontani esordi. Mi sono sempre domandato perché nelle facoltà di lettere in Italia non si può imparare a diventare
scrittori, e così anche nei licei.
Mentre per le arti visive ci sono le accademie (sic!) e per l’architettura ci sono le materie compositive (ahimè), che
non negano la loro componente “artistica” e cioè creativa, per quanto riguarda le patrie lettere si può solo studiare
da critici, ma tu guarda. Si sa che tutto ciò non è probante. Possono uscire artisti idioti dalle accademie e architetti
imbecilli dalle facoltà di architettura e anzi, spesso è così, ma, chissà perché, non possono uscire scrittori dalle facoltà
di lettere, o meglio, possono uscire, ma a loro spese. Io, che credo che la parte artistica in ognuno di noi abbia valore
spirituale prima di tutto e poi anche terapeutico, e che costituisca un diritto inalienabile di ciascuno per nascita, vorrei
che fosse per lo meno insegnata a tutti. Altrimenti non si riesce a capire come mai nei conservatori si insegni la musica
o meglio la composizione musicale, e non solo la storia della composizione musicale. In America, al contrario, paese
giovane, esistono cattedre di “creative writing” in cui si formano i giovani scrittori ma anche il pensiero artistico scritto
di tutti coloro che lo vogliono apprendere. Questo non legittima a tutti gli effetti gli scrittori “minimalisti” che, come si
sa, provengono da tali fucine letterarie, ma è una chiara e democratica indicazione di metodo.
Non sarà che in Italia tutti pensano di saper scrivere? E quindi di saper leggere, e spesso invece non è affatto vero,
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vedi analfabetismo strisciante e di ritorno? Invece, scrivere insegna a pensare anche quando si scrive in maniera creativa per scopi artistici e non solamente critici, insegna a riconoscere i nostri stati d’animo e a esprimerli compiutamente come si conviene, e insegna anche a leggere perché ci fa comprendere più completamente i meccanismi letterari
che stanno alla base di un’opera e alla sua creazione. Proprio questo credo che abbia fatto o inteso fare U. Eco con
il suo ormai celebre Il nome della rosa, mettendosi a parte e svelandoci le parti più nascoste di un’opera fino dal suo
concepimento al computer o Word Processor largamente usato per fondarla. Un intellettuale, un celebre semiotico, un
critico caustico, un fine letterato, il cui umorismo era già manifesto nel Diario minimo, si è cimentato con la scrittura
creativa nientepopodimenoché di un romanzo, e che romanzo!
Insomma tutta questa paradossale e intenzionalmente paradossale spaparanzata sul “creative writing” è solo una
testimonianza di come ci ponevamo e di come mi pongo certi problemi di “scrittura” che attengono più alle parole che
ai disegni o alle immagini. Gli amori di W. Burroghs e la sua scrittura sincopata, per le polisemie del Finnegan’s Wake
come problema letterario non ancora risolto e per altri maestri ancora, vogliono essere amori totali, senza altro in
cambio che il sentirmi parte di una grande famiglia di artisti che non conosce confini di “generi” e proprio per questo
tanto più “specifica”.
Quando scrivo voglio essere giudicato un letterato o uno scrittore e non un architetto che si diletta con lo scrivere,
perché dal rigore del giudizio voglio la consapevolezza che i miei sforzi sono serviti a qualcosa, che le mie cabale, profezie, visioni, non-sense, calembours, metafore e metonimie e paradossi, sono operazioni tecniche omologhe ad altre
fatte sui codici visivi e alla fine il “torno deve contare”.
O meglio: - Chi la fa... e i cocci sono suoi.
Umberto Eco in pasto agli UFO / 1968 / Milano / performance
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Gli UFO dalla A alla Z
ANAS Restoration, 1969
Ricostruzione di una Casa ANAS in versione “gonfiabile” alla facoltà di architettura, nel cortile di Palazzo San Clemente
di Firenze, dove gli UFO hanno aperto un cantiere dal febbraio 1968: “si lavora al vero o sulla macrodimensione con
materiali gonfiabili e cartapesta. I pezzi prodotti vengono calati con azioni di sorpresa, come elementi di rottura e di
disturbo nei riti-tipo del centro storico...” (vedi: Urboeffimeri).
Bamba Issa, 1969-72
Gli UFO allestiscono e interpretano con interventi successivi gli interni della discoteca a Forte dei Marmi, promuovendo un circus di leggende, favole, visioni, personaggi da fumetto e azioni da parodia all’interno di uno dei nuovi
luoghi del consumo e del piacere. Le cammelle di salvataggio del Bamba Issa appaiono sulla copertina di “Domus” del
febbraio 1970.
Casa ANAS, 1969-73
“Catalogazione sistematica sulle variazioni tipologiche degli edifici ANAS sparsi sul territorio”. Reportage fotografico
pubblicato su “Casabella” nel luglio 1973, datato 1969, come indagine sulla realtà architettonica italiana ridotta ad
un unico elemento diffuso su tutto il territorio nazionale, preso ironicamente a pretesto per denunciare la negazione
“burocratica” della pratica di abitare e costruire.
Discontinuità e territorio, 1977
“Teorizzazione del territorio liberato” associato al “RIFIUTO della SPIEGAZIONE” collegato alla metafora fotografica
del tavolo da biliardo interpretata dagli UFO come Territorio discontinuo nel 1970. Il Manifesto del discontinuo per
una ridefinizione del concetto di fantaurbanistica è proposto da Lapo Binazzi (UFO) insieme a Controguida di Firenze
(elementi di prossemica territoriale) su “Inpiù” all’inizio del 1974.
Eurodomus 4, 1972
Gli UFO allestiscono e interpretano Casa a ostacoli sul territorio, percorso ludico-urbanistico tra frammenti di realtà
e fantasia all’Eurodomus 4 di Torino nel 1972, dove distribuiscono il ciclostilato Elementi di prossemica territoriale e
tengono la Lezione universitaria n.1 “nel labirinto del quotidiano, superando gli ostacoli della mente”. “L’happening si
è interrotto clamorosamente con l’arrivo di un cavallo purosangue” (“Domus”, n. 512, luglio 1972).
Fiorentina. Alè Viola!, 1969
Lapo Binazzi, membro degli UFO, celebra la Fiorentina campione d’Italia di calcio nel film super8 Alè Viola! L’opera sperimentale incrocia l’iconografia del mondo del calcio accompagnata da una musica gregoriana e l’iconografia religiosa
dei tabernacoli nelle strade di Firenze abbinata all’inno “viola” cantato da Narciso Parigi.
Giro d’Italia, 1971-74
Interpretato nel 1971 come Giro d’Italia. Lettura futurista, performance live allo Space Electronic di Firenze (la discoteca del gruppo 9999), pubblicato come Progetto d’urbanistica/d’architettura su “In” di luglio-agosto 1972 e ripreso
in un film super8 dello stesso anno, introduce l’uomo fra le scale contemplate dall’architettura, anzi come una “fra
le poche forme di architettura ancora possibili”. Nel 1974 evolve nel Giro d’Italia. Evasione alla rovescia sul territorio, intervento performance alla mostra/evento Contemporanea curata da Achille Bonito Oliva al Parcheggio di Villa
Borghese a Roma.
Happening, 1968-1974
Gli UFO realizzano interventi urbani per modificare l’approccio all’architettura e favorire una nuova coscienza immaginativa e comunicativa, in opposizione al sistema accademico e al funzionalismo dominante. Gli Effimeri urbanistici in scala 1.1 nel 1968, la ricostruzione di una Casa ANAS nel 1969 e il Restauro di un acquedotto romano
di campagna nel 1970 sono azioni sperimentali con strutture “gonfiabili”. Seguono le azioni sociali riprodotte in
stereoscopici Rebus viventi all’Isolotto fra le baracche di Don Mazzi a Firenze nel 1969, e le performance del Giro
d’Italia tra lo Space Electronic a Firenze nel 1971 e la mostra/evento Contemporanea a Roma nel 1974, il percorso/azione della Casa a ostacoli su territorio per Eurodomus di Torino del 1972, la fiaba circense UFO Coccoina in
Piazza S. Stefano a Bologna nell’ambito della rassegna Pollution. Per una nuova estetica dell’inquinamento (a cura
di Daniela Palazzoli).
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Ipotesi di sopravvivenza, 1973-74
Individuazione e denuncia di un “progetto di potere” e conquista del territorio. Serie di performance compiute dagli
UFO (con Antonio Infantino) nei dintorni di Firenze: arrampicata nel bosco, nuotata nel lago e assalto a una cabina
elettrica. “Casabella” dedica al progetto la copertina di febbraio 1974.
nell’architettura, perché non avrebbero potuto farlo anche in letteratura?... Gli UFO, ammaestrati anche da Umberto
Eco, loro professore dal 1965 al 1970 alla facoltà di architettura di Firenze, si lanciarono nella sperimentazione a tutto
campo di tecniche di scrittura inconsuete specialmente in campo architettonico, e fondarono di fatto una discontinuità
di approccio al proprio lavoro” (Lapo Binazzi).
John. Negozio di sport Forza John!, 1967
Il disegno/progetto di Lapo Binazzi per l’interno del negozio può essere considerato uno dei primi “segnali” dell’attività
degli UFO a Firenze.
Territorio discontinuo, 1970
Il tavolo da biliardo come metafora territoriale di distribuzione, organizzazione e sottrazione. “Gli avamposti della civiltà” sono ovunque e soggiaciono alle regole del “supercontrollo”: tralicci, cabine elettriche e telefoniche, metanodotti,
orti di periferia, cancelli, caserme, reticolati, depositi, magazzini, casse continue...
Su questo tema gli UFO pubblicano Controllo, colonizzazione e fascismo sul territorio (Centro Di, Firenze 1974) in
occasione di una mostra personale alla Galleria 291 di Milano (a cura di Daniela Palazzoli).
Kassel. Documenta 8 a Kassel, 1987
A Documenta 8 Lapo Binazzi presenta una Macchina da fantascienza al neon e amaca portafrutta, un Ombrello
luminoso e una Scala empirea. La produzione di lampade/oggetti di Binazzi proviene dall’esperienza collettiva del
Laboratorio artigiano Casa ANAS in Piazza del Limbo a Firenze e negli anni ‘80 ha dato forma alle espressive Maschere
al neon, all’esotica Lampada Mezzaluna e alle visionarie Lampada Scarica elettrica al neon e Lampada Polonia.
Lampade Dollaro, 1969
Considerate “macchine a tecnologia semplice, o indifferente”, inserite al Ristorante Sherwood nel 1969 o nei Salotti
borghesi nel 1972, associate al mito e all’antico in Atlantide nel 1970, le Lampade Dollaro sono i primi prodotti di
radical design degli UFO, insieme alle MGM, Paramount e 20th Century Fox del 1973-75. Alla loro creazione segue, nel
1975, l’apertura del Laboratorio artigiano Casa ANAS in Piazza del Limbo a Firenze, “primo atelier di design artigianale
della nuova era” in cui si producono e vendono lampade e “oggetti per la casa”.
Mostro dell’Id. Progetto per l’Università di Firenze, 1970-74
Generato in occasione del concorso per la nuova sede dell’Università di Firenze nella piana di Sesto Fiorentino il Mostro
dell’Id, rappresenta, secondo Gillo Dorfles, una “sorta di materializzazione dell’inconscio umano territoriale” attraversato
da linee e forme energetiche. Il parallelo Progetto per l’Università di Firenze dedicato all’ingegnosa conquista della montagna della tigre è composto da disegni (1970) e fotografie (1971) utilizzate per la tesi di laurea degli UFO (1971 - relatore: Leonardo Ricci; correlatore: Umberto Eco) e nelle successive edizioni grafiche Jabik, Milano e Exempla, Firenze (1974).
Non-Design. Dall’oggetto alla sopravvivenza, 1973-74
L’utopia degli UFO, interpretata da Lapo Binazzi, sfocia nella dimostrazione teorica pubblicata nel catalogo di
Contemporanea (Centro Di, Firenze 1973) e riportata su “Casabella” di febbraio 1974. Vi si ipotizza la scomparsa degli
oggetti e la rinascita di comportamenti naturali e tecniche rudimentali. Su questa linea, nel 1973, partecipano alla
fondazione del sistema di laboratori creativi Global Tools e intervengono sulla relazione fra Produzione industriale e
creatività individuale con una serie di disegni pubblicati su “Casabella” di luglio 1973.
Oz. Mago di Oz, 1969
Boutique arredata e interpretata dagli UFO a Viareggio. Trasposizione architettonica e performativa del celebre romanzo americano per ragazzi, con oggetti, composizioni, personaggi e azioni tratti del mondo animato delle favole.
Premio Masaccio, 1968
Il Superhappening degli UFO a San Giovanni Valdarno, intitolato Chicken Circus Circulation, inscena il clamoroso arrivo
degli extraterrestri sul tetto di Palazzo d’Arnolfo, un’assurda competizione fra polli ruspanti e urbopolli venusiani e il
plateale sposalizio in piazza fra un’Anitona di cartapesta e la statua di Garibaldi, provocando scandalo e scatenando
un dibattito acceso recensito, fra gli altri, da Tommaso Trini su “Domus” di settembre.
Ristorante Sherwood, 1969
Ristorante arredato e interpretato dagli UFO a Firenze. Combinazione di elementi scenici di diversa provenienza culturale, semantica e formale, che rappresentano alterazioni della realtà o archetipi di cui si alimenta l’immaginario
corrosivo, paradossale e ludico degli UFO.
Scrittura creativa, 1989
“Gli ‘architetti radicali’ destabilizzavano il tranquillo sistema degli specifici disciplinari nelle arti visive nel design e
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UFO, 1968
“Il gruppo U.F.O. è intervenuto a Firenze una volta al mese in Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio, Giugno e Luglio provocando articoli denigratori da parte di moltissimi quotidiani indipendenti. È intervenuto alla 14. Triennale di Milano con
un padiglione di documentazione ed ha seguito le vicende dell’occupazione della Triennale... Inoltre è intervenuto ad
un dibattito sui problemi sollevati dalla sua operazione a S. Giovanni Valdarno insieme a Umberto Eco, Furio Colombo,
Claudio Popovich, Giuseppe Chiari” (Marcatré, nn. 41/42, 1968).
Urboeffimeri, 1968
Elementi “gonfiabili” a scala urbana, ispirati a immagini e simboli dell’imperialismo e del capitalismo come il missile e il
dollaro, utilizzati per azioni ripetute di disturbo delle abitudini sociali e dei riferimenti architettonici della città. A più riprese, nel 1968, la rivista “Marcatrè” pubblica e promuove la cronaca e l’avventura di 7 effimeri urbanistici tra Firenze,
la Triennale di Milano e San Giovanni Valdarno, riportate poi nel catalogo/regesto della mostra Identité italienne. L’art
en Italie depuis 1959 al Centre Pompidou di Parigi (a cura di Germano Celant, Centro Di, Firenze 1981).
Violino. Performance con violino, 1977-78
Il violino di Marino Vismara accompagna le performance Arte vs. Sport. Scarto (Binazzi, Vismara) al Centro internazionale di Brera a Milano nel 1977, Catastrofi leggere ecc. (Binazzi, Vismara) nel cortile di Palazzo Strozzi a Firenze nel
1978, e la Performance in barca UFO-Mino Vismara (violino) alla Biennale di Venezia del 1978, dove gli UFO traghettano fra calli e canali La B/arca ANAS.
W gli UFO, ora e sempre!
Gli UFO sono un gruppo storico dell’Architettura Radicale, fondato a Firenze nel 1967, operante a vario titolo fino al
1978. Degli UFO hanno fatto parte Carlo Bachi, Lapo Binazzi, Patrizia Cammeo, Riccardo Foresi, Titti Maschietto, inizialmente Sandro Gioli. Hanno aderito temporaneamente Massimo Giovannini, Mario Spinella e Claudio Greppi.
“I suoi componenti sono dispersi nella realtà...” (Bachi è scomparso nel 1991, Foresi nel 2000, Spinella nel 2002).
Xam. Saga de Xam, 1969
Boutique arredata e interpretata dagli UFO a Firenze. Terza realizzazione di interni, dopo il Ristorante Sherwood e la
Boutique Mago di Oz, che danno forma alla carica visionaria degli UFO accompagnata da azioni dissacranti, in ambienti
da fiaba psichedelica o teatro dell’assurdo, con personaggi da fumetto o da parodia.
You Tarzan Me Jane, 1973
Fantomatica scena d’arredo degli UFO per la boutique della stilista fiorentina Chiara Boni, riprodotta sulla copertina
di “Domus” di novembre. “Scoprimmo che era possibile un design più dialogante con le arti visive, con l’esuberanza
dell’immaginario collettivo, con la spontaneità della creatività di massa, con la lucidità della proposta individuale”
(Lapo Binazzi).
Zuppiera Vongola, 1989
... e il centrotavola Ciotola per cani, i vassoi Autostrada, la teiera Dott. Watson, il servizio da tavola Dott. Caligaris, gli
Stemmi di famiglia: rappresentano il nuovo immaginario creativo e comunicativo del designer Lapo Binazzi, teorico e
animatore degli UFO.
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