Piano Faunistico-Venatorio

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Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI SONDRIO
Piano Faunistico-Venatorio
VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA
(D.lgs. 152/2006, L.R. 12/2005)
RAPPORTO AMBIENTALE
Committente:
Società di Sviluppo Locale S.p.A.
Sede operativa c/o Camera di Commercio I.A.A.
Via Piazzi, 23
23100 Sondrio
Emiss/Rev °
Data
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc Settembre
2011
Tipo
revisione/cap.
Redatto
Monzani
Spairani
Montana S.p.A.
Via G. Cadolini, 32
20137 Milano
Milano Sondrio Palermo Cagliari Ostuni
Tel. +39 02.54118173
Fax +39 02.54129890
www.montanambiente.com
P.Iva 10414270156
Cap. Soc. 200.000,00 €
Verificato
approvato
/
Fioroni, Tonetti
INDICE
1 PREMESSA
1.1 Riferimenti normativi e metodologici per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
1.2 Il processo di VAS e la partecipazione
6 7 8 1.2.1 PARTECIPAZIONE
2 13 COSTRUZIONE, CONTENUTI ED OBIETTIVI DEL PIANO
2.1 Il Piano di Faunistico Venatorio (PFV) della Provincia di Sondrio vigente
15 15 2.1.1 LA PIANIFICAZIONE TERRITORIALE ASSOCIATA AL PFV
2.1.2 IL PIANO DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE
2.1.3 LO STUDIO DI INCIDENZA DEL PFV
19 30 32 2.2 Pareri ed osservazioni alla base della modifica ed aggiornamento del PFV vigente
33 2.2.1 IL DECRETO DI INCIDENZA DELLA REGIONE LOMBARDIA
2.2.2 LE ALTRE OSSERVAZIONI PERVENUTE
3 33 35 2.3 Le modifiche apportate al Piano Faunistico Venatorio
2.4 Obiettivi del Piano Faunistico Venatorio
2.5 Strategie ed azioni del Piano Faunistico Venatorio
35 42 43 OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE STABILITI A LIVELLO INTERNAZIONALE E RAPPORTO CON ALTRI
PERTINENTI PIANI E PROGRAMMI
3.1 Indicazioni comunitarie e internazionali
3.2 Rete Natura 2000
44 44 45 3.2.1 LA RETE NELL’AREA IN ESAME
3.2.2 PIANI DI GESTIONE DEI SITI NATURA 2000
3.2.3 LE INDICAZIONI DELLA DGR 8/9275 DELL’8 APRILE 2009
46 49 50 3.3 Piano di Gestione del Distretto idrografico del Po e Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico
3.4 Piano Territoriale Regionale
52 53 3.4.1 INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO NEL PTR
57 3.5 Piano Paesaggistico Regionale
60 3.5.1 INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO NEL PPR
3.5.2 INDIRIZZI DI TUTELA
3.5.3 OSSERVATORIO DEI PAESAGGI LOMBARDI
3.5.4 AMBITI DI ELEVATA NATURALITÀ E PIANI D’AMBITO DI INIZIATIVA REGIONALE
62 62 70 71 3.6 Rete Ecologica Regionale
3.7 Programma di Tutela e Uso delle Acque
3.8 Programma di Sviluppo rurale 2007-2013
72 76 80 3.8.1 MISURE RELATIVE ALL’ASSE 1
3.8.2 MISURE RELATIVE ALL’ASSE 2
82 84 3.9 Piano Faunistico Venatorio regionale
3.10 Piano Regionale degli Alpeggi
3.11 Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale
3.12 Piano di Indirizzo e di Gestione Forestale
3.13 Piani delle Aree Protette
3.14 Altri piani
87 87 88 92 94 95 3.14.1 PIANO DI SVILUPPO DELLA RETE ELETTRICA NAZIONALE 2011 DI TERNA SPA.
95 3.15 PFV delle province limitrofe
4 97 STATO ATTUALE DELL'AMBIENTE ED OPZIONE ZERO, CARATTERISTICHE DELLE AREE CHE POTREBBERO
ESSERE SIGNIFICATIVAMENTE INTERESSATE, PROBLEMI AMBIENTALI ESISTENTI E POSSIBILI EFFETTI
SUGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
98 1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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4.1 Il territorio
4.2 Condizioni climatiche e qualità dell’aria
98 101 4.2.1 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL COMPARTO AMBIENTALE
4.2.2 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.2.3 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
104 105 107 4.3 Elementi geologici, geomorfologici
107 4.3.1 IL VALORE AGRICOLO DEL SUOLO
4.3.2 USO DEL SUOLO SECONDO LA CARTOGRAFIA DUSAF DELLA REGIONE LOMBARDIA (2007)
4.3.3 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL TERRITORIO
4.3.4 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.3.5 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
108 109 112 113 114 4.4 Acque superficiali
115 4.4.1 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL TERRITORIO
4.4.2 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.4.3 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
117 117 119 4.5 Elementi naturalistici e faunistici
119 4.5.1 CARATTERIZZAZIONE FLORISTICO VEGETAZIONALE
4.5.2 CARATTERIZZAZIONE FAUNISTICA
4.5.3 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL COMPARTO AMBIENTALE
4.5.4 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.5.5 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
119 121 143 144 147 4.6 La popolazione, la salute umana e la situazione socio-economica
149 4.6.1 LA POPOLAZIONE RESIDENTE
4.6.2 LA POPOLAZIONE DI CACCIATORI
4.6.3 ATTIVITÀ AGRICOLE E FORESTALI
4.6.4 COMMERCIO, ARTIGIANATO E INDUSTRIA
4.6.5 SETTORE TURISTICO
4.6.6 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL COMPARTO AMBIENTALE
4.6.7 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.6.8 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
149 150 153 156 157 159 159 161 4.7 Il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio
162 4.7.1 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL COMPARTO AMBIENTALE
4.7.2 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.7.3 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
163 163 164 4.8 Accessibilità, energia e rifiuti
165 4.8.1 ACCESSIBILITÀ, RETE VIARIA, CICLOPEDONALE E SENTIERISTICA
4.8.2 ENERGIA
4.8.3 I RIFIUTI E LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN PROVINCIA DI SONDRIO
4.8.4 POTENZIALITÀ E CRITICITÀ DEL COMPARTO AMBIENTALE
4.8.5 POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
4.8.6 INDICATORI DELL’ASPETTO E MONITORAGGIO
165 168 168 169 169 170 5 COERENZA DEL PIANO
5.1 Analisi della coerenza interna
5.2 Analisi della coerenza esterna
171 171 174 6 SINTESI DEI POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL'AMBIENTE
178 7 MITIGAZIONI E COMPENSAZIONI
183 8 SCELTA DELLE ALTERNATIVE ED EVENTUALI DIFFICOLTÀ INCONTRATE
8.1 L’alternativa 0
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9 8.2 Scelta delle alternative
8.3 Difficoltà riscontrate
186 187 MONITORAGGIO
9.1 Gli indicatori del monitoraggio
9.2 Il Piano di monitoraggio
188 189 193 10 CONCLUSIONI
10.1 Considerazioni conclusive in seguito alla Conferenza di Valutazione finale della VAS
194 195 11 BIBLIOGRAFIA
196 1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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ALLEGATI
1.
Tavole di analisi
•
Tav 1 – inquadramento territoriale
•
Tav 2 – Rete Natura 2000 (con anche SIC e ZPS province confinanti)
•
Tav 3 – RER
•
Tav 4 – RE provinciale + ambiti agricoli strategici
•
Tav 5 – Uso del suolo DUSAF
•
Tav 6 – Rete stradale, sentieri, VASP (se arriva tutta)
•
Tav 7 – Elettrodotti
•
Tav 8a – Rete Natura 2000 + PFV (oasi, ZRC, aree speciali, appostamenti fissi e aree
addestramento cani) zona est della provincia
•
Tav 8b – Rete Natura 2000 + PFV (oasi, ZRC, aree speciali, appostamenti fissi e aree
addestramento cani) zona ovest della provincia
•
Tav 9a – RER + PFV (oasi, ZRC, aree speciali, appostamenti fissi e aree addestramento cani)
zona est della provincia
•
Tav 9b – RER + PFV (oasi, ZRC, aree speciali, appostamenti fissi e aree addestramento cani)
zona ovest della provincia
•
Tav 10a – REP + ambiti agricoli + PFV (oasi, ZRC, aree speciali, appostamenti fissi e aree
addestramento cani) zona est della provincia
•
Tav 10b – REP + ambiti agricoli + PFV (oasi, ZRC, aree speciali, appostamenti fissi e aree
addestramento cani) zona ovest della provincia
2.
Sintesi non Tecnica
3.
Verbali e Osservazioni pervenute
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1 PREMESSA
Il presente documento costituisce il Rapporto Ambientale invero l’elaborato tecnico fondamentale per la Valutazione
Ambientale Strategica (VAS) connessa all’elaborazione della modifica ed aggiornamento del Piano Faunistico
Venatorio (PFV) vigente della Provincia di Sondrio.
É stato elaborato dall’Amministrazione Provinciale con il supporto dei professionisti incaricati della VAS e contiene le
informazioni richieste dalla normativa comunitaria (direttiva europea 2001/42/CE), nazionale (D.Lgs 152 del 3 aprile
2006 come mod. dal D.Lgs n° 4 del 16 gennaio 2008) e regionale (DGR VII/351 del 13 marzo 2007- e relativi modelli
procedurali e s.m.i.) per l’analisi degli effetti significativi sull’ambiente che ci si attende con l’attuazione del piano.
La revisione della pianificazione faunistico-venatoria, con la modifica ed aggiornamento del Piano Faunistico
Venatorio (PFV) vigente della Provincia di Sondrio, riguarda direttamente l’intero territorio provinciale e in modo
indiretto l’intero ambito di influenza.
Quest’ultimo, nel Documento di Scoping della Valutazione Ambientale Strategica della modifica ed aggiornamento
del Piano Faunistico Venatorio (PFV), è stato identificato con un area vasta differenziata a seconda dell’aspetto
ambientale, sulla base degli elementi fisici di grande scala presenti, di origine naturale od antropica (strutture
geologiche e morfologiche, elementi idrografici, paesaggi agrari), secondo lo schema riportato nella Tabella 1.1.
Figura 1.1: inquadramento del territorio provinciale
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Tabella 1.1: area vasta di analisi a seconda delle diverse tematiche
Tematica
Area vasta di analisi
L’aria e i fattori climatici
La Provincia di Sondrio
Il suolo e l’acqua
La Provincia di Sondrio
La biodiversità, la flora e la fauna
La Provincia di Sondrio, le province confinanti e la Confederazione
Elvetica – Cantone Grigioni - (per i territori limitrofi)
La popolazione, la salute umana e i beni materiali
La Provincia di Sondrio
Il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico
La Provincia di Sondrio
Paesaggio
La Provincia di Sondrio
Nel territorio della provincia di Sondrio sono presenti diversi siti appartenenti alla Rete Natura 2000, più precisamente
42 SIC e 11 ZPS.
Sono inoltre presenti due aree protette: il Parco Nazionale dello Stelvio e il Parco delle Orobie Valtellinesi.
In ragione di ciò il Rapporto Ambientale sarà affiancato da un elaborato contenete quanto previsto per la
Valutazione di Incidenza.
1.1
Riferimenti normativi e metodologici per la Valutazione Ambientale
Strategica (VAS)
La VAS, introdotta dalla direttiva europea 2001/42/CE, è configurata come un processo che segue l’intero ciclo di vita
del Piano allo scopo di “garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di
considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi […] che possono avere effetti
significativi sull’ambiente”.
Questi scopi vengono perseguiti attraverso un percorso integrato con la pianificazione che parte nella fase di
Orientamento e non si conclude con l’Approvazione nel Piano, ma resta attivo anche nella fase di attuazione e
gestione. La VAS, pur integrandosi lungo tutto il processo all’interno del Piano, mantiene una propria visibilità
attraverso il Rapporto Ambientale.
Secondo la direttiva 2001/42/CE, scopo specifico del Rapporto ambientale è l’analisi (individuazione, descrizione e
valutazione) degli effetti significativi sull’ambiente che ci si attende con l’attuazione del piano oltre all’esplicitazione
delle ragionevoli alternative che possono essere individuate in funzione degli obiettivi e dell’ambito territoriale
interessato.
La Direttiva stabilisce dettagliatamente quali sono le informazioni che devono essere fornite dal Rapporto Ambientale:
a)
illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del Piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;
b)
aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del Piano o del programma;
c)
caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;
d)
qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al Piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza
ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;
e)
obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al Piano o al programma, e il modo in cui,
durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;
f)
possibili effetti significativi (1) sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua,
l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori;
g)
misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione
del Piano o del programma;
h)
sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà
incontrate (ad esempio carenze tecniche o mancanza di know-how) nella raccolta delle informazioni richieste;
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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i)
descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio di cui all'articolo 10;
j)
sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.
La direttiva prevede inoltre la partecipazione attiva del pubblico in fase di elaborazione del Piano. In particolare richiede che la consultazione delle autorità con
specifiche competenze ambientali e del pubblico avvenga sia in fase preliminare di definizione della portata delle informazioni, sia sulla proposta di Piano e di
Rapporto Ambientale, prima che il Piano stesso sia adottato/approvato.
La direttiva europea è stata recepita in Italia dal D.lgs 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale” interamente rivisto (nella Parte II) dal D.lgs n° 4 del 16 gennaio 2008 “Ulteriori disposizioni correttive ed integrative
del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale” che riprende sostanzialmente le
indicazioni della direttiva e dettaglia i contenuti del Rapporto ambientale nell’Allegato IV.
Il Consiglio regionale della Regione Lombardia ha approvato gli indirizzi per la valutazione di piani e programmi
previsti dall’art. 4 della legge regionale n° 12 dell’11 marzo 2005 con la deliberazione VII/351 del 13 marzo 2007.
5.12 Il rapporto ambientale, elaborato a cura dell’autorità procedente o del proponente, d’intesa con l’autorità competente per la VAS:
- dimostra che i fattori ambientali sono stati integrati nel processo di piano con riferimento ai vigenti programmi per lo sviluppo sostenibile stabiliti dall’ONU e
dalla Unione Europea, dai trattati e protocolli internazionali, nonché da disposizioni normative e programmatiche nazionali e/o regionali;
- individua, descrive e valuta gli obiettivi, le azioni e gli effetti significativi che l’attuazione del P/P potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli
alternative in funzione degli obiettivi e dell’ambito territoriale del P/P; esso, inoltre, assolve una funzione propositiva nella definizione degli obiettivi e delle
strategie da perseguire ed indica i criteri ambientali da utilizzare nelle diverse fasi, nonché gli indicatori ambientali di riferimento e le modalità per il
monitoraggio;
- contiene le informazioni di cui all’allegato I, meglio specificate in sede di conferenza di valutazione, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di
valutazione disponibili, dei contenuti e del livello di dettaglio del P/P, della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi dell’iter
decisionale.
In attuazione di tale deliberazione la Giunta regionale lombarda ha approvato le deliberazioni n. VIII/6420 del 27
dicembre 2007, n. VIII/7110 del 18 aprile 2008, n. VIII/10971 del 30 dicembre 2009 e n. 9/761 del 10 novembre 2010
con le quali ha individuato una serie di modelli metodologici procedurali ed organizzativi della VAS dei piani e dei
programmi.
1.2
Il processo di VAS e la partecipazione
La Provincia di Sondrio ha avviato la Valutazione Ambientale VAS della modifica ed aggiornamento del Piano
Faunistico Venatorio mediante pubblicazione dell’avvio del procedimento sull’Albo Pretorio e su web il giorno 27
gennaio 2011, seguendo le disposizioni contenute nel modello metodologico procedurale e organizzativo allegato
alla Deliberazione della Giunta Regionale 10 novembre 2010, n. 9/761 “Determinazione della procedura di
valutazione ambientale di piani e programmi – VAS (art. 4, l.r. n. 12/2005; d.c.r. n. 351/2007) – Recepimento delle
disposizioni di cui al d.lgs. 29 giugno 2010 n. 128, con modifica ed integrazione delle dd.g.r. 27 dicembre 2008, n.
8/6420 e 30 dicembre 2009, n. 8/10971 (testo allegati coordinato con DGR n. 8/6420 e DGR n. 8/10971”.
La Deliberazione di Giunta provinciale n. 17 del 24 gennaio 2011, oltre a dare formalmente avvio al processo di
Valutazione Ambientale Strategica della modifica e aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio provinciale,
individua l’Autorità Procedente, l’Autorità Competente per la VAS ed i soggetti interessati alla VAS.
Tabella 1.2: soggetti interessati al procedimento
Proponente - Autorità Procedente
Il Settore Agricoltura, Ambiente, Caccia e Pesca della Provincia di Sondrio – dott. Gianluca Cristini.
Autorità competente per la VAS
Il Settore Pianificazione Territoriale, Energia e Cave della Provincia di Sondrio – dott.ssa Mariagrazia
Folatti
Soggetti competenti in materia ambientale
Regione Lombardia, ASL , ARPA, ERSAF, Enti gestori delle aree protette e Siti di Rete natura 2000 in
provincia di Sondrio, Corpo Forestale dello Stato.
Enti territorialmente interessati
Regione Lombardia, Comuni della provincia di Sondrio, Comunità Montane della provincia di Sondrio,
Province lombardi confinanti con la provincia di Sondrio, Svizzera – Canton Grigioni, Autorità di Bacino.
Pubblico
Associazioni Venatorie, Associazioni di Protezione Ambientale, Organizzazioni Professionali Agricole,
Organizzazioni Cinofile, Comitati di gestione dei Comprensori Alpini di Caccia della provincia di Sondrio,
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Associazioni di cittadini e eventuali altre autorità che possano avere interesse ai sensi dell’art. 9 comma
5 D.Lgs. 152/2006.
Per il giorno 18.04.2011 è stata indetta la seduta introduttiva della Conferenza di Valutazione, nel corso della quale è
stato sottoposto all’attenzione dei soggetti interessati il Documento Preliminare di VAS – Scoping, comprendente i
contenuti minimi e l’approccio metodologico del Rapporto Ambientale.
Il Documento Preliminare di VAS è stato pubblicato sul portale della Provincia di Sondrio, nella sezione dedicata al
PFV ed alla relativa VAS (http://www.provincia.so.it/agricoltura/VAS%20Piano%20Faunistico/default.asp).
Il documento di Scoping, conclusivo di una fase definita di “orientamento” dalla normativa, riportava i seguenti
contenuti.
1
2
2.1
2.1.1
3
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.5.1
3.5.2
3.5.3
3.5.4
3.5.5
3.5.6
3.5.7
3.5.8
4
5
6
6.1
6.1.1
6.1.2
6.1.3
6.1.4
6.1.5
6.1.6
6.1.7
6.2
6.3
6.3.1
6.3.2
6.4
6.4.1
6.4.2
6.4.3
7
PREMESSA
OGGETTO E CONTENUTI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO
Attuale pianificazione faunistico-venatoria
PARERI ED OSSERVAZIONI ALLA BASE DELL’AGGIORNAMENTO DEL PFV
PERCORSO METODOLOGICO PROCEDURALE DELLA VAS
Soggetti interessati alla VAS
Fasi del percorso di VAS
Elaborati della VAS
Struttura del Rapporto Ambientale
Metodologia di studio e analisi
PREDISPOSIZIONE DEL QUADRO CONOSCITIVO E PROGRAMMATICO
ESPLICITAZIONE DEGLI OBIETTIVI GENERALI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO
VALUTAZIONE DELLA COERENZA ESTERNA ED INTERNA DEGLI OBIETTIVI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO
VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO SULL’AMBIENTE
VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE E ANALISI DEGLI SCENARI
INDIVIDUAZIONE DELLE MISURE PREVISTE PER IMPEDIRE, RIDURRE E COMPENSARE EVENTUALI EFFETTI NEGATIVI
DEFINIZIONE DEL PROGRAMMA DI MONITORAGGIO
MODALITÀ DI INFORMAZIONE E PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO E DIFFUSIONE E PUBBLICIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI
AMBITO DI INFLUENZA DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO
POSSIBILI INTERFERENZE CON I SITI DELLA RETE NATURA 2000
UNA PRIMA ANALISI TERRITORIALE
Il Territorio
GENERALITÀ
ACCESSIBILITÀ, RETE VIARIA, CICLOPEDONALE E SENTIERISTICA
CONDIZIONI CLIMATICHE E QUALITÀ DELL’ARIA
ELEMENTI GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICI ED IDROGEOLOGICI
ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE
ELEMENTI NATURALISTICI E FAUNISTICI
IL PAESAGGIO
La popolazione
Situazione Socio-Economica
ATTIVITÀ AGRICOLE E FORESTALI
SETTORE TURISTICO
La pianificazione territoriale
IL PIANO TERRITORIALE REGIONALE
RETE ECOLOGICA REGIONALE
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DELLA PROVINCIA DI SONDRIO
BIBLIOGRAFIA
Della Conferenza è stato redatto il verbale che è riportato nell’Allegato 3 “Verbali e Osservazioni Pervenute” al
presente elaborato.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Durante l’incontro sono state raccolte le indicazioni e le osservazioni dei presenti analizzando collettivamente la
matrice di analisi preliminare (Analisi SWOT) della situazione attuale relativa alla pianificazione faunistico-venatoria
ed alla diffusione e presenza delle specie di interesse ed al territorio provinciale.
Sulla base delle prime analisi effettuate e delle segnalazioni raccolte durante l’incontro si è provveduto ad
implementare lo studio del territorio provinciale in maniera focalizzata sulle tematiche di interesse per la
pianificazione faunistico-venatoria ed indagare gli effetti del piano.
Di seguito sono indicate, sinteticamente, le fasi che (successivamente alla redazione del Documento di Scoping e
alla Prima Conferenza di Valutazione) hanno portato alla redazione del Rapporto Ambientale e allo sviluppo di una
parte importante del processo di VAS.
¾
Fase I – Predisposizione del quadro conoscitivo (con analisi dei problemi ambientali esistenti) e del quadro
programmatico.
¾
Fase II - Esplicitazione degli obiettivi generali e specifici del Piano Faunistico Venatorio.
¾
Fase III - Valutazione della coerenza esterna ed interna degli obiettivi del Piano Faunistico Venatorio.
¾
Fase IV - Valutazione degli effetti del Piano Faunistico Venatorio sull’ambiente e misure previste per
impedire, ridurre e compensare eventuali effetti negativi.
¾
Fase V - Individuazione degli indicatori ambientali e programma di monitoraggio.
Si sottolinea comunque che la struttura del presente elaborato riflette i passaggi seguiti per la valutazione ambientale
per la quale riferimenti costanti sono stati la normativa, la documentazione ed i modelli della Regione Lombardia.
Le fasi citate dettagliano in particolare il passaggio che il modello metodologico regionale definisce “Elaborazione e
redazione”. Nel documento di Scoping al paragrafo 3.2 “Fasi del percorso di VAS” si era anticipato, relativamente alla
citata fase e alle successive, quanto segue.
Nella fase di elaborazione e redazione del Piano verranno condotti gli studi per la definizione del quadro ambientale
e dello scenario di riferimento e di tutti gli approfondimenti utili per analizzare e valutare i possibili effetti ambientali
del PFV e saranno riportate le considerazioni emerse dall’esame delle alternative. Contestualmente, verrà effettuata
un’analisi degli obiettivi di Piano e della loro coerenza con la normativa e la pianificazione vigente, si opererà la
scelta degli indicatori e la messa a punto del Sistema di Monitoraggio.
In questa fase verrà quindi redatto il Rapporto Ambientale (RA) e la relativa Sintesi non Tecnica (SnT).
Gli elaborati verranno quindi messi a disposizione del pubblico (presso gli uffici della Provincia, dei comuni e delle
Organizzazioni Professionali agricole e su web) per 60 giorni. Dell’avvenuta messa a disposizione sarà dato avviso
mediante pubblicazione all’Albo Pretorio e sul BURL.
Acquisito il parere dell’Autorità preposta alla Valutazione di Incidenza (DG Qualità dell’Ambiente che si esprimerà
entro i 60 gg dalla consegna degli elaborati appoggiandosi agli Ente Gestori delle aree) si procederà quindi alla
convocazione della seconda seduta della Conferenza di Valutazione.
Con tale incontro si provvederà a presentare la Proposta di Rapporto Ambientale, congiuntamente alla Proposta di
Piano Faunistico Venatorio. L’autorità competente per la VAS, d’intesa con l’autorità procedente esprimerà in tale
occasione il Parere Motivato.
Il Parere Motivato sarà espresso in merito:
•
alla qualità ed alla congruenza delle scelte del Piano Faunistico Venatorio rispetto a quanto riportato nel
Rapporto Ambientale;
•
alla valutazione della coerenza esterna ed interna del Piano Faunistico Venatorio;
•
all’efficacia ed alla congruenza del sistema di monitoraggio e degli indicatori selezionati.
Il Parere Motivato potrà essere condizionato all'adozione di specifiche modifiche ed integrazioni della proposta del
PFV valutato.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 10
L’Autorità procedente, in collaborazione con l’Autorità competente per la VAS, provvede, ove necessario, alla
revisione del piano alla luce del parere motivato espresso.
Durante la successiva FASE DI ADOZIONE E APPROVAZIONE, l’autorità procedente approva il PFV comprensivo del
Rapporto Ambientale e della Dichiarazione di Sintesi e informa il pubblico circa la decisione.
La Dichiarazione è volta a:
•
illustrare il processo decisionale seguito;
•
•
esplicitare il modo in cui le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano e come si è tenuto conto del
Rapporto Ambientale e delle risultanze di tutte le consultazioni; in particolare illustrare quali sono gli obiettivi
ambientali, gli effetti attesi, le ragioni della scelta dell’alternativa di piano e il sistema di monitoraggio;
descrivere le modalità di integrazione del parere ambientale motivato nel piano.
Il provvedimento di approvazione definitiva del Piano da parte del Consiglio Provinciale motiva puntualmente le
scelte effettuate in relazione agli esiti del procedimento di VAS e contiene la Dichiarazione di Sintesi Finale.
Gli atti del Piano Faunistico Venatorio (compreso il Rapporto Ambientale, la sintesi non Tecnica e la Dichiarazione di
Sintesi finale) sono infine depositati presso gli uffici dell’autorità competente e pubblicati per estratto sul sito web
SIVAS.
Nella fase di ATTUAZIONE E GESTIONE, come previsto nel Programma di Monitoraggio, vi sono le valutazioni periodiche
dei possibili effetti significativi sull’ambiente.
Il PFV individua modalità, responsabilità e risorse per la realizzazione e gestione del monitoraggio. Nella fase di
gestione del monitoraggio assicura il controllo degli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione del
Piano e verifica il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, individuando tempestivamente gli impatti
negativi imprevisti ed adottando le opportune misure correttive. Delle modalità di svolgimento e dei risultati del
monitoraggio deve essere data adeguata informazione sui siti web delle autorità procedente e competente.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Tabella 1.3: sequenza delle fasi di un processo di piano e del relativo processo di valutazione
Fase
0
Piano
Preparazione
VAS
Pubblicazione avviso di avvio del procedimento
Incarico per la redazione della VAS, individuazione autorità competente
Incarico per la stesura del Piano Faunistico venatorio (PFV)
per la VAS
Esame proposte pervenute ed elaborazione del documento
programmatico
1
Orientamento
Orientamenti iniziali, definizione schema operativo del PFV
Integrazione della dimensione ambientale nel PFV, definizione schema
operativo per la VAS
Mappatura dei soggetti competenti in materia ambientale e del pubblico
coinvolto
Identificazione dei dati e delle informazioni a disposizione dell’ente
Verifica della presenza di Siti Rete Natura 2000 (SIC/ZPS)
su territorio e ambiente
Messa a disposizione del Documento di Scoping a tutti i soggetti
interessati
1a Conferenza di Valutazione - Avvio del confronto
2
Elaborazione e Determinazione degli obiettivi generali, costruzione dello scenario
Definizione dell’ambito di influenza (scoping), definizione della portata
redazione
di riferimento e di piano, definizione degli obiettivi specifici,
delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale.
costruzione di alternative/scenari di sviluppo e definizione delle
Analisi di coerenza esterna, stima degli effetti ambientali attesi, confronto
azioni da mettere in campo per attuarli
e selezione delle alternative, analisi di coerenza interna, progettazione del
sistema di monitoraggio.
Studio di incidenza delle scelte di piano sui siti di Rete Natura 2000
Proposta di Piano Faunistico Venatorio
Proposta di Rapporto Ambientale e Sintesi Non Tecnica
Pubblicazione su web e messa a disposizione per 60 giorni della proposta di PFV, di Rapporto ambientale e Sintesi non tecnica dandone notizia all’Albo Pretorio
e sul BURL
Deposito della proposta di PFV, di Rapporto ambientale e Sintesi non tecnica presso gli uffici della Provincia, dei Comuni e delle Organizzazione Professionali
agricole
Comunicazione della messa a disposizione e dell’avvenuto deposito ai soggetti competenti in materia ambientale e agli enti territorialmente interessati.
Invio Studio di incidenza all’autorità competente in materia di SIC e ZPS
Raccolta di osservazioni e pareri in merito al PFV ed al Rapporto Ambientale (entro 60 giorni dall’avviso di messa a disposizione)
2a Conferenza di Valutazione - Valutazione della proposta di Piano Faunistico Venatorio e del Rapporto Ambientale
Valutazione di Incidenza (se prevista) acquisito il parere obbligatorio e vincolante dell’autorità preposta
Decisione – PARERE MOTIVATO (predisposto dall’autorità competente per la VAS d’intesa con l’autorità procedente)
3
Approvazione
La Giunta Provinciale esamina il PFV ai fini della trasmissione al Consiglio Provinciale per l’approvazione
Il Consiglio Provinciale approva il PFV unitamente al Rapporto Ambientale, alla Sintesi non tecnica ed alla Dichiarazione di Sintesi
In caso di modifica alla proposta iniziale di PFV, la deliberazione di approvazione del PFV è inviata ai Comuni ed alle organizzazioni professionali
agricole.
INFORMAZIONE CIRCA LA DECISIONE
Deposito degli atti del PFV presso gli uffici dell’autorità procedente e pubblicazione estratto sul web ed invio alla Regione Lombardia
4
Attuazione
gestione
e
Attuazione, gestione, monitoraggio dei piani di attuazione
Rapporti di monitoraggio e valutazione periodica
Aggiornamento del PFV, azioni correttive ed eventuali retroazioni
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1.2.1
Partecipazione
La partecipazione è stata garantita attraverso le seguenti azioni:
•
•
•
raccolta delle osservazioni preliminari,
o
n°2 Osservazioni Comprensorio Alpino di Sondrio (7 febbraio 2011, 9 maggio 2011)
o
Osservazioni Comprensorio Alpino di Tirano (29 aprile 2011)
o
Osservazioni Comprensorio Alpino Alta Valtellina (24 febbraio 2011)
o
Osservazioni Comprensorio Alpino di Morbegno (7 aprile 2011)
o
Osservazioni Comprensorio Alpino di Chiavenna (4 marzo 2011)
o
Osservazioni comuni dei Comprensori Alpini (10 marzo 2011)
o
Richiesta Enalcaccia modifica confini Colina (12 maggio 2011)
o
Osservazione Comprensorio Alpino di Tirano in merito alla Zona Addestramento cani “Calcarola”
(20 agosto 2009)
riunioni con i Comprensori Alpini di Caccia per discutere ed esaminare le proposte inviate alla Provincia da
parte dei Comprensori e valutare le modifiche per la revisione del piano faunistico-venatorio provinciale,
o
riunione Comprensorio Alpino Alta Valtellina (5 aprile 2011)
o
riunione Comprensorio Alpino Chiavenna (20 aprile 2011)
o
riunione Comprensorio Alpino Morbegno (11 aprile 2011)
o
riunione Comprensorio Alpino Sondrio (6 aprile 2011)
o
riunione Comprensorio Alpino Tirano (2 maggio 2011)
prima conferenza di valutazione (18.04.2011)
Durante l’elaborazione del Rapporto Ambientale gli scriventi hanno avuto diverse occasioni di incontro con
l’Amministrazione e con i Tecnici della Provincia: per raccogliere materiale e documentazioni, per discutere le diverse
problematiche incontrate.
Alla data del 31.05.2011 sono pervenute le osservazioni seguenti:
•
Lettera Arpa Sondrio (9 maggio 2011) “Procedura di VAS del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di
Sondrio. Convocazione della prima conferenza di VAS”.
In seguito alla messa a disposizione della bozza di Piano Faunistico Venatorio e del relativo Rapporto Ambientale,
sono pervenute le seguenti osservazioni:
-
Libera Caccia,
-
Comune di Sondrio,
-
Comune di Ardenno,
-
WWF,
-
Autorità prodecente,
-
FIDC, CA Alta Valle, CA Tirano, CA Morbegno, CA Chiavenna.
In data 12 settembre 2011 si è tenuta la Conferenza di valutazione finale della VAS, durante la quale sono stati
illustrati nuovamente i risultati della valutazione ambientale ed il piano di monitoraggio approntato anche grazie alla
collaborazione del competente ufficio provinciale. Inoltre, durante la Conferenza, sono state illustrate le osservazioni
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pervenute a seguito della messa a disposizione della proposta di PFV e di Rapporto Ambientale ed è stato
presentato il motivo di accoglimento o non accoglimento di tali osservazioni da parte della Provincia. La Conferenza
di Valutazione finale è stata occasione di confronto sia con i CAC che con gli Enti gestori delle aree protette presenti
alla seduta; oltre alle osservazioni di cui si è accennato, è stato anche presentato il Decreto di Incidenza della
Regione Lombardia in merito ai siti appartenenti alla Rete Natura 2000.
Con la Conferenza del 12 settembre si è quindi conclusa la fase di elaborazione e redazione del PFV e della VAS.
I verbali delle conferenze, copia del materiale pervenuto con le osservazioni e alcune considerazioni rispetto a
queste ultime sono riportate nell’allegato 3 “Verbali e Osservazioni Pervenute” al presente elaborato.
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2 COSTRUZIONE, CONTENUTI ED OBIETTIVI DEL PIANO
2.1
Il Piano di Faunistico Venatorio (PFV) della Provincia di Sondrio vigente
Il territorio della provincia di Sondrio è attualmente pianificato, per quanto riguarda la gestione della fauna selvatica e
l’attività venatoria, dal Piano Faunistico Venatorio approvato dal Consiglio Provinciale nel 2007 (Delibera di Consiglio
n° 43 del 26 luglio 2007). Come previsto dall’art. 14 c. 3 della L.r. 26/1993 il PFV ha validità fino alla sua modifica,
secondo le esigenze.
Il PFV vigente della provincia di Sondrio è costituito dai seguenti elaborati:
-
Piano Faunistico Venatorio,
-
Cartografia del PFV per ogni comprensorio alpino individuato (Alta Valle, Tirano, Sondrio, Morbegno e
Chiavenna)
-
Piano di miglioramento ambientale.
È inoltre disponibile il documento relativo allo studio per la valutazione di incidenza del PFV.
I contenuti principali del PFV approvato nel 2007 possono essere così riassunti:
-
descrizione ed analisi della caratteristiche ambientali del territorio Provinciale,
-
definizione dello status delle specie, loro distribuzione e vocazionalità del territorio, operazioni di prelievo
e di controllo della fauna
-
definizione delle linee guida da adottare per la gestione faunistico-venatoria (censimenti, piani di
abbattimento e controllo dei capi abbattuti),
-
suddivisione del territorio in relazione alla pianificazione faunistico venatoria,
-
analisi dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture,
-
regolamenti per l’attività venatoria.
Tabella 2.1: indice del Piano Faunistico Venatorio
CAPITOLO I - DESCRIZIONE DEL TERRITORIO PROVINCIALE
1.1 CARATTERISTICHE PRINCIPALI
1.2 CARATTERIZZAZIONE CLIMATICA
1.3 CARATTERIZZAZIONE VEGETAZIONALE
1.4 CARATTERIZZAZIONE GEOGRAFICA E GEOLOGICA
1.5 ORGANIZZAZIONE VENATORIA DELLA PROVINCIA
CAPITOLO II - STATUS DELLE SPECIE, DISTRIBUZIONE, VOCAZIONALITA’ DEL TERRITORIO, PRELIEVO E CONTROLLO: MATERIALI E METODI
2.1 NORMATIVA DI RIFERIMENTO
2.2 I VERTEBRATI OMEOTERMI IN PROVINCIA DI SONDRIO
2.3 PARCELLIZZAZIONE DEL TERRITORIO PER LA RACCOLTA DATI
2.4 DISTRIBUZIONE, PRESENZA E CONSISTENZA DELLE SPECIE DI INTERESSE
2.5 VOCAZIONALITA’ DEL TERRITORIO
2.6 IL PRELIEVO
2.7 IL CONTROLLO
CAPITOLO III - STATUS DELLE SPECIE, DISTRIBUZIONE, VOCAZIONALITA’ DEL TERRITORIO, PRELIEVO, CONTROLLO: RISULTATI PREMESSA.
3.1 STAMBECCO (Capra ibex)
3.2 CAMOSCIO (Rupicapra rupicapra)
3.3 MUFLONE (Ovis orientalis musimon)
3.4 CERVO (Cervus elaphus)
3.5 CAPRIOLO (Capreolus capreolus)
3.6 CINGHIALE (Sus scrofa)
3.7 GALLO CEDRONE (Tetrao urogallus)
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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3.8 GALLO FORCELLO (Tetrao tetrix)
3.9 PERNICE BIANCA (Lagopus mutus)
3.10 FRANCOLINO DI MONTE (Bonasa bonasia)
3.11 COTURNICE (Alectoris graeca saxatilis)
3.12 LEPRE COMUNE (Lepus europaeus)
3.13 LEPRE BIANCA (Lepus timidus)
3.14 MARMOTTA (Marmota marmota marmota)
3.15 VOLPE (Vulpes vulpes)
3.16 MUSTELIDI, FELIDI, CANIDI
3.17 ALTRE SPECIE DI AVIFAUNA
3.18 CORMORANO (Phalacrocorax carbo)
3.19 AVIFAUNA RIPOPOLABILE: FAGIANO E STARNA
3.20 RAPACI DIURNI
3.21 RAPACI NOTTURNI
3.22 CACCIATORI: demografia, specializzazioni e carniere.
CAPITOLO IV - GESTIONE FAUNISTICA E VENATORIA: CENSIMENTI, PIANI DI PRELIEVO, CONTROLLI E ORGANIZZAZIONE DELLA CACCIA.
PREMESSA
4.1 DISPOSIZIONI PER L’ESECUZIONE DEI CENSIMENTI DI FAUNA SELVATICA IN PROVINCIA DI SONDRIO
4.2 CONTROLLO DEI CAPI ABBATTUTI
4.3 MUNIZIONI IMPIEGATE
4.4 LINEE GUIDA DI GESTIONE PER LE PRINCIPALI SPECIE
4.5 ORGANIZZAZIONE DEI CACCIATORI
CAPITOLO V - PIANIFICAZIONE E ZONIZZAZIONE DEL TERRITORIO
5.1 CRITERI DI DEFINIZIONE DEGLI ISTITUTI PREVISTI NEL PIANO FAUNISTICO-VENATORIO
5.2 DEFINIZIONE DEL TERRITORIO AGRO-SILVO-PASTORALE
5.3 PIANIFICAZIONE TERRITORIALE: DESCRIZIONE DEI CONFINI DEGLI ISTITUTI PREVISTI
5.4 DESCRIZIONE DELLE OASI DI PROTEZIONE E ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA. 354337
CAPITOLO VI - DANNI ALL’AGRICOLTURA
6.1 I DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA ALLE COLTURE AGRARIE
6.2 REGOLAMENTO PER LA PREVENZIONE E L’INDENNIZZO DEI DANNI CAUSATI DALLA FAUNA SELVATICA E DOMESTICA INSELVATICHITA
ALLE COLTURE AGRARIE
CAPITOLO VII - DISPOSIZIONI E REGOLAMENTI PROVINCIALI
7.1 DISPOSIZIONI GENERALI PER L’ESERCIZIO VENATORIO IN PROVINCIA DI SONDRIO
7.2 REGOLAMENTO PER LA DISCIPLINA DELLA CACCIA DI SELEZIONE AGLI UNGULATI
BIBLIOGRAFIA
APPENDICE
Dopo una descrizione del territorio provinciale il PFV analizza lo status delle specie, la loro distribuzione, la
vocazionalità del territorio, i prelievi ed i controlli effettuati (materiali e metodi, risultati).
Il territorio è stato suddiviso in Unità Di Rilevamento faunistico (UDR) coincidenti con le parcelle utilizzate per lo
svolgimento dei censimenti. Sulla base di tale parcellizzazione vengono raccolti:
•
dati di presenza /assenza,
•
dati di consistenza e densità.
Descrive quindi la gestione faunistica e venatoria: censimenti, piani di prelievo, controlli e organizzazione della
caccia.
In particolare sono riportate al cap. 4.1 le “Disposizioni per l’esecuzione dei censimenti di fauna selvatica in provincia
di Sondrio;
Art. 1 Norme generali
Art. 2 Organizzazione dei censimenti faunistici
Art. 3 Tempi e modalità
Art. 4 Censimenti di ungulati di interesse gestionale (Capriolo, Cervo, Camoscio, Stambecco)
Art. 5 Censimenti di galliformi alpini di interesse venatorio (Gallo forcello, Pernice bianca, Coturnice)
Art. 6 Censimenti di lepre (Lepre comune, Lepre bianca)
Art. 7 Censimenti di predatori (Volpe, Faina)
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Al cap. 4.3 sono state riprese le indicazioni dello studio e del Decreto di Incidenza regionale sul Piano Faunistico del
2007 in merito alle munizioni da impiegare per l’attività venatoria.
Il cap. 4.4 fornisce le linee guida per la gestione delle principali specie di interesse venatorio dettagliando obiettivi di
gestione, criteri per i censimenti, criteri per la pianificazione del prelievo (densità e consistenza minima, percentuale
di prelievo, analisi dei prelievi nelle stagioni precedenti, regolazione del prelievo, rendicontazioni e ripopolamenti),
indicazioni per il controllo dei capi abbattuti e per i controlli sanitari, altri interventi da effettuare
•
Ungulati (Stambecco, Camoscio, Muflone, Cervo, Capriolo, Cinghiale)
•
Galliformi alpini
•
Lagomorfi (lepre comune, lepre bianca)
•
Volpe
•
Marmotta
•
Corvidi
•
avifauna oggetto di ripopolamento (Fagiano, Starna e Quaglia)
•
Cormorano e avifauna acquatica
•
Alodola, passeri e Beccaccia
•
grandi carnivori (Lupo, Lince e Orso)
In merito all’organizzazione della caccia vengono esplicitati i criteri per la definizione dei posti caccia teorici
complessivi, stabilito, il numero massimo di appostamenti fissi.
Segue l’analisi della pianificazione territoriale, dei danni all’agricoltura e del relativo regolamento per la prevenzione.
In chiusura vengono riportate le disposizioni generali per l’esercizio venatorio nella provincia e il regolamento per la
caccia agli ungulati.
Per ciò che riguarda le specie di interesse venatorio, che sono l’oggetto specifico del Piano, i più importanti elementi
da indagare e approfondire per la conoscenza delle popolazioni si possono riassumere come segue.
1.
dati di dinamica di popolazione,
2.
dati di distribuzione,
3.
dati biologici.
Nella normale gestione venatoria, gli strumenti a disposizione per poter effettuare le indagini sopra indicate si
possono ricondurre essenzialmente ai due seguenti: censimenti e controllo dei prelievi. Nel merito, il piano propone
specifiche “Disposizioni per l’esecuzione dei censimenti di fauna selvatica in provincia di Sondrio” e dispone
indicazioni in merito al controllo dei capi abbattuti.
Seguono delle indicazioni di gestione per le principali specie di interesse venatorio, sia a livello di scelte di gestione
generali per ogni specie, sia dal punto di vista dell’organizzazione del prelievo.
Si ricorda che il territorio provinciale è inserito nella Zona Alpi e si riporta nella tabella seguente la definizione che ne
dà la L.r. 26/93 all’Art. 27.
Tabella 2.2: normativa relativa alla Zona Alpi (L.r. 26/1993)
Art. 27 – Zona Alpi e zona appenninica
1. Il territorio della zona Alpi, individuato in base alla consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sé stante.
2. La zona Alpi comprende territori delle province di Bergamo, Brescia, Como, Sondrio, Varese, Lecco ed i relativi confini sono determinati dalla giunta
regionale, su proposta delle province, sentite le comunità montane interessate e d’intesa con le altre regioni per i territori confinanti.
2-bis. Le province possono istituire all’interno dei comprensori alpini di caccia, di concerto con questi, due distinti comparti venatori, denominati l’uno zona di
maggior tutela e l’altro zona di minor tutela, con l’esercizio della caccia differenziato in relazione alla peculiarità degli ambienti e delle specie di fauna selvatica
ivi esistenti e meritevoli di particolare tutela.
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…
4. Con regolamento, adottato secondo le competenze stabilite dallo Statuto, sono stabilite norme particolari al fine di proteggere la caratteristica fauna e
disciplinare l’attività venatoria nel territorio della zona Alpi e della zona appenninica, tenuto conto delle consuetudini e delle tradizioni locali.
5. Le province, di concerto con i comitati di gestione dei comprensori alpini di caccia, emanano specifiche disposizioni limitative per l’esercizio venatorio nel
comparto di maggior tutela e, relativamente al comparto di minor tutela, possono emanare particolari disposizioni limitative per la caccia alla selvaggina
stanziale e per gli appostamenti temporanei, fermo restando che, per la caccia alla selvaggina migratoria, vige il calendario venatorio regionale, con il divieto
della caccia vagante oltre il 31 dicembre, fatta eccezione per la caccia al Cinghiale.
6. Le province possono altresì emanare disposizioni limitative per l’esercizio della caccia in forma vagante alla selvaggina stanziale nei territori collinari e
montani contigui alla zona Alpi.
…
8. Le province, su conforme parere dell’istituto nazionale della fauna selvatica o dell’osservatorio regionale di cui all’art. 9 della presente legge, allo scopo di
rapportare le popolazioni faunistiche a corrette densità agro-forestali, autorizzano nella zona Alpi, e nella zona appenninica, nel rispetto dei piani annuali di
prelievo predisposti sulla base dei relativi censimenti invernali ed estivi, la caccia di selezione agli ungulati ai sensi dell’art. 40, comma 11, secondo il
regolamento predisposto dalle province stesse ed approvato dalla giunta regionale.
9. Le province, per una corretta gestione della tipica fauna alpina, possono istituire zone di divieto dell’attività venatoria ad eccezione della caccia in forma
selettiva ed esclusiva agli ungulati.
10. Le autorizzazioni di cui al comma 8 per le aziende faunistico-venatorie interprovinciali sono disposte dalla giunta regionale, sentite le province interessate.
11. I cacciatori che per la prima volta intendano essere ammessi alla caccia vagante nella zona Alpi e appenninica, o che vengano riammessi dopo aver subito
un anno di sospensione, sono tenuti a superare un colloquio vertente su nozioni agro-faunistiche venatorie relative alle predette zone, da sostenersi presso le
province territorialmente interessate avanti alla commissione di cui al successivo art. 44.
…
13. Nei comparti di maggior tutela, ai sensi del comma 5, al fine di ripristinare l’integrità della biocenosi animale, è consentita l’immissione di sole specie
autoctone, previo parere favorevole e vincolante dell’istituto nazionale per la fauna selvatica e dell’osservatorio regionale.
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2.1.1
La pianificazione territoriale associata al PFV
Comprensori Alpini (CA)
Sulla base della normativa nazionale e regionale (art. 11 della L.157/92 e art. 27 della L.r. 26/93) tutto il territorio
provinciale viene incluso nella Zona Alpi, e non sono presenti Ambiti Territoriali di Caccia, ma solo Comprensori
Alpini di Caccia. La suddivisione del territorio in Comprensori Alpini di Caccia ricalca la suddivisione amministrativa
delle Comunità Montane. Ogni Comprensorio Alpino è a sua volta suddiviso in singole unità di gestione,
rappresentate dai settori di caccia agli ungulati.
Figura 2.1: I Comprensori Alpini della Provincia di Sondrio
Tabella 2.3: Comprensori Alpini e loro estensione territoriale
Comprensorio
Superficie (ha)
% territorio provinciale
CA Alta Valtellina
89.566,06
28,0%
CA Chiavenna
57.660,43
18,0%
CA Tirano
45.175,69
14,1%
CA Sondrio
77.775,17
24,3%
CA Morbegno
49.534,83
15,5%
Il PFV analizza i comprensori nei par. 5.1.3 e 5.2.7.
Nel par. 5.3 vengo descritti i confini di ciascun comprensorio, degli istituti di protezione definiti da altre normative
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(parchi, riserve) previsti all’interno, dei settori inclusi e degli istituti faunistici inclusi (aziende faunistico venatorie,zone
di maggiore e minor tutela, zone protette, zone speciali, zone di addestramento cani e zone beccacce).
Le zone di addestramento cani
In base alla L.r. 26/93 (art. 14 c. 3 lett. f) e art. 21), il Piano Faunistico Venatorio deve prevedere le zone di
addestramento dei cani, nonché i periodi per l’addestramento. Altre norme sull’istituzione e la gestione di tali zone
sono contenute nel Regolamento regionale 16/2003 (artt. 2-11 e art. 20) e dettagliate nel Regolamento Provinciale
(Delibera Consiglio Provinciale n° 40 del 22 luglio 2008) Per alcune Zone il RP rimanda a regolamenti interni e, in
generale ad eventuali regolamenti dei Comitati di Gestione.
Le zone destinate all’allenamento e all’addestramento dei cani da caccia e alle prove cinofile sono distinte in tre tipologie a seconda delle caratteristiche di
ciascuna di esse, e vengono convenzionalmente classificate in zone A, B e C
A
La Provincia definisce tempi e modalità di esercizio e di Concessione
Autorizzabili delegazione provinciale ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) e le Società specializzate riconosciute dall’ENCI; associazioni
venatorie riconosciute a livello nazionale per prove nell’ambito dei campionati italiani.
Vietato lo sparo
B
La Provincia definisce tempi e modalità di esercizio e di Concessione di durata triennale, temporanee e giornaliere
Autorizzabili le associazioni venatorie organizzate sul territorio, le associazioni cinofile, ivi compresi i circoli ed i gruppi a queste affiliati, le
associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché gli imprenditori agricoli singoli od associati.
Tali zone possono ricadere anche in aree protette previo consenso dell’ente gestore.
Per ogni giornata di prova non possono essere utilizzati più di 1000 ettari di superficie territoriale
Vietato lo sparo eccetto che con la pistola a salve
C
La Provincia definisce tempi e modalità di esercizio e di Concessione
Autorizzabili le associazioni venatorie organizzate sul territorio, le associazioni cinofile, ivi compresi i circoli ed i gruppi a queste affiliati, le
associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché gli imprenditori agricoli singoli od associati.
Zone di durata triennale destinate all’addestramento e all’allenamento dei cani da caccia e dei falchi, nonché alle prove cinofile, anche con
l’abbattimento per tutto l’anno di fauna riprodotta esclusivamente in allevamento artificiale o in cattività, appartenente alle specie quaglia, fagiano,
starna e anatra germanata.
Superficie in corpo unico compresa tra un minimo di 3 ettari ed un massimo di 50 ettari. Non sono autorizzabili zone C a distanza inferiore a 200
metri sia da altre zone C sia da zone di tutela istituite dalla Provincia o dalla Regione, fatte salve le autorizzazioni in essere.
Vietato lo sparo nelle giornate di martedì e venerdì, anche se coincidenti con festività infrasettimanali.
L'addestramento e l'allenamento dei cani è consentito solo nei territori incolti o liberi da coltivazioni in atto e nei territori boschivi ad eccezione di quelli di
recente rimboschimento, se tabellati, e comunque in tutte le zone ove la caccia non è vietata ai sensi delle vigenti disposizioni, con un massimo di tre cani e
secondo il calendario stabilito annualmente dalla Provincia.
L'addestramento dei cani da caccia è vietato in orario notturno, dal tramonto al sorgere del sole (orario di Brera).
Nel Regolamento Provinciale sono dettagliate modalità di utilizzo dei cani (da seguita, da sangue, da ferma e da riporto) nelle aree. Vengono inoltre date
indicazioni dettagliate sull’uso dei cani da caccia nelle zone di maggiore e minor tutela.
Il piano le descrive nel cap. 5.1.4. e nel cap. 5.2.8. Nel paragrafo sono indicati alcuni criteri base sfruttati per la
definizione delle aree. In particolare viene recepita l’indicazione del DM Amb. del 17 ottobre 2007 e della DGR
n°8/9275 dell’8 aprile 2009 (che vietano l’addestramento cani in ZPS prima del 1° settembre e dalla chiusura della
stagione venatoria, l’individuazione di nuove aree addestramento in ZPS, l’istituzione di zone addestramento in SIC
idonei a Gallo cedrone o Gallo forcello) e dello Studio di Incidenza relativo al PFV del 2007, sopprimendo alcune aree
in ZPS e trasformando un’area di tipo C sovrapposta al SIC IT204041 in zona B in attesa di una definitiva traslazione.
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Figura 2.2: Le Zone di Addestramento Cani della Provincia di Sondrio
Tabella 2.4: Le Zone di Addestramento Cani
Numero
Nome area
0
Andossi
tutti i cani
288,00
1
Cercino
tutti i cani
38,10
2
Selvetta
tutti i cani
62,09
3
Tirano
tutti i cani
39,56
4
Tresenda
tutti i cani
44,61
5
San Giacomo Teglio
tutti i cani
55,32
6
Stazzona
permanente
200,37
7
Mazzo Valtellina
tutti i cani
182,96
8
Grosio
tutti i cani
105,93
9
Tartano
tutti i cani
157,74
10
San Giovanni
tutti i cani
28,96
11
Pitalone
tutti i cani
68,90
12
Iperverde
tutti i cani
35,46
13
Castello
tutti i cani
307,22
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Tipo
Superficie (ha)
Sovrapposizione con
Rete Natura 2000
Parziale sovrapposizione
Pagina 21
con il SIC IT2040034
Carnale
tutti i cani
Mese-Gordona
tutti i cani
Gordona
zona C con sparo
17
Poira
tutti i cani
226,58
18
Alpe Colino
cani da ferma
198,77
19
Bormio
vietata a cani segugi
326,33
20
Val Pola
tutti i cani
193,12
21
Campasc
tutti i cani
59,37
22
Crap del Mesdì
cani da ferma
349,28
Gaggi
tutti i cani
14
15
16
23
24
Calcarola
tutti i cani
130,58
34,68
6,51
76,54
Sovrapposizione quasi totale
con il SIC IT2040041
Sovrapposizione totale
con il SIC IT2040041
Parziale sovrapposizione
con il SIC IT2040032
211,62
Le aziende faunistico-venatorie
Nella provincia di Sondrio sono presenti attualmente due Aziende Faunistico-Venatorie: l’Azienda FaunisticoVenatoria “Val Bondone – Val Malgina AFV n°1/SO”, situata nella sola provincia di Sondrio, e l’Azienda FaunisticoVenatoria “Val Belviso – Barbellino AFV INT 12”, che si estende anche nelle province di Bergamo e Brescia, ma per
la quale è individuata la provincia di Sondrio come ente competente, in relazione al fatto che la maggiore superficie
dell’azienda ricade sul suo territorio.
La legge 157/92 definisce all’art 16 l’istituto delle aziende faunistico-venatorie come segue: “senza fini di lucro,
soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare
riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni
devono essere corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l’obiettivo
naturalistico e faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio
secondo i piani di assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito
immettere o liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto”.
Il riferimento normativo regionale per tali zone è l’art. 38 della L.r. 26/1993. Il PFV le analizza nei par. 5.1.5 e 5.2.9.
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Figura 2.3: Le Aziende Faunistico-Venatorie della Provincia di Sondrio
Tabella 2.5: Le Aziende Faunistico-Venatorie
Numero
Nome
Superficie (ha)
1
Val Bondone –
Val Malgina
1.370,59
12
Val Belviso Barbellino
5.585,46
Rinnovo concessione
Decreto Dir. del Sett. Ris. Amb.della Prov. n° 110 dell’8 giugno 2006: “Rinnovo della
concessione per l’istituzione dell’Azienda Faunistico- Venatoria (AFV) n. 1/SO “Val
Bondone – Val Malgina” per il periodo 2006 - 2015
Decreto Dir. del Sett. Ris. Amb.della Prov. n°125 del 7 agosto 2006: “Rinnovo della
concessione per l’istituzione dell’Azienda Faunistico- Venatoria (AFV) interprovinciale
denominata "Valbelviso Barbellino (AFV INT 12), per il periodo 2006 – 2015”.
All’interno delle Aziende Faunistico Venatorie è permezza la caccia agli Ungulati (compreso il Muflone nella AFV Val
Belviso), al Gallo forcello ed alla coturnice, secondo i piani di abbattimento previsti e similari a quelli vigenti per il
resto del CA. Il periodo di caccia agli Ungulati è più lungo rispetto a quanto previsto per il resto del territorio
provinciale poiché la sua definizione esula dal regolamento provinciale.
Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura
Le Oasi di Protezione hanno il compito di favorire il rifugio, la sosta e la riproduzione della fauna selvatica; hanno in
generale estensione limitata, non superiore a 500 ha ed è importante che siano distribuite sul territorio in punti
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strategici. Esse possono presentare un valore particolare, ad esempio per alcune specie migratorie in
corrispondenza di valichi montani o zone strategiche per la sosta e lo svernamento. Sono aree importanti anche se
localizzate in zone rilevanti per la riproduzione di Ungulati e Galliformi, come ad esempio le arene di bramito del
Cervo.
Le Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) sono istituite con specifiche finalità di riproduzione ed incremento in
condizioni naturali della fauna di interesse venatorio; i principali scopi delle ZRC dovrebbero essere quelli di avere la
possibilità di catturare una frazione della popolazione di una o più specie di interesse faunistico e nella possibilità di
uno sfruttamento della fauna ai fini venatori attraverso il naturale irraggiamento della specie nei territori circostanti.
In tali aree è spesso opportuno ricorrere a interventi di miglioramento ambientale mirati a favorire le specie di
interesse per aumentarne la produttività e devono avere una dimensione idonea all'insediamento ed
all'espletamento del ciclo di vita delle popolazioni interessate (le dimensioni variano quindi a seconda della specie).
Figura 2.4: Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura della Provincia di Sondrio
Tabella 2.6: Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura
Numero
Tipo
Nome
Superficie (ha)
7
OP
Bocchetta di Chiaro
10
OP
Val Sterla
848,507
2
OP
Val Vicima
1299,685
4
ZRC
Alpe Colina
1005,609
14
ZRC
Alta Val Codera
1
ZRC
Ardenno
262,094
22
ZRC
Bosco del Conte
417,774
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96,205
906,59
Pagina 24
3
ZRC
Castellaccio
17
ZRC
Cranna-Pianazzola
13
ZRC
Culmine di Dazio
564,052
15
ZRC
Dosso Tacher
756,739
6
ZRC
Fusino-Val Grosina
264,391
18
ZRC
Isola
25
ZRC
Isola
5
ZRC
Madonna di Pompei
273,171
27
ZRC
Nemina
886,444
23
ZRC
Pesciola-Salina
1389,779
8
ZRC
Piana-Guizana
1504,257
12
ZRC
Pizzo Pidocchio
460,63
1175,374
75,469
11,486
522,26
9
ZRC
Pizzo Truzzo
423,466
11
ZRC
Pizzo Truzzo
1031,929
21
ZRC
Trivigno-San Rocco
19
ZRC
Val Cameraccia
163,877
20
ZRC
Val Cameraccia
213,732
16
ZRC
Val Cervia
24
ZRC
Val Cervia
26
ZRC
Val Giumellino
219,06
62,881
741,05
1559,173
Il PFV individua tali aree come richiesto dall’art. 14 comma 3 lettera a) della Lr 26/1993 e come dettagliato dagli art.
17 e 18 della medesima norma: “Le oasi e le zone di protezione … sono destinate alla conservazione della fauna
selvatica, col fine di favorire l’insediamento e l’irradiamento naturale delle specie migratorie, nonché di preservare il
flusso delle correnti migratorie; in esse è vietata ogni forma di esercizio venatorio”.
Il PFV analizza i criteri alla base della definizione di queste aree nel cap. 5.1.2, riporta le principali motivazioni alla
base delle diverse perimetrazioni nel ca. 5.2.6 e descrive delle differenti zone, nel paragrafo 5.4, i caratteri
morfologici, geologici, vegetazionali e faunistici.
Le Oasi di protezione e le Zone di Ripopolamento e Cattura, con i Centri pubblici e privati di riproduzione della fauna
allo stato naturale, fanno parte delle Istituti di protezione a carattere faunistico. Questi ultimi rientrano nelle “Aree
di protezione” con le “Aree protette per effetto di leggi nazionali o regionali (parchi nazionali, parchi o riserve naturali,
foreste demaniali)” e con i Valichi Montani.
Le Aree di Protezione, secondo l’art. 13 della L.r. 26/1993, per la Zona Alpi, rientrano nel 20% di territorio agro-silvopastorale utile alla fauna selvatica sul quale è vietata l’attività venatoria.
Il PFV segnala come in Provincia di Sondrio non siano presenti Centri pubblici e privati di riproduzione della
fauna allo stato naturale (art. 19 L.r. 26/1993).
Nel cap. 5.2.6 il piano segnala i due Valichi Montani che sono stati istituiti sulla base delle indicazioni date dal Piano
Faunistico Regionale:
-
La Bocchetta di Chiaro in Val Chiavenna (in parte sovrapposta ad un’Oasi di Protezione)
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-
Passo San Marco sulle Alpi Orobie
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Zone a maggiore e minore tutela
In provincia di Sondrio la ripartizione del territorio nei comparti di maggiore e minor tutela è ormai presente da diversi
anni e risulta tuttora attuale e necessaria, per una migliore gestione dell’attività venatoria e per la tutela di numerose
specie di interesse venatorio e di grande pregio faunistico tipiche della zona Alpi.
I comparti sono soggetti a regolamentazioni diverse, ad esempio per quanto riguarda il periodo di caccia; quelli a
minor tutela sono localizzati nel territorio maggiormente antropizzato a livello di insediamenti e di viabilità e quindi nel
fondovalle. Per delimitarli vengono poi utilizzati: un limite vegetazionale in corrispondenza del Castagno e della
Roverella (dove presenti), un criterio faunistico (per il quale sono escluse tutte le aree potenziali ed attuali dei
Tetraonidi forestali e le aree di maggior presenza ed idoneità di alcune specie di Ungulati quali il Capriolo e il
Camoscio); un criterio generale basato sull’altitudine (che consiste nel non superare di più di 400-500 metri la quota
del fondovalle).
I riferimenti per tali zone sono l’art. 14 del Regolamento Regionale 16/2003 e l’art. 5 del Regolamento Provinciale
che dettaglia calendario e carniere anche relativamente a queste zone.
Figura 2.5: Comparti di minor tutela della Provincia di Sondrio
Il piano, nel par. 5.1.6, analizza riferimenti normativi, differenze fra i due comparti e criteri alla base della
perimetrazione in generale e nei diversi areali geografici provinciali (Alpi Orobie, Alpi Retiche centrali, Alpi Retiche
settentrionali, Alpi Retiche nord-orientali, Alpi Lepontine e Retiche occidentali). Nel par. 5.2.10 viene analizzata la
suddivisione delle superfici a minor tutela nei comparti e in termini di TASP.
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Zone speciali
Sono comprese nelle zone speciali le zone a gestione venatoria differenziata nelle quali è possibile il prelievo a tutte
le specie presenti con l’eccezione di quella o quelle da tutelare ma è anche possibile vietare il prelievo a tutte le
specie tranne una che presenti un’alta densità e vada mantenuta controllata. Fra queste si ricordano: Zone di divieto
tipica Alpina, Zona di divieto di Caccia al Camoscio, Zona di divieto caccia eccetto la caccia agli ungulati, Zona di
divieto ai segugi e divieto caccia agli ungulati.
Sono zone speciali anche le zone di divieto segugi e zone di divieto cani che sono aree dedicate all’esercizio
esclusivo di una forma di caccia o, al contrario, precluse ad uno o più tipi di caccia che possono arrecare disturbo a
specie di particolare valore. Ad esempio ve ne sono alcune in cui risulta importante il divieto di utilizzo dei cani da
seguita in aree particolarmente favorevoli all’incremento del Capriolo, altre aree con divieto totale di uso dei cani
laddove si ha la presenza di Galliformi rari in via di estinzione (come il Gallo cedrone).
Figura 2.6: Zone speciali della Provincia di Sondrio
Tali zone sono descritte nel par. 5.1.7 e nel par. 5.2.11 del PFV.
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Appostamenti fissi
Il numero massimo di appostamenti fissi che possono essere presenti in provincia di Sondrio è stato fissato dall’art.
25 della L.R. 26/93 in 73 appostamenti. Le zone in cui collocare gli appostamenti fissi devono far parte del comparto
di minor tutela e non sono consentiti appostamenti in zone di maggior tutela.
La L.R. 26/93, prevede, all’art. 14, che il piano faunistico venatorio contenga anche l’indicazione delle zone “in cui
sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi”.
Il comprensorio di Morbegno è quello in cui la caccia da appostamento viene praticata in modo più intenso. In
relazione però alle modifiche del territorio agro-silvo-pastorale che si riduce sempre più, per l’aumento di aree
antropizzate, soprattutto nelle zone di minor tutela, è stato stabilito in ogni comprensorio un numero massimo da non
superare nei prossimi anni e questo tetto massimo è stato definito con il criterio di scendere ad un numero
complessivo massimo di 53 appostamenti fissi.
Figura 2.7: Appostamenti fissi di caccia della Provincia di Sondrio
Tabella 2.7: Appostamenti fissi di caccia nei CA della Provincia di Sondrio
Comprensorio
N° di appostamenti
N° massimo di
Alpino
fissi
appostamenti fissi
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Alta Valle
0
0
Tirano
3
4
Sondrio
3
6
Morbegno
26
27
Chiavenna
13
16
Totale Provincia
45
53
Il piano (al par. 5.1.8 e al par. 5.2.12) descrive le aree in cui sono possibili gli appostamenti fissi.
2.1.2
Il Piano di miglioramento ambientale
Al Piano Faunistico Venatorio è allegato il Piano di miglioramento ambientale previsto dalla normativa (Legge n.
157/1992 e L. R. n. 26/1993).
Per miglioramenti ambientali si intendono quegli interventi attuati allo scopo di ricreare condizioni ambientali idonee
laddove l’intervento dell’uomo, per l’impatto delle attività produttive o per incuria, abbia causato una rottura degli
equilibri naturali, ivi compresa la dinamica delle popolazioni della fauna selvatica.
Il Piano si è attenuto a tre criteri ispiratori principali:
-
individuazione di pochi interventi significativi per la situazione faunistico-venatoria della provincia di Sondrio
e indicazione di specifiche realtà territoriali su cui andare a posizionarli, in modo da evitare la dispersione
delle esigue risorse in una molteplicità di interventi poco efficaci;
-
ricorso a tutti i possibili strumenti normativi che prevedano finanziamenti e possano ovviare alla cronica
carenza di risorse per iniziative che, se hanno un’indubbia ricaduta positiva su tutta la collettività, scontano
un rapporto costi/benefici non sempre vantaggioso, soprattutto a causa delle difficoltà insite nelle zone
d’intervento;
-
riduzione al minimo degli interventi artificiali di ripopolamento.
Gli argomenti sono suddivisi in tre parti.
La prima parte fa riferimento in senso generale agli aspetti tecnici relativi alle pratiche di miglioramento ambientale a
fini faunistici, con riferimento alle tipologie ambientali presenti sul territorio provinciale e in particolare
all’individuazione degli ambiti ecologici in cui si suggerisce di concentrare gli interventi.
Nella seconda parte si propongono interventi ambientali relativi alle principali specie di interesse naturalistico e
venatorio ospitate nelle montagne provinciali.
Nella terza parte, infine, si passano in rassegna gli strumenti normativi di riferimento, sia per un adeguato approccio
operativo alla materia sia per una ricognizione sulle possibilità di attingere a finanziamenti pubblici in grado di
incentivare i potenziali attuatori degli interventi.
Interventi ambientali generali
Considerando le caratteristiche del territorio provinciale, sono previsti interventi specifici di miglioramento ambientale
relativamente a due tipologie principali di habitat.
-
zone di fondovalle e prime pendici intensamente coltivate: i miglioramenti ambientali sono indirizzati
soprattutto alla piccola selvaggina stanziale (fagiani, starne, lepri e, almeno parzialmente, caprioli).
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-
zone di media e alta montagna, in cui prevalgono il prato-pascolo, il pascolo, l'incolto e la foresta: gli
interventi sono orientati invece prevalentemente agli ungulati ed eventualmente alle altre specie di piccola
selvaggina stanziale presente (le specie già indicate e quelle più tipiche della montagna: Pernice bianca,
gallo cedrone e forcello, lepre variabile, Coturnice, ecc.).
Sono inoltre previsti interventi nelle zone umide rivolti prevalentemente a favore dell'avifauna acquatica.
Gli interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici applicati nelle zone di fondovalle e prime pendici
intensamente coltivate si possono distinguere in due categorie principali:
1) interventi di miglioramento dell'habitat;
-
Mantenimento e/o ripristino degli elementi fissi del paesaggio di valore ambientale e faunistico, come ad
esempio: le siepi, gli arbusti, i cespugli, gli alberi, i frangivento, i boschetti, ecc.
-
Semina di "colture a perdere" e/o rinuncia alla raccolta di certe coltivazioni su appezzamenti di piccola
estensione, per fini alimentari, di rifugio e di nidificazione.
-
Predisposizione di punti di alimentazione e di abbeverata da rifornire nei periodi di maggiore carenza
(periodi di siccità estiva e di carenza alimentare in inverno). Questi potranno prevedere dei sistemi
polivalenti distribuiti uniformemente sul territorio, preferibilmente non lontano dalle zone di rifugio
-
Modificazione dei sistemi di coltivazione, attraverso: una maggiore frammentazione degli appezzamenti e
delle colture, l'adozione o il ripristino delle rotazioni colturali con cereali autunno-vernini e foraggiere, il
ricorso alle lavorazioni minime del terreno ed alle tecniche di agricoltura biologica.
-
Mantenimento od impianto di formazioni forestali di limitata estensione con l’utilizzo di essenze autoctone ad
elevata diversità strutturale, gestite in modo che siano presenti i diversi strati di vegetazione.
-
Mantenere e, dove sia ancora possibile, ripristinare i corridoi faunistici indispensabili per impedire la
continua frammentazione degli habitat, una delle principali cause della diminuzione della ricettività degli
stessi sia in termini quantitativi che qualitativi, in altre parole della riduzione della biodiversità.
2) limitazione di alcune pratiche agricole dannose alla fauna selvatica.
-
Riduzione dell'impiego dei fitofarmaci più dannosi alla fauna selvatica, astensione dalle irrorazioni nelle
cosiddette tare aziendali e nelle fasce di coltivazione di maggiore importanza per la fauna, cioè lungo i fossi,
le scoline, le siepi, i frangiventi, i boschetti, i confini fra una coltura e l'altra, per una larghezza da 4 a 6 m a
seconda delle dimensioni degli appezzamenti.
-
Adozione di misure specifiche durante le operazioni di sfalcio e di raccolta dei foraggi ed in generale di
raccolta delle altre colture.
-
Accorgimenti e pratiche agronomiche varie. Fra cui si citano le seguenti:
·
preservare l’esistenza di microambienti e biotopi naturali (siepi, macchie, fossi, stagni, rocce ecc.);
·
limitare l’espansione di superfici a monocoltura, evitando lavorazioni profonde del terreno; favorire,
per quanto possibile, le rotazioni e tutto ciò che aumenta la biodiversità;
·
rispettare le aree marginali come potenziali ospiti di selvatici;
·
conservare la presenza del prato permanente e dei seminativi anche all’interno di zone
prevalentemente boscate, con una particolare attenzione alle fasce di transizione costituite da
specie arbustive;
·
limitare al minimo l’impiego di mezzi agricoli a motore e mantenerli in efficienza, in modo da
contenere il rumore e le emissioni inquinanti;
·
evitare la cementificazione dei fossi.
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Gli obiettivi principali dei miglioramenti ambientali a fini faunistici per le zone di media e alta montagna sono quelli
tesi a favorire la presenza e a migliorare la gestione degli Ungulati e delle altre specie selva-tiche presenti, o
potenzialmente presenti, riducendo contemporaneamente la frequenza dello sconfinamento degli Ungulati nelle aree
coltivate. In particolare queste azioni sono finalizzate all'incremento delle disponibilità idriche ed alimentari del
territorio, soprattutto nei periodi di maggiore carenza, e alla predisposizione di aree idonee al pascolo, al rifugio ed
alla riproduzione delle specie presenti.
Vengono quindi segnalate modalità coerenti di gestione dei pascoli, suggerite colture a perdere, falciatura ed
erpicatura di alcune fasce di vegetazione spontanea (ogni due annate, in estate), uno sfalcio ripetuto, (più volte in un
anno, accompagnato da un’opportuna concimazione del terreno), la predisposizione di punti di abbeverata e di
alimentazione, l'allestimento di ripari artificiali di vario tipo (cataste, cumuli). Vengono inoltre fornite alcune indicazioni
per la gestione forestale (tecniche di governo e di trattamento del bosco tendenti al mantenimento di un'elevata
diversità ambientale, sia per quanto concerne la composizione specifica, sia per la sua complessità strutturale).
Viene infine previsto un censimento complessivo dei luoghi umidi esistenti e la loro valorizzazione: laghi, stagni,
paludi, torbiere, pozze d’alpeggio non più utilizzate, con particolare riguardo per quelle aree umide o acquitrinose.
Interventi ambientali specifici
Relativamente ad alcune specie vengono inoltre previsti interventi ambientali peculiari: interventi di taglio della
vegetazione (sia arborea che arbustiva - ontano verde, rododendro) e sfalcio (anche attraverso greggi di pecore),
pozze di abbeverata ed insoglio, adeguata gestione dei prati-pascoli, piantumazione autunnale di piantine di sorbo
degli uccellatori.
2.1.3
Lo Studio di Incidenza del PFV
(aggiornare quando sarà disponibile il nuovo studio di incidenza)
Lo studio di incidenza è stato redatto allo scopo di valutare se il Piano Faunistico Venatorio e il Piano di
miglioramento ambientale della Provincia di Sondrio potessero presentare effetti rilevanti sui siti della rete Natura
2000 della Provincia di Sondrio per l’esecuzione o la revisione delle valutazioni a norma dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4
della direttiva Habitat.
Lo studio di incidenza evidenzia come la aree protette istituite abbiano tutte una incidenza positiva sui Siti e sulle
specie protette. Allo stesso modo, le zone speciali di limitazione parziale dell'attività venatoria hanno effetto positivo
poiché tutelano una o più specie.
Tra le zone della pianificazione che potrebbero avere incidenza negativa sui Siti Natura 2000 si segnalano:
zone di addestramento cani: alcune di esse sono localizzate all’interno di SIC/ZPS e lo studio di incidenza propone,
come azione, quella di vietare l’addestramento cani nelle ZPS e vietare l’istituzione di zone di addestramento cani in
SIC o ZPS che vedono la presenza del Gallo cedrone o arene di canto del Gallo forcello. Inoltre si propone il divieto
di istituire zone di tipo C nelle suddette aree.
comparti di maggiore e minore tutela: rispetto alle zone a maggior tutela, nelle zone a minor tutela il PFV prevede un
periodo di caccia più lungo nel tempo e con maggior frequenza settimanale, oltre che un numero maggiore di
cacciatori. Inoltre prevede anche maggiori possibilità di addestramento ed uso dei cani ed un maggior numero di
specie cacciabili. Lo studio di incidenza propone di escludere i Siti Natura 2000 dalle zone a minor tutela.
appostamenti fissi: dei 53 appostamenti fissi presenti in provincia di Sondrio, 7 ricadono all’interno del SIC IT2040041
“Piani di Chiavenna”. L’incidenza segnalata dallo studio riguarda l’eccessivo prelievo di specie in declino ed il
disturbo arrecato alle specie protette di avifauna con il rischio di confusione tra specie per le quali è consentito il
prelievi venatorio e specie per le quali non lo è. Inoltre diversi studi hanno confermato come nei suoli interessati dalla
presenza di appostamenti fissi, le concentrazioni di piombo siano molto elevate. Le azioni proposte dallo studio di
incidenza prevedono la possibilità di non rinnovare la concessione per gli appostamenti fissi nel caso in cui questi si
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trovino all’interno di zone umide o in un raggio di 150 m da esse; si dovrà vietare la concessione di nuovi
appostamenti in tutte le aree SIC/ZPS ed infine prevedere di spostare gli appostamenti che ricadono in zone umide o
a meno di 150 m da esse in aree meno vulnerabili all’inquinamento da piombo.
2.2
Pareri ed osservazioni alla base della modifica ed aggiornamento del PFV
vigente
2.2.1
Il Decreto di Incidenza della Regione Lombardia
La Valutazione di Incidenza della Regione Lombardia, approvata con decreto n°10147 del 19/09/2008, ha decretato
di esprimere una valutazione positiva (cioè assenza della possibilità di arrecare incidenza negativa) condizionata al
rispetto di alcune prescrizioni che possono così essere sinteticamente riassunte:
Obbligo di:
-
inclusione nelle aree a maggior tutela dei Siti Natura 2000,
-
di alcune aree all'interno delle foreste demaniali con divieto di caccia,
-
spostamento di alcuni appostamenti che ricadono nella fascia di 150 m dalle aree umide,
-
utilizzo di sole trappole Larson per il controllo dei Corvidi nei siti natura 2000,
-
adeguamento dei piani di prelievo alle specifiche necessità delle specie e dei territori, con comunicazione
dei suddetti piani agli enti gestori delle aree protette,
-
esecuzione censimenti galliformi e lepri,
-
controllo di tutti i capi abbattuti di Lepre bianca e Pernice bianca ed invio dei risultati agli enti gestori delle
aree natura 2000,
-
impiego munizioni senza piombo in tutte le aree umide ed estensione di tale obbligo a tutte le aree del
fondovalle esterne alle ZPS fino al piede montagna entro 3 anni dall'entrata in vigore del PFV (valutare
inoltre la possibilità di eliminare le munizioni al piombo anche per la caccia agli ungulati),
-
sottoporre a valutazione di incidenza gli interventi di miglioramento ambientale nei siti natura 2000,
l'apertura della caccia ad altre specie attualmente non cacciabili, eventuali rilasci di Coturnice nelle aree
esterne ai siti natura 2000 ma localizzati nelle vicinanze.
Divieto di:
-
concessione appostamenti fissi in SIC e ZPS,
-
addestramento cani nelle ZPS, nei SIC con Gallo cedrone o arene del Gallo forcello, in tutti i SIC per
l'addestramento di tipo C,
-
caccia alla Pernice bianca sul versante orobico, caccia al Cinghiale in tutto il territorio,
-
controllo della Volpe, uso di cane da tana, caccia di corvidi e cormorano con sparo o munizioni al piombo,
caccia all'allodola e specie del genere Passer nei siti Natura 2000,
-
immissione di fauna alloctona nei siti natura 2000,
-
immissione di Lepre Bianca in tutto il territorio provinciale.
Per una lettura più completa e dettagliata si riportano di seguito integralmente le osservazioni della Valutazione di
Incidenza della Regione Lombardia.
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Tabella 2.8: indicazioni del Decreto del 19/09/2008 relativo alla Valutazione di Incidenza
Obbligo di inclusione nelle aree individuate nel Piano Faunistico Venatorio come "Foreste Demaniali", dell'intero territorio della Foresta Demaniale di Valmasino
e della Foresta Demaniale Alpe Boron.
Obbligo, entro l'inizio della stagione venatoria 2009-2010, di inclusione nelle aree individuate nel Piano Faunistico Venatorio come "Foreste Demaniali" delle
aree situate in località "Bigiu Sciucon" nel Comune di Ponte in Valtellina; poiché tali aree sono costituite da più appezzamenti non necessariamente adiacenti
fra di loro, si identificherà, di comune accordo con ERSAF, un'area unitaria che includa tutti terreni in gestione ad ERSAF, in cui non sarà consentita alcuna
attività venatoria.
Obbligo di inclusione dei Siti della Rete Natura 2000 nella Zona di maggior tutela a - partire dalla prossima revisione dei confini dei comparti di maggiore/minore
tutela; la nuova confinazione dovrà comunque assestarsi su elementi facilmente riconoscibili sul territorio.
Divieto di concessione di nuovi appostamenti fissi in tutti i Siti della Rete Natura 2000 o trasferimento di quelli già esistenti a nuovi titolari.
Obbligo di spostamento di tutti gli appostamenti fissi che ricadono in zone umide o a meno di 150 m da esse in aree differenti.
Obbligo di sottoporre a Valutazione di Incidenza l'autorizzazione di nuovi appostamenti fissi, compresi quelli di cui all'art. 25, comma 14 della L.R. 16 agosto
1993 n. 26 e succ. mod. nelle aree comprese in una fascia di 1.000 metri dal confine di ciascun Sito della Rete Natura 2000;
Divieto di addestramento cani nelle ZPS.
Divieto di istituzione di zone addestramento cani nei SIC con presenza di Gallo cedrone o arene di canto di Gallo forcello.
Divieto di istituzione di zone di addestramento cani di tipo C in tutti i SIC.
Obbligo di trasformazione della zona di addestramento cani di tipo C "Gordona", presente all'interno del SIC IT2040041 "Piano di Chiavenna", in zona di
addestramento di tipo B; tale Zona dovrà comunque venire dismessa nel momento in cui verrà individuata una nuova area in cui consentire l'istituzione di una
Zona addestramento cani di tipo C.
Divieto di caccia alla Pernice bianca sul versante orobico.
Divieto del controllo della Volpe nei siti della Rete Natura 2000.
Divieto di utilizzo di cane da tana nei Siti della Rete Natura 2000.
Divieto di caccia al Cinghiale su tutto il territorio provinciale.
Divieto di controllo di Corvidi e Cormorano tramite sparo all'interno dei Siti della Rete Natura 2000.
Divieto di controllo di Corvidi e Cormorano all'esterno dei Siti con utilizzo di munizioni contenenti piombo.
Obbligo di utilizzo di sole trappole Larsen in aree Natura 2000 per l'eventuale controllo di Corvidi.
Obbligo di utilizzo, nel periodo 1 aprile - 15 agosto nei Siti della Rete Natura 2000, di metodi selettivi (ad esempio posta da altana e limitando il più possibile
l'uso dei cani) per il contenimento ed eradicazione del Cinghiale nelle zone vocate ai Galliformi.
Divieto di caccia all'Allodola e specie del genere Passer nei Siti della Rete Natura 2000.
Obbligo di chiusura della caccia a Pernice bianca e Lepre bianca al raggiungimento del 95% del piano di prelievo.
Obbligo di limitazione temporale del periodo di caccia ai Galliformi e alla Lepre alpina, individuando un arco temporale massimo di 3 settimane a partire dalla
seconda o terza settimana di ottobre, per quelle specie presenti con consistenze basse e i cui piani di abbattimento sono limitati (<10 capi).
Obbligo di adeguamento annuale dei piani di prelievo di Camoscio, Cervo e Capriolo sulla base Degli effettivi prelievi dell'anno precedente per quanto concerne
il rapporto tra sessi e classi di età.
Obbligo di definizione di piani di prelievo della fauna tipica alpina distinti per versante nei Comprensori di Sondrio, Morbegno.
Obbligo di comunicazione dei piani di prelievo agli eventuali Enti gestori presenti sul territorio di competenza.
Obbligo di adozione di piani di prelievo della fauna tipica alpina che tengano conto delle consistenze e densità rilevate e dell'effettivo successo riproduttivo
rilevato dall'analisi del carniere durante la stagione venatoria con sospensione della caccia al di sotto di valori soglia riportati nello Studio di Incidenza.
Divieto di immissione di fauna di origine alloctona nei Siti della Rete Natura 2000.
Divieto di immissione di Muflone e obbligo del controllo di una sua eventuale espansione.
Divieto di immissione, nei Siti della Rete Natura 2000, di fauna proveniente da centri di allevamento con l'eccezione del Fagiano.
Divieto di immissione di fauna autoctona proveniente da centri di allevamento nel "SIC IT2040015 "Paluaccio di Oga" e nella ZPS IT2040403 "Riserva
Regionale Paluaccio di Oga", così come richiesto dall'Ente gestore.
Divieto di immissione di Lepre bianca in tutto il territorio provinciale.
Obbligo di sottoporre a studio di fattibilità e Valutazione di Incidenza eventuali rilasci, all'esterno dì Aree della -Rete Natura 2000, che riguardino la Coturnice;
tale valutazione dovrà considerare tutti i Siti della Rete Natura 2000 presenti nel CAC in cui si effettueranno gli eventuali rilasci ed eventuali Siti presenti in altri
CAC, ma localizzati nelle vicinanze.
Obbligo di comunicazione dei Piani di ripopolamento agli Enti gestori competenti sul territorio oggetto di intervento.
Obbligo di esecuzione di censimenti di Galliformi sia in primavera sia in estate con un numero minimo di due differenti aree campione da censire per ogni
specie.
Obbligo di esecuzione di censimenti delle due specie di Lepre.
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Obbligo di esecuzione dei censimenti di Galliformi e delle due specie di Lepre anche all’'interno delle ZPS.
Obbligo di esecuzione dei censimenti di Galliformi e delle due specie di Lepre anche nelle stagioni in cui è prevista la chiusura dell'attività venatoria.
Obbligo di esecuzione dei controlli di tutti i capi abbattuti di Pernice bianca e Lepre bianca.
Obbligo di invio dei risultati dei censimenti, eseguiti all'interno o in prossimità dei Siti della Rete Natura 2000, agli Enti gestori di competenza.
Obbligo di sottoporre a Valutazione di Incidenza l'eventuale apertura della caccia ad ulteriori specie attualmente non cacciabili.
Obbligo di impiego di munizioni non contenenti piombo in tutte le aree umide (laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche) all'interno delle ZPS nonché nel raggio di
150 m dalle rive anche se all'esterno delle Zone di protezione Speciale a partire dalla stagione venatoria 2008-09.
Obbligo di estensione del divieto dell'uso del piombo nelle aree di fondovalle esterne alle ZPS, fino al piede di montagna, entro 3 anni dall'entrata in vigore del
Piano Faunistico Venatorio. Tale divieto dovrà valere per tutte le specie di uccelli e mammiferi, comprese quelle sottoposte a controllo, mentre non riguarderà la
caccia a piccoli uccelli con munizioni di calibro compreso tra il n° 7.5 e il 12.
Obbligo entro 3 anni dall'entrata in vigore del Piano Faunistico Venatorio, se le sperimentazioni previste confermeranno la possibilità ed utilità del
provvedimento, di sostituzione delle palle di piombo utilizzate per la caccia agli Ungulati e attività di controllo con palle soggette a minor frammentazione o
composte di altri metalli e leghe; in alternativa obbligo della completa rimozione dei visceri e dei polmoni dal luogo di abbattimento, e loro sotterramento, o
smaltimento presso i punti controllo.
Obbligo di integrazione dei dati delle presenze faunistiche riportate nello Studio di Incidenza relativamente al SIC IT2040024 "da Monte Belvedere a Vallorda"
(tabelle VI, VII, VIII) rendendoli congruenti con le informazioni del formulario standard.
Obbligo di sottoporre a Valutazione di Incidenza gli interventi di miglioramento ambientale previsti all'interno dei Siti della Rete natura 2000.
Obbligo di esecuzione di monitoraggi post operam per valutare l'efficacia degli interventi di miglioramento ambientali eseguiti all'interno dei Siti della Rete
Natura 2000.
Oltre a queste prescrizioni, il Decreto regionale contiene anche una serie di suggerimenti che saranno valutati
durante la stesura della modifica del PFV.
2.2.2
Le altre osservazioni pervenute
Sono inoltre pervenute diverse osservazioni dai comprensori e da alcune associazioni:
-
Comprensorio Alpino Alta Valtellina,
-
Comprensorio Alpino di Morbegno,
-
Comprensorio Alpino di Sondrio,
-
Comprensorio Alpino di Tirano,
-
Comprensorio Alpino di Chiavenna,
-
Osservazioni emerse a seguito della Consulta del 2010, condivise da tutti i Comprensori,
-
Osservazioni di Enelcaccia,
-
Una richiesta di istituzione di una zona di addestramento cani di tipo B nel CA di Tirano
Tali osservazioni sono state considerate alla base del confronto per la predisposizione delle modifiche al PFV vigente
del 2007.
2.3
Le modifiche apportate al Piano Faunistico Venatorio
Le zone di addestramento cani
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Rispetto a quanto riportato nel precedente piano del 2007, il PFV 2011 prevede le seguenti variazioni: sono
eliminate la zona San Giacomo in CA di Sondrio e Lago-Pedena in CA di Morbegno e sono aggiunte Calcarola in
CA di Tirano, Gaggi in CA di Sondrio e Crap del Mesdì in CA di Morbegno.
Le modifiche sono state introdotte per rispondere al nuovo criterio descritto nel par. 5.1.4
“5) In relazione a quanto previsto dal decreto del Ministero dell’Ambiente del 17 ottobre 2007 e dalla delibera
regionale n°8/9275 dell’8/04/2009, è vietato addestrare i cani nelle Zone di Protezione Speciale prima del 1°
settembre e dopo la chiusura della stagione venatoria, nonché costituire nuove zone per l’allenamento e
addestramento dei cani e per le gare cinofile. Pertanto, anche in considerazione della buona vocazionalità della
maggior parte delle ZPS provinciali per i galliformi alpini, non potranno essere istituite nuove zone di addestramento
cani in tali aree, e le zone attualmente esistenti vengono soppresse, nell’ambito della presente revisione del PFV,
per essere sostituite da altre aree site al di fuori di ZPS. Anche per quanto riguarda i SIC, è vietata l’istituzione di
nuove zone addestramento cani in aree idonee alla presenza di Gallo cedrone o di Gallo forcello, mentre non si
preclude a priori la possibilità di istituire zone addestramento cani in SIC non vocati ai galliformi alpini, e fermo
restando quanto previsto dal piano di gestione del sito, se approvato. In generale l’istituzione di nuove zone
addestramento cani in SIC dovrà comunque essere sottoposta a valutazione di incidenza.”
Il PFV precisa inoltre che “In base alla delibera regionale sopra citata, è vietato l’addestramento dei cani in tutte le
ZPS provinciali fino al 1° di settembre, ad eccezione delle zone caratterizzate da presenza regolare di Gallo forcello
e Gallo cedrone, dove l’addestramento è vietato fino al 15 di settembre. Inoltre l’utilizzo del cane da tana è vietato in
tutti i Siti della Rete Natura 2000.”
In sostanza: Nel corso della revisione 2011 è stato necessario rivedere le zone addestramento cani in base a
quanto previsto dallo studio di incidenza prodotto nel 2008 e dal relativo decreto di incidenza (n°10147 de l
19/09/2008), che recepiva la recente regolamentazione statale e regionale in materia di siti Rete Natura 2000. In
base al decreto del Ministero dell’Ambiente del 17 ottobre 2007 e alla delibera regionale n°8 /9275 dell’8/04/2009, è
infatti vietato addestrare i cani nelle Zone di Protezione Speciale prima del 1° settembre e dopo la chiusura della
stagione venatoria, e questo comportava che due zone inserite nel piano 2007 (la zona “Lago-Pedena” nel CA di
Morbegno e la zona “San Giacomo” nel CA di Sondrio) non fossero di fatto più fruibili. Inoltre si è stabilito di non
istituire zone addestramento cani in aree vocate ai Galliformi alpini, ed è stato quindi deciso di eliminare le due zone
citate. Al posto di queste due aree i Comitati di gestione hanno proposto la zona “Crap del Mesdì” nel CA di
Morbegno e la zona “Gaggi” nel CA di Sondrio, entrambe esterne a ZPS o SIC e non particolarmente vocate a Gallo
cedrone e Gallo forcello. Oltre a queste due aree, è stata poi inserita una nuova zona addestramento cani nel CA di
Tirano (“Calcarola”), proposta dal Comitato di gestione e ritenuta condivisibile.
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Figura 2.8: modifiche delle zone di addestramento cani per i comprensori di Morbegno, Sondrio e Tirano
Si segnala quindi che, rispetto al 2007, non vi sono variazioni nel CA Alta Valle, si aggiunge una zona nel CA Tirano
con superficie di 211,62 ha di cui 198,18 di TASP, avviene la sostituzione di una zona nel CA Sondrio per un
aumento di 42,204 ha (di 43,93 di TASP), e la sostituzione di una seconda nel CA Morbegno per una diminuzione di
100,187 ha di superficie totale (di 111,41 di TASP) con il passaggio però da zona “da cani da ferma” a “zona per
tutti i cani”.
Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura
Rispetto a quanto riportato nel precedente piano del 2007, il PFV 2011 prevede le seguenti modifiche:
-
CA Alta Valtellina – per il momento si è deciso di non apportare modifiche alle due zone presenti;
-
CA Tirano – piccola modifica alla ZRC Nemina per rendere i confini chiari e facilmente individuabili;
-
CA Sondrio – sostituzione della ZRC Monte Braccia con la ZRC Alpe Giumellino (per una diminuzione di
365 ha di superficie e di 382,18 di TASP) e trasformazione della ZRC Monte Braccia in Zona Divieto
Segugi;
-
CA Morbegno – nessuna modifica nelle ZRC, scompare l’Oasi di Protezione Val di Mello Torrone perché
inserita nella riserva naturale della Val di Mello;
-
CA Chiavenna – sarà valutata in futuro l’istituzione di una zona di protezione degli Ungulati nel settore
Lepontine.
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Figura 2.9: modifiche delle Oasi di Protezione e delle Zone di Ripopolamento e Cattura per i comprensori di
Morbegno, Sondrio e Tirano
Si evidenzia come il PFV espliciti chiaramente che per eventuali modifiche relative a Oasi di Protezione e Zone di
Ripopolamento e Cattura sarà necessaria una verifica di assoggettabilità a VAS attraverso la quale si accerterà la
necessità di procedere a Valutazione ambientale VAS in relazione alla significatività degli effetti ambientali previsti .
Il TASP sottoposto a tutela risulta quindi di 16.663,51 ha, pari al 5,9% del TASP totale provinciale, valore
leggermente superiore a quello del 2001 che era circa il 5%. Il CA di Bormio presenta circa metà del proprio TASP
protetto, seguito dal CA di Morbegno che, con la riserva della Val di Mello (oltre alle foreste demaniali ed al Parco
Naturale delle Orobie) arriva al 20,5% circa di territorio protetto; segue il CA di Tirano che ha incrementato la propria
superficie protetta con quasi 1.500 ha in più rispetto al 2001 ed arriva al 12,9% del TASP, il CA di Sondrio con il
10,5% di zone protette mentre il CA di Chiavenna rimane quello con la minor quota di aree protette e non arriva al
9%.
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Zone a maggiore e minore tutela
Nel corso della revisione del 2011, sono state portate significative modifiche, in senso riduttivo, nei comparti di minor
tutela dei comprensori alpini di Sondrio e di Tirano, con una notevole riduzione della zona soprattutto in quest’ultimo,
al fine di una migliore tutela della fauna, in particolare ungulata, che nel periodo invernale tende a scendere in
quartieri di svernamento ad altitudini più basse e pertanto risente notevolmente del disturbo provocato dalla caccia
in queste zone.
In particolare si evidenzia quanto segue:
-
CA Alta Valle – nessuna modifica
-
CA Tirano – diminuzione di 1936,85 ha (per una diminuzione di 1876,21 ha di TASP a minor tutela che
passa da 21,8 % a 16,4 sull’intero territorio del CA)
-
CA Sondrio – diminuzione di 358,65 ha (per una diminuzione di 323,32 ha di TASP a minor tutela che
passa da 11,9% a 11,4 sull’intero territorio del CA)
-
CA Morbegno – non è variata la zona di minor tutela ma diminuisce il TASP pertanto la percentuale di
TASP a minor tutela passa dal 21,2% a 20,3%
-
CA Chiavenna – nessuna modifica
Figura 2.10: modifiche della Zona di minor tutela per i comprensori di Sondrio, Tirano ed Alta Valle
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Zone speciali
Rispetto al PFV del 2007 nella revisione in esame sono state apportate le seguenti modifiche.
-
CA Alta Valle – nessuna modifica
-
CA di Tirano - tolta la zona divieto segugi “Val Maggiore- Lughina” (334, 87 ha), mentre è stata leggermente
ampliata (34,67 ha) la superficie della zona di divieto eccetto ungulati “Valle Lago”, il cui confine inferiore
risultava poco chiaro e definito;
-
CA Sondrio – sono qui state effettuate le maggiori modifiche: oltre a trasformare la ZRC di Monte Braccia in
zona divieto segugi (1680,71 ha aggiuntivi ai circa 26621 ha destinati a questo tipo di zona speciale), il CA
ha chiesto l’istituzione di diverse zone speciali nel settore dell’Alta Valmalenco (la zona dell’Alpe Musella
(960,88 ha), per la tutela della tipica fauna alpina, e le zone Pizzo Scalino e Monte Sissone, di divieto
segugi e divieto ungulati (2155,30 ha totali), finalizzate in particolare a proteggere i camosci).
-
CA Morbegno – nessuna modifica
-
CA di Chiavenna - eliminazione di una zona divieto segugi “Valle Aurosina” (1112,92 ha).
PFV 2007
PFV 2011
CA Chiavenna
CA Chiavenna
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CA Sondrio
CA Tirano
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CA Sondrio
CA Tirano
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Figura 2.11: modifiche della Zone speciali per i comprensori di Chiavenna, Sondrio e Tirano
Appostamenti fissi
Rispetto al PFV del 2007, nell’ottica di una migliore ripartizione degli appostamenti esistenti, è stato aggiunto un
appostamento al CA di Tirano, spostando un capanno presente non lontano dal confine tra Sondrio e Tirano, e nel
CA di Sondrio è stato invece ridotto il numero massimo degli appostamenti previsti.
Il criterio utilizzato permette di ridurre la pressione di questo tipo di caccia e di evitare un’eccessiva concentrazione
di appostamenti fissi, su di un territorio già sacrificato e in parte sottratto ai numerosi cacciatori che praticano la
caccia in forma vagante. Nel comprensorio Alta Valtellina si conferma invece l’assenza di appostamenti fissi.
Il PFV mantiene in vigore gli appostamenti fissi presenti nel SIC “Piani di Chiavenna”, specificando, però, che se gli
appostamenti ricadono all’interno di aree umide o in un raggio di 150 m da esse, allora devono essere trasferiti alla
scadenza del permesso.
In seguito al Decreto di Incidenza, inoltre, il PFV recepisce l’obbligo di nuove concessioni per appostamenti fissi in
aree SIC/ZPS o in zone umide e prevede che l'autorizzazione di nuovi appostamenti fissi (compresi quelli di cui
all'art. 25, comma 14 della L.R. 16 agosto 1993 n. 26 e succ. mod.) nelle aree comprese in una fascia di 1.000 metri
dal confine di ciascun sito della Rete Natura 2000, dovrà essere sottoposta a Valutazione di Incidenza.
2.4
Obiettivi del Piano Faunistico Venatorio
Gli obiettivi generali perseguiti dal Piano Faunistico-Venatorio vigente della Provincia di Sondrio, confermati anche
nella revisione del 2011, possono essere individuati nei seguenti punti:
-
gestire la fauna in un'ottica di conservazione, effettuando un prelievo misurato e calcolato in base ad un
patrimonio di cui sia nota la consistenza;
-
fornire una definizione teorica ma attendibile della capacità portante del territorio per le singole specie e,
quindi, della consistenza ottimale delle diverse popolazioni;
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-
ottenere sul territorio un equilibrio ottimale tra presenza faunistica e caratteristiche ambientali, in modo da
utilizzare la risorsa fauna al meglio anche dal punto di vista del prelievo venatorio;
-
programmare gli interventi sulla base del raggiungimento della consistenza più elevata possibile per ogni
specie vocata in quel determinato territorio.
2.5
Strategie ed azioni del Piano Faunistico Venatorio
Al fine di rispondere adeguatamente agli obiettivi che si è posto, il PFV prevede una serie di strategie ed azioni che
possono essere individuate a partire dalla zonizzazione del territorio provinciale in base alla possibilità o meno di
svolgimento dell’attività venatoria e dalla regolamentazione dell’attività stessa; inoltre, strategie ed azioni possono
essere individuate anche nei piani di prelievo per le diverse specie di interesse e nella gestione della popolazione di
cacciatori nei diversi Comprensori Alpini per le diverse specialità di caccia.
Nel settore dell’attività venatoria sono individuate tre azioni che non sono descritte esplicitamente nel PFV ma sono
diretta conseguenza della caccia: il disturbo delle popolazioni animali a causa della presenza dei cacciatori e dei cani
e del rumore degli spari e gli errori negli abbattimenti che possono avvenire per diverse motivazioni, come ad
esempio un errore di valutazione del cacciatore o un errore di tiro. Tra queste azioni è indicata anche quella relativa
all’utilizzo di munizioni in piombo, pratica comune nella caccia che risulta essere vietata solo nelle aree umide e nei
territori ad esse limitrofi; questa azione viene segnalata in ragione delle gravi conseguenze in termini di inquinamento
derivato dalla mobilitazione del piombo e del suo accumulo lungo la catena trofica che può causare intossicazione ed
avvelenamento negli uccelli predatori.
La tabella seguente riporta uno schema delle azioni individuate per il PFV: queste stesse azioni saranno poi utilizzate
per la valutazione della coerenza interna ed esterna del Piano e per la stima dei possibili effetti significativi
sull’ambiente (si vedano pertanto i capitoli 5 e 6).
Tabella 2.9: individuazione delle azioni del Piano Faunistico Venatorio
Settore
Azione
Pianificazione territoriale
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura)
Territorio a maggior tutela
Aree di addestramento dei cani
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
Zone speciali
Definisce la TASP sottoposta a tutela
Attività venatoria
Utilizzo di munizioni in piombo
Disturbo alle popolazioni animali
Errori negli abbattimenti
Gestione
Definizione dei posti caccia per CA e per specializzazione di caccia
Monitoraggi e censimenti
Piani di prelievo venatorio
Immissioni a scopo di ripopolamento
Controllo della fauna problematica
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o domestica inselvatichita
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3 OBIETTIVI DI PROTEZIONE AMBIENTALE STABILITI A LIVELLO
INTERNAZIONALE E RAPPORTO CON ALTRI PERTINENTI PIANI E
PROGRAMMI
3.1
Indicazioni comunitarie e internazionali
A livello comunitario ed internazionale possono ricordarsi, fra molti altri, i seguenti accordi:
Tabella 3.1: principali convenzioni e accordi internazionali in materia ambientale
Anno
1979
Titolo
Convenzione di
Berna
1979
Direttiva “Uccelli”
(79/409/CEE)
1991
Convenzione
delle Alpi
1992
Dichiarazioni e
Convenzioni di
Rio de Janeiro
1992
Direttiva
“Habitat”
(92/43/CEE)
Convenzione di
Aahrus
1998
2000
Convenzione
Europea del
Paesaggio
Breve descrizione
Gli scopi della convenzione sono: La conservazione della flora e della fauna spontanea ed i relativi habitat;
Promuovere la cooperazione tra gli stati; Monitorare le specie in pericolo e vulnerabili; Fornire assistenza su
problemi legali e scientifici. La convenzione ha portato alla creazione nel 1998 dell’Emerald network of Areas of
Special Conservation Interest (ASCIs) sui territori degli stati aderenti, che opera in parallelo al progetto di
conservazione Natura 2000 dell’Unione Europea.
Recepita in Italia dalla Legge 157/1992. Protegge tutte le specie di uccelli selvatici vietandone la cattura,
l’uccisione, la distruzione dei nidi, la detenzione di uova e di esemplari vivi o morti, attraverso la designazione
delle “Zone di Protezione Speciale” (ZPS).
Siglata a Salisburgo da Austria, Francia, Germania, Italia, Svizzera, Liechtenstein e l’UE (la Slovenia ha firmato
la Convenzione il 29 marzo 1993 e il Principato di Monaco vi ha aderito sulla base di un protocollo
supplementare), è entrata in vigore il 6 marzo 1995. In Italia è stata ratificata dalla Legge 14 ottobre 1999, n. 403.
La Convenzione Stabilisce i principi fondamentali e contiene misure generali a favore dello sviluppo sostenibile
nell’arco alpino. L’Italia ha approvato tutti i protocolli connessi alla Convenzione (Protezione della natura e tutela
del paesaggio; Agricoltura di montagna; Pianificazione territoriale e sviluppo sostenibile; Protocollo
supplementare di Monaco; Foreste montane; Turismo; Energia; Difesa del suolo; Trasporti; Composizione delle
controversie) ma non ne ha ratificato nessuno.
La rete scientifica denominata Sistema di Osservazione e Informazione delle Alpi regola l’elaborazione della
Relazione sullo stato delle Alpi (RSA).
Vengono negoziate e approvate tre dichiarazioni di principi, firmate due convenzioni globali.
L'Agenda 21: il Programma d'Azione per il XXI secolo, pone lo sviluppo sostenibile come una prospettiva da
perseguire per tutti i popoli del mondo
La Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste sancisce il diritto degli Stati di utilizzare le
foreste secondo le proprie necessità, senza ledere i principi di conservazione e sviluppo delle stesse.
La Convenzione quadro sui cambiamenti climatici cui seguirà la Convenzione sulla Desertificazione - pone
obblighi di carattere generale miranti a contenere e stabilizzare la produzione di gas che contribuiscono all'effetto
serra.
La Convenzione quadro sulla biodiversità, con l'obiettivo di tutelare le specie nei loro habitat naturali e riabilitare
quelle in via di estinzione.
La Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, definisce in 27 principi diritti e responsabilità delle nazioni nei
riguardi dello sviluppo sostenibile.
Recepita in Italia con il DPR n. 357/1997. Contribuisce alla salvaguardia della biodiversità mediante la
conservazione degli habitat naturali e seminaturali, attraverso la designazione delle “Zone Speciali di
Conservazione” (ZSC), secondo una lista di siti di importanza comunitaria (SIC).
“Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l'accesso alla giustizia in materia
ambientale" è entrata in vigore nel 2001. Rappresenta uno strumento internazionale di fondamentale rilevanza
per la sensibilizzazione e il coinvolgimento della società civile sulle tematiche ambientali. Richiede ai governi di
intervenire in tre settori: 1. Garantire ai cittadini l'accesso alle informazioni ambientali. 2. Favorire la
partecipazione dei cittadini alle attività decisionali che possano avere effetti sull'ambiente. 3. Estendere le
condizioni per l'accesso alla giustizia.
Oltre a dare una definizione univoca e condivisa di paesaggio, la convenzione, adottata a Firenze dal Comitato
dei Ministri della Cultura e dell'Ambiente del Consiglio d'Europa, dispone i provvedimenti in tema di
riconoscimento e tutela, che gli stati membri si impegnano ad applicare. Vengono definite le politiche, gli obiettivi,
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la salvaguardia e la gestione relativi al patrimonio paesaggistico, riconosciuta la sua importanza culturale,
ambientale, sociale, storica quale componente del patrimonio europeo ed elemento fondamentale a garantire la
qualità della vita delle popolazioni.
Emerge la sua natura antropica, ovvero l'importanza ricoperta dal ruolo dell'azione umana. Il paesaggio è
descritto come l'aspetto formale, estetico e percettivo dell'ambiente e del territorio.
La Convenzione prevede la salvaguardia di tutti i paesaggi, indipendentemente da prestabiliti canoni di bellezza o
originalità, ed include espressamente: « ...paesaggi terrestri, le acque interne e marine. Concerne sia i paesaggi
che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati." » (art.
2).
del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea, recepita dall’Italia con l’emanazione del Decreto
Legislativo 152/2006, ha istituito un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
Con l’adozione della direttiva 2000/60 l’Unione Europea ha inteso istituire un quadro condiviso a livello
comunitario per l'attuazione di una politica sostenibile a lungo termine di uso e protezione per le acque interne, di
transizione e marino-costiere.
Obiettivo ambientale generale a cui tende la politica introdotta dalla direttiva quadro é il raggiungimento entro il
2015, per tutti i corpi idrici, di uno stato ecologico “buono”, avendo come riferimento i parametri biologici,
idromorfologici e chimico-fisici specificati negli allegati tecnici alla normativa europea.
La strategia, approvata dal Consiglio dell’Unione Europea di Göteborg, concentra l'attenzione sui problemi che
rappresentano una minaccia grave o irreversibile per il benessere futuro della società europea. Contiene alcune
concrete proposte per rendere più coerente il processo di elaborazione delle proprie politiche, indicando obiettivi
specifici e misure necessarie per il loro raggiungimento.
Obiettivi principali e misure specifiche: "…occorre un'azione coerente in molte politiche diverse …"
1) Limitare il cambiamento climatico e potenziare l'uso dell'energia pulita; 2) Affrontare le minacce per la salute
pubblica; 3) Gestire le risorse naturali in maniera più responsabile; 4) Migliorare il sistema dei trasporti e la
gestione dell'uso del territorio. Proposte e raccomandazioni intersettoriali "… far sì che le varie politiche si
rafforzino a vicenda e non vadano invece in direzioni opposte …"
Durante il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile, o anche Rio+10, WSSD o più comunemente il Summit di
Johannesburg o della Terra, è stato discusso lo stato di attuazione delle decisioni prese a Rio e preso atto di una
serie di nuove esperienze e conoscenze sviluppatesi nel frattempo. La Dichiarazione di Johannesburg è stato
probabilmente il principale risultato della Conferenza. Il Piano d'attuazione, fra le altre cose, formalizza l'Obiettivo
2010 sulla biodiversità e ne assegna la responsabilità per il suo raggiungimento alla Convenzione sulla Diversità
Biologica. Fra i risultati è particolarmente importante anche l'accordo di raggiungere un ripopolamento dei banchi
di pesca a rischio di esaurimento entro il 2015. La "novità" del Summit di Johannesburg è stata quella di dare
maggiore enfasi alla creazione di "Partenariati" piuttosto che alla definizione di nuovi accordi governativi. Questi
partenariati dovevano rappresentare lo strumento principale per l'attuazione degli Obiettivi di Sviluppo del
Millennio.
Aggiorna la Strategia Europea del 2001: impegno nel contesto internazionale (ribadito nel Consiglio Europeo di
Barcellona del 2002); adozione del Piano di attuazione del Summit di Johannesburg (2002); traduzione della
visione per lo sviluppo sostenibile in una strategia operativa.
Obiettivo fondamentale: “raggiungere un continuo miglioramento della qualità della vita e del benessere delle
presenti e future generazioni attraverso la creazione di comunità sostenibili capaci di gestire le risorse in modo
efficiente, raggiungere il potenziale di innovazione sociale, ecologica ed economica, assicurare prosperità,
protezione ambientale e coesione sociale”
2000
Direttiva Quadro
per la gestione
integrata dei
corpi idrici
(2000/60/CE)
2001
Strategia
Europea per lo
Sviluppo
Sostenibile
2002
Dichiarazione di
Johannesburg
2006
Nuova strategia
dell'UE in
materia di
sviluppo
sostenibile - SSS
dell'UE
3.2
Rete Natura 2000
La rete Natura 2000, secondo gli obiettivi di tutela degli habitat e di conservazione della biodiversità della politica
comunitaria, si prefigge di proteggere alcune aree importanti dal punto di vista ambientale.
Essa è costituita dall’insieme delle Zone di Protezione Speciale (ZPS) e delle Zone Speciali di Conservazione (ZSC)
definite rispettivamente dalla Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE e dalla Direttiva “Habitat” (Direttiva 92/42/CEE).
La direttiva Uccelli (artt. 1, 2, 3) prevede l’istituzione di ZPS come misura primaria per la preservazione, il
mantenimento e il ripristino dei biotopi e degli habitat che con sufficiente varietà e superfici possano consentire di
mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio
europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato (ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze
ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative).
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 45
Le ZSC assumono tale denominazione solo al termine del processo di selezione e designazione, fino ad allora
vengono indicate come Proposti Siti di Importanza Comunitaria – pSIC – o Siti di Importanza Comunitaria - SIC (dopo il riconoscimento da parte della Comunità Europea).
Secondo l’art.1 (lett. k e l) della direttiva Habitat:
“k) Sito di importanza comunitaria: un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in
modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all'allegato I o una specie di cui
all'allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla
coerenza di Natura 2000 di cui all'articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità
biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione. Per le specie animali che occupano
ampi territori, i siti di importanza comunitaria corrispondono ai luoghi, all'interno dell'area di ripartizione naturale di tali
specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita e riproduzione.
l) Zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto
regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al
mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni
delle specie per cui il sito è designato.”
Le ZPS individuate dalle Regioni risultano classificate a partire dal momento in cui il Ministero trasmette i formulari e
le cartografie alla Unione Europea e, di conseguenza, da tale momento scattano gli obblighi di cui agli artt. 4 e 5 del
Dpr. 357/97.
Per i pSIC/SIC/ZSC tale obbligo scatta dall’iscrizione degli stessi negli elenchi della Commissione (art. 4 comma 2
della Direttiva Habitat, relazione del Parlamento Europeo del 17 gennaio 2001 sull’attuazione della direttiva, Dgr
14104 del 2003).
3.2.1
La Rete nell’area in esame
Nel territorio della provincia di Sondrio sono presenti diversi siti appartenenti alla Rete Natura 2000, più precisamente
42 SIC e 11 ZPS.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 46
Figura 3.1: Rete Natura 2000 nella provincia di Sondrio
Tabella 3.2: SIC e ZPS presenti nel territorio della Provincia di Sondrio
Numero
Codice
Ente Gestore
Nome
Atto approvazione
Piano di Gestione
Area (ha)
SIC
1
2
IT2040001
IT2040008
Val Viera E Cime Di Fopel
Parco dello Stelvio
Cime Di Plator E Monte Delle Scale
Parco dello Stelvio
Provincia di Sondrio
3
IT2040006
La Vallaccia - Pizzo Filone
4
IT2040007
Passo E Monte Di Foscagno
5
IT2040015
Paluaccio Di Oga
6
IT2040037
Rifugio Falk
Riserva Naturale
Paluaccio di Oga
Provincia di Sondrio
Val Zerta
Provincia di Sondrio
Disgrazia - Sissone
Provincia di Sondrio
7
8
IT2040039
IT2040017
Provincia di Sondrio
CM Valchiavenna
836,3
1571,7
DCP 66/28.9.2010
BURL 41/13.10.2010
DCP 67 /28.9.2010
BURL 41/13.10.2010
1981,8
1081,6
28,1
4,2
1584,7
3010,4
DA 25/27.9.2010
BURL 43/27.10. 2010
DCD (CM Valtellina di
Morbegno ex ente
gestore) 20/23.1.2007
9
IT2040041
Piano Di Chiavenna
10
IT2040020
Val Di Mello - Piano Di Preda Rossa
11
IT2040019
Bagni Di Masino - Pizzo Badile
12
IT2040040
Val Bodengo
Provincia di Sondrio
2554,8
Val Di Togno - Pizzo Scalino
Provincia di Sondrio
3149,6
CM Valchiavenna
817,5
13
15
IT2040021
IT2040018
Val Codera
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Provincia di Sondrio
Provincia di Sondrio
BURL 23/6.06.2007
2513,7
5788,7
2755,1
Pagina 47
Numero
18
Codice
IT2040024
IT2040023
Valle Dei Ratti
21
IT2040042
Pian Di Spagna E Lago Di Mezzola
24
IT2040025
Pian Gembro
26
IT2040034
Valle D'arigna E Ghiacciaio Di Pizzo Di Coca
28
IT2040030
Val Madre
31
IT2040032
Valle Del Livrio
32
IT2040035
Val Bondone - Val Caronella
33
IT2040031
Val Cervia
34
IT2040027
Valle Del Bitto Di Gerola
35
IT2040026
Val Lesina
37
IT2040028
Valle Del Bitto Di Albaredo
38
IT2040033
Val Venina
40
IT2040029
Val Tartano
41
IT2040036
Val Belviso
104
IT2060001
Valtorta E Valmoresca
IT2040002
Provincia di Sondrio e
Provincia di Brescia
CM Valchiavenna
Da Monte Belvedere A Vallorda
19
181
Ente Gestore
Nome
Riserva Naturale Pian di
Spagna
Riserva Naturale Pian
Gembro
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Provincia di Bergamo
Atto approvazione
Piano di Gestione
Area (ha)
1758,7
DA 24/27.9.2010
BURL 43/27/10/2010
787,0
78,2
DAC 41/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 37/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 39/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 42/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 39/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 35/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 34/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
Provincia di Sondrio
3143,2
1485,6
2108,3
1500,2
1893,4
2458,3
1183,6
3399,8
DAC 40/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 36/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
DAC 43/13.09.2010
BURL 38/22.9. 2010
3631,6
1442,8
766,1
28,3
Parco dello Stelvio
Motto Di Livigno - Val Saliente
928,0
1251,5
DCP 64/28.9.2010
BURL 41/13.10.2010
DCP 68/28.9.2010
BURL 41/13.10.2010
DCP 12/27.2.2008
BURL 16/16.04.2008
DCP 65/28.9.2010
BURL 41/13.10.2010
182
IT2040003
Val Federia
183
IT2040011
Monte Vago - Val Di Campo - Val Nera
184
IT2040012
Val Viola Bormina - Ghiacciaio Di Cima Dei Piazzi
185
IT2040005
Valle Della Forcola
IT2040016
Monte Di Scerscen - Ghiacciai Di Scerscen E Del
Ventina E Monte Motta - Lago Palu'
Provincia di Sondrio
Val Fontana
Provincia di Sondrio
4210,5
Valle Del Braulio - Cresta Di Di Reit
Parco dello Stelvio
3559,1
IT2040013
Val Zebru' - Gran Zebru' - Monte Confinale
Parco dello Stelvio
3725,3
190
IT2040014
Valle E Ghiacciaio Dei Forni - Val Cedec - Gran
Zebru' - Cevedale
Parco dello Stelvio
191
IT2040009
Valle Di Fraele
Parco dello Stelvio
1690,9
Valle Alpisella
Parco dello Stelvio
1044,6
186
187
188
189
192
IT2040038
IT2040010
IT2040004
Provincia di Sondrio
Provincia di Sondrio
Provincia di Sondrio
1592,6
2874,9
5961,1
212,1
9665,6
6156,6
ZPS
4
IT2040401
Parco Regionale Orobie Valtellinesi
5
IT2040601
Bagni di Masino-Pizzo Badile-Val di Mello-Val
Torrone-Piano di Preda Rossa
6
IT2040602
Valle dei Ratti - Cime di Gaiazzo
7
IT2040016
Monte di Scerscen - Ghiacciaia di Scerscen - Monte
Motta
8
IT2040044
Parco Nazionale dello Stelvio
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Parco Regionale Orobie
Valtellinesi
Provincia di Sondrio
CM Valchiavenna
Provincia di Sondrio
Parco dello Stelvio
22815,0
9643,3
1362,7
9665,6
49502,0
Pagina 48
Numero
Codice
Nome
9
IT2040403
Riserva Regionale Paluaccio di Oga
10
IT2040022
Lago di Mezzola e Pian di Spagna
11
IT2040402
Riserva Regionale Bosco dei Bordighi
54
IT2040017
Atto approvazione
Piano di Gestione
Ente Gestore
Area (ha)
Riserva Naturale
Paluaccio di Oga
Riserva Lago di Mezzola
e Pian di Spagna
Riserva Bosco Bordighi
36,7
682,0
47,5
Provincia di Sondrio
Disgrazia - Sissone
3010,4
DA 23/27.9.2010
BURL 43/27/10/2010
CM Valchiavenna
56
IT2040018
Val Codera
57
IT2040021
Val di Togno - Pizzo Scalino
Provincia di Sondrio
817,5
3149,6
Per completezza, e poiché le previsioni del PFV potrebbero avere influenze anche di tipo sovraprovinciale, si
riportano di seguiti i Siti appartenenti alla Rete Natura 2000 che si trovano adiacenti ai confini provinciali presenti
nelle province e nelle regioni confinanti con la provincia di Sondrio.
Tabella 3.3: SIC e ZPS confinanti con il territorio della Provincia di Sondrio
Codice
Nome
Tipo
Provincia
IT2020009
Valle del Dosso
SIC
Como
IT2060401
Parco Regionale delle Orobie Bergamasche
ZPS
Bergamo
IT2060004
Alta Val di Scalve
SIC
Bergamo
IT2060003
Alta Val Brembana – Laghi Gemelli
SIC
Bergamo
IT2070017
Valli di San Antonio
SIC
Brescia
IT3120003
Alta Val del Monte
SIC
Prov. Autonoma di Trento
IT3120002
Alta Val La Mare
SIC
Prov. Autonoma di Trento
IT3120157
Stelvio
ZPS
Prov. Autonoma di Trento
IT3110039
Ortles – Monte Madaccio nel Parco Nazionale dello
Stelvio
IT3110038
Ultimo – Solda nel Parco Nazionale dello Stelvio
SIC
ZPS
SIC
ZPS
Prov. Autonoma di Bolzano
Prov. Autonoma di Bolzano
Si veda in particolare la Tavola 2 “Rete Natura 2000” allegata al Rapporto Ambientale.
3.2.2
Piani di gestione dei siti Natura 2000
Come è possibile notare dalla Tabella 3.2 non tutti i siti appartenenti alla rete Natura 2000 sono in possesso di un
Piano di gestione. Saranno quindi analizzati quelli dei SIC e delle ZPS con piano di gestione approvato e saranno
messe in evidenza le indicazioni relative alla gestione della fauna selvatica all’interno dell’area protetta.
In generale la caccia viene considerata un fattore di impatto e una minaccia. Nei diversi piani di gestione si legge
infatti: “Se condotta con criteri non conservazionistici, l’attività venatoria può risultare molto dannosa per le specie
oggetto di caccia (ad es. sui Galliformi). Il prelievo venatorio, a maggior ragione in un SIC, deve quindi essere
regolamentato con attenzione per evitare che si possano presentare effetti rilevanti sui siti della rete Natura 2000. In
tempi recenti, per meglio regolamentare l’attività venatoria a livello provinciale e ridurre gli effetti negativi che la
stessa può provocare sulle popolazioni e gli ecosistemi (con particolare riguardo nei confronti dei 42 SIC e 10 ZPS
istituiti in Valtellina e Val Chiavenna), la Provincia di Sondrio ha commissionato la redazione di uno Studio di
Incidenza del Piano Faunistico Venatorio e del Piano di Miglioramento ambientale (Bassi & Ferloni 2008). Da questo
studio sono state individuate come possibili fonti di incidenza derivanti dall’attività regolamentata nel Piano Faunistico
Venatorio e di Miglioramento Ambientale due tipologie di effetti (diretti e indiretti). Per entrambe le tipologie è
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 49
necessario considerare, a priori, che di alcune attività legate all’ambito venatorio sono state ampiamente accertate le
conseguenze negative, comprovate da una solida base bibliografica, scientifica e sperimentale appositamente
consultata e riportata per esteso a fine relazione. Per quanto riguarda altri effetti (diretti/indiretti), considerati
potenzialmente dannosi, si rimanda alla descrizione di ciascuno di essi. Si riportano sinteticamente le diverse
tipologie di effetti causati dall’esercizio dell’attività venatoria, che verranno poi discussi nel dettaglio in seguito.
Per quanto riguarda l’esercizio dell’attività venatoria nel SIC e nel suo intorno si evidenzia la necessità che vengano
evitati in futuro sovraprelievi come quelli registrati in alcune annate passate a danno della Pernice bianca.
Riadeguare l’entità dei prelievi con piani SIC specifici, risulta infatti lo strumento più immediato e percorribile a
disposizione dell’Ente gestore per poter, nel breve periodo, ridurre la mortalità della specie. Inoltre il problema
dell’intossicazione dei rapaci necrofagi o parzialmente tali quali il Gipeto e l’Aquila reale (danni da saturnismo)
rappresenta una minaccia reale che può destabilizzare la vulnerabile popolazione di Gipeto che faticosamente si sta
insediando in alta Valtellina a partire dal 1998. Si ritiene necessario promuovere politiche volte a sensibilizzare il
cacciatore a sotterrare li visceri dell’ungulato colpito o di invogliarlo alla completa sostituzione delle palle in piombo
con altre in materiale non tossico”.
Si rimanda allo Studio di Incidenza del PFV per la valutazione degli impatti delle previsioni del piano sui Siti
appartenenti alla Rete Natura 2000.
3.2.3
Le indicazioni della DGR 8/9275 dell’8 aprile 2009
La DGR 8/9275 dell’8 aprile 2009 modifica la DGR8/7884 del 30 luglio 2008 che proponeva una serie di misure di
conservazione per la tutela delle ZPS Lombarde ai sensi del DM n°187 del 17 ottobre 2007. Le modifiche riguardano
alcuni dei divieti inizialmente proposti per le ZPS.
Dalle indicazioni aggiornate può desumersi che per le aree comprese nelle ZPS presenti nella provincia di Sondrio,
nelle quali si possono riconoscere Ambienti forestali alpini, Ambienti aperti alpini, Valichi montani, Zone umide ed
Ambienti agricoli (allegato B della DGR 7884/2008), valgono una serie di divieti fra cui quelli riportati nella tabella che
segue.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 50
Tabella 3.4: indicazioni per le ZPS
In generale
Divieti
•
effettuazione della preapertura dell’attività venatoria, con l’eccezione della caccia di selezione agli ungulati;
•
esercizio dell’attività venatoria in deroga ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva n. 79/409/CEE;
•
utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all’interno delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d’acqua dolce,
salata, salmastra, nonché nel raggio di 150 metri dalle rive più esterne;
•
attuazione della pratica dello sparo al nido nello svolgimento dell’attività di controllo demografico delle popolazioni di corvidi. Il controllo
demografico delle popolazioni di corvidi è comunque vietato nelle aree di presenza del lanario (Falco biarmicus);
•
effettuazione di ripopolamenti faunistici a scopo venatorio, ad eccezione di quelli con soggetti appartenenti a sole specie e popolazioni autoctone
provenienti da allevamenti nazionali, o da zone di ripopolamento e cattura, o dai centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo
stato naturale insistenti sul medesimo territorio;
•
abbattimento di esemplari appartenenti alle specie Pernice bianca (Lagopus mutus), combattente (Philomacus pugnax), moretta (Aythya fuligula);
•
svolgimento dell’attività di addestramento di cani da caccia prima del 1º settembre e dopo la chiusura della stagione venatoria. Sono fatte salve le
zone di cui all’art. 10, comma 8, lettera e), della legge n. 157/1992 sottoposte a procedura di valutazione positiva ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. 8
settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni;
•
costituzione di nuove zone per l’allenamento e l’addestramento dei cani e per le gare cinofile, nonché ampliamento di quelle esistenti fatte salve
quelle sottoposte a procedura di valutazione positiva ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357 e successive modificazioni;
•
distruzione o danneggiamento intenzionale di nidi e ricoveri di uccelli;
Obblighi:
•
messa in sicurezza rispetto al rischio di elettrocuzione e impatto degli uccelli di elettrodotto e linee aeree;
•
determinate forme di gestione delle superfici agricole sospese dalla produzione (set-aside);
•
monitoraggio delle popolazioni delle specie ornitiche protette dalla Direttiva 79/49/CEE e in particolare quelle elencate in Allegato 1.
Attività da promuovere e incentivare
•
repressione del bracconaggio;
•
rimozione di cavi sospesi;
•
il ripristino di habitat naturali quali ad esempio zone umide, temporanee e permanenti, e prati tramite la messa a riposo dei seminativi;
•
mantenimento dei residui colturali sui seminativi almeno fino alla fine di febbraio.
Divieti, obblighi e attività da promuovere in rapporto alle tipologie ambientali:
Tipologia: Ambienti aperti alpini: (comprende, nella generalizzazione, pietraie, rocce, ghiacciai, pascoli alpini primari e secondari, prati pascolo).
Divieti
•
Le pareti interessate da nidificazione di Aquila reale, Ripeto, Gufo reale e Falco pellegrino devono essere vietate all’arrampicata e al volo libero;
•
I siti di nidificazione e le arene di canto delle specie in Allegato 1 devono essere vietate ai fotografi naturalisti;
•
È necessario evitare l’alimentazione artificiale dei Corvidi in particolare e degli animali selvatici in generale;
•
I valichi alpini più importanti per la migrazione devono essere soggetti a divieti di edificazione, di realizzazione di infrastrutture, di costruzione di
elettrodotti;
•
È vietata l’attività di rimboschimento su pascoli, versanti erbosi e prati stabili.
Obblighi
•
In caso di installazione di qualsiasi tipo di cavo sospeso stare lontani da pareti di nidificazione dei rapaci. I piloni esistenti vanno messi in sicurezza;
•
Gli impianti di risalita dismessi vanno rimossi;
•
Le attività di ripristino e manutenzione debbono esercitarsi al di fuori del periodo di nidificazione;
•
I gestori dei rifugi alpini devono informare del divieto di alimentazione di Corvidi e fauna selvatica in generale.
Ulteriori disposizioni
•
perseguire, a fini faunistici:
l’incremento di essenze da frutto selvatiche;
la conservazione del sottobosco e dello strato arbustivo;
la conservazione in generale delle essenze autoctone, non solo baccifere, anche attraverso progetti di sostituzione delle formazioni a
prevalenza di essenze non autoctone;
•
disporre il controllo, nei siti di sosta migratoria, della presenza di randagi e animali domestici liberi;
Tipologia: Ambienti forestali alpini
Divieti
•
Le pareti interessate da nidificazione di Aquila reale, Ripeto, Gufo reale e Falco pellegrino devono essere vietate all’arrampicata e al volo libero;
•
È vietata l’attività di rimboschimento su pascoli, versanti erbosi e prati stabili.
Ulteriori disposizioni
•
Gli strumenti di pianificazione forestale devono garantire il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o deperenti utili alla
nidificazione ed all’alimentazione dell’avifauna;
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 51
•
perseguire, a fini faunistici:
l’incremento di essenze da frutto selvatiche;
la conservazione del sottobosco e dello strato arbustivo;
Attività da favorire
•
Conservazione sottobosco;
•
Misure di conservazione attiva dei prati umidi e da fieno (primo taglio dopo nidificazione);
•
Gestione forestale che favorisca l’evoluzione all’alto fusto e la selvicoltura naturalistica;
•
Conservazione di radure e chiarie all’interno delle compagini forestali.
Tipologia: Zone umide
Divieti
•
è vietato l’abbattimento, in data antecedente al 1º ottobre, di esemplari appartenenti alle specie codone (Anas acuta), marzaiola (Anas
querquedula), mestolone (Anas clypeata), alzavola (Anas crecca), canapiglia (Anas strepera), fischione (Anas penelope), moriglione (Aythya
ferina), folaga (Fulica atra), gallinella d’acqua (Gallinago gallinago), beccaccia (Scolopax rusticola), frullino (Lymnocryptes minimus), pavoncella
(Vanellus vanellus)
•
è vietata l’immissione o il ripopolamento con specie alloctone;
•
è vietato il taglio di pioppeti occupati da garzaie nel periodo di nidificazione;
Ulteriori disposizioni
•
disporre il controllo, nei siti di sosta migratoria, della presenza di randagi e animali domestici liberi;
•
escludere l’attività di rimboschimento nelle aree con prati stabili, arbusteti, brughiere;
•
prevedere il monitoraggio del livello idrico delle zone umide, in particolar modo durante la stagione riproduttiva delle specie ornitiche presenti, al
fine di evitare eccessivi sbalzi del medesimo;
•
prevedere attività di sensibilizzazione sugli agricoltori per la salvaguardia dei nidi, con particolare attenzione a quelli di Tarabuso, Cicogna bianca e
Albanella minore;
Attività da favorire
•
La gestione delle aree umide deve essere effettuata dopo il periodo di nidificazione delle specie prative;
Tipologia: Ambienti agricoli
Divieti
•
è vietato il taglio di pioppeti occupati da garzaie nel periodo di nidificazione;
Obblighi
•
il taglio della vegetazione spondale della rete irrigua deve essere effettuato solo su una delle due sponde in modo alternato nel tempo e nello
spazio, al fine di garantire la permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali.
Ulteriori disposizioni
•
disporre il controllo, nei siti di sosta migratoria, della presenza di randagi e animali domestici liberi;
•
prevedere attività di sensibilizzazione sugli agricoltori per la salvaguardia dei nidi, con particolare attenzione a quelli di Tarabuso;
Attività da favorire
•
l’adozione delle misure più efficaci per ridurre gli impatti sulla fauna selvatica delle operazioni di sfalcio dei foraggi (come sfalci, andanature,
ranghinature), di raccolta dei cereali e delle altre colture di pieno campo (mietitrebbiature);
Tipologia: Valichi montani
Attività da favorire
•
Riduzione dell’inquinamento luminoso
3.3
Piano di Gestione del Distretto idrografico del Po e Piano stralcio per
l'Assetto Idrogeologico
In data 24 febbraio 2010, il Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino del fiume Po ha adottato il Piano di
Gestione del distretto idrografico del fiume Po - PdGPo, che sarà successivamente approvato con D.P.C.M.
La Direttiva Quadro sulle Acque (Direttiva 2000/60/CE) ha l’obiettivo di istituire in Europa un quadro per la protezione
delle acque al fine di ridurre l’inquinamento, impedire un ulteriore deterioramento e migliorare l’ambiente acquatico,
promuovere un utilizzo idrico sostenibile e contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità.
La Direttiva prevede che, entro il 2015, gli Stati membri debbano raggiungere un buono stato ambientale per tutti i
corpi idrici e individua il Piano di Gestione come lo strumento conoscitivo, strategico e operativo attraverso cui gli
Stati devono applicare i suoi contenuti a livello locale.
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A livello nazionale, il D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”, e s.m.i., ha recepito la
Direttiva, ha suddiviso il territorio nazionale in Distretti idrografici (tra questi il distretto idrografico padano) ed ha
previsto per ogni Distretto la redazione di un Piano di Gestione, attribuendone la competenza alle Autorità di Distretto
idrografico.
In attesa della piena operatività dei distretti idrografici, la Legge 27 febbraio 2009, n. 13 recante “Misure straordinarie
in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente” ha previsto che l’adozione dei Piani di gestione di cui
all’art.13 della Direttiva 2000/60/CE sia effettuata dai Comitati Istituzionali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale,
sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre il 22 dicembre 2009. L’articolo 8, comma 1, del D.L.
194/2009 ha differito al 28 febbraio 2010 il termine per l’adozione dei Piani di Gestione.
Nel distretto idrografico del fiume Po, le attività previste sono realizzate insieme al Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), alle Regioni del distretto e alla Provincia Autonoma di Trento.
Il punto di partenza del processo di elaborazione del Piano è costituito dagli strumenti di pianificazione vigenti a
livello distrettuale e sub distrettuale: in particolare i Piani di Tutela delle Acque regionali per quanto riguarda la tutela
e gestione della risorsa idrica e il Piano per l’Assetto Idrogeologico per quanto riguarda gli aspetti di gestione del
rischio alluvionale e di tutela dell’ambito fluviale.
Come previsto dalla Direttiva 2000/60/CE l’elaborazione, l’aggiornamento e la revisione del Piano sono, inoltre,
condotte con il più ampio coinvolgimento del pubblico e delle parti interessate. A tale scopo è stato costruito il
percorso di informazione, consultazione e partecipazione che ha accompagnato la predisposizione del Piano di
Gestione.
Il piano in questione è stato analizzato per le sue indicazioni riguardanti l’area della provincia di Sondrio ed i corpi
idrici che ricadono in essa. Dal piano, considerando le classificazioni proposte, può desumersi un’analisi qualitativa e
quantitativa delle acque, e derivare un’analisi approssimativa della accessibilità e della disponibilità di acqua per
l’abbeveraggio della fauna. Tuttavia il piano considera esclusivamente i principali corsi d’acqua e non riporta
indicazioni significative per l’analisi del piano faunistico venatorio e per l’effettivo esame dell’influenza dei corsi
d’acqua minori (con la loro rete e la loro condizione ambientale) sullo stato della fauna terrestre selvatica.
Il medesimo discorso vale per il Piano di Assetto Idrogeologico che non riporta indicazioni in merito alla fauna,
trattando principalmente il tema del dissesto e della sicurezza idrogeologica.
3.4
Piano Territoriale Regionale
Con la legge regionale 12/05, in materia di governo del territorio, il Piano Territoriale Regionale (PTR) ha acquisito un
ruolo fortemente innovativo nei confronti dell’insieme degli altri strumenti e atti di pianificazione previsti in Lombardia.
Il nuovo modello di pianificazione, composto e costituito da una pluralità di soggetti e di processi variamente
interrelati, prevede che il PTR delinei la visione strategica di sviluppo per la Lombardia e costituisca una base
condivisa, su cui gli attori territoriali e gli operatori possano strutturare le proprie azioni e idee di progetto.
L’impostazione della legge ha infatti attribuito alla responsabilità degli amministratori pubblici in primo luogo, ma
anche complessivamente di tutti gli operatori territoriali direttamente coinvolti attraverso processi partecipati, la
determinazione dei contenuti degli atti di pianificazione, dando piena attuazione al principio di sussidiarietà.
Il PTR rappresenta quindi l’elemento fondamentale per un assetto armonico della disciplina territoriale della
Lombardia, e, più specificamente, per una equilibrata impostazione dei Piani di Governo del Territorio (PGT)
comunali e dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP).
La Giunta Regionale ha dato avvio all’elaborazione del PTR nel 2006 che ha approvato nel gennaio 2008. Il
Consiglio Regionale ha adottato il Piano nel luglio 2009 e lo ha approvato in via definitiva (decidendo anche le
controdeduzioni regionali alle osservazioni pervenute) con deliberazione del 19 gennaio 2010, n.951 “Approvazione
delle controdeduzioni alle osservazioni al Piano Territoriale Regionale adottato con DCR n. 874 del 30 luglio 2009 –
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approvazione del Piano Territoriale Regionale (articolo 21, comma 4, l.r. 11 marzo 2005 “Legge per il Governo del
Territorio”)”, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n.6, 3° Supplemento Straordinario del 11
febbraio 2010.
Il PTR ha dunque acquistato efficacia dal 17 febbraio 2010.
In sintesi il piano si compone delle seguenti sezioni:
•
Il PTR della Lombardia: presentazione, che illustra la natura, la struttura e gli effetti del Piano.
•
Documento di Piano, che contiene gli obiettivi e le strategie di sviluppo per la Lombardia.
•
Piano Paesaggistico, che integra e aggiorna i contenuti del Piano Paesistico vigente (2001) per dare
attuazione alla valenza paesaggistica del PTR, secondo quanto previsto dall’art.19 della l.r.12/05, con
attenzione al dibattito anche a livello nazionale nell’attuazione del D.lgs. 42/04 (Codice dei beni culturali e
del paesaggio).
•
Strumenti Operativi, che individua strumenti, criteri e linee guida per perseguire gli obiettivi proposti.
•
Sezioni Tematiche, che contiene l'Atlante di Lombardia e approfondimenti su temi specifici.
•
Valutazione Ambientale, che contiene il Rapporto Ambientale e altri elaborati prodotti nel percorso di
Valutazione Ambientale del Piano.
E' inoltre disponibile la Dichiarazione di Sintesi che completa il percorso di Valutazione Ambientale.
In sintesi il Piano viene presentato ponendo attenzione a quanto segue.
Tre macro-obbiettivi per la Lombardia
•
Rafforzare la competitività dei territori della Lombardia
•
Proteggere e valorizzare le risorse della Lombardia
•
Riequilibrare il territorio lombardo
Sei Sistemi Territoriali per rappresentare le potenzialità e le opportunità della Lombardia e affrontare, con la prevenzione, le criticità
•
Sistema Metropolitano
•
Sistema della Montagna
•
Sistema Pedemontano
•
Sistema dei Laghi
•
Sistema della Pianura Irrigua
•
Sistema del Po e grandi fiumi
Orientamenti generali per l'assetto del territorio
•
Sistema rurale-paesistico-ambientale: l'attenzione agli spazi aperti e alla tutela dell'ambiente naturale
•
I poli di sviluppo regionale, quali motori della competitività territoriale
•
Le infrastrutture prioritarie: la rete del verde, le infrastrutture per la sicurezza del territorio, le comunicazioni e l'accessibilità, l'infrastruttura per la
conoscenza del territorio
•
Le zone di preservazione e salvaguardia ambientale, per fare della qualità del territorio il modo "lombardo" di leggera la competitività
•
Riassetto idrogeologico, per garantire la sicurezza dei cittadini a partire dalla prevenzione dei rischi
Piano Paesaggistico
L'aggiornamento del Piano Paesistico Regionale (vigente dal 2001) è occasione di ribadire l'importanza della valorizzazione dei paesaggi lombardi, quale
fattore identitario, occasione di promozione e di crescita anche economica, attenzione alle specificità dei diversi contesti, sia nelle azioni di tutela che rispetto
alle trasformazioni in atto.
Gli aggiornamenti e le integrazioni del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) agiscono su più fronti e sue due piani distinti:
integrazioni e gli aggiornamenti del quadro di riferimento paesistico e degli indirizzi di tutela, approvati dalla Giunta regionale, ed
immediatamente efficaci
nuova normativa, inclusa nella sezione Piano Paesaggistico della proposta di PTR, inviata al Consiglio regionale per l'adozione.
Le integrazioni al quadro di riferimento paesistico:
•
arricchiscono il piano vigente aggiornandone i contenuti e l'elenco degli elementi identificativi individuati;
•
introducono l'Osservatorio quale modalità di descrizione fotografica dei diversi contesti, anche in riferimento al monitoraggio delle
future trasformazioni;
•
restituiscono una lettura sintetica dei principali fenomeni regionali di degrado paesaggistico.
L'integrazione degli Indirizzi di tutela introduce una specifica Parte IV di indirizzi e criteri per la riqualificazione paesaggistica e il contenimento dei
potenziali fenomeni di degrado.
L'aggiornamento normativo è invece volto a migliorare l'efficacia della pianificazione paesaggistica e delle azioni locali rispetto a:
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•
•
•
salvaguardia e valorizzazione degli ambiti, elementi e sistemi di maggiore connotazione identitaria, delle zone di preservazione ambientale (laghi,
fiumi, navigli, geositi ..) e dei siti UNESCO
sviluppo di proposte per la valorizzazione dei percorsi e degli insediamenti di interesse paesistico, e per la ricomposizione dei paesaggi rurali,
urbani e rurali tramite le reti verdi di diverso livello
definizione di strategie di governo delle trasformazioni e inserimento paesistico degli interventi correlate ad obiettivi di riqualificazione delle
situazioni di degrado e di contenimento dei rischi di compromissione dei paesaggi regionali.
I tre macro-obiettivi del Piano vengono dettagliati in 24 obiettivi a loro volta declinati in obiettivi tematici ed in linee di
azione. Per ciascun Sistema Territoriale vengono inoltre riconosciuti obiettivi territoriali specifici.
Tabella 3.5: obiettivi del PTR della Lombardia
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
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13
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18
19
Favorire, come condizione necessaria per la valorizzazione dei territori, l’innovazione, lo sviluppo della conoscenza e la sua diffusione: − in campo
produttivo (agricoltura, costruzioni e industria) e per ridurre l’impatto della produzione sull’ambiente − nella gestione e nella fornitura dei servizi (dalla
mobilità ai servizi) − nell’uso delle risorse e nella produzione di energia − e nelle pratiche di governo del territorio, prevedendo processi partecipativi e
diffondendo la cultura della prevenzione del rischio
Favorire le relazioni di lungo e di breve raggio, tra i territori della Lombardia e tra il territorio regionale e l’esterno, intervenendo sulle reti materiali
(infrastrutture di trasporto e reti tecnologiche) e immateriali (sistema delle fiere, sistema delle università, centri di eccellenza, network culturali), con
attenzione alla sostenibilità ambientale e all’integrazione paesaggistica
Assicurare, a tutti i territori della regione e a tutti i cittadini, l’accesso ai servizi pubblici e di pubblica utilità, attraverso una pianificazione integrata delle
reti della mobilità, tecnologiche, distributive, culturali, della formazione, sanitarie, energetiche e dei servizi
Perseguire l’efficienza nella fornitura dei servizi pubblici e di pubblica utilità, agendo sulla pianificazione integrata delle reti, sulla riduzione degli sprechi
e sulla gestione ottimale del servizio
Migliorare la qualità e la vitalità dei contesti urbani e dell’abitare nella sua accezione estensiva di spazio fisico, relazionale, di movimento e identitaria
(contesti multifunzionali, accessibili, ambientalmente qualificati e sostenibili, paesaggisticamente coerenti e riconoscibili) attraverso: − la promozione
della qualità architettonica degli interventi − la riduzione del fabbisogno energetico degli edifici − il recupero delle aree degradate − la riqualificazione dei
quartieri di ERP − l’integrazione funzionale − il riequilibrio tra aree marginali e centrali − la promozione di processi partecipativi
Porre le condizioni per un’offerta adeguata alla domanda di spazi per la residenza, la produzione, il commercio, lo sport e il tempo libero, agendo
prioritariamente su contesti da riqualificare o da recuperare e riducendo il ricorso all’utilizzo di suolo libero
Tutelare la salute del cittadino, attraverso il miglioramento della qualità dell’ambiente, la prevenzione e il contenimento dell’inquinamento delle acque,
acustico, dei suoli, elettromagnetico, luminoso e atmosferico
Perseguire la sicurezza dei cittadini rispetto ai rischi derivanti dai modi di utilizzo del territorio, agendo sulla prevenzione e diffusione della conoscenza
del rischio (idrogeologico, sismico, industriale, tecnologico, derivante dalla mobilità, dagli usi del sottosuolo, dalla presenza di manufatti, dalle attività
estrattive), sulla pianificazione e sull’utilizzo prudente e sostenibile del suolo e delle acque
Assicurare l’equità nella distribuzione sul territorio dei costi e dei benefici economici, sociali ed ambientali derivanti dallo sviluppo economico,
infrastrutturale ed edilizio
Promuovere l’offerta integrata di funzioni turistico-ricreative sostenibili, mettendo a sistema le risorse ambientali, culturali, paesaggistiche e
agroalimentari della regione e diffondendo la cultura del turismo non invasivo
Promuovere un sistema produttivo di eccellenza attraverso:
− il rilancio del sistema agroalimentare come fattore di produzione ma anche come settore turistico, privilegiando le modalità di coltura a basso impatto e
una fruizione turistica sostenibile
il miglioramento della competitività del sistema industriale tramite la concentrazione delle risorse su aree e obiettivi strategici, privilegiando i settori a
basso impatto ambientale lo sviluppo del sistema fieristico con attenzione alla sostenibilità
− lo sviluppo del sistema fieristico con attenzione alla sostenibilità
Valorizzare il ruolo di Milano quale punto di forza del sistema economico, culturale e dell’innovazione e come competitore a livello globale
Realizzare, per il contenimento della diffusione urbana, un sistema policentrico di centralità urbane compatte ponendo attenzione al rapporto tra centri
urbani e aree meno dense, alla valorizzazione dei piccoli centri come strumenti di presidio del territorio, al miglioramento del sistema infrastrutturale,
attraverso azioni che controllino l’utilizzo estensivo di suolo
Riequilibrare ambientalmente e valorizzare paesaggisticamente i territori della Lombardia, anche attraverso un attento utilizzo dei sistemi agricolo e
forestale come elementi di ricomposizione paesaggistica, di rinaturalizzazione del territorio, tenendo conto delle potenzialità degli habitat
Supportare gli Enti Locali nell’attività di programmazione e promuovere la sperimentazione e la qualità programmatica e progettuale, in modo che sia
garantito il perseguimento della sostenibilità della crescita nella programmazione e nella progettazione a tutti i livelli di governo
Tutelare le risorse scarse (acqua, suolo e fonti energetiche) indispensabili per il perseguimento dello sviluppo attraverso l’utilizzo razionale e
responsabile delle risorse anche in termini di risparmio, l’efficienza nei processi di produzione ed erogazione, il recupero e il riutilizzo dei territori
degradati e delle aree dismesse, il riutilizzo dei rifiuti
Garantire la qualità delle risorse naturali e ambientali, attraverso la progettazione delle reti ecologiche, la riduzione delle emissioni climalteranti ed
inquinanti, il contenimento dell’inquinamento delle acque, acustico, dei suoli, elettromagnetico e luminoso, la gestione idrica integrata
Favorire la graduale trasformazione dei comportamenti, anche individuali, e degli approcci culturali verso un utilizzo razionale e sostenibile di ogni
risorsa, l’attenzione ai temi ambientali e della biodiversità, paesaggistici e culturali, la fruizione turistica sostenibile, attraverso azioni di educazione nelle
scuole, di formazione degli operatori e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica
Valorizzare in forma integrata il territorio e le sue risorse, anche attraverso la messa a sistema dei patrimoni paesaggistico, culturale, ambientale,
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naturalistico, forestale e agroalimentare e il riconoscimento del loro valore intrinseco come capitale fondamentale per l’identità della Lombardia
Promuovere l’integrazione paesistica, ambientale e naturalistica degli interventi derivanti dallo sviluppo economico, infrastrutturale ed edilizio, tramite la
promozione della qualità progettuale, la mitigazione degli impatti ambientali e la migliore contestualizzazione degli interventi già realizzati
Realizzare la pianificazione integrata del territorio e degli interventi, con particolare attenzione alla rigorosa mitigazione degli impatti, assumendo
l’agricoltura e il paesaggio come fattori di qualificazione progettuale e di valorizzazione del territorio
Responsabilizzare la collettività e promuovere l’innovazione di prodotto e di processo al fine di minimizzare l’impatto delle attività antropiche sia legate
alla produzione (attività agricola, industriale, commerciale) che alla vita quotidiana (mobilità, residenza, turismo)
Gestire con modalità istituzionali cooperative le funzioni e le complessità dei sistemi transregionali attraverso il miglioramento della cooperazione
Rafforzare il ruolo di “Motore Europeo” della Lombardia, garantendo le condizioni per la competitività di funzioni e di contesti regionali forti
Il Rapporto ambientale predisposto per la VAS del PTR richiama le modalità con cui l’ambiente è stato integrato
all’interno del sistema degli obiettivi e delle linee d’azione di piano. L’intero lavoro trova riferimento nella definizione di
un insieme di obiettivi di sostenibilità e protezione ambientale per il PTR, stabiliti a livello internazionale, europeo e
nazionale e pertinenti al piano, riportati nella tabella seguente.
Tabella 3.6: Aspetti ambientali integrati negli obiettivi tematici
FATTORI
AMBIENTALI
Aria e fattori climatici
Acqua
Suolo
Flora, fauna e
biodiversità
Paesaggi e beni
culturali
Popolazione e salute
umana
Rumore e vibrazioni
Radiazioni ionizzanti
e non ionizzanti
Rifiuti
Energia
Mobilità e trasporti
OBIETTIVI DI PRIMO LIVELLO
SA 1.1 Raggiungere livelli di qualità dell’aria che non comportino rischi o impatti negativi significativi per la salute umana e l’ambiente
SA 1.2 Stabilizzare le concentrazioni dei gas a effetto serra ad un livello tale da escludere pericolose interferenze delle attività
antropiche sul sistema climatico
SA 2.1 Garantire un livello elevato dei corpi idrici superficiali e sotterranei, prevenendo l’inquinamento e promuovendo l’uso sostenibile
delle risorse idriche
SA 3.1 Promuovere un uso sostenibile del suolo, con particolare attenzione alla prevenzione dei fenomeni di erosione, deterioramento
e contaminazione
SA 3.2 Proteggere il territorio dai rischi idrogeologici e sismici
SA 4.1 Tutelare, conservare, ripristinare e sviluppare il funzionamento dei sistemi naturali, degli habitat naturali e della flora e fauna
selvatiche allo scopo di arrestare la perdita di biodiversità
SA 5.1 Promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi, al fine di conservarne o di migliorarne la qualità
SA 5.2 Gestire in modo prudente il patrimonio naturalistico e culturale
SA 6.1 Contribuire a un elevato livello di qualità della vita e di benessere sociale per i cittadini attraverso un ambiente in cui il livello
dell’inquinamento non provochi effetti nocivi per la salute umana e l’ambiente e attraverso uno sviluppo urbano sostenibile
SA 7.1 Ridurre sensibilmente il numero di persone costantemente soggette a livelli medi di inquinamento acustico di lunga durata, con
particolare riferimento al rumore da traffico stradale e ferroviario
SA 8.1 Ridurre l’esposizione a campi elettromagnetici in tutte le situazioni a rischio per la salute umana e l’ambiente naturale
SA 8.2 Prevenire e ridurre l’inquinamento indoor e le esposizioni al radon
SA 9.1 Garantire una migliore efficienza delle risorse e una migliore gestione dei rifiuti ai fini del passaggio a modelli di produzione e
consumo più sostenibili, dissociando l’impiego delle risorse e la produzione dei rifiuti dal tasso di crescita economica
SA 10.1 Promuovere un utilizzo razionale dell’energia al fine di contenere i consumi energetici
SA 10.2 Sviluppare fonti rinnovabili di energia competitive e altre fonti energetiche e vettori a basse emissioni di carbonio, in particolare
combustibili alternativi per il trasporto
SA 11.1 Garantire una mobilità competitiva, sicura, protetta e rispettosa dell’ambiente
La declinazione territoriale degli obiettivi ha portato invece a identificare un insieme di obiettivi per ciascuno dei
sistemi territoriali individuati per il PTR: relativamente al sistema territoriale della Montagna si riferisce quanto segue.
Tabella 3.7: obiettivi ambientali integrati negli obiettivi territoriali per il “Sistema Territoriale della Montagna”
• ST2.1 Tutelare gli aspetti naturalistici e ambientali propri dell’ambiente montano
• ST2.2 Tutelare gli aspetti paesaggistici, culturali, architettonici ed identitari del territorio
• ST2.3 Garantire una pianificazione territoriale attenta alla difesa del suolo, all’assetto idrogeologico e alla gestione integrata dei rischi
• ST2.4 Promuovere uno sviluppo rurale e produttivo rispettoso dell’ambiente
• ST2.5 Valorizzare i caratteri del territorio a fini turistici, in una prospettiva di lungo periodo, senza pregiudicarne la qualità
• ST2.6 Programmare gli interventi infrastrutturali e dell’offerta di trasporto pubblico con riguardo all’impatto sul paesaggio e sull’ambiente
naturale e all’eventuale effetto insediativo
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• ST2.7 Sostenere i comuni nell’individuazione delle diverse opportunità di finanziamento
• ST2.8 Contenere il fenomeno dello spopolamento dei piccoli centri montani, attraverso misure volte alla permanenza della popolazione in
questi territori
• ST2.9 Promuovere modalità innovative di fornitura dei servizi per i piccoli centri (ITC, ecc.)
• ST2.10 Promuovere un equilibrio nelle relazioni tra le diverse aree del Sistema Montano, che porti ad una crescita rispettosa delle
caratteristiche specifiche delle aree
Tabella 3.8: alcune indicazioni specifiche
• tutela degli aspetti naturalistici e ambientali, con particolare riferimento alla salvaguardia della biodiversità e della rete ecologica, al sistema delle aree
protette, al patrimonio forestale, ai sistemi glaciali, al paesaggio, alle risorse naturali e nello specifico quelle idriche, alla protezione contro i rischi naturali
• promozione di modalità di produzione energetiche meno impattanti sull’ambiente e l’incentivo all’utilizzo di fonti rinnovabili
• attenzione alla conoscenza degli effetti del cambiamento climatico sul sistema, con riguardo all’uso del suolo, al bilancio idrico e ai rischi naturali
• tutela degli aspetti paesaggistici, culturali e identitari della montagna, compresi l’attività della silvicoltura, il patrimonio forestale, l’edilizia montana rurale, i
prodotti agricoli tipici
• difesa del suolo e la gestione integrata dei rischi (idrogeologico, valanghivo, incendi,…)
• pianificazione integrata delle reti infrastrutturali, garantendo la compatibilità dal punto di vista paesaggistico e ambientale
Il PTR si caratterizza come strumento strategico, orientato a portare a coerenza e a fornire indirizzi ed orientamenti ai
piani settoriali regionali e provinciali e ai piani territoriali degli enti territoriali di livello provinciale e subprovinciale.
Presenta inoltre un forte orientamento processuale: si tratta, infatti, di un piano che vive nel tempo, si aggiorna e si
perfeziona con cadenza annuale, tenendo conto degli esiti del monitoraggio e delle valutazioni che vengono operate
in fase attuativa. I criteri per l’attuazione del PTR sono quindi orientati a far dialogare gli strumenti di pianificazione e
di valutazione ai vari livelli, sviluppano linee di indirizzo e di azione per le pianificazioni alle diverse scale territoriali,
evidenziano la necessità di condividere fra i soggetti coinvolti le responsabilità per l’attuazione e delineano il percorso
attuativo del PTR.
Infine, per gli obiettivi che presentano gli effetti ambientali significativi maggiormente negativi vengono forniti i criteri
ambientali per l’attuazione, con riferimento a misure specifiche di mitigazione e compensazione atte a ridurre o
compensare tali effetti, ai sensi dell’allegato 1 della direttiva 2001/42/CE.
Il Documento di Piano è l’elaborato di raccordo tra tutte le altre sezioni del PTR ed è la componente del Piano
Territoriale Regionale (PTR) che contiene gli obiettivi e le strategie, articolate per temi e sistemi territoriali, per lo
sviluppo della Lombardia.
3.4.1
Inquadramento dell’area di studio nel PTR
Segue un’analisi delle principali indicazioni derivabili dalla cartografia allegata al Documento di Piano.
Poli di sviluppo regionale
La Provincia di Sondrio contiene al proprio interno la polarità emergente “Valtellina” l’accessibilità della quale è
evidenziata come punto critico.
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Figura 3.2: Estratto Tavola 1 Polarità e poli di sviluppo regionali – PTR Lombardia 2010
Zone di preservazione e salvaguardia ambientale
La Tavola 2 del PTR segnala all’interno del territorio provinciale la presenza di aree a rischio idrogeologico molto
elevato (frane, colate detritiche su conoidi, esondazioni e valanghe) e delle fasce fluviali definite dal PAI e ricorda la
presenza delle perimetrazioni della Rete Natura 2000 (SIC e ZPS) e delle aree protette presenti (Parco regionale
delle Orobie Valtellinesi e Parco Nazionale dello Stelvio). È segnalato il Lago di Mezzola quale zona umida della
Convenzione di Ramsar e la Ferrovia retica nei paesaggi di Albula e Bernina quale sito UNESCO (2008).
Figura 3.3 Estratto Tavola 2 Zone di preservazione e salvaguardia ambientale – PTR Lombardia 2010
Sistema della mobilità
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Per l’area provinciale la Tavola 3 del PTR identifica alcuni elettrodotti oltre ad un’infrastruttura viaria in progetto
(nuova SS38). Sono inoltre segnalati il tracciato ferroviario ed i numerosi parchi idroelettrici presenti.
Figura 3.4 Estratto Tavola 3 Infrastrutture prioritarie per la Lombardia – PTR Lombardia 2010
Nella tavola 3 viene descritta quale infrastruttura strategica anche la Rete Ecologica Regionale. Per la provincia di
Sondrio è possibile notare come praticamente tutto il territorio provinciale sia compreso in elementi di primo o di
secondo livello della RER, è evidenziato il corridoio primario che percorre tutta la Valtellina ed i varchi presenti.
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Figura 3.5: stralcio del riquadro relativo alla “Rete ecologica regionale” riportato nella tavola 3 del PTR
Sistemi Territoriali
L’area in esame e l’intera provincia di Sondrio ricade nel Sistema Territoriale della Montagna. Relativamente agli
obiettivi specifici si richiama quanto detto in precedenza e riportato nella Tabella 3.8.
3.5
Piano Paesaggistico Regionale
Ai sensi della legge 431/85 e successive modifiche, la Regione era tenuta, con riferimento ai beni e alle aree
soggette al regime della legge 1497/39 in forza della stessa legge Galasso (normativa ricompresa nel D.lgs.
42/2004), a sottoporre il proprio territorio a “specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale”.
Il Piano Territoriale Paesistico Regionale della Lombardia è stato adottato con DGR n° 6/30195 del 25 luglio 1997,
con successiva approvazione di rettifiche il 5 dicembre 1997, con DGR n° 6/32935, fino all’approvazione della
proposta di piano con il recepimento delle osservazioni raccolte.
Il PTPR è vigente dal 6 agosto 2001 dopo l’approvazione avvenuta con deliberazione del Consiglio Regionale n.
VII/197 del 6 marzo 2001.
Il PTPR è stato aggiornato da alcune parti del PTR immediatamente vincolanti in seguito all’approvazione della
Giunta Regionale del 16 gennaio 2008 ed in particolare ha assunto la denominazione di Piano Paesaggistico
Regionale (PPR).
Attraverso il Piano, la Regione, nel rispetto delle competenze spettanti agli altri soggetti costituzionali, promuove
l’unitarietà e la coerenza delle politiche di paesaggio in particolare negli ambiti paesistici unitari che sono attraversati
da limiti amministrativi e lungo le strade di grande comunicazione; favorisce l’adozione di percorsi analitici
confrontabili e di codici linguistici comuni da parte dei soggetti che partecipano alla costruzione del Piano del
Paesaggio in Lombardia; si dota di uno strumento mediante il quale dialogare con enti esterni, nel quadro regionale,
nazionale e internazionale.
Il Piano tratta temi relativi alla natura ed agli scopi della pianificazione paesistica, alle sue articolazioni interne, alle
strategie utili a conseguirne gli obiettivi. Propone inoltre letture strutturate dei paesaggi lombardi, evidenziando fattori
di identità e processi di degrado, proponendo azioni di tutela e di recupero e, di fronte a problematiche complesse,
probabile oggetto di valutazioni e scelte divergenti, prospetta opzioni alternative.
Il Piano, recependo le indicazioni della Convenzione Europea del Paesaggio, mira alla tutela ed alla valorizzazione
paesistica dell’intero territorio regionale scegliendo di coinvolgere e responsabilizzare tutti gli enti con competenze
territoriali in termini pianificatori, programmatori e progettuali nel perseguimento delle finalità di tutela esplicitate
dall’art. 1 delle Norme del piano:
• la conservazione dei caratteri che definiscono l’identità e la leggibilità dei paesaggi della Lombardia, attraverso il
controllo dei processi di trasformazione, finalizzato alla tutela delle preesistenze e dei relativi contesti;
• il miglioramento della qualità paesaggistica e architettonica degli interventi di trasformazione del territorio;
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• la diffusione della consapevolezza dei valori paesistici e la loro fruizione da parte dei cittadini.
Le tre finalità individuate - conservazione, innovazione, fruizione - si collocano sullo stesso piano e sono tra loro
interconnesse. Il Piano però evidenzia come esse siano perseguibili con strumenti diversi, muovendosi in tal senso in
totale coerenza con le indicazioni della Convenzione Europea del paesaggio.
Tabella 3.9: Finalità del PPR della Lombardia
Finalità
Esempi di azioni utili
Conservazione
Identificare le preesistenze da tutelare. Esplicitare le norme di tutela. Vigilare
sull’applicazione e sull’efficacia delle norme. Segnalare le amministrazioni che si sono
distinte per la qualificata tutela del paesaggio agrario: riconoscimento economico delle
pratiche paesisticamente corrette.
Conservazione delle preesistenze e dei relativi contesti
(leggibilità, identità ecc.) e loro tutela nei confronti dei
nuovi interventi.
Innovazione
Miglioramento della qualità paesaggistica degli interventi
di trasformazione del territorio (costruzione dei “nuovi
paesaggi”).
Fruizione
Aumento della consapevolezza dei valori e della loro
fruizione da parte dei cittadini
Superare il modello delle “zone di espansione” periferiche per ogni comune. Polarizzare la
crescita verso operazioni di riqualificazione urbana e insediamenti complessi di nuovo
impianto. Curare gli accessi alle città, l’immagine lungo le grandi strade, prevedere idonei
equipaggiamenti verdi. Estendere la prassi dei concorsi di architettura. Fornire indicazioni
metodologiche utili a collocare con consapevolezza i progetti nel paesaggio.
Conferenze, pubblicazioni, mostre, dibattiti, corsi sul paesaggio e la sua tutela. Incoraggiare
la partecipazione alle scelte urbanistiche e promuovere l’individuazione condivisa dei valori
paesistici locali. Potenziare e tutelare la rete dei percorsi di fruizione paesaggistica.
Il P.P.R suddivide il territorio Lombardo in ambiti territoriali. Ogni ambito viene inizialmente identificato nei suoi
caratteri generali con l’eventuale specificazione di sottoambiti di riconosciuta identità. Quindi, all’interno di ciascun
ambito sono indicati gli elementi (luoghi, famiglie di beni, beni propri ecc.) che compongono il carattere del paesaggio
locale. Sono gli elementi che danno il senso e l’identità dell’ambito stesso, la sua componente percettiva, il suo
contenuto culturale.
Il controllo paesistico disposto dalle norme del P.P.R. opera su base spaziale diversa da quella della 1497/39, in
quanto si estende all’intero territorio e non alle sole zone vincolate, essendo questo strumento un “piano territoriale” e
non un “piano paesistico”. Questa impostazione si basa sul principio che essendo il paesaggio un valore ubiquo,
qualunque intervento di trasformazione del territorio è, a priori, potenzialmente rilevante ai fini paesistici.
Il piano territoriale paesistico regionale ha natura:
a)
di quadro di riferimento per la costruzione del Piano del Paesaggio Lombardo;
b)
di strumento di disciplina paesistica del territorio;
c)
il P.P.R. come strumento di salvaguardia e disciplina è esteso all’intero territorio regionale e opera fino a
quando non siano vigenti atti a valenza paesistica di maggiore definizione.
Il piano indica come individuare e tutelare categorie di beni paesaggistici puntuali e/o areali quali ad esempio: i centri
e nuclei storici, la viabilità storica e d’interesse paesistica, i canali e il sistema irriguo, il paesaggio agrario.
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Figura 3.6: struttura del PPR
3.5.1
Inquadramento dell’area di studio nel PPR
Il territorio della provincia di Sondrio è costituito dagli ambiti geografici della Valtellina, della Valchiavenna e del
Livignasco e ricade nella Unità Tipologica di Paesaggio “Fascia Alpina”.
In questa unità sono individuati i Paesaggi delle energie di rilievo e i Paesaggi delle valli e dei versanti. Una
piccola porzione del territorio, nei pressi del Lago di Mezzola, è classificata invece quale unità tipologica di fascia
prealpina, in particolare come paesaggio dei laghi insubrici.
Tabella 3.10: breve descrizione delle Unità tipologiche di paesaggio di interesse per l’area in esame
I PAESAGGI DELLE
ENERGIE DI RILIEVO
PAESAGGI DELLE VALLI
E DEI VERSANTI
3.5.2
Il paesaggio dell’alta montagna è un paesaggio aperto, dai grandi orizzonti visivi, che si frammenta nel dettaglio delle
particolarità litologiche, nel complesso articolarsi dei massicci, nelle linee verticali delle pareti rocciose, nelle frastagliate linee di
cresta.
I processi di modificazione, lentissimi, sono soprattutto dovuti all’azione degli elementi meteorici ed atmosferici. La copertura
vegetale è limitata a praterie naturali, cespugli, ed ambienti floristici rupicoli e di morena.
Gli elementi componenti di questo paesaggio rientrano pressoché esclusivamente nel settore geomorfologico-naturalistico.
Paesaggi dei versanti delle aghifoglie. Al di sotto della fascia aperta delle alte quote, si profila l’ambito dei grandi versanti
verticali che accompagnano le valli alpine, dominio forestale delle aghifoglie (Laris, Pinus, Picea).
Nell’agricoltura e nell’allevamento si sviluppano economie di tipo “verticale” cioè legate al nomadismo stagionale degli addetti.
I versanti alti sono caratterizzati dagli alpeggi e dai pascoli con le relative stalle e ricoveri, raggiunti nel periodo estivo.
Il generale abbandono delle pratiche agricole e della pastorizia, condizionano pesantemente la sopravvivenza degli ambienti e
delle strutture.
La presenza dell’uomo, delle sue attività, delle sue forme di organizzazione si accentua passando dall’alto versante verso il
fondovalle.
Il versante è elemento percettivo dominante dei paesaggi vallivi caratterizzato da una diffusa presenza di elementi morfologici
quali i conoidi di deiezione, le rocce esposte ecc..
I terrazzi a mezzacosta costituiscono il principale sito per gli insediamenti e l’agricoltura, seguendo talvolta anche il limite tra
l’orizzonte delle latifoglie e delle aghifoglie.
Indirizzi di Tutela
“Gli Indirizzi di tutela …. Sono principalmente diretti agli enti locali per orientarne, nell’ambito della attività di
pianificazione territoriale, le scelte a specifica valenza paesistica. Fino a quando non siano vigenti strumenti di
pianificazione a specifica valenza paesaggistica di maggiore definizione, tutti i soggetti che intervengono sul territorio
regionale sono tenuti ad utilizzare gli Indirizzi di tutela, quali indicatori base preliminari della sensibilità paesaggistica
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dei luoghi, ai fini dell’esame paesistico degli interventi di cui alla Parte IV delle norme di attuazione del Piano.” (art.
16, c.4 delle NTA del Piano).
L’efficacia degli Indirizzi di tutela e dei Piani di Sistema è disciplinata all’art. 16 delle Norme di Attuazione (si veda
citazione poc’anzi riportata). In tal senso si ricorda che oggi risulta vigente il PTCP della Provincia di Sondrio che
dettaglia i contenuti paesistici del PTR.
In merito alla fauna selvatica, gli indirizzi di tutela citano questa componente importante e di interesse ai fini della
pianificazione faunistico venatoria solo per quanto riguarda le unità tipologiche di paesaggio, in particolare nel caso
dei paesaggi delle energie di rilievo, poiché sono quelli che presentano il grado maggiore di naturalità. Di seguito
vengono pertanto analizzati gli indirizzi relativi alle unità tipologiche di paesaggio che interessano il territorio della
provincia di Sondrio.
3.5.2.1
Indirizzi di tutela per le unità tipologiche di paesaggio (Parte I)
La parte prima degli Indirizzi di Tutela si riferisce alle fasce geografiche che caratterizzano il territorio regionale e vi
viene riportata sinteticamente la descrizione delle singole unità tipologiche di paesaggio individuate nella tav. A del
P.P.R. e più diffusamente trattate nel documento “I paesaggi della Lombardia: ambiti e caratteri tipologici” (Volume 2
– PTPR 2001)
Per ogni unità tipologica di paesaggio vengono segnalati gli obiettivi generali di tutela paesistica, gli elementi e gli
aspetti caratterizzanti l’ambito e i relativi specifici indirizzi di tutela.
Per tutti gli interventi che riguardano le infrastrutture tecnologiche a rete e la viabilità si rimanda alle raccomandazioni
e alle indicazioni contenute nei piani di sistema (Volume 7 – PTPR 2001):
1.
Infrastrutture a rete
2.
Tracciati base paesistici.
L’efficacia degli Indirizzi di tutela e dei Piani di Sistema è disciplinata all’art. 16 delle Norme di Attuazione.
Per quanto riguarda i Paesaggi delle energie di rilievo, il Piano sottolinea che gli elementi componenti di questa
sottounità rientrano pressoché esclusivamente nel settore geomorfologico-naturalistico e che l’alto grado di naturalità
di questi paesaggi costituisce una condizione eccezionale nell’ambito regionale.
Per i Paesaggi delle energie di rilievo, gli indirizzi di tutela riguardanti morfologia, formazioni glaciali, idrografia,
condizioni floristiche e faunistiche impongono quindi una generale intangibilità a salvaguardia della naturalità. Nel
processo di pianificazione regionale e provinciale questo valore deve essere integrato dall’indicazione delle
specificità paesistiche riferite alle condizioni dell’habitat naturale (aree floristiche o faunistiche di eccezionale rilievo)
da non sottoporre a sfruttamento antropico. La fruizione escursionistica, alpinistica, turistica di queste aree va
ammessa compatibilmente alla difesa delle condizioni di naturalità, valutandone attentamente il peso e l’impatto.
Si sottolinea in modo particolare gli indirizzi di tutela rivolti al comparto della fauna che prevedono, oltre al rigoroso
controllo dell’attività venatoria, le seguenti azioni :
-
il riconoscimento e la tutela degli ambiti di particolare rilevanza faunistica,
-
la tutela dei caratteri e delle condizioni territoriali che possono mantenere o promuovere l’insediamento delle
diverse specie,
-
la salvaguardia della fauna esistente (o il suo trasferimento in aree limitrofe ove possibile) nelle parti di
territorio destinate agli sport alpini.
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Tabella 3.11: indirizzi di tutela del PPR della Regione Lombardia per i Paesaggi delle energie di rilievo
Aspetti particolari
Energie di rilievo
Compongono la struttura visibile e la sagoma dell’imponente
architettura alpina, epifenomeni della morfologia terrestre,
elementi primari nella definizione dello spazio.
Acque
Sono l’elemento di integrazione, modificazione e di ulteriore
enfasi delle energie di rilievo, sotto forma di masse
glacializzate o nevose dove prevale la fissità, l’imponenza, la
luminosità, o sotto forma di torrenti, laghi e cascate dove
prevale il carattere dinamico, la trasparenza, l’immaterialità, la
risonanza e il fragore sonoro.
Vegetazione
La copertura vegetale presenta le particolarità della flora degli
orizzonti nivale e alpino.
Fauna
Vi si ritrovano gli habitat delle specie animali più protette
(rapaci, roditori, mustelidi, cervidi, bovidi).
Percorrenze
I passi e i valichi sono spesso interessati da tracciati storici
con funzione di collegamento di lunga distanza o di
comunicazione fra alpeggi di diversi versanti. In alcuni casi poi
sostituiti da carrozzabili di valico.
Elementi intrusivi
Interventi antropici di periodo recente determinati dallo
sfruttamento delle risorse montane (infrastrutture a rete,
domini sciistici ...).
Indirizzi di tutela
Va tutelato il loro massimo grado di naturalità. Le vette, i crinali, le
sommità, in quanto spartiacque dei bacini idrografici assumono
rilevanza paesistica. Devono essere vietate le attività che alterino la
morfologia o i fattori di percezione visiva al di fuori delle aree destinate
all’esercizio degli sport alpini precedentemente considerati.
Va evitata ogni compromissione dei laghi, delle zone umide, delle
sorgenti, dei ghiacciai, delle cascate e in genere di tutti gli elementi che
formano il sistema idrografico delle alte quote. Eventuali impianti di
captazione debbono essere realizzati nel massimo rispetto della
naturalità dei luoghi con opere di modesto impatto. Vanno controllati e
programmati in modo efficace i prelievi idrici per gli impianti di
innevamento artificiale. Indirizzi normativi relativi a invasi e bacini per
sfruttamento idroelettrico sono inseriti nel 1° Piano di Sistema,
“Infrastrutture a rete”, al quale si rimanda.
Va promossa ed estesa la tutela della flora alpina anche tramite una
maggiore attività didattico-informativa in materia.
Nelle parti di territorio destinate agli sport alpini eventualmente
rimodellate per le necessità di fruizione, deve essere curato e favorito il
ripristino del sistema vegetazionale preesistente anche nel caso di
dismissione di impianti.
Vanno riconosciuti e sottoposti a tutela gli ambiti di particolare rilevanza
faunistica e, più in generale, vanno tutelati i caratteri e le condizioni
territoriali che possono contribuire al mantenimento o al nuovo
insediamento delle diverse specie.
Nelle parti di territorio destinate agli sport alpini deve essere posta
particolare cura alla salvaguardia della fauna esistente, ove possibile, o
al suo trasferimento in aree limitrofe, opportunamente attrezzate.
Devono in linea di massima essere esclusi nuovi tracciati e, al
contempo, devono essere promossi la tutela e il recupero di tutti gli
elementi (massicciate, ponti, ricoveri, cippi, gallerie ....) che
compongono o sono di supporto al sistema stradale storico.
L’apertura di nuovi impianti sciistici deve essere, in linea di massima,
preclusa nelle zone di massima espressione della naturalità alpina, ed
essere limitata nelle altre zone, si rimanda in proposito ai disposti
dell’art. 17 delle norme di attuazione del P.T.P.R. Nei casi di interventi
non soggetti a V.I.A., e per quelli di riorganizzazione o ristrutturazione
di impianti e attrezzature esistenti, i progetti devono comunque
rispondere a criteri di massimo rispetto degli ecosistemi locali, a tal fine
è opportuno che i progetti siano corredati da una relazione tecnica
specifica, che espliciti i criteri adottati in materia. Devono essere limitate
le installazioni di elettrodotti e di impianti per la telecomunicazione.
Paesaggi delle valli e dei versanti: gli indirizzi di tutela dell’ambito relativo ai territori riconducibili all’organizzazione
valliva prevedono di considerare tali spazi, in quanto soggetti all’azione antropica, come spazi vitali, quindi
necessariamente aperti alla trasformazione ma prevedono la tutela delle loro caratteristiche fisionomie, attraverso la
salvaguardia sia degli equilibri ambientali sia degli scenari in cui più originalmente si combinano elementi naturali ed
elementi antropici nel segno della storia e della cultura montanara, valligiana. Si richiede dunque che la tutela venga
in primo luogo esercitata su tutto ciò che è parte del contesto naturale e su tutti gli elementi che concorrono alla
stabilità dei versanti e all’equilibrio idrogeologico.
Occorre quindi riconoscere la specificità, nelle valli longitudinali, dei versanti a umbrìa con le loro sequenze forestali
che non vanno alterate, e di quelli a solatìo con le loro organizzazioni antropiche che vanno controllate. Ciò si
esprime non solo salvaguardando i singoli elementi, ma anche i contesti nei quali gli elementi stessi strutturano il
versante, con i legami fra centro di fondovalle, i suoi dintorni coltivati, i boschi, i maggenghi, gli alpeggi.
Dal PPR sono esplicitamente considerate azioni paesaggistiche positive quelle destinate a favorire il mantenimento
del territorio attraverso il caricamento degli alpeggi, il pascolo, la pastorizia, la coltivazione e la manutenzione del
bosco.
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Benché la componente faunistica non sia esplicitamente citata negli indirizzi di tutela per i paesaggi delle valli e dei
versanti, se ne riporta una sintesi nella seguente tabella in quanto alcuni di essi, in modo particolare per quel che
riguarda il fiume ed i torrenti e boschi e foreste, possono avere diretta influenza sulle popolazioni delle diverse specie
di fauna selvatica presenti nel territorio provinciale.
Tabella 3.12: indirizzi di tutela del PPR della Regione Lombardia per i Paesaggi delle valli e dei versanti
Aspetti particolari
Indirizzi di tutela
Percepibilità dei
versanti
Aree sensibili in quanto elementi
fortemente percepibili, versanti
semplici molto acclivi con detriti di
faglie, semplici poco acclivi,
terrazzati.
La tutela riguarda tutto ciò che risulti riconoscibile come emergenza naturalistica nonché
tutte le parti e componenti vallive che concorrono alla stabilità dei versanti e agli equilibri
idrogeologici. Le parti dei versanti terrazzate, ove ancora coltivate dovranno essere
mantenute secondo l’impianto originario. Eventuali modificazioni potranno essere
consentite in presenza di sostituzione delle tecniche colturali che valgono a garantire una
migliore economicità delle lavorazioni, fatta salva la verifica delle conseguenze di eventuali
alterazioni indotte negli equilibri idrogeologici del versante. Nel caso di abbandono
colturale dei terrazzi, la rinaturalizzazione del terreno dovrà essere favorita curandone gli
effetti sulla stabilità complessiva del versante.
Boschi e foreste
Caratteristici dei versanti ad
umbrìa, costituiscono l’ambiente
più soggetto ad abbandono.
Devono essere promosse ed incentivate forme adeguate di conservazione e
manutenzione delle macchie boschive nei versanti ad umbrìa. Ove le condizioni del bosco
e dei versanti lo consentano e fatte salve le aree ad alta naturalità riconosciuta per la
storica assenza di interventi antropici, può essere praticata la coltivazione del bosco con
tagli controllati ed eventuali reimpianti con finalità economiche.
Prati e pascoli,
percorrenze
piano-monte
maggenghi ed
alpeggi
Elementi di particolare significato
per la configurazione dei paesaggi
dei versanti e la strutturazione
storica del sistema insediativo.
Nei versanti a solatio assume particolare rilevanza, ai fini della tutela paesistica, la
conservazione dell’organizzazione antropica altitudinale, con particolare attenzione alla
salvaguardia delle caratteristiche connotative dei maggenghi e al controllo degli interventi
di adeguamento della rete dei percorsi.
Il
fiume,
torrente
Nelle alte valli e in quelle
secondarie i corsi d’acqua hanno
carattere torrentizio, delineando un
solco dove si accentuano i caratteri
di naturalità con prerogative
ambientali di grande pregio; nei
fondovalle principali il letto dei
fiumi si allarga e può anche
assumere
andamenti
meandriformi.
Particolare attenzione va rivolta alla tutela dei corsi d’acqua, con specifica rilevanza per i
corpi idrici interessati da nuove opere di regimazione e regolazione. Si rimanda in
proposito ai criteri di intervento contenuti nel “Manuale di ingegneria naturalistica” assunto
con d.g.r. n. 50989/1994.
Le captazioni di risorse idriche per uso idroelettrico e/o agricolo devono garantire la
permanenza in alveo di un minimo deflusso vitale in grado di assicurare la permanenza dei
caratteri di naturalità dei bacini idrografici interessati.
il
Paesaggi del laghi insubrici: benché la porzione di territorio provinciale che ricade in questa tipologia di paesaggio
sia molto piccola, riteniamo importante analizzare anche gli indirizzi di tutela per i paesaggi dei laghi insubrici in
quanto la porzione in essi ricadente è rappresentata dall’area in prossimità del lago di Mezzola, area di elevato
interesse naturalistico e faunistico. La presenza delle acque lacustri, infatti, condiziona il clima e l’ambiente, formato
da versanti di tipo vallivo, assumendo quella specificità - detta insubrica - rappresentata da una particolare flora
spontanea o di introduzione antropica (dai lecci, agli ulivi, ai cipressi, ecc.) propria dell’area mediterranea o submediterranea.
La tutela va esercitata prioritariamente tramite la difesa ambientale, con verifiche di compatibilità di ogni intervento
che possa turbare equilibri locali o sistemici. Difesa, quindi, della naturalità delle sponde, dei corsi d’acqua affluenti,
delle condizioni idrologiche che sono alla base della vita biologica del lago (dal colore delle acque alla fauna ittica,
ecc.) delle emergenze geomorfologiche.
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Tabella 3.13: indirizzi di tutela del PPR della Regione Lombardia per i Paesaggi dei laghi insubrici
Aspetti particolari
Indirizzi di tutela
Superficie
lacuale
È l’elemento naturale dominante del paesaggio nella
regione insubrica.
Va innanzitutto tutelata la risorsa idrica in sé anche tramite il controllo delle
immissioni. Va inoltre disincentivato l’uso di mezzi nautici privati a motore.
Darsene e porti
Il rapporto storicamente instauratosi tra uomo e lago,
come via di comunicazione e risorsa ambientale, ha
portato alla costruzione di un sistema di approdi e luoghi
per il ricovero delle imbarcazioni, che connota fortemente
le sponde lacustri con i suoi manufatti, spesso di notevole
interesse architettonico, e i suoi elementi caratterizzanti
anche minori.
Va previsto il restauro e il mantenimento dei manufatti esistenti.
Eventuali nuovi approdi devono essere previsti in specifici progetti di
sistemazione paesistica di dettaglio o in piani territoriali regionali di settore, a
specifica valenza paesistica, relativi alle rive lacustri.
Sponde dei laghi
Le sponde dei laghi sono l’essenza e il fulcro del
paesaggio insubrico. La struttura antropica antica e le sue
evoluzioni ottocentesche non hanno compromesso
l’estetica dei luoghi. La loro compromissione ha assunto
caratteri deleteri solo da data relativamente recente.
Il raggiunto apparato scenografico delle rive lacustri consente
esclusivamente inserimenti in scale adeguate all’esistente, con particolare
attenzione all’uso di materiali edilizi e tinteggiature confacenti ai luoghi.
Eventuali sostituzioni edilizie, migliorative dell’ambiente attuale, dovranno
essere previste in specifici progetti di sistemazione paesistica di dettaglio.
Le proposte di colorazione di edifici devono essere tratte da cartelle colore in
uso nelle amministrazioni comunali.
Insediamentipercorrenze
Vegetazione
3.5.2.2
L’impianto urbanistico dei borghi lacuali assume connotati
del tutto particolari, con: andamenti e assi pedonali
perpendicolari alla sponda e sistemazioni edilizie
gradonate degli insediamenti rivieraschi, da una parte; la
concatenazione dei nuclei temporanei di mazza costa,
dall’altra. La tendenza ad espandere l’abitato seguendo
ed estendendo le ramificazioni della rete stradale,
contestuale a quella di fornire ad ogni residenza un
proprio accesso veicolare, sta alterando profondamente il
carattere della consolidata sistemazione a ripiani e della
preziosa concatenazione dei nuclei storici, nonché le
caratteristiche proprie dei percorsi.
La rilevantissima funzione termoregolatrice dei laghi
esercita benefici influssi sulla vegetazione che si
manifesta con scenari unici a queste latitudini.
Coltivazioni tipiche di questo ambiente: gli agrumeti, i
frutteti, i vigneti, gli uliveti, i castagneti
L’ammodernamento della rete stradale deve avvenire preferibilmente tramite
l’adeguamento di quella esistente, ove compatibile con l’assetto storico e
paesistico dei luoghi.
Deve essere compiuta una specifica individuazione dei percorsi esistenti al
fine di prevedere la valorizzazione dei tracciati pedonali storici e dei loro
elementi costitutivi anche mediante l’inserimento nei programmi di azione
paesistica di cui all’art. 23 delle norme di attuazione del P.T.P.R. Le nuove
eventuali aggiunte edilizie devono rispettare le caratteristiche dell’impianto
urbanistico del sistema insediamenti-percorrenze.
Vanno previste la protezione e l’incentivazione delle coltivazioni tipiche, delle
associazioni vegetali del bosco ceduo di versante e di tutte le sistemazioni
agrarie terrazzate delle sponde.
Ambiti Territoriali di successivo approfondimento paesistico (Parte III)
Si tratta di ambiti di particolare rilevanza paesistica sui quali il PTPR del 2001 richiamava la necessità di esercitare
una specifica attenzione nell’elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale, in particolare per quanto
riguarda i Piani territoriali di coordinamento provinciali.
1.
Ambiti di criticità, individuati nella tavola D.
2.
Territorio interessato dalla Golena del Po e del Sesia, individuato nella tavola D.
3.
Ambiti di rilevanza regionale, indicativamente rappresentati nella tavola B.
Questi ambiti, per somma e integrazione di componenti naturali e storico-culturali, rappresentano un’elevata e
complessa qualità paesistica del territorio regionale.
Si assumono, pertanto, tali territori come ambiti prioritari rispetto ai seguenti punti programmatici del piano:
-
verifica della qualità delle trasformazioni in corso, al fine della redazione del Rapporto Annuale sullo stato
del Paesaggio;
-
segnalazione al Consiglio d’Europa per l’inserimento nell’elenco dei paesaggi di interesse europeo;
-
promozione di azioni “coerenti, volontarie, perseveranti, immaginative, partecipative, efficaci” per la tutela
del paesaggio, come previsto anche dalla Proposta di Convenzione Europea del Paesaggio (proposta del
1997 superata dal testo presentato a Firenze nell’ottobre 2000).
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3.5.2.3
Riqualificazione Paesaggistica e contenimento dei potenziali fenomeni di degrado (Parte IV)
Parte consistente dell’aggiornamento degli indirizzi di tutela (avvenuto con l’approvazione del PTR nel gennaio 2008)
è rivolto alla Riqualificazione Paesaggistica ed al contenimento dei potenziali fenomeni di degrado. Il tema, introdotto
anche alla luce di quanto richiesto dal Codice per i Beni culturali e il paesaggio, riguarda l’individuazione delle aree
compromesse o degradate dal punto di vista paesaggistico, e la proposizione di specifici indirizzi per gli interventi di
riqualificazione, recupero e contenimento del degrado.
E’ importante segnalare che, trattandosi di tema nuovo, la stessa definizione dei concetti di degrado,
compromissione o rischio di degrado paesaggistico ha richiesto un lungo confronto tra esperti ed enti deputati alla
pianificazione territoriale. Le scelte di metodo e la sintesi delle analisi effettuate sono esplicitate nella relazione
illustrativa sopracitata corredata dalla nuova tavola H che ne restituisce graficamente alcuni aspetti. Gli indirizzi sono
strettamente correlati a quanto indicato nella relazione suddetta e nelle nuove tavole F e G della cartografia del Piano
paesaggistico.
Gli indirizzi, approvati dalla Giunta, trovano nella normativa coerenti indicazioni di priorità in merito agli interventi di
compensazione territoriale ed ambientale, inseriti in una prospettiva di miglioramento dei paesaggi interessati dalle
trasformazioni. Si sottolinea in particolare che gli Indirizzi di Tutela articolano le categorie di ambiti e aree afferenti
alle diverse cause di degrado, fornendo indicazioni relative ai fenomeni che possono derivarne, azioni utili per la loro
riqualificazione e azioni utili per prevenire future forme di degrado o compromissione.
Il degrado in essere o potenziale può riguardare singole aree o interi ambiti. Gli Indirizzi di Tutela risultano suddivisi
nei seguenti ambiti:
Tabella 3.14: Categoria di ambiti ed aree di degrado
Categoria di ambiti ed aree
AREE E AMBITI DI DEGRADO O COMPROMISSIONE
PAESISTICA
PROVOCATA
DA
DISSESTI
IDROGEOLOGICI E AVVENIMENTI CALAMITOSI E
CATASTROFICI (naturali o provocati)
AREE E AMBITI DI DEGRADO PAESISTICO
PROVOCATO DA PROCESSI DI URBANIZZAZIONE,
INFRASTRUTTURAZIONE, PRATICHE E USI URBANI
AREE
E
AMBITI
DI
DEGRADO
E/O
COMPROMISSIONE PAESISTICA PROVOCATA
DALLE TRASFORMAZIONI DELLA PRODUZIONE
AGRICOLA E ZOOTECNICA
AREE
E
AMBITI
DI
DEGRADO
E/O
COMPROMISSIONE PAESISTICA PROVOCATA DA
SOTTOUTILIZZO, ABBANDONO E DISMISSIONE
AREE E AMBITI DI DEGRADO PAESISTICO
PROVOCATO DA CRITICITA’ AMBIENTALI
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Aree degradate e/o compromesse a causa di eventi sismici
Aree degradate e/o compromesse a causa di fenomeni franosi
Aree degradate e/o compromesse a causa di forte erosione
Aree degradate e/o compromesse a causa di eventi alluvionali
Aree degradate e/o compromesse a causa di incendi di rilevante entità
Aree degradate e/o compromesse a causa di fenomeni siccitosi
Aree di frangia destrutturate
Conurbazioni
Territori contermini alle reti infrastrutturali della mobilità e del trasporto e produzione dell’energia
Centri e nuclei storici soggetti a perdita di identità e riconoscibilità
Aree industriali-logistiche
Ambiti sciabili
Ambiti estrattivi in attività
Impianti di smaltimento e recupero rifiuti
Aree di cantiere di grandi opere
Aree a monocoltura
Aree a colture intensive su piccola scala (serre, colture orticole, vivai industriali...)
Aree a colture specializzate (oliveti, frutteti, vigneti) e risaie
Aree con forte presenza di allevamenti zootecnici intensivi
Cave abbandonate
Discariche abbandonate e/o abusive
Aree urbane sottoutilizzate
Piccoli centri, nuclei edificati e edifici tradizionali diffusi (con particolare riferimento all’edilizia rurale
storica) in abbandono
Aree industriali dismesse
Complessi impiantistici dismessi
Strutture forestali in abbandono
Aree agricole dismesse
Aree soggette a più elevato inquinamento atmosferico
Corsi e specchi d’acqua fortemente inquinati (laghi e fiumi)
Aree agricole contaminate per utilizzo di prodotti chimici
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ELEMENTI DETRATTORI
Siti contaminati di interesse nazionale
Elementi detrattori a carattere puntuale
Elementi detrattori a rete
Il Piano sottolinea che per intervenire sul contenimento dei processi di progressivo degrado e compromissione
paesistica è necessario agire il più possibile sulle cause che li determinano, evitando che necessità trasformative
funzionali e di settore portino inconsapevolmente verso una graduale alterazione dei valori paesaggistici preesistenti
correlata ad un progressivo azzeramento delle differenti caratterizzazioni paesaggistiche del territorio, oggi
riconosciute come una ricchezza (anche in termini economici) da salvaguardare.
Benché questi indirizzi non riguardino direttamente azioni relative alla fauna selvatica, se ne riporta una sintesi
schematica nella seguente tabella poiché alcuni di essi potrebbero interessare la mitigazione di infrastrutture o il
mantenimento di aree, varchi e corridoi verdi per agevolare la mobilità e la diffusione delle popolazioni di specie
selvatiche.
Tabella 3.15: indirizzi di Tutela – PARTE IV – Riqualificazione Paesaggistica e contenimento dei potenziali fenomeni
di degrado
AREE E AMBITI DI DEGRADO PAESAGGISTICO PROVOCATO DA PROCESSI DI URBANIZZAZIONE, INFRASTRUTTURAZIONE, PRATICHE E USI
URBANI
2.2 CONURBAZIONI
Tra i fenomeni conurbativi conseguenti ai recenti processi di espansione che hanno fortemente inciso sull’assetto paesistico lombardo, determinando
condizioni di degrado/compromissione in essere o a rischio, è possibile distinguere:
- le estese e dilatate conurbazioni formate dalla saldatura di nuclei e centri urbani diversi
- i nuovi sistemi di urbanizzazione lineare continua lungo i principali tracciati di collegamento, sia in pianura che nei fondovalle e lungo le coste dei laghi
- la diffusione puntiforme dell’edificato in pianura e nei sistemi collinari.
Criticità e riferimenti alle tavole di piano
• perdita di caratterizzazione identitaria dei diversi nuclei urbani
• peggioramento delle condizioni ecosistemiche
• perdita di continuità e relazioni funzionali e percettive del sistema del verde e degli spazi agricoli
Indirizzi di riqualificazione
Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Pianificazione territoriale e di settore
(PTCP, Aree protette regionali, PLIS etc.) e di Governo locale del territorio (PGT).
Azioni
- salvaguardia e potenziamento dei varchi esistenti e delle relazioni interne ai sistemi degli spazi aperti per il
rafforzamento della rete verde provinciale e del sistema del verde comunale e per una chiara individuazione
delle relazioni tra gli elementi costitutivi del paesaggio
- attenta considerazione in tal senso dei progetti di recupero degli ambiti degradati e dismessi
- rafforzamento e attenta riqualificazione della rete idrografica
- sistemazione paesistica degli ambiti contermini alle infrastrutture con attenta contestualizzazione
dell'equipaggiamento vegetale
Indirizzi di contenimento e prevenzione Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Pianificazione territoriale e di settore
del rischio
(PTCP, Aree protette regionali, PLIS etc.) e di Governo locale del territorio (PGT) .
Azioni
- salvaguardia e potenziamento dei varchi esistenti e chiara individuazione delle relazioni tra gli elementi
costitutivi del paesaggio :
- disincentivando l’occupazione di nuove aree
- garantendo la massima continuità degli spazi aperti naturali e agricoli
- potenziamento della fruizione panoramica delle direttrici di collegamento territoriale con particolare riguardo
agli elementi morfologici e storico-culturali che devono mantenere la leggibilità del ruolo e della funzione
storicamente avuta nell’organizzazione territoriale
- accompagnamento dei progetti di nuova infrastrutturazione con correlati progetti di contestualizzazione volti
alla ricucitura delle relazioni e alla riconnessione paesaggistica dell'intorno, anche tramite la riqualificazione
delle aree degradate
AREE e AMBITI DI DEGRADO PAESAGGISTICO PROVOCATO DA PROCESSI DI URBANIZZAZIONE, INFRASTRUTTURAZIONE, PRATICHE E USI
URBANI
2.3 TERRITORI CONTERMINI ALLE RETI INFRASTRUTTURALI DELLA MOBILITÀ E DEL TRASPORTO E PRODUZIONE DELL’ENERGIA
Riguarda le porzioni più o meno ampie e continue di territorio caratterizzate dalla presenza intrusiva di manufatti infrastrutturali, sia della mobilità che del
trasporto e produzione dell’energia.
Criticità e riferimenti alle tavole di piano
• Inserimento di elementi estranei ed incongrui ai caratteri peculiari compositivi, percettivi o simbolici del
contesto
• frattura e frammentazione ecosistemica, d’uso e delle relazioni percettive, con formazione di aree
marginalizzate, perdita di continuità e relazioni del sistema del verde e degli spazi agricoli, conseguente
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riduzione di caratterizzazione identitaria e progressiva omologazione dei paesaggi attraversati
• In particolare si segnalano le criticità paesaggistiche provocate dalla conformazione delle stazioni di servizio
poste lungo i principali assi stradali e autostradali, sia per quanto attiene ai caratteri eterogenei dei diversi
manufatti edilizi che alle loro reciproche relazioni ed alle relative aree di pertinenza
Indirizzi di riqualificazione
Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Pianificazione territoriale e di settore
(PTCP, aree protette etc.) e di Governo locale del territorio (PGT).
Azioni :
- interventi di mitigazione anche tramite equipaggiamenti verdi in grado di relazionarsi con il territorio
- interventi correlati alle infrastrutture esistenti attenti alle zone marginali e volti a ridurre la loro estraneità al
contesto e l’effetto frattura che generano
- attenta considerazione degli interventi di servizio alle infrastrutture cercando di evitare la possibile
accentuazione dell’effetto di frattura indotto, operando riconnessioni funzionali tra i territori separati e
recuperando gli ambiti marginali con la massima riduzione dell’impatto intrusivo.
Indirizzi di contenimento e prevenzione Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Pianificazione territoriale e di settore
del rischio
(PTCP, aree protette etc.) e di Governo locale del territorio (PGT), Progettazione tecnica di settore
Azioni :
- progettazione integrata del tracciato, comprensivo del suo equipaggiamento verde, attenta ai caratteri
paesaggistici dei contesti
- progettazione unitaria dei manufatti e delle relative aree di servizio attenta ai caratteri paesaggistici dei
contesti
- eventuale acquisizione delle aree laterali all’infrastruttura in misura adeguata allo sviluppo e attuazione di un
progetto di valorizzazione paesaggistica dei territori attraversati.
AREE E AMBITI DI DEGRADO E/O COMPROMISSIONE PAESISTICA PROVOCATA DA SOTTO-UTILIZZO, ABBANDONO E DISMISSIONE
4.7 STRUTTURE FORESTALI IN ABBANDONO
Si tratta dei boschi e delle foreste in cui la sospensione delle pratiche colturali provoca significative trasformazioni dell'assetto innescando processi di degrado
paesaggistico e ecosistemico.
Criticità
- semplificazione del mosaico paesistico;
- diminuzione della stabilità ecologica con aumento di fitopatie e di piante infestanti;
- aumento dei rischi di incendio.
Indirizzi di riqualificazione
Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Gestione agro-forestale e di Protezione
Civile
Azioni :
- mantenimento e recupero di formazioni forestali ad alta valenza storico paesaggistica
- promozione di iniziative e interventi per la conservazione e l'apertura di nuovi spazi aperti all’interno dei
boschi eccessivamente densi, per il mantenimento di attività agricole tradizionali, in particolare delle attività
di pascolo, anche come presidio del territorio
- integrazione delle azioni connesse e coerenti alle attività di prevenzione degli incendi che prevedono
interventi di trasformazione dei boschi (sentieri tagliafuoco, piazzole per l’atterraggio elicotteri, etc)
- integrazione delle attività agricolo-forestali con attività turistico-ricreative compatibili
Indirizzi di contenimento e prevenzione Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Gestione agro-forestale e di Protezione
del rischio
Civile
Azioni :
- programmi di utilizzi multipli delle strutture forestali legati al turismo sostenibile, in grado di costituire presidio
del territorio e contribuire a prevenire il rischio di abbandono, rispondendo al contempo all'esigenza di tutela
dei valori paesaggistici connotativi
4.8 AREE AGRICOLE DISMESSE
Si tratta di aree e infrastrutture agricole per le quali la sospensione delle pratiche colturali provoca significative trasformazioni dell'assetto da un lato verso
l'incolto e dall'altro verso l'imboschimento spontaneo di scarsa qualità, sia ecologica che estetico-percettiva, con elevato rischio di possibili effetti di
degrado/compromissione a catena. Le cause di abbandono sono generalmente dovute a:
- frammentazione delle superfici agricole a seguito di frazionamenti delle proprietà, interventi di infrastrutturazione, etc.;
- attesa di usi diversi, più redditizi, legati all’espansione urbana ;
- forte diminuzione della redditività di alcune colture, in particolare dei pascoli.
Criticità e riferimenti alle tavole di piano
• progressiva alterazione del paesaggio agrario tradizionale con perdita di valore e significato ecologico
• degrado/compromissione di manufatti e infrastrutture agricole
• elevato rischio di usi impropri, occupazioni abusive, etc.
Si segnala in proposito come l’applicazione della normativa europea sui Nitrati potrebbe innescare nuove forme
di abbandono e degrado, in particolare per le attività di allevamento dei suini, coinvolgendo anche allevamenti
di grandi dimensioni. In riferimento a questo scenario ci si potrebbe trovare a dover fronteggiare due opposte
situazioni di rischio/criticità paesaggistica :
• abbandono e degrado di manufatti di scarso pregio e dimensioni rilevanti in contesti rurali di pregio non
direttamente correlati ai corridoi della mobilità, con difficoltà di messa in atto di azioni per il recupero
ambientale, funzionale e paesaggistico
alta pressione trasformativa verso usi residenziali, turistici o logistici, a seconda del pregio e dell'accessibilità
dell'area, dei manufatti e delle infrastrutture in abbandono in aree più direttamente interessate dai corridoi
della mobilità, utile per il recupero, ma che necessita grande attenzione in riferimento al contenimento dei
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 69
Indirizzi di riqualificazione
Indirizzi di contenimento e prevenzione
del rischio
3.5.3
consumi di suolo.
Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Programmazione e Gestione
agroforestale (PSR regionale e provinciali), di Pianificazione territoriale (PTCP-ambiti agricoli) e di Governo
locale del territorio (PGT)
Azioni :
• promozione di progetti integrati di uso multiplo degli spazi agricoli
• interventi di riqualificazione finalizzati al potenziamento del sistema verde comunale e delle reti verdi
provinciali
valorizzazione del patrimonio edilizio rurale di valore storico-testimoniale anche in funzione di usi turistici e
fruitivi sostenibili
Integrazione degli aspetti paesaggistici nelle politiche e nelle azioni di Programmazione e Gestione
agroforestale (PSR regionale e provinciali), di Pianificazione territoriale (PTCP-ambiti agricoli) e di Governo
locale del territorio (PGT)
Azioni :
• attenta valutazione degli effetti di frammentazione e marginalizzazione degli spazi agricoli determinata da
previsioni urbanistiche e infrastrutturali
• promozione di politiche, piani e programmi connessi alle misure agro-ambientali di uso multiplo dello spazio
rurale valutando gli aspetti paesaggistici, ambientali e di potenziale fruizione
Osservatorio dei paesaggi lombardi
L'osservatorio dei paesaggi lombardi integra la descrizione dei paesaggi regionali del PTPR vigente, proponendo una
lettura ad elevato valore iconografico, di supporto e stimolo ad amministrazioni locali, cittadini e operatori, nel
riconoscimento delle diverse connotazioni e degli specifici valori paesaggistici regionali; azione preliminare alla
definizione di idonee politiche di conservazione, gestione e miglioramento dei propri contesti paesaggistici.
La prima sezione comprende le schede descrittive di diversi contesti paesaggistici della Lombardia a partire da 35
punti di osservazione del paesaggio, individuati quale primo riferimento per la costruzione di stazioni di monitoraggio
del futuro Osservatorio del paesaggio all'interno del più ampio quadro dell'Osservatorio permanente della
programmazione territoriale (art. 5, l.r. 12/2005). Alla rete dei punti di osservazione del paesaggio proposta dalla
Regione si potranno affiancare iniziative analoghe di Province e Comuni.
La seconda sezione dedica 14 schede a celebri belvedere della Lombardia, quali luoghi significativi e culturalmente
consolidati ed attrezzati per la contemplazione di scenari paesaggistici suggestivi; luoghi per i quali si propone
vengano attivate specifiche azioni di valorizzazione, recupero e promozione. Regione ed enti locali potranno così
definire politiche coerenti e condivise per il rilancio di questi siti, riscoprendone il significato che li ha resi celebri.
La terza sezione contiene 4 schede relative ad altrettanti casi di politiche locali volte, con modalità differenti, alla
preservazione, valorizzazione e recupero di centri, nuclei ed insediamenti storici e tradizionali, riassegnando
significato e valore a manufatti ed insediamenti propri dell'identità locale. Primo segnale per la promozione e
diffusione di esperienze significative di riqualificazione e valorizzazione paesaggistica di nuclei ed insediamenti storici
e tradizionali.
Osservare per capire e gestire con attenzione, contemplare come fruizione consapevole, agire per preservare,
valorizzare e riqualificare insediamenti di valore storico e tradizionale a rischio di degrado, tre modalità attive e
complementari per avvicinarsi al paesaggio e promuoverne la tutela attiva.
Nel territorio della Provincia di Sondrio, non sono segnalati “celebri belvedere”.
Relativamente alle politiche locali volte alla preservazione, valorizzazione e recupero dei centri storici, il PTR riporta
l’esperienza del centro storico di Chiavenna (aggregato principale dei tradizionali insediamenti vallivi appartenenti
all’ambito geografico ValChiavenna): l’azione in corso fa leva sulla preservazione dei caratteri propri dell’edilizia
storica e tradizionale per salvaguardare e valorizzare il nucleo storico e gli insediamenti più antichi.
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3.5.4
Ambiti di elevata naturalità e piani d’ambito di iniziativa regionale
L’individuazione delle aree di particolare interesse ambientale a norma della legge n. 431/1985 è stata effettuata per
la Regione Lombardia con la Dgr IV 3859/1985. I piani, le proposte e gli studi effettivamente prodotti sono riportati
nella Figura 3.7.
Il territorio della Provincia di Sondrio rientra negli ambiti di “elevata naturalità”, assoggettato alla disciplina
dell’articolo 17 del PPR.
Tale articolo definisce che negli ambiti di elevata naturalità vengano assunti i seguenti obiettivi generali (comma 2):
•
recuperare e preservare l’alto grado di naturalità, tutelando le caratteristiche morfologiche e vegetazionali
dei luoghi;
•
recuperare e conservare il sistema dei segni delle trasformazioni storicamente operate dall’uomo;
•
favorire e comunque non impedire né ostacolare tutte le azioni che attengono alla manutenzione del
territorio, alla sicurezza e alle condizioni della vita quotidiana di coloro che vi risiedono e vi lavorano, alla
produttività delle tradizionali attività agrosilvopastorali;
•
promuovere forme di turismo sostenibile attraverso la fruizione rispettosa dell’ambiente;
•
recuperare e valorizzare quegli elementi del paesaggio o quelle zone che in seguito a trasformazioni
provocate da esigenze economiche e sociali hanno subito un processo di degrado e abbandono.
Figura 3.7: a sinistra-- (in verde) Delibera GR IV 3859/1985. Individuazione delle aree di particolare interesse
ambientale a norma della legge n. 431/1985. Primo appoggio alla pianificazione paesistica su vasta scala: un
sistema coordinato di perimetrazione di aree riferibili a valenze di carattere morfologico, naturalistico, culturale,
definito ai sensi dell’art. 1 ter l. 431/1985. Immodificabilità dei luoghi compresi in aree assoggettate a vincolo
oggettivo e automatico ai sensi dell’art. 1 L. 431/1985 e delle aree già vincolate ex L 1497/39; (in rosa chiaro)
Delibera CR IV 394/1986: Zone del territorio regionale da assoggettare a Pianificazione paesistica-- a destra-- (in
verde) I parchi Regionali istituiti con la L.r. 32/1996
Inoltre non subiscono alcuna specifica limitazione per effetto del PPR le seguenti attività (comma 8):
-
manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia ed
eventuale ampliamento dei manufatti esistenti, nonché gli interventi ammessi nelle situazioni indicate al
comma 12, purché gli interventi siano rispettosi dell’identità e della peculiarità del costruito preesistente;
-
opere di adeguamento funzionale e tecnologico di impianti e infrastrutture esistenti;
-
utilizzazione agro-silvo-pastorale del suolo, ivi compresa la realizzazione di strutture aziendali connesse
all’attività agricola anche relative alle esigenze abitative dell’imprenditore agricolo;
-
opere relative alla bonifica montana, alla difesa idraulica, nonché tutti gli interventi di difesa della pubblica
incolumità e conseguenti a calamità naturali;
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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-
piccole derivazioni d’acqua, ove risulti comunque garantito il minimo deflusso vitale dei corpi idrici da
verificarsi anche in relazione ai criteri di cui alla d.g.r. n. 2121 del 15 marzo 2006;
-
opere di difesa dall’inquinamento idrico, del suolo, atmosferico ed acustico, previo studio di corretto
inserimento paesistico delle stesse;
-
eventuali nuove strade, necessarie per consentire l’accesso ad attività già insediate, realizzate nel rispetto
della conformazione naturale dei luoghi e della vegetazione, con larghezza massima della carreggiata di m.
3,50 e piazzole di scambio.
Le disposizioni dell’articolo 17 si applicano all’intero territorio compreso negli ambiti di cui al comma 1, anche al di
fuori delle aree vincolate paesaggisticamente, sono escluse dall’applicazione del dettato solo le aree ricomprese in
parchi regionali dotati di P.T.C. definitivamente approvati o nelle riserve naturali regionali dotate di piano di gestione.
Nelle aree ricomprese in riserve naturali e parchi regionali istituiti ma non dotati di strumenti di pianificazione
definitivamente approvati, valgono le disposizioni del presente articolo limitatamente agli aspetti non specificamente
disciplinati dalle norme di salvaguardia contenute nei relativi atti istitutivi o piani adottati.
3.6
Rete Ecologica Regionale
Con la deliberazione n. 8/8515 del 26 novembre 2008, la Giunta regionale ha approvato i prodotti realizzati nella 2°
fase del progetto Rete Ecologica Regionale, come già previsto nelle precedenti deliberazioni n.6447/2008
(documento di piano del PTR contenente la tavola di Rete Ecologica) e n.6415/2007 (prima parte dei Criteri per
l’interconnessione della Rete con gli strumenti di programmazione degli enti locali). Con la deliberazione n. 8/10962
del 30 dicembre 2009, la Giunta ha approvato il disegno definitivo di Rete Ecologica Regionale, aggiungendo l’area
alpina e prealpina.
La Rete Ecologica Regionale (RER), riconosciuta come infrastruttura prioritaria del Piano Territoriale Regionale,
costituisce strumento orientativo per la pianificazione regionale e locale.
In tale progetto sono stati prodotti due elaborati:
-
I documenti “RER – Rete Ecologica Regionale” e “Rete Ecologica Regionale – Alpi e Prealpi” che illustrano
la struttura della Rete e degli elementi che la costituiscono, rimandando ai settori in scala 1:25.000, in cui è
suddiviso il territorio regionale.
-
Il documento “Rete ecologica regionale e programmazione territoriale degli enti locali” fornisce indispensabili
indicazioni per la composizione e la concreta salvaguardia della Rete nell’ambito dell’attività di
pianificazione e programmazione.
Quasi tutto il territorio provinciale rientra in aree classificate dalla RER come Elementi di primo o di secondo livello ed
in parte anche in “Aree prioritarie per la biodiversità”. È individuato un corridoio regionale primario (per la maggior
parte ad alta antropizzazione e, solo nel comune di Sondalo e in parte nel comune di Valdisotto, a bassa o moderata
antropizzazione) lungo il corso del fiume Adda.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Figura 3.8: la Rete Ecologica Regionale nella Provincia di Sondrio
Le Aree prioritarie per la biodiversità individuate nella Provincia di Sondrio sono riportate nella tabella seguente.
Tabella 3.16: Aree prioritarie per la biodiversità in provincia di Sondrio (Fonte: RER Lombardia)
Nome area
Alta Val Chiavenna
Val Zerta e Val Bregaglia
Pian di Spagna, Lago di
Mezzola e Piano di Chiavenna
Descrizione generale
Interesse
L’Area Prioritaria è localizzata all'estremo nordoccidentale della provincia di Sondrio, confina su tre lati
(O, N, E) con la Svizzera e include il passo di Spluga,
l’abitato di Montespluga, il lago di Montespluga, il tratto
settentrionale del lago di Lei e numerose cime che
superano i 3.000 m s.l.m., quali Pizzi dei Piani (3149),
Pizzo Ferrè (3103), Pizzo Tambò (3275) e Pizzo di Emet
(3210). Il Passo dello Spluga tradizionalmente divide le
Alpi Lepontine dalle Alpi Retiche e, secondo la più
moderna ripartizione delle Alpi (classificazione SOIUSA),
divide le Alpi Occidentali dalle Alpi Orientali. Comprende
ambienti alpini di alta quota, con dominanza di boschi di
conifere, praterie e lande alpine, ambienti rocciosi,
ghiaioni, ghiacciai (ad es. Ghiacciaio del Pizzo Ferrè,
Ghiacciaio di Suretta).
Area alpina compresa nella media val Chiavenna, in
provincia di Sondrio. Ambienti alpini di alta quota, con
dominanza di boschi di conifere (abete rosso, abete
bianco), praterie e lande alpine, ambienti rocciosi,
ghiaioni.
Sistema di zone umide, corsi d'acqua, laghi e ambienti
prativi di fondovalle localizzati immediatamente a nord del
Lago di Como.
Area di grande interesse per la fauna alpina e per la
migrazione dell’avifauna che utilizza il Passo dello Spluga per
l’attraversamento delle Alpi. Si segnala la presenza di
endemismi alpini tra gli invertebrati. I principali elementi di
frammentazione sono costituiti da cavi aerei sospesi, che
possono costituire una minaccia sia per l’avifauna nidificante
(ad es. Fagiano di monte, Aquila reale) che per quella
migratoria, soprattutto se di grandi dimensioni (ad es. rapaci,
ardeidi).
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Area di grande interesse per la fauna alpina e per la
migrazione dell’avifauna che utilizza il Passo dello Spluga per
l’attraversamento delle Alpi. L’area comprende il sito Natura
2000 “Val Zerta”.
L'area comprende la RNR, SIC e ZPS Pian di Spagna e Lago
di Mezzola e il SIC Piano di Chiavenna ed è di importanza
internazionale per l'avifauna acquatica nidificante, migratoria e
svernante (sito Ramsar). E' inoltre di grande importanza per
ittiofauna ed erpetofauna.
Pagina 73
Nome area
Descrizione generale
Interesse
Vasta area alpina localizzata interamente in provincia di
Sondrio, lungo la dorsale retica al confine con la
Svizzera. L'Area Prioritaria ha come estremi la Val
Codera a O e il Pizzo Scalino a E.
Ospita una ricca avifauna legata gli ambienti tipicamente
alpini; tra le specie nidificanti si segnalano Aquila reale,
Fagiano di monte, Pernice bianca, Coturnice, Civetta nana,
Civetta capogrosso, Picchio nero. Per quanto concerne
l'entomofauna, l'area presenta un'elevata ricchezza di specie
con alto adattamento e particolarmente vulnerabili legate agli
ambienti peri-glaciali, nivali e sub-glaciali. I laghi presenti
risultano particolarmente importanti per gli Odonati. Area di
particolare interesse anche per la lepidotterofauna, sia dal
punto di vista quantitativo che qualitativo: le praterie alpine e i
prati stabili e pascolati presentano specie presenti in direttive
di protezione. L'area rientra tra i Parchi regionali la cui
istituzione è prevista dalla L.R. 86/83, con la denominazione
Parco del Bernina, del Disgrazia, della Val Masino e della Val
Codera, e comprende la più vasta Riserva Naturale Regionale
di Lombardia, quella della Val di Mello, e numerosi siti Natura
2000.
Varie tipologie di ambienti termofili (prati magri, boscaglie
termofile a Roverella), vigneti, ambienti rocciosi, arbusteti
submediterranei. Area importante soprattutto dal punto di vista
floristico, ornitologico ed entomologico. Comprende la RNR
delle Piramidi di Postalesio.
Si segnala la presenza di siepi e di alberi isolati, questi ultimi
di particolare importanza in quanto ospitanti Osmoderma
eremita e Cerambyx cerdo, due specie di interesse
comunitario. L'area comprende la RNR e sito Natura 2000
Bosco dei Bordighi.
Area di grande importanza per numerose specie faunistiche e
floristiche di interesse conservazionistico, di grande rilievo in
termini di area sorgente di biodiversità sia per la Lombardia
che, verosimilmente, per l'intero arco alpino. Gran parte
dell'Area Prioritaria è compresa nel PN dello Stelvio e/o in siti
Natura 2000.
Alpi Retiche
Versante xerico della Valtellina
Fondovalle della media
Valtellina
Alta Valtellina
L'area comprende la fascia altitudinale più bassa (fino a
circa 600 metri) del versante orografico destro della
Valtellina e quello sinistro della Valchiavenna (fascia dei
vigneti).
L'area comprende gli ambienti naturali e seminaturali
presenti lungo il fondovalle della Valtellina: vaste praterie
da fieno con arbusti, filari, ambienti golenali, incluse
piccole zone umide e lembi relitti di boschi ripariali (ad es.
Bosco dei Bordighi).
L'Area Prioritaria comprende ampi settori della testata
della Valtellina. Vi è rappresentata un'elevatissima
diversità di ambienti montani ed alpini quali praterie
montane da fieno, torbiere, boschi misti di latifoglie e di
conifere, lande alpine ad arbusti nani, laghetti alpini,
pozze di abbeverata, pascoli alpini, ambienti rocciosi,
ghiacciai.
Dorsale montana localizzata lungo il versante orografico
sinistro della Valtellina, tra Pian Gembro - Passo
dell'Aprica e il Passo del Mortirolo.
Aprica – Mortirolo
L'Area Prioritaria comprende l'intero massiccio orobico,
sia sul versante bergamasco che valtellinese e camuno.
Orobie
Area prevalentemente caratterizzata dalla presenza di foreste
di latifoglie (principalmente Fagus ) miste con conifere fino a
1200 m, poi conifere miste (principalmente Larix, Picea e
Pinus mugo e anche cembra ) fino a 1700-1800 m. e quindi
pascoli, praterie alpine e arbusteti alle quote più alte. Si
segnala inoltre la presenza di torbiere, in particolare in località
Pian Gembro. Comprende i siti Natura 2000 "Da Monte
Belvedere a Vallorda" e "Pian Gembro".
Area di importanza internazionale per la presenza di vaste
estensioni di ambienti in ottimo stato di conservazione, che
ospitano numerose specie di interesse conservazionistico e un
elevato numero di endemismi, soprattutto per quanto concerne
gli invertebrati e la flora. Tra i vertebrati si segnala la presenza
di specie di grande interesse quali Orso bruno, Gallo cedrone,
Aquila reale, Pellegrino, Gufo reale, Re di quaglie (nidificante),
Salamandra alpina, Ululone ventre giallo, Lucertola vivipara,
ecc. Particolarmente interessanti anche per i Lepidotteri, sia
per la quantità che per la qualità di specie trovate ed alcune
sono inserite in direttive comunitarie come Parnassius apollo,
Parnassius mnemosyne e Maculinea arion, altre di particolare
pregio conservazionistico come Apatura iris e Limenitis populi.
Area importante per gli Odonati; ospita specie molto scarse in
Italia, con popolazioni frammentate, quali Coenagrion
hastulatum, Aeshna juncea, Cordulia aenea, Leuchorrinia
dubia, Somatochlora alpestris, Somatochlora arctica. L'area
presenta infine numerosi torrenti di montagna in buono stato di
conservazione, che ospitano tra le più importanti popolazioni
lombarde di Gambero di fiume.
Il corridoio regionale primario individuato è quello relativo al Fiume Adda di Valtellina.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 74
Per l’attuazione della RER la normativa rimanda al PTR del 11/12/2007 (Dgr 16 gennaio 2008 – n° 6447) a pag. 40,
paragrafo “Rete Ecologica Regionale (ob. PTR1,10, 14, 17, 19).
Tabella 3.17: stralcio del Documento di Piano del PTR relativo alla RER
Rete Ecologica Regionale (ob. PTR 7, 10, 14, 17, 19)
La Rete Ecologica Regionale (RER) è la modalità per raggiungere le finalità previste in materia di biodiversità e servizi ecosistemici, a partire dalla Strategia di
Sviluppo Sostenibile Europea (2006) e dalla Convenzione internazionale di Rio de Janeiro (5 giugno 1992) sulla diversità biologica.
Essa viene costruita con i seguenti obiettivi generali:
•
riconoscere le aree prioritarie per la biodiversità
•
individuare un insieme di aree e azioni prioritarie per i programmi di riequilibrio ecosistemico e di ricostruzione naturalistica
•
fornire lo scenario ecosistemico di riferimento e i collegamenti funzionali per: l’inclusione dell’insieme dei SIC e delle ZPS nella Rete Natura 2000
(Direttiva Comunitaria 92/43/CE); il mantenimento delle funzionalità naturalistiche ed ecologiche del sistema delle Aree Protette nazionali e regionali;
l’identificazione degli elementi di attenzione da considerare nelle diverse procedure di Valutazione Ambientale
•
articolare il complesso dei servizi eco sistemici rispetto al territorio, attraverso il riconoscimento delle reti ecologiche di livello provinciale e locale.
La dimensione della Rete si sviluppa a livello regionale inquadrandosi nel più vasto scenario territoriale ambientale delle regioni biogeografiche alpina e padana
attraverso uno schema direttore che individua:
•
siti di Rete Natura 2000
•
Parchi, Riserve naturali, Monumenti naturali e Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (PLIS)
•
principali direttrici di frammentazione dei sistemi di relazione ecologica
•
ambiti prioritari (gangli) di riqualificazione in contesti ecologicamente impoveriti
•
corridoi ecologici primari, da conservare ovvero ricostruire mediante azioni di rinaturazione
•
principali progetti regionali di rinaturazione.
La traduzione sul territorio della RER avviene mediante i progetti di Rete Ecologica Provinciale e Locali che, sulla base di uno specifico Documento di Indirizzi,
dettagliano la RER.
I principali obiettivi correlati alla definizione della Rete Ecologica ai diversi livelli sono:
•
il consolidamento ed il potenziamento di adeguati livelli di biodiversità vegetazionale e faunistica
•
la realizzazione di nuovi ecosistemi o di corridoi ecologici funzionali all’efficienza della Rete, anche in risposta ad eventuali impatti e pressioni esterni
•
la riqualificazione di biotopi di particolare interesse naturalistico
•
la previsione di interventi di deframmentazione mediante opere di mitigazione e compensazione ambientale
•
l’integrazione con il Sistema delle Aree Protette e l’individuazione delle direttrici di permeabilità verso il territorio esterno rispetto a queste ultime.
Negli elementi primari della RER (corridoi e gangli) si applicheranno i seguenti principi:
•
le aree della RER costituiscono sito preferenziale per l’applicazione di misure ambientali e progetti di rinaturazione promossi da Regione Lombardia
•
costituiscono sito preferenziale per l’individuazione di nuovi PLIS
•
le trasformazioni in grado di compromettere le condizioni esistenti di naturalità e/o funzionalità ecosistemica (connettività ecologica, produzione di
biomasse in habitat naturali,…) sono in genere da evitare accuratamente. Qualora in sede di pianificazione locale venga riconosciuta una indubbia
rilevanza sociale, le trasformazioni su dette aree sensibili potranno essere realizzate solo prevedendo interventi di compensazione naturalistica, da
eseguire sullo stesso elemento della rete (corridoi o gangli primari). Gli interventi collocati entro un corridoio primario dovranno in ogni caso garantire che
rimanga permeabile una sezione trasversale non inferiore al 50% della sezione prevista dalla RER.
Nella tabella che segue si riporta inoltre quanto previsto dall’Allegato 7 alla Dgr n°8/10962 del 30 dicembre 2009.
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Tabella 3.18: Allegato7 della Dgr 26 novembre 2008 n. 8515 come modificata dalla Dgr n°8/10962 del 30-12-2009 e
da Errata Corrige giugno 2010
3.7
Programma di Tutela e Uso delle Acque
Il Programma di Tutela e Uso delle Acque della Regione Lombardia (PTUA) ha l'obiettivo di tutelare e valorizzare
l'acqua, risorsa fondamentale per la vita e lo sviluppo; esso organizza le conoscenze sulla disponibilità delle risorse,
sugli apporti inquinanti ai corpi idrici e indica un insieme organico di misure, per raggiungere gli obiettivi di qualità
definiti dal Consiglio Regionale nell'Atto di indirizzi per la politica delle acque. In estrema sintesi il PTUA introduce
norme ed azioni mirate alla razionalizzazione dell'utilizzo della risorsa idrica, al miglioramento della qualità dell'acqua
superficiale e sotterranea.
In merito al territorio della provincia di Sondrio, ai fini di una valutazione del Piano Faunistico Venatorio, può essere
interessante prendere in considerazione quanto dice il PTUA riguardo alla qualità del fiume Adda ed alla possibile
riqualificazione ambientale del corso idrico, anche per quanto riguarda la disponibilità di acqua per la fauna terrestre,
da considerasi come conseguenza di una corretta gestione e valutazione del DMV.
Come riportato nella Tavola 2 del PTUA, il Fiume Adda è classificato con uno stato ambientale Buono nella parte
iniziale del suo corso e nel tratto finale prima di entrare nel Lago di Como, mentre il tratto di fiume che attraversa la
Valtellina è classificato come Sufficiente. Il Fiume Mera ha sempre uno stato ambientale Buono, mentre il Lago di
Como ed il Lago di Mezzola presentano uno stato ambientale Sufficiente.
Gli obiettivi di qualità per il fiume Adda sono riassunti nella Tabella 3.19.
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Figura 3.9: estratto dalla tavola 2 – Classificazione dei corpi idrici superficiali significativi – Quadro D SACA (fonte:
PTUA)
Tabella 3.19: Obiettivi previsti per i corsi d’acqua significativi (Fonte: PTUA)
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Figura 3.10: estratto dalla tavola 11 – Riqualificazione ambientale dei principali corsi d’acqua naturali (fonte: PTUA)
Secondo quanto riportato nel PTUA, il fiume Adda nella sua porzione che scorre in provincia di Sondrio è classificato
come Rpot per quanto riguarda la zonizzazione per la riqualificazione; in particolare, per queste zone Rpot, il PTUA
precisa che è previsto “il miglioramento delle caratteristiche dei tratti classificati come Rpot mediante l’adozione di un
approccio integrato per la valutazione degli interventi di difesa del suolo, riqualificazione e fruizione, oltre che di
infrastrutturazione e gestione delle risorse idriche”.
Tabella 3.20: Caratterizzazione e vision per l’Adda sopralacuale (Fonte: Allegato 13 al PTUA)
Caratterizzazione dell’Adda sopralacuale
Tratti: l’Adda sopralacuale, la cui lunghezza complessiva è di circa 115 Km, è stato suddiviso in 19 tratti che hanno quindi una lunghezza media di circa 6 km.
Naturalità fisica-morfologica: l’Adda sopralacuale conserva una buona naturalità fisico morfologica nei tratti 1 e 2 compresi fra il Lago di Cancano e Verzedo,
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nel tratto 12 e nei tratti 14, 15, 16 compresi fra San Giacomo e Mantello. Nei restanti tratti la naturalità è molto ridotta ed in particolare in quelli inseriti in aree a
contesto urbano come nel caso dei tratti 7 e 8, fra Lovero e Stazzona.
Salute: la salute complessiva risulta piuttosto compromessa con un evidente GAP. In gran parte questa situazione sembra dipendere dai valori molto bassi che
raggiungono gli attributi rapporto con la piana, vegetazione e regime idrologico. Questo è in parte legato alla forte antropizzazione dell’area perifluviale e alle
massicce opere di contenimento realizzate. L’altra fascia di problemi è legata alla considerevole compromissione del regime idrologico ed allo stato qualitativo
non ottimale delle acque. Buono invece lo stato complessivo della fauna ittica.
Rilevanza naturalistica: l’Adda sopralacuale presenta zone rilevanti dal punto di vista naturalistico. Vi è la presenza di un parco nazionale nei tratti 1 e 2 e di
alcune zone ZPS e SIC nei tratti 1, 10, 18 e 19. Interessanti sono le Riserve regionali "bosco dei Bordighi" con boschi ripariali ed elevata naturalità e con specie
botaniche poco diffusa (la felce "Matteuccia struthiopteris") e una notevole diversità faunistica. È presente inoltre la Riseva Regionale Pian Gembro, zona
umida molto interessante, costituita da una torbiera di transizione a dossi di sfagni, molto rara in Italia. L'interesse floristico é notevole per la presenza di alcune
specie rare.
Natura: il valore “natura” dell’Adda sopralacuale risulta alquanto ridotto in tutti i tratti: infatti anche nei tratti intermedi (10-11-12, tra Crotti e Bachet) dove la
salute raggiunge valori leggermente migliori, l’indice natura rimane basso per gli scarsi valori della rilevanza naturalistica e della naturalità fisico-morfologica. I
problemi maggiori comunque, se si esclude il tratto 1 compreso fra il Lago di Cancano e la confluenza con il torrente Viola, riguardano sicuramente la parte
montana, ed in particolare i tratti a valle della confluenza con il Torrente Viola e a monte di Stazzona.
Vision e linee di azione
Rispetto all'obiettivo natura, la parte sopralacuale del fiume Adda presenta un quadro piuttosto complesso e articolato, all'interno del quale il grado di
artificializzazione imposta al corso d'acqua e l'alterazione del suo regime idrologico giocano un ruolo di grande rilievo (nessuno dei 19 tratti analizzati nel corso
dello studio risulta "OK", mentre tutti i tratti sono stati classificati come "R-pot").
Per l'Adda sopralacuale il livello di protezione esistente, determinato dalla presenza di opere idrauliche, si è definito in misura significativa a seguito
dell’alluvione del luglio 1987 ed è il risultato di interventi realizzati con carattere di urgenza immediatamente dopo l’evento alluvionale e di opere successive
costruite ad implementazione di una legislazione ad hoc.
L’artificialità insistente sull'alveo, con la presenza di difese spondali, di opere trasversali come dighe, briglie e pennelli, ha in effetti ormai conferito all'Adda una
fisionomia più da canale che da fiume, con conseguenze negative per la salute del corso d'acqua, in particolare per ciò che concerne il RAPPORTO CON LA
PIANA, la VEGETAZIONE e l' EQUILIBRIO GEOMORFOLOGICO.
Alle modifiche operate sulla naturalità morfologica di questo corso d'acqua, attribuibili agli interventi artificializzanti, va ad aggiungersi l'alterazione del suo
REGIME IDROLOGICO, che lascia al fiume una portata naturale solo per brevi tratti. Numerosi sono i serbatoi artificiali e le derivazioni idriche insistenti
sull'Adda sopralacuale, tanto che, a titolo di esempio, lo sfruttamento delle risorse idriche in Provincia di Sondrio ha già raggiunto livelli prossimi alla
saturazione, interessando oltre il 90% del territorio. Al pari dell'artificializzazione, anche la modifica del naturale regime idrologico comporta gravi squilibri per il
corso d'acqua, determinando, in casi critici, la mancanza delle condizioni ambientali necessarie per la sopravvivenza delle biocenosi acquatiche (oltre
all'ulteriore effetto di aggravare l'inquinamento e di peggiorare le condizioni igieniche nei casi di scarsità di portate idriche).
Certamente le opere di protezione esistenti sull'Adda sopralacuale, rivolte, oltre che alla difesa degli abitati e delle vie di comunicazione lungo il fondovalle, alla
regimazione del trasporto solido ed alla stabilizzazione al piede dei versanti adiacenti all’alveo, rivestono un ruolo fondamentale per la sicurezza idraulica. Ciò
tuttavia non toglie che vi siano ancora notevoli margini per perseguire tale obiettivo, preoccupandosi al contempo di salvaguardare e migliorare, per quanto
possibile, la salute del fiume.
Interventi orientati in tal senso, siano essi di tipo strutturale o non strutturale, costituiscono certamente un aspetto fondamentale della VISION per l'Adda
sopralacuale e vanno intesi principalmente nell'ottica di:
-
ridare spazio al fiume, individuando quelle località che consentirebbero di recuperare zone di espansione del corso d'acqua (ottenendo del
riduzione rischio idraulico mediante controllo del deflusso di piena in apposite aree e apporto di benefici a vegetazione, rapporto con la piana, ecc.)
-
arrestare la tendenza alla continua occupazione delle aree di esondazione del fiume, vincolandole e tutelandole (attraverso revisione degli
strumenti urbanistici nelle aree di riconosciuta pericolosità, azioni di natura normativa per la salvaguardia degli ambiti fluviali, così come suggerisce
il P.A.I. dell'Autorità di Bacino del Po). Nella VISION dell'Adda sopralacuale rientra anche una migliore gestione del regime idrologico, mirata ad
incrementare le portate laddove vengano registrate condizioni di carenza idrica (attraverso revisione delle concessioni) e a trovare accordi con il
settore idroelettrico affinché venga prestata una maggior attenzione ai problemi ambientali (garanzia dei deflussi minimi e controllo sulle operazioni
di svaso dei bacini artificiali onde evitare, rispettivamente, esasperate variazioni del volume idrico giornaliero nonché sversamenti di grandi quantità
di sedimenti a valle degli invasi).
Allo scopo di assicurare l’equilibrio del bilancio idrico e mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli
ecosistemi interessati, le derivazioni da corso d’acqua naturale sono regolate dall’Autorità concedente prevedendo
rilasci a valle delle opere di presa, mediante opportuna regolazione delle stesse, volti a garantire il deflusso minimo
vitale (DMV), che costituisce la portata che, in un corso d’acqua, deve essere presente a valle delle captazioni idriche
al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati.
Dai risultati ottenuti dalle analisi effettuate per la definizione del DMV, si ritiene che una portata dell’ordine del 10%
della portata media annua naturale possa essere assunta, in prima approssimazione e nei limiti dei dati disponibili,
come valore di riferimento della componente idrologica del DMV.
Nel bacino dell’Adda sopralacuale si è osservato un significativo livello di antropizzazione delle portate, dovuto
soprattutto agli usi idroelettrici nei bacini montani. Il PTUA segnala pertanto un caso di criticità nel bacino dell’Adda
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sopralacuale nei tratti dell’Adda a monte di Villa di Tirano, tra Ardenno e Monastero e nel Torrente Mallero,
evidenziato dalle elaborazioni idrologiche che si riferisce agli aspetti quantitativi nei tratti in cui si individuano riduzioni
rilevanti della portata media mensile rispetto alla portata media naturale. Si rimanda al Capitolo 6 della relazione del
PTUA per maggiori approfondimenti.
Tale questione è anche analizzata dal Piano di Bilancio idrico allegato al PTCP.
3.8
Programma di Sviluppo rurale 2007-2013
1
Il Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Lombardia è lo strumento che mette a disposizione delle
imprese agricole e di trasformazione una serie di misure a sostegno degli investimenti e di azioni agroambientali
finalizzate ad orientare lo sviluppo rurale della regione secondo le finalità politiche comunitarie.
Le linee di azione del PSR 2007-2013 di Regione Lombardia sono declinate nei 4 assi e in 22 misure più l'approccio
Leader. Ogni misura riguarda una determinata categoria di interventi destinati prevalentemente alle aziende agricole
della Lombardia:
Asse 1 – Migliorare la competitività del settore agricolo e forestale
Individua misure a sostegno degli investimenti per le imprese con la finalità di migliorare la competitività di questi
settori, nel rispetto dell'ambiente. Il FEASR punta al trasferimento di conoscenze, alla modernizzazione,
all'innovazione e alla qualità della filiera alimentare, garantendo nel contempo uno sviluppo sostenibile delle strutture.
L'asse finanzia interventi di formazione professionale degli agricoltori, il sostegno all'insediamento dei giovani in
agricoltura, l'ammodernamento delle aziende agricole (di edifici, attrezzature ...) e delle industrie alimentari, o ancora
la gestione sostenibile e multifunzionale delle foreste.
Asse 2 - Migliorare l'ambiente e lo spazio rurale
Si compone di interventi a sostegno di servizi agroambientali e silvoambientali che le aziende svolgono dietro
compenso specifico (premio) quali per esempio l'attività agricola in aree svantaggiate naturalmente, azioni a favore
dell'aumento della fertilità del suolo, della riduzione degli input chimici e della conversione all'agricoltura biologica,
della gestione sostenibile dei prati e pascoli in pianura e collina e della loro conservazione ai fini della biodiversità, la
creazione e il mantenimento di filari, boschetti, fasce tampone e fontanili, la conservazione della biodiversità delle
risaie, ect.
Asse 3 - Qualità della vita e diversificazione dell'economia nelle zone rurali
Per favorire lo sviluppo economico e l’occupazione nelle zone rurali, l'asse si compone di misure quali per esempio il
sostegno alla creazione di micro imprese o lo sviluppo del turismo e delle energie rinnovabili.
Asse 4 - Attuazione dell'approccio Leader
Promuovere partenariati tra soggetti pubblici e privati, tramite costituzione di Gruppi di Azione Locale (GAL), è
l'obiettivo di questo asse al fine di realizzare progetti di sviluppo locale integrati attraverso l’adesione a misure dei tre
assi precedenti.
1
Approvato per la prima volta dalla Commissione europea il 16 ottobre 2007 con Decisione n. 4663 è stato successivamente adeguato in coerenza
alle mutate esigenza del settore agricolo e secondo le priorità dettate dalla riforma della Politica Agricola Comune 2009 (Health Check) e dalla
strategia europea anticrisi (European Economic Recovery Plan) con Decisione n. 10347 del 17 dicembre 2009. In conseguenza alle modifiche la
somma a diposizione del PSR 2007-2013 per la Lombardia è aumentata dagli iniziali 900 agli attuali 1.025 milioni di euro. Di questa cifra 471 milioni
sono fondi comunitari e 554 milioni sono fondi statali e regionali.
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Figura 3.11: la Territorializzazione degli interventi del PSR (fonte: PSR 2007-2013)
La provincia di Sondrio ricade nella Zona D (aree rurali con problemi complessivi di sviluppo) eccezion fatta per l’area
di Sondrio che è classificato in Zona A (Poli urbani).
Per quanto riguarda la Zona D, dalla Guida Rapida del PSR 2007-2013 si evince quanto segue:
“In questo gruppo ricade tutta la montagna con più spiccate caratteristiche di ruralità e la collina significativamente
rurale. In queste aree la priorità più rilevante è quella del mantenimento dell’attività agricola e forestale attraverso
meccanismi di sostegno che incentivino quelle formule produttive in grado di massimizzare le esternalità positive.
Inoltre è necessario favorire l’integrazione dell’azienda agricola nell’ambito del sistema produttivo e del patrimonio
locale. È anche prioritario favorire la diversificazione e la creazione di poli locali di sviluppo integrato nei quali creare
sinergia tra attori ed interventi singolarmente troppo deboli per invertire la spirale della marginalità.”
La provincia di Sondrio, inoltre, è classificata anche come Territorio Asse 4 – Leader.
Tra le misure previste dal PSR nei diversi assi di azione, si riportano di seguito le schede sintetiche di quelle
direttamente applicabili ai territori della Zona D, di diretto interesse per la provincia di Sondrio; si specifica che,
comunque, quasi tutte le misure previste dal PSR cono applicabili a tutto il territorio regionale pertanto quelle non
riportate di seguito sono comunque valide anche per l’area della provincia di Sondrio.
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3.8.1
Misure relative all’ASSE 1
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3.8.2
Misure relative all’ASSE 2
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Le azioni previste nell’Asse 3 sono tutte applicabili al territorio della provincia di Sondrio mentre le azioni dell’Asse 4
– Leader devono essere valutate a seconda dei fabbisogni emersi.
3.9
Piano Faunistico Venatorio regionale
Attualmente la Regione Lombardia non dispone di un Piano Faunistico Venatorio approvato definitivamente. Il PFV
regionale al quale si fa riferimento nel piano è quello redatto e pubblicato nel 2001, ufficialmente fornito dalla Regione
Lombardia.
La predisposizione del PFV regionale, con ogni probabilità, avverrà in futuro una volta terminato l’aggiornamento e la
revisione in atto della legge regionale vigente che disciplina l’esercizio venatorio (L.r. 26/1993).
3.10 Piano Regionale degli Alpeggi
Gli alpeggi costituiscono un esteso e complesso sistema territoriale (complessivamente 220.000 ettari circa), che
svolge non solo la primaria e fondamentale funzione produttiva, ma anche funzioni ambientali, paesaggistiche,
turistiche, storico-culturali, etc.. L'alpeggio è quindi un ambito territoriale ed economico con un grande punto di forza
costituito dalla sua multifunzionalità, sebbene la sua sopravvivenza dipenda proprio dal mantenimento della funzione
produttiva, che in secoli di attività ha trasformato il paesaggio di montagna e dato solide radici alle tradizioni e alla
cultura delle popolazioni montanare. Mantenere l'importanza produttiva degli alpeggi e dei pascoli montani è pertanto
indispensabile per conservare tutti i valori sociali ed ambientali di cui l'alpicoltura è portatrice.
Il Piano Regionale degli Alpeggi rappresenta un complemento del Piano Agricolo Regionale e deve essere
considerato come documento settoriale di riferimento anche da parte delle Province nella redazione dei Piani agricoli
provinciali. Il P.R.A. è stato approvato dalla Giunta regionale con deliberazione n. VII/16156 del 30 gennaio 2004 e
pubblicato sul B.U.R.L. n. 7, 1° supplemento straordinario, del 10 febbraio 2004.
Il Piano Regionale degli Alpeggi conferisce organicità e razionalità all’azione pubblica per il sostegno dell’alpicoltura,
mediante l'elaborazione di specifici criteri e linee guida; l’obiettivo principale del piano è pertanto quello di mantenere
per il futuro una presenza significativa dell’alpicoltura, contrastando il processo di abbandono in atto.
Dalla Sintesi del Piano si possono estrarre i seguenti obiettivi generali.
“Per il sistema degli alpeggi gli obiettivi sono:
•
continuare l’azione di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro mediante i necessari interventi
strutturali ed infrastrutturali nelle malghe. In particolare occorre completare l’adeguamento igienico-sanitario
dei fabbricati, ai sensi del d.p.r. 54/97 e delle linee guida approvate dalla Regione Lombardia con d.g.r. 19
marzo 1999, n. 42036, indispensabile per continuare a produrre formaggio in alpeggio;
•
migliorare la gestione in alpeggio, attraverso l’adozione di piani di gestione, l’assistenza tecnica, la
divulgazione, la formazione e l’aggiornamento professionale;
•
qualificare, promuovere e valorizzare i prodotti caseari tradizionali e tipici degli alpeggi;
•
riconoscere, sostenere e valorizzare il ruolo multifunzionale dell’alpicoltura,
per il sistema delle aziende:
•
contrastare il forte processo di abbandono in atto mediante aiuti finanziari, finalizzati a migliorare le
condizioni di lavoro, ammodernare e razionalizzare i processi produttivi nelle aziende agricole,
migliorandone la redditività;
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•
migliorare sotto l’aspetto quali-quantitativo le produzioni ed agevolare la loro collocazione sul mercato,
mediante il conferimento a locali centri di trasformazione e commercializzazione;
•
sviluppare e valorizzare la professionalità degli imprenditori e degli operatori agricoli;
•
favorire la diversificazione delle attività delle aziende;
•
favorire l’insediamento di giovani agricoltori;
•
recuperare all’alpicoltura le aziende che, per scelte valutabili a posteriori come erronee, si sono uniformate
ai modelli di pianura e che difficilmente in futuro potranno competere con la pianura e la loro riconversione a
modelli “alpini” appare una via obbligata, oltre che dettata da convenienze di carattere ambientale.”
Relativamente ai fabbricati d’alpe, soprattutto quelli dove si produce formaggio, sono stati realizzati molti interventi di
sistemazione, ma ne restano ancora da realizzare per adeguarli alle norme igienico sanitarie, di cui al DPR 54/97.
Il Piano definisce poi una serie di strategie ed azioni per il sostegno e lo sviluppo degli alpeggi, tra cui interventi
normativi, regolamentari ed amministrativi, interventi strutturali ed infrastrutturali, intereventi per la conservazione ed
il miglioramento dei pascoli ed il recupero delle superfici abbandonate ed interventi per lo sviluppo delle attività
turistiche ed agrituristiche in alpeggio e per la rivitalizzazione degli alpeggi.
3.11 Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale
Il PTCP contiene una serie di indirizzi e criteri, la cui precisazione e traduzione operativa è affidata alla successiva
definizione che deve essere compiuta dalla pianificazione comunale, delle Comunità montane e della Provincia
stessa, con prescrizioni sia grafiche che normative, immediatamente prevalenti rispetto alle previsioni degli strumenti
urbanistici vigenti.
In relazione alle strategie fondamentali assunte dal PTCP, vengono avviati e progressivamente sviluppati dalla
Provincia, piani, progetti e studi di settore.
Il PTCP è stato approvato in data 1 marzo 2010 con la Deliberazione del Consiglio provinciale n°4 ed è divenuto
efficace con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - Serie Inserzione e Concorsi - N. 14 avvenuta in data 7 aprile 2010.
Nel percorso di integrazione si è cercato di mantenere il più possibile le scelte progettuali già contenute nel Piano
adottato, integrandole con la necessità di revisione indotta dalle nuove disposizioni normative sopraggiunte.
Il Piano territoriale di Coordinamento Provinciale risulta oggi costituito dai seguenti elaborati:
A1
B1
Tav 1.1
Tavv. 2
Tavv. 3
Tavv. 4
Tav. 5.1
Tavv. 6
Tavv. 7
Tavv. 8
Piano di Bilancio Idrico (PBI)
VAS
Studio di incidenza
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Relazione
Norme di attuazione
Inquadramento territoriale
Uso del suolo e previsioni urbanistiche
Elementi conoscitivi dell’assetto geologico
Elementi paesistici e rete ecologica
Unità tipologiche di paesaggio
Previsioni progettuali strategiche
Mobilità e reti tecniche
Vincoli di natura geologica e idrogeologica
Relazione tecnica
Tav. 1-6
Rapporto Ambientale
Sintesi non tecnica
Studio di incidenza
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Tav. 1-12
Dichiarazione finale di sintesi
In generale nella Relazione del Piano viene segnalato che “Le direzioni di sviluppo più fondate nella storia economica
della Provincia: l’agricoltura e la trasformazione dei suoi prodotti, i servizi per il turismo e, in genere quelli di natura
terziaria, senza naturalmente dimenticare alcuni importanti settori industriali, possono essere una combinazione
solida e vincente. Per queste ragioni il piano è totalmente orientato ad individuare tutte le strozzature da rimuovere e
le ulteriori opportunità da sfruttare per potenziare le direzioni di sviluppo già individuate, cercando di garantire una
crescita economica totalmente sinergica alla tutela, ed anzi al miglioramento della qualità ambientale.”
In sintesi gli Obiettivi Strategici del PTCP sono i seguenti:
Tabella 3.21: obiettivi strategici del PTCP
Valorizzazione e tutela delle
peculiarità
paesistico
ambientali
Miglioramento
dell’accessibilità
Razionalizzazione dell’uso
delle
acque
e
riqualificazione dei corpi
idrici
Razionalizzazione dell’uso
del territorio
Riqualificazione territoriale
Innovazione delle reti
Innovazione
dell’offerta
turistica
Valorizzazione
e
salvaguardia dell’agricoltura
promuovendo le componenti ambientali del territorio provinciale, attribuendo ad esse valenza di risorsa
paesaggistica, storico, culturale, nonché fattore di produzione del reddito. La molteplice valenza di tali
risorse comporta un equilibrio corretto tra la necessità di tutela e la valorizzazione dei territori, con lo scopo
di tradurre le azioni di tutela in un vantaggio economico utilizzabile sia dal turismo che dall’agricoltura.
Il PTCP al riguardo analizza e costruisce gli elementi di significativo valore ambientale e le eccellenze
territoriali, introducendo una normativa che risponda all’esigenza di tutela e valorizzazione delle peculiarità
paesistico ambientali diffuse.
sia riguardo ai collegamenti strategici di scenario interessanti i sistemi interregionali e transfrontalieri che
quelli riguardanti la riqualificazione degli assi viari delle strade statali SS.36 e SS 38.
Il Piano affronta le prospettive di scenario relativamente ai collegamenti interregionali ed internazionali,
rappresentati dalle ipotesi di traforo ferroviario lungo la direttrice Mesolcina-Ticino e del traforo del Mortirolo
per il collegamento del tiranese e dell’Alta Valtellina con la provincia di Brescia. Punto essenziale è
comunque la previsione dell’intero progetto di riqualificazione delle Strade Statali SS.36 e SS. 38.
quali elementi costitutivi del paesaggio montano e vallivo, attraverso la predisposizione di un Piano di Bacino
che analizzi le complesse relazioni di criticità del sistema idrico connesse agli usi plurimi della risorsa, al
coordinamento delle pianificazioni, alle ripercussioni paesistico ambientali.
con l’obiettivo di riduzione del consumo di suolo, ottimizzazione delle scelte localizzative, sviluppo della
cooperazione intercomunale.
Le problematiche riguardo alla necessità di razionalizzazione dell’uso del suolo emergono dalla lettura dei
processi di trasformazione in atto, che hanno prodotto una trasformazione importante del tessuto urbano
consolidato senza la presenza di una razionalizzazione degli insediamenti produttivi di valenza
sovracomunale. Il PTCP al riguardo prevede norme orientate alla razionalizzazione dell’uso del suolo e dei
rapporti tra gli enti locali.
finalizzata a rimuovere le principali criticità paesaggistiche esistenti, che hanno determinato ambiti di
degrado e di compromissione paesaggistica del territorio; il piano introduce indirizzi per la pianificazione
comunale tesi a ridurre i fenomeni antropici quali la destrutturazione delle frange urbane e periurbane, la
formazione delle conurbazioni e l’abbandono dei nuclei storici.
attraverso lo sviluppo delle tecnologie delle comunicazioni e razionalizzazioni delle reti di trasporto
dell’energia, che costituiscono un elemento di degrado paesistico ambientale diffuso sul territorio provinciale.
finalizzata alla diversificazione dell’offerta integrata orientata alla maggiore sostenibilità e allo sviluppo
diffuso.
nel rispetto della molteplicità delle sue funzioni, riconoscendone il ruolo svolto nella conservazione del
paesaggio (che nel Piano adottato era avvenuto con l’identificazione delle zone agricole di fondovalle e di
mezzacosta, dei varchi inedificabili, del paesaggio dei terrazzamenti, delle conoidi) in un’ottica più estesa di
articolazione del sistema rurale paesistico ambientale e mediante l’introduzione di specifiche normative di
tutela e di indirizzi per i comuni.
I contenuti paesistici ed ambientali del PTCP sono sviluppati nei contesti riportati nella tabella seguente.
Tabella 3.22: contesti tramite i quali sono sviluppati i contenuti paesistici ed ambientali del PTCP
Contesti
Ambiti ad elevata valenza ambientale
Elementi
Aree naturali protette, Parchi, Riserve, Monumenti naturali
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Contesti
Eccellenze territoriali
Elementi costituenti l’assetto geologico,
idrogeologico e sismico
Elementi e fattori di compromissione del
paesaggio
Unita tipologiche di paesaggio
Elementi
Aree assoggettate ai vincoli paesaggistici e alle disposizioni dell’art 17 del Piano del paesaggio lombardo
Aree di particolare interesse naturalistico e paesistico
Rete Natura 2000
Geositi
Sistema a rete dei collegamenti funzionali (rete ecologica)
Varchi o corridoi paesistico-ambientali
Aree di naturalità fluviale
Viste attive e passive
Centri storici dei nuclei antichi
Edifici e manufatti di valore storico e culturale
Terrazzamenti
Itinerari di interesse paesistico, turistico e storico
Aree di particolare interesse geomorfologico
Conoidi di deiezione
Forre
Cascate
Siti Unesco
Assetto idrogeologico e difesa del suolo
Fasce fluviali
Aree interessate da dissesto idraulico ed idrogeologico
Aree a rischio idrogeologico molto elevato
Classificazione sismica dei Comuni
Frange urbane destrutturate, aree degradate
Elettrodotti
Aree industriali logistiche e dei distretti industriali
Ambiti sciabili
Aree estrattive in attività ed alle aree abbandonate
Impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti
Inquinamento acustico atmosferico e luminoso
Paesaggio delle energie di rilievo
Paesaggio di fondovalle
Paesaggio di versante
Paesaggi dei laghi insubrici
Valli aperte antropizzate
Nel PTCP vengono poi trattati in modo specifico:
•
la componente agricola (individuando gli Ambiti agricoli strategici, indicando i criteri per la definizione degli
ambiti agricoli comunali, i rapporti con i Piani di Indirizzo Forestale e dettando normative specifiche per
l’edificazione nelle zone agricole);
•
le infrastrutture a rete (stradali e ferroviarie e relative fasce di rispetto, per il trasporto dell’energia, di
telecomunicazione, strade di montagna, sentieristica e piste ciclabili, impianti d’alberature d’insieme);
•
interventi di rilevanza sovra comunale (poli attrattori e aree conurbate, aree industriali ed artigianali di
espansione di livello sovracomunale, sistema distributivo commerciale, servizi di livello intercomunale, aree
sciistiche, rifugi e bivacchi, servizi telematici, smaltimento dei rifiuti);
•
piano di bilancio idrico (con il quadro conoscitivo e la disciplina per le derivazioni d’acqua da corpi idrici
superficiali e sotterranei).
Di particolare importanza ai fini della pianificazione faunistico venatoria è la Rete Ecologica provinciale presentata
nella Tav.4 del PTCP e l’individuazione delle aree di particolare interesse naturalistico e paesaggistico (Tav. 6 del
PTCP).
La Rete Ecologica provinciale, insieme alle aree agricole strategiche individuate dal PTCP sono riportate nella Tavola
4 allegata al presente Rapporto Ambientale.
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Tabella 3.23: stralcio delle NTA di interesse del PTCP
Elementi
Stralcio delle NTA del Piano
Aree di particolare interesse
naturalistico e paesaggistico
a) disposizioni generali:
(Art. 8)
a1) è vietata l’introduzione di specie animali e vegetali diverse da quelle già presenti ai sensi dell’art. 12, comma 3, del dpr
8.9.1997, n.357, e successive modificazioni;
a2) sono da evitare:
…;
- ogni tipo di raccolta delle specie viventi, fatta eccezione per le piante incluse nei tipi di vegetazione di interesse pastorale
(prati falciati, pascoli) e silvicolturale, nel rispetto delle pratiche colturali e dei piani di assestamento e fatta eccezione altresì
per lumache e rane se e in quanto previsto dal piano di gestione della singola area protetta;
- la frequentazione di mezzi motorizzati di ogni genere (autoveicoli, motoveicoli, motoslitte, ecc.) ad eccezione di quelli
strettamente necessari per le operazioni di soccorso alpino e per la conduzione degli edifici già esistenti e per lo svolgimento
degli usi pastorali e silvicolturali;
- …;
- la costruzione di opere di recinzione o arginature con effetti di barriera ecologica tra le valli;
a3) è ammessa la circolazione dei cani solo se tenuti al guinzaglio e su percorsi segnati; la disposizione non si applica ai cani
pastore, nonché ai cani da caccia, nel rispetto delle disposizioni in materia emanate dalla Provincia.
c) La Provincia per una migliore tutela e gestione della fauna nelle aree di particolare interesse naturalistico, può predisporre
un piano di gestione specifico, indicando le misure di salvaguardia e di conservazione necessarie al mantenimento delle
peculiarità faunistiche e delle più importanti zoocenosi presenti e tenendo presente in termine di principio che la gestione
forestale deve tendere al raggiungimento della massima maturità e conseguente complessità strutturale del bosco ….
d) La gestione faunistica tenderà alla massima diversità delle zoocenosi; un corretto prelievo venatorio non è di per sé
incompatibile con la conservazione delle specie oggetto di caccia. Mancando per il momento l’azione dei grossi carnivori
(orso, lupo, lince), fattori di equilibrio e di dispersione delle prede, è opportuno controllare la densità del Cervo (massimo 2
capi/100 ettari sul versante orobico e massimo 3 capi/100 ettari nel restante territorio provinciale, Parco Nazionale dello
Stelvio escluso) onde evitare danni eccessivi alla foresta e soprattutto agli arbusteti (vaccinieti), nonché per limitare la
competizione con altri erbivori selvatici (Capriolo, Camoscio, Stambecco) e un disturbo eccessivo per i galliformi forestali. La
raccolta delle specie vegetali spontanee è normata dalla l.r. 31 marzo 2008 n. 10 e dalle successive precisazioni sia a livello
regionale che provinciale.
[…]
f) Ad integrazione delle disposizioni generali, nelle aree sotto elencate il PTCP detta le seguenti prescrizioni ulteriori:
CAMPAGNEDA, PRABELLO, ACQUANEGRA: per quanto concerne l'ittiofauna le semine dovranno limitarsi ai laghi di
Campagneda e ai torrenti, mentre devono escludersi dalle altre pozze (ad es. Lago Muffolè), da riservarsi come sito
riproduttivo e vitale per gli Anfibi; dovrà essere intensificata la sorveglianza durante il periodo riproduttivo della rana montana,
in particolare nei dintorni dell'Alpe Prabello; dovrà essere valutato da esperti ogni intervento di drenaggio dell'altopiano,
specialmente nei pressi dell'Alpe Prabello, dove insistono i migliori biotopi per il tritone alpestre; a tale proposito è opportuno
ripristinare e mantenere costante il livello originario delle acque; per avifauna e mammalofauna di norma l’esercizio venatorio
verrà chiuso alla data del 1 novembre.
LAGO D’ENTOVA: per quanto riguarda la tutela del biotopo lacustre, si deve disporre nella parte paludosa un percorso
obbligatorio, onde evitare il calpestio dei turisti e dei pescatori con stivali.
ALPE FORA: nella zona sottostante il Rifugio Alpino Longoni si applicano integralmente le norme generali; per avifauna e
mammalofauna di norma l’esercizio venatorio verrà chiuso alla data del 1 novembre.
…
VAL SISSONE : per avifauna e mammalofauna nell'area in oggetto l’esercizio venatorio verrà chiuso di norma alla data del 1
novembre.
…
PIANI DI PREDAROSSA: l'ambiente del Piano necessita di tutela primaria per tutte le classi animali; la zona di cintura dei
dossi montonati occidentali, va salvaguardata escludendo attendamenti e picnic.
VAL DI MELLO FONDOVALLE: in attesa della conclusione dell’iter relativo all’istituzione della Riserva Naturale Val di Mello è
tutelata l’attività pastorale e di gestione dei pascoli; in particolare vanno mantenute e ove occorra incentivate le pratiche di
sfalcio dei prati, che costituiscono l’elemento caratterizzante del fondovalle. Risulta importante il mantenimento dei prati di
fondovalle che, connessi alle boscaglie ospitano elementi ornitici esclusivi degli ambienti aperti.
…
VALLE DI SASSO BISOLO: […] Altrettanto rilevante risulta il tema venatorio: è consigliabile un rafforzamento della tutela,
permettendo solo la caccia agli Ungulati, senza l'uso di qualsiasi cane.
INGRESSO DELLA VAL CODERA: tutelare e conservare rigorosamente le stazioni rupicole di cisto (Cistus salvifolius);
adottare una conduzione del castagneto che tenga conto delle presenze faunistiche.
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Elementi
Stralcio delle NTA del Piano
VAL DI CAMPO, VAL NERA, VALLE DEL VAGO: obiettivo prioritario è il mantenimento e il ripristino del pascolo.
CIMA PIAZZI: per avifauna e mammalofauna di norma l’esercizio venatorio verrà chiuso alla data del 1 novembre.
Sistema
a
rete
dei
collegamenti funzionali – rete
ecologica (Art. 11)
2. […] La rete ecologica riveste un ruolo specifico nel mantenimento degli equilibri territoriali in quanto struttura idonea a
perseguire la conservazione e miglioramento della biodiversità e della riproduzione della vita animale e vegetale, a garantire
gli scambi tra popolazioni, a favorire la difesa e il riequilibrio idrogeologico, a ottimizzare la produttività e la protezione degli
ecosistemi agrari attraverso la ricostituzione dell'ecotessuto e l'incremento della vegetazione non colturale.
Varchi o corridoi paesisticoambientali (Art. 12)
1. Il PTCP individua nelle tavole 6. 1-10 - Previsioni progettuali strategiche, aree generalmente disposte parallelamente e
trasversalmente alle strade e alle ferrovie, per le quali istituisce l’inedificabilità assoluta al fine di salvaguardare la percezione
del territorio con utilizzo agro-pastorale o in condizioni di naturalità il più possibile estesa e continua, nonché il passaggio
periodico o stagionale della fauna tra i due versanti che delimitano il fondo-valle.
2. In tali aree è vietata la nuova edificazione, compresa quella a carattere amovibile come serre e simili, recinzioni di qualsiasi
genere. E’ sempre consentito l’uso agricolo in tutte le sue forme, nonché la utilizzazione per parchi pubblici o privati,
forestazione urbana, e piste pedonali e ciclabili. […]
3. Qualora le infrastrutture vengano localizzate, da progetti definitivi approvati, su tracciati differenti da quelli indicati sulle
tavole del PTCP, permangono i varchi o corridoi paesistico – ambientale individuati dal Piano.
4. Con apposita diversa grafia sono indicate le aree denominate “varchi consigliati”. Si tratta di aree con caratteristiche simili a
quelle sopra descritte, ma di minore estensione o importanza che vengono poste all’attenzione dei Comuni per limitarne o
escluderne l’edificazione. […]
3.12 Piano di Indirizzo e di Gestione Forestale
In provincia di Sondrio la pianificazione forestale può riassumersi come segue.
CM Alta Valle
Il 5 luglio 2010, durante la Prima Conferenza di VAS del PIF, è stato presentato il documento di Scoping. Gli elaborati in
bozza del PIF sono disponibili dal 27 luglio 2010 sul sito internet della CM.
CM Tirano
Nel febbraio 2006 è stato affidato l’incarico per la redazione dal PIF a due gruppi di professionisti.
CM Sondrio
Il procedimento per la redazione del PIF è stato avviato nel novembre 2008. La Prima Conferenza di VAS si è tenuta il
16 dicembre 2008. La seconda conferenza di VAS il 20 settembre 2010.
Con deliberazione di Giunta Esecutiva nr. 10 del 22/02/2011 è stato adottato adottare in 2^ seduta il PIF
contestualmente all'esame delle osservazioni pervenute.
CM Morbegno
Il procedimento per la redazione del PIF è stato avviato nel maggio 2008. La Prima Conferenza di VAS si è tenuta il 10
giugno 2008. La seconda conferenza di VAS il 14 dicembre 2008.
Il Piano è stato adottato nel settembre 2009.
Il 29 dicembre 2010 è stato depositato il Parere Motivato Ambientale della VAS.
CM Chiavenna
Nel 2009 è stato selezionato tramite gara un gruppo di professionisti per la redazione della VAS del PIF.
Il PIF esiste come documento in bozza da aggiornare e correggere cartograficamente.
Parco Regionale
Valtellinesi
delle
Orobie
Il procedimento per la redazione del PIF è stato avviato nel novembre 2008. La Prima Conferenza di VAS si è tenuta il
13 novembre 2008. La seconda conferenza di VAS il 9 dicembre 2010.
Il 28 marzo 2011 è stato emanato il decreto di incidenza, nella stessa data è stato adottato il PIF.
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Nella Tavola 6 allegata al presente elaborato sono riportate le VASP come adottate dalle diverse Comunità Montane
a descrivere una forma importante di accessibilità del territorio in analisi.
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3.13 Piani delle Aree Protette
Le principali aree protette presenti nel territorio provinciale sono il Parco Nazionale dello Stelvio ed il Parco delle
Orobie Valtellinesi.
Si riportano di seguito gli indirizzi tratti dalla relativa pianificazione in merito alla fauna selvatica.
Parco Nazionale dello Stelvio
Il PTC del Parco è stato adottato con Deliberazione del consiglio Direttivo n. 22 del 28/7/2005.
Dalla relazione illustrativa, in merito alla fauna terrestre, è possibile leggere quanto segue: “Nell’intero territorio del
Parco vale il divieto, stabilito dalla Legge 394/91, di cattura, uccisione, danneggiamento e disturbo delle specie
animali (art. 3.1, primo comma). La gestione faunistica, secondo le procedure del Regolamento, è finalizzata a
garantire l’equilibrio faunistico e ambientale della fauna (art. 3.1, commi secondo, terzo e quarto) attraverso azioni di
abbattimento selettivo, cattura, reintroduzione oculata, in relazione alle esigenze di carattere sanitario, di
mantenimento della biodiversità, di controllo del carico in relazione alle risorse vegetali. I danni prodotti dalla fauna
selvatica alle coltivazioni agricole e ai pascoli, e più in generale alle attività antropiche ammesse, sono indennizzate
dal Consorzio secondo le modalità stabilite dal Regolamento (art. 3.1 comma ottavo). Gli eventuali diritti esclusivi di
caccia delle comunità locali e altri usi civici comportanti particolari prelievi, sono liquidati su istanza del Consorzio dal
competente Commissario (art. 3.1 nono comma)”.
La normativa del Parco, in merito alla fauna, è contenuta nel Titolo III – Indirizzi e direttive di settore delle Norme di
Attuazione.
Tabella 3.24: estratto delle norme di Attuazione del Piano del Parco del Parco Nazionale dello Stelvio
Art. 3.1 – Tutela e gestione della fauna
1. In tutto il territorio del Parco l’esercizio dell’attività venatoria è vietato ai sensi del comma 3, art. 11 della Legge 394/91.
2. Nel Parco sono conservate e se necessario ripristinate le zoocenosi naturali in equilibrio con le componenti vegetali, garantendo, per quanto possibile, la loro
libera evoluzione a lungo termine e valorizzando e conservando gli habitat più idonei in relazione alla diversità degli ambienti e delle relative condizioni di vita.
3. Sull’intero territorio del Parco è vietata la cattura, l’uccisione, il danneggiamento e il disturbo della fauna vertebrata e invertebrata, compresa la raccolta di
uova, larve, nidi e animali morti, così come previsto dall’art. 11, comma 3, sub a), della legge 6 dicembre 1991, n. 394 salvo i casi consentiti per motivate
ragioni di ricerca scientifica, previo nulla osta del Consorzio. L’attività di pesca è consentita secondo gli usi tradizionali ed in accordo con le normative di settore,
come previsto dall’articolo 12, comma 2, sub c) della L. 394/91, limitatamente alle acque indicate in cartografia.
4. Sono consentiti interventi gestionali diretti di riduzione numerica (prelievi) delle popolazioni di specie faunistiche, qualora necessari per condurre e mantenere
gli ecosistemi e le relative zoocenosi al maggior grado di equilibrio, diversità e complessità specifica, per il contenimento dei danni alle colture agricole, ai pratipascoli e alla rinnovazione forestale, per il mantenimento di uno stato sanitario tale da limitare l’insorgenza di patologie a carattere epidemico. I prelievi
potranno essere effettuati mediante catture o mediante abbattimenti, per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza del Consorzio ed essere
attuati dal personale del Parco o da persone all’uopo espressamente incaricate e formate dal Consorzio stesso. Ciascun programma di riduzione numerica
dovrà essere preceduto da un progetto di gestione sottoposto al parere vincolante dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e degli organi territorialmente
competenti in materia di pianificazione faunistica e approvato dal Consiglio Direttivo. Nel caso di specie considerate alloctone gli interventi di riduzione
dovranno tendere all’eliminazione dei nuclei presenti.
5. Sono consentiti interventi gestionali diretti di incremento (immissioni) delle specie faunistiche autoctone, al fine di ripristinare e/o garantire, ove ritenuto
necessario, un maggiore equilibrio e completezza degli ecosistemi del Parco. Le immissioni potranno riguardare specie non più presenti nel Parco
(reintroduzioni) o specie caratterizzate da un cattivo stato di conservazione (ripopolamenti). Ciascun progetto di immissione dovrà essere preceduto da uno
studio di fattibilità e progettazione sottoposto al parere vincolante dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e degli organi territorialmente competenti in
materia di pianificazione faunistica e approvato dal Consiglio Direttivo. E’ vietata, nel territorio del Parco, l’introduzione intenzionale e l’allevamento di specie
considerate alloctone, tranne quanto riportato al comma 6 per la fauna ittica.
6. Con la finalità di individuare, proporre e attivare idonee misure per la conservazione e la gestione della fauna, delle zoocenosi e degli habitat prioritari alla
loro conservazione, il Consorzio adotta un progetto speciale fauna pluriennale che deve:
aggiornare le checklist delle specie presenti nel Parco e il loro stato di conservazione;
proporre protocolli standardizzati per i monitoraggi e i censimenti faunistici;
verificare le capacità faunistiche del territorio;
individuare protocolli di gestione per le specie prioritarie;
regolare le azioni di ricerca scientifica;
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definire le necessità di eventuali immissioni o controlli numerici delle popolazioni;
definire gli eventuali programmi di catture di capi da destinare a rilasci in altre zone, anche esterne al Parco.
raggiungere accordi con le imprese agricole per incentivare la gestione dei paesaggi culturali, al fine di: conservare e aumentare la diversità ambientale;
ampliare le disponibilità trofiche per la fauna; favorire e diversificare l'insediamento di specie invertebrate; aumentare la disponibilità di ambienti per la
nidificazione ed il rifugio per la fauna selvatica anche di piccole dimensioni tra cui i micromammiferi ed i passeriformi.
7. Al fine di salvaguardare e, ove possibile, recuperare l’integrità degli ecosistemi acquatici e la presenza di ceppi autoctoni o acclimatati di fauna ittica,
l’esercizio della pesca e la pratica dei ripopolamenti devono essere regolamentati mediante il progetto speciale fauna che definisca le zone in cui è ammesso il
prelievo e la semina di fauna ittica, anche non autoctona, le loro modalità, la quantità e l’origine degli esemplari prelevati o immessi e le modalità di pesca
sportiva. A tale riguardo sarà necessario un raccordo con le vigenti normative di settore.
8. I danni, arrecati dalla fauna selvatica alle coltivazioni agricole ed al bestiame domestico, sono indennizzati dal Consorzio secondo modalità stabilite dal
Regolamento che deve tenere conto delle indicazioni e delle procedure individuate dai Comitati di gestione.
9. La fauna selvatica rinvenuta morta è di proprietà del parco. Gli eventuali rinvenitori di fauna selvatica morta dovranno segnalare i ritrovamenti alle stazioni
forestali competenti. Su richiesta, il cranio e il trofeo degli Ungulati verranno consegnati, dopo l’effettuazione dei necessari rilevamenti biometrici, al rinvenitore.
Nel caso di investimenti stradali sono fatte salve le norme settoriali vigenti.
10. Ai sensi dell’articolo 11, comma 5, seconda parte, della L. 394/91, eventuali diritti esclusivi di caccia delle collettività locali o altri usi civici di prelievi faunistici
sono liquidati dal competente commissario per la liquidazione degli usi civici ad istanza del Consorzio di gestione del Parco.
Parco Regionale delle Orobie Valtellinesi
Attualmente il parco dispone di un Piano adottato con Delibera di Assemblea n. 5 del giugno 1999 che risulta però
superato a causa di sopraggiunte modificazioni del quadro legislativo e normativo di riferimento. È in atto il processo
di aggiornamento del Piano.
3.14 Altri piani
3.14.1
Piano di sviluppo della rete elettrica nazionale 2011 di Terna SpA.
Tra i progetti in previsione per il futuro che interesseranno il territorio della provincia di Sondrio si segnalano i
seguenti:
-
incremento della capacità di interconnessione con la Svizzera ai sensi della legge 99/2009 “Disposizioni per
lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”: “sono stati condotti degli
studi con la Svizzera SWISSGRID in merito alla possibilità di incrementare nei prossimi anni la capacità di
interconnessione fra i due Paesi. Tali analisi hanno tenuto in considerazione i rinforzi già previsti nei
precedenti Piani di Sviluppo e il previsto incremento di transito alla frontiera. Il nuovo interconnector dovrà
essere associato a rinforzi di rete nel territorio italiano che ne consentano la piena fruibilità, garantendo una
maggiore capacità di trasporto dai nodi di collegamento degli interconnector, prossimi alla frontiera, ai
carichi del nord – Italia. Per la realizzazione della direttrice elettrica si valuterà l’opportunità di up-grade di
asset esistenti, coniugando tali opere con attività di sviluppo funzionali anche al miglioramento
dell’alimentazione di porzioni di rete AT lungo i corridoi elettrici individuati tra gli impianti di: Turbigo,
Magenta e Baggio; Morbegno/Regoledo e Cislago/Verderio”.
-
2
Elettrodotto 220 kV “Glorenza – Tirano – der. Premadio” previsto per l’anno 2015 . “Al fine di incrementare
l’affidabilità del servizio elettrico e di garantire un migliore sfruttamento della produzione idroelettrica
dell’Alta Valcamonica, sarà rimossa la derivazione rigida dell’impianto di Premadio sulla direttrice 220 kV
“Glorenza – Villa di Tirano”.
2
Stato di avanzamento: in data 13/11/2009 con delibera comunale n. 35 è stato approvato il protocollo d’intesa con il comune di
Valdidentro per l’intervento in questione.
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-
Razionalizzazione 380 kV Media Valtellina (Fase B) – previsione a lungo termine. “In base a quanto stabilito
nell'Accordo di Programma (AdP) firmato presso il Ministero dello Sviluppo Economico – allora Ministero
delle Attività Produttive – in data 24 giugno 2003, a valle del completamento degli interventi relativi alla
"Fase A" della razionalizzazione in Valcamonica e Alta Valtellina, conseguente alla realizzazione
dell'elettrodotto "San Fiorano – Robbia", si procederà nella cosiddetta "Fase B" della razionalizzazione, con
interessamento soprattutto del territorio della Media Valtellina. In tale fase si prevede la dismissione dalla
RTN di estesi tratti di linee a 220 e 132 kV, a fronte della realizzazione di tre nuove stazioni elettriche a 380
kV che svolgeranno principalmente funzione di raccolta della produzione idroelettrica della Lombardia
settentrionale e a fronte della realizzazione di nuove linee a 380 kV, che trasmetteranno la potenza
generata verso l'area di carico di Milano”.
Tra gli interventi in corso, si segnala:
-
Razionalizzazione 220 kV Alta Valtellina (Fase A2), anno: 2012. “Nei termini stabiliti e con le modalità
definite nell'Accordo di Programma (AdP) sottoscritto presso il Ministero dello Sviluppo Economico – l’allora
Ministero delle Attività Produttive – in data 24 giugno 2003, in correlazione alla realizzazione della linea in
doppia terna a 380 kV "San Fiorano – Robbia", sono in corso le attività della cosiddetta "Fase A2" di
razionalizzazione dei sistemi elettrici che interessano il territorio dell'Alta Valtellina”.
La Figura 3.12 riporta una mappa della rete elettrica ad alta tensione presente nella provincia di Sondrio, come
riportata nella cartografia vettoriale CT10. Per le problematiche relative alle possibili interazioni tra la fauna selvatica
e le reti elettriche, risulta essere di maggiore interesse la rete elettrica di media tensione della quale, però, non è
disponibile ad oggi una cartografia.
Figura 3.12: la rete elettrica ad alta tensione della provincia di Sondrio (fonte: CT10)
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Pagina 96
Un’altra problematica di un certo interesse che riguarda le interazioni tra la fauna selvatica e le attività antropiche è
quella degli incidenti stradali causati dalla fauna stessa ed i relativi danni derivati. Tale tema, però, non è trattato nel
Piano Regionale per la sicurezza stradale.
3.15 PFV delle province limitrofe
La pianificazione faunistica nelle province limitrofe risulta schematicamente quella che segue.
Provincia di Como
la Provincia di Lecco ha avviato la completa revisione del proprio Piano Faunistico Venatorio
Provincia di Lecco
Il procedimento per la redazione del nuovo PFV è stato avviato il 23 ottobre 2008.
Il 26 febbraio 2009 è stata tenuta la Prima Conferenza di Valutazione della VAS ed il 24 maggio 2011 la Seconda
Conferenza di VAS.
Provincia di Bergamo
Con avvio del procedimento di VAS - DGP n.423 del 30.08.2007, convocazione prima Conferenza di Verifica e di
Valutazione per la VAS per il 13.09.2007, convocazione della seconda Conferenza di verifica e valutazione il
23.04.2008, con decreto n. 6845 del 18 giugno 2008 della Direzione generale qualità dell’ambiente della Regione
Lombardia per l’espressione della “Valutazione di incidenza del piano faunistico venatorio”, e con la determinazione
dirigenziale n. 1927 del 4 luglio 2008 per l’espressione del Parere Ambientale Motivato, la Provincia di Bergamo è giunta
con la deliberazione n. 44 del 9 luglio 2008 del Consiglio provinciale, all’approvazione del “Nuovo piano faunistico
venatorio”. Tuttavia, con sentenza n. 1532 dell’11 febbraio 2010, depositata in segreteria il 9 aprile 2010, il TAR della
Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione seconda, a seguito di ricorso del WWF, ha annullato il PFV.
Il 18 aprile 2011 è stato avviato un nuovo procedimento per la predisposizione del PFV.
Provincia di Brescia
Il Piano è stato approvato con DCP n. 68 del 20/12/1996 e n. 30 del 19/04/1999 e successive integrazioni.
Con sentenza n. 1532 depositata il 9 aprile 2010 il T.A.R. Brescia ha annullato l’ultima versione del piano faunistico
venatorio della Provincia di Bergamo mettendo fine ad un contenzioso decennale
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4 STATO ATTUALE DELL'AMBIENTE ED OPZIONE ZERO,
CARATTERISTICHE DELLE AREE CHE POTREBBERO ESSERE
SIGNIFICATIVAMENTE INTERESSATE, PROBLEMI AMBIENTALI
ESISTENTI E POSSIBILI EFFETTI SUGNIFICATIVI SULL’AMBIENTE
Nel documento di Scoping era stata illustrata una prima proposta relativa ai dati ed alle informazioni che sarebbero
state analizzate nel Rapporto Ambientale durante la fase di inquadramento dello stato attuale dell’ambiente.
Come condiviso con i partecipanti durante la prima seduta della conferenza di valutazione, nel presente capitolo si
approfondiranno le tematiche ambientali più di interesse per la pianificazione faunistica, al fine di poter poi valutare e
stimare i possibili effetti che le scelte di piano potranno avere sulle componenti ambientali.
Fonte delle informazioni sono stati i dati resi disponibili su internet dalle agenzie regionali per la protezione
dell’ambiente, dalla Regione Lombardia e dalla Provincia di Sondrio, la letteratura citata nella bibliografia ed alcune
note raccolte nel corso del presente lavoro.
Per una maggiore facilità di lettura, dopo la descrizione dello stato attuale dei comparti ambientali indagati, sono
riassunte le potenzialità e criticità del territorio seguite dalla valutazione dei possibili effetti significativi sull’ambiente e
sono infine proposti gli indicatori per il monitoraggio del comparto ambientale trattato. La valutazione dei possibili
effetti significativi viene svolta, come anticipato nel documento di Scoping, attraverso l’uso di una matrice di
identificazione che evidenzia il possibile impatto determinato dalle azioni previste dal Piano sulle diverse componenti
ambientali. L’impatto viene identificato come:
4.1
•
significativo positivo (+),
•
significativo negativo (-),
•
effetto indiretto, in questo caso è il comparto ambientale considerato a poter avere degli effetti sulla fauna
selvatica o su un tema trattato dal PFV (↔).
Il territorio
La superficie totale della Provincia di Sondrio è di 3.197 km2 e si sviluppa per 119 km in direzione est-ovest e per 66
km in direzione nord-sud. La quota massima, 4.021 m s.l.m., è raggiunta dalla cima del Pizzo Bernina, mentre la
quota minima si trova nel Comune di Piantedo a 198 m s.l.m.
A nord e a ovest la provincia di Sondrio confina con la Svizzera (Canton Grigioni), a ovest con la Provincia di Como e
la Provincia di Lecco, a sud con la Provincia di Bergamo e a est con la Provincia di Brescia e con il Trentino-Alto
Adige (Provincia di Trento e Provincia di Bolzano).
Amministrativamente essa è suddivisa in 78 comuni, a loro volta raggruppati in 5 Comunità Montane.
La provincia è caratterizzata da un territorio prevalentemente montuoso solcato da valli che si estendono
principalmente per via longitudinale; le principali sono la Valtellina con andamento est-ovest e la Valchiavenna in
direzione nord-sud. Il territorio della provincia di Sondrio comprende la valle del fiume Adda, la Valtellina, e la
Valchiavenna, che è attraversata dal Liro e dal Mera. Rimangono esclusi dai due bacini idrografici la valle di
Poschiavo, dal passo del Bernina, e un tratto della Val Bregaglia, dal Passo del Maloja a Castasegna. Sono invece
comprese due valli appartenenti a bacini idrografici totalmente estranei, la valle di Livigno e la Val di Lei.
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Figura 4.1: inquadramento della Provincia di Sondrio
Il sistema montuoso della provincia di Sondrio può essere suddiviso in sei gruppi principali:
1.
gruppo Tambò (3275) - Suretta (3027), con due lunghe catene che delimitano la Valle di S. Giacomo,
parallele una all'altra;
2.
gruppo Badile (3308) - Disgrazia (3678), tra la Val Bregaglia e il passo del Muretto;
3.
gruppo del Bernina (4021), dal passo del Muretto al passo del Bernina;
4.
gruppo Corna di Campo (3302) - Cima Piazzi (3439), dal passo del Bernina ai piani di Pedenolo;
5.
gruppo Ortles (3899) - Cevedale (3874), compreso tra i piani di Pedenolo e il passo del Tonale, con estesi
ghiacciai come quello dei Forni che è tra i più grandi delle alpi italiane;
6.
catena orobica, costituita da un susseguirsi di cime di vario aspetto, allineate per oltre 50 km con
un’altitudine fra i 2000 e i 3000 m.
I dati relativi alla distribuzione per fasce altimetriche della superficie totale della provincia, illustrano con evidenza il
carattere essenzialmente montuoso del territorio.
Tabella 4.1: superficie territoriale per zone altimetriche
Zona altimetrica ( m s.l.m.)
< 500
501 - 1000
1001 – 1500
1501 - 2000
>2000
Totale
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Area (kmq)
217
290
448
704
1.551
3.210
% sul totale
6,7%
9%
14%
22%
48,3%
100,00%
Pagina 99
Figura 4.2: kmq e percentuale di superficie territoriale per zone altimetriche
Figura 4.3: il territorio della Provincia di Sondrio visto da Google Earth
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Pagina 100
4.2
Condizioni climatiche e qualità dell’aria
Le caratteristiche fisiche della provincia di Sondrio hanno in generale un’influenza determinante sulle condizioni
climatiche del territorio. La provincia è caratterizzata da un clima continentale di tipo endoalpino e il clima del fondo
valle (che comprende le aree maggiormente antropizzate) può essere definito come "temperato fresco continentale".
L'andamento E-O della Valtellina determina condizioni nettamente diverse di soleggiamento tra il versante retico e
quello orobico, con forte accentuazione della differenza nel periodo invernale. Anche in merito alle precipitazioni si ha
un marcato gradiente di precipitazioni in senso SO-NE: il solco vallivo divide due aree di piovosità diversa, quella del
versante orobico, in cui le precipitazioni sono maggiori, e quella del versante retico. La presenza delle catene
montuose con orientamento E-O rappresenta anche una barriera per la circolazione delle masse d’aria negli strati
bassi dell’atmosfera.
Un fattore climatico importante è l’inversione termica, cioè una situazione in cui la temperatura dell'aria aumenta con
la quota invece di diminuire. Si tratta di un fenomeno tipico delle vallate che si sviluppano nella direzione Est-Ovest,
che si verifica generalmente nel periodo invernale, quando l’irraggiamento solare raggiunge a fatica, o non raggiunge
affatto, buona parte fondo valle. Nel caso della Valtellina è la catena delle Orobie a fare ombra sul fondo valle,
mentre gli strati alti dell'aria si riscaldano nel corso della giornata, anche per il maggiore soleggiamento del versante
retico. L’inversione termica di fatto impedisce la dispersione degli inquinanti negli strati alti dell’atmosfera,
favorendone l’accumulo nel fondovalle.
Quest’ultima condizione è talvolta migliorata o peggiorata da episodi di “foenh”, caratterizzati da vento caldo e secco
proveniente da nord, che possono temporaneamente favorire la dispersione degli inquinanti raggiungendo il suolo o
determinare intensi fenomeni di accumulo degli inquinanti permanendo in quota e comprimendo gli strati d'aria
sottostanti (formando un’inversione di temperatura in quota).
Nel periodo estivo la ventilazione è maggiore e l’altezza dello strato rimescolato è superiore a quella delle catene
montuose. Pertanto la capacità dispersiva dell’atmosfera nei confronti degli inquinanti è molto superiore rispetto
all’inverno. In questo periodo dell’anno si instaura una circolazione locale caratterizzata da brezze di valle e brezze di
monte, che contribuiscono in maniera rilevante al trasporto verticale degli inquinanti fotochimici.
Il gradiente termico in Valtellina assume il valore di 1 °C ogni 100 metri tra il lago di Como e Sondrio, ma diminuisce
fino a circa 0,43 °C tra questa località e Bormio. All'altezza di Sondrio, invece, sui due versanti opposti nella valle si
registra una variazione di 0,81 °C/100 m su quello rivolto a Sud e di 0,55 °C/100 m su quello esposto a Nord.
Data la caratterizzazione morfologica della provincia di Sondrio, è possibile identificare diversi comportamenti sia per
quanto riguarda le temperature che per quanto riguarda il regime delle precipitazioni. Le temperature medie annue
sono diverse nei diversi settori della provincia: si passa dall’isoterma di 12 °C della regione dei laghi, della zona
morenica e delle prime montagne, a quella dei 2,5 °C della zona alpina a quote comprese tra i 1700 ed i 2400 m
s.l.m. arrivando, infine, a temperature medie annue inferiori a 0 °C a quote oltre i 2900 m s.l.m.
I regimi pluviometrici, invece, si distinguono tra quello alpino/continentale con un massimo nella stagione estiva e
quello “sublitoraneo alpini” con un massimo primaverile di poco inferiore a quello autunnale ed un massimo assoluto
in inverno.
Le precipitazioni nevose annuali variano molto; il limite delle nevi perenni sulle Orobie è posto a circa 2700 m ed il
tempo medio di permanenza del manto nevoso aumenta di circa 10 giorni ogni 100 metri di altitudine.
Dal “Rapporto sulla qualità dell’aria 2009” di ARPA Lombardia è possibile ricavare le seguenti informazioni relative
alle caratteristiche meteorologiche della provincia di Sondrio (i dati si riferiscono alla stazione di Morbegno):
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Pagina 101
Figura 4.4: Precipitazioni medie mensili, anno 2009 (Fonte: ARPA Lombardia)
Nel 2009, le precipitazioni hanno avuto un andamento variabile nei diversi mesi, con un valore massimo a novembre,
con 152,8 mm di pioggia ed un valore minimo registrato durante il mese di maggio.
Figura 4.5: Temperature medie mensili, anno 2009 (Fonte: ARPA Lombardia)
Le temperature medie registrate mostrano un minimo a gennaio, con 2,5°C e valori crescenti nei mesi successivi fino
al valore medio massimo registrato nel mese di agosto.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Figura 4.6: Velocità del vento mensili, anno 2009 (Fonte: ARPA Lombardia)
La circolazione atmosferica è stata più marcata nel periodo tra marzo e agosto con decremento nel mese di aprile
mentre nei mesi invernali la velocità media del vento è risultata modesta. La velocità media del vento varia da 1,5 a
2,5 m/s.
Figura 4.7: Distribuzione delle precipitazioni annuali, anno 2009 (Fonte:Rapporto sullo stato dell’ambiente in
Lombardia, ARPA)
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 103
Figura 4.8: Carta delle precipitazioni medie annue del territorio alpino lombardo 1891 – 1990 (a cura di M. Ceriani, M.
Carelli)
La presenza di catene montuose con orientamento est-ovest rappresenta una barriera per la circolazione delle
masse d’aria negli strati bassi dell’atmosfera e soprattutto durante il periodo invernale la conformazione orografica
del territorio contribuisce all’accumulo degli inquinanti nel fondovalle dove si concentrano i principali insediamenti
urbani e produttivi e le vie di comunicazione.
I principali inquinanti che si trovano nell’aria possono essere divisi, schematicamente, in due gruppi: gli inquinanti
primari e quelli secondari. I primi vengono emessi nell’atmosfera direttamente da sorgenti di emissione
antropogeniche o naturali, mentre gli altri si formano in atmosfera in seguito a reazioni chimiche che coinvolgono altre
specie, primarie o secondarie.
La normativa in merito all’inquinamento atmosferico prevede:
•
per quanto riguarda i limiti a lungo termine, standard di qualità e valori limite per la protezione della salute
umana, della vegetazione e degli ecosistemi (D.P.C.M. 28/3/83 – D.P.R. 203/88 – D.M. 25/11/94 – D.M.
60/02 - D.Lgs. 183/04) allo scopo di prevenire esposizioni croniche.
•
Per gestire episodi d’inquinamento acuto vengono invece utilizzate le soglie di allarme (D.M. 60/02; D.Lgs.
183/04). Nel 1999 e nel 2002 sono state recepite in Italia alcune direttive emanate dalla Comunità Europea
che aggiornano l’elenco degli inquinanti da considerare e fissano nuovi valori limite (D. Lgs. 4/8/99, n. 351,
D.M. n. 60 del 2 aprile 2002).
La qualità dell’aria,in provincia di Sondrio è monitorata attraverso una rete pubblica costituita da n° 6 stazioni fisse, n°
1 laboratorio mobile e n° 6 campionatori gravimetrici per il PM10 - PM2,5 gestite dal Dipartimento ARPA di Sondrio.
4.2.1
Potenzialità e criticità del comparto ambientale
Come già detto la presenza di catene montuose con orientamento est-ovest rappresenta una barriera per la
circolazione delle masse d’aria negli strati bassi dell’atmosfera e soprattutto durante il periodo invernale la
conformazione orografica del territorio contribuisce all’accumulo degli inquinanti nel fondovalle.
L'importanza della determinazione degli inquinanti atmosferici è conseguente all'influenza che tali sostanze hanno
sulla salute degli esseri viventi e sull'ambiente in generale. Gli inquinanti atmosferici hanno effetti diversi sui vari
organismi a seconda della concentrazione atmosferica, del tempo di permanenza e delle loro caratteristiche fisicochimiche.
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Si riportano di seguito le conclusioni tratte dal Rapporto sulla qualità dell’aria 2009 di ARPA Lombardia, in merito alla
qualità dell’aria nella Provincia di Sondrio:
“ …, si può rilevare in generale una stabilità dei valori rispetto all’anno precedente, almeno per gli inquinanti primari,
ed una lieve tendenza al miglioramento per quanto riguarda le polveri sottili.
In generale si è riscontrato un andamento simile per le concentrazioni dei tipici inquinanti da traffico come NO2 e CO;
entrambi si sono mantenuti al di sotto dei limiti previsti. Anche le concentrazione dell’O3 rilevate nel 2009 sono
3
risultate simili a quelle dell’anno precedente . Il PM10 è invece responsabile di episodi di superamento nei mesi
invernali, ma rispetto all’anno precedente la media annuale è migliorata. Le concentrazioni di SO2 si mantengono
sempre al di sotto dei limiti previsti dalla normativa.
E’ confermata la stagionalità di alcuni inquinanti:
- NO2 e PM10 hanno dei picchi centrati sui mesi autunnali ed invernali, quando il ristagno atmosferico causa un
progressivo accumulo degli inquinanti emessi dal traffico autoveicolare e dagli impianti di riscaldamento;
- O3, tipico inquinante fotochimico, presenta un trend con un picco centrato sui mesi estivi, quando la radiazione
solare raggiunge valori elevati e la temperatura aumenta in modo da favorirne la formazione fotochimica.”
4.2.2
Possibili effetti significativi sull’ambiente
L’interazione ipotizzabile fra la pianificazione in esame e il comparto atmosferico è decisamente lieve.
Può ritenersi limitata all’apporto di emissioni atmosferiche collegate all’utilizzo di automezzi da parte dei cacciatori
(4.210 nell’intera provincia) per il raggiungimento dei luoghi di partenza per le battute.
La fauna con la propria localizzazione risulta invece fortemente correlata alle condizioni climatiche (che in modo
indiretto modificano innanzitutto la vegetazione) e, nella salute delle popolazioni, influenzata dalla qualità dell’aria. In
tal senso sarà più l’attività venatoria ad essere indirettamente influenzata dal mutare delle condizioni climatiche che,
nel corso degli anni, portano ad una variazione delle aree potenzialmente insediabili dalle diverse specie.
Le attività di censimento e monitoraggio faunistico collegate al piano paiono quindi una possibile azione positiva
rispetto al comparto di cui sarebbe possibile indirettamente monitorare lo stato.
Il PFV prevede, quali parametri importanti da indagare per approfondire la conoscenza delle popolazioni delle specie
di interesse venatorio, i seguenti:
-
Dati di dinamica della popolazione (densità della specie, consistenza, rapporto tra i sessi nelle popolazioni,
rapporto tra le classi di età nella popolazione complessiva, successo riproduttivo)
-
Dati di distribuzione (presenza/assenza della specie, definizione quantitativa e qualitativa della
localizzazione della specie nei diversi periodi dell’anno)
-
Dati biologici (caratteristiche morfologiche e biologiche quali peso, lunghezza, misure del cranio, …)
-
Dati sanitari (presenza di patogeni, malattie, parassiti, dati sulla trasmissibilità intra e inter-specie di una
malattia, mortalità, …).
Gli strumenti a disposizione per la raccolta dei dati elencati sono principalmente i censimenti ed il controllo dei capi
abbattuti.
Nel piano sono proposte una serie di schede adatte:
3
Si sono riscontrati alcuni superamenti della soglia di informazione (180 mg/mc) nelle stazioni di Morbegno e Sondrio ed il numero
di superamenti della soglia di protezione della salute umana di 120 mg/mc (concentrazione media di 8 ore) è stato maggiore a
quello stabilito dalla normativa per tutte le stazioni di monitoraggio.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 105
a)
al censimento di:
•
stambecchi
•
camosci (estivo)
•
cervi (notturno e diurno)
•
caprioli (diurno)
•
galli forcelli (primaverile, estivo)
•
pernici bianche (primaverile, estive), coturnici (primaverile, estivo)
•
lepri (notturno)
b)
per il rilevamento di Lepre bianca su transetti
c)
alla rilevazione dei dati biometrici degli esemplari catturati di:
•
Camoscio,
•
Cervo
•
Capriolo
•
Gallo forcello
•
Pernice bianca
•
Coturnice
•
Lepre comune
•
Lepre bianca
Non è invece previsto di raccogliere dati sull’avifauna migratoria.
Tabella 4.2: possibili effetti significativi sulle condizioni climatiche e sulla qualità dell’aria
Settore
Azione
Pianificazione
territoriale
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
Condizioni
climatiche
Qualità dell’aria
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura)
Territorio a maggior tutela
Aree di addestramento dei cani
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
Zone speciali
Attività venatoria
Utilizzo di munizioni in piombo
Disturbo alle popolazioni animali
Errori negli abbattimenti
Gestione
Definizione dei posti caccia per CA e per specializzazione di caccia
↔
↔
Piani di prelievo venatorio
↔
↔
Immissioni a scopo di ripopolamento
↔
↔
Monitoraggi e censimenti
Controllo della fauna problematica
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o domestica inselvatichita
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Pagina 106
4.2.3
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Per l’analisi del comparto sono stati analizzati alcuni parametri e i dati relativi ai principali inquinanti. Esaminato il
quadro complessivo non si ritiene significativo collegare questo comparto ad azioni o obiettivi relativi alla
pianificazione faunistico-venatoria e non sono pertanto segnalati indicatori di monitoraggio.
4.3
Elementi geologici, geomorfologici
L’assetto geologico della Valtellina è il risultato degli eventi di formazione della catena alpina e del successivo
modellamento ad opera dei processi erosivi post-orogenetici e delle fasi glaciali quaternarie.
La catena alpina si è generata dalla collisione tra la placca africana e quella europea a seguito della chiusura del
golfo della Tetide. Mentre il processo di sovrapposizione delle falde è avvenuto nella direzione del continente
europeo, dando origine alle Alpi propriamente dette (dominio alpino: Alpi Lepontine e Alpi Retiche), una buona parte
del margine africano si è invece ripiegato in direzione Sud, originando le Alpi meridionali o Prealpi (dominio
prealpino: Prealpi Lombarde). La linea di sutura tra i due domini prende il nome di "Linea Insubrica" o "Linea del
Tonale" che coincide quasi interamente con la Valtellina.
Dal punto di vista geografico, il territorio della Provincia di Sondrio risulta suddiviso principalmente in due settori:
retico e orobico, separati tra loro dalla suddetta Linea Insubrica. All'interno del settore retico si individuano cinque
unità omogenee:
-
Alpi Lepontine: è il territorio in destra orografica dal Passo dello Spluga sino al confine con la provincia di
Como. Si tratta della parte più occidentale della provincia di Sondrio, limitata a Nord e a Ovest dal confine
Italo - Svizzero, a Est dal corso del fiume Liro, fino alla confluenza con il Mera e poi dal corso del fiume
Mera, a Sud dal confine con la provincia di Como. Le formazioni sono prevalentemente di tipo metamorfico
con alcuni affioramenti di rocce sedimentarie o intrusioni granitiche. La vegetazione presente è costituita
prevalentemente da latifoglie termofile alla base dei versanti che, risalendo, si spostano verso specie meno
esigenti dal punto di vista della temperatura e successivamente da conifere; non si ha comunque una
vegetazione molto in quota a causa dell’affioramento del substrato roccioso.
-
Alpi Retiche occidentali: è il territorio compreso tra torrente Liro e fiume Mera, partendo dal Passo dello
Spluga e dal confine elvetico a Castasegna, sino alla confluenza dei due corsi d'acqua; è limitato a Nord e a
Est dal confine ltalo - Svizzero, a Sud dal corso del fiume Mera e ad Est dal corso del fiume Liro.
Geologicamente si rileva la presenza di due falde, una di origine sedimentaria con calcari, calcari dolomitici,
dolomie e quarziti e l’altra di tipo metamorfico a gneiss e micascisti. La vegetazione non presenta particolari
caratteristiche rispetto al resto della Valchiavenna con vegetazione termofila sui versanti in sponda destra
della Val Bregaglia e lembi di praterie basofile sugli affioramenti sedimentari.
-
Alpi Retiche centrali: è il territorio compreso tra Val Chiavenna, Valtellina e Valle di Poschiavo: con questa
suddivisione geografica si intende tutto il territorio compreso tra il fiume Mera a Ovest, I'alveo dell'Adda a
Sud, il corso del Poschiavino a Ovest e il confine Italo-Svizzero a Nord. Dal punto di vista geologico questa
zona presenta caratteristiche molto variabili e pertanto viene suddivisa in aree omogenee per la cui
descrizione di dettaglio si rimanda al PFV stesso o a studi geologici dedicati (il Massiccio del Monte Gruf, il
Massiccio intrusivo di Valmasino-Val Bregaglia, il versante tra Ardenno e Tirano e la Valmalenco). Essendo
posta interamente sul versante retico, la vegetazione presenta nelle fasce inferiori dei versanti
caratteristiche prettamente xeriche con particolari porzioni interessate addirittura da una vegetazione di tipo
submediterraneo (per esempio la zona dei vigneti) o steppico (le praterie a Festuca vallesiaca). Considerato
il substrato litologico, la flora è prevalentemente di tipo "serpentinicolo", ad eccezione di qualche limitato
lembo di flora basifila di substrato calcareo in corrispondenza di affioramenti del sedimentario. I boschi di
latifoglie si estendono fino ad una quota approssimativa di 1200 m, ma si addentrano nella valli laterali
anche a quote superiori. È da ricordare la faggeta dei bagni di Masino, che rappresenta un esempio di
bosco di Faggio di dimensioni considerevoli in Valtellina. Si ritrovano anche relitti di torbiera.
-
Alpi Orobie: è il territorio posto a Sud della Linea del Tonale, dal Monte Legnone al Passo dell'Aprica. A Sud
della "linea del Tonale" e limitato dai confini provinciali, affiora il complesso cristallino antico, rappresentante
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 107
il basamento delle formazioni sedimentarie, che vanno dal Carbonifero al Permiano. Il substrato cristallino è
a carattere prevalentemente gneissico e micascistoso. La vegetazione è fortemente condizionata
dall’esposizione a nord dei versanti che porta ad avere boschi freschi ed umidi con caratteristiche mesofile
ed un limite delle conifere abbassato rispetto ad altri versanti con differente esposizione. La presenza
dell’abete bianco diminuisce spostandosi verso Est a causa della diminuzione delle precipitazioni. È
presente una specie endemica, la Sanguisorba dodecandra in associazioni vegetali igrofile e si trova
soprattutto ai piedi dei pendii in zone di accumulo d’acqua ed imbibizione del suolo, oltre ad un’elevata
umidità nell’aria.
-
Alpi Retiche sud-orientali: è il territorio compreso tra la linea dello Zebrù e la linea del Tonale, sito in sinistra
orografica dell'Adda sino al Passo dell'Aprica. Questo comprensorio si estende, in sponda sinistra del fiume
Adda, dalla linea dello Zebrù verso Sud-Ovest fino al Passo dell'Aprica. In quest’area, morfologicamente, si
segnalano numerosi ghiacciai tra i quali il Ghiacciaio dei Forni, il più esteso delle Alpi. Questi ghiaini hanno
lasciato ampie tracce sul territorio, sotto forma di morene, cordoni morenici e rocce lavorate dall’esarazione
glaciale. LA vegetazione è costituita da boschi di latifoglie e Castagneti sui versanti della valle principale fino
all’altezza di Sondalo; successivamente si hanno boschi misti di latifoglie e conifere e poi solo conifere
(abete rosso, larice, cembro, mugo e in alcune zone abete bianco). Tra le emergenze significative si
ricordano la torbiera di S. Caterina in Valfurva e quella di Pian Gembro.
-
Alpi Retiche nord-orientali: è il territorio compreso tra la Valle di Poschiavo e la linea dello Zebrù. Anche in
quest’area, morfologicamente si segnala la presenza di ghiacciai e nevai attivi e le morene, i cordoni
morenici e le rocce montonate a testimonianza delle attività dei ghiacciai quaternari. La vegetazione, sul
versante della Valle dell’Adda interessa boschi e colture e vegetazione erbacea con precise esigenze
relativamente a insolazione e temperatura; la fascia delle latifoglie si spinge fino a quote di 1200-1400 m a
seconda dell’esposizione dei versanti e del substrato. Sono molto estesi i boschi di conifere con cembro e
mugo. Si segnala l’ambiente di torbiera del Paluaccio di Oga.
4.3.1
Il valore agricolo del suolo
Secondo la classificazione ERSAF, il valore agricolo dei suoli in provincia di Sondrio è prevalentemente basso o
assente, eccezion fatta per alcune, strette fasce di fondovalle.
Tale classificazione fa riferimento alle seguenti definizioni:
•
valore agricolo alto: comprende suoli caratterizzati da una buona capacità d’uso, adatti a tutte le colture o con moderate
limitazioni agricole e/o dalla presenza di colture redditizie (seminativi, frutteti, vigneti, prati e pascoli – in particolare quelli
situati nelle zone di produzione tipica – , colture orticole e ortoflorovivaistiche, ecc.). La classe comprende quindi i suoli ad
elevato e molto elevato valore produttivo, particolarmente pregiati dal punto di vista agricolo.
•
valore agricolo moderato: vi sono compresi suoli adatti all’agricoltura e destinati a seminativo o prati e pascoli, ma con
limitazioni colturali di varia entità e soggetti talvolta a fenomeni di erosione e dissesto, in particolare nelle zone montane.
La classe comprende quindi i suoli a minore valore produttivo, sui quali peraltro l’attività agrosilvopastorale svolge spesso
importanti funzioni di presidio ambientale e di valorizzazione del paesaggio.
•
valore agricolo basso o assente: comprende le aree naturali, non interessate dalle attività agricole (quali i boschi, i
castagneti, la vegetazione palustre e dei greti, i cespuglietti e tutte le restanti aree naturali in genere) ed anche le aree
agricole marginali (quali le zone golenali, versanti ad elevata pendenza e/o soggetti a rischio di dissesto) e quelle
abbandonate o in via di abbandono non aventi una significativa potenzialità di recupero all’attività agricola stessa.
•
aree antropizzate: oltre alle aree edificate, rientrano tra le aree urbanizzate le infrastrutture, le cave, le discariche, le zone
degradate ed in generale tutte le aree soggette a trasformazioni antropiche di natura extra-agricola.
•
•
aree idriche: specchi d’acqua, laghi. fiumi.
altre aree di non suolo: ghiacciai, affioramenti rocciosi, aree sterili ed in generale caratterizzate dall’assenza di suolo e/o
vegetazione.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 108
Dal portale della Regione Lombardia, settore Agricoltura è possibile ricavare alcune cartografie relative alle aree
agricole di pregio presenti nel territorio regionale ed al valore agricolo dei suoli. Tali mappe sono ottenute attraverso
delle elaborazioni cartografiche come descritto in seguito:
Tabella 4.3: metodo di elaborazione delle tavole “Aree agricole di pregio” e “Valore agricolo” (Fonte: Regione
Lombardia – Portale territoriale Direzione Generale Agricoltura)
Aree agricole di pregio
Per la definizione delle aree agricole di pregio si è proceduto alla divisione del territorio regionale in cinque
macroaree che presentano caratteristiche omogenee dal punto di vista dell'uso agroforestale del territorio
ed è stata applicata una metodologia lievemente differente per l'individuazione delle zone agricole di pregio
al fine di considerare le specificità territoriali giocando essenzialmente sul dato colturale e sul
riaccorpamento delle informazioni sulla Land Capability.
Valore agricolo
Partendo dalla vocazione agricola dei suoli, derivata dalla Land Capability Classification, e applicando gli
opportuni fattori correttivi in relazione alla destinazione agricola reale, è stato calcolato lo strato informativo
del valore agricolo. La metodologia di calcolo utilizzata si è basata sul metodo Metland (Metropolitan
Landscape Planning Model) e, a differenza dello strato informativo "aree agricole di pregio", non è stato
dato un rilevo particolare alla presenza delle colture ritenute di pregio.
La Figura 4.9 rappresenta le aree agricole di pregio ed il valore agricolo dei suoli della provincia di Sondrio; è facile
osservare come le aree con valore agricolo basso siano quelle localizzate ad altitudini maggiori, mentre i suoli con
maggior valore agricolo sono presenti in porzioni molto ridotte del territorio provinciale, in particolare nell’area di
Gordona e Mese, Ponte in Valtellina e Tirano e comuni limitrofi. Per quanto riguarda le zone agricole di pregio,
invece, il miglior suolo agricolo è presente nei fondovalle, mentre le colture di pregio sono diffuse a macchia di
leopardo praticamente in tutto il territorio provinciale.
Figura 4.9: Zone agricole di pregio e valore agricolo del suolo della Provincia di Sondrio, anno 2006 (Fonte: Regione
Lombardia – Portale territoriale Direzione Generale Agricoltura)
4.3.2
Uso del suolo secondo la cartografia DUSAF della Regione Lombardia (2007)
Utilizzando la carta di “Destinazione d’Uso dei Suoli Agricoli e Forestali” (DUSAF), predisposto dall’ERSAF (Ente
Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste) e dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia,
ed aggiornato all’anno 2007 è possibile descrivere l’uso del suolo nel territorio provinciale.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 109
Tabella 4.4: analisi dell’uso del suolo secondo la cartografia DUSAF (2007)
Uso del suolo
Accumuli detritici e affioramenti litoidi privi di vegetazione
Aeroporti ed eliporti
Altre legnose agrarie
Alvei fluviali e corsi d'acqua artificiali
Aree degradate non utilizzate e non vegetate
Aree verdi incolte
Bacini idrici artificiali
Bacini idrici da attività estrattive interessanti la falda
Bacini idrici naturali
Boschi conifere a densità media e alta
Boschi di conifere a densità bassa
Boschi di latifoglie a densità bassa
Boschi di latifoglie a densità media e alta
Boschi misti a densità bassa
Boschi misti a densità media e alta
Campeggi e strutture turistiche e ricettive
Cantieri
Cascine
Castagneti da frutto
Cave
Cespuglieti
Cespuglieti con presenza significativa di specie arbustive alte ed arboree
Cespuglieti in aree di agricole abbandonate
Cimiteri
Colture floro-vivaistiche protette
Colture orticole a pieno campo
Discariche
Formazioni ripariali
Frutteti e frutti minori
Ghiacciai e nevi perenni
Impianti di servizi pubblici e privati
Impianti sportivi
Impianti tecnologici
Insediamenti industriali, artigianali, commerciali
Insediamenti ospedalieri
Insediamenti produttivi agricoli
Oliveti
Orti familiari
Parchi divertimento
Parchi e giardini
Pioppeti
Praterie naturali d'alta quota assenza di specie arboree ed arbustive
Praterie naturali d'alta quota con presenza di specie arboree ed arbustive sparse
Prati permanenti con presenza di specie arboree ed arbustive sparse
Prati permanenti in assenza di specie arboree ed arbustive
Reti ferroviarie e spazi accessori
Reti stradali e spazi accessori
Rimboschimenti recenti
Seminativi arborati
Seminativi semplici
Spiagge, dune ed alvei ghiaiosi
Tessuto residenziale continuo mediamente denso
Tessuto residenziale denso
Tessuto residenziale discontinuo
Tessuto residenziale rado e nucleiforme
Tessuto residenziale sparso
Vegetazione degli argini sopraelevati
Vegetazione dei greti
Vegetazione delle aree umide interne e delle torbiere
Vegetazione rada
Vigneti
Totale complessivo
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Superficie (ha)
% superficie totale
75265,8
20,1
6,1
1278,3
128,2
8,4
1802,4
0,3
864,8
63093,3
3050,7
748,2
18654,2
338,2
24391,2
20,6
119,0
1,8
229,6
236,6
18388,7
3145,6
484,4
39,3
0,6
3,2
11,1
698,5
1522,2
6680,3
41,6
1151,4
72,4
1042,2
27,1
107,5
1,3
7,3
0,3
34,8
8,0
27134,8
2190,0
1760,7
18054,2
22,4
72,3
42,3
167,6
1367,1
701,6
353,0
16,7
3056,1
1077,8
119,3
6,2
210,0
174,3
37708,8
1739,4
319700,3
23,54%
0,01%
0,00%
0,40%
0,04%
0,00%
0,56%
0,00%
0,27%
19,74%
0,95%
0,23%
5,83%
0,11%
7,63%
0,01%
0,04%
0,00%
0,07%
0,07%
5,75%
0,98%
0,15%
0,01%
0,00%
0,00%
0,00%
0,22%
0,48%
2,09%
0,01%
0,36%
0,02%
0,33%
0,01%
0,03%
0,00%
0,00%
0,00%
0,01%
0,00%
8,49%
0,69%
0,55%
5,65%
0,01%
0,02%
0,01%
0,05%
0,43%
0,22%
0,11%
0,01%
0,96%
0,34%
0,04%
0,00%
0,07%
0,05%
11,80%
0,54%
100,00%
Pagina 110
Figura 4.10: diagramma per l’analisi dell’uso del suolo secondo la cartografia DUSAF (2007) nella provincia di
Sondrio ottenuto accorpando le classi di destinazione.
Figura 4.11:cartografia DUSAF 2007
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 111
Dall’analisi emerge che la maggior parte del territorio provinciale è coperto da aree boscate (34,5%), seguono per
diffusione le zone caratterizzate da accumuli detritici o affioramenti litoidi con vegetazione rada o assente (23,5%)
che coinvolgono le quote più elevate del territorio provinciale.
Il tessuto residenziale, concentrato essenzialmente nei fondovalle, occupa l’1,5% della superficie provinciale ed è per
la maggior parte discontinuo; gli insediamenti produttivi e di servizio, i grandi impianti e le reti di comunicazione
occupano 2.537 ettari di territorio (lo 0,8% del totale).
I seminativi, così come i vigneti, occupano una porzione ridotta del territorio provinciale, circa lo 0,5% ciascuno
mentre oliveti, pioppeti e legnose agrarie e frutteti minori occupano complessivamente lo 0,5% circa del territorio.
I prati permanenti occupano 19.800 ha, il 6,2% del territorio provinciale e sono prevalentemente segnalati come
“Prati permanenti in assenza di specie arboree ed arbustive”.
Dei boschi il 60% risulta di conifere, il 17,5% di latifoglie, il restante 22% circa di boschi misti. Prevalgono in generale
boschi a medio-alta densità. Sono segnalati 229,6 ettari di castagneto da frutto.
I cespuglieti ricoprono circa 22.000 ettari di suolo, poco meno del 7% del territorio totale.
4.3.3
Potenzialità e criticità del territorio
Come ricordato dalla Carta Europea del Suolo (Consiglio d'Europa 1972), il suolo è uno dei beni più preziosi in
quanto consente la vita dei vegetali, degli animali e dell'uomo ed è pertanto da ritenersi strategico. Nello stesso
tempo il suolo va considerato come una risorsa difficilmente rigenerabile.
I tipi di degradazione a cui il suolo è soggetto possono essere sistematicamente schematizzati come segue:
•
erosione idrica,
•
erosione eolica,
•
degradazione fisica (peggioramento della struttura e della permeabilità, compattazione del suolo),
•
degradazione chimica (perdita totale o parziale del suolo a produrre biomassa vegetale),
•
degradazione biologica.
Altra importante fonte di pressione sulla componente suolo consiste semplicemente nella sottrazione, che può
avvenire per asportazione o per occupazione, la cui importanza è direttamente proporzionale al valore intrinseco del
suolo sottratto.
Per la sua natura e per la sua conformazione la provincia di Sondrio è, all’interno della Regione Lombardia, quella
con il maggior numero di comuni classificati a rischio idrogeologico molto elevato. Eccezion fatta per una piccola
porzione di territorio a rischio moderato (nel bacino della Spoel), la totalità del territorio ricade appunto nelle classi a
rischio molto elevato e elevato.
Non altrettanto rilevanti sono invece l’erosione eolica e i fenomeni di degradazione fisica, chimica e biologica.
La sottrazione di suolo va comunque soprattutto correlata all’incidenza dell’urbanizzazione, nonché della
realizzazione di infrastrutture di trasporto, e allo sfruttamento del territorio, in contrapposizione con la destinazione
agricola che, pur comportandone lo sfruttamento e andando a costituire un potenziale fonte di impatto chimico, ne
salvaguarda l’integrità. In tale ottica la Provincia di Sondrio ha inteso tutelare le aree agricole strategiche che
affiancano alla produttività un ruolo di conservazione imprescindibile.
Il tratto iniziale della Valtellina (tra Colico e Sondrio), è stato investito in questi ultimi anni da un notevole sviluppo
edilizio, programmato solo in una visione strettamente comunale, che ha portato ad insediamenti disseminati lungo
gli assi viari, con la progressiva costituzione - nel loro insieme - di un pesante impatto negativo.
Si ricorda come la Regione Lombardia abbia definito gli indirizzi per la costituzione delle reti ecologiche locali
considerando che ecosistema, paesaggio e territorio costituiscono la base concreta attraverso cui lo sviluppo
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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sostenibile può affrontare le tematiche classiche dell’ambiente, dell’economia, della società: D.g.r. 27 dicembre 2007
- n. 8/6415 “Criteri per l’interconnessione della Rete Ecologica Regionale con gli strumenti di programmazione
territoriale degli Enti locali” e Delibera n. 8/8515 del 26 novembre 2008 “Modalità per l'attuazione della Rete
Ecologica Regionale in raccordo con la programmazione territoriale degli Enti locali”. Si veda in tal senso il paragrafo
3.6.
La Rete Ecologica Regionale (RER) è la modalità per il raggiungimento delle finalità previste, in materia di
biodiversità e servizi ecosistemici dalla Convenzione internazionale di Rio de Janeiro (5 giugno 1992) sulla diversità
biologica e dalla nuova Strategia di Sviluppo Sostenibile Europea (SSSE 10917/2006), di cui un obiettivo generale è
precisamente «migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali riconoscendo il valore dei
servizi ecosistemici».
Il PRT della Lombardia ed il PTCP di Sondrio riconoscono in generale quali nodi della rete ecologica le aree
appartenenti alla Rete Natura 2000, quali elementi aggiuntivi le aree di naturalità fluviale, i varchi inedificabili. Il PTCP
individua inoltre fasce di connessione fra i versanti opposti pur non studiando una vera e propria organizzazione di
rete ecologica.
Tuttavia nella VAS del PTCP viene segnalato quanto segue.
“Si nota in particolare come il sistema ambientale provinciale si mostri in generale efficiente dal punto di vista del
funzionamento delle reti ecologiche esistenti nella struttura dei Paesaggi montani di rilevante naturalità e nei
Paesaggi collinari e vallivi di tipo bioculturale, mentre seri aspetti problematici sono riscontrabili nei Paesaggi degli
ambiti di pertinenza dei corpi d’acqua e nei Paesaggi urbanizzati polifunzionali, soprattutto in presenza delle
derivazioni per scopo idroelettrico e per la frammentazione spaziale dovuta alle infrastrutture stradali e ferroviarie.
[…] Per quanto riguarda la fauna terrestre e, più in generale, le reti ecologiche, le principali fonti di pressione sono
riconducibili alla sottrazione di habitat, in funzione del consumo di suolo, ma anche alla frammentazione del territorio,
in relazione alla presenza di infrastrutture lineari che ne interrompono la continuità.”
4.3.4
Possibili effetti significativi sull’ambiente
In merito all’uso del suolo, le previsioni di piano possono avere alcuni effetti positivi, benché limitati nello spazio, in
modo particolare per quanto riguarda il controllo della fauna problematica, quale ad esempio il Cinghiale. Evitando
danni agli spazi aperti dei prati di mezza costa ed alle aree agricole si favorisce il mantenimento di tali spazi e si
impedisce la diffusione eccessiva del bosco; vengono inoltre mantenute le aree agricole utilizzate che rappresentano
già ora una porzione molto ridotta, ma importante da preservare, del territorio provinciale.
È importante, però, ricordare che l’uso del suolo può, al contrario, avere degli effetti anche considerevoli sulle
popolazioni di animali e sulla flora: la sottrazione di suolo e la frammentazione degli habitat naturali in seguito
all’espansione dell’urbanizzato o alla realizzazione di infrastrutture di collegamento può avere importanti effetti
negativi sulla possibilità di movimento e di diffusione delle popolazioni animali o influenza sulla possibilità di
riproduzione e sopravvivenza delle specie, soprattutto quelle che hanno maggiori esigenze ecologiche e bassa
resilienza.
Poiché il valore agricolo del suolo dipende essenzialmente da caratteristiche intrinseche dei suoli e del territorio
(altitudine, esposizione, acclività, pedologia), non si ritiene che le azioni ed i contenuti del PFV possano avere effetti
su tale valore. Per i possibili effetti sull’agricoltura, si rimanda invece a quanto riportato nel successivo paragrafo
4.6.7.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 113
Tabella 4.5: possibili effetti significativi sul suolo (valore agricolo e uso del suolo)
Settore
Azione
Valore agricolo del
suolo
Pianificazione
territoriale
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
Uso del suolo
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura)
Territorio a maggior tutela
Aree di addestramento dei cani
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
Zone speciali
Attività venatoria
Utilizzo di munizioni in piombo
Disturbo alle popolazioni animali
↔
Errori negli abbattimenti
Gestione
Definizione dei posti caccia per CA e per specializzazione di caccia
Monitoraggi e censimenti
Piani di prelievo venatorio
↔
Immissioni a scopo di ripopolamento
Controllo della fauna problematica
+
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o domestica inselvatichita
4.3.5
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Esaminato il quadro complessivo non si ritiene significativo individuare, in questo comparto, degli indicatori a
monitoraggio delle azioni o degli obiettivi relativi alla pianificazione faunistico-venatoria.
L’uso del suolo che, come descritto sopra, può essere in parte (e lievemente) influenzato dal piano, non può difatti
considerarsi un indicatore importante per un monitoraggio dell’andamento del piano per diversi motivi, tra i quali si
possono citare la periodicità dell’aggiornamento dell’informazione geografica (ogni 2 o 3 anni), la scarsa estensione
delle possibili variazioni negli usi del suolo legati alle azioni di piano rispetto alla scala provinciale. Tuttavia può
essere utilizzato per l’analisi del contesto, vista l’influenza indiretta segnalata poco sopra.
Sarebbe piuttosto interessante ed utile al monitoraggio, a fronte di un censimento dettagliato e georeferenziato delle
aree aperte importanti per il mantenimento della fauna selvatica (si pensi, ad esempio, alle arene di canto dei
Galliformi alpini), mantenere aggiornata la variazione di numero, localizzazione ed estensione di queste aree e
l’impatto o i danni causati dalla fauna selvatica su di esse.
Si propongono pertanto i seguenti indicatori:
Indicatore
Descrizione
Localizzazione delle aree
di canto dei Galliformi
Territorio gestito ai fini di
favorire
l’habitat
dei
Galliformi
Localizzazione delle aree di canto su
cartografia digitale
Azioni intraprese e loro estensione
territoriale per la gestione territoriale o il
miglioramento ambientale al fine di
favorire le popolazioni di Galliformi e
risultati ottenuti
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Unità di misura o
rappresentazione
Priorità
Tabella 4.6: indicatori per il comparto “Suolo”
Cartografia
1
Mq o ettari
Valutazione risultato
2
Fonte
CAC
Provincia
CM
CAC
Comuni
Provincia
Utilità
Contesto
e
monitoraggio
Monitoraggio
Provenienza/
richiesta
dell’indicatore
Scriventi
Scriventi
Pagina 114
4.4
Acque superficiali
Provincia di Sondrio è una terra ricca di corsi d’acqua. La maggior parte del territorio è compresa nel bacino
idrografico del fiume Adda, mentre due piccole porzioni della Provincia ricadono in bacini diversi, quello del Reno
(zona del Lago di Lei) e del Danubio (torrente Spöl).
Vi si trova invece un unico lago, il Lago di Mezzola (zona umida di interesse internazionale secondo la Convenzione
di Ramsar).
Il Fiume Adda è il principale corso d’acqua della Provincia di Sondrio, esso ha origine nelle Alpi Retiche sul Monte
Ferro e, attraverso la Valle di Fraele giunge a Bormio. Il corso del fiume prosegue poi lungo tutta la Valtellina per
immettersi nel Lago di Como a Colico.
Il Fiume Mera, il cui corso si svolge per 50 km fa anch’esso parte del bacino dell’Adda. Nasce in Svizzera, nel
Cantone Grigioni e percorre la Val Bregaglia per poi entrare in provincia di Sondrio. Giunto a Chiavenna esso piega
verso sud e forma il lago di Mezzola; termina il proprio corso nel Lago di Como vicino a Sorico.
Fa parte del bacino del Reno il Fiume Reno di Lei che scorre in provincia di Sondrio solo per 15 km in Val di Lei e
lungo il suo corso nella parte elvetica è localizzata una diga per lo sfruttamento idroelettrico che crea un lago
artificiale quasi interamente italiano.
Infine, il Torrente Spöl che fa parte del bacino idrografico del Danubio. Esso nasce nei pressi della Forcola di Livigno
e si immette poi nel Lago del Gallo; la sua lunghezza complessiva è di 28 km.
Figura 4.12: i corpi idrici superficiali della Provincia di Sondrio (Fonte: RA PTCP Provincia di Sondrio)
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 115
La qualità delle acque superficiali nella provincia di Sondrio è monitorata da ARPA Lombardia; dal Rapporto sullo
Stato dell’Ambiente del 2009 si possono ricavare i valori dello Stato Ecologico del fiume Adda, del Mera e dei torrenti
Mallero, Masino e Poschiavino. I dati sono riportati nella Tabella 4.7.
Tabella 4.7: Stato Ecologico dei corsi idrici superficiali naturali della provincia di Sondrio (Fonte: Rapporto sullo stato
dell’ambiente 2009, ARPA Lombardia)
Anno
Corso d'acqua
Comune
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Valdidentro
2
2
2
3
3
3
3
3
Sondalo
3
3
3
3
4
3
3
3
Villa di Tirano
3
3
3
3
3
3
3
2
Caiolo Valtellino
3
3
3
3
3
3
2
2
Gera Lario
2
2
2
2
2
2
2
2
Fiume Mera
Villa di Chiavenna
2
2
2
2
2
2
2
2
T. Mallero
Sondrio
2
2
2
3
3
3
3
2
T. Masino
Valmasino
2
2
2
2
2
2
2
2
T. Poschiavino
Tirano
2
3
2
2
3
3
3
3
Fiume Adda
Per quel che riguarda, invece, le acque lacustri la situazione monitorata da ARPA in provincia di Sondrio è riportata
nella Tabella 4.8
Tabella 4.8: Stato Ecologico dei laghi della provincia di Sondrio (Fonte: Rapporto sullo stato dell’ambiente 2010,
ARPA Lombardia)
Lago
Stazione di monitoraggio
SEL
Lago di Mezzola
Verceia
3
Lago del Gallo
Livigno
2
Lago Palù
Chiesa in Valmalenco
2
Lago Palabione
Aprica
2
Lago di Montespluga
Madesimo
3
Un indicatore importante della qualità dell’ambiente fluviale è rappresentato dall’IFF (Indice di funzionalità fluviale).
L’obiettivo principale dell’indice consiste nella valutazione dello stato complessivo dell’ambiente fluviale e della sua
funzionalità, intesa come risultato della sinergia e dell’integrazione dei fattori biotici e abiotici presenti nell’ecosistema
acquatico e in quello terrestre ad esso collegato. La descrizione di parametri morfologici, strutturali e biotici
dell’ecosistema, interpretati alla luce dei principi dell’ecologia fluviale, porta quindi al rilevamento della funzione ad
essi associata, nonché dell’eventuale grado di allontanamento dalla condizione di massima funzionalità.
In provincia di Sondrio, la determinazione della qualità degli ambiti fluviali, è stata ottenuta con un apposito studio
secondo le procedure standardizzate del protocollo RCE-2/IFF, per i corsi d’acqua di Adda, Mera e Mallero Cervio,
Liro, Livrio, Madrasco, Poschiavino e Spoel. Si riporta in Figura 4.13 la cartografia di sintesi della funzionalità fluviale;
in tale mappa sono rappresentate come critiche, e dunque bisognose di una maggior tutela, tutte le aree il cui ambito
fluviale ecologico presentasse una valenza “elevata” o “buona”.
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Figura 4.13: Carta dell’indice rappresentativo della connettività e della funzionalità ecologica degli ambienti fluviali
(Fonte: Piano di Bilancio idrico)
4.4.1
Potenzialità e criticità del territorio
Una criticità esistente è senza dubbio legata al deflusso minimo vitale a valle delle captazioni idroelettriche, che
risulta spesso insufficiente a garantire il mantenimento di buone condizioni ambientali ed ecologiche del corpo idrico
a valle della captazione stessa.
Buona numerosità di tratti fluviali classificati come a valenza elevata o buona secondo l’IFF. Tale classificazione,
però, necessita di un aggiornamento per i corpi idrici già classificati e di un completamento estendendo le analisi
anche ai corsi d’acqua che ancora mancano di classificazione IFF.
4.4.2
Possibili effetti significativi sull’ambiente
L’interazione della pianificazione in esame con le acque superficiali o sotterranee può essere considerata per quanto
riguarda l’immissione di piombo in acqua.
Non si immaginano effetti negativi collegabili all’individuazione delle zone rivolte alla limitazione della caccia o alla
regolamentazione delle attività venatorie. Anche la previsione (perimetrazione) di aree che possono comportare un
generico maggior disturbo (addestramento cani, aree di minor tutela), introducendo/consentendo il transito dei
cacciatori, dei cani e le relative attività, non si ritiene possa avere effetti sul comparto idrico.
Il Piano, al paragrafo 4.3, introduce alcuni obblighi ed indicazioni in merito alle munizioni impiegate per l’esercizio
dell’attività venatoria, in ottemperanza al Decreto di Incidenza che riportava le seguenti prescrizioni:
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 117
Prescrizione N. 16.
Divieto di controllo di Corvidi e Cormorano all'esterno dei Siti con utilizzo di munizioni contenenti piombo.
Prescrizione N. 40
Obbligo di impiego di munizioni non contenenti piombo in tutte le aree umide (laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche) all'interno delle ZPS nonché nel raggio di
150 m dalle rive anche se all'esterno delle Zone di protezione Speciale a partire dalla stagione venatoria 2008-09.
Prescrizione N. 41
Obbligo di estensione del divieto dell'uso del piombo nelle aree di fondovalle esterne alle ZPS, fino al piede di montagna, entro 3 anni dall'entrata in vigore del
Piano Faunistico Venatorio. Tale divieto dovrà valere per tutte le specie di uccelli e mammiferi, comprese quelle sottoposte a controllo, mentre non riguarderà la
caccia a piccoli uccelli con munizioni di calibro compreso tra il n° 7.5 e il 12.
Prescrizione N. 42
Obbligo entro 3 anni dall'entrata in vigore del Piano Faunistico Venatorio, se le sperimentazioni previste confermeranno la possibilità ed utilità del
provvedimento, di sostituzione delle palle di piombo utilizzate per la caccia agli Ungulati e attività di controllo con palle soggette a minor frammentazione o
composte di altri metalli e leghe; in alternativa obbligo della completa rimozione dei visceri e dei polmoni dal luogo di abbattimento, e loro sotterramento, o
smaltimento presso i punti controllo.
Suggerimento A
Avviare una sperimentazione relativa alla sostituzione delle munizioni al piombo.
In particolare, il piano prevede “obbligo di impiego di munizioni non contenenti piombo in tutte le aree umide (laghi,
stagni, paludi, acquitrini, lanche) all'interno delle ZPS e delle ZSC (zone speciali di conservazione) nonché nel raggio
di 150 m dalle rive, anche se all'esterno delle zone sopracitate”. Questa prescrizione risulta essere particolarmente
positiva per un miglioramento del comparto idrico, delle aree umide e delle specie faunistiche collegate a questi
ecosistemi.
Come per il comparto atmosferico si segnala altresì una forte dipendenza della fauna dalla condizioni del fattore
ambientale in esame.
La disponibilità di acque superficiali, di aree umide, di pozze di abbeverata e dell’accessibilità della risorsa in
generale condiziona fortemente la presenza e gli spostamenti della fauna. Si ricordano ad esempio le problematiche
connesse agli spostamenti degli ungulati verso i torrenti che, comportando frequenti attraversamenti delle strade
provinciali e comunali, causano frequenti incidenti.
Si ricorda in tale contesto come la pianificazione dei miglioramenti ambientali (Piano di Miglioramento Ambientale)
affiancata al Piano Faunistico (pur esterna e non considerabile nella presente valutazione ambientale) possa risultare
elemento di forte positività rispetto al comparto e, indirettamente, di sostegno alla biodiversità (non solo della fauna di
interesse venatorio) a riequilibrio di impatti ambientali e disturbi causati dalla caccia sulle specie protette.
Tabella 4.9: possibili effetti significativi sulle acque superficiali
Settore
Azione
Pianificazione
territoriale
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura)
Aspetti qualitativi
delle
acque
superficiali
Aspetti quantitativi
delle
acque
superficiali
+
Territorio a maggior tutela
Aree di addestramento dei cani
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
Zone speciali
Attività venatoria
Utilizzo di munizioni in piombo
-
Disturbo alle popolazioni animali
Errori negli abbattimenti
Gestione
Definizione dei posti caccia per CA e per specializzazione di caccia
Monitoraggi e censimenti
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↔
↔
+
+
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Piani di prelievo venatorio
↔
↔
Immissioni a scopo di ripopolamento
↔
↔
Controllo della fauna problematica
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o domestica inselvatichita
4.4.3
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Per l’analisi del comparto sono stati analizzati alcuni parametri e i dati relativi allo stato dei corpi idrici superficiali ed
alla naturalità delle sponde. Esaminato il quadro complessivo non si ritiene significativo collegare questo comparto ad
azioni o obiettivi relativi alla pianificazione faunistico-venatoria e non sono pertanto segnalati indicatori di
monitoraggio.
4.5
Elementi naturalistici e faunistici
4.5.1
Caratterizzazione floristico vegetazionale
La vegetazione presente nel territorio della provincia di Sondrio si mostra varia ed il fattore che maggiormente
condiziona questa variabilità è l'altitudine. Si distinguono pertanto, in base alle fasce altitudinali, le seguenti tipologie
di vegetazione (le informazioni di seguito riportate sono tratte dalla relazione del Piano Faunistico Venatorio vigente):
−
Piano submontano: ad altitudini comprese tra 500 e 1000 metri. Il climax è quello del bosco di faggio. Dal
piano altitudinale inferiore (piano padano), caratterizzato dalla presenza di querce (Quercus robur, Quercus
petraea), castagni (Castanea sativa) e robinia (Robinia pseudoacacia), si passa alla presenza del faggio
(Fagus sylvaticus) cui si associa spesso l'abete bianco (Albies alba), il larice (Larix decidua) e l'abete rosso
(Picea abies). Il sottobosco del Fagetum comprende arbusti quali il sorbo degli uccellatori (Sorbus
aucuparia) e il maggiociondolo (Cytisus laburnum) mentre, tra i cespugli, il mirtillo e il brugo (Calunna
vulgaris). Nelle praterie submontane, a livello delle faggete, è preponderante la presenza dell'avena bionda
(Trisetum flavescens) accompagnata da Trifolium montanum, Ranunculus montanus, Campanula barbata e
da Trolius europeanus.
−
Piano montano: occupa la fascia da 1000 a 1400 metri d'altitudine. La specie caratteristica è l'abete rosso,
spesso accompagnato dal larice e dall'abete bianco. Nel sottobosco sono presenti il mirtillo nero (Vaccinium
myrtillus) e quello rosso (Vaccinium vitis-idaea); nelle radure sono frequenti i cespugli di rododendri
(Rhodondendron ferrugineum) e di lamponi (Rubus idaeus). Le piante erbacee comprendono Festuca ovina,
il melampiro (Melampyrum silvaticum), la Campanula barbata e la Veronica officinalis. Il sottobosco, nelle
compagini molto chiuse, è scarsamente luminoso, con gli strati erbaceo e arbustivo in genere assai ridotti;
notevole, per contro, risulta la copertura muscinale (Hylocomium splendens e Rhytidiadelohus triquetus).
−
Piano subalpino: occupa sulle alpi altitudini fra i 1400 e 1800 m. Alberi caratteristici sono il larice (Larix
decidua) e il cembro (Pinus cembra); presenti spesso il mugo (Pinus montana var. mughus) e l'abete rosso.
Il sottobosco è costituito da arbusti e cespugli tra cui i più comuni sono l'ontano verde (Alnus viridis), il
rododendro e il ginepro nano (Juniperus communis var. nana); tra le erbacee, le più diffuse sono l'erba olina
(Festuca ovina capillata), il nardo (Nardus striata), trifogli (Trifolium montanum e Trifolium alpinum) e diverse
specie di Carex e Juncus. A livello delle conifere citate si può osservare la presenza di quattro aspetti di
fitogenesi erbaceo-cespugliose aperte: le praterie, le torbiere, gli acquitrini e i greti. Per Ungulati e Galliformi,
le prime sono quelle che sicuramente rivestono maggiore importanza: si tratta di prati pascolabili costituiti da
numerose specie di graminacee in cui l'associazione vegetale dominante è il Nardetum alpigenum.
−
Piano alpino inferiore: occupa altitudini tra 1800 e 2400 m e coincide con l'orizzonte degli arbusti,
caratterizzato dal climax Rododendro-vaccinetum. Piante tipiche sono il pino mugo, caratteristico in terreni
calcarei, l'ontano verde e il rododendro, oltre a numerosi cespugli minori appartenenti specialmente ad
ericacee. Sono, inoltre, di questi stessi livelli i pascoli alpini costituiti da Aveno-Nardetum, sulle rocce silicee
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e da Caricetuum ferruginei e da Festucetum su quelle calcaree. Tipici poi dei pascoli più ombrosi sono i
saliceti (Salix pentantra, S. coaesia, S. purpurea).
−
Piano alpino: si estende sopra il limite superiore delle vegetazione arborea ed arbustiva, inserendosi tra i
2400 e i 2700 m. E’ caratterizzato dal Curvuletum, un consorzio erboso con caratteri di tundra e steppa
alpina, che occupa le superfici a terreno acido e in cui il Carex curvula è la specie dominante. Sui suoli
calcarei si instaurano invece altri due cariceti: il firmeto e l'alineto, il primo dovuto a Carex firma mentre il
secondo a Carex elyna.
−
Piano nivale: è la flora tipica delle morene e delle rocce dei ghiacciai presenti oltre i 2700 metri d'altitudine.
Essa è costituita principalmente da piccoli pascoli a mosaico di Curvuletum e Salicetum, da alcune specie di
Saxifraghee (Saxifraga panicolata, S. aizoon) oltre che di muschi e licheni.
La superficie forestale copre circa il 30 % dell’intera provincia e, negli ultimi decenni, si è estesa, invadendo buona
parte dei maggenghi e dei caratteristici terrazzamenti di versante un tempo coltivati a vigneto. E’ costituita per la
quasi totalità da fustaie, sia pure miste, di resinose e di latifoglie. In prevalenza si tratta di roveri, querce, faggi,
betulle, aceri, sorbi, ontani, olmi, oltre che di abeti, larici e pini.
Come già illustrato nel paragrafo 4.3.2, una vasta porzione della superficie territoriale provinciale è ricoperta da
boschi, in modo particolare da conifere (si veda la Figura 4.14). La Regione Lombardia ha elaborato, quale
rappresentazione delle superfici boscate, la Carta dei tipi forestali, di cui si presenta un estratto nella Figura 4.15; è
possibile notare come la presenza della categoria “peccete” sia prevalente in quasi tutta la provincia, fatta eccezione
per la Valdidentro ed il territorio di Livigno dove si ritrovano consistenti formazioni di mugheti e di lariceti o cembreti.
Figura 4.14: I boschi della Provincia di Sondrio, anno 2000 (Fonte: Regione Lombardia – Portale territoriale Direzione
Generale Agricoltura )
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Figura 4.15: Le categorie forestali della Provincia di Sondrio, anno 2006 (Fonte: Regione Lombardia – Portale
territoriale Direzione Generale Agricoltura )
4.5.2
4.5.2.1
Caratterizzazione faunistica
Indicazioni generali
Dal punto di vista faunistico, il territorio provinciale è particolarmente ricco, in relazione alla diversità e alla qualità di
habitat presenti, sia di fauna ittica sia di fauna terrestre. Il quadro presentato di seguito non vuole essere esaustivo di
una realtà complessa e articolata come quella della Provincia di Sondrio, in cui si contano 43 Siti di Importanza
Comunitaria (SIC) e 11 Zone di Protezione Speciale (ZPS), oltre a Parchi di valore fondamentale per l’arco alpino
come il Parco delle Stelvio.
Per quanto riguarda l’ittiofauna, nelle acque della Provincia sono presenti quattro specie di trote: la Trota iridea
(Oncorhynchus mykiss, presente in seguito a introduzione) e la fario (Salmo trutta tipo fario) oltre alla Trota
marmorata (Salmo trutta marmoratus) e alla lacustre (Salmo trutta trutta ecotipo lacustre) quasi estintesi nel tempo
ma ora reintrodotte, il Temolo (Thymallus thymallus), presente nell’Adda e nel Mera. Altre specie presenti sono il
Cavedano (Leuciscus cephalus), e il Barbo (Barbus plebejus) comuni e ben distribuiti nei tratti corrente lenta e
maggior portata, Vairone (Leuciscus souffia) e Scazzone (Cottus gobio), legati ai tratti di fiume con acque di buona
qualità, ben ossigenati e a corrente rapida.
Nel fondovalle e nelle aree più prossime, tra gli Anfibi si segnalano la Rana verde (Rana Klepton esculenta), il Rospo
comune (Bufo bufo), più rara la Raganella italiana (Hyla intermedia) un tempo assai diffusa nelle zone umide e nella
vegetazione ripariale dell’Adda nei dintorni del capoluogo, presente oggi solo nella Riserva naturale del Pian di
Spagna e in poche zone della bassa Valtellina. La Rana temporaria (Rana temporaria) è ben diffusa in tutta la
Provincia e fa registrare il sito riproduttivo più alto d’Europa. La Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) è
ampiamente diffusa anche ad altitudini più elevate, in aree forestali continue con presenza di pozze.
Per quanto riguarda i Rettili, l'Orbettino (Anguis fragilis), e il Biacco (Hierophis viridiflavus), di cui in valle è presente
un ecotipo dalla colorazione completamente nera, sono ampiamente diffusi fino ai 2000 metri, mentre la Natrice dal
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collare (Natrix natrix) è presente in tutto il territorio provinciale entro i 1000 metri di altitudine. Il Colubro di Esculapio
(Elaphe longissima) e la Natrice tassellata (Natrix tessellata), sono specie meno diffuse e più selettive, così come la
Lucertola vivipara (Zootoca vivipara), legata a pascoli umidi e torbiere. La Lucertola muraiola (Podarcis muralis) è
specie ubiquitaria, mentre il Ramarro (Lacerta viridis) è presente nelle zone meno antropizzate, come i pascoli
pietrosi, i greti e gli arbusteti xerofili.
Tra gli uccelli presenti lungo le rive dei fiumi, nidificano il Martin pescatore (Alcedo atthis), riscontrato anche nei
pressi di Sondrio, il Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) che ha tra le stazioni preferite il lago invaso di Lovero, ma che è
segnalato un pò dovunque nell’Adda e in alcuni piccoli affluenti, come nelle acque del Mallero di Chiareggio. Nei
lembi di canneto residui nel fondovalle valtellinese nidificano il Cannareccione (Acrocephalus arundinaceus) e la
Cannaiola (Acrocephalus scirpaceus), mentre sempre in pianura vicino a zone umide non è raro l’Usignolo (Luscinia
megarhincos). Importante la fauna degli uccelli migratori, tra cui molti Anatidi come il Germano reale (Anas
platyhryncos), la Marzaiola (Anas querquedula), il Mestolone (Anas clypeata), l’ Alzavola (Anas crecca), gli svernanti
Orchetto marino (Melanitta nigra), Smergo minore (Mergus serrator) e maggiore (Mergus merganser), Fischione
(Anas penelope) e Canapiglia (Anas strepera), fino alla Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus), molto comune anche
nei fossi e nei canali scavati dall’uomo. L’avifauna migratrice e svernante, soprattutto gli anatidi, si concentra presso
il Lago di Mezzola, specchio d’acqua che in inverno e durante le migrazioni ospita contingenti anche numerosi di
specie importanti dal punto di vista conservazionistico.
I boschi ripariali dell’Adda e le radure che li contornano ospitano numerose specie tipiche degli agro-ecosistemi di
buona qualità: il Picchio verde (Picus viridis), il Picchio rosso maggiore (Dendrocopus major), la Ghiandaia (Garrulus
glandarius), più raramente il Torcicollo (Jynx torquilla) e l’Upupa (Upupa epops) facilmente riconoscibile per la sua
cresta eretta; troviamo anche l’Airone cenerino (Ardea cinerea) oltre ad altri uccelli tipici degli ambienti fluviali come il
Corriere piccolo (Charadrius dubius).
Nei mesi primaverili, tra la bassa vegetazione dei boschi situati lungo l’Adda, nidifica la Quaglia (Coturnix coturnix),
mentre altre specie di interesse venatorio sono la Beccaccia (Scolopax rusticola), presente sui versanti boscati, il
Beccaccino (Gallinago gallinago) e il Frullino (Lymnocryptes minimus).che frequentano anche durante la migrazione
le zone umide del fondovalle. La Cornacchia grigia (Corvus coronae cornix), abbonda in tutto il fondovalle e, grazie
alla plasticità ecologica, anche nelle zone più elevate. Risulta più frequente in zone dove vi siano ammassi e depositi
di rifiuti urbani.
Piccione torraiolo (Columba livia) e Tortora dal collare (Streptopelia decaocto) sono frequenti sia in campagna che
nei più estesi centri cittadini. I grossi platani posti ai bordi delle strade o nelle piazze accolgono alla fine dell’estate
stormi di Storno (Sturnus vulgaris), mentre nelle campagne della periferia non è raro notare, soprattutto in inverno,
Cesene (Turdus pilaris) stazionare sugli alberi più alti.
Tra i rapaci, sono presenti l'Astore (Accipiter gentilis) e lo Sparviere (Accipiter nisus) che talvolta d'inverno si
abbassano fino alla pianura frequentando anche la periferia di Sondrio e la Poiana (Buteo buteo) certamente più
comune nei boschi di bassa quota. Presenti inoltre il Nibbio bruno (Milvus migrans) e il Falco pecchiaiolo (Pernis
apivorus), specie legate agli ambienti forestali dei versanti e delle valli tributarie che compiono spostamenti anche di
notevole entità durante l’attività trofica; il Gheppio (Falco tinnunculus) e il Lodolaio (Falco subbuteo) prediligono
invece le zone di pianura caratterizzate da agro-ecosistemi ricchi e diversificati, dove siano presenti alberi maturi,
corsi d’acqua e elementi paesaggistici come siepi e filari.
Tra gli Strigiformi si segnala la presenza della Civetta (Athene noctua), osservabile anche al primo imbrunire presso
centri abitati e nuclei rurali, quasi esclusivamente confinata alle zone pianeggianti dei fondivalle, il Gufo comune
(Asio otus) e l'Allocco (Strix aluco), distribuiti nelle aree forestali più strutturate; il Gufo reale (Bubo bubo) presente
nelle aree idonee dove ci siano pareti rocciose inaccessibili e ben esposte; la Civetta capogrosso (Aegolius
funereus), distribuita principalmente nelle foreste di conifere; l’Assiolo (Otus scops), specie migratrice che sosta
nell’area del Pian di Spagna.
Tra i Chirotteri sono state rinvenute varie specie, e si segnala la presenza di colonie (ad esempio quella della chiesa
di Fusine in cui sono stati rinvenuti Vespertilio minore (Myotis blythii), Vespertilio maggiore (Myotis myotis) e
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Vespertilio smarginato (Myotis emarginatus) che ospitano specie di notevole interesse conservazionistico. Il territorio
provinciale ha un’elevata vocazionalità per questo taxa, soprattutto in seguito alle ricerche eseguite nei siti siti Natura
2000 che hanno dimostrato come vi siano le condizioni ambientali affinchè si instaurino grosse colonie riproduttive.
Difficilmente visibili, perché animali essenzialmente notturni sono i Mustelidi tra cui la Faina (Martes foina), la
Donnola (Mustela nivalis) ed il Tasso (Meles meles). Rimane dubbia la presenza della Puzzola (Mustela putorius).
Presente anche la Volpe (Vulpes vulpes), specie ampiamente diffusa soprattutto nel fondovalle principale.
Le praterie di fondovalle ospitano il Riccio (Erinaceus europaeus), insettivoro con abitudini notturne come la Talpa
europea (Talpa europea), la cui presenza, dal fondovalle fino ai 2000 m degli alpeggi, è rivelata dai cumuli di terra
che si creano nei prati e nei campi dopo i suoi lavori di scavo e di perforazione. È presente in provincia il Toporagno
comune (Sorex araneus) e il Toporagno nano (Sorex minutus). Sono presenti diverse specie di roditori tra le quali si
ricorda l'Arvicola terrestre (Arvicola terrestris) e rossastra (Clethrionomys glareolus), diffusa dal fondovalle fino ai
2000 m, quota in cui si rinviene l’Arvicola delle nevi (Chionomys nivalis). Nei boschi mesofili è presente il Quercino
(Eliomys quercinus), il Moscardino (Muscardinus avellanarius) frequenta le fasce di sottobosco ricche di specie
pabulari (Nocciolo, Rovo e arbusti bacciferi); il Ghiro (Myoxus glis) è più diffuso dei precedenti e si rinviene anche
presso zone antropizzate. Possono diventare infestanti specie come il Topo domestico (Mus musculus), il Ratto dei
tetti e delle soffitte (Rattus rattus), il Topo selvatico o campagnolo (Apodemus sylvaticus) e il Ratto delle chiaviche
(Rattus norvegicus).
Il territorio provinciale conta numerose specie di ditteri, di cavallette, di libellule (Crocothemis erythraea - Orthetrum
cancellatum) oltre ai gerridi o ragni d'acqua (Gerris lacustris), emitteri che galleggiano sul pelo dell'acqua. Ci sono poi
coleotteri sempre più rari tra cui il Cervo volante (Lucanus cervus) e lo Scarabeo rinoceronte (Oryctes gryphus).
Ospite assai diffuso dell’ambiente anche cittadino, ovunque vi siano fessure sotto sassi di muretti o di lastricati, è lo
Scorpione (Euscorpius italicus). Tra gli insetti predatori, si citano la Formica leone (Myrmeleon formicarius), e le
cimici del genere Rhynocoris. In primavera i prati ospitano una delle più ricche faune di farfalle diurne delle Alpi: sono
presenti infatti il Podalirio (Iphyclides podalirius), il Macaone (Papilio machaon), la Cedronella o Gonepteride
(Gonepterix rhamni), la Colias (Colias hyale e crocea), vanesse come Inachis Io, Vanessa urticae e suoi bruchi sulla
pianta dell’ortica, Vanessa cardui e Vanessa atalanta, Vanessa polichloros , tutte infeudate a piante ortensi, ruderali
o ad essenze coltivate come il Ciliegio (Prunus avium) che in autunno colora di macchie di rosso fuoco i versanti sia
orobico (panorama autunnale orobico) che retico (panorama autunnale retico) della valle.
Per quanto riguarda gli orizzonti presenti a quote maggiori, risalendo i versanti, si ricorda che secondo il quadro
presentato da Tucker e Evans (1997), l’avifauna della foresta di conifere presenta una composizione relativamente
omogenea, dominata da specie del gruppo dei Paridi (Cincia mora Periparus ater, Cincia alpestre Poecile montanus,
Cincia dal ciuffo Lophophanes cristatus), dei Turdidi (Tordo bottaccio Turdus philomelos, Merlo dal collare Turdus
torquatus, Tordela Turdus viscivorus, Cesena Turdus pilaris, Pettirosso Erithacus rubecola) e da poche altre specie
di piccole dimensioni (Crociere Loxia curvirostra, Luì bianco Phyilloscopus bonelli, Prispolone Anthus trivialis, Regolo
Rugulus regulus, Rampichino alpestre Certhia familiaris), seppure non manchino elementi caratteristici, di dimensioni
maggiori, quali ad esempio il Picchio nero Dryocopus martius, la Nocciolaia Nucifraga caryiocatactes, il Francolino di
monte (Bonasa bonasia), la Civetta nana Glaucidium passerinum e il raro Gallo cedrone Tetrao urogallus. Tra i
Mammiferi legati a questa tipologia vegetazionale si trovano Scoiattolo rosso Sciurus vulgaris, Martora Martes foina,
Capriolo Capreolus capreolus e, nelle aree meno soggette a disturbo antropico, il Cervo Cervus elaphus.
Arbusteti e brughiere della zona subalpina sono molto più ricchi di specie che non le praterie alpine, specialmente se
è presente qualche albero sparso. Le specie tipiche di queste situazioni sono il Fagiano di monte Tetrao tetrix, lo
Stiaccino Saxicola rubetra, il Venturone alpino Carduelis citrinella, lo Zigolo muciatto Emberiza cia, la Bigiarella
Sylvia curruca, il Beccafico Sylvia borin, la Passera scopaiola Prunella modularis. Tipicamente associato al Mugo è
l’Organetto Carduelis flammea. Sempre nell’orizzonte sub-alpino, dove la vegetazione erbacea è dominante (spesso
in seguito agli usi antropici del suolo) subentrano invece specie come lo Spioncello e la Quaglia, la Tottavilla e
l’Ortolano. Rari sono i Mammiferi in questi ambienti, frequentati sporadicamente in primavera da Cervo e Capriolo.
Tra gli sfasciumi e la pietraia con buona copertura di Rododendri è possibile osservare l’Arvicola delle nevi.
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Nella bassa vegetazione erbacea (continua o interrotta) tipica dell’orizzonte alpino accanto allo Spioncello Anthus
spinoletta troviamo Culbianco Oenanthe oenanthe, Coturnice Alectoris graeca, Gracchio alpino Pyrrhocorax
graculus, Sordone Prunella collaris, Fringuello alpino Montifringilla nivalis, Pernice bianca Lagopus mutus. Questo è
anche il tipico habitat di foraggiamento per il Gipeto Gypaetus barbatus e l’Aquila reale Aquila chrysaetos. Tra i
Mammiferi sono presenti la Marmotta Marmota marmota, l’Ermellino Mustela nivalis e i grandi Ungulati presenti sulle
Alpi, come il Camoscio Rupicapra rupicapra e, negli ambienti di pascolo ricchi di rocce e cenge degli orizzonti alpino
e nivale, lo Stambecco Capra ibex. Tra gli Anfibi e i Rettili, la Salamandra nera Salamandra atra e la Lucertola
vivipara Lacerta vivipara abitano la prima i pascoli alpini, la seconda i luoghi umidi sino oltre i 3000 m. Marasso
Vipera berus e Vipera Vipera Aspis sono gli Ofidi presenti in questi habitat, il primo ad altitudine più elevata.
Le pareti rocciose ben esposte ospitano i siti di nidificazione del Codirossone Monticola saxatilis, specie non comune,
mentre il Picchio muraiolo (Tichodroma muraria) frequenta pareti inaccessibili e riparate. Più frequente il Rondone
maggiore (Apus melba), che può nidificare anche nei centri urbani. All’habitat “azonale” costituito dal corso dei
torrenti sono strettamente associate specie “specializzate”, come Ballerina bianca Motacilla alba, Ballerina gialla
Motacilla flava e soprattutto Merlo acquaiolo Ciclus cinclus. Allo sviluppo di una cintura di salici potrebbe essere
legata, alle quote inferiori, la comparsa della Cannaiola verdognola Acrocephalus palustris.
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4.5.2.2
Specie di interesse venatorio
CERVO (Cervus elaphus)
Il Cervo appartiene all’ordine Artiodactyla, famiglia Cervidae.
Si adatta a differenti condizioni ambientali, vive sia in pianura che in montagna, occupando prevalentemente i
boschi, sia di latifoglie che di conifere, con necessità di aree molto vaste. Attivo soprattutto di notte, forma branchi
stagionalmente variabili. La stagione riproduttiva inizia a settembre e la nascita dei piccoli, uno per femmina,
avviene nel periodo compreso tra maggio e giugno.
In Italia è presente nelle Alpi centro orientali e localmente in Valle d’Aosta. In Lombardia è presente in Valtellina,
Valcamonica ed Alpi Lepontine comasche e sta colonizzando anche la fascia prealpina da Varese a Brescia.
Figura 4.16: distribuzione del Cervo in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
In provincia di Sondrio, la specie è presente stabilmente in buona parte del territorio, con presenza omogenea nelle
fasce di media e bassa montagna con continuità dalla Valchiavenna all’Alta Valle mentre nei comprensori orobici la
distribuzione risulta essere più discontinua e costante solo a bassa quota, non in tutte le valli.
La densità media pre-riproduttiva è di 1,95 cervi/kmq con un totale stimato di 3.516 capi nel territorio provinciale
sottoposto a regime di caccia. Nelle aree del Parco nazionale dello Stelvio, risultano censiti 1.082 capi con una
densità, in questo caso, di 2,82 cervi/kmq. La densità media stimata per l’intera provincia di Sondrio risulta quindi di
2,19 cervi/kmq con un totale stimato di 4.598 capi nel periodo pre-riproduttivo. La densità nei vari settori ad
esclusione di quelli orobici si attesta nella classe media, con densità più elevate in Alta Valle dove si cumulano i dati
relativi alle popolazioni presenti nel Parco Nazionale dello Stelvio. Considerando che la pressione venatoria sulla
specie è sempre stata consistente, è possibile affermare che la situazione complessiva è discreta e le popolazioni
della provincia di Sondrio appaiono in buono stato di conservazione.
Tabella 4.10: presenze di Cervo nei diversi Comprensori Alpini e nelle Aziende faunistico-venatorie (Fonte: PFV)
Settore
Sup. vocata (ha)
Alta Valle
Tirano
Sondrio
Morbegno
Chiavenna
16.106
14.746
44.894
13.961
33.042
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Consistenze numeriche (n.)
‘01
412
266
609
322
504
‘05
658
261
810
332
518
‘06
541
241
757
297
587
Densità
(n./100ha)
‘06
3,36
1,63
1,69
2,13
1,78
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Aziende faunisticovenatorie
Totale
7.457
102
109
114
1,53
130.206
2.215
2.688
2.537
1,95
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STAMBECCO (Capra ibex)
Lo Stambecco appartiene all’ordine Artiodactyla, famiglia Bovidae.
Ottimo arrampicatore, adatto agli ambienti aridi e ad aree non boscate e rocciose in alta quota. Animale diurno, è
attivo soprattutto nelle prime ore del giorno ed al tramonto; gregario, forma gruppi unisessuali che si uniscono solo
nel periodo riproduttivo che cade in pieno inverno. Le femmine partoriscono un solo piccolo dopo circa 170 giorni di
gestazione.
In Italia è distribuito in tutte le regioni alpine dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. In Lombardia è presente in
Valtellina, sulle Orobie e sul versante lombardo dell’Adamello. Le popolazioni attuali derivano tutte da una
popolazione del Gran Paradiso sopravvissuta agli stermini perpetrati nei secoli passati.
Figura 4.17: distribuzione dello Stambecco in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
In provincia di Sondrio lo Stambecco è presente nella Alpi Lepontine, in Val Bregaglia, in Val Masino e Valmalenco,
sulle Orobie nell’area del Pizzo Tre Signori, in Val Grosina, Val Viola e Refasco nell’area di Livigno e Parco
Nazionale dello Stelvio.
Complessivamente sono stimati, in provincia, circa 1.500 esemplari per una densità di circa 3 capi/kmq. Sono censite
11 colonie nel territorio provinciale e la situazione della densità dello Stambecco è riassunta nella seguente tabella,
tratta dal PFV vigente.
Per questa specie si sta valutando la possibilità di avviare una gestione venatoria per quelle colonie che presentano
delle consistenze tali da poter sopportare il prelievo venatorio (in primis la colonia dell’Albris a Livigno), effettuato
però con attenzione e prudenza (poiché già si sospetta una forte influenza attuale dovuta agli atti di bracconaggio). Si
segnala la necessità quindi di controllare il bracconaggio, conoscere meglio le colonie provinciali dal punto di vista
quantitativo e qualitativo in collaborazione con gli enti dei territori confinanti e di individuare obiettivi comuni per la
conservazione e gestione delle popolazioni.
Tabella 4.11: Situazione dello Stambecco in provincia di Sondrio, anno 2004 (Fonte: PFV)
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Pagina 127
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CAMOSCIO (Rupicapra rupicapra)
Il Camoscio appartiene all’ordine Artiodactyla, famiglia Bovidae.
Tipicamente montano, vive in aree boscate di conifere e latifoglie intervallate da radure ripide e pareti rocciose con
canaloni. Animale diurno, è attivo soprattutto nelle prime ore del giorno ed al tramonto; il periodo dell’accoppiamento
va dalla fine di ottobre a dicembre. Le femmine partoriscono solitamente un solo piccolo dopo circa 180 giorni di
gestazione
In Italia è diffuso in tutto l’arco alpino. In Lombardia è presente in tutte le provincie ad altitudini superiori a 1000 metri
s.l.m..
Figura 4.18: distribuzione del Camoscio in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in quasi tutto il territorio provinciale.
La densità media pre-riproduttiva è di 3,95 capi/kmq con un totale stimato di 7.242 camosci nel territorio provinciale
sottoposto a regime di caccia. Nelle aree del Parco nazionale dello Stelvio, risultano censiti 1.731 capi con una
densità, in questo caso, di 3,54 capi/kmq. La densità media stimata per l’intera provincia di Sondrio risulta quindi di
3,72 camosci/kmq con un totale stimato di 8.973 capi nel periodo pre-riproduttivo.
Le densità dei vari settori risultano sempre basse o medie, eccezion fatta per le AFV e per alcuni comprensori
orobici dove la densità è elevata. Operando un confronto con i dati del 2001, si può affermare che le popolazioni
sono stabili o leggermente cresciute e, vista la pressione venatoria elevata e costante negli anni, si possono
considerare in buono stato di conservazione.
Tabella 4.12: presenze di Camoscio nei diversi Comprensori Alpini e nelle Aziende faunistico-venatorie (Fonte: PFV)
Settore
Sup. vocata (ha)
Alta Valle
Tirano
Sondrio
Morbegno
Chiavenna
Aziende faunisticovenatorie
Totale
24.952
8.701
50.176
26.712
40.574
‘01
332
178
1.889
1.228
625
‘05
526
191
2.384
1.534
763
‘06
494
150
2.578
1.419
980
Densità
(n./100ha)
‘06
2,16
1,71
5,12
5,19
2,17
7.668
183
188
676
8,74
207.736
4.435
5.398
5.621
3,49
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Consistenze numeriche (n.)
Pagina 129
CAPRIOLO (Capreolus capreolus)
Il Capriolo appartiene all’ordine Artiodactyla, famiglia Cervidae.
Tipico delle zone di margine, vive in aree cespugliate in evoluzione verso il bosco, ha buone capacità di
adattamento. Animale diurno, è attivo soprattutto nelle prime ore del giorno ed al tramonto; territoriale soprattutto in
estate, nella stagione invernale tende a raggrupparsi in gruppi misti soprattutto nelle aree più aperte.
In Italia è diffuso in tutto l’arco alpino centro orientale. In Lombardia, dopo un periodo in cui ha rischiato la
scomparsa nei primi del ‘900, è attualmente diffuso in tutto il territorio alpino e prealpino, nel Parco del Ticino e
nell’Olptrepò pavese. Figura 4.19: distribuzione del Capriolo in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in modo omogeneo nelle fasce di media e bassa montagna delle alpi retiche con continuità
dalla Val Chiavenna all’Alta Valle; nei comprensori orobici si spinge a quote anche più elevate ma solo nel periodo
estivo.
La densità media pre-riproduttiva è di 2,56 capi/kmq con un totale stimato di 3.475 caprioli nel territorio provinciale
sottoposto a regime di caccia. Nelle aree del Parco nazionale dello Stelvio, risultano censiti 66 capi ma, non
essendo disponibile una superficie precisa, non sono stati utilizzati i dati relativi a questa zona.
Nel complesso le densità medie provinciali calcolate nei diversi anni si collocano al livello più basso della classe
media, risultando quindi inferiori alle potenzialità e decisamente insufficienti per poter definire la popolazione
provinciale in buono stato.
Tabella 4.13: presenze di Capriolo nei diversi Comprensori Alpini e nelle Aziende faunistico-venatorie (Fonte: PFV)
Settore
Sup. vocata (ha)
Alta Valle
Tirano
Sondrio
Morbegno
Chiavenna
Aziende faunisticovenatorie
Totale
11.738
6.358
31.398
22.020
21.307
‘01
378
217
819
789
374
‘05
309
271
1.031
439
499
‘06
394
77
989
490
522
Densità
(n./100ha)
‘06
2,84
2,24
3,28
2,44
2,26
7.457
145
113
98
1,54
100.278
2.722
2.662
2.570
2,63
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Consistenze numeriche (n.)
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MUFLONE (Ovis orientalis musimon)
Il Muflone appartiene all’ordine Artiodactyla, famiglia Bovidae.
Predilige gli ambienti collinari e di bassa montagna, nella aree boschive ricche di sottobosco e radure. Gregario,
forma gruppi di femmine e giovani e gruppi di maschi adulti separati.
Originario dell’Asia e storicamente presente nelle grandi isole mediterranee, è stato introdotto in Lombardia negli
anni ’70, principalmente nelle porzioni prealpine ed alpine del territorio e nell’Oltrepò collinare.
Figura 4.20: distribuzione del Muflone in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in modo stabile solo nella Azienda Faunistica Valebelviso-Barbellino con una colonia
originatasi con una immissione nel 1971.
L’areale della specie, pari a circa 2.200 ettari, vede una popolazione che è gradualmente aumentata tra il 1981 ed il
1996, con un brusco calo negli anni 2000 fino ad arrivare ai 67 esemplari censiti (pre-riproduzione) nel 2006, con
una densità di 3,05 capi/kmq.
La gestione di questa specie segue una precisa scelta relativa alla non diffusione al di fuori della ValBelviso; la sua
espansione, infatti, potrebbe portare problemi di competizione o disturbo agli altri ungulati autoctoni presenti.
Tabella 4.14: capi di Muflone censiti e densità della specie in provincia di Sondrio (Fonte: PFV)
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CINGHIALE (Sus scrofa)
Il Cinghiale appartiene all’ordine Artiodactyla, famiglia Suidae.
Specie molto adattabile ad habitat anche molto diversi tra loro (dalla macchia mediterranea ai boschi di latifoglie,
dalla pianura agli ambienti montani). La sua dieta è onnivora ed adattabile alle disponibilità di cibo e spesso si ciba
anche di piante coltivate dall’uomo con conseguenti danni alle colture. Le popolazioni presentano gruppi separati di
giovani maschi e di femmine con i piccoli, con una gerarchia interna ben precisa. Presenta una elevata mobilità e un
elevato tasso riproduttivo: i piccoli nascono in tarda primavera fino a 10 per parto.
In Italia è diffuso in tutto l’arco alpino ed appenninico. In Lombardia, si trova nella valle del Ticino, nell’Oltrepò
pavese montano e sull’arco alpino. Figura 4.21: distribuzione del Cinghiale in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente nel comprensorio di Tirano e di Chiavenna ed in alcune zone retiche dei comprensori di
Morbegno e Sondrio. Nella maggior parte dei casi si tratta di individui derivanti da immissioni illegali effettuate nei
comprensori o nei territori delle provincie confinanti dove la specie è cacciabile (Como e Brescia) e viene
illegalmente immessa per sostenere l’attività venatoria.
Nel 2007 erano stimati ancora una decina di capi presenti nel CA di Chiavenna, nelle Alpi Lepontine al confine con
la provincia di Como, e una ventina circa nel comprensorio di Tirano, nella fascia da Stazzona fino a Grosotto,
comprendendo tutta la zona del Mortirolo al confine con la provincia di Brescia. A questi si sommavano i cinghiali
presenti nelle zone retiche tra Sondrio e Morbegno, che sembra essere una delle zone a maggiore densità della
specie, con la stima di circa una cinquantina di capi.
La specie risulta comunque non vocata per il territorio provinciale e l’attività venatoria rimane quindi preclusa. Il
Cinghiale ha provocato una serie di danni ai prati di mezza costa che, una volta ribaltati, se la cotica erbosa non
viene fresata e seminata per tempo, sono rapidamente colonizzati dal bosco. Sono pertanto in atto interventi di
controllo selettivo.
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GALLO CEDRONE (Tetrao urogallus)
Il Gallo cedrone appartiene all’ordine Galliformes, famiglia Tetraonidae.
Tipico dell’ambiente montano e del clima freddo, nidifica nei boschi di conifere maturi con ricco sottobosco e di
preferenza si trova tra i 1200 e i 1500 m di quota. Durante il periodo riproduttivo (da marzo a maggio), i maschi si
radunano nei lek, arene in cui si esibiscono in parate durante le quali emettono il loro richiamo.
In Italia è presente nel nord est e la Lombardia è il limite occidentale dell’areale italiano; è presente principalmente
sulle Orobie, ma l’areale di distribuzione si sta progressivamente riducendo anche a seguito dell’esito negativo dei
diversi tentativi di reintroduzione effettuati nell’Italia occidentale. Figura 4.22: distribuzione del Gallo Cedrone in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in modo stabile solo nelle Alpi Orobie su un areale molto ristretto nell’area di Morbegno,
Sondrio e Tirano. La popolazione è molto frammentata, con arene disperse e poco frequentate e punti di canto con
maschi singoli, cosa che potrebbe dare problemi di contatto e scambio all’interno della popolazione.
Il principale problema per la specie sembra si evidenzi nel periodo degli amori a causa della mancanza di spazi
idonei per le parate.
Considerando l’estrema rarità della specie, le stime sulla presenza e densità sono molto difficili ma si può ipotizzare
una popolazione di 70-80 individui con consistenza stabile negli ultimi anni. La densità è molto bassa, pari a circa
0,3 capi/kmq (contro i 2-4 capi/kmq necessari per una popolazione vitale). Tali valori, estremamente bassi, lasciano
purtroppo poche speranze in una futura espansione e conservazione della specie nel territorio provinciale.
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GALLO FORCELLO (Tetrao tetrix)
Il Gallo forcello appartiene all’ordine Galliformes, famiglia Tetraonidae.
Tipico dell’ambiente montano, occupa arbusteti alpini alberati con parziale copertura erbacea, laricete rade, boschi
misti e boscaglie a mugo; importante però è la presenza di un ricco sottobosco. La fascia altimetrica preferita è tra i
1450 ed i 1850 metri di altitudine. Animale gregario per la maggior parte dell’anno, si separa in gruppi monosessuali
all’inizio dell’autunno. In primavera i maschi si radunano in zone delle quali cercano di raggiungere il centro
attraverso spettacolari parate e scontri tra esemplari.
In Italia è presente in tutte le province alpine ma è molto localizzato in quelle di Varese e Como.
Figura 4.23: distribuzione del Gallo Forcello in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in buona parte del territorio provinciale, ad esclusione del fondovalle e delle aree al di sopra
dei 2300 metri di altitudine.
Dal 2001 al 2005 si sono contati complessivamente 827 esemplari all’anno, pari ad una densità media provinciale di
7,2 individui/kmq nelle aree censite e, per tutta la popolazione provinciale, si stima una densità media di 7,09
esemplari/kmq.
I dati dei censimenti primaverili sulle arene mostrano che sono contattati mediamente 5 maschi per ogni arena di
canto.
I dati dei vari censimenti e rilievi effettuati, unitamente ai dati sui prelievi, sembrano indicare che le popolazioni di
Gallo forcello sono in buone condizioni e presentano una situazione stabile o in leggero incremento; non si
riscontrano tendenze negative in nessun comprensorio alpino.
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PERNICE BIANCA (Lagopus mutus)
La Pernice bianca appartiene all’ordine Galliformes, famiglia Tetraonidae.
Tipico dell’ambiente montano, nidifica tra fine maggio e fine luglio negli arbusteti montani o sulla prateria tra i 2000
ed i 2600 m di quota. Vive sempre al di sopra del limite della vegetazione arborea fino al confine con le nevi perenni;
è l’uccello meglio adattato al rigido clima montano. Vive in gruppi abbastanza numerosi per buona parte dell’anno
che si disgregano all’inizio della primavera, quando le coppie si portano nei territori di nidificazione.
In Italia è presente sulle Alpi ed in Lombardia si trova in tutte le regione propriamente alpine con un areale più o
meno continuo.
Figura 4.24: distribuzione della Pernice bianca in Lombardia, in giallo le aree in cui si ha presenza nel periodo
riproduttivo (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente e ben distribuita nella parte settentrionale del Comprensorio di Tirano, in tutta l’Alta Valle e nel
Parco Nazionale dello Stelvio. La distribuzione è omogenea e continua anche in Alta Valle Spluga, Val di Lei e nelle
Alpi retiche. Nei comprensori orobici, invece, la presenza è ridotta e limitata poiché il territorio non è particolarmente
idoneo e la specie, che ha subito una regressione negli ultimi anni, è pressoché assente in interi settori e su aree
molto vaste.
Dal 2001 al 2005 si sono contati in media 218 esemplari all’anno, pari ad una densità media provinciale di 4,2
individui/kmq nelle aree censite. I dati dei censimenti mostrano un andamento particolarmente negativo nell’Alta
Valle dove il numero di animali contattati e di covate censite è drasticamente calato nel tempo e sembra continuare
a calare anche nel 2006, a differenza degli altri comprensori dove emergono segnali di ripresa. I dati delle
dimensioni medie delle covate mostrano valori positivi per tutti gli anni e non si sono mai verificati anni con un
numero di giovani per covata inferiore a 3, ad indicazione di una buona capacità di allevare i piccoli e di una
mortalità non elevata di questi.
I dati raccolti indicano complessivamente una situazione non ottimale, con alcuni rischi di criticità, anche se vi sono
ancora segnali positivi che lasciano sperare in una ripresa delle popolazioni nei prossimi anni. Va comunque tenuto
sempre presente che l’areale occupato e idoneo alla specie è molto limitato, per l’ecologia stessa della Pernice
bianca, e il numero di capi totali è complessivamente basso. E’ quindi più che mai presente il rischio che le
popolazioni vadano incontro a estinzioni locali, con la conseguente riduzione progressiva degli scambi tra
popolazioni e il rischio di depressione da inbreeding (inincrocio all’interno di uno stesso gruppo di animali) e risulta al
riguardo necessario effettuare studi genetici mirati, per individuare eventuali situazioni problematiche.
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FRANCOLINO DI MONTE (Bonasa bonasia)
Il Francolino di monte appartiene all’ordine Galliformes, famiglia Tetraonidae.
Vive in preferenza nei boschi misti adulti, ricchi di sottobosco a quote comprese tra 600 e 1800 metri s.l.m.. Nidifica
al suolo e forma coppie monogame la cui unione è continuativa e dura anche per più anni.
In Lombardia si trova in tutte le province alpine e prealpine ad esclusione della provincia di Varese. Valtellina e
Valcamonica sono le aree nelle quali il Francolino di monte è maggiormente presente.
Figura 4.25: distribuzione Francolino di monte in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente e ben distribuita in tutto il territorio provinciale, in modo omogeneo e continuo solo nella fascia
orobica di bassa e media montagna.
Poiché la specie è sottoposta a protezione in conseguenza del DPCM del 21 marzo 1997, non vengono svolti
censimenti specifici e non si hanno dati precisi di densità ed abbondanza.
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COTURNICE (Alectoris graeca saxatilis)
La Coturnice appartiene all’ordine Galliformes, famiglia Phasianidae.
Nidifica in preferenza nelle praterie aride di graminacee, ripide e soleggiate con rocce e povere di arbusti ed alberi.
È una specie gregaria per tutto l’anno ad eccezione del periodo di cova e le coppie sono monogame. Il periodo della
deposizione delle uova va da aprile a giugno a seconda della quota e sono covate da 8 a 14 uova.
In Lombardia è presente in tutte le aree alpine e prealpine a quote comprese tra 800 e 2500 metri.
Figura 4.26: distribuzione Coturnice in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente e ben distribuita in quasi tutto il territorio provinciale ad eccezione dell’Alta Valtellina, del Parco
Nazionale dello Stelvio e delle aree di fondovalle e alle quote più elevate.
Sono state contate complessivamente 295 Coturnici, pari ad una densità media post-riproduttiva di 3,74
individui/kmq nelle aree campione. La densità media stimata per la provincia è di 3,6 individui/kmq, mentre il
comprensorio che si è dimostrato più ricco è quello di Morbegno nelle zone retiche con 6 capi/kmq.
Complessivamente, la densità in provincia di Sondrio risulta comunque più bassa rispetto alle altre zone delle Alpi,
dove si ha quasi sempre una densità di almeno 5 capi/kmq. I valori rilevati confermano quindi che la popolazione
non si trova comunque in condizioni ottimali e potrebbe ancora aumentare i propri effettivi e la propria distribuzione.
D’altra parte, confrontando la situazione attuale con quella del 2001, si nota che, oltre ai capi censiti, anche le
consistenze stimate sono raddoppiate e in tutti i comprensori si è verificato un trend positivo in questi anni. Questo
dato, per quanto causato magari in parte da sottostime nei valori del piano precedente, è comunque positivo ed
evidenzia che la situazione della Coturnice non è peggiorata in questi anni, come ci si poteva aspettare, ma sembra
in leggero miglioramento.
Ciononostante è comunque necessaria una grande cautela, perché la specie rimane vulnerabile ed esiste sempre il
concreto rischio di andare incontro a estinzioni locali, con ulteriore riduzione degli scambi tra una popolazione e
l’altra e con l’aumento di possibili depressioni genetiche dovute ad inincrocio (inbreeding).
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LEPRE COMUNE (Lepus europaeus)
La Lepre appartiene all’ordine Lagomorpha, famiglia Leporidae.
Vive nelle aree planiziali e sulle Alpi fino a 2000 metri di altitudine. Gli ambienti in cui è possibile ritrovarla sono
diversi e vanno dai coltivi ai boschi, ai prati; è attiva soprattutto nelle ore crepuscolari e notturne. Animale solitario,
forma piccoli gruppi durante il periodo del corteggiamento ed il periodo riproduttivo va da febbraio a settembre.
In Italia è diffusa in tutta la penisola ad eccezione delle isole; in Lombardia si trova in tutto il territorio regionale ma è
più comune nelle aree di pianura ed in collina.
Figura 4.27: distribuzione Lepre comune in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente nella maggior parte del territorio provinciale dal fondovalle a 1800-2000 metri circa, ma va
tenuto in considerazione il fatto che l’areale riscontrato rispecchia in parte quello storico della specie ed in parte è
frutto delle immissioni e ripopolamenti effettuati.
I dati relativi alla densità delle popolazioni non sono facili da stimare poiché i campionamenti non sono stati fatti in
maniera precisa e in tutti i comprensori, tranne che in Alta Valle, continua ad essere messa in atto la pratica del
ripopolamento. Tra i vari comprensori, quello dell’Alta Valle risulta essere quello con la migliore consistenza e
densità di Lepre comune con più di 5 capi/kmq nelle aree campione, valore buono considerando che si tratta della
densità pre-riproduttiva e che ci si trova in ambiente alpino. La densità media provinciale stimata è di 2,5 capi/kmq e
si rilevano criticità nelle popolazioni nel comprensorio di Chiavenna (anche a seguito di immissioni, i censimenti
riportano dati prossimi allo zero) e Morbegno.
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LEPRE BIANCA (Lepus timidus)
La Lepre appartiene all’ordine Lagomorpha, famiglia Leporidae.
Vive nelle brughiere, arbusteti e pascoli alpini generalmente sopra ai 1500 metri di altitudine. Attiva soprattutto di
notte nel periodo estivo, in inverno invece alterna periodi di riposo alla ricerca del cibo. Animale solitario, il periodo
riproduttivo va da marzo a luglio e si possono avere 2 o 3 parti.
In Italia è presente sull’arco alpino come “relitto” delle epoche glaciali e del quaternario ed è distribuita sulle Alpi con
areale relativamente continuo. In Lombardia è presente su quasi tutti i rilievi che superano i 2000 metri di quota.
Figura 4.28: distribuzione Lepre bianca in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in modo omogeneo in gran parte del territorio provinciale ad eccezione del fondovalle; sulle
Orobie la presenza è frammentaria con ampie zone di assenza, in modo particolare nel territorio delle aziende
faunistiche.
A causa delle abitudini notturne e della spiccata elusività, la specie risulta essere difficile da censire. I dati rilevati
durante un progetto di ricerca sulla Lepre bianca realizzato da Oikos e Università dell’Insubria sembrano evidenziare
differenze significative tra le diverse aree della provincia ma è evidente che i rilievi compiuti sono insufficienti e
dovranno essere in futuro integrati con altre indagini per avere un quadro esaustivo della situazione della specie.
La specie è protetta sia sulle Alpi Orobie che nel territorio del Parco Nazionale dello Stelvio.
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MARMOTTA (Marmota marmota marmota)
La Marmotta appartiene all’ordine Rodentia, famiglia Sciuridae.
Vive nelle zone montuose a quote elevate; il ritmo di vita è caratterizzato da una fase di riposo notturno in tane
sotterranee e attività diurna all’esterno e va in letargo dalla fine di settembre a metà aprile circa. L’accoppiamento
avviene a fine aprile e dopo circa 30 giorni di gestazione nascono i piccoli (da 2 a 4).
In Italia è presente sull’arco alpino ed è stata rilasciata anche in alcune zone dell’Appennino settentrionale. In
Lombardia è presente nella fascia alpina e prealpina oltre il limite della vegetazione arborea.
Figura 4.29: distribuzione Marmotta in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione e densità
La specie è presente in tutta la provincia sopra al limite della foresta in maniera relativamente omogenea con
completa assenza nel fondovalle e nelle porzioni più basse delle valli.
La tendenza delle popolazioni di marmotta sembra essere stazionaria con aumenti locali delle consistenze dovuti
all’insediarsi spontaneo delle nuove colonie laddove la specie non è già presente.
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VOLPE (Vulpes vulpes)
La Volpe appartiene all’ordine Carnivora, famiglia Canidae.
Frequenta ogni genere di ambiente, dalla pianura coltivata alla prateria di alta montagna ed è attiva soprattutto di
notte. Sul medesimo territorio possono esserci diversi esemplari ma solo una coppia si riproduce e vivono separati
fino al periodo degli amori; la cucciolata, composta da 3-8 piccoli, nasce tra metà marzo e metà maggio.
In Italia presente in tutte le regioni ed in Lombardia è presente in tutto il territorio, meno frequente in pianura e nei
centri abitati di maggiori dimensioni.
Figura 4.30: distribuzione Volpe in Lombardia (Fonte: “Scopri la fauna della Lombardia”)
Distribuzione:
La specie è presente in tutta la provincia, dal fondovalle fino al limite superiore della vegetazione.
La specie è sottoposta a controllo selettivo per tutelare la piccola fauna (lepre, fagiani, quaglie…).
4.5.2.3
Altre specie presenti
Oltre a quelle illustrate nelle schede presentate nel paragrafo precedente, il piano faunistico vigente riporta delle
brevi descrizioni per altre specie. Se ne riporta l’elenco e per i dettagli si rimanda ad un lettura del capitolo 3 del
Piano Faunistico Venatorio.
Mustelidi, felidi, canidi
Avifauna
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-
Ermellino (Mustela erminea)
-
Donnola (Mustela nivalis)
-
Puzzola (Mustela putorius)
-
Martora (Martes martes)
-
Faina (Martes foina)
-
Tasso (Meles meles)
-
Lupo (Canis lupus)
-
Lince (Lynx lynx)
-
Anatidi
Pagina 141
Rapaci diurni
Rapaci notturni
-
Rallidi
-
Podicipedi, ardeidi e laridi
-
Scolopacidi
-
Caradridi
-
Columbidi
-
Turdidi e alaudidi
-
Corvidi
-
Aquila reale (Aquila chrysaetos)
-
Gipeto (Gypaetus barbatus)
-
Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus)
-
Nibbio bruno (Milvus migrans)
-
Astore (Accipiter gentilis)
-
Sparviere (Accipiter nisus)
-
Poiana (Buteo buteo)
-
Gheppio (Falco tinnuculus)
-
Pellegrino (Falco peregrinus)
-
Gufo reale (Bubo bubo)
-
Civetta nana (Glaucidium passerinum)
-
Civetta capogrosso (Aegolius funereus)
-
Civetta (Athene noctua)
-
Allocco (Strix aluco)
-
Gufo comune (Asio otus)
Si segnala inoltre il Cormorano (Phalacrocorax carbo) che in passato, con popolazioni molto numerose, ha arrecato
danni alla ittiofauna della provincia; a partire dal gennaio 2000 si è quindi implementato un programma di controllo
della specie che ha portato allo spostamento della maggior concentrazione degli individui dal lago di Mezzola ad altre
aree più a sud sul lago di Como.
Fagiano e Starna sono presenti in popolazioni che però non sono naturali e vengono mantenute esclusivamente
mediante immissioni ripetute ai fini venatori.
4.5.2.4
Il fenomeno del bracconaggio
Per bracconaggio si intende ogni forma di uccisione o cattura di animali selvatici al di fuori delle possibilità previste
dalla legge. Il bracconaggio è un fenomeno insidioso e spesso poco appariscente, caratteristica accentuata dallo
spopolamento di campagne e boschi a seguito degli spostamenti demografici verso le città ed i centro maggiormente
abitati e frequentati.
Proprio perché poco evidente, spesso gli atti di bracconaggio non vengono rilevati ed è difficile quantificare il peso
che questo fenomeno ha sulle popolazioni animali.
In provincia di Sondrio, la Polizia Provinciale è l’organo al quale compete la salvaguardia delle specie faunistiche, la
preservazione del loro habitat naturale e, più in generale, il controllo del rispetto delle leggi. Gli obiettivi principali del
corpo di Polizia Provinciale sono, infatti, il contrasto del fenomeno del bracconaggio, attorno al quale ruotano anche
diversi interessi economici, il rispetto di regolamenti e leggi, con criteri di massima efficacia ed efficienza.
La Polizia Provinciale provvede a questi compiti con la collaborazione delle associazioni di categoria di cacciatori e
pescatori e con i movimenti di tutela ambientale, del volontariato e dell’UPS di Sondrio.
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La Polizia Provinciale, interpellata dalle scriventi in merito all’entità conosciuta del fenomeno del bracconaggio, ha
fornito le seguenti informazioni, riferite al periodo compreso tra il 1° gennaio 2009 ed il 20 aprile 2011.
L’attività di bracconaggio risulta essere più o meno diffusa su tutto il territorio provinciale.
Sono stati segnalati:
-
72 verbali per atti di bracconaggio (di cui 49 penali e 23 amministrativi),
-
23 capi di fauna selvatica sequestrati non in tempo di caccia (di cui 14 Cervi, 7 Caprioli, 1 Marmotta ed 1
Cinghiale),
-
45 verbali stilati in tempo di caccia.
Gli agenti in organico al Corpo di Polizia Provinciale sono attualmente 20, impegnati nelle attività di controllo che
spaziano dal campo venatorio, a quello ambientale, al codice della strada. Si può stimare che a fronte di circa 220
giornate lavorative/anno, circa il 60% sono dedicate all'attività venatoria.
4.5.3
Potenzialità e criticità del comparto ambientale
Sicuramente il territorio della provincia di Sondrio, grazie alla sia variabilità e ricchezza di habitat, possiede grandi
potenzialità per quanto riguarda il mantenimento delle specie sia faunistiche che di vegetazione.
In merito alle specie di interesse venatorio, si riporta una breve tabella riassuntiva dello stato e delle eventuali criticità
riscontrate e riportate sinteticamente nelle schede descrittive del paragrafo 4.5.2.2. Per un maggior dettaglio e per i
relativi approfondimenti si rimanda pertanto a tale paragrafo ed alla lettura del capitolo III del Piano Faunistico
Venatorio.
Tabella 4.15: sintesi delle condizioni rilevate dal PFV vigente per le principali specie di interesse
Specie
Condizione
Cervo
Buone condizioni
Stambecco
Le colonie presenti mostrano una situazione incoraggiante – possibile
introduzione della possibilità di prelievo alle colonie più numerose – necessita
comunque di una gestione attenta e di azioni per il controllo del bracconaggio
Camoscio
Buone condizioni
Capriolo
Densità bassa, situazione problematica
Muflone
Buone condizioni – mantenere la popolazione limitatamente alla AFV
evitando la diffusione nel resto del territorio provinciale
Cinghiale
Presente, da eradicare
Gallo cedrone
Situazione molto critica
Gallo forcello
Buone condizioni ma popolazione vulnerabile
Pernice bianca
Presenza discreta in Alta Valle e nei CA di Chiavenna e Sondrio, pur
presentando una notevole vulnerabilità ed un trend di calo – situazione
decisamente critica nel resto della provincia
Francolino di monte
Protetto ai sensi del DPCM del 21 marzo 1997
Coturnice
Condizioni non ottimali ma con andamento ciclico – rimane comunque specie
vulnerabile
Lepre comune
Buona densità in Alta Valle ma critica in CA Chiavenna e Morbegno
Lepre bianca
Difficile definire la situazione, mancano censimenti adeguati – protetta su
Orobie e nel Parco dello Stelvio
Marmotta
Buone condizioni
Volpe
Specie sottoposta a controllo
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Tra le criticità va inoltre evidenziato il problema del bracconaggio e del suo controllo. Il numero dei verbali redatti,
benché non particolarmente elevato, segnala l’esistenza di un fenomeno che senza dubbio influisce sulle popolazioni
animali e che è solo parzialmente noto nella sua effettiva consistenza ed estensione territoriale. Le scarse forze di
Polizia disponibili, inoltre, dovendo affrontare anche altre mansioni oltre al controllo della fauna selvatica, purtroppo
non sono in grado di controllare e prevenire il fenomeno in maniera adeguata.
4.5.4
Possibili effetti significativi sull’ambiente
Considerazioni in merito alle azioni relative alla pianificazione territoriale e definizione delle zone di caccia.
Gli appostamenti fissi individuati dal piano si concentrano nelle zone di fondovalle in aree a minor tutela; la maggior
parte di essi è localizzata nel CA di Morbegno a Delebio lungo il corso del fiume Adda prima della sua immissione nel
Lago di Como e nel CA di Chiavenna. Tale localizzazione risulta essere molto prossima alla riserva naturale Pian di
Spagna – Lago di Mezzola, che è una area umida protetta secondo la convenzione Ramsar: per questo motivo si
stimano effetti negativi per l’avifauna migratrice poiché, anche se gli appostamenti sono localizzati al di fuori dell’area
protetta, non si possono escludere effetti sulle popolazioni di uccelli migratori di passaggio in quelle zone.
Le aree di protezione individuate dal Piano, che come descritto nel capitolo 2 sono costituite fra l’altro dalle Oasi di
Protezione e dalle Zone di ripopolamento e cattura, avranno effetti positivi sulla fauna selvatica, compresa quella
migratoria, poiché sono costituite al preciso scopo di favorire il rifugio, la sosta e la riproduzione della fauna selvatica
(OP) e di favorire la riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale per poi irradiarsi nel territorio circostante o
per essere catturata e reimmessa (ZRC). Il Piano individua tali aree in base alla presenza di habitat idonei alla fauna,
al fine di mantenerli in buono stato di conservazione; le specie animali favorite dall’azione di Piano appartengono
soprattutto a quelle di interesse venatorio, ma la conservazione di questi ambienti particolarmente vocati, ad elevata
naturalità e in alcuni casi anche poco frequentati dai turisti, favorisce la presenza di tutta la fauna selvatica, sia
stanziale che migratoria e quindi anche le specie non di interesse ai fini della caccia. Pure per la vegetazione gli
effetti previsti sono positivi, poiché comunque sottoposta ad un regime di tutela e oggetto di azioni di miglioramento
ambientale. È inoltre interessante osservare come queste aree siano per la maggior parte esterne ad altre aree
protette (ad esempio i Parchi e i Siti Natura 2000) portando ad un aumento complessivo delle aree tutelate.
L’individuazione di aree per l’addestramento cani risulta essere necessaria per poter addestrare cani da caccia su
terreni idonei alla specie di interesse venatorio (nei quali essa sia presente con popolazioni stabili o a seguito di
immissioni ed in periodi di fermo dell’attività venatoria). Sul territorio provinciale il piano prevede aree di
addestramento di tipo B, nelle quali vige il divieto di sparo sulle specie di fauna selvatica ed una zona di tipo C con
possibilità di abbattimento per tutto l’anno di fauna riprodotta in allevamento appartenente alle specie di quaglia,
fagiano, starna e anatra germanata (tale area è localizzata nel CA di Chiavenna).
Non sono previsti effetti diretti significativi sui comparti di flora e fauna, se non un possibile effetto dovuto al disturbo
arrecato alle specie non oggetto di caccia che, spaventate dalla presenza dei cacciatori e dei cani, potrebbero
allontanarsi dalle zone dedicate all’addestramento dei cani, per poi ritornarvi una volta che il disturbo si esaurisce o si
sposta nello spazio. Per quanto riguarda la vicinanza con i siti della Rete Natura 2000 o la presenza di zone di
addestramento al loro interno, si rimanda a quanto contenuto nello Studio di Incidenza.
BREVE SINTESI DI QUANTO DETTO NELLO STUDIO DI INCID.
La definizione delle porzioni di territorio a maggior tutela comporta una selezione delle aree con maggior presenza ed
idoneità per Capriolo e Camoscio, con potenzialità per i Tetraonidi forestali e con minor antropizzazione; in tali aree il
periodo di caccia è più breve rispetto al territorio a minor tutela e le immissioni a scopo di ripopolamento sono
consentite solo con specie autoctone.
Le zone speciali prevedono una gestione differenziata della caccia con parziale limitazione al fine di proteggere una
o più specie stanziali senza però escludere del tutto l’attività venatoria da quelle aree oppure possono essere istituite
in aree dedicate esclusivamente all’esercizio di una forma di caccia o in aree nelle quali sono preclusi alcuni tipi di
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Pagina 144
caccia che possono arrecare disturbo a specie di particolare valore (aree di divieto segugi e aree di divieto cani). Gli
effetti previsti a seguito della regolamentazione dell’attività venatoria all’interno di queste zone speciali, sono positivi
sulla fauna ( sia stanziale che migratoria, sia di interesse faunistico che conservazionistico) in quanto indirizzati ad
una gestione della caccia che, concentrando la pressione venatoria verso le popolazioni stabili ed in grado di
sostenerla, non vada ad arrecare disturbo alle specie che si intendono conservare ed agevolare.
Considerazioni in merito alle azioni previste per la gestione della caccia.
La definizione del numero di posti di caccia in ogni CA e a seconda del tipo di specializzazione riveste un ruolo
importante nella gestione stessa dell’attività venatoria; in generale sulla fauna di interesse venatorio si può ipotizzare
un impatto trascurabile da parte del numero di cacciatori previsto dal piano che è calcolato in modo tale da non
compromettere le specie faunistiche con una buona consistenza e distribuzione territoriale e da contribuire ad un
controllo selettivo e mirato delle stesse.
Il numero teorico totale di cacciatori viene calcolato partendo dalla superficie del TASP utile alla caccia e questo
valore viene poi diviso per l’indice massimo della densità venatoria regionale in Zona Alpi (stabilito con decreto n.
4269 del 12 maggio 2011). Sulla base di questo calcolo, sono disponibili 4.210 posti caccia nella provincia di
Sondrio. Per le diverse specializzazioni, invece, il numero di posti caccia è calcolato assegnando ad ogni cacciatore
un numero massimo di capi da abbattere, stimato tenendo conto dei valori medi di prelievo negli anni, dato che
permette di avere una idea della reale situazione esistente per la specie in ogni settore.
Si evidenzia però che l’attuale piano faunistico non ha apportato delle variazioni nel numero di posti caccia per
specializzazione, poiché tale operazione andrebbe effettuata basandosi su un lavoro di revisione metodologica ed
aggiornamento dei dati che non è stato possibile effettuare.
Ciononostante, il fatto di consentire la caccia ad un certo numero di persone può comportare una serie di impatti
negativi, anche se modesti per portata ed ordine di grandezza, come descritto in seguito.
I monitoraggi e censimenti delle fauna sono alla base della conoscenza delle diffusione e densità delle specie animali
e del loro stato di salute. Il Piano detta le disposizioni per l’esecuzione dei censimenti di fauna selvatica definendone
l’organizzazione, le modalità ed i tempi e definisce anche i principi sui quali basare il controllo dei capi abbattuti
durante l’attività venatoria: tale momento può essere un’occasione fondamentale per la raccolta di dati sulla biologia
e la morfologia delle popolazioni. Una maggior conoscenza scientifica delle specie presenti, della loro consistenza e
diffusione avrà effetti positivi sulla fauna, poiché permetterà di individuare eventuali situazioni problematiche e di
porvi rimedio o di evidenziare casi di gestione particolarmente efficaci e positivi. Si coglie l’occasione per evidenziare
come, per alcune specie, l’implementazione di un monitoraggio e controllo dettagliati siano di una certa importanza
soprattutto non esistono, al momento, dati dettagliati (ad esempio nel caso della Lepre bianca, per la quale il piano
evidenzia una mancanza di dati certi relativi alla densità delle popolazioni).
Direttamente correlato al tema della conoscenza delle popolazioni animali presenti ed al loro monitoraggio, risulta
evidente come la predisposizione di adeguati piani di prelievo venatorio possa avere effetti positivi sulla fauna
selvatica, permettendo una corretta gestione della consistenza e diffusione di ogni singola specie ed evitando così
potenziali casi di conflitto tra specie diverse per sovrapposizione degli areali o eccessiva competizione a causa di
una non equilibrata presenza delle specie; allo stesso modo, i piani di prelievo predisposti cercano di equilibrare la
composizione delle popolazioni stesse, prevedendo l’abbattimento preferenziale di esemplari in particolari fasce di
età o condizioni, in modo da non comprometterne la stabilità.
I piani di immissione delle specie sono sviluppati nel dettaglio all’interno del Piano di Miglioramento Ambientale, che
non è però oggetto di valutazione ambientale strategica. Quanto definito dal Piano faunistico venatorio in merito alle
immissioni, riguarda alcune indicazioni per la Lepre, circa la quale si evidenzia l’importanza di utilizzare a tale scopo
degli esemplari provenienti da allevamenti locali e una discreta riuscita delle immissioni laddove giovani esemplari
prelevati in autunno testimoniano come la cura nell’allevamento e nella modalità di rilascio abbia permesso la
sopravvivenza nell’ambiente naturale e quindi un supporto alle popolazioni autoctone. Altre specie soggette a
ripopolamenti sono il Fagiano e la Starna che vengono mantenute sul territorio provinciale mediante ripetute
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Pagina 145
immissioni ai fini venatori; tali immissioni, più che essere di supporto alle popolazioni, risultano avere degli effetti
positivi permettendo il mantenimento dell’attività venatoria anche in aree non particolarmente vocate o piuttosto
antropizzate, e consentendo di distribuire meglio i posti di caccia anche nei territori a minor tutela.
Le attività di controllo della fauna problematica (Cinghiale, corvidi, etc) sono positive per la finalità di contenimento o
eradicazione di specie ritenute dannose o per le quali il territorio provinciale risulta essere non vocato, per la
limitazione dei danni da esse arrecati. In particolare, si ricorda:
•
che il Cinghiale è spesso causa di danni all’agricoltura ed ai pascoli di media ed alta quota e che, essendo
onnivoro, si nutre anche delle uova o dei piccoli di Galliformi forestali
•
che pure altri animali predatori come la Volpe, il Cormorano o le specie di Corvidi si nutrono anche di specie
di interesse conservazionistico e possono quindi risultare in competizione con esse.
La Provincia riceve le domande di risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita e
provvede ad erogare le somme destinate a tal scopo; questa azione può avere effetti positivi sul comparto fauna
poiché permette di mantenere le aree di protezione della fauna consentendo che le stesse vengano accettate dai
proprietari delle aree sulle quali ricadono le perimetrazioni, limitando l’eventuale perdita economica e scoraggiando
atti di bracconaggio o di disturbo alle specie animali.
Considerazioni in merito alle azioni previste per l’attività venatoria.
Tra le azioni considerate, il disturbo alle popolazioni e gli errori nell’abbattimento non sono propriamente azioni
previste dal piano, ma sono azioni che derivano direttamente dallo svolgimento dell’attività venatoria che non
possono, in sede di valutazione, non essere prese in considerazione. Entrambe le azioni mostrano effetti negativi
sulla fauna, sia essa stanziale o migratrice, di interesse venatorio o conservazionistico.
Il disturbo provocato dalla presenza dei cacciatori e dal rumore degli spari agisce in modo particolare sull’avifauna
ed è, in genere temporaneo e una volta cessata l’attività, il disturbo esaurisce. Il livello di incidenza dei disturbi, però,
è proporzionale alla pressione venatoria del territorio: se la densità di cacciatori raggiunta per un periodo continuativo
risulta elevata, gli animali potrebbero essere costretti ad abbandonare alcune aree, anche se ottimali in termini di
habitat e di disponibilità di risorse, con conseguente perdita di biodiversità nelle stesse. Inoltre, durante la stagione
invernale, un’azione di disturbo potrebbe risultare particolarmente critica causando un ostacolo grave nella ricerca di
cibo in un periodo in cui l’accumulo di riserve energetiche è essenziale ai fini della sopravvivenza nella stagione più
critica dell’anno.
Gli errori di prelievo, invece, potrebbero andare a colpire a causa di errori di valutazione o di tiro, specie protette o
non cacciabili o particolari individui all’interno delle popolazioni di interesse venatorio, che sarebbe meglio preservare
ai fine di garantire la sussistenza della popolazione stessa (ad esempio i maschi adulti che accedono alla
riproduzione o le femmine gravide). Si evidenzia però che alcuni errori sono tollerati nello stabilire l’entità dei piani di
abbattimento e gli errori più gravi (confusione di specie) sono comunque molto limitati.
Un’altra azione che non è derivata direttamente dal piano ma piuttosto dallo svolgimento dell’attività venatoria è
individuata nell’utilizzo delle munizioni in piombo; tale tipo di munizione è vietata solo nei Siti della Rete Natura 2000
e nelle aree umide e zone ad esse limitrofe. Il piombo è un metallo pesante che può essere accumulato, nelle catene
alimentari e negli ecosistemi, con danni a carico delle specie vegetali ed animali. L’inquinamento da piombo
(saturnismo) porta alterazioni al sistema nervoso centrale, all’apparato digerente ed al sangue e le specie più a
rischio sono gli uccelli acquatici che possono ingerire il piombo durante l’assunzione del cibo andando così incontro
ad avvelenamento e in alcuni casi anche alla morte. L’utilizzo di queste munizioni, quindi, comporta degli effetti
potenziali negativi sulla fauna selvatica e sulla vegetazione. Il piano a tal proposito, stabilisce che a partire dalla
stagione venatoria 2012, se le sperimentazioni previste confermeranno la possibilità ed utilità del provvedimento,
sarà vigente l’obbligo di sostituire le palle di piombo utilizzate per la caccia agli ungulati e per le attività di controllo
con palle soggette a minor frammentazione, o composte di altri metalli e leghe; in alternativa si avrà l’obbligo della
completa rimozione dei visceri e dei polmoni dal luogo di abbattimento, mediante loro sotterramento, o smaltimento
presso i punti controllo.
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Pagina 146
Per il fondovalle, invece, si auspica di arrivare in futuro alla sostituzione delle munizioni attuali con quelle
prive di piombo.
Tabella 4.16: possibili effetti significativi su flora e fauna
Flora
Settore
Azione
Pianificazione
territoriale
Localizzazione e numerosità degli
appostamenti fissi
Fauna
Fauna di interesse
venatorio
Aree di protezione (Oasi di
Protezione
e
Zone
di
Ripopolamento e Cattura)
+
+
+
+
+
+
+/-
+/-
Conferma
delle
Faunistico Venatorie
+
+
Aziende
+
+
+
-
-
-
Disturbo alle popolazioni animali
-
-
-
Errori negli abbattimenti
-
-
-
Utilizzo di munizioni in piombo
-
Definizione dei posti caccia per
CA e per specializzazione di
caccia
+/-
Monitoraggi e censimenti
+
Piani di prelievo venatorio
+
Immissioni
a
ripopolamento
scopo
di
Controllo della fauna problematica
+
Risarcimento danni causati dalla
fauna selvatica o domestica
inselvatichita
4.5.5
+
Aree di addestramento dei cani
Zone speciali
Gestione
Altre specie
-
Territorio a maggior tutela
Attività venatoria
Avifauna migratrice
+
+
+/-
+
+
+
+
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Per l’analisi degli aspetti naturalistici si propongono i seguenti indicatori.
Indicatore
Descrizione
Rete Natura 2000
Densità e consistenza
delle popolazioni delle
specie di interesse
Bracconaggio
Superficie aree Natura 2000
Numero di esemplari di Ungulati, di
Galliformi e di Lagomorfi nelle aree
campione censite
Descrive l’entità del fenomeno di
bracconaggio attraverso i verbali stilati
e gli esemplari uccisi sequestrati
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Unità di misura o
rappresentazione
Priorità
Tabella 4.17: indicatori per il comparto “Flora e fauna”
Fonte
Utilità
Provenienza/
richiesta
dell’indicatore
Kmq
N° capi/kmq
cartografia
2
1
Regione
Provincia
CAC
Contesto
Contesto
e
monitoraggio
ARPA
Scriventi
N°
verbali
stilati/anno
N° di esemplari
2
Provincia
Monitoraggio
Scriventi
Pagina 147
Danni causati dai Cinghiali
Immissioni a scopo di
ripopolamento
Aree di protezione (ZRC e
OP) e zone protette
Censimenti di Pernice
bianca, Coturnice, Gallo
forcello, Lepre bianca e
Lepre comune
Numero di capi catturati
per inanellamento per
specie
Numero di capi abbattuti
per specie in ogni settore
di caccia e CA
Presenza, entità e localizzazione di
massima dei danni causati dal
Cinghiale
Numero di immissioni e di capi immessi
per specie a scopo di ripopolamento ed
entità del successo delle immissioni
Numero ed estensione delle aree
importanti idonee per gli accoppiamenti
o per lo svernamento delle specie (in
particolare arene di canto dei Galliformi
e aree di bramito del Cervo).
Valutazione di modifiche nel tempo.
Riorganizzazione e programmazione
dei censimenti e loro effettivo
svolgimento; aggiornamento delle aree
da censire e messa a punto di
metodologie standardizzate. Ogni tre
anni verificare se necessario
Risultati delle catture a fini di
inanellamento nelle stazioni della
Bocchetta di Chiaro e di Cascina
Lodoletta
Numero dei capi abbattuti, suddivisi per
sesso ed età, delle diverse specie
venatorie nelle aree che suddividono il
territorio provinciale ai fini della gestione
venatoria
Consistenza
avifauna
svernante
Completamento dei piani di
prelievo (per Ungulati,
Galliformi alpini e Lepri)
Numero di capi di
Galliformi e Lepri sottoposti
a controllo
Danni causati dalla fauna
selvatica ed indennizzi
erogati
Risultati dei censimenti degli uccelli
svernanti in provincia di Sondrio
Contribuisce a valutare se il piano di
abbattimento è proporzionato all’entità
della popolazione
Numero di capi di Galliformi e Lepri
abbattuti e sottoposti a controllo
biometrico presso i punti di controllo
Numero ed entità dei danni causati
dalle varie specie di fauna selvatica alle
colture agrarie ed indennizzi erogati agli
agricoltori
Interventi di miglioramento
ambientale realizzati
Spesa annua complessiva dedicata e
superfici utilizzate
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sequestrati
per
specie/anno
N° denunce danni
€
1
Provincia
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
2
CAC
Monitoraggio
Scriventi
1
Provincia
CAC
CM
Aree
protette
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
N° e frequenza dei
censimenti effettuati
N° arre campione
Procedure
condivise
1
Provincia
CAC
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
N°
capi/specie/periodo
di cattura
2
Monitoraggio
Provincia
N° di Ungulati
abbattuti per specie
per settore di caccia
N° capi abbattuti
per specie per CA
N° medio capi
abbattuti
per
cacciatore
N° capi/specie
2
Provincia
Gruppo
ornitologico
Bocchetta
Provincia
CAC
Monitoraggio
Scriventi
2
Provincia
Monitoraggio
Provincia
% di capi abbattuti
sul
piano
di
abbattimento
N° capi controllati
per specie/N° tot
capi abbattuti
N° denunce
€ erogati
% dei danni risarciti
rispetto
alle
domande
presentate
€/anno
N° /anno
1
Provincia
CAC
Monitoraggio
Scriventi
1
Provincia
CAC
Monitoraggio
Provincia
2
Provincia
CAC
Monitoraggio
Scriventi
1
Provincia,
CAC
Comune
CM
Monitoraggio
Scriventi
N°
immissioni/specie
N° esemplari
% di successo
N°
esemplari
ricatturati (lepre)
N° aree valide/N°
aree valide in
precedenza
cartografia
Pagina 148
4.6
4.6.1
La popolazione, la salute umana e la situazione socio-economica
La popolazione residente
La popolazione residente in Provincia di Sondrio al 31 dicembre 2009 ammonta a 182.709 abitanti, un numero
superiore di circa 700 unità rispetto all’anno precedente. Gli stranieri residenti sono 7.964, il 4,3% della popolazione
totale.
La serie storica relativa all’andamento della popolazione residente mostra come il numero di abitanti sia rimasto
pressoché costante tra il 1991 ed il 2001, per poi iniziare una lenta ma continua crescita negli anni successivi al
2001; nell’ultimo decennio la popolazione passa da 176.878 abitanti nel 1999 ai 182.709 del 2009, con una crescita
media annuale di +0,3% ed un saldo complessivo di +3,3% circa.
Figura 4.31: popolazione residente al 31 dicembre dal 1991 al 2009 (Fonte: Istat)
Figura 4.32: popolazione residente totale per classe di età. Anno 2010
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La distribuzione della popolazione nelle diverse fasce di età, evidenzia una prevalenza di abitanti tra i 30 ed i 59 anni,
seguiti a distanza dagli ultrasessantenni. Le altre fasce di età sono rappresentate, nella popolazione provinciale, in
proporzione tra loro simile e compresa tra il 3,7% ed il 5,4% della popolazione totale.
Tra gli indicatori relativi alla struttura della popolazione residente, è interessante osservare la variazione, nell’ultimo
decennio, dell’indice di vecchiaia (rapporto percentuale tra la popolazione in età da 65 anni in poi e quella della
classe 0-14 anni), dell’indice di dipendenza (rapporto percentuale avente al numeratore la somma tra la popolazione
in età 0-14 anni e quella in età da 65 anni in poi e al denominatore la popolazione in età 15-64 anni) e dell’indice di
ricambio della popolazione in età lavorativa (rapporto percentuale tra la popolazione della classe 60-64 anni e quella
della classe 15-29 anni).
L’indice di vecchiaia dal 2002 al 2010 è aumentato di molto, passando da 124,8 a 143,8 ed allo stesso modo l’indice
di ricambio della popolazione in età lavorativa è passato da 115,1 nel 2002 a 126,5 nel 2010. L’indice di dipendenza,
invece, non presenta grandi variazioni: esso era pari a 47,1 nel 2002 ed è pari a 51,5 nel 2010: tale dato sta ad
indicare come ci siano state variazioni contenute nei rapporti tra la porzione di popolazione in età non lavorativa e
quella in età lavorativa.
Il grado di istruzione rilevato all’ultimo censimento della popolazione (anno 2001) evidenzia come la maggior parte
della popolazione con più di 6 anni di età possieda un titolo di studio tra licenza elementare, media
inferiore/avviamento professionale o diploma (per tutte e tre le classi le percentuali sono del 30% circa della
popolazione totale), mentre la laurea è posseduta da poco più del 5% della popolazione residente.
Figura 4.33: popolazione residente di 6 anni e più per grado di istruzione. Censimento comunale Istat 2001
4.6.2
La popolazione di cacciatori
Il numero totale di cacciatori presenti nella provincia di Sondrio è andato via via diminuendo negli anni, fino a quasi
dimezzarsi (-45% circa), passando da un massimo di 4.771 cacciatori registrati nel 1978 ai 2.620 cacciatori del 2005
(ultimo dato disponibile). Anche il numero di cacciatori residenti in provincia di Sondrio ha subito una diminuzione
anche maggiore, passando dal valore massimo di 4.254 cacciatori nel 1978 ai 2.057 del 2005 (- 51% circa), mentre il
numero di cacciatori fuori provincia è leggermente aumentato nel tempo, anche se segna una diminuzione negli
ultimi 10 anni della serie storica considerata. I cacciatori fuori regione, invece, sono sempre stati un numero limitato
di individui (poche decine) ulteriormente diminuito negli ultimi anni a poco più di 10 cacciatori.
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Dal 2000 al 2005, il numero totale di cacciatori in rapporto alla popolazione residente è sempre diminuito ed è
passato da 1,6 cacciatori ogni 100 abitanti nel 2000 a 1,46 cacciatori ogni 100 abitanti nel 2005.
Tabella 4.18: Rapporto tra numero di cacciatori e popolazione residente in provincia di Sondrio (fonte: Piano
Faunistico Venatorio e Istat)
anno
Cacciatori
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2.822
2.803
2.690
2.645
2.664
2.620
Popolazione
residente
176.895
176.856
177.568
178.393
179.089
179.767
rapporto
cacciatori/100 abitanti
1,60
1,58
1,51
1,48
1,49
1,46
Tabella 4.19:Cacciatori presenti in provincia di Sondrio, anni 1974 – 2005 (Fonte: Piano Faunistico Venatorio)
La suddivisione dei cacciatori nelle diverse specializzazioni di caccia vede una netta prevalenza della
specializzazione in Ungulati (1.318 cacciatori, il 50,3% del totale dei cacciatori nel 2005), seguita da coloro che
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Pagina 151
svolgono la loro attività nelle aree a minor tutela (481 individui, 18,4% del totale) e dagli specialisti in tipica alpina e
lepre (16% e 13,2% rispettivamente). I cacciatori da appostamento fisso sono solo il 2,1% del totale (55 cacciatori).
La serie storica mostra come il numero di specialisti in Ungulati sia via via aumentato nel tempo, sia in valore
assoluto che in termini percentuali sulla popolazione di cacciatori (da 1.131 cacciatori nel 1990, il 34,9% del totale a
1.318 cacciatori nel 2005, il 50,3% del totale) mentre sono diminuiti i cacciatori di tipica alpina e lepre, mentre per
quelli di appostamento fisso e quelli legati alle zone di minor tutela, benché diminuiscano in valore assoluto,
rimangono pressoché costanti in termini di percentuale sul totale dei cacciatori.
Tali variazioni possono essere correlate in parte ai trend delle specie oggetto di prelievo: gli ungulati sono andati
aumentando nel tempo, mentre si è assistito ad un calo complessivo della fauna tipica alpina e della Lepre.
Tabella 4.20:Cacciatori presenti in provincia di Sondrio per specializzazione di caccia – valori assoluti (Fonte: Piano
Faunistico Venatorio)
Anno
Minor tutela
Appostamento fisso
Ungulati
Tipica
alpina
Lepre
Totale
1990
1995
2000
2001
2002
2003
2004
2005
624
479
567
534
483
469
484
481
71
83
60
68
65
54
55
55
1.131
1.094
1.340
1.369
1.326
1.332
1.348
1.318
673
522
420
414
442
424
428
419
740
519
435
418
374
366
349
347
3.239
2.697
2.822
2.803
2.690
2.645
2.664
2.620
Tabella 4.21: Cacciatori presenti in provincia di Sondrio per specializzazione di caccia – valori percentuale
(elaborazione su dati del Piano Faunistico Venatorio)
Anno
Minor tutela
Appostamento fisso
Ungulati
Tipica
alpina
Lepre
Totale
1990
1995
2000
2001
2002
2003
2004
2005
19,3
17,8
20,1
19,1
18,0
17,7
18,2
18,4
2,2
3,1
2,1
2,4
2,4
2,0
2,1
2,1
34,9
40,6
47,5
48,8
49,3
50,4
50,6
50,3
20,8
19,4
14,9
14,8
16,4
16,0
16,1
16,0
22,8
19,2
15,4
14,9
13,9
13,8
13,1
13,2
100
100
100
100
100
100
100
100
Il Comprensorio Alpino con il maggior numero di cacciatori risulta essere quello di Sondrio, che ha anche la maggior
parte dei cacciatori di Ungulati (il 34% del totale). I cacciatori di Tipica alpina sono in numero decisamente più elevato
nei comprensori di Sondrio, Morbegno e Chiavenna mentre per la Lepre il CA con il maggior numero di cacciatori è
quello di Tirano.
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Figura 4.34: Cacciatori per specializzazione nei diversi CA, anno 2005 (elaborazione su dati del Piano Faunistico
Venatorio – nota: per l’Alta Valle le specializzazioni Tipica alpina e Lepre sono accorpate dal 2001)
In merito ai dati sulle vittime della caccia, si riporta l’informazione ricavata dal sito dell’organizzazione “Vittime della
Caccia” che registra, per la stagione venatoria 2010/2011: è importante, però, evidenziare che tali informazioni
potrebbero essere parziali poiché ricavate da rassegne stampa intercettate occasionalmente e sono i numeri relativi
ai soli incidenti avvenuti durante l’attività venatoria. In Lombardia si sono registrati 10 incidenti (1 morto tra i cacciatori
4
e 9 feriti, di cui 3 non cacciatori) e in provincia di Sondrio un solo incidente, non mortale, ai danni di un cacciatore .
4.6.3
Attività agricole e forestali
Agricoltura e allevamento
La superficie agricola utilizzata (SAU), tra il 1990 ed il 2000 è leggermente diminuita: da 96.607 ha nel 1990 si è
passati a 92.361 ha nel 2000 (- 4,4%). La superficie agricola totale (SAT), però, registra una diminuzione più
marcata, pari a – 15% circa, passando da 221.417 ha nel 1990 a 186.605 ha nel 2000. Il rapporto tra SAU e SAT è
aumentato negli anni; infatti esso è passato dal 43,6% nel 1990 al 49,5% nel 2000.
Nel 2000 nella provincia di Sondrio sono state censite 7.263 aziende agricole (nel 1990 erano 15.431), di cui 7.263
con SAU e di cui 4.173 con allevamenti.
Nel 2000 la maggior parte della SAT risulta essere destinata a prati permanenti e pascoli (47,4% del totale e
praticamente il 95% di tutta la SAU) e solo 1.545 ha sono destinati a seminativi. La superficie agraria non utilizzata
ammonta al 17% del totale, mentre i boschi ricoprono il 24,9% della superficie agraria totale. Operando un confronto
con i dati relativi al precendete censimento del 1990, è possibile notare come la SAU sia diminuita di poco e le
proporzioni tra gli utilizzi agricoli siano praticamente invariate mentre i boschi hanno subito una riduzione consistente,
passando da 78.230 ha nel 1990 a 46.441 ha del 2000 (- 40% circa).
4
29/09/2010 - In località Balzarro nel Comune di Castione, un uomo di 56 anni, C.C., residente a Sondrio è stato colpito all’addome
e al torace da proiettili calibro 12 a pallini, da uno o più dei dieci compagni di caccia che erano con lui. Intervenuti i carabinieri di
Berbenno. (Fonte: www.ilgiorno.it/sondrio/cronaca/2010/09/29/391984-cacciatore_ferito_errore_durante_battuta_caccia.shtml)
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Figura 4.35: superficie territoriale e superficie agraria secondo le principali utilizzazioni. Censimento comunale. Anno
2000 (Fonte: Istat e Regione Lombardia)
Nel 2000 risultano 2.096 aziende con allevamenti bovini (26.700 capi), 926 con caprini (15.585 capi), 785 con ovini
(9.493 capi), 380 con equini (965 capi), 1.096 con suini (2.825 capi), 2.480 con avicoli (788.423 capi,
prevalentemente galline da uova), 1.010 con conigli (11.466 capi). Si registrano, inoltre, 3.252 arnie per l’allevamento
delle api.
La Figura 4.36 riporta la distribuzione, a scala provinciale, degli allevamenti presenti; è possibile notare come la
maggio parte del territorio veda la presenza di allevamenti bovini, mentre gli allevamenti ovini e caprini si
concentrano nella porzione occidentale della provincia, nella zona dell’Alto Lario, in Valchiavenna ed in Val Masino.
Figura 4.36: gli allevamenti della Provincia di Sondrio, anno 2003 (Fonte: Regione Lombardia – Portale territoriale
Direzione Generale Agricoltura)
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Figura 4.37: Mappa degli usi agricoli, anno 2006 (Fonte:ERSAF Regione Lombardia)
Foresta e alpeggi
L’alpeggio è una attività di produzione profondamente originale che esiste solo attraverso un rapporto stretto e
rispettoso tra gli uomini, la terra ed il bestiame. Un’attività strettamente dipendente anche dalle variazioni climatiche
ed insostituibile per la valorizzazione degli spazi alpestri. Non è un’attività arcaica da far sopravvivere come aspetto
folkloristico o per nostalgici ricordi, come spesso la cultura dominante va sostenendo, ma un’attività moderna che
può rientrare in un contesto economico di attualità, particolarmente per quelle aree in via di accentuata
marginalizzazione. L’alpeggio infatti sviluppa una funzione sociale sempre più indispensabile, legata alla
conservazione del paesaggio e della biodiversità.
Ciò nonostante, la tendenza in atto sugli alpeggi della Lombardia evidenzia complessivamente preoccupanti
situazioni di abbandono legate principalmente alla scarsa rendita economica dell’attività alpestre, ulteriormente
penalizzata da un irrilevante riconoscimento sociale che deprime l’imprenditorialità, soprattutto nei soggetti più
giovani.
Tra gli alpeggi presenti in provincia di Sondrio, alcuni sono di proprietà della Regione Lombardia e gestiti da ERSAF:
se ne riporta in seguito l’elenco, suddiviso per foresta di Lombardia (FDR) e per tipologia di attività svolta
nell’alpeggio.
FDR ALPE BORONE
“Alpe Borone” - bestiame bovino – Comune di Val di Dentro (SO)
FDR VAL GEROLA
“Alpe Culino” - bestiame bovino – Comune di Rasura (SO)
“Dosso Cavallo” - bestiame bovino – Comune di Bema (SO)
FDR VAL LESINA
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“Capello” - bestiame bovino – Comune di Delebio (SO)
“Legnone” - bestiame bovino, ovino – Comune di Delebio (SO)
“Luserna” - bestiame bovino – Comune di Delebio (SO)
FDR VAL MASINO
“Pioda Remoluzza” - bestiame bovino, ovino, equino – Comune di Valmasino (SO)
“Zocca” - bestiame bovino, equino – Comune di Valmasino (SO)
La Figura 4.38 riporta la localizzazione degli alpeggi presenti in provincia di Sondrio (anno di riferimento: 2000).
Per ulteriori informazioni in merito agli alpeggi si rimanda anche ai Piani di indirizzo forestale.
Figura 4.38: gli alpeggi della Provincia di Sondrio (Fonte: Regione Lombardia – Portale territoriale Direzione
Generale Agricoltura )
4.6.4
Commercio, artigianato e industria
Nel presente paragrafo si riportano alcune informazione che gli scriventi hanno ricevuto dalla Questura della
Provincia di Sondrio.
L’attività venatoria necessita di una serie di attrezzature tecniche adeguate allo scopo e si segnalano nel territorio
provinciale n. 9 esercizi commerciali di vendita armi. Non si hanno, però, dati relativi ai volumi di vendita delle armi in
questi esercizi commerciali.
Per quanto riguarda, invece, il porto d’armi per i fucili rilasciati dalla questura negli ultimi 5 anni, i dati sono riportati
nella Figura 4.39.
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Figura 4.39: numero di porti di fucile rilasciati nella provincia di Sondrio, anni 2005-2010 (fonte: Questura di Sondrio)
4.6.5
Settore turistico
La vastità del territorio provinciale e la sua varietà dal punto di vista delle fasce altitudinali e dei tipi di ambiente
presenti, offrono al viaggiatore ed al turista svariate occasioni di svago, divertimento, relax e la possibilità di
approfondire il contatto con la natura e di conoscere la storia e la cultura dei luoghi. Dal fondovalle ampio e
soleggiato si sale verso i terrazzamenti dei vigneti ed ai boschi, agli alpeggi e praterie di alta quota, fino all’alta
montagna ed ai suoi ghiacciai. Si trovano in provincia di Sondrio famose località turistiche quali Livigno, Bormio, S.
Caterina Valfurva, Madesimo, Aprica e molte altre.
Sport, buona cucina, cultura e tradizioni, terme, svariati eventi sono solo alcuni delle attrazioni che la Valtellina
propone ai turisti.
Dal sito ufficiale del turismo in Valtellina, si riportano le descrizioni riportate in seguito.
Valchiavenna
La Valchiavenna è un’ampia vallata che si estende verso nord dalla cima del lago di Como fino al Passo dello
Spluga, al confine con la Svizzera. Importante via di transito tra nord e sud delle Alpi fin dai tempi dei Romani vanta
numerose testimonianze storiche. Chiavenna, località principale della vallata, è interessante sotto il profilo culturale,
artistico e, non ultimo, gastronomico. La skiarea della Valchiavenna con Madesimo e Campodolcino è un’attrattiva
turistica, ma numerose sono le attività che si possono praticare sia nel periodo estivo sia negli altri mesi dell’anno. Un
accenno meritano i musei e i palazzi che si possono visitare in Valchiavenna, su tutti il Museo del Tesoro a
Chiavenna e Palazzo Vertemate Franchi a Piuro.
Morbegno e dintorni
Superato il lago di Como si entra in Valtellina, una lunga vallata alpina solcata dal fiume Adda che all'inizio si
presenta ampia e pianeggiante, caratterizzata da vasti prati sul fondovalle e, sui due versanti, da numerosi piccoli
paesi. La località principale è Morbegno, cittadina vivace dal passato interessante, industriosa oggi come già ai tempi
degli scambi commerciali con la Repubblica di Venezia attraverso il Passo S. Marco. Da scoprire le valli laterali, la
Val Tartano, le Valli del Bitto che danno il nome ad un famoso formaggio e la Valgerola con una piccola e accogliente
skiarea. Sul versante nord la costiera dei Cech con i suoi antichi borghi tra i vigneti terrazzati e la Valmasino,
autentico paradiso per escursionisti e alpinisti.
Sondrio e Valmalenco
Sondrio è il capoluogo e il cuore della Valtellina, la città sorge, infatti, proprio nel centro della vallata, all’imbocco della
Valmalenco. Circondata da vigneti terrazzati, offre fin dal primo sguardo scorci notevoli come la chiesa della
Sassella, il Castel Masegra, il convento di San Lorenzo e la contrada "Scarpatetti" nel cuore di Sondrio. Centro
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amministrativo, economico e commerciale con 24.000 abitanti è la città più grande della provincia. I dintorni di
Sondrio sono caratterizzati da una intensa attività agricola con frutteti coltivati a melo e vigneti. Di notevole interesse i
borghi di Ponte in Valtellina e Chiuro.
La Valmalenco, dominata dai 4021 m del Pizzo Bernina è una importante skiarea e d’estate meta di escursioni grazie
ad una fitta rete di rifugi posti a diverse quote.
Tirano
La zona di Tirano è un autentico scrigno di sapori, le mele nel fondovalle, i vigneti terrazzati sul versante nord,
numerose aziende produttrici di bresaola, case vinicole, cooperative ortofrutticole, rappresentano il tessuto della
produzione agroalimentare valtellinese. Sapori che si riassumono nei pizzoccheri, il piatto principe della cucina
locale, che nascono a Teglio, importante centro artistico e culturale da cui prende il nome l’intera Valtellina. Tirano
principale località della zona vanta un ampio centro storico e la pregevole Basilica della Madonna, ma è anche
capolinea sia delle Ferrovie Italiane (linea per Milano) sia dello svizzero Trenino Rosso del Bernina (linea per St.
Moritz – Coira), famoso in tutto il mondo. Aprica è la località turistica più nota della zona, skiarea rinnovata negli
ultimi anni, è meta di escursioni anche d’estate, molti poi i borghi significativi che si incontrano da Tirano a Grosio,
dove si può visitare il Parco delle Incisioni Rupestri.
Alta Valtellina
Livigno, Bormio, S. Caterina Valfurva, Valdidentro, bastano pochi nomi per intuire che questa zona rappresenta l’area
turistica più nota e frequentata della Valtellina. Nomi noti a livello internazionale che offrono al turista numerose
opportunità di svago, dallo sci in tutte le sue forme e in tutte le stagioni (sci estivo allo Stelvio), alla mountain bike,
dalle terme alla natura protetta del Parco Nazionale dello Stelvio, dallo shopping alle tradizioni. Grandi eventi come i
Campionati del Mondo di sci alpino o di Mountain Bike testimoniano il respiro internazionale delle località. Strutture
ricettive e impianti di risalita di alto livello completano il quadro di una delle aree turistiche più famose delle Alpi.
Gli esercizi ricettivi presenti in provincia di Sondrio nel 2009 (dato più recente) sono in totale 778, la maggior parte
dei quali sono alberghi (717 esercizi); in questi alberghi sono presenti 9.390 camere. I posti letto nelle strutture
alberghiere ammontano a 29.853, mentre le altre strutture (61 bed&brakefast) contano 280 posti letto, per un totale di
30.133 posti letto nell’intera provincia.
A questi vanno sommati gli agriturismi presenti.
Tabella 4.22: consistenza degli esercizi ricettivi provinciali anno 2009 (Fonte: Regione Lombardia)
Provincia di Sondrio
Alberghi
717
N° esercizi ricettivi
Altre strutture
61
Totale
778
Esercizi alberghieri
Camere
Bagni
9.390
9.182
Letti
Alberghi Altre strutture Totale
29.853
280
30.133
Gli arrivi di turisti registrati nella provincia di Sondrio per l’anno 2005 (ultimo dato disponibile) ammontano a 537.786
persone, per lo più italiani ma con una discreta presenza anche di stranieri (30% del totale). Le presenze ammontano
a 2.287.910 e ciò porta ad avere un indice di permanenza turistica di 4,25 notti a turista, il più alto in Lombardia dopo
la provincia di Brescia, ad indicare che i turisti che si recano in provincia di Sondrio, mediamente, trascorrono nel
territorio un discreto periodo di tempo. Gli arrivi e le presenze registrate nel 2005 si mostrano in crescita rispetto ai
valori degli anni precedenti.
Oltre alle strutture alberghiere, si rilevano sul territorio provinciale diversi rifugi di montagna per l’accoglienza di
alpinisti ed escursionisti; l’elenco che segue riporta i rifugi presenti appartenenti alla associazione Gestori Rifugi
Alpini ed Escursionistici della Lombardia:
1.
Alpe Granda – Ardenno
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2.
Alpe Ponte
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3.
Alpe Schiazzera
23. Legnone
4.
Berni A.
24. Locanda di Codera
5.
Bignami
25. Marinelli Bombardieri
6.
Bonetta al Gavia
26. Motta
7.
Bosio
27. Osteria Alpina di Codera -Novate M.
8.
Branca C.
28. Passo Cassana
9.
Cà Runcasch
29. Pizzini
10. Campo di Val Zebrù
30. Ponti
11. Carate
31. Rasega
12. Casati e Guasti
32. Salmurano
13. Chiavenna
33. Savogno
14. Cristina in Valmalenco
34. Tartaglione -Crispo
15. De Marchi Marco e Rosa
35. Trona Soliva - Val Gerola
16. Della Corte
36. V° Alpini - Bertarelli
17. Dordona - Fusine
37. Valgoi Federico in Dosdè
18. F.lli Longoni
38. Valtellina
19. Forni 2000
39. Ventina
20. Gerli e Porro
40. Viola
21. Gianetti
41. Zoia
22. Lago Palù
4.6.6
Potenzialità e criticità del comparto ambientale
L’abbandono degli alpeggi,che purtroppo risultano essere collegati ad attività socialmente ed economicamente non
abbastanza riconosciute, risulta essere un punto critico per il mantenimento e il presidio del territorio provinciale,
Risulta molto alta la percentuale di territorio ricoperto da boschi e foreste. Ciò con riflessi positivi sulle potenzialità
economiche della filiera bosco-legno che tuttavia stenta a consolidarsi.
La grande disponibilità di attrazioni per i turisti, per quanto riguarda la fruizione del paesaggio e della natura nella
stagione estiva come in quella invernale, i prodotti tipici enogastronomici di eccellenza che attraggono il turista
interessato alla scoperta dei sapori delle varie realtà territoriali, il patrimonio anche storico, artistico e culturale, la
presenza di terme e centri benessere sono senza dubbio un punto di forza del territorio provinciale, dimostrato anche
dalla buona presenza turistica e dall’indice di permanenza tra i più alti della Lombardia.
4.6.7
Possibili effetti significativi sull’ambiente
La presenza dei cacciatori, disciplinata dal numero di posti caccia in ogni comprensorio alpino, permette di
mantenere una attività appartenente ormai alla tradizione, che porta con sé anche il pregio di costituire un patrimonio
di conoscenza del territorio e della fauna presente importante anche ai fini della gestione e del controllo della fauna
stessa (attraverso i piani di prelievo, oltre al mantenimento di una popolazione minima vitale, si possono attuare in
alcune situazioni particolari anche pratiche di controllo e gestione delle specie venatorie per limitarne, ad ,esempio, le
possibilità di interferenza con altre specie o i danni all’ambiente); inoltre, la caccia è un importante supporto agli studi
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sulle popolazioni animali, poiché i dati sulla consistenza, stato di salute e diffusione delle specie nel territorio
provinciale sono raccolti anche attraverso il controllo e la rendicontazione dell’attività venatoria.
Un elemento non trascurabile dell’attività venatoria è quello relativo alla sicurezza ed alla salute umana; benché il
numero di incidenti di caccia avvenuti negli ultimi anni in provincia di Sondrio sia molto ridotto, non si può comunque
affermare che la caccia non comporti alcun rischio in questo senso e sono pertanto evidenti i possibili effetti negativi
di un errore nell’abbattimento (ferimento o uccisione di persone). Anche le aree di addestramento dei cani possono
presentare una criticità in termini di sicurezza e rischi per la salute umana.
La presenza di cacciatori attivi sul territorio provinciale sicuramente ha un effetto positivo sul comparto del
commercio dedicato all’attrezzatura per l’attività venatoria (fucili, munizioni, binocoli, abbigliamento tecnico),
permettendo il permanere di un’attività commerciale specializzata.
Effetti positivi sono stimati per le attività agricole e forestali in seguito al controllo delle specie problematiche ed
all’attuazione di risarcimenti per i danni causati dalla fauna selvatica o inselvatichita alle colture.
Inoltre, la L. 157/1992 all’art. 5, comma 7 recita:”L'esercizio venatorio è, comunque, vietato in forma vagante sui
terreni in attualità di coltivazione. Si considerano in attualità di coltivazione: i terreni con coltivazioni erbacee da
seme; i frutteti specializzati; i vigneti e gli uliveti specializzati fino alla data del raccolto; i terreni coltivati a soia e a
riso, nonché a mais per la produzione di seme fino alla data del raccolto. L'esercizio venatorio in forma vagante è
inoltre vietato sui terreni in attualità di coltivazione individuati dalle regioni, sentite le organizzazioni professionali
agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro strutture regionali, in relazione all'esigenza
di protezione di altre colture specializzate o intensive”, pertanto non si stimano effetti negativi sull’agricoltura.
I probabili effetti del piano sul comparto del turismo non possono essere considerati come derivanti direttamente
dalla previsioni del piano (diretti); possiamo però considerare che, come accennato prima, esista una possibilità di
errore da parte del cacciatore e che il disturbo recato alle specie animali, se non controllato e ridotto al minimo,
possa avere gravi ripercussioni su specie che sono, a volte, al centro dell’attenzione di un certo insieme di turisti che
si avvicinano alla natura nell’intento di osservarne alcune (ad esempio lo Stambecco).
Altri effetti che si ritiene importante sottolineare, però, sono quelli causati dal turismo sulle specie animali. La
presenza turistica, se non gestita correttamente, può arrecare disturbo alle popolazioni animali sia di interesse
venatorio che non. Il massiccio sviluppo del turismo invernale con la costruzione di infrastrutture quali gli impianti di
risalita può causare frammentazione negli habitat e contrazioni degli areali di alcune specie (ad esempio la Lepre
bianca) e la pratica dello scialpinismo può arrecare disturbo agli animali spaventandoli e causando, in un periodo
critico quale l’inverno, un eccessivo dispendio energetico che può portare all’indebolimento dell’esemplare.
Attività agricole e forestali, gli allevamenti e il lavoro di alpeggio, possono avere effetti contrastanti sulla fauna
selvatica: la presenza di pascoli di media e alta montagna può conservare habitat favorevoli ad alcune specie quali il
Francolino di monte, il Gallo forcello e la Coturnice. Le attività di rimboschimento, invece, dopo alcuni anni risultano
essere di disturbo quando la foresta diventa troppo fitta e non accogliente. Si rileva però come tale attività non sia
diffusa in provincia di Sondrio, dove, al contrario, risulta essere importante la difesa delle aree libere di versante
dall’avanzare del bosco.
Tabella 4.23: possibili effetti significativi sulla popolazione e sulla situazione socio-economica
Popolazione e salute umana
Settore
Azione
Pianificazione
territoriale
Localizzazione e numerosità
degli appostamenti fissi
Popolazione
cacciatori
Aree di protezione (Oasi di
Protezione e Zone di
Ripopolamento e Cattura)
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di
Salute umana /
incidenti
di
caccia
Situazione socio-ecomonica
Attività agricole
e forestali
Commercio,
artigianato,
industria
Turismo
↔
Pagina 160
Territorio a maggior tutela
↔
Aree di addestramento dei
cani
+/-
Conferma delle Aziende
Faunistico Venatorie
Zone speciali
Attività venatoria
Utilizzo di
piombo
Disturbo
animali
↔
munizioni
alle
in
popolazioni
Errori negli abbattimenti
Gestione
+/-
Monitoraggi e censimenti
↔
Piani di prelievo venatorio
↔
scopo
Controllo
della
problematica
4.6.8
-
Definizione dei posti caccia
per
CA
e
per
specializzazione di caccia
Immissioni a
ripopolamento
-
↔
+
+/-
+/-
di
fauna
+
Risarcimento danni causati
dalla fauna selvatica o
domestica inselvatichita
+
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Per l’analisi del comparto ambientale si propongono i seguenti indicatori:
Indicatore
Popolazione
residente
(ab.)
Popolazione di cacciatori
Corsi di formazione
Descrizione
Unità di misura o
rappresentazione
Priorità
Tabella 4.24: indicatori per il comparto “Popolazione e situazione socio-economica”
Fonte
Utilità
Provenienza/
richiesta
dell’indicatore
Popolazione residente al 31 dicembre
N° di abitanti
2
Provincia
Contesto
Scriventi
Numero di cacciatori per specialità di
caccia
Corsi istituiti per la preparazione dei
cacciatori di Ungulati, Galliformi alpini e
Lepri
N° di cacciatori
1
Provincia
Scriventi
N° corsi
N° corsisti
N°
persone
abilitate/N°
partecipanti
2
Provincia
CAC
Contesto
e
monitoraggio
Contesto
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Scriventi
Pagina 161
4.7
Il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio
La Provincia di Sondrio è caratterizzata da una tipologia di paesaggi articolata che rispecchia un complesso mosaico
di ambienti naturali ed antropici. Il PTCP articola il paesaggio provinciale in macrounità omogenee. Nel RA del PTCP
viene indicato quanto segue.
Le parti sommitali presentano un paesaggio tipico delle energie di rilievo, paesaggio ad elevata scenograficità di
massimo valore per naturalità e ricchezza di biodiversità, marcatamente sensibili all’impatto antropico, che presenta
alte potenzialità a fini conservazionali, di ricerca e divulgazione scientifica ed escursionismo evoluto. Il paesaggio
sommitale comprende anche le aree glacializzate che costituiscono un paesaggio eccezionale con caratteristiche e
di elevata importanza scenografica e marcatamente sensibili alle trasformazioni climatiche. Questi paesaggi
rivestono inoltre un’importanza strategica per le funzioni di riserva idrica e alimentazione delle acque superficiali e
delle falde acquifere, svolgendo un ruolo determinante nel mantenimento del delicato equilibrio del sistema
ambientale.
Il paesaggio di versante costituisce la parte di maggiore caratterizzazione del territorio provinciale, con presenza di
elementi di valore naturalistico ed ambientale tipica del paesaggio montano, intervallata da episodi di natura
antropica che costituiscono la struttura tipica dell’architettura del paesaggio provinciale. In particolare, il versante
prevede la presenza prevalente del bosco, degli alpeggi ed in genere dei paesaggi pastorali, insieme di elementi
paesaggistici la cui diversità biologica e paesaggistica trova qui le sue massime espressioni in considerazione del
ruolo che questi ambiti svolgono per la difesa dell’assetto idrogeologico e la prevenzione dei processi erosivi, oltre
che per la conservazione delle comunità biologiche. La qualità paesaggistica del versante si esprime anche
attraverso una caratterizzazione dello stesso costituita da un alternarsi di bosco e di spazi aperti in naturale relazione
tra loro a testimonianza di un processo storico di utilizzazione agro-silvo-pastorale.
L’articolazione del paesaggio è ulteriormente connotata dalla presenza di paesaggi del sistema insediativo
consolidato e di nuclei sparsi che costituiscono gli ambiti urbani e rurali dei Comuni collocati nel versante,
comprendenti i centri storici ed i beni d’interesse storico-culturale, nonché la presenza di architettura rurale
d’interesse storico e paesistico.
In questi anni il rapporto fra architettura insediativa storica ed il paesaggio naturale mantiene un prevalente equilibrio,
alterato solo in alcune parti da espansioni dei nuclei permanentemente abitati spesso disordinate.
Il paesaggio di versante del territorio Valtellinese è caratterizzato dalla presenza dei terrazzamenti, che costituiscono
una peculiarità storico-paesistica di notevole interesse. Si tratta di ambiti di conservazione dei paesaggi rurali e delle
sedi umane tradizionali di grande rilievo per la loro unicità. Le sistemazioni a terrazzamento dei versanti costituiscono
una forma del paesaggio agrario di particolare eccezionalità ed i valori costitutivi ne fanno uno dei transetti più
significativi del paesaggio della Provincia e sono legati agli equilibri raggiunti fra le componenti naturali e
morfologiche del territorio e le pratiche di tipo agronomico proprie della società locale.
Il paesaggio di fondovalle costituisce invece la naturale connessione del paesaggio agrario tradizionale con quello
del sistema insediativo, anche se il processo di espansione dell’urbanizzato ha prodotto negli ultimi decenni
un’alterazione dei suoi caratteri costituitivi e della tipologia del paesaggio agrario tradizionale. Il fondovalle mantiene
una parte importante a prevalente struttura agraria, intervallata dalla presenza di un sistema insediativo consolidato
ormai abbastanza diffuso e dalla presenza di aree di frangia che costituiscono un elemento di criticità paesistico ed
ambientale.
La parte più significativa del paesaggio di fondovalle, riguardante l’utilizzazione agricola del territorio e le
problematiche di conservazione del paesaggio, è rappresentata da quella parte a prevalente struttura agraria. Si
tratta dell’ambito del fondovalle che ha mantenuto un rilevante valore ecologico e percettivo quale testimonianza
dell’antico scenario naturale dei prati umidi di fondovalle a struttura paesistica agraria tradizionale, nel quale il
rapporto con il paesaggio storico urbanizzato ed il paesaggio di versante diviene l’elemento costitutivo del paesaggio
Valtellinese e Valchiavennasco.
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Parte integrante del paesaggio di fondovalle e spesso elemento di giunzione con il versante sono le conoidi di
deiezione, poste alla confluenza delle valli collaterali, e caratterizzate dalla presenza di elementi lineari del
paesaggio, spesso integrati nel paesaggio costruito. Nella parte mediana della Valtellina le conoidi sono solitamente
destinate alla coltivazione del melo, divenendo di fatto un ulteriore caratterizzazione paesaggistica di quegli ambiti.
Nel fondovalle è presente la maggior pressione antropica e quindi la presenza di un vero e proprio paesaggio del
sistema insediativo urbano che somma gli insediamenti storici dei comuni alle più recenti espansioni di carattere
residenziale e produttivo.
In questi ambiti il rapporto tra la struttura insediativa storica ed il paesaggio naturale è stato alterato dalle espansioni
disordinate degli ultimi decenni, portando in parte alla perdita di identità del territorio.
4.7.1
Potenzialità e criticità del comparto ambientale
Il territorio della provincia di Sondrio è caratterizzato da una forte presenza antropica nel paesaggio di fondovalle,
ambito nel quale è stato più facile prevedere lo sviluppo del sistema insediativo; nella seconda metà del novecento si
è infatti assistito allo spopolamento delle montagne e dei paesi di mezza costa che venivano abbandonati per
spostare la popolazione e le attività nel fondovalle.
Ciò ha portato alla concentrazione del sistema insediativo, delle infrastrutture e delle attività (commerciali ed
industriali) in questa porzione del territorio, dando origine, in alcuni casi, ad una sorta di città lineare.
Tra le criticità rilevate dal PTCP, si evidenziano i paesaggi di frangia rispetto ai tessuti urbani consolidati, in contrasto
con il paesaggio naturale circostante e non coerente con l’impianto morfologico esistente.
Un altro fattore di pressione sul paesaggio è dato dalla presenza degli ambiti di cava e di lavorazione degli inerti,
collocati lungo le aste fluviali principali o negli ambiti di interesse agricolo; anche la realizzazione di nuove
infrastrutture presenta una criticità paesaggistica per il fondovalle.
Per gli altri ambiti paesaggistici, la pressione antropica è minore ma non assente: si ricordano qui le pressioni dovute
alla presenza delle aree sciabili nel paesaggio delle sommità, l’avanzamento dell’abitato e l’abbandono dell’attività
pastorale e di alpeggio con conseguente avanzamento del bosco nel paesaggio di versante, l’abbandono della
coltivazione della vita nel paesaggio terrazzato.
Non va infine dimenticato l’impatto dello sfruttamento idrico sui corsi d’acqua come elementi del paesaggio. Si
ritrovano talvolta zone in cui le fasce perifluviali hanno perso la loro integrità e fiumi e torrenti soggetti per tratti più o
meno lunghi a magre spinte se non addirittura ad asciutte.
4.7.2
Possibili effetti significativi sull’ambiente
L’attività venatoria non interagisce in modo negativo sul paesaggio valligiano.
Anche la fruibilità del paesaggio locale non risulta attaccabile dall’attività venatoria in modo diretto non essendosi mai
verificati incidenti a danno di turisti (secondo i dati raccolti dagli scriventi). La percorrenza delle viabilità
agrosilvopastorale e delle sentieristiche da parte dei cacciatori risulta ad esempio rimandata per regolamentazione
alle dirette normative e quindi ipotizzabile come del tutto compatibile con il comparto e con la sua fruizione.
Come considerazione generale, una corretta gestione dei prelievi e un adeguato mantenimento della fauna (anche di
interesse venatorio) locale risulta oltremodo importante per l’attrattività turistica del paesaggio nella propria accezione
più ampia. In tal senso la perimetrazione di aree di protezione risulta tendenzialmente positiva e il comparto stesso
influisce con la propria qualità al mantenimento delle popolazioni di specie di interesse venatorio sui possibili prelievi,
sulle attività venatorie e sul successo delle immissioni.
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Effetto positivo diretto può inoltre collegarsi alle attività di controllo della fauna inselvatichita o problematica (si
rimanda in tale senso, al capitolo 6 del PFV e a quanto stabilito dal regolamento provinciale) che causando danni
all’agricoltura o mettendo in pericolo le specie autoctone diminuisce la possibilità/sostenibilità del mantenimento del
paesaggio agrario e la stabilità delle risorse naturali costituenti il paesaggio.
Risultano in aggiunta segnalabili alcuni effetti indiretti sul paesaggio e sul suo mantenimento dovuti all’accrescimento
della conoscenza dei luoghi e delle risorse locali (anche faunistiche) strettamente connessa a frequentazione e
studio favoriti dal consentire le attività venatorie. Ad esempio la conservazione della memoria e delle tracce di alcuni
sentieri parte della cultura dei cacciatori locali.
Si segnala altresì l’importante effetto positivo collegabile alla manutenzione delle aree aperte collegata ai
miglioramenti ambientali (Piano di Miglioramento Ambientale) e alla volontà di conservare le popolazioni di alcune
specie di interesse venatorio che più di altre necessitano di tali spazi. Tale tipo di azioni, non strettamente dipendente
dal piano in esame ma fortemente collegate, risulta apportare effetti positivi al comparto.
Tabella 4.25: possibili effetti significativi sul paesaggio
Settore
Pianificazione
territoriale
Azione
Paesaggio
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura)
+
Territorio a maggior tutela
Aree di addestramento dei cani
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
Attività venatoria
Zone speciali
+
Utilizzo di munizioni in piombo
-
Disturbo alle popolazioni animali
Errori negli abbattimenti
Gestione
Definizione dei posti caccia per CA e per specializzazione di caccia
-
↔
Monitoraggi e censimenti
4.7.3
Piani di prelievo venatorio
↔
Immissioni a scopo di ripopolamento
↔
Controllo della fauna problematica
+
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o domestica inselvatichita
+
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Esaminato il quadro complessivo non si ritiene significativo collegare questo comparto ad azioni o obiettivi relativi alla
pianificazione faunistico-venatoria.
Nonostante ciò, gli scriventi ritengono che potrebbe essere interessante proporre, nell’implementazione dei piani di
monitoraggio di altri strumenti di pianificazione, la raccolta di dati relativi ad alcuni aspetti del paesaggio che sono
correlati all’attività di caccia, come per esempio i sentieri ed i percorsi tematici e culturali che ripercorrono e
recuperano tracciati tipici “di caccia”.
Si sottopone inoltre all’attenzione dell’Amministrazione Provinciale e dei referenti degli Enti con competenze
ambientali o territorialmente interessati coinvolti nel processo di VAS la proposta di un indicatore relativo alle aree
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aperte di medio versante, che sono anche un elemento importante del paesaggio. Sarebbe interessante ed
importante, poiché tali aree sono direttamente collegate ad alcune specie faunistiche, avere la possibilità di
monitorare la numerosità e l’estensione di tali aree.
4.8
4.8.1
4.8.1.1
Accessibilità, energia e rifiuti
Accessibilità, rete viaria, ciclopedonale e sentieristica
Accessibilità e rete viaria
Il territorio provinciale è accessibile grazie a diversi passi alpini e grazie alla SS38 che collega la Provincia al restante
territorio regionale.
Figura 4.40: accessibilità del territorio provinciale
4.8.1.2
Incidenti stradali con coinvolgimento di fauna selvatica
I dati e le informazioni riportate in seguito sono tratti da uno studio del Dott. Luca Corlatti in merito ai ritrovamenti di
fauna selvatica nella provincia di Sondrio nel periodo 2000-2006.
“Complessivamente, nell’arco di tempo compreso fra l’1 gennaio 2000 e il 30 giugno 2006, nell’intero territorio
provinciale sono stati rinvenuti 1.354 individui di fauna selvatica, di cui circa l’82,5% deceduti, il resto feriti o
semplicemente in difficoltà. …
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emerge in modo evidente come il recupero di Mammiferi selvatici rappresenti, in tale ambito, l’attività principale degli
agenti di Polizia Provinciale (83,5% del totale) i quali intervengono soprattutto su animali di grosse dimensioni
(ungulati: 87,6% dei Mammiferi, 73,2% del totale). I rimanenti Mammiferi (12,4%) sono perlopiù rappresentati da
carnivori -Volpe e mustelidi- (84,3%) e in maniera minore da roditori e lagomorfi (15,7%). Nell’ambito degli Uccelli
(16,5%), il recupero di rapaci rappresenta l’attività preponderante (70%), con netta prevalenza dei rapaci diurni
(64,1%, perlopiù poiana e sparviere) su quelli notturni (35,9%, perlopiù allocco e gufi). La rimanente avifauna non
rapace (30%) é rappresentata in modo piuttosto uniforme da numerose specie appartenenti a diverse famiglie.
…
Le collisioni con autoveicoli assumono grande rilievo in ambito provinciale, rappresentando il 30,8% dei ritrovamenti
effettuati. Data l’entità del problema, si è ritenuto opportuno approfondire alcuni aspetti che permettessero di fornire
indicazioni utili, ad esempio, in sede di progettazione di opere mirate alla mitigazione degli impatti degli ungulati con
gli autoveicoli. Consentire a questi animali (così come ad altre specie) l’attraversamento stradale in sicurezza
significa non solamente favorire la conservazione della biodiversità, ma anche e soprattutto incrementare la
sicurezza per i cittadini (nonché ridurre la spesa per gli incidenti).
…
Su 458 ritrovamenti di Capriolo, 140 sono legati a incidenti stradali (30,6%), mentre nel Cervo la proporzione è ancor
più elevata: 163 incidenti su 357 segnalazioni (45,7%). Gli incidenti stradali che hanno coinvolto cinghiali
rappresentano invece solamente il 10% delle relative segnalazioni.
…
Per quanto riguarda l’andamento mensile degli incidenti, i dati complessivi mostrano due picchi in corrispondenza dei
mesi di aprile-giugno e settembre-novembre. Seguendo quanto già parzialmente espresso a commento della fig. 5,
questi valori massimi sono imputabili rispettivamente alla frequentazione delle zone di fondovalle per ragioni legate
all’alimentazione e agli spostamenti effettuati in corrispondenza del periodo degli accoppiamenti.
…
La frequenza degli incidenti dipende largamente dalla tipologia di strada considerata, la quale condiziona
evidentemente la velocità di percorrenza. In ambito provinciale le strade statali mostrano una frequenza di 64
incidenti ogni 100 km; nelle strade provinciali si scende a 29 incidenti ogni 100 km fino a raggiungere il valore minimo
di 4 incidenti ogni 100 km nelle strade comunali. L’adozione di strategie per la riduzione della velocità sulle strade
potrebbe rivelarsi una delle soluzioni più efficaci nella mitigazione del fenomeno.”
Tabella 4.26: numero di incidenti stradali e relativa percentuale sul totale occorsi in seguito ad impatto con ungulati,
dal 2000 al primo semestre 2006 (Fonte:L. Corlatti, “Ritrovamenti di fauna selvatica nella provincia di Sondrio nel
periodo 2000-2006”)
Specie
Numero incidenti
% incidenti
Capriolo
140
45,9%
Cervo
163
53,4%
Cinghiale
2
0,66%
TOTALE
305
Tabella 4.27: numero di incidenti stradali occorsi con ungulati in Provincia di Sondrio, dati cumulati dal 1998 al primo
semestre 2006 (Fonte:L. Corlatti, “Ritrovamenti di fauna selvatica nella provincia di Sondrio nel periodo 2000-2006”)
Strada
Tipologia
Numero incidenti
km
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Capriolo
Cervo
Tasso incidenti
tot
Inc/km
Inc/100km
Pagina 166
Comunale
949,53
19
18
37
0,04
4
Provinciale
308,91
36
55
91
0,29
29
statale
328,47
129
80
209
0,64
64
TOTALE
1586,91
184
153
337
0,21
21
Gli incidenti stradali sono emersi quale fenomeno principale a spiegazione dei ritrovamenti, assumendo particolare
rilievo nel CA di Chiavenna e, localmente, in quelli di Morbegno, Sondrio e Alta Valle. La mappatura delle
localizzazioni degli incidenti ha peraltro permesso la determinazione spaziale dei punti critici (hotspot) presenti in
ambito provinciale, sottolineando come questi rappresentino una problematica che travalica i confini naturalistici,
rivestendo grande importanza anche in termini di sicurezza stradale.
Figura 4.41: localizzazione degli incidenti stradali in provincia di Sondrio (densità degli incidenti) – (Fonte: Dott. L.
Corlatti)
4.8.1.3
Viabilità agro silvo pastorale
Le informazioni riportate nella Tavola 6 allegata al Rapporto Ambientale comprendono la VASP presente nella
provincia di Sondrio come riportata nei Piani della viabilità agro-silvo-pastorale presenti nei PIF delle diverse
Comunità Montane e nel Parchi (ai quali di rimanda per relativi approfondimenti).
4.8.1.4
Piste ciclopedonali e sentieri
Dalla cartografia del PTCP si evince come le piste ciclabili provinciali presenti sono molto ridotte in estensione e non
interconnesse tra loro. Si sviluppano prevalentemente nel fondovalle.
I sentieri hanno invece un’estensione capillare nel territorio provinciale e se ne riporta una mappa nella Tavola 6.
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Figura 4.42: Sentieri e piste ciclabili della provincia di Sondrio
4.8.2
Energia
Tra gli impianti che potrebbero interessare la fauna selvatica si segnalano in modo particolare gli impianti di
produzione di energia da fonte eolica (possibili interferenze con le rotte di migrazione dell’avifauna) ma non sono
presenti nel territorio provinciale.
Per quanto riguarda, invece, la rete di trasporto dell’energia elettrica presente in provincia di Sondrio, si rimanda a
quanto già illustrato nel paragrafo 3.14.1.
4.8.3
I rifiuti e la gestione dei rifiuti in provincia di Sondrio
L’interesse relativo ai rifiuti, per quanto riguarda la fauna selvatica, potrebbe essere legato all’attrattività di eventuali
discariche abusive nei confronti di alcune specie di uccelli (ad esempio il Gabbiano) e di alcune specie di animali che
possono facilmente avvicinarsi alle aree abitate e ricercare nei rifiuti degli alimenti, come ad esempio la Volpe.
La Provincia di Sondrio segnala che circa 4-5 anni fa è stata chiusa l'ultima discarica per i rifiuti non differenziati
(RSU) e da allora tutti i rifiuti vengono conferiti fuori provincia e sul territorio provinciale sono presenti,
complessivamente, due discariche non più utilizzate. In merito alle discariche abusive, fortunatamente non sono
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Pagina 168
presenti nostro territorio; si rilevano, al massimo, rifiuti abbandonati occasionalmente che però non possono essere
considerati di discariche abusive.
4.8.4
Potenzialità e criticità del comparto ambientale
In generale il traffico veicolare risulta problematico per le emissioni atmosferiche che comporta, il rumore ed il
disturbo che arreca anche per quanto riguarda il problema dell’incidentalità stradale a causa della fauna selvatica.
In merito alle emissioni connesse ai trasporti si rimanda quanto segnalato dal Rapporto Ambientale della VAS del
PTCP di Sondrio.
A livello provinciale è in attuazione una modifica dei tracciati della SS38.
Sul tema dell’energia, il problema principale consiste nell’incidenza che possono avere i tracciati della media ed alta
tensione sulla fauna selvatica, in modo particolare sull’avifauna. Sono note in letteratura diverse problematiche legate
alla localizzazione ed alla struttura stessa dei tralicci e dei cavi aerei per il trasporto della corrente elettrica che
causano spesso incidenti mortali per l’avifauna. In particolare si hanno problemi di elettrocuzione (fulminazione per
contatto con elementi conduttori, fenomeno legato soprattutto alle linee elettriche a media tensione) e di collisione in
volo contro i conduttori 8fenomeno che interessa in modo particolare le linee elettriche ad alta tensione).
4.8.5
Possibili effetti significativi sull’ambiente
L’accessibilità del territorio risulta potenzialmente impattabile in modo indiretto e positivo da parte delle attività
venatorie pensando alla frequentazione e alla conoscenza dei tracciati e della sentieristica sostenuta dal
mantenimento della cultura e delle pratiche venatorie. Tra i miglioramenti ambientali attuati dai cacciatori, infatti,
molto spesso ci sono interventi di ripristino e di pulizia dei sentieri.
Il raggiungimento delle postazioni di partenza per la caccia non può certamente ritenersi di impatto (per ordine di
grandezza) rispetto al traffico locale anche se l’utilizzo di automezzi all’interno di aree naturali può provocare un lieve
aumento del disturbo antropico (valutabile come sostenibile in quanto regolamentato da dedicate normative e leggi si vedano i regolamenti VASP, i divieti nei Parchi …).
Effetto positivo sull’accessibilità di penetrazione del territorio a maggior dettaglio è peraltro collegabile all’eventuale
attuazione del Piano di Miglioramento Ambientale e degli interventi sulla sentieristica previsti (si vedano gli interventi
suggeriti per il mantenimento degli habitat favorevoli alla Coturnice).
In generale va ricordato come l’accessibilità del territorio provinciale e la gestione dei flussi di traffico interagisca
negativamente con la fauna e quindi indirettamente influenzi il piano faunistico per la forte presenza di punti di
sovrapposizione fra la rete viaria e i tracciati di spostamento della fauna (con il verificarsi di molti incidenti che
influenzano la consistenza delle popolazioni).
Relativamente alle problematiche connesse a energia e rifiuti va similmente evidenziato che la buona gestione di tali
“comparti” (con l’introduzione di misure di mitigazione adatte ad evitare le morti lungo le linee elettriche o
l’aggressività di specie alloctone invasive) può incidere sul piano in analisi.
I censimenti e i monitoraggi connessi al piano possono inoltre avere un impatto positivo sulla gestione di tali comparti
ambientali (viabilità, energia e rifiuti) permettendo un’adeguata comprensione dei fenomeni ed una migliore strategia
di gestione e mitigazione/compensazione delle problematiche.
Tabella 4.28: possibili effetti significativi su accessibilità, energia e rifiuti
Settore
Azione
Pianificazione
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
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Accessibilità
Energia
Rifiuti
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territoriale
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di
Ripopolamento e Cattura)
Territorio a maggior tutela
Aree di addestramento dei cani
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
Zone speciali
Attività venatoria
Utilizzo di munizioni in piombo
Disturbo alle popolazioni animali
↔
↔
↔
T
↔
↔
Piani di prelievo venatorio
+/↔
↔
↔
Monitoraggi e censimenti
+
+
+
↔
↔
↔
Errori negli abbattimenti
Gestione
Definizione dei posti caccia per CA e per specializzazione di
caccia
Immissioni a scopo di ripopolamento
Controllo della fauna problematica
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o domestica
inselvatichita
4.8.6
Indicatori dell’aspetto e monitoraggio
Per l’analisi del comparto ambientale si propongono i seguenti indicatori.
Indicatore
Incidenti stradali
Esemplari recuperati (morti
e feriti)
Azioni finalizzate alla
riduzione di incidenti
stradali causati dalla fauna
selvatica
Descrizione
Incidenti stradali con il coinvolgimento
di ungulati e loro localizzazione sul
territorio provinciale
Esemplari di fauna selvatica recuperati
vivi o morti
Tipo di azione e sue finalità nella
riduzione degli incidenti, con anche
localizzazione cartografica
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Unità di misura o
rappresentazione
Priorità
Tabella 4.29: indicatori per il comparto “Accessibilità, energia e rifiuti”
Fonte
Utilità
Provenienza/
richiesta
dell’indicatore
N° incidenti
Cartografia
2
Provincia
Contesto
Scriventi
N°
esemplari
recuperati
N° azioni
2
Provincia
Contesto
Scriventi
2
Provincia
CM
Riserve
naturali
CAC
Contesto
Scriventi
Pagina 170
5 COERENZA DEL PIANO
5.1
Analisi della coerenza interna
L’analisi di coerenza interna costituisce un aspetto importante della valutazione ambientale, volta a verificare la
compatibilità tra gli obiettivi che il Piano si è prefissato e le linee d’azione che lo stesso propone per il raggiungimento
di tali obiettivi; questo tipo di analisi consente pertanto di individuare eventuali contraddizioni all’interno del Piano.
Tabella 5.1: matrice di coerenza tra gli obiettivi di piano e le strategie/azioni individuate
OBIETTIVI e AZIONI
AZ1
Localizzazione
e
appostamenti fissi
AZ2
Aree di protezione (Oasi di Protezione e
Zone di Ripopolamento e Cattura)
AZ3
Territorio a maggior tutela
AZ4
Aree di addestramento dei cani
AZ5
Conferma
Venatorie
AZ6
Zone speciali
AZ7
Utilizzo di munizioni in piombo
AZ8
Disturbo alle popolazioni animali
AZ9
Errori negli abbattimenti
AZ10
Definizione dei posti caccia per CA e per
specializzazione di caccia
AZ11
Monitoraggi e censimenti
AZ12
Piani di prelievo venatorio
AZ13
Immissioni a scopo di ripopolamento
AZ14
Controllo della fauna problematica
AZ15
Risarcimento danni causati dalla fauna
selvatica o domestica inselvatichita
delle
numerosità
Aziende
degli
OB1
OB2
OB3
OB4
Gestire la fauna
in un’ottica di
conservazione
Fornire una definizione
attendibile della capacità
portante del territorio e
della consistenza ottimale
delle popolazioni per ogni
specie
Ottenere un equilibrio tra
fauna e ambiente, in
modo da utilizzare al
meglio la risorsa fauna
anche dal punto di vista
del prelievo venatorio
Programmare interventi
in funzione del
raggiungimento della
consistenza più elevata
possibile di ogni specie
per quel territorio
+/-
+/-
+
+
+
+
+
+
+
Faunistico
+
+
+/-
+
+
-
-
+
+
+
+
+
+/+
+
+
+
+
+
+
+/-
+
+
L’analisi di coerenza interna rileva come tutti gli obiettivi del piano siano attuati da almeno una azione e, in molti casi,
la stessa azione risponde a più di un obiettivo.
La localizzazione degli appostamenti fissi (AZ1) potrebbe creare qualche difficoltà nel garantire un equilibrio tra
territorio ed ambiente e anche nel garantire una gestione della fauna in ottica di conservazione. Gli appostamenti fissi
sono in buona parte localizzati in aree vicine alla Riserva naturale Pian di Spagna e Lago di Mezzola, sito di sosta e
di transito di numerose specie di avifauna migratoria ed è facile che tali appostamenti di caccia costituiscano un
disturbo importante all’equilibrio fauna/ambiente. Inoltre sono presenti 7 appostamenti all’interno del sito Natura 2000
“Piani di Chiavenna” che vengono mantenuti. Ciononostante, la coerenza con l’OB1 e l’OB3 può comunque essere
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considerata non negativa in ragione delle limitazioni imposte dal PFV che vedono un numero di appostamenti fissi
inferiore rispetto al potenziale stabilito dalla LR 26/93 e in diminuzione nel tempo. Il piano inoltre prescrive la
cessazione, al termine della concessione, di quegli appostamenti ubicati in una area umida o in un intorno di 150 m
da esse e l’adeguamento al decreto di incidenza impone la non realizzazione di nuovi appostamenti fissi in SIC, ZPS
e zone umide, con in più l’obbligo di valutazione di incidenza per i nuovi appostamenti fissi posti a meno di 1.000
metri da un’area della rete Natura 2000.
Le azioni AZ2, AZ3 e AZ6, che prevedono l’istituzione di aree di protezione e zone a tutela della fauna selvatica,
trovano una coerenza positiva con gli obiettivi 1, 3 e 4, poiché sono indirizzate a tutelare le specie e a favorirne la
riproduzione e la diffusione in tutto il territorio. Le zone speciali e l’individuazione del territorio a maggior tutela
precludono alcune attività venatorie in particolari aree, in modo tale da non arrecare disturbo a determinate specie e
possono essere considerate quali interventi a favore del raggiungimento delle più elevate densità possibili delle
specie nel territorio.
Prevedere le zone di addestramento dei cani (AZ4) è azione coerente con l’obiettivo OB1 di gestione della fauna in
un’ottica di conservazione in virtù del fatto che queste aree sono localizzate all’interno del territorio a minor tutela e in
zone dove la specie di interesse è presente con popolazioni stabili in habitat idoneo. I criteri per la localizzazione
delle zone di addestramento cani, inoltre, sono definiti dal piano e limitano l’identificazione di tali aree escludendo le
porzioni di territorio vocate per i galliformi alpini, imponendo in alcuni casi la valutazione di incidenza e limitando il
periodo di addestramento al fine di limitare il disturbo ad alcune determinate specie (ad esempio gli ungulati). Il PFV
nella sua revisione stabilisce anche che le zone di addestramento cani non possono essere individuate all’interno di
ZPS e prevede lo spostamento di quelle che attualmente vi ricadono, azione che risulta essere decisamente
coerente con l’obiettivo di gestione in ottica di conservazione della fauna selvatica. Inoltre il piano stabilisce che ogni
modifica alle aree deve essere sottoposta a verifica di assoggettabilità a VAS.
Le Aziende faunistico-venatorie (AZ5), secondo i dettami della legge, sono istituti “senza fini di lucro, soggette a
tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica
fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica; dette concessioni devono essere
corredate di programmi di conservazione e di ripristino ambientale al fine di garantire l’obiettivo naturalistico e
faunistico. In tali aziende la caccia è consentita nelle giornate indicate dal calendario venatorio secondo i piani di
assestamento e di abbattimento. In ogni caso, nelle aziende faunistico-venatorie non è consentito immettere o
liberare fauna selvatica posteriormente alla data del 31 agosto.” (Art. 16, L.157/92). Sono pertanto coerenti con
l’obiettivo di piano di ottenere un equilibrio fauna/ambiente per utilizzare al meglio la fauna anche dal punto di vista
del prelievo venatorio (OB3).
La definizione dei posti caccia e la loro suddivisione per CA e per specializzazione (AZ10) è determinata dal piano. Il
piano esplicita chiaramente quelli che sono i criteri alla base della determinazione dei posti caccia. Si ritiene che tali
criteri ed il risultato che ne consegue siano coerenti con gli obiettivi 1 e 3 direttamente, poiché sono tesi a consentire
un numero di cacciatori tale per cui il prelievo venatorio non sia eccessivo per ogni specie. Indirettamente, inoltre, si
ritiene che questa azione sia coerente anche con l’OB2 in virtù del fatto che i cacciatori forniscono un contributo
importante alla conoscenza delle popolazioni di fauna e della loro distribuzione, consistenza e stato di salute (anche
grazie al controllo dei capi abbattuti).
Monitoraggi e censimenti (AZ11) trovano coerenza positiva con tutti gli obiettivi di piano. La predisposizione delle
modalità e degli indirizzi per i censimenti ed i monitoraggi e la loro effettiva esecuzione, sono strumento necessario
ed indispensabile alla corretta gestione della fauna. Il raggiungimento di un buon livello di conoscenza del territorio,
della sua capacità portante e delle popolazioni che in esso vivono, è il presupposto attraverso il quale si può arrivare
alla programmazione di eventuali interventi per raggiungere le consistenze ottimali e avere equilibrio tra la fauna e
l’ambiente, permettendo, inoltre, una gestione ottimale anche dell’attività venatoria.
Così come per l’azione AZ11, anche l’AZ12 che prevede la messa a punto dei piani di prelievo venatorio, ha
coerenza positiva con tutti gli obiettivi del piano. I piani di prelievo, infatti, sono strutturati e dimensionati in modo tale
da non gravare eccessivamente sulle popolazioni di fauna oggetto della caccia, promuovendone così la
conservazione. Inoltre, attraverso il monitoraggio del livello di completamento dei piani di prelievo, è possibile avere
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un riscontro dello stato delle popolazioni in termini quantitativi ed eventualmente programmare delle azioni per
migliorare la presenza e la densità della fauna in caso di risultati negativi (un’elevata percentuale di completamento
dei piani di prelievo sta ad indicare una buona gestione della specie interessata e vice versa).
L’immissione di esemplari a scopo di ripopolamento (AZ13) può essere coerente con l’obiettivo OB4 in quanto tali
immissioni sono effettuate allo scopo di incrementare la presenza di una determinata specie nel territorio (ad
esempio la Lepre) e per dare un supporto alle popolazioni esistenti. Tali immissioni, tuttavia possono:
•
non avvenire sempre con successo
•
comportare il rischio di inquinamento genetico e sanitario se effettuate con esemplari non autoctoni e non
controllati.
Si evidenzia inoltre che allo stato attuale i ripopolamenti di Lepre a partire da individui catturati localmente non
sembrano realizzabili in provincia di Sondrio.
Questa azione, per quanto detto, potrebbe quindi risultare in contrasto (coerenza negativa) con l’OB1 di gestione
della fauna in un’ottica di conservazione. Il PFV, però, detta ai ripopolamenti delle precise condizioni che vanno nella
direzione di evitare l’inquinamento genetico utilizzando popolazioni autoctone. Per questo motivo la coerenza non è
segnalata come negativa.
Il controllo della fauna problematica (AZ14) è coerente con l’obiettivo di ottenere un equilibrio tra fauna ed ambiente.
Il controllo e l’abbattimento selettivo di specie per le quali il territorio provinciale non è vocato, come ad esempio il
Cinghiale, riducono i danni che queste specie possono provocare non solo all’agricoltura, ma anche alle popolazioni
di altri animali (il Cinghiale, infatti, si nutre anche di uova e piccoli dei galliformi alpini). Lo stesso vale per altre specie
autoctone ma presenti in soprannumero (ad esempio la Volpe o le specie di Corvidi) e che arrecano disturbo o
competono con altre specie importanti da tutelare. L’azione AZ14 è pertanto coerente anche con l’obiettivo OB1 di
gestione della fauna in un’ottica di conservazione.
Il risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica (AZ15) può essere coerente con l’OB3 (ottenere un equilibrio
tra fauna e ambiente) poiché parte delle somme risarcite devono essere destinate alla realizzazione di opere che
permettano di preservare le colture e prevenire i danni, azione che può essere considerata utile nel raggiungere un
equilibrio tra la presenza umana e quella degli animali (e quindi tra ambiente antropizzato e fauna selvatica).
È importante sottolineare come i casi di non coerenza evidenziati per le azioni AZ7, AZ8 e AZ9, riguardano delle
azioni che non derivano in modo diretto dalle previsioni del piano ma sono, piuttosto, una conseguenza diretta dello
svolgimento dell’attività venatoria. Su due di queste non coerenze, in effetti, il piano non possiede una grande
capacità di azione: il disturbo alle popolazioni animali e gli errori negli abbattimenti sono delle variabili difficili da
controllare in modo diretto senza un deciso investimento in termini sia economici che professionali. L’investimento
necessario per un fitto controllo risulta difatti impossibile da attuare a causa della mancanza di risorse e certamente
meno efficace di altri interventi (che supportino la formazione dei cacciatori e incentivino l’attenzione). In generale, il
piano, anche attraverso i regolamenti, può prevedere delle norme di comportamento, delle penali e soprattutto
definire incentivi a comportamenti e buone prassi, ma non può azzerare il rischio di errore umano o il disturbo
arrecato dal passaggio di uomini e cani e dal rumore degli spari (va però sottolineato come nelle Disposizioni
generali per l’esercizio venatorio vengano definiti alcuni divieti ed obblighi per la condotta e l’addestramento dei cani
che sono finalizzati anche alla limitazione del disturbo). In tale contesto si evidenzia in aggiunta anche una leggera
differenza di impatto fra l’attività venatoria da appostamento fisso e quella vagante (più regolamentata, strutturata
nelle modalità e per formazione).
Il piano, nella sua revisione del 2011, stabilisce alcune prescrizioni relative al tipo di munizioni che è concesso
utilizzare durante le battute di caccia. Innanzitutto vige il divieto di munizioni in piombo nelle aree umide, nel loro
intorno di 150 metri e nelle ZPS ed il piano invita a prevedere la messa al bando di tali munizioni anche nelle aree di
fondovalle esterne alle ZPS e ZSC (ad eccezione delle munizioni con calibro da 7,5 a 12).
Il piano inoltre, stabilisce che a partire dalla stagione venatoria 2012, se le sperimentazioni previste confermeranno la
possibilità ed utilità del provvedimento, sarà vigente l’obbligo di sostituire le palle di piombo utilizzate per la caccia
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agli ungulati e per le attività di controllo con palle soggette a minor frammentazione, o composte di altri metalli e
leghe; in alternativa si avrà l’obbligo della completa rimozione dei visceri e dei polmoni dal luogo di abbattimento,
mediante loro sotterramento, o smaltimento presso i punti controllo.
La coerenza è pertanto parziale, poiché comunque non esiste un divieto totale di utilizzo delle munizioni in piombo
ma si può leggere, negli obblighi dettati dal piano, un’indicazione verso la netta riduzione del loro utilizzo.
5.2
Analisi della coerenza esterna
L’analisi di coerenza esterna è stata eseguita confrontando gli obiettivi del Piano Faunistico Venatorio come illustrati
nei paragrafi precedenti con le indicazioni della pianificazione analizzata nel capitolo 3 “Obiettivi di protezione
ambientale stabiliti a livello internazionale e Rapporto con altri pertinenti piani e programmi”. Per completezza, sono
state considerate anche le azioni di piano che permettono di avere un quadro più dettagliato ai fini della coerenza,
che altrimenti sarebbe rimasto troppo ampio poiché gli obiettivi individuati risultano essere abbastanza generici e di
ampio spettro.
Parte delle analisi sono documentate dalle Tavole allegate alla presente relazione.
La matrice che segue riassume brevemente i risultati dell’analisi. Altre considerazioni sono riportate nel capitolo 6
“Sintesi dei possibili effetti significativi sull'ambiente”.
Nella matrice riportata vale la seguente simbologia: con “+” sono indicati i punti di coerenza forte e sinergica tra gli
obiettivi di Piano e il quadro normativo e programmatorio; con “-“ le incoerenze e con “o” le possibili criticità che
potrebbero presentarsi in funzione delle modalità e dei criteri di realizzazione degli interventi. Le eventuali parentesi
attorno al simbolo (ad esempio “(+)”) segnalano che la possibile congruenza/incongruenza con l’obiettivo non trova
ampio supporto nelle azioni.
OB3
OB4
AZ1
AZ2
AZ3
Aree di protezione (Oasi di Protezione e Zone di
Ripopolamento e Cattura)
Territorio a maggior tutela
AZ4
Aree di addestramento dei cani
AZ5
Conferma delle Aziende Faunistico Venatorie
AZ6
Zone speciali
AZ7
Utilizzo di munizioni in piombo
AZ8
Disturbo alle popolazioni animali
AZ9
Errori negli abbattimenti
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+
+
+
+
+
+
+
+
+
Altri Piani
+
PIF
+
PTCP
+
Piano Reg.
Alpeggi
+
Piani Aree
protette
Fornire una definizione attendibile della capacità
portante del territorio e della consistenza ottimale delle
popolazioni per ogni specie
Ottenere un equilibrio tra fauna e ambiente, in modo da
utilizzare al meglio la risorsa fauna anche dal punto di
vista del prelievo venatorio
Programmare interventi in funzione del raggiungimento
della consistenza più elevata possibile di ogni specie
per quel territorio
Localizzazione e numerosità degli appostamenti fissi
Rete Natura 2000
OB2
RER
Gestire la fauna in un’ottica di conservazione
PPR
OB1
PTR
OBIETTIVI e AZIONI
Accordi
internazionali
Tabella 5.2: Sintesi dell’analisi di coerenza esterna (per la simbologia si veda il testo)
+
+
+
+
+
+
o
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
o
+
o
+
o
+
+
+
+
+
-
Pagina 174
per
CA
e
AZ12
Piani di prelievo venatorio
AZ13
Immissioni a scopo di ripopolamento
AZ14
Controllo della fauna problematica
+
+
AZ15
Risarcimento danni causati dalla fauna selvatica o
domestica inselvatichita
+
+
Altri Piani
Piani Aree
protette
Rete Natura 2000
PIF
PTCP
Piano Reg.
Alpeggi
+
AZ11
Definizione dei posti caccia
specializzazione di caccia
Monitoraggi e censimenti
RER
+
PPR
PTR
AZ10
Accordi
internazionali
OBIETTIVI e AZIONI
per
+
+
+
+
(+)
+
+
+
La coerenza con il PTR è generalmente positiva, in quanto gli obiettivi e le azioni individuate dal PFV sono in linea
con gli obiettivi del PTR relativi alla valorizzazione ed al riequilibrio ambientale del territorio regionale, con un
approccio verso l’utilizzo razionale e responsabile delle risorse, ed alla tutela, conservazione e ripristino dei sistemi e
degli habitat naturali e della flora e fauna selvatiche con la specifica attenzione alla tutela degli aspetti naturalistici e
ambientali propri dell’ambiente montano (obiettivi SA 4.1 e ST2.1). Anche per quanto riguarda il PPR, la coerenza è
positiva per l’obiettivo OB1 e per quelle azioni che riguardano l’istituzione delle aree sottoposte a tutela (OP e ZRC,
territorio a maggior tutela etc) in quanto rispondono chiaramente alle indicazioni del PPR contenute negli indirizzi di
tutela per i paesaggi delle energie di rilievo. Si considera positiva anche la coerenza con le azioni di controllo della
fauna problematica e di risarcimento dei danni poiché esse permettono il mantenimento degli spazi e delle colture sui
versanti e nel territorio provinciale.
In merito alla coerenza con la Rete Ecologica Regionale, il PFV mostra alcuni aspetti decisamente coerenti, relativi
per lo più agli istituti volti alla protezione della fauna selvatica ed agli obiettivi di conoscenza delle popolazioni e
gestione della fauna in un’ottica di conservazione.
Si rilevano però delle possibili criticità legate alla localizzazione delle zone di addestramento cani e degli
appostamenti fissi.
Le prime ricadono spesso in maniera parziale all’interno del corridoio ecologico individuato lungo il corso dell’Adda
(una di esse, quella posta a Valdisotto, è interamente contenuta nella porzione di corridoio ecologico indicato come a
bassa antropizzazione).
I secondi, oltre ad essere anch’essi localizzati all’interno del corridoio ecologico, sono spesso presenti negli elementi
di primo livello della RER ed in modo particolare nelle vicinanze dell’area prioritaria per la biodiversità “Pian di
Spagna – Lago di Mezzola” e possono costituire un impedimento agli spostamenti dell’avifauna.
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Pagina 175
Figura 5.1: a sinistra localizzazione degli appostamenti fissi in prossimità della località Pian di Spagna. A destra,
zona di addestramento cani di Valdisotto all’interno del corridoio a bassa antropizzazione
Per quanto riguarda il PTCP e, in particolare, la Rete Ecologica provinciale individuata nella relativa Tavola 4, le
considerazioni in merito alla coerenza degli obiettivi e delle azioni di piano con quanto previsto da questo strumento
di pianificazione evidenziano una sostanziale coerenza positiva con alcune possibili criticità che sono evidenziate
nella localizzazione di alcune zone di addestramento dei cani all’interno dei corridoi ecologici o nel territorio
individuato come aree agricole strategiche (accade nel CA di Tirano e in Alta Valle nei pressi di Bormio). Per queste
zone di addestramento cani si suggerisce di prestare attenzione, durante lo svolgimento delle attività, alle colture
presenti, soprattutto nel periodo estivo e comunque prima del raccolto.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Figura 5.2: localizzazione delle zone di addestramento cani in corrispondenza di aree agricole strategiche- a sinistra
in CA di Tirano, a destra in prossimità di Bormio (mappa semplificata estratta dalla Tavola 10a allegata al Rapporto
Ambientale)
La coerenza con la Rete Natura 2000 presente nel territorio provinciale può considerarsi sempre positiva a meno di
una possibile criticità legata alla localizzazione delle aree di addestramento cani che in alcuni casi risultano essere al
confine con le perimetrazioni di alcuni SIC o ZPS e ciò potrebbe arrecare disturbo alle specie di uccelli presenti
mentre l’utilizzo di munizioni in piombo, il disturbo alle popolazioni e gli errori negli abbattimenti sono chiaramente
non coerenti con quanto previsto ed indicato nei Piani di Gestione dei siti Natura 2000 approvati.
Infine, alcune precisazioni sul giudizio di coerenza dato in relazione ai piani delle aree protette. Come illustrato al
paragrafo 3.13, solo il Parco Nazionale dello Stelvio possiede un PTC approvato e la coerenza è pertanto effettuata
considerando questo piano. La coerenza è positiva per quanto riguarda gli obiettivi del PFV e, fermo restando il fatto
che all’interno dell’area protetta l’esercizio della caccia è vietato, si segnala una coerenza positiva con le azioni di
monitoraggio e censimento delle specie, con le immissioni per ripopolamento e con il controllo della fauna
problematica. La coerenza è parzialmente positiva, invece, per quanto riguarda i piani di prelievo, in quanto il PTC
del Parco stesso, nelle proprie norme di attuazione, segnala la necessità di interventi gestionali diretti per la riduzione
numerica delle popolazioni di specie faunistiche presenti da effettuarsi, però sotto la diretta responsabilità e
sorveglianza del Consorzio del Parco.
Le incoerenze segnalate, relative alle azioni conseguenti allo svolgimento dell’attività venatoria (disturbo alle
popolazioni animali ed errori negli abbattimenti) riguardano essenzialmente la Rete Natura 2000 poiché tali azioni
sono in contrasto con gli obiettivi di tutela delle specie all’interno dei siti Natura 2000.
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6 SINTESI DEI POSSIBILI EFFETTI SIGNIFICATIVI SULL'AMBIENTE
La tabella riportata in seguito rappresenta la matrice di individuazione degli effetti significativi riscontrati ed è data dal’unione delle matrici già presenti nel capitolo 4
nel paragrafo intitolato “4.2.2Possibili effetti significativi sull’ambiente” relativo ad ogni comprato ambientale.
. La valutazione dei possibili effetti significativi viene svolta, come anticipato nel documento di Scoping, attraverso l’uso di una matrice di identificazione che
evidenzia il possibile impatto determinato dalle azioni previste dal Piano sulle diverse componenti ambientali. L’impatto viene identificato come:
•
significativo positivo (+),
•
significativo negativo (-),
•
effetto indiretto, in questo caso è il comparto ambientale considerato a poter avere degli effetti sulla fauna selvatica o su un tema trattato dal PFV (↔).
A
tti
Pianificazione territoriale
Aree di protezione (Oasi di
Protezione e Zone di
Ripopolamento e Cattura)
+
+
+
+
↔
+
+
+
↔
+/-
+/-
Conferma delle Aziende
Faunistico Venatorie
+
+
Zone speciali
+
+
+
-
-
-
-
-
+
+/-
↔
+
Pagina 178
Rifiuti
Energia
Accessibilità
Paesaggio
Turismo
Commercio,
artigianato e
industria
Attività agricole
e forestali
Salute/incidenti
di caccia
+
Aree di addestramento dei
cani
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Situazione socio
economica
-
Territorio a maggior tutela
Utilizzo di munizioni in piombo
Popolazione di
cacciatori
Popolazione e
salute umana
Altre specie
Fauna di
interesse
venatorio
Localizzazione e numerosità
degli appostamenti fissi
Avifauna
migratrice
Fauna
Flora
Aspetti
quantitativi
Aspetti
qualitativi
Acque
superficiali
Uso del suolo
Valore agricolo del
suolo
Qualità dell’aria
Azione
Condizioni climatiche
Tabella 6.1: Matrice di valutazione dei possibili effetti significativi sull’ambiente (per la simbologia si veda il testo)
Disturbo
animali
alle
popolazioni
↔
Errori negli abbattimenti
Definizione dei posti caccia
per CA e per specializzazione
di caccia
↔
↔
Gestione
Monitoraggi e censimenti
Piani di prelievo venatorio
Immissioni a
ripopolamento
scopo
Controllo
della
problematica
di
↔
↔
↔
↔
fauna
Risarcimento danni causati
dalla fauna selvatica o
domestica inselvatichita
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↔
+
-
-
-
-
-
-
↔
-
+
↔
↔
↔
+/↔
↔
↔
↔
+
+
+
↔
↔
↔
↔
-
↔
+/-
+
+
+
↔
↔
+
↔
↔
+
+/-
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+/-
↔
↔
+
+/-
-
↔
↔
↔
↔
+/-
Pagina 179
Condizioni climatiche e qualità dell’aria
L’interazione ipotizzabile è decisamente lieve e può ritenersi limitata all’apporto di emissioni atmosferiche collegate
all’utilizzo di automezzi da parte dei cacciatori per il raggiungimento dei luoghi di partenza per le battute.
La fauna, con la propria localizzazione, risulta invece fortemente correlata alle condizioni climatiche (che in modo
indiretto modificano innanzitutto la vegetazione) e, nella salute delle popolazioni, influenzata dalla qualità dell’aria. In
tal senso sarà più l’attività venatoria ad essere indirettamente influenzata dal mutare delle condizioni climatiche che,
nel corso degli anni, portano ad una variazione delle aree potenzialmente insediabili dalle diverse specie.
Elementi geologici, geomorfologici
In merito all’uso del suolo, le previsioni di piano possono avere alcuni effetti positivi, benché limitati nello spazio, in
modo particolare per quanto riguarda il controllo della fauna problematica, quale ad esempio il Cinghiale. Evitando
quindi eccessivi danni agli spazi aperti dei prati di mezza costa ed alle aree agricole si favorisce il mantenimento di
tali spazi e si impedisce la diffusione eccessiva del bosco; vengono inoltre incentivati gli usi agricoli del suolo che
riguardano una porzione già molto ridotta, ma importante da preservare, del territorio provinciale.
È importante, però, ricordare che l’uso del suolo può, al contrario, avere degli effetti anche considerevoli sulle
popolazioni di animali e sulla flora: la sottrazione di suolo e la frammentazione degli habitat naturali in seguito
all’espansione dell’urbanizzato o alla realizzazione di infrastrutture di collegamento può avere importanti effetti
negativi sulla possibilità di movimento e di diffusione delle popolazioni animali o influenza sulla possibilità di
riproduzione e sopravvivenza delle specie, soprattutto quelle che hanno maggiori esigenze ecologiche e bassa
resilienza.
Acque superficiali
L’interazione della pianificazione in esame con le acque superficiali o sotterranee può essere considerata per quanto
riguarda l’immissione di piombo in acqua.
Non si immaginano effetti negativi collegabili all’individuazione delle zone rivolte alla limitazione della caccia o alla
regolamentazione delle attività venatorie. Anche la previsione (perimetrazione) di aree che possono comportare un
generico maggior disturbo (addestramento cani, aree di minor tutela), introducendo/consentendo il transito dei
cacciatori, dei cani e le relative attività, non si ritiene possa avere effetti sul comparto idrico.
Come per il comparto atmosferico si segnala altresì una forte dipendenza della fauna dalla condizioni del fattore
ambientale in esame. La disponibilità di acque superficiali, di aree umide, di pozze di abbeverata e dell’accessibilità
della risorsa in generale condiziona fortemente la presenza e gli spostamenti della fauna.
Il Piano, al paragrafo 4.3, introduce alcuni obblighi ed indicazioni in merito alle munizioni impiegate per l’esercizio
dell’attività venatoria, vietando l’uso di munizioni in piombo in tutte le aree umide e questa prescrizione risulta essere
particolarmente positiva per un miglioramento del comparto idrico, delle aree umide e delle specie faunistiche
collegate a questi ecosistemi.
Elementi naturalistici e faunistici
Gli appostamenti fissi individuati dal piano si concentrano nelle zone di fondovalle in aree a minor tutela; la maggior
parte di essi è localizzata in prossimità della riserva naturale Pian di Spagna – Lago di Mezzola, area umida protetta
secondo la convenzione Ramsar: per questo motivo si stimano effetti negativi per l’avifauna migratrice poiché non si
possono escludere effetti sulle popolazioni di uccelli migratori di passaggio in quelle zone.
Le aree di protezione individuate dal Piano (tra le quali ci sono le Oasi di Protezione e le Zone di Ripopolamento e
Cattura), avranno effetti positivi sulla fauna, sia venatoria che non, poiché sono costituite al preciso scopo di favorire
il rifugio, la sosta e la riproduzione della fauna selvatica (OP) e di favorire la riproduzione della fauna selvatica allo
stato naturale per poi irradiarsi nel territorio circostante o per essere catturata e reimmessa (ZRC).
Non sono previsti effetti diretti significativi sui comparti di flora e fauna conseguenti all’individuazione delle aree di
addestramento cani, se non un possibile effetto dovuto al disturbo arrecato alle specie non oggetto di caccia che,
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Pagina 180
spaventate dalla presenza dei cacciatori e dei cani, potrebbero allontanarsi dalle zone dedicate all’addestramento dei
cani, per poi ritornarvi una volta che il disturbo si esaurisce o si sposta nello spazio.
Gli effetti previsti a seguito della regolamentazione dell’attività venatoria all’interno delle zone speciali, sono positivi
sulla fauna ( sia stanziale che migratoria, sia di interesse faunistico che conservazionistico) in quanto indirizzati ad
una gestione della caccia che, concentrando la pressione venatoria verso le popolazioni stabili ed in grado di
sostenerla, non vada ad arrecare disturbo alle specie che si intendono conservare ed agevolare.
In generale sulla fauna di interesse venatorio si può ipotizzare un impatto trascurabile da parte del numero di
cacciatori previsto dal piano che è calcolato in modo tale da non compromettere le specie faunistiche con una buona
consistenza e distribuzione territoriale e da contribuire ad un controllo selettivo e mirato delle stesse. Ciononostante,
il fatto di consentire la caccia ad un certo numero di persone può comportare una serie di impatti negativi, anche se
modesti per portata ed ordine di grandezza.
I monitoraggi ed i censimenti della fauna sono alla base della conoscenza della diffusione e densità delle specie
animali e del loro stato di salute e tale conoscenza avrà effetti positivi sulla fauna, poiché permetterà di individuare
eventuali situazioni problematiche e di porvi rimedio o di evidenziare casi di gestione particolarmente efficaci e
positivi.
La predisposizione di adeguati piani di prelievo venatorio può avere effetti positivi sulla fauna selvatica, permettendo
una corretta gestione della consistenza e diffusione di ogni singola specie e cercando di equilibrare la composizione
delle popolazioni stesse.
Le attività di controllo della fauna problematica (Cinghiale, Corvidi, etc) sono positive per la finalità di contenimento o
eradicazione di specie ritenute dannose o per le quali il territorio provinciale risulti essere non vocato, per la
limitazione dei danni da esse arrecati.
La Provincia riceve le domande di risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita e
provvede ad erogare le somme destinate a tal scopo; questa azione può avere effetti positivi sul comparto fauna
poiché permette di poter mantenere le aree di protezione della fauna permettendo però anche che queste vengano
accettate dai proprietari delle aree sulle quali ricadono le perimetrazioni, limitando l’eventuale perdita economica e
scoraggiando atti di bracconaggio o di disturbo alle specie animali.
Sia il disturbo alle popolazioni che gli errori nell’abbattimento mostrano effetti negativi sulla fauna, sia essa stanziale
o migratrice, di interesse venatorio o conservazionistico. Il disturbo provocato dalla presenza dei cacciatori e dal
rumore prodotto dagli spari agisce in modo particolare sull’avifauna ed è in genere temporaneo e, una volta cessata
l’attività, il disturbo esaurisce. Gli errori di prelievo, invece, potrebbero andare a colpire a causa di errori di
valutazione o di tiro, specie protette o non cacciabili o particolari individui all’interno delle popolazioni di interesse
venatorio, che sarebbe meglio preservare ai fine di garantire la sussistenza della popolazione stessa (ad esempio i
maschi adulti che accedono alla riproduzione o le femmine gravide).
Un’altra azione che non è derivata direttamente dal piano ma piuttosto dallo svolgimento dell’attività venatoria è
individuata nell’utilizzo delle munizioni in piombo. Il piombo è un metallo pesante che può essere accumulato, nelle
catene alimentari e negli ecosistemi, con danni a carico delle specie vegetali ed animali. L’utilizzo di queste
munizioni, quindi, comporta degli effetti potenziali negativi sulla fauna selvatica e sulla vegetazione.
La popolazione, la salute umana e la situazione socio-economica
La presenza dei cacciatori, disciplinata dal numero di posti caccia in ogni comprensorio alpino, permette di
mantenere una attività appartenente ormai alla tradizione, che porta con sé anche il pregio di costituire un patrimonio
di conoscenza del territorio e della fauna presente importante anche ai fini della gestione e del controllo della fauna
stessa.
Un elemento non trascurabile dell’attività venatoria è quello relativo alla sicurezza ed alla salute umana; benché il
numero di incidenti di caccia avvenuti negli ultimi anni in provincia di Sondrio sia molto ridotto, non si può comunque
affermare che la caccia non comporti alcun rischio in questo senso e sono pertanto evidenti i possibili effetti negativi
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di un errore nell’abbattimento (ferimento o uccisione di persone). Anche le aree di addestramento dei cani possono
presentare una criticità in termini di sicurezza e rischi per la salute umana.
La presenza di cacciatori attivi sul territorio provinciale sicuramente ha un effetto positivo sul comparto del
commercio dedicato all’attrezzatura per l’attività venatoria (fucili, munizioni, binocoli, abbigliamento tecnico),
permettendo il permanere di un’attività commerciale specializzata.
La presenza turistica, se non gestita correttamente, può arrecare disturbo alle popolazioni animali sia di interesse
venatorio che non. Il massiccio sviluppo del turismo invernale con la costruzione di infrastrutture quali gli impianti di
risalita può causare frammentazione negli habitat e contrazioni degli areali di alcune specie (ad esempio la Lepre
bianca) e la pratica dello scialpinismo può arrecare disturbo agli animali spaventandoli e causando, in un periodo
critico quale l’inverno, un eccessivo dispendio energetico che può portare all’indebolimento dell’esemplare.
Attività agricole e forestali, gli allevamenti e il lavoro di alpeggio, possono avere effetti contrastanti sulla fauna
selvatica: la presenza di pascoli di media e alta montagna può conservare habitat favorevoli ad alcune specie quali il
Francolino di monte, il Gallo forcello e la Coturnice.
Il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio
L’attività venatoria non interagisce in modo negativo sul paesaggio valligiano.
Anche la fruibilità del paesaggio locale non risulta attaccabile dall’attività venatoria in modo diretto non essendosi mai
verificati incidenti a danno di turisti (secondo i dati raccolti dagli scriventi). La percorrenza delle viabilità agro-silvopastorale e delle sentieristiche da parte dei cacciatori risulta ad esempio rimandata per regolamentazione alle dirette
normative e quindi ipotizzabile come del tutto compatibile con il comparto e con la sua fruizione.
Effetto positivo diretto può inoltre collegarsi alle attività di controllo della fauna inselvatichita o problematica che
causando danni all’agricoltura o mettendo in pericolo le specie autoctone diminuisce la possibilità/sostenibilità del
mantenimento del paesaggio agrario e la stabilità delle risorse naturali costituenti il paesaggio.
Si segnala altresì l’importante effetto positivo collegabile alla manutenzione delle aree aperte collegata ai
miglioramenti ambientali (Piano di Miglioramento Ambientale) e alla volontà di conservare le popolazioni di alcune
specie di interesse venatorio che più di altre necessitano di tali spazi. Tale tipo di azioni, non strettamente dipendente
dal piano in esame ma fortemente collegate, risulta apportare effetti positivi al comparto.
Accessibilità, energia e rifiuti
L’accessibilità del territorio risulta potenzialmente impattabile in modo indiretto e positivo da parte delle attività
venatorie pensando alla frequentazione e alla conoscenza dei tracciati e della sentieristica sostenuta dal
mantenimento della cultura e delle pratiche venatorie. Tra i miglioramenti ambientali attuati dai cacciatori, infatti,
molto spesso ci sono interventi di ripristino e di pulizia dei sentieri.
In generale va ricordato come l’accessibilità del territorio provinciale e la gestione dei flussi di traffico interagisca
negativamente con la fauna e quindi indirettamente influenzi il piano faunistico per la forte presenza di punti di
sovrapposizione fra la rete viaria e i tracciati di spostamento della fauna (con il verificarsi di molti incidenti che
influenzano la consistenza delle popolazioni).
Relativamente alle problematiche connesse a energia e rifiuti va similmente evidenziato che la buona gestione di tali
“comparti” (con l’introduzione di misure di mitigazione adatte ad evitare le morti lungo le linee elettriche o
l’aggressività di specie alloctone invasive) può incidere sul piano in analisi.
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7 MITIGAZIONI E COMPENSAZIONI
Il modello metodologico procedurale per la VAS in Regione Lombardia, richiamando la normativa europea e
nazionale, dettaglia, al punto 5.1.3. i contenuti del Rapporto Ambientale ed recita: “g) misure previste per impedire,
ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull’ambiente
dell’attuazione del Piano Faunistico”.
Alla luce delle analisi e degli approfondimenti effettuati in merito alle interazioni negative, o potenzialmente tali, sono
nel presente capitolo suggerite le misure di mitigazione e/o compensazione degli impatti.
Tabella 7.1: definizione mitigazione e compensazione
misura di MITIGAZIONE
misura di COMPENSAZIONE
misura intesa a ridurre al minimo o addirittura a sopprimere l’impatto negativo di un piano o progetto durante o dopo la sua
realizzazione; generalmente riguarda aspetti localizzativi, schemi progettuali e tecnologici di base o aspetti gestionali –
organizzativi. Misure di mitigazione ben realizzate limitano la portata delle misure compensative necessarie in quanto riducono
gli effetti nocivi che necessitano la compensazione. Le misure di mitigazione dovrebbero essere scelte preferendo azioni che
mirino ad evitare gli impatti alla fonte e, solo in secondo luogo, nell'ordine, a ridurre gli impatti alla fonte, minimizzare gli impatti
sul sito e infine a minimizzare gli impatti sulla specie che li subisce.
azione che mira a controbilanciare l’impatto negativo, e a fornire una compensazione che corrisponda esattamente agli aspetti
negativi. Ossia intervento teso a migliorare le condizioni dell’ambiente interessato dal P/P, che non riduce gli impatti attribuibili
specificatamente al P/P ma agisce su un diverso carico ambientale e compensa impatti residui (componenti di impatto che
non vengono eliminate direttamente attraverso la modifica di progetto o attraverso interventi di mitigazione), con l’intento di
massimizzare la sostenibilità complessiva del P/P ed un’equa distribuzione di costi e benefici.
Può essere di tre diversi tipi: compensazione equivalente (interventi tesi a ridurre i carichi ambientali gravanti sull'area
interessata dall'opera o ad inserire una risorsa ambientale equivalente a quella depauperata), trasferimento monetario (alle
amministrazioni interessate finalizzato alla realizzazione da parte loro di interventi migliorativi dell'ambiente che non abbiano
necessariamente attinenza con il P/P), esaltazione degli effetti positivi (interventi volti a ridurre impedimenti che non
consentono di raccogliere appieno i benefici correlati al P/P).
La lettura della Tabella 6.1 può essere di aiuto nell’evidenziare i principali effetti negativi stimati dalla realizzazione
delle azioni previste dal PFV che riguardano in modo particolare le azioni direttamente correlate allo svolgimento
dell’attività venatoria (uso di munizioni in piombo, disturbo alle popolazioni animali e errori negli abbattimenti).
Al fine di ridurre la possibilità di errore negli abbattimenti, è importante che i cacciatori abbiano la possibilità di
accedere ad una formazione adeguata e specializzata, in modo da minimizzare i dubbi e gli errori nel riconoscimento
degli animali e del loro sesso e nella stima dell’età di ogni individuo (nelle specie per le quali ciò è possibile). Tale
formazione specifica, inoltre, risulta essere molto utile ed importante anche nella fase di raccolta dei dati di
monitoraggio dell’attività venatoria con il rilievo e la registrazione dei capi abbattuti e porta quindi un vantaggio anche
nei confronti delle attività di censimento e monitoraggio delle specie.
Un altro vantaggio che potrebbe derivare dalla formazione specializzata dei cacciatori può essere legato alla
riduzione del disturbo degli animali, anche se questa azione è una conseguenza diretta della caccia (spari,
movimento di persone e cani, ecc).
Onde minimizzare gli errori negli abbattimenti, come segnalato nei capitoli precedenti, si ritiene importante studiare
incentivi che spingano attivamente ad una maggiore attenzione più che aumentare le sanzioni e penalizzare gli
sbagli.
Per quanto riguarda, infine, la limitazione degli effetti negativi legati all’utilizzo di munizioni in piombo il PFV detta già
alcuni obblighi che ne vietano l’utilizzo in determinate aree. Nell’intento di favorire il passaggio ad un altro tipo di
munizione, potrebbe essere favorevole la predisposizione di campagne di sensibilizzazione e di incentivi per l’utilizzo
di munizioni senza piombo. Il controllo delle infrazioni dovrebbe, in questo caso, essere effettuato in maniera
costante e su campioni casuali di cacciatori, per scoraggiare eventuali comportamenti scorretti e contrastanti con gli
obblighi dettati dal PFV.
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Oltre a quanto osservato finora, si vuole fare una riflessione sulla principale criticità conseguente proprio all’attività
venatoria che consiste nel prelievo di esemplari di fauna selvatica con un conseguente diretto impatto sulla
consistenza delle popolazioni naturali. Da questo punto di vista, una mitigazione o una compensazione di questo
impatto può essere riconosciuta già nella pianificazione territoriale prevista dagli istituti di protezione che si
aggiungono alle altre aree protette (Parchi, Riserve naturali e Siti Natura 2000) che sono in grado di garantire una
efficace tutela della fauna selvatica ai fini della sua conservazione. È pertanto auspicabile una partecipazione attiva
di tutti gli enti gestori delle aree protette, ed una integrazione degli strumenti pianificatori e gestionali di queste aree e
del PFV al fine di garantire alla fauna selvatica la maggior tutela possibile e le migliori condizioni per poter vivere e
riprodursi con successo. Si ricorda inoltre che i siti della Rete Natura 2000 sono soggetti ad una serie di divieti ed
obblighi finalizzati alla tutela della fauna e degli habitat ai sensi del DM 17 ottobre 2007, della DGR n. 8/6648 del 6
marzo 2008 e della DGR n. 7884 del 30 luglio 2008; il PFV recepisce l’applicazione di tali indirizzi attraverso
l’accoglimento delle modifiche indicate nel Decreto di incidenza della Regione Lombardia n. 10147 del 19/09/2008.
Per ulteriori dettagli relativi alle specifiche misure di mitigazione previste per i siti Natura 2000 si rimanda alla lettura
dello Studio di Incidenza del PFV.
Si sottolinea, infine, l’importanza di limitare al massimo l’effettuazione di ripopolamenti per le specie di Galliformi e
Lepre presenti nel territorio provinciale con densità non soddisfacenti e tali da limitare molto il piano di prelievo
venatorio definendo, nel contempo, rigidi limiti massimi di prelievo, come viene chiaramente esplicitato nel PFV al
capitolo 4.
Sicuramente il Piano di Miglioramento Ambientale, allegato al PFV ma non oggetto di valutazione ambientale
strategica, è uno strumento importante ai fini della mitigazione/compensazione degli effetti del PFV. Si auspica che
tale Piano venga fatto proprio dal PFV e monitorato nella sua messa in opera. L’attuazione del Piano di
miglioramento ambientale, infatti, riporta una serie di azioni da pianificare sul territorio provinciale al fine di favorire il
mantenimento o la ricostituzione di habitat importanti per le specie di fauna selvatica. L’obiettivo primario, pertanto, è
quello di privilegiare gli aspetti della qualità ambientale che favoriscano in modo naturale la biodiversità, limitando al
contempo il ricorso agli interventi di ripopolamento (in coerenza con quanto scritto nel PFV, come detto poco sopra).
Ad ulteriore supporto di un aspetto positivo del Piano in esame si propone di massimizzare gli sforzi per la raccolta
dei dati faunistici migliorando soprattutto la gestione delle informazioni, in accordo con i Comitati, perché non risulti
necessaria a livello provinciale un’onerosa e finale implementazione del data base e perché le informazioni giungano
(ad esempio semestralmente) in formato digitale dai diversi Comitati.
Simile rendicontazione sarebbe peraltro auspicabile relativamente agli interventi di miglioramento ambientale prima
citati.
Per quanto riguarda, invece, gli effetti indiretti sulla fauna selvatica a causa di azioni antropiche, si sottolinea
l’importanza di limitare il più possibile il disturbo umano (ad esempio la presenza turistica) nelle aree dedicate alla
tutela degli animali. Inoltre, fonti di disturbo e di danni alle popolazioni sono anche le strutture a servizio del turismo e
degli sport alpini e le infrastrutture stradali.
Gli impianti di risalita, le palestre di arrampicata su roccia possono comportare un evidente disturbo alla fauna e si
rilevano spesso casi di animali feriti o morti in seguito all’impatto con gli impianti di risalita dismessi. Si suggerisce
pertanto, a livello provinciale, di dettare delle norme per il contenimento di questi danni, in particolare che invitino a
smantellare gli impianti di risalita non più in funzione.
In merito alle infrastrutture stradali, è possibile reperire diversi studi che propongono strutture e metodi di protezione
della fauna e prevenzione degli incidenti, quali sovrappassi stradali, recinzioni o passaggi per i piccoli animali
terrestri. Se ne riportano alcuni esempi nelle immagini seguenti, consapevoli del fatto che, però, questo tipo di azione
a tutela della fauna (e anche degli utenti della strada) non è oggetto di pianificazione faunistico-venatoria; gli scriventi
considerano comunque importante segnalare queste possibilità di miglioramento della sicurezza, auspicando
l’accoglimento di questi suggerimenti da parte di strumenti di pianificazione e la predisposizione di adeguate direttive
ed azioni in merito.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 184
Figura 7.1: passaggio per piccoli animali terrestri
Figura 7.2: rete che costeggia la sede stradale a protezione della fauna selvatica con maglia fitta nella parte inferiore
per la microfauna (fonte: Fauna selvatica ed infrastrutture lineari – Regione Piemonte)
Figura 7.3: sovrappasso stradale Brienzwiler
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Pagina 185
8 SCELTA DELLE ALTERNATIVE ED EVENTUALI DIFFICOLTÀ
INCONTRATE
La normativa di riferimento per la VAS e per la redazione del Rapporto Ambientale prevede che, oltre alla
caratterizzazione dello stato di fatto dell’ambiente, sia fornita una previsione inerente la probabile evoluzione e i
possibili cambiamenti che interesserebbero i comparti ambientali in assenza dell’attuazione delle scelte pianificatorie
del Piano Faunistico-Venatorio.
8.1
L’alternativa 0
L’analisi delle caratteristiche di elementi e fattori per i diversi comparti ambientali, effettuata nel capitolo 4, ha
permesso di individuare l’attuale scenario di riferimento e, quindi, l’ambito di influenza del Piano. Lo scenario di
riferimento rappresenta dunque l’alternativa “0”, ossia lo stato di fatto delle variabili ambientali d’interesse.
In assenza dell’attuazione delle modifiche ed aggiornamenti contenuti nel nuovo PFV, verrebbero meno alcune
importanti variazioni e alcune disposizioni rilevanti che disciplinano la caccia e la determinazione degli istituti
faunistico-venatori sul territorio provinciale. In particolare, la versione aggiornata del PFV prevede l’accoglimento
delle osservazioni presentate con la valutazione di incidenza, limitando quindi le azioni possibili all’interno delle aree
Natura 2000 e nelle immediate vicinanze e rafforzando la tutela delle specie che in quelle aree trovano rifugio.
L’aggiornamento del PFV ha inoltre provveduto ad una revisione delle zone di protezione e sono stati fatti alcuni
cambiamenti per adeguare la pianificazione a variazioni della presenza delle specie da tutelare e della vocazionalità
di alcune aree per la fauna selvatica, sempre in un’ottica di individuare delle aree facilmente proteggibili e
controllabili. Senza questa revisione non ci sarebbero state, ad esempio, variazioni relative alle zone speciali e ciò
avrebbe comportato una minor tutela di alcune specie importanti in quelle aree (si veda in particolare la situazione
del CA di Sondrio, che presenta delle nuove zone speciali di divieto di caccia alla tipica alpina o divieto di caccia con
segugi e zone divieto caccia ungulati, al fine di favorire e proteggere i camosci). Inoltre, alcune variazioni importanti
relative alle zone di ripopolamento e cattura sarebbero venute meno, con danno alle popolazioni selvatiche che, in
alcuni casi, non trovavano comunque adeguata protezione in tali aree (forse anche a causa di fenomeni di caccia
illegale). Anche la variazione delle aree definite nel comparto di minor tutela con una diminuzione complessiva della
superficie in esso classificata, ha portato un miglioramento.
Per quanto riguarda, la definizione dei criteri per la determinazione del risarcimento dei danni arrecati dalla fauna
selvatica alle produzioni agricole, si ritiene che in assenza di Piano, e quindi senza un’azione pianificatoria e
gestionale adeguata per questi specifici aspetti, si potrebbero accentuare le problematiche connesse alle interazioni
tra la fauna selvatica e le attività antropiche, con particolare riferimento alle attività agricole, tenuto conto che l’entità
dei danni è andata aumentando negli anni. Le conseguenze ipotizzabili di un aggravamento dei danni provocati dalla
fauna selvatica possono essere molteplici quali l’abbandono dei coltivi e l’incremento dei costi economici da
sostenere per il risarcimento di tali danni dovuto ai cittadini.
8.2
Scelta delle alternative
Nell’elaborazione dell’aggiornamento del Piano Faunistico Venatorio l’amministrazione provinciale, partendo dal testo
vigente del 2007, ha apportato alcune modifiche che hanno riguardato in modo particolare la pianificazione e la
zonizzazione del territorio. Il piano, come già illustrato nel capitolo 2 del presente documento, è stato sottoposto a
revisione per recepire le indicazioni emerse dallo Studio di Incidenza approvato con decreto della Regione
Lombardia n. 10471 del 19 settembre 2008 e per dare una riposta alle osservazioni maturate dai Comprensori Alpini
di Caccia negli ultimi anni.
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Pagina 186
Come testimoniato dai verbali relativi alle assemblee tenute tra la provincia ed i diversi CA, il processo di
partecipazione alla revisione del piano è stato ampio e dettagliato; questa forte interazione tra l’amministrazione
provinciale ed i comprensori ha, di fatto, portato alla formazione di questo piano faunistico venatorio quale risultato di
successive approssimazioni a seguito del continuo confronto tra le due parti che ha portato all’accoglimento di
istanze avanzate dai CA ed alla motivazione di un eventuale non accoglimento da parte della Provincia.
Il dialogo tra la Provincia ed i Comprensori Alpini, inoltre ha permesso di mettere in luce alcuni possibili sviluppi futuri
del piano, come l’istituzione di nuove aree di protezione o la sostituzione di quelle esistenti con altre in territori
maggiormente vocati o come risposta alla variazione delle condizioni rispetto alla situazione attuale. Tali sviluppi
futuri saranno, con ogni probabilità, tra gli oggetti del nuovo piano faunistico venatorio quando sorgerà la necessità di
provvedere alla sua redazione.
Dato il contesto appena descritto, non è stata quindi effettuata una vera analisi delle alternative, limitandosi così ad
analizzare la proposta risultata dal percorso partecipativo. Sono stati inoltre considerati gli spunti emersi durante la
Prima Conferenza di Valutazione e quelli segnalati a valle della stessa (ad esempio le osservazioni pervenute da
ARPA).
8.3
Difficoltà riscontrate
Le difficoltà incontrate durante lo svolgimento di questa analisi di valutazione ambientale possono essere individuate
principalmente nella mancanza di dati aggiornati relativi alla situazione delle diverse specie analizzate dal piano: i
dati di censimenti e monitoraggi sono in realtà depositati presso l’ufficio faunistico della provincia di Sondrio ma, per
scarsità di risorse e di tempo, non è stato possibile elaborarli. Le analisi si basano pertanto su di un database
risalente al 2006, senza la possibilità di poter quindi fare un quadro della situazione attuale all’anno 2010.
Oltre a questo problema di aggiornamento dei dati, gli scriventi hanno trovato alcune difficoltà operative legate alle
seguenti motivazioni:
-
vastità e varietà del territorio della Provincia di Sondrio,
-
la pianificazione territoriale non sempre è completa ed esaustiva: non tutti i siti Natura 2000 hanno un Piano
di Gestione approvato, così come non tutti gli enti preposti hanno ancora redatto/apporvato i Piani di
Indirizzo Forestale e i Piani delle Aree protette,
-
la normativa di interesse per l’individuazione degli obiettivi di protezione ambientale e degli indirizzi per il
territorio in esame è molto vasta ed il numero degli atti di pianificazione è decisamente elevato, cosa che
rende più complessa la consultazione e difficoltosa l’individuazione completa ed esaustiva di tutte le
indicazioni per il territorio provinciale.
Gli scriventi, inoltre, segnalano una difficoltà nella valutazione dovuta all’uso di regolamenti provinciali che non
risultano essere subordinati al PFV ma affiancati ad esso e quasi superiori per efficacia, cosa che porta ad un
parziale sdoppiamento o scissione delle indicazioni. Peraltro i regolamenti non facendo parte del PFV non sono
oggetto di valutazione e non è pertanto possibile stimare/controllare i possibili effetti di questi sui comparti ambientali.
Un’altra difficoltà che si può qui descrivere è legata alla lettura del testo del piano che a volte, a causa delle citazioni
o della ripresa di normative con la semplice indicazione del numero della legge/decreto/delibera e dell’articolo della
norma, è risultata difficile e onerosa in termini di tempo e di ricerca dei testi di riferimento.
Infine si vuole qui citare il fatto che il Piano di Miglioramento Ambientale allegato al PFV non è, purtroppo, oggetto di
VAS; se lo fosse sicuramente apporterebbe dei contributi significativi sia per quanto riguarda la determinazione di
azioni positive e coerenti con gli obiettivi di piano, sia per la messa a punto di una serie di mitigazioni e
compensazioni degli effetti stimati come negativi o incerti del piano. Se ne evidenzia quindi l’importanza e se ne
auspica una buona attuazione per il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e degli habitat delle specie
faunistiche.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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9 MONITORAGGIO
La Direttiva 2001/42/CE richiede che nel Rapporto Ambientale vi sia una “i) descrizione delle misure previste in
merito al monitoraggio di cui all'articolo 10”.
L’articolo 10 riguarda il monitoraggio:
1. Gli Stati membri controllano gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare
tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive che ritengono opportune.
2. Al fine di conformarsi al disposto del paragrafo 1, possono essere impiegati, se del caso, i meccanismi di controllo esistenti onde evitare
una duplicazione del monitoraggio.
La Commissione Europea nel documento “Attuazione delle Direttiva 2001/42/CE” (Commissione Europea, 2003)
specifica quanto segue.
“il monitoraggio può essere descritto genericamente come un’attività di osservazione dello sviluppo dei parametri di interesse per quanto
attiene all'entità, al tempo e allo spazio. Nel contesto dell’articolo 10 e dei riferimenti ad effetti negativi imprevisti e ad azioni correttive in esso
contenuti, il monitoraggio può essere anche un mezzo per verificare le informazioni contenute nel rapporto ambientale. L’articolo 10 non
contiene nessuna disposizione di carattere tecnico in relazione ai metodi da seguire per il monitoraggio. I metodi scelti dovrebbero essere
quelli disponibili e che in ogni circostanza meglio si adattano per vedere se le ipotesi presentate nel rapporto ambientale corrispondano agli
effetti ambientali che si verificano quando il piano o il programma viene attuato e per individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti
risultanti dall’attuazione del piano o del programma. È chiaro che il monitoraggio è integrato nel contesto della valutazione ambientale e non
richiede attività di ricerca scientifica. Anche il carattere (ad es. quantitativo o qualitativo) e i dettagli delle informazioni ambientali necessarie per
il monitoraggio dipendono dal carattere e dal livello di dettaglio del piano o del programma e degli effetti ambientali previsti.
Se il monitoraggio può essere integrato in maniera soddisfacente nel normale ciclo di pianificazione, può non essere necessario istituire una
fase procedurale separata per svolgerlo. A seconda di quali effetti vengono monitorati e della frequenza delle revisioni, il monitoraggio può
coincidere ad esempio con la revisione regolare di un piano o di un programma”
Il controllo deve includere gli effetti ambientali significativi che comprendono in linea di principio tutti i tipi di effetti (positivi, negativi,
previsti e imprevisti) di solito può trattarsi degli effetti descritti nel rapporto ambientale (in conformità all’articolo 5 e all’allegato I, lettera f) e
saranno dunque spesso focalizzati sulle informazioni che “possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto dei contenuti e del livello di
dettaglio del piano o del programma e della fase in cui si trova nell’iter decisionale” (articolo 5, paragrafo 2). È possibile che a volte sia
giustificato il monitoraggio di altri effetti (ad esempio, effetti che non erano stati previsti al momento della stesura del piano o del programma).
L’articolo 10 non sembra prescrivere necessariamente un monitoraggio diretto degli effetti ambientali significativi. La direttiva permette inoltre
un monitoraggio indiretto attraverso, ad esempio, fattori di pressione o misure di mitigazione.
Uno degli scopi del monitoraggio è consentire all’autorità di pianificazione di intraprendere azioni correttive adeguate nel caso in cui il
monitoraggio dovesse rivelare effetti ambientali negativi non considerati nella valutazione ambientale. Tuttavia, coerentemente con l’approccio
generale della valutazione ambientale che favorisce una decisione informata ma non crea degli standard sostanziali in materia di ambiente per
i piani e i programmi, la direttiva non prescrive necessariamente che gli Stati membri modifichino un piano o un programma a seguito del
monitoraggio.
La Direttiva 2001/42/CE è stata recepita in Italia dal D.Lgs 152/2006 modificato dal D.Lgs 4/2008. Relativamente al
monitoraggio il decreto recepisce la direttiva come segue.
Art. 18 (Monitoraggio)
1. Il monitoraggio assicura il controllo sugli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione dei piani e dei programmi approvati e la
verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, così da individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e da
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Pagina 188
adottare le opportune misure correttive. Il monitoraggio è effettuato avvalendosi del sistema delle Agenzie ambientali.
2. Il piano o programma individua le responsabilità e la sussistenza delle le risorse necessarie per la realizzazione e gestione del monitoraggio.
3. Delle modalità di svolgimento del monitoraggio, dei risultati e delle eventuali misure correttive adottate ai sensi del comma 1 è data
adeguata informazione attraverso i siti web dell'autorità competente e dell'autorità procedente e delle Agenzie interessate.
4. Le informazioni raccolte attraverso il monitoraggio sono tenute in conto nel caso di eventuali modifiche al piano o programma e comunque
sempre incluse nel quadro conoscitivo dei successivi atti di pianificazione o programmazione.
Lettera i) - Allegato VI alla Parte II – Contenuti del Rapporto Ambientale di cui all’art. 13
descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall’attuazione del piani o
del programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione
degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare.;
Orientamento
Elaborazione
Consultazione e
approvazione
Monitoraggio
Figura 9.1: ciclicità della VAS attraverso il monitoraggio
9.1
Gli indicatori del monitoraggio
Per poter misurare l’efficacia e l’efficienza del Piano durante la fase di monitoraggio, si propongono di seguito una
serie di indicatori. Tali indicatori devono essere utili, non tanto per la descrizione dello stato dell’ambiente e del
territorio provinciale ma per la verifica degli effetti del Piano e del raggiungimento degli obietti che il Piano si è dato.
Affinché il monitoraggio sia uno strumento concretamente a supporto della pianificazione, si è preferito scegliere
degli indicatori che fossero:
-
pertinenti (attinenza dell’indicatore alle tematiche trattate dal PFV);
-
sensibili alle azioni di piano (per registrare le variazioni significative delle componenti ambientali indotte
dall'attuazione delle azioni di Piano);
-
significativi;
-
popolabili (indicatori per i quali siano disponibili i dati);
-
aggiornabili;
-
comunicabili (immediata comprensibilità da parte di un pubblico di tecnici e di non tecnici, semplicità di
interpretazione e di rappresentazione mediante impiego di strumenti quali tabelle, grafici o mappe).
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Pagina 189
Per monitorare il PFV sono stati selezionati indicatori che rispondessero alle azioni previste dal piano e
monitorassero quindi anche il raggiungimento degli obiettivi del piano (indicatori prestazionali). Oltre a questi, sono
stati selezionati alcuni indicatori che, anche se non direttamente correlati alle azioni ed obiettivi di piano, sono stati
ritenuti importanti per monitorare la situazione della fauna selvatica e le interazioni uomo/ambiente/fauna che
possono influenzarne lo stato.
Sono state essenzialmente utilizzate tre tipologie di indicatori:
-
indicatori descrittivi che verificano l’evoluzione del contesto ambientale, territoriale ed economico;
-
indicatori di processo che analizzano lo stato di avanzamento e di attuazione delle azioni di piano;
-
indicatori di effetto che misurano gli effetti sulle componenti ambientali indotti dalle azioni di Piano.
Sulla base delle indicazioni raccolte anche attraverso altre procedure di VAS in ambito provinciale si è ritenuto di
selezionare i seguenti indicatori. I riferimenti per l’analisi dello stato attuale sono riportati nel quadro ambientale.
La tabella proposta riporta una colonna “Priorità” con l’intento di indirizzare la priorità di compilazione e di analisi
verso quegli indicatori che si ritengono essere più importanti e significativi per il monitoraggio del piano faunistico
(sono pertanto prioritari gli indicatori con valore 1).
Come sarà possibile leggere nella tabella, non è stato proposto un indicatore relativo alla distribuzione delle specie di
principale interesse venatorio; in seguito ad un confronto con i tecnici provinciali si è giunti alla conclusione che tale
informazione, benché importante ai fini della predisposizione di un corretto PFV, non sia un indicatore adeguato in
fase di monitoraggio a causa dell’impegno e della oggettiva difficoltà di elaborazione ed aggiornamento (pertanto non
risponderebbe ai requisiti elencati sopra utilizzati per la selezione degli indicatori di monitoraggio). Eventualmente, in
caso di necessità, potrebbe essere possibile comunque valutare la distribuzione di una o più specie di particolare
interesse e valore naturalistico.
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
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Unità di misura o
rappresentazione
Indicatore
Descrizione
Territorio gestito ai fini di favorire
l’habitat dei Galliformi
Azioni intraprese e loro estensione territoriale per la
gestione territoriale o il miglioramento ambientale al fine di
favorire le popolazioni di Galliformi e risultati ottenuti
Mq o ettari
Valutazione risultato
2
Interventi di miglioramento ambientale
realizzati
Spesa annua complessiva dedicata e superfici utilizzate
€/anno
N° /anno
1
Rete Natura 2000
Superficie aree Natura 2000 (km2)
Kmq
2
Localizzazione delle arene di canto del
Gallo forcello
Densità e consistenza delle popolazioni
delle specie di interesse
Localizzazione delle arene di canto su cartografia digitale
Cartografia
1
Numero di esemplari di Ungulati e di Galliformi e Lagomorfi
nelle aree campione censite
N° capi/kmq
Cartografia delle aree
campione
1
N° capi catturati per inanellamento per
specie
Risultati delle catture a fini di inanellamento nelle stazioni
della Bocchetta di Chiaro e di Cascina Lodoletta
N° capi/specie/periodo
di cattura
2
Consistenza avifauna svernante
Risultati dei censimenti degli uccelli svernanti in provincia di
Sondrio
Numero dei capi abbattuti, suddivisi per sesso ed età, delle
diverse specie venatorie nelle aree che suddividono il
territorio provinciale ai fini della gestione venatoria
N° capi/specie
2
N° ungulati abbattuti
per specie per settore
di caccia
N° capi abbattuti per
specie per CA
N°
medio
capi
abbattuti
per
cacciatore
N° capi controllati per
specie/N° tot capi
abbattuti
N° verbali stilati/anno
N°
di
esemplari
sequestrati
per
specie/anno
N° denunce danni
€
Numero di capi abbattuti per specie in
ogni settore di caccia e CA
Numero di capi di Galliformi e Lepri
sottoposti a controllo
Numero di capi di Galliformi e Lepri abbattuti e sottoposti a
controllo biometrico presso i punti di controllo
Bracconaggio
Descrive l’entità del fenomeno di bracconaggio attraverso i
verbali stilati e gli esemplari uccisi sequestrati
Danni causati dai cinghiali
Presenza, entità e localizzazione di massima dei danni
causati dal Cinghiale
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
Priorità
Fonte
Utilità
Provenienza/
richiesta
dell’indicatore
Obiettivo
di Piano
Azione di
Piano
CM
Comuni
CAC
Provincia
Provincia,
CAC
Comune
CM
Regione
Monitoraggio
Scriventi
OB1, OB4
Monitoraggio
Scriventi
Contesto
ARPA
CAC
Provincia
Provincia
CAC
Contesto
e
monitoraggio
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
OB1, OB2,
OB3
OB1, OB2
Scriventi
TUTTI
AZ2,
AZ4,
AZ6,
AZ9,
AZ11,
AZ13
Provincia
Gruppo
ornitolog
Bocchetta
Provincia
Monitoraggio
Provincia
Monitoraggio
Provincia
1
Provincia
CAC
Monitoraggio
Scriventi
OB1, OB2,
OB3
AZ10, AZ11,
AZ12, AZ13
1
Provincia
CAC
Monitoraggio
Provincia
OB1, OB4
AZ12
2
Provincia
Monitoraggio
Scriventi
OB2
AZ8
1
Provincia
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
OB3
AZ11, AZ12,
AZ14, AZ15
Pagina 191
AZ2, AZ11
AZ3,
AZ5,
AZ8,
AZ10,
AZ12,
Danni causati dalla fauna selvatica e
indennizzi erogati
Numero ed entità dei danni causati dalle varie specie o
gruppi di specie di fauna selvatica alle colture agrarie e
indennizzi erogati agli agricoltori
Immissioni a scopo di ripopolamento
Numero di immissioni e di capi immessi per specie a scopo
di ripopolamento ed entità del successo delle immissioni
Aree di protezione (ZRC e OP) e zone
protette
Numero ed estensione delle aree importanti ideonee per gli
accoppiamenti o per lo svernamento delle specie (in
particolare arene di canto dei Galliformi e aree di bramito
del Cervo). Valutazione di modifiche nel tempo.
Censimenti di Pernice bianca,
Coturnice, Gallo forcello, Lepre bianca
e Lepre comune
Riorganizzazione e programmazione dei censimenti e loro
effettivo svolgimento; aggiornamento delle aree da censire
e messa a punto di metodologie standardizzate. Ogni tre
anni verificare se necessario
Completamento dei piani di prelievo
(per Ungulati, Galliformi alpini e Lepri)
Popolazione residente (ab.)
Popolazione di cacciatori
Contribuisce a valutare se il piano di abbattimento è
proporzionato all’entità della popolazione
Popolazione residente al 31 dicembre
Numero di cacciatori per specializzazione di caccia
Corsi di formazione
Corsi istituiti per la preparazione dei cacciatori di ungulati,
galliformi alpini e lepri,
Incidenti stradali
Azioni finalizzate alla riduzione di
incidenti stradali causati dalla fauna
selvatica
Esemplari recuperati (morti e feriti)
Incidenti stradali con il coinvolgimento di ungulati e loro
localizzazione sul territorio provinciale
Tipo di azione e sue finalità nella riduzione degli incidenti,
con anche localizzazione cartografica
Esemplari di fauna selvatica recuperati vivi o morti
1409_1603_4_R02_rev1_RapportoAmbientale.doc
N° denunce
€ erogati
% dei danni risarciti
rispetto alle domande
presentate
N° immissioni/specie
N° esemplari
% di successo
N° esemplari ricatturati
(lepre)
N°aree valide/N° aree
valide in precedenza
cartografia
N° e frequenza dei
censimenti effettuati.
N° aree campione
Procedure condivise
% di capi abbattuti sul
piano di abbattimento
N° di abitanti
N° di cacciatori
N° corsi
N° corsisti
N°
abilitate/N°
partecipanti
N° incidenti
Cartografia
N° azioni
N°
recuperati
2
Provincia
CAC
Monitoraggio
Scriventi
OB3
AZ14, AZ15
Monitoraggio
Scriventi
OB4
AZ13
Provincia
CAC
CM
Aree
protette
Provincia
CAC
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
OB1, OB3,
OB4
AZ2, AZ3,
AZ4, AZ5,
AZ6, AZ11,
AZ14
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
OB1, OB2,
OB4
AZ11, AZ13
Provincia
CAC
Provincia
Provincia
Monitoraggio
Scriventi
OB1, OB2
AZ10, AZ11,
AZ12
Contesto
Contesto
e
monitoraggio
Scriventi
Scriventi
OB1, OB3
AZ1, AZ8,
AZ9, AZ10,
AZ11, AZ12
AZ10, AZ11,
AZ14
2
CAC
1
1
1
2
1
2
Provincia
CAC
Contesto
Scriventi
2
Provincia
Contesto
Scriventi
2
Provincia
CM
Riserve
naturali
CAC
Provincia
Contesto
Scriventi
Contesto
Scriventi
OB1, OB2,
OB3
persone
esemplari
2
Pagina 192
9.2
Il Piano di monitoraggio
L’attività di monitoraggio che sarà svolta durante il periodo di attuazione del piano, in particolare i risultati ottenuti e
descritti attraverso gli indicatori elencati al Paragrafo 9.1, dovrà essere raccolta in un “Rapporto di Monitoraggio”.
Il Rapporto di Monitoraggio dovrà essere strutturato in modo tale da riportare le seguenti informazioni:
-
attività di monitoraggio svolta (quali indicatori sono stati aggiornati),
-
territorio monitorato,
-
azioni di piano monitorate,
-
coerenza di quanto attuato con gli obiettivi e le azioni di piano,
-
presenza ed esplicitazione di eventuali target da raggiungere e stato di avanzamento,
-
individuazione delle situazioni critiche,
-
proposta di azioni correttive da intraprendere,
-
indicazioni in merito all’opportunità di modificare/aggiornare il PFV.
L’intervallo temporale proposto per la produzione dei Rapporti di Monitoraggio è di tre anni, fermo restando il fatto
che alcuni indicatori (ad esempio la popolazione di cacciatori, il completamento dei piani di abbattimento, …) sono
aggiornabili annualmente permettendo, di fatto, un primo controllo dell’andamento del piano.
I Rapporti di Monitoraggio dovranno essere pubblicati e messi a disposizione per garantire la maggior trasparenza ed
informazione possibile.
Si evidenzia come per la raccolta dei dati necessari a popolare gli indicatori proposti e ad implementare il piano
proposto (raccogliendo ad esempio un maggior numero di indicatori fra quelli suggeriti da Arpa) gli scriventi ipotizzino
possibile un futuro coinvolgimento di altri Enti Locali attraverso indicazioni dedicate della Provincia (tramite circolari o
partecipazione alle sedute di VAS dei diversi PGT in adozione o aggiornamento).
In tal senso, vista l’assenza di dati relativi all’avifauna migratoria si suggerisce di fare propri, in prossime revisioni del
Piano, i dati raccolti dalla stazione di inanellamento di Cascina Lodoletta gestita dalla Riserva di Pian di Spagna pur
collocata in provincia di Como per consentire, attraverso parallelismi, valutazioni qualitative (piuttosto che quantitative
per la scarsa significatività dei numeri fortemente connessi a molteplici ed importanti fattori stocastici) della fauna.
Si ricorda inoltre la presenza della stazione di inanellamento della Bocchetta di Chiaro in provincia di Sondrio (si veda
anceh l’elenco degli indicatori).
Infine, per l’attuazione del monitoraggio, si individuano le risorse umane all'interno dei seguenti Servizi provinciali:
Servizio Aree Protette, Servizio caccia, pesca e strutture agrarie e Corpo di Polizia Provinciale.
Le risorse finanziarie saranno attinte tra le risorse proprie e quelle trasferite dalla Regione Lombardia.
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10 CONCLUSIONI
Alla luce delle considerazioni espresse nei capitoli precedenti , si ritiene che la modifica del PFV della Provincia di
Sondrio, oggetto della valutazione ambientale di cui si dà riscontro nel presente Rapporto Ambientale, può essere
considerata compatibile ed in linea con le indicazioni del quadro programmatico di riferimento e con le condizioni
territoriali provinciali.
Nella redazione della modifica del PFV, infatti, l’accoglimento delle prescrizioni e delle osservazioni avanzate dalla
Regione Lombardia con la Valutazione di Incidenza ha sicuramente apportato un contributo significativo nell’aumento
della protezione delle aree Natura 2000 e delle aree umide, con lo spostamento di alcuni istituti non compatibili e la
definizione di obblighi relativi alle munizioni utilizzate nella caccia.
Il piano precisa inoltre alcune disposizioni importanti relative ai censimenti (in particolare dei Galliformi alpini e della
Lepre), alla gestione della fauna (prelievo e ripopolamenti) e dettaglia maggriomente gli interventi consentiti e previsti
per la fauna oggetto di controllo (Cormorano, Volpe,…) o altra avifauna oggetto di caccia come la Beccaccia.
Il piano precisa, in conformità con la normativa, che eventuali modifiche ad alcuni istituti previsti dal piano, quali Oasi
di Protezione, Zone di Ripopolamento e Cattura, Zone Addestramento Cani, dovranno essere sottoposte ad una
verifica di assoggettabilità a VAS e a Valutazione di incidenza laddove siano coinvolti i Siti Natura 2000. Questa
indicazione è una salvaguardia dal punto di vista ambientale anche rispetto a modifiche future che coinvolgano le
zonizzazioni presenti nel piano faunistico venatorio. Eventuali modifiche alle zone speciali e ad altri istituti non
previsti per legge nei PFV sarebbe parimenti opportuno, secondo gli scriventi, che venissero sottoposti a verifica di
assoggettabilità a VAS per meglio garantirne la sostenibilità.
Si citano in particolare le seguenti questioni.
-
L’importanza e l’effetto positivo dei censimenti e monitoraggi che permettono di affinare la conoscenza delle
specie presenti sul territorio, della distribuzione e consistenza delle popolazioni. Tale dato è inoltre
importante per la predisposizione di piani di prelievo venatorio corretti che non comportino una pressione
venatoria non sostenibile dalle popolazioni animali. Nella fase di raccolta dati si ricorda altresì l’importanza
di implementare un metodo di gestione delle informazioni che agevoli la raccolta dati e la trasmissione degli
stessi in formato digitale dai Comitati alla Provincia al fine di snellire ed agevolare l’aggiornamento del data
base con le informazioni faunistiche.
-
L’importanza e l’effetto positivo stimato a seguito del controllo della fauna considerata problematica, come
ad esempio il Cinghiale, per gli aspetti che riguardano il mantenimento di alcuni habitat importanti per altre
specie, in particolare i prati di mezza costa e le aree agricole (che hanno un’importanza anche
paesaggistica).
-
Le criticità rilevate in relazione alla localizzazione di alcune zone di addestramento cani e appostamenti fissi
rispetto alla Rete Ecologica Regionale e Provinciale ed alle aree agricole strategiche individuate dal PTCP
suggeriscono di verificare la possibile interazione tra le attività agricole e l’addestramento dei cani nelle
suddette aree e nei periodi consentiti per l’addestramento.
Si auspica inoltre:
-
che gli interventi di miglioramento ambientale previsti dal relativo Piano di Miglioramento Ambientale
vengano fatti propri ed integrati quali azioni direttamente correlate al PFV e di conseguenza monitorate nella
loro realizzazione ed efficacia,
-
che il divieto di utilizzo delle munizioni in piombo venga successivamente ampliato a tutto il fondovalle, così
come indicato anche nel PFV come ipotesi,
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-
che il Parco Nazionale dello Stelvio continui ad essere direttamente coinvolto per quanto riguarda la
condivisione degli obiettivi di gestione futura del Cervo.
Si ricorda infine che:
-
durante l’elaborazione del quadro ambientale di riferimento si è notata la mancanza di dati aggiornati e di
informazioni di dettaglio relativi alle acque superficiali dei corsi idrici minori che possono essere importanti
per la fauna selvatica (es. come fonte di abbeveraggio) e si suggerisce pertanto la raccolta di tale dato. Si
coglie l’occasione per rilevare che sarebbe interessante anche monitorare, in merito alla qualità, i livelli di
piombo nelle acque;
-
esiste la possibilità di rilevare e monitorare gli impatti dell’attività venatoria sulla avifauna migratrice
attraverso i dati raccolti dalla stazione di inanellamento di Cascina Lodoletta gestita dalla Riserva di Pian di
Spagna (in provincia di Como) oltre che quelli della stazione di inanellamento della Bocchetta di Chiaro in
provincia di Sondrio;
-
tra gli indicatori di monitoraggio del contesto ambientale, in particolare delle interazioni tra la fauna e le
infrastrutture stradali e di trasporto dell’energia elettrica, si ricorda l’opportunità di monitorare gli impatti di
queste infrastrutture sulla fauna selvatica attraverso la raccolta dei dati relativi agli esemplari recuperati
morti o feriti in seguito ad incidenti stradali o a fulminazione o collisione con i cavi delle media tensione e si
evidenzia la necessità di migliorare ed accelerare l’elaborazione e la divulgazione dei dati raccolti.
Le indicazioni espresse nel presente elaborato saranno condivise con l’Amministrazione provinciale e con gli Enti
competenti in materia ambientale e territorialmente interessati e queste conclusioni saranno, se necessario, riviste
nella redazione della versione Finale del Rapporto e in seguito alla seconda Conferenza di Valutazione.
10.1 Considerazioni conclusive in seguito alla Conferenza di Valutazione finale
della VAS
Durante la seduta finale della Conferenza di Valutazione della VAS, tenutasi il 12 settembre 2011, sono state
discusse le osservazioni pervenute a seguito della messa a disposizione degli elaborati del PFV e della VAS. Le
osservazioni pervenute e il relativo accoglimento o non accoglimento da parte della Provincia di di Sondrio, sono
sintetizzate nelle tabelle riportate nell’Allegato 3 “Verbali e Osservazioni Pervenute”.
Inoltre, durante la Conferenza, è stato illustrato il Decreto di Incidenza emanato dalla Regione Lombardia per quanto
riguarda i siti appartenenti alla Rete Natura 2000. Sostanzialmente, tale Decreto esprime una valutazione di
incidenza positiva (non significativa incidenza negativa) condizionata al rispetto di alcune prescrizioni. Si rimanda a
tale documento per un maggior approfondimento.
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11 BIBLIOGRAFIA
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http://www.iucn.it/documenti/flora.fauna.htm
Rapporto Ambientale della VAS del PTCP della Provincia di Sondrio
Processi di VAS di Piani Faunistico Venatori di altre Province italiane.
Le principali fonti per le elaborazioni cartografiche:
•
le banche dati del S.I.T. (Sistema Informativo Territoriale) della Regione Lombardia
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•
Piano Territoriale della Lombardia (PTR) e il Piano Paesaggistico Regionale (PPR)
•
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Sondrio (PTCP)
•
la Relazione del Piano Faunistico Venatorio
•
PIF delle Comunità Montane e dei Parchi della Provincia di Sondrio
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