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ISSN 2039-5590
Luglio 2011 | n.36
PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI
NUMERO SPECIALE
Congresso di Otoneurologia
Pisa 24 Giugno 2011
Update sulla terapia intratimpanica
nelle malattie dell’orecchio interno
CONGRESS REPORT - Parte 1
PRIMA SESSIONE - ASPETTI GENERALI
SECONDA SESSIONE - TRATTAMENTO IT DELLA
MALATTIA DI MENIÈRE
Focus on
EFFETTO DOMINO NELLA VERTIGINE
POSIZIONALE BENIGNA
NUMERO SPECIALE
Congresso di Otoneurologia
Pisa 24 Giugno 2011
Otoneurologia 2000
PERCORSI PLURIDISCIPLINARI
NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI
UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA
NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Extended Abstracts
SOMMARIO
Aggiornamento periodico:
OTONEUROLOGIA 2000
CONGRESS REPORT - PARTE 1
Update sulla terapia intratimpanica
nelle malattie dell’orecchio interno ........... 3
Settembre 2011 / n.36
PRIMA SESSIONE - ASPETTI GENERALI
La cinetica dei farmaci attraverso
la finestra rotonda e nell’orecchio interno ... 4
Coordinamento Scientifico:
Giorgio Guidetti
Diego Zanetti, Werner Garavello, Francesca Galluzzi, Lorenzo Gaini
Responsabile del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare
Azienda USL di Modena, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO)
e-mail: [email protected]
I “Sustained Delivery Systems”
nella terapia intratimpanica
dei disordini dell’orecchio interno.............. 11
Luigi Volpini, Maurizio Barbara
Augusto Pietro Casani
Sezione ORL - Dipartimento Neuroscienze, Università di Pisa
e-mail: [email protected]
Metodiche di somministrazione
del farmaco all’orecchio interno................ 14
Marco Lucio Manfrin
Marco Manfrin
Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico
San Matteo, Università di Pavia
e-mail: [email protected]
Aldo Messina
Responsabile Ambulatorio Otoneurologia della Cattedra di Audiologia,
Azienda Universitaria Policlinico P. Giaccone di Palermo
email: [email protected]
ISSN 2039-5590
SECONDA SESSIONE - TRATTAMENTO IT DELLA
MALATTIA DI MENIÈRE
Gentamicina intratimpanica
nel trattamento della malattia di Menière:
l’esperienza della scuola pavese .............. 19
Omar Gatti, Silvia Quaglieri
Sublabirintectomia chimica
con gentamicina intratimpanica
Applicazioni e modalità di somministrazione
nella nostra esperienza ............................... 21
Claudio Vicini, Chiara Marchi
Gentamicina intratimpanica:
effetti sulla funzione vestibolare ................26
Redazione: Adriana Russo
Consulenza Scientifica Redazionale:
Alfonso Scarpa (Vestibologo, Napoli)
Coordinamento editoriale
Grafica e Prestampa:
Mediserve Editoria & Formazione
Daniele Nuti, Serena Astore, Giulia Corallo,
Giuseppe Pastorelli, Elda Vecchi
L’utilizzo dello steroide intratimpanico
nella malattia di Menière .............................29
Augusto Pietro Casani, Manuela Marchetti
Indicazioni chirurgiche nella malattia di Menière
Aspetti clinici ed epidemiologici
dei diversi approcci terapeutici ..................35
Roberto Albera, Alessandro Ducati, Azia M. Sammartano
© 1999-2011 MEDISERVE S.r.l
Milano - Napoli
Focus on
Effetto domino nella Vertigine
Posizionale Benigna ....................................39
Update sulla terapia intratimpanica nelle malattie dell’orecchio interno
24 Giugno 2011 Pisa
Università degli Studi di Pisa - Facoltà di Medicina e Chirurgia
Dipartimento Testa Collo - Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana
Università
degli Studi di Pisa
Azienda Ospedaliero
Universitaria Pisana
Direttore: Prof. Stefano Sellari Franceschini
PROGRAMMA SCIENTIFICO
08,00 Registrazione dei partecipanti
08,45 Apertura del Congresso - A. P. Casani, S. Sellari Franceschini
I Sessione: Parte Generale - Chairman: A. Salami
09,00 La farmacocinetica della finestra rotonda e dell’orecchio interno - D. Zanetti
09,20 I “sustained delivery system” - M. Barbara
09,40 Metodiche di somministrazione del farmaco all’orecchio interno - M. Manfrin
II Sessione: Trattamento IT della Malattia di Menière - Chairman: E. Mira
10,00 Gentamicina IT: indicazioni e modalità di somministrazione - C. Vicini
10,20 Gentamicina IT: effetti sulla funzione vestibolare - D. Nuti
10,40 Gentamicina IT: efficacia dei bassi dosaggi - M. Sanna, A. Caruso
11,00 Steroidi IT e Malattia di Menière - A. P. Casani
11,20 Terapia ablativa: gentamicina o neurectomia vestibolare? - R. Albera
11,40 Tavola Rotonda: Esperienze Personali - Moderatore: P. Pagnini
Discussant: R. Albera, M. Barbara, A. P. Casani, M. Manfrin, D.Nuti, C. Vicini, D. Zanetti
12,30 Discussione
13,00 Light lunch
III Sessione: Trattamento IT della Ipoacusia Improvvisa - Chairman: L. Pignataro
14,30 Rationale dell’uso degli steroidi IT nella ipoacusia improvvisa - N. Quaranta
14,50 Il trattamento con steroidi IT: esperienze cliniche - R. Filipo
15,10 Steroidi orali/ev o IT? - I. Dallan, A. P. Casani
15,30 Tavola Rotonda e Discussione - Moderatore: S. Sellari Franceschini
Discussant: M. Barbara, S. Berrettini, A. P. Casani, R. Filipo, P. Pagnini, G. Paludetti, N. Quaranta
IV Sessione: Prospettive Future della Terapia IT - Chairman: A. Frenguelli
16,30 Il danno ototossico: ruolo delle terapie intratimpaniche - G. Paludetti, A. R. Fetoni
16,50 Acufeni e terapia IT - G. C. Modugno
17,10 Trattamento con “devices” intracocleari - S. Berrettini
17,30 Indagini radiologiche con mezzi di contrasto IT - A.P. Casani, L. Bruschini
17,50 La terapia IT vista con occhio critico - G. Guidetti
18,10 Discussione
18,40 Verifica questionari E.C.M.
19,00 Chiusura del Congresso
Segreteria Scientifica
Augusto Pietro Casani
Dipartimento di Neuroscienze Sezione ORL
Ospedale Nuovo Santa Chiara - Via Paradisa, 2 56124 Cisanello (PI)
E-mail: [email protected] - Tel./Fax 050 997496
Faculty
Roberto Albera (Torino) - Maurizio Barbara (Roma) - Stefano Berrettini (Pisa) - Luca Bruschini (Pisa)
Antonio Caruso (Piacenza) - Augusto Pietro Casani (Pisa) - Iacopo Dallan (Pisa) - Anna Rita Fetoni (Roma)
Roberto Filipo (Roma) - Antonio Frenguelli (Perugia) - Giorgio Guidetti (Modena) - Marco Manfrin (Pavia)
Eugenio Mira (Pavia) - Giovanni Carlo Modugno (Bologna) - Daniele Nuti (Siena) - Paolo Pagnini (Firenze)
Gaetano Paludetti (Roma) - Lorenzo Pignataro (Milano) - Nicola Quaranta (Bari) - Angelo Salami (Genova)
Mario Sanna (Piacenza) - Stefano Sellari Franceschini (Pisa) - Claudio Vicini (Forlì) - Diego Zanetti (Monza)
CONGRESS REPORT - PARTE 1
Update sulla terapia intratimpanica
nelle malattie dell’orecchio interno
PISA, 24 GIUGNO 2011
Una giornata di lavori dedicata al potenziale terapeutico (e diagnostico) delle metodiche di somministrazione farmacologica transtimpanica e intracocleare, sulle quali c’è ancora molto da conoscere e sperimentare per un impiego clinico razionale ed efficace in Otoneurologia
I recenti progressi nella ricerca di base concernente la fisiopatologia dell'orecchio interno hanno fornito un impulso straordinario al trattamento di alcune patologie otologiche attraverso la somministrazione intratimpanica di sostanze dotate di attività farmacologica.
Già da molto tempo la malattia di Menière si avvale di trattamenti intratimpanici (steroidi e soprattutto gentamicina) così come anche altre
patologie quali, in particolar modo, la ipoacusia improvvisa, sembrano giovarsi di questo innovativo approccio terapeutico.
La progressiva diffusione clinica delle terapie intratimpaniche impone tuttavia un up-to-date sia che per ciò che concerne gli aspetti di
fisiologia dei liquidi dell'orecchio interno e la farmacodinamica delle sostanze utilizzate a tale scopo, sia per una potenziale validazione
clinica, sulla base dei criteri di evidence-based medicine. In effetti, allo stato attuale, troppo spesso l'utilizzo di queste terapie avviene in
assenza di veri e propri protocolli e/o linee guide condivise, sia per la scelta del farmaco, che per la metodica di somministrazione e il
dosaggio.
È auspicabile pertanto che, coniugando le acquisizioni che provengono dalla ricerca di base con le sempre più numerose evidenze cliniche, il trattamento intratimpanico acquisisca un ruolo di sempre maggior rilievo non solo nell'ambito di patologie quali malattia di Menière
e ipoacusia improvvisa, ma anche nella terapia di affezioni dell'orecchio interno come gli acufeni, il trauma acustico, il danno ototossico,
la cui gestione non dispone attualmente di adeguati strumenti terapeutici.
Augusto Pietro Casani
Dipartimento di Neuroscienze - Sezione ORL
Ospedale Nuovo Santa Chiara
Cisanello - Pisa
Gli Extended Abstracts relativi alle Sessioni III e IV del Congresso saranno pubblicati nel fascicolo n. 37 di Otoneurologia 2000.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
La cinetica dei farmaci attraverso la finestra rotonda
e nell’orecchio interno
Diego Zanetti1, Werner Garavello1, Francesca Galluzzi1, Lorenzo Gaini2
1 Clinica
Otorinolaringoiatrica, Ospedale San Gerardo di Monza, Università degli Studi di Milano-Bicocca, DNTB, Monza
2 Clinica Otorinolaringoiatrica, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano, Milano.
A bstract
The growing interest for the intratympanic (IT) route of administration for drugs targeting many inner ear disorders has led to the development of heterogeneous protocols, with different delivery modalities and substrates. Since none has proven superior to the others, a thorough comprehension of the biochemical, kinetic and dynamic processes that rule the interactions between different drugs and the inner ear
fluids is still missing. The effectiveness of a drug delivered via the IT route depends on many “local” pharmacokinetic factors, such as penetration, release, absorption, distribution, metabolism and elimination from the cochleo-vestibular perilymph.
This article offers a synthetic review of the current knowledge on the kinetics of the most commonly used drug that reach the inner ear through the round window membrane (RWM).
The most relevant factors identified so far are the duration of contact with the RWM, the drug’s concentration gradient and the clearance rate from
the perilymph. These factors must be controlled and manipulated in relation with any specific disease and the anatomical region to be treated.
Key words: Round Window Membrane • Pharmacokinetics • Perilymph • Steroids • Inner Ear Disorders
R iassunto
L’interesse crescente per la somministrazione intratimpanica (IT) di farmaci per il trattamento di disordini dell’orecchio interno ha portato allo
sviluppo di metodiche, substrati e protocolli svariati ed eterogenei. L’assenza di una metodologia univoca dimostra che non vi è ancora una
comprensione dei meccanismi biologici, biochimici, farmacocinetici e farmacodinamici che regolano l’interazione tra i farmaci instillati nell’orecchio medio ed i liquidi dell’orecchio interno. L’efficacia di un farmaco per via IT dipende da vari aspetti della farmacocinetica “locale”
quali: penetrazione, rilascio, assorbimento, diffusione, metabolismo ed eliminazione dalla perilinfa cocleo-vestibolare.
Questo articolo offre una sintetica revisione delle conoscenze attuali sulla cinetica di vari farmaci nei liquidi dell’orecchio interno attraverso la
membrana della finestra rotonda (RWM).
I fattori più rilevanti finora identificati sono la durata del contatto con la RWM, la concentrazione del soluto e la velocità di clearance dalla
perilinfa. Tali fattori vanno controllati e modificati in funzione della patologia e della regione anatomica da trattare.
Parole chiave: Membrana Finestra Rotonda • Farmacocinetica • Perilinfa • Steroidi • Malattie Orecchio Interno
I ntroduzione
L’idea di applicare farmaci localmente nell’orecchio medio fu introdotta da Schuknecht nel 1956, con l’instillazione di gentamicina per
il trattamento della malattia di Menière. Da allora, con alterni risultati, diversi farmaci sono stati utilizzati per questa via nel trattamento
di svariati disturbi dell’orecchio interno: corticosteroidi, anestetici
locali, fattori otoprotettivi, antibiotici, fattori di crescita nervosi, etc.
Dato che un sempre maggior numero di sostanze si sono dimostrate efficaci, in studi sperimentali, nel prevenire, attenuare, proteggere l’orecchio interno dai danni prodotti da rumore, infezioni, ischemia, infiammazione, ototossicità, traumi meccanici ed altro, risulta
fondamentale sviluppare metodi sicuri e percorribili per una loro
somministrazione mirata in specifiche regioni dell’orecchio interno.
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Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
In ambito clinico, i protocolli utilizzati per il trattamento intratimpanico (IT) della sordità improvvisa, delle ipoacusie progressivamente
ingravescenti su base immunologica, degli acufeni, della malattia di
Menière e di altre labirintopatie, sono assai eterogenei, e nessuno di
essi si è dimostrato inequivocabilmente superiore agli altri.
Ciò riflette il fatto che ancora non sono stati chiariti appieno né la
cinetica dei vari farmaci nei liquidi dell’orecchio interno né i loro siti
bersaglio e le modalità di interazione a livello biochimico con i
recettori tissutali nell’organo sensoriale stato-acustico.
Da un lato questo si spiega con le difficoltà metodologiche insite
nello studio della farmacodinamica in un organo di dimensioni
microscopiche, dall’altro con la mole di variabili da testare: numero dei farmaci utilizzabili, dosaggi, schemi e modalità di somministrazione diversi.
PRIMA SESSIONE/ASPETTI GENERALI
L a membrana della finestra rotonda
Il presupposto della terapia IT è il passaggio di farmaci attraverso
la membrana della finestra rotonda (RWM, round window membrane). Le sostanze farmacologiche vengono infatti introdotte
nella cavità timpanica con l’obiettivo di porle a contatto con la
RWM, attraverso la quale possano penetrare nella scala tympani
(ST) e nel vestibolo, per diffondersi poi in tutto l’orecchio interno.
La membrana è situata in una nicchia ossea nel quadrante postero-inferiore della cavità timpanica, protetta superiormente ed anteriormente da un labbro osseo prominente poco meno di 1 mm. Il
suo diametro antero-posteriore è di circa 1,21 mm e la sua superficie libera misura in media 2,84 mm2 (Figura 1).
Come nell’uomo, nei primati, nei felini e nei roditori, la RWM è
composta di tre strati, uno esterno epiteliale, che contiene cellule
cuboidali con giunzioni serrate ed interdigitazioni lungo le pareti
laterali, uno intermedio connettivale, composto di collagene, fibre
elastiche, fibroblasti, vasi sanguigni e linfatici, ed uno interno
endoteliale, in contatto con la perilinfa, composto da cellule squamose con estensioni laterali extracellulari e larghi spazi intercellu-
Zanetti et al. - La finestra rotonda: farmacocinetica
lari. Lo spessore della membrana varia dai 70 μm dell’uomo ai 1014 μm dei roditori comunemente studiati in laboratorio.
Vari studi anatomici e clinici hanno rilevato che la nicchia della
finestra rotonda può essere ostruita, congenitamente o a seguito
di otiti medie, da parte di sinechie fibrose parziali (21%) o totali
(11%) che riducono la possibilità di contatto dei farmaci con la
membrana secondaria del timpano (1-3).
In assenza di una timpanotomia esplorativa o di un controllo
endoscopico che preceda il trattamento farmacologico intratimpanico, non vi è pertanto la garanzia di ottenere un’efficace perfusione dell’orecchio interno.
Studi sperimentali su modelli animali sono stati utilizzati per predire la distribuzione sia di gentamicina che di desametasone nella
perilinfa umana, ma le variazioni di spessore e permeabilità della
RWM, la pervietà dell’acquedotto cocleare in molte specie animali, il diverso volume dei liquidi dell’orecchio interno ed il differente
flusso perilinfatico rendono l’applicazione dei dati animali nell’uomo poco affidabile. Inoltre, la capsula otica nella regione apicale
della cavia e del cincillà è molto più sottile che nell’uomo, e favorisce un passaggio diretto dei farmaci con distribuzioni potenzialmente molto diverse che nell’uomo (4-7).
Infine, un’osservazione importante è rappresentata dalla possibile
diffusione di un farmaco dalla ST all’orecchio controlaterale, come
nel caso della gentamicina per la malattia di Menière (8), oppure
attraverso l’acquedotto cocleare (9).
I protocolli che includono una somministrazione continua di
farmaco devono tenere in considerazione che, in assenza di
una via di uscita del fluido dalla coclea, una parte di esso
verrà fisiologicamente espulso attraverso l’acquedotto e raggiungerà il compartimento intracranico.
M etodologia di studio della
farmacocinetica dell’orecchio interno
Figura 1. Anatomia della nicchia e della membrana della finestra rotonda in un preparato istologico in proiezione coronale (da Nomura, 1984,
modificata).
Lo studio della farmacocinetica della somministrazione di farmaci
all’orecchio interno attraverso la RWM è fondamentale per comprendere le interazioni tra i diversi farmaci e gli organi bersaglio, ai
fini di ottimizzare le applicazioni cliniche nell’uomo.
Tale studio è, da un lato, tecnicamente difficile per i volumi submicroscopici dei liquidi nella ST e nella scala vestibuli (SV) e per la
contaminazione dei prelievi di perilinfa da parte di liquor cerebro-spinale e, dall’altro, eticamente improponibile per il rischio di sordità
neurosensoriale profonda a seguito di prelievo diretto della perilinfa.
Le tecniche classiche di campionamento della perilinfa attraverso
una fenestrazione del giro basale della coclea sono gravate da
rilevanti errori di analisi quantitativa: se la ST della cavia contiene
5,6 μl di perilinfa e le micropipette ne aspirano in media 10 μl, è
evidente che la restante parte contenga liquor cefalo-rachidiano
aspirato attraverso l’acquedotto cocleare (10). Si è stimato che
campioni prelevati dal giro basale contengano fino all’85% di liquor
e solamente il 15% di perilinfa (10). Recenti sviluppi nelle metodiche di campionamento della perilinfa hanno consentito di superare parzialmente i problemi tecnici che avevano in passato inficiato
i risultati degli studi di farmacocinetica.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
La microdialisi in vivo è utilizzata da più di un decennio per studi
sperimentali e clinici sul sistema nervoso centrale (11).
Nell’apparato uditivo è stata impiegata per lo studio dei neurotrasmettitori a livello sinaptico; è stata introdotta da Hibi et al. (2001)
per lo studio della cinetica della gentamicina dopo applicazione
alla RWM (12).
Utilizza un sistema di 2 micro-capillari con al vertice una membrana semipermeabile, collegati da un lato ad una micro-pompa da
infusione e, dall’altro, ad un sistema collettore per raccogliere il
soluto dializzato refluo. Purtroppo, per quanto precisa ed affidabile, anch’essa è gravata da inconvenienti tecnici che ne limitano
l’accuratezza dell’analisi quantitativa, specialmente per siti distanti dalla finestra rotonda (13).
Salt e Ma (2001) hanno utilizzato il metodo degli elettrodi intracocleari a selettività ionica, che sfruttano la carica elettrica per
identificare la concentrazione di un soluto nella perilinfa quando
applicato alla finestra rotonda (14). Salt and Plontke hanno poi
misurato la dispersione di diverse sostanze chimiche nella perilinfa usando lo stesso metodo degli elettrodi ionizzati in varie
specie animali, ed hanno ottenuto ricostruzioni 3D con simulazioni computerizzate di modelli di entrata e diffusione all’interno
della ST (15,16). Tali modelli costituiscono la base per la pianificazione di studi sperimentali controllati così come pure per gli
studi clinici nell’uomo (17).
Esami istologici, e in particolare di immunoistochimica, rappresentano, infine, la metodica di elezione per lo studio degli effetti dei
farmaci sulle strutture dell’orecchio interno anche in caso di somministrazione IT (18).
Le più recenti misurazioni hanno dimostrato che la distribuzione
di farmaci nella perilinfa è dominata da meccanismi di diffusione
passiva, con conseguenti gradienti di concentrazione progressivamente decrescenti dalla base all’apice quando la somministrazione è attraverso l’orecchio medio.
Di conseguenza, la necessità di indirizzare un farmaco verso differenti regioni cocleari implica modalità diverse di applicazione:
una singola somministrazione IT in bolo può essere sufficiente per raggiungere il giro basale o il vestibolo, mentre una
perfusione prolungata o ripetuta può essere necessaria per
interessare anche il giro apicale (19,20).
Per alcuni farmaci che non diffondono attraverso la RWM,
può rendersi necessaria una inoculazione intra-labirintica,
come ad esempio attraverso elettrodi modificati di impianti
cocleari con canale di perfusione o cateteri intracocleari.
Quest’ultima, tuttavia, pur essendo in corso di studio sugli animali, non si è ancora dimostrata esente da rischi per un’applicazione
nell’uomo. Un’eccellente revisione della letteratura in proposito è
reperibile in Salt e Plontke (2005) (21).
F armacocinetica intratimpanica
I processi che regolano l’interazione dei farmaci somministrati per
via IT con i liquidi dell’orecchio interno sono riassunti nella figura 2.
1. Penetrazione
Le modalità di somministrazione di un farmaco per via transtimpanica includono l’iniezione diretta trans-timpanica, la paracentesi
timpanica con o senza il posizionamento di tubicini di ventilazione,
la timpanotomia con posizionamento di veicoli a rilascio lento o di
cateteri sub-timpanici. Ciascun approccio ha dei vantaggi e dei
limiti, che verranno trattati più ampiamente in un altro capitolo.
2. Rilascio
Il farmaco introdotto nella cavità timpanica deve potervi rimanere
per un tempo sufficiente a consentirne l’assorbimento, che avviene prevalentemente attraverso la RWM. Un soluto molto fluido
viene evacuato molto rapidamente dall’orecchio medio attraverso
la tuba di Eustachio durante gli atti deglutitori. Un accorgimento
per prolungare il contatto di un farmaco con la RWM è la rotazione della testa del Paziente di 45° verso il lato opposto all’orecchio
da trattare, lievemente in iperestensione (Figura 3).
Figura 2. Interazione dei farmaci somministrati per via intratimpanica con i liquidi dell’orecchio interno.
6
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
PRIMA SESSIONE/ASPETTI GENERALI
Figura 3. Posizione della testa durante l’infusione di farmaci per via
intratimpanica nell’orecchio destro.
La tecnologia farmaceutica in generale, e specificamente nei confronti della terapia dei disturbi dell’orecchio interno, ha consentito
di sviluppare supporti a rilascio controllato (in termini di durata e
concentrazione) del farmaco attivo, biodegradabili (Tabella 1).
Concettualmente diverso, ma ugualmente mirato alla somministrazione prolungata e controllabile di sostanze attive nell’orecchio
medio è l’utilizzo di micro-cateteri posizionati chirurgicamente nella
cavità timpanica e collegabili esternamente a micro-pompe per infusione o con reservoir ricaricabili inseriti in sede sottocutanea (7,22).
3. Assorbimento
Il passaggio del farmaco dalla cavità timpanica alla perilinfa della ST
avviene per attraversamento della RWM con meccanismi di due tipi:
a. diffusione passiva;
b. trasporto attivo.
La prima è responsabile di oltre il 95% del transfer delle molecole
attraverso la membrana. Avviene per filtrazione diretta su base
osmotica attraverso gli spazi intercellulari, soggiace all’equazione
di Fick ed è dipendente da alcuni fattori (Tabella 2), di cui il più rilevante è sicuramente il gradiente di concentrazione tra i due compartimenti (orecchio medio/perilinfa). La velocità di attraversamento della RWM è, inoltre, inversamente proporzionale al peso molecolare della sostanza soluta.
Meccanismi di pinocitosi sono stati invece ipotizzati per il trasporto, nettamente più lento, di macromolecole non in grado di filtrare
Zanetti et al. - La finestra rotonda: farmacocinetica
attraverso la membrana; come dimostrato già negli anni ‘70 e confermato in studi più recenti con microscopia elettronica e minipompe osmotiche (23).
La permeabilità della RWM è specie-dipendente, con ampie variazioni a seconda dell’animale utilizzato. Numerosi fattori la possono
influenzare e numerose sostanze possono incrementarla. L’istamina
e la papaverina, potenti vasodilatatori, l’aumentano da 3 a 5 volte se
applicate preventivamente per alcuni minuti alla RWM; alcuni anestetici locali, se utilizzati senza associazione con l’adrenalina, l’alcool benzilico o isopropilico (comuni veicoli o conservanti per preparazioni otologiche) producono lo stesso effetto (24,25). È noto,
inoltre, che stati flogistici aumentano la permeabilità capillare anche
della RWM attraverso la liberazione di eso- ed endotossine.
Ciascuno di questi fattori può perciò influenzare fortemente la farmacocinetica intracocleare ed intralabirintica. In generale, tuttavia,
la biodisponibilità nell’orecchio interno di un farmaco applicato nell’orecchio medio è assai limitata: solamente il 2,5% della gentamicina ed il 1,4% del desametasone applicati localmente alle concentrazioni comunemente impiegate sono in grado di raggiungere
la perilinfa della ST. Esistono, infine, anche altre possibili vie di
penetrazione di un farmaco nell’orecchio interno, ovvero le fessure pre-costituite nell’osso temporale. In uno studio su ossa temporali umane, Rask-Andersen ha osservato un sistema di osso spugnoso trabecolare all’interno della parete modiolare sia della ST
che della scala vestibolare nel giro cocleare basale e medio (26).
Similmente è stato ipotizzato che quote seppur minime di farmaco
possano raggiungere la perilinfa attraverso il legamento anulare
platinare e l’acquedotto cocleare, qualora in comunicazione con le
fessure ed i canalicoli vascolo-nervosi nell’orecchio medio.
4. La diffusione nell’orecchio interno
La distribuzione di un farmaco penetrato nella perilinfa attraverso
la RWM non è omogenea. Il movimento reale dei fluidi dell’orecchio interno è impercettibile e praticamente quasi inesistente.
Sperimentalmente è stato rilevato che il flusso perilinfatico longitudinale verso l’apice è pari a 0,019 μl/min per il trimetil-fenil-ammonio (TMPA, un marker ionico), 0,021 μl/min per la gentamicina e
0,009 μl/min per il desametazone fosfato. Pertanto, la distribuzione è dominata dalla diffusione passiva, inversamente proporzionale alla distanza dalla via di ingresso. Ciò determina, come già
segnalato, la creazione di un gradiente di concentrazione del farmaco dalla base all’apice della coclea.
• Micro-Wick® di Silverstein
• Peso molecolare (dimensioni) delle particelle
• Microcateteri (Micro-Cath® di Arenberg) con mini- o micropompe
• Forma delle particelle
• Microsfere biodegradabili
• Concentrazione del soluto
• Liposomi
• pH
• Idrogel biodegradabili
• Liposolubilità
• Biopolimeri
• Carica elettrica
• Nanoparticelle
• Spessore della membrana (specie-dipendente)
• Elettrodi di impianti cocleari con canali di perfusione
• Agenti facilitanti
• Sistemi di perfusione reciprocanti
• Via di accesso
TABELLA 1 – Sistemi attualmente disponibili per terapia intratimpanica.
TABELLA 2 – Fattori che influenzano la permeabilità della RWM.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Il gradiente è ulteriormente accentuato dalla progressiva
clearance del farmaco lungo la ST verso l’apice, per via
del metabolismo, del suo passaggio alle altre scale o
della sua eliminazione. Ancora una volta, la diffusione è
influenzata principalmente dal gradiente di concentrazione alla RWM e dal peso molecolare della sostanza.
I farmaci raggiungono poi gli organi bersaglio – cioè le
cellule sensoriali acustiche e/o vestibolari, le fibre afferenti del ganglio spirale o di Scarpa e le rispettive cellule di supporto - sia all’interno dell’organo del Corti, sia
sulla stria vascolare ed il legamento spirale, con varie
modalità:
• con filtrazione interscalare, mediata dagli stessi meccanismi di attraversamento delle RWM;
• sfruttando i canaliculi perforantes verso il canale di
Rosenthal ed il modiolo;
• con l’assorbimento da parte dei capillari della parete
scalare laterale;
• tramite la diffusione al vestibolo e di qui alla scala
vestibolare.
Legenda: ME, meato; SV, scala vestibuli; ST, scala tympani; ELS, spazio endolinfatico;
RW, finestra rotonda.
Figura 4. Gradiente di concentrazione della gentamicina nella perilinfa dopo singola
somministrazione intratimpanica (per gentile concessione di Plontke et al. 2007).
5. Metabolismo
La perilinfa è un sito atto a produrre la biotrasformazione di farmaci da una forma inattiva ad una attiva o viceversa ad opera di enzimi residenti (ectonucleotidasi) o da parte dei tessuti adiacenti (ad
es. nell’orecchio medio). Vi è evidenza anche di legami con proteine quali le purine (27), con possibili ripercussioni pratiche farmacologiche. Il desametasone fosfato, ad esempio, viene rapidamente
convertito nella sua forma attiva all’interno della ST (28,29).
6. Eliminazione
Un altro fattore di notevole rilevanza per l’efficacia di un trattamento
per via IT è la durata di permanenza del farmaco nei liquidi dell’orecchio interno. Un farmaco con una lenta eliminazione può raggiungere concentrazioni elevate o accumularsi progressivamente nel
tempo; un altro con eliminazione rapida può non raggiungere concentrazioni terapeutiche o richiedere somministrazioni ripetute o prolungate; se il tasso di eliminazione eguaglia quello della diffusione in
ingresso, si può raggiungere un utile stato stazionario. L’eliminazione
è un processo lento, che non avviene unicamente attraverso il riassorbimento nel compartimento ematico (di cui è prevalente il plesso
all’interno del modiolo, associato al ganglio spirale) ma, in parte,
anche per la metabolizzazione, per il passaggio interscalare e per la
perdita attraverso l’acquedotto cocleare ed il vestibolo.
C inetica della gentamicina nella perilinfa
Plontke et al. (2002) hanno simulato l’andamento temporale delle
variazioni di concentrazione di gentamicina nella perilinfa dopo
applicazione alla RWM con un software che tiene conto dei principi generali di farmacocinetica, delle dimensioni delle scale cocleari
(calcolati da immagini 3D ottenute alla RM), del volume di perilinfa
in ogni specie di animale (circa 10 μl nell’uomo) e dei processi biochimici all’interno della coclea (30,31). È stato così evidenziato un
8
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
netto gradiente di concentrazione (fino a 4000 volte alla base
rispetto all’apice) a seguito di applicazione singola alla RWM, che
si riduce notevolmente con una somministrazione sostenuta nel
tempo (Figura 4). Come già riportato, gli stessi Autori nel 2002 e
2007 hanno rilevato che la concentrazione massima ottenibile con
sistemi a rilascio lento (o controllato) non raggiunge mai i livelli di
picco della somministrazione “single shot”, mantenendosi però più
stabile nel tempo (5,6). Rimane da verificare quale sia la modalità
più opportuna di somministrazione, dato che, nel caso della gentamicina impiegata a scopo di ablazione selettiva delle cellule scure
responsabili della produzione di endolinfa, la prima necessità è di
evitare un danno secondario cocleare da ototossicità che, notoriamente, è dose-dipendente (o concentrazione-dipendente).
Infatti, la clearance della gentamicina dalla perilinfa è particolarmente lenta: l’emivita perilinfatica è stimata intorno ai 500
min, che giustifica fenomeni di accumulo per somministrazioni ripetute o prolungate nel tempo.
La formulazione farmaceutica correntemente utilizzata è basata sul
solfato del farmaco, a concentrazione di 40 mg/ml. Il tamponamento con bicarbonato di sodio 1/3 molare ne riduce l’acidità, fonte di irritazione e dolore locale durante l’instillazione intra-auricolare.
C inetica degli steroidi nella perilinfa
I corticosteroidi sintetici come il desametasone sono usati primariamente per il loro potente effetto antinfiammatorio ed antiedemigeno.
Già dagli anni ’90 è noto da numerosi studi su animali che la concentrazione di desametasone nella perilinfa dopo somministrazione
singola IT raggiunge livelli uguali o superiori alla somministrazione
sistemica e può essere incrementata dal pre-trattamento locale con
istamina (32,33). Tra le varie molecole utilizzabili, l’idrocortisone è
risultato maggiormente solubile attraverso la RWM, ma con una
PRIMA SESSIONE/ASPETTI GENERALI
clearance molto rapida dalla perilinfa, mentre il metil-prednisolone
ha l’emivita più prolungata (130 min) ma una ridotta diffusibilità; il
desametasone rappresenta il compromesso ideale tra i due, con
una emivita di 60-80 min ed una buona diffusibilità (34).
Inoltre, non manifesta l’effetto sodio-ritentivo dell’idrocortisone, a
parità di potenza antinfiammatoria. Nella sua forma di fosfato sale
sodico, è utilizzabile in soluzione acquosa a concentrazioni da 4 a 8
mg/ml. Diffonde rapidamente attraverso la RWM, dato che è stato
rilevato nella ST già 15 minuti dopo la somministrazione IT, e non se
ne rileva più traccia dopo 24 ore (28). In una valutazione predittiva
iniziale, Plontke e Salt (2003) hanno calcolato sia la distribuzione in
funzione del tempo che il dosaggio totale del farmaco nelle varie
porzioni cocleari, attraverso simulazioni del flusso con modelli al
computer basati sul metodo degli elementi finiti (35). Utilizzando due
set diversi di dati su campioni di perilinfa prelevati negli animali, a
quell’epoca disponibili, e correggendoli in base al design di ogni studio, hanno non solo confermato la validità del metodo statistico, ma
anche verificato che il fattore più importante nel controllo del dosaggio di un farmaco nella perilinfa è la durata della permanenza dello
stesso nella cavità timpanica a contatto con la RWM.
Di conseguenza, anche minime modificazioni della tecnica di somministrazione possono comportare consistenti variazioni della concentrazione del soluto nella perilinfa.
Successivamente, Plontke et al. (2008) sono riusciti a dimostrare
che la somministrazione singola IT ottiene delle concentrazioni di
picco, dei gradienti basali/apicali ed un time corse nettamente differenti dalla perfusione prolungata (Figura 5): la prima metodica
comporta un rapido transfer alla porzione basale della scala vestibuli ed al vestibolo stesso, in accordo con altri studi nella cavia e
nel cincillà, ed un altrettanto marcato gradiente, con rapida clearance dalla perilinfa; la seconda permette una diffusione più omogenea in tutta la scala ed una permanenza prolungata del farmaco,
il cui dosaggio totale dipende, in tal caso, prevalentemente dalla
sua concentrazione (29). Liu et al. (2006) hanno utilizzato la cromatografia liquida ad alta pressione per determinare le concentrazioni di desametasone nella perilinfa nelle cavie: confrontando l’applicazione IT (150 μl allo 0,5%) con quella sistemica (4 mg/kg allo
0,5%), le concentrazioni ottenute erano sovrapponibili a 30 minuti
dall’infusione di un bolo unico (32). L’associazione del desametasone sodio fosfato con un gel polimerico termosensibile (poloxamer
407), che rilascia gradualmente il farmaco alla temperatura corporea, sembra favorire un contatto più prolungato, con una somministrazione sostenuta nel tempo e concentrazioni che possono raggiungere 5 volte quelle ottenibili con la soluzione acquosa (36).
C onclusioni
Gli anestetici locali sono stati usati in passato per un tentativo di
controllo degli acufeni; le iniezioni di gentamicina nella malattia di
Menière costituiscono la principale forma corrente di trattamento IT,
per la proprietà di ablazione selettiva sul sistema vestibolare. I corticosteroidi sono utilizzati routinariamente per via IT nelle sordità
improvvise, autoimmuni, nella malattia di Menière e per gli acufeni.
Altre sostanze utilizzabili per via IT e testate anche nell’uomo inclu-
Zanetti et al. - La finestra rotonda: farmacocinetica
Figura 5. Andamento della concentrazione perilinfatica di desametasone
nel tempo in caso di somministrazione singola (linea blu) e infusione continua a basso dosaggio (linea rossa) (da Hoffer et al. 2002, modificata).
dono neurotrasmettitori e i loro inibitori, fattori di crescita, inibitori dell’apoptosi, antiossidanti e scavengers dei radicali liberi. Studi sperimentali negli animali sull’uso di sostanze otoprotettive nei confronti
dei danni da rumore e dell’ototossicità sono altrettanto incoraggianti.
La via IT rappresenta, inoltre, un possibile approccio al transfer
genico (mediato o meno da transfezione virale) per il trattamento
a lungo termine di disordini cocleari. È stato ad esempio recentemente dimostrato che Atoh1, un gene regolatore con ruolo centrale nello sviluppo delle cellule acustiche ciliate, detto anche Math1,
è in grado di indurre una rigenerazione delle cellule ciliate ed un
miglioramento della soglia uditiva nella coclea di topolini sordi
infettati con vettori adenovirali (37,38).
Per quanto riguarda il presente, ovvero il trattamento di
disturbi quali la sordità improvvisa, la sindrome di Menière e
le ipoacusie autoimmuni, la sfida principale è rappresentata
dal raggiungimento di concentrazioni terapeutiche efficaci
nell’organo di Corti o nella stria vascolare, senza danneggiare le delicate strutture sensoriali o di supporto.
Considerato che la coclea è situata profondamente nell’osso temporale e l’orecchio medio è un sofisticato sensore meccanico,
anche lo stesso trauma dell’accesso e dell’infusione di liquidi può
provocare un danno permanente. Non esiste, al momento, un farmaco o una procedura per via IT assolutamente scevra da rischi;
in ogni caso si tratta di accettabili compromessi con l’obiettivo di
poter risolvere, in un prossimo futuro, una serie di condizioni cliniche fino ad oggi considerate intrattabili. L’eterogeneità metodologica e la estrema variabilità dei risultati dimostra che non vi è
ancora un controllo dei fattori implicati.
Teoricamente, il metodo ottimale richiede un farmaco idrosolubile e con un peso molecolare ridotto, quindi maggiormente diffusibile, una durata di contatto prolungata con la RWM, una distribuzione lungo tutta la lunghezza della ST ed una clearance lenta
dalla perilinfa, un range terapeutico efficace ed una assenza di
tossicità. In generale, i risultati negli animali indicano che sistemi
a rilascio prolungato hanno una farmacocinetica più affidabile e
controllabile che iniezioni IT singole.
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
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Autore corrispondente:
Dott. Diego Zanetti, Clinica Otorinolaringoiatrica, Ospedale San Gerardo di Monza - Via Pergolesi, 33 - 20052 Monza (MI) Tel: 0392333625; Fax: 039324017
e-mail : [email protected]
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NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
I “Sustained Delivery Systems” nella terapia
intratimpanica dei disordini dell’orecchio interno
Luigi Volpini, Maurizio Barbara
Clinica Otorinolaringoiatrica, Università Sapienza, Facoltà di Medicina e Psicologia, Azienda Ospedaliera Sant'Andrea, Roma
A bstract
The treatment of inner ear disorders has been recently implemented with the use of drugs directly delivered into the middle ear. Dosage and
modality of action can be difficult to assess since there are no available systems which would enable to measure the inner ear concentration
of the injected drug or to anticipate round window (RW) permeability pattern. The Authors present an overview of new developed systems that
can assure direct delivery at the level of the RW and, additionally, a recent implementation that enables a longer and sustained presence of
the drug into the middle ear. The most recent literature regarding some Poloxamer-linked pharmacological agents for treatment of inner ear
disorders is also presented and discussed in view of a future application in clinical assets.
Key words: Round Window Membrane • Drugs Delivery Systems • Trans tympanic therapy • Microcatheters • Hydrogel • Inner Ear Disorders
R iassunto
Per il trattamento dei disordini dell'orecchio interno è stato di recente incrementato l'uso di farmaci somministrati direttamente nell'orecchio
medio. Dosaggio e modalità d’azione sono di difficile valutazione non essendo disponibili sistemi di misurazione della concentrazione del farmaco iniettato nell'orecchio interno o di prevedere la permeabilità della finestra rotonda (RW). Gli Autori presentano una panoramica dei sistemi che possono assicurare la somministrazione diretta a livello della RW e descrivono un dispositivo di recente realizzazione che consente
tempi di permanenza più lunghi del farmaco nell'orecchio medio. Viene inoltre discussa anche la letteratura più recente su agenti farmacologici veicolati da matrici solubili della famiglia dei Poloxameri per il trattamento delle patologie dell'orecchio interno in vista di una futura
applicazione in campo clinico.
Parole chiave: Membrana Finestra Rotonda • Somministrazione Farmaci • Terapia trans-timpanica • Microcateteri • Idrogel • Malattie Orecchio Interno
I ntroduzione
Numerosi studi condotti su animali e su uomini hanno dimostrato
che la terapia farmacologica dei disordini dell’orecchio interno può
fare affidamento sull’applicazione locale dei medicamenti, con
risultati apparentemente migliori rispetto alla somministrazione
sistemica (1).
Tale maggior successo si deve a vari fattori, tra i quali il vantaggio
di evitare gli effetti collaterali di una terapia generale anche con
concentrazioni elevate (2) bypassando la barriera emato-labirintica, fisiologicamente simile alla barriera emato-encefalica, che limita la concentrazione e la grandezza delle molecole in grado di
lasciare la circolazione sistemica e accedere alle strutture dell’orecchio interno (3,4).
La terapia locale, e cioè l’instillazione trans-timpanica di farmaci
nell’orecchio medio, fa affidamento sulla capacità che tali sostanze hanno di penetrare nell’orecchio interno sfruttando soprattutto
la ben dimostrata permeabilità della membrana della finestra
rotonda, oltre che il microcircolo della cassa del timpano e la
membrana della finestra ovale (5).
Tale presupposto però non è assolutamente in grado di fornire
informazioni sulle concentrazioni di farmaco e sui tempi di permanenza nella perilinfa. Infatti, così come non è possibile prevedere la quota di farmaco che verrà in contatto con la membrana
della finestra rotonda, non può essere computata quella che
rimarrà sequestrata in altre zone dell’orecchio medio o che sarà
eliminata attraverso la tuba d’Eustachio. Un’ulteriore variabile è
costituita dalle notevoli differenze interindividuali di spessore
della membrana della finestra rotonda (6,7).
Per quanto sopra menzionato, la ricerca ha mirato ad identificare
metodiche che possano assicurare una certa permanenza di farmaco nell’orecchio medio, ovverosia un “sustained delivery” in
grado di far raggiungere concentrazioni farmacologiche terapeutiche costanti nella perilinfa, importante per l’efficacia di trattamento dei diversi disordini dell’orecchio interno.
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
M icrocateteri e Micropompe impiantabili
I microcateteri sono dispositivi che vengono inseriti attraverso un
piccolo intervento chirurgico e che possono anche essere collegati a pompe esterne in grado di controllare la quantità di farmaco
instillata (8-10). Esperienze cliniche sull’uomo hanno dato risultati
funzionali positivi, dopo fallimento con terapie corticosteroidee per
via sistemica, nelle sordità improvvise, evidenziando alcune complicanze minori immediate, quali la dislocazione e l’ostruzione dei
cateteri (secondo gli autori evitabili con un miglioramento della
procedura chirurgica), formazione di tessuto di granulazione nell’orecchio medio, perforazione timpanica e lesioni cutanee del condotto uditivo esterno (11).
È chiaro che tali procedure debbano essere valutate globalmente complesse per l’intervento chirurgico, per le possibili complicanze, e per i costi, sì da potersi prestare difficilmente ad un uso
clinico di routine.
M icroWick
Sono stati descritti per la prima volta per trattare la vertigine associata alla malattia di Menière (MM) attraverso la perfusione di gentamicina (12). Si tratta di dispositivi in polivinil-acetato, di 1 x 9 mm,
in grado di assorbire i farmaci instillati nel condotto uditivo esterno
e di metterli in contatto direttamente con la membrana della finestra rotonda, determinando un rilascio graduale del medicamento.
Questi “tamponcini” vengono inseriti nel lume di un tubicino di ventilazione posizionato attraverso la membrana timpanica previa
miringotomia tradizionale o con laser. Oltre ad essere una procedura sempre eseguibile in regime ambulatoriale, il paziente può
proseguire la terapia a domicilio instillando gocce di medicinale
attraverso il condotto uditivo esterno (13). Pur essendo una procedura semplice, possiede sempre una minima invasività, dalla
quale potrebbero derivare complicanze principalmente legate alla
presenza del tubicino (persistenza della perforazione timpanica)
(14), infezioni dell’orecchio medio ed esterno, fibrosi nell’orecchio
medio, o colesteatoma. Seppur ipotizzabili, in uno studio su 69
pazienti trattati con gentamicina veicolata con il MicroWick - per
vertigine associata a MM - non sono state riportate complicanze a
lungo termine (15).
I drogel
Con questo termine s’intende una serie di matrici solubili all’interno delle quali possono essere disciolte varie formulazioni medica-
mentose. Il rilascio controllato avviene generalmente attraverso l’idrolisi della matrice o attraverso una basilare diffusione delle
sostanze al di fuori di essa (16). Sono state disegnate molte formulazioni per l’orecchio medio, tra le quali polimeri con base silossanica, l’acido poli[lattico-co-glicolico] (PLGA), gelatine e chitosani glicerofosfati (16-18).
Caratteristica molto attraente è la possibilità di alterare a piacere
la matrice per variare la dinamica del rilascio controllato (18). Sono
state oggetto di studio formulazioni su modelli animali per il veicolamento di molecole come il BDNF, l’ILGF-1 o il desametasone
(17-19).
I copolimeri della famiglia dei Poloxameri sono stati introdotti alla
fine degli anni ’50 e da allora sono stati proposti per diverse applicazioni farmacologiche. I Poloxameri sono composti anfifilici estremamente versatili, nel senso che tale loro caratteristica può subire
viraggi verso una maggiore idro- o lipofilicità, permettendo l’incorporamento delle sostanze più disparate. Ma il loro attributo più interessante è dovuto al fatto che le soluzioni acquose del Poloxamero
407 (il più utilizzato nelle sperimentazioni cliniche) mostrano proprietà di termo-reversibilità, caratterizzata dalla transizione sol-gel,
reversibile al ripristino della temperatura originaria (20).
I loro profili di tossicità sono stati largamente descritti nel modello
animale e, mentre per la somministrazione sistemica rimangono
ancora molti dubbi nell’uomo, l’applicazione locale, intra-timpanica, e la perfusione diretta della membrana della finestra rotonda
non hanno evidenziato alterazioni permanenti, né funzionali, né
della microarchitettura cocleare (21).
Attualmente sono in corso studi per l’introduzione di una formulazione a base di desametasone veicolato da Poloxamero 407. Tale
composto ha già dimostrato in vitro ed in vivo su modello animale
di possedere un’ottima cinetica di rilascio, consentendo di raggiungere livelli terapeutici costanti nella perilinfa, e di mantenerli
per lungo periodo. Gli effetti antiinfiammatori pleiotropici del desametasone farebbero presupporre potenzialità di applicazione in un
grande spettro di patologie dell’orecchio, quali sordità improvvise,
MM e prevenzione dell’ototossicità nei pazienti in trattamento con
antitumorali quali il cisplatino (22,23).
Sicuramente gli idrogel rappresentano la prospettiva più promettente per una terapia a rilascio controllato, le cui possibili problematiche possono essere:
• la necessità, comunque, di un’iniezione trans-timpanica per
depositare il gel direttamente nella nicchia della finestra rotonda;
• un’ipoacusia trasmissiva transitoria per l’accumulo di sostanza
nella cavità dell’orecchio medio;
• l’uso limitato per le patologie croniche, per il profilo relativamente rapido di rilascio del medicamento.
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Autore corrispondente:
Prof. Maurizio Barbara, Direttore D.A.I. Organi di Senso, UOC di Otorinolaringoiatria, Azienda Ospedaliera Sant'Andrea - Via di Grottarossa, 1035 00189 Roma
e-mail: [email protected]
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Metodiche di somministrazione del farmaco
all’orecchio interno
Marco Lucio Manfrin
Ricercatore confermato – Sezione di Scienze Sensoriali – Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Rianimatorie-Riabilitative e dei
Trapianti d’Organo – Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Università di Pavia, Pavia
A bstract
Drug delivery into the inner ear is based upon systems some of which are historical, some others actual and some others yet futuristic thanks
to innovations of biotechnological sciences. As diseases of the inner ear differ in anatomical side, pathophysiology and dysfunctional features, the trend is to use different drug delivery systems in relation to the therapeutical target. In conclusion, what is currently available for topic
therapy of the inner ear represents a remarkable progress in comparison with the traditional systemic therapy, not only with regard to results,
but also to better effectiveness and lower incidence of side effects.
Key words: Inner Ear • Drug • Delivery System
R iassunto
La somministrazione di sostanze terapeutiche alle strutture dell’orecchio interno si basa su metodiche, alcune delle quali “storiche”, altre
attuali e altre ancora futuribili, grazie alla spinta innovativa biotecnologica ereditata da altre applicazioni. Poiché esistono differenti patologie
dell’orecchio interno, diverse per sede anatomica, meccanismo patogenetico e caratteristiche disfunzionali, la tendenza è quella di utilizzare
sistemi di somministrazione differenti a seconda del tipo di target terapeutico. La conclusione è che quanto attualmente disponibile per la
terapia topica nelle malattie dell’orecchio interno rappresenta un notevole progresso rispetto alla terapia convenzionale sistemica, non solo
in termini di risultati, ma anche nell’ottica di una maggiore efficacia e minor incidenza di effetti collaterali.
Parole chiave: Orecchio Interno • Farmaco • Somministrazione
I ntroduzione
L’era attuale della terapia farmacologica di alcune malattie dell’orecchio interno prende spunto inevitabilmente dall’uso di farmaci
somministrati per via sistemica, come la streptomicina nelle vertigini (1) e gli steroidi nella sordità improvvisa (2).
Tuttavia, gli effetti collaterali e i dubbi sulla reale efficacia di tali
terapie, così come l’impossibilità a controllarne la reale diffusione
alle strutture dell’orecchio interno, dovendo in tal caso tener conto
di alcune variabili di natura farmacocinetica (volumi di distribuzione nell’organismo, diversa capacità di ogni singola molecola nell’attraversare la barriera emato-labirintica, diverse modalità di
metabolismo e di escrezione), hanno concentrato lo sforzo sulle
possibilità di somministrare i farmaci a livello locale.
I metodi di erogazione farmacologica locale consistono fondamentalmente di due tipi: quelli intratimpanici, più facili e comodi da
applicare, ma forse meno efficaci, e quelli intracocleari, nettamente più complessi e, almeno teoricamente, dotati di maggiore efficacia (Tabella 1).
14
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
Un primo livello, ancora valido e ampiamente utlizzato, è rappresentato dalla somministrazione intratimpanica, dove l’ubicazione nell’orecchio medio presuppone un passaggio “attivo” delle
molecole alla perilinfa attraverso vie preformate naturali (finestra
rotonda, finestra ovale, deiscenze spontanee della capsula otica,
vie precostituite di natura vascolare) a cui recentemente si sono
aggiunti perfezionamenti ed affinamenti quali l’uso di microcateteri e di veicolanti tipo idrogel o nanoparticelle.
Il secondo livello di erogazione farmacologica all’orecchio interno
è rappresentato dall’applicazione diretta del farmaco tramite gli
impianti cocleari modificati per la circostanza, ai quali si aggiungono alcuni sistemi sperimentali, quali le pompe osmotiche e i
sistemi di perfusione a scambio di fluidi.
Il terzo e ultimo livello è dato da innovazioni emergenti di natura biologica, quali l’utilizzo di RNA in grado di interferire con
l’RNA messaggero delle cellule sensoriali cocleari e vestibolari e
l’impiego di cellule staminali.
PRIMA SESSIONE/ASPETTI GENERALI
METODICHE
Cliniche
Sperimentali
Manfrin - Metodiche di somministrazione farmacologica all’OI
INTRATIMPANICHE
Attive
a) Iniezione transtimpanica diretta,
con colla di fibrina o gelfoam
b) Microcateteri alla finestra rotonda
c) Silverstein Microwick
a) Pompa osmotica tipo Alzet
b) TI-DDS
INTRACOCLEARI
Passive
a) Polimeri biodegradabili:
PGLA, silossani, gelfoam
b) Idrogel
a) Somministrazione diretta tramite siringa
b) Impianti cocleari
Nanoparticelle
a) Somministrazione tramite iniezione diretta attraverso cannula sigillata nella cocleostomia
b) Sistema siringa/pompa
c) Pompa osmotica
d) Sistema di perfusione a scambio di liquidi
TABELLA 1 – Metodiche di somministrazione farmacologica all’orecchio interno.
M etodiche intratimpaniche
Si basano sulla diffusione del principio terapeutico principalmente
attraverso la finestra rotonda e sulla sua dispersione nella perilinfa della scala timpanica, prevalentemente del giro basale della
coclea, creando così un gradiente di concentrazione tra base e
apice. Le variabili costantemente in gioco sono rappresentate
dallo spessore della membrana timpanica secondaria (3,4), da
un’ostruzione anatomica della nicchia della finestra rotonda (5),
dalla dimensione e composizione del farmaco (6,7).
A questi fattori, ai quali deve essere aggiunta la quantità imponderabile di farmaco disperso attraverso la tuba d’Eustachio, deve
essere imputata la mancanza di un preciso controllo del dosaggio
somministrato.
I metodi intratimpanici in genere si caratterizzano per la minore
incidenza di danni iatrogeni (chirurgici) e per la relativa maggiore
facilità di accesso, spesso senza richiedere anestesie particolari,
e possono, a loro volta, suddividersi in metodi passivi o attivi.
METODI INTRATIMPANICI PASSIVI: sono riservati a farmaci in
possesso di profili cinetici specifici in grado di sfruttare “trigger”
locali per il rilascio, come l’idrolisi in vivo, o di rispondere a stimoli
fisici o chimici locali, come la temperatura o il pH. Il principio attivo
è disperso in una matrice o è contenuto in serbatoi incapsulati da
un guscio di natura polimerica. Comprendono:
1. Polimeri biodegradabili: si basano sull’impiego di acido
poli-lattico-co-glicolico (PLGA) e possono assumere le dimensioni di microparticelle o nanoparticelle degradabili, idrogel o di
strutture microformate più voluminose. Sistemi a rilascio protratto a base di silossani (materiale simili al silicone) e sistemi
basati sull’uso di matrici polimeriche gelatinose (gelfoam) o a
base di alginati, sono stati utilizzati sia in ambito sperimentale
che clinico mescolati, di volta in volta, con farmaci diretti alla
patologia di base dell’orecchio interno.
2. Idrogel: sfruttano un trigger chimico (pH, ioni, molecole particolari) o fisico locale (temperatura, pressione o potenziali elettrici), in grado di attivare e rilasciare il carico farmacologico in
maniera controllata. Spesso sono costituiti da idrogel biodegradabili a base di acido ialuronico.
3. Nanoparticelle: comprendono materiali biodegradabili e non;
liberano particelle di dimensioni inferiori ai 1000 nm e, in genere, quelle utilizzate nella terapia dell’orecchio interno hanno
una dimensione intorno ai 200 nm o meno. Studiate in alternativa a vettori virali (virosomi), possono essere costituite da silicio, PGLA o sotto forma di liposomi.
METODI INTRATIMPANICI ATTIVI: sono i metodi più largamente
usati e tradizionalmente storici (8). Comprendono l’infusione del
farmaco nell’orecchio medio tramite una iniezione diretta transtimpanica, previa anestesia locale per contatto, oppure attraverso il
posizionamento di un catetere transtimpanico fissato in sede intertragoelicina o di un semplice tubo d’aereazione/drenaggio dell’orecchio medio e possono accompagnarsi all’impiego di gelfoam
(9) o colla di fibrina (10,11) per aumentare il tempo di permanenza del farmaco nell’orecchio medio. Con lo scopo di individuare
metodi a rilascio protratto o multi dose sono stati proposti alcuni
sistemi, attualmente in uso, che comprendono:
a) Microcateteri alla finestra rotonda (m-Cath o e-Cath): vengono posizionati chirurgicamente nella finestra rotonda per via
transcanalare, dopo aver creato un lembo timpanomeatale. La
punta del catetere, di forma globosa e delle dimensioni di 1,52,5 mm di diametro, è malleabile e può essere agevolmente
adattata ai bordi ossei della nicchia della finestra ovale. Viene
rifornita da una pompa del tutto simile a quelle per l’erogazione
dell’insulina. Attualmente sta invalendo l’uso di un’endoscopia
trans timpanica per controllarne la corretta applicazione, l’eventuale disfunzione o complicazioni nell’uso (3,12) (Figura 1).
Figura 1. Microcatetere alla finestra rotonda (m-Cath RW).
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
b) Silverstein MicroWick: consta di un piccolo tampone di polivinilacetato (dimensioni di 1 mm di diametro
x 9 mm di lunghezza) in grado di assorbire il farmaco
messo nell’orecchio esterno e di trasportarlo direttamente alla finestra rotonda, dopo averlo inserito in un
tubo di ventilazione transtimpanico posizionato
mediante miringotomia semplice o con laser (13). Il
paziente può autosomministrarsi il farmaco anche a
domicilio (Figura 2).
c) Pompa osmotica impiantabile di Alzet: utilizzata
solo a livello sperimentale, fornisce il prototipo di
somministrazione prolungata e continua (da 1 giorno
a 6 settimane) di piccolissime quantità (microgrammi) Figura 2. Silverstein Microwick.
di farmaco una volta collegata a microcateteri o a
altre cannule infusive (14).
rimentazione. Funzionano sul principio di una somministraziod) Sistema totalmente impiantabile a rilascio farmacologico (TIne del farmaco con uno scambio di volumi fluidi (perilinfa) pari
DDS): impiantato sotto cute nei modelli sperimentali, consente
allo zero, nel senso che il prodotto viene immesso in un sistela dismissione di microdosi ed è ricaricabile sempre attraverso
ma di ricircolo della perilinfa. La miscela perilinfa/farmaco viene
via transcutanea (15,16).
reimmessa nella coclea in maniera pulsata con dismissione
relativamente rapida mentre contemporaneamente avviene un
drenaggio di perilinfa attraverso la stessa via negli intervalli
M etodiche intracocleari
delle pulsazioni (23,24).
La somministrazione diretta nell’orecchio interno richiede la pecuf) Sistema annesso all’array degli impianti cocleari: con l’inliarità di un accesso tramite cocleostomia, eseguita a livello della
tento di aggiungere un ulteriore possibilità terapeutica (protefinestra rotonda o in altre sedi della capsula otica.
zione del decay neuronale, prevenzione della fibrosi postComprende metodi quali:
impianto a livello degli elettrodi) a quella intrinseca del ripristino
a) Somministrazione diretta tramite siringa: è quella utilizzata
uditivo, è stata studiata la combinazione tra impianto cocleare e
in combinazione all’atto dell’applicazione di impianti cocleari e
un sistema di somministrazione di farmaci attraverso l’impianto
si esegue poco prima di posizionare l’array.Ha maggior efficastesso. La creazione di un array di elettrodi associato ad una
cia nel tratto basale della coclea che in quello apicale, poiché
via pervia ai passaggio di fluidi, a sua volta connessa con una
genera, comunque, un’irregolare distribuzione del farmaco e
pompa d’infusione, ha permesso di somministrare farmaci a
comporta un aumento nella performance dell’impianto in quanlivello del giro basale cocleare dove, per fenomeni di cross-turn
to, con l’impiego di steroidi, previene la fibrosi reattiva (17).
diffusivo, possono raggiungere anche le porzioni apicali (17).
b) Somministrazione tramite iniezione diretta attraverso una
Come alternativa, è stata proposta una tecnica di rivestimento
cannula sigillata nella cocleostomia: rappresenta il sistema
(coating) farmacologico degli elettrodi stessi mediante un polimaggiormente utilizzato a livello sperimentale e non ha risconmero biodegradabile, con il rischio, tuttavia, di scarsa prestatro clinico attuale (18,19).
zione dell’impianto (25). Ulteriori e recenti modifiche strutturali
c) Sistema siringa-pompa: variante del metodo precedente,
sono state introdotte in caso di elettrodi più corti, utilizzabili in
anche questo sistema rimane confinato nell’ambito sperimencaso di “soft surgery” finalizzata alla conservazione dei residui
tale, con il vantaggio di una somministrazione continua del prouditivi medioapicali per stimolare elettroacusticamente la
dotto attraverso una cannula sigillata nella coclea e connessa
coclea. La minore penetrazione dell’array ha consentito di
con una sistema di siringa/pompa e scarico della perfusione a
migliorare la perfusione farmacologica alle strutture cocleari per
livello dell’apice cocleare (20).
una via parallela più efficiente (Figura 3).
d) Sistema a pompa osmotica: presenta notevoli applicazioni in
campo sperimentale, incluse quelle relative alla otoprotezione
e alla preservazione neurale. Presenta i limiti dell’impossibilità
I nnovazioni emergenti in campo
di variare i dosaggi del farmaco e gli intervalli di somministrabiologico utilizzabili nelle terapie
zione, di bloccare o di avviare dall’esterno la somministrazione
dell’orecchio interno
e di avere un periodo limitato di utilizzo (14,21,22).
Comprendono due campi di ricerca, quali l’interferenza nell’RNA e
e) Sistema di perfusione a scambio di fluidi: è il frutto di una
le terapie con cellule staminali.
progressione notevole nell’ambito delle tecnologie dei microsia) Interferenza nell’RNA: è una metodica innovativa potenzialstemi e del controllo dei microfluidi. Sono sistemi in cui i “chip”
mente in grado di cambiare l’esito delle malattie dell’orecsintetizzano tutte le variabili relative alla somministrazione del
chio interno. Consta di una manipolazione genetica a livello
farmaco all’orecchio interno con un perfetto controllo della spe-
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PRIMA SESSIONE/ASPETTI GENERALI
Manfrin - Metodiche di somministrazione farmacologica all’OI
b) Terapia con cellule staminali: indirizzata precipuamente
verso strategie per il ripristino della funzione uditiva (28), trova
notevoli difficoltà applicative per quanto riguarda le modalità di
somministrazione all’organo del Corti delle cellule staminali di
natura esogena (embrionarie), del successivo “homing”, della
differenziazione in cellule acustiche funzionanti (non solo con
analogie morfolologiche), di rapporto con le circostanti cellule
di supporto e della reinnervazione selettiva con le fibre afferenti
dei neuroni del ganglio del Corti. A questi aspetti si aggiungono altre problematiche, riguardanti la natura e il destino di cellule staminali uditive endogene (29) e il problema dei processi
di transdifferenziazione cellulare, da un tipo strutturale a uno
funzionante, che nell’orecchio interno sono state ottenute
mediante transfezione di fattori di trascrizione genetica nelle
cellule di sostegno (30).
Figura 3. Metodo intracocleare annesso all’impianto cocleare.
molecolare in grado di inattivare l’RNA messaggero delle cellule cigliate per opera di piccole particelle denominate “piccoli
RNAs interferenti” (siRNA), incorporati in un complesso proteico. Come per altre terapie geniche, la difficoltà è rappresentata dal somministrare queste molecole in modo selettivo
al tessuto bersaglio (26,27).
C onclusioni
Il passaggio dalle terapie sistemiche a quelle locali per le diverse patologie dell’orecchio interno è scandito dalla rapida progressione biotecnologica che, probabilmente a breve, consentirà
di giungere in modo controllato alla somministrazione mirata
delle diverse opzioni terapeutiche (farmaci, geni, cellule staminali) per le singole e selettive necessità relative alla funzione uditiva e vestibolare.
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Autore corrispondente:
Dott. Marco Lucio Manfrin, U.O.C. Otorinolaringoiatria - IRCCS Policlinico S. Matteo - P.le Golgi, 19 - 27100 Pavia - Tel: 0382526218/239;
Fax: 0382528184
e-mail: [email protected]
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NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Gentamicina intratimpanica nel trattamento della
malattia di Menière: l’esperienza della scuola pavese
Omar Gatti, Silvia Quaglieri
Clinica Otorinolaringoiatrica, Università degli Studi di Pavia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
A bstract
We studied from January 2005 to January 2011 the effectiveness in the control of vertigo attacks of a modified Odkvist titration protocol of
Intratympanic Gentamicin application in patients with unilateral Menière's disease, defined according to the AAO-HNS 1995 criteria and not
responsive to medical therapy. In our series, the success of pharmacological sublabirintectomy was 92%, but not long-term: two years after,
in 12% of patients the reappearance of dizzying symptoms required a new intratympanic treatment with Gentamicin. Further study are required with a median follow-up more for a better definition of the stability and effectiveness of Intratympanic Gentamicin.
Key words: Menière’s disease • Intratympanic Gentamicin • Vertigo
R iassunto
Dal gennaio 2005 al gennaio 2011 abbiamo seguito un protocollo tipo “titration” di Odkvist modificato, di somministrazione intratimpanica di
Gentamicina in pazienti affetti da malattia di Menière monolaterale, definita secondo i criteri AAO-HNS del 1995 e non responsivi alla terapia medica classica, per studiare l’efficacia della sublabirintectomia farmacologica nel controllo degli episodi di vertigine. Nella nostra casistica, il successo del trattamento intratimpanico con Gentamicina è stato pari al 92%, ma non definitivo nel tempo: nel 12% dei pazienti, la
ricomparsa dopo due anni della sintomatologia vertiginosa ha richiesto un nuovo ciclo di trattamento. Sono quindi necessari ulteriori studi con
un periodo di follow-up maggiore per una migliore definizione dell’efficacia e della stabilità della terapia con Gentamicina intratimpanica.
Parole chiave: Malattia di Menière • Gentamicina Intratimpanica• Vertigini
S elezione dei pazienti
Nella nostra Clinica i pazienti affetti da malattia di Menière (MM)
monolaterale, definita secondo i criteri AAO-HNS del 1995 (1), e
che abbiano seguito per almeno 6 mesi una terapia medica composta da dieta iposodica, Betaistina ed eventuali diuretici con
risposta nulla o parziale, vengono sottoposti al trattamento di
sublabirintectomia farmacologica tramite iniezione transtimpanica
di Gentamicina.
La valutazione audio-vestibolare preliminare al trattamento comprende: otoscopia, esame audiometrico tonale, bed-side vestibular examination test completo e stimolazione termica a 44°C.
I l nostro protocollo
Nel nostro protocollo - versione modificata tipo “titration” descritto da Odkvist (2) - viene utilizzata una soluzione di Gentamicina
solfato (80 mg/2 ml) tamponata con Bicarbonato di sodio all’8%
(1 ml).
Previa anestesia locale per contatto con lidocaina spray, si procede quindi all’iniezione diretta di 1 ml della soluzione ottenuta, corrispondente a 26,6 mg di Gentamicina, tramite ago da spinale
(22G x 23/4, 0.70 x 70 mm) a livello del quadrante postero-inferiore della membrana timpanica sotto controllo otomicroscopico.
Il paziente quindi mantiene la posizione supina con testa ruotata
verso il lato controlaterale al trattamento per circa 20 minuti.
Dopo la procedura, eseguita in regime di Day Hospital, viene programmata una visita di controllo a 4 settimane dalla prima iniezione (nel protocollo precedentemente seguito presso la nostra
Struttura fino al 2004 il controllo veniva effettuato dopo 5 giorni)
(3), durante la quale verrà eseguita nuovamente la valutazione
audiovestibolare completa comprendente: bed-side examination
test, esame audiometrico tonale, stimolazione termica a 44°C ed
eventuale ice water test e VEMPs.
Se il paziente riferisce crisi vertiginose tipiche e se il vestibolo
risulta ancora responsivo alla stimolazione termica/VEMPs viene
dunque eseguita una nuova iniezione di Gentamicina transtimpanica con controllo sempre dopo 4 settimane.
Il trattamento viene proseguito fino al completo controllo delle crisi
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
vertiginose e/o all’areflessia labirintica (stimolazione termica 44°C,
ice water test, VEMPs); la terapia viene altresì terminata alla comparsa di diminuzione del PTA di minimo 15 dB, alla presenza di
segni di vestibolotossicità (instabilità, Ny spontaneo deficitario) e/o
di “vertigine curativa” obiettivabile.
Al termine del protocollo, le visite di controllo sono effettuate a 13-6-12-18-24 mesi dall’ultima somministrazione.
I nostri risultati
Dal Gennaio 2005 al Gennaio 2011 sono stati trattati presso la
nostra Clinica 175 pazienti (per un totale di 387 iniezioni), 84 maschi
e 91 femmine, di età compresa tra 23 e 82 anni (media 57 anni). Dei
pazienti trattati, 79 sono affetti da MM sinistra e 96 da MM destra; di
questi, 8 hanno sviluppato una MM bilaterale metacrona.
La media del PTA pre-trattamento corrisponde a 55 dB, con un
range compreso tra 10 e 110 dB; nessun paziente ha interrotto il
protocollo a causa di una diminuzione del PTA superiore a 15 dB.
La media delle iniezioni effettuate per paziente è risultata 2,17 con
un range compreso tra 1 e 9 iniezioni.
Il follow-up clinico varia da un minimo di 6 mesi ad un massimo di
7 anni.
La sintomatologia vertiginosa è stata controllata nel 92,58% dei
casi; dei pazienti non responsivi al trattamento (7,42%) 3 sono
stati sottoposti a neurectomia vestibolare selettiva ed 1 a decom-
pressione semplice del sacco endolinfatico, mentre 9 soggetti con
risposta parziale assumono saltuariamente cicli di terapia medica
con Betaistina.
A due anni dal termine del trattamento dopo un periodo di completo benessere (24 mesi liberi da vertigini), 22 pazienti (12,75%)
sono stati sottoposti ad un nuovo ciclo di Gentamicina intratimpanica per ricomparsa della sintomatologia vertiginosa tipica con
successivo controllo della stessa.
C onclusioni
Con il protocollo di Gentamicina intratimpanica attualmente in atto
presso la nostra Clinica la percentuale di successo nel controllo
della sintomatologia vertiginosa nei soggetti affetti da MM definita,
non responsivi alla terapia medica classica, risulta essere pari al
92%; non sono state rilevate differenze statisticamente significative per quanto concerne il PTA pre e post-trattamento.
La sublabirintectomia farmacologica con Gentamicina intratimpanica non può essere considerato un trattamento “definitivo” in
quanto, nella nostra casistica, il 12% circa dei pazienti, dopo 2
anni “free” da vertigini, ha manifestato la ricomparsa della sintomatologia vestibolare con conseguente richiesta di un nuovo ciclo
di trattamento; sono quindi necessari ulteriori studi con un periodo
di follow-up maggiore per una migliore definizione dell’efficacia e
della stabilità della terapia.
B ibliografia
1.
2.
3.
Autore corrispondente:
Dott. Omar Gatti, U.O.C. Otorinolaringoiatria - IRCCS Policlinico S. Matteo - P.le Golgi, 19 - 27100 PAVIA
e-mail: [email protected]
20
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Sublabirintectomia chimica con gentamicina
intratimpanica
Applicazioni e modalità di somministrazione nella nostra esperienza
Claudio Vicini, Chiara Marchi
U.O. di Otorinolaringoiatria, Ospedale G.B. Morgagni- L. Pierantoni, Forlì (FC)
A bstract
The transtympanic admnistration of gentamicin in the inner ear can be achieved in different ways. The intratympanic injection by way of a
needle is the simplest system of delivery. It can also be carried out through transtympanic tubes for delivery of drug. Finally, transtympanic
administration may include also the use of micro-pumps or special catheters and retrotympanic devices of delivery. In this extended abstract
we describe the benefits and limitations of each system. We also present our protocol of administration and the case studies of our study,
where we critically discuss the achieved results.
Key words: Menière’s disease • Gentamicin • Vertigo • Intratympanic Therapy
R iassunto
La somministrazione di gentamicina transtimpanica può essere realizzata con differenti modalità.
La più semplice è quella di una puntura transtimpanica con ago. Può essere anche realizzata attraverso un drenaggio transtimpanico a dimora. Infine può prevedere l’utilizzo di micropompe o di cateteri appositi e dispositivi di distribuzione retrotimpanici. Vengono descritti i vantaggi e limiti delle singole soluzioni. In questo studio si presenta il nostro protocollo di somministrazione, si presenta la nostra casistica e si discutono criticamente i risultati ottenuti.
Parole chiave: Malattia di Menière • Gentamicina • Vertigini • Terapia Intratimpanica
I ntroduzione
Il trattamento della malattia di Menière (MM) è rivolto soprattutto al
controllo della sintomatologia vertiginosa; nella minoranza di casi (dal
5% al 20% dei pazienti) non responsivi alle terapie medico-farmacologiche associate a norme di igiene alimentare, è necessario ricorrere a trattamenti più invasivi (“Intractable Meniere’s Disease”) (1).
Negli ultimi anni la somministrazione intratimpanica di Gentamicina, proposta per la prima volta da Schuknecht nel 1957 (2), si è
imposta come prima modalità di trattamento ablativo stante l’alta
percentuale di successo e la minore invasività rispetto alle diverse
procedure chirurgiche, cui attualmente si ricorre solo in caso di fallimento del trattamento di labirintectomia chimica (3).
La Gentamicina è una molecola aminoglicosidica dotata di una
vestibolotossicità relativamente selettiva, con scarsa cocleotossicità, e pertanto consente di controllare la sintomatologia vertiginosa con un basso rischio di danneggiare la funzione uditiva; più precisamente, a bassi dosaggi provoca una lesione selettiva sulle
dark cells mentre a dosaggi più elevati agisce direttamente sulle
cellule ciliate (4).
Diversi sono tuttavia le modalità e i protocolli di trattamento (dosi,
frequenza, durata…), così come la risposta individuale dei soggetti
trattati e non sono ancora stati individuati degli indicatori strumentali affidabili per la previsione del risultato. In questo studio si presenta il nostro protocollo di somministrazione, si presenta la nostra
casistica e si discutono criticamente i risultati ottenuti.
M ateriali e metodi
Selezione dei Pazienti
La nostra esperienza diretta in ambito di instillazione endotimpanica di Gentamicina è iniziata nel 1999 e da allora abbiamo trattato
215 pazienti (139 uomini e 76 donne con un rapporto M:F di 2:1),
di età media di 56 anni (range 23-81 anni). Tutti i pazienti erano
stati sottoposti a precedente terapia medica utilizzando dieta iposodica, betaistina, diuretici per più di 3 mesi senza avere ottenuto
alcun concreto beneficio; tutti i pazienti erano fortemente motivati
alla risoluzione delle crisi vertiginose e, dopo essere stati studiati
preliminarmente con una valutazione otoneurologica completa,
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
RISULTATI SOGGETTIVI: VAS - DHI - EQUILIBRIO
Figura 1. Scala Visuo-Analogica (VAS): risultati in termini di soddisfazione
dei pazienti.
Figura 2. Riduzione del punteggio Dizziness Handicap Inventory (DHI) e
soddisfazione del pazienti (VAS).
Figura 3. Riduzione del disequilibrio soggettivo.
Figura 4. Riduzione del disequilibrio soggettivo e e soddisfazione del
pazienti (VAS).
RISULTATI OBIETTIVI STRUMENTALI
Figura 5. Test calorico (Digital IR-VOG) dopo sublabirintectomia.
22
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
Figura 6. Modifiche nella registrazione dei VEMPs dopo sublabirintectomia.
SECONDA SESSIONE/TRATTAMENTO IT DELLA MALATTIA DI MENIÈRE Vicini & Marchi - Sublabirintectomia con gentamicina IT
audiometria tonale, impedenzometria, VEMPs ed esame vestibolare calorico, sono stati accuratamente informati sul trattamento con
Gentamicina intratimpanica e hanno fornito il consenso allo stesso.
Protocollo
Il nostro protocollo prevede la somministrazione di una soluzione
di Gentamicina 80 mg/2 ml tamponata con 1 ml di sodio bicarbonato (soluzione tampone) per ottenere un pH neutro, facilitando
l’assorbimento e riducendo la sintomatologia dolorosa legata alla
salinità della Gentamicina solfato. Vengono iniettate, in anestesia
locale, sotto guida microscopica o endoscopica, attraverso una
siringa da insulina e un ago da rachicentesi (diametro 0.7 e lunghezza 88 mm, 22G), delle piccole quantità di soluzione (1 ml, che
corrisponde al volume medio della cassa timpanica, pari a 26,6 mg
di Gentamicina).
Il protocollo prevede mediamente 5 sedute successive (da 1 a un
massimo di 10) distanziate nel tempo di circa 30 giorni. Prima di
ogni seduta viene effettuato un controllo audiometrico e dopo la
3a/5a seduta anche una registrazione dei VEMPs.
Abbiamo in particolare effettuato uno studio retrospettivo su un
gruppo più ristretto e più datato di 119 pazienti, per cui fosse possibile un follow-up minimo dopo il trattamento di 18 mesi, 118 dei
quali affetti da MM diagnosticata in accordo con i criteri della AAOHNS 1995 (5) (11 monolaterali, 4 monolaterali con fallimento di
precedente neurectomia vestibolare selettiva, 2 bilaterali ma con
un solo lato attivo e 1 bilaterale con un lato attivo in esiti di neurectomia vestibolare selettiva contro laterale) e 1 Delayed
Endolinphatic Hydrops monolaterale; la durata media di malattia in
tale campione era di 7 anni (range 1-35 anni); esclusi dallo studio
2 casi di Menière bilaterali con lato sintomatico incerto e 1 caso
con assenza di risposta all’ice test.
In 10 pazienti (8% dei casi) si è utilizzato un protocollo di sedute a
cadenza settimanale (protocollo iniziale utilizzato nel 1999-2000) e
in 109 casi (92%) a cadenza mensile (protocollo attuale, seguito dal
2001) con 5 sedute per ciclo. L’end point del trattamento è fissato dal
raggiungimento di una serie di risultati anamnestico-clinico-strumentali: in primis la scomparsa/il controllo degli attacchi vertiginosi, una
positivizzazione dell’Head Thrust Test, la scomparsa dei VEMPs,
una subareflessia calorica o un peggioramento della soglia uditiva.
R isultati
I risultati, nel gruppo ristretto di 119 pazienti, sono stati positivi ad
un follow-up medio di 44 mesi (range 18-116 mesi) in 92 pazienti
(pari a 77%), mentre 27 pazienti (pari a 23%) hanno presentato
una recidiva della sintomatologia vertiginosa e quindi in gran parte
sono stati avviati ad un ulteriore ciclo di instillazioni; il tempo medio
di recidiva è stato di 24 mesi (range 3-67 mesi).
Complessivamente i 119 pazienti sono stati sottoposti ad un totale di 147 cicli di trattamento (il 78% è stato sottoposto a 1 solo
ciclo, il 15% a 2 cicli, il 5% a 3 cicli e l’1% a 4 cicli) con un numero medio di somministrazioni per paziente pari a 6 (range 1-16).
Tre pazienti su 119 (pari a 2,5%) sono risultati non responsivi, poiché al termine del trattamento non hanno ottenuto una riduzione
degli attacchi vertiginosi e, dal punto di vista strumentale, il test
calorico ed i VEMPs sono rimasti invariati.
Valutando i risultati più dettagliatamente dal punto di vista innanzitutto anamnestico in termini di Scala Visuo-Analogica di soddisfazione (VAS) (Figura 1), riduzione del DHI (Figura 2) e del disequilibrio (atassia vestibolare) (Figura 3) si rilevano alte percentuali di
soddisfazione e successo (prossime al 90%), non solo peraltro in
assenza di disequilibrio, ma anche in presenza di un disequilibrio
lieve (Figura 4). Dal punto di vista dell’obiettività strumentale si
sono rilevate significative variazioni sia nella reflettività vestibolare
al test calorico (Figura 5), anche senza la realizzazione nella maggior parte dei casi di una ablazione vestibolare completa (sublabirintectomia), sia nella registrazione dei VEMPs (Figura 6).
I bassi dosaggi utilizzati uniti alla diluizione temporale delle somministrazioni, ha consentito di associare all’efficacia nel controllo
del sintomo una elevata garanzia di preservazione dell’udito: non
sono state infatti rilevate differenze statisticamente significative fra
la PTA media pre-trattamento e post-trattamento (58 dB HL vs 59
dB HL, SD ± 20).
D iscussione
Nella maggior parte dei casi di MM i sintomi sono ben controllati con
una combinazione di farmaci vasoattivi, dieta iposodica e diuretici. I
trattamenti più invasivi sono riservati ai pazienti che non rispondono
a tale terapia. Il trattamento chirurgico (neurectomia vestibolare,
decompressione del sacco endolinfatico, labirintectomia), d’altro
canto, trova sempre meno indicazioni a causa del diffondersi di
metodiche meno invasive, poco costose ed altrettanto efficaci quali
la somministrazione intratimpanica di Gentamicina; si tende quindi
sempre più a prenderlo in considerazione solo in seconda battuta,
in seguito al fallimento di una terapia transtimpanica (6).
Gli aminoglicosidi in realtà sono stati usati da diversi anni nel trattamento delle vertigini; Schuknecht nel 1957 (2) ha per primo
descritto il successo terapeutico con l’uso di Streptomicina solfato
intratimpanica in 5 pazienti, ma il risultato è stato complicato dalla
ipoacusia profonda che si è avuta in tutti i pazienti.
La Gentamicina, come già ricordato, è più tossica per le cellule
vestibolari che per quelle cocleari (4) e inoltre il danno cocleare è
dose-correlato consentendo quindi, rispetto agli altri aminoglicosidi, di ottenere, con l’utilizzo di basse dosi, una riduzione dell’attività vestibolare, con una possibile diminuzione della produzione
dell’endolinfa (7), senza determinare un peggioramento uditivo.
Per tali proprietà pochi trattamenti in effetti, sia nell’ambito della
MM che di altre forme di vertigine periferica, sono stati così largamente rivalutati nel corso di questi ultimi anni (8). È anche dimostrato che la completa ablazione della funzione vestibolare non è
necessaria per ottenere un controllo totale delle vertigini (8,9,10).
Il trattamento di sublabirintectomia chimica con Gentamicina in
particolare è efficace per controllare gli attacchi di vertigine, nausea, vomito, i drop attacks, mentre non agisce su ipoacusia, fullness, acufeni, atassia e oscillopsia (11). Le applicazioni “classiche” e addizionali del trattamento intratimpanico con Gentamicina
sono riassunte nelle tabelle 1 e 2.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
• Nel 5-20% dei Pazienti Menierici con:
– Malattia di Menière definita secondo i criteri AAO-HNS 1995
– “Vertigine intrattabile” nonostante terapia medica ottimale
– Orecchio controlaterale sano (no idrope/no apparecchi acustici)
TABELLA 1 – Gentamicina IT: applicazioni classiche (Loyd Minor, 1999).
• Malattia di Menière bilaterale “intrattabile” (Pyykko e Coll., 1994)
• Vertigine persistente dopo ELS (Marzo & Leonetti, 2002; Gouveris e
Coll., 2005)
• Vertigine persistente dopo neurectomia vestibolare (Vicini, dati non
pubblicati)
• Malattia di Menière negli anziani (Rosemberg, 1999)
• VPPB nella Malattia di Menière (Perez e col., 2002)
• Delayed Endolymphatic Hydrops (DEH) (Giannoni e Coll., 1998)
• Disfunzione vestibolare nell’orecchio sordo (Brantberg e Coll., 1996)
• Ipoacusia Improvvisa Idiopatica (Brantberg e Coll., 1996)
• VPPB “invalidante” (Brantberg e Coll., 1996)
• Neurinoma acustico (chirurgia rifiutata) (Brantberg e Coll., 1996)
• Vertigine in orecchio senza apparecchio acustico (DEH, MM, chirurgia
dell’otosclerosi) (Bauer e Coll., 2001)
• Compressione vascolare del nervo vestibolare?
TABELLA 2 – Gentamicina IT: applicazioni addizionali.
Sebbene la Gentamicina venga sempre applicata a livello dell’orecchio medio, esistono grandi differenze nel metodo e nel numero di applicazioni, così come nelle dosi utilizzate (12); è possibile
sinteticamente distinguere cinque diversi metodi (13): 1) dose
giornaliera multipla (tre dosi giornaliere), 2) dose settimanale
(una dose alla settimana di solito per 4 settimane), 3) low-dose
(una o due iniezioni e eventuale richiamo in caso di necessità), 4)
infusione continua con microcateteri e 5) titration (somministrazione di dosi giornaliere o settimanali fino all’insorgenza di sintomi vestibolari, cambiamento nei sintomi vertiginosi o insorgenza
di ipoacusia).
Una interessante meta-analisi, che ha preso in esame tutti gli articoli pubblicati dal 1978 al 2002 (13), ha consentito di comparare i
risultati di questi cinque metodi in termini di percentuale di controllo completo delle vertigini, controllo efficace delle vertigini stesse
(completo + sostanziale), perdita uditiva (parziale + profonda) e
sordità profonda.
Il metodo “titration” garantisce i migliori risultati in termini di controllo completo ed efficace del sintomo vertigine; il metodo “lowdose” al contrario è quello con i peggiori risultati su tale sintomo.
Il metodo settimanale è quello che preserva maggiormente l’udito, anche se in modo non significativo. Il metodo con multiple dosi
giornaliere si associa ad un maggior rischio di ipoacusia sia totale sia profonda. Il grado di ablazione vestibolare inoltre si conferma, come già sottolineato, non correlato significativamente né
con il controllo delle vertigini né con il peggioramento della soglia
audiometrica.
Alcuni autori riportano la somministrazione di Gentamicina associata a colla di fibrina (14).
24
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
La nostra esperienza diretta con il trattamento endotimpanico con
Gentamicina è iniziato nel 1999; abbiamo ben presto abbandonato il protocollo iniziale basato su sedute a cadenza settimanale,
poiché nei primi 10 pazienti avevamo riscontrato un peggioramento significativo della funzione uditiva. L’attuale protocollo a sedute
mensili e i bassi dosaggi complessivamente utilizzati hanno consentito di ottenere una elevata garanzia di preservazione dell’udito in quanto, come già mostrato, la PTA media pre-trattamento e
post-trattamento non differiscono in modo statisticamente significativo. Il trattamento è risultato non solo sicuro, ma soprattutto
estremamente efficace: l’88% dei pazienti riferisce un controllo
soddisfacente della sintomatologia vertiginosa (il 73% un controllo
completo e il 15% un controllo buono) e a ciò consegue una netta
riduzione del DHI da 35,4 a 14,6.
Considerando il disequilibrio, l’85% dei pazienti non lamenta tale
sintomo oppure riferisce solo sintomi di lieve entità (54% disequilibrio assente e 31% disequilibrio lieve; disequilibrio medio- grave
nel 15 % dei casi) ed elevati livelli di soddisfazione soggettiva
(>90%) si presentano quindi non solo in caso di assenza di disequilibrio ma anche in presenza di un disequilibrio lieve.
Analizzando i risultati in termini di scomparsa dei VEMPs e in termini di modificazione della riflettività labirintica al test calorico, si
riscontra che gli ottimi risultati non necessariamente si associano
ad una labirintectomia completa. I dati a nostra disposizione hanno
inoltre evidenziato che esiste una correlazione fra soglia audiometrica e VEMPs, mentre questa non si riscontra fra PTA e reflettività
vestibolare (i VEMPs riflettono la progressione della MM in modo
più attendibile rispetto alla reflettività vestibolare).
Molto interessante è inoltre il dato dell’assenza di correlazione fra
i VEMPs e il numero di instillazioni necessarie per ciascun paziente, mentre d’altro canto l’assenza dei VEMPs bilateralmente sembra aumentare la probabilità che il paziente sviluppi disequilibrio
medio-grave dopo il trattamento con Gentamicina.
Il trattamento endotimpanico con Gentamicina risulta inoltre la
prima opzione terapeutica anche nei casi di recidiva della sintomatologia vertiginosa dopo un periodo di benessere clinico (nella
nostra casistica il 23% dei casi, in linea con i dati presenti in letteratura) (4,8-13). Nella nostra esperienza esiste infine una piccola
percentuale di pazienti cosiddetti “non responders”, pari al 2,5%,
poiché al termine del trattamento non presentano né una riduzione degli attacchi vertiginosi né una modificazione del test calorico
e dei VEMPs.
C onclusioni
Nella nostra esperienza, la somministrazione intratimpanica di
Gentamicina si conferma come la prima opzione terapeutica nella
minoranza dei casi di MM (dal 5% al 20% dei casi) non responsivi alle terapie mediche farmacologiche associate a norme di igiene alimentare. Tale trattamento è rivolto principalmente al controllo della sintomatologia vertiginosa. Tra le diverse modalità e i
diversi protocolli di trattamento (dosi, frequenza, durata…), da
oltre dieci anni, nella nostra Unità Operativa, abbiamo seguito un
protocollo basato su 5 sedute a cadenza mensile (ripetibile in caso
SECONDA SESSIONE/TRATTAMENTO IT DELLA MALATTIA DI MENIÈRE Vicini & Marchi - Sublabirintectomia con gentamicina IT
di recidive a distanza) in quanto si è dimostrato combinare una
elevata efficacia (88% dei pazienti riferisce un controllo soddisfacente della sintomatologia vertiginosa) con una bassa percentuale di effetti collaterali (assenza di disequilibrio ovvero disequilibrio
di minima entità nell’85% dei pazienti) ed in particolare con una
elevata garanzia di preservazione dell’udito.
Solo una minoranza dei pazienti è risultata non responsiva a tale
terapia.
B ibliografia
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Autore corrispondente:
Dott.ssa Chiara Marchi, U.O. di Otorinolaringoiatria, Ospedale G.B. Morgagni- L. Pierantoni - Via Carlo Forlanini, 34 - 47121 Forlì (FC)
e-mail: [email protected]
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Gentamicina intratimpanica:
effetti sulla funzione vestibolare
Daniele Nuti, Serena Astore, Giulia Corallo, Giuseppe Pastorelli, Elda Vecchi
Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Università degli Studi di Siena
A bstract
We discuss in this study the results of treatment with intratympanic Gentamicin admnistered to 54 patients with Menière's disease (MM)) in
the period 2002-2007. All patients underwent to a regular 2 years follow-up. Intratympanic Gentamicin is confirmed as an excellent therapeutic option in unilateral MM. The therapy achieved a substantial control of vertigo attacks in approximately 90% of patients non-responders to
medical treatment. In over 70% of the cases one or two therapy sessions resulted able to gain a vestibulo-toxic action in order to control the
disabling vertigo attacks. A recurrence of symptoms, generally less disabling, was observed in 20% of cases. Cochlear toxicity risk resulted very
low and the progression of hearing loss is similar to the patients’ one, who received medical treatment or vestibular neurectomy.
Key words: Menière’s disease • Intratympanic Gentamicin • Vestibular Function
R iassunto
In questo studio sono riportati i risultati del trattamento con Gentamicina Intratimpanica (GI) di 54 pazienti affetti da malattia di Menière (MM))
nel periodo 2002-2007. Tutti i pazienti sono stati regolarmente controllati per 2 anni. Il trattamento con GI si conferma come un’ottima opzione terapeutica nella MM monolaterale. La terapia determina un controllo sostanziale delle crisi vertiginose in circa il 90% dei pazienti refrattari a terapia medica. In oltre il 70% dei casi è stato sufficiente effettuare una o due sedute terapeutiche per ottenere un’azione vestibolotossica sufficiente a controllare gli episodi vertiginosi invalidanti. Una ripresa della sintomatologia, generalmente meno invalidante, è possibile nel 20% dei casi. Il rischio di cocleotossicità è molto basso e la progressione dell’ipoacusia è simile a quella dei pazienti trattati con terapia medica o con neurectomia vestibolare.
Parole chiave: Malattia di Menière • Gentamicina Intratimpanica • Funzione Vestibolare
I ntroduzione
La malattia di Menière (MM) è una patologia caratterizzata da
gravi crisi vertiginose, ipoacusia, fullness e acufeni. La sola terapia medica consente di controllarne i sintomi nel 50-80% dei
pazienti. Per i casi “no-responders”, resistenti alla terapia medica
e dietetico-comportamentale, era necessario ricorrere, fino a circa
dieci anni fa, a varie opzioni chirurgiche (neurectomia vestibolare,
labirintectomia, shunt del sacco endolinfatico) peraltro gravate da
tassi di morbilità da non sottovalutare. Il trattamento con
Gentamicina Intratimpanica (GI) costituisce, da qualche anno, una
scelta terapeutica molto soddisfacente tanto che è oggi considerata da molti la terapia di prima scelta nei pazienti “non-responders”. L’obiettivo del trattamento con GI è quello di ottenere una
scomparsa delle crisi vertiginose attraverso la riduzione della funzione vestibolare periferica, minimizzando i rischi di danno uditivo.
Il razionale di utilizzazione della Gentamicina è costituito dalla sua
tossicità differenziale, cioè dalla possibilità che alcune cellule ciliate
dell’orecchio interno siano più sensibili di altre a questo aminoglicoside. Le cellule ciliate dell’apparato vestibolare sono infatti più sen-
26
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
sibili alla tossicità da Gentamicina rispetto a quelle cocleari (1) e le
cellule ciliate di tipo I sono più sensibili agli effetti ototossici rispetto
a quelle di tipo II (2). È noto che le cellule ciliate di tipo I rispondono
ad un range di accelerazioni dinamiche a maggiore frequenza,
come ad esempio quelle del test rotatorio impulsivo o della vibrazione mastoidea. Le cellule ciliate di tipo II sono invece più sensibili al movimento endolinfatico a bassa frequenza, come quello provocato dal test calorico. È anche noto che la MM lesiona prevalentemente le cellule ciliate di tipo II (3), determinando quindi una prevalente perdita della sensibilità labirintica per le basse frequenze.
Ne deriva che l’efficacia del trattamento con GI è in parte dovuto
all’azione tossica del farmaco sulle cellule ciliate di tipo I. Ne deriva
anche che la GI può essere efficace anche nei pazienti con paralisi
vestibolare calorica ma con funzione vestibolare preservata agli stimoli ad alta frequenza. È inoltre nota la tossicità degli aminoglicosidi per le dark cells (4), cellule secretorie presenti negli organi vestibolari con il ruolo di regolare la produzione della endolinfa. La GI
contribuirebbe quindi a ridurre la produzione di endolinfa e quindi
dell’idrope che costituisce la base patogenetica della MM (5).
Il farmaco iniettato nell’orecchio medio diffonde ai fluidi dell’orec-
SECONDA SESSIONE/TRATTAMENTO IT DELLA MALATTIA DI MENIÈRE
chio interno attraverso la sottile membrana della finestra rotonda
(6) e raggiunge il compartimento endolinfatico esplicando la sua
azione tossica. La “desiderata” tossicità viene raggiunta anche con
un’unica bassa dose di GI in oltre la metà dei pazienti. Talora gli
effetti tossici del farmaco si realizzano anche dopo alcune settimane dalla iniezione, per cui è preferibile attendere anche un
mese prima di una ulteriore somministrazione, per non superare la
“finestra terapeutica” e provocare un danno cocleare (7,8).
Il trattamento deve essere interrotto quando compaiono i segni e
sintomi di tossicità vestibolare. La tipica risposta è costituita dalla
insorgenza di una prolungata crisi vertiginosa, e/o di oscillopsia,
con nistagmo spontaneo di tipo deficitario.I test clinici e strumentali, messi a confronto con quelli pre-trattamento, consentono di
verificare l’insorgenza o la progressione del deficit vestibolare. In
caso di mancata risposta, il trattamento può essere ripetuto per
un numero predeterminato di volte, considerando che è sconsigliabile un accanimento terapeutico dopo 5-6 tentativi.
Un insuccesso del trattamento si verifica dal 5% al 15% dei
pazienti (9,10). La causa più probabile di tale insuccesso è la presenza di una impervietà della finestra rotonda (aderenze, membrana particolarmente ispessita, nicchia ristretta). In questo caso
l’esplorazione dell’orecchio medio con applicazione diretta della
soluzione di Gentamicina sulla finestra rotonda, o un’iniezione
attraverso la membrana è risolutiva nell’80% dei pazienti (11).
M ateriali e metodi
In questo studio sono riportati i risultati del trattamento con GI di
54 pazienti affetti da MM nel periodo 2002-2007. Tutti i pazienti
sono stati regolarmente controllati per 2 anni.
I criteri di inclusione erano i seguenti:
1. MM monolaterale “definita” secondo i criteri suggeriti dall’American Academy of Otolaryngology Head and Neck
Surgery (AAO-HNS) del 1995 (12);
2. insoddisfacente risposta a qualsiasi terapia medica negli ultimi
sei mesi;
3. udito funzionale nell’orecchio non interessato dalla patologia;
4. normale risposta calorica dell’orecchio non colpito;
5. assenza di segni di sofferenza del sistema vestibolare centrale;
6. soglia audiometrica dell’orecchio colpito mediamente superiore
a 40 dBHL;
7. esclusione di alterazioni a carico del nervo VIII tramite RM
con mdc.
Ciascun paziente è stato sottoposto a valutazione audiometrica
con determinazione della Pure-Tone Average (PTA) per le frequenze 0.5, 1, 2, e 3 KHz. La funzione vestibolare è stata indagata con i seguenti esami clinico-strumentali:
1. ricerca del nistagmo spontaneo e posizionale;
2. Head-Shaking Test (HST);
3. Test Rotatorio Impulsivo (TRI);
4. Test vibratorio mastoideo;
5. Test di inseguimento oculare lento e rapido;
6. Test calorico caldo con eventuale ice-test in caso di assenza di
risposta.
Nuti et al. - Gentamicina IT e funzione vestibolare
Veniva considerata patologica una differenza percentuale fra i due
lati superiore al 30% (paresi calorica). La assenza di risposta
anche all’ice-test veniva considerata come paralisi calorica.
Per ulteriori dettagli sulle metodiche cliniche adottate si rimanda ai
lavori citati in bibliografia (13,14). La soluzione da utilizzare è stata
ottenuta miscelando 2 mL di Gentamicina (40 mg/ml) con 1 mL di
bicarbonato di sodio, in modo da ottenere una soluzione con pK di
6.4 ed una concentrazione finale del farmaco di 26,7 mg/mL (13,14).
Le iniezioni di Gentamicina sono state eseguite in otomicroscopia,
con il paziente in posizione supina e la testa girata dalla parte opposta al lato da trattare. Dopo anestesia di superficie con lidocaina al
10% applicata per circa 10 minuti, l’iniezione veniva eseguita, utilizzando un ago da spinale, a livello dei quadranti inferiori della membrana timpanica. La quantità di soluzione iniettata è stata tale da
riempire la cassa del timpano. L’iniezione veniva ripetuta in caso di
reflusso del farmaco nell’orecchio esterno. Dopo l’iniezione, il
paziente era invitato a non deglutire e a mantenere la posizione con
l’orecchio patologico verso l’alto per 30 minuti, tempo presumibilmente necessario a garantire l’assorbimento del farmaco. È stato
utilizzato un protocollo frazionato, con sedute terapeutiche sufficientemente distanziate nel tempo (almeno un mese l’una dall’altra), e
guidate dalla risposta alla terapia valutata ad ogni controllo. I pazienti sono tornati a controllo dopo 3-4 settimane o appena possibile, in
caso di insorgenza di vertigine prolungata, quale possibile indicatore di deficit vestibolare acuto. Sono stati ripetuti gli accertamenti
audio-vestibolari e la terapia è stata considerata efficace in caso di
comparsa di nuovi segni, assenti prima del trattamento, indicativi di
deficit vestibolare. Anche una riduzione della risposta calorica è
stata considerata un parametro di efficacia. In questi pazienti sono
stati programmati controlli a distanza di 3, 6, 12 e 24 mesi. Nei casi
in cui la GI non aveva ottenuto l’effetto desiderato, il trattamento è
stato ripetuto fino ad un massimo di 6 volte, sempre a distanza di
circa 1 mese l’una dall’altra. Ai vari controlli i pazienti sono stati indagati sulla presenza o meno di un controllo delle crisi vertiginose che
poteva essere completo (scomparsa delle vertigini), buono (soddisfacente riduzione della gravità e frequenza delle crisi), scarso
(insoddisfacente riduzione della gravità e frequenza delle crisi) e
nullo (nessuna variazione o peggioramento della sintomatologia).
R isultati
Dei 54 pazienti inclusi nello studio, 14 erano di sesso maschile e
21 di sesso femminile; l’età minima era di 39 anni e quella massima di 77, con una età media di 56 anni.
Dati pre-trattamento
Ventinove dei 54 pazienti non mostravano alcuna alterazione della
funzione vestibolare periferica. In 2 pazienti era rilevabile un nistagmo spontaneo che in un caso batteva verso il lato patologico (irritativo) e nell’altro verso il lato sano (deficitario). In 7 pazienti era evidenziabile una positività del TRI, sempre consensuale al lato affetto. L’HST risultava positivo in 15 dei 54 pazienti. In 12 di essi il
nistagmo evocato da HST batteva verso il lato sano (nistagmo deficitario), mentre in 3 era diretto verso il lato patologico (di recupero
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
o irritativo). In 11 pazienti il test vibratorio induceva la comparsa di
nistagmo patologico, in 8 dei quali diretto verso il lato sano e in 3
verso il lato affetto. Il test calorico risultava alterato in 28 pazienti;
in 26 di essi era presente una paresi vestibolare unilaterale e in 2
una paralisi, cioè un’assenza di risposta anche con ice test.
Dati post-trattamento
Dopo il trattamento con GI, 50 dei 54 pazienti inclusi nello studio
hanno sviluppato nuovi segni clinici indicativi di comparsa o progressione del deficit vestibolare (nistagmo spontaneo, HST, Vibrazione,
TRI, deficit calorico). Quattro sono rimasti invariati dopo 6 sedute
terapeutiche. In 19 pazienti i nuovi segni sono comparsi dopo una
sola seduta terapeutica e in 20 dopo due iniezioni. Tre e quattro
sedute sono state necessarie rispettivamente in 9 e 2 pazienti.
Una volta raggiunto l’obiettivo di ottenere una riduzione della funzione vestibolare, abbiamo ottenuto un controllo completo della
sintomatologia vertiginosa in 26/50 pazienti (53%), buono in 18
(36%) e scarso in 5, di cui 2 con crisi di Tumarkin. Solo in un
paziente, nonostante la GI avesse raggiunto lo scopo di ridurre la
funzione vestibolare, il controllo dei sintomi è stato nullo.
Dai risultati della nostra casistica emerge nel complesso una sostanziale stabilità della soglia audiometrica. L’aumento medio del PTA
che abbiamo riscontrato in 20 pazienti è da considerarsi minimo e
soprattutto ben al di sotto dei 15 dBHL di solito indicati in letteratura
come limite per stabilire l’effetto cocleotossico e quindi per interrompere il trattamento. Solo in 2 pazienti il peggioramento uditivo è stato
correlabile temporalmente con l’iniezione IT (dopo 3 e 5 giorni).
Da segnalare che in 16 casi su 54 è stato rilevato un miglioramento medio del PTA dopo l’infiltrazione con Gentamicina. Questo
fenomeno, seppure non statisticamente significativo, può essere
attribuito all’azione tossica del farmaco sulle dark cells e alla conseguente riduzione del volume endolinfatico.
Dei 50 pazienti trattati favorevolmente con GI, 10 pazienti hanno
presentato una ripresa della sintomatologia vertiginosa dopo un
periodo variabile da 10 a 26 mesi (media 14 mesi) dal completamento terapeutico. Tutti e dieci sono stati sottoposti ad un nuovo
trattamento con GI e dopo 1-2 iniezioni in 8 dei 10 pazienti è stato
ottenuto un controllo completo della sintomatologia. Di questi 8
pazienti, 4 hanno presentato una ulteriore ripresa della sintomatologia vertiginosa dopo un periodo di tempo di 2-3 anni.
C onclusioni
Si conferma che il trattamento con GI costituisce un’ottima opzione terapeutica nella MM monolaterale. La terapia determina un
controllo sostanziale delle crisi vertiginose in circa il 90% dei
pazienti refrattari a terapia medica. In oltre il 70% dei casi è stato
sufficiente effettuare una o due sedute terapeutiche per ottenere
un’azione vestibolo-tossica sufficiente a controllare gli episodi vertiginosi invalidanti. I nostri dati confermano che non è necessaria
una ablazione vestibolare completa e che è preferibile distanziare
le sedute terapeutiche, sia per non incorrere nel rischio di un
sovradosaggio che per minimizzare il rischio di cocleotossicità.
Una ripresa della sintomatologia, generalmente meno invalidante,
è possibile nel 20% dei casi. Il rischio di cocleotossicità è molto
basso e la progressione dell’ipoacusia è simile a quella dei pazienti trattati con terapia medica o con neurectomia vestibolare.
B ibliografia
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Switzerland: Schwabe, 1967:26-46.
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11. Crane BT, Minor LB, Della Santina CC, Carey JP. Middle ear exploration in patients with Menière’s disease who have failed outpatient intratympanic gentamicin therapy. Otol Neurotol 2009;30:619-24.
12. Otolaryngology-Head & Neck Surgery, Division of Otology, Neurotology, and Skull Base Surgery, Johns Hopkins School of Medicine, Baltimore,
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13. Nuti D, Gufoni M, Salerni L. Le Prove Termiche. La diagnostica delle sindromi vertiginose I. Quaderni di Vestibologia. Vol 3. Cortesina G, Albera R
(Eds). Torino: Archimedica Editori, 2000.
14. Mandalà M, Nuti D, Broman AT, Zee DS. Effectiveness of careful bedside examination in assessment, diagnosis, and prognosis of vestibular neuritis. Arch Otolaryngol Head Neck Surg 2008;134:164-9.
Autore corrispondente:
Prof. Daniele Nuti, Dipartimento Patologia Umana e Oncologia, Policlinico Le Scotte - Viale Bracci - 53100 Siena - Tel: 057747995-40035; Fax: 057747940
e-mail: [email protected]
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NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
L’utilizzo dello steroide intratimpanico
nella malattia di Menière
Augusto Pietro Casani, Manuela Marchetti
U.O. di Otorinolaringoiatria Universitaria, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Pisa
A bstract
Several animal studies support positive effects of intratympanic steroids (ITPs) perfusion on inner ear functions. Few clinical studies exist of
intratympanic steroids treatment in Menière disease (MM), there are inconsistent results in controlling vertigo and few studies focused on
hearing recovery in MM. There are no studies comparing ITPs results to the natural history of MM, even less are randomized trials and long
term efficacy has not been established. Despite that there is a general acceptance of using ITPs and even if there are difficulties in conducting randomized controlled clinical trials, the “therapeutic gain” of ITPs makes of this treatment an acceptable alternative to the intratympanic gentamicin. However this latter treatment achieves better results in term of vertigo control rate.
Key words: Menière disease • Intratympanic Therapy • Steroids • Gentamicin • Therapeutic Gain • Vertigo Control • Hearing Recovery
R iassunto
Numerosi sono gli studi condotti su animali da laboratorio che dimostrano gli effetti positivi della somministrazione degli steroidi per via intratimpanica; relativamente pochi sono però quelli riguardanti l’uso clinico di questi ultimi in particolare nel trattamento della malattia di Menière
(MM) ed i relativi effetti in termini di controllo della sintomatologia vertiginosa e miglioramento della capacità uditiva. Inoltre la diversità dei
criteri di inclusione, le differenze nei protocolli utilizzati, la scarsa omogeneità, rendono i suddetti studi difficilmente comparabili. Nonostante
questo e nonostante le difficoltà nel condurre studi randomizzati e controllati, sembra essere riconosciuto agli steroidi somministrati per via
intratimpanica, un ruolo nel trattamento della MM, soprattutto come alternativa all’utilizzo della gentamicina per via intratimpanica. Una nostra
esperienza comparativa condotta su pazienti affetti da MM unilaterale resistente al trattamento farmacologico ha tuttavia confermato la maggiore efficacia della gentamicina intratimpanica nel controllo delle crisi vertiginose rispetto al desametasone somministrato per via intratimpanica; quest’ultimo presenta il vantaggio di un minor rischio di danno uditivo.
Parole chiave: Malattia di Menière • Terapia Intratimpanica • Steroidi • Gentamicina • Efficacia Terapeutica • Vertigini • Recupero Uditivo
I ntroduzione
Il trattamento medico conservativo della malattia di Menière (MM)
permette di ottenere un buon controllo della sintomatologia nel 7075% dei casi; partendo da questo presupposto possiamo pertanto
affermare che la percentuale dei soggetti ai quali viene posta un’indicazione a terapie ablative non supera il 10-15% (1). Questa considerazione appare del tutto verosimile se consideriamo che numerosi studi hanno confermato che, a distanza di 7 anni dalla presentazione iniziale della MM, almeno l’80% dei pazienti non presentava
più episodi acuti indipendentemente dall’essere stati sottoposti o
meno a trattamento medico e/o ablativo (2). Naturalmente i risultati
di un trattamento, qualunque esso sia, dipendono da vari fattori, in
particolare dai criteri d’inclusione e dalla fase della malattia durante
cui viene posta l’indicazione; così come il concetto di fallimento della
terapia dipende in primo luogo dal grado di tolleranza del paziente:
alcuni possono considerare accettabile un episodio acuto mensile di
MM, altri possono considerare questo andamento della malattia
come una condizione altamente invalidante. Per tutti questi motivi è
necessario aderire strettamente ai criteri imposti dal Committee on
Hearing and Equilibrium della AAO-HNS (1995) che, pur con le
dovute limitazioni e criticismi, rappresenta un modo efficace per rendere comparabili i risultati di un trial clinico.
Negli ultimi venti anni si è assistito ad un incremento progressivo di
studi relativi alle terapie intratimpaniche (IT): questo approccio consente a sostanze dotate di effetto farmacologicamente attivo, di accedere in modo rapido e diretto all’orecchio interno (OI), evitando le
potenziali tossicità associate alla somministrazione per via sistemica.
L ’approccio intratimpanico
con gli steroidi
Gli studi relativi all’utilizzo degli steroidi nella MM sono molto
meno numerosi rispetto a quelli che si basano sull’utilizzo della
Gentamicina e sono piuttosto eterogenei in quanto a tipo di
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Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
farmaco utilizzato, dosaggio, protocollo di trattamento, follow-up e
criteri di valutazione.
I principali effetti degli steroidi nell’OI sono riconducibili all’azione
antiinfiammatoria-immunosoppressiva e all’interferenza sull’omeostasi ionica. Gli effetti sono indubbiamente maggiori a seguito di
somministrazione IT, in virtù delle elevate concentrazioni localmente raggiunte, di gran lunga superiori rispetto a quelle ottenute
attraverso la somministrazione per via sistemica (3), in assenza
peraltro di effetti collaterali spesso presenti in quest’ultimo caso.
Nei vari studi effettuati sulla terapia steroidea IT della MM è stato
utilizzato prevalentemente il Metilprednisolone (MPS), la cui preferenza si basava sull’evidenza che in studi su animali da laboratorio la concentrazione del suddetto farmaco a livello endolinfatico era molto elevata (4); in particolare la concentrazione di MPS
nella perilinfa risultava da 425 a 1270 volte più elevata a seguito
di somministrazione intratimpanica, rispetto a quella endovenosa.
Una reinterpretazione dei risultati, alla luce di nuovi dati sperimentali, ha tuttavia evidenziato che è il Desametasone (DMZ) il
farmaco di scelta in virtù di un più rapido raggiungimento di elevate concentrazioni a livello della stria vascolare e dei tessuti circostanti, anche se il MPS permane più a lungo nell’endolinfa (4-6
ore in più rispetto al DMZ). In effetti è noto che gli steroidi agiscono a livello intracellulare a seguito di un processo (attivo o
passivo) di endocitosi. Pertanto trovare alti livelli di MPS nell’endolinfa indica un basso livello intracellulare, per cui l’efficacia del
DMZ è sicuramente maggiore (5).
Modalità di somministrazione
Per quanto riguarda la modalità di somministrazione, numerosi
sono i metodi attraverso cui gli steroidi vengono somministrati a
livello intratimpanico: dall’iniezione diretta (con un singolo foro sulla
MT o con un secondo foro di “ventilazione”), all’applicazione attraverso microcateteri posizionati in prossimità della finestra rotonda
(FR). In ogni caso sarebbe opportuno che lo steroide rimanesse
nell’OM almeno per 30 minuti dopo l’iniezione, tempo ritenuto ottimale per ottenere la migliore diffusione attraverso la FR (6).
Notevole importanza assume anche lo stadio della MM durante il
quale viene indicata la somministrazione intratimpanica del farmaco: un recente studio, condotto su un modello animale di ipoacusia su base immunologica, ha evidenziato che la risposta favorevole agli steroidi si basa sul recupero dell’alterazione dell’omeostasi ionica attraverso una normalizzazione della funzionalità della
stria vascolare (7). In effetti il DMZ incrementa l’espressione dei
canali (attivi e passivi) di Na e K (8) e delle aquaporine (9) nei tessuti a contatto con il liquido endolinfatico. Sarebbe dunque opportuno che la terapia venisse indicata nelle fasi precoci della malattia, prima dell’instaurarsi di danni permanenti alle strutture sensoriali dell’orecchio interno.
Oltre alla scelta dello steroide, la modalità di somministrazione e
lo stadio della somministrazione stessa, assume notevole importanza la specifica sede dell’orecchio medio attraverso cui avviene
la diffusione del farmaco nell’OI. La FR rappresenta il sito più
importante per l’ingresso dei farmaci nella scala timpanica dell’OI,
anche se l’instillazione di tutte le sostanze (in particolare saline ed
idrocortisone) comporta fenomeni infiammatori a livello della
30
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
membrana della finestra stessa, ad eccezione del DMZ, che sembra avere un importante effetto antinfiammatorio capace di contrastare tale fenomeno. Sebbene la FR sia dotata di uno strato di
cellule cubiche unite tra loro da giunzioni piuttosto serrate, molecole di diametro sino ad 1 microM possono comunque passare
via pinocitosi sia intracellularmente che intercellularmente (10).
Lo strato fibroso intermedio e lo strato (peraltro non continuo) di
cellule mesoteliali dal lato dell’OI non rappresentano una barriera
efficace, anche se recentemente è stata dimostrata la presenza di
ghiandole mucose intorno alla finestra ovale, associate a cellule
dell’infiammazione che potrebbero rappresentare una barriera
fisica ed immunologica per eventuali patogeni, così come altri
agenti tossici (farmaci) che verrebbero fagocitati e degradati a
questo livello. La presenza di una maggiore o minore capacità
funzionale di questa struttura, potrebbe influenzare l’ingresso di
farmaci somministrati per via IT giustificando, assieme ad altri fattori quali la presenza di tessuto fibro-adiposo nella nicchia, la
diversa efficacia del trattamento IT nei vari pazienti. In effetti il
tempo di permanenza del farmaco nella nicchia della FR è direttamente proporzionale alla dose raggiunta nella perilinfa, per cui
anche una bolla d’aria sopra la FR potrebbe impedire il passaggio dello steroide nell’OI (3,10).
Per questo motivo ed in virtù della rapida clearance del MPS
dall’OI e dalla perilinfa, per ottimizzare gli effetti del farmaco sarebbe opportuno mantenerlo a concentrazione elevata e per un periodo di tempo sufficientemente lungo nella nicchia della FR. È dunque opportuno ricorrere ad iniezioni ripetute o meglio, all’utilizzo di
un “sustained release vehicle”.
Altro elemento da considerare è la diversa distribuzione del farmaco nella perilinfa: le concentrazioni raggiunte a livello del giro
basale della coclea e del vestibolo sono molto più elevate rispetto
a quelle del giro apicale, si parla quindi di un “gradiente di concentrazione dalla base all’apice”, anche se sembra che concentrazioni sufficienti possano raggiungere anche la regione apicale
(11). Il suddetto gradiente riduce comunque gli effetti degli steroidi
sulle frequenze medio-gravi.
M odalità d’azione degli steroidi
Il riscontro di elevate concentrazioni di steroide nei liquidi dell’orecchio interno non prova tuttavia un reale impatto funzionale se il
farmaco non viene assorbito dai tessuti cocleo-vestibolari, laddove sono stati evidenziati recettori per i mineralcorticoidi (7) e laddove esercitano la loro azione terapeutica. In effetti è stato dimostrato che il DMZ somministrato per via sistemica sopprime l’espressione genica di alcune citochine proinfiammatorie, ma, se
iniettato per via IT, il numero di geni soppressi è sicuramente maggiore (12). Sono stati identificati almeno 39 geni che subiscono un
effetto di up/down regolazione a seguito dell’esposizione al DMZ,
alcuni dei quali (Fkbp5, glutationeeperossidasi 3) sembrano avere
un effetto protettivo nei confronti di alcuni processi patologici che
colpiscono l’OI (13). L’effetto antiinfiammatorio del IT-DMZ è stato
dimostrato nell’animale da esperimento in cui era stata indotta una
flogosi chimica dell’OI: le variazioni del flusso cocleare ed i danni
SECONDA SESSIONE/TRATTAMENTO IT DELLA MALATTIA DI MENIÈRE
alle strutture cellulari della stria vascolare erano molto minori laddove era stato somministrato lo steroide IT (14). Esiste pertanto
una stretta correlazione tra CBF e flogosi: l’ipossia comporta una
up-regolation dei recettori per gli steroidi inducendo in tal modo
una via antiinfiammatoria endogena e la distribuzione del DMZ
nell’OI a seguito di somministrazione IT ricalca esattamente quella dei recettori per i glucocorticoidi in tutti i tessuti dell’OI, eccetto
le cellule marginali della stria vascolare (15).
Il DMZ sembra avere un effetto diretto sul trasporto del potassio e
quindi sull’omeostasi ionica; per il mantenimento del potenziale
endolinfatico (+80 mV nella coclea e +5-10mV nelle aree vestibolari) è necessario un processo attivo che pompa K nell’endolinfa (e
Na al di fuori) partendo dalla base delle cellule ciliate attraverso la
parete laterale e le giunzioni serrate intercellulari.
La barriera emato-labirintica, formata da una serie di giunzioni serrate tra le cellule endoteliali della stria vascolare, permette di isolare il compartimento endolinfatico con il suo potenziale endococleare. Anche la parete laterale della coclea è un vero e proprio
sincizio cellulare che include le cellule di supporto dell’organo del
Corti, fibrociti del ligamento spirale, cellule basali ed intermedie del
ligamento spirale e probabilmente anche le stesse cellule endoteliali della stria vascolare. L’integrità di queste strutture è fondamentale per il sistema di riciclo del K a seguito dei processi di trasduzione delle cellule ciliate (16). La compromissione di questo
meccanismo a seguito di vari processi patologici può indurre l’espressione genica di fattori di trascrizione proinfiammatori (NF-kB,
TNF-a includente produzione di NO), che possono essere soppressi dall’azione del DMZ (17,18).
Inoltre, come già affermato, gli steroidi hanno una particolare affinità per i recettori mineralcorticoidi, pertanto il DMZ può stimolare
l’espressione genica di alcuni canali di trasporto ionico, necessari
per il corretto funzionamento della stria vascolare (7).
Un’ulteriore azione degli steroidi sul meccanismo di omeostasi dei
fluidi dell’OI potrebbe essere riconducibile all’azione sulle
Aquaporine (proteine di membrana) (AQP), ampiamente rappresentate nell’OI, ed in particolare nel sacco endolinfatico e nelle
aree circostanti gli spazi endolinfatici (19). Le AQP sono sotto il
controllo dell’ ADH e sono state chiamate in causa (specie l’AQP
4) nella patogenesi della MM (9); il DMZ IT sembra incrementare
l’ espressione dell’RNA mitocondriale per l’AQP-1 in modo dosedipendente, contribuendo così al mantenimento dell’omeostasi
idrica dei fluidi dell’OI incrementando la capacità dell’acqua di
attraversare le membrane (20).
Un altro effetto dell’IT-DMZ pare riconducibile ad un’azione vasodilatatoria, in particolare agli effetti favorevoli indotti sul flusso
ematico cocleare (CBF), già osservato nella cavia a seguito dell’applicazione diretta di DMZ sulla FR (21). L’applicazione di PG
E1 alla FR in cavie in cui era stata indotta una flogosi dell’OI,
comporta un incremento del CBF che risulta maggiore se precedentemente era stato somministrato IT-DMZ (14). Un riesame dei
vari studi sembra ipotizzare che il IT-DMZ non abbia effetti diretti
sul CBF, ma piuttosto sulla sua autoregolazione: il ripristino del
CBF a seguito di clampaggio dell’AICA per 2 ore, avviene in modo
nettamente migliore negli animali precedentemente trattati con ITDMZ (22).
Casani & Marchetti - Steroidi IT nella MM
S tudi clinici sugli steroidi IT nella MM
La letteratura riguardante l’utilizzo degli steroidi nella MM è piuttosto ristretta rispetto a quella relativa all’uso della gentamicina, ma
soprattutto è costituita da studi con campioni poco numerosi ed
estremamente eterogenei in termini di tipo di farmaco utilizzato, follow-up, dosaggio e protocollo in generale (Tabella 1).
Uno dei due soli trials prospettici in doppio cieco (livello A di evidenza), ha utilizzato il DZM 4 mg/ml per 5 gg consecutivi e al controllo dopo 2 anni la percentuale di pazienti con sostanziale controllo della vertigine è risultato dell’82% rispetto al 57% del gruppo
trattato con placebo (23).
A conclusioni diametralmente opposte giunge l’unico altro studio
prospettico in doppio cieco (3 gg di DMZ 8 mg/ml, combinato con
acido ialuronico 8 mg/ml), al controllo dopo 13 settimane, non è
stata evidenziata alcuna differenza nei 2 gruppi (24).
Altri due studi non controllati si sono basati sul confronto tra un
gruppo di pazienti trattati con DMZ IT e chirurgia del sacco endolinfatico (25) ed uno trattato con lidocaina IT (26). Nel primo caso
il DMZ veniva somministrato previa applicazione di tubo di ventilazione (5 gocce ogni 2 giorni per 3 mesi) e nel secondo venivano
utilizzate ripetute iniezioni (4-5) IT di DMZ (2 mg/ml) ad intervalli di
1-2 settimane. Entrambi gli studi hanno riportato un buon controllo della vertigine paragonabile a quello ottenuto con la lidocaina
(26) o a quello ottenuto con gentamicina e addirittura superiore
alla chirurgia del sacco endolinfatico (25).
Un altro studio retrospettivo prevedeva un gruppo di soggetti trattati con 2 iniezioni/die di 4 mg/ml di IT-DMZ seguite da una iniezione a settimana per 3 settimane: al follow-up dopo 3 mesi, il controllo della vertigine era sostanziale nel 52% dei pazienti, percentuale che scendeva tuttavia al 43% dopo 6 mesi (27) e al 24%
dopo 2 anni (28); solo con cicli ripetuti si potevano ottenere risultati migliori tanto da porre l’indicazione all’utilizzo di metodi di infusione continua (28). In effetti sembra che la percentuale di pazienti con sostanziale controllo della vertigine si riduca progressivamente all’aumentare del periodo di follow-up, tanto che lo steroide
IT può essere considerato utile solo per un temporaneo miglioramento dei sintomi.
Uno studio di Hirvonen del 2000 prevede l’utilizzo di IT-DMZ (16
mg/ml 3 volte a settimana) associato a DMZ per via sistemica: al
controllo dopo 1 anno un “sufficiente” controllo della vertigine
venne riscontrato nel 76% dei pazienti (29). Anche tutti gli altri
studi retrospettivi utilizzano metodologie diverse: Shea (30) e
Shea e Ge (31) associano il DMZ (16 mg/ml) per via IT alla somministrazione prima ev e poi per os, con risultati relativamente
favorevoli nel controllo della vertigine (96,4% a 1 anno, 76% a 2
anni) e nella riduzione dell’acufene (70%). Altri studi hanno invece
focalizzato l’attenzione sull’outcome uditivo con risultati in alcuni
casi positivi sia con MPS (32) che con DMZ (33) ed in altri negativi (34,35).
Il più recente lavoro retrospettivo, ha utilizzato il MPS in un gruppo di 29 pazienti che, dopo 24 mesi, si presentavano liberi da vertigine nel 81% con un miglioramento soggettivo dell’acufene nel
70%, ed in assenza di deterioramento uditivo (36). In un altro
recente studio retrospettivo i pazienti sono stati trattati con IT-DMZ
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
31
Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
STUDIO
DISEGNO
FARMACO
PROTOCOLLO
FOLLOW-UP
OUTCOME
VERTIGINE
HL(%)
Garduno Araya 2005 (23)
Prospettico DMZ 4 mg/ml
controllato
con placebo
1 IT x 5 gg
2 anni
AAO-HNS 1995
82% completo
o sostanziale
vs 57% placebo
48 vs 20
Silverstein et al 1998 (24)
Prospettico DMZ 8 mg/ml
controllato
con placebo
3 IT x 3 gg
>13 sett
AAO-HNS 1995
Nessuna
differenza tra
placebo e DMZ
n.a.
Sennaroglu et al 2001 (25)
Prospettico
Case series
DMZ 1 mg/ml
5 gtt/ogni 2 gg
x 3 mesi via VT
18 mesi
AAO-HNS 1995
72% DMZ,
75% gentamicina
52 ESD
50% vs
21% e 20%
Itoh e Sakata 1991 (26)
Prospettico
DMZ 2 mg/ml
4-5 IT ogni
1-2 sett
n.a.
AAO-HNS 1995
80%
81% lidocaina
Acufene 70%
2 IT/gg poi
1/sett x 3 sett
3,6,12 mesi
AAO-HNS 1995
52% a 3 mesi
43% a 6 mesi
n.a.
n.a.
Barrs 2001 (27)
Retrospettivo DMZ 4 mg/ml
Barrs 2004 (28)
Case series
DMZ 10m mg/ml 2 IT + 1 sett
2 anni
x 3 sett (Tot 5 IT)
Completo
controllo
della vertigine
24%
47% con più cicli
Hirvonen et al 2000 (29)
Case series
DMZ 16 mg/ml
3 IT/sett
2 anni
n.a.
76% sufficiente
controllo
Shea 1997 (30)
Shea e Ge 1996 (31)
Case series
DMZ 16 mg/ml
1 IT + Steroide
ev e poi per os
2 anni
AAO-HNS 1995
96% a 1 anno
76% a 2 anni
68% a 1 anno
35% a 2 anni
—————
1 anno
AAO-HNS 1995
81%
Acufene 70%
No HL
Su richiesta
2 anni
“Sopravvivenza” 91% no terapia
ablativa
70% controllo
Herriaz et al 2010 (36)
Retrospettivo MPS
No controllo
Boleas Aguirre et al 2007 (37) Retrospettivo DMZ 16 mg/ml
No controllo
Nessuna
risposta
n.a.
TABELLA 1 – Caratteristiche dei principali studi clinici sul trattamento della malattia di Ménière con steroidi intratimpanici.
12 mg/ml con un follow-up di 2 anni analizzando i risultati con la
curva di “sopravvivenza” tipo Kaplan-Meier attraverso la quale si è
potuto osservare che dopo 2 anni il 91% dei pazienti non era passato a trattamenti ablativi o chirurgici, in virtù di un sostanziale
controllo della vertigine. Nel 37% dei casi fu sufficiente una singola iniezione, 2 nel 20%, 3 nel 14% e 4 nell’8%. Nel 21% furono
necessarie più di 4 iniezioni. Dei pazienti “sopravvissuti” dopo 2
anni la percentuale di remissione della malattia tale da non necessitare di ulteriori trattamenti con IT-DMZ, risultò del 70%. La somministrazione del farmaco può essere considerata “al bisogno”,
tutto sommato in modo simile al metodo “titration” utilizzato per
analoghi trattamenti IT con gentamicina (37).
C onclusioni
La nostra esperienza si basa su uno studio prospettico effettuato
su 60 soggetti affetti da MM, trattati in maniera diversa: 32 con 12 iniezioni IT di gentamicina e 28 trattati con 3 iniezioni IT di DMZ
(4 mg/ml) ogni 3 giorni, entrambi i gruppi osservati per un periodo
di 2 anni. Abbiamo valutato i risultati ottenuti in termini di controllo
della sintomatologia vertiginosa e recupero uditivo (PTA): in particolare per quanto riguarda il controllo delle crisi vertiginose, è
stato preso in considerazione il rapporto tra il numero degli episo-
32
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
di al mese nei primi 12 mesi dopo la terapia ed il numero degli episodi mensili nei 6 mesi prima della terapia (vertigo score).
Con un follow-up a 2 anni nei pazienti trattati con Gentamicina IT,
l’81% dei soggetti era in classe A secondo il vertigo score, ovvero
aveva ottenuto un controllo completo della sintomatologia vertiginosa ed il 12,5% in classe B, con un controllo sostanziale. Per
quanto riguarda invece i pazienti trattati con DMZ IT, solo il 43%
era in classe A ed il 18% in classe B.
Migliori i risultati ottenuti in termini di miglioramento uditivo per i
soggetti trattati con DMZ, in 16 di essi era stato infatti registrato un
miglioramento uditivo (PTA) superiore a 10 dB, a differenza di
coloro trattati con gentamicina, in 4 dei quali si era verificato un
peggioramento del PTA superiore a 10 dB.
In conclusione l’utilizzo dello steroide nella MM, che peraltro presenta una buona compliance da parte del paziente, può essere
considerato il trattamento di scelta in coloro che rifiutano terapie
ablative, nei pazienti affetti da MM bilaterale o con fluttuazioni uditive ampie, nelle forme con sospetta patogenesi autoimmune.
A svantaggio del suddetto trattamento va comunque uno scarso
controllo della vertigine, con percentuali simili a quelle ottenute con
placebo, la necessità di ripetere il trattamento ad ogni recidiva e la
mancata standardizzazione in termini di farmaci e dosaggi utilizzati, protocollo terapeutico e follow-up, che rendono la letteratura a
riguardo scarsa, disomogenea e difficilmente confrontabile.
SECONDA SESSIONE/TRATTAMENTO IT DELLA MALATTIA DI MENIÈRE
Casani & Marchetti - Steroidi IT nella MM
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Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
33
Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
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Autore corrispondente:
Prof. Augusto Pietro Casani, Dipartimento di Neuroscienze, Sezione ORL presso Ospedale Nuovo Santa Chiara - Via Paradisa, 2 - 56124
Cisanello-Pisa - Tel./Fax: 050997496
e-mail: [email protected]
34
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
NUMERO SPECIALE/UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
Indicazioni chirurgiche nella malattia di Menière
Aspetti clinici ed epidemiologici dei diversi approcci terapeutici
Roberto Albera1, Alessandro Ducati2, Azia M. Sammartano3
Professore Ordinario in Otorinolaringoiatria - Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino,
Università degli Studi di Torino
2 Professore Ordinario in Neurochirurgia - Dipartimento di Neuroscienze , Facoltà di Medicina e Chirurgia di Torino, Università
degli Studi di Torino
3 Medico Chirurgo, Specializzanda in Audiologia e Foniatria - Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Università degli Studi di Milano
1
A bstract
The relief from recurrent vertigo attacks due to endolymphatic hydrops can be achieved by means of medical therapy (MT) that seems to
be the primary therapy in definite MD. In cases in which MT fail, surgery may offer relief to vertigo. The most applied surgical procedures
are intratympanic gentamicin (ITG) and vestibular neurectomy (VN) and these techniques are based on vestibular deafferentation. In this
retrospective study we evaluated the frequency of the surgical approach in a population of 177 patients affected by definite MD. In the 75%
of cases the only therapeutic approach was MT, while in 20% of cases we carried out ITG and in 5% VN. In 33% of VN group this operation was carried out after ITG failure and in 67% as the first surgical approach. This group was characterized by younger age and higher
disability degree.
Key words: Menière’s Disease • Endolymphatic Hydrops • Intratympanic Gentamicin • Vestibular Neurectomy
R iassunto
La risoluzione degli episodi ricorrenti di vertigine causati da idrope endolinfatico può essere raggiunta mediante la terapia medica (MT), che
costituisce il primo approccio terapeutico nella malattia di Menière (MM). La seconda scelta, nei casi refrattari, è rappresenta dall’ablazione
vestibolare chirurgica o tramite iniezioni di gentamicina intratimpanica (ITG) o neurectomia vestibolare (VN). In uno studio retrospettivo abbiamo valutato la frequenza dei diversi approcci chirurgici in una popolazione di 177 pazienti affetti da MM definita. Nel 75% dei casi è stata
sufficiente la MT per controllare i sintomi, mentre nel 20% dei casi è stato necessario eseguire ITG e nel 5% VN. Il 33% dei pazienti sottoposti a VN aveva prima eseguito ITG mentre nel 67% la VN è stata il primo approccio chirurgico, definendo così un gruppo di pazienti giovani e con un elevato grado di disabilità causato dalla malattia.
Parole chiave: Malattia di Menière • Idrope Endolinfatico • Gentamicina Intratimpanica • Neurectomia Vestibolare
I ntroduzione
La malattia di Menière (MM) a oggi è considerata un disturbo idiopatico dell’orecchio interno correlato all’instaurarsi di un idrope
endolinfatico che è causa di vertigini ricorrenti e ipoacusia neurosensoriale fluttuante (1,2,3,4). È una patologia che tende a degradare sia la qualità di vita del paziente sia le performance lavorative dello stesso. Nella maggior parte dei pazienti la risoluzione
dagli episodi di vertigine può essere raggiunta mediante la terapia
medica (MT) o, nei casi refrattari alla terapia medica, si può ricorrere al trattamento chirurgico mediante gentamicina intratimpanica
(ITG) o neurectomia vestibolare (VN) (5,6,7).
La reale incidenza dei diversi approcci terapeutici nella MM (medico o chirurgico, e anche ITG o VN) non è mai stata valutata in let-
teratura su un’ampia scala di pazienti. Questo studio retrospettivo
si propone di valutare la frequenza degli approcci chirurgici in una
popolazione di pazienti affetti da MM, mediante un’analisi delle
caratteristiche cliniche dei soggetti che sono stati sottoposti a differenti trattamenti terapeutici.
M ateriali e metodi
Lo studio retrospettivo comprende 177 pazienti affetti da MM definita in accordo con le linee guida sull’udito e l’equilibrio del 1995
della American Academy of Otolaryngology and Head and Neck
Surgery (AAO-HNS) Committee (4). Sono stati esclusi dallo studio
tutti i soggetti sottoposti a chirurgia presso altri centri.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
35
Numero Speciale UPDATE SULLA TERAPIA INTRATIMPANICA NELLE MALATTIE DELL’ORECCHIO INTERNO
L’età media dei pazienti era 55 anni (SD 14), la durata
media della malattia era 74 mesi (SD 77) e l’età media
all’inizio della patologia era 49 anni (SD 16). L’orecchio
affetto era il destro in 79 casi (44%), il sinistro in 82 casi
(46%); in 16 casi la patologia era bilaterale (10%). Il
campione era suddiviso in 83 maschi (47%) e 94 femmine (53%). Il livello di disabilità funzionale dei pazienti
prima del trattamento medio o chirurgico è stato valutato
mediante una scala numerata da 1 (lieve) a 6 (grave) in
accordo con i criteri enunciati nel 1995 dalla AAO–HNS
(4). Il campione in esame include 53 pazienti che riportavano un grado 1 di disabilità (30%), 55 pazienti con
Legenda: Gruppo A: pazienti sottoposti solo a MT. Gruppo B: pazienti trattati con ITG dopo
grado 2 (31%) , 51 con grado 3 (29%) e 18 pazienti con
il fallimento della MT. Gruppo C: pazienti sottoposti a VN per via retrosigmoidea dopo il falgrado 4 (10%).
limento della MT o della ITG.
La valutazione clinico-strumentale effettuata nello studio
comprendeva un esame audiometrico tonale (PTA) alla Figura 1. Livello di disabilità valutato con la scala AAO-HNS e posto in relazione con
i tre gruppi di pazienti inclusi nello studio.
prima visita e ad ogni controllo seguente, in accordo con
i criteri dalla AAO–HNS del 1995 (4). La prova vestibolaNeurectomia vestibolare (10-16)
re termica calda e fredda è stata effettuata solo nei pazienti passiVN è sempre stata eseguita per via retro sigmoidea e tutti gli interbili di un trattamento chirurgico al fine di valutare i risultati dell’aventi sono stati eseguiti da un neurochirurgo e un otochirurgo.
blazione vestibolare. La RM dell’encefalo è sempre stata eseguita
L’accesso retrosigmoideo permette una migliore esposizione dell’
prima di sottoporre il paziente a ITG o VN al fine escludere quaottavo nervo cranico a livello dell’angolo pontocerebellare con realunque patologia della fossa cranica posteriore.
zioni cerebellari minime o nulle. Il nervo vestibolare viene isolato e
Trattamento Medico
successivamente sezionato per circa 1 cm (neurectomia).
Tutti i pazienti dello studio sono stati sottoposti a dieta iposodica e
L’incidenza dei diversi trattamenti (17), le caratteristiche cliniche
trattamento medico con diuretici. Al momento della diagnosi si
dei pazienti inclusi nello studio e il loro rispettivo grado di disabilità
sono presentati ai pazienti tutti i tipi di trattamenti descrivendo i
sono mostrati nella figura 1. Le analisi statistiche sono state conrischi e i risultati e suggerendo ai pazienti di iniziare sempre con
dotte utilizzando il programma di studio SPSS. La distribuzione dei
una terapia medica, se non ancora effettuata.
dati è risultata normale e i test utilizzati sono stati il chi-quadro e
I controlli sono stati eseguiti a 3 e 6 mesi dall’inizio della terapia
ANOVA. La significatività dello studio è pari a 0.05.
oppure in caso di persistenza/ricomparsa della sintomatologia
vertiginosa. Il follow-up in cui ogni paziente è stato rivalutato è
compreso tra i 12 e i 60 mesi. In caso di fallimento della MT, valuR isultati
tato dai pazienti in base alla frequenze, all’intensità e a grado di
sopportabilità delle crisi vertiginose, sono stati proposti trattaTra i 177 pazienti MM inclusi nello studio, 132 (75%) sono stati sotmenti chirurgici. Tra l’indicazione chirurgica e l’esecuzione deltoposti a MT solo perché avevano un soddisfacente sollievo dalle
l’intervento l’attesa è stata di 1 settimana per la ITG e di 1 mese
vertigini o rifiutavano una ablazione vestibolare. 45 pazienti (25%)
per la VN.
sono stati sottoposti a intervento chirurgico, per insuccesso di MT,
da 3 a 60 mesi dopo il primo controllo. 36 pazienti (25%) sono stati
Somministrazione dell’ITG (8)
sottoposti soltanto a ITG e 9 (5%) a VN. Tre dei 9 pazienti trattati
La Gentamicina (40 mg/ml tamponati con bicarbonato di sodio) è
con VN (33%) erano stati precedentemente sottoposti a ITG senza
iniettata, dopo aver praticato un’anestesia locale, molto lentaalcun risultato mentre i rimanenti 6 (67%) scelsero di essere tratmente nell’orecchio medio mediante un ago sottile inserito nella
tati con VN come primo approccio chirurgico.
porzione postero-superiore della membrana timpanica in corriLa tabella 1 mostra le caratteristiche cliniche dei tre gruppi di pazienspondenza della regione delle finestre ovale e rotonda.
ti. Nella tabella 2 sono descritte le caratteristiche dei pazienti affetti
L’ ITG viene praticata settimanalmente al fine di minimizzare i
da IDEH (idrope endolinfatico ritardato ipsilaterale) e CDEH (idrope
rischi di danno uditivo (9). La somministrazione di gentamicina
endolinfatico ritardato controlaterale) considerati nello studio.
continua fino a quando non compare una soggettiva instabilità
solitamente leggera e che dal punto di vista sintomatologico
sembra determinata da una sofferenza vestibolare, correlabile a
D iscussione
un effetto positivo sul controllo degli episodi vertiginosi. Il numeFino ad ora la frequenza reale di indicazione chirurgica in pazienro di infiltrazioni è solitamente compreso tra 1 e 6; dopo la sesta
ti MM non è stata valutata in modo preciso poiché la letteratura
seduta la terapia viene terminata per la sua supposta inefficacia
sulla chirurgia in MM si riferiva principalmente ad aspetti tecnici. Al
terapeutica.
36
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
SECONDA SESSIONE/TRATTAMENTO IT DELLA MALATTIA DI MENIÈRE
Albera et al. - Terapia ablativa nella MM
PAZIENTI (N)
ETÀ (ANNI)
LATO
SESSO
DURATA MALATTIA
(MESI)
DISABILITÀ
(LIVELLO MEDIO)
PTA
132 (75%)
54,7 (±15)
D = 62 (47%)
M = 63 (52%)
72 (±73)
1,93 (±1)
45,7 (±23,4)
S = 57 (43%)
F = 69 (48%)
98 (±93)
2,81 (±0,82)
49,7 (±24,4)
112 (±100)
3,56 (±0,53)
54,7 (±29,8)
>0,05
<0,001
>0,05
Bil = 13 (10%)
36 (20%)
60,4 (±13.1)
D = 15 (42%)
M = 14 (39%)
S = 19 (53%)
F = 22 (61%)
Bil = 2 (5%)
9 (5%)
47 (± 7.2)
D = 3 (33%)
M = 6 (67%)
S = 5 (55%)
F = 3 (33%)
Bil = 1 (12%)
<0,05
>0,05
>0,05
Legenda: MT, terapia medica; ITG, gentamicina intratimpanica; VN, neurectomia vestibolare retrosigmoidea; PTA, pure-tone audiometry threshold.
TABELLA 1 – Età, durata della malattia, livello medio di disabilità (secondo la scala di valutazione AAO-HNS) e differenza di PTA tra i diversi gruppi
sono stati studiati con il test di ANOVA; il lato ed il sesso sono stati studiati con il test Chi-quadro.
MT
ITG
VN
IDEH
7 (64%)
3 (27%)
1 (9%)
CDEH
7 (100%)
0
0
Legenda: IDEH, idrope endolinfatico ritardato ipsilaterale; CDEH, idrope endolinfatico ritardato controlaterale; MT, terapia medica; ITG, gentamicina intratimpanica; VN, neurectomia vestibolare retrosigmoidea.
TABELLA 2 – Approcci terapeutici in pazienti affetti da idrope endolinfatico ritardato ipsilaterale (IDEH) e da idrope endolinfatico ritardato
controlaterale (CDEH).
fine di definire la frequenza reale di indicazione chirurgica in MM,
abbiamo studiato una grande serie di pazienti affetti da MM definita e per evitare il rischio di sopravvalutare la percentuale di pazienti trattati chirurgicamente abbiamo escluso dallo studio i pazienti
provenienti da altri centri. L’intervento chirurgico non è stato effettuato in tutti i casi di insuccesso MT, ma soltanto in base alla richiesta del paziente, perciò i nostri dati non indicano che il tasso di
insuccesso MT in MM è 25%, ma semplicemente che il 75% dei
pazienti non prendeva in considerazione l’opzione chirurgica
oppure pensava che i risultati MT fossero sufficienti a ottenere una
buona qualità di vita. Prendendo in considerazione il campione
completo il 20% dei casi si era sottoposto a ITG e il 5% a VN.
Dopo l’indicazione all’intervento chirurgico abbiamo tuttavia aspettato una settimana per quanto riguarda ITG (18) e 1 mese per VN
poiché è stato dimostrato che la semplice indicazione all’intervento chirurgico poteva ridurre il numero di crisi (19). VN è stata scelta come prima terapia ablativa da 6 pazienti (67%del gruppo VN)
mentre 3 pazienti erano stati precedentemente trattati mediante
ITG. Ciò significa che spesso i pazienti MM dopo un insuccesso
MT preferiscono essere sottoposti a una terapia con un minore
rischio di insuccesso.
Perciò non possiamo concludere che nel nostro campione il tasso
di insuccesso di ITG fosse del 20%, ma che il 20% dei pazienti
sottoposto a intervento chirurgico preferiva, prima o dopo ITG,
essere sottoposto ad una ablazione vestibolare più radicale. Le
caratteristiche cliniche dei pazienti sono mostrate nella Tabella 1.
La soglia dell’udito non è molto diversa nei tre gruppi, perciò i dati
audiometrici all’orecchio malato non possono essere considerati,
secondo noi, un parametro rilevante nella decisione terapeutica
(20). Tenendo in considerazione il tipo di malattia non abbiamo
trattato chirurgicamente CDEH poiché in questi soggetti la patologia influisce sull’orecchio migliore ed è necessario evitare il
rischio di un peggioramento dell’udito dovuto a intervento chirurgico; inoltre CDEH è molto sensibile allo steroide (21,22).
Nei casi chirurgici di IDEH, in cui abbiamo operato sullo stesso
orecchio affetto da perdita neurosensoriale dell’udito, abbiamo
preferito VN alla labirintectomia al fine di preservare l’udito residuo all’orecchio malato.
C onclusioni
La terapia primaria in MM definita sembra essere di tipo medico,
mentre la terapia ablativa rappresenta la seconda scelta (25% dei
casi). Tra le due tecniche ablative considerate in questo studio,
ITG è stata attuata nell’80% dei casi, mentre VN nel 20% (7%
dopo ITG e 13% come prima scelta terapeutica).
B ibliografia
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Autore corrispondente:
Dott.ssa Azia M. Sammartano, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Università degli Studi di Milano
e-mail: [email protected]
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Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
REPORT DALLA BIBLIOGRAFIA PIÙ RECENTE
Focus on
EFFETTO DOMINO NELLA VERTIGINE POSIZIONALE BENIGNA
• Danno vestibolare da ischemia-riperfusione e da stress ossidativo indotto:
possibile ruolo nell’insorgenza di Vertigine Posizionale Parossistica Benigna
Report tratto da:
• The possible contribution of angiitis to the onset of benign paroxysmal positional vertigo (BPPV)
Fumiyuki Goto, Ken Hayashi, Takanobu Kunihiro, Kaoru Ogawa
International Tinnitus Journal 2010;16:25-28.
Le funzioni neurosensoriali assolte dal sistema cocleo-vestibolare in quanto organo dell’udito e dell’equilibrio assorbono una grande quantità di energia prodotta da attività metabolica aerobica e sono per questo motivo particolarmente vulnerabili al danno ischemico indotto
dalla riduzione di perfusione sanguigna cocleare e di afflusso di ossigeno.
Lo studio clinico osservazionale condotto da Goto et al. ha verificato con successo, nel microcircolo labirintico, l’ipotesi che l’attivazione
endoteliale secondaria a ischemia e riperfusione sia causa dello stress ossidativo che danneggia l’organo vestibolare, determinando il
distacco di otoliti dalla macula. Si tratta dunque di un interessante contributo alla conoscenza dei processi fisiopatologici nella eziologia
della Vertigine Parossistica Posizionale Benigna (VPPB).
OTOLITI: CRISTALLI
DI
EQUILIBRIO
NEL
SISTEMA VESTIBOLARE
SACCULO E UTRICULO sono
detti organi otolitici per la
presenza, nella cupola che
ricopre l'apparato ciliare dell'epitelio sensoriale, degli
otoliti (dal greco oto-, orecchio e lithos, pietra) minuscole concrezioni di carbonato di calcio (3-30 micron
di diametro), la cui funzione
consiste nel modificare la
densità della cupola rispetto
all'endolinfa, per reagire
inerzialmente alle accelerazioni lineari che gli organi
otolitici trasducono. I canali
semicircolari recepiscono
invece le accelerazioni angolari, grazie alla forza inerziale
che l'endolinfa esercita sulla
cupola nelle ampolle.
Dalle macule, dove si trovano i recettori sensoriali sensibili alle accelerazioni lineari, e quindi in particolare alla forza di gravità, originano le informazioni relative alla posizione della testa nello spazio. Lo spostamento degli otoliti, trasmettendosi alla membrana otolitica in cui è immerso l’apparato ciliare delle cellule sensoriali delle macule, determina stiramenti e compressioni sulle ciglia che stimolano le cellule stesse e quindi le terminazioni dei rami
del nervo vestibolare alla loro base.
A. Rappresentazione schematica dell’apparato vestibolare. B. Scansione al microscopio elettronico (SEM) di cristalli di carbonato di calcio sulla superficie di un organo otolitico, inglobati nella matrice gelatinosa della membrana otolitica che ricopre le macule dell’utricolo e del sacculo, nel labirinto
membranoso dell’orecchio interno.
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FOCUS ON EFFETTO DOMINO NELLA VERTIGINE POSIZIONALE BENIGNA Report dalla bibliografia più recente
• Lo studio di Goto et al. riassume i meccanismi di generazione del danno cocleare da flogosi vascolare secondaria a ischemia-riperfusione che potrebbe provocare il distacco degli otoliti dalla membrana otoconiale maculare.
• Gli Autori hanno osservato che il tempo necessario alla risoluzione delle crisi vertiginose, nei pazienti che eseguivano tutti a domicilio l’esercizio di Brandt-Daroff, era direttamente proporzionale all’entità del danno e al maggior livello dei valori plasmatici di
VCAM-1 (molecole di adesione delle cellule vascolari) e di d-ROM (metaboliti reattivi dell’ossigeno misurati mediante test Diacron)
riscontrato nei campioni di sangue periferico dei pazienti con VPPB.
• Gli Autori suggeriscono che elevati valori plasmatici di VCAM-1 e di d-ROM potrebbero essere considerati parametri affidabili per
confermare la diagnosi di VPPB e, aspetto non meno importante, costituirebbero potenziali bersagli terapeutici per una gestione
medica efficace di questa comune lesione labirintica, da trattare con schemi ad hoc di terapia causale.
V PPB: l’ipotesi della flogosi vascolare da ischemia-riperfusione all’origine
del danno vestibolare
L’origine periferica della vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) - più precisamente, dai recettori del canale semicircolare posteriore (CSP) e più raramente del laterale (CSL) - è universalmente accettata, sebbene in letteratura circa il 50% dei casi siano classificabili
come forme idiopatiche, in assenza di un rapporto di causa-effetto certo di lesione vestibolare per otoconia, al di là di un evento traumatico cranio-cervicale che abbia provocato il distacco diretto degli otoliti (o otoconi) dalla membrana otoconiale o la loro degenerazione,
alterando il metabolismo endolinfatico.
Nei rimanenti casi l’insorgenza della VPPB può essere associata con altri eventi flogistici a carico del labirinto, come una neurolabirintite
virale o una perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale per disturbi della microcircolazione da causa vascolare, oppure interventi di chirurgia otologica.
In un recente studio clinico prospettico, Goto et al. hanno valutato il possibile contributo all’insorgenza di VPPB attribuibile ad una cascata di eventi flogistici a carico dell’endotelio vascolare, in grado di compromettere l’integrità strutturale e funzionale del sistema vestibolare, inquadrandoli nel modello patogenetico del danno da ischemia-riperfusione e correlato
stress ossidativo.
• L’ipotesi patogenetica avanzata da Goto et al., che attribuiscono un ruolo nell’insorgenza di VPPB al danno ototossico da ipossia/riossigenazione dopo ischemia dell’orecchio interno (vedi “Danno da ischemia-riperfusione”), si inserisce in un filone di ricerca sempre più consistente sugli effetti potenzialmente lesivi per le funzioni vestibolari dello stress ossidativo, per la presenza di
una quantità eccessiva di specie reattive dell’ossigeno (ROS).
• Lo stress ossidativo innesca un complesso meccanismo di danno con la perossidazione dei lipidi di membrana, la denaturazione delle proteine cellulari, il danno del DNA e l’apoptosi cellulare in numerose condizioni patologiche.
• In letteratura è ben documentato il ruolo patogenetico dei ROS nel danno cocleare osservato in alcune forme di ipoacusia
improvvisa neurosensoriale o di idrope endolinfatico e, in generale, di condizioni di ototossicità determinate da trauma acustico o da farmaci.
L’ischemia dell’organo vestibolare seguita da riperfusione può provocare il distacco degli otoliti dalla macula (Figura 1).
Per dimostrare questa ipotesi, gli Autori hanno ricercato, nei campioni di sangue periferico prelevati dai pazienti con VPPB i valori plasmatici di VCAM-1 (molecole di adesione dei leucociti vascolari) e i livelli di d-ROM (metaboliti reattivi dell’ossigeno misurati mediante
test Diacron), assumendo i due parametri rispettivamente come marker flogistico (il valore VCAM-1) e ossidativo (il livello d-ROM
espresso in Unità Carratelli-U.Carr.).
La possibilità di collegare, nei pazienti con VPPB, intensità e reiterazione delle crisi vertiginose al riscontro di persistenti valori elevati
di VCAM-1 e d-ROM, confermando l’esistenza di una flogosi vascolare e di una conseguente condizione di ototossicità, rappresenta
secondo Goto et al. una importante risorsa per la gestione clinica di questi pazienti.
Dal punto di vista diagnostico, l’anamnesi e la storia clinica del paziente, unita al riscontro di elevati livelli di metaboliti reattivi può
fornire ulteriori importanti informazioni sull’eziologia di una BPPV che sia stata sospettata, in base alla raccolta anamnestica di sintomi
e storia clinica, e confermata dalla comparsa del tipico nistagmo parossistico, ottenuta mediante manovre scatenanti (manovra di DixHallpike, manovra di Pagnini-McClure, orto-supinazione rapida) specifiche per l’analisi dei vari canali.
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Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
Ruolo del danno vestibolare da ischemia-riperfusione e da stress ossidativo indotto
Figura 1. Ipotesi patogenetica avanzata da Goto et al. sull’origine della VPPB per distacco di otoliti provocato da danno ischemico e successiva
riperfusione dell'orecchio interno.
Inoltre, la caratterizzazione di valori elevati dei parametri VCAM-1 e d-ROM come marker di VPPB apre la via a possibili trattamenti farmacologici mirati, per la correzione dello stress ossidativo e per la riattivazione funzionale dell’endotelio vasale danneggiato dalla condizione flogistica (angioite).
Dal punto di vista terapeutico, i pazienti con VPPB in fase acuta sono attualmente sottoposti a terapia esclusivamente di tipo fisico,
mediante le cosiddette “manovre liberatorie” - come la manovra di Sémont, peraltro indicata solo nelle forme di cupololitiasi del canale
semicircolare posteriore - da eseguirsi in ambiente sanitario da un medico o da un terapista, allo scopo di espellere l’ammasso di otoliti
dal canale utilizzando pochi movimenti specifici, che sfruttano l’accelerazione e la forza di gravità. Infatti, le terapie farmacologiche con
antivertiginosi e con presidi atti all’inibizione della nausea e/o del vomito possono essere usati come coadiuvanti, allo scopo di diminuire
i sintomi di accompagnamento della vertigine specie durante la fisioterapia, ma non vengono considerati specifici.
L’individuazione del danno da ipossia-riperfusione dopo ischemia come possibile meccanismo patogenetico sottostante l’insorgenza di VPPB rappresenta dunque un potenziale target per la terapia causale di angioite nella prevenzione delle recidive.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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FOCUS ON EFFETTO DOMINO NELLA VERTIGINE POSIZIONALE BENIGNA Report dalla bibliografia più recente
DANNO DA ISCHEMIA-RIPERFUSIONE
È noto come un danno ischemico esiti in un danno tessutale a carattere necrotizzante. Negli ultimi decenni si è focalizzata l’attenzione
sull’importanza del processo di apoptosi quale componente significativa di perdita cellulare dovuta a danno da riperfusione susseguente
a evento ischemico.
L’assenza di ossigeno e nutrienti crea una condizione in cui il ripristino della circolazione ha come risultato l’infiammazione e lo stress
ossidativo con conseguente danno ai tessuti coinvolti, invece della ripresa della normale funzionalità. I leucociti introdotti nell’area postischemica dal flusso ematico ripristinato liberano numerosi fattori infiammatori quali interleuchine, così come specie reattive in risposta al
danno tessutale.
Il ripristino del flusso ematico reintroduce ossigeno ed elementi cellulari tali da danneggiare le proteine cellulari, il DNA e la membrana
plasmatica delle cellule del tessuto vascolarizzato; inoltre l’aggressione a carico delle membrane cellulari può condurre al rilascio di ulteriori radicali. Altre specie reattive possono inoltre agire indirettamente come segnali ossido-riduttivi coinvolti nei processi di tipo apoptotico. Inoltre i leucociti possono accumularsi nei piccoli vasi, occluderli e perpetuare un danno di tipo puramente ischemico.
Lo stress ossidativo indotto prevalentemente da variazioni della tensione intracellulare di ossigeno è tipico delle lesioni da ischemia-riperfusione che si osservano nelle patologie cardiovascolari. Si ritiene che in questi casi entri in gioco l’attivazione della xantina ossidasi con
produzione di perossido di idrogeno e anione superossido.
Diversi meccanismi sono coinvolti in questo fenomeno:
• Perdita dell’omeostasi ionica: durante la fase di ischemia, a causa della deplezione di ATP, si ha una progressiva riduzione della funzionalità della pompa Na+/K+ ATPasi. In conseguenza di questo evento si ha un accumulo intracellulare di sodio che porta al rigonfiamento osmotico della cellula. Per limitare questo fenomeno, il sodio intracellulare viene scambiato con il calcio extracellulare, microsomiale e mitocondriale attraverso gli scambiatori Na2+/Ca2+. In conseguenza di ciò viene limitato l’accumulo di osmoliti inorganici nel citosol, mentre si realizza un netto incremento del calcio citosolico.
• Attivazione dell’enzima xantina ossidasi: l’accumulo di calcio citosolico porta all’attivazione di numerosi enzimi calcio-dipendenti
(fosfolipasi, proteasi, endonucleasi). Tra gli enzimi attivati vi è la calpaina, una proteasi, che taglia irreversibilmente l’enzima xantinadeidrogenasi trasformandolo nell’isoforma xantina-ossidasi. Quest’ultimo enzima ossida la xantina (prodotta dalla degradazione dell’adenosina a sua volta derivante dal catabolismo dell’ATP) ad acido urico usando come substrato l’ossigeno e producendo nel corso della
reazione anione superossido, importante fonte di radicali liberi dell’ossigeno.
• Produzione di nitroperossido: il monossido d’azoto prodotto dalle cellule endoteliali in risposta all’ischemia si combina con l’anione
superossido formando il radicale nitroperossido. Quest’ultimo, oltre ad essere un potente ossidante, può attivare direttamente l’enzima
nucleare PARP-1, il quale determina la polimerizzazione dei resiui di NAD+, riducendo ulteriormente le possibili fonti energetiche cellulari. PARP-1 è inoltre in grado di promuovere la fuoriuscita dai mitocondri di elementi pro-apoptotici (AIF).
• Disfunzioni mitocondriali: danni alla membrana mitocondriale (causati dalle fosfolipasi), sommati agli squilibri della concentrazione
del calcio determinano disfunzioni alla catena di trasporto degli elettroni, con aumentata instabilità mitocondriale. Come risultato viene
aumentata la produzione di ROS mentre si riduce la sintesi di ATP e viene favorita la creazione dei pori di transizione di permeabilità
mitocondriale, con l’innesco della via intrinseca dell’apoptosi.
• Richiamo di cellule infiammatorie: il danno ischemico porta all’attivazione delle cellule endoteliali che reclutano in loco cellule infiammatorie circolanti come i neutrofili e i monociti. Le cellule infiammatorie attivate a loro volta rilasciano grandi quantità di enzimi litici e
possono essere esse stesse fonte di ROS a causa dell’assemblaggio del complesso della NADPH-ossidasi (Figura 2).
• Eccitotossicità: nel caso l’ischemia riguardi il tessuto nervoso, si può verificare un ulteriore fenomeno. Il glutammato rilasciato dai neuroni morenti può andare ad attivare i recettori NMDA del glutammato nei neuroni circostanti, incrementando ulteriormente in questi ultimi l’afflusso di calcio e potenziando così i meccanismi lesivi sopra descritti.
STRESS OSSIDATIVO INDOTTO DA ISCHEMIA E RIPERFUSIONE
• È opinione ormai generalmente condivisa che lo stress ossidativo sia un fattore di rischio indipendente, che può
influenzare negativamente nella maggior parte delle condizioni patologiche.
• Normalmente la presenza dei ROS è controllata dai meccanismi intercellulari del cosiddetto “bilancio redox”, attraverso enzimi endogeni antiossidanti come la superossidodismutasi (SOD).
• Uno squilibrio del bilancio redox causato da sovraproduzione di ROS o deplezione di antiossidanti provoca un’azione
citotossica sulle cellule.
• Il d-ROMs test si è dimostrato estremamente utile nell’individuare e quantificare squilibri del bilancio redox associati
a situazioni patologiche.
• Il controllo dello stato di ossidazione attraverso l’adozione di un regime alimentare corretto ed equilibrato o attraverso l’uso di integratori antiossidanti (ad es. acido alfa-lipoico) può migliorare le condizioni patologiche di pazienti con
livelli d-ROM permanentemente elevati.
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Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
Ruolo del danno vestibolare da ischemia-riperfusione e da stress ossidativo indotto
Figura 2. Cellule e mediatori dell’infiammazione acuta e cronica nel danno dell’endotelio vasale da stress ossidativo.
RIPARAZIONE DEL DANNO FLOGISTICO ENDOTELIALE: UN TARGET IMPORTANTE PER LA TERAPIA CAUSALE
La teoria di “risposta al danno” endoteliale su base flogistica, che spiega i processi aterosclerotici e aterotrombotici a partire dai distretti microcircolatori, è stata di recente confermata anche a livello della circolazione cerebrale, con l’individuazione di mediatori flogistici a livello dei micro- e macro-vasi in pazienti con cerebrovasculopatie rispetto a pazienti sani. L’adesione dei leucociti è considerata cruciale nella patogenesi, lasciando speculare sul valore di terapie anti-adesive e anti-flogistiche vascolari.
È pertanto ipotizzabile che l’origine di molti disturbi vestibolari in soggetti con fattori di rischio cardiovascolari (CV) possa riconoscere
lo start-up nella flogosi che può innescarsi a livello vascolare.Il cardine di tutte le evidenze fin qui raccolte è rappresentato dalla attivazione endoteliale su base infiammatoria, meccanismo oggi considerato da molti autori il grimaldello di una cascata di eventi che
modificano l’espressione genica e le numerose regolazioni fisiologiche che risiedono nella parete vascolare, dalla perfusione di ossigeno, alla emostasi, alla omeostasi dei fattori necessari ai tessuti irrorati.
Le patologie audio-vestibolari su base vascolare (vertigine, sordità improvvisa e tinnito) riguardano in gran parte disturbi del circolo
posteriore, mal compensati dal circolo di Willis, che producono danni nel microcircolo cocleo-vestibolare, privo per definizione (“termino-terminale”) di un sistema compensatorio sufficiente. Questi disturbi sono tipici di pazienti con storia di Stroke, TIA, RIND (Deficit
Neurologico Ischemico Reversibile), ma anche più semplicemente di soggetti affetti da patologie sistemiche quali patologia carotidea,
cerebrovasculopatia, cardiomiopatia.
Nello studio anamnestico e nelle indagini laboratoristiche/di imaging per l’inquadramento del paziente con disturbi audio-vestibolari di
origine vascolare, un utile elemento di orientamento è fornito dai recenti progressi compiuti nella comprensione dei processi di attivazione endoteliale.
• Il danno endoteliale indotto dalla degradazione del glicocalice di glicosaminoglicani (GAGs) dalla faccia endoluminale dei vasi
altera profondamente il meccanismo di autoregolazione del microcircolo.
• Infatti, l’iperpermeabilità vascolare, caratterizzata dall’adesione di leucociti e piastrine, costituendo lo stimolo di processi infiammatori che promuovono l’espressione genica di fattori di crescita e il rilascio di fattori pro-trombotici, provoca una modifica della
perfusione di ossigeno ai tessuti, dei parametri emoreologici e del tono vascolare e, quindi, della emodinamica nel distretto circolatorio interessato dal danno.
Nel distretto cocleo-vestibolare, tali condizioni possono compromettere sia il funzionamento delle strutture recettoriali (hair cells) sia
l’equilibrio del potenziale Na+/K+ (sodio/potassio) fra perilinfa ed endolinfa.
Otoneurologia 2000 Settembre 2011 n. 36
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FOCUS ON EFFETTO DOMINO NELLA VERTIGINE POSIZIONALE BENIGNA Report dalla bibliografia più recente
In condizioni fisiologiche, l’omeostasi del microcircolo, garantita dall’integrità della barriera di GAGs, assicura una risposta endoteliale
equilibrata attraverso un meccanismo di “signaling”, definibile come una mediazione esercitata dall’organo endoteliale relativa a tutti i
segnali pressori, chimici ed enzimatici del flusso sanguigno.
Nei disturbi audio-vestibolari di natura vascolare, un importante obiettivo terapeutico consiste nel ripristinare l’integrità della barriera anionica di cariche elettriche negative (gruppi SO4-) del glicocalice, la cui caratteristica fondamentale consiste nell’effetto-barriera verso i processi flogistici dell’endotelio vasale.
ATTIVAZIONE VASCOLARE E TERAPIA CAUSALE
• I fattori emoreologici, emodinamici, aterosclerotici aterotrombotici caratteristici della flogosi vascolare concorrono al
determinismo della flogosi dell’orecchio interno, a sua volta responsabile della condizione di stress ossidativo indotto, in
cui si inquadra il danno vestibolare da ischemia-riperfusione.
• I cosiddetti “farmaci di parete” (anticoagulanti fisiologici), che hanno come target la ricostituzione dell’integrità della barriera di cariche negative del glicocalice endoteliale, sono utili nella terapia causale dei disturbi audio-vestibolari di origine vascolare.
• In particolare, studi recenti hanno evidenziato la capacità dell’associazione GAGs/eparina (Sulodexide) di inibire i processi infiammatori a carico della parete vascolare alla base dei processi ischemici (iperpermeabilità e riduzione del tono
vascolare) e trombotici (adesione piastrinica e cascata coagulativa).
B ibliografia di approfondimento
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