Vox Kantis

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Vox Kantis
Numero V
Febbraio 2014
Vox Kantis
Disegno di Valentina Zaratti, IIIC
CONTENUTI
03 · “Per qualsiasi squadra tu giochi”
04 · Giovani “No Tav” crescono...
05 · Marius, una vita inutile
07 · Re(l)azione
08· Sette spose per sette fratelli
10 · Judo: arte marziale e difesa personale
11 · Intervista a Michele Placido
13 · Alan Wake
14 · Anni felici
15 · Andiamo tutti quanti allo zoo comunale
16 · Battaglia di Azincourt
17 · Cork
18 · Lucca
19 · Come si migliora negli scacchi
1
EDITORIALE
Il numero di questo mese vi si delle polemiche per la “questione”
presenterà più “scarno” rispetto ai omosessualità, e l’ormai nota lotta
precedenti: gli impegni scolastici
No Tav che infiamma anche i più
si fanno sentire e a volte possono
piccoli contestatori.
sottrarre tempo ai ragazzi della
Infine, le nostre rubriche che
redazione a cercare nuovi spunti
dispensano consigli sui segreti
creativi.
degli scacchi, che danno voce
Ma questo non significa che sia
all’impegno sociale dello scautivenuto meno il livello di qualità dei
smo e alla tutela dell’ambiente
nostri articoli, anzi, terrei a segnae degli animali; per chi, invece,
lare un’interessante iniziativa svol- volesse svagare la mente con altri
tasi al teatro Sistina e incoraggiata
intrattenimenti, Michela Sabani
dalla prof.ssa Minniti, che gentil- consiglia un nuovo videogioco, non
mente ringraziamo. Alcuni di noi, troppo complicato ma decisameninfatti, hanno avuto la possibilità
te avvincente.
di assistere, in veste di giornalisti,
a una conferenza stampa, tenuta
Arianna Antonelli
dal regista Massimo Romeo Piparo
e dal suo cast, del musical “Sette
Spose per Sette Fratelli”, in scena
dall’11 febbraio al 16 marzo.
Piparo, da quest’anno direttore
artistico del Sistina, e gli interpreti
principali hanno soddisfatto le
curiosità dei giornalisti parlando
delle proprie esperienze passate e
del loro rapporto con il teatro. Ma
ora non vorrei dilungarmi troppo,
se siete interessati troverete tutto
questo nelle pagine a seguire. A
chiudere la sezione relativa agli
spettacoli teatrali, a cui –come potete constatare– abbiamo lasciato
grande spazio, un’intervista a Michele Placido impegnato in questi
ultimi mesi sul palcoscenico con lo
“Zio Vanja”, un classico del mondo
cechoviano che rimane ancora vivo
e attuale.
Per la cronaca estera ci tengono a
contatto con l’attualità Federica
Sasso e Giulia Di Censi con i loro
rispettivi articoli sulle Olimpiadi
invernali di Sochi, che il governo
Putin ha messo sotto i riflettori
Direttrice
Jessica Andracchio, IVCL
Redazione
Giuditta Migiani, IIIAL
Arianna Antonelli, IIIA
Marta Dibitonto, IA
Chiara Innocenzi, IA
Daniela Movileanu, IA
Michelangelo Conserva, IC
Giulia Di Censi, IIID
Valeria Paris, IIID
Gabriele Ghenda, IIFL
Michela Sabani, IIIGL
Valentina Midolo, IA
Virginia Cenciarelli, IVAL
Federica Sasso, IIIC
Professori referenti
Salvatore Alessi
Valerio Giannetti
Silvia Concetta Minniti
2
CRONACA ESTERNA
“Per qualsiasi
squadra tu
giochi”
L
a cerimonia di apertura
dei giochi olimpici di
Sochi 2014 segna l’inizio di una delle Olimpiadi forse
più criticate e discusse della
storia: a portare sotto i riflettori
la Russia non sono solo i vociferati elevatissimi finanziamenti
stanziati alla realizzazione di
tale evento, sorprendentemente alti per un’Olimpiade
invernale (37 miliardi di euro,
in confronto ai 28 milioni per
le Olimpiadi Invernali di Torino
2006), a scapito anche della
crisi in cui versa attualmente il
paese, ma soprattutto la polemica scatenata dalle leggi anti-propaganda gay da parte del
presidente russo. Il volutamente vago termine “propaganda”
mette quindi al bando qualsiasi
tipo di libertà per le comunità
LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali,
Transessuali) e oltretutto implica che chiunque venga colto
anche solo a parlare di omosessualità in termini “propagandistici” possa essere passabile
di una salatissima multa o, nei
casi peggiori, in cui si sono
ritrovati alcuni gruppi di manifestanti gay, che per protesta si
baciavano davanti alla Duma,
addirittura alla repressione e
all’arresto. In vista del macroscopico evento, compromesso
e gettato dalle recenti leggi in
un turbine di aspre critiche, cui
andava incontro Putin, paesi
di tutto il mondo hanno alzato
3
la testa e si
sono mobilitati
in vari gesti
di protesta e
indignazione.
Associazioni
di attivisti a
pochi giorni
dall’apertura
dei Giochi
hanno cercato
di attirare su di
sé l’attenzione
dei maggiori sponsor con
manifestazioni e
proteste in molte
tra le più grandi città del
mondo, quali Londra,
New York, ecc. Alla lotta
si è aggiunta anche la
società di Google, con
l’ormai famoso Doodle
del giorno dell’inizio dei
Giochi, rappresentato nei
colori arcobaleno, simbolo
ormai da tempo dell’orgoglio omosessuale, che
dichiara così il marchio in
aperto contrasto con le
recenti deliberazioni del
Cremlino. Singole persone, nel loro piccolo, hanno cercato
di dare il proprio
contributo
pubblicando la loro opinione
in merito agli avvenimenti attraverso Social Network come
Twitter, Facebook, o Tumblr.
Proprio su quest’ultima piattaforma, da qualche tempo, è diventata virale la fotografia del
premio Oscar Tilda Swinton,
catturata nell’atto di sventolare
anche lei una bandiera arcobaleno, davanti al palazzo del
Cremlino, rischiando l’arresto.
Altri, che hanno cercato di
CRONACA ESTERNA
vigilia dell’apertura delle Olimpiadi.
Tilda Swinton davanti al Cremlino
Due ragazze si baciano davanti alla Duma
emulare il gesto dell’attrice,
non ugualmente fortunati,
sono stati arrestati e trattenuti
anche per alcune settimane.
Ma più evidenti di tutti sono
stati i pubblici interventi di
importanti personalità, come
quella del Segretario generale
dell’Onu Ban Ki-moon: “Il mondo si sollevi contro gli attacchi
ai gay” afferma il Segretario
nella sessione del Comitato
olimpico internazionale alla
Ma perché, invece, l’evento in
sé ha fatto così tanto discutere? 7 febbraio 2014, Sochi.
A nessuno sembrava di aver
mai sentito parlare di questa
città prima d’ora? Sicuramente
perché si tratta di una località
balneare sul Mar Nero, scelta
appositamente per la vicinanza di alcuni impianti sciistici
del Caucaso. Il villaggio, come
già accennato, è stato tirato
su in pochi mesi grazie ad
ingenti spese: “spettacolare”,
così Dmitry Chernyshenko,
presidente del comitato organizzativo di Sochi 2014, aveva
preannunciato la cerimonia di
apertura e di certo non è stata
meno sfarzosa del previsto. Gli
spettacoli pirotecnici, le tredici
scene che hanno ripercorso la
storia e le glorie della Russia,
hanno portato in un vero e
proprio trionfo lo “Zar” Putin.
65 capi di stato su 88 presenti
hanno assistito alle sfilate delle
delegazioni dei propri paesi,
come il ormai ex-presidente del
consiglio italiano Enrico Letta.
Di notevole impatto è stata
soprattutto la presentazione
della Germania, che ha sorpreso gli spettatori con le sue
divise, troppo poco tedesche,
e troppo color arcobaleno,
sfidando apertamente Putin e
le sue leggi. Peccato tuttavia
che all’appello mancassero
proprio i grandi del pianeta:
infatti il presidente degli Stati
Uniti d’America, Barack Obama,
o anche alcuni importanti capi
di stato europei, come François
Hollande, presidente francese,
la cancelliera tedesca Ange-
la Merkel e il primo ministro
inglese James Cameron, hanno
deciso di boicottare i Giochi.
Non a caso, quando alla fine
dello spettacolo i cerchi olimpici, cinque fiocchi di neve che
secondo una coreografia di luci
avrebbero dovuto trasformarsi
nel simbolo dei Giochi, sono
rimasti, per qualche disguido
tecnico, solo in quattro, alcuni
hanno voluto interpretare il
cerchio mancante come quello
dell’America, proprio a sottolineare l’assenza del presidente
Obama. Ma dopotutto la televisione locale russa è riuscita a
tagliare via dalle trasmissioni
il mancato cerchio olimpico,
come se non bastasse la censura della propaganda omosessuale.
— di Federica Sasso, IIIC
Giovani “No
TAV” crescono...
“C
ome mai venite qui
a parlare di legalità
e lotta al bullismo,
mentre in Valle di Susa picchiate i ‘No Tav’ e non rispettate la
legge?” Lo chiede senza timore
o vergogna la genuinità di una
bambina di prima media che a
undici anni ha già le idee ben
chiare. A dover rispondere è
il comandante dei carabinieri
Ruocco, ospite per un incontro
sul tema del bullismo nella
scuola di Almese (comune in
provincia di Torino). Alla tenace
ragazzina, inizialmente, viene
risposto che le forze dell’ordine
“agiscono sempre nel rispetto
della legge per difendere i cantieri attaccati dai ‘No Tav’”. Ma la
bambina non è ancora convinta, ribatte affermando che a
non rispettare la legge sono gli
stessi carabinieri che utilizzano
i “lacrimogeni illegali”. Scoppia
l’applauso dei compagni, che
commuovono “la piccola No
Tav”, mentre il militare tenta di
ribadire che ogni azione delle
forze dell’ordine è finalizzata a
salvaguardare le opere pubbliche e a provvedere al bene
dello Stato. Uno Stato però
assente, tiranno, difficile da
difendere e giustificare perfino
di fronte ai dubbi di un’undicenne. Tuttavia Anna Salvatore, la preside dell’Istituto,
cerca di frenare la baraonda di
entusiasmo collettivo generatosi al diffondersi della notizia,
precisando che ogni bambino
intervenuto è stato applaudito e che semplicemente la
domanda dell’undicenne era
inaspettata; aggiunge, anche,
che in ogni caso “l’incontro si
è svolto in un clima sereno e
pacifico”. Conclusa la conferenza, la stessa Ruocco è la prima
a riconoscere il coraggio della
promettente bambina, tuttavia
affermando, da educatrice, che
a quest’età “dovrebbe avere
l’umiltà di ascoltare l’interlocutore, usando toni meno accesi,
proprio perché siamo in democrazia”. Ma forse dimentica
che la stessa democrazia tanto
decantata è negata alla popolazione della Val di Susa che è
vittima degli interessi delle lobby mafiose rispetto a cui le isti4
CRONACA ESTERNA
tuzioni non mostrano
la stessa etica che nelle
scuole sembrano volere insegnare, dimentica
che la terra della Val
Susa subisce oramai
da anni la violenza e la
corruzione della spietata macchina dello
Stato che risponde
alle logiche di profitto,
indifferente, se non
spesso repressiva verso
le mobilitazioni del
movimento ‘No Tav’,
le cui proteste rimangono inascoltate. È,
dunque, naturale che
il dissenso si diffonda
divenendo tanto radicale da essere percepito ed espresso dalle
giovanissime nuove
generazioni alle quali
si prospetta una vita
di lotta in un’Italia che
è alla deriva: gli ultimi
eventi politici, infatti,
non sembrano smentire le tragiche previsioni
sul destino di questo
paese politicamente
allo sbaraglio senza
punti di riferimento,
slanci ideologici e alcuna sensibilità morale.
Uniamoci al grido di
Chiomonte, torniamo
a essere compartecipi delle lotte sociali:
I POPOLI IN RIVOLTA
SCRIVONO LA STORIA,
NO TAV FINO ALLA
VITTORIA!
Marius,
una vita
inutile
U
n colpo
di pistola,
un chiodo sparato nel
cervello, ed è
tutto finito. Le
lunghe zampe
arresesi al peso
opprimente della
morte, gli occhioni neri dentro cui si
spegne ogni luce. Le
carni lacerate, il collo
squartato, una pozza
di sangue. Questo è
ciò che resta di Marius,
un cucciolo di giraffa
di appena 1 anno e
mezzo la cui unica
colpa era stata quella
di nascere.
Ma di sicuro il suo ricordo persisterà molto
più a lungo nelle menti
dei testimoni.
9 febbraio 2014: Lo Zoo
di Copenhagen è pieno di mamme e papà
con i loro bambini.
Li stanno portando a
vedere uno spettacolo
parecchio esclusivo,
un’occasione probabilmente unica nella vita.
Marius è accerchiato
dalle persone, come,
del resto, è stato abi— di Giulia Di Censi, IIID tuato sin dallo sfortunato giorno della sua
nascita. Doppiamente
sfortunato, in realtà:
5
CRONACA ESTERNA
Metà del corpo dissezionato di Marius
figlio di genitori cugini,
destinato a vivere una
vita di prigionia. Nonostante ciò, Marius è un
cucciolo sano e bello.
I bambini lo guardano
con curiosità, e allungano le manine per
accarezzarlo, ma non
quel giorno. La folla
si raduna intorno al
recinto. L’uccisione. I
bambini non sorridono
più: alcuni piangono,
altri sono semplicemente esterrefatti. Non
staccano gli occhi dalla
giraffa neanche quando degli operatori danno inizio all’operazione
di scuoiamento e dissezione; sono presenti
quando i brandelli di
carne e i ritagli di pelle
grondanti di sangue
vengono lanciati nei
recinti dei felini.
Sul web è un’esplosione di proteste e
sdegno. Già in poche
ore la notizia ha fatto il
giro del mondo.
‘’Queste strutture di
cattività” dichiara il
direttore scientifico
del’Enpa, Ilaria Ferri “nelle quali non
solo viene privata la
libertà agli animali,
ma si sbandierano
presunti ruoli quali
conservazione, ricerca
ed educazione, hanno invece ben altri
interessi e agiscono
certamente contro gli
animali. Consideriamo
l’accaduto un fatto
gravissimo; purtroppo
non è da considerarsi
raro poiché moltissime
strutture eliminano
deliberatamente, senza
nemmeno provvedere
ad eventuali scambi
e senza percorrere la
strada dell’accoglienza degli esemplari in
sovrannumero presso
i santuari o meglio ancora al controllo delle
nascite”
Oltre all’orrore dell’azione in sé –molte
erano state le richieste
di altri zoo per l’ado-
zione di Marius e altrettante le
petizioni per impedire l’accaduto- ciò che lascia più esterrefatti è la presenza del pubblico.
Il direttore dello zoo, Bengt
Holst, si dice stupito del clamore suscitato dalla vicenda.
Probabilmente in Danimarca,
come in molti altri Paesi, ciò è
visto quasi come normale. È
normale che gli animali muoiano, è normale lacerare le loro
carni, smontarli come dei Lego.
Una notizia del genere porta
alla luce alcuni meccanismi della società e mentalità umane.
La superiorità assoluta e indiscussa della nostra specie su
tutte le altre, che ci conferisce il
diritto di programmare nascite,
accoppiamenti, donare la vita e
riprendersela; una sorta di macabra gara del potere giocata
contro Dio.
Consideriamo gli altri esseri
viventi, innegabilmente inferiori, come oggetti di nostra
proprietà. Nel caso particolare,
Marius possedeva un corredo
genetico inutile: è stato giusto,
quindi, darlo in pasto ai leoni,
così da dare un maggior senso
alla sua vita. L’uomo si pone,
un’altra volta, come re indiscusso della foresta, sovrano assoluto della natura.
Questo fenomeno ha un nome
ben preciso: specismo.
Jonathan Safran Foer scrive:
“Dopo essere fuggito dalla
Polonia occupata dai nazisti, il
premio Nobel per la letteratura
Isaac Bashevis Singer paragonò
i pregiudizi di specie alle teorie
razziste più estremistiche. Peter Singer, filosofo australiano
figlio di ebrei scappati durante
la seconda guerra mondiale,
sostiene che “Lo spiccato specismo porta a dolorosi esperimenti su altre specie, con la
scusa dei loro contributi alla
conoscenza (o della loro scarsa
utilità scientifica, si potrebbe
aggiungere). Lo spiccato razzismo ha portato a dolorosi
esperimenti su altre razze, con
la scusa dei loro contributi
alla conoscenza”.
E queste sono solo alcune delle
agghiaccianti analogie tra razzismo e specismo.
Gli animali diventano contenitori insignificanti la cui
massima aspirazione potrà
consistere solo nel contribuire,
in qualche modo, al benessere
umano, riempiendo le nostre
scodelle, divertendo i nostri
cuccioli nei circhi o negli zoo, o
tenendoci caldo d’inverno.
È questo il messaggio che
traspare dall’episodio di Marius.
È questa la lezione di vita che
quei bambini insegneranno ai
loro figli e nipoti e che ci tramanderemo nel tempo. È questa l’ennesima conferma che
si sta perdendo una delle più
umane qualità, il senso dell’orrore. Immagini e messaggi ci
insegnano quotidianamente
che uccidere è la normalità,
un aspetto della vita come un
altro.
Adriano Fragnano, blogger
italiano, su Veganzetta scrive:
“I piccoli futuri amministratori
della società umana hanno
potuto capire che siamo e
rimaniamo al vertice di una
piramide che abbiamo ideato
e realizzato a spese degli altri
esseri viventi: non siamo più
parte della Natura (giammai!)
ma al di sopra di essa. Marius
diviene cibo per Leoni, ex re
Jonathan Safran Foer è
uno scrittore e stagista statunitense. Tra le sue opere
più celebri, il romanzo “Molto forte, incredibilmente
vicino” e “Se niente importa”, saggio in cui descrive
l’impatto degli allevamenti
intensivi, le sofferenze patite
dagli animali da macello e la
sua decisione di abbracciare
il vegetarianismo per rispetto dei diritti degli animali
della foresta detronizzati e
schiavizzati da chi è indubbiamente più forte di loro”.
In questo caso è la Danimarca
ad essere sotto i riflettori. Ma
l’assassinio di Marius non è che
un’applicazione concreta dei
valori della società, una società
che troppo spesso nasconde la
verità dietro un dito di ipocrisia
e falsa moralità. I media sono
uno di quegli strumenti con
cui viene incoraggiato questo
smarrimento del senso dell’orrore: celano lo stato reale delle
cose, bloccano i video girati
nei mattatoi, le immagini più
cruente, nel tentativo di distogliere le persone dalla loro
esistenza, per non spaventare,
non creare disordine. Youtube
ha escluso i minori dalla visio6
CRONACA INTERNA
CRONACA ESTERNA
Re(l)azione
decisioni, apprendimento, memoria,
autocontrollo, creando dipendenza e nei
utilizzo di sostanze stupefa- giovani può causare
centi è sempre dei seri problemi alla
più diffuso tra i giovani struttura e maturazione cerebrale. Questo
di tutto il mondo.
processo ha inizio fin
Allarmanti sono i dati
dalla nascita, ma, come
dell’Istat, soprattutto
è emerso da degli
per quanto riguarda
studi effettuati con la
l’alcolismo e il tabatecnica della risonanza
ne dei video che ripor- perché “non adatte”.
gismo: sono circa 770
magnetica, al contrario
tavano lo scuoiamento Eppure, ci tengo a rimila i ragazzi sotto i
di Marius.
cordare che il massacro 16 anni che assumono di quanto si credette
fino alla fine degli anni
Invito chi sta leggendo del cucciolo di giraffa
alcol e oltre il 50% di
a non indossare volon- era stato concepito
loro beve il sabato sera. ’90, il cervello degli
adolescenti non è già
tariamente una “benproprio come forma
Inoltre circa il 10% dei
da” sugli occhi, anzi,
di intrattenimento per decessi che avvengono un “prodotto finito”. Il
a liberarsi di quella
cuccioli d’uomo.
ogni anno in Italia, cir- suo sviluppo continua
tacitamente impostaci
ca 25 mila, sono dovuti infatti fino al 20°-21°
dagli altri. Lo Zoo di
Che qualcuno riesca
ad alcol. E tale fenome- anno di età.
Negli ultimi anni si
Copenhagen rende
a provare sdegno per
no non riguarda solo
pubblica e ostenta una Marius è già di per sé
il sesso maschile: negli sono dunque organizzati degli incontri nelle
pratica che anche nella una piccola conquista, ultimi anni il tasso
scuole sulla prevenziomaggior parte delle
una pallida speranza
alcolico femminile è,
ne e sull’approfondialtre strutture simili è il che ancora ci sia una
infatti, notevolmente
mento dei vari tipi di
normale iter seguito.
misura dell’orrore,
aumentato rispetto
I bambini mangiano
un’anormalità nella
agli anni precedenti (In sostanze e dipendenze. E in questo conteallegramente promorte. Queste sono le
Italia circa il 67% delle
sto è nato il progetto
sciutto e hamburger
basi della “riconquista
donne contro il 43%
della Peer Education,
sui piattini in plastica
dell’umanità”, un’udegli anni ’80).
un metodo innovatidi “Peppa Pig”, quello
manità intesa come
L’uso di droghe è
stesso maialino alleva- una visione sensibile e pericoloso soprattutto vo che si propone di
trasmettere conoscento, nella vita reale, nella morale del mondo.
perché altera
ze, emozioni,
sofferenza e brutalIl primo passo, ora,
le aree del
“Comprare
d
ro
g
a
è
co
mente macellato. Ma
è la ricerca di quelle
me co
fantastico,
cervello che
ma il prezzo mprare un biglietto p
e
di questo b
se qualcuno di quei
informazioni non an(J
im
Morrison)
iglietto è la r un mondo
regolano
v
it
a
.”
bambini, ancora terre- cora manipolate, delle
no fertile e sensibile al informazioni integrali:
dolore, sapesse come
assorbire la realtà in
c’è arrivato, nel piatto,
tutte le sue verità per
quell’hamburger, forse poi migliorarla a vanqualcosa in lui cambie- taggio dell’etica e della
rebbe. Invece internet, giustizia.
i giornali, la televisione,
cercano di nascondere
— di Giuditta Migiani,
le immagini del corpo
IIIAL
dilaniato di Marius
L’
7
CRONACA INTERNA
esperienze ai giovani
attraverso il dibattito
con i propri coetanei,
precedentemente
formati.
Questa iniziativa è stata realizzata in collaborazione con Acli Provinciali di Roma e indetta
dal CEIS, una libera
associazione promossa
verso la fine degli anni
’60 dal sacerdote Mario
Picchi. Fu istituita nel
1971 al fine di affrontare le varie problematiche del genere umano,
specialmente quelle
riguardanti il periodo
dell’adolescenza, attraverso iniziative culturali, educative e terapeutiche che costituiscono
il cosiddetto “Progetto
Uomo”, finalizzato alla
valorizzazione di ciascun individuo e della
sua dignità indifferentemente dalla propria
razza, religione, lingua,
condizioni economiche.
Il 3 febbraio si è tenuto
presso l’istituto Ceis
nel quartiere Capannelle un convegno sui
temi di prevenzione,
cui hanno partecipato
tutte le scuole aderenti al progetto, tra cui
anche la nostra. Dopo
una breve presentazione dell’iniziativa da
parte ¬della responsabile, psicologa psicoterapeuta, Ornella Prete,
che ha riferito il successo finora riscontrato
dal progetto (sono
stati somministrati
circa 2000 questionari
Minerva, redatti dall’Agenzia Capitolina sulle
Tossicodipendenze, al
fine di conoscere gli
stili di vita dei giovani
e il loro rapporto con
uso di droghe) ciascun
istituto ha illustrato
una breve presentazione Power Point su
uno degli argomenti
trattati durante il corso
di formazione dei Peer
educator nelle scuole.
La nostra, ad esempio,
ha parlato di neuroscienze e tabagismo.
La conferenza è terminata con un video
incentrato sul gioco di
parole (scarto di consonante) re(l)azione, che
mette in risalto l’obiettivo principale della
Peer Education, ossia la
relazione con i propri
coetanei deve stimolare ciascun individuo
a reagire attivamente
alle difficoltà della vita
quotidiana. Ognuno deve prendere in
mano il proprio destino e, come dice Philip
Kindred Dick, “L’abuso
della droga non è una
malattia, ma una decisione, come quella
di andare incontro ad
una macchina che si
muove. Questo non si
chiama malattia, ma
mancanza di giudizio.”
Sette
Spose per
Sette
Fratelli
amandi , dell’arte del
corteggiamento per il
resto dei “neocognati”
rimasti ancora celibi.
Dopo una serie di sfide,
peripezie, risse e rapimenti di fanciulle, a far
attendere lo spettatore
non ci sarà che un lieto
on una nuova,
fine coronato da sei
promettente,
nuovi matrimoni.
edizione il
Il copione di questo
teatro Sistina festeggia nuovo adattamento,
il 60° anniversario di un che presenta ben quatmusical che ha lasciato tro canzoni inedite,
il segno nella memoè passato tra le mani
ria collettiva per le
esperte di Massimo Rosue canzoni, musiche
meo Piparo, che, come
e acrobatiche coreregista di musical, ha
ografie: Sette Spose
alla spalle una carriera
per Sette Fratelli, i cui
ricca di successi, sia di
protagonisti, dall’11
pubblico, sia di critica.
febbraio, sono tornati a Qualche titolo? Jesus
entusiasmare spettato- Christ Superstar, My
ri di tutte le età.
Fair Lady, Full Monty
La storia è, probabildovrebbero bastare a
mente, nota a tutti, ma stuzzicare la memoria.
per chi ancora non la
Poco convinto dalla
conosca sappia che la
diffusa quanto mai
famiglia Pontipee non rinomata reputazioè come tutte le alne degli attori freschi
tre… Sono sette, rudi,
delle lezioni accafratelli boscaioli che
demiche, Piparo ha
vivono tra le montaaffidato i ruoli dei due
gne giornate ordinarie protagonisti a Flavio
e tranquille, fino a
Montrucchio e Roberta
quando il più grande
Lanfranchi, il cui talendi loro, Adam, si rende to, a detta del regista, è
conto che è tempo
dimostrato dal carisma
di dare alla casa un
espresso sul palco,
tocco di femminilità:
non da un diploma.
decide, in altre parole, L’armonia di coppia tra
di prendere moglie.
i due, il grande cast di
La sua scelta ricade su
cantanti e ballerini e le
Milly, tenera e dolce
coreografie di Roberto
cameriera della locan- Croce creano “una proda del villaggio, che
spettiva in linea con le
— di Valentina Midolo, si rivelerà anche una
più rosee aspettative”
scaltra
maestra
dell’ars
IA
afferma Piparo, che
C
8
CRONACA INTERNA
CRONACA INTERNA
ora dovrà reggere il confronto con il successo di
Rugantino di Brignano.
Abbiamo avuto l’occasione unica di partecipare alla conferenza con il cast. Dopo una breve
introduzione allo spettacolo, gli attori hanno
risposto ad alcune domande dei giornalisti. La
protagonista si è mostrata da subito molto entusiasta: “Questo ruolo mi calza a pennello” afferFlavio Montrucchio, Massimo Romeo Piparo e Roberta Lanfranchi
ma, “per il clima che si è creato e il personaggio
che interpreto. Penso sia il più importante che io
abbia mai recitato, anche per la presenza dell’orchestra sul palco, che mi spaventa un po’. È un
grande premio, per me, e spero di essere all’altezza delle aspettative”. Per Flavio, invece, non si
tratta di un debutto: “Sono contento di tornare
al musical, il gruppo è ben saldo e formato, c’è
una bella armonia. Sono pronto e contento del
ruolo anche perché sono contento di comandare –almeno sul palco- in casa. È il mio primo
spettacolo al Sistina e sarà una bella prova che
non mi spaventa”. Un bel salto di qualità, possiamo dire, per chi ha inaugurato la propria carriera
La presentazione del cast
con il Grande Fratello. Ci sarebbe piaciuto porgli
qualche domanda riguardante il suo passato, ma
dall’atteggiamento di forte diffidenza e difensiva
che assumevano sia l’attore che la sua agente
quando veniva nominato qualsiasi altro incarico
riportato sul curriculum (distribuito all’entrata)
abbiamo intuito trattarsi di argomenti un po’…
spinosi. Nonostante tutto, anche quest’aspetto ci
ha fornito un quadro più completo e gustoso del
mondo del giornalismo: ritrovarci in prima fila,
faccia a faccia con gli attori, il regista e il coreografo, circondate di esperti e telecamere, è stato
esaltante.
Judo:
arte marziale e
difesa personale
N
elle giornate del 25
gennaio e del 1,8,15
e 22 febbraio,il Liceo
Kant ha ospitato i ragazzi dello:
“JUDO TEAM BUCCIARELLI” per
il progetto “JUDO NELLE SCUOLE”. Ma che cos’è lo Judo?
Lo Judo è uno sport poco conosciuto dai ragazzi, ma è la prima
arte marziale ad essere stata
ammessa alle Olimpiadi (dal
1964,Olimpiadi di Tokyo)
La parola Judo significa “VIA
DELLA CEDEVOLEZZA”, infatti
questa disciplina non si basa
sulla forza fisica ma sulla non
Il cast quasi al completo
Un ringraziamento speciale alla professoressa
Silvia Concetta Minniti per averci permesso di
vivere quest’esperienza.
— di Arianna Antonelli, IIIA
&
Giuditta Migiani, IIIAL
Flavio Montrucchio
9
resistenza contro l’attacco
dell’avversario. Il più debole,
quindi, riesce a vincere sul più
forte grazie all’adattamento dei
corpi e allo squilibrio del baricentro.
Il livello di esperienza di un
judoka è segnato dal colore
della cintura che indossa. Prima
dell’entrata di questa disciplina
nei giochi
olimpici
non esistevano
le cinture,
erano tutti contro
tutti. Nei
combattimenti
non vi era
differenza
di peso,
età o
sesso. Lo
Judo è
proprio
questo,
non si fa
differenza: un
bambino può riuscire a vincere
contro un adulto,una donna
contro un uomo,una cintura
arancione contro una
marrone ecc… Nessuno
risulta debole se impara
a conoscere ed applicare la tecnica che più gli
si addice.
Lo “Judo team Bucciarelli” ha voluto promulgare il suo progetto
“Judo nelle scuole”
al fine di avvicinare i
ragazzi a questa filosofica arte marziale, in
grado di migliorare non
solo la prestanza fisica
(si possono perdere fino a 4 kili
in 5 minuti effettivi di combattimento in gara) ma anche le
capacità intellettive ( il primo
passo per avere una buona
tecnica è ragionare).
I 5 incontri hanno coinvolto
tutti gli alunni delle classi impegnate in educazione fisica durante le ore del sabato. Questa
iniziativa
è stata
maggiormente
indirizzata sull’aspetto
dello
judo riguardante la
difesa
personale: i
judoka
hanno
spiegato
ai ragazzi
come
comportarsi e
difendersi in caso di pericolo ed
hanno insegnato loro alcune
tecniche di base.
Il maestro Fabio Bucciarelli si
è ritenuto molto soddisfatto
dei risultati ottenuti nel nostro
Liceo.
Numerosi sono stati i ragazzi
che hanno partecipato attivamente alle lezioni e che si sono
mostrati incuriositi dal progetto.
I ragazzi ci hanno lasciato con
la promessa di tornare presto
per un incontro con le classi
che non hanno preso parte
all’iniziativa.
Inoltre, per chi fosse interessato, venerdì 28 febbraio 2014,
all’Hyperion Sporting Center
di Torre Angela,lo“Judo Team
Bucciarelli” terrà una lezione di
prova gratuita.
— di Giulia Bizzarri, IIIAL
10
INTERVISTE
INTERVISTE
Cechov, il maestro della quotidianità, torna a
rivivere nello Zio Vanja di Bellocchio
Intervista a Michele Placido
P
er Michele Placido la bellezza del teatro di Cechov risiede in questo: riuscire a “esprmere
l’incapacità dell’uomo ad approfondire il sentimento della vita con una contemporaneità
straordinaria”. E lo “Zio Vanja” ne è l’esempio.
Vanja non è un eroe, non è ricco, né potente. È un semplice contadino che vive nella sua tenuta
di campagna insieme alla nipote Sonja e al cognato, il professor Serebrjakov, risposatosi, dopo la
morte della sorella di Vanja, con la bella e giovane Helena. Quel professore, un tempo suo idolo
per il quale Vanja ha sacrificato tutte le sue energie mantenendolo con i soldi ricavati dai propri
terreni agricoli, ora è il bersaglio principale dei suoi attacchi d’odio e di rancore. Ma anche di gelosia. Perché a muovere i fili del “burattino”, a cui il tempo lo ha ridotto, è la passione divampante per
Helena, alla quale più volte Vanja ha dichiarato il suo amore, non corrisposto e sempre respinto.
Vanja si ritrova a vivere, dunque, nel rimpianto, insieme, come unica compagna, alla nostalgia di
una giovinezza passata, dispersa nelle illusioni, in sogni mai realizzati per inerzia o codardia. Ora,
all’età di 47 anni, ha finalmente raggiunto la fase del disincanto e vede la realtà per quella che è:
a cominciare dal professore, rivelatosi, nonostante la buona fama, un mediocre inconcludente.
La tensione tra i due rivali raggiunge il culmine nel finale, quando Vanja cercherà di uccidere il cognato con due colpi di pistola che mancheranno però il bersaglio: l’ennesimo fallimento di Vanja
che torna così, dopo la partenza del professore e della moglie, alla monotona vita di sempre.
È questa la magia del teatro di Cechov: riuscire a portare sulla scena la pura e semplice quotidianità in cui ognuno è libero di identificare se stesso nei sentimenti, nelle passioni, negli scatti d’ira
dei protagonisti.
Una galleria di personaggi completa la scena, ciascuno dalla personalità ben caratterizzata seppur
con i suoi limiti: dalla volenterosa ma poco attraente Sonja alla bella ma vacua Helena, fino all’affascinante dottor Astrov, il cui nichilismo sembra ricalcare l’impronta dei personaggi di Turgenev.
Dietro la regia di Marco Bellocchio, Sergio Rubini e Michele Placido, rispettivamente nelle vesti di
Vanja e del professore, danno vita con magistrale e misurata forza espressiva ai loro personaggi,
con ritmi ora ironici ora drammatici, senza però varcare il limite di un lacrimevole pietismo. Il giusto equilibrio che si rivela la formula del successo.
Com’è stato confrontarsi con
un personaggio del teatro di
Cechov?
Cechov, insieme a Pirandello,
è un autore che frequento da
qualche anno, per cui per me,
trattarlo, è solo un piacere.
È la nostra materia, il nostro
studio, non ci sono problemi a
confrontarsi con un personaggio del genere. È stato bello,
semplice, poi avendo un regista
come Bellocchio è stato tutto
molto più facile, nel senso che
c’erano tutti gli elementi, anche
con Sergio, di esperienza cine11
matografica (senza togliere la
bravura degli altri naturalmente). Cechov, d’altronde, è un
classico e, come si dice, il classico è un tesoro che appartiene a
ieri, ma se uno lo esplora bene
può diventare anche odierno.
realtà, anzi, c’è una bella differenza tra l’essere Serebrjakov e
l’essere me: lui intanto è un fallito, è uno che non ha realizzato
nulla in tanti anni, ha questa
bella moglie, giovane, con cui
forse ha avuto una storia molto
passionale, ma il fallimento di
C’è qualcosa di lei nel persoquesta storia d’amore è dovuto
naggio del professore?
al fatto che lui si è mostrato un
Ci potrebbe essere qualcosa,
inetto anche sul piano intelletma in realtà non c’è nulla. Sì, c’è tuale. Se così non fosse stato,
l’età che mi separa dalla moglie la moglie, pur giovane, l’avrebdi questo professore, quindi è
be seguito in ogni caso, forse
chiaro che questo è stato un po’ con qualche tradimento, però
una sorta di confronto. Però in
l’avrebbe sempre inneggiato, e
invece lei è stufa di lui. La vita
va così, quando uno ha potere
tutti gli vanno dietro –le donne soprattutto– poi quando
finisce il potere, finisce anche
l’amore. Adesso io non voglio
vantarmi di chissà quale potere, però, diciamo che sono un
uomo di spettacolo, godo di
una sorta di effimera gloria,
ma, le nostre, alla fine sono
due storie completamente
diverse.
Passando ora al cinema
e alla televisione, lei ha
raggiunto una notorietà
internazionale con la serie
“La piovra”. Non ha mai
percepito la pressione del
successo?
No, non ce l’ho mai avuta,
perché, vedi, io sono nato con
il teatro, e quindi ho seguito un
percorso ben preciso e sapevo
che in tutti questi anni di successo avrei fatto il mio lavoro di
attore e regista di teatro. L’anno
scorso, per esempio, proprio
qui al Quirino, abbiamo fatto il
Re Lear, tra due anni, vorrei fare
un altro testo, e nel frattempo
faccio la regia cinematografica,
però, ecco, non sono legato al
meccanismo di apparire a tutti
i costi, perché c’è un piacere
talmente straordinario nel fare
teatro, che la brama del successo non mi attrae più di tanto…
si mi fa piacere, non mi tiro
indietro, ma non è certamente
quello a cui aspiro.
Com’è nato il desiderio di
passare dietro la macchina da
presa?
Ho cominciato negli anni ’90
perché sentivo il bisogno, oltre
di essere attore, anche di fare
dei film che parlassero di storie
di un certo tipo. Intanto il cinema che ho cominciato a fare
all’inizio era un cinema anche
molto civile, sugli immigrati
come Pummarò, sulle violenze
in famiglia, vedi Le amiche del
cuore, adesso sono un po’ più
indirizzato verso l’approfondimento di certe psicologie, per
esempio il prossimo film sarà
dedicato completamente a una
donna, un personaggio femminile che dovrebbe interpretare
Giovanna Mezzogiorno. È come
un bisogno di esprimere qualcosa di più personale: quando
sei attore sono gli altri che ti
danno la materia, invece così
sono io che me la creo.
Film come Vallanzasca, Il
Grande sogno, Romanzo
criminale, sono stati al centro
di alcune polemiche, eppure,
questi, sono film che riproducono uno spaccato dell’Italia
dell’epoca. Non si sente, per
così dire, un po’ incompreso
dalla critica italiana?
Da una parte sì, però la bellezza del cinema risiede anche
in questo, cioè chi fa questo
lavoro non deve sempre pensare che il riconoscimento sia
un qualcosa di tout court, nel
senso che ti arriva per grazia
ricevuta. Può essere molto interessante anche dividere i giudizi. Ad esempio, io sono molto
più orgoglioso di un mio film,
uno qualsiasi, anche sbagliato,
che vada però in una direzione
un po’ diversa da quella degli
altri, non dico commerciali, perché ci deve essere il cinema
popolare, però a cui non riesco a adeguarmi. Qualche
volta l’ho fatto come attore,
un film commerciale, però
come regista non ci riesco.
Come ha vissuto l’esperienza estera de “Il cecchino”?
Si è sentito più a suo agio
con una produzione straniera?
Mi sono trovato in una situazione di grande euforia, lavorare
in lingua francese è una nuova
esperienza, che mi ha premiato molto. Tra l’altro con questi
grandi attori francesi, Daniel
Auteuil e Mathieu Kassovitz,
neanche pensavo come sarebbe venuto il film, ma già l’idea
di stare sul set mi dava una
goduria quotidiana di grande
creatività. E questo mi bastava.
Tempo fa ha detto di voler girare un film su Craxi, interpretato
da Zingaretti. È ancora deciso a
portare avanti il progetto?
Mah guarda, forse il progetto
sta diventando ancora più ambizioso, che va oltre Craxi. Mi
piacerebbe più entrare nell’idea di una storia d’Italia, in cui
hanno agito certi personaggi
politici che poi si sono collusi
o che, in qualche modo, hanno
ceduto al rigore politico per
entrare in un meccanismo di
corruzione.
— di Arianna Antonelli, IIIA
12
RECENSIONI
Alan Wake
P
er chi volesse svagarsi un po’ dallo
studio con un pizzico di brivido e
avventura, Alan Wake è l’ideale. Alan
Wake è un videogioco per Xbox 360 e Microsoft Windows, sviluppato dalla Remedy
Entertainment, la cui storia si articola in sei
episodi.
Episodio 1: L’incubo. Alan inizia la sua storia
raccontando un suo sogno. Era notte. Mentre
sfrecciava su una macchina, un autostoppista
compare sulla strada, Alan non lo vede e lo investe. Scende dall’auto ma si accorge che il pedone
è ormai morto e dopo pochi istanti il corpo senza vita svanisce nel nulla. A causa dell’impatto,
l’auto è fuori uso e Alan decide di percorrere un
bosco per arrivare al faro. Tra gli alberi un’oscura
presenza inizia a prendere forma. L’uomo che ha
investito ricompare, armato di un’ascia e avvolto da un’ombra spessa, il quale si rivela essere
il personaggio di uno dei libri scritti da Wake.
All’improvviso un’oscura presenza, sotto forma di
un gigantesco tornado nero, inizia ad inseguirlo
distruggendo tutto ciò che incontra. Una luce
squarcia il cielo notturno e una voce misteriosa
gli parla spiegandogli come fuggire dalle tenebre, cioè raggiungendo il faro. Qui, però, qualcosa di mostruoso piomba su di lui. Alan si sveglia
accanto a sua moglie Alice. Sono arrivati a Bright
Falls. Alloggeranno in
un cottage
sul Cauldron Lake.
Alice e Alan
si sistemano e tutto
sembra
pronto per
passare una
romantica
vacanza…
se non fosse
che Alice
13
RUBRICA CINEMATOGRAFICA
ha un regalo per Alan: una macchina da scrivere.
L’uomo va su tutte le furie sentendosi improvvisamente di nuovo stressato dal lavoro ed esce
di casa in piena notte, sicuro che la moglie non
lo seguirà, data la sua paura per il buio. Qualcosa accade dentro la casa, Alice urla. Alan corre
in direzione della casa e gli sembra di scorgere
la moglie in acqua. Immediatamente si tuffa.
Alan riprende conoscenza nella sua macchina.
Sembra abbia avuto un incidente, ma lui non ne
ha memoria. Deve trovare Alice. All’improvviso
alcuni abitanti lo assalgono, posseduti dallo
stesso male presente nel suo incubo. Inoltre, sul
suo cammino, trova le pagine di un manoscritto,
“Departure”, le quali riportano quello che gli sta
accadendo, firmato da lui stesso, ma non ricorda
di averlo scritto. Proseguendo, Alan è perseguitato dall’oscura presenza e nella sua testa balenano immagini di una donna vestita da vedova.
Alla fine, raggiunge una stazione di servizio. Qui
scopre che tra il giorno del suo arrivo a Bright
Falls e quel momento sono passati sette giorni.
Una settimana di vuoto. Chiama la polizia e a
intervenire è lo sceriffo Sara Breaker, la quale gli
fa una rivelazione incredibile: l’isolotto sui cui c’è
il cottage su Cauldron Lake è stato distrutto da
un’eruzione vulcanica nel 1973. Non esiste più
da 35 anni.
Non voglio anticiparvi null’altro che il primo
capitolo e spero di aver suscitato un po’ di curiosità in voi lettori. Non è un gioco complicato ma
piuttosto avvincente e sinistro, accompagnato
anche da “Space Oddity” (David Bowie). Vi invito
caldamente a
provarlo.
— di Michela
Sabani, IIIGL
Anni Felici
N
ella Roma del 1974 vive Guido, un
artista che vorrebbe essere all’avanguardia, e la sua famiglia che lui
giudica troppo tradizionale ed invadente.
Serena, sua moglie, completamente estranea all’ambito artistico, ama molto suo
marito e infatto lo “invade”. Dario e Paolo,
rispettivamente di 10 e 5 anni, sono i loro
figli e spettatori accidentali della loro attrazione fisica, dei loro tradimenti e delle loro
vite spregiudicate. “Anni Felici” è la storia
di una famiglia che pur tentando di essere
più libera ed innovativa, si ritrova chiusa in
una prigione di stereotipi senza vie di fuga.
Riusciranno ad uscirne?
Anni Felici di Daniele Luchetti è il tentativo
ben riuscito di presentare le avanguardie
degli anni Settanta, purtroppo ancora
completamente avvolte da una coltre di
GENERE: Commedia
convenzioni ed abitudini che rendono
difficoltoso il cammino verso l’innovazione.
REGIA: Daniele Luchetti
Nel suo laboratorio Guido modella corpi di
ragazze consensienti con le quali tradisce
SCENEGGIATURA: Sandro Pecostantemente sua moglie; Serena, appartraglia, Stefano Rulli, Caterina
tente a una famiglia della piccola borghesia,
Venturini, Daniele Luchetti
è una donna piena di inquietudini che fa un
notevole percorso di crescita all’interno del
CAST: Kim Rossi Stuart, Micaefilm, passando dall’amore per suo marito
la Ramazzotti, Martina Friedealla scoperta del femminismo e dell’amorike Gedek, Samuel Garofalo,
re per lo stesso sesso, una vera e propria
Niccolò Calvagna, Benedetta
emancipazione. All’interno della pellicola è
Buccellato, Pia Engleberth
ben evidente la semplicità della trama, seppur ben interpretata dai protagonisti, che si
contrappone però alla complessità dei temi
affrontati con l’espediente di una frequente
comicità che tende ad equilibrare le discrepanze all’interno del film.
“Indubbiamente erano Anni Felici, peccato che nessuno se ne fosse accorto.”Questa è
la frase conclusiva, a mio avviso colma di rammarico e che sembra voglia mettere in
evidenza la leggerezza con cui spesso ci rapportiamo alla vita, senza cogliere la vera
essenza di quello che ci circonda.
— di Virginia Cenciarelli, IVAL
14
RUBRICA: GREEN(H)EART(H)
Andiamo tutti
quanti allo zoo
comunale
Q
Quanti bambini possono affermare di non esser mai stati in uno zoo,
o un parco acquatico, o un bioparco in vita loro? Anzi, spesso
è proprio la scuola materna
ad organizzarvi le prime gite.
Schiere di nanetti con cappellino coordinato si sparpagliano
intorno ai recinti additando
entusiasti gli inquilini.
La maggior parte delle volte
non è permesso loro avvicinarsi abbastanza da catturare
l’immensa infelicità che priva
di qualsiasi luce gli occhi degli
esseri viventi che si trovano
oltre le sbarre.
La vita di un animale dello zoo
può cominciare in natura o in
cattività. Nel primo caso, la sua
sarà palesemente un’infelicità
dovuta al brusco cambiamento di vita. Ma non si pensi che
gli animali appartenenti alla
seconda categoria, quelli nati
e cresciuti in cattività, sentano
con meno intensità il distacco
dal loro ambiente naturale, una
sorta di “nostalgia” scritta nel
DNA.
Saranno individui che conosceranno solo ambienti artificiali,
e la loro vita sarà altrettanto
artificiale e ripetitiva: orari
predefiniti per mangiare, bere,
dormire e giocare; continue
manipolazioni da parte dell’uomo, che spesso in natura dovrebbe essergli nemico; totale
assenza di privacy 24 ore su
15
24. Questi sono solo alcuni dei
fattori che portano molti degli
animali negli zoo alla zoochosis, un insieme di comportamenti ossessivo-compulsivi
causati da eccessivo stress a
tempo prolungato, frequentemente accompagnati da depressione, noia acuta e psicosi.
Vi ricordate gli elefanti che passavano il loro tempo ad ondeggiare la grande proboscide, o la
zebra che passeggiava avanti e
indietro nella gabbia, o la scimmia che si dondolava giorno e
notte appesa ad un ramo per
la coda? Nient’altro che alcuni
esempi dei molteplici sintomi
delle diagnosi sopracitate.
Un altro aspetto da non sottovalutare nella vita di una
creatura selvatica è quello
sociale: gli elefanti africani,
ad esempio, vivono in branco nella Savana. Sono quindi
animali profondamente sociali,
che amano interagire tra loro e
con i piccoli. Al contrario, negli
zoo, generalmente, il numero
di esemplari per recinto è pari
a uno, massimo due.
Considerando integralmente
tutti gli aspetti dell’esistenza di
questi animali, non c’è dunque
da stupirsi se la vita media di
un elefante in cattività sia di
appena 16-18 anni, quando,
nel proprio habitat, potrebbe
tranquillamente raggiungere i
50-70.
Quando gli esemplari raggiungono la maturità sessuale, si
procede alla riproduzione.
No, non si opera lasciando un
maschio e una femmina in un
recinto, liberi di accoppiarsi.
La maggior parte delle volte
si ricorre all’inseminazione
artificiale: si annullano, con
RUBRICA: BATTAGLIE
tale pratica, i rischi di danneggiamento fisico o di rifiuto
del partner. Le madri incinte,
imbottite di antidepressivi e
droghe per apparire “animali
felici” agli occhi del pubblico
ignaro di tutto, a volte perdono prematuramente i cuccioli. Pur portando a termine
la gravidanza, comunque, è
molto consueto che esse stesse
rifiutino i piccoli. Non è affatto
raro che gli zookeeper scelgano volutamente di separare la
mamma dalla sua prole, per
crescere quest’ultima nell’esibizione ininterrotta della loro
tenerezza – che, da che mondo
è mondo, addolcisce gli animi
più rudi. Si può dire sia questo
il vero interesse degli zoo per
la riproduzione, dal momento
che si fa di tutto pur di evitare
un surplus molto scomodo di
animali. Le strutture hanno i
posti contati, perciò, quando lo
spazio è saturo, quegli individui oramai superflui vengono
venduti (addirittura su internet, a volte) o uccisi, come per
l’eclatante caso della giraffina
Mordere ripetutamente le sbarre può essere
un sintomo di zoochosis
Marius, assassinata lo scorso 9
febbraio (approfondimenti a
pag. 5).
Immaginate di dover vivere la
vostra vita come loro. Immaginate dover dormire, mangiare,
giocare, interagire dietro un
vetro, con gli occhi puntati addosso 12 ore al giorno, flash che
scattano continuamente, mani
che cercano di toccarvi. Pasti
informi e sostanziosi cocktail di
farmaci. La costrizione a dover
subire qualsiasi tipo di maltrattamento, senza la possibilità di
correre lontano, sgranchirsi le
zampe che Madre Natura creò
per percorrere decine di chilometri al giorno. La noia, infinita
noia, di una vita che non vale la
pena di essere vissuta.
Che tipo di divertimento o di
insegnamento potranno mai
essere in grado di impartire
queste prigioni per innocenti?
Si impara molto di più guardando un buon documentario,
perché un animale privato della
sua libertà non potrà mai essere
un degno rappresentante della
propria specie.
Smettere di frequentare zoo,
bioparchi, parchi marini: è
questa la soluzione. Senza il
finanziamento della gente sono
costretti a chiudere bottega.
Non si tratta di un sacrificio,
bensì di una presa di posizione
etica e giusta. E alla proposta
“Andiamo tutti quanti allo zoo
comunale”, propongo di rispondere con decisione: “No! Io No!”
Battaglia di
Azincourt
I PERSONAGGI
nrico V, re d’Inghilterra,
vuole unire alla sua la
corona di Francia. Così
dopo alcune trattative fallite
decide di sbarcare sulle coste
franche.
Jean II Le Meingre, comandante
dell’esercito francese, sicuro di
poter respingere i suoi nemici.
E
IL LUOGO
La pianura vicino Azincourt fu il
luogo dello scontro. Un particolare che caratterizzò quel
giorno fu la grande pioggia che
rese il terreno un pantano.
LE FORZE IN
CAMPO
I francesi disponevano di
ingenti truppe. Erano presenti
cavalieri dalle pesanti armature
con cavalli bardati, poca fanteria appiedata e un contingente
di balestrieri genovesi che
all’epoca erano rinomati per
la loro destrezza nell’uso della
balestra.
L’esercito inglese era formato in
larga parte da arcieri con archi
lunghi, armi micidiali che con
le loro frecce arrivavano anche
a perforare le corazze nemiche.
La fanteria era poca ma fu ben
utilizzata.
Armata inglese a destra e francese a sinistra
I francesi, certi della vittoria,
facevano affidamento esclusivamente sulla forza d’urto della
cavalleria che avrebbe, secondo i generali francesi, dovuto
sbaragliare l’esercito nemico.
Gli inglesi schierarono invece le
truppe a imbuto con gli arcieri
ai lati, protetti da pali acuminati
contro la cavalleria. I balestrieri
genovesi avanzarono per primi
ma furono manati in rotta dalla
potenza di fuoco degli archi
lunghi, i francesi nonostante
tutto caricarono. Le truppe appiedate inglesi seppero resistere alla carica della cavalleria, la
quale era oltretutto resa meno
impetuosa a causa del terreno
fangoso. Gli arcieri nel frattempo bersagliavano di frecce gli
avversari, decimandoli. La rotta
fu inevitabile.
COMMENTO
PERSONALE
A seguito di questa battaglia
i comandanti degli eserciti
appresero una fondamentale
lezione: un esercito composto
da fanteria e archi è più manovrabile e riesce a difendersi
LO SCONTRO
dalle cariche della cavalleria,
Nel giorno di San Crispino e San un aspetto ritenuto da semCrispiano, il 25 ottobre dell’anpre fondamentale durante le
no domini 1415, alle undici
battaglie.
— di Giuditta Migiani, IIIAL del mattino le trombe squillarono e la battaglia ebbe inizio.
— di Michelangelo Conserva, IIIC
16
RUBRICA: LE VAGAMONDO
RUBRICA: LE VAGAMONDO
Lucca
Cork
stinta nella parte superiore da quattro ordini
diversi di loggette sovrapposte. Entrando potrete ammirare un affascinante pulpito marmoreo.
sciti dalla stazione di Lucca, non potrete Nel cuore di Lucca, al 45 di Via Sant’Andrea, vicino a Via della Felicità, si erge un antico palazzo,
non notare dinnanzi a voi le maestose
sormontato da una terrazza giardino. È Palazzo
mura.
Guinigi, anticamente appartenuto alla ricca
Le mura, che cingono il centro storico di Lucca,
famiglia originaria del XIII secolo; la torre ospita
sono frutto di una lunga opera di costruzione,
sulla sommità 5 lecci, di cui ammirerete la graniniziata nel 1504 e terminata nel 1645. Il loro
de e profumata chioma e godrete dell’ombra,
perimetro è di 4200 metri e, attraverso 6 piccodopo aver fatto… solo 300 gradini!!
le porte, è possibile entrare nel vero e proprio
cuore di Lucca, che gli abitanti del centro storico Sicuramente, poi, una delle più singolari piazze d’Italia è quella dell’anfiteatro, che ricalca il
chiamano “Lucca drento”.
perimetro dell’antica arena romana che qui fu
Queste fantastiche mura non furono mai usate
costruita durante il II secolo d.C.
per scopi bellici, ma salvarono la città in occaOggi sulla piazza sorgono numerosi e particolari
sione di diverse alluvioni. Oggi sono percorribili
negozi e locali, tutti da scoprire!
a piedi, in bici, facilmente noleggiabili (sono il
primo mezzo di trasporto dei lucchesi!!), di corsa, Dal 1966 vi è un’esposizione permanente, unica
nel suo genere, nei locali delle Scuderie Borboin tandem… fantastiche passeggiate nel centro
niche: qui è documentata la storia del fumetto
di Lucca vi aspettano!
Conclusa la passeggiata o la tranquilla sosta sulle italiano! Potrete vedere documenti, schizzi e
panchine delle mura, vi consiglio di soddisfare il disegni originali: da Diabolik a Topolino, senza
vostro entusiasmo cominciando a girare! Pronti?! dimenticare Superman, Dylan Dog e Lupo Alberto!
Per il modesto costo di 7 € vale la pena visitare
Se, come spero, vi ho trasmesso il mio entula casa in cui è nato il grande Puccini, che con
siasmo per Lucca,
la sua lirica e la sua
allora vi consiglio di
Tourandot, è motivo
pernottare presso
di grande vanto per il
il delizioso “Hotel
nostro Paese.
Universo” di Piazza
La prima chiesa che
del Giglio.
potrete visitare è
U
“S
tatio Bene Fida Carinis” …dal latino…
“Un porto sicuro per le navi”: questo è
il motto di Cork, città della Repubblica
d’Irlanda, situata all’estremità meridionale dell’isola, sulla foce del fiume Lee, e porto marittimo
di notevole importanza!
Lo stesso fiume taglia in due la città e, prima di
sfociare in mare, si dirama in due bracci che si ricongiungono poco oltre, creando nel centro una
piccola isoletta su cui è sorto il primo insediamento urbano e che ora è parte del centro città.
Cork col suo notevole fascino ha un ricco patrimonio di musei, gallerie d’arte e teatri che la
rendono una città vibrante e moderna tanto da
guadagnarsi l’attenzione del mondo grazie al
titolo di Capitale Europea della Cultura nel 2005.
È una città antica con un ricco patrimonio, in
quanto le sue origini si possono datare intorno
al VII secolo quando, secondo la leggenda, San
Finbarr fondò un monastero, probabilmente sul
luogo dove oggi sorge la Cattedrale dedicata al
Santo.
Anche nella storia moderna Cork ha avuto un
ruolo di rilievo. Celebre è il film Michael Collins
(1996) che ripercorre i sette anni della breve e
ardente vita del, discusso, eroe dell’indipendenza irlandese, ucciso in un’imboscata, e della lotta
intestina all’interno dell’IRA, il movimento di
liberazione irlandese.
Cork è stata anche la location in cui John Houston ha ambientato la trasposizione cinemato-
17
grafica del celebre romanzo di Herman Melville,
Moby Dick (1956).
Le sembianze moderne di Cork derivano in particolare dal periodo medievale, durante il quale
la città risultava governata da circa una quindicina di famiglie mercantili, arricchitesi grazie agli
scambi intrapresi con l’Europa continentale. La
piacevole atmosfera mercantile della Cork di un
tempo si
respira
ancora
oggi
all’interno del
centro
storico,
i cui
confini
sono nettamente contrassegnati dalle due braccia del
fiume Lee.
Rinomate sono le vie Oliver Plunkett Street,
Princes Street, St Patrick Street, contraddistinte
dalla moltitudine di negozi che si trovano uno
affianco all’altro per circa un chilometro.
Ma interessanti sono anche i dintorni di Cork:
il castello di Blarney è una delle attrazioni più
famose, ma di notevole importanza è Cobh, cittadina sviluppatasi a partire dal ‘700 come porto
commerciale e oggi principale porto turistico, da
cui salpò il Titanic.
— di Chiara Innocenzi, IA
quella di San Michele,
chiesa su pianta latina in stile romanico,
con una particolare
facciata, contraddi-
— di Marta
Dibitonto, IA
18
RUBRICA: SCACCHI
Come si migliora negli
scacchi
C
ercherò di spiegare, in questo articolo, come uno scacchista o un qualunque appassionato di scacchi si dedichi al gioco nella fase della preparazione e
cosa distingua un dilettante da un giocatore
di livello agonistico.
Innanzitutto, l’elemento che più garantisce un
certo miglioramento è lo studio, che può essere
sia individuale che guidato da un allenatore; utile, poi, è anche la pratica nelle partite amichevoli, che si possono giocare sia su internet sia con
un avversario in carne ed ossa seduto davanti a
noi.
Allo studio individuale vengono incontro l’informatica, che si è evoluta incredibilmente nel giro
di pochi decenni, e la letteratura scacchistica,
da anni la più ricca fra la letteratura dei giochi
conosciuti nei nostri giorni.
Vediamo ora come vengono utilizzati questi due
strumenti.
INFORMATICA
Esistono programmi di scacchi dotati di un
motore in grado di prevedere con precisione un
notevole numero di mosse; pur non mancando di un certo margine di errore e di capacità
di comprensione limitate per quanto riguarda
alcuni tipi di posizione, il computer, più che un
avversario da battere (Carlsen, attuale Campione
del mondo, ha dichiarato in un’intervista che a
lui non piace giocare contro il computer, poiché “è come giocare contro un idiota che riesce
a batterti ogni volta!”), è un valente aiutante
oggigiorno nella preparazione di uno scacchistagrazie ad esso è possibile, ad esempio, trovare le
partite dei nostri avversari che sono state inserite nei databases e osservare la loro tendenza
di gioco oppure, se stiamo studiando un certo
argomento, confrontare le partite dei migliori
giocatori e ispirarci al loro modo di trattare il
dato argomento.
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RUBRICA: SCACCHI
LETTERATURA
La letteratura scacchistica è di vario genere, a
seconda dell’argomento trattato, del fine che
libro si propone e del pubblico a cui è rivolto:
ci sono infatti libri indirizzati ai principianti,
altri a quei giocatori che hanno già raggiunto un certo livello, altri ancora ai più esperti.
I libri che trattano di apertura, ovvero la prima
fase della partita, nonostante sussistano ancora
sul mercato, sono stati ormai resi obsoleti dai
computer. Si distingue in quest’ambito fra genere monografico, incentrato su un unico sistema
di apertura, ed enciclopedico, che offre uno
scorcio di tutte le aperture, molto spesso però
non esaustivo affatto.
Della seconda fra le tre categorie principali di
libri fanno parte quelli sul mediogioco, ovvero la fase della partita compresa fra l’apertura
e il finale. Questo genere di libri è quello che
mi affascina di più, poiché tratta un’infinità di
temi -dalle combinazioni più artistiche al gioco
prettamente strategico- il più delle volte molto
piacevoli da leggere.
Ci sono infine libri sul finale, ovvero, come dice
la parola stessa, l’ultima fase della partita. E’
opinione comune che i finali sono alla base della
conoscenza degli scacchi; José Raul Capablanca,
terzo Campione del mondo, diceva che chiunque voglia migliorare il proprio livello di gioco
deve cominciare dal finale e studiare poi apertura e mediogioco in relazione ad esso. Purtroppo,
altra opinione comune è che studiare i finali è
piuttosto noioso, ma molti scacchisti, compresa la sottoscritta, dopo aver mancato un paio
di occasioni nella pratica a causa della scarsa
conoscenza dei finali, si rimboccano le maniche
e scoprono che, in fin dei conti, anche studiare i
finali può essere piacevole.
Leggere libri e, più genericamente, studiare le
partire dei migliori giocatori permette allo scacchista di ampliare il suo bagaglio di conoscenze,
conferendogli così maggiore sicurezza al momento della partita vera e propria. In termini più
concreti, conoscere un gran numero di partite,
di posizioni e di temi ad esse correlati garantisce
una certa padronanza delle varie posizioni che si
possono raggiungere in partita –per esempio, se
un giocatore dovesse incappare in una posizione a lui poco nota, magari non derivante dal suo
repertorio di aperture, cioè dalle aperture che
egli gioca solitamente, potrebbe far ricorso alle
conoscenze acquisite durante la preparazione
casalinga e uscirne indenne tramite un ragionamento logico relativamente semplice.
Dilettarsi a guardare brillanti partite di scacchi,
che nella maggior parte dei casi suscitano in
noi un sentimento pari a quello suscitato da un
dipinto o da una qualunque altra opera d’arte,
non è una peculiarità del giocatore da torneo.
Non sono poche, infatti, le persone che hanno
smesso di partecipare ai tornei a causa dello
stress che l’agonismo comporta e si sono dedicate al lato artistico degli scacchi, che permette
di trarne piacere senza condizionamenti esterni.
Gli scacchi, dunque, sanno dilettare chiunque li
voglia accogliere.
Per tornare all’argomento principale, ossia cosa
significa studiare gli scacchi, mostrerò una breve
partita così come la si potrebbe trovare in un
libro. Invito -chiunque ne abbia la possibilità- a
prendere una scacchiera ed eseguire le mosse,
servendosi delle lettere e dei numeri scritti sui
margini della scacchiera, che costituiscono le
coordinate delle varie caselle.
GARA
1.e4 e5 2. Cf3 Cc6 3. Cc3 Cf6 (diagramma 1) Questa apertura prende il nome di ‘Partita del Quattro
Cavalli’
4. Ab5 Ac5 5. 0-0 0-0 6. Cxe5 Te8
7. Cxc6 dxc 8. Ac4 b5 9. Ae2 Cxe4
10. Cxe4 Txe4 11. Af3 Te6
12. c3? Dd3! 13. b4 Ab6 14. a4
bxa4 15. Dxa4 Ad7 16. Ta2 Tae8
17. Da6
Louis Paulsen- Paul Morphy (New York, 1857)
[Simbologia: R= Re; D=Donna (Regina); T=Torre;
C=Cavallo; A=Alfiere; per il Pedone si omette
la lettera P; +=scacco; x= cattura di un pezzo;
!!=mossa molto forte; != mossa forte; 0-0= arrocco corto]
Paul Morphy nacque a New Orleans nel 1837 e
nel 1858, dopo aver sconfitto in Europa il tedesco Adolf Anderssen, allora considerato il più
forte al mondo, venne definito il Campione del
mondo (non ufficiale, poiché il Campionato del
mondo non era ancora stato istituito). La presente partita è fra le migliori da lui giocate.
— di Daniela Movileanu, IA
Qui Morphy eseguì una mossa
spettacolare seguita da uno schema di scacco matto che da allora è
stato annoverato fra gli schemi di
base.
17 ...Dxf3!! 18. gxf3 Tg6+ 19. Rh1
Ah3 20. Td1 Ag2+ 21. Rg1 Axf3+
22. Rf1 Ag2+
23. Rg1 Ah3+ 24. Rh1 Axf2 25.
Df1 Axf1 26. Txf1 Te2 27. Ta1 Th6
28. d4 Ae3 e qui il Bianco abbandonò, poiché non c’è difesa contro
Txh2 con scacco matto.
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