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LA VITA DEL PAESE
I bilanci del comune e la vita del paese
Intanto cerchiamo di renderei conto di cosa accadeva nella
vita pubblica della nostra comunità e con i pochi elementi sotto
mano cercheremo di farcene un'idea.
Diamo un elenco dei dati più indicativi ed importanti per
la nostra indagine dal 1745 al 1861, ricavato dai rendiconti
e dai bilanci economici del nostro comune 1:
anno
sindaco
abitanti
dal 1745 al 1749 Stefano Lombardi
» 1751 » 1752 Stefano Donadio
1753
Francesco Guarano
1757
Nicola Russo
1791
Gaetano Tornincasa
1804
Giovanni Guarino
1809
Antonio Guarino
1810
Antonio Guarino
1811
Domenico Capozzi
1812
Domenico Capozzi
1813
Antonio Guarino
1814
Antonio Guarino
1815
Luigi Di Mattino
1816
Gaetano T ormncasa
1817
Vincenzo Cimmino
dal 1818 al 1822 Vincenzo Cimmino
» 1823 » 1827 Stefano Guarino
1831
Costantino Viglione
1837
Vincenzo Cimmino
1971,50
2662
3000
2640
2778
2700
1726
2758
2758
3234
3237
1 Stati discussi di Melito dal 1809 al 1861 presso A.N.S.
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uscite in ducati
8678 (preventivo
quinquennale)
1563
4081
2528
anno
abitanti
sindaco
1838
1839
1840
1841
1842
Vincenzo Cimmino
Vincenzo Cimmino
Vincenzo Cimmino
Aniello Franco
Aniello Franco
1843
1844
1845
1846
1847
1849
1850
1851
1852
1853
1854
1855
1856
1857
1858
1859
1860
1861
Aniello Franco
Giovanni Di Campara
Giovanni Di Campora
Giovanni Di Campora
Giovanni Di Campora
Giuseppe Mauriella
Giuseppe Mauriello
Felice Rossi
Felice Rossi
Felice Rossi
Felice Rossi
Felice Rossi
Giuseppe Mauriello
Giuseppe Mauriello
Giuseppe Mauriello
Giuseppe Mauriello
Giuseppe Mauriello
Costantino Guarino
2313
-
-
3631
3644
-
3653
3616
3699
3752
3768
3762
3796
3849
3875
3921
uscite in ducati
3297,53
2789
39191 (preventivo
quinquennale)
3778
4564
4299
5045
4906
3379
2740
2328
2170,89
2166
1969
1983
-
1897
1956
1920
1907,50
1934,20
Un esame più attento del' quadro di sopra denuncia immediatamente uno stato economico abbastanza buono per quei
tempi e questo ci spinge alla conclusione che i Melitesi hanno
sempre lavorato e hanno sempre prodotto riuscendo, con il
frutto del proprio lavoro, ad assolvere anche gli impegni di
ordine pubblico.
Le risorse economiche del paese erano quasi esclusivamente
, basate sul lavoro agricolo e da queste si ricavava il principale
sostentamento
per l'esistenza.
Alla pari di tutti i paesi ad economia agricola, anche Melito
vantava delle figure particolari, che oggi lasciano soltanto il
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sorriso nostalgico e anacronistico delle cose, dei fatti, dei luoghi che non ci sono più.
Tra queste spiccava la figura del regolatore dell'orologio
pubblico, cui il comune corrispondeva la somma di 5 ducati
annu1.
I personaggi più autoritari del paese erano il parroco con
cento ducati annui e il medico con 72 ducati, seguivano poi
il maestro dei fanciulli con 50 ducati all'anno e la maestra
delle fanciulle con 25 ducati.
Nella nostra piccola comunità non mancavano gli impegni
umanitari. Si era assicurata una pensione alla figlia del medico,
25 ducati annui, per gli evidenti rischi del medico stesso in
c~ntinuo contatto con malattie infettive così frequenti, e si
cedevano annualmente 20 ducati per la beneficenza ai padri
francescani.
Ma cerchiamo di seguire un ordine nell'esposizione dopo la
piccola parentesi iniziale!
Le entrate principali del comune erano costituite dalle varie
gabelle. Di queste, la più importante ed anche la più pesante
era quella sulla farina, che fruttava al comune ben 1000 ducati
all'anno. Facevano seguito in ordine di importanza quella
della panizzazione, che aumentava di altri 850 ducati le entrate
comunali, quella sul pozzo pubblico e quella sul vino.
Le entrate minori erano costituite dalla concessione a cittadini da parte del comune di privative particolari, come per
esempio quella della concessione ad un privato dell'esercizio
del forno pubblico, oppure quella della neve con la quale
si concedeva ad un cittadino l'esclusività di fornire alla comunità appunto la neve per l'estate, neve che veniva conservata
solitamente nelle montagne dell'avellinese in larghi e profondi
fossi, ricoperti di foglie e terreno 1.
1 Ho appreso questa notizia direttamente da mio padre che evidentemente ricordava queste cose fin dalla sua infanzia. Il ghiaccio industriale infatti cominciò
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La spesa maggiore che compariva in bilancio era quella
sostenuta dal paese per le truppe di passaggio che dovevano
essere alloggiate e foraggiate. Talvolta essa raggiungeva anche
la somma di 700 ducati.
Nei conti comunali del 1752 al n. 675 leggiamo: «Ci facciamo esito di docati settantanove per un anno terminato a
30 novembre 1752 pagati all'armigeri della corte di questo
casale secondo il solito ». E subito di seguito « Ci facciamo
esito di docati 271 per il pane ed il forno ai domeni del casale ».
In ordine di importanza seguivano le spese sostenute per
le opere pubbliche del Distretto. A quel tempo infatti quelle
spese venivano effettuate con il contributo di tutti i paesi che
lo componevano. A carico di Melito cadeva una parte del
costo di mantenimento della strada di Cardito (ducati 2,58) \
di quella da Afragolaa Casalnuovo(ducati 100) 2 e di tante
altre. Nel 1846 questa cifra raggiunge la punta massima di
ducati 1181,67 per il mantenimento di tutte le strade circondariali. Non mancavano le rate di mantenimento del nosocomio
per malati mentali di Aversa, infatti in molti bilanci si ritrova
la voce « Il vigesimo dei matti ad Aversa, ducati 23 »3.
Alle spese per opere distrettuali fanno seguito le spese per
le opere municipali. Nel rendiconto del 1753 troviamo che
« vengono pagati a Matteo Cretella ducati 34,10 per riparazioni del tetto del forno detenuto da Giovanni Russo» affittuario del medesimo.
È evidente che questo edificio così importante per la vita
alimentare del paese, costruito dal feudatario, detentore dello
ad essere prodotto intorno al 1870 e fino al suo arrivo nel nostro paese passarono
certamente molti anni. I paesani se volevano rinfrescarsi in estate, dovevano ricorrere per forza al sistema accennato che anche se molto primitivo in realtà risultava
molto efficiente.
1 Archivio Nazionale di Stato, Stati Discussi, 1831.
2 Idem.
3 Idem, 1837, 1838, 1839, 1840.
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« ius panizzandi », era affidato in concessione ad un paesano,
il quale ne pagava la locazione1. Quando occorrevano riparazioni, queste gravavano sui cittadini. Con la caduta del feudalesimo il forno rimase di proprietà della collettività che a sua
volta lo gestì dandolo in concessione. E così troviamo nel
1843 che il forno è fittato a Nicola Ranella per ducati 100
mensili, mentre il mulino, gestito alla stessa maniera del
forno, viene fittato a Giovanni Lombardi per ducati 20 al
mese. È ovvio che nel caso questi locali avessero avuto bisogno
di riparazioni, queste sarebbero ricadute sulla comunità che
ne usufruiva.
Lo stesso sistema si seguiva per il pozzo. Infatti nel 1813
troviamo « Il fittante ha diritto ad esigere grani 1 e centesimi 4 per ogni copello d'acqua che attinge e che trasporta in
casa di chi ne chiede», e nel 1831 troviamo spesi ducati
27,90 per una balaustra in ferro per il pozzo pubblico.
Nella stessa categoria di spese possiamo includere quelle
per la riparazione e per il rifacimento delle strade interne.
Nel periodo dal 1809 al 1849, ogni anno la nostra comunità
spendeva da 20 a 70 ducati per il fitto della casa comunale, ma
nel 1850, sotto il sindaco Felice Rossi, dopo di aver affidato
l'arte molitoria, all'iniziativa privata, si decise di trasformare
il locale del molino in casa comunale e con la prima spesa di
quell'anno di 1229 ducati si adattarono le prime stanze del
mulino, in modo da poter ospitare i primi uffici amministrativi, mentre la precedente casa del comune, in via Roma 229,
resa libera in quell'anno stesso, alloggiava la scuola dei maschi
e la scuola delle femmine che fino allora erano state ospitate,
anno per anno, in locali diversi fittati a spese della comunità.
1 Archivio Nazionale di Stato, Conti Comunali n. 675, anno 1751: «Ci facciamo
esito di docati sessantacinque per mesi undici di infornatura, pagati all'illustre duca
di questo casale a tenore dei decreti della Regia Camera ».
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L'ultima rata di questi lavori per la casa comunale di 189 ducati, la troviamo nel bilancio del 1856.
In questo periodo ci si occupò della soluzione di un altro
problema che angustiava la nostra municipalità, ovvero la mancanza di un cimitero comunale.
Fin dal 1794 l'Università per questo bisogno domandava
al parroco, don Gaetano Guarino, quattro moggia di terreno,
adiacenti alla masseria di Visconti, la cui rendita costituiva
la congrua parrocchiale di ducati 128 lordi, come risulta dal
contratto di fitto del 1791 con il sindaco Gaetano Tornincasa.
Il parroco nel 1794 cedette il pezzo di terra a condizione
che l'Università gli avrebbe concessouna congrua di 100 ducati
l'anno.
Malgrado tutto, passarono ancora molti anni per la costruzione del cimitero. Intanto i seppellimenti venivano effettuati
come sempre nella parrocchia del casale, nella confraternita di
S. Maria di Piedigrotta e nella cappella della Madonna dell'Arco all'ingresso del paese.
Nel 1820 cominciarono i lavori per il camposanto, ma procedettero con molta lentezza. Il colera che nel 1837 colpì
ancora una volta le nostre contrade, contribuì ad esaurire la
disponibilitàdei luoghi di seppellimentoabituali e nel 1840 1
il sottointendente di Casoria, da cui dipendeva Melito, sollecitava al sindaco la definizione dei lavori al Camposanto perché
non c'era più spazio per seppellire morti nelle chiese.
Nel giugno 1841 finalmente sotto la guida dell'architetto
Felice Abate e del pittore Luigi Barone2 si ebbe un cimitero
in piena regola, all'inizio in comune con il casale confinante
di Piscinola e Marianella e successivamente di esclusiva ap1 Archivio comunale di Melito.
2 Dal verbale del 31 luglio 1841, Archivio Comunale di Melito: «... Due affreschi di palmi 6,30 per 8,30 rappresentando uno la Deposizione della Croce, e
l'altro l'Ascensione di N. S. Gesù Cristo ed un quadro della Vergine Addolorata ».
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partenenza a Melito. Esattamente il 16 luglio 1841, il sindaco,
Aniello Franco, firmava un verbale, inviandolo al sottointe.ndente di Casoria, in cui si diceva che si era provveduto a
sigillare ogni sepolcro non compreso nell'area del Cimitero
comunale, murandone alcuni e ad altri asportando gli anelli
di ferro dalle chiùsure in marmo, onde vietarne l'accesso.
Il 10 dicembre don Achille Catalano, architetto, progettava
1 lavori di ampliamento e sistemazione della via di accesso,
detta strada Visconti, che per ducati 383,88 venivano aggiudicati a Giovanni di Campora, maestro muratore di Melito.
U espansione urbana
Parlare di espansione urbana di un piccolo centro qual'è
tuttora Melito, sembrerebbe voler ingigantire certe proporzioni e abusare di certi termini, ma tant'è, basta dare uno
sguardo alla popolazione e subito ci renderemo conto di come
l'area abitata del piccolo centro si è dovuta per forza di cose
allargare nel corso dei secoli.
Uno sguardo al numero degli abitanti ci mostra subito che,
se dalla metà del '700 alla metà dell'800 la popolazione è
aumentata da circa 2500 a circa 4000 unità, alla metà del '900
essa è passata a ben 12.340 unità 1.
Le più vecchie costruzioni si trovano principalmente nella
zona compresa tra le vie: Casamartino, vico Palazzo, vico
Francesco Rossi, vico Franco, vico Viglione, vico Cimmino,
via Roma, via Pizzone 2, vico Rosa, vico del Ponte. A parte
le vecchie masserie, la Lampa, le Signorelle, Garofalo, Lazza1 Censimento comunale al 31'10-1976.
2 La via centrale del vecchio paese. Nel Regesta 507 del Monumenta ad Napolitani
Ducatus il Capasso riporta stranamente questa via in Marano, dove non è mai esistita. Secondo me quel Maranum della pergamena doveva essere letto Malitum.
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retto, Viscontie Monacelli\ Rinchiuso e Fra Diavolo, sparse
un po' dovunque, fuori dell'abitato.
In una vecchia catta del 1833 si nota che il centro abitato
era molto più ristretto di quello attuale, mentre in linea di
massima erano già tracciate tutte le strade del presente, almeno
quelle delle grandi comunicazioni,e ovviamente la strada Regia
che abbiamo visto antichissima.
La strada per Giugliano, paese con cui Melito è sempre stata
collegata, non aveva lo sbocco attuale, ma ad essa si accedeva
da diverse parti, per lo più attraverso piccole strade di campagna, appena tracciate, come per esempio la strada delle
Signorelle, oppure quella vicino alla casa cantoniera sulla strada
per Aversa. La strada attuale che dalle colonne mena a Giugliano fu allargata e lastricata nel 1842.
Questa via all'ingresso di Melito dal lato di Aversa è delimitata da due colonne di granito, su ognuna delle quali è
montata una targa di marmo. Le targhe sono ambedue in pezzi
per effetto degli sconquassi dell'ultima guerra mondiale. Su
una di esse si riesce ancora a leggere, con molta buona
volontà:
VIAM PASSUM FERME DeC
AB ACCESSU DEIM DIFFICILI
IUNIANI ES C. . MPLANATAM
. . . MATICE QUE
UTRIUMQUE E. DITAM
QUERA
CE
MUNIENDAM CUI AB ... NT
AER PUBLICO
A . U . . E CAMP ANIAE VIAE
...01 .MINE
MAC.. E LARARI
MDCCCXLII
1 Detta 'a massaria 'o Monaco è forse la più antica per la vetustà della costruzione. Nella prima metà dell' 800 apparteneva al principe di Angri.
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Nel 1865 si eseguiva il lastricato di via Casamartino, di
via Pizzonee di vico Febbre \ attuale via Francesco Rossi 2.
La strada di collegamento con Mugnano, altro paese vicino
con cui Melito ha sempre avuto contatti, progettata nel 1873
dall'ing. Francesco Mazzarelladi Napoli, prevedeva in un primo
tempo una percorrenza media di circa 2135 metri. Fu realizzata al posto attuale qualche anno dopo, con una percorrenza
di circa 4200 metri.
La maggior parte delle case della vecchia Melito, come in
molti casi si può tuttora notare, era interna ad un cortile su
cui dava direttamente. Il cortile separato dalla strada da un
portone di legno, rappresentava il posto dove si svolgevano
i lavori domestici più pesanti e quelli che richiedevano più
spazio: dal lavare i panni e stenderli al sole, al preparare le
conserve e le bottiglie di pomodoro per l'inverno, dal trattenimento dei bambini, all'allargare (cardare) la lana dei materassi, alBaccolare delle donne. L'interno della vecchia casa
melitese, in moltissimi casi di un solo ambiente, serviva soltanto alle funzioni principali ed elementari di un tetto: mangiare, dormire, ripararsi dalle intemperie. Quasi tutte le abitazioni erano dotate di un grosso camino, in cui un poderoso
treppiedi attendeva la pentolona per cucinare sia il pasto
domestico che il « pastone » 3 per le bestie.
Nei cortili, almeno nei più organizzati, c'era un forno, un
pozzo per l'acqua piovana, un lavatoio ed un gabinetto d'igiene,
in comune con tutti gli abitanti dello stesso cortile.
1 Nome derivatogli sicuramente dai molteplici casi di febbre mortale veri£.catisi nei vari secoli in questa strada. Tutt'ora a metà strada si nota un'edicola
dedicata alla Madonna della Febbre. Da notarsi che questa via finiva con un luogo
detto 'o Piscenaro che incrociava la cupa di Melito probabile ramificazione del Fossatum Publicum. Tal'era un luogo malsano di raccolta di acque piovane e stagnanti.
(Bonificate a fine 800 dai miei avi quando si stabilirono in Melito).
2 Altri vicoli hanno cambiato nome nel corso del tempo. Dalla carta del 1833,
rilevo: vico degli Angeli, attuale vico Franco e vico dei Peli, attuale vico Cimmino.
3 Acqua, crusca (vrenna) e patanielli.
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(tle/I'~
~ \
~
Le case padronali, pur non spostandosi molto dall'impostazione accennata, erano dotate soltanto di più ambienti e sempre disposti su due piani.
Quello inferiore a piano terra per lo svolgimento della giornata e quello superiore, per lo più accessibile con una scala
esterna, per le camere da letto.
~ Ma le case non dovevano essere molto salubri prima del
1865, anno in cui ancora una volta il colera infuriò dalle nostre
parti. Infatti proprio in quest' anno il Consiglio Superiore di
Sanità del Regno d'Italia emanava alcune norme d'igiene per
contenere il più possibile l'epidemia e per la disinfezione generale dei luoghi e degli oggetti serviti ai colerosi; in questi divieti c'era anche quello assoluto di trasportare cadaveri scoperti
in chiesa, com'era in uso all'epoca.
A seguito di tali norme, il sindaco di Melito, Vincenzo
Piscopo, nel 1868, con il visto della Deputazione Provinciale
e del Ministero dell'Interno, emanava un <{Regolamento di
Pubblica Igiene per il Comune di Melito di Napoli» con il
quale, a parte alcune norme d'igiene per la rivendita di
generi alimentari, dettava norme specifiche per la costruzione delle nuove abitazioni e per l'obbligatorio miglioramento di quelle esistenti. Queste norme riguardavano principalmente: l'apertura di finestre alle case sfornitene, per favorire il condizionamento dell'aria; lo svuotamento dei gabinetti
era possibile effettuarlo soltanto di notte, trattandosi nella
maggior parte dei casi di pozzi neri; il convogliamento delle
8cque sporche; l'imbiancatura annuale a calce di ogni terraneo; la zincatura dei tubi di raccolta d'acqua piovana che dai
tetti la convogliavano ai pozzi e la pulizia di questi ultimi;
lo smaltimento delle immondizie domestiche da depositarsi
nelle campagne per usarle quale concime.
A quell'epoca l'unico servizio sociale esistente nel paese
era l'acquedotto, ma non tutte le case avevano l'acqua cor96
rente e dovettero passare molti anni ancora fin quando non
se ne fornissero tutte le abitazioni.
Ormai però ci si avviava man mano sulla strada del progresso e così nel novembre del 1878 il Comune trasmetteva
al sottoprefetto del circondario di Casoria il verbale della riunione comunale in cui si decideva di aprire in Melito un ufficio
telegrafico.
Nel febbraio del 1883 il sottoprefetto di Casoria scriveva
al sindaco di Melito, Mauriello Felice, informandolo che
l'ing. Eduardo Otlet 1 era stato autorizzato a costruire e ad
esercitare, con la locomotiva a vapore, la linea tramviaria
Melito - S. Antimo - Aversa. In breve tempo Melito si trovò
collegata con altri paesi vicini e finalmente con Napoli.
Le strade furono pavimentate e non tardò nella prima decade del '900 a venire anche il collegamento con la rete elettrica, la cui energia veniva fornita dalla centrale di FrattamaggIOre.
1 Eduardo Odet fu Giuseppe, nato a Bruxelles, di condizione banchiere, domiciliato a Parigi. Il fratello di questi, Adolfo, nato anch'esso in Bruxelles, era domiciliato in Firenze ed era amministratore dei Tramwais a vapore di Firenze, di
Praga, di Monaco e di altre città d'Europa.
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