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ADRIANO SCHIAVO
VIGODARZERE
E IL SUO TERRITORIO
ADRIANO seRIAVO
VIGODARZERE
E IL SUO TERRITORIO
SCUOLA GRAFICA ISTITUTO SAN GAETANO . VICENZA
~
PRESENTAZIONE
«Immersa in quel placido silenzio - scriveva il Michelotto della Certosa di Vigodarzere 1 - che stringe il cuore ed
invita lo spirito alla preghiera} il profano guarda e nulla comprende; ma per chi conosce gli avvenimenti è tutta una fantasmagoria di dolci ricordi che attraversano con imistenza la memoria:
sono rovine che fremono} sono ruderi che parlano} è tutto un
bisbigliar solenne di voci misteriose che escono da quei resti benedetti ».
Rivivere l}incontro della storia passata e fissare quella presente} è stato anche lo scopo del presente lavoro.
Autore
1
C.
MrcHELOTTO,
La Certosa di Padova, Padova, 1923, pp. 22-23.
5
INTRODUZIONE
Il Comune di Vigodarzere
Provincia, Diocesi e Distretto
di Padova - , situato nella confluenza del torrente Muson dei
Sassi nel Brenta, è formato dal capoluogo, Vigodarzere e dalle frazioni di Saletto, Tavo e Terraglione, tutte parrocchie. Tra le contrade si segnalano: Certosa, Conchelle, Salgaro, Busiago, Sorriva, Fornace e Villa Bozza.!
Il Comune confina ad Est con Padova e Cadoneghe, a Ovest
con Limena e Curtarolo, a Nord con Campodarsego e San Giorgio delle Pertiche e a Sud con Limena e Padova.
Giace tutto in pianura; l'altitudine media sul livello del
mare è di m. 17 a Vigodarzere e Terraglione, 18 a Saletto e 19 a
! Busiago ricordato nel 1137, Fornace nel 1137 e con chiesa nel 1297 (Rationes decimarum), Ottavello nel 1265, Saletto nel 1085, Soprariva (Sorariva - Sortiva)
nel 1137, Tavo nel 1137, Tavello nel 1234, Vanzo Mussato nel 1265, Vigodarzere
nel 918, Villa Bozza nel 1227, Conchelle e Terraglione nella Carta Militare, Salgaro
nelle visite pastorali. (Queste date saranno riprese più dettagliatamente nei singoli
capitoli; cfr. A. GLORIA, Agricoltura nel padovano, Padova, 1855, volI. 2, pp. CXXIX
5S. e CCXXXIV ss.). Da hiasimare la scomparsa della vetusta denominazione di via
Conchelle, sostituita da quelle di via Ca' Zusto e via Alessandro Manzoni.
D. OLIVIERI, Toponomastica Veneta, Venezia, 1961, p. 85: il toponimo Piovego deriva da publicum (pubblico), publicae el ano dette le vie non vicinali cioè
pubbliche e nel Medioevo gli scoli d'acqua, tuttora detti piovette; p. 96: Cavino da
caput (estremità), propriamente nel dialetto padovano è «il sentiero alla testa dei
campi »; p. 110: Perarello da petra
petretum (pietra); p. 141: Terraglione da
terraio, terralio (terrapieno, argine fluviale); p. 130: Fornace da furnus (forno, fornace); p. 112: Sorriva da sopra-ripa (sopra la riva); p. 97: Conchelle da concha
(conca); Baruchella: macchia, cespuglio, terreno boscoso e paludoso. I toponimi di
Vigodarzere, Saletto, Tavo e Salgaro saranno studiati nei singoli capitoli.
7
Tavo, con punte massime di m. 23 e minime di m. 16. È situato
a gradi 0° 33' e 0° 37' di longitudine Ovest dal meridiano di
Roma (Monte Mario) e a gradi 45° 27' e 45° 30' di latitudine
Nord dall'equatore.
Ila una superfice di Kmq. 19,91, pari ad ettari 1.991, ossia
campi padovani 5.026.
Dista da Padova Km. 7,700. Alcuni dati chilometrici: per
andare alla stazione dal municipio Km. 0,8, da Saletto 3,5, da
Tavo 6,8, da Terraglione 4,8.
È attraversato da una buona rete stradale, costituita da due
strade provinciali, di cui la più importante congiunge Vigodarzere con Arsego, sviluppandosi nel territorio comunale di Vigodarzere per Km. 9, e la seconda è il T erraglio di Salgaro. Le strade comunali attualmente si sviluppano per 54 Km. di cui solo
12 sono asfaltati, altri però sono in fase di imminente asfaltatura.
Per giungervi, da Padova, si può percorrere la Statale n. 307
detta anche via del Santo, che da Padova porta a Camposampiero, deviando a Pontevigodarzere; oppure la Strada Valsugana,
che collega Padova con Bassano, deviando a Limena.
Vari sono i mezzi di trasporto di uso pubblico: l'autolinea
Padova-Arsego, la ferrovia Padova-Calalzo con fermata a Vigodarzere,2 e l'autobus a Pontevigodarzere.
Il Comune ha ufficio postale e servizio telegrafico, oltre al
capoluogo, nella frazione di Saletto, il telefono nei centri, medico
condotto a Saletto e Vigodarzere, carabinieri a Vigodarzere, ostetrica a Saletto, farmacia a Vigodarzere, pretura, tribunale, ufficio imposte e registro a Padova. 3 Inoltre vi ha sede la caserma
di militari del «VII Deposito Centrale Aeronautica ».
VIGODARZERE - Carta dell'Istituto Geografico Militare.
(Gabinetto folografico del Museo Civico di Padova)
2 Costruita nel 1877 per collegare Padova con Bassano e in seguito con Belluno (1882) e Calalzo.
3 Dizionario ufficiale dei comuni e dei centri abitati, pubblicato dall'« Istituto
Centrale di Statistica », aggio1'11ato fino al 1955.
8
9
Ì~ attraversato da Ovest ad Est dal fiume Brenta che riceve,
nel territorio del Comune, il Piovego a Tavo e il Muson dei Sassi
a Vigodarzere.
Il terreno è leggero e siccitoso vicino al Brenta, misto e me·
dio al centro, più tenace al nord. È fertile, coltivato abbastanza
razionalmente e con cura. Prodotti principali sono il frumento,
granoturco, fieno, cereali e, in minor quantità, patate, frutta ed
ortaggi. Estesa e redditizia la coltivazione della vite. Viene alle4
vato in abbondanza il bestiame da stalla e da cortile.
La distribuzione della popolazione è alquanto sparsa in tutto il territorio, con tendenza a stabilirsi lungo le strade provinciali. Esiste il grosso centro di Vigodarzere e altri nuclei rilevanti
nelle tre frazioni. La caratteristica costruttiva della zona è la casa
per ogni nucleo familiare. Anche se molte abitazioni sono ancora
rustiche, tuttavia, in generale, non si lamentano precarie condizioni di stabilità e salubrità.
Per la popolazione scolastica ci sono cinque edifici scola5
stici e una scuola media alloggiata in locali di ripiego. Mancano
nel territorio comunale ritrovi per attività sportive e ricreative,
6
ad eccezione dei patronati per la gioventù delle parrocchie.
Rilevante « lo sviluppo industriale che ha trasformato que·
sto Comune alla periferia di Padova ».7
La proprietà terriera della zona è molto frazionata e in
prevalenza a conduzione diretta.
Diffuso il benessere; basti pensare che, mentre nel 1929,
nell'elenco dei poveri del Comune, erano iscritte 197 famiglie
con 1091 membri, nel 1954, 80 famiglie con 250 membri e nel
1966 il numero dei componenti delle famiglie iscritte era sceso
a 46.
4 Dati meteorologici (valori annui medi normali per la Provincia di Padova).
Temperatura, 12',62. Nebulosità, giorni sereni 121, varii 123, coperti 121, nebbiosi
54,7. Nebbia, giorni c. 55. Precipitazione (pioggia), mm. 866, giorni 110. Neve, cm. 20;
giorni 5.
5 Situazione scolastica del Comune di Vigodarzere nell'anno 1969-70. Nelle
elementari c'è una popolazione scolastica di 901 bambini dei quali 437 maschi e
464 femmine. Ci sono 6 prime, 7 seconde, 7 terze, 7 quarte e 6 quinte, in tutto
33 classi distribuite in 5 edifici scolastici. Ripetenti 80 unità. Sede della Direzione
Didattica a Vigodarzere. Nelle medie ci sono 13 classi con un complesso di 275 studenti. Ci sono 5 prime, 4 seconde e 4 terze.
6 È entrato in attività nel 1970, il lago di Pesca Sportiva «Azzurro» dei Cipressi, gestito da privati e situato nel meandro morto del Brenta dinanzi al municipio.
7 Difesa del Popolo, settimanale della diocesi di Padova, 25-5-1969.
lO
11
PARTE PRIMA
IL
TERRITORIO
NELLE
DI
ETÀ
VIGODARZERE
STORICHE
CAPITOLO I
ETA ROMANA
1) COLONIA ROMANA DI CAMPOSAMPIERO
Il territorio del Comune di Vigodarzere era abitato fin dall'epoca romana. Faceva infatti parte della colonia romana di Camposampiero, che ne era il centro principale.!
I confini di questa colonia, che aveva la forma di un quadrilatero irregolare, si possono stabilire nel Muson Vecchio, nella
regione acquitrinosa delle sorgive a sud di Cittadella, e a potente e a mezzogiorno dall'antico corso del Brenta. Come ogni colonia romana anche questa formava una specie di reticolato di
strade parallele, equidistanti ed incrociantesi ortogonalmente tra
di loro, tuttora facilmente rilevabile specie a oriente della strada
del Santo, zona meno devastata dalle alluvioni del Brenta.
Le suddivisioni maggiori erano dette cardo maximus) quel-
! Studi fondamentali sull'agro centuriato romano del Camposampierese:
P.
KANDLER, L'agro colonico patavino, ms. del 1886 (in Bibl. Civica di Padova, B.P.
1616 XI); A. GLORIA, L'agro patavino dai tempi romani alla pace di Costanza, da
«Atti 1st. Veneto », T. VIII, Padova, 1880-81, p. 119 5S.; A. DE BON, La colonizzazione romana dal Brenta al Piave, Bassano, 1933; P. FRACCARO, Intorno ai confini e
alla centuriazione degli agri di Patavium e di Ace/um, in «Studi di Antichità classica
in onore di E. Ciaceri », Genova, 1940; C. GASPAROTTO, Padova romana, Roma, 1951;
L. ROSTIROLA, Camposampiero, Padova, 1924.
15
la da nord a sud, e decumanus maximus, quella da est a ovest, e
in base ad esse, a distanze fisse, erano segnati i cardini e i decumani minori. La colonia risultava così divisa in grandi quadrati
regolari detti saltus.
La scoprì il Legnazzi, che visitò nel 1846 il territorio di
Camposampiero e fu sorpreso dalla rete stradale che divide l'agro
in quadrati perfetti. Cessò ogni dubbio, quando, alcuni anni dopo, egli ritornò nel territorio con Pietro Kandler, l'illustratore
della colonia romana di Pola. Gli studi del Legnazzi furono conclusi nel 1886.2
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2) STRADE ROMANE
Cardo maximus era 1'Aurelia, che seguiva press' a poco il
percorso della attuale strada del Santo, Padova-Camposampiero,
e collegava Padova a due importanti centri agricoli, Camposampiero ed Asolo. 3 Altra strada importante era la via di Val Medoaci (tradotto significa Valle del Brenta, attualmente detta Valsugana), che univa Padova a Bassano e proseguiva per Trento. 4
2 A. SIMIONI, Storia di Padova dalle origini alla fine del sec. XVIII, Padova,
1968, pp. 74-76. L'origine della colonia è forse di età augustea, tra il 42 e il 31 a.c.,
cioè tra la battaglia di Filippi e quella di Azio, per i veterani di Augusto provenienti
da varie legioni.
I militi dedotti non si sa quanti fossero. Essi ebbero pieni diritti di cittadinanza e di amministrazione locale. Ad essi furono assegnati terreni, non si sa in
quale misura, come non si sa, se presi da beni comuni o da beni espropriati ai
vecchi abitanti e pagati da Roma, o da beni confiscati d'autorità.
3 C. GASPAR01'1'O, La via Padova-Camposanpiero in età romana, in «Il Santo.
Riv. antoniana di storia, dottrina e arte », I, 2 (maggio-agosto 1961), p. 86: «Probabilmente così denominata da C. Aurelio Cotta, proconsole della Gallia Cisalpina
(Valle Padana) nel 74 a.c. ». L'articolo è uno studio particolareggiato del territorio
attraversato dall' Aurelia.
4 C. GASPAROTTO, Padova romana, Roma, 1951, pp. 137 e 151 ss. A S. Maria
di Non si trovarono tracce di sepoltura e lapidi funerarie romano-imperiali; a Tavo
si danno per trovate nel territorio della frazione alcune lapidi funerarie di liberti,
ritenute di età imperiale. Nel Tavello invece, nel 1887, furono trovate alcune tombe
«alla cappuccina », delle quali si conservano 12 tegole fittili con timbro. C. GASPA-
Schema topografico del I'agro patavino.
(Da Padova l'OIBa!1,"
""
CiI'
C. GAST'AROTTO)
16
17
Questa strada, che non aveva nome e non era ricordata da alcun
antico autore, né riportata dagli itinerari, è stata riconosciuta
per primo dal Filiasi. 5 Egli, basandosi sulla toponomastica di
Tavo e Non e poiché « le odierne distanze tra essi e la città corrispondono benissimo alle antiche, concluse che la loro posizione
e il loro nome potrebbero indicare, che ivi passasse una via che
da Padova univa alla Postumia che passava per Cittadella ». In
seguito fu studiata dal Legnazzi, dalla Zanon, dal Gloria e
dalla Gasparotto e fu scoperto che in alcuni tratti è ancora riconoscibile.
Tra le laterali, o decumani, vi era il decumano massimo,
che pare fosse la « strada del desman » la cui romanità è provata
dal perfetto rettifilo e dall'ampiezza della carreggiata (m. 20),
ecce~ionale per una via rurale. Muoveva certamente dalla via di
Val Medoaci e passava per S. Giorgio delle Pertiche, S. Michele
delle Badesse, Borgoricco e S. Angelo di Sala, raggiungendo il
margine territoriale antico della laguna. 6
Vi era inoltre il decumano cosiddetto di « Campodarsego»
che collegava S. Maria di Non - Campodarsego - Oriago ed era del
più alto interesse economico, specie per le migrazioni stagionali
dei greggi dai pascoli estivi di montagna, che scendevano per
la Val Medoaci) a quelli invernali, della laguna. Più a sud c'era
il decumano Pianiga - Codiverno - Limena.
A Tavo, sulla via di Val Medoaci, si staccava una laterale
che portava in quel di Villafranca, alla cosiddetta « via dell' Arzere »/ attraverso la via romana del Tavello, provata dal topo··
nimo e da tracce sul terreno, creando una opportuna comunicazione stradale tra i pascoli del versante orientale dell'altipiano di
Asiago, pertinenti a Padova, e la laguna. Per essa i greggi potevano agevolmente migrare da e per i pascoli « marittimi », senza
intralciare l'intenso traffico stradale intorno alla città. 8
Vigodarzere, forse, si trovava nel primo decumano meridionale della colonia, in quanto la località Bagnolo indicherebbe
il margine della centuriazione.
I saltus) quadrati di terreno delimitati dai cardini e dai decumani, 26 nella colonia romana di Camposampiero, a loro
volta avevano delle divisioni minori, dette calles) se parallele al
cardine, limites) se al decumano. Queste divisioni minori delimitavano le centurie che erano 25 per ogni saltus. Questo immenso
agro era costituito da un totale di quasi 600 centurie di m. 710,4
di lato, pari a circa 50 ettari, gran parte delle quali sono ancora
conservate. Ogni centuria venne ripartita tra due o tre o più
assegnatari nuovi coloni (p. 21).
Il Fraccaro prospetta l'ipotesi che la raggera di strade romane intorno a Padova perfezioni un sistema stradale paleoveneto. 9 Della stessa ipotesi è anche la Gasparotto. Questa si avvale di ritrovamenti di tracce di sepolture paleovenete, del II-III
sec. a. c., avvenuti presso il paese di S. Giorgio delle Pertiche,lO
che testimoniano l'opera di bonifica agricola patavina a nord del
Brenta, prima del periodo romano. l1
8
9
CGASPAROTTO, La via Padova-Camposampiero, cit., pp. 70-71.
P. FRACCARO, Il sistema stradale romano intorno a Padova, Padova, 1959,
p. 25.
ROTTO, Carta Archeologica Italia, F. 50 (Padova), Firenze, 1959, p. 12, n. 9 (S. Maria
di Non); p. 16, nn. 4-5 (Tavo).
5 G. FILIASI, Memorie storiche dei Vene ti primi e secondi, Padova, 1811
(2" ediz.), pp. 344 ss.
6 C GASPAROTTO, La via Padova-Camposampiero, cit., p. 69.
7 Questa collegava Padova all'Altipiano di Asiago e coneva su un robusto
argine, tuttora in parte conservato, onde essere preservata dalle inondazioni del vicino Brenta.
18
lO C GASPAROTTO, La via Padova Camposampiero, cit., p. 72 e 86. «Data la
sistemazione romana della via di Val Medoaci non dopo l'inizio del I sec. a.C ».
11 I paleoveneti, popoli di origine illirica, compaiono nella pianura padana
intorno all'VIII-IX sec. a.C e raggiungono ben presto uno stato di avanzata civiltà
grazie ai rapporti coi coloni greci e con gli Etruschi. Essi si sovrapposero al popolo
euganeo, stanziato nei colli omonimi e del quale abbiamo tracce fin dal II millennio
a.C Il loro primo centro è Este, e solo più tardi, nel centro della pianura che andava
via via assodandosi, lungo i fiumi navigabili che lentamente fissavano il loro regime,
19
Davvero imponente fu il sistema stradale creato dai romani. Le strade di solito seguivano un tracciato rettilineo, erano spaziose e solide, arginate e pavimentate a grandi quadri di macigno,
con le frequenti mansiones per rifugio ai viandanti e le non meno
numerose mutationes per il cambio dei cavalli e i cippi miliari e
le edicole con le immagini delle divinità.
La minaccia dei barbari, alla fine del II sec. d.C., fece sentire la necessità di fortificare non solo le città ma anche le campagne, dove si cominciò a erigire castellieri, piazzeforti, pressoché circolari, circondate tutt'attorno da un robusto terrapieno.
Resti di questi castellieri furono trovati a Fossalta di Trebaseleghe e a Vaccarino, altri pare sorgessero a S. Giustina In
Colle, a Borgoricco S. Eufemia e a S. Angelo di Sala. 12
3) REPERTI ARCHEOLOGICI DEL TERRITORIO
DI VIGODARZERE
La divisione dei terreni a « graticola» è stato rilevata ad
est della strada del Santo, in località Bragni, e fu ben messa in
evidenza dalla Gasparotto nella Carta Archeologica. Tra il cardine dell'Aurelia 13 e quello di Codiverno, primo calle era via Brom-
si aprivano altre redditizie possibilità. Sorgeva così a poco a poco Padova, destinata
a diventare il maggior emporio di questo popolo industrioso: siamo nella seconda
metà del V sec. a.c. I vene ti risultano federati di Roma già nel III sec. a.c., nell'89
a.c. ricevono la concessione del diritto latino e nel 49 a.c. quello romano.
12 C. GASPAROTTO, La via Padova-Camposampiero, cit., p. 73.
13 Le tracce della via Aurelia, si arrestano presso il ponte di ferro a causa
dello spostamento a est del corso del Muson, e, continuando in linea immaginaria il
suo percorso, questa veniva a passare presso la stazione ferroviaria di Vigodarzere.
Qui ha lasciato ricordo di sé nella campagna, dove è menzione, in documenti del
XII secolo, di una «calle de Laurella» o «Lauregla» e di una «via pubblica»
che non si sa se sia l'Aurelia, la Valmedoaci o una trasversale. (A. GLORIA, Codice
diplomatico padovano dal VI secolo alla pace di Costama (1183J, vv. III, Venezia,
1887-1881; II, 1, d. 468, p. 348 e II, 2, d. 1444, p. 459; II, l, d. 513, p. 375 e
d. 559, p. 406).
20
Graticolato romano di Camposampiero. In rilievo i cardini e i decumani delimitanti i saltus. Visibili, nella carta geografica. limiti e calli, ulteriori suddivisioni
dei saltus.
(Dis. A. M. Benetti)
21
beo, tuttora rettilinea, secondo era via Bragni. Mentre a nord del
decumano Codiverno-Limena, ora scomparso, è rimasto illimites
di via Pontarola e a sud quello di via Beladoro, che segnava il
confine tra le parrocchie di Vigodarzere e Terraglione. In tutta
la zona, in lavori di aratura, sono frequenti i ritrovamenti di materiale archeologico romano. Ricerche analitiche sul luogo potrebbero senz' altro portare a ulteriori scoperte .14
A ovest della strada del Santo, le divagazioni del corso del
Brenta hanno tolto ogni segno della centuriazione a Vigodarzere
e a Saletto. A Tavo rimangono tracce del decumano detto di Campodarsego, che passava nei pressi di Cavino e dei molini di Agugiaro, e a sud del primo limite che passava in Baruchella. Tra il
cardine dell'Aurelia e quello di Arsego-Limena, che costeggiava
il Piovego, sono rimaste le calli di via Perarello e via Piave.
I numerosi reperti archeologici trovati nella centuriazione
di Camposampiero sono non solo indicatori di una vita organizzata ed economicamente sicura, ma permettono anche di individuare, sia pure approssimativamente, i centri più importanti
chiamati dai romani pagi (specie di distretti), con a capo i magistri che esercitavano la loro autorità nei villaggi (vici) della
circoscrizione. Secondo la Gasparotto uno di questi pagi era
Camposampiero, mentre importanti centri rurali erano S. Giorgio delle Pertiche, Campodarsego e Limena; Curtarolo, addirittura, un pagus o una mansio (stazioni di posta) .15
Riguardo a Vigodarzere le alluvioni e le deviazioni dei corsi
fluviali del Brenta e del Muson hanno pressoché concellato ogni
resto archeologico. Il fatto però di trovarsi quasi alla confluenza
14 P. KANDLER, L'Agro Colonico di Padova, ms. B.P. 11-1616 della Biblioteca
Civica di PD, 1858, p. 36, pone Vigodarzere nella parte ultralus dextratus (uno dei
quattro quadranti in cui la colonia era divisa dalla inserzione del decumano col
cardo massimo) della colonia e nella confluenza del Decumano T erw sud e del Cardo
Secundo ovest. Nomi colonici romani sarebbero: Carbonara, Limena, Marcello, Non,
Tavo, Reschigliano, Via Piovega, Vigo.
15 C. GASPAROTTO, Carta archeologica, cit., pp. lO ss.
22
SALETTO DI VIGODARZERE - Mosaico di età romano-imperiale, del II-III secolo
dopo Cristo, di tipo rustico, appartenente a una casa colonica romana, trovato
vicino all'argine, non lontano dalla parrocchiale.
(Gabinetto fotografico del Museo Civico di Padova)
dell' Aurelia, che passava vicino alla stazione ferroviaria, colla Val
Medoaci, e la antichità del centro, fa pensare che anche qui ci sia
stato un centro romano.
Saletto, che ai tempi romani era unito al grosso centro di
Limena, dove furono trovate numerose lapidi funerarie imperiali,t6 ha dato di recente alla luce un mosaico di età romano-imperiale del III sec. d. c., di tipo rustico, a disegno geometrico.
Il mosaico presenta, al centro, un nodo e due quadrati intrecciantisi con le pelte ai lati, verso l'esterno figure di ottagoni con
le caratteristiche losanghe e rosette. 17
16
17
C. GASPAROTTO, Carta Archeologica, cit., n, 3, p, 16,
La prof. Giulia Pogolari, ha depositato nell'archivio della Soprintendenza
23
L'autore intensificando le ricerche nei dintorni, ha trovato
nei campi di proprietà Spinello, in occasione di lavori agricoli, a
60 cm. di profondità, resti di mattoni romani. 18 In via Busiago,
proprietà Schiavo, ha trovato resti su vasto raggio di tegole e
mattoni di epoca romana, senza bolli, e un pozzo romano a canna
ottagonale, tuttora in sitU. 19
CAPITOLO II
ETÀ
MEDIOEVALE
1) LE INVASIONI BARBARICFLE E IL FEUDALESIMO (sec. V-XII)
alle Antichità di Padova la seguente relazione: «A Saletto di Vigodarzere, nell'orto
del sig. Mazzonetto Antonio (dati catastali: Comune di Vigodarzere, Sezione A, Saletto P. X, Mapp. 125), presso l'argine resti di un mosaico romano a grosse tessere
rosse e nere che pare estendersi su tre lati ». (Padova, 21-2-1959).
A spese del comune di Padova, poco dopo, il mosaico venne prelevato e
depositato al Museo Civico dove tuttora si trova. Nello stesso luogo furono trovati
resti di un altro mosaico, con tessere di color rosa e azzurro a cerchi concentrici,
ma di fattura più rozza, e monete dell'imperatore Decio (249-251). I due mosaici, la
cui grandezza si aggira pressapoco su m. 5 X 5, pare facessero parte di un abitato
rustico.
18 Un mattone, di argilla giallastra, reca un bollo impresso a lettere in rilievo:
C CRITONI. Il timbro non è nuovo, specie nei dintorni di Padova. (TH. MOMMSEN,
Corpus Inscriptionum Latinarum, Galliae Cisalpinae Latinae, VoI. V/2, 1877,
p. 962, n. 8110, voce Tegulae). La località porta i seguenti lati catastali: Comune di
Vigodarzere, Sezione A, Saletto po. X, Mapp. 57.
19 Dati catastali: Comune di Vigodarzere, Sezione A, Saletto po. IX, Mapp. 176.
24
Le invasioni barbariche, che dal V secolo d. C. devastarono
l'Italia, furono particolarmente dannose per Padova e il suo territorio.
I coloni fuggirono dall'agro romano. I pochi rimasti furono
trattati da schiavi, le loro case incendiate e saccheggiate e il fertile territorio rimase incolto, divenendo così dominio di boschi
e di paludi.
Soprattutto per l'invasione longobarda l del 568-569, Padova ebbe molto a soffrire. Ben difesa dai Bizantini, in un primo
l I longobardi, popolo germanico proveniente dalle rive del Mare ciel Norcl,
occuparono gran parte dell'Italia settentrionale e centrale, sotto la guida cii Alboino
(568) e clei suoi successori. Pondarono un regno, con capitale Pavia, che durò oltre
due secoli (568-774), sino alla conquista cii Cado Magno. Ariani, si convertirono al
cattolicesimo intorno alla metà del VII secolo.
Il loro regno era diviso in ducati e in circoscrizioni minori, cii cui le più elèmcntari erano le fare (cioè famiglie in senso largo in quanto unioni di tutti quelli che
si potevano considerare derivati dallo stesso stipite). Le fare, poste lungo le linee
di confine e in certi luoghi particolarmente importanti, furono clette arimannie (da
arimanno, «uomo dell'esercito»). Erano sottoposte alla giurisdizione diretta del
re e avevano in possesso terre da coltivare, boschi e prati per il mantenimento dei
cavalli, in luogo dci salario. Un tale assetto di difesa militare fu introdotto, probabilmente, a imitazione delle colonie di soldati di confine dci Romani e dei Bizantini.
25
tempo, non poté essere presa, ma il suo territorio fu smembrato,
per cui il ducato longobardo di Vicenza giunse fino a Limena e
quello di Treviso fino a Vigodarzere, sia per la giurisdizione civile che per quella ecclesiastica,
Il nuovo corso del Brenta, segnò la linea di divisione di quei
due grandi dllcati, a nord era territorio trevisano mentre a sud
vicentino. 2
Gli ampi possedimenti che si vennero così a formare, di re, di duchi e di
potenti privati, lavorati per mezzo di servi o di coloni tenuti a corresponsioni varie
di canoni, di solito la terza parte dei raccolti, censi in denaro, in natura, in servigi
ed opere, erano amministrativamente uniti intorno a una villa centrale, saia o curtis
dominica, che era il fondo dominante dal quale dipendevano altri fondi. Solo in seguito (metà del VII secolo), i longobardi si trasformeranno un po' alla volta da
guerrieri in agricoltori: ciò segnerà l'inizio della fusione con i vinti romani,
Carlo Magno lascierà in vigore leggi e istituzioni dei longobardi. Inoltre,
poiché assunse il titolo di re dei longobardi, tutti gli ampi possedimenti della corona,
passeranno in sua proprietà che ne farà largo dono a vescovi, a monasteri e a potenti
privati, (A, LIZIER, Longobardi, in E.I, [Treccanil, XXI, pp, 470-478, A, CAVANNA,
Fara sala arimannia, Milano, 1967, passim,),
Tutto l'agro centuriato di Camposampiero sembra essere stato sede di vari
gruppi di longobardi, il che spiegherebbe la straordinaria sopravvivenza e conservazione dell'agro medesimo (non avendo questi minimamente risentito dei disastri delle
invasioni barbariche), tanto da essere uno dei più celebrati al punto da venire rlportato da oltre un secolo su quasi tutte le pubblicazioni che si occupano di civiltà
romana, Ciò viene confermato anche dalla particolare toponomastica, quale Borgoricco (Burg reich), e dai titolari delle principali chiese disseminate nell'agro,
È certa la presenza di una arimannia longobarda anche a Vigodarzere, Tutta la
zona passerà, forse già con Carlo Magno, proprietà del Vescovo di Padova, che,
diventato signore feudale del territorio, costruirà un forte castello a S, Giorgio delle
Pertiche, (A. GLORIA, Il territorio padovano illustrato, Padova, 1861-62, II, p, 200 ss,),
I! vescovo però, che eserciterà il suo dominio per mezzo di terzi, frazionerà il territorio in corti minori, sorgerà allora la corte di Fornace di Tavo e altre,
2 I! Brenta, o Medoacus, nel periodo romano, dopo Friole, si suddivideva in
due rami, il meridionale o Maior e il settentrionale o Minor, che si riunivano a
Padova in uno solo dopo Ponte Molino,
I! Medoacus minor seguiva all'incirca il corso odierno, ma in quel di Curtarolo piegava verso Taggi (C. GASPAROTTO, Padova romana, cit" pp, 79-83; tav, VIII),
Si dà per avvenuto il mutamento di corso del Medoacus, che ha preso a correre
nell'alveo odierno, nel 586 in seguito a terribili inondazioni che mutarono il corso
anche all'Adige, Mancano però notizie storiche precise per il Brenta, Sapendo però
che l'odierno corso segnava la fronte dell'occupazione longobarda nell'alto padovano,
raggiunta si ritiene nel 569, si deve ritenere che questo corso si sia formato prima
della discesa di Alboino in Italia, Oppure si dovrà dare per raggiunta tale linea,
26
La capitolazione di Padova avvenne poco dopo, nel 602, ad
opera di Agilulfo, re dei Longobardi. La città fu incendiata, il
vescovo cercò rifugio nel litorale veneziano a Malamocco, e il territorio padovano conquistato fu amministrato direttamente dal re,
per mezzo della judiciaria di Monselice: Padova quasi più non
•
3
eSIsteva.
Provvidenziale la sconfitta dei longobardi ad opera di Carlo
Magno nel 774: il vescovo ritorna dall'esilio, Padova risorge e,
nella seconda metà del secolo X, diventa sede di un comitato,
secondo il nuovo ordinamento politico-amministrativo di Carlo
Magno e dei suoi successori che trasformano i ducati longobardi
in comitati, retti da conti o in marche, rette da marchesL Ciò
segna anche l'inizio del regime feudale.
È in questo periodo, che va dalla morte di Carlo Magno all'avvento di Enrico IV (814-1056), pieno di lotte civili, di invasioni barbariche (Ungheri 898-900), di contrasti tra gli ultimi
Carolingi e i Cesari germanici, attraverso l'anarchia feudale del
cosiddetto regno italico indipendente, che si afferma e si consolida la potenza politica ed economica del Vescovado di Padova.
I vescovi feudatari ottengono dai sovrani prima Piove di Sacco
(897), poi la Valle di Solagna (917) e in epoca non precisata,
pare già con Carlo Magno, S. Giorgio delle Pertiche e territori vicini. 4 Queste concessioni furono possibili perché sembra che questi
in un tempo intermedio tra il 569 c il 601, In tal caso il momento più probabile
pare sia il 590, alla fine della campagna franco-bi;-;antina contro i longobardi, Ma si
resta sempre nel campo delle ipotesi, mancando notizie in argomento, (R, CESSI,
L'ordinamento del territorio di Padova nell'età longobarda, in «Boll, Museo civ,
Padova », XX [1927], pp, 159-165; P, SAMBIN, La campagna militare franco-longobarda del 589-590, in «Memorie Accad, Padova », LVIII [1941-42J, pp, 147-155),
3 C. GASPAROTTO, La fine di Patavium, in «BolI. Museo Civico di Padova »,
XLIX (1960), pp, 61-98 (dal 569 al 602),
4 RIZIERI ZANOCCO, Decime e quartesi in diocesi di Padova alla luce dei documenti, Padova, 1951, passim. «I Vescovi di Padova nella loro qualità di grandi
vassalli dell'Impero, con corti proprie e vassalli propri », Questo fatto spiega ]~
confermazioni franco-italo-germaniche di proprietà di beni, di decime e quartesl.
Il lavoro dello Zanocco è un buon studio sui possedimenti del Vescovo di Padova e
27
territori fossero proprietà della corona. Pare anche che lo fossero già con i longobardi, in quanto sedi di arimanie qui dislocate o per difendere passi alpini o zone di confine.
I documenti del periodo, continuano a porre Vigodarzere
sotto il contado di Treviso ancora nel 1139 5 e Limena sotto quel6
lo vicentino nel 1087. Era una indicazione, secondo il Gloria,
di pura consuetudine che fu smessa a poco a poco e cessò nel
sec. XIII, quando il comune di Padova divenne sovrano di tutti
i villaggi del territorio padovano. Anche la professione della
legge era varia: romana, longobarda, salica, e fu smessa con il
sorgere dei comuni.
2) FAMIGLIA VIGODARZERE
ORIGINE
Il primo personaggio di questa illustre famiglia di cui abbiamo notizia è Enrico, figlio di Gomberto da Vigodarzere. 7 Era
il signorotto del paese, professava legge salica e ciò fa pensare
che i suoi antenati fossero di origine straniera e che, venuti in
Italia al seguito di uno degli imperatori nei secoli XI-XII, si
siano insediati a Vigodarzere, ricevendone il nome e divenendone conti. 8
dei suoi Va~sa1Ii: peccato che arrivi solo fino al secolo XI compreso. Sulla probabile
donazIOne dI Padova al Vescovo, fatta da Carlo Magno, vedi A. SIMIONI, Storia di
Padova dalle origini alla
de! sec XVIII, Padova, 1968, pp. 160-161.
5 A GLORIA, Codice, cit., II, voI. I, d. 366.
6 A. GLORIA, Codice, cit., I, d. 293. Numerosi i litigi tra il Vescovo di Padova. e quello di Vicenza per il possesso della chiesa di Limena. Dapprima nel 1027
e p01 nel 1156, quando il Vescovo di Padova portò la causa presso il patriarca di
Grado che, la decise, in suo favore. Il Vescovo di Vicenza non si dette per vinto
e SI appello alla S. Sede. In un decreto del 7 maggio 1157, Papa Adriano dichiarò
che la chiesa di Limena faceva parte della diocesi di Padova. (F. DONDI DALL'ORC)LOGIO, T}issertazioni sopra !'Istoria ecclesiastica di Padova, VI [Padova, 1805], p. 15).
~ A. GLO~IA, C~~ice, cit., II, 1, d. 126, 206, 222, 224, 277, 292, 366, 489.
Il GIona stabllr questo canone storico: «E vero che la professione della
28
Nel 1122 è testimone dei privilegi che il vescovo di Padova
Sinibaldo accorda al monastero di S. Maria delle Carceri. Nel
1130 si ricordano i suoi vasti possedimenti di Teolo, e negli anni
successivi quelli di Padova, in contrà S. Fermo, Rivale e Vigodarzere; appare anche in buoni rapporti con i signori da Baone.
I suoi eredi passarono per poco di buono: nel 1145 furono querelati davanti a papa Eugenio III, perché usurpavano beni della Chiesa veronese, e il Vescovo Bellino di Padova è esortato
dal Papa a prendere provvedimenti contro questi suoi fedeli. 9
IL CASTELLO
A Vigodarzere la famiglia aveva un « fortissimo» castello,
ricordato dal Salomonio come trasformato in casa di abitazione. lo
I castelli medioevali erano fortezze per sostenere assalti
guerreschi e difendere paesi e città. Spesso una torre con mura
era già una rocca. Ma, anche tralasciando le semplici torri, di veri
castelli o rocche ce n'erano ben più di 100 nel territorio padovano. Della maggior parte non restano che poche vestigie e di molti
anche appena il ricordo. Due castelli erano a Limena. Il più antico era dei signori da Limena, una famiglia che vantava tra i non
pochi suoi uomini illustri il beato Arnaldo, abate di S. Giustina,
fiero oppositore di Ezzelino, la cui festa si celebra il 14 marzo.
L'altro sorse nel 1313 a difesa del canale Brentella. Un altro
era anche a Tavo, dove avevano giurisdizione i da Scintilla.
legge non è sempre indubbia prova dell'origine delle famiglie; ma poche eCceZI011l
non istruggono una regola» (A. GLORIA, Della agricoltura nel Padovano, Padova,
1855, voI. I, p. XCV). Per il da Nono e altri, i da Vigodarzere erano di origine
bresciana e si sarebbero stabiliti a Padova nel 1148 (DA NONO, De generatione aliquorum civium urbis Padue tam nobilium quam ignobilium, ms B.P. 1239/XXIX,
Museo Civico di PD, p. 34). È certo invece che Enrico, che appare per la prima volta
a Padova nel 1122, era già capo della famiglia Vigodarzere (BRUNACCI, Storia ecclesiastica di Padova, ms B.P. 782, Museo Civico di PD, p. 903).
9 G. BRUNACCI, Storia ecclesiastica, cit., p. 1038.
10 SALOMONll, I nscriptiones agri Patavini, Padova, 1696, p. 261.
29
La localizzazione del castello di Vigodarzere riesce molto
difficile, per la mancanza, secondo le ricerche dell'autore, di ogni
documento o altro indizio. L'autore proporrebbe, come pura
ipotesi, la località Castagnara, perché fuori dal centro e nello
stesso tempo vicino al Brenta e a una strada di grande comunicazione come l'Aurelia. Inoltre la tradizione del mercato settimanale, al sabato, ivi esistente, non potrebbe forse essere lln ricor·
do di un commercio medioevale alle porte del castello?
Stemma della nobile famiglia da Vigodarzere.
VICENDE DELLA FAMIGLIA
« Antichissimi, scrive il Cappellari, sono nella Città di Pa-
dova li Vigodarzere e tra essi vi sono stati alcuni uomini di gran
valore e di chiara fama ».11
Furono nemici acerrimi del tiranno Ezzelino da Romano, a
causa del quale ebbero molto a soffrire, tanto che alcuni furono
fatti miseramente uccidere e altri esiliare. Tra questi si distinse
Guercio da Vigodarzere che in esilio non cessò di eccitare il Papa
e i Veneziani contro Ezzelino. Dopo la sconfitta del tiranno, per i
meriti acquisiti, da Alberto, Vescovo di Treviso, per decreto di
Papa Alessandro IV, fu infeudato nel 1258 del castello di Rustega, dal quale i suoi discendenti presero il cognome. 12 Il fortino di
Rustega terminò la sua vita plurisecolare allorché Venezia, diventata signora del padovano (1405), per misure prudenziali ordinò
la distruzione di molti castelli di campagna, tra cui sembra anche
quello di Vigodarzere.
In uno statuto del 1278 sono nominate tutte le famiglie magnatizie del territorio padovano, obbligate ad osservare speciali
11 G. A. CAPPELLARl, Emporio delle famiglie, ms C.M. 7/176, Museo Civico di
Padova, voce «Vigodarzere ». Enrico, giudice estimatore (1224) del Comune di PD,
Alberto (1235), Gumberto di Enrico, Giovanni q. Gumberto, Nicolò e Paolo di
Giovanni (1275) altri giudici; Costantino (1266), Simonc (1285), Alberto (1293-1294)
e Federico (1276) anziani di Padova.
12 SALOMONII, Inscriptiones agri Patavini, ci t. , p. 260.
30
disposizioni miranti a garantire l'ordinamento comunale-democratico da poco in vigore. Tra esse compare:
Dominus Honor de Vicoaggeris in Vicoaggere et eius districtu
Dominus Guercius de Vicoaggeris in Rustica et eius districtu
Dominus Guercius predictus et Dominus Henricus Trapela
13
in vico Alticherio et eius dislrictu.
Dalla famiglia Vigodarzere discesero quindi altre due famiglie: Rustega e Trapolina. Da ricordare Trapolino Rustega
che fu, con Francesco da Carrara, al riscatto di Padova nel 1390
e per ricompensa fu creato signore di Villa del Conte.
Lo stemma della famiglia Vigodarzere aveva tre fascie gialle e tre rosse e un leone dorato rampante, poste in modo oriz. campo mezzo rosso e mezzo ver de. M
zontale 111
Nel 1835 avvenne la fusione della nobile famiglia Vigodarzere con la nobile famiglia Cittadella. La fusione avvenne in Andrea Cittadella Vigodarzere, nipote e figlio adottivo di Antonio
13 G. BRUNACCI, Codice Diplomatico Padovano, ms. 581 della Biblioteca del
Seminario Vescovile di Padova, voI. III, c. 1800, anno 1278.
14 AA.VV., Cenni storici sulle famiglie di Padova e sui monumenti dell'università, Padova, 1842, volI. 2; voI. II, tavola XXII, nn. 4-5-6, è riportato lo stemma
dei Vigodarzere.
31
Il Conte Andrea Cittadella Vigodarzere, uomo molto stimato e apprezzato ai suoi tempi, tanto da essere nominato membro
di vari istituti universitari e gerarchie accademiche, morì il 19
marzo 1870, e la cittadinanza, per ì suoi meriti, gli eresse un ricordo marmoreo nella piazza del Santo.
Attualmente gli eredi possiedono, tra l'altro, il famoso
palazzo Cittadella Vigodarzere (via Dante n. 5), che ospitò
(8-12 sett. 1881) Umberto I e Margherita: il corpo del palazzo
a nord, antica dimora dei Cittadella, fu ricostruito nel sec. XV;
quello a sud, già palazzo Farini (fu venduto dalla contessa
Mussato Farini) risale al sec. XV.
Titoli nobiliari dei Cittadella Vigodarzere:
Nabile, maschi e femmine (Nobiltà di Padova);
Conte di Onara e Bolzonella, maschi primogeniti (Aureo libro dei
titolati della Repubblica Veneta, Ducale Veneta 22 aprile
1616) ;
Conte dell'Impero Austriaco, maschi e femmine (Sacro Romano
Impero, 13 maggio 1825) .15
Conte Antonio Vigodarzere,
(Gabinetto fotografico ciel Museo Civico cii Padova)
3) DISTRETTO DEL COMUNE DI PADOVA NEL PERIODO
COMUNALE E SOTTO I CARRARESI (XII sec. - 1405)
IL COMUNE CITTADINO
Cittadella. Questi aveva fatto costruire un vasto giardino nella
villa di Saonara, dal famoso architetto Iapelli, per offrire lavoro
e pane ai contadini durante la carestia del 1816-17. A Saonara,
c'è il monumento ad Antonio Cittadella e il busto in marmo di
Antonio Vigodarzere (t 18 sett. 1835), ultimi eredi delle due
nobili famiglie prima della fusione.
32
Nei sec. XI-XII un fatto nuovo appare nella vita politica
italiana: il tramonto del feudalesimo e il costituirsi dei liberi comuni. A Padova troviamo senz'altro i consoli nel 1138 e 1142;
15
Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano, Torino, 1922, voce «Cittadella Vigo-
darzere »,
33
però il comune doveva essere stato costituito ancor prima, forse
fin dalI 077. Questa trasformazione politica non fu improvvisa e
pacifica ma lenta, graduale e a prezzo di lotte e contrasti a non
finire con i signori feudali. Varie leggi dello Statuto Comunale
mireranno a togliere ogni privilegio e sopruso, per rendere tutti
sottomessi ad una unica legge. 16
A imitazione della città, parecchie ville (paesi), del territorio padovano divennero comuni rurali, con propri statuti e con a
capo il podestà. Vigodarzere invece continuò ad essere considerato campanea Paduae (campagna di Padova), strettamente dipendente dal comune cittadino.
Ma il Comune, come del resto ogm IstItuzione democratica, ebbe vita difficile. Discordie interne portarono al dominio
di Ezzelino da Romano (1237-56), ritornò indipendente fino
al 1318, ma da questo periodo fino al 1405 dovrà sottostare
alla signoria dei Carraresi in cui sperava di trovare sicurezza
nelle lotte interne ed esterne, allora dilaganti, tra città confinanti. In questo gioco pericoloso però non mancherà di intervenire l'astuta Venezia, che ne approfitterà per estendere il
suo dominio sulla terraferma.
STATUTI DEL COMUNE
I limiti occidentali del comune di Padova, sono fissati abbastanza chiaramente nella Bolla di papa Innocenzo III, del 13
aprile 1200, ai Canonici della Cattedrale di Padova. Tale bolla fu
scritta per confermarli di tutti i possedimenti, fondi e decime di
cui godevano tra cui « le decime di quella parte di Busiago che è
tenuta dal comune di Padova, le decime di tutti i frutti di tutta
la terra che ora è in arabile o inarata se sarà ridotta, oppure lo è
già, a coltura, in quella parte di Busiago, che è custodita dai marici di Padova», (questo Busiago è senz' altro quello di Saletto).17
Le ville di Vigodarzere, Saletto, Sorriva, Busiago (contrada di Saletto) e Fornace (contrada di Tavo), limite occidentale
del comune patavino,18 avevano a capo un rector (rettore) strettamente dipendente dal podestà di Padova. Tavo invece pare
essere stata una villa del comune rurale di Curtarolo.
16 M. A. ZORZI, L'ordinamento comunale Padovano nella prima metà del secolo XIII, in «Miscellanea di Storia Veneta », Venezia, 1931, vol. V, p. 56 ss. Un po'
alla volta ai feudatari altro non resterà che arrendersi ed andare ad abitare in città.
CosÌ fecero i da Vigodarzere, che divennero fedeli servitori del Comune c i da
Scin tilla.
'
F. DONln DALL'OROLOGIO, Dissertazione VI, Padova, 1812, p. 62.
A. GLORIA, Codice, cit., II, 1, p. XXXI, anno 1191; G. BRUNACCI, Storia
ecclesiastica di Padova, 111S B.P. 782 del Museo Civico di Padova, p. 1045.
17
18
34
Il Codice Statuario Repubblicano, soprattutto nel libro IV,
che tratta dei lavori pubblici (ponti, navigli, argini, strade, servizi vari), più volte si occupa dei nostri paesi. Riporterò fedelmente tali notizie, preziose per la loro antichità e perché sono le
uniche a noi pervenute intorno a quell'epoca: dall'attento esame
di esse si ravviserà l'importanza o meno di questi paesi a quei
tempi e si impara a conoscere quanto antica sia la divisione in
frazioni e quanto antico il loro nome.
Tra i servizi da rendere al comune cittadino uno contemplava la consegna di carri, per la nostra zona al Quartiere di Ponte Molino e in particolare al centuario di S. Fermo, per il trasporto di frumento e di altri generi di cui abbisognava il detto
centuario.
Saletto (Saletum a brenta) doveva 3 carri, Sorriva (Supm
ripa) 3 carri, S. Giorgio di Brenta (Busiago di Saletto?) 4 carri,
Fornace 1 carro, Vigodarzere 10 carri più uno « per il pane del
Comune», cioè per il Padestà, i suoi assistenti e familiari. L'importante consistenza demografica ed economica di .vigodar~ere
appare dal numero rilevante di carri che doveva fornlre, consIderando che il numero massimo lo raggiungeva Montagnana con 17
carri, e gli altri paesi più grandi erano sui 12 carri .( Rovolon;
Conselve e Tribano). Dei paesi vicini, Altichiero formva 4 carrI
35
e uno per il pane, Campodarsego 4, Limena 7 e due per il pane,
Tessara 2 carri per il pane, Tavo non compare. 19
Molteplici erano i lavori che questi paesi dovevano compiere per il bene pubblico. Un decreto del podestà Roberto de Robertis del 1276 obbliga alla manutenzione delle strade della zona
a nord del Brenta, i paesi di Vigodarzere, Saletto, Sorriva, Fornace, Tavo e Tessara. 2o
,
Di fondamentale importanza gli statuti che trattano della
costruzione degli argini, riportati nel capitolo riguardante il
Brenta.
Ogni paese inoltre doveva occuparsi dei ponti pubblici, necessari di continua manutenzione perché fatti di legno. La nostra
zona doveva dare la sua opera per il ponte di Tessara e per quello di Vigodarzere, sorto nel traghetto Vigodarzere-Altichiero. 21
A rendere più agevole il cammino, specie alle milizie, il Comune di Padova, nel 1184, costruÌ un ponte in pietra sul Brenta
a Meianiga, che diverrà il confine tra il territorio di Vigodarzere
e quello di Meianiga. 22
Questo ponte sarà sostituito, con la rettifica austriaca dall'alveo del Brenta della metà dell'800, da quello nuovo, sulla
moderna provinciale. Il sito preciso del vecchio ponte resta ipotetico; senz'altro era poco a ovest dell'attuale.
Altre notizie preziose riguardanti questa volta gli scoli d'acqua le ricaviamo dal Codice Statuario Carrarese. 23
Vigodarzere ne aveva due: il primo, che doveva essere scavato e tenuto libero da ingombri dal paese di Vigodarzere, era
lungo un miglio e mezzo e iniziava dall' ospedale di S. Jacopo e
terminava nel Brenta. Il secondo detto Ridi de Foras, iniziava
da Saletto e terminava nella pubblica via, ed era lungo un miglio.
Tavo invece ne aveva parecchi; dovevano essere curati da
Ottavo e Ottavello, ed erano chiamati: pubblica (scolo) de
Breuse, de Riazollis, Ville, Castello, Vancii. Anche Fornace aveva
il suo scolo che iniziava da Busiago e terminava nel Brenta. Non
è improbabile che sia l'attuale scolo detto Piovetta vicino al T erraglio.
Un altro era in località Soprariva (Sorriva).
È del 1306 un decreto del Comune di Padova che poneva
tasse sui mulini del territorio di Padova: uno è ricordato anche
· darzere. 24
a V190
4) GUERRE MEDIOEVALI
Vigodarzere è stato spesso teatro di lotte medioevali, causate il più delle volte da gelosia tra città confinanti.
Nel 1202 l'esercito di una lega di varie città confinanti,
dopo aver dev;stato il territorio padovano fino a. Vigoda;zere,. si
fermò dinanzi al ponte omonimo dove era schIerato l eserclio
padovano. Poco dopo tra i due belligeranti verrà conchiuso un
25
19 A. ~LORIA, Statuti àel Comune di Padova dal sec. XII all'anno 1285, Padova, 1873; hbro IV, rubr. VI, st. 1010, 1012, 1013, 1016 e soprattutto 1021, 1022,
1023, pp. 326-327, anno 1234.
20 A. G,LORIA, Statuti del Comune, cit., libro IV, rubr. VI, st. 989 e 990, p. 320.
21 A. GLORIA, Codice Statuario, st. 1090, 1094, 1115, pp. 340-341, anno 1265
(ponte di Tessara); st. 924 (p. 307), anno 1267 (ponte di Vigodarzere) .
. ,
22 Liber regiminum Padue, in «RR. It. SS. », VIII, 1 (a cura di A. BONARDI),
Citta dI Castell?, 1903, p. 295, anno 1184. Podestà Alberto da Baone: «in quel
tempo fu fatto Il ponte dell'Aurelia sul Brenta, in quel di Mejaniga ».
~3 Del Codice Statuario Carraresc (1362) ancora manoscritto nella Bibl. del
Museo Civico, A. GLOHIA, Della Agricoltura nel Padovano, Padova, 1855, voI. I,
36
accordo pacifico.
Gli Scaligeri di Verona, nella attuazione del loro programma di espansione, riuscirono ad occupar.e Pad~va. nel ,~3.2~.
Quando però cominciarono a molestare 1 Venezlam, fu l 1111ZlO
pp. 161-252, riporta gli Statuti riguardanti gli scoli.. In particolare per Vigodarzere
st 868-869; Tavo st. 682-686; Fornace st. 662; Sornva st. 739.
24 VERCI, Stona della Marca Trevzsana, voI. V, d. 461, p. 14.
25 A. SIMIONI, Storia di Padova, Padova, 1968, p. 257.
37
della catastrofe. Padova cadde in loro potere nel 13 3 7; l'anno
dopo, Pietro de' Rossi assalì anche il castello di Vigodarzere, che
venne abbandonato dal presidio scaligero che lo custodiva. 26
Nel 1388 Padova cadde in mano dei Visconti di Milano'
soltanto l'anno seguente Francesco Novello Carrare se poté ten~
tare la riconquista della sua città. La riscossa partì dal castello di
Vigodarzere con esito positivo e i Visconti furono cacciati dal
'
Padovano. 27
Nel 1405 durante l'ultima e decisiva lotta tra Venezia e i
Carraresi, il castello di Vigodarzere assieme a quello di Limena
furono gli ultimi baluardi di difesa della città. Qui si svolser~
le battaglie decisive, che portarono al1a definitiva conquista di
~adova. d~ parte dei veneziani. Questi castelli facevano parte della
lInea dI dIfesa che andava da Oriago a Stra e ad Arino e terminav~ ~ Vigod~rzere e Limena, detta Serraglio. Per misure prudenzI.alI VenezI~, dopo il 1405, farà distruggere tutte le opere di
dIfesa e vatl castelli del Serraglio. 28
CAPITOLO III
SOTTO LA REPUBBLICA VENETA
(1405-1797 )
E IL GOVERNO AUSTRIACO
(fino al 1866)
1) LA PODESTARIA DI CAMPOSAMPIERO
I veneziani mantennero intatto l'ordinamento politico dei
Carraresi, per cui Vigodarzere, che era passato sotto la giurisdizione del Vicariato di Camposampiero, continuò ad esserlo anche
sotto il nuovo regime.
Unico cambiamento fu quello del nome: da Vicariato a Podestaria. Le attribuzioni del Podestà, che risiedeva a Camposampiero ed era sempre un nobile veneziano, erano molto vaste sia
1
nel campo economico che in quello civile.
Sui fatti storici singolari illustranti la vita locale poco si è
in grado di riferire,2 perché l'unico archivio, quello della podesta-
26
27
28
L.
L ROSTIROLA, Camposampiero " Padova 1924, p. 109 .
. . ROSTIROLA, Camposampiero ' cit ') I) . 130
.
.
L R?STlROLA, Camposampiero, cit., p. 134. Il castello di difesa del canale
Bren,tella, ,di. Limena, eretto nel 1313, munito di mura, fosse e argini sarà distrutto in
SI tlcorda che nell'agosto del 1509, 400 spagnoli dell'esercito di Massimiliano
Imperatore, lo pres:ro, d'assalto e tagliarono a pezzi i 150 Schiavoni che lo difendevano per I VeneZla111 (A, GLORIA, Territorio padovano illustrato voI I part" II
p. 128),
'
.,
~
,
~egulto.
I Ogni podestaria comprendeva un certo numero di ville e comuni; la pitl
estesa era quella di Camposampiero con 84 paesi. Vigodarzere comprende~a le ville
di Vigodarzere, Saletto, Sortiva, Busiago Vecchio, Tavo e Fornace. La stona, le località, i paesi e i fiumi della podestaria furono immortalati dal poeta
BA:{A:rELL~
(1385-1448), Ecatometrologia, Codice membranaceo del sec. XV. ArchlVlO CIVICO di
PD. Segnato B,P. 881, pp. 16 ss.
2 Il Gloria ricorda che durante la terribile guerra promossa dalla Lega di
!'-:
39
38
ria di Camposampiero, in cui si conservavano i documenti andò
distrutto per un vandalico incendio nel 1809. 3
'
2) CONDIZIONI ECONOMICHE E SOCIALI SOTTO
IL GOVERNO DELLA SERENISSIMA
Sotto Venezia si ebbe un periodo di relativa tranquillità. Le
guerre ,~rano fatte da mercenari e lontano dalla capitale. Soddisfacen~e l mcremento demografico ed economico, ad eccezione degli
a~ll1 1436, 15?5, 1576, 1631, quando infierÌ la peste che decim~ l~ pop~lazlOne. Continuò la piaga del latifondismo. La propneta t~rnera continuò ad essere divisa tra signori veneziani e
padov~n~, tra ordini religiosi e patrimoni ecclesiastici, mentre i
cont~dIll1. ,erano costretti a vivere nella misera condizione di mezzadn e plU spesso ancora di fittavoli.
Co~tin~ò la piaga del pensionatico, che sarà un vero flagello per l a~ncoltura. Il pensionatico era quel diritto che taluni
avevano dI far pascolare durante l'inverno, dentro certo spazio
detto P~sta, le pecore del piano o del monte su fondi altrui, anc~e a dIspetto del possessore di questi. Il numero determinato
dI peco~e,. ~~e si pot~va far pascolare in una posta, ne costituiva
la SOffn?lhta. ProprIetario era colui che aveva il diritto di
pasco~o m una determinata zona: poteva farvi pascolare pecore
~rO?:Ie .oppure concedere ad altri il diritto dietro compenso. I
hmItI dI tempo erano dal giorno di S. Michele (29 sett.) fino
alla Madonna di Marzo (25 marzo).
Camb{~i, dal. pont~ ~ecchio del Brenta, la giovinetta Isabella Ravegnana, rapita da
unI s~ ato ~ Massl:nllJano l1uperatore nell'agosto 1509, fuggendogli di mano precipitò
ne lUme e., aHog~. !~oltre. nel palazzo della nob. famiglia Laza1'a (a Casta na1'a)
:?1'se alloggIO MaSSln11hano Imperatore per 5 giorni nell'agosto 1509 (A
] errzto~io padovano illustrato, Padova, 1862, voI. II, p. 134, nota 1-2').
. LORIA,
.
G. FRANCESCHETTO, A Camposampiero e a Cittadella: il movimento degli
insorgenti nel 1809 contro l'occupazione napoleonica, Padova, 1962 (opuscolo).
6
40
'
A Busiago Nuovo sotto Tavo vicino a Villa Bozza, c'era un
Postapecore, di proprietà di Galeazzo Mussato: nel 1806 aveva
una soffribilità di 99 pecore.
Un altro era a Tavo, di proprietà del Co. Claudio Mussato,
aveva una soffribilità di 130 pecore nel 1780 c. e di 84 nel 1806.
Un terzo a Saletto - Sorriva - Busiago vecchio - Vigodarzere; ne
era proprietaria la famiglia Pisani e aveva una soffribilità ne~
1780 c. di 800 pecore (con Bragni e Brombeo) e nel 1806 dI
430 pecore.
.
Da un atto di compravendita veniamo a sapere che nel 1497
la famiglia dei da Camerino acquistò il Postap~core di Tav~ Fornace dai Mussato. Mentre da un altro atto dI compravendita
del 1698 si ricava che la famiglia Trento vende ad Angelo Giacomelli i' Postapecore di Saletto, Vigodarzere, Salgaro e paesi
vicini per 340 ducati.
. .
. na
Nel 1846, pochi anni prima che l'istituziOne del penSlo tico fosse abolita, proprietario del postapecore di Vigodarzere
era il signor Manfrin e non vi era consuetudine di intr~dur~e
pastori montani, mentre per la frazione di. Sale~t? proprletariO
era il signor Giacomelli e vi era consuetudme dI mtrodurre pa4
stori montani.
Un altro danno non indifferente per l'agricoltura era costituito dalle estese zone boschive.
La Repubblica Veneta, che di legname aveva m~lto. bi~o~no
per i lavori dell' Arsenale, fec~ leggi severiss~me per Il ~Iprlstmo
e il potenziamento dei boschI, anche perche fossero dI contendimento alle inondazioni dei fiumi.
Un bosco di 29 campi sorgeva a Tavo, in località Vanzo,
era proprietà dei Mussato, che vi allevavano razze pregiate di
4 A. GLORIA, Leggi sul pensionatico, emanate per le provinc!e ~ene~e dal 1200
ai dì nostri, Padova, 1851, pp. 422 SS. Vedi anche il Prospetto dI, fine lIbro. . .
F. CAVALLI, Studi Economici sulle condizioni naturalz e czvtlz della provmcza
di Padova, Padova, 1851, prospetto n. XIV.
41
cavalli, venne abbattuto nel 1797. Un altro era a Salgaro di
proprietà della famiglia Trevisan e tre a Busiago Vecchio (at··
tuale Via Busiago, Terraglione e Perarello) di proprietà rispettivamente dei Mocenigo, di Paolo Dottor della Cà di Dio e dei
Trevisan.
Era proibito non solo sradicarli, ma anche tagliarvi legna da
fuoco, se non a ogni decennio e con la licenza dei pubblici magistrati dei boschi, detti saltari. 5
Tra i provvedimenti benefici della Repubblica Veneta atti
a favorire l'agricoltura, quello che si rivelò più efficace e duraturoro fu la creazione dei Consorzi di bonifica che dal sec. XVI ad
oggi si occupano di asciugare, irrigare e ridurre a coltura i luoghi
incolti.
bile fu l'impulso dato dal governo austriaco alle opere pubbliche
e stradali, alla edilizia e soprattutto alla scuola popolare fino
allora ignorata. Ad essa fino allora suppliva, in modo ammirevole
ma inadeguato, la Scuola di Dottrina Cristiana.
L'opposizione antiaustriaca nel Veneto durante il risorgimento è confermata e documentata da varie fonti, da esse è possibile ricavare notizie che permettono di stabilire che anche
nelle nostre parti la lotta contro l'Austria fu attiva e si manifestava, come altrove, con l'emigrazione dei giovani nelle formazioni militari piemontesi e garibaldine e con la resistenza al
6
Governo.
Liberato il Veneto dall'oppressore nel 1866, primo sindaco
di Vigodarzere fu eletto Francesco Giacomelli che resterà in carica
fino al 1873, quando subentrerà il Barone Achille De Zigno.
3) LA CADUTA DI VENEZIA
Il dominio della Serenissima durò fino al 1797, anno in cui
Napoleone, sconfitta Venezia, creò la Repubblica Cisalpina. È
certo che Napoleone fu a Padova. La popolazione però pagò cara
la sua visita, in quanto dovette dare generi alimentari per il
mantenimento delle truppe e consegnare l'argento delle chiese.
A Tavo venne requisita una lampada e a Vigodarzere 10 lampade
per il valore di 432 once.
4) GLI AUSTRIACI
Nel 1813 ai francesi subentrarono gli Austriaci e il territorio di Vigodarzere passò sotto il distretto di Padova. Innega-
5 A. GLORIA, Della agricoltura nel padovano, Padova, 1855, voI. II, p. 695 s.
Legg.e Veneta n. 1048, 4 gen. 1744: nota dei boschi che si trovano nei paesi del
Terntono Padovano, fatta da Nicolò Verudo, Capitano ai boschi nella Padovana e
Vicentina.
42
6 G. FRANCESCHETTO, Appunti su Camposampiero nella seconda metà del se··
colo scorso, (opuscolo), Padova, 1967, p. 8. Nell'Albo dei morti e dei feriti della
città e provincia di Padova nella lotta per ii patrio riscatto, conservato nel M:1Se(~
del Risorgimento di Padova, c'è anche la fotogral1a del signor Romanm Andnow
Alessandro di Saletto.
43
CAPITOLO IV
IL COMUNE DI VIGODARZERE
NELL'ULTIMO SECOLO (1866-1969)
E LE DUE GUERRE MONDIALI
1) IL COMUNE DI VIGODARZERE DOPO L'UNITÀ D'ITALIA
Di questo periodo abbiamo una importante fonte storica:
le Delibere Comunali. Iniziano dal 1866 e sono conservate presso
l'Archivio Comunale di Vigodarzere. Le prime portano la firma
del sindaco Francesco Giacomelli. Questa importante carica, fino
al governo fascista, sarà monopolio dei De Zigno, Giacomelli e
Farini.
Pur restando Vigodarzere capoluogo, la sede per comodità
fu portata a Saletto e il territorio fu privato delle località Bragni
e Brombeo, passate entrambe sotto il comune di Cadoneghe. La
sede municipale e quella del medico condotto erano nelle vecchie
scuole di Saletto.!
Nel 1930, sotto il podestà Benoni, ci fu il trasporto della
sede comunale a Vigodarzere, nella ex villa Grimani, già Ca'
Zusto. Ciò creò forti dissidi, a guerra finita, tra i due paesi. Nel
1 É un edificio molto antico, già proprietà della signora Fontana maritata Gia··
comelli, c prima ancora, pare, dei Trevisan.
45
2) I E II GUERRA MONDIALE
VIGODARZERE - Villa Zusto ora Sede Municipale.
1948 ci fu una prima proposta, in consiglio municipale, di riportare la sede comunale a Saletto. L'anno dopo, Saletto e Tavo
volevano formare un comune autonomo, ma mancarono le adesioni dei maggiori contribuenti sui guaIi sarebbero maggiormente
ricadute le aumentate spese.
Il fascismo aveva portato a buon punto anche uno studio,
in applicazione della legge 17 marzo 1927, per l'aggregazione a
Padova dei comuni attigui, tra cui Vigodarzere, progetto rimasto
irrealizzato a causa degli eventi bellici, ma tuttora oggetto di studio e di progettazione. 2
2 L'aggregazione a Padova di comuni attigui, Padova, 1927, Museo Civico,
B.P. 3194.
46
La prima guerra mondiale (1914-18), che costò all'Italia
oltre 650.000 morti, lasciò in relativa tranquillità il nostro comune lontano dalle zone di operazione. Ci furono invece degli
stazionamenti di militari in partenza per il fronte e, a guerra finita, il comune perse 92 dei suoi combattenti.
La seconda guerra (1939-45) non fu una guerra di trincea
o di posizione come la prima, ma una guerra di movimento. Il
pericolo era dappertutto e per tutti: ogni città, ogni paese, ogni
località di qualche interesse militare era esposta ai bombardamenti, specie dopo la disfatta del 1943, quando i soldati tedeschi
dilagarono in tutta Italia.
Si insediarono anche a Vigodarzere e precisamente in Certosa. Da un fonogramma riportato dal Fantelli si è venuto a sapere che si trattava di una scuola tedesca di spionaggio. 3 A Saletto fu installata l'antiaerea tedesca. Frequenti furono i bombardamenti alleati al ponte della ferrovia sul Brenta.
Gli eventi precipitarono nell'ultimo periodo: nella confusione dell'esercito germanico in ritirata, degli eserciti alleati sempre
più guardinghi e della lotta partigiana a volte imprudente. La
lotta si concluderà nelle ultime giornate di aprile, dal 25 al 30:
il 28 Mussolini verrà arrestato e fucilato e il 2 maggio verrà firmato l'armistizio che porterà la data del 25 aprile.
Nel padovano, la liberazione si compì in mezzo al terrore,
la minaccia di morte e le rappresaglie più orrende. Le disfatte
truppe tedesche, di continuo tormentate dai partigiani che tentavano di ostacolarne la fuga, sfogarono la rabbia della disperazione, con gli atti più bestiali. La zona di Camposampiero e Cittadella, dove la guerriglia partigiana iniziò sin dalla sera del 25
aprile, pagò la sua audacia con circa 300-400 vittime, tra cui
3 G. E. FANTELLI, La Resistel1za dei Cattolici l1el Padoval1o, Padova, 1965,
Parte Documenti, p. 324.
47
vecchi, donne e fanciulli. A S. Giustina in Colle, vennero fucilate 23 persone a pochi metri dalla chiesa parrocchiale e con essi
l'Arciprete e il giovane Cooperatore. Villa del Conte, S. Anna
Morosina, Curtarolo soggiacquero a rappresaglie non meno san•
4
gumose.
Il 28 aprile 1945, Saletto di Vigodarzere è anch'esso sotto
minaccia di rappresaglie. I tedeschi, che provengono da Padova
per la Valsugana sotto l'incalzare della VIII Armata Alleata, a
Limena tentano di passare il Brenta, essendo stati distrutti i ponti di Pontevigodarzere e Curtarolo. Temendo però le rappresaglie
dei partigiani, a Saletto fanno un rastrellamento di una cinquantina di persone che minacciano di uccidere dinanzi alla chiesa.
Mentre il parroco don Antonio Moletta e la signora Adelaide Giacomelli, che sapeva il tedesco, riescono coraggiosamente ad
allontanare la tempesta, soldati tedeschi sparano all'impazzata ed
uccidono il cooperatore don Beniamino Guzzo (9-9-1888 - 284-1945), dentro la propria casa e il sig. Guido Munaron
(29-4-1945).
Nella notte di sabato 28 e domenica 29, i tedeschi passano
il Brenta e lasciano liberi gli ostaggi. Subito dopo gli alleati sferrano un mitragliamento aereo in Maresana e ci sono perdite di
uomini e armamenti da parte tedesca. A Tavo, gli alleati accampati nel Tavello, non permettono il passaggio dei tedeschi sul
Terraglione: raffiche di mitraglia infrangono i vetri della chiesa.
Domenica notte passa nella serenità e al mattino del lunedì
30, gran festa per salutare l'esercito alleato liberatore. « Le campane suonano a festa, i soldati sono accolti festosamente dalla
popolazione. Il tricolore sventola nell'alto dei campanili e nelle
case. La guerra è finita ».
Al comune di Vigodarzere la guerra costò 90 morti.
4
48
G ..E.
FANTELLI,
La Resistenza dei Cattolici nel Padovano, cit., p. 231
55.
3) OPERE PUBBLICHE
Tra le opere pubbliche, realizzate in questo ultimo secolo,
ricordiamo, nel campo sanitario, la costruzione di un lazzaretto
comunale sopra un fondo di Saletto, in via Capitello, di proprietà
del sig. Angelo Mason, per circoscrivere l'epidemia collerica (pellagra) del 1866. Nel 1911 venne costruito unlazzaretto o casa
di segregazione stabile a Salgaro, per i comuni di Vigodarzere e
Cadoneghe.
L'istituzione stabile della posta a Saletto presso il municipio, risale al 1907 . Prima, il cursore comunale andava a prenderla a Padova fino al 1872, e dopo a Limena.
La luce elettrica e il telefono, solo però nei centri di Vigodarzere e Saletto, arrivò nel 1911.
Tra le opere stradali ricordiamo, nel 1875, l'abbassamento
dell'argine dinanzi al Municipio di Vigodarzere. Nel 1928 fu costruita via Roma, mentre prima, dopo il passaggio a livello, si deviava per l'argine del Muson. Le prime opere di asfaltatura, limitatamente ai centri di Vigodarzere, Saletto e Tavo risalgono al
1950. L'opera di maggior rilievo è stata compiuta dalla Provincia
di Padova, negli anni 1965-66, con la asfaltatura dei terragli di
via Villa Bozza e di via Terraglione e con la costruzione di una
nuova strada dietro la chiesa di Saletto. Intanto il comune ne!
1967 terminava l'asfaltatura delle vie Ca' Zusto, Capitello-Busiago e Piovego.
Il 6 maggio 1956 fu inaugurato il « Ponte della Libertà»,
presenti le massime autorità civili e religiose e l'ing. progettista
Schvarcz.
Per l'edilizia scolastica, già nel secolo scorso, erano state
costruite le vecchie scuole di Vigodarzere, ora Asilo Infantile, e
quelle di via Busiago di Saletto. 5 Nel 1912, furono costruite quel-
5 B. TREVI SAN, Relazione generale su! procedimento
istruttivo ed
educativo delle Scuole Elementari pubbliche del Comune di Vigodarzere, anno 5CO-
49
Facendo una media, molto approssimativa, delle elezioni politiche e amministrative tenutesi fino ad oggi, si può contare su
una media di 4800 elettori, distribuiti in 8 sezioni elettorali, con
le seguenti distribuzioni di voti: D.C. 2200, i partiti socialisti
1100, P.C.I. 800, il resto tra nulli e altri partiti.
5) SINDACI DEL DOPOGUERRA
SALETTO DI VIGODM1ZERE
Ponte della Libertà e Cascate del Brenta,
le di Tavo; nel 1932, quelle attuali di Vigodarzere; nel 1960, le
provinciali di Terraglione e poco do~o q~el~e di ?aletto ..
Altre opere pubbliche di questl ultImI annl,. s~no Il c~nsul­
torio comunale ONMI (Opera Nazionale Maternlta Infanzl~), ~
Saletto il cimitero nuovo di Terraglione e ammodernamentl agh
altri ci~iteri. Furono costruite inoltre case popolari a Vigodarzere, Saletto e Tavo.
4) SITUAZIONE POLITICA
Benetti Anselmo fu VaIe n tino
Lincetto Pietro fu Emilio
Gomiero Zeno fu Guido
Sandre Guerrino fu Michele
Schiavo Primo fu Sante
Ortolani Francesco fu Antonio
F assina Cesare fu Amedeo
Martini Giovanni fu Sisto
6) VIGODARZERE, CENSIMENTO DEL 19616
Comuni, Frazioni geografiche,
Località abitate
Altitudine
Popolazione
Vigodarzere
22/14
7.006
Saletto
Saletto
Busiago
Maresana-Tiso
22/17
18
21
1.589
276
58
56
Dopo la guerra e le prime elezioni politiche del 1945, primo sindaco fu eletto Benetti Anselmo.
22
Superficie
Ha. 1991
»
586
6 Istituto Centrale di Statistica, 10' censimento generale della popolazione,
15 ott, 1961, voI. III. Dati sommari per Comuni, Fascicolo 28 (Provincia di PD).
Roma 1965,
fastico 1903-1904, Padova, 1905, Biblioteca Civica B,P. 6669, Il direttore ~id~tt~co
B Trevisan annota che le Scuole del Comune di Vigodarzere furono aperte Il glOtnO
l' settembre e chiuse il 30 giugno, I giorni di lezione furono 200 Circa, La frequenza
lasciò piuttosto a desiderare,
2
Superf. Km 19,91, densità ab./Km 2 352. Popolaz. residente nei centri 1.841,
nei nuclei 667, nelle case sparse 4.498, totale complessivo 7.006, mentre nel censimento del 1951 erano 6.679, variazione +4,9%. Vigodarzere, paese, nel 1500-1600
aveva 460 abitanti. Come comune: nel 1861, 2.708; nel 1901, 3.909; nel 1911, 4.748;
nel 1921, 5.409; nel 1967, 7.723.
50
51
Mason
Zordan
Case sparse
Tavo
Tavo
Case sparse
Vigodarzere
Municipio
T erraglione
Vigodarzere
Lissandron
Pegoraro
Ranzato
Ravazzolo
Salgaro
Turato
Villa Zigno
Case sparse
22
21
51
57
1.091
22/16
19
1.308
116
1.192
497
21/14
18
17
17
15
21
18
18
14
16
17
4.109
160
41
1.248
48
116
51
60
59
78
33
2.215
625
»
283
a) Popolazione residente per grado di istruzio~e: laurea 1~,
maturità classica e scientifica 14, abilitazione (magIstrale e teCnlca) 44, licenza media inferiore 202, analfabeti 364.
b) Popolazione attiva dedita all'agricoltura 712, all'i?dustria 1.486, ad altre attività 576, di cui imprenditori, quadn superiori, liberi professionisti 12, ~iri~enti e i.mpiegati 111,. lavoratori in proprio 695, lavaraton dIpendenti 1.680, coadmvanti 276;
non attiva, scolari e studenti 437, casalinghe 2.013, pensionati 277, altri 176.
c) Famiglie residenti dedite all'agricoltura 386, componenti 2.152, di cui lavoratrici in proprio 366;
52
all'industria 497, componenti 2.084, di cui imprenditori famiglie 7, lavoratrici in proprio 71, dipendenti 413, il resto dirigenti e impiegati;
altre attività 223, componenti 942;
con capo famiglia in condizione non professionale (casalinghe, pensionati, altri) 364, componenti 1.805. Totale famiglie
1.468.
d) Abitazioni in complesso 1.359, stanze 5.682 con bagno
219, elettricità 1.340, gas in bombole 1.151, impianto di riscaldamento -/9. 7
7) UNITÀ LOCALI: INDUSTRIALI, ARTIGIANALI
E COMMERCIALI NEL 1969 8
ATTIVITÀ INDUSTRIALI E SEMINDUSTRIALI
Ditta
1 ) Bano Francesco
2) «Ciandar» - Ciangherotti
Franco & Dorio Antonio
3) Costini ti -Rovera to
4) Edilit, S.p.A.
5) «ELBI» - Brustio Luigi
Attività
Pers, occupato
cucine componibili
82
lavanderia e stireria
mobilificio
manufatti cemento amianto
caldaie
22
93
32
21
7 Altri dati statistici antichi li riporta: A. GLORIA, TI territorio pado1Jano illustrato, Padova, 1861-62, voI. II (documenti), pp. 61 ss.; p. 131 dà un prospetto
dimostrante i possidenti di oltre 600 pratiche di terreno in ogni Comune censuario
1000 m2 ), In quello di Saletto, Francesco Claudio Farini pertiche 1.130,
(pertica
eredità Giacomelli 1.138, In quello di Vigodarzere, Canonicato di S. Giacomo Apostolo nella Cattedrale di Padova 685, nob. Achille de Zigno 1.691.
8 Vigodarzere, in «Difesa del Popolo », settimanale della diocesi di Padov:l,
25 maggio 1969. «Un fiume, un torrente, una ferrovia: una prigione. CosÌ pensavano, o almeno dicevano di pensare, quelli di Vigodarzere, uno dei comuni della
" cintura" padovana, chiuso tra il Brenta, il Muson e la linea Padova-Calalzo.
"Vigodarzere non potrà mai svilupparsi - dicevano - finché ci saranno questi ostacoli". Nel capoluogo ce 1'avevano in modo particolare con il passaggio a livello
53
6) Garneri Michele
7) Giacomelli Francesco
8) Grigolon Antonio
& Benito
9) « KerWitrex »
Ferraresso Virgilio
10) Mimo Leone & C.
11) Mimo Giancarlo
12) Marangon Bruno
& Giorgio
13) Nalon Tiziano
14) S.p.A. - Salomoni
15) «SIRM» -Marinolli Italo
16) SNCBenoni Ruggero 9
17) Zaramella Cesare
tornitura
deposi to legnami
20
28
telai poltrone
30
ceramiche
divani-poI trone
divani-poltrone
52
87
15
mobilificio
mobiilficio
prodotti cemento amianto
reti metalliche
lavanderia
lavorazione argento
119
15
84
36
26
60
ATTIVITÀ ARTlGIANALI E COMMERCIALI
Ditte
Attività
Numero 232
Totale
Ditte n. 249
Varie
Perso occupato
668
Personale occupato 1.490
che sbarra la strada che congiunge con Padova. Questa strozzatura avrebbe impedito
che Vigodarzere diventasse città. A Terraglione, una delle frazioni più lontane, che
sorge al di là del Muson, lungo la Statale del Santo, i problemi erano e sono tuttora due: il passaggio a livello e il ponte sul torrente. Quest'ultimo soprattutto: due
automobili normali stentano a incrociarsi sulla piccola passerella.
Forse però non erano lacrime sincere. Certo, il problema dei collegamenti
rapidi esiste. Certamente Vigodarzere non potrà mai aspirare ad avere una linea
dall'Acap, finché ci sarà il passaggio a livello. Ma il progresso non ha trovato in
questi ostacoli dei limiti insuperabili. Non c'è più soluzione di continuità tra gli
ultimi quartieri della periferia della città e il capoluogo del Comune.
I giovani sulla terra sono pochi. La macchina o la moto li portano tutti i
giorni fuori. Ma anche a Vigodarzere c'è vita. Lo sviluppo industriale lo ha completamente trasformato, ha trovato una terra fertile, merito soprattutto degli imprenditori locali l>.
9 L'impresa Benoni, per la lavorazione di stracci per cantieri e lanifici, era
54
8) DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA E GONFALONE
lO
Blasonatura dello stemma: «Inquartato: nel 1° d'azzurro
alla torre aperta d'argento, merlata di 4 pezzi alla guelfa, accompagnata in punta da una fascia di verde caricata di un corso
d'acqua d'azzurro; nel 2° d'argento alle tre rose giustapposte.
di rosso; nel 3° d'argento alla stella di rosso di 6 raggi, accompagnata da 12 stelle dello stesso, poste in cinta; nel 4° fasciato
d'oro e di rosso, di 6 pezzi ».
Ornamenti esterni propri degli stemmi comunali.
Corona di Comune, oltre i tremila abitanti. È un cerchio
di muro d'oro, aperto di quattro porte, sormontato da 8 merli
dello stesso (5 in vista), unito da muriccioli d'argento.
Ramoscelli d'alloro e di quercia attorno allo stemma.
Blasonatura del gonfalone: «Inquartato di rosso, di bianco, di bianco e di rosso. Drappo riccamente ornato di ricami di
argento e caricato dell' Arma Civica. Ornamenti esterni coll'iscrizione centrata in argento: Comune di Vigodarzere. Le parti di
metallo, cordoni e nappo di argento. Asta verticale ricoperta
di velluto bianco e rosso. Cravatta e nastri tricolori nazionali
frangiati di argento ».
DESCRIZIONE STORICA
Nel primo quarto è raffigurata una torre. Essa simboleggia
il presidio longobardo che ha lasciato ricordo nella toponomastica di Vigodarzere e di Saletto, e nel titolare della arcipretale
moltc; .fiorente prima dell'ultima guerra, giungendo fino ad avere 500 operai. Dopo
la C1'1S1 del 1929 e l'avvento della cellulosa, la sua importanza andò diminuendo e
parte dei suoi locali furono acquistati dalla caserma dell'aetonautica.
lO Lo stemma e il gonfalone sono stati ideati dall'autore e approvati dal Consiglio ~omunale di Vigodarzere. Si ispirano alla storia, alla topografia e alla toponomastlca del Comune e rappresentano, si potrebbe dire, la sintesi del presente lavoro.
55
di Vigodarzere (S. Martino di Tours) e nel compatrono della
parrocchiale di Saletto (S. Giorgio). Essa ricorda anche il potente castello della nobile famiglia dei da Vigodarzere. ll Sotto
la torre è stato raffigurato il Brenta, col suo corso tortuoso in
mezzo alla verde campagna, che tanta importanza ebbe ed ha
tuttora nella storia della zona. 12
Nel secondo quarto è riportato lo stemma della Certosa
di Vigodarzere (1554-1770).
Nel terzo lo stemma della nobile famiglia da Scintilla,
detta anche da Ottavo, che ebbe una importanza rilevante nell'origine e successivo sviluppo del paese di Tavo.
Nel quarto infine lo stemma della nobile famiglia da Vigodarzere, feudataria del paese da cui prese anche il nome, e una
delle più illustri di Padova, per meriti e ricchezze, nel Medioevo
e nei secoli successivi.
11 Fu scelta la torre alla guelfa, perché tanto i da Vigodarzere come i da Scintilla furono guelfi contro il ghibellino Ezzelino da Romano.
12 Si ricorda che gli abitanti di Vigodarzere sono chiamati
e
quelli di Saletto, salettani. (Città e Paesi d'Italia, Enciclopedia illustrata di tutti i
comuni italiani, voI. II, Novara, 1967, p. 744 e 739. L'autore preferisce vigodarzerani
a vigodarzerini, anche in considerazione dell'aggettivo di Cavarzere che è cavarzerano l.
56
PARTE SECONDA
I
SINGOLI
PAESI
CAPITOLO I
VIGODARZERE
1) ORIGINE LONGOBARDA DI VIGODARZERE
Vigodarzere nel periodo romano, come abbiamo visto, faceva parte della colonia di Camposampiero, densamente popolata.
Con l'invasione longobarda, passa sotto il ducato di Treviso,
e si deve a questo periodo le prime notizie della sua esistenza.
I Longobardi, scesi in Italia nel 568-69 con Alboino, nella
loro marcia seguirono un tracciato ben definito, dislocando nei
punti strategici gruppi gentilizi (fare) per formare le cosiddette
arimannie di difesa.
Da noi prima occuparono i valichi pedemontani del bassanese, poi si insediarono nei punti dove già i romani avevano
costruito dei castellieri di difesa.
Non potendo conquistare Padova, ben difesa dai bizantini,
arroccati a Torre,! al di là del Brenta, si insediarono a Vigodarzere, costituendovi una arimannia. 2
! C. GASPAROTTO, Torre: da fortezza bizantina alla grande Padova, in «Città
di Padova », rivista del Comune, anno VII, n. 5-6, 1967, p. 40.
2 A. GLORIA, Codice diplomatico padovano dal 1101 alla pace di Costanza
(1183), Venezia, 1879-1881, voI. II, d. 834, p. 112. «Federico I imperatore, nel
1163 prende sotto la sua protezione i beni del monastero di S. Zenone di Verona,
59
L'insediamento longobardo diventa il centro economicoamministrativo della zona. Lasciò ricordo di sé, oltre che nel documento citato, nell'origine del nome e nel titolo liturgico della
arcipretale, S. Martino di Tours. 3
Il toponimo si prestò a più interpretazioni, dati parecchi
tra cui la corte di Vigodarzere e il castrum col distretto e gli uomini liberi detti dal
volgo Arimanni ».
3 G. P. BOGNETTI, l «Iaea sanctorum» e la storia della Chiesa nel regno d~i
Longobardi, in «Riv. di storia della Chiesa l>, VI (1952), pp. 165-204.
Sono titoli liturgici, tipicamente longobardi, S. Giorgio, il leggendario cavaliere
martire (S. Giorgio delle Pertiche), S. Martino di Tours, patrono della conquista
missionaria romana tra gli Ariani (Vigodarzere), S. Pietro, patrono del Paradiso
(Camposampiero), S. Eufemia, vergine e martire molto venerata dai bizantini e poi
dai longobardi (Altichiero, Borgoricco), e soprattutto S. Michele Arcangelo (Torre,
Vaccarino), patrono assieme a S. Giorgio del regno longobardo in Italia (vedi anche
G. FASOLI, Tracce di insediamenti longobardi nella zona pedemontana fra il Piave e
l'Astieo e nella pianura tra Vicenza, Treviso e Padova, Spoleto, 1952).
S. Martino di Tours (316 o 317-397), nacque in Ungheria, dove il padre era
ufficiale dell'esercito in una città di guarnigione della frontiera. Ancora bambino
si trasferl col padre a Pavia dove iniziò la carriera militare. Qui conobbe il cristianesimo.
Ad Amiens, dove era stato trasferito, durante una ronda notturna di ispezione,
incontrò nel cuore dell'inverno un povero seminudo e, non avendo più denari, prese
la spada, tagliò in due la propria clamide (ne staccò, cioè, la {edera di pelliccia) e
ne donò la metà al povero. La notte seguente egli vide in sogno il Cristo, rivestito
della metà del suo mantello militare, che diceva agli angeli: «Martino, ancora catecumeno, mi ha coperto con questo mantello ». Subito dopo ricevette il battesimo:
aveva 22 o 23 anni.
Sulla quarantina decise di lasciare le armi e farsi monaco. Si recò dapprima
a Poitiers, presso il santo vescovo Ilario e poi in Pannonia a trovare i suoi vecchi
genitori. Qui riuscì a convertire la madre, inoltre, poiché nella regione dominava
l'eresia ariana, Martino divenne il martello degli eretici. Scacciato si recò a Milano,
ma anche qui fu mandato via dal Vescovo ariano. Si recò allora a Poitiers presso
S. Ilario che lo ordinò sacerdote. Qui per poter realizzate il suo antico sogno di vita
eremitica, si ritirò fuori della città.
Per la sua fama di taumaturgo, fu fatto, a voce di popolo, Vescovo di Tout's.
Durante il suo episcopato, che durò 26 anni, fu attivo ed energico difensore e
propagatore della fede, soprattutto nelle campagne, nonché fondatore di numerosi
monasteri. Lottò contro la miseria e l'ingiustizia, e fu il difensore dei deboli. Morì
1'8 novembre del 397, ma i funerali ebbero luogo 1'11, giorno nel quale è venerato.
La tradizione posteriore lo fece protettore dei conuni, dei soldati e dei vi andanti.
(J. LAHAcHE, S. Martino, Vescovo di Tours, in «Bibliotbeca Sanctorum l>, Roma, 1967,
voI. VIII, pp. 1248-1291).
60
significati del termine latino agger 4 da cui deriva: argine di fiume,
terrapieno, riparo, fortificazione.
Il Gloria, giudicando che l'uso di argini artificiali fosse ignorato e non praticato prima della fine del XII secolo, collega il
toponimo Arzere al terrapieno stradale dell' Aurelia o di via di
5
Val Medoacì. L'ipotesi ha forti riserve per il fatto che dove
correvano vie romane sopraelevate rimasero reliquie dell'argine
e toponimi frequenti a ricordarlo, ciò che non si verifica in
questo caso. Inoltre questo ipotetico argine stradale, non provato, appare anche inutile, dato l'antico corso del Brenta. 6
Secondo l'autore, data la colonizzazione romana della zona ,
non è improbabile che il nome arzere derivi dal terrapieno (vallum) agger) di un precedente castelliere romano. Questi comin
ciarono a essere costruiti dalla fine del II secolo in poi, per di,
fendere le città e le campagne dalle invasioni barbariche e perché
fossero di rifugio, contro gli invasori, delle inermi popolazioni
rurali. È appunto in queste località, di solito importanti centri
demografici e strategici, che i longobardi si insedieranno.
È probabile anche che i longobardi lo abbiano potenziato,
contro i bizantini arroccati al di là del Brenta.
L'ipotesi dell'origine romana del nome arzere sarebbe confermata anche dal suffisso vicus (villaggio), proprio dei tempi
romani e non dei medioevali, per cui questo titolo si è tramandato ai villaggi perché lo avevano nei tempi romani, e non fu
4 D. OLIVIERI, T'oponomastiea Veneta, Venezia, 1961, p. 120: Vigodarzere da
Vicus - aggeris (villaggio dell'arzere).
5 A. GLORIA, L'agro patavino dai tempi romani alla pace di Costanza, Padova,
1880-81, pp. 109 e 138. L'ipotesi è confermata dal suffisso vieus, proprio secondo
il Gloria, dei tempi romani.
'
6 C. GASPAROTTO, La via «Padova-Camposampiero» in età romana in «Il
Santo. Riv. antoniana di storia, dottrina e arte », I, 2 (maggio-agosto 1961'), p. 78.
Dopo aver criticato l'ipotesi del Gloria, presenta la sua: «Il toponimo Arzere deriva
dall'argine del nuovo alveo del Brenta, che natura e uomo vennero, in qualche
modo, formando anteriormente al secolo X », senza approfondire maggiormente la
questione.
61
dato ad essi ex novo nel medioevo. Inoltre nei tempi romani,
un paese se allora esisteva, aveva lo stesso nome che nel medio~
evo ed è sorto nello stesso posto, perché nei villaggi non S1
mutavano facilmente i loro nomi.
Che già nel periodo romano, qui esistesse un villaggio chiamato Vicus aggeris da cui derivò Vico de Arzere donde Vigodarzere, è una ipotesi allettante e non del tutto da scartare.
Se scartiamo l'ipotesi dell'origine romana, dobbiamo scendere a quella longobarda, data l'importanza di questo periodo in
tutta la zona/ e collegare l'origine del toponimo alle lotte tr~
longobardi e bizantini lungo le rive del Brenta, con l'erezione o d1
robusti argini di emergenza a scopo nello stesso tempo difensivo
e offensivo sia dalle acque che dal nemico o di piazzeforti elevate
dal terreno su motte di terra (aggeres - arzere).8
Inoltre, poiché mancavano ponti sul nuovo alveo del Brenta, è da pensare che dal VII al X sec. il fiume venisse traghettato nei punti, dove più facile fosse il taglio della corrente: presso
i traghetti sorsero centri abitati. Tale si ritiene sia il caso di AItichiero e di Vigodarzere, le cui parrocchiali, S. Eufemia e S. Martino, restano perfettamente allineate tra loro. 9
7 In pratica ci troviamo di fronte allo stesso dilemma dell'origine del toponimo Limena (da limen = confine), che può significare sia il confine sud-ovest della
centuriazione romana di Camposampiero, come Tremignon, (da terminus = confine),
si-a i confini dei ducati longobardi di Vicenza e di Treviso e della iudiciaria di Monselice che qui si incontravano.
.
8 C. GASPAROTTO, La fine di Patavium, in «Boll. Museo CIV. Padova », XLIX
(1960), pp. 61-98 (dal 569 al 602). «I bizantini che tenevano Padova avrebbero
eretto anche, forse nell'ambito di un precedente castelliere romano, una «grande
torre» (turris) di vedetta, di segnalazioni e di difesa a Torre ch~ ne. avrebbe pre'J
la denominazione. Frequenti erano, infatti, in età tardo-antica blzantma, le r?buste
torri in muratura erette a difesa di un confine o di una piazzaforte ». (C. GASPAROTTO, Torre: da'fortezza bizantina alla grande Padova, in «Città di Padova, Rivista
.
., , .
del Comune », VII, n. 5-6, 1967, p. 40).
9 C GASPAROTTO Torre: da fortezza bizantina alta grande Padova, 111 «Citta dI
Padova. Rivista del COI;1Une», VII, n. 5-6 (1967), pp. 40-41. Fa l'ipotesi che S" Mi:
chele di Torre e Sant'Eufemia di Altichiero siano all'incirca contemporanee, ClOe ch
origine longobarda (VII-VIII secolo), possiamo però aggiungere che dello stesso periodo deve essere anche l'origine di Vigodarzere.
62
2) PRIMI DOCUMENTI
La prima notizia documentaria di Vigodarzere risale all'anno 918. Berengario I imperatore, il 20 aprile 918, confermava
ai canonici di Padova la proprietà dei beni e delle decime e i privilegi accordati ad essi dai sovrani che lo precedettero. 1O
Al Capitolo di S. Maria di Padova spettava, fra l'altro, il
legittimo godimento « di tutte le decime di Padova e delle chiese
dei villaggi di pertinenza giuridica della città». A evitare
possibili future controversie, il diploma dà l'elenco nominativo dei paesi tenuti a pagare le decime al Capitolo della Cattedrale di Padova: Limena, Arzere (Vigodarzere), Altichiero, Totre, Noventa, Bergano, Roncaiette, Casale (serugo), Pozzoveggiani, Albignasego e Maserà. In questo territorio, dice ancora
il diploma, « nessuno ardisca di far leve di truppe, levar tributi,
giudicare, godano perciò di assoluta immunità e siano libere
dalla dipendenza di magistrati, né vi si possono agitar pIaciti che
in presenza del Vescovo », che a quel tempo era Sibicone. 11
La decima consisteva nel diritto di percepire la decima parte
dei prodotti del suolo che venivano poi divisi in quattro parti:
Vescovo, sacerdoti, poveri, costruzione e manutenzione delle
Chiese. La parte riservata al mantenimento dei sacerdoti era
chiamata quarta, quartese o quarantesima, cioè la quarta parte
della decima.
IO Poiché per i suoi predecessori, Berengario intendeva senz'altro Ludovico II,
Lotario e forse anche Carlo Magno, siamo in possesso di una data importante che
ci porta molto indietro nella storia. [F. DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazioni sopra
{'Istoria ecclesiastica di Padova, II, (Padova, 1803), p. 51].
11 A. GLORIA, Codice diplomatico padovano dal VI secolo a tutto l'XI, Venezia, 1877, d. 31, p. 48: « ... sanctae Patavensis ecclesiae confirmamus ... , videlicet de
decimis civitatis per omnia cum villulis suis ad eandem civitatem pertinentibus: in
primis villa qui dicitur Limena et villa qui dicitur Arzere (Vigodarzere) et Autikeria
et Turre et Noenta et villa qui dicitur Bergani et totam villam qui dicitur Ronco
Liutari et Villa Casale et altera qui dicitur Pobliciano et villa quae nominatur Albignasega et Maserada et ceteri ad eandem civitatem pertinentibus... ».
Vigodarzere soltanto nel 1055 viene chiamato, per la prima volta, Vico de
Arzere, che significa villaggio dell'Arzere (A. GLORIA, Codice, cit., I, d. 172, p. 204).
63
3) SOTTO LA PIEVE DI PADOVA
Nei primi tempi del Cristianesimo la vita religiosa era regolata attorno al Vescovo, che ne era il responsabile diretto specie per la amministrazione dei sacramenti .. C~ò era favo~i t~ . ~al
fatto che il cristianesimo era limitato alle Cltta. Quando mIZlO a
propagarsi anche nelle campagne, specie dopo la pace costantiniana del 313, vennero incaricati dei sacerdoti visitatori che andavano a predicare di villaggio in villaggio e i fedeli andavano in
città per il battesimo e le grandi funzioni li~urgiche,. me?tre ~ell~
altre festività minori si raccoglievano neglI Oraton, dIssemmatl
nei centri principali.
Ben presto, aumentando il numero dei fedeli, si eressero
grandi pievi rurali, dove l'arciprete autonomo sia spir~tualment~
che economicamente nei riguardi del Vescovo, esercItava certI
poteri prima a questi esclusivi: battesimo, governo del clero in.
12
feriore e degli oratori sottopostI. aIla sua pIeve.
Una di queste pievi antiche o paleocristiane era S. Giustina
in Colle, la cui vasta giurisdizione arrivava fino a contrà Fornace
di Tavo e Busiago di Saletto, incluse nel circondario spirituale
13
pa dovano.
.
.
.
,
L'appartenenza di Vigodarzere alla pIeve clttadma, e. confermata dalla donazione di Berengario e dalle altre che segUlrono
ai canonici della cattedrale di Padova. In esse, poiché si parla di
decime pagate dal popolo fedele per il mantenimento dei sacer-
12
L. NANNI, L'evoluzione storica della parrocchia, in «La Scuola CattolICa »,
1953, pp. 475-544.
. ..,
,)
955
13 A. BARZON Padova cristiana, dalle orzglnt ali anno
800, t adova, 1
,
,
C' .
. C 'l
sto :
pp. 69-70; TERGOLINA-GHISLANZONI-BRASCO, Santa. ms/ma m
o~ c:,
. . I) ad ova,.1931. ,
pp' 14 e 18-19
che'
SI dIceva
ncz,
.
. .Il circondano dl Padova,
..
I d 'é
Fines per la ispezione civile, e Plebato per quella ecclesiastlca, contlnua ae esten erSl,
senz'altro fino al sec. XIII, fino ad Isola dell'Abate e Roncalette. da una parte, e
fino a Saletto e Fornace dall'altra. Tutta questa zona era conSiderata campanea
civitatis, campagna da cui la città traeva il suo sostentame~to: (A. GLORIA, Codice,
.
II , 1, p
XXXII
eH.)
. , anno 1191') G. BRUNACCI, Stona eccleSiastica dz Padova, ms.
B.P. 782, del Museo Civico di Padova, p. 1045).
64
doti che ammmlstrano i sacramenti e predicano il vangelo e di
ville
alla città, pare evidente che si tratti di decime
sacramentali, cioè delle offerte date dai fedeli ai loro pastori, dai
parrocchiani alla pieve. Perciò la decima, in questo caso, è strettamente connessa con la giurisdizione plebaniale della cattedrale
di Padova. 14
Poiché le pievi, nei primi periodi, erano molto attaccate ai
loro diritti, ciò comportava che a Vigodarzere vi fosse un oratorio, grande o piccolo non importa, privo p;:rò di battistero,
dove non si poteva celebrare nelle maggiori solennità, perché il
popolo doveva recarsi nella pieve o chiesa matrice, in questo
caso a Padova, per ascoltare la predica del pievano.
Soltanto dopo il Mille si ha lo smembramento di tutte le
an tiche pievi, per lo più paleocristiane: l' aumcn to della popolazione' la restaurazione della disciplina ecclesiastica in seguito alla
riforma gregoriana (1073-1085) che aveva provocato un risveglio di religiosità popolare, il sorgere dei comuni rurali, tesi alla
autonomia anche nel campo religioso, sono tutti fattori che spiegano esaurientemente questo fenomeno.
Sorgerà allora anche la pieve, cioè la chiesa battesimale di
15
Torre, con le cappelle situate al di qua e al di là del Brenta.
14 P. SAMBIN, L'ordinamento parrocchiale di Padova nei Medioevo, Padova,
1941, pp. 18-19. Vedi la po1cmica con RIZJERI ZANOCCO, Decime e
in Dio
cesi di Padova, Padova, 1951, che le riteneva decime dominicali cioè padronali e non
sacramentali. Da notare inoltre che, se l'appartenenza di Vigodarzere alla pieve cittadina sembra certa dopo Carlo Magno, con i longobardi il territorio della pieve deve
avere avuto delle delimitazioni diverse, soprattutto se consideriamo che fino a Vigodarzere era diocesi di Treviso. In questo periodo perciò pare certa l'appartenenza di
Vigodarzere alla vetusta pieve di S. Giustina in Colle.
15 Il primo documento sulla esiste117.a ed estensione della pieve di Torre
sono le Rationes Decimamm. Essa comprendeva le chiese di Noventa, S. Vito, Meianiga, Altichiero, Vigodarzere, Cadoneghe e Saletto .
Il Presbitero Galterio della Ecc!esia S. Martini dc Vicoaggeris pagò la dccim1
del 1297 in due rate di sol. XXXII l'una, inferiore a quella di Torre che era di
sol. XL, di Noventa sol. XL e Limena 501. XLVIII alla rata. Vigodarzere aveva tre
chiericati come Limena, mentre Torre ne aveva due.
(SELLA-VALE, Rationes decimarum I taliae nei secoli XIII e XIV, Venetiae
IIistria - Dalmatia, Roma, 1941, n. 1716, p. 152; n. 2407, p. 194).
65
In questo periodo le cappelle filiali hanno una certa indipendenza dalla pieve. Anche se non hanno ancora il fonte battesimale, hanno però il cimitero e ai rettori di esse spetta in modo
stabile e regolare la cura delle anime, coi relativi doveri e diritti,
come di percepire una parte delle decime.
Più tardi, verso il sec. XIV, queste cappelle cominciano a
diventare parrocchie, nel senso attuale del termine, con proprio
fonte battesimale e indipendenti del tutto dalla pieve: è il periodo della decadenza della pieve, determinato dallo sfacelo della
disciplina ecclesiastica, durante il grande scisma occidentale
(1378-1415) .
La sistemazione definitiva della parrocchia avverrà con il
Concilio di Trento (1545-1563). I suoi decreti stabiliscono che
le parrocchie abbiano confini ben determinati, l'obbligo di residenza per il parroco e per i fedeli l'obbligo di recarsi alla propria
chiesa per ascoltare la parola di Dio. Il parroco inoltre deve tenere i registri parrocchiali dei Battesimi, Cresime, Matrimoni e
Morti, nonché il libro dei benefici, dello stato d'anime e quello
della cronistoria. Il Concilio stabilì inoltre la istituzione dei Vicariati foranei con a capo il vicario al quale sono affidate, in un
territorio ben determinato, le medesime funzioni di ministero e
vigilanza, però in un contesto diverso, degli Arcipreti delle an16
tiche Pievi.
La Visita Pastorale del vescovo Nicolò Ormanetto del 1572
elenca, molto diligentemente, le parrocchie della pieve di Torre.
Esse sono Noventa, Cadoneghe, Meianiga, Altichiero e Saletto.
Manca Vigodarzere che nel frattempo era diventata pieve ono18
raria, senza cappelle a lei soggette. Oltre a queste cinque parL. NANNI, L'evoluzione storica della parrocchia, cit., pp. 528 e 535-539.
Archivi Curia Vescovile Padova, Visite Pastorali, T. VII (Nicolò Ormanetto,
1572), cc. 108-110.
18 Quando Torre, dopo il Concilio di Trento, diventerà sede di Vicariato,
anche Vigodarzere ne farà parte. Nel 1877, in una nuova divisione della diocesi allora
attuata, Vigodarzere diventerà Vicaria Foranea delle panocchic di Altichiero, Arcella,
16
17
66
rocchie, erano soggetti a Torre anche tre oratori pubblici: SS. Vito e Modesto Martiri, S. Marco e S. Fidenzio di Fornace. Quest'ultimo fu sconsacrato prima del 1587: il suo beneficio fu dato
alla parrocchiale di Tavo e in suo luogo venne alla pieve di San
Michele Arcangelo di Torre la chiesa di S. Lazzaro, oggi parrocchia. 19
4) ALTRI DOCUMENTI ANTICHI
Oltre al diploma di Berengario, numerosi diplomi successivi
riportano l'elenco dei paesi tenuti a pagare le decime ai canonici
di Padova: diploma di Ildeberto, vescovo di Padova nel 964, di
Corrado II nel 1027, di Enrico III imperatore nel 1047. 20
Gunterio, cancelliere e messo imperiale, giudica che appartengono ai canonici di Padova le decime di Altichiero, Vigodarzere, Roncone e Roncaglia, e le accoglie nella protezione dell'Impero, « affinché nessuno avesse l'ordine, senza un regolare processo, di recare loro molestia o di usurparne i beni ». L'atto no21
tarile è del 1055 e trova la sua ragion d'essere nelle torbide vicende del tempo: i Patarini (vulgo StraccianO, mossi all'origine
da santo zelo, perseguitavano violentemente i sacerdoti, che, a
loro giudizio, non erano degni del Sacro Ordine, e i nobili avidi,
approfittavano della confusione per arrotondare i propri feudi.
Ma nell'XI secolo l'autorità dell'Impero era alta e temuta e, di
conseguenza, la protezione di Enrico III poteva costituire una
valida difesa.
Cadoneghe, Meianiga, Limena, Montà, Saletto, Tavo e Torre. In sistemazioni successive sarà riprestinata la vicaria di Torre, e da! tempo del Vescovo Carlo Agosti!1i
ad oggi Vigodarzere è Vicaria di Cadoneghe, Meianiga, Reschigliano, Saletto e Terraglione, cui deve aggiungersi la nuova parrocchia di S. Bonaventura eretta nel 1967.
19 C. GASPAROTTO, Torre: da fortezza bizantina alla grande Padova, cit., p. 4l.
20 A. GLORIA, Codice, cit., I, d. 47, p. 70 (Ildcberto); d. 115, p. 151 (Corrado
II); d. 184 (Enrico III).
21 A. GLORIA, Codice, cit., I, d. 172, p. 204.
67
Pochi anni dopo scoppierà la lotta per le investiture, e anche Padova cadrà nello scisma. Nella confusione del periodo molti beni ecclesiastici verranno manomessi. Ecco allora che nel 1123
Callisto II papa prende sotto la sua protezione i canonici della
Cattedrale di Padova e i loro beni. 22 Anche il santo vescovo Bellino, nel 113 O, conferma va ai canonici i beni che ebbero in dono
dagli antecessori di lui e che erano stati dilapidati per le discordie
tra « sacerdozio e regno ».23 Una Bolla di papa Innocenzo III del
1200 24 e un'altra di papa Onorio del 1226, minacciano coloro
che manometteranno i beni ecclesiastici la scomunica e riportano l'elenco dei paesi del diploma di Berengario.
5) LUOGHI E PERSONE RICORDATI
NEL CODICE DIPLOMATICO (sec. XI-XII)
Nel Codice diplomatico del Gloria, una quarantina di diplomi nominano luoghi e persone di Vigodarzere. Tra i luoghi sono
ricordate antiche contrade, ora scomparse: «calle de Laurella »
o « Lauregla », nome preso dalla via Aurelia romana,25 Carbonare, Plantolmo o Pantolmo, Piovega, Valgatone, Rio d'Arzello (da
agger - arzere), Cisile,26 Vanzo 27 e Bagnolo.
Dalla località Bosco del Vescovo, vicino S. Giorgio delle
Pertiche, fino a Busiago di Saletto era tutto territorio boscoso.
Grandi boschi si estendevano inoltre lungo le rive del Brenta,
dove erano di freno alle acque in luogo degli argini. 28
A, GLORIA, Codice, cit" II, 1, d, 138, p, 114,
A, GLORIA, Codice, cit" II, 1; d, 212, p, 167,
24 DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazione VII, Padova, 1812, pp, 62 e 180,
25 A. GLORIA, Codice, cit" II, 1, d, 468, p, 348; II, 2, d, 1444, p, 459.
26 D, OLIVIERI, Toponomastica Veneta, Venezia, 1961, p. 77, da caesu, caesa
tagliato: «probabilmente di un bosco del quale si fossero tagliate le piante »,
27 D, OLIVI ERI, Toponomastica Veneta, cit" p, 118: «dosso di terreno in
luogo paludoso »,
28 A. GLORIA, L'agro patavino dai tempi romani alla pace di Costanza, Padova, (1880-81), p, 81 ss,; elenco II e III (boschi e paludi),
Un documento del 1171 ricorda che Torre era « in una radura nel bosco ». Qui vi era la foresta, di diritto vescovile, detta « Porpora - Coazia », che si estendeva, lungo il Brenta da Altichiero-Vigodarzere fino a Ponte di Brenta-Noventa. Il documento, infatti, precisa che la foresta era cosÌ suddivisa: «bosco di
Vigodarzere, bosco di Altichiero, radura di Torre ». Precisa inoltre che parte di questi boschi stavano per essere tagliati o ron-
cati. 29
Nel 1178 Aldrighetto, podestà di Padova, accorda ai canonici di prendere la decima del « bosco di Busiago (contrada di
Saletto) e di quella terra che va da Venalta fino al rivo de Arzello e dal rivo fino al bosco (di Vigodarzere) ».30 Questa zona
boscosa riappare nella bolla di Innocenzo III del 1200, dove si
riaffermano i diritti dei canonici di Padova per lo sfruttamento
della selva del Brenta, del bosco di Vigodarzere e di Busiago.
Anzi, poiché i canonici non si fidavano che sarebbe stata pagata
la decima, potevano esigere un pegno o una caparra. Questa
insistenza prova, d'altra parte, il fervore di disboscamento e dissodamento della campagna in atto in quei secoli. Infatti la bolla
di papa Innocenzo III specifica che i canonici hanno diritto a
percepire « le decime di tutti i frutti di tutta la terra che ora
è inarabile o inarata, allorché sia messa oppure è, a coltura» .31
Tra le persone è ricordato Ogerio, avvocato, di legge longobarda, che nel 1077 dona al monastero di S. Stefano di Padova
tre masserie poste in Vigodarzere, Bagnolo e Grumolo. 32 Nel
1104 Gandolfo di Raimondo, di legge longobarda, vende ad Al-
22
23
68
29 A. GLORIA, Codice, CiL, II, 2, d, 1031, p. 226: 5 giugno 1171, Il vescovo
Gerardo conferma i precedenti privilegi e proprietà dei canonici della Cattedrale.
Per togliere futuri equivoci, precisa i nomi dei luoghi menzionati nei diplomi precedenti: «." nemus de Vico Arzere, nemus de Vico Altikeri, Irata (radura nel bosco)
de Turre".»,
30 A. GLORIA, Codice, cit" II, 2, d, 1302, p, 375,
31 DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazione VII, ci t. , pp, 62 e 180,
32 A, GLORIA, Codice, cit" I, d, 245, p, 272,
69
berto da Baone, dei beni posti in Vigodarzere, che è ancora detto
nel contado trevisano, avuti in dono dalla contessa Matilde. 33
A Vigodarzere vi abitava un maestro di nome Acelo e due
fabbri. Altre persone furono giudici e notai del Comune cittadino.
VISITE PASTORALI E OPERE PARROCCHIALI
6) LA CHIESA ARCIPRET ALE
Numerose e interessanti le not1Z1e che ci forniscono le Visite Pastorali. 34 Esse furono 25; la prima di cui si ha notizia
risale al 1572. Vario pure fu il modo di scrivere il nome del
paese: Vicodarzere, Vigo d'Agere, Viciaggeris, Vico Ageris, Vic-
ciageris, Vici Aggeris, Vigo d'Arzere e Vigodarzere.
Come centro religioso non è mai stato pieve antica e matrice di cappelle, ma da principio cappella di Torre, si rese in seguito indipendente, probabilmente per la sua antichità ed estensione, come un'isola in mezzo alle cappelle di Torre. Nel 1587 è
detto parrocchiale, ma indipendente;35 mentre nel 1613, per la
prima volta, viene chiamato esplicitamente pieve (plebe V iciaggeris). Nel 1620 il rettore è detto: arciprete e la chiesa: arci-
pretale.
A. GLORIA, Codice, cit., II, l, d. 5, p. 4.
Archivio Curia Vescovile di Padova, Visite Pastorali, val. VIII 1572, XI
1587, XIV ... XVIII 1613, XIX 1620, XXVIII 1656, XXXIX 1669, XLVI 1680, LII
1684, LXIII 1695, LXXX 1741, XCIII 1753, CIII 1780, CIX 1811, CXXII 1877,
CXXXIII 1888, CXXXVII 1902, CLXXI 1916, CXLVII 1920, CLXXXV 1924,
CCIII 1928, CCIX 1934 (Vicariato di Torre), CCXXXVIII 1942, CCIL 1947, CCLXV
1954, CC LXXX 1961.
35 «Visitavit parrochialem Ecclesiam S. Martini de Vigo d'Agere quae est per
se sola ». (Ho visitato la chiesa parrocchiale di S. Martino di Vigodarzere che è
indipendente).
33
34
70
VIGODARZERE - Vecchia chiesa e campanile.
La vecchia chiesa, in riva al Brenta come l'attuale, «si
pensava fosse tra le più antiche della diocesi », dice la visita pastorale del 1877. Forse risaliva ai sec. XII-XIII, era infatti di
stile romanico. Essa avrebbe sostituito una cappella del VII-VIII
secolo, del periodo longobardo. Ma siamo nel campo delle ipotesi.
La vecchia chiesa, lunga metri 50 e larga 34,36 non consacrata, aveva tre altari: maggiore, dedicato a S. Martipo, quello
a destra alla Madonna e quello a sinistra a S. Rocco. Aveva il
battistero, la sacrestia, il campanile con due campane e il cimitero attorno alla chiesa. Nel 1669 gli altari con titolare sono
dedicati a S. Martino, B. M. V. del Rosario e SS. Rocco e Sebastiano. Il Vescovo Nicolò Ormanetto nel 1572 ordina di rinfre .
scare le pitture. Il primo capellano di cui abbiamo notizia è don
Carlo Martigno nel 1695.
Il beneficio della chiesa consisteva in 23 campi, più il qual'tese e decima su vari campi, con una rendita di 190 ducati nel
1587, e 350 nel 1680. C'erano inoltre anche due chiericati.
L'arciprete Giambattista Ceroni testò nel 1759 dieci doti annue
a povere donzelle.
necessarie al culto divino»; come reliquia possiede il corpo di
S. Emiliano martire. Nel 1680 viene ricordato anche l'oratorio
di S. Antonio dei Da Ponte e si nota che nei suddetti due oratori
si celebra ogni giorno la messa.
Il 23 settembre 1695, nell'ultima delle quattro visite pastorali, compiute da S. Gregorio Barbariga a Vigodarzere (1669,
1680, 1684 da un delegato del Cardinale, 1695), il cardinale
passa la notte nella villa Vendramin con tutto il suo seguito.
Nel 1741 viene ricordata la villa Zusto,37 patrizio veneziano, dove il 25 maggio pernotta il vescovo Giovanni Minotto e
l'annesso oratorio, intitolato alla Concezione della B. V. M. Altri
oratori ricordati in questa visita pastorale sono: quello di S. Lorenzo dei da Ponte
che sarà distrutto dalle acque nel 1753 e l'oratorio pubblico Pittarini, nobile vicentino, in onore di San
Giovanni Battista, ricco di reliquie di Santi. Anche il cardinal
Rezzonico, poi Papa Clemente XIII, nel 1753, come del resto
avverrà per parecchi dei suoi successori, pernotterà nella villa
Zusto.
Nel 1811 si citano: l'oratorio di S. Giovanni Battista dei
da Ponte, già dei Pittarini; Zigno in Certosa; Zusto e l'oratorio
privato del signor Antonio de Lazara a Castagnara, che si trovava
nel luogo in cui sta ora sorgendo la chiesa di S. Bonaventura.
L'ubicazione di queste ville con oratorio riesce molto difficile; però di due si è certi: la sede attuale del municipio era senz'altro villa Zusto, poi Pisani. Lo attestano la vicina via Ca' Zusto
e l'oratorio annesso dedicato alla concezione della B. V. M.
7) OHATORI
Nelle visite pastorali sono spesso ricordate le ville di campagna, con annesso oratorio, dei nobili, spesso patrizi veneziani.
L'oratorio più antico, ricordato nel 1656, è quello dei Vendramin, dedicato a S. Romualdo. Il delegato di S. Gregorio Barbarigo lo visita nel 1669 e ne fa uno splendido elogio: « Costruito magnificamente e splendidamente provvisto di tutte le cose
36 G. CITTADELLA, Descrittione di Padova el suo territorio con l'inventario
ecclesiastico, brevemente falla l'anno saluti/ero 1605, ms. B.P. della Bibl. Civica di
Padova, p. 323.
A Vigodarzere avevano estesi possedimenti la nobile famiglia Contarini e Spe.
roni in contrà Bragni.
72
\
37 Lo stile della villa Zusto è carattenstlco di una villa venel,iana del '600,
dove viene dato massimo rilievo al salone centrale, riconoscibile anche all'esterno
dell'edificio per la sopraelevazione a timpano. Accanto sorgevano vaste adiacenze adibite a granai e a stalle tuttora conservate.
L LANFRANCI-II,
Zusto, Venezia, 1955, p. XXII, afferma che sono
andati perduti nella totalità i documenti relativi ai beni situati a Vigodarzere. Le
ville veneziana di Vigodarzere non hanno neppure avuto dei cantori celebri, come la
vicina Villa Quirini di Altichiero, celebrata da MAD. JEANNE WYNNE COMTESSE DE
URSINI ET ROSENBERG, Alticchiero, Padova, 1787.
73
La villa Vendramin invece « sorgeva quasi di fronte alla
chiesa parrocchiale di Altichiero, a sinistra del Brenta, e l'oratorio
fu demolito nell'occasione che dovette ampliarsi l'alveo di questo fiume. Le reliquie ivi contenute del corpo di S. Emiliano furono trasportate nella chiesa di Vigodarzere ».38
Attualmente rimangono gli oratori della Certosa, Zusto
presso l'attuale sede municipale (ora considerato monllmento-ricorda dei caduti del Comune di Vigodarzere nelle due guerre
mondiali) e l'oratorio del Cimitero, in onore di Nostra Signora
del Suffragio.
8) CHIESA ATTUALE
La vecchia chiesa, ingrandita nel 1684 con l'aggiunta di due
navate laterali, ben presto, per il continuo aumento della popolazione, si dimostrò troppo piccola.
Solo nel 1820, dopo vari progetti, furono costruiti il coro
e le due sacrestie della chiesa attuale dall' arciprete Giovanni Maria Spagnolo, che fece pure il grande progetto dell'attuale chiesa,
ad una sola navata. L'arciprete Spagnolo costruì anche il vecchio
campanile a forma di torre, ma in seguito alla sua morte di colera,
avvenuta nel 1836, assistendo i malati, tutti i lavori furono
sospesI.
Il corpo della chiesa attuale, ad una sola navata, fu elevato nel 1870 dall'arciprete Giovanni Spagnolo,39 che fece fare
38
39
A. C. V. P., Visite Pastorali, voI. CXXII, a. 1877.
La chiesa è opera dell'architetto padovano Antonio Noale (1776-1837), che,
diplomato ingegnere architetto alla scuola del Cerato, gli succedette nella cattedra
universitaria. Come ingegnere comunale eseguì progetti per il restauro dell'Università
(1810), per il Cimitero di Padova (1811-12) e per il teatro Obizzi.
Ma più interessante è la sua attività come libero professionista: l'altar maggiore della Chiesa del Carmine (progettato nel 1804 e finito nel 1826). Eclettico è
il Noale nella Chiesa di Vigodarzere: semplice e onesta la facciata ionica, il coro a
giorno di ispirazione palladiana, l'altare maggiore indulge un po' al barrocco in
74
\
VIGODARZERE - Chiesa attuale e campanile.
a~che il grande affresco del soffitto, opera del Prof. Carlini, rafftgurante su 70 metri quadrati di spazio, la gloria di S. Martino.
Belli sono p.ure gli affreschi dell'altare maggiore che raffigurano
Le Nozze dI Cana e la Risurrezione di Lazzaro. L'abbellimento
della fac.ci.at.a con mar~orino e l'affresco di S. Martino (opera del
Prof. LIC1nl 1941), SI devono all'attuale arciprete don Giulio
Rettore. La chiesa fu consacrata nel 1878 da Mons .. Pohn Vescovo ausiliare di Padova, ed ha per titolare S. Martino, Ve~covo
di Tours (11 nov.).
. Accant~ alla chiesa, s'innalza maestoso ed elegante il campa11lle, ammltato per la sua altezza. Fu eretto nel 1901 dall'arciprete Magnabosco ed inizialmente era alto m. 83,7 O. Don Rizzato ne rinnovava la cuspide (1925), portando l'altezza a m.
81,25, e faceva rifondere le vecchie campane, sostituendole con
altre nuove (1933). Le campane sono quattro 40 e formano un
ottimo concerto, che funziona con l'impianto elettrico dal 1959.
9) MADONNA DELLA FRAGLIA
Tra le manifestazioni religiose di questa parrocchia si de.
vo~o not~r~ ~u:lle ispirate dalla devozione alla Madonna, per
van prodlglOsl 1l1terventi della Madre del Cielo.
Famosissimo è il fatto avvenuto il 4-5 agosto 1762. Per
ottenere il dono della pioggia, si organizzò una processione che si
diresse verso la città, passando di chiesa in chiesa, con la partechiave massarian~. Altre sue opere sono: la villa, con giardino, Della Libera a Volta
~ruse~~na, la V:ll~ Orsato a Fontaniva e numerosi e importanti restauri di palazzi
slgnonh della cItta.
(~fr .. N. GALIMl:ERTI, Architettura padovana dell'Ottocento, in «Padova e la
sua prOV111C1a », n. 6, gIugno 19~7, pp. 10-16. F. PERTILE, Antonio Noale architetto,
111 «Padova », dICembre 1938, npubblicato nella stessa rivista nel marzo 1958)
40 La campana piccola dà la nota Mi, pesa q. 7,56 ed è dedicata a S. An~onio
da Padova. La seconda (Re diesis) pesa q. 44 ed è dedicata alla Natività della Madonna. ~a terza (D? diesis) :Ii q. 13,34 è in onore di S. Rocco. La quarta (Si) di
q. 19,9 111 onore dI S. Mart1110 di Tours.
76
cip azione delle varie parrocchie, ciascuna con la propria immagine della Madonna. Arrivati a Padova cominciò a piovere, e l'immagine della Madonna di Vigodarzere a causa della pioggia insistente fu portata nella chiesa di S. Stefano: qui fu un accorrere
devoto di fedeli di tutta la città per le numerose grazie che si
ottenevano. Il giorno dopo l'Immagine miracolosa fu portata in
Duomo, e si ripetè l'afflusso continuo di fedeli; da qui ritornò
a Vigodarzere, trionfalmente, accompagnata da una numerosa
folla .
A ricordo di questo fatto e per tenere sempre viva la devozione alla B. Vergine, in data 19 maggio 1776, fu regolarmente
istituita con Breve di Papa Pio VII la Confraternita, detta Fraglia, della Natività di Maria. Ogni anno, 1'8 settembre, si celebra
con molta solennità questa festa, che è diventata «sagra»
paesana.
Si ricordano poi almeno altri due interventi prodigiosi della B. Vergine, per salvare il paese dal pericolo di essere devastato dal Brenta in piena, nel 1845 e nel 1882. A ricordo fu
eretta, nel piazzale antistante la chiesa, una colonna, con la
statua della « Madonna delle acque» .41
lO) OPERE PARROCCHIALI
Tra le opere parrocchiali, ricordiamo la canonica.
Attualmente non conserva nulla della forma primitiva: è
,/stata riparata e restaurata, prima dall'Arco Ceroni senior, poi da
don Mocellin. Infine fu ampliata e le fu data la forma attuale
da don Panozzo, che la lasciò incompiuta. Fu completata da don
Girolamo Rizzato nel 1927.
La casa del cappellano è stata fatta costruire da don Ceroni
41 A Vigodarzere ci sono tre «capitelli »: uno dedicato a S. Rocco in via
Ca' Zusto, uno alla Sacra Famiglia vicino alla chiesa e un terzo in via Certosa a
S. Antonio, forse a ricordo dell'oratorio omonimo dei Da Ponte.
77
Il) ELENCO DEGLI ARCIPRETI DI VIGODARZERE
DI CUI SI HA NOTIZIA NEI DOCUMENTI
VIGODARZERE - Asilo Infantile.
senior nel 178 O, come si legge in una piccola lapide ancora visibile nella facciata. Però fu completamente restaurata e modernizzata da don Rettore nel 1960.
L'asilo fu costruito nel 1932, nel fabbricato delle vecchie
scuole. Essendo proprietà del comune, fu comperato nel 1955.
Dell'assistenza ai bambini e della scuola di lavoro, attualmente
si occupano quattro Suore Minime del Suffragio.
All'attuale arciprete, don Rettore, si devono: il Patronato
Maschile, l' ammodernamen to della sala tea trale e il grande edifido ora adibito a bar, vicino alla canonica. 42
Il Cimitero attuale, lontano dalla chiesa, è de] 1831.
42 Nell'archivio arcipretale di Vigodarzere i registri canonici contengono i nati
dal 1648, matrimoni dal 1735, morti dal 1656, cresime dal 1778. Il primo stato
d'anime è del 1837 e fu redatto da don Mocellin.
Demograficamente, Vigodarzere aveva 460 ab. nel 1587, 690 nel 1684, 1058
nel 1780, 1219 nel 1811, 2048 nel 1877 e 3640 nel 1954.
78
1147
1550
1585
1620
1630-1653
1653-1706
1706-1759
1759-1801
1801-1810
1810-1816
1816-1836
1836-1846
1847-1863
1863-1889
1890-1900
1901-1924
1925-1940
1940- ....
Prete Arnaldo 43
Don GioBatta Francanzani
Don Francesco Nasello
Don Cassiano dei Cassiani
Don Pietro Nordio
Don Francesco Agostini, trevisano
Don Melchiorre dotto De Prandis
Don GioBatta Ceroni senior da Caltrano
Don GioBatta Ceroni junior, nipote, da Caltrano
Don Giovanni dott. Gabaso, da Dolo
Don Giovanni Maria Spagnolo, da Pedescala
Don Giuseppe Mocellin, da S. Nazario
Don Giacomo Saltarini
Don Giovanni Spagnolo, da Pedescala
Don Giov. Battista Magnabosco, da Canove
Don Pietro Panozzo, da Tresche Conca
Don Girolamo Rizzato, da Fara Vicentina
Don Giulio Rettore, da S. Michele delle Badesse
43 Fu presente ad un atto notarile del Vescovo di Padova S. Bellino, il 23 novembre 1147 (A. GLORIA, Codice, cit., II, 1, p. 367).
79
CAPITOLO II
SALETTO
1) ORIGINE DI SALETTO
Saletto, nel periodo romano, come abbiamo visto, faceva
parte della colonia di Camposampiero, densamente popolata.
Non pare che sia stato un villaggio romano, data la scarsità dei
reperti archeologici finora trovati. Si può supporre però che gravitasse attorno al vicino centro di Limena, di origine romana imperiale,l tenuto conto che a quei tempi i due paesi non erano divisi dal Brenta.
Con l'invasione longobarda del 569 e il nuovo (attuale)
corso del Brenta (589 c.), la storia dei due paesi si separerà.
Limena passa sotto il ducato di Vicenza e si deve forse datare a
questo periodo, VII-VIII secolo, l'erezione di una cappella dedicata ai SS. Felice e Fortunato, patroni della chiesa vicentina.
l C. GASPAROTTO, Carta archeologica Italia, Foglio 50 (Padova), Firenze,
1959, II, N.E., n. 3, p. 16: «Numerose lapidi funerarie imperiali nell'area del
paese di Limena, lungo la via principale, sulla riva sinistra del medioevale canale
Brentella, per cui si può pensare che le tombe fossero lungo una via di raccordo
tra le strade romane dell'Arzere, che passava per Montà-Villafranca, e di Via di
Val Medoaci, che passava per Saletto-Tavo-Non ». Ciò porta alla conclusione che
nel periodo romano imperiale, Limena era un vicus (villaggio). (C. GASPAROTTO,
Torre: da fortezza bizantina alla grande Padova, dt., p. 37).
81
Saletto invece passa sotto il ducato di Treviso e nella zona
si insedia una arimannia longobarda che ha lasciato ricordo di
sé nei documenti, nella toponomastica e nei titolari della parrocchiale.
Un documento del 1163 dice: «Federico I imperatore,
prende sotto la sua protezione i beni del monastero di S. Zenone
di Verona, tra cui la corte di Vigodarzere e il castrum col distretto e gli uomini liberi detti dal volgo Arimanni ».2
Il castrum era una specie di accampamento o stazione militare (in termine moderno si direbbe caserma), dove i militari
avevano domicilio. Era posto in luoghi sicuri, importanti stra··
tegicamente ed era di solito ben difeso. Poiché i longobardi emigrarono in massa con le loro famiglie e le loro robe, queste stazioni militari vennero ad essere dei veri e propri borghi o bor3
gate a scopo di abitazione e di difesa.
Il toponimo Saletto sembra derivare, molto probabilmente,
da sala longobarda 4 (era il centro economico-amministrativo dei
loro insediamenti). Anche il toponimo Busiago (da «Buschi·
liago », zona boscosa), indica presumibilmente la parte di terra)
della corte, incolta e riservata a prati e boschi.
Da notare infine che i toponimi hanno molta importanza
2 A. GLORIA, Codice diplomatico padovano dal 1101 alla pace di Costanza
(1183), Venezia, 1879-1881, vo1. II, d. 834, p. 112.
.. .
.
3 Du CANGE, Glossarium mediae et infimae la/ml/atls, Graz-Austria, 1954,
vo!. II-III, p. 213 (voce Castrum); I, p. 786 (voce Burgus: «erano dette le case
..
'
che facevano parte di un castrum»).
4 D. OLIVIERI, Toponomastiea Veneta, VeneZia, 1961, p. 64. Saletto e un
nome locale derivato da nome di piante in questo caso da sallx, eH (sallce), come
Salgaro (forma dialettale di salice) e Castagnara da castagna (castanea). ~em.b:·a .difficile però farlo derivare dal termine latino Salicetum, come afferma l Oh~len, m
quanto tutti i documenti antichi parlano di Saletum. Da notare ancora che m ltalla
ci sono 29 paesi chiamati Salice o Salicetto (da Salicetum l,,, me~tre solo 9 sono
chiamati Saletto, tra cui l'esempio classico di Saletto FIesole, gJa «Sala ]ongobarda ",
come afferma l'Amati. (A. AMATI, Dizionario corografico, Milano [1875-86], voI. VII,
parte I, p. 63).
82
nella ricerca storica, perché difficilmente il popolo li cambia ed
hanno di solito origini remote.
Di importanza capitale anche un altro particolare: il compatrono della parrocchiale, assieme a S. Silvestro papa, è S. Giorgio,5 santo tipicamente longobardo. Anzi in suo onore pare sia
stata eretta anche una chiesa o un oratorio, e un'altra anche a
S. Silvestro papa,6 quest'ultima vicino al Brenta, via commerciale
e di comunicazione della massima importanza, specie nel Medioe··
vo, periodo quasi privo di strade.
La fusione delle due chiese, in quella di S. Silvestro papa di
Saletto,? dovrebbe essere avvenuta dopo il 1137, anno in cui sono
5 D. BALBONI, S. Giorgio, in «Bibliotheca Sanctorum », Roma, 1965, vo!. VI,
pp. 512-531. Di S. Giorgio di certo si sa solo che visse nel III-IV sec., che fu
cristiano e morì martire probabilmente in Palestina. Passò nella leggenda come il
« grande martire », per il coraggio indomito nel professare la fede e come il «trionfatore» che uccise il drago che seminava stragi umane dopo aver liberato la figlia
di un re. Nell'antichità fu molto venerato: «forse nessun santo ha riscosso tanta
venerazione popolare quanto S. Giorgio ». Assieme a S. Michele Arcangelo divenne
il santo protettore della monarchia longobarda e numerose chiese in suo onore furono costruite specie nei castelli, nelle torri e nei presidi longobardi.
6 G. BRUNACCI (1711-1772), Storia ecclesiastica di Padova, ms. B.P. 782 della
Biblioteca Civica di Padova, pp. 929-930: «In questi luoghi (cioè nelle parti di
Saletto, documenti risalenti al 1137) fanno menzione di una calle di Santo Zorzi
(S. Giorgio) e di una piovega di S. Silvestro: indizio probabilmente di due Chiese,
che ivi fossero, o fossero state d'antico ».
Certamente longobardo è il titolo liturgico di S. Giorgio, dr. G. P. BOGNETTI,
I «loca sanctorum» e la storia della Chiesa nel regno dei Longobardi, in «Riv. di
storia della Chiesa », VI (1852), pp. 165-204. Molto probabilmente anche quello di
S. Silvestro, cfr. AA.VV., Montagnana, Padova, 1968, pp. 36-37, dove si prospetta
l'ipotesi, ben fondata, dell'origine longobarda di Saletto di Montagnana, anche in
considerazione del primitivo titolare della parrocchiale, S. Silvestro papa, tlplcamente
longobardo, che rimanda alla celebre abbazia di Nonantola, di origine longobarda,
c ai suoi influssi nel padovano.
7 A. AMORE, S. Silvestro papa, in «Bibliotheca Sanctorum », vo!. XI, Roma,
1968, pp. 1077-1082. Di S. Silvestro, di certo, sappiamo solo la data della sua
morte: 31 dic. 335. Del suo lungo pontificato, durato oltre venti anni, come della
sua vita, niente si conosce di sicuro: la sua opera e la sua fama furono oscurate
dall'attività del contemporaneo Costantino Magno, il «primo imperatore cristiano ».
Vari scritti apocrifi, che non hanno nessun valore storico, parlano ampiamente
di lui. Raccontano per esempio che Costantino fu mondato dalla lebbra al lll')mento di ricevere il battesimo dalle mani di S. Silvestro. La leggenda lo vede valido
collaboratore di Costantino nella lotta contro le eresie e nella attività edilizia a
83
si tratta di un atto notarile in cui si attesta che Ermiza e altre
persone della famiglia Camposampiero, donano all'abbazia dei benedettini di SS. Eufemia e Pietro (situata presso Abbazia Pisani),
cento e sessantotto massarizie, di cui due poste nel paese chiamato Saletto vicino al Brenta (in villa quae dicitur Saletum pmpe
Brenlam), allora ancora situato nel comitato Trevisano. Le massarizie, poderi rurali dai dieci ai trenta campi l'una, erano lavorate, dice il documento, da un certo Gisberto e Martino. 8
Nel Codice Diplomatico, Saletto ricompare altre due volte.
Nel 1127 Milone di Giovanni Ponga di Fontaniva fa il testamento e lascia alla figlia dieci massarizie, di cui una posta a Saletto. 9
Nel 1142 un atto notarile riporta la donazione ai canonici di Padova
fatta da un certo Bivulvo, Giordana e Toprando - di
vari beni, tra cui un manso situato a Saletto e retto da Domenico Balbo .10
2) FEUDO DEL VESCOVO DI PADOVA
SALETTO - Chiesa parrocchiale e canonica.
ricordate entrambe, e prima del 1297, in quanto le Rationes decimarum ricordano solo la chiesa di S. Silvestro di Saletto.
Il primo documento scritto che nomini Saletto è del 1085:
favore della Chiesa. La Donatio Costantini, apocrifo dell'VIII secolo, con il qu~le
si pretese di giustificare l'origine del potere temporale d~l papa: afferma che Costantino donò la città di Roma a papa Silvestro, quando deCIse d! fondare CostantI'
nopoli.
«In conclusione si può dire che la personalità di Silvestro rimane u~a figura
di secondaria importanza nella storia della Chiesa, e può essere solo parzlalment:
rivalutata per il culto tributatogli, che ha sempre goduto di una grande popola;zta,
essendo stato uno dei primi santi non martiri ad essere venerato con culto. hturgico ». La sua iconografia si basa principalmente sugli episodi più sp~ttacola~l del.l~
leggenda e ne è tutta permeata, anche se il santo vi appare, come glUsto, 111 abltl
pontificali, con tiara e croce a tripla traversa.
84
I vescovi, divenuti feudatari della zona, misero a capo
dei vari centri i cosiddetti «vassalli», specie di fattori che
tutelavano i diritti del padrone. Erano dette curie, cioè centri amministrativi di corti minori, S. Giorgio delle Pertiche, dove erano feudatari i da Marostica, e S. Andrea di Codiverno, dove
comandavano gli eredi di Giovanni Sicherio.
« Altri vassalli nobili del vescovado, prosegue il Brunacci,ll
A. GLORIA, Codice, cit., I, d. 285, p. 309.
A. GLORIA, Codice, cit., II, d. 176, p. 14l.
10 A. GLORIA, Codice, cit., II, d. 406, p. 303. Documenti simili sono il feudo
di Astallo Aleardo da Tavo (1287), l'investitura di Onorio da Vigodarzere (1336),
la rinuncia del parroco don Giovanni Blondelli (1351), la nomina del feudatario
Francesco da Carrara (1371). A. GLORIA, Il territorio padovano illustrato Padova
1862, voI. II, p. 135.
'
,
11 G. BRUNACCI (1711-1772), Storia ecclesiastica di Padova, ms. B.P. 782 della
8
9
85
erano a Busiago (di Camposanmartino), Tergola, Villarapa, ViIlapapara, Campodarsego, S. Giustina in Colle, Fornace, Sopraripa (Sorriva), T avo, Tremerende, Saletto, Campreto, Vaccarino, Camisano e altri luoghi. Le carte che ne parlano, dell' Archivio Capitolare, sono del 1188 e parlano di questi paesi e dei Signori ch'ivi avessero che fare, fino da 50 anni. Si chiamavano le
famiglie feudatarie di queste parti con i titoli onorifici dell'età: i
cattani di Tergola, i cattani di Villarapa, i cattani di Limena e
quelli di Fornace». Il territorio dei cattani di Tergola arrivava
fino al « bosco di T avo », dopo iniziava la corte di Fornace (ora
contrada di Tavo).
3) SOTTO IL COMUNE E LA PIEVE CITTADINA
Due sentenze, una civile e l'altra ecclesiastica, confermano,
pochi anni dopo, un diritto già acquisito da tempo, ma in quegli
anni messo in discussione: Saletto, Busiago e Fornace fanno parte
della coltura, per l'ispezione civile, e del plebato, per quella ecclesiastica, di Padova.
Un pubblico arengo del comune cittadino, verso il 1142,
stabilì che Busiago era sotto Padova e che il comune aveva diritto
di mandare saltarì e marici ad ispezionare. Inoltre testimoni affermarono che i canonici prendevano la decima di quei luoghi
e che c'erano stati diverbi al riguardo tra i canonici e i consoli.
« I canonici tanto insistettero che i consoli fecero sopra questa
Biblioteca Civica di Padova, pp. 929-930 ss., in pratica però vedi tutto il libro XXV,
anno 1137.
Le corti, vasti possessi fondiari derivanti spesso dal fisco pubblico e precedentemente dal latifondo romano, erano cedute in dominio feudale dai sovrani del
momento. Avevano il loro centro nella casa dominicale, spesso circondata da abitazioni per gli artigiani e i servi, adiacenze agricole e il brolo dove si tenevano i
mercati. Spesso, accanto alla corte, sorgeva il vicus, cioè il borgo che raggruppava
uomini liberi e semiliberi.
86
SALETTO - Asilo Infantile.
ma teria consiglio: e di loro consiglio fu, che si desse di quella
decima ai canonici di Santa Maria ».12
La vertenza ricompare nel 1191, questa volta in foro ecclesiastico, allorché la congregazione dei parroci della città pretendeva il quartese della zona « della coltura di Padova, dove ci
sono Fornace, Saletto e quel Busiago ch'è ivi ».
Per argomento portavano che quei luoghi erano del plebato
di Padova, sulle cui terre essi avevano il diritto del quartese.
« Veramente, quei preti di là, rettori specialmente delle chiese
12
G. BRUNACCI, Storia ecclesiastica di Padova, cit., p. 993 s., anno 1142.
87
di Saletto e Fornace, insistevano per la contraria parte. Sicché la
questione portò a ridire di fatti di 40 e di 50 anni addietro ». I
rettori di Saletto e Fornace sostenevano che fin dai tempi di
S. Bellino, cioè dall'anno 1146, ricevevano il quartese, anzi « aggiungevano questo: che quei loro villaggi non fossero del Plebato di Padova ». « Contro questi due preti fu nondimeno deciso
che Saletto e Fornace sono del territorio, coltura e plebato di
Padova: e che il quarte se conseguentemente fosse dei parroci
padovalll. ». l'
nace, confermate peraltro dalle visite pastorali, perché la pergamena è lacera e macchiata.
La decima dell'anno 1297 della «Ecclesia S. Silvestri de
Saleto ») ricorda il presbitero Giovanni e un chiericato. 16
VISITE PASTORALI - OPERE PARROCCI-UALI
J
Un breve di papa Alessandro III del 1173 confermava ai
cappellani (parroci) di Padova il quarte se dei villaggi soprannominati, salvo la parte di esso dovuta ai canonici, la parte di quartese dovuta ai parroci locali e la parte di decima sempre alle
chiese locali. 14 Ancora una Bolla di papa Innocenzo III (12 aprile 1200), confermava ai canonici le decime di cui godevano, specificando « quelle di quella parte di Busiago che è tenuta dal comune di Padova, e che è custodita dai marici ».15
4) SOTTO LA PIEVE DI TORRE
Queste controversie cesseranno quando sarà costituita in
seno alla pieve cittadina quella di Torre. Il primo documento
certo della sua esistenza ed estensione sono la Rationes decimarum. Essa comprende le chiese di Noventa, S. Vito, Cadoneghe, Meianiga, Altichiero, Vigodarzere, mancano Saletto e For-
G. BRUNACCI, Storia ecclesiastica di Padova, cit., p. 1046, anno 1146.
14 A. GLORIA, Codice, ci t. , II, parte 2, d. 1120, p. 281, anno 1173.
15 F. DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazioni sopra l'Istoria ecclesiastica padovana, VI, Padova, 1812, p. 62 e 180 (decimas illius partis Bussitiaci quae pro comunitate Padua e detinetur ... quae per maricas Paduae custoditur). Un documento
anteriore specifica che la zona era boscosa: A. GLORIA, Codice, cit., II, parte 2,
d. 1302, p. 375, anno 1178 (decima lolius nemoris di Busillago).
13
88
5) LE VISITE PASTORALI PIÙ ANTICHE (1453-1656)
La prima visita pastorale compiuta a Saletto è del 1453 e la
seconda del 1535: in entrambe la Chiesa è detta parrocchia.
Complessivamente, le visite pastorali a Saletto furono 27. 17
Vi si ricava che il modo di scrivere il nome del paese fu
vario: Ecclesia Sancti Silvestri de Brinta (1572), Ecclesia Sancti
Silvestri de Salito trans Brintam (visita pastorale a Torre deI
1577), Saletto de Brenta ( 1587), Saletto ultra Brintam (1695),
Saletto oltre Brenta (1877). In questi ultimi tempi ha avuto
altre due denominazioni: «Saletto di Padova », ed ora, sia civilmente che ecclesiasticamente, « Saletto di Vigodarzere».
La chiesa neI 1572 aveva due altari, un campanile con due
campane e il fonte battesimale. Era cappella filiale di Torre e il
Vescovo Nicolò Ormanetto dà ordine al parroco di rinfrescare
le pitture. Nel 1587 si fa menzione del cimitero, situato all'esterno (parte destra) della chiesa. Il beneficio era povero: quattro
campi. La chiesa è descritta come povera e mal tenuta.
16 SELLA-VALE, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, VenetiaeHistria-Dalmatia, Roma, 1941, n. 1720, p. 153.
17 Archivio Curia Vescovile, Visite Pastorali, 1453 voI. I, 1535 IV, 1572 VIII,
1587 XI, 1613 XIV ... XVIII, 1620 XIX, 1656 XXVIII, 1669 XXXIX, 1680 XLVI,
1684 LI!, 1695 LXIII, 1741 LXXX, 1753 XCIII, 1780 CIII, 1811 CIX, 1877 CXXII,
1888 CXXXIII, 1902 CXXXVII, 1916 CLXXI, 1920 CXLVII, 1924 CLXXXV, 1928
CCIII, 1934 CCIX, 1942 CCXXXVIII, 1948 CCIL, 1954 CCLXV, 1961 CCLXXX.
Nell'Archivio Curia Vescovile, il ms. Brandolese, ricorda a Saletto una pittura del
Tiepolo, ora scomparsa.
89
La chiesa, era lunga m. 40 e larga 20, aveva due altari e
una sepoltura Trevisan. In paese aveva residenza Nicolò Trevisan, Nobil Uomo padovano, la cui villa aveva un bel vedere in
torretta verso il Brenta, e cappella lunga m. 22 e larga m. 16.18bis
Nel 1656 viene ricordato in paese un mulino ad acqua, sul
Brenta.
6) S. GREGORIO BARBARI GO
S. Gregorio Barbariga visita il paese 4 volte (1669, 1680,
1684, 1695). Nella prima ha parole di elogio, perché trova la
chiesa ben tenuta. La seconda contiene anche l'inventario del
beneficio parrocchiale: 5 campi e mezzo; con il quartese sopra
diversi campi e le decime, il beneficio si aggira sui 100 ducati.
Interessante la descrizione del beneficio: un campo e mezzo, con chiesa, orto e cantina, confina con il podere Trevisan, il
cui brolo è circondato da una mura. Questa venne demolita nel
1919 e con i mattoni ricavati, fu costruita la chiesa di Cavino.
Due campi confinano a est con il Nobil Uomo Alessandro Vianolo, a sud con il Nobil Uomo Trevisan, e dalle altre parti c'è
la strada. Gli altri due campi confinano con il Vianolo suddetto
e con il Nobil Uomo padovano CarIi.
I cresimandi nel 1680 erano 94, dai 7 ai 22 anni.
SALETTO - Villa Giacomelli.
7) LE ALTRE VISITE PASTORALI
Il Cittadella, nella Descrizione di Padova,ls dice che Saletto, già residenza di Commendatori, celebra la sua festa et
S. Silvestro, nell'ultimo giorno dell'anno.
18 G, CITTADELLA, Descrittione di Padova et suo territorio con l'inventario
ecclesiastico, brevemente fatta l'anno salutifero 1605, ms, B,P, 324 della Bibl. Civica
di Padova, p, 320,
90
Dopo il Barbarigo, bisogna aspettare quasi mezzo secolo per
avere il resoconto di un'altra visita pastorale.
18 bis, Lo stemma dei Trevisan, bipartito, era nella parte superiore giallo con
un leone rosso issato ad un albero verde e, nella parte inferiore, aveva tre fasce di
colore verde, rosso e bianco,
91
SALETTO - Villa Gomiero già Romanin-Andreotti.
92
Durante il secolo XVII, a motivo delle pestilenze e delle
calamità, demograficamente è stato un alternarsi di alti e bassi:
nel 1613, 300 ab.; 1620, 250; 1669, 297; 1680, 249 e nel
1741 la popolazione è quasi raddoppiata: 413 abitanti.
Il vescovo Giovanni M inotto, nel 1741, passerà la nottè
nella villa Trevisan e ne visiterà l'oratorio, dedicato alla Beata
Maria Vergine Annunziata.
La chiesa parrocchiale ha tre altari dedicati a S. Silvestro,
Madonna del Rosario e S. Giorgio. Elevato il numero dei cresimandi: 134.
Il Card. Carlo Rezzonico, futuro Papa Clemente XIII, è a
Saletto nel 1753 e alloggia nella villa Trevisan.
Il 20 maggio 1780 a Saletto c'è grande festa: il Vescovo
Nicolò Antonio Giustinian, tiene le ordinazioni sacre di 3 suddiaconi, 2 diaconi e 3 sacerdoti diocesani.
Nella relazione di questa visita compare per la prima volta
il cappellano. Il vescovo riceve i rappresentanti del Comune e i
massari delle confraternite: Giacomelli, Ragazzo, Marangon, Ferro e Bertolin.
In modo trionfale, e scortato dalla banda, il vescovo Polin,
ausiliare del vescovo Manfredini, fa la sua visita pastorale nel
1877.
Era parroco don Dalla Costa, che così scrive nella relazione:
« Nel 1842 epoca del mio possesso a questo beneficio tutto ho
trovato in disordine, non adiacenza, casa canonica inabitabile,
chiesa che aveva la figura di un oratorio abbandonato, senza camo
panile, con due piccole campane. Gli arredi, quasi nulla affatto.
Nel 1844 furono fatte le adiacenze, la casa canonica fu radicalmente restaurata nel 1853, riedificata nuovamente la chiesa (non
pare radicalmente) nel 1867; allungata di metri 6 nel 1876. Il
campanile fu fatto nuovo nel 1858, come pure nuova è: una
terza campana che provvede al concerto delle due, che prima
esistevano» .
93
Il cimitero era stato portato fuori dall'abitato; uno dei primi a venire sepolto fu don Michelutti, predecessore di don
Dalla Costa.
Demograficamente il paese, in questo periodo, ha avuto un
aumento costante: 432 ab. nel 1780, 561 nel 1861, 933 nel
1884, 1009 nel 1923 e 1610 nel 1954.
8) CHIESA ATTUALE E OPERE ANNESSE
La chiesa attuale, non consacrata/ 9 di bello stile classico-antico, dovuta ai restauri di don Dalla Costa, conserva nel soffitto
un pregevole dipinto ad affresco raffigurante S. Silvestro Papa,
giudicato di scuola veneziana del '600. Mentre è opera minore
l'altro dipinto, sempre del soffitto della navata, raffigurante la
Madonna del Rosario con S. Domenico, S. Caterina e Papa
Leone XIII.
Nel presbiterio ci sono due belle tele, raffiguranti la Deposizione e l'Assunta, ai lati esistono quattro altari: S. Giorgio e
S. Anna, i più antichi, S. Antonio (promesso in voto per la felice
conclusione della I guerra Mondiale) e quello della Madonna
del S. Rosario.
Ulteriori abbellimenti furono eseguiti per interessamento
dell'attuale parroco don Tellatin, che dotò la parrocchiale di organo nuovo, bussole alle porte, impianto di riscaldamento e
nuovi banchi.
La parrocchiale possiede inoltre due reliquie molto preziose, una della Croce di Nostro Signore e una della Spina della Corona del Signore, dono della contessa Orsato-Trevisan. Moren-
do, nel 1836, ella istituÌ anche un legato a favore del Cappellano: 16 campi formanti una mansioneria. Più tardi i campi furono incamerati, e del legato rimase solo la casa del Cappellano e
il campo attiguo. 20
Tra le opere parrocchiali, ricordiamo che sotto il parroco
don Antonio Moletta, ci fu la costruzione della Canonica (bene-
19 Il titolare della parrocchiale è S. Silvestro papa (31 dicembre), la festa
paesana o «sagra », però, la si fa in onore di S. Anna, il 26 luglio o nella quarta
domenica di luglio. Prima del 1960, la si teneva nella prima domenica di ottobre:
Madonna del S. Rosario.
20 Altre ricche famiglie avevano ampi possedimenti a Saletto: i Giacomelli
(eredi dci Fontana, che a loro volta erano eredi dei Trevisan), i Romanin-Andreotti,
i Nardi e gli Olivieri. Attualmente rimangono la villa Giacomelli costruita nel 1811 e
quella Romanin, ora proprietà Gomiero.
94
SALETTO - Opera S. Gregorio Barbarigo. Casa di Riposo per Sacerdoti.
95
detta dal Vescovo ne11940), e del fabbricato della Sala Teatrale.
Lo stesso parroco ingrandì la canonica vecchia, adattandola ad
Asilo e Casa della Dottrina, ed iniziò il nuovo Asilo che sarà terminato dal suo successore don Pegoraro.
L'attuale parroco, don Tellatin, completò l'Asilo, dotandolo
dell'impianto idrico-sanitario, termico, Cappellina, veranda e ballatoi. Attualmente è tenuto da tre suore Terziarie Francescane
Elisabettine.
In questi ultimi anni fu innalzato il monumento ai caduti',
anche il capitello della Madonna di Fatima 21 e il campo sportivo,22 sono opere di questi ultimi tempi.
L'opera più notevole, realizzata nel 1969, è la Casa di Riposo per Sacerdoti « S. Gregorio Barbarigo », fondata da Amalia
Ceccato. Dispone di sette appartamenti, dotati ciascuno di una
entrata propria, tre stanze, salotto, cucina, doppi servizi, garage.
Oltre ai servizi comuni, che vanno dalla chiesetta, ai salotti, alle
terrazze, all'ascensore.
N e1 1940, in seguito al ridimensionamento dei confini tra
le parrocchie di Tavo e Saletto, vennero incorporate a quest'ultima alcune famiglie della Maresana.
9) ELENCO DEI PARROCI DI SALETTO
DI CUI SI BA NOTIZIA NEI DOMUMENTI
1351
1587
1669
1693
1698
1732-1742
1742-1775
1776-1805
1805-1816
1816-1820
1820-1842
1842-1879
1880-1915
1916-1921
1921-1928
1929-1938
1938-1945
1946-1951
1951- ....
Don Giovanni Blondelli
Don Carlo Be1trame
Don Antonio Alessandri
Don Nicolò Limana
Don Giordano Ceccato
Don Giovanni Barbigiano, dottore In diritto
Don Ottavio Sandonà
Don Valentino Cheso
Don Giovanni Bellò
Don Antonio Gianese
Don Francesco Miche1utti
Don Stefano Dalla Costa
Don Domenico Caregnato
Don Cristiano Co demo
Don Gaetano Gramola
Don Giovanni Bassani
Don Antonio Moletta, di Pove di Bassano
Don Domenico prof. Pegoraro, di Solesino
Don Cesare Tellatin, di Curtarolo
21 Fu costruito nel 1966 in luogo di quello della Madonna della Salute, demolito in seguito alla costruzione della nuova strada dietro la Chiesa. In paese vi
sono altri due capitelli: uno dedicato a S, Antonio in via Busiago e un altro alla
Madonna di Lourdes in Maresana, eretto nel 1945, dopo la fine della guerra,
22 La coppa più ambita a due giovani di Saletto.
«I fratelli Bruno e Romano Benetello, di Saletto di Vigodarzere, sono stati
quest'anno 1967 le due "fisarmoniche azzurre" che hanno rappresentato !'Italia ai
campionati mondiali di Calais (Francia), Dei due solisti-concertisti, Romano ha vinto
la "Coppa del Mondo" nella categoria concertisti juniores; Bruno invece, nella
categoria superiore, si è piazzato al terzo posto. Inoltre il 20 settembre, la cittadinanza ha applaudito, al Teatro Verdi, le loro esecuzioni, in occasione dell'apertura
dei festeggiamenti dell'" Autunno Padovano" »,
Furono inoltre onorati con medaglia e pubblico rinfresco dall'Amministrazione
Comunale.
96
97
CAPITOLO III
TAVO
1) LA VILLA DI FORNACE
Per tutto il Medioevo e fin verso la metà del secolo XV,
il territorio di Tavo era diviso in due ville (paesi) e in due parrocchie diverse, ciascuna delle quali faceva per conto proprio.
Esse erano Tavo e Fornace, ecclesiasticamente dette parrocchie
di S. Pietro di Tavo e di S. Fidenzio di Fornace.
Il primo documento che parla della villa di Fornace è del
1188. È della Biblioteca Capitolare di Padova e viene riportato
dal Brunacci. Parla dei feudi del Vescovado di Padova e dei Signori che vi avevano giurisdizione in nome del vescovo, già da
50 anni, per cui il Brunacci suppone che i paesi ivi menzionati
esistessero almeno fin dal 1137.
«Altri vassalli nobili del vescovado, dice il documento,
s'aprono ad altre parte della diocesi, e più d'appresso alla città:
a Busiago, Tergola, Villarapa, Villapapara, Campodarsego, S.
Giustina in Collo, Fornace, Sopraripa, Tao-Tavo-Ottavo, Tremerende, Saletto, Campreto, V accarino, Camisano e altri luoghi ».
«Le famiglie feudatarie erano chiamate con i titoli onorifici
dell'età: i cattani di Tergola, i cattani di Villarapa, i cattani di
Limena, quelli di Fornace. Con tanta nobiltà soprattutto comin-
99
cia Casa da Limena, che, per tutto quel secolo del 11 00, portò
nome grandissimo, e nell'altro del 1200 ha a questa città dato
un uomo, che è venerato pubblicamente col titolo di Beato ».
In altri documenti del 1188, 1189, due del 1190 e due del
1192, riportati dal Brunacci, che trattano della decima di Busiago spettante alla Cattedrale di Padova, dei testimoni affermano che Fornace era una corte, cioé un centro di giurisdizione
feudale, con chiesa, gruppo di case, castello e « subordinazione
di altri luoghi al principale ». Quei testimoni fanno qui residente un tale sig. Egidio, detto perciò de Fornace.
Dicono pure che l'estensione di questa corte era: tra le
rive del Brenta, la Calle di Buonnomo e la Calle d'Orcone. Concludono che Busiago (di Saletto) era nel circondario di questa
corte, mentre «il bosco di Ottavo, ora Tavo, a settentrione,
segnava i confini con i Cattani de Tergola ».\
In Fornace, ora contrada di Tavo, le Visite Pastorali attestano l'esistenza di una chiesa parrocchiale, dedicata a S. Fiden2
zio, trasformata in oratorio dopo il secolo XV e poi distrutta.
I primi documenti che ne parlano risalgono al 1142 e al
1146. Essi trattano delle vertenze tra i canonici e i rettori delle
chiese di Saletto e di Fornace riguardo al quartese, affermando,
tra l'altro, che le due chiese suddette fanno parte della pieve
cittadina. 3
È ricordata anche nelle Rationes Decimarum. Decima dell'anno 1297: il sacerdote Gerardo dalla Ecclesia S. Fidentii de
\ G. BRUNACCI (1711-1772), Storia ecclesiastica di Padova, ms. B.P. 782 della
Biblioteca Civica di PD, pp. 929 ss., in pratica tutto il libro XXV, anno 11.37.
2 L'autore l'ha localizzata, da indubbie testimonianze della gente del luogo
(residui della vecchia chiesa, tradizione ininterrotta), presso Cà Sandrin di via Fornace, che porta i seguenti dati catastali: Comune di Vigodarzere, Sezione A, Saletto
F. VI, Mapp. 44.
3 G. BRUNACCI, Storia ecclesiastica di Padova, cit., p. 993 s., anno 1142;
p. 1046, anno 1146. Una illustrazione più ampia di questi documenti l'ho riportata
nel capitolo riguardante Saletto.
TAVO - Vecchia chiesa parrocchiale.
100
101
Fornace paga, secondo quanto prescritto, per il primo semestre
sol. XI den. VIII e cosÌ per il secondo. 4
Mentre dalle Visite Pastorali sappiamo che era sotto la
pieve di Torre, le Rationes Decimarum nulla ci dicono, perché
la pergamena che elenca le cappelle di Torre permette di decifrarne solo alcune, a causa dell'originale lacera e macchiata.
Il titolare S. Fidenzio fa supporre l'erezione della chiesa
almeno verso il secolo XI.
Secondo la tradizione, il vescovo Gauslino, nel sec. X, avreb·
be trovato il corpo di S. Fidenzio, confessore, ritenuto terzo vescovo di Padova, in un bosco presso Polverara e lo avrebbe fatto
trasportare a Megliadino. L'eco di questa traslazione si diffuse
con rapidità in tutto il territorio, poiché a ricordo furono erette
cappelle oltre a Polverara (chiesa di S. Fidenzio de Fornace), a
Roncaiette, Pernumia, Baone, Sarmeola. Infatti quando il vescovo Bellino nel 1130, conferma ai canonici della Cattedrale i beni
avuti dai suoi antecessori, riporta l'elenco dei paesi e dei luoghi
del diploma di Berengario del 918, cui aggiunge le nuove chiese
che nel frattempo erano sorte, tra cui S. Fidenzio di Roncaiette,
S. Fidenzio di Polverara e S. Fidenzio di Sarmeola. 5
I calendari liturgici onorano il Santo nel giorno della deposizione ( 16 novembre) e in quello della traslazione (18 maggio),
giorno in cui veniva onorato anche nella chiesa di Fornace di
Tavo. 6
4
5
6
SELLA-VALE, Rationes Decimarum Italiae, cit., n. 1722, p. 153.
A. GLORIA, Codice, cit., 2, parte I, d. 212, p. 167, anno 1130.
I. DANIELE, S. Fidenzio, in «Bibliotheca Sanctorum », V, Roma, 1964,
pp. 675-678. La leggenda, lo dice terzo vescovo di Padova intorno al 166 : morto
martire nel villaggio di Polverara. Il luogo esatto rimase ignoto fino alla m.1racolos~
invenzione fatta dal vescovo Gauslino (964-978). Data la figura per moltI aspetti
leggendaria di questo santo, i Bollandisti negano la storicità sia del martirio, sia
dell'invenzione del corpo, giungendo a negare l'esistenza stessa d'un vescovo padovano di tal nome. Anche gli storici padovani non sono concordi.
Pare però che alla vigilia della distruzione di Padova ad opera dei Longo·
bardi (602), il vescovo, in procinto di lasciare Padova, abbia portato con sè il
102
TAVO - Interno della vecchia chiesa parrocchiale.
La vicinanza delle parrocchiali di S. Pietro di Tavo e S. Fidenzio di Fornace fa pensare che la zona fosse territorio di confine e, perciò, di competizione tra le pievi di Curtarolo e di
Padova. Quando poi, nei sec. XIV-XV, la pieve comincia a
diminuire di importanza e le parrocchie diventano enti giuridici
completamente indipendenti, S. Fidenzio di Fornace non sarà
più in grado di sussistere.
Note di Cronistoria, conservate nell'archivio parrocchiale
di Tavo, affermano che fin dal 1488 i benefici delle due parrocchie erano uniti ed esse erano rette da uno stesso parroco che
risiedeva a S. Pietro di Tavo. Un secolo dopo, nel 1587, il Carcorpo del santo, che poi, durante una sosta a Polverara, depose in quella chiesa.
Quattro secoli dopo, il vescovo Gauslino, volendo arrestare l'espansione religiosa e
civile di Verona sul confinante territorio padovano della Scodosia, fece trasportare
il corpo del santo da Polverara a Megliadino, proprio ai confini della diocesi di
Padova con quella di Verona.
103
dinale Federico Cornaro, in visIta pastorale a Tavo, trova la
chiesa di S. Fidenzio di Fornace ridotta a uso stalla e cantina.
In luogo della chiesa di S. Fidenzio di Fornace, fu aggregata, per compenso, alla pieve di Torre, la chiesa-oratorio di
S. Lazzaro, oggi parrocchia. 7
S. Fidenzio, attualmente, è compatrono della chiesa di Tavo,
assieme al titolare S. Pietro Apostolo.
2) TAVO: DA PROPRIETÀ FEUDALE DEI DA LIMENA
Al DA SCINTILLA O DA OTTAVO
Mentre Fornace era una corte indipendente, Tav0 8 invece
era un villaggio della corte di Limena, di cui erano signori feudali i cattani da Limena, detti anche proceri, titolo nobiliare
dato ai magnati dell'epoca. Ciò fa supporre anche che il Brenta
seguisse un altro corso, ai giorni nostri non più rintracciabile.
Il paese passò, non sappiamo quando e come, ClOe se per
acquisto o testamento o donazione, ai da Scintilla, i quali già
nel 1196 vi avevano giurisdizione e castello. 9
TAVO - Abside della vecchia chiesa parrocchiale e il campanile.
104
7 C. GASPAROTTO, Torre: da fortezza bizantina alla grande Padova, in «Città
di Padova », rivista del Comune, anno VII, n. 5-6, 1967, p. 41.
8 Antico è il nome, ad octavum a Patavio tapidem, cioé sull'ottavo miliare
della via di Va!medoaci. I documenti del Medioevo lo chiamano Ottavo e Non,
Nono e poiché il dialetto padovano elide sempre le consonanti, specialmente dei
nomi, cosÌ di Ottavo fece Tavo oppure Tao e di Nono, Non. A. GLORIA, Il territorio
padovano illustralo, Padova, 1862, II, p. 139; D. OLIVIERI, Toponomastica Veneta,
Venezia, 1961, p. 145; C. GASPAROTTO, Carta Archeologica (Padova), Firenze, 1959,
p. 16.
9 «Illi de Scintilla in villa Oclavi privilegium et fortilicium (habuerunt) in
1196» (Cod. Capodilista ms. della Biblioteca Civica di Padova, B.P. 952, p. 5) (I da
Scintilla nel 1196 avevano a Tavo giurisdizione e castello). Il castello, prospiciente
al Brenta, pare fosse un corpo unico con la vecchia chiesa, che pare sia stata l'antico
oratorio compreso nelle vecchie mura. Si tramanda anche che il campanile della
vecchia chiesa fosse una torre del vecchio castello. (A. GLORIA, Il territorio Padovano illustrato, Padova, 1862, II, p. 140).
La cronistoria della Parrocchia di Tavo attesta che nel 1802, facendo degli
105
I da Scintilla, che si annoveravano tra le antiche famiglie
nobiliari della città di Padova, diventarono molto ricchi praticando l'usura, tanto da passare ai posteri con cattiva fama. Si
tramanda che erano padroni di ben 14 ville o località. Il ramo
che divenne padrone di Tavo, ne prese anche il nome, venendo
chiamato da Ottavo. Tanta era la loro importanza che Bonifacio
dei Scintilla, nel 1237, fu tra i 16 cittadini detti Podestà eletti
dal Comune cittadino, con ampio mandato per la sicurezza della
città, minacciata da Ezzelino da Romano e dall'Imperatore Federico II, suo alleato.
Ebbero molto da soffrire sotto la tirannia di Ezzelino, tanto
che in seguito i da Scintilla più non compariranno nei documenti storici. Lo stesso Bonifacio Scintilla fu fatto uccidere dal
tiranno nel 1250.
Si tramanda che edificarono la chiesa di TavolO e di Tessara, «per espiare il male fatto dagli antenati e meritare il
perdono del cielo».
Come stemma avevano una stella rossa da cm uscivano
11
scintille, disposte a raggio, in campo bianco.
scavi vlcmo alla chiesa, furono trovate pietre di così. grossa mole, che chiaramente
indicavano essere state impiegate in opere o edi6ci 11l0numentali.
lO Anche il titolo liturgico, S. Pietro Apostolo di Tavo, parla di una probabile
fondazione del XI-XII secolo, tempo nel quale il Principe degli Apostoli, portinaio
del Paradiso, era veneratissimo. (E. DELARUELLE, La vie commune des clern et la
spiritualité populaire au XII siècle, in «La vita comune del clero nei secoli XI-XII»
[Settimana di studio della Mendola, setto 1959], Milano, 1962, I, p. 143 s.). S. Pietro
di Betsaida in Galilea, fratello di Andrea, di professione pescatore, discepolo prima
di S. Giovanni Battista e poi di Gesù dal quale ricevette delle attenzioni speciali
tanto che lo nominò capo del collegio apostolico e della chiesa, diventando così il
primo papa. Come apostolo missionario senz'altro fu, oltre che a Gerusalemme, ad
Antiochia e a Roma, dove morì martire, pare nel 67 d.C., crocifisso con il capo
all'ingiù. La sua festa ricorre il 29 giugno.
11 AA.VV., Cenni storici sulle famiglie di Padova e sui monumenti dell'università, Padova, 1842, val. II, tavola XIII, nn. 32-33: stemma dei da Scintilla;
tavola XXIII, nn. 23-24-25: stemma dei Mussato. Val. I, p. 173: «Credesi di poter
far risalire la provenienza in Padova dei Scintilla al tempo di Carlo Magno. Raccontano gli storici come da questo imperatore, scacciati da Lodi, si ponessero sotto
la protezione del primo marchese d'Este, e accompagnatolo in Padova, venissero
106
Stemma dei Scintilla.
La chiesa è ricordata, nelle Rationes Decimarum, sotto la
pieve di Curtarolo. 12 Decima dell'anno 1297 della «Ecclesia
S. Petri de Octavo»: il presbitero Benedetto è condonato dal
pagarla; nel territorio sono ricordati i due chiericati di Prosdocimo e Oderico.
Di Tavo è menzione anche in uno statuto del 1225, importante per la storia dei nostri fiumi; con esso si obbliga, tra
l'altro, di tenere libero il letto del Brenta. 13
3) MUSSATO
Per eredità - non sappiamo quando - Tavo passò dalla
famiglia dei da Scintilla a quella dei Mussato. « Viviano Mussato
ebbe per moglie una signora del T avo (erede dei da Scintilla),
dalla quale generò Gualpertino, Nicolò e Viviano, ai quali lasciò
molte possessioni nella suddetta villa ».14
L'origine di questa famiglia risale al 1130 quando Bellino,
aggregati alla cittadinanza. Poveri dapprima e ,conosciuti, andarono a grado a grado
arricchendo, a tal punto da venire ammessi nel consiglio delle maggiori famiglie di
Padova del 1081. Alcuni furono eletti consoli. Del ramo chiamato da Ottavo non si
ricordano individui che sul finire del secolo XIII, e sarebbe Oredico Manzi, giudice ».
12 SELLA-VALE, Rationes Decimarum Italiae, cit., n. 1699, p. 151; n. 2391,
p. 194; n. 2707, p. 210; n. 2721, p. 211.
13 A. GLORIA, Codice Statuario Repubblicano, C. 186.
14 GAGNA, Delle famiglie di Padova, Padova, 1587, p. 47.
107
Stemma dei Mussato.
vescovo di Padova, investì Gualperto e Palma, marito e moglie,
del Muso, dei feudi di Non, S. Maria di Non, Marsango, Marsanghello, e di altri feudi. 15
La famiglia Mussato, nella sua storia ultracentenaria, ebbe
discendenti illustri. Famoso fu Albertino Mussato (1261-1329),
poeta e politico molto onorato e apprezzato.
.
..
A Tavo aveva parecchi beni e la Villa omomma, VIC1110 alla
parrocchiale, restaurata nel 1708.
Per stemma avevano un asino turchino eretto, m campo
. Il 16
giao.
4 ) FARINI
L'ultima erede, la Contessa Anna Mussato (1798-1854),
unica figlia del Co. Emmanuele Mussato, andò sposa .nel. 181~
al prof. Giovanni Farini, e così i beni Mussato, tra CUI glI ampI
possedimenti di Tavo, nonché quelli di Padova, passarono alla
suddetta famiglia.
IS F. DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazioni sopra l' lstoria ecclesiastica padovana, cit., V, p. 22. G. BRUNACCJ, Storia ecclesiastica di Padova,. cit.,. p. 869.
.
16 A Tavo nella facciata non della vìlla, ma della casa dI abItazIOne della fami-
glia Fa1'Ìni, si puÒ vedere lo s;emma dei Mussato, su cui l1gurano un asino rampante
e un'aquila austriaca.
108
TAVO - Villa Mussato ora Farini.
I Farini, di ricca e illustre origine, provenivano dalla Romagna, e precisamente da Russi, dove fu famoso il ramo di Carlo
Luigi Farini, la cui discendenza ebbe anche il titolo nobilia17
re. Un ramo si stabilì a Padova col suddetto prof. Giovanni
( 1777-1822), docente e ordinario di Scienze Matematiche presso
l'Università, ove fu chiamato ad insegnare assieme al suo conterraneo e amico praf. Girolamo Melandri. A Tavo, presso la
vecchia chiesa, c'era la tomba di famiglia, dove fu sepolto il prof.
Giovanni, e nel 1849 il fratello Mons. Pellegrino, che fu rettore
17 C. L. Farini «buon letterato, ma sopratutto grande uomo politico tanto che
gli si deve assegnare uno dei primi posti tra i creatori della nuova Italia. Nato a
Russi in Romagna nel 1812, morì nel 1866, fu anche Presidente del Consiglio. Fu
un uomo rettlsslmo e d'ingegno perspicace ». (MAZZONI, Storia Letteraria d'Italia,
X, Milano, 1934, p. 1100).
109
dell'Università di Bologna. 18 Anche i Melandri, che avevano a
Tavo ampi beni, vi avevano la tomba di famiglia.
Dal matrimonio di Giovanni e Anna nacque Francesco
Claudio (1817-1883), che si dedicò dapprima alla politica e infine all'agricoltura, piantando a Tavo i primi vigneti di pianura,
novità ardita per quei tempi, ricavandone notevoli benefici economici. Visse in pieno periodo austriaco e, anche se sosteneva
la teoria che l'Italia era incapace di governarsi da sola, tuttavia
non fu mai austriacante. Ebbe tre figli: Giovanni Pellegrino,
morto giovane, Pellegrino Emmanuele e Giovanni Taddeo. Pellegrino fu sindaco e fondatore della Cassa Rurale di Saletto; Giovanni invece si dedicò con competenza e lungimiranza all'agricoltura.
19
VISITE PASTORALI E OPERE PARROCCHIALI
5) LE VISITE PASTORALI PIù ANTICHE
La prima visita pastorale a Tavo è del 1453, la seconda
del 1535. Il paese porta la denominazione primitiva di Ottavo;
è detto parrocchia sotto la pieve di S. Giuliana di Curtarolo e
gli è unita la chiesa campestre di S. Fidenzio di Fornace.
20
Complessivamente le visite pastorali a Tavo furono 26.
18 Mons. Pellegrino Farini, «fu egregio maestro e politissimo autore, tra i.1
resto, di una Storia dei' Nuovo e Vecchio Test,u1Zento e di un Compendio di Storia
Romana» (MAZZONI, Storia letteraria d'Italia, cit., IX, p. 426).
19 Le notizie sulla famiglia Farini, mi furono gentilmente date dalla famiglia
stessa. Presso l'Archivio parrocchiale di Tavo è stata depositata la genealogia completa delle famiglie Mussato e Farini.
20 Archivio Curia Vescovile di Padova, Visite Pastorali, vol. I 1453, IV 1535,
VIII 1572, XI 1587, XII ... XVI 1602, XVII 1614, XXV 1647, XXIX 1658, XXXVIII
1669, XLVII 1680, LII 1684, LXII 1695, LXXV 1729, LXXXVI 1746, XCIX 1775,
CX 1819, CXXII 1877, CXXXIII 1888, CXXXVII 1901, CLXI 1920, CLXXIX 1924,
CXCV 1928, CCXXIII 1934, CCXXVIII, CCLVII 1953, CCLXX[ 1961.
110
Ricca di notiZIe è la VIsIta pastorale del Vescovo Nicolò
Ormanetto nel 1572. La denominazione è l'attuale: S. Pietro di
Tavo (Tao, invece, è del dialetto popolare, e viene usata molto
raramente negli atti ufficiali). La chiesa è priorato dei Suriani.
~a .delle pitture ad affresco, il campanile con due campane, il
cImltero attorno alla chiesa, il fonte battesimale. Il beneficio è
costituito da 25 campi.
Il vescovo visita anche l'oratorio di S. Fidenzio, attestando
che il parroco di Tavo vi celebra la messa una volta l'anno nel
mese di maggio, il giorno del patrono. Nota anche che l'ora~orio
si trova in cattive condizioni. Queste peggiorarono in seguito,
tanto che nel 1587 il vescovo Federico Cornelio lo troverà ridotto a stalla.
Il 20 ottobre 1587 il vescovo Federico Cornelio, in visita
pasto:ale. a ~imena, stabilisce che il Tavello passi sotto la parrocchIa dI L~mena e la località Vanzo sotto T avo. Il Tavello però
doveva contInuare a pagare il quarte se al parroco di Tavo.
Il Cittadella dice che « Tavo con Fornace e Sorariva fanno
festa a S. Pietro. La chiesa seleggiata e tavolata è lunga m. 40 e
larga 17; ha tre altari, due calici, una sepoltura e due campane».
« A Tavo hanno estesi possedimenti i Mussato, a Sorriva i
Camerini e a Fornace Camillo S. Uliana, nobiluomo padovano »."1
Il 2 ottobre 1647, il vescovo Giorgio Cornelio, avendo trovato la chiesa sprovvista di tutto e mal tenuta, minaccia al parroco la sospensione e alla popolazione l'interdetto, se non avessero provveduto. Ciò era avvenuto, sia per la povertà e le disgrazie d'ogni genere: «tempeste, acque, guerre, fame, pestilenze »,
tan to che il paese da 3 OO ab. nel 1614 era sceso nel
1647 a 150 ca. - , sia perché la chiesa, anche se aveva un buon
beneficio di 200 ducati, mancava della fabbriceria.
.21.G. CITTADELLA, Descrittione di Padova et suo territorio con l'inventario
eccleSiastico, brevemente fatta l'anno salutifero 1605 ms B P 324 della Bibl Ci i
di PD, p. 322.
'
. ..
.
v ca
111
6) S. GREGORIO BARBARIGO
S. Gregorio Barbarigo compì in questa parrocchia quattro
visite pastorali (1669, 1680, 1684, tramite un suo delegato, c
1695).
La chiesa, che dice architettonicamente « ben fatta », sarà
trovata sempre povera e in disordine. La colpa sarà imputata al
parroco, Ippolito de Rossi, sospeso a divinis nel 1647, «per la
sua negligenza ».
Il 12 settembre 1680 il cardinale passerà la notte nella
villa Mussato. 22 Il giorno dopo, visita la parrocchia e tiene la congrega di tutti i parroci e curati del vicariato di Marsango nel
palazzo Mussato, che dice costruito magnificamente (congregatis in Palatio Nob. Paduani de Mussati magnifice constructo).
Nella visita pastorale del 1695, il cardinale viene a sapere
e proibisce che alcune donne del paese con.tinuino ~ benedire gli
infermi in modo superstizioso. Il parroco Inoltre S1 lamenta che
il Tavello, passato sotto Limena, da 2~na diecina di .an?i, non
voglia più pagare il quartese a Tavo.' Anche la famlgha Mussato, di molti campi prima boschivi e messi da poco a ~ol:ura,
non vuole pagare il quartese, non essendo quelle propneta ad
esso soggette quando erano bosco.
L2
In seguito quasi tutti i vescovi, in visita pastorale a Tavo, alloggeranno in
questa villa.
G
C2] Stesse proteste faranno anche i suoi successori, fino a don
iacomo
lU·
7) LE ALTRE VISITE PASTORALI
Per avere un'altra visita pastorale bisogna attendere 34
anni. A compierla sarà, nel 1729, il nipote di S. Gregorio Barbariga, il Cardinal Francesco Barbarigo. Numerosi i cresimandi:
150.
Le successive VIsite pastorali forniscono resoconti ordinari
[Rezzonico (1747) e Giustiniani (1775) J, mentre in quella di
Scipione Dondi dall'Orologio (1819) si dichiara esplicitamente
che la chiesa di S. Fidenzio è stata demolita. 24
Nel 1877 è a Tavo l'ausiliare del vescovo Manfredini, Monsignor Polino « Bellina tanto la chiesa - scrive il vescovo - ,
fornita con profusione ed eleganza, benissimo provveduta e tenuta con la massima diligenza ».25 Infatti, importanti opere erano state portate a termine negli anni addietro: il coro e la sacrestia nel 1858, il pavimento nel 1859, ritoccata la facciata nel
1867 e poco dopo l'organo e, sopra l'altare maggiore, un bel dipinto raffigurante l'Immacolata Concezione e ai suoi piedi i due
patroni S. Pietro e S. Fidenzio in atto di preghiera. 26
24 Una nota dell'archivio parrocchiale di Tavo ricorda, nel 1831, l'oratorio di
S. Vincenzo Ferreri dei Bordin, proprietari di una fornace.
25 A. GLORIA, Territorio Padovano illustrato, Padova, 1862, vol. IV, doc.
XXXII, p. 164, nel prospetto dimostrante i villaggi soggetti alla decima, appare che
nel 1814 Domenico Guglielmini fu investito dal Vescovo di Padova della decima su
282 campi di Tavo.
26 Due notizie curiose sono riportate nella cronistoria dell'archivio parrocchiale.
Nd 1801, la metà di maggio, ci fu lma tale carestia che, spinti dalla fame,
al suono delle campane a martello, i paesi di Tavo, Limc:na, Saletto, Non, Vaccarino,
Taggi di Sopra e di Sotto, Ronchi e Lissaro si diedero convegno a Tavo e fermarono
dc:lle barche di frumento che, scortate da milizie austriache, erano dirette nel Vicen·
tino, a sfamare quelle popolazioni. Il bottino fu di 700 sacchi di frumento, diviso
tra i vari paesi. Poco tempo dopo, due rappresentanti di Tavo, 8ndarono a Venezia
per chiedere altri soccorsi, dato che il paese si trovava ancora in gravi difficoltà.
La richiesta fu accolta.
La seconda risale al 1845. Un giovane francese di Lione, partito da Venezia
con un pallone aerostatico, per un guasto atterrò a Tavo senza farsi alcun male. Il
parroco Iacopo Iacoppo così racconta il {atto: «Avresti veduto un parapiglia e una
coppo; sempre però con esito negativo.
112
113
8) CHIESA ATTUALE E OPERE ANNESSE
L'attuale chiesa, iniziata nel 1911, fu terminata soltanto
nel 1926.
Don Donazzan, nella cronistoria del paese, ricorda la commozione dei parrocchiani per l'opera compiuta, in una pagina
indimenticabile: « Il popolo (dopo la benedizione del vescovo)
si riversa nella nuova e spaziosa chiesa in preda quasi al delirio,
nella soddisfazione di vedere compiuti gli ardenti voti tenuti
sospesi da ben 16 anni. In quel momento parve che l'animo di
tutti i fedeli cercasse di espandersi e riempire la vastità del
tempio ».
Attualmente la chiesa ha quattro altari: il maggiore, (dono
della famiglia Farini), quello del Sacro Cuore (che era l'altare
maggiore della vecchia chiesa), l'altare della Madonna e l'altare
di S. Giuseppe.
La chiesa fu consacrata da S. E. Mons. Agostini, il 12 settembre 1939.
Nel 1956 furono eseguite delle pitture ad affresco, opera
dei fratelli Miglioraro. Dietro il presbiterio, un affresco rappresenta la discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli e Maria Vergine nel Cenacolo. Nel presbiterio, illuminato da due trifore, a sinistra è rappresentato Gesù che ammaestra gli apostoli
dicendo loro: «Pregate così », a destra l'ultima cena e sul soffitto, Gesù che dà a S. Pietro le chiavi del primato. Nella navata, illuminata da 10 bifore, è rappresentata la proclamazione
del dogma dell' Assunta e ai lati scene allegoriche della fede,
speranza e carità.
La costruzione del campanile fu alquanto ritardata, rispetto
confusione generale, e anche avresti sentito un forte gridare: gridare che già metteva
in agitazione me parroco, raccolto nella stanza; quando sgombrato ogni timore uscii
di casa e fui testimone oculare del detto spettacolo».
TAVO - Chiesa attuale e campanile.
alla c~iesa; in ~ua~to il vecchio campanile non poteva essere
demohto, pe~che vIncolato dalla Soprintendenza alle Antichità,
essendo c~nsiderato una torre del vecchio castello. Nel 1938
dopo .a~p:I contrasti, si ebbe il permesso di demolirlo. Subite;
dopo InIZIarono i lavori di quello nuovo, ultimati nel 1942.
Tra le opere parrocchiali ricordiamo: la canonica eretta nel
1930, la casa per la dottrina cristiana e l'asilo, costruito nel
114
115
1950.27 Dell'assistenza ai bambini, attualmente si occupano quattro suore Piccole Ancelle del S. Cuore.
L'archivio parrocchiale contiene il libro dello stato d'anime
dal 1774, dei battesimi dal 1616, delle cresime dal 1771, dei
matrimoni dal 1644, dei morti dal 1643, e altri libri, concernenti la amministrazione della fabbriceria, la dottrina cristiana
e la cronistoria.
Demograficamente, Tavo - che nel 1587 aveva 350 abitanti - nel secolo seguente (a. 1647), anche a motivo delle
pestilenze, scende paurosamente fino a 150 ab. circa. In seguito
l'aumento sarà costante: 423 nel 1746, 450 nel 1801, 634 nel
1877, 703 nel 1884, 836 nel 1923, 1316 nel 1954.
9) ELENCO DEI PARROCI
DI CUI SI HA MEMORIA NEI DOCUMENTI
1543
1563
1569
1572
1587
1614-1643
1643-1685
1685-1691
1691-1732
1732-1750
1750-1768
1768-1791
1791-1803
1803-1816
1817-1835
1835-1844
1845-1857
1857-1906
1906-1926
1926-1966
1966- ....
27 In paese sono stati costruiti due capitelli. Il primo in onore di S. Giuseppe, vicino alla parrocchiale, costruito il 16-9-1946 in memoria dei caduti della seconda
guerra mondiale, e un altro in via Baruchella in onore di S. Antonio.
La cosidetta «sagra» viene fatta in onore della Madonna Addolorata, il 15
settembre o nella domenica seguente.
116
Don Giacomo Vezù 28
Don Antonio Vezù
Don Agostino Pinzone
Don Marino Lucano, da Crema
Don Camillo Franco, Padovano
Don Angelo Pedrini
Don I ppolito de Rossi
Don Francesco Antonio Cavallini
Don Natale Ierbolato, da Semonzo
cappellano Don Domenico Miozzi (1729)
Don Giacomo Mondini, Padovano
Don Domenico Marchetti, da Feltre
Don Bartolomeo Agazzi, da Strà
cappellano Don Giacinto Ferrari (1775)
Don Giacomo Giacoppo
Don Antonio Carso
Don Pietro Scotton
Don Giambattista Zangrande
Don Giovanni Battista Rigato
Don Antonio Rossi, cappellano Don Luigi Varotto
Don Angelo Coletto
Don Gioacchino Donazzan
Don Narciso Crivellal'O - Dante.
.28. Donò alla chiesa d} T~vo un calice d'oro, tuttora conservato, sul cui piede
sono IllClse le parole: «Pre Giacomo Vezù per laso di sua madre».
117
CAPITOLO IV
TERRAGLIONE
l) TERRAGLIONE O SALGARO?
È una parrocchia di recente lstltuzione, sorta nel 1928
nel territorio della parrocchia di Vigodarzere, col nome di Terraglione.
La popolazione preferisce chiamare il paese, anziché Terraglione, nome che deriva dal vicino Terraglio, con l'antico nome
di Salgaro (luogo piantato a salici)} data la secolare importanza,
vastità e antichità di quella contrada. È questo un fatto molto
comune: la gente, abituata per generazioni e generazioni a chiamare una località con un dato nome, difficilmente si rassegna a
chiamarlo con uno diverso.
2) PRIORATO-OSPITALE DI S. IACOPO DI SALGARO
Il primo documento che ne parla è il testamento di Speronella Dalismanini fatto nel 1192, però autenticato più tardi nel
1199. 1
l
F.
DONDI DALL'OROLOGIO,
Dissertazioni sopra !'fsloria ecclesiastica di Padova,
VI (Padova, 1812), pp. 60-61, doc. CLIV, p. 172, anno 1192 «soldos XX hospitali
119
Questa Speronella,2 famosa per le sue dissolutezze tanto che
ebbe sette mariti, prossima alla fine, cercò di rimediare ai mali
passati con un testamento che faceva eredi di molte delle sue
sostanze, parecchie chiese ed ospitali di Padova e fuori. Tra gli
ospitali beneficati compare quello di Vigodarzere, di S. Giovanni delle Navi, Rovolon, S. Pietro Valdastico, Brancafora e
Cismon.
Questi ospitali erano detti dei malsani o lebbrosi.
« Sia che in quei secoli
scrive il Dondi 3 - - - il commer·
cio con l'Oriente o le Crociate ne fossero la cagione, è certo che
l'I talia era infetta da lebbrosi e che la malattia vi regnava potentemente. Dalla storia di quei tempi sappiamo che i Iebbrosi
erano separati dalla società e vivevano in capanne o tuguri isolati
Non si sa bene distinguere se fosse vera lebbra o pellagra,
infatti le cronache del tempo dicono che spesso gli ammalati diventavano pazzi, ciò che è attributo speciale della pellagra. Nelle
loro capanne avevano un campanello che suonavano per chiedere
soccorso ed elemosine a quelli che passavano. Crescendo in seguito il numero degli ammalati, la pietà dei fedeli eresse questi ospedali detti dei Malsani, nei quali venivano ricoverati, impedendo
loro di andar divagando, ciò che era proibito anche dalle leggi e
dagli statuti del Comune (Malsani seu Leprosi non vadant per
de Vicoaggeris »; d. CLV, anno 1199 «hospitali de Vico ageris libras X» (lO libbre
all'ospitale di Vigodarzere).
F. SARTORI, Guida storica delle chiese parrocchiali ed oratori della città e
diocesi di Padova, Padova, 1884, pp. 239 s. «Ricordasi pure in Vigodarzere un
monastero con chiesa di S. Iacopo, fondato nel 918, in contrada Salgaro, per Frati
Ospitalieri, col titolo di Priorato ».
2 A. SIMIONI, Storia di Padova, dalle origini alla fine del secolo XVlII, PD,
1968, p. 243. Speronella fu madre di Iacopo da Sant'Andrea, il ricco feudatario, che
prese nome appunto dal sontuoso castello della madre di S. Andrea di Codiverno,
dove Speronella chiuse nel 1199, a cinquant'anni, la sua romanzesca vita. Singolare la
figura di questo Iacopo, che Dante collocò tra gli scialacqua tori, inseguiti e sbranati
da avide cagne, nel c. XIII dell'Inferno.
3 F. DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazione VI, ciL, pp. 60-61.
120
TERRAGLIONE - Resti dell'Ospitale di S. Iacopo di Salgaro.
civitatem Padue et suburbia, i malsani o lebbrosi non vadano per
la città di Padova e per i suburbi).
Singolare nella sua rozzezza il metodo di cura che si usava
per questa malattia. Si somministravano agli infermi vipere appena private del capo, e ram arri vivi, oppure se gli infermi erano
giovani, si eviravano, persuasi quei medici che il male dipendesse
da eccessivo calore.
Comunque sia dei rimedi praticati allora, è certo che gli
Ospedali erano numerosi nella Diocesi di Padova, ed oltre quelli
che furono beneficati da Speronella, abbiamo memoria, riportata
dal Brunacci, che uno fu eretto anche in Monselice nel 1191 ».
Nel 1236 il vescovo di Padova Iacopo Corrado investe Patavino, figlio di Ugolino dei Saurelli, della Chiesa ed Ospitale
di San Giacomo di Vigodarzere. 4
Da questo documento veniamo a sapere che era una chiesa
4 F. DONDI DALL'OROLOGIO, Dissertazioni sopra l'Istoria cecles. di PD, VII,
(Padova, 1813), d. 86, pp. 47 e 94: 9 aprile 1236. Il Vescovo di Padova Corrado
investe «dominum Patavinum q. U golin! de Saurellis de prioratu et amm!~istrat!on;
(econ. e spirL) ho.rpitali Sancti Iacopi de Vicoaggeris ».
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Uno statuto del Comune di Padova, anteriore al 1236, ordina la costruzione di uno scolo d'acqua dall'ospitale di Vigodarzere fino al Brenta, da farsi dai paesi che ne trarranno vantaggio. Questi paesi avranno anche il dovere della sua manutenzione.
Lo statuto ordina anche che sia fatto un ponte di pietra sopra
lo scolo suddetto, per la via che porta a Vigodarzere. 6
Il luogo dell'Ospitale, in Contrà Salgaro, è ricavato dalle
visite pastorali. 7 Esso, ancora fiorente al tempo di S. Antonio
(1195-1231), sorgeva, anche per ragioni igieniche, un po' discosto dalla via Aurelia; è noto infatti che gli ospitali medioevali
sorgevano sulle vie più battute dai pellegrini. L'Aurelia stessa
fu percorsa da S. Antonio, nel suo ultimo viaggio da Camposampiero a Padova.
Dai resti che rimangono è stato localizzato nella abitazione
Carraro, a occidente del Muson, a un chilometro circa dalla
parrocchiale. 8
TERRAGLIONE - Grafico della casa rurale situata nel luogo dell'Ospitale di Salgaro.
Scala 1:50
3) L'ORATORIO DI S. GIACOMO NELLE VISITE PASTORALI
con diritto di Priorato. Il che comportava: che il protettore per·
cepisse una parte delle rendite ed eleggesse il Rettore. Per compenso veniva incontro, a proprie spese, nei lavori di restauro e
manutenzione della chiesa e dell'ospitale.
5
L'ospitale ricompare nelle Rationes Decimarum. Decima
dell'anno 1297 dell'« Hospitale S. Iacobi de Vico Aggeris »: il
priore Romano paga per la prima rata libro III e così per la
seconda. L'estimo dell'ospitale si aggira sulle libro XXX, che
confrontato con l'estimo degli altri ospitali della diocesi dell'e·
poca, risulta di media grandezza.
5 SELLA-VALE, Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, VenetiaeI-listria-Dalmatia, Roma, 1941; Vigodarzere (Vicusagger o Vicusager) S. Jacobus hospitale, n. 1822, p. 163; n. 2058, p. 183; n. 2720, p. 211.
122
L'oratorio suddetto, nelle Visite Pastorali di Vigodarzere,9
appare per la prima volta nel 1613. Il vescovo Marco Cornelio)
nella relazione, annota di aver visitato la Chiesa Campestre di
S. Giacomo sotto la parrocchia di Vigodarzere, detta dal volgo
chiesa ospedale (ecclesia H ospitalis). Ha tre altari spogli e si
trova in pessimo stato; i suoi beni, di 160 campi, sono umtl a
uno dei Canonicati della Chiesa Cattedrale di Padova. Vi si cele-
6 A. GLORIA, Gli Statuti del Comune di Padova da! sec. X1J all'anno 1285,
Padova, 1878, Lib. IV, R. III, St. 937, p. 309.
7 A. GLORIA, Territorio Padovano illustrato, cit., pp. 135 s.
8 Il luogo porta i seguenti dati catastali: Comune di Vigodarzere, Sezione B,
F. III, Mapp. 62. I resti sono riportati nel grafico.
9 Archivio Curia Ves covile Padova, Visite Pastorali, anno 1613, vol. XVII;
1620, XIX; 1680, XLVI; 1753, XCIII; 1780, CIII; 1811, CIX; 1877, CXXII.
123
bra messa nel giorno di S. Giacomo apostolo il Maggiore (25 luglio) , annota infine che una volta alla chiesa era annesso ~n'o­
spedale, di cui è rimasto l'edificio, nel quale però non è ospitato
nessuno.
Il vescovo Marco Cornelio, ritornato a Vigodarzere nel
1620, attesta di aver visitato la chiesa di S. Giacomo di Salgaro
(Sancti Jacabi de Salgaria). Gli introiti di 6 ducati spettano al
canonico Girolamo Zabarella; nel 1659 passeranno al canonico
Polin e nel 1684 al canonico Francesconi.
Una descrizione più particolareggiata della chiesa l'aveva
fatta il Cittadella,lO pochi anni prima. La località Hospedaletto,
dice. con Salgaro S. Uliana e S. Dono, fanno festa a S. Giacomo
maggiore. Ha un beneficio di 130 campi che è goduto dal canonico padovano Agostino Valier. La chiesa è « selegiata e ha in
tutto sei porte e di sopra porta tavoli e volta con cupola, è lunga
m. 58 e larga m. 19, ha tre altari, una campana, ed è officiata
da diversi rare volte per essere sotto la cura di Vigodarzere,
sebbene a Campodarsego molti hanno messa ».
Venne visitata il 26 maggio 1680 da S. Gregorio Barbarigo che la chiama oratorio-Ospedaletto. La polizza dei beni
della parrocchia di Vigodarzere, fatta nel 1680, distingue quelli
posti in Vigodarzere e quelli in Salgaro.
.
Il 1 giugno 1753 ebbe una visita illustre, quella del Cardinale Rezzonico, poi Papa con il nome di Clemente XIII: « è una
chiesa
dice - , con sacrestia e campanile con una campana».
Il cardinale Giustiniani in visita pastorale il 19 maggio
1780 , la trova in buona conservazione e con le reliquie delle ossa
di S. Giacomo Maggiore Apostolo.
La chiesa-oratorio di S. Giacomo, ricordata nella visita pa-
lO G. CITTADELLA, Descrittione di Padova. et suo territorio con. l'inventar;
ecci., brevemente fatta l'anno saluti/ero 1605, ms. B.P. 324 della Blb!. CIvIca dI P ,
p. 317.
124
storale del 1811 ancora ben conservata, non compare invece in
quella del 1877; forse perché incamerata e venduta assieme ai
suoi beni, dal Demanio, nel 1874, anno in cui furono venduti
anche i fondi della fabbriceria di Vigodarzere, in seguito alle
leggi anticlericali del governo italiano.
4) LA PARROCCHIA DI TERRAGLIONE
L'attuazione di questa parrocchia risale al 1928, quando era
arciprete di Vigodarzere don Girolamo Rizzato.
Per costruire la chiesa in un primo momento fu scelta la località Ragazzo, all'incrocio di via Terraglione con via Ca' Zusto,
e solo in seguito si scelse il posto attuale, tra la ferrovia e il
Muson.
Il 19 marzo 1928 ci fu benedizione della prima pietra della
nuova chiesa, intitolata a S. Antonio da Padova,ll su progetto
del geometra Lion.
Nel 1931 fece l'ingresso il nuovo curato, don Giuseppe
li G. STANO, S. Antonio di Padova, in «Bibliotheca Sanctorum », II, Roma,
1962, pp. 156-188. Nato a Lisbona ca. il 1190-95, è detto «di Padova» perché lasciò
i più importanti ricordi della sua attività apostolica in questa città, dove mori il
13 giugno 1231 e dove si venera il 'suo sepolclo. Francescano, predicatore insigne,
Dottore della Chiesa universale, taumaturgo. Una ventina di giorni prima della su.]
fine, si ritirò nella solitudine di Camposampiero, presso l'amico conte Tiso. Aggravatasi l'idropisia di cui soffriva da tempo, si fece ricondurre a Padova ma dovette
fermarsi per via nel conventino dell'Arcella.
Come titolare della parrocchiale felice sarebbe stata anche la scelta di S. Giacomo, patrono della chiesa-ospitale di Salgaro. (J. E. ALONSO, S. Giacomo il Maggiore, in «Bibliotheca Sanctorum », V, .Roma, 1965, pp. 363-388. Detto il Maggiore,
per distinguerlo dall'omonimo apostolo e cugino del Signore. Fratello di Giovanni
Evangelista, occupa sempre uno dei primi posti nella lista degli apostoli, nei fatti
della vita di Gesù e della storia della Chiesa primitiva. Fu decapitato per ordine di
Erode Agrippa verso il 42).
La «sagra» paesana viene tenuta in onore della Madonna della Neve, il
5 agosto o nella domenica seguente. Però prima del 1958 la si teneva nel gio1'11o
della Madonna della Salute, alla quale era pure intitolato un capitello vicino
alla parrocchiale, il 21 novembre o nella domenica seguente.
125
TERRAGLIONE - Chiesa parrocchiale e Patronato.
Lion e nel 1939, essendo stata terminata la prima parte della
chiesa e la canonica, fu dichiarata con decreto vescovile Parrocchia.
Dopo la guerra, la chiesa fu completata con la costruzione
del coro, del presbiterio e delle due sacrestie laterali. Il tetto,
danneggiato dai rimbombi della vicina ferrovia, fu rifatto dall'attuale parroco don Tranquillo Mattarello, successore di don Lion
dal novembre del 1959.
Ora la chiesa, a tre navate, con sei finestre laterali e tre bifore sulla facciata, si presenta armoniosa e ben fatta. All'interno, ai
lati dell'altar maggiore, ci sono gli altari di S. Antonio da Padova e della Madonna della Salute e, sullo sfondo, due belle vetrate
rappresentanti i patroni d'Italia S. Francesco d'Assisi e S. Caterina da Siena.
Manca il campanile, sostituito dalle campane a disco.
Il 12 novembre 1967 è stata inaugurata la scuola materna
dedicata a suor Lucia De Gasperi, gestita dalle Suore dell'Assunzione, presenti le maggiori autorità ecclesiastiche e civili. Nello stesso giorno è stata anche inaugurata la Casa della dottrina
cristiana e il Patronato per la gioventù.
TERRAGLIONE - Asilo Infantile.
126
127
PARTE TERZA
APPENDICE
CAPITOLO I
IL BRENTA
l) CARATTERI GENERALI
Il Brenta 1 (174 km.), nasce dai laghi di Caldonazzo e Levico, percorre la Valsugana e il canale di Brenta, ricevendo come affluente il Cismon. Dopo Bassano, inizia il corso di pianura,
divagando fino a Campo S. Martino su vasto letto, comprendente estese golene.
Dai pressi di questa località assume il vero aspetto di corso
di pianura e inizia, poco dopo, a essere imbrigliato in potenti
arginatura continue.
Nel tratto compreso fra Tremignon e Limena, le arginatul'c
si svolgono assai lontane dal letto del fiume comprendendo vastissime golene, coltivate, sulle quali sorgono fabbricati e interi paesi,
poiché solo limitate pIaghe vanno soggette ad allagamenti durante le piene ordinarie.
Tali arginature, quella di Limena-Tremignon da una parte
e quella del Piovego di Villabozza dall'altra, vanno restringen-
1 Per la compilazione di questo capitolo l'autore si è attenuto, quasi esclusivamente, allo studio di L. MILIANI, Le piene dei fiumi veneti e i provvedimenti di
difesa, l'Agno - Guà - Frassine - Fratta - Garzone, Bacchiglione e il Brenta, Firenze,
1939.
1.31
sud-est e passando per Cadoneghe, si dirige a Stra, da dove pro.
segue per Corte e Codevigo e va a sfociare nel mare Adriatico,
al porto di Brondolo.
2) IL REGIME DEL BRENTA
Il regime idrologico del Brenta si presenta analogo a quello
dei fiumi subalpini, nei quali si manifestano generalmente, in
ciascun anno, due periodi di magra (inverno ed estate) e due di
intumescenza (primavera ed autunno).
Notevole il contributo idrico del Cismon e di altri affluenti.
Dopo Bassano però, i deflussi sono notevolmente depauperati
da derivazioni ad uso promiscuo, agrario-industriale. Un certo
compenso viene recato, verso Padova, dall'affioramento di acque subalvee e dallo scarico del Piovego di Villabozza e del Muson dei Sassi, nel territorio di Vigodarzere.
Il livello massimo di piena osservato nelle stazioni idrometriche di Limena e Pontevigodarzere, lo si ebbe il 17 settembre
1882 quando raggiunse m. 6,45. Esso fu superato il 4 novembre
1966, con quota m. 6,80.
BRENTA - Mappale del corso del fiume con le linee degli otto principali progetti
per la sua regolazione.
3) I CORSI DEL BRENTA
dosi ad imbuto fino a Limena, dove sorgono i due sostegni che
regolano l'immissione delle acque di magra nel Brentella.
I residui deflussi di morbida e quelli di piena, invece, sormontata la briglia che sbarra il letto, vengono incanalati in un
alveo meno tortuoso, chiamato « Brenta Vecchia», e costeggiati
da vicino dalle arginature che non si discostano più fino al mare.
Da Limena il Brenta si dirige a Vigodarzere, poi rivolto a
132
Il Brenta, che nel periodo romano si chiamava Medoacus)
solo nel sec. VI d.C. lo troviamo con questo nome, che doveva
essere l'antica denominazione usata dal popolo, anteriore a quella
romana, e che riapparve con la caduta dell'Impero.
Il corso attuale, specie quello da Bassano a Padova, è relativamente recente, risale all'anno 589 d.C., anno in cui numerose inondazioni mutarono il corso a vari fiumi.
133
Il vecchio corso, dagli accurati studi del Gloria 2 e della
Gasparotto,3 risulterebbe unico da Bassano a Friole.
Da qui si divideva in due rami: l'uno, chiamato Medoacus
Maior, seguiva la destra dell'attuale corso, passava per S. Pietro
in Gù, Camisano, Mestrino, Rubano e Sarmeola ed entrava in
Padova per S. Agostino; l'altro detto Medoacus Minor, secondario e di sinistra, da Friole proseguiva per Carmignano, Grantorto,
Piazzola, Curtarolo, Limena, poi piegava verso sud, verso « Via
dell'Arzere », che tagliava tra i due Teggé ed entrava in Padova
a sud di Ponte Molino.
Una importante deviazione di una parte dei deflussi del
Brenta nel Bacchiglione, è il Brentella: 4 canale artificiale, lungo
da Limena a Volta di Brusegana Km. 11, costruito nel 1314 dal
comune di Padova, per avere l'acqua anche quando Vicenza,
in lotta coi padovani, per costringerli alla resa, deviava le acque
del Bacchiglione nel Bisatto.
Per proteggere l'imboccatura di Limena, fu costruito un
fortilizio, presidiato da soldati; mentre, per regolare il flusso
5
dell'acqua, furono costruiti nel 1370 i Colmelloni.
4) GLI ARGINI DEL BRENTA
È certo che ai tempi dei Romani i fiumi non erano protetti
dagli argini, ma da selve o boschi che avevano un innegabile e
tuttora invidiato potere di difesa.
2 A, GLORIA, Intorno al corso dei fiumi nel territorio padovano del sec, I a
tutto l'XI, Padova, 1877, pp, 20 ss, (per il Brenta),
3 C. GASPAROTTO, Padova romana, cit" p, 80 ss" tav, VIII.
4 G, GENNARI, Dell'antico corso dei fiumi in Padova e nei suoi contorni,
Padova, 1776, pp, 80 ss,
5 Nel 1649 una piena straordinaria rovesciò e distrusse interamente il Colme 1Ione principale, con gravi conseguenze per la città di Padova ad ogni piena del
Brenta, Solamente nel 1774 il manufatto regolatore venne riedificato, senza però essere panconato per cui i vantaggi furono limitati. Nel decennio 1850-60, durante la
134
Dopo il 1000, l'aumento di benessere e popolazione portò
la necessità di diminuire le zone boschive ed aumentare quelle
coltivabili: nacque cosÌ l'esigenza di sostituire alle difese naturali
quelle artificiali. 6
La costruzione degli argini iniziò, secondo il Gloria,7 verso
la fine del sec. XII, in quanto gli statuti del Comune Patavino,
che parlano della costruzione di argini, portano la formula: «statuto anteriore al 1236 », formula comune a tutti gli statuti anteriori al dominio di Ezzelino da Romano (1237-1256).
I lavori venivano eseguiti per opera e a spese di quei paesi
che vi avevano maggior vantaggio.
Uno statuto anteriore al 1236, parla di costruzione ex-novo
degli argini del Brenta. Un altro decreto del 1265, del podestà
Lorenzo Tiepolo, obbliga Limena e Altichiero a lavorare per la
costruzione e manutenzione della loro parte di argine, e Vigodarzere, Saletto, Fornace, Sorriva, Non e S. Maria di Non per
la parte di qua, cioè nord. 8
Questi statuti non rimasero lettera morta. Nell'anno 1275,
essendo già stati costruiti gli argini del Brenta da Limena alla
laguna, si designarono i paesi per la loro manutenzione. 9
Speciali leggi ne regolavano la larghezza: la base di venti
piedi, di dodici la sommità, e l'altezza di diciotto. Inoltre se
qualcuno in occasione delle piene, avesse tagliato un pubblico
argine, era punibile con la pena di morte. Altre leggi, molto severe, ordinavano lo sgombero di materiali estranei dai fiumi e
esecuzione del progetto Fossombroni-Paleocapa, per la regolazione delle acque del
Brenta e del Bacchiglione, fu dotato di paratoie a tenuta perfetta che regolano a
piacere il flusso dell'acqua,
6 A, GLORIA, Gli argini dei fiumi dai tempi romani alla fine del sec, XII,
in «Atti e Memorie Accad, di Padova », T. VI (1889-90), D, L, p, lO ss,
7 A, GLORIA, Gli argini dei fiumi, ci t. , p, 12,
8 A, GLORIA, Statuti del Comune di Padova dal sec, XII all'anno 1285, Padova,
1873, libro IV, rubr, VI, st, 1000-1004 e 1008, p, 322 ss,
9 A, GLORIA, Statuti del Comune di Padova, cit" pp, 320-321-322,
135
5) LE PRINCIPALI PIENE E ROTTE DEL BRENTA
SALETTO DI VIGODARZERE - Briglie e cascate del Brenta.
proibivano di arginare o piantare alberi nelle maresane, togliendo così ai fiumi, il mezzo di espandersi e di dilatarsi.
I lavori di arginatura destarono molta meraviglia per la loro imponenza e grandiosità, tanto che Dante, nella Divina Commedia, li paragona alle famose dighe olandesi. \O
È del periodo austriaco (1850-1860), il rafforzamento dei
cosiddetti « tettagli » di Villabozza e di Salgaro, e la creazione di
una zona di golena a Saletto, detta Maresana.
lO «Quale i fiamminghi tra Guizzante e Bruggia, / Temendo il fiotto che ver
lor s'avventa, / Fanno lo schermo, perché il mare si fuggia; / E quale i Padovan
lungo la Brenta, / Per difender lor ville e lor castelli, / Anzi che Chiarentana il
caldo senta »; (Inf. XV, 7). G. DELLA VEDOVA, Gli argini del Brenta al tempo di
Dante, in «Dante e Padova », Padova, 1865, pp. 77-100.
136
Le notizie sulle piene più antiche del Brenta sono molto
scarse. Ciò non deve far credere però che il regime del fiume sia
sempre stato tranquillo e regolato; al contrario, dalle cronache
del tempo, dal XII-XV sec., traspare una frequenza progressiva
di gravi disordini dovuti alle piene del fiume.
Maggiori notizie sull'argomento abbiamo nei secoli successivi.
Per limitarci alla nostra zona, sappiamo che nel 1649, in
seguito a una piena, si ebbe il crollo del manufatto di Limena.
Nel 1719 si ebbero ben 12 rotte nel tratto tra Curtarolo e Limena. Nel 1752 le acque di piena del Brenta esaurirono gran parte
della loro violenza tra Curtarolo, Limena e Vigodarzere, dove si
determinarono ben sette rotte delle quali, tre sopra Limena e
quattro tra questa località e Vigodarzere.
Nel 1769 il Brenta ruppe gli argini a Cadoneghe. Con frequenza impressionante le piene del Brenta si ripeterono quasi
ogni anno dal 1772 al 1786.
Nel 1807 si ebbe una rotta per corrosione al ponte di Stra
e altre quattro a Noventa, a Vigodarzere e a Mira.
Nel 1816 una straordinaria piena, giunta a m. 5,72 sopra lo
zero idrometrico di Limena, provocò una rotta nel Brentella ed
altri squarci arginali.l!
Nel 1823 si ebbe una piena spaventosa che raggiunse m.
6,58 sul livello idrometrico di Limena. Le rotte e le distruzioni
di case e di argini furono numerose. Lo squarcio maggiore, di
m. 150, avvenne tra Curtarolo e Limena: due gendarmi a ca .
vallo diretti a Curtarolo furono travolti dalle acque e le cam-
11 Tutto Vigodarzere e
Saletto di quel periodo, don
e organizzò delle squadre di
nonostante parecchi morirono
stiano Codemo).
anche Padova vennero allagati, tanto che il parroco di
Antonio Gianese, andò da Saletto a Padova in barca
soccorso per distribuire medicinali e viveri, ma ciò
di fame. (Archivio di Saletto, Cronistoria di don Cri-
137
pagne vennero allagate. Ad Altichiero, superiormente al ponte
di Vigodarzere, si ebbe uno squarcio arginale per corrosione di
scarpata: i danni furono gravissimi.
A due anni di distanza, nel 1825, si ripeté la intumescenza
che raggiunse, al livello idrometrico di Limena, m. 6,80. Rotk
per sormonto si ebbero a Vilbbozza, a Saletto,12 a Vigodarzere
e a Stra.
Numerose le piene negli anni successivi.
Si giunse così alla piena del 1882, una delle più disastrose che la storia ricordi. Tutta la zona da Bassano a Limena fu allagata: in quest'ultima località, si ebbe una grave rotta che allagò
i quartieri bassi di Padova e un'enorme volume d'acqua si abbatté su circa duemila ettari appartenenti a quattro comuni, distruggendo e danneggiando seriamente una cinquantina di fabbricati. In questa occasione il territorio di Vigodarzere ne uscì
incolume, grazie ai «terraglioni» di Villabozza e di Salgaro.
Dopo la piena del 1882, si ebbero altre intumescenze che
non recarono però gravi danni. Ma il 4 novembre 1966 il Brenta si scatenò ancora una volta.
Da Fontaniva fino a Limena, si ebbero rotte e allagamenti.
Il Tavello e la Maresana di Saletto, per la rotta presso Barban
di Tavo, vennero allagati, tracimazioni sull'argine di Villabozza
allagarono tutta Tavo, mentre Saletto e Vigodarzere furono salvati dal Terraglione di Sa]garo. Preoccupanti infiltrazioni d'acqua si notarono a Saletto presso il Cimitero e presso Mazzonetto, subito tamponate. A Vigodarzere, quando l'acqua stava
decrescendo, franò una parte di argine vicino alla Certosa. Rilevanti furono i danni alle abitazioni e molti animali morirono
annegati.
12 La rotta del Brenta a Saletto avvenne in Maresana, presso la casa Galante
che fu distrutta; tra le vittime ci fu una bambina. In tale occasione ci furono rotte
anche del Muson dei Sassi. Pochi anni dopo, nel 1839, fu costruito il capitello delh
Madonna della Salute di Saletto a protezione de! paese. (Archivio di Saletto).
138
6) LE VICENDE IDRAULICHE DEL BRENTA
DAL XVI AL XIX SECOLO
In questi quattro secoli la frequenza e l'entità delle inondazioni furono molto rilevanti. Non fan meraviglia, perciò, i numerosi rimedi e soluzioni progettati e attuati per diminuire i
danni arrecati dalle piene del fiume.
Per limitarci alla nostra zona, sappiamo che nel 1687, fu
abbassato il letto del Brenta tra Limena e Stra.
Verso la fine del secolo seguente, essendo il Senato Veneto deciso a risolvere lo spinoso problema della difesa idraulica del Brenta, diede incarico ai più esperti idraulici del tempo
di studiare il problema. Secondo il progetto del veronese Lorgna, si doveva deviare tutto il Brenta nel Brentella a Limena
e convogliare le acque dei due fiumi in un unico alveo artificiale , rettilineo , della lunghezza di circa nove chilometri, da
Brusegana a Bovolenta, fino ad incontrare il canale di Pontelongo.
BRENTA - Le piaghe in tinta più marcata rappresentano i terreni rimasti inondati
nell'autunno 1882.
Il progetto fu sottoposto all'esame degli idraulici e, in breve, al Magistrato delle Acque giunsero innumerevoli progetti e
relazioni, più o meno meritevoli di considerazione. Il Mappale
qui riprodotto, riporta nelle linee essenziali gli otto principali
progetti per la regolazione del Brenta (vedi p. 132).
Il progetto Ximens e Stratico eliminava le curve di Tavo
con una grande deviazione a nord, poi seguiva il progetto Lorgna immettendo il Brenta nel Brentella.
Il progetto Frisi prevedeva una nuova alveazione del Brenta
da Vigodarzere al canale di Roncaiette, inalveazione che secondo
il progetto Munaretto, andava diritta da Limena fino al mare.
Secondo il progetto Belloni, il Brenta doveva passare su un nuovo alveo rettilineo che, partendo da Limena, passava tra Saletto
e Terraglione e proseguiva diritto fino a Fiesso.
Il progetto Coi toglieva tutte le curve del Brenta, da Limena a Dolo, con una rettifica diritta, mentre, secondo il progetto di un Patrizio veneziano, identificato poi con Girolamo
Giustinian, questa rettifica delle svolte della Brenta Vecchia a valle di Limena, doveva essere cauta e oculata, usando la massima
parsimonia nei drizzagni. Contemplava poi una nuova inalveazione del Brenta, da Noventa a Corte.
In tanta diversità di opinioni il signor Artico, Fiscale del
Magistrato alle Acque, dopo aver vagliato tutte le proposte, presentò il suo progetto che comprendeva:
I) Arginature frontali del Brenta Superiore,
II) Regolazione del Colmellone di Limena,
III) Soppressione del ramo di Brenta detto Ligonto, allo
scopo di portare il filone del fiume parallelo alla bocca di Limena,
IV) Raddrizzamento di più svolte della Brenta Vecchia,
V) Apertura di una nuova inalveazione rettilinea del fiume, da Fossalovara a Corte.
140
L'esecuzione del progetto venne rimandata a causa della
sopraggiunta dominazione francese, e solo nel 1812, sotto la direzione del progettista, si iniziarono i lavori del taglio di Altichiero, felicemente eseguiti . Seguirono anni di discussioni, funestati dalle alluvioni del 1816, 1823 e 1827, in seguito alle
quali il governo austriaco affidò al ministro Fossombroni lo
studio del problema.
Il piano, sviluppato e completato nei dettagli esecutivi dal
Paleocapa, prevedeva il raccorciamento dell'asta fluviale. Ciò si
ottenne dal 1842 al 1859 con l'attivazione del gran taglio della Cunetta, da Fossalovara a Corte, e con l'esecuzione di vari
drizzagni a Fossalovara, a Limena (Volta Colombara) e a Mejaniga. Nel 1861 si aprì il drizzagno di Vigodarzere e nel 1874
quello della svolta di Limena, in località Ligonto.
Il criterio fondamentale del progetto Fossombroni-Paleocapa, era di togliere per quanto fosse possibile i meandri, cioè
quelle tortuosità dell'alveo del fiume, che, descrivendo curve
molto ripide, risultano sempre molto pericolose in caso di alluvioni.
A Vigodarzere il corso del Brenta venne notevolmente rettificato. In Maresana e nel Tavello furono tolte le curve dette Ligonto e Volta Colombara. Fu rettificata la curva che passava dinanzi al municipio e dietro la Chiesa Arcipretale di Vigodarzere e
quella che passava vicino al ponte della ferrovia e, proseguendo
dietro la fabbrica Pinton, arrivava fino alla foce del Muson. A
Meianiga, venne eliminata la curva della località Isola di Torre.
Ancora adesso, queste due ultime zone, al di qua del Brenta,
fanno parte del comune di Padova.
Il taglio dei sopraddetti meandri, accorciando la lunghezza
del fiume ne aumentò la pendenza, donde, se prima c'era il pericolo di eccessivi depositi di materiali nei meandri, dopo c'era il
pericolo dell'erosione. Per risolvere queste difficoltà, il punto
chiave divenne la briglia di Limena, che, costruita molto tempo
141
prima per incanalare parte dell'acqua nel Brentella, in questo
periodo venne innalzata e rafforzata con una seconda, per diminuire la velocità dell'acqua e il suo potere erosivo. Anche il
recente ordine del Genio Civile di non scavare sabbia, rientra in
questo piano di non aiutare il fiume nel suo già rilevante potere
erosivo, il che danneggierebbe, in modo forse irreparabile, gli
argini e i ponti.
Tali lavori si dimostrarono efficaci: dopo un secolo di di·
stanza e nonostante le paurose piene del 1882 e del 1966, Vigodarzere fu sempre risparmiata.
IL MUSON DEI SASSI
Il Muson, si trova nominato per la prima volta, nella donazione che Ottone I fece al monastero di S. Candido (872).13
Il nome fu fatto derivare da mosa, luogo pantanoso, ed in
tal caso l'etimologia alluderebbe ai suoi frequenti straripamenti
che impaludarono il terreno; ancora da Misquilenses (?), con
allusione ad una colonia romana stanziata nei colli asolani, donde
il fiume trae origine.
Celebre divenne il Muson Vecchio, che da Camposampiero
prosegue per Mirano e Venezia, nell'epoca comunale, quando segnò il confine dei territori delle repubbliche di Padova e di Treviso ed ebbe l'onore di vedere il suo nome inciso nei sigilli del
Comune Patavino. 14
Quando Venezia si impadronì della Terraferma (1405),
diede subito mano a imponenti opere idrauliche per salvare la
laguna dagli interrimenti. Si preoccupò così di deviare e sistemare non solo il Brenta, il Sile e il Piave, ma anche il Muson.
L. ROSTIROLA, Camposampiero, Padova, 1924, p. 253.
Nel sigillo del comune patavino era scritto: Muson - Mons Athesis - Mare Certos - Dant - Michi Fines. (Il Muson, il Monte, l'Adige, il Mare sono miei confini).
13
14
142
Nel 1612 fu deliberato di dividere il Muson torrente, che
scende da Asolo, dal Muson fiume, che nasce dalle sorgenti di
Cittadella, e di condurre il primo, attraverso un canale lungo parecchie miglia quasi sempre rettilineo e saldamente arginato, dalla località Tezze Corner (fra Castelfranco e Camposampiero)
fino a Vigodarzere, scaricandolo nel Brenta. 15
L'opera presenta i seguenti caratteri tecnici: poco sopra
Camposampiero, nel luogo di confluenza dei due fiumi, c'è una
speciale costruzione idraulica, detta Botte Muson Vecchio, per
cui il Muson dei Sassi passa sopra il Muson Vecchio. Vicino
alla Torre di Burri, un'altra Botte, detta Ponte Canale, gli permette di passare sopra il Tergola. Il sostegno di Torre di Burri,
inoltre, permette lo scarico, attraverso il canale scaricatore Viana, delle piene del Tergola e del Vandura, molto pericolose per
la zona di Camposampiero, nel Muson dei Sassi.
Attualmente, il Muson dei Sassi è un fiume di II categoria,
alle dirette dipendenze del Genio Civile di Padova, che ne cura
la manutenzione e la efficienza.
Importanti lavori furono eseguiti nel decennio 19 30AO,
quando furono rafforzati e innalzati di circa un metro gli argini,
allargata la sezione del fiume di circa 3 metri, abbassato maggiormente il letto e costruite briglie in calcestruzzo per eliminarne la
forte pendenza. Inoltre, quasi ogni anno, vengono eseguiti scavi
di materiali alluvionali e rafforzati i punti deboli degli argini.
15 Il Muson i'orrente d'allora in poi è conosciuto col nome di Muson dei Sassi;
tale nome deriva dagli abbondanti detriti che trae con sè, mentre il Muson fiume
fu denominato Muson Vecchio, perché segue la vecchi:J via, Camposampiero-Mirano,
143
CAPITOLO II
LA CERTOSA DI VIGODARZERE
1) I CERTOSINI
L'ordine dei Certosini, nacque in Francia nella località detta
Cartusia (Chartreuse in francese, da cui il nome certosa dato a
tutti i monasteri dell'Ordine), in mezzo ad una profonda boscaglia, dominata da alture rocciose, nella diocesi di Grenoble,
ad opera di S. Brunone di Colonia.!
Dopo la morte del fondatore, poiché non aveva lasciato
regole scritte, i suoi discepoli misero per iscritto le Cortsuetu"
dini, attorno alle quali si formò lo Statuto, approvato dal papa
nel 1176.
La preghiera vocale e mentale forma l'occupazione preci! M. A. CALABRESE, S. Bruno (Brunone), in «Bibliotheca Sanctorum », III,
Roma, 1963, pp. 561-569. S. Brunone, fondatore dei certosini, nacque a Colonia sul
Reno verso il 1035. Compì brillantemente i suoi studi, nelle più rinomate 8CU01<.:
del tempo, distinguendosi per una perizia eccezionale in tutti i rami del sapete,
divenendo ancor giovane maestro e rettore della celebre scuola di Reims. In seguito
ad aspri contrasti col vescovo simoniaco della città, nel 1075 abbandonò !'insegna"
mento e maturò la decisione di abbandonare il mondo. Con un gruppo di compagni,
fondò nel 1078 vicino a Grenoble la prima Certosa. Dopo solo sei anni, papn
Urbano II lo chiama a Roma come suo consigliere per la riforma ecclesiastica. Rimarrà in Italia fino alla morte, fondando la certosa di La Torre (Catanzaro), dove
morì il 6 ottobre 1101; la sua festa si celebra il 16 ottobre.
1
pua dei certosini, che vi dedicano lunghe ore del giorno e della
notte. Alle costumanze fondamentali della vita eremitica associano qualche esercizio dei cenobiti, escludendo però sempre
qualsiasi ministero esteriore, e praticando rigide penitenze, fra
cui l'astensione perpetua dai cibi di grasso e un rigoroso silenzio. Si applicano anche allo studio e ai lavori manuali; vivono
in piccole celle separate e vestono l'abito bianco. Sono sepolti
senza feretro ed il luogo della tomba viene segnato da una croce
di legno senza nome.
La disposizione della prima certosa di Grenoble formata
da una chiesa, circondata di celle, in ognuna delIe quali viveva
uno degli eremiti, fu conservata e imitata da tutte le case dei
certosini. La certosa risulta cosÌ composta essenzialmente di due
chiostri, attinenti a una chiesa, intorno ai quali si aprono le
celle, o casette dei monaci, costituite di un corridoio, una cameretta per lo studio e una per il riposo, e di un giardinetto che
ogni monaco coltiva da sè.
L'ordine si propagò largamente, giungendo ad avere, nel periodo della sua maggior floridezza, 250 e secondo altri 285 certose. Alcune divennero famose come quella italiana di Pavia,"
« considerata uno tra i più bei monasteri del mondo », di Firenze, di Bologna e di Napoli. Nel 1792, si contavano 4060 certosini, viventi in 135 certose. 3
VIGODARZERE - Certosa. Chiostro piccolo dinanzi. alla Chiesa. " .
')
(P. Chevalier, dis. e inc. - Gabinetto fotografico del Museo CiViCO di l adova)
2) LA CERTOSA DI PADOVA
L'Ordine Certosino si stabilì a Padova,4 chiamato concordemente dagli esecutori testamentari del celebre Vescovo Pi~tro
Donato (1447), dotto e pio, il quale, 1'8 luglio 1445, lascIava
22 mila ducati d'oro per l'erezione di un collegio, detto della Sapienza, per ricoverare e nutrire 20 stude.nti di diritto, di condizioni povere, oppure, al posto del collegIO, un monastero certoS1110.
2 L. BELTRAMI, La Certosa di Pavia, storia e
1369-,1895, Milano,
1895, p. 30. La Certosa di Pavia oltre ad avere somiglianze architettoniche con
quella di Vigodarzere (chiostro grande e celle), ha anche in comune la tradizione ai
una galleria-rifugio.
3 C. CALZECCHI ONESTI, Certosa, in E. 1. (Treccani), IX, pp. 821-R22. A.
COU!n'RAY, Certosini, in E. 1. (Treccani), IX, pp. 822-823.
146
Inoltre il generoso donatore cedeva la propria biblioteca
privata ed alcuni terreni, uno dei quali « Apud Vicum-aggeris»
(presso Vigodarzere).
4 C. M!CIIELOTTO, La Certosa di Padova, Padova, 1923, pp. 5 ss. Ottimo lavoro monografico sulla Certosa di Padova, così chiamata anche quando la sede {li
portata a Vigodarzere.
147
I Certosini, venuti a Padova il 29 marzo 1451, si stabilirono nell'ex-monastero di S. Bernardo, abitato da sette religiose
cistercensi, prive di abbadessa, soppresso proprio in quei giorni
in seguito a degli abusi morali. Si trovava fuori delle mura della
città, presso la Porta di Codalunga. I monaci lo resero « amplissimo» e fu intitolato: Certosa dei Santi Girolamo e Bernardo
(Cartusia 55. Hieronjmi et BernardO. Ebbe breve durata, perché
nel 1509, durante la guerra tra la Repubblica Veneta e la lega
di Cambray, fu demolito dalla Serenissima per motivi strategici.
3) LA CERTOSA DI VIGODARZERE (1534-1768)
La carta del Capitolo generale dell'Ordine Certosino del
maggio 1510, dice chiaramente di «edificare nuovamente, al
più presto, un nuovo monastero a Padova ».
Fu incaricato Don Girolamo Zeno, che si prese cura dei monaci radunati in una casa-rifugio entro le mura della città. CosÌ
pure si prese cura degli arredi sacri, quadri, biblioteca, attrezzi
di lavoro che erano stati portati in fretta nella Certosa di Venezia.
Difficoltà e ristrettezze di ogni genere non disarmarono
Don Zeno, fiducioso nella Divina Provvidenza.
Temporaneamente portò i molti professi in un minuscolo
monastero dipendente, che serviva da casa colonica della Certosa,
in Campo S. Martino, a circa 20 Km. dalla città, dove rimasero
« in grande sacrificio» per 40 anni.
Nel 1534 si cominciò a murare la certosa di Vigodarzere,
nell'appezzamento di terreno lasciato dal Vescovo Donato. La
prima pietra fu posta da Iacopo Rota, Vicario Generale del
Card. Luigi Pisani, Vescovo di Padova, il '7 marzo dello stesso
anno.
Don Pellegrino De Litis, nuovo priore, ha il merito di quest'opera cosÌ colossale (t 1577).
.
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nel 1792.
VIGODARZERE - Pianta della Certosa di, P. Bene d ett o F'la ndrini , eseguita
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(Gabinetto fotografico ciel Museo Cl VICO dl l aclota)
148
149
I Certosini si trasferirono nella nuova sede fin dal 1550,
benché i lavori non fossero ancora ultimati. I pregi artistici dell'opera furono tali che illustri studiosi ne attribuirono, benché erroneamente, l'esecuzione ad Andrea Palladio.
Oggi ormai, alla luce dei nuovi documenti trovati nell'Archivio Civico dalla dott.ssa Rigoni,5 si può affermare che soprintendente ai lavori della Certosa di Vigodarzere fu il celebre architetto Andrea Moroni, proto di S. Giustina, che tenne questa
carica fino al 1560, anno della sua morte. A lui successe Andrea
da Valle.
In mancanza di un notiziario architettonico soddisfacente,
ricorriamo alle indicazioni che ci offre un bel prospetto planimetrico, eseguito alla fine del secolo XVII per conto della Comunità. Esso offre di scorcio la veduta di tutte le costruzioni della
Certosa e dei giardini circostanti, che presentano un aspetto graziosissimo e incantevole. 6
Un atrio di gusto squisito conduce attraverso un maestoso
porticato alla chiesa, costruzione solenne sormontata da piccola
cupola ottagona: sei cappelle si aprono al lato sinistro di chi
guarda ed otto finestre trifore la rischiarano dai due lati.
Un maestoso campanile a cella trifora, simile per disegno a
quello di S. Marco di Venezia, domina la chiesa al suo fianco
sinistro. Tredici celle circondano il grande chiostro abbellite ciascuna da una snella loggetta a parecchie arcate. Il chiostro gran5 E. RIGONI, L'architetto Andrea Moroni (1500 c.-1560), Padova, 1939, pp. 47
ss. Tra le opere di questo illustre architetto ricordiamo la Chiesa di S. Giustina, il
Palazzo Municipale, il Cortile della Università, l'Orto Botanico, la Certosa di Vigodarzere ed altre opere minori.
6 E riprodotto, in un'opera monumentale, in 4 volumi in folio, edita dalla Certosa di Parkminster in Inghilterra nell'anno 1916, presso la tipografia dell'Ordine.
Ha per titolo «Maisons de l'Ordre des Chartreux: vues et notices ». Vedi voI. III,
p. 85. Le notizie che ci fornisce corrispondono perfettamente a quelle che ci offre
il disegno plani metrico della Certosa, qui riprodotto, esistente al Museo Civico di
Padova. (Vedi: Iconografia, Vigodarzere, XLVIII, 4728). Tale opera fu eseguita, nel
1792, da un monaco pittore della Certosa di Bologna, D. Benedetto Fiandrini, che
si firma: «Benedictus Fiandrini a Bonomia Monacus et Academicus Clementinus ».
VIGODARZERE - Certosa. Chiostro maggiore.
de, le celle e la loggetta sono simili a quelle d~lla famosa certosa
.
di Pavia, iniziata circa un secolo e mezzo pnm~.
.
dI ottimo
Il complesso delle costruzioni è SImmetrIco e
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'~a
l
ittura del Vivarini della Certosa di Padova, .sa ~ata
ella
dalla
del 15 09,
ripreso
darzere il posto d'onore, in pOsIz1One ana oga a que
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cioè in una cappella a fianco della chIesa.
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mezzo seco o pnma,
rI' le opere d'arte, aggiunte in seguito, va n~or .ata anra
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11 dI PIetro Dacona dell' altar maggiore dovuta a vIvace penne o
.. d' C
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o (1592-1631) quello stessO che aveva esem1111 l aste ranc
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1 orta lateguita un' Apparizione di Gesù a Mad a ena, sopra a p
~ale che conduceva al monastero.
dist~uzione
ave~a.
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Cert~~: ~~c~;!~~
151
150
« Erano passati pochi lustri, scrive il Michelotto,7 ed ecco
una dolce fìgura di Madonna prendere posto sul muro di divisione dei due cori, lavoro tutto grazia e sentimento, di G. B.
Salvi detto il Sassoferrato (1605-1685), ecco Luca da Reggio
( 1605-1654) delineare due graziosi ritratti di sante nella prima
cappella laterale ... e fu un succedersi di artisti che ogni nuovo
priore chiamava a lasciar l'impronta del loro genio in quel luogo
sacro: anche il refettorio ebbe un grande quadro raffigurante
l'ultima Cena, lavoro nobilmente ideato ed egregiamente eseguito da Stefano dell' Arzere (sec. XVI) ».
Non fu possibile finora rintracciare il sigillo o stemma originale della Certosa di Vigodarzere e neppure alcuna impronta
su ceralacca. Pur tuttavia diligenti storiografi dell'Ordine, hanno
descritto in termini tecnici lo stemma desiderato: d'argento,
a due fascie di forme, la prima di tre rose giustapposte, parimenti la seconda. 8
4 ) VITALITÀ DEI CERTOSINI DI VIGODARZERE
La comunità, visibilmente benedetta da Dio, poteva gareggiare con gli altri monasteri cittadini nell'esercizio di una carità
veranlente eroica.
Nel 1576, scoppiata una grande pestilenza, i Certosini portarono soccorsi morali e materiali alle innumerevoli vittime.
Il colera del 1630, che fece strage e fu tristemente famoso
in tutti gli annali d'Italia, trovò ancora i Certosini pronti a cedere i loro beni e anche la vita a vantaggio dei malati e dci morenti.
Ma, ad eccezione di altre rare volte, i Certosini non uscivano mai dal loro convento.
Si distinsero, attraverso il tempo, molti padri per virtù e
VIGODARZERE - Certosa, Particolare della Chiesa,
7
8
C.
C.
MrcHELOTTO,
MrCI-IELOTTO,
La Certosa di Padova, cit" p, 17,
ci t. , p, 21.
153
152
sapienza, tra i quali il nobile trevigiano don Lorenzo Dal Corno,
morto in concetto di santità, l'umile don Giacomo Tebaldi,
«senza nessuna macchia di peccato », don Bartolomeo Scala,
discepolo di S, Filippo Neri e autore di due preziose monografìe, don Bernardo Pelliccioni, Priore, che compose con esattezza
straordinaria un «Arbor virorum illustrium Ordinis Cartusiensis» e una vita della Beata Giuliana di Bologna, in due libri ,9
Non fa meraviglia che una simile splendida Certosa, che fu
per circa tre secoli ornamento della città e richiamo di forestieri
da tutta l'Europa, sia stata celebrata negli scritti di letterati e di
artisti ,lO
Non era ancora finita, e già lo Scardeone scriveva che stava
sorgendo un edificio « magnificentissime constructum» (costruito in modo magnificentissimo) ,11
Andrea Morosini/ 2 patrizio veneto e storico insigne, legato
ai più illustri padovani del suo tempo da vincoli di profonda
ed affettuosa amicizia, scriveva: «Ai nostri occhi, appare veramente quell' angolo verde e silenzioso della fiorente campagna
padovana, ricco di ombre nei viali solitari, ricco di messi e di
frutta nell'ampiezza dei suoi orti inondati di sole e irrigati dalla
lenta onda del Brenta »,
Col Morosini si alterna e si completa la voce di un altro
scrittore contemporaneo, quella del nobile padovano Giovanni
Cittadella,13 che dedica solo poche parole all'edificio, ma ci parla
9
10
C. MrCHELOTTO, cit., pp. 18 ss.
E. ZORzr, La Certosa di Vigodarzere; echi letterari, Rivista «Padova », Se-
rie II, Anno II, 1956, n. 11, pp. 22 ss.
11 SCARDEONIUS, De antiquitate urbis Patavii, Basileae, 1560.
12 ANDREAE MAUROCENr, Opusculorum Pars prima, Venetiis, 1625.
13 G. CITTADELLA, Descrittione di Padova et suo territorio con l'inventario
ecclesiastico, brevemente fatta l'anno saluti/ero 1605, ms. B.P. 324 della BibL Civica
di Padova, p. 314. La Certosa di Vigodarzere ha «appresso la Brenta tre chiostri
e Chiesa, ave non entrano donne, col bel pavimento a quadri e cupola, lunga m. 86
e larga innanzi il coro m. 36, essendo il coro lungo 50 e largo 38. Ha quattro
cappelle, in tutto sette altari, otto calici, tre campane coperte di piombo e nel
,
l'l sl'lenzio che non mangiano carne e
aCl che osservano
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uri fideli, discretti, volontatll, veresono «semphcl, umll, p , b d'
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Il' ardente affetto del"
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quale desiderano Il sommo ene .. , ce
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5) FINE DEPRECATA
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t tta la fine del 1500 e
,
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La vita scorreva tranqm a ungo u
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'l 1600 ma all'inizio del 1700 c erano gla 1
COSI pure per tutto 1
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sintomi di anni torbidi,
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'acerdoti non era mai
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D'altra parte il numero el monaCI S
'l 1605 e il 1750 la Certosa dI V1go arzere
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stato e1evato: tra 1
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1l~ Stato della Serenissiplicazione delle comunI ta lmonad~tl~ :lel' ne «per ricondurre i relid d z della oro lSClp ma,
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dichiarava soppresgiosi allo spirito delle loro Sant~ ego e .. , »:
le comunità aventi meno dI 12 soggettI.
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In pochi mesi i religiosi della Repubblica Veneta erano rIdotti da 5798 a ~~70: ' d
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forse per loro oman a, a cu
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zia altri nel Monasteni furono incorporati alla Certosa 1 ene,', d cumenti 14
ro di Narvesa, portando in quei monasterI 1 o
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articolari terre al discoperto al ID?do
sacrato dell'orto una bella sepoltura, o tI~ e P
. la chiesa dentro la città, prIma
~braico. Celebrano S. Be:nardo, del qua'~e aSev~~~none ».
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che si facesse questa e Il Santo fondato A'
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14 C. MrcHELOTTO, Cl!."
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sono nell'ArchIVIO 1 tato I. a
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25' Certosa di CamposampIero uste n ...
S. Bernardo di Padova (Certosmo) buste n.
"
155
154
La Repubblica Veneta avocò a sé la proprietà della Certosa di Vigodarzere,
Ultimo priore fu Venanzio Veneziano,
La Certosa, dopo il 1768, dopo aver subito profanazioni e
vandalismi senza fine, venne in possesso dei Marchesi Maruzzi
(greci scismatici) che espressero anche l'intenzione di demolire
la fabbrica che rappresentava per loro, dal lato economico, un
passivo non indifferente, Numerose furono le voci di protesta,
I Maruzzi non distrussero la Certosa, ma neppure la mantennero come loro proprietà, La famiglia de Zigno, che ancor
prima di queIl'epoca possedeva vasti beni in Vigodarzere e specialmente tutto il territorio all'intorno deIla Certosa, acquistò dai
Maruzzi il fabbricato e, con ingenti spese, lo ridusse a luogo di
villeggiatura, adornandolo di estesi viali e trasportando nella Chiesa le tombe di famiglia,
Tutti questi lavori, pare, siano stati fatti senza buon gusto,
L'abate Giuseppe Gennari, letterato e storico insigne, verso la
fine del secolo XVIII cosÌ annotava nelle sue «Notizie storiche» che, manoscritte, si conservano nella Biblioteca Comunale
di Padova: «Questo bel Monastero scomparso per fataI sop.
pressione dell'Ordine Certosino in questo Dominio, insieme coi
beni fu venduto ai Marchesi Maruzzi e poi rivenduto da loro
con piccola porzione di campi ad Antonio Zigno, finanziere pa.
dovano, il quale demolì buona parte della chiesa e fece altri guastamenti in quelle fabbriche, che erano oggetto di ammirazione
al dotti viaggiatori stranieri, Che peccato da non perdonar si ! »,
Ormai la Certosa era stata trasformata in una villa, in un
Il contenuto delle buste, riguardo la Certosa di Vigodarzere, è molto povero dal
punto di vista storico, essendo un'arida raccolta di beni, inventari, atti notarili del
convento. La polizza estimo dei beni del Monastero di S. Girolamo e Bernardo delia
Certosa di Padova, si aggirava sui 700-800 campi, sparsi un po' su tutto il territori.)
padovano. L'amministrazione patriarcale però e le gravezze, facevano sì che le en.
trate fossero ben inferiori a quanto si potrebbe pensare.
,
i nori, In questo
si distinse
la
1 l ,S g
. del Barone
Achille
soggiorno pIacevole
dI. no b'1'
M ' de Zigno, mamma
Signora Baronessa ,a:J
'amante del nostro cielo
de Zigno, animo squ1Slta~erte ~~:t~~~e clima (era infatti di ilprofondamente azzurro e e nos
, n vasto parco con piante
lustre famiglia irlandese), ES,sa orno u
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l bellezza della
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t e, dove SI poteva
scelte e b en d ISpOS
, 1\ ammIrare a
natura ravvivata da daini e cervI.'
6) VISITE ILLUSTRI
La Certosa ebbe parecchie visite i1l~stri,16 'd' P d
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, d' mo l VescoVI l a ova
Nel;
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c,ampo
quale l'undici settembre
Mons, o 111 .. , e
eI,clc~:~~~tI~~ll~~~:i,I~1
1888 vi celebrò anl~~e la ~il~:::aia Certosa fu visitata da NaNel campo po 1tlco e .
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b bilmente nello stesso anno 111 CUI en 1'0
poleone Bonaparte, pr? a,
d' p d a il generale Bernadotte e
come padrone in S, Gmst111a 1 a ov ,
Fuchet.
, nobl'l'l f amlg
'l'le 111g
, le si di lord e milord visitarono
ParecchIe
la Certosa, invitate dalla baroness~ Mary:,
d' iù
N l
d ll'arte e della SCIenza, ncordlamo uno ei p
e ca?~po ~
B ron e lord Guitford, fondatore della
I olito Pindemonte e il
grandi poetI 111g1esI: l~rd y ,
Università di Corfu, Il granded?~eta,tp
della Chiesa di Vicelebre pittore Carlini, che ha , lp111to Il cor,o l'Ultima Cena e la
godarzere con d ue aff re,schi dI gran
. va ore,
Risurrezione di Lazzaro.
echi letterari, ci t. , pp. 22 S5.
6
d z· V'zgo darz ere'' b
E.
ZORZI
nlanoscritto del 195]1 ,
, L.. a Certosa d'
V' d zere non lavoro
,
16 F. PILLI, La Certosa. z zgod~rV .. 'd . re soprattutto a proposito dej;
che trovasi presso l'archivio arclpre.t~le l 19o arze ,
visite illustri e della famiglia de Zlgno.
15
156
157
7) I BARONI DE ZIGNO
Della
dei Baroni de Zigno è degno dI' essere ncor,
'1 ' famiglia
M
a o l, Sl~, . arco de Zigno (poi Barone), Questi, dotato di una
perspIcacIa non comune, dal 1804 fino al 1850 ' ,
complicati i t ' h'
d l'
' nUSCl, attraverso
,
" dn ng 1 proce ura 1, ad accaparrarsi gran parte dei bem ternen ella sua famiglia,
h' Ol~e da lVigodarzere, possedeva vasti possedimenti ad Alti
c lero ' o la unga (Padova), Galliera, Salboro, Bassanello Ar~
sego, p onte ongo, Onara .. ,
'
.
I Signori
- austnacantl,
'
" ncevettero lo
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'l ' de Zigno
,: d'1 t en d enze
s em~a e 1 tItolo nobIlIare di Baroni dall'Imperatore d'Austria
dopo Il grande convegno della S, Alleanza (1815) ,17
'
pitl rappresentativa della
'l'la f u senza
B
. f amlg
d bb'La 'lpersonalità
u lO 1 arone ~chille de Zigno, Era un naturalista di valor~
appartenente
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i I h'l a vane Accademie d'Italia ' FranCl'a ,ermama
us; a, ng 1 terra e Portogallo, L'Italia e gli altri stati d'E '
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urono larghi di
e, poco tempo prima di
cevette la medaglIa ,d'oro al merito civile dai Savoia,
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Fu oltre che ,SCIenziato, perfetto cittadino, impegnato a fond
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la sua
' fattI'
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' lPatna, come lo era per i suoi studI' ' F u l'le t o In
, 1 ~onsent1fe c 1e due dei suoi figli vestissero la divisa del soldato
Ha lano, nelle guerre del Risorgimento,
,F,u Pode~tà della Città di Padova per 3 volte durante II
d~mInlO stramero, ma la sua personalità di vero italiano fece
d,l:perde:e qualunque traccia di antipatriottismo anzi si pr
CIO la stima ed il rispetto dei partiti estremi.
'
.ocacDopo il 1866 si ritirò a vita privata nella sua diI tt C
tosa, accettando solo la carica di sindaco di Vi d
e a >erM ' l 18
go arzere,
orI ne
92 e fu sepolto nella chiesa della Certosa
.
to alla sua sposa Adelaide,
' accand
t
~norificenze
m~rr~;ea ~i~
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17 Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano Tor'
19 2
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2. De Zlgno. Barone dell Impero Austriaco, maschi e fem'
nel 1881.
mme, ongme eneta, dImora Padova. Riconosciuto
Membro del Club di Scherma e Ginnastica di Padova, era
molto esperto nell' esercizio della spada e lasciò alla Certosa una
ricca collezione di spade e alabarde,
8) COS'È ORA LA CERTOSA
È proprietà dei Conti Passi, perché l'ultima erede Maria de
Zigno, tuttora vivente, andò sposa al Conte Passi,
Il fabbricato ora si trova in uno stato di completo abbandono, incalzato dalla clemenza degli uomini e del tempo, Disastrose
furono le vicende della prima guerra mondiale (1915-1918),
quando fu trasformato in una caserma, e della seconda (19401945), durante la quale la Certosa servì perfino da polveriera,
Profanazioni e vandalismi senza nome hanno mutilato e deturpato un simile gioiello d'arte,
Quasi un secolo dopo il bando dei Certosini, il Monastero,
in parte diroccato, era così descritto da un intenditore d'arte:
« Vi trovi ancora viali di carpani secolari e fra ridenti prati un
bell'ingresso che prospetta verso il Brenta: due lati del maggior peristilio ciascuno a 16 arcate sorrette da piedritti; due
altri lati del peristilio minore a colonne toscane bugnate; un
cortiletto di forme leggiadre dinanzi alla chiesa e alcune celle,
La quantità dei mattoni ivi accatastata con rottami di cornici,
di statue e busti e teste e travature, mostrano la primitiva vastità e magnificenza dell' edificio» ,18
Attualmente si entra per un portale laterale: le rovine non
sono così gravi che non si possa ancora ammirare la semplice ma
18 MENEGHINI, «Padova e Provincia », Milano, 1859: fa parte del tomo IV
della grande illustrazione del Lombardo-Veneto a cura di C. Cantù, p. 244.
ne
Il Gloria erra affermando che la Chiesa era intitolata a S. Bruno , mentre,
secondo l'uso della Chiesa di non mutare il titolare delle Chiese, era dedicata, come
la precedente Certosa di Padova distrutta, ai SS. Girolamo e Bernardo. (A. GLORIA,
I! territorio Padovano illustrato, cit., p. 136).
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VIGODARZERE
elegante architettura del chiostro piccolo con la chiesa conventuale. Questa ha conservato intatta la facciata, dove un «Ecce
homo» di buon pennello adorna l'arco della porta, ed ai lati
immagini di santi e sante dell'Ordine. Il resto è ridotto disgraziatamente ad un informe simulacro del bel tempietto originario, senza presbiterio, senza cappelle, senza cupola, senza campanile; anche la volta del tempio scomparve, e la sostituì un
soffitto piatto. Restano ancora 4 tele malamente conservate di
difficile identificazione, una quale pala dell' altar maggiore, due
nelle pareti laterali e una sopra la porta d'ingresso all'interno.
Inoltre si possono ammirare due lati di un secondo
chiostro attiguo alla chiesa, e due lati del chiostro grande con
trentadue archi. Su questo chiostro si aprono tre celle che, malgrado l'uniformità delle linee, rivelano, specie nelle loggette,
lo squisito gusto del '500. E tutto intorno il verde cupo 19della vasta campagna, bellissima cornice ai resti della Certosa.
Certosa. Grafico rappresentante le parti rimaste.
19
C.
MrCHELOTTO,
ci t. , p. 22.
161
160
CAPITOLO III
IL TERRENO AGRARIO DI VIGODARZERE
E IL CONSORZIO DI BONIFICA E DI IRRIGAZIONE
1) IL TERRENO AGRARIO DI VIGODARZERE
Sulle caratteristiche pedologiche 1 (scienza che studia il terreno agrario: formazione, composizione chimica e tutte le altre
proprietà fisico-chimiche) della zona, importanza grandissima ha
avuto il Brenta.
Nel comune di Vigodarzere, il Brenta scorre entro altissimi
argini e le sue acque di piena si elevano di parecchi metri sopra
il livello comune. La sabbia del fiume è bianca e ricca di carbonati. Questa caratteristica chimica e di colore della sabbia del
Brenta, fornisce un ottimo elemento per giudicare, anche a
vista, il limite raggiunto dalla zona di spaglio, prima che il
fiume fosse rinserrato tra i potenti argini che lo accompagnano.
I terreni biancastri, sabbiosi, ricchi di calcare, di recente alluvione del Brenta, comprendono un'ampia fascia di 2 o 3 Km.
di ampiezza che dal Brenta si estende fino allo Scolo Piovetta,
detto di Mason.
1 A. COMEL, I terreni agrari compresi nella tavoletta I.G.M. «Vigodarzere»
in provincia di Padova. Pubbl. N. 86 dei «Nuovi Studi della Stazione chimicoagraria sperimentale di Udine ». Udine, 1967, pp. 1-14, passim.
163
Al di là divengono più limosi, più compatti e più giallognoli, caratteristiche queste che vanno progressivamente accentuandosi, col procedere verso Nord. Questa seconda fascia, detta
anche zona di transizione tra quella antica e quella di recente
alluvione del Brenta, arriva fino a via Busiago, comprendendo
Cà Schiavo e Cà Mason e prosegue per Vigodarzere e Tavo
con una ampiezza di 1 o 2 Km. I terreni hanno colore giallognolo e sono sensibilmente calcarei. È probabile, che debbano
tale colore, ad una mescolanza degli originali terreni giallastri
con materiali sottili di recente alluvione del Brenta, poi incorporati con i lavori campestri. 2
Dalla sinistra di via Busiago, verso Nord, i terreni divengono nettamente giallastri e più argillosi. È la zona più antica,
fortemente e spesso quasi completamente decalcificata in superficie ed, in profondità, con le note cementazioni calcaree dette
« caranto ». Si estende nei tratti della originaria pianura, non timaneggiata da successive alluvioni del Brenta. Il fenomeno di
una decalcificazione così rilevante, deve aver avuto come causa
una fitta vegetazione forestale, in tempi che si possono valutare
a secoli e anche a millenni. Questi terreni sono molto adatti per
sfruttamento industriale a scopo laterizio. La campagna, in questi terreni, presenta un complesso di caratteri che le valgono a
conferire un indefinibile aspetto di maturità e compattezza.
La pianura di tutta la zona di Vigodarzere non è perfettamente piatta. Le lievi ondulazioni possono essere state detenninate sia dallo spaglio originario delle correnti fluviali, antiche e
recenti, sia dalle erosioni delle medesime acque. Il microrilievo,
che è così venuto delineandosi, ha grande importanza agraria e
pedologica: le dorsali sono più asciutte e decalcificate, mentre le
2 A. COMEL, I terreni agrari ... , op. cit., p. 7, nota 1. «Ho avuto
che Saletto sia costruito su un piccolo e limitato rilievo con terreni
forse residuo della vecchia pianura, divenendo forse per questo motivo
denza umana », ciò conferma l'ipotesi dell'autore sull'antica origine di
164
l'impressione
più argillosi,
sede di resiSaletto.
I
.-'=L.___
--'LL-__"'-__
---"-'-'''''''~
Ubicazione e contenuto in calcare dei campioni di terreno prelevati in tavoletta
« Vigodarzere n.
l Zona più antica, fortemente e spesso quasi completamente decalcificata in superficie.
II Zona di transizione alle più recenti alluvioni del Brenta.
calcarei (3-10%).
Terreni sensibilmente
III ZOl1a di recente alluvione del Brenta. Terreni ricchi di calcare (20-30%).
Il contenuto in carbonati. desunto dall'anidride carbonica esattamente dosata
per via ponderale ed espresso come carbonato di calcio. viene riportato a
destra dell'ubicazione del campione prelevato, e più in piccolo. I valori sono
arrotondati all'unità, prendendo come limite il 0,5 per cento; un contenuto in
carbonati inferiore al 0,5 per cento si esprime come «tracce n, a meno che la
decalcificazione non sia completa.
165
zone avvallate sono più umide e più ricche di carbonati. Ne sono
prova parecchie strade infossate, spesso notevolmente, rispetto al
livello della campagna.
2) CONSORZIO BRENTA VECCHIA A SINISTRA 3
Il Consorzio di Difesa, di Scolo e di Irrigazione Brenta Vecchia a Sinistra, detto anche per semplicità « Consorzio Brenta
Vecchia a Sinistra », fu costituito sotto la Repubblica Veneta. 4
È situato, come ben indica il suo nome, alla sinistra del
Brenta, e ha i seguenti confini:
ad est: fiume Muson dei Sassi;
ad ovest: fiume Brenta;
a sud: fiume Brenta;
a nord: Scolo Consorziale Piova e Strada Provinciale Terraglione.
La superfice complessiva è di ettari 1050 ed è situata tutta
nel Comune Censurario di Vigodarzere.
Quando nel 1602 Venezia divise il territorio in 7 prese, per
la regolazione delle acque del Brenta e del Muson, Vigodarzere
faceva parte della V presa. Questa aveva per confini da un lato
Mira, Dolo, Stra e Vigodarzere e dall'altro Mirano, Bastia, Camposampiero e Vigodarzere.
3 Per le notizie riferite in questo capitolo, l'autore ha consultato i vari docu.
menti dell'archivio del Consorzio Tergola·Vandura di Camposampiero.
4 Nel 1556, furono creati a Venezia i Provveditori sopra i luoghi incolti da
ridursi a coltura, per aumentare la produzione economica specie delle biade. Questi
soprintendevano ai vari consorzi che si vennero creando poco dopo, in base al mede.
simo decreto. Consorti o comunanze erano unioni di più paesi, con statuti e regolamenti autonomi, per bonificare e incrementare la coltura agricola dei terreni, specie
con l'apertura e conservazione dei condotti di scolo. Erano e sono tuttora ammini.
strati da un Presidente assistito dai Consiglieri, cui si deve aggiungere un Cassiere
e un Segretario.
166
Il Consorzio Brenta Vecchia a Sinistra fu costituito, pare,
con decreto del 20 maggio 1806, dal Vice Re Eugenio Napoleone di Francia e, nel 1955, veniva dichiarato Consorzio di
Miglioramen to Fondiario.
Dal 1966 fa parte del Consorzio di Miglioramento Fondiario « Tergola-Vandura », che ha sede a Camposampiero ed è derivato dalla fusione dei tre Consorzi di Miglioramento Fondiario « Muson Vandura », « Tergola Muson » e « Brenta Vecchia
a Sinistra ».
Gli scopi del Consorzio, nella nostra zona, si possono rias··
sumere nei seguenti punti:
a) provvedere allo scolo naturale delle acque e migliorarne il
deflusso, mediante il coordinamento dei propri scoli al canale Muson;
b) difendere il territorio dalle acque esterne;
c) derivare acqua dal fiume Brenta e Muson per usi agricoli e
igienici. Assume quindi anche la funzione di Consorzio di
irrigazione, pur tenendone distinta e separata gestione.
Lo scarico delle pluviali avviene, in primo luogo, per mezzo
di 5 chiaviche, nel Torrente Muson dei Sassi. Esse sono quelle
dello Scolo Salgaro lungo Km. 3,350, quella dello Scolo Piovetta di Vigodarzere, lungo dalle origini Ca' Mason fino allo
sbocco nel Muson dei Sassi Km. 4,400, detta Chiavica Grande,
la Chivica Maldura per lo scolo omonimo su cui confluiscono le
acque del centro di Vigodarzere, la Chiavica Ospedaletto vicino
alla famiglia Callegaro e quella Bano.
Durante le piene del Muson le chiaviche devono essere chiuse e gli scoli afferenti rigurgitano. Il periodo di impedito deflusso in questi casi eccezionali può essere notevole. In via ordinaria, però, lo smaltimento è molto lesto, non superando mai le 24
ore.
167
Altro canale, con funzione di scolo, è la Roggia Piovego di
Villabozza, lunga Km. 11,750 dalla bocca di derivazione del
Tergola a Villadelconte al fiume Brenta. 5
Inoltre, con funzione irrigua e di scolo, abbiamo:
1) la canaletta Agugiaro, lunga Km. 6,725 dal Piovego di Villabozza allo Scolo Salgaro;
2) la canaletta Brazzo-Manganello, lunga Km. 5,350 dalla canaletta Agugiaro allo sbocco nello Scolo Salgaro;
3) la canaletta Veronese, lunga Km. 2,600 dalla canaletta Brazzo-Manganello allo Scolo Salgaro;
4) la canaletta Terraglione, lunga Km. 4,000 dalla idrovora di
presa dal Brenta fino alla ferrovia;
5) la canaletta Certosa, lunga Km. 3,700 dalla Canaletta Terraglione fino allo scarico nel Brenta.
Il Consorzio Tergola-Vandura, essendo attualmente di bonifica, gode di un contributo statale del 70% ca., il resto è a
.::arico dei contribuenti, che, per l'ex Consorzio Brenta Vecchia
a Sinistra, si aggira sulle 3.500 lire annue per ettaro.
Per i suoi lavori dispone di una settantina di operai, di 4
escavatori e di 2 trattori cingolati. Un custode apposito sorveglia
le opere di irrigazione e di scolo del comune di Vigodarzere.
5 Il Piovego di Villabozza, a mezzo di un manufatto partitore, eroga i 3/8
dell'acqua del Tergola, per diminuirne il volume delle acque. l'·lel suo corso riceve
il Ghebbo Mussato impinguato dal Chioro e aziona il mulino di Agugiaro che usufruisce di un salto d'acqua di m. 3,20, della capacità di litri 1900, e produce Kw 59,60
di energia elettrica. Questo canale fu celebrato dal Cardinale Pietro Bembo (14701547) che godeva della giurisdizione delle sue acque e che qui aveva ampi possedimenti, tra cui una casa di campagna vicino ai molini Agugiaro, tuttora conservata,
dove veniva a trascorrere le vacanze.
168
3) IRRIGAZIONE DEL COMPRENSORIO DI VIGODARZERE
Da lunghi secoli, tutto l'artificio degli agricoltori ha mirato
ad ottenere la rapida evacuazione delle acque di scolo, in modo
da garantire alle colture le condizioni pressoché perfette per lo
sviluppo vegetativo, evitando qualsiasi danno per ristagno d'acqua superficiale od anche a breve profondità.
Infatti tutta la media e bassa pianura padovana, si presenta intersecata da una vastissima rete di canali di scolo, ed i
terreni sono superficialmente sistemati con grande accuratezza,
con le cosiddette baulature, che imprimono una notevole pendenza, in modo da consentire il rapido smaltimento verso i fossi
di scolo di tutte le acque superficiali. Il sistema scolante diventa
quasi perfetto nelle zone di bonifica, ave la tecnica idraulica ha
potuto garantire un pronto e completo smaltimento delle acque,
nel termine massimo di 24 ore, come si verifica nel nostro
comune.
Per quanto riguarda la coltura agraria, il perfetto sistema
scolante, che abbiamo descritto, costituisce una vera e propria
necessità, specialmente per le terre di medio impasto, medio
forti, forti, come sono quelle del nostro comune, in quanto un
qualsiasi ristagno d'acqua si ripercuote, com'è noto, inevitabilmente sull'andamento della coltura.
D'altra parte queste terre sono in grado, ave la tecnica delle
lavorazioni sia adeguata alle necessità, di poter immagazzinare
nei lavori profondi, notevoli risorse idriche, che costituiscono
ottima e sufficiente riserva per i brevi e non anormali periodi
di siccità. Ciò non toglie che siccità prolungate producano riduzioni sensibili nella produzione.
Considerate tali necessità il Consorzio «Brenta Vecchia a
Sinistra », in seguito alla legge sulla bonifica integrale voluta da
Mussolini, che faceva obbligo a tutti i Consorzi di provvedere a
tutte quelle opere atte ad incrementare la produzione del suolo
(D.M. n. 1907 in data 13-8-1926), nel 1928 approvò il proget169
to per l'irrigazione dell'ing. Manlio Bagagiolo, dando mandato al
Presidente geom. Antonio Smania di espletare tutte le pratiche
necessarie per l'attuazione dell'opera.
Il primo lotto di lavori fu eseguito dalla impresa M. Alfeo
Benetti nel 1930.
I lavori consistettero nei manufatti di presa dal Brenta, a
monte della briglia di Limena ed in altri lavori, atti a consentire l'immissione dell'acqua nel collettore consorziale Piovetta
all'uopo sistemato.
Lo scopo era di poter arrivare a portare l'acqua a tutte le
proprietà, utilizzando la fitta rete di canali di scolo esistenti,
grazie anche alla disposizione topografica e altimetrica del bacino, che si presta meravigliosamente alla presa e alla distribuzione
delle acque.
Avvenne però, che, appena ultimati i lavori suddetti, ci si
accorse che, per raggiungere veramente la circolabilità dell'acqua
in tutta la rete di scolo, si rendevano necessari ulteriori lavori
consistenti soprattutto nella costruzione di canali secondari arginati.
Il primo progetto prevedeva la costruzione dell'attuale canale Terraglione da cui doveva staccarsi il canale Zordan-Noventa, mentre dal canale Principale Piovetta dovevano staccarsi tre
canali secondari, uno detto di Saletto, che passava vicino via Capitello per arrivare fino al Cimitero, l'altro detto Certosa-Taglio,
che iniziava vicino via Stradona per andare in Certosa, ed un
terzo detto Canale di Vigodarzere che terminava nel Cimitero.
Il progetto definitivo invece, considerando la natura dei terreni di medio impasto a sinistra dello scolo Piovetta e sabbiosi
a destra, e la limitata disponibilità di acqua concessa dal Genio
Civile, pari a litri 525 al minuto secondo (D.M. n. 619 in data
24-1-1930), optò per la costruzione di solo due canali secon··
dari: quello denominato «Terraglione » per la zona a sinistra
della Piovetta e quello denominato Certosa per quella a destra.
170
Il canale detto Terraglione, venne costruito nel 1938 dall'impresa Giovanni Montini, mentre quello detto Certosa, nel
1939, dall'impresa S.A.E. (Soc. An. Edilizia).
Il sistema di irrigazione del comprensorio, viene così a
comprendere, il canale Terraglione che si diparte dal collettore
principale con la quota all'incile di m. 17,75 e alla fine, presso
la ferrovia, di m. 16,10. Ha Il diramazioni secondarie, munite
di speciali « portelle », che immettono l'acqua nei fossi.
dal
Quello detto Certosa invece, parte a quota m. 17,
collettore principale e alla fine arriva a quota m. 16,20. Ha una
quindicina di diramazioni.
Inoltre l'aver allargato e ampliato lo scolo principale Piovetta, serve molto bene per opere sia di scolo che irrigue.
I canali secondari vennero studiati seguendo il criterio di
portare l'acqua il più alto possibile in tutto il comprensorio, per
poi essere convogliata nei fossi, a disposizione degli agricoltori
che la distribuiscono nel modo a loro più conveniente. Lo scopo
poi non era una irrigazione totalitaria, ma di soccorso, valida
quindi per determinate colture e non per altre, come gli ortaggi,
che abbisognano di una irrigazione continua.
171
CAPITOLO IV
RACCOLTA DELLE ISCRIZIONI]
VIGODARZERE
a) CERTOSA
1)
AL MIO NANNI ALLA MIA ADELAIDE
QUESTO RICORDO
IL TEMPO NE CANCELLERA' LE VESTIGIA
IL MIO DOLORE DURERA' ETERNO
LA TUA EMMA LA TUA MAMMA
Certosa 1892.
1 SALOMONII, Agri patavmi inscriptiones sacra e et profanae, PadovH, 1696,
pp. 261 S., riporta tutte le iscrizioni trovate ne; comune di Vigodarzere nel j 696:
ora tutte scomparse. Quelle attuali sono riportate qui sotto.
173
EMMA MAL UTA DE ZIGNO
IDDIO TI VOLLE UNITA
AI TUOI E NOSTRI CARI
LASCIANDOCIORFANI
MAMMA ADORATA
INFONDICI LE TUE VIRTU'
GUIDACI NEL CAMMINO DELLA VITA
RIMPIANGENDOTI SEMPRE
SAREMO MENO INFELICI
ACI-IILLE MARIA
2)
N. 5 Marzo 1864
3)
4)
174
IN MEMORIA
DEL
BARONE ACHILLE DE ZIGNO
TENENTE NEL 21° CAVALLEGGERI PADOVA
NATO A PADOVA IL 12 LUGLIO 1890
MORTO A VICENZA IL 24 OTTOBRE 1918
IL FIORE DI SUA GIOVINEZZA
E LUSINGHIERO L'AVVENIRE
GENEROSAMENTE SACRIFICO'
ALLA GRANDEZZA DELLA PATRIA
LA SORELLA MARIA E I PARENTI TUTTI
PIANGENDO
SEMPRE LO RICORDANO
I
UNA PRECE
6)
LA MOGLIE E I FIGLI
IN MEMORIA DEL
BARONE CAV. FEDERICO DE ZIGNO
TENENTE COLONELLO DI CAVALLERIA
N. lO NOV. 1858 - M. lO MAGG. 1910
GLORIA ONORE E PACE
A CHIUNQUE OPERA IL BENE
7)
LUCIA DE ZIGNO
M. 22 Gennaio 1901
ALLA VENERATA MEMORIA
DI
ADELAIDE EMO CAPODILISTA DE ZIGNO
ED
ACr-IILLE DE ZIGNO
SOMMO ESEMPIO
DI
VIRTU' E FEDE
I FIGLI CONSACRANO
7 Marzo 1888
5)
15 Gennaio 1892
MARIAE FACCIOLATAE
QUA E VIXlT A. XXVIII
ANTONIUS ZIGNUS
UXORI CARISSIMAE
MOERENS F. ANNO MDCCL
ET SmI POSTERISQUE SUIS
N. 20 Marzo 1904
M. 15 Giugno 1909
175
b) CHIESA
1)
PRESBYTERIUM ET UTRUMQUE SACRARIUM
QUORUM FUNDAMENTUM ANTE ANNUM MDCCCV
IOANNES BAPTISTA CERONI
RITE IECERAT
IOANNES MARIA SPAGNOLO
ANNO MDCCCXX COMPLEVIT
T ANDEM IOANNES SPAGNOLO PRONEPOS
POPULI STIPE CONLATA
RELIQUAM TEMPLI MOLEM EXAEDIFICA VIT
ORNA VITQUE ANNO MDCCCLXX
Una seconda elenca i caduti della II guerra. Furono 90, di cui 17
morti in guerra, 6 partigiani, 9 civili, 18 per cause di guerra, 40 dispersi.
Nella terza, posta dietro l'altare, è stato trascritto il bollettino di
guerra n. 1268, del generale Diaz, che annunciava la fine e la vittoria della I guerra mondiale.
2) Sulla facciata dell'Oratorio
D.O.M.
IMMACULATAE CONCEPTIONI
BEATAE MARIAE VIRGINIS
ANNO DNI MDCCLXIX
3) Infisse sul muro esterno destro dell'Oratorio.
2)
LEONE XIII PONTIFICE MAXIMO
ANTONIUS POLIN
EPISCOPUS MILTENSIS IN PARTIBUS INFID.
FRIDERICI EX MARCH. MANFREDINI EP. PAT.
IN SPIRITUALIBUS AUXILIARIS
I-IANC ARCHIPRESBITERALEM ECCLESIAM
S. MARTIRI EP. DE VICO AGGERIS
DIE XXVII OCTOBRIS MDCCCLXXVIII
CONSECRAVIT
c) ORATORIO DELL'ANNUNZIATA DELLA VILLA ZUSTO
1) Trasformato in monumento - ricordo dei caduti nelle due grandi
guerre mondiali, all'interno una lapide elenca i caduti della I guerra. Furono 95 tra cui: Tenente Barone De Zigno Achille, Ufficiale Lincetto
Eugenio, Sergente Zanon Pietro, Cap. Magg. Barban Angelo e Fassina
GioBatta, Caporale Redi Giuseppe, gli altri soldati semplici.
176
UXORUM INFELICIORI
MATRUMMELIORUM SPECULO
PETRUS PISANUS FILIUS MOERENTISSIMUS
P.
DIE XVII MARTII MDCCCXXVIII
4)
A>R~J
ANGELUS ZUSTO P. V. PETRI F.
IN SUA REPUBLICA INTER SAPIENTES
IN 1. R. DOMINATIONE MUNICIPII VAENETIARUM
INTER AGENTES
IN XENODOCHIO ORPHANORUM INSTITUENDO PRESES
PLENUS VIRTUTIBUS CARUS SUIS
lUXTUS VIXIT MORTE IUSTORUM OCCUBUIT
DIE XVI SEPTEMBRIS MDCCCXXVII
AETATE ANNORUM LXII
LAURA SUPERSTES ZUSTO
COM. PISANI SORC ... MOESTISSIMA
HAERES
IN ONORIS SIGNUM
P.
177
5)
D.O.M.
PETRU IUSTO P. V.
IN SUA REP. MAGNIS MUNERI
AC DECEMV. PERFUNCTO
POSTEA SUB CAES.
REBUS URBANIS REGUNDIS PRAEFECTO
OMNIUM VIRTUTUM GENERE CONSPICUO
RURIS OTIA QUAER. CHARIO. IN AMPLEXU
OCTOGE. DECESSO
X. KAL. OCTOBR. MDCCCIV
ANGELUS ET BENEDICTUS A.
PATRI BENEMER.
H. M. P.
2) Dietro l'altare maggiore
IN
PERPETUAM MEMORIAM
JOANNIS FARINI
FAMILIA PERGRAT A
ALTARE HOC
DONO ECCLESIAE DEDIT
ANNO DOMINI MCMXXXIV
SALETTO
1) Sul campanile
FUNDAMENTIS ERECTUM
POPULI AERE
ANNO 1858
STEPHANO DALLA COS1~A P AROCHO
TAVO
1) Nell'interno della Chiesa
D.O.M.
IN HONOREM B. PETRI APOSTOLI
TEMPLUM HOC
CAROLUS AGOSTINI
EPISCOPUS PATAVINUS
DIE XIX SEPTEMBRIS ANNO MCMXXXVI
SOLEMNITER DICAVIT.
178
179
INDICI
INDICE DEI NOMI DI PERSONA E DI LUOGO
AccIo, maestro, 70.
Adriano, papa, 28.
Agazzi Bartolomeo, sac., 11 7 .
Agilulfo, re dei longobardi, 27.
Agostini Francesco, sac., 79.
Agostini Carlo, vesc., 67, 114, 178.
Agugiaro, molino, 22, 168.
Alberto, vesc., 30.
Albignasego, 63.
Alboino, re dei longobardi, 59.
Alddghetto, podestà, 69.
Alessandri Antonio, sac., 97.
Alessandro IV, papa, 30.
Alesfandro III, papa, 88.
Altichiero, 35 S., 60, 62-69, 74, 88, 135,
137, 141, 158.
Amati A., scrittore, 82.
Anna, santa, 94.
Antonio, santo, 73, 77, 94, 96, 123,125,
127.
Arcella, 66.
Arino, 38.
Arnaldo, sae., 79.
Arsego, 9, 22, 158.
Artico, idraulico, 140.
Arzello, fiume, 69.
Asiago, 19.
Asolo, 16, 143.
Aurelia, via romana, 16, 20, 22 s., 30,
61, 123.
Austria, 33, 42.
Bacchiglione, 134.
Bagagiolo Manlio, 170.
Bagnolo, località, 19, 69.
Bano, chiavica, 167.
Bano Francesco, 53.
Baone, località, 102.
Baone, famiglia da, 29.
Baone (da) Alberto, 70.
Bar'ltella A., scrittore, 39.
Barbarigo Francesco, vesc., 113.
Barbarigo Gregorio, vesc., 72 s., 91,
112-113, 124.
Barban, località, 138.
Bar ban Angelo, 176.
Barbigiano Giovanni, sac., 97.
Baruchella, 7, 22, 116.
Barzon A., scrittore, 64.
Bassanello, 158.
Bassani Giovanni, sac., 97.
Bassano, 9, 16, 131 ss., 138.
Bastia, 166.
Beladoro, via, 22.
Bellino, vesc., 29, 68, 88, 102, 108.
BelIò Giovanni, sae., 97.
Belloni, idraulico, 140.
Beltrame Carlo, sac., 97.
Beltrami L., scri ttote, 146.
Bembo Pietro, cardinale, 168.
Benedetto, sac., 107.
Benettello Bruno e Romano, 96.
Benetti Anselmo, sindaco, 50 s.
Benetti M. AUeo, 170.
Benoni, podestà, 45.
Benoni Ruggero, 54.
Berengario, imp., 63 S., 67 s., 102.
Bergano, località, 63.
Bernardo, santo, 155.
.t3ertolin, fam., 93.
Bisatto, fiume, 134.
Bizantini, 25.
Blondelli Giovanni, sac., 85, 97.
Bognetti G. P., scrittore, 60, 83.
Bologna, certosa di, 146, 150.
Bolzonella, località, 33.
Bordin, oratorio dei, 113.
Borgoricco, 18, 20, 26, 60.
Bosco del Vescovo, località, 68.
Bovolenta, 139.
Bragni, 20, 22, 41, 45, 72.
183
Brancafora, 120.
Brazzo, località, 168.
Brenta, fiume, 7, lO, ecc., 131-142, ecc.
Brentella, canale, 29, 38, 81, 132, 134,
1.37, 1.39 S., 142.
Brombeo, località, 20, 41, 45.
13rondolo, porto, 132.
13runacci Giovanni (1711-1772), scrittore, 29, 31, 34, 64, 83, 85, 87 S., 99 S.,
108, 121.
13runone, santo, 145, 155.
Brusegana, 134, 139.
13usiago, contrada, 7, 24, 34, 37, 41 S.,
49, 51, 64, 68 S., 82, 86-88, 96, 99 S.,
164.
Busiago di Camposanmartino, 86.
Byron, poeta, 157.
Cadoneghe, 7, 45, 49, 65-67, 88, 132,
137.
Cagna, scrittore, 108.
Caldonazzo, lago, 1.31.
Calle d'Orcone, 100.
CaUe di Buonnomo, 100.
Callegaro, fam., 167.
Callisto II, papa, 68.
Cambray, lega di, 148.
Camerini, fam., 111.
Camerino, fam., 41.
Camisano, 86, 99, 134.
Campodarsego, 7, 18, 22, 36, 86, 99,
124.
Camposampiero, 9, 15 S., 19, 22, 26, 39,
47, 59 S., 62, 81, 123, 142 S., 166 s.
Camposampiero, famiglia, 85.
Camposanmartino, 131, 148.
Campreto, località, 86, 99.
Cantù Cesare, scrittore, 159.
Capitello, via, 49.
Cappellari G. A., scrittore, 30.
Caregnato Domenico, sac., 97.
Carli, fam., 91.
Carlini, pittore, 76, 157.
Carlo Magno, imperatore, 26 S., 63, 65.
Carmignano, 137.
Carrara, famiglia da, 35, 39.
Carrara (da) Francesco, 31, 38, 85.
Carraro, fam., 123.
Casalserugo, 63.
Cassiani (dei) Cassiano, sae., 79.
Castagnara, località, 30, 40, 73.
Castelfranco, 143.
Caterina, santa, 94, 127.
Cavalli F., scrittore, 41.
Cavallini Francesco Antonio, sac., 116.
Cavanna A., scrittore, 26.
184
Ca varzere, 56.
Cavino, 7, 22, 91.
Ceccato Amalia, 96.
Ceccato Giordano, sac., 97.
Cerato, arch., 74.
Ceroni Giambattista, 72, 77, 79, 176.
Certosa, 7, 47, 56, 74, 138, 145-160,
168, 173-175.
Cessi Roberto, scrittore, 27.
Cheso Valentino, sac., 97.
Chioro, fiume, 168.
Cismon, paese, 120.
Cismon, fiume, 131-133.
Cittadella, località, 15, 18, 47, 143.
Cittadella, fam., 31, 33.
Ci ttade Ua Antonio, 32.
Cittadella Giovanni, scrittore, 72, 90, 111,
124, 154.
Codcmo Cristiano, sac., 97, 137.
Codevigo, 132.
Codiverno, 18, 20, 22.
Coi, idraulico, 140.
Coletto Angelo, sac., 117.
Comel Alvise, scrittore, 163 s.
ConcheUe, via, 7.
Conselve, 35.
Consorzio, 42, 166-169.
Contarini, fam., 72.
Cornaro Federico, vesc., 105-111.
Cornelio Giorgio, vesc., 112.
Cornelio Marco, vesc., 123 s.
Corrado Il, imp., 67.
Corrado Iacopo, vesc., 121.
Corso Antonio, sac., 117.
Corte, 1.32, 140 s.
Crivellaro Dante-Narciso, sac., 117.
Curtarolo, 7, 22, 34, 48, 103, 107, 111,
134, 137.
Dal Corno Lorenzo, sac., 154.
Dalismanini Speronella, 119-120.
Dalla Costa Stefano, sac., 93 s., 97, 178.
Damini Pietro di Castelfranco, pittore,
151.
Daniele Ireneo, sac., 102.
Da Nono Giovanni, scrittore, 29.
Dante Alighieri, 136.
Da Ponte, fam., 73.
Da Valle Andrea, arch., 150.
De 130n A., scrittore, 15.
De Gasperi Lucia, 127.
Della Vedova G., scrittore, 136.
De Litis Pellegrino, sac., 148.
De Rossi Ippolito, sac., 112.
Dolo, 140, 166.
Domenico, santo, 94.
Domenico Balbo, 85.
Donato Pietro, vesc., 147 s.
Donazzan Gioacchino, sac., 114, 117.
Dondi Francesco Scipione, scrittore, 28,
34, 63, 68 s., 88, 108, 113, 119-121.
DLl Cange, scrittore, 82.
Emiliano, santo, 73 S.,
Enrico III, imp., 67.
Enrico IV, imp., 27.
Este, 142.
Eufemia, santa, 60.
Eugenio III, papa, 29.
Faccio~ati Maria, 174.
Funtelli G. E., 47 s.
Farini, fam., 33, 45, 108-110, 114.
Farini Francesco Claudio, 53, 109.
Farini Giovanni, 109, 179.
Farini Giovanni Taddeo, 109.
Farini Carlo Luigi, 109.
Farini Pellegrino, sac., 109.
Farini Pellegrino Emmanuele, 109.
Fassina Cesare, sindaco, 51.
Fassina Giambattista, soldato, 176.
Fedrèrico I, imp., 59, 82.
Prderico II, imp., 106.
Ferrari Giacinto, sac., 117.
Fiandrini Benedetto, sac., 150.
Piesso, 140.
Filiasi Giacomo, scrittore, 18.
Pirenze, 146.
Fogolari Giulia, scrittrice, 23.
Fontana, hm., 45, 95.
Pontaniva, 138.
Fornace, 7, 26, 34-37, 64, 86-88, 99-105,
111, 113, 1.35.
Fossalovara, località, 140 s.
Fossalta di Trebaseleghe, 20.
Fos30mbroni, politico, 134, 141.
Fraccaro Plinio, scrittore, 15, 19.
Francanzani GianBattista, sac., 79.
Franceschetto Gisla, scrittrice, 40, 43
Francesco d'Assisi, santo, 127.
Francesconi, canonico, 124.
franco Camillo, sac., 116.
Frati Ospedali eri, 120.
Friole 133 s
Frisi, 'idrauli~o, 140.
Gabaso Giovanni, sac., 79.
Galante, fam., 138.
Galimberti Nino, scrittore, 76.
Galliera, 158.
Gandolfo di Raimondo, 69.
Gasparotto Cesira, scrittrice, 15-20, 22 S.,
26 s., 59, 61 s., 67, 81, 105, 133.
Gauslino, vesc., 102.
Gennari Giuseppe, scrittore, 134, 156.
Gerardo, sac., 102.
Gerardo, vesc., 69.
Ghebbo Mussato, fiume, 168.
Giacomelli, fam., 45, 53, 93, 95.
Giacomelli Angelo, 41.
Giacomelli Adelaide, 48.
Giacomelli francesco, sindaco, 43, 45.
Giacomelli Francesco, ind., 54.
Giacoppo Giacomo, sac., 112 114 117.
Gianese Antonio, sac., 97, 13'7.
'
Giorgio, santo, 56, 83, 93 s.
Giovanni, sac., 89.
Giustiniani Girolamo, 140.
Giustiniani Nicolò Ant., vesc., 93, 113,
124.
Gloria Andrea, scritt., 7, 15, 18, 20, 26,
2'3 s., 34, 36, 38, 40-42, 53, .59, 61,
63, 67-70, 79, 82, 8.5, 88, 102, 105-107,
113, 123, 133, 13.5, 159.
Gomiero, villa, 95.
Gomiero Zeno, sindaco, 51.
Grado, patriarca di, 28.
Gramola Gaetano, sac., 97.
Grantorto, 134.
Grenoble, certosa di, 146.
Grimani, villa, 45.
Grumolo, località, 69.
Guglielmini Domenico, 113.
Guitford, poeta, 157.
GLl11terio, messo imp., 67.
Guzzo Beniamino, sac., 48.
Iacopo da S. Andrea, 120.
IapelIi, arch., 32.
Ierbolato Natale, sac., 117.
Ildebcrto, vesc., 67.
Innocenza III, papa, 34, 68 s., 88.
Isola dell'Abate, 64.
Kandler Pietro, scritt., 15 s., 22.
Lanfranchi Luigi, scritt., 73.
Lazzara, fam., 40.
Lazzara (de) Antonio, 73.
Legnazzi, scritt., 16, 18.
Leone XIII, papa, 94, 176.
Levico, lago, 131.
Limana Nicolò, sue., 97.
Limena, 7, 9 s., 18, 22 s., 26, 28 s., 36,
38, 48 s., 62 S., 67, 81, 86, 111-113,
131-141, 170.
185
Limena, famiglia da, 29, 105.
Limena (da) Arnaldo, abate, 29.
Lineetta Eugenio, soldato, 176.
Lincetto Pietro, sindaco, 51.
Lion Giuseppe, sac., 125.
Lion Sisto, geom., 125.
Lissandron, località, .52.
Lissaro, 113.
Longobardi, 25-28, 55.
Lorgna, idraulico, 139 s.
Lotario, imp., 63.
Luca da Reggio, pittore, 152.
Lucano Marino, sac., 116.
Ludovico II, imp., 63.
Magnabosco Giov. Battista, sae. 76, 79.
Malamocco, 29.
Manfredini Federico, vesc., 113, 176.
Manfrin, fam., 41.
Manzi Oredico, giudice, 107.
Marangon Bruno e Giorgio, ind., 54.
Marchetti Domenico, sac., 1l7.
Marcsana, 1oc., 48, 96, 136, 138, 141.
Maresana-Tiso, 1oc., 51.
Marostica, famiglia da, 85.
Marsango, 108.
Mananghello, 108.
Martigno Carlo, sac., 72.
Martini Giovanni, sindaco, 51.
Martino di Tours, santo, 56, 60, 72.
Maruzzi, marchesi, 156.
Maserà, 63.
Mason, 1oc., 52, 163 ss.
Mason Angelo, 49.
Massimiliano, imp., 38, 40.
Matilde, contessa, 70.
Mattarello Tranquillo, sac., 127.
Mazzonetto, 1oc., 23, 138.
Megliadino, 102.
Meianiga, 36, 65-67, 88, 141.
Melandri, fam., 109.
Melandri Girolamo, 109.
Mestrino, 134.
Michele Arcangelo, santo, 60, 83.
Michelotto Cesare, scritt., 5, 147, 152,
154 s., 160.
Michelutti Francesco, sac., 94, 97.
Miliani L., scritt., 131.
Minotto Giovanni, vese., 73, 93.
Miozzi Domenico, sae., 117.
Mim, 137, 166.
l'v1irano, 142 s., 166.
Mocellin Giuseppe, sae., 77-79.
Mocenigo, fam., 42.
Moletta Antonio, sac., 48, 95, 97.
Mommsen Th., seritt., 24.
186
Mondini Giacomo, sac., 117.
Monselice, 27, 62, 121.
Montà, 67.
Montagnana, 35.
Montini Giovanni, 171.
Moroni Andrea, arch., 150.
Morosini Andrea, scritt., 154.
Munaretto, idr., 140.
Munaron Guido, 48.
Muson, fiume, 7, lO, 15, 22, 49, 54, 123,
125, 133, 138, 141-143, 166 s.
Mussato, fam., 108-1l2.
Mussato Albertino, 108.
Mussato Anna, 109.
Mussato Claudio, 41.
Mussato Emmanuele, 109.
Mussato Galeazzo, 41.
Mussata Gualpertino, 108.
Mussata Viviano, 108.
Mussolini Benito, 47, 169.
Nanni L., scritt., 64, 66.
Napoleone Bonaparte, 42, 157.
Napoleone Eugenio, 167.
Napoli, certosa di, 146.
Nardi, fam., 95.
Narvesa, certosa di, 155.
Nasello Francesco, sac., 79.
Neri Filippo, santo, 154.
Noale Antonio, arch., 74.
Non, santa Maria di, 16, 18, 105, 108,
113, 135.
Nonantola, abbazia, 83.
Nordio Pietro, sac., 79.
Noventa, 63, 65 s., 69, 88, 137, 140.
Ogerio, avv., 69.
Olivieri, fam., 95.
Olivieri Dante, scritt., 7, 61, 68, 82, 105.
Onara, 33, 158.
Onorio, papa, 68.
Oriago, 18, 38.
Ormanetto Nicolò, vesc., 66, 72, 89, 111.
Ortolani Francesco, sindaco, 51.
Ottone I, imp., 142.
Padova (città), 7, 9, 18 s., 25-29, 37 S.,
42, 106, 120, 123, 134, 138, 141, 147,
158.
Padova (diocesi), 27 s., 34, 63-69, 85-88,
99-103, 113, 123.
Paleocapa, idr., 134, 141.
Palladio Andrea, arch., 150.
Panozzo Pietro, sac., 77, 79.
Parkminster, certosa di, 150.
Passi, fam., 159.
Pavia, certosa di, 146, 151.
Pedrini Angelo, sac., 116.
Pegoraro, 1oc., 52.
Pegoraro Domenico, sac., 94-97.
Pelliccioni Bernardo, sae., 154.
Perarello, 1oc., 7, 22, 42.
Pernumia, 102.
Penile F., scritt., 76.
Pianiga, 18.
Piave, fiume, 142.
Piazzola, 134.
Pietro, santo, 60.
Pilli Fernando, sac., 157.
Pindemonte IppoIita, poeta, 1.57.
Pinzone Agostino, sac., 116.
Pio VII, papa, 77.
Piove di Sacco, 27.
Piovego, via, 7, 49, 131.
Piovego, fiume, lO, 22, 133, 168.
Piovetta, scolo, 163, 167, 170 s.
Pisani, fam., 41, 73.
Pisani Luigi, vese., 148.
Pisani Pietro, 177.
Pittarini, fam., 73.
Pola, 16.
Polin Antonio, vese., 93, 113, 176.
Polverara, 102.
Pontarola, via, 22.
Ponte di Brenta, 69.
Pontelongo, 139, 158.
Pontevigodarzere, 9, 48, 133.
Postumia, via romana, 18.
Pozzoveggiani, 63.
Prandis (de) Melchiorre, sae., 79.
Querini, villa, 73.
Ragazzo, loc., 125.
Ranzato, loc., 52.
Rav1zzolo, 1oc., 52.
Redi Giuseppe, sold., 176.
Reschigliano, 67.
Rettore Giulio, sac., 76, 78 s.
Rezzonico Carlo, poi Clemente XIII, 73,
93, 113, 124.
Rigato Giov. Batt., sac., 117.
Rigoni Erice, scritt., 150.
Rivale, 29.
n izieri Zanocco, 24, 65.
Rizzato Giro'amo, sac., 76 s., 79, 125.
Roberto de Robertis, podestà, 36.
Rocco, santo, 72.
ROl11anin Andriotti, fam., 9.5.
Romanin Andriotti Alessandro, 43.
Romano, sac., 122.
Eomano d'Ezzelino, 29 S., 35, 56, 106,
135.
Roncaglia, 67.
Roncaiette, 63 S., 102, 140.
Ronchi, 113.
Roncone, 67.
Rossi Antonio, sae., 117.
Rossi (de) Ippolito, sac., 116.
Rossi (de) Pietro, capitano, 38.
Rostirola Luigi, scritt., 15, 38, 142.
Rota Iacopo, sac., 148.
Rovolon, 35, 120.
Rubano, 134.
Russi, città, 109.
Rustega, 30 s.
Salboro, 158.
Saletto di Vigodarzere, 7, 9, 22 s., 35,
45-50, 56, 64, 81-97, 99 s., 113, 135,
137 s., 140, 164, 178.
aletto di Montagnana, 83.
7, 41 s., 49, 52, 119-125, 136,
167 s.
scritt., 29 S., 173.
Giacomo, sac., 79.
G. B., detto il Sassoferrato pitto152.
'
Guerrino, sindaco, 51.
Andrea di Codiverno, 85, 120.
Angelo di Sala, 18, 20.
Anna Morosina, 48.
Be1'l1ardo, monastero, 148.
S. Bonaventura, parrocchia, 67, 73.
SS. Eufemia e Pietro, abbazia 8.5.
S. Fidenzio di F01'l1ace, oratorio 67 99116.
'
,
S. Giacomo Apostolo, canonicato, 53.
S. Giorgio delle Pertiche, 7, 18 S., 22,
26 s., 60, 85.
S. Giovanni delle Navi, ospedale 120.
S. Giustina di Padova, 150, 157.'
~S. Giustina in Colle, paese, 20, 48, 64 S.,
86, 99.
S. Lazzaro, parrocchia, 67, 105.
S. Marco, oratorio, 67.
S. Maria delle Carceri, monastero 29.
S. Michele delle Badesse, 18.
'
S. Pietro in Gù, 134.
S. Pietro Valdastico, 120.
S. Silvestro, 83, 93 s.
S. Stefano, chiesa di PD, 77.
S. Stefano, monastero di PD, 69.
S. Uliana Camillo, 111.
S. Vito, chiesa, 65, 88.
SS. Vito e Modesto, oratorio, 67.
S. Zenone di Verona, monastero, 59, 82.
187
Sambin Paolo, scritt., 27, 65.
Sandonà Ottavio, sac., 97.
Sandrin, loc., 100.
Saonara, villa di, 32.
Sarmeola, 102, 134.
Sartori F., scritt., 120.
Scala Bartolomeo, sac., 154.
Scaligeri, fam., 37.
Scardeone, scritt., 154.
Schiavo, loc., 24, 164.
Schiavo Primo, sindaco, 51.
Scintilla, famiglia da, 29, 34, 56, 105 ss.
Scin tilla Bonifacio, 106.
Scotton Pietro, sac., 117.
Sella P.-Vale G., scritt., 65, 89, 102, 107,
122.
Sibicone, vesc., 63.
Sicherio Giovanni, 85.
Sile, fiume, 142.
Simioni Attilio, scritt., 16, 28, 37, 120.
Sinibaldo, vesc., 29.
Smania Antonio, 170.
Solagna, 27.
Sorriva, loc., 7, 34-37, 41, 86, 99, 111,
135.
Spagnolo Giovanni, sac., 74, 79, 176.
Spagnolo Giovanni Maria, sac., 74, 79,
174.
Speroni, fam., 72.
Spinello, loc., 24.
Stefano dell'Arzere, pittore, 152.
Stra, 38, 132, 137-139, 166.
Stratico, idraul., 140.
Suriani, fam., 111.
Taggi, 113, 134.
Tavello, 16, 18, 111 S., 138, 140 s.
Tavo, 7, lO, 16, 18, 22, 29, 36, 42, 48,
50, 56, 86, 99-117 ecc.
Tebaldi Giacomo, sac., 154.
Tellatin Cesare, sac., 94-97.
Teolo, 29.
Tergola, loc., 86, 99 s.
Tergola, fiume, 143, 168.
Tergolina-Ghislanzoni-Brasco, scritt., 64.
Terraglione, 7, 9, 22, 37, 42, 49, 50,
67, 119-127, 166, 168.
Tessara, 36, 106.
Tiepolo, pittore, 89.
Tiepolo Lorenzo, podestà, 135.
Torre, 59 s., 62 s., 65-70, 88 S., 102,
105.
Trapolina, fam., 31.
Tremerende, loc., 86, 99.
Tremignon, 62, 131.
Trento, fam., 41.
188
Trento, città, 16.
Trevisan, fam., 42, 45, 91-93, 95.
Trevisan Benedetto, scritt., 49.
Trevisan Nicolò, 91.
Trevisan-Orsato, contessa, 94.
Treviso, 26, 28, 59, 62, 65, 82, 85, 142.
Tribano, 35.
Turato, loc., 52.
Zigno
Zigno
Zigno
Zigno
Zigno
Zigno
Zigno
Zigno
(de)
(de)
(de)
(de)
(de)
(de)
(de)
(de)
Adelaide, 158.
Antonio, 156, 174.
Federico, 175.
Lucia, 175.
Marco, 158.
Mary, 157.
Maria, 159, 175.
Nanni, Adelaide, Emma, 173 s.
Zordan, ]oc., 52.
Zorzi E., scritt., 154, l57.
Zorzi Maria Antonietta, scritt., 34.
Zusto, fam., 45, 73 s., 174.
Zusto (ca'), via, 7, 49, 125.
Zusto Angelo, 177.
Zusto Laura, 177.
Zusto Pietro, 178.
Ugolino dei Saurelli, 121.
Ungheri, 27.
Vaccarino, 20, 60, 86, 99, 113.
Valier Agostino, canonico, 124.
Va] Medoaci, via romana, 16, 18 s., 23,
61, 105.
Vandura, fiume, 143.
Vanzo, ]oc., 7, 41, 111.
Varotto Luigi, sac., 117.
Venanzio Veneziano, sac., 156.
Vendramin, fam., 72-74.
Veneti, 19.
Venezia, 30, 33, 35-41, 114, 139 S., 142,
150, 155 s., 166.
Verci, scritt., 37.
Verona, 37.
Veronese, loc., 168.
Vezù Antonio, sac., 116.
Vezù Giacomo, sac., 116.
Viano]o Alessandro, 91.
Vicenza, 26, 28, 62, 81, 113, 134.
Vigodarzere, 7, lO, ecc.; origine 59-62,
antiche contrade 68, aggettivo 56, Cascnna dei militari 9, censimcnto 1961,
51, stazione ferroviaria 9, 47, 53, scuola 49-50, sindaci 51, stemma 55.
Vigodarzere, famiglia da, 28-34, 56.
Villabozza, loc., 7, 41, 49, 136, 138.
Villadelconte, 31, 48, 168.
Villafranca, 18.
Villapapara, loc., 86, 99.
Villarapa, loc., 86, 99 s.
Visconti di Milano, 38.
Vivarini, pittore, 151.
Zabarella Girolamo, sac., 124.
Zangrande Giov. Batt., sac., 117.
Zanon Pietro, soldato, 176.
Zanon, scritt., 18.
Zaramella Cesare, ind., 54.
Zeno Girolamo, sac., 148.
Zigno, famiglia de, 45, 73, 156-158, villa Zigno, loc., 52.
Zigno (de) Achille, 43, 53, 157 s., 174176.
189
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
(COPERTINA)
Stemma del Comune di Vigodarzere, ideato da Adriano Schiavo.
Carta dell'Istituto Geografico Militare
Schema topo grafico dell'agro patavino
Graticolato romano di Camposampiero
Mosaico di età romano-imperiale
Stemma dei da Vigodarzere
Conte Antonio Vigodarzere
Villa Zusto ora Sede Municipale
Ponte della Libertà
..
.
Vecchia chiesa arcipretale e campanile di Vigodarzere
Chiesa attuale e campanile di Vigodarzere
.
Asilo infantile di Vigodarzere.
Chiesa parrocchiale e canonica di Saletto
Asilo infantile di Saletto
Villa Giacomelli
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Villa Gomiero già Romanin-Andriotti
Opera S. Gregorio Barbarigo. Casa di riposo per Sacerdoti
Vecchia chiesa parrocchiale di Tavo
Interno della vecchia chiesa parrocchiale di Tavo
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Abside della vecchia chiesa parrocchiale e campanile di Tavo
Stemma dei Scintilla
Stemma dei Mussato
Villa Mussato ora Farini
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Chiesa parrocchiale e campanile di Tavo
Resti dell'Ospitale di S. Iacopo di Salgaro
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Grafico della casa rurale situata sul luogo dell'Ospitale di Salgaro
Chiesa parrocchiale e patronato di Terraglione
Asilo infantile di Terraglione .
Mappale del corso del Brenta con le linee degli otto principali progclli
per la sua regolazione
Briglie e cascate del Brenta
Alluvione del Brenta del 1882
Chiostro piccolo dinanzi alla chiesa della Certosa
Pianta della Certosa
Chiostro maggiore della Certosa
Particolare della Chiesa della Certosa
Grafico rappresentante le parti rimaste della Certosa
Terreno agrario di Vigodarzere, contenuto in carbonati
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INDICE GENERALE
Presentazione
Introduzione
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PARTE I
IL TERRITORIO DI VIGODARZERE NELLE ETA STORICHE
Cap. I
- ETA ROMANA
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l. Colonia romana di Camposampiero - 2. Strade romane
3. Reperti archeologici del territorio di Vigodarzere.
Cap. II
- ETA MEDIOEVALE
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45
1. Le invasioni barbariche e il feudalesimo (sec. V-XII)
2. Famiglia Vigodarzere: origine, il castello, vicende della
famiglia - 3. Distretto del Comune di Padova nel periodo
comunale e sotto i Carraresi (XII sec. - 1405): il comune
cittadino, statuti del comune - 4. Guerre medioevali.
Cap. III
SOTTO LA REPUBBLICA VENETA (1405-1797) E IL GOVERNO AUSTRIACO (FINO AL 1866)
1. La podestaria di Camposampiero - 2. Condizioni economiche e sociali sotto il Governo delle Serenissima - 3. La
caduta di Venezia - 4. Gli austriaci.
Cap. IV - IL COMUNE DI VIGODARZERE NELL'ULTIMO SECOLO
(1866-1969) E LE DUE GUERRE MONDIALI
1. Il comune di Vigodarzere dopo l'unità d'Italia - 2. I e
II guerra mondiale - 3. Opere pubbliche -, 4. Situazione
politica - 5. Sindaci del dopoguerra - 6. Censimento del
1961 - 7, Unità locali: industriali, artigianali e commerciali
8. Descrizione araldica e storica dello stemma e gonfalone.
193
PARTE
II
Cap. Il
I SINGOLI PAESI
Cap. I
1. Origine longobarda di Vigodarzere
2. Primi documenti - 3. Sotto la pieve di Pado\'a
4. Altri documenti antichi - 5. Luoghi e persone ricordati nel Codice Diplomatico (sec. XI-XII).
Visite pastorali e opere parroccbiali
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Cap. III
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Cap. II
- SALETTO
Cap. IV
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89
IL TERRENO AGRARIO DI VIGODARZERE E IL CONSORZIO DI BONIFICA E DI IRRIGAZIONE
RACCOLTA DELLE ISCRIZIONI
1. Origine di Saletto
2. Feudo del Vescovo di Padova
3. Sotto il comune e la pieve cittadina. - 4. Sotto la pieve
di Torre.
Visite pastorali e opere parroccbiali
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1. La villa di Fornace - 2. Tavo: da proprietà feudale dei
da Limena ai da Scintilla o da Ottavo - 3. Mussato
4. Farini.
Visite pastorali e opere parroccbiali
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5. Le visite pastorali più antiche - 6. S. Gregorio Barbarigo
7. Le altre visite pastorali
8. Chiesa attuale e
opere annesse - 9. Elenco dei parroci di Tavo.
Cap. IV - TERRAGIONE
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INDICI
5. Le visite pastorali più antiche - 6. S. Gregorio Barbarigo - 7. Le altre visite pastorali
8. Chiesa attuale e opere
annesse - 9. Elenco dei parroci di Saletto.
Cap. III - TAVO
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1. Il terreno agrario di Vigodarzere - 2. Consorzio Brenta
Vecchia a Sinistra
3. Irrigazione del comprensorio di Vigodarzere.
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6. La chiesa arcipretale - 7. Oratori
8. Chiesa attuale
9. Madonna della Fraglia
10. Opere parrocchiali
11. Elenco degli arcipreti di Vigodarzere.
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1. I certosini
2. La Certosa di Padova
3. La Certosa
di Vigodarzere (1534-1768) - 4. Vitalità dei certosini di Vigodarzere - 5. Fine deprecata - 6. Visite illustri - 7. I
Baroni de Zigno
8. Cos'è ora la Certosa.
pago 59
- VIGODARZERE
- LA CERTOSA DI VIGODARZERE
Indice di nomi di persona e di luogo
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99
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110
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119
pago 183
Indice delle illustrazioni
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Indice generale
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1. Terraglione o Salgaro?
2. Priorato-Ospitale di S. Iacopo
di Salgaro - 3. L'oratorio di S. Giacomo nelle visite pastorali - 4. La parrocchia di Terraglione.
PARTE
III
APPENDICE
Cap. I
- IL BRENTA
pago 131
1. Caratteri generali
2. Il regime del Brenta - 3. I corsi
del Brenta - 4. Gli argini del Brenta
5. Le principali
6. Vicende idrauliche del Brenta
piene e rotte del Brenta
dal XVI al XIX secolo.
IL MUSON DEI SASSI
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