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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI
TESI DI DIPLOMA
DI
MEDIATORE LINGUISTICO
(Curriculum Interprete e Traduttore)
La Pallanuoto, il Gruppo ed il Doping
RELATORE:
CORRELATORI:
Prof.ssa Adriana Bisirri
Prof. Alfredo Rocca
Prof.ssa Hannelore Schmidt
CANDIDATO:
Cesare Piccinini
Matr. N. 242
ANNO ACCADEMICO 2010/2011
INDICE
INTRODUZIONE
3
CAPITOLO 1
6
La Pallanuoto...tutta d'un fiato ................................................................. 7
Il gioco della pallanuoto ........................................................................... 9
Le origini storiche .................................................................................. 14
L’evoluzione del regolamento di gioco ................................................... 23
I ruoli tattici ........................................................................................... 25
CAPITOLO 2
27
Io e il Gruppo ......................................................................................... 28
Il Gruppo................................................................................................ 30
Gruppo e decisioni ................................................................................. 33
Raggiungere una decisione..................................................................... 34
CAPITOLO 3
36
La Leadership......................................................................................... 37
1
CAPITOLO 4
47
Doping ................................................................................................... 48
Cenni storici ........................................................................................... 51
Una lotta impari ..................................................................................... 59
Doping – alcune conclusioni .................................................................. 62
CAPITOLO 5
65
Impegno e costanza ................................................................................ 66
Talento vs Impegno ................................................................................ 68
Accettare i propri limiti .......................................................................... 72
Alcune conclusioni personali .................................................................. 79
BIBLIOGRAFIA
177
2
INTRODUZIONE
3
Sport. Spesso sinonimo di lealtà, confronto, competizione e principi
sani. Mens sana in corpore sano, sostenevano i latini. Una definizione che mi
ha accompagnato dalle scuole elementari, attraverso le prime bracciate in
piscina fino ai primi campionati di pallanuoto. Una definizione che oggi
sembra quasi dimenticata nel suo significato più intimo e lontana dal concetto
stesso di sport, sempre più sinonimo di passatempo, soldi e forma fisica, a tal
punto da assumere, nell'attuale società contemporanea, una forte valenza
sociale, economica e politica.
Un aspetto quest'ultimo, che ben si associa alla definizione di base che
si trova nella libera enciclopedia telematica cui hanno accesso milioni di
utenti in tutto il mondo. Per Wikipedia, infatti, lo “Sport è l'insieme di quelle
attività, fisiche e mentali, compiute al fine di migliorare e mantenere in buona
condizione l'intero apparato psico-fisico umano e di intrattenere chi le pratica
o chi ne è spettatore”.
In questa prima premessa e affermazioni si trovano la gran parte degli
elementi che questa Tesi vuole affrontare. Partendo e basandomi
principalmente sulla mia esperienza personale, caratterizzata da una lunga
attività tuttora in corso come atleta semi professionista di Pallanuoto, il lavoro
di Tesi si propone di:
4
a) Analizzare i concetti generali e l'impatto dello Sport sull'individuo e
sul gruppo, studiando come la Pallanuoto praticata a livello agonistico,
influisce positivamente e/o negativamente nelle relazioni emotive tra
l'individuo e il gruppo stesso;
b) Spiegare quanto sia incompleta la definizione secondo cui lo Sport è
“quell'insieme di attività, fisiche e mentali, compiute al fine di
migliorare e mantenere in buona condizione l'intero apparato psicofisico umano.” L'attività sportiva, infatti, praticata nel tempo libero, a
livello dilettantistico, agonistico e/o professionistico, può essere più
dannosa che salutare se non controllata adeguatamente e seguita da
un’equipe di gruppo;
c) Capire le motivazioni che spingono atleti a fare uso di sostanze
proibite o comunemente dette dopanti per alterare le proprie
performance atletiche. Alterazioni che riguardano non solo le singole
performance, ma anche la struttura psico-fisica dell'atleta stesso;
d) Descrivere uno scenario futuro sull'evoluzione dello Sport in genere e
della Pallanuoto in particolare.
5
CAPITOLO 1
6
La Pallanuoto...tutta d'un fiato
Nuota Cesare, nuota Cesare, non ti fermare adesso. Ancora pochi metri
e potrai riprendere fiato, anche se per pochi secondi. Quante volte questa
frase, questa dinamica si è ripetuta insistentemente nella mia testa,
convincendomi a non mollare, a resistere, ad andare avanti anche nei momenti
più duri, quando l'assenza di ossigeno ti chiude la bocca dello stomaco e le
braccia sembrano diventare due blocchi di cemento difficili da controllare. Sì,
perché la Pallanuoto è anche questo, è soprattutto questo. Uno sport di
squadra dove bisogna mettersi in gioco con se stessi, prima che con gli altri.
La palla, il gioco, la tattica, vengono dopo. Dopo ore estenuanti di duro
allenamento in acqua e potenziamento specifico in palestra. E' proprio in
questa fase che il nostro fisico, il nostro carattere si forgia. Un passaggio
necessario che ogni giocatore deve affrontare se vuole diventare parte di un
gruppo. Parte di un qualcosa che va oltre l'individualità e l'individualismo.
Forse anche per questo qualche giornalista ci paragona ai gladiatori dell'era
contemporanea.
Uno sforzo e una fatica necessari. In fondo siamo dei terrestri e come
tali le nostre funzioni organiche e vitali non sono abituate a lavorare in altri
ambienti come quello acquatico. Basta solo entrare in acqua, come si dice in
gergo, che il nostro corpo attiva delle funzioni che neanche potevamo
7
immaginare di avere. Le pulsazioni aumentano e solo dopo mesi di
ambientamento il ritmo cardiaco si appropria anche in acqua di un suo
andamento regolare, comunque sempre diverso da quello naturale e terrestre.
Del resto, noi come pallanuotisti, che arriviamo a questo sport solo dopo anni
di pratica e attività agonistica, siamo chiamati ad eseguire e compiere dei
gesti che dal punto di vista atletico richiedono sacrificio e disciplina. Due
caratteristiche che, ahimè, oggi sembrano essersi perdute.
8
Il gioco della pallanuoto
Come sappiamo la pallanuoto è uno sport di squadra acquatico diffuso
e giocato ad alti livelli in quasi tutto il Mondo. E' possibile praticarla in bacini
artificiali d'acqua o più semplicemente noti come piscine, di dimensioni che
variano da 33 x 20 m (per le partite maschili) a 25 x 12 m (femminili), con
profondità di almeno 1,80 m. Sulla linea di fondo, da entrambi i lati, vi sono
due porte galleggianti che misurano 0.90 x 3 m (figura 1).
Segnali applicati sul bordo della vasca indicano alcune linee immaginarie:
La linea di porta (bianca);
La linea dei 2 metri, che serve a delimitare il fuorigioco (rossa);
La linea dei 5 metri che delimita l’area in cui un fallo grave può causare
l'assegnazione di un rigore, la distanza stessa da cui tirarlo (gialla) e l’area
al di fuori della quale chi ha subito un fallo può tirare direttamente in
porta;
La linea di metà campo da cui deve partire l’azione all’inizio del gioco,
dopo ogni rete segnata ed alla ripresa del gioco dopo un time-out (a meno
che lo stesso non sia stato richiesto prima di un tiro d’angolo o prima di
un rigore, nel qual caso l’azione riparte appunto con il tiro d’angolo o con
il rigore).
9
Figura 1 – Diagramma di un campo da pallanuoto secondo le regole della
FINA (2005)
La pallanuoto è giocata in acqua da due squadre composte ognuna da
sette
giocatori,
compreso
il
portiere.
Le
due
formazioni
sono
complessivamente composte da 13 giocatori di cui massimo 6 in panchina.
Solo per le categorie giovanili (under 13 e 15) si possono schierare tra acqua e
panchina 15 giocatori. Il pallone (di circonferenza variabile fra i 68 e i 71 cm
e peso stabilito fra i 400 e i 450 g) deve essere mandato dentro la porta
avversaria per realizzare un goal. Vince la squadra che totalizza più reti
durante l’incontro.
I giocatori devono indossare per regolamento delle calottine, munite di
paraorecchi, contro rischio infortuni, che devono essere di colori diversi
rispetto alla squadra ospite. Per la squadra di casa sono bianche o i propri
colori sociali e per le squadre ospiti nere o blu o i propri colori sociali,
ovviamente per chi usa i colori sociali nel rispetto del colore chiaro (casa) e
scuro (ospite) onde evitare somiglianze di calottine. Per entrambe le squadre
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il portiere deve avere una calottina rossa ma esse si differenziano per il colore
chiaro o scuro sul paraorecchie. Ogni calottina è contrassegnata da un numero
da 1 a 13 (1 per il portiere, da 2 a 12 per i giocatori, 13 ad un altro giocatore o
al secondo portiere con calottina rossa). L’incontro dura 4 parziali (tempi) da
8’ effettivi per i campionati di serie A1 e A2 maschile e femminile, B e under
20 maschile. La temperatura dell’acqua deve essere, senza ulteriore
tolleranza, nei valori compresi tra 25° e 30° nelle piscine coperte e tra 26° e
31° in quelle scoperte pena la sconfitta a tavolino della squadra ospitante.
Solamente nei campionati di A1 e A2 maschile e durante i play off e
play out nel campionato di serie A1 femminile vengono designati 2 arbitri
nella stessa partita che rimangono sul bordo vasca coadiuvati da una giuria
che è così composta:
1. da un cronometrista, che deve fermare il tempo ad ogni fischio
dell’arbitro essendo la durata dell’incontro di tempo effettivo
2. da un “trentista”, che controlla il tempo di possesso della palla (ogni
azione può durare al massimo 30” effettivi, poi il possesso palla passa
agli avversari).
3. da un segretario che redige lo score board dell'incontro.
Gli arbitri possono fischiare due tipi di falli: semplici e gravi. Nel
primo caso il gioco, così come il tempo, s’interrompe quel tanto che basta per
11
riprendere il gioco con la ripresa del pallone. Nel secondo caso questi falli
comportano l’espulsione temporanea del giocatore che l’ha commesso, che
deve dirigersi verso l’area di rientro, posta sotto la panchina, e stazionarvi per
20” effettivi. Il giocatore espulso o un suo eventuale sostituto potrà rientrare
in campo, senza sollevare la corsia e senza spingersi dal bordo, su
segnalazione del tavolo della giuria allo scadere dei 20”, dopo la realizzazione
di una rete, se la propria squadra abbia riconquistato il possesso della palla
prima dei 20”.
In tutti i campionati il limite di falli gravi è di 3. I giocatori, dopo il
terzo fallo grave, saranno esclusi dalla partita ma potranno rimanere in
panchina continuando ad indossare la calottina, ad eccezione dei giocatori
espulsi definitivamente per “gioco violento o brutalità” che dovranno lasciare
il piano vasca e recarsi negli spogliatoi.
Esiste poi l'espulsione definitiva per “brutalità” o per “gioco violento”
o “mancanza di rispetto e disobbedienza”. Nel primo caso il giocatore viene
allontanato dal bordo vasca e la squadra dell'espulso giocherà con un uomo in
meno per 4’ effettivi oltre a subire un rigore nel momento stesso
dell’espulsione. Negli altri casi, invece, il giocatore dovrà allontanarsi dal
bordo vasca e la sua squadra potrà sostituirlo al termine dei 20” effettivi di
espulsione.
12
L’azione di gioco dura 30” dal momento in cui la squadra entra in
possesso del pallone, altrimenti viene fischiata un’infrazione di tempo e la
palla passa agli avversari. Il conteggio dei 30” verrà azzerato (ovvero
ricomincia un’intera azione) nel momento in cui viene effettuato un tiro in
porta, viene assegnata un’espulsione o un rigore o viene assegnato un tiro
d'angolo; tutto ciò indipendentemente da chi rientrerà in possesso del pallone.
Nel caso in cui un tiro in porta finisca oltre la linea di fondo a causa di una
deviazione provocata da un difensore, l’azione riprenderà con il possesso del
pallone a favore di chi difendeva al momento del tiro; nel caso di deviazione
da parte del portiere, invece, l'azione riprenderà con una rimessa dall’angolo
che dovrà essere effettuata dalla linea dei 2 metri dalla squadra in possesso
della palla al momento del tiro. Tuttavia, nel caso in cui il difensore dovesse
indirizzare volontariamente il pallone sul fondo, si riprenderà il gioco con un
tiro d’angolo in favore della squadra in attacco.
13
Le origini storiche
Queste le principali regole vigenti in Italia oggi. Ma quando e dove
nasce la pallanuoto?
Il predecessore della moderna pallanuoto era un gioco che apparve per
la prima volta in Gran Bretagna nel 1869, dovuto forse al volere di atleti, che
volevano introdurre una maggior varietà nelle monotone competizioni
natatorie. Il gioco appena nato, tuttavia, conteneva poche analogie con la
moderna pallanuoto, ma guadagnò presto il favore di una grande massa di
spettatori. "Calcio in acqua" ("football in the water") fu il primo nome che gli
venne dato. Un anno dopo la London Swimming Association riunì i propri
professionisti per decidere le regole del nuovo sport.
I tecnici del club "Bournemouth", società che eccelleva in tale sport,
nel 1876 stabilirono le dimensioni ufficiali del campo (50 yards), il numero di
giocatori per squadra (7) e il numero di arbitri (un arbitro ufficiale e due
guardalinee). Non c'erano goal al tempo, infatti, lo scopo del gioco era di
mettere il pallone in un galleggiante difeso dalla squadra avversaria. Le prime
regole ufficiali vennero stabilite qualche mese dopo da William Wilson a
Glasgow, dove venne giocata la prima partita ufficiale nel fiume Dee. Fin dai
primi tempi la pallanuoto ebbe un numero sempre crescente di sostenitori e
venne introdotta nei programmi di molte manifestazioni e competizioni
14
natatorie. Vennero stabilite le dimensioni della porta, fu vietato ai giocatori di
prendere e tirare la palla con entrambe le mani e venne stabilito che il
punteggio sarebbe stato modificato solo quando la palla fosse entrata
completamente in porta.
Le squadre di pallanuoto inglesi e scozzesi iniziarono a giocare tale
sport tra di loro e vennero così creati il campionato irlandese, inglese e
scozzese. Le competizioni iniziarono ad essere svolte in pieno rispetto delle
regole uniformi appena create, tra le quali il divieto di fare goal da più di metà
campo e di mettere la palla sott'acqua. Le regole del 1883 determinarono la
durata delle partite. A partire dai primi anni del 1900, la pallanuoto iniziò a
riscuotere successi anche nel continente americano. Veniva giocata nelle
piscine, ma non esistevano i goal, i giocatori segnavano toccando con la palla
un tabellone posto dalla parte opposta della vasca.
In
Europa
la
pallanuoto
apparve
in
Germania
nel
1894,
successivamente in Austria, Belgio, Francia e Ungheria. A partire dal 1900,
con le Olimpiadi di Parigi, la pallanuoto venne inserita ufficialmente
nell'elenco delle discipline olimpiche. La prima vincitrice del titolo olimpico
fu la Gran Bretagna (Osborne Club di Manchester). Il primo Campionato
Europeo venne svolto nel 1926 a Budapest e la vincitrice fu proprio
l'Ungheria.
Con le Olimpiadi del 1912 venne inserita per la prima volta la palla
vera e propria: era fatta di pelle ed era molto pesante e ruvida per il contatto
15
con l'acqua. Nel 1936 dopo le Olimpiadi i palloni vennero costruiti con una
fibra di cotone, successivamente in nylon, coperto con una gomma fabbricata
appositamente e di eccellente grip. La palla originale era rossa, ma in seguito
venne cambiato il colore in giallo per una maggiore visibilità. Questa palla
divenne ufficiale nel 1956. Ancora oggi, tuttavia, è permesso l'uso di palloni
rossi e verdi per le competizioni.
La pallanuoto muove i primi passi italiani al Bagno di Diana di Milano
per merito della società Nettuno che, nel 1899, diffonde la nuova disciplina
presentata come "un football dell'acqua più faticoso e difficile, che richiede
energia e resistenza fuor dell'ordinario". Da Roma, però, quasi ad animare una
diatriba sulle radici della specialità fanno passare per esperimento quanto
successo nella piscina milanese mentre si accredita la primogenitura romana
secondo quello che scrive "Il Messaggero" il 23 giugno del 1900 "Per
graziosa concessione avuta dal municipio del laghetto di Villa Borghese, si è
riuscito ad introdurre a Roma il gioco della palla a nuoto (waterpolo)". I primi
due tornei indetti dalla Federazione Italiana Rari Nantes alle Acque Albule di
Tivoli nel 1901 e nel 1902 furono vinti dalla R.N. Roma per mancanza di
avversari. Viene approvato il regolamento: la porta, formata da due pali ed
una cordicella, si chiama "arco", il portiere è il "custode", il campo misura fra
20 e 30 metri, le squadre sono composte da sette giocatori. Le regole
internazionali, esattamente undici, erano state elaborate già nel 1870 dalla
16
London Swimming Association e la partita di water football durava 20 minuti
mentre nel 1900 si parla di due tempi di 7 minuti e durante i falli, i giocatori
devono rimanere fermi.
Tornando in Italia, finalmente al terzo tentativo - il 20 settembre 1903 il torneo di pallanuoto vede confrontarsi due squadre: Rari Nantes Roma e
Romana Nuoto con la vittoria 3-0 dei primi. Sarà poi la Podistica Lazio nel
1906 ad affermarsi ed interrompere così il monopolio romanista. Ma il vero
primo campionato italiano si disputa a Napoli nel 1912 con la vittoria 4-1 del
Genoa sulla Partenope. Nel 1913 lo scudetto si assegna a Castelgandolfo tra
quattro squadre iscritte, poi divenute tre per la rinuncia della R.N.Ostia. Nella
classifica finale, il Genoa primeggiò con 3 punti, seguita dalla Partenope con
2, ed infine, dalla Lazio con 1. Successivamente, nel 1914, prima
dell'interruzione per il conflitto bellico, terzo successo del Genoa (11 reti e
nessuna subita) su altre due liguri, Partenope e R.N.Milano.
Comincia a delinearsi come motivo dominante del campionato la
rivalità ligure - napoletana con l'affermazione nel 1921 e 1922 dell'Andrea
Doria sulla Partenope e un sostanziale dominio ligure negli Anni Venti:
bisognerà attendere il 1939 per vedere il primo scudetto partenopeo con il
successo della Rari Nantes Napoli ( fino al 1950 ne accumulerà altri quattro),
accredita dell'appellativo di Settebello creato dal suo capitano Mimì Grimaldi.
Il 28 luglio 1923, dopo l'esperienza delle Olimpiadi di Anversa del 1920 (con
l'esordio della pallanuoto ai Giochi Olimpici nel 1920 ad Anversa con i nostri
17
che accusano problemi per l'acqua gelata e perdono 2-1 al supplementare con
la Spagna e 5-1 con la Grecia), nasce la nazionale italiana che formata da 13
giocatori liguri, 2 napoletani e 2 milanesi perde 6-1 a Pavia con l'Ungheria.
Quattro anni dopo, prima esperienza agli europei di Bologna cui faranno
seguito le partecipazioni nel 1934 a Magdeburgo e nel 1938 a Londra.
L'attività italiana degli anni Trenta vede una lunga striscia di successi della
Rari Nantes Florentia.
Nel 1932 i falli vengono definiti come falli ordinari, falli gravi e rigori.
La Gazzetta dello Sport del 1. settembre 1933 fotografa crudamente il livello
del gioco della nazionale italiana dicendo in occasione della sconfitta 12-1
con l'Ungheria: "Abbiamo avuto agio di assistere allo spettacolo offerto da
una squadra che veramente pratica la pallanuoto e non la solita lotta in acqua
come è in uso presso di noi".
Dopo la Seconda Guerra Mondiale nel 1946 riprende l'attività
nazionale con il campionato che si disputa in mare a Rapallo tra sei squadre e
il successo, dopo una decina d'anni, del Camogli. In campo internazionale nel
1947 prologo d'oro alla grande impresa olimpica di Londra con il successo
agli europei di Montecarlo. La vittoria alle Olimpiadi del 1948 (squadra:
Buonocore, Bulgarelli, Rubini, Ognio, G.Pandolfini, Ghira, Arena, Majoni,
T.Pandolfini, Toribolo, Fabiano. All.Valle), conquistata soprattutto con il 4-3
sull'Ungheria nelle eliminatorie con il gol decisivo "il più bello che mai ci sia
stato dato di vedere" di Gildo Arena, e la bella atmosfera che si respirava
18
attorno ad una delle squadre italiane più forti di sempre in ogni disciplina
sportiva viene così descritta dal capitano Mario Majoni quando incontra il
presidente del CONI Giulio Onesti: "Gli dissi che avremmo vinto la medaglia
d'oro”. Bene - disse lui - avrete un premio di un milione a testa: Alt, fermi
tutti. Un momento, presidente, vado a chiamare gli altri bravacci. Lo dica
davanti a loro. Un po' più reticente Onesti alla fine comunicò la notizia a tutti,
ancora sospettosi perché l'anno prima, campioni europei, avevamo avuto un
orologio di latta, con incisa la scritta "Il CONI al campione". Non avevamo
torto a non fidarci: “Tornati a Roma, ricevemmo un premio di 160 mila lire,
dopo di che ci fu un educato "scambio verbale" con Onesti, il quale dovette
risalire in fretta e furia sull'auto e ripartire prima che noi gliela
cappottassimo!".
Nel 1950 cambio importante nella fisionomia del gioco: viene
consentito ai giocatori di muoversi dopo il fischio dell'arbitro e viene abolito
il tiro diretto dai 4 metri dopo un fallo grave. La durata della partita diventa di
2 periodi di 10 minuti per passare nel 1961 a 4 periodi di 5 minuti e nel 1981
agli attuali 4 tempi di 8 minuti. La grande impresa londinese ha fatto, senza
dubbio, da volano alla splendida stagione della pallanuoto italiana che in 55
anni (dall'oro delle Olimpiadi di Londra 1948 all'argento degli Europei di
Zagabria del 2010) è salita venti volte sul podio di Giochi Olimpici,
campionati del Mondo e campionati d'Europa.
19
Le squadre nazionali maschili più rappresentative, che hanno segnato
la storia di questo sport, sono l'Ungheria, l’ex Jugoslavia, l’Italia, l' ex Unione
Sovietica, la Spagna e gli Stati Uniti d’America. Nel recente passato e
attualmente le nazioni dell’ex Jugoslavia, come Croazia (campione del mondo
nel 2007), Montenegro (campione d’Europa nel 2008), Serbia&Montenegro
(campione d’Europa nel 2001 e 2006) e Serbia (campione del mondo nel
2009), sono le nuove realtà della pallanuoto europea e mondiale. L’Ungheria
vanta i titoli delle ultime tre edizioni dei Giochi Olimpici (Sidney 2000, Atene
2004 e Pechino 2008).
La Nazionale azzurra di pallanuoto maschile ha vinto ben tre ori
olimpici: a Londra (1948), a Roma 81960) e a Barcellona (1992),
quest’ultimo sotto la guida del coach Ratko Rudic, ed è stato tre volte
campione del mondo (Berlino Ovest 1978, Roma 1994 e Shanghai 2011).
Il primo campionato italiano, datato 1912, fu vinto dal “sette” S.G.
Andrea Doria di Genova, che inaugurò una lunga serie di successi nazionali.
In Italia sono riconosciute due grandi scuole: quella napoletana, rappresentata
prima dalla Canottieri Napoli e dalla Rari Nantes Napoli, e più recentemente
dal Circolo Nautico Posillipo, e quella ligure che trova lustro negli scudetti
della R.N. Camogli, del R.N. Bogliasco, della R.N. Savona e soprattutto della
Pro Recco, la squadra più titolata, che ha conquistato ben 24 scudetti. Grande
importanza hanno avuto anche le squadre della Roma e del Pescara; in
quest'ultima squadra, sul finire degli anni '90, sette giocatori su sette
20
giocavano nella rispettiva nazionale: cinque in quella italiana, uno in quella
serba e uno in quella spagnola (il famoso Manuel Estiarte).
In ambito internazionale, la Coppa dei Campioni per club, adesso
Eurolega, è stata vinta per la prima volta nel 1964 dal Partizan Belgrado, che
ha nella sua bacheca 7 trofei, così come la Pro Recco, ma la squadra più
titolata è l’ HAVK Mladost con 7 titoli.
La pallanuoto femminile trova le proprie origini nel lontano 1906 ad
Harlem, in Olanda, ma è stata ampiamente sviluppata solo nel corso degli
anni ’60. Tra i paesi promotori del movimento pallanuotistico femminile è
possibile distinguere diversi paesi europei (soprattutto Italia, Ungheria, Russia
e Olanda), Stati Uniti d’America ed Australia. Il “Setterosa”, nonostante il
primo campionato del mondo fu svolto nel 1986 vinto dall’Australia, ha vinto
numerosissimi titoli internazionali. Ricordiamo l’oro Olimpico ai Giochi di
Atene nel 2004 in finale proprio contro la Grecia padrone di casa davanti a
15000 spettatori. I due titoli mondiali a Perth nel 1998 ed a Fukuoka nel 2001,
e cinque titoli europei nel 1995, 1997, 1999, 2003 (tutti sotto la guida del
tecnico romano Pierluigi Formiconi, C.T. della nazionale dal 1994 al 2004) e
2012.
La pallanuoto femminile ha avuto il suo primo campionato riconosciuto dalla
FIN nel 1985: le finali si svolsero a Narni, in Umbria, e il primo scudetto fu
vinto dal Volturno (secondo classificato il Fuorigrotta di Napoli e terzo la
21
Nuotatori Rivarolesi di Genova). Tra le file del Volturno giocava già Carmela
Allucci, per diversi anni capitano del Setterosa.
In ambito nazionale ed internazionale, la squadra più titolata della
storia della pallanuoto femminile è l’Orizzonte Catania, vincitrice di 17
Scudetti (di cui 15 consecutivi dal 1992 al 2006) e 8 Coppe dei Campioni. Il
Volturno segue con 7 titoli nazionali ,anch’essi consecutivi dal 1985 al 1991,
ed un solo titolo per la Fiorentina nel 2007. La Coppa dei Campioni è stata
vinta per la prima volta nel 1988 dal Donk Gouda. Dietro l’Orizzonte, come
già detto vincitrice di 8 titoli, segue proprio il Donk Gouda ed il Nereus
Zaandam entrambe squadre olandesi con 3 titoli ciascuno.
Nel 1985 comincia il campionato femminile che vedrà lo strapotere
prima del Volturno e poi dell'Orizzonte Catania che vi aggiungerà svariate
edizioni della Coppa dei Campioni. L'epopea del Setterosa, che sembra
inarrestabile, vede in 15 anni (dal bronzo degli Europei di Atene 1991
all'argento degli Europei di Belgrado 2006) le azzurre salire ben dodici volte
il podio di una grande competizione internazionale.
22
L’evoluzione del regolamento di gioco
La pallanuoto è rappresentata a livello mondiale dalla F.I.N.A.
(Fédération Internationale de Natation Amateur) mentre, nel nostro paese, è la
F.I.N. (Federazione Italiana Nuoto) a regolamentare l’intero movimento
pallanuotistico. Nel 2005, a seguito dei Giochi Olimpici di Atene, il
regolamento tecnico previsto per i campionati italiani è stato proposto
secondo le stesse modalità internazionali.
Le nuove regole sono: il possesso palla ridotto a 30” anziché 35”; il
tiro d’angolo viene assegnato solamente se c’è la deviazione del portiere o
una deviazione volontaria del giocatore; il tiro di rigore viene eseguito da 5
metri e non da 4 metri; il tiro libero, successivamente ad un fallo semplice
viene anch’esso eseguito da 5 metri e non da 7 metri. Le suddette normative
sono state cambiate dalla F.I.N.A. con l’intenzione di favorire la velocità e la
spettacolarità del gioco.
La pianificazione degli allenamenti è stata condizionata dai
cambiamenti del regolamento, in quanto i tecnici inseguono capacità tattiche
ed espressioni fisiche di velocità e rapidità sempre più elevate. Durante gli
incontri, soprattutto nell’alto livello, si assiste a continui cambiamenti tattici
difensivi durante l’azione stessa. Si possono vedere diversi tipi di marcature
dal “pressing” alla “zona”, ad esempio, quest’ultima eseguita con diverse
modalità allo scopo di evitare il possibile passaggio al centro-boa, fulcro del
23
gioco. Le superiorità numeriche prevedono principalmente due schieramenti
tattici: 4-2 e 3-3 (Hughes et al., 2006). Anche in questa situazione possiamo
notare numerose soluzioni di costruzione del gioco e di relativa conclusione,
caratterizzate da spostamenti strategici dei giocatori e della palla.
24
I ruoli tattici
Tra i 7 giocatori in campo è possibile evidenziare i seguenti ruoli
tattici:
Portiere;
Centro-boa, giocatore offensivo posizionato solitamente al centro
dell’area di rigore, a circa 2 metri dalla porta avversaria;
Difensore centrale o marcatore (giocatore posizionato, durante le fasi
difensive, in marcatura diretta sul centroboa, ed in quelle offensive
centralmente e maggiormente distanziato dalla porta avversaria rispetto
ai propri compagni);
Esterno (che gioca a 4-5 metri, leggermente al di fuori rispetto i pali
della porta);
ala (molto esterno che gioca a 2 metri).
I ruoli vengono definiti con un numero indicante una posizione
specifica
“posizione 1”, ala destra;
“posizione 2”, esterno destro;
“posizione 3”, difensore centrale o marcatore;
“posizione 4”, esterno sinistro;
25
“posizione 5”, ala sinistra;
“posizione 6”, centro-boa.
26
CAPITOLO 2
27
Io e il Gruppo
Lo sport in genere implica gruppi e dinamiche di gruppo. In realtà la
maggior parte degli sport sono sport di squadra, cioè riguardano prestazioni
competitive in cui un gruppo di atleti si confronta con un altro gruppo di
atleti. Anche negli sport individuali, come ad esempio il nuoto, il singolo
atleta gareggia spesso in nome di una squadra per la quale cerca la vittoria o il
riconoscimento.
Le competizioni avvengono inoltre, nella maggior parte delle
occasioni, di fronte ad un pubblico di tifosi o sostenitori che, con il loro
comportamento possono influenzare in modo significativo lo sforzo e le
prestazioni degli atleti. Lo sport dunque coinvolge i gruppi e le dinamiche di
gruppo a molti livelli e in tanti modi differenti. Proprio al centro di questo
argomento si colloca il fenomeno dell'influenza sociale. In pratica il
comportamento del singolo può essere influenzato da altre persone. In ambito
sportivo l'influenza sociale può essere vista nel modo in cui i compagni di
squadra interagiscono e diventano una squadra unita.
In termini generali, nel processo di formazione di un gruppo hanno una
forte incidenza il conformismo, la leadership e le relazioni interpersonali tra i
componenti. In questo contesto e in un gruppo in via di formazione o
28
comunque già formato possono influire sull'individuo e quindi in via
secondaria anche sul gruppo, altri individui, siano essi spettatori o
semplicemente membri di un altro gruppo, tralasciando in questa sede quello
che può essere considerato un terzo argomento: la relazione tra i gruppi.
29
Il Gruppo
Nella sua forma più semplice un gruppo può essere definito come un
insieme di persone che stanno nello stesso posto nello stesso momento.1
Secondo questa ampia definizione non è necessario che le persone
interagiscano tra di loro per essere considerate un gruppo, ma è sufficiente
che stiano insieme. In generali queste tipologie di gruppo vengono definite
non sociali, ricordando però, che anche in gruppi non sociali, la semplice
presenza di altre persone può influenzare l'individuo.
In questa sede, però, si parla di Sport, di Pallanuoto. Pertanto quando
pensiamo ad un Gruppo si intende qualcosa in più della semplice presenza
simultanea in un luogo. Io, i miei compagni di squadra, l'allenatore, il
preparatore atletico e tutte le persone che si occupano di dirigere e
amministrare la società abbiamo un intento comune.
“Non è necessario che siate amici o che usciate insieme la sera, voglio che
buttiate dentro quella palla”.2
1
2
Cei, A. Psicologia dello sport, Il Mulino, 1998
Cit. Pierluigi Formiconi, ex allenatore del Setterosa e allenatore che ho avuto durante il mio
periodo alla S.S. Lazio Nuoto.
30
Una frase che uno dei miei allenatori usava ripetere durante le riunioni
preparatorie delle partite. Il significato è semplice e diretto. Un messaggio
che, secondo me, afferma il vero, sebbene qualche teorico o psicologo possa
affermare o dimostrare il contrario. La mia squadra è un gruppo sociale, cioè
un gruppo di più persone che interagiscono tra di loro e sono allo stesso
tempo interdipendenti, nel senso che i loro bisogni e i loro scopi fanno sì che
siano dipendenti l'uno dall'altro.3
Ogni membro della squadra, infatti, interagisce con gli altri compagni
durante l'allenamento, durante una partita e in alcuni casi al di fuori
dell'evento sportivo. E' in questo senso che io e i mie compagni di squadra
siamo interdipendenti, per il fatto che ogni membro, molto probabilmente,
può essere influenzato dal comportamento degli altri. Del resto scopi e intenti,
come affermava il mio allenatore, sono comuni: la vittoria della partita, del
torneo o del campionato. In questo senso diventano fondamentali per la vita
del gruppo stesso le norme sociali, che saranno distinte in base al gruppo di
appartenenza. Le norme sociali del gruppo famiglia o di una congregazione
religiosa sono, infatti, molto diverse da quelle che contraddistinguono un
gruppo sportivo e più specificatamente una squadra. Norme sociali che vanno
rispettate dai singoli con un comportamento etico e quanto più possibile
coerente con gli obiettivi iniziali. All'interno della squadra e in genere di ogni
3
Cartwright e Zander, 1968; Levin e Moreland, 1998; Lewin 1948
31
gruppo sociale, si sviluppano inoltre dei ruoli ben definiti nonché aspettative
condivise all'interno di un gruppo su come si dovrebbero comportare alcune
persone particolari. Mentre le norme specificano come dovrebbero
comportarsi tutti i membri del gruppo, i ruoli specificano come si dovrebbero
comportare le persone che occupano certe posizioni all'interno del gruppo. Da
me che sono un giocatore e dal mio allenatore ci sia aspetta un
comportamento differente in base ai rispettivi ruoli che ricopriamo. Pur
ricoprendo gli stessi ruoli, inoltre, come quello da atleta, le aspettative
possono essere diverse e dettate da fattori come l'età o l'esperienza di gioco
maturata negli anni. Pertanto i ruoli e i comportamenti di un atleta minorenne
o comunque giovane saranno diversi da quelli di un atleta più maturo pur
giocando nella stessa squadra, in cui finalità e obiettivi sono praticamente
uguali.
32
Gruppo e decisioni
Il funzionamento di un gruppo può essere valutato dal modo in cui i
suoi membri risolvono i conflitti o le singole dispute. Più genericamente può
essere analizzato studiando il modo i cui si prendono le decisioni. Chi decide
chi deve battere un tiro di rigore? E' sempre l'allenatore che decide
l'esclusione di un uno o più elementi della squadra? Come si decide il
settebello titolare prima di una partita delicata? Quali i fattori che
determinano queste scelte?
In generale il prendere decisioni può essere definito come il tentativo
di combinare e di integrare le informazioni disponibili per scegliere uno di
differenti modi di agire. Il senso comune suggerisce che i gruppi siano
avvantaggiati rispetto ai singoli nei processi decisionali: un singolo individuo
può non conoscere alcune informazioni e giungere così a decisioni più
ponderate. E' questo il motivo per cui governi, multinazionali, unità militari e
squadre sportive tendono ad affidare le decisioni ad un gruppo invece che a
un singolo, ritenendo che il gruppo possa riunire le diverse abilità dei suoi
membri ed evitare soluzioni drammatiche sbagliate. Naturalmente questo
vantaggio del gruppo non è garantito in tutti i casi e la domanda principale
resta la seguente. Che cosa fa sì che a volte i gruppi prendano decisioni
cattive o disastrose?
33
Raggiungere una decisione
Le decisioni del gruppo devono riflettere e rispettare al massimo le
idee dei suoi membri. Quindi, i membri del gruppo devono prima informarsi
delle idee e delle opinioni degli altri riguardo all'argomento su cui devono
decidere. Poi, per prendere decisioni che riflettano le preferenze e le idee dei
membri interni, si applicano le regole delle decisioni sociali (Gigone e Hastie,
1993, 1997; Larson, Foster-Fishman e Franz, 1998; Stasser, Taylor e Hanna,
1989). Una regola ben nota è “la maggioranza vince”, cioè si opta per
qualsiasi posizione o decisione inizialmente sostenuta dalla maggioranza.
Questo può quindi valere come regola generale, ma cosa accade quando a
decidere deve essere lo spogliatoio?
Tolto il fatto che le convocazioni sono decise sulla base della settimana di
lavoro e fatte esclusivamente dall'allenatore, in alcuni casi, le persone più
mature, come il capitano o coloro che godono di una sfiducia totale da parte
dell'allenatore stesso possono essere sentiti o ascoltati, in via informale,
proprio durante la settimana di lavoro. Consigli e suggerimenti che i giocatori
stessi offrono liberamente al proprio allenatore. A volte sono i giocatori stessi
a lanciare delle provocazioni per valutare la reazione o meno dell'allenatore.
La cui risposta varietà in base all'esperienza e alla capacità di mostrarsi leader
all'interno della squadra, ovvero del gruppo. Ma cosa accade quando bisogna
decidere all'interno dello spogliatoio per valutazioni che non richiedono
34
obbligatoriamente l'intervento dell'allenatore? In questo caso potrebbero
valere le considerazioni di cui sopra: la maggioranza. Ma è sempre vero che
decide la maggioranza? No. Questo perché, molte volte all'interno di un
gruppo di 13/15 persone a decidere si può essere in due o tre. Sono gli
'anziani' ad obbligare i più giovani a seguire determinate regole di
adattamento e comportamento che possono influenzare non solo l'andamento
di una singola stagione, ma la crescita comportamentale e caratteriale del
singolo individuo, che in taluni casi, dimostrerà piena riconoscenza o
addirittura odio per le imposizioni volute da un singolo o da un ristretto
gruppetto di giocatori. E' in questo caso, ovvero quando chi deve subire la
decisione imposta decide di non obbedire, che si creano delle frizioni e delle
vere e proprie rotture all’interno dello spogliatoio che possono creare fratture
difficili da sanare e che possono compromettere l'intero lavoro quotidiano che
dovrà valutarsi durante le prestazioni di gara.
35
CAPITOLO 3
36
La Leadership
“Il talento individuale fa vincere la partita, la squadra fa vincere il
campionato”.4 Questa frase detta da uno dei giocatori di pallacanestro più
forti della storia (Michael Jordan ) e uno degli atleti più amati e premiati dello
Sport moderno, sintetizza al meglio diversi aspetti dello studio di questa tesi.
Una frase che molto si avvicina al concetto che un noto allenatore come
Pierluigi Formiconi soleva sottolineare durante l'arco della stagione. Ovvero,
che nel momento in cui il buon giocatore viene a mancare, è la squadra ad
uscire fuori. “Non è il singolo che fa la squadra, ma la squadra che forgia il
singolo”.5 Questo significa che avere dei talenti o campioni in squadra è sì un
valore aggiunto innegabile, ma non ci si può affidare al suo/loro talento per
puntare ad un risultato più incisivo che vada oltre la singola vittoria. Per
questo è importante il ruolo dell'allenatore, il gioco che riesce a dettare e
l'interpretazione che i singoli e il gruppo sono in grado di attuare. Quindi la
domanda è: “Che cosa fa sì che un gruppo funzioni bene?”. Il conformismo
(ovvero il cambiamento nel comportamento dovuto all'influenza, reale o
immaginaria degli altri – Kiesler e Kiesler 1969) tra i membri del gruppo può
spiegare il processo di consolidamento del gruppo stesso, ma non spiega il
fatto che un gruppo mantenga solidamente nel tempo il proprio benessere.
4
5
Cit. Michael Jordan
Cit. Pierluigi Formiconi
37
Per questo motivo si può sintetizzare che il funzionamento di un
gruppo dipende da:
Dalla capacità del leader;
Dalla capacità del gruppo di risolvere i conflitti che incontra (ad
esempio le discussioni tra compagni di squadra sulle ragioni di una
sconfitta o le discussioni tra gli atleti e le parti manageriale e
amministrativa della società, dei conflitti tra squadra e allenatore, etc.)
Dalla capacità dei componenti del gruppo di riprendere decisioni
vantaggiose per il gruppo nel suo complesso.
Anche se chiaramente distinti l'uno dall'altro, questi processi sono parte
di un insieme dinamico che si sviluppa e si modifica nel tempo e che
contribuisce al funzionamento del gruppo.
Facciamo un esempio: Secondo manuale un allenatore volutamente
tenta di insegnare ai suoi giocatori come risolvere i conflitti o prendere buone
decisioni in campo.
38
“In acqua ci siete voi, non certo io. Io vi posso insegnare tutti gli schemi che
volete, ma la situazione la dovete affrontare voi e a decidere tempi e modi
per finalizzare l'azione di gioco” 6
In questo modo, il leader influenza in maniera significativa la
soluzione dei conflitti e i processi decisionali del gruppo. Questo
naturalmente è valido e sacrosanto se l'allenatore è riuscito a conquistarsi la
fiducia dei singoli giocatori e della squadra. In caso contrario, qualsiasi
tentativo da parte dell'allenatore potrebbe rivelarsi, è proprio il caso di dirlo,
un vero e proprio buco nell'acqua.
Supponiamo quindi che l'allenatore abbia la fiducia del gruppo e che si
renda conto che dei conflitti presenti all'interno del gruppo o della sua scarsa
capacità di riprendere decisioni. Ciò lo porta immediatamente a cambiare
strategie, il modo di dirigere e anche gli obiettivi del gruppo. In questo caso il
leader è influenzato dalle particolari esperienze fatte nel gruppo, piuttosto che
il contrario.
La leadership è un concetto e forse il ruolo più importante che una
persona possa assumere nel gruppo, perché può fornire una guida ai membri
del gruppo su un gran numero di problemi, che vanno da come affrontare le
relazioni interpersonali all'interno del gruppo a come instillare certe idee
6
Cit. Pierluigi Formiconi
39
particolari tra i membri del gruppo, a come scegliere i comportamenti
necessari per raggiungere obiettivi e scopi comuni. Se rispettati tutti questi
passaggi, il leader può essere parte integrante del processo di formazione del
gruppo.
Funga da esempio in questo senso l'azione e il ruolo che può svolgere
una persona dotata di una sensibilità attenta, con un background culturale di
buon livello rispetto agli atleti più giovani che sono parte integrante e
fondamentale del gruppo. Ovvero, la base di oggi che costituirà il nucleo di
domani. Come spesso accade nello Sport, sia in squadre professioniste e in
parte anche non professioniste, la leadership viene assegnata a qualcuno per
motivi che spesso son indipendenti dai processi interni al gruppo stesso. Ad
esempio gli allenatori sono scelti da un club o da un'organizzazione sulla base
di criteri finanziari e attraverso negoziati lunghi e, spesso, segreti tra le parti
interessate.
Ora da un punto di vista teorico, indipendentemente dal modo in cui il
leader viene scelto, psicologi, storici, e studiosi di politica si sono chiesti
spesso quali siano le caratteristiche di una buona leadership.7 A meno che uno
non abbia certe qualità che lo rendano una persona in gamba, non può essere
un leader o comportarsi come se lo fosse. Un'affermazione che può sembrare
ovvia e che è alla base di una teoria esaminata e studiata attentamente e
7
Bass, 1997; Burns 1978; Chemers e Ayman, 1993; Hardy e Crace, 1997; Hollander, 1985
40
ripetutamente nel corso degli anni. Un buon leader, secondo ad esempio gli
psicologi sociali, è la persona giusta al momento giusto e nel posto giusto.
Un buon leader deve avere quindi delle specifiche qualità interpersonali ma
queste qualità significherebbero poco o nulla se il leader in realtà non sapesse
come affrontare il gruppo nel suo complesso o le situazioni specifiche che il
gruppo incontra quotidianamente.8
Per queste è necessario parlare di contingenza della leadership, teoria
che sottolinea sia l'importanza delle caratteristiche personali del leader sia le
caratteristiche delle situazioni che coinvolgono il leader e i membri del
gruppo. La teoria fa innanzi tutto una distinzione tra leader orientati al
compito e leader orientati alle relazioni. Secondo questa teoria il primo tipo
di leader è interessato soprattutto al lavoro che viene fatto, mentre i leader
orientati alle relazioni sono interessati principalmente a curare le relazioni tra
i membri del gruppo (quindi al fatto che si mantengano buone relazioni
interpersonali). Non è che uno di questi due tipi di leader sia sempre più
efficace dell'altro, ma sarà più adatto l'uno o l'altro a seconda della situazione,
più specificatamente a seconda della quantità di controllo e influenza che il
leader ha sul gruppo. Nello sport e nello specifico nella pallanuoto, queste
nozioni di massima si possono applicare non solo all'allenatore ma anche alla
leadership che un singolo atleta può avere all'interno della squadra.
8
Hollander, 1958; House, 1971; Vroom e Yetton, 1973
41
Dal punto di vista pratico e secondo la mia personale esperienza di
atleta vorrei esporre alcuni esempi con il tentativo di dare chiarezza ad un
quadro che non resti esclusivamente e puramente teorico. Se si è appena
arrivati in una nuova squadra, l'atteggiamento del singolo può essere in linea
generale, di apertura o chiusura. Spetterà all'allenatore e ai veterani della
squadra garantire e sostenere un buon inserimento dei nuovi arrivati con un
gruppo che magari lavora in modo puntuale da anni. In questo senso, la
bravura e l'intelligenza del nuovo arrivato è quella di adeguarsi ai nuovi ritmi
e sistemi di lavoro, mentre quella dei 'vecchi' è capire nel miglior modo
possibile le caratteristiche tecniche e psico-fisiche del nuovo compagno di
squadra. Una situazione che può diventare più difficile se il nuovo arrivato
non parla la lingua o proviene da una cultura diversa dalla nostra. La barriera
linguistica, infatti, può essere un ostacolo duro da superare anche per l'intera
stagione e per questo essere la causa di emarginazione del singolo o di due tre
e elementi dal resto della squadra e del gruppo, con il rischio che si creino
diversi gruppetti all'interno di quello che invece deve essere un gruppo
omogeneo e coeso, che si deve muovere con un unico obiettivo, solitamente
stabilito ad inizio stagione e che può cambiare durante il suo corso.
Nel senso comune vige la regola che il giocatore più forte sia anche il
leader. Prima è stato citato Micheal Jordan, grandissimo atleta con capacità
straordinarie e fuori dal comune. Le qualità di Jordan non si fermano solo
42
all'aspetto tecnico e atletico. Per anni, a detta di esperti e professionisti del
settore, il campione NBA è stato capace di trasmettere ai propri compagni di
squadra la capacità di essere molto concentrati durante una partita di basket.
Da aggiungere c'è che durante gli anni '90 del secolo scorso, i Chicago Bulls,
squadra da lui rappresentata, hanno vinto sei campionati NBA con Phil
Jackson allenatore, apprezzato per aver creato sempre squadre molto
armoniose e affiatate nonostante tutti i numerosi cambiamenti di giocatori
avvenuti all'interno della squadra.
In questo caso particolare possiamo parlare di due leader, ’fuori' e
'dentro' il campo. Questo di solito avviene quando l'allenatore è in grado di
percepire e capire di poter fare affidamento su un giocatore dalle qualità
eccezionali. Ma non è sempre detto che un ottimo atleta sia anche un ottimo
uomo e leader. Con questo vorrei sottolineare il fatto che le qualità umane e
caratteriali, in molti casi possono essere più importanti di quelle tecnico
tattiche. Un giocatore che vuole distinguersi e vuole essere quello che in
gergo si chiama 'prima donna' potrebbe rischiare di rimanere isolato dal
gruppo o volutamente auto-isolarsi, perché si ritiene superiore, mettendo al
servizio della squadra solo le sue capacità tecnico tattiche. Sfruttando quindi
la squadra per suoi fini personali, che possono essere mettersi in mostra agli
occhi di altri club, o della nazionale, o poter chiedere più soldi per l'anno
venturo. Sono tanti e tali le dinamiche individuali che devono muoversi e
43
combaciare per il raggiungimento della vittoria del gruppo che molte volte, il
confronto tra giocatori, tra giocatori e allenatore, tra squadra e manager
diventa necessario e ancora più importante dell'intero aspetto tecnico.
“Se voi non credete in quello che vi dico è inutile andare avanti, dovete
esserne convinti al 100 per cento. Se non lo siete fate domande e sono certo
che vi convincerete”. 9
Conosciuto per spiccata personalità e grande conoscenza tecnico-tattica
pallanuotistica, Formiconi, l'uomo che ha reso nota in Italia la pallanuoto
femminile portandola al successo in più occasioni, come nell'Olimpiade di
Atene 2004, ha guidato anche la nazionale maschile, non riuscendo a bissare i
traguardi ottenuti con il 'Setterosa'. Nella sua lunga carriera come allenatore
ha inoltre guidato numerosi club sia maschili che femminili. In questa sua
affermazione si nasconde una verità assoluta. Se io giocatore non credessi ai
metodi di allenamento o tattici che il mio allenatore vuole impostare, si
creerebbero delle distanze che alla lunga non possono far altro che logorare il
rapporto con l'allenatore, tra giocatori e del gruppo stesso. Per questo motivo
diventa importante, se non fondamentale, il confronto e il dialogo continuo tra
giocatori e con il proprio allenatore per meglio dare una linea di gioco e di
pensiero alla squadra. Il non rispetto dei ruoli di uno solo dei giocatori può far
9
Cit. Pierluigi Formiconi
44
saltare l'intero ingranaggio. Fondamentale diventa la leadership dell'allenatore
nel saper gestire un parco atleti di grandi capacità e caratteristiche caratteriali
comunque diverse e già formate. Non è detto, infatti, che il leader cui
l'allenatore faccia affidamento sia riconosciuto dal resto del gruppo o che
magari due o tre giocatori si sentano essi stessi leader perché tecnicamente
dotati. A quel punto diventa fondamentale la comunione di intenti e obiettivi,
dove ognuno gioca non solo per se stesso, ma per gli altri e per la squadra
tutta. Pertanto, anche colui che ricopre il ruolo di attaccante puro rinuncerà
alla fase offensiva se capisce che in un preciso momento della gara ci sarà
bisogno del suo apporto in chiave difensiva. Il buon leader e il buon
allenatore sanno inoltre riconoscere quando sfruttare dei 'momenti magici' di
alcuni gregari o seconde linee, dando loro il massimo spazio. Anche se questo
significa mettere da parte le prime linee e sfruttare al meglio la 'giornata di
grazia' di uno o più giocatori. Insomma, quello che una persona al di fuori
dell'ambito sportivo farebbe per la persona amata o per un amico. Ma in una
squadra di tredici persone non si può pretendere che tutti siano amici gli uni
con gli altri, dove l'allenatore, per quanto simpatico e versatile, resta
comunque una figura autoritaria voluta e scelta dalla parte manageriale e non
dal gruppo di giocatori. Superati i trent'anni, inoltre, possono subentrare
difficoltà di età con i ragazzi di 10/15 anni più giovani. L'approccio verso
ragazzi più o meno timorosi, tatticamente poco preparati, più o meno educati,
diventa fondamentale. Per questo il leader e l'allenatore hanno bisogno di
45
quello che spesso viene definito in gergo come il gruppo dei 'vecchi'. Ovvero
un gruppo all'interno della squadra che si relaziona e si rapporta con i più
giovani a seconda del momento e delle situazioni. Spesso ci si trova in
situazioni in cui due giovani di 16/17 anni e che si allenino insieme da oltre
sei anni insieme abbiano caratteri completamente diversi. Catapultati in prima
squadra potrebbero rivelare aspetti del proprio carattere sconosciuti ad
entrambe.
E' proprio in questi frangenti che diventa importante anche il substrato
culturale e familiare e la motivazione che spinge i singoli atleti a praticare
quel particolare sport. A questo si aggiunge infine la capacità dei più 'vecchi'
di sapersi relazionare con loro. In questo senso frasi come questa - “C'è
sempre da imparare” - note e ripetute fino al punto da perdere quasi la loro
reale efficacia, acquistano in ambito sportivo e per la 'gente di sport' una
valenza pratica, reale e non solo teorica.
46
CAPITOLO 4
47
Doping
Con il termine doping ci si riferisce all'assunzione da parte di sportivi
di determinate sostanze che hanno l'effetto di migliorare la condizione fisica o
mentale, e quindi la prestazione.
La definizione precisa di doping proposta dal Comitato Internazionale
Olimpico (CIO) è: “ la somministrazione o l'uso di sostanze esogene in
quantità inusuali o con metodi inusuali per individuo sano, con lo scopo
esclusivo di raggiungere un miglioramento artificiale alla prestazione in
competizioni”. Questa pratica è vietata in ambito sportivo e il CIO ha stilato
una lista di classi di sostanze e metodi proibiti e di sostanze soggette a
restrizione, ovvero che possono essere assunte solo con una notifica scritta del
medico alla federazione di competenza e solo con determinati metodi.
Secondo la legislazione italiana, in base all'art. 1 della Legge 14
dicembre 2000, n. 376 che disciplina in Italia la tutela sanitaria delle attività
sportive e della lotta contro il doping, “costituiscono doping la
somministrazione o l'assunzione o la somministrazione di farmaci o di
sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l´adozione o la
sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche e
idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo al
fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti”.
48
Il doping è quindi considerato un reato penale, punito fino a tre anni di
reclusione (che possono diventare di più se insorgono danni effettivi per la
salute), se ad essere indotto ad assumere sostanze vietate per doping è un
minorenne o se, a distribuire le sostanze, è un dipendente del CONI. Solo in
presenza di condizioni patologiche dell'atleta documentate e certificate da un
medico e verificata l´assenza di pericoli per la salute, è consentito un
trattamento specifico con sostanze vietate per doping e la possibilità di
partecipare ugualmente alla competizione sportiva. Ma anche in questo caso il
trattamento deve rispondere a specifiche esigenze terapeutiche e la
documentazione deve essere conservata e tenuta sempre a disposizione
dall'atleta. Il controllo anti-doping vero e proprio sulle competizioni e sulle
attività sportive spetta ad alcuni laboratori accreditati dal Comitato
Internazionale Olimpico (CIO).
La lista delle sostanze biologicamente e farmacologicamente attive che
circolano negli spogliatoi e nelle palestre è molto lunga, ma si possono
raggruppare in tre categorie principali:
1. I farmaci non vietati per doping, ma utilizzati per scopi diversi da
quelli autorizzati,
2. I farmaci vietati per doping,
49
3. Gli integratori, ovvero i prodotti salutistici, vale a dire tutti quei
prodotti che servono a reintegrare eventuali perdite di macro e
micronutrienti (sali, aminoacidi, vitamine).
Per quanto riguarda l'impiego di farmaci al di fuori delle indicazioni
per le quali sono stati sintetizzati, è opportuno ricordare che la loro
somministrazione a persone non malate è sempre pericolosa in quanto priva di
finalità terapeutica, scopo fondamentale di un medicamento. Tra i farmaci più
usati gli antinfiammatori non steroidei, gli integratori e i prodotti erboristici o
omeopatici. Come effetti negativi possibili la comparsa di gravi reazioni
avverse. Tra i farmaci vietati per doping, l’Eritropoietina (EPO) e i suoi
derivati, gli anabolizzanti e gli stimolanti.
50
Cenni storici
Gli atleti fanno uso di sostanze esogene da secoli per il miglioramento
della prestazione da secoli. Per fare solo alcuni esempi, da alcuni scritti di
Platone è possibile supporre che i premi destinati ai vincitori delle
competizioni olimpiche fossero molto consistenti, spesso prossimi ai 500mila
euro attuali. L'evento del professionismo e di forti interessi commerciali portò
velocemente alla comparsa di sotterfugi e corruzione. Dagli scritti dell'epoca è
possibile dedurre come gli atleti ingerissero ogni sorta di preparato in grado di
potenziare le prestazioni atletiche, principalmente estratti di funghi e semi.
Contestualmente alle interferenze politiche fu proprio la profonda corruzione
a decretare la fine delle Olimpiadi antiche. Anche nella cultura romana lo
sport rivestì un ruolo fondamentale nella società; tuttavia le attività sportive
differivano alquanto da quelle delle antiche Olimpiadi greche. Gli spettatori
romani erano più attratti dalle gare di bighe o dai combattimenti dei gladiatori
che dalle gare di atletica; per questo motivo le più comuni pratiche illecite si
riferivano alla somministrazione di miscele stimolanti ai cavalli e di sostanze
allucinogene ai gladiatori.
Tornando al XX secolo, l'attenzione sull'uso di sostanze esogene per il
miglioramento della prestazione si è diffusa nei primi anni '50. Dopo una
visita ai campionati mondiali del 1956, il Dr. Ziegler documentò negli Stati
Uniti l'uso di parte della squadra sovietica di sollevamento pesi di steroidi
51
anabolizzanti allo scopo di favorire un miglioramento delle prestazioni
atletiche, ma sappiamo che body builders americani della West Coast
assumevano steroidi anabolizzanti già nel 1940. Negli anni '60 i media
cominciarono a dedicare attenzione al problema, pubblicando informazioni
aneddotiche sulla morte di due ciclisti professionisti, il danese Knut Jensen e
l'inlgese Tommy Simpson, il cui decesso fu associato all'uso di anfetamine. In
quegli anni si è cominciato ad assistere alla diffusione delle sostanze
cosiddette dopanti, dapprima negli sport dove occorre forza esplosiva,
dall'atletica leggera al football, e successivamente agli sport di resistenza
come il nuoto e il fondo.
In seguito alla crescente diffusione del doping e al verificarsi di
incidenti mortali legati all'uso di sostanze proibite, nel 1967 il CIO ha
costituito una commissione medica e ha identificato una prima lista di
sostanze proibite. Nel 1972 anche la Federazione Internazionale Atletica
Amatoriale (IAAF) ha formato una commissione medica e introdotto le
analisi delle urine come misura preventiva. Queste analisi permettevano0
unicamente uno screening per le sostanze stimolanti. A partire dal 1974 i
controlli vennero estesi allo screening delle sostanze anabolizzanti e nel 1976
otto atleti risultarono positivi ai controlli alle Olimpiadi di Montreal (Canada).
Da quel momento in poi si è assistito al miglioramento delle procedure per
l'identificazione di sostanze dopanti, e, parallelamente, a un'evoluzione delle
metodiche di doping. Spesso le seconde risultano più evolute delle prime, con
52
il risultato che talvolta i controlli si riferiscono a procedure di doping ormai
superate o che, insieme alla sostanza ad azione dopante, all'atleta venga
consigliato di assumere altre sostanze che gli permettono di mantenere i suoi
valori fisiologici al di sotto delle soglie critiche oltre le quali scatterebbero
sanzioni o squalifiche.
Ma può l'utilizzo del doping essere riconducibile esclusivamente al
concetto di guadagno, di profitto? Sinceramente, dopo anni di attività
agonistica mi sento di rispondere: “Non solo”. Certo il profitto, i guadagni, le
pressioni degli sponsor e delle società stesse e l'idea di un risultato da ottenere
in modo veloce e immediato, figlio di una società che tutto brucia e consuma
ci ha indotto e portato ad utilizzare sostanze esogene, anche senza esserne
realmente consapevoli. Di fondo, però, l'atleta, al di là di un guadagno
immediato e di una fama che lo potrebbe portare sul tetto del mondo cerca, in
molti casi, fama e gloria, più che un solo, esclusivo e mero ritorno economico.
A volte, e questo è il caso di molti, si è disposti a fare di tutto pur di giocare
una partita. E la partita non deve essere per forza la finale del Campionato del
Mondo.
In alcuni casi, come è stato quello di Benjamin Sinclair 'Ben' Johnson
Jr., uno dei primi casi eclatanti di doping, non erano solo i soldi a muovere la
volontà del corridore giamaicano a vincere. Ma anche la volontà di essere
53
presenti e vincenti a tutti i costi. Ai Giochi olimpici di Seul del 1988, Ben
vinse la finale dei 100 metri piani stabilendo il nuovo record del mondo con il
tempo di 9"79, ma tre giorni dopo i risultati dei test antidoping lo rivelarono
positivo, fu quindi squalificato con il conseguente annullamento della vittoria
e del record. Come confessò anni più tardi, disse di esser stato preso perché
abusò di sostanze con il solo scopo di recuperare in fretta da un infortunio che
gli avrebbe potuto chiudere le porte alla partecipazione olimpica. E comunque
per stare al passo dei grandi. Ammise inoltre di aver utilizzato sostanze
dopanti quando ottenne il record mondiale nel 1987, per cui la IAAF cancellò
dai suoi annali anche quella prestazione. Ma Johnson e centinaia di altri atleti
si sono a lungo lamentati di aver dovuto assumere sostanze dopanti per
raggiungere le prestazioni degli altri atleti più forti con i quali dovevano
gareggiare e che facevano anch'essi uso di queste sostanze.
Queste affermazioni hanno assunto una luce veritiera in seguito agli
sviluppi e alle rivelazioni dal 1988 in poi. Quattro dei cinque migliori atleti
sui 100 metri, Johnson incluso, sono stati prima o poi trovati positivi a
sostanze dopanti in un momento della loro carriera. Essi sono: Carl Lewis, a
cui venne assegnata la medaglia d'oro; Linford Christie che ottenne la
medaglia d'argento, e Calvin Smith che ottenne il bronzo. Di questi,
solamente Johnson fu costretto a rinunciare ai suoi record e alle sue medaglie,
sebbene sia stato anche l'unico trovato positivo o che abbia ammesso la
54
positività durante un evento che metteva in palio una medaglia. In seguito
Christie fu squalificato per uso di steroidi. Secondo dei documenti pubblicati
nel 2003 da un ex ufficiale anziano dell'antidoping USA, il dottor Wade
Exum, Carl Lewis e due suoi compagni di allenamento assunsero gli stessi tre
tipi di stimolanti proibiti (trovati tra le medicine vendute sottobanco) e furono
scoperti ai trials USA del 1988, cioè nella gara utilizzata per selezionare gli
atleti che parteciperanno alle Olimpiadi o a un grande evento. Questo breve
ricordo storico la dice lunga anche sugli interessi che muovono atleti, società,
nazioni (ricordiamoci che siamo ancora alla fine della guerra fredda), case
farmaceutiche e multinazionali in genere.
Con il passare del tempo, l'opinione pubblica ha sempre più dovuto
fare i conti con il doping e la sua lotta fino ai tristi giorni che hanno visto in
manette ciclisti, medici e dirigenti di società ciclistiche da parte della
gendarmerie francese. Ricordo ancora i commenti più comuni di allora: “Era
ovvio a tutti che si dopassero, come si può correre in bici per sei ore di
seguito e fare una media di 200 km al giorno per due settimane?”. In effetti, la
domanda è giusta. Ma l'altra domanda dovrebbe essere: “Perché siamo arrivati
a questo punto?” “Chi vuole tutto questo?”
Comunemente, tra i non atleti e chi non conosce il mondo dello sport,
si è portati a pensare che utilizzare sostanze dopanti, significa ridurre la fatica
55
dell'allenamento. Assolutamente falso. Anzi, l'utilizzo di alcune sostanze,
soprattutto prodotti che inducono la produzione di globuli rossi nel sangue
con la sola stimolazione del midollo osseo senza quindi partire da una
reazione chimica artificiale, richiedono un corretto allenamento e un impegno
costante e metodico affinché l'alterazione dei propri valori del sangue non
risulti in un eventuale controllo antidoping che in alcuni sport richiede oggi
un doppio controllo incrociato sangue/urina. Famose sono oramai le
testimonianze che vogliono sciatori austriaci pedalare di notte sulle cyclette
per smaltire le sostanze in eccesso o le trasfusioni di sacche di sangue di
calciatori e ciclisti, trattati ormai come dei veri e propri criminali. Da una
parte le società che prima spingono il proprio associato ad abusare e poi lo
licenziano in caso di positività al test. Test che in molti casi, come negli sport
considerati minori come la pallanuoto vengono ripetuti in maniera non
sistematica e talmente sporadica da risultare, almeno ai miei occhi e a quelli
di molti miei compagni ed ex compagni di squadra, in uno sperpero di denaro
pubblico con il solo obiettivo di realizzare libri statistici che vanno poi a
riempire gli scaffali impolverati dei nostri dicasteri.
In questo senso portare in questa sede un'esperienza vissuta in prima
persona potrà servire come esempio di quanto detto sopra.
56
Al termine della prima metà di gara, il mio numero viene sorteggiato
davanti agli occhi di testimoni e arbitro per il controllo che avverrà a fine
gara. Due giocatori per squadra. Sarà l'unico controllo cui la mia squadra
verrà sottoposta in tutto l'arco del campionato, ovvero 22 partite. Nell'attesa
che abbia uno stimolo, decido di scambiare quattro chiacchiere con il medico,
assistito da un secondo delegato amministrativo, per scoprire che quel
controllo non viene effettuato né dal CONI (troppo impegnato forse a
rincorrere ciclisti e calciatori), né dalla nostra Federazione (FIN –
Federazione Italiana Nuoto), secondo molti a corto di fondi e soldi,
soprattutto dopo la faraonica edizione dei Campionati del Mondo di nuoto
tenutisi a Roma nel 2009. Ironia e luoghi comuni a parte non un controllo dei
due enti principali chiamati a vigilare che noi atleti non facessimo uso di
sostanze dopanti, ma una commissione medica del nostro caro Ministero della
Salute. “E come mai tutto questo interesse” fu la mia domanda? “Statistiche”,
mi rispose il medico. A volte, infatti, non importa combattere il doping, ma
capire cosa si utilizza, in che attività sportive e a che età. Ricerche e
statistiche per arrivare a capire che solo il 3 per cento dei controllati dal
Ministero della Salute risultano positivi. Di questi, inoltre, solo una minima
percentuale utilizza sostanze che realmente alterano la prestazione come
ormoni della crescita o stimolatori di globuli rossi.
“La maggior parte – infatti - viene beccata per aver fumato derivanti da THC
(Hashish e Marijuana) o aver inalato cocaina”. Oltre 600 euro per ogni
57
controllo per capire che siamo una società che anche nello sport fa uso di
Hashish, Marijuana e Cocaina. Sostanze che anche per chiara e amichevole
ammissione del medico “altererebbero semmai la prestazione in negativo”.
Non male come risultato, visto che il fine ultimo dovrebbe essere quello della
lotta al doping.
58
Una lotta impari
Alla luce degli ultimi scandali che hanno sconvolto il mondo di calcio
e ciclismo mi sentirei di dire semplicemente e tranquillamente di no. In questi
ultimi anni, le scoperte fatte nei magazzini e negli spogliatoi di società
calcistiche e ciclistiche sia di professionisti che dilettanti hanno messo in
evidenza un'evoluzione tecnologico-scientifica nella realizzazione di sostanze
esogene atte ad alterare la prestazione sportiva che non ha precedenti. Stando
anche alle conferme ed affermazioni rilasciate anche dagli alti organi medici
di organizzazioni internazionali, la ricerca sullo sviluppo di sostanze dopanti
è avanti mediamente di dieci anni rispetto ai metodi di ricerca degli organi di
controllo. Ricerca che quindi si muove nei canali sotterranei delle industrie
farmaceutiche e anche per questo non aspetta di provare e testare il prodotto
come avverrebbe per un farmaco. Il test viene eseguito direttamente sulla
pelle degli atleti che protetti dalla giovane età e da un corpo perfetto si
reputano invincibili. Solo dopo anni, quando ormai dimenticati da tutto e da
tutto, sono spesso costretti ad affrontare il male che deriva dall'abuso di
farmaci mai clinicamente testati e da ore di duro lavoro e fatica che ne hanno
alterato anche le più normali funzioni vitali. Sapevate ad esempio che il cuore
di un nuotatore di livello internazionale riesce a raggiungere un battito
cardiaco anche di quaranta pulsazioni al minuto in stato di riposo? Senza
andare oltre, visto che non è tema di questa trattazione, mi basta sottolineare
59
che quel cuore un giorno dovrà tornare a pulsare sui 58/60 battiti al minuto.
Pensate che questo continuo sali e scendi non provochi scompensi? Ma
soprattutto, pensate che arrivare a delle pulsazioni così basse sia solo effetto
di un duro e sano allenamento? Sbagliato, come pensare che lo Sport praticato
a livello agonistico faccia solo del Bene!
Alterazioni delle prestazioni, farmaci, allenamento duro e quotidiano,
controlli e soldi. In un’unica parola doping e lotta al doping. In sintesi
controlli e test, che però, come è emerso in passato non venivano neanche
effettuati.
Ricordate lo scandalo dei laboratori dell'Acqua Acetosa? Quando i
controlli non venivano neanche effettuati? Un po' per risparmiare o perché il
telefono squillava e qualcuno diceva chiudere un occhio. All'epoca, quando il
caso scoppiò facendo tremare il palazzo, il presidente del CONI era Mario
Pescante. Infatti, eletto nel 1993, rimase in tale incarico fino alle dimissioni
avvenute il 13 ottobre 1998 a seguito proprio dello scandalo che travolse il
laboratorio antidoping dell'Acqua Acetosa. Lo stesso Mario Pescante che il 9
ottobre 2009 è stato eletto vicepresidente del CIO, organizzazione non
governativa creata da Pierre de Coubertin nel 1894, per far rinascere i Giochi
olimpici della Grecia antica attraverso un evento sportivo quadriennale dove
gli atleti di tutti i paesi potessero competere fra loro. Evidentemente il buon
60
lavoro come presidente in Italia, quando la lotta al doping si rivelò una truffa
colossale ha fatto i suoi effetti e Pescante è stato degnamente ripagato e
onorato di far parte di una delle organizzazioni più note e antiche della storia
moderna. Che vinca il migliore!
61
Doping – alcune conclusioni
In conclusione, il primo elemento che emerge da questa breve e
personale analisi è che il problema del doping nella pratica sportiva è
sufficientemente complesso da non poter essere affrontato semplicemente
attraverso campagne educative basate sulla diffusione di conoscenze sui
talvolta drammatici effetti collaterali a lungo termine; queste, infatti,
dimostrarono di avere effetti solo marginali sulla diffusione del fenomeno.
Altri elementi su cui si basano gli atteggiamenti nei confronti del doping
sembrano risiedere nella possibilità che questa metodica offre di superare i
propri limiti fisici e prestazionali. Questo è coerente con un'idea di sport 'No
Limits' che, nonstante sia lontanissima dai principi ispiratori dell'Olimpismo
formulati da Pierre De Coubertin, sembra essere stata incorporata dagli
sportivi di altissimo livello amatoriale, e c'è da notare che alcune campagna
antidoping condotte da associazioni per la diffusione dello sport per tutti si
basano proprio su un'enfatizzazione degli aspetti ludici e sociali dell'attività
sportiva,10 più che su quelli legati alla competizione con se stessi e con gli
altri. Efficaci campagne antidoping dovrebbero poi tenere conto del ruolo
delle norme sociali nella formazione delle intenzioni di azione e del
comportamento stesso. In questo senso c'è anche da notare che mentre viene
10
Porro, PROGETTO DI RICERCA - MODELLO A Anno 2008 - prot. 2008BS7BA7 'La pratica
sportiva nella UE come nuovo diritto di cittadinanza e come sensore del mutamento culturale'
62
spesso sottolineato (anche a livello mass mediatico) il ruolo di allenatori,
compagni di squadra o altri nel processo di avvicinamento dello sportivo
verso l'assunzione di sostanze dopanti, più raramente si enfatizza la possibilità
di usare il contesto sociale in cui l'atleta è inserito come uno spazio in cui
incoraggiare e rinforzare le ragioni per non fare uso di sostanze dopanti, o di
spingere l'atleta verso l'acquisizione di capacità decisionali basate
maggiormente sulle proprie motivazioni endogene piuttosto che su processi
guidati dall'esterno. Infine c'è da notare che molti studi indicano, tra i fattori
che possono ostacolare l'assunzione di sostanze dopanti, il timore di essere
scoperti. Su questa base si potrebbe concludere che il deterrente più efficace
nella lotta al doping sia rappresentato dai controlli. Ma abbiamo anche visto
come, soprattutto in alcuni sport come la pallanuoto questi controlli vengano
eseguiti. Questo sottolinea il fatto che i controlli non possono e non devono
costituire la e rappresentare l'aspetto centrale di una vera lotta al doping per
almeno tre ragioni:
1. I controlli, se non altro per ragioni di costo economico, possono
ragionevolmente essere effettuati unicamente su sportivi e atleti
impegnati in competizioni di alto livello, mentre il fenomeno è
chiaramente diffuso anche a livello amatoriale.
63
2. Impostare la lotta al doping esclusivamente sulle procedure di
controllo rischia di enfatizzare ulteriormente l'aspetto di rincorsa
infinita tra il miglioramento nelle procedure di controllo e l'evoluzione
di sfuggire ai controlli stessi.
3. Centrare le campagne antidoping unicamente sull'aspetto dei controlli
rischia di rinforzare la percezione degli sportivi che la scelta di
assumere
o
non
assumere
sostanze
dopanti
debba
basarsi
principalmente su motivazioni esogene (la paura che altri facciano i
controlli, i consigli dell'allenatore, della dirigenza sportiva, dei
compagni di squadra, del medico) piuttosto che su processi guidati
dall'individuo come primo responsabile delle proprie scelte in materia
di promozione della salute.
64
CAPITOLO 5
65
Impegno e costanza
“Se solo si fosse impegnato di più…” una frase che sembra ricorrere
ripetutamente sia nel mondo scolastico che in quello sportivo. Una frase detta
molte volte con tono di rammarico da allenatori soprattutto delle squadre
giovanili visto che in ambito di prima squadra, sia a livello professionistico
che dilettantistico i giocatori percepiscono un compenso monetario che nel
secondo caso equivale ad un rimborso spese. Questo significa che il non
impegno equivale all'essere estromessi dalla squadra o non essere
semplicemente convocati per la gara/partita. Sebbene sembri generica e
retorica, questa frase mette in luce il ruolo svolto da uno dei due fattori che
determinano la riuscita in un'attività, e cioè l'impegno e la costanza nel lavoro.
Sentirsi impegnati in un'attività significa essere consapevoli che la
propria motivazione e la propria concentrazione sono orientate al
raggiungimento di mete specifiche. Già il bambino che gioca a calcio con gli
amici sa che cosa vuole da quella situazione e s'impegna per raggiungerla. Il
suo impegno sarà, quindi, in funzione della sua motivazione, per cui se il suo
obiettivo è di primeggiare, cercherà di mostrare sul campo le sue competenze
calcistiche e il suo sforzo sarà orientato in questa direzione. Diverso è invece
l'impegno del giovane il cui obiettivo è di stare con gli amici e di far parte del
gruppo; in questo caso il suo impegno sarà principalmente orientato a stabilire
una rete di rapporti sociali positivi e per lui gratificanti. Appare pertanto
66
chiaro che, indipendentemente dagli obiettivi che si vogliono perseguire,
questi vengono raggiunti solo da chi s'impegna in quella direzione. Oggi poi,
sembra sempre più difficile trovare ragazzi/e che dedichino gran parte del loro
tempo e voglia ad un'attività sportiva che in fondo ha molto da offrire in
termine valoriale e sociale e poco dal punto di vista economico. Oggi anche i
ragazzi delle squadre giovanili affrontano già in età adolescenziale discorsi
legati all'aspetto economico, a potenziali retribuzioni senza però valutare cosa
riusciranno ad aver in cambio del loro impegno in termini esperienziali. E la
domanda, oggi più che mai è questa: Perché un ragazzo di 13/14 anni
dovrebbe dedicare tre o quattro ore del suo tempo ad uno sport che forse non
lo ripagherà mai, dal punto di vista economico, del suo impegno e sforzo
quotidiano? Dopo vent'anni potrei fornire mille e una risposta, ma vorrei solo
sottolineare che la sensazione che si prova a raggiungere un risultato positivo
o ad affrontare una sconfitta, superandone la delusione da soli e con la propria
squadra non ha alcun prezzo e non potrà mai essere monetizzato. Una
semplice pacca sulla spalla di un compagno di squadra, un complimento del
proprio allenatore, o l'applauso degli spettatori ad una vittoria sono sufficienti
per ripagare anni di fatica condivisa con compagni che mi hanno aiutato a
comprendere, a capire, a scontrarmi e a confrontarmi, prima con me stesso e
poi con gli altri, compagni e avversari compresi. In poche parole che mi
hanno aiutato a crescere e diventare la persona che sono oggi.
67
Talento vs Impegno
Naturalmente la rilevanza dell'impegno emerge anche in relazione allo
sport di vertice, in cui è stato ampiamente dimostrato che non è affatto
sufficiente possedere del talento per raggiungere livelli di eccellenza, a meno
che non ti chiami Diego Armando Maradona. Ma proprio questo classico
esempio che si fa in ambito sportivo tende a dimostrare che come lui, con un
talento innato e una struttura fisica e muscolare fuori dal comune ne nascono
uno ogni cento anni.
La storia dello Sport e quindi anche della Pallanuoto è costellata di
eterne promesse, che non sono mai riuscite a raggiungere quei livelli che le
loro capacità atletiche sembravano rendere accessibili. Se fra gli stessi
operatori sportivi ci può essere discordanza nell'identificare le componenti
fisiche del campione, non c'è invece alcun dubbio quando si parla di capacità
psicologiche. Tutti attribuiscono alla fiducia n se stessi e all'impegno una
rilevanza fondamentale nel favorire il raggiungimento di prestazioni di valore
assoluto: per eccellere bisogna dedicarsi in maniera quasi totale a quell'attività
e sviluppare l'autocontrollo allo scopo di fornire prestazioni ottimali in
circostante d'intensa pressione competitiva.
Può sembrare addirittura troppo ovvio sostenere il valore dell'impegno,
ma per eccellere in un'attività bisogna, per prima cosa, cominciare con
68
l'impegnarsi. Certamente non basta fare del proprio meglio per avere
successo, altrimenti già sarei campione del mondo. Ma è evidente che la
mancanza d'impegno non consenta di sviluppare il proprio potenziale.
Nel mondo manageriale e nell'attuale era digitale chi non conosce Bill
Gates? Beh in molte interviste ha sempre sottolineato che ciò che lo ha
contraddistinto è lavorare sempre dieci minuti in più degli altri. Se trasliamo
questa affermazione nel mondo dello Sport la ritroviamo sulla bocca di molti
atleti e campioni di fama mondiale. “Mollo un attimo dopo gli altri”, “Mi
alleno duramente e più a lungo”, “Voglio fare sempre di più”.
Naturalmente l'impegno è solo una delle caratteristiche che un atleta
deve possedere per poter emergere o comunque per realizzare i propri
obiettivi personali. In generale, anche in base a ricerche compiute sul campo,
gli elementi fondamentali che caratterizzano giocatori poi entrati nel
professionismo sono i seguenti: desiderio di riuscire, determinazione,
attitudine e auto motivazione. Inoltre, dare alla carriera sportiva la priorità
principale, mantenere un'elevata stima di sé, cercare costantemente di
migliorare e fornire il massimo dell'impegno costituiscono gli indicatori del
tipo di impegno necessario per avere successo. Il talento aiuta, ma il lavoro
costante ti struttura e ti consegna un metodo sui cui l'atleta dovrà lavorare per
migliorare ogni aspetto dello sport che pratica. Nel mio caso, tecnica
individuale, tattica di gioco, velocità, resistenza e soprattutto un pizzico di
intelligenza e rapidità, qualità sempre utili, non solo in ambito sportivo.
69
A mio modesto avviso, una delle prime domande che un giovane atleta
dovrebbe porsi è la seguente: “Quanto è importante per me lo sport che
pratico?” Devo confessare che è una domanda che mi sono posto nel corso
degli anni più e più volte e non sempre la risposta è stata sempre uguale.
Oggi, ad esempio, a voler essere onesti, la pallanuoto è una parte importante
della mia vita. Ma all'età di 34 anni e con i migliori risultati che avrei potuto
conseguire già ottenuti, ritengo che sia importante per continuare a praticare
un'attività sportiva che mi piace, condividendo tempo e valori con compagni
di età diverse e differenti. I soldi, anche hanno la loro parte e il contributo
annuale certo è qualcosa che fa comodo. Insomma, una serie di considerazioni
che cambiano in base al tempo e all'impegno.
Di seguito vorrei riportare ulteriori affermazioni che possono servire
agli atleti come spunti di riflessione per prevedere e comprendere quanto sono
disposti a impegnarsi:
Sono pronto a mettere in secondo piano alcune cose anche importanti
della mia vita per riuscire come sportivo.
Mi impegno molto per migliorare le mie abilità.
Mi piace gareggiare e vincere.
Mi impegno a valutare in maniera costruttiva le mie prestazioni e i
miei risultati.
70
Assumo le responsabilità dei miei errori.
In ogni allenamento cerco di dare il massimo e di essere soddisfatto.
Mi piace imparare tecniche nuove.
Considero gli errori delle opportunità di miglioramento e non qualcosa
da nascondere a me stesso.
71
Accettare i propri limiti
La pazienza è un'altra caratteristica strettamente correlata all'impegno.
Facilita la costanza e la scrupolosità dell'impegno; al contrario, l'impazienza
ostacola fortemente il raggiungimento degli obiettivi. Infatti, gli individui
eccessivamente reattivi non accettano di migliorare poco alla volta, perché
vorrebbero imparare più rapidamente e con poca fatica, hanno difficoltà ad
imparare dagli errori che attribuiscono con più facilità a situazioni sfortunate
o al desiderio degli altri di farli sbagliare. Al contrario, l'uso della pazienza
consente di spendere in maniera efficace la propria energia psicologica e di
lavorare al raggiungimento delle proprie mete focalizzandosi sui compiti da
svolgere. Quando si pensa troppo al futuro occupando la mente, ad esempio,
con il pensiero della prossima gara/partita, è facile diventare eccessivamente
preoccupati e di conseguenza nervosi e tesi, immaginando quello che
potrebbe accadere e come si reagirà alle situazioni critiche. La mente
dedicherà così, meno attenzione a cosa bisogna fare per prepararsi alla
competizione e sarà invece eccessivamente proiettata sulla prestazione futura.
La pazienza è, invece, una delle chiavi per restare focalizzati sul presente e
per costruire l'efficacia della prestazione partendo dalla concentrazione sui
compiti che devono essere svolti ora. In tal modo, come atleta, è come se
guidassi me stesso attraverso la realizzazione di quanto devo fare sino al
momento in cui avrà inizio la partita e, avendo sviluppato un'attenzione
72
costante al presente potrò continuare a mantenere lo stesso tipo di
focalizzazione anche durante la gara.
La pazienza, più di ogni altra cosa, mi ha aiutato e aiuta l'atleta in
genere ad accettare i propri limiti e di poter lavorarci sopra per poterli poi
superare. Nella pallanuoto e nello Sport in genere, è importante essere
consapevoli che il miglioramento è graduale e dipende in larga parte dal
desiderio d'impegnarsi in quest'attività. Ogni giovane, pur avendo il diritto di
sognare di vincere una medaglia alle Olimpiadi, deve sapere che per avere
qualche probabilità di migliorare le sue prestazioni deve pensare in piccolo,
agendo per dare il meglio che vuole dare in ogni singolo allenamento e
dialogando con l'allenatore.
Voglio che quando usciate dalla vasca facciate uno sbocco di sangue. Al
termine di ogni allenamento o partita, dovete essere stanchi, esausti, sfiniti.
Non dovete avere neanche la forza per respirare. Se doveste perdere, ma
con la consapevolezza di aver dato tutto, il massimo, si po' accettare e
lavorare con più armonia sulla sconfitta. Se invece doveste perdere sapendo
di non aver dato il massimo passerete l'intera settimana a pensare agli
errori fatti con il rischio di non rimanere concentrati per il prossimo
impegno.11
11
Cit. Pierluigi Formiconi
73
Questa frase, che Formiconi ed altri allenatori sono soliti ripetere con
più o meno veemenza, spiega i concetti teorici fino ad ora espressi. Tradotto
in termini pratici, quindi, significa darsi il tempo necessario a raggiungere le
mete prefissate, senza mettersi troppa pressione addosso, senza crearsi
aspettative irrealistiche, concentrandosi sul proprio miglioramento e non su
quello degli altri e, soprattutto, agendo ogni giorno per soddisfare quei piccoli
obiettivi di miglioramento che permettono di continuare a coltivare i propri
sogni.
La competizione sportiva è una situazione in cui il singolo atleta deve
fornire la sua prestazione migliore attraverso il confronto con altri atleti che
hanno il suo obiettivo. Inoltre, minore è la differenza di competenza fra gli
atleti e maggiore è l'importanza dell'evento sportivo cui si partecipa, maggiore
sarà di conseguenza la pressione agonistica avvertita dai contendenti. Questo
significa che la gara è identificabile come una situazione in cui è necessario
guidare se stessi, assumendo un atteggiamento positivo e ottimista nei
riguardi della possibilità di fare bene durante quella specifica competizione.
In sintesi “crederci fino in fondo”. Nella pallanuoto come in altri sport si
verificano risultati sorprendenti o inaspettati anche grazie alla determinazione,
alla voglia di vincere e all'atteggiamento in positivo che il singolo e l'intera
squadra riescono a profondere durante la gara. Naturalmente a questa voglia e
ottimismo si deve aggiungere un'ottima preparazione fisica e mentale.
74
Caratteristiche che si costruiscono durante la settimana di allenamento. I
muscoli da soli non bastano e la famosa 'mentalità vincente' va costruita col
tempo, con passione, pazienza, dedizione e costanza. É la mente che deve
allenarsi prima del fisico. Se la mente vuole, il fisico segue, a meno di
infortuni particolarmente gravi. In ambito pallanuotistico, però, i giocatori e le
giocatrici sono stati in grado di sfatare anche questo tabù. Se Franz Anton
Beckenbauer viene spesso ricordato per aver giocato parte di un mondiale con
un braccio fasciato, noi non siamo da meno. Tagli sullo zigomo, sul
sopracciglio, naso rotto, costole incrinate, dita delle mani o dei piedi lussate
non sono state sufficienti a fermare atleti impegnati in competizione
pallanuotistiche - naturalmente me compreso - che nel corso degli anni hanno
riportato diverse ferite e fratture, ma senza mai abbandonare il campo di gara!
Mai abbattersi alla prima difficoltà. Mai pensare di aver perso prima del
fischio finale. Mai pensare di partire sconfitti.
“La palla è rotonda e ricordate: Io non ho mai visto un uomo in bocca ad
un altro uomo”.12
Il Partizan Belgrado della stagione 2010/2011, squadra di giovani ben
compatti, concentrati e volitivi, è stata in grado di battere in finale di Euro
League la più quotata Pro Recco, squadra ultra milionaria e composta da 13
12
Cit. Pierluigi Formiconi
75
campioni di diverse nazionalità e Paesi. Una vittoria che ha sorpreso i più, ma
non gli addetti ai lavori, che hanno capito fin dai primi minuti di quella finale
giocata a giugno del 2011 a Roma, quanto i ragazzi allenati da un ex grande
giocatore come Igor Milanovic, avesse una spinta più. Maggiori motivazioni,
maggiore fame di vittoria, di voler dimostrare di essere i migliori, di voler
mettere le mani su quella coppa che per un giovane ragazzo di Belgrado può
rappresentare il vero trampolino di lancio di una carriera tutta da vivere e
giocare. Ottimismo quindi, soprattutto in situazioni di stress agonistico.
Ogni atleta prima di ogni gara si sente teso, nervoso ed è conscio
dell'importanza che ha per lui quella situazione. Queste reazioni fisiche
comportano la presenza di sensazioni fisiche anche fastidiose come, ad
esempio, sentire le mani fredde e sudate, avere mal di stomaco o la nausea,
sentirsi fisicamente tesi, avere difficoltà a respirare, sentire il cuore in gola o
altro ancora. Queste sensazioni non distinguono, però, coloro che forniscono
prestazioni scadenti da quegli atleti che forniscono abitualmente prestazioni di
successo. Infatti, non sono queste reazioni fisiche ad incidere negativamente
sulla prestazione; ciò che invece esercita un effetto negativo è la componente
cognitiva associata a queste manifestazioni fisiche. In altri termini, è di
fondamentale importanza quello che l'atleta pensa quando avverte queste
sensazioni fisiche. A tale proposito sono possibili almeno tre reazioni:
76
Reazione positiva. L'atleta sviluppa un dialogo interno di questo tipo:
“Dopo aver tanto atteso questa partita finalmente ci siamo. Manca più
di un'ora e sento il cuore che batte a mille, quasi fosse in gola, in una
sensazione ricca di energia. E' così che mi sento prima di ogni gara.
Sono pronto”.
Reazione negativa. L’atleta sviluppa un dialogo interiore di questo
tipo: “Lo sapevo. Sono troppe le partite e guarda come mi trovo, con la
nausea, mi sembra di avere un nodo in gola, quasi non respiro. E tutto
questo proprio oggi, il giorno della partita. D'altra parte è così, ogni
volta che faccio una gara importante parto troppo teso e faccio schifo.
L'esperienza non mi ha proprio insegnato nulla”.
Reazione positiva a una condizione negativa. L'atleta sviluppa un
dialogo interno di questo tipo: “Sono tesissimo, mi manca il fiato, ho
110 pulsazioni al minuto e manca più di un'ora. Se continuo così arrivo
al fischio d'inizio che sono esausto. So cosa funziona per me in queste
situazioni: respiro profondamente, m'immagino l'ultima partita che ho
fatto. Anche adesso lo sono, mi sono preparato con cura a questa gara e
ho fatto tutto quello che si doveva fare. Il cuore va meglio, batte veloce
ma va bene così, mi sento teso ma non sono più preoccupato. Ora mi
77
concentro sulla mia prestazione e m'immagino esattamente quello che
devo fare. La mia azione è fluida, coordinata, sicura”.
In conclusione, emerge abbastanza chiaramente che essere ottimisti
non significa assumere un atteggiamento superficialmente sicuro e spavaldo,
ma vuol dire impegnarsi e sviluppare un atteggiamento che promuova le
proprie risorse personali e le incrementi attraverso l'utilizzo di un programma
di preparazione psicologica costruito per trovare soluzioni alle molte
situazioni problematiche che l'atleta si trova ad affrontare durante la sua
carriera agonistica.
78
Alcune conclusioni personali
Con questo lavoro concludo non solo il mio percorso di studi, ma racconto
una parte importante della mia vita, che in fondo mi ha insegnato a tenere
duro e non mollare mai. Di considerare ogni cosa possibile fino al fischio
finale della sirena. Solo allora si potrà dire se si è perso o si è vinto. Con gli
anni ho imparato molto dalle sconfitte e sebbene in molte occasioni il risultato
numerico sia stato sfavorevole, quello che oggi mi resta è ben altro del sapore
amaro. Quel che rimane è la voglia di continuare, di confrontarmi, di non
darmi mai per sconfitto. Un po' come la nostra nazionale italiana di
pallanuoto, che nell'estate di quest'anno è tornata sul gradino più alto del
podio ai Mondiali di Nuoto di Shanghai. Una nazionale che solo due anni fa
ai campionati di Roma aveva deluso toccando uno dei punti più bassi della
sua storia. Quel risultato e le sonore sconfitte che hanno deluso le migliaia di
spettatori presenti a sostenere il Settebello, erano solo l'inizio. L'inizio di una
ripresa che un grande allenatore come Sandro Campagna ha saputo accendere
e gestire fino ad una vittoria più che mai commovente. Una vittoria costruita
da un gruppo di giovani guidato da qualche giocatore più esperto che ha fatto
del lavoro e del merito due qualità che oggi sono difficili da trovare. Un
plauso a loro quindi e a tutti i pallanuotisti e atleti di altre discipline che
hanno voglia e determinazione per inseguire un sogno!
79
TABLE OF CONTENTS
INTRODUCTION
82
CHAPTER 1
85
The Water polo...all in one go................................................................. 86
The game of water polo .......................................................................... 88
The historical origins ............................................................................. 91
CHAPTER 2
94
The group and I ...................................................................................... 95
The Group .............................................................................................. 96
Group decisions ..................................................................................... 97
CHAPTER 3
99
The Leadership ..................................................................................... 100
CHAPTER 4
104
Doping ................................................................................................. 105
Historical notes .................................................................................... 107
An unequal struggle.............................................................................. 110
80
Doping - conclusions ............................................................................ 111
CHAPTER 5
114
Commitment and perseverance ............................................................. 115
Talent vs. Commitment ......................................................................... 117
Accepting your limits ............................................................................ 121
BIBLIOGRAPHY
177
81
INTRODUCTION
82
Sport. Often synonymous with loyalty, confrontation, competition and
sound principles. Mens sana in corpore sano, the Latins argued. A definition
that stayed with me over the years from primary school through the first
swimmings in the pool until the first water polo championships. A definition
that seems almost be forgotten in its most intimate meaning these days, so
distant from the concept of sport, more and more synonymous with hobby,
money and fitness, till the point where it has taken, in the modern society, a
strong social, economic and political value.
One aspect this one, which is well associated with the basic definition
that is in the free electronic encyclopedia which millions of users around the
world have access. For Wikipedia, in fact, the "Sport is all of those assets,
physical and mental, done to improve and maintain in good condition, the
entire psycho-physical human apparatus and entertain those who practice it or
who are spectators".
In this first premises there are most of the elements that this thesis
wants to address. Starting and based primarily on my personal experience,
characterized by a long activity still in progress as a Water Polo semiprofessional athlete, this presentation is intended to:
a) Analyse the general concepts and the impact of sports on the individual
and the group, studying how water polo, practiced at a competitive level,
83
has a positive and / or negative impact on the emotional relationships
between the individual and the group itself;
b) Explain how incomplete the definition is, that states sport as "the set of
physical and mental activities, done to improve and maintain in good
condition, the entire psycho-physical apparatus of human being". Sports
activity, in fact, practiced in leisure, amateur, competitive and / or
professional level , can be more harmful than healthy if not properly
controlled and supervised by a group of specialist;
c) Understand what motivates athletes to make use of prohibited doping
substances or commonly known methods to alter their athletic
performance. Alterations, which affect not only individual performance
but also the psycho-physical structure of the athlete himself;
d) Describe a future scenario on the evolution of sport in general and Water
polo in particular.
84
CHAPTER 1
85
The Water polo...all in one go
Swim Cesare, Cesare swim…don’t stop now. Just a few meters and
you can recover your breath, though for a few seconds. How many times this
phrase, this dynamic has repeated insistently in my head, convinced me not to
give up, to resist, to go forward even in the hardest moments, when the
absence of oxygen closed the mouth of my stomach and the arms seemed to
be two concrete blocks difficult to control. Yes, cause water polo is this as
well , and beyond this. A team sport where you have to get involved with
yourself, rather than with others. The ball, the game, tactics, they come after.
After grueling hours of hard training in water and specific work out in the
gym. It is at this stage that our body, our character is forged. A necessary step
that every player must deal with if he wants to become part of a group. Part of
something that goes beyond individuality and individualism.
An effort and hard work is required. Basically we are human beings
and as such our vital and organic functions are not used to work in other
environments such as water. You just need to “get into the water”, as we use
to say in the jargon, that our body activates functions that you could not even
imagine to have. Pulse rate increases, and only after months of settling the
86
heart rhythm begins to have a regular course in water, but always different
from the natural and normal one . Moreover, we, as water polo athletes, come
to this discipline after years of practice and competitive activity. We are
called to execute and perform some gestures that, from the athletic point of
view, require sacrifice and discipline. Two features which, these days seem
lost.
87
The game of water polo
Water polo is a team water sport known and played at high levels almost
all over the world. It is possible to practice it in pools ranging in size from 33
x 20 m (male games) to 25 x 12 m (females).
Signals on the edge of the pool indicate some imaginary lines:
The goal line (white);
The 2 meters line, which serves to delimit the offside (red);
The 5 meter line, that delimits the area in which a major foul can lead to a
penalty;
The midfield line, from which the action must start at the beginning of the
game or of every period;
Figure 1 - Diagram of a field according to the FINA water polo rules (2005).
The water polo is played by two teams, each composed of seven
players including the goalkeeper. The two teams are composed of a total of
88
13 players, of which a maximum of 6 on the bench. The winner of the game is
the team that scores more goals.
Players must wear by regulation caps, equipped with earmuffs against
risk of accidents, which must be of different colors than the visiting team. For
the home team the color is white ,for the visiting teams instead it is black or
blue. For both teams the goalkeeper must have a red cap. Each cap is marked
by a number from 1 to 13. The game lasts 4 periods of 8 minutes in the A1,
A2 and B male and female League and junior male championships.
Only in men’s A1 and A2 championships and during the playoff and
playout finals in A1 Women League two referees are designated for the same
game, remaining on the poolside assisted by a jury.
The referees may give two types of fouls: simple or major, in the
second case with the temporary exclusion of 20 seconds. In all leagues the
limit of major faults is 3. The players will be excluded from the game after
the third foul. Moreover, there is the permanent exclusion for "brutality" or
"violent play" or "disrespect and disobedience." The game play lasts 30
seconds from the moment the team gains possession of the ball. In the event
that a shot passed the bottom line of the goal, due to a deviation caused by a
defender, the action restarts with possession of the ball in favor of those who
defended at the time of the shooting. In case of deviation from the goalkeeper,
however, the action restarts with a throw from the corner, to be carried out
89
within the 2 meters line, from the team which was in possession of the ball
when shot. However, if the defender voluntarily directs the ball beyond the
bottom line, it will resume the game with a shot from the corner for the
attacking team.
90
The historical origins
These are the main rules in force in Italy today. But when and where was
water polo born?
The forefather of the modern water polo was a game that appeared for the
first time in Britain in 1869, perhaps due to the will of athletes, who wanted to
introduce greater variety into the monotonous swimming competitions. The
game soon gained the favor of a great mass of spectators. "Football in the
Water" was the first name that was given. A year after the London Swimming
Association gathered its experts to decide the rules of the new sport.
Starting in 1900, for the Paris Olympics Games, water polo was officially
included in the list of Olympic events. The first winning team of the Olympic
Game title was the UK (Osborne Club of Manchester).
Water polo first steps in Italy started in 1899 at Diana's Bath in Milan
thanks to the Neptune Team, which spread the new sport as a “water football
play, but much harder, which requires out of the ordinary energy and
strength". The first Italian championship, instead, is held in Naples in 1912.
On july 28th , 1923, after the experience of the Olympic Games in Antwerp in
1920, the first italian national team was founded, which consisted of 13
players of the italian region Liguria, 2 of Naples and 2 of Milan. It lost its first
game with the score of 6-1 in Pavia against Hungary. Four years later, they
91
took part for the first time at the European championships that were held in
Bologna and followed by the participation in 1934 in Magdeburg and in 1938
in London. In 1947 Italy achieved the success in Monte Carlo European
championship, followed by a victory at the 1948 Olympics games. The men's
water polo national team won three Olympic gold medals: in London (1948),
Rome (1960) and Barcelona (1992). Moreover, they won the World
Championship three times (1978 West Berlin, Rome 1994, Shanghai 2011).
Women Water polo finds its origins in 1906 in Harlem, the Netherlands,
but was largely developed only during the 60’s. Among the promoters of the
water polo movement we can distinguish between different European
countries (especially Italy, Hungary, Russia and the Netherlands), United
States of America and Australia.
The so called "Setterosa", the Italian women national team, won
numerous international titles even if the first world championship, won by
Australia, was only played in the late 1986. We can remember, for example,
the gold medal at the Olympic Games in Athens in 2004, won in the final
plaid against Greece, the two world titles in Perth in 1998 and in Fukuoka in
2001 and the four European titles in 1995, 1997, 1999 and 2003, all under the
guidance of the roman trainer Pierluigi Formiconi, coach for the national team
from 1994 to 2004.
92
The polo is represented worldwide by FINA (Fèderation Internationale de
Natation Amateur), while, in our country, is the FIN (Italian Swimming
Federation) which regulates the entire water polo world.
93
CHAPTER 2
94
The group and I
Usually the sport involves groups and group dynamics. In reality, most
sports are team sports, that involve competitive performances in which a
group of athletes competes with another group of athletes.
The sport therefore involves groups and group dynamics at many levels and
in many different ways in which individual behavior can be influenced by
other people. In sports social influence can be recognized in how teammates
interact and become a united team. Generally speaking, in the process of
forming a group there is a strong incidence on conformity, leadership and
interpersonal relations among the components. In this context and in a group
being formed or an already formed one can affect, on the individual and
secondary on the group, other individuals which can be whether spectators or
simply members of another group. All this leaving out here what can be
considered a third argument: the relationship between the groups.
95
The Group
In its simplest form, a group can be defined as a group of people who
are in the same place at the same time. Under this extensive definition it is not
necessary that people interact with each other to be considered as a group, but
simply that they are together.
Here, however, it comes to sports and, more precisely, to Water Polo. So
when we think of a group it means something more than the simultaneous
presence in one place. My teammates and I, the coach, the athletic trainer and
all the people involved to direct and manage the team have a common
purpose.
"You do not need to be friends or hang out together the nights, I want
you to score goals." (cited above)
A phrase that one of my coaches used to say during the preparatory meetings
of the matches and that, in my opinion, states the true. Goals and common
aims in a context where social rules, which are distinguished according to the
group and that must be respected by individuals having an ethical behavior as
much as possible consistent with the initial objectives, are fundamental. If the
rules specify how all members of the group should behave, roles define the
behavior of people who occupy certain positions within the group. It is
expected to behave differently according to the roles that someone is
covering, as for example me as a player or my coach.
96
Group decisions
The behavior of a group can be evaluated by how its members resolve
conflicts and individual disputes or by the way the group is taking decisions.
Who decides who is to beat a penalty shot? Is it always the coach who decides
the exclusion of one or more elements of the team? How do you decide the
lineup before an important game? What are the factors that determine these
choices?
In general, the decisions can be defined as the attempt to combine and
integrate the information available to choose one of different modes of action.
Common sense suggests that decisions should be taken by the group more
than by a single person: an individual may miss some information and, thus,
reach more informed decisions. And this is why governments, corporations,
military units and sport teams tend to entrust decisions to a group rather than
an individual, believing that the group can bring together the different skills
of its members and avoid the wrong solution. But the main question is the
following: what makes the group sometimes take bad or disastrous decisions?
The decisions of the group should reflect and respect most of the ideas of its
members. So, members of the group must first learn the ideas and opinions of
the others about the topic on which they have to decide. A well-known rule is
“ it is the majority that wins". This can then count as a general rule. So, for
example, what happens when the team is supposed to decide and the
97
intervention of the coach is not required? They may then apply above
consideration: the majority. But is it always true that the majority decides?
No. This is because, within a group of 13/15 people it could be that the
decision is taken from 2 or 3 individuals. It is the task of the “older” players
to compel the younger ones to follow certain rules that can affect not only the
later course of a single season but also the growth in terms of behavior and
character of the individual. In some cases they may show gratitude or even
hate in front of some taxation decided by an individual or a small group of
players.
98
CHAPTER 3
99
The Leadership
“The individual talent makes win a game, the team makes win the
championship". Michael Jordan. This phrase of one of the strongest
basketball players ever and one of the most popular and award-winning
athletes of modern sport, summarizes the different aspects of the study of this
thesis. A phrase that is very similar to the concept that a well-known coach,
like Pierluigi Formiconi, used to emphasize throughout the course of the
season. "It is not the individual who makes the team, but it is the team
that shapes the individual". Though it is true that the talent is an added
value, this is not sufficient for the success of a team.
So what is important is the role of the coach, the guidelines he is able to give
during the game and the interpretation that every single player and the group
is able to give to certain situation. So the question is: "What makes a group
work well?"
In general, the functioning of a group depends on the ability of the
leader, on the problem solving skills of the group and on the ability of the
members of the group to resume profitable decisions for the group as a
whole.
"It is you who are in the water, not me. I can teach you all the schemes
100
you want, but it’s you who have to face the situation and decide the
timing and ways to finalize the action game" (Formiconi).
In this case, the leader significantly influences the resolution of conflicts and
the decision-making processes of the group. This, of course, is valid if the
coach was able to win the confidence of every single player and the team as a
whole. Otherwise, any attempt made by the coach could be, as it is
appropriate to say, “a real hole in the water”.
The leadership is a concept and, perhaps, the most important role that a
person can take within a group, because it can provide guidance to team
members on a variety of problems. If all these steps are observed, the leader
can be an integral part of the process of forming a group. As often happens in
sport, the leadership is assigned to someone for reasons that are often
independent of the processes within the group itself. For example, coaches are
chosen by a club or organization on the basis of financial criteria and
subsequent to long and often secret negotiations between the parties involved.
Unless someone has certain qualities that make a person smart, he cannot be
a leader or behave as if he were. A statement that may seem obvious and that
is the basis of a theory examined and studied carefully and repeatedly over the
years. A good leader, according to social psychologists for example, is the
right person, at the right time, in the right place.
101
The first theory makes a distinction between task-oriented leaders and
relationship-oriented leaders. According to this theory, the first type of leader
is primarily interested in the kind of work that is done, while relationshiporiented leaders are primarily interested in maintaining relations between
members of the group (so that you maintain good interpersonal relations). In
sport, and particularly in water polo, these concepts can generally be applied
not only to coaches but also to the leadership that a single athlete can have
inside the team.
From the practical point of view and according to my own experience as an
athlete, I would like to expose some examples with the attempt to give a clear
picture that does not remain purely theoretical. If you have just entered a new
team, the attitude of the individual can be generally of opening or closing. It
will be the coach and the team's veteran’s task to ensure and support a good
start to the newcomers within a group that may have been working together
for some years. In this sense, the cleverness and intelligence of the newcomer
is to adjust himself to the rhythms and systems of work, while that of the
'veterans' is to understand the technical and psycho-physical characteristics of
the new team-mate. A situation that may become more difficult if the
newcomer does not speak the language or has a different culture. The
language barrier, in fact, can be hard to overcome and can be an obstacle for
102
the entire season. It can be the cause of the exclusion of the single or two or
three players from the rest of the team and the group, with the risk of creating
different small groups within the team that needs to be a cohesive and
homogenous group moved with a single objective, usually set out earlier in
the season and that may change during its course. For these reasons, the
human qualities may be more important than technical tactics. There are so
many and different individual dynamics that must be moved and fit together
to achieve the victory of the team, that many times the confrontation between
players or between players and coach or between team and managers becomes
necessary and even more important than the technical aspect.
"If you do not believe in what I say, it is impossible to go on. You have to
be 100% convinced about what I say. If you are not, ask questions and I
am sure you will get convinced". (Formiconi)
103
CHAPTER 4
104
Doping
“The administration to or use by a healthy individual of any agent or
substance not normally present in the body…and/or of any physiological
agent or substance when introduced in abnormal additional quantities and/or
by an abnormal route and/or in an abnormal manner, with the purpose and
effect of increasing artificially and in an unfair manner the performance of
that individual during the period of competition” This is the definition of
doping proposed by the International Olympic Committee (IOC).
According to italian legislation, the Art.1 of the law no. 376 from December
the 14th of the year 2000, that disciplines in Italy the health protection of
sport activities and fight against doping, "it is considered doping taking or
using drugs or substances which are biologically or pharmacologically active
and the adoption or submission to medical practices that are not justified by
pathological conditions and eligible to change the psycophysical or biological
conditions of the organism in order to alter the competitive performances of
athletes. "
Doping is therefore considered a criminal offense, punishable up to three
years in prison (which can become more if actual damages arise for health), if
to be induced to take banned substances for doping is a minor or if the
person who distributes these substances is an employee working at CONI.
105
Only in
presence of pathological conditions of the athlete, certified and
documented by a physician, and verified the absence of health risks, a specific
treatment with prohibited substances for doping is allowed and also the
possibility to participate to sport events is given. The real anti doping control
in sport competitions is made by some laboratories accredited by the
International Olympic Committee (IOC).
The list of biologically and pharmacologically active substances can be
grouped into three main categories:
1. The drugs which are not banned for doping, but used for purposes
other than those authorized,
2. Drugs banned for doping,
3. Supplements or health products, i.e. all those products that are used
to restore any macro-and micronutrients loss (salts, aminoacids,
vitamins).
106
Historical notes
Athletes have been using exogenous substances for centuries to
improve their performance. To give just few examples from the writings of
Platone, it is possible to suppose that the prizes given to the winners of the
Olympic competitions were very high, often close to the equivalent of
500.000€. The advent of professionalism and big business interests quickly
led to the appearance of deception and corruption.
Even in Roman culture, sport played an important role in society.
However, it differed somewhat from those sport activities of the ancient greek
Olympic games. Viewers were more attracted by Roman chariot races or
gladiator fights rather than athletics, which is why the most common illegal
practices related to the administration of mixtures of stimulants and
hallucinogenic substances were related to horses or to gladiators.
Going back to the twentieth century the attention on the use of
exogenous substances to improve performance has become widespread in the
early 50’s. Following the increased prevalence of doping and the occurrence
of fatal accidents linked to the use of prohibited substances in 1967 the IOC
established a medical commission andidentified an initial list of prohibited
substances. In 1972 the International Athletic Amateur Federation (IAAF)
also formed a medical commission and introduced the urine analysis as a
preventive measure. These tests allow only a screening for stimulants. Since
107
1974 the controls have been extended to the screening of anabolic substances
and in 1976 eight athletes were found positive to the controls at the Olympics
in Montreal (Canada). From that moment on, an improvement of procedures
for the identification of drugs occurred and, in parallel, an evolution of new
methods of doping.
But the use of doping can be attributed just to the concept of gain and
profit? Honestly, after years of agonistic activity I would answer: "Not only".
Of course the profit, earnings, pressure from sponsors and the companies
themselves and the idea of a result to be achieved quickly and immediately
has led us to the use of exogenous substances, even without being really
aware about it. Basically, in many cases, an athlete, beyond the immediate
profit and the fame that could lead him to the top of the world, is looking for
fame and glory rather than a single, exclusive and purely economic return.
Sometimes, and this is the case with many, you are willing to do anything you
can in order to play a game. And the game does not necessarily have to be the
final of the World Championship.
Over time, public opinion increasingly had to deal with doping and its
fight until the sad days where cyclists, doctors and cycling team’s executives
have been arrested by the French gendarmerie. I still remember the most
common comments at that time: "It was obvious to everyone that they used
108
drugs , how can you run a bike for six hours straight and make an average of
200 km per day for two weeks?". In fact, the question is correct. But the other
question should be: "How did we get to this point?" "Who wants this?"
Commonly, among non-athletes and those new to the world of sports,
we tend to think that the use of performance-enhancing drugs, is to reduce
the fatigue of training. Absolutely false. Indeed, the use of some substances,
particularly products that induce the production of red blood cells only by
stimulation of the bone marrow alone without an artificial chemical reaction,
requires a proper training and a constant and methodical commitment, so that
the alteration of their blood values does not result in an possible anti-doping
test. Today, in some sports, this check requires a double cross-checking blood
/ urine test. Tests, that in minor sports like water polo, are repeated in a nonsystematic and in a such sporadic way that result in a waste of public money
with the only purpose of realizing statistical books that fill the dusted shelves
of our ministries.
109
An unequal struggle
In recent years, the findings in the warehouses and in the dressing
rooms of cycling and football clubs have shown a scientific-technological
development in the production of exogenous substances, foreseen to alter the
athletic performance, like ever before. According also to the confirmations
and statements made even by senior doctors of international organizations,
research on the development of performance-enhancing drugs is ahead by an
average of 10 years compared to the research methods of the controlling
entities. A type of research that moves into the underground channels of the
pharmaceutical companies and, that also for this reason, does not wait to try
and test the product as it would do for a drug. The test is performed directly
on the skin of athletes who, protected by their young age and their perfect
body, think to be invincible. Only after years, when forgotten by everyone
and everything, they are often forced to face the disease that arises from the
abuse of drugs ever clinically tested before and from hours of hard training
that changed their normal vital functions.
Changes in performance, drugs, daily hard training, tests and money.
In one word, doping and the fight against doping. In summary, checks and
tests that, as emerged in the scandal involving the leaders of the CONI and the
laboratory of Rome Acqua Acetosa, had never been made.
110
Doping - conclusions
The first element to emerge from this brief and personal analysis is that
the problem of doping in sport is sufficiently complex, that it cannot simply
be addressed through educational campaigns based on the diffusion of the
dramatic long term side effects knowledge. These campaigns, in fact,
demonstrated to have only marginal effects on the diffusion of the
phenomenon. Other factors, based on the attitudes towards doping, seem to lie
in the possibility that this method offers the chance to overcome their physical
and performance limits. This is consistent with the idea of “No Limits” sports
which, despite being far away from the guiding principles formulated by
Pierre De Coubertin, seems to have been integrated by athletes at the highest
amateur level. It should be noted that some anti doping campaigns, conducted
by associations that promote sport for everyone, are based on the emphasis of
social and recreational aspects of sport (Porro 2000) rather than on those
related to competition with oneself and with others. Effective anti-doping
campaigns should also take into account the role of social norms in the
formation of action intentions and behavior. In this sense, it should be also
noted that, while it is often pointed out (even in mass media) the role of
coaches, teammates and others in the process of approaching the athlete to
taking performance-enhancing drugs, more rarely it is emphasized to use the
social context in which the athlete is included as a space to use to encourage
111
and reinforce the reasons for not to using performance-enhancing drugs, or to
push the athlete to the acquisition of decision-making skills based on his most
endogenous motivations rather than externally driven processes. Finally it
should be noted that many studies indicate, among the factors that may hinder
the assumptions of drugs, the fear of being discovered. On this basis we might
conclude that the most effective deterrent in the fight against doping is
represented by the anti doping tests. But we also have seen how, especially in
some sports like water polo, these controls are performed. This underlines the
fact that the controls cannot and should not be and represent the central aspect
of a real fight against doping for at least three reasons:
The controls, cause of economic costs, can reasonably be made only on
sports and athletes engaged in high level competitions, while the
phenomenon is clearly widespread even at amateur level.
Set up the fight against doping exclusively on control procedures is likely
to further emphasize the infinite race between the improvement in
control procedures and the evolution of escaping from those controls.
Focusing the anti-doping campaigns only on the controls aspects is likely
to reinforce the perception of the athletes that the choice, to take or not
112
to take performance-enhancing drugs, must be based primarily on
exogenous reasons (the fear that others will do the controls, the coach's
advice, the managers, teammates, the doctor) rather than on processes
driven by the individual as primarily responsible for his own choices
regarding his health.
113
CHAPTER 5
114
Commitment and perseverance
"If only he had committed more." Phrase that seems to be used
repeatedly in the academic world and in sport. A phrase often said with a tone
of regret, especially by coaches of youth teams.
Although it seems generic and rhetoric, this statement highlights the
role played by one of two factors that determine the success in an activity,
namely the commitment and perseverance in the work. Feeling engaged in an
activity means to be conscious that your own motivation and concentration
are directed to achieving specific goals. Even the child who plays soccer with
his friends knows what he wants from that situation and is committed to it.
His commitment will, therefore, be in function of his motivations. Therefore,
if his goal is to excel, he will try to show his skills on the football field and his
efforts will be oriented in this direction. Different, instead, is the commitment
of a teenager whose goal is to stay with friends and join the group. In this case
his efforts will mainly be oriented to establish a network of positive social
relationships which are very rewarding for him. It therefore seems clear that,
regardless of the objectives to pursue, these are achieved only by someone
who engages in that direction.
Today it seems more and more difficult to find boys / girls who sacrifice
much of their time and desire to a sport that has lot to offer in terms of social
115
values and less from the economic point of view. Today, even boys of the
youth teams have already faced discussions related to the economic aspect, to
potential earnings, without knowing what they can get from their commitment
in terms of experience.
And the question, now more than ever, is following: why should a 13/14 year old boy spend three or four hours of his free time for a sport that, from
an economic point of view, might never repay his commitment or daily
effort? After twenty years I could provide an answer, but I just want to point
following: the feeling that you feel when you achieve a positive result or face
a defeat, overcoming the disappointment on your own or with your team, has
no price and can never be monetized. A simple pat on the shoulder by a
teammate, a compliment from your coach or the applause of the spectators
during a game is enough for paying me back all the years of hard work shared
with friends who have helped me to understand and confront first with myself
and then with others, including teammates and opponents. In a few words
they helped me grow up and become the person I am today.
116
Talent vs. Commitment
The commitment is also very important when we are speaking of
professional sports. It has been widely demonstrated that it is not enough to
have pure talent to reach levels of excellence, unless your name is Diego
Armando Maradona. But this classic example confirms that in sports athletes
like him, with an innate talent and an unusual muscular structure, show up
once every hundred years.
The history of sport and, therefore, of water polo is full of eternal
promises that have never been able to reach those levels that their athletic
ability seemed to make accessible. Even between sports operators there may
be disagreement in identifying the physical elements of a champion, instead
there is no doubt when it comes to psychological capacities. All ascribe to
self-confidence and commitment a fundamental importance in facilitating the
achievement of absolute value performances: in order to excel you must
dedicate yourself totally to the activity and develop a self control in order to
provide optimal performance in conditions of intense competitive pressure. It
may even seem too obvious to sustain the value of commitment, but to excel
in an activity you must, first, start with the commitment. Obviously it’s not
117
enough to do your best to succeed, otherwise I would already be a world
champion.
But it is evident that the lack of commitment does not allow you to develop
your potential.
Who does not know Bill Gates in the management’s world and in the
digital age? Well, in many interviews he has always remarked that what
distinguished him was that he always stayed ten minutes longer than the
others at work. If we bring this statement into the world of sport we can hear
it on the mouths of many athletes and world-renowned champions. "I always
give up a moment after the others", "I train harder and longer", "I want to do
more". Of course, the commitment is just one of the characteristics that an
athlete must possess to be able to emerge or at least to achieve his personal
goals. In general, also based on research carried out on the field, the key
elements that characterize players that become professionals are: desire to
succeed, determination, attitude and self motivation. Also giving top priority
to the sport career, maintaining high self-esteem, constantly seeking to
improve and provide the maximum of the commitment are the indicators of
the type of commitment necessary to succeed. Talent helps, but the constant
work lets you structure and gives you a method on which the athlete will be
working on to improve every aspect of the sport he practices. In my case,
118
individual technique, tactics skills , speed, endurance and above all a bit of
intelligence and rapidity, as always useful, not only in sports.
In my opinion, one of the first questions that a young athlete should asked
himself is: "How important is the sport I am practicing for me?" I must
confess that it is a question that I asked myself more times over the years and
the answer was not always the same. Today, for example and to be honest,
water polo is an important part of my life. But at the age of 34 years and with
the best results that I could achieve already gained, I think it is important to
continue to practice a sport that I love, sharing time and values with
teammates of different ages. For sure also money has its important part as
well, the annual contribution is certainly something that comes handy. In
short, a number of considerations that changes depending on the time and the
effort.
Below I would like to bring further statements, that could be used from the
athletes to foresee and understand how much they are willing to commit:
I am ready to put some important things of my life by side to succeed
as a sportsman.
119
I work hard to improve my skills.
I like to compete and win.
I promise to evaluate my performances and my results in a constructive
way.
I assume responsibility for my mistakes.
In every training session I try to do my best and be satisfied.
I like learning new techniques.
I consider mistakes an opportunity to improve and not something to
hide to myself.
120
Accepting your limits
Patience is another characteristic closely related to commitment. It
facilitates consistency and thoroughness of the commitment; on the contrary,
impatience prevents the achievement of objectives. In fact, too reactive
individuals do not accept to improve little by little, because they would like to
learn more quickly and with little effort. They have difficulty on learning
from their mistakes: they relate them more easily to unfortunate situations or
to the desire of the others to make them fail. On the contrary, the use of
patience lets you effectively spend your psychological energy and work in
order to achieve your goals by focusing on tasks to do. When you think too
much about the future, occupying your mind for example with the thought of
the next race / game, it is easy to get worried and, therefore, nervous and
tense imagining what might happen and how you will react to critical
situations. In this case your mind will, therefore, give less attention to what is
needed to prepare yourself for the competition and will, instead, over-project
on the future performance.
Patience, however, is one of the keys to stay focused on the present and to
build the effectiveness of the performance, starting from the concentration on
the tasks that must be done at that moment. Thus, as an athlete, it's as if I
would drive myself through the realization of what I have to do until the
beginning of the game, and, having developed a constant attention to the
121
present, I will continue to maintain the same kind of focus during the game.
Patience, more than anything else, helped me and helps the athlete in general
to accept his limits and allows me to work on them to be able to get over
them. In water polo, and sports in general, it is important to be aware that the
improvement is gradual and depends in large part by the desire to engage in
this activity. Every young person, although having the right to dream to win a
gold medal at the Olympic Games, should know that to have any chance to
improve his performance he should think small, give the best he can in every
single training session and always talk to the coach.
“I want you to spit blood when you come out of the pool. After each
workout or game you must be tired, exhausted, worn out. You should not
even have the strength to breathe. If we lose knowing that we have given
everything and the best, it is somehow easier to accept the defeat and we
can work on it with more harmony. But if we lose, knowing we didn’t
give the maximum, we will spend the whole week thinking about the
mistakes we made with the risk not to focus our concentration on the
next game” (Formiconi).
This phrase, that Formiconi and other coaches are used to say with
more or less vehemence, explains the theoretical concepts expressed so far.
122
Translated into practical terms, therefore, it is to take the necessary time to
reach your predetermined goals, without putting too much pressure on
yourself, without creating unrealistic expectations, focusing on your own
improvements and not on that of others, and, above all, acting every day to
satisfy those little improvement goals that allow you to continue to pursue
your dreams.
The sport competition is a situation where the individual athlete must provide
its best performance through comparison with other athletes who have the
same goal. In addition, the smaller the difference in competence between the
athletes and the more important the sporting event in which you participate is
the more competitive pressure is felt by the contenders. This means that the
competition is identifiable as a situation where you have to address yourself,
taking a positive and optimistic attitude towards the possibility of doing well
at that particular competition. In few words, "believe in it". In water polo, as
in other sports, occur surprising or unexpected results thanks to the
determination, the will to win and the positive attitude that the individual and
the entire team succeed to transmit during the game. Of course, an excellent
physical and mental preparation must be added to this optimism. Features that
are built during the workout week. The muscles alone are not enough and the
famous “winning mentality” has to be built over the time, with passion,
123
patience, dedication and perseverance. It’s the mind which has to be well
trained before the physics. If the mind wants, the body follows, unless
particularly severe injuries.
"The ball is round and remember: I have never seen a man in the mouth
of another man" (Formiconi).
The team of Belgrad “Partizan”, a team of very compact, focused and strongwilled young men, was able to beat in the final of the Euro League in the
2010/2011 season the most quoted Pro Recco, ultra millionaire team which
consists of 13 champions of different nationalities and countries. A victory
that surprised the most, but not the insiders, who understood this from the
very first minutes of the match played in Rome in June of 2011, as the boys
coached by a former great player such as Igor Milanovic, had a secret boost.
More motivations, more hungry for victory, will to prove to be the best, will
to get the hands on the cup, that for a young boy in Belgrade can be truly a
boost for a great sport career. Therefore, optimism, especially in situations
of agonistic stress.
Every athlete before every match feels tense, nervous and is aware of the
importance that the situation has for him. These emotional sensations involve
the presence of annoying physical reactions like, for example, feeling cold
124
and having sweaty hands, bellyache or nausea, feeling physically tense,
having breathing difficulty, feeling your heart in your throat and so on. These
feelings do not distinguish, however, those that provide a poor performance
from athletes who usually provide successful performances. In fact, it is not
due to these reactions to have a negative impact on your performance, instead
the negative effect is given by the cognitive component associated with these
physical manifestations. In other words, it is crucial what the athlete thinks
when he has these physical sensations. In this regard there are at least three
possible reactions:
1. Positive reaction. The athlete develops an internal dialogue like this
for example: "After this long awaited game finally we are here. More
than an hour is missing to the match and I feel my heart beating like
crazy, like if it were in my throat, in a full of energy feeling. This is
how I feel before every game. I'm ready".
2. Negative reaction. The athlete develops an inner dialogue of this kind:
"I knew it. There are too many games and look how I feel now, with
nausea. It seems I have a lump in my throat, I can’t barely breath.
And all this today, the day of the match. On the other hand it is always
125
like this, every time I have a big game I start to be tense and I suck.
Experience didn’t teach me nothing".
3. Positive reaction to a negative condition. The athlete develops an
internal dialogue of this kind: "I'm very tense, I have short breath, I
have 110 beats per minute and more than an hour is missing. If I keep
feeling like this I’ll be already exhausted by the start of the game. I
know what works for me in these situations: to breathe deeply. I
imagine the last game I did. Also now I am prepared for this game and
I did everything that needed to be done. The heart is better now, it’s
beating fast but that's okay. I feel tense, but I am no longer worrying.
Now I focus on my performance and I imagine exactly what I have to
do. My action is smooth, coordinated, and safe".
In conclusion, it is clear that being optimistic does not mean having an
attitude of superficial safety and arrogance, but it means to engage and
develop an attitude that promotes your personal resources and increases them
through the use of a psychological preparation program made to find solutions
to the many problematic situations that the athlete has to face during his
career.
126
INHALTSVERZEICHNIS
VORWORT
129
KAPITEL 1
132
Wasserball…in einem Atemzug............................................................... 133
Das Wasserballspiel ............................................................................... 135
Die historischen Ursprünge .................................................................... 138
KAPITEL 2
141
Ich und die Gruppe................................................................................. 142
Die Gruppe............................................................................................. 143
Gruppe und Entscheidung ...................................................................... 144
KAPITEL 3
146
Die Führungsrolle .................................................................................. 147
KAPITEL 4
151
Das Doping ............................................................................................ 152
Bemerkungen zur Geschichte.................................................................. 154
Ein ungleicher Kampf ............................................................................. 158
Doping – einige Schlussfolgerungen ....................................................... 160
127
KAPITEL 5
163
Einsatz und Konstanz ............................................................................. 164
Talent vs Einsatz..................................................................................... 166
Die eigenen Grenzen akzeptieren............................................................ 170
BIBLIOGRAPHIE
177
128
VORWORT
129
Sport. Oft ein Synonym für Fairness, Konfrontation, Wettbewerb und
gesunden Prinzipien. Mens sana in corpore sano, sagen die Lateiner. Eine
Definition
die
mich
seit
der
Volkschule,
während
der
ersten
Schwimmbewegungen bis zur ersten Wasserballmeisterschaft begleitet hat.
Eine Definition die heute beinahe vergessen zu sein scheint in ihrer intimsten
und gleichzeitig umfassendsten Bedeutung des Konzepts des Sports, mehr als
ein Synonym für Zeitvertreib, Geld, körperliche Leistung bis zu einem Punkt,
an
dem
sie
in
unserer
gegenwärtigen
Gesellschaft
eine
starke
gesellschaftliche, wirtschaftliche und politische Bedeutung bekommt.
Ein Aspekt, der gut mit der Basisdefinition übereinstimmt die das freie
telematische Wörterbuch anbietet, zu dem Millionen von Benutzern in der
ganzen Welt Zugang haben. Für Wikipedia ist „Sport das Zusammenspiel der
körperlichen und geistigen Aktivität mit dem Ziel, den Zustand des gesamten
psycho-physischen Apparats zu erhalten und zu verbessern und diejenigen zu
unterhalten, die ihn ausführen oder die Zuschauer sind“.
In diesen ersten Prämissen und Behauptungen findet sich der Grossteil der
Elemente die diese Thesis bearbeiten will. Von meiner persönlichen
Erfahrung ausgehend, einer langen bis heute andauernden Aktivität als
halbprofessioneller Athlet des Wasserballspiels. Die Thesis möchte:
a) die allgemeinen Konzepte über die Wirkung des Sports auf das Individuum
und die Gruppe analysieren. Sie möchte untersuchen wie das Wasserballspiel
130
auf Wettkampfebene in positiver oder negativer Weise die gefühlsmassigen
Beziehungen des Einzelnen gegenüber der Gruppe beeinflussen.
b) erklären, wie unvollständig die Definition, nachdem „der Sport
das
Zusammenspiel der körperlichen und geistigen Aktivität, mit dem Ziel den
Zustand des gesamten psycho-physischen Apparats zu erhalten und zu
verbessern“ ist. Tatsächlich kann sportliche Aktivität, die in der Freizeit auf
amateur oder professioneller Basis ausgeführt wird, für die Gesundheit
schädlich sein, wenn sie nicht von einem Team entsprechend kontrolliert
wird.
c) die Motivationen zu verstehen, die die Athleten dazu bringen verbotene
Substanzen, normalerweise als Dopamine bezeichnet, zu benutzen, die die
persönliche athletische Leistungsfähigkeit aber auch die psycho-physische
Struktur des Athleten verändern.
d) eine Vorstellung der zukünftigen Entwicklung des Sports im Allgemeinen
und des Wasserballspiels im Besonderen zu beschreiben.
131
KAPITEL 1
132
Wasserball…in einem Atemzug
Schwimm Cesare, schwimm Cesare jetzt nicht aufgeben! Noch ein
paar Meter und du kannst Luft holen, wenn auch nur für ein paar Sekunden.
Wie oft hat sich dieser Satz, dieser Ablauf eindringlich in meinem Kopf
wiederholt, um mich davon zu überzeugen nicht aufzugeben, durchzuhalten,
weiterzumachen auch in harten Momenten, wenn das Fehlen des Sauerstoffs
dir den Mageneingang verschließt und die Arme zwei Zementblocke werden,
die kaum zu kontrollieren sind. Ja, weil Wasserballspielen heißt auch das und
gerade das. Ein Mannschaftssport bei dem man sich mit sich selbst
konfrontieren muss, noch vor der Konfrontation mit der Gruppe. Der Ball, das
Spiel, die Taktik kommen später. Nach Stunden härtesten Trainings im
Wasser und spezifischer Potenzierung im Fitnesscenter.
Genau in dieser
Phase werden unser Körper und unser Charakter geschmiedet. Eine nötige
Passage die jeder Spieler durchlaufen muss, wenn er Teil der Gruppe werden
will. Teil einer Situation die über die Individualität und den Individualismus
hinausgeht.
Eine nötige Anstrengung. Im Grunde sind wir Landlebewesen und deshalb
sind unsere lebensnotwendigen Funktionen nicht daran gewohnt, in einem
anderen Lebensraum zu arbeiten, wie z.B. im Wasser. Es reicht schon „nur
ins Wasser zu gehen“ wie man im Jargon sagt, dass unser Körper Funktionen
133
in Gang setzt, von denen wir nicht einmal wussten, sie zu besitzen. Der
Herzschlag nimmt zu und nur nach Monaten der Anpassung wird der
Herzschlag auch im Wasser gleichmassig aber trotz allem immer
unterschiedlich
zum
natürlichen
Rhythmus.
Übrigens,
wir
als
Wasserballspieler sind nur nach Jahren von leistungssportlicher Aktivität
dazu in der Lage, den athletischen Anforderungen Stand zu halten und dazu
braucht man Disziplin und Selbstaufgabe. Zwei Verhaltensweisen, die leider
heute verloren zu sein scheinen.
134
Das Wasserballspiel
Der Wasserball ist ein berühmter und weltweiter Mannschaftssport den
man im Wasser spielt. Die Mindestmasse des Spielfelds, in diesem Falle der
Schwimmbäder, gehen von 33 x 20 m (bei Männer) bis 25 x 12 m (bei
Frauen). Einige Signale, die am Bord des Beckens angelegt werden, zeigen
imaginäre Linien:
Die Torlinie (weiss);
Die 2 Meter Linie, die benötigt wird um das Abseits zu begrenzen (rot);
Die 5 Meter Linie die den Bereich begrenzt wo ein “schweres Foul” mit
einem 5 Meter Freistoss bestraft werden kann (gelb);
Die Mittelfeld Linie an der das Spiel beginnt und an der man nach jedem
Tor wieder starten muss;
Bild 1 – Diagramm eines Wasserballfeldes nach den Regeln der FINA (2005)
135
Der Wasserball wird im Schwimmbad gespielt. Gegner sind zwei
Mannschaften von je sieben Spielern, Torwart eingeschlossen. Beide
Mannschaften bestehen insgesamt aus 13 Spielern, von denen 6 auf der Bank
sitzen müssen. Es gewinnt die Mannschaft die mehr Tore schießt.
Die Spieler müssen, nach den Regeln, Kappen mit Ohrschutz tragen
Verletzungen zu verhindern. Die Kappen müssen von unterschiedlicher Farbe
sein, seien sie der Gast oder die Heimmannschaft. Die Heimmannschaft trägt
weiße Kappen, während der Gast schwarze oder blaue hat. In beiden Fällen
müssen die Torwärter eine rote Kappe aufsetzen. Jede Kappe hat seine
Nummer von 1 bis 13. Das Spiel dauert vier Zeiten von je 8 min. (die Zeit
stoppt bei jedem Tor und Foul) in der Männer- und Frauenliga A1 und A2, in
der B-Gruppe und in der Junior Meisterschaft.
Nur in der 1. und 2. Männerliga, und während der Play Off oder Play
Out Spiele im Falle von der 1. Frauenliga, werden zwei Schiedsrichter
eingesetzt, die durch einer Jury unterstützt werden. Die Schiedsrichter können
zwei Arten von
vorübergehenden
Fouls pfeifen: leichte oder schwere, d.h. einen
Ausschluss
von
der
Dauer
von
20’’.
In
allen
Meisterschaften können die Spieler maximal drei Ausschlüsse haben, dann
müssen sie das Spiel verlassen. Außerdem gibt es den definitiven Ausschluss
wegen “Brutalität” oder “Gewalttätigkeit” oder “Protest“. Die Spielaktion
dauert 30’’ und startet im Moment indem eine der beiden Mannschaften
wieder den Ball bekommt. Wenn ein Schuss aufgrund einer Abweichung
136
eines Verteidigers außerhalb der Torlinie endet, startet das Spiel wieder mit
den Ball in den Händen der Mannschaft die zum Zeitpunkt des Schusses
verteidigt hat; im Gegensatz dazu, bei einer Abweichung vom Tormann,
bleibt der Ball in den Händen des Teams das gerade im Angriff war und das
Spiel startet wieder von der 2 Meter Linie. Dennoch, falls ein Verteidiger den
Ball mit Absicht außerhalb des Spielfelds schießen sollte, würde der Ball der
anderen Mannschaft wieder zurückgegeben.
137
Die historischen Ursprünge
Dies sind die in Italien heute benutzten Hauptregeln. Aber wann
entsteht der Wasserball?
Der Vorgänger des modernen Wasserballsports war ein Spiel das zum
ersten Mal in Großbritannien im Jahre 1869 auftauchte. Es war sehr beliebt
bei den Athleten, die eine größere Vielfalt von Schwimm-Wettbewerben
wollte. Diese Sportart zog gleich das Interesse der Zuschauer an. “Fußball im
Wasser” (“football in the water”), dies war sein erster Name. Ein Jahr später
brachte die “London Swimming Association” ihre Experten zusammen um
die Regeln dieser neuen Sportart zu entscheiden.
Seit dem 1900, mit der Olympiade in Paris, wurde der Wasserball
offiziell
in
der
Großbritannien
Liste
(Osborne
der
olympischen
Manchester
Disziplinen
Club)
gewann
aufgenommen.
diese
erste
Veranstaltung.
In Italien trat der Wasserball erstmals am “Bagno di Diana” in Mailand
auf, dank des Vereins “Nettuno” der im Jahre 1899 diese neue Sportart
verbreitete. Es wurde vorgestellt als “Football im Wasser, aber viel schwerer
und harter, das eine außergewöhnliche Energie und Resistenz benötigt”. Die
erste italienische Meisterschaft fand in Neapel 1912 statt. Am 28. Juli 1923,
nach der Erfahrung der Olympischen Spiele in Antwerpen des Jahres 1920,
138
entsteht die italienische Nationalmannschaft gebildet von 13 Spielern aus
Ligurien, 2 aus Neapel und 2 aus Mailand. Sie verlor 6-1 in Pavia gegen
Ungarn. Vier Jahre später nahm sie in Bologna zum ersten Mal an einer
Europameisterschaft teil. Es folgen Magdeburg im Jahre 1934 und London
1938. 1947 gewann Italien seine erste Europameisterschaft in Montecarlo und
danach, 1948, gleich die Olympiaden. Die italienische Nationalmannschaft
der Männer hat insgesamt drei Olympiaden gewonnen: in London (1948), in
Rom (1960) und in Barcelona (1992). Außerdem gewann sie auch drei
Weltmeisterschaften: West Berlin (1978), Rom (1994) und Shangai (2011).
Im Gegensatz zu den Männern, begannen die Frauen zum ersten Mal
im Jahre 1906 in Harlem, Niederlande, Wasserball zu spielen. Dennoch
wurde diese Sportart bei den Frauen erst in den 60er Jahren entwickelt. Es
waren v.a. europäische Länder die ihn gefördert haben (Italien, Ungarn,
Russland und Niederlande), aber auch die Vereinigten Staaten von America
und Australien.
Der “Setterosa”, so ist die italienische Frauen Nationalmannschaft
genannt, hat viele internationale Titel gewonnen obwohl die erste
Weltmeisterschaft erst 1986 stattgefunden hat und von Australien gewonnen
wurde. Als Beispiel erinnern wir uns an der Goldmedaille bei der Olympiade
in Athen (2004), wo sie im Finale gegen die heimische Nationalmannschaft
gewannen. Außerdem auch zwei Weltmeisterschaften in Perth (1998) und
139
Fukuoka (2001) und vier Europameisterschaften in den Jahren 1995, 1997,
1999 und 2003. Dies alles v.a. dank dem Römer Pierluigi Formicon, Trainer
dieses Teams von 1994 bis 2004.
Der Wasserball ist weltweit von der F.I.N.A. (Fédération Internationale
de Natation Amateur) vertreten, während in Italien die F.I.N. (Federazione
Italiana Nuoto) das ganze regelt.
140
KAPITEL 2
141
Ich und die Gruppe
Der Sport im Allgemeinen impliziert Gruppe und Gruppendynamik.
Letztendlich sind die meisten Sportarten Mannschaftssports, d.h. sie betreffen
die Leistungen in denen sich Gruppen von Athleten miteinander
konfrontieren.
Demnach berührt der Sport die Gruppe und die Dynamik der Gruppe auf
vielen Ebenen und auf verschiedenste Weise, in dem das Verhalten des
Einzelnen von anderen Personen beeinflusst werden kann. Im Bereich des
Sports kann der soziale Einfluss so gesehen werden, dass
die
Mannschaftskameraden miteinander interagieren und eine einheitliche
Mannschaft bilden.
Im Allgemeinen sind im Prozess der Gruppenbildung der Konformismus, die
Führungsrolle und die interpersonalen Beziehungen von ausschlaggebender
Bedeutung. Auch können andere Individuen, seien es die Zuschauer oder
einfach die Mitglieder einer anderen Gruppe, im Kontext
einer sich
bildenden oder auch schon bestehenden Gruppe sich auf das Individuum
auswirken. Dieses dritte Argument, die Beziehungen zwischen Gruppen,
wird in diesem Zusammenhang nicht bearbeitet.
142
Die Gruppe
In ihrer einfachsten Form kann eine Gruppe als “Miteinander von
Personen am selben Ort zur selben Zeit“ beschrieben werden. Entsprechend
dieser Definition ist es nicht nötig, dass die Personen untereinander agieren,
um als Gruppe betrachtet zu werden. Ausschlaggebend das Miteinander.
In dieser Arbeit spricht man jedoch über Sport, über Wasserball. Deshalb
denken wir bei dem Begriff „Gruppe“ nicht nur an
eine einfache
gleichzeitige Präsenz an einem Ort.
“Es ist nicht nötig, dass ihr Freunde seid und abends zusammen ausgeht,
ich will dass ihr diesen Ball reinbringt”.
Ein Satz den einer meiner Trainer während der Vorbereitungen auf die Spiele
häufig gebrauchte und der, meiner Meinung nach, wahr ist. Das Gemeinsame
Ziel und die gleiche Absicht sind sehr wichtig. Dies v.a. in einem Rahmen, in
dem die sozialen Normen entscheidend sind. Sie werden, unterschiedlich
entsprechend der Gruppenzugehörigkeit, vom Einzelnen mit einem ethischen
Verhalten, das möglichst mit den ursprünglichen Zielen übereinstimmt,
respektiert.
143
Gruppe und Entscheidung
Das Funktionieren einer Gruppe kann an seiner Fähigkeit gemessen
werden in dem seine Mitglieder in der Lage sind Konflikte zu lösen. Wer
entscheidet wer einen Freistoss schießen darf? Ist es immer der Trainer, der
über den Ausschluss eines oder mehrerer Mannschaftsmitglieder entscheidet?
Wie entscheidet man die Spieler die ein schwieriges Spiel anfangen müssen?
Welche Faktoren bestimmen die Wahl?
Im Allgemeinen wird Entscheidungen treffen als ein Versuch betrachtet, die
zur Verfügung stehenden Informationen zu integrieren um eine von
verschiedenen Verhaltensmöglichkeiten zu wählen. Normalerweise glauben
wir, dass die Gruppen im Entscheidungsprozess gegenüber dem Einzelnen
begünstigt sind: ein einzelnes Individuum kann z.B. einige Informationen
nicht kennen und so zu unüberlegten Entscheidungen kommen. Das ist der
Grund warum Regierungen, multinationale Konzerne, militärische Einheiten
und Sportmannschaften dazu neigen, Entscheidungen einer Gruppe und nicht
einem Einzelnen anzuvertrauen, weil man annimmt, dass die Gruppe besser
die
Fähigkeiten
seiner
Mitglieder
vereinen
kann,
um
so
falsche
Entscheidungen zu vermeiden. Die wichtigste Frage ist aber folgende: Was ist
der Grund, warum Gruppen manchmal schlechte oder katastrophale
Entscheidungen treffen.
144
Gruppenentscheidungen müssen in höchstem Masse die Ideen seiner
Mitglieder respektieren und wiedergeben. Also müssen sich die Mitglieder
einer Gruppe vorher bei den anderen über deren Meinungen, ein bestimmtes
Argument betreffend, informieren. Eine sehr bekannte Regel sagt: Die
Mehrheit gewinnt. Das kann im Allgemeinen gelten aber was passiert, wenn
die Spieler entscheiden müssen und das Eingreifen des Trainers nicht nötig
ist? In diesem Fall könnten die oben genannten Überlegungen gelten: die
Mehrheit. Aber ist es denn wirklich immer die Mehrheit die entscheidet?
Nein. Und das deshalb, weil in einer Gruppe von 13/15 Personen 2 oder 3
entscheiden. Es sind die „Alten“ die die Jüngeren dazu zwingen, bestimmten
Anpassungsregeln zu folgen, die später nicht nur den Verlauf einer Saison
beeinflussen können sondern auch die Entwicklung von Verhaltensweisen
und Charaktereigenschaften des Einzelnen, die in bestimmten Fällen größte
Dankbarkeit oder sogar Hass gegen die Befehle von einem Einzelnen oder
einer kleinen Gruppe von Spielern zeigen können.
145
KAPITEL 3
146
Die Führungsrolle
“Mit individuellem Talent gewinnt man ein Spiel, mit der
Mannschaft gewinnt man die Meisterschaft”. Michael Jordan. Dieser Satz,
ausgesprochen von einem der besten Basketballspieler aller Zeiten und einem
der meist geliebten und prämierten Athleten des modernen Sports, fasst die
diversen Aspekte dieser Thesis am besten zusammen. Ein Satz, der sich sehr
dem Konzept eines bekannten Trainers, Pierluigi Formiconi, annähert und den
er im Laufe der Saison zu unterstreichen pflegt. „Nicht der Einzelne macht
die Mannschaft, sondern die Mannschaft formt den Einzelnen“. Auch
wenn das Talent einen zusätzlichen Wert darstellt ist es nicht ausreichend für
das Bestehen einer Mannschaft.
Aus diesem Grund ist die Rolle des Trainers so wichtig, wie er das Spiel
bestimmt und die Interpretation die der Einzelne und die Gruppe in der Lage
sind zu geben. Deshalb stellt sich die Frage: „Warum funktioniert eine
Gruppe gut?“
Im Großen und Ganzen hängt das Funktionieren einer Gruppe von folgenden
Variablen ab: der Fähigkeit des Leaders, der Fähigkeit der Gruppe Konflikte,
denen sie begegnet, zu lösen und der Fähigkeit der Gruppenmitglieder
vorteilhafte Entscheidungen für die gesamte Gruppe zu treffen.
„Im Wasser seid ihr, ich ganz sicher nicht. Ich kann euch alle Konzepte
beibringen die ihr wollt, aber mit der Situation musst ihr euch
147
auseinandersetzen und ihr musst die Zeiten und Modalitäten bestimmen,
um die Spielaktion durchzuführen.“ (Formiconi)
In diesem Fall beeinflusst der Leader in signifikanter Weise die Lösung der
Konflikte und die Entscheidungsprozesse der Gruppe.
Natürlich gilt das, wenn der Trainer in der Lage war, das Vertrauen der
einzelnen Spieler und der Gruppe zu erringen. Ist dies nicht der Fall, konnte
sich jeder Versuch des Trainers in einen Reinfall verwandeln.
Die Führungsrolle ist die wichtigste Position, die eine Person in der Gruppe
übernehmen kann, denn sie kann der Gruppe der Leitfaden bei der Lösung
vieler Probleme sein. Wenn er alle diese Passagen respektiert, kann der
Leader ein integrierender Bestandteil im Formationsprozess der Gruppe sein.
Wie es häufig im Sport passiert wird die Führungsrolle jemandem aus
Motivationen übergeben, die unabhängig sind von internen Prozessen der
Gruppe. So werden z.B. die Trainer von einem Club oder von einer
Organisation
auf
Basis
finanzieller
Kriterien
und
in
langen
Verhandlungsphasen, die oft geheim bleiben, ausgewählt.
Es sei denn, jemand hat bestimmte Fähigkeiten, die ihn zu einem tüchtigen
Kerl machen, kann niemand Leader sein oder sich als solcher verhalten.
Eine Feststellung, die offensichtlich erscheinen mag, die aber die Basis einer
Theorie ist, die in den vergangenen Jahren wiederholt aufmerksam untersucht
wurde. Z.B. den Sozialpsychologen nach ist ein guter Leader die richtige
Person zum richtigen Zeitpunkt am richtigen Platz.
148
Die Theorie unterscheidet vor allem zwischen Leadern die sich an der
Aufgabe und solchen, die sich an den Beziehungen orientieren. Dieser
Theorie nach ist der erste Typ von Leader an der Arbeit interessiert, die
gemacht wird, während die Leader die an den Beziehungen interessiert sind,
sich in erster Linie auf die Beziehungen zwischen den Gruppenmitgliedern
konzentrieren (d.h. auf die Tatsache, dass man gute interpersonelle
Beziehungen aufrecht erhalt). Im Sport und speziell im Wasserballsport,
können diese Anmerkungen im großen und ganzen nicht nur auf den Trainer
sondern auch auf die Führungsrolle angewendet werden, die ein einzelner
Athlet im Gruppenzusammenspiel haben kann.
Aus praktischer Sicht und aufgrund meiner persönlichen Erfahrung als Athlet
möchte ich einige Beispiele anführen, die helfen sollen etwas Klarheit in ein
sonst allzu theoretisches Bild zu bringen. Wenn man in eine neue Mannschaft
kommt, kann das Verhalten des Einzelnen normalerweise entweder offen oder
verschlossen sein. Es ist Aufgabe des Trainers und der „Veteranen“ der
Mannschaft, eine gute Eingliederung der „Neuen“ in einer Gruppe, die
vielleicht schon seit Jahren fest zusammenarbeitet, zu garantieren und zu
fordern. In diesem Sinne sind es die Intelligenz und die Fähigkeiten des
“Neuen“ sich an die neuen Rhythmen und Arbeitssysteme zu gewöhnen
während die der „Alten“ darin besteht,
technischen
und
psychophysischen
in bestmöglicher Weise die
Eigenschaften
des
neuen
Mannschaftskameraden zu verstehen. Eine Situation, die schwierig werden
149
kann, wenn der neu Angekommene die Sprache nicht kennt oder wenn er aus
einer anderen Kultur kommt. Die Sprachbarriere kann ein schwer zu
überwindendes Hindernis während der ganzen Saison sein und deshalb der
Grund für den Ausschluss eines oder mehrerer Elemente durch den Rest der
Gruppe oder der Mannschaft darstellen. Man riskiert also, dass sich
verschiedene kleine Gruppen innerhalb einer Gruppe bilden, die doch
homogen sein sollte und sich mit einem gemeinsamen Ziel bewegen sollte,
das normalerweise zu Beginn der Saison festgelegt wird, das sich jedoch im
Laufe der selben verändern kann. Aus diesem Grund können die
menschlichen und charakterlichen Eigenschaften wichtiger sein als die
technisch-taktischen. Es gibt so viele verschiedene individuelle Dynamiken
die miteinander harmonieren müssen, um den Sieg der Gruppe zu erreichen,
dass oft die Konfrontation zwischen den Spielern, zwischen Spielern und
Trainer, zwischen Mannschaft und Manager notwendig wird und noch
wichtiger ist als der ganze technische Aspekt.
„Wenn ihr nicht daran glaubt, was ich euch sage, ist es unnötig
weiterzumachen. Ihr musst hundertprozentig überzeugt sein. Wenn ihr es
nicht seid, stellt Fragen und ich bin sicher dass ihr euch überzeugen lasst.“
(Formiconi)
150
KAPITEL 4
151
Das Doping
“Verabreichung oder Verwendung körperfremder Substanzen in
ungewöhnlicher Mengen und Methoden seitens eines gesunden Menschen,
mit dem einzigen Zweck eine künstliche Verbesserung der Leistung des
Wettkampfes zu erreichen”. Das ist die vorgeschlagene Definition des
Dopings durch das Internationale Olympische Komitee (CIO).
Nach der italienischen Gesetzgebung, aufgrund des Artikels 1 des Gesetzes
vom 14. Dezember 2000 Nr. 376, das in Italien den Gesundheitsschutz der
Sportaktivitäten und des Kampfes gegen das Doping reguliert, “ist Doping die
Verabreichung und Einnahme von biologisch und pharmakologisch aktiven
Medikamenten und das Durchlaufen einer mit einem pathologischen Zustand
nicht gerechtfertigten medizinischer Praxis, die den psychophysischen oder
biologischen Zustand des Organismus verändert und die Wettbewerbsleistung
der Athleten verbessert”.
Doping gilt also als eine strafbare Handlung, die mit drei Jahren
Gefängnis bestraft wird (die mehr werden können wenn effektive Schäden für
die Gesundheit auftreten), wenn es ein Minderjähriger ist der dazu gebracht
wird diese fürs Doping verbotenen Substanzen zu nehmen oder wenn es sich
um einen Angestellten vom CONI handelt, der sie verteilt. Nur der von einem
Arzt dokumentierte und bestätigte pathologische Fall, und wenn die
152
Gesundheit sichergestellt ist, kann mit diesen verbotenen Substanzen
behandelt werden und dem Athleten die Möglichkeit geben trotzdem am
Wettkampf teilzunehmen. Während der Wettkämpfe und der Sportaktivitäten
sind verschiedene vom Internationalen Olympischen Komitee (CIO)
genannten Labors für die Doping Kontrolle verantwortlich.
Die biologischen und pharmakologischen aktiven Substanzen können
in drei Hauptkategorien eingeteilt werden:
e) Die für Doping nicht verbotene Medikamente, die aber für andere
Zwecke als die erlaubten benutzt werden,
f) Die für Doping verbotene Medikamente,
g) Die Nahrungsergänzungsmittel, d.h. die gesundheitlichen Produkte die
benötigt werden um eventuelle Verluste von Nährstoffen zu integrieren
(Salze, Vitamine, Aminosäuren).
153
Bemerkungen zur Geschichte
Die Athleten benutzen seit Jahrhunderten körperfremde Stoffe um ihre
Leistungen zu verbessern. Zum Beispiel, kann man von einigen Schriften von
Platone annehmen das die für die Gewinner bestimmten Prämien der
Olympischen Spiele sehr hoch waren, oft ca. 500.000 der aktuellen Euro. Das
Auftreten des Berufssports und der starken kommerziellen Interessen brachte
schnell zur Korruption und zur Erscheinung von Täuschungen.
Auch in der römischen Kultur nahm der Sport eine wichtige Rolle in
der Gesellschaft ein. Dennoch unterschieden sich die Sportaktivitäten sehr
von den antiken griechischen Olympiaden. Die römischen Zuschauer waren
aber eher von den Wettbewerben der Zweigespanne und den Kämpfen der
Gladiatoren begeistert als von den athletischen Wettkämpfen. Aus diesem
Grunde bezogen sich die häufigsten gesetzwidrigen Verhalten auf die
Verabreichung von stimulierenden Mischungen and die Pferde und den
Halluzinationssubstanzen and die Gladiatoren.
In den 50er Jahren des XX Jahrhundert verbreitet sich das Interesse an
den körperfremden Stoffen für die Verbesserung der Leistungen. Im Jahre
1967, aufgrund der steigenden Verbreitung des Dopings und der mehrfachen
Todesfälle wegen Gebrauch der verbotenen Substanzen, hat der CIO eine
medizinische Kommission gegründet und als erste Liste der verbotener
154
Substanzen erstellt. Im Jahre 1972 hat auch die Internationale Föderation der
Amateur Athleten (IAAF) eine medizinische Kommission gegründet und als
Vorbeugungsmassnahme
die
Urinprobe
eingeführt.
Diese
Analyse
ermöglichte nur ein Screening der stimulierenden Substanzen und ab 1974
wurden die Prüfungen auf die Anabolika erweitert. 1976 wurden acht
Athleten bei der Olympiade in Montreal (Kanada) bei den Kontrollen positiv
gefunden. Parallel zur Entwicklung der Doping Methoden konnte man, ab
diesem Zeitpunkt, eine Verbesserung der Prozeduren für die Identifikation der
Dopingsubstanzen verfolgen.
Kann die Verwendung der Dopingsubstanzen nur auf das Konzept des
Verdienstes und des Profites zurückgeführt werden? Ehrlich gesagt, nach
jahrelanger Wettkampfaktivität kann ich folgende Antwort geben: “Nicht
nur”. Wir sind uns bewusst dass in der heutigen Gesellschaft alles schnell und
sofort erreicht werden muss. Dies, sowie der Profit, die Verdienste, der Druck
der Sponsoren und auch der Vereine hat uns zur Verwendung der
körperfremden Stoffe gebracht ohne dass wir uns dessen wirklich bewusst
waren. Im Grunde genommen möchte der Athlet nicht nur einen sofortigen
Gewinn und eine weltweite Berühmtheit, sondern in vielen Fällen sucht er vor
allem Ruhm und Freude. Oft ist man zu allem bereit um an einem Spiel
teilzunehmen, obwohl es nicht unbedingt die Finale der Weltmeisterschaft
sein muss.
155
Mit der Zeit hat sich die öffentliche Meinung immer mehr mit dem
Kampf gegen das Doping beschäftigen müssen. Dies bis zu den heutigen
Zeiten wo mehrere Radfahrer, Ärzte und Leiter der Radevereine von dem
französischen Gendarmen verhaftet worden sind. Ich erinnere mich noch an
die allgemeine Kommentare der Zeit: “Es war offensichtlich das sie gedopt
waren. Wie kann man sechs Stunden lang ununterbrochen Rad fahren und
eine Durchschnittstrecke von 200 km am Tag zurücklegen und das für zwei
Wochen?” Die Frage ist tatsächlich richtig, aber eine weitere Frage sollte
sein: “Warum sind wir an diesem Punkt angekommen?” “Wer möchte dies
alles?”.
Menschen die keine Athleten sind und diejenigen die nicht die Welt
des Sportes kennen, glauben dass die Verwendung der Dopingsubstanzen zu
einer Reduzierung der Müdigkeit führt. Das ist absolut falsch. Ganz im
Gegenteil, die Verwendung einiger Substanzen benötigen ein korrektes
Training und eine methodische und dauerhafte Einsatzbereitschaft damit die
Veränderung der Bluteckwerte nicht in einer eventuellen Dopingkontrolle
erscheint. Dies ist der Fall vor allem bei einigen Produkten, die die roten
Blutkörperchen im Blut nur mit dem Antrieb des Knochenmarks veranlassen,
d.h. ohne eine chemische und künstliche Reaktion zu benötigen. Einige
Sportarten verlangen heute eine doppelte Kontrolle Urin / Blut. Proben die in
den weniger wichtigen Sportarten, wie z.B. Wasserball, nicht regelmäßig,
156
sonder nur selten, wiederholt werden um statistische Bücher zu realisieren,
die in den verstaubten Regalen unserer Ministerien landen. Dies ist also eine
große Verschwendung von öffentlichen Geldern.
157
Ein ungleicher Kampf
In den letzten Jahren gab es eine einmalige technologische und
wissenschaftliche Entwicklung in der Realisierung der körperfremden Stoffe
die die sportliche Leistung sehr stark verändern. Dies wurde herausgefunden
dank der Entdeckungen, die in den Umkleideräumen und Magazinen der
Fußball- und Radvereine gemacht wurden. Die Forschung der Entwicklung
der Dopingsubstanzen ist durchschnittlich 10 Jahre den Methoden der
Forschung der Kontrollorgane voraus. Eine geheime Forschung der
pharmazeutischen Industrie, die deshalb nicht wartet das Produkt zu testen
wie es mit einem Medikament machen würde. Die Probe wird direkt an den
Athleten durchgeführt, die sich aufgrund ihrer Jugend und ihres perfektem
Körpers für unschlagbar halten. Nur nach Jahren, wenn sie schon von allen
und allem vergessen wurden, gehen sie den Schmerzen entgegen. Diese
Krankheiten wurden vom Missbrauch der nicht klinisch getesteten
Medikamente und auch von stundelanger harter Arbeit und Mühe verursacht,
die auch die normalen Lebensfunktionen verändern.
Veränderungen der Leistungen, Medikamente, hartes und tägliches
Training, Kontrollen und Geld. In einem einzigen Wort, Doping und Kampf
gegen das Doping. Zusammenfassend, Kontrollen und Test die aber nie
durchgeführt wurden. Dies wurde in der Vergangenheit festgestellt nachdem
158
die Spitzen des CONI und das Labor von Acqua Acetosa in Rom in einem
Skandal verwickelt waren.
159
Doping – einige Schlussfolgerungen
Das erste Element, das von dieser kurzen und persönlichen Analyse
hervorgeht, ist, dass dieses Problem des Dopings in der Sportpraxis ziemlich
komplex
ist.
Man
kann
dieses
Problem
nicht
mit
einfachen
Erziehungskampagnen angehen, die sich auf die Verbreitung von den
Erkenntnissen der dramatischen Nebenwirkungen auf lange Frist beziehen.
Diese zeigten eben nur eine geringe Wirkung auf die Verbreitung des
Phänomens zu haben. “No Limits“ – diese Interpretation des Sports, weit
entfernt von den Leitprinzipien der Olympischen Ideen, die Pierre De
Coubertin formulierte, wird, so scheint es, von den Athleten des hohen
Amateurniveaus akzeptiert. Man bemerkt, dass einige, von Verbänden zur
Verbreitung aller Sportaktivitäten geführten Anti-Doping Kampagnen
eigentlich spielerische und soziale Aspekte der Sportaktivitäten betonen.
Wirksame Anti-Doping-Kampagnen müssten bei der Gestaltung ihres
Aktionsplans die Ausbildung der sozialen Regeln und der Verhaltensnormen
berücksichtigen. In diesem Sinne bemerkt man, dass oft die Rolle des
Trainers, der Spielkameraden und anderer Personen bei der Einnahme von
Doping Substanzen unterstrichen wird (auch auf Medienebene). Seltener,
hingegen, wird von der Möglichkeit Gebrauch gemacht, den sozialen Kontext
zu stärken, indem der Athlet sich befindet, und den Sportler zu ermutigen,
keine Doping Substanzen einzunehmen. Oder letztlich den Athleten zum
160
Aufbau einer eigenen Entscheidungs- und Handlungsfreiheit zu motivieren,
die hauptsächlich auf den eigenen, also endogenen Motiven basiert, weniger
auf fremdegesteuerten Prozessen. Letztlich ist folgendes zu unterstreichen:
viele Studien zeigen, dass die Einnahme von Doping Substanzen durch die
Angst, entdeckt zu werden, gehemmt werden kann. Entsprechend kann man
glauben, den Kampf gegen das Doping durch Abschreckung in Form von
Kontrollen zu verhindern. Aber parallel wissen wir wie in einigen Sportarten,
vor allen auch beim Wasserball, die Kontrollen ausgeführt werden. Dies
unterstreicht die Tatsache, dass die Kontrollen nicht den zentralen Aspekt des
echten Kampfes gegen das Doping vertreten dürfen. Dies aus mindestens drei
Gründen:
1. Die Kontrollen, allein aufgrund der Kosten, können nur auf ProfiAthleten durchgeführt werden, während es ganz klar ist das das
Phänomen sich auch auf Amateur Ebene verbreitet hat.
2. Es ist ein Risiko den Kampf gegen dem Doping exklusiv mit den
Kontrollverfahren anzugehen. Man riskiert somit den endlosen
Wettlauf zwischen der Verbesserung der Kontrollverfahren und deren
Vermeidung zu verstärken.
161
3. Sich bei den Anti-Doping Tests einzig auf den Kontrollaspekt zu
konzentrieren,
riskiert
bei
den
Athleten
die
Wahrnehmung
hervorzurufen, das die Wahl, Doping zu nehmen oder nicht, in erster
Linie auf externen Motivationen beruht (die Angst vor Kontrollen,
Ratschläge des Trainers, der Sportführung, der Kollegen, des
Arztes), mehr als auf die Eigenverantwortung des Individuum
hinsichtlich seiner Gesundheit.
162
KAPITEL 5
163
Einsatz und Konstanz
“Wenn er sich nur mehr angestrengt hätte” Ein Satz den man häufig im
Sport und in der Schule hört und den v.a. die Trainer der junior Mannschaften
oft mit Bedauern wiederholen.
Obwohl es zu allgemein und rethorisch klingt, betont dieser Satz die
wichtige Rolle die einer der zwei Faktoren für eine erfolgreiche Aktivität
spielt: das Engagement und die Ausdauer in der Arbeit. Sich in einer Aktivität
engagiert fühlen, heißt sich bewusst zu sein das die eigene Motivation und
Konzentration ausgerichtet werden um bestimmte Ziele zu erreichen. Ein
Kind das mit den Freunden Fußball spielt weiß schon was er sich von dieser
Situation erwartet und strengt sich deswegen an um sie zu erreichen. Sein
Einsatz hängt also von seiner Motivation ab. Wenn sein Ziel ist, der Beste zu
sein, wird er versuchen seine Fußball-Kompetenzen auf dem Spielfeld zu
zeigen und seine Konzentration und Bemühungen werden in diese Richtung
gehen. Anders ist, im Gegensatz dazu, der Einsatz von einem jungen Athleten
dessen Ziel es ist mit den Freunden zusammen zu sein und zur Gruppe zu
gehören; in diesem Fall wird er sich vor allem engagieren um positive soziale
Beziehungen zu etablieren die ihn befriedigen. Es scheint also ganz klar das,
unabhängig der Ziele die man verfolgen möchte, werden sie nur von
demjenigen erreicht, dessen Engagement in diese Richtung geht. In der
heutigen Zeit ist es immer schwieriger Jugendliche zu finden, die ein
164
Grossteil ihrer Zeit einem Sport widmen, der wenig Geld aber viele Werte
vermitteln kann. Heutzutage fangen die Athleten schon in der Jugendzeit an
über das Geld und potenzielle Gehalte zu reden, ohne zu bewerten was sie
von ihrem Engagement in Bezug auf Erfahrung gewinnen könnten. Die Frage,
heute mehr als je, ist folgende: warum müsste ein 13 oder 14 jähriger junger
Mensch drei oder vier Stunden seiner Zeit in einem solchen Sport einsetzen,
in dem er sich jeden Tag so bemühen und engagieren muss, wenn er
vermutlich dabei kein Geld verdienen wird? Nach 20 Jahren könnte ich
unheimlich viele Antworten geben, was ich aber gerne betonen möchte sind
die Gefühle nach einem Sieg und auch die Empfindungen die man fühlt jedes
mal wenn man die Enttäuschung einer Niederlage alleine oder mit der
Mannschaft überwinden muss. Dies alles hat keinen Preis und man kann es
nicht mit Geld bezahlen. Ein einfacher und kleiner Schlag auf den Schultern
von einem Kollegen, ein Kompliment vom Trainer, der Applaus der
Zuschauer nach einem Sieg: dies genügt um uns für die harten und schweren
Jahre, in denen wir uns mit unseren Kollegen so bemüht und angestrengt
haben, zu entschädigen. Kollegen die mir geholfen haben mich selbst zu
verstehen und mich mit den anderen auseinander zu setzen oder zu
vergleichen, seien es Kollegen meiner Mannschaft oder Gegner. Mit wenigen
Worten, die mir geholfen haben erwachsen und der Mensch zu werden der ich
heute bin.
165
Talent vs Einsatz
Die Relevanz des Engagements zeigt sich auch im Spitzensport, wo es
weitgehend bewiesen wurde das das Talent nicht ausreichend ist um ein
Spitzenniveau zu erreichen, es sei denn du heißt Diego Armando Maradona.
Genau dieses Beispiel, das man im Sport bringt, zeigt das es jedes
Jahrhundert nur einen wie ihn geben kann, einen Athleten mit einem
angeborenen Talent und eine außergewöhnlichen Muskulatur und Struktur.
Die Geschichte des Sports, somit auch des Wasserballs, ist voll mit
Talenten, die nie das Spitzenniveau erreicht haben das man von ihnen
erwartet hätte in Anbetracht ihrer athletischen Fähigkeiten. Die Sportexperten
sind sich immer noch nicht einig in der Identifikation der körperlichen
Eigenschaften die ein Athlet haben müsste um ein Weltmeister zu werden. Im
Gegenteil gibt es keine Zweifel wenn wir von den psychologischen
Kapazitäten
reden;
alle
meinen
das
das
Selbstvertrauen
und
die
Einsatzbereitschaft wesentliche Eigenschaften sind, um das Spitzenniveau zu
erreichen: um zwischen den Besten zu liegen muss man sich voll und ganz
dieser Aktivität widmen und eine Selbstbeherrschung entwickeln um optimale
Leistungen unter großem Leistungsdruck zu erreichen. Es kann sogar zu
offensichtlich scheinen den Wert des Einsatzes zu unterstreichen, aber um das
Spitzenniveau in einer Aktivität zu erreichen muss man erstmals anfangen
166
sich dabei zu engagieren. Natürlich ist es nicht genug unser Bestes zu machen
um Erfolg zu tun, sonst wäre ich schon Weltmeister. Es ist aber ganz klar dass
der Mangel an Einsatz uns nicht erlaubt unser Potential zu entwickeln.
Wer kennt Bill Gates nicht in dieser Welt und im digitalen Zeitalter?
In vielen Interviews hat er betont, dass er immer zehn Minuten mehr als die
anderen gearbeitet hat; das hat ihn immer gekennzeichnet. Wenn wir diese
Aussage in der Welt des Sports übertragen, liegt sie auf den Lippen von
vielen Athleten und Weltmeistern: “Ich gebe immer zu letzt auf”, “Ich
trainiere hart und länger als alle anderen”, “Ich möchte immer mehr machen”.
Natürlich ist der Einsatz nur eine der Eigenschaften, die ein Athlet haben
muss, um Erfolg zu haben und um seine eigenen persönlichen Ziele zu
erreichen. Generell, auch laut Forschungen die zu diesem Thema gemacht
wurden, sind die wesentlichen Elemente, die einen Athleten erlauben ein
Profi
zu
werden,
folgende:
Willen
zum
Erfolg,
Entschlossenheit,
Selbstaufgabe und Selbstmotivierung. Außerdem muss man der SportKarriere die Priorität geben, eine hohe Selbstachtung bewahren, versuchen
sich immer zu verbessern und den größten Einsatz zu liefern wenn man
Erfolg haben möchte. Das Talent hilft sehr, aber die ständige Praktik
strukturiert den Athleten und gibt ihm eine Methode auf der er dann arbeiten
muss um jeden Aspekt seines Sportes zu verbessern. In meinem Fall,
individuelle Technik, Spieltaktik, Resistenz und v.a. Intelligenz und
167
Schnelligkeit, Eigenschaften die immer nützlich sind, nicht nur wenn man
von Sport redet.
Meiner Meinung nach, müsste sich ein junger Athlet erstmals folgende
Frage stellen: “wie wichtig ist für mich der Sport den ich treibe?” Ich muss
zugeben, dass es sich um eine Frage handelt, die ich mir oft in den
vergangenen Jahren gestellt habe und auf die ich nicht immer die selbe
Antwort habe. Heute z.B., wenn ich ehrlich sein muss, ist der Wasserball ein
wichtiger Teil meines Lebens. Mit 34 Jahren und mit den besten Resultaten
die ich mit meinen Vorraussetzungen erreichen konnte, glaube ich das es
wichtig ist weiterhin diesen Sport zu treiben den ich liebe und indem ich
weiterhin Zeit mit meinen Kollegen aus verschiedenen Altersgruppen
verbringe und die Werte teile. Das Geld spielt auch eine Rolle und das
jährliche Gehalt ist für mich wichtig. Letztendlich, einige Überlegungen die
sich mit der Zeit und den Aufgaben verändern.
Im folgendem möchte ich gerne weitere Aussagen zitieren die den
Athleten helfen können vorherzusehen und zu verstehen wie bereit sie sind
sich zu engagieren:
4. Ich bin bereit einen wichtigen Teil meines Lebens beiseite zu lassen
um als Sportler Erfolg zu haben.
5. Ich strenge mich sehr an um meine Kapazitäten zu verbessern.
168
6. Ich nehme gerne am Wettkampf teil und gewinne gerne. Ich
verpflichte mich meine Leistungen und Ergebnisse in positiver Weise
zu bewerten.
7. Ich übernehme die Verantwortung für meine Fehler.
8. In jedem Training versuche ich mein bestes zu machen und mit mir
zufrieden zu sein.
9. Ich lerne gerne neue Techniken
10. Ich betrachte die Fehler als eine Möglichkeit mich zu verbessern und
nicht als eine Schande.
169
Die eigenen Grenzen akzeptieren
Die Geduld ist eine weitere Eigenschaft, die eng mit dem Einsatz
verbunden ist. Sie erleichtert die Konstanz und die Gewissenhaftigkeit bei der
Durchführung der Aufgabe. Im Gegensatz dazu behindert die Ungeduld sehr
bei der Erreichung der Ziele. Tatsache ist, dass außergewöhnlich reaktive
Menschen eine langsame Verbesserung der Leistungen nicht akzeptieren
können, weil sie schneller und mit wenig Einsatz lernen wollen. Sie haben
auch Schwierigkeiten aus Fehlern zu lernen, die sie gerne auf unglückliche
Situationen oder auf den Wunsch der anderen zurückfuhren, dass sie Fehler
machen. Im Gegensatz dazu, kann man mit Geduld die psychologische
Energie besser einsetzen und besser am Erreichen der persönlichen Ziele
arbeiten, indem man sich auf die Aufgabe konzentriert. Wenn sich der Geist
zu sehr mit den Gedanken an die Zukunft beschäftigt, z.B. mit Gedanken an
den kommenden Wettkampf, kann der Spieler übermassig besorgt und
deshalb nervös werden, indem er sich vorstellt was passieren könnte und wie
er sich in kritischen Situationen verhalten wird.
Der Geist wird dann weniger Aufmerksamkeit auf das lenken was zu tun ist,
um sich auf das Spiel vorzubereiten und wird extrem auf die zukünftige
Leistung projektiert sein.
Die Geduld, im Gegensatz dazu, ist einer der Schlüssel, um auf die
Gegenwart konzentriert zu bleiben und um eine wirksame Leistung durch die
170
Konzentration auf die Aufgabe, die jetzt durchgeführt werden muss, zu
erreichen. Auf diese Weise ist es als wurde ich mich selbst durch die
Realisierung dessen, was ich bis zum Spielbeginn machen muss, führen und
dadurch, dass ich eine konstante Konzentration auf die Gegenwart entwickelt
habe, behalte ich dieses Verhalten auch während des Spiels bei. Und die
Geduld ist es, die mir und den Athleten mehr als alles andere hilft, die
eigenen Grenzen zu akzeptieren und daran zu arbeiten diese zu überwinden.
Beim Wasserball und im Allgemeinen beim Sport ist es wichtig sich dessen
bewusst zu sein, dass sich die Leistung graduell verbessert und größtenteils
vom Wunsch abhängt sich für diese Tätigkeit einzusetzen. Jeder Jugendliche
hat natürlich das Recht zu träumen, eine Medaille bei den Olympischen
Spielen zu gewinnen. Er sollte aber wissen, um eine Chance zu haben, dass er
in kleinen Schritten denken muss um die eigene Leistung zu verbessern. Er
muss das Beste bei jedem Training geben und sich mit dem Trainer
besprechen.
„Ich möchte, dass ihr Blut spuckt wenn ihr aus dem Wasser kommt. Am
Ende jedes Trainings und jedes Spiels, musst ihr todmüde, erschöpft und
vollkommen fertig sein. Ihr dürft nicht einmal mehr die Kraft zum Atmen
haben. Wenn ihr mit dem Bewusstsein verliert, alles gegeben zu haben, das
Maximum, kann man
mit mehr Harmonie an der Akzeptation der
Niederlage arbeiten. Wenn ihr hingegen verliert und wisst, nicht das Beste
171
gegeben zu haben, werdet ihr die ganze Woche damit verbringen an die
Fehler zu denken die ihr gemacht habt. Das Risiko dabei ist, dass ihr euch
nicht auf die nächste Aufgabe konzentriert.“
Dieser Satz, den Formiconi und andere Trainer üblicherweise mit mehr oder
weniger Heftigkeit wiederholen, erklärt die theoretischen Konzepte, die
bisher besprochen wurden. Praktisch ausgedrückt heißt das, sich die Zeit
geben die nötig ist um die gesetzten Ziele zu erreichen, ohne sich zuviel
Druck zu machen und ohne sich unrealistische Erwartungen zu schaffen. Man
muss sich auf die eigene Leistung konzentrieren und nicht auf die der anderen
und vor allem, jeden Tag von neuem sich so verhalten um kleine
Leistungsverbesserungen zu erreichen die es einem erlauben weiterzumachen
und die persönlichen Träume zu hegen.
Der sportliche Wettstreit ist eine Situation, in der der einzelne Athlet seine
beste Leistung durch die Konfrontation mit den anderen, die das gleiche Ziel
haben, erreicht. Außerdem, je geringer der Leistungsunterschied zwischen
den Sportler ist und je wichtiger das Spiel ist an dem man teilnimmt, desto
größer wird der Kampfgeist der Beteiligten sein. Das bedeutet, dass der
Wettkampf als eine Situation identifiziert werden kann, sich selbst zu führen
und ein positives und optimistisches Verhalten gegenüber den eigenen
Möglichkeiten in einem bestimmten Wettkampf anzunehmen.
172
Kurz gesagt: “total überzeugt” zu sein. Im Wasserball sowie in anderen
Sportarten ergeben sich überraschende Ergebnisse
auch Dank der
Entschlossenheit und dem Wunsch zu gewinnen und dem positiven
Verhalten, das der Einzelne und die ganze Mannschaft während des
Wettkampfs ausdrücken können. Natürlich muss man dem Optimismus auch
eine optimale körperliche und geistige Präparation hinzufugen.
Das sind Eigenschaften, die man während der Woche beim Training
konstruiert. Die Muskeln allein reichen nicht aus und die berühmte
„Einstellung zu siegen“ wird im Laufe der Zeit mit Leidenschaft, Geduld,
Hingabe und Ausdauer erarbeitet. Es ist der Geist, der als erster trainiert
werden muss, noch vor dem Körper. Wenn der Geist will, folgt der Körper,
außer bei besonders schweren Unfällen.
“Der Ball ist rund; und erinnert euch daran: Ich habe noch nie einen
Mann im Mund eines anderen gesehen”. (Formiconi)
Der Verein Partizan Belgrad der Saison 2010/2011, eine kompakte
Mannschaft, junger konzentrierter und willensstarker Spieler, hat im Endspiel
der Euro
League die höher gewertete Pro Recco, eine millionenschwere Mannschaft,
die sich aus 13 Champions unterschiedlicher Nationalität zusammensetzt,
geschlagen. Ein Sieg der die meisten überrascht hat aber nicht die Leute vom
173
Fach. Schon nach den ersten Minuten dieses Endspiels, das im Juni 2011 in
Rom statt fand, konnte man sehen, dass die Spieler, die von einem großen
Exwasserballer wie Igor Milanovic trainiert werden, einen „Gang mehr“
besaßen.
Stärkere Motivierung, stärkerer Siegeshunger und der Wunsch zu beweisen
die besseren zu sein und den Pokal in die Hände zu bekommen, das kann für
einen Jungen aus Belgrad ein Sprungbrett für eine Karriere werden. Deshalb:
Optimismus. Vor allem in Situationen mit hohem Wettkampfstress.
Jeder Spieler ist vor dem Match angespannt, nervös und sich der Bedeutung
bewusst, die diese Situation für ihn hat. Diese psychischen Reaktionen haben
auch sehr unangenehme körperliche Sensationen zur Folge, wie z.B. kalte
und schweißnasse Hände oder auch Magenschmerzen und Übelkeit. Auch
kann man sich körperlich sehr angespannt fühlen, mit Atembeschwerden und
dem Gefühl, das Herz schlägt im Hals und vieles mehr. Diese Reaktionen
gelten sowohl für Spieler mit minderwertigen Leistungen als auch für Sportler
die normalerweise hervorragende Leistungen erbringen. Tatsächlich sind es
nicht die körperlichen Reaktionen die sich negativ auf die Leistung
auswirken. Das was wirklich den negativen Effekt ausübt ist die kognitive
Komponente die mit den körperlichen Symptomen verbunden werden. Anders
ausgedruckt, es ist von fundamentaler Wichtigkeit, was der Sportler denkt,
174
wenn er diese körperlichen Symptome fühlt. In diesem Zusammenhang sind
mindestens drei Reaktionen möglich:
1. Positive Reaktion. Der Athlet entwickelt einen internen Dialog
folgender Art: “Endlich ist es soweit, in kurze beginnt das lang
erwartete Spiel. Es fehlt noch eine Stunde und mein Herz ist schon
auf Hundert, als wäre es im Hals. Aber ich fühl mich auch voller
Energie, wie immer vor einem Spiel, ich fühl mich bereit“.
2. Negative Reaktion. Der Athlet entwickelt einen internen Dialog
folgender Art: „Hab ich es doch gewusst! Es sind einfach zu viele
Spiele. Ich fühl mich miserabel mit einem Knoten im Hals das ich
beinahe nicht atmen kann und das alles genau heute am Spieltag.
Auf der anderen Seite, jedes Mal wenn ich vor einem wichtigen
Spiel stehe bin ich zu angespannt, es ist zum Kotzen. Aus meinen
Erfahrungen habe ich wirklich nichts gelernt“.
3. Positive Reaktion auf eine negative Ursache. Der Sportler
entwickelt einen internen Dialog folgender Art: “Ich bin sehr
nervös, bin atemlos, hab 110 Pulsschlage in der Minute und es fehlt
noch mehr als eine Stunde. Wenn ich so weitermache komme ich
schon erschöpft zum Startpfiff. Ich weiß was mir in solchen Fällen
175
hilft: tief durchatmen und sich das letzte gelungene Spiel
vorzustellen. Auch jetzt geht es mir so. Ich hab mich gut auf dieses
Spiel vorbereitet und hab alles getan was nötig ist. Das Herz ist in
Ordnung, es schlägt schnell aber das muss so sein, ich bin
angespannt aber nicht mehr besorgt. Jetzt werde ich mich auf meine
Leistung konzentrieren und ich stelle mir genau das vor was ich
machen muss. Meine Aktionen sind flüssig, koordiniert und
sicher“.
Zusammenfassend stellt sich sehr klar dar, Optimist zu sein heißt nicht
ein oberflächliches und draufgängerisches Verhalten zu entwickeln. Es
geht darum sich einzusetzen und ein Verhalten zu entwickeln, das die
persönlichen Möglichkeiten fördert und verbessert mit Hilfe von
psychologischen Vorbereitungsprogrammen, die dazu entwickelt
wurden, Lösungen für die vielen problematischen Situationen zu
finden, die jeder Athlet während seiner sportlichen Laufbahn
bewältigen muss.
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