pfv_definitivo - Regione Calabria

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pfv_definitivo - Regione Calabria
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PIANO FAUNISTICO VENATORIO
PROVINCIA DI CROTONE
PREMESSA
L’attività venatoria in Italia è regolata dalla legge 157/92 che rappresenta la norma quadro in
materia di protezione della fauna e per il prelievo venatorio.
I principi che ispirano la disciplina della materia sono innovativi rispetto alla precedente
normativa, legge 968/77, poiché stabiliscono che la fauna selvatica appartiene allo Stato e che si
può derogare a ciò solo nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge.
Infatti, la legge nazionale indica quali sono le specie cacciabili e quelle che sono assolutamente
protette, fissa le modalità cui si devono attenere le regioni nelle predisposizioni dei propri atti, dei
calendari venatori, dei piani faunistici e della pianificazione del territorio.
La normativa nazionale accoglie anche le direttive CEE n. 409/79, e sue modificazioni ed
integrazioni, sulla conservazione degli uccelli selvatici e attua i principi contenuti nella
convenzione di Parigi del 1950, per la protezione degli uccelli e della convenzione di Berna del
1979, relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa.
Il cardine della legge 157/92 è rappresentato dal principio secondo cui l’esercizio dell’attività
venatoria è consentito purché non contrasti con l’esigenza di conservazione della fauna selvatica.
In tal senso il legislatore pone in primo piano la protezione dell’ambiente e della fauna imponendo
a carico della pubblica amministrazione l’obbligo della sua conservazione.
Per quanto riguarda gli aspetti di pianificazione del territorio, la legge dispone che una quota del
territorio, e precisamente tra il 20 ed il 30%, sia destinato a divieto di caccia, un’altra, fino al
15%, alla gestione faunistica privatistica ed il restante territorio, suddiviso in ambiti territoriali,
alla caccia programmata ed individua nei piani faunistico venatori gli strumenti di pianificazione a
livello Provinciale e regionale.
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Piano Faunistico-Venatorio
1. DISPOSIZIONI GENERALI
1.1. Quadro normativo di riferimento
1.1.1. Introduzione
I criteri della L. 157/92 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo
venatorio”, seguita, nella nostra Regione dalla L. R. n. 9/96, hanno dimostrato che i principi
fondamentali della caccia svolta in termini di programmazione anche pluriennale e della gestione
del territorio a fini faunistico, in modo concordato tra i diversi settori coinvolti (cacciatori,
agricoltori e ambientalisti), costituiscono ancora oggi un punto di riferimento dal quale partire per
proseguire nel processo di coinvolgimento diretto delle categorie. Infatti, le numerose emergenze
ambientali (cambiamenti climatici, inquinamento, perdita di habitat e di specie, OGM, specie
aliene, crisi idrica, incendi, ecc.) portano in secondo piano la contrapposizione ideologica tra
ambientalisti e cacciatori e rimarcano invece l’importanza di saper costruire un fronte comune
finalizzato alla tutela degli ambienti naturali e della fauna selvatica.
La materia concernente le attività faunistico-venatorie è regolata, a livello nazionale, dalla nota
legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Si tratta di una legge-quadro che recepisce alcune importanti direttive comunitarie, e
precisamente la 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979, nonché l’85/411/CEE della
Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991, con i relativi
allegati, concernenti la conservazione degli uccelli selvatici. Non va trascurato, inoltre che la legge
citata costituisce attuazione della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950, resa esecutiva con
legge 24 novembre 1978, n. 812, e della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, resa
esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503.
La legge quadro del 1992, come risulta dall’art. 1, comma 3, ha affidato alle Regioni a Statuto
ordinario (come la Calabria), il compito di emanare norme relative alla gestione e tutela di tutte le
specie della fauna selvatica.
Scopo principale della legge 157/1992 - che abroga espressamente la normativa precedente
(legge 27 dicembre 1977, n. 968) garantendo una maggior tutela della conservazione della fauna
selvatica rispetto alla protezione degli interessi venatori – è quello di contemperare tre diversi
interessi e precisamente la tutela e la conservazione della fauna selvatica, la protezione degli
interessi legati all’attività venatoria, nonché la difesa degli interessi legati alla produzione
agricola.
1.1.2. Strumenti di tutela della fauna selvatica.
Per realizzare le finalità della legge, essa si preoccupa di prevedere una serie di strumenti tra cui
fondamentale è la cosiddetta pianificazione faunistico-venatoria, cui la legge sottopone tutto il
territorio agro-silvo-pastorale nazionale.
La disciplina di questo strumento è contenuta nell’art. 10, ove si dice che il territorio di ogni
regione è ripartito in tre tipologie di aree e precisamente:
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a) Zone destinate a protezione: il 20/30% del territorio di ogni Regione è destinato alla
protezione della fauna selvatica. La regione Calabria, con la legge n° 9 del 17 maggio 1996
comma 2 lettera a) art.5, specifica che tale quota ha al massimo un valore del 24 per cento del
territorio agro-silvo-pastorale provinciale, comprendendo in essa tutte le aree ove sia comunque
vietata l'attività' venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni;
Il territorio di protezione comprende:
le oasi di protezione destinate al rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica,
le zone di ripopolamento e cattura destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato
naturale ed alla cattura della stessa per l’immissione nel territorio in tempi e condizioni utili
all’ambientazione fino alla ricostituzione e stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il
territorio;
ed i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale per la ricostituzione
delle popolazioni autoctone.
b) Zone destinate a riserva - il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato (al
massimo fino al 15%) a caccia riservata a gestione privata organizzata in:
aziende faunistico-venatorie, in cui la caccia è consentita nelle giornate previste dal calendario
venatorio secondo i piani di assestamento e abbattimento e in cui non è consentito immettere o
liberare fauna selvatica dopo il 31 di agosto;
aziende agri-turistico venatorie, ove sono consentiti l’immissione e l’abbattimento per tutta la
stagione venatoria di fauna selvatica di allevamento;
centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di
azienda agricola singola, consortile o cooperativa, in cui è vietato l’esercizio dell’attività venatoria
ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare
dell’impresa agricola, dipendenti della stessa e persona specificamente indicate.
c) Zone destinate alla gestione programmata della caccia: sulla parte restante del territorio
agro-silvo-pastorale le Regioni possono promuovere forme di gestione programmata della caccia
osservando sempre le finalità sopra specificate e meglio indicate nell’art. 1 della legge quadro n.
157/1992.
1.1.3. Procedura di pianificazione faunistico-venatoria.
1.1.3.1. Il ruolo della Provincia.
L’Amministrazione provinciale ha il compito di predisporre, per la pianificazione generale del
territorio agro-silvo-pastorale, il piano faunistico venatorio.
Esso va articolato per comprensori omogenei, deve individuare all’interno del territorio provinciale
le zone a vocazione diversa e precisamente: oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura,
centri pubblici di riproduzione, centri privati di riproduzione, zone e periodi per l’addestramento,
allenamento e gare di cani, zone destinate agli appostamenti fissi. Tutte le zone individuate dal
piano devono essere indicate, a sensi del comma 9° dell’art. 10, da tabelle perimetrali, esenti da
tasse, secondo le disposizioni impartite dalle regioni, apposte a cura dell'ente, associazione o
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privato che sia preposto o incaricato della gestione della singola zona. La delibera che determina
il perimetro delle zone da vincolare va notificata ai proprietari e affittuari dei fondi rustici e
pubblicata mediante affissione all’Albo Pretorio dei Comuni interessati. Ove nei 60 giorni
successivi alla pubblicazione sia presentata opposizione motivata da parte dei proprietari o
conduttori di fondi che rappresentino almeno il 40% della superficie complessiva che s’intende
vincolare, la zona non può essere istituita. In ogni caso, a seguito dell’opposizione manifestata dai
proprietari o affittuari di fondi rustici, anche nelle zone non vincolate l’esercizio dell’attività
venatoria resta vietato.
Il Piano deve prevedere inoltre l'individuazione delle aree idonee per l'istituzione di aziende
faunistico -venatorie ed agro-turistico-venatorie;
Le province predispongono altresì piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la
riproduzione naturale di fauna selvatica nonchè piani d’immissione di fauna selvatica anche
tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei parchi nazionali e regionali ed in altri
ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'Istituto nazionale
per la fauna selvatica e sentite le organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato
tecnico faunistico-venatorio nazionale tramite le loro strutture regionali, nonché i criteri per
corrispondere gli incentivi a favore dei proprietari o affittuari (singoli o associati) di fondi rustici
che s’impegnino alla tutela e risparmio di habitat naturali ed all’incremento della fauna selvatica.
Il piano deve prevedere anche i criteri per il risarcimento del danno a favore di proprietari ed
affittuari singoli o associati di fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni
agricole ed alle opere approntate sui fondi vincolati.
Nel Piano sono presenti infine la carta delle potenzialità e vocazioni faunistiche con la mappa della
distribuzione e dello status delle specie d’interesse gestionale e le norme per la regolamentazione
della caccia per i non residenti nelle province interessate.
1.1.3.2. Il ruolo della Regione.
Nella pianificazione faunistico-venatoria la Regione interviene in tre modi diversi, a sensi dell’art.
10, comma 10, ovvero:
a) tramite il coordinamento dei piani provinciali di cui al comma 7 dello stesso art. 10, secondo
criteri dei quali l’Istituto nazionale per la fauna selvatica garantisce l’omogeneità e la congruenza,
a norma dell’art. 11;
b) tramite l’esercizio dei poteri sostitutivi ove le Province non adempiano i loro obblighi inerenti
alla pianificazione;
c) con la redazione del piano faunistico Regionale di cui all’art. 10, comma 12, nonché di cui
all’art. 14 della citata legge quadro n. 157/1992.
Tale piano determina i criteri per l’individuazione dei territori da destinare alla costituzione di
aziende faunistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato
naturale.
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In via eccezionale e ove ricorrano specifiche necessità ambientali, le Regioni possono disporre la
costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura, e l’attuazione di
piani di miglioramento ambientale di cui al comma 7° dell’art. 10.
In particolare, la Regione Calabria è intervenuta con la Legge Regionale 17 maggio 1996, n. 9,
contenente “Norme per la gestione e tutela della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai
fini della disciplina programmata dell’esercizio venatorio” (Legge Regionale n. 9/1996, come
modificata dall’art. 47. comma 5 L.R. 14 luglio 2003, n. 10). In quest’ambito, di particolare
interesse è l’art. 5 che prevede che Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a
pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alla
conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al
conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle
risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
La Giunta regionale attua la pianificazione di cui al comma 1 mediante il coordinamento dei piani
faunistici - venatori provinciali sulla base di criteri di cui l'I.N.F.S. garantisce l'omogeneità e la
congruità e nel rispetto delle seguenti indicazioni:
a) destinare una quota massima del 26 per cento del territorio agro-silvo-pastorale della Regione
a protezione della fauna selvatica, comprendendo in essa tutte le aree ove sia comunque vietata
l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni;
b) destinare una quota massima del 15 per cento del territorio agro-silvo-pastorale provinciale ad
ambiti privati di caccia, ivi compresi i centri privati di produzione della fauna selvatica allo stato
naturale, le zone di addestramento e allenamento dei cani e per le zone per gare cinofile;
c) promuovere sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale forme di gestione programmata della
caccia;
d) determinare criteri per l’individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende
faunistico-venatorie, di aziende agro-turistico venatorie e di centri privati di produzione della
fauna selvatica allo stato naturale.
Il piano faunistico-venatorio regionale è predisposto dalla Giunta regionale mediante il
coordinamento dei piani faunistici - venatori provinciali. Il piano faunistico-venatorio regionale è
approvato dal Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale, sentita la Consulta
Faunistico Venatoria Regionale. Il piano faunistico-venatorio regionale ha durata quinquennale e
può essere aggiornato anche prima della scadenza su richiesta di una o più province se le
situazioni ambientali e faunistiche sulla base delle quali è stato elaborato subiscano sensibili
variazioni.
1.2. Indicazioni per la predisposizione dello studio d’incidenza
La citata legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di
prelievo venatorio, integrata dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221, è attuativa dell’art. 9 della
direttiva 79/409/CEE, del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, pubblicata
sulla Gazzetta Ufficiale L 103 del 25.4.1979, pagg. 1–18. La direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del
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21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e
della fauna selvatiche, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle CE L 206 del 22.7.1992, pagg. 7–
50 è stata recepita in Italia con il DPR n. 357/1997.
Le citate direttive partono dalle seguenti considerazioni di fondo:
a) la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente, compresa la
conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, costituiscono un
obiettivo essenziale di interesse generale perseguito dalla Comunità conformemente all'articolo
174 (ex art. 130 R) del Trattato;
b) Scopo principale della direttiva n. 92/43/CEE è, com’è noto, quello di promuovere il
mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche,
sociali, culturali e regionali. In questo modo il legislatore comunitario contribuisce all'obiettivo
generale di uno sviluppo durevole. Il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi
richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane;
c) Nel territorio europeo degli Stati membri, gli habitat naturali non cessano di degradarsi e che
un numero crescente di specie selvatiche è gravemente minacciato; gli habitat e le specie
minacciati fanno parte del patrimonio naturale della Comunità e i pericoli che essi corrono sono
generalmente di natura transfrontaliera, per cui è necessario adottare misure a livello comunitario
per la loro conservazione;
d) Tenuto conto delle minacce che incombono su taluni tipi di habitat naturali e su talune specie,
è necessario definirli come prioritari per favorire la rapida attuazione di misure volte a garantirne
la conservazione;
e) Per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse
comunitario in uno Stato di conservazione soddisfacente, occorre designare zone speciali di
conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario
definito;
f) Tutte le zone designate, comprese quelle già classificate o che saranno classificate come zone
di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici, dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente;
g) In ciascuna zona designata, occorre attuare le misure necessarie in relazione agli obiettivi di
conservazione previsti;
h) I siti che possono essere designati come zone speciali di conservazione sono proposti dagli
Stati membri; si deve tuttavia prevedere una procedura che consenta, in casi eccezionali, la
designazione di un sito non proposto da uno Stato membro che la Comunità consideri essenziale
per il mantenimento di un tipo di habitat naturale prioritario o per la sopravvivenza di una specie
prioritaria;
i) Qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di
conservazione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una
valutazione appropriata;
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j) L'adozione di misure intese a favorire la conservazione di habitat naturali prioritari e specie
prioritarie di interesse comunitario è responsabilità comune di tutti gli Stati membri; tali misure
possono tuttavia costituire un onere finanziario eccessivo per taluni Stati membri poiché, da un
lato, tali habitat e specie non sono distribuiti uniformemente nella Comunità e dall'altro, nel caso
specifico della conservazione della natura, il principio "chi inquina paga" è di applicazione limitata;
k) In questo caso eccezionale dovrebbe essere previsto un contributo mediante cofinanziamento
comunitario entro i limiti delle risorse disponibili in base alle decisioni della Comunità;
l) Occorre incoraggiare, nelle politiche di riassetto del territorio e di sviluppo, la gestione degli
elementi del paesaggio aventi un'importanza fondamentale per la flora e la fauna selvatiche;
m) Occorre garantire la realizzazione di un sistema di verifica dello stato di conservazione degli
habitat naturali e delle specie di cui alla presente direttiva;
n) E’ necessario istituire, a complemento della direttiva 79/409/CEE un sistema generale di
protezione di talune specie di fauna e di flora; si devono prevedere misure di gestione per talune
specie, qualora il loro stato di conservazione lo giustifichi, compreso il divieto di taluni modi di
cattura o di uccisione, pur prevedendo la possibilità di deroghe, subordinate a talune condizioni;
o) Per garantire il controllo dell'attuazione della presente direttiva, la Commissione europea
periodicamente prepara una relazione di sintesi, basata, tra l'altro, sulle informazioni trasmesse
dagli Stati membri in merito all'attuazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della
direttiva;
p) Il miglioramento delle conoscenze scientifiche e tecniche è indispensabile per attuare la
presente direttiva e pertanto occorre di conseguenza incoraggiare la ricerca e i lavori scientifici
necessari a tal fine;
q) Occorre prevedere misure complementari per regolamentare la reintroduzione di talune specie
di fauna e di flora indigene, nonché l'eventuale introduzione di specie non indigene;
r) L'istruzione e l'informazione generale relative agli obiettivi della presente direttiva sono
indispensabili per garantirne l'efficace attuazione.
Tutto ciò considerato, il legislatore comunitario ha fornito, nella citata direttiva 92/43/CEE, la
definizione di “Zona speciale di conservazione” (ZPS), ovvero un sito di importanza comunitaria
designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in
cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno
stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per
cui il sito è designato. Tali ZPS svolgono un ruolo determinante nella conservazione delle specie di
avifauna migratoria. Onde rendere accettabile il disturbo causato dall’attività venatoria sulle
specie citate, sono adottate misure precauzionali per evitare impatti eccessivamente devastanti,
soprattutto nei periodi di migrazione prepuziale, evitando il più possibile che vi siano abbattimenti
accidentali o sottrazione di zone di alimentazione e rifugio, specie nei periodi climaticamente più
disagiati.
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1.3. Indicazioni sulla Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
I Piani faunistico - venatori provinciali, come tutti gli strumenti di pianificazione territoriale,
devono essere assoggettati alla VAS. La strategia dell’Unione Europea per lo sviluppo sostenibile,
adottata dal Consiglio europeo di Göteborg nel 2001, ha mostrato quale elemento politico
fondamentale, il fatto che tutte le politiche debbano ruotare attorno al concetto di sviluppo
sostenibile. La strategia sottolineava inoltre che, per una valutazione sistematica delle proposte,
era necessario disporre di migliori informazioni. La direttiva sulla VAS rappresenta uno strumento
importante per fornire informazioni di questo genere, che consentano di integrare più
efficacemente le considerazioni ambientali nelle proposte settoriali man mano che queste sono
presentate e trovare, dunque, soluzioni più sostenibili.
Prima dell’introduzione della direttiva 2001/42/CE, i progetti di rilevante entità che potevano
avere un impatto sull’ambiente dovevano essere sottoposti a valutazione nell’ambito della
direttiva 85/337/CEE1 concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti
pubblici e privati.
Tale valutazione avveniva, tuttavia, in una fase in cui le possibilità di apportare cambiamenti
sensibili erano spesso limitate: le decisioni riguardo all’ubicazione del progetto o alle scelte di
alternative potevano, infatti, già essere state prese nell’ambito di piani riguardanti un intero
settore o un’area geografica.
La direttiva 2001/42/CE sulla VAS colma questa lacuna e stabilisce che siano valutati gli effetti
ambientali di un ampio ventaglio di piani e programmi, in modo che se ne tenga conto durante
l’effettiva elaborazione dei piani, e che questi siano adottati a tempo debito. Inoltre, il pubblico
deve essere consultato sui progetti e sulla valutazione ambientale ed occorre tener conto delle
opinioni che esprime. Come indicato nel titolo della direttiva, l’obiettivo del legislatore europeo è
quello di “garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione
delle considerazioni ambientali nei piani e programmi sia all’atto della loro elaborazione sia all’atto
della successiva adozione” (art. 1).
La direttiva definisce la “Valutazione ambientale” come un processo sistematico inteso a valutare
le conseguenze sul piano ambientale delle azioni proposte, delle politiche, dei piani o delle
iniziative nell’ambito di programmi, al fine di garantire che tali conseguenze siano incluse a tutti
gli effetti ed affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del processo decisionale e poste
sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale. In questa ottica la VAS è da
intendersi come uno strumento di supporto per le decisioni, e tutto il processo di valutazione è
centrato attorno alla possibilità di migliorare la qualità della decisione.
Proprio per queste ragioni va inserita nei punti strategici del processo decisionale, fermo restando
la sua natura di processo valutativo. È applicata a tutti i piani e programmi elaborati per i settori:
agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, della gestione dei rifiuti e delle acque,
delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei
1 Direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale o direttiva sulla VIA, GUCE L175 del 5.7.1985, pag.40.
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suoli, dei trasporti, ai piani e programmi elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE
applicati su piccole aree o per le loro modifiche. Sono esclusi dall’applicazione di questa direttiva
piani e programmi destinati a scopi di difesa nazionale e protezione civile e piani e programmi
finanziari e di bilancio. La VAS riguarda i processi di formazione dei piani più che i piani in senso
stretto. Si tratta quindi di uno strumento di aiuto alla decisione (DSS - Decision Support System),
più che un processo decisionale in se stesso. Per definire in termini concreti la VAS occorre porre
attenzione sull’aggettivo “strategico”, che la differenzia in modo sostanziale dalla VIA. Si prenda
un esempio concreto: una necessità del territorio di collegamento trasporti. - La VIA si pone il
problema di verificare e mitigare gli impatti ambientali rispetto ad una decisione già assunta, ad
esempio di una strada che collega un punto A ad un punto B. La VAS interviene a monte,
giudicando come quel collegamento possa essere “strategicamente” risolto: strada, autostrada,
ferrovia, ferrovia veloce, collegamento aereo. La VAS, quindi, non è solo elemento valutativo ma
“permea” il piano e ne diventa elemento costruttivo, gestionale e di monitoraggio. È importante
sottolineare che i processi decisionali politici sono fluidi e continui: quindi la VAS deve intervenire
al momento giusto del processo decisionale. Occorre quindi certamente approfondire gli aspetti
tecnico-scientifici, ma senza perdere il momento giusto e rendendola inutile anche se rigorosa,
ricordando che la VAS è uno strumento e non il fine ultimo. Sempre più, negli ultimi tempi,
l’attenzione si è spostata quindi dalla metodologia all’efficacia. Come sottolinea la direttiva, la
prima fase della valutazione ambientale non può prescindere dall’individuare gli interlocutori
sociali (stakeholders) per poi pianificare e gestire meglio la loro partecipazione alla discussione.
Prima di “entrare nel vivo” della valutazione stessa è altresì necessario analizzare il processo
decisionale tramite il diagramma della decisione. In questa fase trova spazio una rassegna
esaustiva delle varie fasi del processo, degli attori coinvolti e del loro titolo, per meglio
individuare dove e come intervenire con le considerazioni relative alla sostenibilità. In altre parole
in questa fase si descrive l’intero processo decisionale, si identificano i momenti decisionali
(decision windows) e si identificano dove devono essere prese decisioni critiche con implicazioni
ambientali. Successivamente si stila il rapporto ambientale, nel quale si individuano, si descrivono
e si valutano gli effetti significativi che potrebbero realizzarsi con l’attuazione di un determinato
piano o programma e contenente le seguenti informazioni: illustrazione dei contenuti, degli
obiettivi principali e del rapporto con altri piani o programmi; stato attuale dell’ambiente e sua
evoluzione senza il piano; caratteristiche ambientali dell’area interessata; problemi ambientali
esistenti;
obiettivi
di
protezione
ambientale;
possibili
effetti
significativi
sull’ambiente
(biodiversità, fattori climatici, salute umana, popolazione, flora e fauna, suolo, acqua, aria, beni
materiali, patrimonio culturale, patrimonio architettonico, patrimonio archeologico, paesaggio);
misure per impedire, mitigare o ridurre gli effetti negativi; sintesi dei motivi di scelta delle
alternative; descrizione delle misure previste per il monitoraggio.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Si costruisce così un rapporto sintetico sulle criticità dell’area o settore con dati, grafici e brevi
commenti attraverso il quale il decisore dovrebbe identificare immediatamente i punti forti e
deboli di un’area o settore. La successiva fase ha l’obiettivo di costruire l’albero obiettivi, azioni e
indicatori per lo sviluppo sostenibile. Per quel che riguarda gli obiettivi generali di sostenibilità le
organizzazioni internazionali fanno riferimento a quattro – cinque obiettivi, per orientare con
maggiore precisione le scelte. Si tratta di analizzare tali obiettivi generali per evidenziare come le
azioni del piano o programma permettono di raggiungerli. Per quanto riguarda gli obiettivi
specifici di piano, sono proprio questi che permettono il raccordo tra azioni di piano e obiettivi
generali e rivestono un ruolo centrale nella VAS. A questo punto la direttiva con l’obiettivo di
concludere il processo di valutazione ambientale, per poi poter impostare correttamente il
monitoraggio, descrive il rapporto ambientale che alla luce di tutte le fasi precedenti si deve
andare a stilare. Il rapporto ambientale è la parte centrale della valutazione sull’ambiente
richiesta dalla direttiva, che influenzerà la versione definitiva del piano o programma. Il rapporto
ambientale costituisce un importante strumento per l’integrazione delle considerazioni di
carattere ambientale nell’elaborazione e nell’adozione di piani e programmi in quanto garantisce
che
gli
effetti
significativi
considerazione nel
corso di
sull’ambiente
siano
individuati,
descritti,
valutati
e
presi
in
tale processo. La preparazione del rapporto ambientale e
l’integrazione delle considerazioni ambientali, nella preparazione dei piani e dei programmi,
costituisce un processo iterativo che deve contribuire al raggiungimento di soluzioni più sostenibili
nell’iter decisionale. L’ultima fase della valutazione, presa in esame dalla direttiva, riguarda il
monitoraggio e il controllo degli indicatori. “Gli Stati membri controllano gli effetti ambientali
significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare
tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive
che ritengono opportune.” Il rapporto ambientale deve includere una descrizione delle misure
previste per il monitoraggio. Il ruolo del monitoraggio è di poter correggere le azioni qualora non
fossero raggiunti gli obiettivi; attraverso una relazione di monitoraggio si deve riportare l’analisi
del grado di raggiungimento degli obiettivi, l’analisi delle risposte, l’analisi degli indicatori, l’esame
degli scostamenti, l’esame del feedback, l’analisi della rete di monitoraggio, l’azioni di
miglioramento.
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QUADRO CONOSCITIVO
2.1 - Assetto territoriale
La Provincia di Crotone si estende per 171.658 ettari, di cui 61.954 ettari di pianura, 43.768
ettari di montagna e 65.936 ettari di collina, distribuiti nei 27 Comuni.
2.1.1 Il Clima
Il notevole dislivello che caratterizza il territorio della Provincia determina una certa zonazione del
clima, tipicamente mediterraneo nella fascia costiera e collinare, che diventa generalmente più
umido sopra i 1.000 m di altezza; la piovosità del territorio provinciale è distribuita
omogeneamente nei mesi autunnali ed invernali, con massimi di precipitazione che raggiungono i
1.200- 1.300 mm annui nel piano montano e che decrescono drasticamente a 788 mm annui
nella fascia costiera. La temperatura media annua varia tra i 10 °C ed i 12 °C sull’altopiano silano
ed aumenta sino ad oltre 16 °C nella fascia costiera. Per la caratterizzazione climatica e
bioclimatica del territorio studiato, sono stati utilizzati i dati pluviometrici e termometrici delle
stazioni
meteorologiche
ricadenti
nel
territorio
e
sono
presentati
i
relativi
diagrammi
pluviometrici. Sono state, inoltre, individuate le unità bioclimatiche in base al sistema proposto da
11
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
BIOCLIMA della provincia di Crotone
FONTE: PROVINCIA DI CROTONE - PIANO DI GESTIONE ZPS “MARCHESATO - FIUME NETO”
Rivas-Martinez (Rivas-Martinez, 1981; Rivas-Martinez et al.,1991), che utilizza la combinazione di
due indici (l’indice di termicità e l’indice ombrotermico) e i valori delle precipitazioni medie annue
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
per esprimere il termotipo e l’ombrotipo di un territorio. In base a tale classificazione nel territorio
indagato sono riconoscibili termotipi che vanno dal termomediterraneo al Supramediterraneo. In
particolare si rilevano i seguenti termotipi (Gangale,1999): REGIONE MEDITERRANEA( Iov <
1,5): Termomediterraneo superiore (T= 16-18°C; It da 350 a 399) Il clima è caratterizzato da
una spiccata aridità estiva (3 mesi), e dalle precipitazioni localizzate soprattutto nei mesi
autunnali (ottobre risulta il mese più piovoso). Questo termotipo caratterizza le stazioni più
termofile del territorio indagato e sul versante jonico si estende fino a circa 300 m di quota.
Quest’area è caratterizzata da boschi termofili dei Quercetea ilicis; in questa fascia inoltre si
rinvengono le ripisilve termofile dei Nerio-Tamaricetea. Mesomediterraneo: (T= 13-16°C; It da
349 a 210). Ricadono in questo termotipo 8 stazioni. Sul versante jonico interessa una fascia
altitudinale compresa tra i 300 e i 770 m di quota. La temperatura media annua risulta compresa
tra i 15° e i 12,9° C e le precipitazioni, concentrate prevalentemente nei mesi autunnali, sono
comprese tra i 1044 e 1399 mm di pioggia annui. Tale fascia risulta caratterizzata da boschi
mesofili dell’Erico-Quercion ilicis e, limitatamente al mesomediterraneo superiore, querceti
caducifogli dei Quercetalia pubescenti-petraeae. In questa unità ricadono le stazioni di Cotronei
(505 m s.l.m.) e Cerenzia (663 m ). Supramediterraneo (o Temperato oceanico di
transizione) (T= 8-13°C; It da 209 a 70) In questa fascia sono comprese solo stazioni
pluviometriche per cui tutti i dati termometrici sono stati dedotti utilizzando le rette di regressione
di Ciancio (l.c.), che hanno permesso di individuare una fascia altitudinale compresa tra i 770 e i
1050 m di quota. Il clima è caratterizzato da un breve periodo di aridità estiva e il massimo delle
precipitazioni in autunno. Le precipitazioni medie annue variano dai 1184 ai 1419 mm, e le
temperature medie sono comprese tra i 10,8 e i 12,2°C. Le formazioni vegetali che caratterizzano
questo termotipo sono soprattutto querceti caducifogli mesofili dei Quercetalia pubescentipetraeae e, verso il limite superiore, le pinete a pino calabro del Doronico-Fagion. Rientrano in
questa fascia le stazioni di Savelli ( 964 m) e S. Giovanni in Fiore a 1050 m di quota,
caratterizzata da precipitazioni medie annue di 1238 mm e temperatura media di 10.8°C.
2.1.2. GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA
Dal punto di vista geologico, il territorio della Provincia di Crotone presenta una notevole varietà
di tipologie, infatti, dalle rocce di origine granitica dell’altopiano della Sila si passa ad un tipo di
terreno, quello vicino alla costa, di natura alluvionale con sedimenti argillosi di natura alluminosilicatica. Gran parte del territorio è compreso nel Bacino Crotonese costituito da una vasta
estensione di depositi che si estendono verso est fino al mare Ionio, separati dal massiccio della
Sila, ad ovest da una scalinata di faglie normali ad andamento circa N-S; il Bacino Crotonese è
diviso in due grandi porzioni dall’elemento trascorrente E-O di S. Nicola dell’Alto. Nella porzione
settentrionale affiorano, trasgressivi sul substrato metamorfico, depositi terrigeni di età
serravalliano—tortoniana (Ogniben, 1955 e 1962), cui si intercalano estese coltri gravitative,
costituite sia da litotipi del substrato cristallino (p.es. olistolite di S.Nicola dell’Alto) che da falde
ad affinità liguride (p. es. “Falda” di Cariati, Ogniben, 1955). Nella porzione meridionale (Bacino
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
del Marchesato) sono conservati tutti i termini della successione neogerlica, che si articola in
almeno sei sequenze deposizionali separate da altrettante fasi tettoniche, databili rispettivamente
al Serravalliano-Tortoniano, Tortoniano superiore-Messiniano basale, Messiniano superiore,
Pliocene inferiore, Pliocene medio e Pleistocene inferiore-medio. I depositi delle successioni premessiniane e messiniane affiorano estesamente nel vertice nord-occidentale del bacino del
Marchesato, tra i paesi di S. Nicola dell’Alto, Cerenzia e Cotronei; in quest’area sono ubicati
importanti giacimenti salini, attualmente ancora in coltivazione nell’area di Belvedere di Spinello.
Verso SUD la sequenza messiniana affiora in maniera più discontinua lungo la scalinata delle
grandi faglie bordiere fino alla zona di Catanzaro.
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Piano Faunistico-Venatorio
GEOLOGIA della provincia di Crotone
FONTE: PROVINCIA DI CROTONE - PIANO DI GESTIONE ZPS “MARCHESATO - FIUME NETO”
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
I terreni infra e medio-pliocenici affiorano di prevalenza nella parte centrale del Bacino, a nucleo
di strutture ad horst asimmetrico con direzione assiale SO-NE, tra cui ricordiamo la dorsale
Roccabernarda-Rocca di Neto e l’alto di Scandale. L’età di queste strutture è medio-pliocenica,
poiché sono ricoperte in discordanza stratigrafica dalla formazione plio-pleistocenica delle Argille
di Cutro (Roda, 1964), che si estende fino al margine ionico dove raggiunge spessori superiori ai
1000 m. La sequenza sedimentaria è definitivamente chiusa all’inizio del Pleistocene medio dalla
deposizione delle arenarie di S. Mauro (Di Grande, 1967) costituite da depositi litorali e deltizi
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
che, come in gran parte della Calabria, segnalano l’inizio dell’uplift regionale (Ferrini et al., 1997).
Tali connotazioni, assieme ad una particolare condizione morfologica, hanno determinato la
nascita di paesaggi di rilevante importanza paesaggistica come le pareti di roccia, i canyon, e
fenomeni carsici e sabbiosi.
Le grotte rappresentano la parte preponderante dei monumenti litici della provincia di Crotone,
ciò grazie anche alla presenza dell’importante geosito di Verzino che consta di 8 grotte ipogee che
con i suoi 2 chilometri di percorribilità attuale e per la peculiarità di essere in un ambiente
gessoso (solfato di calcio) rappresentano uno dei più importanti fenomeni carsici d’Italia. Altre
grotte sono situate nei comuni di Pallagorio, Cerenzia, Caccuri, Petilia Policastro e Castelsilano.
Le gole, assieme alle forre, diventano una costante ambientale dominante mano a mano che ci si
addentra verso la parte pedemontana dell’altopiano silano, quando cioè cambia la natura
geologica del terreno che diventa roccia di tipo granitica, il resto è affidato all’azione meccanica
abrasiva da parte del carico solido (massi e ciottoli) che il corso d'acqua trasporta verso valle.
Tale situazione si estende e si ripete su tutto l’arco del medio alto marchesato interessando i
comuni di Umbriatico, Pallagorio, Savelli, Caccuri, Castelsilano, Cotronei, Petilia Policastro e
Mesoraca (dal preliminare al PTCP, 2007). Nel territorio sono compresi tre geositi che, quali
elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio naturalistico, rappresentano valenze di
eccezionale importanza per gli aspetti paesaggistici e di richiamo culturale, didattico - ricreativi.
Il geosito di Verzino si colloca nel settore nord-occidentale della Provincia di Crotone ed è
compreso tra i comuni di Verzino, Castelsilano, Cerenzia, Caccuri e Belvedere di Spinello. Esso
costituisce, per diversità di forme carsiche e superficiali e sviluppo di sistemi ipogei, uno dei più
importanti sistemi carsici in gessi d’Italia e presenta, infatti, numerose grotte, sorgenti di acqua
sulfurea e sezioni stratigrafiche di particolare interesse geologico.
Il geosito di Zinga, si interseca con il geosito di Verzino e comprende l’area tra il centro abitato
dell’omonima località e monte Russomanno nella media Valle del Fiume Vitravo e, rappresenta
per peculiarità morfologiche, strutturali stratigrafiche e sedimentologiche un geosito unico. E’
importante rilevare infatti lo spettacolare anticlinale di Russomanno, con la curvatura degli strati
rocciosi che presenta la convessità verso l'alto; i diapiri, manifestazioni di risalite saline che grazie
alla loro bassa densità intrudono lo strato roccioso; le doline, depressioni imbutiformi prodotte
dalla dissoluzione della roccia per opera delle acque piovane; anche qui le sorgenti di acqua
naturale e sulfurea. Le peculiarità geologiche del Marchesato crotonese oltre a dare origine a
elementi fisiografici di indubbio valore paesaggistico sono anche alla base della ricchezza di
risorse minerarie di quest’area: ricchi giacimenti di metano presso Crotone, presenza di miniere
per l’estrazione di salgemma e zolfo nella media valle del Neto. Nella tabella seguente sono
riportate le principali caratteristiche minerarie di località incluse nel territorio della provincia di
Crotone.
Il terzo geosito, detto di Vrica, si colloca nel settore sud-orientale della provincia di Crotone; qui
il territorio, che è di tipo collinare, è caratterizzato da superfici pianeggianti delimitate da scarpate
che si raccordano ad un versante con una tipica morfologia a calanchi, ed i sedimenti affioranti
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
sono costituiti da argille marnose siltose grigie azzurre ricche di fossili depositatesi durante il
Pliocene. Perciò il geosito di Vrica è la testimonianza di due ere geologiche ed ecco quindi la
ragione della sua notevole importanza. Anche il sottosuolo gioca la sua rilevante parte tra le
componenti geolitologiche di questo territorio.
E’ infatti ormai comprovata dagli anni 70 la presenza nel sottosuolo, presso Crotone, di ricchi
giacimenti di metano ed inoltre la presenza di miniere per l’estrazione di salgemma e zolfo nella
media valle del Neto. La maggior parte dei pozzi metaniferi (per la precisione tre) sono tutti
concentrati in mare antistante alla costa della città di Crotone, mentre uno è situato nella parte
sud del promontorio di Capo Colonna. I dati dell’ENI, società italiana del settore energetico,
rivelano che dai giacimenti di Crotone è estratto, attraverso piattaforme marine, il 16% della
produzione nazionale di metano, attestando la città capoluogo tra le prime produttrici in Italia del
prezioso gas. I pozzi, tutti collegati tra loro, convogliano il metano alle varie centrali che a loro
volta lo immettono sulla rete nazionale di distribuzione. Nell’entroterra, precisamente tra i comuni
di S. Nicola dell’Alto e Strongoli, si trovano solfare, ovvero miniere di zolfo ormai non più
utilizzate in quanto diseconomiche. Una miniera per l’estrazione di Salgemma si trova nel
territorio del comune di Belvedere Spinello in località Timpa del Salto ed in merito negli ultimi
tempi sono state sollevate delle osservazioni sugli effetti ambientali derivanti dalla subsidenza
della miniera stessa. Un salinodotto consente di trasportare il materiale estratto ad uno
stabilimento nel comune di Cirò Marina che, dopo determinati processi chimici, lo trasforma in
cloruro di sodio iperpuro e da un pontile, che si trova nei pressi dello stabilimento stesso, è
stivato in delle navi per la distribuzione.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PRINCIPALI RISORSE MINERARIE NELLA PROVINCIA DI CROTONE
2.1.3. Rete idrografica e qualità delle acque
Dal punto di vista delle risorse idriche, il contesto territoriale è caratterizzato dalla presenza di
due importanti corsi d’acqua, i fiumi Neto e Tacina, ai cui bacini idrografici si aggiungono quelli
dei loro affluenti e di altri torrenti minori. Ad esclusione del Neto, tutti gli altri fiumi hanno un
carattere torrentizio con piene e secche che si alternano in funzione delle stagioni. A tal proposito
va precisato che, nonostante lo sviluppo poco significativo dei suddetti torrenti, essi presentano
alvei abbastanza ampi dovuti alle piene che si verificano durante le stagioni delle piogge. Si
segnala la presenza nella provincia di Crotone di due laghi che sono il S.Anna e l’Ampollino.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
IDROGRAFIA della provincia di Crotone
FONTE: PROVINCIA DI CROTONE - PIANO DI GESTIONE ZPS “MARCHESATO - FIUME NETO”
Delle risorse idriche fanno anche parte, oltre alle sorgenti dei principali torrenti succitati, le acque
sulfuree ricadenti nei comuni di Pallagorio, S. Nicola dell’Alto, Casabona, Caccuri, Cotronei e
Petilia Policastro (dal preliminare al PTCP, 2007).
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
I principali laghi individuati sono due: il lago Ampollino e il lago di S. Anna.
La storia del lago Ampollino è legata agli anni del primo dopoguerra infatti dal 1920, in Sila,
sono stati creati dei laghi artificiali che si sono perfettamente integrati nel contesto ambientale
circostante. Nati per lo sfruttamento idroelettrico dei corsi d'acqua silani, questi invasi, hanno
finito per acquisire una notevole valenza paesaggistica dando un’identità specifica al territorio. Il
lago Ampollino, nato nel 1926, raccoglie le acque del fiume omonimo, è circondato dai monti
Scorciavuoi, Gariglione, Zingomarro e Monte Nero. Il versante sud ricade nel territorio comunale
di Cotronei ed è proprio in questa parte che sono nati importanti villaggi turistici come Trepidò e
Palumbosila. Lo sbarramento che ha originato il lago è una diga posizionata all’estremità est alta
circa 39 metri e si trova a 1.271 metri s.l.m. e può raccogliere circa 68 milioni di mc d'acqua.
Il lago di S. Anna, che ricade ai margini tra il territorio di Cutro e quello di Isola Capo Rizzuto, si
configura come un modesto invaso di origine lacustre situato sul limite nord del pianoro di S.
Anna – Rosito. Dopo la riforma agraria per risolvere i problemi derivanti dalla siccità durante le
stagioni estive sono stati realizzati un gran numero di laghi e invasi artificiali collegati a un
complesso sistema irriguo di canali per permettere un utilizzo dei terreni più aridi a fini agricoli,
fra questi vi è appunto il lago di S. Anna che negli ultimi decenni è stato oggetto di importanti
lavori di manutenzione finalizzati ad un suo potenziamento per la pratica agricola dei terreni del
basso Marchesato.
La parte più consistente delle risorse idriche della provincia è costituita da fiumi, torrenti e
sorgenti. Tolto il Neto tutti gli altri fiumi hanno un carattere pressoché torrentizio con piene e
secche che si alternano in funzione delle stagioni.
Idrografia di superficie
Torrente Lipuda. Posto nella parte più settentrionale della Provincia di Crotone, il Torrente
Lipuda ricade anche nella ZPS Marchesato – Fiume Neto nel tratto iniziale del suo bacino
idrografico. Si origina tra il Monte Mazzagullo (696 m s.l.m.) e il Cozzo Perticara (709 m s.l.m.),
costeggia il comune di Umbriatico e sfocia a 2 Km a sud di Cirò Marina.
Fiume Neto. Il fiume Neto ha origine dalle falde del Timpone Sorbello (1850 m s.l.m.) in
provincia di Cosenza; ha una lunghezza di circa 90 Km, con una portata media misurata alla foce
di 15 mc/s ed una pendenza media del 3%. Secondo fiume della Calabria dopo il Crati, il suo
bacino idrografico, con un’ampiezza complessiva di 1078 Km2, è però il più vasto della regione.
Lungo il suo percorso riceve le acque di diversi tributari, due dei quali, il Vitravo e il Lese. Le sue
acque sono intensivamente sfruttate a scopi irrigui e per la produzione di energia elettrica. Sfocia
nel Mar Ionio tra i comuni di Strongoli (loc. Fasana) e Crotone (loc. Cannonieri). L’ultimo tratto
della su asta fluviale, un tempo linea di confine tra i due comuni, ricade attualmente nel solo
comune capoluogo. Vengono di seguito riportate le caratteristiche altimetriche e di superficie del
bacino e dei sottobacini del Neto.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Caratteristiche del bacino e sottobacini del fiume Neto
Fiume Tacina Ha origine dal Timpone Morello (1665 m s.l.m.) nella provincia di Catanzaro.
Lungo 65 Km, con un bacino idrografico complessivo di 426 Km2, è il secondo fiume della
provincia di Crotone. Riceve le acque dei due principali affluenti, il torrente Soleo e il torrente S.
Antonio. Sfocia nel Golfo di Squillace in località Steccato di Cutro, 2 Km a est dell’abitato di
Botricello. Nel suo tratto montano, il Tacina presenta pesanti interventi di derivazioni delle sue
acque, destinate alla produzione di energia elettrica nelle centrali di Orichella, Timpa Grande e
Calusia. Ulteriori derivazioni, nel settore pedemontano-vallivo, hanno ridotto gravemente le
portate del Tacina e del Soleo, con gravi ripercussioni ambientali e di natura igienico-sanitaria.
Vengono di seguito riportate le caratteristiche altimetriche e di superficie del bacino e dei
sottobacini del Tacina.
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Piano Faunistico-Venatorio
Caratteristiche bacino e sottobacini del fiume Tacina
Qualità biologica e sfruttamento dei corsi d’acqua. Studi condotti nel 2002 da un equipe di
ricercatori universitari (Gallo et al., 2003) hanno mostrato significative correlazioni tra lo stato
delle comunità macrobentoniche fluviali e lo sfruttamento antropico dei principali bacini idrografici
della provincia di Crotone. Questi ultimi si caratterizzano (come risultato dai sopralluoghi eseguiti
in loco) per la presenza di aree ad elevata naturalità nelle zone montane, e di attività umane a
potenziale impatto sull’ambiente in quelle vallive. Tra queste vanno menzionate l’escavazione
degli alvei per l’estrazione di inerti e l’utilizzo agricolo del territorio. Lo studio ha previsto prelievi
faunistici in 22 stazioni scelte sui fiumi Neto e Tacina e sugli affluenti Lese, Vitravo e Ampollino
del primo e Soleo e S. Antonio del secondo. Si è proceduto, quindi, al calcolo dell’Indice Biotico
Esteso
(I.B.E.)
ed
alla
valutazione
della
struttura
trofico-funzionale,
della
ricchezza
e
dell’abbondanza dei taxa presenti. Tralasciando il dettaglio dei dati strettamente biologici,
vengono di seguito riportati i risultati del suddetto studio, con particolare riferimento agli effetti
dell’azione antropica sulla fauna campionata nel periodo V-VI e X-XI 2002.
Neto e suoi affluenti (escluso Ampollino) Nel primo campionamento il fiume Neto presenta
una chiara compromissione monte-valle della qualità biologica delle sue acque. La stazione più a
monte mostra un elevato valore di naturalità (I.B.E.) mentre, tra quelle più a valle, le ultime tre
appaiono pesantemente impattate dai reflui associati all’attività di silos, cementifici ed industrie
agroalimentari. Ciò è testimoniato dalla massiccia presenza di microrganismi associati a condizioni
di degrado ambientale. In questa stesse stazioni, nel secondo campionamento, realizzato dopo un
periodo a moderata piovosità, aumentano gli organismi filtratori, anch’essi “indicatori” di una
certa compromissione, tra cui alcune specie resistenti all’inquinamento organico. Il fiume Vitravo,
ad eccezione della prima stazione, mostra gravissimi segni di alterazione riconducibili a processi
di deviazione del corso e di captazione delle acque a scopo irriguo che determinano un regime
idrologico inferiore a quello del Deflusso Minimo Vitale. Il protrarsi di tale condizione fino al mese
di novembre genera effetti di anaerobiosi che di fatto riduce la comunità macrobentonica a
pochissimi organismi estremamente tolleranti. Situazione simile a quella del Neto si presenta per
23
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il fiume Lese, con aumento verso valle di organismi associati a condizioni di degrado e
inquinamento delle acque.
Tacina e suoi affluenti Per quanto riguarda il fiume Tacina, la stazione di monte, collocata a
valle di una diga, appare chiaramente risentire dell’attività di quest’ultima in termini, ad esempio,
di alterazione del chimismo delle acque da essa rilasciate. Più a valle si notano effetti riconducibili
alla riduzione della portata, per captazione di acqua ad uso potabile ed irriguo e per attività
agricole ed industriali. Ad esempio, nella terza stazione, in autunno, si trovano abbondanti
organismi associati a condizioni di inquinamento organico e tracce di un deposito oleaginoso
probabilmente dovuto allo sversamento di un frantoio a monte. I fiumi Soleo e S. Antonio, nel
tratto superiore, presentano condizioni di elevata integrità ambientale, testimoniata dalla
presenza di una comunità macrobentonica caratterizzata da numerosi organismi utilizzatori della
lettiera vegetale. Nei tratti inferiori si nota lo sviluppo di una moderata alterazione associabile alle
attività agricole ivi esercitate oltre che, nel caso del S. Antonio, a lavori di regimentazione
idraulica. Nel complesso, tanto il Neto quanto il Tacina, mostrano palesi segni di alterazione delle
comunità macrobentoniche. Tra i sottobacini quello del Vitravo risulta il più compromesso per le
sistematiche e macroscopiche captazioni a scopo irriguo (Gallo et al., 2003).
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Piano Faunistico-Venatorio
2.1.4 SISTEMA AGRO FORESTALE
Oggi il territorio costituisce un sicuro fattore di sviluppo della nostra Provincia, perciò va
salvaguardato ed utilizzato in modo molto efficace. La sua gestione, pertanto, è un fattore
strategico, per tutte le azioni programmatiche, è rappresenta uno dei momenti più qualificanti
della pianificazione territoriale provinciale.
In una realtà economica sociale ed ambientale, come quella Crotonese, la gestione del territorio
và incentrata sul concetto di sviluppo sostenibile, inteso come “sviluppo economico sostenibile
con le esigenze ambientali”.
La gestione del territorio, quindi, comporta l’individuazione di un insieme coordinato di interventi
che valorizzino le risorse agronomiche, forestali, naturali, culturali ed umane, consentendo nel
contempo un miglioramento dell’ambiente, come indicato nelle Linee guida regionali.
L’agricoltura in provincia di Crotone si presenta come uno dei settori produttivi più rilevanti dal
punto di vista economico e di gran lunga il più presente nella copertura territoriale, questo non
nasconde tuttavia tanti e vari problemi ancora irrisolti che pesano nelle responsabilità di quanti si
occupano della materia cioè istituzioni, imprese, organizzazioni agricole. Il momento che
attraversa l’agricoltura è difficile e solo se si sa dove si vuole andare è possibile fare delle scelte
consapevoli, altrimenti si subiscono gli eventi.
La pianificazione del territorio agricolo pertanto deve avere come obiettivo non solo il corretto uso
ed edificabilità dei suoli ma deve anche programmare lo sviluppo economico favorendo in
particolare la permanenza della popolazione nelle zone agricole e rurali, anche attraverso la
creazione di condizioni adeguate alle esigenze sociali.
Tali
esigenze
possono
essere
soddisfatte
solo
attraverso
la
realizzazione
di
adeguate
infrastrutture nelle aree agricole per favorire uno sviluppo integrato del territorio (viabilità rurale,
elettrificazione rurale e rete wireless). Si deve puntare sull’innovazione, sulla certificazione del
processo e sulla sicurezza del prodotto per quanto riguarda l’agricoltura intensiva, sulla
commercializzazione,
qualità
e
la
formazione
per
le
produzioni
tipiche,
sul
legame
azienda/prodotto/territorio, sull’uso integrato delle risorse disponibili (agricole, ambientali e
storico- culturale) e sulla diversificazione delle attività (agricoltura, artigianato, agriturismo) per
creare nuove opportunità, aspetto interessante, soprattutto, per le imprese agricole che operano
nelle aree interne e più svantaggiate, dove è più accentuato il fenomeno dello spopolamento.
Diventa necessario esaltare la cultura d’impresa e favorire il ricambio generazionale e
l’insediamento di imprenditori agricoli con adeguata formazione professionale, garantendo ai
giovani non solo l’insediamento ma anche la permanenza. E' necessario, inoltre, un adeguamento
a migliori standard tecnico-economici delle dimensioni medie aziendali attraverso adeguate
misure politiche mirate alla ricomposizione fondiaria. Occorre mettere in atto politiche mirate alle
effettive esigenze del territorio, diversificate a seconda delle caratteristiche zonali (zonizzazione,
vocazionalità, tipicità), valorizzando, quindi, quelle produzioni tipiche e di pregio che imprimono
una forte caratterizzazione al territorio. Oggi, è necessario e maturo, adottare tecniche produttive
eco-sostenibili, sia per la salvaguardia dell’agroecosistema che della fertilità del suolo, pertanto
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Piano Faunistico-Venatorio
occorre incentivare una agricoltura che rispetti l’ambiente, come quella integrata e soprattutto
biologica, che può diventare fonte di reddito primario per le miriadi di piccole aziende che
caratterizzano il tessuto agricolo Crotonese. Oggi, il mondo ha fame di energia, pertanto, va
incentivata la produzione di energia “pulita” attraverso lo sfruttamento delle biomasse forestali e
la produzione di “biodiesel”, che permetterebbe di sfruttare terreni agricoli marginali ormai
abbandonati e preservare l’ampie aree boschive. Và fatto un recupero funzionale e formale dei
manufatti rurali preesistenti (che potrebbero fornire ospitalità) e storici (Masserie, mulini ad
acqua, borghi rurali, ecc.) in modo da incentivare il turismo rurale. Una attenzione particolare
deve essere posta al patrimonio boschivo, che va visto come una risorsa di inestimabile valore
ambientale e produttivo, in quanto ha funzione paesistico-ambientale (caratterizzano fortemente
il territorio), turistico-ricreativa (sono molto graditi e frequentati dal pubblico), funzione protettiva
(è importante per la conservazione del suolo), funzione produttiva (sono in grado di produrre
elevate masse legnose o di altri prodotti). A tale proposito, anche l’ampia area boschiva può
essere sfruttata per fini turistici, ma anche produttivi in riferimento alla produzione di biomasse
sfruttabili per la produzione di energia.
Oggi, più che mai, è necessario mettere l’impresa agricola e l’imprenditore al centro di tutti i
processi che si attivano, quelli che riguardano gli aspetti produttivi, la sicurezza alimentare, la
salute, l’ambiente, le scelte di programmazione territoriale.
Accrescere la competitività delle imprese agricole, mantenere la coesione dei sistemi socioeconomici territoriali e favorire la salvaguardia delle risorse ambientali sono gli obiettivi che
bisogna porsi per la pianificazione del territorio agro – forestale.
In questa direzione la figura dell’imprenditore agricolo è qualcosa di più e di diverso da quella di
qualche anno fa. Un significativo aiuto viene dalla nuova definizione di imprenditore agricolo
introdotta dal Decreto legga 228/01 che ha modificato l’art.2135 del c.c. Accanto ad
un’agricoltura volta a produrre prodotti di qualità, oggi abbiamo un’agricoltura orientata a
produrre prodotti tipici, che fa della sua specificità territoriale il suo maggior punto di forza, e
un’agricoltura il cui reddito si intreccia, con altre attività, ma che sempre e comunque svolge un
ruolo di primaria importanza per il presidio del territorio e per il mantenimento dell’equilibrio
sociale ed ambientale.
Sono questi nuovi obiettivi unitamente ad una rinnovata coscienza della società civile, che rivolge
in misura sempre maggiore la propria attenzione allo sviluppo delle aree rurali e alla ricerca della
genuinità dei prodotti, sono i punti cardine per il rilancio dell’economia di tali aree. In questo
contesto il futuro del territorio è nelle mani dell’agricoltore il quale sarà il primo promotore dello
sviluppo rurale.
Grazie a tale cambiamento oggi l’imprenditore agricolo è colui che si occupa non solo della
coltivazione del fondo, della selvicoltura o dell’allevamento di animali curando l’intero ciclo, ma
anche colui che si occupa di salvaguardare l’ambiente in cui opera. L’imprenditore agricolo,
quindi,
assume
un
ruolo
polivalente
che
va
28
oltre
la
semplice
produzione
di
derrate.
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L’imprenditore, oggi, può e deve fornire servizi alla pubblica amministrazione ed alla società
civile.
Nello stesso tempo l’economia rurale deve avere un impostazione plurisettoriale al fine di
diversificare le attività, creare nuove fonti di reddito e di occupazione e proteggere il patrimonio
rurale.
Come l’agricoltura è stata in origine il motore dello sviluppo economico-sociale, del benessere
diffuso, così non potrà esserci uno sviluppo futuro di qualità senza uno spazio agricolo ed
un’imprenditoria agricola moderna.
L’agricoltura è lo strumento centrale per la sicurezza del territorio, la vivibilità dell’ambiente, il
riequilibrio faunistico, la salubrità degli alimenti e la qualità della vita dei cittadini.
Proprio nella sicurezza del territorio e nella salvaguardia dell’ambiente stanno la nuova frontiera e
le nuove opportunità per l’impresa agricola.
L’agricoltura è per la società lo strumento per garantirsi queste essenziali componenti della
qualità della vita.
IL SETTORE AGRICOLO
Il settore agricolo,
riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo socio-economico della
provincia di Crotone.
Il tessuto imprenditoriale crotonese, infatti, risulta
incentrato sull’agricoltura.
delle imprese attive
all’agricoltura,
media
crotonesi
nella provincia, infatti, appartiene
una quota molta più alta rispetto alla
nazionale
demografico
Quasi il 31% (Polos 2006)
delle
(17%).
Se
imprese,
si
si
analizza
nota
l’andamento
che
le
imprese
sono cresciute del 58%. Dietro tali dati di
sintesi ci celano differenze sostanziali a livello settoriale.
Basti pensare che nel settore agricolo tale aumento è
stato pari al 324,7 %, con uno stock di imprese che si è
triplicato nel decennio 1996-2006 (Polos 2006 CCIAA
Crotone).
L’agricoltura
inoltre
sta diventando sempre
più “rosa”.
Uno
dei
settori
privilegiati,
infatti, dalle donne imprenditrici, secondo solo al commercio, è
l’agricoltura con il 18,8% di aziende al femminile. Ma l’agricoltura, oltre a un importante ruolo
economico, riveste un ruolo attivo, oramai riconosciuto anche dall’Unione Europea, per la
salvaguardia dell’ambiente e in particolare degli ecosistemi naturali, agricoli e forestali.
L'agricoltura crotonese, dal punto di vista strutturale, è caratterizzata dai seguenti elementi:
-Superficie totale aziendale Ha 114.215,58
-Superficie agricola utilizzata (SAU) Ha 84.257,94
-Aziende agricole n. 18.595
29
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab. n°1 Aziende e ripartizione dei terreni agricoli per provincia
Aziende Sup.
PROVINCE
N
Crotone
SAU
Ha
Tot. Ha
18.595 114.21 84.258
Media aziendale
6,14
4,53
Fonte dati ISTAT Anno 2000 – 5° Censimento dell’agricoltura
Analizzando i dati statistici si nota che negli ultimi anni i suoli agricoli hanno subito un continuo
“consumo” . Infatti, da un confronto dei dati degli ultimi due censimenti (1990-2000) risulta
che nell’ultimo decennio la SAU totale è diminuita di circa il 18%, la più alta tra le province
calabresi.
Tab. n° 2 Consumo dei suoli agricoli
SAU Totale
1990
2000
Diff. Ha
%
102.605
84.258
18.347
-17,9
Dall’analisi dei dati ISTAT (5° Censimento dell’agricoltura) il settore agricolo crotonese risulta
molto polarizzato per la presenza di aziende di piccole e di grandi dimensioni mentre sono
poco rappresentative quelle di medie dimensioni che costituiscono l’ossatura centrale di altre
realtà agricole più evolute.
Infatti
il
35% delle aziende hanno meno di 1
ettaro di SAU, con un grado di copertura pari
soltanto
al
2,6%
della superficie totale e al
3,8% della SAU complessivamente rilevate
Provincia. La
quota
sale
al
80,9%
nella
se
si
considerano le aziende con meno di 5 ettari, cui
corrisponde il 20,3 % della superficie totale e il
27,0% della SAU. Viceversa le aziende con oltre 20
ettari di SAU sono 606 e, pur rappresentando solo
il
3,25%
del
totale,coprono il 54,5% della
superficie totale e il 44,7% della SAU.
30
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab. n°3 Aziende per classe di superficie agricola utilizzata
CLASSI DI SAU
N
%
Sup.
%
SAU
%
Tot. Ha
Senza SAU
82
0,44
0
0
Meno di 1 ettaro
6599
35,50
2996
2,63
3215
3,82
Da 1 a 2 ettari
3863
20,77
5086
4,46
5240
6,23
Da 2 a 5 ettari
4573
24,60
15050
13,18
14268
16,93
Da 5 a 10 ettari
2149
11,55
16489
14,44
14331
17,00
Da 10 a 20 ettari
723
3,89
12335
10,78
9538
11,32
Da 20 a 50 ettari
377
2,02
12949
11,34
11478
13,62
Da
146
0,78
10818
9,47
10317
12,24
100 ettari e oltre
83
0,45
38491
33,70
15871
18,84
TOTALE
18595
100,00
114214
100,00
84258
100,00
50
a
100
ettari
Fonte dati ISTAT Anno 2000 – 5° Censimento dell’agricoltura
31
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
32
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab. n° 4 Aziende e relativa superficie totale per classe di SAT e SAU
di
SAU di
Classi
ANNI DI CENSIMENTO
superfici
2000
e totale
1990
Aziende Superficie
Classi di
1982
Aziende
Totale
Superficie
Aziende
Totale
Superficie
Totale
SAU
CLASSI
DI SUPERFICIE
Senza
1
-
12
-
14
-
Meno
di 1 6.067
2.996,32
3.112
1.497,46
2.752
1.311,26
un– 2
1
3.711
5.086,09
2.800
3.750,04
2.583
3.461,61
2–3
2.179
5.206,58
2.186
5.147,72
2.043
4.805,12
3–5
2.560
9.843,95
3.000
11.411,93
3.223
12.265,72
5 – 10
2.442
16.488,86 3.446
23.139,35
3.910
26.191,28
10 – 20
921
12.335,08 1.192
15.740,91
1.233
16.096,70
20 – 30
239
5.718,82
268
6.370,52
260
6.140,91
30 – 50
188
7.230,68
226
8.442,79
226
8.379,58
50 – 100
158
10.818,18 173
11.900,22
150
9.914,81
100 e oltre 129
38.491,42 151
41.820,93
172
53.852,68
18.595 114.2145, 16.566
Totale
CLASSI DI SAU
142.419,67
9.036,17
89
2.689,16
110
13.069,09
SAU
Meno
di 6.599
4.098,16
3.570
2.491,24
3.267
2.477,11
un– 2
1
3.863
6.522,33
2.946
4.986,07
2.740
5.666,77
2–3
2.162
6.059,87
2.297
6.464,09
2.177
6.354,63
3–5
2.411
10.505,07 2.917
12.680,47
3.165
13.849,82
5 – 10
2.149
16.474,94 3.101
22.977,25
3.400
24.463,93
10 – 20 723
11.464,64 943
13.851,47
1.018
15.036,18
20 – 30 210
6.073,51
234
6.882,79
225
5.954,21
30 – 50 167
10.584,65 189
8.063,74
207
10.704,63
50 – 100 146
14.213,70 169
18.981,07
130
9.665,97
100 e
83
19.182.94 111
29.154,52
127
35.177,33
18.595
114.215,98
129.221,87 16566
Senza
82
129.221,52 16.566
98
oltre
Totale
16.566
33
142.419,67
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab. n° 5 - Aziende e relativa superficie investita per le principali coltivazioni praticate
(superficie in ha)
ANNI DI CENSIMENTO
SUPERFICIE
MEDIA
2000
COLTIVAZIONI
1990
Superfici
1982
Superfici
AZIENDALE
Superfici
SEMINATIVI
Aziend e
Aziend e
Aziend e
200 199 1982
e
e
e
0
0
9.127 42.863,4210.834 59.101,8311.192 60.126,934,7
4,46 5,37
Cereali
6.656
Frumento tenero
566
Frumento duro
5.283
Orzo
826
1.850,63 761
2.245,39 2.012
4.754,14 2,24 2,95 2,36
Granoturco
186
650,09
159,29
670,69
3,5 4,08 3,24
Riso
-
-
-
-
-
-
-
Legumi secchi
186
418,51
286
465,39
1.113
1.895,84 2,25 1,63 1,7
Patata
44
9,93
16
6,77
67
64,94
Barbabietola
32660,14,8.963
45.086,519.719
47.409,814,91 5,03 4,88
2.681,85 387
1.560,03 1.104
3.621,22 4,74 4,03 3,28
26.141,848.330
40.102,048.541
36.589,604,95 4,81 4,28
39
207
-
-
0,23 0,42 0,97
da
zucchero
Piante industriali
234
1.252,10 720
4
28,74
Ortive
1.054
2.208,21 1.656
Foraggere
238
2.362,96
6
204
avvicendate
COLTIVAZ.
2.796,89 798
2.900,86 5,35 3,88 3,64
39,88
141,50
12
7,12 6,65 11,8
2.767,10 1.941
2.155,45 2,1 1,67 1,11
1.313,53 669
2.642,09 9,93 6,44 3,95
LEGNOSE
13.268 24.910,52 11.433 22.816,63 12.414 25.527,60 1,88 2
Vite
3.592
3.302,14 5.168
4.465,29 8.310
7.128,28 0,92 0,87 0,86
1.741
2.064,80 1.426
2.057,53 4.374
4.124,68 1,19 1,44 0,94
per altri vini
1.856
1.229,87 3.756
2.424,72 4
2.908,33 0,66 0,65 0,71
per uva da tavola
17
4,29
2,01
80,82
Olivo
11.287 18.762,279.162
15.225,299.000
15.098,651,66 1,66 1,68
Agrumi
1.238
1.522,85 1.194
1.719,91 914
973,78
Fruttiferi
796
1.291,44 771
1.330,89 634
1.025,73 1,62 1,73 1,62
Vivai
11
27,16
30,92
46,26
2.334
16.484,00 1.979
per vini DOC e
2,06
DOCG
4
6
81
19
0,25 0,5 1
1,23 1,44 1,07
2,47 5,15 2,43
Prati Permanenti
20.686,64 2.136
22.905,18 7,06 10,5 10,7
e Pascoli
S.A.U.
18.513 84.257,94 16.477 102.605,1 16.456 108.559,7 4,55 6,23 6,6
ARB. DA LEGNO 479
1.621,77 -
-
-
-
3,39 -
165,64
24
89,81
4,34 4,6 3,74
36
-
di cui pioppeti
34
147,55
BOSCHI
1.767
22.452,922.325
18.573,521.545
26.085,0212,7 7,99 16,9
NON 2.545
4.324,42 2.921
4.237,35 3.520
5.941,57 1,7 1,45 1,69
SUPERFICIE
AGRARIA
UTILIZZATA
ALTRA SUPERFICIE 3.988 1.558,93 6.151 3.640,26 4.080 1.743,56 0,39 0,59 0,43
SUPERFICIE TOTALE18.594 114.215,9 16.554 129.221,8 16.552 142.419,6 6,14 7,81 8,6
8
7
7
34
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab. n°6 - Aziende per classe di SAU e comuni
CLASSI DI SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA (in ettari)
COMUNI
20
-30
181
40
16
14
3
3
583
87
30
11
6
5
1
418
65
94
36
12
5
3
262
178
283
132
34
13
6
806
62
56
56
26
10
13
2
1
226
109
56
42
11
2
1
4
1
226
5
10
123
203
184
90
47
158
Castelsilano
Cerenzia
Belvedere di
Spinello
Caccuri
4
Carfizzi
Casabona
2
100
30- 50- e
50 100 oltre Totale
- 10
20
Senza
Meno di 1
2-5
superficie
Ciro'
2
272
161
128
29
22
12
4
4
634
Ciro' Marina
1
453
245
133
43
18
15
5
4
917
Cotronei
5
678
191
89
21
13
15
9
1.021
Crotone
9
320
435
667
232
72
38
16
13
1.802
Crucoli
2
178
87
104
56
23
27
6
7
490
Cutro
-
29
108
359
463
107 30
7
6
1.109
Isola di Capo
Rizzuto
16
697
481
404
315
70
14
12
2
2.011
Melissa
7
187
137
192
61
34
18
4
-
640
Mesoraca
2
944
244
168
41
24
14
7
3
1.447
Pallagorio
4
122
88
125
65
22
14
3
1
444
Petilia
Policastro
6
1.038
265
174
64
29
26
9
6
1.617
Roccabernarda
1
165
111
169
50
21
11
3
5
536
Rocca di Neto
-
135
147
236
57
12
8
2
2
599
San Mauro M.
1
27
47
161
79
33
10
3
4
365
San
dell'Alto
-
148
48
38
9
3
-
1
-
247
Santa Severina
3
96
61
96
32
19
5
1
-
313
Savelli
1
79
30
6
2
-
1
-
1
120
Nicola
Scandale
7
88
105
195
66
18
12
3
1
495
Strongoli
8
112
109
237
113
59
39
17
6
700
Umbriatico
-
4
5
36
21
12
9
7
6
100
Verzino
1
144
110
113
55
27
7
5
5
TOTALE
82
6.599
3.863 4.573 2.149 723 377 146 83
35
467
18.595
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab. n°7 - Incidenza percentuale sul totale delle aziende
COMUNI
CLASSI DI SAU (in ha)
Totale %
fino a 5
tra 5 e 10
oltre 10
86,96
6,86
6,17
100,00
Caccuri
87,32
7,18
5,50
100,00
Carfizzi
78,63
13,74
7,63
100,00
Casabona
77,05
16,38
6,58
100,00
Castelsilano
76,99
11,50
11,50
100,00
Cerenzia
91,59
4,87
3,54
100,00
Ciro'
88,80
4,57
6,62
100,00
Ciro' Marina
90,73
4,69
4,58
100,00
Belvedere di Spinello
Cotronei
94,32
2,06
3,62
100,00
Crotone
79,41
12,87
7,71
100,00
Crucoli
75,71
11,43
12,86
100,00
Cutro
44,72
41,75
13,53
100,00
Isola di Capo Rizzuto
79,46
15,66
4,87
100,00
Melissa
81,72
9,53
8,75
100,00
Mesoraca
93,85
2,83
3,32
100,00
Pallagorio
76,35
14,64
9,01
100,00
Petilia Policastro
91,71
3,96
4,33
100,00
Roccabernarda
83,21
9,33
7,46
100,00
Rocca di Neto
86,48
9,52
4,01
100,00
San Mauro M.
64,66
21,64
13,70
100,00
San Nicola dell'Alto
94,74
3,64
1,62
100,00
Santa Severina
81,79
10,22
7,99
100,00
Savelli
96,67
1,67
1,67
100,00
Scandale
79,80
13,33
6,87
100,00
Strongoli
66,57
16,14
17,29
100,00
Umbriatico
45,00
21,00
34,00
100,00
Verzino
78,80
11,78
9,42
100,00
36
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
zootecnia
Il patrimonio zootecnico crotonese, anche se piccolo, ha subito negli ultimi decenni un profondo
mutamento. Negli anni si è assisto ad un continuo calo del numero di aziende: nell’arco di un
ventennio si sono persi due terzi delle aziende zootecniche e di conseguenza anche il numero di
capi, tanto che si è passati dai 1.801.123 capi del 1982 ai 949.328 del 2000.
Tab n°8 – Aziende con allevamenti
SPECIE
BESTIAME
AZIENDE
ALLEVAMENTI
BOVINI
BUFALINI
DI
ANNI DI CENSIMENTO
2000
CON
E
1990
1982
Aziende
Capi
Aziende
Capi
Aziende
Capi
1.075
-
1.428
-
3.353
-
422
13.881
567
22.527
826
23.444
Vacche da latte
52
1.090
270
5.106
409
5.516
OVINI
256
37.031
323
45.059
258
23.678
Pecore
236
33.904
320
42.526
258
18.507
CAPRINI
233
17.865
415
26.334
361
12.330
Capre
209
14.236
413
24.586
356
10.047
EQUINI
226
510
373
777
986
2.710
SUINI
376
5.907
605
11.840
2.183
11.223
Scrofe
48
1.148
83
1.362
241
647
CONIGLI
84
23.903
56
2.576
125
2.708
Fattrici
64
5.607
49
902
79
1.277
ALLEVAMENTI
AVICOLI
320
397.123
236
101.472
935
844.518
555.624
Polli da carne
161
44.509
80
32.654
282
Galline da uova
276
101.657
221
67.997
814
288.225
Altri avicoli
69
250.957
46
821
94
669
TOTALE CAPI
949.328
386.539
1.801.123
Se si considerano alcuni settori in particolare, come quello bovino, si nota che negli ultimi
anni si è confermata
la
tendenza
al ribasso.
Il settore carne rappresenta l’attività principale
degli
allevamenti
aziende
bovini,
anche
specializzate per la produzione
se
del
le
vitellone
da carne
sono poche, per l’alto costo dei soggetti da ristallo e per
le
difficoltà
razza
di
reperire alimenti
principalmente
allevata
a
è
basso
la
costo.
La
Podolica
del
Marchesato, soprattutto per le fattrici, che viene incrociata
in
primo luogo
con
la Charolais, e in secondo
luogo con la Romagnola, Limousine, ecc. per ottenere
ottimi vitelli che vengono tenuti al pascolo.
37
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab n°9– Patrimonio Zootecnico Provinciale aggiornato al 2006
SPECIE
BOVINI
SUINI
OVI-CAPRINI
COMUNI
Capi
UBA
Latte
Belvedere S.
352
286,4
50
110
Caccuri
453
375,8
692
246
56
Carfizzi
87
73,8
Casabona
379
326,2
160
20
408
Castelsilano
161
134,2
659
323
Cirò
462
392,8
Cirò M.
218
179,6
Cotronei
515
443,0
192
460
Crotone
582
483,2
5.421
364
Crucoli
589
500,6
Cutro
38
36,0
10.930
Isola C.R.
93
74,6
16.767
Melissa
441
361,0
Mesoraca
701
612,6
Pallagorio
408
364,8
Petilia P.
669
Rocca di N.
EQUINI
Carne
-
Cerenzia
190
20
6
23
3.945
21
43
3
549
6.393
1.128
595,8
4.178
1.851
125
107,8
1.150
Roccabernarda
588
481,6
964
587
San Mauro M.
164
137,2
1.495
295
60,
53,2
250
54
Scandale
161,0
131,4
1.752
145
Strongoli
714,0
540,0
1.721
615
Umbriatico
1826,0
1604,0
Verzino
475,0
411,4
12
100
San Nicola A.
Santa Severina
Savelli
24
761
80
38
1
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
TOTALE
10261
8707
52.854
7.719
4.576
65
Fonte: nostra elaborazione su dati APA
Tra le attività zootecniche del territorio crotonese l’allevamento ovino è quello che ha avuto
il minor decremento. Nonostante ciò nel corso degli anni non è stata
promossa
alcuna opera
di miglioramento delle popolazioni locali. Si è cercato di incrementare le produzioni importando
razze
transalpine
resistenza
che hanno avuto una presenza effimera. La maggiore mole, la minore
alle malattie, le maggiori esigenze alimentari e la più breve stagione riproduttiva non
ne hanno favorito la diffusione per la scarsa capacità di adattamento al clima e alle condizioni
ambientali
di
questo
territorio,
che
risultano
molto diverse
da
quelle
dei
territori
di
provenienza. Negli ultimi anni l’interesse degli allevatori si è spostato su razze italiane come la
Comisana e la Sarda.
Olivicoltura
La superficie agricola investita ad ulivo ha subito un variazione positiva dell’80%. Questo vistoso
aumento è dovuto all’OCM (Organizzazione Comunitaria del Mercato) dell’ulivo che
ha premiato la produzione. Perciò molti terreni che erano
da sempre adibiti a seminativo
trasformati
o
a
pascolo
sono
stati
in uliveti. La principale cultivar è nota come
Policastrese che sicuramente è un clone della Carolea. Nelle
zone più interne e a maggiori altitudine (Caccuri, Castelsilano
e Cerenzia) è molto diffusa una cultivar locale denominata
Pennulara.
Negli
all’introduzione
Biancolilla,
di
il
ultimi
nuove
Leccino,
anni
si
cultivar
il
è
quale
Frantoio,
assistito
la
Coratina,
le
una delle principali
produzioni del territorio provinciale. L’introduzione di
nuove varietà, che hanno una maggiore resa in olio
(per es. Coratina) e non
sono alternanti,
un
maggiore numero di piante per ettaro ottenuto
con
sesti
più
stretti (6x6,
6x4,
5x5),
una
maggiore meccanizzazione delle operazioni colturali
e
della
territorio,
raccolta,
hanno
la
presenza
permesso
un
di
frantoi
aumento
sul
della
produzione e della qualità dell’olio. Negli ultimi
poi,
anche
nel
nostro
affermando l’agricoltura
territorio
biologica
e
anni
si
sta
molte
sono
39
la
Nucellare
(Messinese,Etnea e Belice) ,la Roggianella,la Cassanese
L’olio attualmente costituisce
inoltre
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
le aziende olivicole che la praticano, migliorando
ulteriormente la qualità.
Attualmente sul nostro territorio è riconosciuta una sola DOP (Denominazione di Origine
Protetta) nota come DOP olio extravergine Alto Crotonese che ha come zona di produzione
Castelsilano (in parte), Cerenzia, Pallagorio, San Nicola dell’Alto, Savelli (in parte) e Verzino.
All’esame dell’U.E. e in via di certificazione c’è il DOP Marchesato di Crotone, che abbraccia tutti
gli altri comuni. Quindi paradossalmente tutto il nostro territorio provinciale ricade in zone
DOP. I frantoi presenti nel territorio provinciale sono circa 100, dove vengono impiegati
almeno due addetti ciascuno per 52 giornate/anno.
La PLV, integrazione e reddito da lavoro, è in media annua di € 5.000.000
Tab n°10- Produzione di olive ed olio nella provincia di Crotone
Annata
q/li olive
q/li olio
97/98
978.415
202.285
98/99
463.931
101.116
99/2000
1.108897
254.063
2000/2001
523.063
110.992
2001/2002
1.096.882
254.429
Fonte: PTCP Provincia di Crotone
Vitivinicoltura
La viticoltura, nel nostro territorio, si effettua ancora, per la maggior parte in modo
tradizionale. Gli
antichi Greci
allevamento “alberello
crotonese.
La
allevavano
calabrese
superficie
vitata
classico”
ha
la
é
subito
vite
tuttora
ad
alberello,
presente
nei
significative variazioni
questa
forma
di
vigneti del territorio
nell’ultimo
mezzo
secolo, sono aumentate nel decennio 1960 – 70 (con le leggi di riforma agraria – 1950 –
l’assegnazione dei terreni ai contadini, e nuove leggi del settore ne hanno favorito la
diffusione) mentre sono diminuite negli ultimi anni, in relazione alla politica dell’O.C.M.
(Organizzazione Comune di Mercato) vino. Nel territorio c rotonese convivono due aspetti, da
una parte una viticoltura moderna e più industriale, comunque tipica, svolta nelle aree DOC,
IGP, DOP (es. Ciro, Melissa, ecc), dall’altra una viticoltura tradizionale praticata nei piccoli
paesi e nelle aree meno vocate.
Nonostante le limitate dimensioni delle aziende viticole (sono vigneti per
lo
più
a
uso
familiare), la meccanizzazione della coltura è migliorata, per cui si assiste ad una discreta
riduzione dei tempi di lavoro e quindi dei costi di produzione.
40
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Cosi i sistemi di allevamento, che sono ad alberello nei vigneti più vecchi, nei quali anche la
densità è maggiore, con sesti più stretti (1,00x1,00 – 1,60x0,80 – 1,80x0,90) che
difficoltà
alla
meccanizzazione,
sono
vigneti più recenti, con sesti molto
facilmente meccanizzabile,
senza
stati
più
in
parte gradualmente sostituiti dal “cordone” nei
larghi
modificare
creano
(2,00x1,00
la
resa
per
–
2,20x2,50
non
–
alterare
1,25-1,50)
e
le caratteristiche
delle uve e dei vini. Tutte le tecniche colturali si sono elevate sia nella gestione del suolo
(concimazioni
con
organici),
che nella difesa fitosanitaria (mediante metodi di produzione
integrata e/o biologica). La potatura è quella corta, la gestione della chioma viene adottata in
funzione dell’uva e del vino che si vuole ottenere. I vitigni più diffusi nel territorio crotonese
sono il Gaglioppo altri vitigni di trascurabile entità (quale il Greco etc.).
Tab. n°11 – Settore vitivinicolo provincia di Crotone anno 2002
Vino
Superficie
Produzione uva/q.li
Produzione vino/hl
DOC Cirò bianco
iscritta
158
8.068
5.810
DOC Cirò rosso
1.495
49.572
34.700
DOC Melissa bianco
14
581
406
DOC Melissa rosso
154
3.206
2.244
IGT Lipuda bianco
12
48
38
IGT Lipuda rosso
47
159
127
IGT Val di Neto bianco
39
1.862
1.489
IGT Val di Neto rosso
126
4.517
3.614
Venti sono gli stabilimenti enologici, il valore commerciale ammonta a circa 11 milioni di euro,
le uve destinate alla
trasformazione
di
vini
DOC sono
ql.i. Il comprensorio della DOC Ciro, per come delimitato dal
41
58.000
ql.i su un totale di 180.000
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
disciplinare di produzione, ricade all'estremo nord della
provincia
di
Crotone;
esteso circa
20.000
ha
è
compreso entro i confini comunali di Crucoli, Cirò, Cirò
Marina e Melissa.
I vitigni più diffusi
nell'area
del
Ciro
sono:
Gaglioppo
80%, Greco Bianco 15%, Trebbiano bianco 4% e altri
vitigni di trascurabile entità 1%.
Recentemente
internazionali
miglioratori
sono
come
come
stati
lo Chardonnay
ad
es.
introdotti
e
Capuccio,
Aglianico,
definiti
Cabernet, Sauvignon, ecc.
Grande interesse si sta ponendo per il recupero di vitigni autoctoni come
Canino, Nerello
altri
vitigni
il
Magliocco
Lacrima, Prunesta, Greco nero, S. Severina o Colorino,
Ciliegiolo, Nero d'Avola, ecc. Alcuni di questi vitigni minori sono più meritevoli per ottenere vini
tipici di "nicchia" richiesti da consumatori appassionati.
Il DOC Melissa, invece, abbraccia, i comuni di Melissa, Belvedere Spinello, Carfizzi, San Nicola dell’Alto,
Umbriatico e parte del territorio comunale di: Casabona, Castelsilano,
Crotone, Pallagorio, Rocca di
Neto, Scandale, San Mauro Marchesato, Santa Severina e Strongoli. I vitigni ammessi
sono:
Greco bianco, Trebbiano toscano e Malvasia bianca, Gaglioppo Greco nero e bianco , Trebbiano
toscano e Malvasia bianca.
Il DOC Sant’Anna comprende i comuni di Isola Capo Rizzuto e parte dei comuni di Crotone e Cutro,
mentre i vitigni ammessi sono: Gaglioppo,Nerello,Nerello mascalese, Nerello cappuccio, Malvasia
nera e bianca e Greco bianco.
L’IGT (Indicazione Geografica Tipica) Lipuda si estende sui comuni di Carfizzi, Casabona, Cirò, Cirò
Marina, Crucoli, Melissa, Strongoli ed Umbriatico. Le uve devono provenire da vigneti composti da uno
o più vitigni raccomandati e\o autorizzati per la provincia di Crotone.
42
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L’IGT Val di Neto comprende i Comuni di Belverere Spinello, Caccuri, Carfizzi, Casabona, Cerenzia,
Crotone, Cutro, Mesoraca, Pallagorio, Petilia Policastro,
Roccabernarda, Rocca di Neto, San Mauro Marchesato,
San Nicola dell’Alto, Santa Severina ed
Umbriatico. Anche in questo caso le uve devono provenire da vigneti composti da uno o più
vitigni raccomandati e\o autorizzati per la provincia di Crotone.
L’intero territorio della
Provincia di Crotone, inoltre, ricade
nell’IGT Calabria e le uve, come nei
casi precedenti, devono provenire da vigneti composti da uno o più vitigni raccomandati e\o
autorizzati per la provincia di Crotone.
Dall’analisi emerge, come per gli uliveti, che tutto il territorio provinciale è coperto da riconoscimenti di
tipicità.
Orticoltura
Tab n°12 - Orticoltura provincia di Crotone
COLTIV
ANNI DI CENSIMENTO
2000
Aziende
Ortive
1.054
Superficie
investita
2.208,21
1990
Aziende
1.656
SUPERFICIE
MEDIA
AZIENDALE
Superficie
investita
2.767,10
1982
Aziende
1.941
Superficie
investita
2.155,45
2000
1990
1982
2,1
1,67
1,11
Tab. 13 – Aziende e relativa superficie investita a ortive – ISTAT 2000
ORTIVE IN PIENO CAMPO
POMODORO DA MENSA
POMODORO DA INDUSTRIA
MELANZANA
PEPERONE
FINOCCHIO
LATTUGA
CIPOLLA
MELONE
ASPARAGO
ANGURIA
CAVOLFIORE
CAVOLO BROCCOLO CALABRESE
ORTIVE IN COLTURA PROTETTA
POMODORO DA MENSA
ZUCCHINA
MELANZANA
CETRIOLO
SAU
204
768
20
60
400
160
16
50
20
80
400
30
2208
SAU
10
2
4
2
18
TOTALE
TOTALE
Fonte: PTCP Provincia di Crotone
43
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Cerealicoltura
La cerealicoltura in questi ultimi anni è stata investita da una profonda e rapida trasformazione.
Per la natura del terreno, per l’ampia zona che un tipo di terreno (soprattutto argilloso)
ricopre, la principale produzione del territorio crotonese
è
stata
quella
dei
cereali
e
in
particolar modo quella del grano duro. Negli ultimi anni tale produzione è calata vistosamente
sia per la nuova politica europea, che non premia la produzione, sia per
un
nuovo
orientamento produttivo più legato alla produzione dell’olio. Come abbiamo visto in precedenza,
nell’ultimo decennio, c’è stata una riduzione dei
terreni
destinato a seminativo, con
una
conseguente riduzione della produzione. Tale riduzione è dovuta ad una diversa tecnica di
coltivazione che ne ha abbassato la resa per ettaro.
una
cerealicoltura tradizionale
avvicendata
Nell’ultimo
(rotazione
decennio
colturale)
a
si
una
è
passati
cerealicoltura
da
in
monosuccessione, con tutto quello che ne consegue in termine di produzione (già al primo
anno di ringrano è, infatti, marcata la riduzione in rese di granella) e ambiente.
La crisi provocata in particolare dalla riforma PAC è stata acuita dai nuovi oneri derivanti per
i
produttori
disponibilità
dalla
normativa
dei trasformatori
sul
a
seme certificato,
remunerare
la
cui
non
maggior
ha
corrisposto,
qualità
del
di
fatto,
la
né
un
prodotto
miglioramento reale dell’affidabilità dei produttori di seme.
Silvicoltura
Il
bosco
rappresenta
un
elemento
peculiare
che
caratterizza
il territorio e svolge un
ruolo multifunzionale, in
una
quanto ha
funzione paesistico- ambientale, che
incide in
modo
turistico-
significativo sull’ambiente,
ricreativa, in quanto è di
gradimento
e
frequentazione del pubblico,funzione protettiva,
perché
ha
una
rilevante
conservazione del suolo,e
in quanto è in
grado
importanza
sulla
funzione produttiva ,
di
produrre
elevate
masse legnose o di altri prodotti. Il settore
silvicolo, quindi, presenta enorme potenzialità sia
dal punto di vista produttivo sia dal punto di
vista
dell’aspetto
sociale ed ambientale.
44
paesaggistico,
ricreativo,
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tab n°13. Silvicoltura
Tipo di coltivazione
Pioppeti
Altro
Boschi: fustaie
Boschi:cedui
Macchia Mediterranea
Altra Superficie
Superficie/ha
540
1.960
12.586
17.932
8.240
107.937
Agriturismo
L’agriturismo
costituisce un settore in crescita, che meglio rappresenta dalle della ‘ruralità,
della voglia di campagna e di tranquillità a contatto con la natura.
Le Aziende agrituristiche della provincia di Crotone iscritte al Registro regionale superano le 122
unità; operative sono circa 25; posti letto circa 230.
Tab. n° 14 - Agriturismi per Comune
PL
N°
O
OP
AC
PR
PV
ACR N.
CACCURI
4
0
4
0
4
3
3
CARFIZZI
1
0
1
0
1
1
1
15
CASABONA
7
0
1
0
7
5
1
8
CASTELSILANO
1
0
1
0
1
0
0
4
CERENZIA
1
1
0
0
1
1
1
35
CIRO'
16
4
13
0
13
12
12
214
CIRO' MARINA
6
0
6
0
5
5
4
61
COTRONEI
2
0
1
0
2
2
0
6
CROTONE
23
2
19
2
22
20
18
251
CRUCOLI
5
0
4
0
5
5
5
55
CUTRO
1
0
1
0
1
1
1
10
ISOLA C.R.
9
1
7
0
8
8
7
100
MELISSA
0
0
0
0
0
0
0
0
MESORACA
4
0
4
0
4
4
4
46
PALLAGORIO
0
0
0
0
0
0
0
0
ROCCA DI NETO
5
0
3
0
4
5
2
48
ROCCABERNARDA
2
0
2
0
1
1
1
30
S. MAURO M.TO
0
0
0
0
0
0
0
0
SANTA SEVERINA
9
0
9
0
9
9
9
121
SAVELLI
1
1
0
0
1
1
1
20
SCANDALE
5
0
3
0
4
5
4
29
STRONGOLI
10
2
8
0
9
10
8
141
UMBRIATICO
1
0
1
0
1
1
1
15
VERZINO
0
0
0
0
0
0
0
0
TOTALE
123
11
97
2
113 107 90
PT/ROUN
47
16
8
5
1354 29
O = Ospitalità senza dazione pasti; OP= Ospitalità con senza
dazione pasti; AC = Agricampeggio; PR=
45
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.1.5 GRADO DI ANTROPIZZAZIONE
La popolazione della Provincia di Crotone al 31 dicembre 2008 è di 178.452 abitanti. Rispetto al
1997 si è avuto un calo di ben 4.532 abitanti, per come si evidenzia nella tabella successiva. La
situazione dimostra una notevole tendenza allo spopolamento che ha raggiunto il 2,54% in
questo intervallo di tempo. (v. Tab. 1). Questo fenomeno è particolarmente spiccato in tutti i
comuni delle aree interne. Gli unici abitati che registrano un aumento di popolazione sono quelli
costieri ed in
particolare modo il comune di Isola di Capo Rizzuto che ha avuto un aumento
percentuale del 24,45% , dove certamente ha influito l’aumento di cittadini extracomunitari. Il
comune con la maggiore riduzione è Carfizzi con il 39,86%. La fotografia che si realizza è quella
di un territorio interno tenente allo spostamento verso la costa.
Tab. 1 - Confronto fra popolazione residente nel 1997 e nel 2008
COMUNE
POPOLAZIONE
Variazione %
1997
2008
2.667
2.351
-11,85
CACCURI
1.936
1.751
-9,56
CARFIZZI
1327
798
-39,86
CASABONA
3.435
2.937
-14,50
CASTELSILANO
1.400
1.101
-21,36
CERENZIA
1.321
1.251
-5,30
CIRO’
5.057
3.333
-34,09
CIRO’ MARINA
14.069
14.552
3,43
COTRONEI
5.697
5.947
4,39
CROTONE
59.001
61.049
3,47
CRUCOLI
3.896
3.328
-14,58
CUTRO
11.341
10.172
-10,31
CAPO 12.315
15.326
24,45
BELVEDERE
SPINELLO
ISOLA
DI
RIZZUTO
MELISSA
4.319
3.472
-19,61
MESORACA
7.889
6.859
-13,06
PALLAGORIO
1.756
1.408
-19,82
PETILIA
10.006
9.284
-7,22
ROCCABERNARDA
3.892
3.554
-8,68
ROCCA DI NETO
5.471
5.647
3,22
MAURO 2.513
2.274
-9,51
965
-22,80
POLICASTRO
SAN
MARCHESATO
S.
NICOLA 1250
46
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
DELL’ALTO
SANTA SEVERINA
2254
2230
-1,06
SAVELLI
1.756
1.407
-19,87
SCANDALE
3.485
3.276
-6,00
STRONGOLI
6.683
6.582
-1,51
UMBRIATICO
1156
982
-15,05
VERZINO
2.560
2.084
-18,59
TOTALE
178.452 173.920 -2,54
Fonte: Elaborazione Osservatorio Provincia di Crotone su dati Anagrafe
Comunale.
Tab. 2 - Densità abitativa
SUPERFICIE
DENSITA
COMUNE
POPOLAZIONE
'
Kmq
ettari
%
Totale
%
per Kmq
BELVEDERE SPINELLO
30,19
3.019
1,76
2.351
1,35
77,87
CACCURI
57,27
5.727
3,35
1.751
1,01
30,57
CARFIZZI
20,34
2.034
1,19
798
0,46
39,23
CASABONA
68,99
6.899
4,03
2.937
1,69
42,57
CASTELSILANO
39,5
3.950
2,31
1.101
0,63
27,87
CERENZIA
24,28
2.428
1,42
1.251
0,72
51,52
CIRO’
70,15
7.015
4,10
3.333
1,92
47,51
CIRO’ MARINA
41,6
4.160
2,43
14.552 8,37
349,81
COTRONEI
78,13
7.813
4,56
5.947
76,12
CROTONE
178,75
17.875
10,44
61.049 35,10
341,53
CRUCOLI
49,81
4.981
2,91
3.328
1,91
66,81
CUTRO
131,87
13.187
7,70
10.172 5,85
77,14
ISOLA DI CAPO RIZZUTO
125,27
12.527
7,32
15.326 8,81
122,34
MELISSA
50,94
5.094
2,98
3.472
2,00
68,16
MESORACA
93,56
9.356
5,47
6.859
3,94
73,31
PALLAGORIO
41,96
4.196
2,45
1.408
0,81
33,56
PETILIA POLICASTRO
93,43
9.343
5,46
9.284
5,34
99,37
ROCCABERNARDA
65,52
6.552
3,83
3.554
2,04
54,24
ROCCA DI NETO
43,63
4.363
2,55
5.647
3,25
129,43
SAN MAURO MARCHESATO
42,02
4.202
2,45
2.274
1,31
54,12
47
3,42
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
S. NICOLA DELL’ALTO
7,83
783
0,46
965
0,55
123,24
SANTA SEVERINA
51,88
5.188
3,03
2230
1,28
42,98
SAVELLI
48,5
4.850
2,83
1.407
0,81
29,01
SCANDALE
53
5.300
3,10
3.276
1,88
61,81
STRONGOLI
85,29
8.529
4,98
6.582
3,78
77,17
UMBRIATICO
72,86
7.286
4,26
982
0,56
13,48
VERZINO
45,37
4.537
2,65
2.084
1,20
45,93
TOTALE
1711,94 171.194 100,00
100
101,59
173.9
20
Fonte: Elaborazione Osservatorio Politiche sociali Provincia di Crotone.
La densità abitativa sul territorio regionale,
è di 133 ab/km², inferiore rispetto al valore
dell’Italia (189 ab/km²). La provincia di Crotone ha la minore densità abitativa regionale pari a
101,59 abitanti per kmq . Nella provincia il comune con maggiore densità è Cirò Marina con
349,81 abitanti per Kmq e quello con minore densità è Umbriatico con 13,48 abitanti per
kmq.
In riferimento all’estensione territoriale 3 Comuni appartengono alla classe territoriale compresa
sopra i 100 Kmq (Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro), 12 comuni sono nella classe tra i 50 e i
100 Kmq, 11 nella classe fra 5 e 10 Kmq ed un solo Comune (S.Nicola dell’Alto) si inserisce sotto
i 10 Kmq,.
L’evoluzione del territorio urbanizzato della provincia di Crotone evidenzia un notevole sviluppo
degli abitati, infatti, si è passati da una superficie del territorio urbanizzato di 6,242 Kmq del 1953
ai 74,68 Kmq del 2001, con un incremento di circa 12 volte.
Tab. 3 - Evoluzione del territorio urbanizzato
Superficie Superficie
COMUNE
% Sup Superficie
%
Sup
Superficie
Sup
totale
urbanizzata Tot
urbanizzata
Kmq
1953
%
1994
%
2001
%
SPINELLO
30,19
0,126
0,42
0,769
2,55
1,284
4,25
CACCURI
57,27
0,078
0,14
0,803
1,40
0,951
1,66
CARFIZZI
20,34
0,056
0,28
0,334
1,64
0,1457
0,72
CASABONA
68,99
0,144
0,21
0,698
1,01
1,089
1,58
CASTELSILANO
39,5
0,079
0,20
0,309
0,78
0,358
0,91
CERENZIA
24,28
0,07
0,29
0,438
1,80
0,485
2,00
CIRO’
70,15
0,153
0,22
1,016
1,45
1,376
1,96
CIRO’ MARINA
41,6
0,477
1,15
4,691
11,28 6,355
Tot
urbanizzata
%
Tot
BELVEDERE
48
15,28
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
COTRONEI
78,13
0,146
0,19
3,28
4,20
4,812
6,16
CROTONE
178,75
1,863
1,04
11,432
6,40
18,566
10,39
CRUCOLI
49,81
0,11
0,22
0,769
1,54
1,379
2,77
CUTRO
131,87
0,48
0,36
3,333
2,53
5,323
4,04
RIZZUTO
125,27
0,754
0,60
5,1
4,07
10,807
8,63
MELISSA
50,94
0,129
0,25
1,205
2,37
2,135
4,19
MESORACA
93,56
0,134
0,14
1,129
1,21
1,96
2,09
PALLAGORIO
41,96
0,105
0,25
0,67
1,60
0,977
2,33
93,43
0,179
0,19
1,905
2,04
3,356
3,59
ROCCABERNARDA 65,52
0,07
0,11
1,416
2,16
2,706
4,13
ROCCA DI NETO
43,63
0,083
0,19
1,581
3,62
2,157
4,94
42,02
0,082
0,20
0,538
1,28
0,479
1,14
7,83
0,099
1,26
0,348
4,44
0,837
10,69
SANTA SEVERINA 51,88
0,134
0,26
0,579
1,12
0,77
1,48
SAVELLI
48,5
0,145
0,30
0,748
1,54
0,93
1,92
SCANDALE
53
0,118
0,22
0,906
1,71
1,281
2,42
STRONGOLI
85,29
0,275
0,32
1,968
2,31
2,656
3,11
UMBRIATICO
72,86
0,044
0,06
0,302
0,41
0,43
0,59
VERZINO
45,37
0,109
0,24
0,631
1,39
1,081
2,38
TOTALE
1711,94
6,242
0,36
46,898
2,74
74,6857
4,36
ISOLA
DI
CAPO
PETILIA
POLICASTRO
SAN
MAURO
MARCHESATO
S.
NICOLA
DELL’ALTO
Fonte: Provincia ci Crotone PTCP
Attraverso il rapporto tra superficie urbanizzata e superficie territoriale, si è ricavato l’entità del
consumo di suolo per usi urbani rispetto alla dimensione del territorio comunale che fornisce
un’indicazione sulla quantità potenzialmente disponibile di suolo.
Dai dati è emerso che il territorio urbanizzato nella provincia, è passato dal 1953 al 2001
dall’0,36% al 4,36% del territorio provinciale, che in termini di superficie significa un aumento di
74,68 Kmq. Come si poteva prevedere si è verificato un incremento lungo la fascia costiera delle
espansioni urbane di moltissimi piccoli centri storicamente insediati, per motivi di difesa o di
salubrità, sulle propaggini collinari, lontani dalla costa. Questo è forse il fenomeno più
macroscopico della trasformazione, legato in buona misura ad un’attività turistica che ha visto
nello sfruttamento delle coste il motivo quasi esclusivo di attrazione.
49
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Si è assistito alla nascita di tutte una serie di frazioni sulla costa, migliaia di metri cubi di cemento
in parte nate grazie a utopistiche previsioni degli strumenti urbanistici, ma in gran parte nati
come insediamenti abusivi.
Spesso sono seconde case (spesso costruita a pochi chilometri dalla prima). Il fenomeno della
seconda casa ha prodotto in molti casi, una serie di problemi molto ben conosciuti con spreco di
risorse di ogni tipo, paesistiche, energetiche, etc. poiché sono insediamenti spesso privi delle
opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ci sono casi nella provincia di Crotone come ad esempio nel comune di Isola C.R. in cui si è legato
ai processi di cui sopra, modelli insediativi diversi, come i villaggio turistici autonomi; Spicca nella
tabella il dato di Cirò Marina che nello stesso arco temporale ha fatto rilevare un incremento
15,28%, passando da una sup. Usb. di 0,146 Kmq a 6,355 Kmq.
Il Capoluogo Crotone fa rilevare in valore assoluto un incremento del 10,39% dovuto ad un
espansione incontrollata dei centri urbani che ha prodotto le tipiche aree di frangia periurbana,
marginalizzate rispetto al sistema dei servizi collocato nel vecchio centro, e la proliferazione
dell’insediamento residenziale su aree agricole periurbane, attraverso la tipologia della casa
unifamiliare che ha portato come conseguenze fenomeni di inquinamento localizzati, perdita di
valori
paesistici,
aggravi
sui
problemi
di
traffico
legati
forzatamente
ad
una
mobilità
automobilistica di tipo individuale.
Un minore incremento lo fanno segnare i comuni dell’entroterra, e presilani ad esclusione di
Cotronei, comune nella fascia silana crotonese, caratterizzato dalla presenza di due nuclei
periurbani a destinazione turistica quali “Trepidò” e “Villaggio Palumbo”.
2.1.6 RETE ANTROPICA
2.1.6.1 Discariche
Nella provincia di Crotone sono state censite 36 discariche di cui 3 attive e 33 dismesse.
Precisamente risultano allo stato attive una discarica classificata ex I di II categoria tipo B,
rifiuti speciali e speciali pericolosi, entrambe situate nel comune di Crotone, in località Columbra
e in località Passovecchio. Molte delle discariche presenti sul territorio provinciale sono state
inserite nel Piano Regionale delle bonifiche. La tabella conoscitiva dedicata al quadro delle
discariche evidenzia i seguenti dati nel territorio provinciale:
50
Provincia di Crotone
Comune
Piano Faunistico-Venatorio
Belvedere Sp
Località
Discarica
Timpa Cassiano
Sp Sp
Caccuri
Area Volume
Tip. rifiuto
Perm
Dist ab
1800
5400
Rsu+In+Ing
Med.Al
2000
Sciolle
280
560
Rsu+In+Ing
Bass
2800
Carfizzi
Celia Seccata
600
1800
nd
Med.El
300
Casabona
Corvo
nd
nd
nd
nd
nd
Castelsilano
Zinnate
2100
6300
nd
Med.Al
250
Cerenzia
Sciolle
600
1200
Rsu+In+Ing
Bass
3000
Grotte
500
1500
Rsu+In+Ing
Med.Al
1000
Cirò
Coppa Mordace
2400
14400
Rsu+In+Ing
Bass
1000
Cirò Marina
Scarate
8000
16000
nd
Elevata
3000
Cotronei
Spuntone Chianetta
13200
52800
nd
Med.Al
2000
Orecchielle
300
300
Rsu+In+Ing
Med.Al
1500
Crotone
Tufolo I categoria
Crucoli
Le Sciolle
2100
2.100
Rsu+In+Ing
Med.Al
600
Cabba Catoia
2800
2800
Rsu+In+Ing
Bass
2000
Loc. Valle dell'Ape
nd
nd
nd
nd
nd
Torre
2000
6000
Rsu+Ing
Bass
300
Isola C.R.
Concio
100000
1000000
nd
nd
nd
Melissa
Carpice
600
3600
Rsu+In+Ing
Med.El
2400
Mesoraca
Sciolle
600
1200
Rsu+In+Ing
Elevata
2300
Loc. Agrillo
nd
nd
nd
nd
nd
Petilia P.
San Cesario
6000
18000
Rsu+In+In
Elev
2000
Roccabernarda
Ombrello
nd
nd
nd
nd
nd
Rocca di Neto
Pedalaci
3600
36000
Rsu+In+Ing
Med.Al
1400
San Mauro M
Liquirizietto
300
1200
Rsu+In+Ing
Bass
1200
San Nicola A
Sciolle
nd
nd
nd
nd
nd
Santa Severina
Petrirta
1500
15000
Rsu+In+Ing
Bass
500
Savelli
Torchinico
40000
40000
Rsu+In+Ing
Med.Al
500
Scandale
Ditture
nd
nd
nd
nd
nd
Strongoli
Sottocastello
2500
15000
Rsu+In+Ing
Bass
250
Comero
10000
30000
Rsu+In+Ing
Elevata
2300
Umbriatico
Paradiso
600
1200
Rsu+In+Ing
Media
800
Verzino
Piano Purgatorio
nd
nd
nd
nd
nd
Cutro
Rsu+In+Ing
51
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Nella seguente tabella vengono riportati i dati relativi a:
1.
Distanza delle discariche dai corsi d’acqua,
2.
Esistenza vincoli,
3.
Morfologia,
4.
stato di attività o inattività,
5.
Conferimento attuale,
6.
7.
Rischio
Tipo di intervento di bonifica o messa in sicurezza da adottare
Comune
Dist Vincoli
Morf
Crotone
Crucoli
250
50
300
Nd
250
50
50
500
300
10
20
20
30
Cutro
Nd
0
Isola C.R.
Nd
Melissa
250
Mesoraca
50
Nd
Petilia P.
70
Roccabernar Nd
Rocca
di 250
San Mauro M 0
San Nicola A Nd
Conf
/Non
Acq
Belvedere
Caccuri
Carfizzi
Casabona
Castelsilano
Cerenzia
Cerenzia
Cirò
Cirò Marina
Cotronei
Attiva
idrogeo pianeggian
nd
valliva
idrogeo scarpata
nd
nd
Nd
scarpata
nd
valliva
nd
valliva
nd
scarpata
nd
pianeggian
Idrogeo+ scarpata
Idrogeo scarpata
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
nd
parco
nd
nd
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
scarpata
Non
valliva
Non
nd
Non
valliva
Non
nd
Non
valliva
Non
pianeggina Non
nd
Non
valliva
Non
nd
Non
valliva
Non
pianeggian Non
nd
Non
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
52
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Ris Inter
K
v
141
68
111
nd
134
124
147
143
142
267
137
Off
Off
Off
nd
Off
Off
Off
Off
Off
In situ
Off
136
121
nd
171
nd
99
176
nd
195
nd
174
114
nd
Off
Off
nd
Off
nd
Off
Off
nd
Off
nd
Off
Off
nd
Provincia di Crotone
Santa
Savelli
Scandale
Strongoli
Umbriatico
Verzino
Piano Faunistico-Venatorio
50
100
Nd
150
100
50
Nd
agricola
nd
nd
nd
nd
nd
nd
valliva
scarpata
nd
rilievo
cava
scarpata
nd
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Non
Infine nella tabella che segue sono indicate
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Att
Sovreco
S.Giova
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
Sovreco
168
194
nd
174
177
119
nd
Off
Off
nd
Off
In situ
Off
nd
le discariche attualmente attive nonché quelle
chiuse con Ordinanza del Commissario Straordinario per l’Emergenza Rifiuti in Calabria, il tutto
in attuazione di quanto previsto dal “Piano regionale per l’individuazione definitiva delle
discariche di servizi agli impianti e per la progressiva riduzione del numero di discariche di prima
categoria esistenti nel territorio della Regione Calabria”, approvato con ordinanza n. 2100 del 2
dicembre 2002.
Comune
Loc. Discarica
Ordinanza Comm. Emergenza Rifiuti
Carfizzi
Celia Seccata
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Cirò
Coppa Mordace
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Cirò Marina
Scarate
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Passovecchio, tipo
2
(Nucleo Industriale)
Crotone
Tufolo I Cat.
Loc.
Columbra Tipo 2B
Loc. Columbra Tipo I
Crucoli
Isola
Capo
Mesoraca
Ord.Comm. n°1987 del 12/08/02 fino al 31/12/2002 - (aut. Allo
smaltimento dei fanghi di risulta del proprio Impianto di
depurazione)- Rinnovo Autorizzazione con Ord.Comm.Emerg.
R.S.U. n°2298 del 26/03/2003 – ATTIVA
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 939 del 22.02.00
Attiva
ATTIVA ed in fase di ampliamento
Requisita con Ordin. Comm. Emerg. 736 del 04.08.1999
ATTIVA richiesto ampliamento
Non
-
Le Sciolle
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 Non Attiva
Cabba Catoia
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998- Non
Attiva
Concio
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 1030 del 24.05.2000 Non
Attiva
Carpice
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 Non
Attiva
Rizzuto
Melissa
B
Sciolle
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
53
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Loc. Agrillo
Pallagorio
Fondo Conisselle 9
Chiusa con O.D.C.M. n° 2089 del 26/11/2002 - Non Attiva dal
31/08/2002
Ordin. Emerg. R.S.U. n. 570 del 09.03.1999 - Non Attiva
Roccabernarda
Ombrello
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 264 del 27.04.2001 –
Non Attiva
Rocca di Neto
Celestino
O.d C.M. n° 47 del 18/03/1998 Non Attiva
Petrirta
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Savelli
Torchinico
Chiusa con Ordinanza
n°
16/09/1998 del Commissario
Strongoli
Sottocastello
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Comero
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Umbriatico
Paradiso
Chiusa, Ordin. Comm. Emerg. R.S.U. n. 423 del 31.12.1998 –
Non Attiva
Verzino
Piano del Purgatorio
Chiusa Ord.Comm.Emerg.R.S.U.
Attiva
Santa
Severina
54
17
prot.
n°
4659
del
n° 2318 del 27/03/2003 Non
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
55
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.1.6.2 INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO
Nella redazione del Piano Faunistico anche il settore delle infrastrutture di trasporto ha una certa
importanza specie per l’impatto che riveste nello sviluppo della fauna selvatica. Una strada, una
ferrovia o anche un aeroporto certamente sono elementi di disturbo alla fauna presente ed a
quella di passaggio.
L’Offerta di Trasporto
Contesto delle reti di trasporto
Sul territorio Provinciale sono presenti due strade statali, la 106 ionica e la 107 Silana Crotonese, una fitta rete di strade provinciali, rappresentate precisamente da 54 strade che si
sviluppano sul territorio per una lunghezza complessiva di circa 922 Km; una dorsale ferroviaria
sulla costa ionica, tre porti di cui il maggiore quello di Crotone e dall’aeroporto Sant’Anna di Isola
Capo Rizzuto.
Quanto detto farebbe pensare ad una provincia priva di problemi legati alla mobilità, sia di
merci sia di persone. Mentre questo non è vero perché pur essendoci quasi tutti i tipi di
infrastrutture di trasporto, queste risultano essere insufficienti o meglio (inefficaci) inefficienti.
Tutto questo è legato ad una serie di fattori intrinseci ed estrinseci alle infrastrutture, quali
possono essere la obsolescenza e la inadeguatezza delle stesse, o come l’orografia del territorio,
che non agevola le comunicazioni, e la scarsa, o quasi, inesistente intermodalità tra le diverse
infrastrutture di trasporto.
Le infrastrutture di trasporto
AEREOPORTO S.ANNA
L’aeroporto “Sant’Anna” è situato in un’area prospiciente il mare Ionio, a sud di Crotone, da
cui dista 15 km. L’area di sedime presenta una superficie di 184 ha con una altitudine di 157 m
s.l.m.
L’aeroporto ricade in un’area ad elevata valenza ambientale ed archeologica, non solo per la
presenza del Parco Archeologico di Capocolonna, ma anche per la presenza di strutture storiche,
quali Le Castella, Santa Severina ecc. Inoltre, la presenza del porto di Crotone pone le
premesse per una intermodalità tra i vettori aerei e navali.
La posizione geografica dell’aeroporto potrebbe favorire i
collegamenti internazionali, in
particolare con tutti i paesi del medio oriente e dei Balcani.
L'aereoporto è collegato al resto della rete infrastrutturale direttamente con SS 106 ionica.
Il servizio di trasporto aereo è effettuato, in regime di oneri di servizio, dalla compagnia
N u o v a C A I , con una media di 21 voli settimanali, tra arrivi e partenze, su scala nazionale.
La Ferrovia
Infine, la linea ferroviaria si sviluppa interamente sulla costa ionica per circa 77 km.
La linea è a semplice binario e a trazione diesel. La velocità massima varia da 100 a 150 km/h,
56
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
con una velocità commerciale massima di 72 km/h. Il traffico che attraversa la stazione di
Crotone, allo stato attuale, è formato da 36 treni/giorno, una misura inferiore alla capacità della
linea.
Lungo il tracciato ferroviario, che si sviluppa parallelamente alla costa ionica, i Comuni e le località
interessate dalla linea ferroviaria sono numerosi.
Nonostante la dotazione di reti e nodi di servizio variegati, Crotone é la provincia calabrese che
maggiormente sente il peso dell’isolamento. Il disegno delle reti ne penalizza in effetti il ruolo:
la stessa ferrovia che non garantisce certo elevati standard ed opportunità di raccordo agli assi
portanti della mobilità interregionale, sembra determinare un vincolo alle comunicazioni agendo
da barriera su alcune direttrici. Inoltre, seppur dotata di un aeroporto e di un porto,
l’insufficienza nei
collegamenti integrati
e nei
servizi
ne limitano di
fatto le prospettive
di crescita.
Le Strade
Il sistema di trasporto viario è rappresentato da due direttrici principali, le strade statali SS 106 e
SS 107.
La SS106 si sviluppa da nord a sud lungo la costa ionica, lasciando ai margini l’intero territorio
dell’entroterra. La sua lunghezza è di 84 Km .
La SS107, lunga 41 Km, attraversa trasversalmente il territorio provinciale, dividendolo quasi
perfettamente in due parti .
Lo sviluppo delle due uniche strade statali che attraversano il territorio provinciale è dovuto alla
conformazione orografica dello stesso; infatti, il territorio presenta una parte prevalentemente
pianeggiante sulla costa, ed una parte, spostandoci verso l’entroterra, prima collinare e poi
montuosa.
Questo tipo di orografia, ha fatto si che le vie di comunicazione, che collegano i diversi centri
urbani, non siano in grado di soddisfare adeguatamente la crescente domanda di trasporto,
creando una frattura tra l’entroterra e i paesi sulla costa.
Al contempo, anche i centri costieri, sono penalizzati negli spostamenti, in quanto costretti a
percorrere l’unica via di comunicazione, la SS 106, sia per gli spostamenti interprovinciali sia per
quelli extraprovinciali.
Le
difficoltà
connesse
alla
percorrenza della SS 106 sono legate a
diversi fattori, tra i principali si possono evidenziare due, uno dovuto al fatto che essa attraversa,
ancora oggi, tutti i centri urbani che si trovano sulla costa, tranne quello di Cirò Marina; l’altro che
ha portato negli anni la struttura ha perdere le caratteristiche per poter essere classificata
superstrada.
Da evidenziare che negli anni passati sono stati effettuati dei lavori di ammodernamento, in
particolare a nord della città di Crotone, e precisamente dal Passo Vecchio fino al villaggio
Bucchi, dove è stato realizzato un nuovo tratto, per una lunghezza di circa 5,5 Km, a due
carreggiate separate da spartitraffico e sfalsate rispetto al resto della rete viaria.
57
Provincia di Crotone
L’intervento
non
Piano Faunistico-Venatorio
ha
prodotto
dei
risultati
tangibili
dato
che
è
un tratto limitato e
concentrato prima del nucleo industriale di Crotone, lasciando attraversare alla SS 106 tutta la
parte vecchia della zona industriale che va dal Passo Vecchio fino all’area della ex Montedison, e
la zona urbana di Poggio Pudano.
Da queste due direttrici principali di diramano in tutto il territorio le strade provinciali. Il totale di
km di strade statali e provinciali sono ben 922,44.
Rete stradale
Denominazione
Nome Strada
Km
SP 1
Crucolese
16,45
SP 2
Gaglioppo
2,35
SP 3
Madonna di Mare
5,06
SP 4
Contrada Cappella
9,89
SP 4 bis
Bacco
1,863
SP 5
Krimisa
1,72
SP 6
Grisica
21,29
SP 7
Torre Passo
37,97
SP 8
Chonia
0,62
SP 9
Caraconessa
15,22
SP 10
Enotria
6,924
SP 10 Bis
Cappellieri
3,707
SP 11
UDHA E JASHTËS
10,5
SP 12
Del Vino
15,8
SP 13
Melisseo
7,242
SP 14
Puheriu
24,49
SP 15
Rosaneti
10,4
SP 16
Topanello
5
SP 16 Bis
Comero
1,319
SP 17
S. Agostino
3,563
SP 17 Bis
Turrazzo
1,78
SP 18
Fasana
9,48
SP 19
Pietra del Tesauro
3,647
SP 20
Pietra della Battaglia
3,917
SP 21
Macalla
4,962
SP 22
Poiero
6,19
SP 23
Corazzo
7,387
Strada
58
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
SP 23 DIR
SP 24
Eremo
13,04
SP 25
Siberene
1,062
SP 26
Pantalitiche
21,18
SP 26 BIS
SERRA FRATTA
6,628
SP 27
Mesudera
10,77
SP 28
Pino Grande
5
SP 29
GIPSO
11,85
SP 30
BELVEDERE SPINELLO
7,3
SP 31
DELLE TERME
10,3
SP 32
SANTA RANIA
13,99
SP 33
ULIVETI
2,464
SP 34
ALTILIA
1,823
SP 35
LAGO AMPOLLINO
1,779
SP 36
PAGLIARELLE
11,38
SP 36 BIS
DELL’AQUILA
0,474
SP 37
SANTA SPINA
6,124
SP 38
VALLE TACINA
12,04
SP 39
MAURITANIA
3,907
SP 40
ENOTRI
4,05
SP 40 Bis
FONDO VALLE S. ANTONIO
10,84
SP 41
SERRA ROSSA
15,04
SP 41 Bis
REAZIO
3,658
SP 42
DRAGONE
9,955
SP 42 BIS
PUTTINO
1,458
SP 43
NORMANNI
17,36
SP 44
LE CASTELLA
2,704
SP 45
S.ANNA
6,26
SP 45 BIS
JAPIGI
6,11
SP 45 TER
VILLA MARGHERITA
0,501
SP 46
CAPO RIZZUTO
9,13
SP 46 BIS
ASYLA
1,194
SP 47
LE CANNELLE
5,69
SP 48
OVILE MARINA
8,1
SP 49
CAPOCOLONNA
5,27
SP 50
MONASTERO
12,5
SP 51
CARBONARA
4,411
SP 52
PAPANICE
8,574
59
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
SP 53
SERRA MUZZUNETI
61,15
SP 54
SAVELLESE
14,48
SP 55
BASSA VALLE DEL NETO
11,01
SP 56
DEL MARCHESATO
40
SP 57
GABBELLA
5,951
SP 58
SS. ECCE HOMO
26,83
SP 59
CARAVA’
13,5
SP 60
CARISI
12,06
SP 61
TREPIDO’
34,03
SP 62
PRESILA
19,04
SP 63 (ex SS109) MARINELLA
22,34
SP 64
PAPA SAN ZOSIMO
14,05
SP 65
PRINCIPE
7,746
SP 66
ESARO
2,6
SS106
84
SS107
41
922,444
Fonte : Provincia di Crotone - Ufficio Sicurezza Stradale
60
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Il parco veicolare
409
11508 1122
61
TOTALE
COMPLESSICO
PER COMUNE
87318 7194
ALTRI VEICOLI
TOTALE
FONTE:ACI
TRATTORI
10
9
2
15
7
11
11
81
29
434
14
74
85
11
26
5
125
65
27
10
5
9
4
11
34
2
6
RIMORCHI
TRASPORTI
208
125
45
229
87
122
173
986
449
2903
201
963
1287
351
477
67
749
477
233
198
65
120
71
227
457
81
157
RIMORCHI
SSPECIALI
AUTOVEICOLI
SPECIALI
1
1
1
2
1
3
3
31
4
249
2
16
24
2
5
2
7
3
5
2
1
5
2
8
25
1
3
MOTOVEACOLI
SPECIAL
AUTOCCARRI
TRACP. MERC
60
65
55
94
44
54
143
787
156
3201
150
330
521
126
99
61
336
189
49
59
30
55
23
129
281
29
68
1125
882
CARFIZZI
349
CASABONA
1327
CASTELSILANO
601
CERENZIA
772
CIRO'
1717
CIRO' MARINA
6911
COTRONEI
2815
CROTONE
32155
CRUCOLI
1598
CUTRO
4783
ISOLA DI CAPO
8257
RRIZZUTO
MELISSA
1520
MESORACA
3359
PALLAGORIO
660
PETILIA POLICASTRO 4754
ROCCA DI NETO
2770
ROCCABERNARDA
1585
S.MAURO
1015
MARCHESATO
S.NICOLA DELL'ALTO 415
SANTA SEVERINA
1058
SAVELLI
715
SCANDALE
1423
STRONGOLI
3235
UMBRIATICO
439
1078
VERZINO
MOTOCARRI
TRASP
AUTOBUS
BELVEDERE
SPINELO
CACCURI
MOTICICLI
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
AUTOVETTURE
COMUNBE
Il parco veicolare della provincia risulta essere per comune il seguente.
48
41
31
53
13
20
262
320
117
210
50
123
129
98
202
12
406
101
260
62
3
123
60
55
53
16
16
0
0
0
0
2
1
0
6
8
19
0
16
23
2
0
0
12
2
1
0
0
2
1
1
1
0
0
4
2
2
4
1
3
3
28
11
241
5
22
38
11
1
1
11
7
1
3
0
0
1
5
16
1
0
11
1
0
11
1
4
2
146
8
334
7
221
163
64
21
3
83
62
5
5
0
6
3
4
66
0
2
6
0
0
8
0
2
1
69
6
250
5
154
118
45
2
0
37
20
0
3
0
1
0
2
29
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
3
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1473
1126
485
1743
757
992
2315
9365
3603
3999
2033
6702
1064
2230
4192
811
6520
3696
2166
1357
519
1379
880
1865
4197
569
1330
2884 97
422
1233 758
4
1129
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Il dato da evidenziare è la presenza di ben 87318 autovetture in pratica 1 auto ogni 2 abitanti ,
naturalmente il parco macchine maggiore quello del comune di Crotone. Inoltre è da evidenziare
il parco trattori specie per l’impatto che possono avere durante le lavorazioni agricole rispetto alla
fauna . Il dato che si accerta è di una meccanizzazione agricola significativa nella aree costiere e
di pianura, proprio dove è maggiore la presenza di un’agricoltura intensiva.
62
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
63
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.1.6.3.Impianti industriali
La provincia di Crotone occupa un’area che può essere considerata complessivamente a
basso sviluppo industriale. Infatti i comuni interessati ad una presenza industriale sono Crotone,
Cutro, Scandale e Cirò Marina.
Sono presenti, infatti, nel territorio alcune centrali idroelettriche (Caccuri -Loc. Calusia;
Cotronei - Loc. Timpa Grande; Cotronei – San Giovanni in Fiore Loc. Orichella). Il cui
funzionamento ha senza dubbio alterato le caratteristiche idrologiche del Fiume Neto (vedasi
anche lo Studio di Fattibilità per la Riserva della Foce del Neto, 2001).
Particolarmente pressante è negli ultimi anni la tendenza alla realizzazione di piccole
centraline che sfruttano corsi d’acqua minori con conseguente realizzazioni di bacini di
riempimento e sbarramenti la cui pianificazione deve essere sottoposta necessariamente ad
una Valutazione d’Incidenza che tenga conto non solo della singola opera, ma che analizzi in
modo complessivo l’effetto sinergico di più opere che incidono sullo stesso sistema idrologico.
Altra tematica estremamente attuale e molto dibattuta è quella che riguarda la realizzazione
di impianti eolici per la produzione di energia elettrica. Una valutazione della potenzialità di
questo settore innovativo è riportata nel documento “Eolico in Calabria". Indirizzi per gli
inserimenti degli impianti eolici nel territorio regionale (D.G.R. 55/2006) in cui si sottolinea la
necessità di sottoporre a Valutazione d’Incidenza i progetti ricadenti all’interno di ZPS ed il
divieto di realizzazione nell’ambito di Siti d’Interesse Comunitario.
Più recentemente il D.M. 17-10-2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure
di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione
speciale (ZPS)” vieta la “realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per i
quali, alla data di emanazione dell’atto, sia stato avviato il procedimento di autorizzazione
mediante deposito del progetto. Gli enti competenti dovranno valutare l'incidenza del
progetto, tenuto conto del ciclo biologico delle specie per le quali il sito è stato designato,
sentito l’Ispra. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione e ammodernamento,
anche tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli
obiettivi di conservazione della ZPS, nonché gli impianti per autoproduzione con potenza
complessiva non superiore a 20 kW.
Nella tabella seguente (PTCP, 2007) vengono elencati gli impianti eolici realizzati o in fase di
progettazione contigui o interni alla ZPS, che rappresentano sicuramente un elemento di
criticità agli obiettivi di conservazione della fauna (in
chirotterofauna).
64
particolar modo per l’avifauna e la
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Impianti eolici realizzati ed in progetto
COMUNE
DENOMINAZIONE
DITTA
Scandale
Il Fortino
Clean Energy Srl
Cutro
Timpone Arciere
Energy Crotone 2 Sa
Roccabernarda
Colle Cervellino
Energy Crotone 1 Sa
Strongoli-Melissa
Strongoli-Melissa
Edison (Edens)
Melissa
San Francesco
Gamesa
Ciro'
Crociminuti - Malucrut
E-Vento Srl
Cutro
Rosito - S.Anna
Kyoto Energy Sud Sr
Tali impianti spesso esercitano un pesante impatto sul paesaggio, sull’ambiente, sulla stabilità
delle pendici anche per i rilevanti movimenti di terra che l’apertura delle strade ad essi connessi,
le fondamenta e quant’altro necessario, richiedono inevitabilmente. Inoltre è ampiamente e
scientificamente dimostrato, da numerosi studi, come gli impianti eolici producano seri effetti
negativi sulle biocenosi e in particolare sugli uccelli e sui chirotteri. Tali effetti consistono
essenzialmente in due tipologie d’intervento:
- diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell’impianto, in particolare il rotore;
- indiretto, dovuto all’aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento e/o
scomparsa degli individui, modificazione di ambienti (aree di riproduzione e di alimentazione),
frammentazione degli habitat e delle popolazioni, ecc. La diminuzione degli spazi ambientali è una
delle cause maggiori della scomparsa e della rarefazione di molte specie il disturbo provocato
dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, vengono indicati da molti autori, come
una delle cause principali dell’abbandono di queste aree da parte degli uccelli, in particolare per le
specie che nidificano a terra o negli arbusti. È evidente che la misurazione della mortalità dà
valori molto approssimati per difetto. Infatti molte carcasse non vengono ritrovate in quanto
possono essere spostate e divorate da altri animali quali topi, volpi o cani randagi. In Italia,
Magrini (2003) ha riportato che nelle aree dove sono presenti impianti eolici, è stata osservata
una diminuzione di uccelli fino al 95% per un’ampiezza di territorio fino a circa 500 metri dalle
torri. In paesi come l’Italia ed il territorio crotonese, interessati da grandi flussi di migratori su
vasti fronti, lo sviluppo dell’eolico sulle coste, o in prossimità dei corridoi migratori porterebbe
come conseguenza inevitabile stragi intollerabili di uccelli migratori, destinate ad avere impatti
pesanti sulla consistenza delle specie. I pipistrelli vengono anch’essi distrutti in gran numero dal
movimento delle turbine.
Gli uccelli sottoposti a rischio sono i migratori notturni (passeriformi) ed anche quelli diurni
(rapaci e veleggiatori), soprattutto quando, alla ridotta visibilità, si aggiungono condizioni
atmosferiche avverse che comportano una riduzione delle altezze di volo.
Gli uccelli più colpiti sembrano essere in assoluto i rapaci anche se tutti gli uccelli di grandi
dimensioni, ad esempio cicogne e aironi, sono potenzialmente ad alto rischio; seguono poi i
65
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
passeriformi e le anatre, in particolare durante il periodo di migrazione. oltre al pericolo derivante
dalla collisione diretta, ci sono altri tipi di impatto che occorre considerare, prima fra tutte la
perdita di habitat. La presenza di corpi idrici rappresenta un ulteriore rischio, in quanto ad essi si
associa una maggiore densità di uccelli.
Al fine di mitigare i danni che tali impianti arrecano alla fauna selvatica si potrebbe pensare di
mettere in atto una serie di misure tra cui:
o
il controllo delle specie preda che, come messo in risalto costituiscono un’attrazione per le
popolazioni
di
rapaci
aumentandone
conseguentemente
il
rischio
di
collisioni.
L’eradicazione, o il controllo di queste popolazioni, limiterebbe sicuramente il rischio di
collisione;
o
utilizzare esclusivamente modelli tubolari di turbine; queste infatti non forniscono posatoi
adatti alla sosta dei rapaci contribuendo alla diminuzione del rischio di collisioni;
Osborn (2001) infatti, evidenzia come l’utilizzo di turbine tubolari e la presenza di posatoi naturali
(alberi) riduca sensibilmente il rischio di impatto. Sarebbe quindi opportuno prevedere azioni di
miglioramento ambientale che interessino le aree limitrofe all’impianto, in modo da fornire agli
uccelli una valida alternativa all’utilizzo del parco eolico.
o
Strickland (1998) riporta un caso in cui sono state utilizzate delle sagome come deterrenti
applicati alle turbine, per impedire che i rapaci usino le stesse come posatoi (con una
percentuale di rischio di collisioni molto maggiore);
o
l’utilizzo di particolari vernici visibili nello spettro UV, campo visivo degli uccelli, hanno
provocato, secondo Curry (1998)una significativa riduzione della mortalità.
Poiché tale accorgimento renderebbe più visibili le pale rotanti; altri studi invece non evidenziano
nessun risultato significativo (Strickland et al., 2000). Alcune ricerche si sono concentrate su
quale colorazione rendesse più visibili le pale degli aereogeneratori; McIsaac (2000) ha
dimostrato che bande colorate che attraversano la superficie, in senso trasversale, delle pale,
vengono avvertite dai rapaci a maggior distanza.
Hodos invece,(2000) afferma che, colorando una sola delle tre pale di nero e lasciando le altre
due bianche, si ridurebbe l’effetto “Motion Smear” (corpi che si muovono a velocità molto alte
producono immagini che rimangono impresse costantemente nella retina dando l’idea di corpi
statici e fissi), e gli uccelli riuscendo a percepire molto meglio il rischio, potrebbero, in tempo
utile, a modificare la traiettoria di volo.
2.1.6.4 IMPIEGO DI PESTICIDI
Dall’analisi dei dati riportati in tabella, elaborati dal Servizio di Agropedologia dell’ARSSA, si
evince chiaramente che le aree maggiormente soggette a rischio di contaminazione da fitofarmaci
sono le zone di pianura a coltivazione intensiva. Infatti, dei 27 comuni della provincia, quelli in cui
vi è la maggior incidenza di rischio di contaminazione sono Cirò Marina, Isola di Capo Rizzuto e
66
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Rocca di Neto. Ciò è certamente legato al tipo di coltivazioni prevalenti in questi comuni, il
vigneto nella zona di Cirò, e le colture ortive in serra ed in pieno campo negli altri due comuni.
Al contrario le zone più impervie che ricadono nei comuni montani e/o quelle nelle quali sono
diffuse l’olivicoltura, la castanicoltura e le essenze forestali, colture per le quali sono minimi o nulli
i trattamenti fitosanitari, presentano un bassissimo rischio di contaminazione.
PROVINCIA DI CROTONE:
rischio contaminazione
acquiferi da prodotti fitosanitari
Area
Area
comune
rischio
Incidenza
COMUNE
(ha)
(ha)
(%)
BELVEDERE DI SPINELLO
3000,96
46,987
1,57
CACCURI
6050,30
0
0
CARFIZZI
2050,60
76,792
3,74
CASABONA
6691,81
51,419
0,77
CASTELSILANO
3962,14
0
0
CERENZIA
2198,07
0
0
CIRO'
7027,99
269,122
3,83
CIRO' MARINA
4138,11
878,153
21,22
COTRONEI
7836,00
0
0
CROTONE
17937,43 396,426
2,21
CRUCOLI
4993,97
1,54
CUTRO
13207,04 375,043
ISOLA DI CAPO RIZZUTO
12531,10 1579,720 12,61
MELISSA
5112,07
286,357
5,60
MESORACA
9382,34
421,695
4,49
PALLAGORIO
4400,68
0
0
PETILIA POLICASTRO
9729,66
166,560
1,71
ROCCA DI NETO
4437,53
376,712
8,49
ROCCABERNARDA
6420,74
432,605
6,74
SAN MAURO MARCHESATO
4148,81
12,130
0,29
SAN NICOLA DELL'ALTO
776,70
0
0
SANTA SEVERINA
5179,12
12,692
0,25
SAVELLI
4841,20
0
0
SCANDALE
5364,30
118,242
2,20
STRONGOLI
8459,36
434,506
5,14
UMBRIATICO
7260,03
1,188
0,02
VERZINO
4515,19
0
0
76,889
2,84
Fonte: Regione Calabria Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione
67
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
68
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.1.6.5 Meccanizzazione Agricola
Dall’analisi dei dati riportati in tabella si evince chiaramente che la meccanizzazione agricola è
maggiormente diffusa nelle zone di pianura a coltivazione intensiva.
Infatti, dall’analisi della prima tabella che riporta, divise per comune, le trattrici o le macchine
portate per la lavorazione del terreno si evince che le prime prevalgono nei comuni di pianura ad
agricoltura intensiva (Crotone, Rocca di Neto ed Isola di Capo Rizzuto), mentre le seconde sono
prevalenti nei comuni posti in zone collinari o come Cirò dove per la coltivazione dei vigneti si
usano piccole macchine portate (motozappe, motocoltivatori e moto fresatrici)
Diversamente dall’analisi dei dati riportati nella seconda tabella si evince come le mietitrebbie
siano maggiormente diffuse nelle zone di pianura (Crotone, Isola di Capo Rizzuto, Cutro e Rocca
di Neto). Soprattutto nelle operazioni di sfalcio di prati e medicai e nella raccolta di grano, non è
infrequente imbattersi in animali selvatici che, nella maggioranza dei casi, fuggono spaventati dal
rumore del trattore ma che in qualche caso restano feriti o, peggio, uccisi dagli organi di lavoro
delle attrezzature. Ciò capita soprattutto durante i periodi di cova o riproduzione, quando cioè
sono presenti nidiate o cucciolate, epoche che coincidono con la maggiore attività nei campi In
caso di necessità di fuga, gli animali selvatici d’istinto abbandonano il rifugio solo all’ultimo
minuto. Una lepre, una brigata di starne, una nidiata di fagiani o altri selvatici, in caso di pericolo,
rimangono accovacciati nel loro rifugio nell’intento di eludere ciò che viene riconosciuto come
predatore anche se invece è una macchina agricola. Il loro rifugio viene abbandonato solo
all’ultimo momento confidando nell’effetto mimetico, nella sorpresa della fuga e nella loro
velocità. Questa tecnica di gestione del pericolo è stata per loro fonte di sopravvivenza e
selezione nei millenni ma risulta inefficiente di fronte ai moderni cantieri di lavoro, dove la
velocità di lavoro può raggiungere anche i 15-20 km/ora e talvolta superare anche i 30 km/ora.
Vittime, in questo caso, sono soprattutto le lepri e i volatili che nidificano sul terreno. Lo sfalcio
dei prati coincide, come noto, con i periodi in cui la fauna si sta riproducendo e con la presenza di
un gran numero di pulcini e cuccioli. Durante il taglio del foraggio le lepri, giovani o adulte, si
accovacciano nell’erba sicure di sfuggire all’insidia ricorrendo al mimetismo e all’immobilità.
Analogamente si comportano anche i volatili di alcune specie (quaglia, fagiano, starna, ecc.).
69
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Aziende e relativi trattrici o/e mezzi portati
AZIENDE CON MEZZI DI PROPRIETA’
TOTALE
COMUNI
AZIENDE
AZIENDE AZIENDE TRATTRICI
MOTOCOLTIVATOR
CON MEZZI
CON
I
CON
MEZZIFOR MEZZI
Belvedere
di
MOTOFRESATRICI
IN
DA COMPROP AZIENDE
NITE
E MOTOZAPPE
MEZZI
AZIENDE MEZZI
105
48
48
563
49
7
96
Caccuri
406
32
4
58
70
81
83
Carfizzi
241
21
12
28
36
94
10
Casabona
775
71
18
122
141
172
18
Castelsilano
199
14
3
21
23
78
11
Cerenzia
224
18
8
23
26
86
90
Ciro'
607
24
30
110
124
459
48
Ciro' Marina
812
33
17
186
251
515
56
Cotronei
956
72
13
92
97
173
18
Crotone
1.621
1.020
66
562
827
470
52
Crucoli
471
27
20
82
123
231
26
Cutro
963
87
72
110
191
27
28
1.569
90
287
374
71
86
43
19
32
37
308
32
1.156
34
106
165
79
94
Isola di Capo
Melissa
1.761
569
Mesoraca
1.301
Pallagorio
431
37
14
65
71
111
11
1.457
66
88
95
134
865
1.09
Roccabernard
484
21
29
79
247
350
68
Rocca di Neto
486
39
43
205
248
61
65
San
Mauro
335
26
3
72
94
69
81
San
Nicola
241
24
-
-
-
Santa
296
22
7
52
69
114
12
Savelli
105
2
1
1
1
82
82
Scandale
229
14
3
100
125
65
74
Strongoli
452
40
8
116
163
96
99
77
7
-
15
16
435
37
5
99
111
85
86
3.869
4.79
5.6
Petilia
Umbriatico
Verzino
TOTALE
Fonte:
16.497
12.10
61
2.814
Istat - 5° Censimento generale dell'agricoltura 2000
70
-
1
-
1
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Aziende e relative macchine operatrici
COMUNI
AZIENDE CON MEZZI DI PROPRIETA’ COMUNI
MIETITREBBIATRICI MACCHINE PER LA APPARECCHI
RACCOLTA
AZIENDE MEZZI
AZIENDE MEZZI
PERMACCHINE PER LA
L'IRRORAZIONE DI FERTILIZZAZIONE
AZIENDE MEZZI
AZIENDE MEZZI
Belvedere di
Caccuri
2
2
-
-
-
-
1
1
Carfizzi
-
-
-
-
-
-
1
1
Casabona
3
5
-
-
5
1
1
Castelsilano
-
-
-
-
-
-
2
2
Cerenzia
-
-
-
-
-
-
Ciro'
24
24
1
1
360
Ciro' Marina
-
-
1
1
Cotronei
-
-
-
Crotone
36
41
22
24
Crucoli
2
4
1
Cutro
17
18
Isola di Capo
11
Melissa
5
-
-
365
11
14
8
12
3
1
2
-
-
57
63
82
89
1
10
16
8
11
3
4
11
14
8
11
16
2
4
79
80
52
54
11
13
-
-
-
-
-
3
3
2
Mesoraca
-
4
4
7
5
5
-
1
1
1
1
18
9
13
Pallagorio
-
-
-
Petilia
-
-
4
Roccabernar
1
2
-
85
7
7
3
5
87
5
3
3
7
Rocca
di
85
San
Mauro
3
4
1
San
Nicola
-
-
-
-
8
-
-
7
-
-
8
-
18
9
87
8
-
Santa
-
-
-
-
-
-
-
-
Savelli
-
-
-
-
-
-
-
-
Scandale
1
1
-
-
-
-
-
-
Strongoli
17
18
3
4
-
-
1
1
Umbriatico
-
-
-
-
Verzino
5
6
-
-
TOTALE
Fonte:
224
245
47
63
2
553
Istat - 5° Censimento generale dell'agricoltura 2000
71
-
-
-
2
17
18
315
340
588
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.1.7 Aree Protette
2.1.7.1 PARCO NAZIONALE DELLA SILA
ISTITUZIONE
Il Parco Nazionale della Sila viene istituito con Decreto del Presidente della Repubblica 14
novembre 2002. Esso comprende due aree denominate Sila Grande e Sila Piccola che
precedentemente costituivano il Parco Nazionale della Calabria che cessa di esistere.
Contestualmente viene istituito anche l’Ente Parco Nazionale della Sila che ha personalità di diritto
pubblico ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente e del Territorio, al quale si
applicano le disposizioni di cui alla legge 20 marzo 1975.
La perimetrazione del Parco, riportata in scala 1:50.000 è allegata al suddetto Decreto ed è stata
depositata presso il Ministero dell’Ambiente e del Territorio, presso la Regione Calabria e presso la
sede dell’Ente Paro Nazionale della Sila.
STORIA
Il Parco Nazionale della Sila, anche se di recente istituzione, ha una storia molto lunga alle spalle
strettamente legata a quella del Parco Nazionale della Calabria istituito con Legge n° 503 del
02\04\1968 con lo scopo di conservare interessanti caratteristiche ambientali di alcuni territori
calabresi particolarmente significativi e di soddisfare la funzione di educazione alla natura.
Tuttavia ci furono molte perplessità a riguardo sia da parte di tecnici sia da parte di ambientalisti.
Il parco che nasceva, infatti, sarebbe stato il risultato di diverse aree di interesse naturalistico
sparse nel territorio della Regione Calabria e distanti fra di loro anche centinaia di chilometri
senza una vera e propria perimetrazione.
La perimetrazione definitiva del Parco Nazionale della Calabria avvenne solo dieci anni dopo ed
individuava tre distinte aree protette: la Sila Grande in provincia di Cosenza, con una estensione
di 7.000 ettari; la Sila Piccola in provincia di Catanzaro, con una estensione di 5.700 ettari; e
l’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria, con una estensione di 3.200 ettari.
Dopo la legge quadro sui parchi n° 394\91 l’Aspromonte è divenuto parco a sé. Si è avviato così il
procedimento che ha portato alla nascita del Parco Nazionale della Sila con un area che si estende
nei comuni di Cosenza, Catanzaro e Crotone.
DISCIPLINA DI TUTELA DEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA
-
Zonizzazione
Il Parco Nazionale della Sila, così come delimitato nella cartografia in scala 1:50000 allegata al
D.P.R. 14\09\2002 è suddiviso nelle seguenti zone:
72
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
▪ Zona 1 – di rilevante interesse naturalistico e paesaggistico con inesistente o limitato grado di
antropizzazione
▪
Zona
2
–
di
rilevante
interesse
naturalistico,
paesaggistico
con
maggior
grado
di
antropizzazione e di presenza di attività agro – silvo – pastorali.
-
Tutela e promozione dello sviluppo sostenibile
Nell’abito del territorio del Parco Nazionale della Sila sono assicurate
-
la conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o forestali, di formazioni
geologiche, di singolarità paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di processi
naturali, di equilibri ecologici;
-
l’applicazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione fra
uomo e ambiente mediante il mantenimento e lo sviluppo della attività agro – silvo –
pastorali tradizionali;
-
l'applicazione di metodi di gestione del territorio, idonei a realizzare una integrazione tra
uomo e ambiente mediante il mantenimento e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali
tradizionali;
-
la promozione e lo sviluppo dell'agricoltura biologica attraverso opportune forme di
incentivazione per la riconversione delle colture esistenti. A tale fine, entro sessanta giorni
dalla nomina degli organi del parco, il consiglio direttivo appronterà un piano di riconversione
delle colture esistenti a colture biologiche, con la previsione dei relativi fabbisogni finanziari,
da sottoporre all'esame della Regione Calabria nel quadro dei finanziamenti compresi nel
Quadro comunitario di sostegno 2000/2006;
-
la conservazione del bosco e la gestione delle risorse forestali attraverso interventi che non
modifichino il paesaggio e le caratteristiche fondamentali dell'ecosistema;
-
la promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca scientifica anche
interdisciplinare nonché di attività ricreative compatibili;
-
la difesa e la ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici;
-
la sperimentazione e valorizzazione delle attività produttive compatibili.
-
Divieti generali
Su tutto il territorio del Parco nazionale della Sila sono vietate le seguenti attività:
▪ la cattura, l'uccisione, il danneggiamento ed il disturbo delle specie animali ad eccezione di
quanto eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell'Ente parco, salvo gli
eventuali abbattimenti selettivi o prelievi faunistici necessari per ricomporre equilibri ecologici
compromessi, accertati dall'Ente parco ai sensi dell'art. 11, comma 4 della legge 6 dicembre
1991, n 394;
▪ la raccolta e il danneggiamento della flora spontanea, salvo nei territori in cui sono consentite le
73
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
attività agro – silvo – pastorali e nel rispetto delle normativa degli usi civici locali; e' fatta salva la
raccolta di funghi, come disciplinata da specifica normativa regionale;
▪ l'introduzione in ambiente naturale non recintato di specie vegetali o specie animali estranee alla
flora e alla fauna autoctona, fatte salve le foraggere ed altre specie vegetali impiegate nelle
coltivazioni agrarie e le specie animali in transumanza;
▪ il prelievo di materiali di rilevante interesse geologico e paleontologico, ad eccezione di quello
eseguito per fini di ricerca e di studio previa autorizzazione dell'Ente parco;
▪ l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, l'asportazione di minerali; le cave e/o
le miniere in coltivazione e regolarmente autorizzate potranno restare in esercizio fino
ad'esaurimento delle autorizzazioni attraverso specifici piani di coltivazione, dismissione e
recupero autorizzati dall'Ente parco;
▪ l'introduzione da parte di privati, di armi, di esplosivi, e di qualsiasi mezzo distruttivo o di
cattura, se non autorizzata, fatto salvo quanto previsto dall'art. 21, comma 1, lettera g), della
legge 11 febbraio 1992, n. 157;
▪ il campeggio, al di fuori delle aree destinate a tale scopo ed appositamente attrezzate, ad
eccezione del campeggio temporaneo autorizzato;
▪ il sorvolo non autorizzato dalle competenti autorità, secondo quanto espressamente definito
dalle leggi sulla disciplina del volo;
▪ il transito di mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate da
servitù, fatta eccezione per i mezzi di servizio e per i mezzi accessori all'esercizio delle attività
agro-silvo-pastorali;
▪ lo svolgimento di attività pubblicitarie al di fuori dei centri urbani, non autorizzate dall'Ente
Parco.
Regime attuativo generale
1. l'adozione dei nuovi strumenti urbanistici generali e loro varianti generali e parziali per la
parte ricadente nell'area del parco deve essere preceduta da intesa col soggetto gestore
del parco.
2. le attività silvo – colturali, comprese quelle interessanti demani statali, regionali e
comunali,
sono
autorizzate
dall'autorità
territoriale
competente,
secondo
quanto
specificato dalla delibera della giunta regionale n. 2796 del 18 settembre 1989;
3. tutti gli interventi e le opere da realizzare nelle aree proposte e/o designate ai sensi delle
direttive comunitarie 92/43/CEE e 79/409/CEE sono sottoposti alla necessaria valutazione
di incidenza ai sensi dell'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre
1997, n. 357;
4. E' prevista la realizzazione del progetto di metanizzazione delle frazioni di Camigliatello e
Moccone del comune di Spezzano della Sila, approvato con delibera della giunta comunale
n. 107 dell'11 agosto 1998, in deroga ai divieti di cui all'art. 4.
74
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Modalità di richiesta di autorizzazioni
L'eventuale rilascio di autorizzazioni da parte dell'organismo di gestione, per quanto disposto dai
precedenti articoli 6, 7 e 8, e' subordinato al rispetto, da parte del richiedente, delle seguenti
condizioni:
▪ gli elaborati tecnici relativi alle istanze prodotte dovranno essere corredati di tutte le
autorizzazioni, i nulla-osta, i pareri, comprese le eventuali prescrizioni, da parte degli Enti
istituzionalmente competenti per territorio secondo quanto richiesto alla normativa vigente;
▪ l'autorizzazione e' rilasciata entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione richiesta,
completa in ogni sua parte; tale termine potrà essere prorogato, per una sola volta, di trenta
giorni per necessità di istruttoria.
-
Vigilanza e sorveglianza
La vigilanza sulla gestione del Parco nazionale della Sila e' esercitata dal Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio.
▪ La sorveglianza del territorio di cui all'art. 1 e' affidata al Corpo forestale dello Stato, nei modi
previsti dall'art. 21 della legge 6 dicembre. 1991, n. 394, e all'Arma dei carabinieri ed alle altre
Forze di polizia i cui appartenenti rivestano la qualifica di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria,
ai sensi del codice di procedura penale.
▪ Le eventuali esigenze di potenziamento della sorveglianza potranno essere esercitate mediante
l'utilizzo di personale dell'Ente parco nei modi di cui al comma 2 dell'art. 21 della legge 6
dicembre 1991, n. 394, nonché attraverso operatori di eventuali servizi di polizia ecologica
dell'Ente Parco.
IL TERRITORIO
Il Parco Nazionale della Sila ha una estensione di circa 73695 ettari, ricadente in 21 comuni, 5
comunità montane e 3 province. Nella provincia di Crotone ricadono 9085,10 ettari.
La Sila è costituita da un grosso massiccio granitico – cristallino di natura piuttosto variabile. Di
rado si tratta di veri e propri graniti; quasi sempre sono granodioriti, dioriti quarziferi con filoni di
pegmatite. Confina a nord con la pianura di Sibari, a ovest con la valle del Crati, mentre a est e a
sud degrada lentamente verso il mare Ionio.
La morfologia si presenta con forme moderate e rotondeggianti, i cui rilievi più importanti come
Monte Altare (1.651 m.), Monte Scuro (1.650 m.), Monte Pettinascura (1.685 m.), Monte Botte
Donato (1.929 m.), Monte Nero (1.880 m.), Monte Gariglione (1.750 m.), fanno da contorno ai
tre laghi artificiali Ampollino, Arvo e Cecita.
I tre laghi furono realizzati fra il 1920 ed il 1950 per la produzione di energia idroelettrica. Ed oggi
costituiscono un punto di forza del paesaggio con gli innumerevoli scenari che offrono durante il
75
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
trascorrere delle stagioni. Numerosi, inoltre, sono i corsi d'acqua che attraversano il parco e che
costituiscono una fonte di importanza enorme per la vita nel parco. Tra i più importanti citiamo il
Cecita, che origina l'omonimo lago dopo aver attraversato una profonda vallata ricca di boschi di
pino laricio, faggi ed abete bianco, il Neto, il Lese, la fiumarella di Macchialonga che percorre i
pascoli di alta quota, Il Tacina che origina la splendida vallata in prossimità del Gariglione
MICROCLIMA
La piovosità annua raggiunge in media i 1.600 mm. La distribuzione è caratterizzata da massimi
principali in autunno e secondari a fine inverno inizio primavera, mentre i minimi sono estivi con
100 mm. Fra giugno e agosto.
Notevoli sono le precipitazioni nevose, con manti che raggiungono i due metri di altezza, ma di
scarsa persistenza se non nelle vallecole più riparate ed esposte a nord. Durante annate
eccezionali, in cui il carico di neve può superare i tre metri si verifica spesso danno al soprassuolo
arboreo più giovane danneggiando decine di ettari di pineta.
La Sila Piccola è leggermente più piovosa della Sila Grande per la differenza disposizione dei
monti appenninici. I venti della circolazione generale, provenienti dal Tirreno, non devono
superare barriere come Serra della Guardia, Monte Scuro e Botte Donato e possono far sentire
più facilmente il loro effetto.
L'umidità relativa dell'aria è elevata con una media annua del 75%. La temperatura media annua
è di 8 – 9 °C con una escursione di circa 17 °C, la temperatura media del mese più freddo
(dicembre) oscilla su 1-2°C, quella di agosto sui 17-19°C.
FLORA
Oltre la bellezza del paesaggio, la Sila Piccola occupa un posto di primo piano a livello
naturalistico per la presenza diffusa di boschi naturali di Pino laricio (Pinus laricio Poir.) e di boschi
misti di Faggio (Fagus selvatica Linn,) e Abete bianco (Abies alba Mill.) e per il notevole corteggio
floristico che conta più di un migliaio di specie, alcune delle quali rare, altre endemiche di origine
balcanica, e per questo di grande interesse fitogeografico.
La pineta pura di Pino laricio costituisce la formazione vegetale più estesa, ed attraversa il Parco
senza soluzione di continuità lungo una fascia compresa tra 1.000 e 1.400 metri di altitudine,
coprendo oltre 3000 Ha di superficie, il che la rende assieme alla pineta della Sila Grande, unica
nel suo genere in Europa. Al limite inferiore si associa con le specie quercine e verso l'alto con il
Faggio e l'Abete bianco.
Sul suolo nudo ove la pineta si è insediata, si è affermata nel tempo la flora più varia, dalle
Graminacee ai vari Trifogli, agli Asfodeli, alle Felci e ai vari Arbusti (Cisti, Rose canine, Rovi,
Lamponi, Biancospini, Meli selvatici) per arrivare alle Latifoglie come il Faggio, l'Acero, Lontano.
Nell'ambito dei popolamenti di Pino laricio si trovano inoltre degli individui aventi particolari
caratteristiche di pregio: tra questi si segnala un ecotipo di Pino laricio, chiamato "Pino Vutullo",
76
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
da alcuni ritenuto una varietà botanica, presenta un fusto cilindrico con corteccia liscia, è privo di
nodi, ed ha un durame più esteso del normale.
Verso il limite superiore del territorio considerata è inclusa la Riserva Naturale Biogenetica
"Gariglione-Pisarello" ove avviene la raccolta di un seme di Abete bianco dall'elevato valore
genetico, in quanto le abetine nate da questo seme mostrano particolare resistenza alle
cosiddette "Piogge Acide".
La vasta superficie occupata dal territorio preso in considerazione, rende possibile il diversificarsi
di vari ambienti e formazioni vegetali caratteristici dell'Orizzonte Montano Inferiore del Piano
Montano, in cui ricade totalmente il Parco della Sila Piccola.
Nel Suborizzonte Inferiore il Pino laricio trova il suo optimum ecologico e vi domina incontrastato
raggiungendo dimensioni maestose come in località Roncino e Acqua delle Donne; al limite
Inferiore si mescola col Cerro, col Castagno e con altre Querce caducifolie.
Verso il limite Superiore si ha una giustapposizione del Pino col Faggio, pur rimanendo
quest'ultimo subordinato al primo, tranne che in qualche stazione umida e più esposta a Nord ove
si verifica un'inversione di tendenza.
Nel Suborizzonte Superiore domina il Faggio che inferiormente confina con le pinete di Laricio,
mentre verso l'alto tende a mescolarsi con l'Abete bianco, di cui si riscontra una abbondante
rinnovazione naturale.
Nel complesso del Gariglione i boschi di faggio e abete si trovano associati con piante sparse o a
gruppi, di sorbociavardello, acero di label, acero opalo e con un carteggio floristico di pregio.
FAUNA
Oltre alla grande varietà di specie è oltremodo significativa la presenza del Lupo, un tempo
oggetto di efferate persecuzioni, oggi al centro di un oculato progetto di ripopolamento
unitamente a quello di reintroduzione di Cervi, Caprioli e Gufo Reale che occupano un ruolo
fondamentale per il riequilibrio della catena alimentare.
Infatti la presenza del Lupo (Canis lupus), trovandosi all'apice di una complessa catena
alimentare, è indicativa della ricchezza varietale delle specie faunistiche che popolano il Parco (vi
si annoverano oltre 20 specie fra mammiferi, uccelli, rettili e pesci).
Nel territorio del Parco è presente la fauna tipica dell'Appennino con grandi predatori come il Lupo
ed il Gatto selvatico. Vengono di seguito riportate le specie più importanti: - lupo, gatto selvatico,
tasso, volpe, faina, puzzola, donnola, martora, scoiattolo, ghiro, quercino, moscarino, topi
selvatici etoporagni, cinghiale, capriolo, picchio, poiana, gheppio, falco, gufo, salamandra, trota,
rana, raganella, vipera ecc.
2.1.7.2 Oasi di Protezione della selvaggina – FOCE DEL NETO
La foce del Neto, all’interno della quale insiste un’Oasi di Protezione della selvaggina di
1633,90 ha, (Decreto Giunta Regionale n. 2022 del 15/09/76), delimitata a sud con il torrente
Talesi a nord con il torrente Vergano, ad ovest con la linea ferroviaria jonica, e ad est con il
77
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
litorale jonico, è un’importante zona umida i cui habitat sono indispensabili per la sosta e la
riproduzione di specie di uccelli, rettili ed anfibi. Infatti una zona più ampia della foce è stata
individuata dalla Regione Calabria e proposta dall’Italia quale Sito di Interesse Comunitario, ai
sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) con la denominazione Foce del Neto per complessivi 656
ha. Essa è inoltre inclusa nell’IBA cod. 149 “Marchesato e Fiume Neto” come zona ZPS in base al
DGR del giugno del 2005. Posta tra i comuni di Strongoli, lato nord della foce, e di Crotone, lato
sud ancora oggi presenta una fitta boscaglia che mostra glia spetti della foresta mista, in cui
compare il pioppo bianco, il salice, l’ontano, la tamerice, l’olmo, il frassino ed un ricco sottobosco
a Juncus pragmites, equisetumed altre essenze. La fauna maggiore (cervi, cinghiali, caprioli) che
un tempo era presente in questa zona è ormai estinta, tuttavia sono presenti durante il passo e
nidificanti le specie palustri presenti anche sui laghi silani (sgarza ciuffetto, garzetta, tarabusco e
gabbiani di varia specie) Particolarmente comuni il ramarro e la tartaruga palustre. Abbondanti
nelle acque salate antistanti le diverse varietà di pesce bianco: cefalo, spigola, orata che risalgono
il fiume . In poche parole un ambiente palustre con vegetazione ripariale relitta. Allo stato attuale
sorge in località Misola di Crotone una boscaglia naturale composta da ontani neri, olmi
campestri, tamerici, salici, giunchi, lentischi, canne d'acqua. Vi si trova il bellissimo iris palustre.
Ma ciò che rende rara e altrettanto interessante la zona umida del Neto è che essa costituisce,
con i suoi stagni, un habitat ideale per gli uccelli migratori: falchi, aironi cenerini, folaghe,
cavalieri d'Italia, ecc.. Nel passato fu segnalata la presenza della lontra. Da secoli la foce del Neto
è la tappa in andata e in ritorno delle lunghe traversate del mediterraneo per i migratori. E'
altresì, un luogo ‘sicuro’ e di facile nutrimento per gli uccelli che si fermano a svernare. Gli
ambienti circostanti sono rappresentate da aree agricole di bonifica anche recenti ed insediamenti
e di case sparse.
Di seguito si riportano le campagne di osservazione presso la foce del Neto, oggetto di
pubblicazione su birdcalabria.blogspot.com (da parte di: dott. Giuliano Monterosso naturalista e
dott. Francesco Sottile naturalista e biologo)
Report: Foce del Neto, 13.3.07
Giornata decisamente fruttuosa ieri alla Foce del Neto. Osservata anche una nuova specie per
me, una femmina/imm. di Smeriglio Falco colombarius (seconda segnalazione per l'area).
01) Sula 1 ind. al 2° anno
02) Cormorano 5
03) Airone cenerino 30+
04) Spatola 2 ad.
05) Marzaiola 2 m+f
06) Falco di palude 7 (di cui 1 m ad.)
07) Poiana 1
08) Gheppio 3+
09) Falco pellegrino 1
78
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Piano Faunistico-Venatorio
10) Smeriglio 1 f/imm.
11) Gallinella d'acqua 3
12) Corriere piccolo 3
13) Gabbiano comune 40+
14) Gabbiano roseo 10
15) Gabbiano corallino 30+
16) Gabbiano reale 300+
17) Gabbiano corso 9 (6 ad.+2 ind. al 3° e 2 al 2° anno)
18) Zafferano 8+ ad.
19) Beccapesci 3+
20) Colombaccio alcuni ind.
21) Tortora dal collare 3+
22) Upupa 4
23) Martin pescatore 1
24) Allodola diversi ind.
25) Cappellaccia molti ind.
26) Calandrella 50+
27) Rondine 15+
28) Balestruccio 5
29) Merlo alcuni ind.
30) Ochiocotto 2
31) Beccamoschino diversi ind.
32) Usignolo di fiume diversi ind.
33) Gazza diversi ind.
34) Cornacchia grigia diversi ind.
35) Storno 7
36) Frinfuello 50+
37) Fanello 40+
38) Cardellino 50+
39) Verdone diversi ind.
40) Strillozzo diversi ind.
EuroBW 2006: Foce del Neto, 7.X.06
Da pochi minuti di ritorno dalla Foce del Neto (Crotone) per l'Eurobirdwatch 2006, riporto le
specie avvistate dalle 0re 7:45 alle 11:45. Purtroppo, la presenza di alcuni pescatori nei pressi
della foce ha ridotto notevolmente il numero di specie osservabili.
1) Berta maggiore 127+
79
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Piano Faunistico-Venatorio
2) Berta minore 40+
3) Garzetta 2 (alla Foce del torrente Passovecchio, pochi Km più a sud)
4) Airone bianco maggiore 2 (di cui 1 alla Foce Passovecchio)
5) Airone cenerino 16
6) Spatola 1 imm.
7) Germano reale 6 ff.
8) Falco di palude 2 ff.
9) Poiana 1
10) Gheppio 3
11) Folaga 1
12) Pivieressa 2
13) Piovanello pancianera 3
14) Pantana 1
15) Gabbiano comune 20+
16) Gabbiano reale 70+ (ad. + imm.)
17) Gabbiano corso 1 ad.
18) Zafferano 3 ad.
19) Beccapesci 16
20) Colombaccio molti ind.
21) Tortora dal collare diversi ind.
22) Martin pescatore 1
23) Cappellaccia molti ind.
24) Pettirosso diversi ind.
25) Occhiocotto alcuni ind.
26) Beccamoschino diversi ind.
27) Usignolo di fiume molti ind.
28) Gazza molti ind.
29) Taccola 50+
30) Cornacchia grigia diversi ind.
31) Storno 60+
32) Passera d'Italia diversi ind.
33) Passera mattugia 3
34) Cardellino 30+
35) Strillozzo alcuni ind.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Report: Foce del Neto, 20.IX.06
Giorno 20 settembre scorso mi sono recato alla Foce del Neto per accompagnare un fotoreporter
per effettuare alcuni scatti dell'area. Avevo con me il binocolo, ovviamente, e, nonostante l'oretta
passata non fosse destinata al birdwatching, ho avvistato alcune specie interessanti. Riporto di
seguito:
1) Airone cenerino 6
2) Poiana 1
3) Sparviero 1
4) Beccaccia di mare 2
4) Avocetta 2
5) Piovanello pancianre 2 (confidentissimi!)
6) Pantana 1
7) Combattente 1
8) Gabbiano reale 50+
9) Beccapesci 4+
10) Colombaccio1
11) Tortora dal collare alcuni ind.
12) Cappellaccia alcuni ind.
13) Stiaccino alcuni ind.
14) Beccamoschino alcuni ind.
15) Averla piccola 1 f./imm.
16) Pigliamosche 1
Tra i Gabbiani reali, ce n'era uno sub-adulto (nella foto piccola e il secondo da destra nella foto
grande) che non mi ha convinto per forma e dimensioni: più piccolo dei L. cachinnas, becco meno
robusto e silhouette complessivamente più snella. Vi propongo due scatti, chiedendovi di aiutarmi
nella determinazione di un'eventuale ssp., che al momento non ho il tempo di identificare da solo.
(Fonte: Giuliano Monterosso 2006/2007)
Sito: birdwatching calabria.
2.1.7.3 Riserva Marina “Capo Rizzuto”
Sempre nel 2002 e precisamente il 19 febbraio, il Ministero dell’Ambiente istituisce la riserva
marina denominata Capo Rizzuto. La Riserva Naturale “Capo Rizzuto” interessa l’area marina
costiera antistante i Comuni di Crotone ed Isola Capo Rizzuto ed esattamente da Capo Donato
(poco a sud di Crotone) a Barco Vercillo (subito prima della località Praialonga), per tutto il tratto
di mare ricompresso, in linea di massima, fino all’isobata (profondità) dei 100 metri con una
superficie complessiva stimata è di 13.500 Ha .
81
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L’area marina protetta oltre ad offrire un interessante scenario naturalistico sottomarino, con le
enormi praterie di Posidonea Oceanica che costituiscono una vera e propria oasi di vita ricca e
diversificata, si protrae sulla costa che in questo tratto si frastaglia fuoriuscendo con numerose
lingue di terra che costituiscono i promontori di Capo Colonna, Capo Cimiti, Capo Rizzuto e Le
Castella, per uno sviluppo costiero di circa 40 Km; si alternano così coste rocciose a strapiombo
sul mare a spiagge basse e sabbiose offrendo ulteriori paesaggi di rara bellezza. Inoltre alla
notevole vita biologica dei fondali si affianca la ricchezza di testimonianze archeologiche; a pochi
metri d'acqua, infatti, ed in particolare sulle numerose secche è possibile scorgere reperti
(colonne marmoree e carichi di navi) risalenti all’epoca greca e romana.
2.1.8 Siti Rete Natura 2000
Nella provincia di Crotone è presente la ZPS (Zona di Protezione Speciale) denominata
Marchesato- Fiume Neto istituita con un provvedimento deciso dalla Giunta regionale del
27/6/2005 in merito alla Revisione del sistema regionale delle ZPS, direttiva 79/409/CEE
“Uccelli”, recante conservazione dell'avifauna selvatica e direttiva 92/43/CEE “Habitat” relativa
alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatica.
La ZPS Marchesato-Fiume Neto interessa tutti i comuni dell’entroterra della provincia ed è
stimata per una superficie pari a 67.000 Ha e comunque va rilevato la mancanza di un organico
monitoraggio ambientale di queste aree dovuto probabilmente ad una scontata valutazione della
naturalità delle stesse, come nel caso delle foci del fiume Neto e Tacina.
Di individuazione sempre da parte della Regione sono le aree SIC (Siti di Interesse Comunitario)
che nel territorio della provincia di Crotone raggiungono il numero di 21 di cui due si trovano a
mare; per ogni singolo sito SIC è stata predisposta una scheda riassuntiva, articolata secondo le
disposizioni di Natura 2000, nella quale vengono elencate le principali competenti caratteristiche
che lo contraddistinguono e che rappresentano il patrimonio biologico da proteggere.
Per ogni habitat sono disponibili le seguenti informazioni:
Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito
Nome del sito: denominazione del sito
Codice dell'Habitat: codice Natura 2000, identificativo di ogni singolo habitat
Percentuale di copertura dell'Habitat: Valore di copertura in percentuale dell'habitat calcolato sulla
superficie del singolo sito
Rappresentatività: grado di rappresentatività del tipo di habitat naturale sul sito, seguendo il
seguente sistema di classificazione:
rappresentatività eccellente;
buona conservazione
rappresentatività significativa
presenza non significativa
82
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Nei casi in cui la rappresentatività sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai
seguenti altri campi:
Superficie relativa: superficie del sito coperta dal tipo di habitat naturale rispetto alla superficie
totale coperta da questo tipo di habitat naturale sul territorio nazionale, secondo la seguente
codifica:
percentuale compresa tra il 15.1% ed il 100% della popolazione nazionale;
percentuale compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale;
percentuale compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale;
Stato di Conservazione: grado di conservazione della struttura e delle funzioni del tipo di habitat
naturale in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica:
conservazione eccellente;
buona conservazione
conservazione media o ridotta
Valutazione globale: valutazione globale del valore del sito per la conservazione del tipo di habitat
naturale, secondo la seguente codifica:
valore eccellente
valore buono
valore significativo
CLASSI DI HABITAT
dato relativo alla indicazione della divisione del sito in classi generali di habitat, secondo il
seguente sistema di codice di riferimento
ANFIBI E RETTILI
Per ogni sito contenuto in banca dati vengono riportate le informazioni relative alle specie di
Anfibi e Rettili, in esso segnalate, inserite in allegato II della Direttiva Habitat. Per ogni specie
sono disponibili le seguenti informazioni:
Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito
Nome del sito: denominazione del sito
Numero della specie: codice Natura 2000, identificativo di ogni singola specie
Nome della specie: nome scientifico della specie
I campi "RESIDENZA", "NIDIFICAZIONE/RIPRODUZIONE" "SVERNAMENTO" "TAPPA" contengono
le informazioni dati relative alla consistenza della popolazione della specie all’interno del sito,
secondo la seguente codifica:
numero di individui (i), o numero di coppie (p) se conosciuti;
In assenza di dati numerici vale la seguente codifica:
83
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
C. la specie è comune
R. la specie è rara
V. la specie è molto rara
In assenza di qualsiasi dato relativo alla popolazione, viene segnalata semplicemente la presenza
nel sito con la seguente codifica:
P. specie presente nel sito (non si hanno informazioni quantitative)
Il campo popolazione contiene i dati relativi alla dimensione e alla densità della popolazione della
specie presente nel sito, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale, secondo la
seguente codifica.
popolazione compresa tra il 15,1% ed il 100% della popolazione nazionale;
popolazione compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale;
popolazione compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale;
popolazione non significativa
Nei casi in cui la popolazione sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai
seguenti altri campi:
Campo "Conservazione": grado di conservazione degli elementi dell’habitat importanti per la
specie in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica:
conservazione eccellente;
buona conservazione
conservazione media o limitata
Campo "Isolamento": grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all’area di
ripartizione naturale della specie in Italia, secondo la seguente codifica:
popolazione (in gran parte) isolata
popolazione non isolata, ma ai margini dell’area di distribuzione
popolazione non isolata all’interno di una vasta fascia di distribuzione
Campo "Valutazione globale": valutazione globale del valore del sito per la conservazione della
specie interessata, secondo la seguente codifica
valore eccellente
valore buono
valore significativo
MAMMIFERI
per ogni sito contenuto in banca dati vengono riportate le informazioni relative alle specie di
Mammiferi in esso segnalate, inserite in allegato II della Direttiva Habitat. Per ogni specie sono
disponibili le seguenti informazioni:
Codice del sito: codice Natura 2000 di identificazione del sito
84
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Nome del sito: denominazione del sito
Numero della specie: codice Natura 2000, identificativo di ogni singola specie
Nome della specie: nome scientifico della specie
I campi "RESIDENZA", "NIDIFICAZIONE/RIPRODUZIONE" "SVERNAMENTO" "TAPPA" contengono
le informazioni dati relative alla consistenza della popolazione della specie all’interno del sito,
secondo la seguente codifica:
numero di individui (i), o numero di coppie (p) se conosciuti;
In assenza di dati numerici vale la seguente codifica:
C. la specie è comune
R. la specie è rara
V. la specie è molto rara
In assenza di qualsiasi dato relativo alla popolazione, viene segnalata semplicemente la presenza
nel sito con la seguente codifica:
P. specie presente nel sito (non si hanno informazioni quantitative)
Il campo popolazione contiene i dati relativi alla dimensione e alla densità della popolazione della
specie presente nel sito, rispetto alle popolazioni presenti sul territorio nazionale, secondo la
seguente codifica.
popolazione compresa tra il 15,1% ed il 100% della popolazione nazionale;
popolazione compresa tra il 2,1% ed il 15% della popolazione nazionale;
popolazione compresa tra lo 0% ed il 2% della popolazione nazionale;
popolazione non significativa
Nei casi in cui la popolazione sia significativa (A,B,C) sono disponibili informazioni relative ai
seguenti altri campi:
Campo "Conservazione": grado di conservazione degli elementi dell’habitat importanti per la
specie in questione e possibilità di ripristino, secondo la seguente codifica:
conservazione eccellente;
buona conservazione
conservazione media o limitata
Campo "Isolamento": grado di isolamento della popolazione presente sul sito rispetto all’area di
ripartizione naturale della specie in Italia, secondo la seguente codifica:
popolazione (in gran parte) isolata
popolazione non isolata, ma ai margini dell’area di distribuzione
popolazione non isolata all’interno di una vasta fascia di distribuzione
Campo "Valutazione globale": valutazione globale del valore del sito per la conservazione della
specie interessata, secondo la seguente codifica
valore eccellente
valore buono
valore significativo
85
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
SIC DELLA PROVINCIA DI CROTONE
86
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
* sic Marini
CODICE
DENOMINAZIONE
ETTARI
COMUNE
ETTARI
ETTARI
COMUNE
SIC/
%
COMUNE
1
IT9310069
Parco
Nazionale
della
16027
Calabria
2
IT9320046
Stagni sotto Timpone S.
11,9
Cotronei,
Petilia
Policastro,
Mesoraca, Savelli
**
ROCCABERNARDA
6418,7
11,9
0,2
Francesco
3
IT9320050
PESCALDO
73,1
UMBRIATICO
7256,6
73,1
1,0
4
IT9320095
FOCE NETO
542,8
CROTONE
17937,5
366,0
2,0
STRONGOLI
8461
198,9
2,4
40,5
0,6
0,1
5
IT9320096
Fondali di Gabella Grande
484
CROTONE
6
IT9320097
Fondali da Crotone a Le
4453
CROTONE
RIZZZUTO
*
7
IT9320100
DUNE DI MARINELLA
40,5
CIRO’
7033,3
8
IT9320101
CAPO COLONNA
28,7
CROTONE
17937,5
19,2
9
IT9320102
DUNE DI SOVERETO
104,1
ISOLA DI CAPO RIZZUTO
12520,8
102,7
0,8
10
IT9320103
CAPO RIZZUTO
12,3
ISOLA DI CAPO RIZZUTO
12520,8
11,3
0,1
11
IT9320104
COLLINE DI CROTONE
606,7
CROTONE
17937,5
606,7
3,4
12
IT9320106
STECCATO DI CUTRO e
258,0
CUTRO
13219,5
134,3
1,0
2827,3
SANTA SEVERINA
5174,7
532,4
10,3
ROCCABERNARDA
6418,7
1425,8
22,2
PETILIA POLICASTRO
9731,3
0.6
0,01
SAN MAURO MARCHESATO
4145,6
868,5
21,0
4,0
Castella
*
–
ISOLA
CAPO
COSTA DEL TRUCHESE
13
14
15
16
IT9320110
IT9320111
IT9320112
IT9320122
MONTE FUSCALDO
TIMPA DI CASSIANO
MURGIE DI STRONGOLI
FIUME LESE
348,7
709,4
1239,9
CASABONA
6693,8
270,3
CASTELSILANO
3964,0
16,5
0,4
BELVEDERE SPINELLO
2998,5
61,8
2,1
1,1
MELISSA
5110,3
56,9
SAN NICOLA DELL’ALTO
775,5
6,2
0,8
STRONGOLI
8461,0
434,5
5,1
CASABONA
6693,8
211,8
3,2
SAVELLI
4841,4
12,0
0,2
VERZINO
4515,0
20,8
0,5
CASTELSILANO
3964,0
560,7
14,1
CERENZIA
2196,8
441,9
20,1
CACCURI
6049,5
202,1
3,3
BELVEDERE DI SPINELLO
2998,5
0,7
0,0
SANTA SEVERINA
5174,7
1,7
0,0
CACCURI
6049,5
257,6
4,3
17
IT9320122
FIUME LEPRE
257,6
18
IT9320114
Monte Gariglione
604
19
IT9320115
Monte Femminamorta
658
**
20
IT9320125
Torrente Soleo
1184
**
21
IT9320129
Fiume Tacina
1075
**
**
** ESCLUSO – PARCO NAZIONALE DELLA SILA
87
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
88
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
89
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
90
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
91
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
92
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
93
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
94
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
95
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
96
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
97
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
98
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
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2.1.8.1. Valutazione generale dei siti
Valenze vegetazionali
Siti a dominanza di habitat marini
I siti a dominanza di habitat marini (“Fondali di Gabella Grande”, IT9320096, e “Fondali da
Crotone a Le Castella”, IT9320097) sono caratterizzati dalla presenza dell’habitat prioritario
“Praterie di Posidonia” (cod. 1120*).
La Posidonia oceanica è una fanerogama di grande importanza ecologica per la grande
produzione di ossigeno, per il fatto di produrre ed esportare biomassa, per contribuire, in
misura massiccia, alla fissazione dei fondali ed alla protezione delle spiagge dall’erosione e,
cosa molto rilevante, per il fatto di rappresentare una zona di riproduzione e fonte di cibo per
molte specie animali. Questa cenosi offre infatti riparo e sostentamento a numerose specie
animali, prevalentemente idroidi, briozoi, policheti, molluschi, anfipodi, isopodi, decapodi,
echinodermi e anche pesci.
La consistenza e la struttura dei posidonieti vengono considerati indicatori di qualità dei sistemi
costieri per la loro sensibilità nei confronti degli impatti generati da varie attività antropiche
(inquinamento, erosione costiera, aumento della torbidità, azione meccanica dovuta a pesca e
ancoraggi). Le praterie rappresentano delle biocenosi ad elevata biodiversità, nelle quali diverse
specie bentoniche e nectoniche, tra le quali alcune di notevole interesse economico e
naturalistico, si nutrono, crescono e si riproducono.
Studi effettuati recentemente hanno permesso di descrivere lo status attuale di queste
formazioni: l’analisi della sua struttura, la presenza periodica di fiori e frutti e gli elevati valori di
densità fogliare (numero dei ciuffi presenti in ogni metro quadrato di substrato) delineano uno
stato generale di benessere del posidonieto. Tuttavia lo stato attuale dei
limiti inferiori delle praterie indagate è disturbato da condizioni naturali quali idrodinamismo e
correnti di fondo che rallentano la progressione delle praterie. Secondo gli autori i segni di
erosione riscontrati costituiscono un segnale di allarme che impone la messa in opera di un
sistema di sorveglianza dei limiti delle praterie più articolato e duraturo nel tempo e
consigliano, per completare tale ricerca, di estendere la tecnica del balisage a livello dei
limiti superiori delle praterie, strutturalmente più fragili per la vicinanza con l’interfaccia
costiera, che meglio evidenzia le relazioni di disturbo delle attività antropiche sui popolamenti
fitobentonici. Essi auspicano, inoltre, che le aree oggetto di studio non limitino la sorveglianza
ai popolamenti a fanerogame marine ma la estendano a tutto il fitobenthos e, quindi, anche ai
popolamenti algali del mesolitorale, infralitorale e circalitorale che si dimostrano veri descrittori
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Piano Faunistico-Venatorio
sintetici dei processi di alterazione ambientale. Analisi più dettagliate a livello citofisiologico
delle praterie in esame (fenoli, metallotioneine, citochinine, epifiti, comunità a diatomee),
peraltro, potrebbero fornire utili strumenti per una identificazione precoce di stress ambientale
e perciò usati in programmi integrati di biomonitoraggio (Cozza & Rende,
2005).
Siti a dominanza di habitat costieri-dunali
Siti a steppe salate mediterrane
I siti che rientrano in questa tipologia sono “Capocolonne” (IT9320101) e “Caporizzuto”
(IT9320103), caratterizzati dalla vegetazione alofila legata alle stazioni rocciose più prossime al
mare e direttamente sottoposte all’aerosol marino. Esse mostrano una struttura aperta e molto
discontinua, e sono caratterizzate dalla dominanza di piccole camefite, talora associate a
emicriptofite e nanofanerofite
Tali formazioni vegetazionali sono ascrivibili principalmente agli habitat di interesse comunitario
“Steppe salate mediterranee” (1510*), prioritario, e “Scogliere con vegetazione delle coste
mediterranee con Limonium spp. endemici” (1240). Tale vegetazione si può inquadrare dal
punto di vista fitosociologico nell’ordine Crithmo- Limonietalia, con specie tipiche delle scogliere
rocciose mediterranee quali Crithmum maritimum (Finocchio di mare), diverse specie del
genere Limonium, Mesembryantheum nodiflorum (Erba cristallina comune o Aizoacea) e la
Centaurea spp..
Altro habitat largamente rappresentato in questa tipologia di siti è “Foreste di Olea e Ceratonia”
(9320), in particolare nel SIC di Caporizzuto, dove risulta avere una copertura del 50%
sul totale della superficie del sito. Si tratta di formazioni di macchia bassa ed aperta legata a
condizioni termomediterranee con essenze dell’Oleo- Lentiscetum degradato.
Lo status di conservazione delle formazioni rupestri di scogliera mediterranea presenti
all’interno dei due SIC non risulta essere di buon livello: la vegetazione di tali siti, esposta
direttamente all’azione della salsedine, non è soltanto drasticamente ridotta rispetto al passato
ma, soprattutto, si presenta raramente nel suo stadio climax.
Siti a vegetazione dunale
129
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Piano Faunistico-Venatorio
I siti che presentano habitat dunali sono “Dune di Marinella” (IT9320100), “Dune di
Sovereto” (IT9320102), “Steccato di Cutro e Costa del Turchese” (IT9320106).
La successione dei differenti tipi di vegetazione, dal mare verso l’interno, parte dalla serie
psammofila, legata alla zona intertidale della linea di marea, per poi passare a quella
delle
dune embrionali mobili. Procedendo verso l’interno si passa alla vegetazione di gariga e di
macchia degradata, caratterizzata da essenze dell’Oleo- Lentiscetum, per poi arrivare alle
pinete retrodunali di Pinus pinaster e Pinus radiata. Tali formazioni arboree sono legate a
rimboschimenti, in particolare per quanto riguarda il Bosco di Sovereto.
Le serie vegetazionali presenti in questi SIC sono ascrivibili principalmente agli habitat di
interesse comunitario “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei TheroBrachipodietea” (6220*), prioritario, “Dune costiere con Juniperus spp.”, (2250*), anch’esso
prioritario, e “Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae” (2210).
Siti a dominanza di habitat montano-collinari
I SIC appartenenti a questa tipologia sono 5: “Pescaldo” (IT9320050), “Monte Fuscaldo”
(IT320110), “Timpa di Cassiano – Belvedere” (IT9320111), “Colline di Crotone” (IT9320111),
“Murgie di Strongoli” (IT9320112).
Gli habitat di interesse comunitario caratterizzanti tali siti sono legati sia a situazioni mesofile
(habitat “Foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia”, cod. 9340), che a condizioni più xerofile
(habitat “Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero- Brachipodietea”, cod.
6220*, prioritario). Altro habitat largamente rappresentato, in particolare nel sito Murgie di
Strongoli è “Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica” (cod. 8210).
Si tratta di siti caratterizzati dalla presenza di vegetazione xerofila annuale a praticelli con
contingente di terofite e dalle leccete sopramediterreanee, legate alla fascia mesomediterranea
umida, il cui strato arboreo superiore è caratterizzato dalla presenza del Farnetto (Quercus
frainetto), mentre quello dominato è caratterizzato dal Leccio (Quercus ilex).
Siti a dominanza di habitat umido-fluviali
Rientrano in questa tipologia di siti 4 SIC caratterizzati prevalentemente da vegetazione
igrofila:
“Stagni
sotto
Timpone
San
Francesco”,
IT9320046,
IT9320095, “Fiume Lese”, IT9320122, “Fiume Lepre”, IT9320123.
130
“Foce
del
Neto”,
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Gli habitat maggiormente rappresentati all’interno di tali siti risultano essere “Foreste a galleria
di Salix alba e Populus alba” (cod. 92A0), “Gallerie e forteti ripari meridionali” (cod. 92D0),
“Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua” (cod. 2240), “Foreste di Quercus
ilex e Q. rotundifolia” (cod. 9340), “Torbiere basse alcaline” (cod.
7230).
I lembi di bosco planiziale localizzati in prossimità delle foci dei torrenti, in particolare alla
foce del Neto, lungo le fiumare, risultano essere ben conservati. Dove vi era parziale
inondazione sono presenti Alnus glutinosa, diverse specie di salici ed in particolare Salix alba ed
i pioppi (Populus nigra e Populus alba); in situazione meno igrofila, ma con la falda freatica alta,
si trovano il Fraxinus oxycarpa, Euonymus europaeus e le ormai rare Quercus robur e Ulmus
minor. Di grande valore naturalistico sono le boscaglie igrofile ad oleandro e tamerici,
formazioni arbustive che si insediano sul greto ciottoloso delle fiumare, limitatamente al loro
tratto medio e terminale.
Altre formazioni vegetazionali presenti in questi siti sono quelle legate alle paludi e pantani con
acque stagnanti. Si tratta di zone caratterizzate da popolamenti ad idrofite, cioè piante
esclusive di ambienti acquatici. Generalmente il livello delle acque nei pantani è basso e
pertanto le piante formano fitti intrichi appena emergenti dalla superficie dell'acqua.
Alcune specie sono radicate al fondo, come ad esempio Potamogeton, Callitriche, Alisma
plantago-acquatica, Zannichellia palustris e Ruppia marittima (quest'ultima solo in caso di
lagune salmastre); altre sono idrofite natanti come Lemna gibba e Lemna minor.
Di grande interesse sono le formazioni palustri a canneto: qui la vegetazione è formata da fasce
concentriche costituite essenzialmente da Phragmites australis e Thypha latifolia e la loro
presenza indica inequivocabilmente una forte eutrofia delle acque.
Valenze faunistiche
Siti a dominanza di habitat marini
Gli ecosistemi a Posidonia oceanica rivestono una grande importanza come habitat di elezione
per molte specie ittiche sia nello stadio adulto sia in quello larvale.
Si possono incontrare frequentemente presso le praterie di Posidonia diverse specie ittiche allo
stadio giovanile. E’ il caso dei giovanili gregari del dentice, degli stadi giovanili della
cernia e dell’aragosta. Altre specie sono legate a questo tipo di habitat anche negli stadi adulti:
il polpo, la triglia di scoglio, lo scorfano nero, l’orata, la seppia.
131
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Il popolamento ittico è ben rappresentato da un alto numero di specie tra cui vi sono:
Epinephelus marginatus, Mullus surmuletus, Scorpaena porcus, Scorpaena scrofa, Trigla
lucerna.
La fauna bentonica associata al substrato mobile (sabbia o fango) è rappresentata da organismi
per la maggior parte fossori e con abitudini detritivore o limivore: sono abbondanti i policheti
erranti (Arenicola arenaria, Nephtys caeca), gli oloturoidei (Holoturia tubulosa) e alcuni
echinoidei (Spatangus purpureus). Anche i taxa legati a questo tipo di fondale sono
rappresentati da organismi con abitudini alimentari variabili: sono carnivori alcuni molluschi
gasteropodi (Philine quadripartita), crostacei, asteroidei (Astropecten aranciacus). Filtratori
sono i pennatulacei (Pennatula rubra), gli antipatari (Cerianthus membranaceus) e i molluschi
bivalvi (Cerastoderma edule, *Pinna nobilis). Quest’ultima è una specie di interesse comunitario
localizzata in corrispondenza delle Praterie di Posidonia che richiede, pertanto, una protezione
rigorosa.
Siti a dominanza di habitat costieri – dunali
Siti a steppe salate mediterrane
La zona sopralitorale, la cui ampiezza varia dai 30-40 cm in alcuni tratti di costa, fino ad alcuni
metri
sulle
pareti
rocciose
dei
promontori,
è
interessata
dalla
presenza
di comunità
bentoniche di substrati rocciosi: il Caenogasteropode Littorina neritoides, crostacei isopodi
(Lygia italica) e attiniari (Actina equina).
Per quanto riguarda l’ornitofauna In mare aperto sono presenti i procellariformi fra cui sono
state
segnalate
diomedea),
la
mentre
berta
sono
minore
comuni,
(Puffinus puffinus) e la berta maggiore (Calonectris
tra
i
caradriiformi,
il
gabbiano
corallino
(Larus
melanocephalus) e, anche sulle rive, quello comune (Larus ridibundus). Più diffuse, seppur
numericamente ridotte, le colonie di gabbiano reale (Larus argentatus).
Siti a vegetazione dunale
Generalmente, in tali siti, il sopralitorale è interessato da una “biocenosi di sabbie ad
essiccazione rapida” con poche specie fossorie, tra le quali la pulce di sabbia (Talitrus saltator).
Localmente e per alcuni periodi di tempo (da novembre a maggio) si verifica in questo orizzonte
l’accumulo di detrito fogliare spiaggiato di Posidonia oceanica e alghe, chiamato “banchetto”, il
quale tende ad orientare il deposito costiero verso una “biocenosi di sabbia ad essiccazione
lenta”. In essa la fauna è più variegata e comprende numerose specie, anche terrestri: sono
stati osservati altri anfipodi quali Orchestia gammarella, isopodi Tylos ponticus, T. europaeus e
132
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Idotea basteri, il decapode Pachygrapsus marmoratus, i coleotteri
Actinopteryx truncata
e
Bledius bicornis, predatore, quest’ultimo, di isopodi ed anfipodi, e il mollusco Ovatella firminii
(Infantino, 1992).
Di grande importanza è la potenziale presenza di nidi di Caretta caretta all’interno di questi SIC
dunali data la loro conformazione che ben si adatta ad ospitare l’evento di nidificazione: la costa
Sud della Calabria jonica può essere attualmente considerata il principale territorio italiano di
nidificazione delle tartarughe marine.
Siti a dominanza di habitat montano-collinari
Le schede Natura 2000 dei siti appartenenti a questa tipologia elencano diverse specie ornitiche
la cui presenza è stata rilevata all’interno dei siti oggetto di questo studio: le specie ornitiche di
interesse comunitario rappresentano il motivo principale per cui tali siti sono stati proposti
come SIC e come ZPS. Essi sono, infatti, sede di rotte migratorie importanti ed, essendo per lo
più caratterizzati da ambienti rocciosi (“M. Fuscaldo”, “Murgie
di
Strongoli”
e
“Timpa
di
Cassiano-Belvedere”), rappresentano l’ambiente ideale per numerose specie di rapaci, primo
fra tutti l’avvoltoio Capovaccaio, Neophron percnopterus. Esso è presente all’interno dei
SIC “Monte Fuscaldo”, “Timpa di Cassiano-Belvedere” e “Murgie di Strongoli” con una coppia
nidificante per ciascun sito. E’ una specie rara, oggetto di osservazioni sistematiche ed
interventi per la protezione dei siti di nidificazione da parte della Provincia di Crotone
nell’ambito del “Progetto integrato di sviluppo dell’Appennino Crotonese”, intervento “Oasi di
tutela e valorizzazione della popolazione di Capovaccaio”.
Il SIC “Monte Fuscaldo”, ed in particolare Valle Niffi, rappresenta un luogo di passaggio oltre
che di nidificazione di molte specie dell’avifauna: oltre ai Nibbi (Milvus milvus e M. migrans) si
osservano il Falco Pellegrino (Falco peregrinus), il Biancone (Circaetus gallicus), il Gheppio
(Falco tinnunculus) e la Poiana (Buteo buteo) comuni, peraltro, in tutti i siti, il Gufo Reale (Bubo
bubo), il Lanario (Falco biarmicus feldeggii) e il Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus).
Per quanto riguarda la mammalofauna, non risultano, in base alla Scheda Natura 2000, specie
di interesse comunitario (Allegato II della Direttiva 92/43/CEE) presenti all’interno dei SIC
montano-collinari.
Da
ciò si può dedurre
che
l’alto
valore
naturalistico, per quanto riguarda la fauna
presente nei siti, deriva dalla presenza di diverse specie ornitiche di interesse comunitario oltre
che di specie di interesse conservazionistico a rischio di estinzione.
Siti a dominanza di habitat umido-fluviali
La morfologia del territorio, gli eventi geologici avvicendatisi nei secoli e non ultimo l'intervento
dell'uomo che inconsapevolmente ha favorito l'impaludamento delle coste hanno fatto della
Calabria, fino al completamento delle opere di bonifica, una terra ricca di paludi, stagni ed
acquitrini (Armando Lucifero, 1898 – 1901, Giornale Ornitologico Italiano e Carlo de Fiore, 1890).
133
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Piano Faunistico-Venatorio
Una così ampia diffusione delle zone umide favoriva, naturalmente, l'insediamento di numerose
specie animali molte delle quali oggi scomparse o a forte rischio di estinzione. Le ricerche
effettuate sul campo annotate dagli zoologi citati ci parlano della Lontra, Lutra lutra, che era
molto diffusa in Calabria mentre attualmente è segnalata solo in pochissime aree del nord della
Calabria.
Anche Anfibi e Rettili hanno risentito negativamente della distruzione degli ambienti paludosi. In
particolare, gli Anfibi stanno attraversando una fase di declino globale. Le cause di questo declino,
che
ha
portato
sull'orlo
dell'estinzione
numerose
specie,
vanno
individuate
anche
nell'assottigliamento dello strato di ozono dell'atmosfera il quale lascia passare un maggior
numero di raggi ultravioletti che inducono mutazioni nelle uova degli Anfibi prive di guscio
schermante. In Calabria la realizzazione da parte dell'uomo di piccoli invasi artificiali ad uso
prevalentemente irriguo (pozze, abbeveratoi, vasche e stagni) ha consentito a molti Anfibi di
disporre di siti alternativi adatti alla riproduzione. Si calcola che in Calabria i siti riproduttivi del
Tritone italico, Triturus italicus, piccolo urodelo diffuso dell'Italia meridionale, siano rappresentati
per oltre il 60% da ambienti acquatici di origine antropica, soprattutto pozze e vasche in
cemento. L'adattabilità di questi animali a utilizzare siti diversi da quelli naturali ha consentito
loro di superare l'effetto negativo causato dalla scomparsa delle paludi.
Fra i Rettili acquatici, la specie che ha più risentito del prosciugamento delle paludi è la
Testuggine palustre, Emys orbicularis. Un tempo presente in tutti gli acquitrini e nelle pozze
laterali, nelle anse e negli slargamenti dei fiumi, la specie si ritrova, oggi, soltanto lungo il corso
del Neto ed in poche altre zone umide (Murgie di Strongoli).
Quelle dei Mammiferi, dei Rettili e degli Anfibi non sono le uniche classi che hanno risentito
negativamente della scomparsa delle zone umide. Diverse, infatti, sono le specie di Uccelli che dal
1800 ad oggi non nidificano più in Calabria, mentre dalle osservazioni di campo di Armando
Lucifero e di Carlo de Fiore si evince chiaramente la loro presenza sul territorio calabrese:
- Tarabuso, Botaurus stellaris, …ritengo che qualche coppia nidifichi in primavera nella Calabria,
perché il 1877, di maggio udii per molti giorni consecutivi, il suo amoroso muggito
nell'impenetrabile canneto del lago di S. Anna (regione litoranea di Crotone).
- Forapaglie, Acrocephalus schoenobaenus, …Comunissimo dall'aprile all'ottobre fra i giunchi e le
canne dei nostri stagni e sulle pianure circostanti. Ho avuto i nidiacei in maggio ed in luglio,
sicchè ritengo faccia due covate nell'anno.
- Basettino, Panurus biarmicus, …Il 3 gennaio 1888 uccisi un maschio mentre arrampicavasi con
graziosa sveltezza sulle canne dello stagno Burrazzo (regione litoranea di Crotone) ed il 15 giugno
1892 ebbi i nidiacei catturati in quei dintorni.
- Aquila anatraia maggiore, Aquila clanga, …Abbastanza comune in Calabria per tutte e tre le
regioni.
- Alzavola, Anas crecca, …Qualche coppia rimane a nidificare nelle stesse paludi nelle quali
nidificano i germani.
134
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Le cause di tali scomparse sono molteplici e sicuramente riconducibili in primo luogo alla già
citata massiccia riduzione delle zone umide. Se la bonifica degli inizi del secolo ha aperto la via
all'insediamento dell'uomo in zone altrimenti ostili e non sfruttabili, essa ha contribuito
notevolmente
alla
scomparsa
delle
specie
suddette.
Alla
bonifica
bisogna
aggiungere,
naturalmente, le cause attuali. Il forte inquinamento, dovuto soprattutto alle sostanze usate in
agricoltura (pesticidi, diserbanti etc.), la pressione antropica, il bracconaggio, e, non ultima, la
pratica usata da molti pescatori di frodo di avvelenare i corsi dei fiumi impediscono un eventuale
ritorno delle specie suddette nelle poche aree umide rimaste.
Le informazioni attuali sulla fauna sono frammentarie e solo per alcuni siti e per alcune classi
(Uccelli) si hanno dati completi. Per quanto attiene al sito “Foce del Neto”, i dati sull’avifauna si
possono evincere dal lavoro svolto da Mingozzi e Monterosso, presenti nello “Studio di fattibilità
per la riqualificazione ambientale della foce del fiume Neto” (2001), che si è avvalso di indagini
bibliografiche e di sopralluoghi di campagna.
I dati sull’erpetofauna e sulla batracofauna si devono, invece, al lavoro di Serroni P., Morrone M.
G., Brunelli E., Tripepi S.: L’erpetofauna dell’oasi di protezione “Foce del Neto”, pubblicato nel
1999.
L’avifauna è rappresentata all’interno dei SIC umido - fluviali da un alto numero di specie. A
seconda delle aree dei siti è stata differenziata in: avifauna degli ambienti di mare e dunali;
avifauna degli ambienti forestali; avifauna dell’ambiente fluviale; avifauna delle zone umide
e delle aree agricole.
Uccelli degli ambienti di marea e dunali
Gli ambienti delle dune ospitano soprattutto limicoli e laridi in migrazione e svernamento. Tra i
primi sono da segnalare la Beccaccia di mare (Haematopus ostralegus) (fino a 32 ind.), ormai
regolare lungo tutta la costa; il Fratino (Charadrius alexandrinus), l’unica specie per cui si possa
pensare ad una più che probabile nidificazione, vista anche la costante presenza durante il
periodo estivo; la Pivieressa (Pluvialis squatarola), regolare visitatore sia in migrazione sia
d’inverno; la Pittima reale (Limosa limosa) ed il Chiurlo piccolo (Numenius phaeopus) in
primavera ed autunno, insieme a meno frequenti segnalazioni di Voltapietre (Arenaria interpres).
Importanza maggiore assumono, invece, le notevoli concentrazioni di gabbiani lungo tutta la
costa, e in modo particolare in prossimità della foce del Neto.
Primo fra tutti il Gabbiano corallino (Larus melanocephalus) che, con picchi di 1500 e più individui
svernanti, fa della foce del Neto una delle aree più importanti in Italia per lo svernamento di
questa specie (Serra et alii, 1997). Consistenti presenze, durante la migrazione, anche di
Gabbiano roseo (Larus genei ) (sino a 35 ind.) e Gabbiano corso (Larus audouinii) (specie SPEC
1), quest’ultimo segnalato in Calabria regolarmente soltanto in questo tratto di costa ionica. Altra
specie svernante (con un massimo di 20 ind.) è lo Zafferano (Larus fuscus), anch’essa poco
presente lungo le coste calabresi. Il Gabbiano reale mediterraneo (Larus michaellis) può
raggiungere d’inverno le 150 unità, mentre il Gabbiano comune (Larus ridibundus) supera
135
Provincia di Crotone
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abbondantemente le 350. Sterna maggiore (Sterna caspia) e Sterna zampenere (Gelochelidon
nilotica) sono regolarmente presenti in migrazione; il beccapesci (Sterna sadvicensis) anche
d’inverno, con punte massime di 20 ind. svernanti (50 e più, in migrazione).
Gli ambienti dunali sono anche frequentati da numerose specie di passeriformi migratori. Tra
questi sono da ricordare: la Rondine (Hirundo rustica), in grandi concentrazioni; la Rondine
rossiccia (Hirundo daurica), il Calandro (Anthus campestris) e la Monachella (Oenanthe
hyspanica), quest’ultima specie probabilmente anche nidificante.
Anche per gli uccelli, comunque, sarà necessario un successivo approfondimento sulla presenza di
specie, quali il Fratino (Charadrius alexandrinus) ed altri probabili nidificanti.
Uccelli delle foreste
I boschi igrofili, presenti in alcuni di questi SIC rappresentano l’esempio più evidente di quanto
l’uomo abbia interferito nel complesso paesaggistico di questo ambiente un tempo ricco di
copertura forestale. Essi sono ormai ridotti a soli due nuclei principali presenti nel SIC “Foce del
Neto”: il bosco del Pantanello nel comune di Strongoli, e la porzione meridionale di quello che un
tempo doveva essere la Misola, a confine con la loc. Paglianiti. Il notevole processo di
frammentazione di questo tipo d’habitat, ormai divenuto rarissimo in tutta la regione, ha
certamente influito in modo drastico sulla fauna. E l’attuale assenza di corridoi, inoltre, ha
contribuito (insieme alla progressiva riduzione in superficie) all’ulteriore isolamento di queste due
porzioni relitto. Il tutto ha provocato un inevitabile impoverimento di specie e una diminuzione
delle abbondanze relative. Attualmente sono poche le conoscenze a riguardo e si ritengono,
dunque, indispensabili studi mirati e più approfonditi. Anche per gli uccelli non vi sono, al
momento, precise indicazioni sull’effettiva consistenza numerica delle specie. Tuttavia, i boschi
del Pantanello, della Misola, residue porzioni forestali igrofile adiacenti alla foce ed altre rimaste
intatte lungo l’eucalipteto della sponda sud (seppur di esigua estensione), rappresentano luoghi di
sosta
durante le migrazioni
menzionare:l’Usignolo (Luscinia
di
numerose
specie di
megarhyncos),
il
passeriformi. Tra
Codirosso
(Phoenicurus
queste sono da
phoenicurus),
il
Canapino (Hippolais polyglotta), la Capinera (Sylvia atricapilla), il Luì rosso (Phylloscopus il
Fringuello (Fringilla coelebs) , il Verzellino (Serinus serinus) e lo Zigolo nero (Emberiza cirlus).
Uccelli dell’ambiente fluviale
L’ambiente fluviale è per gli uccelli, insieme alle zone umide limitrofe, il luogo di maggiore
concentrazione di specie di tutta l’area.
Essenzialmente tre sono le sottozone in cui l’ambiente fluviale può essere suddiviso: le acque
correnti a differenti profondità, comprese le isole affioranti con vegetazione riparia e canneti, le
rive del fiume con vegetazione riparia arbustiva e saliceti, e la foce vera e propria, con rive
sabbiose e canneti residui.
L’ambiente fluviale è di fondamentale importanza per gli ardeidi, con elevate concentrazioni di
Airone cenerino (Ardea cinerea) e Airone rosso (Ardea purpurea). Garzetta (Egretta garzetta) ed
136
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Airone bianco maggiore (Egretta alba), benché meno abbondanti, sono ugualmente presenti
durante le migrazioni insieme alla Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides). Importanti segnalazioni di
Tarabuso (Botaurus stellaris) anche lungo i canneti. Di regolare comparsa Mignattaio (Plegadis
falcinellus) e Spatola (Platalea leucorodia) (con punte massime di 60 ind.). Anche gli anatidi sono
notevolmente rappresentati da numerose specie, sia in migrazione sia in inverno.
L’abbondante ittofauna presente nel fiume favorisce sempre più di frequente la
presenza del
Falco Pescatore (Pandion haliaetus), che si ferma nell’area anche per più settimane. Rallidi e
limicoli trovano nei bassi fondali e nelle isole affioranti un ottimo punto per la sosta e
l’alimentazione. Tra le specie più significative vi sono: Porciglione (Rallus aquaticus), Schiribilla
(Porzana parva), Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus), Avocetta (Recurvirostra avosetta),
Pernice di mare (Glareola praticola), Corriere grosso (Charadrius hiaticula), Pittima reale (Limosa
limosa), Chiurlo maggiore (Numenius arquata), Totano moro (Tringa erythropus) e Albastrello
(Tringa stagnatilis). La zona della foce ospita le più alte concentrazione di Cormorani e gabbiani
duranti i mesi invernali e le migrazioni.
Uccelli delle zone umide
Insieme all’ambiente fluviale, le zone umide ospitano il maggior numero di specie ornitiche.
Oltre a quelle già inserite nel punto precedente, vanno ricordate le consistenti presenze invernali
di Pavoncella (Vanellus vanellus) e Piviere dorato (Pluvialis apricaria) in aree caratterizzate dalla
presenza di campi coltivati e zone a pascolo. Queste sono regolarmente allagate dalle piogge
stagionali, ed offrono delle risorse trofiche anche a importanti concentrazioni di Mignattaio
(Plegadis falcinellus) (sino a 50 e più ind.) e a varie specie di limicoli quali Chiurli maggiori
(Numenius
arquata),
Combattenti
(Philomachus
pugnax),
Pittime
reali
(Limosa
limosa),
Beccaccini (Gallinago gallinago), ecc.. Le zone suddette, tra l’altro, sono fra le più indicate per la
progettazione di interventi di restauro ambientale, ai fini di aumentarne la ricettività faunistica già
consistente.
Uccelli delle aree agricole
Alcune aree attualmente adibite a campi agricoli sono di un certo interesse per la sosta, di
Mignattaio (Plegadis falcinellus), di Gru (Grus grus) (in migrazione), di Pavoncella (Vanellus
vanellus) e di Piviere dorato (Pluvialis apricaria) (nei mesi invernali).
In particolar modo alcuni di questi coltivi sono anche interessati dalla presenza di specie
primaverili di falconiformi che sfruttano anche altre zone agricole ricadenti all’interno dei confini
dell’attuale Oasi Faunistica del Fiume Neto. Tali aree, benché a scarsa naturalità, devono perciò
essere tenute presenti come importanti stazioni di sosta durante le migrazioni. Uno di questi
campi coltivati, subito a sud della foce del Neto, era in passato un’area depressa soggetta a
regolari allagamenti, in cui si riscontrava una elevata ricchezza in specie di aironi, anatre e
limicoli.
137
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Mammiferi
I mammiferi presenti meriterebbero studi mirati e più approfonditi. Specie di sicura presenza è la
volpe (Vulpes vulpes), diffusissima praticamente in ogni tipo di habitat del sito è la faina (Martes
foina) che frequenta, invece, i lembi di bosco idrofilo residui lungo le rive del Neto. Il riccio
europeo (Erinaceus europaeus) è presente negli ambienti agricoli dei siti.
Erpetofauna
I rettili rappresentativi di questi due SIC, elencati nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE, sono:
il cervone (Elaphe quatuorlineata) che è il più grande serpente presente nel nostro paese, in
quanto a mole e lunghezza, potendo raggiungere i 250 cm (la lunghezza media, comunque, si
aggira sui 150-180cm) presente in entrambi i siti; la tartaruga palustre europea (Emys
orbicularis), unico Emidide presente in Italia e presente soprattutto nelle zone umide e forestali
del sito “Foce del Neto” e nel sito “Stagni sotto Timpone S. Francesco”. Altri rettili, elencati
nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE, presenti solo nel SIC “Foce Neto” sono: la testuggine
comune (Testudo hermanni) segnalata prevalentemente nelle zone retrodunali a macchia
mediterranea e nella zona a pascoli sabbiosi ruderalizzati adiacente alla costa dove ha fortemente
risentito del continuo disturbo antropico e del pascolo indiscriminato e la *Caretta caretta che è
una specie prioritaria, segnalata come specie nidificante nel Data Base di Bioitaly benché non vi
siano, al momento, effettive segnalazioni nell’area del SIC . In questo sito si incontrano anche
altri rettili quali Coronella austriaca, Elaphe longissima, presente anche nel SIC “Stagni sotto
Timpone S. Francesco” e Lacerta bilineata, inclusi nella scheda Natura 2000 così come la
Lucertola campestre (Podarcis sicula), osservabili lungo tutto il tratto costiero, nella macchia
mediterranea e tra le formazioni psammofile delle dune del sito “Foce del Neto”. Presente in quasi
tutti gli ambienti dei siti in questione, la specie più diffusa tra i colubridi sono il biacco (Coluber
viridiflavus carbonarius) e la biscia dal collare (Natrix natrix) (Studio di fattibilità per la
riqualificazione ambientale della foce del fiume Neto, 2001).
INDIVIDUAZIONE DEI FATTORI DI CRITICITÀ E MINACCIA
Analisi dei principali fattori di minaccia e criticità per il sito
L’analisi delle minacce e delle criticità che possono arrecare disturbo agli habitat e alle specie
floristiche e faunistiche di interesse comunitario è finalizzata all’individuazione di obiettivi e di
strategie perseguibili per una gestione dei siti che abbia come fine principale quello della
tutela e conservazione delle specie ed habitat di interesse comunitario.
Le linee gestionali, gli interventi e la loro organizzazione secondo un piano d’azione
consentiranno infatti di affrontare le minacce, in modo da diminuirne, e se possibile eliminarne, il
grado di incidenza che esse hanno sul sito.
Siti a dominanza di habitat marini
138
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L’habitat caratterizzante questi siti “Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae)” (cod.1120*),
è sottoposto a diverse criticità, legate prevalentemente al disturbo che l’uomo può esercitare su
tali ambienti:
-
fenomeni di disturbo, innescati dalla posa di ancore, e dall’agitazione delle acque a
causa del passaggio di imbarcazioni: tale criticità può innescare fenomeni di regressione
dell’habitat di interesse comunitario a posidonieto;
-
possibile disturbo antropico legato alla pesca professionale (a strascico) e subacquea;
-
-
scarico e deposito di materiali;
insabbiamento della Posidonia: la prateria a Posidonia su sabbia è soggetta ad
interrimento proprio per la componente sabbiosa estremamente mobile destinata
tuttavia ad essere velocemente asportata nei versanti esposti a SE. E’ probabile che tale
criticità sia presente in particolare nei pressi di Capo Colonna ove sono presenti
fenomeni di insabbiamento causati soprattutto da materiali provenienti dall’erosione del
promontorio e trascinati versi il basso;
-
ricerca ed estrazione di oli e gas (estrazione di gas da parte dell’ENI dal 1976): uno dei
fenomeni legati a tale criticità è l’abbassamento della costa con uno sprofondamento di
36 cm nei 30 anni di attività;
Siti a dominanza di habitat costieri-dunali
Come
descritto
nel
paragrafo
1.1.2
la
tipologia
costiero–dunale
si
articola
in
due
differenti tipologie: siti a steppe salate mediterranee e siti a vegetazione dunale.
Le criticità riconducibili agli habitat che caratterizzano questi siti, sono:
‐
abbandono e scarico di rifiuti ed inerti;
‐ erosione costiera: la maggior parte delle spiagge risultano essere in arretramento più o
meno forte a seconda che siano o meno esposte all’azione delle mareggiate principali che
provengono da SE: opere di difesa sono state già realizzate da Enti Pubblici. Tale criticità
è legata inoltre al forte apporto di quantità d’acqua
proveniente dall’irrigazione che si va ad aggiungere al naturale bilancio idrogeologico
dell’area con un incremento notevole del deflusso superficiale e sotterraneo. Questo
incremento di deflusso delle acque al di sotto della coltre calcarenitica organogena
determina un “effetto saponetta” che favorisce lo scivolamento e/o lo sprofondamento dei
blocchi calcarenitici, già in equilibrio precario
operato
‐
dal
moto
a
causa
dello
scalzamento
al
piede
ondoso, contribuendo al fenomeno dell’erosione costiera;
fenomeni di erosione della duna determinati da principalmente dall’azione erosiva del
vento accentuata dal disturbo antropico e dalla presenza di tracciati e sentieri che tagliano
139
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
la duna perpendicolarmente;
‐
rimozione di sedimenti: presenza di cave di sabbia abusive;
‐ presenza di specie alloctone (Eucaliptus spp., Ailanthus altissima, Robinia pseudoacacia);
‐
incendi incontrollati: il rischio di incendio sulla vegetazione arbustiva della duna e su
quella arborea retrodunale risulta essere elevato soprattutto a causa della presenza di una
strada limitrofa;
‐
aerosol marino carico di potenziali elementi inquinanti;
‐
possibile inquinamento del mare;
‐
disturbo antropico (impatto turistico dei bagnanti, attività sportive e ricreative all’aperto,
passaggio di imbarcazioni nei pressi delle coste rocciose, calpestio delle cenosi dunali);
‐
presenza di infrastrutture turistiche.
Le criticità legate alle specie animali, ed in particolare dell’erpetofauna presenti
all’interno dei SIC costieri – dunali sono riconducibili a:
‐
disturbo ai siti di nidificazione, causato attività più o meno direttamente connesse al
turismo balneare che coincidono col periodo di deposizione, incubazione e schiusa
delle uova;
‐
utilizzo di mezzi meccanici per la pulitura delle spiagge: attualmente risulta sempre più
diffusa la pratica di pulire e livellare le spiagge con mezzi meccanici (bulldozers e trattori),
e l’utilizzo delle spiagge con mezzi fuoristrada. Tali fenomeni sono reali fattori di disturbo
e distruzione dei siti di ovideposizione della specie Caretta caretta.
Siti a dominanza di habitat montano – collinari
Gli habitat sottoposti alle criticità di seguito elencate sono quelli caratteristici dei siti montano –
collinari: habitat “Foreste di Quercus ilex e Q. rotundifolia”, e “Percorsi substeppici di
graminacee e piante annue dei Thero-Brachipodietea”.
Le criticità risultano essere legate a:
‐
abbandono dei sistemi pastorali;
‐
ricomposizione fondiaria (rimozione di siepi e macchie);
‐
gestione forestale: tale criticità è riconducibile in particolare al governo a ceduo delle
leccete con turni di ceduazione molto brevi, che non favoriscono la
strutturazione di un soprassuolo potenzialmente da sottoporre ad avviamento a fustaia;
‐
rimboschimento con specie “aggressive” nei confronti della macchia originaria:
coniferamento con Pino marittimo (Pinus pinaster A.), Pino insigne (Pinus radiata D.),
Pino domestico (Pinus pinea L.) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis M.). Queste due
ultime specie tendono ad accrescersi bene soffocando spesso la lecceta;
‐
incendi incontrollati;
140
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
‐ frammentazione e ridotta estensione delle fitocenosi causata anche da disboscamento a fini
agricoli ed edilizi;
‐
caccia, bracconaggio, disturbo e predazione dei nidi di rapaci;
‐
presenza di linee elettriche ad alta tensione, fonte di disturbo per i rapaci;
‐
raccolta di specie floristiche di interesse comunitario;
‐
discariche abusive e abbandono di inerti;
‐
aperture di sentieri, piste e strade;
‐
disturbo
antropico
(impatto
derivante
da
uso
turistico
–
ricreativo,
localizzati
fenomeni di degradazione dovuti a compattamento per calpestio, realizzazione di
una centrale eolica in prossimità del SIC “Murge di Strangoli).
Siti a dominanza di habitat umido – fluviali
Le criticità legate ai siti appartenenti a questa tipologia risultano essere:
‐
modificazioni strutturali e alterazioni degli equilibri idrici dei bacini dovuti a processi di
urbanizzazione, interventi di artificializzazione dell’alveo, captazioni idriche, estrazione di
ghiaia ed altri materiali;
‐
prelievo di acqua per irrigazione: tale evento causa l’abbassamento della falda con
conseguente diminuzione di apporti idrici;
‐
fonti di inquinamento provenienti dal ruscellamento di fertilizzanti: tale criticità è
strettamente connessa all’estensione delle coltivazioni;
‐
salinizzazione della falda che può far regredire i popolamenti forestali in formazioni a
canneto;
‐
pesca sportiva, caccia, cattura e rimozione di fauna e flora;
‐
canalizzazione delle acque presente alla foce del fiume neto;
‐
immissione di specie ittiche alloctone nei bacini fluviali;
‐
discariche abusive e abbandono di rifiuti ed inerti nelle acque;
‐
pericolo di incendi.
In generale, la criticità comune a tutte le tipologie di habitat, quindi presente in tutti i SIC
è:
–
Scarsa sensibilizzazione, scarsa conoscenza degli habitat e delle specie di
interesse comunitario.
Gli obiettivi e le strategie individuate in base a questa criticità hanno permesso di identificare
degli interventi di monitoraggio che hanno come obiettivo principale quello di migliorare il livello
di informazione e di sensibilizzare gli operatori turistici ed economici, la popolazione locale ed i
turisti riguardo le esigenze di tutela degli habitat e specie di interesse comunitario.
141
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Sintesi delle criticità
Nel paragrafo precedente sono stati elencati in dettaglio tutti i fattori che rappresentano
situazioni di criticità e di minaccia per gli habitat e specie di interesse comunitario. Nel presente
paragrafo vengono sintetizzati ed associati ai diversi habitat di interesse comunitario.
Le seguenti tabelle racchiudono tutte le criticità elencate precedentemente sintetizzandole in
voci più generali.
Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat marini
Habitat di Interesse Comunitario sensibile
al fattore di criticità
Praterie di Posidonia (Posidonion
oceanicae)
Fattore di criticità
Disturbo antropico
Insabbiamento della
Posidonia
Scarsa conoscenza,
informazione,
sensibilizzazione delle
specie ed habitat di
interesse comunitario
Ricerca ed estrazione di oli
e gas
X
X
X
X
Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat costieri – dunali
Fattore di
criticità
Disturbo
antropico
Erosione
costiera e
dunale
Presenza di
specie
alloctone
Scarsa conoscenza,
informazione,
sensibilizzazione
delle specie ed
habitat di interesse
comunitario
Incendi
incontrollati
Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità
“Step “Arb
“Scogliere “Fores “Vegetazion Percorsi
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142
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tabella2 Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat montano collinari
Fattore di
criticità
Disturbo
antropico
Gestione
forestale
Introduzione
di specie
alloctone
Incendi
incontrollati
Rimboschime
nti
Frammentazio
ne/estensione
ridotta degli
habitat
Scarsa
conoscenza,
informazione,
sensibilizzazio
ne delle
specie ed
habitat di
interesse
comunitario
abbandono
dei sistemi
pastorali
Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità
Lagh Torbi Gallerie e Forest Foreste di Percorsi
Pareti
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Quercus ilex substep
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143
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tabella Fattori di pressione presenti nei siti a dominanza di habitat umido – fluviali
Fattore di
criticità
Disturbo
antropico
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strutturali
e
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Habitat di Interesse Comunitario sensibile al fattore di criticità
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X
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X
X
X
Dune
con
prati
dei
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vegetazione
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X
X
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X
X
X
X
X
X
144
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.1.9 ISTITUTI FAUNISTICI ISTITUITI AI SENSI DELLA LEGGE
N.
157/92: DISTRIBUZIONE, CARATTERISTICHE E PROBLEMATICHE
Nel presente capitolo si descrive l’attuale situazione dei diversi istituti faunistici. Il precedente
piano ne prevedeva la creazione di diversi tipi, dei quali risultano attivati solo quelli riportati in
seguito.
2.1.9.1 Zone di Addestramento Cani (ZAC)
La provincia di Crotone con proprio disciplinare, approvato dal Consiglio provinciale n. 74 del
19/05/2005, ha regolamentato l’istituzione e la gestione delle zone per l’allenamento,
l’addestramento e le gare e prove cinofile.
Le ZAC hanno lo scopo di promuovere l’educazione cinofila e venatoria dei cacciatori ed il
recupero dei territori marginali. Le zone per l’allenamento, l’addestramento e le gare cinofile sono
state distinte in:
o
zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente
alle specie cacciabili, senza abbattimento della stessa, denominate ZAC di tipo A la cui
superficie non può essere inferiore a 80 ettari;
o
zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenenti
alle specie cacciabili, con abbattimento della stessa, denominate ZAC di tipo B. Tali zone
devono avere una superficie compresa tra i 3 ed i 20 ettari e devono essere distanti più di
150 metri dai centri abitati e 500 metri dalle oasi di protezione, zone di ripopolamento e
cattura, centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato naturale, appostamenti
fissi , parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve naturali;
I soggetti che possono richiedere l’autorizzazione sono: le associazioni venatorie ed agricole
riconosciute a livello nazionale ed operanti sul territorio provinciale, gli imprenditori agricoli singoli
o associati e le associazioni cinofile dell’ENCI operanti nella provincia. Ad ogni associazione
venatoria o cinofila non potrà essere data in concessione più di una zona aumentata di altra unità
per ogni 1500 tesserati. L’ufficio provinciale della caccia verifica che la superficie impegnata,
insieme alle altre strutture a gestione privata della caccia già autorizzate, non comporti il
superamento del limite del 15% previsto dalla lettera b) comma 2 della L.R. n. 9/96. In allegato
si riporta l’intero disciplinare approvato dalla Provincia di Crotone.
Nella territorio provinciale crotonese sono state istituite cinque Zone di Addestramento Cani di
tipo B di seguito riportate in tabella.
145
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
COMUNE
LOCALITA’
SUP. HA
Ciro’
Porcari
5,70
Cirò
Medullà
15
Cirò
Niballo cotura
20
Rocca di Neto
Destro Iuca
3,70
Isola di Capo Rizzuto
Vermica
6,22
Saletella
TOTALE
50,62
In comune di Cirò sono presenti tre ZAC di tipo B di seguito descritte.
La prima della ditta Zampino Cataldo è sita in località Porcari nel comune di Cirò. Ha una
superficie di 5.70.30 ettari al foglio 52 p.lle 11-26. Il sito è posto a 5 km dal centro abitato e
ubicato in una zona interna rispetto alla strada provinciale n. 7 Cirò – Cirò Marina. E’ stata
approvata con Determina Dirigenziale n. 706 del 29/05/07.
La seconda, sita in località Medullà, ha un’estensione di 15 ettari e catastalmente ricade nel foglio
48 particella 20 in parte. La superficie è completamente recintata con rete esagonale composta
dal filo di ferro zincato sostenuta da paletti di sezione a T di altezza variabile da 1.5 a 2 metri.
All’interno del recinto sono collocata 10 altane di altezza di 3 metri, in ferro tubolare, e poste tra
loro a notevole distanza, e sì che lo sparo avvenga dall’alto in basso senza rischio per i cacciatori.
La selvaggina immessa per l’addestramento, a parte i cinghiali, allevati in azienda, proviene da
aziende accreditate. I terreni su cui insiste la ZAC sono della Società “Silvo Faunistica S.
domenica” di Tessitore Antonio & C. s.a.s” con sede in cirò Marina alla C.da Madonna d’Itria
P.IVA: 02023800796. L’istituzione è avvenuta con Determina Dirigenziale n.710 del 30/05/07.
La terza è posta in località Niballo Cutura ed identificato in catasto al foglio 57 particelle 44-47-48
per una superficie di 20.00.00 ettari. La superficie è recintata con pali di castagno di altezza fuori
terra di 2 metri ad interasse di 2 metri con interposta rete metallica di tipo pastorizio. E’ Stata
autorizzata con Determina Dirigenziale n. 1647 del 06/11/08.
La quarta ZAC, sita nel comune di rocca di Neto alla località destro Iuca, ha una superficie di
3.70.84 ettari. Catastalmente ricade nel foglio di mappa n. 17 particella 172, il terreno è per lo
più di natura pianeggiante ed in minima parte collinare. La zona è completamente recintata con
pali in cemento e rete per un’altezza di 1.40 metri. E’ stata autorizzata con determina Dirigenziale
n. 618 del 08/05/08.
La quinta ed ultima ZAC ricade nel comune di Isola Capo Rizzuto alla località Vermica Saletella ed
è identificata in catasto al foglio 14 particelle 410-412 per una superficie di 6.22.62 ettari,ha
giacitura pianeggiante, ed è stata autorizzata con Determina Dirigenziale n. 966 del 10/06/09.
2.1.9.2 Azienda Agri Turistico-Venatoria
Nel territorio provinciale è stata autorizzata (D.G.R. n. 1109 del 19/12/05) l’istituzione di
un’azienda agrifaunistica – venatoria denominata “Due cime” di proprietà del signori Morelli.
146
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L’azienda ricade nel comune di San Mauro Marchesato in località Due Cime – Piano del Re ed ha
una superficie complessiva di 355.81.57 ettari. La ripartizione colturale prevede le seguenti
qualità di coltura:
QUALITA’
SUPERFICIE HA
Uliveto
100.29.10
Seminativo
98.97.40
Pascolo cespugliato
127.80.90
Querceto
10.19.60
Agrumeto
17.55.80
TOTALE COLTURE
354.82.80
Fabbricati rurali
00.98.77
TOTALE AZIENDALE
355.81.57
Il fondo presenta una orografia varia. E’ inserito in parte su terreni pianeggianti asciutti, dove
prevalgono le coltivazioni di graminacee e leguminose in rotazione, in parte irrigui dove
prevalgono la coltivazione di agrumi e foraggere (erba medica e mais). Nelle zone declivi, che
presentano pendenze variabili dal 5 al 25% è coltivato l’olivo, nelle aree a minore pendenza e
sono presenti zone a pascolo e a macchia mediterranea nelle aree con maggiore pendenza.
Esistono dei fabbricati rurali in parte ristrutturati per una superficie complessiva di 9877 mq.
L’azienda è posta a circa 3.5 km dal centro abitato di Roccabernarda ed è collegata ai centri
abitati attraverso una strada poderale che si allaccia alla ss 109 ter dalla quale dista circa 500
metri. Ha una posizione ottimale essendo a circa 15 km dal mare e a 30 dalla Sila.
2.1.9.3 Miglioramenti ambientali
Se pur previsti dal precedente piano faunistico-venatorio non sono mai stati effettuati
miglioramenti ambientali.
2.1.9.4 Centri di recupero della fauna
Alla fine degli anni sessanta incominciano a nascere in Italia le prime strutture adibite al soccorso,
alle cure e alla liberazione degli animali selvatici in difficoltà
Dall’ultimo censimento del 2004 (Mariachier A. 2005. Indagine sui Centri di Recupero per Animali
Selvatici in Italia. Dipartimento di Scienze Animali, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università
degli Studi di Padova, Legnaro), risulta che i C.R.A.S. in Italia sono 85, con una maggiore
concentrazione nel Nord Italia 54%, Centro Italia 21%, Sud Italia 25%.
In Calabria esistono due di questi centri, uno nella provincia di Cosenza presso l’Istituto Todaro,
Contrada Lacone di Rende e uno a Catanzaro. Quest’ultimo istituito il 13/09/2005, è stato
147
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
realizzato dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, ed ubicato presso il Parco della
Biodiversità Mediterranea.
I dati sotto riportati riguardano le specie provenienti dalla provincia di Crotone ricoverati presso i
due centri su descritti, divisi per anno specie e luogo di ritrovamento e, nel caso del CRAS di
Catanzaro anche per danno riportato.
Specie
Provenienza
1988
FALCO DI PALUDE
Crotone
1989
GHIANDAIA MARINA
Crotone
1990
POIANA
GHEPPIO
CAPOVACCAIO
GHEPPIO
FALCO DI PALUDE
Santa Severina
Crotone
Santa Severina
Santa Severina
Crotone
1991
POIANA
LUPO
POIANA
CIVETTA
Santa Severina
Belvedere Spinello
Santa Severina
Crotone
1992
ALBANELLA MINORE
ALLOCCO
ALLOCCO
Cirò
Santa Severina
Santa Severina
1993
POIANA
POIANA
BARBAGIANNI
FENICOTTERO
Santa Severina
Santa Severina
Crotone
Isola Capo Rizzuto
1994
GHEPPIO
POIANA
POIANA
POIANA
GHEPPIO
POIANA
POIANA
LANARIO
Crotone
Cirò
Cirò
Cirò
Santa Severina
Santa Severina
Santa Severina
Santa Severina
1995
POIANA
Cotronei
1996
148
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
AIRONE CENERINO
CIVETTA
FALCO PECCHIAIOLO
GHEPPIO
AQUILA REALE
GHEPPIO
POIANA
AIRONE CENERINO
Crotone
Santa Severina
Cotronei
Crotone
Casabona
Santa Severina
Santa Severina
Santa Severina
1997
POIANA
FALCO DI PALUDE
GHEPPIO
POIANA
Verzino
Crotone
Crotone
Mesoraca
1998
POIANA
OCCHIONE
FALCO PECCHIAIOLO
POIANA
GHEPPIO
GRILLAIO
POIANA
GHEPPIO
GHEPPIO
Santa Severina
Crotone
Mesoraca
Santa Severina
Santa Severina
Cotronei
Crotone
Crotone
Crotone
1999
FALCO DI PALUDE
CICOGNA BIANCA
TARABUSINO
GHEPPIO
ALLOCCO
POIANA
SPARVIERO
SPARVIERO
LABBO
POIANA
FALCO DI PALUDE
FALCO DI PALUDE
Santa Severina
Crotone
Crotone
Santa Severina
San Nicola dell'Alto
Crotone
San Mauro
Marchesato
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Santa Severina
2000
GABBIANO COMUNE
SPARVIERO
UPUPA
GALLINELLA D'ACQUA
TARABUSINO
TARABUSINO
GAMBECCHIO
POIANA
BARBAGIANNI
BARBAGIANNI
POIANA
GABBIANO REALE
BARBAGIANNI
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Santa Severina
Crotone
Crotone
Santa Severina
Santa Severina
Crotone
Crotone
Crotone
SPARVIERO
149
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
GABBIANO REALE
POIANA
PIOVANELLO MAGGIORE
GRILLAIO
GHEPPIO
AIRONE CENERINO
GABBIANO COMUNE
BARBAGIANNI
FROSONE
Crotone
Santa Severina
Crotone
Caccuri
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Santa Severina
2001
POIANA
POIANA
POIANA
LUPO
SPARVIERO
POIANA
UPUPA
BARBAGIANNI
GHEPPIO
GHEPPIO
GHEPPIO
CAPOVACCAIO
POIANA
GHEPPIO
CIGNO REALE
FALCO PECCHIAIOLO
FENICOTTERO
GABBIANO REALE
BARBAGIANNI
FALCO PECCHIAIOLO
POIANA
AIRONE CENERINO
GABBIANO COMUNE
GHEPPIO
SPARVIERO
AIRONE CENERINO
POIANA
CORMORANO
CIGNO REALE
Crotone
Rocca di Neto
Rocca di Neto
Casabona
Crotone
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Cirò marina
Crotone
Crotone
Crotone
Rocca Bernarda
Petilia Policastro
Crotone
Crotone
Cotronei
Cirò marina
Crotone
Crotone
Petilia Policastro
Crotone
Verzino
Crotone
Crotone
Santa Severina
Crotone
Crotone
Crotone
Cirò marina
2002
CIGNO REALE
POIANA
POIANA
MOFFETTA
SCIMMIA
GHEPPIO
VOLPE
LODOLAIO
POIANA
POIANA
POIANA
CIVETTA
ASSIOLO
Isola Capo Rizzuto
Cirò marina
Cotronei
Cirò marina
Crotone
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Cirò
MELISSA
Cirò marina
Petilia Policastro
Cerenzia
Isola Capo Rizzuto
150
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
ASSIOLO
CIVETTA
GABBIANO REALE
BARBAGIANNI
CIVETTA
GALLINELLA D'ACQUA
GRU
GRIFONE DI RUPPELL
GHEPPIO
POIANA
GUFO COMUNE
AIRONE BIANCO MAGGIORE
CIVETTA
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Crotone
Caccuri
Crotone
Crotone
Rocca di Neto
Isola Capo Rizzuto
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Roccabernarda
Cirò marina
Cirò
2003
GHEPPIO
POIANA
POIANA
GHEPPIO
GRILLAIO
GHEPPIO
TARABUSINO
ALLOCCO
POIANA
POIANA
GHEPPIO
POIANA
ASSIOLO
POIANA
ASSIOLO
ASSIOLO
CIVETTA
CIVETTA
GHEPPIO
Crotone
Crotone
Santa Severina
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Petilia Policastro
Cutro
Isola Capo Rizzuto
Petilia Policastro
Scandale
Scandale
Cutro
Crotone
Crotone
Crotone
Isola Capo Rizzuto
Crotone
2004
POIANA
GHEPPIO
POIANA
GHEPPIO
POIANA
POIANA
POIANA
POIANA
FALCO DI PALUDE
GRILLAIO
ASSIOLO
GRUCCIONE
BARBAGIANNI
GARZETTA
FALCO DI PALUDE
POIANA
VOLPE
POIANA
CIVETTA
Crotone
Isola Capo Rizzuto
Cutro
Crotone
Cotronei
Crotone
Isola Capo Rizzuto
Roccabernarda
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Crotone
Isola Capo Rizzuto
Umbriatico
Cotronei
Crotone
151
Provincia di Crotone
CIVETTA
POIANA
POIANA
POIANA
ASSIOLO
ASSIOLO
GHEPPIO
GABBIANO REALE
ASSIOLO
POIANA
GABBIANO REALE
POIANA
BARBAGIANNI
PELLEGRINO
POIANA
POIANA
CORMORANO
CRAS CATANZARO 2005
2005
POIANA
POIANA
CIVETTA
FAINA
TARABUSINO
VOLPE
POIANA DELLE STEPPE
POIANA
POIANA
SPARVIERO
SPARVIERO
SPARVIERO
GHEPPIO
GABBIANO REALE
FALCO PECCHIAIOLO
GHEPPIO
ASSIOLO
ASSIOLO
CIVETTA
POIANA
TUFFETTO
VOLPE
POIANA
GATTO SELVATICO
BARBAGIANNI
POIANA
PELLEGRINO
2006
CIVETTA
POIANA
POIANA
VOLPE
POIANA
2007
POIANA
GHEPPIO
Piano Faunistico-Venatorio
Crotone
Crotone
Petilia Policastro
Crotone
Crotone
Cutro
Isola Capo Rizzuto
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Strongoli
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Santa Severina
Crotone
Petilia Policastro
Cotronei
Cirò
Verzino
Santa Severina
Cerenzia
Cirò
Cotronei
Mesoraca
Scandale
Isola Capo Rizzuto
Strongoli
Casabona
Casabona
Casabona
Torre Melissa
Torre Melissa
Petilia Policastro
Santa Severina
Crotone
Crotone
Santa Severina
Crotone
Le Castella
Cirò
Strongoli
Caccuri
Passovecchio
Rocca Bernardo
Cirò
Isola Capo Rizzuto
Crotone
Santa Severina
Crotone
Petilia Policastro
Strongoli
Cutro
152
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
ASSIOLO
SCOIATTOLO
SCOIATTOLO
PECCHIAIOLO
PECCHIAIOLO
AIRONE BIANCO MAGGIORE
2008
GHEPPIO
ALLOCCO
ALLOCCO
GHEPPIO
GHEPPIO
PECCHIAIOLO
FALCO DI PALUDE
BARBAGIANNI
BECCACCIA
ALBANELLA REALE
2009
POIANA
POIANA
BARBAGIANNI
TESTUGGINE PALUSTRE
FALCO PECCHIAIOLO
Crotone
Cotronei
Cotronei
Cotronei
Crotone
Caccuri
Crotone
Carfizzi
Cirò
Crotone
Crotone
Strongoli
Scandale
S.Mauro marchesato
Crotone
Casabona
Santa Severina
Cirò marina
Rocca di Neto
Crotone
Crotone
2010
NIBBIO BRUNO
C.R.A.S.
Petilia Policastro
CATANZARO
2006
POIANA
POIANA
Isola Capo Rizzuto
Cirò
Capo piccolo
CIVETTA
Cutro
Steccato
GHEPPIO
Crotone
San Giorgio
GHEPPIO
GHEPPIO
Crotone
Isola Capo Rizzuto
ss 106
GHEPPIO
Rocca di Neto
GHEPPIO
Santa Severina
Avvelenamento. Deceduto.
Frattura ala sx. Liberato.
intrappolata in canna fumaria.
Liberato
ferita arma da fuoco. Arrivato
deceduto.
Frattura ala sx femmina. Liberato
Frattura ala sx femmina Deceduto
frattura ala dx femmina.
Deceduto.
frattura arto sx maschio.
Deceduto
2007
POIANA
Cirò
08/07/2007
POIANA
Crotone
27//08/07
NIBBIO BRUNO
Crotone
04/05/2007
ALLOCCO
Petilia Policastro
BALESTUCCIO
MARTIN
PESCATORE
TARABUSINO
Cirò
26/06/07 Anello infs
c18183
29/06/2007
Caccuri
06/09/2007
Isola Capo Rizzuto
22/09/2007
Shock. Liberato
inetti al volo. Liberato.
FRATTURA ALA E ZAMPA SX.
Deceduto
FERITA AL COLLO.Liberato.
Crotone
18/02/2008
TRAUMA DA IMPATTO. Liberato
ARRIVATA DECEDUTA
SHOCK TRAUMATICO.
DECEDUTO
FRATTURA ESPOSTA ALA SX.
SOGGETTO IRRECUPERABILE.
LUNGODEGENTE
2008
CIVETTA
153
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Le Castella 06/03/08
Anello INFS CH 3754
17/03/2008
DEBILITATO NON
DEAMBULAZIONE. Liberato.
SHOCK DA IMPATTO. Deceduto.
SCHIACCIAMENTO CON
LESIONE CARAPACE
FRATTURA DELLO STESSO
NECROSI ACUTA
DEL PIASTRONE.
Lungodegente.
SHOCK DA IMPATTO.Liberato
DEBILITATO NON
DEAMBULAZIONE
FRATTURA ALA SX. deceduto
FRATTURA ALA DX
FERITA ARMA DA FUOCO.
Eutanasia in soggetto
agonizzante.
FRATTURA SCOMPOSTA.
Deceduto
GABBIANO REALE
Isola Capo Rizzuto
PASSERO
Isola Capo Rizzuto
TARTARUGA
PALUSTRE
EUROPEA
Cutro
GHEPPIO
Rocca di Neto
MASCHIO 02/04/08
FALCO DI PALUDE
Scandale
FEMMINA 12/05/08
BIANCONE
Crotone
Loc. Farina 18/10/08
GHEPPIO
Isola Capo Rizzuto
FALCO
PELLEGRINO
Crotone
Loc Gabbella
FEMMINA 11/11/08
Anello INFS CF6612
VOLPOCA
Crotone
Loc. Gabella
MASCHIO 13/12/08
POIANA
Rocca di Neto
10/01/2009
POIANA
Crotone
12/01/09 Anello INFS
CH 3794
GHEPPIO
Cirò marina
MASCHIO 01/05/2009
NUTRIA
Cirò marina
MASCHIO 03/05/09
LODOLAIO
Crotone
Loc. Gabella
MASCHIO 07/05/09
Anello INFS T 56184
TARTARUGA
PALUSTRE
EUROPEA
CUTRO
Steccato SS 106 MASCHIO 29/05/09
ASSIOLO
Santa Severina
02/06/2009
GAZZA
Crotone
12/06/2009
TARTARUGA
PALUSTRE
EUROPEA
Isola Capo Rizzuto
POIANA
Cirò marina
ASSIOLO
Cirò marina
ASSIOLO
Isola Capo Rizzuto
Loc. Marinella 23/06/09 DISIDRATAZIONE. In fase di
riabilitazione
Loc. Punta alice
23/06/09 Anello INFS
SHOCK DA IMPATTO ,
CH 3814
fortemente debilitato. Liberato
PULLO INETTO AL VOLO
06/07/2009
In stato di shock da presumibile
impatto. Deceduto
Loc. Le Castella
SHOCK PER CADUTA DAL
SEGNI DI CATTIVITA' LESIONI
ALI. Liberato
SHOCK FRATTURA ZAMPA
FERITA ARMA DA FUOCO.
Deceduto
2009
154
FRATTURA RADIO DX
E PICCOLA LESIONE
CORNEALE. Deceduto
SHOCK DA IMPATTO. Liberato
FRATTURA DELL'ALA DX.
Liberato
INCISIVO INFERIORE SX
SPEZZATO
INCISIVI SUPERIORI SPEZZATI
E SANGUINANTI.
Specie alloctona. lungodegente
SHOCK DA IMPATTO
DISTORSIONE
ARTICOLAZIONE OMERORADIOULNARE DX.
Liberato
RITROVATA AL CENTRO
DELLA CARREGGIATA.
In fase di riabilitazione.
FORTE SHOCK FRATTURE ALI.
Deceduto
FORTE IMPATTO SUL SUOLO.
Deceduto
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
13/07/09
ASSIOLO
Isola Capo Rizzuto
16/07/2009
ASSIOLO
Isola Capo Rizzuto
ASSIOLO
Crucoli
ASSIOLO
Isola Capo Rizzuto
ASSIOLO
Crotone
AIRONE
CENERINO
Isola Capo Rizzuto
Loc. Praialonga
17/09/09
POIANA
Rocca di Neto
21/10/2009
POIANA
Isola Capo Rizzuto
C.da Bonnale 06/01/09
GUFO COMUNE
Cotronei
15/01/2010
POIANA
Petilia Policastro
18/01/2010
FALCO
PELLEGRINO
Isola Capo Rizzuto
Loc. Parco Inziti
FEMMINA 21/01/10
17/07/09 Anello INFS
H 263465
20/07/2009
Loc Praialonga
24/07/09
Loc Capo Colonna
27/07/09
NIDO. Deceduto
PULLU INETTO GRAVE STATO
DI SHOCK. Deceduto
PULLO CADUTO DAL NIDO.
Liberato
pullo inetto al volo. Liberato
INETTO AL VOLO FORTE
SHOCK. Deceduto
PICCOLA ABRASIONE. Liberato
FORTE SHOCK NON RIESCE A
CARICARE IL PESO SUGLI
ARTI. Liberato
CORPO DISSEMINATO DI
PALLINI
DI PIOMBO AGONIZZANTE.
Deceduto
2010
FERITA DA ARMA DA FUOCO
ALA DX. Lungodegente
FERITA DA ARMA DA FUOCO,
FRATTURA TIBIA SX. In fase di
riabilitazione
SOGGETTO SPARATO
FORTEMENTE DEBILITATO.
DECEDUTO
In fase di riabilitazione
Degli esemplari consegnati ai C.R.A.S. non sono giunte a questo Ente notizie o statistiche in
merito, se non quelle riportate in tabella esplicitamente richieste.
Nella provincia di Crotone non esiste alcun centro per il recupero della fauna, ma sarebbe
auspicabile che in un prossimo futuro venisse istituito.
2.1.9.5 Allevamenti autorizzati (Art. 17 L 157/92)
Gli allevamenti, di cui all’art. 17 della L. n. 157/92 e art.9 della L.R. n. 9/96, sono destinati ai
seguenti scopi: ripopolamento e/o reintroduzione in natura, alimentazione e detenzione a scopo
amatoriale e ornamentale. Negli impianti nei quali si esercitano diverse tipologie di allevamento
(alimentare, ripopolamento, ornamentale) le aree destinate ad ogni tipologia devono essere
nettamente distinte e separate da idonee recinzioni. E’, altresì, ammesso il recupero, la
detenzione e la cura di fauna selvatica in difficoltà per la sua reintroduzione in natura.
L’autorizzazione per l’allevamento e/o detenzione di fauna selvatica a scopo di ripopolamento e
alimentare è rilasciata dalla Giunta Regionale. La Giunta Regionale, sentita la Provincia
interessata sulla conformità della richiesta al P.F.V.P. , rilascia l’ autorizzazione ed informa la
Provincia per l’ aggiornamento delle superfici disponibili da destinare a gestione privata della
caccia.
155
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Negli allevamenti di selvaggina da ripopolamento deve essere mantenuta una densità secondo i
rapporti minimi di seguito indicati per le specie cacciabili:
a) fagiano e germano reale: dai 30 ai 60 giorni, 0,5 mq per capo; oltre i 60 giorni, 1mq per
capo;
b) starne e coturnici dai 30 ai 60 giorni, 0.25 mq per capo; oltre i 60 giorni, 0.5 per capo;
c) lepri allevate in recinto, 10 mq per capo;
d) ungulati (cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone), 500 mq di superficie recintata a capo.
Per le altre specie eventualmente allevate le Province daranno indicazione della densità minima
da rispettare.
I selvatici allevati per fini di ripopolamento ed appartenenti a specie cacciabili stanziali devono
essere autoctoni e mantenuti in purezza; la Provincia si riserva l’eventuale verifica, tramite
l’I.N.F.S., la purezza delle specie allevate, attraverso prelievi a campione degli animali presenti
nella struttura.
I recinti e le voliere per l’accrescimento dei soggetti da ripopolamento devono contenere al loro
interno appropriata vegetazione cespugliata e/o colture seminative per facilitare l’ ambientamento
degli animali nel territorio oggetto del ripopolamento ed evitare il fenomeno di cannibalismo tra
specie stesse.
L’autorizzazione per l’allevamento e/o detenzione di fauna selvatica a scopo ornamentale e/o
amatoriale è rilascia dalla Provincia competente per territorio.
A tale scopo possono essere detenuti e/o allevati esemplari di specie e
numero di capi
sottoindicati:
a) starna: non superiore a trenta capi;
b) coturnice: non superiore a trenta capi;
d) fagiano e germano reale: non superiore a trenta capi
d) quaglia: non superiore a cinquanta capi;
e) lepre: non superiore a cinque capi;
e) ungulati (cinghiale, capriolo,daino, cervo e muflone): non superiore a tre capi.
I capi in sovrannumero nella fase riproduttiva possono essere utilizzati a scopo alimentare. I
beneficiari devono garantire una permanenza degli animali tale da eliminare qualsiasi tipo di
sofferenza e/o maltrattamento eviaprevia comunicazione del responsabile dell’allevamento,
all’Ufficio Caccia.
L’eventuale allevamento e/o detenzione a scopo ornamentale e/o amatoriale di qualsiasi altro tipo
di selvaggina appartenente alle specie cacciabili é autorizzato dalle Province competenti con le
modalità stabilite ai commi precedenti; nel caso in esame il numero massimo di capi da allevare
e/o detenere non deve essere superiore a dieci.
Il titolare dell’azienda agricola che, all’interno di essa, alleva selvatici a scopo di ripopolamento,
alimentare, amatoriale ed ornamentale è tenuto a darne comunicazione agli Uffici Regionali e
Provinciali della Caccia.
156
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
La comunicazione dovrà contenere le indicazioni delle specie di selvaggina allevate, nel quadro
del rispetto della normativa vigente ed in particolare di quella igienico-sanitaria, e dovrà essere
corredata, salvo altra richiesta degli uffici competenti,. da:
a) titolo di proprietà dell’ area o documento equivalente:
b) corografia del territorio scala l:25.000 con l’individuazione della zona;
c) estratto mappa catastale in scala 1:2000 con indicati foglio e particelle interessate;
d) nulla-osta della A.S.L competente (solo per allevamenti a scopo alimentare).
Il titolare dell’impresa dovrà altresì documentare il suo stato giuridico di titolare di impresa
agricola.
Ad oggi esiste un solo allevamento di fauna selvatica nell’azienda agricola Santa Domenica s.a.s.,
autorizzato con Delibera Giunta Regionale n. 7837 del 05/12/96, con centro aziendale in località
Favaro, agro di Cirò ed estesa Ha 60,00, che alleva e riproduce cinghiale e daini.
Per quanto riguarda l’allevamento del cinghiale, nell’azienda sono presenti capi di ceppo
autoctono e capi di ceppo ungherese, debitamente separati.
Il ceppo autoctono è composto da 9 femmine e 2 maschi posti in un recinto di 25 ettari di bosco.
La media dei nati è di 1 capo/femmina/anno.
Il ceppo ungherese, allevato a scopo alimentare, è posto in 2 recinti, in ognuno dei quali è tenuta
una famiglia. Nell’allevamento sono presenti 2 maschi e la media di nati all’anno è di
4/femmina/anno.
Nell’azienda è presente un allevamento di daini composto da 24 femmine e 6 maschi con la media
di nati di 1/femmina/anno, di cui circa il 50% restano in vita.
2.2 ASSETTO FAUNISTICO
2.2.1. Situazione generale: peculiarità e problematiche
Il territorio della provincia è caratterizzato da una evidente eterogeneità ambientale che influenza
in modo diretto la ripartizione spaziale delle specie animali, a seconda delle particolari esigenze
ecologiche di ciascuna di esse.
Diverse le situazioni di frammentazione di habitat naturale riscontrabili che, oltre a rappresentare
un fattore di drastica riduzione dell’ambiente vitale per gli animali, è direttamente collegata alla
distribuzione e ai valori di abbondanza delle specie sul territorio.
Malgrado questo ed altri fattori limitanti al mantenimento delle condizioni favorevoli per la
conservazione della fauna il territorio è caratterizzato ancora oggi da valori di ricchezza in specie
di notevole importanza a livello sia regionale che nazionale. Tale diversità è concentrata
sopratutto in quelle aree che hanno mantenuto discreti o buoni livelli di naturalità, o che
157
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
rappresentano, nel caso degli uccelli, grazie alla loro posizione geografica, stazioni di sosta e
alimentazione strategiche rispetto alle normali rotte migratorie.
La ricchezza in specie di uccelli rappresenta senza dubbio la chiave di lettura principale per la
comprensione dell’importanza naturalistica dell’area.
Essa costituisce in termini assoluti uno dei territori di maggiore valenza ornitologica della
Regione, annoverando la presenza di specie di elevato interesse conservazionistico a livello
nazionale ed europeo. Ciò è possibile grazie alle particolari fisionomie geomorfologiche, botaniche
e paesaggistiche favorevoli alla nidificazione, sosta ed alimentazione di specie rare e localizzate,
con consistenti presenze corrispondenti, in diversi casi, alle più alte concentrazioni registrate
sinora in Calabria e, per alcune specie, in Italia. La provincia di Crotone, grazie alla sua strategica
posizione geografica, rappresenta un ideale corridoio migratorio per tutte quelle specie di uccelli
che sfruttano l’asse ionico costiero per i loro spostamenti annuali dai quartieri di svernamento a
quelli riproduttivi, e viceversa.
I settori particolarmente interessati da questo consistente flusso migratorio sono individuabili
lungo l’intera fascia costiera della provincia e nei territori interni della stessa, con direttrici che
seguono indicativamente direzione SW-NE.
Ai numerosi contingenti primaverili di Falconiformi, Ciconiformi e Passeriformi, si aggiungono le
numerose e spesso rare presenze autunnali di Charadriformi (limicoli, sterne e gabbiani) che,
soprattutto lungo la fascia costiera, raggiungono concentrazioni spesso di rilevanza nazionale.
Principali rotte di migrazione europee
Detto ciò bisogna considerare però che uno strumento di pianificazione che si prefigge l’obiettivo
di gestire il territorio e sfruttare le sue risorse naturali deve partire dalla conoscenza dell’entità
delle risorse stesse. Questo all’attualità, data la carenza di banche dati provinciali, risulta la
158
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
principale difficoltà incontrata al fine di redigere nella maniera più efficace la programmazione
faunistica – venatoria.
In effetti la nuova legge introduce il concetto di caccia compatibile con la disponibilità stimata
della selvaggina e pertanto il prelievo deve risultare compatibile con la conservazione della fauna
oggetto del prelievo stesso. Ciò significa che il quantitativo di capi abbattuti nel corso di ogni
stagione venatoria deve risultare inferiore a quello che in gergo tecnico viene chiamato
l’incremento utile annuo della popolazione, dato dalla differenza tra il numero di individui nati
nell’anno e quello dei soggetti deceduti. Se la somma della mortalità naturale più il numero di
individui prelevati supera la natalità, inevitabilmente il numero d’individui che riesce a riprodursi
diviene ogni anno più esiguo finché, se il prelievo continua con la stessa intensità, si giunge
all’estinzione della popolazione.
Per la determinazione dei prelievi è necessario quindi che si verifichino
contemporaneamente tre condizioni:
1. conoscenza della dimensione della popolazione sottoposta a prelievo;
2. entità dei prelievi delle annate precedenti;
3. regolamentazione del prelievo in funzione della consistenza delle popolazioni.
Dei dati necessari però si è a conoscenza esclusivamente dei dati dei carnieri, che come è noto
non sempre rispecchiano la realtà. Da qui la necessità di valutare quantitativamente la fauna,
in diversi periodi dell’anno, per la creazione e gestione continua delle banche dati faunistiche, e
del controllo costante del territorio da parte di personale specializzato.
Per l’analisi della consistenza faunistica provinciale si è utilizzata la bibliografia. Si è partiti dal
dato di Lucifero (1901) per ciò che riguarda La fauna, e si sono integrati con i dati, raccolti in
bibliografia, risultanti da lavori effettuati a vario titolo, ed a volte non pubblicati, da diverse
organizzazioni (LIPU, WWF, MAN, ecc) o da naturalisti e biologi, e per alcune specie anche i dati
presenti banche dati del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
2.2.1.1 Analisi dei principali fattori di impatto
Nel territorio sono state identificate molte forme d’impatto, dirette e indirette, che sono ritenute
incidere in forma differente, spesso rilevante, sullo stato della fauna.
Analizzando le cause indirette si rileva che queste sono legate al depauperamento degli
habitat, dovuto soprattutto alle attività umane, anche legate all’uso del suolo – comprese le
molteplici forme di urbanizzazione e industrializzazione, all’abbandono delle pratiche agro-silvopastorali tradizionali, e ad altre attività legate alle modifiche delle condizioni idrauliche dei corsi
d’acqua, ai trasporti.
In maniera indiretta la fauna soffre di una generale semplificazione degli ambienti
seminaturali, infatti paragonando la situazione attuale della vegetazione, con quella presente
anche solo alcuni decenni fa, notiamo come la suddetta antropizzazione, l’abbandono
dell’agricoltura tradizionale e la riforestazione con specie alloctone (in particolare coi
generi Eucaliptus e Pinus), successivi all’ultimo dopoguerra, hanno incrementato il rischio di
159
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
scomparsa di alcuni aspetti del paesaggio. Ne è conseguito un generale impoverimento floristico e
faunistico.
Inoltre l’uso dei veleni, la sostituzione oramai totale delle siepi naturali con quelle
artificiali, e la gestione delle risorse naturali, in particolare quelle forestali ed estrattive, quasi
mai indirizzata alla conservazione, provocano un forte decremento della biodiversità.
Altro fattore d’impatto che influisce pesantemente sulla trasformazione della vegetazione
mediterranea, causando la regressione da tipi più evoluti e meglio strutturati a tipi degradati, è il
ripetersi degli incendi. Gli incendi che si ripetono spesso negli anni e in particolare negli stessi
spazi già percorsi dalle fiamme, conducono a un progressivo impoverimento della biodiversità,
oltre che ad altre forme d’impatti indiretti come le conseguenze all’assottigliamento del suolo.
Inoltre dove i pendii sono ripidi, il dilavamento può essere molto intenso, soprattutto se
all’incendio fa seguito una pioggia di forte intensità.
Va però ricordato che in passato la pratica di incendiare piccoli appezzamenti di bosco per creare
pascolo ha contribuito alla formazione di ecosistemi che oggi rappresentano alcuni fra gli habitat
seminaturali più importanti di tutti i territori interni, come le pseudosteppe, le macchie pascolate
o i pascoli cespugliati.
Il numero di animali che muore per effetto diretto del fuoco è in genere relativamente basso se si
considerano i vertebrati omeotermi (Uccelli e Mammiferi). Gli individui adulti sono in grado di
allontanarsi dal fuoco e diversi studi hanno rilevato che la mortalità causata dagli incendi è di
solito limitata. Il fuoco può però rappresentare un importante fattore limitante per il successo
riproduttivo della stagione in cui l'evento si verifica. Nella provincia di Crotone, gli incendi hanno
luogo principalmente nel periodo estivo, che corrisponde alla stagione più secca: tale periodo
coincide
con
il
periodo
post-riproduttivo
della
gran
parte
delle
specie
selvatiche,
e
conseguentemente con la presenza di individui giovani e particolarmente vulnerabili (prole non
involata, piccoli ungulati nella fase hiding, ecc.). Inoltre, in questa stagione si ha, per alcune
specie ornitiche, una percentuale non trascurabile di deposizioni tardive o seconde deposizioni. Gli
effetti degli incendi sulla fauna selvatica nel lungo periodo sono notevoli e complessi: il fuoco
modifica infatti il microclima dell'area attraverso l'azione del fumo, l'alterazione della quantità di
radiazione solare che raggiunge il suolo conseguente alla distruzione della copertura vegetale,
l'innalzamento dell'escursione termica per periodi anche prolungati, l'aumento del vento, la
modificazione del tasso medio di umidità. L'effetto degli incendi di maggiore impatto sulle
popolazioni selvatiche nel breve periodo e nel medio periodo è rappresentato dunque
dall'alterazione della struttura e della composizione della vegetazione. L'azione del fuoco non
sempre compromette la sopravvivenza delle specie arboree, e distrugge in alcuni casi solo la
parte superficiale delle specie erbacee ed arbustive, che in genere rigenerano nel corso della
successiva stagione vegetativa. D'altro canto tale azione limita fortemente la disponibilità di
risorse trofiche per tutti gli animali che si alimentano di specie erbacee ed arbustive, ed inoltre
modifica significativamente la struttura del sottobosco e della vegetazione in generale, privando
160
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
la fauna selvatica, oltre che di risorse trofiche, anche di un elemento fondamentale di rifugio. In
caso di incendi tanto intensi da distruggere gli alberi, la nidificazione di molte specie può risultare
compromessa per molti anni. In Italia con la LEGGE-QUADRO IN MATERIA DI INCENDI BOSCHIVI
Legge 21 novembre 2000, n. 353 i comuni devono attivare il Catasto Incendi dove verranno
aggiornati con cadenza annuale ed entro il 30 dicembre di ogni anno tutte le aree del territorio
comunale percorse dal fuoco. Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal
fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno
quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla
salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e
immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente
comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità
dell'atto. Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su
area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la
realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed
attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente
l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data. Sono vietate per cinque anni, sui predetti
soprassuoli, le attività di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con risorse
finanziarie pubbliche, salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministro dell'ambiente, per le
aree naturali protette statali, o dalla regione competente, negli altri casi, per documentate
situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui sia urgente un intervento per la tutela
di
particolari
valori
ambientali
e
paesaggistici.
Sono
altresì
vietati per
dieci
anni,
limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia.;
Infine anche la presenza di parchi eolici è causa di notevoli disturbi e danni soprattutto
all’avifauna. Di seguito verranno analizzati gli effetti, che hanno sulla fauna, i fattori antropici e
suggerite possibili correttive. Tali impianti spesso esercitano un pesante impatto sul paesaggio,
sull’ambiente, sulla stabilità delle pendici anche per i rilevanti movimenti di terra che l’apertura
delle strade ad essi connessi, le fondamenta e quant’altro necessario, richiedono inevitabilmente.
Inoltre è ampiamente e scientificamente dimostrato, da numerosi studi, come gli impianti eolici
producano seri effetti negativi sulle biocenosi e in particolare sugli uccelli e sui chirotteri. Tali
effetti consistono essenzialmente in due tipologie d’intervento:
- diretto, dovuto alla collisione degli animali con parti dell’impianto, in particolare il rotore;
- indiretto, dovuto all’aumento del disturbo antropico con conseguente allontanamento e/o
scomparsa degli individui, modificazione di ambienti (aree di riproduzione e di alimentazione),
frammentazione degli habitat e delle popolazioni, ecc. La diminuzione degli spazi ambientali è una
delle cause maggiori della scomparsa e della rarefazione di molte specie il disturbo provocato
dalle operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria, vengono indicati da molti autori, come
una delle cause principali dell’abbandono di queste aree da parte degli uccelli, in particolare per le
specie che nidificano a terra o negli arbusti. È evidente che la misurazione della mortalità dà
161
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
valori molto approssimati per difetto. Infatti molte carcasse non vengono ritrovate in quanto
possono essere spostate e divorate da altri animali quali topi, volpi o cani randagi. In Italia,
Magrini (2003) ha riportato che nelle aree dove sono presenti impianti eolici, è stata osservata
una diminuzione di uccelli fino al 95% per un’ampiezza di territorio fino a circa 500 metri dalle
torri. In paesi come l’Italia ed il territorio crotonese, interessati da grandi flussi di migratori su
vasti fronti, lo sviluppo dell’eolico sulle coste, o in prossimità dei corridoi migratori porterebbe
come conseguenza inevitabile stragi intollerabili di uccelli migratori, destinate ad avere impatti
pesanti sulla consistenza delle specie. I pipistrelli vengono anch’essi distrutti in gran numero dal
movimento delle turbine.
Gli uccelli sottoposti a rischio sono i migratori notturni (passeriformi) ed anche quelli diurni
(rapaci e veleggiatori), soprattutto quando, alla ridotta visibilità, si aggiungono condizioni
atmosferiche avverse che comportano una riduzione delle altezze di volo.
Gli uccelli più colpiti sembrano essere in assoluto i rapaci anche se tutti gli uccelli di grandi
dimensioni, ad esempio cicogne e aironi, sono potenzialmente ad alto rischio; seguono poi i
passeriformi e le anatre, in particolare durante il periodo di migrazione. oltre al pericolo derivante
dalla collisione diretta, ci sono altri tipi di impatto che occorre considerare, prima fra tutte la
perdita di habitat. La presenza di corpi idrici rappresenta un ulteriore rischio, in quanto ad essi si
associa una maggiore densità di uccelli.
Infine anche le attività di bracconaggio sono causa di impatto. Sono noti casi di prelievo ai nidi a
diverse specie, in particolare ai rapaci utilizzati per la falconeria e alle specie oggetto di
collezionismo e di mercato; queste pratiche sono da ritenersi ancora fra le principali minacce per
alcune specie prioritarie come a esempio il lanario.
Fattori d’impatto sulle comunità ornitiche
Fattori d’impatto sulla fauna (escluso ornitofauna)
I principali rischi per la sopravvivenza della fauna provengono dalla riduzione e dalla
frammentazione degli habitat naturali e seminaturali. Ma anche, laddove sussistano
condizioni ottimali per la sopravvivenza e la riproduzione di talune specie, troppo spesso
intervengono fenomeni di natura antropica a destabilizzare parte o l’intero ciclo biologico delle
stesse.
Si ricorda che, a eccezione dei chirotteri, in generale per tutte le specie della fauna non avicola, si
pongono spesso problematiche ambientali aggiuntive, derivanti dalla mancata possibilità di
spostamento pari a quella degli uccelli. Fra queste minacce, le più subdole sono certamente
rappresentate da quelle che vengono dalla creazione di manufatti o modifiche dell’ambiente, che
comportano l’impossibilità, o la possibilità accompagnata da seri rischi, di sopravvivenza agli
animali, di attraversare tratti del territorio prima percorribili in funzione della eco-etologia delle
specie. A questa categoria di impatti appartengono l’alterazione e/o la distruzione dei corridoi
ecologici, gli impianti per la produzione di energia eolica, la presenza di sbarramenti e chiuse
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
artificiali che alterano l’ecologia dei corpi idrici e impediscono i movimenti dei pesci lungo l’asta
fluviale e i loro naturali processi di colonizzazione e riproduzione, l’urbanizzazione, determinate
forme di recinzioni degli appezzamenti agricoli e non, sia privati che pubblici.
Si è osservato che, in molti casi, questi impatti sussistono contemporaneamente in medesimi siti,
sommando i propri singoli effetti.
Molti di quelli che sono, il più delle volte, impatti indiretti per l’avifauna, come, in parte, gli
incendi, l’uso di pesticidi, la pulizia del sottobosco, con rimozione di piante morte o morenti, le
attività estrattive, il randagismo e l’immissione di specie alloctone, che decretano l’aumento del
tasso di competizione intraspecifico e influiscono negativamente sul patrimonio genetico delle
popolazioni locali, spesso incidono in maniera diretta sulle popolazioni di altri vertebrati e degli
invertebrati.
Un caso particolare è il Lupo Canis lupus, per questo, le minacce derivano principalmente dai
rapporti con l’uomo, storicamente caratterizzati da elementi di conflitto, di persecuzione, da
bracconaggio diffuso e persistente,
e da
randagismo dei
cani
domestici, che provoca
inquinamento genetico.
2.2.2 Uccelli acquatici e marini
Il sistema di zone umide ha subito negli ultimi 60-70 anni un notevole decremento per ciò che
riguarda l’estensione complessiva e il livello di eterogeneità ambientale.
Intensi processi di frammentazione, legati soprattutto alla conversione delle aree paludose in
terreni agricoli, hanno fortemente impattato sul grado di naturalità di questi preziosi serbatoi di
biodiversità animale e vegetale,compromettendone in alcuni casi la ricettività faunistica e il grado
di complessità strutturale della vegetazione.
Nonostante questo, il territorio conserva ancora alcuni importantissimi esempi di questa
fondamentale tipologia di habitat.
La foce del fiume Neto e quella del Tacina, fra tutte, spiccano per livelli di ricchezza specifica e
abbondanze relative, con presenze regolari di specie tutelate a livello comunitario ed
internazionale e minacciate di estinzione sia in Italia che in Europa.
Entrambe le zone umide - poste fra i comuni di Crotone e Strongoli, la prima, e nel Comune di
Cutro a confine con Botricello, la seconda - si trovano in una posizione geografica favorevole per
garantire alle specie migratorie sosta e alimentazione durante l’intero arco dell’anno.
La sola foce del Neto ha fatto registrare negli ultimi diciassette anni la presenza di ben 188 specie
ornitiche (cfr. Monterosso, 2006).
Fra queste, sono da segnalare le notevoli concentrazioni di Ardeidae, Threskiornithidae,
Gruidae, Laridae, Sternidae ed altri Charadriiformes. In modo particolare, la foce del fiume
Neto rappresenta un’importantissima stazione di sosta e alimentazione per consistenti popolazioni
migratorie di Airone rosso, Spatola, Mignattaio, Gru, Gabbiano corso, Gabbiano roseo, Sterna
zampenere e Sterna maggiore.
163
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Tra i limicoli si segnalano il Cavaliere d’Italia, l’Avocetta, la Pittima reale e il Combattente (le
ultime due hanno raggiunto in alcuni anni concentrazioni di diverse centinaia di individui).
Lungo i tratti costieri limitrofi alla foce fluviale, sono regolari le presenze migratorie di Beccaccia
di mare. Anche in periodo invernale si registrano presenze di specie rare e minacciate; tra le più
regolari e abbondanti quelle di Gabbiano corallino, Piviere dorato e Pavoncella, per le quali
la foce del Neto costituisce una delle aree di importanza nazionale per lo svernamento (Serra et
al., 1997; Baccetti et al., 2002).
Dati meno puntuali sono invece disponibili per la foce del fiume Tacina, che rappresenta allo
stesso modo una stazione di passaggio obbligato per molti migratori e svernanti lungo l’asse
ionico costiero. L’area è certamente luogo di transito e sosta temporanea per molte specie di
Ardeidae, Laridae, Sternidae e altri Charadriiformes. La minore estensione ed eterogeneità di
nicchie ecologiche rispetto alla foce del Neto, la rende una stazione allo stato attuale meno
ricettiva per l’ornitofauna, ma da ritenere comunque sito di interesse ornitologico nel panorama
già fortemente impoverito delle zone umide della provincia di Crotone.
Per ciò che riguarda l’ambito marino, bisogna evidenziare l’importanza del tratto costiero tra le
due foci fluviali succitate. La costa ionica ricadente in provincia di Crotone rappresenta un’area di
notevole importanza per molte specie pelagiche, sia in periodo invernale che durante le
migrazioni. Fra le specie tutelate si segnalano la Berta maggiore, Berta minore, tutte le specie
calabresi di Charadriiformes (tra cui anche alcune prime segnalazioni per la Regione) e Laridae.
Tra queste ultime, spiccano in modo particolare le sempre più consistenti presenze di Gabbiano
corso, specie minacciata di estinzione a livello globale (SPEC 1) e nazionale (EN, in pericolo) e
particolarmente protetta in base alla normativa comunitaria e internazionale di riferimento.
2.2.3 Uccelli rapaci e strigiformi
Nei territori provinciali, la secolare presenza di determinate attività umane tradizionali ha
permesso il mantenimento di un equilibrio significativo con la natura di questi luoghi e in
particolare con alcune specie animali. La ragione sta nell’evoluzione di tipologie di ambienti con
forti caratteri di seminaturalità, ai quali, col passare del tempo, è stato riconosciuto un altissimo
valore, per quanto concerne la conservazione della biodiversità e degli uccelli da preda.
A questi habitat seminaturali, come a quelli naturali, si rapportano sempre specie animali e
vegetali ormai rare e minacciate, che per sopravvivere necessitano della valorizzazione e di un
seguito di quelle attività che si rispecchiano nell’agricoltura estensiva e che prevedono un sano
utilizzo del suolo e del bosco.
Nonostante le innumerevoli minacce, le aree collinari e pedemontane rimangono indubbiamente
alcuni dei luoghi di maggiore rilievo naturalistico di tutta la regione. I rapaci, sia quelli diurni che
quelli di abitudini notturne, sono “indicatori” faunistici dello stato di salute generale dell’ambiente,
che ci dicono dell’importanza biologica della zona, con ecosistemi tipici del bacino mediterraneo,
ormai relegati a poche stazioni in Italia e quasi sempre nel meridione.
164
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
A dimostrazione di quanto appena affermato, nella provincia con la presenza della ZPS
“Marchesato-fiume Neto” e di alcuni SIC vengono tutelati la presenza e la nidificazione di molte
specie d’interesse conservazionistico come il Capovaccaio, il Biancone, il Nibbio reale, il Lanario, il
Grillaio e il Gufo reale ed il loro habitat.
Il numero delle specie ornitiche presenti nei SIC è sempre elevato; ad esempio nella sola area del
monte Fuscaldo (cod. IT9320110) dimorano, annualmente, circa 135 specie diverse di uccelli.
Anche le aree SIC di Murgie (cod. IT9320112), Timpe di Cassiano (cod. IT9320111), dei fiumi
Lese e Lepre (cod. IT9320122, IT9320123), tutte le valli fluviali e in particolare le zone di alcuni
affluenti come il torrente Calamo, la Seccata e il Manzello, l’area del Geoparco Ipogeo dll’Alto
Crotonese (GIAC), fanno parte di quelle zone considerate hots spots di biodiversità, al pari del
monte Fuscaldo, e rappresentano pertanto i luoghi maggiormente idonei alla riproduzione dei
rapaci diurni e degli strigiformi, animali notoriamente esigenti per quanto riguarda la qualità
dell’ambiente.
Le notizie attinenti questi gruppi sono certamente maggiori rispetto a quelli di altri ordini, anche
se localmente, come nella porzione centro settentrionale, più precisamente nell’area del bacino
del Lipuda, le informazioni sulla presenza e sulla distribuzione dei rapaci sono meno dettagliate
che per il resto della superficie.
E’ comunque noto che nella provincia, ad oggi, si riproducono regolarmente 12 delle 26 specie di
uccelli da preda diurni appartenenti agli ordini degli Accipitriformes e dei Falconiformes,; 7 le
specie appartenenti all’ordine degli Strigiformes.
I radicali mutamenti degli ultimi 20-30 anni hanno accentuato gli aspetti di isolamento biologico
delle aree di cui sopra, e alcune specie come il Capovaccaio, il Nibbio reale e il Gufo reale hanno
subito pesanti perdite in termini di numero di coppie nidificanti, trovandosi attualmente, al limite
dell’estinzione.
Vista la posizione strategica l’area durante le migrazioni, particolarmente nei mesi primaverili,
assume anche una importanza vitale per specie quali il Falco pescatore, le albanelle, il Falco di
palude, il Falco cuculo, il Lodolaio e stormi di Nibbi bruni e Falchi pecchiaioli.
Fra questi migratori ve ne sono alcuni che arrivano dalle regioni più settentrionali per trascorrere
l’inverno negli stessi territori o nelle vicinanze – i rapaci diurni necessitano spesso di grandi spazi
e non riconoscono i confini umani –, come l’Albanella reale, l’Aquila minore o il Nibbio reale.
Esistono poi specie accidentali come l’Avvoltoio grifone o l’Aquila del Bonelli, osservate
eccezionalmente durante il periodo di erratismo, tipico degli anni che precedono la maturità, di
molti uccelli da preda e che sottolineano nuovamente l’importanza dell’area in un quadro
internazionale di conservazione.
Alcune popolazioni, al contrario di altre, hanno avuto un incremento: è il caso del Falco
pellegrino, del Falco pecchiaiolo e del Grillaio. Per quanto riguarda il Falco pellegrino, si ritiene
che il numero di coppie sia aumentato probabilmente di oltre il 50 %, rispetto alla popolazione
degli anni ’70-’80. Nel caso del Falco pecchiaiolo, non si conoscevano coppie nidificanti fino ai
165
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
primi anni novanta, a partire dai quali sono stati osservati diversi casi di riproduzione e al
momento la popolazione di questa specie sembra essersi stabilizzata.
Per quel che concerne lo stato attuale delle conoscenze, si ricorda che la provincia di Crotone ed
in particolar modo l’area ricadente nella ZPS Marchesato – Fiume Neto, rappresenta una delle
zone più importanti area della regione per la presenza e la riproduzione del Gufo reale. Resta
l’importanza notevole dell’area per la presenza, anche con buone concentrazioni, di quasi tutte le
specie di Strigiformi Italiani.
Di tutte le specie diurne presenti nella provincia, il 50 % è minacciato di estinzione a livello
nazionale, tra cui il Capovaccaio, minacciato a livello critico secondo la Lista Rossa italiana (LIPU
& WWF, 1998).
Tutte queste specie risultano particolarmente protette ai sensi della L. 157/92, benchè siano
spesso soggette a frequenti episodi di bracconaggio così come rilevato anche dai dati trasmessi
dal CRAS di Catanzaro e riportati al capitolo 2.1.10.4.
2.2.4 Passeriformi e altre specie
I Passeriformi costituiscono l’ordine più rappresentativo della classe degli uccelli, sia per numero
di specie sia per numero di individui, di conseguenza occupano una molteplice varietà di ambienti.
Data l’eterogeneità delle caratteristiche ambientali della provincia non stupisce la presenza di 85
specie diverse di Passeriformi, quasi tutte ben distribuite e diffuse nell’intero territorio.
Lungo la fascia collinare è da segnalare la Ghiandaia marina Coracias garrulus, appartenente
all’ordine dei Coraciformi, presente lungo le piane litoranee e dei corsi d’acqua e con una
popolazione stimata intorno alle 25-55 coppie nidificanti. Estremamente importanti anche le
presenze della Calandrella Calandrella brachydactyla, migratrice regolare, osservata in maggiori
concentrazioni alla foce del Neto, e presente lungo la fascia pianeggiante e collinare, in zone
aperte, aride, steppiche e coltivate, e della Tottavilla Lullula arborea, osservata durante la
stagione invernale in gran parte delle aree collinari e di pianure aperte, e durante la stagione
riproduttiva anche a quote più elevate.
Negli ambienti steppici, di macchia mediterranea e agricoli si rinvengono l’Averla capirossa Lanius
senator e l’Averla piccola Lanius collurio, entrambe nidificanti in zone aperte, arbustate e
scarsamente alberate; la seconda nidificante anche nelle zone aperte montane più interne.
Altra specie tipica della macchia mediterranea è la Magnanina Sylvia undata osservata in periodo
riproduttivo nella valle del fiume Lese, ma probabilmente presente anche in altri aree della
provincia di Crotone.
Nelle aree montane più interne, due tra le specie tutelate sono la Balia dal collare Ficedula
albicollis e il Codirosso Phoenicurus phoenicurus, nidificanti in boschi maturi (faggete, querceti,
castagneti, pinete, ecc.) ed osservabili in migrazione nei tratti costieri (es. Foce del Neto) e
collinari.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.2.5 Quadro complessivo dell’avifauna
Dai dati rilevati a seguito delle osservazioni effettuate nel territorio provinciale, si riporta
l’allegato I inerente l’elenco completo delle 227 specie di uccelli censite sino al gennaio 2009,
appartenenti a 20 Ordini e 56 Famiglie così ripartite: 97 specie sono nidificanti regolari, 2 in modo
irregolare
e
12
da
confermare,
nonché
le
schede
dei
singoli
uccelli,
di
importanza
conservazionistica, con le caratteristiche e la distribuzione spaziale.
Ogni specie è accompagnata da informazioni riguardanti status, fenologia, categoria di minaccia
in Italia ed Europa, livello di tutela previsto secondo la normativa nazionale, comunitaria e
internazionale.
Per la nomenclatura e la sistematica ci si è riferiti alla Check-list degli uccelli italiani di Brichetti &
Massa (1999). I termini fenologici usati sono quelli di uso corrente proposti da Fasola & Brichetti
(1984) :
Sedentaria: specie o popolazione legata per tutto il corso dell’anno a un determinato territorio,
dove viene normalmente portato a termine il ciclo riproduttivo.
Migratrice: specie o popolazione che compie annualmente spostamenti dalle aree di nidificazione
verso i quartieri di svernamento. Una specie è considerata migratrice per un determinato
territorio quando vi transita senza nidificare o svernare.
Nidificante: specie o popolazione che porta regolarmente a termine il ciclo riproduttivo in un
determinato territorio.
Svernante: specie o popolazione migratrice che si sofferma a passare l’inverno o buona parte di
esso in un determinato territorio, ripartendo in primavera verso le aree di nidificazione.
Accidentale: specie che capita in una determinata zona sporadicamente, in genere con individui
singoli o comunque in numero molto limitato.
Vengono di seguito riportate le abbreviazioni utilizzate in Allegato I:
Status e fenologia (Brichetti & Massa, 1999):
B = Nidificante (breeding): sempre indicato anche se la specie è sedentaria
S = Sedentaria o Stazionaria (sedentary, resident): sempre abbinata a «B»
M = Migratrice (mygratory, migrant): le specie migratrici nidificanti sono indicate con «M reg, B»
W = Svernante (wintering)
(W) = Invernale (winter visitor): in questa categoria sono incluse le specie la cui presenza nel
periodo invernale non è assimilabile a un vero e proprio svernamento
E = Estivante (non breeding summer visitor): di specie estiva ma non nidificante
A = Accidentale (vagrant, accidental): viene indicato il numero di segnalazioni per le specie
segnalate fino a 5 volte; per ciascuna è riportato l’anno di avvistamento
reg = regolare (regular): normalmente abbinato solo a «B»
irr = irregolare (irregular): abbinato a tutti i simboli
? = può seguire ogni simbolo e significa dubbio
SPEC: Species of European Conservation Concern (Tucker & Heath, 1994)
1 = SPEC 1: specie minacciata a livello globale
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2 = SPEC 2: specie minacciata con popolazione concentrate in Europa
3 = SPEC 3: specie minacciata con popolazione non concentrate in Europa
IUCN: Nuova Lista Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (Lipu e WWF, 1999)
CR (Critically endangered) = specie in pericolo in modo critico
EN (Endangered) = specie in pericolo
VU (Vulnerable) = specie vulnerabile
LR (Lower risk) = specie a basso rischio
NE (Not evaluated) = specie non valutata
CEE: Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” (Consiglio delle Comunità Europee, 1979)
I = specie in Allegato I della 79/409/CEE
Berna: Convenzione di Berna (Consiglio d’Europa, 1979)
II = specie in allegato II della Convenzione di Berna
III = specie in allegato III della Convenzione di Berna
Bonn: Convenzione di Bonn (Consiglio delle Comunità Europee, 1982)
I = specie in allegato I della Convenzione di Bonn
II = specie in allegato II della Convenzione di Bonn
CITES: Convenzione di Washington (Consiglio delle Comunità Europee, 1996)
irr = irregolare (irregular): abbinato a tutti i simboli
? = può seguire ogni simbolo e significa dubbio
SPEC: Species of European Conservation Concern (Tucker & Heath, 1994)
1 = SPEC 1: specie minacciata a livello globale
2 = SPEC 2: specie minacciata con popolazione concentrate in Europa
3 = SPEC 3: specie minacciata con popolazione non concentrate in Europa
IUCN: Nuova Lista Rossa degli Uccelli nidificanti in Italia (Lipu e WWF, 1999)
CR (Critically endangered) = specie in pericolo in modo critico
EN (Endangered) = specie in pericolo
VU (Vulnerable) = specie vulnerabile
LR (Lower risk) = specie a basso rischio
NE (Not evaluated) = specie non valutata
CEE: Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” (Consiglio delle Comunità Europee, 1979)
I = specie in Allegato I della 79/409/CEE
Berna: Convenzione di Berna (Consiglio d’Europa, 1979)
II = specie in allegato II della Convenzione di Berna
III = specie in allegato III della Convenzione di Berna
Bonn: Convenzione di Bonn (Consiglio delle Comunità Europee, 1982)
I = specie in allegato I della Convenzione di Bonn
II = specie in allegato II della Convenzione di Bonn
CITES: Convenzione di Washington (Consiglio delle Comunità Europee, 1996)
A = specie in allegato A del regolamento CEE N. 338/97
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
C = specie in allegato C del regolamento CEE N. 338/97
L. 157/92: Legge per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio
(G.U. n. 46, 25/02.92)
part. prot. = specie particolarmente protetta dalla Legge n. 157 del 1992
Specie di interesse conservazionistico
Nelle tabelle successive sono segnalate:
- Species of European Conservation Concern, SPEC (Tucker & Heath, 1994), specie in stato
sfavorevole di conservazione, ordinate in categorie da 1 a 3, in relazione allo stato di
minaccia, misurato sia in base alla dimensione sia al declino della popolazione in un arco di
vent’anni (1970-1990). Alcune sono specie globalmente minacciate secondo i suddetti criteri,
altre sono specie ancora relativamente abbondanti ma in costante o marcato declino. Le SPEC
(escluse le specie accidentali) sono così distribuite:
- Specie inserite nella Lista Rossa degli uccelli nidificanti in Italia (Lipu e WWF, 1999), ossia
specie a rischio di estinzione secondo le categorie di minaccia in ordine decrescente di gravità,
individuate dall’IUCN, Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Tale classificazione è
basata sull’analisi di tre fattori determinanti: la dimensione della popolazione, la tendenza della
stessa e la dimensione dell’areale di distribuzione di ogni singola specie. Nel territorio provinciale
le specie della Lista Rossa sono così ripartite (accidentali escluse):
- Specie inserite nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE (Consiglio delle Comunità Europee,
1979), per le quali sono previste misure speciali di conservazione degli habitat, per garantirne
la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. Sulla base della presenza di
suddette specie, valutate tenendo conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione,
vengono classificati come Zone di Protezione Speciale i territori più idonei in numero e superficie
alla loro conservazione.
Secondo l’art. 4 comma 2 della 79/409/CEE, inoltre, analoghe misure devono essere adottate
anche per le specie migratrici non in all. I che ritornano regolarmente, con particolare attenzione
169
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
alle aree di riproduzione, di muta, di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le
rotte migratorie.
Le specie complessivamente tutelate dalla Direttiva “Uccelli” (escluse le accidentali) sono pertanto
così distribuite:
- Specie inserite negli allegati II e III della Convenzione di Berna (Consiglio d’Europa, 1979)
relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa.
L’allegato II include le specie per cui è vietata: la cattura, la detenzione, l’uccisione, il
deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o riposo, la distruzione o la raccolta e
detenzione di uova e la detenzione ed il commercio di animali vivi o morti, imbalsamati, nonché
parti e prodotti vietati.
L’allegato III include le specie per cui devono essere adottate necessarie ed opportune leggi e
regolamenti per non compromettere la loro sopravvivenza. Tali norme legislative dovranno
comprendere: periodo di chiusura, divieto temporaneo o locale, regolamentazione per la vendita,
detenzione, trasporto e commercializzazione di animali selvatici vivi o morti.
Nel territorio provinciale sono 119 le specie inserite in allegato II e 100 quelle in allegato III.
- Specie inserite negli allegati I e II della Convenzione di Bonn (Consiglio delle Comunità
Europee, 1982) relativa alla conservazione delle specie migratrici della fauna selvatica e
accordi AEWA.
L’allegato I include le specie migratrici minacciate che richiedono: il ripristino degli habitat
importanti per la loro protezione dal rischio di estinzione; la prevenzione, eliminazione o riduzione
al minimo dei fattori negativi e delle attività che ne ostacolano o impediscono la migrazione; la
prevenzione, riduzione o controllo dei fattori di minaccia (reali o potenziali) delle specie,
controllando in modo rigoroso che non siano introdotte specie esotiche e provvedendo alla
sorveglianza ed evacuazione delle specie esotiche eventualmente già introdotte.
L’allegato II include le specie che si trovano in cattivo stato di conservazione e che richiedono la
conclusione di accordi internazionali per la loro conservazione e gestione, nonché quelle in cui lo
stato di conservazione trarrebbe vantaggio dalla cooperazione internazionale derivante dalla
stipula di un accordo internazionale.
Nel territorio sono 2 le specie inserite nell’allegato I e sono 111 le specie inserite nell’allegato II.
- Specie inserite negli allegati A e C del regolamento CEE N. 338/97 (Consiglio delle Comunità
Europee, 1996), recante applicazione in Europa della Convenzione di Washington del 1979
(CITES), per la regolamentazione del commercio internazionale di specie animali e
vegetali in via di estinzione.
170
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L’allegato A comprende tutte le specie minacciate di estinzione per le quali esiste o potrebbe
esistere un’azione di commercio. Il commercio di tali specie (che siano esemplari vivi o morti, loro
parti o prodotti da essi ricavati) deve essere sottoposto ad una stretta regolamentazione avente
per fine di evitare uno sfruttamento incompatibile con la loro sopravvivenza.
L’allegato C comprende tutte le specie che una Parte (cioè uno Stato per cui la Convenzione è
entrata in vigore) dichiara sottoposte, nei limiti di una sua competenza, ad una regolamentazione
avente per scopo di impedire o di restringere il loro sfruttamento, e tali da richiedere la
cooperazione delle altre Parti per il controllo del commercio. Le specie inserite nell’allegato A sono
43 e 4 quelle in allegato C.
- Specie elencate all’art. 2 della Legge n. 157 dell’11 febbraio 1992, recante norme per la
protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio (G.U. n. 46,
25/02.92). L’art. 2 comprende le specie particolarmente protette anche sotto il profilo
sanzionatorio. Medesimo livello di protezione è da attribuire a tutte le altre specie minacciate di
estinzione secondo direttive comunitarie, convenzioni internazionali o apposito Decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri (cfr. art. 2 comma c). Le specie particolarmente protette
secondo l’art. 2 della L. 157/92 sono 57.
2.2.6 Raccolta dati dell’avifauna
La presenza dell’avifauna è stata rilevata, nel territorio provinciale, sia durante lo studio
effettuato per la redazione del piano di gestione della ZPS, come si evince dalla check list
successiva, sia da altri studi e campagne di osservazione,di seguito riportati, effettuati in diverse
località della provincia nonché dai dati dei carnieri per l’anno 2008/2009.
In particolare la presenza delle quaglie è dimostrata dalle operazioni effettuate, nell’ambito del
Progetto per lo studio dei flussi migratori dell'avifauna in Calabria (da parte della dott.ssa
Manuela Policastrese)1 per conto dell' U.C.I.M. Unione italiana Cacciatori Migratoristi e per
I.S.P.R.A. Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con un dato di 128 soggetti
catturati ed inanellati tra il mese da aprile e maggio del 2008 a Cirò Marina, oltre che dai dati dei
carnieri.
Per i turdidi ed i corvidi la presenza è stata rilevata nell’ambito Progetto "I Passeriformi quali
indicatori ambientali", da parte della dott.ssa Manuela Policastrese, per conto dell' I.S.P.R.A e
dell’Assessorato all’Ambiente della Provincia di Crotone come si evidenzia dalle tabelle sottostanti
171
Provincia di Crotone
1
Piano Faunistico-Venatorio
dati non pubblicati
Dati catture novembre 2006 dicembre
Dati catture marzo2008-luglio 2009 az. agr.
2007 presso l’agriturismo “il querceto”
“valle del biologico” c.da valle San Mauro
di Santa Severina
Marchesato
Specie
N
Specie
N
Capinera
283
Balia nera
7
Pettirosso
183
Ballerina Bianca
5
Occhiocotto
62
Beccafico
1
Cinciarella
52
Capinera
141
Codibugnolo
39
Cardellino
7
Cinciallegra
38
Cinciallegra
77
Merlo
33
Cinciarella
20
fringuello
25
Codibugnolo
14
Luì piccolo
23
Codirosso
1
Tordo bottaccio
23
Codirosso spazzacamino
5
Passera scopaiola
21
fringuello
14
Verdone
15
Gazza
4
Usignolo di fiume
14
Ghiandaia
3
Verzellino
12
Gruccione
1
Ghiandaia
8
Luì piccolo
23
Beccafico
4
Merlo
2
Pigliamosche
3
Occhiocotto
46
Averla piccola
2
Passera d'Italia
19
Fiorrancino
2
Passera mattugia
1
Sterpazzola
2
Passera scopaiola
18
Usignolo
2
Pettirosso
58
Zigolo nero
2
Pigliamosche
2
Codirosso spazzacamino
1
Prispolone
1
Cutrettola
1
Sterpazzola
3
Gheppio
1
Sterpazzolina
1
Passera mattugia
1
Stiaccino
2
Saltimpalo
1
Torcicollo
1
Torcicollo
1
Tordo bottaccio
7
Tortora
1
Usignolo
1
Totale
855
Usignolo di fiume
2
Verzellino
2
Zigolo muciatto
1
Zigolo nero
4
Totale
494
FONTE: POLICASTRESE M. dati non pubblicati
172
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
A questi si aggiungono i dati dei carnieri per l’anno 2008/2009 di seguito riportati.
Dati carnieri Campagna venatoria 2008/2009
Elenco Specie
Codice
ATC
KR1
ATC KR2
N.
Abbattuti
Fagiano
F
3
2
5
Quaglia
Q
357
223
580
Beccaccia
B
299
95
394
Beccaccino
N
3
14
17
Colombaccio
M
411
172
583
Tortora
T
330
107
437
Turdidi
R
1210
354
1564
Allodola
A
183
388
571
Anatidi, Rallidi, Trampolieri
D
10
11
21
Gazza, Ghiandaia, Cornacchia Grigia
G
20
16
36
Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca
173
Capi
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
CHECK LIST DELL’AVIFAUNA OSSERVATA NELLA ZPS
“MARCHESATO – FIUME NETO”
174
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
175
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
176
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
177
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
178
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
179
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
180
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
181
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
182
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
CAMPAGNA di Birdwatching
Si riportano integralmente i report di alcune giornate di osservazione effettuate nel territorio della
provincia di Crotone ad esclusione di quelle dedicate alla foce del Neto, già riportate nel paragrafo
2.1.8.2. (Fonte: Giuliano Monterosso 2006/2007) Sito: birdwatching calabria.
Report: Marchesato di Crotone, 3.6.07
Splendido pomeriggio trascorso nel Marchesato di Crotone insieme all'amico Massimo Salerno,
esperto
e
appassionato
conoscitore
dell'avifauna
nella
nostra
provincia.
Prima tappa al nido della Cicogna bianca Ciconia ciconia, che da alcuni anni ha scelto il nostro
territorio per riprodursi. Ben 5 piccoli al nido, posto su un traliccio dell'alta tensione.
Si procede verso zone più interne e difficili da raggiungere. Lungo il tragitto una piccola colonia di
Gruccioni Merops apiaster, visibile dalla strada provinciale e facile da osservare e fotografare.
Dopo di che arriviamo in una delle aree più affascinanti del crotonese, dove osserviamo la sola
coppia di Capovaccaio Neophron percnopterus nidificante e altre specie di rapaci e passeriformi.
Questo il report completo della giornata:
1) Cicogna bianca 7 (2 ad. + 5 pulli)
2) Capovaccaio 3 (2 ad. + 1 pullus)
3) Biancone 1
4) Nibbio bruno 2 (cp.)
5) Falco di palude 1 f
6) Poiana 6+
7) Gheppio 4+
8) Pellegrino 1 juv.
9) Colombaccio div. ind.
10) Tortora dal collare alc. ind.
11) Rondone
12) Upupa 1
13) Gruccione colonia di 20/30 cp. + vari ind. un pò ovunque
14) Ghiandaia marina 2 cp.
15) Cappellaccia alc. ind.
16) Rondine vari ind.
17) Balestruccio alc. ind.
18) Merlo
19) Capinera
20) Occhiocotto
183
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
21) Beccamoschino
22) Usignolo
23) Usignolo di fiume
24) Averla piccola 1 f
25) Ghiandaia
26) Taccola
27) Cornacchia grigia
28) Corvo imperiale 2
29) Fringuello
30) Cardellino
Report: loc. Trafinello - Crotone, 15.4.07
Giornata di passo migratorio inaspettato, ieri; recatomi in loc. Trafinello (zona periferica di
Crotone) nella speranza di fotogrfare le prime Ghiandaie marine (ancora non arrivate), ho avuto
la fortuna di osservare il passaggio di diversi rapaci appartenenti soprattutto al genere Circus.
Questo l'elenco delle specie osservate dalle 15:20 alle 18:30 c.ca:
1) Nibbio bruno 1
2) Falco di palude 4 (2 mm, 2 ff, 2 juv.)
3) Albanella minore 19 (12 mm, 5 ff, 2 juv.)
4) Albanella pallida 4 (1 m ad., 1 m sub-ad, 1 f, 1 juv.)
5) Poiana 6 (locali)
6) Sparviero 1 m (locale)
7) Gheppio 7 (locali)
Le specie di non Falconiformi:
8) Colombaccio div. ind.
9) Tortora dal collare alc. ind.
10) Rondone div. ind.
11) Upupa 1
12) Cappellaccia div. ind.
13) Rondine div. ind.
14) Balestruccio div. ind.
15) Prispolone 3
184
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
16) Cutrettola 1
17) Culbianco 1 m
18) Monachella ssp. melanoleuca 1 m, 1 f
19) Stiaccino 3 mm
20) Beccamoschino div. ind.
21) Usignolo di fiume alcuni ind.
22) Averla capirossa 3
23) Gazza alcuni ind.
24) Cornacchia grigia div. ind.
25) Corvo imperiale 1
26) Rigogolo 1 m
27) Passera d'Italia div. ind.
Report: Invaso S. Anna, 22.1.07
Giornata nebbiosa stamattina all'Invaso S. Anna, dove, come ogni anno, mi son recato per il
censimento degli acquatici svernanti. Meno specie del solito e più scarse, sempre a causa delle
condizioni climatiche ancora semi-primaverili.
1) Svasso piccolo 3+
2) Svasso maggiore 55
3) Cormorano 21
4) Germano reale 14+
5) Fischione 16
6) Codone 5+
7) Alzavola 126+
8) Moriglione 224
9) Folaga 13+
10) Gabbiano reale 122+
11) Pispola 5+
Report: Porto di Crotone, 19.1.07
Mattinata trascorsa al porto di Crotone per il consueto censimento degli acquatici svernanti. Il
clima decisamente primaverile non mi ha permesso di osservare specie di particolare rilievo. La
check-list è comunque interessante.
1) Svasso piccolo 6+
2) Svasso maggiore 14+
3) Berta minore 1
4) Cormorano 13+
185
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
5) Volpoca 2 ff
6) Folaga 4+
7) Piro piro piccolo 3
8) Gabbiano comune 150+
9) Gabbiano corallino 2+
10) Gabbianello 1
11) Gabbiano reale 175+
12) Zafferano 26
13) Beccapesci 3+
14) Martin pescatore 2
15) Ballerina bianca alc.
16) Codirosso spazzacamino vari ind.
17) Occhiocotto alc. ind.
18) Usignolo di fiume alc. ind.
19) Gazza alc. ind.
20) Taccola vari ind.
21) Passera d'Italia vari ind.
EuroBW: Porto di KR, 07.X.06
1) Svasso piccolo 1
2) Gabbiano comune 161
3) Gabbiano corallino 1
4) Gabbiano reale 205
5) Zafferano 11
6) Beccapesci 1
7) Taccole diversi ind.
Prima prova digiscoping 5.9.06
Periodo di assenza dal blog per motivi di studio. Domenica scorsa, 3 settembre 2006, ho
finalmente sperimentato il digiscoping con la mia nuova attrezzatura (cannocchiale Opticron ES80
ED + oculare DTL 10,5x; fotocamera HP photosmart 735 montata con adattatore Opticron UDCA).
Considerata la scarsa qualità della fotocamera (3 megapixel....), la qualità delle foto mi ha
lasciato comunque soddisfatto. Sono stato al Porto di Crotone dove, per i lavori di dragaggio
interrotti della nuova struttura, si son formati dei vasconi ad acque basse che attirano diversi
uccelli. Domenica c'era poco: Ca 50 Gabbiani comuni, 15 Gabbiani reali, 1 Zafferano, 3
Beccapesci, 2 Gambecchi e 1 Coriere piccolo.
Tra i Gabbiani reali, ce n'era uno sub-adulto (nella foto piccola e il secondo da destra nella foto
grande) che non mi ha convinto per forma e dimensioni: più piccolo dei L. cachinnas, becco meno
186
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
robusto e silhouette complessivamente più snella. Vi propongo due scatti, chiedendovi di aiutarmi
nella determinazione di un'eventuale ssp., che al momento non ho il tempo di identificare da solo.
Grazie a chiunque volesse rispondere,Gm.
Report: 20.VI.06 - Marchesato KR
Il 20 giugno scorso, primo degli infuocati giorni di quel torrido mese, ho avuto il grande piacere di
trascorrere un'intera giornata con Brendan Doe, appassionatissimo birdwatcher scozzese,
dall'infinita pazienza per il mio inglese improbabile... Siamo stati a zonzo a "caccia di rarità
mediterranee" tra cui, naturalmente, alcune nuove specie per lui. Nonostante l'afa ci abbia
seriamente provati, alla fine il "carniere" è stato di tutto rispetto: 5 Ghiandaie marine (in zona
periferica di Crotone), 2 Pecchiaioli, 2 Pellegrini, 2 Bianconi, 2 Capovaccai, c.ca 12 Nibbi bruni, 1
Nibbio reale, 1 Falco di palude f, 2 Sparvieri, Poiane, Gheppi, Gruccioni, 1 Averla capirossa, tra le
specie più interessanti (gran parte delle quali a Monte Fuscaldo). Tornato in patria, Brendan mi ha
spedito alcune sue foto di rarità scozzesi, scattate mediante digiscoping. Ve ne propongo un paio:
un Piro piro pettorale Calidris melanotos (il 10.2.05 a Belhaven Bay, Lothian, Scozia) e un
Gabbiano di Sabine Larus sabini (l'08.12.05 a Seafield, Lothian, Scozia). Per ingrandirle cliccate
sulle immagini. Alla prossima, Gm.
Pomeriggio a Monte Fuscaldo 16.7.06
Poco prima della mia partenza, starò fuori per alcuni giorni, riporto un breve report del
pomeriggio trascorso in piacevole compagnia di Giuseppe Lagani, amico e compagno di escursioni
birdwatching durante i miei primi anni alla Foce del Neto e ovunque vi fossero uccelli da
osservare.
Lunedì scorso, 10 luglio, siamo stati a Monte Fuscaldo, nel comune di S. Severina. Circondati
dalla lussureggiante vegetazione mediterranea, abbiamo osservato alcune interessanti specie, tra
cui: Gruccioni, Colombacci, Ghiandaie, 1 Tortora selvatica, alcune Ghiandaie e 2 Bianconi che
spesso ci volteggiavano sulla testa, facendoci ammirare la loro maestosa e inconfondibile
silhouette. (Fonte: Giuliano Monterosso 2006/2007)
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 01
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
187
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Specie e autore:
Anas penelope ( Linnaeus, 1758 )
Nome comune:
Fischione
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La popolazione nidificante europea è stimata in 260-350.000 coppie, di cui 170-230.000
coppie in Russia, mentre la consistenza della popolazione svernante è stimata in oltre
1.700.000 individui. Tale consistenza è moderatamente aumentata tra il 1970 ed il 1990
per poi stabilizzarsi o aumentare in gran parte d’Europa fino al 2000, pur facendo
registrare un significativo declino in Spagna ed in Azerbaijan. La specie è quindi rimasta
complessivamente stabile e, pertanto, è considerata in buono stato di conservazione.
In Italia:
Il Fischione nidifica in Italia in modo occasionale e con pochissime coppie,
presumibilmente costituite da individui non in grado di migrare per menomazioni
provocate dall’attività venatoria. Nel nostro Paese il Fischione è migratore regolare e
svernante nelle principali zone umide, soprattutto costiere. La distribuzione degli
svernanti appare relativamente concentrata in un numero limitato di aree, collocate
soprattutto lungo le coste venete, emiliano-romagnole, toscane e pugliesi. In particolare, il
57% della popolazione è concentrato in tre siti: Laguna di Grado e Marano, Delta del Po,
Manfredonia-Margherita di Savoia.
Nella Provincia Nel territorio provinciale viene segnalata regolarmente nelle zone umide, nel periodo
invernale come segnalato anche dalla check-list degli uccelli degli uccelli della ZPS
di Crotone
Marchesato–Fiume Neto
Stato di conservazione
SPEC:
non-SPECE
Status
stato di conservazione favorevole (sicura)
IUCN Red List
non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione
Europea che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. Va tuttavia osservato
che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi
ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione prepuziale entro il mese di gennaio (Spina e Serra, 2003,
Andreotti, Serra e Spina, 2004).
188
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del
gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria
rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano
stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria
in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando
qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. Non appare, invece, opportuna
l’anticipazione del prelievo agli inizi di settembre, poiché, in tale periodo dell’anno, l’esercizio della
caccia nelle zone umide è da ritenersi impattante sulle popolazioni di Anatidi nidificanti a livello locale e
su molte specie migratrici di interesse conservazionistico.
La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri Anatidi, dovrebbe essere realizzata in maniera
commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di
garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani
di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio
(limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il
prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni
(migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo).
E’ da prevedere nei casi di annate siccitose quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti
sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le
zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli Anatidi dovrebbero essere
mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie.
La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro
localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di
importanza nazionale.
Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di
fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati.
L’uso massiccio e prolungato del foraggiamento artificiale degli Anatidi, praticato in diverse unità
territoriali di gestione venatoria, andrebbe scoraggiato, sia per ragioni di natura sanitaria, sia perché
potenzialmente in grado di alterare la fisiologia ed il comportamento di uso dello spazio da parte dei
contingenti in migrazione e svernanti.
Nel caso di zone che ospitino specie protette e/o di interesse prioritario, in quanto minacciate, la
somiglianza con specie cacciabili (massima nel caso Moretta – Moretta tabaccata, ma in varia misura
applicabile agli altri Anatidi per i piumaggi femminili) rende necessaria l’adozione di provvedimenti di
divieto generalizzato su porzioni rappresentative di territorio o nei periodi durante i quali si verifica la
compresenza delle diverse specie. Il problema dell’abbattimento involontario di specie protette potrebbe
essere in parte limitato qualora si adottassero serie forme di specializzazione dei cacciatori,
comprensive di appositi percorsi didattici ed esami di idoneità; quest’ultima, infatti, non è
sufficientemente assicurata dagli attuali meccanismi di abilitazione alla caccia.
Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al
recepimento dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di
munizioni da caccia con pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle
popolazioni degli uccelli acquatici.
189
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 02
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Anas strepera (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Canapiglia
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1
Stato giuridico:
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in meno di 96.000
coppie. Tale popolazione ha vissuto un declino numerico generalizzato tra il 1970 ed il
1990; nell’arco del decennio successivo, invece, nella maggior parte dei Paesi europei le
presenze sono rimaste stabili e solo in alcuni di essi si è continuato a registrare un
declino. La consistenza complessiva appare quindi inferiore al valore stimato
precedentemente alla fase di declino, sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul
trend della popolazione presente in Russia. Pertanto la specie è attualmente considerata
depauperata ed in uno stato di conservazione sfavorevole.
La specie è parzialmente sedentaria e nidificante, sia pure con pochissime coppie (50100). Il trend è caratterizzato da una colonizzazione abbastanza recente seguita da un
andamento fluttuante. L’italia è interessata da contingenti di migratori provenienti dai
quartieri dell’Europa centrosettentrionale che in parte svernano e sono presenti nelle
principali zone umide. La distribuzione degli svernanti è moderatamente concentrata in
alcune aree costiere dell’Adriatico settentrionale, della Toscana, della Puglia e della
Sardegna. Il 90% della popolazione è risultata insediata in 28 siti, il più importante dei
quali ospita mediamente il 12% delle presenze (Laguna di Grado e Marano).
Nella Provincia Nel territorio provinciale viene segnalata irregolarmente nelle zone umide, in particolare
nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli degli
di Crotone
uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
SPEC:
SPEC 3
Status
stato di conservazione sfavorevole (depauperata)
Criteri
generale declino in tempi recenti
IUCN Red List
non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio)
non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che
prevederebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi
ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione
pre-nuziale entro il mese di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004).
190
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo
degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta
un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e
frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel
periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di
ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla
disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici”
prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 03
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Anas crecca (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Alzavola
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1, Allegati III/2,
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Europa, la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 920.000 coppie.
Tale consistenza è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del
decennio successivo, invece, in alcuni Paesi si è registrato un declino delle presenze
(particolarmente rilevante quello osservato in Finlandia), mentre, in altri, le consistenze
sono rimaste stabili, contribuendo a contenere il declino complessivo della specie. La
consistenza complessiva si è quindi solo lievemente ridotta, sebbene manchino, al
riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia, che rappresenta
quella numericamente più importante. Pertanto la specie è attualmente considerata in
buono stato di conservazione.
La specie è formalmente anche sedentaria e nidificante sebbene pochissimi siano i casi
di riproduzione accertati (stimate 20-50 coppie), generalmente limitati alla Pianura
Padana interna e costiera ed alla Toscana; tale situazione non risulta modificata rispetto
ai dati storici. In Italia l’Alzavola è presente con contingenti assai più numerosi come
migratore e svernante in gran parte delle zone umide italiane. La distribuzione degli
svernanti non è molto concentrata (il 90% della popolazione è risultata insediata in 56
siti), pur evidenziando una presenza importante nelle zone umide costiere dell’Adriatico
settentrionale ed in particolare nella laguna di Venezia (in cui è presente il 21% della
popolazione).
Nel
territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e svernante irregolare,
Nella Provincia
nelle
zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche
di Crotone
dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
In Italia:
Stato di conservazione
SPEC:
NON SPEC
Status
stato di conservazione sicura
IUCN Red List
non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio)
non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che
prevederebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi
ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione
pre-nuziale entro il mese di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004).
192
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo
degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta
un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e
frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel
periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di
ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla
disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici”
prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
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193
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 04
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Anas platyrhynchos (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Germano reale
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1, Allegati III/1.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
Nella
Provincia di
Crotone
In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 3.300.000 coppie.
Tale consistenza è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del
decennio successivo si è registrato un declino delle presenze in diversi Paesi ma le
popolazioni numericamente più importanti (presenti in Olanda, in Germania e in Polonia) si
sono mantenute stabili. La consistenza complessiva si è quindi solo lievemente ridotta,
sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in Russia.
Pertanto la specie è attualmente considerata sicura e in buono stato di conservazione.
Il Germano reale è specie parzialmente sedentaria e nidificante, più diffusa nella Pianura
Padana, sul versante tirrenico ed in Sardegna, più scarsa nelle regioni meridionali ed in
Sicilia. In alcune aree la popolazione è in parte o del tutto composta da individui semiselvatici, frutto di trascorse immissioni che, in diversi casi, continuano tutt’ora. La specie è
presente come migratore regolare e svernante nella maggior parte delle zone umide
italiane, mostrando un’elevata adattabilità ecologica (lagune costiere, paludi, grandi e piccoli
bacini lacustri, fiumi e canali). Il 90% della popolazione è risultato insediato in 88 siti, con le
maggiori concentrazioni nella Laguna di Venezia e nel delta del Po che hanno ospitato
rispettivamente il 12% e il 10% del contingente.
Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare, nidificante e svernante,
nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
NON SPEC
SPEC:
stato di conservazione sicura
Status
IUCN Red List non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio)
non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che
prevederebbero una chiusura anticipata al 31dicembre. Và tuttavia osservato che il buono stato di
conservazione della specie in Europa e l’elevata consistenza della popolazione svernante in Italia permettono
la prosecuzione dell’attività di prelievo fino al termine previsto, senza che questo possa verosimilmente
incidere in maniera significativa sullo status della popolazione stessa. Il mantenimento dell’attuale data di
chiusura della caccia appare, infatti, accettabile in funzione della necessità di adottare tempi e modi di prelievo
omogenei per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, poichè il disturbo originato dall’attività
venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano
stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in
maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi
prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella
“Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli
selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Per questa specie, un’ulteriore problematica è rappresentata dalle attività di immissione in natura – non solo a
scopo venatorio – di soggetti di origine domestica, con conseguente inquinamento genetico dello stock
nidificante e problemi di competizione e diffusione di patogeni nei confronti delle popolazioni di Anatidi
selvatici. Una maggiore sorveglianza a tale riguardo appare indispensabile per la buona conservazione delle
popolazioni autoctone e per una più efficace gestione della specie.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 05
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Anas acuta (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Codone
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/2, Allegati III/2.
Stato giuridico:
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 320.000 coppie.
Tale popolazione ha vissuto un generale declino numerico tra il 1970 ed il 1990, per poi
stabilizzarsi o aumentare in gran parte dell’areale fino al 2000. Tuttavia, il nucleo di
popolazione numericamente più importante, presente in Russia, ha continuato a far
registrare un calo delle presenze. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un
decremento delle consistenze comunque superiore al 10%) e la specie è attualmente
considerata in declino.
Il Codone nidifica in Italia solo eccezionalmente e con un numero di coppie del tutto trascurabile
(zone umide costiere di Veneto, Emilia-Romagna, Abruzzo e Puglia), probabilmente in parte
composte da individui che non sono in grado di migrare per menomazioni provocate dall’attività
venatoria. Il Codone frequenta le zone umide interne e costiere italiane come migratore
regolare e svernante. La specie appare abbastanza concentrata in un numero di siti
relativamente ridotto, tra i quali spicca la laguna di Venezia (in cui è presente il 39% della
popolazione svernante), seguita dalle zone umide costiere della Toscana, della Puglia e della
Sardegna.
Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare, svernante irregolare,
Nella
Provincia di nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Crotone
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
SPEC 3
stato di conservazione sfavorevole
non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio)
non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che
prevederebbero una chiusura anticipata al 31dicembre. In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo
differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il
disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini
fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di
concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte
delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati
sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla
conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei
paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 06
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Anas querquedula (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Marzaiola
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1.
Stato giuridico:
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 390.000 coppie. Tale
popolazione ha vissuto un generale e significativo declino numerico tra il 1970 ed il 1990,
declino che è poi proseguito fino al 2000 in gran parte dell’areale europeo ed ha interessato
anche le popolazioni presenti in Bielorussia ed in Ucraina, generalmente segnalate tra le più
importanti in termini numerici. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un
decremento delle consistenze comunque superiore al 10%), sebbene manchino, al riguardo,
informazioni sul trend della popolazione presente in Russia, che rappresenta il nucleo
numericamente più importante a livello europeo. Pertanto la specie è attualmente considerata
in declino
La specie è migratrice nidificante (estiva), con popolazione prevalentemente concentrata nella
Pianura Padana e presenze più localizzate ed irregolari nelle regioni centro meridionali ed
insulari. Complessivamente, vengono stimate 350-500 coppie nidificanti. E’ presente come
migratore regolare nelle zone umide di acqua dolce interne o costiere.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare, nelle zone umide, in
particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli
di Crotone
della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
SPEC 3
stato di conservazione sfavorevole
non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
La stagione venatoria attualmente prevista dalla normativa
nazionale
consente
solo una minima
sovrapposizione con il periodo di presenza della specie, durante la migrazione post-nuziale, visto che la
stessa non sverna nel nostro Paese.
La data di chiusura della caccia prevista dall’attuale normativa nazionale è coincidente con le indicazioni
contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea .
In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo
degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta
un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e
frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel
periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di
ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina
della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla
Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 07
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Anas clypeata (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Mestolone
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1, III,2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 170.000 coppie. Tale
popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del
decennio successivo, invece, in alcuni Paesi si è riscontrato un significativo declino
delle presenze (particolarmente rilevante quello osservato in Olanda) mentre, in altre, le
popolazioni sono rimaste stabili. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un
decremento comunque superiore al
10%), sebbene manchino, al riguardo, informazioni sul trend della popolazione presente in
Russia, che rappresenta il nucleo numericamente più importante. Pertanto la specie è
attualmente considerata in declino.
La specie è parzialmente sedentaria e nidificante in Italia ma è rappresentata da un numero di
coppie estremamente ridotto (150-200 coppie, per il 90% concentrate in Veneto ed EmiliaRomagna), frutto di un fenomeno di colonizzazione abbastanza recente. La distribuzione
degli svernanti è piuttosto concentrata nelle zone umide costiere dell’alto Adriatico ed in
Sardegna. Il 94% della popolazione è stata rilevata in soli 24 siti, con il 18% nel principale di
questi (Quartu-Molentargius).
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e svernante irregolare,
nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla
di Crotone
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
SPEC 3
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole
Status
IUCN Red List non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea.
Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS
(oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra,
2003, Andreotti, Serra e Spina,2004).
In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo degli
Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un
elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e
frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel periodo
di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità
solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia
nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione
Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
198
198
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 08
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Aythya ferina (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Moriglione
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 210.000 coppie. Tale
popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del
decennio successivo la consistenza si è mantenuta stabile o è aumentata nella maggior parte dei
paesi europei mentre, in alcuni, tra cui la Russia, che ospita un’importate popolazione di
questa specie, si è riscontrato un declino delle presenze. La consistenza complessiva si
è quindi ridotta (con un decremento delle consistenze comunque superiore al 10%) e, pertanto,
la specie è attualmente considerata in declino.
In Italia:
Poche coppie (300-400) di moriglioni nidificano attualmente in Italia, a seguito di fenomeni di
colonizzazione iniziati negli anni 70 dello scorso secolo, soprattutto nella Pianura Padana e nelle
isole maggiori. La specie frequenta il nostro Paese regolarmente durante la migrazione e
la fase di svernamento. La popolazione svernante non è molto concentrata (il 90% della
popolazione è stata censita in 44 siti, 19 dei quali ospitano il 73% del contingente). I nuclei più
importanti si osservano sia in comprensori lagunari salmastri, sia in invasi profondi di acqua
dolce.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e svernante irregolare,
nelle zone umide, in particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla
di Crotone
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
SPEC 2
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole
Status
IUCN Red List non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Va
tuttavia osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte
dell’INFS (oggi ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione pre-nuziale già in gennaio (Spina e Serra, 2003,
Andreotti, Serra e Spina, 2004).
In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le diverse specie, nell’ambito del gruppo
degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta
un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e
frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività venatoria in maniera uniforme, nel
periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di
ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina
della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla
Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
199
199
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 09
Classe:
Aves
Ordine:
Anseriformes
Famiglia:
Anatidae
Specie e autore:
Aythya fuligula (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Moretta
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati II/1, III/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 730.000 coppie. Tale
popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del
decennio successivo, invece, in diversi Paesi dell’Europa nord-orientale si è riscontrato
un declino delle presenze (particolarmente rilevante quello osservato in Finlandia ed in
Russia) mentre, in altri, esse sono rimaste stabili o sono aumentate. La consistenza
complessiva si è quindi ridotta (con un decremento delle consistenze comunque superiore al
10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino.
In Italia:
Solo recentemente la specie ha iniziato a nidificare in Italia, con presenze più o meno regolari in
Piemonte a partire dal 1980 e con casi meno frequenti in altre regioni settentrionali ed in
Sardegna. Il numero complessivo di coppie rimane comunque esiguo (40-50). La distribuzione
degli svernanti è piuttosto concentrata,
con prevalenza delle zone umide dell’Italia
settentrionale e della Sardegna. Il 90% della popolazione è risultata insediata in soli 26 siti, tra i
quali il lago di Garda e l’attiguo laghetto del Frassino rappresentano
quelli di maggior
interesse, ospitando ben il 28% della popolazione complessiva.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice irregolare, nelle zone umide, in
particolare nell’Oasi della Foce del Neto, come segnalato anche dalla check-list degli uccelli
di Crotone
della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
SPEC 2
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole
Status
IUCN Red List non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Va
osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS
(oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra,
2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004). In ogni caso l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le
diverse specie, nell’ambito del gruppo degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo
originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per questi animali che hanno abitudini fortemente
gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività
venatoria in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte delle specie, evitando
qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente
espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione
degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 –
2.7.14
200
200
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
.
Va ricordato, inoltre, che nel Piano d’Azione nazionale per la conservazione della Moretta tabaccata (Aythya
nyroca) è prevista la modifica all’art. 18, comma 1, della Legge 157/92 con l’obiettivo di escludere dalle
specie cacciabili quelle ad essa simili, in particolare la Moretta, al fine di prevenire l’abbattimento accidentale di
esemplari di una specie in condizioni già critiche. Pertanto, alla luce dei dati distributivi, demografici e
conservazionistici
sopra sintetizzati, un regime generale di protezione di questa specie, risulterebbe
appropriato.
201
201
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 10
Classe:
Aves
Ordine:
Galliformes
Famiglia:
Phasianidae
Specie e autore:
Alectoris graeca (MEISNER, 1804)
Nome comune:
Coturnice
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegati I e II/1.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in meno di 78.000 coppie.
Tale popolazione è andata incontro ad un ampio declino tra il 1970 ed il 1990; sebbene nel
decennio seguente alcune popolazioni, in particolare quelle importanti presenti in Macedonia e
Grecia, siano rimaste stabili o abbiano mostrato un certo incremento, la specie ha continuato
a diminuire nella maggior parte del suo areale europeo (contrazione superiore al 10%) e,
pertanto, è attualmente considerata in declino.
In Italia sono descritte tre sottospecie:
- Alectoris graeca saxatilis (Alpi)
- Alectoris graeca orlandoi (Appennino)*
- Alectoris graeca whitakeri (Sicilia)
* I dati genetici (DNA mitocondriale e DNA biparentale) di studi recenti dell’INFS (oggi ISPRA) non
supportano la distinzione sottospecifica di A. g. orlandoi Priolo, 1984, rispetto alla sottospecie
nominale A. g. graeca. Le popolazioni appenniniche vanno comunque considerate una distinta
“unità gestionale”.
La specie è diffusa negli ambienti adatti nell’arco alpino, sull’Appennino a Sud della
provincia di Pesaro con notevole discontinuità e in Sicilia. In passato la Coturnice aveva una
distribuzione più ampia rispetto all’attuale. Essa è, infatti, scomparsa nelle Isole Eolie, a
Pantelleria, nell’Isola d’Elba, nell’Appennino toscano e ligure, nonché nelle Prealpi lombarde e
nel Carso triestino. In Sicilia si stima una contrazione dell’areale di oltre il 34% dopo l’ultimo
conflitto mondiale e soprattutto dagli anni settanta del Secolo scorso. Le popolazioni italiane di
Coturnice possono essere definite complessivamente come “vulnerabili” e localmente
“minacciate”. A partire dalla seconda metà del XX Secolo (con inizio dalle Alpi orientali e
progressione verso occidente) si è, infatti, assistito sia ad un progressivo decremento
numerico delle popolazioni sia ad una contrazione dell’areale. La Coturnice ha più di altre
specie risentito del progressivo abbandono delle coltivazioni tradizionali d’altitudine, la riduzione
del pascolo e delle superfici a prato. Contemporaneamente si è assistito ad un’espansione della
boscaglia prima e del bosco poi, su superfici un tempo completamente prive di vegetazione
arborea, non di rado coltivate o a pascolo, determinando una sostanziale modifica degli
ambienti d’elezione per questa specie. Le modificazioni ambientali, in concomitanza con
una serie altri fattori, quali il bracconaggio, il prelievo venatorio eccessivo, l’azione di
determinati agenti patogeni, i cambiamenti climatici e l’azione di taluni predatori, hanno
portato ad una condizione di diffuso declino delle popolazioni. Di seguito si riporta una sintesi
della condizione delle diverse popolazioni di Coturnici nel nostro Paese:
− Alpi – nei Comprensori Alpini, attualmente, la specie è soggetta ad un’opportuna
pianificazione del prelievo, ma questo non sembra sufficiente a garantirne la ripresa;
− Appennino – le popolazioni appenniniche sono probabilmente quelle più a rischio
(distribuzione alquanto frazionata, gestione spesso non corretta). La presenza di estese aree
protette risulta importante, ma non sufficiente;
− Sicilia – la conservazione delle popolazioni della Coturnice di Sicilia risente dell’assenza di
un’adeguata vigilanza, tuttavia, da alcuni anni la caccia a questa specie è sospesa. La
presenza di tre estesi parchi risulta importante per la conservazione della sottospecie
endemica, ma essi coprono solo la fascia settentrionale dell’Isola.
202
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Nella provincia Nel territorio provinciale non risultano osservazioni in bibliografia ma la sua presenza storicamente è
accertata cos’ come riporta Lucifero A. in Avifauna Calabria 1901. Inoltre la specie è stata soggetta ad
di Crotone
immissioni negli ultimi anni.
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
SPEC 2
stato di conservazione sfavorevole
non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
La Direttiva 2006/105/CE, che ha modificato la Direttiva “Uccelli” 79/409/CEE, classifica, la Coturnice una
specie prioritaria, inserita nell’Allegato I (specie che necessitano di misure speciali di conservazione
dell’habitat), dove in precedenza era menzionata la sola Coturnice di Sicilia (Alectoris graeca whitakeri). La
specie è altresì inserita nell’allegato II/1 (specie cacciabile nell’UE, secondo il criterio della saggia
utilizzazione). La specie è altresì inclusa tra le specie protette (Allegato III) della Convenzione di Berna.
Come nel caso degli altri Galliformi di interesse venatorio, per far fronte al declino delle popolazioni si è fatto
ricorso allo strumento del ripopolamento artificiale, con conseguenti problematiche di ordine sanitario e genetico.
Fino ad un recente passato, infatti, per tali immissioni sono stati più spesso utilizzati ibridi sia con la Pernice rossa
Alectoris rufa che con la Coturnice orientale Alectoris chukar, quando non addirittura ibridi con entrambe queste
ultime specie. Assai numerose sono state pure le immissioni (abusive) di Coturnice orientale (specie alloctona).
Di conseguenza, l’inquinamento genetico che ne è derivato può avere alterato il successo riproduttivo e la
sopravvivenza
delle popolazioni
di Coturnice.
Eventuali operazioni
di reintroduzione
dovrebbero
dunque essere realizzate utilizzando soggetti catturati nell’ambito delle popolazioni meno minacciate, in
particolare quelle ancora presenti in alcune aree protette, che, oltre a minimizzare i rischi di inquinamento
genetico, sono caratterizzati da livelli di sopravvivenza dopo l’immissione decisamente più elevati.
Non esistono dati complessivi dei carnieri realizzati in Italia, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da
un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in poche
realtà locali.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico
e tecnico.
La Coturnice non è più nella condizione di sostenere un diffuso prelievo venatorio, così come nel passato.
Occorre che la fruizione venatoria sia basata solo su criteri di sostenibilità biologica, prevedendone l’eventuale
sospensione in relazione all’accertamento dello status e del trend delle popolazioni locali. Ove le condizioni locali
risultino tali da consentire il prelievo, questo dovrebbe essere realizzato su piani annuali basati sui dati di
monitoraggio standardizzato e costante delle popolazioni. I risultati ottenuti in questo senso in Piemonte
nell’ultimo decennio dimostrano la possibilità di arrestare la fase di declino generalizzato delle popolazioni di
Coturnice nelle aree di caccia.
203
203
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 11
Classe:
Aves
Ordine:
Galliformes
Famiglia:
Phasianidae
Specie e autore:
Perdix perdix (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Starna
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegati I*, I e II/1.
Distribuzione e popolazione
La popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.600.000 coppie, ma è andata incontro
ad un ampio declino tra il 1970 e il 1990. Declino che è proseguito, nel decennio successivo,
nella maggior parte dell’Europa occidentale e centrale (in particolare in Francia e Polonia,
che ospitano popolazioni numericamente importanti) mentre la specie è rimasta stabile
o ha mostrato un incremento in diversi Paesi dell’Europa orientale. Il declino complessivo è
risultato dunque forte (oltre il 30%) e, di conseguenza, la specie è attualmente considerata
v ulnerabile.
Attualmente, in Italia, le popolazioni selvatiche di Starna costituiscono solo piccoli nuclei tra loro
In Italia:
fortemente disgiunti e localizzati nella parte settentrionale e centrale del Paese. L’areale storico
comprendeva probabilmente tutta la Penisola, con esclusione delle quote più elevate (oltre i
1800- 2000 m s.l.m.) e forse alcune zone del Mezzogiorno per ragioni climatiche.
Rispetto alla distribuzione recente della specie si debbono rimarcare la frammentazione,
l’isolamento e le basse densità delle popolazioni “autosufficienti”,
condizioni che
rappresentano un rischio per la loro sopravvivenza. In generale la diffusione è comunque
condizionata da iniziative locali di ripopolamento.
Nel
territorio provinciale non risultano osservazioni in bibliografia.
Nella provincia
Globale e in
Europa:
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC 3
SPEC:
Vulnerabile
Status
IUCN Red List Vulnerabile
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
La Direttiva 2006/105/CE elenca la Starna italica Perdix perdix italica nell’Allegato I (specie che necessitano di
misure speciali di conservazione dell’habitat). La specie in generale è, invece, inserita nell’allegato II/1 (specie
cacciabile nell’UE, secondo il criterio della saggia utilizzazione) e III/1 (specie commercializzabile se gli
esemplari sono stati lecitamente ottenuti). In attesa che siano completati gli accertamenti genetici e
tassonomici necessari sulle residue popolazioni non reintrodotte della specie, risulta necessario prevedere forme
di tutela specifiche, in particolare il divieto di immettere starne per fini di ripopolamento negli stessi territori e
nelle aree limitrofe.
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben
conosciuti e standardizzabili ma vengono applicati solo in poche realtà locali.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e
tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di ottobre,
quando è maggiormente completato lo sviluppo dei giovani nati nella primavera precedente. La specie non è
più nella condizione di sostenere un diffuso prelievo venatorio. Occorre che la gestione sia prevalentemente
improntata a criteri strettamente conservazionistici, nell’ambito dei quali, particolare rilievo dovrebbero avere i
programmi di reintroduzione. La sospensione del prelievo andrebbe prevista fino alla stabilizzazione delle
popolazioni ed il successivo, eventuale, ripristino della fruizione venatoria andrebbe attuato solo sulla base di
piani di prelievo e in un contesto di caccia specialistica con il cane da ferma.
204
204
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 12
Classe:
Aves
Ordine:
Galliformes
Famiglia:
Phasianidae
Specie e autore:
Coturnix coturnix (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Quaglia
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegato II/2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Europa la consistenza della popolazione nidificante è stimata in oltre 2.800.000 coppie. Tale
popolazione mostra attualmente fluttuazioni numeriche, ma tra il 1970 ed il 1990 ha fatto registrare
un ampio declino, in particolare nell’Europa centro-orientale.
Nell’arco del decennio
successivo, la consistenza ha continuato a diminuire nell’Europa sud-orientale mentre ha
mostrato un incremento nell’Europa centro-settentrionale. La consistenza complessiva appare
quindi inferiore al valore stimato precedentemente alla fase di declino e, pertanto, la specie è
attualmente considerata depauperata ed in uno stato di conservazione sfavorevole.
In Italia:
In Italia la Quaglia è migratrice nidificante (estiva), diffusa in tutto il Paese ma in modo
frammentato. E’ probabile l’esistenza di una popolazione parzialmente sedentaria in
Sardegna. Si stimano 15.000-30.000 coppie, con un trend generale di decremento e
fluttuazioni locali. La specie migra regolarmente attraverso l’italia.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice regolare e nidificante come segnalato
anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto e come risulta dai dati dei
di Crotone
carnieri dei cacciatori e dal progetto per lo studio dei flussi migratori dell’avifauna in Calabria.
Stato di conservazione
SPEC 3
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole (depauperata)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
La Quaglia comune presenta uno stato di conservazione precario a livello sia europeo sia italiano e,
pertanto, le possibili ripercussioni dell’attività venatoria a carico di questa specie debbono essere attentamente
valutate. I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in
poche realtà locali ed i dati raccolti non risultano utilizzati per modulare il prelievo.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre – 31 dicembre)
risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico; l’anticipazione del prelievo nelle prime settimane del mese
di settembre, opportunità prevista dal comma 6 dell’art. 18 della stessa normativa, non risulta invece coerente
con i dati di fenologia riproduttiva contenuti nel documento ORNIS della Commissione Europea.
Recenti ricerche sulla biologia del Genere Coturnix hanno dimostrato che la Quaglia comune e la Quaglia
giapponese, indipendentemente dall’attribuzione tassonomica formale, sono caratterizzate da evidenti differenze
nel canto e nel comportamento migratorio. Inoltre, le quaglie giapponesi allevate appartengono a ceppi
selezionati dall'uomo già da alcune centinaia di anni, tanto che correntemente queste quaglie vengono
considerate in via di domesticazione ed hanno in larga misura perso il comportamento migratorio. Diversi studi
recenti hanno dimostrato come le quaglie provenienti da allevamento (generalmente classificabili come Quaglia
giapponese o ibridi tra questa e la Quaglia comune), una volta immesse in natura, si ibridino con successo
con la Quaglia comune determinando in tal modo seri problemi sotto il profilo conservazionistico.
205
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Immissioni molto consistenti e diffuse di quaglie giapponesi o ibridi sono da tempo effettuate nelle Aziende AgriTuristico-Venatorie, nelle Zone di Addestramento Cani e, a volte, anche negli Ambiti Territoriali di
Caccia, per cui possono determinarsi forme d’inquinamento genetico a carico delle popolazioni di
Quaglia comune, con ripercussioni sulla fitness e sulla capacità di sopravvivenza dei soggetti selvatici,
nonché alterazione dei loro comportamenti riproduttivi e di migrazione. Tenuto conto che il divieto di immissione
introdotto dal DPR 357 si estende anche alle popolazioni alloctone, si rende necessario vietare l’impiego della
Quaglia giapponese o suoi ibridi per le citate attività di tipo venatorio e cinotecnico. Inoltre, negli allevamenti
finalizzati alla produzione di esemplari per tali attività, è necessario consentire
esclusivamente la produzione della Quaglia comune.
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206
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 13
Classe:
Aves
Ordine:
Galliformes
Famiglia:
Phasianidae
Specie e autore:
Phasianus colchicus (LINEUS, 1758)
Nome comune:
Fagiano
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2, III/1.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 3.400.000 coppie ed è rimasta
probabilmente stabile tra il 1970 e il 1990. Sebbene la specie sia diminuita in diversi Paesi
dell’Europa centro-settentrionale nel decennio seguente, la maggior parte delle popolazioni,
compreso il nucleo chiave presente nel Regno Unito, sono rimaste stabili o hanno mostrato un
incremento. Lo stato delle popolazioni realmente selvatiche è difficilmente stimabile per le
interferenze dovute ai soggetti allevati ed abbondantemente introdotti. In ogni caso, la specie
è attualmente considerata in buono stato di conservazione.
In Italia:
Attualmente la condizione della specie è alquanto diversificata e largamente influenzata dalla
gestione venatoria. In varie province dell’Italia settentrionale e centrale la presenza di una
rete consistente di zone ove è interdetta la caccia (segnatamente le Zone di Ripopolamento
e Cattura) consente di mantenere sul territorio popolazioni autosufficienti e capaci di
2
raggiungere densità localmente elevate (oltre 100 esemplari/km , fino a 277 esemplari per
2
km ). Questa condizione permette anche di realizzare un efficace ripopolamento naturale, per
dispersione, dei limitrofi territori degli Ambiti Territoriali di Caccia, nonché di prolungare nel
tempo le opportunità di caccia alla specie (stagione inoltrata), quando i contingenti presenti
negli ATC sono ormai in via di esaurimento. La specie conserva popolazioni in grado di
autosostenersi anche in quelle Aziende Faunistico-Venatorie dove si applicano corretti piani di
prelievo. Nel restante territorio si assiste in prevalenza al regolare periodico ripopolamento,
attuato soprattutto con fagiani allevati, che non consente l’insediamento dei nuclei immessi.
Nelle regioni meridionali il Fagiano risente dell’aridità estiva, che limita ulteriormente il successo
riproduttivo delle popolazioni.
Rispetto ad alcuni decenni or sono la condizione del Fagiano, analogamente a quella di altri
Galliformi, ha risentito sia dell’evoluzione (sfavorevole) degli ecosistemi agricoli e
forestali, sia dell’elevata pressione venatoria. Inoltre, il largo ricorso alle immissioni sul
territorio di contingenti allevati con criteri di tipo industriale ha peggiorato significativamente la
performance riproduttiva e di sopravvivenza delle popolazioni locali.
Si può distinguere un’areale di nidificazione del Fagiano (figura sottostante), con presenza di
popolazioni naturali più o meno stabili ed un’area di presenza della specie in conseguenza dei
diffusi ripopolamenti venatori. Quest’ultima area interessa praticamente tutta la Penisola (fatta
eccezione per le zone a maggiore altitudine, in genere oltre i 1.500 metri s.l.m., e quelle
occupate da formazioni boschive continue e molto estese). La specie è sostanzialmente
assente nelle Isole, nonostante ripetuti tentativi di introduzione in Sicilia e Sardegna; come
nidificante è scarsamente diffusa anche nelle regioni meridionali.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata la presenza a seguito dei ripetuti ripopolamenti .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC 3
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole (depauperata)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
207
207
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Non esistono dati complessivi dei carnieri realizzati in Italia, ma solo informazioni a livello locale caratterizzate da
un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili ma vengono applicati solo in poche
realtà locali.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico
e tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di
ottobre, quando è maggiormente completato lo sviluppo dei giovani nati nella primavera precedente.
Le principali problematiche commesse alla gestione a fini venatori del Fagiano sono:
− la salvaguardia della fitness delle popolazioni autosufficienti, che sono minacciate dall’immissione dei
contingenti allevati e selezionati con criteri industriali da molte generazioni e dalle forme patologiche
diffusive particolarmente presenti negli allevamenti;
− la necessità di estendere la rete delle zone in divieto di caccia (es. zone di ripopolamento e cattura), idonee alla
specie sotto il profilo ambientale e adeguatamente gestite;
− la realizzazione di interventi di miglioramento ambientale;
− l’adozione di una regolamentazione del prelievo che abbia come obiettivo la conservazione di contingenti
autosufficienti in natura.
208
208
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 14
Classe:
Aves
Ordine:
Galliformes
Famiglia:
Phasianidae
Specie e autore:
Rallus aquaticus (LINEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
Porciglione
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
Nella provincia
di Crotone
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 140.000 coppie. Tale
popolazione è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990, così come nell’arco del
decennio successivo, anche se in alcuni Paesi si è osservato un decremento (particolarmente
rilevate quello registrato in Ucraina). Poiché non è noto l’andamento numerico delle importanti
popolazioni spagnole e russe, si ritiene che la specie abbia subito, nel complesso, solo un
limitato declino e, pertanto, è attualmente considerata in buono stato di conservazione.
Il Porciglione è sedentario e nidificante in quasi tutte le regioni, con maggiore diffusione nella
Pianura Padana e nel medio-alto versante tirrenico. Ampie zone di mancata presenza si
osservano sulle Alpi, sugli Appennini ed in alcune regioni centro-meridionali. La stima
della popolazione nidificante è rappresentata da 3.000-6.000 coppie, con un andamento
globalmente stabile ma caratterizzato da fluttuazioni locali. La specie è migratrice regolare e
svernante.
Nel territorio provinciale viene segnalata, come migratrice irregolare come segnalato anche dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto.
Stato di conservazione
non SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi convenzionali di stima delle popolazioni invernali degli uccelli acquatici non forniscono dati
sufficientemente affidabili nel caso di questa specie, determinandone una sostanziale sottostima. Essi vengono
applicati in maniera regolare per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo
schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono comunque realizzati monitoraggi
sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea
(vedi tabella a pag. 171) che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. Va
tuttavia osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS
(oggi ISPRA) testimoniano l’inizio della migrazione pre- nuziale già nel mese di gennaio (Spina e Serra, 2003,
Andreotti, Serra e Spina, 2004). L’attuale stagione venatoria appare peraltro idonea sotto il profilo biologico
e tecnico, anche tenuto conto di considerazioni generali inerenti l’effetto del prelievo sulle popolazioni nella
seconda metà dell’inverno, quando lo stesso tende a divenire ampiamente additivo rispetto alla mortalità
naturale e non sostitutivo.
209
209
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri uccelli acquatici, dovrebbe essere realizzata in
maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di
migliorare il sistema di monitoraggio delle popolazioni, di formulare piani di prelievo ed assicurare la verifica dei
carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non
commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo
venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e
emancipazione dei giovani, ondate di maltempo).
E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo- climatiche
invernali la richiedano, non solo sui corpi idrici effettivamente interessati dal gelo ma anche in una fascia
cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di
condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di
riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia
gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando
concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi
particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia
agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche
la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini
venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi
anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da
raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati. Nel caso
di zone che ospitino specie protette e/o prioritarie, in quanto minacciate, la somiglianza con specie cacciabili
(elevata nel caso Porciglione – Voltolino Porzana porzana) rende necessaria l’adozione di provvedimenti di divieto
generalizzato su porzioni rappresentative di territorio o nei periodi durante i quali si verifica la compresenza delle
diverse specie. Il problema dell’abbattimento involontario di specie protette potrebbe essere in parte attenuato
qualora si adottassero serie forme di specializzazione
dei cacciatori, comprensive di appositi percorsi
didattici ed esami di idoneità; quest’ultima, infatti, non è sufficientemente
assicurata dagli attuali
meccanismi di abilitazione alla caccia.
Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento
dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia con
pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle popolazioni degli uccelli acquatici.
210
210
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 15
Classe:
Aves
Ordine:
Gruiformes
Famiglia:
Rallidae
Specie e autore:
Fulica atra (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
FOLAGA
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2, , III/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.300.000 coppie. Tale
popolazione è cresciuta significativamente tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio
successivo, la consistenza è rimasta stabile o è aumentata nella maggior parte d’Europa
mentre i nuclei principali, presenti in Russia, Ungheria e Polonia, hanno vissuto una
contrazione numerica. La specie è quindi andata incontro ad un recente declino (con un
decremento della consistenza comunque superiore al 10%) che, tuttavia, è ancora
controbilanciato dal precedente incremento degli effettivi. Pertanto la Folaga è attualmente
considerata in buono stato di conservazione.
.La folaga è sedentaria e nidificante in tutto il Paese, più scarsa e localizzata nelle regioni alpine,
in quelle del medio versante Adriatico ed in quelle meridionali. La popolazione nidificante
complessiva è stimata in 8.000-12.000 coppie, con andamenti locali diversificati. La specie è
anche migratrice regolare e svernante. Nonostante la loro ampia diffusione, gli individui svernanti
risultano distribuiti sul territorio in maniera relativamente concentrata: il 50% di essi è presente
in soli sette siti, tra i quali spiccano alcune zone umide dell’Italia nord-orientale, il lago
Trasimeno e gli Stagni di Cagliari ed Oristano.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare, nidificante e svernante, come
segnalato anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
non - SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera
regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo
lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi
sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31 gennaio) non è
coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che prevedrebbero
una chiusura anticipata al 20 gennaio. Non appare casuale il fatto che negli ultimi decenni la consistenza
della specie abbia mostrato una tendenza positiva in seguito alla limitazione dell’attività venatoria nella
seconda parte dell’inverno. Va sottolineato che l’adozione di tempi e modi di prelievo differenti per la Folaga e gli
Anatidi (a cui la Folaga è in larga misura assimilabile sotto il profilo comportamentale e tecnico-venatorio) risulta
criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per
queste specie che hanno abitudini fortemente gregarie, formano stormi polispecifici e frequentano ambienti aperti.
Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la
maggior parte di esse, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della
direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio
2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.. La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri
uccelli acquatici, dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni
svernanti e/o migranti, da cui la necessità di garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle
popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con
cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni),
appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima
vulnerabilità delle popolazioni (migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani,
ondate di maltempo).
E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo-climatiche
invernali la richiedano, non solo sui corpi idrici effettivamente interessati dal gelo ma anche in una fascia
cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di
condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di
riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia
gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando
concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi
particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide
artificiali di piccola estensione create per la caccia agli Anatidi dovrebbero essere mantenute in acqua
durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi
di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento
di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se
correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti
regionali che li hanno sinora sperimentati.
Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento
dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia con
pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle popolazioni degli uccelli acquatici.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 16
Classe:
Aves
Ordine:
Charadiiformes
Famiglia:
Charadiidae
Specie e autore:
Vanellus vanellus (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
PAVONCELLA
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.700.000 coppie. Tale
popolazione è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio
successivo la specie ha subito un generalizzato declino nella maggior parte d’Europa
(particolarmente severo nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in Russia, che ospitano popolazioni
numericamente consistenti).
Sebbene in questo periodo diverse piccole popolazioni abbiano mantenuto stabili o aumentato i
propri effettivi, la specie ha subito, nel complesso, un forte declino (con un decremento delle
consistenze comunque superiore al 30%) e, pertanto, è attualmente, considerata vulnerabile..
In Italia:
La specie è parzialmente sedentaria e nidificante nelle regioni settentrionali con presenze instabili in
quelle centrali e meridionali. La popolazione nidificante è stimata in 1.500-2.500 coppie, con un trend
di incremento negli anni ’80 e ’90 ed un’attuale situazione complessiva di stabilità. La Pavoncella è
presente come migratore regolare, estivante e svernante.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come segnalato
anche dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC2
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole (vulnerabile)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a livello locale
caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera regolare e
sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo lo schema adottato
da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi sistematici relativi alla
componente migratrice delle popolazioni. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza
domenica di settembre-31 gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione
Europea. Va osservato che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS
(oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra, 2003,
Andreotti, Serra e Spina, 2004). Va inoltre sottolineato che l’adozione di tempi e modi di prelievo differenziati per le
diverse specie nell’ambito del gruppo dei limicoli propri di ambienti aperti, come avviene anche nel caso degli Anatidi,
risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria rappresenta un elemento critico per
queste specie che hanno abitudini fortemente gregarie e formano stormi polispecifici. Da ciò l’opportunità di concentrare
l’attività in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la maggior parte di esse, evitando qualsiasi
prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida
alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla
Commissione Europea (febbraio 2008), in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
213
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Anche la gestione venatoria di questa specie dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza
media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di garantire sempre l’esistenza di forme idonee di
monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità
con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare
fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni
(migrazione pre-riproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo).
E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteo-climatiche invernali
la richiedano, non solo su terreni effettivamente interessati da neve e gelo ma anche in una fascia cuscinetto attigua,
con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al ripristino di condizioni termiche normali.
Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro di riferimento una soglia definita di
temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate
siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche
zone con idoneo grado di umidità possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone
umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua
durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di
ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove
popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti,
risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora
sperimentati.
Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica ancora in uso in alcune località dell’Italia
centro-settentrionale; la cattura di pavoncelle selvatiche destinate a fungere da richiamo non può essere praticata in
sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in
cattività.
.
214
214
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 17
Classe:
Aves
Ordine:
Gruiformes
Famiglia:
Rallidae
Specie e autore:
Gallinula chloropus
(LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Gallinella d’acqua
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 140.000 coppie.
Tale popolazione è rimasta generalmente stabile tra il 1970 ed il 1990, così come nell’arco
del decennio successivo, anche se in alcuni Paesi si è osservato un decremento
(particolarmente rilevate quello registrato in Ucraina). Poiché non è noto l’andamento
numerico delle importanti popolazioni spagnole e russe, si ritiene che la specie abbia subito,
nel complesso, solo un limitato declino e, pertanto, è attualmente considerata in buono stato
di conservazione.
In Italia:
Il Porciglione è sedentario e nidificante in quasi tutte le regioni, con maggiore diffusione
nella Pianura Padana e nel medio-alto versante tirrenico. Ampie zone di mancata presenza
si osservano sulle Alpi, sugli Appennini ed in alcune regioni centro-meridionali. La stima
della popolazione nidificante è rappresentata da 3.000-6.000 coppie, con un andamento
globalmente stabile ma caratterizzato da fluttuazioni locali. La specie è migratrice regolare e
svernante.
Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante come segnalato anche dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Nella provincia
di Crotone
Stato di conservazione
non - SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera
regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo
lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi
sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione . Va osservato
che ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi
ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella prima decade di febbraio (Spina e Serra, 2003,
Andreotti, Serra e Spina,2004).
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 18
Classe:
Aves
Ordine:
Charadiiformes
Famiglia:
Scolopaci
Specie e autore:
Philomachus pugnax
(LINNEUS, 1758)
Nome comune:
COMBATTENTE
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegati I, II/2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 200.000 coppie.
Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco
del decennio successivo, tuttavia, la consistenza si è mantenuta stabile solo in alcuni paesi
mentre, nella maggior parte d’Europa, le altre popolazioni hanno subito un moderato declino
numerico, compresi i nuclei chiave presenti in Russia e Norvegia. La specie ha quindi
vissuto una fase di declino (con un decremento delle consistenze comunque superiore al
10%) e, pertanto è attualmente considerata in declino.
In Italia:
Il Combattente non nidifica in Italia ma è presente come migratore regolare ed estivante,
con pochi casi di svernamento. La specie è più frequente nelle zone umide costiere dell’alto
Adriatico, della Toscana, della Puglia e delle due isole maggiori nonché della Pianura Padana.
M
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare come segnalato anche dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC 2
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole (in declino)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera
regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo
lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi
sistematici ed estesi relativi alla componente migratrice delle popolazioni.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea
che prevederebbero una chiusura anticipata al 20 gennaio. Va tuttavia sottolineato che l’adozione di tempi e modi
di prelievo differenziati per le diverse specie nell’ambito del gruppo dei limicoli propri di ambienti aperti, come
avviene nel caso degli Anatidi, risulta criticabile in funzione del fatto che il disturbo originato dall’attività venatoria
rappresenta un elemento critico per queste specie che hanno abitudini fortemente gregarie e formano stormi
polispecifici. Da ciò l’opportunità di concentrare l’attività in maniera uniforme, nel periodo di più elevata tollerabilità per la
maggior parte di esse, evitando qualsiasi prelievo nei periodi di ammissibilità solo parziale. I principi appena
evidenziati sono chiaramente espressi nella “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva
79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici” prodotta dalla Commissione Europea (febbraio 2008),
in particolare nei paragrafi 2.5.4 – 2.7.14.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Per tutti gli uccelli acquatici, inoltre, è da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le
circostanze meteo-climatiche invernali la richiedano, non solo sui terreni effettivamente interessati da neve e gelo
ma anche in una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive
al ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come parametro
di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio. Analoga strategia
gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centro-meridionali, quando
concentrazioni anormalmente elevate di soggetti sulle poche zone allagate possono rendere gli stessi particolarmente
vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici
dovrebbero essere mantenute in acqua durante l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di
diverse specie. La realizzazione di interventi di ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro
localmente consentito in Italia l’insediamento di nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di
importanza nazionale. Tali interventi, se correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente,
anche al di fuori dei pochi ambiti regionali che li hanno sinora sperimentati.
Nel caso di zone che ospitino specie protette e/o prioritarie, in quanto minacciate, la somiglianza con specie
cacciabili (elevata proprio nel caso del Combattente nei confronti del Chiurlottello Numenius tenuirostris)
rende necessaria l’adozione di provvedimenti di divieto generalizzato su tutto il territorio nazionale o nei periodi
durante i quali si verifica la compresenza delle diverse specie.
Alla luce dei dati distributivi, demografici e conservazionistici sopra sintetizzati, e tenendo conto delle modalità
con cui viene esercitato il prelievo venatorio degli uccelli acquatici ai sensi della normativa vigente, un
regime generale di protezione di questa specie, peraltro già adottato nei siti Natura 2000 in virtù del DCM
n. 10 del 4 agosto 2006 e da alcune Regioni nei propri calendari
venatori, risulterebbe appropriato.
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217
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 19
Classe:
Aves
Ordine:
Charadiiformes
Famiglia:
Scolopaci
Specie e autore:
Gallinago gallinago (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
BECCACCINO
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 930.000 coppie.
Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco
del decennio successivo la consistenza si è mantenuta stabile nella maggior parte dell’Europa
orientale (inclusa la Russia, che ospita un nucleo chiave per la conservazione della
popolazione europea) mentre ha mostrato un declino nel resto del continente. La consistenza
complessiva si è quindi ridotta (con un decremento degli effettivi comunque superiore al
10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in declino.
In Italia:
Il Beccaccino nidifica in Italia in modo irregolare e del tutto occasionale (casi recenti
in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna), mentre è presente regolarmente come
migratore e svernante. I contingenti svernanti sono poco concentrati ed occupano sia aree
costiere sia zone umide interne, con maggiore frequenza nell’Italia settentrionale e centrale
sino alla Maremma tosco- laziale.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC 3
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole (in declino)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono applicati in maniera
regolare e sufficientemente esaustiva per quanto concerne la componente svernante delle popolazioni secondo
lo schema adottato da Wetland International e INFS (oggi ISPRA). Non vengono invece realizzati monitoraggi
sistematici relativi alla componente migratrice delle popolazioni.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea. Gli
ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA)
confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale agli inizi di febbraio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e
Spina, 2004).
La gestione venatoria di questa specie, come per gli altri uccelli acquatici, dovrebbe essere realizzata in
maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessità di
garantire sempre l’esistenza di forme idonee di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di
prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalità con cui è consentito il prelievo venatorio (limiti
di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni), appare fondamentale evitare il prelievo o il
semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilità delle popolazioni (migrazione preriproduttiva, periodo di muta e emancipazione dei giovani, ondate di maltempo).
218
218
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
E’ da raccomandare una pronta ed omogenea sospensione della caccia ove le circostanze meteoclimatiche invernali la richiedano, non solo sui terreni effettivamente interessati da neve e gelo ma anche in
una fascia cuscinetto attigua, con estensione del provvedimento ad almeno cinque giornate successive al
ripristino di condizioni termiche normali. Per ragioni pratiche potrebbe essere opportuno utilizzare come
parametro di riferimento una soglia definita di temperatura invece della presenza di neve e/o ghiaccio.
Analoga strategia gestionale è da prevedere nei casi di annate siccitose, almeno nelle regioni centromeridionali, quando concentrazioni anormalmente elevate di soggetti nelle poche zone con idoneo grado di
umidità possono rendere gli stessi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, le zone umide artificiali di
piccola estensione create per la caccia agli uccelli acquatici dovrebbero essere mantenute in acqua durante
l’intero arco dell’anno, favorendo anche la nidificazione di diverse specie. La realizzazione di interventi di
ripristino ambientale, spesso attuate a fini venatori, ha peraltro localmente consentito in Italia l’insediamento di
nuove popolazioni, giunte in pochi anni a livelli anche di importanza nazionale. Tali interventi, se
correttamente svolti, risultano una pratica da raccomandare diffusamente, anche al di fuori dei pochi ambiti
regionali che li hanno sinora sperimentati.
Nel caso di zone che ospitino specie di limicoli protetti e/o di interesse prioritario, in quanto minacciate, la
somiglianza con specie cacciabili (elevata proprio nel caso del Beccaccino nei confronti del Croccolone
Gallinago media) rende necessaria l’adozione di provvedimenti
di divieto generalizzato su porzioni
rappresentative di territorio o nei periodi durante i quali si verifica la compresenza delle
diverse specie. Il problema dell’abbattimento involontario di specie protette potrebbe essere in parte attenuato
qualora si adottassero serie forme di specializzazione dei cacciatori, comprensive di appositi percorsi didattici
ed esami di idoneità; quest’ultima, infatti, non è sufficientemente assicurata dagli attuali meccanismi di
abilitazione alla caccia.
Risulta, infine, urgente dare pratica attuazione, attraverso un apposito strumento normativo, al recepimento
dell’accordo AEWA che, tra le altre azioni, prevede il divieto dell’uso in zone umide di munizioni da caccia
con pallini di piombo, che hanno dimostrato di indurre una mortalità additiva nelle
popolazioni degli uccelli acquatici.
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219
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 20
Classe:
Aves
Ordine:
Charadiiformes
Famiglia:
Scolopaci
Specie e autore:
Scolopax rusticola (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
BECCACCIA
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Allegato II
Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/2
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 1.800.000 coppie.
Tale popolazione ha fatto registrare una generale stabilità tra il 1970 ed il 1990; nell’arco
del decennio successivo, la consistenza si è mantenuta stabile nella maggior parte del
suo areale mentre ha mostrato un declino in alcuni Paesi ed, in particolare, in Russia,
dove è presente il nucleo numericamente più importante. La consistenza complessiva si è
quindi ridotta (con un decremento degli effettivi comunque superiore al 10%) e, pertanto, la
specie è attualmente considerata in declino.
In Italia:
La Beccaccia nidifica in Italia in maniera assai scarsa e localizzata, con presenze più frequenti
nell’area alpina, pre-alpina e dell’Appennino settentrionale. La popolazione è stimata in 50-150
coppie. La specie è migratrice regolare e svernante.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC 3
SPEC:
stato di conservazione sfavorevole (in declino)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
La Beccaccia è al centro di un notevole interesse venatorio in gran parte dei Paesi europei dove è cacciata
principalmente durante la migrazione autunnale, ma in alcuni Paesi dell’est europeo anche in primavera (fino
al 30 aprile); di conseguenza
talune popolazioni sono sottoposte al prelievo venatorio per un
lunghissimo periodo (7-8 mesi). Tuttavia, le statistiche disponibili indicano nella Francia e nell’Italia i
Paesi dell’Unione Europea in cui il carniere annuale risulta largamente più consistente. Il calo delle
popolazioni europee di Beccaccia sarebbe, almeno in parte, imputabile all’elevata pressione venatoria,
esercitata anche nel corso di fasi biologicamente delicate (periodo pre- riproduttivo e momenti critici nel corso
dello svernamento) e alla scomparsa di habitat idonei alla riproduzione ed allo svernamento.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della
Commissione Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 10 gennaio.
In Italia sono soprattutto il protrarsi della stagione venatoria in gennaio (in una fase quindi di maggiore
vulnerabilità soprattutto in presenza di condizioni climatiche avverse, che possono determinare
fenomeni di concentramento in aree ristrette) e l’abbattimento all’aspetto serale (peraltro vietato per legge),
che concorrono a determinare una potenziale minaccia per la conservazione della specie. D’altra parte, in
inverno il manifestarsi di ondate di gelo può indurre massicce perdite tra i giovani e il tasso di
sopravvivenza dei contingenti è influenzato dalla temperatura e dai livelli delle precipitazioni invernali.
220
220
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Non sono disponibili in Italia dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo
informazioni a livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, essi tuttavia vengono applicati in
maniera irregolare e del tutto insufficiente per quanto concerne sia la componente svernante sia quella
migratrice delle popolazioni. Inoltre, i dati sulla struttura della popolazione cacciata, importanti per
verificare il successo riproduttivo e l’influenza del prelievo sulla dinamica, sono raccolti da diverse
associazioni venatorie specializzate e non rispondono ad uno schema omogeneo a livello nazionale.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (in particolare la chiusura al 31 gennaio)
risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per le motivazioni sopra evidenziate.
A livello italiano si dovrebbe contribuire ad una corretta strategia globale di conservazione della specie, con
particolare attenzione alle aree di svernamento (fase di vulnerabilità accentuata). Le misure più significative
che andrebbero adottate sono:
− adozione di uno schema di monitoraggio delle popolazioni standardizzato e sua applicazione in
maniera sufficientemente diffusa;
− monitoraggio dei carnieri;
− definizione di un realistico carniere individuale giornaliero e stagionale;
− chiusura della caccia al 31 dicembre, per evitare che il prelievo insista sulle popolazioni svernanti e localizzate,
nonché su individui indotti a spostamenti per eventi climatici sfavorevoli e debilitati. Si consideri che nelle
aree di svernamento le presenze in gennaio sono consistenti, ad es. le catture delle beccacce nella Tenuta di
Castelporziano sono in media oltre il 20% della quota annuale;
− introduzione di un sistema di sospensione del prelievo in presenza di eventi climatici particolarmente
sfavorevoli alla specie (es. nevicate in periodo di svernamento e/o periodi di gelo protratti), che inducano a
concentrazioni in aree limitrofe;
− prevenzione degli abbattimenti illegali (caccia all’aspetto);
− verifica dell’adeguatezza dell’attuale rete di aree protette per la conservazione della specie.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 21
Classe:
Aves
Ordine:
Columbiformes
Famiglia:
Columbidae
Specie e autore:
Columba palumbus (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
COLOMBACCIO
Convenzione di Berna Non segnalata
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/1, III/1
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 9.000.000 di
coppie. Tale popolazione è rimasta stabile tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio
successivo, invece, la consistenza è aumentata in modo generalizzato, in particolare per le
popolazioni chiave presenti nel Regno Unito ed in Germania. Pertanto, la specie è attualmente
considerata in buono stato di conservazione.
In Italia:
In Italia il Colombaccio nidifica ampiamente, a partire dal comparto alpino e quindi lungo tutta
la penisola e nelle isole maggiori, ma con distribuzione frammentata. Si è verificata una
recente espansione dell’areale ed un incremento della popolazione, più evidente nelle regioni
settentrionali e centrali. E’ stimata una popolazione di 40.000-80.000 coppie. Il
colombaccio migra regolarmente attraverso l’Italia ed è presente anche come svernante, con
una popolazione probabilmente superiore ai 500.000 individui.
Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Nella provincia
di Crotone
Stato di conservazione
E
non-SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi tuttavia non vengono
generalmente applicati, se non in maniera puntiforme e sporadica.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea
che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. L’attuale data di chiusura della
caccia appare invece idonea sotto il profilo biologico e tecnico, tenuto anche conto di considerazioni generali
inerenti l’effetto del prelievo sulle popolazioni nella seconda metà dell’inverno, quando lo stesso tende a
divenire ampiamente additivo rispetto alla mortalità naturale e non sostitutivo.
Nelle Province in cui esistono popolazioni nidificanti sufficientemente abbondanti, il prelievo anticipato al
primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi art.18, comma 2 della Legge
n. 157/92 può essere ritenuto accettabile.
Considerate le tradizionali pratiche venatorie, và ritenuto opportuno consentire l’uso di piccioni domestici
(Columba livia) quale richiamo, non sussistendo particolari problemi di conservazione di questa specie.
Dovrebbero essere infine promosse attività di monitoraggio delle popolazioni nidificanti, migratrici e
svernanti, secondo protocolli standardizzati, e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e l’analisi
delle informazioni sui capi abbattuti.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 22
Classe:
Aves
Ordine:
Columbiformes
Famiglia:
Columbidae
Specie e autore:
Streptopelia turtur (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
TORTORA
Stato giuridico:
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
Nella provincia
di Crotone
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 3.500.000 coppie.
Tale popolazione ha vissuto un moderato declino tra il 1970 ed il 1990; nell’arco del decennio
successivo, la consistenza è rimasta stabile o è aumentata in diversi Paesi (in particolare
nell’Europa centrale) mentre in Spagna, Russia e Turchia (che ospitano nuclei numericamente
consistenti) è diminuita. La consistenza complessiva si è quindi ridotta (con un decremento
degli effettivi comunque superiore al 10%) e, pertanto, la specie è attualmente considerata in
declino.
In Italia la Tortora è specie migratrice e nidificante (estiva) nella penisola, nelle due isole
maggiori ed in alcune delle minori, con una popolazione approssimativamente stimata in
150.000- 300.000 coppie ed un trend complessivo probabilmente stabile. E’ presente anche
come migratore regolare, mentre sporadici e poco significativi risultano i casi di svernamento.
Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e forse anche nidificante , come
rilevato dalla check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
SPEC 3
stato di conservazione sfavorevole (in declino)
Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi tuttavia non vengono
generalmente applicati, se non in maniera puntiforme e sporadica.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
dicembre) è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea e
risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico. Anche il prelievo anticipato al primo di settembre,
nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai sensi dell’art.18, comma 2 della Legge n. 157/92,
può essere ritenuto accettabile.
Dovrebbero essere infine promosse attività di monitoraggio delle popolazioni nidificanti, migratrici e
svernanti, secondo protocolli standardizzati, e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e l’analisi
delle informazioni sui capi abbattuti.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 23
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Alaudidae
Specie e autore:
Alauda arvensis (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
ALLODOLA
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
Nella provincia
di Crotone
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 40.000.000 di
coppie. Tale popolazione ha vissuto un decremento numerico generalizzato tra il 1970
ed il 1990; nel decennio seguente la riduzione degli effettivi è continuata in molte
popolazioni dell’Europa occidentale, mentre le consistenze dei nuclei chiave presenti nelle
regioni orientali sono rimaste stabili, contribuendo a contenere il declino della specie. La
consistenza complessiva attuale appare comunque di gran lunga inferiore al valore stimato
precedentemente alla fase di declino e, pertanto, la specie è considerata depauperata ed in uno
stato di conservazione sfavorevole.
Specie nidificante
in Italia, parzialmente
sedentaria
con una popolazione
approssimativamente stimata in 500.000-1.000.000 di coppie, con un andamento
di
decremento, stabilità o fluttuazione a livello locale. L’Italia viene raggiunta regolarmente da
popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei. Lo svernamento è più
consistente e regolare in aree pianeggianti costiere di Lazio, Campania, Puglia, Basilicata
meridionale, Calabria nord-orientale, Sicilia e Sardegna. Mancano stime numeriche dei
contingenti in transito e in svernamento in Italia per le difficoltà oggettive di rilevamento dei
piccoli passeriformi migratori su ampia scala geografica.
Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
SPEC 3
stato di conservazione sfavorevole (depauperata)
Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Per quanto concerne l’entità del prelievo esercitato in Italia, mancano stime complete e attendibili. A
titolo indicativo, di seguito vengono presentati i dati di carniere, desunti dalla lettura dei tesserini venatori,
forniti all’INFS (oggi ISPRA) da alcune Amministrazioni.
Il numero di soggetti abbattuti varia
considerevolmente da zona a zona, in relazione alle tradizioni venatorie locali ed alle caratteristiche
ambientali più o meno favorevoli al transito e alla sosta della specie. Inoltre diffusi fenomeni di turismo
venatorio portano numerosi cacciatori delle regioni settentrionali a spostarsi in aree dove le condizioni per
esercitare questa forma di caccia risultano particolarmente favorevoli, soprattutto nel centro-sud. Sulla base
delle informazioni disponibili, una stima di almeno 1,5 milioni di allodole abbattute legalmente ogni anno in Italia
può essere ritenuta realistica.
Considerato il comportamento migratorio della specie, che determina, durante la stagione venatoria, la
contemporanea presenza di differenti popolazioni caratterizzate da un diverso stato di conservazione, appare
problematico assicurare la sostenibilità del prelievo nei confronti dell’Allodola seguendo le indicazioni fornite
nel documento “Guida alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva 79/409/CEE” della Commissione
Europea. Ciò anche in relazione alle modalità con cui in Italia è regolamentata la caccia nei confronti di
questa specie e, più in generale, nei confronti dei migratori.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
A tal proposito gli aspetti critici sono:
− elevato numero di cacciatori interessati a questa forma di caccia;
− elevato livello di mobilità dei cacciatori;
− mancanza di adeguate limitazioni di carniere;
− insufficienza dei dati di carniere;
− assenza di programmi di monitoraggio che consentano di definire le popolazioni oggetto di prelievo e di
valutarne lo stato e la dinamica.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre - 31
dicembre) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione
Europea che potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 20 febbraio. Va tuttavia osservato che
ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA)
testimoniano l’inizio della migrazione pre- nuziale agli inizi del mese di febbraio (Andreotti, Serra e Spina,
2004). L’attuale stagione venatoria appare pertanto idonea sotto il profilo biologico e tecnico, tenuto conto
della fenologia della specie nel nostro Paese.
Consentendo il prelievo dell’Allodola si determinano problemi legati alla presenza in Italia di specie protette
simili, difficilmente riconoscibili in natura anche in relazione alle modalità con cui la caccia viene praticata
e alla tendenza di queste specie a formare gruppi misti. Tale circostanza determina il rischio di
abbattimento involontario di alcune specie protette, in particolare la Calandra Melanocorhypha calandra e la
Tottavilla Lullula arborea, caratterizzate da uno stato di conservazione di gran lunga più sfavorevole di quello
della stessa Allodola.
Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni
centro-settentrionali; la cattura di allodole selvatiche da destinare alla funzione di richiamo non può
essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito
solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 24
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Turdidae
Specie e autore:
Turdus merula (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
MERLO
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 40.000.000 di
coppie. Tale popolazione è rimasta numericamente stabile tra il 1970 ed il 1990; nel decennio
successivo, la consistenza ha continuato a rimanere stabile, facendo anche registrare
incrementi in alcuni Paesi, in particolare in Germania, Francia e Italia, che ospitavano
popolazioni già numericamente consistenti. Pertanto, la specie è attualmente considerata in
buono stato di conservazione.
Il Merlo è specie nidificante, parzialmente sedentaria, sulla penisola, in Sardegna, Sicilia e in
numerose isole minori. La popolazione nidificante complessiva è stimata in 2.000.0005.000.000 di coppie, con tendenza alla stabilità o all’incremento locale. L’Italia viene
raggiunta regolarmente da popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi
europei. Mancano stime numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia
per le difficoltà oggettive
di rilevamento
dei Passeriformi migratori su ampia scala
geografica.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
E
non-SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
I dati di carniere ottenuti tramite questionari inviati dall’INFS (oggi ISPRA) a tutti gli uffici caccia regionali mostrano
come il Merlo sia una tra le specie maggiormente cacciate in Italia in termini di numero di capi abbattuti. Benché i dati
acquisiti siano parziali, perché non in tutti gli ambiti di caccia vengono raccolti e analizzati i dati dei tesserini venatori,
risulta un prelievo stimabile in alcuni milioni di individui all’anno. Nella sola provincia di Brescia ogni anno vengono
abbattuti legalmente in media 200.000 merli.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (dalla terza domenica di settembre al 31
dicembre) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea che
potrebbero far prevedere una chiusura posticipata al 10 gennaio. Ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente alla
Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale nella seconda
decade di gennaio (Spina e Serra, 2003). Da un’analisi di dati raccolti ancora più recentemente (al riguardo si vedano
le figure relative all’andamento stagionale delle ricatture di merli inanellati all’estero), l’inizio dei movimenti migratori
pre-riproduttivi degli individui adulti nel nostro Paese appare anticipato a dicembre (agli inizi di dicembre nel caso dei
maschi adulti). Pertanto, l’attuale data di chiusura della caccia risulta idonea sotto il profilo biologico e tecnico.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
In alcuni casi la stagione venatoria viene anticipata ai primi di settembre; visto che nelle prime settimane di
settembre il prelievo viene esercitato pressoché esclusivamente
sulle popolazioni nidificanti, tale
anticipazione dovrebbe essere prevista solo in quelle parti dei territori di ciascuna unità di gestione in cui la
specie risulta abbondante (in generale, i territori collinari e di media montagna). Le modalità con cui la caccia
ai tordi viene praticata rende relativamente elevato il rischio di abbattimenti involontari di specie protette.
Nel caso del Merlo la specie protetta che può essere più facilmente abbattuta per errore è il Merlo dal collare
Turdus torquatus.
Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni
centro-settentrionali; la cattura di merli selvatici da destinare a fungere da richiami non può essere praticata
in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito solo l’utilizzo di
soggetti nati in cattività.
Per quanto riguarda il numero di giornate di caccia si dovrebbero prevedere maggiori precauzioni
nell’autorizzare le giornate aggiuntive nei mesi di ottobre e novembre (comma 6, art. 18, della legge n.
157/92) nelle aree dove il prelievo è particolarmente intenso.
Per garantire la compatibilità del prelievo inoltre dovrebbero essere promosse attività di monitoraggio
delle popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta
e l’analisi delle informazioni sui capi abbattuti.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 25
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Turdidae
Specie e autore:
Turdus pilaris (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
CESENA
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
Nella provincia
di Crotone
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 14.000.000 di
coppie. Tale popolazione è rimasta numericamente stabile tra il 1970 ed il 1990; nel decennio
successivo, la consistenza in Europa e in Russia ha continuato a rimanere stabile o ha fatto
registrare incrementi a livello nazionale. Pertanto, la specie è attualmente considerata in buono
stato di conservazione.
La Cesena è parzialmente sedentaria e nidificante sulle Alpi, ove si stima una popolazione di
5.000-10.000 coppie, tendente all’incremento negli anni ’70-’80 e caratterizzata da una
situazione attuale di stabilità o di fluttuazione a livello locale. L’Italia viene raggiunta da
popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei e dall’Asia centrooccidentale. Mancano stime numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia per
le difficoltà oggettive di rilevamento dei piccoli passeriformi migratori su ampia scala geografica.
Tali contingenti sono estremamente variabili di anno in anno in relazione a fluttuazioni
demografiche delle popolazioni di origine e agli andamenti climatici che influenzano gli
spostamenti migratori della specie.
Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Stato di conservazione
E
non-SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
I dati di carniere ottenuti tramite questionari inviati recentemente dall’INFS (oggi ISPRA) a tutti gli uffici caccia
regionali mostrano come la Cesena sia una tra le specie maggiormente cacciate in Italia in termini di
numero di capi abbattuti. Benché i dati acquisiti siano parziali perché non in tutti gli ambiti di caccia vengono
raccolti e analizzati i dati dei tesserini venatori, risulta un prelievo stimabile in alcuni milioni di individui all’anno.
Nella sola provincia di Brescia ogni anno vengono abbattute legalmente dalle 20.000 alle 250.000 cesene.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre-31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione Europea
che prevederebbero una chiusura anticipata al 10 gennaio. Ulteriori dati raccolti e trasmessi ufficialmente
alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della migrazione pre-nuziale
nella seconda decade di gennaio. Le modalità con cui la caccia ai tordi viene praticata può determinare il
rischio di abbattimenti involontari di specie protette, come la Tordela Turdus viscivorus ed il Merlo dal
collare Turdus torquatus. Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa
soprattutto nelle regioni centro-settentrionali; la cattura di cesene selvatiche da destinare alla funzione di
richiamo non può essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere
consentito solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività. Per quanto riguarda il numero di giornate di caccia si
dovrebbero prevedere maggiori precauzioni nell’autorizzare le giornate aggiuntive nei mesi di ottobre e
novembre (comma 6, art. 18 della legge n. 157/92) nelle aree dove il prelievo è particolarmente intenso. Per
garantire la compatibilità del prelievo inoltre dovrebbero essere promosse attività di monitoraggio delle
popolazioni nidificanti, migratrici e svernanti e dovrebbe essere adeguatamente sviluppata la raccolta e
l’analisi delle informazioni sui capi abbattuti.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 26
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Turdidae
Specie e autore:
Turdus philomelos (C.L. BREHM, 1831)
Nome comune:
Stato giuridico:
TORDO BOTTACCIO
Convenzione di Berna Allegato III
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 20.000.000 di
coppie. Tale popolazione è rimasta numericamente stabile tra il 1970 ed il 1990; nel decennio
successivo si è registrata una riduzione della consistenza della popolazione presente in
Germania, controbilanciata da un incremento registrato per i due nuclei chiave presenti in
Francia e Norvegia. La consistenza complessiva è quindi rimasta stabile e, pertanto, la specie
è attualmente considerata in buono stato di conservazione.
In Italia:
Il Tordo bottaccio è specie nidificante (estiva) sulle Alpi, più scarsa e localizzata sugli Appennini,
parzialmente sedentaria, con una popolazione complessiva stimata in 100.000-300.000
coppie e tendenza alla stabilità o ad incrementi locali. L’Italia viene raggiunta regolarmente
da popolazioni migratrici e svernanti provenienti da altri Paesi europei. Mancano stime
numeriche dei contingenti in transito e in svernamento in Italia per le difficoltà oggettive di
rilevamento dei piccoli passeriformi migratori su ampia scala geografica.
Nel territorio provinciale viene segnalata come migratrice regolare e svernante, come rilevato dalla
check-list degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Nella provincia
di Crotone
Stato di conservazione
E
non-SPEC
SPEC:
stato di conservazione favorevole (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
I dati di carniere ottenuti tramite questionari inviati dall’INFS (oggi ISPRA) a tutti gli uffici caccia regionali
mostrano chiaramente come il Tordo bottaccio sia di gran lunga la specie maggiormente cacciata in Italia
in termini di numero di capi abbattuti. Benché i dati acquisiti siano parziali, perché non in tutti gli ambiti di
caccia vengono raccolti e analizzati i dati dei tesserini venatori, risulta un prelievo stimabile in alcune
decine di milioni di individui all’anno. Nella sola provincia di Brescia ogni anno vengono abbattuti legalmente
dai 400.000 ai 600.000 tordi bottaccio.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale (terza domenica di settembre al 31
gennaio) non è coincidente con le indicazioni contenute nel documento ORNIS della Commissione
Europea che prevederebbero una chiusura anticipata al 10 gennaio. Va osservato che ulteriori dati raccolti e
trasmessi ufficialmente alla Commissione stessa da parte dell’INFS (oggi ISPRA) confermano l’inizio della
migrazione pre-nuziale nella seconda decade di gennaio (Spina e Serra, 2003, Andreotti, Serra e Spina, 2004).
Le modalità con cui la caccia ai tordi viene praticata rende relativamente elevato il rischio di abbattimenti
involontari di specie protette. Nel caso del Tordo bottaccio la specie protetta che può essere più facilmente
abbattuta per errore è la Tordela Turdus viscivorus.
Altre problematiche gestionali sono legate all’utilizzo dei richiami vivi, pratica diffusa soprattutto nelle regioni
centro-settentrionali; la cattura di tordi bottaccio selvatici da destinare alla funzione di richiamo non può
essere praticata in sintonia con la vigente normativa comunitaria e pertanto dovrebbe essere consentito
solo l’utilizzo di soggetti nati in cattività.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 27
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Corvidae
Specie e autore:
Garrulus glandarius
(LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
GHIANDAIA
Convenzione di Berna Non segnalata
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
In Italia:
Nella provincia
di Crotone
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 6.000.000 di
coppie. Tale popolazione è rimasta stabile tra il 1970 ed il 1990; sebbene nel decennio
seguente si sia verificato un declino in alcuni paesi, la popolazione europea nel suo
complesso, compresi gli importanti nuclei presenti in Francia, Russia e Turchia, è rimasta
stabile o è aumentata. Pertanto, la specie è attualmente considerata in buono stato di
conservazione.
Specie sedentaria ampiamente distribuita su tutto il territorio nazionale, tranne che nelle pianure
intensamente coltivate, nelle parti più elevate della catena alpina e nel Salento. La specie ha
mostrato recentemente un ampliamento dell’areale in diverse situazioni locali con un
conseguente incremento delle popolazioni.
Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
Stato di conservazione
non-SPEC
SPEC:
Buono stato di conservazione (sicura)
Status
IUCN Red List Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. Il prelievo venatorio risulta relativamente
modesto ed in generale non sembra incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo della
specie, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono attuate da poche
amministrazioni ed in maniera assai localizzata, pertanto non sono in grado di condizionare la consistenza e la
dinamica delle popolazioni.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo maniera
sporadica e localizzata.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico
e tecnico; il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai
sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto accettabile.
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230
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 28
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Corvidae
Specie e autore:
Pica pica (LINNEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
GAZZA
Convenzione di Berna Non segnalata
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 7.500.000 di
coppie. Tale popolazione ha vissuto un incremento numerico tra il 1970 ed il 1990; sebbene
nel decennio seguente la maggior parte delle popolazioni europee, compresa quella
numericamente più consistente presente in Turchia, sia rimasta stabile o sia aumentata quelle
presenti in Francia ed in Russia hanno mostrato una forte flessione e la consistenza della
specie è complessivamente diminuita in tutto l’areale. Tuttavia, questa recente contrazione è
ancora controbilanciato dagli incrementi precedenti e di conseguenza, la specie è attualmente
considerata in buono stato di conservazione.
In Italia:
Specie sedentaria, ampiamente distribuita su tutto il territorio nazionale, tranne che nelle parti
più elevate delle catene alpina e appenninica ed in Sardegna. La specie ha mostrato
recentemente un ampliamento dell’areale in diverse situazioni locali ed un pressoché
generalizzato incremento delle popolazioni.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
non-SPEC
Buono stato di conservazione (sicura)
Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. Il prelievo venatorio risulta complessivamente
modesto ed in generale non sembra in grado di incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo
della specie, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono in grado di
condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni solo in casi limitati, ove si concentrano in maniera
intensa su aree di piccole dimensioni.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in
relativamente poche realtà locali. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta
accettabile sotto il profilo biologico e tecnico; il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da
appostamento fisso o temporaneo, ai sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto
accettabile.
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231
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 29
Classe:
Aves
Ordine:
Passeriformes
Famiglia:
Corvidae
Specie e autore:
Corvus corone
Nome comune:
Stato giuridico:
(LINNAEUS, 1758)
CORNACCHIA NERA E GRIGIA corone e Corvus
Convenzione di Berna Non segnalata
Convenzione di Bonn Non segnalata
Direttiva Uccelli Allegato II/2.
Distribuzione e popolazione
Globale e in
Europa:
La consistenza della popolazione nidificante in Europa è stimata in oltre 7.000.000 di
coppie. Tale popolazione ha vissuto un ampio incremento numerico tra il 1970 ed il
1990; sebbene nel decennio seguente la specie abbia mostrato un declino in un certo numero
di Paesi, la consistenza di alcune popolazioni chiave, quali quelle presenti nel Regno Unito ed
in Turchia, è rimasta stabile o è aumentata. La consistenza attuale è ritenuta stabile e, pur
mancando informazioni sull’andamento recente della popolazione presente in Russia,
la specie è considerata in buono stato di conservazione.
In Italia:
Specie sedentaria, ampiamente distribuita su tutto il territorio nazionale. Sulle Alpi è presente
la cornacchia nera Corvus corone, mentre nel resto della penisola, con l’eccezione del Salento,
e sulle isole si trova la forma grigia Corvus corone cornix. Quest’ultima ha mostrato
recentemente un ampliamento dell’areale in diverse situazioni locali ed un pressoché
generalizzato incremento delle popolazioni.
Nella provincia Nel territorio provinciale viene segnalata come sedentaria e nidificante, come rilevato dalla checklist degli uccelli della ZPS Marchesato–Fiume Neto .
di Crotone
Stato di conservazione
SPEC:
Status
IUCN Red List
non-SPEC
Buono stato di conservazione (sicura)
Non segnalata
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. Il prelievo venatorio risulta complessivamente
modesto ed in generale non sembra in grado di incidere sulla dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo
della specie, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19 della Legge n. 157/92, sono in grado di
condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni solo in casi limitati, ove si concentrano in maniera
intensa su aree di piccole dimensioni.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in
relativamente poche realtà locali.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico
e tecnico; il prelievo anticipato al primo di settembre, nella modalità da appostamento fisso o temporaneo, ai
sensi art.18, comma 2 della Legge n. 157/92 può essere ritenuto accettabile.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.2.7 Mammalofauna
Per lo studio della mammalofauna ci si è dovuti limitare ai monitoraggi effettuati per la
redazione del piano di gestione della ZPS, ai dati di provenienza dei CRAS (già riportati nei
capitoli precedenti), ai dati dei carnieri per l’anno 2008/2009 ed alle notizie provenienti dalle
fonti bibliografiche.
La check list, redatta per il piano di gestione della ZPS “Marchesato-fiume Neto”, delle specie
di Mammiferi è tratta da fonti bibliografiche e da osservazioni, per l’ordine Carnivora, in
particolare per il lupo, i dati ufficiali riguardano due individui recuperati dal corpo forestale nei
comuni di Belvedere Spinello e S. Nicola dell’alto tra il 1988 e il 1996 e diversi individui
oggetto di bracconaggio nella parte collinare e montana della provincia. L’elenco dei Chiroptera
è tratto da fonti bibliografiche certe sulla chirotterofauna calabrese (Garofano & Costanzo,
2000 in A.A.V.V. CKmap checklist and distribution of the Italian fauna) e a ritrovamenti
(Muscianese, dato inedito); per gli ordini Insectivora e Rodentia sono state consultate le
seguenti fonti bibliografiche: Coll. Dip. Ecologia UNICAL, 1981 - Cagnin, Aloise, 1988 - Cagnin,
Aloise, 1995 - Aloise & Cagnin, 1999 - in A.A.V.V. CKmap checklist and distribution of the
Italian fauna; Muscianese, dato inedito.
In totale sono presenti 38 specie di mammiferi appartenenti a 5 classi, di cui 1 d’interesse
comunitario ritenuta prioritaria (Canis lupus*), 7 inserite in allegato II, 12 in allegato IV e 2 in
allegato V della direttiva habitat, 10 in allegato II e 15 in allegato III della Convenzione di
Berna, 8 in allegato II della Convenzione di Bonn, 1 nell’allegato A e 1 nell’allegato B della
Convenzione di Washington.
233
233
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
CHECK LIST DELLA MAMMALOFAUNA OSSERVATA
HABITAT All.IV
x
x
HABITAT All.V
HABITAT All.II
x
BONN All.II
x
BONN All.I
x
CITES All.C
x
CITES All.B
Specie
CITES All. A
famiglia
BERNA All.III
O
r
d
i
n
e
BERNA All.II
Classe
157/92
NELLA ZPS “MARCHESATO – FIUME NETO”
MAMMALIA
CARNIVORA
Canis lupus*
Vulpes volpe
Martes foina
Martes martes
Mustelidae
Meles meles
Mustela nivalis
Mustela putorius
Canidae
ARTIODACTYL
A
CHIROPTERA
Suidae
Rhinolophida
e
Vespertionid
ae
x
x
x
x
x
x
x
x
Sus Scrofa
Rhinolophus
euryale
Rhinolophus
ferrumequinum
Barbastella
barbastellus
Miniopterus
schreibersi
Myotis capaccinii
Myotis myotis
Nyctalus
lasiopterus
Plecotus
austriacus
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
INSECTIVORA
Erinaceus
Erinacid
europaeus
ae
Crocidura leucodon
Soricida
e
x
x
Crocidura
uaveolens
Talpida
e
x
Neomys
anomalus
Sorex minutus
Suncus etruscus
Talpa romana
x
x
x
234
234
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Leporid
ae
Lepre europea e
italica
x
Myocastor coypus
Myocastori
dae
Arvicola terrestris
Microtidae
Microtus (Pytimys)
savii
Apodemus
flavicollis
Apodemus
sylvaticus
Rattus rattus
Muridae
Rattus norvegicus
Mus domesticus
RODENTIA
Hystricidae
Myocsidae
Myocastorid
Sciuridae
Hystrix cristata
Eliomys
quercinus
Muscardinus
avellanarius
Myoxus glis
M. coypus
Sciurus vulgaris
meridionalis
Clethriomys
glareolus
x
x
x
x
x
x
x
X
x
2.2.8.Raccolta dati mammalofauna
I dati dei carnieri ci forniscono indicazioni generiche su cinghiali lepri e volpi.
Riguardo i cinghiali nella campagna venatoria 2008/2009 ne sono stati abbattuti 96.
Campagna venatoria 2008/2009
Elenco Specie
Cinghiale
ATC
Codice
KR1
H
86
ATC KR2
10
N.
Capi
Abbattuti
96
Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca
La presenza di questa specie, in alcuni areali del territorio provinciale, talvolta si è rivelata
problematica, per i danni causati alle colture agrarie, ed in modo particolare ai vigneti, per
come evidenziato nella tabella allegata al cap 2.3.3. a pag 253.
Per ciò che riguarda la volpe si può dire che questa specie è diffusa in tutta la provincia di
Crotone, e si segnalano spesso danni provocati dalla sua attività predatrice. Il calo di interesse
venatorio per questo carnivoro, ha contribuito all’aumento della popolazione ed alla sua
235
235
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
diffusione in tutti gli areali provinciali con conseguenti squilibri. Pertanto sarebbe necessario un
contenimento della specie soprattutto nelle Zone di Ripopolamento e Cattura e prima delle
immissioni di selvaggina.
I dati riferiti ai carnieri dell’ultima campagna venatoria sono i seguenti
Campagna venatoria 2008/2009
Elenco Specie
Volpe
Codice
V
ATC
KR1
15
ATC KR2
41
N.
Capi
Abbattuti
56
Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca
A differenza della volpe, la lepre, è una specie di grande interesse venatorio. L’abbandono
dell’attività agricola e della pastorizia in molte aree della provincia, ed il conseguente
inselvatichimento di questi areali e la carenza di pabulum, unito alla presenza di numerosi
predatori, ha creato condizioni sfavorevoli all’aumento della popolazione ed alla sua
espansione, e nonostante i 2000 capi immessi nel triennio 2003/2006, il numero degli
abbattimenti e la sua presenza non è soddisfacente.
Campagna venatoria 2008/2009
Elenco Specie
Lepre Comune
Codice
L
ATC
KR1
11
ATC KR2
23
N.
Capi
Abbattuti
34
Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca
Per il daino ed il capriolo, specie presenti nella Presila Crotonese, non abbiamo dati circa la
consistenza della popolazione e l’esatta mappatura. Si può solo affermare che l’areale di
presenza è quello interessato al Parco Nazionale della Sila.
Con riferimento agli ungulati non si hanno notizie circa la popolazione esistente, la sua
distribuzione e la consistenza media per specie
236
236
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 30
Classe:
Mammalia
Ordine:
Lagomorpha
Famiglia:
Leporidae
Specie e autore:
Lepus europaeus (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
LEPRE COMUNE o EUROPEA
Convenzione di Berna Allegato III
Direttiva Habitat Non segnalata
Distribuzione e popolazione
In Italia:
Nell'Italia peninsulare la Lepre comune è oggi presente in tutte le province, anche
in conseguenza dei costanti ripopolamenti venatori, mentre manca in Sicilia e
Sardegna. Una ricostruzione dell’areale storico della Lepre comune è stata tentata utilizzando
reperti museali costituiti da esemplari raccolti prima dell’inizio dei massicci ripopolamenti
artificiali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni.
Negli ultimi cinquant’anni la situazione complessiva della specie è stata caratterizzata da
una graduale diminuzione degli effettivi, come d’altronde è avvenuto in diversi altri Paesi
europei. Le cause del declino sono molteplici, tra queste si citano le modificazioni qualiquantitative degli ambienti idonei (moderni criteri di coltivazione, aumentato grado di
antropizzazione del territorio, abbandono delle coltivazioni nelle aree interne marginali), il
considerevole aumento della pressione venatoria verificatosi fino alla metà degli anni
Ottanta del Secolo scorso e la diffusione dell’European Brown Hare Syndrome (E.B.H.S.).
Localmente anche l’aumento di taluni predatori e del randagismo canino può avere favorito
tale declino. Dopo i primi anni Novanta del Secolo scorso si è osservata una fase di
assestamento ed in seguito, una tendenza alla ripresa delle popolazioni. Così come la riduzione
delle popolazioni di Lepre europea era avvenuta in maniera assai differenziata sul territorio
italiano, anche la ripresa è apparsa più pronta laddove si sono conservate condizioni
ambientali idonee e soprattutto nuclei soddisfacenti di popolazioni autoctone (ad es. entro
le zone di ripopolamento e cattura, concentrate in particolare nelle aree protette dell’Italia
centro-settentrionale). Al contrario, nelle zone marginali per la specie, come quelle montane
e quelle dell’Italia centrale e meridionale, la sua condizione appare tuttora precaria.
Lo stato di conservazione della Lepre europea sul territorio è quindi molto variabile e
risente anche degli effetti della prassi gestionale che è spesso basata su prelievi non
commisurati allo stato delle popolazioni locali e sul ripopolamento artificiale.
Nella provincia Nella provincia viene segnalata la presenza, così come rilevato dalla check-list della
mammalofauna ed alle ripetute immissioni di capi da ripopolamento faunistico.
di Crotone
Stato di conservazione
IUCN Red List
Least Concern
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
237
237
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
La Lepre comune o Lepre europea, è inserita nell’Allegato III della Convenzione Berna (specie protette per le
quali è ammesso l’eventuale sfruttamento delle popolazioni in modo regolamentato).
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile. I metodi di stima delle popolazioni sono ben
conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in relativamente poche realtà locali.
Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e
tecnico per quanto concerne la data di apertura, che andrebbe posticipata almeno agli inizi del mese di ottobre,
quando è in gran parte completato il periodo riproduttivo (le ultime nascite si verificano nella prima decade di
ottobre).
Le consuete e massicce operazioni di ripopolamento eseguite senza la necessaria programmazione, ma
soprattutto senza alcuna forma di verifica oggettiva dei risultati conseguiti, hanno indotto nel mondo venatorio
eccessive aspettative rispetto all’efficacia di questo delicato strumento gestionale. Si deve rimarcare il fatto che
ormai le numerose prove sperimentali di ripopolamento dimostrano chiaramente come le lepri sottoposte ad
importanti cambiamenti ambientali accrescono il loro già elevato grado di vulnerabilità (tasso annuale di
sopravvivenza prossimo al 50%),anche quando la traslocazione avviene fra zone simili, dal punto di vista
ecologico, e nel volgere di poche ore. In particolare tassi medi di sopravvivenza inferiori al 20% si osservano
con lepri di allevamento e di importazione, mentre quelle di cattura locale (zone di ripopolamento e cattura)
denotano una sopravvivenza relativamente migliore (30-35%). Questi risultati dimostrano chiaramente i forti
limiti insiti nella prassi del ripopolamento artificiale ed un rapporto costi/benefici sostanzialmente sfavorevole.
Tra le conseguenze biologiche insite nell’importazione delle lepri da altri Paesi vi sono la diffusione di nuovi
agenti patogeni e l’introduzione di forme alloctone.
Nelle regioni centro-meridionali della Penisola i ripopolamenti con la Lepre europea, oltre a rappresentare una
potenziale minaccia per la conservazione delle residue popolazioni di Lepre italica (soprattutto per la diffusione
di patologie comuni), incontrano ulteriori difficoltà legate al clima di tipo mediterraneo. Questa specie è, infatti,
meglio adattata agli ambienti a clima temperato. A regime, sussiste quindi la necessità di adottare anche per
questa specie un approccio gestionale fondato sui criteri della sostenibilità del prelievo venatorio, affinché lo
stesso venga rapportato alla produttività naturale delle popolazioni. Interventi di miglioramento ambientale
possono contribuire in modo significativo alla riuscita di una prassi gestionale tecnicamente corretta. Un
ulteriore punto critico è rappresentato dall’esigenza di creare condizioni di minor rischio epidemiologico rispetto
all’E.B.H.S.. Questa grave patologia virale riconosce, infatti, nelle basse densità di popolazione le condizioni
demografiche più rischiose. Infatti, popolazioni con densità primaverili inferiori a 7-8 esemplari/Km2 sono
soggette ad un elevato rischio di mortalità (soprattutto a carico dei giovani), popolazioni con densità comprese
tra 8 e 15 esemplari/Km2 sono a rischio moderato, mentre quelle con oltre 15 esemplari/Km2 risultano
relativamente meno minacciate. In una fase di transizione, per la gestione della Lepre europea appare sempre
più importante la
presenza sul territorio di un’idonea rete di zone di ripopolamento e cattura o aree assimilabili, in grado di
ospitare popolazioni vitali della specie e di realizzare, per dispersione, un naturale ripopolamento dei territori
circostanti. Allo stato attuale, quest’ultimo fattore si rivela il vero punto di forza degli Ambiti Territoriali di Caccia
nell’Italia centro-settentrionale.
238
238
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 31
Classe:
Mammalia
Ordine:
Carnivora
Famiglia:
Canidae
Specie e autore:
Vulpes vulpes (LINNAEUS, 1758)
Nome comune:
Stato giuridico:
VOLPE
Convenzione di Berna Non segnalata
Direttiva Habitat Non segnalata
Distribuzione e popolazione
In Italia:
La specie è presente su tutto il territorio nazionale, sia pure con densità assai variabili, in una
vastissima gamma di ambienti e fasce altitudinali. Si è assistito ad una recente espansione
dell’areale anche in aree di pianura intensamente coltivate ed addirittura in ambienti
periurbani.
Le densità più basse si riscontrano negli orizzonti alpini, dove le risorse alimentari sono minori
e disperse in modo relativamente uniforme; in questi casi, i territori individuali sono assai
estesi (molte centinaia di ettari). Negli agro-ecosistemi tradizionali, dove esiste una grande
eterogeneità ambientale ed una distribuzione disomogenea delle risorse, si trovano le densità
più elevate ed i territori individuali meno estesi (alcune decine di ettari).
Specie autoctona presente con la forma Vulpes vulpes crucigera nella penisola e nelle isole
maggiori ad eccezione della Sardegna, dove è sostituita da Vulpes vulpes ichnusae. Benché
non esistano dati raccolti in maniera omogenea e con sistematicità sulla consistenza
della specie in Italia, essa sembra essere generalmente abbondante e non presenta
particolari
problemi di conservazione. Le popolazioni di Volpe sono periodicamente localmente decimate
da malattie infettive tra cui la rogna sarcoptica; gli effetti di questi eventi hanno comunque una
durata limitata nel tempo, in quanto le capacità riproduttive della specie consentono un rapido
recupero numerico.
Nella provincia Nella provincia viene segnala la presenza in tutto il territorio, così come rilevato dalla check-list
della mammalofauna .
di Crotone
Stato di conservazione
IUCN Red List
Least Concern
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Non sono disponibili dati dei carnieri realizzati nel complesso del territorio cacciabile, ma solo informazioni a
livello locale caratterizzate da un grado di qualità molto variabile.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili, ma vengono applicati solo in
relativamente poche realtà locali e sono finalizzati a modulare le attività di controllo numerico piuttosto che il
prelievo venatorio. Il periodo di caccia attualmente previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile
sotto il profilo biologico e tecnico.
Il prelievo venatorio risulta complessivamente modesto ed in generale non sembra in grado di incidere sulla
dinamica delle popolazioni. Le attività di controllo della Volpe, condotte dagli enti gestori ai sensi dell’art. 19
della Legge n. 157/92, sono in grado di condizionare la consistenza e la dinamica delle popolazioni solo in
casi limitati, ove si concentrano in maniera intensa e su aree di piccole dimensioni.
239
239
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 32
Classe:
Mammalia
Ordine:
Artiodactyla
Suidae
Famiglia:
Specie e autore:
Nome comune:
Stato giuridico:
Sus scrofa (LINNAEUS, 1758)
CINGHIALE
Convenzione di Berna Non segnalata
Direttiva Habitat Non segnalata
Distribuzione e popolazione
In Italia:
Il Cinghiale è oggi l'Ungulato più diffuso in Italia, sia in termini distributivi che di consistenza. La
specie è presente, senza soluzione di continuità, dalla Liguria, attraverso gli Appennini,
sino alla Calabria, ad eccezione delle province pugliesi di Brindisi e Lecce, e in tutta la
Sardegna. In Sicilia la presenza della specie, frutto di recenti immissioni, non è ancora del
tutto consolidata. Nel settore alpino e prealpino la specie si distribuisce in maniera continua
nel settore occidentale mentre nella porzione centrale ed orientale presenta ancora un areale
discontinuo e ripartito in unità territoriali relativamente piccole.
L’origine delle popolazioni di Cinghiale, come pure la sistematica delle due sottospecie ritenute
ancora presenti in Italia, non sono ancora completamente chiare. La forma autoctona delle
regioni settentrionali italiane scomparve prima che potesse essere caratterizzata dal punto di
vista sistematico, mentre carenti risultano le informazioni disponibili sull'origine di Sus scrofa
meridionalis e Sus scrofa majori, formalmente presenti rispettivamente in Sardegna e Maremma.
Recenti studi genetici e di morfometria hanno evidenziato la sostanziale similitudine tra la
popolazione maremmana e le altre presenti nella restante parte della penisola (Sus scrofa
). La sottospecie presente in Sardegna sembra invece differenziarsi, morfologicamente e
geneticamente, facendo ipotizzare una sua origine da suini domestici anticamente inselvatichiti.
Un ulteriore elemento di complessità nella definizione dell’origine della specie in Italia è
fornito dalle massicce introduzioni di cinghiali operate in diverse regioni dagli inizi degli anni
’50, dapprima utilizzando esemplari catturati all'estero e, successivamente, animali prodotti in
allevamenti. Ciò ha creato problemi di incrocio tra sottospecie differenti e di ibridazione con
le forme domestiche, che hanno determinato la scomparsa dalla quasi totalità del territorio
della forma autoctona peninsulare.
Nel 2005, la stima approssimativa della consistenza della popolazione italiana era di
almeno 600.000 individui; tale valore è, in ogni caso, da ritenersi indicativo, dal momento
che dati sulla consistenza delle popolazioni sono del tutto carenti. E’ tuttavia evidente che
negli ultimi trent’anni l’areale della specie si è più che quintuplicato e che essa mostra una
capacità di veloce colonizzazione di nuovi territori. Un simile trend è in certa misura ipotizzabile
anche per quanto concerne la consistenza complessiva della popolazione.
Nella provincia Nella provincia viene segnala la presenza in tutto il territorio, così come rilevato dalla check-list
della mammalofauna e dalle richieste di indennità per i danni provocati.
di Crotone
Stato di conservazione
IUCN Red List
Least Concern
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Attualmente il Cinghiale è prelevata in tutte le province (93) in cui è presente, sia attraverso la normale attività
venatoria, sia in esecuzione di piani di controllo delle popolazioni. Nella stagione venatoria 2004-2005 si è
assistito ad un sensibile e diffuso incremento del prelievo. Il carniere realizzato nel complesso del territorio
cacciabile per la stagione 2004-2005 assomma a 114.831 capi, con un evidente aumento rispetto alla
stagione 1999-2000 (93.045 capi). Va tuttavia evidenziato che i dati di prelievo appena citati debbono essere
considerati largamente approssimati per difetto poiché il tipo di gestione a cui la specie è sottoposta non ne
consente la raccolta sistematica, omogenea e continuata nel tempo.
240
240
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
La stima di popolazione nel Cinghiale pone diversi problemi metodologici ed applicativi. In generale, il metodo
che presenta il miglior rapporto costi/benefici è rappresentato dall’analisi comparata degli indici cinegetici
e di quelli di fertilità, ottenuti attraverso l’esame dei tratti riproduttivi delle femmine abbattute. Dettagliate
linee guida in questo senso sono state proposte dall’INFS (oggi ISPRA), ma non sono state trasferite
nella pratica gestionale se non in maniera del tutto localizzata ed episodica.
Il periodo di caccia previsto dalla normativa nazionale risulta accettabile sotto il profilo biologico e tecnico
per questa specie, se la caccia viene praticata in battuta o braccata. Nel caso degli abbattimenti attuati
con metodi selettivi, vi è la possibilità di concedere periodi di caccia diversi da parte delle Regioni
attraverso il dispositivo dell’art 11 quaterdecies della Legge n. 248 del 2005. La stagione venatoria suggerita
dall’INFS (oggi ISPRA) per la caccia di selezione al Cinghiale prevede tempi differenziati in funzione delle
classi sociali, con il rispetto totale delle femmine adulte nel periodo che va da febbraio a settembre.
Uno dei problemi più rilevanti connessi alla gestione della specie è la carenza di informazioni relative alla
consistenza e dinamica delle popolazioni. Tale circostanza è favorita dalla modalità di gestione venatoria della
specie che nella maggior parte dei casi non si basa su piani di abbattimento quantitativi e qualitativi, frutto
di stime annuali (come per gli altri Ungulati), né, in generale, su una programmazione degli interventi. La
forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, ha dimostrato di causare una
destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da una innaturale prevalenza delle classi giovanili, cha ha
come conseguenza anche un sensibile aumento dei danni alle colture. Essa inoltre arreca un indesiderabile
disturbo ad altri elementi della fauna selvatica, in particolare ai Cervidi.
In questi ultimi anni il Cinghiale ha assunto un'importanza venatoria progressivamente crescente con notevoli
conseguenze dirette e indirette, sia sul piano faunistico sia su quello gestionale. Se da un lato la gestione
venatoria tende a massimizzare le presenze della specie sul territorio ed è responsabile di operazioni
di immissione criticabili sotto il profilo tecnico e biologico, l'impatto che il cinghiale è in grado di
esercitare sulle attività agricole e su altri elementi della zoocenosi impone in molti casi la necessità di
controllare la densità delle sue popolazioni per mantenerla entro livelli economicamente accettabili. Tale
paradosso trova il suo culmine nella parte centro-meridionale del Paese, dove anche in tempi recenti alcune
amministrazioni pubbliche hanno autorizzato, se non addirittura attuato direttamente, immissioni di cinghiali a
scopo di "ripopolamento". Le immissioni comportano un elevato rischio di introduzione e diffusione di
alcune malattie, quali la tubercolosi e, soprattutto, la peste suina, in grado di creare rischi sanitari e causare
gravi danni economici al comparto suinicolo a causa delle restrizioni commerciali imposte dalla Comunità
Europea. La specie è dunque al centro di interessi contrastanti che da un lato tendono a favorirne la
presenza, dall’altro ad escluderla dalle aree agricole più sensibili al danneggiamento, per il cui risarcimento
vengono erogate dalle Amministrazioni ingenti somme di denaro.
La strategia gestionale suggerita dall’INFS (oggi ISPRA) con le già citate linee guida, e basata sulla
definizione di densità obiettivo differenziate per tipologie di uso agricolo del territorio, sulla stima quantitativa
delle popolazioni e degli incrementi annuali previsti e sull’adozione di tecniche di prelievo differenziate e
complementari, non è stata di fatto applicata dagli enti gestori.
241
241
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 33
Classe:
Mammalia
Ordine:
Artiodactyla
Cervidae
Famiglia:
Specie e autore:
Nome comune:
Stato giuridico:
Dama dama (LINNAEUS, 1758)
DAINO
Convenzione di Berna Allegato III
Direttiva Habitat Non segnalata
Distribuzione e popolazione
In Italia:
Le popolazioni italiane hanno subito nel tempo un’elevata manipolazione che ha
generato estinzioni a livello locale e creazione di nuovi nuclei. L’areale di distribuzione
risulta, pertanto, frammentato e le popolazioni appaiono fra loro isolate. Le aree a più
ampia distribuzione si concentrano in Toscana, Umbria, sull’Appennino tosco-romagnolo
e nella zona compresa tra l’Appennino ligure e la provincia di Alessandria e Pavia. La
specie risulta invece assente dall’arco alpino italiano, se si esclude la popolazione della foresta
del Cansiglio (BL, TV, PN). Al Sud il Daino è segnalato nell’area del Gargano (Foggia), in
Basilicata (dove è stato immesso un certo numero di capi all’inizio degli anni 2000) e in Calabria,
in cui si segnalano tre piccoli nuclei originati da fughe da recinti nei Parchi della Sila e del
Pollino e nell’area al confine tra le province di Reggio-Calabria, Vibo Valentia e Cosenza.
In Sicilia la specie è stata introdotta e oggi conta su una popolazione di almeno 500 individui.
In Sardegna, il Daino, reintrodotto recentemente dopo l’estinzione avvenuta negli anni ’60 del
secolo scorso, è presente in aree di estensione complessiva pari a circa 18.000 ettari.
L'areale originario di Dama dama si colloca nella porzione più orientale del bacino
del Mediterraneo. La specie presenta pertanto, in Europa ed in Italia, una distribuzione
attuale quasi completamente artificiale e deve essere considerata un’entità alloctona.
L’origine delle popolazioni italiane è sconosciuta; alcuni autori la fanno risalire ad
introduzioni attuate nel Neolitico, mentre la specie era sicuramente presente in Italia nel
Medioevo. Le popolazioni italiane più antiche potrebbero essere quelle di San Rossore (dal XIV
secolo) e di Castelporziano (dall’XI secolo).
La popolazione italiana di Daino consta di 20.966 esemplari (stima aggiornata al 2005). Nel
complesso non si evidenziano variazioni di rilievo rispetto al 2000 ad eccezione dei dati riferiti
all’area dell’Appennino centro-meridionale e delle isole, dove la consistenza appare quasi
raddoppiata. Una sensibile diminuzione delle consistenze si evidenzia invece in Toscana (22%) dove si concentrano più della metà dei capi stimati sul territorio nazionale.
Nella provincia Nella provincia viene segnala la presenza nella fascia pre silana proprio nei territori confinanti con
il Parco Nazionale della Sila . Pertanto si può desumere che possono essere capi provenienti dalle
di Crotone
fughe dai recinti del Parco Nazionale della Sila in località Fossiata.
Stato di conservazione
IUCN Red List
Least Concern
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
Attualmente il Daino è oggetto di attività venatoria in 21 province delle 47 in cui è presente, mentre in
alcune altre è sottoposto ad attività di controllo numerico mediante abbattimenti selettivi e/o catture. Nella
stagione venatoria 2004-2005 si è assistito ad un sensibile e diffuso incremento del prelievo: il carniere
realizzato nel complesso del territorio cacciabile assomma a 4.424 capi, con un aumento rispetto alla
stagione 1999-2000 (2.500 capi) del 77%.
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono generalmente applicati,
anche se in maniera non omogenea per quanto concerne le tecniche utilizzate e la copertura del territorio nelle
diverse unità territoriali di gestione.
242
242
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Il periodo di caccia previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per
questa specie, se la stessa viene cacciata con metodi selettivi. La possibilità di concedere periodi di caccia
diversi da parte delle Regioni è stata introdotta dall’art 11 quaterdecies della Legge n. 248 del 2005. La stagione
venatoria suggerita dall’ISPRA prevede tempi differenziati in funzione delle classi sociali con limiti massimi che
vanno dal 1° novembre al 15 marzo.
A causa dell'elevato livello di socialità e della plasticità trofica il Daino presenta una limitata capacità di
2
dispersione e può raggiungere localmente densità estremamente elevate (oltre 30 capi/Km ), con
conseguenti danni di entità consistente al soprassuolo boschivo. In considerazione dell’origine alloctona
della specie e della possibilità che la sua diffusione determini fenomeni di competizione con i Cervidi
autoctoni (Cervo e Capriolo) rispetto ai quali risulta vincente, i suggerimenti forniti dall’ISPRA prevedono una
generale adozione di interventi atti a limitarne l’ampliamento dell’areale. Per quanto attiene le popolazioni
esistenti, nelle aree in cui esse risultino ben consolidate e non si rilevino particolari problemi di
competizione, la specie può essere gestita in maniera sostenibile e con l’obiettivo di mantenere corretti
valori di densità e struttura di popolazione, favorendo al contempo il “congelamento” dell’area occupata; per
quanto riguarda i nuclei di recente formazione è invece auspicabile la rimozione totale.
243
243
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
PROVINCIA DI CROTONE
Specie Faunistiche oggetto di prelievo venatorio
SCHEDA FAUNA N° 34
Classe:
Mammalia
Ordine:
Artiodactyla
Cervidae
Famiglia:
Specie e autore:
Nome comune:
Stato giuridico:
Capreolus capreolus (LINNAEUS, 1758)
CAPRIOLO
Convenzione di Berna Allegato III
Direttiva Habitat Non segnalata
Distribuzione e popolazione
In Italia:
Nella provincia
di Crotone
La presenza della specie in Italia si ripartisce in due grandi sub areali: il primo interessa
l’arco alpino – in cui il Capriolo ha occupato pressoché completamente tutte le aree
potenzialmente idonee - e l’Appennino ligure e lombardo fino alle province di Genova, Pavia e
Piacenza; il secondo riguarda la dorsale appenninica centrale, dalle province di Parma e Massa
Carrara sino a quelle dell’Aquila e di Pescara. Nell’Italia Meridionale la specie è presente
in piccoli nuclei pressoché isolati che rappresentano in alcuni casi i residui di una
passata più ampia distribuzione, in altri il frutto di reintroduzioni avvenute nel corso degli
ultimi quarant’anni.
Le popolazioni italiane di Capriolo sono il frutto di una sinergia di processi che, a partire
dalla seconda metà del ventesimo secolo, hanno generato l’incremento delle popolazioni e
l’ampliamento dell’areale occupato. La ricolonizzazione spontanea da nuclei residui della
penisola unitamente a fenomeni di immigrazione naturale dall’Europa centrale hanno
contribuito fortemente alla diffusione della specie sull’arco alpino e nell’Appennino centrosettentrionale. Inoltre, in quasi tutta la penisola, a partire dagli anni ‘60 e fino ad oggi, la specie
è stata oggetto di numerose reintroduzioni che hanno inizialmente utilizzato capi provenienti
dai paesi d’oltralpe, e più recentemente soggetti provenienti da province italiane in cui la specie
è caratterizzata da buone densità.
I caprioli presenti sull’arco alpino e sull’Appennino settentrionale possono dunque essere
attribuiti alla forma nominale Capreouls capreouls. I piccoli nuclei presenti nella Tenuta
Presidenziale di Castelporziano (Lazio), nella Foresta Umbra (Gargano, Puglia), nei
Monti dell’Orsomarso
(Calabria) ed in alcune aree della Toscana sud-occidentale
rappresentano le uniche popolazioni relitte del Capriolo un tempo presente nell’Italia centromeridionale, riconducibile alla sottospecie Capreouls capreouls italicus.
Nel 2005 la consistenza stimata della popolazione di Capriolo italiana ammontava a
425.874 capi, con un incremento rispetto al valore registrato nel 2000 pari al 26%. La
tendenza delle popolazioni è dunque positiva, sebbene gli incrementi più pronunciati e
trainanti siano localizzati in alcune aree dell’Appennino centro-settentrionale e delle Alpi
centro-occidentali. In Trentino Alto Adige ed in Lombardia si è assistito invece ad una recente
flessione delle consistenze. In molte province le densità risultano ancora, in varia misura,
inferiori a quelle potenziali.
Nella provincia viene segnalata la presenza nella fascia pre silana proprio nei territori confinanti
con il Parco Nazionale della Sila .
Stato di conservazione
IUCN Red List
Least Concern
Problemi di conservazione connessi all’attività venatoria
La specie è prelevata in 46 delle 67 province in cui è presente. In tutta l’Italia centro- meridionale, a
partire dal Lazio – con l’eccezione della provincia di Viterbo –, la specie non è oggetto di gestione venatoria. Il
carniere realizzato nel complesso del territorio cacciabile per la stagione 2004- 2005 assomma a 46.507 capi,
con un aumento del 33% rispetto a quanto riscontrato nella stagione 1999-2000 (34.850 capi).
I metodi di stima delle popolazioni sono ben conosciuti e standardizzabili; essi vengono generalmente applicati,
anche se in maniera non omogenea per quanto concerne le tecniche utilizzate e la copertura del territorio, nelle
diverse unità territoriali di gestione.
244
244
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Il periodo di caccia previsto dalla normativa nazionale risulta criticabile sotto il profilo biologico e tecnico per
questa specie, se la stessa viene cacciata con metodi selettivi. La possibilità di concedere periodi di caccia
diversi da parte delle Regioni è stata introdotta dall’art 11 quaterdecies della Legge n. 248 del 2005. La
stagione venatoria suggerita dall’ISPRA prevede tempi differenziati in funzione sia delle classi sociali, sia
della collocazione geografica ed ecologica delle unità territoriali di gestione con limiti massimi che vanno dal
1°giugno al 15 marzo.
Uno dei principali problemi di conservazione legati all’attività venatoria sono il mantenimento della caccia in
braccata in alcune Provincie nord-orientali e sarebbe dunque opportuna una modifica della legge quadro
nazionale che preveda la caccia di selezione come unica forma di prelievo per il Capriolo, così come per gli
altri Ungulati (con la sola eccezione del Cinghiale). Come elemento critico va anche evidenziata la tendenza,
ancora relativamente diffusa anche ove viene praticata la caccia di selezione, a prelevare preferenzialmente la
classe maschile.
In diversi casi infine la gestione venatoria della specie sembra condizionata dalla mancata applicazione di una
corretta e scrupolosa stima delle popolazioni, nonché dalle richieste del mondo venatorio ed agricolo, che
orientano le decisioni degli enti gestori indipendentemente da valutazioni oggettive sullo status e la dinamica
delle popolazioni locali.
245
245
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.3 - Assetto sociale
2.3.1 Caratterizzazione della popolazione venatoria
Dall’andamento, riscontrabile nella successiva tabella, del numero di cacciatori residenti nella
Provincia di Crotone si registra una legger trand negativo negli ultimi 8 anni, infatti si passa da
un totale n°1690 cacciatori della stagione venatoria
2001/2002 agli attuali 1650 con una
riduzione di 40 unità.
Numero di cacciatori residenti nella Provincia di Crotone
STAG. VEN.
ATC KR 1
ATC KR2
TOTALE
2001/2002
787
903
1690
2002/2003
587
821
1408
2003/2004
662
531
1193
2004/2005
606
559
1165
2005/2006
764
901
1665
2006/2007
466
524
990
2007/2008
803
856
1659
2008/2009
794
856
1650
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
Entrando nei singoli ATC,così come evidenziato nella tabella precedente,il numero è in leggero
aumento nell’ATC KR1 e in leggera diminuzione nell’ATC Kr2 .
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
ATC KR 1
ATC KR2
TOTALE
20
01
/2
00
2
20
02
/2
00
3
20
03
/2
00
4
20
04
/2
00
5
20
05
/2
00
6
20
06
/2
00
7
20
07
/2
00
8
20
08
/2
00
9
numero
Cacciatori residenti nella Provincia di Crotone
stagione venatoria
Nelle tabelle successive sono riportate le autorizzazioni rilasciate ai cacciatori non residenti,
per stagione, ed a quelli residenti in altro ATC. E’ stato sempre rispettato il limite di n° 120
cacciatori giornalieri non residenti La tendenza risulta in negativo .
246
246
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Numero di cacciatori non residenti nell’ATC KR1 e KR2
STAG. VEN.
ATC KR 1
ATC KR 2
TOTALE
1999/2000
363
459
822
2000/2001
341
444
785
2001/2002
596
613
1209
2002/2003
530
544
1074
2003/2004
252
338
590
2004/2005
278
333
611
2005/2006
339
300
639
2006/2007
289
292
581
2007/2008
350
356
706
2008/2009
298
360
658
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
Numero di cacciatori non residenti per stagione venatoria nell’ATC KR1
NON
RESIDENTI
* RESIDENTI
STAG. VEN.
Nella provincia
Nell’ATC KR2
TOTALE
1999/2000
322
41
363
2000/2001
320
21
341
2001/2002
583
13
596
2002/2003
516
14
530
2003/2004
246
6
252
2004/2005
272
6
278
2005/2006
255
84
339
2006/2007
212
77
289
2007/2008
243
107
350
2008/2009
260
38
298
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
Numero di cacciatori non residenti per stagione venatoria nell’ATC KR2
NON
RESIDENTI
* RESIDENTI
STAG. VEN.
nell’ATC KR1
TOTALE
1999/2000
419
40
459
2000/2001
413
31
444
2001/2002
593
20
613
2002/2003
515
29
544
2003/2004
290
48
338
2004/2005
302
31
333
2005/2006
275
25
300
2006/2007
262
30
292
2007/2008
308
48
356
2008/2009
325
35
360
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
* Si intendono cacciatori residenti nell’altro ATC della provincia, che chiedono l'esercizio
dell’attività venatoria temporaneamente in un ATC diverso da quello di residenza anagrafica.
247
247
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Dalla tabella successiva, invece rileviamo il numero totale di cacciatori sia residenti che non
residenti, nei diversi anni. Anche in questo caso, si registra una flessione delle presenze
passando dai 2506 della stagione venatoria 2001/2002 ai 2308 della stagione venatoria
2008/2009.
Numero di Cacciatori residenti e non
STAG. VEN.
residenti nella provincia di Crotone
Non
Residenti residenti TOTALE
2001/2002
1690
1209
2899
2002/2003
1408
1074
2482
2003/2004
1193
590
1783
2004/2005
1165
611
1776
2005/2006
1665
639
2304
2006/2007
990
581
1571
2007/2008
1659
706
2365
2008/2009
1650
658
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
2308
N° CACCIATORI
CACCIATORI PRESENTI PER STAGIONE
VENATORIA
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
Residenti
Non residenti
20
01
/
20 200
02 2
20 /200
03 3
20 /20
04 04
20 /200
05 5
20 /20
06 06
20 /200
07 7
20 /200
08 8
/2
00
9
TOTALE
STAGIONE VENATORIA
Le seguenti tabelle mettono a confronto il numero di cacciatori con la popolazione residente,
la superficie territoriale, la superficie agro-silvo-pastorale, il territorio di caccia.
Confronto fra n° di cacciatori residenti e dati territoriali
Sup.
agro
Cacciatori Popolazione
Superficie
pastorale
totale
territoriale
n.
Ettari
1650
n.
Ettari
173.920
171.694,10
silvo
165.510,44
Estrapolando i dati tabellari riferiti all’intera Provincia, si evincono i seguenti rapporti:
248
248
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
•
n. cacciatori/popolazione = 0,00949;
•
n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00961;.
•
cacciatori/S.a.s.p. = 0,00997
Confronto fra n. di cacciatori residenti e dati territoriali dell’ATC KR 1
Sup.
Cacciatori
Popolazione
Superficie
n.
totale
territoriale
n.
Ettari
53.949
79.920
794
agro
silvo
pastorale
Ettari
77.420,23
Estrapolando i dati tabellari riferiti all’intero ATC, si evincono i seguenti rapporti:
•
n. cacciatori/popolazione = 0,01471;
•
n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00993;
•
n. cacciatori/S.a.s.p. = 0,01106
.
Confronto fra n. di cacciatori residenti e dati territoriali dell’ATC KR 2
Sup.
Cacciatori
Popolazione
Superficie
n.
totale
territoriale
856
n.
Ettari
119.971
91.774
agro
silvo
pastorale
Ettari
88.090,21
Estrapolando i dati tabellari riferiti all’intero ATC, si evincono i seguenti rapporti:
•
n. cacciatori/popolazione = 0,00714;
•
n. cacciatori/superficie territoriale = 0,00933;
•
n. cacciatori/S.a.s.p. = 0,00901
Inoltre, nella provincia di Crotone, negli ultimi cinque anni risultano avere superato gli esami
abilitanti all’esercizio della caccia n°309 persone.
IDONEI ESAMI ABILITAZIONE ESERCIZIO VENATORIO
Anno
2004
2005
2006
2007
2008
Totale
Numero
65
80
63
63
38
309
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
249
249
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.3.2 Vigilanza venatoria
Ai sensi di quanto stabilito dalla Legge 24 novembre 1981, n. 689, dal Decreto Legislativo 31
marzo 1998, n. 112, nonché delle disposizioni che disciplinano le specifiche materie attribuite
alla Polizia Provinciale, la vigilanza venatoria, compete in modo particolare, alla Polizia
Provinciale, con le modalità di cui agli artt. 5 e 6 della Legge 7 marzo 1986, n. 65 e degli artt.
27 e 29 della Legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Nello specifico, il personale della Polizia Provinciale esercita le funzioni di Polizia Amministrativa
Locale, nell’ambito del territorio di appartenenza, le funzioni di Polizia Giudiziaria e di Pubblica
Sicurezza stabilite dagli artt. Succitati della legge n. 65/86, nonché sovrintende in materia
venatoria alle operazioni di:
catture o lanci di fauna selvatica;
protezione delle colture dai danneggiamenti della fauna selvatica;
delimitazione e tabellamento di ambiti territoriali;
valutazione qualitativa dei danni causati dalla fauna selvatica;
ripristino e valorizzazione degli ambiti naturali;
attuazione dei piani di controllo della fauna selvatica (articolo 19, legge 11 febbraio
1992, n. 157);
Al momento la Polizia Provinciale, sebbene istituito il Corpo con delibera del Consiglio
Provinciale del 7 agosto 2002, non presenta un organico tale da effettuare autonomamente le
operazioni di vigilanza. Infatti al momento interviene solo con la figura del coordinatore
responsabile del Servizio di C.P.P. in operazioni di vigilanza e controllo in materia venatoria.
Quindi solamente quando andrà a regime, il Corpo di Polizia Provinciale potrà gestire in modo
totalmente efficace tale servizio. La vigilanza in questo arco di tempo, è stata comunque
assicurata attraverso la stipula di apposite convenzioni con Associazioni di Volontariato e con
Associazioni Venatorie che operano con proprie strutture organizzative composte da Guardie
volontarie. Le associazioni coinvolte sono le seguenti: FIDC, ANLC, ENALCACCIA PT,
ITALCACCIA, WWF e ANPANA.
Il numero delle guardie volontarie è andato crescendo negli anni per arrivare, nel 2007/2008,
e confermata per il 2009 a nr. 111 volontari.
GUARDIE VOLONTARIE
2001/2002
2002/2003
2003/2004
2004/2005
2005/2006
2006/2007
2007/2008
2008/2009
4
53
24
29
54
56
111
111
Fonte: Provincia di Crotone – Ufficio Caccia e Pesca
250
250
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
A seguito di quanto su esposto a supporto dell’attività di vigilanza in generale, opera anche il
Corpo Forestale dello Stato, che è presente nel territorio provinciale, anche con i Comandi
Stazione distaccati sul territorio della Provincia di Crotone.
La vigilanza e controllo inerente l’attività faunistico venatoria si è diversificata tenendo conto
della stagionalità e delle priorità presenti sul territorio, in particolare:
1. periodo invernale:
- controllo prevenzione incendi boschivi (ripulitura sottobosco);
- attività di ripopolamento faunistico;
- controlli venatori.
2. periodo primaverile:
- attività di tutela della fauna minore;
- attività di monitoraggio e presidio incendi boschivi;
- attività di controllo antibracconaggio.
3. periodo estivo - autunnale:
- controllo incendi boschivi;
- controlli venatori.
Dai controlli su esposti ed espletati dal C.P.P. con l’ausilio delle Guardie Ittico - venatorie
ambientali, condotte sul territorio hanno evidenziato una serie di reati, tra cui quelli più diffusi
risultano essere i seguenti:
-
violazione dell’art. 21 comma 1 lettera r) della Legge n. 157/92 (utilizzo di richiami
acustici con batterie non consentiti per l’esercizio di caccia);
-
violazione dell’art. n. 110 e 640 del C.P. (truffa ai danni dello Stato), meglio specificata
nella falsificazione di autorizzazione per l’esercizio di caccia, riguardante cacciatori
provenienti da altre Regioni.
E’ chiaro che tale attività si è potuta realizzare grazie alla presenza dei volontari presenti nel
territorio .
Questo aspetto rafforza quanto detto prima, ossia la necessità di attivare quanto prima un
sistema di controllo efficace nel quale il volontariato dovrà essere un elemento rafforzativo per
la buona riuscita dello stesso.
In questo progetto è fondamentale la realizzazione di corsi per guardia ittico venatorie, che ad
oggi non risultano mai stati attivati.
251
251
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.3.3 Danni registrati, interventi di prevenzione dei danni, attività di
controllo della fauna selvatica.
Dalle indagini territoriali effettuate è emerso che i danni più segnalati sono quelli da Lupi, nei
Comuni di Verzino, Casabona e Cerenzia.
In Carfizzi sono stati riscontrati danni da Volpi e
Faina.
Per quanto riguarda i danni da cinghiale, risultano pervenute alla Provincia le richieste così
come riportate nella tabella seguente. Si intuisce che le aree maggiormente interessate si
ripetono negli anni e che l’ARC KR1 è quella maggiormente interessata al fenomeno.
DANNI DA CINGHIALI
Anno
2000
2003
Numero
Importo
Importo
%
Richieste
Richiesto
Risarcito
Risarcimento
3
3
€ 6.795
€ 8.876
€ 4.063
€ 5.744
60
65
COLTURA
COMUNE
LOCALITA’
DANNEGGIATA
Roccabernarda
S. Francesco
Vigneto
Savelli
Scollaturo
Vigneto
Savelli
Scollaturo
Vigneto
Umbriatico
Prato
Vigneto
Cirò
Garusa
Vigneto
Cirò
S.Venere
Vigneto
2004
1
€ 2.050
€ 1.567
76
Roccabernarda
Destre
Vigneto
2005
1
€ 8.621,00
€ 6.032,00
70
Pallagorio
Palleca
Vigneto
2006
4
€ 12.272,00
€ 7.750,00
63
Umbriatico
Prato
Vigneto
Savelli
Scollaturo
Vigneto
Santa Severina
Alieci
Vigneto
Umbriatico
Prato
Vigneto
Roccabernarda
Vangore
Vigneto
2007*
10
€ 50.934,50
€
27.997,05
58
Umbriatico
2008**
5
€ 21.324,00
€ 6.460,00
40
Torre di
Palleca
Vigneto
Pallagorio
Spolingri
Vigneto
Roccabernarda
Maggese
Vigneto
Roccabernarda
Umbricello
Vigneto
Petilia
Badessa
Vigneto
Policastro
S.Spina
Umbriatico
Prato
Umbriatico
Roccabernarda
Torre di
Palleca
Vangore
Vigneto
Vigneto
Vigneto
* Su dieci richieste pervenute ne sono state liquidate 9, poiché per una di esse il sopralluogo è stato negativo. La
percentuale risarcita è ovviamente calcolata sulle nove su un importo richiesto di € 47.934,50.
** Su 5 richieste pervenute ne è stata liquidata solo una, xchè per le altre il sopralluogo è stato negativo.
Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca
Nonostante le aree interessate si ripetano nel corso degli anni, ad oggi, non risultano attivati
interventi di prevenzione che prevediamo siano indispensabili realizzare nel corso di questo
piano.
252
252
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2.4 - Risultati e considerazioni sulle strategie gestionali previste dal precedente
Piano Faunistico
Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale 1998-2002 è stato approvato dalla Provincia di
Crotone con Deliberazione della Giunta Provinciale n. 88 del 03/07/1998.
La predisposizione ed adozione del Piano faunistico venatorio ha consentito alla Provincia di
ottemperare alle disposizioni di legge (L. 157/92 e L.R. 9/96 ), le quali prevedevano che tutto
il territorio agro-silvo-pastorale fosse soggetto a pianificazione faunistico venatoria finalizzata.
Tale strumento rappresenta il punto cardine per la corretta gestione della fauna, del
miglioramento ambientale al fine di consentire una razionale gestione della caccia, in equilibrio
con l’ambiente.
La sfida che bisognava affrontare era quella di programmare, per i cinque anni successivi, il
territorio per raggiungere veramente quanto dettato dalla norma statale e regionale: "..norme
per la gestione faunistica e prelievo venatorio..", usufruendo di una esperienza preziosa di
questi ultimi anni,ove la "caccia programmata" (altro concetto chiave) ha portato da noi a
scarsi risultati.
Con il precedente piano faunistico-venatorio si è iniziato un lento percorso di pianificazione che
ha visto l’istituzione, solo nel 2008, delle due ATC KR1 e KR2. Ciò ha consentito di iniziare un
lavoro di collaborazione e sinergia tra le diverse associazioni di cacciatori ed ambientaliste che
mai prima d’ora s’era verificato nel territorio provinciale.
Nel corso degli ultimi anni la provincia di Crotone è stata interessata a diverse campagne di
immissioni di fauna selvatica, delle quali non è possibile verificarne l’efficacia, per l’assenza
dell’attività di monitoraggio prima e dopo la realizzazione delle immissioni.
Dalle seguenti tabelle riportiamo i dati per ogni specie interessata, con le relative località di
immissione.
Cinghiali immessi nella provincia di Crotone nell’ATC KR1
CINGHIALI IMMESSI
numero
2003
2006
TOTALE
73
50
123
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
253
253
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Cinghiali immessi nella provincia di Crotone nell’ATC KR1
ANNO 2003
N. COMUNE
LOCALITA'
N.
5
CASTELSILANO
CARCARELLE
3
6
CERENZIA
CUTURE
2
7
CACCURI
AGRIL
3
8
S.NICOLA DELL'ALTO
CURCIA
3
9
PALLAGORIO
MONTE-SPOLINGRI-LINAGGIA
3
13 CIRO'
SERRA DEL TRONO
4
14 UMBRIATICO
PESCALDO
5
15 CARFIZZI
MONTAGNELLA
2
16 SAVELLI
MANCHE
3
17 MELISSA
CASTELLAZZO
3
18 CRUCOLI
FRASSI
3
19 CASABONA
VITUSARO
5
20 VERZINO
ACIRELLA -TRUMBATURU
3
21 BELVEDERE SPINELLO
MONTAGNOLA
2
TOTALE CINGHIALI IMMESSI ANNO 2003
44
ANNO 2006
COMUNE
LOCALITA'
Q.TA'
5
CASTELSILANO
CARCARELLA
3
6
CERENZIA
CUTURE
2
7
CACCURI
AGRIL
2
8
S.NICOLA DELL'ALTO
CURCIA
2
9
PALLAGORIO
MONTE
2
13 CIRO'
DONNA ROSA
3
14 UMBRIATICO
GULLO
3
15 CARFIZZI
CRISMA
2
16 SAVELLI
DIFISELLA
2
17 MELISSA
CASTELLAZZO
2
18 VERZINO
FORESTA
2
19 STRONGOLI
SERRA SANTOMAZZO
2
20 BELVEDERE SPINELLO
MONTAGNOLA
2
TOTALE
CINGHIALI
29
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
254
254
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Cinghiali immessi nella provincia di Crotone nell’ATC KR2
ANNO 2003
N. COMUNE
LOCALITA'
N.
1
SANTA SEVERINA
MONTE FUSCALDO
3
2
ROCCABERNARDA
MONTE FUSCALDO
4
3
SCANDALE
CANNAVATE
3
4
S.MAURO MARCHESATO
CUTURA
3
10 COTRONEI
COCCIOLO
5
11 PETILIA POLICASTRO
MONTANO -CARBONARA
6
12 MESORACA
MONTANO
5
TOTALE CINGHIALI IMMESSI ANNO 2003
29
ANNO 2006
COMUNE
LOCALITA'
Q.TA'
1
SANTA SEVERINA
MONTE FUSCALDO
2
2
ROCCABERNARDA
VALLE NIFFI
3
3
SCANDALE
CANNAVATE
2
4
S.MAURO MARCHESATO
CUTURA
2
10 COTRONEI
COCCIOLO
4
11 PETILIA POLICASTRO
TUFILICA
4
12 MESORACA
VALLE MADAME
4
TOTALE
CINGHIALI
21
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
255
255
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Coturnici immesse nella provincia di Crotone nell’ATC KR1
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.TA'
1
BELVEDERE SPINELLO
TIMPA DI CASSIANO
10
2
CACCURI
SERRA DI BOSCO, CUCCO
16
3
CARFIZZI
MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA
14
4
CASABONA
OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI
14
5
CASTELSILANO
COLIMITI
12
6
CERENZIA
CUTURE
10
7
CIRO'
COPPA,ROVERE,MASTROPAPA
16
9
CRUCOLI
RIOVARCOLAMBRO,CUTURA
14
10 MELISSA
FRAGALA'
14
11 PALLAGORIO
MONTE LAURO, FURCI
14
12 ROCCA DI NETO
SCIRROPIO,MANCA DI JUCA
6
13 SAVELLI
LUCIETTO,TURCHINICO
14
14 STRONGOLI
MONTAGNA,MURGE
16
15 S.NICOLA DELL'ALTO
VINELLI,ZIANNO
14
16 UMBRIATICO
CANALA,PARADISO,SANTA CATERINA
16
STRANGIROFALO,TODARO,
17 VERZINO
TOTALE
COTURNICI
SCALLAVECCHIA
14
CONSEGNATE
214
Coturnici immesse nella provincia di Crotone nell’ATC KR2
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.TA'
1
COTRONEI
COCCIOLO
16
5
MESORACA
PETRARA,ACQUA MOLLE
16
6
PETILIA POLICASTRO
MARRATE, MUSCO FERRO
16
7
ROCCABERNARDA
S.FRANCESCO
14
8
S.MAURO MARCHESATO
S.NICOLA,CUTURA
6
MONTE FUSCALDO, SERRE DI
9
S.SEVERINA
10 SCANDALE
TOTALE
COTURNICI
ALTILIA
12
MANCO FERRATO
6
CONSEGNATE
86
TOTALE COTURNICI IMMESSE IN ENTRAMBI GLI ATC
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
256
256
300
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Fagiani immessi nella provincia di Crotone
FAGIANI IMMESSI
numero
2003
2007
TOTALE
2000
2130
4130
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
Fagiani immessi nell’ ATC KR1 NEL 2003
N.
COMUNE
LOCALITA'
Q.TA'
1
BELVEDERE SPINELLO
TIMPA DI CASSIANO
50
OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,TENIMENT
2
CACCURI
O
60
3
CARFIZZI
MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA
44
4
CASABONA
OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI,MILITINO,
SIRTINO,VARRASSO,CAVALLODORO,
64
ROSSOMANNO
5
CASTELSILANO
COLIMITI
56
6
CERENZIA
BODINE,COTURE
42
7
CIRO'
COPPA,ROVERE,MASTROPAPA
70
8
CIRO' MARINA
FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO
78
9
CRUCOLI
RIOVARCOLAMBRO,CUTURA
60
10
MELISSA
FRAGALA'
66
11
PALLAGORIO
MONTE LAURO, FURCI
50
12
ROCCA DI NETO
SCIRROPIO,MANCA DI JUCA
90
13
SAVELLI
OLO,DIFISELLA
46
14
STRONGOLI
MONTAGNA,MURGE
80
15
S.NICOLA DELL'ALTO
VINELLO,ZIANNO
40
16
UMBRIATICO
DONNA LAURA
60
17
VERZINO
FORESTA, CRETTA
48
SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA,MISU
PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA',
TOTALE FAGIANI
1004
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
257
257
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Fagiani immessi nell’ATC KR1 anno 2007
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
1
BELVEDERE SPINELLO
TIMPA DI CASSIANO
55
2
CACCURI
TENIMENTO
65
3
CARFIZZI
MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA
50
OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,
OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI,
CASABONA
4
MILITINO,SIRTINO,
VARRASSO,CAVALLODORO,
ROSSOMANNO
70
5
CASTELSILANO
COLIMITI
60
6
CERENZIA
BODINE,COTURE
45
7
CIRO'
COPPA,ROVERE,MASTROPAPA
75
8
CIRO' MARINA
FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO
85
9
CRUCOLI
RIOVARCOLAMBRO,CUTURA
65
10 MELISSA
FRAGALA', PIANO TAVERNA, SACCURA'
70
11 PALLAGORIO
MONTE, LAURO, FURCI
55
12 ROCCA DI NETO
SCIRROPIO,MANCA DI JUCA
95
SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA,
13 SAVELLI
MISUOLO,DIFISELLA
50
14 STRONGOLI
MONTAGNA,MURGE
85
15 S.NICOLA DELL'ALTO
VINELLO,ZIANNO
45
PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA',
16 UMBRIATICO
DONNA LAURA
65
17 VERZINO
FORESTA, CRETTA
55
TOTALE
FAGIANI
1090
258
258
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Fagiani immessi nell’ATC KR2 anno 2003
N
. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
1 COTRONEI
COCCIOLO
102
FELLAO,CARPENTIERI,CANTORATO,MAIORA
NO, APRIGLIANELLO, MANCO DEI CANI,
2 CROTONE
ACQUA DI CRISTO,
VALCORTINA,MORTILLA,OMBRARA,
CACCHIAVIA,TRAFINELLO,SALICA
230
3 CUTRO
ROMBOLO
110
4 ISOLA CAPO RIZZUTO
S.STEFANO
116
5 MESORACA
FORCORE
74
6 PETILIA POLICASTRO
PAPARDA,PANTANO, VALLE S.TEODORO
74
7 ROCCABERNARDA
CAPRARA,FILETTINO,VALLANTE,AMMA,NIFFI
74
8 S.MAURO MARCHESATO
SERRA CACCIATORI
66
9 S.SEVERINA
MONTE FUSCALDO
70
CASONE DEL LUPO
80
1
0 SCANDALE
TOTALE
FAGIANI
CONSEGNATI
996
Fagiani immessi nell’ATC KR2 anno 2007
N
. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
FELLAO,CARPENTIERI,CANTORATO,MAIORA
NO,APRIGLIANELLO,MANCO
1
DEI
CANI,
ACQUA DI CRISTO,VALCORTINA,MORTILLA,
CROTONE
OMBRARA,CACCHIAVIA,TRAFINELLO,SALICA
230
2 COTRONEI
COCCIOLO
105
3 CUTRO
ROMBOLO
115
4 ISOLA CAPO RIZZUTO
S.STEFANO
120
5 MESORACA
FORCORE, TROIANI, UMBRO, FRASSINETO
80
6 PETILIA POLICASTRO
PAPARDA,PANTANO, VALLE S.TEODORO
80
7 ROCCABERNARDA
CAPRARA,FILETTINO,VALLANTE,AMMA,NIFFI
80
8 S.MAURO MARCHESATO
SERRA CACCIATORI
70
9 SANTA SEVERINA
MONTE FUSCALDO
75
CASONE DEL LUPO
85
1
0 SCANDALE
TOTALE
FAGIANI
PER
ATC
1040
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
259
259
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Lepri immessi nella provincia di Crotone
LEPRI IMMESSE
numero
2003
2005
2006
TOTALE
1000
600
600
2200
Fonte:Provincia di Crotone ufficio Caccia e Pesca
Lepri immesse nell’ATC KR1
ANNO 2003
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
1
BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO
30
2
CACCURI
OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,TENIMENTO
30
3
CARFIZZI
MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA
24
4
CASABONA
OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI,MILITINO,
SIRTINO, VARRASSO,CAVALLODORO,
30
ROSSOMANNO
5
CASTELSILANO
COLIMITI
22
6
CERENZIA
BODINE,COTURE
27
7
CIRO'
COPPA,ROVERE,MASTROPAPA
30
8
CIRO' MARINA
FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO
39
9
CRUCOLI
RIOVARCOLAMBRO,CUTURA
36
10 MELISSA
FRAGALA'
33
11 PALLAGORIO
MONTE LAURO, FURCI
21
12 ROCCA DI NETO
SCIRROPIO,MANCA DI JUCA
45
SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA,
13 SAVELLI
MISUOLO,DIFISELLA
21
14 STRONGOLI
MONTAGNA,MURGE
36
15 S.NICOLA DELL'ALTO
VINELLO,ZIANNO
9
PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA',
16 UMBRIATICO
DONNA LAURA
21
17 VERZINO
FORESTA, CRETTA
21
TOTALE
LEPRI
CONSEGNATE
475
260
260
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
ANNO 2005
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
1
BELVEDERE SPINELLO TIMPA DI CASSIANO
18
2
CACCURI
OMBRALEONE,EYDO,AGRIL,CARIA,TENIMENTO
18
3
CARFIZZI
MARTORANA,CRISMA, DAMETTINA
14
4
CASABONA
OMBRELLO,MANNARINA,SPARTIZZI,
MILITINO,SIRTINO, VARRASSO,
18
CAVALLODORO,ROSSOMANNO
5
CASTELSILANO
COLIMITI
13
6
CERENZIA
BODINE,COTURE
16
7
CIRO'
COPPA,ROVERE,MASTROPAPA
18
8
CIRO' MARINA
FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO
24
9
CRUCOLI
RIOVARCOLAMBRO,CUTURA
22
10 MELISSA
FRAGALA'
20
11 PALLAGORIO
MONTE LAURO, FURCI
13
12 ROCCA DI NETO
SCIRROPIO,MANCA DI JUCA
27
SCOLLATURO,COLASANTO,CAMPOCARIA,MISUOLO,
13 SAVELLI
DIFISELLA
13
14 STRONGOLI
MONTAGNA,MURGE
22
15 S.NICOLA DELL'ALTO
VINELLO,ZIANNO
5
16 UMBRIATICO
PALLECA,PRATO,VURGHE,BASTAGA',DONNA LAURA
13
17 VERZINO
FORESTA, CRETTA
13
TOTALE
LEPRI
287
CONSEGNATE
261
261
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
ANNO 2006
N. COMUNE
Q.tà
LOCALITA'
TIMPA DI CASSIANO,PONTICELLI,
1
BELVEDERE SPINELLO ACCESSO FILETTO
15
2
CACCURI
EYDO,AGRIL,CARIA,SCANDIGLIO, FORESTELLA
21
3
CARFIZZI
MARTORANA,CRISMA, MONTAGNELLA
15
MILITINO,CAVALLODORO,RUSSOMANNO,
4
CASABONA
5
CASTELSILANO
COLIMITI,CARCARELLA,VARDARO,NIGRO
9
6
CERENZIA
BODINO,FOSSE DI GULLO
15
7
CIRO'
8
CIRO' MARINA
TIDDA
27
9
CRUCOLI
RIOVARCO LAMBRO,CUTURA,FINIA
24
18
MONTAGNA PIANA
COPPA,ROVERE,SERRA
DEL
LAGO,S.VENERE,DONNAROSA
21
FATAGO',FERRAINA,SALVOGARO,CARCARELLA,MOR
FRAGALA',CAMACIA,RU',FOSSE DI S.MARIA,PIANO
10 MELISSA
TAVERNA
27
11 PALLAGORIO
FURCI,CORACITI
15
SCIRROPIO,MANCHE
DI
JUCA,
FONTE
DI
12 ROCCA DI NETO
TORCHIA,PIETA'
24
13 SAVELLI
SCOLLATURO,VACANTE MELARIO,LISSANDRELLA
9
MURGE,VISCIGLIE,PETRARO,S.MAZZEA,PIETRA
14 STRONGOLI
GROSSO
24
15 S.NICOLA DELL'ALTO
ZIANNO,POMPA
6
16 UMBRIATICO
PALLECA,PRATO,VRICA
12
17 VERZINO
FORESTA, CRETTA,MONTAGNE
9
TOTALE
LEPRI
291
262
262
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Lepri immesse nell’ATC KR2
ANNO 2003
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
1
COCCIOLO
30
COTRONEI
FARINA,MAIORANO,VIA PER CAPOCOLONNA,
GULLO, VITUSO, GRANCETTO, VALCORTINA,
CROTONE
VOLANTE, VALLE DELLA DONNA, SPINETTO, SANTA
DOMENICA, MEZZA RICOTTA, TRAFINELLO, FALLAO,
2
3
4
CUTRO
CANTORATO, CARPENTIERI, CREPACUORE
120
ROMBOLO,CAVALIERE,PALLOTTA,FRANZE'
69
S.STEFANO,RITANI,SANT'ANNA,SANT'ANDREA,MAN
ISOLA CAPO RIZZUTO CHE
69
5
MESORACA
FORCORE,VARDARO
42
6
PETILIA POLICASTRO
TUFILICA,MONTANO
42
7
ROCCABERNARDA
STRAGURACE,MULERA', VECCHIO,MUSCARELLO
SERRA
S.MAURO
8
MARCHESATO
9
S.SEVERINA
10 SCANDALE
TOTALE
TERMINE GROSSO,TERRATELLA,TRECASE,PETRARO,
CACCIATORI,LIQUIRIZZETTO,VALLE
42
DI
CAPRANO, CONZO, SANTO NICOLA
30
MONTE FUSCALDO
30
CASONE DEL LUPO,SERRA CACCIATORI
51
LEPRI
525
ANNO 2005
N. COMUNE
LOCALITA'
Q.tà
1
COCCIOLO
30
COTRONEI
FARINA,MAIORANO,VIA PER CAPOCOLONNA,
GULLO, VITUSO, GRANCETTO, VALCORTINA,
CROTONE
VOLANTE, VALLE DELLA DONNA, SPINETTO, SANTA
DOMENICA, MEZZA RICOTTA, TRAFINELLO, FALLAO,
2
3
4
CUTRO
CANTORATO, CARPENTIERI, CREPACUORE
120
ROMBOLO,CAVALIERE,PALLOTTA,FRANZE'
69
S.STEFANO,RITANI,SANT'ANNA,SANT'ANDREA,MAN
ISOLA CAPO RIZZUTO CHE
69
5
MESORACA
FORCORE,VARDARO
42
6
PETILIA POLICASTRO
TUFILICA,MONTANO
42
7
ROCCABERNARDA
STRAGURACE,MULERA', VECCHIO,MUSCARELLO
SERRA
S.MAURO
8
MARCHESATO
9
S.SEVERINA
10 SCANDALE
TOTALE
TERMINE GROSSO,TERRATELLA,TRECASE,PETRARO,
CACCIATORI,LIQUIRIZZETTO,VALLE
CAPRANO, CONZO, SANTO NICOLA
42
DI
30
MONTE FUSCALDO
30
CASONE DEL LUPO,SERRA CACCIATORI
51
LEPRI
313
263
263
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
ANNO 2006
N. COMUNE
1
Q.tà
LOCALITA'
21
COCCIOLO, MACCHIA DELLA CASTAGNA, TREPIDO'
FARINA,
MAIORANO,
CAPOCOLONNA,
30
MEZZA
RICOTTA, FALLAO, GULLO, VALLE DELLA DONNA,
2
75
SPINETTO , CANTORATO, APRIGLIANELLO
120
TERMINE
3
4
GROSSO,ROMBOLO,CAVALIERE,PALLOTTA,FRANZE'
42
S.STEFANO,RITANI,SANT'ANNA,
69
SANT'ANDREA,
39
MANCHE,PERROTTA
69
5
24
FORCORE,VARDARO,CAMPANA, MONTANO
42
6
24
TUFILICA,MONTANO
42
7
21
PATERNIZZI
42
8
18
LIQUIZZETTO,VALLE DI CAPRANO,CONZO,PANTANO
30
9
21
MONTE FUSCALDO,ROCCELLA,CROCI
30
PETRARO,MULERA',
LENZE,
STRAGURACE,
CASONE DEL LUPO, SERRA CACCIATORI, S.MARINA,
10 24
TOTALE
CANNATA
51
LEPRI
309
Tutti gli animali sono stati forniti da ditte italiane, previa verifica dello stato sanitario.
L’avifauna utilizzata, composta da individui in età riproduttiva, proveniva da grandi voliere ed è
stato rispettato il rapporto maschi-femmine. Per le lepri in alcuni casi si è stati costretti ad
utilizzare selvaggina di importazione, per carenza di animali di cattura in Italia. Discorso
diverso per il cinghiale, la cui provenienza è da animali di cattura di provenienza italiana.
Allo stato non sono stati effettuate azioni rivolte al miglioramento ambientale presupposto di
fondamentale importanza per rendere il territorio di caccia più vocato alla presenza di specie
faunistico-venatorie.
Degli istituti faunistici previsti nel precedente piano faunistico-venatorio, sono stati realizzate
solo le ZAC riportate in precedenza, ciò a causa del ritardo nell’attivazione degli Ambiti
Territoriali di Caccia.
Tutto ciò fa rilevare una bassissima percentuale di territorio sottoposto a protezione
dall’attività di prelievo venatorio che ad oggi raggiunge solamente l’11,56% così come rilevato
nel cap. 3.2.
264
264
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3 PIANIFICAZIONE FAUNISTICA- VENATORIA
3.1. Obiettivi generali di pianificazione
Il territorio della Provincia di Crotone, con la presenza della ZPS “Marchesato- Fiume Neto, con
i 21 SIC , con il Parco Nazionale della Sila e con la Riserva Marina Protetta di Isola Capo
Rizzuto, che testimoniano dell’importanza naturalistica di questo territorio nel contesto
regionale e nazionale, si evidenzia come un’area estremamente naturale e poco modificata da
attività
antropiche,
urbanizzazioni
e
sfruttamenti
industriali.
Detto
ciò,
è
importante
sottolineare quanto gestire un habitat significhi innanzitutto conoscerne lo status generale e
locale, l’evoluzione e le tendenze che lo coinvolgono; in tal senso, la presenza di specie
selvatiche rappresenta il frutto di una coevoluzione e l’abbondanza di una popolazione è
condizionata da stretti rapporti tra le specie oltre che da modificazioni naturali ed antropiche
degli habitat.
Pertanto
per
un’efficace
programmazione
non
si
può
prescindere
dalla
continua
ed
approfondita conoscenza di due elementi fondamentali:
o
il territorio attraverso lo strumento del catasto ambientale redatto in termini quantitativi
(ettaraggio, superficie relativa e indice di dispersione delle diverse tipologie ambientali)
e cartografico;
o
il quadro faunistico espresso dal territorio, vale a dire informazioni precise e dettagliate
sulla distribuzione, l'effettiva densità e, per alcune specie, la struttura (cioè il rapporto
tra i sessi e le classi di età), o valutazione critica di indici di abbondanza relativa. Infatti
le operazioni di censimento andranno a determinare anche i quantitativi relativi alle
immissioni ed ai prelievi.
La chiave di volta della gestione faunistica consiste nel comprendere il ruolo di ciascuno di
questi elementi e nel modificarli in funzione dei risultati che si intendono ottenere.
Molto spesso la fauna reale non corrisponde a quella potenziale, sia per ciò che concerne la
diversità (numero delle specie), sia per quanto riguarda la densità (numero di individui per
unità di superfice). Ciò è il risultato di una pesante interferenza delle cause di mortalità diretta
che è stata esercitata storicamente (estinzione di alcune specie a livello nazionale o locale) o
che tuttora sviluppa la propria azione. In termini generali obiettivo primario dei piani di
assestamento faunistico dovrebbe essere quello di far coincidere fauna reale e fauna potenziale
attraverso una serie di provvedimenti che prevedano il controllo della mortalità indotta
dall'uomo, in maniera non programmata ed eccedente l'incremento utile annuo di popolazioni
in equilibrio dinamico, con la capacità portante dell'ambiente e, ove necessario, conducendo
opportune operazioni di reintroduzione.
La valutazione della capacità portante dell'ambiente espresso da un determinato territorio per
ciascuna delle specie di interesse gestionale (sensu lato) risulta dunque il primo obiettivo
programmatico da raggiungere.
265
265
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
In riferimento alle attività di ripopolamento delle varie specie d’interesse faunistico venatorio,
appare evidente, quanto il successo dell’attività sia legato alla qualità dei soggetti introdotti sul
territorio attraverso l’utilizzo di soggetti giovani e di cattura con prelievi effettuati in areali
limitrofi e brevissimi trasporti nei siti di destinazione. Anche l’adeguatezza degli ambienti di
acclimatamento e di neo-introduzione attraverso la realizzazione di prati polifiti o trasemine, le
giuste dimensioni delle recinzioni, che non dovranno essere inferiori a 2 ha e la natura del
terreno dovrà essere tendenzialmente sabbiosa per permettere un maggiore drenaggio del
terreno e quindi
non favorire l’insorgenza
di
patologie, sono ulteriori
elementi
che
contribuiscono alla felice riuscita dell’attività di ripopolamento.
Anche l’incentivazione dei miglioramenti ambientali, con ripristini, mantenimenti o creazione
ex-novo di seminativi a perdere, impianti di siepi, punti di abbeverata con diverse dislocazioni
nelle fasce collinari, di pianura e di montagna, oltre una necessaria formazione della
popolazione venatoria e dei soggetti preposti alla vigilanza sono elementi cardine della futura
programmazione.
Il territorio della provincia ha necessità di un maggior numero di ettari da sottoporre a
protezione da attività di prelievo venatorio, pertanto l’istituzione di Zone di Ripopolamento e
Cattura diventa uno dei principali obiettivi dell’attuale programmazione.
3.2 Definizione di superficie agro-silvo-pastorale (S.a.s.p.)
3.2.1. Analisi ambientale del Territorio Provinciale per la definizione
della Superficie Agro-Silvo-Pastorale
Per quanto riguarda le analisi ambientali dell'intero territorio provinciale, sono stati acquisiti e
analizzati i seguenti archivi formato digitale:
Cartografia CORINE LAND-COVER IV° livello che consente una precisa definizione delle
tipologie di uso del suolo esistenti, della ripartizione del territorio provinciale in
comprensori omogenei in riferimento a diverse caratteristiche geomorfologiche.
Carte digitalizzate e georeferenziate in dotazione all’Ente provinciale, consente altresì
una rapida e precisa misurazione delle superfici territoriali ad un livello di precisione mai
ottenuto prima dell'utilizzazione di questi metodi.
Le informazioni territoriali sono state gestite mediante l'uso di Sistemi Informativi
Territoriali e in particolare mediante analisi effettuate in ambiente GIS, grazie alla
collaborazione del Servizio Agropedologico dell’ARSSA.
266
266
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3.2.2. Determinazione e destinazione delle superfici agro-silvopastorali
La legge quadro nazionale (art. 10, comma 1) dispone che l'intero territorio agro-silvopastorale sia soggetto a pianificazione faunistico-venatoria. Il Territorio può essere destinato a
protezione faunistica a gestione privata o a gestione programmata della caccia.
La definizione e la quantificazione del territorio agro-silvo-pastorale assume pertanto
importanza fondamentale per determinare le porzioni destinate alle citate destinazioni.
Tuttavia, ai fini delle fasi successive della programmazione faunistico-venatoria, sulla base
della carta di uso del suolo, utilizzata per l'analisi ambientale, e tenendo conto delle indicazioni
del Primo Documento Orientativo sui Criteri di Omogeneità e Congruenza dell'Istituto Nazionale
per la Fauna Selvatica, sono state determinate a livello comunale, le superfici agro-silvopastorali.
I criteri contenuti nel documento citato consentono di giungere ad una corretta determinazione
di detta superficie, escludendo dalla superficie territoriale complessiva le seguenti categorie di
uso del suolo: le aree urbane, le zone verdi urbane e gli impianti sportivi, le zone estrattive, le
discariche, le zone industriali, le aree portuali, la rete ferroviaria, le strade principali
extraurbane e le zone non foto interpretabili comprese quindi le aree militari.
Le superfici comunali e la S.A.S.P. ricavata per ciascun comune sono riportate nella
Tab.
successiva.
La superficie agro-silvo-pastorale corrisponde a quella parte del territorio in cui è in atto una
utilizzazione agricola, avendo per oggetto la coltivazione dei fondi, la silvicoltura, l’allevamento
del bestiame ed attività annesse.
La superficie agro-silvo-pastorale utile scaturisce dalla S.A.S.P. meno le aree vincolate ai fini
venatori che ai sensi dell’art. 21 (Divieti) della L. 157/92, entrano a far parte delle superfici
sottratte alla caccia. Queste riguardano le Foreste demaniali e regionali, le oasi di protezione,i
parchi pubblici e parchi archeologici, le zone sottoposte a divieti e le zone di ripopolamento e
cattura (24% come da L.R. 9/96). Qui di seguito verranno descritti solo le Foreste demaniali e
Regionali ed i parchi pubblici e parchi archeologici, mentre le altre aree sono state descritte nei
capitoli 2.1.7 e 2.1.8.
Le foreste demaniali e regionali ricadenti nella provincia di Crotone, dalle indagini eseguite
presso l’Azienda delle Foreste Regionale, si estendono su una superficie di Ha 865,99 e
ricadono nei seguenti sei comuni Castelsilano, Savelli, Verzino, Mesoraca, Petilia Policastro e
Cotronei. Inoltre i territori dei comuni di Savelli, Petilia Policastro, Mesoraca e Cotronei le
suddette superfici coincidono con il Parco Nazionale della Sila. Tali territori non possono essere
considerati al pari delle riserve naturali, ma è certo che trattasi di aree efficacemente protette
che, controllate e gestite efficacemente in modo coordinato, possono costituire una rete di
biotipi per un programma di ricostituzione ecologica.
I dati sulle superfici sono riportati nella seguente tabella.
267
267
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Foreste Demaniali e Regionali
SUPERFICIE
( ETTARI )
COMUNE
Totali
Castelsilano
194,37
Verzino
671,62
Totale
865,99
Parchi Pubblici ed Archeologici
Fra i parchi pubblici ricadenti nella superficie agro-silvo-pastorale, vi è quello dell’Azienda
Forestale in Castelsilano, esteso Ha 10 e sito in località Serra Pirai, sede del Centro di
Educazione Ambientale “Villa Daino”
e quello della Montagnella in Carfizzi, esteso per ettari
15. Fra i parchi archeologici è presente il Parco di Capo Colonna a Crotone esteso per ettari
137 e sede anche del museo archeologico.
Parchi pubblici e Archeologici
SUPERFICIE
( ETTARI )
COMUNE
Castelsilano
10
Carfizzi
15
Crotone
137
Totale
162
268
268
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
S.A.S.P.U. %
S.A.S.P. U.
altro
Foreste Demaniali
OASI NETO
SIC
PARCO SILA
S.A.S.P.
SUPERFICIE
Urbanizzata Ha
SUPERFICIE
Comunale Ha
COMUNE
Superficie Agro Silvo Pastorale Utile della Provincia di Crotone per Comune
BELVEDERE DI SPINELLO
2998,30
94,2
2904,08
62,50
2841,58
94,77
CACCURI
6049,70
131,1
5918,64
459,70
5458,94
90,23
CARFIZZI
2050,00
52,9
1997,10
1982,10
96,69
CASABONA
6693,80
97,4
6596,41
482,10
6114,31
91,34
CASTELSILANO
3964,00
60,4
3903,58
577,20
CERENZIA
2197,00
77,2
2119,76
CIRO'
7033,30
158,8
6874,51
CIRO' MARINA
4137,60
504,0
3633,55
COTRONEI
7838,60
425,2
7413,39
CROTONE
17979,00
1236,1
16742,89
15,00
194,37
10,00
3122,01
78,76
441,90
1677,86
76,37
40,50
6834,01
97,17
3633,55
87,82
4681,99
59,73
14855,49
82,63
2731,4
606,7
1143,7
137,0
CRUCOLI
4991,70
87,5
4904,16
4904,16
98,25
CUTRO
13219,60
437,0
12782,63
134,3
12648,33
95,68
ISOLA DI CAPO RIZZUTO
12520,80
710,2
11810,63
102,7
11707,93
93,51
MELISSA
5110,50
222,7
4887,82
MESORACA
9379,60
139,6
9239,96
PALLAGORIO
4400,70
111,9
4288,83
PETILIA POLICASTRO
9731,40
253,2
9478,19
ROCCA DI NETO
4443,10
226,0
4217,05
ROCCABERNARDA
SAN MAURO
MARCHESATO
6418,70
194,3
6224,40
4145,70
75,1
SAN NICOLA DELL'ALTO
775,50
48,7
56,9
1007,8
3429,9
0,6
4830,92
94,53
8232,16
87,77
4288,83
97,46
6047,69
62,15
4217,05
94,91
1437,7
4786,70
74,57
4070,62
868,5
3202,12
77,24
726,79
6,2
720,59
92,92
534,1
4541,74
87,77
12
2820,94
58,26
5251,65
97,87
7217,63
85,30
SANTA SEVERINA
5174,80
99,0
5075,84
SAVELLI
4841,60
92,7
4748,94
SCANDALE
5366,20
114,5
5251,65
STRONGOLI
8461,1
318,8
8142,33
434,5
UMBRIATICO
7256,70
116,1
7140,56
73,10
VERZINO
4515,10
99,0
4416,12
20,80
TOTALE
171694,10
1916
490,2
671,62
7067,46
97,39
3723,70
82,47
6183,7 165510,44 9085,10 6352,00 1633,90 865,99 162,00 147411,45
Riepilogo Superfici Agro-silvo-pastorali utile
Superfice agro-silvo-pastorale
Superficie aree protette
Aree AFOR
Sub Totale
S.A.S.P.U.
% Zone di Protezione su SASP
165.510,44
17233,00
865,99
18.098,99
147.411,45
10,94
269
269
85,86
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Carta d’uso reale del suolo
La carta dell’uso reale del suolo, evidenzia le colture agrarie e forestali, alcune principali
infrastrutture delle aree rurali, individuando e classificando le principali formazioni vegetali
naturali.
Fra di esse l’ampia area forestata del territorio, che costituisce una zona di pregio naturalistico
e ambientale ma anche un’area particolarmente vulnerabile. In successione è stata elaborata
una carta degli scenari del paesaggio, in cui saranno individuate alcune caratteristiche
principali del paesaggio, con un senso sia per l’aspetto percettivo che ai fini della definizione di
alcuni comparti: aree a uso consolidato omogeneo, aree di pregio (DOC, IGT, DOP), elementi
caratterizzanti del paesaggio agricolo (come il paesaggio del vigneto e dell’oliveto), ecc. La
carta delle unità di paesaggio (e dei suoli) invece riporta i tematismi relativi ai suoli, e
costituisce una delle carte di maggiore importanza. Il suolo, il paesaggio e il clima
costituiscono un ecosistema complesso, i cui componenti sono fortemente correlati fra loro. La
carta dei suoli e delle unità di paesaggio è la carta di base per la definizione e la delimitazione
delle aree a diversa suscettività d’uso.
Come detto in precedenza, scendendo più nel dettaglio, alcune aree omogenee, sono state
ulteriormente suddivise. Pertanto prendendo in considerazione i boschi questi sono stati
ulteriormente individuati in boschi misti, di latifoglie , ecc. (come indicato nella legenda). Le
varie aree possono essere raggruppati cosi da formare le diverse unità di paesaggio.
270
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
La carta dei territori boscati e seminaturali.
Queste aree hanno una notevole importanza paesaggistica, in quanto vanno a formare una
rete di connessione tra i diversi paesaggi rurali, e quindi evitano la frammentazione paesistica,
ed ambientale in quanto costituiscono un ottimo habitat per molte delle nostre specie
faunistiche e rappresentano un serbatoio di biodiversità.
I boschi sono rappresentati da terreni coperti di vegetazione arborea naturale o artificiale
caratterizzata soprattutto da boschi tradizionali misti, boschi di conifere (pino), boschi di
latifoglie (soprattutto faggio) e eucalyptus. Questi ultimi sono stati impiantati con il duplice
scopo di limitare l’erosione in atto nelle zone calanchifere e di fornire materia prima alla vicina
Cellulosa Calabra.
271
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Dal punto di vista paesaggistico le formazioni boschive rappresentano un valore da tutelare. È
necessario pertanto favorire nei rimboschimenti la formazione di boschi misti disetanei che
hanno, rispetto ai boschi monospecifici, una migliore stabilità ecologica. È inoltre opportuno
favorire la selvicoltura “naturalistica” che tende a mantenere i complessi boscati stabili e quindi
maggiormente resistenti alle avversità naturali.
Carta della capacità d’uso del suolo
Sulla base delle informazioni ritratte dalla carta dei suoli saranno poi effettuate le analisi della
capacità d’uso dei suoli e della suscettività d’uso dei suoli, secondo la consolidata metodica
FAO della land evaluation. Nella la prima (land capability) si considerano soprattutto gli
elementi territoriali che limitano l’uso del suolo dal punto di vista agronomico e forestale in
generale. La suscettività deriva da un confronto fra le esigenze d’uso e le qualità e
caratteristiche del territorio. Il metodo della determinazione della suscettività d’uso dei suoli è
un metodo affermato, già in uso in molte parti del mondo.
Tra i sistemi di valutazione del territorio, elaborati in molti paesi europei secondo modalità ed
obbiettivi differenti, la Land Capability Classification (Kingebeil, Montgomery, U.S.D.A. 1961)
viene utilizzato per classificare il territorio per ampi sistemi agro- forestali e non in base a
specifiche pratiche colturali. La valutazione viene effettuata sull’analisi dei parametri contenuti
nella carta dei suoli e sulla base delle caratteristiche dei suoli stessi.
Il concetto centrale della Land Capability non si riferisce unicamente alle proprietà fisiche del
suolo, che determinano la sua attitudine o meno ampia nella scelta di particolari colture,
quanto alle impostazioni da questo presentate nel confronto di uso generico agricolo;
limitazioni che derivano anche dalla qualità del suolo, ma soprattutto dalle caratteristiche in cui
questo è inserito. Ciò significa che la limitazione costituita dalla scarsa produttività di un
territorio, legata a precisi parametri di fertilità chimica del suolo (pH, C.S.C, sostanza organica,
salinità, saturazioni di base,) viene messa in relazione ai requisiti del paesaggio fisico
(morfologia, clima, vegetazione, etc), che fanno assumere alla stessa un grado di intensità
differente a secondo che tali requisiti siano permanentemente sfavorevoli o meno (es.
pendenza, rocciosità, aridità, degrado vegetale, etc.)
272
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
273
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
275
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
276
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
277
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
I criteri fondamentali della capacità d’uso sono:
Di essere in relazione alle limitazioni fisiche permanenti, escludendo quindi valutazioni
dei fattori socio – economici
Di riferirsi al complesso di colture praticabili nel territorio in questione e non ad una
coltura in particolare
Di comprendere nel termine “difficoltà di gestione” tutte quelle pratiche conservative e
sistematorie necessarie affinché, in ogni caso, l’uso non determini, perdita di fertilità o
degradazione del suolo
Di considerare un livello di conduzione abbastanza elevato, ma allo stesso tempo
accessibile alla maggior parte degli operatori agricoli.
Classificazione:
La classificazione si realizza applicando tre livelli di definizione in cui suddividere il territorio:
1. Classi
2. Sottoclassi
3. unità
Le classi sono 8 e vengono distinte in due gruppi in base al numero e alla severità delle
limitazioni: le prime 4 comprendono i suoli idonei alle coltivazione (suoli arabili), tutte le altre 4
raggruppano i suoli non idonei (suoli non arabili), tutte caratterizzate da un grado di
limitazione crescente. Ciascuna classe può riunire una o più sottoclassi in funzione del tipo di
limitazione d’uso presentata, (erosione, eccesso idrico, , limitazioni climatiche, ecc.) e a loro
volta queste possono essere suddivise in unità non prefissate, ma riferite alle particolari
condizioni fisiche del suolo e alle caratteristiche del suolo o alle caratteristiche del territorio .
Nella tabella che segue sono riportate le 8 classi
classe
Descrizione
I
Suoli
amabilità
senza
o
con
modestissime
limitazioni
SI
all’utilizzazione agricola o pericoli di erosione, molto
profondi, quasi sempre livellati, facilmente lavorabili;
possibile ampia scelta di colture
II
Suoli con modeste limitazioni e modesti pericoli di
erosione,
moderatamente
profondi,
SI
pendenze
leggere, facile lavorabilità; possono essere necessarie
moderate pratiche di conservazioni; ampia scelta
delle colture.
III
Suoli con severe limitazioni e con rischi di erosione,
pendenze da moderate a forti, profondità modesta.
Sono necessarie pratiche speciali per proteggere il
278
278
SI
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
suolo dall’erosione. Moderata scelta delle colture.
IV
Suoli con limitazioni molto severe e, notevoli pericoli
SI
di erosione se coltivati per pendenze notevoli. Scarsa
scelta delle colture e/o richiedono una gestione molto
accurata
V
Poco coltivabili per pietrosità e rocciosità o per altre
NO
limitazioni, pendenze assenti o moderate, leggero
pericolo
di
erosione,utilizzabili
pascolo
razionalmente
gestito
con
e
foresta,
con
mantenimento
dell’ambiente naturale
VI
Suoli con severe limitazioni che alle coltivazioni,
NO
moderate limitazioni per il pascolo e la selvicoltura;
moderato pericolo di erosione.
VII
Limitazioni severe e permanenti, forte pericolo di
NO
erosione, pendenze elevate , morfologia accidentata,
scarsa profondità , possibili il bosco, il pascolo brado
e il mantenimento dell’ambiente naturale.
VIII
Limitazioni molto severe per il pascolo ed il bosco a
NO
causa della fortissima pendenza, notevolissimo il
pericolo di erosione, eccesso di pietrosità o rocciosità,
oppure salinità, etc. che restringono il loro uso a fini
estetico – ricreativi e al mantenimento dell’ambiente
naturale.
Sottoclassi di capacità d’uso
sottoclassi
Tipo di limitazione
S
Deficienza
e
problemi
fisico-chimici
nella
zona
esplorabile dalle radici (eccesso di scheletro, scarso
spessore,
bassa
capacità
di
fessurazioni, reazione, salinità).
E
Rischio di erosione
W
Limitazione legate al drenaggio
C
Interferenze climatiche
279
279
ritenuta
idrica,
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3.2.4 Individuazione dei comprensori omogenei
La particolarità del territorio della provincia di Crotone è che nonostante abbia un ampio
sviluppo sul mare Ionio, una buona parte di esso è caratterizzato da estese ed aspre montagne
con un’altimetria che varia dallo 0 metri della linea di costa fino ai 1723 del monte
Femminamorta. In funzione della carta altimetrica e all’elaborazione di un modello digitale con
isoipse ogni 25 metri, sono stati definiti tre sistemi territoriali (TAV. 3):
- Sistema Montano (oltre 600 m)
- Sistema Collinare (100 a 600 m)
- Sistema Costiero (ambito di pertinenza e di rispetto della linea di costa)
I sistemi territoriali costituiscono, ai diversi livelli, elemento di riferimento primario per
l’organizzazione delle scelte strategiche per il governo del territorio.
L’ambito appartenente al Sistema Costiero comprende tutti i comuni che si affacciano sul
mar Ionio; qui il territorio si presenta pressoché pianeggiante (costa bassa) con una linea di
costa che si sviluppa abbastanza linearmente secondo la direzione nord-sud; da Crotone,
invece, procedendo verso sud fino a Capo Piccolo la costa diventa più frastagliata con rilievi,
prossimi al mare, che raggiungono anche i 130 metri (costa alta) e addentrandosi verso
l’interno si affaccia verso il golfo di Squillace.
Il Sistema Collinare che comprende la maggior parte del territorio ed interessa molti comuni
che si presentano con una predisposizione fortemente agricola, e che si possono identificare
con i centri abitati di: Belvedere di Spinello, Carfizzi, Casabona, Cirò, Cirò Marina, Crucoli,
Pallagorio, San Mauro Marchesato, Roccabernarda, San Nicola Dall'alto, Umbriatico e Verzino.
Una terza fascia che definisce il Sistema Montano, si insinua nella Sila fino a rilievi che
raggiungono i 1700 metri e comprende i comuni di Caccuri, Castelsilano, Cerenzia, Cotronei,
Mesoraca, Petilia Policastro e Savelli.
Nel
passaggio
marina-collina-montagna,
si
alternano
paesaggi
di
particolare
pregio
naturalistico ambientale.
La costa, caratterizzata da tratti che si protendono nel mare Ionio come Punta Fiume Nicà,
punta Alice, Capo Colonna, Capo Cimiti, Capo Rizzuto, Capo Piccolo e Capo di Le Castella.
La collina, il territorio dell’antico Marchesato con i caratteristici mammelloni argillosi, ma anche
con la presenza di rilievi significativi come Monte Fuscaldo.
La montagna, ovvero la Sila con i suoi rilievi di origine granitica caratterizzata dalla presenza di
estese foreste di pino laricio.
Una peculiarità che distingue il territorio della provincia di Crotone risiede proprio nel forte
carattere naturalistico-ambientale dei tre Sistemi Territoriali, caratteristica, questa difficilmente
riscontrabile in altri territori. Tale condizione territoriale dovrà essere l’elemento di riferimento
primario per l’organizzazione delle scelte strategiche per il governo del territorio. Infatti a parte
la costa, che ha subito il disordine di un’urbanizzazione selvaggia, gli altri sistemi territoriali
mantengono ancora intatti i loro caratteri identitari e i loro valori naturalistici-ambientali.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Questi tre sistemi li possiamo definire dei comprensori
omogenei all’interno dei quali è
omogenea anche la fauna presente. Tali fasce si susseguono, in ordine, dalla fascia montana a
ovest, fino al litorale ionico verso est.
La fauna di questi luoghi è riconducibile principalmente a quella che, nel continente europeo,
vive
nella
fascia
mesomediterranea
e
submediterranea,
eccezionalmente
nella
fascia
termomediterranea.
La distribuzione e la concentrazione delle diverse specie è conseguenza dello stato di
naturalità/degrado degli ecosistemi, nei diversi ambienti.
Bisogna tenere conto del fatto che, pur essendo ampiamente verificate queste differenze, molti
organismi si possono incontrare in più fasce o zone, per la loro distribuzione spaziale o per la
capacità di muoversi in funzione delle stagioni o di altri eventi locali.
Nel Sistema Montano, al di sopra dei 600 metri s.l.m., si può dire cha la fauna è
rappresentata soprattutto dalle specie legate agli ecosistemi forestali.
Qui si assiste al passaggio dai boschi quasi puri di faggio Fagus silvatica e Pino laricio Pinus
laricio, o Cerro Quercus cerris, a formazioni vegetali in cui si ritrovano, oltre a queste ultime,
altre specie arboree più spiccatamente mediterranee.
La fauna vertebrata, di questa parte annovera presenze di gran pregio come il Lupo Canis
lupus, il Capriolo Capreolus capreolus, il Gatto selvatico Felis silvestris, il Tasso Meles meles, lo
Scoiattolo nero Sciurus vulgaris meridionalis e la Martora Martes martes, tra i mammiferi; il
Picchio nero Dryocopus martius, l’Astore Accipiter gentilis, il Falco pecchiaiolo Pernis apivorus,
il Nibbio bruno Milvus migrans e il Nibbio reale Milvus milvus tra i numerosissimi uccelli; e
ancora la Vipera dell’Hugy Vipera aspis hugyi (presente in quasi tutta la provincia), la
Salamandra pezzata nella varietà meridionale Salamandra salamandra giglioli, tra la
abbondante erpetofauna, e, fra i pesci, probabile la Trota fario macrostigma Salmo trutta
macrostigma, laddove le popolazioni pure non avrebbero incontrato ceppi di trota fario
derivanti dalle numerose immissioni ittiche.
Nel Sistema Collinare, tra i 100 e i 600 metri s.l.m.,
si prosegue con i versanti che
degradano verso lo Ionio. Sono generalmente acclivi nelle quote più alte per poi raccordarsi
dolcemente al passaggio tra le litologie cristalline ed i terreni sedimentari.
Questi ultimi territori sono quelli più propriamente collinari che s’incontrano procedendo verso
est e che coincidono con parte del Marchesato crotonese. Quest’area è caratterizzata da
profondi valloni e canyon scavati dall’acqua, ambienti con elevata diversità biologica. Alle
quote più alte (500-600 m.), sono ancora presenti boschi con latifoglie, come i boschi misti di
Cerro Quercus cerris e Farnetto Quercus frainetto, a cui si alternano pinete di diverse specie.
La fauna è riconducibile a quella descritta in precedenza.
Frammisti a queste essenze, a quote più basse si trovano altre specie quercine che qui
diventano dominanti, quali la Roverella Quercus pubescens e il Leccio Quercus ilex, localmente
in associazione con la sughera Quercus suber. La copertura vegetale è più spesso
281
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
rappresentata da associazioni più degradate dove le piante con portamento arboreo lasciano,
sempre più spesso, posto a una vegetazione dall’habitus prevalentemente cespitoso. A queste
aree si avvicendano vaste estensioni di pascolo, pseudosteppe mediterranee, ma soprattutto
coltivi tra i quali spiccano uliveti e vigne.
Tali aspetti sono stati determinati da trasformazioni che hanno prodotto un aumento della
diversità di specie ed habitat, modificando un paesaggio originariamente monotono in un
movimentato mosaico di vegetazioni e utilizzi del suolo. Come diretta conseguenza le comunità
animali si sono arricchite di specie.
La fauna vertebrata di queste aree trova le presenze più importanti sicuramente tra i rettili, fra
cui citiamo la Testuggine di Hermann Testudo hermanni e il Cervone Elaphe quatuorlineata e,
tra gli uccelli, fra i quali spiccano come nidificanti alcuni fra i più rari del nostro paese, oltre al
già citato Nibbio reale Milvus milvus, il Capovaccaio Neophron percnopterus, il Biancone
Circaetus gallicus, il Lanario Falco biarmicus, la Cicogna bianca Ciconia ciconia e la Cicogna
nera Ciconia nigra, il Gufo reale Bubo bubo, e l’Occhione Burhinus oedicnemus, quest’ultimo
presente almeno durante i suoi spostamenti migratori e di probabile riproduzione. Tra gli anfibi
è stata riscontrata, in più stazioni, la presenza del Tritone italico Triturus italicus, e di diverse
specie di anuri, fra i quali il Rospo smeraldino Bufo viridis, la Raganella Hyla intermedia e altre
specie di interesse conservazionistico. Tra i mammiferi va annoverata la presenza dell’Istrice
Hystrix cristata, accanto a quella della Faina Mustela foina, della Volpe Vulpes vulpes, del
Cinghiale Sus scrofa, del Tasso Meles meles, del Riccio Erinaceus europeus.
Non è da escludersi la Lepre italica Lepus corsicanus, così come nel settore più a monte, la cui
presenza è dubbia a causa soprattutto delle immissioni venatorie di Lepus europea.
Scarsamente rilevabile, invece, l’esatta distribuzione di micromammiferi e chirotteri, pur
essendo state segnalati il Ghiro Myoxus glis, il Quercino Elyomis quercinus, la Talpa romana,
arvicole, crocidure e muridi. Tra questi ultimi il rappresentante più abbondante è senza dubbio
l’Arvicola di Savi Microtus savi, che costituisce la preda più importante per tutti i carnivori di
piccola e media taglia.
Nel Sistema Costiero ma non solo, sotto i 100 metri s.l.m., sono particolarmente ampie le
zone alluvionali, alla base di terrazzamenti marini prodotte dai principali corsi d’acqua e dai
loro affluenti (fiumi Neto, Tacina e Lipuda). Sui litorali le loro foci rappresentano le zone più
importanti, per la diversità biologica fra i vertebrati.
In particolare, la foce del fiume Neto, fra le più importanti zone umide della Calabria,
fondamentale per la salvaguardia di uccelli migratori, svernanti e nidificanti di interesse
comunitario
ed
internazionale.
Notevoli,
ad
esempio,
le
concentrazioni
di
Ardeidi,
Threskiornithidi, Laridi ed altri Charadriformi, oltre ai numerosi Passeriformi in periodo
migratorio. Di grande importanza anche dal punto di vista erpetologico, con presenze di
estremo valore conservazionistico, tra cui la Testuggine d’acqua Emys orbicularis che alla foce
del Neto è presente con una delle più importanti popolazioni dell’intero territorio.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Nella maggioranza della provincia insieme alle presenze eccezionali, sono diffuse le specie
ornitiche tipiche degli ambienti sopra menzionati: Columbidi, Corvidi, Silvidi, Irundinidi e
Apodiformi, Coraciformi, Turdidi, Paridi, Lanidi, Fringillidi ed Emberizidi.
Molte specie di Strigiformi, inoltre, sono state segnalate in tutta l’area, con popolazioni
numericamente importanti a livello locale: l’Allocco Strix aluco, in particolare nelle aree
boscate, la Civetta Athene noctua, l’Assiolo Otus scops, anche come svernante, il Barbagianni
Tyto alba e il Gufo comune Asio otus in periodo invernale.
283
283
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3.2.5 Carta delle idoneità ambientali
Le carte di idoneità ambientale permettono di integrare e sintetizzare le relazioni specie
ambiente e rappresentano pertanto un valido strumento di supporto alle indagini conoscitive e
ai progetti relativi alla conservazione e alla gestione territoriale.
La costruzione della carta di idoneità si basa sulla conoscenza delle caratteristiche auto
ecologiche delle specie analizzate e su quei parametri ambientali che discriminano la presenza
o meno della singola specie nel territorio (Tavv. 6a, 6b, 6c, 6d). La scelta delle variabili
ambientali su cui impostare il modello è fortemente condizionata dalla disponibilità di dati nel
territorio di riferimento ed in particolare da studi specifici che legano tali variabili alle specie da
analizzare. Le carte delle idoneità ambientali per le specie indagate sono state costruite
seguendo i dettami della Rete Ecologica Nazionale.
3.2.5.1. Lepre
La carta delle idoneità ambientali riferita a Lepus corsicanus (Lepre appenninica) è stata
realizzata considerando i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici :
1. Dimensione del gruppo secondo una scala che va da 1 individuo a 4 individui
2. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata
Tab. Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per la lepre
Categoria
2.1.1
2.1.2
2.2.1
2.2.2
2.2.3
2.3.1
2.4.1
2.4.2
2.4.3
2.4.4
3.1.1
3.1.3
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
3.3.1
3.3.3
3.3.4
CORINE Land Cover livello 3
Idoneità
Terre arabili non irrigate
2
Terre irrigate permanenti
1
Vigneti
2
Alberi e arbusti
2
Oliveti
2
Pascoli
3
Seminativi e colture arboree
2
Aree agricole a struttura complessa
3
Aree agricole interrotte da vegetazione naturale 3
Aree agro-forestali
2
Boschi di latifoglie
2
Boschi misti
2
Praterie naturali
2
Brughiere
2
Vegetazione a sclerofille
2
Aree di transizione cespugliato-bosco
3
Spiagge e dune
2
Aree con vegetazione sparsa
2
Aree incendiate
1
Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di
Idoneità Ambientale,. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa
idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità.
284
284
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3.2.5.2. Cinghiale
Per la costruzione della carta delle idoneità ambientali di Sus scrofa (Cinghiale) sono stati
considerati i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici:
1. Dimensione del gruppo secondo una scala che va da 1 individuo a 16 individui.
2. Dimensione dell’home range secondo una scala che va da 300 a 5000 ha
3. Distanza percorsa in un ciclo di attività secondo una scala che va da 3 a 8 km
4. Distanza percorsa in fase di dispersione secondo una scala che va da 5 a 15 km
5. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata.
Tab. – Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per il cinghiale
Categoria
2.1.1
2.1.3
2.2.1
2.2.2
2.2.3
2.3.1
2.4.1
2.4.2
2.4.3
2.4.4
3.1.1
3.1.2
3.1.3
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
3.3.4
4.1.1
CORINE Land Cover livello 3
Terre arabili non irrigate
Risaie
Vigneti
Alberi e arbusti
Oliveti
Pascoli
Seminativi e colture arboree
Aree agricole a struttura complessa
Aree agricole interrotte da vegetazione
Aree agro-forestali
Boschi di latifoglie
Foreste di conifere
Boschi misti
Praterie naturali
Brughiere
Vegetazione a sclerofille
Aree di transizione cespugliato-bosco
Aree incendiate
Aree interne palustri
Idoneità
1
1
2
2
1
1
1
2
3
2
3
1
3
2
2
3
3
1
2
Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di
Idoneità Ambientale,. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa
idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità.
3.2.5.3. Starna
Per la costruzione della carta delle idoneità ambientali di Perdix perdix (Starna) sono stati
considerati i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici:
1. Dimensione dell’home range secondo una scala che va da 0.06 a 0.3 km
285
285
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
2. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata
Tab. – Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per la starna
Categoria
2.1.1
2.2.1
2.2.2
2.2.3
2.3.1
2.4.1
2.4.2
2.4.3
2.4.4
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
3.3.4
CORINE Land Cover livello 3
Idoneità
Terre arabili non irrigate
3
Vigneti
2
Alberi e arbusti
3
Oliveti
2
Pascoli
1
Seminativi e colture arboree
3
Aree agricole a struttura complessa
3
Aree agricole interrotte da vegetazione naturale 3
Aree agro-forestali
1
Praterie naturali
2
Brughiere
3
Vegetazione a sclerofille
1
Aree di transizione cespugliato-bosco
2
Aree incendiate
1
Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di
Idoneità Ambientale. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa
idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità.
3.2.5.4. Fagiano
Per la costruzione della carta delle idoneità ambientali di Phasianus cochicus (Fagiano
comune) sono stati considerati i seguenti parametri ambientali, ecologici e etologici:
1. Dimensione dell’home range secondo una scala che va da 0.5 a 2 ha
2. Relazione con l’uso del suolo secondo la tabella di seguito riportata
Tab. – Relazione tra uso del suolo e idoneità ambientale per il fagiano comune
Categoria
1.2.4
2.1.1
2.1.2
2.2.1
2.2.2
2.3.1
2.4.1
2.4.2
2.4.3
2.4.4
3.2.2
CORINE land cover livello 3
Idoneità
Aeroporti
3
Terre arabili non irrigate
2
Terre irrigate permanenti
2
Vigneti
2
Alberi e arbusti
2
Pascoli
2
Seminativi e colture arboree
3
Aree agricole a struttura complessa
3
Aree agricole interrotte da vegetazione naturale 3
Aree agro-forestali
2
Brughiere
2
286
286
Provincia di Crotone
3.2.3
3.2.4
4.1.1
Piano Faunistico-Venatorio
Vegetazione a sclerofille
Aree di transizione cespugliato-bosco
Aree interne palustri
1
2
2
Come rilevabile in tabella, ad ogni tipologia ambientale è stato assegnato un Punteggio di
Idoneità Ambientale,. Tale punteggio prevede quattro valori: 0 = non idoneo, 1 = bassa
idoneità, 2 = media idoneità, 3 = alta idoneità.
3.4
RIPARTIZIONE E LOCALIZZAZIONE DEGLI ISTITUTI PER LA
GESTIONE FAUNISTICO - VENATORIA
La destinazione differenziata del territorio.
Il Territorio Agro-Silvo-Pastorale, il cui calcolo è stato specificato al punto 3.2, deve essere
ripartita tra zone di protezione della fauna e zone a gestione privata, con la restante parte del
territorio destinata alla gestione programmata della caccia.
Pertanto la superficie agro-silvo-pastorale viene ripartita in 3 grosse quote:
o
Zone di protezione della fauna selvatica, in cui è vietata l’attività venatoria,
incidenti per non più del 24% della SASP (lett. a comma 2 della L.R. n. 9/96), in cui
sono compresi oltre alle zone di protezione della fauna (Oasi di Protezione, Zone di
Ripopolamento e Cattura e Centri Pubblici di riproduzione, lett. a,b,c comma 8 art.10 L
157/92) anche le aree protette che nella provincia di Crotone sono rappresentate dal
Parco Nazionale della Sila e dall’Oasi del Neto che trovano il loro corpus istitutivo e
normativo in specifiche leggi emanate dalle Amministrazioni locali;
o
Istituti a gestione privata (Centri privati per la riproduzione della fauna selvatica,
Zone di Addestramento Cani, Aziende Faunistiche ed Aziende Agro-turistico-venatorie),
la cui quota massima e il 15% della SASP.
Sul rimanente territorio agro-silvo-pastorale si attua la gestione programmata della caccia,
secondo le modalità statuite dalla L. 157/92 artt. 14 e 15.
Fondamentale è stato l’apporto dell’INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), il cui ruolo
d’indirizzo è attribuito dall’art. 10 della L.157/1992, attraverso i Documenti Tecnici ed Action
Plan, nel fornire indicazioni di carattere tecnico-scientifico per la programmazione faunisticovenatoria secondo criteri omogenei a livello nazionale e congrui ai principi di conservazione
delle risorse faunistiche definiti dalla legge stessa. In particolare occorre citare il “Documento
orientativo sui criteri di omogeneità e congruenza per la pianificazione faunistico venatoria”
dell’INFS (D.T. INFS n° 15, Febbraio 1994). Tale documento chiarisce soprattutto il ruolo degli
Istituti di produzione e protezione, nonché l’importanza della salvaguardia della fauna selvatica
in tali istituti attraverso specifici interventi di gestione. Diversi gli aspetti approfonditi e
287
287
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
necessari alla programmazione faunistico-venatoria tra cui:
-
le differenze esistenti tra le quelle protette ai soli fini faunistici e le aree protette (oasi di
protezione lungo le rotte migratorie, zrc, centri pubblici di riproduzione della fauna) senza
alcuna limitazione all'uso e alla trasformazione degli ambienti per le prime, prevista invece
per le aree protette;
-
il ruolo delle oasi di protezione quale rifugio, riproduzione e sosta della fauna selvatica. Si
tratta dell'unico istituto, tra quelli contemplati dalla legge n. 157/1992, nel quale la sola
finalità dichiarata è quella della protezione di popolazioni di fauna selvatica;
-
il ruolo delle ZRC destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla
cattura
della
stessa
per
l'immissione
sul
territorio
in
tempi
e
condizioni
utili
all'ambientamento" (art. 10, comma 8, punto b) e pertanto fattore di grande rilevanza per
le Province che li devono gestire al fine di fornire una dotazione annua di selvaggina
naturale attraverso l’immissione nei territori cacciabili o in altri territori di tutela, sia
tramite catture e sia tramite irradiamento spontaneo nei territori circostanti;
-
il ruolo dei centri pubblici di riproduzione della fauna quali istituti destinati alla
ricostituzione di popolazioni autoctone, sia attraverso l’immissione di selvatici a fini di
reintroduzione sia attraverso la produzione naturale di fauna selvatica da utilizzare per fini
di immissione in altri territori;
il ruolo dei centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale la cui natura e
le finalità rispetto agli allevamenti (art. 17 L. 157/92), sia da ricercarsi proprio nella mancanza
della "condizione di cattività" per la fauna presente.
Per la localizzazione degli ambiti di protezione finalizzati verranno considerate, la vocazionalità
del territorio, presupposto fondamentale anche se non esclusivo per il buon risultato gestionale
ed il raggiungimento degli obiettivi prefissi, l’esperienza del mondo venatorio attraverso il
coinvolgimento delle ATC in modo da condividerne il percorso, nonché nel caso delle oasi di
protezione della fauna anche le rotte migratorie. In ogni caso avviate le fasi di concertazione
saranno formulate appropriate conclusioni sulla base delle proposte e delle osservazioni
pervenute che saranno approvate e realizzate, previo contributo tecnico scientifico offerto da
dipartimenti universitari competenti.
L’ideale sarebbe una distribuzione a scacchiera che contribuirebbe a creare quella rete
sinergica di istituti di tutela tra loro vicini, interrotti da comprensori venatori, che favorisce da
una parte un efficace sistema di protezione alla fauna, in particolare quella migratoria, ma
dall’altra comporta anche un irradiamento spontaneo della selvaggina, da questi serbatoi
naturali, ai limitrofi territori cacciabili.
288
288
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3.4.1. Proposta per la realizzazione di un C.R.A.S. in Provincia di
Crotone
La Provincia di Crotone risulta già impegnata, con il WWF, nella realizzazione di un Centro
Restocking per il Capovaccaio (Neophron percnopterus), per il Nibbio reale (Milvus milvus), per
l’Istrice (Hystrix cristata), per il Tasso (Meles meles) e per la Testudo hermanni, specie di
interesse comunitario, la cui biologia è molto particolare e molto importante per varie tipologie
di ambienti presenti nella provincia di Crotone. Il Centro, finanziato con la misura1.10a – Rete
Ecologica Regionale del POR Calabria 2000-2006, è in fase di realizzazione presso il comune di
Rocca di Neto e pertanto è auspicabile che lo stesso possa allargare la sua attività e divenire in
tempi rapidi anche un C.R.A.S. . Tutto ciò è motivato anche dal grande numero di animali ed
uccelli selvatici provenienti dal nostro territorio e ricoverati presso il CRAS di Rende e di
Catanzaro.
Il Centro per il Recupero della Fauna Selvatica (C.R.A.S. ) progettato per la Provincia di
Crotone, tenuto in debito conto le pluriennali esperienze maturate dai C.R.A.S. sia a livello
regionale che nazionale, intende sopperire ad un “vuoto” percepito sia dai vari Enti che
prestano la loro opera nel campo della tutela ambientale (Polizia Provinciale, Corpo Forestale
dello Stato, Ente Parco, ecc.), sia dai gruppi ambientalisti che dai cittadini che sono obbligati
a ricorrere alle prestazioni di tale tipologia di centri fuori provincia e, in alcuni casi, fuori
Regione.
Con la realizzazione del Centro Restocking e del C.R.A.S., la Provincia di Crotone non solo
riuscirà a tutelare le specie faunistiche, ma riuscirà anche nell’intento di effettuare della
ricerca scientifica nonché darà un contributo al territorio in termini di sensibilizzazione e di
educazione ambientale.
Sarà garantita l’attività di recupero, detenzione temporanea, cura e rilascio sul territorio della
fauna selvatica in difficoltà (art. 3 – comma 8 – L.R. 9/96), presso le strutture di Centri di
Recupero Animali Selvatici (CRAS), autorizzati ai sensi della normativa vigente.
3.4.1.1. Localizzazione dell'intervento
La struttura che dovrebbe ospitare il C.R.A.S. è in Località “Cupone” del Comune di
Rocca di Neto, nell’ex Centro per la produzione di Selvaggina dell’ARSSA appartenente al
Centro Sperimentale Dimostrativo “Val di Neto”.
In tale area, di una grandezza di 7 ettari, si è avuta la disponibilità, da parte dell’ARSSA, di
due stabili con adeguati spazi interni e con un’ampia area esterna circostante che consentono
di strutturare un intervento in grado di far fronte, in maniera adeguata, a tutte le attività
che richiedono la cura, il recupero e la reintroduzione in natura della fauna in difficoltà.
3.4.1.2. Attività
Le attività previste all’interno del Centro per il Recupero della Fauna Selvatica possono essere
così riassunte:
289
289
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
•
Primo soccorso e valutazione diagnostica;
•
Chirurgia;
•
Degenza;
•
Riabilitazione alla vita selvatica;
•
Reintroduzione in natura della fauna recuperata;
•
Sensibilizzazione ed educazione ambientale;
•
Ricerca scientifica;
Il primo soccorso, la valutazione diagnostica e gli interventi chirurgici saranno realizzati in due
locali adeguatamente attrezzati per far fronte a tutte le cause di ricovero (ferite d’arma da
fuoco, fratture, intossicazioni, inoculazioni, etc) che generalmente presentano gli animali che
vengono consegnati ai centri di recupero per la fauna selvatica.
La degenza, la riabilitazione alla vita selvatica e l’ospitalità degli animali “inabili” ossia non più
re introducibili in natura, sono assicurati dalla realizzazione di voliere di diverse tipologie per
forme e dimensioni a seconda della loro destinazione d’uso (voliere da adibire a primo
soccorso, a stabulazione prolungata, a riabilitazione alla vita selvatica) e a seconda delle
specie animali da ospitare.
Sarà possibile avviare azioni di sensibilizzazione e di educazione ambientale grazie ad un
percorso didattico realizzato all’interno del Centro per il Recupero della Fauna Selvatica che
consentirà ai visitatori di osservare da vicino gli animali ospiti del Centro. A tal fine saranno
“aperte al pubblico” solo alcune voliere. Attraverso un porticato, adiacente ad un lato della
voliera, oscurato da un doppio strato di rete ombreggiante, i visitatori osserveranno
attraverso degli appositi pertugi gli animali nelle voliere più grandi. Tale accorgimento non
sarà necessario, invece, per i box che ospiteranno gli animali “inabili” dal momento che essi
non potranno essere più reintrodotti in natura. Su ogni voliera potranno essere affissi i
pannelli
didattici
recanti,
con
sintesi
conservazione, l'alimentazione degli
e chiarezza,
informazioni
sullo
status,
la
animali ospitati, con informazioni sulle particolarità
delle specie e sulle possibilità di avvistamento.
Un
ulteriore
attività
realizzabile
all’interno
del
Centro
di
Recupero
per
la
Fauna
Selvatica è quella della ricerca scientifica. La reintroduzione in natura, infatti, di specie
stanziali consente, mediante consolidate metodologie (inanellamento, decolorazione del
piumaggio, radiotracking, etc) di studiare gli individui direttamente nelle proprie nicchie
ecologiche. Infine, la possibilità di conservare i cadaveri degli animali deceduti consente di
intraprendere progetti di ricerca sulla presenza di pesticidi, metalli pesanti ed altre sostanze
tossiche accumulati nei tessuti molli.
Oltre che per le attività principali sopra descritte, i C.R.A.S. si caratterizzano per poter
svolgere le seguenti funzioni:
- educazione del pubblico alla tutela della fauna selvatica, allo scopo di sviluppare maggiore
consapevolezza e sensibilizzazione rispetto ai temi della conservazione;
- sostegno all’opera di conservazione della fauna selvatica, attraverso la reintroduzione di
290
290
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
animali e la conduzione di programmi di riproduzione per specie a rischio di estinzione;
- valutazione dell’efficacia di provvedimenti legislativi adottati in materia di caccia e di
conservazione della natura;
-
utilizzo degli
animali
selvatici
come
indicatori della
salute e
dell’integrità di
un
ecosistema, potendo essi fornire sia dati per un monitoraggio epidemiologico sia campioni per
analisi tossicologiche.
Nell’uso comune sono invalsi numerosi altri acronimi per indicare le strutture di recupero; i
più comuni sono C.R.R. (Centro Recupero Rapaci) e C.R.F.S. (Centro Recupero Fauna
Selvatica).
Recupero
Complesso di interventi attuati per motivazioni scientifiche ed etiche,
necessario a
riportare un animale nelle condizioni di vivere autonomamente in stato di naturale libertà,
consentendogli di riacquistare la capacità di relazionarsi con l’ambiente, con i conspecifici, con
i predatori e di riprodursi.
Il
termine “recuperato” non si
applica pertanto agli
animali per i
quali sia stata
formulata una prognosi infausta ad vitam o ad valitudinem.
Le motivazioni su cui poggia il recupero sono state sintetizzate da Gandini (1996):
- salvaguardia delle popolazioni e delle specie selvatiche in cattivo stato di conservazione,
riconoscendo agli animali liberati un ruolo di sostegno demografico alle popolazioni viventi sul
territorio;
- riconoscimento all’animale selvatico del diritto ad essere recuperato, indipendentemente
dalla specie di appartenenza.
Possiamo riconoscere sei fasi necessarie per lo svolgimento del recupero:
1) ricovero e analisi di fattibilità;
2) cura;
3) riabilitazione;
4) marcatura;
5) liberazione;
6) monitoraggio e altre attività post-rilascio.
Le fasi elencate non corrispondono ad una situazione reale, ma sono funzionali ad inquadrare
in una sequenza temporale e logica le attività di un centro.
Ritrovamento
Per ritrovamento si intende il primo contatto delle persone coinvolte nel recupero con
l’animale selvatico.
Esso avviene in genere da parte di privati cittadini o degli addetti alla vigilanza venatoria.
Al ritrovamento possono conseguire la segnalazione, la consegna od il soccorso.
Si
ricorda che,
ai
sensi
della
Legge 157/92 e
291
291
dei
relativi
recepimenti regionali, il
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
prelievo da parte di privati di uova, nidi, neonati e adulti di fauna selvatica, che non siano
evidentemente esposti a grave minaccia, è vietato.
Segnalazione
La persona che ha effettuato il ritrovamento è tenuta a segnalare il fatto entro 24 ore
all’autorità competente per territorio. A seguito della segnalazione l’animale ritrovato può
essere raccolto dal personale provinciale preposto e consegnato ad un centro di recupero.
Più spesso, i privati che ritrovano un animale selvatico si rivolgono direttamente ad un
C.R.A.S. consegnando l’animale o
segnalandone la
presenza e
richiedendo che
gli
operatori del centro si rechino sul luogo a prelevare l’esemplare.
A seguito di un ritrovamento effettuato da privati, la segnalazione è l’atteggiamento migliore,
perché consente agli operatori del recupero, siano essi volontari di un centro o addetti alla
vigilanza venatoria, di fornire le istruzioni necessarie ad evitare tentativi potenzialmente
controproducenti di manipolazione e cura dell’animale.
Non è infrequente, infatti, che
gli animali ritrovati vengano detenuti per un certo
periodo di tempo in ambito domestico, con il rischio di diminuire la percentuale di successo
del recupero.
Consegna e soccorso
Quando gli animali ritrovati vengono portati al centro dalla persona che ha effettuato il
ritrovamento, o dal personale provinciale che ne aveva ricevuto la segnalazione, si parla di
consegna.
Nel
caso invece in
cui
sia stato il
personale del
centro a
recarsi
sul
luogo del
ritrovamento per prendere in carico l’animale, si utilizza il termine soccorso. L’impiego di due
vocaboli differenti è stato ritenuto opportuno per evitare di utilizzare il termine “recupero”,
già carico di significati, per indicare il semplice prelievo di un animale sul territorio.
Ricovero e analisi di fattibilità
Per ricovero intendiamo tutte le procedure che devono essere espletate dal momento
dell’arrivo dell’animale al centro, fino al suo avvio a strutture di stabulazione idonee. Alcune di
queste procedure possono essere eseguite da volontari (comunque previo un’adeguata
formazione), mentre altre richiedono l’intervento di professionisti e personale
qualificato (attività cliniche; analisi di fattibilità).
Le tappe in cui si articola la fase di ricovero verranno ovviamente affrontate in un ordine
temporale variabile a seconda delle condizioni cliniche dell’animale e della disponibilità di
personale; esse sono:
- compilazione della scheda di ingresso dell’animale;
- prima visita clinica e rianimazione;
- eventuale marcatura provvisoria, interna al centro;
292
292
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
- analisi di fattibilità.
L’analisi di fattibilità dovrebbe costituire una tappa imprescindibile per avviare il processo del
recupero. Essa permette di scegliere razionalmente fra le tre opzioni che si presentano al
momento del ricovero:
1. l’avvio dei processi di cura e riabilitazione al fine di liberare l’animale;
2. il mantenimento in cattività per l’intera vita di un soggetto giudicato irrecuperabile;
3. l’eutanasia.
Una pratica assimilabile all’analisi di fattibilità non è prevista dalla regione Calabria, che
quindi non impone al veterinario del centro di formulare una prognosi sulla ricuperabilità
dell’animale entro sei mesi dal suo ricovero ma è ritenuta opportuna.
Il ricovero dovrebbe essere sempre seguito da un periodo di quarantena.
Cura
Come fase di
cura intendiamo il
periodo in cui vengono condotte su
un animale
ricoverato procedure terapeutiche, sia mediche che chirurgiche.
Detenzione
La detenzione di esemplari vivi di fauna selvatica è vietata a soggetti che la realizzino su
iniziativa privata, in particolare per specie non cacciabili o soggette ad un regime di
protezione particolare ai sensi dell’articolo 2 della Legge 157/92.
Per questo motivo i C.R.A.S. devono possedere una specifica autorizzazione per esercitare la
loro attività.
La
detenzione non
indica il
possesso degli
esemplari, dal
momento che
la
fauna
selvatica è patrimonio indisponibile della Stato.
La detenzione delle specie considerate pericolose ai sensi del Decreto Interministeriale
19 aprile 1996 è vietata.
I centri di recupero che vogliano ricoverare specie presenti nell’Allegato A del suddetto
provvedimento, devono essere in possesso di una specifica autorizzazione che testimoni la
sussistenza dei necessari requisiti, e sono tenuti a denunciare ogni acquisizione di tali animali
all' Ufficio Territoriale del Governo, competente per territorio.
I gestori dei centri di recupero sono tenuti a compilare dei registri per il carico e lo scarico
delle specie animali incluse negli Allegati A e B del Regolamento (CEE) 338/97 del Consiglio.
Il registro di per sé non costituisce comunque una prova sufficiente della legalità della
detenzione degli esemplari in esso iscritti.
In alcuni
C.R.A.S., l’obbligo di
tenuta di
un registro di
detenzione è
medesimi provvedimenti, regionali o provinciali, che ne autorizzano l’attività.
Riabilitazione
293
293
stabilito dai
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Per riabilitazione intendiamo gli interventi di tipo gestionale, clinico e comportamentale,
cui un animale deve essere sottoposto dopo la fase di cura per poter essere liberato.
La fase di riabilitazione ha lo scopo di ripristinare l’integrità fisica (segnatamente la tonicità
muscolare) e comportamentale (istinto predatorio, attitudine riproduttiva, comportamento
alimentare) dell’animale. Essa viene a volte indicata con il termine “rieducazione”.
Marcatura
Per marcatura intendiamo l’applicazione ad un animale di dispositivi che ne consentano
l’identificazione individuale ed eventualmente il monitoraggio delle attività a seguito della
liberazione.
La Campania e la Sicilia sono le uniche Regioni a rendere obbligatoria la marcatura degli
animali prima della liberazione.
Liberazione
La liberazione è la fase del recupero consistente nel rilascio in natura di un animale curato,
riabilitato e marcato. Essa dovrebbe avvenire secondo tempi, modalità e scelta del luogo di
rilascio, che ne garantiscano le maggiori probabilità di successo.
La liberazione (o “rilascio”) può configurarsi, a seconda delle specie e delle modalità di
liberazione, come reintroduzione, introduzione o ripopolamento.
Immissione
Trasferimento e rilascio, intenzionale o accidentale, di un’entità faunistica (INFS,
1997).
Traslocazione
Immissione intenzionale (INFS, 1997).
Reintroduzione
Traslocazione finalizzata a ricostituire una popolazione di una determinata entità faunistica in
una parte dell’areale in cui ne è documentata la presenza naturale in tempi storici e nella
quale essa risulta estinta (INFS, 1997).
Ripopolamento
Traslocazione
di
individui
appartenenti
ad
un’entità
faunistica
che
è
già
presente
nell’area di rilascio (INFS, 1997). Il termine è comunemente impiegato per definire
un’immissione di numerosi esemplari a scopi venatori.
Introduzione
Traslocazione di un’entità faunistica in un’area posta al di fuori del suo areale di
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294
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
documentata presenza naturale in tempi storici, oppure immissione di specie appartenenti alla
fauna originaria dell’area di rilascio ma che a seguito della traslocazione acquisiscono uno
status fenologico1 diverso da quello originario (INFS,1997).
Monitoraggio e altre attività post-rilascio
Il monitoraggio è la fase successiva alla liberazione, ed ha lo scopo di verificare il successo di
quest’ultima.
Essa si realizza attraverso l’applicazione all’animale di un dispositivo di marcatura (ad
esempio un radiocollare) che consenta il controllo delle sue attività.
L’esigenza di una fase di monitoraggio nasce dalla considerazione che il recupero non termina
con la liberazione, bensì con il ritorno effettivo dell’animale alla vita selvatica.
I dati raccolti in questa fase, nel breve e nel lungo periodo, possono permettere di valutare
l’efficacia della cura, della riabilitazione e delle tecniche di rilascio. Per una reale efficacia nel
perfezionamento delle metodiche di recupero, sarebbe necessario che questi dati venissero
divulgati, sia nel caso di successi che di insuccessi.
Oltre al monitoraggio, nel periodo successivo alla liberazione possono essere attuate misure
di sostegno per gli animali, ad esempio la predisposizione di carnai o mangiatoie in cui il
soggetto appena rilasciato possa tornare a nutrirsi nei primi tempi.
Irrecuperabili
Sono comunemente indicati come “irrecuperabili” quegli animali, ricoverati e curati in un
C.R.A.S., che non potranno mai essere liberati a causa di gravi ed irreversibili menomazioni
fisiche (ad esempio amputazione di ali o arti) o alterazioni comportamentali (ad esempio
imprinting sull’uomo).
Alcune Regioni si sono espresse sul destino degli animali irrecuperabili.
Ad esempio l’Abruzzo e la Lombardia stabiliscono che essi possano essere ceduti ad istituzioni
scientifiche autorizzate, o essere utilizzati a scopi didattici (Emilia-Romagna; Sicilia) o
nell’ambito di progetti di riproduzione a scopo di conservazione (Puglia).
La Lombardia inoltre, con l’Emilia-Romagna, prevede la possibilità che essi vengano sottoposti
ad eutanasia.
3.5 Individuazione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale per la
determinazione degli indici di densità venatoria
3.5.1. Densità venatoria reale
La densità venatoria rappresenta il numero di cacciatori presenti sul territorio di caccia.
L’indice di densità venatoria reale per l’annata di caccia 2008/2009, ai sensi all’art. 13,
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Piano Faunistico-Venatorio
comma 11, della L.R. 9/96, è stata calcolato in funzione della Superficie Agro-Silvo- Pastorale
(SASP), cioè della superficie provinciale soggetta a pianificazione faunistica, utilizzando come
secondo parametro il numero di cacciatori residenti, esercitanti l’attività venatoria.
Il Ministero dell’Agricoltura, sulla base dei dati censuari dei territori di caccia, ha fissato, con
D.M. 30.11.1993, l’indice di densità minima per il territorio nazionale, che è pari a 0,0526
cacciatori/ha ovvero a 19,1 ettari/cacciatore, onde distribuire i cacciatori sul territorio di caccia
e,
quindi,
tendenzialmente
uniformare
la
pressione
venatoria
sul
territorio,
ciò
per
regolamentare l’accesso dei cacciatori non residenti.
La Regione Calabria con il limite di
45,38 ettari/cacciatore nell’ATC Kr1
e di 55,14
ettari/cacciatore nell’ATC Kr2 indica la pressione venatoria massima.
Dal rapporto tra i due valori si è ottenuta la S.A.S.P effettivamente disponibile per ogni
cacciatore nell’annata 2008/2009 (indice di densità venatoria reale), distinta per ATC, come
riportato nella Tabella successiva. Da tutto ciò si evidenzia che la pressione venatoria risulta
di 89,99 ettari per cacciatore nell’ATC KR1 e di 88,73 ettari per cacciatore nell’ATC KR2. In
tutte e due i casi siamo ben lontani dai limiti stabiliti dalla regione.
Tab.- Densità venatoria reale per ATC espressa in ettari disponibili della S.A.S.P. per ciascun cacciatore
ETTARI disponibili
Superficie
Sup. Agro – silvo
per Cacciatore
N° cacciatori che territoriale
pastorale Utile
hanno svolto
alla caccia
attività venatoria
annata 08/09
Ettari
ettari
794
79.919,70
856
91.774,40
1.650
171.694,10
71.455,64
89,99
ATC Kr1
88,73
ATC Kr2
75.955,81
147.411,45
89,34
Con riferimento alla caccia al cinghiale, nel territorio provinciale, si riporta nella tabella
successiva il numero di squadre ripartite per ATC riferite alle diverse campagne venatorie:
Numero di squadre per la Caccia al Cinghiale
Campagna
N. Squadre
N. Squadre
venatoria
ATC KR1
ATC KR2
2003-2004
22
12
2004-2005
22
9
2005-2006
19
12
2007-2008
22
11
2008-2009
24
17
Fonte: Provincia di Crotone - Ufficio Caccia e Pesca
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Piano Faunistico-Venatorio
3.6 La fauna selvatica: definizione degli obiettivi e pianificazione delle
attività gestionali
Il territorio provinciale si evidenzia come un’area estremamente naturale e poco modificata da
attività antropiche, urbanizzazioni e sfruttamenti industriali però allo stesso tempo poco
studiato e conosciuto da un punto di vista naturalistico. Naturalmente il processo di gestione di
un habitat inizia con la sua conoscenza e la presenza e diffusione di specie selvatiche
rappresenta il frutto di una coevoluzione. Pertanto per un’efficace pianificazione non si può
prescindere dalla conoscenza del quadro faunistico espresso dal territorio, vale a dire
informazioni precise e dettagliate sulla distribuzione, l'effettiva densità e, per alcune specie, la
struttura (cioè il rapporto tra i sessi e le classi di età), o valutazione critica di indici di
abbondanza relativa.
Purtroppo, la scarsa disponibilità di dati sulla consistenza, densità e reale distribuzione delle
specie faunistiche di interesse venatorio, risulta essere un punto di criticità per l’attività di
programmazione e gestione. Dai segnali raccolti si intuisce che il territorio richiede un
intervento ben pianificato per la gestione della fauna selvatica. Inoltre dobbiamo sempre
ricordare che la gestione delle specie di interesse venatorio è un processo che non può essere
scisso dalla gestione del territorio nel suo complesso.
Infatti accanto alle azioni dirette (restocking,
reintroduzioni
e istituzione
di zone di
ripopolamento e cattura) a sostegno delle popolazioni stanziali delle principali specie, vanno
avviate delle azioni di gestione degli habitat per ripristinare o aumentare la capacità portante
del territorio.
Da una prima analisi della situazione provinciale, per il momento basata su dati carenti e
meritevole di futuro approfondimento, emerge l’urgenza di intervento sulle specie stanziali.
La gestione del territorio di tipo “consumistico” ha fatto perdere di vista la gestione delle
popolazioni
selvatiche,
ripopolamenti,
scarse
azioni
di
miglioramento
ambientale
e
bracconaggio hanno determinato la riduzione delle densità ed estinzioni locali. In alcuni casi le
ibridazioni con soggetti d’allevamento ed il rilascio di individui affetti da patologia hanno dato
un contributo importante alla scomparsa delle popolazioni selvatiche da diverse aree.
3.6.1. Conservazione e gestione delle principali specie di interesse
venatorio dell’avifauna
Starna
Miglioramento della capacità faunistica del territorio
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Uno strumento gestionale che può rivelarsi di particolare utilità è il ripristino ambientale. Ad
esso va attribuita importanza prioritaria allorquando le possibilità di ottenere un insediamento
stabile di una popolazione, ovvero un incremento della sua consistenza numerica, risultino
condizionati da una non adeguata dotazione di quegli elementi ambientali indispensabili a
consentire il pieno sviluppo delle potenzialità della specie. I settori sui quali di norma può
risultare utile intervenire in maniera mirata sono molteplici, soprattutto se riferiti a
comprensori di pianura interessati da un'agricoltura di tipo industriale. Questi possono
riguardare la limitazione all'uso di alcuni pesticidi agricoli, l'incremento numerico di zone a
vegetazione naturale e il loro rispetto soprattutto durante il periodo della nidificazione, la
semina di piccoli appezzamenti con colture a perdere per l'alimentazione invernale, l'impianto
di siepi, di filari di arbusti o di piccole isole a vegetazione naturale arbustiva, ecc. Ciò non di
meno anche in aree meno intensamente sfruttate dal punto di vista agricolo essi risulterebbero
sicuramente di grande utilità.
Un elemento vegetazionale fino a qualche decina di anni orsono tipico del nostro paesaggio
rurale
di
pianura
era
rappresentato
dalle
siepi;
tale
elemento
fisionomico
risulta
particolarmente utile alla Starna poichè spesso preferito, sia come sito di nidificazione, sia
come luogo di rifugio. Purtroppo la sua presenza è andata via via riducendosi nella misura in
cui si frapponeva alle esigenze di accorpamento degli appezzamenti in unità colturali di
dimensioni sempre maggiori. Ciò non toglie che, non solo al fine di garantire la conservazione
di popolazioni naturali di Starna, ma anche in un'ottica più generale di incremento della
diversità delle biocenosi animali e vegetali proprie degli ecosistemi agrari, la messa a dimora di
filari di siepe, costituiti da un insieme di diverse essenze arbustive autoctone, risulti
estremamente utile. Tra le specie meglio impiegabili allo scopo vi sono il biancospino
(Crataegus monogyna), il prugnolo (Prunus spinosa), l'acero campestre (Acer campestre), il
nocciolo (Corylus avellana), il sanguinello (Cornus sanguinea), la rosa selvatica (Rosa canina),
il viburno (Viburnum opulus), il perastro (Pyrus pyraster), il ligustro (Ligustrum vulgare), il
sambuco (Sambucus nigra) e diverse altre. I cereali a semina autunnale, in particolare il
frumento e l'orzo, costituiscono, assieme alle leguminose da foraggio, le coltivazioni
maggiormente preferite dalla Starna. Si ritiene che un territorio adatto ad ospitare la specie
dovrebbe comprendere almeno il 40% della superficie agricola occupata da cereali autunnovernini. Queste tipologie colturali vengono infatti selezionate positivamente come siti di rifugio
e di nidificazione in primavera ed estate e di nutrimento in inverno. Purtroppo gli interventi
colturali comunemente attuati su queste colture prevedono il ricorso ad alcuni trattamenti
fitosanitari (diserbo e trattamenti insetticidi primaverili) particolarmente dannosi per la
sopravvivenza dei pulcini. Queste pratiche infatti limitano fortemente le disponibilità trofiche
degli starnotti nel corso delle prime settimane di vita, quando il loro regime alimentare è quasi
esclusivamente di tipo animale (insetti e acari); inoltre il diserbo delle infestanti dei cereali
comporta la perdita di una serie di insetti che di queste piante si nutrono. In un contesto di
potenziamento della capacità portante del territorio per la Starna risulta quindi estremamente
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
utile contenere l'uso di queste sostanze chimiche, evitando di trattare in particolare le fasce
perimetrali dei campi di cereali autunno-vernini per una larghezza di almeno 6 metri.
Determinazione della consistenza e della struttura delle popolazioni
Una corretta gestione venatoria della specie deve prevedere, in epoche prefissate, la stima
della densità delle popolazioni. Queste indagini andranno effettuate almeno due volte all'anno:
a fine inverno (febbraio-inizi marzo) mediante il conteggio delle coppie e a fine estate (fine
agosto-settembre) per valutare, attraverso la dimensione media delle brigate e il rapporto
giovani/adulti, il successo riproduttivo della specie. Le tecniche utilizzabili al riguardo possono
essere l'effettuazione di battute su aree prestabilite, il conteggio da autovettura su percorsi
standardizzati, oppure l'indagine sugli avvistamenti di coppie o brigate fatti dagli agricoltori
della zona.
Prelievo venatorio
Sulla scorta dei dati assunti mediante gli indici di consistenza relativa si potrà quantificare il
successo riproduttivo della specie e quindi formulare i piani di prelievo.
Tali piani indicheranno il quantitativo massimo di esemplari prelevabili nel corso della
successiva stagione venatoria garantendo, nel contempo, la conservazione di un certo numero
di riproduttori.
In un'ottica di conservazione del nucleo presente alla fine della stagione invernale, il
rinvenimento di un indice di riproduzione inferiore o uguale a 3 giovani prodotti per femmina,
presente in estate, dovrebbe comportare l'astensione dal prelievo venatorio. In presenza di
valori superiori il quantitativo di soggetti prelevabile per brigata andrebbe conteggiato
detraendo due unità dall' indice di riproduzione, dopo averlo riferito al numero di femmine
rinvenute in primavera (di norma il 30% in meno di quelle presenti in estate).
Altri interventi gestionali
Si ritiene che prioritaria importanza andrebbe data all'attuazione di seri tentativi di
reintroduzione da effettuarsi nell'ambito di unità territoriali opportunamente individuate sulla
base della loro specifica vocazionalità ecologica. Questi ambiti territoriali dovranno altresì
presentare dimensioni adeguate, di almeno un paio di migliaia di ettari, e vincolati a regime di
totale protezione della specie almeno per la durata del periodo di insediamento.
Particolare attenzione andrà inoltre posta nella scelta dei soggetti da immettere preferendo,
laddove disponibili, esemplari ben adattati alle condizioni ambientali locali.
Le introduzioni dovranno essere di una certa consistenza, dell'ordine di 50 capi per 100 ettari
ogni anno, e durare fino a quando non verrà accertata l'autosufficienza della popolazione neocostituita, comunque per non meno di un triennio. Il periodo durante il quale procedere alle
operazioni di immissione dovrà essere quello estivo (mese di agosto) utilizzando soggetti di
circa 8-12 settimane di vita.
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Piano Faunistico-Venatorio
Al fine di contenere le elevate mortalità cui vanno incontro gli animali durante le prime fasi
successive al rilascio si dovrà porre attenzione nella scelta di adeguate tecniche di stabulazione
(voliere e/o recinti di pre-ambientamento) e di liberazione in natura. Al riguardo si osserva
come i risultati migliori sono stati ottenuti mediante la predisposizione di voliere di
ambientamento ubicate nei siti di rilascio al cui interno vengono stabulati nuclei costituiti da
15-20 soggetti per una quindicina di giorni fino al momento del rilascio.
Per favorire la permanenza in loco degli animali una volta liberati si può fare ricorso ad alcuni
accorgimenti, come quello di lasciare alcuni esemplari all'interno delle voliere con funzione di
richiamo, oppure di distanziare le voliere di almeno cinquecento metri tra loro per impedire la
formazione di gruppi particolarmente numerosi. Potrà inoltre risultare di una certa utilità
l'eventuale ricorso ad interventi di controllo a carico di popolazioni di predatori (cani e gatti
vaganti, Volpe e Corvidi) nel caso la loro consistenza numerica risulti interferire in modo
consistente sul successo di ambientamento della Starna.
Scopo degli interventi di reintroduzione rimane comunque quello dell'insediamento sul
territorio di una popolazione autosufficiente da un punto di vista riproduttivo; ne deriva che
queste operazioni devono avere una durata temporale ben definita.
Al di fuori di queste forme di re insediamento di popolazioni autosufficienti, realizzate mediante
il ricorso a rigorose metodiche e tecniche operative solo dopo aver proceduto alla rimozione di
eventuali cause ambientali che abbiano determinato l'estinzione della popolazione originaria,
non si reputa opportuna la realizzazione di altri interventi di immissione, soprattutto se ispirati
da esigenze di consumismo venatorio fine a sé stesso o quando non risultino adeguatamente
corredati da seri progetti esecutivi; ciò vale per la generalità del territorio, ma in particolare
per gli Ambiti territoriali di caccia.
Una volta raggiunto l'obiettivo prefissato dal programma di reintroduzione si potrà valutare
l'opportunità di lasciare il nucleo neo-costituito alla naturale colonizzazione del territorio
circostante attraverso l'irradiamento della popolazione, oppure di includere, in toto o solo in
parte, il territorio nell'ambito di un'area di caccia programmata dove il prelievo venga
rigorosamente commisurato al surplus di produzione annua. Questo secondo approccio implica
necessariamente l'adozione di moderne forme di gestione attiva della popolazione.
FAGIANO (Phasianus colchicus)
Miglioramento della capacità faunistica del territorio
A differenza di altre specie selvatiche stanziali più esigenti dal punto di vista delle condizioni
ambientali, il Fagiano può trovare una buona possibilità di insediamento anche in aree di
pianura intensamente coltivata qualora sufficientemente dotate di siti utilizzabili per il rifugio,
la nidificazione e il nutrimento. I residui boschi planiziali, le fasce a vegetazione golenale che
delimitano i corsi d'acqua possono essere utilmente impiegati allo scopo a condizione che
vengano assicurate condizioni minimali atte a soddisfare le esigenze ecologiche della specie.
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Piano Faunistico-Venatorio
Altri utili interventi in grado di determinare ripercussioni positive sul successo riproduttivo sono
il potenziamento della presenza di aree di rifugio (siepi, piccoli boschetti, zone a vegetazione
spontanea), la limitazione degli sfalci dei foraggi e della vegetazione spontanea (banchine
inerbite di canali, cavedagne e fossi) in particolare durante il periodo riproduttivo (da metà
aprile a metà luglio). La presenza di sufficienti fonti alimentari durante la stagione invernale
può svolgere un'importante funzione nel contenere le perdite durante questo periodo
particolarmente critico. Al riguardo si può utilmente intervenire mediante la fornitura di
alimento (semina di colture a perdere, distribuzione di granaglie).
Anche nel caso del Fagiano l'incremento della sopravvivenza dei giovani può indurre
significativi aumenti della consistenza autunnale della popolazione. Da qui l'importanza della
realizzazione di interventi di miglioramento ambientale finalizzati, nel caso specifico, al
potenziamento delle disponibilità trofiche (presenza di Artropodi) in particolare durante le
prime tre settimane di vita dei pulcini.
Determinazione della consistenza e della struttura di popolazione
Come ogni altra specie selvatica oggetto di prelievo venatorio, il Fagiano andrebbe sottoposto
ad un prelievo calcolato secondo piani di abbattimento stabiliti sulla base dei risultati di
specifici censimenti. Questi possono essere effettuati secondo diverse modalità, tuttavia i
migliori risultati si ottengono per mezzo di battute su aree campione (eventualmente con
l'ausilio di cani da ferma all'interno di aree con copertura vegetale particolarmente fitta),
attuate quando buona parte dei fagianotti hanno circa quattro - sei settimane di vita (seconda
metà di luglio). In questo modo, attraverso il calcolo della densità della popolazione, del
numero medio di individui per covata e del rapporto tra adulti e giovani dell'anno, è possibile
stabilire la quota massima di esemplari prelevabile attraverso l'esercizio venatorio.
Piani di prelievo
Il piano di prelievo dovrebbe tenere in debita considerazione il rapporto sessi nell'ambito di
una popolazione. Studi condotti al riguardo hanno evidenziato come per popolazioni prossime
alla capacità portante del territorio sia possibile ipotizzare un prelievo a carico dei maschi fino
al 75% della consistenza autunnale senza pregiudizio della stabilità della popolazione. Ciò in
ragione della loro poligamia e della presenza quindi di una consistente frazione di soggetti non
riproduttori. Nel caso delle femmine il prelievo non dovrebbe invece superare il 20% della
consistenza accertata prima dell'inizio della stagione venatoria.
Altri interventi di gestione
Per ciò che riguarda il ricorso ad interventi di reintroduzione o ripopolamento valgono, in linea
di massima, le considerazioni già espresse nella parte relativa alla Starna. Anche per il Fagiano
andrebbe privilegiato l'impiego di materiale di cattura locale da usarsi per le immissioni
primaverili e di giovani dell'anno per quelle estive.
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Piano Faunistico-Venatorio
Diversi lavori sperimentali hanno dimostrato comunque come la sopravvivenza di soggetti
allevati, da un inverno a quello successivo, sia poco più della metà di quella di soggetti
naturali.
Per ciò che invece riguarda gli effetti a lungo termine di ripetute immissioni di soggetti allevati
all'interno di aree di caccia si è riscontrato come queste operazioni inducano, nel tempo, un
generalizzato
calo
della
produttività
della
popolazione;
ciò
a
seguito
dell'impatto
proporzionalmente più consistente esercitato dal prelievo sui soggetti naturali. A seguito di
ripetuti interventi di immissione si riduce sempre più il numero di soggetti naturali, soprattutto
in presenza di un prelievo venatorio eccessivo, inducendo un incremento della frazione
proveniente da allevamento, la quale però ha spesso evidenziato un successo riproduttivo
inferiore.
Il crescente impatto negativo, indotto dalle operazioni agricole sul successo riproduttivo di
buona parte della piccola selvaggina stanziale, induce a consigliare l'apertura della stagione
venatoria non prima della terza domenica di settembre. Ciò al fine di permettere la conclusione
della fase di dipendenza alle sempre più frequenti nidiate di sostituzione.
3.6.2. Conservazione e gestione delle principali specie di interesse
venatorio della Mammalofauna
LEPRE COMUNE (Lepus europaeus)
Criteri di gestione
Una corretta gestione delle popolazioni di Lepre impone la necessità di affrontare tre obiettivi
prioritari: la conservazione ed il miglioramento degli ecosistemi agrari, la realizzazione di un
prelievo venatorio commisurato alla produttività naturale e un'azione di salvaguardia
nell'ambito di territori appositamente vincolati.
Il miglioramento ambientale
Attraverso gli interventi di miglioramento ambientale si tende a ridurre le conseguenze
derivanti da alcuni fattori limitanti di carattere ambientale e, in definitiva, ad aumentare la
capacità recettiva del territorio nei confronti di una determinata specie selvatica. Si è già avuto
modo di osservare che in tempi relativamente recenti soprattutto gli ambienti agricoli hanno
subito profonde trasformazioni, spesso legate ad una semplificazione di questi ecosistemi
(monocolture, monosuccessioni, ricomposizione fondiaria, ecc.).
Dovendo realizzare un programma d'interventi per migliorare la recettività faunistica di un
territorio nei confronti della Lepre, occorre innanzi tutto procedere ad un'accurata analisi delle
condizioni ambientali allo scopo di individuare le carenze più consistenti e, su questa base, si
dovranno poi definire sia gli aspetti tecnici, sia gli strumenti di carattere organizzativo più
opportuni per attuare gli specifici interventi sul campo. Tra gli strumenti di carattere
organizzativo assumono naturalmente un particolare rilievo le intese con gli agricoltori dei
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
territori interessati. Certo non si può pensare di poter cambiare il corso dell'evoluzione
agricola, ma occorre essere consapevoli che è possibile far ricorso anche a strumenti e pratiche
compatibili con le comprensibili esigenze del mondo agricolo e, d'altra parte, si possono
stabilire accordi su base economica, così come previsti anche dalla legge 157/92. La stessa
politica della Comunità Economica Europea, che prevede sovvenzioni per favorire la messa a
riposo di una quota dei terreni seminativi (set-aside), oppure le disposizioni e gli scopi previsti
dai programmi di "estensivizzazione" e da quelli cosiddetti "agro-ambientali", inseriti nella
recente riforma della politica agraria comunitaria, rappresentano una buona opportunità per
migliorare a fini faunistici gli ecosistemi agrari più manomessi.
In linea generale gli interventi in questo senso debbono tendere ad accrescere il grado di
diversità ambientale, favorendo una buona presenza sia delle colture foraggere e dei cereali
autunno-vernini, importanti per l'alimentazione della lepre, sia di adeguate aree di rifugio (utili
però anche per l'alimentazione) come le siepi, i boschetti, le zone cespugliate, gli incolti
produttivi, ecc. Tali interventi è bene che siano distribuiti in modo uniforme nei settori più
bisognosi o carenti, in modo da integrare le dotazioni naturali delle singole zone. L'approccio
deve quindi adeguarsi alle peculiari caratteristiche del territorio in esame.
E' così che, ad esempio, nelle zone caratterizzate da estese colture industriali (mais, ecc.) a
semina primaverile, spesso realizzate su appezzamenti di grandi dimensioni, è necessario
predisporre la semina di fasce con cereali autunno-vernini o con foraggere su almeno l'1-3%
della superficie, in modo da sopperire alla carenza di vegetazione nel periodo invernale ed
aumentare l'indice di ecotono. In modo analogo nelle zone con estese coltivazioni di cereali
autunno-vernini appare utile la predisposizione di fasce coltivate a foraggere (in particolare con
leguminose) e il ripristino di siepi, boschetti ed altre componenti con vegetazione spontanea su
di una superficie di almeno lo 0,1-0,4% del territorio. Poichè un'elevata incidenza delle aree
boschive (oltre il 25-30%), soprattutto se compatte e con scarso sottobosco, può interferire
negativamente sulla densità della Lepre, nell'ambito delle zone collinari e montane l'azione di
miglioramento ambientale deve tendere a limitare i fenomeni di imboschimento naturale delle
aree divenute marginali per l'agricoltura, poiché difficilmente meccanizzabili o poco fertili. In
questi casi può essere sufficiente anche una periodica trinciatura della vegetazione erbacea ed
arbustiva, da eseguirsi però a fine luglio o preferibilmente in agosto. Più opportunamente è
utile procedere alla coltivazione di queste aree con cereali autunno-vernini o altre specie
appetite dalla Lepre, da scegliersi in relazione alle caratteristiche climatiche e pedologiche della
zona (Tab. successiva). Allo stesso tempo anche la realizzazione di modeste radure all'interno
delle compagini boschive, soprattutto nei versanti soleggiati, è pratica raccomandabile per la
gestione della lepre e di numerose altre specie selvatiche. Queste aree vanno periodicamente
curate per evitare la naturale ripresa della vegetazione arbustiva ed arborea.
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Piano Faunistico-Venatorio
Coltivazioni utili alla Lepre.
Specie
Caratteristiche dei suoli
Epoca di semina
erba medica
trifogli
lupinella
profondo e fertile
varie
calcarei anche ghiaiosi
febbraio-marzo
marzo
autunno e primavera
Sulla
argilloso-calcarei
autunno e primavera
ginestrino
veccia
primavera
varie
primavera
settembre e
veccia pelosa
primavera
pisello da foraggio
lupino dolce
barbabietola da foraggio
e da zucchero
varie
settembre e
varie
sciolti leggermente acidi
autunno
autunno
profondi di medio impasto
febbraio-aprile
carota
carota da foraggio
rapa
colza (*)
vari vari
freschi
argillosi
marzo-aprile
primavera
settembre
settembre-ottobre
ravizzone
sciolti
settembre-ottobre
senape
cavolo da foraggio
verza
radicchio
topinambur
frumento, orzo,
avena e segale
vari
profondi di medio impasto
profondi di medio impasto
profondi di medio impasto
vari
settembre-ottobre
aprile-giugno
aprile-giugno
maggio-giugno
aprile
vari
settembre-ottobre
mais
loietto
loiessa
festuca dei prati
erba mazzolina,
agrostide, poa
comune e poa
annua
vari, ma freschi
freschi di medio impasto
profondi di medio impasto
poveri, anche ghiaiosi
maggio
primavera
primavera
primavera
poveri, anche siccitosi
primavera
(*) evitare le varietà doppio zero.
Molto spesso si osserva che il passaggio dai campi coltivati alla compagine boschiva o alla
vegetazione cresciuta ai margini dei corsi d'acqua, o delle stesse siepi, avviene in modo assai
netto, essendo oggi possibile eliminare con grande facilità, con l'uso delle macchine agricole, il
margine erboso che si sviluppa naturalmente tra queste componenti; la conservazione di tali
bordure appare invece assai utile poichè rappresentano un'importante risorsa alimentare e di
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Piano Faunistico-Venatorio
rifugio per la selvaggina in genere. Si noti che sotto il profilo agricolo le fasce coltivate
immediatamente a ridosso della vegetazione arborea sono tra le meno produttive, per cui il
loro utilizzo a fini faunistici risulta poco oneroso sul piano economico.
In generale, infatti, per gli interventi di miglioramento ambientale si tende a sfruttare le
modeste aree non utilizzate dall'agricoltura o che presentano un interesse secondario sotto il
profilo economico, sia che si tratti di favorire la presenza di vegetazione spontanea e
permanente, sia per realizzare delle apposite coltivazioni.
Si consideri inoltre che nei terreni di pianura intensamente coltivati anche la semplice
conservazione del 50% delle scoline inerbite rappresenta già un fattore positivo per la Lepre
ed è quindi evidente come l'adozione su vasta scala della recente tecnica di drenaggio
sotterraneo dei campi risulti negativa per la gestione faunistica.
Determinazione della consistenza e della struttura delle popolazioni
Tra i parametri demografici più importanti da considerare nella gestione delle popolazioni di
Lepre vi sono, oltre ai fenomeni di emigrazione e di immigrazione, i tassi di natalità e di
mortalità. In particolare occorre sottolineare la notevole variabilità del tasso di mortalità dei
leprotti da un anno all'altro e da zona a zona, fenomeno che condiziona pesantemente la
disponibilità di capi in autunno e quindi l'entità del prelievo ammissibile. La mortalità degli
adulti nel periodo primaverile-estivo è invece meno variabile e, poichè risulta difficile da
accertare sul campo, può essere considerata come suo valore medio (20%) rispetto alla
consistenza di fine inverno (salvo la necessità di adottare correttivi nel caso si manifestino
insoliti fenomeni di mortalità). Nella formulazione del piano di prelievo occorre inoltre
prevedere che al termine della stagione venatoria si verificano ulteriori perdite a carico della
popolazione residua, in genere preventivabili nella misura del 25-30% dei capi presenti a fine
caccia (o a fine autunno). Tale mortalità deve essere comunque accertata direttamente
attraverso i censimenti di fine inverno ed indurre agli eventuali correttivi nella definizione del
successivo piano di prelievo.
Per il controllo della dinamica di una popolazione di Lepri l'accertamento della sua densità
o della consistenza rappresenta un'operazione essenziale sotto il profilo tecnico. Tuttavia,
non sempre ciò è possibile, in particolare in certi periodi o in alcuni contesti ambientali ed
organizzativi. In questi casi può essere preferibile il ricorso all'acquisizione dei cosiddetti
"indici di abbondanza relativa" di più semplice determinazione. Questi indici non permettono
di ricavare la densità assoluta della specie, ma consentono di rilevare la tendenza della
popolazione all'accrescimento o alla diminuzione rispetto a determinati periodi precedenti. Si
tratta infatti di rapportare la presenza delle Lepri ad una costante diversa dalla superficie,
come la lunghezza di un percorso, il tempo di osservazione o altre variabili che possono
essere più facilmente rilevate. Anche i cosiddetti "indici cinegetici di abbondanza relativa",
ovvero il numero medio di capi abbattuti durante l'esercizio venatorio in rapporto allo
sforzo di caccia, sono utilizzabili per valutare la tendenza di una popolazione sul lungo
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Provincia di Crotone
periodo.
Piano Faunistico-Venatorio
Gli stessi
carnieri
annuali,
se
considerati
come
serie
"storica",
possono
fornire qualche buona indicazione in tal senso e spesso sono utilizzati per programmare
empirici piani di abbattimento in mancanza di parametri di valutazione più attendibili.
1) Il censimento in battuta
Si tratta di una tecnica di censimento possibile nei più svariati contesti ambientali e,
teoricamente, in ogni stagione. Le battute si svolgono con l'intento di "rastrellare" un
determinato
territorio,
in
modo
tale
da
garantirsi
l'avvistamento
di
tutte
le
Lepri
presenti, e vedono l'impiego di un numero di persone rapportato alla larghezza del fronte
di battuta e al grado di copertura vegetale del terreno. Pertanto, se il percorso di censimento
si sviluppa su di un'area diversificata sotto il profilo vegetazionale, la distanza tra i battitori
dovrà essere stabilita in considerazione di quella necessaria per esplorare la componente
vegetale più folta e coprente. Tenuto conto della fenologia della vegetazione più comune
nel territorio di ciascuna unità di gestione la distanza consigliabile tra i battitori può
essere ritenuta la seguente: territori collinari e montani da 3 a 5 m, territori pianeggianti a
policoltura da 5 a 8.
In presenza di comprensori di modesta estensione la battuta può interessare l'intero territorio
oggetto di censimento,
tuttavia di regola si preferisce esplorare una zona o fascia
campione (almeno il 10% della superficie totale), scelta affinché risulti rappresentativa
dell'intera
area
in
esame;
dalla
scelta
accurata
della
zona
campione dipende
naturalmente il buon esito del censimento. A tal fine è certamente auspicabile l'uso di una
cartografia aggiornata con l'uso del suolo in scala 1:2.000 o 1:5.000. Qualora, per qualche
motivo, non risulti possibile procedere ad una determinazione precisa della rappresentatività
del campione di territorio prescelto, i dati raccolti possono essere utilizzati almeno come indice
di abbondanza relativa della specie, a condizione che la metodica rimanga rigorosamente
costante nel tempo e non intervengano significative modificazioni ambientali.
Nel caso dei censimenti su fasce campione la larghezza consigliabile della battuta risulta di m
150 in pianura e di solo m 100 in collina e montagna a causa delle maggiori difficoltà
di
manovra sul campo. Con questa tecnica è importante che il percorso di censimento sia
ben definito sul terreno da precisi punti di riferimento (margini di appezzamenti, siepi, piante
isolate, bandierine, picchetti, ecc.), in modo da evitare restringimenti o allargamenti del
fronte della battuta. Per un corretto svolgimento delle operazioni è peraltro importante che i
battitori siano affiatati tra loro in modo da mantenere un buon allineamento e la distanza
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
prestabilita. Per la previsione dei tempi di percorrenza si consideri che la velocità media di
avanzamento della battuta può oscillare tra 1,5 e 3 Km/h a seconda delle caratteristiche
del terreno. Oltre ai battitori è spesso necessario disporre di osservatori opportunamente
appostati (badatori), i quali hanno l'incarico di contare le Lepri scovate in zone difficilmente
controllabili dai battitori per la presenza di vegetazione arborea o arbustiva, oppure per
l'orografia del suolo. La disponibilità di un collegamento via radio tra il fronte di battuta e
gli osservatori facilita questo compito e limita il rischio dei doppi conteggi.
2) Il censimento notturno con fari
Per le sue caratteristiche comportamentali la lepre risulta più facilmente contattabile nelle
ore notturne, particolarmente nel periodo di riposo vegetativo e nelle zone pianeggianti
aperte. Il principio utilizzato per questa tecnica di censimento è analogo a quello del
censimento in battuta su fascia campione, ma la perlustrazione avviene a mezzo di uno o
due fari alogeni manovrati da altrettanti operatori su un'auto fuoristrada. Anche in questo
caso la tecnica può essere utilizzata per la raccolta di indici di abbondanza relativa in
presenza di condizioni ambientali ed organizzative non sufficienti per la stima della densità.
D'altra parte, se si considera che le Lepri hanno l'abitudine di raccogliersi nelle ore notturne
in zone aperte per alimentarsi, nonchè per ragioni di maggiore sicurezza nei confronti dei
predatori, perlustrando queste zone coi fari è possibile osservare buona parte delle Lepri
che vivono su comprensori più ampi e ricchi di vegetazione.
Il censimento notturno con fari offre il vantaggio di essere praticabile da un limitato numero
di persone: un autista, che all'occorrenza può occuparsi anche dell'annotazione degli
avvistamenti (diversamente occorre un altro collaboratore) e uno o due osservatori con faro
a seconda che si controlli da uno o due lati contemporaneamente. Le attrezzature di cui
occorre disporre sono rappresentate da un fuoristrada (necessario per muoversi su strade
secondarie nel periodo autunno-invernale) aperto per consentire agli osservatori
una
maggiore visuale e per mantenere il fascio luminoso più incidente rispetto al terreno, da uno
o due fari alogeni con luminosità di 750.000-1.000.000 di candele, da un binocolo (ideale
l'8 x 56) per verificare gli avvistamenti dubbi e da una dettagliata cartografia (scala 1:2.000
o 1:5.000), possibilmente con l'uso del suolo.
La preparazione del percorso campione deve essere molto accurata in modo che risulti
rappresentativo di tutto il territorio (circa il 20% della superficie); si consideri anche la
necessità di evitare le conversioni ad U più strette di m 400 per prevenire eventuali
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
doppi conteggi. Infatti, se la tecnica consente di osservare le Lepri fino ad una distanza di
oltre m 250 (grazie al riflesso degli occhi), motivi di prudenza consigliano di definire una
fascia di esplorazione di regola non superiore a m 150 per faro. Non tutte le Lepri sono
in effetti avvistabili grazie al riflesso dell'occhio e alcune vengono individuate anche dopo
verifica con il binocolo.
Dal punto di vista operativo occorre procedere con l'auto ad una velocità di 8-10 Km/h,
eseguendo eventuali soste per chiarire possibili dubbi, mentre gli osservatori devono
mantenere il fascio luminoso perpendicolare al percorso allo scopo di sfruttare meglio la
potenza del faro. Di norma il censimento si svolge da un'ora dopo il tramonto a mezzanotte
circa. Naturalmente è necessario che vi siano condizioni meteorologiche adatte, evitando le
serate con scarsa visibilità, pioggia, neve al suolo, vento forte e temperature inferiori allo
zero.
Per una stima più attendibile della densità di popolazione occorre eseguire almeno tre
ripetizioni del percorso di censimento in un periodo di tempo ristretto e, nel caso si riscontri
un'elevata variabilità dei dati, è consigliabile procedere ad ulteriori accertamenti. La stima va
eseguita considerando il valore medio dei dati raccolti, dovendo ridurre l'effetto dei possibili
spostamenti delle Lepri sul territorio. L'eventuale presenza di dati chiaramente anomali
per possibili interferenze negative deve indurre alla loro eliminazione in fase analitica.
Una variante a questa tecnica di censimento consiste nell'esecuzione di esplorazioni da
punti fissi predefiniti e consolidati nel tempo per le osservazioni. Questo metodo si presta
maggiormente ove non risulta possibile definire un organico percorso di censimento.
3) Analisi dei carnieri
L'analisi dei carnieri annuali realizzati in un determinato territorio di caccia rappresenta una
fase importante nella gestione di una popolazione di Lepri. Le informazioni ottenibili in tal
modo sono numerose e di rilievo. La semplice rilevazione dell'entità
del
carniere
complessivo attraverso l'esame dei tesserini venatori specifici per i singoli territori di caccia
è essenziale ai fini della programmazione del prelievo e di una migliore regolamentazione
della caccia. Soprattutto se si considera l'attuale fase di non soddisfacente organizzazione
dell'attività
venatoria
e la necessità
di addivenire ad una sua razionalizzazione nel
prossimo futuro, sembra necessario procedere innanzi tutto alla definizione di una fase
intermedia ove il prelievo venatorio sia fondato su una programmazione che almeno
consideri come termine di riferimento la serie dei carnieri pregressi e la loro tendenza nel
tempo. Questa forma di approccio, pur essendo in uso già da molti anni e su larga scala
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
nella generalità dei Paesi europei, è ancora oggi assai diffusa e considerata come base
minima per una corretta gestione delle popolazioni di Lepre, così come per altre specie
stanziali. Da questa analisi è altresì possibile osservare la fenologia del prelievo nell'arco
della stagione venatoria che dovrebbe essere posto in relazione allo sforzo di caccia
operato. Risulterebbe inoltre di grande utilità poter rilevare il rapporto giovani/adulti, che
indica
sostanzialmente
l'andamento
della
stagione
riproduttiva,
ovvero
il
successo
riproduttivo della specie su di un determinato territorio, al quale dovrebbe essere
evidentemente commisurato il prelievo ammissibile per una efficace conservazione della
specie.
Le tecniche di riconoscimento
dei giovani (nati dell'anno) rispetto agli adulti sono
sostanzialmente due.
La prima si basa sulla palpazione del cosiddetto tubercolo di Stroh, posto tra la diafisi e
l'epifisi distale dell'ulna. Per la sua praticità essa si presta per un uso corrente nei territori
di caccia ove non esista personale e può essere applicata anche su animali vivi catturati,
ad esempio, nelle Zone di ripopolamento e cattura per una loro migliore gestione. In tal
modo è possibile riconoscere i giovani fino all'età di 8-9 mesi, per cui da ottobre in poi una
certa percentuale di questi non è più riconoscibile.
La seconda tecnica si fonda sull'incremento di peso del cristallino dell'occhio, che si verifica
in relazione all'età del soggetto. Pur essendo di semplice applicazione, questa tecnica deve
essere utilizzata da personale preparato. Il
pressoché
suo vantaggio
risiede
assoluta nella determinazione dell'età e nella possibilità
nella precisione
di acquisire altre
informazioni, quali la presenza di momenti critici per la sopravvivenza dei giovani nell'arco
della stagione riproduttiva (infatti è possibile stimare con buona attendibilità il bimestre di
nascita delle Lepri dell'anno) e la presenza di possibili squilibri nella struttura della
popolazione in base all'età (dovuti esempio ad un'elevata pressione venatoria).
Conoscendo la consistenza primaverile di una determinata popolazione di Lepre (condizione
pre-riproduttiva) attraverso le tecniche di censimento descritte ed il rapporto giovani/adulti
all'inizio della stagione venatoria è possibile stimare la sua consistenza ad inizio caccia
(considerando un tasso medio di sopravvivenza dei riproduttori nel periodo primaverileestivo
di 0,8 ed un rapporto sessi di 1:1). Infatti, posto che R sia il numero di
riproduttori a fine-inverno e G il numero medio di giovani per adulto all'inizio della stagione
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Piano Faunistico-Venatorio
venatoria (accertato sul 50% di un prudenziale piano di prelievo), consistenza C della
popolazione può essere stimata mediante la seguente formula:
C = 0,8 R (G + 1)
I piani di prelievo
Una corretta gestione delle popolazioni di Lepre non può prescindere da un loro utilizzo
razionale secondo piani di prelievo commisurati al successo riproduttivo della specie, ed anzi
questi sono finalizzati ad ottimizzare il prelievo rispetto alla necessità di conservare una
adeguata quota di soggetti per la successiva stagione riproduttiva. Occorre comunque
considerare che al termine della stagione venatoria le Lepri sono soggette ad ulteriori
perdite invernali e che un certo numero di capi non vengono recuperati nel corso della
caccia, per cui dimensionando il prelievo occorre rispettare una quota d'individui superiore
del 25-30% rispetto alla consistenza prevista per fine- inverno (l'entità di queste perdite può
comunque essere verificata a seguito del censimento di fine-inverno). Pertanto, nell'ipotesi di
voler conservare come tale la densità di una data popolazione e tenuto conto dei parametri
di sopravvivenza già considerati, se L rappresenta la quota di capi da mantenere dopo
l'esercizio venatorio, il prelievo P può essere definito come segue:
P = C - L
ovvero,
1
P = 0,8 R (G+1) ______ R
0,75
Ciò considerato, si nota che la maggior fonte di condizionamento del prelievo P (a pari
densità dei riproduttori R) è rappresentata dal numero medio di giovani per adulto ad
inizio caccia (G), che in effetti è suscettibile di variazioni importanti, potendo oscillare da 0,5
fino a 3-3,5 a seconda del diverso successo riproduttivo di ogni popolazione.
Altri interventi di gestione
Numerosi sono gli accorgimenti che, se adottati con competenza ed impegno, possono
contribuire a migliorare notevolmente la gestione delle popolazioni di Lepre. Tra questi si
ricorda la necessità di mantenere o di costituire un'estesa ed efficiente rete di zone
protette e/o di produzione, ove sia possibile realizzare un'adeguata azione di salvaguardia
della specie attraverso la conservazione di popolazioni sufficientemente consistenti, anche
per un loro naturale irradiamento nei territori circostanti, e dove sia possibile realizzare
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
periodici prelievi per fini di ripopolamento.
Risultano, inoltre, utili tutti gli accorgimenti in grado di limitare l'impatto delle moderne
tecniche di
coltivazione (pesticidi, meccanizzazione, ecc.),
nonchè, ovviamente,
del
bracconaggio.
Il controllo del randagismo, sia dei cani che dei gatti rinselvatichiti, ma localmente anche
della Volpe, può contribuire a limitare le perdite a carico dei leprotti e quindi a migliorare il
successo riproduttivo della specie.
Oggi, soprattutto dopo la diffusione della "European Brown Hare Syndrome" (E.B.H.S.),
anche il controllo sanitario sembra assumere un importante rilievo nella gestione delle
popolazioni di Lepre.
Il ripopolamento
Il ripopolamento è stata una pratica molto utilizzata nella provincia di Crotone e possiamo
affermare che ha avuto un carattere prettamente consumistico
e non già di vera
ricostituzione delle popolazioni naturali. Molto spesso, infatti, i ripopolamenti sono stati
eseguiti senza una programmazione adeguata che potesse verificare in primo luogo se il
territorio presentava ancora caratteristiche ambientali idonee alla specie e, in secondo
luogo, se sussistevano ancora le cause all'origine della sua rarefazione (in caso contrario è
evidente che il ripopolamento non potrà avere alcuna possibilità di successo).
Le Lepri potenzialmente da utilizzare per le immissioni sono sostanzialmente di tre diverse
origini: di allevamento, di cattura locale e di importazione. Sembra quindi utile proporre un
sintetico
esame
dei vantaggi
e delle problematiche
connesse
al loro impiego
nel
ripopolamento.
1) Lepri di allevamento
Le iniziative di allevamento della Lepre traggono sostanzialmente origine dall'esigenza di far
fronte all'elevata pressione venatoria esistente nel nostro Paese e dal tentativo di affrancarsi
dalle massicce importazioni di questa specie dall'estero, per una serie di ragioni
carattere
tecnico
ed economico. Da
alcuni
anni
di
sono disponibili i risultati di prove
sperimentali di ripopolamento eseguite utilizzando animali allevati con tecniche diverse.
Occorre tuttavia precisare che le esperienze più organiche in materia si riferiscono a Lepri
allevate in stretta cattività (in gabbia), mentre minori sono le informazioni sulle Lepri
allevate in recinto (soprattutto se di dimensioni relativamente elevate). In sintesi i risultati
emersi da queste prove evidenziano una grande vulnerabilità di questi soggetti rispetto ai
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Piano Faunistico-Venatorio
vari fattori della selezione naturale, con una sopravvivenza che si aggira attorno al 1520% nel caso dei giovani di 60-90 giorni d'età liberati in estate, e ancora più bassa nel
caso di animali sub-adulti ed adulti liberati in autunno e in inverno. Una preventiva fase di
pre-ambientamento
(in allevamento) o di ambientamento (nei luoghi dell'immissione)
all'interno di aree recintate non ha fornito risultati sostanzialmente
diversi rispetto
all'immissione diretta, probabilmente a causa di più importanti fattori limitanti, tra cui
sembrano assumere particolare rilievo quelli di tipo comportamentale nei confronti dei
predatori. D'altra parte bisogna considerare che anche le giovani Lepri in natura sono
sottoposte ad una pesante selezione ancora prima dell'apertura della caccia.
2) Lepri di importazione
A prescindere dai risultati ottenibili con le Lepri importate da altri Paesi, il loro impiego
nelle operazioni di ripopolamento richiede necessariamente una premessa di carattere
generale.
sottospecie
Infatti,
l'immissione
alloctone
di
determina
massicci
fenomeni
quantitativi
di
di
inquinamento
esemplari
genetico
appartenenti
a
carico
a
delle
popolazioni di Lepre italiane, alterando l'originario assetto genico. Inoltre, tale pratica
rende
possibile
l'introduzione
di
forme
patogene
nuove
nel
nostro
Paese
o più
semplicemente a livello locale, ma con prevedibili ripercussioni sulle popolazioni autoctone.
Normalmente si osserva infatti come le popolazioni di animali selvatici vivano in una sorta di
sostanziale equilibrio con una serie di agenti infettivi e parassitari potenzialmente patogeni.
L'introduzione di nuovi agenti patogeni in una determinata area può invece essere all'origine
di più accentuati fenomeni di mortalità, anche a carattere epizootico, almeno fino a quando
non si sia raggiunta una nuova condizione di equilibrio.
Per quanto riguarda la semplice sopravvivenza di queste Lepri sono noti i risultati di molte
prove realizzate in Francia. Controlli eseguiti su di un centinaio di territori di caccia
hanno consentito di accertare un tasso di ripresa medio del 20%, con valori estremi del
30% e del 3%. In altri casi si è registrato il 15, 17, 16, 12 e 15% di ripresa a seguito di
altrettante prove di ripopolamento.
3) Lepri di cattura locale
In Italia vengono prodotte annualmente alcune decine di migliaia di Lepri nelle Zone di
ripopolamento e cattura o nei Centri di produzione della selvaggina allo stato naturale. A
dispetto del quantitativo così elevato di capi utilizzati
e dell'importanza attribuita alle
operazioni di produzione naturale della specie, assai scarse sono le conoscenze circa i
risultati ottenuti con la loro immissione.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Alcune prove realizzate in altri Paesi evidenziano comunque risultati piuttosto difformi, anche
in relazione alla diversa capacità recettiva dei singoli territori ed alla densità delle Lepri già
presenti sul territorio. In ogni caso le percentuali di sopravvivenza nel corso della successiva
stagione venatoria non superano il 50% dei capi liberati e più spesso risultano del 20-30%,
a conferma delle difficoltà che la Lepre incontra allorquando viene traslocata su altri territori.
Naturalmente, per le caratteristiche qualitative intrinseche di questi soggetti e per lo stress
che essi subiscono, molto minore rispetto agli esemplari di altra provenienza, sono senza
dubbio da preferirsi nelle operazioni di ripopolamento.
Se si considerano l'elevato tasso di mortalità e la dispersione delle Lepri oggetto di
ripopolamento, affinché vi siano le maggiori possibilità di successo di dette operazioni
occorre che le immissioni avvengano sulla base di un'adeguata programmazione su aree
ben circoscritte, utilizzando un consistente numero di esemplari (circa una decina di capi
per 100 ettari). Ciò anche per soddisfare la necessità di costituire almeno una primitiva
struttura della futura popolazione e rendere possibile l'instaurarsi dei necessari contatti
sociali.
CINGHIALE (Sus scrofa)
Determinazione della capacità faunistica del territorio in termini quantitativi
Modelli di valutazione ambientale
Nel caso del Cinghiale la densità agro-forestale è spesso assai inferiore alla densità
biologica e il suo mantenimento comporta da parte dell'uomo un'attività di controllo atta a
contrastare la naturale tendenza della popolazione a raggiungere la capacità portante del
sistema. I molteplici fattori che influenzano la recettività dei singoli ambienti non consentono
di fornire valori numerici generalizzabili circa la densità biologica né tantomeno quelli relativi
al carico di animali accettabile. La diversa attendibilità dei metodi di stima o censimento
applicati a popolazioni di Cinghiale e riportati in letteratura rendono difficilmente confrontabili
le densità di animali anche in ambienti simili; variazioni sensibili di densità possono
verificarsi inoltre nell'ambito dello stesso territorio, ad esempio in anni caratterizzati da
diversa disponibilità alimentare.
Vengono forniti, per gli ambienti mediterranei, valori di densità biotica variabili da 2-4 a
5-10 (fino a 25) capi per 100 ettari. In realtà è verosimile che la foresta e la macchia
mediterranea o submediterranea, con la varietà di specie quercine e la scolarità temporale
dell'offerta di frutti selvatici che le contraddistingue, rappresentino l'optimum ecologico
originario per la specie che in tali ambienti può raggiungere densità assai più elevate (in
assenza
di
foraggiamento
artificiale)
rispetto
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313
a
quelle
generalmente
mostrate
dalle
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
popolazioni dell'Europa centrale ed orientale.
Competizione interspecifica
L'impatto del Cinghiale sulle zoocenosi assume aspetti molto variabili in relazione alle
diverse specie considerate, ma riguarda essenzialmente il comportamento alimentare.
Laddove risorse fondamentali da punto di vista trofico, quali ghiande, castagne e faggiole,
siano presenti in quantità limitate, il Cinghiale si configura come competitore rispetto ad altri
animali. E' ipotizzabile dunque una sovrapposizione, almeno parziale, di nicchia trofica con
altri Ungulati (in particolare il Cervo e il Daino) che condividono le scelte alimentari del Suide,
sebbene questo non sembri pregiudicare la coesistenza delle diverse specie.
Agendo in parte come predatore, il Cinghiale determina un l'impatto rilevante sui micro- e
macromammiferi del suolo, attivamente ricercati durante il rooting. Roditori e insettivori
vengono predati in maniera sensibile ma, sebbene in modo più occasionale, entrano a far
parte della dieta del Cinghiale anche giovani Lagomorfi, Carnivori ed Ungulati.
Controverso fra gli studiosi risulta il valore da attribuire alla predazione del Cinghiale su altri
vertebrati quali rettili, anfibi, uccelli, spesso considerata più casuale che sistematica. In
alcuni casi si è trovato che il Cinghiale ha un ruolo insignificante nella predazione sui nidi
di uccelli terricoli, ma in altri sembra accertato che la presenza del Suide possa provocare
una contrazione numerica nelle popolazioni di Fagiano per distruzione dei nidi.
Un'ultima considerazione riguarda il Cinghiale in quanto preda dei grossi carnivori. In Paesi
ancora popolati da Linci, Lupi, Orsi, i Cinghiali (soprattutto gli individui appartenenti alle
classi giovanili) possono costituire percentuali rilevanti della dieta di questi carnivori.
Anche in Italia i risultati di recenti indagini sullo spettro alimentare del Lupo indicano come il
Cinghiale risulti la specie più importante, in termini di biomassa, nell'ambito della frazione
costituita dagli animali selvatici.
Danni all'ambiente
Le interazioni che una popolazione di Cinghiale contrae con le fitocenosi naturali, così
come con gli ecosistemi agrari, variano in maniera sensibile non solo da area ad area ma
anche, nell'ambito della stessa zona, se considerate in anni successivi.
Onnivoro per eccellenza, il Cinghiale è in grado di modificare la propria dieta in funzione
delle disponibilità trofiche offerte dai vari ambienti; le richieste energetiche quotidiane
variano inoltre in funzione dell'età, delle condizioni fisiologiche e del periodo dell'anno.
Il regime alimentare risulta in prevalenza composto da bulbi, rizomi, radici, frutti; l'analisi
delle feci e del contenuto stomacale di individui abbattuti ha rivelato alimenti di origine
animale solitamente non superiori al 10% del volume totale.
Le abitudini alimentari di una popolazione di Cinghiale sono influenzate da molteplici fattori
relativi sia a caratteristiche intrinseche della popolazioni stesse, quali densità, composizione
per classi d'età e per gruppi, che a elementi specifici dell'ecosistema.
Circa gli effetti della densità si registrano pareri discordi fra gli studiosi: secondo alcuni
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Autori i danni provocati alla vegetazione dal Cinghiale non dipendono dalla densità di individui
presenti, mentre altri sottolineano la significatività di tale relazione.
Uno studio effettuato in Camargue sulle preferenze alimentari delle diverse classi d'età di
Cinghiale evidenzia come il contenuto medio stomacale degli adulti sia rappresentato da
maggiori quantità di alimenti di origine vegetale rispetto a quello di giovani e sub adulti;
adulti e sub adulti assieme consumano invece più e parti vegetali ipogee rispetto ai giovani.
Tra i fattori dell'ecosistema che influenzano le scelte alimentari del Cinghiale si annoverano la
fenologia e la produttività delle varie essenze vegetali così come la disponibilità di specie
coltivate. La risposta del sistema all'impatto di una popolazione di Suidi è in stretta
relazione con lo stadio serale raggiunto dall'ecosistema stesso: più l'insieme appare evoluto,
cioè costituito da una molteplicità di organismi interagenti, più le possibilità di far fronte a
una perturbazione si fanno elevate. Nel caso dell'impatto del Cinghiale, si assiste spesso ad
una sensibile diminuzione della biomassa vegetale, fortemente ridotta quantitativamente ma
non nel numero di specie.
Alcuni studi hanno evidenziato invece cambiamenti nelle associazioni vegetali utilizzate dal
Cinghiale: in prati e pascoli le graminacee sono state sostituite da altre essenze erbacee quali,
ad esempio, Potentilla anserina. Esperimenti effettuati confrontando aree recintate con zone
adiacenti accessibili al pascolo dei selvatici hanno mostrato il forte impatto che il Cinghiale
ha sulle specie vegetali appetite: la densità della copertura della flora primaverile è
aumentata in recinto fino a quattro volte quella delle aree pascolate, mentre Claytonia
virginica, una specie erbacea della famiglia delle Portulacacee, ha subito una riduzione di
biomassa da 607 Kg/ha a 138 Kg/ha. Da tali studi è emerso che le essenze erbacee
appetite dal Cinghiale si stabilizzano, dopo circa 20 anni, su livelli di biomassa inferiori a
quelli precedenti la presenza del Suide, senza comunque estinguersi. Il recupero, in aree in
cui il Cinghiale è stato eliminato, si verifica entro 1-3 anni per le piante erbacee mentre il
processo è più lento per le radici legnose.
La fenologia e la produttività di specie quali la quercia o il faggio, i cui frutti rivestono
un'enorme importanza nell'alimentazione autunnale di molti Ungulati, assumono un ruolo
determinante nel condizionare la dinamica di popolazione del Cinghiale. E' stato infatti
provato che una diminuita produzione di ghianda provoca un netto declino nell'attività ovarica
delle femmine diminuendone così il successo riproduttivo.
L'abbondanza di ghianda sembra anche in relazione diretta con l'inizio della stagione
riproduttiva più o meno ritardata a seconda della disponibilità dei frutti. E' noto come il
succedersi di cinque anni di forte innevamento e bassa produzione di ghianda nella foresta
di Bialowieza (Polonia) abbiano decimato la popolazione locale di Cinghiale, scesa da poco
più di un migliaio di capi nel 1951 a circa 200 nel 1956.
In carenza di alimenti reperibili in bosco, il consumo di piante coltivate, quali ad esempio
cereali, patate, girasole, sembra aumentare in notevole misura.
Laddove non esiste la possibilità di rivolgersi alle coltivazioni, il Cinghiale compie migrazioni
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Piano Faunistico-Venatorio
per procurarsi il cibo necessario. In tali casi, la simultanea convergenza di molti animali in
aree anche di dimensioni limitate, crea un forte impatto sulla vegetazione, peraltro limitato nel
tempo dalla durata dell'offerta alimentare.
Gran parte del cibo utilizzato dal Cinghiale è reperibile sotto terra: oltre all'influenza diretta
esercitata sulle specie di cui il Suide si nutre, esiste un altro aspetto, di estrema importanza,
legato alle conseguenze dell'attività di scavo (rooting). Tale
attività, effettuata per reperire
radici, tuberi e piccoli invertebrati presenti nel suolo, è in relazione alle condizioni del
substrato: risulta maggiore dopo una pioggia o in suoli sciolti (ad esempio sabbiosi) e
appare ostacolata dalla neve o dal terreno gelato. Gli effetti sono molteplici; il rooting, se
intenso, provoca un forte degrado della copertura erbacea del suolo con conseguente pericolo
di erosione. Secondo alcuni Autori il manto vegetale diminuirebbe dell'87% rispetto alle
condizioni originarie, mentre la proporzione di terreno nudo aumenterebbe dallo 0 all'88%.
Il rapporto del Cinghiale con gli ecosistemi agrari si risolve in un impatto diretto, dovuto a
prelievo delle diverse specie coltivate, e in un'azione indiretta, causata dal calpestio e
dall'attività di scavo che danneggiano le piante mettendone a nudo le radici.
I danni che ne derivano possono avere un notevole peso sulle attività umane, ragione forse
per cui tale aspetto risulta più studiato rispetto ad altri.
E' opportuno individuare quei fattori che, interagendo con le popolazioni di Cinghiale, ne
indirizzano le scelte alimentari verso colture quali cereali, patate, girasole, vigneti. L'alto
valore energetico di queste ultime, unito alla concentrazione spaziale delle risorse stesse,
giustifica
in
parte
le
preferenze
dei
Suidi,
che
tendono
a
ottimizzare il
rapporto
costi/benefici. In generale il grano viene sistematicamente utilizzato quando si trova in aree
relativamente prive di disturbo antropico e lo sviluppo dei margini fra zone boscate e coltivi
risulta direttamente proporzionale alla presenza dei Suidi.
Il valore dell'estensione di tali ecotoni per il Cinghiale è spiegabile come alternanza ideale di
luoghi di rifugio e/o riposo e ricche aree di pastura. Secondo vari Autori sussiste un
rapporto
inversamente
proporzionale
fra
intensità
di
frequentazione
delle
colture
e
disponibilità di alimenti quali ghiande e faggiole in bosco.
Principale fattore di regolazione dell'attività del Cinghiale sulle specie coltivate sembra essere
la richiesta di cibo in determinati periodi, più che la disponibilità dello stesso. Ciò è indicato
dal fatto che durante studi sperimentali la quantità media di ghiande consumata in diverse
stagioni (e offerta ad libitum tutto l'anno) è risultata molto variabile. Da gennaio ad aprile,
quando le risorse alimentari dell'ambiente sono scarse, anche il consumo del cibo offerto
appare basso ma aumenta parallelamente al crescere delle disponibilità naturali. Si può
concludere che il fattore base che influenza la predilezione per le colture è soprattutto la
mancanza di sufficiente cibo attraente in bosco in determinati periodi.
In ambienti fortemente rimaneggiati dall'uomo, quali gli ecosistemi agrari, risulta sempre
opportuno considerare tali aspetti della biologia del Cinghiale per far fronte alle periodiche
"invasioni" di animali condizionate (anche) da ritmi endogeni specifici.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
I mezzi che è possibile utilizzare per limitare i danni arrecati dal Cinghiale alle colture
agrarie riguardano due grandi categorie: 1) i repellenti e le barriere; 2) l'alimentazione
complementare.
Numerosi esperimenti, di seguito riportati, hanno tentato di stabilire la durata e l'efficacia di
tali mezzi, unitamente ad una valutazione dei costi di impianto e manutenzione necessari.
Durante uno studio condotto per verificare i diversi sistemi di prevenzione dei danni, i 25
repellenti chimici impiegati, agenti sul sistema olfattivo o gustativo, si sono dimostrati efficaci
per soli 3-4 giorni.
Risultati analoghi per quanto concerne la durata dell'effetto deterrente si sono avuti con
repellenti acustici costituiti da colpi sparati con cannoncini o da generatori di suoni, oppure da
emissione del verso di allarme specifico del Cinghiale precedentemente registrato in tutti i
casi gli animali vanno incontro ad assuefazione in brevissimo tempo.
La recinzione elettrica sembra, fino ad ora, aver dato i migliori risultati: si compone di due
fili elettrificati posti rispettivamente a 25 e 50 cm dal suolo e fissati, ad intervalli, a paletti di
supporto in plastica, fibra di vetro, legno. Generalmente disposta attorno alle parcelle, può
anche essere installata a protezione globale delle colture, qualche metro all'interno dell'area
boscata confinante con i campi stessi. Il sistema di elettrificazione si basa su impulsi molto
brevi, ad alto voltaggio (5-6.000 Volts) ed è tale da rimanere efficiente anche nel caso di
contatto tra fili ed erbe o rami.
La riuscita di una simile protezione dipende soprattutto dalla manutenzione:
diviene
rapidamente inefficace se i mezzi per effettuare tale mantenimento, intesi come materiali e
personale, non sono stati previsti. In generale, visti i costi di installazione e manutenzione,
pare che la recinzione elettrica risulti vantaggiosa per appezzamenti di dimensioni limitate
investiti a colture di alto pregio.
L'alimentazione complementare, intesa come offerta di cibo alternativo alle piante coltivate,
si pone nell'ambito dei sistemi di lotta biologica. Si cerca cioè di riproporre agli animali
condizioni di elevata produttività del bosco il quale, offrendo anche protezione e rifugio,
diviene un habitat più frequentato rispetto alle coltivazioni.
Esperimenti di questo genere sono stati condotti con successo da vari ricercatori.
La frequenza
di visite e la durata dell'attività' nelle parcelle coltivate diminuiscono
sensibilmente in seguito alla presentazione di cibo alternativo in bosco.
Opportuni accorgimenti quali il posizionamento di tali cibi in più punti, disperso su ampie
superfici, consentono di "legare" gli animali al nuovo territorio. Si è notato che l'apporto di
mais modifica le dimensioni delle zone frequentate durante l'attività notturna diminuendo
l'ampiezza
degli
spostamenti
che
vengono
a
concentrarsi
attorno
ai
nuovi
siti
di
alimentazione.
Le modalità e i tempi di somministrazione di tali alimenti in bosco vanno valutati a livello
locale e non possono essere generalizzati ai diversi ambienti. In particolare, occorre tener
conto delle disponibilità naturali in foresta e dei tempi di maturazione delle colture,
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Piano Faunistico-Venatorio
regolandosi di conseguenza. La conduzione selvicolturale dovrebbe privilegiare comunque la
presenza di esemplari maturi di querce, castagno, faggio, in grado di fruttificare così da
aumentare naturalmente l'offerta trofica dell'ambiente.
Fra gli alimenti cosiddetti "di dissuasione", che possono anche venir impiantati nel bosco e
lasciati a disposizione della fauna selvatica, vi sono, oltre al mais, le patate, i topinambur, il
grano e l'avena; va sottolineato
concentrazione
nel contempo che una siffatta pratica, favorendo la
di animali in aree prevedibili
e facilmente raggiungibili
in auto,
può
determinare un aumento del bracconaggio. In Italia, nella provincia di Siena, si è rilevato
come il 43% delle squadre di caccia al Cinghiale operanti effettui interventi di integrazione
alimentare in favore del Suide: la maggioranza delle squadre preferisce la somministrazione
temporanea di granaglie, mentre solo alcuni gruppi adottano il sistema delle colture a perdere.
Determinazione della consistenza e della struttura delle popolazioni
Al fine di una corretta gestione della specie, è necessario procedere alla più possibile accurata
stima quantitativa delle diverse popolazioni, in modo da determinarne la consistenza e la
composizione in classi di età.
Il metodo più di frequente utilizzato in aree di pianura è il conteggio delle orme degli animali
su terreno innevato, che viene effettuato il giorno successivo ad una nevicata. L'area da
censire, a seconda dell'estensione complessiva, viene suddivisa in più zone, ciascuna delle
quali viene perlustrata nella stessa giornata da gruppi di osservatori. Ciascun gruppo annota
tutte le piste di Cinghiale trovate su cartine in scala 1:25.000 e verifica
se
queste
sconfinano nelle zone adiacenti. Tale metodo permette inoltre di ottenere informazioni
sulla composizione
della popolazione
attraverso
il rilevamento delle dimensioni delle
impronte (lunghezza dello zoccolo delle dita mediane). Si assume infatti che:
- lunghezza dell'impronta fino a 4 cm = soggetto giovane,
- lunghezza dell'impronta da 5 a 6 cm = soggetto sub adulto,
- lunghezza dell'impronta oltre 7 cm = soggetto adulto.
La precisione delle suddette misurazioni dipende in gran parte dalla tempestività con cui il
censimento viene effettuato dopo una nevicata e dalle caratteristiche del manto nevoso. In
condizioni ottimali lo spessore nevoso deve essere di alcuni centimetri, in modo da
consentire un facile rilevamento delle impronte e da non limitare la capacità di spostamento
degli animali.
Le caratteristiche morfologiche e vegetazionali dei territori collinari e montani non consentono
in genere di seguire le tracce sulla neve per lunghi tratti; in queste condizioni risulta più
redditizio affidarsi al conteggio diretto degli animali da postazioni sopraelevate (altane),
situate in radure che offrano una buona visibilità e nelle quali siano state predisposti siti
di foraggiamento per attirare gli animali.
In queste condizioni il conteggio e la suddivisione degli animali in maschi, femmine e classi
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di età risulta facilitato, anche se va segnalato come la frequentazione delle "governe" da
parte dei verri sia assai più saltuaria rispetto a quanto avviene per le scrofe, i rossi e gli
striati; ciò può condurre ad una sottostima di questa classe sociale.
Impostazione dei piani di prelievo
Per la formulazione dei piani annuali di prelievo è indispensabile valutare attentamente i
risultati delle stime quantitative delle diverse popolazioni, considerando sia l'entità sia la
struttura della popolazione.
Dato l'incremento utile annuo elevato caratteristico della specie, è considerato accettabile per
gli adulti un prelievo pari al 50% della loro consistenza, mantenendo costante un rapporto
sessi paritario; per gli animali appartenenti alle classi giovanili viene generalmente suggerito
un prelievo dell'80%, in modo da evitare un ringiovanimento eccessivo della popolazione che
invece sembra essere una caratteristica della maggior parte delle attuali popolazioni italiane
come conseguenza del tipo di gestione venatoria cui vengono sottoposte.
La possibilità di analizzare le carcasse degli animali abbattuti può fornire dati estremamente
interessanti circa lo status della popolazione (peso per sessi ed età, rapporto sessi, rapporto
giovani adulti); in particolare l'analisi della dentizione consente di ottenere una valutazione
più precisa dell'età degli animali abbattuti e della struttura della popolazione.
Questi dati permettono inoltre di rilevare la distribuzione mensile delle nascite, in relazione
a fattori ambientali e intrinseci della popolazione. Ad esempio, la maggior parte degli studi
effettuati sulle popolazioni naturali di Cinghiale, mostrano come la precocità o il ritardo nelle
nascite sia legato alla disponibilità
di frutti prodotti dalle essenze forestali (soprattutto
ghiande e castagne). Inoltre la ripartizione delle nascite da febbraio a settembre con picchi
tra aprile e giugno si verifica per popolazioni pure di Cinghiale, mentre in quelle ibride le
nascite avvengono tutto l'anno.
L'esame dei capi abbattuti in ciascuna unità territoriale di gestione, o almeno di un campione
significativo degli stessi, risulta dunque per il Cinghiale, ancor più che per altri Ungulati
caratterizzati da indici di contattabilità più elevati che rendono le operazioni di censimento
meno difficoltose, un elemento indispensabile per contribuire ad una maggior conoscenza
della dinamica delle popolazioni ed alla stesura di piani di prelievo razionali e corretti.
Altri interventi di gestione
La recente espansione dell'areale e l'incremento delle popolazioni di Cinghiale verificatesi nel
nostro Paese ha favorito sia il fenomeno del nomadismo venatorio, che rappresenta tra l'altro
un ostacolo ad una razionale programmazione del prelievo, sia l'uso del segugio, che
arreca grave disturbo alle popolazioni di altre specie selvatiche e in particolare al Capriolo.
Mentre il primo problema può essere risolto costituendo strutture territoriali di gestione cui
associare stabilmente cacciatori, il secondo andrebbe invece affrontato rendendo obbligatorio
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Piano Faunistico-Venatorio
l'uso esclusivo di cani addestrati e specializzati su questo selvatico, oppure operando gli
abbattimenti da altane poste nei pressi delle aree maggiormente frequentate dagli animali che
possono anche essere quelle provviste dei punti di foraggiamento utilizzate per i conteggi.
In molti casi le due forme di caccia possono coesistere nella stessa unità di gestione
anche se, ovunque ciò sia consentito dalle condizioni ambientali, la caccia di selezione con
la carabina andrebbe preferita.
E' inoltre necessario predisporre accorgimenti al fine di minimizzare i danni arrecati alle
colture da questo selvatico. In parte ciò è possibile mediante l'utilizzo di repellenti o meglio
delle recinzioni elettrificate e in parte dovrebbe essere incentivata la messa a coltura di
piccoli appezzamenti "a perdere" di mais nelle radure, in modo da facilitare agli animali il
reperimento del cibo nei momenti critici e ridurre in tal modo gli sconfinamenti dalle zone
boscate.
L'anticipazione della chiusura della caccia alla specie (almeno quella in battuta) al 31
dicembre consentirebbe inoltre di ridurre il disturbo che l'attività venatoria diretta a questo
Ungulato arreca all'altra selvaggina stanziale.
VOLPE (Vulpes vulpes)
In Italia, come del resto in molti altri Paesi, i problemi di gestione della Volpe vengono
quasi sempre affrontati in maniera acritica e con un approccio che tende ad essere
condizionato più da convinzioni preconcette e da una tradizione venatoria più o meno
consolidata che da un'analisi corretta delle conoscenze
che si hanno (o non si hanno)
circa la densità, la dinamica delle popolazioni locali ed i fattori che le determinano.
E' ben vero, d'altra parte, che tra le specie tradizionalmente oggetto di gestione attiva
attraverso piani
di
prelievo venatorio e/o
di
controllo la
Volpe rappresenta un
caso
"difficile", poiché a fronte di un'estrema adattabilità, uno status generalmente buono ed una
positiva evoluzione recente degli areali e in alcuni casi della densità di popolazione, essa è
caratterizzata da un indice di contattabilità modesto, che rende difficili ed onerose le attività
volte alla conoscenza quantitativa delle popolazioni e degli effetti a breve o lungo termine
degli interventi gestionali sulle stesse.
Da alcuni anni inoltre, la comparsa della rabbia silvestre, di cui la Volpe è il serbatoio, ha
introdotto una nuova tematica nella gestione della specie e ciò determina scelte di profilassi
e di controllo sanitario che non possono essere affrontate senza adeguate conoscenze e
senza un'attenta valutazione del rapporto costi/benefici di ciascun programma di intervento.
Miglioramento delle conoscenze sulla biologia della specie
Di seguito vengono suggerite alcune indagini che possono essere considerate prioritarie per
migliorare le conoscenze sulla Volpe a fini gestionali, pur mantenendo caratteristiche tali
da renderle applicabili su aree di dimensioni medie e grandi con uno sforzo realisticamente
dalle Pubbliche Amministrazioni interessate (soprattutto Regioni e Province).
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Piano Faunistico-Venatorio
Distribuzione geografica
Innanzitutto risulta interessante accrescere le conoscenze sulla distribuzione geografica ed
ecologica della Volpe nel territorio interessato.
Queste carenze conoscitive potranno essere colmate in futuro non è pensabile la sua
realizzazione
in tempi brevi è almeno auspicabile
che le Pubbliche Amministrazioni,
promuovano studi di base sulla distribuzione nel territorio di competenza almeno delle
specie di mammiferi più interessanti dal punto di vista gestionale con l'uso di metodi
almeno in parte analoghi a quelli utilizzati per la stesura degli atlanti ornitologici. Di notevole
importanza gestionale risulterebbe pure la stesura di carte della distribuzione ecologica della
Volpe ottenibili con la sovrapposizione dei dati di distribuzione geografica della specie
(eventualmente anche per classi di densità di popolazione ottenibili con le metodologie indicate
nel paragrafo successivo) e le corrispondenti carte tematiche (fisionomico-vegetazionali, di
uso del suolo, ecc.).
Consistenza e dinamica di popolazione
Accanto alla distribuzione geografica, per un miglioramento delle conoscenze sulla biologia
della Volpe, anche a fini applicativi, sono necessari studi di dinamica di popolazione
quantomeno condotti sulla base di indici relativi di abbondanza. Gli indici relativi
di
abbondanza non costituiscono censimenti; per la loro determinazione non vengono infatti
contati gli animali, ma vengono misurate alcune variabili correlate al numero di animali
presenti. Le relazioni tra i valori degli indici di abbondanza relativa e la dimensione assoluta
della popolazione possono essere studiati mediante l'analisi di regressione. Nel caso sia stata
raccolta una quantità di dati sufficiente, dopo una prima fase di raccolta di dati indirizzati
allo studio delle relazioni tra densità di popolazione ed indici di abbondanza, è possibile
convertire i valori degli indici in termini assoluti per mezzo di fattori di correzione.
Si tratta di un approccio ampiamente usato in biologia marina, che purtroppo ha possibilità
di applicazione assai più limitate nel caso della stima di densità di vertebrati terrestri. Anche
per quanto riguarda la Volpe tuttavia gli indici di abbondanza relativa possono permettere
comparazioni dei valori misurati, soprattutto quando si intenda studiare l'evoluzione temporale
della popolazione in una determinata area. Nel caso si desideri invece confrontare i dati
provenienti da aree diverse si incontrano notevoli difficoltà poiché ciò sarebbe possibile
solo qualora le aree da comparare presentino caratteristiche molto simili per ciò che
riguarda tutti i fattori che influiscono sul valore degli indici misurati.
Poiché le indagini condotte facendo uso di indici di abbondanza non misurano direttamente il
valore delle variabili
che si intendono
studiare, ma quello di altre variabili che sono
presumibilmente correlate alle prime, in questo genere di studi il rischio di introdurre distorsioni
nel campione è particolarmente forte. Ciò rende necessario un approccio che preveda l'esame
contemporaneo di più aspetti della biologia della specie, in maniera tale da permettere un
controllo incrociato dei dati raccolti e della loro rappresentatività nei confronti della popolazione.
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Piano Faunistico-Venatorio
Inoltre, al fine di limitare il più possibile le distorsioni introdotte nel campione, le tecniche di
campionamento debbono essere stabilite su
basi statistiche ancor più rigorose di
quelle
necessarie per uno studio diretto della popolazione.
I principali problemi applicativi sono dunque rappresentati dalla determinazione:
- della superficie delle aree campione nelle quali misurare gli indici scelti;
- della dimensione del campione, cioè del numero di aree campione su cui effettuare la
misurazione;
- del numero di indici che si ritiene necessario prendere in esame al fine di avere una
sufficiente sicurezza di non avere introdotto distorsioni nel campione.
Occorre inoltre considerare che in presenza di risorse (economiche, di personale, di tempo)
necessariamente limitate, il livello di accuratezza che si può raggiungere nella stima degli
indici di abbondanza relativa è limitato da una legge fondamentale dell'economia, la legge
della produttività decrescente. Una conseguenza di questa legge è che, oltre un certo limite,
un
miglioramento
nell'accuratezza
della
stima
comporta
un
aumento
di
costo
non
proporzionale al risultato ottenuto.
Prelievo venatorio
Il normale esercizio venatorio sulla Volpe è previsto ai sensi della legge 11.2.1992, n. 157;
tale normativa prevede all'art. 18 la possibilità di esercitare la caccia alla specie dalla 3°
domenica di settembre al 31 gennaio. Tale attività dovrà essere poi ulteriormente
regolamentata anche dalle leggi regionali in materia, che potranno introdurre limitazioni più o
meno sostanziali ai tempi e alle modalità di caccia nel periodo successivo alla chiusura
dell'attività venatoria alla selvaggina stanziale (coincidente generalmente con la fine del mese
di dicembre). Analogamente a quanto avviene per altre specie oggetto di caccia, non è
stata generalmente sinora effettuata alcuna quantificazione né pianificazione del prelievo.
Un più corretto prelievo venatorio a carico della Volpe dovrebbe prevedere sia una sua
pianificazione, analogamente a quanto dovrebbe avvenire per tutte le specie cacciabili, sia la
definizione di tempi e metodi di caccia tecnicamente più accettabili.
Per quanto riguarda la pianificazione del prelievo, questa dovrebbe prevedere una buona
conoscenza della consistenza e della dinamica della specie; tuttavia, una corretta stima
dell'entità di questi parametri è assai difficile da ottenere per la Volpe, in considerazione della
sua ampia valenza ecologica e del basso indice di contattabilità, in particolare dovendo
operare su vasti territori, con personale non sufficientemente specializzato e con carenza di
mezzi.
Una pianificazione sufficientemente corretta del prelievo venatorio potrebbe quindi basarsi
sull'analisi del numero di animali abbattuti e della loro composizione secondo classi di sesso e
di età, condotta almeno su campioni rappresentativi della popolazione.
Contrariamente a quanto avviene in diversi altri Paesi, soprattutto dell'Europa centrale e
settentrionale, in Italia l'importanza cinegetica della Volpe è decisamente modesta per la
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Piano Faunistico-Venatorio
quasi totale mancanza di tradizioni specifiche. Di fatto in passato, ed anche attualmente,
la partecipazione attiva dei cacciatori al prelievo di questa specie si è quasi sempre
configurato con l'adesione a squadre che esercitavano la caccia sotto forma di battute con
cani da seguito, in genere dopo la chiusura della caccia alla selvaggina stanziale, come forma
di controllo.
Altre forme di caccia, come quella con i cani da tana, le battute senza l'uso dei cani, o il tiro
all'aspetto con la carabina, sono assai poco praticate; sarebbe invece auspicabile che esse
sostituissero in tutto o in parte la braccata poichè, rispetto a quest'ultima, assicurano una
maggiore selettività e un minor disturbo alle specie non bersaglio.
Abbattimenti a scopo di controllo
Il controllo di popolazioni animali appartenenti a specie cacciabili può essere ammesso in base
alla norma sopra citata qualora queste arrechino gravi alle colture agricole, al patrimonio
faunistico e alla piscicoltura.
A questo riguardo occorre distinguere i casi di danni arrecati ad attività umane di primaria
importanza (attività economiche, quali
l'agricoltura, l'allevamento, ecc.)
dai
casi
di
predazione su individui appartenenti a specie selvatiche d’interesse venatorio, perché le
due problematiche, pur trattate congiuntamente dalla legge, meritano approcci differenti.
Interferenze negative con attività economiche
Le operazioni di controllo di specie selvatiche sono giustificabili solo quando i danni da esse
arrecati sono correttamente individuabili e quantizzabili, quando è possibile stabilire un piano
di prelievo quantitativo basato su una buona conoscenza della consistenza e della dinamica
della specie interessata, e quando non esistano metodi alternativi per limitare i danni.
Tali operazioni esulano comunque dalla normale gestione faunistica e quindi, a maggior
ragione, dall'attività venatoria e dovrebbero, pertanto, essere effettuate solo in maniera
puntiforme nel tempo e nello spazio, quando se ne ravvisi la necessità sulla base delle
conoscenze sopra citate. Il controllo dovrebbe inoltre essere portato a termine ad opera di
personale specificamente addestrato dipendente dalla Pubblica Amministrazione, in tempi e
con l'impiego di mezzi tali da limitare al massimo il disturbo arrecato alle popolazioni animali
non bersaglio (evitando ad esempio le battute con cani in periodo primaverile ed estivo) e
comunque con l'impiego esclusivo di mezzi selettivi.
Nel caso della Volpe la risorsa economica danneggiata è costituita quasi esclusivamente da
animali di bassa corte allevati in maniera non confinata o in spazi di stabulazione
caratterizzati da recinzioni inadeguate.
Alcune misure preventive possono ridurre sensibilmente, se non eliminare, i problemi posti
dalla predazione della Volpe; tra questi si possono citare il ricovero notturno degli animali e
la recinzione degli allevamenti con rete metallica (maglia di 10 cm) di almeno 1,80 m di
altezza fuori terra, affondata nel suolo per almeno 50 cm e con la sommità dotata di una
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
parte sporgente verso l'esterno di circa 60 cm (quest'ultima costituita da 4 o 5 fili spinati ben
tesi).
Interferenza sulla dinamica di popolazioni selvatiche di interesse venatorio
Scopo di una corretta gestione faunistica è la conservazione di biocenosi caratterizzate dal più
alto grado possibile di diversificazione e di completezza. In generale è scorretto focalizzare
l'attenzione e le misure di
conservazione su
singole specie animali. Ciò può essere
opportuno, talvolta, o può essere addirittura necessario in
alcuni casi ed in maniera
contingente, soprattutto se si tratta di specie o di popolazioni in pericolo.
In genere tuttavia le popolazioni locali di ogni singola specie non sono "isolabili" nemmeno in
prima approssimazione e si possono conservare solo attraverso una strategia che prenda in
considerazione le comunità biologiche di cui fanno parte. E' in questo contesto che dovrebbe
tendenzialmente inserirsi anche la gestione venatoria, la quale pertanto non dovrebbe essere
indirizzata a sviluppare le potenzialità di un territorio solo per alcune specie di particolare
interesse per il cacciatore, a scapito di altre, sia pure competitrici o predatrici di queste.
Questo approccio alla gestione faunistico-venatoria è stato recepito in parte dalla legislazione
italiana, nella quale non compare più il concetto di animale "nocivo".
L'importanza della predazione della Volpe nel limitare la densità delle popolazioni degli
animali selvatici
oggetto di caccia è assai variabile in dipendenza
di numerosi fattori
legati alle diverse realtà locali. Tra questi si possono citare le densità relative delle
popolazioni di questo predatore e quelle delle specie predate (queste ultime rappresentate in
larga misura da animali non interessanti dal punto di vista venatorio), la quantità e la
dispersione sul territorio di fonti di cibo alternative e, nel caso di aree in cui vengano
effettuati ripopolamenti, il grado di adattabilità degli animali immessi e le tecniche di rilascio
utilizzate.
La
complessità dei
meccanismi ecologici suddetti
può
spiegare
i
risultati
in
parte
contraddittori forniti dalla letteratura scientifica in merito alla predazione della Volpe quale
attore limitante le popolazioni degli animali predati. Infatti, i dati che scaturiscono dagli studi
condotti sul regime alimentare della Volpe in diverse situazioni locali, generalmente ottenuti
attraverso l'analisi delle feci o del contenuto stomacale, non possono che essere considerati
puramente indicativi poiché tendono a valutare l'importanza relativa delle diverse speciepreda nello spettro di predazione del carnivoro, ma non chiariscono
quanto l'azione di
quest'ultimo risulti limitante per la dinamica di popolazione delle diverse specie predate ed
in tal senso è disponibile una vasta letteratura.
In particolare risulta difficile stabilire il peso relativo dell'azione di diversi predatori sulla
dinamica di una specie preda caratterizzata da un elevato indice di appetibilità potenziale
per ciascuno di essi. E' per questo che la maggior parte degli studi che hanno per oggetto la
dinamica di popolazione della piccola selvaggina si riferisce agli effetti della predazione nel
324
324
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
suo complesso su una determinata popolazione di interesse cinegetico. In
base
alle
conclusioni di questi Autori sembra possibile affermare che, almeno nel caso dei Galliformi,
la predazione non influenza in maniera significativa la densità delle popolazioni nel periodo
pre-riproduttivo e di conseguenza le variazioni della densità media in cicli poliennali, ma
può tuttavia
determinare
una contrazione anche notevole della produttività autunnale,
entrando localmente in conflitto diretto con gli interessi del mondo venatorio.
Un quadro sostanzialmente analogo scaturisce dalle indagini volte a valutare gli effetti della
predazione sulla densità e la dinamica delle popolazioni di Lagomorfi ed in particolare della
Lepre europea (Lepus capensis).
D'altra parte da diversi Autori la Volpe viene indicata come la specie a cui vanno ascritte in
termini percentuali le massime perdite dovute a predazione a carico di Anatidi, Galliformi e
Lagomorfi. A
sostegno di
questa tesi
vengono portati
sia
dati sperimentali ottenuti
attraverso l'analisi della demografia delle popolazioni predate confrontata con la dieta locale
delle Volpi ed il loro comportamento spaziale, sia prove induttive derivate dall'aumento dei
carnieri stagionali di piccola selvaggina in seguito ad una temporanea diminuzione della
densità della Volpe dovuta ad operazioni sperimentali di controllo dei predatori o ad epidemie
di rabbia silvestre e come conseguenza delle campagne di controllo delle popolazioni volpine
intraprese a scopo profilattico per combattere questa malattia.
Naturalmente la generalizzazione dei risultati sopra riportati a realtà ambientali e gestionali
diverse, ed in particolare a quelle italiane, non può essere operata in maniera acritica, ma è
tuttavia lecito ipotizzare che anche nel nostro Paese, nelle aree in cui esistono buone densità
di Galliformi e Lagomorfi, la predazione della Volpe possa interferire negativamente con la
produttività di questi ultimi.
Viste le attuali caratteristiche della gestione faunistico-venatoria italiana la condizione sopra
descritta si realizza quasi esclusivamente nelle zone a vario titolo protette ed in particolare
nelle Oasi di protezione e nelle Zone di ripopolamento e cattura. Poiché queste ultime
vengono istituite con una precisa funzione produttiva e rappresentano, almeno in alcune
regioni, una realtà importante dal punto di vista gestionale, il controllo della Volpe negli
ambiti territoriali da esse rappresentati pone diversi problemi sia di ordine tecnico sia di
carattere politico-gestionale.
Nella grande maggioranza dei casi, le Zone di ripopolamento e cattura occupano superfici
modeste (alcune centinaia di ettari) e si presentano fortemente disperse nell'ambito del
territorio in cui si esercita l'attività venatoria. Questa situazione può determinare, entro certi
limiti ed in determinate stagioni, una maggiore concentrazione delle Volpi in tali ambiti, vista
la maggiore offerta trofica e ed il minore disturbo che li caratterizza. A tal proposito va
ricordato come la possibilità che la densità dei predatori determinata area risulti influenzata
dalle caratteristiche positive di quelle adiacenti sia stata suggerita da diversi Autori. Risulta
evidente dunque come una razionale gestione della Volpe in un territorio rappresentato da
una
alternanza
di
aree
chiuse
ed
aperte
325
325
all'esercizio
venatorio
possa
presentarsi
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
problematico.
Alla luce di quanto detto è possibile esprimere le seguenti considerazioni.
- Gli organi e le amministrazioni deputate alla conservazione della fauna dovrebbero
affrontare il problema del controllo della Volpe consapevoli che, poste le attuali conoscenze
sul complesso delle interazioni dei sistemi predatori-prede nelle comunità dei vertebrati
omeotermi, le scelte tra le diverse strategie di intervento sono in prima istanza di natura
politica e rappresentano il risultato di una mediazione tra gli interessi di diverse categorie
sociali. In generale è possibile affermare che l'azione della Volpe come predatore non sembra
in grado di influenzare in maniera significativa né la distribuzione né la densità preriproduttiva delle popolazioni predate e quindi non interferisce con la conservazione delle
specie coinvolte: in tal senso operazioni di controllo non sono giustificabili. Al contrario,
qualora si intenda ottimizzare la produttività delle popolazioni di Galliformi e Lagomorfi per
scopi venatori (sulla generalità del territorio agro-forestale o in parte di esso) il controllo
delle Volpi, qualora attuato efficacemente, può risultare un utile strumento gestionale.
- L'efficacia dei programmi di controllo dipende dal successo ottenuto nel mantenere la
densità locale delle Volpi su valori consistentemente più bassi rispetto a quelli consentiti
dalla capacità portante del territorio e per periodi di tempo prolungati (idealmente in maniera
costante). Nella pratica ciò risulta assai difficile per le seguenti motivazioni:
- immigrazione di altri individui da aree adiacenti;
- attenuazione dei fattori limitanti la crescita delle popolazioni dovuta alla maggiore
disponibilità alimentare, la minore mortalità dei cuccioli e l'anticipazione della maturità
sessuale nelle femmine;
- ampia valenza ecologica generale della specie dimostrata sia dalla vastità dell'areale
occupato (che comprende gran parte della Regione Olartica), sia dalla buona densità delle
popolazioni nonostante l'accanita persecuzione cui è stata oggetto per secoli;
- difficoltà di carattere organizzativo per mantenere elevata nel tempo l'efficienza delle
attività di prelievo con l'uso esclusivo di mezzi selettivi.
Diversi Autori, sia sulla base di dati sperimentali sia tenuto conto di prove induttive, ritengono
che un controllo di popolazione della Volpe realmente efficace risulti virtualmente impossibile
con il solo ricorso a mezzi strettamente selettivi (armi da fuoco) e mettendo in atto uno sforzo
realizzabile nel contesto della gestione faunistica corrente. Ciò sembra essere confermato
anche dall'esame critico delle statistiche di abbattimento italiane, purtroppo tuttavia riferibili
ad un numero limitato di casi non egualmente distribuiti in senso geografico ed ecologico.
D'altra parte l'uso di mezzi non selettivi (lacci, tagliole, veleno) non è consentito dalla
attuale
legislazione
italiana
e
pone,
oltre
a
gravi
ed
evidenti
problemi
di
tipo
conservazionistico, anche problemi di sicurezza e di etica.
- Il controllo dei predatori e della Volpe in particolare non è che uno degli strumenti in
grado di interferire con la dinamica delle popolazioni di specie di interesse cinegetico.
esso infatti
si affiancano
altri interventi
326
326
mirati,
almeno
Ad
nelle aree specifiche di
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
produzione (Zone di ripopolamento e cattura) tendenti a migliorarne i confini, la recettività,
la
sorveglianza,
randagismo.
le
I
tecniche
delle
miglioramenti
eventuali
ambientali
immissioni
di animali allevati, la lotta al
specificamente
eseguiti
a
fini
faunistici,
particolarmente nei moderni agroecosistemi, sono in grado di determinare un notevole
aumento della densità media dei popolamenti di piccola selvaggina e, contrariamente
al
controllo dei predatori, producono effetti indotti di tipo ecologico, paesaggistico ed estetico
positivi ed apprezzabili da parte della generalità dell'opinione pubblica. Benché l'influenza
relativa dei due fattori a diversi livelli di densità rispetto alla capacità portante teorica
del
territorio
sia
considerazioni
tuttora oggetto
sopra
di
riportate debbono
discussione,
essere
rimane
tenute
presenti
evidente
nello
che
stabilire
le
le
strategie di gestione e, nel loro ambito, le priorità da accordare alle diverse tipologie
di
intervento.
Inoltre
la struttura
ambientale e dispersione degli
con
i
elementi
miglioramenti ambientali,
predabilità
dell'ambiente
ha
(intesa
fisionomici),
una
influenza
soprattutto
che
non
può
come
essere
trascurabile
diversità
manipolata
sull'indice
di
della selvaggina sia perchè favorisce l'efficacia delle attività difensive di
quest'ultima, sia perchè, consentendo l'instaurarsi di zoocenosi più diversificate, permette ad
un predatore generalista come la Volpe di distribuire la propria pressione di caccia su un
più ampio numero di specie.
- La programmazione del territorio per ciò che concerne la gestione faunistico-venatoria
riveste una notevole importanza sia nell'orientare le scelte di intervento a carico della Volpe,
sia nel determinarne i risultati. Fattori quali la dimensione e la dispersione delle aree
protette, il più o meno massiccio ricorso al ripopolamento artificiale con selvaggina allevata,
la
quantità
e la
tipologia
degli
interventi
tesi
a modificare i fattori ambientali che
influenzano la densità e la dinamica delle popolazioni di interesse cinegetico, l'entità e le
caratteristiche della pressione venatoria sono in tal senso determinanti.
Misure indirette di controllo
Ben poco viene fatto nelle nostre realtà ai fini di una più complessiva e corretta gestione del
territorio che comporti anche, come conseguenza indiretta, effetti sulla densità e la dinamica
di popolazione della Volpe.
Si è convinti che ogni modificazione stabile di una popolazione animale non possa ottenersi
che intervenendo sul suo habitat, agendo sulla capacità recettiva del territorio e soprattutto
sulle risorse alimentari disponibili. Si ritiene, pertanto, assai utile, ai fini della prevenzione
di eventuali danni che possano essere arrecati dalla Volpe, un'azione mirata alla inibizione
dei fattori ecologici
che stanno alla base di elevate densità di popolazione volpina, e
precisamente:
- la graduale eliminazione delle discariche di rifiuti a cielo aperto o, quantomeno, la
recinzione delle stesse a prova di animale;
- l'eliminazione
delle operazioni
di ripopolamento intese come massiccio
327
327
rilascio di
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
selvaggina allevata piuttosto che come reintroduzioni operate su corrette basi tecnicoscientifiche;
- l'eliminazione di tutte le fonti alimentari di origine antropica, quali le discariche abusive di
taluni allevamenti, soprattutto avicoli, ove vengono accumulate le spoglie degli animali morti
e quant'altro rappresenta scarto di produzione dell'allevamento.
3.7
GLI
ISTITUTI
DI
PROTEZIONE
E
GESTIONE:
VOCAZIONE
FAUNISTICA E PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ GESTIONALI:
Finalità della Rete ecologica presente nel territorio provinciale è la tutela e valorizzazione delle
risorse naturali e ambientali nonché il recupero delle aree degradate, la tutela dei paesaggi e la
conservazione della flora e della fauna.
3.7.1 Aree protette nazionali e regionali
Nella provincia di Crotone sono presenti le seguenti aree protette rappresentate dalle Foreste
Demaniali, dal Parco Nazionale della Sila e dall’Oasi di protezione faunistica della Foce del
Neto, la Riserva Marina di Isola Capo Rizzuto, la cui pianificazione è demandata agli organi
gestori.
Nelle more di individuazione delle ZPS e di successiva attuazione dei Piani di Gestione delle
ZPS della Provincia di Crotone ai sensi del D.M. 17/10/2007 “Criteri minimi uniformi per la
definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e Zone
di Protezione speciale (ZPS) saranno applicate le opportune “misure” di tutela e conservazione,
idonee a garantire la protezione e la tutela di specie di fauna selvatica, ponendo il divieto
all’esercizio dell’attività venatoria alle specie indicate dal D.M. . Sarà posta particolare
attenzione, attraverso attività di controllo e sorveglianza costante e continuativa del personale
di vigilanza dell’Ente Provincia.
3.7.2 Rete natura 2000
La rete ecologica di Natura 2000 comprende la ZPS “Marchesato e Fiume Neto” ed i 21 SIC Già
descritte nel capitolo 2.1.9. Anche in questo caso la pianificazione è demandata agli organi
gestori.
Alle attività previste da PFVP di Crotone nelle I.B.A. 149 “Marhcesato e Fiume Neto” vieni
imposto il rispetto delle misure di conservazione e tutela prevista per le ZPS (sentenze di corte
di Giustizia Europea C-355/90 e C-374/98; DGR della Regione Calabria n 279 del 09/11/2010).
3.7.3 Zone di ripopolamento e catture Centri Pubblici e Privati di
riproduzione della Fauna
328
328
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Le zone di ripopolamento e cattura, previste dal comma 8, art.10 della legge 157/92, sono
destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa
per immetterla poi, dopo un periodo di ambientamento, nel territorio.
Questi istituti sono funzionali alla gestione faunistico-venatoria e del territorio, pur essendo
negli stessi vigente il divieto di caccia.
Considerato che allo stato attuale le ZRC sono inesistenti e che le zone destinate alla
protezione della fauna nella provincia di Crotone sono in percentuale limitata rispetto a quelle
previste dalle leggi nazionali e regionali, si ritiene fondamentale raggiungere le percentuali
minime (24%) di superfici protette ,stabilite dal LR 9/96, attraverso la creazione di tale istituti.
L'articolo 10, comma 3, della legge n. 157/92 prevede infatti di destinare per la protezione
della fauna selvatica una quota compresa tra il 20 e il 30% della superficie agro-silvo-pastorale
di ciascuna Regione, mentre la Regione Calabria alla lettera a) comma 2 art. 5 della L.R. 9/96
pone tale limite al 24%. Nella provincia di Crotone tale superficie raggiunge appena l’ 10,94%.
Preme tuttavia evidenziare come il regime di divieto di caccia non rappresenti, di per sé,
elemento sufficiente a caratterizzare e definire un ambito territoriale di protezione per la fauna
selvatica, essendo la valenza faunistica di un comprensorio il risultato di una serie di attributi
che lo caratterizzano. Tra questi notevole importanza rivestono un contesto ambientale
favorevole e la realizzazione di adeguati interventi gestionali per la fauna selvatica, essendo la
valenza faunistica di un comprensorio il risultato di una serie di attributi che lo caratterizzano.
Tra questi notevole importanza rivestono un contesto ambientale favorevole e la realizzazione
di adeguati interventi gestionali. .A sostegno di questa convinzione va ricordato che la legge
157/92 stessa sancisce, al comma 4 dell’art. 10, che per protezione si deve intendere "il
divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad
agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole".
Alla luce di quanto detto si evidenzia, ancora una volta, come una scelta attenta del sito,
condotta mediante una preventiva verifica della vocazionalità del territorio, rappresenti il
presupposto necessario, anche se non sufficiente, al raggiungimento degli obiettivi prefissati,
anche perché i costi elevati per la gestione di tale istituto sono giustificati solo in quei territori
che dimostrino una validità accertata dal punto di vista faunistico. Altro fattore da considerare
è l’indice di produttività minima (densità ed indici di catturabilità) cui le singole zone siano
tenute ad uniformarsi, e che determinerà la conferma o meno dell’istituto nella zona prescelta.
Saranno privilegiate aziende agricole situate all'interno di comprensori interessati da
un'agricoltura di basso reddito, anche se ciò non sempre è possibile dato che specie come la
lepre ed il fagiano prediligono aree con agricoltura intensiva, al fine di ridurre i costi derivanti
dagli indennizzi, quelle che praticano l’agricoltura biologica e le rotazioni agrarie. All’interno si
attueranno tutte le azioni che favoriscano la creazione di habitat favorevoli alle specie oggetto
di ripopolamento, come la creazione di siepi e di argini inerbiti al fine di favorire la
nidificazione, il rifugio e l’alimentazione della fauna.
L’istituzione delle ZRC sarà subordinata alla presentazione da parte delle ATC di proposte
329
329
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
valide e concrete e per la gestione delle zone saranno stipulate apposite convenzione che
prevedano la soddisfazione dei seguenti punti:
-
censimento
della
fauna,
che
definiscano
informazioni
dettagliate
e
precise
sulla
distribuzione, l’effettiva densità, la struttura (cioè il rapporto tra i sessi e le classi di età)
dei popolamenti faunistici, al fine di sopperire al problema della carenza di dati che affligge
il territorio provinciale come tutta la regione. Le stime di densità dovranno essere condotte
in due momenti significativi del ciclo biologico annuale per ciò che concerne la dinamica
delle popolazioni, ovvero alla fine dell'inverno, stimando la consistenza dei riproduttori, e
alla fine dell'estate per valutare il successo riproduttivo. In tal modo è possibile
programmare il prelievo venatorio delle specie di interesse gestionale tenendo conto da
una parte degli incrementi utili annui teorici e, dall'altra, dell'effettiva produttività delle
popolazioni locali;
-
eventuale immissione di fauna, con l’utilizzo di ripopolamenti. Sarebbe sperabile di evitare
le introduzioni per molteplici ragioni di ordine biologico le introduzioni sono da evitarsi,
come anche ribadito dalla legge (art. 20, comma 1);
-
eventuale controllo dei predatori;
-
interventi sull’ambiente attraverso azioni mirate alla creazione delle condizioni ottimali per
la vita e la riproduzione della fauna, con particolare riguardo alle fonti di cibo e di acqua ai
siti di rifugio adatti alla riproduzione e contenendo i fattori che incidono sulla mortalità
come la presenza di fonti trofiche dannose, la pratica di tecniche agricole particolarmente
dannose (uso di prodotti chimici, uso di macchine agricole per la raccolta dei prodotti);
-
presenza di personale di vigilanza;
-
modalità di risarcimento danni alle colture. Sarebbe auspicabile che prendendo in
considerazione la vocazionalità delle zone la scelta ricadesse su territori ad agricoltura a
basso reddito, anche in considerazione del peso che eventuali risarcimenti danni alle
colture possono avere. Si potrebbe pensare inoltre sostituire, almeno parzialmente il
rimborso danni con un premio incentivante connesso al numero dei capi per ciascuna
specie annualmente prodotto in relazione alla superficie ricadente entro i confini della ZRC;
Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica per l’immissione a fini faunistico
venatorio sono finalizzati alla “ricostituzione delle popolazioni autoctone” (L. 157/92, art. 10,
comma 8, lettera c). La finalità di ricostituzione delle popolazioni autoctone di fauna selvatica
transita attraverso l'attività di prelievo degli animali ed il loro trasferimento e successivo
rilascio nelle località da qualificare sotto il profilo faunistico. L'art. 9 della L.R. 9/96 vincola in
maniera chiara la destinazione della fauna catturata che potrà essere utilizzata esclusivamente
per ripopolamento.
Il dettato normativo inerente questo istituto e regolato dall’art. 10, comma 8, lettera d) della L
157/92. Nei centri privati è preminente la fase della produzione-cessione di animali allevati
appartenenti alle specie cacciabili e ciò rappresenta l'aspetto che certamente meglio
330
330
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
caratterizza tali istituti al tempo stesso distinguendole dai centri pubblici che, invece, sono
tenuti a riprodurre fauna selvatica di ogni specie ( e quindi anche non soggetta a prelievo
venatorio ).
Non si vedono impedimenti alla trasformazione, in caso di istituzione della figura del centro
pubblico di strutture preesistenti quali le zone di ripopolamento e cattura e le oasi di
protezione che, per talune loro affinità, potrebbero rivelarsi adatte ad una riqualificazione nella
direzione indicata.
I centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale possono essere
organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa; in esse è vietato
l’esercizio della caccia ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie
cacciabili da parte del titolare dell’impresa agricola.
Allo scopo di incrementare la capacità produttiva di questi territori risulta estremamente utile il
ricorso ad interventi mirati di ripristino ambientale.
Tale centri, previsti dal comma 8, art.10 della legge 157/92, sono destinati alla riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale e alla cattura della stessa per immetterla poi, dopo un
periodo di ambientamento, nel territorio.
3.7.4 ZAC (Zone Addestramento Cani)
Sono le zone utilizzate per l’allenamento dei cani da caccia e lo svolgimento delle gare cinofile
affidate alle associazioni venatorie nazionali, alle associazioni agricole, a imprenditori singoli o
associati, associazioni cinofile operanti nella provincia ( art. 9, comma 4, L.R.9/96 ).
L'esercizio di queste attività non è legato alla temporizzazione propria della caccia, perchè
considerata attività sportiva solo concettualmente riconducibile alla caccia.
La gestione di tale istituto è regolamentata dal disciplinare redatto dalla Provincia di Crotone
ed allegato al presente Piano Faunistico Venatorio.
3.7.5 Aziende Faunistico-Venatorie ed Agri-Turistico-Venatorie.
Le aziende faunistico-venatorie (A.F.V.) hanno prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche.
Esse sono costituite in territori di rilevante interesse ambientale e di elevata potenzialità
faunistica.
L’istituto delle A.F.V. ha il compito di favorire l'insediamento sul territorio, la riproduzione
naturale e l'incremento numerico delle popolazioni selvatiche che in questi ambienti trovano
habitat adatto, mantenere e migliorare le caratteristiche ambientali. Tali obiettivi vanno
perseguiti
agendo
principalmente
sul
ripristino
e
il
miglioramento
quali-quantitativo
dell'ambiente naturale, nonchè sul ricorso a forme di prelievo programmato sulla base delle
consistenze accertate.
331
331
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Le aziende faunistico-venatorie sono autorizzate dalla Giunta Regionale nel rispetto, per ogni
Provincia, del limite massimo del 15% della superficie agro-silvo-pastorale previsto dalla L.R.
n. 9/96.
Saranno sottoposte a Valutazione d’Incidenza le previsioni di istituzione delle Aziende
Faunistico Venatorie e di Aziende Agroturistico Venatorie e le richieste di ampliamento delle
stesse nei siti afferenti alla Rete Natura 2000.
L’estensione massima di ogni azienda è determinata dalle specie e dal numero di capi che si
intendono immettere e dai rispettivi piani di abbattimento; l’estensione minima delle A.F.V.
deve risultare pari almeno a 100 ettari.
I principali interventi necessari per favorire, attraverso il miglioramento delle dotazioni
ambientali, l'insediamento e l'incremento numerico di popolazioni naturali di fauna selvatica
consistono nel:
- attuare un'agricoltura di tipo non intensivo di limitato impatto ambientale che preveda un
moderato impiego di prodotti chimici;
- realizzare strutture artificiali di ricovero e alimentazione per la selvaggina;
- incrementare la diversificazione ambientale sia attraverso l'aumento degli incolti e delle
colture a perdere per la selvaggina, la messa a dimora di siepi, alberi, ecc., sia con
l'inserimento nell'ambito delle ordinarie rotazioni colturali di piante coltivate particolarmente
adatte (si ricorda ad esempio l'importanza dei cereali autunno vernini per la starna e dell'erba
medica e di diverse consociazioni di leguminose e graminacee per la lepre).
Per quanto riguarda il ricorso ad iniziative di immissione artificiale finalizzate al ripopolamento
si ritiene che queste possano fornire un prezioso contributo allorquando si debbano
fronteggiare situazioni faunistiche a tal punto degradate da rendere problematica la naturale
ricostituzione di popolazioni gravemente compromesse. Pare quindi giustificato il ricorso a
questo tipo di interventi solo se attuati in maniera mirata e limitatamente al periodo di tempo
necessario alla ricostituzione di nuclei stabili di riproduttori. Quando invece il ripopolamento
artificiale assume cadenza routinaria, configurandosi come intervento volto ad assecondare le
esigenze del consumo venatorio, si ritiene che esso debba trovare applicazione solo nelle
Aziende agro-turistico-venatorie.
Per ciò che concerne le Aziende agro-turistico-venatorie, viste le caratteristiche di gestione
previste dalla legge, si ritiene che esse dovrebbero insistere su territori di limitata estensione
(alcune centinaia di ettari) e di scarso valore ambientale e faunistico.
Le aziende agri-turistico venatorie sono costituite principalmente per il recupero e la
valorizzazione delle imprese agricole situate in aree svantaggiate attraverso l’organizzazione
del prelievo venatorio. Esse devono preferibilmente essere collocate in territori di scarso rilievo
faunistico e coincidere con il territorio di una o più aziende agricole ricadenti in aree di
agricoltura svantaggiata ovvero dichiarate marginali ai sensi di interventi comunitari.
Le aziende agro-turistico-venatorie sono autorizzate dalla Giunta Regionale nel rispetto, per
ogni Provincia, del limite massimo del l5% della superficie agro-silvo-pastorale previsto dalla
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332
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
L.R. n. 9/96 e richiamato dal P.F.V.R.; le A.A.T.V. sono altresì vincolate al rispetto delle
previsioni dei rispettivi piani faunistici provinciali.
L’estensione complessiva delle A.A.T.V. distribuite su ogni Provincia non deve essere superiore
al 60% della superficie disponibile per strutture a gestione privata della caccia. L’estensione di
ogni azienda è determinata dalle specie e dal numero di capi che si intendono immettere;
l’estensione minima delle A.A.T.V. deve risultare pari almeno a 50 ettari.
La domanda di autorizzazione deve essere inoltrata all’Assessorato Regionale alla Caccia che,
tramite i propri uffici, la istruisce e la sottopone all’approvazione della Giunta Regionale.
La Giunta Regionale, sentita la Provincia interessata sulla conformità della richiesta al P.F.V.P.
rilascia l’autorizzazione ed informa la Provincia per l’aggiornamento delle superfici disponibili
da destinare a gestione privata della caccia.
Le aziende agro-turistico-venatorie, per consentire il conseguimento dei fini disposti dalla
normativa vigente, possono prevedere la realizzazione di strutture produttive per l’allevamento
della selvaggina in cattività, da immettere ed utilizzare all’interno dell’azienda medesima;
possono, altresì, realizzare, a tali fini, strutture produttive ausiliarie, qual recinzioni e voliere di
ambientamento nei quali è vietato il prelievo venatorio; é consentito, altresì, realizzare la
recinzione totale o parziale dell’intera azienda.
Eventuali opere di edilizia rurale sono consentite sempreché non comportino modificazioni
ambientali e paesaggistiche, fatte salve le autorizzazioni previste in materia di edilizia privata e
secondo le norme urbanistiche vigenti.
Le opere di miglioramento ambientale sono a carico con i proprietari e/o conduttori dei fondi.
La selvaggina immessa deve essere completamente recuperata, anche ai fini di evitare possibili
inquinamenti delle specie naturali presenti sia all’interno dell’azienda, che nei territori
circostanti.
La selvaggina deve essere, prima dell’immissione, inanellata con il nome specifico dell’azienda
Nelle aziende agri-turistico-venatorie il prelievo di selvaggina allevata in cattività e/o
proveniente da allevamento, è consentito, al concessionario ed alle persone da esso
autorizzate per tutto l’arco dell’anno.
Il prelievo venatorio nelle aziende agro-turistico-venatorie è soggetto:
a) al rispetto dei limiti imposti dai Comitati di Gestione degli A.T.C. ai fini della mobilita
venatoria;
b) all’ottenimento della residenza venatoria nell’A.T.C. interessato;
c) all’opzione di caccia ai sensi dell’art. 12 della legge l57/92 e dell’art. 10 della L.R. n. 9/96;
d) al rispetto del numero dei capi da abbattere;
e) al possesso del tesserino venatorio;
f) al rispetto del limite di tre giorni di caccia a settimana.
Nelle aziende e’ consentito, per tutto l’arco dell’anno, l’addestramento dei cani e/o lo
svolgimento di gare cinofile, con o senza abbattimento del selvatico, per l’educazione cinofila e
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333
Provincia di Crotone
venatoria del
Piano Faunistico-Venatorio
cacciatore, esclusivamente su
selvaggina riprodotta in cattività e/o di
allevamento.
I danni causati alle produzioni agricole, all’interno delle aziende agri-turistico-venatorie, dalla
fauna cacciabile, ai sensi della legge l57/92, sono a carico dei proprietari e/o conduttori
dell’azienda.
3.7.6 Gli Ambiti territoriali di caccia
La legge 157/92 all’art. 10 prevede che il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione sia
destinato per una quota compresa tra il 20 e il 30 per cento a protezione della fauna
selvatica, per una quota massima del 15 per cento a caccia riservata alla gestione privata e
ai centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; sul rimanente
territorio le regioni devono promuovere forme di gestione programmata della caccia,
ripartendo il territorio in ambiti territoriali di caccia (ATC), di dimensioni sub provinciali,
possibilmente omogenei e delimitati da confini naturali (art.14).
L’art 13 della legge regionale n. 9/1996, indica che la gestione degli ambiti territoriali di
caccia sia affidata ad appositi Comitati i cui compiti rivestono una valenza pubblica per la
rilevanza dei fini perseguiti nell’ambito della programmazione delle attività faunisticovenatorie previste dalla legge 157/1992 e definite dal piano faunistico venatorio regionale.
Di seguito l’art.13 al comma 6 stabilisce che i componenti del comitato sono nominati dal
Presidente della Provincia.
L’art. 13 individua i compiti dei comitati e precisamente:
• deliberano in ordine all’accesso all’ambito di competenza;
• promuovono ed organizzano le attività di ricognizione delle risorse ambientali e della
consistenza faunistica predisponendo programmi di intervento nonché indagini ed azioni
inerenti:
- presenze faunistiche e i prelievi venatori
- censimenti faunistici
- tutela della fauna selvatica
- incremento delle popolazioni animali selvatiche
- difesa delle colture
- promozione di eventuali limitazioni e azioni di razionalizzazione del prelievo
venatorio per forme di caccia specifiche.
• istituiscono e regolamentano le zone di rispetto venatorio
• provvedono all’attribuzione di incentivi economici ai conduttori dei fondi rustici per:
- ricostituzione di una presenza faunistica ottimale per il territorio
- coltivazioni per l’alimentazione naturale dei mammiferi e degli uccelli
- ripristino delle zone umide e dei fossati
- differenziazione delle colture,
- impianto di siepi, cespugli, alberi adatti alla nidificazione,
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334
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
- tutela dei nidi e dei nuovi nati di fauna selvatica nonché dei riproduttori
• collaborano operativamente ai fini della tabellazione, della difesa preventiva delle
coltivazioni, della pasturazione invernale degli animali in difficoltà, della manutenzione
degli apprestamenti della fauna selvatica
• erogano i contributi per il risarcimento dei danni arrecati alle produzioni agricole dalla
fauna selvatica e dall’esercizio dell’attività venatoria e per la prevenzione dei danni.
Il Regolamento Regionale n. 536 del 21 Luglio 2003, di attuazione della legge regionale
9/1996, prevede che l’organo di gestione dell’ATC sia il Comitato di gestione.
Il Comitato si dota di uno statuto conforme al modello predisposto dalla Regione.
L’art.
2
parte
seconda
del
Regolamento
individua
le
competenze
del
Comitato
indicando, oltre a quelle già precisate dalla Legge anche:
- la gestione faunistico-venatoria degli ungulati
- l’espressione del parere in forma obbligatoria sulle proposte di Piano Faunistico- Venatorio
Provinciale
- la destinazione, fino al raggiungimento delle densità ottimali, delle quote di iscrizione ad
operazioni di ripopolamento, reintroduzione di galliformi, lagomorfi e ungulati.
Dal quadro normativo cosi delineato si evince che gli ambiti territoriali sono quelle parti di
territorio agro-silvo - pastorale destinato alla caccia programmata e che tali ambiti devono
essere gestiti da Comitati.
La norma individua anche i compiti senza però specificarne la natura.
Tra l’altro la legge regionale indica i compiti delle province demandando alle stesse le
funzioni amministrative generali riguardanti “la vigilanza e il controllo delle relative attività”
e in particolare per i comitati degli ATC “la rispondenza tra attività svolte, direttive impartite
e fondi erogati”.
Quindi si può ritenere che il Comitato di gestione svolge compiti di diretto rilievo
pubblicistico in quanto:
- la legge nazionale prevede l’istituzione degli ambiti territoriali come entità fisiche definiti
nei piani faunistici regionali e gestiti da comitati
- la legge regionale assegna ai comitati funzioni di “rilevanza pubblica”, e la competenza
della Provincia riguarda la rispondenza delle attività svolte con le direttive impartite e con le
finalità per le quali i fondi sono stati erogati, tale aspetto è una manifestazione tipica di un
potere di vigilanza e controllo dell’ente pubblico in un certo senso sovraordinato ai comitati a
conferma del vincolo di scopo “pubblicistico” al quale l’attività dei comitati di gestione è
sottoposta.
I comitati si trovano a gestire fondi di varia natura:
- di tipo pubblico, quelli provinciali
- di tipo privato , quelli dei cacciatori che hanno però, sempre, finalità di interesse generale,
pertanto l’attività è sempre orientata a fini pubblici e si svolge secondo regole e principi che
sono tipicamente pubblicistici.
335
335
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Pertanto i comitati pur non configurandosi persone giuridiche di diritto pubblico perseguono
finalità di interesse generale.
Con l’attuale normativa il legislatore considera i comitati come strutture di collegamento tra
l’ente locale, Provincia, ed i soggetti che a vario titolo sono titolari di interessi propri ed
interessati nella regolamentazione del territorio agro-silvo-pastorale che è destinato
all’attività venatoria (caccia programmata).
Per quanto riguarda la natura giuridica dei comitati la regione non la definisce in quanto
considera che non sia da accogliere né il modello interamente privatistico né quello
interamente pubblico e cioè una forma intermedia tra pubblico e privato.
Ciò è evidenziato anche per quanto riguarda gli aspetti relativi all’acquisto di beni e servizi,
infatti la regione con proprio regolamento sottopone i comitati ad una procedura specifica
per l’acquisto di beni e servizi
che è quella disciplinata
dall'art. 13 punto 1 e 2 del
regolamento Regionale.
Per ciò che attiene al controllo della Provincia sugli ATC occorre rilevare che alla Provincia
non spetta un controllo sui conti e sulla regolarità delle procedure amministrative, controllo
di tipo sindacale, né un controllo sulle attività svolte dagli ATC tale da pregiudicare la
discrezionalità e l’autonomia gestionale.
La Provincia invece ha il compito di un controllo “rigoroso e mirato” sul rispetto delle
direttive impartite e fondi erogati e attività svolte ( art 13 comma 6 LR 9/96 e art. 14 del
regolamento Regionale) ed una funzione di controllo generale su tutte le attività dei Comitati
in relazione agli strumenti di programmazione faunistico-venatoria Provinciali e regionali.
Gestione finanziaria degli A.T.C. Bilancio di previsione
1. Le entrate degli A.T.C. sono costituite dalle seguenti fonti:
a) quote di partecipazione dei cacciatori ammessi, previste dal comma 1 lettere a, b,c,d
dell’art. 12 del Regolamento Regionale n°536 del 21/07/2003;
b) contributi della Regione per il perseguimento dei fini istituzionali;
c) contributi della Regione e della Provincia, su progetti finalizzati al raggiungimento di
obiettivi della pianificazione faunistica territoriale presentati dal Comitato di gestione;
d) contributi della
Provincia destinati al
risarcimento e
alla
prevenzione dei
danni
arrecati alle produzioni agricole dalla fauna selvatica e dall’esercizio venatorio;
e) eventuali contributi di altri soggetti pubblici o privati;
g) altre entrate.
2. Il Comitato di gestione predispone ed approva entro il 30 settembre di ogni anno il
bilancio di previsione relativo all’esercizio successivo .
3. L’esercizio finanziario ha la durata di un anno e coincide con l’anno solare.
4. Nel bilancio degli A.T.C. debbono essere iscritte tutte le entrate e tutte le spese; è vietata
la gestione di fondi fuori bilancio.
5. Le entrate debbono essere iscritte al bilancio separatamente, secondo la loro natura e
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336
Provincia di Crotone
provenienza; le
Piano Faunistico-Venatorio
entrate
corrispondenti
a
contributi per progetti
finalizzati
debbono
essere evidenziate distintamente per ciascun progetto.
6. Le spese debbono essere classificate per categorie, evidenziando la loro destinazione;
7. In particolare, debbono essere indicate:
- le spese per l’acquisto di beni durevoli;
- le spese per il personale;
- le spese di gestione e di funzionamento (godimento e manutenzione dei locali; utenza di
servizi; uso e manutenzione di automezzi e altri strumenti tecnici, etc);
- le spese per l’allevamento e l’immissione di fauna selvatica e quelle per il controllo e il
prelievo della stessa;
- le spese per il miglioramento ambientale;
- le spese per la vigilanza;
- le spese per la prevenzione dei danni cagionati dalla fauna selvatica e dalla attività
venatoria;
- le spese per l’erogazione di contributi per il risarcimento dei danni;
- le spese per la predisposizione e l’attuazione di progetti finalizzati;
- altre spese.
8. I progetti finalizzati predisposti dagli ATC debbono essere coerenti con il piano faunistico
regionale provinciale.
9. I progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi del programma annuale di gestione
debbono essere presentati alla Provincia entro il 30 settembre dell'anno antecedente a quello
relativi dell'intervento.
10. L’approvazione da
parte dell’Ente è condizione per l’iscrizione al
bilancio del
contributo e della spesa corrispondente.
11. Ogni Comitato di
gestione ha
facoltà di
spesa nei
limiti
della
disponibilità di
bilancio.
12. Il bilancio deve essere previsto a pareggio.
13. I componenti del Comitato di gestione rispondono personalmente per le spese non
previste a Bilancio e per importi eccedenti quelli autorizzati.
Rendiconto tecnico e finanziario
1. Il Comitato di gestione provvede ad approvare e trasmettere alla Provincia entro il 30
Aprile
di
ogni
anno
il
bilancio
consuntivo relativo
all’esercizio
precedente
con
la
relazione di accompagnamento, la nota integrativa e la relazione contabile del collegio dei
Revisori.
2. Il rendiconto comprende il conto finanziario ed il conto patrimoniale.
3. Allo stesso deve essere allegata una relazione sullo stato di attuazione dei programmi e
progetti dell’A.T.C..
4. Per i progetti finalizzati per i quali siano stati erogati contributi da parte della
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Provincia, i predetti documenti debbono fornire specifica indicazione circa l’utilizzo dei
contributi stessi e i risultati conseguiti.
5. Il rendiconto corredato dai relativi allegati è trasmesso in copia alla Regione.
Controllo contabile
1. I Comitati di gestione degli ATC hanno la facoltà di istituire al loro interno un organo
di controllo amministrativo – contabile la cui composizione, nomina, compiti e responsabilità
sono disciplinati dallo statuto. Le spese relative al tale organo sono a carico del Comitato di
gestione.
2. La Regione e la Provincia esercitano il controllo sull’utilizzo dei contributi regionali relativi
ai fini istituzionali, alla realizzazione di progetti speciali, nonché al pagamento dei danni
provocati dalla fauna selvatica e dall’attività venatoria alle colture agricole.
3. La Provincia si riserva la facoltà di effettuare controlli e verifiche anche a campione, sulla
regolarità della gestione amministrativo – contabile degli ATC.
4. In caso di riscontrate gravi irregolarità contabili, la Provincia dispone la sospensione
dell'erogazione dei finanziamenti in corso, nonché il rimborso di quelli già erogati fatte salve
altre azioni per la tutela dell'interesse dell'Amministrazione, il Presidente della Provincia con
proprio decreto ed ai sensi della L.R. 39/95 dichiara decaduto il Comitato di Gestione
inadempiente e alla contestuale nomina di un Commissario straordinario con poteri limitati
nel tempo ai sensi della Legge 444/94.
Metodi e tecniche di gestione
L'attività gestionale all’interno degli ATC dovrebbe concretizzarsi in alcuni interventi
principali, di seguito elencati.
Redigere i propri piani di gestione con particolare attenzione all'approfondimento dei
seguenti aspetti:
•
Individuazione dei distretti territoriali omogenei, con descrizione delle caratteristiche
ambientali e delle attività di gestione da attuare in ciascuno di essi;
• Individuazione di personale addetto all'attuazione delle attività gestionali (tale personale
dovrà avere una formazione adeguata alla tipologia di mansioni da svolgere); all'interno di
ciascun distretto dovranno essere individuate, sulla base dell'analisi delle caratteristiche
territoriali e delle vocazioni per le specie di interesse cinegetico, delle aree apposite in cui
concentrare gli interventi di miglioramento ambientale e i contributi ai conduttori agricoli per
azioni in favore della fauna selvatica.
Censimenti della selvaggina cacciabile.
Devono essere effettuati contemporaneamente su tutto il territorio degli ATC per le specie
soggette a considerevoli spostamenti e in periodi ben definiti per quelle più sedentarie.
I censimenti devono essere organizzati, dove le condizioni ambientali lo permettono è
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
opportuno procedere a due censimenti annuali di cui uno pre-riproduttivo (primaverile) ed
uno post-riproduttivo (estivo), i cui tempi esatti devono essere definiti in base alle specie
presenti e ai cicli delle lavorazioni agricole.
Pianificazione del prelievo
Deve essere formulato il piano di abbattimento degli ATC, raccogliendo i dati censiti
provenienti dal territorio.
Il piano di abbattimento deve essere definito per ogni specie e frazionato nel territorio in
funzione della disponibilità di ambienti idonei alla specie considerata e dei risultati dei
censimenti locali.
Sempre a livello di ATC deve essere esaminata, in seguito ai risultati dei censimenti, la
necessità di sospensione della caccia (per ogni specie) e le limitazioni di tempi e luoghi.
Reintroduzioni e ripopolamenti.
Tutti gli interventi di ripopolamento e di reintroduzione da effettuare all’interno del
territorio provinciale la cui competenza in ambito di gestione faunistica è in capo alla
Provincia, devono essere preventivamente comunicati all’Amministrazione Provinciale e non
potranno essere attuati se non a seguito del rilascio di apposita autorizzazione da parte della
Amministrazione stessa.
Le reintroduzioni di specie vocazionali e, dove necessario, i ripopolamenti, devono essere
organizzati dagli ATC. nelle zone prescelte per gli interventi, per l'attuazione dei medesimi
(strutture d’ambientamento, immissioni di animali, protezione e cura degli stessi).
Tuttavia la scelta degli animali da utilizzare non deve essere lasciata solo all'ATC per evitare
disomogeneità o errori, ma deve avvenire anche su indicazioni dell'Amministrazione
Provinciale.
Questa può avvalersi di personale tecnico specializzato per il reperimento dei soggetti
migliori.
Nel caso di interventi di reintroduzione o ripopolamento da effettuarsi all’interno di aree
protette comprese nel territorio provinciale, l’ente gestore dovrà darne comunicazione alla
Provincia contestualmente alla richiesta di parere all’Ufficio Caccia e Pesca Regionale.
È comunque fatto divieto a chiunque di effettuare l’introduzione di specie alloctone in
natura.
Di seguito vengono riportate le indicazioni per le attività inerenti le specie di interesse
conservazionistico e quelle di interesse faunistico-venatorio.
Specie di interesse conservazionistico
La liberazione di esemplari di specie di interesse conservazionistico potrà essere autorizzata
a seguito della presentazione all'Amministrazione Provinciale di apposito progetto redatto da
un operatore tecnico faunistico esperto come riconosciuto ai sensi del regolamento
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
regionale previsto nel Piano Faunistico-Venatorio Regionale o, nelle more dell'approvazione
di tale regolamento, da personale laureato con comprovata esperienza professionale nella
gestione faunistica.
Dovranno
comunque
essere
utilizzati soggetti geneticamente compatibili
con
quelli
presenti sul territorio o che abbiano caratteristiche genetiche analoghe alla popolazione
precedentemente presente nel territorio provinciale.
Tutti gli interventi dovranno garantire la conservazione delle caratteristiche genetiche della
popolazione originaria.
L'autorizzazione verrà rilasciata a seguito di parere positivo dell'INFS e qualora il
progetto dimostri l'utilità della liberazione per il miglioramento dello stato di conservazione
della popolazione presente in natura o, nel caso di reintroduzione, qualora venga dimostrata
l'importanza dell'intervento in una strategia nazionale di conservazione della specie. I modi
e i tempi di attuazione saranno valutati in base alle caratteristiche delle singole specie
oggetto di intervento, in modo da garantire il rispetto dei cicli biologici della singola specie e
l'ottimizzazione della riuscita delle liberazioni. Le tecniche di monitoraggio dovranno essere
esplicitamente previste nel progetto e dovranno essere adeguate alle caratteristiche ecoetologiche della specie.
Nel progetto dovrà essere indicato esplicitamente il responsabile tecnico-scientifico dello
stesso che garantirà sull'effettiva attuazione di quanto previsto.
Qualora verifiche sullo stato di attuazione del progetto evidenziassero discrepanze con
quanto
preventivato,
l'autorizzazione
verrà
revocata
ad
opera
dell'Amministrazione
Provinciale con la conseguente sospensione di tutte le attività non ancora attuate.
Al termine del periodo progettuale, dovrà essere consegnata all'Amministrazione Provinciale
una Relazione Consuntiva con la descrizione dettagliata delle azioni attuate e dei risultati
conseguiti.
Istituzione di zone di protezione e produzione.
Questi istituti devono essere organizzati a livello di ATC poiché devono necessariamente
coprire superfici vaste e soprattutto ricadere in ambienti idonei con perimetrazione
razionale.
Deve essere posta particolare attenzione alle caratteristiche di vocazionalità del territorio per
ciascuna specie.
Interventi di miglioramento ambientale
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Devono essere organizzati e attuati prevalentemente su terreni privati, è estremamente
importante instaurare un rapporto diretto e costruttivo tra agricoltori e responsabili
locali della gestione.
A livello di ATC possono essere fissati i limiti minimi e massimi percentuali di superficie da
destinare a tali opere e può essere indicato il tipo di intervento da effettuarsi a seconda della
prevalente vocazionalità della stessa e della reale necessità e possibilità di incrementare la
capacità portante del territorio per le diverse specie.
Organizzazione della vigilanza
Ogni ATC dovrebbe avere un numero congruo di guardiacaccia che operino al suo interno, in
relazione alla sua estensione.
Tale servizio non dovrebbe avere caratteristiche di volontariato bensì professionali, alle
dipendenze dell'Organismo di gestione dell’ATC.
Considerato che un ATC non potrebbe affrontare l'onere economico derivante da diverse
guardie regolarmente stipendiate, dovrebbero essere previsti accordi tra Amministrazioni
provinciali e ATC.
In base a tali accordi le Amministrazioni Provinciali potrebbero stanziare un finanziamento
annuo pari al costo dei contributi previdenziali dei dipendenti.
La vigilanza dovrebbe avere un compito di controllo delle attività degli ATC, di consulenza
tecnica e sorveglianza delle zone di protezione e di produzione, in collaborazione con la
vigilanza provinciale.
Pressione venatoria
Deve essere calibrata in funzione delle caratteristiche ambientali di ogni ATC e della
produttività media delle popolazioni di selvaggina, tenendo conto delle differenze di
produttività che esistono per la stessa specie in situazioni ambientali differenti.
E' in ogni modo importante che al cacciatore sia data la possibilità di prelievi annui
soddisfacenti.
All'interno dei singoli ATC dovrebbe essere fissato il rapporto cacciatore-territorio in funzione
della produttività delle popolazioni di selvaggina.
Per ogni ATC, inoltre, dovrebbe essere fissato un numero chiuso di cacciatori, garantendo
però l'accettazione di tutti i residenti qualora questi fossero in numero eccedente.
Un ulteriore provvedimento atto a razionalizzare la pressione venatoria, consiste nella
specializzazione del cacciatore.
Questa può essere definita per specie e modi di caccia e deve comunque essere una
libera scelta.
Le specializzazioni potrebbero essere le seguenti:
1. Caccia alla selvaggina stanziale e migratoria col cane da ferma
2. Caccia alla lepre comune col cane da seguita
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3. Caccia al cinghiale col cane da seguita
4. Caccia di selezione agli ungulati
5. Caccia alla selvaggina migratoria da appostamento
I cacciatori potrebbero essere autorizzati a scegliere non più di due tipi di caccia.
Interventi ordinari
Censimenti
Da esperienze precedentemente fatte sulle zone protette in diverse province italiane risulta
di grande importanza monitorare costantemente l'evoluzione e lo sviluppo numerico delle
popolazioni di selvaggina. Soprattutto nel caso di ambiti protetti di nuova istituzione, i
conteggi permettono di stabilire se le popolazioni si accrescono con la velocità attesa, se si
mantengono stabili oppure se arrivano ad una fase di declino e, conseguentemente,
permettono verifiche sull'idoneità del territorio ad ospitare popolazioni autosufficienti ed in
buona salute delle specie per cui la protezione è stata istituita.
Nel caso, poi, delle Zone di Ripopolamento e Cattura e dei Centri di riproduzione della fauna
selvatica,
i
censimenti
permettono di
valutare
la
possibilità di prelievo
e
di
trasferimento degli animali in relazione alla dimensione delle popolazioni ed ai loro tassi
di incremento e mortalità.
In ogni zona protetta devono essere effettuati due censimenti all'anno: uno prima della
stagione riproduttiva e uno al termine di questa, in autunno.
Dai valori di densità e consistenza primaverile e autunnale ottenuti è possibile calcolare
l'incremento annuo delle popolazioni e la mortalità invernale e, quindi, stabilire l'entità del
prelievo sostenibile dalle popolazioni.
I censimenti permettono, inoltre, di valutare l'effetto di eventi negativi ed accidentali sulle
popolazioni e di programmare di conseguenza il ripristino delle consistenze originarie con
immissioni.
Tenendo sotto controllo l'andamento delle popolazioni è anche possibile valutare con
precisione l'effetto, positivo o negativo, di altri interventi gestionali e quindi, determinarne
l'efficacia in relazione ai costi.
I censimenti possono essere effettuati secondo diversi metodi che devono essere di volta in
volta scelti in relazione alla specie da censire, alle caratteristiche ambientali delle zone
protette e al periodo dell'anno.
I conteggi devono essere programmati e condotti da esperti del settore, coadiuvati dalle
guardie provinciali e degli ATC e con la partecipazione dei cacciatori e di quanti,
teoricamente ed in pratica, sono interessati alla fauna selvatica.
Foraggiamenti
Per alcune specie e in particolari condizioni ambientali, può essere opportuno procedere alla
somministrazione periodica di alimenti aggiuntivi.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Lo scopo di questo tipo di intervento è quello di ridurre la mortalità causata dalla deficienza
di una adeguata disponibilità alimentare e, perciò, è un intervento da effettuarsi soprattutto
nelle Zone di Ripopolamento e Cattura, per aumentare le possibilità di prelievo sulle
popolazioni ed, eventualmente, anche in Oasi di Protezione e Zone di Rispetto Venatorio su
popolazioni seriamente minacciate.
Il periodo in cui effettuare i foraggiamenti è naturalmente il periodo limitante in quanto ad
offerta
alimentare,
cioè
l'inverno,
e
il
foraggiamento
dovrà
essere
tanto
più
prolungato tanto più permanenti sono le condizioni climatiche negative (innevamento e gelo
o altre calamità).
Il foraggiamento invernale è molto efficace su specie sensibili alle carenze alimentari
invernali quali la Starna, il Fagiano e la Coturnice.
Le modalità di somministrazione di cibo supplementare dovranno essere valutate e
decise
caso
per
caso,
avendo
cura,
comunque,
di
non
provocare
eccessive
concentrazioni di animali che potrebbero causare una più intensa attività predatoria.
In particolare i punti di foraggiamento devono essere collocati in modo che non siano visibili,
per evitare azioni di bracconaggio, ma devono essere facilmente raggiungibili per garantire il
rifornimento con qualunque condizione.
Il foraggiamento invernale sembra avere effetti positivi anche sulla produttività, in
particolare delle specie di Galliformi, in quanto le femmine, in migliori condizioni fisiche,
hanno un successo riproduttivo maggiore, producendo uova di migliore qualità da cui
nascono pulcini con probabilità di sopravvivenza più elevate.
Durante una reintroduzione di starne e Coturnici, bisogna creare almeno cinque punti
d’alimentazione ogni 100 ha. affinché gli effetti del foraggiamento cominciano a essere
sensibili.
Miglioramenti ambientali
Nelle fasce di pianura e di collina intensamente coltivata di prioritaria importanza,
soprattutto all’interno di zone protette, sono gli interventi tesi a diversificare l’ambiente e a
fornire possibilità di rifugio e alimentazione alle specie di piccola selvaggina. In tal senso,
per rompere i blocchi di monocolture, è importante ricostituire piccole zone a vegetazione
naturale o filari e siepi stratificate a divisione degli appezzamenti.
Altro intervento importante per favorire le popolazioni di fauna stanziale è quello della
predisposizione, all’interno dei campi, di strisce in cui non venga effettuato il raccolto,
garantendo anche in questo modo rifugio e alimentazione.
Per la porzione collinare meno coltivata della provincia, il problema si presenta in modo
esattamente opposto. Infatti, le zone ancora coltivate sono in questa fascia altimetrica molto
ridotte e, tra queste, ancor meno sono le aree destinate alle coltivazioni a rotazione
(cereali e foraggiere).
D'altra parte l'importanza delle coltivazioni per le specie di piccola selvaggina (Galliformi e
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Lagomorfi) è stata evidenziata da moltissime ricerche scientifiche su questo argomento.
Si ritiene, perciò, che sia della massima importanza intervenire all'interno delle zone
protette, coltivando i
parzialmente,
le
terreni
condizioni
attualmente abbandonati e
di
diversità
ambientale
e
di
ripristinando così, almeno
produttività
primaria
del
territorio che hanno favorito lo sviluppo delle popolazioni di piccola selvaggina fino alla
metà di questo secolo.
In particolare dovranno essere coltivati, tra i cereali, frumento ed orzo e, tra le
foraggiere, erba medica e trifoglio.
Occorre inoltre che i metodi di lavorazione siano quelli tradizionali con arature, semina,
concimazioni e i tempi di raccolta siano programmati in modo da non causare perdite di nidi,
uova e giovani nati.
Per quanto riguarda i cereali, dopo la mietitura, le stoppie dovranno essere lasciate per tutta
l’estate, fino al momento della successiva semina; gli appezzamenti coltivati a foraggiere,
dovranno essere periodicamente tagliati per garantire una buona qualità di foraggio per le
lepri.
Catture
Il prelievo tramite cattura può essere effettuato solamente all'interno delle Zone di
Ripopolamento
e
Cattura
e
dei
Centri
di
Riproduzione
della
Fauna
Selvatica
ed
eventualmente nelle Zone di Rispetto Venatorio, ed ha come scopo il trasferimento degli
individui catturati ad altre zone sia per ripopolamento sia per reintroduzione.
E' di fondamentale importanza che le catture vengano fatte solamente quando le popolazioni
sono sviluppate a tal punto da non risentire dell'asportazione di un certo numero di animali.
Per questo motivo non è possibile o, comunque, può risultare fortemente negativo,
programmare catture senza avere a disposizione i dati dei censimenti.
Sia la decisione se effettuare o no catture, sia l'entità di queste debbono dipendere
strettamente dai risultati dei censimenti.
In particolare il prelievo non deve mai superare l'incremento utile annuo dato dalla
differenza tra incremento annuo e mortalità invernale.
E' altrettanto importante che le catture vengano effettuate in modo da non agire sulla
popolazione riproduttiva.
Per questo motivo è bene che l'attività di cattura sia prevista sempre all'inizio del
periodo invernale e che termini al massimo alla fine del mese di gennaio.
Così facendo verranno catturati, presumibilmente, buona parte degli individui in sovrappiù
della popolazione, quelli cioè che in ogni caso si perderebbero prima dell'inizio della stagione
riproduttiva.
I metodi di cattura utilizzabili dipendono dalla specie e dalle caratteristiche delle zone in cui
si opera.
In generale per i Galliformi è bene utilizzare delle gabbie trappola a nassa previo adeguato
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
foraggiamento.
Per le lepri il metodo che dà i migliori risultati è quello della cattura con reti a tramaglio nelle
quali gli animali vengono spinti dai battitori.
Vigilanza
L'attività di vigilanza è uno degli interventi di routine più importanti della gestione delle zone
protette. Se la vigilanza non è efficace tutti gli altri interventi vengono vanificati.
Considerata l'estensione notevole che la maggior parte delle zone protette deve avere e il
numero non elevato di queste l'organizzazione più efficace potrebbe prevedere un numero
variabile da 1 a 2 guardie fisse per ogni zona protetta con l'eventualità di affidare
anche 2 o 3 zone di piccole dimensioni ad una coppia di guardie.
La
vigilanza
dovrebbe
essere
completamente
a
carico
delle
guardie
dipendenti
dall'Amministrazione Provinciale, le quali potrebbero fare affidamento, in casi particolari, su
guardie venatorie volontarie, guardie ecologiche, guardie degli ATC e anche cacciatori.
La o le guardie devono essere completamente responsabili di quanto avviene nella zona
protetta loro assegnata e devono occuparsi della programmazione e dell'attuazione di
tutti gli interventi gestionali previsti.
Un’alternativa è quella di affidare la vigilanza delle zone protette ad operatori specializzati
dipendenti dagli ATC, evitando, comunque che un compito così delicato venga svolto da
volontari, non sufficientemente preparati sul piano tecnico.
Deve
essere
inoltre
previsto,
data
la
responsabilità
degli
addetti,
un
premio
di
produttività che sia determinato sulla base dei risultati dei censimenti (almeno 2
all’anno) e delle catture effettuate.
Interventi straordinari
Controllo numerico di specie dannose
Con l'istituzione di zone protette, di qualunque tipo esse siano, possono verificarsi vere e
proprie esplosioni numeriche di specie che esulano dagli obiettivi di protezione e che ad alte
densità causano notevoli danni, soprattutto alle attività agricole.
Alcune specie inoltre possono avere un'influenza negativa su altre che si vogliono
salvaguardare.
Questi improvvisi incrementi sono causati
dalla
cessazione di
ogni tipo di
attività
venatoria e dallo spostamento e concentrazione degli animali all'interno delle zone protette
dove non sono disturbati.
Il fenomeno può essere tanto più grave quanto più estese sono le zone protette.
Una
specie per la
quale sono state
verificate
queste modalità
di
occupazione e
colonizzazione degli ambiti protetti è il Cinghiale che allo stesso tempo è quella che ha il
maggior impatto sulle attività agricole.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Per questi motivi, qualora si sia accertato, attraverso i censimenti, un innalzamento dei livelli
delle popolazioni, è bene intervenire, con prelievi mirati, per prevenire l'esplosione
numerica della specie.
Tale tipo di intervento può essere anche effettuato in base alle richieste degli agricoltori,
quando vengano accertati reali e consistenti danneggiamenti alle coltivazioni.
Le operazioni di prelievo dovrebbero essere effettuate avendo cura di causare il minimo
disturbo possibile alle altre specie di selvaggina; per questo motivo sarebbe preferibile
utilizzare, al posto delle battute con cani da seguita, l'abbattimento da postazioni fisse
(altane) localizzate in siti di consueta frequentazione da parte dei cinghiali e dove, in più,
gli animali vengono attirati, nei periodi di scarsità alimentare, con appositi foraggiamenti.
Gli
abbattimenti
dell'Amministrazione
dovrebbero
Provinciale,
essere
condotti
eventualmente
principalmente
coadiuvate
dai
dalle
cacciatori
guardie
degli
ATC
interessati da ogni zona protetta.
La scelta degli animali da abbattere dovrà inoltre rispondere, oltre alla necessità di riduzione
numerica, anche a criteri selettivi per non incorrere in problemi di destrutturazione delle
popolazioni e per attuare più efficacemente il controllo e la riduzione delle popolazioni,
incidendo sulle classi d’età più produttive.
Immissioni
Le immissioni all’interno delle zone protette possono essere sostanzialmente di due tipi:
Reintroduzioni.
Si definisce reintroduzione l’immissione di individui di una specie autoctona presente in tempi
storici recenti e attualmente estinta, o localmente o sull’intero areale di distribuzione.
Ripopolamenti:
Si definisce ripopolamento l’immissione di individui di una specie autoctona ancora
localmente presente ma con livelli di popolazione molto bassi.
Le immissioni all’interno delle zone protette devono essere effettuate solamente per quelle
specie per le quali il territorio è definito idoneo sulla base delle risultanze della carta delle
vocazioni faunistiche (o carta delle potenzialità faunistiche).
Tutti i tipi di zone protette possono in teoria essere utilizzati per le reintroduzioni, ma,
considerato che perché queste operazioni abbiano successo sono necessarie superfici
protette di dimensioni medio - grandi, le ZRC e i Centri Pubblici di Riproduzione della Fauna
Selvatica sono da considerarsi le zone protette più adatte allo scopo.
Per quanto riguarda i ripopolamenti, se il loro scopo è quello di ristabilire densità
ottimali per popolazioni in declino, allora possono essere effettuati in tutti i tipi di zone
protette; in particolare in quelle di nuova o recentissima istituzione, per raggiungere
rapidamente consistenze pari alla capacità portante del territorio.
Al contrario, se il ripopolamento è un’operazione di routine che serve a ripopolare il
territorio destinato all’attività venatoria, per questo scopo possono essere destinate le ZRV
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
di piccole dimensioni che funzionerebbero, in questo caso, come aree d’ambientamento per
la selvaggina allevata.
Le immissioni nelle zone protette possono essere effettuate con animali selvatici traslocati
da altre zone protette dove le popolazioni sono più abbondanti, oppure con individui allevati.
In quest’ultimo caso, è necessario, per aumentare la sopravvivenza e ridurre la dispersione,
che ogni zona protetta sia dotata di almeno una struttura d’ambientamento, preferibilmente
un recinto a cielo aperto di 1-2 ha contenente voliere coperte da rete di nylon.
Nel caso di immissioni di lepri d’allevamento, i recinti d’ambientamento devono essere di
dimensioni maggiori.
La
costruzione
assolutamente
di strutture
necessario
di ambientamento (voliere, recinti, ecc.) è un supporto
per garantire
il successo
delle immissioni, attraverso una
riduzione della mortalità da ambientamento e della dispersione, cui tipicamente vanno
incontro gli animali immessi in zone a loro sconosciute.
Queste strutture vanno costruite e posizionate sotto la guida di esperti in modo che
rispondano a tutti i requisiti di sicurezza, efficienza ed economicità.
Le strutture di ambientamento vanno inoltre sorvegliate strettamente dal personale di
vigilanza destinato alla
zona protetta in modo da prevenire atti
di
bracconaggio e
vandalismo e distruzioni dovute a cani e gatti randagi.
Ricerca scientifica
Una delle principali attività da promuovere all'interno degli ambiti protetti è la ricerca
scientifica sulla fauna selvatica.
L'acquisizione di conoscenze sulla biologia della fauna è ancora più importante in Italia dove
vi è una notevole carenza di tale tipo di studi.
La ricerca scientifica dovrebbe essere indirizzata ad argomenti di tipo auto ecologico e
sinecologico per fornire una base oggettiva alle attività gestionali.
Gli studi da privilegiare dovrebbero essere quelli inerenti la dinamica di popolazione, le
preferenze di habitat, la competizione tra specie coesistenti e i rapporti prede-predatori. Le
zone protette, specie se di buona estensione, permettono di avere a disposizione
territori di studio dove viene eliminata una delle più importanti e non quantificabili
variabili che incidono sulle popolazioni di selvaggina: la caccia. Inoltre nelle zone
protette è possibile avere il fondamentale supporto
del personale di vigilanza che
direttamente può raccogliere in modo continuativo una serie di dati molto utili nelle fasi di
approfondimento delle ricerche.
Analisi dell’assetto territoriale
Il territorio della Provincia di Crotone è stata suddiviso in due Ambiti Territoriali di Caccia: ATC
Kr1 e ATC Kr 2. In confine tra i due ambiti è delineato dal fiume Neto.
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Ambito Territoriale di Caccia KR1
L’Ambito Territoriale di Caccia n. 1 si sviluppa a nord del fiume Neto ed è costituito dal
territorio dei seguenti 17 comuni della Provincia di Crotone :
Belvedere Spinello, Caccuri, Carfizzi, Casabona, Castelsilano, Cerenzia, Cirò Cirò Marina,
Crucoli, Melissa, Pallagorio, Rocca di Neto, San Nicola dell’Alto, Savelli, Strongoli , Umbriatico e
Verzino.
La sua superficie ammonta a 79.851 ettari, con una incidenza percentuale del 46,51% sul
totale provinciale.
Ambito Territoriale di Caccia KR2
L’ambito territoriale caccia KR2 comprende il territorio dei seguenti comuni : Cotronei,
Crotone, Cutro, Isola Capo Rizzuto, Mesoraca, Petilia Policastro, Roccabernarda, San Mauro
Marchesato, Santa Severina e Scandale. Vengono rispettati in questa delimitazione i confini
comunali.
Di seguito si riporta il quadro relativo alle superfici occupate dagli ATC da tenere in
considerazione per la pianificazione faunistico-venatoria e di quelle relative al territorio
provinciale e alla S.A.S.P. (Superfice Agro-Silvo-Pastorale).
348
348
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Superfici utili per la pianificazione faunistico-venatoria
Superficie in Ha
Provincia KR
171.694,10
S.A.S.P.
165.510,44
S.A.S. P. ATC KR1
S.A.S. P. ATC KR2
77.420,23
88.090,21
3.8 - Identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti
fissi
Non prevediamo la realizzazione di alcun appostamento fisso.
3.9 - Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e
criteri per l’erogazione dei risarcimenti
Prevenzione dei danni
Opere ed accorgimenti
Al fine di prevenire i danni causati alle opere ed alle colture agricole e forestali dalla fauna
selvatica, la Provincia di Crotone intende realizzare degli interventi strutturali nel territorio
maggiormente interessato a questo fenomeno.
A tal fine la Provincia pubblicherà dei bandi con le specifiche modalità di partecipazione, con
l’indicazione dei territori interessati e con le tipologie di opere che si potranno realizzare per
prevenire i danni per ogni specie selvatica e le colture interessate alla realizzazione degli
interventi.
Segnalazione, stima e liquidazione dei danni
Segnalazione
349
349
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Coloro che subiscono danni a colture e opere agricole sono tenuti a segnalarli agli Organi
competenti (Provincia o Ambiti Territoriali di Caccia), in forma scritta possibilmente entro 24
ore dall’accertamento del primo danno da parte del conduttore dei fondi.
Le domande dovranno essere avanzate utilizzando un’apposita modulistica.
Nelle domande di risarcimento dovranno essere comunque ben specificati:
a) Indirizzo, numeri di telefono, dati anagrafici o ragione sociale del richiedente, accompagnati
dal codice fiscale o dal numero della partita IVA;
b) dichiarazione di proprietà o di possesso e riferimenti catastali dei terreni interessati dal
danneggiamento;
c) luogo ed entità della superficie oggetto di sopralluogo;
d) coltura od opera danneggiata;
e) indicazioni sulla specie che ha causato il danno e sua approssimativa zona di provenienza;
f) stima del danno;
h) documentazione fotografica comprovante il danno.
Il richiedente è responsabile di quanto dichiarato nella domanda di indennizzo.
Non sono indennizzabili danni relativi a:
a) colture che al momento del sopralluogo siano già state raccolte o comunque manomesse;
b) colture dove non sia in alcun modo tecnicamente accertabile la causa del danneggiamento;
c) boschi o rimboschimenti dopo i tre anni dall’impianto;
d) impianti di essenze arboree attuati con i contributi comunitari ove non sia stata prevista in
progetto alcuna opera di prevenzione, qualora ammessa dalla normativa comunitaria; nel caso
di differenza sostanziale tra la spesa derivante dall’importo ammissibile dal Regolamento CEE
per la recinzione ed il costo effettivo della stessa, gli Ambiti Territoriali di Caccia e la Provincia
potranno prevedere idonee incentivazioni;
e) danni provocati da piccioni viventi allo stato naturale o da altri animali domestici;
f) colture non agronomicamente valide: le coltivazioni di specie erbacee, qualora non risultino
condotte secondo canoni ordinari di lavorazione, semina, trattamento e/o che nei vari stadi di
sviluppo non presentino parametri validi dal punto di vista produttivo in termini qualitativi e
quantitativi non sono ammissibili al risarcimento.
Non sono inoltre indennizzabili danni stimati per un valore inferiore a Euro 100.
Risarcimento
Gli organismi preposti alla erogazione degli indennizzi verificano le richieste avanzate mediante
sopralluoghi, da effettuarsi di norma entro 15 giorni successivi alla richiesta di indennizzo e
comunque entro i limiti previsti dalla legge.
I sopralluoghi di accertamento sono effettuati da tecnici della Provincia di Crotone abilitati a
tale incarico, che verificheranno il danno causato sulle colture agrarie dalla fauna
350
350
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
4. Sull’apposito verbale di sopralluogo, il tecnico incaricato, dovrà riportare quanto segue:
a) Superficie (dati catastali/coordinate geografiche) e tipologia della coltura oggetto del
sopralluogo;
b) Presunta data del danno;
c) Presunta provenienza degli animali che hanno provocato il danno;
d) Indicazioni circa opere per la prevenzione di eventuali ulteriori danni;
e) Valutazione del danno in base alla stima presentata dalla ditta.
Al sopralluogo possono presenziare rappresentanti incaricati dai Comitati di Gestione degli ATC
e rappresentanti delle associazioni di categoria (venatorie e agricole) in veste di osservatori;
tali incaricati dovranno comunque qualificarsi di fronte al proprietario o conduttore di fondo
agricolo; gli stessi hanno facoltà di fare annotazioni sul verbale. In caso di controversia le
questioni saranno esaminate dalla Camera arbitrale e di conciliazione di Crotone con sede
presso la Camera di Commercio;
Per il calcolo del danno si dovranno utilizzare i preziari vigenti.
3.10. Banche dati faunistiche
La realizzazione di una banca dati sul patrimonio faunistico, diventa per la Provincia di
Crotone, essenziale per qualsiasi azione di corretta programmazione e gestione. Pertanto
è di fondamentale importanza che la provincia e gli ATC si attivino al più presto per la
predisposizione di tale
strumento, coinvolgendo in tale opera esperti della fauna e degli
habitat. La Banca Dati, che si realizzerà, dovrà essere in grado di raccogliere tutte le
informazioni provenienti da tutti i soggetti che operano nel territorio.
Le informazioni che sarà possibile raccogliere riguarderanno il censimento della fauna
selvatica, i prelievi venatori, l’attività di controllo delle specie, le immissioni e le morti di
fauna selvatica, gli eventuali danni alle colture e gli incidenti stradali che vedano il
coinvolgimento degli animali.
La realizzazione delle banche dati faunistico è necessariamente collegata alla attività di
monitoraggio della fauna.
Il miglior modo per acquisire questi dati rimane il censimento della fauna selvatica, studiarne
lo stato, l’evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di
intervento ricostituivo o migliorativo delle comunità animali e degli ambienti naturali con
l’obiettivo di una riqualificazione faunistica del territorio regionale, di effettuare e coordinare
l’attività di inanellamento a scopo scientifico dell’avifauna sull’intero territorio provinciale,
collaborare con Istituti scientifici ed Enti interessati alla gestione e conservazione del
patrimonio faunistico.
351
351
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Il compito è quello di elaborare piani di azione per la conservazione delle specie d i
Mammiferi ed Uccelli più minacciati della provincia.
La redazione di un programma, per la gestione delle principali emergenze faunistiche,
potrebbe realizzarsi attraverso:
1 la
realizzazione
migrazioni
ed
di
un
avifauna
sistema
di
stanziale
monitoraggio
attraverso
ornitologico,
l’applicazione
studio
sulle
dell’attività
di
inanellamento scientifico.
Per svolgere al meglio tale attività
i monitoraggi ornitologici devono essere svolti da
ornitologi con comprovata esperienza sul campo nell’attività di Inanellamento, in possesso di
patentino A e patentino C rilasciati dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica di Bologna, e
Autorizzazione rilasciata dalla Regione Calabria per la cattura e l’Inanellamento degli uccelli
per scopi scientifici.
2 realizzazione di monitoraggio ornitologico per mezzo di censimenti invernali degli
uccelli acquatici nelle zone umide provinciali.
Provincia di Crotone per la sua collocazione geografica rappresenta un'area di rilevante
importanza per la sosta (migrazione post e pre-riproduttiva) e lo svernamento degli uccelli
acquatici. In particolare, grazie alla presenza di ambienti umidi costieri (alcuni dei quali
riconosciuti importanti, e classificati come Siti d'Interesse Comunitario e Zone a Protezione
Speciale ai sensi delle Direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE) e di bacini artificiali interni, ospita
ogni anno nel periodo invernale un consistente numero di esemplari appartenenti agli ordini
dei Podicipediformi, dei Ciconiformi, dei Fenicotteriformi, degli Anseriformi, dei Gruiformi e dei
Caradriformi. Come è noto le popolazioni animali sono risorse rinnovabili e pertanto possono
essere sottoposte a prelievo attivo purché commisurato al tasso di incremento di ciascuna di
esse.
3. avvio di un sistema di monitoraggio sulle popolazioni faunistiche caratterizzate da
elevato
interesse
conservazionistico
a livello
comunitario
e particolarmente
minacciate di estinzione.
Lo
studio
riguarda
sia
le
specie
di
interesse
venatorio
che
quelle
di
interesse
conservazionistico.
La Calabria è caratterizzata da ambienti ad elevato pregio naturalistico, ma dal punto di vista
ornitologico risulta una delle regioni italiane meno conosciute, per cui risulta prioritario
avviare un’indagine al fine di stabilire la presenza, lo status delle specie elencate presenti nel
territorio regionale.
Di singolare importanza, risulta all’interno delle foreste regionali la presenza di numerose
specie di Piciformi, che rappresentano importanti indicatori di riconosciuta significatività
ecologica e biologica dello stato dell’ecosistema; in particolare, specie come il picchio rosso
352
352
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
mezzano (Dendrocopos medius) e il picchio nero (Dryocopus martius) sono di importanza
nazionale ed inseriti nella Direttiva Uccelli, rappresenta una specie fortemente minacciata, in
quanto “specialista” e sensibile ad un monitoraggio precoce dei cambiamenti.
Inoltre lo studio deve riguardare anche le specie di interesse venatorio quali ad esempio:
Germano reale (Anas platyrhynchos), Quaglia (Coturnix coturnix), Tortora (Streptopelia
turtur), Beccaccia (Scolopax rusticola), Beccaccino (Gallinago gallinago), Allodola (Alauda
arvensis), Merlo (Turdus merula), Tordo bottaccio (Turdus philomelos), Storno (Sturnus
vulgaris), ecc.
Le azioni che saranno avviate su ciascuna delle specie sopra elencate dovranno essere
finalizzate alla raccolta di dati utili alla redazione della Carta Faunistica della Provincia
risponderanno alle principali esigenze di carattere gestionale delle specie stesse, con
particolare riferimento alla programmazione faunistico-venatoria. Tutte le tecniche dovranno
essere
in
linea
con
gli
standard
internazionali
e,
per quanto riguarda l'attività di
inanellamento, coerenti con le disposizioni in materia dell'Istituto Nazionale per la Fauna
Selvatica.
3.10.1. Archivio faunistico
Attraverso la realizzazione di un archivio faunistico gestito dal Servizio Caccia e Pesca,
considerato che la legislazione regionale prevede che ogni Provincia debba dotarsi di specifiche
banche dati faunistiche digitalizzate dove sono raccolti dati e informazioni sui seguenti
argomenti:
1.
Carnieri
2.
Censimenti faunistici
3.
Danni
4.
Controllo faunistico
5.
Miglioramenti ambientali
6.
Popolazione venatoria
7.
Infrazioni venatorie
si cercherà di ottimizzare al massimo tutte le notizie raccolte.
Un compito fondamentale nella realizzazione di questo archivio l’avranno i cacciatori
attraverso la corretta compilazione dei dati dei carnieri. A tal fine saranno realizzati
aggiornamenti obbligatori ai cacciatori, proposti in collaborazione tra Ente Provincia e gli ATC,
che avranno come argomento la giusta compilazione dei carnieri.
3.11. Piano degli interventi di miglioramento ambientale e criteri per
la corresponsione degli incentivi
353
353
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
La capacità ricettiva di un territorio,dal punto di vista faunistico, è il risultato di una serie di
caratteristiche ambientali intrinseche capaci di sostenere un determinato numero di soggetti
appartenenti alle diverse specie selvatiche. Gli interventi di miglioramento ambientale, in
quest’ottica, assumono un obiettivo fondamentale della gestione del territorio, al fine di
favorire l’incremento della presenza della selvaggina attraverso il recupero ed il ripristino di
ecosistemi degradati.
Scopo dei miglioramenti ambientali è quello di indurre un generalizzato incremento della
diversità e della densità delle zoocenosi che perduri il più a lungo possibile.
Ci si riferisce agli interventi di miglioramento ambientale che sono nel presente Piano
contestualizzati con prevalenza nell’ambito dello sviluppo di una agricoltura multifunzionale in
grado di assicurare interventi di creazione, ripristino o mantenimento di condizioni ambientali
idonee alla vita della fauna selvatica, nonché di riduzione dell’impatto ambientale, causato
dalle attività agricole negli agro ecosistemi, soprattutto nei riguardi della distribuzione, della
densità e della biodiversità delle popolazioni costituenti le specie di fauna selvatica.
Si rivolge l’attenzione alle tipologie di intervento di seguito elencate:
1. Gestione e cura dei boschi, finalizzata a favorire e contribuire ad una corretta gestione del
patrimonio boschivo sia di pianura che di montagna, in un’ottica di conservazione e
valorizzazione della fauna selvatica.
2. Recupero dei pascoli montani abbandonati e del paesaggio agrario che si pone l’obiettivo di
conservare spazi seminaturali, elementi dell’agro sistema e del paesaggio agrario nonché
ricreare condizioni ambientali idonee a specie appartenenti alla fauna tipica di tradizionali agro
ecosistemi montani garantendo un mosaico di situazioni ambientali diversificate.
3. Colture a perdere, definite al fine di garantire rifugio e alimentazione alla selvaggina, sia
stanziale che migratoria, durante il periodo autunno – invernale.
4. Ripristino e mantenimento di zone umide, finalizzato al mantenimento di aree fondamentali
per la sosta e l’alimentazione dell’avifauna acquatica.
5. Piantumazione e conservazione di siepi, cespugli, boschetti e filari, finalizzati alla creazione
e al mantenimento di ambienti idonei al rifugio, alla nidificazione e all’alimentazione della fauna
selvatica sia stanziale che migratoria.
Per la realizzazione degli interventi sopra elencati è fondamentale il pieno coinvolgimento degli
Enti locali e delle forze economiche e sociali, intensificando la concertazione attraverso il
rafforzamento della governance e l’integrazione degli strumenti di programmazione e
pianificazione settoriale, mirando alla coerenza e convergenza nelle fasi operative.
A tal fine il PSR Calabria 2007/2013 con le misure dell’Asse 2 può essere di valido aiuto. Tutte
le operazioni di miglioramento dovranno prevedere quanto detto per le singole specie nei
capitoli precedenti.
Richiesta di finanziamento
354
354
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Al fine di realizzare quanto sopra, gli imprenditori, potranno accedere al finanziamento
attraverso modalità fissate con bandi pubblici dagli ATC o dalla Provincia di Crotone.
I Comitati di Gestione degli ATC dovranno:
• Individuare le aree degradate potenzialmente vocate per le specie di interesse faunistico
e venatorio.
• predisporre i piani di miglioramento ambientale
• definire un progetto pilota di immissione di fauna secondo il criterio delle “ aree vocate”.
• approvare il “Piano e disciplinare per gli interventi di ripristino e miglioramento ambientale
con finalità faunistiche”.
Il ripristino di habitat divenuti rari o scomparsi ed il riassetto ambientale del territorio
provinciale, mediante azioni finalizzate al mantenimento e miglioramento della Rete Ecologica
Provinciale, sono azioni indispensabili al fine di:
• favorire specie rare o in declino
• favorire la ricolonizzazione o poter reintrodurre specie estinte
• perseguire una adeguata densità di specie di interesse venatorio.
L’approccio metodologico da utilizzare nei miglioramenti ambientali a fini faunistici è quello
definito tramite il “Progetto pilota di immissione di fauna selvatica secondo il criterio delle aree
vocate”.
Tale approccio consiste nell’utilizzazione aree vocate al ripopolamento identificate dalla allegata
cartografia (punto 3.12.3.) al fine di individuare Unità di Gestione Faunistica sulle
quali
si
concentreranno, prioritariamente, gli incentivi economici previsti dal bando di accesso ai
contributi per interventi di ripristino e miglioramento ambientale con finalità sia fauna
stanziale che l’avifauna migratoria.
Tale priorità deriva dalla constatata necessità di avviare la programmazione dell’insediamento
e la riproduzione di nuclei faunistici autoctoni per il successivo irradiamento nelle aree
limitrofe sia di creare le condizioni quanto più ottimali possibili (sito
pressione
venatoria
iniziale, sensibilità
e partecipazione
migliore,
scarsa
degli agricoltori) per zone di
ambientamento all’interno delle migliori aree dell’ATC per le singole specie di interesse
faunistico e venatorio.
3.12. Piano di immissione di fauna selvatica
3.12.1. Obiettivi del ripopolamento
Il principale obiettivo del ripopolamento deve essere quello della gestione e del miglioramento
della zoocenosi di un determinato territorio. La Provincia, attraverso il Piano Faunistico deve dare
il giusto indirizzo in tal senso, lo stesso verrà realizzato dai programmi degli ATC. Il
ripopolamento, quindi, non deve assolutamente essere visto solamente
territorio della selvaggina mancante per l’attività di prelievo venatorio.
355
355
come l’apporto in un
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Per i piani di immissione da realizzare nel prossimo futuro si dovrà tenere in considerazione
quanto precedentemente detto per le singole specie nel paragrafo della gestione. Va
ricordato che l’azione di immissione dovrà essere effettuata dopo azioni di censimento e
monitoraggio della fauna a livello territoriale.
I piani di gestione della fauna devono essere inoltre compatibili con i piani di gestione redatti
per i siti rete natura 2000 della provincia e raccordarsi con il piano faunistico del Parco
Nazionale della Sila. In particolare nei siti Natura 2000, fatto salvo il divieto di introduzione di
specie non autoctone ex art. 12 D.P.R. 357/97, ogni intervento di reintroduzione di fauna
selvatica all’interno dei siti e delle aree limitrofe, definite tali sulla base della mobilità delle
specie oggetto della reintroduzione, è sottoposto a specifica valutazione di incidenza. Nei siti
Natura 2000 gli interventi di miglioramento ambientale devono essere concordati con l’ente
gestore e utilizzando esclusivamente specie autoctone.
Eventuali piani di immissione devono porsi lo scopo principale di limitare gradualmente gli
interventi di ripopolamento in modo che il prelievo venatorio sia basato sulla produzione
spontanea della fauna. Gli interventi programmati dovranno quindi favorire la naturale
moltiplicazione della specie pianificando le attività di conservazione degli habitat e di controllo
sull’attività venatoria. Tutto ciò eviterà di creare quell’inquinamento genetico che si è
verificato con l’utilizzo di animali appartenenti a razze o sottospecie diverse da quelle
autoctone.
Notevoli sono inoltre i problemi legati all’utilizzo di animali allevati nelle immissioni faunistiche
quali le condizioni sanitarie, le modificazioni del comportamento indotto dall’allevamento, la
caratterizzazione genetica degli animali allevati e la difficoltà degli animali ad integrarsi nel
contesto dell’ambiente naturale dove sono immessi.
La immissioni dovranno perciò essere attuate in modo pianificato tenendo conto della specie
e delle peculiarità del territorio. La definizione dei piani di immissione deve essere quindi
subordinata legata ad una azione preliminare di monitoraggio sulla consistenza attuale della
specie da immettere negli specifici comprensori omogenei che sono stati individuati nel
relativo paragrafo.
3.12.2. Criteri del ripopolamento
Oramai è accertato che il ripopolamento più efficace è quello che si realizza con gli animali
provenienti da catture all’interno delle Z.R.C.. Pertanto diventa fondamentale, anche per tale
motivo, la realizzazione in tempi brevi di tale istituti che al momento sono completamente
assenti nella Provincia di Crotone.
Di conseguenza occorre, potenziare la produttività faunistica di questi istituti, in modo tale da
aumentare non solo il numero dei capi catturabili ma altresì quello degli capi irradiati sui
territori contigui.
L’irradiamento
naturale
autunnale
e,
in
misura
maggiore,
quello
primaverile
sono,
infatti, i ripopolamenti più produttivi in assoluto, senza dimenticare che sono privi di costi e di
356
356
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
alcuna controindicazione.
A tale proposito, dovrà essere totalmente evitata la pratica dei cosiddetti “rinsanguamenti”,
vale a dire lo scambio di animali catturati tra Z.R.C. diverse.
Tale pratica, infatti, è priva di qualsiasi fondamento scientifico e, lungi dal produrre gli
ipotetici incrementi riproduttivi per i quali è invocata, viceversa comporta concreti rischi
di carattere sanitario.
Oltre ai ripopolamenti attuati con selvatici prodotti dalla Z.R.C. un secondo tipo di
ripopolamento che può avere ritorno faunistico e venatorio è quello realizzabile con
selvaggina, soprattutto lepri e fagiani, catturata in qualificati istituti di produzione di altre
Province del nord Italia.
La provincia e gli A.T.C., di comune accordo, potranno prevedere specifiche forme di
incentivazioni a favore degli agricoltori compresi all’interno delle Z.R.C. che, aderendo e
collaborando ai piani di miglioramento ambientale a fini faunistici, contribuiranno a
conseguire significativi incrementi nella produttività faunistica naturale.
Per quanto concerne le immissioni di selvaggina, acquistate da allevatori professionisti, si
devono rispettare corretti principi di gestione faunistica e di profilassi sanitaria.
Sarà cura di questa Provincia far si che ogni eventuale attività di immissione faunistica sia
preceduta da studi di fattibilità che si attengono scrupolosamente a quanto prescritto nelle
“linee guida per l’immissione di specie faunistiche” redatte dal Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare e dall’ex INFS ora ISPRA ed eventuali altre indicazioni fornite
dagli specialisti dell’ISPRA.
Tutte le eventuali attività di controllo delle specie faunistiche, condotte dall’Ente gestore ai sensi
dell’art. 19 della legge 157/92, saranno precedute da studi di fattibilità e verificate le modalità
al fine di non determinare impatti significativo, non solo su specie cacciabili ma anche su specie
protette; anche perché tali attività solo in casi limitati sono in grado di condizionare la
consistenza e la dinamica delle popolazioni.
In ogni sito afferente alla rete Natura 2000, le attività dovranno essere disciplinate attenendosi
al D.M. n. 184 del 17/10/2007 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di
conservazione relative a zone Speciali di Conservazione (ZSC) e zone di Protezione Speciale
(ZPS).
3.12.3. Carte delle aree vocate al ripopolamento
La realizzazione delle carte delle aree vocate al ripopolamento (tav.8-9-10-11) si è basata
sull’elaborazione della cartografia scaturita dal Progetto Corine Land Cover 90 (CLC90) e
dai suoi successivi aggiornamenti (CLC2000).
L’impiego di questi metadati scaturisce dal fatto che essi sono riconosciuti a livello europeo
quali strumenti di base per la definizione delle politiche territoriali da parte di diversi servizi
della Commissione Europea quali la DG - Politiche Regionali (DG - Regional policy), la DGAmbiente (DG Environment) e la DG Agricoltura (DG Agriculture), oltre all’AEA e ai nodi
357
357
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
della rete costituita dai Centri Tematici Europei (European Topic Centres - ETCs).
Le carte delle aree vocate al ripopolamento scaturiscono dall’elaborazione delle carte di
idoneità ambientale opportunamente epurate delle classi di uso del suolo non ritenute
idonee ad attività di ripopolamento. Rispetto alle citate carte di idoneità ambientale la
superficie vocata al ripopolamento delle specie analizzate risulta ridotta in quanto sono
state escluse le seguenti classi di uso del suolo riportate nella tabella che segue.
Tab. – Classi di uso del suolo escluse per la elaborazione delle aree vocate
1.1 Zone urbanizzate di tipo
residenziale
1. Superfici artificiali
2. Superfici agricole
utilizzate
1.1.1
1.1.2
1.2.1
1.2 Zone industriali, commerciali ed 1.2.2
infrastrutturali
1.2.3
1.2.4
1.3.1
1.3 Zone estrattive, cantieri, discariche
1.3.2
e terreni artefatti e abbandonati
1.3.3
1.4.1
1.4 Zone verdi artificiali non agricole
1.4.2
2.1.1
2.1 Seminativi
2.1.2
2.1.3
2.2.1
2.2 Colture permanenti
2.2.2
2.2.3
2.3 Prati stabili (foraggere permanenti) 2.3.1
2.4.1
2.4.2
2.4 Zone agricole eterogenee
Zone residenziali a tessuto continuo
Zone residenziali a tessuto discontinuo e rado
Aree industriali, commerciali e dei servizi pubblici e privati
Reti stradali, ferroviarie e infrastrutture tecniche
Aree portuali
Aeroporti
Aree estrattive
Discariche
Cantieri
Aree verdi urbane
Aree ricreative e sportive
Seminativi in aree non irrigue
Seminativi in aree irrigue
Risaie
Vigneti
Frutteti e frutti minori
Oliveti
Prati stabili (foraggere permanenti)
Colture temporanee associate a colture permanenti
Sistemi colturali e particellari complessi
2.4.3 Aree prevalentemente occupate da colture agrarie con
presenza di spazi naturali importanti
2.4.4 Aree agroforestali
La scelta di escludere le superfici agricole utilizzate scaturisce dal fatto che queste aree sono,
nella maggior parte dei casi, di privati che spesso non sono interessati a gestire i fondi agricoli
compatibilmente con le esigenze di gestione della fauna. Inoltre, l’impiego di presidi sanitari
per la difesa delle colture può nuocere seriamente alla fauna immessa che, specie nel primo
periodo
di
adattamento,
trovandosi
in
stato
di
stress, risente significativamente dei
trattamenti fitosanitari ed erbicidi che vengono effettuati sulle colture.
Per stabilire la vocazionalità delle aree al ripopolamento per ogni specie sono state
individuate le tipologie ambientali a diversa vocazione seguendo le linee guida della Rete
Ecologica Nazionale e dell’INFS. Per i due fasianidi, Starna e Fagiano, sono state individuate
le tipologie ambientali inerenti la fenologia riproduttiva.
Di seguito vengono indicate per ogni specie le classi di uso del suolo vocate per il
ripopolamento assegnando il punteggio di: 0 perle aree non vocate; 1 per le aree a bassa
vocazione, 2 per le aree a medi vocazione e 3 per le aree ad alta vocazione.
Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento del Cinghiale
3.1.1
3.1.2
Boschi di latifoglie
Foreste di conifere
3
1
358
358
Provincia di Crotone
3.1.3
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
3.3.4
4.1.1
Piano Faunistico-Venatorio
Boschi misti
Praterie naturali
Brughiere
Vegetazione a sclerofille
Aree di transizione cespugliato-bosco
Aree incendiate
Aree interne palustri
3
2
2
3
3
1
2
Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento della Lepre appenninica
3.1.1
3.1.3
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
3.3.1
3.3.3
3.3.4
Boschi di latifoglie
Boschi misti
Praterie naturali
Brughiere
Vegetazione a sclerofille
Aree di transizione cespugliato-bosco
Spiagge e dune
Aree con vegetazione sparsa
Aree incendiate
2
2
2
2
2
3
2
2
1
Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento del Fagiano
3.2.2
3.2.3
3.2.4
4.1.1
Brughiere
Vegetazione a sclerofille
Aree di transizione cespuglieto – bosco
Aree interne palustri
2
1
2
2
Tab. – Classi di uso del suolo vocate per il ripopolamento della Starna
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.2.4
3.3.4
Praterie naturali
Brughiere
Vegetazione a sclerofille
Aree di transizione cespuglieto – bosco
Aree incendiate
359
359
2
3
1
2
1
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
ALLEGATI NORMATIVI
368
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Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
DISCIPLINARE ZONE PER L’ADDESTRAMENTO E L’ALLENAMENTO DEI CANI
E PER LE GARE E PROVE CINOFILE.
ART.1
FINALITA’
1. La Provincia di Crotone, ai sensi degli artt. 5,6 e 9 della L. R. 17/05/1996, n.9 ed in
attuazione del piano faunistico-venatorio provinciale, disciplina attraverso il presente
regolamento, l'istituzione e la gestione delle zone per l’allenamento, l’addestramento e
le gare e prove cinofile.
2. Le zone addestramento cani (Z.A.C.) hanno lo scopo di promuovere l’educazione
cinofila e venatoria dei cacciatori, il recupero dei territori marginali e l’alleggerimento
della pressione sul territorio di caccia.
ART.2
TIPOLOGIA DELLE ZONE
Le zone per l’allenanamento, l’addestramento e le gare cinofile si distinguono in:
-
-
Zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente
alle specie cacciabili, senza abbattimento della stessa, denominate Z.A.C. di tipo A la
cui superficie non può essere inferiore ad 80 ettari;
Zone dove le attività cinofile sono consentite su selvaggina di allevamento appartenente
alle specie cacciabili, con abbattimento della stessa, denominate Z.A.C. di tipo B. Tali
zone devono avere una superficie compresa tra i 3 ed i 20 ettari e devono essere
distanti più di 150 metri dai centri abitati e 500 metri da oasi di protezione, zone di
ripopolamento e cattura, centri pubblici di produzione di fauna selvatica allo stato
naturale, appostamenti fissi, parchi nazionali, parchi naturali regionali e riserve naturali;
ART.3
COSTITUZIONE
1. Le aree idonee alla costituzione delle zone addestramento cani sono indicate nel
P.F.V.P. e sono aggiornate periodicamente in funzione delle mutate realtà territoriali e
delle esigenze faunistiche ed ambientali.
2. I soggetti che possono richiedere l’autorizzazione per la costituzione delle zone
addestramento cani sono: le associazioni venatorie ed agricole riconosciute a livello
nazionale ed operanti sul territorio provinciale, gli imprenditori agricoli singoli o
associati e le associazioni cinofile dell’ENCI operanti nella provincia. Ad ogni
associazione venatoria e cinofila non potrà essere data in concessione più di una zona
aumentata di altra unità per ogni 1.500 tesserati;
Per ottenere il rilascio dell’autorizzazione alla istituzione e alla gestione di qualsiasi tipologia
di Z.A.C., gli aventi diritto devono inoltrare alla Provincia apposita richiesta in bollo di
valore corrente, corredata dai seguenti documenti:
- planimetria generale con individuazione dell’area almeno in scala 1:25.000;
- planimetria catastale con l’indicazione delle particelle interessate accompagnata
dalle visure delle particelle stesse;
- relazione tecnico descrittiva;
- atti comprovanti il titolo di proprietà o di conduzione del fondo;
- atto da cui risulti il consenso dei proprietari dei terreni o dei conduttori dei fondi
alla costituzione della zona.
369
369
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Versamento in favore della Provincia di Crotone, Ufficio Caccia, per costo
istruzione pratica;
- Alla domanda deve essere allegato anche il regolamento per il funzionamento
della zona, oltre ad una marca da bollo per il rilascio dell’autorizzazione.
L’istruzione della pratica di realizzazione di una Z.A.C. è affidata agli Uffici Provinciali
della Caccia che possono anche avvalersi della collaborazione di strutture, pubbliche e
private, di provata esperienza in materia venatoria ed ambientale.
L’Ufficio Provinciale della Caccia verifica che la superficie impegnata, insieme alle altre
strutture a gestione privata della caccia già autorizzate, non comporti il superamento
del limite del 15% previsto dalla L.R.n.9/96 e dal P.F.V.P.
Le Z.A.C. sono costituite con delibera della Giunta Provinciale e relativo decreto di
concessione rilasciato dal Presidente della Giunta Provinciale.
L’autorizzazione non ha scadenza, ma può essere revocata in caso di violazione della
stessa o di irregolare gestione della zona cinofila.
-
3.
4.
5.
6.
ART.4
REGOLAMENTO DI GESTIONE
Il richiedente l’autorizzazione dovrà predisporre un regolamento di gestione dal quale risultino
almeno:
1. Le specie di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili indicate dalla
Regione nel calendario venatorio che intende immettere anche per l’eventuale
abbattimento;
2. Tempi e modalità di utilizzazione dell’area.
ART.5
PERIODO ED ORARIO DI UTILIZZO DELLE Z.A.C.
1. L’utilizzazione delle Z.A.C. per l’addestramento, l’allenamento e le gare cinofile, con e
senza abbattimento di selvaggina di allevamento appartenente alle specie cacciabili
indicate dalla Regione nel calendario venatorio, è consentita dal 1° settembre di ogni
anno al 30 giugno successivo, da un’ora prima del sorgere del sole al tramonto;
2. Nel periodo compreso tra il 01 luglio ed il 31 agosto di ogni anno l’attività cinofila per
l’addestramento, l’allenamento e le gare è consentita senza l’abbattimento del selvatico.
3. L’addestramento, l’allenamento e le gare cinofile, senza abbattimento di selvaggina
sono consentiti tutti i giorni della settimana.
4. L’addestramento, l’allenamento e le gare cinofile, con abbattimento di selvaggina sono
consentiti nei giorni di lunedì, mercoledì, giovedì,sabato e domenica.
5. Il prelievo venatorio nelle Z.A.C. durante le fasi di addestramento non è soggetto
all’opzione per la forma di caccia in via esclusiva di all’art.10 della L.R.9/96.
ART.6
IMMISSIONE DI SELVAGGINA
1. Nelle Z.A.C. è consentito immettere, per il prelievo venatorio, selvaggina appartenente
alle specie cacciabili indicate nel calendario venatorio regionale.
2. La stessa deve essere accompagnata da documentazione attestante la legittima
provenienza e dalla necessaria certificazione sanitaria dell’Autorità veterinaria
competente sul territorio della zona cinofila interessata;
3. Tutti gli esemplari immessi devono essere adeguatamente marcati con contrassegni
inamovibili e numerati.
4. Essi devono altresì, essere annotati in apposito registro che dovrà essere tenuto a
disposizione della Provincia e da questa vidimato.
ART.7
MODALITA’ DI ACCESSO
370
370
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
1. Nei limiti di ricettibilità della zona, deve essere consentito il libero accesso a tutti i
cacciatori richiedenti, a parità di diritti ed obblighi, in regola nel caso di addestramento
con abbattimento di selvaggina, con i documenti necessari per lo svolgimento
dell’attività venatoria previsti dall’art.10 della L.R.9/96, ad esclusione del tesserino
venatorio, compresa la polizza di assicurazione in corso di validità;
2. L’utilizzo delle zone è comunque subordinato al possesso di specifica autorizzazione
rilasciata dal soggetto gestore, che dovrà essere esibita durante i controlli disposti dagli
agenti di vigilanza.
3. Nelle Z.A.C. con abbattimento, le autorizzazioni di cui al precedente comma dovranno
essere cronologicamente annotate in apposito registro che dovrà essere tenuto a
disposizione della Provincia e da questa vidimato.
4. Il numero di cacciatori contemporaneamente ammissibile nella Z.A.C. è determinato in
misura di 1 cinofilo ogni 4 ettari nel caso di addestramento senza abbattimento e di 1
cinofilo ogni 3 ettari nel caso di addestramento con abbattimento.
ART.8
QUOTE DI PARTECIPAZIONE
1. L’accesso nella Z.A.C. può essere subordinata al pagamento di una quota di
partecipazione il cui importo e modalità di versamento saranno stabiliti dal gestore della
struttura nel regolamento.
2. In caso di richiesta esplicita di immissione di selvaggina di allevamento, alla suddetta
quota si vanno ad aggiungere i costi della selvaggina immessa, il cui listino deve essere
affisso all’interno della struttura.
3. L’interessato alla fine del turno, dovrà richiedere regolare ricevuta dalla quale
risulteranno chiaramente, oltre all’importo pagato, le generalità del cinofilo, la zona di
addestramento con relativa autorizzazione, il numero di capi abbattuto e l’allevamento
di provenienza.
ART.9
TABELLAZIONI
1. Ogni Z.A.C. dovrà essere indicata, da tabelle perimetrali esenti da tasse e recanti la
seguente scritta: -PROVINCIA DI CROTONE- ZONA ADDESTRAMENTO CANIL.R.9/96-AUT.N… DEL……-DIVIETO DI CACCIA -;
2. Le tabelle devono essere collocate lungo tutto il perimetro della zona, su pali o alberi,
ad un’altezza tra i due e i quattro metri da terra e ad una distanza di circa 50 metri
l’una dall’altra ed in modo che da ciascuna di essa siano visibili le due contigue.
3. La responsabilità della collocazione e della manutenzione delle tabelle sono a carico del
concessionario.
Art.10
VIGILANZA
1. Alla vigilanza nelle Z.A.C. provvede il concessionario, che può affidare il controllo alle
Guardie Giurate Venatorie Volontarie.
2. In caso di necessità, il concessionario può chiedere all’Amministrazione Provinciale
l’intervento delle Guardie Venatorie Provinciali.
ART.11
COPERTURA ASSICURATIVA
Il concessionario è tenuto a stipulare apposita polizza assicurativa per responsabilità civile a
copertura degli eventuali danni che potrebbero verificarsi durante l’attività cinofila nella zona
interessata.
ART.12
371
371
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
DIVIETI E SANZIONI
1. Nelle Z.A.C. è vietato lo svolgimento dell’attività venatoria, salvo il prelievo a scopo di
addestramento sulla selvaggina allevata appartenente a specie cacciabili.
2. Nelle Z.A.C. è vietato a chiunque, ad eccezione del concessionario, raccogliere lumache,
funghi e prodotti in genere del bosco e del sottobosco.
3. Il cane che durante la gara o la prova esca dalla zona cinofila deve essere
immediatamente richiamato dal conduttore;
4. In caso di violazione delle disposizioni contenute nel presente regolamento,compiute dal
concessionario e/o da altri soggetti, si applicano le sanzioni amministrative e penali
previste dalla L.157/92 e dalla L.R.9/96.
372
372
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
Allegati cartografici
373
373
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
INDICE ANALITICO DELLE MATERIE
2.1.9.2 Aziende Agrituristico Venatorie
Premessa
2.1.9.3 Miglioramenti ambientali realizzati
1
DISPOSIZIONI GENERALI
2.1.9.4 Centro di recupero della Fauna
1.1
Quadro normativo di riferimento
2.1.9.5 Allevamenti autorizzati
1.1.1
Introduzione
2.2
Assetto Faunistico
1.1.2
2.2.1
1.1.3
2.2.1.1
1.1.3.1
2.2.2
1.1.3.2
2.2.3
1.2
2.2.4
1.3
2.2.5
2
2.2.6
2.1
2.2.7
2.1.1
2.2.8
2.1.2
Strumenti di tutela della fauna selvatica
Situazione generale: Peculiarità e problematiche
Procedura di pianificazione faunistico venatoria
Analisi dei principali fattori di impatto
Il ruolo della Provincia
Uccelli acquatici e marini
Il ruolo della Regione
Uccelli rapaci e strigiformi
2.3
Assetto sociale
2.1.3
2.3.1
2.1.4
INDICAZIONI PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO DI INCIDENZA
Passeriformi a altre specie
INDICAZIONI SULLA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS)
Quadro complessivo dell’avifauna
QUADRO CONOSCITIVO
Raccolta dati dell’avifauna
Assetto territoriale
Mammalofauna
Il Clima
Raccolta dati della mammalofauna
Geologia e geomorfologia
Rete idrografica e qualità delle acque
Caratterizzazione
della popolazione venatoria
Sistema
Agro Forestale
2.3.2
2.1.5
2.3.3
2.1.6
Vigilanza
venatoria
Grado
di antropizzazione
Danni
registrati, interventi di prevenzione dei danni, attività di controllo
Rete
antropica
della fauna selvatica
2.1.6.1 Risultati
Discarichee considerazioni sulle strategie gestionali previste dal
2.4
2.1.6.2
3
2.1.6.3
precedente
Faunistico
InfrastrutturePiano
di trasporto
PIANIFICAZIONE FAUNISTICO-VENATORIA
Impianti industriali
3.1
Obiettivi generali di pianificazione
2.1.6.4 Impiego di pesticidi
3.2
della
Superficie Agro-Silvo-Pastorale
2.1.6.5 Definizione
Meccanizzazione
agricola
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
pag
pag.
146
1
147
2
147
2
155
2
157
2
157
3
159
3
163
4
164
5
165
8
166
11
171
11
233
11
235
14
246
20
246
28
pag
pag.
pag
pag.
250
46
252
50
pag
50
253
pag
pag
pag
pag
pag
pag
pag
56
265
65
265
67
266
70
Analisi
ambientale del territorio provinciale per la definizione della
Aree
protette
S.A.S.P.
2.1.7.1 Parco Nazionale della Sila
pag
266
73
pag
73
3.2.2
Determinazione
e destinazione
della “Foce
S.A.S.P.
2.1.7.2
Oasi
di Protezione
della Selvaggina
del Neto”
pag
267
78
3.2.3
Carta d’uso
reale
suolo
Riserva
Marina
di del
Capo
Rizzuto
2.1.7.3
pag
270
82
3.2.4
2.1.8
pag
280
82
Carta delle idoneità
3.2.5
2.1.8.1
Valutazione
generaleambientali
dei siti
pag
284
128
Lepre faunistici istituiti ai sensi della L 157/92 : Distribuzione,
3.2.5.1
Istituti
2.1.9
caratteristiche e problematiche
3.2.5.2 Cinghiale
pag
284
145
pag
285
2.1.9.1 Zone di Addestramento Cani
pag
145
3.2.1
2.1.7
Individuazione
Comprensori Omogenei
Siti
Rete Naturadei
2000
374
374
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
3.12.1
3.2.5.3
Starna
Obiettivi del ripopolamento
pag
285
355
3.2.5.4
3.12.2
Fagiano
Criteri del ripopolamento
pag
pag
pag
pag
286
355
287
357
Bibliografia
Proposta per la realizzazione di un CRAS nella provincia di Crotone
Allegati normativi
3.4.1.1 Localizzazione dell’intervento
Allegati cartografici
3.4.1.2 Attività
pag
pag
pag
pag
pag
pag
359
289
367
289
372
289
3.5
Individuazione della Superficie Agro-Silvo-Pastorale per la
determinazione degli indici di densità venatoria
pag
295
3.5.1
Densità venatoria reale
pag
295
3.6
La fauna selvatica: definizione degli obiettivi e pianificazione
delle attività gestionali
pag
297
3.6.1
Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio
dell’avifauna
pag
297
3.6.2
Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio
della mammalofauna
pag
302
3.7
Gli Istituti di protezione e gestione: vocazione faunistica e
pianificazione delle attività gestionali
pag
328
3.7.1
Aree protette nazionali e regionali
pag
328
3.7.2
Rete Natura 2000 (SIC, ZPS, SIN, SIR)
pag
328
3.7.3
pag
328
3.7.4
Zone di Ripopolamento e Cattura, Centri Pubblici e Privati di riproduzione
della Fauna
Zone addestramento cani e gare cinofile
pag
331
3.7.5
Aziende faunistico-venatorie ed Aziende Agri-Turistico-Venatorie
pag
331
3.7.6
Ambiti Territoriali di Caccia
pag
334
3.8
Identificazione delle zone in cui sono collocabili
appostamenti fissi
gli
pag
349
3.9
Danni da fauna selvatica, prevenzione, attività di controllo e
criteri per l’erogazione dei risarcimenti
pag
349
3.10
Banche dati faunistiche
pag
351
3.10.1
Archivio faunistico
pag
353
3.11
Piano degli interventi di miglioramento ambientale e criteri per
la corresponsione degli incentivi
pag
353
3.12
Piano di immissione di fauna selvatica
pag
355
3.4
Ripartizione e localizzazione degli istituti
3.12.3
Carte
delle aree vocate al ripopolamento
faunistico-venatoria
per la gestione
4
3.4.1
375
375
Provincia di Crotone
Piano Faunistico-Venatorio
376
376