akhtamar numero 198 - Comunità Armena di Roma
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akhtamar numero 198 - Comunità Armena di Roma
1 Anno 10, Numero 198 Akhtamar on line WWW.COMUNITAARMENA.IT 1 aprile 2015—XCIX M.Y. Akhtamar on line Nuove forme, stesso impegno il sito comunitaarmena.it si rinnova Nell’anno del centenario, più o meno trenta giorni prima della fatidica data del 24 aprile, è partita la nuova avventura del sito www.comunitaarmena.it. A quindici anni dal varo, con quindici anni di affermato punto di riferimento per tutti coloro che hanno voluto informarsi sul “pianeta” armeno. Dopo tre lustri era arrivato il momento di darsi una rinfrescata, di rimettere ordine al calderone di notizie e informazioni accumulatesi in tutto questo tempo; riordinare i criteri di fruibilità delle informazioni creando percorsi più lineari, raggruppando gli argomenti per aree tematiche in una nuova veste più accattivante e stimolante. Rimangono i caposaldi del nostro lavoro (gli appuntamenti, la rassegna stampa, l’informazione sugli eventi, la vigilanza, il nostro Akhtamar) ma abbiamo creato delle sezioni dove in maniera chiara e sintetica affrontiamo argomenti importanti come la storia degli armeni o la tematica del genocidio. La novità assoluta è rappresentata dalla sezione “scuola” nella quale abbiamo inserito materiale e spunti di riflessione specificatamente destinati al mondo scolastico sul quale vogliamo dedicare ancor più attenzione che in passato. Il nuovo sito non è un punto di arrivo ma semmai un punto di partenza: ci darà slancio per fare ancora di più, arricchirlo di contenuti grazie a una interfaccia Wordpress più malleabile alle esigenze di un sito moderno. Ora la parola ai navigatori del web. Sommario Ricordando il cinquantesimo .... 2 La percezione Eurasiatica dell’unione. 3 La Voce dell’Artsakh 4 La meraviglia nascosta dell’Artsakh 5 Qui Armenia 6 Bollettino interno di iniziativa armena 2 Akhtamar on line Ricordando il cinquantesimo anniversario di S.Z. Era il 1965; si avvicinava il cinquantesimo anniversario del genocidio e gli armeni, ad un tratto, si accorsero che era già trascorso mezzo secolo dallo sterminio e non solo a loro non era stata resa giustizia, ma il genocidio stesso era stato dimenticato e nessuno, o quasi, più ne parlava. Ovviamente gli armeni non lo avevano scordato, anzi, vi erano molti sopravvissuti ancora viventi, testimoni oculari che ricordavano e narravano. Ma fino ad allora, le ricorrenze del genocidio venivano ricordate “in famiglia”, fra le quattro mura d’una chiesa, nel corso d’una Messa di requiem e in una sala ove i sopravvissuti e loro discendenti, partecipavano a quelle che venivano definite “cerimonie di lutto”, con discorsi infiammati, declamazioni di poesie, canti. Tutto in un’atmosfera di sommessa tristezza, ma anche di sete di giustizia. Ad un tratto, con l’avvicinarsi del cinquantesimo anniversario, tutto ciò apparve insufficiente. Non furono, certamente, cancellate le Messe in suffragio delle vittime e le cerimonie nelle varie sale, ma si considerò che bisognava uscire dagli stretti ambiti delle varie comunità armene ed aprirsi al mondo esterno, far conoscere agli altri ciò che era accaduto, chiedere giustizia. Da tutto ciò, con gli anni, germogliarono movimenti di pensiero e d’azione che condussero alla creazione dei vari comitati di difesa della causa armena, alle azioni contro la Turchia, all’attività in favore del riconoscimento internazionale del genocidio. Tutto ciò riguardava la Diaspora, mentre l’Armenia, la Madre Patria divenuta repubblica sovietica, taceva a causa del silenzio impostogli da Mosca la quale, pochi anni prima, a nome di tutta l’Unione Sovietica, e quindi anche dell’Armenia, aveva spento anche quel tenuissimo lumicino di speranza degli armeni, solennemente affermando che non aveva nessuna rivendicazione territoriale dalla Turchia. Quindi nemmeno il monte Ararat, simbolo stesso dell’Armenia, e la città di Anì, storica capitale armena, posti appena al di là del confine armenoturco, avrebbero potuto fare ritorno presso il loro vero ed unico proprietario. Ma il bavaglio imposto da Mosca non poteva cancellare la memoria, far tacere i cuori. Ed in Armenia tutti sapevano; e tutti, seppur silenti, fremevano, grazie anche al lavorio sotterraneo che nobili coscienze, come il catholicos Vasken o lo scrittore Hracià Kociar - per citare solo due nomi di una lunga fila di intellettuali che, prima di essere comunisti erano armeni, e nelle condizioni difficili dell’Unione Sovietica sep- A N N O 1 0 , NU M E R O 1 9 8 pero difendere l’onore dell’Armenia- condussero per anni, con discrezione, ma anche con ferma determinazione. Giunse il 24 aprile di quell’anno e non era possibile passarlo completamente sotto silenzio, perciò sulla Pravda, organo centrale del Partito Comunista sovietico, comparve il memorabile articolo di Viktor Hambartzumian, presidente dell’Accademia delle Scienze dell’Armenia, astrofisico di fama mondiale, ma anche grande e nobile armeno. A Yerevan, alla presenza delle massime autorità del Paese, si tenne una solenne commemorazione nel Teatro dell’Opera, ma la popolazione, come un fiume in piena che aveva rotto tutti gli argini, si precipitò in strada ed a migliaia, a decine di migliaia, gridando all’unisono “Le nostre terre, le nostre terre”, si diresse verso il teatro, rompendo i cordoni di polizia. Riuscì a trattenerli a stento il catholicos Vasken capo religioso in un Paese , ufficialmente ateo, ma cristiano fino al midollo delle ossa- che si dimostrò di essere al contempo un pastore saggio, coraggioso e patriota. Riuscì a calmare la folla, ma da quel momento le cose cambiarono anche lì. E’ vero che il primo segretario del Partito Comunista armeno, Hagop Zarobian, fu giubilato per aver tollerato una simile manifestazione di folla, ma il fatto di aver dimostrato che anche il maggior responsabile politico del Paese, non voleva condurre la sua fedeltà a Mosca fino al punto di rinnegare i più profondi e più sacri sentimenti del proprio popolo, fecero sì che si allentassero certi vincoli ed il genocidio cessò di essere un argomento tabù, quale era stato fino ad allora in Armenia Sovietica. Fiorirono sempre più studi ed opere letterarie ed artistiche su questo argomento, per giungere poi al monumento di Dzidzernagabert, il castello delle rondini, ove sorge il mausoleo del genocidio al quale poi si aggiunsero il museo e , come una valanga, molte altre iniziative fino ai nostri giorni. Anche in Italia fu commemorato il cinquantesimo anniversario, con una manifestazione, per allora, molto imponente e significativa. Erano altri tempi e non era come oggi che, non passa settimana che non venga pubblicato,in Italia, un libro di argomento armeno, mentre ogni giorno gli articoli sui giornali non si contano più. Allora era già tanto se qualche volta all’anno compariva un articolo di giornale; era fonte di grande gioia, sebbene a volte in questi scritti fossero di più le citazioni sbagliate di dati o fatti che non quelle esatte. Sulla “Stampa” del 24 aprile di quell’anno comparve un articolo del professor Feydit, noto studioso di armeno - tradotto da “Le Monde” del giorno precedente, - recante il titolo “Mezzo secolo fa i turchi iniziavano il massacro sistematico degli armeni”. Il pomeriggio del giorno successivo si celebrò nel duomo di Milano una Messa solenne, da parte del cardinale Agagianian che, precedentemente, la mattina, cosa inusuale per quei tempi, si era recato alla chiesa apostolica armena di via Jommelli, partecipando alla Messa di requiem per i martiri del genocidio celebrata dal vescovo Zgon Der Hagopian Per l’occasione erano accorsi a Milano, da varie parti d’Italia, numerosi armeni ai quali era stata consegnata una speciale medaglia, coniata appositamente per quella ricorrenza da parte dei padri Mechitaristi. La Messa del Duomo fu particolarmente solenne, con una memorabile omelia pronunciata dal cardinale Agagianian che espresse la fiducia che gli armeni potessero un giorno radunarsi in “una patria ingrandita, aperta a tutti i suoi figli, libera nel culto di Dio”. Alla liturgia presenziò anche l’arcivescovo di Milano, cardinale Colombo,e vi parteciparono numerosi sacerdoti, fra cui l’abate della Congregazione Mechitarista di Venezia ed il superiore del Pontificio Collegio Armeno di Roma; mentre il coro dei numerosi diaconi e chierici rese la cerimonia ancora più toccante. Il pubblico presente, fra cui le varie autorità cittadine,seguì il tutto con partecipe commozione, mentre sulla facciata del Duomo campeggiava un grande drappo rosso in ricordo dell’evento. Successivamente i cardinali Agagianian e Colombo, accompagnati dal vescovo Zgon Der Hagopian, si recarono alla Casa Armena per incontrarsi con gli armeni giunti da varie città d’talia. Lì furono accolti da Stefano Serapian, presidente dell’Unione Armeni d’Italia che era stato l’instancabile organizzatore di questo evento, ovviamente coadiuvato dai suoi colleghi membri del Consiglio della stessa Unione. Ma altrettanto grande fu il merito della Congregazione Mechitarista di Venezia che operò proficuamente fra Roma e Milano, per assicurare la presenza del cardinale Agagianian. “Duemila armeni arrivati da tutta Italia” intitolò il Corriere della Sera, del 25 aprile, un lungo articolo dedicato a questa significativa cerimonia che negli annali della storia degli armeni d’Italia fu un momento significativo, ricco di emozioni e ricordi oltre che di spirito di unione e fratellanza. Pagina 2 3 Akhtamar on line La percezione Eurasiatica dell’unione. L’Armenia nell’Unione Economica Eurasiatica di Ani Manoukian Pubblichiamo un interessante contributo dall’Armenia sugli sviluppi della politica armena legati all’ingresso nell’Unione Euroasiatica. Tutto comincia nel momento in cui il presidente kazaco Nursultan Nazarbayev si ispira al modello dell’Unione Europea. Per sapere quali sono le ideologie principali e come il presidente kazaco immaginava l’unione dei paesi piccoli e grandi, potenti e deboli, indipendenti e dipendenti, dispersi nello spazio eurasiatico e lasciati da soli a tirare avanti con proprie forze e risorse la propria economia e il proprio realpolitik dopo il collasso della grande macchina unificatrice del 20° secolo, l’URSS, si deve leggere il libro scritto da Nazarbayev, intitolato «L’Unione Eurasiatica. Idee, pratica e prospettive» pubblicato nel 1997. E nel frattempo l’Armenia sembra invidiare questi due giocatori fuorigioco per il fatto che essi hanno avuto la possibilità di scegliere tra l’entrarci o il rimanere soltanto osservatori a margine. Una scelta che l’Armenia pare di non aver avuto possibilità di fare, in virtù del fatto che con la Russia è già impegnata in tante altre partite, come ad esempio, l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva oppure quella della Comunità degli Stati Indipendenti. I giocatori principali della UEE sono la Russia, la Bielorussia, il Kazakistan e l’Armenia. All’Armenia appassionata di gioco degli scacchi da molti anni pareva che anche questo gioco avrebbe dovuto avere la logica scacchistica, ossia quella di un gioco i cui i risultati dipendono da passi in avanti ben pensati e con mosse realizzate con molta prudenza ed eleganza; invece il gioco si è scoperto alla stregua di una maschia partita di calcio. Con un campo unico detto “unione doganale” e con un giudice detto Russia. È siccome al popolo armeno da sempre stanno più a cuore gli scacchi che il calcio, la reazione della società civile armena non si è fatta attendere a lungo e si è espressa sostanzialmente contro l’adesione all’UEE. Ma l’Armenia senza grande scelta, ovvero nessuna, quest’anno è entrata nel nuovo gioco e la sua classe dirigente armena non concorda con il comune timore circa i rischi che può portare la UEE all’economia del Paese. Il governo armeno dichiara di sapere meglio di tutti qual è la via giusta per l’Armenia tra il giocare nel campo occidentale della UE e associarsi, integrarsi in Europa oppure restare nel campo orientale della UEE. Anzi, lo stato armeno ci promette progresso economico e tanti vantaggi nel mercato comune eurasiatico. Le regole del gioco non sono però ancora definitivamente stabilite, e appena cominciata la partita i russi si sono lamentati di certe condizioni, ad esempio che la lingua che parlano gli armeni nella loro area di rigore può creare ulteriori difficoltà nella comunicazione economica. In questo gioco lo spazio economico viene chiamato “comune”, però ognuno usa lingue e monete proprie. Non esiste né valuta, né lingua comune, almeno per ora. Ma in caso di urgenza comunicativa una lingua in comune ce l’hanno, il russo, quella ereditata dal gioco precedente noto come “URSS”. Per quel che riguarda la moneta la Russia e la Bielorussia gareggiano con il proprio rublo, il Kazakistan con il tenge kazaco e l’Armenia con la propria dram locale. Invece gli altri due, il Tagikistan e il Kirghizistan, stanno lì a osservare il grande gioco di questi quattro scegliendo di non entrare in gioco per il momento. Ma oltre i problemi tecnici minori che possono dare fastidio ai giocatori, come ad esempio la varietà linguistica dello spazio comune, già si intuiscono i frutti dei “vantaggi” promessi: fra questi c’è la ripresa del conflitto militare con l’Azerbaigian dopo la dichiarazione dell’Armenia che il Nagorno Karabakh deve apparire nella UEE accanto alla Repubblica d’Armenia come un unico mercato. Il risultato di ciò è stata l’inaudita aggressione dell’Azerbaigian che, infrangendo gli accordi ufficiali del cessate-il-fuoco, ha cominciato a bombardare i confini non solo del Karabakh, ma questa volta, spostando e allargando Ciò che è importante cogliere in questo momento è che subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica viene ideata un’altra unione, per quanto essa non trovi grande condivisione tra alcuni paesi post sovietici, fra i quali, ad esempio, gli ucraini e gli armeni. L’idea ha avuto il suo periodo d’incubazione dal 1997 fino a quest’anno. Dal 2015 entra definitivamente in vigore sotto la solenne sorveglianza del presidente russo Vladimir Putin che con sempre più impazienza cerca di recuperare il proprio potere e l’influenza nello spazio post sovietico opponendosi a ogni costo all’occidente e cercando di dimostrare che può cavarsela anche senza il resto del mondo. Oggi pochi parlano riguardo a chi appartiene l’idea di creare la UEE, dato che in qualsiasi tipo di gioco le condizioni e le regole vengono definite da chi ha grandi pezzi da mettere sulla tavola; in questo caso, come anche in molti altri casi, è la Russia ad avere i pezzi più grandi, e quindi la creazione dell’UEE oggi è attribuita alla Russia. A N N O 1 0 , NU M E R O 1 9 8 la geografia delle aggressioni militari, ha cominciato a bombardare nella direzione dei confini dell’Armenia. Gli atti militari sorprendentemente cominciano fra il giugno e l’agosto 2014 proprio dopo la vendita delle armi, incluse quelle per la distruzione di massa da qualche miliardi di dollari, dalla Russia all’Azerbaigian. Durante l’escalation del conflitto provocata dall’Azerbaigian, il 9 agosto, Putin invitò i presidenti Sargsyan e Aliyev a dialogare a Sochi per ristabilire la pace. L’incontro tra l’Armenia e l’Azerbaigian organizzato dalla Russia era un invito a Sargsyan da parte di Putin a capire che è la Russia, e solamente lei, che decide il destino dell’Armenia. Il messaggio per l’Armenia era più che chiaro, dato che Putin intenzionalmente ha lasciato fuorigioco, non invitando a questo incontro un importante giocatore, ossia il Gruppo di Minsk creato nel 1992 dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa con lo scopo di dare una soluzione pacifica al conflitto del Nagorno Karabakh e mediare fra l’Armenia e l’Azerbaigian. È stata un’occasione per Putin per rinfrescarci la memoria che sia nel campo economico che nel campo della sicurezza territoriale il monopolio è suo. Sicché attorno alla tavola rotonda di Sochi quest’ultimo giocatore, il gruppo di Minsk, mancava. Eppure pareva che il gioco fosse sincero. Per quanto riguarda l’economia armena da membro dell’UEE si può facilmente osservare la nuova crisi economica in cui l’Armenia sta per entrare. A causa dell’inflazione del rublo migliaia di lavoratori armeni attualmente in Russia stanno subendo le conseguenze della crisi del mercato russo. La maggioranza di questi lavoratori, se non tutti, hanno le loro famiglie lasciate in Armenia, si sono trasferiti in Russia in ricerca del lavoro nel grande mercato russo cosicché ormai da tanti anni un percentuale significante dell’economia armena si basa sui transfer di questi lavoratori. Il governo dice che ciononostante tutto è sotto controllo. Invece gli esperti, i politologi e gli analisti economici indipendenti all’unanimità affermano che per l’Armenia nella UEE il peggio deve ancora venire. Ecco come viene copiata e trascinata avanti dallo spazio eurasiatico detto Unione Eurasiatica la grande ideologia Europea sull’unione e parità. È questa l’essenza del gioco che dobbiamo giocare da questo anno in poi. Stiamo sulla stessa piattaforma con un paese che sta sotto le sanzioni internazionali molto serie e in una crisi economica molto profonda. Pagina 3 4 Akhtamar on line La leggenda del calcio armeno compie 60 anni C’erano anche Gattuso, Candela, Boban e Materazzi alla partita organizzata sabato 28 marzo per festeggiare i sessanta anni di una leggenda del calcio armeno, Khoren Hovhannisyan. Allo stadio “repubblicano” di Yerevan si sono affrontate davanti a una ottima cornice di pubblico una selezione di vecchie glorie dell’Unione Sovietica (tutte con maglia rigorosamente rossa e la scritta CCCP) e una di star del calcio mondiale. Diciamo subito che è finita salomonicamente con il punteggio di tre a tre: per i “sovietici” hanno segnato oltre allo stesso Hovhannisyan, anche Valeriy Gazzayev e Igor Belanov mentre per le glorie mondiali due reti per il cileno Zamorano e una per il francese Papin. Ma tutti gli occhi erano puntati sul festeggiato nato nel 1955 proprio nella capitale armena e gloria del calcio nazionale. A diciannove anni entra nell’Ararat, mitica squadra armena, fondata nel 1935 con il nome di Spartak Yerevan e fresca vincitrice in quell’anno 1974 del campionato e della coppa nazionale dell’Unione Sovietica. L’anno successivo l’Ararat rivince la coppa nazionale e partecipa alla Coppa dei campioni dalla quale esce solo ai quarti di finale eliminata dal fortissimo Bayern Monaco di Beckenbauer e Muller che proprio in quella stagione si sarebbe aggiudicata la coppa dalle grandi orecchie. Fu un doppio confronto epico che gli armeni di una certa età ancora ricordano bene. Allo stadio Hrazdan, davanti a ottantamila spettatori, l’Ararat riuscì a battere i favoritissimi bavaresi per uno a zero, salvo poi perdere per due a zero in Germania e mancare la qualificazione alle semifinali. Nelle file della squadra armena cominciava a brillare la stella del giovanissimo Hovhannisyan. Nella squadra della sua città rimarr per undici anni segnando 93 gol in 293 presenze. Nel 1980 è uno degli artefici della conquista della medaglia di bronzo ai giochi olimpici. Appende gli scarpini al chiodo nel 1993 a trentotto anni per poi dedicarsi alla carriera di allenatore: il Pyunik dal 1994 al 1995, poi CT della nazionale negli anni 1996/7, ancora il Pyunik con il quale complessivamente si aggiudica sei campionati, due Coppe d’Armenia e tre Supercoppe nazionali. Nel 2006 decide di ritirarsi definitivamente dal calcio al termine di una carriera straordinaria. Che nessuno ha dimenticato come dimostra la grande festa di sport organizzata per il suo sessantesimo compleanno. Hovhannisyan è stato un calciatore di altri tempi, quando il calcio non era sul satellite in alta definizione. Un pioniere e al tempo stesso un alfiere della sua armenità per il quale tutti i suoi connazionali sono giustamente orgogliosi. la voce dell’Artsakh FERMATE L’AGGRESSORE AZERO! Non passa mese senza che dobbiamo registrare purtroppo l’ennesima grave violazione azera del cessate-il-fuoco con il consueto tragico bilancio di vittime. L’ultimo grave attacco non più di una decina di giorni or sono: altri quattro giovani armeni caduti oltre a un numero imprecisato di aggressori azeri. L’obiettivo del tiranno di Baku è fin troppo evidente: far saltare il format del negoziato all’interno del gruppo di Minsk dell’Osce, il tentativo di coprire mediaticamente la data del 24 aprile; la provocazione finalizzata a una reazione armena che non arriva. Dall’abbattimento dell’elicottero armeno a novembre in poi è stato un crescendo di tensione azera al punto che per la prima volta nella ventennale storia dei negoziati i mediatori hanno chiaramente additato la parte responsabile di questa escalation di tensione. Inoltre la detenzione (dopo processo) dei due assassini-sabotatori azeri ha scatenato l’ira del “piccolo principe” caspico che con ogni sistema cerca di rapire soldati armeni lungo il confine per poi costringere il governo dell’Armenia o quello del Nagorno Karabakh allo scambio. Per ora, per ora, l’Armenia e l’Artsakh resistono alle provocazioni mentre da più voci, anche sui media italiani, si levano preoccupazioni per la crisi sud caucasica e per il fatto che a giugno i giochi olimpici europei si disputeranno in un Paese a basso indice di democrazia. Purtroppo gli interessi economici e la “politica del caviale” consentono all’Azerbaigian di resistere alle critiche e di usare nei giorni scorsi, per la prima volta, mortai da 125 mm. Contro la politica dello struzzo che spesso ha caratterizzato i governi occidentali forte, fortissima, deve levarsi la nostra voce in difesa del diritto del popolo armeno dell’Artsakh. A N N O 1 0 , NU M E R O 1 9 8 ELEZIONI POLITICHE Il prossimo tre maggio si terranno nuove elezioni politiche nella repubblica del Nagorno Karabakh/Artsakh. Avremo modo di seguire questo importante appuntamento che consolida la vocazione democratica del piccolo stato armeno. Sono già state annunciate sette differenti liste di candidati (erano quattro nella precedente consultazione) che saranno eletti all’Assemblea nazionale con il sistema p roporzion ale (diciassette seggi a disposizione); altri cinquanta correranno invece per aggiudicarsi i restanti sedici assegnati su base di collegi uninominali. Quello del tre maggio sarà il quinto appuntamento con le lezioni parlamentari: i precedenti nel 1991 (all’inizio della costituzione del nuovo stato), nel 200, nel 2005 e nel 2010. Pagina 4 5 Akhtamar on line LA MERAVIGLIA NASCOSTA DELL’ARTSAK DI ARÀ La prima volta che sono stato nell’Artsakh a visitare il paese sconosciuto e isolato dal mondo con un gruppo di amici appassionati di trekking e di conventi abbandonati, era il lontano 1986, in piena era sovietica, quando il Nagorno Gharabagh (Karabakh nell’accezione corrente, NDR) faceva parte dell’Azerbaijian. Appena laureato in architettura sentivo il bisogno di studiare da vicino l’architettura religiosa che ha fatto grande questo popolo cristiano. A tale proposito, mio nonno, poeta e scrittore Costan Zarian, scrisse sull’architettura degli armeni questa frase significativa: «L’architettura armena per noi è stata ciò che la scultura è stata per il mondo ellenistico. Ha rappresentato la massima raffigurazione dell’unione mentale e spirituale. E’ stato il mezzo e lo scopo. Abbiamo sempre costruito edificando». (Verso L’Ararat, Casa editrice Sargis Khachents, Jerevan 2001, pag. 254). Quest’anno (2014, NDR) sono tornato con un’esperta e profonda conoscitrice del restauro di opere d’Arte, la belga Christine Lamoureux che adesso, ha accumulato una notevole esperienza nel mondo affascinante degli affreschi armeni. Nel Gharabagh siamo stati accompagnati dall’archeologo Hakob Simonian e ospiti dell’Ufficio per lo Sviluppo del Turismo e la Tutela del Patrimonio Architettonico della Repubblica del Gharabagh Montano. L’obiettivo della visita era il sopralluogo al famoso Convento di Dadivank, IV-XIII secolo, chiamato dai locali Khutavank. Rispettando la consueta ospitalità karabakida, prima di arrivare alla meta, ci hanno portati a visitare Ganzasar, Tzitzernavank, Shushì e gli scavi di Tigranakert. Tutto molto interessante, ma non vedevamo l’ora di arrivare a Dadivank. Dopo una cena festosa e piena di sapori locali (ժենգյալով հաց, պանախանի պլով, խնդողնի կարմիր անապակ գինի) e pernottamento a Stepanakert, il giorno successivo siamo finalmente arrivati al Convento tanto atteso e desiderato. Durante la mia prima visita nel 1986, nessuno dei miei compagni di viaggio aveva accennato alla presenza di affreschi nella chiesa cupolata di S. Astvatzatzin, detta Katoghikè, anno 1214. La nostra esperta guida Hakob c’indicò la parete sud e quella a nord spiegando il soggetto e le raffigurazioni dei dipinti parietali. Siamo rimasti molto delusi perché con tutta la forza immaginativa, concentrata su frammenti illuminati dal potente faretto speciale di fabbriA N N O 1 0 , NU M E R O 1 9 8 ZARIAN cazione americana di Hakob, non siamo riusciti a captare l’importanza di questa opera d’arte rivelatasi straordinaria dopo attenti esami a distanza ravvicinata. Sapendo che l’affresco era collocato a un’altezza maggiore dell’uomo, avevamo chiesto in prestito al prete di Lmbatavank, Padre Levon, la nostra scala telescopica portata dall’Italia e regalata alla chiesa l’anno precedente quando, eravamo venuti per il restauro del ciclo affrescato della visione di Ezichiele (vedi articoli in: Akhtamar 01.11.14 n.188). Allungata la scala, Christine si precipitò con cura e munita di tamponi preconfezionati, a quota metri 2,5, per una prima prova preliminare di pulitura della superficie sporca e unta di polvere, grassi, sterco d’uccelli, residui biologici, fumi di candele. Le prime carezze sul volto del Signore hanno dato speranza anche per il ns. futuro operato. Ci siamo piazzati in mezzo alla chiesa con gli sguardi verso la zona di prova. Poco dopo, Christine si volta regalandoci un generoso sorriso e affermando che - si può fare e anche con buoni risultati. Quello che siamo riusciti a capire e comprendere da questa nostra breve visita, al rientro in Italia, dopo studi, ricerche, analisi dei pigmenti e della malta ricavati sul posto e consegnati a un laboratorio specializzato a Vicenza, si rivelò un vero gioiello dell’arte figurativa armena, da precisare, artsakhida. Mi azzardo a constatare che la posizione geografica favorisce l’ipotesi di una possibile influenza artistica della comunità armena iraniana. Non sono in grado di affermare la presenza di una plausibile scuola regionale d’affresco dell’Artsakh, ma posso segnalare che la maniera pittorica, le forme, la scelta dei soggetti, le sfumature artistiche, la posizione del dipinto, la scala del riquadro, sono molto diversi da altri affreschi studiati e/o restaurati in Armenia come Vorotnavank, XIV sec, Lmbatavank, VII sec. Karmravor, VII sec, Kobayr, XIII sec, Arudch, IX sec, Talin IX sec. Artik, VII sec. etc. La bellezza dell’affresco nella parete Sud della Katoghikè è stata così coinvolgente che ci siamo promessi di presentare presto un progetto di primo intervento di pulitura, consolidamento e parziale conservazione dell’affresco che rappresenta la “intronizzazione” di San Nicola Traumaturgo. La figura di questo Santo è riconosciuta come il patrono della chiesa ortodossa ma nello stesso tempo è rappresentata anche nella religione degli armeni. La sua raffigurazione in Armenia e nell’Artsakh non è diffusa, ma presente nelle chiese armene d’influenza calcedonica come Kobayr, XIII sec e Akhtalà, XIII sec. La Chiesa Apostolica Armena commemora la festa di San Nikola (Ս. Նիկողայոս Զմյուռնիացի Սքանչելագործ հայրապետի հիշատակության տոնը Հայ Առաքելական եկեղեցին նշում է երկու անգամ՝ Ս. Խաչի տասներորդ կիրակիին հաջորդող շաբաթ օրը և Հիսնակի երկրորդ կիրակիին հաջորդող շաբաթ օրը). Non a caso, dal XIII secolo, in Armenia si diffonde il nome d’origine greca Nikolaos, che significa vincitore del popolo, con la forma armena Nikoghos (Նիկօղոս) e di cognome Nikoghossian (Նիկողոսյան, Նիկօղոսեան) abbrevato anche in forma Nikò (Նիկո) e per il cognome Nikoian (Նիկոյան, Նիկօեան). La vita del Santo fu caratterizzata dalle numerose opere di pietà e di carità, divenuto orfano di entrambi, i genitori non volle continuare a vivere nell’agiatezza che i suoi gli avevano lasciato, pensò di distribuire le sue abbondanze in favore degli ultimi per onorare Dio. Riporto di seguito, la descrizione della raffigurazione del ciclo affrescato della restauratrice ed esecutrice dell’intervento a Dadivank, Christine Lamoureux: «La grande raffigurazione sulla parete sud ha come tema la “intronizzazione” a vescovo di San Nicola Taumaturgo. L’affresco propone 4 personaggi grandi su fondo azzurro chiaro e con i piedi sulla terra. Cristo e la Vergine Maria hanno tuttavia un cuscino rosso sotto i piedi. Il riquadro è delimitato con una riga rossa di circa 4 cm. Ogni figura reca alla sua destra il proprio nome scritto in bella calligrafia in armeno. Sotto la finestrina, una scritta più lunga, ancora non del tutto comprensibile, si termina con la data 1297, (ԹՎ ՉԽԶ ). Durante i lavori di pulitura, l’Architetto Arà Zarian è riuscito a leggere la parte iniziale del testo che inizia: – ԵՍ ԵՄ ՄԻ‹Ք›ԱՅԷԼ ՈՐ ՄԻՇՏ ... La figura a sinistra è Cristo rappresentato di ¾ verso il personaggio centrale della scena, S. Nicola. E’ proteso verso il centro, con la gamba sinistra che sta facendo un passo in avanti, quindi il piede sinistro è andato fuori del cuscino rosso di appoggio e la gamba è leggermente … (segue a pag. 6) Pagina 5 6 Akhtamar … piegata a livello del ginocchio. Il braccio destro è teso verso S. Nicola con in mano la Bibbia finemente ornata che la sta mettendo in mano a S. Nicola. Il braccio sinistro è ripiegato sul ventre. La lunga veste di Cristo è marrone/rossiccia e il largo mantello bianco avvolto intorno alla cintura e sulla spalla sinistra con un gioco di pieghe e risvolti strepitoso. Il volto di Cristo, raffigurato con una folta barba marrone scura ha i segni molto fini e dipinti con assoluta maestria. Raffinatissima abilità si nota nei particolari degli occhi e della bocca. La figura di S. Nicola Taumaturgo è raffigurata frontale, più in basso rispetto a Cristo, con le braccia aperte per ricevere i doni simbolici. Ha una veste chiara e la pianeta ornata con delle piccole croci inserite in quadrati. L’angelo alato (con ali rosse) è raffigurato di ¾ proteso verso S. Nicola, fa un passo in avanti con la gamba destra. Ha le mani unite, tese verso S. Nicolà ad offrire un velo. E’ vestito di bianco, la veste ha un gioco di pieghe molto efficace. La Madonna ha il volto inclinato e fissa con lo sguardo S. Nicola. Indossa una veste bianca e un mantello rosso che li copre anche la testa. Ha le braccia protese verso S. Nicola e offre un “pallium” ovvero una sciarpa di lana bianca ornata da croci che S. Nicola potrà portare sulla sua pianeta». La nostra è stata un’esperienza indimenticabile per la bellezza del posto, il valore del carattere architettonico del convento, la presenza di khatchkar mai visti prima e certamente per la raffinatezza e la maestria della pittura parietale con sfumature piene di armonia, con particolare cura nei dettagli e nella scelta di colori vivi e accentuati di sfondo e di primi piani. C’è già un’intesa con le autorità locali per tornare l’anno prossimo e riprendere i lavori sospesi. Speriamo che nel 2015 sarà portato a termine il restauro conservativo del ciclo affrescato raffigurante l’”intronizzazione” di San Nicola Taumaturgo e sarà fatto un intervento completo sull’affresco sulla parete Nord, raffigurante la “Lapidazione di S. Stefano”, anch’esso d’inaudita bellezza. Arà Zarian PHARMA EXPO 2015 Oltre ottanta aziende, di cui una trentina straniere, hanno partecipato all’expo dedicato a salute e farmacia tenutosi nei CENTRO ONCOLOGIA giorni scorsi a Yerevan e patrocinato dal Il primo ministro Abrahamyan ha visitato ministero della salute armeno. (21 marzo) il costruendo nuovo Centro di Eccellenza in Oncologia che si articolerà in CARO ALBERGHI tre sezioni: area di produzione radioisotopi e La ricorrenza del centenario ha provocato diagnosi molecolare, area per trattamenti un inevitabile e non certo inaspettato radio, area per trattamenti chemioterapici e aumento dei prezzi delle strutture alberchirurgia. ghiere in tutta l’Armenia. Secondo uno Qui Armenia ECLISSI FALLITA C’era attesa in tutta l’Armenia per l’eclissi solare del 20 marzo scorso anche se il globo lunare avrebbe coperto solo un quarto del Sole. L’attesa degli armeni è andata però delusa. Nuvole in quasi tutta la nazione e spettacolo rimandato alla prossima occasione. EXPORT IN CINA Il presidente armeno Sargsyan ha appena concluso una visita diplomatica in Cina dove ha siglato dieci nuove intese commerciali e politiche. Nel 2014 l’Armenia ha esportato verso Pechino prodotti per circa 170 milioni di dollari mentre ha importato merce dal gigante asiatica per oltre 400 milioni di dollari. ARMENIA OCCIDENTALE A Parigi si è tenuto lo scorso fine settimana il quarto “Congresso nazionale degli armeni “occidentali”. I precedenti appuntamenti furono nel 1917, nel 1919 e nel 2011. A N N O 1 0 , NU M E R O 1 9 8 studio l’aumento si aggira intorno al 15% con punte più elevate nella capitale. In tutto il paese sono circa trecento gli esercizi turistici. PRODUZIONE DI GRANO Secondo il programma di sviluppo tracciato dal governo, l’Armenia dovrebbe raggiungere il 70-75% di autosufficienza nella produzione di grano intorno al 2020. Il governo ha messo a punto un programma per aumentare la produzione di sementi, in particolare per il grano, nel 2010, e grandi risultati sono stati conseguiti da allora: si è infatti passati da un raccolto pari al 33% di autosufficienza nel 2010 ha contribuito a raccogliere al 52% nel 2014. on line EUROVISION, L’ARMENIA CAMBIA IL TITOLO Non più «Don’t deny» (Non negare). Il titolo del brano che l’Armenia presenterà nel prossimo Eurovision Song Contest aveva suscitato il malumore turco e azero come abbiamo avuto modo di scrivere nello scorso numero di Akhtamar. E l’Armenia, tanto per non dare alibi ai soliti noti, ha deciso che il pezzo cantato dal gruppo “Genealogy” si intitolerà «Face the shadow», cioè «Affrontare l’ombra». Quella del passato, le anime che non ritornano più. Il testo rimane uguale, così come il bel video che sta girando in rete in queste settimane. Gli autori della canzone sottolineano che il cambio di titolo è un inno alla pace all’amore e all’unità. Ora che avranno da ridire i turchi? Un nostro lettore, Matteo Barbieri, ci segnala sdegnato un articolo pubblicato da “Azernews” nel quale si esprime soddisfazione per il cambio del titolo del brano musicale giacché, riferisce l’agenzia azera, “il festival non può essere sacrificato alle ambizioni politiche dell’Armenia e trasformato in una contesa politica per le pretese sull’infondato genocidio”. «Nonostante un titolo così allusivo proprio nel centenario dello sterminio degli armeni il testo della canzone è quello di una normale canzone d'amore. Nonostante ciò l'Azerbaigian e la Turchia (paese che non partecipa più al concorso canoro dal 2012, edizione tenutasi proprio a Baku, in Azerbaigian) hanno iniziato fin dall'annuncio della canzone a protestare accusando l'Armenia di volere "politicizzare il concorso". L'Eurovision Song Contest è stato più volte teatro di scontri tra Armenia e Azerbaijan: nel 2009 ci furono varie proteste azere a causa di alcune riprese armene davanti al famoso monumento "We Are Our Mountains" del Nagorno-Karabakh; sempre nel 2009 l'Azerbaigian fu accusato di aver indagato quei cittadini armeni colpevoli di aver votato durante il concorso per l'Armenia; infine nel 2012, quando l'Azerbaigian organizzò l'evento l'Armenia decise di non prendervi parte» aggiunge il nostro lettore. NAZIONALE DI CALCIO In un incontro valido per la qualificazione ai campionati europei di calcio del mine di una partita condotta per oltre 2016, la nazionale armena è stata sconfitun’ora. Traballa la panchina del tecnico ta a Tirana per 2 a 1 dall’Albania al terChallande. Pagina 6 7 Akhtamar on line Q U E S T A P U B B L I C A Z I ON E E ’ E D I T A CON IL FAVORE DEL MINISTERO DELLA DIASPORA il numero 199 esce il 24 aprile 2015 w w w. k a ra b a k h. i t I nf or m az i one q uot i di a na i n i t al i an o s ul l ’ Ar t s ak h UN APPUNTAMENTO DA NON PERDERE! Segnatevi la data sul calendario. La suggestiva sala Protomoteca del Campidoglio a Roma, giovedì 9 aprile (ore 15,00-18,00) ospita un importante convegno che fa il punto su un tema delicatissimo quale è quello in oggetto. Importanti relatori in una sede prestigiosa, a cento anni dal genocidio armeno. DA NON MANCARE ASSOLUTAMENTE!