Studio del materiale del tracciatore con il flusso di

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Studio del materiale del tracciatore con il flusso di
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Fisica
Tesi di Laurea Magistrale
Studio del materiale del
tracciatore con il flusso di energia
attraverso il calorimetro
elettromagnetico di CMS
Relatore:
Riccardo Paramatti
Candidato:
Ambra Provenza
matricola 1199623
Anno Accademico 2013-2014
Indice
Indice
2
Introduzione
4
1 LHC e l’esperimento CMS
1.1 Il Large Hadron Collider . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 L’esperimento CMS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Il calorimetro adronico . . . . . . . . . . . . . .
1.2.2 Rivelatori di muoni . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.3 Il sistema di Trigger . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Il sistema tracciante (tracker) . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Il calorimetro elettromagnetico di CMS . . . . . . . . .
1.4.1 Geometria del rivelatore . . . . . . . . . . . . .
1.4.2 I cristalli di tungstato di piombo (P bW O4 ) . . .
1.4.3 I fotorivelatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.4 La catena di lettura . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.5 Ricostruzione dell’energia nei cristalli di ECAL
1.4.6 Risoluzione in energia . . . . . . . . . . . . . .
2 Il metodo del flusso di energia
2.1 Selezione degli eventi . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Ottimizzazione dei tagli in energia in EB . . . . .
2.3 Flusso di energia attraverso il barrel di ECAL . .
2.3.1 Analisi dei dati acquisiti a magnete spento
2.3.2 Analisi dei dati acquisiti a magnete acceso
2
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37
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45
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2.4
Rapporti dei flussi di energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
3 Correzioni degli effetti sistematici sul flusso
3.1 Correzione per l’effetto del beam spot . . . .
3.2 Correzione dell’effetto di bordo . . . . . . .
3.3 Equivalenza tra i gruppi di dati A e C a
magnete acceso . . . . . . . . . . . . . . . .
di energia
55
. . . . . . . . . . . . . . 55
. . . . . . . . . . . . . . 64
. . . . . . . . . . . . . . 76
4 Stima del materiale del tracciatore tramite il rapporto dei flussi di
energia
4.1 Studio della correlazione tra il rapporto dei flussi di energia e il
materiale davanti ECAL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.2 Ottimizzazione della correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Confronto dati e simulazione MonteCarlo . . . . . . . . . . . . . . . .
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79
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84
Conclusioni
91
Bibliografia
93
3
Introduzione
Il Large Hadron Collider, (LHC), vicino Ginevra, è il più potente acceleratore di
particelle costruito, progettato in modo tale da far collidere protoni ad una energia
nel centro di massa pari a 14 T eV , con una luminosità di 1034 cm−2 s−1 [1].
Molteplici sono le ragioni per studiare la fisica alla scala del TeV. Uno dei motivi che
portò alla sua costruzione fu la ricerca dell’ormai noto bosone di Higgs, particella
necessaria per conferire massa alle particelle tramite il meccanismo della rottura
spontanea di simmetria. Questa era già prevista dalla teoria del Modello Standard,
teoria che descrive le interazioni tra i costituenti fondamentali della materia. Il
Modello Standard però presenta alcuni problemi irrisolti, come ad esempio il fatto di non includere l’interazione gravitazionale o di non prevedere l’esistenza della
materia oscura, che costituisce gran parte dell’universo. LHC, grazie alle energie
raggiunte, potrebbe permettere di confermare (o smentire) teorie che vanno oltre il
Modello Standard.
Ad LHC operano quattro esperimenti principali e numerosi esperimenti minori per
lo studio della fisica delle alte energie.
La ricerca di eventi di nuova fisica e di ulteriori conferme di validità del Modello
Standard è interamente dominata dalla capacità di ciascun esperimento di effettuare
con precisione diverse misure.
L’esperimento Compact Muon Solenoid (CMS) è stato progettato in modo tale da
avere un calorimetro elettromagnetico in grado di misurare, con una precisione eccellente, energia e posizione di elettroni, positroni e fotoni.
Nel confronto tra i dati e la simulazione MonteCarlo è stata osservata una differente
risoluzione in energia del calorimetro elettromagnetico di CMS: questa risulta essere
leggermente migliore nelle simulazioni MonteCarlo. Una delle possibili cause è una
4
descrizione non accurata del materiale del tracciatore dovuto ai servizi del tracciatore stesso davanti il calorimetro elettromagnetico (ECAL).
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di introdurre un nuovo metodo in grado
di fornire, attraverso lo studio del rapporto tra il flusso di energia a magnete spento
e quello a magnete acceso attraverso i cristalli di ECAL, una migliore descrizione del
materiale del tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico di CMS, rispetto
alla stima effettuata in fase di costruzione del rivelatore ed utilizzata nella simulazione MonteCarlo.
In particolare questo lavoro è articolato come segue:
ˆ nel capitolo uno vengono descritti il Large Hadron Collider e l’esperimento
CMS, la struttura dei rivelatori di quest’ultimo, con particolare attenzione al
tracciatore e al calorimetro elettromagnetico, a causa dell’importante ruolo
che ricoprono in questa tesi;
ˆ nel capitolo due vengono brevemente esposti i metodi fino ad ora utilizzati
per stimare la quantità di materiale presente davanti il calorimetro elettromagnetico e viene illustrato il metodo proposto, che si basa sullo studio della
correlazione del rapporto tra il flusso di energia a magnete spento e a magnete
acceso con la quantità di materiale davanti il calorimetro elettromagnetico.
Vengono inoltre presentati i dati utilizzati e come sono stati ottimizzati i tagli
in energia, necessari per escludere il rumore dell’elettronica di lettura del segnale dall’analisi e per ridurre le fluttuazioni causate dai rari depositi con alta
energia nei cristalli di ECAL;
ˆ nel capitolo tre vengono illustrate le correzioni degli effetti sistematici sul flusso
di energia, cioè la correzione del Beam Spot e dell’effetto di bordo;
ˆ nel capitolo quattro viene analizzata la correlazione del rapporto tra i flussi di energia e il materiale, viene spiegato come cercare di migliorare tale
correlazione e vengono esposti i risultati ottenuti in questa tesi.
5
Capitolo 1
LHC e l’esperimento CMS
1.1
Il Large Hadron Collider
LHC è un collisore adronico situato ai laboratori del CERN (European Organization
for Nuclear Research) a Ginevra, che, da progetto, è in grado di accelerare protoni
fino ad un’energia di 7 TeV per fascio (14 TeV nel centro di massa) e ioni piombo fino
a 2.76 TeV per nucleone nel centro di massa. Per raggiungere energie cosı̀ elevate, le
particelle circolano in un anello, lo stesso usato precedentemente dal Large Electron
Positron Collider (LEP), lungo 27 km situato circa 100 m sotto terra. Essendo un
collider protone-protone, esso è composto da due anelli di accelerazione, che hanno
configurazioni diverse del campo magnetico, in modo tale che i fasci circolino in senso
opposto in pacchetti, separati temporalmente all’interno di tubi a vuoto. I fasci sono
focalizzati da 1232 dipoli e 932 quadrupoli costruiti con magneti superconduttori
raffreddati con elio liquido ad una temperatura di 1.9 Kelvin. Prima di essere
iniettati nell’anello di LHC, i protoni sono preaccelerati da un acceleratore lineare
(LINAC) che li accelera ad un’energia di 50 MeV, da un protosincrotrone (PS),
che li accelera fino a 1.4 GeV, da un Super Proton Synchrotron (SPS), che li porta
fino a 450 GeV. LHC completa l’accelerazione, facendo si che i protoni raggiungano
l’energia prevista, pari a 7 TeV. Il sistema di preaccelerazione è mostrato in Figura
1.1. In corrispondenza dei quattro punti di interazione dei fasci sono installati
i rivelatori ATLAS (A Toroidal LHC Apparatus), CMS (Compact Muon Solenoid),
LHCb (Large Hadron Collider Beauty) e ALICE (A Large Ion Collider Experiment).
6
Figura 1.1: Sistema di iniezione dei protoni nell’anello di LHC.
ATLAS e CMS sono esperimenti in grado di rivelare un ampio spettro di fenomeni
(“general purpose”), ALICE è stato progettato per lo studio del plasma quark-gluone
in collisioni di ioni pesanti, mentre LHCb è dedicato alla fisica del quark bottom.
Il numero di eventi fisici in collisioni pp è dato da
N =σ·L
dove σ è la sezione d’urto del processo in considerazione e L è la luminosità.
La luminosità è definita come
L=
Np2 · fBX · k
4π · σx · σy
dove Np è il numero di protoni per pacchetto, fBX è la frequenza di rivoluzione
dei protoni, k il numero di pacchetti, σx e σy le dimensioni trasversali dei fasci.
Una elevata luminosità è ottenuta dunque con un’elevata frequenza di rivoluzione e
un elevato numero di pacchetti. Ad LHC i due fasci sono costituiti da circa 1368
pacchetti, ognuno dei quali contiene circa 1.5 · 1011 protoni, ha piccole dimensioni
7
trasversali (circa 20 µm) ed è lungo circa 7.5 cm lungo la direzione del fascio. fBX è
circa 20 M Hz, che corrisponde ad una collisione tra pacchetti di protoni ogni 50 ns
(dal 2015 si avrà una collisione ogni 25 ns).
Uno schema di una collisione pp è mostrato in Figura 1.2.
Figura 1.2: Schema di una collisione protone-protone.
Dato che i protoni non sono particelle elementari, ad alte energie la loro interazione
coinvolge i loro costituenti, i partoni, i quali trasportano una frazione del momento
del protone, xi .
L’effettiva energia disponibile in ogni collisione partonica è
√
√
ŝ = xa xb s
dove s = 4E 2 è l’energia nel centro di massa del sistema pp mentre xa e xb sono
le frazioni di momento trasportate dai due partoni che interagiscono. La sezione
d’urto per una generica interazione pp → X può essere scritta come:
Z
σ(pp → X) = Σa,b
dxa dxb fa (xa , Q2 )fb (xb , Q2 )σ̂(ab → X)
8
dove σ̂(ab → X) è la sezione d’urto per l’interazione elementare tra i partoni a e b
√
ad una energia del centro di massa pari a ŝ e fa (xa , Q2 ) e fb (xb , Q2 ) sono le PDF
(Parton Distribution Function) rispettivamente per le frazioni xa e xb . Le PDF
descrivono la distribuzione di xi per i differenti partoni ad un certo valore di Q2 ,
che rappresenta il quadrimomento scambiato durante l’interazione, e sono mostrate
in Figura 1.3.
Figura 1.3: PDF.
√
Per una energia nel centro di massa pari a s = 14 T eV a LHC, la sezione d’urto
totale stimata è σ ' (100 ± 10) mb. E’ possibile distinguere due tipi di collisioni
inelastiche, a seconda della distanza alla quale interagiscono i partoni:
ˆ le collisioni che avvengono a grande distanza, nelle quali viene scambiato un
Q2 molto piccolo. Sono interazioni soffici nelle quali la maggior parte delle
particelle viene prodotta con basso impulso trasverso (pt ) lungo l’asse dei fasci,
e quindi può sfuggire al rivelatore. Questi eventi sono chiamati eventi di
minimum bias e rappresentano la maggioranza nelle collisioni pp;
ˆ le collisioni che avvengono a una piccola distanza, nelle quali viene scambiato
un elevato Q2 . In queste collisioni vengono prodotte particelle con un elevato
9
impulso trasverso pt . Questi sono eventi rari, ed è necessaria un’alta luminosità per avere una statistica apprezzabile per questo tipo di eventi.
Poichè il numero di eventi dipende dalla luminosità, per aumentare la statistica
di processi con bassa sezione d’urto è necessario aumentare la luminosità, ma in
questo modo aumenta anche il numero medio di interazioni che avviene nell’incrocio
dei pacchetti (bunch crossing), complicando l’identificazione degli eventi. Questo
effetto è chiamato Pile-Up. Data una luminosità istantanea L e una sezione d’urto
di eventi di minimum bias σmb , il numero medio di eventi di Pile-Up è dato da
µ=
L · σmb
fBX
Alla luminosità a cui opera LHC e per una sezione d’urto di minimum bias σmb = 80 mb,
il numero medio di interazioni che avviene nell’incrocio dei pacchetti è circa 20, cioè
ci sono circa 109 interazioni per secondo. Questo implica che i prodotti di una determinata interazione possono essere confusi con quelli delle interazioni simultanee
per lo stesso bunch crossing o con le interazioni con bunch crossing precedenti o
successivi. L’effetto del Pile-Up può essere ridotto utilizzando rivelatori ad alta
granularità e risposta veloce.
1.2
L’esperimento CMS
CMS, l’esperimento situato al punto 5 dell’anello di LHC, ha come scopo lo studio
della fisica alla scala del TeV, dalla ricerca di segnali di nuova fisica, allo studio
delle proprietà del nuovo bosone osservato, attualmente corrispondente al bosone
di Higgs. Il rivelatore è stato progettato per avere un’ottima risoluzione in energia
e una buona identificazione dei vertici di interazione anche in presenza di elevato
Pile-Up. Le caratteristiche di CMS [2] richieste affinchè adempia agli obiettivi di
fisica di LHC sono:
ˆ buona identificazione di muoni e buona risoluzione in momento in un ampio
intervallo di impulso ed angolo, buona risoluzione in massa invariante per
10
un sistema di due muoni (' 1% a 100 GeV), capacità di determinare senza
ambiguità la carica dei muoni con quadrimpulso p < 1 T eV ;
ˆ buona risoluzione in impulso per particelle cariche e buona efficienza di ricostruzione del tracciatore interno;
ˆ buona risoluzione in energia elettromagnetica, buona risoluzione nella massa
combinata per difotoni e dielettroni (≈ 1% a 100 GeV), ampia copertura
geometrica, buona separazione tra fotoni e π 0 ;
ˆ buona risoluzione in energia trasversa e in massa per sistemi a due jet con una
grande copertura geometrica ermetica e una segmentazione laterale.
Il rivelatore ha una forma cilindrica di raggio 7.5 m e lunghezza 22 m per un peso
complessivo di 12500 tonnellate. L’apparato è diviso in una regione centrale, barrel,
chiusa ai due lati da due endcap identici. Dal punto di interazione verso l’esterno,
i rivelatori che costituiscono CMS sono: il tracciatore (tracker) per la ricostruzione
di tracce lasciate da particelle cariche, il calorimetro elettromagnetico (ECAL), il
sistema di calorimetri adronici (HCAL e HF), il sistema di camere per i muoni. Il
tracker, il calorimetro elettromagnetico e quello adronico sono racchiusi all’interno
di un magnete superconduttore, in grado di produrre un campo magnetico di 3.8 T
parallelo all’asse dei fasci, che occupa una regione di 6 m di diametro e 12.5 m di
lunghezza. Un’immagine del rivelatore CMS è mostrata in Figura 1.4.
Il sistema di coordinate utilizzato nella descrizione del rivelatore è una terna ortogonale, in cui l’asse x punta verso il centro dell’anello, l’asse y è diretto verso l’alto e
l’asse z è diretto lungo l’asse dei fasci, in modo tale da formare con gli altri due assi
un sistema di riferimento destrogiro. L’angolo φ è misurato dall’asse x nel piano x-y,
mentre l’angolo θ è definito come l’angolo polare con l’asse z.
Data la simmetria cilindrica viene utilizzato per lo più un sistema di coordinate
cilindriche che usa le tre variabili (r, η, φ) , dove r è la distanza radiale dall’origine,
φ è l’angolo azimutale ed η la pseudorapidità, definita come
θ
η = −ln tan
2
11
!
Figura 1.4: Vista del rivelatore CMS.
Il motivo per cui si utilizza la pseudorapidità è che ad alte energie è una buona
approssimazione della rapidità (y)
E + pL
1
y = ln
2
E − pL
!
dove E rappresenta l’energia della particella e pL la componente del momento longitudinale alla direzione dei fasci. Intervalli di rapidità sono invarianti per trasformazioni di Lorentz lungo la direzione del fascio.
Nelle sezioni che seguono verranno descritte le varie componenti del rivelatore. Data
l’importanza del calorimetro elettromagnetico e del tracciatore in questa tesi, ad essi
verrano dedicate due apposite sezioni.
1.2.1
Il calorimetro adronico
Il sistema di calorimetria adronica [2] è fondamentale per la misura di jet di adroni e
permette di ricostruire l’energia trasversa mancante in combinazione con il calorimetro
elettromagnetico. Nell’esperimento CMS esso è costituito da un calorimetro adron12
ico centrale (HCAL) che comprende un calorimetro ad alta rapidità (HF) e un
calorimetro esterno per assicurare il contenimento longitudinale (tail-catcher, HO),
come mostrato in Figura 1.5.
Il barrel e gli endcap di HCAL sono situati nello spazio tra il calorimetro elettro-
Figura 1.5: Schema del sistema di calorimetri adronici: Hadron Barrel (HB),
Hadron Endcap (HE), Esterno (HO) e in avanti (HF).
magnetico e il magnete (1.77 m < r < 2.95 m), sono calorimetri a campionamento
con lastre di ferro o ottone intervallati da scintillatore plastico. Il barrel copre la
regione di pseudorapidità |η| < 1.3 mentre gli endcap estendono la copertura fino a
|η| = 3. Le dimensioni dei blocchi sono 0.087 × 0.087 (nel piano ηφ).
Per assicurare piena ermeticità in η sono presenti due calorimetri integrati ad alte
rapidità (HF) fino a η = 5. Questi calorimetri sono realizzati utilizzando blocchi di
rame come assorbitori e fibre di quarzo spesse 0.8 mm come materiale attivo, inserite
nei blocchi parallelamente alla direzione del fascio. Una particella incidente produce
uno sciame nell’assorbitore di rame e la luce generata sopra la soglia Cherenkov
viene raccolta dalle fibre di quarzo.
1.2.2
Rivelatori di muoni
Il rivelatore di muoni [2] ha tre funzioni:
13
ˆ identificazione dei muoni;
ˆ misura del momento;
ˆ attivazione del trigger.
I muoni sono le uniche particelle, oltre i neutrini, in grado di oltrepassare il calorimetro
adronico senza essere assorbite, per questo il rivelatore è posto esternamente ai
calorimetri e al magnete, e copre la regione in pseudorapidità |η| < 2.4. Una vista
longitudinale della camera per i muoni è mostrata in Figura 1.6. Questa è suddivisa
Figura 1.6: Vista longitudinale delle camere a muoni.
in un barrel e due endcap. In CMS sono presenti tre differenti tipi di camere per
muoni: drift tube (DT) nella zona del barrel e camere a strisce catodiche (CSC)
negli endcap. Ogni DT è formata da 12 piani di tubi, per un totale di 195000 tubi
riempiti con una miscela di gas (Ar(85%) e CO2 (15%)), la cui risoluzione spaziale
è circa 100 µm. Le CSC invece sono camere proporzionali a molti fili, il cui piano catodico è segmentato in strati, riempite da una miscela di gas formata da
Ar(40%), CO2 (50%), CF4 (10%), e la risoluzione è circa 80/85 µm. Sia nel barrel
che negli endcap vi sono le camere a piani resistivi (RPC), costituite da piani paralleli di bakelite. Sono poste in avanti ed hanno una risoluzione spaziale limitata,
ma una risposta temporale molto veloce (3 ns). Per questo motivo sono usate come
trigger.
14
Il sistema a muoni e il sistema tracciante (che verrà descritto in seguito) possono
essere utilizzati indipendentemente o in combinazione per la misura del momento
dei muoni.
A causa dello scattering multiplo nei sottorivelatori precedenti, la risoluzione sul
momento dei muoni misurata esclusivamente con il sistema a muoni è circa il 9%
per piccoli valori di η e momento trasverso fino a 200 GeV .
1.2.3
Il sistema di Trigger
Alle elevate luminosità a cui lavora LHC il numero di eventi al secondo è circa 40
MHz, dunque non è possibile memorizzarli tutti. D’altra parte non tutte le collisioni
sono interessanti per il programma di fisica di CMS, infatti la maggior parte delle
interazioni sono collisioni soft.
Occorre dunque un sistema di pre-selezione (trigger) rapido ed efficiente che riduca
la quantità di dati da registrare, senza però rigettare gli eventi interessanti ai fini
delle scoperte di nuova fisica.
Il sistema di trigger di CMS [2] prevede due componenti: il trigger di primo livello
(L1T) e il trigger di alto livello (HLT). Il trigger di primo livello, implementato a
livello di elettronica, riduce la frequenza di eventi accettati fino a 100 kHz in un
tempo pari a 3.2 µs a partire dal momento della collisione. A questo scopo vengono utilizzate le informazioni dei sottorivelatori (in particolare le informazioni del
calorimetro e della camera a muoni, poichè l’algoritmo del tracker è troppo lento)
combinate per sottosistema e alla fine viene presa la decisione di leggere o meno
i dati, chiamata Level 1 Accept (L1A), in base a tutte le informazioni disponibili.
Nell’attesa che venga presa la decisione, i dati sono temporaneamente salvati su
supporti di memorizzazione (pipeline).
Il trigger software di alto livello riceve le informazioni assemblate per evento dall’Event Builder che effettua la prima ricostruzione dell’evento sullo stesso supporto
di memorizzazione. L’High Level Trigger è l’ultimo filtro online prima della scrittura
su disco/nastro dei dati non elaborati a ∼ 300 − 400 Hz. A differenza del trigger
di primo livello, costituito da circuiti di elettronica veloce, l’HLT è implementato
sotto forma di algoritmi software.
15
1.3
Il sistema tracciante (tracker)
L’obiettivo principale del tracker di CMS [2] è quello di ricostruire elettroni e muoni
isolati ad alto impulso trasverso con un’efficienza del 95% e tracce di particelle
all’interno di un jets con un’efficienza maggiore del 90% entro la regione |η| < 2.5.
Il tracker si trova attorno al vertice di interazione ed ha una lunghezza di 5.8 m e
un diametro di 2.5 m. Esso è interamente fatto di silicio, in modo tale che siano
limitati i danni causati dall’elevato flusso di particelle presente poichè cosı̀ vicino
alla regione di interazione.
All’interno del rivelatore la densità di particelle varia in funzione del raggio, definito
come la distanza dall’asse centrale della beam pipe. In questo modo è possibile
Figura 1.7: Sezione trasversa nel piano rz dello schema del sistema di tracciamento
di CMS.
distinguere tre regioni:
ˆ in prossimità del vertice di interazione, dove il flusso di particelle è maggiore,
sono presenti rivelatori a pixel la cui dimensione è 100 × 150 µm2 . Essi sono
disposti in tre cilindri a distanze radiali dal punto di interazione di 4.7 cm,
7.3 cm, 10.2 cm e in due dischi nella regione in avanti, che si estendono da
6 cm a 15 cm in raggio. Forniscono una precisione di misura di 10 µm per le
coordinate nel piano trasverso (xy) e 20 µm per la coordinata z;
16
ˆ nella regione intermedia (20 cm < r < 55 cm) il flusso è abbastanza basso da
permettere l’utilizzo di microstrisce di silicio, con celle di dimensione minima
di 10 cm × 80 µm. Forniscono una risoluzione che dipende dallo spessore della
cella, ma è comunque migliore di 55 µm nel piano trasverso;
ˆ nella regione esterna (r > 55 cm) il flusso diminuisce tanto da rendere possibile
l’utilizzo di strisce di silicio più larghe, con celle di dimensione massima pari
a 25 cm × 180 µm.
Una sezione del tracker di CMS è mostrata in Figura 1.7, nella quale è possibile osservare le differenti regioni sopra descritte: i rivelatori a pixel nella zona più interna,
il TIB (Tracker Inner Barrel) e il TID (Tracker Inner Disk) nella zona intermedia,
circondati dal TOB (Tracker Outer Barrel). La regione con (124 < |z| < 282) cm e
(22.5 < |r| < 113.5) cm è occupata dai TEC (Tracker EndCaps).
Complessivamente il sistema di tracciamento conta 66 milioni di pixel e 9.6 milioni
di strisce di silicio e mediamente per ogni traccia ci sono 10-14 punti nel tracciatore. Questo fornisce una copertura fino a |η| < 2.4 e garantisce una efficienza di
ricostruzione di muoni e elettroni ad alto pt del 95%. La risoluzione dell’impulso
trasverso ottenuta tramite il tracciatore di CMS è mostrata in Figura 1.8.
Il materiale nel volume del tracciatore causa la perdita di energia per irraggiamento degli elettroni che vi interagiscono e la conversione dei fotoni (i fotoni che
interagiscono con il materiale convertono in una coppia elettrone-positrone). Il materiale influisce inoltre sulla traiettoria delle particelle cariche, a causa dello scattering multiplo e della perdita di energia per ionizzazione. E’ molto importante avere
una corretta simulazione del materiale (incluse le strutture di sostegno, i cavi, e il
sistema di raffreddamento) nel volume del tracciatore attraversato dagli elettroni e
dai fotoni prima di raggiungere il calorimetro elettromagnetico. Questo varia con
la pseudorapidità, ed è stimato essere 0.35 X0 per valori centrali di pseudorapidità,
aumentare nella zona di transizione del tracciatore tra barrel e endcap fino a 2 X0 ,
e poi diminuire nuovamente, come mostrato in Figura 1.9. Qui è possibile osservare
anche la mappa del materiale in termini delle coordinate η e φ.
17
Figura 1.8: Risoluzione in pt per muoni con momento trasverso di 1 GeV, 10 GeV,
100 GeV, in funzione della pseudorapidità η. [2]
Figura 1.9: Distribuzione media del materiale in unità di lunghezze di radiazione davanti il calorimetro in funzione della pseudorapidità η per i differenti sottorivelatori
(sinistra) e in funzione delle coordinate η e φ (destra).
18
1.4
Il calorimetro elettromagnetico di CMS
Il calorimetro elettromagnetico di CMS [2] è un calorimetro omogeneo, costituito
da 75848 cristalli di tungstato di piombo, dedicato alla ricostruzione di elettroni e
fotoni. Questo copre quasi interamente l’angolo solido ed è complementato nella
parte in avanti da un rivelatore avente una duplice funzione: identificare il vertice
di interazione e migliorare la distinzione tra fotoni e pioni (π 0 ) negli endcap. Tale
rivelatore è il preshower.
ECAL gioca un ruolo fondamentale nello studio e nella misura delle proprietà del
bosone di Higgs nel canale di decadimento in due fotoni e in quattro leptoni, e in
ricerche di fisica oltre il Modello Standard. In questa sezione verrà illustrata la struttura del calorimetro elettromagnetico, le caratteristiche dei cristalli, la ricostruzione
dell’energia all’interno di quest’ultimi e la sua risoluzione.
Un’immagine del calorimetro elettromagnetico è mostrata in Figura 1.10.
Figura 1.10: Vista tridimensionale del calorimetro elettromagnetico.
1.4.1
Geometria del rivelatore
Il calorimetro a cristalli [3] è composto dal barrel (EB), che copre la regione di
pseudorapidità |η| < 1.479 , e dagli endcaps (EE) che coprono la regione di pseudorapidità (1.479 < |η| < 3).
19
Nel barrel vi sono 36 settori in η e φ, chiamati supermoduli, in modo da avere 18 supermoduli per ogni metà del barrel. Le due metà del barrel sono chiamate EB+ ed
EB− a seconda del segno della cordinata η. Ogni supermodulo è composto da 1700
cristalli aventi forma a tronco di piramide, disposti in una geometria semiproiettiva
(inclinati di 3◦ rispetto al vertice di interazione), in modo da minimizzare gli effetti
dovuti ai gap tra cristalli. Ogni supermodulo è composto da 4 moduli (basket) da
400 o 500 cristalli per posizioni di η crescenti.
Il sistema di coordinate interno al barrel (ηi ,φi ) rispecchia la geometria quasi proiettiva del calorimetro in η e la granularità in φ: la coordinata ηi va da -85 a -1 in
EB− e da 1 a 85 in EB+ , mentre la coordinata φi assume valori da 1 a 360.
La lunghezza dei cristalli in EB è 23 cm, corrispondente a 25.8 X0 , a partire da un
raggio di 1.29 m (distanza tra punto di interazione e centro della faccia frontale),
la faccia rivolta verso il punto di interazione ha una superficie di (22 × 22) mm2 ,
mentre quella posteriore di (26 × 26) mm2 .
Ciascun endcap è formato da due dischi (dees ), ognuno contenente 3662 cristalli,
disposti in una griglia x-y in gruppi di 5×5 (supercristalli) ed inclinati da 2 a 8 gradi
rispetto al punto di interazione. La loro lunghezza è di 22 cm (24.7 X0 ), e la distanza
dal punto di interazione è pari a 3.154 m. Le dimensioni rispettivamente della faccia
frontale e posteriore sono (28.6 × 28.6) mm2 e (30 × 30) mm2 . La lunghezza ridotta
dei cristalli degli endcap rispetto a quelli del barrel è compensata dal preshower.
Il preshower è un calorimetro a campionamento che copre la regione di pseudorapidità 1.653 < |η| < 2.6. Esso ha una struttura a corona circolare con raggio interno
pari a 457 mm e raggio esterno pari a 1230 mm, per uno spessore totale di 190 mm.
Spostandosi dall’interno verso l’esterno, il preshower è composto da: un moderatore per neutroni, spesso 40 mm; uno strato isolante; un primo convertitore spesso
1.75 X0 realizzato con uno strato di piombo spesso 9.3 mm contenuto in due strati
di alluminio spessi 2 mm; un piano di rivelatori al silicio per misurare la posizione e
il profilo dello sciame elettromagnetico lungo la direzione verticale; un secondo converitore con struttura simile al primo, spesso 0.77 X0 (3.7 mm di piombo); un piano
di rivelatori al silicio analogo al primo, ma per effettuare misure lungo la direzione
orizzontale; uno strato di materiale isolante di 10 mm seguito da un moderatore per
neutroni di 40 mm.
20
1.4.2
I cristalli di tungstato di piombo (P bW O4 )
Il materiale scintillante utilizzato nel calorimetro di CMS è il tungstato di piombo
(P bW O4 ). In termini di tempo di emissione, lunghezza di radiazione e raggio di
Molière questi cristalli consentono un disegno compatto del rivelatore e soddisfano
i requisiti richiesti da LHC: alta granularità, velocità di risposta, resistenza alla radiazione. In Tabella 1.1 è possibile effettuare un confronto tra i cristalli utilizzati in
CMS e altri scintillatori.
P bW O4
Densità[g/cm ]
8.28
Lunghezza di radiazione [cm] 0.89
Raggio di Molière [cm]
2.2
425
Picco di emissione [nm]
1.3
LY (relativo a NaI(Tl)[%])
Tempo di emissione (ns)
5-15
3
NaI(Tl)
3.67
2.59
4.5
410
100
250
BGO
7.13
1.12
2.4
480
15
300
Tabella 1.1: Caratteristiche del P bW O4 a confronto con altri scintillatori. LY indica
la risposta di luce (light yeld).
La lunghezza di radiazione è la grandezza fondamentale per determinare il contenimento longitudinale di uno sciame elettromagnetico. Essa è definita come la
lunghezza media per cui un elettrone riduce la sua energia di una quantità 1/e a
causa delle perdite di energia per irraggiamento. Per energie dell’ordine del TeV, il
98% dello sviluppo longitudinale è contenuto in 25 X0 .
La quantità utilizzata per descrivere lo sviluppo trasversale dello sciame è il raggio
di Molière RM , definito come
RM =
21.2M eV · X0
EC [M eV ]
dove EC rappresenta l’energia critica, energia alla quale la perdita di energia per
irraggiamento eguaglia la perdita di energia per ionizzazione, e, per gli elettroni, è
21
data da
610M eV
Z
Il 99% dell’energia dello sciame è contenuta in un cilindro di raggio 3.5RM .
I cristalli di tungstato di piombo hanno una risposta di luce relativamente ridotta e
dipendente dalla temperatura: queste caratteristiche richiedono una moltiplicazione
del segnale all’interno dei fotorivelatori (che verrano descritti in seguito) e un sistema
efficiente di raffreddamento che dissipi il calore prodotto dall’elettronica e mantenga
la temperatura di funzionamento a 18◦ ± 0.05◦ , insieme a un costante monitoraggio
delle condizioni del calorimetro.
EC =
1.4.3
I fotorivelatori
I fotorivelatori del calorimetro elettromagnetico dell’esperimento CMS [2] devono
avere specifiche caratteristiche in modo tale da poter operare in un ambiente con
elevata dose di radiazione ed elevato campo magnetico, amplificare la bassa risposta
in termini di luce di scintillazione dei cristalli di tungstato di piombo e fornire una
risposta rapida.
Tutto ciò porta alla scelta di due differenti tipi di fotomoltiplicatori: APD (Avalanche
Photodiodes) per il barrel e VPT (Vacuum Phototriodes) per gli endcaps, dove la
dose di radiazione è maggiore.
Il funzionamento degli APD si basa sulla moltiplicazione a valanga degli elettroni
prodotti dalla conversione tra luce e corrente che avviene nel dispositivo a stato
solido, che compensa la bassa risposta di luce della scintillazione dei cristalli di
tungstato di piombo.
L’assorbimento di un fotone di scintillazione da parte del materiale provoca la
creazione di una coppia elettrone-lacuna. L’accelerazione dell’elettrone da parte
del campo elettrico interno al fotodiodo è tale da creare un effetto a valanga tramite
ionizzazione per collisione con gli atomi dello strato di moltiplicazione. Gli elettroni
proseguono lungo il campo elettrico nella regione di migrazione e vengono infine raccolti da un elettrodo. Ogni cristallo è equipaggiato con due APD, ciascuno avente
una superficie di 25 mm2 ed uno spessore dello strato di moltiplicazione di 6 µm.
L’efficienza quantica è del 75%, il guadagno richiesto nella presa dati è pari a 50 per
22
ogni coppia di APD e la tensione fornita va dai 340 ai 430 V.
Negli endcap si utilizzano fototriodi a vuoto (Vacuum Photo Triodes, VPT), resistenti all’alto flusso di neutroni presente ad alte pseudorapidità e debolmente sensibili
al campo magnetico.
Questi hanno un diametro di 25 mm con un’area attiva di 280 mm2 e sono composti
da un fotocatodo di vetro resistente alle radiazioni, un anodo a circa 5 mm dal
fotocatodo e un dinodo posizionato dopo l’anodo. La differenza di potenziale tra
l’anodo e il fotocatodo, collegato a terra, è circa 1000 V mentre il dinodo si trova a
circa 800 V.
I fotoni di scintillazione colpiscono il fotocatodo e creano fotoelettroni che vengono
accelerati verso l’anodo a causa della differenza di potenziale tra fotocatodo e anodo.
Buona parte dei fotoelettroni creati colpisce il dinodo, creando fotoelettroni secondari (con un fattore di emissione di circa 20) che vengono accelerati verso l’anodo,
dove un’ampia frazione viene raccolta.
L’efficienza quantica è del 22% ed il guadagno pari a circa 10 in assenza di campo
magnetico.
Nel caso degli endcap un solo fotorivelatore serve ogni cristallo.
1.4.4
La catena di lettura
Il segnale proveniente dai fotorivelatori deve essere acquisito per poter essere trasmesso ai sistemi di processamento offline successivi. L’elettronica di alto livello costruisce inoltre somme di energia per gruppi di cristalli e le trasmette al sistema di
trigger, salvando temporaneamente i dati letti (pipelining) in attesa della decisione
del trigger di primo livello.
La lettura del segnale nel calorimetro elettromagnetico è articolata in diverse fasi.
I fotoni di scintillazione prodotti dai cristalli vengono inizialmente raccolti e moltiplicati dai fotorivelatori (APD per il barrel e VPT per gli endcap). Un apposito
chip (Multiple Gain Pre Amplifier) forma il segnale e lo amplifica a tre diversi livelli
(×1, ×6, ×12), questi tre vengono inviati ad un ADC a 40 MHz che li digitizza
tutti e tre e seleziona il valore più alto, a condizione che non abbia saturato. La
23
forma del segnale proveniente da un cristallo è mostrata in Figura 1.11.
Figura 1.11: Profilo medio della forma del segnale per un cristallo all’interno di un
supermodulo ottenuto utilizzando un fascio di elettroni di 120 GeV. [4]
Il percorso appena illustrato avviene ogni 25 ns: in corrispondenza di un segnale
di trigger di primo livello 10 campionamenti successivi vengono passati all’elettronica
off-detector, mentre informazioni sulle somme di energia vengono inviate al sistema
di trigger dei livelli successivi.
I dati cosı̀ ottenuti seguono due percorsi differenti e vengono controllati e sincronizzati dal sistema chiamato CCS (Clock and Control System):
ˆ il percorso dell’acquisizione dati (DAQ), nel quale viene anche verificata l’integrità dei dati raccolti;
ˆ il percorso di trigger.
Si definisce una torre di trigger come una matrice 5 × 5 di cristalli la cui granularità
nel barrel in coordinate η e φ riproduce quella delle torri del calorimetro adronico.
La torre di trigger è l’unità base per il calcolo delle somme di energia di cristalli adiacenti sulla base delle quali viene effettuata la selezione degli eventi interessanti. Le
informazioni relative ad una torre di trigger vengono sincronizzate dalle schede TCC
(Trigger Concentrator Card) e inviate al trigger calorimetrico (Regional Calorime-
24
ter Trigger, RCT) per la ricostruzione di candidati di più alto livello come elettroni,
fotoni, getti adronici.
1.4.5
Ricostruzione dell’energia nei cristalli di ECAL
Il segnale acquisito dal calorimetro elettromagnetico all’uscita della catena di lettura
deve essere convertito in una stima precisa dell’energia depositata in ECAL dalla
particella [5]. Prima di tutto è necessario che la risposta dei cristalli sia uniforme e
stabile nel tempo. Le procedure di intercalibrazione adempiono a questo scopo. E’
necessario inoltre definire una scala assoluta che permetta di convertire il segnale
misurato in conteggi di ADC in energia in GeV. L’insieme di tutti i processi necessari
alla conversione del segnale letto in energia è definito calibrazione del calorimetro.
I cristalli di ECAL hanno una dimensione laterale pari approssimativamente al raggio di Molière, dunque lo sciame elettromagnetico si sviluppa in più cristalli adiacenti. Inoltre, prima di arrivare al calorimetro, le particelle subiscono l’effetto
dell’elevato campo magnetico mentre attraversano il materiale del tracciatore (circa
1−2 X0 , a seconda della regione in η). Quest’ultimo causa la conversione di fotoni in
coppie elettrone-positrone prima di raggiungere il calorimetro e l’irraggiamento per
gli elettroni e positroni che curvano per effetto del campo magnetico, provocando
l’allargamento in φ dell’energia rilasciata, come mostrato in Figura 1.12. Tutte le
informazioni di un cristallo (l’energia depositata in termini di conteggi di ADC, le
sue coordinate, il tempo..) relative ad un evento sono memorizzate in quello che va
sotto il nome di RecHit, e dunque, in base a quanto detto, si avranno molti RecHit
per ogni evento.
Il metodo più semplice per la ricostruzione dell’ampiezza del segnale nel calorimetro
[4] è quello di considerare il valore massimo di lettura a cui viene sottratto il valore
del piedistallo (cioè il rumore dell’elettronica) ottenuto o dall’evento stesso, prendendo il minimo valore letto, o da prese dati di piedistallo.
In CMS viene utilizzato però il metodo dei pesi, poichè permette una buona misura
in tempo del singolo evento e permette di ottenere una migliore risoluzione in energia del calorimetro.
Sia per il barrel che per gli endcap vengono memorizzati dieci campionamenti (samples) per ogni trigger ricevuto. Il calorimetro è sincronizzato in modo tale che i primi
25
Figura 1.12: Allargamento in φ dell’energia rilasciata, causato dall’effetto combinato
del materiale del tracciatore davanti ECAL e del campo magnetico.
tre samples rappresentino il piedistallo ed il segnale parta dal quarto, in modo tale
da avere il massimo dell’ampiezza in corrispondenza del sesto sample.
L’ampiezza totale A del segnale, che è proporzionale all’energia, è ricostruita come
P
la media pesata delle ampiezze nei dieci samples j (Aj ), A =
j wj Aj , dove wj
1
rappresentano i differenti pesi. I primi tre sono posti pari a − 3 , il che equivale a
richiedere che venga sottratto il piedistallo calcolato dalla media dei primi tre sample.
Differenti algoritmi di clustering (raggruppamento) vengono utilizzati per identificare e sommare insieme i depositi di energia nei cristalli adiacenti che appartengono
allo stesso sciame.
Questi algoritmi di clustering si basano sull’identificazione tra tutti i cristalli il cui
valore dell’energia supera quello di una certa soglia, di quelli il cui deposito di energia
trasversa (componente dell’energia ortogonale all’asse del fascio) è maggiore. Questi
cristalli vengono detti seed. I cristalli sopra soglia vengono dunque associati ad un
seed vicino andando a formare un supercluster esteso in φ. In questo modo vengono
recuperati i depositi energetici nei cristalli adiacenti appartenenti allo stesso sciame.
26
L’energia in GeV nel supercluster i è ottenuta nel seguente modo:
Ee,γ = Fe,γ · G ·
X
Si (t) · Ci · Ai + EES
(1.1)
i
dove G rappresenta il fattore di conversione da conteggi di ADC a GeV, Si (t) un
termine di correzione dovuto alla variazione della risposta dei cristalli in funzione
del tempo, Ci le costanti di intercalibrazione, Fe,γ una correzione che tiene conto
della dipendenza dalla geometria del rivelatore e degli effetti del materiale, EES
rappresenta l’energia nel preshower.
La variazione della risposta dei singoli cristalli in funzione del tempo è dovuta alla
radiazione ionizzante che provoca una perdita di trasparenza del cristallo attraverso
la formazione di centri di colore e impurità nel reticolo. Essa è determinata studiando
la risposta dei cristalli alla luce laser inviata sulla faccia anteriore e posteriore di
questi ultimi tramite fibre ottiche. La relazione che lega la variazione di risposta
alla luce laser e la luce di scintillazione può essere scritta come:
Si (t)
=
S0
Ri (t)
R0
!α
Il valore di α, pari a α ' 1.52, è stato determinato inviando un fascio di prova su
un numero ristretto di cristalli ed è stato validato in-situ utilizzando l’energia di
elettroni provenienti dai decadimenti del bosone W e ricostruendo la massa invariante del bosone Z in funzione del tempo. La variazione della risposta dei cristalli in
funzione del tempo in differenti regioni di pseudorapidità è mostrata in Figura 1.13
insieme alla corrispondente luminosità istantanea.
Per eguagliare la risposta dei cristalli vengono utilizzati differenti metodi, detti di
intercalibrazione. I principali sono:
ˆ Il metodo della φ-symmetry, che si basa sul fatto che, per un gran numero di
eventi di minimum bias ci si aspetta che l’energia trasversa totale depositata
in tutti i cristalli aventi stesso valore di pseudorapidità sia la stessa. In CMS
questo corrisponde ai cristalli che si trovano in un particolare η ring.
La calibrazione viene fatta comparando la somma delle energie depositate in
27
Figura 1.13: Risposta dei cristalli di ECAL in funzione del tempo misurata inviando
luce laser, per differenti regioni di η. [5]
un cristallo e la media della stessa quantità calcolata su tutti i cristalli allo
stesso valore di η.
ˆ La calibrazione con i π
0
si basa sulla ricostruzione della massa invariante della
coppia di fotoni in cui esso decade.
L’energia del singolo fotone è ottenuta dalla somma di energia depositata in
una matrice 3 × 3 di cristalli, centrata nel cristallo con deposito di energia
maggiore. Per determinare le costanti di intercalibrazione è utilizzata una procedura iterativa: per ogni cristallo viene ricostruita la distribuzione di massa
invariante di tutti i candidati π 0 con uno dei due fotoni centrato in quel cristallo e le costanti sono ottenute dal confronto del valore della massa ottenuta dal
fit in ogni cristallo con la massa nominale del π 0 .
ˆ Misura del rapporto tra l’energia E del supercluster misurata con il calorimetro
elettromagnetico e l’impulso p misurato dal tracciatore di elettroni provenienti
dai decadimenti del bosone W → eν
28
(a)
(b)
Figura 1.14: Mappe delle costanti di intercalibrazione ottenute dalla combinazione
dei metodi della φ-symmetry, del rapporto E/p e dai decadimenti del bosone π 0 : a)
per il barrel, b) per gli endcap.
29
Figura 1.15: Precisione dell’intercalibrazione dei cristalli ottenuta usando i metodi
della φ symmetry, i decadimenti del π 0 e il rapporto E/p con elettroni e la precisione
risultante per la combinazione dei metodi, a sinistra per il barrel e a destra per gli
endcap.[5]
Le costanti di intercalibrazione ottenute con i differenti metodi sono poi combinate. La combinazione è ottenuta dalla media delle costanti di intercalibrazione,
pesata per la rispettiva precisione.
Il valore delle costanti di intercalibrazione per i cristalli del barrel e degli endcap
ottenuto dalla combinazione dei metodi descritti è mostrato nelle mappe in Figura
1.14, mentre la precisione stimata delle costanti di intercalibrazione nel barrel e negli
endcap in funzione della pseudorapidità, utilizzando i differenti metodi e combinandoli è mostrata in Figura 1.15.
La precisione ottenuta sulla combinazione è 0.4% per i cristalli centrali del barrel
(|η < 1|) e 0.7 − 0.8% per il resto del barrel, negli endcap è 1.5% per 1.6 < |η| < 2.3
e migliore del 2% fino a |η| = 2.5. La variazione della precisione con la pseudorapidità deriva parzialmente dalla dimensione dei campioni di dati, e parzialmente dalla
quantità del materiale davanti il calorimetro elettromagnetico.
Il termine Fe,γ , derivato dalla simulazione MonteCarlo, è applicato all’energia del
supercluster per tenere conto degli effetti di contenimento dello sciame, dovuti alla
geometria del rivelatore e all’interazione di elettroni e fotoni con il materiale davanti
30
il calorimetro elettromagnetico. Le correzioni sono determinate separatamente per
elettroni e fotoni, a causa del differente modo con cui interagiscono con la materia.
Una stima dell’ energia di calibrazione assoluta di ECAL (G) è stata determinata
prima dell’istallazione di CMS esponendo nove supermoduli del barrel e 500 cristalli
degli endcap ad un fascio di elettroni ad alta energia. Da questi dati la scala assoluta
di energia è stata determinata eguagliando la somma di energia in una matrice di
5 × 5 cristalli all’energia del fascio di elettroni.
L’energia assoluta di calibrazione nella simulazione MonteCarlo è determinata utilizzando fotoni non convertiti aventi una energia di 50 M eV ed è definita in modo
tale che l’energia ricostruita in una matrice 5 × 5 di cristalli sia uguale all’energia
vera del fotone nella regione di riferimento.
Il decadimento del bosone Z in elettrone e positrone (Z → e+ e− ) è utilizzato per
determinare la scala di energia assoluta sui dati.
La massa invariante del sistema a due elettroni provenienti da tale decadimento è
calcolata dall’energia ricostruita nel supercluster di ECAL. La scala di energia e la
risoluzione sono estratte dalla distribuzione di massa invariante del sistema a due
elettroni, per eventi con una massa ricostruita nell’intervallo 60 − 120 GeV . Gli
elettroni vengono selezionati se la loro energia trasversa è maggiore di 25 GeV . Alla
distribuzione di massa invariante viene effettuato un fit ed il fattore di conversione
G è regolato in modo tale che il picco del fit coincida con quello della simulazione
MonteCarlo, separatamente per il barrel e per gli endcaps.
L’incertezza sistematica associata è stimata essere 0.4% in EB e 0.8% in EE.
1.4.6
Risoluzione in energia
La risoluzione in energia del calorimetro elettromagnetico è misurata studiando eventi del tipo Z → e+ e− . Questa può essere espressa come la somma in quadratura di
tre termini differenti:
S
N
σ(E)
=p
⊕
⊕C
E
(E) E
dove E è l’energia espressa in GeV, mentre S, N e C rappresentano rispettivamente
il termine stocastico, il termine di rumore e il termine costante.
Il termine stocastico S è diretta conseguenza della statistica Poissoniana associata
31
allo sviluppo dello sciame elettromagnetico. Rappresenta la risoluzione intrinseca
di un calorimetro ideale con lunghezza infinita. Per un calorimetro reale questo
termine include anche gli effetti legati al contenimento trasversale dello sciame e le
fluttuazioni statistiche nella raccolta della luce di scintillazione.
Il termine di rumore N tiene conto di tutti gli effetti che possono alterare la misura
dell’energia indipendentemente dall’energia stessa. Esso include il rumore dell’elettronica e il Pile-Up.
Il termine costante C domina ad alte energie. Esso è legato sia alla stabilità delle
condizioni di lavoro, come ad esempio la temperatura e il voltaggio dei fotorivelatori, sia al contenimento longitudinale degli sciami e alla perdita in trasparenza dei
cristalli. Esso dipende inoltre dalla precisione di intercalibrazione dei cristalli.
La risoluzione del calorimetro elettromagnetico da misure di test beam è mostrata
in Figura 1.16 e rappresenta la sua risoluzione intrinseca.
Figura 1.16: Risoluzione in energia di ECAL in funzione dell’energia dell’elettrone
incidente da misure di fascio di test. L’energia è stata misurata in un gruppo di
critalli 3 × 3 con un elettrone incidente sul cristallo centrale. I punti corrispondono
a eventi in cui il fascio incidente era ristretto ad una regione di 4 × 4 mm2 . [2]
Effettuando studi sulla risoluzione in energia del calorimetro elettromagnetico si
è osservato che la risoluzione in-situ comparata con la simulazione MonteCarlo di
CMS risulta essere differente. Ciò è dovuto a diversi fattori: la presenza del materiale del tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico, la perdita di trasparenza
dei cristalli e ai vari fattori di cui si è tenuto conto nella calibrazione di ECAL.
32
Inoltre, in-situ, la risoluzione predetta nella simulazione MonteCarlo risulta essere
leggermente migliore che nei dati, come mostrato in Figura 1.17, dove è mostrata
appunto la risoluzione in energia derivata dallo studio di eventi Z → e+ e− in funzione del modulo della pseudorapidità dell’elettrone.
Questa discrepanza è ragionevolmente dovuta:
ˆ a dei limiti sulla conoscenza del parametro α necessario per correggere la
risposta di ECAL nel tempo. Di questo infatti se ne conosce la media, ma
il suo valore potrebbe variare da cristallo a cristallo o non essere costante nel
tempo.
ˆ ad una non perfetta implementazione del materiale del tracciatore davanti il
calorimetro elettromagnetico nella simulazione MonteCarlo.
33
(a)
(b)
Figura 1.17: Risoluzione in energia per elettroni provenienti dal decadimento
Z → e+ e− nei dati e nella simulazione MonteCarlo, in funzione del modulo della
pseudorapidità del supecluster: a) per il barrel, b) per gli endcap. [5]
34
Capitolo 2
Il metodo del flusso di energia
L’azione combinata del materiale del tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico e dell’intenso campo magnetico influenzano notevolmente la risoluzione in
energia del calorimetro. A causa di questi, infatti, particelle soft possono non raggiungere ECAL, a causa della loro interazione con il materiale o a causa del fatto
che la loro traiettoria viene fortemente deviata dall’azione del campo magnetico.
E’ dunque fondamentale disporre di una accurata descrizione del materiale.
Confrontando la risoluzione in-situ predetta nella simulazione MonteCarlo con quella ottenuta dai dati si osserva una discrepanza tra le due, in particolare la risoluzione
in energia nella simulazione MonteCarlo risulta essere migliore che nei dati, come
mostrato in Figura 1.17. Tale discrepanza può essere attribuita ad una imprecisa
descrizione del materiale davanti ad ECAL.
I metodi fino ad ora utilizzati per fornirne una stima sono principalmente due [9] e
si basano: il primo sulla distribuzione spaziale delle conversioni dei fotoni, il secondo
sulla variazione dell’impulso di una particella carica lungo la sua traccia.
In presenza di materiale, infatti, i fotoni interagiscono creando una coppia elettronepositrone. Studiando il numero di coppie prodotte si può avere una stima della
quantità di materiale presente davanti ECAL, infatti maggiore sarà il materiale più
coppie elettrone-positrone verranno prodotte in quella regione.
La conversione dei fotoni è caratterizzata da due tracce secondarie di carica opposta,
originate dal vertice di conversione del fotone, con una massa invariante compatibile
con zero.
35
La vista nel piano (z,R), con R definito come la distanza dall’asse z (asse del fascio),
√
dei vertici di conversione ricostruiti con dati a s = 8 T eV è mostrata in Figura 2.1.
La zona poco popolata intorno a |η| ∼ 1.2 corrisponde alla regione di transizione
tra i sottorivelatori del barrel e dell’endcap del tracciatore, non accessibile tramite
il metodo delle conversioni, poichè l’efficienza di ricostruzione è piccola. Anche la
zona acorrispondente a grandi valori di R risulta poco popolata a causa del fatto
che l’efficienza di ricostruzione è piccola.
Figura 2.1: Mappa dei vertici di conversione nel piano (z,R), per dati a
√
s = 8 T eV .
Alternativamente si può osservare la variazione dell’impulso di una particella carica
lungo la sua traccia. In questo caso viene definita una quantità, fbrem , data dal rapporto tra la differenza dell’impulso iniziale (pi ) e finale (pf ) dell’elettrone e l’impulso
iniziale stesso:
fbrem =
pi − p f
pi
Qui l’impulso finale è inteso come l’impulso misurato attraverso gli ultimi punti della
traccia nel tracciatore.
Questa quantità viene studiata per molti elettroni in funzione delle coordinate η e φ,
e fornisce una stima del materiale. Infatti un valore maggiore di fbrem è associato
ad una diminuzione dell’impulso della particella, dovuto al fatto che essa ha interagito con una più elevata quantità di materiale rispetto alle altre. Vi è dunque una
correlazione tra fbrem e la quantità di materiale presente.
36
In questa tesi viene proposto un nuovo metodo di misura del materiale del tracciatore, che fa uso di quantità esclusivamente calorimetriche.
Come detto precedentemente, a causa dell’azione combinata del campo magnetico
e del materiale del tracciatore, una frazione di particelle a bassa energia potrebbe
non raggiungere il calorimetro elettromagnetico. Il primo infatti fa si che l’energia
della particella diminuisca a causa dell’interazione con il materiale, il secondo invece
curva la traiettoria della particella: maggiore è l’energia persa, maggiore sarà la
deviazione che essa subisce, e dunque minore la probabilità che essa riesca a raggiungere ECAL.
Definendo il flusso di energia attraverso il calorimetro come la quantità totale di
energia collezionata da ogni cristallo di ECAL, il flusso di energia a magnete acceso
risulterà, a parità di numero di collisioni, minore di quello a magnete spento, perciò
un valore più alto del rapporto tra i flussi di energia, definito come il rapporto tra
il flusso a magnete spento e quello a magnete acceso, corrisponde ad una quantità
di materiale maggiore.
La fisica degli eventi di Minimum Bias è simmetrica in φ. Poichè ai collider adronici
le particelle emesse in avanti hanno generalmente un boost di Lorentz longitudinale,
quelle emesse ad alti valori di pseudorapidità hanno energia molto maggiore rispetto
a quelle emesse a bassi valori di η. La componente trasversa dell’energia, definita
come Et = Esinθ, indipendente dal boost, risulta in media essere indipendente dalla
pseudorapidità. Per questo motivo si è scelto di effettuare tale studio in energia
trasversa piuttosto che in energia.
2.1
Selezione degli eventi
In conseguenza di un guasto al magnete di CMS, durante il mese di agosto del 2012
sono stati presi dati a magnete spento. Questi verranno utilizzati in questa analisi,
insieme ad altri presi normalmente a campo magnetico acceso, subito prima e subito
dopo il guasto.
L’analisi è stata effettuata considerando i depositi di energia nei singoli cristalli tra
una soglia minima in energia corrispondente a 250 M eV e necessaria per ridurre il
rumore causato dall’elettronica pari a circa 40 M eV in energia EB. Negli endcaps
37
Figura 2.2: Distribuzioni di energia trasversa per tre differenti cristalli nel barrel
(sinistra) e due nell’endcap (destra).
il valor medio delle costanti di intercalibrazione varia fortemente al variare della
peudorapidità (come si può osservare in Figura 1.14 (b)), dunque anche il noise
equivalente in energia cresce fortemente all’aumentare di η, ma è circa costante in
energia trasversa ed è approssimativamente pari a 31 M eV . E’ stata inoltre posta
una soglia massima in energia trasversa, definita come
Etmax = Etmin + 1 GeV
e necessaria per ridurre le fluttuazioni causate dai depositi con alta energia
trasversa, che altrimenti perturberebbero notevolmente le somme di energia.
In Figura 2.2 sono mostrate le distribuzioni di energia trasversa in tre differenti
cristalli del barrel e due dell’endcap di ECAL, corrispondenti ai valori di pseudorapidità di η = 1.4, η = 0.7, η = 0.01 per il barrel e η = 1.7 e η = −2.4 per gli endcap.
L’andamento dell’energia trasversa minima e massima in funzione della pseudorapidità è mostrato in Figura 2.3 : la regione di discontinuità corrisponde alla zona di
transizione tra il barrel e gli endcap di ECAL.
Da qui in poi lo studio sarà dedicato esclusivamente al barrel del calorimetro elet38
tromagnetico, dove la risoluzione in energia è migliore e si è quindi più sensibili a
piccole variazioni del materiale.
Figura 2.3: Andamento dell’energia trasversa minima e massima in funzione della
pseudorapidità.
39
2.2
Ottimizzazione dei tagli in energia in EB
Negli esperimenti di fisica delle alte energie un ruolo molto importante è occupato
dalle simulazioni MonteCarlo, utilizzate per comprendere meglio la dinamica delle
collisioni e la risposta del detector alle particelle dello stato finale. L’evento è simulato a partire dalla interazione fondamentale partone partone (generation step),
fino alla interazione delle particelle finali con il materiale del rivelatore (simulation
step).
L’interazione tra i partoni può essere simulata utilizzando differenti generatori di
eventi che sfruttano differenti algoritmi ed informazioni teoriche.
In questa analisi sono stati utilizzati due MonteCarlo samples che simulano processi
√
di Minimum Bias con una energia nel centro di massa pari a s = 8 T eV , in presenza e in assenza di campo magnetico. Il generatore di eventi utilizzato è PYTHIA
[10], mentre la simulazione dell’interazione delle particelle dello stato finale con il
materiale del rivelatore è realizzata tramite GEANT4 [11].
In una prima fase di questo lavoro si è studiata la dipendenza residua delle somme di
energia dal noise, utilizzando campioni di eventi MonteCarlo in cui non era simulato
il Pile-Up.
Poichè ciò che si vuole studiare sono i rapporti tra i flussi di energia a magnete
spento e a magnete acceso è stato necessario determinarli separatamente e ricavare
dunque la quantità totale di energia trasversa collezionata da ogni cristallo di ECAL.
Studiando le mappe in Figura 2.4 per gli eventi presenti nella simulazione MonteCarlo senza Pile-Up, le quali rappresentano, rispettivamente l’occupancy (a), definita
come il numero di eventi per i quali un cristallo ha un deposito di energia trasversa
entro i tagli utilizzati nell’analisi normalizzata al numero di eventi totali, e le somme
di energia trasversa in ogni cristallo del barrel (b), si possono osservare delle strutture particolari.
Confrontandole con la mappa delle costanti di intercalibrazione, mostrata nel Capitolo 1 in Figura 1.14 (a), si osserva una correlazione tra i cristalli di ECAL aventi
un più elevato valore di energia trasversa totale collezionata e quelli aventi più alta
costante di intercalibrazione.
La forte correlazione tra cristalli aventi elevato valore della costante di intercalibrazione e quelli aventi un elevato valore di somme di energia trasversa è mostrata
40
Figura 2.4: Mappa dell’occupancy come definita nel testo (sinistra) e delle somme
di energia trasversa (destra) per ogni cristallo del barrel di ECAL, ricavate dalla
simulazione MonteCarlo di eventi a magnete spento senza simulazione del Pile-Up.
Le zone bianche rappresentano i canali non attivi di ECAL.
41
Figura 2.5: Correlazione tra i cristalli aventi un elevato valore di energia trasversa
e quelli con un elevato valore della costante di intercalibrazione.
in Figura 2.5, dove sono mostrate le somme di energia trasversa per cristallo normalizzate alla loro media nel ring a cui appartengono e la media della stessa quantità
(punti neri) in funzione delle costanti di intercalibrazione (IC).
Questo può essere compreso osservando l’espressione che permette di convertire il
segnale rivelato dai cristalli da conteggi di ADC in GeV (espressione 1.1): il rumore
(noise) dell’elettronica è uguale in tutti i cristalli e corrisponde a circa 1.1 conteggi
di ADC nel barrel e circa a 2 conteggi di ADC negli endcap, ma questo valore deve
essere moltiplicato per il fattore di calibrazione assoluta G, che è uguale per tutti i
cristalli, e per le costanti di intercalibrazione Ci che dipendono dal cristallo in considerazione. Un valore più alto della costante di intercalibrazione si traduce dunque
in un noise equivalente maggiore.
Ciò è confermato osservando la distribuzione di energia trasversa in un cristallo “più
rumoroso”, mostrata in Figura 2.6. Effettuando un fit su tale distribuzione, si nota
che questa è ben descritta da una funzione che è la combinazione di una Gaussiana,
che descrive la coda del noise, e di un esponenziale, che rappresenta il segnale.
La soglia minima di energia pari a 250 M eV non si dunque è rivelata sufficiente a
tagliare interamente il contributo al flusso di energia dato dal noise elettronico.
Per risolvere il problema si è scelto dunque di portare la soglia di energia minima
a Emin = 400 M eV . Le mappe dell’occupancy e delle somme di energia trasversa
42
Figura 2.6: Distribuzione di energia trasversa in un cristallo “rumoroso” con il
relativo fit con una funzione che è combinazione di una gaussiana e un’esponenziale.
con il nuovo taglio, riportate in Figura 2.7, mostrano che in questo modo nel segnale
letto dai cristalli di ECAL è escluso il noise equivalente associato all’elettronica.
Ciò è confermato dall’analogo della Figura 2.5, mostrata in Figura 2.8 ottenuta con
il taglio in energia a 400 MeV. Il risultato ottenuto non è ottimale, ma non è stato
possibile alzare ulteriormente il taglio poichè altrimenti si sarebbe perso dal punto
di vista della statistica.
43
Figura 2.7: Mappa dell’occupancy (sinistra) e delle somme di energia trasversa
(destra) con il taglio in energia fissato a Emin = 400 M eV .
Figura 2.8: Correlazione tra i cristalli aventi un elevato valore di energia trasversa e
quelli con un elevato valore della costante di intercalibrazione, con il taglio in energia
a 400 MeV.
44
2.3
2.3.1
Flusso di energia attraverso il barrel di ECAL
Analisi dei dati acquisiti a magnete spento
La presa dei dati a magnete spento utilizzati in questa analisi corrisponde ad una
luminosità integrata di L ∼ 120 pb−1 e la rate media di trigger è 7.8 kHz. La rate
media è elevata poichè viene utilizzato uno stream speciale che permette di salvare
solamente le informazioni del calorimetro elettromagnetico, e dunque è possibile acquisire più eventi.
Come detto precedentemente, tutte le informazioni di un cristallo relative ad un
evento sono memorizzate in un RecHit: ad un evento sono dunque associati molti
RecHit.
La distribuzione del numero di RecHit aventi energia compresa entro i tagli richiesti
dall’analisi nel MonteCarlo a magnete spento senza simulazione del Pile-Up e nei
dati a magnete spento sono mostrate in Figura 2.9.
Si può osservare che il numero medio di RecHit per evento per la simulazione (a
sinistra) è di 10.8 a cui corrisponde una occupancy media di 0.176 , mentre per i
dati i rispettivi valori sono 248 e 4.05 . Il valore molto più basso nel MonteCarlo
‡
‡
Figura 2.9: Numero di RecHit per evento nella simulazione MonteCarlo senza PileUp (sinistra), a destra, in rosso, nella simulazione MonteCarlo con Pile-Up, in nero
nei dati, per eventi a magnete spento.
45
è dovuto al fatto che non è simulato il Pile-Up, che risulta invece essere elevato alle
luminosità a cui opera LHC e la cui distribuzione per l’anno 2012 è mostrata in
Figura 2.10.
Osservando la corrispondente distribuzione nel MonteCarlo con la simulazione del
Pile-Up (nella Figura 2.9 a destra, in rosso ) si ottengono un numero medio di RecHit per evento di 203 a cui corrisponde una occupancy media di 3.30 , valori
confrontabili con quelli ottenuti per i dati. La differenza tra i due può essere attribuita al fatto che nella simulazione si adotta il Pile-Up annuale medio, mentre nei
dati, in un particolare periodo di acquisizione questo potrebbe essere leggermente
maggiore rispetto a quello medio.
‡
Figura 2.10: Numero medio di interazioni per incrocio dei pacchetti di protoni
Il flusso di energia attraverso i cristalli del calorimetro elettromagnetico, dato dalla quantità totale di energia trasversa collezionata da ogni singolo cristallo, nella
simulazione MonteCarlo e nei dati è mostrato in Figura 2.11, mentre l’occupancy
per ogni cristallo in Figura 2.12. Come si può osservare alcuni cristalli, ai quali ci
riferiremo con il termine di patologici, presentano valori molto più bassi o molto più
alti di queste quantità, rispetto alla media degli altri cristalli.
In CMS la presa dati è suddivisa in run. Un run corrisponde tipicamente ad una
46
Figura 2.11: Mappe delle somme di energia trasversa a magnete spento per cristallo,
a sinistra per la simulazione MonteCarlo con Pile-Up, a destra per i dati.
Figura 2.12: Occupancy a magnete spento per cristallo, a sinistra per la simulazione
MonteCarlo con Pile-Up, a destra per i dati.
47
Figura 2.13: Somme di energia trasversa per run: in un cristallo patologico (sinistra)
e in un cristallo non patologico (destra).
presa dati che va da 1 a 10 ore, a seconda delle condizioni del detector e dalla durata
dei fasci di protoni circolanti nell’acceleratore.
Il comportamento anomalo di quei cristalli aventi un’attività molto minore o molto
maggiore di quella dei cristalli vicini è osservabile attraverso la quantità di energia
collezionata dal cristallo in ogni singolo run della presa dati.
Individuando nelle mappe in Figura 2.11 un cristallo patologico e uno non patologico, si possono studiare le somme di energia trasversa da essi collezionata nei
differenti run. Nel fare ciò le somme di energia trasversa sono state normalizzate
alla somma di energia trasversa media collezionata dal ring al quale il cristallo appartiene, dove con ring si intendono tutti i cristalli che hanno stesso valore della
coordinata ηi . In questo modo ci si aspetta, in ogni run, un valore pari circa ad 1,
poichè la somma di energia trasversa in cristalli appartenenti allo stesso ring è circa
uguale. Ciò è mostrato in Figura 2.13.
Il grafico a destra corrisponde ad un cristallo non patologico, e si può osservare come
le somme di energia in ogni run, normalizzate come descritto precedentemente, siano
circa pari ad 1, come aspettato. Il grafico a sinistra mostra un esempio di un cristallo patologico: in questo le somme di energia trasversa normalizzate risultano avere
un valore differente in ogni singolo run e molto maggiore di uno. Questi cristalli
rappresentano quelli molto rumorosi.
I cristalli con occupancy molto minore corrispondono invece a quei cristalli che non
48
hanno funzionato correttamente, e allo stesso modo, durante ogni singolo run della
presa dati.
Al fine di non considerare questi cristalli patologici nel seguito dell’analisi, si è scelto
di effettuare un taglio in energia per il quale vengono scartati tutti quei cristalli il
P
cui valore delle somme di energia non rientra tra un valore minimo (( Et )min ) e
P
un valore massimo (( Et )max ) definiti ripettivamente da
(
X
X
3 X
3 X
Et )med e (
Et )max = (
Et )med
Et )min = (
4
2
(2.1)
P
dove ( Et )med indica la mediana della distribuzione delle somme di energia trasversa dei cristalli appartenenti allo stesso ring.
Come si può osservare in Figura 2.14 i cristalli patologici non sono più presenti.
Gli stessi tagli sono stati effettuati sui dati e sulle simulazioni MonteCarlo ed i
cristalli scartati corrispondono a 0.0033% nel MonteCarlo (2 cristalli) e 0.098% (60
cristalli) nei dati.
Qui è inoltre possibile osservare delle strutture più energetiche, corrispondenti ai
bordi dei moduli e dei supermoduli del barrel. Ciò è dovuto al fatto che i cristalli
del barrel di ECAL non puntano verso il centro di CMS, ma sono inclinati di circa
3◦ rispetto al vertice di interazione, per cui collezionano maggiore energia rispetto
agli altri. Questo effetto verrà discusso e corretto nel Paragrafo 3.2.
2.3.2
Analisi dei dati acquisiti a magnete acceso
Come detto precedentemente, sono stati utilizzati due set di dati a magnete acceso,
metà presi nel periodo immediatamente precedente il guasto al magnete (che indichiamo con A), l’altra metà nel periodo immediatamente successivo (che indichiamo
con C). I primi hanno un luminosità integrata pari a L ∼ 300 pb−1 ed una rate
media di trigger pari a 1.4 kHz, gli altri corrispondono ad L ∼ 130 pb−1 e ad una
rate di trigger media di 1.3 kHz.
Al fine di poterli considerare come un unico gruppo e quindi analizzarli tutti insieme,
è stato verificato che questi fossero equivalenti. Ciò verrà illustrato in dettaglio nel
49
Figura 2.14: Mappe delle somme di energia trasversa per cristallo per la simulazione
MonteCarlo (sinistra) e per i dati (destra) dopo aver applicato il taglio descritto nel
testo.
Paragrafo 3.3.
Una volta verificato che i due gruppi di dati fossero equivalenti, questi e la corrispondente simulazione MonteCarlo sono stati trattati in maniera analoga ai dati
a magnete spento.
In questo caso il numero medio di RecHit per evento è 152 per i dati e 132 per il
MonteCarlo, a cui corrisponde una occupancy media rispettivamente di 2.48
e
2.16 . Le distribuzioni del numero di RecHit per evento sono riportate in Figura
2.15, mentre le mappe delle occupancy per cristallo sono mostrate in Figura 2.16.
Anche in questo caso si possono notare i cristalli patologici con valori di occupancy molto più bassa o più alta rispetto agli altri, dunque anche in questo caso è
stato applicato il taglio in energia precedentemente descritto, analogamente a quanto fatto nell’analisi a magnete spento e le mappe delle somme di energia trasversa
per cristallo possono essere osservate in Figura 2.17 in cui, come aspettato, non sono
presenti cristalli patologici. In questo caso il numero di cristalli escluso dall’analisi
è 0.0082% nella simulazione MonteCarlo (5 cristalli), e 0.098% nei dati.
‡
‡
50
Figura 2.15: Confronto tra la distribuzione del numero di RecHit per evento nella
simulazione MonteCarlo e nei dati a magnete acceso.
Figura 2.16: Mappa dell’occupancy per gli eventi simulati (sinistra) e i dati (destra)
a magnete acceso.
51
Figura 2.17: Mappe delle somme di energia trasversa per cristallo per gli eventi
simulati (sinistra) e i dati (destra) a magnete acceso.
2.4
Rapporti dei flussi di energia
Una volta determinati separatamente il flusso di energia a magnete spento e a magnete acceso si prende in considerazione il loro rapporto.
Per far si che questo non dipenda dal differente numero di eventi nei due gruppi di
dati, la mappa della somma di energia trasversa per cristallo a magnete acceso e a
magnete spento è stata normalizzate alla somma di energia trasversa media in tutto
il barrel. Il rapporto R tra il flusso di energia a magnete spento e il flusso di energia
a magnete acceso è cioè definito come
P
P
( Eti / < Et >)Bof f
P
R= P i
( Et / < Et >)Bon
(2.2)
P i
dove
Et indica la somma di energia trasversa nel cristallo i a campo magnetiP
co spento (Boff) o a campo magnetico acceso (Bon), mentre <
Et > indica la
somma di energia trasversa media nel barrel di ECAL.
Il rapporto tra i flussi di energia per cristallo è mostrato in Figura 2.18, mentre
52
in Figura 2.19 sono mostrate le mappe dell’occupancy per cristallo, in questo caso
definita come il rapporto tra l’occupancy a magnete spento e quella a magnete acceso.
(a)
(b)
Figura 2.18: Mappa del rapporto tra i flussi di energia a magnete spento e a magnete
acceso per la simulazione MonteCarlo (a) e i dati (b).
Figura 2.19: Mappe dell’occupancy per il MonteCarlo (sinistra) e i dati (destra).
L’andamento delle medie dei rapporti in funzione delle coordinata ηi e nei supermoduli di EB− ed EB+ sono mostrati in Figura 2.20.
53
Figura 2.20: Medie di R in funzione della coordinata ηi (sopra) e nei supermoduli, al
centro in EB−, sotto in EB+, nella simulazione MonteCarlo (sinistra) e nei dati
(destra).
54
Capitolo 3
Correzioni degli effetti sistematici
sul flusso di energia
Poichè in questo lavoro di tesi si vuole studiare la correlazione tra il materiale del
tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico ed il rapporto tra i flussi di energia a magnete spento e a magnete acceso, è necessario considerare tutti gli effetti
sistematici che intervengono nella determinazione di quest’ultimo e correggere per
tali effetti. Questi sono l’effetto del beam spot e l’effetto di bordo.
Nel Paragrafo 3.3 verrà inoltre mostrata l’equivalenza tra i due set di dati a magnete
acceso, anticipata nel Capitolo 2.
3.1
Correzione per l’effetto del beam spot
La collisione tra i due fasci di protoni ad LHC non avviene sempre precisamente nel
centro del rivelatore (z=0), ma può avvenire a distanze dell’ordine del centimetro da
esso. Tale spostamento del vertice di interazione (beam spot position) è determinato
considerando le tracce relative all’evento. Queste vengono ricostruite nel tracker e
prolungate fino alla beam pipe, viene determinata la loro posizione lungo quest’ultima
(cioè la coordinata z) e il beam spot è dato dalla media delle z delle tracce, pesate
per il corrispondente impulso.
La distribuzione del beam spot per i due gruppi di dati (a magnete spento e a
magnete acceso) utilizzati in questo lavoro di tesi sono mostrate in Figura 3.1.
55
Figura 3.1: Distribuzione della posizione del beam spot per i dati a magnete spento
(sinistra) e quelli a magnete acceso (destra).
L’effetto del beam spot sui singoli flussi di energia può essere compreso osservando
la Figura 3.2, nella quale sono mostrati i due cristalli di bordo aventi coordinata
ηi = ±1 ed il punto di interazione, IP. Se quest’ultimo risulta spostato a destra
rispetto al centro del rivelatore, il cristallo di bordo avente ηi = −1 collezionerà
maggior energia rispetto ai cristalli appartenenti al suo stesso ring. Viceversa se il
punto di interazione risulta spostato a sinistra del centro del rivelatore.
L’effetto della posizione del beam spot sul rapporto tra i flussi di energia è stato
valutato studiando separatamente i dati a magnete spento e quelli a magnete acceso
per diversi intervalli del beam spot.
Considerando la distribuzione di quest’ultimo per i dati a magnete spento, a sinistra
nella Figura 3.1, questa è stata suddivisa in dieci intervalli, definiti in modo tale che
ognuno contenesse il 10% degli eventi, e per ognuno di questi sono state determinate
le somme di energia trasversa per cristallo.
E’ stata definita la quantità (RZk )Bof f , data da
(RZk )Bof f
P
P
(( Eti / < Et >)Zk )Bof f
P
P
=
( Eti / < Et >)Bon
(3.1)
dove il numeratore rappresenta il flusso di energia a magnete spento normalizzato
alla sua media in tutto il barrel di ECAL, in ognuno dei dieci intervalli Zk in cui è
stata suddivisa la distribuzione del beam spot, mentre il denominatore rappresenta
56
Figura 3.2: Flusso dell’energia da parte dei cristalli con ηi = −1 e ηi = 1 a seconda
che il punto di interazione (IP) si trovi spostato a sinistra o a destra del centro del
rivelatore.
l’analogo per i dati a magnete acceso senza effettuare alcuna distinzione sul beam
spot.
Tale quantità è stata determinata per ognuno dei dieci intervalli ed il suo valor medio
in ognuno dei 170 ring è stato studiato in funzione della posizione del beam spot.
Il valor medio di (RZk )Bof f per i cristalli del ring ηi = 1 in funzione della posizione
del beam spot è mostrato in Figura 3.3. Come aspettato (si veda la Figura 3.2)
(RZk )Bof f decresce al crescere di Z.
In ognuno dei ring, sulla media di (RZk )Bof f in funzione del valore del beam spot
nei diversi intervalli, è stato fatto un fit lineare ed è stato considerato il valore della
pendenza (p1) della retta che descrive i punti. Ciò è mostrato in Figura 3.3 per il
ring ηi = 1, mentre il valore di p1 in ogni ring è mostrato in Figura 3.4.
Per correggere l’effetto della posizione del beam spot, le singole energie trasverse
sono state corrette come:
(Etcorr )Bof f = (Et )Bof f /(p1 ∗ Z + 1)
57
(3.2)
Figura 3.3: Andamento della media di (RZk )Bof f per il ring ηi = 1 in funzione del
valore del beam spot (Z).
Figura 3.4: Valore della pendenza p1 (cm− 1), determinata come mostrato in Figura
3.3, in funzione della coordinata ηi .
58
dove (Etcorr )Bof f rappresenta l’ energia trasversa dei dati a magnete spento corretta
e Z il valore della posizione del beam spot del singolo evento. In questo modo se il
vertice di interazione coincide con il centro del rivelatore (z=0) non viene applicata
alcuna correzione.
Il valor medio di (RZk )Bof f in funzione di Z nei dieci intervalli in seguito alla correzione, per il ring ηi = 1, è mostrato in Figura 3.5, nella quale si può osservare
come il rapporto tra i flussi di energia non dipenda più dal particolare valore del
beam spot e la pendenza p1 sia compatibile con 0.
Figura 3.5: Andamento della media di (RZk )Bof f in funzione del beam spot medio dei
dieci intervalli per il ring ηi = 1, avendo corretto le energie trasverse come indicato
dalla relazione 3.2
In Figura 3.6 è possibile osservare l’andamento di p1 in funzione di ηi dopo la correzione.
Anche per i dati a magnete acceso la distribuzione del beam spot è stata suddivisa
in dieci intervalli ed è stato studiato per ogni ring il valore di (RZk )Bon , questa volta
definito come
(RZk )Bon
P
P
( Eti / < Et >)Bof f
P
= P i
(( Et / < Et >)Zk )Bon
(3.3)
dove il numeratore rappresenta il flusso a magnete spento normalizzato alla sua
59
Figura 3.6: Valore di p1 (cm− 1) in funzione della coordinata ηi dopo aver corretto
le energie dei dati a magnete spento come indicato nell’espressione 3.2.
media in tutto il barrel di ECAL, mentre il denominatore rappresenta il flusso di
energia a magnete acceso normalizzato alla sua media in tutto il barrel, in ognuno
dei dieci intervalli Zk in cui è stata suddivisa la corrispondente distribuzione del
beam spot.
Il valor medio di (RZk )Bon per i cristalli del ring ηi = 1 in funzione della posizione
del beam spot è mostrato in Figura 3.7. Come aspettato (si veda sempre la Figura
3.2) (RZk )Bon cresce al crescere di Z. Qui è possibile inoltre osservare il valore della
pendenza p1 per i diversi ring del barrel.
Le singole energie trasverse sono state corrette come
(Etcorr )Bon = (Et )Bon ∗ (p1 ∗ Z + 1)
(3.4)
dove (Etcorr )Bon rappresenta l’energia trasversa corretta per l’effetto del beam
spot.
L’analogo dei grafici in Figura 3.7 in seguito alla correzione è mostrato in Figura 3.8.
Nelle simulazioni MonteCarlo non viene simulata la variazione della posizione del
beam spot evento per evento. Questo viene fissato ad un valore non nullo, ma
60
Figura 3.7: Valor medio di (RZk )Bon per il ring ηi = 1 in funzione del beam spot (Z)
(sinistra) e valore della pendenza p1 (cm− 1) in funzione della coordinata ηi (destra).
Figura 3.8: Andamento di (RZk )Bon per il ring ηi = 1 in funzione del beam spot
(sinistra) e valore del parametro p1 (cm− 1) in funzione della coordinata ηi (destra),
avendo corretto le energie trasverse come descritto dalla relazione 3.4.
61
Figura 3.9: A sinistra è mostrato il valore del parametro p1 (cm− 1) in funzione della
coordinata ηi determinato con il taglio in energia a 250 MeV; a destra in asse y è
riportata la differenza tra la correzione con il taglio a 250 MeV e quello a 400 MeV.
uguale per tutti gli eventi. Non è stato dunque possibile effettuare per tali eventi
uno studio analogo a quello fatto sui dati. Per correggere le energie trasverse degli
eventi simulati per l’effetto del beam spot sono stati dunque utilizzati i parametri
determinati dallo studio effettuato sui dati.
Per valutare una eventuale dipendenza di queste correzioni dal taglio in energia, lo
stesso studio è stato effettuato anche con il taglio in energia posto a Emin = 250 M eV .
In Figura 3.9, a sinistra, è mostrato il valore delle correzioni con il taglio in energia a
250 MeV. Confrontando queste ultime con quelle determinate con il taglio a 400, si
può osservare come esse siano indipendenti dal taglio effettuato sulle singole energie:
questo è mostrato in Figura 3.9 (a destra )per i dati a magnete spento e in Figura
3.10 (a destra) per i dati a magnete acceso. In entrambi i casi, nei grafici a destra
la variabile ∆p1 è definita come
∆p1 = p1(250 M eV ) − p1(400 M eV )
cioè come la differenza tra le correzioni determinate con il taglio in energia a
250 MeV e quelle determinate con il taglio a 400 MeV. Tale differenza è compatibile
con zero, dunque le correzioni risultano essere indipendenti dal taglio in energia.
Un ulteriore test effettuato è stato quello di verificare che le correzioni fossero
fattorizzabili. Nel determinare le correzioni a magnete spento (acceso), infatti, il
62
Figura 3.10: A sinistra è mostrato l’andamento del parametro p1 in funzione della
coordinata ηi con il taglio in energia a 250 MeV, a destra in asse y è riportata la
differenza tra la correzione con il taglio a 250 MeV e quello a 400 MeV.
flusso di energia a magnete acceso (spento) è stato considerato non corretto per
l’effetto del beam spot. E’ stato dunque verificato che si ottenesse lo stesso valore per
il parametro p1 considerando tale flusso corretto per il beam spot. Come aspettato
i valori delle correzioni risultano uguali, come mostrato in Figura 3.11.
Figura 3.11: A sinistra, per i dati a magnete spento, è mostrata la differenza tra le
correzioni per l’effetto del beam spot determinate considerando il flusso a magnete
acceso corretto e non corretto per il beam spot. A destra l’analogo per i dati a
magnete acceso.
63
3.2
Correzione dell’effetto di bordo
I cristalli del barrel del calorimetro elettromagnetico non puntano verso il centro di
CMS, ma sono inclinati di circa 3◦ rispetto al vertice di interazione. Questo fa si che
alcuni dei cristalli posizionati ai bordi dei moduli del calorimetro abbiano un deposito di energia maggiore degli altri. In questo modo infatti una parte delle particelle
che entrano nella gap tra i moduli viene rivelata dalla faccia laterale del cristallo di
bordo, che colleziona dunque maggior energia rispetto agli altri. Il meccanismo è
mostrato in Figura 3.12.
Figura 3.12: Vista nel piano (r, φ) e nel piano (r, z) dei cristalli in ECAL: a causa
del loro orientamento la particella incidente che entra nella gap tra i moduli viene
rivelata dalla faccia laterale di uno dei cristalli di bordo, che risulta collezionare più
energia.
Il contributo alla somma di energia dovuta alla gap tra i moduli del barrel, osservabile nelle mappe già mostrate nel Capitolo 2, nelle figura 2.14 per i dati a magnete
spento, è ben visibile in Figura 3.13 e in Figura 3.14, dove sono mostrate, nella prima
64
P
Figura 3.13: Media delle
Et a magnete spento in funzione della coordinata ηi per
la simulazione MonteCarlo (sinistra) e per i dati (destra): è possibile osservare i
ring di bordo con somme di energia trasversa maggiore rispetto ai ring adiacenti.
le medie delle somme di energia nei 170 ring del barrel, nella seconda le medie delle
somme di energia in funzione della posizione dei cristalli occupata all’interno di ogni
supermodulo nella direzione φ: in entrambe le figure i punti aventi media maggiore
corrispondono ai cristalli di bordo. Un bordo risulta essere maggiore dell’altro a
causa dell’orientamento dei cristalli, come mostra la Figura 3.12.
L’analogo per gli eventi a magnete acceso è mostrato in Figura 3.15 e in Figura
3.16. In quest’ultima entrambi i ring di bordo collezionano maggior energia, a causa
dell’azione combinata del campo magnetico, che deviando la traiettoria delle particelle, fa si che una frazione di esse depositi energia anche sull’altro cristallo di bordo.
Nonostante questo studio si basi sul rapporto tra i flussi di energia, per cui gli effetti di bordo in prima approssimazione si compensano, è stato ritenuto opportuno
correggere i flussi di energia a magnete spento e a magnete acceso separatamente.
Essendo l’effetto di bordo lo stesso nella simulazione MonteCarlo e nei dati, per
evitare di sovrastimare o sottostimare tale effetto, includendo anche effetti dovuti
alla presenza del materiale, si è scelto di determinare tali correzioni dagli eventi della simulazione MonteCarlo, per i quali la quantità di materiale davanti i cristalli di
ECAL è nota. Le correzioni sono state determinate separatamente nelle coordinate
ηi e φi di ECAL.
La correzione di bordo lungo la coordinata ηi è stata determinata come
65
P
Figura 3.14: Media delle Et a magnete spento in funzione della posizione occupata
dai cristalli all’interno dei supermoduli (SM) nella direzione φ, sopra in EB−, P
sotto
in EB+, a sinistra nel MC, a destra nei dati. Il punto avente media di
Et
maggiore corrisponde ai cristalli di bordo.
66
P
Figura 3.15: Media delle
Et a magnete acceso in funzione della coordinata ηi per
la simulazione MonteCarlo (sinistra) e i dati (destra): è possibile osservare i ring
di bordo con somme di energia trasversa maggiore rispetto agli altri.
Cηi =
Cη+i + Cη−i
2
(3.5)
dove Cη±i rappresentano le correzioni per i ring di bordo aventi coordinata ηi posivita
(Cη+i ) o negativa (Cη−i ). Per i ring di bordo corrispondenti a ηi = ± 26, ηi = ± 46,
ηi = ± 66 queste sono da
Cη±i
P
=
P
P
Et (ηi ) − ( Et (ηi+1 ) + Et (ηi−1 ))/2
P
P
( Et (ηi+1 ) + Et (ηi−1 ))/2
(3.6)
P
Et (ηi ) è la media delle somme di energia trasversa nel ring di bordo condove
P
Et (ηi+1 ) la media delle somme di energia trasversa nel ring successivo il
siderato,
P
ring di bordo e
Et (ηi−1 ) quella nel ring precedente il ring di bordo.
Nel caso dei due ring centrali (ηi = ±1) è stata applicata la seguente correzione:
(
P
Et (ηi = −1) +
P
Et (ηi = 1))/2
C1 = P
P
( Et (ηi = −2) + Et (ηi = 2))/2
(3.7)
La correzione nella coordinata φi è stata determinata separatamente per i cristalli
del barrel aventi ηi > 0 ((Cφ+ ))R e quelli aventi ηi < 0 ((Cφ− )R ) poichè l’orientamento
67
P
Figura 3.16: Media delle Et a magnete acceso in funzione della posizione occupata
dai cristalli all’interno dei supermoduli (SM) nella direzione φ, sopra P
in EB−, sotto
in EB+, a sinistra nel MC, a destra nei dati. I punti avente media di Et maggiore
corrispondono ai cristalli di bordo.
68
dei cristalli di ECAL non è simmetrico in EB+ ed EB−.
Questa è data da:
(Cφ± )R
=
(
P
P
EtB − Et )
P
Et
(3.8)
P
dove
Et rappresenta la media delle somme di energia trasversa nei ring di
P B
Et la media delle somme di energia trasversa nei restanti ring.
bordo e
Per i dati a magnete acceso, la correzione per gli altri cristali di bordo, indicata con
(Cφ± )L , e stata determinata analogamente a (Cφ± )R .
Dal momento che le correzioni (Cφ+ )R(L) e (Cφ− )R(L) nella coordinata φi risultano
essere compatibili, è stato scelto di determinare la correzione finale per i cristalli
di bordo lungo tale coordinata come la media tra la correzione in EB+ e quella in
EB−, cioè
(Cφ )R(L)
(Cφ+ )R(L) + (Cφ− )R(L)
=
2
(3.9)
I valori delle correzioni di bordo ottenute per gli eventi a magnete spento (Bof f ) e
a magnete acceso (Bon ) sono riportati in Tabella 3.1.
Cηi =1
Cηi =26
Cηi =46
Cηi =66
(Cφ+ )R
(Cφ− )R
(Cφ+ )L
(Cφ− )L
(Cφ )R
(Cφ )L
Bof f
( 3.5 ± 0.1)%
(11.0 ± 0.3)%
(13.6 ± 0.3)%
(14.0 ± 0.4)%
( 9.8 ± 0.8)%
(10.3 ± 0.7)%
¯
¯
(10.0 ± 1.1)%
¯
Bon
( 3.3 ± 0.2)%
(11.2 ± 0.3)%
(14.6 ± 0.3)%
(15.4 ± 0.4)%
(10.1 ± 0.7)%
(10.8 ± 0.8)%
( 3.2 ± 1.0)%
( 3.4 ± 1.0)%
(10.4 ± 1.1)%
( 3.3 ± 1.0)%
Tabella 3.1: Valori delle correzioni per l’effetto di bordo.
Tali correzioni sono applicate esclusivamente ai ring di bordo, e ai cristalli appartenti
sia ad un bordo nella coordinata ηi che ad uno nella coordinata φi vengono applicate
69
entrambe le correzioni.
Le mappe delle somme di energia trasversa dopo aver applicato le correzioni per il
beam spot e per l’effetto di bordo sono mostrate in Figura 3.17, mentre in Figura
3.18 e in Figura 3.19 si possono osservare gli andamenti della media delle somme di
energia in funzione delle coordinate del barrel per gli eventi simulati e per i dati,
nella prima a magnete spento, nella seconda a magnete acceso, dopo aver applicato
le correzioni. Si può osservare come l’effetto di bordo sia stato rimosso.
Il rapporto tra i flussi di energia a magnete spento e a magnete acceso, in seguito
alla correzione delle energie trasverse per gli effetti sistematici a cui sono soggette,
per gli eventi simulati e per i dati, è mostrato in Figura 3.20 e in Figura 3.21, da
confontarsi le figure 2.18 e 2.20 mostrate nel Capitolo 2.
70
Figura 3.17: Mappe delle somme di energie per cristallo dopo aver applicato tutte
le correzioni per l’effetto di bordo, sopra per gli eventi presi a magnete spento, sotto
per quelli a magnete acceso, a sinistra per la simulazione MonteCarlo e a destra per
i dati.
71
Figura 3.18: Andamento delle medie delle somme di energia a magnete spento in
funzione della coordinata ηi e in funzione della posizione occupata dai cristalli all’interno dei supermoduli (SM) nella direzione φ, al centro in EB−, sotto in EB+
dopo aver applicato le correzioni per il beam spot e per l’effetto di bordo, a sinistra
per gli eventi della simulazione MonteCarlo, a destra per i dati.
72
Figura 3.19: Andamento delle medie delle somme di energia a magnete acceso in
funzione della coordinata ηi e in funzione della posizione occupata dai cristalli all’interno dei supermoduli (SM) nella direzione φ, al centro in EB−, sotto in EB+
dopo aver applicato le correzioni per il beam spot e per l’effetto di bordo, a sinistra
per gli eventi della simulazione MonteCarlo, a destra per i dati.
73
Figura 3.20: Mappe del rapporto tra i flussi di energia (sopra) e valor medio di R
in funzione della coordinata ηi del barrel (sotto), dopo aver applicato entrambe le
correzioni, per la simulazione MonteCarlo (sinistra) e per i dati (destra).
74
Figura 3.21: Rapporto medio tra i flussi di energia in funzione della posizione occupata dai cristalli all’interno dei supermoduli (SM) nella direzione φ, sopra in EB−,
sotto in EB+, per la simulazione MonteCarlo (sinistra) e per i dati (destra).
75
3.3
Equivalenza tra i gruppi di dati A e C a
magnete acceso
Come accennato nel Capitolo 2, i dati a magnete acceso utilizzati in questa analisi
appartengono a due differenti gruppi, uno comprendente i dati presi nel periodo immediatamente precedente il guasto al magnete di CMS (che è stato indicato con A)
ed uno comprendente quelli presi nel periodo immediatamente successivo al guasto
(gruppo C).
Per trattarli tutti insieme, come un unico gruppo di dati, è stato verificato che i due
gruppi fossero equivalenti.
Per dimostrare ciò sono state determinate le somme di energia trasversa per ognuno dei cristalli del barrel di ECAL separatamente per i due gruppi e ne è stato
determinato il rapporto, questo definito dunque come
RAC
P
P
( Eti / < Et >)A
P
= P i
( Et / < Et >)C
(3.10)
dove i pedici A e C indicano a quale gruppo di dati ci si riferisce.
Il valore di R per ogni cristallo del barrel e la sua media in funzione della pseudorapidità sono mostrati in Figura 3.22 rispettivamente nel grafico a sinistra e a destra:
come aspettato il valore di R è circa uno, il che conferma l’equivalenza tra i due
gruppi di dati.
Sempre in Figura 3.22, in basso, è possibile osservare la distribuzione di RAC in
tutto il barrel. Per questa è stato effettuato un fit gaussiano che riporta una media
di circa 1 ed una larghezza (sigma) di circa 0.006.
E’ stato verificato che tale errore fosse solo statistico e non venisse in questo modo introdotta alcuna sistematica al metodo del flusso di energia, dovuta al fatto di
considerare i gruppi di dati A e C come un unico gruppo.
Per verificare ciò gli eventi della simulazione MonteCarlo a magnete spento e a
magnete acceso sono stati divisi in tre gruppi equivalenti dal punto di vista della
statistica.
Per ognuno di questi gruppi è stato determinato il flusso di energia ed è stato determinato il rapporto tra i flussi, normalizzati come descritto precedentemente, dei
76
Figura 3.22: Confronto tra i gruppi A e C di dati a magnete acceso: in alto mappa
di RAC nei cristalli di ECAL (sinistra) e andamento di RAC in funzione di η; sotto
distribuzione di RAC in tutto il barrel.
77
gruppi corrispondenti.
Indicando con Ri (i=1,2,3) il rappporto tra i flussi di energia nei differenti gruppi,
sono state determinate le distribuzioni di R1 /R2 ed R1 /R3 in tutto il barrel, cioè
del rapporto tra il valore del rapporto tra i flussi di energia per cristallo rispettivamente tra primo e secondo gruppo e tra il primo e il terzo gruppo. Su queste è stato
effettuato un fit gaussiano, mostrato in Figura 3.23.
(a)
(b)
Figura 3.23: a) Distribuzione di R1 /R2 b) Distribuzione di R1 /R3 .
La larghezza delle distribuzioni, corrispondente all’errore statistico sul rapporto tra
i flussi di energia, è pari a 0.017 per entrambe le distribuzioni. Poichè gli eventi
considerati per la simulazione MonteCarlo sono 1/3 degli eventi totali, mentre quelli
nei gruppi A e C sono 1/2 degli eventi totali a magnete acceso, è necessario riscalare
la sigma ottenuta dal fit delle distribuzioni in Figura 3.23 per la radice quadrata del
rapporto tra il numero di eventi nel MonteCarlo e quello nei dati. In questo modo
questa e la sigma del fit in Figura 3.22 risultano essere compatibili, a conferma del
fatto che il considerare i dati a magnete acceso come un unico gruppo di dati non
introduce alcuna sistematica nel metodo utilizzato.
78
Capitolo 4
Stima del materiale del tracciatore
tramite il rapporto dei flussi di
energia
4.1
Studio della correlazione tra il rapporto dei
flussi di energia e il materiale davanti ECAL
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di fornire, attraverso lo studio del rapporto tra i flussi di energia a magnete spento e a magnete acceso, una migliore
descrizione del materiale del tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico,
rispetto alla stima effettuata in fase di costruzione del rivelatore ed utilizzata nella
simulazione MonteCarlo.
Studiando tale rapporto, determinato a partire dagli eventi della simulazione MonteCarlo, in funzione del materiale espresso in lunghezze di radiazione, (X/X0 ), è
stato possibile osservare una preliminare correlazione tra queste due quantità, come
evidenzia la Figura 4.1: a valori più elevati di R, definito dalla relazione 2.2, corrisponde una maggiore quantità di materiale.
La forte correlazione è visibile anche nella Figura 4.2, dove sono mostrate, in funzione della pseudorapidità, le medie del rapporto tra i flussi di energia a magnete
spento e a magnete acceso e il materiale.
79
Figura 4.1: Correlazione tra il rapporto tra i flussi di energia e il materiale del
tracciatore davanti ad ogni cristallo. I punti in nero rappresentano la media di R,
in funzione del materiale.
Figura 4.2: Rapporto tra i flussi di energia (in nero) ed il materiale espresso in
lunghezze di radiazione (in rosso) in funzione della pseudorapidità.
80
4.2
Ottimizzazione della correlazione
L’idea di base per cercare di migliorare la correlazione presente tra il materiale del
tracker e il rapporto tra i flussi di energia è stata quella di dare differenti pesi al
materiale, a seconda della sua distanza d dalla beam pipe.
L’effetto del materiale su una particella che lo attraversa è tale da far si che essa,
interagendovi, perda energia.
Osservando la struttura dettagliata del tracker, mostrata in Figura 4.3, quest’ultimo
può essere suddiviso in tre regioni, a seconda della distanza dalla beam pipe.
Figura 4.3: Struttura dettagliata del tracker di CMS.
Come si può osservare, la scelta di tre intervalli in d, I1 = (0, 30) cm, I2 = (30, 60) cm
ed I3 = (60, 124) cm permette di separare i diversi sottorivelatori del tracker e i
servizi.
In ognuno di questi tre intervalli è possibile studiare la correlazione tra il rapporto
tra i flussi di energia ed il materiale. Ciò è mostrato in Figura 4.4.
E’ possibile dunque definire una nuova grandezza X 0
X 0 (ηi ) =
X
wj (X/X0 )ji
(4.1)
j
data da una combinazione lineare del materiale suddiviso in diversi intervalli in
base alla distanza dalla beam pipe moltiplicato per differenti pesi.
Poichè osservando la mappa del materiale in funzione delle coordinate (η,φ), mostrata in Figura 1.9, si può osservare che davanti alla regione del barrel (|η| < 1.5) esso
varia maggiormente al variare della pseudorapidità, il materiale può essere consid-
81
(a)
(b)
(c)
Figura 4.4: Correlazione tra R ed il materiale: a) nell’intervallo I1 , b) nell’intervallo
I2 , c) nell’intervallo I3 .
erato costante lungo la coordinata φ. In questo modo, i diversi pesi possono essere
determinati minimizzando la seguente quantità:
82
D=
X
(Ri − p0
i
3
X
wj (X/X0 )ji − p1 )2
(4.2)
j=1
dove l’indice i identifica un ring nella coordinata ηi , j i diversi intervalli in cui è
stato suddiviso il materiale del tracker a seconda della distanza dalla beam pipe, Ri
il rapporto medio in un determinato ring, wj i pesi attribuiti al materiale, p0 e p1
sono stati introdotti per far si che i range in cui variano R e X/X0 coincidessero.
Data la presenza di p0 , il primo peso, w1 , può essere posto pari ad uno.
Lo studio è stato effettuato inizialmente sugli eventi della simulazione MonteCarlo,
poichè per essi la quantità di materiale è nota e successivamente è stato effettuato
sui dati.
Rappresentando R e il nuovo parametro X 0 (ηi ) in funzione della pseudorapidità, si
ottiene un migliore accordo tra il rapporto tra i flussi di energia ed il materiale, in
particolar modo nelle regioni più esterne: in Figura 4.5 è mostrato quanto ottenuto
dagli eventi della simulazione MonteCarlo.
Il valore dei pesi ottenuti dalla minimizzazione sulla simulazione MonteCarlo e da
quella sui dati è riportato in Tabella 4.1. Come aspettato in base alla Figura 4.4, il
peso w3 , corrispondente al terzo intervallo in d, risulta molto maggiore degli altri.
w1
w2
w3
MC Dati
1.0
1.0
5.2
1.7
23.8 6.2
Tabella 4.1: Valore dei pesi ricavati effettuando la minimizzazione sul MonteCarlo
e sui dati.
83
Figura 4.5: Rapporto medio tra i flussi di energia e la nuova grandezza X 0 definita
nel testo in funzione della pseudorapidità, con 3 bin in d.
4.3
Confronto dati e simulazione MonteCarlo
Come detto precedentemente, il rapporto tra i flussi di energia a magnete spento
e a magnete acceso permette di fornire una stima della quantità del materiale del
tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico.
Effettuando un confronto tra il rapporto R ottenuto dallo studio sugli eventi della
simulazione MonteCarlo (nel seguito indicato con RM C ) e il rapporto R ottenuto
dallo studio sui dati (Rdati ), è dunque possibile individuare le regioni di pseudorapidità nelle quali il materiale non è correttamente simulato. Queste corrispondono
infatti alle regioni in cui il rapporto Rdati /RM C si discosta dal valore 1.
Per ottenere una corretta normalizzazione, i singoli flussi di energia sono stati normalizzati alla regione del barrel del calorimetro elettromagnetico corrispondente
ai 10 ring centrali, cioè per valori della coordinata ηi ∈ [−5, 5], poichè questa
corrisponde alla zona in cui il materiale è molto ridotto, limitato a quelle parti
conosciute con maggior accuratezza e privo di servizi.
Il rapporto tra i flussi di energia è dunque definito come
84
P
P
( Eti / < Et >10ring )Bof f
P
R= P i
( Et / < Et >10ring )Bon
(4.3)
Il rapporto Rdati /RM C ottenuto con R come definito nella relazione 4.3 è mostrato
in Figura 4.6.
(a)
(b)
Figura 4.6: Confronto tra il rapporto tra i flussi di energia ricavati dai dati e tra
quello ricavato dalla simulazione MonteCarlo: a) considerando separatamente le due
metà del barrel EB− (in nero) ed EB+ (in rosso); b) considerando il valore medio
tra le due metà del barrel della quantità in considerazione.
Il rapporto Rdati /RM C permette di evidenziare le regioni dove la descrizione del materiale del tracciatore davanti il calorimetro elettromagnetico è meno accurata.
E’ necessario calibrare opportunamente tale quantità per esprimerla esplicitamente
in termini di una variazione di materiale.
Per fare ciò è stato considerato il valore medio del rapporto tra i flussi di energia determinati a partire dalla simulazione MonteCarlo in funzione del materiale, mostrato
in Figura 4.1, nella regione individuata dai valori del materiale X/X0 ∈ [0.5, 1.5].
85
In questa regione, che contiene la maggior parte dei cristalli, è stato effettuato un
fit lineare, mostrato in Figura 4.7. La variazione di materiale, in lunghezze di ra-
Figura 4.7: Rapporto medio tra i flussi di energia in funzione del materiale, per
valori di quest’ultimo compresi tra 0.5 ed 1.5, con il rispettivo fit.
diazione, corrispondente ad un determinato valore del rapporto Rdati /RM C è data
da
1
∆M (X0 ) =
p1
!
Rdati
−1
RM C
(4.4)
dove p1 rappresenta la slope del fit.
La quantità di materiale stimata attraverso il metodo del flusso di energia è dunque
data da
M (X0 ) = M (X0 )std + ∆M (X0 )
(4.5)
dove con M (X0 )std è stato indicato il materiale standard, cioè il materiale simulato nel MonteCarlo.
L’andamento del nuovo materiale, normalizzato al materiale standard è mostrato in
Figura 4.8.
Qui l’errore rappresentato coincide con l’errore statistico. Questo è circa costante,
86
Figura 4.8: Materiale determinato con il metodo del flusso di energia normalizzato
al materiale standard in funzione della pseudorapidità.
dunque l’errore relativo sulla misura di M (X0 )/M (X0 )std diminuisce all’aumentare
del materiale stesso.
La calibrazione del metodo è stata effettuata utilizzando il parametro p1 ottenuto dal
fit effettuato sul rapporto R ottenuto dallo studio sulla simulazione MonteCarlo. Si
è quindi valutata la variazione ((∆M (X0 ))1sist ) del risultato dovuta alla conoscenza
del parametro p1 come
(∆M (X0 ))1sist =
M (X0 )
M (X0 )
(p1 − M C) −
(p1 − dati)
std
M (X0 )
M (X0 )std
(4.6)
cioè come la differenza tra il valore di M (X0 )/M (X0 )std ottenuto calibrando col
parametro p1 ottenuto dal fit sullo studio sulla simulazione MonteCarlo e quello ottenuto dallo studio sui dati, rispettivamente M (X0 )/M (X0 )std (p1 − M C) e
M (X0 )/M (X0 )std (p1 − dati).
La differenza (∆M (X0 ))1sist risulta sempre minore dello 0.1%.
Si è anche valutata la variazione del risultato effettuando l’analisi con il taglio in energia minima pari a 250 MeV piuttosto che a 400 MeV, ed anche in questo caso la variazione ((∆M (X0 ))2sist ) è stata determinata come la differenza tra M (X0 )/M (X0 )std
87
ottenuto nei due casi, cioè come
(∆M (X0 ))2sist =
M (X0 )
M (X0 )
(400M eV ) −
(250M eV )
std
M (X0 )
M (X0 )std
(4.7)
Il confronto tra l’andamento di M (X0 )/M (X0 )std ottenuto effettuando lo studio con
i due differenti tagli è mostrato in Figura 4.9.
Figura 4.9: Confronto tra l’andamento della quantità di materiale, determinata con
il metodo del flusso di energia, normalizzata al materiale standard determinata con
taglio in energia a 400 MeV e con il taglio in energia a 250 MeV, in funzione della
pseudorapidità.
I valori di tali errori sono riportati in Tabella 4.2.
Riassumendo, dunque, l’andamento del materiale medio determinato tramite il metodo del flusso di energia normalizzato al materiale noto, è mostrato in Figura 4.8,
mentre i valori qui riportati con i rispettivi errori statistici e sistematici sono riassunti in Tabella 4.2.
In Figura 4.10 è possibile osservare il materiale nuovo normalizzato al materiale
standard determinato con i differenti metodi. Il non perfetto accordo tra il metodo proposto in questo lavoro e gli altri due, nella regione |η| ∈ [0.5, 1], può essere
88
|η| M (X0 )/M (X0 )std
0.05
1.0114
0.15
0.9824
1.0150
0.25
0.35
1.0461
0.45
1.0596
1.0704
0.55
0.65
1.0700
1.0360
0.75
0.85
1.0534
1.0305
0.95
1.05
0.9936
0.9986
1.15
1.25
1.0152
1.0223
1.35
1.45
1.0307
(∆M (X0 ))stat
±0.0063
±0.0057
±0.0044
±0.0038
±0.0040
±0.0034
±0.0032
±0.0032
±0.0024
±0.0019
±0.0015
±0.0015
±0.0012
±0.0011
±0.0012
(∆M (X0 ))1sist
±0.0001
±0.0001
±0.0001
±0.0004
±0.0005
±0.0006
±0.0006
±0.0003
±0.0004
±0.0003
±0.0001
±0.0000
±0.0001
±0.0002
±0.0003
(∆M (X0 ))2sist
±0.0039
±0.0027
±0.0013
±0.0066
±0.0050
±0.0043
±0.0019
±0.0016
±0.0042
±0.0036
±0.0035
±0.0034
±0.0030
±0.0021
±0.0062
(∆M (X0 ))T ot
±0.0074
±0.0063
±0.0046
±0.0076
±0.0064
±0.0055
±0.0037
±0.0036
±0.0048
±0.0041
±0.0038
±0.0037
±0.0032
±0.0024
±0.0063
Tabella 4.2: Variazione media del materiale determinata con il metodo del rapporto
tra i flussi di energia e i relativi errori.
attribuito al fatto che mentre gli altri metodi sono sensibili solamente alla parte
iniziale del tracciatore, il metodo proposto in questa tesi, che si basa sul rapporto
tra i flussi di energia attraverso il calorimetro elettromagnetico, è l’unico ad essere
sensibile agli strati finali del tracciatore poichè fa uso di quantità esclusivamente
calorimetriche.
89
Figura 4.10: Confronto tra il materiale determinato con i diversi metodi,
normalizzato al materiale standard, in funzione della pseudorapidità.
90
Conclusioni
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è stato quello di introdurre un nuovo metodo, in
grado di fornire, attraverso lo studio del rapporto tra i flussi di energia a magnete
spento e a magnete acceso, una migliore descrizione del materiale del tracciatore
davanti il calorimetro elettromagnetico di CMS, rispetto alla stima effettuata in fase
di costruzione del rivelatore ed utilizzata nella simulazione MonteCarlo.
Definendo il flusso di energia attraverso ECAL come la quantità totale di energia
collezionata da ogni cristallo di ECAL, e determinando tale quantità in presenza e
in assenza di campo magnetico è stato possibile determinare il rapporto tra queste
due quantità.
Il rapporto R risulta essere strettamente correlato con il materiale: ad un valore più
elevato di R corrisponde una quantità di materiale maggiore.
Lo studio è stato effettuato sia sui dati che sugli eventi della simulazione MonteCarlo.
Nell’effettuare tale studio sono stati valutati l’effetto della posizione del beam spot
e dell’effetto di bordo, sono state determinate le opportune correzioni, e le singole
energie ed i singoli flussi di energia sono stati corretti per tali effetti.
Poichè la quantità di materiale nella simulazione MonteCarlo è nota, il confronto tra
il valore di R ottenuto nei due studi separati ha permesso di ottenerne una accurata
descrizione del materiale stesso.
Il rapporto tra i flussi di energia determinato dallo studio sui dati e quello ottenuto
dallo studio sulla simulazione MonteCarlo è stato opportunamente calibrato in modo
tale da ottenere una corrispondente correzione al materiale.
Sono stati inoltre valutati gli errori sistematici dovuti alla conoscenza del parametro
di calibrazione e al taglio minimo in energia utilizzato, necessario per escludere
il noise equivalente associato all’elettronica nella lettura del segnale da parte dei
91
cristalli del calorimetro elettromagnetico.
E’ stato ottenuto un buon accordo tra il nuovo metodo proposto ed i metodi fino ad
ora utilizzati.
92
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[14] T. Miao, H. Wenzel, F. Yumiceva, N. Leioatts, “Beam Position Determination
using Tracks”, CMS NOTE 2007/021
94
Vorrei ringraziare innanzitutto il mio relatore Riccardo Paramatti, per avermi
seguita attentamente e costantemente, ma soprattutto per la sua infinita pazienza
davanti a tutti i miei “non ho capito”.
Un grazie a tutti gli amici che in questi anni e in questi ultimi mesi mi sono stati
vicini e hanno condiviso le mie sconfitte e le mie piccole soddisfazioni, tra cui
Arianna, compagna di viaggi e sogni ad occhi aperti, Anna Lisa, Peter, Federico, e
alla “baita” che mi ha aiutata negli innumerevoli ed inevitabili problemi tecnici.
Per ultima, ma non per importanza, ringrazio la mia famiglia, per avermi sempre
appoggiata incondizionatamente in tutte le mie scelte, in particolare la mia
mamma, che nonostante abbia un altro figlio fisico non ha mai sentito parlare cosı̀
tanto di fisica nella sua vita, per aver sopportato tutti i miei sbalzi di umore e le
mie polemiche e “la mia sorella preferita”, che, con i suoi mille impegni mondani,
mi ricorda che esiste anche un mondo fuori.
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