Australopiteci
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Australopiteci
www.veganismocrudismo.altervista.org https://www.facebook.com/groups/242362855966521 Gentile Lettore La Fondazione Translife ha come mission la divulgazione della recentissima scoperta scientifica delle due matrici (double-matrix vivente e schiavizzante), trattata nel libro Translife Revelation Anime Libere, che cambia per sempre la storia dell’uomo e porta a compimento millenni di ricerca e i percorsi dei grandi illuminati. La scoperta identifica con precisione l’essere vivente non biologico che assimila gli uomini, il programma cerebrale che installa nel loro cervello, e le modalità per Liberarsene. La scoperta non verrà ovviamente mai comunicata dai canali ufficiali. Per saperne di più scarica gratuitamente il Primo Capitolo di Translife Revelation Anime Libere seguendo il link -> www.transliferevelation.org Se vuoi collaborare alla divulgazione, puoi inviare a chi desideri il Primo Capitolo di Translife Revelation Anime Libere. Seminati e Laboratori Vegancrudisti Translife di alimentare. & Accademia Vegancrudista Translife per Chef e dilettanti. transizione Per info su Seminari e Laboratori dedicati alla transizione da onnivoro fino a Vegancrudista; per la consulenza culturale generica gratuita; per la consulenza specialistica individuale e per i corsi pratici di cucina dedicati a Chef e dilettanti, segui il link -> www.veganismocrudismo.altervista.org Phylum homo sapiens Ominazione Mammiferi 200 milioni di anni fa Zhangheotherium quinquecuspiden, mammifero primitivo vissuto circa 130 milioni di anni fa. I primi mammiferi sarebbero comparsi in asia oltre 200 milioni di anni fa, tra loro alcuni lunghi 3 cm circa e dal peso vivo di 2 grammi, con un grande rapporto peso/cervello (come il toporagno Suncus etruscus che con i suoi 3,5 cm di lunghezza e 2 grammi di peso rappresenta il mammifero vivente più piccolo che si conoscano). Dieta insettivora per i primi mammiferi, come per la vespa eusociale antenata di api e formiche. Mammiferi placentati 70-65 milioni di anni fa Scenario geografico-climatico: siamo alla fine del Mesozoico, circa 70 milioni di anni fa: Europa e America settentrionale sono ancora unite nel supercontinente di Laurasia e lungo la fascia equatoriale che lo attraversava si formano enormi distese di piante con fiori. Grazie alla presenza di questi alberi con fiori, si viene a creare una nicchia ecologica molto favorevole, che permette ad un gran numero di insetti di insediarsi e prosperare, vista l'abbondanza di cibo disponibile. Su quegli stessi alberi trovano successivamente il loro habitat naturale gli Insettivori che in precedenza vivevano a terra. Questi, a loro volta, si adattano gradualmente al nuovo ambiente sviluppando zampe prensili e una notevole agilità trasformandosi in Proscimmie, le quali pertanto ebbero origine nei continenti del nord e non a sud, dove si spostarono solo successivamente, in rapporto ai cambiamenti climatici. Secondo gli ultimi studi, i primi mammiferi placentati sarebbero nati e cresciuti rapidamente a partire da 70-65 milioni di anni fa, dopo l’estinzione dei dinosauri, o poco prima, con l’antenato originale che ha iniziato a differenziarsi circa 200.000-400.000 anni dopo l’evento. Nello specifico l’evoluzione dei placentati, sarebbe iniziata con animali simili alle tupaie, adattati alla vita arboricola e insettivori. Il capostipite sarebbe un piccolo insettivoro-frugivoro, il Purgatorius ceratops, ricoperto di pelliccia, con una lunga coda e pesante poco più di 200 grammi. La capacità di arrampicarsi sugli alberi avrebbe conferito a tale specie un vantaggio competitivo sugli altri mammiferi, per lo più terricoli, e ciò probabilmente contribuì al successo dei primi primati. 55 milioni di anni fa Il fossile del più antico animale con caratteristiche da primate mai scoperto, forse antenato comune di scimmie, scimpanzé e ominidi, è l’Archicebus achilles, che misurava circa 7 cm, esclusa la lunghissima coda, dal peso di circa 20-30 grammi. La ricostruzione virtuale ha permesso di studiare nei dettagli le strutture dello scheletro e di scoprire, per esempio, che la creatura sapeva saltare molto bene e che questo probabilmente era il modo preferito con cui si spostava sui rami; i piccoli denti appuntiti indicano che si cibava di insetti; i grandi occhi sporgenti suggeriscono invece che l'Archicebus achilles aveva una ottima vista utile alla caccia diurna. Scimmie e ominazione Premessa: La Rift Valley Circa 35 milioni di anni fa, in Africa orientale, oltre al generale deterioramento climatico, la progressiva diminuzione dell'umidità e le alternanze marcate delle stagioni, si realizzò un evento geologico di enorme portata: la formazione della frattura tettonica lunga oltre 5 mila chilometri, la Rift Valley, che determinò quelle profonde depressioni (fino a 7 km) e solcature che caratterizzano oggi la fascia orientale del continente africano. La frattura, dal tipico andamento tripartito, si espanse dal mar Rosso verso sud ovest, creando una sorta di imbuto in cui si incanalarono i venti secchi del nord; si creò quindi una sorta di barriera ecologica che taglio fuori la foresta pluviale a est della valle, dagli approvvigionamenti idrici. Questi mutamenti determinarono variazioni sull'ambiente della regione, attraverso una drastica diminuzione della copertura arborea a est, a vantaggio di ambienti aperti tipo savana che agirono come principale agente selettivo tra le specie esistenti. In particolare, i Primati che più si erano specializzati nella vita arboricola, risentirono fortemente di questi cambiamenti, estinguendosi o adattandosi alle nuove condizioni ecologiche. Alcuni di questi adattamenti determinarono l'inizio di quella che oggi è considerata l'evoluzione dell'uomo con la nascita delle prime forme di Ominidi circa 6 milioni di anni fa (comunque fra 7 e 5 milioni). In particolare il nuovo ambiente di savana, molto selettivo e micidiale per le caratteristiche dei primati quadrupedi di allora, portò al successo evolutivo dei primati che tendevano alla postura eretta. *A seguire, per “habitat”, si intende quello nella valle del Rift Primati catarrini ->Scimmie Driopitecine ->Proconsul 25 milioni di anni fa Dieta: frutti, germogli e foglie tenere Habitat: foresta tropicale; viveva e dormiva sugli alberi dove trovava il cibo per il suo sostentamento. Tra queste scimmie vi era Il Proconsul africanus (si ritiene si nutrisse di sola frutta), dotato proporzionalmente di un grosso cervello. L’esemplare di Proconsul africanus ritrovato, è il più antico documento fossile di un primate sprovvisto di coda e viene ritenuto da molti, l'antenato diretto delle attuali scimmie antropomorfe africane (scimpanzé e gorilla) e dell'uomo. Erano una specie che prediligeva le foreste tropicali dell'Africa centro-orientale. Australopiteci 4,2 milioni di anni fa Dieta: variabile a seconda della specie e dei luoghi. Era dotato di denti abbastanza adatti a ogni cibo. Come abbiamo visto, la nascita della catena montuosa della Rift Valley, creò una differenza di clima tra le regioni che si trovavano ad est da quelle che si trovavano ad ovest rispetto ad essa. Le masse cariche di umidità provenienti dall’Atlantico scaricavano le precipitazioni sulle catene del Rift, giungendo nelle regioni orientali ormai scariche. Inizialmente ad ovest le terre rimasero coperte di foreste, mentre a est si creò un clima più arido che portò alla riduzione e alla scomparsa della foresta, con la formazione della savana. Gli evoluzionisti Donald Jhonson e Tim White, dopo il ritrovamento di Lucy (un fossile così nominato), hanno pensato all'Australopithecus afarensis come antenato dell'uomo, mentre gli evoluzionisti Ronald Clarch, Filis Tobias e Lee Berger, paleoantropologo alla Johannesburg's University di Witwatersrandi, hanno pensato all'Australopithecus africanus (detto anche Australopiteco gracile). Lee Berger, in particolare, è giunto alla conclusione che l'andatura di A. africanus era più vicina al modello delle scimmie antropomorfe di quanto non lo fosse quella di Lucy e così è caduta l'idea che l'Afarensis avesse dato origine, per via di una divaricazione di phylum (si usa anche l'adattamento fylum - filo > latino: filum -, in italiano, tedesco, olandese, spagnolo, portoghese, svedese.... Phylum deriva dal greco phylai: "clan, tribù, gente") all'Africanus, come pensavano Donald Jhonson e Tim White. Ma tutto è stato poi messo in serie difficoltà da successive scoperte fossili, quali Australopithecus aehtiopicus (1985), Australopithecus bahrelghazali (1995), Australopithecus anamensis (1965.1995), Austraolopithecus garhi (1996), Keniantropus platyops (1999). Risulta, infatti, un vasto “cespuglio” di forme nel quale trovare una linea di evoluzione verso l'uomo. E’ questa un'impresa che conduce solo a dire dei “forse”, dei “si pensa”, dei “potrebbe”, senza poter mai esibire gli ipotetici “anelli mancanti”, pur cercati a non finire. Qualcuno ha accennato ad Australopithecus anamensis, contemporaneo dell'Afarensis e molto più massiccio di lui, e pensa che l'Anamensis sia l'antenato - per così dire - dell'Afarensis, ma sono solo pure supposizioni. Gli australopiteci avevano un'andatura eretta, ma non perfettamente, adatta all'habitat in cui vivevano, la savana con rari alberi dove si rifugiavano in presenza di predatori. Normalmente vivevano a terra, al contrario delle scimmie antropomorfe idonee per una vita continuata sugli alberi. Si cibavano di larve, bacche, insetti, radici. Nel 1994 un gruppo dell'Università di Liverpool, in Inghilterra, studiò l'andatura degli australopiteci includendo per essi, oltre una locomozione bipede non perfetta, anche una locomozione quadrumene. (Fred Spoor, Bernard Wood, Frans Zonneveld, "Implication of Early Hominid Labryntine Morphology for Evolution of Human Bipedal Locomotion", Nature, n° 369, june 23, 1994, pag. 645-648). La pelvi ha una conformazione umanoide, a differenza delle scimmie antropomorfe che l'hanno allungata, pienamente adatta ad un andatura quadrumene, ma nessun australopiteco, pur nella posizione eretta, fu mai in grado di avere la stessa postura eretta dell'uomo e quindi lo stesso incedere dell'uomo. Infatti la lamina dell'osso pelvico, che nell'uomo è situata di lato, negli australopiteci è posteriore, così come la forma del collo del femore, arrotondata nell'uomo, è piatta negli australopiteci. L'acrominon (dati su Lucy, ma generalizzabili) risulta piuttosto mobile, adatto per un arrampicatore. La camminata quadrumene la doveva avere nella ricerca di cibo a terra, utilizzando le mani chiuse a pugno, così come il gibbone e l'orango, che camminano sulle nocche, ma spesso camminano pure con mani chiuse a pugno. Le dita della mano dell'australopiteco rispetto a quelle di uno scimpanzé, capace di dondolarsi attaccato ad un ramo, sono piuttosto corte. Le dita poi sono più curvate che nell'uomo. Il pollice è posto più frontalmente all'indice di quanto si ha nello scimpanzé. Studiando gli attacchi muscolari si è dedotto che la mano aveva una scarsa “presa di forza”, mentre disponeva di una sufficiente presa di precisione (Cf. “Lucy, le origini dell'umanità”, pag 340). Come conseguenza si determina una presa adatta alla raccolta di frutti, con inoltre la capacità di scavo per raggiungere e raccogliere radici per l'alimentazione. Mancando una vera presa di forza non è attribuibile all'australopiteco l'industria litica ritrovata a Odulvai (Etiopia). Le dimensioni delle braccia e delle gambe non li allontanano da una conformazione pitecoide. La capacità cranica oscilla, per le varie specie, tra i 430 e i 500 cc. L'altezza si aggira tra i 130 cm. (australopiteco gracile) e i 150 cm. (australopiteco robusto). Gli australopiteci mostrano un calcagno umaniforme, ma dita piuttosto lunghe, tali da essere confuse con quelle di una mano. Le dita del piede sono leggermente arcuate, in analogia alle antropomorfe, il che fa pensare che fossero adatte alla rapida salita di alberi di media grandezza; l'alluce non è totalmente allineato. Il ricercatore evoluzionista Bruce Latimer, studioso dei reperti ossei di un piede pressoché integro di Afarensis, che dovrebbe essere il piede più vicino all'uomo, dice (Cf. "Lucy, le origini dell'umanità", pag. 338): “Non è necessariamente qualcosa in transizione, non è instradato da un piano evoluzionistico ad un altro più alto”. Latimer poi non si dichiara in grado di dire quando e come si evolse quel piede di Afarensis. Si profetò che erano necessari ancora una decina di anni per avere le risposte a questi quesiti (Cf. "Lucy, le origini dell'umanità", D. Johanson, M.Edey, Oscar Mondadori, 1981, pag. 343), ma sono già passati una quarantina d'anni e ancora nulla, nemmeno sull'orizzonte. I reperti fossili del cranio degli australopiteci hanno caratteri scimmieschi. Le ricostruzioni muscolari sui reperti, e quindi la ricerca dei lineamenti reali, non forniscono conclusioni plausibili. L'antropologoartista Jay Matternes ha fornito “ricostruzioni”, su fossili del cranio di afarensis e di altri australopiteci, tuttavia concludendo (Cf. "Lucy, le origini dell'umanità", D. Johanson, M.Edey, Oscar Mondadori, 1981, pag. 343): “non c'è modo di dire esattamente che forma avesse un naso o come si distribuisse il pelo sulla faccia“. Famoso è il reperto dell'Australopithecus “Lucy” (Australopithecus afarensis) rinvenuto nel 1974 ad Hadar, in Etiopia, e risalente a tre milioni di anni fa. L'arco di esistenza degli australopiteci va da 6-4 milioni a un milione di anni fa. I ritrovamenti del Sud Africa sono avvenuti scavando in fessure calcaree (grotte) e hanno datazioni tra 3,3 e 2,9 milioni di anni fa. I reperti della Tanzania, Kenya, Etiopia sono relativi alle aree degli strati affiorati coi fenomeni di erosione fluviale e hanno datazioni tra 2,2 e 1,2 milioni di anni fa. Ma i ritrovamenti di Lukeino (Orrorin Tugenensis), Chemeron, Lothagam - tutte località del Kenya - hanno datazioni tra 5 e 6 milioni di anni fa. Ovviamente si dovrebbe avere una scannerizzazione del territorio molto più vasta per avere un quadro adeguato del “cespuglio australopiteci”, sia riguardo alle specie che alle varietà, sia riguardo alla cronologia. Il fatto che gli australopitechi fossero fondamentalmente degli scimpanzé bipedi, significa che l'evoluzione di un'andatura bipede non è stata influenzata in modo significativo dall'aumento in capacità della scatola cranica e quindi dall'accrescimento dell'intelligenza, come veniva invece propugnato fino a tempi recenti da numerosi studiosi. Tale ipotesi era stata fra l'altro già messa in discussione dal ritrovamento di Orrorin tugenensis, primate bipede vissuto circa 6 milioni di anni fa. La spiegazione più accreditata per l'acquisizione di un'andatura bipede, vuole questa caratteristica come un adattamento all'avanzata della savana in seguito ai cambiamenti climatici che interessarono l'Africa centro-orientale attorno ai 10 milioni di anni fa: l'andatura eretta consentiva agli australopitechi di ergersi al di sopra dell'erba alta ed osservare agevolmente i dintorni, individuando fonti di cibo o di pericolo. Si può quindi pensare che nei primi australopitechi, la forte muscolatura delle gambe fosse stata evoluta come adattamento al movimento orizzontale sui rami della volta arborea e che in un secondo momento essa sia tornata assai utile per muoversi al suolo nelle sterminate pianure africane. Nonostante la taglia contenuta e la mancanza di particolari adattamenti che ne assicurassero la competitività, gli australopitecidi riuscirono ad affermarsi grazie alla dieta onnivora, che consentiva loro di trovare nutrimento in qualsiasi frangente, sfruttando indifferentemente risorse di origine animale (ad esempio carcasse di grossi erbivori uccisi dai predatori, oppure piccole prede catturate occasionalmente) così come le risorse offerte dalla terra (radici, frutti ed altri cibi di origine vegetale). Questo opportunismo permise agli australopitecidi di diffondersi in gran parte del continente africano. Gli studiosi sono propensi a credere che dal genere Australopithecus (ed in particolare dalla specie africanus) si siano staccati i progenitori del genere Homo (ed in particolare Homo erectus), attorno ai due milioni di anni fa: ciò non è inverosimile, tuttavia recentemente sono stati rinvenuti resti fossili di primati ascrivibili proprio al genere Homo e tuttavia antecedenti all'apparizione di Australopithecus africanus. Questo vorrebbe dire che il distacco dagli australopitecini degli antenati dell'uomo moderno potrebbe essere avvenuto prima di quanto si pensasse, ad esempio a partire da Australopithecus afarensis, o da specie ancora più primitive, addirittura estranee al genere (come Kenyanthropus platyops). Homo habilis 2,4 milioni di anni fa L' H. habilis era forse l'antenato del più avanzato Homo ergaster, che a sua volta fu l'antenato dell' Homo erectus. Continuano ad esserci dibattiti sulla tesi che l'H. habilis sia stato o meno un diretto antenato dell'uomo, e vi sono anche dubbi sul fatto che tutti i fossili noti siano stati attribuiti correttamente a questa specie. Homo habilis mangiava certamente carne; lo provano i cumuli di ossa che ci ha lasciato, con segni di taglio eseguiti con "coltelli di pietra". Può darsi, specialmente agli inizi, che non andasse propriamente a caccia, ma utilizzasse carcasse di animali predati da Carnivori, specialmente dalle tigri con i denti a sciabola, oggi estinte, cibandosi di parti non utilizzate da questi e specialmente del midollo delle ossa, che le tigri con i denti a sciabola erano incapaci di frantumare (Blumenschine 1995). Strie oblique di usura sui denti anteriori sembrano prodotti da uno strumento con cui esso tagliava la carne mentre veniva tenuta tra i denti stessi (Puech 1992). Un adattamento all'alimentazione in parte a base di carne può essere l'assottigliamento dello smalto rispetto agli Australopitecini (Beynon & Wood 1986). Tuttavia Homo habilis consumava anche cibo vegetale, come è provato anche da solchi di usura prodotti da fitoliti contenuti in Graminacee o piperacee (Puech et al. 1983b, Puech 1988), e da un caso di erosione di un molare dovuta a cibi vegetali acidi quali frutti acerbi (Puech et al. 1984). Homo ergaster - erectus 2 milioni di anni fa L'H. ergaster, assieme alle altre due varianti Homo erectus e Homo heidelbergensis, fu il primo ominide in grado di articolare il linguaggio. Anche Homo erectus si nutriva di carne, come è provato anche dai segni di taglio sulle ossa; la riduzione della dentatura ed il miglioramento della tecnica di fabbricazione di strumenti, sembrano anzi indicare un aumento del consumo di carne. Anche Homo erectus tagliava la carne tenuta tra i denti con "coltelli di pietra", causando caratteristici solchi di usura (Puech 1989, 1994). Il rapido aumento di statura passando da H. habilis a H. erectus può essere la conseguenza di un adattamento ad una forma di utilizzo di carcasse più di confronto, cioè questi Ominidi non attendevano più che il predatore se ne andasse per impossessarsi della carcassa, ma lo scacciavano attivamente (Marean 1989). Tuttavia esso mangiava cibi vegetali, ad esempio semi arrostiti, come è provato da resti dei semi stessi (Rukang & Shenglong 1983). Esso infatti utilizzava anche il fuoco per cuocere i cibi. Per analogia con attuali popolazioni di cacciatori/raccoglitori, è probabile che le calorie fornite dalla carne non superassero mai 1/3 delle calorie totali! Infatti un'assunzione di proteine in quantità superiore al 50% delle calorie totali, avrebbe portato a patologie (Speth 1989, 1991). Homo sapiens arcaico e moderno 600.000 anni fa Nell'Homo sapiens arcaicus rientrano i Neandertal, cacciatori e carnivori, particolarmente presenti in Europa, oltre 150.000 anni prima dei sapiens. Oggi si tende a raccogliere sotto il titolo di Homo heidelbergensis, i reperti che prima venivano posti sotto il nome di Homo sapiens arcaicus, ma non c'è accordo tra gli studiosi, per cui è bene continuare a parlare anche di Homo sapiens arcaicus. Anche Homo sapiens arcaico usava coltelli di pietra, che hanno lasciato segni obliqui sugli incisivi, indicando un uso di carne che veniva tagliata con il coltello mentre veniva trattenuta con gli incisivi (Fernández-Jalvo & Bermúdez de Castro 1988). Tuttavia l'abbondanza e l'orientamento delle strie prodotte da materiale abrasivo, simili a quelle delle attuali popolazioni prevalentemente vegetariane, mostrano una dieta formata prevalentemente da materiale vegetale (Lalueza et al. 1996b). Durante l’evoluzione, nonostante la differenziazione con i sapiens, si verificarono incroci che di certo hanno inciso sul prodotto finale. Gli incroci sono ben testimoniati da tipi umani rinvenuti in Palestina (grotte di Skhul e Qafzef), dove 100-115 mila anni fa vivevano uomini con crani ibridi neanderteliani-moderni. A questo punto sono chiamati in causa gli aborigeni australiani, che presentano caratteri di Homo sapiens arcaico, di Homo erectus e di Homo neandertalensis. Va rilevato che oggi, tutte le razze umane sono feconde tra di loro e generano esseri fecondi, e nessuno può avanzare dubbi scientifici per il passato. Circa l'interfecondità tra Sapiens e Neandertal, o in genere tipi arcaici, va segnalato che in Romania nella Pestera cu Oase ("cava delle ossa") è stato rinvenuto recentemete il più antico Homo sapiens europeo (36-34 mila anni fa): un maschio adulto ed un ragazzo. La mascella dell'adulto ha rivelato caratteri primitivi risalenti a 200 mila anni fa. Reperti ritrovati ad Herto in Etiopia, hanno presentato un Homo sapiens di 160 mila anni fa: il più antico esemplare ritrovato fino ad ora. Le sue caratteristiche sono chiaramente moderne, e rendono fondato l'incrocio rivelato dai reperti della "Pestera cu Oase". Diversi paleoantropologi (nota 2) oggi ritengono però che “sapiens arcaico” sia una denominazione generica priva di fondamento biologico, contenitore di comodo che nasconde vecchi pregiudizi sulla morfologia dei progenitori, secondo cui gli antenati devono essere più robusti dei discendenti. Capita invece che il più antico Homo europeo, rinvenuto in Spagna, ad Atapuerca, abbia 800.000 anni e possieda un’anatomia molto più moderna del Neanderthal, posteriore di mezzo milione di anni. E' comunque in Africa che sono stati rinvenuti i reperti fossili che potrebbero testimoniare la più antica transizione da forme umane arcaiche al moderno H. sapiens: e risalirebbero ad un intervallo cronologico compreso fra 150.000 e 100.000 mila anni fa, ovvero ad una fase che precede la comparsa di morfologie moderne in altre regioni geografiche. Inoltre, per quanto riguarda aspetti strutturali della morfologia scheletrica (in particolare del cranio), in Africa come altrove assistiamo ad un cambiamento relativamente improvviso che, da una volta cranica bassa e allungata (tipica delle forme arcaiche del genere Homo), conduce a quella dell'umanità moderna, caratterizzata da un innalzamento verticale della fronte, delle pareti laterali della volta e dell'arco occipitale. Questo tipo di variazione morfologica - rapida e strutturale - appare difficilmente interpretabile in termini di evoluzione multiregionale, mentre favorisce un'ipotesi di diffusione di H. sapiens a partire da un unico centro di origine. La controversia scientifica sull’origine dell’uomo moderno vede in campo due principali scuole di pensiero: la teoria dell’origine africana recente, largamente condivisa dalla maggioranza degli evoluzionisti, e il modello multiregionale, sostenuto da una minoranza di paleoantropologi (M.Wolpoff, A. Thorne e altri). Secondo il modello Out-of-Africa le popolazioni umane odierne sono discendenti dei primi Homo sapiens emigrati dall’Africa negli ultimi 100.000 anni che, colonizzando gli altri continenti, si sostituirono “molto velocemente” agli antenati del genere Homo che vi abitavano. Questa tesi accreditata nella seconda metà del ‘900, porta, tra le prove a suo supporto, gli studi sulla genetica delle popolazioni umane (in base all’analisi del DNA mitocondriale, ad esempio, si nega ogni parentela “filogenetica” tra uomo di Neanderthal e sapiens moderno). La teoria dell’origine multiregionale, che si rifà agli studi di Franz Weidenreich degli anni ’40, si basa principalmente sullo studio comparato dell’anatomia e sostiene al contrario che uomini moderni ed arcaici fossero interfecondi e, mescolandosi fra loro, lasciarono in eredità ai discendenti relitti di morfologie regionali (nota 1). Quindi tra gli individui dei vari continenti si troverebbero tracce dei caratteri ossei dei loro lontani antenati: l’Uomo di Pechino, l’Uomo di Giava, l’Uomo di Neanderthal europeo (prove di una convivenza di lungo periodo e dell’incrocio di diversi tipi umani sono stati rinvenute in Croazia e Palestina dove, 100.000 anni fa, vivevano individui con crani ibridi neandertaliani-moderni). In questa diatriba si collocano i caratteri cranio-facciali unici degli Aborigeni australiani. Alcune etnie presentano una calotta cranica di spessore notevole, con fronte ribassata e inclinata, forte prognatismo, arcate sopraorbitali sporgenti, a volte mento sfuggente. In paleoantropologia, questi sono i caratteri che, variando il grado di ipertrofia ossea, distinguono le varie specie di Homo pleistocenico (dal più gracile al più robusto sono: H.sapiens arcaico , H. erectus, H.neanderthalensis). I resti dell’Uomo di Giava (H.erectus di Ngandong) sono stati recentemente post-datati a 30.000 anni (nota 4), mentre nell’Australia sud-orientale, esemplari di H. sapiens “robusti” sono recentissimi (Kow Swamp, 10.000 anni) e posteriori ad altri australiani “gracili” (Lake Mungo, 60-30 mila anni). Non è necessario postulare che l’uomo “moderno” derivi da quello “arcaico”. Queste sono infatti denominazioni suggestive del vecchio paradigma evoluzionista delle specie separate e successive. In generale, i fossili del pleistocene sono interpretabili come varietà di un’unica grande specie politipica (come suggerisce Wolpoff) e cosmopolita che vive sulla Terra da almeno 1,5 milioni di anni. Gli adattamenti climatici di lungo periodo hanno dato luogo a diverse varietà regionali (o razze) “gracili” e “robuste”. In fondo la differenza tra l’Homo erectus africano e il Neanderthal è qualitativamente la stessa che intercorre tra i Keniani e gli Inuit di oggi, solo amplificata nelle proporzioni: ai tropici i corpi sono alti e slanciati, con arti longilinei adatti alla dispersione del calore, nell’Artico sono tozzi, con un tronco ben piantato, ossa corte e robuste, per conservare al massimo la temperatura corporea. Il tardo pleistocene si è concluso con il cambiamento climatico globale di 12.000 anni fa, in seguito al quale si sono avuti sia delle massicce migrazioni che ibridazioni tra varie razze, con estinzione delle varietà umane estreme (specializzate). La specie umana rimane comunque uno dei mammiferi terrestri con le più ampie variazioni fisiche, di statura, colore e conformazione degli adulti. Secondo la teoria attualmente più accreditata, Il periodo che va dal paleolitico medio, circa 200.000 anni fa (i più antichi resti anatomicamente simili all'uomo moderno si possono datare a 195 000 anni fa, con una incertezza di ± 5 000 anni), all'epoca odierna, vede la comparsa e la diversificazione della specie Homo sapiens, in Africa orientale. Secondo le teorie prevalenti, dal continente africano, circa 65-75 000 anni fa (o secondo altre evidenze alcune decine di migliaia di anni prima), in stretta coincidenza con un evento di fortissima riduzione della popolazione globale, tuttora in fase di definizione, parte della specie iniziò un percorso migratorio che attraverso un corridoio medio orientale la portò a colonizzare l'intero pianeta. Alimentazione dell’uomo moderno Sembra che l'uomo moderno non si sia mai nutrito di carcasse, ma si sia procurato la carne cacciando. Tuttavia è probabile che la carne non abbia mai costituito la base dell'alimentazione; infatti sono stati trovati anche resti di cestini per la raccolta di vegetali (Wing & Brown 1979). L'esame dei fitoliti ritrovati sullo smalto dei denti e nel tartaro ha mostrato un uso prevalente di cereali come alimenti (Lalueza et al. 1996a). L'usura dei denti mostra un'abbondanza ed un orientamento delle microstrie simile a quelli delle popolazioni moderne prevalentemente vegetariane (Lalueza et al. 1996b). Il rapporto stronzio/calcio era piuttosto elevato nel Mesolitico, indicando un'alimentazione prevalentemente basata sui vegetali; tuttavia in seguito, nel Neolitico, aumentò nuovamente, forse a seguito dell'allevamento di animali (Grupe 1995). La riduzione dei denti postcanini, e specialmente del terzo molare, che spesso manca (dente del giudizio), sta ad indicare un cibo di minore consistenza che negli altri Ominidi, probabilmente a causa dell'uso del fuoco per cucinare. D'altra parte l'uomo moderno ha lo spessore dello smalto maggiore di quello dell'uomo di Neandertal (Zilberman & Smith 1992, Molnar et al. 1993), anche se ambedue l'hanno ben minore di Australopithecus. Ciò potrebbe indicare un minor uso della carne da parte dell'uomo moderno, rispetto a quello di Neandertal. L'essere ospite definitivo quasi esclusivo di due specie di vermi solitari, indica una parziale carnivoria costante e di lunga durata (Henneberg et al. 1998). Adattamenti dell'uomo moderno Negli adattamenti dell'uomo moderno dobbiamo distinguere: adattamenti antichi, che erano già posseduti dagli Australopitecini, e che non sono stati perduti nonostante l'innegabile cambiamento di dieta; ed altri più recenti, che riflettono la sua storia evolutiva più recente. Tra gli adattamenti antichi menzioniamo: Forma della testa, con la dentatura sotto, anziché davanti, al cranio. È un adattamento a mangiare cibi duri (Preuschoft 1989; Antón 1996). Articolazione temporo-mandibolare: adattamento a masticare oggetti piccoli e duri (Jolly 1970). Arcata dentaria ampia e parabolica: adattamento a mangiare grani di cereali (Jolly 1970). Incisivi piccoli: adattamento a mangiare foglie. Riduzione dei canini: adattamento a mangiare cibi duri. Premolari e molari con cuspidi basse: adattamento a mangiare cibi duri. Smalto spesso: adattamento a mangiare cibi duri. Lo spessore dello smalto si è ridotto nel corso dell'evoluzione dell'uomo, ma attualmente è sempre molto maggiore che nelle scimmie antropomorfe (Nagatoshi 1990, Conroy 1991). Mano con pollice opponibile: adattamento a raccogliere piccoli oggetti duri, probabilmente semi. Forma del colon con tasche e pieghe semilunari: adattamento alla folivoria (Chivers & Langer 1994). Tra gli adattamenti recenti menzioniamo Riduzione della grandezza dei premolari e molari e tendenza alla riduzione del loro numero: è un adattamento a mangiare cibo più tenero, forse un effetto della carnivoria o della cottura dei cibi. Riduzione della lunghezza e della superficie dell'intestino: parziale adattamento alla carnivoria. (Maclarnon et al. 1986) Vi sono poi degli adattamenti che non sappiamo se siano antichi o recenti, perché riguardano parti del corpo non scheletriche, di cui non conosciamo la disposizione negli antichi Ominidi Rapporto tra le superfici di stomaco+cieco+colon e intestino tenue: adattamento alla frugivoria, con tendenza alla carnivoria (Chivers & Hladik 1980, 1984). Digestione alloenzimatica: adattamento a un regime alimentare di non carnivoria (Chivers & Langer 1994). Cuscinetti di grasso nei glutei: adattamento ad una alimentazione a base di semi (Jolly 1970). Globuline IgA: adattamento ad un'alimentazione a base di foglie (Andrews 1981). Come si può vedere, gli adattamenti dell'uomo sono in prevalenza per un'alimentazione a base di vegetali, soprattutto semi, tuberi e foglie. Gli adattamenti ad un'alimentazione a base di carne sono molto meno numerosi. Considerando l'evoluzione dell'uomo, sembra che questi adattamenti ad un'alimentazione a base di semi, tuberi e foglie, fossero più spiccati negli Australopitecini; in seguito però alcuni di questi adattamenti sono regrediti a seguito dell'inserimento anche della carne nell'alimentazione degli Ominidi. Tuttavia una quantità di adattamenti che favoriscono un'alimentazione a base di semi, tuberi e foglie si sono conservati fino ad oggi; inoltre sembra che, mentre l'Uomo di Neandertal si è specializzato per un'alimentazione più carnivora, l'uomo moderno (Homo sapiens moderno) è invece ritornato su un'alimentazione a base soprattutto di vegetali, e ciò ha influito sui suoi adattamenti. Il clima gioca comunque un ruolo fondamentale sulla scelta alimentare, per cause adattative legate alla temperatura. Tutti i dati di cui disponiamo, dicono all’unisono che quanto più ci avviciniamo al veganismo crudista, fino al fruttivorismo, tanto più la salute, le aspettative di vita e l’energia, si impennano. L’uomo è nato ai tropici e non ha sviluppato alcun adattamento termico all’ambiente; ciò significa che se risiede in luoghi freddi, dovrà avere un’alimentazione più sul vegano crudista grasso, piuttosto che fruttivoro, e che non vi è quindi una regola fissa, così come i climi in cui vivono gli uomini, non sono né gli stessi, né quelli per i quali esso è strutturato, tropici a parte. Entrando nello specifico, gli alimenti più compatibili con la struttura fisica umana attuale, sembrano essere in linea generale: frutta dolce fresca, frutta semi-dolce e semi-acida, frutta acida (anche se non da tutti ben tollerata), frutta grassa (anche qui ci sono variabili personali di tolleranza), frutta essiccata dolce (consumata con moderazione poiché essendo un concentrato, può causare in alcuni soggetti, fenomeni di carie dentali ed altre problematiche più correlate al metabolismo degli zuccheri). A proposito di frutti, si è anche ipotizzato possa essercene uno in particolare piu’ adatto all’uomo; la mela. In realtà non esistono dati sufficienti per poter stabilire se esista realmente o meno un frutto elettivo, ma tenendo conto della grande quantità di variazioni ed adattamenti nel frattempo avvenuti durante la storia dell’uomo, si ritiene alquanto improbabile. Sembra invece assai più ragionevole, disporre della grande varietà di frutti disponibili attualmente sul mercato, tenendo conto anche della rotazione stagionale e della disponibilità di produzione locale, oltre che dai gusti e dalle compatibilità personali. Oltre alla frutta, l’organismo umano sembra beneficiare molto anche del consumo di verdure, tuberi, ortaggi, fiori, semi e noci (al naturale), germogli (anche cereali e legumi germinati eventualmente), tutto consumato crudo o essiccato con metodi naturali. Del resto nessun animale in natura cuoce il proprio cibo e nonostante l’uomo utilizzi il fuoco per rendere più commestibili alcuni alimenti non propriamente adatti alla sua fisiologia già da parecchio tempo ormai, il cibo crudo risulta essere ancora oggi, la migliore scelta possibile, visti i risultati in termini di salute e vitalità, che il consumo prevalente di vegetali integrali riesce a donare all’uomo. Il nostro organismo infatti, considera innaturale ogni materia vivente sottoposta a radicale trasformazione molecolare, anche quella che avviene con la cottura, in quanto le sostanze cotte subiscono trasformazioni chimiche irreversibili. Comunque anche una breve cottura conservativa come ultimo pasto della giornata, di verdure/tuberi/ortaggi, sempre preceduto da vegetali freschi crudi, non sembra causare particolari problemi. In generale la percentuale di crudo dovrebbe aggirarsi intorno all’80/90% almeno, per dare risultati molto soddisfacenti, a livello di vitalità e benessere. Il crudismo vegan integrale o frugivorismo, sembra sia possibile raggiungerlo più facilmente e mantenerlo, preferenzialmente in zone climatiche calde e tendenzialmente poco umide, dove abbonda la frutta dolce e grazie al sole e alla presenza di altri fattori ambientali particolarmente favorevoli alla fisiologia umana, è possibile anche per lunghi periodi, con la giusta varietà a rotazione, vivere anche solo di frutta dolce, frutta grassa e qualche ortaggio, senza l’aggiunta di verdure a foglia e radici/tuberi, semi e noci. La possibilità di alimentarsi in questo modo, diminuisce in proporzione man mano che ci si avvicina al nord, verso climi piu’ freddi ed umidi: soprattutto sembra poco adatto al fruttivorismo, mentre il crudismo vegan con qualche eventuale pasto cotto serale, cosi’ come descritto sopra, sembra essere piu’ sostenibile in questi casi. Del resto siamo animali senza pelliccia ed il freddo non è assolutamente il clima migliore per noi. Inoltre esistono variabili molto personali di tolleranza verso alcuni alimenti tra quelli menzionati, che determinano risultati anche molto diversi, nell’arco di un lasso di tempo abbastanza lungo. Ad esempio ci sono persone che tollerano molto male la frutta acida, sviluppando col tempo problemi di demineralizzazione ai denti, erosione, ferite alla mucosa della bocca, indebolimento ed astenia. Altri invece sembrano beneficiarne in modo particolare, addirittura ottenendo benefici e guarigione di malattie in stato avanzato. In altri casi è stata notata una difficoltà a digerire i grassi di noci e semi, mentre invece quelli da frutta risultano piu’ tollerabili (parliamo di avocado e olive), in altri casi ancora è esattamente il contrario. Ci sono persone che digeriscono molto bene le verdure, i tuberi (a parte la patata bianca e gialla che risulta indigesta cruda), i fiori e le verdure in genere, tutto consumato crudo. Altri che non riescono a metabolizzarli in questo modo ed invece li tollerano soltanto cotti. Alcuni sembrano funzionare molto bene con sola frutta dolce e pochi ortaggi, altri nel tempo sviluppano carenze di minerali in questo modo e devono tornare a consumare almeno le verdure a foglia verde. Molto dipende da fattori ambientali climatici, come già si accennava sopra, ma anche dalla qualità degli alimenti freschi consumati, dalle tecniche di coltura e dalla specificità dei terreni. Inoltre incide molto anche la storia personale alimentare precedente al cambiamento verso il crudismo vegan a da altri fattori più emozionali/energetici. Insomma, difficile davvero determinare con esattezza quale sia la cosa migliore, il consiglio è sempre quello di sviluppare col tempo una sensibilità sufficientemente ampia verso il proprio corpo, senza abbracciare nessun assolutismo, rimanendo elastici ed adattabili, partendo dalle linee generali descritte precedentemente. La scoperta non verrà ovviamente mai comunicata dai canali ufficiali. Per saperne di più scarica gratuitamente il Primo Capitolo di Translife Revelation Anime Libere seguendo il link -> www.transliferevelation.org Se vuoi collaborare alla divulgazione, puoi inviare a chi desideri il Primo Capitolo di Translife Revelation Anime Libere. Veganismo & Crudismo Translife - www.veganismocrudismo.altervista.org - https://www.facebook.com/groups/242362855966521 Translife Revelation Anime Libere - www.transliferevelation.org Ecovillaggi di Baite Liberate Project Translife - www.labaitadelbalzoquantico.altervista.org