Post/teca 08.2012

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Post/teca 08.2012
Post/teca
materiali digitali
a cura di sergio failla
08.2012
ZeroBook 2012
Post/teca
materiali digitali
Di post in post, tutta la vita è un post? Tra il dire e il fare c'è di
mezzo un post? Meglio un post oggi che niente domani? E un post
è davvero un apostrofo rosa tra le parole “hai rotto er cazzo”?
Questi e altri quesiti potrebbero sorgere leggendo questa antologia
di brani tratti dal web, a esclusivo uso e consumo personale e
dunque senza nessunissima finalità se non quella di perder tempo
nel web. (Perché il web, Internet e il computer è solo questo: un
ennesimo modo per tutti noi di impiegare/ perdere/ investire/
godere/ sperperare tempo della nostra vita). In massima parte sono
brevi post, ogni tanto qualche articolo. Nel complesso dovrebbero
servire da documentazione, zibaldone, archivio digitale. Per cosa?
Beh, questo proprio non sta a me dirlo.
Buona parte del materiale qui raccolto è stato ribloggato anche su
girodivite.tumblr.com grazie al sistema di re-blog che è possibile
con il sistema di Tumblr. Altro materiale qui presente è invece
preso da altri siti web e pubblicazioni online e riflette gli interessi e
le curiosità (anche solo passeggeri e superficiali) del curatore.
Questo archivio esce diviso in mensilità. Per ogni “numero” si
conta di far uscire la versione solo di testi e quella fatta di testi e di
immagini. Quanto ai copyright, beh questa antologia non persegue
finalità commerciali, si è sempre cercato di preservare la “fonte” o
quantomeno la mediazione (“via”) di ogni singolo brano. Qualcuno
da qualche parte ha detto: importa certo da dove proviene una cosa,
ma più importante è fino a dove tu porti quella cosa. Buon uso a
tutt*
sergio
Questa antologia esce a cura della casa editrice ZeroBook. Per info: [email protected]
Per i materiali sottoposti a diversa licenza si prega rispettare i relativi diritti. Per il resto, questo libro esce sotto
Licenza Creative Commons 2,5 (libera distribuzione, divieto di modifica a scopi commerciali).
Post/teca
materiali digitali
a cura di Sergio Failla
ZeroBook 2012
Post/teca
20120801
3nding ha rebloggato ze-violet
Un po' di sano cinismo
ze-violet:
spaam:
Dato che noi siamo la prima generazione che tutto fotografa e tutto posta in rete, tra 15 anni,
grosso modo, dovrebbero iniziare a spuntare le prime pic a tema tumori della prostata, cancro al
seno, il letto d’ospedale, il dettaglio del bicchierino con le pillole antidepressive, i saluti dal
reparto di chemioterapia intensiva, le lastre al torace taked by Instagram, o più semplicemente
noi che ci trasciniamo dentro casa spingendo un treppiedi a cui è attaccata l’ultima flebo.
I social network, allora, si divideranno in due grossi gruppi di utenti: i vecchi rompicoglioni
della prima generazione (noi) ed i giovani, che già adesso chiamiamo bimbominkia perché non
accettiamo il fatto che stiamo inesorabilmente invecchiando. Ci faremo, allora, la guerra delle
immagini. Le loro, mentre fanno balkoning ubriachi da qualche isola tropicale, tipo Ibiza e le
nostre, mentre fissiamo il monitor con il segnale del battito cardiaco, in attesa che la fiala per
l’eutanasia faccia finalmente effetto.
E buon 1° agosto 2012.
(mi prenoto fuori :D)
Fonte: spaam
--------------------onepercentaboutanything ha rebloggato distopico
“Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che
deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita
cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo.”
— Oriana Fallaci (via vanpeltistheway)
Fonte: vanpeltistheway
----------------------thatwasjustyourlife ha rebloggato lilithme
“Come può mancarci chi non abbiamo mai avuto? Cosa ci manca veramente: l’altro o una
parte di noi stessi? O abbiamo bisogno che qualcuno ci regali quella parte di noi stessi che ci
manca? Sono cose che nessuno sa.”
— Alessandro D’Avenia (via andremoaprenderefreddo)
Fonte: aurorasognaeneisuoisogni
----------------------inveceerauncalesse ha rebloggato v4l3
saneinsane:
- Cosa succede se lui ti chiede come ti sei fatta quel livido sulla coscia?
- Me l’ha già chiesto.
- Ah. E tu?
- Gli ho detto la verità. Dico sempre la verità. Così non possono mai beccarti a dire una bugia.
- Cosa gli hai detto?
- Gli ho detto: «Mi sono fatta questo livido durante un torrido amplesso con uno scrittore
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Post/teca
disoccupato in un appartamento di una casa senza ascensore a Notting Hill».
- E allora?
- Suona come uno scherzo stupido. Grandi risate.
- E tu conservi l’illusione di essere stata una donna onesta.
- Nel modo più assoluto.
Philip Roth, Inganno.
Fonte: microletteratura
-----------------fogliadithe
Sport
Schivare i passeggini, saltare i chihuahua, evitare la roba appesa in alto. Io al mercato non vado per
comprare cose, ma per una questione di allenamento fisico.
----------------------charlesdclimer ha rebloggato wisdomisn-tfree
“The most terrifying fact about the universe is not that it is hostile but that it is indifferent;
but if we can come to terms with this indifference and accept the challenges of life within the
boundaries of death — however mutable man may be able to make them — our existence as a
species can have genuine meaning and fulfillment. However vast the darkness, we must supply
our own light.”
— Stanley Kubrick (via neonmojo)
Fonte: neonmojo
-----------------viceitaly:
Boobs-only lesbians
“Per anni le donne sono state costrette a definire i propri gusti sessuali in tre modi: eterosessuale,
omosessuale o bisessuale. Una recente ricerca ha indicato che vi è una quarta categoria: solo tette.
Quest’ultima è per le donne che amano la compagnia di altre donne, amano la bellezza delle
donne, ma hanno un’avversione per la vagina.” Sono queste le parole con cui le autrici del blog
Boobs-only Lesbians definiscono la loro sessualità.
Boobs-only Lesbians è un blog per le donne che amano la compagnia di altre donne, amano la
bellezza delle donne, ma hanno un’avversione per la vagina. Ovvero, le lesbiche “solo tette”.
Continua a leggere
--------------------senza-voce ha rebloggato mentaltrips
“Dimmi, quante volte al giorno provi una fitta di dolore pensando: non le scriverò mai questa
cosa. Non conoscerà mai questo momento?”
— D. Grossman (via cosechenonsaidime)
Fonte: eravamonellostessoamore
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Post/teca
rispostesenzadomanda ha rebloggato pickumater
“Come dicono i buddisti, fatti una vita precedente.”
— Periferia galattica: (via curiositasmundi)
Fonte: periferiagalattica
--------------------20120802
millenovecentosettantuno ha rebloggato kon-igi
“Un arciere non gettava mai via la propria arma, neppure se gli si spezzava in mano;
l’affidava sempre alle fiamme, in una cerimonia che era una scusa per bere e farsi quattro
risate. Era un modo per spedire l’arco all’inferno, dicevano gli arcieri, affinché attendesse
laggiù il suo proprietario.”
— Bernard Cornwell - ‘La Spada e il Calice’ (via kon-igi)
---------------selene ha rebloggato soldino
“Quello che non ho è un treno arrugginito, che mi riporti indietro da dove sono partito.”
— Fabrizio de André (via soldino)
----------kon-igi ha rebloggato madonnaliberaprofessionista
madonnaliberaprofessionista:
Forse oggi Angela sarebbe alla vigilia del suo matrimonio, forse sarebbe innamoratissima di un
ragazzo conosciuto all’università, forse sarebbe in vacanza, in questo momento, in un isola del
Mediterraneo, vacanza meritata dopo undici mesi di lavoro in fabbrica e la fine di un amore. Forse
avrebbe un ricordo vago di quel viaggio in treno con la sua mamma, quando aveva appena tre
anni, e le case scorrevano via tanto veloci, e lei le salutava con la manina, e la mamma aveva
tirato fuori dalla borsa la bottiglia dell’aranciata, e lei aveva bevuto e l’andare sconnesso del treno
le aveva fatto cadere qualche goccia della bibita sul vestitino nuovo, comprato apposta per le
vacanze, e allora lei si era messa a piangere, ma poi si era addormentata, e quando si era svegliata
il viaggio era già finito. Forse si ricorderebbe di quel primo viaggio, e ogni tanto ne parlerebbe
con sua madre, Ti ricordi, le direbbe, ti ricordi quella volta che siamo andate in vacanza sul lago?
Ma non c’è stato nessun viaggio, per la piccola Angela. La vita le è stata sottratta ancora prima
che il viaggio iniziasse. Ha volato, Angela. Il suo corpo è saltato in aria nella sala di aspetto della
stazione di Bologna il 2 agosto 1980.
Da qui.
-------------yomersapiens
“a causa di un sogno irreversibile, la realtà di oggi sarà avviata in modalità provvisoria.”
— mai e poi mai svegliarsi prima del dovuto.
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Post/teca
----------------selene ha rebloggato brutteabitudini
“La luna guardava la terra da vicino da più tempo di chiunque altro. Probabilmente era stata
testimone di tutti i fenomeni accaduti e di tutte le azioni compiute quaggiù. Ma manteneva il
silenzio e non raccontava nulla. Si limitava a custodire un pesante passato con precisione e
distacco. Lassù non c’era aria né vento; il vuoto era adatto a conservare intatti i ricordi.”
— Murakami Haruki, 1Q84 (via hallbicocca)
Fonte: hallbicocca
-----------cosipergioco
Sapete che credo di averlo sentito lo scoppio che fece la bomba alla stazione di Bologna. Sì lo so
che è impossibile, perchè io sono dell’82 e due anni prima forse non ero nemmeno nei pensieri dei
miei genitori, in più loro quel giorno non erano assolutamente a Bologna, ma stavano facendo
campeggio in Sardegna quindi proprio non è possibile. Eppure, eppure l’ho sentito, perchè ha
segnato così tanto la giovinezza dei miei genitori con lacrime, manifestazioni, incazzature che sono
convinta che, in qualche modo, tutto questo mi sia stato trasmesso; perchè da sempre a casa mia se
ne parla, perchè da quando ho iniziato a capirne qualcosa mi hanno fatto informare, leggere
testimonianze, vedere documentari.
Ho visto la sala d’attesa della Stazione di Bologna per la prima volta solo qualche mese fa e ho
visto quello squarcio, e sì, io lo scoppio credo di averlo sentito davvero.
----------------20120803
kon-igi ha rebloggato soggetti-smarriti
soggetti-smarriti:
brondybux:
• Diffido della gente che fa elenchi puntati
● Soprattutto di chi li reblogga.
1. Io sono diverso
Fonte: brondybux
----------------------curiositasmundi ha rebloggato tagestamas
307.
tagestamas:
Pare che conosca un vero e proprio boom la ruspofilia, ossia quel sentimento di amore e
attrazione, non sempre onesta e pulita, verso i grossi automezzi da lavoro (possibilmente gialli).
La connessione fra sesso e ruspe, d’altronde, è antica e ben nota.
In particolare, ad ogni modo, sta spopolando un sito - con base in Oltenia - che propone numerose
gallerie (ruspe, gallerie. Sì) di quelle che sono ormai note come “Le ragazze del movimento terra”.
Le giovani, sovente dai capelli chiari e dai tratti slavo-mongolici, posano alla guida delle ruspe,
degli escavatori o delle pale meccaniche, o mollemente sdraiate sul metallo; oppure giocano con
dei modellini secondo modalità che non è il caso di riportare in questa sede.
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Post/teca
Il capo della polizia postale, invitato giorni fa da una petizione a riflettere sulla chiusura del sito,
non ha ancora chiuso la scheda del proprio programma di navigazione.
--------------------selene ha rebloggato millenovecentosettantuno
fuckyeahthevoice:
Even in a mug shot it is an astonishing face. The extravagantly sensual lower lip. The
intelligence of the pale, wide-set eyes. The greasy hank of hair over the left eyebrow—he could
have flicked it out of the way; he chose not to—is a rebellious 1930s touch worthy of a Dillinger
or Pretty Boy Floyd. It is a sensitive face, but one of a man with full knowledge of his own
importance. -James Kaplan, Frank: The Voice
Frank Sinatra was arrested at the Rustic Cabin nightclub where he worked in New Jersey on
November 27, 1938. The original arrest warrant stated that on November 2 and 9, 1938, Frank
Sinatra, ‘being then and there a single man over the age of eighteen years, under the promise of
marriage, did then and there have sexual intercourse with the said complainant who was then and
there a single female of good repute for chastity whereby she became pregnant.’ In other words—
seduction. The single female of good repute who Frank had been carrying on with was Antoinette
“Toni” Della Penta. She and Frank’s future wife, Nancy Barbato, had gotten into a fight at the
Rustic Cabin two days prior, Toni unable to accept that her momentary affair with Frank was just
that. There was a problem, though, with the arrest warrant: the single female of good repute was
not single, but married and legally separated. There was also the question of her pregnancy, as the
dates given for their trysts came less than a month before his arrest. There was little truth to her
claims, and Toni dropped the charges. However, due to a tense relationship with Sinatra’s mother
Dolly, she swore out a second warrant against Frank Sinatra, this time for adultery. He was
arrested again three days before Christmas and released on bail—again, nothing came of it. It all
fell apart slowly over a period of a couple months, but the image of Sinatra’s mug shot is iconic.
Fonte: fuckyeahthevoice
--------------------------alfaprivativa ha rebloggato sillogismo
“C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va
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Post/teca
perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, va
perduto, tutto, servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità
senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti,
degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono
a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o
mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e
pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il
significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta
di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo
sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni,
per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare
anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come
i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.”
— Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno.
Fonte: byronic
-----------------3nding
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito spritz.”
— 3nding
3nding
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.”
— Salvatore Quasimodo
-------------------rispostesenzadomanda ha rebloggato divara
“
malincogatto portami via
con quel tuo strano tipo di occhi
con quello strano tuo tipo di verde dei tuoi occhi strani
malincogatto portami via
mostrami la strada e
accompagnami
tienimi per la zampa
malincogatto portami via
fammi riposare sulla tua pancia morbida
fammi le fusa
leccami il naso
con quella lingua ruvida
sminami la strada
ch’io possa danzare
con le mie nuove scarpette da tip-tap
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Post/teca
senza saltare in aria
ossigenami di baci
se cado afferrami
sii il mio antidolorifico peloso
insegnami la speranza
spaventa i miei nemici
offrimi da bere
avvolgimi nei tuoi capelli
raccontami le favole della buonissima notte
vestiti leggera
lasciati guardare
fatti toccare
toccami molto
che ho paura di scomparire
malincogatto portami via
e facciamo che la nostra vita
sia un pigiama party
che dura
per l’eternità
”
— Malincogatto portami via
Guido Catalano (via divara)
Fonte: guidocatalano.it
--------------------chediomifulmini ha rebloggato dapa
Oroscopo
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Ariete: Le persone attorno a voi vi trattano di merda. Ve lo meritate.
Toro: Tocca andare a fare la spesa, di quelle con il cibo vero. Basta patatine e brioche.
Gemelli: È un periodaccio ma sta per finire. Se v'è rimasto qualcosa fate testamento.
Granchio: Il sesso va molto meglio da quando la connessione è più veloce.
Leone: Finalmente incontrerete vecchi amici che non hanno dimenticato i soldi che gli dovete.
Vergine: La luna è avanti al vostro segno. Non è il caso d'andare al cinema.
Bilancia: Tutti sembrano allontanarsi da voi. Una bella doccia e tutto tornerà a posto.
Scorpione: Da molto tempo vi chiedete se il vostro partner vi tradisce. Fate bene.
Sagittario: I sogni vi scombussolano e sembra vogliano avvisarvi di qualcosa: cenate leggeri.
Capricorno: In arrivo una promozione. Andate al supermercato allo scaffale dei biscotti.
Acquario: Qualcuno inizia ad apprezzarvi e tra voi il rapporto migliora lasciando ben sperare!
Pesci: Potreste star apprezzando qualcuno che non lo merita. Se è acquario evitatelo.
-----------------uncertainplume ha rebloggato flipperella
flipperella:
Io ti floro
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Post/teca
tu mi fauni
Io ti scorzo
io ti porto
e ti finestro
tu mi ossi
tu mi oceani
tu mi audaci
tu mi meteoriti
Io ti soglio
io ti straordinario
tu mi parossismi
Tu mi parossismi
e mi paradossi
io ti clavicembalo
tu mi silenti
tu mi specchi
io ti orologio
Tu mi miraggi
tu mi oasi
tu mi uccelli
tu mi insetti
tu mi cataratti
Io ti luno
tu mi nuvoli
tu mi altamarei
Io ti trasparento
tu mi penombri
tu mi traslucidi
tu mi castelli
e mi labirinti
Tu mi parallassi
e mi paraboli
tu mi sollevi
e mi stesi
tu mi obliqui
Io ti equinozio
io ti poeto
tu mi danzi
io ti particolo
tu mi perpendicoli
e sottoscali
Tu mi visibili
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Post/teca
tu mi profili
tu mi infiniti
tu mi indivisibili
tu mi ironici
Io ti frango
io ti ardento
io ti fonetico
tu mi geroglifici
Tu mi spazi
tu mi torrenti
io ti torrento
a mia volta ma tu
tu mi fluidi
tu mi cadenti, mi stelli
tu mi vulcanici
noi ci polverizzabile
Noi ci scandalosamente
giorno e notte
noi ci oggi stesso
tu mi tangenti
io ti concentrico
Tu mi solubili
tu mi insolubili
tu mi asfissianti
e mi liberatrici
tu mi pulsatrici
Tu mi vertigini
tu mi estasi
tu mi passioni
tu mi assoluti
io ti assento
tu mi assurdi
[prendere corpo]
Io ti naso io ti capigliaturo
io ti osso
tu mi ossessioni
io ti petto
io busto il tuo petto poi il tuo volto
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Post/teca
io ti corsetto
tu mi odori tu mi vertigini
tu scivoli
io ti coscio io ti carezzo
io ti fremito
tu mi cavalchi
tu mi insopportabili
io ti amazzono
io ti golo io ti ventro
io ti gonno
io ti giarrettiero io ti calzo io ti Bach
sì io ti Bach per clavicembalo seno e flauto
io ti tremo
tu mi seduci tu mi assorbi
io ti litigo
io ti rischio io ti scalo
tu mi sfiori
io ti nuoto
ma tu tu mi turbini
tu mi sfiori tu mi scruti
tu mi carni cuoi pelli e morsi
tu mi slip neri
tu mi ballerini rossi
e quando tu non tacchi alti i miei sensi
tu li coccodrilli
tu li fochi tu li affascini
tu mi copri
io ti scopro io ti invento
a volte tu ti libri
tu mi umidi, mi labbri
io ti libero io ti deliro
tu mi deliri e appassioni
io ti spallo io ti vertebro io ti caviglio
io ti ciglio e pupillo
e se non ti scapolo prima dei miei polmoni
anche lontana tu mi ascelli
io ti respiro
giorno e notte io ti respiro
io ti bocco
io ti palato io ti dento io ti unghio
io ti vulvo io ti palpebro
io ti alito
io ti inguino
io ti sanguo io ti collo
io ti polpaccio io ti certezzo
io ti guancio e ti veno
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Post/teca
io ti mano
io ti sudoro
io ti languo
io ti nuco
io ti navigo
io ti ombro io ti corpo e ti fantastico
io ti retino nel mio soffio
tu mi iridi
io ti scrivo
tu mi pensi
Gherasim Luca, da La fine del mondo (1969)
----------------------falcemartello ha rebloggato elisabettapace
“Le persone non cambiano. Trovano solo nuovi modi per mentire.”
— (via elisabettapace)
-----------------
Una lunga estate calda
Anniversario strage di Bologna, dopo due anni di assenza torna il governo. Trenitalia si
scusa per il disagio.
Licio Gelli sulla strage del 2 agosto 1980: “Fu un mozzicone di sigaretta”. Per non parlare
di quell’aquilone a Ustica.
Secondo Licio Gelli, la strage di Bologna fu colpa di una sigaretta. Fioravanti si limitò a
installare un posacenere difettoso.
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Post/teca
Ilva di Taranto, impianti sequestrati. Ma gli ostaggi sono gli operai.
Taranto bloccata dagli operai. Hanno già cominciato ad ammucchiarli a bordo strada.
Dopo il sequestro dell’Ilva, i dipendenti bloccano la circolazione delle auto. Di questo passo
Taranto diventerà il polmone verde d’Italia.
Bloccate le vie di collegamento con Bari. Anche se ci avevano già pensato le ferrovie.
Da tarantino, non riesco a immaginare la città senza Ilva. Aspetta un attimo: non riesco a
immaginare proprio più nulla!
Vendola: “Non lasceremo che i tarantini debbano scegliere tra cancro e povertà”. Quando
possono averli entrambi.
Il ministro dell’Ambiente si oppone alla chiusura. Be’, in fondo è suo.
(Vorrei tranquillizzare gli operai dell’Ilva di Taranto. Ci sono migliaia di piccole aziende
senza alcun controllo che vi aspettano)
I leader sindacali arrivano in città. È quel che dicono le nonne tarantine ai nipotini se non
mangiano.
La protesta degli operai Ilva interrompe il comizio dei sindacati. Finalmente una buona
notizia.
I contestatori hanno acceso fumogeni sotto al palco. Per vedere meglio.
Gli operai sono arrivati fino al palco a bordo di un’Apecar. Poi hanno preso la parola
ricordando i compagni persi per strada.
I tarantini si raccolgono in preghiera. “Padre nostro che sei nei cieli là dietro…”
Anche il Papa contro la chiusura delle acciaierie. È preoccupato per quella cronica carenza
di coperchi.
***
Liberata Rossella Urru. La Farnesina: “Di nuovo?”
Finalmente il sospirato lieto fine per la vicenda di Rossella. “Un altro giorno domani è!”
In un primo momento il Ministero degli Esteri aveva frenato gli entusiasmi. “Potrebbe
essere un’omonima”.
(D’ora in poi se su Facebook vedrete un avatar con il volto di Rossella Urru sarà proprio
Rossella Urru)
Sconfitto il terrorismo ha detto Monti. Che da piccolo sconfiggeva i bulli consegnando la
merenda.
La Urru scambiata per tre estremisti islamici. Da quanto non si depila?
Rossella Urru torna in Italia: “Lavorerò ancora”. Si vede che non l’hanno aggiornata.
Il paesino d’origine della Urru è in festa. Roba che liberano qualche sequestrato anche là.
Napolitano: “Passatemi il comunicato Sollievo e gioia”.
Il governo ha elogiato “una donna che sceglie di rischiare in proprio per aiutare un paese
poverissimo”. Ma la Merkel non ha ceduto alle lusinghe.
Terzi: “È il simbolo del coraggio, della dignità e della fierezza delle donne italiane”. E
infatti se ne era andata.
La Urru: “Vorrei tornare in Africa al più presto”. Calma bella, prima vediamo se pagano il
riscatto.
***
Strage alla prima di Batman, 14 morti. Gli è andata di culo che non era Rambo.
Uomo armato entra al cinema e apre il fuoco. Il pubblico: “Sssh!”
Il bilancio della strage al cinema è di 14 morti. Quante vite può salvare un torrent!
Un testimone: “La gente pensava che gli spari facessero parte del film”. Anch’io vado a
vedere i film dei Vanzina per poter scorreggiare in tutta tranquillità.
Dopo l’ennesima strage, l’America torna a interrogarsi sulle armi da fuoco. “Non sono una
figata?”
16
Post/teca
(Cose del genere in Italia non potrebbero mai accadere. Intendo le stragi con un colpevole)
Obama: “No alle armi nelle mani sbagliate”. Allora consegnate il Pentagono ai Barbapapà.
L’autore della strage non faceva parte di nessun social network. Chiaramente uno
squilibrato.
(L’assassino non era iscritto a Facebook. E allora di chi è la colpa?)
Un amico del killer lo ricorda come “bravissimo a scuola”. D’altronde, voi come vi sareste
comportati al posto dei professori?
James Holmes in tribunale: capelli rossi e sguardo assente. Praticamente la Vanoni.
Dure parole di Benedetto XVI: “Dov’era il vostro Batman?”
Anniversario di via d’Amelio. Nelle intercettazioni verrà osservato un minuto di silenzio.
(Pensate, sono già passati vent’anni da quando il magistrato più noto d’Italia è diventato Di
Pietro)
A vent’anni dalla strage di Via D’Amelio ancora nessun colpevole. Tanto ormai se ne sarà
scordato pure lui.
Grande impegno delle istituzioni per ricordare l’attentato a Borsellino. Berlusconi ha
chiesto a una delle ragazze di travestirsi da citofono.
La famiglia Borsellino ha rifiutato la corona di fiori inviata dallo Stato. Furono indelicati a
mandargliela il giorno prima.
Gli eredi di Paolo Borsellino non intendono accettare omaggi da parte dello Stato. Se non
in presenza degli artificieri.
Dell’Utri: “A uccidere Borsellino siamo stati io e Berlusconi”. Si vede che per quel giorno
hanno bisogno di un alibi.
(Per la legge, Dell’Utri è innocente fino a quando non la smette di dimostrare il contrario)
Napolitano: “Voglio sapere la verità su Borsellino”. Dev’essere caduta la linea.
***
Siria, bomba uccide ministro della Difesa. È bastato si distraesse un attimo.
(Pare che anche in Siria stiano dando Batman)
Il Pentagono vuole più pressione su Assad. Ma è difficile ucciderlo con lo shiatsu.
Dall’Unione Europea in arrivo durissime sanzioni contro la Siria. Si parla addirittura di
renderla Stato membro.
Fucilati venti uomini disarmati. Fallito un primo tentativo di giustiziarli armati.
Celebre scultore siriano torturato fino alla morte. “Perché non parli?”
17
Post/teca
Assad: “Se verremo attaccati useremo le armi chimiche”. Sì, ma io sarei della Folletto.
La Siria: “Useremo armi chimiche se attaccati”. Obama: “Grave errore”. “Ok, anche se
non attaccati”.
Il segretario generale dell’Onu invia in Siria il suo vice per le operazioni di peacekeeping.
“Prendete lui!”
***
Scoperta la particella di Dio. Ite, massa est.
Finalmente localizzata la particella che dà massa a tutti i corpi. È nella birra.
Scienziati del Cern trovano il bosone di Higgs. È la prova inconfutabile dell’esistenza di
Higgs.
Trovata la particella mancante del modello standard. Ora possiamo pensare agli optional.
Dopo mezzo secolo dalla sua teorizzazione è stata finalmente trovata la particella di Dio. Si
è fatta pregare.
Ci sono voluti cinquant’anni, svariati miliardi di euro e un acceleratore di 27 chilometri per
trovare il bosone di Higgs. Ok, adesso sbaraccare.
Il bosone di Higgs è una sorta di colla che tiene insieme tutto l’universo. Ma poi ecco che ti
arriva Di Pietro.
C’è commozione nell’aula magna del Cern. Anche questo mese dovrebbero arrivare gli
stipendi.
Il comunicato degli scienziati: “Esistono segni della presenza di una nuova particella con
massa vicina ai 126 GeV con una significatività di 4.9 sigma”. Tutto da riscrivere
l’Angelus di domenica.
La particella di Dio presenta molti lati oscuri e comportamenti imprevedibili. Così ha
risposto Battiato alla domanda “Come va?”
Il bosone è instabile, sensibilissimo ed estremamente fragile. Quindi non ditegli che è
grasso.
Stephen Hawking aveva scommesso che il bosone di Higgs non esistesse. Ora sono cazzi
del suo gommista.
***
Sentenza Diaz, decapitati i vertici della polizia. Tanto ricrescono.
Condannati il numero due, il numero tre e il numero quattro della polizia. Il numero uno
non è mica il numero uno per caso.
Pesante la sentenza dopo nove ore di camera di consiglio: “Fa un cazzo di caldo, eh?”
La sentenza conferma le condanne per tutti gli imputati. Ma loro continuano a negare di
essere mai entrati in una scuola.
Vittorio Agnoletto parla di “grande emozione”. Era dal 2001 che non lo intervistavano.
Per gli imputati, cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Cioè, potranno menare solo
nelle scuole private?
Adesso le vittime del pestaggio potranno ottenere i risarcimenti. Ma solo se hanno le
fatture del dentista.
Tra prescrizione e indulto, nessuno dei condannati andrà in carcere. E che sia di esempio
per tutti.
Manganelli: “È il momento delle scuse”. Erano già così quando siamo arrivati.
Cancellieri: “A Genova sono stati commessi gravi errori”. Tipo lasciare in vita i testimoni.
Il parlamento non ha fatto una commissione d’inchiesta per accertare le responsabilità
politiche. Ehi, le ha accertate così!
Vendola: “Un raggio di verità e giustizia che illumina una pagina buia della storia
italiana”. Ed è fubito fera.
Borghezio si schiera con i condannati. Ma ha negli occhi il rimpianto per non averlo fatto
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Post/teca
allora.
De Gennaro: “Dolore per chi ha subito dei torti”. Ma anche torti per chi ha subito il dolore.
L’ex capo della polizia: “Ho sempre rispettato lo stato di diritto”. Come un leale avversario.
***
Spagna a un passo dal fallimento. A Pamplona stanno già rincorrendo i tori.
La polizia di Madrid spara proiettili di gomma sui manifestanti. I liquidator erano scarichi.
I pompieri protestano vestiti del solo casco. Ma credo che evocare i Village People non
risolverà nulla.
Azienda cinese acquista una quota dell’Inter. Fanno degli scudetti che sembrano veri.
Vendola e Bersani pensano all’alleanza con l’Udc. “Se non partiamo così, ma quando
ripartiamo?”
La donna usava il reggiseno già nel medioevo. Anche se tutti credevano fosse piatta.
Tuffo in mare della Fiat 500 per una pubblicità. Non ingannevole.
Illinois, catturato il piranha mangia-testicoli. Brutto a dirsi, ma finché assaggia è piacevole.
La nuova specie di piranha mangia i testicoli e può pesare fino a 55 chili. Praticamente una
fidanzata.
Falso agente di moda faceva prostituire le ragazze. Proprio come uno vero.
Nuova Delhi, donna partorisce in metropolitana. Già che si stava larghi.
Bari, clandestini tra le cozze. “Guardi signo’, si muovono ancora!”
I clandestini afghani si erano nascosti tra quintali di cozze. Scoperti dopo la rimozione
della barba.
Sempre più donne praticano lo sbiancamento anale. Puntano tutto sulla prima
impressione.
Creata l’app che fa vedere i ciechi. Eccone lì uno.
Yemen, rapito un italiano. Ma purtroppo per lui non è fotogenico.
***
fonte: http://www.spinoza.it/2012/08/02/una-lunga-estate-calda/
--------------------millenovecentosettantuno ha rebloggatomadonnaliberaprofessionista
Guida inutile ai film romantici spaccacoglioni.
kon-igi:
yomersapiens:
Ovvero, come sopravvivere a quelle pellicole che di sicuro dovrete guardare per combinare
qualcosa perché lei non ha voluto guardare Die Hard 3.
- Il favoloso mondo di Amelié
Quando era uscito ricordo che fra tutte le ragazze si diffuse quest’idea del nuovo maschio
romantico, inconsapevole pedina di un loro sogno ad occhi aperti. Tutte le piccole cose venivano
amplificate, la frangetta diventava oggetto di adorazione, le minchiate più assurde servivano a
costruire un mondo fatto di fantasia e innocenza e “te la darò solo se mi farai sognare”.
Un’enorme rottura di cazzo.
Tranne per chi capiva il trucco. Alla fine bastava prendere un qualcosa, che ne so, una piantina
in un vaso, portargliela a casa, raccontarle che l’avevi sentita dire che si era annoiata di quella
vita statica e, dopo averla distratta, infilarla dentro un paio di sue scarpe, dicendole che adesso
lei l’aveva aiutata ad essere libera, che quella piantina ora poteva camminare dove voleva. Ed
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Post/teca
era fatta, si trombava in due minuti. Però poi non ti potevi lamentare se mentre scopavate si
metteva a ridere.
- Eternal sunshine of the spotless mind
Film bellissimo, il regista è uno dei più grandi geni contemporanei, Jim è bravissimo nei ruoli
drammatici e la Winslet ci sta dentro. Purtroppo però anche qui siamo davanti ad una grande
rottura di coglioni. Perché non puoi guardarlo in nessun modo senza prenderti male. Non puoi
guardarlo con la tua ragazza perché a metà film lei inizierà a farti domande su quando vi
lascerete, poi tu penserai che se ti fa quelle domande è perché lei vuole lasciarti allora devi
giocare di anticipo, quindi inizi a pensare che forse dovresti essere tu a lasciarla e passi tutto il
film a dirti che era meglio guardare Scary Movie. Non lo puoi guardare da solo perché se sei
solo un motivo ci sarà, la tua ragazza magari l’ha visto e ti ha lasciato proprio grazie a questo
cazzo di film e nel lasciarti ti ha detto “guardalo anche tu e capirai…” e tu stai capendo che era
proprio una stronza. Non puoi guardarlo con gli amici perché se proponi di guardare questo film
quando invece potreste uscire allora ti meriti di essere stato lasciato e ti meriti pure che tutti i
tuoi amici fingano di avere impegni per non venire più a trovarti. Quindi lascia perdere, se
proprio devi guardati le gif.
- 500 days of summer
Ovvero il film che ha fatto nascere una nuova generazione di fighe di legno. Non tanto per la
trama, che sì, è da fighe di legno, ma per il debutto mondiale di quella cacazzo della Zooey. Lei,
con quella sua capigliatura sempre perfetta, con quella frangetta impassibile agli eventi
atmosferici, con quei suoi vestitini puliti carini nuvolette frufru ecc ecc è diventata la portavoce
del grido di una generazione, un grido che più o meno dice: “non possiamo ché poi mi
sgualcisco”.
Non toccarla, potresti spettinarla, non sfiorarla, potresti lasciare un segno sul vestito, non
avvicinarti troppo, potresti intralciare lo sguardo di qualche altro uomo interessato o
semplicemente adorante. È confermato che Zooey abbia investito grosse somme nella ricerca per
lo sviluppo di una pillola che rende gli uomini perfetti per lei. In pratica tu la prendi e dopo due
minuti ti cade il cazzo.
- Qualunque film con Ryan Gosling
No dai, davvero, il tempo può renderti alto, muscoloso, donarti una barbetta simpatica, uno
sguardo affascinante, farti fare i film con Clooney e tanta roba.
Ma a te ti guardavo su Italia1 quando facevi il giovane Hercules, con le spade in lattice contro
dei tizi vestiti da briganti greci alla cazzo, mentre facevo merenda con il latte e cocopops. Mi
dici come faccio a prenderti sul serio?
- Moulin Rouge
Cantano.
- Dirty Dancing
Ballano.
- Grease
Cantano e ballano.
- Qualunque film con Kirsten Dunst
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Post/teca
Rifletti, se hanno preso lei vuol dire che ogni possibile altra attrice ha rifiutato, quindi o è un
film orrendo o sarà reso inguardabile dalla sua presenza.
- Girls Interrupted (non proprio romantico)
Ha la capacità di far credere alla ragazza con cui lo guardi di essere malata di mente. Quindi, o
inscenerà di esserlo per risultare più interessante ai tuoi occhi, e allora scappa amico mio, oppure
lo era davvero e ha scelto questo film per introdurti l’argomento, e allora scappa ancora più
lontano amico mio. Poi dentro c’è una Winona Ryder che se la guardi mi dici come puoi provare
attrazione verso qualunque altra donna?
- Two girls one cup
Perché è un film per bambini! O da guardare con tutta la famiglia, chiamate i nonni, le zie, e
guardatelo tutti insieme! Se non l’hai visto devi guardarlo, se lei te lo vuole far vedere è la
ragazza perfetta per te!!!
Yomer Critico Cinematografico è anche meglio di Yomer Poeta e di Yomer Scrittore Impegnato.
Io sono della vecchia scuola. “Vedi di non rompermi i coglioni con film del cazzo o reality che c’ho
da vedere la partita stasera.”
Fonte: yomersapiens
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Noi crediamo
Postato in Senza Categoria il 3 agosto, 2012
Noi crediamo che l’obiettivo del centrosinistra non debba essere quello di vincere per occupare e spartirsi
posti di potere.
Noi crediamo che l’obiettivo del centrosinistra debba essere vincere per cambiare davvero l’Italia:
rendendola un Paese all’avanguardia nel mondo per i diritti civili e sociali, per legalità ed equità, per
qualità di welfare e ambiente, per accesso a Internet.
Noi crediamo che il rocambolesco balletto inscenato nelle ultime settimane dai leader dei partiti del
centrosinistra attorno alle alleanze sia offensivo nei confronti di milioni di cittadini e di elettori.
Noi crediamo che il centrosinistra possa e debba proporre agli italiani una prospettiva ideale e concreta
che non rimanga paralizzata per tutta una legislatura dal mercanteggiamento triste con chi in anni recenti
e meno recenti ha rappresentato una delle componenti che ci è più lontana culturalmente, politicamente
ed eticamente, e che soprattutto è stata complice di Berlusconi nel portare l’Italia in questa crisi.
Noi crediamo che non sia una questione di ‘veti’ ideologici ma al contrario di pragmatica consapevolezza
che una coalizione innaturale non porterà mai ad alcun reale risultato politico, né potrà mai dare all’Italia
quella frustata di civiltà e di giustizia di cui ha fortemente bisogno.
Noi crediamo che sia necessario puntare non a una coalizione da sopportare, ma a un progetto da
supportare. Non a una mediazione prima ancora di incominciare, ma a una grande sfida da raccogliere.
Non crediamo a scelte che provengono da lontano, ma a quelle che lontano ci possono portare.
Questo testo è stato scritto da Giuseppe Civati, Sara De Santis, Piero Filotico, Alessandro Gilioli, Patrizia
Grandicelli, Ernesto Ruffini e Guido Scorza, ma appartiene a tutti coloro che vorranno condividerlo.
fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/08/03/noi-crediamo/
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Post/teca
Fin qui nessuna traccia dei nativi (digitali)
03 agosto 2012
“Eravamo la classe a cui gli insegnanti non potevano fare lezione, perché ne sapevamo più di
loro”. Questi due versi di una canzone dei Police, quindi molto vecchia ormai, mi sono tornati in mente
lunedì mentre partecipavo a una chiacchierata sull’insegnamento, e in particolare sull’insoddisfazione dei
professori. Il pretesto era un rapporto della fondazione Gianni Agnelli, ma a un certo punto qualcuno ha
tirato in ballo la questione dei nativi digitali: che è il modo anni ’10 di definire i giovani d’oggi, la
generazione che è nata davanti al computer e che quindi malsopporta una didattica tradizionale a base di
quadernini a righe e quadretti e lavagne di ardesia. Io a quel punto forse sono stato antipatico, forse ho
recitato fino in fondo il mio ruolo di insegnante scettico che in tutte queste novità digitali ci crede fino a
un certo punto. A mia discolpa posso solo canticchiare una vecchissima canzone dei Police, intitolata Born
in the 50s: Sting è del ’51, avrà finito il suo percorso scolastico intorno al ’68, e già allora condivideva la
sensazione di avere una marcia in più rispetto ai suoi insegnanti. Probabilmente è stato sempre così,
soprattutto nei periodi di crescita, quando i cambiamenti veloci mettono in discussione le conoscenze del
passato e la scuola si scopre improvvisamente come il baluardo di tradizioni inutili. Probabilmente ogni
generazione è insoddisfatta dei suoi insegnanti, e il cosiddetto “digitale” è semplicemente il terreno in cui
si esprime oggi questa insoddisfazione: finché alla lavagna di ardesia non si sostituisce quella digitale,
giusto per scoprire che comunque la lezione bisogna studiarla lo stesso, e che studiare è comunque
fatica. Probabilmente la sensazione di “saperla più lunga” l’hanno avuta tutte le generazioni, compresa la
mia.
Il fatto è che io, che pure su internet ci passo parecchie ore al giorno, non posso dire di conoscere
nativi digitali. So che da un certo punto in poi devono esserne nati, so che a un certo punto arriveranno,
posso anche immaginare che siano già tra noi: però non li vedo. Forse sono davvero troppo avanti per
me, invisibili nelle pieghe della social-network-sfera. Oppure semplicemente sono gli stessi avatar goffi
che vedo io, che pasticciano su wikipedia, lucrano aiutini per le interrogazioni su yahoo answers,
mandano in trend imbarazzanti catene su twitter, e a quindici anni ancora ignorano che se posti una foto
su facebook non è più tua, è di facebook (qui da me almeno è così, tutti gli anni mi tocca spiegare la
stessa cosa ai cosiddetti “nativi”: se fossero davvero così nativi, a questo punto spetterebbe a loro
spiegarla a me).
Forse c’è un equivoco. Forse ce ne sono parecchi. Forse ci ha messo fuori strada il cliché anglosassone
del nerd (o geek), come se bastasse nascere davanti a un computer per diventare geni del computer: non
è così, la maggior parte dei bambini che tirano pallonate nei cortili non diventano Balotelli, e la maggior
parte di quelli che chattano su facebook non creano nessuna nuova dimensione comunicativa: si stanno
solo scrivendo bigliettini, telegrafici e sgrammaticati come quelli che si scambiavano i fratelli maggiori via
sms e che noi ci mandavamo a mano. Addirittura la novità è che oggi l’adulto, l’insegnante, il non-nativo,
li può intercettare più facilmente, e se ha facebook (e facebook ormai lo hanno tutti) può impratichirsi dei
loro linguaggi. Ogni generazione ne sviluppa di nuovi, però oggi possiamo sapere cosa significa LOL WUT
prima che qualcuno ce lo scriva sulla lavagna. Ai miei tempi non era così, ai miei tempi i grandi erano
veramente tagliati fuori. I nativi digitali nascono già colonizzati dagli adulti, che sono arrivati da un altro
continente con già tutto il bagaglio di esperienza necessario a spadroneggiare.
Io non sono affatto sicuro di sapere come ragiona un nativo digitale. Per prima cosa perché non sono
sicuro di averne già visto uno; ma forse, quando finalmente arriverà, mi sarà del tutto incomprensibile.
Posso solo immaginare che darà poca importanza alla memorizzazione delle nozioni: perché perdere
tempo a immagazzinarle in un archivio difettoso come il cervello, quando ormai sono ovunque, “nella
nuvola”, a portata di clic? A quel punto io, se farò ancora questo mestiere, cercherò per quanto posso di
spiegargli che le nozioni sono fondamentali: sono i corpuscoli, le particelle minime che compongono le
nostre conoscenze, le nostre curiosità: che indubbiamente il cervello è un hardware difettoso, ma che il
suo fascino sta proprio negli arbitri che commette, nelle cancellazioni impreviste e negli abbinamenti
inconsulti. Che non saprò mai cosa trovare “nella nuvola” se non parto da qualcosa che so già nella mia
testa: il motivo per cui ancora oggi un nativo digitale non ha nessun vantaggio intellettuale su un tizio di
dieci anni in più che abbia studiato su normalissimi libri di carta. Tutte queste cose cercherò di
spiegargliele, e magari avrò torto, spesso i vecchi lo hanno.
Nella stessa canzone Sting raccontava che sua madre pianse “quando Kennedy morì. Diceva che
erano stati i comunisti: ma io la sapevo più lunga”. Un ragazzo nato negli anni ’50, cresciuto leggendo i
giornali in casa, i libri a scuola, poteva effettivamente capire il senso di un fatto di cronaca prima e meglio
dei genitori. Il “nativo digitale” di oggi ha un vantaggio del genere? Se guardo al pezzo di internet dove
abito io, e penso alle emergenze degli ultimi mesi – crisi economica, terremoto, guerra in Siria, crisi dei
partiti – tutti questi giovani che “la sanno più lunga” non li vedo. Vedo un po’ di gente che crede alle scie
chimiche e al signoraggio, ma voglio sperare che non si tratti di loro.
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Post/teca
http://leonardo.blogspot.com
fonte: http://leonardo.comunita.unita.it/2012/08/03/fin-qui-nessuna-traccia-dei-nativi-digitali
--------------------curiositasmundi ha rebloggato pragmaticamente
“… e i libri dovrebbero stare incustoditi nei luoghi pubblici e spostarsi insieme ai passanti che
se li portano dietro per un poco e dovrebbero morire come loro, consumati dai malanni,
infetti, affogati giù da un ponte come i suicidi, ficcati in una stufa d’inverno, strappati dai
bambini per farne barchette, insomma ovunque dovrebbero morire tranne che di noia e di
proprietà privata, condannati a vita in uno scaffale.”
— Erri de Luca, Tre Cavalli (via aleza77)
Fonte: aleza77
-----------------20120804
04/08/2012 -
Lo storico che capì l'animo dei
soldati
John Keegan [Jeff Gilbert /Telegrapha Media Group Limited]
Scompare a 78 anni
23
Post/teca
il più grande esperto militare
che non vide guerre ma
le analizzò come nessun altro
VITTORIO SABADIN
LONDRA
Sir John Keegan aveva 6 anni quando le prime bombe tedesche vennero lanciate su Londra. Non ne sentì
nemmeno una. Suo padre, artigliere nella Prima Guerra Mondiale, era stato incaricato di occuparsi di 300
bambini evacuati nella campagna inglese. Fu con loro che Keegan passò l’infanzia, e con i soldati polacchi e
britannici accampati nei pressi del paese. Arrivarono anche gli americani, che riempivano le strade e i negozi.
Poi, da un giorno all’altro, nel giugno del 1944 se ne andarono tutti.
Il più grande storico militare contemporaneo, che ha scritto per due decenni i suoi articoli anche su La
Stampa, analizzando i conflitti nel Kosovo, alle Falkland, in Afghanistan e Iraq, non ha mai visto una guerra
da vicino, ma le ha capite più di tutti, nonostante le dure battaglie personali che ha dovuto combattere per i
litigi con la Royal Air Force, che non accettava le sue critiche, e per la supponenza di tanti storici blasonati
che forse invidiavano solo il successo dei suoi libri.
Alla fine della guerra i genitori lo mandarono al Wimbledon College, dove nello stesso momento incontrò la
tragedia e la ragione della sua vita. Nel 1947 contrasse la tubercolosi e all’epoca si riteneva che solo l’aria
aperta potesse curarla. L’ospedale del Surrey nel quale fu ricoverato non aveva finestre e d’inverno i pazienti
dovevano indossare pesanti maglioni e la notte venivano in qualche modo protetti da paraventi di tela messi
intorno ai letti. La malattia ovviamente non migliorò.
All’ospedale St Thomas’s, vicino al ponte di Westminster, le cose andarono meglio, non solo dal punto di
vista sanitario. Insieme a lui c’erano decine di veterani cockney, che raccontavano stupefacenti storie di
guerra. Il cappellano anglicano gli insegnò il greco, un altro paziente gli insegnò il francese e nella biblioteca
c’erano tutti i libri di Thomas Hardy, che divenne il suo autore preferito. Fu in quell’ospedale che Keegan
maturò la decisione di diventare uno storico militare.
Appena la salute glielo permise, andò a visitare i campi di battaglia della Guerra Civile americana, sulla quale
tre anni fa scrisse l’ultimo libro, sostenendo la tesi che era stata la geografia dei luoghi a decidere molte
battaglie. Al ritorno, trovò un lavoro all’ambasciata americana, per la quale preparava rapporti politici.
Subito dopo, la Royal Military Academy di Sandhurst, quella in cui si è diplomato il principe William, gli offrì
un posto come insegnante, che ha mantenuto per 25 anni. Avrebbe preferito Oxford, dove sulle cose di guerra
si possono avere opinioni diverse, ma a Sandhurst Keegan scoprì che la mentalità militare non è sempre così
ottusa e che le idee liberali si diffondono anche tra i soldati di professione.
Nel 1976 pubblicò uno dei suoi libri più importanti The Face of Battle, nel quale i conflitti non erano visti dal
punto di osservazione dei generali o degli storici, ma da quello dei soldati. Aveva esaminato tre battaglie:
quella di Agincourt del 1415, quella di Waterloo del 1815 e quella della Somme, nel 1916. Aveva divorato diari,
lettere, resoconti di testimoni, poesie scritte in attesa dello scontro, arrivando alla conclusione che i soldati
provano dovunque e in qualunque epoca le stesse terribili sensazioni: una profonda paura, il desiderio di
uccidere, la disponibilità a mettere a rischio la propria vita per salvare quella di un camerata.
Nel 1986 il Daily Telegraph gli propose l’incarico di Defence Correspondent e gli diede una scrivania a Fleet
Street, dalla quale analizzò tutti i conflitti mondiali. Nel 50° anniversario dello sbarco in Normandia, Bill
Clinton lo chiamò alla Casa Bianca e discusse privatamente con lui alcune questioni di guerra. La Regina lo
nominò baronetto nel 2000. Con i soldi guadagnati nel tempo, comprò una casa del diciassettesimo secolo
nel Wiltshire, dalla quale raccontava per il magazine del Telegraph storie di contadini e le avventure del suo
amato gatto, Edgar.
Gli ultimi anni sono stati crudeli con lui, costretto su una sedia a rotelle e con una gamba amputata. Ma
ancora si faceva portare in redazione, per rispondere alle lettere e partecipare alle riunioni. È morto il 2
agosto, assistito dalla moglie Susanne, dai quattro figli, e da Edgar.
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Post/teca
fonte: http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/464665/
----------------01/08/2012 - LUTTO
Los Angeles, è morto Gore Vidal
Provocò e scandalizzò l'America
Gore Vidal
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Lo scrittore aveva 86 anni
Fece scalpore negli Stati Uniti con il suo romanzo "La statua
di sale", che affronta il tema dell'omosessualità
LOS ANGELES
Feroce critico dell'impero americano, intellettuale scomodo, omosessuale dichiarato che scandalizzo' gli Stati
Uniti a 22 anni con la storia gay `La statua di sale´, Gore Vidal, morto ieri a 86 anni nella sua casa di
Hollywood Hills, a Los Angeles, per le complicazioni di una polmonite, era un pensatore indipendente,
allergico alle etichette e all'establishment. Una delle ultime figure, con Truman Capote e Norman Mailer, di
giganti della letteratura pronti ad accendere e a provocare dibattiti.
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Post/teca
Autore di 25 romanzi, autobiografie e numerosi saggi sul declino dell'America, fra cui “Palinsesto”, “Impero”,
“Navigando a vista”, drammaturgo, sceneggiatore di film come “Improvvisamente l'estate scorsa” di Joseph
L. Mankiewicz e “Ben-Hur” di William Wyler, e di serie tv, Vidal venne chiamato da Federico Fellini per
interpretare se stesso in “Roma”. Nella città eterna, che adorava, visse circa trent'anni facendo dell'Italia,
dove aveva anche la celebre villa La Rondinaia a Ravello, sulla costiera amalfitana, la sua patria dell'elezione.
Ma, negli ultimi anni, per una operazione alla gambe mal riuscita non camminava più e l'accesso alla
Rondinaia, venduta sei anni fa, dopo la morte del compagno di una vita, Howard Austen, era diventato
impossibile. L'ultima volta che lo scrittore venne nel nostro Paese fu nel 2010 per il matrimonio di Elido Fazi
al quale indossò, racconta l'editore, «i gemelli che gli aveva regalato Paul Newman. L'oggetto a cui teneva di
più».
Grande appassionato di politica, Vidal si candidò più volte con i democratici senza mai essere eletto. Era
amico di John F. Kennedy e odiava i Bush che secondo lo scrittore sapevano in anticipo cosa stava
succedendo l'11 settembre come spiega nel suo saggio “Le menzogne dell'impero e altre tristi verità”.
Proprio all'attacco delle Torri Gemelle Vidal ha dedicato un libro “La fine della libertà”, pubblicato in
anteprima in Italia nel 2001 da Fazi, diventato nel 1998 il suo editore italiano, e uscito l'anno dopo in
America con il titolo “Perpetual war for perpetual peace”. Sulla storia degli Usa, lo scrittore ha pubblicato una
serie di libri a partire da `Washington D.C.´ uscito nel 1967 fino a uno dei suoi titoli più famosi, “L'eta´
dell'oro” in cui racconta la trasformazione dell'America da «cafoncello dell'Occidente» a centro del nuovo
impero.
Amico di Paul Newman e della moglie Joanne Woodwad, Rudolf Nureyev, Susan Sarandon e Tim Robbins,
assidui frequentatori della sua villa a Ravello, Vidal ammirava Italo Calvino alla cui morte scrisse nel 1985 un
memorabile articolo in cui si diceva colpito di come l'Italia entrò in lutto, «come se fosse morto un principe
amatissimo» mentre «quando muore uno scrittore americano, ammesso che sia famoso (ma per nessuno di
noi è più possibile essere famoso) c'è al massimo una fotina» diceva Vidal.
Nato il 3 ottobre del 1925 a West Point, Gore Vidal, pseudonimo di Eugene Luther Gore Vidal, ha scelto per la
sua carriera letteraria come nome il cognome del nonno materno Thomas P. Gore, senatore democratico
dello stato dell'Oklahoma. Nel 1943 si è arruolato come riservista nell'esercito degli Stati Uniti e ha sempre
preso posizione contro la guerra da quella in Vietnam all'Iraq.
Fra i suoi romanzi il più celebre resta “La statua di sale” - storia del bello, atletico e schivo Jim Willard,
innamorato del suo migliore amico, Bob Ford - che quando' uscì nel '48 scosse gli Usa, venne riscritto nel '65
e ora tornerà al più presto in libreria per Fazi che nel 1998 cominciò con questo libro la pubblicazione delle
sue opere. Diciassette i titoli in catalogo fra cui l'ultimo “Il candidato”, ripubblicato nel 2008, in cui Vidal
affermava: «Ho sempre pensato che da qualche parte in questo paese corrotto e moralista ci siano ancora
degli uomini che sanno come dovrebbe essere fatta una società che si rispetti». L'enfante terrible della
cultura americana non ha mai smesso di stimolare le coscienze e, vincitore del National Book Award nel
2009, ha rifiutato molti premi.
fonte: http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/464277/
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Quarantotto, meno celebre di Dalla e
Battisti, scrisse "Con te partirò" di Bocelli
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L'altro 'Lucio',
cantautore
nascosto, muore
suicida
La copertina di un album di Lucio Quarantotto tratta dal suo sito ufficiale lucioquarantotto.it
Roma, 01-08-2012
Si è lanciato dalla finestra del terzo piano della sua abitazione a Mestre, Lucio Quarantotto 55 anni, musicista, cantante
e sopratutto autore di testi: aveva scritto "Con te partirò" cantata da Andrea Bocelli. Sembra che l'artista soffrisse di
depressione e già due anni fa era scampato alla morte dopo aver dato alle fiamme il suo letto. Nella memoria restano
collaborazioni con Franco Battiato, Giusto Pio e Caterina Caselli. Il suo primo disco esce nel 1982 ed è "Di mattina
molto presto" per il quale è premiato dal Club Tenco come migliore opera prima, nel 1984.
Un grande nome 'nascosto'
Lucio Quarantotto, classe 1957, e' stato un cantautore e compositore italiano di lungo corso, ma il suo nome, a dispetto
della grande stima di cui godeva nell'ambiente musicale, e' rimasto prevalentemente nell'ombra, forse anche per la sua
ritrosia ad apparire in pubblico e in tv. E' del 1982 il suo esordio con l'album 'Di mattina molto presto' (Conveyor), di
cui e' autore dei testi e co-autore delle musiche con Piercarlo D'Amato, con il quale vince due anni dopo il Premio
Tenco come migliore opera prima. Si mette in luce per 'una voce tagliente e feroce come poche altre in Italia'.
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Post/teca
L'album successivo, "Ehi la'" (Conveyor), esce nel 1986. E malgrado il buon successo di critica, entrambi i dischi non
riscuotono successo nelle vendite, molto probabilmente sempre per quella stessa reticenza a mettersi in mostra. Tra il
1988 e il 1990 nascono alcune canzoni, commissionate da Franco Battiato per il progetto di un mini LP: "Viaggiando
verso Jesolo", "Tripoli", "Pulito" e "Come le onde". Caterina Caselli include "E se questa fosse l'ultima" (cantata anche
al concerto del primo maggio) nel suo disco "Amada mia" dello stesso anno.
Alla fine esce l'album "L'ultima nuvola sui cieli d'Italia", a tutt'oggi l'ultimo, presentato al premio Tenco di Sanremo il
25 ottobre 1990. Gli arrangiamenti e la produzione, a cura della Sugar Music di Caterina Caselli, sono di livello
superiore ai precedenti e nei ringraziamenti compaiono lo stesso Battiato e Giusto Pio, oltre ai soliti Piercarlo D'Amato
e Francesco Sartori. Da quel momento entra nella scuderia della Caselli come autore.
Negli anni successivi diverse sue canzoni vengono rese celebri da artisti italiani e stranieri, tra cui Andrea Bocelli, per il
quale ha scritto "Canto della terra" e "Con te partiro'", nella versione inglese Time To Say Goodbye. Filippa Giordano
presenta "Amarti si'", di cui e' coautore, al Festival di Sanremo del 2002. Duetta con i Marlene Kuntz nel brano "I
templi indu'" nel 1997.
fonte: http://www.rainews24.it/it/news.php?newsid=167754
---------------------biancaneveccp ha rebloggato senzatenonsononiente
“Io non sono una persona dolce. E per dolce non intendo tanti cuoricini in una chat o tante
faccine dolci. Per persona dolce intendo quella che ti ripete costantemente quanto tu sia
fantastico, speciale, bellissimo e importante. Quella che quando ti vede ti viene incontro
urlando e con le braccia aperte. Anzi, il primo impatto solitamente è sempre quello di una
persona fredda e dannatamente difficile da avere al fianco. Ma non perché rara o preziosa,
perché insopportabile ed odiosa. Forse è vero. Ma io so essere dolce. E ti prego, quando lo
sono non sottovalutare le mie parole, non credere che ti siano dovute, quando ti abbraccio non
pensare che sia solo un abbraccio, che tanto è un’azione che faccio sempre. Ogni piccolo gesto
ti chiedo di apprezzarlo per quello che vale. Sono una di quelle che si crea mille problemi solo
a cercarti. Sono quella che “Disturbo sicuro.” “Non avrà voglia di parlarmi probabilmente.”
sono quella che “Figurati se gli piacciono i miei abbracci” “Figurati se sente la mia
mancanza” “Probabilmente non ho importanza nella sua vita”. E (forse) non sono nessuno e
sono anche presuntuosa se penso che un mio stupido gesto valga molto.. Ma se mai mi vedrete
così dolce, senza problemi, esageratamente attaccata a voi, chiedete a qualcun’ altro,
probabilmente vi risponderebbero che dolce così in vita loro m’hanno vista poche volte, forse
mai.”
— Rocrush
Fonte: rocrush
--------------biancaneveccp ha rebloggato senzatenonsononiente
“Far entrare qualcuno nelle proprie paure è più intimo che andarci a letto.”
— (via putrefazione)
Fonte: putrefazione
------------------20120806
28
Post/teca
thatwasjustyourlife ha rebloggato marimanami
marimanami:
« Un elefante ha, di norma, due zanne. Anche la mente propone spesso due alternative: quella
buona e quella cattiva, l’eccellente e l’espediente, il fatto e la fantasia che la porta fuori strada. Per
fare qualsiasi cosa, la mente deve comunque diventare determinata. La testa di elefante del
Signore Ganesha ha quindi una sola zanna per cui Egli è chiamato “Ekadantha”, che significa
“Colui che ha una sola zanna”, per ricordare ad ognuno che si deve possedere la determinazione
mentale. »
(Sathya Sai Baba)
Fonte: dontbefooledbyyouremptinesss
--------------------biancaneveccp ha rebloggato burnedflames
“Io non sono affatto forte. Ho solo imparato a raccogliere i cocci e a rimetterli assieme, ma
questo lo sanno fare tutti, un po’ di colla di qua, un po’ di là, un po’ di ‘non fa niente’,
‘passerà’, ‘non importa’ ed eccomi di nuovo in piedi. No, non sono forte. Io cado in pezzi ogni
momento. È solo che so ricominciare.”
— Carmelita Zappalà; La notte è in fiamme. (via scrivichetipassa)
Fonte: scrivichetipassa
--------------------ilfascinodelvago
La masturbazione è quella cosa che s'impara mano a mano ...
-----------------------selene ha rebloggato 3nding
“Firenze è una città per sposi; Venezia, per amanti; Torino, per i vecchi coniugi che non hanno
più nulla da dirsi.”
— Pitigrilli (1893 – 1975)
-------------curiositasmundi ha rebloggato otellina
“Secondo un’antica leggenda cinese, “Il filo rosso del destino”
gli Dei hanno attaccato un filo rosso alla caviglia di ciascuno di noi, collegando tutte le persone
le cui vite sono destinate a toccarsi… Il filo può allungarsi, può aggrovigliarsi…ma non si
rompe mai!”
— . (via otellina)
-------------29
Post/teca
curiositasmundi ha rebloggato bugiardaeincosciente
“Per qualche motivo che ignoro, mi piaci moltissimo. Molto, niente di irragionevole, direi quel
poco che basta a far si che di notte, da solo, mi svegli e, non riuscendo a riaddormentarmi,
inizi a sognarti.”
— (Franz Kafka)
bugiarda e incosciente:
Fonte: sussultidellanima
----------l231 ha rebloggato nipresa
rispostesenzadomanda:
Non sappiamo ancora se ci sia vita su Marte. Di sicuro però comincia a esserci traffico (lista dei
rover marziani)
Fonte: rispostesenzadomanda
----------------chediomifulmini
Orgoglio
.
.
.
Padre: Sono orgoglioso di te. Forse non dovrei dirlo, ma sei meglio di tuo fratello
Figlio: Ma se sono figlio unico...
Padre: Appunto, sei meglio di niente
---------------------20120807
curiositasmundi ha rebloggato bugiardaeincosciente
“Ho una vasta collezione di conchiglie, che tengo sparse per le spiagge di tutto il mondo.”
— (Steven Wright)
bugiarda e incosciente
--------------------curiositasmundi ha rebloggato kindlerya
“Il senso dell’utopia, un giorno, verrà riconosciuto tra i sensi umani alla pari con la vista,
l’udito, l’odorato. Nell’attesa di quel giorno tocca alle favole mantenerlo vivo.”
— Gianni Rodari
(via kindlerya)
-----------------selene ha rebloggato gigiopix
Notte bimbe
gigiopix:
Io dedico questa canzone
ad ogni donna pensata come amore
30
Post/teca
in un attimo di libertà
a quella conosciuta appena
non c’era tempo e valeva la pena
di perderci un secolo in più.
A quella quasi da immaginare
tanto di fretta l’hai vista passare
dal balcone a un segreto più in là
e ti piace ricordarne il sorriso
che non ti ha fatto e che tu le hai deciso
in un vuoto di felicità.
Alla compagna di viaggio
i suoi occhi il più bel paesaggio
fan sembrare più corto il cammino
e magari sei l’unico a capirla
e la fai scendere senza seguirla
senza averle sfiorato la mano.
A quelle che sono già prese
e che vivendo delle ore deluse
con un uomo ormai troppo cambiato
ti hanno lasciato, inutile pazzia,
vedere il fondo della malinconia
di un avvenire disperato.
Immagini care per qualche istante
sarete presto una folla distante
scavalcate da un ricordo più vicino
per poco che la felicità ritorni
è molto raro che ci si ricordi
degli episodi del cammino.
Ma se la vita smette di aiutarti
è più difficile dimenticarti
di quelle felicità intraviste
dei baci che non si è osato dare
delle occasioni lasciate ad aspettare
degli occhi mai più rivisti.
Allora nei momenti di solitudine
quando il rimpianto diventa abitudine,
una maniera di viversi insieme,
si piangono le labbra assenti
di tutte le belle passanti
che non siamo riusciti a trattenere.
F. De Andre’ - Le passanti
31
Post/teca
-------------------------tagestamas
312.
Una ditta di giocattoli per bambini di Pordenone ha lanciato, con un notevole battage pubblicitario,
il bambolotto “Bertoldo Manigoldo”.
La particolarità di questo pupazzo risiede nelle sue qualità morali: Bertoldo è infatti arrogante, vile,
complessato e invidioso; e questi sono i lati positivi. Se lasciato in casa da solo, inoltre, può
collegarsi a Internet per andare a scrivere commenti con molte matite sul sito de “Il Giornale”.
Interrogato sul motivo di questa creazione, l’industriale Giovanni Tron ha dichiarato che gli
sembrava giusto preparare alla vita reale gli adulti di domani, senza indulgere a sentimentalismi
fuori luogo e ad abbellimenti della realtà. Bertoldo, inoltre, è piacevole da picchiare.
--------------------luciacirillo ha rebloggato malinconialeggera
“Ma allora, cos’è che ti conforta?»
«La certezza della mia libertà interiore, » disse lui dopo aver riflettuto « questo bene prezioso,
inalterabile, e che dipende solo da me perdere o conservare. La convinzione che le passioni
spinte al parossismo come capita ora finiscano poi per placarsi. Che tutto ciò che ha un inizio
avrà una fine. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non
andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò prima di tutto vivere: Primum vivere. Giorno per
giorno. Resistere, attendere, sperare”
— Irène Némirovsky, “Suite francese” (via malinconialeggera)
--------------------biancaneveccp ha rebloggato arcticowl
“Ho iniziato a stare zitta quando ho imparato a parlare.”
— Arcticowl
-----------------eriferiagalattica
Come morire estivamente
Durante le ore centrali della giornata, ponetevi al sole e osservatelo attraverso una grossa lente
d’ingrandimento, zuppi di benzina. Oppure, dopo esservi premurati di non bere per 3-5 giorni,
sedetevi in una Skoda nera, preventivamente parcheggiata al sole col riscaldamento acceso e i
finestrini chiusi, e ascoltate la discografia completa di Pat Metheny. Oppure, fate un pranzo di 15
portate, ubriacandovi come capitani di crociera, poi dipingetevi il corpo con colori fluorescenti e
gettatevi in un mare ricco di meduse. Oppure, aprite un bar e mettete le bottigliette d’acqua da 25 cl
a 3 euro e 50, fuori frigo. Sennò 4.
------------------luciacirillo ha rebloggato malinconialeggera
“Niente è più singolare, più imbarazzante che il rapporto tra due persone che si conoscono
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Post/teca
solo attraverso gli occhi, che si vedono tutti i giorni a tutte le ore, si osservano e nello stesso
tempo sono costretti dall’educazione o dalla bizzarria a fingere indifferenza e a passarsi
accanto come estranei, senza saluto né parola. Fra di loro c’è inquietudine ed esasperata
curiosità, l’isteria di un bisogno insoddisfatto, innaturale e represso di conoscersi e di
comunicare e soprattutto una sorta di ansiosa attenzione. Infatti l’uomo ama e onora l’uomo
fino a che non è in grado di giudicarlo, e il desiderio è il frutto di una conoscenza incompleta.”
— La morte a Venezia - Thomas Mann (via malinconialeggera)
----------------curiositasmundi ha rebloggato introspettra
“Ogni uomo, nel corso della sua breve esistenza, deve scegliere eternamente tra la speranza
insonne e la saggia rinuncia a ogni speranza, tra i piaceri dell’anarchia e quelli dell’ordine, tra
il Titano e l’Olimpico. Scegliere tra essi, o riuscire a comporre, tra essi, l’armonia.”
— Margherita Yourcenar
Memorie Di Adriano (via 10lustri)
Fonte: 10lustri
-----------------kon-igi
“Vorrei essere come l’intelligenza di certe persone. Altrove.”
— Kon-igi e il Megaodio
-----------onepercentaboutanything ha rebloggato ze-violet
pessimismo e fastidio
ze-violet:
imsorry-idontknow:
Il problema delle nuove generazioni è che quelle precedenti siamo noi.
(aggiunto titolo)
Fonte: imsorry-idontknow
------------------fogliadithe
Francesca e il tempo
Francesca aveva venticinque anni e un figlio piccolo. Abitava di fronte la struttura dove lavorava
mia madre, erano amiche lei e mamma e io adoravo stare in sua compagnia e quindi passavamo
quasi tutti i giorni insieme, io e lei, giorni che diventarono anni. Francesca non la descriverei come
una donna dal carattere invidiabile, anzi. Era masochisticamente egoista, a voler inventare un nuovo
termine. Fisicamente era una tela piena di colori, nel senso che stava con un uomo che la picchiava
ed era ricoperta di enormi lividi dal viola al verde. Spesso le chiedevo perché volesse accanto un
uomo del genere e lei, sorridendo, mi diceva che lo amava talmente tanto da voler essere anche il
suo muro di sfogo. Le dicevo che i muri sono fatti per tenere fuori la gente o per tenerla dentro, per
essere costruiti o distrutti, per essere venduti a Berlino come souvenir, ma di sicuro mai un muro si
sognerebbe di fingersi una persona, e mai dovrebbe succedere il contrario. Due figli e tanti lividi
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Post/teca
dopo fecero capire a Francesca che i muri fanno i muri e le persone fanno le persone, e lei doveva
pure fare la mamma. Lasciò il pittore e si trasferì. Passammo dei momenti splendidi insieme, di quei
momenti in cui stai bene perché vedi una persona guarire dalla sua malattia, sia essa un virus o un
amore. Le tenevo i bambini anche quando era a casa, mentre cucinava o stirava, mentre parlavamo
di tutto e di niente, mentre era felice. Non so se avete presente quel concetto di felicità da orologio,
quella che esiste solo perché non hai mai tempo di pensare che sei infelice; lei aveva scelto quella
felicità. Riempiva le sue giornate affinché non restasse il tempo materiale per rendersi conto che le
mancava qualcosa. Correva, un metro e sessanta di donna con dieci centimetri di tacco che correva
guidata da un’energia che non so dove prendesse. Si precipitava costantemente da un luogo a un
altro, da un impegno a un altro. Anche mentre parlavamo, lei dipingeva casa, o aggiustava le
tubature del bagno, o faceva quintali di spesa. Non so ancora se il suo scopo era quello di riempirsi
o di svuotarsi. Penso che si stesse allenando a scappare, senza capire che non esiste corsa che possa
farti fuggire da te stessa. Io, dal mio piccolo, le invidiavo il sorriso. Una meraviglia, era un sorriso a
prescindere da tutto e tutti, di quelli che nessuno c’ha il permesso di togliere.
Una mattina ero a scuola e l”insegnante arrivò in ritardo, si giustificò dicendo che una strada era
bloccata a causa di un incidente automobilistico. Ci disse il nome della vittima. Me lo feci ripetere
dieci volte prima di convincermi di aver sentito bene. Francesca. Era Francesca. Era in macchina e,
che ve lo dico a fare, stava correndo.
Ogni volta che salgo in auto, ogni volta che guardo l’orologio, mi fermo un attimo. Senza fretta,
così, per recuperare il tempo di chi non ce l’ha più. Che poi in realtà il tempo è infinito, sono le
persone che durano poco. Io di tempo non ne ho mai perso, di persone invece.
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La notte dei demoni
●
●
7 agosto 2012
di michael braun
“Un casino infernale. Gli anfibi degli agenti rimbombavano sordi inciampando sui contusi
e slittando sopra vetri rotti, vestiti strappati, pozzanghere di sangue. Giuro, erano
pozzanghere. Dietro la porta che dava sulla palestra notai i primi feriti, piangevano
accasciati contro la parete. Urla disumane, terrificanti, sembravano provenire dall’aldilà.
Vidi gente calpestata dalle scarpe dei poliziotti … I veri demoni, quelli che hanno
approfittato dell’impunità dopo aver goduto a percuotere anziani claudicanti e ragazze nei
sacchi a pelo, erano vestiti in jeans e maglietta con il fratino ‘Polizia’.”
È agghiacciante l’ultima testimonianza sull’assalto della polizia alla scuola Diaz nella notte
del 21 luglio 2001, piena di dettagli scioccanti, di episodi raccapriccianti. Ma almeno per
quanto riguarda la brutalità del pestaggio sistematico che lasciò decine di feriti – alcuni dei
quali gravissimi – non fornisce novità dirompenti. Chi, come l’autore di questo blog, vide le
barelle che uscivano dalla Diaz in quella notte, chi ascoltava le testimonianze delle vittime
durante il processo a 25 poliziotti già si era fatto una idea ben precisa su quella “macelleria
messicana” (così la descrisse Michelangelo Fournier, uno dei comandanti presenti sul
luogo) che concluse il G8 di Genova.
Ma quest’ultima testimonianza è ugualmente dirompente. Infatti proviene da uno degli
ufficiali di polizia condannati per l’irruzione: da Vincenzo Canterini, a suo tempo
comandante del primo reparto mobile di Roma, quindi di quei “celerini” che partecipavano
34
Post/teca
all’assalto alla Diaz.
Condannato a cinque anni di carcere (di cui tre condonati grazie all’indulto del 2006),
allontanato dalla polizia, ora vuota il sacco (nel libro scritto con Gian Marco Chiocci e
Simone Di Meo, Diaz). E non racconta solo dei “lamenti e gemiti spettrali” che ascoltò in
quella notte, ma dipinge un quadro scandaloso, parla di una “rappresaglia scientifica”,
“uno show studiato a tavolino”: “L’operazione era stata pensata, ideata, orchestrata e
coordinata come dura risposta dello stato che fino a quel momento s’era fatto trovare
impreparato in occasione del summit mondiale”.
Non sfugge al lettore il fatto che Canterini si sforzi di minimizzare il proprio ruolo così
come quello degli uomini del suo reparto nell’azione cruenta, presentata nel libro come
puro atto vendicativo. Non sfugge neanche il fatto che lui ritrovi la parola soltanto a
processo concluso. Ma alcune domande poste da lui meriterebbero ugualmente una
risposta che neanche il processo concluso con la sentenza del 3 luglio 2012 (con condanne
a 16 ufficiali della polizia) ha saputo fornire. Non è mai stato chiarito quale fosse la catena
di comando in quella notte: chi diede, in ultima istanza, l’ordine di attaccare i manifestanti
nella scuola? E quale ruolo avevano i tanti poliziotti in borghese, quelli che Canterini
chiama “demoni”, nell’operazione? Canterini insinua una possibilità assai inquietante: che
sia stato all’opera un reparto segreto, il “Gos” (Gruppo operazioni speciali).
Domande che meriterebbero una risposta. Che meriterebbero almeno una discussione. Ma
non ci sono state reazioni al libroDiaz. Non hanno reagito i poliziotti – e coimputati al
processo – tirati in ballo da Canterini, non hanno reagito politici, non hanno reagito
neanche i mezzi d’informazione. Il quadro che Canterini dipinge – di una polizia che agiva
in perfetta illegalità – dovrebbe causare maggiori preoccupazioni per la salute di una
democrazia in cui fatti simili sono possibili. Ma finora la risposta è stata solo un silenzio
assordante.
fonte: http://www.internazionale.it/opinioni/michael-braun/2012/08/07/la-notte-dei-demoni/
--------------------chediomifulmini
soggetti-smarriti ha risposto al tuo post : La storia si ripete… e finisce diversamente
Ma dove cazzo hai parcheggiato, al Parco Nazionale D’Abruzzo?
Si, appena sono arrivato un orso andava via e ho preso il posto
-----------------eclipsed
a beneficio di quei quattro che ancora non lo sanno
Seth MacFarlane (creatore de I Griffin), la mattina dell’11 settembre 2001 si presentò con mezz’ora
di ritardo al check in del volo American Airlines flight 11.
Ovvero l’aereo che poi si schiantò alle 8:46 contro la torre nord del World Trade Center.
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Non morire montisti
35
Post/teca
MARCO REVELLI
07.08.2012
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Forse ce la faremo a portare a casa la pelle in questo agosto complicato. O forse no. Può darsi
che l'asse Monti-Draghi, con l'appoggio esterno di Hollande e l'alleanza «interna» con la
Confindustria tedesca, riescano ad arginare la voglia dell'alleanza del Nord di spaccare
l'Eurozona e di sganciare la zavorra mediterranea dal treno mitteleuropeo. O è possibile che i
falchi della Bundesbank riescano ad accelerare ancora la marcia verso un'Armageddon
finanziaria, quando si decidano una volta per tutte i sommersi e i salvati, magari nella
convinzione che un euro limitato all'area dei paesi optimo iure - dei virtuosi finalmente liberi
dalla cicale del sud - sia più adatto ad affrontare il prossimo big one, quando esploderà la
grana dell'immenso debito americano.
Comunque vada, è chiaro che i giochi per noi verranno fatti fuori dai nostri confini. I compiti sempre più impegnativi, sempre più estremi - verranno stabiliti a Berlino, o a Francoforte, non
certo «a casa». Per chi crede che la costituzione materiale europea sia scritta una
volta per tutte sulle tavole di pietra del dogma neoliberista, e che sia per sua natura
immodificabile (lo credono tutte le principali forze politiche italiane, lo crede Monti, lo
credono Bersani e Casini, lo crede - forse - Alfano...), la strada per restare nell'euro è segnata.
E si fa sempre più ripida.
Sia che si debba sottostare esplicitamente all'accettazione del famigerato Memorandum, o che
a ogni riunione dell'Eurogruppo si sia obbligati a portare sul tavolo una nuova offerta
sacrificale, è certo che le linee guida nel campo delle politiche sociali nel prossimo quinquennio
resteranno quelle seguite dal governo Monti in questo primo squarcio di 2012, con un ulteriore
incrudelimento dettato da un'emergenza permanente. D'altra parte c'è già chi, in Europa, dice
che la riforma del mercato del lavoro non basta ancora, che la flessibilità in uscita, pur dopo il
taglio dell'art. 18, è insufficiente, che le remunerazioni pubbliche e private sono ancora
eccessive (anche se stanno al fondo della graduatoria Ocse), che l'occupazione nel pubblico
impiego è pletorica. I mercati e i banchieri centrali teutonici ce l'anno ormai insegnato, che
«non gli basta mai». Che su questa strada, dentro questo quadro rigido e immodificabile di
compatibilità, i compiti, come gli esami, «non finiscono mai».
Ora è evidente che, se inserite in questo contesto, e se limitate alle attuali forze in
campo, le prossime elezioni politiche appaiono in larga misura già segnate. Per certi
versi potremmo dire «inutili». Chiunque vinca, tra gli attuali «insiders» - centro-destra o
centro-sinistra - si troverà l'agenda già scritta. Qualunque governo scaturisca nell'attuale
sistema dei partiti, dovrà seguire una road map che permette pochissimi scarti, e nessuna
«svolta» rispetto alla linea seguita finora. Dopo Monti, sembra chiaro, non può che esserci
Monti, o la sostanza del «montismo» probabilmente ulteriormente incrudelita, sia che l'ex
presidente della Bocconi ascenda al Quirinale, o che rimanga alla guida del governo per un
nuovo accordo bipatisan da stipulare prima o più probabilmente dopo le elezioni o, ancora, che
conservi un qualche ruolo di garante grazie a un qualche nuovo espediente istituzionale a cui
siamo ormai abituati.
E d'altra parte - se la politica volesse davvero «fare un passo avanti» oltre il governo
dei tecnici - ve lo immaginate voi un governo di centro-sinistra con Bersani in giro
per il mondo - come ha fatto il «professore» in questi mesi - a tranquillizzare i guru di Wall
Street o gli scettici finlandesi o i tecnocrati della Buba con il suo linguaggio da Crozza e un
partito diviso su tutto? O, nel caso improbabile di una vittoria del centro-destra, un nuovo
governo Berlusconi con lo spread a 2500 fin dalla prima settimana?
È per tutte queste ragioni che mi è apparsa del tutto dissennata, e in fondo suicida, la
decisione di Nichi Vendola di riunirsi a coorte con il Pd. E di legare le proprie sorti ai risultati di
consultazioni primarie in cui, bene che vada, potrà contendere il secondo posto a un qualche
Renzi, e dopo le quali si troverà vincolato al programma del vincitore: lo stesso che ha
approvato la riforma Fornero con art. 18 incluso (su cui non mi pare che Vendola fosse
d'accordo), la riorganizzazione del sistema pensionistico con esodati annessi, la modifica
dell'art. 81 della Costituzione, con la messa fuori legge delle politiche keynesiane, la spending
review... ecc. ecc. E che per questa ragione non potrà che farsi garante della continuità con
36
Post/teca
quelle politiche.
Questo è lo scenario, se ci si ferma al «mondo sparito» (come lo chiama Ilvo
Diamanti) su cui ragiona la politica ufficiale: se si continuano a consultare «le vecchie
mappe» di un'Italia che non c'è più. Se però solo si sposta un po' più in là lo sguardo, sul
mondo reale che viene avanti, il quadro cambia radicalmente. I partiti su cui sono incentrate
tutte le ipotesi di governo del dopo-elezioni tutti insieme, Pdl e Udc, Pd e Sel, non superano il
60% dei potenziali elettori (elettori, non «aventi diritto al voto»). Cioè, supposto che non
subiscano ancora ulteriori emorragie, stanno poco al di sopra della metà di quel meno di due
terzi di cittadini ancora disposti a votare.
Fuori dal loro cerchio magico c'è un popolo esteso, in potenziale espansione, che in
quelle sigle, in quelle facce, in quei linguaggi non ci crede più. E che probabilmente non
ci sta a rassegnarsi all'alternativa tra morire subito di default o entrare in una lunga agonia
sociale in cui la fine del tunnel non solo non si vede ma viene via via allontanata dalle misure
di «risanamento» subìte. Intuisce che occorre un'alternativa di modello allo stato di cose
presente: uno scarto, o uno scatto d'immaginazione e di progettazione, che ci porti fuori
dall'impasse. In parte si posteggia nelle liste del Movimento 5 stelle. Segna, urlando, la propria
demarcazione rispetto al «mondo sparito» in cui non crede più. In parte cerca conforto in
ipotetiche liste civiche, nei Sindaci che hanno dato segnali di diversità, nelle pieghe del
«locale» dove la fiducia negli uomini tenta di compensare la sfiducia negli apparati. Ma è e
resta «in attesa».
A loro bisognerà dare una risposta in avanti. Pensando in grande: a un'altra Europa, in
primo luogo. Un'altra politica estera che ipotizzi la strutturazione di un'area mediterranea in
grado di negoziare da posizioni di parità con il centro berlinese e l'area dei «virtuosi» e di
contrastarne i dogmi falliti. E poi un'altra politica sociale, che metta al centro i diritti del lavoro,
e il lavoro in quanto tale, come entità reale, contro la virtualità del «finanz-capitalismo» e dei
suoi circuiti astratti. Un'altra politica economica, fondata su quei processi di riorganizzazione
capillare del sistema produttivo intorno a una generale messa in sicurezza delle nostre vite e
del nostro ambiente di cui ha scritto su questo giornale Guido Viale. Un altro stile di «far
politica», che restituisca dignità e parola ai cittadini e ai territori. C'è uno spazio immenso, per
una galassia che sappia riconoscersi e condensarsi intorno a pochi, semplici punti da non
negoziare, senza gli esercizi bizantini del vecchio Arcobaleno, senza bilancini e intergruppi,
senza estenuanti mediazioni. Semplicemente per un atto di riconoscimento del «reale».
Può sembrare banale. Ma «se non ora, quando»?
fonte: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8222/
------------------20120808
onepercentaboutanything ha rebloggato enjoy-my-silence
“Andò a sedersi sull’argine erboso per ammirare la città, e gli venne in mente che prima o poi
sarebbe dovuto tornare a casa. E che un giorno avrebbe dovuto costruirsi una casa a cui
tornare. Si chiese se la casa fosse come un evento che accadeva in un dato luogo dopo un po’ di
tempo, oppure un posto che se si continuava a camminare, ad aspettare e a desiderare
abbastanza, prima o poi si finiva per trovare.”
— Neil Gaiman “American Gods” (via enjoy-my-silence)
-----------------apertevirgolette
“Le persone sono come le vetrate colorate: brillano e scintillano quando fuori c’è il sole, ma al
calar delle tenebre viene rivelata la loro vera bellezza solo se è accesa una luce dall’interno.”
37
Post/teca
— Fernando Pessoa
(via buiosullelabbra)
Fonte: malinconialeggera
--------------------rispostesenzadomanda ha rebloggato emmanuelnegro
Alta-risoluzione →
NPR:
In 1967, Vladimir Kamarov and Yuri Gagarin, the first human to reach outer space, were assigned
to the same Earth-orbiting mission, and both knew the space capsule was not safe to fly. Komarov
told friends he knew he would probably die. But he wouldn’t back out because he didn’t want
Gagarin to die. Gagarin would have been his replacement.
The story begins around 1967, when Leonid Brezhnev, leader of the Soviet Union, decided to
stage a spectacular midspace rendezvous between two Soviet spaceships.
The plan was to launch a capsule, the Soyuz 1, with Komarov inside. The next day, a second
vehicle would take off, with two additional cosmonauts; the two vehicles would meet, dock,
Komarov would crawl from one vehicle to the other, exchanging places with a colleague, and
come home in the second ship. It would be, Brezhnev hoped, a Soviet triumph on the 50th
anniversary of the Communist revolution. Brezhnev made it very clear he wanted this to happen.
The problem was Gagarin. Already a Soviet hero, the first man ever in space, he and some senior
technicians had inspected the Soyuz 1 and had found 203 structural problems — serious problems
that would make this machine dangerous to navigate in space. The mission, Gagarin suggested,
should be postponed.
The question was: Who would tell Brezhnev? Gagarin wrote a 10-page memo and gave it to his
best friend in the KGB, Venyamin Russayev, but nobody dared send it up the chain of command.
Everyone who saw that memo, including Russayev, was demoted, fired or sent to diplomatic
Siberia. With less than a month to go before the launch, Komarov realized postponement was not
an option. He met with Russayev, the now-demoted KGB agent, and said, “I’m not going to make
it back from this flight.”
Russayev asked, Why not refuse? According to the authors, Komarov answered: “If I don’t make
this flight, they’ll send the backup pilot instead.” That was Yuri Gagarin. Vladimir Komarov
couldn’t do that to his friend. “That’s Yura,” the book quotes him saying, “and he’ll die instead of
me. We’ve got to take care of him.” Komarov then burst into tears.
On launch day, April 23, 1967, a Russian journalist, Yaroslav Golovanov, reported that Gagarin
showed up at the launch site and demanded to be put into a spacesuit, though no one was
expecting him to fly. Golovanov called this behavior “a sudden caprice,” though afterward some
observers thought Gagarin was trying to muscle onto the flight to save his friend. The Soyuz left
Earth with Komarov on board.
Once the Soyuz began to orbit the Earth, the failures began. Antennas didn’t open properly. Power
38
Post/teca
was compromised. Navigation proved difficult. The next day’s launch had to be canceled. And
worse, Komarov’s chances for a safe return to Earth were dwindling fast.
All the while, U.S. intelligence was listening in. The National Security Agency had a facility at an
Air Force base near Istanbul. Previous reports said that U.S. listeners knew something was wrong
but couldn’t make out the words. In this account, an NSA analyst, identified in the book as Perry
Fellwock, described overhearing Komarov tell ground control officials he knew he was about to
die. Fellwock described how Soviet premier Alexei Kosygin called on a video phone to tell him he
was a hero. Komarov’s wife was also on the call to talk about what to say to their children.
Kosygin was crying.
When the capsule began its descent and the parachutes failed to open, the book describes how
American intelligence “picked up [Komarov’s] cries of rage as he plunged to his death.”
The wikipedia entry details all kind of problems with this spaceflight: communication, instruments
and engines were barely working, if not unusable. Komarov managed to maneuver the ship to a
correct re-entry in the atmosphere despite engine failures and the wrong orientation of the ship.
He successfully flew a dysfunctional spaceship to the right re-entry course. He died just because the
parachutes didn’t opened.
Fonte: maxistentialist
--------------------------------apertevirgolette
“La vita non è una corsa ma un tiro al bersaglio: non è il risparmio del tempo che conta, bensì
la capacità di trovare un centro.”
— Susanna Tamaro
----------------------biancaneveccp ha rebloggato justmyfuckingbrain
“non è mai troppo tardi per tutti e due, è sempre uno che decide che ore sono.”
— Diego De Silva.
Fonte: tuttotornaetu
------------------inveceerauncalesse
Il due
Il due è un numero complicato.
È facile, e infatti i bambini imparano la tabellina del due per prima, e a dividere per due, anche,
subito.
È così facile perché ci sembra un numero naturale: due occhi due gambe due orecchie due mani, e
così via.
Magari è per questo che ci siamo inventati la coppia, chi lo sa.
Il fatto, però, è che il due è quel numero che cambia le carte in tavola.
L’uno no.
L’uno è il numero dei realisti: quello hai, e quello avrai: puoi moltiplicare e dividere quante volte
vuoi, ma niente cambierà.
Con il due invece non puoi mai sapere.
Capita che puoi raddoppiare o dimezzare qualcosa, solo cambiando un segno.
E se sbagli a metterlo, il segno, ti trovo, che ne so?, con metà delle mele che avevi, che se hai fame
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Post/teca
ti girano anche un po’ i coglioni.
Se poi provi a moltiplicare e dividere qualità invece che quantità puoi immaginare che attenzione
bisogna fare.
In in attimo puoi dimezzare il dolore e con-dividere la gioia, che poi è l’unico modo per
moltiplicare le cose belle: farne partecipe un altro.
Poi, però, a volte succede il disastro, no?
Uno si distrae come durante i compiti di matematica, e raddoppia il dolore e dimezza la gioia.
Che è un gran casino, a pensarci.
E quindi la scelta non è facile.
Restare come sei, o rischiare.
E se rischi puoi essere doppiamente felice, certo.
Oppure molto più infelice.
Alcuni la scelta del due non riescono a farla, non gli viene proprio, e restano lì.
Che poi vuol dire che forse alla fine il due non è così naturale, ma è un’arte.
E qualcuno non riesce a impararla, di modo che poi non sai mai se essere dispiaciuta per chi non sa
stare in due oppure per chi invece ci sa stare e incontra persone che invece no.
Ah già.
Poi ci sono quelli che vogliono solo dimezzare il PROPRIO dolore, e basta.
E sono incapaci di aiutare un altro a sopportare il proprio, e nemmeno sono capaci a raddoppiare la
gioia, che a condividere hanno paura di rimanere con meno di quello che hanno, questi miseri.
Ma di questi nemmeno si sta a discutere, ché son vampiri, mica persone.
----------------------------selene ha rebloggato its-timetostopwaiting
“La colpa è mia, piangeva, ed era vero, non si poteva negare, ma è pur certo, se può servirle
da consolazione, che se prima di ogni nostro atto ci mettessimo a prevederne tutte le
conseguenze, a considerarle seriamente, anzitutto quelle immediate, poi le probabili, poi le
possibili, poi le immaginabili, non arriveremmo neanche a muoverci dal punto in cui ci
avrebbe fatto fermare il primo pensiero. I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle
nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed
equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per
poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono.”
— da Cecità di José Saramago. (via its-timetostopwaiting)
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La riduzione del debito pubblico secondo PdL e
PD
7 agosto 2012 • sandro brusco
In questi caldi giorni estivi sia il PdL sia il PD si sono cimentati sul tema della riduzione del debito pubblico.
Quello che si vede fa abbastanza paura. In sostanza, i due maggiori partiti continuano a negare la realtà e
sperano chiaramente di riuscire a infinocchiare gli elettori mediante racconti che con tutta evidenza non
stanno in piedi. Proviamo a fare un po' di chiarezza.
Il tema della riduzione del debito sembra essere tornato di moda, cosa di cui non possiamo che rallegrarci.
Ma le cose che si dicono al riguardo fanno semplicemente accapponare la pelle, per il livello di
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Post/teca
disconnessione tra la classe politica e la realtà dei fatti che segnalano. Proviamo allora a spiegare più in
dettaglio perché i supposti piani per la riduzione del debito presentati dai grandi partiti fanno acqua da tutte
le parti e rappresentano in buona sostanza una colossale presa in giro.
Cominciamo dal PdL, che è quello che più rumore ultimamente ha fatto. Con un conferenza stampa di
qualche giorno fa, il portavoce provvisorio Angelino Alfano ha annunciato un meraviglioso piano per
abbattere il debito pubblico di circa 400 miliardi, portandolo quindi a circa il 100% del PIL. Tanto
meraviglioso è il piano che, oltre alla riduzione del debito, ci porterà in dote pure una riduzione della
pressione fiscale di 5 punti di PIL. Abbiamo già spiegato perché il piano non sta in piedi. Senza una parallela
e robusta discesa della spesa primaria, il solo risparmio della spesa per interessi non può, semplicemente non
può, garantire la riduzione del debito e contemporaneamente la riduzione delle tasse. Di riduzione della
spesa ovviamente Alfano non ha parlato nella conferenza stampa (far parlare i politici italiani di riduzione
della spesa è un po' come chiedere a Fonzie di dire ''ho sbagliato''). Stiamo ancora aspettando di leggere il
prestigioso studio su cui la proposta PdL è basata, e che a nostra conoscenza non è ancora stato pubblicato
(sembra esca domani, da quel che ci è dato capire). Nel frattempo però il dinamico duo Alfano-Brunetta è
uscito sulla stampa chiarendo meglio il progetto. I due interventi vanno letti congiuntamente per capire bene
quanto poco credibile sia il progetto PdL.
Cominciamo da Brunetta, che è intervenuto sul Giornale con un articolo dal solito titolo di sapore xenofobo
(''la Merkel ci vuole comprare''; ma figuriamoci). La storiella è sempre più o meno la stessa che i politicanti
come Brunetta hanno dispensato negli anni. La colpa non è nostra, sono gli altri che hanno fatto male l'euro,
impongono ricette sbagliate etc. etc. Noi non c'eravamo e se c'eravamo dormivamo. Non si può più chiedere
nulla ai ''Paesi come Italia e Spagna, che i compiti a casa li hanno fatti e che non sono in grado o non
vogliono accettare ulteriori, inutili, sacrifici". Fin qui niente di nuovo, semplicemente le solite pagliacciate
autoassolutorie cui ci ha abituato questa classe dirigente. L'unica cosa relativamente nuova e interessante
arriva in fondo all'articolo, in cui il Nobel mancato fornisce l'interpretazione vera del piano per la riduzione
del debito. Riporto per intero il pezzo:
Ed è in questa reazione orgogliosa e razionale al vicolo cieco in cui ci ha cacciato la Germania che va
inserito un plus di credibilità che nessuno ci ha chiesto: avviare fin da subito una forte e immediata
strategia shock di attacco al nostro debito pubblico.
In tal modo l’Italia può acquisire una posizione negoziale fortissima dicendo a chiare lettere che non ha
alcuna intenzione di proseguire sulla strada della spirale recessiva. Che non ha alcuna intenzione di
vendere i gioielli di famiglia, come vorrebbe qualcuno nel mondo tedesco, con qualche interessata sponda
anche in Italia. E che manterrà questa posizione a qualsiasi costo, fino alle estreme conseguenze, fino
all’uscita dall’euro. Mai lascerà fare affari ai predatori con la tripla A, che parlino inglese, francese o
tedesco.
Traduco: primo, niente tagli di spesa (mica si può ''proseguire sulla strada della spirale recessiva''). Quindi,
contro il buon senso, le riduzioni delle tasse si finanziano con ingressi straordinari di vendita del patrimonio
pubblico. Se poi una volta finite le dismissioni, ammesso che mai inizino, ricomparirà il buco daremo al colpa
ai tedeschi, immagino, o a qualche altro malcapitato straniero. Secondo, non abbiamo affatto intenzione di
vendere quello che effettivamente si può vendere rapidamente, ossia le quote delle imprese pubbliche.
Queste devono fermamente restare sotto il controllo della casta italiota. Il tutto condito dalla solita retorica
xenofoba sui ''predatori con la tripla A'', i quali avrebbero l'immensa colpa di pagare le imprese in euro
sonanti anziché in chiacchiere. Meglio quindi che le imprese di Stato continuino a depredarle Brunetta e i
suoi compari, con tanti auguri alla riduzione del debito.
Quindi, niente riduzione della spesa (diamine, è recessiva!) e niente vendita degli asset che veramente si
possono vendere (mica possiamo perdere la sovranità!). Cosa resta quindi del meraviglioso piano di
riduzione del debito pubblico più riduzione delle tasse?
Ce lo spiega il portavoce provvisorio Alfano in una intervista al Corriere della Sera. Dopo il solito nonsenso
sulle terribili colpe dell'Europa, che se non ci fossero stati loro signora mia come ce la saremmo cavata bene
da soli, il giornalista fa finalmente una domanda sensata e chiede dove cavolo pensa il signor Alfano di
acchiappare i 400 miliardi di cui ciancia. Ecco la parte rilevante della risposta:
Si tratta della valorizzazione di alcuni asset pubblici non strategici. È un'operazione che può portare il
rapporto debito/pil sotto quota 100%. Lo strumento è un grande fondo al quale conferire beni immobili e
anche alcuni beni mobili. Avremmo anche disponibili somme per dare respiro all'economia, abolendo l'Imu
sulla prima casa e avviando un percorso di riduzione della pressione fiscale per tutti
Ecco quindi svelato il busillis. Le imprese di Stato non si possono vendere, la spesa non si può tagliare, e
quindi restano gli immobili (e, pudicamente, ''alcuni beni mobili'', ma non quelli ''strategici'', mi
raccomando). Pura fantasia. La vendita degli immobili è operazione che già si è fatta in passato (ricordate le
cartolarizzazioni delle operazioni SCIP 1 e SCIP 2?). Le cifre che realisticamemte, e di realismo c'è un
maledetto bisogno, si possono attendere da una simile operazione non sono certo vicine a quelle che spaccia
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Post/teca
Alfano. Inoltre i tempi sono di solito lunghissimi. Però secondo Alfano tale operazione sarebbe sufficiente
non solo a ridurre il debito, non solo a elminare l'IMU sulla prima casa, ma anche ad ''avviare un percorso di
riduzione della pressione fiscale per tutti''. Potenza della fantasia. Oltretutto, di grazia, ci piacerebbe sapere
perché la riduzione dell'IMU, anziché quella delle tasse su lavoro e imprese, dovrebbe essere la priorità.
Niente da fare sul fronte PdL quindi,solo fuffa e nessun piano minimamente realistico.
E il PD? Beh, qui bisogna armarsi di santa pazienza e leggersi per intero la Carta d'Intenti del partito, che
dovrebbe spiegare agli elettori cosa si vuol fare nella prossima legislatura. Noi ci siamo messi di buona
volontà e la carta l'abbiamo letta tutta. Gli unici numeri che siamo riusciti a trovare sono stati quelli che
numeravano le pagine. Nel cappello introduttivo il PD ci annuncia che stiamo affrontando la crisi con ''la
zavorra di un debito pubblico da ridurre drasticamente e che richiederà scelte responsabili, di rigore e al
tempo stesso di enorme coraggio''. Va bene, ma intanto non è che ci dite come pensate effettivamente di
operare questa drastica riduzione, quali sarebbero queste scelte di ''enorme coraggio''? La risposta,
semplicemente, è no. Leggete con accuratezza il resto del documento, e diteci se vedete un solo pezzo in cui ci
siano non solo dei numeri chiari su come affrontare il debito ma semplicemente qualche suggerimento
concreto.
Per esempio, si suggerisce di ridurre la spesa? Leggiamo a pagina 7: ''Se l'austerità e l'equilibrio dei conti
pubblici, pur necessari, diventano un dogma e un obiettivo in sé - senza alcuna attenzione per occupazione,
investimenti, ricerca e formazione - finiscono per negare se stessi''. La traduzione, semplicemente, è che non
si possono ridurre le spese. Il lettore attento può osservare la straordinaria affinità con le tesi di Brunetta (il
famoso vero ''pensiero unico'' delle classi dirigenti italiane).
Magari aumentare le tasse allora? Beh, sì e no. Ecco cosa dice la Carta: ''Il primo passo da compiere è un
ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull'impresa, attingendo alla
rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari''. Quanto veramente si riesca a ridurre la tassazione di
lavoro e impresa aumentando le tasse sul patrimonio è questione su cui torneremo. Qua semplicemente
notiamo che l'operazione che propone il PD sembra essere (possiamo solo dire sembra, dato che numeri non
ne danno) a gettito invariato: meno tasse per alcuni, più tasse per altri. Quindi anche qua non sembra esserci
alcuna fonte di riduzione del debito.
Resta quindi la vendita di patrimonio pubblico. Ma qui l'unico pezzo in cui se ne parla è solo per avvertirci
con severità che ''è tramontata l'idea che la privatizzazione e l'assenza di regole siano sempre e comunque
la ricetta giusta''. Perché mai la privatizzazione dovrebbe accompagnarsi all'assenza di regole è cosa che
andrebbe spiegata, ma non polemizziamo. Quel che conta qui rilevare è che mentre il PdL fa finta di voler
vendere qualcosa per ridurre il debito, il PD non fa nemmeno finta. Quindi, qual è la strategia del PD per
ridurre il debito? A noi pare che sia esattamente identica a quella del PdL. Ossia, non c'è.
fonte: http://noisefromamerika.org/articolo/riduzione-debito-pubblico-secondo-pdl-pd
----------------------ilfascinodelvago
“E’ totalmente assurda quest’idea di destinare giorni singoli a grandi festività pubbliche. Non
produrrà mai altro che danni. Ciò che vogliamo è una riduzione delle ore lavorative durante
tutto l’anno, cosicché, per esempio, ogni attività lavorativa termini alle quattro del pomeriggio
in punto. Allora l’idea delle ore di tempo libero diverrebbe familiare alla gente, che
imparerebbe a farne un uso sensato. Naturalmente questo è impossibile finche lavoreremo per
amore del lavoro. Tutto il lavoro del mondo, tutto quello che è realmente necessario per la
salute e l’agio e persino per il lusso dell’umanità, potrebbe essere eseguito in tre o quattro ore
al giorno. Se c’è un eccesso di lavoro è solo perché c’è un eccesso di venalità. Ogni uomo sente
di dover competere con il suo vicino per vivere e, il droghiere che tiene aperta la sua bottega
fino a mezzanotte e mezzo ha un vantaggio su quello che chiude alle dodici. Il lavoro in se non
è un fine; è solo un mezzo; ma ai nostri tempi ne facciamo un fine, e tre quarti del mondo non
riescono a capire nient’altro”
— George Gissing, scrittore (1857-1903)
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Post/teca
biancaneveccp ha rebloggato quellochevorreidirti
“Ti lascio perché è troppo tardi o troppo presto per ricominciare.
Perché sei lontana da me e io soffro già troppo. Ti lascio perché non so come vivere con questo
amore che non riesco controllare, ma so che il legame che ci unisce è più forte del tempo che
passa e ti lascio con la speranza di ritrovarti un giorno quando saremo più liberi, più adulti,
più degni del nostro amore.”
— Un amore di gioventù (via eravamonellostessoamore)
Fonte: facebook.com
--------------------yomersapiens
è incredibile quanto può diventare indisponente una casa, cioé, la mia l’avrò lavata l’ultima volta
quando? appena due mesi fa? tre? e guardala oggi, tutta che si è sporcata e buttata via, così, con
quella polvere e quelle ragnatele ovunque, ah ma io non ci sto signorina, io ti ho insegnato le buone
maniere, se credi che adesso mi metto a lavarti di nuovo te lo scordi, sei grande abbastanza, è ora
che impari a cavartela da sola, tu è quell’altro deficiente di tuo fratello il giardino, che adesso gli è
presa la mania del metal e si sta facendo crescere tutta l’erba lunga lunga, ma credi che lo trovi un
lavoro così? ma tagliati quella roba! dove pensate di essere? qua ci vuole un po’ di educazione,
meglio che tornate in carreggiata subito prima che vi sbatta fuori di cas… cioè, fuori da voi stessi,
prima che vi faccia implodere, ecco.
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— SCIENZA
Perché spendere tanto per lo Spazio?
di EMANUELE MENIETTI –
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@EMENIETTI
Post/teca
È una domanda ricorrente: 42 anni fa il direttore della NASA rispose così, dopo aver ricevuto una
lettera sulla fame nel mondo da una suora
8 agosto 2012
Lunedì scorso un robot automatico (rover) della NASA, Curiosity, ha raggiunto Marte
eseguendo un perfetto e molto delicato atterraggio sul pianeta. Per almeno due anni il
rover fornirà nuovidati e informazioni su come è fatto Marte, occupandosi principalmente
dello studio delle sue caratteristiche climatiche e geologiche. La missione servirà anche per
capire se un tempo sul pianeta esistessero particolari forme di vita e, in prospettiva, per
studiare e organizzare una futura missione marziana con astronauti. L’arrivo di Curiosity è
stato seguito con grande interesse dai mezzi di comunicazione di tutto il mondo e, come
accade spesso in concomitanza con le imprese spaziali, sono iniziate a circolare critiche
sull’effettiva utilità nello spendere molti soldi – in questo caso circa 2,5 miliari di dollari –
per inviare su Marte il rover, che pesa quasi una tonnellata ed è grande quanto
un’automobile. In molti si sono chiesti: perché non usare quel denaro per altre buone
cause, direttamente qui sulla Terra?
Una domanda simile fu posta anche nel 1970 all’allora direttore scientifico della NASA,
Ernst Stuhlinger, da una suora attiva in Zambia. Considerati i successi del programma
Apollo, che aveva consentito di portare l’uomo sulla Luna, il responsabile della NASA
aveva proposto di avviare le prime ricerche per una missione spaziale con esseri umani
verso Marte. Suor Mary Jacunda gli inviò una lettera, chiedendogli come potesse proporre
qualcosa del genere e di così costoso mentre sulla Terra ogni anno milioni di persone
pativano la fame. Stuhlinger rispose con una lettera lunga e ben argomentata, che
successivamente fu pubblicata dalla NASA con il titolo “Perché esplorare lo Spazio?”.
Di seguito la traduzione integrale della lettera di Stuhlinger, dove sono proposte molte
argomentazioni che valgono ancora oggi, a 42 anni di distanza dalla sua pubblicazione,
sebbene figlie di un tempo diverso dal nostro. Il mondo era ancora diviso in due blocchi a
causa della Guerra fredda, la NASA arrivava dai grandi successi delle prime missioni lunari
e poteva godere di molti più fondi, fatte le dovute proporzioni, rispetto agli attuali.
–—–
6 maggio 1970
Cara suor Maria Gioconda,
la sua è una delle tante lettere che ricevo ogni giorno, ma mi ha toccato più profondamente
delle altre perché viene da un cuore compassionevole e da una mente profonda. Cercherò
di rispondere meglio che posso alla sua domanda.
Prima, tuttavia, desidero esprimere la mia grande ammirazione per lei e per tutte le altre
sue coraggiose sorelle, perché state dedicando le vostre vite alla più nobile causa umana:
aiutare il proprio prossimo in difficoltà.
Lei chiede nella sua lettera come abbia potuto proporre la spesa di miliardi di dollari per
organizzare un viaggio su Marte, in un momento in cui molti bambini su questa Terra
muoiono di fame. Lo so che non si aspetta una risposta del tipo “Oh, non sapevo che ci
fossero bambini che muoiono di fame, d’ora in poi mi asterrò dalla ricerca spaziale fino a
quando il genere umano non avrà risolto la questione!”. In effetti, ho iniziato a essere a
conoscenza del problema della fame nel mondo ben prima di sapere che fosse
tecnicamente possibile un viaggio verso Marte. Tuttavia, credo – come molti altri miei
amici – che viaggiare verso la Luna e forse un giorno verso Marte e altri pianeti sia
un’iniziativa che dovremmo affrontare ora, e penso anche che questi tipi di progetti, nel
lungo termine, possano contribuire alla soluzione dei gravi problemi che affliggono la
Terra molto di più di altri progetti discussi ogni anno, e che portano spesso a risultati
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Post/teca
tangibili solo dopo molto tempo.
Prima di spiegarle come il nostro programma spaziale possa contribuire alla soluzione dei
problemi qui sulla Terra, vorrei raccontarle una storia che pare sia vera e che potrebbe
aiutarla a comprendere l’argomento. Circa 400 anni fa, in una cittadina della Germania
viveva un conte. Era uno di quei nobili buoni ed era solito dare buona parte dei propri
guadagni ai suoi concittadini poveri: erano gesti molto apprezzati, perché c’era molta
povertà e le ricorrenti epidemie causavano seri problemi. Un giorno, il conte incontrò uno
sconosciuto. Aveva un banco di lavoro e un piccolo laboratorio nella sua abitazione,
lavorava sodo di giorno per avere qualche ora ogni sera per lavorare nel suo laboratorio.
Metteva insieme piccole lenti ottenute da pezzi di vetro; le montava all’interno di alcuni
cilindri e le utilizzava per osservare oggetti molto piccoli. Il conte fu affascinato da ciò che
si poteva vedere attraverso quegli strumenti, cose che non aveva mai visto prima. Invitò
l’uomo a trasferire il suo laboratorio nel castello, diventando un incaricato speciale per la
realizzazione e il perfezionamento dei suoi strumenti ottici.
La gente in città, tuttavia, si arrabbiò molto quando capì che il conte stava impegnando il
proprio denaro in quel modo senza uno scopo preciso. «Soffriamo per la peste», dicevano,
«mentre lui paga quell’uomo per i suoi passatempi inutili!». Ma il conte rimase fermo sulle
sue posizioni. «Vi do tutto quello che posso», disse, «ma darò sostegno anche a
quest’uomo e al suo lavoro, perché sento che un giorno ne verrà fuori qualcosa di buono!».
E in effetti qualcosa di buono avvenne, anche grazie al lavoro di altre persone in diversi
luoghi: l’invenzione del microscopio. È noto che questa invenzione ha contributo più di
molte altre idee al progresso della medicina, e che l’eliminazione della peste e di altre
malattie contagiose in molte parti del mondo sia stata possibile in buona parte grazie agli
studi resi possibili dal microscopio. Dedicando parte del proprio denaro alla ricerca e alla
scoperta di nuove cose, il conte contribuì molto di più a dare sollievo dalla sofferenza
umana rispetto a ciò che avrebbe potuto fare dando tutto i propri soldi ai malati di peste.
La situazione cui ci troviamo davanti oggi è simile in molti aspetti a quella che le ho appena
raccontato. La presidenza degli Stati Uniti spende circa 200 miliardi di dollari nel proprio
bilancio annuale. Questi soldi vanno alla salute, all’istruzione, allo stato sociale, al
rinnovamento delle strutture urbane, alle autostrade, ai trasporti, agli aiuti all’estero, alla
difesa, alla conservazione del territorio, alla scienza, all’agricoltura e a molte altre realtà
all’interno e all’esterno del paese. Circa l’1,6 per cento del budget è stato destinato alla
ricerca spaziale quest’anno. Il programma spaziale comprende il Progetto Apollo e molti
altri progetti più piccoli legati alla fisica dello spazio, all’astronomia, alla biologia nello
spazio, allo studio dei pianeti, all’analisi delle risorse della Terra e all’ingegneria spaziale.
Per rendere possibile questa spesa per il programma spaziale, lo statunitense medio con un
reddito annuo di 10mila dollari paga circa 30 dollari, con le imposte, per il programma
spaziale. Il resto dei suoi soldi, 9.970 dollari, rimangono per la sua sussistenza, per il
pagamento di altre imposte, il suo divertimento e per i suoi risparmi.
Ora lei probabilmente mi chiederà: “Perché non prendete 5 o 3 o 1 dollaro di questi 30
pagati dal contribuente medio e non li destinate ai bambini che muoiono di fame?”. Per
rispondere a questa domanda, devo spiegarle brevemente come funziona l’economia in
questo paese. La situazione è inoltre molto simile in altri paesi. Il governo è costituito da
una serie di ministeri (Interno, Giustizia, Salute, Educazione, Stato Sociale, Trasporti,
Difesa, eccetera) e da alcuni uffici (National Science Foundation, National Aeronautics and
Space Administration e altri). Tutti questi ogni anno preparano un budget sulla base degli
incarichi che hanno ricevuto, e ognuno deve poi difendere il proprio budget dal meticoloso
lavoro di controllo delle Commissioni del Congresso e dall’Ufficio che si occupa del budget
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Post/teca
nazionale e dalla presidenza. Quando i fondi sono infine destinati dal Congresso, li
possono spendere solamente per le cose specificate nel bilancio.
Il budget della NASA, naturalmente, può essere organizzato solamente per la spesa di
risorse legate direttamente all’aeronautica e allo spazio. Se questo budget non venisse
approvato dal Congresso, i fondi proposti non utilizzati non diventerebbero disponibili per
qualcos’altro; non sarebbero semplicemente prelevati dai contribuenti, salvo la
destinazione di quei fondi per l’espansione del budget di un altro ufficio/ministero. Capirà
da questa breve descrizione che il sostegno per i bambini affamati, o meglio un aumento
dell’impegno profuso già dagli Stati Uniti per questa nobile causa nella forma di aiuti verso
l’estero, può essere solo ottenuto se il ministero competente fa richiesta per una linea di
credito a questo scopo, e solo se la richiesta viene poi approvata dal Congresso.
Ora lei potrebbe chiedermi se io sia a favore o meno di una mossa di questo tipo da parte
del nostro governo. La mia risposta è un sì convinto. Difatti, non avrei alcun problema nel
sapere che le mie tasse vengono aumentate di qualche dollaro allo scopo di sfamare i
bambini affamati, ovunque si trovino.
So che tutti i miei amici la pensano allo stesso modo. Tuttavia, non potremmo portare in
vita un simile programma semplicemente rinunciando a fare progetti per i viaggi verso
Marte. Al contrario, penso addirittura che lavorando al programma spaziale posso dare il
mio contributo per alleviare e forse risolvere gravi problemi come la povertà e la fame sulla
Terra. Alla base del problema della fame ci sono fattori: la produzione di cibo e la
distribuzione del cibo. La produzione del cibo attraverso l’agricoltura, l’allevamento, la
pesa e altre operazioni su larga scala è efficiente in alcune parti del mondo, ma
radicalmente disastrosa in molte altre parti. Per esempio: le grandi aree di terreno
potrebbero essere utilizzate molto meglio se venissero applicati sistemi più efficienti di
irrigazione, di fertilizzazione, di previsione del tempo, di piantumazione, di selezione dei
campi, di calcolo dei tempi per le coltivazioni e di pianificazione.
Il miglior strumento per migliorare questi fattori è, indubbiamente, lo studio della Terra
con satelliti artificiali. Orbitando intorno al pianeta, i satelliti possono monitorare grandi
aree di terreno in poco tempo, possono osservare e misurare l’ampia serie di variabili che
indicano lo stato e le condizioni dei campi, del suolo, delle precipitazioni eccetera, e
possono inviare queste informazioni sulla Terra. Si stima che anche un piccolo sistema di
satelliti con il giusto equipaggiamento possa far aumentare la produzione dei campi per
molti miliardi di dollari.
La distribuzione del cibo per chi ne ha bisogno è un problema totalmente diverso. La
questione non è tanto legata alla possibilità di distribuire grandi volumi, bensì di
cooperazione internazionale. Chi controlla un piccolo paese spesso non è a proprio agio
con l’idea di ricevere grandi quantità di cibo inviate da una nazione più grande,
semplicemente perché teme che insieme con il cibo arrivi anche una maggiore influenza
dall’estero. Un efficiente sollievo dalla fame, temo, non arriverà fino a quando tutti i
confini tra le nazioni non saranno diventati più labili di adesso. Non penso che
l’esplorazione spaziale porterà a questo miracolo dall’oggi al domani. Tuttavia, il
programma spaziale è certamente uno dei più promettenti e potenti elementi che lavorano
in questa direzione.
Mi permetta di ricordarle della recente tragedia sfiorata dell’Apollo 13. Quando ci siamo
avvicinati al momento cruciale del rientro dei nostri astronauti, l’Unione Sovietica ha
interrotto tutte le comunicazioni radio russe sulle bande di frequenza usate dal Progetto
Apollo per evitare possibili interferenze, e navi russe hanno stazionato nel Pacifico e
nell’Atlantico nel caso fosse stata necessaria un’operazione di recupero di emergenza. Se la
capsula che trasportava gli astronauti fosse ammarata vicino a una nave russa, i russi si
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Post/teca
sarebbero senza dubbio dati da fare al pari di quanto avrebbero fatto se ci fossero state in
gioco le vite dei loro cosmonauti. Se i loro viaggiatori nello spazio un giorno si dovessero
trovare in condizioni di emergenza simili, gli statunitensi farebbero senza alcun dubbio la
stessa cosa.
La maggiore produzione di cibo attraverso sistemi di monitoraggio in orbita, e una
migliore distribuzione del cibo attraverso migliori relazioni internazionali, sono due
esempi di come il programma spaziale possa influenzare la vita sulla Terra. Vorrei ancora
citarle due esempi: lo stimolo a ideare nuove tecnologie, e la creazione di conoscenza
scientifica.
Le necessità di alta precisione e affidabilità imposta per i componenti di una navicella
spaziale per viaggiare verso la Luna sono state senza precedenti nella storia dell’ingegneria.
Lo sviluppo di sistemi che raggiungano questi severi requisiti ci ha dato una grande
opportunità per trovare nuovi materiali e metodi, per inventare migliori sistemi
tecnologici, per realizzare nuove procedure, per allungare la vita delle strumentazioni, e
anche per scoprire nuove leggi della natura.
Tutte queste nuove conoscenze tecniche sono ora disponibili anche per applicazioni legate
a tecnologie per la Terra. Ogni anno circa mille nuove innovazioni create dal programma
spaziale trovano il loro impiego nelle tecnologie qui sulla Terra, e portano a migliori
sistemi per la cucina, per le coltivazioni, a migliori navi e aeroplani, a migliori sistemi per
le previsioni del tempo, a migliori comunicazioni, a migliori strumenti sanitari, a migliori
utensili e strumenti che usiamo nella vita di tutti i giorni. Probabilmente lei ora si chiederà
perché dobbiamo prima sviluppare un piccolo sistema di sostegno per la vita per far
viaggiare sulla Luna i nostri astronauti, invece di poter costruire un sensore per monitorare
il cuore dei pazienti. La risposta è semplice: i progressi significativi nella soluzione di
problemi tecnici non sono spesso realizzati attraverso un approccio diretto, ma tramite
obiettivi più grandi e ambiziosi che portano a una maggiore motivazione per l’innovazione,
che spingono l’immaginazione oltre e fanno sì che gli uomini diano il loro meglio, e che
innescano catene a reazione.
Il volo spaziale senza dubbio riveste questo ruolo. Il viaggio verso Marte non sarà certo una
fonte diretta di cibo per sfamare gli affamati. Tuttavia, porterà a così tante nuove
tecnologie e potenzialità che le ricadute da questo progetto da sole avranno un valore di
molto superiore ai costi.
Oltre alla necessità di nuove tecnologie, c’è la continua grande necessità di realizzare nuove
scoperte scientifiche, se vogliamo migliorare le condizioni della vita umana sulla Terra.
Abbiamo bisogno di più conoscenze nei campi della fisica, della chimica, della biologia, e
soprattutto nella medicina per affrontare tutti quei problemi che minacciano l’esistenza
della vita umana: la fame, le malattie, la contaminazione del cibo e delle acque,
l’inquinamento e i cambiamenti ambientali.
Abbiamo bisogno di più donne e uomini che scelgono di seguire una carriera scientifica e
abbiamo bisogno di un migliore sistema di sostegno per quegli scienziati che dimostrano di
avere il talento e la determinazione di impegnarsi in lavoro di ricerca fruttuosi. Devono
essere raggiungibili obiettivi di ricerca ambiziosi, e deve esserci sostegno a sufficienza per i
progetti di ricerca. Di nuovo, il programma spaziale con le sue meravigliose opportunità
legate alle ricerche sulle lune e i pianeti, sulla fisica e l’astronomia, sulla biologia e la
medicina, è uno stimolo ideale per indurre quella reazione tra lavoro scientifico,
opportunità di osservare fenomeni naturali, e il sostegno necessario per portare avanti la
ricerca.
Tra tutte le attività che sono dirette, controllate e finanziate dal governo statunitense, il
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Post/teca
programma spaziale è certamente l’attività più visibile e discussa, anche se consuma
solamente l’1,6 per cento del budget nazionale e il 3 per mille del prodotto interno lordo
nazionale. Come stimolo per lo sviluppo di nuove tecnologie e per la ricerca nelle scienze
non ha altri pari. E per questo, potremmo anche dire che il programma spaziale si sta
facendo carico di una funzione assunta per tre o quattro millenni dalla guerra.
Quanta sofferenza umana potrebbe essere evitata dalle nazioni, se invece di competere con
il lancio di bombe dagli aeroplani e dai razzi ci fosse una competizione per viaggiare verso
la Luna! Questa competizione promette grandi vittorie, ma non lascia spazio all’amara
sconfitta che porta a nient’altro che alla vendetta e a nuove guerre.
Anche se il nostro programma spaziale sembra portarci via dalla Terra verso la Luna, il
Sole, i pianeti e le altre stelle, penso che nessuno di questi corpi celesti troverà la stessa
attenzione dedicata dagli scienziati dello spazio verso la Terra. Avremo una Terra migliore,
non solo grazie a tutte le nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche che potremo
applicare per migliorare la vita, ma anche perché iniziamo ad apprezzare meglio il nostro
pianeta, la vita e l’uomo.
La fotografia che allego a questa lettera mostra una vista della Terra realizzata dall’Apollo 8
quando era in orbita intorno alla Luna nel Natale del 1968. Di tutti i meravigliosi risultati
raggiunti fino a ora dal programma spaziale fino a oggi, questa foto forse è la cosa più
importante. Ci ha aperto gli occhi sul fatto che la nostra Terra è una bellissima e preziosa
isola sospesa nel vuoto, e che non c’è altro posto per noi in cui vivere se non il sottile strato
di superficie del nostro Pianeta, circondato dal nulla scuro dello spazio. Mai così tante
persone si erano accorte prima quanto sia limitata la nostra Terra, e quando sarebbe
pericoloso alterare il suo equilibrio ecologico. Da quando questa foto è stata pubblicata, in
molti si sono fatti sentire per raccontare i problemi e le sfide per l’uomo di questi tempi:
l’inquinamento, la fame, la povertà, la vita nelle città, la produzione di cibo, il controllo
delle acque, la sovrappopolazione. Non è sicuramente successo per caso se abbiamo
iniziato a renderci conto di queste enormi sfide nel momento in cui l’era spaziale ai suoi
primordi ci ha mostrato come appare il nostro Pianeta.
Fortunatamente, l’era spaziale non è solamente uno specchio per vedere noi stessi, è anche
una risorsa che ci dà le tecnologie, la motivazione e anche l’ottimismo per affrontare questi
problemi con fiducia. Ciò che impariamo dal nostro programma spaziale, penso, segue
pienamente ciò che aveva in mente Albert Schweitzer quando disse: “Guardo al futuro con
preoccupazione, ma con buona speranza”.
I miei migliori auguri per lei e per i suoi bambini, sempre.
Con viva cordialità,
Ernst Stuhlinger
fonte: http://www.ilpost.it/2012/08/08/perche-spendere-cosi-tanto-per-lo-spazio/
---------------------------8 agosto 2012
Addio a Hughes, scorrettissimo
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Post/teca
profeta
Fu il primo ad attaccare la political correctness della cultura americana
Robert Hughes, deceduto ieri in un ospedale del Bronx
all’età di 74 anni, verrà forse ricordato come un grande “declinista” più ancora che come critico
d’arte. È stato il suo La cultura del piagnisteo, pubblicato nel 1993, a dare inizio a quello che oggi è
un genere letterario in pieno boom, vale a dire l’amara riflessione sul declino dell’impero
americano. A partire dagli anni Sessanta, sosteneva Hughes, la polarizzazione politica ha invaso
ogni angolo della vita, inclusa l’esistenza quotidiana. Hughes era australiano, e nella sua intensa
vita ha conosciuto bene, oltre al suo paese natale, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Le sue osservazioni
sconsolate sulle accuse reciproche che conservatori e progressisti si scambiavano senza pensarci
due volte non tenevano forse conto di ben altre e anche peggiori polarizzazioni che l’Europa ha
conosciuto lungo tutto il Novecento. Negli anni Sessanta in America chiunque non fosse un liberal
convinto, di sinistra e contro la guerra del Vietnam veniva definito un fascista.
Nei decenni successivi i conservatori hanno ripagato i progressisti con gli interessi, riuscendo a far
passare per semi-terrorista qualunque proposta di riforma sociale ispirata al più semplice buon
senso. Ma tutto ciò non è nulla di nuovo per chi conosce la storia europea del secolo scorso, e si
ricorda di quando agli occhi dei duri e puri della sinistra degli anni Trenta ogni forma di
socialdemocrazia veniva equiparata al fascismo. Ma infatti l’Europa uscì distrutta dalla guerra,
mentre il mondo anglosassone, America, Inghilterra, e anche l’Australia, non avrebbe avuto ragione
di covare simili dissensi al proprio interno.
La tempestività dell’analisi di Hughes, però, derivava da una novità di approccio che ancora oggi ne
costituisce il pregio (per alcuni) e il limite (per altri). La cultura del piagnisteo infatti era un attacco
spietato, e anche non poco divertente, alla crescente marea della political correctnessche stava
invadendo le università americane e da lì il mondo del giornalismo, dello spettacolo e infine la vita
quotidiana, tanto sul posto di lavoro quanto a casa.
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Post/teca
La polarizzazione è una droga, diceva Hughes, è la cocaina della politica. È difficile staccarsene
quando la dipendenza si è sviluppata, e la political correctness è un elemento del mix, del taglio
della dose, che rende la droga ancora più pericolosa in quanto devitalizza il vocabolario e la
memoria storica che sarebbero necessari per difendersene. Bisogna ricordare che i primi anni
Novanta sono stati la belle époque del politically correct. Erano gli anni in cui ci si ricordava ancora
di quando una docente di Harvard non insegnava un seminario bensì un ovulario, di quando una
studentessa di una università canadese, così mi venne raccontato, uscì da un’aula sbattendo la porta
e accusando il suo professore di essere un arrogante “specista” perché il poveretto aveva osato
affermare che mucche e galline non possiedono un linguaggio paragonabile a quello umano.
Robert Hughes, che già come critico d’arte era noto per non usare mezze misure (memorabili i suoi
attacchi a Jeff Koons, così come i suoi giudizi, più misurati, su Andy Warhol), colpì duro e preciso.
Fece notare che la political correctness pretendeva di esaltare il multiculturalismo ma in realtà
annullava le vere differenze culturali appiattendole su un contrasto politico tutto interno
all’Occidente e che non aveva nulla a che fare con le culture davvero “altre”. La cultura si nutre e si
tramanda grazie all’apporto delle minoranze e delle diversità etniche e storiche (Hughes, va detto,
era altrettanto severo con le lamentazioni dei conservatori), ma devono essere diversità vere, non
già prontamente comprese e assimilate dal discorso egemonico dell’accademia occidentale.
L’università americana, osservava Hughes, è così assurdamente specialistica, e i suoi rappresentanti
così ossessionati dalla necessità di far carriera inventando un punto di vista più estremo di quello
dei propri colleghi, da essere ormai diventata come l’Accademia di Lagado descritta da Jonathan
Swift nei suoi Viaggi di Gulliver, un luogo dove gli scienziati estraggono raggi di sole dai cetrioli e
gli architetti costruiscono le case partendo dal tetto.
Il vero problema, ed è qui dove si comprende l’attacco alla cultura del piagnisteo, era che l’intera
prospettiva dell’arte e dell’espressione di tutto ciò che è umano, buono o cattivo che sia, era stata
ridotta a una «fallacia terapeutica ». In altre parole: se non mi fa stare bene, se non rafforza ciò che
già credo, se mi mette a disagio, se mi sconcerta, se va contro i miei “principi”, non è arte, non è
cultura e non deve essere ammessa alla discussione (posizione della sinistra), e soprattutto non deve
essere finanziata con soldi pubblici (posizione della destra).
C’era un’innegabile semplificazione, anzi una polarizzazione, nelle tesi di Hughes. Molti distinguo
potevano essere fatti allora e adesso. Ma sulla riduzione dell’arte a terapia di gruppo sospetto che
avesse ragione. Avrei voluto sapere che cosa avrebbe detto Hughes ai miei cinque studenti che in un
corso di introduzione al cinema non americano, un paio d’anni fa, mi rivolsero una protesta
formale: «Professore – mi dissero –, finora lei ci ha fatto vedere quattro film, nessuno aveva un lieto
fine, e noi siamo depressi». Ne avevo sentite tante ma questa non me l’aspettavo. Ebbi qualche
secondo di panico prima di trovare la risposta: «Scusate – gli dissi – io non sono il vostro
terapeuta».
Alessandro Carrera
COMMENTI (1)
da Guido inviato il 8/8/2012 alle 7:28
Da australiano (per almeno 30 anni) ho seguito Hughes nella sua carriera. Al contrario di molti australiani che vivevano
all'estero, Highes è sempre usato l'Australia come punto di riferimento. La sua scorrettezza proviene anche dalla
caratteristica australiana di non ossequiare l'autorita' e di criticare coloro che si danno tante arie. Il suo libro "The Fatal
Shore" (http://www.middlemiss.org/lit/australian/fatalshore.html) rimane uno dei libri piu' importanti per raccontare la
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Post/teca
colonizzazione inglese in Australia.
fonte: http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/136492/addio_a_hughes_scorrettissimo_profeta
---------------------------3 agosto 2012
Saggistica
Dare le pagelle ai poeti
Diamo atto ad Alberto Bertoni di due qualità: in primo luogo la ricchezza e l’articolazione del
linguaggio, e poi la conoscenza in estensione e profondità del mondo poetico italiano, nel quale non
è facile districarsi, tenuto conto delle migliaia di autori che si esternano ogni anno. Due qualità
trasmesse in un saggio, La poesia contemporanea (il Mulino, Bologna 2012, 237 pagine, 14 euro),
di piacevole ancorché complessa lettura. Un serio impegno, per i 515 scrittori citati, sulla maggior
parte dei quali si esprime una valutazione. Il libro è diviso in quattro sezioni.
Nella prima la polemica innescata sul modo improprio di far accostare oggi, in Italia, alla poesia
coinvolge tutta la sfera dell’istruzione del paese e le carenze delle agenzie educative, dalla scuola
all’ università, dalle case editrici ai media e agli audiovisivi. La seconda, “Piccola antologia
portatile”, è la più interessante: venticinque medaglioni per altrettanti poeti compresi nell’arco di
circa cinquant’anni del Novecento, fra il 1942 e il 1989. C’è il molto buono di quell’epoca (solo in
alcuni casi il meno buono) in storie culturali da assaporare a piccole dosi, un paio al giorno, per
scoprirne le dovizie lessicali e la sapienza del docente. Che ha i suoi diritti di scelta e le chiusure
critiche.
Per i primi, è chiaro (non crediamo casuale) il criterio ad excludendum di tutto un filone della
contemporanea poesia italiana, quello che si rifà all’ispirazione spiritualistica (non diciamo religiosa
e tanto meno cattolica). A parte il dovuto omaggio a Mario Luzi, qualche riga per Davide Rondoni,
due citazioni nominali per Clemente Rebora e una ciascuno per Roberto Mussapi e Davide M.
Turoldo, quel filone, per Bertoni, non esiste: Giovanni Testori e Margherita Guidacci – soltanto per
fare due esempi – sono eliminati dal contesto, come non facessero parte, insieme con altri, della
cultura e della poesia italiana.
Le due ultime sezioni riguardano la situazione contemporanea e quella della prosa e poesia negli
anni Duemila. Leggermente più faticose alla lettura, danno l’impressione di un affastellamento di
schede, peraltro dalla riconosciuta validità informativa. Danno l’impressione che stia emergendo
un’orchestra di voci poetiche mai ascoltata sino a ora e il cui vate è Giovanni Giudici. Nulla da dire
a proposito della valutazione critica su quest’ultimo; ma, sia pure in un discorso sulla più stretta
contemporaneità, pare esagerato che solamente Dante e Montale siano più citati, con Leopardi alla
pari e con Carducci, Manzoni, Saba, Ungaretti e Zanzotto a un gradino inferiore.
Angelo Paoluzi
fonte: http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/136428/dare_le_pagelle_ai_poeti
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Post/teca
Un pomeriggio speciale
8 agosto 2012
di filippo facci
La frase di Craxi, testuale, fu ritrasmessa integralmente da Annozero solo due anni fa, nel gennaio del 2010. Eccola.
«Sarebbe come credere che il Presidente della Camera, Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni ministro degli
esteri del Pci, non si fosse mai accorto del genere di traffico che avveniva sotto di lui, tra i vari rappresentanti e
amministratori del Pci con i paesi dell’Est». Fu pronunciata durante il processo Cusani – non Enimont, come ha detto Di
Pietro nella sua intervista a Oggi – ed erano le 17 del 17 dicembre 1993. Craxi aveva detto anche altro:
«Della natura non regolare o illegale dei finanziamenti ai partiti e al mio partito, io penso, ho cominciato a capire
quando ancora portavo i pantaloni alla zuava… Qualcuno può veramente credere che il ravennate Gardini, che aveva
grandi interessi in Emilia, e il cui gruppo aveva interessi in Urss, non abbia mai dato un contributo al Pci?… Si può
immaginare seriamente, si può credere che un gruppo come la Fiat possa essere stato concusso o spaventato?… È
possibile credere che il presidente del Senato, Giovanni Spadolini, per dieci anni segretario del Pri, abbia e sempre
avuto un finanziamento assolutamente regolare e che le irregolarità e illegalità siano state commesse dal vecchio La
Malfa e dal giovane La Malfa? Sarebbe come credere che il Presidente della Camera, Giorgio Napolitano… »
Quel giorno rimase memorabile anche per l’interrogatorio mattutino di Arnaldo Forlani (quattro ore: fu strapazzato per
via della sua palese reticenza) ma nel pomeriggio, appunto, s’intuì che sarebbe stato un pomeriggio speciale. Io tra
l’altro ero lì, in aula. Di Pietro, che era il pm, cercherà di giustificare la sua docilità spacciandola come strumentale ai
suoi obiettivi istruttori: cioè far parlare Craxi. Ma negli anni successivi si sarebbe ben compreso come Di Pietro potesse
anche temere le sortite di un uomo che di lui sapeva molte cose: qualsiasi cosa avesse detto Craxi, in ogni caso, quel
giorno l’avrebbe detta davanti a milioni di persone. Di Pietro lo sapeva. Sta di fatto che non gli fece neppure una
domanda vera e formulata fino in fondo, acconsentendo ogni volta di farsi interrompere con ripetuti «mi consenta di
chiarire un punto». Craxi disse tutto ciò che voleva. Parlò delle cooperative rosse (e Tonino: «Ecco, è importante anche
questo») e spiegò che la Montedison non pagava solo il Psi (e Tonino: «È vero, è vero… ce l’hanno riferito in
parecchi»). Incapace di distinguere tra verità e verità processuale, il leader socialista ruggì a piacimento: tirò in ballo
Gardini, Spadolini e La Malfa. E Napolitano, che peraltro erano già stato coinvolto indirettamente perché a Milano
avevano arrestato tutti i suoi uomini (la mitica corrente migliorista, detta «pigliorista») tanto che lo stesso Craxi aveva
scelto anche Napolitano tra i soggetti di alcuni suoi quadri della serie «Bugiardi ed extraterrestri», opere a metà tra la
satira e l’arte concettuale.
A Milano, del resto, le modalità di finanziamento utilizzate dai comunisti cominciarono a cambiare dal 1986. I soldi
dall’Urss calavano e il Pci entrò nel sistema di spartizione degli appalti e delle tangenti. La prova generale avviene alla
Metropolitana di Milano: un funzionario comunista, Luigi Mijno Carnevale, ritirava le bustarelle e le girava ai superiori,
in particolare ai citati «miglioristi» che «a livello nazionale», si legge nella sentenza sulla Metropolitana, «fa capo a
Giorgio Napolitano» e ad altri esponenti come Gianni Cervetti ed Emanuele Macaluso. Un altro processo legato ai
finanziamenti versati al settimanale «Il Moderno» (diretto da Lodovico Festa e finanziato da Berlusconi, Ligresti,
Gavio, Torno costruzioni) si concluse con una prescrizione, ma «Il finanziamento da parte della grande imprenditoria»,
spiegò la Cassazione, «si traduceva in finanziamento illecito al Pci-Pds milanese, corrente migliorista».
Anche a Napoli ci fu qualche problema. L’imprenditore Vincenzo Maria Greco, nel dicembre 1993, raccontò ai pm che
nell’affare della metropolitana locale era coinvolto anche il Pci: «Paolo Cirino Pomicino ebbe a dirmi che aveva preso
l’impegno con il capo-gruppo alla Camera del Pci dell’epoca, onorevole Giorgio Napolitano, di permettere un ritorno
economico al Pci… Mi spiego: il segretario provinciale del Pci dell’epoca era il dottor Umberto Ranieri, attuale
deputato e membro della segreteria nazionale del Pds. Costui era il riferimento a Napoli dell’onorevole Napolitano.
Pomicino mi disse che già riceveva somme di denaro dalla società Metronapoli… e che si era impegnato con
l’onorevole Napolitano a far pervenire una parte di queste somme da lui ricevute in favore del dottor Ranieri».
Napolitano, diventato nel frattempo presidente della Camera, viene iscritto nel registro degli indagati anche se il suo
nome fu secretato e chiuso in cassaforte. «Sono bersaglio di ignobili invenzioni e tortuose insinuazioni che vengono da
persone interessate a colpirmi per il ruolo istituzionale che ho svolgo», disse Napolitano. L’inchiesta fu archiviata.
Ma ci siamo persi quel 17 dicembre 1993 e ci siamo persi Craxi con Di Pietro: il quale, quel giorno, scodinzolava come
molti ricordano. Memorabile anche la scena in cui Craxi pose un foglietto e Tonino venne a ritirarlo come la mancia al
cameriere. Craxi finse di lasciare Palazzo di Giustizia e salì invece nell’ufficio del pm, che appariva compiaciuto e
soddisfatto. Luca Josi, presente alla scena, lo definì «rispettoso fino alla deferenza, un affettuoso pastore maremmano».
Poi, però, non mancarono reazioni isteriche. «Il Torquemada di Montenero di Bisaccia stavolta ha il motore imballato.
Traccheggia» scrisse il Corriere della Sera. Un imbufalito Gerardo D’Ambrosio, sullo stesso giornale, lamentava che
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Post/teca
«Gli hanno lasciato fare questo show che col processo Cusani non c’entra niente», e disse che avrebbe valutato se
inquisire Craxi per le sue calunnie. Eugenio Scalfari, suRepubblica, diede a Di Pietro nientemeno che del «compare» di
Craxi. Poi l’oblio. Di Pietro, nella sua intervista a Oggi, afferma che «o quei fatti raccontati non avevano rilevanza
penale, oppure non vedo perché si sia usato il sistema dei due pesi e delle due misure». Ah, lui non vede: peccato che il
pm fosse lui. I due pesi e due misure, nel caso, li usò lui. La verità, semplice, è che il Pool di Milano non procedette
(fecero eccezione, tempo dopo, dei pervicaci tentativi del pm Paolo Ielo) confortati dal fatto che nell’aprile 1990 era
stata approvata un’amnistia che contemplava vari reati compiuti sino al 24 ottobre 1989, e tra questi il finanziamento
illecito ai partiti; la demarcazione si rivelò essenziale per giustificare l’impunità di alcune parti politiche e soprattutto
per depenalizzare ogni finanziamento illecito versato al Pci dall’Unione Sovietica. Andò così. Dall’ottobre 1989 al
marzo 1992 non passarono che una trentina di mesi: ma l’intero sconvolgimento del sistema politico italiano fu
realizzato occupandosi dei reati compiuti solo in quel periodo.
Circa l’opportunità che Di Pietro rivaluti Craxi, infine, che dire. Di Pietro resterà a vita quello che ha mendicato dai
craxiani prima di arrestarli, e che poi definì «foruncolone» le piaghe da diabete che accelerarono la morte del leader
socialista. Gli anni passano e ciascuno ridiviene ciò che è, ciò che realmente fu. Craxi, quel 17 dicembre 1993, disse
anche un’altra cosa: «I partiti erano tenuti a presentare i bilanci in Parlamento e i bilanci erano sistematicamente falsi, e
tutti lo sapevano… i partiti di opposizione non contestavano i bilanci dei partiti di governo né i partiti di governo
contestavano i bilanci dei partiti di opposizione. Negli atti parlamentari, non esiste una polemica che investisse la falsità
di un bilancio presentato da un tesoriere di un partito. La verità è che i bilanci erano tutti falsi». Parole, anche queste,
trasmesse per televisione, riportate sui giornali, reperibili su Youtube, ritrasmesse ad Annozero. Nella Prima repubblica
s’invocava il «tutti sapevano», adesso – come dimostra il caso Lusi – s’invoca il «nessuno sapeva».
fonte: http://www.ilpost.it/filippofacci/2012/08/08/un-pomeriggio-speciale/
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Senza Renato
06 agosto 2012
● di ella baffoni
Non solo padre dell’estate romana. Renato Nicolini ha inventato l’assessorato alla cultura, così come lo
conosciamo oggi in utte le città d’Italia. E un modo di intervenire nel dibattito culturale dei comuni e degli
enti locali. Quando, giovane architetto sconosciuto, venne chiamato da Giulio Carlo Argan in Campidoglio
– era il tempo delle giunte rosse, e lui si travestì da cosacco insieme a Vauro e Disegni, per “conquistare”
il Campidoglio, quando si diceva che i cosacchi russi avrebbero abbeverato i loro cavalli alle fontane dei
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Post/teca
piazza san Pietro - l’elenco delle competenze sommava l’ornato cittadino, mostre d’arte, affissioni e
pubblicità, sport e problemi della gioventù, archivio capitolino, antichità e belle arti, biblioteche popolari,
parchi pubblici e giardini, giardino zoologico. Un blob che produceva poco, se non solo conservazione:
contributi a associazioni, sponsorizzazioni, prestiti e poco altro.
Renato è stato un innovatore, un innovatore vero. Ha riorganizzato gli uffici dell’assessorato, liberandosi
delle competenze più spurie, zoo e affissioni. E negli uffici di piazza Campitelli chiamò i ragazzi della 285,
le cooperative culturali che avevano presentato progetti e vinto le gare. Questo è stato il suo esercito
burocratico. A cui unì l’invenzione e la creatività degli operatori culturali underground, i cinema d’essai, i
teatri off, le gallerie d’avanguardia. Così la cultura ha “occupato” il centro della città e anche la periferia.
Quel che i gestori dei cinema trazionali rifiutarono – lasciare aperte le sale d’estate invece della mesta
chiusura estiva – lo fecero i giovani intellettuali, aprendo inedite sale all’aperto nei luoghi centrali della
città, con programmazioni eclettiche che non distinguevano tra programmazione “alta” e “bassa”,
offrendo un luogo dove incontrarsi, passare al fresco ore di svago. E facendo della Basilica di Massenzio,
dei Fori imperiali, dei luoghi di pregio nel cuore di Roma spazi di memoria vissuta. Lo stesso Colosseo,
ridotto di giorno a spartitraffico, di notte diventava lo sfondo di amori, amicizie, socialità, vita vissuta,
ricordi condivisi.
Non tutti capirono, quando venne proiettato “Senso” di Visconti a Massenzio. Le critiche si sprecarono,
l’indifferenza anche. Eppure quel giorno di fine agosto 1977 era cominciata un’epoca. Poi venne la
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Post/teca
riscoperta dell’Eur, il teatro a Borgo Sabotino, la programmazione a Tor Bella Monaca…
Da allora l’Estate romana è fiorita, ha fatto scuola, ha allargato il budget. Il Festival dei poeti a
Castelporziano portò a Roma il meglio della poesia mondiale, da Allen Ginzberg a Evtushenko, da LeRoi
Jones a Orlovsky, Villa Ada ritrova i balli perduti, Villa Borghese diventa il cuore del teatro d’avanguardia,
la musica invade piazze e strade, il teatro di strada s’impadronisce di Campo de’ Fiori. Effimero? Saranno
effimeri anche i corsi di danza e ginnastica a prezzi popolari nelle scuole aperte la sera? Sarà effimera la
rete di trenta biblioteche aperte in pochi mesi? Sarà effimera anche la programmazione del Palaexpò,
riaperto finalmente da mostre internazionali? E Matisse all’Accademia di Francia, e Cezanne, Kandisky,
Chagall, la Vienna rossa, i tesori dei musei di Berlino…
Sarà effimera la proiezione del Napoleon di Abel Gance al Colosseo, ma resterà nella memoria delle
migliaia di persone che l’hanno vissuta. Come il Capodanno nel Traforo di via Nazionale, era ormai il
1983, un azzardo che fu una festa indimenticabile.
Il segreto? Oltre a una solida cultura dell’assessore e dei suoi uomini, la voglia di divertirsi. Un tocco
leggero che sarà la cifra di Nicolini. Divertirsi e capire, la cultura come piacere crescita e invenzione.
Questo hanno ricordato i suoi amici durante la camera ardente in Campidoglio. Tra ricordi, musica, e
l’amato suono di carillon. E che dobbiamo fare ora, Renato, senza il tuo sorriso sghembo, la tua
disponibilità, la tua generosità, la tua voglia di giocare e di metterti in gioco, sempre… Che dobbiamo
fare?
fonte: http://cittaecitta.comunita.unita.it/2012/08/06/senza-renato/
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kvetchlandia
“
Last night I dreamed about you. What happened in detail I can hardly remember, all I know
is that we kept merging into one another. I was you, you were me. Finally you somehow
caught fire.
Remembering that one extinguished fire with clothing, I took an old coat and beat you with it.
But again the transmutations began and it went so far that you were no longer even there,
instead it was I who was on fire and it was also I who beat the fire with the coat.
But the beating didn’t help and it only confirmed my old fear that such things can’t extinguish
a fire.
In the meantime, however, the fire brigade arrived and somehow you were saved.
But you were different from before, spectral, as though drawn with chalk against the dark,
and you fell, lifeless or perhaps having fainted from joy at having been saved, into my arms.
But here too the uncertainty of trans mutability entered. Perhaps it was I who fell into
someone’s arms.
”
— Franz Kafka to Milena Jesenska, 1921
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Internet Archive, cultura BitTorrent
Oltre un milione di contenuti multimediali a disposizione per il download gratuito a mezzo uTorrent
e BitTorrent. Concerti, episodi televisivi e vecchi film. Per preservare la cultura umana, senza
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Post/teca
violare il copyright
Roma - Un accordo di ferro tra la nota piattaforma Internet Archive e BitTorrent Inc: attraverso
BitTorrent o uTorrent, gli utenti del web potranno scaricare gratuitamente oltre un milione di
contenuti multimediali.
Dai viaggi di Gulliver (1939) agli spot vintage della collezione Prelinger, fino ai concerti dal vivo di
artisti quotati come Smashing Pumpkins e Grateful Dead. Nel milione di file torrent annunciato da
Internet Archive, film cult - esempio, il classicone fantascientifico Plan 9 From Outer Space episodi televisivi e audiolibri.
Ovviamente, tutti i contenuti rilasciati con la collaborazione di BitTorrent sono già stati a
disposizione degli utenti per il download gratuito online. Nessuna violazione del copyright, in un
patto che potrebbe risultare fruttuoso per entrambi. In primis per Internet Archive, che con i
client di BitTorrent può salvare banda preziosa.
Ma si tratta anche di uno scambio reciproco d'utenza, per alimentare la diffusione della cultura di
massa nel vasto ecosistema digitale. Lo stesso CEO di BitTorrent Eric Klinker ha sottolineato come
la partnership con Internet Archive serva a proteggere e mantenere intatti gli artefatti culturali
dell'umanità.
Mauro Vecchio
fonte: http://punto-informatico.it/3579690/PI/News/internet-archive-cultura-bittorrent.aspx
link: http://blog.archive.org/2012/08/07/over-1000000-torrents-of-downloadable-books-music-andmovies/
---------------------------tagestamas
314.
Sembra finalmente giunto al termine uno dei fastidi tipici dell’estate (e non solo): uno scienziato
svizzero, Ernst Buchenbrenner, ha infatti messo a punto il primo repellente per poveri.
Questo dovrebbe consentire ai benestanti e ai ricchi sfondati di vivere in tranquillità le proprie
vacanze e la propria quotidianità: accattoni e altri, infatti, scacciati da un intenso odore di caviale e
presentabilità sociale, non saranno assolutamente in grado di avvicinarsi e di richiedere denaro e
attenzioni.
Sperimentato in America Latina, ha garantito una lieta villeggiatura a una famiglia di latifondisti e
negrieri senza l’usuale bisogno di guardie armate e arbitrî polizieschi.
Lo scienziato è stato dunque proposto al premio Nobel per i favori resi ai ricchi.
-----------------rivoluzionaria
“Esiste il contrario di déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse persone o
visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima. Tutti sono
sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare.”
56
Post/teca
— Chuck Palahniuk
-----------------biancaneveccp ha rebloggato lunaspina
“E’ facile innamorarsi di qualcuno per la prima volta; ma prova a innamorarti una seconda
volta dopo il dolore. E i lividi sul cuore.
Forse l’amore inzia proprio lì, quando nonostante sai cos’è il dolore, rischi ancora.”
— Kimochi. (via iricordinegliocchi)
Fonte: comelaprimavolta
---------------dovetosanoleaquile
“Ferdinando Scianna racconta di quando, nel 1986, andò a fotografare alcuni minatori in un
villaggio delle Ande boliviane. «La speranza di vita di quegli uomini non superava i
trent’anni. Il nome ai bambini veniva dato durante la festa per il secondo compleanno, perché
raramente raggiungevano quell’età. Proposi il servizio ma al direttore non gliene importava
niente in quel momento. Al mio ritorno gli mostrai le foto, gli piacquero e mi disse:
va bene, pubblichiamo la storia. Allora posi delle condizioni: voglio dodici pagine, la storia la
scrivo io, le foto le scelgo io, le impagino io.» Così accadde. Ma né il direttore di «Epoca» né
Scianna sapevano che le dodici pagine sarebbero state interrotte da pubblicità di orologi
di lusso. «È probabile che in quel contesto - commenta Scianna - quelle pagine pubblicitarie
abbiano reso pornografiche le mie immagini dei minatori. Non è vero, infatti, o perlomeno io
non lo credo, non lo credo più, che le immagini delle ingiustizie e del dolore del mondo
servano a
fare prendere coscienza al popolo di chi sta bene, di chi vive in pace, di quanto sia dura la vita
per altri uomini, che non vivono in pace, che vivono nella guerra e nella miseria.»”
— Armando Massarenti - DIZIONARIO DELLE IDEE NON COMUNI
-----------------------verita-supposta ha rebloggato waxen
“Dlin dlon. Si è perso un bambino di nome Gesù, indossa un costumino bianco ed è stato
trovato mentre vagava sulle acque vicino al molo. Il bambino Gesù appare confuso e sembra
parlare aramaico, forse a causa di un’insolazione. Dice che lui fa quello che vuole il Padre, ed
è in cerca della madre vergine o del padre putativo e falegname. Gesù attende i genitori allo
stabilimento 23, da Ermanno, dove a pranzo ci sarà frittura gratis in abbondanza per tutti.”
— Annunci balneari. | Mix, su Diecimila.me (via waxen)
---------------------rispostesenzadomanda ha rebloggato theformofbeauty
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workman:
jazjaz:
Michael Shindler ’s Brilliant Tintype Portraits
Tintypes photographs are made by capturing direct-positive images on sheets of iron, which are
then blackened by painting, lacquering or enameling. Photographer Michael Shindler, a
practitioner of this vintage photographic process, has a tintype portrait studio set up on Valencia
Street in San Francisco. The studio has seen about 3,500 people having their portraits taken by
him.
Michael’s photographs have an interesting sense of randomness to them, mostly due to the fact
that he has no choice in deciding his subjects, many of whom are curious visitors to his studio. He
prepares each tintype by hand, and then makes single exposures of his subjects. The tintypes are
processed immediately, and can be ready in 15 minutes to be given to the customers. The lush,
high contrast photographs he shoots using this process are truly unique as they are no negatives
involved, and only one physical copy of each individual image exists.
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Goliardi e Sport: Un
Vendicativo Scherzo Alle
Olimpiadi Universitarie
Di 42 Anni Fa
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di Placida Signora - 8 agosto 2012
In queste notti insonni causa caldo e stress, leggo e soprattutto rileggo libri divertenti e
poco impegnativi.
Ora sul comodino ho Bacco, Tabacco e Venere. Usi, costumi, vita, tradizioni,
scherzi e mattane della goliardia italiana (di Franco Cristofori, ed. SugarCo, 1976).
In omaggio a questi giorni di Olimpiadi londinesi, vi racconto in poche parole un
episodio ambientato a Torino durante le Universiadi del 1970.
I numerosissimi Goliardi che avevano lavorato come buoi – e completamente a gratis durante i preparativi della manifestazione sportiva, chiesero di avere almeno un
riconoscimento sotto forma di tessere omaggio che permettessero loro di assistere a
tutte le gare.
Ma l’ingrato Presidente della Fidal ne mise a disposizione solo 10, dicendo che di
tessere omaggio ne erano state già distribuite sin troppe.
I Goliardi allora meditarono vendetta tremenda vendetta.
Poiché filavano in perfetto accordo con tutte le giovani e carine segretarie
dell’Organizzazione, non faticarono a “trovare” 100 tessere di libero ingresso
ovviamente vidimate, ma ancora da compilare con gli accrediti.
Riempirle con nomi e cognomi attendibili però sarebbe stato troppo serio e logico; e così
vennero compilate in tal modo:
Alighieri Dante, Comitato Olimpionico. Incarico: Cronista.
D’Arco Giovanna, Servizi Tecnici. Incarico: Riscaldamento.
Monti Vincenzo, Comitato Olimpico. Incarico: Traduttore d.t.d.o. (dei traduttor
d’Omero).
Verdi Giuseppe, Servizi Tecnici. Incarico: Capobanda.
Volta Alessandro, Servizi Tecnici. Incarico: Enel.
Leopardi Giacomo, Servizio Stampa. Incarico: Corrispondente della “Voce
Adriatica”.
Marconi Guglielmo, Servizi Tecnici Sanità. Incarico: Radiologo.
E così via.
Riuscirono tutti ad entrare, giusto in tempo per cantare l’inno ufficiale: Gaudeamus
Igitur.
Il giorno dopo, sulle pagine sportive de La Stampa si poteva leggere:
“All’ingresso si sono presentati insieme Mao Tse Tung, redattore di “Pechino Sera”, e
Richard Nixon, Ufficio Legale. Un usciere ha fatto storie perché “ufficio” era scritto con
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una sola effe; nel fattempo però entrava tranquillamente uno con un tesserino che recava
la scritta Nembo Kid, Recordman.”
© Mitì Vigliero
fonte: http://www.placidasignora.com/2012/08/08/goliardi-e-sport-un-vendicativo-scherzo-alleolimpiadi-universitarie-di-42-anni-fa/
----------------------onepercentaboutanything ha rebloggato ze-violet
“Forse un motivo c’è se negli scacchi non esiste la figura del matto. Come si muoverebbe? Che
strategia seguirebbe? E, soprattutto, quale sarebbe la sua utilità? Oh, però è presente nei
mazzi di carte. Non ha nessun valore, naturalmente. Non ha nessuno scopo. E’ solo uno
strumento del caso. Solo chi distribuisce le carte può dargli un valore. E chi è che dà le carte?
Il fato? Dio? Il re? Uno spettro? Un terzetto di streghe?
…
Il Matto corrisponde al numero zero -mi spiegò- ma solo perchè rappresenta le infinite
possibilità di tutte le cose. Potrebbe diventare qualunque cosa. Vedi? Porta tutti i suoi beni in
un fagotto che tiene sulla spalla. E’ pronto a tutto. E’ pronto ad andare ovunque e a diventare
chiunque a seconda delle necessità. Non tagliarlo fuori solo perchè è il numero zero.”
— Fool - Christopher Moore
(from out of control)
Fonte: v4l3
---------------------eclipsed
Franz Sacher, l’inventore della sacher-torte
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Olimpiadi, pallamano: per l'Islanda una
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scultura fallica
●
Non è facile, a volte, fare i conti con il successo. Lo sa bene la squadra di pallamano islandese,
considerata in patria un vero e proprio mito. Con la medaglia d'argento a Pechino i 21 giocatori
dell'isola si erano conquistati migliaia di fan. Tra questi c'era anche il direttore di un museo a dir
poco originale, il museo del pene di Reykjavik, dove si possono guardare (e non toccare) falli umani
e animali di ogni forma e dimensione. Per celebrare la vittoria del team alle olimpiadi Sigurdur
Hjartarson, gestore del piccolo museo, ha chiesto alla figlia di realizzare una scultura che ritraesse
la squadra, ovviamente restando in tema col resto dell'esposizione. Dal 2008 così sono esposti in
una teca 21 falli d'argento (come la medaglia conquistata a Pechino), a rappresentare la squadra di
Pallanuoto (nella foto). I giocatori hanno provato a dissociarsi (di fatto non si tratta di calchi dal
vivo ma di pura immaginazione dell'artista) ma ormai la scultura è diventata un successo, ed è
anche molto apprezzata dai visitatori del museo. Poco importa se ora a Londra sono arrivati solo
quinti, fermandosi ai quarti di finale: nella memoria del loro Paese resterà per sempre la loro foto,
con sotto la teca che ospita le fantasiose parti intime degli atleti. E se cercate su google immagini
della squadra, arriverà fra i primi risultati. Problemi di gloria.
(a cura di Francesca Sironi)
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fonte:
http://www.repubblica.it/speciali/olimpiadi/londra2012/2012/08/09/foto/olimpiadi_pallamano_per_l
_islanda_una_scultura_fallica-40641442/2/#2
------------------periferiagalattica
“Locke si rialza dallo scoglio dove giace spappolato con un buco che lo attraversa da parte a
parte e inizia a benedire l’isola per avergli ridato la vita, l’uso delle gambe, e per avergli fatto
smettere di fumare il fumo nero, che in effetti era cattivo come dicevano. Dopo mezzora di
inchini e salamelecchi si rende conto di essere inequivocabilmente uno zombie e di doversela
fare a nuoto per tornare sulla terraferma.”
— (il seguito di) Lost S07E03 | broadcasted by Diecimila.me
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«Contro il
Risorgimento è in atto
un revisionismo
spicciolo»
Edoardo Petti
Grande popolarità e successo accompagnano da tempo la pubblicazione di libri che
denunciano la realizzazione del processo risorgimentale nel Mezzogiorno come
un’operazione criminale e autoritaria. Per Salvatore Lupo, docente di Storia
contemporanea all’Università di Palermo, «si tratta di un “revisionismo
spicciolo” che deriva da tentativi politici di ricercare nel passato ciò che nel passato
non può esistere, di una mentalità recriminatoria che legge la storia per scoprire il
“colpevole” dei mali odierni. Nessuno parla delle insurrezioni contro i Borboni».
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8 agosto 2012 - 15:20
Una grande popolarità e un indiscutibile successo accompagnano da tempo la pubblicazione
di libri che denunciano la realizzazione del processo risorgimentale nel Mezzogiorno come
un’operazione criminale e autoritaria, coloniale e predatoria, compiuta dalle classi dirigenti
sabaude e dalle truppe garibaldine per appropriarsi delle ricchezze del Regno borbonico e
ridurre in una condizione servile le popolazioni meridionali. Un filone che trova alimento in
un sentimento di rivalsa e vittimismo diffusi in strati significativi dell’opinione pubblica del
Sud, e ha portato alla rivalutazione, se non all’esaltazione, di fenomeni come il
brigantaggio, sempre più assimilati a movimenti di guerriglia locale contro le prevaricazioni
e i soprusi degli “invasori nordisti”. Ma le manifestazioni del “revisionismo antirisorgimentale” poggiano su basi solide dal punto di vista storico e sono suffragate da una
rigorosa analisi documentale? E quali conseguenze potrebbe provocare sul piano culturale e
civile l’affermazione delle tesi rivendicazioniste? Il nostro quotidiano lo ha chiesto a
Salvatore Lupo, professore di Storia contemporanea all’Università di Palermo e acuto
studioso della vicenda secolare del fenomeno mafioso nel suo legame con il tessuto
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Post/teca
economico-sociale della Sicilia. Alle problematiche intrecciate con il percorso di
indipendenza nazionale e con le sue pagine più controverse, Lupo ha dedicato il volume dal
titolo “L’unificazione italiana. Mezzogiorno, Rivoluzione, Guerra civile”, che riassume in
modo pregnante la complessità del capitolo fondante della nostra esperienza statuale.
È possibile e corretto individuare nell’attuazione del processo di unificazione nazionale
nel Mezzogiorno una tendenza violenta e rapace, repressiva e brutale, da parte delle
autorità piemontesi e dell’esercito garibaldino?
Prima di tutto è doveroso distinguere le persone che conoscono ciò di cui parlano dagli altri.
Nei loro ossessivi e persistenti riferimenti al passato, fasce di opinione pubblica meridionale
assemblano critiche e frustrazioni strumentali, che proiettano in un incipit risorgimentale
mitico le cause profonde del disagio e delle arretratezze del Sud. Si tratta di un
“revisionismo spicciolo” ben diverso da quello degli storici, poiché deriva da tentativi
politici di ricercare nel passato ciò che nel passato non può esistere, di una mentalità
recriminatoria che legge la storia per scoprire il “colpevole” dei mali odierni. Grazie a
spiegazioni superficiali e romanzesche, viene realizzata un’operazione efficace e di sicura
presa, soprattutto in fasce sociali poco informate e in un Paese che da vent’anni nutre
disprezzo per gli intellettuali e per il metodo scientifico. Con il Risorgimento questo filone
non ha nulla a che vedere, perché mescola alla rinfusa fatti accertati con eventi immaginari,
opere serie con una pubblicistica tragicomica di largo consumo. Penso a “Terroni” del
giornalista Pino Aprile, che non vuole chiarire, così come Giampaolo Pansa per i suoi scritti
sulla Resistenza, dove attinge le proprie informazioni. Macchine editoriali che non hanno
nulla in comune con il lavoro di storico.
E quali sono gli errori di merito imputabili alla pubblicistica anti-risorgimentale?
I “revisionisti spiccioli” sembrano scandalizzati dalla presenza della violenza nella storia:
violenza che ne rappresenta quasi sempre la regola. Il processo di unificazione nazionale fu
una guerra, civile e fra Stati, e le sue vittime innocenti devono essere collocate in tale
quadro. Scoprire questa violenza è utile solo a impressionare un pubblico scarsamente
informato. È giusto restare sconvolti di fronte al massacro di centinaia di civili perpetrato
dall’esercito sabaudo il 4 agosto 1861 a Pontelandolfo e Casalduni nel beneventano, per
rappresaglia contro l’uccisione di poche decine di militari ad opera di briganti e di contadini
del luogo. Ma un’identica reazione è provocata dalle stragi e dagli stupri compiuti dalle
truppe borboniche a Messina nel 1848.
L’unificazione nazionale però fu permeata di azioni repressive e di ritorsioni
indiscriminate, in aperta contrapposizione con lo spirito che l’aveva ispirata.
Non possiamo prescindere da un dato storico inequivocabile. Al termine del laborioso
processo di indipendenza, le popolazioni meridionali riuscirono a entrare per la prima volta
in un ordinamento liberale e costituzionale che gradualmente si andò assestando, in cui le
tensioni politiche e sociali poterono esprimersi in forma civile e pacifica, grazie al quale fu
promosso un autentico sviluppo economico. Prima di allora la società del Mezzogiorno
gemeva sotto un regime tirannico, e i primi decenni dell’Ottocento furono contraddistinti
dalla spirale di rivolte e repressioni del governo borbonico. Mi chiedo perché non si parli
mai di questa violenza. È chiaro che in un processo rivoluzionario e in una cornice di guerra
civile fra legittimisti da una parte e liberali, moderati e radicali, dall’altra, vi fu un tasso
elevato di violenza nel reprimere il brigantaggio e nel riportare l’ordine. È innanzitutto
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Post/teca
compito degli storici ragionare con rigore e ricostruire con scrupolo le pagine più oscure di
quella stagione, fare luce sui crimini compiuti anche da chi combatteva per il riscatto
dell’Italia. Ma parlare di genocidio e di sterminio, fornire cifre fantasiose e abnormi, non
corrisponde alla ricerca storica.
Quale bussola dovrebbe guidare una simile indagine?
L’analisi storiografica deve riconoscere la dimensione aspra e radicale di quel conflitto
fratricida fra due governi ed eserciti entrambi meridionali: quello garibaldino, in gran parte
costituito da volontari provenienti dal Mezzogiorno, e quello borbonico, che si andò
sfaldando esattamente come avviene oggi fra le truppe di Assad in Siria. Non si trattò di una
guerra di liberazione contro un occupante straniero come nel 1943-1945. Fu uno scontro
feroce e netto fra patrioti italiani e borbonici reazionari affiancati poi dai “briganti”. Bisogna
partire dalle ragioni politiche che opponevano i due schieramenti, per restituire una dignità e
una prospettiva storica a tutti protagonisti del conflitto. Fu uno scontro dall’esito
imprevedibile, poiché nessuna “divinità della storia” aveva stabilito che il Regno delle due
Sicilie dovesse crollare, né che l’unificazione dell’Italia fosse inevitabile. Non era scritto
neanche che fosse la classe dirigente sabauda a promuovere e dirigere il processo di
indipendenza. Ciò accadde perché lo Stato governato dai Borboni, il più importante della
penisola, si rivelò incapace di riformare i suoi ordinamenti e deluse le speranze di numerosi
patrioti.
Ritiene che l’egemonia esercitata dai gruppi “neo-borbonici” sulla produzione
rivendicazionistica concorra a impedire una ricostruzione scientifica del Risorgimento
nel Mezzogiorno?
Le posizioni e le manifestazioni neo-borboniche puntano a realizzare una sorta di “leghismo
meridionale”. La loro letteratura non è opera di storici, bensì di strati della popolazione che
guardano al passato con le lenti del presente. Esattamente come i militanti del Carroccio
fanno con il Dio Po e con la simbologia dei Celti. Non è un’iniziativa elitaria né marginale,
ma a differenza di quanto avviene al Nord essa non trova una risonanza partitica rozza che
tuttavia costituisce un segno di vitalità. Assistiamo alla fioritura di un micro-nazionalismo
fondato sulla mistificazione e sulla manipolazione della storia, che va preso sul serio poiché
in un periodo di crisi i suoi richiami potrebbero ridurre i fatti a carta straccia e favorire la
diffusione delle menzogne a buon mercato. La storiografia sta lavorando seriamente su un
terreno così delicato e davanti a una platea di poche migliaia di lettori, nel disinteresse di chi
possiede un’infarinatura superficiale del Risorgimento. Un’opera faticosa e meritoria, che
purtroppo non viene agevolata dalla visione retorica e oleografica dell’Unità nazionale
commemorata lo scorso anno. Fenomeno utile a cementare la memoria e l’identità
collettiva, che però finisce per innescare la spirale delle celebrazioni e delle controcelebrazioni ideologiche.
Non è singolare che la letteratura anti-risorgimentale abbia trovato terreno fertile in
una città come Napoli, mai percorsa da pulsioni autonomistiche, e non riscuota
adesione nella Sicilia dei tanti fermenti indipendentistici?
Dal 1944 a oggi - pensi alla propaganda promossa da Raffaele Lombardo - la retorica
“sicilianista”, che attribuisce ai “nordisti” le colpe della cronica arretratezza dell’isola, è
stata scavata fino all’esaurimento. Tuttavia la Sicilia rappresentò nel Mezzogiorno il cuore
delle insurrezioni costituzionali e patriottiche contro i Borboni, ben cinque prima dello
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Post/teca
sbarco dei Mille. Furono movimenti sempre animati dalla saldatura fra le rivendicazioni
autonomistiche e le istanze liberali e democratiche di respiro nazionale. Per storia e
vocazione, l’isola è estranea a sentimenti di stampo neo-borbonico. E spero che le ragioni
della sua autonomia non verranno mai inquinate dalle pulsioni anti-risorgimentali.
fonte: http://www.linkiesta.it/risorgimento-revisionismo-terroni-salvatore-lupo
---------------------yomersapiens
Il destino è quella cosa che prima ci ha fatti incontrare, poi si è nascosta dietro l’angolo a ridere così
tanto per la bastardata compiuta che se torniamo lì per me lo troviamo morto dalle convulsioni. E
gli sta bene.
-----------falcemartello ha rebloggato microsatira
matermorbi:
Credo all’amore sopra ogni cosa: il letto, il tavolo, la lavatrice, la sedia…
Fonte: matermorbi
-------------09 agosto 2012 - 08:41
"Anche se non sono diventato un
ticinese”
Di Gerhard Lob, Montagnola, swissinfo.ch
Hermann Hesse ha trascorso gli ultimi 40 anni della sua
esistenza a Montagnola, dove è rimasto piuttosto in
disparte. Per lungo tempo gli abitanti del villaggio
ticinese non seppero nulla dell’importanza e della
notorietà internazionale del grande scrittore.
Attirato dal Sud, Hermann Hesse si trasferì nel 1919, all'età di 42 anni, nel canton Ticino. Dopo la separazione dalla
prima moglie, Maria Bernoulli, lo scrittore attraversava allora una fase esistenziale piuttosto difficile ed era alla ricerca
di nuova vita. Una vita interiore e un nuovo ambiente che trovò nella Svizzera italiana. Montagnola e l'appartamento
nella Casa Camuzzi divennero la sua nuova dimora.
"Quando sono venuto per la prima volta a Montagnola, in cerca di un rifugio, ero nel “fiore della vita", ma volevo
ricominciare da capo, dopo quattro anni di guerra che si era conclusa per me con una sconfitta e con un fallimento”, ha
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Post/teca
ricordato Hesse quattro decenni dopo il suo arrivo nei pressi di Lugano.
Non vi è dubbio: Hesse era affascinato dal Sud e anche dagli abitanti della regione. "Qui il sole è più intenso e più
caldo, le montagne sono più rosse, qui crescono castagni, uva, mandorle e fichi. Le persone sono buone, ben educate
e cordiali", così lo scrittore descrisse nel 1919 la regione che lo aveva accolto.
Visto come uno scarabocchione
Per la gente del posto, il nuovo arrivato apparse inizialmente come un tipo strano. Soprattutto agli occhi dei bambini.
Tra questi anche l’ex postino Giulio Petrini – nato nel 1913 – che frequentava la prima classe della scuola elementare
quando incontrò per la prima volta Hesse.
“Guarda, sta arrivando il ‘paciügon' (scarabocchione), gridavano i bambini quando lo vedevano per strada”, ha
rammentato Giulio Petrini parlando alcuni anni fa con la direttrice del Museo Hesse, Regina Bucher.
In base alle testimoniane degli abitanti, nei suoi primi anni di vita a Montagnola lo scrittore manifestò un certo
interesse nei confronti della vita nel villaggio. Ogni tanto giocava alle bocce nel Grotto Cavicc. Poi, dopo il suo trasloco
nella Casa Rossa nel 1932, Hermann Hesse si ritirò sempre di più. Un isolamento che si rafforzò addirittura dopo che
gli venne attribuito il Premio Nobel per la letteratura nel 1946. “Per favore, niente visite”, figurava su un cartellino
appeso sulla porta del suo giardino.
Rinchiuso nella Casa Rossa, scriveva e rispondeva alle numerose lettere che gli pervenivano a Montagnola. Altrettanto
importante del suo ufficio era il giardino. Vi rimaneva spesso con un vestito verde da giardiniere. Si prendeva cura
degli animali, collocava per terra una ciotola di latte per i ricci, le bisce e per i suoi gatti.
Culture diverse
Secondo Regina Bucher, Hermann Hesse era affascinato dalla vita rurale, che tendeva forse ad idealizzare. "Di fatto, un
profondo fossato divideva l’intellettuale e scrittore dalla popolazione locale”. Nella prima metà del Ventesimo secolo
Montagnola era un povero villaggio di contadini che vivevano in case di pietra.
Non è quindi sorprendente che gli abitanti non sapevano nemmeno chi fosse il nuovo arrivato, come confermano
diverse testimonianze. Anche perché, per molto tempo, i libri di Hesse non vennero tradotti in italiano.
Spartaco Arigoni, ex sindaco di Gentilino, ricorda. "Sapevo che era uno scrittore, anche perché figurava spesso
‘Hermann Hesse, scrittore’ sulle buste delle lettere che riceveva. Ma, come la maggioranza della popolazione locale, a
quei tempi non mi rendevo conto dell’importanza e della notorietà di Hermann Hesse".
A casa sua a Montagnola
A Montagnola Hermann Hesse aveva trovato la sua nuova patria. "Si sentiva molto bene qui, si sentiva a casa sua",
ricorda Giulio Petrini. Lo conferma il fatto che lo scrittore vi rimase per tutto il resto della sua vita e non ritornò mai più
in Germania.
Le opinioni divergono invece sul grado d’integrazione di Hermann Hesse nel canton Ticino. Tra le testimonianze della
gente del posto vi è quella di Silvana Charbon: “Credo che per lui sia stato difficile integrarsi, dal momento che parlava
tedesco a casa e con gli amici, mentre gli abitanti del villaggio si esprimevano soprattutto in dialetto ticinese”.
Una visione non condivisa dall'elettricista Sergio Balmelli, che ha lavorato nella Casa Rossa fino alla morte di Hermann
Hesse. "Penso che si sentiva bene a Montagnola, poiché gli abitanti rispettavano il motto ‘Vivi e lascia vivere’. Ognuno
faceva il suo lavoro e lasciava che gli altri facessero il loro”. In ogni caso, Hesse aveva imparato a parlare l’italiano.
Gratitudine per il villaggio
Lo scrittore si era sempre espresso positivamente sul suo comune di adozione. "Nutro una grande gratitudine nei
confronti del villaggio e del paesaggio. E ho sempre cercato di manifestare questa mia gratitudine”, scrisse poco prima
della sua morte.
L'autore è deceduto il 9 agosto 1962 in seguito ad un’apoplessia cerebrale. Sua moglie Ninon gli sopravvisse quattro
anni e morì il 22 settembre 1966. Entrambi sono sepolti nel cimitero di San Abbondio.
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Hesse vi aveva comperato “una piccola parcella carina”, come scrisse nel 1960 nella rivista ‘Merian’. Aggiungendovi:
"Benché non sia diventato un ticinese, spero che la terra di San Abbondio mi accolga cordialmente, come hanno fatto
per molti anni il Palazzo Klingsors e la Casa Rossa sulla collina”.
Gerhard Lob, Montagnola, swissinfo.ch
Traduzione di Armando Mombelli
fonte: http://www.swissinfo.ch/ita/cultura/Anche_se_non_sono_diventato_un_ticinese.html?
cid=33261638
----------------------09 agosto 2012 - 08:48
Hermann Hesse: scrittore,
terapeuta...
Una lettera scritta nel 1908 da Elisabeth Goller ad Hermann Hesse: una fra le decine di migliaia ricevute dal celebre
autore da tutto il mondo (nb.admin.ch)
ALTRI SVILUPPI
●
"Anche se non sono diventato un ticinese”
Di Gaby Ochsenbein, swissinfo.ch
Hermann Hesse è uno dei maggiori scrittori di lettere del
20° secolo. Durante tutta la vita ha ricevuto migliaia di
missive da tutto il mondo, cui di solito rispondeva. Parte
di questa corrispondenza è conservata nell'Archivio
svizzero di letteratura (ASL) a Berna.
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"Abbiamo ricevuto questa donazione dagli Stati Uniti in luglio. Proviene dal nipote della famiglia Ullmann, presso la
quale Hermann Hesse negli anni '20 e '30 alloggiava regolarmente in subaffitto a Zurigo", dice Lukas Dettwiler, dal
2003 archivista all'ASL. La cinquantina di lettere e cartoline di questa donazione riguarda comunicazioni di carattere
pratico, come commissioni oppure l'invio di posta o di calzini di lana.
Del resto all'ASL continuano ad arrivare cartoline e lettere che sono state scoperte in solai o in vecchie cassapanche da
persone i cui avi erano in contatto con il celebre scrittore. Hesse stesso aveva conservato 40mila lettere che gli erano
state inviate. Una grande parte si trova ora all'ASL a Berna e un'altra all'Archivio tedesco di letteratura a Marbach.
Nell'archivio a Berna, al 6° piano sotto terra della Biblioteca nazionale svizzera, fa fresco. Un vero piacere in questo
caldo giorno d'estate. Qui, tra molti altri legati, c'è anche quello di Hermann Hesse. Il lascito comprende 6'000 libri
della biblioteca che l'autore aveva accumulato nel corso degli anni nella sua residenza di Montagnola, in Ticino.
"Ha veramente tenuto in mano tutti questi libri. È impressionante", commenta l'archivista. "Hesse non ha solo scritto
molti libri e poesie, ma ha anche letto tantissimo e scritto almeno 3'000 recensioni".
Posta da celebrità e da gente qualunque
"Qui ci sono le scatole con lettere ricevute da Hesse", indica Dettwiler. Tra questo carteggio vi sono le lettere
dell'autore svizzero Robert Walser, dello scrittore austriaco Stefan Zweig, la corrispondenza con la psicoanalista di
Hesse J. B. Lang e molte altre persone famose.
In totale ci sono più di un cento scatole con oltre 20mila lettere provenienti da un centinaio di paesi, inviate da 6'000
persone diverse. Tutte son ben ordinate ed etichettate.
Ma Hesse non aveva contatti epistolari solo con scrittori, pittori e musicisti. Molte missive provengono da gente
comune, lettori e ammiratori di tutto il mondo: da Tel Aviv, Santiago del Cile, New Delhi, Tokyo, Stati Uniti e da molti
paesi europei.
"Guardi questa 'perla' qui". Con orgoglio, Dettwiler apre una scatola. Le lettere sono custodite individualmente in una
carta speciale, per proteggerle dal degrado.
"Questa lettera del 1908 è di Elisabeth Goller, una disegnatrice di moda e grande ammiratrice di Hesse". La carta
sottile è decorata con un fine ricamo e dopo più di cento anni è ancora liscia, senza alcuna lacerazione. "È
sensazionale!"
Il Premio Nobel della letteratura era noto per avere contatti epistolari con innumerevoli persone. Secondo Volker
Michels, per anni lettore e curatore delle opere di Hesse presso le edizioni Suhrkamp, il celebre autore avrebbe passato
più di un terzo del suo tempo a rispondere alle migliaia di lettere e di domande ricevute.
Hesse come confidente
"Queste risposte sono un'inesauribile fonte biografica e storica, nonché una lettura avvincente e divertente. Non vi è
quasi nessuna domanda fondamentale alla quale non si è preteso che il poeta rispondesse", ha scritto Michels nel 2012
per il 50° anniversario della morte di Hermann Hesse.
La gente si rivolgeva a lui per questioni esistenziali, riguardanti l'amore, il matrimonio, la convivenza, la morte, il lutto
o la religione. Tutte tematiche di cui parlava apertamente nei suoi libri, cosa insolita per il suo tempo.
L'archivista ricorda una donna del Sudamerica, che gli scrisse: "Sono sposata con un ricco, ma sono infelice. Lei
avrebbe un consiglio su come posso cambiare la vita?" Lo scrittore le consigliò di provare lo yoga. "Si sedette e rispose
in modo dettagliato alla donna, anche se probabilmente ciò lo infastidiva. Si sentiva responsabile".
Autore poliedrico
L'archivista non sa se Hesse traesse qualche beneficio dalla corrispondenza insolitamente intensa. Era forse una sorta
di compensazione per un uomo che viveva una vita molto appartata e che nella sua casa era ospite a malapena
tollerato? "Ad ogni modo, aveva un forte senso di responsabilità verso i suoi lettori. La gente non lo lasciava
sicuramente indifferrente".
In un certo senso Hesse veniva anche sfruttato dagli autori delle lettere, osserva Lukas Dettwiler. "Come un padre
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spirituale, come terapeuta. Per altri era persino un guru, una figura spirituale". Egli però non si vedeva così. "Egli
stesso era un profondo ricercatore dell'essenza esistenziale che non trovava la risposta. La prova di questo si trova ne
Il lupo della steppa e in Siddhartha".
Secondo Dettwiler, Hesse può essere scoperto e studiato non solo attraverso le sue opere, ma anche tramite le lettere.
"Danno un quadro completo e mostrano lo scrittore in diverse sfaccettature. Molti lo vedevano come la loro immagine
riflessa allo specchio. Dava loro la sensazione che non erano soli con la loro sofferenza e la loro gioia".
Discrezione e rispetto
Lentamente sta diventando freddo in cantina fra tutte queste scatole di lettere. Lukas Dettwiler ne ha letto solo una
piccolissima parte. Da un lato, gli manca il tempo. Inoltre giudica che "la corrispondenza è sempre una cosa molto
intima, personale, privata".
"A volte leggiamo cose tristi e difficili. Non è giusto che si leggano. Il contenuto non è rivolto a noi. Né a me, archivista
attuale, né a coloro che hanno archiviato le lettere 50 anni fa." Al "segretario privato postero di Hesse", come si
autodefinisce, basta sapere che ci sono tutte queste lettere e che "restano qui".
Dettwiler chiude le scatole, le rimette sullo scaffale e dal suo regno sotterraneo risale nel mondo della reale
quotidianità.
Gaby Ochsenbein, swissinfo.ch
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
fonte: http://www.swissinfo.ch/ita/cultura/Hermann_Hesse:_scrittore,_terapeuta....html?
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-----------------------08/08/2012 - LUTTO
Hughes, il critico d’arte
che detestava il piagnisteo
Lo scrittore australiano si
è spento ieri a New York
Aveva 74 anni. L’ultima
polemica contro Damien Hirst
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Robert Hughes nel suo studio. Il criitico d’arte australiano si è spento a New York Per molti anni aveva vissuto a Barcellona, cui aveva dedicato il
saggio Barcellona incantatrice
MARCO VALLORA
Basta guardare in video Robert Hughes: nasone possente da bevitore spassionato lenzuolo ciancicato di
rughe alla Auden che sono un manifesto anti-lifting chiassoso e ribaldo, come una risata ciclopica pronta a
scrollare il mondo assopito dell’ipocrisia. Indossa un impermeabile disfatto da investigatore in dismissione e
cammina perplesso e ondeggiante, quasi un dubbio ironico e sarcastico personificato, sotto una faraonica
statua da museo anatomica di Damien Hirst. Basta questa sua immagine a farci capre quanto abbiamo
perduto, con la morte di Robert Hughes, a soli 74 anni, lunedì, in un ospedale di New York.
Più che un critico d’arte e storico della civiltà, o un etnologo, in missione dentro la patetica tribù dei
«vernissagisti» di rito (che deglutiscono qualsiasi mistura incantatoria la «mafia» del Contemporaneo gli
propini, convinti per di più, eroicamente, di collaborare alla marcia progressiva del Moderno) era soprattutto
un ironista fulminante e acre. Che distruggeva ogni prosopopea fasulla, con il semplice richiamo animale
d’una risata (anche scritta) che aveva la forza d’un detonatore fatale. Si misuri (simbolicamente) nel museo di
cui sopra la smisurata potenza (anche economica) di quella superflua scultura finto-sensazionalistica di
Hirst, totem inutilmente scorticato, e la sua minuscola presenza in basso, di archeologo del presente. Ma è
subito ovvio che a vincere sarà proprio quel suo sorrisino sornione e nauseato, come per un odorino
sgradevole, da neonato che se l’è fatta sotto o fuori dal vaso della tradizione.
Ed è ben probabile che quando le pastigline di prozac di Hirst saranno disperse dallo scopettone dell’oblio,
forse ci si ricorderà del libro più rivelatore di Hughes, quella Cultura del Piagnisteo , 1993, che ha segnato
un’epoca, prontamente importato da Adelphi. In cui combatte (imparentato con il Flaubert di Bouvard e
Pécuchet) i luoghi comuni del Pc, che non significa più, innocentemente, «trionfo del computer», ma
sventuratamente «saga del politicamente corretto»: vera e propria malattia del nostro evo post-moderno
(«questo profilattico contro la cultura» scherzava, interpretando a suo modo Baudrillard). Complaint ,
insieme lamento (come il Lamento di Portnoy di Roth e con altrettanto humour) ma anche morbo, infezione,
questa miseranda festa di rivalsa del vittimismo sociale. Per cui (vedi l’esempio didattico del Whitney
Museum) basta essere neri, perseguitati, omosessuali, magari anche un po’ lesbici o transessuali, per essere
già titolati come artisti e degni di ribalta. Non importa poi quali opere si realizzino.
Certo, sapeva detestare (ma anche adorare: basterebbe la sua Barcellona incantatrice , considerata sua
seconda patria), era capace di disprezzare, e questo diventava per lui un discrimine-rasoio critico, se non un
metodo: «Odio questi figli di buona donna che hanno le facce da tejere d’argento di Sotheby’s, questo
supermercato d’una pseudo religio dell’arte, che s’interseca fatalmente con l’ipocrisia sociale. Mentre io
penso davvero che l’arte deve essere mistica, visionaria». Per cui trovava molto più giovane l’ottantunenne
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Post/teca
Lucian Freud che non quell’ibernato di Jeff Koons, ed anche molto più sexy di quell’icona stantia di casalinga
sciatta che è Tracey Emin. Migliore Frank Auerbach che non Alex Katz, «che si vende, certo, ma è proprio
così necessario?».
Nato a Sydney in Australia (e all’arte del suo paese aveva dedicato ventottenne un regesto decisivo) ha
preferito abitare a New York, nel Bronx, nonostante continuasse a chiamare i neri negri , «come si è sempre
fatto» (i nomi per lui erano innocenti). Per decenni critico solforico di Time , che lo considerava il «più
grande critico al mondo, ricco della stessa irriverenza di Kenneth Tynan a teatro, quello di Oh! Calcutta! .
Aveva «sfondato» anche in tv, con un programma iconoclasta, dedicato allo Shock del Nuovo , che era
l’equivalente di certe performances musicali di Bernstein o di John Berger, sulla fotografia. Erede di un
poliziotto irlandese, emigrato in Australia, aveva allontanato quel paese dalla sua vita (radiografato in un
libro esemplare come La Riva Fatale ) dopo un incidente quasi mortale, che lo aveva piagato nel corpo e
contrapposto agli uomini di legge, che lo avevano condannato (un ennesimo complaint) . Da quell’esperienza
era uscito il saggio su Goya: «Ho visto la morte davanti a me, ero seduto al tavolo, come un bancario, non
faceva nulla, ma ha aperto una gola enorme, sono entrato nel tunnel molle, era proprio come la bocca
dell’inferno della pittura cristiana». Non è vero che scriveva come Zola o Ruskin, come ha sostenuto ieri il
Guardian : aveva una scrittura veloce, succosa, muscolare. «Non è un miracolo che si possa produrre tanto
denaro con tanta scarsa abilità?» ha detto di Hirst: «lo squalo più sopravvalutatoal mondo». E questi ha
reagito, pedante come un ragioniere. «Rembrandt, Velazquez, Goya, penso che tutti siano stati interessati
agli aspetti commerciali della loro arte, io credo di agire come ognuno di loro agirebbe, se fosse in vita. Non
voglio ascoltare altre cose dette da Robert Hughes. Probabilmente lui pianse quando morì la Regina
Vittoria». Come a dire che era un pachiderma antidiluviano. Quando Hirst soccomberà nella sua formaldeide
scaduta, la contro-modernità di Hughes rilucerà ancora.
fonte: http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/465069/
---------------sillogismo ha rebloggato junad
“Solo i pesci morti vanno con la corrente.”
— S. Benni (via sadchanel)
Fonte: oltreleapparenze
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Il "paradiso ritrovato" in un libro della giornalista americana Brook WilenskyLanford
Sulle tracce dell'Eden
(dimenticando dieci secoli di storia)
di Alessandro Scafi
La giovane giornalista americana Brook Wilensky-Lanford ha studiato all'università storia del
teatro, delle religioni nonché tecniche di scrittura saggistica. Quando ha saputo dal padre che un suo
prozio si era messo in cerca del giardino dell'Eden, si è subito incuriosita. Ha iniziato così la sua
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Post/teca
personale indagine sui ricercatori del paradiso in terra,
trovando un
buon argomento per il suo primo libro, Paradise Lust, letteralmente "voglia di paradiso", un
brillante gioco di parole che evoca il poema epico di Milton, Paradise Lost, "Il paradiso perduto". Il
libro è stato pubblicato in America esattamente un anno fa ed è ora uscito in traduzione italiana "Il
paradiso ritrovato: sulle tracce del giardino dell'Eden" (Torino, Edt, 2012, pagine 360, euro 20). Nel
prologo si ha una sintetica rassegna dei tentativi di localizzare il biblico giardino dell'Eden dalla
tarda antichità alla fine dell'Ottocento.
L'autrice inizia quindi la sua dettagliata narrazione esponendo le idee di William Fairfield Warren,
rettore dell'Università di Boston e pastore metodista, che nella seconda metà dell'Ottocento,
suggestionato dal contemporaneo interesse per le esplorazioni artiche e spiegando l'autenticità della
Bibbia con il linguaggio della scienza, elaborò la teoria per la quale il giardino dell'Eden era stato al
Polo Nord, in una regione poi sommersa dal diluvio. Il lettore è poi introdotto alle polemiche
suscitate dalle tesi di Friedrich Delitzsch, docente di Assiriologia all'università di Berlino, che,
sostenendo la dipendenza dell'Antico Testamento dalla cultura babilonese, proponeva per il sito
dell'Eden l'odierno Iraq.
All'inizio del Novecento, poi, il reverendo battista Edmund Landon West situava il giardino
dell'Eden nell'Ohio, individuando nel Serpent Mound, un grande terrapieno a forma di serpente
creato dai nativi americani, l'indicazione del luogo della fatidica tentazione di Adamo. Il lettore
viene poi a sapere che, come il tedesco Delitzsch, anche l'assiriologo inglese Archibald Henry
Sauce considerava la storia dell'Eden una leggenda babilonese e situava il favoloso giardino nella
Mesopotamia meridionale: a differenza del collega germanico, però, Sauce vedeva nell'Antico
Testamento una religiosità più alta dell'originaria narrazione babilonese e nell'archeologia la
conferma della verità storica della Bibbia. Mentre in Europa si avvicinava la tragedia della prima
Guerra mondiale, a Hong Kong un imprenditore cinese di lingua inglese, un battezzato anglicano
dalle idee rivoluzionarie e di nome Tse Tsan Tai, propose per il giardino dell'Eden una località in un
deserto della Cina. Incontriamo poi un ingegnere idraulico inglese, William Willcocks, che affrontò
il problema dal punto di vista della sua specifica competenza tecnica e della sua esperienza pratica
nelle tecniche di irrigazione, e identificò due paradisi, quello biblico, a nord della confluenza del
Tigri con l'Eufrate, e quello sumerico, nella zona paludosa vicina al Golfo Persico.
Particolarmente avvincente e dettagliato è il resoconto che l'autrice offre delle vicissitudini del
cosiddetto "Albero della Conoscenza" o "Albero di Adamo", situato nei sobborghi di Qurna, la città
vicino a Bassora alla confluenza del Tigri con l'Eufrate, che per la tradizione indica il luogo
dell'Eden. Leggiamo anche del "Libro di Urantia", pubblicato per la prima volta nel 1955 ma
compilato a partire dagli anni Venti come l'insegnamento filosofico e spirituale offerto agli uomini
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Post/teca
da misteriosi esseri celesti. Uno psichiatra e un'ostetrica di Chicago, William S. Sadler e sua moglie
Lena, avrebbero raccolto per anni il prezioso materiale da un uomo che parlava nel sonno, e,
secondo il "Libro di Urantia", l'Eden si trovava in una penisola della costa orientale del
Mediterraneo, vicino a Creta. Un altro capitolo è dedicato all'avvocato repubblicano Elvy Edison
Callaway, che, osservando nelle paludi della Florida un sempreverde millenario, pensò che quello
fosse uno degli alberi edenici "piacevoli alla vista" di cui parla il libro della Genesi. Quindi si
convinse del fatto che Dio avesse creato Adamo in Florida e piantato il giardino dell'Eden lungo il
fiume Apalachicola, sempre nella stessa regione. Callaway vedeva poi il peccato originale in modo
radicalmente originale rispetto all'opinione generale: posta di fronte alla scelta tra immortalità e
conoscenza, Eva scelse quest'ultima, come Dio stesso auspicava, innescando così lo sviluppo
progressivo della storia umana.
Leggiamo poi dell'esploratore norvegese Thor Heyerdahl, che navigava con natanti primitivi per
dimostrare le vie nautiche della diffusione umana in tempi protostorici, viaggiando su zattere fatte
di giunchi, papiri e tronchi di balso. L'ardito navigatore è famoso per aver solcato su una zattera, nel
1947, più di quattromila miglia per ripercorrere il viaggio del mitico re Kon-Tiki dal Sud America
alla Polinesia. Ma nel 1977 il Norvegese concepì la sua rotta da Adamo ed Eva e da Noè, in
Mesopotamia, fino alla Valle dell'Indo e poi in Egitto, per dimostrare la possibilità di scambi tra le
civiltà antiche: con un'altra zattera primitiva realizzata unicamente con canne della Mesopotamia,
Thor salpò da Qurna, discendendo il Tigri fino al Golfo Persico, affrontò l'Oceano Indiano, ma poi
ripiegò per l'imboccatura del Mar Rosso, approdando a Gibuti.
(©L'Osservatore Romano 10 agosto 2012)
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Post/teca
20120810
curiositasmundi ha rebloggato pragmaticamente
“I più felici sono coloro che vivono giorno per giorno come i bambini, portando a spasso le
loro bambole che svestono e rivestono, girando con gran rispetto intorno alla dispensa dove la
mamma ha rinchiuso i dolci, e quando infine riescono a ottenere quanto desiderano, lo
divorano a piena bocca gridando: “Ancora!”.”
— Johann Wolfgang Goethe
I dolori del giovane Werther (via 10lustri)
Fonte: 10lustri
-----------------------tattoodoll ha rebloggato curiositasmundi
“Non occorre essere stanza per alloggiare spettri non occorre essere casa.”
— (Emily Dickinson)
-------------------------curiositasmundi ha rebloggato biancaneveccp
“esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza.”
— Infinite Jest, David Foster Wallace. (via hoplalalaa)
Fonte: hoplalalaa
----------------curiositasmundi ha rebloggato emmanuelnegro
novaffanculotu:
Ho provato a googlare e non esiste alcun Movimento per l’Ammissione ai Giochi Olimpici di
‘Sedicenni che sparano una pallina da ping pong con la figa in un bicchiere posto a 30 metri’.
Anche questa volta a uscirne sconfitto è lo sport.
Fonte: novaffanculotu
--------------------mariaemma ha rebloggato guerrepudiche
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Post/teca
Alta-risoluzione →
Da una conversazione con un’amica:
B: Tu cosa metti quando fai cuocere la pasta?
M: Il sale.
B: E perché non lo zucchero? E’ buonissimo, è meraviglioso.
M: Lo zucchero è buonissimo ma rovinerebbe il piatto.
B: Questo significa che lo zucchero è sbagliato o che non vale abbastanza?
M: No anzi, è perfetto ma non in quel contesto.
B: Tu sei meravigliosa, rendi tutto buonissimo ma non per ogni cosa sei l’ingrediente giusto.
Non sei sbagliata o non abbastanza, semplicemente non era il tuo piatto.
Fonte: junad
---------------------------------selene ha rebloggato ilfascinodelvago
Fa male pensare al nostro passato. Il "fummo" uccide.
Fonte: twitter.com
-------------------kvetchlandia
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Post/teca
Henri Cartier-Bresson Simone de Beauvoir, Paris
1946
“The body is not a thing, it is a situation: it is our grasp on the world and our sketch of our project.”
Simone de Beauvoir, “The Second Sex” 1949
--------------------onepercentaboutanything ha rebloggatomadonnaliberaprofessionista
Facciamo finta
madonnaliberaprofessionista:
Facciamo finta che B. avesse coronato il suo sogno e il nostro incubo: diventare presidente della
Repubblica. E si fosse messo subito all’opera, trascinando la Procura di Palermo che indaga sulla
trattativa Stato-mafia dinanzi alla Corte costituzionale con un conflitto di attribuzioni mai visto,
dopo aver tentato invano di depotenziare l’indagine su richiesta di un politico coinvolto. E che
subito dopo, per fare cosa gradita, il Csm avesse avviato una pratica per trasferire il Pg di
Caltanissetta, reo di aver puntato il dito in via D’Amelio, commemorando Borsellino, contro i
politici che trattarono con la mafia. E che, animata dallo stesso trasporto, la Procura generale della
Cassazione avesse avviato un’azione disciplinare contro il procuratore di Palermo e contro uno dei
pm titolari dell’inchiesta, colpevole di aver rilasciato addirittura un’intervista per spiegare le scelte
giuridiche della sua Procura.
Oggi, nonostante la canicola, avremmo le piazze giustamente piene di gente che grida all’allarme
democratico, scandendo slogan tipo “giù le mani dalla Procura di Palermo”, “la legge è uguale per
tutti”, “con la mafia non si tratta”, “processo alla trattativa, se non ora quando?”, col contorno di
titoloni sulla stampa progressista e sul Tg3, appelli, manifesti, petizioni, raccolte di firme, catene
umane, allarmi di gruppi, associazioni, comitati, movimenti, intellettuali, giuristi e
costituzionalisti democratici, Anm, reduci della guerra partigiana, sindacalisti e naturalmente
politici di centrosinistra schierati come un sol uomo dalla parte dei pm attaccati concentricamente
da Quirinale, Governo, Consulta, Csm, Procura della Cassazione e Avvocatura dello Stato.
Invece niente: al Quirinale c’è un altro, dunque tutto tace. L’ordine regna a Varsavia, anzi a
Roma. Facciamo finta che B. fosse ancora al governo e se ne andasse in gita in Germania a
lagnarsi dell’esistenza dei parlamenti nelle democrazie parlamentari, inutili impacci che
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Post/teca
impediscono ai governi di fare come pare a loro. E che giustamente venisse criticato da giornali
tedeschi, politici tedeschi e infine dalla cancelliera tedesca. Oltre alle piazze piene eccetera, dal
Quirinale partirebbe un vibrante e sacrosanto monito terra-aria sui valori della Costituzione,
l’importanza del Parlamento e la divisione dei poteri, mentre l’incauto premier verrebbe crocifisso
da giuristi, costituzionalisti, sindacalisti, intellettuali, partigiani e politici di centrosinistra che gli
insegnerebbero i fondamentali della democrazia parlamentare. Invece niente: a Palazzo Chigi c’è
un altro, dunque tutto tace. Anzi, Bersani e Letta jr. attaccano i tedeschi che osano criticare il Caro
Premier, amorevolmente assistiti sulla fu Unità dal vignettista Staino (“La stampa tedesca contro
l’antidemocratico Monti”. “E chi si credono di essere, Idv e Lega?”). L’ordine regna a Varsavia,
anzi a Roma. Dal Colle intanto partono bordate contro Di Pietro, che s’è azzardato a rammentare
ciò che di Napolitano disse Craxi al processo Cusani: “Nuoviartifizi provocatori in un crescendo
aggressivo”.
Ohibò, ma non fu proprio Napolitano, due anni fa, a riabilitare Craxi con una lacrimevole lettera
alla vedova, in cui lamentava che l’esule-martire fu trattato dai giudici “con una durezza senza
eguali”? Vuole forse l’esclusiva? O la sua era una riabilitazione selettiva? Facciamo poi finta che
il governo B., tuttora imperversante, si schierasse con gli avvelenatori assassini dell’Ilva,
spalleggiandoli nella guerra al gip che ha sequestrato gli impianti inquinanti e nelle pressioni
ricattatorie (e per fortuna vane) sui giudici del Riesame perché annullino l’ordine del gip.
Avremmo piazze piene e moniti à gogò. Invece l’unica piazza piena è quella di Taranto, gremita di
lavoratori costretti da un governo regionale e nazionale imbelli e complici a scegliere fra la vita e
il lavoro. Per il resto, siccome al governo non c’è B. e nemmeno al Quirinale, tutto tace. E la
chiamano ancora democrazia.
Marco Travaglio, 8 agosto 2012
--------------------onepercentaboutanything ha rebloggato lapolaroidiuntuffo
intweetion:
““Sei proprio un comico” Dice Marinella e io capisco che fino ad adesso ho fatto il bambino
comico, ma le bambine non amano i bambini comici anche se le fanno ridere, le bambine
amano gli eroi. Così decido che faccio un gesto eroico: prendo un ragno e me lo mangio vivo,
lei si innamora istantaneamente. Pure lei, pure lei vuole essere un eroe come me, così si gira, si
porta la mano alla bocca e mi dice: “Anche io mi sono mangiata un ragno.”
“Non è vero, le femmine non se li mangiano i ragni, lo hai fatto per finta, sei una bugiarda.”
“L’ho mangiato… era piccolo, ma l’ho mangiato.”
“Se è vero che l’hai mangiato allora dimmi che sapore c’aveva”
“…”
Così glielo prendo io un ragno, uno vero, mica per finta. E lei se l’è mangiato, e quando
ripenso a sto fatto mi ritorna in mente pure lo scrocchio della coccia del ragno tra i suoi denti
perfetti.
“Ora siamo come Batman e la Donna Gatto, due robot atomici indistruttibili”
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Post/teca
“Potevamo stare insieme per sempre, invece tu hai rovinato il nostro amore. Io ti avrei amato
fino alla morte, c’avrei fatto i figli con te, ti avrei ricordato di prendere le medicine e ti avrei
baciato sulla bocca davanti a tutti. E’ vero che era una bugia, è vero che non me l’ero mangiato
il ragno, ma tu ci dovevi credere uguale, tu dovevi credere a me e io ti avrei scelto per sempre.
Ora non lo so più se ti scelgo””
—
La Pecora Nera - Ascanio Celestini
(via fumodilondra)
Fonte: fumodilondra
----------------------onepercentaboutanything ha rebloggato forgottenbones
“Mauro Biani, quante altre volte vuoi prendere dei bambini morti sotto le bombe, degli
africani coi vermi nella pancia, delle adolescenti infibulate per costruire contrasti sarcastici
con ministri, capi di stato, vip? Perché è chiaro che non te ne frega niente di loro, né ti
interessa quello che pensi tu, quanto sia ridicolo tu stesso, quanto facciamo pena noi tutti, cioè
quello di cui si dovrebbe occupare la satira: mettere in crisi, sbilanciare, smuovere il
pavimento sotto i piedi. Quello che ti preme è quanto fanno schifo loro, i cattivi, gli altri, che
non pensano, mentre si preoccupano della loro misera e vacua esistenza, di chi sta male nei
suddelmondo: usi i miserabili per produrre sfottò nei confronti dei ricchi, che irrobustisce il
pavimento sotto i piedi di chi legge. È consolatorio, come tutte le retoriche di destra.
Chissà quanti bambini etiopi si possono salvare vendendo la tavoletta grafica che usi per
disegnarli, e il computer, e il monitor, e il server su cui girano le tue vignette. Tantissimi, sai?
Eppure nessuno fa delle vignette su di te che, colla tua Wacom, condanni alla morte per
diarrea il piccolo bambino nero con le mosche in faccia, per il gusto narcisistico di disegnare.
E sai perché non lo fa? Perché non ha nessun senso. Non fa ridere, non fa riflettere, non mette
in crisi chi legge né chi scrive. È solo una banalità retorica e tronfia, offensiva e carica di
quell’aria di chi la sa lunga tipica di chi nemmeno prova a informarsi. È sfottò, insomma: è
Valerio Staffelli. Con la differenza che Staffelli non usa i bambini moribondi africani per
distribuire il suo populismo ai VIP. Tu sì, tu ti abbassi fin lì.
[…] Io non ho niente di personale, niente contro di te Mauro Biani, ma sappi che quello che
fai è intellettualmente disonesto, nonché retrogrado e del tutto privo di coraggio.
Poi fai quello che vuoi. La riserva dei moribondi non si esaurisce mai, quindi se vuoi puoi
anche continuare in eterno.”
— Quella volta che a Matteo Bordone vennero i cinque minuti di sbrocco dopo
l’ennesima vignetta ricattatoria di Biani. Visto che oggi stavano venendo pure a me,
ricopio quello che scrisse lui, che è sempre valido (Un mondo complicato, fu il casus
belli)
Matteo Bordone: tutti intellettuali col culo degli altri.
Il Bordone dice che quello che fa Biani è di destra, è populista e non serve a niente.
Anche lui, però, usa un’argomento che trovo trito e ritrito, la cui sintesi è “Se hai la
fortuna di non morire d’inedia, non hai il diritto di criticare, nè di ricordare l’esitenza
di gente che non “se la spassa”, al contrario di noi.”
Io, gli “intellettuali” che pretendono di mettere il loro bollino Chiquita sulla satira, non
li ho mai sopportati. Soprattutto quelli che parlano solo di inutili cazzatine, come il
Bordone. O mi volete dire che uno che raccomanda la “lettiera autopulente per gatti”
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Post/teca
ha più rispetto di Biani per il terzo mondo? Quei soldi forse non potrebbe sfamare
un bambino povero? Solo le tavolette grafiche si traducono in sacchi di riso? E’
odore di paraculo, quello che sento?
(via forgottenbones)
Fonte: macchianera.net
----------------------fogliadithe
Narrativa
Ero alla fnac di Torino a comprare svariate cose (solo libri) quando mi imbatto nel reparto
Narrativa Femminile. Non fingo superiorità, è che davvero non mi interessano quelle storie lì, di
solito. Stavolta un titolo cattura il mio sguardo. “Lamento di una maggiorata”, si chiama. Lo prendo
e leggo la trama:
Ci sono quelle che a un certo punto dell’adolescenza si ritrovano lì davanti due compagne di vita
indesiderate, ingombranti e impegnative: le tette. E che tette: una quinta abbondante. […] Questo
seno spettacoloso continuerà a fare da catalizzatore di disavventure imbarazzanti, ad attrarre
uomini sbagliati. […]Lamento di una maggiorata è la storia – punteggiata da una sana dose di
autoironia e da una serie di intuizioni folgoranti sulla natura femminile (e maschile) – di una
ragazza che cerca di imparare a volersi bene, a stare nella propria pelle, a non farsi condizionare
dallo sguardo degli altri. E che non rinuncia al sogno di trovare un giorno il mitico «reggiseno
perfetto»: un’impresa, come ogni maggiorata sa, più difficile che acchiappare l’inafferrabile uomo
ideale.
Non l’ho comprato, tranquilli, però praticamente è tutto vero. Tranne per il fatto che il reggiseno
perfetto l’ho trovato, a differenza dell’uomo ideale.
-----------------selene ha rebloggato soggetti-smarriti
“Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così tricchete tracchete il trauma è
bello che superato. Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai
migliorando giorno dopo giorno. Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è
andare in posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio. Col passare del tempo le tue
forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono. Poi inizi a lavorare e il primo
giorno ti regalano un orologio d’oro. Lavori quarant’anni finché non sei così giovane da
sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa. Quindi vai di festino in festino, bevi,
giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici,
senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finché non sei bebè. Quando sei sufficientemente
piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene. Gli ultimi nove mesi te li
passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto,
senza che nessuno ti rompa i coglioni. E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo!”
— Woody Allen (via nives)
Fonte: nives
--------------------------biancaneveccp ha rebloggato paginadiunacomuneragazza
Un uomo pensa A, dice A, vuole A.
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Post/teca
persuasione:
Una donna pensa A, dice B, vuole C, ma spera D, pur tenendo conto delle opinioni E e F delle
amiche. Non importa che tu le abbia procurato A, B, C, D, E o F perché in quel momento si
accorgerà di aver sempre desiderato G.
Fonte: persuasione
--------------------fogliadithe
Discorsi
Stamattina ero con Erri De Luca e abbiamo parlato della frase di un suo libro. Diceva, la frase, che a
volte ti senti distante da tutte le persone. Diceva, lo scrittore, che così si cresce.
Erri De Luca in realtà non c’era, però ci sarebbe stato veramente bene, sarebbe stato un bel
discorso.
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Bernanke: “economisti
chiedetevi anche perché
non solo cosa”
Ben Bernanke
Cari economisti è ora di non di chiedersi solo il "cosa" dell'economia ma anche il
“perché”. L'invito arriva da Ben Bernanke nel corso della conferenza che ha tenuto
all' International Association for Research in Income and Wealth. E aggiunge:
«l’attenzione esclusiva ai numeri aggregati dipinge probabilmente un quadro
incompleto di quello che molti individui stanno sperimentando». Vi proponiamo
il suo discorso integrale tradotto in italiano.
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Post/teca
Ben Bernanke
9 agosto 2012 - 16:20
Apprezzo l’opportunità di poter parlare ad una conferenza sul tema fondamentale delle
misurazioni economiche. In molti ambiti dell’attività umana, dalla scienza agli affari,
all’istruzione, alla politica economica, buone decisioni dipendono da buone stime. In modo
più sottile, quello che decidiamo di misurare, o che possiamo misurare, ha importanti effetti
sulle scelte che facciamo, ed è del tutto normale concentrarsi su quegli obiettivi per i quali
possiamo stimare e documentare al meglio gli effetti delle nostre decisioni. Un grande
pioniere in questa materia, naturalmente, è Simon Kuznet, che è stato premiato con il Nobel
nel 1971 per il suo lavoro sulle misure economiche, tra cui il metodo di stima del reddito
nazionale. Nel corso degli anni molti economisti hanno approfondito il suo lavoro per
migliorare la nostra abilità nel quantificare aspetti dell’attività umana, migliorare le
politiche economiche e la nostra comprensione sul funzionamento dell’economia.
L’ampiezza e l’ambizione eccezionale del programma di ricerca di questa conferenza e
l’impressionante competenza che è stata messa insieme mostra la continua vitalità del
settore. Le tecnologie in continuo miglioramento permettono agli economisti di raccogliere
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Post/teca
nuovi generi di dati e di manipolarne milioni e sono appena un fattore in mezzo a molti che
probabilmente trasformeranno la materia negli anni a venire.
Pensando a nuove direzioni delle misurazioni economiche, potremmo iniziare
ricordandoci della finalità della scienza economica. I libri di testo descrivono la scienza
economica come lo studio dell’allocazione delle risorse scarse. Questa definizione potrebbe
effettivamente essere il “cosa”, ma sicuramente non il “perché”. Il fine ultimo della scienza
economica è, naturalmente, capire e promuovere l’aumento del benessere. La misura
economica deve, di conseguenza, comprendere misure di benessere e le sue determinanti.
Nella tradizione dell’accounting del reddito nazionale, i legislatori economici si sono
solitamente concentrati sulle variabili come reddito, ricchezza e consumo. La Federal
Reserve ha un mandato statutario per cui deve favorire la massima occupazione e la stabilità
dei prezzi, che spinge i nostri ampi sforzi a controllare e prevedere i dati di occupazione e
inflazione. La considerevole ricerca e le infrastrutture di raccolta dati hanno, nel corso degli
anni, aumentato notevolmente la nostra abilità di ricevere tempestive e accurate misurazioni
di queste variabili. Le stime aggregate, come il Prodotto Interno Lordo e la spesa per i
consumi personali, sono utili per monitorare l’abilità delle persone nel soddisfare i propri
bisogni materiali di base e per scovare i cambiamenti ciclici e secolari nell’economia nella
sua interezza. Effettivamente, l’esperienza della recente crisi finanziaria e della conseguente
recessione ha ben riflettuto quasi tutti questi numeri aggregati, indicando un forte stress
economico avvertito da milioni di persone e centinaia di comunità in tutto il paese.
Ma, come molti di voi metteranno in discussione questa settimana, le statistiche
aggregate possono, a volte, mascherare importanti informazioni. Per esempio, anche se
alcune fondamentali misure - compresi la spesa dei consumatori, il reddito disponibile, la
ricchezza netta delle famiglie, e i pagamenti dei servizi di debito - si sono mosse nella
direzione della ripresa, è chiaro che molti soggetti e famiglie continueranno a scontrarsi con
difficili condizioni economiche e finanziarie. L’attenzione esclusiva ai numeri aggregati
dipinge probabilmente un quadro incompleto di quello che molti individui stanno
sperimentando. Un’implicazione è che dovremmo aumentare l’attenzione ai dati
microeconomici, che riescono a catturare meglio le diversità delle esperienze tra le famiglie
e le imprese. Un’altra implicazione, comunque, è che dovremmo cercare misure di
benessere economico migliori e più dirette, l’ultimo obiettivo delle nostre decisioni di
policy.
Nonostante il campo sia ancora recente, ci sono stati interessanti sviluppi nella
misurazione di benessere economico. Due anni fa, in un discorso d’inaugurazione intitolato
L’Economia della felicità, ho parlato del concetto di felicità e soddisfazione nella vita dalla
prospettiva della ricerca della scienza economica e delle altre scienze sociali. Riprendendo
la crescente letteratura, ho definito “felicità” come uno stato di breve periodo di coscienza
che dipende dalle percezioni di una persona della propria realtà immediata, così come di
circostanze ed esiti esterni improvvisi. Con “soddisfazione di vita” voglio intendere uno
stato di lungo termine che risulta dalle esperienze di una persona nel corso del tempo.
Indagini e studi sperimentali hanno fatto progressi nell’identificare le determinanti della
felicità e della soddisfazione di vita. Stranamente, il reddito e la ricchezza contribuiscono
alla felicità che un individuo riporta, ma la relazione è più complessa e dipendente dal
contesto di quanto la teoria standard dell’utilità potrebbe suggerire. Altri importanti
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Post/teca
contributi alla soddisfazione della vita degli individui sono un forte senso di supporto dalla
famiglia di origine o dal gruppo di riferimento e dalla comunità allargata, un senso di
controllo verso la propria vita, un senso di confidenza e ottimismo sul futuro, e un’abilità di
adattamento alle circostanze in mutamento. Infatti, un risultato interessante negli studi è che
la stragrande maggioranza delle persone negli Stati Uniti, e in molti altri paesi, riportano un
alto o medio livello di felicità su base giornaliera – un risultato che i ricercatori legano alle
abilità intrinseche delle persone di adattarsi e trovare soddisfazione nella vita anche in
circostanze difficili.
Questo percorso di ricerca ha creato misure alternative di benessere che hanno,
frequentemente, una base d’indagine ed una comprensione di elementi come il benessere
psicologico, il livello d’istruzione, il benessere e la sicurezza fisica, la vitalità della
comunità, la forza della famiglia e dei legami sociali, e la quantità di tempo libero trascorso.
Queste misure hanno cominciato a influenzare le statistiche ufficiali e a essere inserite nei
dibattiti. Un caso unico e interessante è il Regno del Bhutan, che ha abbandonato la
misurazione del Prodotto Interno Lordo nel 1972 per un indice di Felicità Interna Lorda,
basato su ricerche che usano questo tipo di indicatori. Utilizzando le stime di benessere su
scala internazionale, l’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica (Ocse),
come parte dell’Iniziativa per una Vita Migliore, ha creato un “indice di vita migliore” che
permette una comparazione allineata dei paesi secondo diversi indicatori della qualità di vita
e che, almeno in principio, potrebbe essere col tempo utilizzato. Altri indicatori economici,
in qualche modo più convenzionali, che si occupano della qualità di vita, e che, di
conseguenza, possono essere sviluppati e approfonditi in maggiore dettaglio, includono
cambiamenti della distribuzione di reddito, ricchezza, o consumo, il grado di mobilità
ascendente in misure di benessere materiale, le indicazioni sulla sicurezza del lavoro e la
confidenza sulle prospettive di futura occupazione, il tesoretto di liquidità delle famiglie o
altre misure sulla loro abilità di assorbire shock finanziari. Tutti questi indicatori possono
essere utili nel misurare il progresso o il recesso economico così come spiegare il processo
di decisione economica o proiettare i futuri risultati economici.
Il lavoro continuo sulla misurazione del benessere economico porterà, probabilmente, a
un riconoscimento maggiore da parte degli economisti dei contributi della psicologia –
un’area che è stata misurata da pionieri come il premio Nobel 2002 Daniel Kahneman. Una
materia alla frontiera delle scienze economiche e psicologiche sono i fondamenti
neurologici delle decisioni umane, che includono le decisioni fatte in presenza di rischio o
incertezza, scelta intertemporale e scelte sociali. I ricercatori stanno investigando le
tendenze dei comportamenti in una varietà di circostanze – ad esempio, esaminando le
risposte umane alla perceazione di ineguaglianza, perdite, rischi e incertezze, alla necessità
di autonomia, e all’importanza del benessere della comunità e dei legami sociali. Per
esempio, le ricerche sulle immagini prodotte dal cervello hanno mostrato differenze nelle
regioni del cervello che si illuminano in risposta alle perdite e ai guadagni – una chiara
manifestazione fisica dell’”avversione alle perdite” provata nei recenti studi
comportamentali in economia e psicologia. Psicologici evoluzionistici suggeriscono che gli
uomini hanno avuto benefici evolutivi grazie agli sviluppi cerebrali che hanno incluso
l’avversione al rischio e alle perdite, e l’istinto di cooperazione che hanno aiutato a
rinforzare le comunità.
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Post/teca
Le misure del benessere sono una strada importante, ma solo una delle tante di
misurazione economica generalmente esplorate nel campo, e in questa conferenza in
particolare. Sono felice di vedere studenti e professionisti continuare a spingere la frontiera
delle stime economiche con larghe prospettive e menti aperte. Come l’immortale
personaggio di Arthur Conan Doyle, Sherlock Holmes, affermò: «E’ un errore capitale
teorizzare prima di avere i dati». Come ho detto all’inizio, la buona analisi economica e il
buon legiferare dipendono da buone stime, e il lavoro che state facendo produrrà, di
conseguenza, benefici significativi. Vi ringrazio per l’opportunità di portare queste brevi
riflessioni, e vi auguro il meglio per una conferenza produttiva e stimolante.
Per la versione originale del discorso di Bernanke clicca qua
(Traduzione a cura di Alessio Mazzucco)
fonte: http://www.linkiesta.it/ben-bernanke-discorso-economia
---------------------------------akaikoelize ha rebloggato sheismnemophobica
tersicorae:
Tumblr è il luogo dei soli, degli spezzati, dei vecchi dentro, degli strampalati, di quelli che la
realtà la sentono stretta come una maglietta di tre taglie più piccola;
Tumblr è il ritrovo dei pensatori anonimi, dei nascosti, dei cuori ribelli e dei ricordi che ti
scuotono dentro, come un mare in tempesta;
Tumblr è la landa dei silenzi rumorosi e delle parole sussurrate, dei sentimenti segreti, dei sogni
condivisi, delle persone che se si conoscessero farebbero scintille, delle anime divise e delle
speranze timide;
Tumblr è la casa delle persone che si erano perdute, che non si riconoscevano, e che ogni volta
che aprono il proprio blog ritrovano un po’ di se stessi.
Tumblr è la stanza dove essere ‘me’ non è poi così brutto, dove per tutti c’è un ‘noi’ che non porta
dolore, dove non ci si sente mai incompresi.
Mai.
È anche il luogo di quelli come me, che postano cose a cazzo.
Fonte: tersicorae
----------yomersapiens
Pizza idea, di far l'amore con te.
- Buongiorno…
- N’giorno…
- Ma, cosa mangi?
- La pizza di ieri sera.
- Ma sono le otto del mattino! Ma che schifo!
- Tu non capisci proprio un cazzo.
- Io non capisco un cazzo? E tu che fai colazione con la pizza sei un genio? Un caffè? Un latte e
biscotti come tutti?
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Post/teca
- Vedi che non cogli la poesia? La pizza la mattina è un’azione simbolica, un atto di romanticismo,
uno degli ultimi atti di romanticismo che la società ci permette di compiere. La pizza non la devi
considerare solo un alimento, la pizza è una metafora, la pizza è quella donna che ti entra in casa
quando non sai cosa fare, sei gettato sul divano, troppo pigro per qualunque cosa, una donna che
chiami e risponde subito, che arriva esattamente come tu l’hai voluta, con le caratteristiche che sono
i tuoi desideri, che ti si siede sulle gambe, ti fa compagnia sul divano, si lascia fare di tutto, come
una vecchia amica che conosce a memoria i tuoi gusti e sa quello che ti piace. Tu la divori, la
possiedi e quando ne hai abbastanza chiudi il cartone, la metti a dormire e fai altrettanto al suo
fianco. Poi, la mattina dopo, ti svegli e la guardi e lei sta lì ancora con gli occhi chiusi, così bella
che non puoi lasciarla in pace, la devi svegliare, allora fai quella cosa che riesce solo con le
avventure da una notte e via, ti svegli e fai l’amore e te ne freghi se è sudata e non vi siete fatti la
doccia e non vi siete lavati i denti. Sai che devi farci l’amore subito perché poi sarà troppo tardi e
arriverà il pranzo e ti sarai distratto e lei ne approfitterà per rivestirsi e andarsene via dalla porta sul
retro, senza darti una seconda occasione. Devi possederla di nuovo, darle solo un altro morso,
sentire che è stata reale, non un fantastico sogno. Hai capito?
- Tu hai veramente bisogno di una ragazza.
- Si, però crudo e mascarpone.
--------------
LA POLEMICA LA CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE: NON SI OPPONGONO
ABBASTANZA A CONTRACCEZIONE E MATRIMONI
GAY. MA IL CARDINALE DI NEW YORK LE DIFENDE
Le suore americane accusate di femminismo
Il conclave per decidersi: piegarsi o no a
Roma?
Il Vaticano le accusa di «femminismo»: non si oppongono abbastanza a
contraccezione e matrimoni gay
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Suor Mary Rose Crowley, di Windsor, Connecticut (Epa/Coyne)
NEW YORK - Intonano canti folk religiosi, danzano agitando sciarpe colorate, indossano
gonne e pantaloni, invitano sul podio, per il discorso d'apertura, Barbara Marx Hubbard,
una futurologa che cattolica non è: una sostenitrice dell'«evoluzionismo coscienzioso»
apprezzata più dai discepoli della filosofia New Age che dalle gerarchie ecclesiastiche.
L'ORGANIZZAZIONE - La «Leadership conference of women religious»,
l'organizzazione riconosciuta dalla Chiesa di Roma che raduna l'80% delle 57 mila suore
americane, ha vissuto così, con apparente leggerezza, il momento più difficile e angoscioso
della sua storia: il meeting, in corso da tre giorni in un albergo di St. Louis, in Missouri, per
decidere la risposta da dare al Vaticano che le accusa di aver commesso gravi trasgressioni
dottrinarie e chiede un atto di sottomissione alla gerarchia ecclesiastica.
IL CASO - Un caso che si trascina da mesi: da quando la Congregazione per la dottrina
della fede imputò loro di non opporsi alla contraccezione e ai matrimoni gay e di non
impegnarsi con sufficiente determinazione contro l'aborto, mentre tutte le loro energie
erano concentrate sull'aiuto ai poveri. Una requisitoria durissima, condita con l'accusa di
essersi fatte infettare dalle posizioni del «femminismo radicale».
Un richiamo all'ordine respinto dalle suore che considerano legittimo fare riferimento ai
valori sociali esaltati dal Concilio Vaticano Secondo. Prive di carte da giocare, almeno sul
terreno del diritto canonico che mantiene le suore in una posizione subordinata rispetto al
resto del clero, le religiose hanno comunque ribattuto colpo su colpo, forti del sostegno di
molti fedeli americani che le hanno conosciute e apprezzate come infermiere negli
ospedali, insegnanti nelle scuole cattoliche, amministratrici di parrocchie.
I supporter delle suore (Ap/Perlman)
IL TOUR - Un paio di mesi fa un gruppo di loro ha addirittura dato vita a un tour
battezzato «Nuns on the bus»: suore americane on the road per spiegare attraverso nove
Stati Usa le ragioni della loro ribellione al diktat di Roma.
Al culmine della polemica, lo scontro ha rischiato addirittura di acquistare il sapore di una
contrapposizione politica: le suore impegnate nel sociale e liberal sui temi etici accomunate
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Post/teca
a Obama, il community organizer arrivato alla Casa Bianca, mentre la gerarchia
ecclesiastica carica a testa bassa il partito del presidente per le unioni omosessuali, la
riforma sanitaria e altro ancora. Qualche giorno fa la nuova richiesta del Vaticano: tornate
su una linea più aderente alla dottrina della Chiesa e accettate il controllo di tre vescovi. Da
martedì sera 900 suore, in rappresentanza delle congregazioni maggiori, sono riunite a St.
Louis per decidere cosa fare.
LA DECISIONE - Comunicheranno le loro scelte stasera, alla fine di quella che è già
considerata la riunione più cruciale mai tenuta da un organismo cattolico americano. A
giudicare dalle dichiarazioni di madre Patt Farrell, la suora dell'Iowa che guida il
movimento, atti di sottomissione non ce ne saranno. Ma, probabilmente, nemmeno gesti
irrimediabili di rottura. Le suore non hanno alcuna voglia di farsi espellere e adesso si
sentono più forti, anche perché il tentativo di isolarle è fallito: per loro è arrivata la
solidarietà dell'ordine francescano d'America, a St. Louis hanno avuto il caldo benvenuto
del vescovo della città e perfino il cardinale di New York Timothy Dolan, che è anche
presidente della Conferenza dei vescovi Usa e che nella Chiesa passa per un duro, si è
lasciato andare a un «noi cattolici amiamo le nostre sorelle». Parole forse dette per
scongiurare una rottura irreparabile in un periodo nel quale la gerarchia ecclesiastica Usa,
scossa dagli scandali dei preti pedofili, deve già fronteggiare una grave crisi d'immagine.
Ma il genio ormai sembra essere uscito dalla lampada: ieri è stato reso noto che le un
tempo silenziosissime suore saranno le protagoniste di un pranzo - con annessa conferenza
stampa - che si svolgerà il 16 agosto al National press club di Washington.
Massimo Gaggi10 agosto 2012 | 8:15
fonte: http://www.corriere.it/esteri/12_agosto_10/suore-usa-a-conclave-piegarsi-o-no-a-romamassimo-gaggi_c21ce328-e2ae-11e1-84ce-ad634664744d.shtml
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E ORA, TUTTI IN GINOCCHIO, SGRANIAMO IL ROSARIO DEL
CANDIDATO PD ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE
SICILIANA ROSARIO CROCETTA: “LA VERITÀ È CHE C’È UN
ESERCITO DI CHECCHE NON DICHIARATE E NASCOSTE CHE
MI ODIA PERCHÉ UN GAY DICHIARATO COME ME SI
CANDIDA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE E POTREBBE
ANCHE RISCHIARE DI VINCERE. QUESTE CHECCHE
NASCOSTE PENSERANNO: MA COME, NOI CHE
NASCONDIAMO LA NOSTRA OMOSESSUALITÀ NON
RIUSCIAMO A FARE NULLA E LUI SI CANDIDA?” - 2- ANCORA:
“IN ALCUNE PARTI DEL PD LA COMPONENTE OMOFOBA È PIÙ
ALTA CHE NELL'UDC”. - 3- ALL’ALTRO AUTOCANDIDATO
CLAUDIO FAVA CHE LO ATTACCA PERCHÉ LA RITIENE
VICINO A RAFFAELE LOMBARDO, REPLICA: “MAI VOTATO
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Post/teca
PER LOMBARDO. IO NON FACCIO SCENEGGIATURE,
IMMERSO NEI PROBLEMI QUOTIDIANI. LE FA LUI, E LE FA
PER LA FININVEST BECCANDO SOLDINI DA BERLUSCONI, MA
NON APPARTIENE A ME LA CULTURA DEL SOSPETTO...”
1 - «UDC BRAVA, L'OMOFOBIA È IN UNA PARTE DEL PD»...
Felice Cavallaro per il "Corriere della Sera"
ROSARIO CROCETTA
Da omosessuale dichiarato, l'ex sindaco di Gela candidatosi alla guida della Regione siciliana,
incassato l'inatteso e per molti sorprendente sostegno dell'Udc di Casini, ha sparato a zero «contro
le checche spesso annidate a sinistra...». «Meglio parlare di cripto-checche mascherate in qualche
frangia integralista. Beh, sì, anche nel Pd e non solo».
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Post/teca
ROSARIO CROCETTA
Si diverte a stuzzicare e puntualizzare, ad alternare ossimori e paradossi, eccentrico ma concreto e
determinato com'è Rosario Crocetta, eurodeputato pd, in passato comunista con Diliberto, eppure
cattolico praticante, una storia politica costruita sull'impegno antimafia, sobrio, un pudore che si
specchia in un modo di vivere estraneo ad ogni ostentazione, una faccia antica, quasi un
dagherrotipo da album comunista, somiglianza impressionante con Di Vittorio.
Ma davvero pensa che su questo piano l'Udc di Casini sia più avanti del suo partito?
«Dico solo che in alcune parti del Pd la componente omofoba è più alta che nell'Udc. Partito
schieratosi senza indugi per un candidato dichiaratamente omosessuale da sempre, ben visto dal
mondo cattolico perché io non ho mai fatto scandali, conduco una vita giudicata irreprensibile, mi
batto per valori importanti come la legalità e voglio seriamente cambiare le cose in Sicilia».
ROSARIO CROCETTA JPEG
Si troverà d'accordo con Casini, infastidito dall'ipotesi dei matrimoni gay, con l'Udc che al
massimo parla di garanzie per le coppie?
«Non estremizzo. Diversi Paesi hanno regolamentato la materia. Su matrimonio o unione civile il
dialogo è aperto. Non bisogna creare uno scontro. Il muro contro muro finisce per provocare
chiusure. Adelante con juicio».
A qualche suo amico apparirà poco rivoluzionario.
«I veri rivoluzionari sono quelli che discutono. La penso come Don Ciotti: bisogna unire il cielo e la
terra. Comunque, alla Regione non si fanno mica le leggi sui matrimoni».
Già, chi vince dovrà occuparsi soprattutto dei conti in rosso.
«Dei precari, della famiglia, delle minoranze e su questo scatta l'intesa con l'Udc. Chi come me ha
fatto il sindaco sa che i problemi sono quelli di chi deve sfamare i bambini, dell'emigrato di
Lampedusa, della Regione che scoppia, del lavoro che non c'è, della mafia che incendia i
cantieri...».
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Post/teca
CROCETTA JPEG
Una proposta per la campagna elettorale?
«Il codice etico: niente indagati per mafia nelle liste. Vado ben oltre il rinvio a giudizio. E, a
differenza di altri, l'Udc ha già recepito».
Eppure, la sorpresa di questa intesa con l'Udc sembra legata allo snodo dei gay...
«Mi auguro che un giorno si possa parlare solo di persone, fuori dalla sfera intima di ognuno di noi.
Pensiamo davvero che l'Udc sia pronta a mettere al rogo gli omosessuali? Ma siamo fuori dalla
grazia di Dio. Né la Chiesa è mai stata su questa posizione».
I suoi rapporti con i sacerdoti?
«In chiesa ogni domenica. Studiavo dai salesiani. La mattina alla Messa delle 7, poi a piedi a
scuola, per risparmiare il biglietto d'autobus e comprare il panino a ricreazione. Famiglia povera».
Si confessa?
«Sempre. Con don Luigi Petralia, parroco di Santa Lucia, il quartiere che chiamavano il Bronx di
Gela, dove faccio volontariato nel comitato pastorale della mia parrocchia».
Nella sua stessa area si è autocandidato pure Claudio Fava che la attacca perché la ritiene
vicino a Raffaele Lombardo.
«Mai votato per Lombardo. Io non faccio sceneggiature, immerso nei problemi quotidiani. Le fa lui,
e le fa per la Fininvest beccando soldini da Berlusconi, ma non appartiene a me la cultura del
sospetto...».
CLAUDIO FAVA
Eppur sospetta...
«Cosa dice? Io pronto al dialogo anche con Fava. Gli voglio bene. È una manifestazione d'amore. E
spero che la dichiarazione di un gay non lo turbi, come succede in certi circoli intellettuali dove
quasi tutti alla fine sono bacchettoni».
2 - IL RIEMPITIVO...
Pietrangelo Buttafuoco per "il Foglio"
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Post/teca
NINO STRANO E LA MORTADELLA
E' troppo simpatico Rosario Crocetta, il candidato della sinistra alla presidenza della regione
siciliana, è ben impastato di passioni e furie e ieri, preso da tutti i diavoli, ha avuto uno sbotto
proprio dolce e bizzarro: "La verità", ha detto, "è che c'è un esercito di checche non dichiarate e
nascoste che mi odia perché un gay dichiarato come me si candida alla presidenza della regione e
potrebbe anche rischiare di vincere. Queste checche nascoste penseranno: ma come, noi che
nascondiamo la nostra omosessualità non riusciamo a fare nulla e lui si candida?".
Non possiamo credere che tra le checche nascoste e dichiarate lui possa annoverare, per esempio,
Vladimiro Crisafulli, da sempre considerato, non solo in virtù della tintura sui capelli, "U frati
masculu di Vladimir Luxuria" ma non possiamo credere che Crocetta voglia fare dell'omosessualità
una categoria politica e costringere tutti a scendere dal vapore per andare solo a vela.
PIETRALGELO BUTTAFUOCO
PIER FERDINANDO CASINI
E' stato un moto di simpatia, ecco, però superfluo in una terra dove la parola, quella, appunto, quella
che sta sempre in bocca tra i siciliani, da lungo tempo ormai ha smesso di essere un'esclamazione
per essere un'invocazione. Crocetta, che adesso si affaccia sulla scena, dovrebbe imparare dai
legionari come Nino Strano che all'Ars ne vide non poche di accese sedute. Come quella volta,
quando sentì i colleghi rumoreggiare contro di lui, ed equivocò sull'insulto: "Che cosa mi stanno
dicendo, Pinocchio?". Fu subito rassicurato da Fabio Granata: "No, ti stanno dicendo finocchio".
Fino a tranquillizzarsi: "Tutto, fuorché bugiardo".
fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/1-e-ora-tutti-in-ginocchio-sgraniamo-il-rosariodel-candidato-pd-alla-presidenza-42647.htm
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I DIVERSAMENTE GRAZIE
Oggi - non proprio oggi questo, eh - ad un anno dall’inizio di questo coso senza senso, sono stato promosso a scrittore tumblr. Essere
scrittori tumblr è una figata, perché non cambia un cazzo. Però poi purtroppo arriva gente che ci crede e ti chiede consigli. La prime
due cose che mi vengono in mente sono mettere bene gli apostrofi e fare bella figura coi congiuntivi. La terza poi è essere fighi, che
non è una cosa che si può imparare. A me per esempio è andata di culo perché oggi essere sfigati è il nuovo essere fighi, e quindi
sono arrivato a questi 3mila lettori, e ancora non ho iniziato a postare tette.
Fatto sta che è una questione odiosa - o peggio, politica - questa del guadagnarsi consensi. Se dovessi redarre un manuale sul come
poter piacere a tutti, la seconda regola sarebbe “Inizia col non provare a piacere a tutti, che è una cosa che sta davvero sulle palle”.
La seconda perché la prima sarebbe “Lavati spesso”, ma poi magari ve le elenco un’altra volta. Insomma, 3mila follower di cui
penso mi leggano al massimo un centinaio.
Esclusi poi quelli che ti leggono per secondi fini, a cui dici «No grazie» ad un’uscita per un caffè e scompaiono perché tanto a che
serve allora.
Esclusi quelli che lasciano cuoricini per essere ricambiati ma in realtà non leggono un cazzo, di cui molti sono sgamati perché
leggessero qualsiasi cosa avrebbero imparato a scrivere.
Esclusi quelli che ti seguono per lasciare le loro opinioni nelle risposte quando nei loro tumblr postano solo foto e citazioni perché
nessuno se li caga, e allora provano a sembrare interessanti in quelli degli altri scrivendo robe fuori contesto.
Esclusi quelli che ti leggono solo se ti reblogga coso o cosa, perché coso o cosa sono genti fighe e allora li lasciano pensare per loro
avendo già pensato una volta l’anno scorso e ancora in convalescenza.
Esclusi gli scemi, che poveracci c’è poco da dire. Alcune cose non le capiscono e lasciano un cuoricino per dare alla comunità
l’impressione del contrario. E che gli vai a dì?
Esclusa questa ed altra gente, da 3mila restano in una ventina. Comunque tantissimi rispetto a quanto emblematica sia della vita tutta
questa situazione. La verità è che i più non sono mai realmente interessati a voi, ma preoccupati a farvi interessare a loro. La verità è
che c’è tanta gente e poche persone.
Perciò alla fine, per quanti pochi siano in realtà, potrei ringraziarli qui, ora, uno per uno. Ma come s’è capito non sono facile a
smancerie, né m’è mai interessato piacere a tutti. Ma manco a qualcuno s’è per questo. Quindi, chi sa, grazie. Chi sa di esserci tanto
per, grazie per fare numero. Che fa sempre simpatia.
fonte: http://dapa.tumblr.com/post/29122086766/i-diversamente-grazie
--------------selene ha rebloggato la-musique-de-la-vie
“Il tempo non è un sacco, magari è un bosco. Se hai conosciuto la foglia, poi riconosci l’albero.
Se l’hai vista negli occhi, la ritroverai. Pure se è passato un bosco di tempo.”
—
- Erri De Luca
(via la-musique-de-la-vie)
Fonte: the-norwegian-wood
-----------------alfaprivativa ha rebloggato sillogismo
“E questa era la sorte di tutti e di tutto, fiorire in fretta e in fretta appassire: poi cadeva sopra
la neve.”
— Narciso e Boccadoro - Hermann Hesse
Fonte: flamantrose
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Dante, la prima recensione
Il nome della donna amata lo rivela Dante, tutto il resto lo sappiamo dai suoi commentatori. Che Beatrice era figlia di Folco Portinari,
per esempio, e che suo marito era Simone di Geri de’ Bardi. Un’informazione, quest’ultima, che affiora dalle chiose (annotazioni,
potremmo semplificare) di Andrea Lancia, notaio fiorentino attivo nei primi decenni del Trecento e a lungo ritenuto autore
dell’<+corsivo_bandiera>Ottimo<+tondo_bandiera>, il commento che rappresenta una sorta di standard per le prime interpretazioni
della Commedia a Firenze. Siamo, per capirci, nello stesso ambiente da cui scaturiranno gli scritti danteschi di Giovanni Boccaccio.
«Finora la sua era considerata un’impresa in gran parte innovativa, ma in base alle conoscenze attuali dobbiamo ammettere che
Boccaccio, in realtà, arriva quando ormai i giochi sono fatti ed eredita dunque una grande tradizione», spiega Luca Azzetta, lo
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studioso che ha appena curato una fondamentale edizione critica delle Chiose alla “Commedia" del Lancia (Salerno, 2 volumi di
1.300 pagine complessive, euro 140,00), da lui stesso recentemente scoperte. In questo modo un ulteriore tassello va a inserirsi nel
progetto dell’Edizione nazionale dei Commenti danteschi diretto da Enrico Malato. Iniziativa erudita, certo. Ma non solo. «La
possibilità di reperire notizie documentarie precise non è l’unico motivo di interesse offerto dai commenti dell’epoca – sottolinea
Azzetta –. Attraverso le interpretazioni dei fiorentini, in particolare, siamo in grado di individuare l’orizzonte culturale di Dante,
ricostruendo quella che si potrebbe definire la sua biblioteca ideale. Ed è proprio qui che il lavoro di scavo si fa più interessante».
Perché?
«Perché Dante, anche quando legge auctores già noti ai suoi contemporanei, lo fa con uno sguardo personalissimo e geniale. Al punto
che, in alcuni casi, i commentatori riconoscono il passo citato nella Commedia, senza cogliere però la sfumatura suggerita dal poeta».
Un Dante più che medievale, dunque?
«L’Umanesimo così come lo intendiamo nasce con Petrarca: la riscoperta dell’antichità, la cura filologica del testo. Eppure è
innegabile che, nel momento in cui si sono misurati con la Commedia, i primi commentatori hanno avvertito la necessità di rileggere
i classici, praticando così una forma embrionale e diversa, ma efficacissima, di Umanesimo».
Anche se alcune opere antiche torneranno in circolazione solo più tardi?
«Certo, nella Firenze del Lancia l’attenzione non è rivolta alla ricerca di nuovi auctores, come accadrà più tardi; piuttosto va
considerata l’importanza dei “volgarizzamenti”, e cioè le traduzioni in volgare di classici (o, spesso, compendi di classici) che ebbero
molta fortuna tra Due e Trecento. È un genere letterario che viene incontro alle esigenze di una categoria di lettori che, pur non
avendo le competenze necessarie per comprendere il latino, desiderano comunque conoscere le opere latine: Virgilio, Seneca, Ovidio,
Cicerone, Boezio, eccetera. Molto spesso a Firenze i volgarizzatori sono notai, cioè persone bilingui, in grado di mediare tra
l’ordinarietà della vita di tutti i giorni, che conosce solo il volgare, e la cultura giuridica affidata alla gramatica. Notaio infatti è anche
il Lancia, ben noto per le sue versioni di Virgilio, Seneca, ma anche di Agostino e degli Statuti del Comune di Firenze».
In che cosa consiste l’originalità delle sue chiose?
«Andrea ha senza dubbio un orecchio straordinariamente sensibile, che gli permette per esempio di riconoscere nel Palinuro
virgiliano il palinsesto su cui Dante costruisce l’episodio di Buonconte da Montefeltro, o di individuare il legame tra il Salve Regina
e la celeberrima preghiera mariana di Bernardo nel XXXIII canto del Paradiso. A colpire è inoltre la sua capacità di cogliere il
rapporto fra la Commedia e le opere dantesche che precedono la stesura del poema. Quando commenta gli ultimi canti del Purgatorio,
infatti, non si smarrisce nella selva di simboli allestita da Dante e tiene a precisare che la Beatrice di cui si parla è la medesima figura
storica delle Rime e della Vita nuova. Anche i suoi riferimenti al Convivio sono estremamente precisi e, per di più, condotti sulla base
di un testo di qualità eccellente. Ci sono brani che, nelle citazioni del Lancia, risultano assai più corretti di quanto appaiano sulla base
dei manoscritti del Convivio oggi conosciuti».
E la controversa “Epistola a Cangrande della Scala”?
«La maggior parte degli studiosi è ormai propensa a riconoscerne la paternità dantesca. Tanto più ora: grazie al Lancia, che la cita
esplicitamente nella chiosa al primo canto del Paradiso, sappiamo che almeno dal 1341 a Firenze l’Epistola circolava tutta intera
nella forma in cui anche noi oggi la conosciamo ed era attribuita senza esitazione a Dante. È una testimonianza da non trascurare,
data la sua eccellente conoscenza delle opere di Dante, forse resa possibile anche dalla frequentazione (non provata, ma possibile e
che ci piace immaginare) con i figli dell’Alighieri, Iacopo e Pietro, che furono anch’essi commentatori e interpreti del poema. Per
questo credo che sia tempo di tornare a rileggere l’Epistola provando a darne una valutazione più adeguata e serena, alla luce di ciò
che dice e dei problemi che pone».
Alessandro Zaccuri
fonte: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/DanteLaprimarecensione.aspx
------------------Storia
Mattei: evasione con prete e socialista
Dopo quasi settant’anni, la verità sull’evasione di Enrico Mattei dalle carceri fasciste emerge in tutta la sua nitidezza, grazie a notizie
di prima mano raccolte tra testimoni e protagonisti superstiti. Erano le 4 del mattino di venerdì 8 dicembre 1944, festa
dell’Immacolata, quando il capo storico dei partigiani cattolici, nonché tesoriere del Cvl (Corpo volontari della libertà), riuscì a darsi
alla fuga dalla prigione allestita dalla Questura di Como nella palestra Mariani di via Nazario Sauro, nel capoluogo lariano. Si
trattava di una improvvisata succursale delle carceri di San Donnino, afflitte da cronico sovraffollamento, e ospitava una trentina di
detenuti politici. L’impavido Mattei era stato catturato a Milano, il 26 ottobre 1944, durante un’operazione di polizia condotta da uno
dei più implacabili segugi di Salò, il vicecommissario Domenico Saletta. Nella retata cadde gran parte dello stato maggiore
clandestino della Democrazia cristiana del Nord. A Como, Mattei ebbe come compagno di prigionia un giovane cattolico, Ferruccio
Celotti, futuro sindaco democristiano di Pognana Lario, un paese rivierasco. Proprio Celotti, scomparso nel 2002, ha lasciato un
memoriale in cui racconta: «Nei primi giorni del mese di dicembre, Mattei mi confidò che era sua intenzione scappare dal carcere e
che stava predisponendo tutte le cose per poter evadere e mi chiese se volevo andare con lui. Indubbiamente la notizia mi fece molto
piacere. Tanto è vero che qualche giorno dopo avemmo entrambi un colloquio: lui con sua moglie e io con mia madre, a fine di
predisporre quanto possibile per il dopo fuga». L’evasione del futuro presidente dell’Eni è stata alquanto romanzata. Nella fiction
televisiva andata in onda su Raiuno nel 2009 (con Mattei interpretato dal bravo Massimo Ghini), si è adombrato che fosse avvenuta a
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Post/teca
Milano. Ci fu addirittura chi affermò che il leader dei partigiani bianchi avesse tagliato la corda travestito da prete.
Nulla di tutto questo. Approfittando del cambio degli agenti di custodia, una delle guardie del nuovo turno, Giuseppe Spatafora,
arrivò in anticipo e fece allontanare i colleghi che smontavano. Poté così aprire la porta del carcere a Mattei, che a quel punto si trovò
però spiazzato perché Celotti, temendo che la sua fuga potesse provocare ritorsioni fasciste sulla propria famiglia, all’ultimo
momento non se la sentì di partecipare all’evasione. Privo dunque della necessaria guida, che lo potesse scortare ai recapiti degli
antifascisti in grado di aiutarlo, Mattei dopo un iniziale sbandamento riuscì comunque a mettersi in salvo. Non si sa come, contattò
l’avvocato socialista Virginio Bertinelli, che di lì a pochi mesi sarebbe divenuto prefetto del capoluogo. Bertinelli lo accompagnò da
una famiglia amica, quella del cravattaio Adriano Broggi, che abitava in via Vittorio Emanuele, a un centinaio di metri dalla palestracarcere. Si trattava della scelta giusta, escogitata per fugare qualsiasi sospetto, in quanto Broggi non era noto come antifascista. I
padroni di casa, mentre cominciava a rischiarare, furono svegliati di soprassalto. Aprirono la porta e ascoltarono le prime, concitate
spiegazioni di Bertinelli. Il super-ricercato fu subito accolto e condotto nella stanza della domestica. Siccome la porta della camera
aveva un vetro, fu addossato ad essa un armadio, in modo da celare dall’esterno la vista dell’occupante. Mattei, chiuso nella stanza e
isolato dal resto dell’appartamento, ricevette il cibo attraverso la finestra. E lì rimase finché ritenuto prudente nasconderlo. Infondato
è perciò, su questo, il racconto di Celotti, che riferisce una rapida partenza dell’evaso per Milano: «Mattei, seguendo, come gli avevo
indicato, la linea ferroviaria, arrivò alla stazione Nord di Como Lago e, come poi in seguito seppi, si nascose all’interno di un vagone
fermo e, alle sei, prese il primo treno per Milano». Adriano Broggi non svelò mai ad alcuno l’ospitalità concessa in quei frangenti
estremi a un personaggio in vista come Mattei. Ad analoghe conclusioni giunse l’uomo che organizzò tutta quanta l’operazione della
fuga di Mattei, don Carlo Castelli, al tempo parroco della chiesa comasca di Sant’Orsola: un sant’uomo, colto e mite, che per
vent’anni fu poi vicario generale della diocesi di Como.
Castelli, che intervistai lungamente sull’argomento nel 1988, pochi mesi prima della sua morte, si era valso della collaborazione,
oltre che del secondino, di altri volonterosi e coraggiosi. Tra questi suor Cecilia Vajani, dell’ordine delle Figlie della Carità, che
prestava assistenza ai detenuti, l’economo dell’Orfanotrofio maschile, Della Vigna, la famiglia Corbetta, che abitava in prossimità
della palestra-carcere, e un religioso delle scuole cristiane, al secolo Secondo Borgnino. Fu dunque una vera "rete di solidarietà"
quella che si attivò per prestare soccorso al capo dei resistenti cattolici. Spatafora fu torchiato dagli scherani di Saletta e già la
domenica successiva all’evasione svelò a don Castelli che aveva fatto il suo nome. L’indomani il sacerdote fu arrestato e condotto in
Questura, alla presenza del famigerato vicecommissario di polizia. Saletta gli allungò una pistola, ordinandogli di spararsi. Castelli
oppose un rifiuto sdegnato. Dovette la propria vita al vescovo di Como, Alessandro Macchi, che reclamò con energia la sua
liberazione. Don Castelli mi rivelò che la defezione di Celotti non poco danno aveva arrecato a quanti si erano maggiormente esposti
nel favorire la fuga di Mattei. Forse perché anche Celotti aveva "cantato". In ogni caso, Saletta riuscì a mettere le mani sulla grossa
somma – cinquantamila lire – che i vertici della Resistenza avevano messo a disposizione dello Spatafora, a titolo di risarcimento, e
che era stata depositata presso il Bar Monti di Piazza Cavour, a Como. Mi disse don Castelli: «Nell’unico colloquio che ebbi con
Mattei, nel dopoguerra, mi chiese se avessi ricevuto danni materiali per la sua fuga. Gli dissi: "Danni materiali no, ma molti danni
morali"».
Roberto Festorazzi
fonte: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/MatteiEvasioneconpreteesocialista.aspx
---------------REPORTAGE
Il fascino selvaggio della Sila
Le celebrazioni per il Centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia hanno riportato alla ribalta nomi sepolti nella nostra
infanzia scolastica, come quello dei fratelli Bandiera, patrioti veneziani martiri della causa risorgimentale. Furono i pendii della Sila
affacciati sullo Ionio a far da quinta alla tragica vicenda di Emilio e Attilio Bandiera, disertori della marina austriaca, che nel giugno
1844 partirono da Corfù con l’idea di sostenere la rivolta cosentina, scoppiata a marzo ma nel frattempo già domata, e sollevare la
Calabria contro i Borbone. Partirono in ventuno, come se in ventuno si potesse fare un’insurrezione (ma fu grazie a simili sogni che
fu fatta l’Italia) e sbarcarono alla foce del Neto. In cammino verso la Sila furono traditi da uno dei compagni e alle porte di San
Giovanni in Fiore vennero affrontati dalle guardie borboniche presso la Stragola, località dove oggi sorge un cippo commemorativo.
Nello scontro furono tutti catturati a accezione del brigante Meluso, che riuscì a fuggire. Condannati a morte, i fratelli Bandiera e
sette compagni furono fucilati nel Vallone di Rovito, presso Cosenza, il 25 luglio 1844. La presenza del brigante Giuseppe Meluso, di
San Giovanni in Fiore, tra i diciannove compagni dei Bandiera è una delle tante conferme del carattere politico del brigantaggio
calabrese, che ebbe grande diffusione nell’Ottocento, con le figure di ex ergastolani, ex ufficiali borbonici, ma anche ex Garibaldini,
come il celebre Pietro Monaco, che combatté contro i baroni schierati, non disinteressatamente, coi nuovi governanti. In zone come
la Sila le spaventose condizioni di povertà delle masse contadine dopo l’Unità d’Italia contribuirono ad alimentare questo fenomeno
al punto da fargli assumere i connotati di una ribellione popolare contro i Piemontesi. Vent’anni dopo lo scontro della Stragola si
combatteva in Sila una battaglia feroce, in cui i "briganti" locali affrontavano l’esercito piemontese con l’intento di restaurare il regno
borbonico. L’inutile attesa della riforma agraria; l’inattuata distribuzione delle terre, promessa da Garibaldi, a chi le lavorava;
l’inasprimento delle tasse; l’abolizione dei diritti di pascolo e legnatico sui possedimenti della corona borbonica; l’assegnazione ai
latifondi dei terreni confiscati alla Chiesa; il servizio di leva obbligatorio: l’Unità d’Italia aveva portato solo delusioni e disillusioni,
sentimenti che i briganti seppero interpretare. Secondo Norman Douglas l’ultimo bandito della Sila fu Gaetano Ricca, datosi alla
macchia sul finire dell’Ottocento e glorificato da una taglia e da plotoni di carabinieri sulle sue tracce. Catturato e imprigionato per
vent’anni, scontò la pena e tornò in Sila per trascorrere in pace la vecchiaia nella sua casa di Parenti. Eccentrico scrittore britannico,
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Post/teca
celebre per il romanzo Vento del sud, Norman Douglas ci consegna, attraverso le pagine di Old Calabria (1915), una delle più
suggestive descrizioni della Sila. Dai suoi taccuini di viaggio emerge l’immagine di una vasta selva impenetrabile, uno scrigno di
wilderness e mistero, sorprendente per il suo aspetto così "nordico": un pezzo di «Scozia nel Mediterraneo». Ai primi del Novecento
la Sila era ancora una foresta quasi inaccessibile, appena sfiorata dall’uomo, dove la natura continuava il suo miracolo da epoche
immemorabili. Un angolo di paradiso, che solo pochi anni dopo sarebbe stato gravemente intaccato da un’opera dissennata di
disboscamento. Nonostante ciò, l’altopiano silano resta ancora oggi, con oltre 150.000 ettari di superficie alberata, quel "bosco" per
antonomasia, cui fa riferimento il suo nome. Situato al centro della penisola calabrese, la Sila è il cuore selvaggio della regione,
tradizionalmente suddiviso in tre parti. La Sila Greca a settentrione, che deve il suo nome agli influssi culturali bizantini e albanesi.
La Sila Grande, vasto e ondulato centro dell’altopiano, che si caratterizza per la presenza di grandi laghi (Arvo, Cecita, Ampollino) e
foreste di conifere, tra cui spiccano la Fossiata e il Fallistro, coi suoi colossali esemplari di Pino Laricio Calabrese, patriarchi vegetali
con tronchi colonnari alti fino a 45 metri. La Sila Piccola, a sud del Lago Ampollino, connotata da habitat più angusti e dalla presenza
di foreste di faggi plurisecolari in associazione con maestosi esemplari di abete bianco. Ma la storia della Sila non è fatta solo di
boschi e di briganti. Uno dei più illustri frequentatori di questa montagna fu Gioacchino da Fiore, teologo e abate, fondatore
dell’ordine florense, che ha lasciato una traccia indelebile nelle anime e in luoghi come San Giovanni in Fiore. In fuga dalle
moltitudini che accorrevano ad ascoltarne la predicazione, nel 1188 Gioacchino si ritirò sulla Sila, dove, raggiunto dai discepoli,
fondò il monastero di Iure Vetere, prima abbazia dell’ordine florense, terminata nel 1198, due anni dopo l’approvazione papale della
nuova congregazione. Devastato da un incendio nel 1214, il cenobio venne trasferito da Matteo, successore di Gioacchino, in un
luogo meno ostile, qualche centinaio di metri più a valle, alla confluenza tra i fiumi Neto ed Arvo. L’imponente edificio, sorto in un
luogo sperduto e di difficile accesso, è oggi nel cuore del borgo di San Giovanni in Fiore, piccola capitale della Sila. Nel corso del
tempo l’abbazia ha subito numerosi rimaneggiamenti e modifiche, spesso seguendo le tendenze architettoniche delle varie epoche,
che la portarono ad assumere una veste barocca, com’è capitato per tutti gli edifici di culto di San Giovanni in Fiore. Recenti restauri
hanno restituito la chiesa all’originaria fisionomia romanica, a eccezione dell’altare maggiore, forse l’orpello più ingombrante del
rivestimento barocco. Lo stile barocco è lo stile più attuato in Sila, giacché l’epoca a cavallo tra Seicento e Settecento fu
caratterizzata da un diffuso sviluppo economico, che non ebbe purtroppo continuità nei secoli successivi. Per quanto ricca di un
inestimabile patrimonio ambientale, culturale e umano, la Sila vive una realtà economica che ne penalizza le aspirazioni,
costringendo i suoi giovani all’emigrazione, ora come un secolo fa. Visto che non è più tempo di briganti.
Enrico Fumagalli
fonte: http://www.avvenire.it/Cultura/Pagine/fascino-selvaggio-sila.aspx
-------------------20120812
cardiocrazia ha rebloggato cannellaesigarette
egoteque:
“Fai come il lanciatore di coltelli, che tira intorno al corpo.
Scrivi di amore senza nominarlo, la precisione sta
nell’evitare.
Distràiti dal vocabolo solenne, già abbuffato,
punta al bordo, costeggia,
il lanciatore di coltelli tocca da lontano,
l’errore è di raggiungere il bersaglio, la grazia è di
mancarlo.”
Fonte: egoteque
-----------------------biancaneveccp ha rebloggatopaginadiunacomuneragazza
“1. L’amore è quando esci a mangiare e dai un sacco di patatine fritte a qualcuno senza volere
che l’altro le dia a te. (Gianluca, 6 anni)
2. Quando nonna aveva l’artrite e non poteva mettersi più lo smalto, nonno lo faceva per lei
anche se aveva l’artrite pure lui. Questo è l’amore. (Rebecca, 8 anni)
3. L’amore è quando la ragazza si mette il profumo, il ragazzo il dopobarba, poi escono
insieme per annusarsi. (Martina, 5 anni)
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4. L’amore è la prima cosa che si sente, prima che arrivi la cattiveria. (Carlo, 5 anni)
5. L’amore è quando qualcuno ti fa del male e tu sei molto arrabbiato, ma non strilli per non
farlo piangere. (Susanna, 5 anni)
6. L’amore è quella cosa che ci fa sorridere quando siamo stanchi. (Tommaso, 4 anni)
7. L’amore è quando mamma fa il caffè per papà e lo assaggia prima per assicurarsi che sia
buono. (Daniele, 7 anni)
8. L’amore è quando mamma dà a papà il pezzo più buono del pollo. (Elena, 5 anni)
9. L’amore è quando il mio cane mi lecca la faccia, anche se l’ho lasciato solo tutta la giornata.
(Anna Maria, 4 anni)
10. Non bisogna mai dire “Ti amo” se non è vero. Ma se è vero bisogna dirlo tante volte. Le
persone dimenticano. (Jessica, 8 anni)”
Fonte: questionementale
------------------------kon-igi ha rebloggato madonnaliberaprofessionista
domanda
madonnaliberaprofessionista:
sapete cosa hanno in comune queste pellicole?
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e la sua versione aggiornata
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ed anche QUESTA
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?
la risposta è facile, che ci crediate o meno sono tutte pellicole tratte da libri o racconti del
medesimo autore.
Buona lettura a tutti.
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Esatto. Bene ribadirlo e farlo sapere.
---------------------kon-igi ha rebloggato about-hortense
l'idea
about-hortense:
L’idea, insomma, è quella di morire bene, di una grazia anticipata ma nobile se fosse possibile.
Provare a sostituire l’attesa che incalza con pochi momenti di lucidità, riposare eventualmente ma
non aspettare.
Non voglio che il buon cuore si fermi di fronte ad una finestra buia, come la notte passata, tra i
vicoli della città vecchia e la luce pallida dei lampioni di una volta: gli archi tremendi non hanno
mai smesso di contare i passi dei viaggiatori.
All’ultima ora solo il vento tiene assieme le ombre addormentate, i muri grigi senza contorni
s’impadroniscono dei sogni di una vita.
Ci sono pochissimi angeli, questa notte - l’ultimo pensiero va al silenzio oscuro dei sussulti che
riempiono l’aria; nessun profumo è più triste del ricordo della brezza.
Ho tagliato la notte, no non ho dimenticato la fretta della malinconia ma di fronte alla follia ho
tardato, tremando al buio d’immensi baldacchini di stelle.
L’unica eccezione dell’ora più alta è il sogno di milioni di amanti addormentati,
minuscoli gemiti nudi.
Vai e assicùrati l’alba, teme l’esilio del buio.
Silenzio. Aspetta.
La luce calda sulla fronte è la prova:
ho chiuso la porta
dell’ultima stanza della notte.
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Post/teca
sillogismo ha rebloggato comesonoimieiocchiseitu
“«Non seguitemi: mi sono perso anch’io»”
— Charles Schulz (via comesonoimieiocchiseitu)
-----------------------20120813
ilfascinodelvago
“Ok, la bellezza è mutevole. Ogni giorno vissuto lascia un segno e porta una trasformazione,
ne sono consapevole. Ma che mutazione sto subendo io, che mi si diradano i peli nelle gambe e
mi cresce una foresta di peli biondi dentro le orecchie?”
— (se allungano bene potrei farmi il riporto)
-----------------------statidanimo
1 pagina in agosto. 5 - viaggi di emozioni
Quinta pagina.
Oggi é 13 Agosto e sono su un pullman, il pullman é su una strada per la Toscana e mia sorella é sul
sedile al mio fianco: 17 e 23 anni= 40 anni e il nostro primo viaggio insieme!
Mi sa che non avremo tempo per sfornare crostate di frutta a due piani, questa estate avrà un sapore
nuovo..una vera delizia per il palato!
Lei è piccolina..mi fa quasi tenerezza eppure è anche qualcosa di piú di una sorella minore: le ho
chiesto se potevo appoggiarmi alla sua spalla per dormire mentre lei é così emozionata da non
chiudere occhio.
Il viaggio sarà lungo e lunedì saremo a Siena, i km sono tanti come le emozioni che stanno
viaggiando con noi. Mi sento un puntino che rotola sull’ asfalto nero, che sfreccia in discesa senza
una spinta..ci siamo davvero soli noi 2, la spensieratezza, le luci anonime della strada e una cosa
bellissima che si chiama NOVITA’.
Sono le 2.14 di notte, fuori al finestrino non vedo niente, dentro di me fanno rumore le emozioni!
----------------------------stripeout ha rebloggato diazepamepopcorn
“Le persone ordinate combattono il caos. I casinisti lo dominano..”
— (via diazepamepopcorn)
-----------------Hai rebloggato kon-igi
“Io non miro con la mano; colui che mira con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
Io miro con l’occhio.
Io non sparo con la mano; colui che spara con la mano ha dimenticato il volto di suo padre.
Io sparo con la mente.
Io non uccido con la pistola; colui che uccide con la pistola ha dimenticato il volto di suo
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Post/teca
padre.
Io uccido con il cuore.”
— Il Mantra del Pistolero, Roland di Gilead
---------------------------rispostesenzadomanda ha rebloggato coqbaroque
“La vita mi ha insegnato a trasformare l’arrapamento in voglia di pizza.”
— burrone (via Coq Baroque)
Voglia di pizza: crescente
Fonte: burrone
-------------------------l231 ha rebloggato baronessassiderata
Quello che ho capito degli sport olimpici
ilfascinodelvago:
Dressage
Cavallo e cavaliere eseguono movimenti regolari e geometrici in uno spazio rettangolare: è così
emozionante che si sta pensando di rendere disciplina olimpica anche il catasto.
Marcia
Gara in cui bisogna percorrere svariati chilometri trattenendo la cacca.
Pallanuoto
Due squadre da sette giocatori si esercitano a far oscillare una palla sopra la testa. Ogni cinque
secondi un fischio interrompe il gioco.
Getto del peso
Obesi rappresentanti di borotalco cercano di dimostrare che non è nocivo. Senza successo.
Sollevamento pesi
Energumeni alzano bilancieri da 300 kg dopo essersi allenati trasportando borsoni con 400 kg di
anabolizzanti.
Decathlon
Ottimi prezzi.
Fonte: alter.spinoza.it
-----------------------cosipergioco
Arrivare a conquistare il bronzo pur avendo perso il sellino della bici, vedere le sue lacrime,
sentirle un po’ tue, perchè il destino infame ha deciso di negarti la possibilità di giocarti l’oro nella
gara più importante della tua vita e nonostante ciò baciare quella medaglia, perchè sai il sudore
che si porta dietro.
Vedere un omone di più di 91 kg accettare con la dignità che solo i grandi sanno avere il verdetto
ignobile di una giuria infame (perchè questo caso non si tratta di destino) che ti scippa di una
medaglia d’oro che ti sei meritato a favore dell’atleta di casa.
Vincere un bronzo che vale un’oro, perchè sì è vero che non abbiamo mai vinto un’Olimpiade nella
pallavolo, ma è pur vero che non siamo più il Dream Team degli anni ‘90 e che questa medaglia è
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Post/teca
il frutto di lavoro, di impegno, di fallimenti e successi. Arrivare sul podio e mostrare la maglia di
chi non c’è più, ma che per anni ha condiviso con te quel campo, quello sport e quella passione.
Vedere i due quarti posti della nostra tuffatrice che per pochi centesimi perde per ben due volte una
medaglia e vedere che si accetta il verdetto di una giuria anche se non sempre si è d’accordo,
perchè sai che il tuo sport prevede anche questo e che nel bene e nel male è quello che hai
accettato sin da piccola.
48 anni e arrivare quinta, 48 anni e dimostrare al mondo che si può avere muscoli e cervello, che si
può essere una donna completa con un lavoro, una famiglia, uno sport e un impegno politico. 48
anni e dimostrare di saper vincere quanto di saper perdere.
Guardare i giocatori spagnoli delusi alla fine di una finale scontata con il Dream Team americano
di basket, perchè se pure il risultato sembrava certo per tutti, loro in campo hanno dimostrato il
contrario. Hanno perso ma hanno giocato alla pari fino all’ultimo secondo.
L’ostacolista cinese che bacia l’ostacolo che lo ha fermato nella sua corsa, come a salutare, come
a ringraziare per quello che lo sport ti dà e per quello che lo sport ti toglie, a dire “grazie,
arrivederci, è stato bello così”.
Una sintesi di cosa per me è l’Olimpiade, del perchè amo questo evento, del perchè amo lo sport.
-------------------------plettrude
Ogni volta che negli ultimi giorni son stata a casa tua mi son sempre stupita del fatto che,
nell’ordine perfetto che regna nelle tue stanze, sulla scrivania ci fosse il buffo foglietto su cui avevo
disegnato la mappa per arrivare, la prima volta che mi hai invitato. Scioccamente penso che sia lì
per lo stesso motivo per cui io conservo il tappo della prima bottiglia di vino che abbiamo bevuto
insieme.
---------------------------biancaneveccp ha rebloggato ilfascinodelvago
Per pulire la coscienza ci vuole uno straccio di dignità.
ilfascinodelvago:
Fonte: twitter.com
-------------------cardiocrazia ha rebloggato cartastagnola
“
A mezzodì scopersi tra le canne
del Motrone argiglioso l’aspra ninfa
nericiglia, sorella di Siringa.
L’ebbi sù miei ginocchi di silvano;
e nella sua saliva amarulenta
assaporai l’orígano e la menta.
Per entro al rombo della nostra ardenza
udimmo crepitar sopra le canne
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Post/teca
pioggia d’agosto calda come sangue.
Fremere udimmo nelle arsicce crete
le mille bocche della nostra sete.
”
— A mezzodì // G. D’Annunzio.
Presto placheremo amore la sete d’amore delle nostre mille bocche.
(viacartastagnola)
-------------------------aniceinbocca
Aver voglia di fotografarti, nel buio della tua macchina, per imprimermi tra le dita quel buonumore
che ti consente sempre di mandarmi a fanculo con nonchalance mentre mi spingi sotto un’altra alba
e mi trattieni le mani con audacia. Non mancano mai le serate giuste, è che scivolano via troppo in
fretta.
Almeno so che non devo aspettare che spiova per ridere di gusto in mezzo a questi volti - ricordi
d’anni passati, in mezzo ai vostri occhi - che mi rendono migliore.
-----------------------kon-igi ha rebloggato thec8h10n4o2
thec8h10n4o2:
All’alba del 12 agosto ‘44, tre reparti di SS salirono a Sant’Anna (LU) mentre un quarto chiudeva
ogni via di fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le
SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da guide, gli
uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati mentre donne vecchi e
bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restarono nelle loro case.
In poco più di tre ore vennero massacrati 560 innocenti.
Foto di SergioBoviCampeggi
#Eccidio di Sant'Anna di Stazzema
--------------------------------curiositasmundi ha rebloggato tagestamas
317.
tagestamas:
La moda dell’estate, stando ai tabloid estoni e ad altre prestigiose fonti di informazioni, sarebbe
tra i giovani, sempre più disinibiti e pronti a tutto pur di ricercare nuove emozioni, il terracotting.
Si tratta in effetti, per spiegarla in lingua italiana, dell’abitudine (invalsa all’inizio in alcuni circoli
particolarmente trasgressivi del Nordeuropa e poi diffusasi in tutto il continente) di infilare il
proprio uccello nella bocca fiduciosa e immobile dei cani di terracotta, di quelli posseduti da ogni
anziana zia di chiunque.
117
Post/teca
Lo scopo della pratica, indubbiamente sessuale, non è ben chiaro; certi ipotizzano che si voglia in
realtà attendere soltanto il rientro in casa della zia dalla messa del vespro, per ottenere un suo
infarto alla vista dell’indegno spettacolo e per procacciarsi dunque una bella fetta d’eredità.
----------------------curiositasmundi ha rebloggato madmoisellecrubellier
“Un gatto perde i peli soltanto in presenza di gente allergica.”
— Garfield, di Jim Davis (via lospaziobianco)
Fonte: lospaziobianco
---------------------cosipergioco
Ieri sono andata al cimitero. Al Verano. Sono andata con mio fratello. Siamo andati a fare una
passeggiata. Capisco lo stupore nel pensare, una passeggiata? Al cimitero? Ma andare a Villa
Borghese no? Eppure per me e mio fratello è una sorta di rituale: ogni anno nei giorni intorno
all’anniversario della morte di mio nonno (paterno) che è il 10 Agosto noi andiamo al Verano a
trovarlo e con l’occasione portiamo dei fiori anche a mia nonna (sempre paterna ovviamente).
Allora non vai a fare una passeggiata, vai a trovare i tuoi nonni?
Sì, però no, nel senso: io mia nonna non l’ho nemmeno conosciuta, porto solamente il suo nome e
la sua innata capacità di credere a qualsiasi cosa le venga raccontata (così mi è stato detto) e mio
nonno è morto nel 1989 e io ho soltanto dei vaghissimi ricordi di lui, mentre mio fratello, che
all’epoca aveva 3 anni, non se lo ricorda per nulla. Però sin da piccoli mio padre una volta l’anno
ci portava al Verano a salutarli e una volta fatto quello giravamo per il cimitero e andavamo a
portare i fiori al monumento dei caduti in guerra, a quello dei partigiani, alla tomba delle vie
(come disse mio fratello quando vide la lapide di Palmiro Togliatti) e così via.
Io non so se perchè il Verano è un cimitero monumentale e quindi gran parte delle tombe sono di
persone morte i primi dei ‘900, ma per me questa passeggiata è sempre stato un modo per
esorcizzare la morte. Certo mi rendo conto che è strano e che potrebbe sembrare macabro, ma
ormai fa parte della mia storia e mi fa piacere ogni anno rinnovare la mia vita tramite un saluto a
chi non c’è più.
-----------------------enjoy-my-silence
“Ho riflesso molte volte sulla nostra rigida ricerca.
Mi ha dimostrato che ogni cosa è illuminata dalla luce del passato.
E’ sempre al nostro lato, all’interno, che guarda fuori. Come dici tu, alla rovescia.
Jonfen, in questo modo, io sarò sempre al lato della tua vita.
E tu sarai sempre al lato della mia.”
— Ogni cosa è illuminata
--------------------
Arriva l'algoritmo antibufale: stop alle
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notizie false
[5 commenti dal 12 Agosto 12 @ 10:00 am]
Pedro Pinto, ricercatore del Politecnico Federale di Losanna, ha messo a punto un algoritmo che
permette di risalire alla fonte di qualunque notizia o pettegolezzo in modo da poterne verificare la
veridicità.
In rete, su Facebook e su Twitter, chiunque può divulgare una notizia falsa, altri la possono
riprendere e ripubblicarla e, in poco tempo, il fenomeno si può espandere viralmente. Fare il
percorso inverso, ovvero rintracciare la fonte non è facile, ma è ora possibile grazie al lavoro di
Pinto.
Ovviamente questo algoritmo non è stato pensato per aiutarci a smascherare l'autore dei
pettegolezzi su Facebook o Twitter, ma ha delle applicazioni serie nei campi della sicurezza e
dell'epidemologia.
Gli epidemologi devono spesso capire la fonte di una malattia con pochissime informazioni su chi è
infetto e chi no. I modelli matematici però richiedono normalmente un set di dati completo, ma
l'algoritmo di Pinto dimostra come sia possibile rintracciare la fonte con pochissimi dati. La tecnica
si basa sugli stessi principi usati dalle antenne per trovare la posizione di un cellulare.
Usando i dati dell'epidemia di colera del 2000 in Sud Africa, Pinto è riuscito a individuare il
villaggio dove cominciò il contagio in pochissimi passaggi. Più importante è però che anche
scegliendo a caso i nodi di partenza, si è dimostrato che sono necessari solo il 25% dei dati. Mentre
se i nodi di partenza sono scelti con cognizione di causa si può avere una certezza pari al 90% con
solo il 5% dei dati.
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Post/teca
L'algoritmo può essere usato con altri tipi di network di dati e può aiutare i governni a trovare
l'origine della contaminazione di un sistema idrico o trovare i leader in un network di celle
terroristiche.
Un pettegolezzo che viaggia viralmente su Twitter è come un'epidemia, con la differenza che su
Twitter si hanno molti più dati da dare in pasto all'algoritmo.
fonte: http://www.pc-facile.com/news/basta_notizie_false_algoritmo_antibufale/71673.htm
---------------------------teachingliteracy ha rebloggato fabula
“The unreal is more powerful than the real. Because nothing is as perfect as you can imagine
it. Because it’s only intangible ideas, concepts, beliefs, fantasies that last. Stone crumbles.
Wood rots. People, well, they die. But things as fragile as a thought, a dream, a legend, they
can go on and on. If you can change the way people think. The way they see themselves. The
way they see the world. You can change the way people live their lives. That’s the only lasting
thing you can create.”
— Chuck Palahniuk, “Choke” (via obsequious)
Fonte: shannonwhy
----------------------------13/08/2012 -
Una serra di marijuana
nell'antica metro di Roma
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Post/teca
Sequestrati circa 340
chili di droga, un arresto
ROMA
Un'area sotterranea di circa sette ettari nell'antica metropolitana di Roma in cui era stata allestita una serra
per la marijuana è stata scoperta dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma nei pressi della stazione di
Roma Casilina, in via degli Angeli.
Il tratto sotterraneo, costruito durante la guerra, avrebbe dovuto collegare con una futura metropolitana il
quartiere di Centocelle con la stazione Termini.
Sequestrati circa 340 chili di droga e arrestato un responsabile.
fonte: http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/465482/
---------------------------snoopymania
“Credo che le cose più importanti delle tua vita saranno le coccole che hai fatto e ricevuto, le
notti passate a fantasticare sotto le stelle, le volte che ti sei rotolato nella neve, le prima gocce
di pioggia estiva che hai catturato con la lingua e i momenti in cui qualcuno di veramente
speciale ti ha sussurrato “Ti amo”.”
— tratto da “coccoliamoci” di Braidley Trevor Greive ~
------------------cardiocrazia ha rebloggato lilithme
“Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la
condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno.
Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza.”
— Antoine de Saint Exupery, il piccolo principe. (via ilcalderonedimaghetta)
Fonte: venutadalmare
-------------------
La fine delle notizie come le conosciamo
di luca sofri
Qualche giorno fa era il “compleanno” dell’ormai quinquennale rubrica della Gazzetta dello
Sport che si chiama “Notizie che non lo erano”, che nacque perché ci parve che in una
particolare settimana fossero circolate molte notizie che appunto si rivelarono poi false: e
poi provammo a farla ancora e ci rendemmo conto che quella frequenza non era
straordinaria.
Al di là della sua successiva popolarità e durata, per me quello fu un passaggio
importante nella rivelazione della quota di informazioni false e inaffidabili
121
Post/teca
che leggiamo sui giornali, abituati a pensare siano vere. Oggi, cinque anni dopo,
quell’abitudine io l’ho abbastanza persa: anzi temo ormai di averne una contraria, che mi
induce a diffidenze pregiudiziali sulla maggior parte di quello che trovo sui media italiani,
con le eccezioni di alcuni giornali o autori che nel tempo ho imparato a conoscere come più
credibili.
Questo progressivo calo di fiducia nei mezzi di informazione mi pare si stia
estendendo ulteriormente, e che siamo in una sua nuova accelerazione. Al di là
dei luoghi comuni che sono sempre circolati sul cinismo ingannevole di giornali e
giornalisti – film come “L’asso nella manica” e “La signora di venerdì” saranno presto
vecchi di un secolo – col tempo siamo però rimasti inclini a pensare che ci sia una
corrispondenza tra quello che leggiamo e la realtà: ovvero che se c’è scritto così, è così;
salvo smentite.
Una volta dicevamo “l’ha detto il telegiornale”. Poi però abbiamo cominciato a
dubitare anche del telegiornale. Adesso ho l’impressione che questa perdita di
credibilità abbia avuto nuove intensità: almeno nel ristretto e non universale ambito che
frequento e da cui ricevo feedback e impressioni, in rete soprattutto. Negli ultimi giorni
sono state molto commentate le maldestre coperture della strage di Aurora, con notizie
inventate e strafalcioni ed esagerazioni allarmistiche. È stata discussa l’enfasi superficiale
con cui i giornali hanno dato spazio al “caso” dei falsi followers di Beppe Grillo.
C’è stata la storia del documento congiunto Spagna-Francia-Italia: che per
quanto è vero che sono stati gli spagnoli ad aver combinato un guaio, è vero anche che
quella notizia falsa è andata con gran titoli sull’apertura delle homepage italiane e non su
quelle francesi e spagnole. C’è stata la falsa notizia sui tagli alla spesa di Hollande, che ha
fatto il giro di Facebook ed è arrivata sul sito di Repubblica, dove un giornalista è stato
molto contestato per averla sventatamente ripresa. E poi le dimissioni di Nicole Minetti
date per immediate e sparite. Sono quotidiane le segnalazioni in rete, più o meno
indignate, di errori, trascuratezze, inciampi dei giornali (James Holmes che è diventato
John Holmes nell’apertura di Corriere.it, l’Unità che ha celebrato con gallery fotografica
l’anniversario di Enrico Berlinguer ma era invece il compleanno di Luigi).
La formula “è giallo” per coprire una notizia falsa data come vera è diventata un
tormentone comico, in rete.
Bisognerebbe parlare appunto anche della violenza capricciosa che alcuni di questi errori
generano, a volte. Abbiamo assistito a falsità riguardanti temi delicatissimi e vicende
politiche importanti non si sono viste tante proteste quante ne sono girate per lo sbaglio di
Repubblica sul nome dell’autore di Batman. E il giornalista che ha messo sul suo blog la
bufala Hollande è stato perseguitato nei commenti fuor di misura.
E nei rari casi in cui un giornale corregge un articolo sbagliato, viene allora
attaccato per aver corretto senza chiedere scusa. Ma questi sono atteggiamenti che
stanno dentro fenomeni più generali, e che danno delle indicazioni della situazione: così
come i fallimenti della politica generano il ricorso ai forconi e ai qualunquismi superficiali,
e il successo di demagoghi e populisti, lo stesso avviene per i fallimenti dell’informazione:
che attirano sfogatoi e messaggi complottisti (“le cose che non vi dicono”, “il potere occulta
la verità”). In entrambi i casi, le cose fatte male e le inadeguatezze umane in ruoli
importanti diffondono aggressive semplificazioni.
Invece la cosa più interessante da capire, è se stia cambiando il rapporto che
abbiamo con la verità dell’informazione, o come cambierà. Io credo, se ne parla
da tanto, che non ci sia un’informazione del futuro o un giornalismo del futuro, formule
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Post/teca
usate spesso nei convegni o in certi editoriali. Credo che ci siamo già dentro,
all’informazione del futuro, e che sia fatta esattamente di questo caos di informazioni che
vengono dalle fonti più diverse e con le affidabilità più diverse. Facciamo molta fatica ad
abituarci culturalmente all’idea che le cose che leggiamo sui media tradizionali e
“importanti” non siano vere, facciamo persino fatica a non trovare vere quelle che leggiamo
su un blog qualsiasi.
Tendiamo a pensare da una parte che se c’è scritto è vero, e dall’altra ad
andare dietro a ogni suggerimento che invece sia tutto falso e ci stiano
ingannando. Ma siamo ancora quelli che “l’ha detto il telegiornale”: l’informazione
credibile è un servizio che nelle nostre società diamo comunque per scontato, con i suoi
limiti. Un po’ come la sanità pubblica, o la giustizia, o la scuola: le critichiamo, sappiamo
che possono succedere guai e sbagli, ma diamo per scontato che esistano e funzionino,
nella norma.
Ecco, per capire cosa sia l’informazione oggi e cosa sarà sempre più in futuro, io credo
dobbiamo cominciare a immaginare di essere in uno di quei paesi – ce ne sono, eccome –
in cui non ci sono un sistema scolastico, ospedaliero o di amministrazione della giustizia
diffusi e progrediti, garantiti. In cui se ti ammali, hai grossi rischi di morire; in cui
imparare a leggere o imparare di più è raro e difficile; in cui se ricevi un danno o un
sopruso probabilmente non avrai giustizia.
Ecco, il nostro rapporto con l’informazione diventerà probabilmente così,
forse lo è già: che non possiamo contare sul fatto che le cose che leggiamo e sentiamo
siano vere, che raccontino accuratamente il mondo e la realtà. Alcune lo saranno, altre no,
altre ancora un po’ sì e un po’ no. Possiamo decidere che non ci importa, che diventiamo
destinatari di un groviglio di notizie e informazioni e dati che disegna la nostra idea del
mondo, e non importa quanto si avvicini alla verità. Sarà un disastro per il funzionamento
della democrazia, ma non vi pare in fatti che il funzionamento della democrazia già
zoppichi?
Oppure possiamo avere caro che quel groviglio vi si avvicini, alla verità, e allora saremo
costretti – ripeto, già lo siamo – a crearci una grande competenza e senso d’orientamento
tra tutte le notizie che ci riceviamo, per costruire una comprensione delle cose che più si
approssimi a come le cose sono davvero.
Da lettori diventeremo, con uno sforzo difficile, parte della costruzione
dell’informazione affidabile. Se vogliamo riprendere l’esempio di prima sui servizi
pubblici, sarà come la copertura sanitaria americana pre-Obama (e un po’ anche post): ci
sarà chi ha i mezzi per garantirsi e individuare un’informazione di qualità, a pagamento del
proprio impegno o anche dei propri soldi, e chi no. Sarà difficile, frustrante, e
continueremo lo stesso a credere a cose sbagliate e ad arrabbiarci quando ce ne
accorgeremo. Ma se ci importa che avvenga meno spesso possibile, ci conviene cominciare
ad entrare in questo faticoso ordine di idee e adottare una sgradevole e obbligata
diffidenza. Una serena e costruttiva diffidenza, magari.
Milano, 27 luglio 2012
LUCA SOFRI
fonte: http://www.chefuturo.it/2012/07/siamo-gia-nel-futuro-dellinformazione-e-sopravvivere-nonsara-facile/
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Lo smemorato
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Post/teca
ALESSANDRO ROBECCHI
13.08.2012
tutti è capitato di perdere gli occhiali da sole, le chiavi di casa, persino il telefono. Ma di
perdere una generazione non era fin qui successo a nessuno, e nemmeno di ammetterlo come
ha fatto Mario Monti parlando espressamente di «generazione perduta». I trenta-quarantenni
(e quindi ben più di una generazione, almeno due) sarebbero perduti forever. Più o meno una
decina di milioni di persone, il cui essere «perdute» significa lavorare una vita senza garanzie,
saltare da un contrattino all'altro, e raggiungere alla fine una pensione da fame che farà
sembrare l'attuale «minima» uno strabiliante privilegio. Perdutii! Qualche milioncino di italiani,
forse gli stessi a cui si continua a ripetere che vivono «al di sopra delle loro possibilità», che è
come curare il colera somministrando cozze avariate. Ma chi è stato così distratto? Chi si è
lasciato alle spalle dieci milioni di senza speranza come nelle barzellette degli anni Sessanta si
dimenticava la suocera all'Autogrill? Forse proprio i professori addetti alla formazione di quella
generazione e che oggi così abilmente governano? Quelli che dicevano ci vuole la laurea, no, il
master, no, lo stage, e che oggi dicono: ragazzo mio, era meglio se facevi il fabbro? Quelli che
da vent'anni in qua pontificano che bisogna essere più flessibili, partendo dal signor Treu e
arrivando a madama Fornero? Ecco, il succo è questo. Però non sfugga il paradosso: a dire a
una generazione intera «siete perduti» non è qualche focoso arruffapopolo, qualche
rivoluzionario, qualche vivace movimento, ma uno degli smemorati che ha contribuito a
perderla, forse in questo momento il più autorevole. Un po' come se lo zar si affacciasse al
balcone e dicesse: «Ehi gente, che aspettate a prendere 'sto palazzo?». E magari arrivasse
persino a citare il caro vecchio «modello tedesco»: «Avete da perdere soltanto le vostre
catene». Può farlo? Si può farlo senza rischi, con la consapevolezza che un'intera generazione
perduta, spaventata e opportunamente deideologizzata risponda cordiale: «Beh, abbiamo delle
catene... meglio che niente, no?».
fonte: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8263/
--------------------20120814
ilfascinodelvago ha rebloggato batchiara
Theodore Sturgeon - Un po' del tuo sangue - pagg. 52-53
Quando a scuola fecero scienze e arrivarono a biologia, George memorizzò una frase del libro:
Nessun organismo vivente può sopravvivere in un ambiente costituito dai propri prodotti di scarto.
E pensandoci sopra e cercando di trovare delle parole per esprimerlo, giunse a questo e così
liquidò per sempre la questione: il processo primario, l’assimilare, provoca appagamento, mentre il
processo secondario, l’eliminazione, provoca sollievo. Nel mondo c’è un sacco di gente folle e
malata che non capisce la differenza. Se ne vanno in giro in cerca di sollievo e si arrabbiano
perché non trovano appagamento. Be’, certo che non appaga, non può appagare. L’appagamento
viene prima, deriva dall’ottenere quello che ti serve per sopravvivere. Il sollievo deriva dal
liberarsi di quello di cui non hai più bisogno. Se cerchi di tornare indietro a recuperarlo, non
stupirti se ti senti male e se cominci anche a percepire un cattivo odore.
Fonte: mymindwalls
----------------------kvetchlandia ha rebloggato yuyubees
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Post/teca
theberry.com →
Here’s a depressing bit of historical/psychological trivia to go along with this post. In the labor
camp portion of Auschwitz, the slang term for “never” was “tomorrow,” as in: ”Oh yeah, you’ll get
more bread with that gruel tomorrow.” In Birkenau, the extermination portion of the camp, people
didn’t live long enough to develop much local slang.
Fonte: amandaonwriting
-------------------------onepercentaboutanything ha rebloggato iceageiscoming
Pinocchio medaglia di legno.
iceageiscoming:
flipperella:
Dora Ratjen, all’anagrafe Heinrich, ha gareggiato nel salto in alto femminile durante le
Olimpiadi di Berlino nel 1936, qualificandosi al quarto posto. La sua vicenda si intreccia con
quella di un’altra atleta tedesca: Gretel Bergmann, promettente saltatrice ebrea, trasferitasi nel
1933 in Inghilterra quando, dopo la presa del potere di Hitler, le fu impedito di gareggiare in
Germania.
Nel 1934 tuttavia fu richiamata in patria, convinta a tornare attraverso minacce di ritorsioni nei
confronti dei suoi parenti lì rimasti. Il Comitato Olimpico Internazionale, infatti, aveva imposto
come condizione per lo svolgimento a Berlino dei Giochi olimpici del 1936 che fossero
reintegrati gli atleti ebrei nella rappresentativa tedesca. Ad ogni modo, non le fu consentito di
gareggiare. Una volta che la squadra statunitense era in viaggio per l’Europa (e non poteva più
boicottare i giochi dunque), le fu comunicato di aver esibito prestazioni al di sotto delle
aspettative e fu sostituita dalla sua compagna di squadra e di stanza, Dora. Ciò avvenne per
evitare che un’atleta ebrea potesse vincere una medaglia d’oro e recare pertanto imbarazzo ad
Hitler.
Gretel Bergmann ha dichiarato, in seguito, di non aver mai sospettato che la propria compagna
di stanza fosse in realtà un uomo, sebbene lei e le altre compagne la ritenessero strana e
misteriosa (weird). A posteriori, si è spiegata come mai fosse stata scelta come sua compagna di
stanza: Heinrich sarebbe potuto essere tentato dalla vicinanza di una ragazza tedesca ed avrebbe
potuto rivelare la propria mascolinità, ma sapeva che se avesse avvicinato una ragazza ebrea
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Post/teca
sarebbe stato imprigionato - le relazioni tra Ebrei e Gentili, infatti, erano proibite e severamente
punite in Germania durante il regime nazista.
Quando, nel 1938, Heinrich fu scoperto, fu arrestato per frode e ciò pose fine alla sua carriera
sportiva. Tuttavia fu per lui un sollievo, lo vide come la fine di un incubo, come sembrano
suggerire le sue dichiarazioni al poliziotto che lo arrestò, che riferì: «Ratjen ammise apertamente
di essere contento che ‘il gatto fosse uscito dalla borsa’». Nel 1957 Heinrich Ratjen ha rilasciato
un’intervista in cui ha ammesso di aver gareggiato come Dora. Si è trattato del primo caso
(accertato) di “imbroglio sessuale olimpionico”. È morto il 22 aprile 2008.
[wikipedia]
Sapevatelo
Fonte: flipperella
--------------------biancaneveccp ha rebloggatopaginadiunacomuneragazza
“- ti voglio bene
- mi ami?
- no, però ti voglio bene
- dunque mi ami?
- no, quasi
- quindi mi vuoi benissimo, secondo me
- sì, benissimo
- quali sono i livelli?
- ti ho voluto abbastanza bene, poi bene, ora benissimo
- potresti dunque passare dal benissimo ad amarmi?
- è plausibile
- che differenza c’è tra benissimo e amare?
- la morte
- la morte?
- la morte
- mi spieghi?
- se ti amo voglio morire per te, tipo che ti salvo dall’incendio e muoio, se ti voglio benissimo
dipende
- vuoi dire che se mi trovo nell’incendio, tu oggi come oggi non saresti sicuro di sfidare le
fiamme per salvarmi ed eventualmente morire arso vivo nel fuoco?
- temo di starlo dicendo ma dovrei trovarmi nella situazione
- stasera io farò l’amore con un giovane uomo biondo
- perché me lo dici?
- sono sincera
- vuoi ingelosirmi?
- no
- secondo me vuoi
- sì un po’ voglio
- ci sei riuscita
- grazie
- prego
- puoi evitare di fare l’amore con questo giovane questa sera e venire a mangiare la pizza con
me?
- no, ne ho voglia
126
Post/teca
- lui non si lancerebbe nel fuoco per te
- non lo so
- non sto domandando, sto affermando, lui non lo farebbe
- come fai a saperlo?
- lo deduco dal fatto di non aver mai conosciuto un uomo morire per amore
- è una deduzione debole
- però ho conosciuto uomini che più lacrime non hanno
- se vengo a fare la pizza con te poi faremo l’amore?
- non “a fare”, a mangiare la pizza
- sì, mi sono sbagliata
- è un lapsus
- dici?
- dico
- non hai risposto alla mia domanda
- quale?
- dopo la pizza, l’amore
- no
- perché?
- perché se facciamo l’amore e mi piace tantissimo potrei passare dal volerti benissimo ad
amarti il che sarebbe pericoloso per la mia vita
- è vero, soprattutto in caso d’incendio
- esatto
- allora vado, devo farmi bella per il mio amico biondo
- ti amo
- non è vero
- hai ragione
- lo so
- a dopo?
- a spero il più presto dei dopo”
— Guido Catalano. (via comeunaprigione)
Fonte: dentrodite
---------------------fogliadithe
Librerie sub.
C’era un uomo sul treno, leggeva un libro. Una cosa normale, a prima vista, poi guardo bene e noto
il libro tutto gonfio e le pagine tutte ondulate. Magari l’ha messo in lavatrice, o gli ha rovesciato
sopra un bicchiere d’acqua. Io però me lo sono voluto immaginare, l’uomo, che si alza una mattina
e c’ha voglia di un libro e va a mare, e quello, il mare, gliene fa arrivare uno da chissà dove, perso
da chissà chi. Il libro, con le pagine bagnate, e l’uomo che usava il mare come biblioteca.
---------------------plettrude
del perdere i treni, e del riprenderli
io non avevo mai avuto un vibratore. tra l’altro per me vibratore era legato a una storia di tristizia di
anni fa. che ero andata via da una delle tante città da cui sono andata via (che poi avrei voluto
127
Post/teca
andarmene davvero, da quella città lì, ma ancora no) e io insomma non avrei voluto andarmene in
quel momento lì, e facevo la pendolare avanti e indietro da una città vicina dove ero tornata
temporanemente a vivere con i miei, e in quella città (quella in cui non vivevo) c’erano tutte le mie
amiche, due almeno, e loro continuavano a vedersi, e a uscire, e andare in palestra insieme e andare
a bere e io credo di essere stata gelosa di loro due insieme più di quanto lo sia stata di ogni ragazzo
che ho avuto. e niente, avevo pranzato con loro, e poi ero partita, e sul treno loro mi avevano
chiamato: oh, siam state al sexy shop, abbiam comprato due vibratori. io lo sapevo che avevo perso
il treno di quella cosa lì, che non sarei mai più entrata in un sexy shop sola, e che loro ormai ce
l’avevano, e amen, io no. e così, mentre dicevo: nooo, ma mi portate, la prossima volta che vengo,
vero? posso venire con voi? mi sentivo quella che le sue amiche erano andate avanti, insieme, e lei
niente, indietro, a casa.
Poi non è che me ne avessero parlato un gran bene, eh. dice faceva un sacco di rumore. io l’avevo
anche visto, uno dei due, una volta che dormivo da una di loro (e no, l’avevo solo visto, non
l’avevamo usato insieme, giuro) e non mi era un granché piaciuto a vederlo. rugoso, non lo so, il
cazzo può essere bellissimo, ma di gomma, mica tanto secondo me. e niente, era finita lì.
Poi la spora, che oltre che essere una delle persone più fighe che io conosca, fighe nel senso che fa
delle cose figissime, e ci mette un impegno, e un entusiasmo e un’energia e una professionalità che
ho capito quando diceva: ehh, prendo la patente per il furgone, che ce vuole, dicevo, oltre a tutto
questo, è anche ambasciatrice italiana della Lelo, mi ha detto, vieni, vieni al 12 camp, che poi ti
porti a casa un vibratore, io ho pensato a quella cosa lì, che le amiche che avevo 10 fa ci sono
ancora, ma nel mentre ne ho anche di nuove, e allora non è mica detto che io il treno del vibratore
l’avevo perso per sempre.
E quindi, ho avuto questo. A parte che è *bellissimo*. cioè, è rosa, con i fiori, liscio liscio liscio e
lucido. e ha tutte le sue cosine, tipo la bustina per portarlo. la bustina, io muoio per gli accessori
accessoriati, ho ancora la bustina di muji porta mascherina per gli occhi in cotonino grigio, per dire.
e quindi ero a castiglioncello e morivo dalla voglia di provarlo. Ho dormito nel posto più bello del
mondo, a casa di un amico della spora
quindi, non l’ho provato subito. Poi al pomeriggio ero in treno con due amiche che eran venute a
mangiare il pesce e ovvio, ho dovuto tirarlo fuori. e loro tutte un risolino, che secondo me si
immaginavano che tiravo fuori un cazzone di gomma rugoso nero, e invece no, viene fuori questa
cosa rosa a fiorellini che se non lo sai, beh, è tipo un oggettino decorativo che ti puoi mettere sulla
scrivania. che so, un fermacarte. e la piggy mi fa: non l’hai mica usato vero? no no. (oh, era vero).
allora l’ha preso in mano, l’ha acceso, e ha detto solo: uhm, nice.
e poi finalmente ero a casa. che non era mica casa mia ancora, ma casa di un’amica, ma insomma,
non è che le donne vengono con rivoli di sperma appiccicosa, vero pattie? (le bruciamo quelle
lenzuola? no dai, polleggio) e ho detto proviamolo. ma era tipo una curiosità antropologica, che io
dicevo, ah il rumore, ah ma una cosa meccanica sempre uguale, ma non lo so, c’abbiam le dita
apposta, che bisogno c’è. (a parte che con le dita io finisce sempre mi rovino lo smalto, capita anche
a voi? tipo che mi opacizza). e invece, cristo santo, non nominare il nome di dio invano, dice, ma
non lo so, a me vien sempre l’orgasmo un po’ mistico, dio, cristo, madonna (non sto bestemmiando,
son solo in paradiso, li guardo in faccia e li chiamo tutti per nome), non è che è perché non avevo
capito come funzionava che il mattino dopo ho pensato: ce li ho dieci minuti o perdo il treno?
--------------------falcemartello ha rebloggato orgoglioatalantino
“Il fatto che un’opinione sia ampiamente condivisa, non e’ affatto una prova che non sia
completamente assurda. Anzi, considerata la stupidità della maggioranza degli uomini, e’ più
128
Post/teca
probabile che un’opinione diffusa sia cretina anziché sensata.”
— Russell (via ilmiodiariotelematico)
Fonte: dragonflythoughts
------------selene ha rebloggato in-my-time-of-need
“Un tempo, quando uno aveva un segreto da nascondere, andava in un bosco. Faceva un buco
in un tronco e sussurrava lì il suo segreto. Poi richiudeva il buco con del fango, così il segreto
sarebbe rimasto sigillato per l’eternità”
— 2046 - Wong Kar-wai (via in-my-time-of-need)
-------------13 agosto 2012 - 11:00
La schizofrenia creativa di Aloïse
Al Museo cantonale delle Belle arti a Losanna è organizzata una delle due mostre dedicate quest'estate ad Aloïse
(Nora Rupp)
ALTRI SVILUPPI
2.
Quando il talento supera l'handicap
Di Michèle Laird, Losanna, swissinfo.ch
Grande figura dell'Art brut, Aloïse ha prodotto tutti i suoi
disegni fantasmagorici durante il suo lungo
internamento per schizofrenia. Se l'artista svizzera non
fosse stata curata, non avrebbe probabilmente creato
nulla.
129
Post/teca
In occasione di due importanti mostre dedicate ad Aloïse, questa estate a Losanna, è stato sollevato un interrogativo:
la sua creatività sarebbe sopravvissuta ai medicinali odierni? Infatti i farmaci antipsicotici e antidepressivi alleviano la
sofferenza di innumerevoli individui, ma possono anche arrestare lo slancio creativo.
Il dibattito ha assunto una nuova rilevanza dopo la pubblicazione di uno studio scientifico che ribadisce l'esistenza di
una correlazione tra schizofrenici e individui altamente creativi. Bassi livelli di recettori dopaminergici permettono
associazioni inusuali nel cervello. Gli antipsicotici regolano la dopamina, riducendo così la capacità di fare connessioni
creative.
Internata per schizofrenia all'età di 32 anni, Aloïse Corbaz per i seguenti 46 anni ha esorcizzato i suoi tormenti,
immaginando un mondo tutto suo che ha trascritto in blocchi di appunti e ha disegnato su fogli di carta.
"Oggi sarebbe improbabile che Aloïse fosse rinchiusa in un istituto", dice a swissinfo.ch Pascale Marini, curatrice della
mostra in corso alla Collection de l'Art brut. Le sarebbero invece somministrati farmaci e quindi sarebbe priva di un
ambiente protetto, che in ultima analisi ha permesso alla sua arte di prosperare.
"Estasi perpetua"
Aloïse aveva cominciato a disegnare quasi subito dopo il suo internamento nel 1918. Dapprima segretamente, su pezzi
di carta straccia, sui quali scriveva anche i suoi pensieri turbolenti. Poi, poco a poco, le sono state date matite colorate
e fogli di carta di grandi dimensioni che le hanno permesso di realizzare i suoi caratteristici disegni.
"Ha creato un mondo per sé, in cui era il demiurgo, l'artefice totale. È stato un rifugio perfetto", spiega Pascale Marini.
L'esposizione di questo mondo nella mostra di Losanna non ha lo scopo di illustrare la schizofrenia di Aloïse, ma di
mostrare il ruolo della creatività nel consentire alle persone come lei di gestire il proprio tormento.
Aloïse stessa ha definito "miracolosa" la creatività, "l'unica fonte di estasi perpetua".
Jean Dubuffet, il pittore francese che ha coniato il concetto di Art brut, ha seguito il suo lavoro per quasi vent'anni e
spesso le rendeva visita in Svizzera. Alla sua morte, nel 1964, ha affermato che la sua arte l'aveva guarita.
È stata Jacqueline Porret-Forel, allora giovane medico generalista che seguiva Aloïse, a far conoscere il suo lavoro a
Dubuffet. Egli riconobbe immediatamente la singolarità della sua visione mentale. Un'osservazione che gli ha in seguito
permesso di identificare altri creatori di Art brut.
Sin dal loro primo incontro nel 1941, Jacqueline Porret-Forel è diventata per Aloïse una finestra sul mondo esterno.
Forse ha anche agito come catalizzatore per la sua creatività esplosiva nei dieci anni seguenti. "Sentiva il mio interesse
per lei", dice a swissinfo.ch la dottoressa, che ora ha 96 anni.
Internata in un ospedale psichiatrico, Aloïse Corbaz ha tradotto i suoi tormenti in espressione artistica (Henriette
Grindat © Fotostiftung Schweiz / ProLitteris)
Vivere attraverso il disegno
Jacqueline Porret-Forel ha fatto molto per fare riconoscere Aloïse come artista. Una notorietà che ha raggiunto anche il
Giappone, dove si sono già tenute mostre di Aloïse. La dottoressa è anche l'autrice della recente pubblicazione del
catalogo ragionato online. Ancora dopo così tanti anni, il suo entusiasmo per Aloïse rimane intatto. "Lei mi fa andare
avanti", dice sorridendo.
"Più di ogni altra cosa voleva incarnarsi nei suoi disegni. Era un modo per lei di esistere, di rientrare in possesso del
corpo da cui si sentiva staccata", ricorda la Porret-Forel.
130
Post/teca
Anche lei è convinta che Aloïse avrebbe condotto una vita molto diversa se le fossero stati somministrati dei farmaci
antipsicotici che erano disponibili a partire dagli anni '50. "Gli antipsicotici trasformano completamente i mondi
interiori", afferma.
Aloïse avrebbe disegnato in modo diverso, o forse non avrebbe disegnato affatto, analizza Jacqueline Porret-Forel.
Anche se, come medico, ritiene che non sia giustificato privare individui angosciati del sollievo apportato dai
medicamenti.
Questo parere non è comunque condiviso da tutti. Edvard Munch, il pittore del famoso 'Grido', ha detto: "[I miei
disturbi] sono parte di me e della mia arte. Sono indissociabili da me, e [il loro trattamento] distruggerebbe la mia
arte. Voglio conservare questa sofferenza".
Secondo Jacqueline Porret-Forel, però, il caso di Aloïse è un po' diverso. Crede, come Dubuffet, che il suo talento
eccezionale l'abbia aiutata a guarire.
Non arteterapia
D'altra parte, la dottoressa pensa che occorra correggere una serie di equivoci. "Contrariamente alla credenza
popolare, la proporzione di artisti non è più elevata tra coloro che soffrono di disturbi mentali che nella popolazione in
generale". E i creatori dell'Art brut non sono tutti mentalmente instabili.
"Quello che ho osservato nel corso degli anni, anche studiando gli scritti di Jean Dubuffet, è che l'Art brut è fatto da
individui che hanno una visione del mondo mentale, non visiva". Tra costoro possono esserci anche dei medium.
Si tratta di persone che traspongono le loro immagini mentali su qualsiasi supporto a portata di mano. Questo
processo a senso unico è completamente diverso da quello di artisti tradizionali, che rielaborano continuamente ciò che
vedono e ciò che hanno creato. L'Art brut non deve in ogni caso essere confusa con l'arteterapia, puntualizza.
Jacqueline Porret-Forel non ritiene che la farmacoterapia odierna segni la fine dell'Art brut, poiché non è un
movimento, ma un concetto: "Ci saranno sempre persone con visioni mentali diverse dalle nostre".
Michèle Laird, Losanna, swissinfo.ch
(Traduzione dall'inglese: Sonia Fenazzi)
fonte: http://www.swissinfo.ch/ita/detail/content.html?cid=33282902
-----------------------Ti amo bambina
malinconialeggera:
Ti amo bambina,
di una febbre sensuale
che mi rugge nel sangue
quando dal primo bacio,
carezzevole sulla guancia fresca,
ti passo sulle labbra,
le serro nelle mie
e ti lambisco la lingua
umida di amore,
libidinosamente,
e scontro i denti forti
nitidi nei miei denti,
e tutti e due mordiamo,
suggiamo senza posa
e una mia mano timida
dalla tua gola fresca
ti scivola sul petto
e si contragge e stringe sopra un seno,
piccolo, cedevole,
molle di amore
come la tua bocca è bagnata.
O quando lontano da te
dinanzi al tuo ritratto
mi struggo a contemplare
dove di tra lo scialle
131
Post/teca
il tuo corpo è nascosto,
ma s’indovina nitido
e in basso tra le frange,
appaiono accavallate
le belle gambe nervose,
ma molli come i seni,
e le lunghe fila nere s’indugiano
in perfide ambagi
sulle ginocchia
sulle cosce strette
che mai amerò.
E questo è pure quell’amore triste
- ma oh come lontano
in questa sera trepidante di speranza che si perdeva in sogno a contemplare
i tuoi capelli lievi,
il tuo viso distrutto
dal segreto soffrire,
i tuoi grandi occhi spalancati
vigili sul dolore
- ma come tutto questo è stanco e pallido! Mi tenta questa sera
una gioia più forte,
una speranza più ardente,
che mi freme nel cuore
al pensiero sensuale di te.
Eppure tu eri bella
in quel sogno lontano,
in quell’ardore triste,
e ancora mi riafferri,
tentatrice, così.
Oh potere divino
di confondere in te
le due gioie diverse
e lambirti d’amore
in un’oscurità piena di luce,
che mi lasci negli occhi
il tuo sogno e il tuo pianto,
ma mi bruci e mi scuota le membra
sussultanti,
strette contro le tue membra
frementi,
in un delirio d’anima e di sangue.
Questo, bambina,
Non ti fa paura?
[6 settembre 1927]
Cesare Pavese
------------------------
Tutto il catalogo di Frank Zappa di
nuovo disponibile. E per la prima volta
sul web
di Francesco Prisco
La scena in questione si svolge nella corsia di una clinica di Los Angeles, nell'autunno del '67. C'è
un'infermiera che dibatte con un giovane uomo baffuto appena diventato papà che intende mettere
132
Post/teca
un nome improbabile alla sua primogenita. L'infermiera oppone innumerevoli obiezioni, poi
sottopone al cliente il questionario di rito. «Qual è la sua religione?», gli chiede lei. Lui risponde
senza esitazione: «Musicista». Qualcuno dei presenti applaude, qualche altro ride, qualche altro
ancora perde le staffe e gli urla contro.
L'aneddoto in questione, attinto dall'autobiografia scritta a quattro mani con Peter Occhiogrosso,
descrive meglio di tante altre chiacchiere chi era Frank Zappa, chitarrista, compositore,
sperimentatore e provocatore che se n'è andato per sempre nel dicembre di 19 anni fa. Un genio
assoluto della musica del cui monumentale catalogo la Universal propone la ristampa integrale in
cinque diverse tranche da dodici opere ciascuna. E in più i 60 dischi zappiani a partire dal 20 agosto
saranno per la prima volta scaricabili on line dagli utenti del web. Si va così a colmare una
inspiegabile lacuna che, fino a oggi, rendeva clamorosamente incompleta l'offerta di iTunes e
compagnia bella.
Dalle «Mothers» al funny jazz. La prima tranche di ristampe arrivata nei negozi lo scorso 31
luglio riguardava la produzione di Zappa dal '66 al '72. Innanzitutto l'esordio con la sua band, le
Mothers of Invention (nome geniale che probabilmente sfotteva il serioso brand dei padri della
psicanalisi), intitolato «Freak out!». Ossia: «Sballatevi!» Tutta benzina versata sul fuoco della
contestazione che, in quegli stessi anni, metteva radicalmente in discussione l'American Way of
Life. Nella prima sfornata figurano anche «Hot Rats», capolavoro visionario del '69 capace di
mostrare al mondo che nel petto di quel freak di origini italiane batteva un cuore sinfonico, e
«Weasels ripped my flesh», cioè il disco della corrosiva «My guitar wants to kill your mama»
Ciascun album della nuova serie reca il marchio «Official Release #», nel booklet appaiono dettagli
sull'origine dei master utilizzati nonché i credits dell'eventuale autore del re-mastering. Nel caso
specifico, sette album su dodici sono stati rimasterizzati e quindi suonano diversi rispetto alle
precedenti edizioni in commercio. La seconda tranche da 12 ristampe sarà in vendita dal 28 agosto e
abbraccerà la produzione dei Seventies: qui le perle si chiamano «Over-nite Sensation»,
«Apostrophe (‘)», «Bongo Fury» e «Sheik Yerbouty». Sono i dischi della consacrazione, quelli in
cui la lezione del rock demenziale delle prime Mothers si impasta di jazz fino ad approdare a
risultati lontani anni luce dalla regola aurea dei puristi del genere. Perché «il jazz non è morto»,
come diceva lo stesso Frank, «ha solo un odore un po' strano».
Un'offerta che non si poteva rifiutare. E così entro fine anno l'intero catalogo di Mastro Zappa
sarà di nuovo disponibile in versione fisica o digitale, sulla base del nuovo accordo sottoscritto dalla
vedova Gail, per conto dello Zappa Family Trust, e dai vertici della Universal. Eloquenti le parole
della donna: «Ci hanno fatto un'offerta che non potevamo rifiutare, per tutte le migliori ragioni.
Un'opportunità importante per tutti noi ma soprattutto per Frank Zappa. Possa la sua bacchetta
dirigere ancora a lungo, noi siamo pronti a continuare il suo percorso». Bacchetta che – è opportuno
dirlo, sempre al fine di rendere onore alla tempra del musicista – coincideva con uno
scacciamosche.
Si lecca i baffi Bruce Resnikoff, amministratore delegato della major statunitense protagonista
dell'operazione: «È un onore che Gail Zappa e lo Zappa Family Trust ci abbiano concesso l'eredità
musicale. Intendiamo onorare Frank e la sua musica con pubblicazioni in cd e digital download di
qualità assoluta per soddisfare vecchi e nuovi fan». Sarà anche un onore ma quando in campo
musicale senti parlare di «offerte che non si potevano rifiutare» ed «eredità» artistiche da onorare, ti
viene giusto in mente un auto-ironico titolo zappiano: «We're only in it for the money». Siamo qui
soltanto per i soldi. Basterebbe dirlo ogni tanto.
133
Post/teca
fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-08-09/tutto-catalogo-frank-zappa123442.shtml?uuid=Ab0TIuLG
-------------------
di Alessandra Daniele
Il Trono di Cristallo
A tutti gli effetti una
delle migliori serie della storia della Tv, se non la migliore, Breaking Bad di Vince Gilligan è anche l'unica il
cui valore effettivo sia persino superiore a quello già altissimo attribuitogli da critica e fandom su internet,
anche perché chi la segue e la ama spesso si trova a parlarne molto meno di quanto vorrebbe, per non
danneggiare l'esperienza di chi deve ancona scoprirla. Recuperatela subito se non l'avete ancora fatto, ha
appena celebrato il 51°episodio, e ne mancano solo undici al finale.
SEGUE SPOILER
Ultimo discendente legittimo della grande tradizione del noir USA che va da Dashiell Hammet ad
American Gangster, Breaking Bad ci aggiunge un'inesorabile progressione narrativa da tragedia
shakespeariana, gemme di feroce black comedy, e un geniale intreccio dalla tessitura cristallina nella
quale tutti i dettagli combaciano con spietata perfezione, nessun particolare è casuale, e tutte le Cechov
gun centrano il bersaglio.
Perfetto a ogni livello, dalla sceneggiatura, che dimostra un'autentica pianificazione multistagionale, alla
regia, la cui eleganza visuale è sempre al servizio dell'efficacia narrativa, all'estrema bravura di tutti gli
interpreti, in particolare del protagonista, lo straordinario Bryan Cranston, alla colonna sonora mirabile
per qualità e pertinenza, alla stupenda fotografia, del miglior livello cinematografico, che si fa parte
integrante della narrazione, passando dai toni dominanti verde acido e giallo sabbia delle prime stagioni,
ai colori accesi del tramonto nella terza, al cupo rosso sangue della quarta, al nero che domina la quinta,
sempre in contrappunto con l'azzurro gelido della crystal meth.
Vince Gilligan viene dagli X Files, come producer, e autore di alcuni dei migliori episodi standalone:
"Pusher", ''Soft Light'', gli horror "Leonard Betts" e "Folie à Deux", il dickiano ''Field Trip'', e l'ottimo road
thriller ''Drive'', interpretato da un Bryan Cranston quarantenne originariamente convocato per un altro
ruolo, ma poi dimostratosi perfetto per quello del protagonista: un uomo in fuga letteralmente sul punto
di esplodere. Dieci anni dopo quell'episodio, Gilligan scrive il pilot di Breaking Bad pensando proprio a
Cranston per il suo Mr. White/Heisenberg, il prof di chimica che si scopre capace di scalare la vetta del
crimine organizzato.
La carriera di Bryan Cranston sembra somigliare ironicamente a quella di Walter White: una vita di ruoli
minori e sit-com, e poi, a cinquant'anni improvvisamente l'occasione per scatenare un talento immenso,
unico per intensità, versatilità, e carisma, abbastanza da proiettarlo direttamente fra i più grandi di
sempre. Al suo fianco, un cast di co-protagonisti e antagonisti eccezionali, a cominciare da Aaron Paul,
perfetto nel ruolo complesso dell'instabile giovane complice, quel Jesse Pinkman al quale Mr. White
continua a salvare e rovinare la vita, in un rapporto di ambivalente interdipendenza che, grazie anche alla
perfetta chemistry fra Cranston e Paul, è il fulcro relazionale di Breaking Bad. Nelle passate stagioni, la
magistrale interpretazione di Giancarlo Esposito ha reso l'indimenticabile Gus Fring uno dei migliori villain
134
Post/teca
di tutti i tempi; quest'anno il veterano Jonathan Banks sta facendo del suo killer-cleaner professionista
Mike Ehrmantraut un concentrato iconico di filosofia hard boiled. Dean Norris continua efficacemente a
svelare la fragilità nascosta sotto la sborona vernice poliziottesca di Hank, e Anna Gunn aggiunge nuovo
spessore drammatico al personaggio di Skyler, la moglie di White che, attraverso le sue reazioni ai vari
stadi della carriera del marito, rappresenta anche la reazione della società al crimine: condanna per il
piccolo delinquente, collusione col medio - specialmente nei reati finanziari - sgomenta impotenza di
fronte al boss stragista.
Nella sua turbolenta e sanguinosa ascesa/discesa da prof fantozziano a re del narcotraffico, Walter White
ha affrontato e sconfitto ogni boss di livello, fino a diventare lui stesso il boss di livello, e uno dei più
sinistri, nella sua apparente normalità. La sua però non è stata tanto una metamorfosi, quanto una presa
di coscienza: un passo dopo l'altro, un omicidio dopo l'altro, Mr. White ha scoperto il suo vero volto, è
diventato se stesso .
Breaking Bad rivela tutta la violenza repressa che può nascondersi nell'uomo della porta accanto, e la
spirale di crimini che sia capace di commettere e giustificare in nome dell'autodifesa, e della famiglia
diventata maschera delle sue reali motivazioni: la sua sete di rivalsa, di potere, di autoaffermazione.
Walter White però non è un personaggio che possiamo comodamente giudicare dall'esterno, è un uomo
tormentato nel quale Breaking Bad ci porta inesorabilmente a identificarci fin dall'inizio, e quindi il viaggio
all'interno del suo cuore di tenebra diventa anche un percorso di riconoscimento del nostro. Del nostro
inner Heisenberg. Fino a che punto siamo ancora con Mr. White? E perché?
Forse perché è disperatamente geniale, e la sua è anche la rivincita del nerd. Forse perché, nonostante
tutto, pensiamo che la sua umanità non sia morta, ma solo in disparte, in attesa, dove prima si
nascondeva il suo lato oscuro.
O forse queste sono solo razionalizzazioni, come quelle accampate dallo stesso Mr. White. E in realtà, se
siamo ancora con lui è perché incarna quella parte di noi che pensa sia meglio regnare all'inferno, che
servire in paradiso.
Breaking Bad però ci ricorda che il trono dell'inferno è fatto di cristallo.
E che quel cristallo non è meth.
Pubblicato Agosto 13, 2012 09:57 AM
fonte: http://www.carmillaonline.com/archives/2012/08/004402.html#004402
--------------------onepercentaboutanything
Try not | GHIACCIONOVE
Normalmente non mi limito a riportare le storie che trovo in Rete, non importa quanto grandiose o
interessanti siano, ma quando ho letto questa storia ho capito che era arrivato il momento di fare
un’eccezione.
Se riuscite a leggere l’inglese potete raggiungere il post originale, in caso contrario quella che segue
è la migliore traduzione dell’articolo di Joel Runyon che sono riuscito a mettere assieme.
Vi assicuro che alla fine avrete un sorriso stampato in faccia.
Qualche giorno fa me ne stavo in una caffetteria a Portland, con l’intenzione di lavorare un po’,
mettermi in pari con le email e scrivere un nuovo post. Dopo circa trenta minuti, un anziano
signore, di almeno ottant’anni, mi si siede accanto, con un caffè caldo e una brioche. Gli sorrido e
mi rimetto a lavorare.
“Le piace il suo Mac?” mi chiede, indicando il Macbook Air che ho comprato appena pochi giorni
prima.
“Sì, lo uso da un po’” gli rispondo, chiedendomi se sto per finire nell’ennesima diatriba Mac Vs Pc
in una caffetteria di Portland con un perfetto sconosciuto.
“Lo usa per programmare?”
“Be’, in effetti non so programmare, ma scrivo molto e spendo parecchio tempo su progetti online,
o aiutando i miei clienti a mandare avanti il proprio bussiness.”
“Ultimamente ho cominciato a oppormi alla Apple. Cercano di far in modo che tutti usino gli Ipad,
e quando la gente usa gli Ipad finisce per usare una tecnologia che serve solo a consumare cose,
135
Post/teca
invece che a creare cose. Con un computer si possono fare delle cose. Si può programmare, si
possono creare cose che non sono mai esistite, fare cose che non sono mai state fatte.”
“Questo è il problema di molta gente”, continua. “Non provano a fare qualcosa che non sia mai
stato fatto, così non fanno niente. Ma se ci provassero scoprirebbero che ci sono ancora molte cose
da fare che non sono mai state fatte.”
Annuisco con condiscendenza e mi faccio una risata – pensando che questo è qualcosa che potrei
aver detto io, e che è una ben strana coincidenza che di tutta la gente con cui avrei potuto parlare in
questa caffetteria mi sia toccato proprio questo tizio. Strano modo di cominciare una conversazione.
L’anziano signore torna al suo caffè, ne beve un sorso, poi si volta nuovamente verso di me.
“In effetti, di cose che non erano mai state fatte, io ne ho fatte molte”, mi dice con un mezzo sorriso.
Mi chiedo se non mi stia prendendo in giro, ma la mia curiosità ha la meglio.
“Davvero? Che genere di cose?” chiedo, mentre mi immagino che stia per citare qualcosa di
assolutamente stupido e banale.
“Ho inventato il primo computer.”
“Mi scusi?”
“Ho creato il primo computer programmabile. Era grande almeno quanto questa stanza. Mia moglie
e io ci entravamo per programmarlo.”
“Mi scusi, ma lei come si chiama?” chiedo, pensando che questo tizio sia solo un altro pazzo
senzatetto di Portland.
“Russell Kirsch.”
Meno di mezzo secondo dopo scopro che non mi sta mentendo. Russel Kirsch ha davvero inventato
il primo computer programmabile, assieme a un bel po’ di altre cosine, e vive davvero a Portland.
Mentre lo cerco su Google, lui intuisce cosa sto pensando.
“Lasci che le mostri.”
Così mi indirizza a diversi siti web e archivi relativi alle sue invenzioni, mentre ogni tanto butta lì
un qualche dettaglio, tipo:
“Ho anche creato la prima immagine digitale. Era una foto di mio figlio.”
A questo punto ho già capito che il tipo non scherza ma, diavolo, un paio di ricerche e viene fuori
che l’ha fatto davvero.
Mentre mi accompagna attraverso vecchi archivi delle sue attività, e qualsiasi speranza di essere
produttivo svanisce dalla mia mente, a un certo punto gli dico:
“Sai Russel, questo è davvero impressionante.”
“Immagino di aver sempre creduto che nulla di ciò che vogliamo fare ci sia precluso. Molta gente
pensa l’esatto opposto. Che tutto ciò che vorrebbero fare gli è precluso, e così finiscono a non fare
nulla.” [“I guess, I’ve always believed that nothing is withheld from us what we have conceived to
do. Most people think the opposite – that all things are withheld from them which they have
conceived to do and they end up doing nothing.”]
“Aspetta” gli dico. “Com’era quell’ultima frase?”
“Nulla di ciò che vogliamo fare ci è precluso.”
“È davvero buona, chi l’ha detto?”
“Dio.”
“Come?”
“Dio l’ha detto e ci sono solo due persone che ci credono. Sai chi sono?”
“No, chi sono?”
“Io e dio. Così l’ho fatto.”
136
Post/teca
Ben detto. Non ho intenzione di mettermi a discutere col tizio che ha inventato il computer. Dopo
circa venti minuti di conversazione, lui si siede, finisce il caffè, dà un’occhiata alla brioche ormai
fredda, controlla l’orologio e annuncia:
“Be’, ora devo andare.”
Detto questo ci stringiamo la mano, lui si alza, raggiunge la macchina e se ne va, mentre io resto
seduto cercando di capire cos’è appena successo. Mentre me ne sto lì, due cose continuano a
ronzarmi nella mente:
Nulla di ciò che vogliamo fare ci è precluso.
Fai qualcosa che non sia mai stato fatto.
La prima significa: se hai concepito qualcosa nella tua mente, hai deciso di farla e sei determinato a
realizzarla, niente può fermarti.
La seconda è abbastanza auto-esplicativa, ma c’è il peso extra derivante dal fatto di essere stata
pronunciata dal tipo che ha creato l’aggeggio che mi permette di mettere queste parole in Internet.
“Fai qualcosa che non sia mai stato fatto” – Il tipo che ha inventato il computer.
Sissignore.
È ora di darsi da fare.
http://joelrunyon.com/two3/an-unexpected-ass-kicking
http://www.ghiaccionove.com/2012/08/try-not/
----------------teachingliteracy ha rebloggato fuckyeahreading
“Don Quixote so buried himself in his books that he read all night from sundown to dawn, and
all day from sunup to dusk, until with virtually no sleep and so much reading he dried out his
brain and lost his sanity. He filled his imagination full to bursting with everything he read in
his books, from witchcraft to duels, battles challenges, wounds, flirtations, love affairs,
anguish, and impossible foolishness, packing it all so firmly into his head that these
sensational schemes and dreams became the literal truth and, as far as he was concerned,
there were no more certain histories anywhere on earth.”
— Don Quixote by Miguel de Cervantes (via secretcafe)
Fonte: secretcafe
---------------------
137
Post/teca
20120816
teachingliteracy ha rebloggato amandaonwriting
amandaonwriting:
The 21 Key Traits of Best-Selling Fiction
● Utility (writing about things that people will use in their lives)
● Information (facts people must have to place your writing in context)
● Substance (the relative value or weight in any piece of writing)
● Focus (the power to bring an issue into clear view)
● Logic (a coherent system for making your points)
● A sense of connection (the stupid power of personal involvement)
● A compelling style (writing in a way that engages)
● A sense of humor (wit or at least irony)
● Simplicity (clarity and focus on a single idea)
● Entertainment (the power to get people to enjoy what you write)
● A fast pace (the ability to make your writing feel like a quick read)
● Imagery (the power to create pictures with words)
● Creativity (the ability to invent)
● Excitement (writing with energy that infects a reader with your own enthusiasm)
● Comfort (writing that imparts a sense of well-being)
● Happiness (writing that gives joy)
● Truth (or at least fairness)
● Writing that provokes (writing to make people think or act)
● Active, memorable writing (the poetry in your prose)
● A sense of Wow! (the wonder your writing imparts on a reader)
● Transcendence (writing that elevates with its heroism, justice, beauty, honor)
To sell your fiction, you must pay attention to the Key Traits of Best-Selling Fiction. FYI, the
twenty-one traits are arranged in a kind of rough order.
3. Appeals to the intellect. The first five: utility to logic. To you, the writer, they refer to how you
research, organize, and structure your story. These are the large-scale mechanics of a novel.
. Appeals to the emotions. From a sense of connection to excitement. These are the ways you
engage a reader to create buzz. Do these things right, and people will talk about your novel,
selling it to others.
. Appeals to the soul.Comfort through transcendence. With these traits you examine whether
your writing matters, whether it lasts, whether it elevates you to the next level as a novelist.
The 21 key traits of best-selling fiction are excerpted from The Writer ’s Little Helper by James V.
Smith, Jr.
Source: Writer ’s Digest
Fonte: writers-write-creative-blog.posterous.com
---------------------------snoopymania ha rebloggato aguywhofilmstheclouds
A me non mancano le persone, mi manca quello che hanno smesso
138
Post/teca
di essere.
chitacenonsisente:
Ennio Flaiano
Fonte: bugiardaeincosciente
-------------------waxen
“I gatti, a differenza dei cani, sono animali domestici wireless.”
— waxen
----------------------stripeout ha rebloggato coqbaroque
cosipergioco:
Io non mi faccio i film mentali. Mi faccio i libri mentali, poi di solito ci traggo il film, ma il libro
era più bello.
Fonte: cosipergioco
--------------------------
REPORTIME
Stop alle Avemarie, perché
139
Post/teca
non si possono cantare in chiesa
QUELLA DI GOUNOD PERCHÉ L’EDITORE ERA EBREO, QUELLA
DI SCHUBERT PERCHÉ BISOGNA CERCARE IL PECCATO ANCHE
DOVE NON C'È
AVEMARIE PROIBITE - Al Bano è un testardo: aveva deciso di cantare l'Ave Maria di
Gounod al matrimonio del suo amico Michele Placido e l'ha fatto, nonostante il divieto del
parroco.
Il punto però non è Al Bano, ma il paradosso: è proibito cantare l'Ave Maria in chiesa!
LE VERSIONI - Certo, non tutte le avemarie, solo le due più belle e famose, cioè quella di
Gounod e quella di Schubert. Leggiamo la motivazione in una circolare intitolata
“Celebrare il Vangelo della Famiglia nelle Chiese di Puglia”, del 1994, a firma Luigi Papa,
allora presidente della Conferenza episcopale pugliese e oggi Arcivescovo emerito a
Taranto. L’Ave Maria di Schubert «…parla di due innamorati che convivono nel
peccato…»; quella di Gounod «…rielabora un preludio di J.S. Bach sfruttato poi da un
editore ebreo…».
AVE MARIA DI SCHUBERT - Ora, la musica dell’Ave Maria di Schubert era stata
composta per un lied ispirato al poema “La signora del lago” di Sir Walter Scott. Il testo, in
lingua tedesca, è l’invocazione di una giovane ragazza esiliata, costretta a vivere in una
caverna, perché la Vergine metta fine alle sue sofferenze. Si compone di tre strofe che
iniziano e finiscono con le parole ‘Ave Maria’. Per questo motivo, in seguito venne cantata
con le testuali parole della preghiera, in lingua latina. Bollare il brano, perché in altri lieder
dello stesso ciclo possa manifestarsi una convivenza peccaminosa della protagonista, mi
sembra veramente, questo sì, peccaminoso.
AVE MARIA DI GOUNOD - Riguardo all’Ave Maria di Gounod, uomo profondamente
cattolico, che fu a un passo dal prendere i voti, si trattava di una melodia per violino,
accompagnata da un pianoforte che eseguiva il Preludio n°1 del Clavicembalo ben
temperato di Bach; successivamente venne rielaborata per canto e orchestra, anche in
questo caso col testo in latino della preghiera. E qui, gli unici che possono scandalizzarsi
sono i cultori della musica di Bach, in questo brano umilmente ridotta ad
accompagnamento (non rielaborata). Il fatto poi di vietarne l’esecuzione a un matrimonio
in chiesa, perché uno dei musicisti era protestante e l’editore ebreo, mi sembra una
fastidiosa manifestazione di integralismo, che mal si accorda col pensiero di Benedetto
XVI: «…popoli di differenti fedi possano cooperare uno con l’altro per il bene della persona
umana…» (dal messaggio inviato, il 3 agosto scorso, al Sacerdote Supremo del Tempio
Buddista del Monte Hiei, in Giappone).
Testo in latino della preghiera:
Ave Maria
Gratia plena
Dominus tecum
Benedicta tu in mulieribus
Et benedictus fructus ventris tui Jesus
Sancta Maria
Mater dei
140
Post/teca
Ora pro nobis pecatoribus
Nunc et in hora mortis nostrae
Luigi Zuntini
15 agosto 2012(ultima modifica: 16 agosto 2012 | 10:18)
fonte: http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/12_agosto_15/avemaria_c8113de0-e71f11e1-aa6d-129c31caec0a.shtml
------------------20120817
selene ha rebloggato dentrodite
“Tutta la materia di cui siamo fatti noi l’hanno costruita le stelle, tutti gli elementi
dall’idrogeno all’uranio sono sati fatti nelle reazioni nucleari che avvengono nelle supernove,
cioè queste stelle molto più grosse del Sole che alla fine della loro vita esplodono e
sparpagliano nello spazio il risultano di tutte le reazioni nucleari avvenute al loro interno. Per
cui noi siamo veramente figli delle stelle.”
— Margherita Hack (via dentrodite)
--------------------------yomersapiens
adesso non ricordo bene, ma che girone aveva riservato Dante a quelli che mettono la nutella nel
frigo?
----------------------3nding
Islanda: colonne sonore.
Che dire? Viaggiare lungo le strade islandesi può essere magico anche senza musica, ma con
l’accompagnamento musicale adatto alcuni scenari possono diventare epici.
Personalmente consiglio:
Into the Wild OST - Eddie Vedder
The Lord of The Rings OST - Artisti Vari
Il Trono di Spade OST - Artisti Vari
Sultans of Swing, The very best of - Dire Straits
Ma sopratutto provate ad arrivare a una cascata con le musiche di Ennio Morricone
---------------------------biancaneveccp ha rebloggato ilmiorifugiosegreto
“E’ impossibile svegliare chi fa finta di dormire.”
— Proverbio navaho
Fonte: lospaziobianco
-----------------------------
141
Post/teca
biancaneveccp ha rebloggato ilmiorifugiosegreto
“Nelle cose ci si deve mettere il Quore. Anche se c’è la ‘Q’; tanto non esiste un cuore
sbagliato.”
— P. Ruffini
Fonte: rivoluzionaria
--------------------selene ha rebloggato aguywhofilmstheclouds
“
Accade
che le affinità d’anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. È raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l’oblio, vera la foglia secca
più del fresco germoglio. Tanto e altro
può darsi o dirsi.
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell’albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors’era così come mi pareva
o non era.
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l’innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.
”
— Eugenio Montale.
“Comprendo la tua caparbia volontà di essere sempre assente.”
(via telesenzalcuncolore)
Fonte: philofobia
142
Post/teca
-----------------uaar-it ha rebloggato poliamore
“
Ma a che serve l’imene? Al di fuori delle suggestioni culturali e religiose, che lasciano il tempo
che trovano, l’imene è sostanzialmente una protezione antibatterica. Quando si è bambine,
all’interno della vagina c’è una ambiente alcalino, che è favorevole alla permanenza dei germi
provenienti dalle zone perianali, e quindi le infezioni sono più probabili; a quest’età, l’imene
rappresenta una piccola barriera ai germi. Con la pubertà, e con l’azione degli ormoni, le cose
cambiano e l’ambiente diventa acido, cioè inospitale per i germi; per cui da quel momento
l’imene diventa inutile.
La verginità è un mito celebrato in molte culture, perché rappresenta la purezza di una donna
e la virilità di un uomo. In queste società, la verginità della sposa è apprezzata per motivi
religiosi, sociali, ed anche economici.
Il Corano, il libro sacro islamico, afferma che la sposa deve essere vergine. In Cina, la
verginità della sposa determina la quantità di regali di fidanzamento. La presenza dell’imene
è particolarmente importante per le famiglie di prestigio che vogliono mantenere la
discendenza familiare non contaminata.
Purtroppo, le conseguenze del mancato sanguinamento, o lo status di sposa “non vergine”,
possono essere gravi. In molte culture del Mediterraneo e dell’Africa, la famiglia del marito
potrebbe vendicarsi con punizioni violente. Nei paesi arabi, le spose non-vergini possono
essere uccise dai propri fratelli, zii, o addirittura padri. E gli autori di queste barbarie spesso
si sottraggono al procedimento penale grazie alle radicate abitudini che giustificano questi
omicidi.
”
— LA MADONNA ERA VERGINE ? | (via poliamore)
Fonte: uaarnapoli.wordpress.com
---------------------------------pulcinonero:
Dio sadico, madonna masochista, gesù guardone e S.giuseppe con l’uccello nell’aspirapolvere.
-------------------------3nding
“Quest’isola regala a chi osa spingersi oltre, ogni volta che abbiamo oltrepassato il limite della
stanchezza, scavalcato una collina che ci negava l’orizzonte, seguito un corso d’acqua
apparentemente normale, ogni volta siamo stati ricompensati. L’unico problema sono le
distanze, un occhio non abituato viene facilmente ingannato e luoghi apparentemente vicini si
rivelano incredibilmente distanti.”
— 3nding
-------------------snoopymania
“Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere.”
143
Post/teca
----------------------
1- GRRRRR, CHE GRINDR! IMPAZZA PER INTERNET UNA APP
DA SESSORIMORCHIO-GAY CHE LA STAMPA ANGLOAMERICANA HA DEFINITO GIA’ LA NUOVA RIVOLUZIONE
SESSUALE - 2- “TROVA UN GAY GRATIS VICINO A TE!”,
PROMETTE GRINDR. PROMESSA MANTENUTA. “C’È SEMPRE
UN GAY NELLE VICINANZE. SI ACCHIAPPA DI PIÙ SU GRIND
CHE NELLA VITA NORMALE” - 3- 4 MILIONI DI UTENTI IN 192
PAESI,UN MILIONE MEZZO NEGLI USA, CHE HANNO
SCOPERTO LA LIBIDINE DI GEOLOCALIZZARE, ENTRO 200
METRI GRATIS, UN COMPAGNO DI SCOPATA - 4- “GRINDR È
NELLO STESSO TEMPO STRUMENTO DI FASCINAZIONE E
GRANDE PIATTAFORMA DEL SESSO CHE APRE LE PORTE DI
UNA NUOVA ERA, QUELLO DELL’INCONTRO IMMEDIATO E
GEOLOCALIZZATO. ORMAI L’INCONTRO DIGITALE SI VIVE
IN MEZZO ALLA STRADA!” - 5- NEL 2011, JOEL SIMKHAI, IL
FONDATORE DI GRINDR, HA LANCIATO BLENDR PER GLI
ETERO -
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Post/teca
Dagoreport da Les Inrockuptibles - www.lesinrocks.com
Anne Laffeter e France Ortelli
GRINDR
Nell'era della velocità e della perfomance, bisogna saper fare una pausa e misurare il cammino
percorso. Sarà per questo che milioni di persone hanno caricato delle app di incontri attraverso la
geolocalizzazione. Oggi uomini e donne camminano a testa bassa sul loro smartphone per
geolocalizzare il loro futuro compagno di scopata, il fucking-buddy. Il rituale "Ciao, dove stai?", ha
preso tutto un altro significato.
145
Post/teca
GRINDR
Tutto iniziò il 25 marzo 2009 con il lancio di Grindr, una app per rimorchiare dedicata ai gay. Il
Santo Graal del sesso per il sesso. Freud aveva ragione: con uno smartphone in mano l'Homo Sexus
è diventato "una sorta di Dio profetico", onnipotente o quasi. Prima i posseduti dalla tecnologia
erano maestri del porno virtuale e dell'onanismo digitale. Oggi invece, grazie alla
democratizzazione della tecnologia, qualunque signore o signaora può surfare, chattare,
geocalizzare, rimorchiare alla ricerca del sesso facile.
"Trova un gay gratis vicino a te!", promette Grindr. Promessa mantenuta. "C'è sempre un gay nelle
vicinanze", conferma Richard, 28 anni, regolare utente. Grindr rivendica 4 milioni di utenti in 192
paesi di cui un milione mezzo negli Usa, la Francia al terzo posto con 157 mila abbonati. La
versione gratuita limita la geolocalizzazione fino a 200 metri. Un anno dopo il suo lancio la stampa
britannica ha definito questa app la nuova rivoluzione sessuale: "Questo sito è fatto per favorire la
scopata. Si acchiappa di più su Grind che nella vita normale", spiega Damien, 25 anni.
GRINDR
Nessuno si imbarazza di comunicare a Grindr la propria identità e le proprie preferenze. Le foto
sono indispensabili. I messaggini non sono indispensabili ma la misura del cazzo è molto
apprezzata.
BLENDR
Lunedì 10.43, Parigi. Il primo tizio è un giovane nero, torso nudo, appena a 26 metri da noi.
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Post/teca
Nessuno pseudonimo, né soprannomi. "Vieni e si vedrà", indica il suo slogan. Il prossimo è a 37
metri. "Grindr è nello stesso tempo uno strumento di fascinazione, una grande piattaforma del sesso
dove la consumazione è immediata ma può diventare un'avventura romantica", risponde Richard.
Che può arrivare a farsi con questo sistema tre uomini a settimana ma c'è qualcuno che ne fa tre al
giorno.
La reputazione di Grind non ha tardato a penetrare nel mondo etero. Racconta Richard: "Io ho molte
amiche che si sono iscritte. Questo le fa divertire, vanno a caccia e giocano con i ragazzi". La
consumazione sessuale è senza complessi a ulteriore dimostrazione che i modi di vivere la
sessualità tra etero e omo si sono ormai compenetrati. In tre anni le ap di rimorchio per smartphone
sono moltiplicate: OkCupid Locals, Badoo, RDVmobile, MecACroquer, Yuback, Meetphone, etc.
Quest'ultime promettono "di aprire le porte di una nuova era, quello dell'incontro immediato e
geolocalizzato. Ormai l'incontro digitale si vive in mezzo alla strada!". Nel settembre 2011, Joel
Simkhai, il fondatore di Grindr, ha lanciato Blendr per gli etero. Invece di dichiarare il contenuto
sessuale, viene vendutndr come un mezzo per farsi nuovi amici. "Grindr è stato fondato sull'assunto
di essere gay. Blendr può essere l'incontro di una sera o semplicemente per conoscere nuove
persone".
GRINDR
La sfumatura ha le sue ragioni. Per Toron, di Yuback, "è una sfida portare le donne su questi app.
L'approccio femminile può essere memo liberato degli uomini". Quindi l'amore per le donne, il
sesso per gli uomini, un clichè che non muore mai. "Io ho conosciuto e scaricato Blendr dalla mia
rete di amici. La loro facilità di incontrare e di consumare mi rendeva curiosa e invidiosa", confessa
Aude Lea, trentenne.
GEORGE MICHAEL - GRINDR
Bastano 5 minuti per constatare che l'applicazione non è affatto uno strumento per costruire un
progetto di vita. "Ciao, dove sei? .... E' eccitante sapere che siamo vicini.... Mandami una foto e
c'incontriamo stasera... Io sono simpatico, 77 chili, grosso cazzo".
Il grosso sesso è un ritornello gettonatissimo in queste conversazione.
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Post/teca
BLENDR
Avviso ai collezionisti. "Adoro il 21esimo secolo", si entusiasma Speedy "per l'aspetto surrealista
del rimorchio, dritti allo scopo, non siamo obbligati ad essere originali, vediamo una foto e basta".
A parte le chat che possono durare notti intere, il resto è diretto, carnale, crudo.
In un cafè dei quartiere-bene, un tipo 38enne: "Non mostro mai il mio volto prima dell'incontro, ma
solo il mio grosso attrezzo". Pierre è un bancario: "Lo faccio con tutte le ragazze. Inizio con una
foto in slip, poi mi scopro poco a poco. Alcuno son o impaurite, altre attirate".
A quest'ultime, da sempre appuntamento nello steso caffè, Le Canard come segno di
riconoscimento. E poi decidono se "voglio utilizzare il mio grosso attrezzo" o passare oltre.
Assicura che funziona: "Ho ricevuto di ragazze in ufficio, spesso a seno nudo , e poi mi chiedono
una foto".
2- GRINDR, NON SOLO SESSO
Marshall Sella Sella - http://gadget.wired.it/news/applicazioni/2012/05/17/grindr-non-solosesso-34778.html
Ho rimorchiato maschi con l' iPhone. È semplicissimo. Mentre passeggio o ammazzo il tempo in un
caffè, tiro fuori il telefono e tocco il logo giallo e nero a forma di maschera di Grindr ( iPhone, iPad:
gratis; versione Xtra: 0,79€; Android: gratis; BlackBerry: gratis), un'app che permette agli uomini di
usare il gps per incontrare altri uomini che si trovano nelle più o meno immediate vicinanze. Lo
schermo si trasforma in una scacchiera di fotografie, un esercito di ragazzi che si trovano nel raggio
di un paio di chilometri, molti di loro vicinissimi: distanza 12 metri, distanza 30 metri, distanza 140
metri.
GRINDR
Le fotografie mostrano vari tipi; tizi che si sforzano di apparire super-fighi e annoiati; torsi nudi,
depilati o irsuti; tipi che si ritraggono davanti allo specchio del bagno, ragazzi che si definiscono
"duro" e/o "ben dotato" e che sciorinano allegre proposte tipo "Sveltina di ottima qualità, non fare la
femminuccia". Basta toccare la foto che ti piace e, se il tipo è online, parte la chat. Si tratta sempre
di dialoghi ridotti all'osso (tutti fatti di "Come va?" e "Ci sei?") che ricordano il teatro dell'assurdo
alla Harold Pinter. In molti casi, la rapida chat finisce concordando un luogo per l'incontro, comodo
per entrambi, visto che, per la natura stessa del gioco, siamo vicini.
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Post/teca
BLENDR
Grindr mi permette anche di guardare un puntino blu (che rappresenta il sottoscritto) su una mappa,
mentre passeggia qua e là. Quando un tipo interessante è così gentile da mandarmi la sua posizione
esatta, anche io lo visualizzo sulla mappa, sotto forma di una puntina da disegno rossa.
Tendenzialmente so che posso aspettarmi una cosa sola quando il mio puntino e la sua puntina si
incontrano: che il tizio non assomigli granché alla minuscola foto del profilo. Ne deriva quindi uno
show muto, in cui ci scambiamo gesti silenziosi da un lato all'altro del bar, prima in maniera
interrogativa e poi, con quello strano finto riconoscersi, come se, oh, quanto tempo, quanti ricordi, e
cose del genere. E poi arrivo al punto: cado dalle nuvole e gli chiedo cosa diavolo è realmente
questa applicazione. E confesso: "Sono etero".
Il team di Grindr, nei giorni di settembre in cui inizia questa storia, stava lanciando una nuova
applicazione, Blendr, non soltanto per gay, ma per tutti. È un'idea folle, non so se può funzionare. È
davvero questo il modo in cui gli uomini e le donne etero desiderano incontrarsi? Ed è proprio
questo che volevo scoprire. Per essere un utente di Grindr (che vuol dire tritacarne), al contrario che
con Match.com, eHarmony, OkCupid o con qualsiasi altro sito di dating online, non c'è bisogno di
registrare nome o password, non c'è neppure bisogno di uno pseudonimo. Su Grindr, è permesso
scrivere un profilo di 120 caratteri e caricare una foto, ed è più o meno tutto quello che si ha per
attirare quel primo sguardo digitale. Per fare in modo che nessun utente di Grindr si potesse sentire
imbrogliato, ho scelto un nick inequivocabile, che facesse subito capire che fossi un giornalista.
GAGA- GRINDR
BLENDR
La chat è la droga di chi entra in Grindr. Più che un passatempo, l'app è una dipendenza portatile.
Gli utenti ci passano una media di 90 minuti al giorno, e non necessariamente in un'unica sessione.
Sono online almeno otto o nove volte. Nella mia esperienza, la cifra non è realistica. Dovrebbe
essere dieci volte tanto. Non volevo arrivare fino alla nevrosi di chattare anche camminando, così
ho deciso di andare meno in giro. E controllavo i miei ragazzi diverse volte all'ora. Dovevo sempre
avere l' iPhone sotto mano. È pratica comune tra gli utenti Grindr stare alla larga da certe fregature:
chiunque non metta neppure una foto, che sia anche falsa o ridicolamente vecchia, va evitato a tutti
i costi; stesso trattamento meritano quelli che usano tutti i 120 caratteri del profilo per autocelebrare il proprio aspetto da figo.
La faccenda comunque mi disorienta: il nostro cervello non è fatto per elaborare centinaia di storie
in pochi mesi. È sconcertante svegliarsi in una stanza d'albergo a Los Angeles, alle 3 del mattino, e
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Post/teca
leggere che un uomo che si chiama "Orso per Te" è a meno di quattro metri, quando neppure le
pareti della camera sono tanto vicine.
Quando ho conosciuto Joel Simkhai, il 35enne fondatore di Grindr e Blendr, si è offerto di venire a
prendermi al mio albergo di L.A. per portarmi a pranzo da qualche parte. Joel entra nella hall e si
volta rapidamente, per due volte. C'è un ristorante perfetto qui, perché spostarsi? Così ci sediamo a
un tavolo. "Mi piacciono le cose vicine", mi dice. Simkhai non è uno di quei nerd che vivono da
reclusi. Lui non è così. È elegante e socievole. Nel mondo dell' iDating, è una specie di rockstar. La
sua vita però non è sempre stata così scintillante.
LA VACANZA GAYA CON BARRY DILLER SUL FACEBOOK DI BRYAN
FOXSANDY
Una volta era un ragazzino solitario di Mamaroneck, New York, che ancora usciva con le ragazze,
non in modo molto convinto, pur avendo cominciato a usare le prime chat gay. Nel giugno 2008,
quando Apple ha lanciato l'iPhone 3G, ogni patito di tecnologia di questo Paese ha visto i suoi sogni
realizzarsi. L'app store significava tutta una nuova industria, anzi migliaia di nuove industrie.
Simkhai, che all'epoca vendeva abbonamenti a riviste online, pensava da un po' a come utilizzare il
gps per aiutare le persone a incontrarsi. "Forse ero solo egoista", dice. "Forse ero io a voler
incontrare qualcuno in questo modo".
GAY PRIDE
Grindr è stata lanciata nel marzo del 2009, con un investimento iniziale di 5000 dollari.
Attualmente, ogni secondo, c'è una media di 45mila uomini che lo utilizzano in ogni paese del
mondo, tranne le Isole Nauru e Tuvalu ( "In Corea del Nord c'è almeno un utente", sostiene
Simkhai). Gli utenti totali superano abbondantemente i due milioni. Il mio iPhone mi permette di
entrare in contatto con un gran numero di uomini, un ventaglio veramente ampio, che va
dall'utilizzatore saltuario fino a quello compulsivo. Proprio quello che sto diventando io.
Un bel giorno, chattando, ho incontrato Patrick, sassofonista. La foto sul suo profilo lo mostrava in
smoking, per le strade di New York. Patrick, come raramente succede, ha questa bizzarra
caratteristica di essere più bello di persona che in fotografia. Adora flirtare online. È il suo hobby.
"Quando l'iPhone è uscito, è stato un'enorme rivoluzione per i siti gay", mi dice, "e sta in una
mano". A un certo punto, Patrick cominciò a passare fin troppo tempo su Grindr, più di quanto fosse
sensato fare. La situazione stava diventando talmente seria e preoccupante da farlo decidere di
abbandonare Grindr per un anno intero. Ma è tornato. Lo fanno tutti.
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Post/teca
IPHONE SEX JPEG
IPHONE
SESSO
In una bella giornata di sole, al Gay Pride di Manhattan, ho incontrato Tim e Steve. Sono la coppia
di sposi più famosa di Grindr. Si sono messi insieme una sera, sull'app, quando Steve,
dall'Inghilterra, era andato in vacanza a Sydney. Molti utenti li considerano la coppia ideale e su una
chat ho anche sentito dire che Steve e Tim, in un certo senso, "si sono sposati su Grindr".
Il team Grindr ha la mania della riservatezza. Joel Simkhai era così ossessionato dalla segretezza di
Blendr che non avrebbe mai rivelato il nome a nessun esterno prima del grande lancio. Tutti lo
chiamavano utilizzando il segretissimo nome in codice: progetto Amicus. Dimenticate gli
aggiornamenti di status dedicati alle foto del bebè e agli auguri di compleanno. Su Blendr potete
dire a chiunque sia sull'app e nelle vicinanze cosa vorreste fare e che siete pronti a farlo adesso. Il
"poke" assumerà un significato completamente diverso.
LA VACANZA GAYA CON BARRY DILLER SUL FACEBOOK DI BRYAN
FOXWATERSPORTS
L'azienda è nella bella casa di Simkhai, sulle colline di Hollywood. È un luogo piccolo per le decine
di persone che ci lavorano. Circa 140 metri quadrati. Una vecchia buganvillea si arrampica sul
legno scuro della casa. Lontano, immersa nella foschia, si può scorgere la prima metà della famosa
scritta "Hollywood". Dentro, quasi tutti sono online, con le cuffie alle orecchie. Tutto quello che si
sente è il suono delle dita sulla tastiera e il continuo trillo delle suonerie. Nel momento in cui
parlano tra loro, o per segretezza o per abitudine, utilizzano combinazioni criptiche di abbreviazioni
e numeri. Simkhai preferisce lavorare su un gigantesco Mac in giardino, dove può anche tenere
d'occhio Coco, il suo yorkshire terrier. "Il cagnolino maschio con un nome da femminuccia", dice in
modo divertito e ironico. Di tanto in tanto prende Coco in braccio e lo accarezza mentre formula le
sue teorie. Sembra l'esatto opposto di un cattivo di James Bond.
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DILDO DA IPHONE
All'interno dell'ufficio, continuo a riferirmi alla nuova app come al "Grindr per eterosessuali", ma
vengo costantemente corretto: " Amicus", mi viene ricordato, "è per tutti!". Le ambizioni di Simkhai
non sono meno grandiose di quelle di Apple. Per lui Blendr non è una sordida app da rimorchio e
neppure un servizio di dating, ma qualcosa di immenso: il nuovo luogo di incontro del XXI secolo.
" Amicus cambierà il modo in cui le persone incontrano altre persone", ripete. "Cambierà il
mondo".
Una tranquilla confusione e la speranza per questa gloriosa innovazione riempiono l'ufficio, ma
nonostante questo c'è sempre nell'aria una domanda. Blendr sarebbe stato veramente interessante
per tutti? O, meglio, Blendr sarebbe stato veramente interessante per le donne eterosessuali? In
realtà, questa domanda sembra aleggiare solo finché io sono nell'ufficio. Il team Blendr considera la
questione risolta. "Abbiamo parlato con tantissima gente, con tante persone diverse", spiega
Simkhai. "Inoltre", dice toccandosi il petto, proprio sul cuore, "ho un ottimo istinto". Scott
Lewallen, ex direttore creativo di una linea di crociere per gay e co-fondatore dell'app, spiega di
aver considerato attentamente le opinioni degli amici e delle sorelle, che hanno definito l'idea come
"una figata".
SESSO INTERNET JPEG
Sottolineo che Grindr è dedicato a un mercato di nicchia compatto, ma Lewallen cita un'umanità
molto più ampia. "Le persone sono animali sociali", mi spiega. "Vogliono interagire e incontrare
nuove persone". Se lo confrontiamo con altri siti o applicazioni di incontri, Grindr, dal punto di
vista del linguaggio, sembra uscito dagli anni '50. La parola più scabrosa nell'elenco delle opzioni
"looking for" (cosa cerco) è "dates" (appuntamenti), mentre le altre sono "chat", "friends",
"networking" e "relationship" (relazioni stabili). Ho chiesto a Lewallen di fare un esempio del
linguaggio utilizzato su Blendr che non avrebbe potuto essere usato su Grindr; in generale, ho
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Post/teca
chiesto quali sono le differenze che anche loro osservano nel gergo degli uomini gay e in quello
usato da tutti. Lewallen si sofferma a pensare. "Be'", dice allegramente, "invece di dire "uomini",
diciamo "persone"! Ma non vogliamo farci intrappolare nella disputa ragazzi-contro-ragazze".
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In realtà ero piuttosto confuso su quello che avrebbe potuto succedere dopo. Sicuramente volevo
che il mio telefono mi permettesse di incontrare nuove ragazze carine e vicine a dove abito, che
avessero voglia di baciarmi e lasciarsi baciare. Non c'era però modo di sapere se, una volta nella
mischia, Blendr sarebbe diventato banale e addomesticato quanto Facebook, che è talmente mite e
mansueto da poter includere la tua vecchia zia e la maggior parte delle tue ex tra i tuoi amici.
Oppure se sarebbe diventato come Craigslist, una specie di violento Far West degli annunci erotici.
Anche gli utenti Grindr erano divisi sulla questione. La metà pensava che Blendr potesse diventare
"la più grande piattaforma di dating della storia". L'altra metà affermava, in modo schietto, che "le
donne non scopano in questo modo".
SESSO E INTERNET JPEG
IPHONE SESSO
Nella vita, però, ci sono cose (momenti, persone) che fanno rinascere la tua fiducia per le cose per
cui l'avevi persa. Nel mio caso è stato un fotografo. Chiamiamolo Peter. Peter mi ha ricordato
perché Grindr mi era piaciuto all'inizio (come un drogato ama le metanfetamine). Peter aveva un
atteggiamento pacato, distante e trasognato, e una testa rasata dalla forma perfetta. Ci siamo
incontrati e, dopo pochi minuti, ha fatto una cosa che non avevo mai visto fare: si è sporto appena in
avanti e ha ammesso serenamente: "Il mio profilo dice 41. In realtà ho 44 anni!".
Da tutto quello che poi ho visto e sentito, la sua onestà non ha mai vacillato. "Grindr per molti versi
mi ricorda Facebook. Era un modo per non sentirsi così... così isolati. Lo uso ancora per parlare con
qualcuno del mio palazzo. Magari è al bar del quartiere, vedo dov'è e posso invitarlo a casa". Peter
mi racconta di un perfetto incontro da gps su Grindr. La maggior parte delle volte è più semplice
inserire la richiesta "Al caffè all'angolo tra 20 minuti?", ma questa volta dopo aver chattato con un
tipo a Central Park, Peter ha acceso la mappa. Mentre camminava il puntino blu (Peter
stesso)ondeggiava sullo schermo, quasi come un ballerino di danza classica, come fanno tutti i
puntini, finché non ha toccato la puntina rossa (un ragazzo).
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SESSO E
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La storia mi è piaciuta. Perché, come tutti sanno, la parte più bella di Grindr non è il sesso anonimo,
oppure il sogno di Simkhai, quello di una bella amicizia. È tutto in quel localizzatore. Forse un
giorno tutti potranno guardare tutti i puntini dei propri amici girare per la mappa della città oppure
del quartiere, senza margine di errore. Nessuno ha ancora capito se potrebbe essere divertente o una
cosa da brividi, ma tutti vogliono scoprirlo. Così, nella comunità composta di puntini familiari che
passeggiano in lungo e in largo, tutti potranno sentirsi finalmente meno... isolati.
fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/1-grrrrr-che-grindr-impazza-per-internetuna-app-da-sessorimorchio-gay-che-la-42792.htm
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Quei cappellani militari
che guadagnano come i generali
LUCA KOCCI
17.08.2012
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Indossano la veste talare con i gradi appuntati sul colletto, accompagnano i militari
nelle caserme, sulle navi da guerra e nelle «missioni di pace» È l'esercito dei pretisoldato contestati già da don Milani
Una veste talare con due stellette dorate appuntate sul colletto: è la divisa dell'ordinario
militare, l'arcivescovo che guida con i gradi, e lo stipendio, di generale di corpo d'armata il
piccolo esercito dei cappellani militari, i preti-soldato impegnati nel servizio pastorale fra i
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militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nei contingenti impegnati nelle cosiddette
"missioni di pace". Una vera e propria Chiesa militare, con i gradi accanto al crocefisso, che
dispensa assistenza spirituale e sacramenti a coloro che hanno scelto le armi e la mimetica e
predica un Vangelo in grigio-verde, come il colore della copertina di quello che mons. Angelo
Bagnasco, prima di staccarsi le stellette di vescovo castrense per assumere i gradi di
presidente della Conferenza episcopale italiana, regalò a tutti i soldati in missione all'estero:
«Un tocco che lo contraddistingue, un simbolo di appartenenza, come si fa negli scout», spiegò
allora. E «appartenenza» è la parola che ripetono da sempre i vescovi-generali, per stoppare in
partenza tutte le richieste di smilitarizzazione dei cappellani che provengono dal mondo
cattolico di base e pacifista. «La cosiddetta "militarità" può fare problema e sembrare fuori
posto per un prete - spiegava ancora Bagnasco - ma c'è una ragione: il senso di appartenenza
alle forze armate è altissimo, è un mondo con regole precise» e «il sacerdote, per essere
pienamente accolto, ne deve far parte fino in fondo», cioè con i gradi. «La vocazione alla
santità del militare rischia di non essere compresa, particolarmente da coloro che esaltano la
pace a oltranza», dice ancora più chiaramente l'attuale ordinario militare, mons. Vincenzo
Pelvi, che propone anche di proclamare Giovanni XXIII, il papa della Pacem in Terris, patrono
dell'esercito.
I cappellani militari cattolici vennero introdotti nell'esercito italiano alla vigilia della I guerra
mondiale. Fu il generale Cadorna a chiedere la presenza al fronte di preti - fra cui si distinse il
francescano Agostino Gemelli, il quale fu anche consulente dello Stato maggiore - che
sostenessero spiritualmente i soldati nel conflitto e che collaborassero a mantenere salda
l'obbedienza agli ufficiali e la disciplina della truppa. Finita la guerra, i cappellani vennero
congedati con il grado di tenente e fecero ritorno nelle parrocchie e nei conventi. Per poco
però, perché nel 1926 Mussolini fece approvare la legge che istituì l'Ordinariato militare
d'Italia, ulteriormente rafforzato tre ani dopo con la stipula dei Patti Lateranensi fra Chiesa
cattolica e Stato fascista: l'atto di nascita di una vera Chiesa militare al servizio del regime,
tanto che i cappellani vennero inseriti nelle forze armate, nell'Opera nazionale balilla e nella
Milizia volontaria di sicurezza nazionale, accompagnarono e sostennero le truppe fasciste nella
guerra civile spagnola, nella campagna d'Africa - dove i reparti mussolinani usarono i gas
contro le popolazioni - e nella II guerra mondiale. Crollato il fascismo e conclusa la guerra,
l'Ordinariato militare rimase saldo al suo posto. Anzi, nel 1986, papa Wojtyla emanò la
Costituzione apostolica Spirituali militum curae ed elevò al rango di diocesi tutti gli ordinariati e
i vicariati castrensi del mondo. Diocesi anomale, i cui parroci sono i cappellani militari e i cui
fedeli sono i militari e le loro famiglie, gli allievi delle scuole militari e i degenti degli ospedali
militari.
In Italia l'Ordinariato militare è equiparato ad un'arcidiocesi, la sede è in un bel palazzo storico
a due passi dal Colosseo, il seminario per gli aspiranti preti-soldato si trova nella "città
militare" della Cecchignola a Roma, Bonus Miles Christi è il mensile dell'Ordinariato, che è
presente anche su Facebook. L'ordinario militare viene designato dal papa e nominato dal
presidente della Repubblica (in accordo con il presidente del Consiglio e dei ministri della
Difesa e dell'Interno), ha le stellette e il salario di un generale di corpo d'armata: oltre 9 mila
euro al mese (lordi). Tutti gli altri cappellani, attualmente 182, sono inquadrati con i diversi
gradi della gerarchia militare: il vicario generale è generale di brigata (6 mila euro di
stipendio); l'ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l'economo sono tenenti colonnello (5
mila euro); il primo cappellano capo è un maggiore (fra i 3 e i 4 mila euro); il cappellano capo
è capitano (3 mila), il cappellano semplice ha il grado di tenente (2 mila e 500). La spesa da
parte dello Stato è di oltre 10 milioni di euro l'anno. Ma è una cifra che non comprende le
pensioni pagate ai preti soldato: circa 160, per un importo medio annuo lordo di 43 mila euro
ad assegno (ma quelle degli alti ufficiali, in tutto 16, sono molto più elevate: l'ordinario militare
percepisce circa 4mila euro netti al mese) e una spesa complessiva di quasi 7 milioni di euro,
come ha riferito il ministro della Difesa, ammiraglio Di Paola, rispondendo ad una
interrogazione parlamentare dei Radicali.
Ci avevano provato anni fa in Parlamento i Verdi a presentare un disegno di legge per la
«smilitarizzazione» dei cappellani militari, riprendendo una delle storiche battaglie di Pax
Christi: non l'eliminazione dei cappellani militari ma lo sganciamento dalla struttura delle forze
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Post/teca
armate, affidando la cura pastorale dei soldati a preti senza stellette che già operano nelle
parrocchie nei cui territori sorgono le caserme, e facendo risparmiare un bel po' di quattrini allo
Stato. Ma il fuoco di sbarramento delle gerarchie ecclesiastiche fece affossare il progetto. Ed è
andata anche bene: negli anni '60 padre Balducci e don Milani vennero processati (Balducci fu
condannato a 8 mesi, Milani morì prima della sentenza) per aver difeso l'obiezione di coscienza
e criticato i cappellani militari.
fonte: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8287/
--------------------------17 agosto 2012 - ore 06:59
Bene, Male, e noi al centro
Seconda puntata dello scandalo contro il moralismo conformista. La scrive su Repubblica una filosofa che
ragiona intorno alla “vaghezza” di diritto e politica, insomma la “zona grigia”
Tempo fa un sociologo capace e coraggioso, Franco Cassano, fece scandalo affermando in un
pamphlet che nel Male c’è un’umiltà che il Bene non conosce. Una sorta di Pascal al contrario,
visto che il grande cristiano secentesco chiedeva il rispetto delle “ragioni del cuore che la ragione
non conosce”. Cassano è un uomo di sinistra, e da sinistra erano anni che il Bene, elaborato e
codificato dalle élite colte e riflessive, veniva rozzamente scagliato come un attrezzo pesante
sull’armata, populista e “berlusconiana”, del Male. Cassano tra l’altro aveva riletto in modo
interessante la “Leggenda del Grande Inquisitore” di Feodor Dostoevskij e un testo del filosofo
francofortese Theodor Wiesengrund Adorno. Ma fu anche socialmente, politicamente e civilmente
esplicito, collocò la sua riflessione nell’attualità italiana. Per lui la campagna neopuritana, che ha
ricevuto tante attenzioni, anche in mutande, da questo giornale, era limitata, aveva un elemento di
grettezza e di disconoscimento del reale e dello storico come fenomeni complicati e controversi da
conoscere e praticare in una Repubblica e in una società moderne, “di massa” come si dice. Lo
scandalo di una morale non coincidente con i precetti delle chattering classes fu riassorbito dai
media, Foglio escluso, con le solite tecniche di minimizzazione e manipolazione. Altrimenti come
avrebbero fatto a lisciare il pelo dell’opinione fanatizzata dalle ondate anticasta e dai saggi del
professor Gustavo Zagrebelsky e dalle inquisizioni della dottoressa Ilda Boccassini?
C’è una seconda puntata, a dimostrazione che non tutti gli intellettuali si rendono disponibili al
conformismo. La scrive la filosofa Franca D’Agostini in un articolo encomiabilmente ospitato da
Repubblica nel giorno di Ferragosto. La filosofa e linguista dice che Bene e Male esistono, per così
dire, in sé e per sé, cosa assai giusta anche quando la teorizzi e ne faccia oggetto di predicazione
morale e pastorale un Joseph Ratzinger. Però la discussione su queste due grandi stelle della storia
dell’umanità avviene al confine tra le galassie. Il “confine” è la linea geometrica che decide. Con
tecniche di scavo proprie della sua disciplina, il più analitiche possibile, e con riferimento a libri
appena pubblicati e altri testi, la D’Agostini introduce il concetto di “vaghezza” nelle sfere della
morale e del diritto, dunque anche della politica e dell’assetto civile che prende ogni nostra
riflessione e azione dentro la realtà. Questa “vaghezza” del pensiero intorno alle cose di Bene e di
Male è un po’ quella che i lettori del Foglio e di altra pubblicistica conoscono come la “zona
grigia”. Qualche esempio.
Fascisti e antifascisti nella guerra di Liberazione? C’era una zona grigia, un confine sottile, anche
etico, che rende difficile un giudizio sommario, e sconsigliabile, nonostante una più che possibile
156
Post/teca
scelta di campo. Perseguire penalmente una donna che non ce la fa a fare un figlio è un elemento
intrattabile di sottomissione di stato che pesa sulla funzione naturalmente procreatrice del genere
femminile, ma l’aborto è intollerabile, va combattuto, non è un diritto di libertà perché nessun
diritto può risolversi nell’annientamento di un altro, ed ecco una zona grigia in cui lavorare intorno
al Bene e al Male. La corruzione è un Male facile da individuare, in apparenza, in realtà la politica e
l’economia, cioè il gioco delle forze e del possibile nella città umana, si nutrono di uno scambio di
influenze e di fattori tutti inevitabilmente “grigi”, per cui il fanatismo giudiziario anticorruzione, la
Crociata moralistica, è un modo per distruggere quella battaglia di confine tra il buono e il cattivo
che è il sale delle cose, sostituendola con un bianco e nero che non esistono in antropologia e nella
storia. La guerra è Male in sé, però non si conosce pace sicura e giusta senza che una deterrenza, la
minaccia di una guerra, disciplini il disordine delle nazioni, delle etnie, delle faglie di civiltà in lotta
ciascuna per lo spazio che rappresenta.
Sarà chiaro a questo punto che la seconda puntata del buon moralismo, possiamo chiamarlo così,
insomma quello vero e caldo, cinquecentesco per la sua origine, ha a giusto titolo questo nome di
“vaghezza” che la filosofa richiama con parole assennate nel caldo di agosto, in un paese che ha
bisogno di verità e di differenza, non di asserzione e di univocità che abroga i confini.
Post scriptum. Anche Franca D’Agostini si colloca a sinistra, politicamente, e non scrive per
giustificare il Male ma per distinguere e classificare la sua complicata relazione con il Bene.
elefantino (giuliano ferrara)
fonte: http://www.ilfoglio.it/soloqui/14590
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SE L' EUROPA SENZA DIO CI
CONSEGNA AI TECNICI
Postato il Venerdì, 17 agosto @
01:18:24 CDT di davide
157
Post/teca
DI PIETRO BARCELLONA
ilsussidiario.net
Nonostante ogni tanto si levi qualche voce di denuncia degli
effetti devastanti che le attuali politiche economiche (sostenute
dai governi europei e incoraggiate dalla cosiddetta troika e dagli
economisti tedeschi) stanno producendo sul funzionamento
effettivo della nostra democrazia, ho l’impressione che il pensiero
dominante non lasci alcuno spazio alla pensabilità di alternative
possibili.
Per fare qualche esempio basta citare gli editoriali di Galli della
Loggia sul Corriere della Sera e quello di Guido Rossi sul Sole 24
Ore. Dalle politiche economiche adottate al livello della comunità
viene sostanzialmente neutralizzata ogni opzione politica capace
di caratterizzare il ruolo di un partito nazionale rispetto ai vincoli
rigidamente imperativi che riguardano la questione del bilancio
pubblico. Guido Rossi addirittura ipotizza il regresso ad una fase
feudale in cui le gerarchie tecnocratiche impongono a tutti i
cittadini europei le loro inderogabili direttive.
La sovranità popolare è messa fuori campo e le forze politiche
trasformate in attori di una sceneggiata senza alcuna effettività
pratica. È proprio ridicolo che la Germania rinfacci al presidente
del Consiglio Monti di aver mostrato scarsa sensibilità
democratica nei confronti dell’opinione pubblica tedesca alla
quale il governo federale ritiene di dovere prestare il massimo
ossequio contro le visioni tecnocratiche e autoritarie che
sarebbero espresse nelle parole del presidente del Consiglio
italiano.
In realtà il punto su cui occorre misurare la tenuta democratica
dei Paesi dell’Eurozona non è certo la disputa fasulla tra Merkel
che difende la democrazia e Monti che si affida alle tecnostrutture
dell’economia europea e mondiale. Il punto vero è un altro ed è
quello di come in questi ultimi anni il pensiero economico, che
attribuisce ai “mercati” e alla contabilità nazionale il ruolo di unici
interpreti del senso comune delle società europee, sia diventato
dominante nella coscienza di tutti. Si è molto discusso del
pensiero unico che attribuisce all’economia il ruolo centrale nella
società globalizzata e ai mercati il ruolo di criterio ultimo cui
affidare la misura di ogni scelta di governo. Tuttavia la forza di
158
Post/teca
penetrazione del nuovo imperativo epocale di corrispondere alle
esigenze dei “mercati” è in realtà fuori discussione anche nei
critici delle attuali scelte economiche, giacché tutti sono
accomunati dalla premessa secondo la quale se non si riesce a
riacquistare la fiducia dei mercati la vera alternativa è la
catastrofe come in Grecia.
Ora, è su questo pensiero unico che bisogna puntare la lente di
ingrandimento per capire lo spirito del nostro presente che, come
sempre, è la cartina di tornasole di come effettivamente si svolge
la vita quotidiana degli uomini e delle donne.
Nel corso di questo mese
ho avuto modo di leggere uno straordinario libro di un pensatore
tedesco di origine ebraica, Eric Voegelin, che ha svolto una
preziosa riflessione sulla nazificazione della Germania ai tempi di
Hitler e che è riuscito a cogliere l’attualità drammatica di certi
processi degenerativi anche nella realtà tedesca e occidentale del
nostro tempo. Le lezioni di Voegelin sono del 1964 e hanno
un’incredibile attualità se riferite a questo periodo della nostra
storia. Voegelin sostiene che il processo di nazificazione
accompagna l’ascesa di Hitler ma non ne è il prodotto, giacché
riflette un lungo periodo di decadenza morale e intellettuale del
popolo tedesco, caratterizzato da fenomeni che appaiono tuttora
diffusi nella mentalità tedesca ed europea: la nazificazione del
popolo tedesco avviene attraverso il progressivo abbandono di
ogni coscienza morale e la progressiva disumanizzazione degli
individui che compongono il popolo e la comunità.
Viene cioè affermandosi, secondo Voegelin, una progressiva
deresponsabilizzazione e un’indifferenza politico-morale che
spingono il popolo ad accettare passivamente tutto ciò che viene
comunicato da fonti considerate autorevoli sulla base di una
costante manipolazione propagandistica. La spersonalizzazione di
ogni regola di condotta e la sua legittimazione in base ad una
presunta autorità della fonte di comando destituiscono ogni
spazio di libera decisione e ogni capacità critica. La
manipolazione da parte del bombardamento sistematico di false
informazioni, costruite al fine di creare una seconda realtà
rispetto a quella effettiva, rende gli uomini − come dice
159
Post/teca
testualmente Voegelin − dei veri e propri” idioti”.
Scrive De Benedetti nella prefazione: “ogni crimine oggi avviene
per via amministrativa in nome di un management delle cose al
quale non si può dire di no soltanto per una colpevole stupidità.
Il pifferaio magico del nostro tempo conduce i topi nel fiume
perché ha falsato un bilancio, ha imbrogliato una proiezione di
mercato, ha frainteso gli umori del popolo, e però la maggior
parte degli uomini non si trova di fronte una camicia bruna in
stivaloni ma solo un capodipartimento qualificato come tecnico
assolutamente competente. Si somministra il male e il danno ai
più deboli in via democratica, si fa male con l’ordinaria
amministrazione. Non c’è nessuna grandezza ma solo banalità
dell’osservanza”. Voegelin definisce la situazione del senso
comune popolare con il termine di buttermelcher, per indicare la
diffusione dello spirito piccolo-borghese dell’ipocrisia sociale delle
buone maniere come pedigree per un curriculum di inserimento
nella società del consenso di massa e come rinuncia totale alla
critica di quella che egli chiama la “seconda realtà” della finzione
e della menzogna.
L’aspetto che trovo più interessante nella lezione di Voegelin è
quanto questo processo di annichilimento della vita interiore del
cittadino e dell’individuo sia accompagnato da un mutamento
dell’orizzonte dei saperi, orientati sempre più verso una
rappresentazione dell’individuo come mero prodotto della storia
biologica e sociale. Una sorta di cultura del “neonaturalismo
scientista” che abolisce totalmente il problema del significato
della vita in rapporto a tutte le “verità che non siano
empiricamente dimostrabili”: un’ottusa immanenza nella vita
quotidiana che si risolve nella gestione dei propri interessi
particolari senza alcun senso di responsabilità e senza alcuna
capacità di mettere in discussione ciò che appare coperto dalla
autorità del potere.
Voegelin è molto duro nel definire una società in preda ad una
inconsapevole nazificazione come caratterizzata da masse di
“idioti” − nel senso di uomini privi di ogni coscienza critica e
morale − e di gruppi di “farabutti” attrezzati ad utilizzare la
stupidità degli altri. Questo spirito opaco di acquiescenza penetra
tutte le articolazioni della società: nelle facoltà di medicina si
diffondono culture positivistiche ed eugenetiche che tendono a
porsi il problema del miglior funzionamento dell’uomo come
macchina produttiva; nelle facoltà di diritto si apprende l’arte del
formalismo tecnico che nega ogni rilevanza al significato
sostanziale degli interessi e dei valori in gioco; negli stili di vita di
massa prevale il conformismo e il carrierismo, l’opportunismo e il
trasformismo. Ogni essere umano non risponde più ad
un’autorità trascendente ma soltanto ad un capoufficio o a un
direttore di dipartimento.
Tutti gli opinionisti esaltano la moderazione e la pacificazione
degli animi in vista di un benessere diventato oramai puro
accesso ai consumi che simbolizzano gli status gerarchici della
società. Secondo Voegelin questo enorme degrado, che si
caratterizza per una totale disumanizzazione e per una incapacità
di fare esperienza delle realtà profonde, dipende dalla negazione
di ogni trascendenza capace di ricondurre l’essere umano alla
domanda fondamentale della sua finitezza e del suo destino
160
Post/teca
mortale. Certo, da quando è morto Dio non è più facile stabilire
perché un uomo non possa torturare e uccidere un altro uomo. In
realtà, in una visione come quella descritta da Voegelin ciò che è
completamente negato è il valore della vita di ogni persona e,
nonostante le continue affermazioni sulla dignità di un essere
umano, non si riesce proprio a capire su quali basi possa essere
fondata tale dignità fino a garantirla da ogni sopruso e da ogni
manipolazione.
Per questa ragione sono convinto e ho scritto più volte che il
problema della trascendenza non può essere ignorato da chi si
pone il problema della convivenza democratica. Non possono
essere assunte soltanto le regole e le procedure come garanzie di
un rapporto umano tra gli appartenenti ad un gruppo o a una
comunità. È necessario un principio fondamentale e condiviso che
riguardi il valore della vita, il suo significato oltre le esperienze
particolari. L’ondata fisicalista e l’offensiva delle neuroscienze,
che tendono ad eliminare ogni significato profondo della vita
umana, sono certamente produttive di disorientamento morale e
di perdita di responsabilità verso la vita. Se l’uomo è un puro
assemblaggio di molecole, prodotto da uno strano intreccio di
caso e necessità, non si riesce proprio a capire in che modo io
sono responsabile della mia vita e di quella degli altri. I segni di
una disumanizzazione della vita collettiva vanno ben oltre il
significato parossistico dell’egemonia del pensiero economico che
riduce la contabilità umana a insiemi di numeri e di valori
monetari.
Vorrei cominciare da una banalità: i figli della nostra epoca sono
in grado di credere ai genitori, a queste coppie di uomini e donne
che li mettono al mondo assumendosi la responsabilità di
accoglierli per educarli a comprendere il significato della vita?
Senza la responsabilità di persone concrete che si assumono il
compito di trasformare un piccolo d’uomo in un essere socievole,
non ci può essere alcuna “ santificazione” della vita. La
santificazione della vita dovrebbe essere il perno su cui si
costruisce l’insieme delle relazioni umane che danno vita a gruppi
e popoli. Essa però non è fatta di norme giuridiche nè di
imperativi religiosi ma dalla consapevolezza che il venire al
mondo inaugura uno spazio nuovo per tutta l’umanità. Santificare
la vita significa dare a un essere umano le condizioni per entrare
in rapporto con gli altri fiduciosamente, per potere amare ed
essere amato senza secondi fini. La santificazione della vita
significa il rispetto del suo mistero, il porre un limite
ragionevolmente argomentato contro tutto ciò che tende a
trasformare la natura umana in un puro accidente programmabile
secondo calcoli che non hanno nulla a che vedere col senso
profondo del venire al mondo.
Una vita democratica che si pone come “seconda realtà
immaginaria”, fatta di conteggi e di strategie astute, non pone
neppure come problema la questione della difesa della vita
umana.
Pietro Barcellona
Fonte: www.ilsussidiario.net
Link:
http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2012/8/16/LETTURESe-l-Europa-senza-Dio-si-consegna-ai-tecnici/311809/
161
Post/teca
16.08.2012
via: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10691
--------------------------20120819
selene ha rebloggato elisabettapace
Un sorriso si sciupa a tenerlo chiuso tra le labbra.
Fonte: squarciodianima
--------------uaar-it
“C’è crisi per tanti, ma non per tutti. Liberi i cattolici, da Costituzione, di pagare di più per
chiudere i propri figli in ghetti confessionali dove peraltro, dati Ocse alla mano, la qualità
dell’insegnamento è inferiore. Ma liberi anche noi, da Costituzione, di ricordare al premier
che ciò deve avvenire “senza oneri per lo Stato”.”
— Lo spot di Monti per le scuole cattoliche (Uaar Ultimissime)
---------------------cartavetrata
Hai una ragazza? No. Sono Freelancer.
------------------dovetosanoleaquile
“Dio non aveva fatto che l’acqua, ma l’uomo ha fatto il vino!”
— Victor Hugo
-------------------teachingliteracy ha rebloggato amandaonwriting
Meet the Dictionary's New Words
amandaonwriting:
From Merriam-Webster’s Peter Sokolowski, here’s the full list of words
(we added a few notations about why certain words were added, via the m-w.com press release):
aha momentn (1939) : a moment of sudden realization, inspiration, insight, recognition, or
comprehension [Oprah Winfrey’s signature phrase]
brain crampn (1982) : an instance of temporary mental confusion resulting in an error or lapse of
judgment
bucket listn (2006) : a list of things that one has not done before but wants to do before dying
[popularized by the movie title]
cloud computingn (2006) : the practice of storing regularly used computer data on multiple servers
that can be accessed through the Internet [technology]
coperniciumn (2009) : a short-lived artificially produced radioactive element that has 112 protons
162
Post/teca
craft beern (1986) : a specialty beer produced in limited quantities : microbrew
earwormn (1802) 1: corn earworm 2: a song or melody that keeps repeating in one’s mind [“this
summer’s example being the inescapable Call Me Maybe by Carly Rae Jepsen.”]
energy drinkn (1904) : a usually carbonated beverage that typically contains caffeine and other
ingredients (as taurine and ginseng) intended to increase the drinker’s energy
e-readern (1999) : a handheld electronic device designed to be used for reading e-books and
similar material
f-bombn (1988) : the word fuck — used metaphorically as a euphemism
flexitariann (1998) : one whose normally meatless diet occasionally includes meat or fish
game changern (1993) : a newly introduced element or factor that changes an existing situation or
activity in a significant way
gassedadj (1919) … 2slang: drained of energy : spent, exhausted
gastropubn (1996) : a pub, bar, or tavern that also offers meals of high quality
geocachingn (2000) : a game in which players are given the geographical coordinates of a cache of
items which they search for with a GPS device
life coachn (1986) : an advisor who helps people make decisions, set and reach goals, or deal with
problems
man caven (1992) : a room or space (as in a basement) designed according to the taste of the man
of the house to be used as his personal area for hobbies and leisure activities
mash-upn (1859) : something created by combining elements from two or more sources: as a: a
piece of music created by digitally overlaying an instrumental track with a vocal track from a
different recording b: a movie or video having characters or situations from other sources c: a Web
service or application that integrates data and functionalities from various online sources [“Whether
it’s a politician contradicting him or herself with excerpts from different speeches shown in quick
succession or Danger Mouse’s Grey Album, mixing Jay-Z with the Beatles, we’ve come to expect
combined and rearranged elements that bring new perspectives and new creativity to our culture
with mash-ups,” says editor Sokolowski. “It’s a recent phenomenon, made possible with digital
editing, and it has a fun and descriptive name.”]
obesogenicadj (1986) : promoting excessive weight gain : producing obesity
sextingn (2007) : the sending of sexually explicit messages or images by cell phone
shovel-readyadj (1998) of a construction project or site: ready for the start of work
systemic riskn (1982) : the risk that the failure of one financial institution (as a bank) could cause
other interconnected institutions to fail and harm the economy as a whole [the global financial
crisis]
tipping pointn (1959) : the critical point in a situation, process, or system beyond which a
significant and often unstoppable effect or change takes place
1toxicadj (1664) … 4: relating to or being an asset that has lost so much value that it cannot be
sold on the market
underwater adj (1672) … 3 : having, relating to, or being a mortgage loan for which more is owed
than the property securing the loan is worth
-------------------------tempibui
Storia breve
Si reincontrano per caso all’aeroporto, dopo vent’anni, in mezzo a un milione di facce frettolose e
uguali.
Il giorno dopo si rivedono per un caffè.
163
Post/teca
- Sai, Julia, io non ti ho mai dimenticata.
- Cristina, non Julia, scemo. Il tuo solito umorismo stronzo, eh, Paul?
- Paul?! Ma io non mi chiamo Paul!
Stanno ancora insieme adesso.
Di Paul e Julia, invece, nessuno sa niente.
----------------------tagestamas
323.
Va alla grandissima, tra i giovani e non solo, la moda delle amputazioni. Questa fa bella mostra di
sé in palestra, in spiaggia, nei locali, ovunue insomma i ragazzi più chic possano avere occasione di
sfoggare le proprie mostruosità.
Alle rimostranze dei matusa, e a quelle dei Padri Costituenti, i giovani rispondono affermando che
tagliarsi una mano o un piede è il loro modo di esprimersi, contro ogni falso moralismo; e quelli tra
loro che sventolano, a mò di trofeo, i fogli che attestano la propria pensione di invalidità sono quelli
più desiderati dalle ragazze. Queste ultime, dopo decenni di conformismo, hanno dunque finalmente
smesso di apprezzare i chitarristi.
---------------------l231 ha rebloggato selene
“Nel sistema solare c’è una enorme massa gravitazionale alla cui attrazione è impossibile
sfuggire. Il suo nome è divano.”
— S.B. (via ilfascinodelvago)
Fonte: ilfascinodelvago
--------------------adciardelli
Se il mondo fosse un essere umano, il meeting di CL sarebbe le sue emorroidi
-----------------fogliadithe
Ancora no
Osservavo un vecchietto dai lunghi capelli bianchi, stesso discorso per la barba, praticamente un
viso incorniciato da nuvole di panna, e due occhi blu, ma di un blu spento (spento, non buio, c’è
differenza), un blu stanco, un blu spremuto di ogni gioia e che adesso riposa nel suo angolo
profumato di ricordi. Un blu assente, ecco. L’uomo blu esce dall’acqua -siamo in piscina- guarda il
cielo e sospira. È un bell’uomo, ha le rughe di una vita di risate. Ha anche una cicatrice di venti
centimetri al centro del petto. Chissà che cuore ci batte sotto. Che noi mica ci pensiamo che ci sono
persone che ce l’hanno avuto letteralmente, il cuore spezzato, e hanno lottato per aggiustarselo, per
sostituirlo, per immergersi nelle profondità dell’acqua e sentire quel cuore che batte, e che lo sai che
164
Post/teca
prima o poi smetterà, ma ancora no. Ancora no.
-------------------biancaneveccp ha rebloggato lisbethsalander
“Odio la parola omofobia. Non è una fobia. Tu non sei spaventato. Sei stronzo.”
— Morgan Freeman (via egocentricacomeigatti)
Fonte: storiadiunapiccolaiena
----------------
165
Post/teca
20120820
regardintemporel
“
Memory is not an instrument for exploring the past but its theatre.
It is the medium of past experience, as the ground is the medium in which dead cities lie
interred.
”
—
Walter Benjamin - Excavation and Memory, 1932
-----------------------------rispostesenzadomanda ha rebloggato piggyna
“
Davvero
Ci son stati due o tre momenti, oggi pomeriggio, che ero sul punto di mettermi a lavorare.
”
— Paolo Nori » Davvero (via piggyna)
Fonte: paolonori.it
----------------------------biancaneveccp ha rebloggato lalumacahatrecorna
Contro la negatività dei social cosi
#: Le cose si rompono in continuazione. Bicchieri, piatti, unghie. Le promesse. I cuori. I
coglioni.
● *: I nokia. I nokia non si rompono mai.
●
Fonte: dapa
---------------------artspotting ha rebloggato cacaotree
166
Post/teca
cacaotree:
Richard Tuttle
Dallas (9 pencil lines), 1970 Watercolor and graphite on paper
---------------------proust2000
Alta-risoluzione →
L’Islanda è un paese inclemente e non tollera gli idioti. I terreni accidentati e la variabilità del
tempo hanno condotto molti alla tomba.
Questa è una di quelle cose da tenere sempre a mente mentre si visita l’Islanda. Facile rendersene
conto dopo i primi chilometri in macchina lasciata la capitale: niente guard rail, niente muretti,
niente segnalazioni di pericolo sulle strade, solo il tuo buonsenso e qualche limite di velocità.
Questo sull’asfalto, lo sterrato è tutta un’altra faccenda, peggio chiaramente.
La storia si ripete alle principali attrazioni paesaggistiche, siano esse cascate, ghiacciai, vulcani o
gayser. Nessun limite invalicabile, nessun parapetto, nessun cartello di pericolo, sempre e solo il tuo
buonsenso e delle cose stupende che mentre le guardi ti dicono: “se vieni più vicino è ancora più
167
Post/teca
bello, sì sì, proprio sul ciglio del burrone dove è scivoloso.”
Prima di una passeggiata su una scogliera per vedere colonie di uccelli di varia natura un biondo
locale in inglese perfetto spiega: We are not in America, we are in Iceland, there are no limits where
you can go, just follow your common sense.
cristallino.
Il cartello della foto era sulla riva di Jökulsárlón, laguna glaciale costellata di iceberg con
temperatura media dell’acqua a 2,4° C. Noi tutti l’abbiamo inteso come: “se cadi muori e non ti
azzardare a chiedere aiuto, sarebbe inutile e disturberesti.” che sospetto non sia poi lontano dal
significato originale.
--------------------------LE RICETTE DI DON GIULIO
Prendere un pene fresco, possibilmente ancora vivo.
Agitarlo energicamente fino a fargli assumere la caratteristica forma di una
banana (attenzione: non togliere la buccia).
Prendere una vagina.
168
Post/teca
Farla rosolare per qualche minuto nel proprio liquido, quindi introdurre il pene.
Questa operazione apparentemente semplice va eseguita con la massima
attenzione. Il pene, soprattutto se appena pescato, tende a sgusciare da tutte
le parti e potrebbe inavvertitamente finire nei posti più curiosi.
169
Post/teca
170
Post/teca
Per quanto certe invenzioni possano sembrare divertenti, non portano mai a
niente di buono e alla fine ci si impiastriccia tutti e basta. Se si vuole cucinare
qualcosa di buono e sostanzioso, l’unica cosa da fare è seguire
dettagliatamente il grande libro delle ricette.
171
Post/teca
Dunque introdurre il pene, estrarlo parzialmente, reintrodurlo, estrarlo sempre
parzialmente, introdurlo, estrarlo, introdurlo, estrarlo e così via. Introduzione e
estrazione vanno eseguite più volte, sempre più velocemente, finché il pene
non spruzza. Il tutto può richiedere svariati minuti o pochi secondi a seconda
del sistema di riferimento. Infatti, secondo la teoria della relatività di Einstein,
172
Post/teca
il tempo scorre molto più lentamente nel sistema di riferimento della vagina
che in quello del pene. Ecco perché un pene osservato dalla vagina fa il rumore
di un minuscolo spazzolino elettrico.
Una volta lasciato appassire il pene, lo si tolga delicatamente dalla vagina
facendo ben attenzione a non far fuoriuscire il liquido, quindi si faccia cuocere il
tutto nell’utero per circa nove mesi. Quando il fagottino raggiunge le giuste
dimensioni lo si estragga con cautela (attenzione che urla), lo si lasci
sgocciolare qualche minuto sul lavandino e infine lo si serva ancora caldo con
crema di carciofi e composta di scalogno.
È un piatto sano e appetitoso che non delude mai, ma anche se deludesse è
pur sempre un modo per ammazzare il tempo.
Pubblicato da Smeriglia | 20.8.12
fonte: http://incomaemeglio.blogspot.com/2012/08/le-ricette-di-don-giulio.html
-----------------------selene ha rebloggato yearsofsilentsorrow
“Quando mi stringi, mi resta addosso un po’ di te.”
— (via memoriesofyouandme)
Fonte: v-halis
---------------------
173
Post/teca
thisisanarttproject:
David Bowie
Life On Mars
It’s a god-awful small affair
To the girl with the mousy hair
But her mummy is yelling “No”
And her daddy has told her to go
But her friend is nowhere to be seen
Now she walks through her sunken dream
To the seat with the clearest view
And she’s hooked to the silver screen
But the film is a saddening bore
For she’s lived it ten times or more
She could spit in the eyes of fools
As they ask her to focus on
Sailors fighting in the dance hall
Oh man! Look at those cavemen go
It’s the freakiest show
Take a look at the Lawman
Beating up the wrong guy
Oh man! Wonder if he’ll ever know
He’s in the best selling show
Is there life on Mars?
It’s on Amerikas tortured brow
That Mickey Mouse has grown up a cow
Now the workers have struck for fame
‘Cause Lennon’s on sale again
See the mice in their million hordes
From Ibeza to the Norfolk Broads
Rule Britannia is out of bounds
To my mother, my dog, and clowns
But the film is a saddening bore
‘Cause I wrote it ten times or more
It’s about to be writ again
As I ask you to focus on
Sailors fighting in the dance hall
Oh man! Look at those cavemen go
It’s the freakiest show
Take a look at the Lawman
Beating up the wrong guy
Oh man! Wonder if he’ll ever know
He’s in the best selling show
Is there life on Mars?
Album: Platinum Collection
174
Post/teca
----------------------onepercentaboutanything ha rebloggato monalisasimpson
“Ma il sole fa male, come tutto quello che faceva bene prima. Il sole, la carne, il latte,
l’università.”
— Woody Allen, Io e Annie, 1977 (via monalisasimpson)
Fonte: dapa
--------------------headshrinkerspaceman ha rebloggato brick-trick
175
Post/teca
brick-trick:
mouthynaut:girl-non-grata:thestareater:marjchaos:
Marina Abramovic and Ulay
Death Self, 1977
This performance consisted of the two artists seated in front of each other, connected at
the mouth. They took in each other’s breaths until all of their available oxygen had been
used up. The performance lasted only 17 minutes, resulting in both artists collapsing
unconscious to the floor, having filled their lungs with carbon dioxide. This personal
piece explored the idea of an individual’s ability to absorb the life of another person,
exchanging and destroying it. (Wikipedia)
Well, that’s freakin’ disturbing.
^
Marina Abramovic is a motherfucking hero. A great many of her pieces had to do with
women’s identity, particularly in relationship to men and the social differences of the genders.
One of her most famous pieces involved her naked in a museum with the public allowed to
touch and do anything to her: as you can guess, people became very sexually inappropriate and
even violent with her in a short period of time; verifying the point of the piece, which is that
women’s bodies are a social commodity most often treated with violence.
Off the top of my head, I’d say this piece, “Death Self,” represents the futility in making
someone else the focal point of your life. Another person cannot sustain you. You must live,
and breathe, for yourself.
All women should study the work of Marina Abramovic.
This is beautiful.
Marina Abramovic has always been an idol. She’s one of the reasons why I grew so fascinated
with performance art.
Fonte: decembre
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Post/teca
Samia, l'atleta somala di Pechino 2008
morta su un barcone per raggiungere l'Italia
Il racconto di Abdi Bile, oro nei 1500 metri ai mondiali di Roma del
1987: «È morta per raggiungere l'Occidente»
Saamiya Yusuf Omar
«Sapete che fine ha fatto Samia Yusuf Omar?». La platea riunita a Mogadiscio per
ascoltare i membri del Comitato olimpico nazionale resta in silenzio. Un silenzio spezzato
solo dalle parole e dalla commozione di Abdi Bile, che dopo il trionfo di Mo Farah (atleta
britannico di origine somale) all'Olimpiade di Londra 2012, chiede di Samia.
L'EROE - Anche Abdi è un atleta, un eroe per i somali, visto che ai Mondiali di Roma, nel
1987 ha vinto un oro nei 1500 metri ed è stato il primo atleta somalo a farsi notare
nell'atletica leggera. Abdi ha parlato di una sua connazionale, Samia Yusuf Omar, la più
grande di sei figli di una famiglia di Mogadiscio cresciuta, come i suoi fratelli, in povertà.
Nel 2008, questa ragazza piccola e gracile, partecipò alle Olimpiadi proprio in
rappresentanza della Somalia. Nata nel '91, figlia di una fruttivendola e di un uomo ucciso
da un proiettile d'artiglieria, questa ragazza era riuscita con molti sacrifici a partecipare
alla gara dei 200 metri femminili di Pechino 2008. Era arrivata ultima, 32 secondi di
sforzo a cui nessuno fece caso, ma che la riempirono di gioia e soddisfazione. Tornò a
Mogadiscio felice: «È stata un'esperienza bellissima, ho portato la bandiera somala, ho
sfilato con i migliori atleti del mondo». Quattro anni dopo, il destino le ha riservato una
storia completamente diversa.
LA STORIA - «Sapete che fine ha fatto Samia Yusuf Omar? - ha chiesto Abdi nei pochi
giorni che mancano alle elezioni presidenziali somale -. La ragazza è morta… morta per
raggiungere l'Occidente. Aveva preso una carretta del mare che dalla Libia l’avrebbe
dovuta portare in Italia. Non ce l’ha fatta. Era un'atleta bravissima. Una splendida
ragazza». Su YouTube, nel video della sua gara a Pechino, i messaggi di cordoglio degli
utenti come unica conferma di una storia crudele e difficile da verificare, ma che la
scrittrice italiana di origine somala Igiaba Scego ha scelto di raccontare su Pubblico,
mettendola in parellelo con i trionfi di un altro somalo dal diverso destino. Mo Farah,
arrivato da rifugiato in Inghilterra, è diventato oggi un eroe nazionale dopo aver dominato
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Post/teca
a Londra le sue due discipline, i 5 e 10 mila metri. «Siamo felici per Mo, è il nostro orgoglio
- ha aggiunto Abdi Bile - ma non dimentichiamo Samia».
Corinna De Cesare
fonte: http://www.corriere.it/cronache/12_agosto_19/samia-barcone-atleta-somala-pechino2008_bf87e0be-e9d8-11e1-aca7-3ef3e0bba9b5.shtml
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La tua reputazione sul web. Ecco come
misurare la propria "digital influence" con
Klout
di Luca Dello Iacovo
Barack Obama: 99. Justin Bieber: 92. Sono punteggi per valutare l'influenza di una persona nei
social network e anche oltre il perimetro del web. Ad attribuirli è stato Klout: opera come una sorta
di motore di ricerca che scandaglia reti sociali e altri spazi online per rilevare segnali prestabiliti,
analizzarli e alla fine ricostruire un numero indice. Ogni utente, quindi, può avere un suo punteggio.
Anzi, di recente Klout ha cambiato le formule matematiche per imparare a superare i confini dei
social media ed esplorare la reputazione complessiva di una persona. Ha incluso negli algoritmi altri
elementi, come i link collegati a una eventuale voce su Wikipedia e i percorsi professionali
esplicitati su LinkedIn. Sono dati che hanno decretato il sorpasso di Barack Obama su Justin Bieber.
In particolare, Klout ha ampliato i segnali soppesati da 100 a 400: nei social network punta a
valutare la partecipazione più che i numeri assoluti. Per Facebook, ad esempio, considera la
frequenza di risposte nelle discussioni, oltre che quanti sono gli "amici". Su twitter, invece, esamina
fattori come le repliche a un messaggio. Altri seguono strade simili: Kred analizza in profondità
l'attività nel tempo di una persona e Traackr ha un focus sulle parole chiave.
Un campo immediato di applicazione è la scoperta delle bufale propagate in modo fulmineo nei
social network: false notizie condivise da utenti con finti profili su twitter hanno causato più di una
volta oscillazioni sui mercati. Gli indicatori sintetici di Klout, Kred e Traackr contribuiscono a una
prima valutazione dell'autenticità dell'account, grazie a una raccolta immediata di più segnali. Non
sono, certo, soluzioni definitive.
Quella di misurare la reputazione online è una sfida complessa. E ambiziosa. Resta ancora aperta la
discussione su come interpretare gli indici. Le dimensioni dell'influenza sono molteplici. E spesso il
dibattito, soprattutto nel marketing, pone l'accento sulla scoperta e sul peso degli influencer
all'interno delle reti sociali online, ad esempio blogger, esperti, figure istituzionali. Ma sono ancora
da comprendere aspetti come i confini tra influenza e semplice emersione della consapevolezza
(awareness). E un indice è un punto di partenza per indagini più ampie.
Come misurare la nostra influenza online
Per misurare la propria influenza su Klout occorre registrarsi. Meglio se si possiede un account di
Twitter e Facebook . Allora basta un click e si entra direttamente nel sistema. A questo punto il
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Post/teca
consiglio è quello di aggiungere il maggior numero di social network e servizi online a cui si è
iscritti (Instagram, Linkdln, Youtube, Google+ ecc ecc) . Chiaramente solo nel caso in cui si è attivi,
altrimento meglio lasciare perdere. Klout vi chiederà quindi di selezionare gli amici su Facebook
che si vuole invitare. È possibile anche scegliere con chi misurarsi in termini di infulenza oline.
Superato questo step occorre scegliere su quale topic, su quale argomento concentrarsi. Possiamo
valutare la nostra influenza sullo sport, sulla tecnologia, musica, giardinaggio, ecc. Gli argomenti
sono tra i più disparati. Terminato quest'ultimo passaggio comparirà l'agognato numero. Sotto il
trenta è un po' bassino. Tra trenta e cinquanta va benino. Solo sopra questa soglia si può cominciare
a vantarsi con gli amici. A quota ottanta si diventa ufficialmente guru (l.tre).
fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2012-08-17/reputazione-oltre-numero-sfida095912.shtml
-----------------------tempibui
Nella vita contano le piccole cose. Cioè quelle che te la rovinano un po’ alla volta.
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Violante, il populismo e lo spopulismo
L’intervista di Luciano Violante alla Stampa di oggi fa capire bene quale sarà l’ultima trincea del pensiero
unico centrista durante la campagna elettorale prossima ventura: l’attacco frontale a ogni opinione
eterodossa, che sarà sempre e comunque definita con il termine di “populismo”.
E’ un fenomeno interessante, in termini politico-mediatici.
Prima di tutto perché di populismo autentico ne abbiamo visto tanto, negli ultimi quindici anni, e
direttamente al potere: meno tasse per tutti, un milione di posti di lavoro, guariremo il cancro entro tre
anni, sì alla polenta no al cous-cous etc. E paradossalmente proprio Zagrebelsky – che oggi viene infilato a
forza da Violante nel contenitore dei populisti – due anni fa aveva aperto una rubrica sul “lessico del
populismo” dell’epoca.
Gli aspetti ancora più paradossali però sono altri.
Ad esempio, il fatto che il rumoroso fallimento del populismo berlusconiano venga oggi utilizzato dai
poteri economici e politici (molti dei quali sono gli stessi che avevano sostenuto o affiancato Berlusconi!)
per delegittimare qualsiasi opposizione, accusata appunto di populismo. Si sa: adesso, in tempi di crisi
economica feroce, le parole chiave sono pragmatismo, sobrietà, responsabilità. E il potere di questo stile
si veste, reclamandone oltre tutto l’esclusiva, per provare l’ineluttabilità e l’affidabilità delle proprie
ricette.
Il bello è che, se oggi davvero esiste quello che Violante chiama sprezzantemente “blocco populista”, beh,
questo è nato proprio «in contrapposizione con lo ’spopulismo’ della politica, con il suo rifugiarsi in
posizione elitarie rispetto al popolo, ma subalterne rispetto alla finanza e ai suoi diktat. (…) Uno
’spopulismo’ totalmente glabro di idee se non quelle suggerite da banchieri e potentati, decisi a spazzare
via definitivamente la stagione dei diritti». (Capece).
Eppure, sì, dal punto di vista mediatico la strategia di Violante purtroppo può essere vincente.
Perché accusare di populismo ogni critica e proposta fuori dal coro è molto facile – non esigendo
argomentazioni fattuali più approfondite – e soprattutto mescola serenamente qualsiasi opinione diversa
dal pensiero conforme, siano queste opinioni fondate o infondate, serie o cretine, documentate o
cospirazioniste.
Quindi da domani e fino alle elezioni qualunque opposizione, anche la più argomentata, sarà comunque
etichettata come “populismo” e in questo generico contenitore infilata.
Lo so, e lo ripeto, è un paradosso estremo per chi in questi anni ha veramente lottato con la forza delle
sue ragioni contro i cieli azzurri del populismo berlusconiano.
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Post/teca
Ma è quel che succede, quello che sta succedendo. Quindi, prepariamoci.
fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/08/20/violante-il-populismo-e-lospopulismo/
-----------------------cardiocrazia ha rebloggato youblossomed
“Riprendo a mentire con grazia,
mi inchino rispettoso allo specchio
che riflette il mio collo e la cravatta.
Credo d’essere questo signore che esce
tutti i giorni alle nove.
Gli dei sono morti uno a uno in lunghe file
di carta e cartone.
Niente mi manca, neanche tu
mi manchi. Sento un buco, però è facile
un tamburo: pelle ai due lati.
A volte torni la sera, quando leggo
cose che tranquillizzano: bollettini,
il dollaro e la sterlina, i dibattiti
delle Nazioni Unite. Mi sembra
che la tua mano mi pettina. Non mi manchi!
Solo cose minute all’improvviso mi mancano
e vorrei ricercarle: la contentezza
e il sorriso, questo animaletto furtivo
che ormai non vive più fra le mie labbra.”
— Julio Cortàzar, Guadagni e perdite (via unfebbraiononbisestile)
Fonte: unfebbraiononbisestile
--------------------------3nding ha rebloggato ilfascinodelvago
“Voglio morire nel sonno, come mio nonno, non gridando di terrore come quelli che erano in
macchina con lui.”
— Cit. (via ilfascinodelvago)
---------------------------kon-igi ha rebloggato madonnaliberaprofessionista
"cool story Madonna!": quella volta che mi son beccato un
proiettile
madonnaliberaprofessionista:
in casa mia c’è questa mensola vicino la porta d’entrata, l’ho riempita di cianfrusaglie inutili -per
un estraneo- ma per il sottoscritto sono briciole di ricordi, viaggi, avvenimenti, diversi momenti di
tutta una vita.
Direttamente da quella mensola: quel cosino nero a sinistra è il proiettile sparato da una Beretta
calibro 7,65 Browning che m’ha centrato in pieno petto una mattina di gennaio di qualche anno fa.
180
Post/teca
Ora, essere colpiti da un arma da fuoco di norma è una cosa tendenzialmente drammatica, non
ridicola, a meno che non ti tocchi ammettere che quel colpo l’hai sparato tu stesso.
E’ stato, credo, quattro anni fa: eravamo nella legnaia di questo amico, lui mio zio ed il
sottoscritto. La legnaia è chiusa e coperta, una specie di enorme garage, gli serve visto che ha la
fortuna di vivere in una cascina a parecchi Km dal centro abitato.
Mi stava facendo vedere quest’arma per motivi… mmh… diciamo “personali”, nel senso che se
me li chiedete di persona potrei anche dirveli, ha sparato qualche colpo contro la catasta di legna e
dopo me l’ha fatta provare. Io ho esploso un solo colpo. Quello.
Quando si dice LA FORTUNA, eh, la pallottola di tutta la legnaia di ciocchi messi uno sull’altro
in ordine ha colpito l’unico messo di traverso. E l’ha colpito esattamente su un nodo in superficie
(abbiamo fatto i rilievi dopo).
Se il proiettile fosse stato blindato, “full metal jacket” come dicono gli ammericcani o chiunque
abbia presente il soldato Palla di Lardo, ovvero piombo ricoperto da uno spesso strato di rame si
sarebbe molto probabilmente infilato nel legno senza disturbare. Ma questo è un proiettile rivestito
solo d’un sottile strato di teflon (sono utilizzati nei poligoni chiusi per diminuire la dispersione di
polvere di piombo nell’aria), quindi semi-morbido lui, semi-morbido il legno, ha impattato ed è
tornato indietro.
Il muro di ciocchi era ad una decina di metri circa, la palla ha quindi percorso una ventina di metri
scarsa fra andata e ritorno e m’ha attinto esattamente in mezzo al petto.
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Post/teca
Questo è il motivo per cui mi ricordo perfettamente il periodo dell’anno: gennaio. Se non avessi
avuto indosso qualcosa come un cappotto pesante, due maglioni e due magliette le cose sarebbero
andate diversamente (mentre se m’avesse centrato in faccia ora come ora sarei impegnato a
spinger su le margherite da sotto).
Invece ho provato solamente la sensazione d’una martellata tirata da Thor dopo che ha sbattuto il
mignolino del piede nello spigolo della porta per andare a rispondere ai testimoni di Geova al
citofono.
Ho fatto appena a tempo a porgere l’arma a mio zio e dirgli col fiato che m’era rimasto:
“reggi un secondo scusa…”
“perché?”
“perché devo sveni*”
e sono crollato in avanti, non ho perso conoscenza, sono caduto a quattro zampe e così sono
rimasto aspettando che l’aria si decidesse a rientrarmi in petto.
Il mio amico e mio zio continuavano a domandarmi che avessi, dopo un minuto buono sono
riuscito ad accertare che effettivamente non stavo sgocciolando sul pavimento ed addirittura a
trovare il fiato per rispondere: “c’è che il proiettile m’ha colpito!”
“Ma và là! Non dir cazzate!”
“Cazzate eh? E questo cos’è?”
Ero infatti caduto a gattoni con la pallottola proprio a 30 cm dal naso, per terra.
Inutile aggiungere che il mio petto nei mesi successivi ha passato un po’ tutte le sfumature della
tavolozza: praticamente la faccia di Fantozzi col tordo, ma alla rovescia.
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Post/teca
foto per far capire le dimensioni alquanto inutile visto che, lo dice il nome, è largo 7,65mm.
Il cosino luccicante accanto invece è una cosa di cui, a differenza dell’altra, vado parecchio fiero,
a differenza della prima perché, insomma, non ci vuol molto per capire che per un tiratore
agonista non è il top essersi centrato da solo.
Ora, ok avere mira, cazzo! Insomma, vero che si trattava di me stesso… ma son pur sempre
riuscito a beccare “una persona” COL GIOCO DI SPONDA!
Rambo puppami questo!
Però, scherzi a parte, infilare 4 proiettili nello stesso foro con tanto di “un proiettile dentro l’altro”
a 15 metri è roba che riesce a Robin Hood e Merida, non a tanti, no?
Si tratta infatti di due proiettili da 9mm (9X21IMI) conficcati l’uno dentro l’altro. Ah, ecco,
questo è il genere di proiettile blindato di cui parlavo prima.
Ok, questa ve la faccio breve, sempre in compagnia del fidato zietto (se cercate le altre: ”Cool
story Madonna!” vi ho parlato ancora di lui… conosceste il tipo capireste che non è un caso che
quando sono in sua compagnia capitino cose curiose) stavo mostrando ad un suo conoscente la
mia Walther P1.
Per i profani, presente la P38? La pistola di Pin ne “Il sentiero dei nidi di ragno”? No? Presente
allora quella di Lupin III? Ecco, quella. Finita la seconda guerra mondiale gli hanno fatto qualche
modifica e l’hanno rinominata P1 (non ve la sto a menare: se v’interessa trovate tutto su wiki).
Insomma, questo stava guardando la mia pistola e se n’è uscito con un:“eh ma un arma progettata
nel 1938 (da cui il nome) non sarà mai precisa come una moderna…”.
Ora, a parte che la mia è una giovanissima figlia della “Bundeswehr da bere” in quanto costruita
nel dicembre 1980 e già hai dato della vecchia ad una signora! Il dramma è un altro, parlar male
d’un arma al suo proprietario è… BLASFEMO! Come offendergli il figlio.
Siccome le chiacchiere stanno a zero ho subito scommesso con lui una decina di bottiglie di birra
-da lui prodotte- che una moneta da un euro a 10 metri la colpivo almeno 3 volte su 5. Lui ha
accettato. Disegnare il bollo nero dimensione moneta su un post-it con l’indelebile (me n’era
bastato uno di proiettile di rimbalzo) e mettere il foglietto sulla sezione d’un ciocco alla distanza è
stato un attimo, e siccome il tizio stava già protestando brogli abbiamo aumentato la distanza di
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Post/teca
qualche passo.
Esploso cinque colpi, 4 nel nero, cannato l’ultimo d’un centimetro perché stavo già ridendo. La
sorpresa quando il tale ha levato il foglietto, praticamente nel legno c’erano solo due fori. Allo
zietto è venuta subito l’idea di aprire il tronco (anche perché voleva collaudare un ascia che aveva
appena forgiato NdR) e quello che c’era dentro è in foto.
Per la cronaca le altre due palle s’erano messe in fila ma senza incastrarsi perché finite a
profondità diverse nel legno.
A casa avrei anche un bonzo d’una gara nazionale di revolver ad avancarica a 25 metri, ma mi sa
che vado più orgoglioso di questo.
Alla prossima.
(se v’interessa la rubrica CSM ho taggato un po’ di altre cazzate e non-cazzate di cui son
responsabile. Brutta bestia l’insonnia).
---------------------20 agosto 2012 - 16:00
AI: trovato cadavere eremita
80enne con 100 kg esplosivo
La polizia di Appenzello Interno ha trovato la settimana scorsa il cadavere decomposto di un uomo di 80 anni in una
catapecchia di lamiera costruita illegalmente in un bosco presso Brülisau (AI). Nella capanna c'erano anche circa 100
chili di esplosivo, indica oggi in una nota la polizia cantonale.
Questa era stata allarmata lo scorso 14 agosto da famigliari dell'ottantenne, preoccupati per non averlo più visto da un
certo tempo. Alcuni agenti si sono allora recati nella estesa catapecchia di più locali in cui l'uomo viveva da parecchi
anni e "dopo lunga ricerca" ne hanno trovato il cadavere in stato avanzato di decomposizione. L'autopsia ha rivelato
che l'eremita era morto già diverse settimane prima di morte naturale.
Gli agenti hanno pure scoperto circa 100 chili di un esplosivo civile utilizzato in particolare nello scavo di gallerie, come
pure dei detonatori. In una officina che il vecchio aveva preso in affitto a Brülisau sono state inoltre trovate delle armi.
L'uomo aveva costruito a tappe, nel corso di tre decenni, la catapecchia, circondata da filo spinato, praticamente
invisibile dall'esterno del bosco e anche dall'alto. Un generatore a gasolio e un impianto eolico sul tetto gli
consentivano da anni l'autonomia energetica. La nafta era immagazzinata in bidoni e in una grande cisterna.
L'ufficio cantonale dell'ambiente ha chiesto ai famigliari di sgomberare la costruzione e i materiali depositati, che
presentano un alto rischio di inquinamento.
fonte:
http://www.swissinfo.ch/ita/rubriche/notizie_d_agenzia/mondo_brevi/AI:_trovato_cadavere_eremit
a_80enne_con_100_kg_esplosivo.html?cid=33351288
-----------------------------20120821
collective-history ha rebloggato ancientart
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Post/teca
ancientart:
Ancient Roman Memento Mori mosaic from excavations in the convent of San Gregorio, Via
Appia, Rome, Italy. Dates to the 1st century.
The Greek motto gnōthi sauton (know thyself, nosce te ipsum) combines with the image to convey
the famous warning:
Respice post te; hominem te esse memento; memento mori. (Look behind; remember that you are
mortal; remember death.)
Fonte: commons.wikimedia.org
--------------------------snoopymania ha rebloggato xsemprelibera
incasinata:
”Chi ti vuole bene conosce quattro cose di te: il dolore dietro al tuo sorriso, l’amore dietro alla tua
rabbia, le ragioni del tuo silenzio… E dove soffri il solletico.”
Fonte: incasinata
---------------------inveceerauncalesse
Il vuoto e il pieno
La vita è come una casa con tante stanze.
Ci sono quelli che hanno una stanza vuota, e allora si innamorano perché non sopportano di avere
una stanza vuota.
Ci sono quelli che hanno stanze così piene, di problemi paure ricordi souvenir fobie traumi rancore
biglietti del cinema hobby routine abitudini, che non hanno spazio nemmeno per uno spillo,
figurarsi per amare un’altra persona se non se stessi.
Ci sono quelli che hanno stanze perfette, ben arredate, pulite e linde.
Quando si innamorano ti invitano a entrare nelle loro stanze, a guardare.
Ma non puoi toccare nulla, né tanto meno spostare qualcosa.
185
Post/teca
Sei lo spettatore della loro messa in scena di cui non sei mai nemmeno una comparsa; ma il tuo
ruolo è applaudire, e con trasporto possibilmente.
Poi ci sono le persone d’amore.
Le persone d’amore hanno stanze arredate bene, con i giusti equilibri di pieno e di vuoto, e quando
si innamorano ti fanno entrare.
E sanno che sgualcirai i cuscini dei divani, che sporcherai per terra con le scarpe, che sposterai un
quadro per raddrizzarlo.
E lo accettano.
Accettano di cambiare percorsi, abitudini, la colazione, l’ora di cena.
Accettano gli imprevisti, i panorami inattesi, i ritardi, le parole quando vogliono state zitti, le risate
cristalline che servono a scacciare i pensieri blu.
E sanno che amare è un gioco di prestigio un’arte una questione di equilibrismo un sacrificio un
cambiamento un nuovo viaggio un dono un atto di fede.
Le persone d’amore, forse, non esistono.
-------------------------collective-history
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Post/teca
“People and the Party Are Undivided”- M. V. Luk’janov and V.S. Karakashev, 1978
In this poster, banners carried by marching Soviet citizens create a somewhat subtle image of
Lenin’s face. The caption reads “People and the party are undivided.” This famous Soviet slogan
first appeared in Pravda, the leading newspaper of the Soviet Union, on 8 March 1953, just three
days after Stalin’s death.
Designer Daily
Fonte: collective-history
-------------------------3nding
“Evolution of man:
1. Nice guy → 2. Gentleman → 3. Disillusioned Cynic → 4. Bastard → 5. Ultimate Asshole.”
— 3nding
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Post/teca
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La reconquista
«Il modo di operare della finanza non è un complotto, ma un meccanismo cieco che nessuno in realtà
governa. (…) Le regole con cui tenere sotto (parziale) controllo gli spiriti mortiferi della finanza sono
state abolite da tempo in nome del pensiero unico, della deregolamentazione e della libera circolazione
dei capitali. E con un solo obiettivo: privatizzare tutto e riprendere ai lavoratori quel poco che avevano
conquistato in più di un secolo».
Guido Viale sul Manifesto di oggi.
Il processo di cui parla Viale è quello che altri definiscono più o meno ironicamente “la reconquista”: i
grandi capitalisti che – finito lo spauracchio del comunismo – hanno fatto partire una gigantesca e finora
vincente controffensiva su scala globale, per tornare ai rapporti di forza di cent’anni fa, ma con un
grottesco certificato di modernità.
Alla fine, rendersi conto o meno di questa “reconquista” (e quindi lavorare per una governance
dell’economia opposta a quella attuale) è la prima discriminante della sinistra, oggi. E tutto quello che ne
consegue, anche nel grottesco balletto dei partiti più o meno di sinistra italiani, è figlio di questo bivio.
fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/08/21/la-reconquista/
--------------------waxen
“Ho controllato attentamente il mio sperma, e niente: non c’è scritto da nessuna parte “Non
disperdere nell’ambiente”.”
— Demerzelev, su Diecimila.me
----------------tempibui
In fondo, il mondo va male perché i giovani hanno ottime idee e pessimi mezzi, e i vecchi ottimi
mezzi e pessime idee.
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Post/teca
noncecrisinelmercatodellebugie ha rebloggato soldino
soldino:
Le persone che non amano il sesso orale sono come quelle persone a cui non piace la Nutella.
-----------------------Non è possibile possedere un gatto. Nella migliore delle ipotesi si può essere con loro soci alla pari
- Sir Harry Swanson Non è facile conquistare l'amicizia di un gatto. Vi concederà la sua amicizia se mostrerete di meritarne l'onore, ma non
sarà mai il vostro schiavo..
- Théophile Gautier La musica e i gatti sono un ottimo rifugio dalle miserie della vita.
- Albert Schweitzer
Il gatto è una creatura indipendente, che non si considera prigioniera dell'uomo e stabilisce con lui un rapporto alla
pari.
- Konrad Lorenz Se un cane non viene da te dopo averti guardato in faccia dovresti andare a casa e fare un esame di coscienza.
- Woodrow Wilson Dopo anni di ricerca infruttuosa, alla fine, guardando il mio gatto, ho scoperto la bella vita: sono immobile.
- J. Deuley Il gatto ha la virtù del silenzio.
- Henri Brunel La coda nel gatto è l’organo principale di espressione delle emozioni.
- Aldous Huxley Il gatto…. si godeva l’esistenza dalla punta delle sue zampe sino alla fine della sua coda.
- Charles Dudley Warner Ho studiato molti filosofi e molti gatti: la saggezza dei gatti è infinitamente superiore.
- Hippolyte Taine Tu sei il mio gatto ed io sono il tuo umano.
- Hilaire Belloc Il gatto ha troppo spirito per non avere cuore. (Ernest Menault I gatti sono spontanei, puri e non conoscono compromessi, soprattutto in merito all’onestà dei propri sentimenti.
- Jeffrey Moussaieff Masson Eccomi, dice il gatto, amami come sono oppure non amarmi affatto.
- Jeffrey Moussaieff Masson Due gatti danno da fare ad un leone.
- Proverbio ebraico Il mio gatto fa tutto quello che io vorrei fare con meno letteratura.
- Ennio Flaiano Negli occhi di un gatto ci si perde.
- Nicole Guiot-Tabernat Soltanto il gatto lascia sul letto l’impronta totale del suo corpo addormentato.
- Jean Baudrilland Il gatto esamina il lungo filo colorato ed invisibile di cui è fatto il vento.
- Ernest Thompson Per me, uno dei piaceri della compagnia del gatto è la loro devozione alla comodità.
- Compton Mackenzie Ogni gatto riesce sempre ad essere la donna più attraente della stanza.
- E.V. Lucas Un cane ti lusinga, ma sei tu a dover lusingare un gatto.
- Gorge Mikes Senza dubbio l’accorto gatto è in natura il diplomatico più scelto.
- Lee Richard Hayman Il gatto impegna esattamente la forza necessaria, altri animali impiegano rozzamente tutte le loro energie anche
quando non servirebbero.
- P. G. Hamerton Io non mi meraviglio affatto quando il gatto fa qualcosa di misterioso, mi meraviglio quando fa cose normali.
- Gino Paoli Se sei degno del suo amore, un gatto sarà tuo amico, ma mai il tuo schiavo.
- Theophile Gautier I gattini hanno occhi grandi, sono morbidi e dolci. Con degli aghi conficcati nelle mascelle e nelle zampine.
- Pam Brown Ho trovato che il mio amore per i gatti mi ha molto spesso aiutato a capire le donne.
- John Simon I gatti riconoscono in maniera infallibile il momento della concentrazione e s’intromettono tra essa e te.
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Post/teca
- Arthur Bridges Non c’è alcuna necessità di sculture in una casa in cui vive un gatto.
- Wesley Bates Nessun’altra creatura al mondo risveglia il peggio ed il meglio della natura umana come l’enigmatico gatto.
- Frank Snepp Quello che fa le fusa accanto ai nostri caminetti e che cammina a piccoli passi veloci lungo gli steccati sul retro dei
nostri giardini è in realtà un animale selvaggio, impavido e indipendente come nessun altro al mondo.
- Alan Devoe Un miao massaggia il cuore.
- S. McMillan Osservare un gatto è un pò come assistere alla realizzazione di un' opera d'arte.
- Oliver Herford I gatti sono esseri misteriosi. Nelle loro menti vi è molto di piu' di quanto possiamo immaginare.
- Walter Scott I gatti e i non conformisti mi sembrano i soli esseri in questo mondo che abbiano una coscienza pratica e attiva.
- Jerome K. Jerome Nel mio gatto io amo quel temperamento indipendente che gli impedisce di affezionarsi a chiunque e l'indipendenza
con cui passa dal salone al tetto.
- F. De Chateaubriand Pochi animali riescono a manifestare il loro umore attraverso le espressioni in modo tanto distinto quanto i gatti.
- Konrad Lorenz In casa mia è indispensabile parlare con i gatti... Ci sono un sacco di cose importanti da dire loro tipo: Giù di lì,
Smettila , ect...
- Beryl Reid Prendono, meditano, i nobili atteggiamenti delle grandi sfingi allungate in fondo a solitudini, che sembrano
addormentarsi in un sogno senza fine.
- C. Baudelaire Un gatto è bellissimo da una certa distanza: visto da vicino è un'inesauribile fonte di meraviglia.
- Pam Brown Nella casa dove vive un gatto nero non mancherà mai l'amore.
- Proverbio inglese Vieni sul mio cuore innamorato, mio bel gatto: trattieni gli artigli e lasciami sprofondare nei tuoi occhi belli, misti
d'agata e metallo.
- C.Baudelaire Il gatto è imprevedibile ed ammaliante come un'orchidea selvaggia.
- Stanislao Nievo Non c’è alcuna pretesa di simpatia nel gatto. Esso vive solo, assorto, sublime nella sua saggia passività…
-A.Lang Come ogni proprietario di gatti ben sa, nessuno può possedere un gatto. (Ellen Perry Berkeley)
Il gatto è il più gentile degli scettici.
-Jules Lemaitre Poiché ognuno di noi ha il dono di una sola vita, perchè non decidere di passarla con un gatto ?
-Robert Starns Uno scrittore senza un gatto è inconcepibile. Certo è una scelta perversa, poiché sarebbe più semplice scrivere con un
bufalo nella stanza piuttosto che con un gatto. Si accucciano tra i vostri appunti, mordicchiano le penne e camminano
sui tasti della macchina da scrivere.
-Barbara Holland Un gatto non si compra: è lui che vi possiede.
-Tom Poston Il rapporto con un gatto prevede una dedizione totale. Non può essere limitato a riempirgli la ciotola di cibo e a pulire
la lettiera.
-Paul Corey Mi era stato detto che l' addomesticamento con i gatti è molto difficile. Non è vero. Il mio mi ha addomesticato in un
paio di giorni.
-Bill Dana I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere. (M. Malloy Se non volete che il gatto vi cammini addosso mentre dormite, bè , decidete di dormire in piedi!
- G. W. Eskow Il gatto più brutto che io abbia mai visto era semplicemente meraviglioso.
- Marilyn Peterson -
fonte: http://www.ilregnodeigattifamosi.com/gatti-letteratura/aforismi
---------------------------20120822
190
Post/teca
Cassandra Consiglia/ Guida ad Internet per
tiranni
di M. Calamari - Come reprimere i sobillatori, come far tacere il dissenso, come mantenere il potere
con il tecnocontrollo. Un manuale per oppressori, una lettura per cittadini della Rete
Roma - Negli anni Cassandra ne ha provate, se non tutte, davvero tante per cercare di spiegare in
maniera chiara, diretta e scientifica alcune delle tante sfaccettature della Rete. I risultati sono stati di
rado pienamente soddisfacenti perché la razionalità, principale guida per i cittadini della Rete, non
viene usata come metodo di comprensione dalla maggioranza degli internauti, che appunto non
rientrano nella categoria dei "cittadini" della Rete. La Rete viene infatti ritenuta dalla maggioranza
come una sorgente inesauribile da cui si può attingere all'infinito quello che si vuole, come una
gemma scintillante di cui non si vuol cogliere la forma ma solo i riflessi colorati e cangianti. Che
l'opinione di Cassandra sia uno zinzinino diversa è un dubbio che ha toccato parecchi dei 24
inossidabili lettori della rubrica, ed infatti non di questo vi volevo parlare.
L'argomento di oggi è appunto una piccola ma scintillante gemma che Cassandra ha trovato in Rete,
una gemma che vorrebbe condividere con voi: è un'opera didattica sull'importanza dei diritti
digitali, e su come questi possano essere contrastati e negati.
Fa questo con un approccio diametralmente opposto a quello degli abituali articoli in tema,
utilizzando quello che in termini matematici si chiamerebbe una reductio ad absurdum od una
descrizione complementare, cioè la descrizione di un'entità logico matematica fatta in termini del
suo complemento.
Bene, Laurier Rochon, l'autore della piccola gemma che volevo portare alla vostra estiva attenzione,
"The dictator's practical internet guide to power retention" (Guida pratica del Dittatore ad internet
per conservare il potere) si è ricordato di questo, ed invece di sfiancarsi come Cassandra cercando
di spiegare per l'ennesima volta le stesse cose in un modo diverso, ha rovesciato completamente la
prospettiva, preparando un manuale pratico di tecnocontrollo destinato a dittatori, tiranni ed
oppressori in generale.
È divertente, fa pensare ed è anche ben documentato. Un'ottima lettura da portare sotto
l'ombrellone, perché anche se racconta cose spesso ben note, in effetti lo fa mettendo i brividi: mal
che vada vi aiuterà a non sentire il caldo.
Buona lettura.
Ah, dimenticavo: così come l'articolo di Frank Rieger "Benvenuti nel mondo di domani", anche la
Guida meriterebbe senz'altro una traduzione in italiano: se qualcuno volesse cimentarsi mi scriva, as
usual, in privato.
191
Post/teca
Marco Calamari
fonte: http://punto-informatico.it/3582755/PI/Commenti/cassandra-consiglia-guida-adinternet-tiranni.aspx
link: http://pwd.io/guide/
---------------------------------------adciardelli
L'asimmetria informativa italiana sul caso di Julian Assange.
Una delle donne che accusano Assange di stupro è Anna Ardin, nativa cubana ma naturalizzata
svedese e legata a Carlos Alberto Montaner. Giornalista e scrittore, anti-cubano, arrestato nel 1960 a
causa della sua attività terroristica insieme ad altre 17 persone dopo aver compiuto una serie di
attentati nella capitale, allorquando le autorità dell’isola caraibica trovarono nella sua abitazione
l’occorrente per costruire ordigni incendiari. Montaner evase e lasciò Cuba con l’aiuto determinante
della Cia grazie ad un salvacondotto ottenuto in un’ambasciata latinoamericana. Anche Anna Ardin
è fortemente sospettata di essere in realtà una collaboratrice della Cia
----------------------------teachingliteracy ha rebloggato bookworms-bliss
“I decided that my existence would be one of books and silence.”
— The Angel’s Game (Carlos Ruiz Zafon)
---------------------3nding
“Alcune frasi andrebbero lasciate incartate nei baci perugina.”
— 3nding
-----------------------3nding
“Islanda: niente esercito, sfanculato il Fondo Monetario Internazionale e sull’isola non c’è
nemmeno McDonald’s che ha abbandonato il campo visto che non era un mercato
remunerativo. Come si può non voler bene a quest’isola? Peccato solo che mangino balene.”
----------------------selene ha rebloggato 130672
“Non importa quale legge fisica regga il mondo, l’importante è che il tuo sorriso faccia girare
questo sistema solare.”
— Qui. (via 130672)
Fonte: v-halis
-------------------------192
Post/teca
l231 ha rebloggato metaforica
“Vivere senza leggere è pericoloso, ci si deve accontentare della vita, e questo comporta
notevoli rischi.”
— M. Houellebecq (via brillaundiamante-negliocchisuoi)
Fonte: brillaundiamante-negliocchisuoi
-------------------------luciacirillo ha rebloggato curiositasmundi
“
Per due motivi noti di carattere biologico (il sesso e la nutrizione) e per diversi motivi meno
noti, di carattere tra l’istintivo e il patologico, siamo costretti a sopportare l’esistenza, la
vicinanza e perfino il contatto di esseri contrari alla nostra ragione; questi essere vengono
genericamente chiamati gli altri.
[J. Rodolfo Wilcock, Il reato di scrivere, a cura di Edoardo Camurri, Milano, Adelphi 2009, p.
51]
”
— Paolo Nori » Esseri (via piggyna)
Fonte: paolonori.it
--------------------Noi dovremmo adottare un’altra concezione, più saggia, e forse più intuitiva, degli animali.
L’uomo civilizzato, che conduce lontano dalla natura universale un’esistenza artificiale e
complicata, li osserva attraverso la lente delle proprie conoscenze, che gli restituisce
un’immagine enormemente deformata. Noi trattiamo gli animali con condiscendenza, come se
fossero creature incomplete alle quali un tragico destino abbia imposto delle forme molto
inferiori alle nostre. E lì è il nostro errore, il nostro grave errore. Perché non si devono misurare
gli animali col metro dell’uomo. Sono creature complete e finite, dotate di un’estensione dei
sensi che noi abbiamo perso o non abbiamo mai posseduto, e che agiscono in ottemperanza a
voci che noi non udremo mai. Non sono per noi dei fratelli inferiori; non sono degli schiavi.
Appartengono ad altri gruppi viventi, presi, insieme a noi, nella rete della vita e del tempo. Sono
nostri compagni di prigionia nello splendore e nel travaglio di questa Terra.
H. Beston
via: http://ilcalderonedimaghetta.tumblr.com/post/29959528044/noi-dovremmo-adottare-unaltraconcezione-piu
----------------------tempibui
Perché dovrei prendermela perché non mi ama più, quando la maggior parte delle persone non mi
ha mai amata?
---------------------misantropo
193
Post/teca
Dalle promesse alle minacce...
insospettabilmente-superficiale:
Mi auguro non sfugga a nessuno, almeno tra i più avvertiti lettori di questo blog, che la simpatica
intervista a Bloomberg tv del direttore operativo rating dell’agenzia Fitch, David Riley , è uno
splendido pezzo di quella pressione globale di cui qui si è più volte parlato: quella per farci
digerire un severo montismo anche senza Monti fino al 2018, con l’argomentazione che ogni altra
Italia è impossibile, perché fallirebbe.
E’ il grande ricatto, la grande truffa, la grande campagna che ci aspetta con assoluta continuità di
qui alle elezioni, su ogni tivù e su molti giornali: italiani, votate per l’establishment tecnoliberista
o comunque per chi lo appoggia, sennò vi mandiamo in default.
Curioso no? Nel 2008 una destra ha vinto le elezioni con fantastiche promesse, nel 2013 un’altra
destra punta a vincerle con paurose minacce…
Fonte: gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
----------------------spaam
“Bevo per assicurare, a mio figlio, un motivo valido che spieghi i suoi fallimenti futuri.”
— Mio padre era un alcolizzato
---------------------------
E se saltassimo tutti insieme?
La Terra si sposterebbe? Suggerimento: no, e i problemi verrebbero dopo
22 agosto 2012
Nell’estate del 2006, qualcuno mise in piedi un sito per promuovere il World Jump Day: il
20 luglio gli organizzatori invitavano gli abitanti dell’emisfero occidentale terrestre a
saltare per due minuti, in modo da spostare il pianeta Terra dalla sua orbita su una nuova,
il che avrebbe risolto i problemi del riscaldamento globale.
L’iniziativa scherzosa ebbe il suo momento di celebrità in diverse parti del mondo, Italia
inclusa, ma il giorno previsto per il salto, fissato alle 11.39 e 13 secondi secondo l’orario di
Greenwich, passò naturalmente senza conseguenze per il pianeta. La domanda, però,
rimane, uno di quei quiz fisici oziosi almeno una volta vengono in mente a tutti: che cosa
succederebbe se tutti gli esseri umani della Terra si radunassero nello stesso posto e
saltassero contemporaneamente?
Randall Munroe, l’autore della popolare striscia di fumetti xkcd su “tecnologia, scienza,
matematica e relazioni personali”, ha provato a dare una risposta ieri nella nuova sezione
del suo sito What if?, in cui risponde ogni settimana a una domanda che riguarda la fisica.
Tutta la popolazione umana – che è di sette miliardi di individui, più o meno – radunata
insieme in una stessa area occuperebbe poco più della superficie dello stato americano del
Rhode Island, che è grande quasi come la Valle d’Aosta (rispettivamente 3140 e 3263 km
quadrati). Bisognerebbe rassegnarsi tutti in piedi e non molto larghi, circa 2 persone per
metro quadrato. Ma il raduno è necessario, per evitare che gli effetti dei vari salti sparsi per
il pianeta si annullino gli uni con gli altri.
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Post/teca
Il salto simultaneo non avrebbe una conseguenza significativa sulla Terra, la sua
inclinazione, la sua orbita o qualunque altra sua caratteristica. Il peso complessivo di tutti
gli esseri umani è trascurabile rispetto a quello del pianeta, che è stimato in circa 5,9736
per 10 alla 24esima potenza (diciamo, per semplificare, 6 seguito da 24 zeri). Gli esseri
umani, invece, pesano complessivamente “solo” 3 o 400 miliardi di chili, quindi circa
diecimila miliardi di volte di meno del pianeta.
Dal punto di vista fisico, quello che succede nel salto al pianeta è questo, per quanto suoni
leggermente assurdo: dandosi la spinta verso l’alto per saltare, gli esseri umani usano
energia per allontanare da loro la Terra. Quando si ritrovano in aria, la Terra si riavvicina
leggermente, attratta dalla forza gravitazionale esercitata dai loro corpi: gli esseri umani e
la Terra, quindi, si incontrano di nuovo “da qualche parte in mezzo”, come aveva spiegato
un’altra fonte citata da Munroe.
La Terra riceve dunque una spinta in direzione opposta a quella del salto, ma questa è
inferiore all’ampiezza di un atomo, che è nell’ordine dei picometri (ci vogliono mille
miliardi di picometri per fare un metro). Il salto libera comunque molta energia, ma questa
si applica su un’area abbastanza vasta da non lasciare più di “parecchie impronte in un
sacco di giardini”. La fisica che sta dietro all’esperimento mentale, per gli appassionati, si
trova qui.
Munroe però – e adesso viene il bello – non si ferma qui, e come fa spesso nella nuova
sezione del suo sito ci scrive attorno una sorta di raccontino di fantascienza che occupa
gran parte del post, con un notevole effetto di humour nero. Lo spunto è che “tutti gli
abitanti della Terra che saltano radunati in un solo punto” vuol dire anche che tutte le
persone della Terra si trovano improvvisamente nella stessa zona. Finito il salto, iniziano i
problemi, perché tutti devono ritornare nelle loro case:
Le persone ai margini della folla si spostano verso l’esterno, nel Massachusetts
meridionale e nel Connecticut. Due persone qualsiasi che si incontrano probabilmente
non parlano la stessa lingua e quasi nessuno conoce la zona. Lo stato diventa un caos di
gerarchie sociali che si formano e si dissolvono. La violenza è diffusa. Tutti sono affamati
e assetati. I negozi di alimentari vengono svuotati. L’acqua è difficile da trovare e non ci
sono sistemi efficienti per distribuirla.
Nell’arco di settimane, il Rhode Island diventa il cimitero di miliardi di persone.
fonte: http://www.ilpost.it/2012/08/22/e-se-saltassimo-tutti-insieme/
-----------------------yomersapiens
- quindi, che ne pensi?
- penso di meritarmi l’oscar per la “migliore interpretazione di qualcuno a cui frega qualcosa di
quello che dici” se credi t’abbia ascoltato.
--------------------collective-history ha rebloggato taco-man-andre
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Post/teca
peashooter85:
John Garand poses with his legendary invention, The M1 Garand. 1939.
Chambered for the .30-06 cartridge, the M1 Garand was a semi-automatic rifle used by the U.S.
Military during World War II and Korea. It gave American infantryman an incredible advantage
since most nations of the time were using older bolt action rifles. The design was so effect that
Gen. George S. Patton called it “the greatest battle implement ever devised.”
Fonte: peashooter85
--------------------------cardiocrazia ha rebloggato sillogismo
“Dimmi, quante volte al giorno provi una fitta di dolore pensando: non le scriverò mai questa
cosa. Non conoscerà mai questo momento?”
— D. Grossman (via cosechenonsaidime)
Fonte: eravamonellostessoamore
----------------------
Lcw, la tecnica per le nano strutture ‘low cost’
Il ‘bagnamento litograficamente controllato’ brevettato dall’Ismn-Cnr facilita l’‘autoorganizzazione’ di materiale solubile a livello micrometrico e nanometrico senza bisogno di
particolari strumenti o infrastrutture. “È il fenomeno che forma l’impronta della tazzina del caffè
nel piattino”, spiega il ricercatore. La scoperta ha ottenuto la copertina di Nature Protocols. Tra le
applicazioni, etichette per controllare la ‘catena del freddo’ nei surgelati e dispositivi per la
nanoelettronica
Arriva nel campo delle nanotecnologie una nuova applicazione di una tecnica detta ‘bagnamento
litograficamente controllato’ (Lcw, dall’inglese lithographically controlled wetting), sviluppata e
brevettata dall’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Consiglio nazionale delle
ricerche (Ismn-Cnr) di Bologna. L’Lcw può essere applicata a qualsiasi composto materiale
solubile, permettendo la formazione di strutture micrometriche e nanometriche organizzate su larga
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Post/teca
area, senza bisogno di strumenti né di infrastrutture complesse. Il protocollo è stato pubblicato su
Nature Protocols, ottenendo la copertina del numero di settembre.
“La novità di questa tecnica consiste nella non necessità di interazione specifica tra le molecole del
composto e la superficie. In pratica, è possibile usarla su qualsiasi materiale solubile e per diverse
applicazioni tecnologiche”, specifica Massimiliano Cavallini dell’Ismn- Cnr. “L’Lcw ha permesso
di sfruttare materiali che sarebbero inutilizzabili con le tecnologie consolidate, in settori come la
fabbricazione dei transistori organici ambipolari, basati su nano strutture, la realizzazione di
elementi di memoria simili a cd miniaturizzati e la disposizione controllata di molecole biologiche
per sensori e crescita cellulare”.
La tecnica permette di controllare come una soluzione, in uno spazio limitato dalle protuberanze di
uno stampo, bagni la superficie solo in corrispondenza delle protuberanze, costringendo il soluto ad
auto-organizzarsi in spazi delimitati. “È il fenomeno che forma l’impronta della tazzina del caffè nel
piattino dopo che vi si è appoggiato il cucchiaino”, spiega Cavallini. “Nel nostro caso, lo stampo
viene posizionato su un substrato dove è stata depositata una pellicola sottile di una soluzione. A
causa della forza capillare, cioè dell’interazione tra le molecole di un liquido o un solido sulla loro
superficie di separazione, la soluzione si concentra tra il rilievo dello stampo e il substrato. Quando
il solvente evapora, aumenta la concentrazione del soluto che si deposita in corrispondenza delle
protuberanze dello stampo in maniera altamente controllata, dando origine a nano strutture di
dimensioni precise. Se il soluto è un materiale funzionale, si ottengono così nano strutture con
particolari proprietà fisiche come la conduzione elettrica o il superparamagnetismo”.
L’utilizzo di stampi facilmente realizzati con tecniche dette di rapid protyping e replica molding
rende il costo di tale tecnologia molto inferiore a quello delle tecniche litrografiche di tipo topdown. “Anche se è stata sviluppata per il modellamento di materiali semiconduttori molecolari e
polimerici in dispositivi elettronici organici, l’Lwc è stata estesa a materiali con proprietà ottiche
per realizzare etichette anticontraffazione di prodotti commerciali”, conclude il ricercatore. “Con
alcuni materiali che non cambiano stato con la temperatura si possono infatti creare elementi di
memoria per dispositivi che ‘raccontino’ la storia termica di un prodotto, contribuendo al controllo
del rispetto della ‘catena del freddo’ nei prodotti surgelati. In tempi di crisi economica, applicazioni
utilizzabili in più settori, compreso quello tecnologico, diviene un elemento essenziale”.
Il brevetto Cnr è stato concesso in licenza a una società di spin-off (Scriba nanotecnologie) operante
nel campo dell’anticontraffazione e conservazione dei farmaci.
Roma, 22 agosto 2012
La scheda
Chi: Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn- Cnr) di Bologna
Che cosa: Lwc, tecnica detta ‘bagnamento litroficamente controllato’
Per informazioni: Massimiliano Cavallini, Ismn-Cnr, e-mail: [email protected]
----------------------------curiositasmundi ha rebloggato uaar-it
“Il cristianesimo, in origine, vietava ai soldati addirittura il battesimo. Poi, con la nascita
dell’impero cristiano costantiniano, le cose cambiarono, e i religiosi cattolici in guerra
cominciarono ad assolvere la medesima funzione svolta dai loro omologhi di altre religioni:
cercare di dare un senso all’attività di uomini che rischiavano la pelle per ragioni a loro spesso
incomprensibili. Ma oggi, in uno stato laico che nella sua Costituzione afferma di ripudiare la
guerra, che senso ha un corpo di sacerdoti militarizzati, al cui vertice sta un vescovo nominato
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Post/teca
dal sovrano di uno stato estero, e che andrà in pensione con il grado e con gli emolumenti di
generale di brigata?”
— I cappellani militari si aggiornano spiritualmente. A spese nostre (Uaar Ultimissime)
---------------------curiositasmundi ha rebloggato bugiardaeincosciente
“L’amore va ritrovato nelle tazze della colazione, non nell’ostrica al ristorante.”
—
(E. Moon)
bugiarda e incosciente:
Fonte: sussultidellanima
-----------------------curiositasmundi ha rebloggato kindlerya
“Cara Licika, ti bacio subito all’inizio della lettera e non alla fine, com’è di regola: sono
impaziente! Posso dirti che il tuo nome è per me motivo di emozione, posso dirti che è l’unica
parola che fa rima con rivoluzione. Cara Licika, posso affermare con forza che nulla temo e
che nulla pretendo se non di avere la bellezza provata del vivere insieme sere e giorni, che
altrimenti sarebbero uguali a molti altri che ho trascorso senza felicità alcuna.”
— V.Majakovskij, Lettere d’amore a Lilja Brik
(via kindlerya)
-----------------------20120823
curiositasmundi ha rebloggato progvolution
“Un sognatore è colui che non sa trovare la propria via se non al lume della luna; e il suo
castigo è che egli vede l’alba assai prima degli altri.”
— Oscar Wilde (via progvolution)
-------------------“Sento la mancanza di un goccetto di vodka in onore dei tempi passati, che sono stati pessimi,
ma certo un po’ più movimentati di questi. Ma è solo un capriccio momentaneo, non il panico
da astinenza che ho già sperimentato. Sono decisa a mantenere la mia promessa, niente alcol,
niente droga né telefono né posta elettronica e la verità è che sto facendo meno fatica di
quanto mi aspettassi.”
Era da tempo che i nipotini di Isabel Allende chiedevano un libro nel quale potersi identificare.
Il personaggio di Maya nasce da questa tenera richiesta ad una nonna, che è la più grande
scrittrice latinoamericana che la letteratura contemporanea conosca.
Maya è una ragazza americana di 19 anni che in seguito alla morte del suo adorato nonno,
Popo, si ritrova a smarrire la retta via e a trovarsi in situazioni pericolose e drammatiche per
ogni età, ma principalmente per la sua. Sarà per salvarla dalla pericolosità di ciò in cui la
giovane donna si è invischiata che sua nonna, la Nini, la manderà sull’isola di Chiloè. La Nini
affida Maya al suo amico Manuel che saprà scovare le abilità della ragazza e le darà un lavoro.
Le descrizioni delle abissali differenze tra i bassifondi di Las Vegas e la natura selvaggia di
Chiloè sono descritti dalla stessa Maya che narra le sue vicende in prima persona.
198
Post/teca
La meraviglia della scrittura dell’autrice cilena colora tutte le pagine di questo romanzo in cui
prevale il senso di protezione e l’amore incondizionato di una nonna verso i propri nipoti, ma
che è tutto ma non di certo un romanzo per bambini.
"Il quaderno di Maya" (Feltrinelli, 2011) è un romanzo di formazione, è un romanzo di esilio di
partenze e di ritorni. E’ un romanzo di carattere fortissimo nelle sue parole. E’ un romanzo di
incontri che pone al centro un personaggio che da tempo aspettavamo nascesse dalla penna di
Isabel Allende.
fonte: http://www.sololibri.net/Il-quaderno-di-Maya-Isabel-Allende.html
---------------------------Arsène Lupin è un film del 2004 diretto da Jean-Paul Salomé, basato sul romanzo del ladro
gentiluomo Arsenio Lupin La contessa di Cagliostro scritto da Maurice Leblanc nel 1924.
Figlio di un abile ladro e istruttore di savate, Arsenio Lupin verrà iniziato all'arte marziale fin
da bambino. Quando i gendarmi verranno ad arrestare il padre, questo rivelerà la verità al
figlio riguardo alla sua vera attività e gli chiederà di rubare per lui la collana di Maria
Antonietta attualmente custodita dallo zio, il duca de Dreux-Soubise, un lontano discendente
della famiglia reale. Il duca, che li ospitava in virtù della parentela tra la madre di Arsenio e la
moglie, li caccia dopo la fuga del padre. Sulla strada incontrano il cadavere di un uomo che
viene riconosciuto da Arsenio come il genitore.
Ormai cresciuto, Arsenio è diventato un abile ladro con l'abitudine di sedurre le sue vittime e
l'orgoglio di non aver mai ucciso nessuno, sebbene sia ricercato proprio per omicidio. Mentre
va a trovare la madre ormai vecchia e malata, lei gli confida che l'assassino di suo padre era
venuto a farle visita. Mentre sta per rivelargli l'identità dell'uomo, arrivano i gendarmi ad
arrestarla per complicità nei crimini del figlio, ma l'emozione l'uccide. La cugina Clarisse lo
porta via dall'ospedale conducendolo a casa propria, sperando di farlo rimanere in incognito
come istruttore di arti marziali di suo padre. Dopo aver passato la notte con Clarisse, Arsenio
curiosa nello studio dello zio scoprendo alcuni strani documenti e origliando una
conversazione tra lui e un altro uomo. Li segue scoprendo che lo zio fa parte di un complotto
per ristabilire la monarchia in Francia. Durante la riunione gli uomini condannano a morte
una donna, Joséphine, accusata di essere una strega che trent'anni prima aveva tentato di
rubare una delle tre croci in possesso della congregazione. Le tre croci messe assieme infatti
avrebbero portato al tesoro della famiglia reale, nascosto da Maria Antonietta prima della
rivoluzione. Durante il processo solo un uomo si schiera dalla parte della donna, Beaumagnan,
inutilmente però. La condanna viene eseguita buttando la donna a mare, ma Arsenio riesce a
salvarla e la porta al fienile dentro la proprietà dello zio. Al suo risveglio non la trova più la
donna e Clarisse, sapendo che ha passato la notte con un'altra, lo caccia.
Arsenio avendo scoperto l'esistenza di un immenso tesoro, non vuole perdere l'occasione e
insegue lo zio partito per Parigi. Salito di nascosto sul treno su cui viaggiava, riesce a rubare
la croce e a seminare i suoi inseguitori. La croce se esposta al calore mostra il nome della
chiesa in cui trovare la successiva. Durante una processione in cui la seconda croce viene
esposta, Arsenio riesce a rubarla. Inseguito da Beaumagnan e dallo zio viene tratto in salvo da
Joséphine, ma perde il medaglione con il ritratto di Clarisse. Siccome i loro interessi
coincidono, Joséphine e Arsenio di alleano per trovare la terza croce e il tesoro di Maria
Antonietta, diventando anche amanti.
Clarisse viene interrogata riguardo al medaglione che Arsenio aveva con sé. La ragazza
racconta che l'uomo deve averlo rubato al sanatorio, ma Beaumagnan capisce che i due hanno
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Post/teca
avuto una relazione e la ricatta minacciando di dire tutto a suo padre se lei non gli svela la sua
identità. Clarisse alla fine cede.
Arsenio una notte trova un messaggio che gli dice di andare a un vecchio faro per sapere chi
ha ucciso suo padre. Lì trova Beaumagnan, che gli svela come sia stata Joséphine a uccidere
suo padre anni prima per impossessarsi della collana di Maria Antonietta. Joséphine però
interrompe la discussione dicendo che sono tutte menzogne. Beaumagnan tiene sotto tiro i due
con una pistola e Léonard, il complice di Joséphine, si intromette e ne nasce una rissa che fa
cadere Beaumagnan in mare subito dopo che ha sparato a Joséphine. Curata da Léonard, il
gruppo si dirige poi a Parigi.
La terza croce si trova al museo del Louvre e ogni sera viene ritirata dal curatore per
studiarla. Arsenio si intrufola nel museo fingendosi una delle prostitute che il curatore riceve
ogni notte, ma lo trova già morto. E' stato ucciso da Beaumagnan che ha predisposto tutto per
far ricadere la colpa su di lui. Prima che arrivi la polizia lo porta a fare un giro del museo
mostrandogli come il volto di Joséphine sia in quasi ogni ritratto della storia francese. Lei
infatti non è altro che la nipote del mago Cagliostro di cui ha imparato i segreti, riuscendo a
rimanere sempre giovane nel tempo. Secondo Beaumagnan lei non sta facendo altro che
manipolarlo per i suoi scopi e gli chiede di rifletterci bene quella notte e di venire a cercarlo a
casa sua con le altre due croci. Arsenio torna alla barca di Joséphine molto confuso e la donna
comincia a sospettare che lui le stia nascondendo qualcosa. Drogatolo, lo fa rinchiudere da
Leonard nella sala macchine della barca, ma si sente male, quindi è costretto a liberare
Arsenio per farsi dare la medicina. Prima di dargliela lui lo costringe a rivelargli dove
Joséphine ha nascosto le due croci.
La polizia intanto ricerca Arsenio per l'omicidio del curatore. La notizia giunge anche a
Clarisse e suo padre appena arrivati a Parigi. Lei si sente male e mentre viene visitata si
scopre che è rimasta incinta.
Arsenio irrompe nella banca in cui Joséphine ha nascosto le croci e nella cassetta di sicurezza
trova anche la collana di Maria Antonietta che lui aveva rubato per il padre da bambino.
Ottenute le croci si reca da Beaumagnan, che però è stato appena adescato da una prostituta.
Mentre sale nell'appartamento senza essere visto, assiste all'ipnosi di Beaumagnan da parte
della donna, che si rivela essere Joséphine. Secondo i suoi ordini lui dovrà rubare la croce
appena sentita una parola chiave alla festa che verrà data a casa del duca de Dreux-Soubise.
Arsenio quindi prende l'identità di un principe Russo e finge un'aggressione a spese di
Clarisse per entrare nelle sue simpatie, rimediando un invito alla festa. Arrivato al palazzo
dice subito a Beaumagnan la parola chiave. L'ipnosi fa effetto e l'uomo si reca dov'è custodita
la croce attendendo poi pazientemente ordini, mentre Arsenio balla con Clarisse fingendosi un
perfetto pretendente. Quando anche Joséphine arriva, fa apparire per qualche istante la
collana al collo di Clarisse attirando l'attenzione sua e dello zio, poi si apparta con la ragazza
sulla scale facendo sparire la collana senza che lei si accorga di niente. Inseguita dal padre,
Clarisse non capisce di quale collana lui parli e Arsenio si dilegua raggiungendo Beaumagnan.
Ancora sotto l'effetto dell'ipnosi gli rivela che suo padre non è mai stato ucciso, ma anzi fu lui
a uccidere il complice e a mettergli al dito l'anello per far sparire le sue tracce. Fu proprio lui
a dare la collana a Joséphine, dato che all'epoca ne era innamorato. Appena capito che suo
padre è un assassino, Arsenio sul momento rifiuta di accettarlo e se ne va portandosi via la
croce. Incontra Joséphine che lo sfigura e cerca di avere la meglio su lui, ma senza successo.
Intanto Clarisse viene raggiunta da Bonnetot che ha ottenuto da suo padre il permesso di
sposarla per metterla al riparo dallo scandalo, e l'aggredisce. Arsenio la raggiunge e la salva,
rivelando la sua vera identità e dicendole di raggiungerlo al suo rifugio. L'allarme ormai è
stato dato, Arsenio riesce a fuggire ma non Joséphine, che viene catturata.
200
Post/teca
Il giorno dopo Clarisse viene mandata da Arsenio dicendo che se non consegna le tre croci
Joséphine verrà uccisa. Lei però lo implora di portarla via perché è incinta di suo figlio.
Arsenio rifiuta perché non vuole che suo figlio abbia un ladro come padre e un assassino come
nonno. Dopo che Clarisse se ne va arrabbiata, Arsenio torna a meditare sulle croci e scopre
che possono essere combinate per formare l'Orsa Maggiore. Il giorno dopo porta le croci
all'appuntamento ma rimane vittima dell'attentato dinamitardo ordito da Joséphine e
Leonard. Salvato dagli stessi, se ne vanno lasciando Beaumagnan ferito e tutti i clienti del bar
morti, tra cui il duca e Bonnetot. Presosi cura di lui sulla sua barca, Joséphine cerca di
drogarlo e ipnotizzarlo, Arsenio però conosce il trucco e finge solo di essere in suo potere.
Intanto scopre che Clarisse è prigioniera sulla barca: Joséphine è gelosa di lei e del figlio che
porta in grembo perché non può procreare.
La notte Arsenio accompagna docile Joséphine al presunto luogo del tesoro e viene raggiunta
da Beaumagnan. Mentre entrambi sono convinti che lui sia senza volontà, fa cadere una grata
che li rinchiude. Viene rapidamente raggiunto dai suoi complici che hanno dato l'allarme alla
polizia e consegnato le prove dei loro crimini alle autorità. I due vengono arrestati mentre
Arsenio si reca velocemente alla barca perché Joséphine vi ha nascosto una bomba.
Raggiuntola in tempo, riesce a fuggire con Clarisse mentre Leonard si sacrifica per farli
fuggire. Intanto Beaumagnan viene liberato in quanto parte dei servizi segreti francesi e
Joséphine incarcerata. Poco dopo all'obitorio dov'è ospitato il cadavere del duca, Arsenio
scopre che l'uomo aveva un occhio di vetro con nascosta la pagina di un libro, che gli permette
di decifrare l'enigma e trovare il tesoro. Questo è nascosto nella scogliera davanti al luogo
dove anni prima Beaumagnan aveva finto la sua morte. Raggiunta la grotta e apertala con
una delle croci, Arsenio viene raggiunto dal padre che tenta di ucciderlo, ma durante la lotta
sul ciglio della scogliera l'uomo cade e muore. Joséphine riesce a evadere dal carcere.
Diversi mesi dopo Arsenio vive con Clarisse e porta a segno un colpo dopo l'altro assieme alla
sua banda. Dopo una nottata di lavoro torna a casa e trova la servitù e Clarisse uccisa. E'
stata Joséphine che ha ordito l'attentato per rapire suo figlio. Distrutto dalla perdita Arsenio
si crea una nuova identità e ricomincia con la vita spericolata da ladro, ma in solitaria. Diversi
anni dopo, nel 1913, mentre è in compagnia di una giovane donna incontrano una delegazione
venuta ad accogliere l'arciduca d'Austria. Da lontano Arsenio però scorge Joséphine in
compagnia di un ragazzo che sembra suo figlio. Lui ha in mano una valigetta e la sta portando
vicino alla delegazione dell'Arciduca. Arsenio lo raggiunge e gliela sottrae. Il ragazzo sul
momento resiste, poi si volta e se ne va, permettendo ad Arsenio di lanciare la valigetta in aria
e sventare l'attentato dinamitardo. Joséphine accorre preoccupata, ma capisce che Arsenio è
vivo, mentre lui si dilegua tra la folla.
fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Arsenio_Lupin_(film)
----------------------“Dio si deve essere spruzzato addosso del Frontline tra il vecchio ed il nuovo testamento sennò
non si spiega perché si comportasse da checca isterica con gli ebrei e poi facesse fare a suo
figlio un po’ quel che cazzo gli pareva…”
— L’ora di religione secondo Kon-igi
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«Se continuiamo così, la Sicilia fallisce».
La lezione eretica di Mimì La Cavera
di Francesco Prisco
«L'elefantiasi della regione porterà la Sicilia al fallimento. Quello che serve sono le industrie: quelle
e solo quelle possono salvare l'isola». Sono parole di Mimì La Cavera, primo presidente di
Confindustria Sicilia, che a quel tempo (l'immediato dopoguerra) si chiamava Sicindustria,
protagonista indiscusso della storia politica ed economica dell'Isola che fino a qualche mese prima
di morire (si è spento l'anno scorso, a febbraio) ha continuato a insistere sulla sua ricetta di
sviluppo: fare in modo che arrivassero nuove imprese in Sicilia, che ne nascessero di nuove, che si
consolidasse l'alleanza tra impresa e ricerca scientifica, che vi fosse meno burocrazia e meno
sperpero di denaro pubblico.
Continuava a ripeterlo ai ragazzi di Confindustria Sicilia (Antonello Montante e Ivan Lo Bello).
Una grande lezione per gli imprenditori, proveniente da chi negli anni le aveva provate tutte pur di
far partire un sano sviluppo economico. Prima con la Sofis (la Società finanziaria siciliana) che lui
aveva progettato in un modo e poi nelle mani di certa classe politica era diventata strumento di
intervento pubblico nell'economia: da lì era arrivata la regione imprenditrice e protagonista di tante
nefaste vicende economiche negli ultimi anni. Ma, al contrario di quanto hanno voluto far credere,
quell'invadenza della regione nell'economia non era figlia delle idee di La Cavera mentre era figlia
delle idee di Mimì la costruzione della Fiat a Termini Imerese o la costruzione di una fabbrica di
bottiglie nella zona in cui si produce una grande quantità di vino, nel trapanese.
Mimì artefice e sostenitore del governo guidato da Silvio Milazzo che mandò la Dc all'opposizione,
era il difensore dell'autonomia nel senso più nobile della parola ed era acerrimo nemico di quelle
forze del Nord che volevano la Sicilia supina: furono i grandi gruppi settentrionali a volere la sua
espulsione da quella Confindustria che aveva contribuito a far crescere. A La Cavera è dedicato il
libro, scritto dal giornalista Nino Amadore che si intitola «L'Eretico. Mimì La Cavera un liberale
contro la razza padrona» che è edito da Rubbettino (115 pagine, 12 euro).
E la storia dell'imprenditore diventa l'occasione per raccontare quello che la Sicilia poteva essere e
non è stata per colpa di scellerate scelte politiche, fatte anche alla Costituente. Basti citare la
risposta che diede a Mimì l'allora presidente della regione siciliana Franco Restivo (che poi divenne
ministro in diversi governi): «Ma sei pazzo, - disse a La Cavera - se crei industrie crei anche operai
e se crei operai crei comunisti». Ecco qual era l'atteggiamento che ha portato all'elefantiasi della
regione. E a una spesa pubblica gigantesca che ha portato l'isola sull'orlo del crack.
Nino Amadore
«L'Eretico. Mimì La Cavera, un liberale contro la razza padrona»
Rubbettino
Euro 12, pp. 115
fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-07-24/continua-cosi-sicilia-fallisce174848.shtml?uuid=AbzhzGDG
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biancolatte ha rebloggato unfebbraiononbisestile
“
Ti amo per le ciglia, per i capelli, ti dibatto nei corridoi
bianchissimi dove si giocano le fonti delle luci,
ti discuto a ogni nome, ti svelo con delicatezza di cicatrice,
ti metto sui capelli ceneri di lampo
e nastri che dormivano nella pioggia.
Non voglio che tu abbia una forma, che tu sia
esattamente ciò che è dietro la tua mano,
perché l’acqua, considera l’acqua, e i leoni
quando si dissolvono nello zucchero della favola,
e i gesti, questa architettura del nulla,
che accendono le loro lampade a metà dell’incontro.
Ogni mattina è la lavagna dove ti invento e ti disegno,
pronto a cancellarti, così non sei, neppure con questi
capelli lisci, questo sorriso.
Cerco la tua somma, il bordo della coppa dove il vino
è anche la luna e lo specchio,
cerco questa linea che fa tremare un uomo
in una galleria di museo.
Per di più ti amo, e fa tempo e freddo.
”
— Julio Cortàzar, Poema (Le ragioni della collera)
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Croce e Gentile, amici della scienza
Il ritardo dell'Italia non è colpa dei due filosofi. Ma comincia negli anni
Sessanta
A cento anni dal quarto congresso internazionale di filosofia, che si svolse a
Bologna nell'aprile del 1911, diversi giornali e siti web hanno ricordato che il convegno fu la
sede del divorzio fra scienza e filosofia. La rottura si sarebbe consumata nel vivo dello
scontro fra il presidente del convegno, il matematico Federigo Enriques, e Benedetto
Croce: Enriques era convinto che la filosofia dovesse essere legata al progresso delle
scienze; mentre Croce, secondo questa vulgata, era contrario al dialogo fra le discipline
umanistiche e le scienze esatte. Da allora, se siamo diventati un Paese segnato da una
mentalità retorica e antiscientifica, lo dobbiamo principalmente a Croce, e a Gentile, che
dall'inizio del secolo esercitarono la loro egemonia sulla cultura italiana.
Ci sono buone ragioni per non accettare questa interpretazione: innanzitutto
perché non è possibile definire Croce e Gentile avversari della cultura scientifica; in
secondo luogo perché il neoidealismo non monopolizzò la cultura italiana del XX secolo
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dalle origini fino a giorni recenti; in terzo luogo perché nel nostro Paese la scienza conobbe
i periodi più proficui proprio quando i filosofi neoidealisti dispiegarono la loro maggiore
influenza.
Partiamo dal congresso di filosofia del 1911. L'unico filosofo idealista di una certa
notorietà presente a Bologna fu appunto Croce, che, tornando a Napoli, accusò Enriques di
essere del tutto estraneo al mondo della filosofia. La polemica era nata qualche anno
prima: Enriques era un matematico importante, uno studioso impegnato nei problemi del
suo tempo. Persuaso che la scienza dovesse influenzare ogni settore della cultura, aveva
discusso con Croce. La questione che li divideva era questa: le scienze sono uno strumento
della conoscenza?
Enriques ne era convinto, mentre Croce lo negava, poiché riteneva che la ricerca
scientifica potesse approdare a una conoscenza puramente descrittiva delle cose.
Appartenendo al mondo della conoscenza empirica, per definizione estranea alla
metafisica, la scienza, secondo Croce, non avrebbe potuto produrre concetti «veri» nel
senso che egli attribuiva alla verità. Il suo obiettivo non era quello di negare valore alla
scienza, che nel pensiero crociano avrebbe svolto una funzione utile e necessaria al
progresso dell'umanità. Croce si considerava piuttosto un severo avversario del positivismo
e dell'idea che la metodologia di ricerca delle scienze esatte si potesse applicare alla
conoscenza della realtà.
Molti studiosi aderirono al pensiero di Croce, perché in esso riconobbero una fede
laica nell'umanità e nella storia, pensata come opera collettiva alla quale ciascun individuo
collabora con le sue capacità. In questo senso è certamente possibile parlare di egemonia
crociana riferendosi al periodo 1903-13, quando, senza alcun potere accademico o politico,
il filosofo fu in grado di dare una risposta alle domande provenienti da molti intellettuali
italiani. Si trattò di anni difficili per la scienza? A giudicare dai risultati ottenuti da Camillo
Golgi e Guglielmo Marconi, da Vito Volterra e Ulisse Dini, verrebbe da dire il contrario.
Il ruolo di Croce cambiò con la guerra di Libia. Da allora Gentile cominciò ad avere
una maggiore influenza sui giovani studiosi. Con l'avvento del fascismo, poi, impose una
vera e propria egemonia sull'organizzazione della cultura, contando sul sostegno di
Mussolini. Nominato ministro dell'Istruzione nel 1922, Gentile portò in Parlamento la
riforma che istituì il liceo scientifico e rese il liceo classico una scuola d'élite: l'unica che
consentiva l'iscrizione a tutte le facoltà universitarie, la più selettiva, quella dove si
insegnavano la letteratura, la storia e la filosofia, il latino e il greco, e le scienze in misura
poco rilevante.
Ciononostante, fra i tanti che fra il 1922 e il 1925 espressero dure critiche
contro la riforma, gli scienziati non furono certo in prima fila. Nel 1925 Gentile fu
nominato direttore scientifico dell'Enciclopedia Treccani: un'istituzione imponente, che
diede alle scienze uno spazio considerevole. A dirigere la sezione dedicata alla matematica
Gentile chiamò proprio Enriques, chiedendogli di coordinare il lavoro di una sessantina di
studiosi, fra cui ricercatori del calibro di Ugo Amaldi, Guido Castelnuovo ed Enrico Fermi.
Nel 1928 il filosofo divenne direttore della Scuola Normale di Pisa e nel 1941 fondò la
«domus galileiana», un importante centro di studio per la storia della scienza.
Se, dunque, l'egemonia di Gentile sulla cultura italiana fu una realtà
indiscutibile, in che modo egli influenzò la scienza italiana? A giudicare dagli enti creati
dal regime, dobbiamo constatare che la presenza di un filosofo neoidealista ai vertici
dell'organizzazione culturale fu un fatto decisamente positivo: nel 1923 nacque il Consiglio
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nazionale delle ricerche; nel 1926 l'Istituto centrale di statistica; sempre nel 1926
l'Accademia d'Italia, che negli anni Trenta assunse il patrimonio dell'Accademia dei Lincei;
nel 1927 l'Istituto di storia delle scienze; nel 1934 l'Istituto di sanità pubblica e nel 1939
l'Istituto nazionale di alta matematica e quello di geofisica.
Dagli anni Quaranta e poi dal decennio successivo, il neoidealismo fu una corrente
minoritaria fra gli intellettuali italiani che accolsero l'esistenzialismo, la fenomenologia, il
marxismo e il neoilluminismo e negli anni Sessanta recepirono gli stimoli offerti dallo
strutturalismo. Da allora l'antropologia, la ricerca sociale, la psicologia, la critica letteraria
e, ovviamente, la linguistica divennero campi del sapere di una cultura che si emancipava
dalle strettoie in cui l'avevano confinata Croce e Gentile.
Proprio in quel periodo iniziò il lento declino della scienza italiana, sempre più
isolata, senza spazi di autonomia e alle prese con un ceto politico privo di strategie. Dalla
metà degli anni Sessanta tutti i premi Nobel italiani assegnati a scienziati furono vinti da
ricercatori nati in Italia, ma professionalmente cresciuti all'estero. Nello stesso tempo in
cui l'Istituto superiore di sanità e il Comitato nazionale per l'energia nucleare furono
coinvolti in vicende giudiziarie che ne misero in discussione la gestione, le industrie
private, che avrebbero potuto impegnare il loro capitale nell'innovazione tecnologica,
posero fine a una stagione di investimenti coraggiosi. A sua volta lo Stato investì sempre
meno nei campi che avrebbero potuto promuovere ricerca industriale. Tutto questo
accadeva nell'Italia degli anni Sessanta, quando Croce e Gentile erano lontani nel ricordo
degli intellettuali.
Ma allora, se è così, invece di accusare dei ritardi della ricerca scientifica i
filosofi neoidealisti, invece di attribuire le colpe al liceo classico voluto da Gentile, o alla
concezione crociana della scienza, perché non ricordare che la ricerca scientifica coinvolge
una grande quantità di soggetti, come le industrie, le università, gli enti e gli istituti di
ricerca non universitari, la pubblica amministrazione, i governi? E cioè che si tratta di un
complesso di attività e di istituzioni che riguarda la cultura politica, le istituzioni e
soprattutto l'economia di un Paese?
Alessandra Tarquini21 agosto 2012 | 12:25
fonte: http://www.corriere.it/cultura/12_agosto_21/tarquini-croce-gentile-amici-scienza_a2dca5eeeb72-11e1-86c1-4eb4011ad571.shtml
-------------------onepercentaboutanything ha rebloggato vivenda
“Non stupitevi se da oggi le nuvole vi sembreranno disegnate meglio del solito… un saluto al
grande Sergio Toppi…”
— Luca Usai - fumettista e poeta (via vivenda)
----------------
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Sui misteri di londra: la scheda di sala
I Misteri di Londra fu messo in scena da Guido Ceronetti e Erica Tedeschi nel 1978 - esclusivamente in appartamento in un castelletto per marionette. Il lavoro veniva rappresentato nel laboratorio casalingo del Teatro dei Sensibili ad
Albano Laziale. Dalla rappresentazione casalinga degli anni 70, I misteri di Londra non è più stato messo in scena. Il
testo è quello ceronettiano edito da Aragno nel 2004, ma presenta innovazioni scenografiche e stilistiche approvate da
Ceronetti stesso. Si tratta di un teatro di marionette unito al teatro d’attore, come storicamente avvenuto in questi
anni con gli spettacoli del Teatro dei Sensibili. L’esperienza teatrale maturata nel tempo ha lasciato una traccia visibile
in questa nuova rappresentazione. Il teatrino è luogo di sperimentazione; come da tradizione, le marionette si
muovono agitate da passioni e desideri, costruiscono momenti tragici e magici fino ad esplodere; fuoriescono dal
boccascena e invadono lo spazio del pubblico, tentando di stringerlo in un potente abbraccio fraterno. La storia narra
del misterioso Jack Lo Squartatore, assassino che mai compare, ma il suo mantello svolazzante, il suo sogghigno
ironico, la sua voce suadente, gravano minacciosi sulla misera e malavitosa Spitalfields dell’epoca vittoriana.
Stralunate, distaccate, metaforiche e caustiche le personalità che attraversano questo testo; dalle vittime che spesso
desiderano essere da lui sacrificate, a Holmes e Watson, Frankenstein, Bakunin, Dickens, Lewis Carroll, Alice, la Regina
Vittoria e molte altre, in una carrellata a tratti astratta a tratti comica che porterà alla scoperta, sul finale chiassoso e
delirante, del vero assassino. La scenografia combina la baracca, ispirata ai teatrini ceronettiani, con un insieme di
pedane ed elementi necessari alla nuove scelte drammaturgiche. La baracca è il nucleo centrale della scena: da essa
appaiono gli attori che interpretano la marionetta in un continuo gioco di scambio fra interno ed esterno. Le
marionette, realizzate interamente a mano, ciascuna con un proprio carattere esaltato da specifiche possibilità di
movimento, portano costumi cuciti appositamente sulle loro personalità. Gli attori sono quelli dello stile “famiglia
teatrale” voluta da Ceronetti. Il legame stabilito con i Sensibili è un legame forte, indissolubile. I misteri di Londra
rappresenta il punto di incontro tra la vita e la morte. Jack è un buco nero nel mondo, il divoratore di anime; urlano
ancora le voci desolate delle vittime, cercando giustizia. Jack è il lato oscuro dell’umanità. Jack semina terrore e
mistero, è il limite estremo, il bordo del cornicione. Leggere di Jack lo Squartatore è come stare sull’orlo del baratro
con i piedi puntati a terra, le braccia roteanti levate verso il cielo. Le marionette hanno un’anima, un filo d’acciaio al
loro interno. Questo filo, il filarmòn, sale verso il cielo e con esso, attraverso la mano del marionettista, comunica.
“I fili di tutto li conosco / e la loro onnipotenza. / E nessuno di noi tiene / i fili di niente, / tengono noi i fili, / invece”
Guido Ceronetti, Viaggia Viaggia, Rimbaud, Genova, Il nuovo melangolo, 1992
fonte: http://www.teatrostabiletorino.it/tst0809/?action=view&ID=604
----------------sillogismo ha rebloggato doppisensi
“…Ora in epoca di e-mail e sms, i pochi che scrivono ancora lo fanno col computer o col
telefonino. Solo qualche anziano aristocratico o giovane fighetto usa la stilografica.
In ogni casa ci sono circa dieci biro, di cui solo due funzionanti, e male.
A volte si volatilizzano, è fenomeno fisico accertato che una biro, lasciata incustodita anche
solo per alcuni secondi sparisca e non si trovi più.
Si usano comunque per firmare la ricevuta di un pacco postale o per fare la lista della spesa.
A volte, pescandola da una capace borsetta femminile, per scrivere le sempre più rare
cartoline che si inviano in occasione di un viaggio, con calligrafie incerte e firme quasi sempre
illegibili.
E il pennino, il glorioso pennino, è diventato materia da collezionisti.”
— F. Guccini - “Dizionario delle cose Perdute” (via doppisensi)
Fonte: lyndin
------------------tempibui
Anche sui baci dovrebbero esserci le avvertenze, come sui pacchetti di sigarette. Tipo: “non
contiene promesse di un futuro insieme”.
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20120824
3nding ha rebloggato curiositasmundi
“Nei Vangeli, a dire il vero, si parla poco di matrimonio. È solo con San Paolo che esso diventa
sacramento, a partire da un famoso passo della lettera agli Efesini in cui Paolo scrive: “Le
donne siano sottomesse ai propri mariti come al Signore, perché l’uomo è capo della donna
come il Cristo è il capo della chiesa […] l’uomo lascerà il padre e la madre e si attaccherà alla
sua donna, e i due saranno una carne sola”. Paolo quindi conclude affermando: “Questo è un
grande mistero”. Ora, il termine greco mysterion è stato poi reso in latino con sacramentum:
da qui l’idea del matrimonio come sacramento che permane, secolarizzata, nel concetto di
matrimonio che Derrida definisce “ipocrisia religiosa e sacrale”.”
— Il tramonto del matrimonio | Liguria | cultura | Il Secolo XIX (via uaar-it)
Fonte: ilsecoloxix.it
----------------------selene ha rebloggato pivotalrole
“Se vuoi una vita felice devi dedicarla a un obiettivo, non a delle persone o a delle cose.”
— Albert Einstein. (via goodbyeoptimism)
Fonte: goodbyeoptimism
-------------------------violentafiducia ha rebloggato inveceerauncalesse
“
Forse eri complicato perché non eri innamorato.
Perché le persone innamorate sono piuttosto semplici da capire.
Arrossiscono bruscamente.
Fanno di tutto per vederti, anche dopo una giornata stancante. Chiamano spesso. Danno il
buongiorno e la buonanotte.
Ti raccontano le sciocchezze più assurde capitate nella giornata. Le persone innamorate
hanno le idee piuttosto chiare.
Vogliono essere guardate con gli stessi occhi e parlare al futuro. Alle persone innamorate,
piace parlare chiaro.
Alle persone innamorate, manchi sempre.
Anche uno sconosciuto può riconoscere una persona innamorata. Quindi forse era più
semplice dire che eri complicato che
“ non è innamorato “.
”
— (via ildifettodiamanda)
Fonte: freckledlizard
----------------------thatwasjustyourlife ha rebloggato rondinebianca
“Sei la parte mancante che torna da lontano a combaciare.”
— Erri De Luca - Il giorno prima della felicità (via andreadonaera)
Fonte: mariofiorerosso
207
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-------------------3nding
“Da regalare a tutti i maschi italiani al compimento del diciottesimo anno d’età, un opuscolo
illustrato con una grande realtà in ogni pagina. Un volume essenziale che mostri al novello
adulto italico temi ancora tabù nel 2012. Ad esempio a pag. 12 c’è scritto “Anche le donne si
scaccolano.” A pag. 19 “Anche le donne scorreggiano”. In quarta di copertina la scritta
“Anche le donne ruttano” mette subito in chiaro le cose.”
— 3nding
-----------------------spaam ha rebloggato coqbaroque
“Lo ammetto, sono una cintura nera di Kung Fu. Non è una cosa di cui mi vanto, non posso
farlo, ci hanno insegnato così, a non vantarci. Il Kung Fu mi ha aiutato con l’autostima, a
pensare che non esistessero ostacoli talmente insuperabili da non poter essere affrontati e
superati. Infatti, ora che mi trovo in una stato di indigenza tale da non potermi più permettere
l’ammorbidente per i panni, appena si asciugano, li prendo a calci.”
— Come il Kung Fu mi ha aiutato a superare la crisi. | CoqBaroque, su Diecimila.me
(via soggetti-smarriti)
Fonte: waxen
-----------------inveceerauncalesse ha rebloggato claire1
“-Prendi un piatto e tiralo a terra.
-Fatto.
-Si è rotto?
-Si.
-Adesso chiedigli scusa.
-Scusa.
-E’ tornato come prima?
-No.
-Ora capisci?”
— Francesco Sole (via phonkmeister)
Fonte: phonkmeister
---------------------unatombaperlelucciole
Guardo il cielo da bambino, da quando la postina mi disse che a guardare sempre i boschi gli occhi
pigliano il verde.
Lei ce li aveva neri a forza di leggere gli indirizzi. Io per tenermeli chiari ho cominciato a fissare i
cieli.
E.De Luca
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biancaneveccp ha rebloggato senzatenonsononiente
“Non appoggiarti mai a nessuno, perchè ricorda: se si sposta, tu cadi.”
— cit. (via fragile-sissy)
Fonte: fragile-sissy
-------------------------cosinonmidimentico ha rebloggato valinonfarumore
“Queste conchiglie che ho trovato
saremo noi
noi acquietati levigati
senza più dolori
di bei colori
poseranno le orecchie su di noi
per ascoltare
che rumore fa
il mare.”
— Vivian Lamarque, Queste conchiglie (via valinonfarumore)
Fonte: unfebbraiononbisestile
-----------------selene ha rebloggato curiositasmundi
Se le chiese fossero gratuite
precipitandosivola:
Se le chiese fossero bordelli, o enormi bar dove ti fanno il migliore Spritz al Campari. Se le chiese
fossero enormi farmacie dove comprare la tua droga preferita per farti bene e stare bene con chi
cazzo vuoi. Se le chiese fossero sale da ballo dove ascoltare la musica che ti piace e lasciarti
andare, o campi da pallavolo o basket o piste da pattinaggio dove praticare dello sport. Se le
chiese fossero enormi spazi per mostre d’arte, o cessi pubblici dove potersi lavare il culo dopo
aver cagato. Se fossero cessi, le chiese, che se sei in giro tu sai che ci sono dei cessi belli e puliti e
puoi cagare in pace, senza per forza entrare in uno stupido bar e bere pure il centesimo caffè della
giornata. Se le chiese fossero scuole, ospedali, mense, bocciodromi, biblioteche, saloni di
bellezza. Se le chiese fossero gratuite.
Fonte: precipitandosivola
-----------------------kon-igi ha rebloggato curiositasmundi
curiositasmundi:
eadessofuorisispengonoleluci:
(Comunque l’unico limite di tumblr è che non si possono postare gli odori, che tra dolci, pizze,
fiori, tè di ogni tipo, sarebbe una cosa stupenda.)
Il mio odorerebbe di figa, gangia fruttata, carta di libro e di foto appena sviluppata.
Carne putrefatta e polvere da sparo?
Fonte: eadessofuorisispengonoleluci
-------------------curiositasmundi
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Post/teca
“« Non si deve ancorare una nave ad una sola àncora,
né la vita ad una sola speranza.»”
— - EpittetoChe per dovizia del particolare, su un’imbarcazione si raccomanda l’uso di tre
ancore: la prima detta Di Posta, un’altra detta Di Rispetto e la terza chiamata,
appunto, Di Speranza.
Sapevatelo.
--------------------curiositasmundi ha rebloggato non-si-vede-bene-checol-cuore
“Da quando ho saputo che il mio cuore batte 103.389 volte al giorno, che respiro 20.040 volte
inghiottendo 438 metri
cubi d’aria, che pronuncio una media di 4.800 parole e faccio muovere 750 muscoli, che le mie
unghie crescono di 0,0046 millimetri e i capelli di 0,17 millimetri al giorno, sento proprio il
bisogno di riposarmi.”
— Gino Bramieri (via non-si-vede-bene-checol-cuore)
--------------------waxen
“La morte dovrebbe essere almeno la risposta definitiva alla domanda: “Come stai?”.”
— Demerzelev, su Diecimila.me
-------------selene ha rebloggato iceageiscoming
“L’inferno è un mouse a cui non funziona lo scroll”
— (via iceageiscoming)
----------------
La prossima porcata
NORMA RANGERI
24.08.2012
E nel paese che aveva avuto un regime mediatico ventennale seguito da un successivo governo
della Goldman Sachs, per non interrompere il serial si andò alle elezioni inventando un
superpremio di maggioranza al primo partito, un inedito mondiale (Grecia a parte). Gli elettori
furono chiamati anticipatamente alle urne per volere del capo dello stato che dettò le
condizioni di un'alleanza centrista, sfasciando del tutto il già disastrato campo della sinistra. La
fantapolitica è spesso anticipatrice della realtà (il 1994 ce lo ricorda) e in Italia potrebbe
accadere di nuovo: votare con un sistema frankestein (metà Mattarellum, metà tedesco, metà
spagnolo), scelto da partiti al minimo storico del consenso, dopo appartati conciliaboli in
comitati ristretti.
L'intesa su una nuova legge elettorale, annunciata dal vicesegretario del Pd, Enrico Letta
(«l'accordo c'è e verrà comunicato tra poco»), è stata raggiunta perché, scrivono i giornali del
centrodestra, anche Berlusconi avrebbe seppellito il «porcellum» sciogliendo la riserva sulle
elezioni anticipate. Naturalmente sperando di vincerle o, più realisticamente, di non perderle.
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Post/teca
Non importa a quante giravolte assisteremo prima della definizione degli ultimi, decisivi,
dettagli (percentuale del premio di maggioranza, dimensione dei collegi...), quel che sappiamo
basta per dire che alle porcate non c'è limite.
Una legge elettorale che viene decisa a ridosso del voto è un'indecenza di per sé. Non solo
esiste una direttiva europea che invita i paesi a mettere un anno di distanza tra le riforme
elettorali e il voto. Non solo cinque anni di legislatura non sono bastati per sostituire il
«porcellum» e offrire al paese un tema serio, un dibattito alla luce del sole. Non solo una
proposta referendaria che aveva raccolto un milione e mezzo di firme è stata cassata. Ma
questo arzigogolo elettorale è in tutta evidenza costruito per facilitare una grande coalizione in
continuità con il governo Monti. Sempre che, alla fine, il Pd non abbia lavorato per il re di
Arcore. Come è altamente probabile, alla fine berlusconiani e leghisti faranno cartello
(riprendendosi anche la loro quota di transfughi grillini) mentre a sinistra la coppia BersaniCasini farà molto male alla speranza di spegnere la musica di Monti, gonfiando invece la
protesta contro questi partiti.
È l'inganno perpetuo: come nel referendum del maggioritario (lo ricorda ai lettori la copertina
del '93 che ripubblichiamo oggi), con l'80 per cento di «sì» il popolo pensò di essersi liberato
del vecchio regime, della partitocrazia e invece cambiarono solo le facce (e non tutte), così
domani lo strombazzato funerale al bipolarismo potrebbe tradursi, senza soluzione di
continuità, in una farsa del proporzionale, con gli stessi partiti, e persino le stesse facce di
oggi, al governo di domani. Ma Bersani conosce il gioco dell'apprendista stregone?
fonte: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8330/
----------------------selene ha rebloggato onepercentaboutanything
Un inferno personale a soli 40 centesimi.
yomersapiens:
Una macchinetta in fondo alla sala aspetta una moneta che, una volta inserita, si sfracella su di un
sensore il cui compito è percepirne il peso, misurarlo, quantificarlo, accende una serie verticale di
led rossi allineati su targhette riportanti scritte, con una pressione del pulsante prescelto la
selezione viene destinata alla preparazione, l’acqua stantia contenuta in un serbatoio putrido passa
attraverso dei sifoni incandescenti, viene sospinta fino all’incontro con il caffè raffinato in polvere
grezza e pigiato in una cialda, si mescola con quello che parrebbe essere latte liofilizzato,
aggiungere zucchero a piacimento selezionando la luminescenza in una scaletta di valori che
vanno dal deserto del dolce al suo corrispettivo in glucosio dal peso specifico paragonabile al
piombo, il tutto viene riversato in un contenitore di plastica che sicuramente causerà ustioni e
potrà essere prelevato non appena un bastoncino trasparente simulante la natura di un cucchiaino
viene gettato all’interno del liquame scuro con punte chiaro opache ai lati.
Bevi un sorso, ha lo stesso sapore di una morte lenta e dolorosa chiuso in una macchina
abbandonata in autostrada durante il ponte di ferragosto con i finestrini chiusi a leccare la
condensa del proprio sudore.
Lo metti via, maledici il bar del museo che si permette di andare addirittura in ferie, decidi di
investire il restante tempo della pausa caffè per descrivere nel modo più distante possibile
l’orribile esperienza appena vissuta.
Funziona così, quando vuoi superare i traumi.
Fonte: yomersapiens
----------------selene ha rebloggato ilfascinodelvago
211
Post/teca
“Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono
più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. Lo scrivere è
una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando
delle contorte linee nere sopra la carta bianca. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti
sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare
scampo. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà
salvare. (Forse).”
— Dino Buzzati (26 ottobre 1957)
-------------------20120827
La corrispondenza Fellini – Moebius
Pubblicato il 23/06/2012 da matteos
Esattamente trentatre anni fa, Federico Fellini scrisse una – ormai celebre – lettera rivolta a Moebius.
Si trattava della risposta ad una precedente missiva di Moebius, che a sua volta faceva seguito al loro primo incontro, avvenuto agli
inizi del 1979. Nelle scorse settimane, dopo la morte di Giraud, mi sono reso conto che – quantomeno in rete – non esistono
traduzioni complete di questa corrispondenza (che sulla stampa anglofona, peraltro, è riemersa priva della prima delle due lettere,
finendo per essere dipinta come “fan-letter”), e riprendendo i due testi – rispolverati per esempio daArte.tv – ho pensato,
semplicemente, di trascriverli qui.
La lettera di Moebius, datata Primavera 1979:
Federico,
Avrei voluto scriverti il giorno stesso del nostro incontro, poi il giorno dopo, poi tutti i giorni … ma il programma di un
viaggiatore è imprevedibile, e ad ogni modo il mio è davvero carico. E così solo ora sono finalmente in grado di soddisfare il
mio desiderio.
Naturalmente pensavo di esprimere i miei ringraziamenti, come è d’uso fare … ma la forza di quel che ho provato durante il
nostro incontro è tale che la cornice delle abitudini mi sembra scoppiare in mille pezzi.
Sento ancora l’energia positiva che improvvisamente mi ha avvolto, non appena ci siamo visti, come se un angelo ci stesse
avvolgendo con la sua aura calorosa. Sento ancora la bontà delle tue braccia quando mi hai stretto a te, come se fossi
improvvisamente diventato un ragazzo stretto affettuosamente da uno zio gigantesco …
Che esperienza! Raramente ero stato immerso in un simile bagno di giubilo interiore, con una bella schiuma di soddisfazione
intellettuale e un simile profumo di giustezza spirituale.
Smetto qui di violare il tuo pudore con i miei complimenti, abbiamo già dovuto farteli mille volte. Sappi tuttavia che hai fatto un
dono meraviglioso a Moebius, e che l’occhio che aiuta a scegliere la giusta luce non è stato stimolato solo sul piano materiale.
Spero di avere un’altra occasione di incontrarti … Nel frattempo ti auguro buona vita, con amore, amori e luci, e luce! …
La lettera di Fellini, datata 23 giugno 1979:
Caro Moebius,
Tutto ciò che fai mi piace, anche il tuo nome mi piace. Nel mio filmCasanova, ho chiamato il vecchio medico-erborista
omeopatico, metà mago metà stregone, “Moebius”. Era il mio modo di mostrarti il mio affetto e riconoscenza, perché sei
davvero meraviglioso. Non ho mai avuto il tempo di dirti quanto e perché. Spero di potertelo esprimere ora.
Sono nel bel mezzo delle riprese, e come al solito mi sento sospeso come in un delirio febbrile – forse questa volta anche un po
‘più febbrile del solito. Talvolta ho la netta sensazione di dovere ancora iniziare le riprese, eppure altre volte mi sento come se
avessi già finito molto tempo fa. Vivo come se fossi sospeso in uno dei tuoi universi obliqui, senza peso.
Mi dispiace che questa lettera sia un po ‘affrettata e forse tenda a divagare, tanto più perché la gioia e l’entusiasmo che mi danno
i tuoi disegni richiederebbe la massima precisione, e vorrebbero che ti dicessi tutto, subito e tutto insieme.
Lasciami allora almeno dire che, scoprendo ciò che fai tu, e i tuoi colleghi a Métal Hurlant, ho subito ritrovato una sensazione
toccante – come di fronte a un appuntamento meraviglioso che ci era periodicamente promesso – che avevo conosciuto solo da
bambino, tra due consegne del nuovo numero del “Giornalino della Domenica”, che portava i racconti delle avventure di “Happy
Hooligan” e dei “Katzenjammer Kids”.
Che grande regista saresti! Ci hai mai pensato?
Ciò che più stupisce nei tuoi disegni è la luce, soprattutto nelle tavole in bianco e nero: una luce fosforica, ossidrica, come una
luce perpetua, che viene dai limbi solari…
E’ un mio vecchio sogno riuscire a realizzare un film di fantascienza. Ci penso da tempo, e ci pensavo da ben prima che venisse
la moda attuale per questi film. Tu saresti senza dubbio il collaboratore ideale, ma penso che non ti interpellerei mai, perché sei
troppo completo, la tua forza visionaria è troppo forte: cosa mi resterebbe da fare, in queste condizioni?
Ecco perché, caro Moebius, non ti dico che questo: continua a disegnare favolosamente, per la gioia di noi tutti.
Buon lavoro e buona fortuna,
212
Post/teca
Federico Fellini
fonte: http://fumettologicamente.wordpress.com/2012/06/23/la-corrispondenza-fellini-moebius/
-------------------------curiositasmundi ha rebloggato pierogeminelli
“L’uomo è un adolescente minorato”
— Michel Houellebecq (via pierogeminelli)
Fonte: amotalbrezza
--------------------curiositasmundi ha rebloggato rispostesenzadomanda
“In tedesco c’è quest’espressione molto pratica “gegen den inneren Schweinehund kämpfen”,
che si traduce letteralmente con “combattare contro il porcocane interno”
— forever reblog (via miserablearturobandini)
Fonte: lulliberlin.wordpress.com
-------------------3nding ha rebloggato curiositasmundi
“Un uomo muore e va in paradiso. A un certo punto S. Pietro gli dice ” Siccome da vivo hai
viaggiato molto, ti concediamo di visitare l’inferno”. L’uomo acconsente. L’inferno lo
sorprende: risate, allegria, vino, musica, buon cibo, e donne bellissime che soddisfano ogni
desiderio dei presenti. Un demone gli spiega che questa cosa non si sa molto in giro perchè
altrimenti arriverebbero tutti all’inferno. L’uomo torna in paradiso visibilmente irrequieto,
va da S. Pietro e gli chiede di poter andare all’inferno. “Sicuro? Guarda che una volta andato
non potrai far ritorno.. e poi è pur sempre l’inferno!” L’uomo insiste. CosÌ varca le soglie
dell’inferno e immediatamente un demone lo squarta, lo infilza e inizia a bruciarlo. L’uomo
straziato dal dolore vede gli altri dannati sottoposti ad atroci pene ed esclama “MA NON ERA
COSI’ QUANDO SONVENUTO L’ALTRA VOLTA!” il demone lo guarda e risponde “Vedi
caro, una cosa è il turismo, un’altra l’immigrazione!” - Daniel Pennac”
— (via 3nding)
Fonte: 3nding
--------------------curiositasmundi ha rebloggato iceageiscoming
iceageiscoming:
kon-igi:
scarligamerluss:
213
Post/teca
Nonostante tutto è stato un successo. Centinaia di curiosi sono giunti nella località spagnola di
Borja per ammirare l‘“Ecce Homo” “restaurato” da Cecilia Gimenez, un’anziana signora:
l’opera, dipinta nel 1910 da un artista locale, Elias Garcia Marquez, è rimasta sfigurata ma è
divenuta un’icona del web. Il restauro era stato effettuato in occasione della festa del paese: le
autorità possono lamentarsi per la perdita artistica - sebbene l’opera non fosse classificata
come di valore - ma non certo per l’improvvisa popolarità di iBorja. Sabato scorso inoltre una
petizione che chiede di lasciare il dipinto nelle condizioni attuali è stata firmata da 18mila
persone: lunedì dovrebbe giungere comunque a Borja una equipe di esperti per valutare se
siano possibili ulteriori interventi
Borja, in centinaia per vedere il dipinto deturpato
Ci meritiamo tutto e senza un grammo di vaselina…
Mah. Un po’ la penso come Luigi Castaldi:
Elias Garcia Martinez (1858-1934) doveva aspettare che la signora Cecilia Gimenez sfigurasse
un suo dipinto per guadagnare la notorietà che non ebbe mai in vita. Prima che El Pais ne
desse notizia offrendoci le immagini del suo Ecce Homo prima e dopo il«restauro» – e non c’è
bisogno di sottolineare che senza quelle immagini la notizia sarebbe passata inosservata – del
pittore spagnolo non si sapeva più di quanto la Gran Enciclopedia Aragonesa chiudeva in
poche righe: «obras de caracter popular», «decoraciones murales», insomma, un madonnaro
che insegnava Belle Arti a Saragozza. Basta uno sguardo proprio a quel Cristo, d’altronde, o
alla Madonna che correda la sua scheda su Wikipedia per capire che Martinez non era un genio
e che la sua arte era da santino devozionale. Questo fino all’altrieri. Adesso che il suo dipinto è
stato storpiato, c’è chi ne piange la perdita e intenderebbe non lasciar nulla d’intentato per
restituirlo all’integrità che aveva già da tempo perso a causa di un’incuria che la dice lunga su
quanto fosse stimato.
Si tratta – si trattava, per meglio dire – di un dipinto ad olio su una superficie muraria non
pretrattata all’affresco, il che ci offre un altro elemento per un giudizio del livello tecnico del
Martinez. Dipinto di particolare bruttezza. Sciatto nella trattazione del tema, mostra tono
espressivo assai scadente, distinguendosi solo per un dato di non comune insulsaggine: Cristo è
ritratto in ritratto, su una pergamena dagli estremi arrotolati, e qui c’è da rilevare che il
«restauro», pur grottesco, ha «corretto»la difformità recto/verso delle estremità arrotolate.
Il risultato uscito dalle mani della signora Gimenez, che – occorre aver presente – ha avuto
piena libertà di azione, è puro orrore, senza dubbio. E tuttavia lo sgorbio è notevole, mentre
l’Ecce Homo del Martinez non lo era. Meglio del lasciar tutto com’è, solo scalpellare via il
tutto.
Fonte: repubblica.it
----------------------3nding
“Per evitare di ricominciare a pensare e a parlare dell’Islanda per un’altra dozzina di persone
e di volte credo che mentirò riassumendo la vacanza con le parole “Islanda? No guarda, una
delusione.. non c’è niente.” e poi andrò in bagno a piangere.”
— 3nding
--------------------hollywoodparty ha rebloggato occhidambra
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Post/teca
“Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi” - Cesare Pavese, 27
agosto 1950
----------------------------3nding ha rebloggato solodascavare
Pasta Alfredo
solodascavare:
Le fettuccine Alfredo sono famose in tutto il mondo tranne che in Italia. Cioè, tecnicamente il
“condimento” Alfredo lo avete mangiato tutti quanti, io per esempio ho inconsapevolmente
mangiato condimento Alfredo per i due terzi della mia adolescenza.
Ora, immaginate di tornare a casa sfiniti, immaginate di aprire il frigo e trovarci dentro del
parmigiano bello secco e un pezzo di burro, sulla mensola soltanto una scatola di panna, niente
tonno, niente pancetta, niente pomodori, niente prosciutto, praticamente una merda penserete! Sì,
nella vita di un italiano medio questa è una situazione di merda.Nella vita di un non italiano
medio avete tutto il necessario per farvi un bel piatto di pasta all’Alfredo.
Il condimento italiano più famoso al mondo consiste in: pasta (generic one), burro, panna e
parmigiano, con l’eventuale aggiunta di quello che vi avanza. Sulle mie c’era chiaramente del
pollo, immancabile pietra angolare di due pasti su tre in tutto il centroamerica.
p.s. Alla domanda “Perché mangiate sempre e solo pollo” ci hanno risposto “costa un terzo
215
Post/teca
rispetto al maiale”, il che non farebbe una piega se non fosse che il centoamericano medio beve
ettolitri di Coca Cola al costo di un dollaro al litro.
note storiche: il nome deriva dal ristorante “Alfredo” a piazza Augusto Imperatore a Roma, che
ha dato il nome al famoso condimento. Negli anni venti grazie a due attori hollywoodiani (Mary
Pickford e Douglas Fairbanks) le fettuccine Alfredo arrivarono in America e spopolarono. Io ho
mangiato per anni tortellini all’Alfredo senza saperlo.
-------------------------chediomifulmini ha rebloggato insidemiss
insidemiss:
Da piccina pensavo che il mare, fosse l’insieme di tutte le lacrime versate delle persone tristi,
dagli innamorati o di chi si sente solo.
Forse è per questo, che quando ho il bisogno di farlo, vado al mare.
Dimentichi la pipì… io ci vado per quello
----------------------Gli ecologisti al verde
C’è stato un tempo, non molti anni fa, in cui gli ambientalisti erano interlocutori obbligati degli industriali.
Alla fine degli anni Ottanta partecipavano alle assemblee di Fiat e Montedison, facendo sudare con lunghe
liste di domande tignose manager come Cesare Romiti. Chicco Testa e Giovanna Melandri, per esempio,
cominciarono così.
Raul Gardini, uno degli imprenditori più in vista dell’epoca (poi suicidatosi nel pieno di Tangentopoli) un
giorno d’estate del 1987 invitò a pranzo nella sua casa di Ravenna lo stesso Testa (all’epoca responsabile delle
politiche ambientali del Pci) ed Ermete Realacci (a quel tempo presidente di Legambiente). Quasi un summit.
Ma perché oggi verrebbe da sorridere immaginando una cosa del genere, magari mettendo l’industriale
dell’acciaio Emilio Riva al posto di Romiti o di Gardini?
Da almeno trent’anni il movimento ambientalista italiano vive un frustrante paradosso. Molte idee
«ecologiche», importate dall’Europa o dagli Stati Uniti, sono diventate patrimonio comune anche da noi.
Salendo e scendendo dalle teorie economiche alla vita quotidiana. Da questo punto di vista le lampadine
fluorescenti, la marmitta catalitica o i pannelli solari si incrociano con le previsioni formulate dal «Club di
Roma» nel 1972 (è il celebre rapporto I limiti dello sviluppo); con le equazioni di Nicholas Georgescu-Rogen,
l’economista rumeno che negli anni Settanta inventò la «Bioeconomia», o ancora con i calcoli sui «costi
sociali dell’inquinamento» elaborati dal francese Jean-Philippe Barde e trasferiti nei testi per gli universitari
italiani da Emilio Gerelli (solo un titolo come esempio: Economia e politica dell’ambiente, il Mulino 1980).
Eppure questa cultura, così latente nelle società occidentali, in Italia ha mancato tutte le occasioni per
trasformarsi in forza politica solida, in grado di partecipare da protagonista al governo del Paese. È rimasta
una storia minoritaria, da comparsa rumorosa quantomarginale, che si è perpetuata fino ad arrivare davanti
ai cancelli dell’acciaieria Ilva di Taranto.
Dal 1985 a oggi nel partito dei Verdi hanno militato personalità diverse e di varia provenienza, come Carlo
Ripa di Meana, Gianni Mattioli, Gianfranco Amendola, Alex Langer, Francesco Rutelli, Massimo Scalia, Edo
Ronchi, Grazia Francescato, Alfonso Pecoraro Scanio, Luigi Manconi. Ma nessuno è riuscito a raccogliere più
del 3,5% in un’elezione. Di nuovo: perché? Neppure nelle fasi più favorevoli l’indeterminato consenso diffuso
si è trasformato in voti, seggi, incarichi di governo pesanti. Il caso più clamoroso nel 1986, l’anno di
Chernobyl. Le organizzazioni ambientaliste, insieme con i Radicali, guidarono la protesta contro il nucleare.
A Roma la manifestazione anti-atomo portò in piazza oltre 200 mila cittadini. Ma nelle elezioni del 1987 i
Verdi ottennero solo il 2,5% (peraltro come i Radicali): i più ottimisti pensarono che non fosse male come
debutto. Invece quell’inizio coincideva già con la fine della parabola: nelle consultazioni politiche del 2008 la
coalizione Sinistra arcobaleno (Verdi più Rifondazione comunista, Comunisti italiani e Sinistra democratica)
arrivò a stento al 3 per cento.
Dobbiamo, quindi, scartare una prima spiegazione che pure torna ad affacciarsi in questi giorni: nei tempi di
crisi non c’è spazio per le istanze ambientaliste. Il caso Ilva, si argomenta, dimostra come non ci sia storia se
l’opinione pubblica deve scegliere tra occupazione e rischio ambientale. Cioè tra uno svantaggio concreto e
216
Post/teca
immediato (la perdita del posto di lavoro) e un beneficio differito (azzeramento del rischio di malattia). In
realtà, se guardiamo alla distribuzione del consenso elettorale, i portabandiera dell’ambientalismo sono
sempre stati penalizzati. Negli anni di crescita economica come in quelli di recessione, in tempi di inflazione
a due cifre o di debito strabordante. Nella Prima come nella Seconda Repubblica. Ci fosse al governo
Andreotti, Craxi, Berlusconi o Prodi, il risultato elettorale dei Verdi non è mai cambiato: un periferico 2-3 per
cento.
Ma oltre ai numeri, c’è un problema di qualità. Si può perdere nelle urne, ma essere presenti, pervasivi nel
dibattito politico e sociale. Specie se si sta discutendo di una vicenda come quella dell’Ilva, che sembra fatta
apposta per riproporre nel modo più brutale possibile le contraddizioni del modello di sviluppo italiano.
Invece, come ha notato in un’intervista al «Corriere della Sera» (14 agosto 2012) lo stesso Amendola, 70 anni,
prima «pretore d’assalto», poi europarlamentare dei Verdi: «Oggi purtroppo l’ambientalismo è ridotto ai
minimi termini. Sull’Ilva, a parte Angelo Bonelli e qualche gruppo su Facebook, non vedo molto. Dov’erano la
Cgil, Vendola, Bersani,mentre la gente a Tarantomoriva? Evidentemente finora non se n’erano accorti».
La risposta di Ermete Realacci, 60 anni, uno dei leader storici di Legambiente e oggi responsabile Pd per la
green economy è altrettanto dura: «Mi sembrano dichiarazioni fuori dallo spazio e dal tempo. In realtà la
questione ambientale ha fatto grandi passi in avanti. Chi avrebbe mai detto solo 15 anni fa che la Germania
avrebbe rinunciato al nucleare o che in Italia ci sarebbero stati quasi 300 mila impianti per le fonti di energia
rinnovabile?».
Resistiamo per un momento alla tentazione di spettacolarizzare la polemica e prendiamo invece lo scambio
Amendola-Realacci per rientrare, da un’altra prospettiva, sul tema di fondo. In realtà tutti e due sembrano
aver ragione. La dimensione ecologica fa parte del mondo contemporaneo, come sostiene Realacci (almeno
nella sfera occidentale), ma non trova una corrispondente ed efficace rappresentanza politica, come nota
Amendola.
Monica Frassoni, 48 anni, a lungo co-presidente dei Verdi nell’Europarlamento e oggi co-presidente del
Partito dei Verdi europeo, sostiene che «in Italia esiste un problema di accesso ai mass media». Gli
ambientalisti, è il ragionamento di Frassoni, «sono molto attivi, ma non riescono a farsi sentire, a
contaminare coloro che fanno la politica dei partiti, la linea editoriale dei mass media. C’è come una barriera
di cristallo che dobbiamo superare».Ma anche questa spiegazione, al netto della grande discussione sul
pluralismo e controllo dei media in Italia, non convince fino in fondo. Negli ultimi vent’anni diversi partiti,
movimenti e correnti di pensiero si sono affermati anche senza «il pieno accesso» ai media. Dalla Lega Nord
a Beppe Grillo, passando per i Radicali. È la stessa Monica Frassoni a indicare un’altra linea di analisi
decisamente più interessante: «Per i Verdi è arrivato il momento di uscire dalla contrapposizione tra
economia ed ecologia, tra occupazione e ambiente. Noi siamo in grado di proporre un nuovo e diverso
modello di sviluppo economico, da affiancare a una scelta politica per un’Europa federale. Siamo in grado di
indicare come si creano nuovi posti di lavoro. E siamo pronti per entrare nelle pieghe del sistema produttivo
italiano, dialogando, per esempio, con chi in Confindustria si pone il problema di come contenere i consumi
energetici». Qualcosa del genere lo pensa anche Realacci, il quale osserva che «bisogna incoraggiare le
imprese, a cominciare dall’Ilva, a investire in tecnologie pulite, perché queste creano anche più posti di
lavoro».
Ma la svolta diciamo così «eco-sviluppista» richiede un pesante lavoro di chiarimento e di dialisi politica che
in Italia non è stato neanche abbozzato. Questo sembra essere il punto chiave. La Federazione dei Verdi
presieduta da Angelo Bonelli, 50 anni, si prepara a fondare «un nuovo soggetto politico» con un’assemblea
«programmatica e statutaria» per i prossimi 13 e 14 ottobre. «L’idea — spiega Bonelli —, è costruire un
partito con l’organizzazione dei francesi e i contenuti dei tedeschi».
Anche qui Germania, dunque. Il mito dei Grünen e del loro leader, Joschka Fischer. Nel 1983 e poi, più
numerosi nel 1987, i Verdi comparvero nella Camera tedesca, il Bundestag. Si aggiravano irridenti, in jeans
emaglione, tra le severe grisaglie dei deputati democristiani e socialdemocratici. Non volevano essere un
partito ufficiale, non avevano un segretario, ma al massimo «un portavoce», naturalmente a rotazione.
Rifiutavano sdegnosamente di «sporcarsi le mani», alleandosi con altre forze politiche, men che meno con i
«venduti» della Spd. Si occupavano e intervenivano solo su questioni strettamente ambientali e sul tema
della pace. Sul resto, cioè tasse, spesa pubblica, scuola, sanità, difesa, non avevano niente da dire.
Durò quasi quindici anni la trasformazione di questa pattuglia di guastatori in forza politica di governo. Il
tempo necessario per la corrente guidata da Fischer, i «realos», i realisti, di avere la meglio sui «fundis», i
fondamentalisti. Nelle elezioni nazionali del 2009 i Verdi hanno raccolto il 10,7%, ma nel 2011 nelle regionali
del Baden-Wurttemberg sono saliti al 25%, capitalizzando (loro sì) l’impatto del disastro nucleare a
Fukushima.
Fischer, 64 anni, ha lasciato la politica nel 2005, ed è stato uno dei ministri degli Esteri più rispettati in
Europa. Basti ricordare il suo famoso discorso del 12 maggio 2000, tenuto all’Università Humboldt di
Berlino, sulla necessità di passare all’Unione federale europea. È dalla fine degli anni Novanta che i Verdi
217
Post/teca
tedeschi pensano in grande. Il loro programma è sempre concepito per guidare il Paese: i veti sono
soverchiati dalle proposte. I «non so» semplicemente aboliti. Si candidano direttamente per il posto da
cancelliere e non per strappare la poltroncina del ministero dell’Ambiente o, se va bene, dell’Agricoltura,
come è accaduto in Italia.
Il paragone con l’ambientalismo tedesco sembra, quindi, molto ambizioso, ma proviamo ugualmente a
prendere sul serio la dichiarazione di intenti dei Verdi italiani: vogliamo diventare come i Grünen. Bene, se
questo è il modello, la prima cosa da fare è procedere al confronto-scontro tra «realos» e «fundis». Dove li
collochiamo, tanto per fare l’esempio più vistoso, i «no Tav» della Val di Susa? Nel campo dei «realos»?
Compresi quelli che tirano i sassi ai poliziotti?
La linea di demarcazione tra «realisti» e «fondamentalisti» è ancora troppo visibile praticamente in tutte le
aree di stretta pertinenza ecologista: servizi pubblici (si possono liberalizzare?); agricoltura (colture di
nicchia o estensive?); energia (eolico sì o no?); industria (Ilva, ma non solo). Non basta. Se si vuole costruire
un partito «alla tedesca», occorrono idee chiare sui grandi assi portanti: Europa, alleanze internazionali,
fisco, impresa, mercato del lavoro. Storicamente in Italia è fallito il tentativo ricorrente di saldare
ambientalismo ed estrema sinistra. Oggi si comincia a riconoscere che quell’alleanza non è una strada
obbligata. O comunque non è l’unica a disposizione, visto che nel mondo ecologista si incrociano le culture
politiche più diverse, dai socialdemocratici ai cattolici. «Dobbiamo essere trasversali, dobbiamo andare a
cercare voti anche nelle aree moderate», dice Bonelli.
In definitiva il dualismo tra «realos» e «fundis» spiega la «diaspora ambientale» tra vari partiti (Verdi, Pd,
Sel). Su Taranto, tanto per restare ancora sull’Ilva, Bonelli sostiene che l’acciaieria va chiusa. Realacci dice
che l’impianto deve modernizzarsi, ma non si può abbattere con «un colpo di machete» ed è, più o meno la
stessa posizione di Nichi Vendola, governatore della Puglia e leader di Sel (Sinistra, Ecologia, Libertà). Su
queste basi è possibile immaginare una rete di alleanze tra ambientalismi diversi? Lo stesso Realacci,
ammette che «anche il Pd deve fare ancora molta strada».
Se vuole contare davvero, e non solo al tavolo con Riva, il mondo ecologista dovrà tornare sul problema di
sempre, quello di un’identità chiara, comprensibile e percepibile dagli elettori potenziali, che forse non
mancano neanche in Italia.
[email protected]
Giuseppe Sarcina
fonte: http://lettura.corriere.it/debates/gli-ecologisti-al-verde/
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218
Post/teca
— MONDO
La Corea del Sud dovrà risarcire le famiglie
dei filocomunisti uccisi durante la guerra
La causa è stata vinta dai familiari delle persone uccise negli anni Cinquanta con l'accusa di
tradimento
27 agosto 2012
0
La Corte Suprema della Corea del Sud ha condannato il governo a risarcire le famiglie di
un gruppo di presunti simpatizzanti nordcoreani uccisi durante la Guerra di Corea, tra il
1950 e il 1953. La Corte Suprema ha infatti respinto oggi il ricorso presentato dallo Stato
della Corea del Sud alla causa intentata nel 2009 e lo Stato dovrà dunque versare fino a 40
milioni di won (circa 28.120 euro) a ciascuno dei 492 querelanti.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale la Corea venne divisa in due zone di occupazione, una
sovietica e una statunitense a nord e a sud del 38° parallelo. I due stati separati (la
Repubblica di Corea o Corea del Sud e la Repubblica Democratica Popolare di Corea o
Corea del Nord) furono proclamati nel 1948: entrambi rivendicavano il controllo
dell’intero territorio. Nel giugno del 1950, dopo l’invasione delle truppe nordcoreane oltre
il 38° parallelo, scoppiò il conflitto: il presidente americano Truman decise di intervenire
con l’ONU a sostegno della Corea del Sud, mentre la Cina si schierò con la Corea del Nord.
Nel 1953 venne firmato un armistizio che ristabilì la divisione dei due Paesi al 38°
parallelo: all’armistizio non è ancora seguito da un trattato di pace.
(Perché ci sono due Coree)
219
Post/teca
Subito dopo la separazione della penisola coreana nel 1948, il governo della Corea del Sud
istituì un’organizzazione anticomunista, Lega Bodo, costringendo decine di migliaia di
artisti e attivisti di sinistra ad aderirvi, arrestando e uccidendo nel corso degli anni
successivi coloro che venivano considerati dei traditori: in un rapporto ufficiale del 2009 è
stato calcolato che durante la guerra furono eliminate almeno 4900 persone. Alcune di
loro, circa 400, vennero giustiziate nel 1950 a Ochang, un villaggio nella provincia centrale
di North Chungcheong.
Nel 2008, l’allora presidente della Corea del Sud Roh Moo-hyun chiese formalmente scusa
per quella che definì «una grande tragedia nella storia moderna della nazione». Le famiglie
dei morti decisero di intentare un’azione legale contro lo Stato nel 2009. Il tribunale
distrettuale aveva respinto la loro domanda di risarcimento sostenendo che il caso si era
verificato decenni fa e che il periodo per un possibile indennizzo si poteva estendere fino a
un massimo di cinque anni dopo l’accaduto. Oggi, la Corte suprema di Seoul ha detto che il
Paese, indipendentemente dai tempi, ha commesso un grave crimine di guerra contro
persone innocenti e che per questo deve pagare.
fonte: http://www.ilpost.it/2012/08/27/la-corea-del-sud-dovra-risarcire-le-famiglie-deifilocomunisti-uccisi-durante-la-guerra/
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A TRADIRE NON FU GIUDA MA GESU’! - COLPO DI SCENA (O
COLPO DI SOLE?) ALL’ANGELUS: BENEDETTO XVI RISCRIVE
IN CHIAVE POLITICA LA FIGURA DELL’ISCARIOTA - GIUDA
VOLEVA “VENDICARSI DEL MAESTRO” PERCHE’ “VOLEVA UN
MESSIA VINCENTE, CHE GUIDASSE UNA RIVOLTA CONTRO I
ROMANI. MA GESÙ AVEVA DELUSO QUESTE ATTESE” INSOMMA, SI ERA RIFIUTATO DI SCENDERE IN CAMPO COME
UN QUALUNQUE MONTEZEMOLO… Fausto Gasparroni per Ansa
Giuda "si sentiva tradito da Gesù", e "decise che a sua volta lo avrebbe tradito", niente meno che
per "vendicarsi". E questo perché "Giuda era uno zelota", e "voleva un Messia vincente che
guidasse una rivolta contro i Romani": ma Gesù "aveva deluso queste attese".
Parlandone quasi 'en passant', commentando all'Angelus i brani evangelici sui discepoli che
lasciarono il Cristo non credendo al suo essere "il pane vivo disceso dal cielo", Benedetto XVI ha
esposto una tesi per nulla scontata sulla figura dell'apostolo diventato simbolo del tradimento.
"Ecco perché Giuda tradì", è come se avesse detto Ratzinger, avallando in modo esplicito il
convincimento che l'Iscariota appartenesse al gruppo politico-religioso degli Zeloti, partigiani
accaniti dell'indipendenza politica del regno ebraico, nonché difensori dell'ortodossia e
dell'integralismo ebraici: in altre parole ribelli contro la presenza romana in Palestina, considerati
dai romani alla stregua di terroristi e criminali comuni.
La "colpa più grave" di colui che tradì Gesù per 30 denari, comunque, resta per il Papa-teologo
quella della "falsità", un vero e proprio "marchio del diavolo". "Gesù - ha detto il Pontefice ai fedeli
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Post/teca
riuniti nel cortile interno della residenza di Castel Gandolfo - sapeva che anche tra i dodici Apostoli
c'era uno che non credeva: Giuda. Anche Giuda avrebbe potuto andarsene, come fecero molti
discepoli, anzi, avrebbe dovuto andarsene, se fosse stato onesto".
"Invece rimase con Gesù - ha proseguito -. Rimase non per fede, non per amore, ma con il segreto
proposito di vendicarsi del Maestro". "Perché? - si è chiesto papa Ratzinger - Perché Giuda si
sentiva tradito da Gesù, e decise che a sua volta lo avrebbe tradito. Giuda era uno zelota, e voleva
un Messia vincente, che guidasse una rivolta contro i Romani. Ma Gesù aveva deluso queste
attese". Secondo il Pontefice, "il problema è che Giuda non se ne andò, e la sua colpa più grave fu
la falsità, che è il marchio del diavolo. Per questo Gesù disse ai Dodici: 'Uno di voi e' il diavolo!'".
Il Papa ha quindi invitato a pregare perché si possa "credere in Gesù" ed "essere sempre sinceri con
Lui e con tutti". La tesi illustrata oggi era stata finora appena accennata da Ratzinger all'Angelus
dello scorso 11 marzo, quando parlando della cacciata dei mercanti dal tempio aveva detto che essa
"é stata anche interpretata in senso politico-rivoluzionario, collocando Gesù sulla linea del
movimento degli Zeloti; questi erano appunto 'zelanti' per la legge di Dio e pronti ad usare la
violenza per farla rispettare".
"Ai tempi di Gesù - aveva proseguito - attendevano un Messia che liberasse Israele dal dominio dei
romani; ma Gesù deluse questa attesa, tanto che alcuni discepoli lo abbandonarono e Giuda
Iscariota addirittura lo tradì".
Ratzinger è quindi giunto oggi a sostenere in modo assertivo una tesi sul "mistero" del tradimento di
Giuda che altre volte aveva esposto in maniera del tutto problematica. Come nel suo primo 'Gesu' di
Nazaret', in cui a proposito delle ribellioni degli Zeloti aveva scritto che "é possibile che uno o due
dei dodici apostoli di Gesù - Simone lo Zelota e forse anche Giuda Iscariota - provenissero da
quella corrente").
O come nell'udienza generale del 18 ottobre 2006, quando a proposito del tradimento di Giuda
elencò diverse ipotesi, solo una delle quali era quella "messianica" della delusione per la mancata
rivolta politico-militare per la liberazione della Palestina. E non è neanche un caso che Il Pontefice
torni oggi sul tema del tradimento e su quello della falsità come "marchio del diavolo", in un
momento come quello dei recenti scandali delle fughe di documenti, in cui egli stesso non può non
sentirsi tradito dal comportamento "infedele" di persone a lui molto, molto vicine.
fonte: http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/a-tradire-non-fu-giuda-ma-gesu-colpo-di-scenao-colpo-di-sole-43115.htm
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All'Angelus il Papa parla del tradimento di Giuda e ricorda che la sua colpa più
grave fu la falsità
Il marchio del diavolo
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Post/teca
La falsità è "il marchio del diavolo". Lo ha detto il Papa all'Angelus di domenica 26 agosto,
parlando del tradimento di Giuda. Egli - ha ricordato Benedetto XVI rivolgendosi ai fedeli riuniti
nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - "avrebbe potuto andarsene, come fecero
molti discepoli". Invece "rimase con Gesù non per fede, non per amore, ma con il segreto proposito
di vendicarsi del Maestro". Per questo la sua colpa più grave fu proprio la falsità.
Per il Pontefice le aspettative di Giuda puntavano a "un Messia vincente, che guidasse una rivolta
contro i Romani". Per questo "si sentiva tradito da Gesù, e decise che a sua volta lo avrebbe
tradito". In definitiva, Giuda non credeva alle "parole di vita eterna" con le quali Cristo aveva
preannunciato "il mistero pasquale in cui Egli avrebbe donato se stesso per la salvezza del mondo:
la nuova presenza nella Sacra Eucaristia". Parole difficili da comprendere e da accettare, tanto che
molti discepoli "tornarono indietro e non andavano più con lui". Pietro invece, interrogato dallo
stesso Gesù, rinnoverà la sua professione e a nome dei Dodici riaffermerà la fede nel Figlio di Dio.
(©L'Osservatore Romano 27-28 agosto 2012)
----------------------------Benedetto Croce, Liberiamoci del Settecento riformatore*
Non potendo altro, io me la prendo, intanto, contro la Massoneria, non già come si fa
d’ordinario, perché la giudichi perniciosa accolita di intriganti e affaristi (…), ma appunto
perché quell’istituto, originato sul cadere del Seicento, al primo formarsi dell’indirizzo
intellettualistico, plasmato nel Settecento, messo ora a servizio della democrazia radicale,
popolato dalla piccola borghesia, rischiarato dalla cultura dei maestri elementari, rafforzato
dal semplicismo razionalistico del giudaismo, è il più gran serbatoio di “mentalità
settecentesca”, uno dei maggiori impedimenti che i paesi latini incontrino ad innalzarsi a
una vera comprensione filosofica e storica della realtà e a una vita politica adeguata ai
nuovi tempi”.
Benedetto Croce, Pagine sulla guerra, Laterza, Bari 1928, p. 108 (il brano è del marzo 1916)
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Post/teca
Fonte: http://www.linkiesta.it/croce-liberale
-----------------------------kon-igi
“Quando vedo buffissimi cartelli in dialetto o dialoghi strampalati su facebook, penso a quella
scena de Il Tredicesimo Guerriero quando ad un Antonio Banderas, poeta arabo di grande
cultura, il re barbaro Buliwyf chiede di insegnarli a ‘disegnare il suono delle parole’…”
— NaziGrammarKing Kon-igi
---------------------uaar-it
PER LA CHIESA BISOGNA CONFESSARSI PER ESPIARE I
PECCATI RACCONTANDOLI AD ALTRI UOMINI CHE
FAREBBERO DA TRAMITE A DIO. NON SAPEVO CHE LA
DIVINITA' AVESSE DEI SEGRETARI
Anonimo
Magari fossero solo dei segretari! Sono un intero impero che fa soldi sfruttando il marchio Dio™,
parassitando sulla creduloneria e sul dolore della gente, contando sulla connivenza dei politici…
Fai una domanda a uaar-it
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Dietro le quinte del supermercato, ecco i trucchi che utilizzano per
“comprarci”
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Post/teca
I RICERCATORI DEL MARKETING
Fare la spesa nel supermercato sembra una attività innocua. Tutti facciamo la spesa almeno una volta a settimana senza però prestare
troppa attenzione a ciò che accade dietro le quinte del supermercati. Il nostro modo di comprare è diventato una scienza fra le più
studiate e con il maggior numero di ricercatori nel mondo. “I ricercatori del marketing hanno lavorato per anni per essere sicuri che l’
acquirente comune guardi più prodotti possibili durante la spesa, perché più vedono, più comprano”, questo è ciò che ha detto Marion
Nestle, autrice di What to Eat: An Aisle-by-Aisle Guide to Savvy Food Choices and Good Eating. Quindi se vuoi essere un
acquirente intelligente leggi questi trucchetti e segreti nascosti nel supermercato.
1. I carrelli della spesa sono sporchi.
In accordo con gli studi fatti sui carrelli, più del 60% di questi danno rifugio a batteri coliformi (la specie di batteri che si ritrova sulle
toilette pubbliche!). Il Dr. Chuck Gerba, microbiologo dell’ Università di Arizona dice :”Questi batteri potrebbero venire dalle
verdure non ancora lavate, dai salumi non ancora spellati, dalle mani sporche dei clienti o dai bambini che si siedono nei carrelli.
Basta pensare che dove avete messo i broccoli pochi minuti prima si trovava il sedere di un bambino”. Secondo gli studi fatti da
Gerba e sui collaboratori, i carrelli della spesa hanno più batteri di tutte le superfici da loro studiate, incluse le tavolette del wc e i
poggiatesta dei treni. Per evitare di sporcarsi con questi fastidiosi batteri Gerba suggerisce di pulire il manico del carrello con dei
fazzoletti igienizzati e di lavarsi le mani dopo aver fatto la spesa.
2. I cibi “amici dei bambini” sono disposti alla loro altezza.
Chiunque faccia la spesa con dei bambini sa che deve porre attenzione alle cose che questi prendono e buttano nel carrello. Marion
Nestle dice :”Dico sempre ai genitori di non fare mai la spesa con i figli. Le scatole con su disegnati dei cartoni animati sono sempre
posizionati negli scaffali più bassi dove anche i bambini ai primi passi possono arrivare”. Un viaggetto nel corridoio dei cereali ve lo
confermerà. Tara Gidus della American Dietetic Association dice: “I cereali zuccherati sono al livello degli occhi dei bambini, mentre
quelli salutari e ricchi di fibre sono negli scaffali più alti “. E’ la stessa situazione che si ritrova ai registratori di cassa dove le
caramelle e le gomme sono strategicamente posti per incoraggiare acquisti impulsivi di adulti e bambini che posso facilmente
afferrare questi piccoli prodotti.
3. Affettano e tagliano i cibi in modo da poter aumentare il prezzo.
Nel reparti cibi freschi possiamo trovare delle belle fette di anguria già tagliate o verdure e insalata fresca lavate e tagliate. Nella zona
macelleria il petto di pollo come anche le bistecche sono già affettate e anche marinate, pronte per essere cotte. Non si può negare che
questi cibi già tagliati rendano la vita più facile a anche i nutrizionisti concordano sul fatto che ciò fa aumentare il consumo di
vegetali o frutta e quindi è una buona cosa per la salute. Bisogna però almeno tener presente che si sta pagando un sovraccarico di
prezzo abbastanza elevato (alcune volte più del doppio, basta leggere il prezzo al kilo e non della singola confezione) per una cosa
che potremmo fare da soli.
4. I cibi che fanno bene alla salute sono nascosti!
L’esempio classico è quello della pasta integrale che è posta negli scaffali più bassi o anche i cibi biologici che spesso hanno un
piccolissimo scaffale tutto loro vicino ai cibi etnici.
5. Le esposizioni alla fine della corsia sono lì per distrarti dalla tua missione.
Marion Nestle dice: “Le compagnie alimentari pagano i negozi per posizionare i loro prodotti dove possono essere visti più
facilmente, come ad esempio nelle esposizioni alla fine delle corsie”. Il concetto è quello di posizionare oggetti ad alto profitto
o anche gruppi alimentari come le cioccolate per ispirare acquisti compulsivi; e anche se alcune volte queste esposizioni sono
usate per promuovere articoli in offerta le persone comprano anche se non ci sono offerte. Il Dr. Brian Wansink direttore del
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Post/teca
Laboratorio Food and Brand dell’ Università di Cornell e autore di Mindless Eating dice :” Le persone comprano il 30% in più di
prodotti che sono posizionati nelle esposizione di quelli a metà del corridoio, anche perché pensiamo che il vero affare si trova alla
fine”.
6. Gli affari non sempre sono affari.
Chi può resistere ad offerte tipo “Compra 5 e ne hai uno gratis”, o “3 per un Euro”? Apparentemente solo poche persone. Il Dr. Brian
Wansink dice: “Ogni volta che vediamo un numero in un cartello pubblicitario su uno scaffale compreremo circa il 30% in più di quel
prodotto di quanto intendevamo comprare” e quindi se compri di più di quanto hai bisogno non sarà necessariamente un affare! O
ancora peggio ti farà consumare di più, sempre Brian Wansink ci dice : “Una volta che il prodotto è in casa lo mangerete anche senza
volerlo… è così un peccato buttare il cibo”. Infine se una scatola ad esempio di tonno è pubblicizzata ad un prezzo più basso di
un’altra fate attenzione alla quantità di tonno nella scatola e cercate di leggere qual’è il prezzo al kilo. Aggiungo un commento del
post su questo tema di protonutrizione: “Avendo studiato marketing conosco questi trucchi ed altri, alcuni dei quali sono
effettivamente molto efficaci. Uno ad esempio è mettere l’indicazione “Promozione”, “Offerta speciale” o simile senza per questo
variare il prezzo del prodotto. Immancabilmente il tasso di rotazione di quel prodotto aumenterà in quanto il consumatore tende a non
memorizzare i prezzi dei prodotti, particolarmente se non si tratta di un bene ad acquisto ripetuto. La cosa funziona ancora meglio se
questi prodotti con riduzione di prezzo non effettiva sono all’interno di una più ampia offerta promozionale con prodotti che hanno
avuto un effettiva riduzione e gli esempi potrebbero continuare. Conoscendoli si riesce a non subirne gli effetti negativi ed a volte a
sfruttarli a proprio vantaggio.”
7. Camminerai nel negozio seguendo una strada obbligata
Non solo il percorso come tutti sanno è sempre obbligato a causa della disposizione degli scaffali ma nei grandi supermercati spesso
siamo obbligati a seguire un percorso senza accorgercene. Il percorso “obbligato” è infatti creato senza barriere architettoniche ma
seguendo i bisogni primari degli acquirenti tipo il pane, la pasta, il latte e le verdure; seguendo questi percorsi ci troveremo con il 6070% di prodotti in più di quanto avevamo preventivato.
8. Non puliscono sempre come dovrebbero.
Gli ispettori dell’ Ufficio di Igiene spesso (almeno spero) controllano i supermercati alla ricerca di eventuali irregolarità. Potete però
fare una piccola ispezione da soli. Vi può bastare passare il dito sulla parte alta degli scaffali per ritrovarlo pieno di polvere. Se poi
vedete delle mosche sappiate che possono portare dei batteri e, infine, se c’è polvere sulle confezioni evitate di comprarle.
Fonte: http:/ ilfattaccio
fonte: http://www.bioradar.net/bionews/dietro-le-quinte-del-supermercato-ecco-i-trucchi-cheutilizzano-per-comprarci/
------------------------------------3nding
4. Qggdma: Ti dirò, è stupida come un palo della luce ma ha alcune argomentazioni convincenti.
5. Me: Tipo?
6. Qggdma: Una quarta di reggiseno.
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Addio all'urbanista Insolera
una vita tra metropoli e archeologia
Scomparso a 83 anni nella sua casa di Monteverde. Intellettuale, docente e autore del primo
libro sulla storia urbanistica della "Città Eterna" a partire dall'Unità Italia. E' uno dei
"padri" del parco archeologico dell'Appia Antica. La scomparsa nello stesso giorno del suo
grande amico Antonio Cederna
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Post/teca
E' morto questa mattina a Roma, all'età di 83 anni, l'urbanista e architetto Italo Insolera. Il decesso è
avvenuto nella sua abitazione, nel quartiere Monteverde, per cause naturali.
Nato a Torino nel 1929, Insolera dopo la laurea in architettura presso "La Sapienza" era anche
diventato docente e si è distinto per l'interesse sul rapporto fra archeologia e città moderna. Nel
corso della sua professione ha quindi affrontato i problemi di un corretto recupero della città antica
mediante una serie di proposte di limitazione del traffico, pedonalizzazione, restauro. Queste sono
state in parte adottate dalle amministrazioni comunali, in particolare a Roma.
Numerosi libri e saggi, soprattutto sul rapporto tra la città antica e lo sviluppo delle metropoli
portano la sua firma. Insolera è stato anche autore del primo libro sulla storia urbanistica della
"Città Eterna" a partire dall'Unità Italia.
Non solo professore, è stato anche architetto, urbanista e paesaggista sul campo. Nella sua attività
professionale e universitaria si è occupato di restauri e piani regolatori di città storiche e di
complessi ambientali. Nel 1996 progetta, tra l'altro, del Piano di Assetto del Parco dell'Appia
Antica, l'anno successivo il piano ambientale del sottopasso alla via Appia Antica del Raccordo
anulare di Roma e nel 2000 dello studio paesaggistico ambientale del comprensorio del parco di
Tormarancio. Segno del suo interesse per il rapporto fra archeologia e città moderna, tradotto anche
in una serie di proposte di limitazione del traffico, pedonalizzazione, restauro, che sono state in
parte adottate dalle amministrazioni comunali, in particolare a Roma.
Insolera si laureò in Architettura all'Università degli Studi di Roma La Sapienza nel 1953 e nel 1960
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Post/teca
ha conseguito la libera docenza in urbanistica. Dal 1971 al 1983 è stato professore ordinario di
Storia urbana alla Scuola di Architettura dell'Università di Ginevra e dal 1963 al 1971 incaricato
all'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Ha tenuto corsi e seminari alle Università di
Roma, Firenze, Napoli, Parigi, Kassel, Barcellona e Madrid.
Insolera è morto, è stato fatto notare, lo stesso giorno di un altro grande ambientalista e intellettuale,
di cui è stato grande amico, Antonio Cederna, scomparso il 27 agosto del 1996. "Era un grande
studioso, un appassionato storico della città un protagonista del dibattito urbanistico ed
architettonico, mosso da una grande passione civile e da un impegno davvero straordinario" così lo
ricorda Walter Veltroni.
E Nicola Zingaretti: "Ci lascia uno dei più acuti e profondi conoscitori della Roma contemporanea,
ma non ci lasciano le sue idee. Denunciando incessantemente i danni della speculazione edilizia e
di uno scriteriato consumo del territorio, ha aiutato la nostra città ad avere più consapevolezza della
sua storia e della sua identità" .
A dare l'annuncio della morte di Insolera è stata la famiglia che invita chi volesse ricordarlo a
partecipare alla commemorazione che si svolgerà domani, martedì, alle 12 presso Palazzo Massimo
in Roma, largo di villa Peretti 1.
(27 agosto 2012)
fonte: http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/08/27/news/addio_a_insolera-41560541/
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Il giuoco delle perle di musica
Quindi il formato non è un semplice accessorio della musica, ma è la musica stessa? Credo che tra alcuni anni, non
molti, quello che scrivo suonerà ancora più assurdo. A quel tempo nessuno parlerà più di formato. Già oggi i formati
sono dettagli immateriali che i file manager hanno pudore a mostrarci: le specifiche .mp3, .wav, si leggono sempre di
meno. In sostanza spingiamo un bottone e otteniamo musica. Domani forse non dovremo neanche spingere un bottone ma perché, poi, spingere un bottone è comodo, è da due secoli che spingiamo bottoni e non si vede perché con dieci dita
a disposizione non dovremmo continuare.
Invece ieri infilavamo cd nei lettori; l'altro ieri cassette nelle piastre; un po' prima, vinile sui piatti. I formati erano fisici,
erano oggetti e gesti. Fino a che punto influivano sul nostro ascolto? Tantissimo. L'idea di musica come flusso continuo,
ininterrotto, nasce ascoltando compulsivamente 33 giri, ma si perfeziona quando a inizio anni Settanta si diffondono i
nastri. Nello stesso periodo gli album smettono di essere collane di canzoncine e diventano flussi continui in cui ogni
dettaglio è organico al tutto, compresi i secondi di silenzio tra un brano e l'altro. E su cassetta era oggettivamente
difficile sovvertire le scalette imposte dagli artisti: saltare i brani, mandare avanti e indietro il nastro, erano azioni
faticose, sconsigliate. Sarà una coincidenza l'affermarsi del progressive, e in generale l'alta coscienza di sé che avevano
gli artisti in quel periodo?
Quando arriva il CD, quella fase è già abbondantemente finita, ma la concezione della musica come flusso resiste. Il CD
però è un oggetto radicalmente diverso: non è più un ciclo continuo, ha un inizio e una fine. Ed è fatto di "tracce",
numerate automaticamente. L'entusiasmo iniziale era tutto qui: finalmente per sentire la canzone preferita bastava
premere un tasto. Si potevano fare cose anche più oltraggiose, come impostare scalette alternative o addirittura
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Post/teca
randomizzare la programmazione, ma erano giochini di cui ci si stancava alla svelta. Con tutta la loro smagliante
comodità, i CD non ammazzarono il flusso. Il flusso resisteva nelle lunghe veglie radiofoniche, nelle cassette che
facevamo per noi e per le nostre amiche. Il flusso resistette finché non resistette l'ultima autoradio a cassette.
L'espressione di panico che s'impadronì della mia fisionomia mentre mi regalavano un autoradio mp3 reader si spiega
forse così. Era un bel regalo, e lo desideravo - ma non così presto. Era comodo, archiviava più musica di quanta ne
potessi desiderare, ma era la fine del flusso.
Gli mp3 sono piccole compresse di musica, perline che si possono comporre in infinite collanine diverse, ma non si
fondono tra loro. Ognuno resta compresso in sé. Anche tra un movimento e l'altro di una sinfonia, certi insospettabili
lettori mp3 non possono esimersi dall'emettere un mezzo secondo di silenzio: il passaggio da un file all'altro, da una
perlina all'altra. Sui siti specializzati intanto si parlava di crisi dell'album, di ritorno alla forma canzone. Io era da anni
che strappavo canzoni agli album per ricombinarle assieme: la novità è che in formato mp3 le canzoni non si
ricombinavano più, ognuna rimaneva perfettamente a sé stante. Fu come se la musica da fluida si fosse raggrumata. Non
mi piaceva, anche se aveva i suoi vantaggi. Per esempio, queste perline te le regalavano. E si sa come va in questi casi,
no? Una perlina tira l'altra. Magari ce n'è una che non ti piace, ma alla fine la prendi per completare la serie, tanto è
gratis. E più ne hai, più ti accorgi che te ne mancano. Finché a un certo punto ti rendi conto che le vorresti tutte. Epuoi
averle tutte. Diventammo tutti enciclopedisti. L'educazione musicale che ci eravamo procurati fin lì ci aveva dato a
disposizione certe determinate - saper distinguere un genere da un altro, un periodo da un altro - ma anche fornito la
consapevolezza di lacune sterminate nei nostri ascolti. Se la Musica fosse un immenso schermo bianco in cui ogni pixel
è una canzone, e le canzoni da noi conosciute fossero i pixel rossi, fino a dieci anni fa la nostra competenza musicale
avrebbe avuto la forma di un sottilissimo arabesco, a tratti neanche percepibile, in mezzo a tutto il bianco dello schermo
vergine. Ora potevamo riempire le lacune con larghe colate rosse tra un arabesco e l'altro. Il tutto gratis: per un napster
che chiudeva c'erano dieci p2p che aprivano, e gli archivi cominciavano a essere grossi, e allmusicguide e google
sempre più esaurienti. Potevamo ascoltare tutto. Diventare esperti di tutto.
Potevamo?
!!! tgs: la musica è finita, musica
da Leonardo T il 27.8.12
fonte: http://leonardo.blogspot.it/2012/08/il-giuoco-delle-perle-di-musica.html
---------------------------20120828
"Microsoft cambia logo. No, non e' una finestra morsicata"
Pamela Ferrara, via Twitter (agosto 2012)
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Contrappunti/ Dagli aspirapolvere agli
angoli smussati
di M. Mantellini - Il caso Apple-Samsung è chiuso. Ma la questione dei brevetti è magmatica:
perché non convertire parte del valore economico delle invenzioni in riconoscimento sociale e
punire i più furbi per delitto delle idee?
228
Post/teca
Roma - Sulla sentenza Apple-Samsung, dopo aver letto tutto e il suo contrario nei giorni scorsi, mi
parrebbe buona cosa restare il più possibile neutrali. Perché come spesso avviene quando i temi
sottoposti ad un tribunale riguardano proprietà intellettuale, opere dell'ingegno, brevetti e licenze
d'uso, sul tavolo dei giurati si abbatte una tale mole di nozioni, cultura, informazioni e dati di cui
tenere conto che rende complicata qualsiasi decisione. Quando le aziende producono brevetti (e per
le aziende tecnologiche produrre brevetti è ormai un lavoro a se stante) alzano uno steccato
culturale alla crescita della società di cui loro stesse fanno parte. Tutto ciò accade in maniera in
genere lecita, in certi casi abusando dei cavilli di un sistema regolatorio che, specie in certi paesi
come gli USA, assume spesso pretese olistiche. Brevettando il brevettabile si ottiene in ogni caso un
vantaggio da idee e invenzioni dotate di una qualche originalità.
Poi però quando Mark Zuckerberg cerca di registrare presso gli uffici appositi parole di senso
comune come "face" o "book" estende la lunga mano del cinismo commerciale sopra la testa dei
cittadini inermi; quando Apple reclama la potestà sugli angoli smussati del proprio telefono si
produce in una invasione di campo simile, qualcosa a metà fra il ridicolo e l'imprescindibile, visto
che poi trova un tribunale che gli dà ragione.
Alle aziende innovative non fa certamente piacere ma esiste uno spazio intellettuale fra ispirazione
e plagio che non può e non dovrebbe essere raggiunto in maniera troppo precisa dalla norma, pena
l'applicazione di un freno culturale allo sviluppo della società. Quando anni fa Dyson presentò il
proprio aspirapolvere senza sacchetto, una macchina diversissima anche esteticamente da tutti gli
aspiratori allora presenti sul mercato, in molti si stupirono della stranezza di quell'oggetto
(quell'aspirapolvere costava tra l'altro il doppio rispetto a quelli della concorrenza). Oggi, per una
ragione o per l'altra, un numero rilevante degli aspirapolvere presenti nei supermercati sono ispirati
(quando non spudoratamente copiati) dal Dyson. Lo stesso discorso estetico lo si potrebbe applicare
ai canoni dell'industria automobilistica.
Quando nel 2007 Steve Jobs presentò iPhone non esisteva nulla del genere sul mercato. Nessun
dubbio che la grande maggioranza dei telefoni oggi disponibili siano stati ispirati, quando non
bassamente copiati, da quell'apparecchio, sia nelle caratteristiche fisiche che in quelle software. Ma
al di là di simili intuitive valutazioni la causa Apple-Samsung galleggia nello spazio intellettuale
che separa l'ispirazione dal plagio. Il diritto di proteggere il proprio lavoro e monetizzare la propria
inventiva da un lato, la possibilità di proseguire quella ispirazione e quella inventiva verso altre
direzioni dall'altro.
Occorre a tal proposito come sempre citare anche solo il titolo di un libro di qualche anno fa di
Lawrence Lessig. La tesi del testo, intitolato Remix, è quella di una economia ibrida dentro una
società read-write. Un ambiente sociale diverso da quello attuale, preso a prestito dalle dinamiche
di condivisione della rete, dentro il quale sia possibile riscrivere una scala di valori utili prima alla
comunità che non agli interessi delle grandi aziende della società dell'informazione.
Ci sono buone possibilità che in un simile sistema delle idee gli angoli smussati di iPhone escano
dalla giurisdizione dei brevetti Apple così come la parola "libro" rifugge già oggi, con grande
naturalezza, dagli appetiti di controllo di Facebook. Dentro una società leggi-e-scrivi esiste un
tributo ideale molto forte a Dyson per i suoi aspirapolvere o a Steve Jobs per i suoi telefoni che non
viene regolato solo da licenze ed accordi economici. Che sono solo una parte del tutto. Nello stesso
tempo mentre depenalizziamo per quanto possibile l'utilizzo creativo delle idee dobbiamo anche
garantire la prosperità degli inventori e la riprovazione verso chi copia e guadagna dalle idee altrui
229
Post/teca
senza aggiungere valore.
È insomma un mondo complicato, dove una parte del valore economico delle opere dell'ingegno
dovrebbe essere istantaneamente convertito in riconoscimento sociale e dove, allo stesso tempo, la
condivisione della conoscenza applicata ai più furbi andrebbe trasformata in una nuova forma di
delitto delle idee.
Massimo Mantellini
Manteblog
fonte: http://punto-informatico.it/3589109/PI/Commenti/contrappunti-dagli-aspirapolvereagli-angoli-smussati.aspx
---------------------3nding
“In Islanda si ridefinisce il concetto di Tempo. Non solo per il sole di mezzanotte che regala
giornate lunghissime e tramonti quasi infiniti, ma anche perchè tutto è nuovo e antico in
un’alternanza armoniosa. I pezzi di ghiaccio che navigano lentamente nei corsi d’acqua
generati dalle lingue di uno degli immensi ghiacciai sono formati da neve caduta centinaia di
anni fa. Arrivati al mare si sciolgono e l’acqua lambisce rocce di lava, formatesi durante
l’ultima eruzione una dozzina d’anni fa. Camminare sulla lava raffreddata aiuta a realizzare
quanto per noi esseri umani il Tempo sia davvero una misera convenzione in confronto ai
tempi della Natura.”
— 3nding
-------------------yomersapiens
Il peggio è (il) passato.
Passa tutto, basta solo avere pazienza, di preciso ti passa sopra, come una banda di paese durante la
festa del patrono, tu stai fermo altrimenti le impronte delle scarpe sulla schiena vengono mosse e
non vorrai mica costringere le cose a dover passare di nuovo?
Passa tutto, sarà anche vero, ma se non gli permetti di lasciare il segno continuerà a ripassare
all’infinito, così, in simpatia.
E devo stargli proprio simpatico a sta banda di merda se continua a girare in loop sempre con la
stessa canzone, con la stessa voglia di calpestare e di non passare mai del tutto.
Io mi metto comodo allora, voi fate pure con calma, solo un piacere: quando avete finito, chiudete
la porta, così uno si rende conto che il passato è passato e può contare i danni, guardando avanti.
----------------------Le pere del male
di leonardo tondelli
Sant’Agostino di Ippona (354-430), ladro di pere e dottore della Chiesa.
Eravamo in seconda elementare, quando in mezzo a noi comparve questa bambina nuova, inspiegabile. Perché prima
non c’era e adesso sì? Era stata bocciata? Non risultava bocciata. Però a scuola andava male. Da dove veniva, era
straniera? Non era straniera, anche se aveva un nome diverso dagli altri. La sua famiglia non la conosceva nessuno, e lei
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Post/teca
raccontava storie incoerenti, di parenti ricchissimi o poverissimi, a seconda della piega che prendeva la trama di Candy
Candy in quella settimana. Io non la sopportavo, per nessun motivo al mondo. Non mi aveva fatto nulla di male, ma per
esempio respirava. Durante le lezioni la sentivo respirare con un certo affanno e m’innervosiva, mi distraeva, le dicevo
Smettila. Notavo sulle sue guance dei capillari blu, non mi sembravano normali. Un giorno stavamo tutti al nostro
posto, aspettando la maestra che aveva avuto un contrattempo. Eravamo una classe tranquilla: per ingannare l’attesa
giocavamo a passaparola. Un messaggio passava da orecchio a bocca a orecchio, facendo il giro dell’aula, finché non
arrivava a me, che ero il penultimo. Dopo di me c’era la bambina nuova, a cui io avrei dovuto passare il messaggio che
mi arrivava. Ma non lo facevo. Ricevevo il messaggio e lo riconsegnavo a un’altra compagna, dall’altra parte dell’aula,
e così il giro ricominciava, ignorando la bambina nuova. Nessuno mi aveva detto di fare così, era una mia iniziativa.
Nessuno mi aveva corrotto o minacciato, e la bambina non mi aveva mai fatto nulla, salvo respirare. Il male che stavo
facendo non aveva nessuna origine al di fuori di me: nasceva in me, e avrebbe causato probabilmente rabbia, dolore, e
altro male. Ma a monte di tutto il dolore e la frustrazione c’ero io, un bambino di otto anni a cui nessuno aveva fatto
niente.
Scrivere di Sant’Agostino non è come raccontare di un qualsiasi santo tardoantico di cui ci rimane il nome di battesimo
e tre dettagli pittoreschi. Non è una leggenda, Agostino: è una delle persone del mondo antico che conosciamo meglio.
Forse troppo per affezionarci. Ci si affeziona ai personaggi letterari, che hanno vite avventurose ma comunque ordinate
secondo una traiettoria. Che Agostino sia un uomo vero, e non il personaggio di un romanzo, lo si capisce dal racconto
della sua conversione, lungo, estenuante, proprio come sono lunghe e tortuose e un po’ insensate le traiettorie delle
nostre vere vite, tanto più complesse dei romanzi quanto meno belle da raccontare. Agostino non cade di cavallo, non
vede roveti ardenti o segni in cielo, Agostino arriva al cristianesimo (o meglio vi ritorna, visto che aveva lo aveva
succhiato col latte materno) al termine di un lungo assedio intellettuale; quando si direbbe che ceda per stanchezza.
E dire che il momento è storico: Agostino è stato uno dei più grandi acquisti della Chiesa. Se fosse rimasto alla
concorrenza, se il guru manicheo Fausto di Mileve si fosse impegnato un po’ di più con lui, oggi forse invece che
cristiani non potremmo non dirci manichei, o più probabilmente il nostro cristianesimo avrebbe una forte componente
manichea. Ma i manichei avevano il difetto tipico di molte dottrine new age, l’ansia di voler riempire i buchi della
conoscenza, di spiegare tutto con teorie, magari per pochi iniziati, ma onnicomprensive. Agostino era un intellettuale,
competente di Platone e di Aristotele; non poteva mandare giù l’astronomia for dummies degli opuscoli manichei, un
cumulo di favolette che non reggevano il confronto con lo sferragliante ma efficace sistema tolomaico. Cominciò a farsi
domande, a porle ai correligionari, e l’unica cosa che gli sapevano rispondere è: aspetta Fausto, lui sa tutto. Ti
risponderà su tutto. Fausto però era sempre in tournée, Agostino lo attese nove anni, al termine dei quali si rese conto
che aveva aspettato un conferenziere amabile ma abbastanza ignorante, che di astronomia nulla sapeva e lo ammetteva
con candore. La fede di Agostino si dissolse in quell’esatto momento, di fronte all’inadeguatezza dell’ennesimo
maestro. Se mi permettete la psicologia da strapazzo, anche stavolta Agostino non era riuscito a trovarsi un padre
all’altezza. Dev’essere dura rendersi conto di essere il tizio più colto e intelligente in circolazione, proprio mentre ti
rendi conto che alla fine non sai quasi nulla, e non c’è nessuno in giro in grado di rispondere alle tue domande.
L’Impero Romano stava per rovinare, c’era da ripensare tutta la filosofia della Storia, trovare un nuovo modello, un
nuovo senso a tutto quello che sarebbe successo di lì in poi, e Agostino non aveva nessuno che gli mostrasse una strada.
Solo la madre (Santa Monica) in un angolo a sgranare paternostri.
Alla fine trovò Ambrogio. Molto prima di farsi cristiano, Agostino divenne ambrosiano. Al patriarca di Milano Agostino
non fece astruse domande di astronomia. Del resto i cristiani, più astuti, su queste materie lasciavano campo libero agli
scienziati laici: l’unica indicazione biblica parlava di un sole che fa il giro intorno alla terra, e questo era pacifico,
autoevidente, riconosciuto da tutti. Ad Ambrogio in realtà Agostino chiese ben poco perché, particolare realistico, non
aveva molta voglia di disturbarlo. Forse era stanco di delusioni. Forse era per la prima volta soggiogato dal carisma di
un uomo, l’unico, che percepiva intellettualmente superiore. C’è un dettaglio famoso che tradisce il suo senso di
inferiorità: Ambrogio, riferisce Agostino, sa leggere a mente! Senza dar voce alle parole, senza nemmeno muovere le
labbra, Ambrogio è così… così forte che gli basta scorrere l’occhio, e il senso delle parole gli arriva al cervello. Sì, oggi
tutti leggiamo così. Quasi tutti. Nel terzo secolo no, nel terzo secolo era appannaggio degli uomini più colti dell’impero.
Di Agostino tutti conoscono un passo, che sotto forma di aforisma da qualche parte avranno anche attribuito a Oscar
Wilde: Dio mio, dammi la forza di resistere alle tentazioni, ma non subito. A rendere faticosa la conversione di Agostino
al cristianesimo non fu la cultura scientifica che gli aveva impedito di diventare un buon manicheo. Il vero ostacolo
stavolta era la carne. Per molti anni probabilmente Agostino seppe di essere destinato al magistero, ma continuò a
vivere in quel “subito” in cui poteva concedersi ogni sorta di vizio e nequizia. Cosa facesse in realtà, se orge luculliane
o semplicemente qualche bicchiere di falerno e una partitina di dadi con gli amici, non ci è dato sapere. Quando scrive
le Confessioni è pur sempre un vescovo, troppo sgamato per lasciare descrizioni dettagliate dei suoi anni perduti.
Sappiamo che visse con una concubina per quindici anni. Oggi sembrerebbe piuttosto un indice di stabilità e
morigeratezza. Tanto più che la signora, di cui ignoriamo il nome, manifestò l’intenzione di rimanere fedele allo stronzo
anche una volta ripudiata, strappata al figlio e rispedita in Africa come un pacco postale. Agostino era profondamente
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Post/teca
lacerato, ma intendeva fidanzarsi con un buon partito, mammà soprattutto ci teneva tanto. La fidanzatina tuttavia non
era ancora in età da marito, occorreva aspettare due anni, e così nel frattempo Agostino si trovò un’altra donna di
ripiego. Va bene, però noi quando pensiamo a una vita dissoluta non abbiamo esattamente in mente i maneggi di un
arrampicatore sociale un po’ mammone che in 17 anni intreccia ben due relazioni a sfondo sessuale. Che altro faceva di
orribilmente peccaminoso, Agostino?
L’unico misfatto su cui il grande autobiografo si concentra è un furto, congegnato a 16 anni.
Chi lo sa già, porti pazienza: chi non lo sa, trattenga il fiato: a 16 anni Sant’Agostino organizzò coi suoi amici un furto
di pere ai danni di un coltivatore diretto. Questo furto, assolutamente gratuito (nel suo giardino dei suoi Agostino aveva
a disposizione pere di qualità superiore), occupa un libro intero degli undici delle sue Confessioni – è quasi un decimo
di quel che Agostino sceglie di raccontare della sua vita. Questo libro, il secondo, comincia così:
Voglio ricordare il mio sudicio passato e le devastazioni della carne nella mia anima
Non è che avevi fregato pure una paletta dei vigili?
E prosegue raccontando di un furto di pere, ma come si potrebbe raccontare di un delitto premeditato. Era laida e
l’amai, amai la morte, amai il mio annientamento. Non l’oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento io
amai, anima turpe, che si scardinava dal tuo sostegno per sterminarsi. Va avanti così per diverse pagine, e sta
introducendo una bravata combinata a 16 anni. Alla nostra sensibilità tutto questo potrebbe sembrare morboso, scriveva
Bertrand Russell. Certo, noi avremmo preferito che Agostino ci portasse a fare un giro notturno in qualche luogo
peccaminoso del quarto secolo. Ben altra testimonianza d’inestimabile valore storiografico-antropologico avrebbe avuto
questo Libro II, per noialtri storiografici e antropologici guardoni. Agostino invece sceglie un episodio squallido, dove
non c’è spazio possibile per il compiacimento: a certi peccati di gioventù è impossibile non guardare con tenerezza, ma
riempire un sacco di pere altrui senza nemmeno mangiarle, senza aver fame e nemmeno voglia, è una stronzata e basta,
se guardi indietro non puoi che darti dell’imbecille. Di solito del resto chi combina scherzi del genere non guarda
indietro, non è progettato per farlo, non reggerebbe lo sguardo. Agostino è diverso. Agostino, trent’anni dopo, ha ancora
quelle pere sulla coscienza.
Un’accusa che ho spesso sentito muovere al cristianesimo, è che ci avrebbe fatto il dono non richiesto della nozione di
peccato: una gabbia ferrea imposta ai nostri desideri, alla libertà della carne, o dei corpi, come li chiamiamo adesso.
Non dubito che il cristianesimo sia stato questo per milioni, per miliardi di persone: un prete che ti controlla, ti spia, ti
giudica, da fuori o persino da dentro. Ma se guardiamo ai padri fondatori, a quelli che conosciamo un po’ meglio: a
gente come Paolo, come Agostino, come Martin Lutero, ci accorgiamo che hanno qualcosa in comune. Un’ossessione
del peccato, un senso di colpa oscuro che suona persistente per tutta la prima fase della loro vita, una nota grave e
costante che si fa sentire sopra ogni altra passione o emozione. Paolo o Agostino non credevano nella colpa perché
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Post/teca
erano cristiani: erano cristiani perché si sentivano già in colpa, prima, di qualcosa o di tutto. Per loro la fede non era una
gabbia, ma un riparo. Se volevano sopravvivere dovevano prima o poi trovare un padre che dicesse: va bene. Sei una
merda, lo sei sempre stato: tutto quello che hai fatto è vile e cattivo, e non poteva essere diversamente, ma non importa.
Io ti voglio bene, ti ho scelto, ti perdono. Ora smetti di frignare e renditi utile, confuta i pelagiani, scrivi la Citta di Dio,
ché tra le infinite merde del mondo sei quello che ha più talento per queste cose, e del tuo talento c’è bisogno.
Agostino è un grande filosofo. Ha anticipato, tra le altre cose, il cogito cartesiano, e ipotizzato una concezione
relativistica del tempo. Passato e futuro forse non esistono, sono illusione: ogni cosa accade ora, mentre io scrivo e tu
leggi e Agostino a 16 anni ride mentre ruba quelle pere che non mangerà e che non cesserà di rimproverarsi per il resto
della sua vita, cioè adesso. Agostino è un grande scrittore. Intuisce che il cuore ha le sue intermittenze, e che anni interi
di vita possono sparire dietro il ricordo cristallizzatosi in un giorno solo: come quel giorno delle mie elementari, l’unico
che ricordo bene, in cui dovevo fare entrare la mia compagna in un gioco, e senza nessun motivo al mondo la esclusi.
Ho commesso senz’altro molte altre cattiverie e cose buone, essendo io buono e cattivo come chiunque altro. Ma gli
altri ricordi sfumano, e in questo eterno presente io rimango lì, il penultimo della fila, un atomo che senza motivo
decide di fare il male, di generare il male, da cui nascerà altro male che forse è ancora attivo sulla terra in questo
momento, cioè sempre; senza nessuna grazia ricevuta.
fonte: http://www.ilpost.it/leonardotondelli/2012/08/28/le-pere-del-male/
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Scoperti fossili in ambra più antichi di 100 milioni di anni
Un gruppo di ricerca internazionale che vede protagonisti l’Istituto di geoscienze e georisorse del
Cnr e l’Università di Padova ha scoperto i più antichi artropodi mai inglobati in ambra. Lo studio
è stato pubblicato su Pnas
Due acari e un moscerino delle dimensioni di pochi millimetri, risalenti al periodo Triassico,
databile a oltre 230 milioni di anni fa, sono stati trovati perfettamente conservati all’interno di
goccioline di ambra rinvenute nelle Dolomiti, vicino a Cortina d’Ampezzo. A rivelarlo uno studio
internazionale realizzato dall’Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle
ricerche (Igg-Cnr) e dall’Università di Padova, in collaborazione con l’Università di Göttingen e
con il Museo di Storia Naturale di New York, e pubblicato su Pnas – Proceedings of the National
Academy of Sciences.
I ricercatori hanno osservato oltre settantamila piccole gocce di ambra finora ritrovate nel sito
dolomitico, facendo luce sull’evoluzione di un gruppo di artropodi (invertebrati che comprendono
gli insetti, i ragni e i crostacei) tra i più diffusi al mondo.
“Già nel 2006 il team di ricerca aveva pubblicato i risultati sullo studio di batteri e protozoi
inglobati nell’ambra dolomitica, dimostratisi incredibilmente simili ai microrganismi ancora oggi
esistenti”, spiega Eugenio Ragazzi dell’Università di Padova. “Prima del presente studio, però, le
più vecchie inclusioni di organismi animali in ambra risalivano a circa 130 milioni di anni fa: la
nuova scoperta sposta quindi le lancette indietro nel tempo di ben 100 milioni di anni rispetto a ogni
precedente ritrovamento di organismi inglobati in ambra”. Grazie all’eccezionale stato di
conservazione, per due dei tre artropodi sono state coniate anche nuove specie, chiamate Ampezzoa
triassica e Triasacarus fedelei, in onore del cortinese Paolo Fedele che nel 1997 ha segnalato il
giacimento che ha permesso tutte le successive ricerche.
“È sorprendente come la morfologia di tali acari triassici sia simile a quella delle specie odierne
appartenenti alla famiglia Eriophyoidea”, prosegue Guido Roghi dell’Igg-Cnr: “Le caratteristiche
comuni - corpo lungo e segmentato, due paia di zampe invece delle quattro solitamente presenti
negli acari, un peculiare apparato boccale e artigli piumati – dimostrano che questi artropodi
avevano tratti distintivi e specializzati già nel Triassico, decine di milioni di anni prima della
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Post/teca
comparsa delle angiosperme di cui si nutrono oggi, quando necessariamente si nutrivano di conifere
(gimnosperme)”.
Quando apparvero le prime piante con fiore, quindi, questi artropodi modificarono le loro abitudini
alimentari: “Grazie al loro adattamento ambientale hanno superato le grandi estinzioni al termine
del Cretacico (65 milioni di anni fa)”, concludono i ricercatori. “Se nel Permiano (252 milioni di
anni fa) si erano estinte il 96% di tutte le specie marine e il 70% di quelle dei vertebrati terrestri,
questo studio chiarisce che nel Triassico (230 milioni di anni fa) esistevano organismi animali
persistenti anche a cambiamenti enormi”.
via: mailinglist cnr
----------------------onepercentaboutanything ha rebloggato misantropo
“Homo homini lupus. Molto prima di Hobbes e fino ai nostri giorni, fra miti, religioni,
filosofia e scienza, la civiltà occidentale è stata ossessionata dallo spettro di una natura umana
così avida e litigiosa, cosi “bestialmente” egoista, che deve essere tenuta a bada da un pugno di
ferro istituzionale da cui traggono la loro giustificazione gerarchie e diseguaglianze sociali.
Questa visione presuppone una contrapposizione fondante tra natura e cultura che
antropologia e paleontologia invece contraddicono. La natura dell’Homo sapiens è la sua
cultura, anzi le sue culture. E la stessa idea che siamo schiavi delle nostre inclinazioni animali
non è altro che una creazione socio-storica, cioè culturale. Un’idea non proprio felice, visti i
risultati.”
— Marshall Sahlins - Un grosso sbaglio. L’idea occidentale di natura umana. Elèuthera. (via adciardelli)
Fonte: adciardelli
----------------------Clafoutis all'uva
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Post/teca
Ingredienti per 6 persone:
bianca
4 uova
60 g di burro
100 g di farina
150 g di zucchero in polvere
1/2 sacchetto di lievito in bustina
5 cl di rum
125 cl di latte
sale
500 g di uva nera o uva
Per grandi occasioni
Clafoutis all'uva
Portata: Dessert
Difficoltà: Difficile
Preparazione:
Procedimento: Lava, dividi i singoli acini d'uva e mettili da parte in due ciotole. Separa gli albumi
dai tuorli delle uova. Fai fondere 50 g di burro. Imburra la teglia con il restante burro. Accendi il
forno a 180°. In un'insalatiera, mescola con la frusta elettrica, la farina, lo zucchero, un pizzico di
sale ed il lievito. Scava una fontana, versa i tuorli, il burro fuso ed il rum. Mescola il tutto con una
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Post/teca
spatola, aggiungendo il latte a filo e continuando a lavorare la pasta. In una ciotola, sbatti gli albumi
a neve ferma, e incorporarli delicatamente alla pasta, creando un movimento dal basso verso l'alto.
Taglia qualche acino a metà, leva i nocciolini e butta nel composto, sempre con estrema delicatezza.
Versare la preparazione nella teglia imburrata. Distribuisci tutti gli altri acini d'uva sulla parte
superiore. Mettere in forno a 150° per 45 min.
Trucchi: Il Clafoutis è un dolce di ciliegie nere, tipico del Limousin (Regione è collocata nella zona
centro-sud della Francia); in questa ricetta invece, è fatto con gli acini di uva, che possono essere sia
bianchi che neri, a seconda del proprio gusto. Questo dolce, può essere servito anche tiepido o
addirittura freddo. In quest'ultimo caso, spolverizzate di zucchero a velo e accompagnatelo con una
salsina fatta scaldando un pochino di latte. Fatevi sciogliere una stecca di vaniglia e fate
rapprendere con un pizzico di farina.
fonte: http://www.donnad.it/ricette/clafoutis-all-uva?utm_source=4992&utm_medium=email&utm_term=&utm_content=&utm_campaign=%24{NAME}%24%2C+ecco+la+verit
%C3%83%C2%A0+sui+sogni+premonitori!+
---------------------------3nding ha rebloggato curiositasmundi
“Sarà sempre così.
La gente ti parlerà della sua unghia spezzata, anche quando sarai a terra con tutte le ossa
rotte.”
— Distorted Fables (via baciatadallafortuna)
Fonte: hotroppecosedadire
-------------------------3nding ha rebloggato curiositasmundi
“Sei adorabile come il lato fresco del cuscino.”
— matermorbi:
bugiarda e incosciente:
(via curiositasmundi)
Fonte: matermorbi
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Addio al primo
236
Post/teca
uomo sulla
Luna. Quanto è
pericolosa la
vita
dell'astronauta
di oggi?
Tempeste solari, cecità spaziale e osteoporosi sono solo alcuni degli inconvenienti delle missioni.
Ecco la lista di dei problemi medici più comuni, per ricordare Neil Armstrong
27 agosto 2012 di Simone Valesini
Visite in orbita
Il medico Ellen S. Baker mentre visita l’astronauta Franklin R. Chang-Diaz sullo Space Shuttle Atlantis nel 1989 (Credits: NasaJsc
Digital Image Collection)
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Il primo uomo sulla Luna ci ha lasciato. Sabato scorso Neil Armstrong è morto all'età
di 82 anni. Ma quanto è pericolosa ora la vita di un astronauta, con il suo andirivieni
dallo Spazio? Dall'impresa lunare del 1969, ormai i viaggi spaziali sono diventati
routine. E con questi anche i problemi di salute. Gli autori di fantascienza
immaginano da sempre pericoli di ogni tipo pronti a piombare sugli incauti astronauti
durante i loro lunghi viaggi interplanetari. Nella realtà, ovviamente, i problemi degli
astronauti sono di tutt'altra natura, ma non per questo necessariamente meno gravi.
238
Post/teca
Il corpo umano d'altronde si è evoluto per sopravvivere all'interno dell'atmosfera e
del campo gravitazionale terrestre. Osteoporosi, esposizione alle radiazioni solari,
disfunzioni del sistema immunitario, sono solo alcune delle conseguenze a cui
l'essere umano va in contro quando viaggia nello spazio, al di fuori del suo ambiente
naturale. Se mai vorremo compiere lunghi viaggi interplanetari, come ad esempio
quello verso Marte, gli scienziati dovranno prima trovare la soluzione a tutti questi
problemi. Come fa notare Wired.com.
Nausea spaziale
Come marinai che si abituano al rollare delle onde, gli astronauti hanno bisogno di
tempo per abituarsi all'assenza di gravità. Spesso questo porta effetti spiacevoli come:
nausea, illusioni visive e disorientamento. La sindrome da adattamento allo Spazio
(Sas), colpisce circa metà dei soggetti che si trovano a viaggiare nello spazio, con
livelli diversi di gravità. I sintomi sono classificati scherzosamente sulla scala Garn,
così chiamata in onore di Jake Garn, astronauta che nel 1985, durante un viaggio
sullo space shuttle, sembra abbia patito il caso più grave di nausea spaziale nella
storia della Nasa.
Il malessere dura di solito solo per qualche giorno, ma può comunque risultare
pericoloso. Per esempio gli astronauti sono obbligati a prendere antiemetici prima di
indossare le tute spaziali per missioni all'esterno della nave, perché il vomito
all'interno della tuta, in assenza di gravità, rappresenterebbe un rischio molto
concreto di rimanere strozzati. Oggi che diverse aziende private promettono di
farsperimentare l'assenza di peso durante i viaggi turistici nello spazio, l'effetto della
Sas potrebbe diventare una realtà concreta nella vita di un numero crescente di
persone. Dopotutto, chi vorrebbe andarsene in giro in una elegante cabina della
Virgin Galactic, piena di passeggeri e del loro vomito fluttuante?
I piedi che si spellano e altre situazioni imbarazzanti
Anche quando un astronauta inizia ad abituarsi alla vita nello Spazio, il suo corpo
continua a subire diversi strani cambiamenti. L'assenza di peso fa sì che i fluidi
all'interno del corpo si muovano più liberamente, concentrandosi in particolare nel
busto e nella testa. Questo conferisce alla faccia degli astronauti un aspetto gonfio,
che oltre a risultare buffo può causare irritazioni delle mucose e naso chiuso.
Anche la postura si modifica, e un po' alla volta tutti si trovano a passare il tempo in
una strana posizione ingobbita, simile alla posizione fetale. Ma quello che è
sicuramente l'effetto più strano della permanenza nello Spazio avviene solitamente a
metà missione, quando la pianta dei piedidell'astronauta si spella come durante la
muta di un rettile. Questo avviene perché i calli sotto la pianta del piedi risultano
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Post/teca
inutili dopo mesi in cui ci si aggira fluttuando, senza poggiare i piedi in terra, e
conclusa la loro utilità cadono, lasciando Spazio alla pelle sottostante, giovane e
rosea.
Ultimo imbarazzante problema: l'assenza di peso causa un rilassamento progressivo
dei muscoli addominali che provoca il rilascio di un gran numero di quelle che
vengono definite flatulenze dell'astronauta.
Microbi nello Spazio
I microbi, che sulla Terra si trovano in ogni crepa e fessura, apparentemente sono
riusciti a colonizzare anche lo Spazio. Un test eseguito sulla stazione spaziale russa
Mir ha scoperto, per esempio, la presenza di 234 specie di batteri e funghi
microscopici che vivevano a bordo con gli astronauti. Molti deibatteri erano
probabilmente innocui, se non benefici, ma può sempre esserci qualche mela marcia.
E infatti il personale della Stazione in servizio tra il 1995 e il '98 ha riportato un
numero significativo di infezioni microbiche, come congiuntiviti, difficoltà
respiratorie acute e infezioni dentali.
Test medici hanno dimostrato anche che gli antibiotici sono meno efficaci nello
Spazio, e vanno presi in concentrazioni maggiori perché abbiano effetto. Ma più
inquietante ancora è stata probabilmente la scoperta che il batterio della salmonella
diviene ancora più virulento vivendo in assenza di gravità.
Una missione spaziale di lunga durata, come un viaggio verso Marte, può soltanto
aumentare le probabilità che malattie infettive pericolose possano svilupparsi e
infettare l'equipaggio. A peggiorare il quadro vi è il fatto che i viaggi spaziali
compromettono il sistema immunitario degli astronauti, rendendoli più sensibili agli
effetti dei microbi. I ricercatori sperano che gli antiossidanti si rivelino efficaci per
contrastare alcuni di questi effetti pericolosi.
Perdita di massa ossea e muscolare
Probabilmente l'effetto più noto dell'assenza di gravità è il progressivo
deterioramento dei muscoli e delle ossa. Un astronauta perde in media dall' uno al
due percento della sua massa ossea per ogni mese che trascorre nello Spazio, e anche
la massa muscolare svanisce, al ritmo molto più sostenuto del cinque percento a
settimana. Non è dunque un caso che la Nasa consideri questo problema uno dei
pericoli principali per i voli spaziali di lunga durata.
L'effetto è comunque molto soggettivo. Se alcuni astronauti hanno perso anche il 20
percento della loro massa ossea in 6 mesi, dovendo poi essere trasportati in barella al
loro rientro sulla Terra, altri sono più fortunati. Il russo Valery Polyakov, attuale
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Post/teca
detentore del record di permanenza nello Spazio, riuscì a camminare dalla sua
capsula fino ad una sedia al ritorno da un viaggio di 438 giorni nello Spazio.
Al momento un diligente esercizio fisico rimane la miglior terapia a disposizione
degli astronauti per mantenersi in forze durante i viaggi spaziali. Sulla Stazione
Spaziale Internazionale (Iss) gli astronauti si legano a un tapis roulant progettato
per minimizzare le vibrazioni, che potrebbero rovinare i sensibilissimi esperimenti a
microgravità che vengono svolti sull'Iss: il Combined Operational Load Bearing
External Resistance Treadmill, o più confidenzialmente Colbert. Il nome viene dal
comico Stephen Colbert, che riuscì a piazzare il suo nome al primo posto in un
concorso per battezzare un nuovo ambiente della stazione spaziale, facendosi votare
in massa dai suoi fan. Dopo una contrattazione con la Nasa, e la minaccia che
avrebbero dato il suo nome al gabinetto spaziale della stazione, dovette accontentarsi
di dare il suo nome al tapis roulant degli astronauti.
Cecità spaziale
Forse un giorno un equipaggio intrepido riuscirà a superare il lungo viaggio di otto
mesi per Marte, per scoprire solo una volta in orbita che nessuno, pilota incluso, è più
in grado di vedere i comandi della nave. La colpa allora sarebbe di quella che in
mancanza di un termine migliore possiamo definire cecità spaziale, cioè la graduale
perdita della vista sperimentata da moltissimi astronauti durante le missioni in
assenza di gravità.
L'effetto sembra essere proporzionale alla quantità di tempo trascorso nello Spazio:
circa il 30 percento degli astronauti impegnati in missioni brevi ha riferito di avere
subito un calo della vista, mentre la percentuale raddoppia nel caso di astronauti
impegnati in missioni di lunga durata.
La cecità spaziale è una sindrome venuta alla luce solo di recente, per colpa della
reticenza delle precedenti generazioni di astronauti, spaventati dall'idea di poter
essere considerati non più idonei per le missioni spaziali per via del calo della vista.
Gli scienziati non sono ancora riusciti a comprendere cosa causi questi sintomi, ma
hanno suggerito che potrebbero essere collegati a un aumento della pressione dei
fluidi all'interno del cranio, che andando a premere sul nervo ottico provocherebbero
una sindrome conosciuta come papilledema, disturbo può portare anche alla perdita
completa della vista. Sebbene parlare di cecità sia forse esagerato, anche un semplice
calo della vista potrebbe essere un problema serio per gli astronauti, soprattutto in
missioni di una certa durata.
Tempeste solari e radiazioni
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Post/teca
Circa tre mesi dopo il ritorno dell'Apollo 16 dalla Luna, un'enorme esplosione
sconvolse la superficie solare, lanciando terribili radiazioni e miliardi di particelle
cariche in direzione della Terra. In quel caso fu solo la fortuna a evitare che la
tempesta solare, una delle più grandi e pericolose dell'era spaziale, colpisse l'Apollo
16 o l'Apollo 17, che sarebbe stato lanciato solo quattro mesi dopo.
Le tempeste solari e le radiazioni che queste generano sono uno dei più grandi
ostacoli per i viaggi spaziali di lungo periodo. Se durante la super tempesta del '72 gli
astronauti si fossero trovati al di fuori del campo magnetico terrestre, sarebbero quasi
sicuramente rimasti uccisi dalle radiazioni.
La Nasa è quindi tenuta per legge a proteggere i suoi equipaggi da eventi del genere,
nonché dagli effetti a lungo termine delle radiazioni con cui vengono in contatto nello
Spazio. Infatti, anche l'esposizione cumulativa alle radiazioni che si ha nello Spazio è
un rischio concreto per la salute, poiché aumenta sensibilmente le probabilità di
sviluppare tumori. Le linee guida della NASA stimano che per rimanere al di sotto
di una percentuale di rischio del tre percento, un uomo dovrebbe passare al massimo
268 giorni nello Spazio, e una donna 159. Una missione per Marte impiegherebbe
invece 520 giorni tra andata e ritorno, troppi perché oggi si possa tentare senza
correre un serio pericolo.
Polvere tossica
La maggior parte dei rischi dei viaggi spaziali deriva dall'assenza di gravità, ma
neppure quando riescono a raggiungere la relativa sicurezza offerta da pianeti e
satelliti gli astronauti possono ritenersi al sicuro. Infatti anche questi portano con loro
tutta una serie di pericoli strani e potenzialmente letali, derivanti principalmente dalla
polvere.
La superficie lunare, per esempio, è completamente ricoperta di regolith, particelle di
polvere microscopiche generate dalle eruzioni vulcaniche e dall'impatto dei
meteoriti, che hanno la spiacevole tendenza ad appiccicarsi a qualunque superficie.
Durante la loro permanenza sul satellite, gli astronauti dell'Apollo si trovarono ben
presto sommersi da questa polvere lunare, che può irritare gli occhi, la pelle, o peggio
ancora, se respirata, può creare un disturbo molto serio chiamato silicosi.
Nonostante i rischi della polvere lunare, quella marziana potrebbe dimostrarsi ancora
più pericolosa. Il pianeta rosso è così chiamato perché è ricoperto da una sottile
polvere di ossido di ferro, che alcuni ricercatori ritengono sia in grado di corrodere i
composti organici come la plastica e la gomma, e di produrre bruciature sulla pelle
umana. Gli astronauti che in futuro si troveranno a viaggiare verso queste due
destinazioni dovranno quindi prendere serie precauzioni per sigillare a dovere le loro
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Post/teca
basi.
La psicologia nello Spazio
Viaggiare verso una stazione spaziale su una specie di petardo gigante, sottoposto ad
accelerazioni e decelerazioni estreme. Oppure vivere in condizioni disagevoli,
confinato e isolato da familiari e amici: sono alcune delle esperienze stressanti che
possono diventare veri e propri traumi psicologici per gli astronauti.
Una lista dei sintomi psicologici sperimentati dagli astronauti russi e americani
durante le missioni spaziali comprende: affaticamento, letargia, paura di avere
l'appendicite, dolori ai denti comparsi dopo avere sognato di avere dolore ai denti,
paura di diventare impotenti.
Ad esempio, in passato il comando missione dello Skylab imponeva ritmi di lavoro
massacranti all'equipaggio, spesso accorciando le pause pranzo e proibendo agli
astronauti di dedicarsi alla loro attività preferita: guardare la Terra e lo Spazio dai
finestrini della stazione. Stremato da questo trattamento inumano, nel dicembre del
1973 l'equipaggio dello Skylab scioperò, arrivando ad atteggiamenti di aperta ostilità
e minaccia nei confronti dei loro superiori.
Per fortuna esistono anche effetti psicologici positivi dei viaggi spaziali. Durante la
loro permanenza nello Spazio, molti astronauti hanno infatti sperimentato quello che
Frank White ha definito effetto visione totale. L'effetto è un senso di meraviglia e
soggezione nei confronti dell'Universo, che porta a sperimentare epifanie spirituali
come un sentimento di unità con la natura, di trascendenza, e difratellanza
universale.
Lo Spazio dunque regala anche esperienze incredibili, e gli psicologi della Nasa
stanno cercando di sfruttarle per scopi terapeutici. Ad esempio fare foto della terra
dalla Stazione Spaziale Internazionale potrebbe avere degli effetti benefici sulla
mente degli astronauti.
fonte: http://daily.wired.it/foto/2012/08/27/malattie-astronauti-spazio-183456.html
------------------------selene ha rebloggato in-my-time-of-need
“Tutto questo per dirti che mi manchi e che non trovo l’antidoto. Tutto questo per dirti che il
fatto che mi manchi non mi ferisce né mi cura. Tutto questo per dirti che il tuo ricordo è il
male più forte che mi faccio io stesso. Ma questo male è l’unico modo in cui posso ancora
amarmi e respirarti.”
— Efraim Medina Reyes (via in-my-time-of-need)
243
Post/teca
--------------------selene ha rebloggato aguywhofilmstheclouds
Ho osservato un minuto di silenzio. Da vicino è bellissimo. (S.
Bandini)
Fonte: sussultidellanima
-----------------------loslambros
“
« Questa è assolutamente da non credere. Abbattei un alce, un giorno. Andavo a caccia, su,
verso il confine col Canada, e abbattei un alce. Lo lego al parafango, e via. Me ne torno a New
York, sull’autostrada. Però non mi ero accorto che l’avevo colpito di striscio: l’alce era solo
tramortito. Alle porte di New York comincia a riprendere conoscenza. Eccomi dunque a
viaggiare con un alce vivo sul parafango, laddove c’è una legge nello Stato di New York che lo
vieta espressamente – di viaggiare con un alce vivo sul parafango – il martedì, il giovedì e il
sabato. Vengo preso dal panico.
Allora mi sovviene che un mio amico dà una festa in costume, quella sera. Prendo una
decisione: vado e ci porto l’alce. L’imbuco e me ne lavo le mani. Detto e fatto. Arrivo e busso
alla porta con l’alce appresso. Il padrone di casa ci accoglie sulla soglia. “Ciao”, gli faccio,
“conosci i Solomon?”. Entriamo. L’alce socializza subito. Non se la cava mica male. Tanto più
che un tale cerca, con una certa insistenza, di vendergli una polizza d’assicurazione.
A mezzanotte c’è la premiazione per i costumi più belli. Vincono il primo premio i coniugi
Berkowitz, travestiti da alce. L’alce arriva secondo. Come monta su tutte le furie! Lui e i
coniugi Berkowitz si prendono a cornate, lì, in salotto. Si tramortiscono a vicenda.
Ecco, dico fra me, il momento opportuno. Acchiappo l’alce, lo lego al parafango e via – torno
nei boschi. Sennonché ho agguantato i coniugi Berkowitz. Ed eccomi a viaggiare con due ebrei
sul parafango. Laddove vige una legge nello Stato di New York, per cui ciò è severamente
vietato il martedì, il giovedì e soprattutto il sabato…
La mattina seguente, i coniugi Berkowitz si risvegliano nel bosco in costume da alce. Di lì a
poco il consorte viene abbattuto, imbalsamato ed esposto, come trofeo di caccia, al Circolo
Atletico di New York. È da ridere, veramente, perché a quel club non sono ammessi gli ebrei. »
”
— da Woody Allen: Standup Comic del 1978
-----------------
DA GUTENBERG A GOOGLE, IL VERO MOTORE DELLE
COMUNICAZIONI DI MASSA È IL SESSO - 2- DA TEMPO, VARI
STUDIOSI CI HANNO ABITUATO ALL’IDEA CHE LA
DIFFUSIONE DI UN PENSIERO “SOVVERSIVO” SUL SESSO E
L’EROTISMO POTESSE FUNZIONARE DA MOLLA PER
CONTRASTARE L’ORDINE POLITICO DELLE SOCIETÀ
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Post/teca
OCCIDENTALI. MA LE LIAISONS DANGEREUSES TRA WEB E
SESSO HANNO AVUTO UNA PODEROSA RICADUTA IN TERMINI
DI INNOVAZIONE - 3- SECONDO UN SAGGIO CHE STA
FACENDO PARECCHIO DISCUTERE GLI STATI UNITI, IL
PORNO AVREBBE “ESERCITATO SUL MONDO ONLINE
UN’INFLUENZA SUPERIORE A QUALUNQUE MEDIUM
PRECEDENTE”, OPERANDO SULL’INTENSITÀ DELL’OFFERTA,
SULL’ANONIMATO DELLA CLIENTELA E SULLA MODALITÀ DI
PAGAMENTO DELLE PRESTAZIONI -
Massimiliano Panarari per La Stampa
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Post/teca
EROTIC-ENGINE
Natura non facit saltus , diceva la «filosofia naturale» antica. Mentre il capitalismo, intriso di
schumpeteriana «distruzione creatrice», i salti li compie, eccome. E ad agevolare qualcuno di questi
balzi, come mostra la sua storia, ci pensano, talvolta, quegli stessi lati oscuri e «segreti» che il volto
più presentabile della civiltà liberal-borghese, di cui l'economia di mercato è per tanti versi
debitrice, considera devianti.
PORNO WEBCAM
Un esempio? I terribili pirati, bucanieri e corsari (più o meno) libertari che - hanno sostenuto vari
studiosi, da Werner Sombart a Peter T. Leeson - vanno inseriti di diritto nella galleria degli antenati
del capitalismo, e in particolare della sua versione più «anarchica».
Ad aprire un altro capitolo di questa «storia sotterranea» è un libro che sta facendo parecchio
discutere negli Stati Uniti, intitolato The Erotic Engine (Anchor Press), e ancor più esplicitamente
sottotitolato «Come la pornografia ha potenziato le comunicazioni di massa da Gutenberg a
Google».
Da tempo, vari studiosi più o meno famosi, da Michel Foucault a Robert Muchembled, sino
all'italiano Pietro Adamo, ci avevo abituato all'idea che la diffusione di un pensiero «sovversivo»
sul sesso e l'erotismo potesse funzionare da molla per contrastare l'ordine politico e filosofico delle
società occidentali. Ma con questo libro entriamo direttamente nel terreno delle tecnologie dure e
pure.
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Post/teca
PORNO INTERNET
L'autore, Patchen Barss, è un giornalista scientifico e culturale di Toronto (produttore presso
Discovery Channel e collaboratore, tra le altre testate, del Globe and Mail e del Reader's Digest ), il
quale si candida così a novello Marshall McLuhan un po' osé, ribadendo la fertilità e la creatività di
quel Paese sotto il profilo degli studi massmediologici.
PORNO ONLINE
La tesi di Barss è che la rappresentazione del sesso abbia fornito, nel corso della storia dell'umanità,
uno stimolo potentissimo allo sviluppo delle comunicazioni di massa e, più di recente,
all'innovazione tecnologica e industriale. Per dimostrarlo risale decisamente indietro nel tempo, alle
pitture a sfondo sessuale e alle raffigurazioni erotiche che adornavano le caverne preistoriche, e
compie una lunga cavalcata attraverso i secoli sino a giungere ai giorni nostri, passando per i
bassorilievi mesopotamici, la grafica giapponese tradizionale, i templi induisti, la poesia e la musica
trobadoriche del Medioevo occidentale e le «rivoluzioni» dell'epoca moderna.
Quando, con il terremoto innescato dalla stampa gutenberghiana si comincia ad assistere
all'irresistibile marcia parallela (e trionfale) di tecnologia e pornografia, con la prima amplificata e
supportata dai bisogni di diffusione della seconda.
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PORNO E INTERNET
Nella Francia preRivoluzione del 1789 le medesime stamperie «sovversive» sfornavano a getto
continuo libelli filosofici contro la monarchia e la religione e stampe pornografiche in gran quantità,
e, quando avevano dei proprietari engagés , utilizzavano non di rado le copiose vendite delle
seconde per finanziare la tiratura dei primi. E sempre nella Ville Lumière, qualche decennio dopo,
la popolarità dei dagherrotipi molto dovrà alle immagini di nudo femminile (ovviamente
«artistico»...), che faranno proliferare gli atelier fotografici.
PORNO E INTERNET
Il pornoentusiasta autore del libro si dimentica di citare, evidentemente perché non confacente alla
sua tesi, uno dei periodi di maggiore sviluppo tecnologico e industriale della storia europea:
l'Inghilterra dell'impressionate decollo economico della regina Vittoria, in cui la pornografia non era
certo vista di buon occhio. Ma, probabilmente, qui interverrebbe qualche teorico o narratologo
decostruzionista a dirci che le pulsioni del bacchettonismo dell'epoca si sublimavano mediante i
romanzi gotici e vampireschi.
D'altronde, il porno (e chi gli sta dietro) bada al sodo, e al soldo: di qui il convergere, nel tempo, di
investimenti finanziari sulle varie piattaforme tecnologiche che si sono rivelate incredibili
moltiplicatori del suo consumo. L'industria a luci rosse ha infine trovato nella Rete un canale
impareggiabile per aumentare ulteriormente il proprio smisurato fatturato, e in tal modo si arriva al
dark side di Internet, sulla cui origine militare e strategica già tanto si è scritto.
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PORNO E INTERNET JPEG
Le liaisons dangereuses tra Web e sesso avrebbero avuto una poderosa ricaduta in termini di
innovazione; anzi, secondo Barss, il porno avrebbe «esercitato sul mondo online un'influenza
superiore a qualunque medium precedente», operando sull'intensità dell'offerta, sull'anonimato della
clientela e sulla modalità di pagamento delle prestazioni.
PORNO E INTERNET JPEG
L'incremento dell'ampiezza della banda e l'arrivo della banda larga sarebbero derivate precisamente
dalla volontà di far fronte alla marea montante delle richieste degli erotomani (praticamente una
buona fetta della popolazione maschile mondiale e, pertanto, un mercato tutt'altro che
disprezzabile).
I «signori dell'hard» hanno poi fatto nascere e-commerce e tecnologie «sicure» per i pagamenti e le
transazioni elettroniche, e pure certi software di video-streaming che i grandi network tv utilizzano
comunemente hanno avuto il loro battesimo del fuoco negli studi di registrazione «vietati ai
minori».
Insomma, altro che «bastione libertario»: a dispetto della retorica (francamente poco credibile) che
continua a descrivere la pornografia come «libertà fondamentale», il porno costituisce un business
formidabile e un'attrezzatissima industria, un mix di gemiti, pulsioni basic (e a tratti biopolitiche) e
«perversa» attenzione alla tecnologia, che si è tradotto anche in un fattore di crescita dell'high tech.
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PORNO E INTERNET JPEG
E difatti, a ben pensarci, siamo esattamente dalle parti di quel «dominio della tecnica»
stigmatizzato, non molto tempo fa, da papa Benedetto XVI quando tratteggiava il modello di
sessualità che i cattolici devono, invece, fare proprio.
fonte:
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/1-da-gutenberg-a-google-il-vero-motoredelle-comunicazioni-di-massa-il-sesso2-43143.htm
-----------------------biancolatte
Il proprio cognome è stato per Queneau oggetto di intensa meditazione: partendo dalla voce
normanno-piccarda per quercia, quesne, e da quelle normanne per cane, quenet e quenot, egli ha
letto nel suo cognome la compresenza di due opposti principî e vi ha costruito una figurazione
allegorica di conflitto psichico: «Quercia e cane ecco i miei due nomi, | etimologia delicata: | come
serbare l’anonimato | davanti agli dèi e ai demoni? | Il cane è cane fino al midollo, | è cinico,
indelicato | [..] | è feroce e impulsivo, | si sa dove gli piace ficcare il naso. | La quercia è nobile e
grande | è forte ed è potente | è verde è viva | è alta è trionfante. | Il cane si pascerebbe di ghiande |
se non frequentasse le pattumiere. | Della quercia il ramo si tende | verso il cielo».
dalla Nota Biografica a cura di Giacomo Magrini in Zazie nel metró, Raymond Queneau, Einaudi
(2005)
--------------------3nding
Woman is the nigger of the world
Yes she is…think about it
Woman is the nigger of the world
Think about it…do something about it
We make her paint her face and dance
If she won’t be a slave, we say that she don’t love us
If she’s real, we say she’s trying to be a man
While putting her down, we pretend that she’s above us
Woman is the nigger of the world…yes she is
If you don’t believe me, take a look at the one you’re with
Woman is the slave of the slaves
Ah, yeah…better scream about it
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Post/teca
We make her bear and raise our children
And then we leave her flat for being a fat old mother hen
We tell her home is the only place she should be
Then we complain that she’s too unworldly to be our friend
Woman is the nigger of the world…yes she is
If you don’t believe me, take a look at the one you’re with
Woman is the slave to the slaves
Yeah…alright…hit it!
We insult her every day on TV
And wonder why she has no guts or confidence
When she’s young we kill her will to be free
While telling her not to be so smart we put her down for being so dumb
Woman is the nigger of the world
Yes she is…if you don’t believe me, take a look at the one you’re with
Woman is the slave to the slaves
Yes she is…if you believe me, you better scream about it
We make her paint her face and dance
- John Lennon
-------------------------La preghiera delle Pussy Riot - condannate per questo ai lavori
forzati - contro Putin (l'amicone del cavaliere di Arcore)
«Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin! caccia Putin, caccia Putin! Sottana
nera, spalline dorate. Tutti i parrocchiani strisciano inchinandosi. Il fantasma
della libertà è nel cielo. Gli omosessuali vengono mandati in Siberia in catene.
Il capo del Kgb è il più santo dei santi. Manda chi protesta in prigione. Per non
addolorare il santo dei santi le donne devono partorire e amare. Spazzatura,
spazzatura, spazzatura del Signore. Spazzatura, spazzatura, spazzatura del
Signore. Madre di Dio, Vergine, diventa femminista. Diventa femminista,
diventa femminista. Inni in chiesa per leader marci, una crociata di nere
limousine. Il prete viene oggi nella tua scuola. Vai in classe, portagli il denaro.
Il Patriarca crede in Putin. Quel cane dovrebbe piuttosto credere in Dio. La
cintura della Vergine Maria non impedisce le manifestazioni. La Vergine Maria è
con noi manifestanti. Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin. Caccia via Putin!
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Post/teca
caccia via Putin!».
fonte: http://notizieoggi.blogspot.it/2012/08/la-preghiera-delle-pussy-riot.html
-------------------------selene ha rebloggato mokessino
“Credo di aver detto “sto bene, grazie” almeno 37 volte, e non era vero neanche una volta. Ma
non se n’è accorto nessuno. Quando qualcuno ti chiede “come stai”, non vuole una vera
risposta.”
— Kevin Williamson. (via volevodirtiche)
Fonte: volevodirtiche
-----------------------selene ha rebloggato dapa
Dai un appuntamento a una ragazza che ti piace
dapa:
Esci con una ragazza che legge ti piace.
Esci con una ragazza che spende i suoi soldi per ciò che ritiene bello, con una che ha problemi di
spazio nel cassetto perché ha troppi sogni. Esci con una ragazza che ha una lista di cose che vuole
fare, che ha una passione da sempre e che la porta avanti sacrificando tutto il resto.
Trova una ragazza che ti piace.
Saprai che anche tu gli piaci se porta qualcosa di tuo nella borsa. Anche una stupidaggine di poco
peso e valore. È lei, quella che guarda il cielo sognando; è quella che esulta in silenzio ogni volta
che il suo sguardo incrocia il tuo.
La vedi quella ragazza incuriosita che annusa il profumo del mondo come fosse un negozio di libri
antichi. Avrà molte cose da far sentire e vedere anche a te.
Loro non sanno resistere alla vita, neanche quando appare ingiallita e consumata. Sanno che
chiunque ha una propria storia da raccontare, non solo i libri, ma anche i nonni, l’autista
dell’autobus, e il guardiano del parco. Loro non sacrificano il tempo per fare compagnia, ma sono
felici di poter condividere il tempo con altri, rubando storie che ancora negli occhi di chi le
racconta.
È lei, la ragazza che semplicemente gioca a provare a dare forme al tovagliolo mentre aspetta in
quel bar in fondo alla strada. O anche che pulisce la vetrina del negozio dov’è commessa evitando
timida gli sguardi dei passanti, o che lava i bicchieri finito il suo turno nel pub sperando che non
entri più nessuno per poter andare a casa ad addormentarsi ascoltando musica Jazz, perché al pub
si manda solo pop. Quando va al bar, avrà bevuto di fretta il suo succo per andar via, a godersi un
po’ il parco in periferia. Persa in un mondo che non smetterebbe mai di esplorare. Distesa. Al
parco potrebbe guardarti, o non farlo. Chiedile come si chiama, senza allegare complimenti,
perché tutto quello che vuoi sapere è come si chiama, e questo è già un complimento. Non
chiederle il numero o dove trovarla in rete. Digli che magari vi rivedete lì e augurale buona
giornata.
Non offrirle niente. Offrigli la tua compagnia. A lei non interessa essere corteggiata, ma sapere
che ti piace starle accanto, che ti incuriosisce quando fa qualcosa, qualsiasi essa sia. Non per cosa
sia, ma per come lo faccia. Che sia leggere, disegnare, cantare o anche sputare i semi delle angurie
a mitraglietta.
Falle sapere cosa pensi e cerca anche le sue opinioni. Chiedile cos’è riuscita a concludere nella
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Post/teca
vita e cos’altro vorrebbe fare, e se ha paura di iniziarlo perché non è certa di portarlo a termine.
Sai che, se dice che non ha paura di niente, lo sta dicendo soltanto per sembrarti forte. Chiedile se
ama quello che fa o lo fa per poter un giorno fare altro. Più in là magari si ha meno paura, in due.
È facile frequentare una ragazza che ti piace. Regalale la tua presenza ogni volta che potrai, senza
essere pesante nei compleanni e nelle feste. Ha anche una sua vita, fatta di migliaia di altre cose,
ed ognuna di queste ti avrà fatto innamorare di lei. Non privarla di questo. Falle il regalo di non
regalarle niente, a volte, e di farti da parte e aspettarla. Non c’è regalo più grande di aspettare le
persone. Falle anche capire che aspettare ti costa. Non regalarle un libro, di tanto in tanto scrivile
tu qualcosa, cantale qualcosa, falle un disegno o cucina per lei. Non regalarle Neruda, Pound,
Sexton, Cummings. Se vuoi compraglieli e daglieli, ma non sono regali. Sono prodotti
commerciali come lo sarebbe un eyeliner o un lucidalabbra. I veri doni sono fatte d’amore e ci
costano tempo e creatività, oltre che soldi. Sono semplici gesti, parole sbagliate che ti escono male
perché non è il tuo mestiere scrivere o disegnare o cucinare, ma tu sei disposto a provare e a
sbagliare, per lei. Sei disposto ad affrontare nuove cose, perché non ti spaventa più quello che fai,
ma quello che per lei avresti potuto fare e hai rinunciato, nascondendoti dietro le parole di qualche
autore sempre troppo lontano dai sentimenti unici e irripetibili che vi uniscono. Fa sì che capisca
la differenza tra la sua fantasia e la realtà ma, in ogni modo, cercherà di rendere la propria vita
almeno un po’ simile ai suoi sogni. Aiutala a far questo, e per farlo: conosci i suoi sogni. Sogna
con lei la notte, così da riuscire a portare avanti quei sogni di giorno, anche quando siete
apparentemente lontani.
Potete provarci, in qualche modo, a rimanere lontani, ma non dipenderà da voi, né dalle distanze,
se i sogni vi uniscono.
Non mentirle. Se provi il desiderio di mentirle, saprai che non è quella giusta. Dietro le parole si
trovano altre cose: motivi, valori, sfumature, dialoghi. Magari lei ti giustificherà e ti capirà,
magari non sarà la fine del mondo, ma non è quello il punto. Starai mentendo prima di tutto a te
stesso.
Non deluderla. Perché l’importante è essere sinceri, nelle aspettative e negli obiettivi. Che poi non
siano comuni non ha importanza, se le hai detto cosa cerchi dalla vita, e sono cose molto diverse
da lei, meglio, avrete molto più da cercare. Ma se lo scoprirà da sola, che volete altro da quel che
le avete detto, non sarà già più parte della vostra vita. Non importa condividere la direzione, basta
dire dove volete andare, e che tornerete. Altrimenti si chiama scappare, e quando tornerete avrete
ben poco da cui tornare. Perché le storie si possono riscrivere, ma il vuoto non si può più riempire.
Non devi spaventarti di mentirle o di deluderla per lei, devi cercare solo di capire cosa vuoi per te.
Lei proverà sempre a capirti, finché ti mostrerai invece di nasconderti. Fidati, non fermarti alle
apparenze, anche se magari ha seguito la saga di Twilight. Vorrà dire che non è snob, e sa che
passare il tempo in un modo non vuol dire schierarsi. E se non è snob cercherà di conoscerti e
capirti, prima di dare un giudizio aprioristico sulle tue scelte.
Se trovi una ragazza che ti piace, non tenerla stretta, che è qualcosa di morboso e soffocante, ma
stalle vicino. Quando è triste abbracciala, e quando vuole riflettere sola lasciala respirare. Falle
una tazza di tè e esci a prendere un po’ d’aria. Non preoccuparti di perderla, perché ti aiuterà a
perderla. Parlerà come se i suoi sogni fossero reali, magari vede già la disposizione dei mobili del
bar che vuole aprirsi, o ti parlerà del colore dei capelli dei suoi figli e del loro tagli degli occhi. O
del nome del cane che avrete, se non volete aver figli.
Perché non è necessario che tu le chieda una famiglia, o di sposarla. Non ha senso fare qualcosa
perché lo fanno gli altri. Le cose degli altri uccidono l’amore. Chiedile cosa vuoi chiederle
davvero.
Formate una famiglia, o girate il mondo fino a stancarvene. Licenziatevi e vivete per strada o
lavorate per poter vivere in una villa con piscina quando sarete un po’ più in là con gli anni. Ma
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Post/teca
non fate progetti troppo a lungo termine. I sogni sono una cosa, i progetti un’altra. Ricordatevi di
vivere l’oggi, perché non è certo che attraverserete gli inverni della vostra vecchiaia insieme. Siete
insieme ora, è una fortuna strabiliante e assurda che dovrebbe farvi scoppiare il cuore. Lasciatelo
scoppiare un po’ a volte. Non trattenetevi per dedicare troppo tempo a cose che verranno da sole,
come il futuro.
Esci con una ragazza che ti piace e a cui piacciono mille cose, che non guarda mai il mondo dal
suo solo punto di vista, ma ama ogni attività possa svolgere con passione e amore. Ama una
ragazza così, anche se forse non lo meriti. La sfida è provarci. Sbaglierai, e allora proverai ancora
finché te lo permetterà. E se non te lo permetterà più, guarda avanti. Non opprimere l’amore che è
stato con l’ossessività. Scegli una ragazza che può darti la vita più colorata e varia possibile. E se
tu a pensi di poterle dare dare solo monotonia, ore vuote e mezze proposte, non preoccupartene,
questo starà a lei deciderlo! Tu pensa alla cosa più importante, che è esserci! E se desideri il
mondo e i mondi che esistono al di là, esci con una ragazza così, perché ogni posto dell’universo,
non sarà mai descritto su un libro, o dipinto su una tela, o scolpito nella pietra, ma sarà dentro di
lei, alla portata di chi è disposto ad affrontare il viaggio più grande che un esploratore possa
conoscere, quello all’interno di un altro essere.
O, meglio ancora, scegli una ragazza che fa quel che le pare, ma che lo fa in un modo che adori.
Perché sta tutto nel come, e il cosa è solo un indicazione per chi non vedono oltre e non troverà
mai quel che cerca, ma quel che pensa di volere.
— Dapa, completamente riscritto sulla base di Date a girl who reads di R. Urquico
Scusatemi, non ne potevo più di gente che legge libri che dice che la gente che legge libri è
migliore.
-------------------------teachingliteracy ha rebloggato amandaonwriting
“One of the paradoxes of writing is that when you write non-fiction everyone tries to prove
that it’s wrong, and when you publish fiction, everyone tries to see the truth in it.”
— Scarlett Thomas (via amandaonwriting)
---------------------------
Quale verità per i “fantasmi” della Hedia?
LUNEDÌ 27 AGOSTO 2012 23:00
di Massimiliano Ferraro
Sono tutte lì, negli occhi della signora Rosa, novantacinque anni, le domande rimaste senza risposta sulla
fine del piroscafo Hedia e sulla sorte toccata ai suoi marinai. Occhi che si riempiono ancora di lacrime
quando nella sua casa di Sciacca, tra i vecchi documenti che raccontano l'enigma della nave scomparsa
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Post/teca
nel Canale di Sicilia nel marzo del 1962, spuntano fuori le ultime lettere inviatele da suo figlio Filippo.
Filippo Graffeo era uno dei venti marinai svaniti nel nulla dopo il presunto naufragio della Hedia. Un
affondamento avvenuto senza testimoni, senza che venisse lanciata nessuna richiesta d'aiuto via radio e
spiegabile, almeno apparentemente, con le cattive condizioni del mare.
Ma se come sosteneva Tiziano Terzani, il dovere del giornalista è quello di vedere se c'è una verità
alternativa dinnanzi a quella ufficiale, nel caso del piroscafo Hedia non si può ignorare l'ipotesi che il
bastimento sia stato silurato per sbaglio dalla marina militare francese: una nave scambiata per un'altra,
una di quelle che in quei mesi contrabbandavano armi destinate ai miliziani algerini lungo le coste del
Nord Africa. Un errore che sarebbe stato svelato solo alcuni mesi dopo dalla foto di alcuni dei marinai
italiani imprigionati in Algeria. Riconosciuti «senza possibilità di equivoci» dai familiari, cercati e mai
ritrovati. Forse finiti loro malgrado nelle trame di un intrigo internazionale con sullo sfondo la guerra
franco-algerina.
Quella della Hedia è dunque una storia che dopo cinquant'anni attende ancora un finale. Una tragedia di
cui la politica si è completamente dimenticata, avvenuta diciotto anni prima di Ustica e compiuta forse
dalla stessa mano: quella francese. Sospetti apparsi e poi svaniti dalle cronache di un'Italia distratta dal
sogno del boom economico, voci contraddittorie sepolte dalla confusione di un paese africano assetato di
indipendenza e altrettanti silenzi custoditi probabilmente tuttora in un archivio, da qualche parte, a Parigi.
Un inestricabile giallo - «Sono il nipote dello scomparso Filippo Graffeo di Sciacca», si presenta così
Accursio Graffeo, perito industriale elettrotecnico di quarantadue anni, attualmente dipendente presso
un'azienda ospedaliera, dopo aver letto un articolo di chi scrive. Un pezzo che aveva riproposto, a
cinquant'anni di distanza, il mistero della sparizione nel Mediterraneo del piroscafo Hedia e con esso
anche un po' la storia della famiglia Graffeo. «Sapevo della scomparsa di zio Filippo dal racconto vago di
mio padre, ma oggi attraverso il suo articolo ho scoperto delle notizie interessanti ad incominciare dal
nome della nave».
Nel 1961 Filippo Graffeo aveva 19 anni ed era alla ricerca del suo primo imbarco su una nave mercantile.
Siciliano di Sciacca, era arrivato a Venezia nel mese di settembre con il fratello maggiore Luigi, marinaio
già con diversi anni di lavoro sulle navi petroliere. Dopo alcuni giorni passati nella Casa del Marinaio in
attesa di trovare l’aspirato imbarco, nonostante fosse più inesperto fu proprio Filippo a trovare per primo
un lavoro. Fortuna del principiante, direbbe chi sa poco della fortuna e nulla di questa vicenda.
Il giovane Graffeo venne assunto 16 ottobre 1961 dall'armatore Nello Patella, rappresentante italiano
della Compagnia Naviera General di Panama, per imbarcarsi come marinaio di coperta sulla nave
Generous, una vecchia imbarcazione da carico battente bandiera liberiana. I primi viaggi toccarono i porti
di Ravenna, San Antioco, Benisaf (Algeria), Messina, Fiume (Jugoslavia) e Siviglia (Spagna). Poi, nel
mese di febbraio del 1962, la Generous effettuò dei lavori di manutenzione al termine dei quali venne
ribattezzata con un nuovo nome: Hedia. Il piroscafo Hedia salpò il 6 febbraio 1962 con a bordo venti
persone: diciannove italiani e un gallese. Viaggio da Ravenna fino in Spagna e ritorno con scalo
intermedio in Marocco.
Il 10 marzo a Casablanca, i marinai italiani caricarono quattromila tonnellate di fosfati e ripartirono
facendo rotta verso Venezia, incuranti della burrasca che infuriava in quelle ore nel Canale di Sicilia.
Proprio per questo motivo il comandante Federico Agostinelli fece telegrafare all’armatore l’intenzione di
non passare per lo Stretto di Messina, ma di seguire invece la rotta che porta a sud della Sicilia. La Hedia
costeggiò la costa algerina e poi scomparve in prossimità dell'arcipelago tunisino di La Galite il 14 di
marzo. Nessuna richiesta d’aiuto, nessuna traccia di un incidente. Subito si pensò al peggio, ad un
naufragio dovuto alle condizioni proibitive del mare. Onde alte cinque metri agitavano ancora il Canale di
Sicilia, quando iniziarono le ricerche congiunte delle unità della Marina Italiana con il supporto di una
nave militare statunitense. Tentativi imponenti in un tratto di mare tanto piccolo e trafficato, al punto che
qualcuno, forse, temette che la Hedia venisse ritrovata per davvero.
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Così si spiegherebbe lo strano depistaggio che nove giorni dopo la scomparsa del mercantile portò su una
falsa pista proprio mentre si stavano svolgendo le perlustrazioni. Il comando del porto di Tunisi informò
infatti che il 21 marzo, cioè sette giorni dopo la scomparsa della nave, il piroscafo Hedia «aveva notificato
la sua posizione e si trovava in difficoltà a ridosso dell’isola di La Galite». Ma era tutto falso. La stessa
radio Tunisi messa alle strette dal consolato italiano smentì ufficialmente il messaggio, rifiutandosi però di
fornire delle spiegazioni. Stranezza nella stranezza, anche un dispaccio ufficiale del nostro ministero della
Marina Mercantile che dava la nave in salvo nell'Adriatico venne incredibilmente smentito dopo tre giorni.
Finalmente il 26 marzo tre pescherecci di Lampedusa comunicarono di essere in possesso di alcuni
rottami appartenenti al mercantile disperso: due salvagenti con la scritta “Hedia-Monrovia”, una cintura di
salvataggio con la scritta“Milly-Monrovia” (Milly era il nome originario della Hedia prima ancora di
Generous n.d.a.), e due tavoloni di boccaporto. Basta. Troppo poco per avere la certezza che il cargo sia
colato a picco.
Cosa accadde alla Hedia? Non è facile far sparire una nave e la leggenda del vascello fantasma non è
adatta per raccontare i dettagli di un naufragio avvenuto in pieno XX secolo. Cinquant'anni dopo a casa
Graffeo le opinioni sono discordanti. «Mio padre Luigi è convinto che la nave sia affondata per via del
mare forza 8», riassume Accursio Graffeo, «secondo lui la nave era piccola e non dovevano navigare con
il vento in poppa, ma io la penso diversamente». In seguito alla scoperta della storia di suo zio Filippo,
Accursio è ora intenzionato a far luce sulla sparizione dell'equipaggio della Hedia. Il fatto che siano stati
ritrovati pochissimi pezzi del piroscafo non lo convince: «Quello che hanno ritrovato i pescherecci di
Lampedusa è davvero poco, il salvagente con su scritto il nome della nave, mi sembra qualcosa già visto
in qualche film». Poi aggiunge: «È capitato anche a me di ritrovare dopo una mareggiata dei salvagenti o
delle pedane di legno, ma non mi pare che appartenessero a navi affondate».
Ma nell'intricatissimo mistero della Hedia c'è anche dell'altro a destare dei dubbi. In primo luogo la già
citata ostilità delle autorità tunisine si manifestò nuovamente nel momento in cui uno dei parenti dei
marinai dispersi cominciò a battere palmo a palmo l’arcipelago de La Galite in cerca di informazioni sulla
nave. Fu in questa occasione che il comandante della base strategica di Biserta suggerì all'uomo di
stendere una relazione da inviare a Parigi. Ma per quale motivo il governo francese avrebbe dovuto
essere al corrente della fine della nave liberiana? E soprattutto, perché nei giorni che seguirono bastò un
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solo articolo sulla Hedia pubblicato dal quotidiano La Presse per far andare su tutte le furie il ministero
della guerra francese?
Sembrò evidente che le autorità tunisine e francesi fossero inspiegabilmente molto suscettibili riguardo
alla scomparsa della Hedia. In questo contesto è da far risalire l’origine delle voci che vollero la nave
vittima di un siluramento. Forse a causa della tempesta il capitano Agostinelli e i suoi uomini si trovarono
fuori rotta, nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Forse, il mercantile liberiano venne scambiato per
uno dei bastimenti carichi di armi che rifornivano da sette anni e mezzo gli indipendentisti algerini del
Front de Libération Nationale (FLN). Quel che è certo è che proprio in quei giorni di marzo del 1962 la
cruenta guerra franco-algerina viveva ore cruciali. Mentre il 14 marzo la Hedia si trasformava in una nave
fantasma, Algeri e Parigi erano pronte al tanto atteso cessate il fuoco decretato tra tensioni e reciproche
diffidenze il giorno 19. Una sospirata tregua dopo i massacri, il terrorismo e il napalm, alla quale non
avrebbe certo giovato la notizia di una nave affondata per sbaglio dal grilletto ancora caldo dei francesi.
Naufragata, silurata o catturata? –Trascorsero sei mesi senza che in Italia giungessero notizie della
Hedia e del suo equipaggio: Federico Agostinelli di Fano (comandante), Colombo Furlani di Fano (primo
ufficiale), Elio Dell’Andrea di Venezia (secondo ufficiale), Otello Leonardi di Fano (capo macchina), Michele
Marangia di Molfetta (secondo ufficiale macchina), Claudio Cesca di Trieste (marconista), Giorgio Bandera
di Mestre (capo fuochista), Giuseppe Orofino di Catania (fuochista), Ferdinando Balboni di Venezia
(cuoco), Filippo Graffeo di Sciacca (marinaio di coperta), Nicola Caputi di Molfetta (marinaio), Corrado
Caputi di Molfetta (ingrassatore), Cosimo Gadaletta di Molfetta (marinaio), Damiano Bufi di Molfetta
(marinaio), Giuseppe Uva di Molfetta (giovinotto), Giovanni Pagan di Chioggia (marinaio), Dino Bullo di
Chioggia (marinaio), Giovanni Salvagno di Chioggia (marinaio), Edoardo Nordio di Chioggia (marinaio),
Anton Narusberg di Cardiff (macchinista). L'attesa diventò angosciante. Nonostante ciò i Graffeo e gli altri
parenti dei marinai continuarono a nutrire la speranza di poter riabbracciare i loro cari. Una fiducia che
sembrò essere stata premiata quando il padre di uno degli scomparsi, Romeo Cesca, riuscì a sapere in via
confidenziale da un ufficiale di marina che i venti uomini erano salvi e tenuti in una località segreta. Ma
dove? Il militare si rifiutò di aggiungere altri dettagli sul luogo, trincerandosi dietro la ragion di stato e a
«gravi motivi di sicurezza».
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Finalmente in settembre alcuni marinai italiani vennero riconosciuti in un gruppo di prigionieri ritratti in
una telefoto scattata nel cortile del consolato francese di Algeri e pubblicata per caso sul Gazzettino di
Venezia. Così la signora Maria Balboni riconobbe tra quegli uomini proprio suo marito Ferdinando, cuoco
della Hedia e lo stesso accadde per i parenti del secondo ufficiale Elio Dell’Andrea, del fuochista Giuseppe
Orofino e del marconista Claudio Cesca. Anche a Sciacca esultarono firmando il riconoscimento di Filippo
Graffeo davanti a un notaio fuor di ogni dubbio. «Ma oggi siamo divisi», ammette Accursio, «non tutti in
famiglia dicono che l'uomo nella foto gli somiglia, anche se noi nipoti siamo convinti che quello della foto
può essere zio Filippo». Se così fosse, non è chiaro quali avventure condussero i marinai italiani nelle
carceri algerine. È possibile che i pochi sopravvissuti al naufragio o al siluramento siano in qualche modo
riusciti ad arrivare a riva finendo poi nelle mani dei miliziani indipendentisti e infine tornati o ritornati
nelle mani dei francesi. Rimane comunque da chiarire perché nessuno di loro riuscì mai a mettersi in
contatto con l’Italia dopo la liberazione anche se esiste una spiegazione plausibile.
Da Parigi, l’agenzia proprietaria della telefoto fece sapere che lo scatto risaliva al 2 di settembre, proprio
il giorno in cui il consolato francese venne attaccato e dato alle fiamme dai clan delle fazioni belligeranti
algerine. Dei prigionieri presenti in quel momento nell’edificio non si seppe più nulla. Che ne fu dunque di
quei superstiti allo sbando nella capitale messa a ferro e fuoco nelle tragiche giornate di guerra civile?
Furono giustiziati o caddero incidentalmente, mentre le colonne di camion e cannoni del futuro presidente
Ben Bella accerchiavano Algeri?
Vitaliano Pesante, giovane giornalista veneziano, cercò di svelare l'arcano e partì per l’Algeria, ormai
pacificata, determinato a venire a capo di una verità nascosta da un clima ostile. Arrivato sul posto venne
costantemente pedinato e perquisito, ma nonostante ciò riuscì a rintracciare un certo Jean Solert, che
figurava come primo uomo a sinistra nella fotografia degli ex prigionieri. Costui negò fermamente che nel
consolato ci fossero degli italiani e come prova di quanto affermato gli rivelò la vera identità del presunto
marinaio Graffeo, tale Pierre Cocco, barista di Algeri. Peccato che non lo si poté mai contattare
direttamente, perché fuggito a Marsiglia senza lasciare un indirizzo. Rintracciati da Pesante, alcuni
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conoscenti di Cocco lo riconobbero comunque senza esitazioni nella telefoto comparsa sul Gazzettino, la
medesima che «senza possibilità di equivoci» suscitò tante speranze in quel di Sciacca. In Italia l’esito di
queste indagini sul campo venne accolto con rabbiosa incredulità dai parenti dei marinai: «Pensate
davvero che non riusciamo a riconoscere i nostri cari dopo solo nove mesi?». Non si seppe più che cosa
pensare. «Sono cadaveri che le correnti trascinano sui fondali marini?», domandò Nicola Adelfi dalle
colonne de La Stampa, «oppure fantasmi suscitati dall'amore dei congiunti! O uomini vivi, creature di
carne e ossa, che circostanze a noi ignote rendono muti?».
Di lì a poco la Liberia chiese ai Lloyd’s la cancellazione della Hedia dal registro navale, la Cassa marittima
versò quattrocentomila lire di assegno funerario per ogni marinaio e il Regno Unito fece sapere di
considerare presumibilmente morto l’unico straniero a bordo, Anton Narusberg di Cardiff. Inoltre, secondo
la risposta scritta data in Parlamento il 14 aprile 1965 dal ministro della Marina Mercantile, Spagnolli, il
17 agosto 1964 l'assicurazione Vittoria di Milano pagò alla società armatrice «l'intera somma assicurata
ammontante a 110 milioni di lire, aggiungendo che, malgrado le laboriose indagini svolte, non era stata in
grado di stabilire la sorte toccata alla nave, all'equipaggio e al carico». Telenovela finita? Nemmeno per
sogno. «È questa una storia maledetta», scrisse ancora La Stampa, «un'altalena continua tra le speranze
che rasentano la certezza e i dubbi più laceranti».
Estate 2012 – Da Sciacca, dove è tornato dal Nord per trascorrere le sue vacanze, Accursio Graffeo si dà
un gran da fare. Dieci lustri trascorsi senza alcuna novità sulla sorte dell'equipaggio della Hedia non lo
scoraggiano. Raduna i parenti, fa domande a genitori, zii, conoscenti e va a trovare sua nonna Rosa
(madre dello scomparso Filippo Graffeo) nella speranza di conoscere altri dettagli su questa vecchia storia
di famiglia. Ed ecco che il suo impegno fa riemergere un particolare fino ad ora inedito: uno dei fratelli
dello scomparso, Michele, riuscì a rintracciare in un paese vicino a Marsiglia Pierre Cocco in persona,
ovvero il presunto sosia di Filippo Graffeo. Sosia? «Trovare Pierre Cocco fu un'impresa ma alla fine si
scoprì che era un uomo di quarant'anni e che non poteva essere certo scambiato per un ragazzo di
venti». L'ennesimo depistaggio? «Un altro particolare da non trascurare», continua Accursio, «è che
questo signor Cocco si mostrò molto nervoso, voleva scappare, come se fosse a conoscenza di
qualcosa...». Sapeva forse di non essere la persona ritratta nella telefoto? Secondo la famiglia Graffeo
nelle cineteche di Parigi dovrebbe esserci il filmato originale della liberazione dei prigionieri di Algeri, una
prova importante che potrebbe essere richiesta dalle nostre autorità.
Ora il nipote di Filippo Graffeo sta pensando alla possibilità di fondare un'associazione per riaccendere i
riflettori sul giallo della Hedia. Sarà dura: «Dopo tutto questo tempo, in tanti ci avranno messo una pietra
sopra e magari i più anziani, che vorrebbero sapere, non hanno dimestichezza con internet». Proprio
come la signora Rosa, che dopo cinquant'anni aspetta ancora di sapere cos'è successo a suo figlio, in quel
lontano preludio tormentato di primavera.
fonte: http://altrenotizie.org/cultura/5031-quale-verita-per-i-fantasmi-della-hedia.html
-------------------------ilfascinodelvago ha rebloggato mastrangelina
“Quando sento qualcuno che dice di avere la passione delle buone letture, e del buon cinema, o
della buona cucina, mi vien voglia di conoscere qualcuno che abbia la passione delle cattive
letture, o del cattivo cinema, o della cattiva cucina.”
— Paolo Nori - Bastiancontrarite
www.paolonori.it/bastiancontrarite
(via iorejna)
Fonte: iorejna
-------------------------elrobba
...
Le unghie, che sono molto più con i piedi per terra di noi, si limitano a credere che dopo la morte ci
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sia il rincarnimento.
-------------------------20120829
apertevirgolette
“Un Cielo così cupo non può schiarire senza una Tempesta.”
— William Shakespeare
----------------------thatwasjustyourlife ha rebloggato portaoggetti
“Magari hai deciso che l’ultima volta, quella in cui ti sei spezzato tutte le ossa contro il muro
delle tue illusioni infrante, quello in cui hai rinunciato alla tua vita, ai tuoi sogni, alle tue
abitudini, per l’amore del tuo cuore, deve essere davvero l’ultima volta. E che da adesso in poi
non rinuncerai nemmeno al pisolino della domenica pomeriggio, per un’altra persona.
Non al gatto se chi ami è allergico (si faccia vaccinare, se vuole), non a dormire dalla tua solita
parte nel letto, non a uscire una volta a settimana per i cazzi tuoi. Nemmeno per una
settimana all’anno, sia chiaro.
Non ai tuoi tempi – nemmeno a un minuto, dei tuoi tempi.
Non ai tuoi spazi – nemmeno a un centimetro, dei tuoi spazi. E così ti metti al sicuro.
Sai che la persona che ami (che dici di amare, almeno) potrebbe lasciarti, tradirti, scomparire,
deluderti, e tu sopravviveresti senza battere ciglio.
Oddio, magari due lacrimucce sì; due lacrimucce, un paio di pasti saltati, una sonora sbronza.
Ma niente di più. D’altra parte, su, quella persona non era così importante da aver visto in
fondo a te.
Mica eri folle d’amore.
Solo i folli d’amore muoiono d’amore, o ci vanno vicini, no? Noi, equilibrati equilibristi,
saldamente egoisti, fortemente egocentrati, provati da mille dolori – anche, soprattutto –
siamo sopravvissuti a ben altro.
Non possiamo morire per un amore che finisce.
Non siamo morti con le macerie della nostra vita in pezzi, figurati.
Siamo sopravvissuti alla morte reale di persone che amavamo molto; siamo rimasti in piedi, le
abbiamo anche dimenticate, almeno in parte (che faccia aveva mia madre? che odore aveva,
davvero, mia madre? che espressione aveva quando era felice? e la voce? insomma, si perdono
un sacco di ricordi, basta dare tempo al tempo): la fine di un amore non può che farci un po’
di solletico. Poi passa. Ecco. Al netto di tutta la saggezza, i mantra, lo yoga, il buddismo,
l’autonomia psicologica e altre cose, tutto questo non è amore. L’amore non è morirne, sia
chiaro.
Ma è sentire, con ogni pezzo di te, che potresti, morirne.”
— L’amore è un’altra cosa « lacasadelsole (via plettrude)
Fonte: lacasadelsole.wordpress.com
-------------------biancaneveccp ha rebloggato vialemanidagliocchi
“Nessuno ti cambia facendoti diventare una cosa che non sei, ti cambia portando alla luce una
parte di te che non conoscevi ma che ti appartiene. Si cambia diventando una persona che si è
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Post/teca
già.”
— Le prime luci del mattino.
Fonte: unaragazzainvisibile
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Ottimi stipendi, pessimi risultati: ecco
la mappa della generazione fallita
Il premier Monti ha detto che i giovani stanno pagando "un conto salatissimo". Una
generazione perduta che sconta i disastri provocati da una classe di boiardi inamovibili nati
tra gli anni Trenta e Quaranta, retribuiti a peso d'oro. Da Cimoli a Catania, da Guarguaglini a
Pecorini. La prima puntata dell'inchiesta di ilfattoquotidiano.it
di Costanza Iotti e Gaia Scacciavillani | 28 agosto 2012
“Un’intera generazione sta pagando un conto salatissimo”. Parole sante quelle pronunciate dal
premier Mario Monti all’apertura del Meeting di Rimini il 19 agosto scorso. Quello che il
professore non ha detto, però, è che davanti alla cosiddetta generazione perduta ce ne sono almeno
un paio che il conto, invece, lo hanno incassato durante i decenni trascorsi ai vertici del sistemaItalia, dalla politica, ai sindacati e alle associazioni, passando per la ragnatela del pubblico e del
para-pubblico. Con i risultati che sono oggi sotto gli occhi di tutti. Tanto che se è vero che c’è una
generazione perduta, è altrettanto vero che questa esiste perché è stata preceduta da generazioni che,
con i dovuti distinguo, potremmo ribattezzare fallite. Alle quali ilfattoquotidiano.it ha deciso di
dedicareun’inchiesta a puntate. Generazioni fallite, come quelle degli anni trenta e quaranta che
hanno dato vita all’ingombrante popolo dei manager e dei dirigenti di Stato sostenuti da una politica
per la quale il motto largo ai giovani non sembra esistere, come dimostrano anche gli estremi
anagrafici dei nostri politici (57 anni l’età media dei senatori, 54 quella dei deputati) e dell’attuale
governo (età media 64 anni, 69 anni il premier). E molto spesso poco importa che le gestioni
abbiano o meno portato dei risultati: per il cattivo funzionamento di imprese ed enti pubblici non
paga quasi mai nessuno. Cittadini esclusi naturalmente. Così gli operati raramente vengono messi in
discussione. E se per caso qualcuno si accorge che i conti tra le performance e i lauti stipendi non
tornano, basta un giro di poltrone per calmare le acque. Quanto all’età, in Italia, nel pubblico come
nel privato, tetti per legge non ce ne sono. Da qui una casistica decisamente varia che spazia dalle
società pubbliche, alle autorità di vigilanza, agli enti e le fondazioni di emanazione statale, senza
trascurare sindacati, associazioni di categoria e ordini professionali.
VIAGGI DI STATO: DA TRENITALIA AD ALITALIA. Se le autorithy di vigilanza vantano i
primati nella reiterazione dei mandati, spetta alle aziende di Stato la palma res per retribuzioni e
superbonus. Alle Ferrovie, Giancarlo Cimoli, classe 1939, piazzato dal governo Prodi nel 1996 a
risanare il gruppo dopo l’era di tangentopoli e di Lorenzo Necci, va via nel 2004 intascando un
assegno di addio da 6,7 milioni di euro e lasciando i conti in rosso per 125 milioni. Un buco che per
il governo Berlusconi vale la poltrona della claudicante Alitalia dove, pur arrivando decisamente
lontano dagli obiettivi di risanamento, Cimoli incassa un’altra buonuscita. Da 3 milioni. Peggio di
lui, in termini di risultato di gestione, fa il suo successore alle Ferrovie, il 66enne Elio Catania, che
nel 2005 chiude il bilancio delle Fs in negativo per 465 milioni. Si dimette l’anno successivo
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quando il rosso ha ormai raggiunto e superato quota 2 miliardi su richiesta del Ministro
dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa. Ma anche lui, come Cimoli, intasca una buonuscita (7
milioni) inversamente proporzionale ai risultati ottenuti e pochi mesi dopo viene scelto da Letizia
Moratti per la presidenza dell’azienda municipalizzata dei trasporti milanesi, Atm, incarico che è
stato revocato l’estate scorsa dal sindaco Giuliano Pisapia. Lo stesso che ha appena rispolverato il
settantaduenne Giovanni Maria Flickche, già ministro della Giustizia e, in seguito, presidente della
Corte Costituzionale, chiusa la vicenda San Raffaele e sfumato il vertice dell’Istituto Toniolo di
Milano, l’ente che controlla l’università Cattolica, è stato indicato come delegato del sindaco, a
titolo gratuito, va detto, al Tavolo di coordinamento per l’Expo 2015, l’evento per il quale si lavora
freneticamente con un’enorme quantità di appalti e contrappalti. Gesuita di formazione, il professor
Flick saprà certo far miracoli per esaudire al meglio le funzioni di vigilanza, controllo e impulso in
relazione.
LA BENEDIZIONE DELLA CHIESA. Del resto quando la Chiesa dà la sua benedizione anche i
sindacalisti si laureano honoris causa, come il presidente delle Poste, Giovanni Ialongo, classe
1944, nominato nel 2008 e ancora in carica. Una vita spesa a servizio dell’Istituto postelegrafonico:
da segretario nazionale Federazione Posta Cisl fino a presidente e commissario straordinario
dell’Ipost, presidente Postel. Un curriculum “pubblico” di tutto rispetto che nel 2009 gli vale la
laurea honoris causa in diritto Civile rilasciata da monsignor Rino Fisichella, rettore della
Pontificia Università Lateranense, per l’attenzione sempre prestata al messaggio della Dottrina
sociale della Chiesa e a una visione dell’economia incentrata sul rispetto della persona.
SCARONI-GUARGUAGLINI: GLI EVERGREEN. Sa di miracolo, poi, la storia di Paolo
Scaroni, il cui arresto nel 1992 per tangenti al partito socialista per conto della Techint (poi finito
con un patteggiamento a un anno e quattro mesi), non ha inficiato la brillante carriera in Enel (ad
dal 2002 al 2005) e poi Eni (dal 2005) della quale è ancora amministratore delegato alla tenera età
di sessantacinque anni. E pensare che l’ex deus ex machina di Finmeccanica, Pier Francesco
Guarguaglini, classe 1937, a dicembre è uscito di scena prima che l’inchiesta sul sistema di
corruzione degli appalti Enav arrivasse a processo. Va detto però che era nell’aria da tempo il
ricambio per un manager che, assieme alla moglie Marina Grossi, ex ad della Selex finita sotto
inchiesta ben prima del marito, ha guidato l’azienda di Stato della Difesa per ben nove anni (dal
2002). Sono pochi del resto gli uomini di potere che optano per la pensione. Per esempio Franco
Bassanini, classe 1940, è saldamente ancorato alla poltrona della presidenza della Cassa Depositi e
Prestiti dal 2008. Tenace anche Giovanni Castellaneta, 70 anni tra pochi giorni e già consigliere
della stessa Finmeccanica per conto del Tesoro durante l’ultimo triennio Guarguaglini, che dopo
aver trascorso una vita da ambasciatore, è stato ricollocato nel 2009 alla presidenza di Sace,
l’agenzia pubblica di credito all’esportazione.
AMBASCIATOR NON PORTA PENA. A un altro ex diplomatico eccellente, invece, è andata la
presidenza della Arcus. La società pubblica per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo
fa in fatti capo a Ludovico Ortona, classe 1942. L’ex ambasciatore italiano a Lisbona, Teheran e
Parigi, ma soprattutto capo ufficio stampa alla presidenza della Repubblica di Francesco Cossiga, è
stato infatti scelto per questo delicato ruolo da Sandro Bondi a luglio del 2010. Giusto in tempo per
fare i conti con il crollo della Scuola dei Gladiatori a Pompei, avvenuto quattro mesi dopo.
I 19 GOVERNI DI MR TIRRENIA. Pochi, però, hanno saputo eguagliare le gesta del cavaliere
del Lavoro e gentiluomo del Papa (Wojtyla) Franco Pecorini, classe 1941. Ovvero l’uomo solo al
comando che nel 2010 ha traghettato la disgraziata Tirrenia alla certificazione del naufragio, dopo
aver guidato indisturbato per ben ventisei anni la compagnia di navigazione recentemente oggetto di
uno spezzatino chirurgico e di una faticosissima privatizzazione. Soltanto alla vigilia dei 70 anni
lui,m che al contrario della “sua” azienda è sopravvissuto incolume a 19 governi, è passato al cda
dell’assicuratore di Tirrenia, Ital Brokers e ha ceduto il timone della compagnia di navigazione al
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Commissario straordinario, Giancarlo D’Andrea. Anche lui, manco a dirlo, grande vecchio della
pubblica amministrazione.
GESTIONI INATTERRABILI. Del resto i manager pubblici nati negli anni 40, in Italia affollano
i posti chiave di enti e aziende di Stato. Come l’Enac, l’ente cui è affidato il controllo dell’aviazione
civile, dal 2003 presieduto dal palermitano Vito Riggio, 65 anni, ex parlamentare Dc ed ex
consigliere di Pietro Lunardi, nonché inquilino eccellente di Propaganda Fide, che casca
letteralmente dal pero quando compagnie come la sua conterranea Windjet colano a picco da un
giorno all’altro. O come il suo coetaneo Giorgio Tino, parente di Antonio Maccanico e nipote del
primo presidente di Mediobanca, che dopo una carriera ministeriale con una particolare
predisposizione per l’ambito tributario, è stato seduto sullo scranno della direzione generale dei
Monopoli di Stato dal 2002 al 2009 – gestione dalla quale ha recentemente ereditato una multa di
4,8 milioni di euro inflittagli dalla Corte dei Conti - per poi passare alla vicepresidenza di Equitalia
Gerit dopo la cui chiusura, nel 2011, lo troviamo nel consiglio di amministrazione della fondazione
Centro sperimentale di cinematografia. Che per statuto viene nominato con Decreto del Ministro per
i Beni e per le Attività Culturali, sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari ed è
composto da personalità “di elevato profilo culturale, con particolare riguardo al campo
cinematografico ed audiovisivo e con comprovate capacità organizzative”.
LA RESISTENZA DEL COMMERCIALISTA DI BOSSI. Resistere, poi, è il motto del
settantacinquenne calabrese Dario Fruscio, che dopo un lungo rodaggio come disturbatore
d’assemblee e consigliere di amministrazione della Standa, grazie al rapporto di fiducia con
Umberto Bossi nel 2002 si è piazzato per sei anni nel cda dell’Eni, per cinque in quello di Sviluppo
Italia, la discussa agenzia per l’attrazione degli investimenti nel Paese che oggi si chiama Invitalia e
nel 2008 ha trovato il tempo anche per una comparsata alla guida del collegio sindacale di Expo
2015. E se è stato difficilissimo schiodarlo dalle poltrone pubbliche durante il suo mandato al
Senato tra il 2006 e il 2011, sembra praticamente impossibile allontanarlo dalla guida dell’Agea,
l’agenzia che gestisce gli oltre 7 miliardi annui di erogazioni per l’agricoltura dalla quale era stato
defenestrato con il commissariamento in seguito ad un conflitto sul pagamento delle quote latte.
Salvo poi ottenere il reintegro al Tar a gennaio di quest’anno.
I FIGLI SO’ PEZZI ‘E CORE: CARDIA E GIANNINI. Tempra simile a Fruscio, mutatis
mutandis, perLamberto Cardia, 12 anni alla vigilanza dei mercati finanziari, la Consob, tra una
proroga e un cambio di normativa e l’altro negli anni di Cirio, Parmalat e dei furbetti del
quartierino, con una gestione improntata alla chiusura della stalla a buoi scappati. E con un figlio,
Marco, che ha fatto parlare di sé per aver prestato i suoi servizi di avvocatura alla famiglia Ligresti.
E quando ha lasciato lo scranno nel 2010, alla tenera età di 76 anni, qualcuno non dev’essersela
sentita di mandarlo ai giardinetti. Ed ecco per lui una nuova poltrona: la presidenza delle Ferrovie
dello Stato al posto dell’allora sessantanovenne Innocenzo Cipolletta, dove lo troviamo ancora
oggi. Figli scomodi anche per Giancarlo Giannini, classe 1939 dal 2002 presidente della vigilanza
delle assicurazioni, l’Isvap, dopo un trentennio all’Assitalia e un passaggio all’Ina e il cui figlio
Andrea tra il 2005 e il 2006 è stato ispettore commerciale con il grado di funzionario nella
FondiariaSai dei soliti Ligresti, il cui sfacelo è oggi sotto gli occhi di tutti. E non certo per
l’attivismo della vigilanza, che sarà a breve traghettata sotto la Banca d’Italia. Niente Fs per
Giannini, peraltro scaduto da qualche settimana, che per il momento si accontenta del ruolo di
commissario con stipendio ridotto del 10% con il compito di gestire la transizione.
L’UOMO DEL PONTE. Intanto i senatori insorgono contro Pietro Ciucci, il 62enne che dal 2006
guida l’Anas, la società che gestisce la rete stradale italiana. Ma anche la Stretto di Messina, al cui
comando è stato messo dieci anni fa, subito dopo la liquidazione dell’Iri dove aveva trascorso ben
15 anni. Ebbene i parlamentari indignati sostengono che qui Ciucci si sarebbe preso libertà che
vanno molto al di là del suo mandato, con la volontà di favorire di fatto e in tutti i modi possibili le
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imprese che avrebbero dovuto costruire il Ponte. Come Condotte, la Cooperativa muratori e
cementisti-Cmc di Ravenna, ma soprattutto l’Impregilo già dei Benetton (Autostrade) e dei Ligresti,
ora contesa tra Pietro Salini e l’importante concessionario autostradale del Paese, Gavio. Anche a
danno delle finanze pubbliche, sempre secondo i senatori.
LA QUOTA ROSA. Non sarà sfuggito che fin qui, consorti a parte, la lista dei longevi manager
pubblici è tutta al maschile. Ma c’è una donna che è riuscita a farsi spazio in questo aggressivo
mondo di uomini: la 67enne Anna Maria Tarantola, dal 1971 ad oggi in Bankitalia dove l’ultimo
in carico è stato quello di vicedirettore generale (dal 2009), proiettata alla presidenza del consiglio
di amministrazione della Rai. Come prima mossa, la signora non proprio spontaneamente si è
ridotta lo stipendio. Ma questo non può far dimenticare i regali ricevuti dall’ex amministratore
delegato della Banca Popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani, quando era a capo della vigilanza ai
tempi di Antonio Fazio, né tanto meno il fatto che sia indagata a Trani nel filone di inchiesta su
presunti ritardi da parte di Bankitalia nel blocco di prodotti tossici che avrebbero avvantaggiato il
Banco di Napoli del gruppo Intesa SanPaolo, guidato fino alla nomina a Ministro dello Sviluppo
economico da Corrado Passera.
Fine prima puntata
fonte:
fallita/335477/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/28/generazione-perduta-e-generazione-
----------------------apertevirgolette
“Procura que quien duerma contigo, tenga tus mismos sueños.
Fai in modo che chi dorme con te, abbia i tuoi stessi sogni.”
— Carlos Quiroga
----------------------In realtà, ogni lettore, quando legge, è il lettore di se stesso. L'opera dello scrittore è solo una specie di strumento ottico
offerto al lettore per consentirgli di discernere ciò che forse, senza quel libro, non avrebbe potuto intravedere in se
stesso. Il riconoscere in sé, da parte del lettore, quanto il libro dice, è la prova della verità di quest'ultimo, e viceversa,
almeno in una certa misura, la differenza tra i due testi potendo spesso essere imputata, non all'autore, ma al lettore.
(1990, p. 2350)
Proust, il tempo ritrovato, traduzione di Giuseppe Grasso, Newton Compton 1990.
-------------------------● Benché sposi un punto di vista imparziale, il punto di vista del vero naturalista, M. Proust fa del vizio un
●
264
ritratto più biasimevole di ogni invettiva. Bolla a fuoco ciò di cui egli parla e rende servizio ai buoni costumi
più efficacemente di quanto possano fare i più stringenti trattati di morale. Egli ammette che certi casi di
omosessualità siano guaribili. Se qualcosa può guarire un invertito è proprio la lettura di queste pagine dove
attingerà il sentimento della sua propria riprovazione infinitamente più importante della riprovazione
dell'autore. (André Gide)
Conosci Marcel Proust? Scrittore francese, perdente assoluto: mai fatto un lavoro vero, amori non corrisposti,
gay; passa vent'anni a scrivere un libro che quasi nessuno legge, ma è forse il più grande scrittore dopo
Shakespeare. Comunque, arrivato alla fine della sua vita, si guarda indietro e conclude che tutti gli anni in cui
ha sofferto erano gli anni migliori della sua vita, perché lo hanno reso ciò che era. Gli anni in cui è stato felice,
tutti sprecati: non gli hanno insegnato niente. (Little Miss Sunshine)
Post/teca
● Proust è quello che mi viene, non quello che chiamo; non è un'«autorità»; semplicemente un «ricordo
●
●
circolare». Ed è questo l'intertesto: l'impossibilità di vivere al di fuori del testo infinito – sia questo testo Proust,
o il giornale quotidiano, o lo schermo televisivo: il libro fa il senso, il senso fa la vita. (Roland Barthes)
Proust, facendoci conoscere la sua esperienza della vita erotica, ci ha offerto un aspetto intellegibile di un tale
avvincente gioco di opposizioni. [...] Sembra che si possa cogliere il male, ma solo nella misura in cui il bene
può esserne la chiave. Se l'intensità luminosa del Bene non concedesse la sua tenebra alla notte del Male, il
male non avrebbe più la sua attrattiva. È una verità difficile: colui che la intende sente rivoltarsi qualcosa in sé.
(Georges Bataille)
Sì, Swann prova a dimenticarsi del proprio giudaismo ogni tanto, così come Saint-Luop fa di tutto affinché gli
altri si scordino che lui è, anzitutto, un Guermantes. Ma evidentemente l'ebraismo così come la discendenza
aristocratica hanno una forza tale da sovrastare il singolo individuo. Swann e Saint-Loup nulla possono contro
la schiavitù dei cromosomi. Ecco perché il viso di Swann, alla fine della sua vita, diventa tragico e affilato
come quello di Shylock, così come il fondoschiena di Saint-Loup si allarga fino quasi a sovrapporsi a quello
non meno illustre di suo zio Charlus. (Alessandro Piperno)
fonte: http://it.wikiquote.org/wiki/Marcel_Proust
---------------------------------collective-history
Rosemary Kennedy ca. 1940
Rosemary Kennedy was the third child and eldest daughter of Joseph and Rose Kennedy. She was
slower to crawl, slower to walk and to speak than her brothers, and she experienced learning
difficulties when she reached school age. Despite her apparent intellectual disabilities, Rosemary
participated in most family activities. In the diary she kept as a teenager she described people she
met, dances and concerts she attended, and a visit to the Roosevelt White House. When her father
was appointed US Ambassador to Britain in 1938, Rosemary went to live in London and was
presented at court along with her mother and sister Kathleen.
But when the family returned to the United States in 1940, “Rosemary was not making progress but
seemed instead to be going backward,” as her sister Eunice later wrote. “At 22, she was becoming
increasingly irritable and difficult.” The following year, after being persuaded that a lobotomy
would help to calm his daughter and prevent her sometimes violent mood swings, Joseph Kennedy
authorized the operation. The relatively new procedure, which at the time seemed to hold great
promise, left Rosemary permanently incapacitated and unable to care for herself. On the
recommendation of Archbishop Cushing, Rosemary was sent to St. Coletta’s School for Exceptional
265
Post/teca
Children in Jefferson, Wisconsin, where she would live for the rest of her life.
JFK Library
Fonte: collective-history
-----------------------“
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
”
— A Zacinto, Ugo Foscolo.
Fonte: sillogismo
-------------------------ilfascinodelvago ha rebloggato virginiamanda
“
Lance Armstrong è:
1) un bisteccone americano bifolco
2) un ignorante tutto muscoli e niente cervello
3) un fascistoide
4) un dopato
Per quest’ultima caratteristica stanno per sottrargli i sette tour de France vinti in carriera.
Per le precedenti tre sta sul culo un po’ a tutti, me compreso.
Ma Armstrong è anche uno che:
5)Nel 1996 ha scoperto di avere un cancro ai testicoli (con metastasi ormai ovunque,
soprattutto cervello e polmoni) e una speranza di vita di qualche giorno.
6)Nel 1999, meno di tre anni dopo, ha vinto il suo primo tour de France.
7) Ha fondato un’associazione (Livestrong) che ad oggi ha raccolto cinquecento milioni di
dollari (500.000.000 $) per la ricerca sul cancro.
8) Ha anche avuto tre mogli (tra cui la buzzurra e fascinosa cantante Sheryl Crow)
procreando un totale di cinque figli (il tutto con un testicolo solo).
[…]Certo, se uno ha vinto sette tour de France perché era dopato, c’è poco da fare: il titolo gli
va tolto. E pazienza per la favoletta di quello che ha sconfitto il cancro ed è diventato più forte
di prima. Il titolo di vincitore va assegnato al secondo in classifica.
Peccato che in tutti e sette i tour vinti da Armstrong ad arrivare secondi siano sempre stati
ciclisti che in carriera hanno poi scontato una o più condanne per doping.
Ok, fa niente, passiamo al terzo, allora.
266
Post/teca
Uguale.
Il più pulito c’ha la rogna […]
Comunque sia, l’estrema diffusione della rogna tra i ciclisti conduce a due conclusioni
inopinabili:
1)Sostenere che l’Armstrong dei sette tour fosse pulito è impossibile. Le prove sono
schiaccianti.
2)Sostenere che fossero puliti gli altri (quelli che lui avrebbe fregato) lo è altrettanto.
Quindi facciamo una cosa: corriamoli di nuovo, questi sette tour oggetto di squalifica. E
lasciamo dopare tutti i partecipanti con lo stesso doping di Armstrong, in modo che lui non
abbia più alcun vantaggio. Però, visto che la corsa deve essere alla pari, tre anni prima di
correrla, togliamo a tutti il coglione sinistro. Operiamoli una decina di volte al cervello e altre
cinque o sei ai polmoni. Facciamogli anche qualche bel ciclo annuale di chemio e di
radioterapia. E poi vediamo chi vince sette tour de france di fila.
”
— http://aciribiceci.com/2012/08/28/un-post-giallo-ittero-o-giallo-tour-de-france/
virginiamanda)
(via
----------------------maudelynn ha rebloggato npr
npr:
Rev. Martin Luther King Jr.’s “I Have A Dream” speech, given at the March on Washington for
Jobs and Freedom on Aug. 28, 1963.
~~~~~~~~~~
I am happy to join with you today in what will go down in history as the greatest demonstration
for freedom in the history of our nation.
Five score years ago, a great American, in whose symbolic shadow we stand today, signed the
Emancipation Proclamation. This momentous decree came as a great beacon light of hope to
millions of Negro slaves who had been seared in the flames of withering injustice. It came as a
joyous daybreak to end the long night of their captivity.
But one hundred years later, the Negro still is not free. One hundred years later, the life of the
Negro is still sadly crippled by the manacles of segregation and the chains of discrimination. One
hundred years later, the Negro lives on a lonely island of poverty in the midst of a vast ocean of
material prosperity. One hundred years later, the Negro is still languishing in the corners of
American society and finds himself an exile in his own land. So we have come here today to
dramatize a shameful condition.
In a sense we have come to our nation’s capital to cash a check. When the architects of our
republic wrote the magnificent words of the Constitution and the Declaration of Independence,
they were signing a promissory note to which every American was to fall heir. This note was a
promise that all men, yes, black men as well as white men, would be guaranteed the unalienable
267
Post/teca
rights of life, liberty, and the pursuit of happiness.
It is obvious today that America has defaulted on this promissory note insofar as her citizens of
color are concerned. Instead of honoring this sacred obligation, America has given the Negro
people a bad check, a check which has come back marked “insufficient funds.” But we refuse to
believe that the bank of justice is bankrupt. We refuse to believe that there are insufficient funds in
the great vaults of opportunity of this nation. So we have come to cash this check — a check that
will give us upon demand the riches of freedom and the security of justice. We have also come to
this hallowed spot to remind America of the fierce urgency of now. This is no time to engage in
the luxury of cooling off or to take the tranquilizing drug of gradualism. Now is the time to make
real the promises of democracy. Now is the time to rise from the dark and desolate valley of
segregation to the sunlit path of racial justice. Now is the time to lift our nation from the quick
sands of racial injustice to the solid rock of brotherhood. Now is the time to make justice a reality
for all of God’s children.
It would be fatal for the nation to overlook the urgency of the moment. This sweltering summer of
the Negro’s legitimate discontent will not pass until there is an invigorating autumn of freedom
and equality. Nineteen sixty-three is not an end, but a beginning. Those who hope that the Negro
needed to blow off steam and will now be content will have a rude awakening if the nation returns
to business as usual. There will be neither rest nor tranquility in America until the Negro is
granted his citizenship rights. The whirlwinds of revolt will continue to shake the foundations of
our nation until the bright day of justice emerges.
But there is something that I must say to my people who stand on the warm threshold which leads
into the palace of justice. In the process of gaining our rightful place we must not be guilty of
wrongful deeds. Let us not seek to satisfy our thirst for freedom by drinking from the cup of
bitterness and hatred.
We must forever conduct our struggle on the high plane of dignity and discipline. We must not
allow our creative protest to degenerate into physical violence. Again and again we must rise to
the majestic heights of meeting physical force with soul force. The marvelous new militancy
which has engulfed the Negro community must not lead us to a distrust of all white people, for
many of our white brothers, as evidenced by their presence here today, have come to realize that
their destiny is tied up with our destiny. They have come to realize that their freedom is
inextricably bound to our freedom. We cannot walk alone.
As we walk, we must make the pledge that we shall always march ahead. We cannot turn back.
There are those who are asking the devotees of civil rights, “When will you be satisfied?” We can
never be satisfied as long as the Negro is the victim of the unspeakable horrors of police brutality.
We can never be satisfied, as long as our bodies, heavy with the fatigue of travel, cannot gain
lodging in the motels of the highways and the hotels of the cities. We cannot be satisfied as long
as the Negro’s basic mobility is from a smaller ghetto to a larger one. We can never be satisfied as
long as our children are stripped of their selfhood and robbed of their dignity by signs stating “For
Whites Only”. We cannot be satisfied as long as a Negro in Mississippi cannot vote and a Negro
in New York believes he has nothing for which to vote. No, no, we are not satisfied, and we will
not be satisfied until justice rolls down like waters and righteousness like a mighty stream.
I am not unmindful that some of you have come here out of great trials and tribulations. Some of
you have come fresh from narrow jail cells. Some of you have come from areas where your quest
for freedom left you battered by the storms of persecution and staggered by the winds of police
brutality. You have been the veterans of creative suffering. Continue to work with the faith that
unearned suffering is redemptive.
Go back to Mississippi, go back to Alabama, go back to South Carolina, go back to Georgia, go
back to Louisiana, go back to the slums and ghettos of our northern cities, knowing that somehow
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Post/teca
this situation can and will be changed. Let us not wallow in the valley of despair.
I say to you today, my friends, so even though we face the difficulties of today and tomorrow, I
still have a dream. It is a dream deeply rooted in the American dream.
I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: “We
hold these truths to be self-evident: that all men are created equal.”
I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of former slaves and the sons of
former slave owners will be able to sit down together at the table of brotherhood.
I have a dream that one day even the state of Mississippi, a state sweltering with the heat of
injustice, sweltering with the heat of oppression, will be transformed into an oasis of freedom and
justice.
I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be
judged by the color of their skin but by the content of their character.
I have a dream today.
I have a dream that one day, down in Alabama, with its vicious racists, with its governor having
his lips dripping with the words of interposition and nullification; one day right there in Alabama,
little black boys and black girls will be able to join hands with little white boys and white girls as
sisters and brothers.
I have a dream today.
I have a dream that one day every valley shall be exalted, every hill and mountain shall be made
low, the rough places will be made plain, and the crooked places will be made straight, and the
glory of the Lord shall be revealed, and all flesh shall see it together.
This is our hope. This is the faith that I go back to the South with. With this faith we will be able
to hew out of the mountain of despair a stone of hope. With this faith we will be able to transform
the jangling discords of our nation into a beautiful symphony of brotherhood. With this faith we
will be able to work together, to pray together, to struggle together, to go to jail together, to stand
up for freedom together, knowing that we will be free one day.
This will be the day when all of God’s children will be able to sing with a new meaning, “My
country, ‘tis of thee, sweet land of liberty, of thee I sing. Land where my fathers died, land of the
pilgrim’s pride, from every mountainside, let freedom ring.”
And if America is to be a great nation this must become true. So let freedom ring from the
prodigious hilltops of New Hampshire. Let freedom ring from the mighty mountains of New York.
Let freedom ring from the heightening Alleghenies of Pennsylvania!
Let freedom ring from the snowcapped Rockies of Colorado!
Let freedom ring from the curvaceous slopes of California!
But not only that; let freedom ring from Stone Mountain of Georgia!
Let freedom ring from Lookout Mountain of Tennessee!
Let freedom ring from every hill and molehill of Mississippi. From every mountainside, let
freedom ring.
And when this happens, when we allow freedom to ring, when we let it ring from every village
and every hamlet, from every state and every city, we will be able to speed up that day when all of
God’s children, black men and white men, Jews and Gentiles, Protestants and Catholics, will be
able to join hands and sing in the words of the old Negro spiritual, “Free at last! free at last! thank
God Almighty, we are free at last!”
---------------------------onepercentaboutanything ha rebloggato insospettabilmente-superficiale
Il lavoro...
269
Post/teca
kindlerya:
“Le proteste dei minatori sardi, così come quelle degli operai dell’ILVA di Taranto, che
difendono con i denti la loro condanna a morte spacciata per posto di lavoro, dimostrano
chiaramente quanto sia impervia la via che conduce dalla schiavitù all’emancipazione e
inadeguati gli strumenti intellettuali ed emotivi a disposizione di molti lavoratori. Un conto è
rivendicare il diritto alla sussistenza nella società e quindi al reddito, un altro è rivendicare con
masochismo il “diritto” di essere uccisi da un concetto aberrante di lavoro sapientemente
mischiato alla retorica del sacrificio. Non c’è nessuna dignità nei lavori pensati dal capitalismo.
Specialmente in quelli che in tutta evidenza conducono a morte certa. L’idea che invece vi sia, è
solo una burla retorica messa in giro dal padrone o dai preti e rivenduta sottobanco da falsi
sindacati e pseudo partiti di sinistra, per rabbonire le vere istanze di libertà dei lavoratori. Che
sono prima di tutto istanze di libertà “dal” lavoro e non “attraverso” il lavoro. E’ paradossale
credere che sia necessaria la morte per vivere. Sono contro il lavoro in miniera e contro l’idea di
contrarre con quasi certezza il cancro per poter aspirare ad uno stipendio appena appena
sufficiente per sopravvivere.”
—
Carmelo Albanese
--------------------waxen
“Le ragazze brindano ai loro benefattori, celebrando così il nuovo patto d’acciaio tra erotismo
e femminismo. Sara Tommasi ride, piange, si spoglia, si veste, vola, atterra, diventa iridata, si
spoglia, si masturba, ride, salta, piange, si trucca e viene. Il pubblico non applaude, ma in
compenso è appiccicosissimo.”
— Cinquanta sfumature di spazzola prima di inginocchiarsi nel tramonto. | Woland, su
Diecimila.me
-------------------selene ha rebloggato 3nding
“E’ meglio prendere pillole di saggezza che ricevere supposte d’esperienza.”
— stefanocrifo:
bugiarda e incosciente:
(via curiositasmundi)
Fonte: stefanocrifo
--------------------3nding ha rebloggato curiositasmundi
“Un terzo tipo di bomba Molotov, descritta da Giovanni Pesce in Senza tregua: la guerra dei
GAP prevede che l’incendio venga innescato dal contatto tra un apposito acido, contenuto
all’interno della bottiglia, e una sostanza basica presente sulla superficie esterna. Questa
versione aveva la caratteristica, in caso di attacchi notturni a colonne di carri armati o
camion, di non rivelare la posizione dell’utilizzatore in quanto non era necessario accendere la
miccia prima del lancio. Per aumentarne la nocività, veniva introdotto nella bottiglia del
polistirolo, il quale - a contatto con la benzina - si scioglieva generando un surrogato del
napalm che rendeva l’ordigno significativamente più pericoloso, in quanto, al momento della
frantumazione, la benzina incendiata aderisce alle superfici su cui schizza.”
270
Post/teca
— la letteratura fa male (via ilterzouomo)
Fonte: ilterzouomo
--------------------uncertainplume
Quattro illustrazioni di come una nuova idea sbalordisca il soggetto che non vi sia preparato.
1.
Scrittore: Io sono uno scrittore.
Lettore: A me mi sembri piuttosto una merda.
Lo scrittore sta in piedi per qualche minuto sconvolto da questa nuova idea poi cade esanime. Lo
portano via.
2.
Pittore: Io sono un pittore.
Operaio: A me mi sembri piuttosto una merda.
Il pittore impallidisce come una tela, comincia a dondolare come una canna, e, inaspettatamente,
muore. Lo portano via.
3.
Compositore: Io sono un compositore.
Vanja Rublev: A me mi sembri piuttosto una merda.
Il compositore, respirando pesantemente, si accascia. Lo portano inaspettatamente via.
4.
Chimico: Io sono un chimico.
Fisico: A me mi sembri piuttosto una merda.
Il chimico non dice una parola e stramazza pesantemente al suolo.
Disastri, Daniil Charms
-------------------ilfascinodelvago ha rebloggato ilfascinodelvago
“Non è quello che fai, ma come lo sai raccontare.”
— (via ilfascinodelvago)
--------------------3nding ha rebloggato fotojournalismus
fotojournalismus:
271
Post/teca
A relative of victims murdered during the guerrilla war in the Andes in the 80s and 90s, attends a
commemorative ceremony in downtown Lima on Aug. 28. Peruvians affected by the war held a
ceremony and marched in the capital Lima on the 9th anniversary of the adoption of the Truth and
Reconciliation Commission (TRC) report, to urge the government to set aside state cash to
compensate victims of political violence committed in the 1980s and 1990s.
[Credit : Enrique Castro-Mendivil / Reuters]
Fonte: fotojournalismus
-------------------3nding ha rebloggato batchiara
“Metà dei giornali femminili in edicola è dedicato a: “Accetta te stessa per quello che sei,
guardati allo specchio, sei bellissima.” E l’altra metà a: “Come perdere 24 kg in 2 giorni con
la dieta della carambola e del tamarindo condito con fiori di zucca cotti al vapore.”
— Stefano Guerrera - FriendFeed (via batchiara)
Fonte: friendfeed.com
---------------------hollywoodparty ha rebloggato flipperella
flipperella:
i pesci non hanno le unghie
le mucche non hanno le ascelle
i topi non portano occhiali
i gatti non sanno guidare
le donne non hanno il pirillo
mia nonna sapeva sparare
i cani non credono in dio
la morte sorride e ti fotte
le botte fan male alla faccia
il vino mi fa biascicare
i polli non ridono spesso
è bello se piove sul mare
non piango da un secolo almeno
tacevi senza acconsentire
l’inferno è un silenzio di noia
sei bella son pazzo sei strana
ti ho visto la notte negl’occhi
le stelle son fatte di droga
non t’amo e mai t’amerò
Guido Catalano, I pesci non hanno le unghie
--------------------onepercentaboutanything ha rebloggato magamago
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Post/teca
pilloledarte:
_______________
La mistica popolare dell’azione ed il patriota rivoluzionario
Nei murales dell’Irlanda del Nord l’eroismo comunitario viene rappresentato attraverso la
raffigurazione del gesto eroico, tale azione è compiuta da figure ignote che personificano la
collettività. Un esempio di questo tipo di espressione è il noto murales The petrol bomber (a
destra), che raffigura un ragazzo con indosso una maschera antigas e una molotov in mano; il
disegno originale deriva da uno scatto del fotografo Clive Limpkin (Kelly, 2011). È una scena di
guerriglia urbana e il primo piano ravvicinato vuole far emergere le connotazioni psicologiche e
creare una forte intimità con l’osservatore; il sapiente uso dei colori e dei piani incrociati permette
alla scena di guerra alle spalle del ragazzo di acquistare una grande profondità sia grafica sia
emotiva: il giovane sembra tanto superiore ed imponente per via dell’asse ottico inclinato verso
l’alto e del nero usato per il giubbotto e per la maschera antigas.
Una situazione simile è ricreata con The Rioter (a sinistra), in cui un ragazzo lanciatore di pietre
visto di spalle si protegge con una grata e fronteggia i blindati britannici che stanno invadendo le
aree cattoliche. In nessuno dei due casi descritti è possibile identificare una persona fisica nota,
rappresentano quindi tutto il popolo e tutti i cattolici nordirlandesi; anche la giovane età dei
combattenti rappresentati evoca la lotta del nuovo contro il vecchio.
“La città stessa e i suoi murales aiutano la comunità a ricordare e a fare del ricordo un monito
all’azione che diviene comunitaria perché tutti possono divenire protagonisti sacrificando la
propria individualità per l’Irlanda.” (Guerra, 2011, p. 47).
Fonte: pilloledarte
-------------------------------ilfascinodelvago ha rebloggato 3nding
“Grillo non è di destra né di sinistra, come dice lui. È un disfattista. Un qualunquista. Ma non
un fascista. Lavora nella rete, ma senza olii e manganelli. Lui e tutto il suo mondo web
rispondono al bisogno viscerale di critica a lungo represso da una operazione di censura
durata vent’anni. E condivisa da tutti. Ha iniziato dicendo che l’Italia andava a rotoli. E ora
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Post/teca
ha successo perché esprime le sue critiche. Fa capire che il ‘demos’ è privato di ogni potere
decisionale. Che quando Violante fa accuse di «populismo giudiziario» significa che il Pd ha
introiettato il dogma berlusconiano secondo cui la magistratura è un ostacolo alla democrazia.
Grillo ricorda che la sedicente opposizione non ha mai fatto davvero opposizione. Che
Veltroni diceva di Gianni Letta che era un ottimo ministro. È vero che quella di Grillo è una
critica disordinata, un’erbaccia che cresce spontanea un po’ ovunque. Ma è lo spirito del
tempo, è la contemporaneità: oggi la critica è mescolata, acefala. Non per nulla la maschera di
tutta questa opposizione è Anonymous.”
— «C’è una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che la parola ‘fascista’ torna
ad essere un insulto. Finora era un elogio. Quella cattiva è che quest’insulto è stato
lanciato a sinistra»
Carlo Freccero - “Fascista no, è il Funari del web”
(via scarligamerluss)
Freccero sa il fatto suo.
(via 3nding)
Fonte: micciacorta.it
----------------------
Fascista no, è il Funari del
web
SCRITTO DA DANIELA PREZIOSI - IL MANIFESTO |
29 AGOSTO 2012
INTERVISTA Freccero: è una parola che da anni nessuno più pronunciava, lì per lì ho
esultato
«Bersani sbaglia. Quel comico è l'«A bocca aperta» della rete, dove ormai la critica
esplode dopo vent'anni di censura. Chi criticava era bollato come irresponsabile»
«Doveva rispondere. Spiegare perché per anni i suoi hanno fornicato in parlamento con
ex piduisti»
«C'è una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che la parola 'fascista' torna ad
essere un insulto. Finora era un elogio. Quella cattiva è che quest'insulto è stato
lanciato a sinistra». Ma come?, Grillo «il fascista», parola di Bersani, è di sinistra?
Risponde Carlo Freccero, il genio e la sregolatezza della tv, esperto di comunicazione,
prima innovatore del Biscione poi, a fasi alterne, in onda e in soffitta a seconda del
tasso di censura in Rai. Quindi parecchio in soffitta negli ultimi anni e con chiunque al
governo, dopo quella sua bella Rai 2 dove passò il meglio della satira italiana Guzzanti, Luttazzi -, i primi della lista nel diktat bulgaro di Berlusconi.
Grillo è di sinistra?
Grillo non è di destra né di sinistra, come dice lui. È un disfattista. Un qualunquista. Ma
non un fascista. Lavora nella rete, ma senza olii e manganelli. Lui e tutto il suo mondo
web rispondono al bisogno viscerale di critica a lungo represso da una operazione di
censura durata vent'anni. E condivisa da tutti. Ha iniziato dicendo che l'Italia andava a
rotoli. E ora ha successo perché esprime le sue critiche. Fa capire che il 'demos' è
privato di ogni potere decisionale. Che quando Violante fa accuse di «populismo
giudiziario» significa che il Pd ha introiettato il dogma berlusconiano secondo cui la
magistratura è un ostacolo alla democrazia. Grillo ricorda che la sedicente opposizione
non ha mai fatto davvero opposizione. Che Veltroni diceva di Gianni Letta che era un
ottimo ministro. È vero che quella di Grillo è una critica disordinata, un'erbaccia che
cresce spontanea un po' ovunque. Ma è lo spirito del tempo, è la contemporaneità: oggi
la critica è mescolata, acefala. Non per nulla la maschera di tutta questa opposizione è
Anonymous.
274
Post/teca
La strategia di Grillo una testa ce l'ha, ed è il web guru Casaleggio.
E quando per esempio parla di cancro, Grillo mi fa paura e mi fa venire in mente il
dottor Di Bella. Ma Grillo non ha un progetto alternativo, tutti sanno che non potrebbe
governare. I grillini sono le pulci che urlano allo scandalo, convinti che se non ci fosse
la corruzione tutto andrebbe bene. E non è vero. Il loro mondo è un po' di lotta alla
casta alla Rizzo e Stella, un po' di denuncia alla Gabanelli, un po' d'altro. Ma non dà
un'alternativa e per questo alla fine resta dentro la logica del sistema. E infatti Grillo
non critica Bersani perché è troppo liberista. È l'«a bocca aperta» del web, il Funari
della rete.
Bersani lo sfida perché lo teme?
Bersani non afferra. È esplosa la critica. Fin qui non si poteva criticare: si era tacciati
di poco realismo, di irresponsabilità, di eccesso. Del resto lui è diventato leader perché
ha fatto 'le lenzuolate'.
È diventato segretario perché era realista e moderato?
Non è stato mai aggressivo con la destra. Non ha mai dato del fascista a chi esaltava
Mussolini. Ora si sta aggiornando, è gia qualcosa.
Oggi dice che Grillo usa un linguaggio fascista.
Infatti in un primo momento sono rimasto persino colpito, contentissimo: erano anni
che non sentivo qualcuno di sinistra dare del fascista. Una boccata d'aria. Ci sono
ancora i giornali che vendono la vita di Mussolini in dispense. Ricordo il discorso «sui
ragazzi di Salò» di Violante, tutto un elogio. Il giorno delle foibe è più celebrato del 25
aprile.
Bersani ha trovato un po' di grinta e vocabolario?
Questa lite è un grande rivelatore. Qualcosa si è aperto. Stavolta Bersani non va più
solo in cerca di Monti e dei moderati, ma deve rivolgersi anche verso questo magma
dove c'è populismo e insofferenza. Benvenga, il Pd non può restare chiuso nei suoi
tatticismi. Grillo può essere un dispositivo attraverso cui parlare a questo mondo. Non
può liquidarlo come fascista. È più complesso. È stato un errore di comunicazione.
È la stessa opinione di alcuni sondaggisti. Perché secondo lei Bersani ha sbagliato?
Doveva rispondere nel merito. È un politico, deve farlo. Ma insomma, fino a un anno fa
la critica più dura che il Pd ha faceva al Pdl era 'noi siamo più bravi di voi'. Quell'era è
finita. Sembrava che a sinistra non sarebbe più successo niente e invece. Ma la critica
non la si può trattare come si fece con Rifondazione, con la motivazione che erano
quattro gatti. Tanto più con un Nichi Vendola addomesticato. Ora la critica viene da un
mondo vasto e trasversale, dal web dove la gente si esprime liberamente come fossero
centinaia di migliaia di Luttazzi: e come fai a censurarli tutti? Sono il 20, il 15, il 10 per
cento. Tantissimi comunque, ci devi fare i conti. Non si potrà più far finta di niente con
le firme che ha raccolto Grillo, con quelle sui referendum elettorali, sull'acqua, quelle a
sostegno dei magistrati. Anche Napolitano dovrebbe capirlo. Grillo rischia di essere il
ripostiglio, il serbatoio dove finiranno quelli che non vorranno votare Pd.
Bersani dice: vengano fuori dal web. Come se la rete fosse un rifugio per pavidi. Le
vecchie fogne.
È incredibile, non capisce il web. Lui lì non sta bene perché lì non si scelgono candidati,
non si fanno trattative, lì Casini non conta nulla. Ma sul web succedono cose: corre la
critica al liberismo, e non certo sul sito di Grillo. E attenzione, se tu accendi la paglia,
poi l'incendio si sviluppa. Lì la censura non è solo antiquata, è impossibile. Pensa alla
figuraccia che stanno facendo l'America e la Gran Bretagna di fronte ad Assange. Se
Obama non fa qualcosa, questa vicenda gli ricadrà addosso.
Ma la rete è tutt'altro che è il luogo naturale della democrazia.
Infatti non la esalto. Ma l'utente web è più informato e più competente che quello dei
media tradizionali. Lì ogni cosa può essere sottoposta a critica. E Bersani deve capire
che la critica ha diritto ad esistere.
'Zombie' o 'piduista' non è una critica ma un insulto, dice Bersani.
E lui faccia vedere che si muove.
Se un politico si becca un insulto non deve reagire?
Deve rispondere, deve motivare. Sappiamo tutti è che per anni il centrosinistra ha
fornicato con il centrodestra e con gli ex piduisti. C'è bisogno di ricordare che non ha
fatto una legge sul conflitto di interessi? Corrado Guzzanti faceva una magnifica
parodia di Rutelli: «Vi abbiamo portato l'acqua con le orecchie».
fonte:
http://www.micciacorta.it/home/naviga-tra-le-categorie/11-fascismo-antifascismo/8970fascista-no-e-il-funari-del-web-.html
275
Post/teca
------------------------------
"Così torturavamo i
brigatisti"
SCRITTO DA PIER VITTORIO BUFFA - L'ESPRESSO|
09 APRILE 2012
Enrico Triaca
Usare ogni mezzo per far parlare i terroristi: era il 1982 quando l'Espresso
denunciò le sevizie ai responsabili per il sequestro Dozier. All'epoca il nostro
cronista fu smentito e arrestato. Oggi il commissario di polizia Savatore
Genova conferma tutto: 'Ero tra i responsabili, e ricevemmo il via libera per
botte e sevizie"
Sì, sono anche io responsabile di quelle torture. Ho usato le
maniere forti con i detenuti, ho usato violenza a persone affidate
alla mia custodia. E, inoltre, non ho fatto quello che sarebbe stato
giusto fare. Arrestare i miei colleghi che le compivano. Dovevamo
arrestarci l'un con l'altro, questo dovevamo fare".
Salvatore Genova è l'uomo il cui nome è da trent'anni legato a
una grigia vicenda della nostra storia recente. Quella delle
torture subite da molti terroristi tra la fine degli anni Settanta e i
primi anni Ottanta.
Una vicenda grigia perché malgrado il convergere di
testimonianze concordanti, le denunce di poliziotti coraggiosi e le
inchieste giudiziarie la verità non è mai stata accertata. Nessuna
condanna definitiva, nessuna responsabilità gerarchicoamministrativa, nessuna responsabilità politica. Solo lui, il
commissario di polizia Salvatore Genova, e quattro altri poliziotti
arrestati con l'accusa di aver seviziato Cesare Di Lenardo, uno
dei cinque carcerieri del generale americano James Lee Dozier,
sequestrato dalle Brigate rosse il 17 dicembre 1981 e liberato
276
Post/teca
dalla polizia il 28 gennaio 1982. Evocare il nome di Genova vuol
dire far tornare alla memoria l'acqua e sale ai brigatisti, le
sevizie, le botte.
Oggi Salvatore Genova non ci sta più. Nel 1997 aveva iniziato a
mandare al ministero informative ed esposti senza avere risposte.
Adesso ha deciso di fare nomi, indicare responsabilità, svelare
quello che accadde davvero in quei giorni drammatici. Ecco il
suo racconto.
"Questura di Verona, dicembre 1981. Il prefetto Gaspare De
Francisci, capo della struttura di intelligence del Viminale
(Ucigos) convoca Umberto Improta, Salvatore Genova, Oscar
Fioriolli e Luciano De Gregori. E' la squadra messa in campo dal
ministero dell'Interno (guidato dal democristiano Virginio
Rognoni) per cercare di risolvere il caso Dozier.
Il capo dell'Ucigos, De Francisci, ci dice che l'indagine è delicata
e importante, dobbiamo fare bella figura. E ci dà il via libera a
usare le maniere forti per risolvere il sequestro. Ci guarda uno a
uno e con la mano destra indica verso l'alto, ordini che vengono
dall'alto, dice, quindi non preoccupatevi, se restate con la camicia
impigliata da qualche parte, sarete coperti, faremo quadrato.
Improta fa sì con la testa e dice che si può stare tranquilli, che per
noi garantisce lui. Il messaggio è chiaro e dopo la riunione
cerchiamo di metterlo ulteriormente a fuoco. Fino a dove arriverà
la copertura? Fino a dove possiamo spingerci? Dobbiamo evitare
ferite gravi e morti, questo ci diciamo tra di noi funzionari. E far
male agli arrestati senza lasciare il segno.
Il giorno dopo, a una riunione più
allargata, partecipa anche un funzionario che tutti noi
conosciamo di nome e di fama e che in quell'occasione ci viene
presentato. E' Nicola Ciocia, primo dirigente, capo della
cosiddetta squadretta dei quattro dell'Ave Maria come li
chiamiamo noi. Sono gli specialisti dell'interrogatorio duro,
dell'acqua e sale: legano la vittima a un tavolo e, con un imbuto o
con un tubo, gli fanno ingurgitare grandi quantità di acqua
salata. La squadra è stata costituita all'indomani dell'uccisione di
277
Post/teca
Moro con un compito preciso. Applicare anche ai detenuti politici
quello che fanno tutte le squadre mobili. Ciocia, va precisato, non
agì di propria iniziativa. La costituzione della squadretta fu
decisa a livello ministeriale.
Ciocia, che Umberto Improta soprannomina dottor De Tormentis,
un nomignolo che gli resta attaccato per tutta la vita, torna a
Verona a gennaio, con i suoi uomini, i quattro dell'Ave Maria. Da
più di un mese il generale è prigioniero, la pressione su di noi è
altissima.
Il 23 gennaio viene arrestato un fiancheggiatore, Nazareno
Mantovani. Iniziamo a interrogarlo noi, lo portiamo all'ultimo
piano della questura. Oltre a me ci sono Improta e Fioriolli.
Dobbiamo "disarticolarlo", prepararlo per Ciocia e i quattro
dell'Ave Maria. Lo facciamo a parole, ma non solo. Gli usiamo
violenza, anche io. Poi bisogna portarlo da Ciocia in un villino
preso in affitto dalla questura. Lo facciamo di notte. Lo
carichiamo, bendato, su una macchina insieme a quattro dei
nostri. Su un'altra ci sono Ciocia con i suoi uomini, incappucciati.
Fioriolli, Improta e io, insieme ad altri agenti, siamo su altre due
macchine. Una volta arrivati Mantovani viene spogliato, legato
mani e piedi e Ciocia inizia il suo lavoro con noi come spettatori.
Prima le minacce, dure, terrorizzanti: "Eccoti qua, il solito
agnello sacrificale, sei in mano nostra, se non parli per te finisce
male". Poi il tubo in gola, l'acqua salatissima, il sale in bocca e
l'acqua nel tubo. Dopo un quarto d'ora Mantovani sviene e si
fermano. Poi riprendono. Mentre lo stanno trattando entra il capo
dell'Ucigos, De Francisci, e fa smettere il waterboarding.
Salvatore Genova
Dopo qualche giorno l'interrogatorio decisivo che ci porterà alla
liberazione di Dozier, quello del br Ruggero Volinia e della sua
compagna, Elisabetta Arcangeli.
Io sono fuori per degli arresti e quando rientro in questura vado
all'ultimo piano. Qui, separati da un muro, perché potessero
sentirsi ma non vedersi, ci sono Volinia e la Arcangeli. Li sta
interrogando Fioriolli, ma sarei potuto essere io al suo posto,
probabilmente mi sarei comportato allo stesso modo. Il nostro
capo, Improta, segue tutto da vicino. La ragazza è legata, nuda,
278
Post/teca
la maltrattano, le tirano i capezzoli con una pinza, le infilano un
manganello nella vagina, la ragazza urla, il suo compagno la
sente e viene picchiato duramente, colpito allo stomaco, alle
gambe. Ha paura per sé ma soprattutto per la sua compagna. I
due sono molto uniti, costruiranno poi la loro vita insieme,
avranno due figlie.
E' uno dei momenti più vergognosi di quei giorni, uno dei
momenti in cui dovrei arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece
carico insieme a loro Volinia su una macchina, lo portiamo alla
villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato al tavolaccio
subisce l'acqua e sale e dopo pochi minuti parla, ci dice dove è
tenuto prigioniero il generale Dozier. Il blitz è un successo,
prendiamo tutti e cinque i terroristi e li portiamo nella caserma
della Celere di Padova. Ciascuno in una stanza, legato alle sedie,
bendato, due donne e tre uomini. Tra loro Antonio Savasta che
inizierà a parlare quasi subito, e proprio con me, consentendoci
di fare centinaia di arresti.
Ma le violenze non finiscono con la liberazione del generale. Il
clima è surriscaldato. Tutti sanno come abbiamo fatto parlare
Volinia e scatta l'imitazione, il "mano libera per tutti". Un gruppo
di poliziotti della celere, che si autodefinisce Guerrieri della
notte, quando noi non ci siamo, va nelle stanze dove sono i cinque
brigatisti e li picchia duramente. Un ufficiale della celere, uno di
quei giorni, viene da me chiedendomi se può dare una ripassata a
"quello stronzo", riferendosi a Cesare Di Lenardo, l'unico dei
cinque che non collabora con noi. Io non gli dico di no e inizia in
quell'attimo la vicenda che ha portato al mio arresto. La mia
responsabilità esiste ed è precisa, non aver impedito che il tenente
Giancarlo Aralla portasse Di Lenardo fuori dalla caserma. La
finta fucilazione e quello che accadde fuori dalla caserma lo
sappiamo dalla testimonianza di Di Lenardo. Io rividi il detenuto
alle docce. Degli agenti stavano improvvisando su di lui un
trattamento di acqua e sale. Li feci smettere ma non li denunciai
diventando così loro complice.
La voglia di emulare, di menar le mani, di far parlare quegli
"stronzi" non si ferma a Padova. Di Mestre so per certo. Al
distretto di polizia vengono portati diversi terroristi arrestati dopo
le indicazioni di Savasta. I poliziotti si improvvisano torturatori,
usano acqua e sale senza essere preparati come Ciocia e i suoi, si
fanno vedere da colleghi che parlano e denunciano. Ma
l'inchiesta non porterà da nessuna parte.
Quando i giornali cominciano a parlare di torture e scatta
l'indagine contro di me e gli altri per il caso Di Lenardo mi faccio
vivo con Improta, gli dico che non voglio restare con il cerino in
mano, che devono difendermi. Lui promette, dice di non
279
Post/teca
preoccuparmi, ma solo l'elezione al Parlamento propostami dal
Partito socialdemocratico mi toglie dal processo. Gli altri quattro
arrestati con me vengono condannati in primo grado e, alla fine,
amnistiati.
Noi non siamo mai stati in prigione. Io venni portato all'ospedale
militare di Padova e lì mi venivano a trovare funzionari di polizia
per informarmi delle intenzioni dei magistrati. Tra le mie carte ho
ritrovato un appunto dattiloscritto che mi venne consegnato in
quei giorni. E' una falsa, ma dettagliatissima, ricostruzione dei
fatti che dovevamo sostenere per essere scagionati. Suppongo che
lo stesso foglio venne dato anche agli altri arrestati perché non ci
fossero contraddizioni tra di noi.
Io me ne sono restato buono per tutti questi anni perché non
volevo far scoppiare lo scandalo, fare arrestare tutti quanti.
Oggi, guardandomi indietro, vedo con chiarezza che ho sbagliato,
che non avrei dovuto commettere quelle cose, né consentirle. Non
dovevo farlo né come uomo né come poliziotto. L'esperienza mi
ha insegnato che avremmo potuto ottenere gli stessi risultati
anche senza le violenze e la squadretta dell'Ave Maria".
*************
I protagonisti
Gaspare De Francisci
Capo dell'Ucigos, come allora si chiamava la centrale
investigativa della polizia. Fu lui a coordinare le indagini sul
sequestro del generale Dozier.
Umberto Improta
Morto nel 2002, Improta è stato uno dei poliziotti più noti e attivi
durante gli anni del terrorismo. E' stato questore di Roma e
Milano, prefetto di Napoli. Fu lui a dare il soprannome di
"professor De Tormentis" a Nicola Ciocia.
Nicola Ciocia
Poliziotto di lungo corso venne nominato questore nel 1984 e
lasciò la polizia. E' lui il "professor De Tormentis", come ha
confermato al "Corriere della Sera" pur senza ammettere
esplicitamente di aver praticato la tortura.
Oscar Fioriolli
E' stato questore ad Agrigento, Modena, Palermo, Genova (subito
dopo il G8) e a Napoli. Adesso, come prefetto, è al ministero
dell'Interno. Non vuole fissare un incontro per parlare di quei
giorni ("Non ho mai rilasciato interviste", dice) e al telefono,
rispondendo alle domande, nega che ci sia mai stata la riunione
in cui venne dato il via libera alle "maniere forti" raccontata da
Genova e nega anche che lui o qualcuno della sua squadra abbia
280
Post/teca
esercitato violenza su Elisabetta Arcangeli o su Ruggero Volinia.
Luciano De Gregori
Venne anche lui aggregato all'Ucigos per l'inchiesta Dozier. Ma il
suo ruolo, ricorda Genova, fu prevalentemente amministrativo.
fonte:
http://www.micciacorta.it/home/naviga-tra-le-categorie/28-repressione-a-forzedellordine/7106-cosi-torturavamo-i-brigatisti.html
----------------------------onepercentaboutanything ha rebloggato soggetti-smarriti
“Hush now baby, baby don’t you cry
Mama’s gonna make all of your
Nightmares come true
Mama’s gonna put all of her fears into you
Mama’s gonna keep you right here
Under her wing
she won’t let you fly but she might let you sing
Mama will keep baby cosy and warm
Ooooh Babe Ooooh Babe Ooooh Babe
Of course Mama’s gonna help build the wall”
— Pink Floyd - Mother (via soggetti-smarriti)
-----------------------spaam
“In 10 pennellate, Cecilia Giménez ha fatto quello che l’Unione Sovietica non è riuscita a fare
in 70 anni. [spaam feat. mix]”
— Diecimila.me
-----------------selene ha rebloggato mariofiorerosso
“Chi conosce il dolore ne riproduce l’eco per tutta la vita come le conchiglie fanno con il
mare.”
— Alessandro D’Avenia - Cose che nessuno sa (via mariofiorerosso)
------------------lalumacahatrecorna ha rebloggato serotoninamancata
“Ero sul punto di troncare la conversazione, poiché nulla mi manda in bestia come il fatto che
qualcuno se ne esca con luoghi comuni insignificanti mentre io sto parlando con tutto il
cuore.”
— J. W. Goethe, I dolori del giovane Werther
---------------------solodascavare
281
Post/teca
il rilascio
Ci sono giorni come questo che tutto quello di cui ci sarebbe bisogno sarebbe chiamare la Farnesina
e chiedere al Ministro di mandare un suo fido a trattare il mio rilascio
---------------------curiositasmundi ha rebloggato bugiardaeincosciente
Io direi di diventare tutti contenti senza chiederci perché. (Quino)
Fonte: sussultidellanima
----------------------thatwasjustyourlife ha rebloggato nocedicocco
sarebbe così bello se un giorno qualcuno al posto di : ’ti va un caffè?’ mi dicesse ’ti va un
tramonto?’ o ’ti va un’alba?’
Fonte: r-ondine
--------------gravitazero ha rebloggato batchiara
“Se avessi avuto un euro per tutte le volte in cui nella mia vita mi sono distratto ho proprio
voglia di un bel gelato.”
— Stefano Guerrera - FriendFeed (via batchiara).
Fonte: friendfeed.com
--------------------------------3nding
“
Posso confermare che fare l’amore su una lavatrice accesa che trema è abbastanza buffo. Se la
lavatrice in questione è degli anni ‘90 e ha la centrifuga finale la cosa passa da buffa a
decisamente divertente.
Tuttavia se la lavatrice è come quella di un mio amico che ha fatto prendere la scossa a lui e
alla donna, beh la definirei un ottimo anticoncezionale.
”
— 3nding
-----------------lalumacahatrecorna
“Alle I had thought, in alle my life, I now Descant;
to be Rid of such Incongruous Decay, as in a Minde
o’er Filled with Matter. Small Thoughts do I Put
in Note Bookes; Great ones, in Whining Poesy. Yet
I’m not content; my Minde will not Stop
Out pouring its Stench; it must Continue
Writin ‘pon the Lind page, its Abominations.
O that my soul were Empty, clear as Paper, and as True
as that Stampe which does Pronounce its Final mark
282
Post/teca
upon my Workes! Alle the Dirte in the Worlde be much Fainter
Profiousely & Continuously; to such Extent
that nevger does It let me Skip into the Great, White Worlde,
save it keep me chanting & Grindind, and mixing & Turning,
these Filthy Wordes.”
— Amelia Rosselli
--------------------onepercentaboutanything ha rebloggato arewekidding
arewekidding:
yesiamdrowning:
Libero Grassi (Catania, 19 luglio 1924 - Palermo, 29 agosto 1991)
Quando Libero Grassi si presentò alla trasmissione di Milchele Santoro su Rai 3, era il 1991. I
tempi erano già cambiati. Io mi apprestavo ad andare alle superiori e mia madre mi ammonì
dicendo: “Stai attento Giorgio, alle superiori la politica incomincerà a sgomitare per averti da
un lato o da un altro. Non farti infinocchiare”. Mio padre, il padre che non ho mai avuto, a suo
tempo si buttò convinto a destra. Io dalla parte opposta. Diametralmente opposta. Capelli lunghi
ed eskimo neanche avessi avuto la saggezza di Guccini. Di mio padre lo venni a sapere molti
anni dopo, recentemente, “Guarda che tuo padre era di destra” mi hanno detto come fosse cosa
da poco - invece è stato un proverbiale carico da novanta al colpo di genio di lasciarmi solo a
cinque anni. Bravo papà: Caparezza ti dedicherebbeJodellavitanonhocapitouncazzo.
C’è un anno alfa dell’antiracket. E’ proprio il 1991, l’anno in cui Libero Grassi, un industriale
palermitano dall’aria calma e bonaria, si dissociò dalla normalità dei comportamenti
dell’imprenditoria palermitana, sfidando il suo estortore con una lettera aperta: “Non ti pago”,
scrisse. Evidentemente non deve essere stata una coincidenza se Libero Grassi si chiamasse
proprio così, Libero. Del resto veniva da una famiglia antifascista dove aveva sempre avuto
fortissimo il senso della libertà e dell’onore, quello semplice della gente perbene. “Non mi piace
pagare, perché è una rinuncia alla mia dignità”, amava dire. No, non era un caso che si
chiamasse Libero. In quel 1991 prese corpo così il primo movimento organizzato contro il pizzo.
In un’altra Sicilia, a Capo d’Orlando, i commercianti e gli imprenditori orlandini si ribellarono.
Al processo questi sconosciuti siciliani segnarono a dito e facero condannare i mafiosi. Si
riunirono nella prima organizzazione antiracket, l’ACIO, creata da Tano Grasso, uno di quei
commercianti, che diventerà poi commissario nazionale antiracket. Un piccolo passo per l’uomo,
un grande passo per l’umanità -citando- e infatti verrà cacciato da Silvio Berlusconi.
La condanna a morte di Grassi da parte della mafia arrivò nell’estate del 1991, il 29 di agosto,
nel giorno di San Giovanni. Proprio dopo l’apparizione televisiva a Samarcanda di Michele
Santoro nell’aprile dello stesso anno.
Io quell’estate stavo allegramente cazzarando su sottofondo di Got The Time degli Anthrax.
Totalmente imbambolato da tale Sabrina di Acilia, una “zecca” di quindici anni che di politica e
mafia ne sapeva allora quanto io oggi so del fisico quantistico Erwin Schrödinger. Nella vana
speranza che mi notasse, o che mi lanciasse un improbabile segnale che volesse dire
283
Post/teca
“Limoniamo?”, dei perché e i percome della morte di di Libero Grassi non me ne curai affatto.
Come del resto poco mi curavo della lotta andata avanti per lungo tempo, guidata da singole
persone come Libero Grassi, che spesso lavoravano con mezzi inadeguati, senza auto blindate o
le scorte che Saviano ha oggi dopo aver scritto un Best Seller. Ma mentre di Saviano si parla
oramai pure troppo e in contesti spesso inoppoertuni, di questi eroi porzione singola non si parla
quasi mai. Spesso solo se un regista decide di dedicargli un film (I Cento Passi su Peppino
Impastato), ma neanche è detto che succeda (Fortapasc su Giancarlo Siani).
Per questo oggi, ricordandomi dell’anniversario grazie a un trafiletto apparso su un quotidiano,
davanti al silenzio globale mi sono sentito una merda. Andando a cercare il volto calmo e
bonario di Libero grassi, mi sono imbattuto in questa foto. Così è morto Libero Grassi. Non è
una bella immagine, lo so, ma forse è il caso di rovinarvela una giornata in un’intera estate.
.
Fonte: yesiamdrowning
-------------------------[...]
Qualcuno si ricorda di Palmiro Togliatti (Bersani compreso)? Bene. Forse leggerlo non sarebbe
male. Così tanto per provare a usare la testa. Né per scuoterla, né per agitarla come un pupazzo.
Fascismo. Misurare la parola.
Il fascismo, la sua essenza, le sue origini, il suo sviluppo, come oggetto di studio,
sembrano interessare sempre di più il mondo del lavoro e i partiti che costituiscono
l’Internazionale comunista. Tuttavia non penso che a questo bisogno di conoscere
corrisponda sempre una concezione esatta del fenomeno fascista esaminato sotto i suoi
vari aspetti; credo che questo desiderio di sapere non sia sempre accompagnato dalla ferma
intenzione di arrivare al sapere studiando attentamente il fascismo quale si manifesta
concretamente in Italia e negli altri paesi.
Mi pare anzi che invece ci si lasci andare a sostituire allo studio approfondito di
questo fenomeno l’esposizione di generalizzazioni del tutto astratte e non corrispondenti
dunque completamente alla realtà. Pur tuttavia il difetto che consiste nel generalizzare a
oltranza non è ancora la cosa peggiore, poiché non è raro che parlando del fascismo si
commettano errori veramente grossolani di giudizio e d’interpretazione politica e storica.
Non mi propongo qui di rilevare tutti questi errori; voglio semplicemente insistere su
qualche aspetto del problema e tirarne alcune conclusioni. Mi servirò a questo fine dei
risultati ottenuti mediante l’analisi e le ricerche effettuate in questo campo dal nostro
stesso partito.
(…)
Si è presa l’abitudine di designare così ogni forma di reazione. Un compagno è
arrestato, una manifestazione operaia è brutalmente dispersa dalla polizia, un tribunale
condanna ferocemente dei militanti del movimento operaio, una frazione parlamentare
comunista vede i suoi diritti lesi o abrogati, insomma in occasione di ogni attacco o
violazione delle cosiddette libertà democratiche consacrate dalle Costituzioni borghesi, si
sente gridare: «Ecco il fascismo! Siamo al fascismo!». Bisogna intendersi: non si tratta di
una semplice questione di terminologia. Se si ritiene giusto applicare la designazione di
fascismo a ogni forma di reazione, passi.
Ma non capisco che vantaggio vi troveremmo, salvo forse nell’agitazione. La realtà è
un’altra. Il fascismo è una forma particolare, specifica della reazione; e ci è necessario
284
Post/teca
comprendere bene in cosa consista questa sua particolarità. Né bisogna immaginarsi che
questa analisi sia necessaria unicamente per arrivare a una distinzione obiettiva e
scientifica. È egualmente indispensabile per giungere a un fine politico, per poter definire
esattamente l’atteggiamento da prendere di fronte al fascismo quale è attualmente e
soprattutto la condotta da adottare in avvenire durante il periodo di preparazione e di
sviluppo di un movimento fascista.
Effettivamente, noi potremmo svolgere nel corso di questo periodo preparatorio
un’azione precisa, destinata a ostacolare questi preparativi, a impedire questo sviluppo, ma
la nostra attività potrà avere un successo soltanto se sapremo valutare esattamente quello
che si trama nel campo avversario. Al contrario, se prenderemo come punto di partenza il
famoso detto secondo il quale «di notte tutti i gatti sono grigi» e ne dedurremo che tutti i
fenomeni di reazione sono fascisti, non arriveremo mai a occupare solide posizioni
politiche e tattiche.
Il primo esempio di cui voglio servirmi per provare la giustezza della mia
affermazione, sarà preso dalla esperienza stessa del nostro partito. Nel 1921-22, mentre
questo non aveva ancora che due anni di esistenza e l’offensiva fascista era giunta al suo
punto massimo, senza tuttavia aver portato alla vittoria completa, cioè alla conquista del
potere da parte del fascismo, noi vedevamo trionfare in seno al nostro Comitato centrale
una dottrina che penetrò tutta la politica della nostra organizzazione e che partiva dalla
affermazione che il fascismo era puramente e semplicemente la reazione capitalistica. È
evidente che questa affermazione non era affatto sbagliata.
Essa esprimeva anzi una verità, poiché effettivamente nel corso di quegli anni
l’attività sviluppata dalle squadre fasciste a detrimento del movimento operaio e contadino
d’Italia si esercitava naturalmente a profitto del capitale industriale e finanziario. Ma il
fascismo non era unicamente reazione capitalistica. Esso comprendeva nello stesso tempo
molti altri dementi. Comprendeva un movimento delle masse piccolo-borghesi rurali; era
anche una lotta politica condotta da certi rappresentanti della piccola e media borghesia
contro una parte delle antiche classi dirigenti; era un tentativo di creare una organizzazione
unificata, estendentesi a tutto il paese, raggruppante una frazione di piccoli borghesi delle
città diretti da elementi declassati (ex-ufficiali, disoccupati professionali); era infine una
organizzazione militare che poteva pretendere di opporsi con probabilità di successo alla
forza armata regolare dello Stato.
Comprendendo il fascismo tutti questi elementi, oltre alla reazione capitalistica, il suo
sviluppo doveva necessariamente essere complesso. Era assolutamente ingenuo credere
che il capitalismo si sarebbe servito di questo movimento come di uno strumento destinato
a rompere la forza del proletariato, salvo a metterlo in seguito da parte per continuare a
mantenersi al potere tornando alle forme abituali, servendosi delle stesse istituzioni, degli
stessi uomini politici, degli stessi metodi di prima. La complessità del fenomeno fascista
fece si che l’evoluzione del movimento non fosse determinata esclusivamente dal fine
verso il quale tendevano la borghesia e gli agrari, ma fosse anche influenzata da altri
motivi, di carattere diverso, da altri impulsi, sorgenti dal seno stesso del movimento e che
in certi momenti cercarono persino di dominarlo.
Il semplicismo di cui fece mostra il nostro partito ebbe due conseguenze che ci
causarono grandi danni. Anzitutto noi non ci eravamo accorti che sarebbe stato possibile
impedire al fascismo di conquistare certi ambienti della piccola borghesia; più esattamente,
noi avremmo potuto contribuire ad accentuare le contraddizioni inerenti a questo
movimento in seno alle masse piccolo-borghesi. Inoltre non c’eravamo resi conto che la
conquista del potere da parte dei fascisti non poteva effettuarsi se non dopo una lotta
285
Post/teca
abbastanza violenta tra questi e una parte delle vecchie classi dirigenti. Fino alla vigilia
dell’avvenimento e mentre questo già si stava compiendo avevamo negato la possibilità di
un colpo di Stato fascista. Erano conseguenze, come si vede, abbastanza importanti per la
politica.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/fascimo-togliatti#ixzz24wvzQXs3
----------------------------lalumacahatrecorna ha rebloggato menzogne
menzogne:
nimuehariarani:
“Soprattutto, non perdere la voglia di camminare: io, camminando ogni giorno, raggiungo uno
stato di benessere e mi lascio alle spalle ogni malanno; i pensieri migliori li ho avuti mentre
camminavo, e non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con
una camminata… ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati… Perciò basta
continuare a camminare, e andrà tutto bene.
Søren Kierkegaard”
-----------------------biancaneveccp ha rebloggato lalumacahatrecorna
“
Il tuo biondo cenere
mi riduce in ceneri
compari, scompari, poi
non sai nemmeno se
hai qualche interesse
a incoraggiarmi, nemmeno
fai cenno.
E io che ti ricordo
in ogni dettaglio, viventissimo
con significati grandi
o piccoli assieme, di
cui tu non sai niente!
”
— Amelia Rosselli
------------------------
286
Post/teca
Amelia Rosselli
------------------------selene ha rebloggato sepoisispegnetutto
solounpo-divuoto:
Esser stronzi è dono di pochi, farlo apposta è roba da idioti.
Fonte: solounpo-divuoto
-------------------luciacirillo ha rebloggato virginiamanda
“Ci sono troppi fuori corso. Il ministro ha ragione. Per Profumo il problema è causato dalla
mancanza di una cultura del “rispetto delle regole e dei tempi” e la soluzione – per come la
leggo sui giornali – è l’aumento delle tasse per i fuori corso.
Quindi lo schema del ragionamento è: dato statistico preoccupante (su cui tutti sono
d’accordo), che è effetto di un elemento culturale (“non rispetto delle regole e dei tempi”, che
è la lettura del ministro), sanzione economica degli individui (soluzione).
Ho due obiezioni. La prima è che gli studenti dell’università sono persone adulte con i propri
progetti di vita e non credo che spetti all’università entrare nel merito morale di un progetto
individuale. Gli studenti che fanno piccoli lavori accanto allo studio sono molti. Sono molti
anche quelli per cui l’università non è l’attività principale, fanno un esame all’anno e
mantengono viva l’idea di una laurea vista come un traguardo simbolico. Lo studio non è solo
preparazione a un lavoro futuro, ma anche miglioramento di se stessi. Aumentare le tasse a
costoro, sulla base del principio “regole e tempi”, penalizza una fascia piuttosto ampia di
persone tutt’altro che lassiste (e che non rappresentano neppure un costo aggiuntivo per le
università, perché i fuori corso hanno già un accesso limitato ai servizi).
[…]Il ministero fa bene a darsi come obiettivo la soluzione del problema del rendimento e dei
tempi. Ma se è strategico diminuire il numero dei fuori corso, allora devono essere in primo
luogo i dipartimenti delle università a dotarsi di servizi che consentano di arrivare
all’obiettivo statistico: è lì che bisogna ragionare sul rendimento dei propri iscritti. Come si fa
a recuperare gli studenti che sono distratti, che non ci arrivano, sono confusi, che soprattutto
non sanno studiare?
Quanti dipartimenti (le facoltà non ci sono più) fanno lezioni iniziali spiegando come
287
Post/teca
funzionano i meccanismi? Quanti tutor ci sono? Quanti pre-corsi si fanno per spiegare come
studiare certe materie? Come si spiega ad organizzare un programma di lavoro? Sono tutti
servizi e strumenti quasi a costo zero, ma ben pochi dipartimenti si sono sforzati di metterli a
disposizione.
[…] L’argomento del ministro però è spuntato e davvero un po’ moralisteggiante, perché
sanziona gli individui (la cui vita non è di sua competenza), ma lascia intatta la cultura
organizzativa dell’istituzione universitaria (che è di sua competenza).”
— http://www.ilpost.it/gianlucabriguglia/2012/07/16/il-problema-dei-fuori-corso/
virginiamanda)
(via
-----------------gravitazero ha rebloggato uaar-it
“Non si conoscono mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti atei o anticlericali.
Sono cattolici osservanti i peggiori assassini che l’Italia abbia mai avuto nell’ultimo secolo e
mezzo.
Credono in Dio, nella Chiesa di Roma, vanno a messa, si comunicano, fanno battezzare i loro
figli, fanno fare loro la comunione, si sposano con rito religioso (anche quando sono latitanti).”
— Isaia Sales, I preti e i mafiosi. (via uaar-it).
-----------------selene
Selene V. (@Selene) ha condiviso un tweet con te
Vuoi far urlare una donna? Cospargila di Nutella e poi… pulisciti le mani sulle tende. — tomjoad70
(@tomjoad70)
---------------------------biancaneveccp ha rebloggato burnedflames
DAPA: Walt Disney docet
burnedflames:
Biancaneve Sette uomini vecchi bassi barbuti e poveri non ne fanno uno figo ricco e a cavallo.
Pinocchio Le bugie possono comportare malformazioni fisiche.
Dumbo Prima di prendere in giro i deformi assicurati che non volino.
Bambi Se hai un nome troppo effeminato anche per una femmina e tua madre viene assassinata,
ma tu sei il figlio non riconosciuto del capobranco, te la caverai uguale. E se no pazienza.
La bella addormentata Ascolta i tuoi genitori, hanno sempre ragione. Sia quando ti dicono di
non giocare con le cose appuntite sia quando ti dicono chi sposare.
Cenerentola Puoi essere figa e dolce quanto ti pare, se sei povera non ti caga nessuno.
Alice nel Paese delle Meraviglie Tieniti leggera prima di dormire.
Peter Pan Non importa se gli altri sono più grandi e forti. Se sai volare. E no. Non è una
metafora.
Lilli e il vagabondo Non l’ho visto, ma se sei un barbone non aspettarti che qualcuno ricordi il
tuo nome.
La carica dei 101 Gli umani sono incapaci e gli animali devono organizzarsi tra loro
provvedendo a se stessi e facendo noi del male quando serve.
La spada nella roccia Non importa quanto gli altri siano bravi e forti, devi essere raccomandato.
288
Post/teca
Preferibilmente da un mago.
Il libro della giungla Quando sei amico ad un orso puoi anche prendertela con una tigre.
Gli aristogatti Puoi usare l’avvenenza fisica e i tuoi figli per elemosinare ospitalità.
Robin Hood I fuorilegge che dividono con i più i loro bottini sono autorizzati dal popolo a fare
canzoni di scherno sul fratello del re che intanto occupa il trono, ma anche a derubarlo, bruciargli
il castello e scoparsi la nipote. E il re ufficiale, tornando dalle crociate, la prenderà a ridere e li
proclamerà eroi.
La sirenetta Puoi anche essere la principessa del felice regno in fondo al mar, ma nessun uomo
che dalla vita in giù abbia solo una coda di pesce potrà mai farti davvero felice.
La bella e la bestia Se il tuo ragazzo è un mostro violento restagli vicino.
Aladdin Anche uno straccione può avere successo. Gli basta solo avere un genio della lampada al
proprio servizio.
Il re leone Se uccidi tuo fratello ricordati di uccidergli il figlio.
Pocahontas Se l’uomo che ami viene sparato e portato via per essere soccorso è lecito non
seguirlo perché dove sei ora è il tuo posto. E se poi viene anche buttato in un fiume puoi
approfittarne per trovarne un altro a patto che abbia lo stesso nome di quello di prima.
Hercules Pochi cazzi, la forza bruta risolve tutto.
Mulan I cinesi sono tutti uguali e ci vuol poco a far passare una donna per uomo. Fate attenzione.
Tarzan L’uomo scorbutico ha il suo fascino.
Le follie dell’imperatore Se ci abita gente, non farci parchi acquatici.
Wall-E I robot ci renderanno incapaci, ma poi per fortuna gli faremo pena e ci salveranno.
Up I palloncini possono farci felici. Non sottovalutate i palloncini.
Fonte: dapa
--------------------biancaneveccp ha rebloggato burnedflames
“Ci saranno parole che non dirò mai, parole che terrò sempre dentro di me, parole che invece
usciranno dalla mia bocca e magari mi sentirò un po’ stupida per averle dette e inizierò a
farmi un milione di paranoie, poi ci saranno le parole che ti sussurrerò all’orecchio mentre
facciamo l’amore, e credimi saranno parole meravigliose, parole che non ti scorderai mai,ma
ci saranno le parole più brutte che una ragazza possa dire, quelle che escono quando si litiga.
Poi ci saranno le lacrime che non farò mai vedere, altre che usciranno e non potrò fermarle,
lacrime che scivoleranno sul mio viso quando mi dirai addio o quando mi commuoverò
guardando un film d’amore, ci saranno lacrime di gioia, di tristezza, di rabbia. Ci saranno
sorrisi. Sorrisi rubati come i baci, sorrisi che dovrai conquistarti, sorrisi che a volte non
vedrai ma che in raltà ci sono, sorrisi che ti faranno innamorare e sorrisi dove pensarai che ti
sto prendendo in giro. In tutto questo ci saranno anche i baci, un bacio al mattino quando ti
svegli, una la sera, e mille durante la giornata. Baci che non ti aspetti, baci davanti ai tuoi,
baci davanti a tutti, baci dentro un cinema, ai giardini, baci a letto, baci ovunque in ogni parte
del mondo. Baci sotto un cielo stellato, baci sotto la pioggia, e non saprai che fare e io ti dirò
”ti amo” e tu mi darai un bacio. E’ così che funziona, è così che deve andare.”
— Cit (via ameliepanda)
Fonte: ameliepanda
------------------------biancaneveccp
“A meno che uno non ci tenga molto, nulla verrà risolto”
289
Post/teca
— Lorax
---------------20120830
curiositasmundi ha rebloggato letsdoitadada
“Sono stati sufficienti pochi decenni perché si passasse dall’apogeo al declino, ma ancora
troviamo la forza e i motivi per aggrapparci alle sorti di un sistema che non ci vuole più se non
come schiavi di riserva e al quale ancora ci affidiamo per metà e per l’altra all’istinto. Non
sarà quindi per nostra volontà che cambieremo tutto questo. Non ora.”
— diciottobrumaio: Non ora (via letsdoitadada)
Fonte: diciottobrumaio.blogspot.it
--------------------
Non ora
Non di manco, perché el nostro libero arbitrio non sia spento,
iudico poter essere vero che la fortuna
sia arbitra della metà delle azioni nostre,
ma che etiam lei ne lasci governare
l’altra metà, o presso, a noi.
Nell’inciso del Machiavelli, “o presso”, sta tutta la questione di questo post.
Allo stato delle cose non è presente e attiva alcuna forza capace di produrre un’alternativa sociale
praticabile, un cambiamento profondo e globale volto al superamento del modo di produzione (e
distribuzione!!) capitalistico. Nel pantano della politica tutto avviene entro le coordinate stabilite e
ciò può prefigurare, al massimo, l’aggiustamento di taluni assetti dell’esistente, lasciando al politico
di turno solo l’ambizione di essere acquistato al giusto prezzo.
Nel considerare le cose nel loro insieme, bisogna tener conto della rilevanza che può avere l’idea
stessa del cambiamento presso le masse psicologicamente disgregate e deprivate di pensiero critico
autonomo. Generalmente, nella nostra situazione, si fa passare per cambiamento le stesse cose che
propugnano i movimenti di protesta, una mesticanza di trivialità che ignorano ciò che la critica
scientifica ha prodotto. Ad ogni effetto, questi movimenti sono al servizio dei padroni del mondo.
Come sappiamo le cause che inducono cambiamenti sociali decisivi sono di tutt’altra natura e
coinvolgono le anime comuni e meno comuni, sia per loro espressa volontà o anche in assenza di
essa. I sanculotti alla presa della Bastiglia non avevano la minima idea di essere agenti della
rivoluzione borghese, mentre la ricca borghesia mercantile e usuraia aveva ben presente il proprio
obiettivo che era poi quello di ottenere un riconoscimento politico equivalente al raggiunto potere
economico. A tal fine occorreva colpire l'aristocrazia terriera minando le basi del potere fondiario.
In una norma del codice napoleonico – in materia di successione nella proprietà, sia essa mortis
290
Post/teca
causa che inter vivos – si è voluto vedere sancito un principio giuridico che ha di fatto mandato al
macero intere biblioteche e mutato radicalmente il corso degli avvenimenti più di quanto non abbia
fatto il diuturno lavoro della ghigliottina. Ciò è vero nella misura in cui tale norma è stata il risultato
di un processo durato secoli.
Scrive Marx: Come non si può giudicare un uomo dall'idea che egli ha di se stesso, così non si può
giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa. Noi
assistiamo oggi a cambiamenti importanti, agiti dal grande capitale e declinati nel suo linguaggio,
come il mercato mondiale, la creazione della fabbrica-mondo, la fine dell’illusione democratica e
l’instaurazione di un totalitarismo molto più sofisticato di quanto poteva immaginare la modesta
fantasia di Orwell.
Tutto questo e altro ancora è avvenuto in assenza di oppositori e in forza di una certa ragione di
vivere. Ci ha fatto comodo ignorare quanto stava accadendo evitando domande, fiduciosi
dell’onestà di fondo di questo sistema, ricevendo in cambio il privilegio illusorio dell’opulenza.
Una volta eletti consumatori, cittadini del mercato, abbiamo dovuto offrire prova del nostro
disprezzo per tutto ciò in cui avevamo creduto e, alcuni, anche lottato. Ed è quindi vero che il
mercato ha tolto credito alle ideologie, tranne una, ovviamente.
Sono stati sufficienti pochi decenni perché si passasse dall’apogeo al declino, ma ancora troviamo
la forza e i motivi per aggrapparci alle sorti di un sistema che non ci vuole più se non come schiavi
di riserva e al quale ancora ci affidiamo per metà e per l’altra all’istinto. Non sarà quindi per nostra
volontà che cambieremo tutto questo. Non ora.
Olympe de Gouges a 00:04
fonte: http://diciottobrumaio.blogspot.it/2012/08/non-ora.html?m=1
-----------------------dovetosanoleaquile
“Quando l’aeroporto di Alghero sarà intitolato a Cossiga, sarà impossibile capire la pista
giusta.”
— purtroppo
----------------------20120831
curiositasmundi ha rebloggato unoetrino
emilyvalentine:
Un ragazzo semplice, Stefano Zanzara, follemente innamorato di Annamaria Scala, una giovane
donna di 23 anni laureata in Termosifoni. La giovane Annamaria però non ricambia l’amore di
Stefano e lo allontana con ogni mezzo anche se fortemente attratta da lui. Perché?
Scopriamolo nella nuova fiction di Canale 5, Cuore di Citronella - con Fiona May, Pasqualino
Maione, Cosima Coppola e Un Battiscopa nel ruolo di Angela, un’affascinante dattilografa.
Prossimamente.
Fonte: emilyvalentine
---------------------291
Post/teca
falcemartello ha rebloggato inthemoodfor
Ti auguro codice Html scritto da Word.
iotimaledico:
[SOLIDToM]
Fonte: iotimaledico
------------------------
Da Mariangela Vaglio: ci si salva o si va a
fondo. Ma tutti assieme.
08/30/2012 da Manifesto
Il problema, secondo me, quando si parla di “generazione perduta” sottintendendo che è un insieme
di persone che si debbono sacrificare per dar modo a tutto il corpo sociale di sopravvivere, un po'
come, in un corpo umano, si decide di tagliare un arto perché la cancrena non si diffonda a tutti gli
altri, è che si sta facendo un ragionamento che ha numerosi punti deboli: se non altro perché un
corpo “amputato” di un arto non può poi mai tornare agli stessi livelli di efficienza di prima.
Pubblicato il
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Una “generazione” è qualcosa di complesso: non è una semplice categoria di persone, è un insieme
di relazioni. “Perdila”, o decidi scientemente di mandarla al macero, non ti ritrovi solo con tot
individui insoddisfatti: ti trovi con una intera società costretta a fare i conti (anche quelli
banalmente economici) con le pesanti ricadute che questa perdita ha per tutti.
Quelli li stiamo già facendo. E non li stanno facendo solo i 30/40enni, che si ritrovano a non poter
avere e nemmeno a sperare di poter riacquistare il benessere che è stato dei loro padri: si trovano a
doverli gestire i loro genitori sessantenni ed oltre, che devono mettere in programma di dover
supportare, con le loro pensioni, le famiglie dei figli per tutta la vita, perché i figli, anche se con un
lavoro a tempo indeterminato (quelli fortunati che ce l'hanno) una sicurezza economica non ce
l'avranno mai. Si trovano a dover sopportare il peso di questa “generazione perduta” i figli presenti
e futuri dei 30/40enni, che hanno e avranno padri e madri senza più diritti certi, posto di lavoro
fisso, con la prospettiva un domani di doverli mantenere quando saranno vecchi e privi di pensione;
e tutti vivono sulla loro pelle tutto questo: uno Stato che non fornisce più servizi o li fornisce
sempre più risicati, dove il divario fra “poveri” e “ricchi” si allarga sempre più, e la mobilità sociale
è inesistente.
Ci chiedono di sacrificarci per garantire un futuro migliore a quelli che verranno dopo di noi, e noi
siamo anche disposti a farlo. Ma non si può credere alla favoletta che basti il sacrificio fine a se
stesso perché tutto vada a posto, ed una serie di tagli possano garantire che, come per un
incantesimo, tutto ricomincerà a filare.
I sacrifici chiesti alla generazione devono essere accompagnati necessariamente da un cambio di
politiche e di mentalità nella società tutta, ed equamente distribuiti. Altrimenti il risultato finale sarà
che si sarà sì perduta una generazione, ma anche tutte le altre, prima e dopo.
Ci si deve rendere conto per prima cosa che il mondo oggi non è più quello di un tempo, e non lo
ritornerà mai. Per cui anche le politiche di supporto agli individui e alle famiglie devono cambiare.
In un mondo in cui l'individuo è sempre più il perno della società, lui deve essere al centro. Lo Stato
292
Post/teca
non deve fornirgli assistenza, ma servizi che lo aiutino a sviluppare le sue potenzialità.
Di qui la necessità, per “salvare” la generazione dei 30/40 enni, di lavorare proprio per le altre
generazioni: se il 30/40enne deve occuparsi dei figli che non hanno asili e scuole qualificate, o dei
padri e dei nonni che devono essere assistiti da lui perché non esistono strutture pubbliche in grado
di farlo, non è in grado di produrre o di pensare a produrre ricchezza. Se lo Stato si ostina a
scaricare sul singolo tutte queste funzioni di assistenza e di aiuto, si ritroverà con una generazione
perduta, sì, perché sarà formata da individui che lavorano e producono solo nei tempi morti in cui
non sono costretti a fare gli infermieri o i babysitter.
Bisogna quindi dire e dire a gran voce che la riforma dello Stato deve partire dalla Sanità,
dall'Assistenza e dall'Istruzione.
Bisogna cambiare la mentalità per cui il servizio al cittadino pare quasi che sia una sorta di “carità”,
un atto di misericordia dello Stato (e pertanto anche se è scadente deve essere comunque eben
accetto, perché è pur sempre un gesto di munificienza), a quella in cui, invece, appunto, è un
investimento per lo sviluppo dell'intera società. Chiarendo e controllando severamente che, proprio
perché trattasi di un servizio e di un investimento, esso deve avere degli alti livelli di standard, ma
ancheessere erogato esclusivamente quando ce n'è davvero bisogno e a chi ha titolo, non a pioggia e
a chiunque, perché non è un favore che si fa agli amici.
Bisogna anche sradicare la diffusa idea che il servizio, accordato una volta, diventi un diritto
consolidato per sempre, quasi ereditabile da figli e nipoti come un beneficio feudale: no, è un aiuto
temporaneo, non una rendita assicurata.Più che di tagli indiscriminati, lo Stato ha bisogno di
maggiori e più severi controlli, per evitare quei microsprechi che fanno cumulo, e che sono spesso
non aiuti ma regalie a gruppi piccoli o grandi di potere, ad amici degli amici. Emorragie costati di
risorse che finiscono col prosciugare poi i soldi per quelle voci di Bilancio che invece dovrebbero
essere rimpolpate.
Ma questi controlli stringenti non possono essere solo appannaggio della “Amministrazione”, che
altrimenti diventa un Moloch pronto a vessare i cittadini. Tutti devono prendere coscienza che “lo
Stato” non è roba d'altri, è roba nostra. Il cambio di mentalità deve essere radicale, e da parte di
tutti. Da un lato bisogna dire basta alla burocrazia che vive solo per giustificare la sua esistenza, ma
dall'altro lato deve essere pacificamente accettato che i controlli ci devono essere, devono essere
severi, i controllori meritano il massimo rispetto e che chi sgarra deve essere punito: non per una
qualche forma di vendetta o di giustizia divina, ma perché, con la sua scorrettezza, danneggia gli
onesti e sperpera risorse a vuoto o per tornaconto esclusivamente personale. Il che, in un periodo di
crisi come quello che stiamo attraversando, deve essere considerato il massimo crimine.
La silente ammirazione sociale per il “furbo” deve essere sostituita con l'etica della responsabilità,
poggiante sulla certezza, però, che se ho davvero diritto a ciò che chiedo questo mi sarà dato, senza
doverlo pietire come un favore ed in tempi accettabili.Il cambio di mentalità deve anche partire dal
fatto che non ci sono ricette facili e precostituite: statalizzare o privatizzare non sono panacee
applicabili in ogni situazione, e nessuna della due garantisce di per sé una soluzione al problema. In
un paese come l'Italia, dove il panorama sociale, geografico ed economico cambia di chilometro in
chilometro, ogni soluzione deve essere vagliata con attenzione. “Pubblico” e “privato” poi non sono
idee astratte: sono organismi formati, di nuovo, dagli individui. Se questi sono responsabili,
motivati, professionali ed onesti sono in grado di fornire servizi di qualità sia che siano dipendenti
pubblici sia che siano dipendenti di strutture private. Vanno quindi selezionati alla fonte con criteri
stretti, motivati a dare sempre il meglio, e controllati severamente perché lo facciano. Anche qui
deve essere chiaro che il rispetto per le regole e la severità nella valutazione non sono lacci e
lacciuoli messi a frenare la libertà di impresa o le aspirazioni di un individuo, ma necessarie
garanzie per gli utenti. L'unico parametro valido per la promozione o per il declassamento deve
293
Post/teca
essere la qualità del servizio fornito ai cittadini, non un qualche quadro ideologico astratto di
riferimento, se non quello dei Valori riconosciuti dalla nostra Costituzione.
Per tanto, cominciamo a rimettere in piedi (non solo “riformare” come si è fatto un po' a caso negli
ultimi decenni) gli ambiti della scuola pubblica, l'unica in grado di garantire un accesso libero ed
indiscriminato a tutti (alunni e docenti), qualunque sia il loro credo religioso o il loro orientamento
politico: l'obiettivo sia creare una ciclo di base della scuola dell'obbligo che garantisca a tutti gli
alunni di appropriarsi delle competenze fondamentali per essere un domani buoni cittadini (la
capacità di leggere e comprendere un testo, di conoscere le basi del calcolo e del metodo
scientifico), e una secondaria diversificata che possa invece fornire le competenze specifiche
necessarie per affrontare ed inserirsi con successo nel mondo del lavoro. Ma, oltre a questo, il
pubblico deve attrezzarsi per fornire ai genitori anche orari più consoni a famiglie in cui ormai
entrambi gli adulti lavorano, e pertanto necessitano, oltre alla scuola, di strutture in cui i ragazzi
possano trascorrere ore in sicurezza quando a casa non c'è nessuno ad occuparsi di loro. Va inoltre
tenuto conto che pretendere la “qualità” è legato anche al fatto di garantire classi con un numero d
alunni “umano”, non pollai stipati di 27/30 alunni in cui nessuno riesce davvero ad essere seguito
seriamente dal docente, e i più “deboli” quindi, o per ragioni sociali o di patologie finiscono con il
restare sempre più indietro e non avere una vera possibilità di inserimento alla pari.
Oggi la scuola, massacrata dai tagli, questo non lo può garantire, ma ce n'è bisogno.
Allo stesso modo vanno incentivate, e se serve anche obbligate, le aziende, perché, magari in
sinergia fra loro se situate nello stesso quartiere, creino degli asili aziendali per i dipendenti.
Contrariamente a quanto si pensa, non si tratta di uno dei provvedimenti per facilitare solo l'accesso
delle donne al mondo del lavoro: in un mondo di padri separati e di nonni che non possono andare
in pensione fino ai 65/70 anni il poter avere un asilo vicino al posto di lavoro e in cui mettere figli e
nipotini è un'esigenza fondamentale.Allo stesso modo va garantito un efficiente sistema sanitario (e
gratuito) sul territorio, che limiti il ricovero in ospedale solo ai casi che non possono essere trattati
in altro modo, e consenta invece, tramite la presenza di medici ed infermieri che per esempio
monitorino determinati tipi di pazienti (come gli anziani, ad esempio) lasciandoli nel loro ambiente.
I consorzi di medici di famiglia recentemente approvati e alcuni progetti di assistenza domiciliare
continuativa già in atto in diverse regioni sono buone idee che vanno allargate a tutto il territorio
nazionale e limiterebbero anche di molto le spese mediche delle famiglie costrette ad assumere
badanti o infermieri professionisti (spesso in nero) per seguire anziani malati o familiari con
malattie croniche.
Come si vede, questi fondamentali mattoni per far partire il rinnovamento non sono e non possono
essere appannaggio o dovere di una sola generazione, e non si può pensare che una sola generazione
se ne faccia carico.Perché non esistono le generazioni perdute e quelle che si salvano.
Ci si salva o si va a fondo tutti assieme.
fonte: http://www.generazioneperduta.it/da-mariangela-vaglio-ci-si-salva-o-si-va-a-fondo-ma-tuttiassieme/?
fb_action_ids=4511653350289&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregatio
n_id=246965925417366
---------------------falcemartello ha rebloggato iotimaledico
294
Post/teca
Ti auguro il ruotino sgonfio.
iotimaledico:[diegov]
——‘MORNING
----------------------waxen ha rebloggato spaam
“A causa della crisi, al bar sotto casa avevano assunto due neo-laureati in psicologia.
Freudiani entrambi. Sui cappuccini, anziché i cuori o le spighe di grano, disegnavano con la
schiuma le tavole di Rorschach (di conseguenza, alcuni clienti, rimanevano a fissare il
cappuccino per almeno 30 minuti, in silenzio). Qualcuno scoppiava a piangere, altri
scappavano via inorriditi promettendo di non tornare mai più. Il gestore fu costretto a
licenziarli. Al loro posto prese due dell’accademia d’arte. Per un cappuccino potevi aspettare
anche 90 minuti, ma i disegnini con la schiuma erano a colori. L’inconveniente era sui
tramezzini, perché li consideravano materiale plastico. Alla pizzeria di fronte, invece, l’aiuto
pizzaiolo era un fisico delle particelle. Il proprietario, un giorno gli disse “cuoci la pizza a
400”, senza specificare “gradi centigradi”. Il fisico optò per un’altra unità di misura e finì per
sublimare l’intero locale.”
— Cercasi barista - Spaam su Diecimila.me
----------------------centrovisite
“L’architetto è femmina. Nel senso molto esplicito che custodisce il segreto di una
“produzione” e fa di tutto per proteggere il frutto del suo lavoro, con un vincolo morale molto
forte che lega l’opera al suo creatore. La ricerca di un padre, di un sovrano, di un mecenate,
di un titolare, dipende da un corteggiamento passivo perseguito con efficacia quando, dopo
essersi fatto scegliere, si richiedono maggiori doti di seduzione per mantenersi nonché l’abilità
di un ministro.”
— Manlio Brusatin, Storia delle linee, Einaudi 1993
--------------------------lalumacahatrecorna ha rebloggato kon-igi
“Ti odio così tanto che hanno dovuto inventare un’altra religione con un dio che perdoni solo
me.”
— Megahating Kon-igi (via kon-igi)
----------------------LA SENTINELLA
di Fredrick Brown
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anniluce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui
era abituato, faceva d'ogni movimento un'agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia
d'anni, quest'angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell'aviazione, con
le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca
295
Post/teca
ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a
palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo
avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c'era arrivato anche il nemico. Il
nemico, l'unica altra razza intelligente della galassia... crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il
primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile
colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano
cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso,
pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e
spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di
infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all'erta, il fucile pronto.
Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se
ce l'avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise
quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s'erano
abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due
braccia e due gambe, quella pelle d'un bianco nauseante e senza squame...
(tratto da 'Tutti i racconti (1950-1972), Fredrick Brown, 1992, A. Mondadori Editore)
-----------------------kon-igi ha rebloggato batchiara
Che cosa è la "fantascienza"?
batchiara:
Wikipedia dice che “La fantascienza è un genere di narrativa popolare di successo sviluppatosi
nel Novecento, che ha le sue radici nel romanzo scientifico.” (Ad esempio sono romanzi
scientifici quelli di Jules Verne).
Dice ancora che “la fantascienza ha come tema fondamentale l’impatto di una scienza e/o una
tecnologia – attuale o immaginaria – sulla società e sull’individuo. I personaggi, oltre che esseri
umani, possono essere alieni, robot, cyborg, mostri o mutanti; la storia può essere ambientata nel
passato, nel presente o, più frequentemente, nel futuro”.
Quindi mi pare di capire che sia fantascienza Guerre stellari, ma ancheMinority Report (perché
si parla di tecnologie che oggi non abbiamo ancora e del loro impatto sulla società), ma non lo è
1984 di Orwell.
Che mi ricordi, il più bel racconto di fantascienza che abbia mai letto è La sentinella di Fredrick
Brown. Perché? Perché riesce in pochissime righe a stravolgere completamente il punto di vista
dell’osservatore. E’ un racconto fantastico, eppure allo stesso tempo è così concreto, reale e
fulminante da prenderti lo stomaco e rigirarlo.
Perché tutto questo? Per dire che non serve immaginare una tecnologia particolarmente strana o
un futuro complesso e credibile come quello di Blade Runner per scrivere un racconto di
fantascienza: basta solo un po’ di immaginazione e di voglia di interrogarsi su come qualcosa di
differente da ciò che abbiamo sotto agli occhi tutti i giorni potrebbe rendere la nostra vita
completamente diversa.
Provateci: avete ancora sei giorni di tempo per scrivere un racconto e mandarlo qui.
L’unica regola ‘NO FANTASY’ mi ha ha fatto pisciare addosso: personalmente adoro entrambi i
296
Post/teca
generi ma mi piace tenerli separati, alternandone la lettura.
-------------------------3nding ha rebloggato curiositasmundi
“Inception affronta lo scottante tema della scassaminchieria femminile, e denuncia il fatto che
manco quanno dormi puoi stà tranquillo.”
— Best interpretation ever.
Laura_aka_Fujiko - FriendFeed (via batchiara)
Fonte: friendfeed.com
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Ricordi
cosipergioco:
Mio nonno materno morì che avevo 14 anni. Me lo ricordo bene: un uomo di poche parole, con
gli occhi piccoli piccoli ma chiari e penetranti, un sorriso mai aperto, ma sempre accennato,
quasi che nessuno dovesse vederlo sorridere e lui lo facesse solo con me, come se fosse il nostro
segreto. Mi ricordo le infinite partite a carte che facevamo, la maggior parte della quali finivano
con lui che mi metteva il mazzo di carte sotto il braccio e mi diceva “la lezione fu capita e i
ragazzi non risero più”. Vinceva sempre per quella sua incredibile capacità di ricordarsi tutti gli
scarti e tutte le prese fatte durante la partita, frutto di anni e anni di osterie e di pause pranzo al
cantiere dove in una mano si teneva il panino e nell’altra tre carte. Due cose più di tutte mi
ricordano lui: il fior di fragola che mi comprava sempre quando andavo a trovarlo e la radiolina
da cui non si staccava mai la domenica per controllare se la schedina che aveva giocato, almeno
quella volta, si degnasse di somigliare ai risultati che venivano ripetuti dalle voci di “Tutto il
calcio minuto per minuto”.
Non mi ricordo in che anno si ammalò, tumore ai polmoni. Per lui che fumava tantissimo, era
quasi “prevedibile”, anche se in realtà i medici non capirono mai da dove partì effettivamente la
malattia. Mi ricordo però che verso la fine, dopo anni di chemio, provò a fare la radioterapia, ma
i raggi lo bruciavano e lo facevano stare troppo male e allora decise che “basta”, andava bene
così, che la vita ha un prezzo, ma anche la dignità ne ha uno e che non ci teneva a morire come
un cane. Provarono a convincerlo che “magari le nuove tecniche…”, “magari se resisteva un
altro po’ facendo ancora cicli di chemio o radio…”, ma fu irremovibile “datemi solo qualcosa
che mi allevi un po’ il dolore”. L’ultima volta che lo vidi ero a casa sua, mio papà aveva ritrovato
una musicassetta in cui aveva registrato la mia voce da bambina e l’aveva portata per fargliela
sentire, sorrideva mentre la mia vocetta dal registratore diceva “Nonno Pinto” e chiuse gli occhi
addormentandosi. Gli ultimi giorni della sua vita i miei mi impedirono di vederlo, perchè era
diventato irriconoscibile dal momento che il tumore gli era arrivato in bocca e loro volevano
conservassi di lui un bel ricordo, un ricordo vivo, in quel periodo non capii e mi arrabbiai, con il
passare degli anni ho capito che quella fu la scelta migliore.
Grazie Cosipergioco…
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Unmarked Treasure
by Cyril Wong
The Burning Field
The perfect poem
would arrive
when I am forty,
or maybe older, I told myself
before coming home this evening
to the voices of ma and pa
scraping like the plates of the earth
along a fault, while my sister
crumbled like a house on fire
outside their bedroom door.
And I knew
I could not wait. That night,
I sat before my computer screen
and waited for the poem
to come like rain
upon a burning field,
and did not sleep.
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— CULTURA
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Il misterioso Michael Cimino
L'eccentrico regista del più grande fallimento cinematografico della storia che è stato premiato ieri a
Venezia si confrontò dieci anni fa con le voci sul suo aspetto e la sua età
31 agosto 2012
Michael Cimino, il regista americano vincitore di 5 premi Oscar con Il cacciatore e subito
dopo regista di uno dei più grandi fallimenti della storia del cinema americano – I cancelli
del cielo – è stata celebrato e premiato ieri alla Mostra Internazionale d’Arte
Cinematografica di Venezia. Riparando così a quella che il direttore del Festival Alberto
Barbera ha definito “una delle più grandi ingiustizie nel mondo del cinema”: dopo l’uscita
nel 1980 di I cancelli del cielo, lo studio cinematografico United Artists che l’aveva
finanziato finì in bancarotta e Michael Cimino sparì per vent’anni dalla scena pubblica.
La storia di Cimino è letterariamente straordinaria. La raccontò dieci anni fa Vanity Fair in
un articolo memorabile, dopo anni di voci e misteri su di lui: nel 2002 Cimino accettò per
la prima dopo il suo lunghissimo ritiro di farsi intervistare da Steve Garbarino raccontando
il suo grande successo e l’improvviso fallimento, i pettegolezzi e le accuse di Hollywood nei
suoi confronti, ma anche la sua radicale trasformazione fisica proprio dopo il 1980. Ne uscì
un lungo racconto rivelatore.
Garbarino spiega di aver incontrato Cimino alle otto del mattino in un bar sulla Sunset
Strip, a Hollywood, frequentato abitualmente dal regista. Che se ne stava seduto a un
tavolo “con il suo solito piatto davanti: uova strapazzate, pancetta, patate fritte”. E una
tazza di caffè che riempiva circa ogni cinque minuti. “Nel 1978 era un ragazzo prodigio di
Hollywood”, quando raccontò il Vietnam ne Il cacciatore (The Deer Hunter) il film con
Robert De Niro considerato uno dei grandi capolavori del cinema mondiale.
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Ma solo due anni dopo, a causa de I cancelli del cielo (Heaven’s Gate), la carriera di
Cimino fu distrutta e lui venne sottoposto a un potente attacco ideologico da parte della
critica Usa per aver osato mettere in discussione il cosiddetto “sogno americano”: Vincent
Canby, critico del New York Times, disse ad esempio che Cimino aveva “venduto l’anima al
diavolo per ottenere il successo de Il cacciatore” e che “il diavolo aveva fatto ritorno per
raccogliere un disastro senza riserve”.
Per girare I cancelli del cielo la casa cinematografica United Artists aveva concesso a
Cimino un budget di circa 12 milioni di dollari che arrivarono a quarantaquattro durante le
riprese. Ma fece fallimento a causa degli incassi scarsissimi (neanche 1 milione e mezzo di
dollari). Il film, con Kris Kristofferson, Christopher Walken, Isabelle Huppert e Jeff
Bridges, è un lungo ed epico racconto western che mette in scena lo sterminio di un gruppo
di contadini immigrati dall’est (ladri, ma per necessità) da parte di mercenari assoldati da
ricchi baroni del bestiame.
Michael Cimino ha sempre difeso il suo film (di cui ha scritto anche la sceneggiatura) nella
convinzione che fosse una vera e propria opera d’arte. L’insuccesso di pubblico (il film
durava 3 ore e 39 minuti, tra l’altro: tagliati a 2 ore e 29 dopo una settimana) e critica
riguardò in effetti soprattutto gli Usa. Ma molti critici, soprattutto in Europa, difesero con
forza questo “capolavoro maledetto” definendolo “il più grande film americano degli ultimi
dieci anni (…) così ricco che proprio tale complessità di significati ha lavorato contro la sua
popolarità” (Financial Times). Ieri a Venezia Cimino, “dopo un rifiuto durato 33 anni”, ha
accettato di rivedere la sua opera in una nuova versione rimasterizzata della durata
originale di 219 minuti.
Dopo il fallimento, Michel Cimino si ritirò dalle scene (“La maggior parte dei suoi amici
non ha mai messo piede a casa sua, neppure Mickey Rourke, un caro amico che ha
partecipato a tre film di Cimino”, dice il giornalista di Vanity Fair). Nell’intervista, è lo
stesso Cimino a spiegare la motivazione del suo silenzio:
«Alcune persone pensano che io sia tutto matto. Altri pensano che io sia un drogato e
dicono che i 50 mila dollari del mio budget per “I cancelli del cielo” li ho spesi in cocaina.
Dicono anche che sono un alcolizzato. Ma non lo sono, nonostante le voci contrarie. Tutte
le cose che la gente pensa di me non sono vere. È per questo che non ho mai voluto
rispondere sulla stampa, perché sono accuse ridicole».
Dopo I cancelli del cielo Micheal Cimino ha diretto altri quattro film: L’anno del dragone
del 1985 (l’unico che ebbe qualche risonanza), Il siciliano (1987), Ore disperate, remake
del 1990 del thriller con Humphrey Bogart del 1955, e Verso il sole (1996). Senza
comparire mai in pubblico: Joe D’Agostino, montatore di Verso il sole, ricorda il suo primo
incontro con il regista: “Un po’ inquietante: fui portato in questa sala di montaggio
oscurata con tende di velluto nero, e c’era questo ragazzo curvo. Tutti parlavano a bassa
voce: lui aveva qualcosa che gli copriva il viso, un fazzoletto. E a nessuno è stato dato il
permesso di riprendere la sua immagine”.
Gli anni del suo isolamento sono stati circondati da una serie di vicende poco chiare.
Innanzitutto quella legata all’età: «Risolviamo la questione una volta per tutte», dice
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nell’intervista. E mostrando quella che sembra essere la fotocopia del suo passaporto
indica come data di nascita il 3 febbraio 1952 anche se all’anagrafe risulta essere nato nel
1939. Ma i pettegolezzi furono legati soprattutto alla sua radicale trasformazione fisica
prima e dopo il fallimento: circolava ad esempio la notizia, da lui sempre smentita, che
fosse un transessuale e che avesse deciso di sottoporsi a un’operazione di cambio di sesso.
Nel bar dove si svolge l’intervista di Vanity Fair c’è una fotografia di Cimino del 1977: “Ha
un viso un po’ paffuto” scrive il giornalista “capelli ondulati, scuri, e un naso prominente.
(…) Anche tenendo conto dei 25 anni che ci separano da quando è stata scattata, l’uomo
della foto e l’uomo seduto di fronte a me non sembrano per niente uguali”. Molto simili
sono invece l’uomo che stava seduto davanti al giornalista nel 2002 e l’uomo che è apparso
ieri a Venezia.
Michael Cimino è molto più magro, ha una frangia di capelli chiari che gli cade sulla fronte,
le sue sopracciglia sono curate, il naso molto piccolo e le labbra sembrano rifatte, così
come gli zigomi. Non ci sono rughe visibili sulla sua fronte e la sua mascella sembra
diversa, ma è lui stesso a spiegare i cambiamenti. «C’è una ragione molto semplice». E dice
che sui set cinematografici si mangia male e velocemente, dice di essere ingrassato molto
durante le riprese de I cancelli del cielo («Mi sembrava di essere una faccia incollata a un
palloncino, cazzo!») e così ha deciso di perdere peso. Sulla mascella: «Non avevo il giusto
allineamento. I miei denti erano a posto, ma la mia bocca era troppo piccola». Dice anche
di non aver subito alcun intervento agli zigomi e di essere stato biondo fino all’età di 12
anni: «Sono sempre stato biondo».
Nell’intervista Cimino non parla volentieri della propria famiglia (“troppo doloroso”). E
quando il giornalista chiede se abbia subito degli abusi lui risponde che c’è di peggio:
«Essere ignorati». E spiega: «Dopo essere stato nel mondo del cinema per cinque anni,
ricevo una telefonata da mia madre, che dice: “Bene, adesso so che sei famoso”. Io dico:
“Perché?”. E lei risponde: “Il tuo nome è sul cruciverba del New York Times”».
Parlando di sé da bambino dice di essere stato «un prodigio. Come Michelangelo, che
poteva disegnare un cerchio perfetto all’età di cinque anni. Ero estremamente dotato».
Dice di non essere mai stato sposato («Una cosa stupida, si va in una cappella di plastica a
Las Vegas, ci si sposa in 10 minuti, e ci vogliono 10 anni per divorziare») e di avere avuto
una figlia durante il suo primo anno di college, senza rivelarne il nome né quello della
madre. Ma Cimino si stanca presto di parlarne (scrive il giornalista). E conclude: «La mia
vita personale sono il lavoro, il sesso e le automobili. Ho forse meno di molte altre persone,
credo. Ma quello che ho è grande e fantastico».
fonte: http://www.ilpost.it/2012/08/31/storia-di-michael-cimino/
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