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“La mia scommessa con la Cina”
EXTREME LIMITE
“Abbiamo il Dna
delle corse nel sangue”
AUTOTECNICA MOTORI
iMAGAZINE
DAVIDE DE GOBBI
Il nostro motore è il mondo
ANDREA JENZER
“Sempre a fianco dei piloti”
Formula 4
n.3 - 2014
L’Italia
che vince
LA
NOVITA ’
Formula 4, è l'I
2
Italia che vince
La nuova categoria fortemente voluta dalla Fia ha debuttato con grande successo
l'8 giugno ad Adria. L'ennesima prova di eccellenza della Tatuus, che ha
progettato una vettura performante, facile da gestire e dotata di uno standard
di sicurezza innovativo, consegnando le 24 macchine a neanche 2 mesi dallo
shake‐down di Varano. E che ha avuto come partner altri grandi marchi italiani,
Da Brembo a Magneti‐Marelli, da Pirelli a Autotecnica‐Motori e Abarth
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LA
NOVITA ’
di Stefano Semeraro
Tanta fatica. Ma anche tanta soddisfazione.
Per una sfida accettata e vinta in tempi
strettissimi, quando molti avrebbero
scommesso sul contrario. Il debutto ad Adria
della Formula 4, la nuova categoria che sta
tanto a cuore della Fia, è stato insieme il
punto di arrivo e quello di partenza per la
Tatuus. Che ha stravinto la sua prima gara,
probabilmente la più difficile, ma che ora è
ben conscia di dover rilanciare fino alla fine
del campionato. Per continuare nel migliore
dei modi un'avventura che coinvolge, oltre
che la factory lombarda, anche tanta Italia
che lavora e crede nelle corse.
«Avevamo gli occhi di tutti puntato addosso,
e la cosa bella è che alla fine i commenti
sono stati molto positivi, e da parte di tutti»,
spiega Gianfranco De Bellis, insieme ad
Artico Sandonà il cuore e il motore della
Tatuus. «Gli osservatori della Fia, che tiene
molto alla Formula 4 in quanto tappa
fondamentale del percorso che dovrà portare
i piloti del futuro dal kart fino alla F.1, hanno
avuto parole belle per noi alla fine delle tre
gare. Ma tutti sono rimasti soddisfatti e
impressionati, dai piloti ai team. Se
pensiamo che quello italiano è stato il primo,
e per ora unico, campionato di Formula 4 a
partire in assoluto, ci riempie di orgoglio».
Dietro il successo della “prima” il lavoro di
allestimento e di progettazione fra le
“quinte” è stato tutt'altro che facile e
immediato. «E' stato un tour de force,
diciamolo pure», sorride De Bellis. «Basta
pensare che il primo shake‐down è stato
quello di Vairano, il 14 aprile: e a fine maggio
avevamo già consegnato 24 vetture,
nonostante in mezzo ci siano stati Pasqua, il
25 aprile, il primo maggio. Del resto siamo
abituati così...».
La Tatuus Formula 4 fissa un nuovo standard
in fatto di performance, sicurezza e
riduzione dei costi. «Tutte le categorie Fia
sono sicure – analizza De Bellis – ma questa
vettura credo rappresenti un passo in avanti.
E' facile da gestire, quindi consente di
contenere i costi, ma sotto il profilo della
sicurezza ha introdotto elementi anche in
previsione del futuro. Fra l'altro, proprio
sotto questo profilo, il regolamento prevede
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un pannello anti‐intrusione lungo tutta la
fiancata. Una novità che è stata deliberata in
Inghilterra il 18 di gennaio e che ci ha
costretto ad una corsa contro il tempo che
abbiamo vinto superando tutti i crash‐test
previsti».
Un autentico lavoro di equipe che ha
coinvolto tanti “attori”, che ora, al primo
sipario, meritano un applauso. «I nostri
ragazzi alla Tatuus, che hanno lavorato a
ritmi pazzeschi. I fornitori, che hanno fatto
letteralmente i salti mortali per rispettare i
tempi. E i team, che hanno collaborato in
maniera davvero eccezionale. Senza di loro
non sarebbe stato possibile per noi vincere
questa sfida. Ed è un piacere vedere che oltre
a noi sono coinvolte tante realtà italiane:
dalla Brembo che ha fornito l'apparato
frenante, alla Autotecnica Motori che ha
fatto un grande lavoro sui propulsori Abarth,
alla Magneti‐Marelli che ha dato un
contributo importante con il nuovo cambio
elettrico. Alla Pirelli, che ha saputo fornire a
un prezzo davvero equo (650 euro a set, ndr)
gomme che si sono dimostrate
affidabilissime, come dimostra il raffronto fra
i tempi delle qualifiche e dell'ultima gara.
Inoltre la Wsk di Luca De Donno nelle vesti
di promoter ha svolto un lavoro eccezionale:
conoscendo il personaggio sono sicuro che il
meglio deve ancora venire. La federazione
poi è stata spesso criticata in varie occasioni,
ma credo che stavolta si meriti davvero i
complimenti».
Anche dal punto di vista agonistico il
“vernissage” di Adria è stato un successo, con
le vittorie di tre giovanissimi e di tre team
diversi – Lance Stroll (Prema), Ukyo
Sasahara (Euronova) e Andrea Russo (DieGi)
‐ e nelle tre corse in programma. «Sì, sono
state tutte gare entusiasmanti. La Fia spinge
molto su questo format per aprire ai
quindicenni, e in pista sono arrivati giovani
di tante nazionalità. Mi ha fatto piacere
vedere che gli italiani sono stati capaci di
farsi valere. Il duello fra Pulcini e Russo è
stato entusiasmante, ma tutte le gare sono
state avvincenti ed equilibrate, e anche
Drudi e Cairoli, che si è infortunato in gara 3,
si sono distinti». Se il buongiorno si vede dal
mattino, insomma, la Formula 4 è destinata
ad uno splendido futuro.
I NUMERI F.4
2 mesi
Dal 14 aprile a fine maggio: in
meno di due mesi dallo shakedown di Vairano le vetture sono
state consegnate ai team.
3 vincitori
I piloti che si sono imposti ad
Adria: il canadese Lance Stroll
della Prema, il giapponese
Ukyo Sasahara della Euronova,
l'italiano Andrea Russo
della DieGi Motorsport.
30 vetture vendute
Fino ad ora le vetture vendute
dalla Tatuus sono 30. De Bellis:
«Ora dobbiamo fermarci, per
rilanciare poi la produzione di
altre 20”.
11 nazionalità
I piloti scesi in pista ad Adria
rappresentavano ben 11
nazionalità: Italia (6), Svizzera
(5), Giappone (2), Francia (2),
Israele (1), Bahrain (1), Russia
(1), Canada (1), Usa (1), Brasile
(2) e Malta (1).
“Se avessimo avuto 18 macchine, sarebbe stato un buon risultato.
Con 20, ancora migliore. Ma con 22 è stato davvero fantastico. E la Tatuus
ne ha vendute già di più, quindi la griglia è destinata a crescere”.
Frederic Espinos, membro della commissione monoposto della Fia
LA
NOVITA ’
Vincenzo Sospiri – Euronova
“Una vettura perfetta
per chi viene dal kart”
Perché Euronova ha scelto di cimentarsi
nella neonata F.4 Italia?
«La filosofia della nostra squadra è sempre
stata quella di allevare giovani piloti per poi
accompagnarli verso le serie maggiori. La F.4
Italia rappresenta il vero primo gradino dopo il
karting e questo è molto importante perché ti
permette di lavorare con dei veri neofiti per
quanto riguarda le monoposto. Abbiamo quindi
la possibilità di insegnare loro tutti i segreti
delle formule. La mia idea è quella di creare un
6
pool di ragazzi promettenti per poi farli salire
in F.Renault, categoria che noi affrontiamo, o
magari in Auto GP. Altro fatto importante è
che per 6 anni questa vettura non cambierà».
La Tatuus F.4 può ricordare le monoposto
di F.Renault 2.0 e F.Abarth sempre
realizzate dal costruttore italiano?
«A mio avviso è molto diversa dalle altre
vetture della Tatuus. Potrebbe ricordare quella
di F.Renault, ma le dimensioni e il peso
differiscono molto».
Quali sono le principali caratteristiche
della Tatuus F.4?
«Che è una monoposto perfetta per i piloti che
arrivano dal karting. E’ anche difficile per
quanto riguarda la scelta degli assetti e questo
permette ai ragazzi di lavorare sulla macchina.
Con le gomme Pirelli il grip è notevole e
permette di raggiungere ottime prestazioni in
curva».
Matteo Di Persia – DieGi Motorsport
“Il bello della F.4 è che
partiamo tutti alla pari”
Perché DieGi Motorsport ha scelto di
cimentarsi nella neonata F.4 Italia?
«Negli anni precedenti avevamo partecipato
alla F. Abarth, quando l'avventura si è
conclusa la F.4 ci è sembrata una
opportunità interessante. La macchina è
nuova, tutti partiamo più o meno alla pari,
mentre nella F.Renault 2.0 ci sono top‐team
al di fuori dalla nostra portata. Inoltre
seguivamo da un anno il ragazzo (Andrea
Russo, ndr) che secondo noi ha delle qualità,
e abbiamo creduto in lui. Il debutto di Adria
è stata una bella sorpresa, anche se in fondo
lavorando per altri team l'esperienza ce la
siamo fatta: io da 25 anni, il meccanico da
quasi 40».
La Tatuus F.4 può ricordare le monoposto
di F.Renault 2.0 e F.Abarth sempre
realizzate dal costruttore italiano?
«E' abbastanza diversa, questa non ha
l'autobloccante e dispone di cambio al
volante. E' adatta a un campionato di un
certo livello, dove comunque ci sono ottimi
team, e 10‐11 piloti di qualità. Fra l'altro ad
Adria ha funzionato davvero tutto.
Complimenti alla Tatuus che ha fatto un
lavoro incredibile, non era facile consegnare
così velocemente 24 macchine»
Quali sono le principali caratteristiche
della Tatuus F.4?
«Credo che sia una macchina studiata per chi
oggi esce dal kart. Sono tutti piloti di buon
livello, che hanno corso in campionati
importanti, non nelle gare della parrocchia:
infatti le gare sono spettacolari, molto
combattute. Fra l'altro le gomme Pirelli hanno
tenuto fino alla terza gara anche se avevamo
solo 6 gomme in totale. Ora noi della DieGi
continueremo a correre per vincere, cercando
di restare in scia ai top‐team della categoria».
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LA
NOVITA ’
René Rosin – Prema
“Grande rapporto
qualità/prezzo”
Perché Prema ha scelto di cimentarsi nella
neonata F.4 Italia?
«Siamo stati attratti dal percorso intrapreso
da Gerhard Berger e dalla FIA, ovvero questa
nuova categoria creata per permettere ai
giovani che provengono dal karting un
primo passo formativo. E’ importante esserci
e Prema non ha voluto mancare
all’appuntamento».
La Tatuus F.4 può ricordare le monoposto
8
di F.Renault 2.0 e F.Abarth sempre
realizzate dal costruttore italiano?
«Questa nuova monoposto rispecchia un
sentiero costruttivo intrapreso molti anni fa
dalla Tatuus. Un costruttore molto esperto per
quanto riguarda questa tipologia di vetture,
che possiede un know‐how unico al mondo e
che ha venduto centinaia e centinaia di proprie
monoposto. La base quindi è quella di
precedenti macchine, ma per la F.4 la Tatuus
ha dovuto seguire precise indicazioni FIA per
quanto riguarda la sicurezza e i costi che
devono essere contenuti».
Quali sono le principali caratteristiche
della Tatuus F.4?
«La macchina come dicevo è stata costruita
secondo i dettami FIA ed è tecnologicamente
moderna. C’è stata molta attenzione sulla
sicurezza e le performance sono interessanti. Il
rapporto qualità e prezzo è poi uno dei punti
forti».
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LA
STORIA
Dopo più di un decennio passato come manager e ingegnere
di pista alla Prema e in altri ambiti delle corse europee,
Davide De Gobbi otto anni fa ha deciso di seguire le orme
di Marco Polo e partire all'esplorazione del pianeta Cina:
dove oggi attraverso Top Speed ricopre molti ruoli, compreso
quello di organizzatore della Formula Masters che impiega
vetture Tatuus. Gli abbiamo chiesto di raccontarci come è nata
e come si sta sviluppando la sua interessante avventura in un
“pianeta” giovane ma pieno di prospettive per il motorsport
“La mia scommes
di Stefano Semeraro
Molti parlano di mercati emergenti, lei li frequenta
da anni: ci racconta qual è lo stato dell’arte del
motorsport in Cina e in estremo oriente?
«Il motorsport in Cina ricalca lo sviluppo del mercato
dell’auto seppur con il ritardo di qualche anno. I numeri
sono in continua crescita anche se, bisogna far notare,
ancora molto ridotti in confronto alle realtà di Europa,
Giappone e Stati Uniti. In Cina fino a 15 anni fa
praticamente nessuno si poteva permettere di possedere
un'automobile, il boom delle vendite degli ultimi anni
ha invece catapultato la Cina a primo mercato mondiale
dell’auto, ma con una nota importante che non viene
capita ancora dall’esterno: stiamo ancora parlando per la
grande maggioranza dei casi della vendita della prima
auto per nucleo famigliare. Il mercato sta crescendo
vertiginosamente, basato dunque sulla vendita della
prima auto che di solito viene considerata “di famiglia”.
Solo una percentuale bassissima può permettersi la
seconda auto e, dal mio punto di vista, è a partire dalla
seconda auto che si comincia a generare interesse per il
tuning e il motor sport. La “seconda macchina” diventa
l’auto da far vedere agli amici, da modificare, da portare
in pista. Questa e’ dunque la fotografia attuale della
Cina. La percentuale di persone che si e’ avvicinata al
motor sport come pratica o solo per passione è molto
limitata. Ogni anno sta crescendo a numeri con
percentuali a doppia cifra ma siamo ancora ad un bacino
di praticanti di al massimo qualche centinaio, ma le
prospettive nel medio‐lungo termine sono
incoraggianti».
Su che strutture e quali team può contare oggi la
Cina delle corse?
«La Cina dispone di quattro circuiti grado 2 ed una pista
grado 1 (Shanghai). Shanghai a parte, le altre piste sono
in condizioni precarie di manutenzione. Bisogna dire
che gran parte dei tracciati sono nati più per un
10
interesse speculativo edilizio che da un autentico
programma sportivo. Nonostante lo stato delle
infrastrutture, però, le piste soprattutto quelle nelle
località topiche, sono occupate per la maggior parte
delle giornate dell’anno da eventi delle case
automobilistiche: driving experience, corsi di guida,
presentazioni. Questo per far capire l’interesse delle case
costruttrici verso un mercato in forte crescita dove è
importante far vedere e far provare il prodotto al cliente
finale. I team di motor sport stanno cominciando a
nascere ma bisogna dire che il livello è piuttosto basso.
Le strutture più importanti sono gestite da personale
straniero che ovviamente fa valere la propria esperienza
in questo settore ancora troppo nuovo per i cinesi. I
teams hanno la loro sede principalmente in prossimità
delle piste. Zhuhai, data la vicinanza a Macao e Hong
Kong, è stata la prima area ad avere uno sviluppo di
attività motoristiche, con influenza straniera; Shanghai e
soprattutto Pechino sono realtà più recenti dove lo
sviluppo del motor sport è principalmente legato
all’attività del tuning».
Perché ha scelto di lavorare in Cina?
«La decisione di trasferirmi in Cina è stata una sfida ed
una scommessa. Dopo aver lavorato per 10 anni in
Prema PowerTeam ero alla ricerca di una nuova
esperienza diversa dalle solite opportunità che si
possono avere con un team lavorando in Europa. Di
sicuro il fatto che mia moglie è cinese ha fornito un
'assist' importante alla decisione, ma se fosse stato per lei
non ci saremmo spostati dall’Italia... Assieme a mia
moglie abbiamo iniziato a stringere contatti con il
motorsport cinese, e aiutato un pilota di Shanghai a
gareggiare in Europa nel Formula Renault nel 2004.
Dopo di che ho accettato una proposta di lavoro da
parte di un gruppo locale che mi ha offerto di
collaborare per creare un programma di promozione del
motorsport attraverso attività in pista e la formazione di
un team. Da qui siamo partiti per la nostra avventura».

ssa con la Cina”
11
Qual è la mission di Top Speed e in quali
categorie è attiva?
«Dopo due anni di collaborazione con il gruppo
cinese le nostre strade professionali si sono
separate, e insieme con mia moglie, nel 2008,
abbiamo fondato Top Speed. Subito abbiamo
avuto la fortuna e l'abilità di sviluppare richieste
importanti che ci sono state fatte da alcuni
costruttori, ad esempio quella di creare e gestire
serie monomarca. Dal 2008 ad oggi Top Speed è
cresciuta notevolmente, sia come personale ‐ ad
oggi contiamo più di settanta dipendenti a
tempo pieno ‐ sia nel numero dei progetti che ci
vede coinvolti. Attualmente gestiamo ed
organizziamo in toto progetti quali VW Scirocco
Cup, Formula Masters China Series, Lamborghini
Super Trofeo. Forniamo inoltre supporto
gestionale e logistico per serie importanti quali
Asian Le Mans Series e Ferrari Challenge Asia
Pacific. Siamo diventati in breve tempo leader nel
settore della logistica relativa allo spostamento
delle vetture e materiale racing: un settore che in
Europa non avrebbe nessun senso grazie alla
libera circolazione delle merci, ma che qui in
Asia diventa fondamentale vista la complessità e
varietà delle diverse dogane. A parte il
motorsport, Top Speed è impegnata in attività in
pista quali driving experience e corsi di guida con
un team dedicato di istruttori cinesi ed
Internazionali per seguire eventi per alcuni dei
più importanti brand».
A quando risale la collaborazione con
Tatuus e come si articola? Cosa fa secondo
lei di Tatuus un’azienda leader nel settore?
«Con Tatuus il rapporto personale nasce fin dai
tempi in cui lavoravo in Prema. In seguito il mio
trasferimento in Cina, dapprima con la gestione
del team di Formula Renault e poi con il
Campionato Formula Pilota (Abarth), poi
diventato Formula Masters, ha trasformato il
nostro rapporto in una solida collaborazione
commerciale che ha visto Top Speed diventare
leader nel settore Formula a livello cinese/asiatico
grazie soprattutto all’affidabilità e qualità del
prodotto fornito da Tatuus. A parte il fatto di
essere il fornitore dei nostri telai, ciò che
distingue Tatuus è la capacità di aver 'capito' un
mercato così importante e allo stesso tempo non
convenzionale, reagendo alle sue esigenze con
una intraprendenza e versatilità che, devo dire,
solo noi Italiani possediamo. Per diverse ragioni il
progetto in Cina si è discostato dal prodotto
standard del Formula Abarth e Tatuus si è
dimostrata all’altezza del compito richiesto come
creatività e tempistica. Vista da una persona che
vive oramai da otto anni fuori dall’Italia, devo dire
che la più grande qualità e dote di noi italiani, sia
individualmente sia come azienda, è di sapersi
adattare, modificando i propri programmi in base
alle esigenze di mercato. Senza il supporto di
Tatuus non saremmo riusciti a creare un
programma solido come il Formula Masters, in
tempi così ristretti e con un prodotto così
competitivo».
Parliamo più in dettaglio della F. Master
China: a chi si rivolge, chi sono i piloti più
interessanti e quali sono i punti forti della
vettura realizzata da Tatuus?
«Il Formula Masters China è un programma nato
dalla collaborazione tra Formula Pilota, creata e
gestita da Top Speed, e Volkswagen Group
China. La lunga relazione tra Top Speed e
Volkswagen China ha portato alla formazione di
questa serie propedeutica che usa i telai Tatuus
FA010 e i motori VW 2.0. La serie e’ diventata in
poco tempo il riferimento per tutti i giovani piloti
cinesi/asiatici che vogliono praticare Formula
con un budget ridotto, ma allo stesso tempo con
team e personale di alto livello professionale, e
potersi dunque preparare adeguatamente in Asia
prima di tentare il salto in Europa. La serie si
basa su un concetto unico nel suo genere a livello
mondiale e che alla fine si è dimostrato vincente
in questo momento di crisi del motorsport in
generale: una gestione ibrida dove le tutte le
macchine appartengono all’organizzatore (Top
Speed) il quale le affida in gestione ai vari team
mediante una forma di leasing. In questa
maniera i team possono entrare in FMCS senza
investire denaro ma portando i loro piloti, il
personale ed il loro know‐how. La serie e’
promossa da VW Group China attraverso una
campagna mediatica di tutto rispetto che ne ha
fatto in un solo anno la serie propedeutica più
seguita in Asia. Volkswagen Group China
assicura inoltre ai giovani piloti il link giusto per
il proseguo della loro carriera in una delle
categorie asiatiche gestite dal gruppo, che vanno
dai monomarca Porsche, Audi, Lamborghini alle
competizioni in GT3 e Asian Le Mans Series. I
piloti sono prevalentemente giovani, tra i 15 ed i
20 anni, di varie nazionalità; sono soprattutto
asiatici, ma non manca qualche europeo che
decide di tentare la fortuna cercando di strappare
un contratto per continuare a correre in Asia da
professionista. La vettura dal punto di vista di
performance che non si scosta troppo dalla
Formula Abarth. Il motore Volkswagen genera
un potenza più o meno similare al precedente
propulsore. L’affidabilità ed il design della vettura
ne fanno una delle migliori monoposto nel
segmento».
Lei opera anche come driver‐coach: ci
spiega in cosa consiste esattamente questa
attività?
«Per anni ho seguito piloti come ingegnere di
pista, la mia esperienza in Europa mi ha aiutato
moltissimo qui in Cina dove i piloti hanno
veramente bisogno di un supporto totale, dato
che non hanno alle spalle nessuna cultura di
motorsport. Ho avuto personalmente molte
richieste da parte di case automobilistiche per
selezionare e formare giovani piloti da abbinare
a qualche marchio importante. Abbiamo
cercato di ricreare quello che già avevo visto
fare in Europa con i programmi Toyota, Red
Bull o Mercedes. Abbiamo allestito sezioni di
allenamento fisico, mentale, test in pista. Le
strutture e gli interessi economico‐commerciali
ci sono, basti pensare la quantità di campioni
sfornati dalla Cina nelle varie specialità sportive;
purtroppo mancano i piloti. Per far capire la
situazione: lo scorso anno per il programma di
Formula Masters avevamo a disposizione sei
borse di studio parziali da parte di Volkswagen,
e nonostante la promozione e i test eseguiti
siamo riusciti a ricevere solo quattro
candidature. Se avessimo dovuto gestire lo
stesso programma in Europa, per sei posti ci
sarebbero state almeno 100 richieste...».
Lei ha lavorato con tanti piloti famosi, da
Nakajima a Kobayashi, da Ryan Briscoe a
Robert Kubica: chi l’ha colpita di più e
perché?
«Devo dire che gli anni passati in Prema sono
stati molto proficui ed interessanti anche perché
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vissuti in uno dei momenti migliori del team,
durante il periodo in cui Prema gestiva le attività
del Toyota Driver Academy. Ho avuto la fortuna
di lavorare con molti piloti che poi hanno avuto
l’abilita di sfondare nel mondo professionistico e
devo dire che tutti mi hanno lasciato ricordi ed
esperienze importanti. Ryan Briscoe mi ha
colpito per la sua caparbietà e dedizione
all’allenamento, studiava ogni gara nei minimi
dettagli, arrivava sempre mentalmente e
fisicamente preparato. Se poi si aggiunge il
talento alla dedizione, i risultati arrivano di
sicuro. Mi dispiace non averlo visto in Formula 1,
sicuramente avrebbe fatto molto bene;
purtroppo per lui alcune cose non sono andate
per il giusto verso ma comunque ha trovato la
sua strada negli States. Di Robert Kubica invece
ho un ricordo diverso; poco prima di cominciare
il campionato di F.3 europea fu vittima di un
terribile incidente stradale che lo costrinse ad un
lungo recupero. Nessuno sapeva delle sue
condizioni per mesi, si presentò alla sua prima
gara solo con alcune centinaia di km di test ma
vinse immediatamente al debutto e davanti a
gente come Hamilton, Briscoe, Klien, Spengler.
Robert ha fatto sacrifici enormi per arrivare a
correre in macchina, quando aveva una
occasione non la sprecava. In F.1 ha fatto vedere
cose davvero impressionanti, purtroppo la sua
carriera sulle monoposto si è interrotta troppo
presto e specialmente nel momento in cui stava
per approdare in una grande squadra. Qualche
giorno prima del GP di Shanghai del 2008 mi
chiamò al telefono e mi disse: “Davide, chiudi il
kartodromo (la pista di kart dentro lo Shanghai
Circuit che all’epoca gestivo) e preparami due
kart che vengo a girare con un mio amico”. Il
mercoledì pre gara F.1 si è presentato con
Fernando Alonso: hanno girato per 2 ore da soli
e fatto uno show incredibile divertendosi come
due ragazzini. Nonostante fosse già una star si
comportava esattamente come lo avevo
conosciuto in Prema quando aveva 18 anni;
questo era il suo forte, la F.1 non lo aveva
cambiato».
In quale fra le categorie di punta a suo
giudizio vedremo i primi successi di un
driver cinese? Ha già un nome da suggerire?
«Questo è difficile da dire; di sicuro ci vorranno
ancora parecchi anni per vedere piloti cinesi al
vertice di qualche categoria importante, anche
se è fresco il successo di Ma Qing Hua con la
Citroen nel Wtcc. Ci sono già stati in passato
piloti che hanno raggiunto risultati importanti,
basti ricordare il podio di Frankie Cheng alla 24
Ore di Le Mans del 2009 e in una gara di A1 GP:
oppure il podio e giro veloce di Zhang Zi Qiang
a Monza nella Formula Abarth nel 2010, con al
via più di 40 partenti. Il problema è che manca
la base su cui lavorare. Qui il motorsport non è
considerato uno sport a cui indirizzare i propri
figli. Ci sono parecchie condizioni molto diverse
da altri paesi motoristicamente sviluppati. I
genitori non sono fan del motorsport non
essendo mai venuti a contatto di questo sport in
passato, mentre in Europa in genere i figli sono
portati in pista dai padri, spinti più dalla
passione del genitore.
La Cina investe molto sugli sport Olimpici, tutti
i fondi sono riversati sugli sport che portano
medaglie, e il motorsport non è purtroppo uno
di questi. La politica del figlio unico, inoltre,
penalizza molto l’inserimento nel motorsport.
Da fuori non si coglie molto, ma vivendo in
Cina si può capire come i figli unici di adesso
crescano sotto una cupola di protezione da
parte della famiglia, e considerando che il
motorsport è uno sport pericoloso le famiglie
non sono invogliate a indirizzare il loro unico
figlio verso un'attività che potrebbe creargli
problemi alla salute.
Manca una tradizione nel kart, il cui livello è
molto basso e poco frequentato. La maggior
parte dei piloti attualmente in circolazione
hanno cominciato la loro carriera intorno ai 22‐
25 anni, troppo tardi per pensare di accumulare
una esperienza sufficiente per competere agli
stessi livelli dei piloti stranieri coetanei. Se devo
essere onesto vedo ancora lontano il momento 
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in cui un pilota cinese primeggerà in campionati di
vertice; bisogna lavorare alla base per creare un
gruppo di piloti con l'età e le caratteristiche giuste per
tentare di scalare le varie categorie fino ad arrivare a
cogliere qualche successo importante; ma come ho
detto secondo me la strada è ancora lunga».
DESIGN & ENGINEERING
Quanto è stato importante per il Motorsport
cinese e asiatico in generale lo sbarco della F.1 a
Shanghai?
«La Formula 1 ha connesso la Cina con il motorsport
internazionale. Prima del 2004, la Formula 1 non era
neanche trasmessa in televisione, solo alcune tv locali
proponevano dei servizi pre/post gara, ma la grande
maggioranza dei cinesi non conosceva la Formula 1
come evento. L’arrivo del Circus a Shanghai ha
portato ad una massiccia presenza di programmi
legati al motorsport, e soprattutto a una copertura
totale di tutti gli eventi durante la stagione da parte
dell’emittente di stato CCTV5. Questo ha avuto un
doppio vantaggio: far conoscere ai cinesi il motorsport
e aprire il mercato locale a tutti i partner della
Formula 1 e dei team. Bisogna dire che dopo
l’entusiasmo iniziale l’interesse è diminuito, sia da
parte dei media che da parte degli spettatori. Per i
primi 3‐4 anni gli spalti erano completamente pieni,
negli ultimi anni gli spettatori latitano: anche se
questa è un po’ una situazione comune a tutte le piste
mondiali, non solo qui in Cina».
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14
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MACHINING & MANUFACTURING z WIND TUNNEL
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Magneti Marelli Motorsport designs and produces electronic and electro-mechanical systems for two
and four wheels racing vehicles.
Present in the world of competitions since 1919, it develops hi-tech systems for engine control and
data acquisition, telemetry systems, electro-hydraulic and fuel components, energy recovery systems.
magnetimarelli.com/focus-on-racing
is an open window on the world of motorsport competitions: news, results,
race classifications, statistics and history.
15
IL
TEA M
16
“Abbia
corse
amo il Dna delle
e nel sangue”
Il team francese Extreme Limite è protagonista dell’endurance
nella categoria VdeV, dove utilizza con successo il prototipo PY 012
della Tatuus. Il team manager Patrice Roussel ci parla inoltre
dell’esaltante avventura in Lmp2 nella Le Mans Series, e ci spiega
l’offerta a 360 gradi di una struttura completa ed efficiente
che possiede un tracciato di 3.4 km e lo mette a disposizione
di appassionati e aziende che vogliono sperimentare la pista
come divertimento e come educazione alla guida
17
Patrice Roussel, il mondo dell’endurance è
molto affascinante: ci racconta
dell’esperienza del team Extrême Limite
nel campionato VdeV? Quali sono a suo
modo di vedere le caratteristiche
interessanti del campionato?
«Extrême Limite è presente nel campionato
VdeV dal 2005, quindi con dieci anni di
esperienza. All’inizio il mio obiettivo era quello
di rispondere alla domanda di quei piloti
gentleman che desideravano divertirsi
partecipando a vere e proprie prove di
endurance. In questo campionato si possono
acquisire competenze tecniche di ottimo
livello, imparare la strategia, formare giovani
piloti e far progredire i ‘gentleman driver’, il
tutto a costi ragionevoli e ben gestiti dagli
organizzatori. Col passare del tempo,
insegnato il rigore assoluto in tutti gli approcci
alla corsa. Quando viaggi sugli stessi tempi di
Audi, Toyota e Peugeot, non ci si può
permettere di sbagliare e bisogna essere
all’altezza della fiducia che ci viene accordata,
in particolar modo nella 24 ore di Le Mans.
Siamo molto fieri di aver portato a termine
questa straordinaria corsa nel 2011 e nel 2012, e
di aver permesso a un nostro giovane pilota,
Fabien Rosier, di conquistare il prestigioso
premio Jean Rondeau (migliore giovane pilota
francese a Le Mans). Abbiamo anche ottenuto
buoni risultati nella Le Mans Series, come la
quinta posizione nella classifica generale nella
6 ore di Estoril del 2011. Anche quello è un
ricordo straordinario!»
stagione 2014?
«Il nostro team mette insieme Léo Roussel,
senza dubbio al momento il pilota più in forma,
e Jean‐Claude Poirier, un gentleman driver. Ci
teniamo a conservare questo spirito anche se ci
dobbiamo confrontare spesso con team quasi
professionali. Il nostro obiettivo è di portare
questo duo sul podio a ogni corsa e di puntare
alla vittoria, se possibile. Con loro abbiamo già
vinto la 6 ore di Magny‐Cours nel 2013 e
abbiamo una gran voglia di ricominciare. Un
posto tra i primi cinque del campionato ci
sembra una previsione realistica. Ma questo
campionato è diventato super competitivo e
basta poco per vincere o perdere una corsa di 6
ore…».
Quali sono gli obiettivi agonistici della
Facciamo un passo indietro nel tempo:
come è nato il team Extrême Limite?
«Io stesso ho partecipato a sei edizioni della 24
ore di Le Mans e ho sempre avuto il desiderio
di creare un team di endurance. Era già scritto
nel Dna della società, quindi quando nel 2005
Philippe Daric, un gentleman driver, ha
accettato di finanziare la nostra prima stagione
nel campionato VdeV, mi sono affrettato e non
me ne pento. E Philippe nemmeno, visto che è
tuttora al nostro fianco, insieme ad altri partner
che ci sono stati sempre fedeli. Per loro
l’endurance è uno strumento di marketing
eccezionale».
Quali sono le strutture di cui dispone e i
servizi che offre a clienti e addetti ai lavori?
«Abbiamo a disposizione un circuito privato di
3,4 km di lunghezza, che possiamo utilizzare
tutto l’anno per migliorare le vetture e testare
l’esperienza ci ha consentito nel 2011 di passare
a un livello superiore e di partecipare alla Le
Mans Series e alla 24 ore di Le Mans».
Come è nata la collaborazione con Tatuus
e quali sono le qualità che apprezza del
prototipo PY 012?
«Nel 2013 volevamo stringere una partnership
con un costruttore serio e ben organizzato: la
scelta della PY012 era quindi ragionevole. Ad
oggi siamo molto soddisfatti della macchina: è
già molto affidabile e diventerà l’auto da
battere. Nel 2014 stiamo ancora lavorando
sullo sviluppo tecnico per sfruttare il suo
potenziale al 100%. E’ un vero piacere poterlo
fare con Tatuus, che possiede un livello di
‘expertise’ tecnica molto alto».
Come ha ricordato il team ha gareggiato
anche nella Le Mans Series e alla 24 Ore di
Le Mans: ci parla di questa straordinaria
esperienza?
«Questi due anni trascorsi a un livello
superiore, nella categoria LMP2, ci hanno
18
circa 1200 persone l’anno per la prevenzione di
incidenti in strada. E’ un contributo importante
per la sicurezza stradale e questo dimostra che
abbiamo a cuore il nostro ambiente».
nuovi piloti. E’ un vantaggio importante! Inoltre
la nostra sede si trova nell’ovest della Francia, a
Nantes, una metropoli di un milione di abitanti,
in un tessuto economico dinamico, con una
efficiente rete di fornitori e servizi. E siamo a
sole due ore di strada dal circuito di Le Mans».
Ci racconta più in dettaglio in cosa
consistono i vostri corsi di guida? A chi
sono rivolti?
«E’ la nostra attività storica, dal 1994. Molti dei
nostri vecchi allievi sono oggi degli habitués
della 24 ore di Le Mans. Formiamo piloti di kart
e appassionati e, quando lo desiderano, li
integriamo nel nostro team di competizione
nella categoria endurance. Utilizziamo
monoposto Tatuus, Formula Renault 2.0, e
stiamo cominciando a utilizzare la PY012 per i
nostri corsi di guida. Contemporaneamente,
abbiamo anche sviluppato un’importante attività
“incentive” per le aziende. Tutti gli anni, in
un’atmosfera più ludica, iniziamo alla guida
circa 800 persone, capi d’azienda e quadri.
Questo permette di creare anche una vera rete
d’interesse e di sostegno intorno al nostro team
di gara. Vorrei anche approfondire un altro
argomento: la sicurezza stradale. Su richiesta dei
nostri clienti, formiamo in modo professionale
Infine, in che cosa consiste invece
più nel dettaglio il vostro programma
“Sport & Prestige”?
«Quest’attività è legata al marchio Venturi, che
ha prodotto più di 700 auto sportive a Nantes.
Quando l’azienda ha chiuso abbiamo preso con
noi due tecnici appassionati e da allora siamo
diventati gli specialisti numero uno di queste
auto, le migliori mai prodotte in Francia: la
Venturi 400 Gt, per esempio, a livello di
prestazioni è paragonabile alla Ferrari F40.
Seguiamo circa 250 vetture del marchio in tutto
il mondo. Ma quando un cliente ci affida la sua
Ferrari o la sua Porsche è comunque il
benvenuto».
19
2014
r
a
d
n
e
l
a
cNDURANCE&SPRINT
E
V DE
S
E
I
R
E
S
E
C
N
V ENDURA
MAGNY-COURS [FRANCE]
7-8 march
PRIVATE TEST DAYS
HISTORIC, GT/TOURING,
PROTO
BARCELONE - CATALUNYA
[SPAIN]
21-22-23 march
4H GT/TOURING
6H PROTO
V DE V FUNYO
V DE V SINGLE SEATER
E
CE CHALLENG
IC ENDURAN
V DE V HISTOR
LE MANS [FRANCE]
18-19-20 april
2H HISTORIC
3H GT/TOURING
3H PROTO
V DE V FUNYO
V DE V SINGLE SEATER
PAUL RICARD [FRANCE]
30-31 may-1st june
2H HISTORIC
3H GT/TOURING
6H PROTO
V DE V FUNYO
V DE V SINGLE SEATER
ENGE
RANCE CHALL
RING ENDU
V DE V GT/TOU
Ne pas jeter sur la voie publique.
Do not throw on ground. Pictures © H. Laroche.
DIJON-PRENOIS [FRANCE]
27-28-29 june
2H HISTORIC
3H GT/TOURING
3H PROTO
V DE V FUNYO
V DE V SINGLE SEATER
MOTORLAND ARAGON
[SPAIN]
29-30-31 august
4H GT/TOURING
9H PROTO
SPRINT CN
SINGLE SEATER
PAUL RICARD [FRANCE]
5-6-7 september
2 Tours d’Horloge
24H HISTORIC
E CHALLENGE
ENDURANC
V DE V PROTO
MAGNY-COURS [FRANCE]
10-11-12 october
2H HISTORIC
4H GT/TOURING
6H PROTO
V DE V FUNYO
V DE V SINGLE SEATER
ESTORIL [PORTUGAL]
7-8-9 november
6H GT/TOURING
6H PROTO
2H HISTORIC
www.vdev.fr
20
www.vdev.tv
E
G
ATER CHALLEN
V DE V FUNYO
CHALLENGE
-SE
V DE V SINGLE
V de V Sports se réserve le droit de modifier ce calendrier.
V de V Sports can change this calendar.
La Passion dans la Compétition
V de V Sports - 11 chemin du Bois Badeau - 91220 BRETIGNY-SUR-ORGE - FRANCE
Tél. : +33 (0)1 69 88 05 24 - Fax. : +33 (0)1 60 84 26 57 - Email : [email protected]
The Historic Endurance Challenge is opened to the following
groups, with file :
t(55PVSJOH&'(())*BOE+QFSJPEJODPOGPSNJUZ
to appendix K and Saloon car
t4QPSUQSPUPUZQF&'(3)3*3+3BOE,$QFSJPEBOE
Saloon Car Sport Protos (SPSC)
t4QPSUTVQUP
BOETQPSUTVQUP
XJUI
file, without aerodynamic features, compliant with SRCC
Sports 2000 Historic and SRCC Sports 2000 pinto regulations
t(5GSPNUPVQ
t(SPVQF$
INTERNATIONAL SERIES
INTERNATIONAL SERIES
The V de V Proto Endurance Challenge, is open to the
following cars, by invitation, after acceptance of the file,
divided up in different categories :
The V de V GT/Touring Endurance Challenge, is open to
the following cars, by invitation, after acceptance of the file,
divided up in diffferent categories :
t$BSTIPNPMPHBUFEJO$/MJNJUFEUP$$$BSCPOCPEZ
shell accepted
t$BSTIPNPMPHBUFEJO$$/'MJNJUFEUPDD
t-.$7DD
t$BSTIPNPMPHBUFEJO$$CZJOWJUBUJPOPGGSBOLJOH
t$BSTIPNPMPHBUFE-.1-.1CZJOWJUBUJPOPGGSBOLJOH
t"OZPUIFSDBSXJUImMF
t$BSTIPNPMPHBUFEJO(5'*"
t$BSTIPNPMPHBUFEJO(5'*"
t$BSTIPNPMPHBUFEJO(5'*"BOE(5"4/
t$BSTGSPN(5HSPVQT
t$BSTIPNPMPHBUFEJO4JMIPVFUUFFWPDBUFHPSZXJUI7PS7
engine
t(SBOE5PVSJOHDBSTGSPN#SBOET$VQPS$IBMMFOHF
t$BSTIPNPMPHBUFEJO(S"(S/4VQFS5PVSJOH
4VQFSQSPEVDUJPO'4UPDL(5
Accepted cars :
t'VOZP
t'VOZP
Accepted cars :
Class A :
t'3GSPNVQUP
V de V Funyo Challenge is run as follows :
t1SJWBUFQSBDUJDFTYPS
t2VBMJGZJOHQSBDUJDFT
t3BDFTY
Class B :
t'3VQUP
t'PSNVMB9
t'PSNVMF#.8
t'PSNVMB"CBSUI
t.PUPSCJLFFOHJOFTJOHMFTFBUFST
V de V Single seater Challenge is run as follows :
t1SJWBUFQSBDUJDFTYPS
t2VBMJGZJOHQSBDUJDFT
t3BDFTY
21
LA
TECNICA
Pensieri nel vento
Formula Toyota NZ
Galleria del vento e CFD (Computational Fluid Dynamics) sono le tecnologie più importanti
nel campo della progettazione del motorsport. Dall'integrazione fra le analisi
nella galleria e la progettazione e la fase di calcolo al computer sono nati tutti i progetti
vincenti degli ultimi anni. Anche Tatuus, dal 2004, dispone di una sua galleria del vento
e di un agguerrito reparto che fra 'wind tunnel' e computer “pensa”
e disegna le vetture di successo della factory. Per approfondire l'argomento
che quotidianamente viene svolto abbiamo intervistato
l'ingegner Eugenio Bardoscia, che ci ha guidato in questo affascinante mondo
di Stefano Semeraro
Quando è nata la galleria del vento della
Tatuus e quale è stata l’esigenza che ha
soddisfatto?
«All'inizio degli anni 2000 è diventata evidente da
parte di Tatuus la necessità di strutturarsi
definitivamente come costruttore di auto da
corsa, per cui sono state ampliate le aree
strategiche funzionali alla progettazione. La
ricerca aerodinamica è stata quella più interessata
da questo cambiamento e dal 2004 Tatuus è
dotata di una galleria del vento interna e di un
centro di calcolo dove effettuare le simulazioni
CFD, per essere completamente indipendente e
avere accesso incondizionato a queste
metodologie. Ciò é stato possibile nonostante le
limitazioni di budget perché il 'wind tunnel' non
è stata acquistato "chiavi in mano", ma è stato
progettato e realizzato internamente».
Proviamo a spiegare a un lettore non
esperto come è fatto il “wind tunnel” e quali
sono i parametri che lo rendono efficiente.
«La galleria del vento è un vero e proprio
laboratorio aerodinamico, costituito da una sala
22
prove in cui è convogliata aria ad alta velocità.
Poiché spingere l'aria ha un costo energetico
non trascurabile, si adotta la configurazione ad
anello chiuso, ossia l'aria che lascia la camera di
prova viene accompagnata al suo ingresso da un
condotto e riutilizzata di nuovo. In questo
viaggio di ritorno si provvede a compensare le
piccole perdite di velocità e a mantenere
uniformi alcune caratteristiche come la
temperatura e la turbolenza. Dovendo studiare il
comportamento delle vetture che si muovono
lungo un tratto si strada, la galleria del vento di
uso automobilistico deve riprodurre questo
moto relativo e ha una peculiarità fondamentale:
il tappeto mobile. Tale apparato simula la
differenza di velocità fra auto e pista e mette in
movimento le ruote della vettura, che sono
sostenute da quattro bracci indipendenti, per
attrito. La vettura invece è sostenuta da un
supporto carenato, sting, al tetto della camera di
prova che assolve anche il compito di
nascondere il braccio meccanico attraverso il
quale si movimenta la macchina e il
collegamento con la bilancia che è all'interno del
telaio e che misura le forze e i momenti
aerodinamici».
Immaginiamo di dover sviluppare dal foglio
bianco un prototipo e/o una monoposto:
quante ore impiegheremo, quante persone
e per fare che cosa?
«Si può dire che l'impegno in WT è calibrato a
seconda del tipo di campionato, e quindi di
budget, a cui la vettura é destinata. Ad esempio
per il prototipo, in cui i regolamenti tecnici
lasciano ampio margine alle soluzioni
aerodinamiche, non meno di 200 ore devono
essere messe in preventivo. Per una vettura
formula, come l'ultima nata in casa Tatuus che é
la FIA Formula 4, i regolamenti sono molto
stringenti e quindi c'è meno libertà di
sperimentare, così i tempi si restringono ad un
programma minimo di 30/40 ore. Il numero di
persone coinvolte varia anch'esso, come è ovvio,
tuttavia una squadra‐tipo prevede un progettista
CAD che si occupa del modello in scala, che non
è banalmente un ridimensionamento del
progetto in scala 1:1 ma un complessivo a sé
stante; un modellista per la realizzazione dei
particolari costruiti internamente e del loro
assemblaggio sul modello; un tecnico di galleria
che cura il montaggio del modello e
supervisiona il funzionamento degli impianti
Formula 4
Formula Toyota NZ
ausiliari (condizionamento dell'aria,
movimentazione del tappeto, aspirazione e
raffreddamento del tappeto, aspirazione dello
strato limite a monte della camera di prova); un
manager WT che dalla 'control room' conduce
l'esperimento, detta le tempistiche e prende le
decisioni. A secondo del carico di lavoro, la
stessa mansione può essere svolta da più
unità».
Che ruolo ha giocato il CFD nella
progettazione del WT?
«Il CFD ha supportato la progettazione di due
impianti fondamentali per la galleria, che come
detto sopra, è un design pensato e sviluppato
dall'Ufficio Tecnico interno. Innanzi tutto l'
assieme 'fan', ossia la ventola che spinge l'aria
nel condotto che comprende la ventola stessa e
un altro stadio detto "raddrizzatore". E' stato
utile per dimensionare un sistema di
raffreddamento per il tappeto mobile che è
soggetto a chock termici notevoli a causa dei
contatti concentrati fra tappeto/ruote e infine
nella scelta della forma dei 'turning vanes', ossia
quei deviatori del flusso d'aria posizionati nelle
curve a 90° del condotto».
23
Che competenze bisogna possedere per
lavorare con il wind tunnel?
«Come detto prima, il wind tunnel è un
laboratorio piuttosto articolato, con un discreto
numero di mansioni molto specifiche che
coinvolgono numerose attività tutte
fondamentali per il buon esito del test e nel
corso degli anni si è costruito un processo
robusto al quale il personale coinvolto si attiene
e contribuisce in ogni momento al suo continuo
sviluppo. Quindi se dal lato ingegneristico si
può dire che occorre avere competenze
specifiche come l'aerodinamica delle vetture da
corsa e la dinamica del veicolo per leggere e
interpretare i dati che derivano dai test, occorre
avere anche una modelleria affidabile e un
programma di manutenzione dell'impianto pro‐
attivo. Errori di lavorazione o sottovalutazione
di allarmi possono innescare catene di problemi
che oltre a ritardare il lavoro finale comportano
spese notevoli».
Quali sono state fino ad oggi le applicazioni
più importanti del WT della Tatuus?
«Il passaggio in galleria è stato ed è un'attività
cardine per quasi tutti i progetti, soprattutto per
quelli che prendono vita da un foglio bianco, ma
se dovessi sceglierne uno direi il progetto del
prototipo almeno per un paio di motivi: è la
prima vettura a ruote coperte che è stata
progettata dalla Tatuus e soprattutto perché i
regolamenti tecnici di questo tipo di vettura non
sono così stringenti nel limitare le prestazioni
aerodinamiche, quindi si possono sperimentare
molte soluzioni completamente diverse fra
loro».
«Tra WT e CFD esiste una vera e propria
sinergia, poiché sono due metodi di indagine
che generalmente vengono condotti in
momenti diversi. Alla CFD occorre un file con
la geometria per poter operare e quindi non
appena i progettisti hanno delle ipotesi delle
forme si può avere un'idea realistica del range
delle prestazioni. Nel corso degli ultimi 10 anni
questa tecnologia ha vissuto una crescita
esponenziale, grazie alla disponibilità di
hardware più prestante e software con modelli
più realistici, per cui il tempo che una volta si
impiegava per fornire il dato si sta
comprimendo sempre di più. Il vantaggio del
progetto "guidato" dalla simulazione è proprio
questo: testare il maggior numero di soluzioni
e operare una sorta di scrematura, prima di
realizzare pochi modelli reali per la WT. Una
volta in galleria, avviene il processo di sviluppo
che porterà alle decisioni finali e alla vettura
che poi inizierà il ciclo di sviluppo in pista. WT
e CFD torneranno a operare per fornire
spiegazioni ogni qualvolta la pista ha
evidenziato una discrepanza nelle correlazioni
fino a quel momento asserite. CFD può
indagare meglio i fenomeni legati al
raffreddamento dei freni o scambi termici nei
radiatori o nel sotto‐cofano, oppure
approfondire specifici temi legati alle ali con
visualizzazioni del campo di moto intorno alla
vettura oppure misurando i contributi alle
forze aerodinamiche di ogni singolo
componente. Le soluzioni e le interpretazioni
proposte saranno implementate e sviluppate
nel WT chiudendo il loop con un nuovo test in
pista».
Proviamo a spiegare come funzionano
insieme CFD e wind tunnel?
Quali sono i margini di errori del wind
tunnel rispetto a ciò che avviene poi in
24
pista? E quelli del CFD?
Essendo due misure sperimentali, vengono
condotte in un ambiente ideale, ossia in
condizioni misurate e controllate. Ed entrambe
soffrono di livelli di incertezza ed errori
sistematici oltre quelli che derivano da modelli
che non possono replicare al 100% la realtà. La
CFD indaga il flusso intorno ad un corpo
infinitamente rigido che deriva da CAD, quindi
è una superficie virtuale. Poi si usa adottare
delle semplificazioni per alleggerire la
rappresentazione tralasciando ciò che non altera
eccessivamente le caratteristiche del flusso. Si
lascia correre la vettura su un asfalto senza
sconnessioni e senza asperità casuali, la densità
dell'aria è costante, la deformazione della
gomma è idealizzata. La galleria ha anch'essa
un'approssimazione, anche se molto fedele,
della geometria, inoltre il flusso è confinato dalle
pareti. Nonostante queste avvertenze che
potrebbero minare la nostra fiducia, è possibile
capire con gli esperimenti come si comporta la
macchina vera e la ricerca si concentra oltre che
sulla riproduzione fedele dei "numeri" della
realtà, su come variano al mutare delle altezze
da terra, dei settaggi delle ali, eccetera».
Che ruolo ha il “fattore umano”, ovvero la
preparazione e la sensibilità di chi utilizza
queste tecnologie?
«Ovviamente resta un ruolo chiave, poiché solo
conoscendo come funzionano le tecnologie a
disposizione e quindi quali sono i loro limiti, si
possono tollerare semplificazioni e accettare la
misura senza commettere errori di metodo.
Benché sia così importante l'esperienza, poiché
queste tecnologie si evolvono continuamente, si
ha l'obbligo di studiarle, validarle e adottarle,
con la giusta dose di umiltà».
25
“Il nostro motore
è il mondo”
IN
A ZIENDA
26
Scopriamo la storia, la realtà e gli obiettivi di Autotecnica Motori, partner
della Tatuus, conosciutissimo in Italia e che attraverso la passione
per la qualità e la crescita professionale con collaborazioni di prestigio
‐ ad esempio con Fiat e Mugen ‐ punta a un successo internazionale.
Gabriele Delfino, che oggi la anima insieme a Renzo Federici, ci fa entrare
nel vivo dell’azienda e ci parla delle sfide intraprese nel mondo
dell’endurance e di quella a fianco di Tatuus nella neonata Formula 4
14
di Stefano Semeraro
Giovanni Delfino, quanto sono state
importanti nella sua storia personale le
esperienze con Ferrari, Alfa Romeo e Abarth
per affrontare le sfide attuali?
«Io sono di Arese, mi svegliavo la mattina e
vedevo l’insegna dell’Alfa Romeo: questo mi ha
aiutato a crearmi un’idea su cosa avrei fatto da
grande. Come la maggior parte degli studenti di
ingegneria uno dei desideri maggiori era quello di
sfociare nel mondo delle competizioni. Mi sono
laureato in Alfa Romeo, nel ramo produzione e
mentre facevo i miei stage per tesi e tirocinio
universitario ho avuto la fortuna di entrare in
contatto con il reparto corse, che era distinto da
Alfa Romeo produzione perché già “subappaltato”
a N.Technology, il gruppo di lavoro di Alfa Corse.
Nel 2001 mi è stato chiesto di entrare a far parte
di N.Technology; il mio percorso quindi è iniziato
lì. Alfa Corse svolgeva le attività sportive del
gruppo Fiat, che in quel momento ‐ se si esclude
la Ferrari ‐ erano concentrate in Alfa Romeo e nel
mondo del turismo, delle vetture a ruote coperte.
Io da subito ho chiesto di essere assegnato alle
attività di pista e per carenza di personale in quel
settore sono entrato a far parte del gruppo.
Durante quel periodo ho avuto la possibilità di
sviluppare insieme a Ferrari Corse Finite una
vettura Gran Turismo, prima 550 poi 575 Gt.
Lavorando con Alfa Corse e Ferrari Corse Finite,
ho imparato ad approcciare in maniera scientifica
e tecnologica i problemi: niente veniva lasciato al
caso, tutto doveva essere testato, provato,
analizzato e riprovato in pista. Per me è stato
importante poter apprendere metodologie che ho
poi trasferito nelle successive esperienze. Oggi
quando affronto un discorso nuovo, so come
partire e proseguire nell’iter grazie a
quell’esperienza».
Com’è nata Autotecnica e quali sono i campi
di intervento?
«Ai tempi di Alfa Corse e di N.Technology, i
motori gara che equipaggiavano le vetture di
Tarquini, Giovanardi, Farfus nascevano
nell’Autotecnica di allora, creata da Edo Riboldi e
Roberto Federici. Avendo a che fare con l’attività
di pista, ho conosciuto molto bene Edo Riboldi.
Ho collaborato con lui in pista e successivamente
anche presso la sua struttura. Quando i due soci
hanno pensato di dismettere la società, ma allo
stesso tempo desideravano che l’attività
proseguisse, hanno individuato in me e nel mio
attuale socio, Renzo Federici, figlio di Roberto,
una continuità ideale.
L’altro insegnamento grosso di Alfa Corse è che ci
sono ruoli e mansioni che vanno rispettati. Avere
con me un socio che si occupa della parte
operativa, quindi delle costruzioni e delibere in
sala prove, è fondamentale perché io mi possa
occupare della parte strategica, amministrativa,
anche della parte tecnica ma non come routine.
Autotecnica è nata con l’idea di dividere i ruoli, di
individuare figure che potessero rapportarsi
anche verso l’esterno con ruoli differenti nella
gestione delle cose. L’Autotecnica di oggi è nata
come riqualificazione di un’azienda che viveva
della genialità di due persone che l’hanno portata
avanti per 30 anni (era nata nel 1977), ma con una
impronta più strutturata, con amministrazione,
ufficio tecnico, produzione, tutti elementi che ho
vissuto nel mio passato e che ho capito potevano
dare plusvalore all’azienda. Ogni anno investiamo
proprio per essere meno artigianali e più azienda.
Il primo anno abbiamo ricostruito la sala prova, il
secondo anno abbiamo investito nella
I fondatori: Giovanni Delfino e Renzo Federici
costruzione di uffici; il terzo nella costruzione di
un magazzino. Quest’anno nell’acquisizione di
centri di lavoro per ‘portarci in casa’ la
produzione di pezzi che poi sperimentiamo sui
motori. L’anno prossimo allestiremo una seconda
sala prova. Ogni anno facciamo un passo, non più
lungo della gamba, che ci permette di precedere i
tempi. Pur essendo in un momento di crisi,
riteniamo che investire oculatamente sia un buon
biglietto da visita».
Quali sono oggi le sfide di un motorista
nell’ambito racing in Italia? Quali le
prospettive?
«Dal punto di vista del motorista, purtroppo i
regolamenti stanno privilegiando il contenimento
dei costi. Si parte da motori di serie e motori di
serie devono rimanere, in tante categorie. Per
quanto riguarda la Tatuus, il Cn2 è una vettura
equipaggiata da un motore Honda che per tanti
aspetti deve rimanere stradale; il Formula 4, il
Formula Abarth sono equipaggiati da motori che
pur essendo monomarca ‐ quindi in teoria uno
potrebbe farci ciò che ci vuole… ‐ vengono lasciati
per tanta parte di serie. Stanno decadendo i
regolamenti tipo Super 2000 o Gruppi A di una
volta che permettevano di inventare. Oggi quindi
il nostro target è unirci agli sviluppi che i
costruttori vogliono utilizzare come piattaforme
della loro produzione. Siamo partner di Mugen
per la collaborazione per la PY 012 e da questo
probabilmente scaturiranno commesse future.
Siamo partner di Fiat e Abarth per il Formula 4,
ed è importante perché loro affideranno ad
Autotecnica eventuali sviluppi e commesse di cui
non possono farsi carico. Un’altra parte delle
strategie future è puntare alla globalizzazione.
Abbiamo già avuto contatti con clienti americani,
australiani e cinesi. Per noi è fattore di orgoglio
che si cerchi dall’estero il contatto di un’azienda
che ha un personale tra le 15 e le 18 persone. E’ un
veicolo per farci conoscere fuori dai confini
nazionali. Per riuscirci dobbiamo puntare ad
essere partner di un costruttore come Tatuus, e di
aziende come Fiat, Abarth, Mugen, o Brabham
per cui stiamo sviluppando un prototipo, o altri
costruttori che elevino il livello tecnico del lavoro
che noi produciamo».
Come è nata e come si è sviluppata la
collaborazione con la Tatuus? Quali i progetti
comuni più importanti?
«Con Tatuus il rapporto è nato ai tempi del
Formula Master, che alle origini aveva problemi
di motore. Ero stato contattato per un’opinione
personale ‐ all’epoca lavoravo per il gruppo Fiat ‐
poi nel giro di 6 mesi si è passati alle mie
dimissioni e al mio ingresso in N.Technology, che
nel frattempo era diventata un ente a se stante.
Di lì la mia collaborazione quotidiana per circa
due anni con il personale Tatuus, che ha
competenze vastissime e un know‐how
‘esagerato’. E’ una realtà con cui ci si può
confrontare tecnicamente. Nel 2008 ho deciso di
intraprendere questa nuova avventura. Il contatto
era andato perso perché Tatuus lavorava con
Renault, ma la stima nata col Formula Master era
rimasta tale e quando c’è stato da ricominciare su
nuovi progetti, De Bellis e Sandonà hanno
pensato ad Autotecnica per la costruzione dei
motori. Noi abbiamo fatto il massimo per
soddisfarli e sono nate tre commesse importanti.
La Formula Abarth, con successi e soddisfazioni
da parte dei clienti anche in un momento in cui i
team erano già sfiduciati, e in un contesto
economico che non aiutava più ad investire sulla
categoria. La Formula 4 rappresenta un grande
potenziale e una grande sfida perché oggi l’Italia
ha l’onere e l’onore di organizzare il primo e
unico campionato di Formula 4. Tatuus è il
costruttore, i motori sono Abarth, di cui noi
prenderemo in mano la gestione. E’ una vetrina
internazionale, dobbiamo tutti dare il 110% per
ottenere un prodotto affidabile, che abbia appeal,
il cui contenitore sia di gradimento per team e
piloti perché siamo convinti che sviluppando un
prodotto con queste caratteristiche saremo prima
o poi altre realtà nazionali nazioni ci
coinvolgeranno nella costruzione di nuove
vetture. E’ una prova del sistema Italia: nel nostro
piccolissimo cerchiamo di dare una mano, perché
la tecnologia italiana ha ancora fascino e visibilità
all’estero.
Py012 infine è nato parallelamente alla nostra
ripresa dei contatti con Tatuus; è stato un
prodotto più difficile da mettere a punto e tuttora
lo stiamo sviluppando. E’ un prodotto diverso,
13
che compete con altre case e telaisti. Siamo
consapevoli che ci scontriamo con realtà forti ma
continuiamo a svilupparlo, la Tatuus in galleria
del vento o in pista, noi in sala prova e nella
progettazione. Sappiamo che lavorare con
regolamenti di tipo n, che prevedono motori
stradali, significa fare tanta ricerca sul dettaglio
per poter guadagnare quei 2‐3 cavalli che poi si
rivelano fondamentali per stare davanti agli altri.
Siamo stati da poco a Le Mans per l’evento del
VdeV ed essere in pole position nel tempio della
velocità, davanti a tutti, 30 concorrenti e 60 piloti,
è motivo di grande orgoglio».
Passiamo al personale: lei ama più il mondo
endurance, sport e prototipi, o quello mondo
delle Formule e delle gare sprint?
«Ho passione per il mondo dove si vince. Che sia
gara sprint o endurance, la competizione dà il sale
al weekend. Va vissuto in due modi
completamente diversi. Nel monomarca non deve
succedere niente, il motore non deve avere
problemi, i clienti devono essere soddisfatti, non
ci devono essere sospetti ma affidabilità ed
equilibrio: questo è il mio weekend vincente nel
monomarca. Nell’endurance o nella sprint invece
c’è il desiderio di essere davanti, se si può dare un
grado di anticipo in più al motore per trovare quei
tre cavalli in più che siano vincenti, bisogna farlo».
Come avete vissuto l’esperienza di
quest’inverno con le Florida Winter Series?
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«Per noi è stata un’esperienza esagerata. Il fatto di
ricevere fiducia dalla Ferrari Driver Academy per
occuparci dei motori in toto ‐ le revisioni,
assistenza in pista, mappature ‐ è stato grande
motivo di orgoglio. E’ stato anche un corollario di
esperienza importante per capire dinamiche
diverse da quelle in cui operiamo normalmente,
una sorta di training per piloti. Si vivevano 24 ore
organizzate senza nulla lasciare al caso: nel
momento gara si aveva una certa logistica e
organizzazione, altrimenti scattava
l’addestramento piloti da punto di vista tecnico e
fisico, i meccanici rialzavano le vetture, e noi
motoristi ci occupavamo della parte di controllo
del motore e di insegnarne ai piloti la gestione.
Avevamo in mano l’unico strumento per
equilibrare le prestazioni e dovevamo avere la
certezza che tutti i 15 piloti partissero dallo stesso
punto».
Che consiglio darebbe oggi a un giovane
ingegnere che volesse specializzarsi nel
motorsport nel campo dei propulsori?
«Abbiamo la fortuna di collaborare con
l’Università di Parma. Due anni fa ci hanno
chiesto un aiuto per lo sviluppo di un motore che
utilizzano per la Formula SAE (la Formula
universitaria, ndr). Abbiamo accettato volentieri
all’unica condizione di attivare una
collaborazione in termini di stagisti, tirocinanti e
laureandi. Il consiglio che do sempre è questo: se
volete entrare in questo mondo, cercate di non
essere troppo accademici, ma rivolgetevi a realtà
come la nostra per mettere a frutto quelli che per
voi sono studi freschi, ma che non hanno sempre
risvolti pratici nella vita quotidiana. Potendo
anche solo osservare come si lavora in un’azienda
che fa motorsport, si imparano tante cose che sui
libri non ci sono. Ho vissuto personalmente
questa esperienza quando sono uscito da
ingegneria e sono approdato in Alfa Romeo.
Quindi, ancora prima della laurea, cercate di
mettere a frutto i vostri studi all’interno di una
realtà che li vive quotidianamente. E’ una cosa di
cui non ci si pente».
Infine: il futuro anche nelle corse è dei
motori ibridi complessi e a basse emissioni?
«E’ una sfida che un motorista raccoglie con
interesse ma con grande difficoltà, perché quando
si parla di questo tipo di power unit si parla di
costi che in questo momento realtà come la
nostra non possono affrontare. Probabilmente si
andrà verso questo tipo di motorizzazione, che
oggi rimane appannaggio dei grandi costruttori,
di chi fa un certo tipo di gare e può attingere
all’interno delle case madri per dedicare budget
importanti alla ricerca, allo sviluppo e alla
sperimentazione. A realtà come le nostre ancora
non è richiesto, ma credo che in futuro si andrà
verso un discorso di questo tipo. Anche se non le
nego che sono più affascinato dal sound di un
aspirato di un 12 cilindri che da un turbo di nuova
generazione…».
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TEA M
PRINCIPA L
“Sempre al fianc
Il patron della Jenzer Motorsport si racconta: i segreti per creare e gestire al meglio un team,
la soddisfazione di formare piloti di successo, l’orgoglio di un successo che dura 22 anni,
le ragioni di un rapporto longevo e vincente con Tatuus
di Antonio Caruccio
La Jenzer Motorsport è una fedelissima
delle vetture Tatuus: ci racconta perché?
Quali sono a suo parere i punti forti della
factory italiana?
«Tatuus è sicuramente la migliore tra i piccoli
costruttori che ci sono in circolazione. Sono
professionali e fanno le cose in maniera
semplice. In tanti anni di lavoro con loro non
abbiamo mai avuto problemi o ritardi nelle
consegne. Le poche volte in cui sono emersi,
sono prontamente stati risolti».
A quando risale il suo primo contatto con la
Tatuus? Si ricorda un episodio legato a
quegli inizi?
«Era il 1998 e parliamo delle vetture di Formula
Ford. Fu la prima macchina che acquistammo
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da loro e dopo questa esperienza abbiamo
sempre continuato insieme. Abbiamo infatti
seguito la politica di Tatuus nell’accordo con
Renault Sport per la Formula Renault 2000, ed
altrettanto facemmo con la Formula Abarth nel
2010.
Andrea Jenzer, eccitato dalla nuova sfida in
F.4?
«Non direi eccitato, siamo nel motorsport con
la nostra squadra da 22 anni ormai. Ma siamo
felici perché la Formula 4 rappresenta un nuovo
step nel mondo del motorsport e siamo contenti
di farvi parte».
Cosa vi ha spinti a credere in questa
categoria?
«È stata la giusta decisione presa per un
discorso di contingentamento dei costi. La
vettura richiede un budget contenuto, ed
altrettanto vale per i ricambi. Ottima anche la
politica sulla limitazione delle prove oltre
all’aiuto che è stato dato alle squadre per essere
presenti. La scuola delle monoposto è la
migliore per quanto riguarda la formazione dei
piloti che entreranno nel professionismo, e la
Formula 4 è il primo campionato da cui
inizieranno».
Ci può parlare dell’esperienza in F.Abarth?
«Dal punto di vista tecnico non ci sono stati
problemi relativi al telaio. Le cose potevano
essere diverse dal punto di vista organizzativo
mentre i dettagli che hanno “rovinato”
determinati fattori sono dipesi dal motore o dal
cambio. Questa però non è una responsabilità
di chi costruisce il telaio dato che i pezzi
arrivano da committenti esterni».
co dei piloti”
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La JM ha rinnovato l’impegno in F. Renault
2.0 Alps: quali sono secondo lei i punti forti
della categoria?
«Come ho sempre detto, Domenico Porfiri e
Barbara Petrivelli fanno un grande lavoro
organizzativo e rappresentano una delle strutture
migliori al mondo. In campo internazionale non
c’è paragone tra loro e l’Eurocup, e rispetto al
NEC hanno fatto un passo in avanti istituendo
delle corse oltre confine».
Quale considera il momento più esaltante
della sua carriera?
«Ci sono molti momenti importanti. Abbiamo
avuto come piloti Michael Ammermuller, Marc
Benz, Timo Bernhard, Neel Jani, Bruno Spengler
e tanti altri… Abbiamo corso con loro in
Formula Renault 2000 o nel V6 e adesso sono
tutti professionisti. Non c’è un momento
particolare, ogni volta che un nostro pilota
arriva al professionismo per noi è una
soddisfazione, ed ogni anno è una nuova sfida.
L’ultimo di questi è Nico Muller, ora pilota
ufficiale in Audi in DTM».
ottimo team manager?
«Forse la più grande qualità di Andreas Jenzer è
di essere stato un pilota, aver corso e quindi
capire cosa succede nella mente dei piloti. Sono
sempre presente in pista senza avere dei soci o
degli investitori esterni, quindi vedo ciò che
avviene e sono coinvolto in prima persona. La
terza qualità è quella di creare un ambiente di
lavoro in cui il personale stia a lungo con noi,
garantendo un buon livello qualitativo e che sia
sempre molto motivato».
Andreas Jenzer
C’è una sfida che le piacerebbe tentare nei
prossimi anni?
«Nulla di particolare, continueremo a sviluppare
i nostri piani in Formula 4 e Formula Renault.
Continueremo inoltre il nostro impegno in GP3.
È difficile per un team essere presente in così
tanti campionati, ma è buono per noi creare un
percorso formativo in cui far crescere i piloti».
Ci dice le tre qualità per diventare un
Quali sono invece quelle che cerca sempre
nei suoi piloti?
«Al giorno d’oggi non è facile perché sono
spesso in pista e non ho molto tempo per
andare a vedere i kartisti. Noi abbiamo una
scuola di ricerca in Svizzera simile alla F4 e
quando proviamo un pilota vediamo le sue
capacità di guida e di conoscenza della tecnica,
oltre che il carattere. Facciamo anche molta
attenzione e che tipo di persone ci sono intorno
a questo pilota: famiglia, sponsor, amici,
preparatori o manager».
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