Diario di Viaggio in Spagna – Siviglia e Cordoba

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Diario di Viaggio in Spagna – Siviglia e Cordoba
Diario di Viaggio in Spagna – Siviglia e Cordoba
Due città a confronto.. l’una vivace, esplosiva, l’altra severa e solitaria
Ho letto una bella poesia di Manuel
Machado che illustrava tutte le
favolose caratteristiche dei vari
capoluoghi andalusi, ma quando il
poeta ha cercato di descrivere
Siviglia, si è bloccato, e non ha
potuto far altro che aggiungere un
grande
punto
esclamativo…
“Siviglia!”…
Quella città non aveva bisogno di
epiteti,
di
aggettivi,
di
descrizioni… il punto esclamativo
diceva tutto, non era altro che un
sospiro di piacere, di estasi, di
allegria…
A Siviglia infatti si respira, in
qualsiasi stagione, un’atmosfera
indimenticabile, fatta di ebbrezza
segreta, di piacere, di leggera
voluttà..
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Due città a confronto.. l’una vivace, esplosiva, l’altra severa e solitaria
E’ una gioia dell’animo, oltre che degli occhi, ammirare con una bella passeggiata tutte le
chiese, le piazze, i palazzi, i giardini lungo il Guadalquivir, vagare liberi nel Barrio di Santa
Cruz, l’antico quartiere ebraico occupato poi dal 1700 dall’aristocrazia Sivigliana.
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Un tempo su una delle porte della città era scolpita un’iscrizione: “Ercole mi costruì, Giulio
Cesare mi circondò di mura, il re santo Ferdinando III mi prese…” non era altro che una frase
per attestare l’origine mitica di questa città che risaliva ad un passato lontanissimo… ai
Fenici, ai Greci, ai Cartaginesi..
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Ma fermiamoci al presente, in questa “città della grazia” come è stata anche chiamata per i
suoi monumenti arabi e cristiani, di una bellezza e grandiosità indescrivibili… fermiamoci al
presente, per gustare, in una breve vacanza con amici, tutte le bellezze artistiche di ogni
angolo di questa incantevole città andalusa.
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Nel centro storico, il cuore della Siviglia artistica, abbiamo iniziato la nostra visita da
uno dei monumenti più importanti, la Cattedrale, la più grande e la più bella tra tutte le
chiese spagnole.
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Iniziata in periodo tardo gotico, nel 1401,
aveva la caratteristica di occupare il posto
di una grandissima moschea costruita dagli
Almohadi nel XII secolo e devo dire che ci
è
apparsa
immediatamente
immensa,
suggestiva nella sua gotica maestosità,
coronata da un insieme artistico di archi, di
pinnacoli, di terrazze abbellite da sculture,
bassorilievi…
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...facendo un giro all’esterno abbiamo ammirato le ricche porte di legno lavorato, molto
arabizzanti, con decorazioni plateresche, dai nomi suggestivi, “Puerta del Perdòn”,
“Puerta de la Asunciòn”, “Puerta de las Campanillas”.. ecc
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Quando poi siamo entrati all’interno della cattedrale, l’effetto grandioso dell’insieme ci ha
lasciato senza fiato.. tutto era incantevole quanto l’esterno.. e poi un leggiadro tocco di fortuna,
ha fatto sì che siamo stati accolti da un canto d’organo celestiale, la “Toccata e Fuga in Re
Minore” di Bach ha invaso le navate con una forza che pareva un vero e proprio grido di gioia.
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La musica è penetrata in ogni fibra del nostro corpo, volteggiando tra archi e volte fiammeggianti
fino ad abbracciare le vetrate e gli spessi pilastri… ci siamo fermati, incantati, totalmente rapiti,
poi quando è cessata ci siamo risvegliati da quella magia ed abbiamo ripreso, ancora un po’
frastornati, la visita culturale.
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Intorno a noi abbondava una profusione di
“bellezza artistica” ideata dall’uomo… tra le
possenti colonne a fascio, le enormi vetrate
colorate, di una raffinatezza che avrei definito
celestiale, raffiguravano martiri e santi dai
volti solenni, guardiani della fede con le loro
espressioni austere. Tutto era un vero
banchetto per gli occhi e nessuno dei nostri
sensi poteva rimanere a digiuno, nessuna
emozione poteva rimanere muta!
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Ci siamo poi fermati davanti alla tomba di Cristoforo Colombo che ci hanno detto conteneva solo
una parte delle ossa del grande navigatore genovese, peraltro autenticate da un confronto di
analisi DNA sui resti del figlio sepolto anche lui a Siviglia. La bara in marmo, veramente
sontuosa, era sostenuta da possenti portatori che rappresentavano i regni di Castiglia, Leòn,
Aragona e Navarra.
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Abbiamo costeggiato la “Capilla Mayor” chiusa da una elaborata cancellata da cui potevamo
ammirare il Retablo, l’altare in legno più grande del mondo, in gotico fiorito con la statua della
Vergine.. ora purtroppo in restauro e sostituito da un telo con la sua immagine...tutte meraviglie
uniche e bellissime!
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A questo punto era necessaria una piccola sosta al Patio de los Naranjos, il cortile degli aranci
dell’antica moschea con al centro una fontana in cui i fedeli moreschi erano soliti purificarsi
lavandosi i piedi, prima di iniziare la preghiera…
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Accanto alla cattedrale sorgeva la Giralda,
la ricca, colossale ed elegante torre, nata
nel 1198 come minareto e poi trasformata
in campanile e divenuta un simbolo della
città.
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Con grande coraggio e … tanto fiato, siamo
saliti lungo il pertugio, un tempo percorso
anche dai cavalli, e siamo arrivati fino in
alto per ammirare il panorama della città da
70 metri di altezza.. un vero spettacolo
mozzafiato.. avevamo Siviglia ai nostri piedi!
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La Giralda ha preso il nome dalla
caratteristica statua colossale in
bronzo rappresentante la Fede di
B.Morel,
“El Giraldillo”, un
segnavento alto ben quattro metri
che può girare su se stesso al
minimo alito di vento.
La sua esatta copia si
all'ingresso della cattedrale.
trova
Cervantes, nel “Don Chisciotte” con
la sua sottile ironia descrive la
statua come “la più mobile e volubile
donna di questo mondo!”
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I lasciti della struttura moresca della città
erano infiniti, li potevamo ammirare in ogni
angolo, nelle finestre a bifora, ornate da
archi e colonnine, nei delicati arabeschi in
cotto, nei patii che intravedevamo dalle
inferriate durante le nostre peregrinazioni.
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Attorno alla cattedrale un dedalo suggestivo di strette viuzze, disposte in modo che il sole
non vi cadesse a picco, ci ha portato all’antico ghetto ebraico, il Barrio de Santa Cruz..
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Le vie strette, con le case dipinte di un bianco
calce, con i fiori colorati sugli stretti balconcini
ci hanno proiettato in un’atmosfera piacevole
ed anche un po’ romantica… era una gioia
dell’anima, non parlo di quella degli occhi,
passeggiare in quella bianchezza e scoprire ad
ogni angolo qualcosa di nuovo, di bello di
caratteristico.. in quel delicato labirinto di
piccole strade si respirava il profumo delle
buganvillee, tutto era ombra fresca e luce
candida.
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Oltre però alla miriade di negozietti
di souvenirs e ristoranti dove si
potevano gustare le succulenti
tapas, era anche possibile scoprire,
alla curva degli stretti vicoli, una
piazzetta soleggiata e ridenti patii
ornati sempre di fiori.
Se poi si alzava lo sguardo sulle case
si era colpiti dalla bellezza delle
inferriate alle finestre, dai mosaici
elaborati, dal balconcini sporgenti in
legno lavorato…
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Anche qui, come nelle altre piazze
della città, nei vari caratteristici
angoli, non solo i turisti, ma anche la
gente sivigliana era solita radunarsi
davanti ai bar, ai ristoranti, seduta
o in piedi, di giorno e di notte e
sempre ci siamo stupiti del via vai
della folla, dei negozi aperti, della
vita che pullulava, della gioia di
vivere e di comunicare propria degli
abitanti di questa città..
...i bicchieri di Sangria e le squisite
tapas
che
accompagnavano
gamberoni, crocchette e fritture di
ogni genere circolavano senza posa
su tavolini all’aperto.. il ritmo
sfrenato
delle
libagioni
era
incredibile e non ha mai finito di
stupirci!
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Tornando all’arte, una visita all’Alcazar Reale, il grande edificio dell’arte mudéjar era d’obbligo.
Iniziato sui resti di una fortezza romana.. ci è apparso un autentico capolavoro, una vera e
propria, come dice il nome, “casa reale o dimora del principe”, e infatti anche oggi è la residenza
ufficiale del re e della regina di Spagna!
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Siamo entrati attraverso il portale delle antiche mura e ci siamo immessi nel grande “Patio
del Leon” e subito siamo rimasti affascinati dall'imponenza del cortile...
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...successivamente abbiamo ammirato
la
ricchezza
delle
elaborate
decorazioni nelle varie stanze che
sbucavano in altri suggestivi patii…
ricordo quello chiamato del Gesso..
una meraviglia della dinastia Almohade
con un portico di archi cesellati che
davano l’idea di un vero ricamo..
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Lo stile mudéjar è un’arte eclettica nella quale si fondono gli elementi sia della cultura
musulmana che quella di Leòn e Castiglia.. per questo motivo tra le volte decorate potevamo
trovare iscrizioni arabe su azulejos bianche ed azzurre che parlavano della grandezza di
Allah!
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Bellissimo in questa struttura ci è apparso il “Patio de las Doncellas” con archi elaborati,
decorazioni murali stilizzate a motivi geometrici e floreali, con giardini rigogliosi di frondosi
alberi ed una fontana rinascimentale al centro.. attraversandolo si aveva la netta
impressione di trovarsi in Paradiso, tanta era la bellezza dell’insieme.
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Nel Patio de las Doncellas, centro
della zona pubblica di Pietro I, così
come in altri patii, l’acqua aveva una
funzione
primaria,
oltre
che
rendere pittoresco il luogo, donava
frescura, rallegrava l’ambiente con
il suo scorrere ed inoltre aveva il
potere di riflettere i raggi di luce
che provenivano dall’alto…
..era bellissimo vedere come gli archi
del porticato si specchiassero in
quella tranquilla vasca centrale
creando un magnifico effetto!
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Nella zona privata abbiamo trovato bellissimo
anche il “Patio de las Muneças” o delle
bambole, il cui nome derivava dalle piccole
teste poste sui capitelli delle colonnine del
porticato, esse erano probabilmente la firma
o un marchio dell’artista che aveva lavorato in
quest’area…
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Abbiamo proseguito nelle sale
pubbliche del Palazzo di Pietro I,
in
quella
quadrata
degli
ambasciatori, sormontata da una
grande
cupola
adornata
da
decorazioni geometriche simili a
stelle…
...la simbologia era chiara, si era
nel macrocosmo dell’universo: la
sala rappresentava la terra, la
cupola, era la volta celeste!
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Infine sempre con il viso rivolto verso
l’alto per ammirare l’armonia, le
proporzioni e la raffinatezza artistica
di volte ed archi siamo approdati nei
saloni e gallerie di Carlo V nel palazzo
gotico...
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...bellissimi gli azulejos nella sala delle feste, rappresentanti figure mitologiche dai colori intensi..
azzurro, verde, giallo e arancione!
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E più avanti abbiamo percorso il grandioso salone degli arazzi, con raffigurazioni una più bella
dell’altra.. ricordo una particolarità interessante: la mappa della Tunisia e dell’area del
Mediterraneo, praticamente capovolta in quanto vista dall’Europa!
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A questo punto eravamo tutti un po’ frastornati da tanta ricchezza che non ci aspettavamo.. ed
eravamo anche un po’ stanchi per cui siamo usciti all’esterno dove ci aspettavano altre meraviglie:
il paradiso nascosto dei giardini dell’Alcazar!
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Abbiamo percorso quella che veniva chiamata “Galleria del Grottesco” che un artista italiano,
Vermondo Resta, aveva creato nel 1600, trasformando parte della vecchia muraglia araba in una
galleria con forme capricciose e manieriste, le cui pietre davano l’idea di rocce marine… da quella
originale balconata, se ci affacciavamo, potevano ammirare gli splendidi giardini, la pittoresca
“Vasca di Mercurio” ed anche il profilo della cattedrale con la svettante Giralda.
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Ma la bella Siviglia nascondeva altre bellezze monumentali e noi tutti, usciti dall’Alcazar, avevamo
desiderio di scoprirle con il piacere e l’allegria dell’affiatamento, con la stessa gioia di vivere che
ci trasmetteva il luogo, il sole, e la gente.
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Ecco allora l’arrivo e la scoperta dell’originale Piazza di Spagna inserita come un gioiello nel
“Parque de Maria Luisa”… questo luogo, costruito a mo’ di teatro, intorno al 1929, in occasione
dell’Esposizione ibero-americana, ci è apparso uno degli spazi architettonici neo-moreschi più
spettacolari della città e… ci ha entusiasmato.
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Pur non avendo un vero valore storico la piazza era favolosamente pittoresca con la sua
prospettiva circolare, con i suoi mattoni a vista, in marmo e ceramica…
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Le scene alle pareti delle 48 regioni,
dipinte, in ordine alfabetico, proprio
su quelle piastrelle di ceramica
lungo l’arco della costruzione, ci
hanno
spinto
a
fotografarle
scoprendo i vari luoghi…
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Il canale poi, attraversato da quattro romantici ponti che rappresentavano i quattro antichi
regni della Spagna, Castiglia, Leòn, Aragona e Navarra e si specchiavano in quelle verdi acque,
era, a dir poco, romantico con le piccole barche che scorrevano lente.
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Per essere del tutto sinceri non si capiva
bene lo stile architettonico dell’insieme…
sembrava di scoprire ogni tanto un tocco
di Rinascimento, poi di Barocco specie
nelle torri a vari piani.. e infine anche di
moresco, ma il risultato era lo stesso
entusiasmante e dava piacere alla vista!
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La piazza era stata costruita rispettando una sua funzione allegorica: rappresentava l’abbraccio
della Spagna alle sue antiche colonie… inoltre guardava verso il Guadalquivir e simboleggiava la
strada da seguire per l’America.
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Ma la bellezza di Siviglia era anche
legata alla sua posizione panoramica
lungo il Guadalquivir… ecco allora il
quartiere chiamato “El Arenal”,
l’antico porto ricco di polveriere e
cantieri navali, dominato dalla
splendida bianca costruzione della
“Plaza de Toros de la Maestranza”,
una settecentesca arena dei tori tra
le più antiche della Spagna.
Non siamo entrati, ma abbiamo
ammirato la facciata barocca dagli
intensi colori bianco ed ocra.
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Poco più avanti lungo il fiume la bellissima
torre moresca merlata chiamata “Torre
del Oro” probabilmente in riferimento al
suo bagliore luminoso che si rifletteva
anche da lontano sul Guadalquivir. Il
colore dorato era attribuito non certo
all’oro prezioso, ma ad un rivestimento di
piastrelle composte con una miscela di
malta di calce e paglia pressata!
La torre era stata costruita dai Berberi
nel XIII secolo per proteggere il porto e
l’Alcazar. Distrutta nel 700 da un
terremoto, venne restaurata e in parte
ricostruita per volere unanime del popolo
sivigliano… ora era visibile lungo il fiume,
pittoresca nella sua forma a pianta
dodecagonale, con archi ciechi e una
raffinata merlatura che si prolungava con
una piccola torre di uguale forma.
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Abbiamo proseguito inarrestabili un po’
a piedi, un po’ servendoci dei mezzi
pubblici, scoprendo altre zone, altri
quartieri anche più periferici, più
popolari come quelle caratteristico di
Triana o anche ammirando la bella
Basilica
della
Macarena
con
le
delicatissime immagini della Vergine…
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Abbiamo proseguito, sempre curiosi e come ho detto prima inarrestabili, lungo il fiume ed
abbiamo ammirato il bellissimo ponte di Alamillo del 1992, creato da Santiago Calatrava, simile
ad una vela leggera pronta a salpare… in quella struttura l’architetto, come in tutte le sue
costruzioni, aveva saputo fondere arte, architettura ed ingegneria in un unico sistema
coerente… una vera meraviglia!
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A questo punto della nostra vacanza non potevamo mancare allo spettacolo del flamenco puro
andaluso, per cui, pieni di aspettative e sempre di allegria, una sera siamo andati al “Palacio
Andaluz”, uno dei numerosi luoghi di spettacolo, in pieno centro storico di Siviglia, per godere di
una serata fuori dal comune.
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Quando abbiamo varcato, entusiasti, le porte d’ingresso, abbiamo avvertito attorno a noi
un’atmosfera carica di elettricità… ci siamo seduti comodamente nelle prime file… avevamo di
fronte a noi il teatro e devo dire che l’attesa era piacevole … la sala sembrava racchiudere
tutto un piccolo mondo.. rosa e rosso. Ogni cosa riluceva sotto i riflettori.. il palco era
delimitato da un sipario che attendeva di aprirsi per dare inizio allo spettacolo. Seduti ai nostri
posti bevendo sangria abbiamo respirato quell’aria di festa sempre coinvolgente, emozionante e
chiassosa anche se le esibizioni si ripetevano ogni sera!
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Quando poi sono comparsi i ballerini… ci
siamo tutti lasciati trasportare dalla
magia dell’insieme, dalla musica, dai
costumi colorati e sontuosi… dal battito
frenetico dei tacchi delle scarpe che
imprimevano insieme alle nacchere, un
ritmo incessante e frastornante..
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Il ballo era sentito in un misto di sensazioni, di
emozioni, di gestualità .. allegria, forza, sofferenza,
liberazione, esplosione.. era un susseguire di mosse
veloci, di volteggi, di richieste e di rifiuti, di
bravura e di spavalderia istrionica… il flamenco non
ti lasciava certo indifferente e noi ci
entusiasmavamo partecipando alle varie evoluzioni,
gridando un “bravo” o “brava” quando era
necessario.
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Questo ballo ha una sua storia affascinante: era la danza tradizionale degli zingari
dell’Andalusia, i gitani, una fusione di ritmi moreschi, ispanici e afro, contaminata dal folklore
delle colonie spagnole d’oltre oceano, dalla musica cubana...
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I gitani in passato furono sempre
perseguitati dai vari re per cui il
flamenco fu un fenomeno artistico
quasi clandestino, una sorta di
rappresentazione di un pianto
solitario, uno sfogo dell’anima!
Nell’800 venne poi rivalutato in
quanto espressione vera di valori
autentici della vita e dell’arte
popolare.
Del Flamenco è stato detto: “Più
che una danza è espressione
artistica dell’esistenza umana,
della sua gioia e del suo dolore,
della vita e della morte!”
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Il programma di ballo era vario, ma unico e particolare per il delizioso quarto d’ora legato alla
musica della “Carmen” quando le aggraziate zingarelle hanno volteggiato davanti ai nostri
occhi trasportandoci nel mondo favoloso dell’opera di Bizet!
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Il giorno dopo abbiamo preso un
treno super veloce che ci ha
comodamente portato in un
battibaleno alla severa ed austera
Cordoba, situata ai piedi della
Sierra Morena, una città che
Garcia Lorca aveva poeticamente
definito “lejana y sola”, “lontana e
solitaria”, eppure era stata
capitale romana ed araba...
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Qui, prima di ogni altra visita ci siamo diretti alla Mezquita, la grande moschea, vecchia di
dodici secoli, espressione del potere e della grandezza degli arabi in Spagna.. ingrandita,
modificata incessantemente fino all’XI secolo. La Moschea è sempre stata il fattore
determinante del fascino di questa città, nel senso magico del termine, e ne siamo rimasti
subito tutti impressionati.
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L’aria intorno a noi possedeva quella strana trasparenza e freschezza tipica delle belle
giornate invernali.. ci sfiorava la pelle e noi ci stringevano il piumino addosso, ma eravamo
emozionati e consapevoli della meraviglia che avevamo davanti agli occhi: la più vasta e
suggestiva moschea del mondo dopo quella della Mecca!
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All’esterno l’edificio si presentava come un
monumentale quadrilatero di mura merlate, quasi
simile ad una severa fortezza, senza una vera e
propria facciata principale, ma con varie porte
laterali tra cui la ricca “Puerta de San Esteban”
inserita nel muro di una preesistente chiesa
visigota, consacrata poi all’Assunta dopo la
conquista cristiana del 1236…
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Vedevamo le mura altissime, contraffortate
e camminando accanto ci sentivamo tutti
piccoli esseri indifesi… eppure quelle stesse
mura erano state volute e costruite proprio
da piccoli esseri con una grande mente.
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Siamo entrati attraverso la “Puerta del
Perdon”, posta accanto alla Torre del
Alminar, un campanile costruito al posto di
un minareto… l’ingresso, in stile Mudéjar,
era stato costruito sotto il dominio
cristiano nel 1377 ed era chiamato “del
perdono” proprio perché in quel luogo
venivano perdonati i penitenti!
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Poi dopo aver attraversato il Patio de los Naranjos siamo entrati… e allora ci siamo trovati di
fronte ad una bellezza emozionante, un capolavoro di illusioni architettoniche, una foresta di
archi che si ripetevano e sembravano riflettersi all’infinito creando strane ed affascinanti
prospettive.
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Nelle diciannove navate si estendevano più di 850 colonne in granito, diaspro verde, violetto, e
altri marmi preziosi, le colonne erano sormontate da due piani di archi in pietra bianca e
mattoni rossi… se poi alzavamo lo sguardo vedevamo tra le volte i bellissimi soffitti originali
in preziosi legni policromi.
Diario di Viaggio in Spagna – Siviglia e Cordoba
Due città a confronto.. l’una vivace, esplosiva, l’altra severa e solitaria
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Due città a confronto.. l’una vivace, esplosiva, l’altra severa e solitaria
Ho visto svariate moschee in oriente, ma nessuna mi è mai apparsa così perfetta
tanto da produrre un’impressione di surreale magia, di eternità metafisica.
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Di pregevole effetto ci è apparso il mihrab che aveva la funzione di amplificare la
voce dell'imam che guidava la preghiera dei fedeli. Il portale ad arco del mihrab in
marmo bianco e oro raffigurava una conchiglia simbolo del Corano.
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Il centro della moschea era stato trasformato in una cattedrale barocca, dagli architetti di
Carlo V e si racconta che lo stesso re, pur legato alla sua fede e nemico dell’Islam, ne fosse
dispiaciuto e avesse detto testualmente: “Avete costruito qualcosa che chiunque avrebbe
potuto costruire ovunque, ma avete distrutto una cosa che non aveva uguali al mondo!”.
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In effetti quella cattedrale, “El Crucero”, un’unica grande navata molto più alta della moschea
stessa, nella sua follia barocca, nel suo stile sfarzoso e ridondante, contrastava visibilmente
con lo stile severo dell’edificio arabo...
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...anche se la “Capilla Mayor” con il
monumentale altare con scomparti
dipinti e scolpiti di diaspro e marmo
rosso ed il ricco coro ligneo,
potevano più o meno piacere, ma
erano dei piccoli gioielli.
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Bellissima anche la Capilla Real,
purtroppo chiusa al pubblico, di cui
abbiamo intravisto la splendida
piastrellatura mudejar risalente
addirittura al 1370 e la statua in
legno di Ferdinando III il Santo.
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Usciti dalla Mezquita ci siamo trovati di fronte al poderoso Ponte Romano le cui fondamenta
erano attribuite addirittura all’imperatore Augusto… il ponte più volte ricostruito,
restaurato, anche dagli arabi, attraversava il Guadalquivir...
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…e percorrendolo si aveva una
favolosa
panoramica
della
bianca città di Cordoba e delle
pittoresche anse del fiume
con i vecchi mulini arabi.
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Ma il vero fascino della città, che io
definirei, aristocratica, si sprigionava a
poco a poco camminando lentamente nel
vecchio quartiere, il Barrio de la Juderia,
con le sue tranquille, pittoresche e
silenziose viuzze, i minuscoli patii , le
suggestive ed appartate piazze.
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Quando era ancora sede del califfato si usava dire: “i signori di Cordoba, i signorini di Siviglia
e la gente di Malaga!” ed in effetti questi attributi di nobiltà e di cultura la città se li era
guadagnati in passato dando i natali a due Seneca, padre e figlio, al filosofo Averroè e più
tardi al teologo Maimonide che tentò di far coincidere la fede con la ragione…
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Prima di lasciare la bella Cordoba non potevamo non visitare anche “l’Alcazar del los Reyes
Cristianos” eretto da Alfonso XI di Castiglia nel 1328 e diventato poi addirittura sede
dell’Inquisizione e del Santo Uffizio.
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Ora, dell’antico splendore rimaneva ben poco: il perimetro esterno delle mura, le torri e
all’interno sarcofagi e mosaici romani a testimonianza della compenetrazione delle diverse
civiltà che vi si erano succedute.
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Dall’alto dei bastioni che abbiamo percorso erano visibili i giardini della fortezza, le fontane,
vere terrazze d’acqua, i recinti per l’addestramento dei cavalli andalusi, deliziosi labirinti di
verde.. il tutto accentuava la tranquilla atmosfera del luogo che ben corrispondeva con quello
della città intera.
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In serata abbiamo ripreso il veloce treno per ritornare a Siviglia ed abbiamo ritrovato, nelle
ultime passeggiate, il calore, la bellezza e la vivacità di quella città che scoprivamo ad ogni
angolo… ci sembrava di aver visto tutto e poi compariva una chiesa, un balcone, una
ricercatezza artistica che ci stupiva e ci incantava.
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Ma la nostra vacanza con gli amici era finita, breve, ma intensa di scoperte e di emozioni…
Hugo von Hofmannsthal ha scritto che “l’uomo scopre nel mondo solo quello che ha già dentro
di sé, ma ha bisogno del mondo per scoprire quello che ha dentro di sé!”.. non c’è infatti
maggior gratificazione di un viaggio che ogni volta, non solo ci diverte, ma ci arricchisce,
donandoci sempre nuove conoscenze.