lenti a contatto contact lenses
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lac lenti a contatto contact lenses Codirettori scientifici L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma) Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma), A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto), A.Vinciguerra (Trieste) Ringraziamenti Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma) Segreteria O. De Bona via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE) tel. 041.5939411 e-mail: [email protected] Nome della rivista LAC Direttore responsabile Marco Perini Proprietario testata BieBi Editrice Editore BieBi Editrice di Mauro Lampo Via Losana, 4 - 13900 Biella Tiratura Quadrimestrale, 32 pagine Tipografia Arti Grafiche Biellesi via Biella 58 - 13878 Candelo (Biella) Registrazione Tribunale Biella, in data 6/5/99 al n. 487 Sped. gratuita Numeri arretrati 1 Presso la segreteria sommario luglio 2004 vol.VI, n. 2 Articoli Editoriale Assistenza e supporto educativo per prevenire le complicanze L. Lupelli pag. 5 Modificazioni post-secretorie delle mucine in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato N. Pescosolido, D. Martini pag. 9 Buongiorno, AILAC L. Lupelli pag. 13 Uso terapeutico delle lenti a contatto in silicone idrogel N. Pescosolido, D. Martini pag. 15 SOLO-care AQUATM e l’effetto idratante HYDROLOCK TM Effect S. Kendig, C. Amos pag. 20 pag. 24 Immagini di lac F. Zeri pag. 7 Tips & tricks L. Boccardo pag. 27 In libreria L. Boccardo pag. 28 Perché oggi giorno, le lenti in silicone idrogel sono, per me, le lenti morbide di prima scelta L. Beyls Rubriche 3 e d i t o r i a l e Assistenza e supporto educativo per prevenire le complicanze Luigi Lupelli Istituto Superiore di Stato “De Amicis”, Scuola di Ottica - Roma Istituto Superiore di Scienze Optometriche - Roma È noto che l’uso di lenti a contatto (lac) può, in misura Detto questo, allo stato attuale quale sono i rischi nell’uso maggiore degli occhiali, essere causa di reazioni oculari delle lac? anomale della superficie dell’occhio esterno. Per tale Nonostante che le reazioni oculari possano essere le più ragione nell’applicazione delle lenti si pone notevole enfasi disparate, soltanto una, la cheratite microbica, può causulla necessità di eseguire dei controlli della relazione sare una disabilità visiva permanente. Tale complicanza è occhio- lente anche in tempi successivi alla consegna delle comunque un evento relativamente raro4. Per capire la potenziale pericolosità dell’applicazione delle lenti stesse. Tra i meriti della contattologia, ed in particolare della lac, può essere illuminante un confronto con gli effetti di ricerca ad essa connessa, vi è certamente quello di aver deterioramento della visione prodotto dalla chirurgia permesso una più approfondita conoscenza della fisiologia rifrattiva eseguita con laser in situ keratomileusis (LASIK). corneale e lacrimale. Come effetto di tale ricerca l’industria ha messo a dispo- I dati della tabella 1 sono riportati da un lavoro di Holden sizione degli applicatori delle lac ad elevato contenuto tec- e collaboratori4. nologico: con alti valori di gas trasmissibilità, con ridotto Dalla tabella appare evidente che, se il parametro di rifetasso di disidratazione, con superfici a basso impatto di rimento è rappresentato dalle eventuali complicanze gravi aderenza batterica e con costi sempre minori in modo da che possono indurre una riduzione permanente dell’acuità visiva, l’applicazione delle lac è metodo di gran lunga più permettere un ricambio più frequente. Nonostante ciò le reazioni oculari indotte da lac non sono sicuro della chirurgia rifrattiva eseguita tramite LASIK. state del tutto sconfitte. Paradossale è il caso della distorta E questo è addirittura vero anche se il riferimento è esepercezione della gestione delle lenti a ricambio frequente guito con il regime d’uso continuo di lac idrogel a basso che, in quanto tali, sono talvolta considerate, a torto, delle Dk, cioè una modalità ad alto rischio di cheratite microlenti che non hanno bisogno di manutenzione. La ridotta bica. Oggi tale tipo di applicazione viene raramente posta compliance, che si riscontra più spesso con l’uso di queste in atto a favore dell’uso di lac in silicone idrogel. lenti, può essere causa di una frequenza relativamente ele- Altra modalità di correzione chirurgica delle ametropie, vata di complicanze oculari1. Altro problema è quello delle con notevoli potenzialità, è rappresentata dall’impianto di lac colorate cosmetiche, utilizzate per cambiare il colore dell’iride, che più di altre lenti vengono sempliMetodo di trattamento Incidenza su cemente “comprate” ed utilizzate 10.000 soggetti senza che venga richiesta la usuale assistenza professionale2. LASIK Infine ancora poco noto, ma poten1000 occhi (523 pazienti) 306,0 5 zialmente catastrofico, se non ade714 occhi (357 pazienti) 784,0 6 guatamente gestito, l’uso di lac 1062 occhi (574 pazienti) 871,0 7 3 acquistate tramite Internet . È evidente che l’utilizzo di qualLenti a contatto siasi lac senza l’adeguato supporto Morbide a basso Dk per uso continuo 0,8 8-9 professionale da parte dell’applica(12.024 portatori) tore (esame pre-applicazione; valuTutti i tipi di lenti a contatto 0,3 8-9 tazione dell’applicazione; supporto (37.991 portatori) educativo; controllo post-applicazione) finisce per caratterizzarsi per un rischio potenziale più eleTabella 1 Perdita di due o più linee di acuità visiva con la migliore correzione4. vato! 5 2004, vol. VI, n. 2 e d i t o r i a l e Assistenza e supporto educativo per prevenire le complicanze lenti a contatto intraoculari. In una breve comunicazione Bergmanson e Thota mostrano, comparando i dati di ricerche pubblicate su riviste referenziate, come l’incidenza della cheratite microbica (con lenti a basso Dk!) sia più bassa dell’endoftalmite conseguente all’intervento di cataratta, procedura assimilabile all’impianto di lenti intraoculari. Va considerato che la cheratitite microbica è poi molto più semplice da trattare con successo che l’endoftalmite. I due ricercatori dell’Università di Huston fanno quindi intendere che è raramente giustificabile l’impianto di lac intraoculari come alternativa alle lac. Escludendo gli occhiali, l’applicazione delle lac rimane, quindi, il mezzo più sicuro per la correzione delle ametropie. Anche l’uso continuo nelle ore di veglia e di sonno che affranca, quasi totalmente, il paziente dalle problematiche connesse con la manutenzione e con le pratiche di applicazione e rimozione, appare notevolmente più sicuro dopo l’avvento di materiali caratterizzati da valori molto elevati di gas permeabilità, come, ad esempio, il silicone idrogel. L’intera comunità contattologica, dai corpi professionali, agli educatori, dagli operatori sanitari all’industria, deve tenere allertata la coscienza della necessità di un controllo professionale dell’intero ciclo dell’applicazione, dalla selezione del soggetto sino alle sedute periodiche di controllo. Così facendo l’insuccesso dell’applicazione delle lac non potrà essere che una remota eccezione. Bibliografia 1. Matthews E, Frazer D, Minassian E et al.. Risks of keratitis and patterns of use of disposable contact lenses. Arch Ophthalmol 1992; 110: 1559-1562 2. Steinemann TL, Pinninti U, Szczotka LB. Eiferman RA, Price FW. Ocular complications associated with the use of cosmetic contact lenses from unlicensed vendors. Eye Contact Lens 2003; 29: 196-200 3. Wong AL, Weissman BA, Mondino BA. Bilateral corneal neovascularization and opacification associated with unmonitored contact lens wear. Am J Ophthalmol 2003; 136: 957-958 4. Holden BA, Sweeney DF, Sankaridurg PR et al. 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Inoltre questo termine viene realmente usato dai clinici con il suo preciso significato o è il paziente ad utilizzarlo, per semplificare una condizione più specifica di complicanza alle lac? Generalmente per rigetto s’intende una reazione immunitaria da parte dell’organismo al trapianto di un organo, tessuto o una struttura artificiale. In letteratura contattologica, specificatamente per ciò che riguarda le reazioni alle lenti a contatto, il rigetto alle lac non viene menzionato (Efron, 1999). Viceversa esistono reazioni di tipo immunitario, ad esempio allergiche, come la congiuntivite papillare indotta dalle lac (CPLC), una reazione di ipersensibilità ritardata di IV tipo (Koevary, 1999), che in quanto tale potrebbe essere la più affine al concetto generale di rigetto. Nella rubrica viene riportato il caso di una paziente miope (lac in uso od-8.00D os-9.00D) di 48 anni a cui era stato indicato di aver un rigetto alle lac e consigliato di sospenderne definitivamente l’uso. La portatrice, appena inserite le proprie lac, cominciava a manifestare i seguenti sintomi: bruciore, una evidente iperemia pericheratica (Fig. 1 e 2) che si intensificava di circa 2 livelli alle 7 2004, vol. VI, n. 2 Figura 1 Evidente reazione d’iperemia pericheratica sull’od. Figura 2 Evidente reazione d’iperemia pericheratica sull’os. grading scales (CCLRU o Efron) rispetto al quadro in assenza di lac, e una presenza di piccoli infiltrati focali corneali in prossimità del limbus (Fig. 3). La paziente aveva utilizzato lac con regime d’uso giornaliero (circa 12 ore) per 15 anni, prima convenzionali a sostituzione annuale e da circa due anni disposable a sostitu- r u b r i c a Rigetto alle LAC o reazione tossico-allergica al thimerosal? zione bisettimanale (polymacon; Seequence™). Il suo sistema di manutenzione era il perossido d’idrogeno 3% (conservazione notturna) con una seconda soluzione di neutralizzazione (1/2 ore la mattina). La soluzione di neutralizzazione conteneva thimerosal allo 0.001%. Considerando le caratteristiche dei sintomi, la loro eliminazione non usando le lac e la loro induzione all’inserimento era ipotizzabile una reazione tossica e/o di ipersensibilità al conservante della soluzione di neutralizzazione. Si pensò quindi di testare la validità di tale ipotesi passando ad una soluzione di disinfezione e conservazione a base di polidronio cloruro (Poliquad®) e poi a un sistema di perossido monofase con disco catalizzatore (Aosept®). Con entrambi i sistemi i sintomi soggettivi e oggettivi scomparvero completamente tanto da permettere di affermare con una certa sicurezza che la condizione di reazione era di tipo tossico o allergico (ipersensibilità), al thimerosal. Il thimerosal è un mercuriale (composto organomercurico) usato in contattologia nelle soluzioni disinfettanti, antisettiche e conservanti (Casini, 1985). È stato ampiamente riportato in letteratura che il thimerosal è leggermente citotossicico e può scatenare reazioni di ipersensibilità (Larke, 1985; Stewart-Jones e coll, 1989) tanto da essere stato quasi completamente sostituito nella maggioranza dei prodotti per contattologia da altri disinfettanti (Efron, 1999; Lupelli, 1995). Non solo il thimerosal ma anche altre disinfettanti, gli enzimi, le sostanze tampone, i chelanti e altri composti presenti nelle soluzioni per contattologia possono indurre, seppure in un numero di casi limi- Figura 3 Presenza di piccoli infiltrati focali limitrofi al limbus. tato, delle reazioni tossiche o di ipersensibilità. Queste reazioni si caratterizzano clinicamente con una serie di segni come iniezione e iperemia bulbare soprattutto in zona pericheratica, possibile presenza d’infiltrati corneali stromali anteriori e possibile colorazione corneale (di tipo puntata). In conclusione l’uso del termine rigetto viene effettuato probabilmente dai clinici e/o dai pazienti nella sua accezione più ampia, col significato di reazione a qualcosa di estraneo che va a contatto con il proprio organismo, accezione però che porta con sé un aspetto fortemente negativo che è quello della percezione di una certa gravità: ad un rigetto non c’è rimedio! Inoltre, come evidenziato nel caso qui riportato, l’uso del termine rigetto non è solo un fatto formale, di lessico, ma anche di sostanza: la non conoscenza delle specifiche complicanze alle lac. Il lavoro di ricerca scientifica intorno alle complicanze alle lac ha infatti portato ad una loro classificazione al fine di predisporre le soluzioni più opportune per evitare quando è possibile l’abbandono delle lac (drop-out). Questa specifica conoscenza dovrebbe impedire di fare “di tutta l’erba un fascio” con il rischio, come nel caso esaminato, di obbligare un portatore a lasciare le proprie lenti quando, con la semplice eliminazione di un prodotto dalla manutenzione che per il soggetto risulta tossico o allergico, la reazione scompare completamente. Bibliografia Casini M., Sistemi chimici di disinfezione e pulizia in contattologia, Optoforum 1986. Efron N., Contact Lens Complications. Butterworths Heinemann, Oxford 1999. Koevary SB., Ocular Immunology in Health and Disease. Butterworths-Heinemann Woburn, 1999. Larke J.R., The Eye in the Contact Lens Wear. Butterworths, London 1985. Lupelli L., Contattologia. Una guida clinica. Palermo, Medical Books, 1995, 165. Stewart-Jones JH, Hopkins GA, Phillips AJ. Drugs and solutions in contact lens practice and related microbiology. In Contact Lenses. Ed. Phillips AJ e Stone J. Butterworths & co. Ltd, 1989. 8 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o Modificazioni post-secretorie delle mucine in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato Nicola Pescosolido* Delia Martini** * Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento ** Dipartimento di Scienze Oftalmologiche Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Sommario La recente introduzione delle lenti a contatto in silicone idrogel per uso prolungato ha permesso di evidenziare tra le complicanze del loro uso le mucin balls, che, seppur presenti anche in conseguenza dell’uso delle lenti tradizionali, raggiungono con le lenti in silicone idrogel i massimi livelli. Per una maggiore consapevolezza sull’argomento, gli Autori ne riportano le caratteristiche finora conosciute. Parole chiave Lenti a contatto, mucina, film lacrimale, mucin balls tendo dall’analisi delle caratteristiche del film lacrimale da cui esse originano. Il film lacrimale è una struttura fluida che umidifica e protegge la superficie oculare e congiuntivale della palpebra e del bulbo, permette il trasporto di ossigeno e nutrienti e al contempo la rimozione dei metaboliti di rifiuto dalla cornea avascolare, lubrifica la parte esterna dell’occhio relativamente ai movimenti palpebrali e livella le piccole irregolarità dell’epitelio corneale formando una superficie lucida e levigata che funge da primo sistema diottrico dell’occhio. Mantenendo aperte le palpebre il film lacrimale normalmente rimane intatto per circa 25 secondi, dopodiché una reazione riflessa determina l’ammiccamento palpebrale, che rinnova e ridistribuisce le lacrime stesse facilitandone anche il drenaggio attraverso le vie lacrimali. 0,1 micron L’utilizzo sempre più esteso delle lenti a contatto in silicone idrogel, specie per uso prolungato, ha recentemente dimostrato una influenza favorevole sia in campo terapeutico, sia nella correzione dei difetti visivi. Parallelamente però, è stato possibile evidenziare alcune complicanze legate all’uso di queste lenti, che in passato si erano manifestate in maniera piuttosto ridotta. Si tratta di particolari modificazioni post-secretorie delle mucine facenti parte del film lacrimale che si verificano in portatori di lenti ad uso prolungato, che esitano, in seguito ad un processo ancora non ben chiarito, nella formazione di mucin balls. Si è visto inoltre che tali complicanze si legano soprattutto alle lenti a contatto a più alto contenuto di silicone, come quelle recenti in silicone idrogel, per cui questo fenomeno, anche se marginalmente evidenziato già in precedenza, raggiunge il suo massimo sviluppo negli ultimi tempi. Essendo, dunque, ancora in via di definizione le conoscenze in proposito, si tenterà di ricostruire i meccanismi alla base dell’insorgenza delle mucin balls par- Ricevuto il 19 febbraio 2004. Accettato per la pubblicazione il 16 aprile 2004. 9 2004, vol. VI, n. 2 7 micron 0,02 micron Strato lipidico Strato acquoso Strato mucoso Epitelio corneale Figura 1 Composizione del film lacrimale. Il film lacrimale è prodotto dalle ghiandole lacrimali principali ed accessorie ed è costituito dalla regolare sovrapposizione di tre strati: lipidico esterno, acquoso intermedio e mucoso interno (Fig. 1) per un volume totale di circa 7,0 +/- 2 µl. Lo strato lipidico esterno ha lo spessore di circa 0,1 µm, è costituito da lipidi polari e non, prodotti principalmente dalle ghiandole di Meibomio, che servono ad abbassare la tensione superficiale delle lacrime, a prevenirne la contaminazione e a ritardare l’evaporazione della componente acquosa sottostante. Lo strato acquoso intermedio, dello spessore di circa 7 µm, contiene elettroliti che mantengono la pressione a r t i c o l o Modificazioni post-secretorie delle mucine in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato osmotica lacrimale, sostanze organiche e proteine (ad esempio lisozima, lattoferrina ed immunoglobuline) ad azione batteriolitica. Esso è essenziale per l’idratazione e quindi la trasparenza della cornea e per la rimozione di cellule morte e corpi estranei dalla superficie bulbare. Lo strato mucoso interno è prodotto principalmente dalle cellule caliciformi presenti nella congiuntiva ed ha uno spessore approssimativo di 0,02 – 0,05 µm. Esso contiene glicoproteine a diverso peso molecolare e forma un reticolo mucinoso che si estende anche nello strato acquoso sovrastante facilitando l’intrappolamento e la distruzione di batteri o di corpi estranei. È grazie alla presenza di questo strato che l’epitelio corneale viene convertito da superficie idrofoba a idrofila, cosicché le componenti sovrastanti del film lacrimale possano essere distribuite sulla cornea stessa1. Attraverso tecniche di ibridizzazione in situ (ISH), Northern blot e RT-PCR è possibile oggi evidenziare la localizzazione dell’RNA messaggero (mRNA) specifico per le diverse mucine presenti sulla superficie oculare (Tab. 1). Mucina Anticorpo M/P MUC1 MUC2 MUC4 MUC5AC MUC5AC BC2 LUM2-3 M4.171 e M4.275 Anti-M1 LUM5-1 M P M M P Tabella 1 Specificità degli anticorpi contro le più note mucine del film lacrimale (M: monoclonale; P: policlonale. Modificata, da Berry et al., 2003). A questo scopo vengono, inoltre, impiegati anche anticorpi mono e policlonali volti contro le mucine e le apomucine, peptici sintetici mucinomimetici e mucine ricombinanti. Dai risultati così ottenuti e basandosi sulla presenza di particolari motivi strutturali presenti all’interno delle relative sequenze amminoacidiche, le mucine sono state classificate in associate alla membrana (MUC 1, 3A, 3B, 4, 11, 13, 15, 16 e 17)2, 3 o secrete4. Queste ultime includono il grande gel formante mucina prodotto dalle cellule caliciformi (MUC 2, 5AC, 5B e 6)2 e le mucine solubili (MUC 7 e 9)2, 5. Le mucine associate alla membrana hanno una breve estremità citoplasmatica terminale, un dominio transmembrana ed un lungo dominio extracellulare che si ritrova nel glicocalice2. Alcune delle mucine associate alle mem- brane hanno un potenziale sito di clivaggio nel loro dominio extracellulare e si pensa che vengano rilasciate dalla porzione apicale delle cellule epiteliali in forma solubile6, 7. L’epitelio stratificato della cornea e della congiuntiva esprime le mucine associate alla membrana MUC 1, 4 e 168, 9, 10. La MUC 1 e 16 sono presenti lungo la membrana apicale delle cellule apicali e subapicali nell’epitelio di superficie dell’occhio umano e nelle cellule soprabasali dell’epitelio congiuntivale, mentre MUC 4 è presente nell’intero epitelio tranne che nella porzione centrale della cornea, dove i livelli di mRNA della mucina sono più bassi8, 9, 10, 11. Si è visto che il maggiore trascritto presente nelle cellule caliciformi è il gel formante mucina MUC5AC12. Il trascritto del MUC2 è invece circa 5600 volte più basso13, tanto che non può essere reperito tramite analisi Northern blot. La MUC2 è debolmente espressa nell’epitelio del tratto respiratorio, ma è iperprodotta quando il tessuto è infiammato14. Probabilmente, questo accade anche nella congiuntiva; la rilevanza e la posizione esatta della MUC2 nell’epitelio congiuntivale rimane comunque sconosciuta. Il prodotto MUC5AC, invece, si localizza specificamente nelle vescicole citoplasmatiche delle cellule caliciformi della congiuntiva. In ultimo, nell’epitelio corneale si possono ritrovare anche piccole quantità di mRNA di MUC11. Le mucine, come si è visto in precedenza, hanno un ruolo importante nel prevenire le infezioni della superficie oculare e nello stabilizzare il film lacrimale, inoltre, in virtù della loro struttura, possono fungere da accettori di molecole cariche come i radicali liberi, proteggendo i tessuti oculari dall’invecchiamento15. Ad esempio, in assenza della mucina 1 si è dimostrata una maggiore tendenza allo sviluppo di congiuntiviti e blefariti nei topi16. Nell’uomo con sindrome da occhio secco, sono state viste modificazioni nella distribuzione sulla superficie oculare degli antigeni carboidratici correlati alla mucina, segno tra l’altro di un alterato processo di glicosilazione17, 18. Usando un anticorpo monoclonale chiamato H185, che si lega appunto alla componente glucidica delle mucine, la citologia rivela una notevole differenza nel modello di legame presente nell’occhio normale rispetto a quello di pazienti con occhio secco. La congiuntiva normale mostra infatti una serie di legami disposti “a mosaico”, nell’ambito dei quali l’anticorpo si lega alla membrana apicale delle cellule con variabile intensità. Nei pazienti con occhio secco, i legami dell’H185 si localizzano in modo predominante alla mucina presente nelle cellule caliciformi, ma non a 10 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o Modificazioni post-secretorie delle mucine in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato tutte le cellule dell’epitelio congiuntivale, dando alla preparazione un aspetto “a cielo stellato”. Sembrerebbe dunque che in alcuni casi patologici, le mucine vengano alterate nella loro struttura perdendo di conseguenza anche la rispettiva funzione. Questo è stato dimostrato ad esempio in uno studio condotto su pazienti portatori di lenti a contatto per periodi prolungati15. Si è visto infatti che l’applicazione continuativa delle lenti a contatto altera la flora commensale della superficie oculare19, anche se non si sa di preciso se questo dipenda dal materiale della lente a contatto, da un’alterazione del pH lacrimale20, dai depositi presenti sulla lente o dalla combinazione di questi o di altri fattori21. Analizzando le mucine che aderiscono a lenti indossate per lunghi periodi di tempo, gli studiosi hanno evidenziato che esse vanno incontro a modificazioni post-secretorie che ne alterano il grado di glicosilazione facendolo diminuire. Tutte le mucine aderenti alle lenti a contatto indossate dai soggetti sottoposti allo studio di Berry e collaboratori, sono risultate forme alterate delle normali mucine intracellulari estratte dalla congiuntiva. Tale ridotta glicosilazione causa a sua volta un incremento dell’aderenza delle mucine alla lente a contatto, anche se, con tutta probabilità, questo effetto è mediato anche da ulteriori fattori oggi sconosciuti. L’aumento dell’aderenza delle mucine alla lente è, secondariamente, alla base di ulteriori inconvenienti come ad esempio la formazione di mucin balls. Sebbene il riscontro clinico delle mucin balls sia stato effettuato sin dall’introduzione nell’uso comune delle lenti a contatto convenzionali idrogel, la recente entrata in commercio delle lenti a contatto in silicone idrogel (SI) ha incrementato drammaticamente la prevalenza di questo fenomeno. Inoltre, l’incidenza di questo fenomeno è direttamente proporzionale alla durata d’uso delle lenti nel tempo ed è maggiore in pazienti con curvatura corneale più accentuata, in pazienti che indossano le lenti anche di notte o che non fanno uso di soluzioni lubrificanti22. Considerando che l’uso di lenti a contatto morbide è associato a complicanze più o meno gravi, le mucin balls possono essere annoverate tra i risvolti più lievi di tale consuetudine. Le mucin balls, già descritte come tappi lipidici23, microsfere lacrimali24, depositi precorneali23 o microdepositi25, sono racchiuse tra la faccia posteriore della lente a contatto e l’epitelio corneale. All’esame biomicroscopico esse presentano tipicamente un aspetto traslucido, opalescente e variano nel diametro tra i 20 e i 200 µm26 (più frequentemente intorno ai 50 µm). Poiché queste dimensioni sono considerevolmente maggiori 11 2004, vol. VI, n. 2 rispetto allo spessore del film lacrimale presente dietro alla lente a contatto27,28, le mucin balls risultano immobilizzate tra la superficie posteriore della lente e quella anteriore della cornea. L’istillazione di fluoresceina di sodio dopo la rimozione della lente a contatto, mostra il raccoglimento di tale colorante nelle depressioni lasciate vuote dalle mucin balls. Nonostante queste formazioni determinino delle profonde indentazioni29 sulla superficie corneale, esse non causano distruzione di cellule epiteliali ed infatti, l’aspetto corneale normale tipicamente ritorna entro un breve periodo di tempo dopo la rimozione della lente stessa. Dagli studi effettuati finora è emersa l’innocuità delle mucin balls, a parte la possibilità che un numero estremamente alto di queste ultime possa interferire in modo transitorio con la visione ma, data la particolare diffusione del fenomeno, si è sentito il bisogno di valutarne le eventuali conseguenze a lungo termine e prima ancora le caratteristiche strutturali di queste piccole formazioni, che è possibile vedere in vivo anche tramite microscopia confocale. Nello studio portato avanti da Millar e collaboratori30, si è raccolta una serie di campioni lacrimali contenenti mucin balls, al fine di poterle sottoporre all’analisi istochimica. Si è visto che queste formazioni variano nella grandezza e, sebbene esse siano nel complesso sferoidali, si presentano con forme diverse e strutture da finemente vaporose a molto dense. Le mucin balls appaiono insolubili e stabili e le manipolazioni alle quali vengono sottoposte in laboratorio non compromettono la loro integrità; probabilmente è per questa intrinseca robustezza che non vengono appiattite dalla pressione esercitata su di esse dalla sovrastante lente a contatto ed è piuttosto l’epitelio corneale che si incava a tutto spessore sotto il loro stimolo meccanico31,32. Tutto questo si verifica in assenza di lesioni corneali e quindi di una risposta infiammatoria locale. Alle sezioni, le mucin balls si sono mostrate PAS-positive, il che certifica la presenza di una larga componente polisaccaridica al loro interno, probabilmente rappresentata dalla mucina stessa. La colorazione di Gram è negativa, così come le colorazioni per i lipidi e l’ematossilina-eosina, il che indica l’assenza di cellule, batteri e lipidi nella loro struttura. Le regioni periferiche delle mucin balls si presentano meno dense rispetto a quelle centrali, che al microscopio elettronico svelano una substruttura fibrosa. In aggiunta a tali formazioni, in alcune sezioni ottenute da Millar e collaboratori30 sono visibili strutture che a r t i c o l o Modificazioni post-secretorie delle mucine in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato presumibilmente rappresentano mucin balls in formazione, avendo le stesse caratteristiche di base di queste ultime, ma dimensioni minori e minore densità. È stato suggerito che le mucin balls si formino come risultato del movimento di rotazione che si verifica al di sotto della lente a contatto26 e che l’inglobamento della mucina in queste formazioni possa iniziare a partire dal collasso o dalla disidratazione della mucina stessa, anche se l’esatto meccanismo non è ancora stato chiarito. Recentemente è emersa l’evidenza di un’attività proliferativa e quindi di un aumento della densità cellulare locale associata alla presenza delle mucin balls31. Sembra, inoltre, che le indentazioni sferiche dell’epitelio corneale createsi in conseguenza della presenza di mucin balls possano aprire un varco per microrganismi potenzialmente infettanti la cornea stessa31. Potrebbe dunque essere imprudente non dare credito alla possibilità del verificarsi di effetti negativi a lungo termine a carico dell’integrità corneale; continua perciò ad essere opportuna la vigilanza clinica e si rendono necessari ulteriori studi per approfondire le conoscenze sull’argomento. 5. Lapense L, Paquette Y, Bleau G (1997) Allelic polymorphism and chromosomal localization of the human oviductin gene (MUC9). Fertil. Steril., 68: 702-708 6. Gendler SJ (2001) MUC1, the renaissance molecule. J. Mammary Gland Biol. Neoplasia, 6 : 339-353 7. O’Brien TJ, Beard JB, Underwood LJ et al. (2001) The CA 125 gene: an extracellular superstructure dominated by repeat sequences. Tumour Biol., 22: 348-366 8. Gipson IK, Inatomi T (1997) Mucin genes expressed by the ocular surface epithelium. Prog. Retin. Eye Res., 16: 81-89 9. Pflugfelder SC, Liu Z, Monroy D et al. (2000) Detection of sialomucin complex (MUC4) in human ocular surface epithelium and tear fluid. Invest. Ophthalmol. Vis. 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Eye Res., 50: 251-259 Recent introduction of extended-wear silicone hydrogel lenses can give any complication, as mucin balls, that are present in significantly greater number in silicone hydrogel lenses wearer if compared with those found in conventional lenses wearer. To improve knowledge about this matter, the Authors describe their characteristics. 21. Lemp MA (1990) Is the dry eye contact lens wearer at risk? Yes. Cornea, 9: S48-S50; discussion S54 22. Dumbleton K, Jones L, Chalmers R et al. (2000) Clinical characterization of spherical post-lens debris associated with lotrafilcon high-Dk silicone lenses. CLAO J., 26 (4): 186-192 23. Fleming C, Austen R, Davies S et al. (1994) Pre-corneal deposits during soft contact lens wear. Optom. Vis. Sci., 71:12S, 152 24. Tan J, Keay L, Jalbert I et al. (1999) Tear microspheres (TMS’s) with high Dk lenses. Optom. Vis. Sci., 76: 12s, 226 25. Bourassa S, Benjamin W (1988) Transient corneal surface “microdeposits” and asso- Key words ciated epithelial surface pits occurring with gel contact lens extended wear. Int. Contact Lens Clin., 15: 338-340 26. Dumbleton K, Jones L, Chalmers R et al. (2000) Clinical characterization of sphe- Contact lenses, mucin, tear film, mucin balls rical post-lens debris associated with lotrafilcon high-Dk silicone lenses. CLAO J., 26: 186-192 27. Lin MC, Graham AD, Polse KA et al. (1999) Measurement of post-lens tear thickness. Invest. Ophthalmol.Vis. Sci., 40: 2833-2839 28. Nichols JJ, King-Smith PE (2003) Thickness of the pre- and post-contact lens tear Bibliografia film measured in vivo by interferometry. Invest. Ophthalmol. Vis. Sci., 44: 68-77 29. Pritchard N, Jones L, Dumbleton K et al. (2000) Epithelial inclusions in association 1. Smolin G (1987) The role of tears in the prevention of infections. Int. Ophthalmol. with mucin ball development in high-oxygen permeability hydrogel lenses. Optom.Vis. Clin., 27: 25-26 Sci., 77: 68-72 2. Gendler SJ, Spicer AP (1995) Epithelial mucin genes. Annu. Rev. Phisiol., 57: 607-634 30. Millar TJ, Papas EB, Ozkan J et al. (2003) Clinical appearance and microscopic 3. Gum JR, Crawley SC, Hicks JW et al. (2002) MUC 17, a novel membrane-tethered analysis of mucin balls associated with contact lens wear. Cornea, 22: 740-745 mucin. Biochem. Biophis. Res. Commun., 291: 466-475 31. Ladage PM, Petroll WM, Jester JV et al. (2002) Spherical indentations of human and 4. Hori Y, Spurr-Michaud S, Leigh Russo C et al. (2004) Differential regulation of mem- rabbit corneal epithelium following extended contact lens wear. CLAO J., 28: 177-180 brane-associated mucins in the human ocular surface epithelium. Invest. Ophthalmol. 32. Jalbert I, Stapleton F, Papas E et al. (2003) In vivo confocal microscopy of the human & Vis. Sci., 45 (1) cornea. Br. J. Ophthalmol., 87: 225-236 12 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o Buongiorno, AILAC Luigi Lupelli presidente AILAC Istituto Superiore di Stato “De Amicis”, Scuola di Ottica - Roma Istituto Superiore di Scienze Optometriche - Roma All’inizio di quest’anno un gruppo di colleghi innamorati della contattologia ha fondato l’Accademia Italiana Lenti a Contatto (AILAC). Come accade per tanti eventi AILAC non nasce per caso né, tantomeno, è semplicemente il risultato dell’entusiasmo di uno sparuto numero di persone. L’idea di trovare una casa comune per tutti i professionisti che s’interessano di lenti a contatto, in modo da porre in gioco le proprie specifiche competenze, che fosse anche un campo di confronto e di crescita professionale, era nell’aria già da tempo. Era sufficiente fare quattro chiacchiere tra colleghi per capire quanto tale esigenza fosse diffusa. I fondatori non hanno fatto altro che tramutare in realtà un’aspettativa generale. AILAC è una società scientifica che accomuna chi crede che il successo di un’applicazione di lenti a contatto dipenda anche dall’incremento delle conoscenze e delle competenze di quei professionisti che sono quotidianamente in prima linea per soddisfare le aspettative degli ametropi. Quasi 100 milioni di persone in tutto il mondo indossano lenti a contatto, rappresentando così Ricevuto il 14 maggio 2004. Accettato per la pubblicazione il 7 giugno 2004. 13 2004, vol. VI, n. 2 quasi il 5% di coloro che portano gli occhiali. La maggior parte di tali portatori si trova nel Nord America e in Europa con valori decisamente superiori al 10%. In Italia l’utilizzo delle lenti a contatto è relativamente marginale non arrivando al 3% degli ametropi! Ciò accade nonostante che in questi ultimi anni i prodotti contattologici si siano caratterizzati per l’alto livello qualitativo. L’evoluzione tecnologica dei prodotti connessi con le lenti a contatto è così rapida che chi non provvede ad un aggiornamento mirato rischia di trovarsi al di fuori dal flusso delle conoscenze e quindi di rimanere invischiato in luoghi comuni che non fanno parte della realtà contattologica contemporanea. L’eventuale carenza di aggiornamento dei professionisti del settore si ripercuote inevitabilmente sul consumatore. Infatti il comportamento del potenziale portatore di lenti a contatto può variare da un esagerato timore di porre un “corpo estraneo” sull’occhio ad un eccessiva semplificazione della gestione di certe lenti a contatto come, ad esempio, quelle per uso cosmetico. Per questo, e per altro, era necessario che si sviluppasse un centro nevralgico che catalizzasse le istanze di tutti i professionisti dell’universo oftalmico, che diventasse un laboratorio di idee, proposizioni e azioni impegnato a favorire lo sviluppo e la diffusione delle conoscenze delle lenti a r t i c o l o Buongiorno, AILAC a contatto: e così, con il contributo di esponenti del mondo dell’ottica, dell’optometria, dell’oftalmologia e dell’ortottica, nasce AILAC. Facilitare lo scambio delle idee e delle conoscenze tecniche, cliniche e mediche è, quindi, nel DNA della neonata accademia in cui profonda è la coscienza che il successo nelle applicazioni delle lenti a contatto sarà assicurato se vi è un rapporto sereno ed equilibrato tra le competenze tecniche degli applicatori e quelle mediche degli oftalmologi. Oltre ad organizzare convegni e seminari per favorire l’aggiornamento professionale AILAC ha l’obiettivo di istituire e gestire centri d’interscambio informativo, principalmente per via informatica. Per i soci, oltre alle notizie sulle novità riguardanti le lenti a contatto, AILAC metterà a disposizione un servizio bibliografico di contattologia. Particolare attenzione verrà posta ad informare direttamente il pubblico. Tra gli obiettivi di AILAC vi è anche quello di istituire una categoria particolare di associati: i “fellow”, cioè soci accreditati mediante una prova di valutazione. Per poter essere ammesso all’esame che può accreditare è necessario essere socio ordinario da almeno due anni. Tale iniziativa, così comune nei Paesi anglosassoni, rappresenta una totale novità nel panorama contattologico italiano e sarà di stimolo per tutti i professionisti della contattologia. Al fine di favorire l’attività di referaggio tra colleghi verranno anche istituite delle sezioni specialistiche, ad esempio di ortocheratologia, cheratocono, contattologia in età infantile, a cui si potrà aderire sempre tramite un esame di valutazione e la dimostrazione di poter accedere ad una strumentazione adeguata al compito. E questo è solo l’inizio! www.ailac.org 14 2004, vol. VI, n. 2 “Contattologia & Comunicazione” si propone di offrire ai partecipanti, grazie ad un programma ricco e strutturato, un percorso di formazione e di aggiornamento professionale articolato e coinvolgente. Relatori di fama internazionale, ricercatori ed esperti forniranno gli strumenti e suggeriranno gli spunti necessari per affrontare ed approfondire i temi legati agli aspetti clinici della pratica contattologica e alle abilità relazionali. 2° CONVEGNO Contattologia & 10 A U L AA DOMENICA ORARIO PLENARIA 8.30 - 9.00 Q AULA REGISTRAZIONE PARTECIPANTI APERTURA LAVORI CONGRESSUALI 9.00 - 9.30 9.30 - 11.00 2 0 0 4 A U L AH AULA G OTTOBRE LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE: CAPIRE, FARSI CAPIRE, ASCOLTARE GLI ALTRI C. MAFFEI 11.00 - 11.30 COFFEE BREAK IL/I MERCATO/I DELLA EUROPA H. SCHWEIZER 11.30 - 12.00 12.00 - 13.00 CONTATTOLOGIA IN COMPLICANZE IN CONTATTOLOGIA NEL 21° SECOLO N. EFRON LUNCH CON VISITA AREA ESPOSITIVA 13.00 - 14.00 14.00 - 15.00 GESTIONE DEL PORTATORE DI LENTI A CONTATTO NELLA PRATICA QUOTIDIANA C. CHRISTIE 15.00 - 16.00 16.00 - 17.00 CORSO 4 UN NUOVO E ADEGUATO IL BISOGNO CORSO 3 IL RUOLO DEL FILM LACRIMALE NELLE APPLI- L. BERT CAZIONI DI SUCCESSO CONTATTO PROGRESSIVE STILI DI VITA E LENTI A CONTATTO V. RONCAGLI CORSO 1 CONQUISTARE CORSO 2 SODDISFARE AD OGNUNO LA SUA SOLUZIONE C. CHRISTIE IL CLIENTE P.A.TOSETTO APPROCCIO ALLE LENTI A A. FOSSETTI - P. GHELLER S. MAFFIOLETTI - R. PREGLIASCO 17.00 - 17.30 COFFEE BREAK CORSO 1 17.30 - 19.30 CONQUISTARE CORSO 2 SODDISFARE IL CLIENTE IL BISOGNO P.A.TOSETTO L. BERT 21.00 CORSO 5 L’USO DELLE SCALE DI GRADAZIONE PER QUANTIFICARE LE REAZIONI OCULARI INDOTTE DALL’USO DI LENTI A CONTATTO L. LUPELLI (CON LA PARTECIP. DI N.EFRON) CORSO 6 SILICONE HYDROGEL NON SOLO PER L’USO CONTINUO E. PAPAS GALA DINNER C O R S O1 Nathan Efron Eric Papas Caroline Christie Fondatore e direttore di Eurolens Research, centro di ricerca europeo in contattologia, professore di optometria clinica presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia presso l’Università di Manchester (UK). Autore di oltre 350 pubblicazioni scientifiche, ha pubblicato 7 libri. Direttore della ricerca clinica presso il Cornea and Contact Lens Research Unit (CCLRU), è attualmente direttore esecutivo del dipartimento Ricerca e Sviluppo della Scuola di Optometria e Scienza della Visione presso il Vision Cooperative Research Center dell'Università del New South Wales, Sydney, Australia. Membro del British College of Optometry, si è occupata a tempo pieno di pratica contattologica presso il City and East London College. È Senior Optometrist presso il dipartimento di contattologia del Moorfields Eye Hospital, continuando a svolgere attività professionale privata e ad occuparsi di insegnamento. CORSO 2 Conquistare il cliente. P.A.Tosetto Soddisfare il bisogno. L. Bert Creare il clima positivo, presentare l'offerta, affrontare conflitti, gestire il consenso e dissenso, predisporsi al successo: sono i passaggi fondamentali per la conquista e fidelizzazione del cliente. Due ore in cui sperimentare azioni concrete per costruire il rapporto con il cliente, sviluppando la capacità di porre domande specifiche, i sistemi rappresentazionali e la tecnica dell'ascolto attivo. Identificare e comprendere i bisogni del cliente per giungere ad una visione condivisa e chiara delle esigenze da soddisfare, adottando efficaci tecniche di indagine e di comunicazione, soprattutto ascolto ed empatia. Il corso pone inoltre l'accento sulla gestione delle possibili obiezioni del cliente, analizzando punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce dei differenti atteggiamenti. dom. 15,00-17,00 e 17,30-19,30 lun. 9,30-11,30 dom.15,00-17,00 e 17,30-19,30 lun.9,30-11,30 ASSOTTICA comunicazione LUNEDI ORARIO PLENARIA 11 A AULA 9.00 - 9.30 AULA Q REGISTRAZIONE PARTECIPANTI CONQUISTARE CORSO 2 SODDISFARE IL CLIENTE IL BISOGNO P.A.TOSETTO L. BERT CORSO 1 9.30 - 11.30 2 0 0 4 AULA H AULA G OTTOBRE IL DROP OUT: FINE INEVITABILE DI UNA RELAZIONE STANCA E CONSUMATA? F. ZERI CORSO 5 L’USO DELLE SCALE DI GRADAZIONE PER QUANTIFICARE LE REAZIONI OCULARI INDOTTE DALL’USO DI LENTI A CONTATTO L. LUPELLI (CON LA PARTECIP. DI N. EFRON) COFFEE BREAK 11.30 - 12.00 EFFETTI DELLE LENTI A CONTATTO SUL 12.00 - 13.00 FLUSSO SANGUIGNO DELLA SUPERFICIE OCULARE E.PAPAS LUNCH CON VISITA AREA ESPOSITIVA 13.00 - 14.00 MICROSCOPIA CORNEALE CONFOCALE: UN MODO NUOVO 14.00 - 15.00 NELLA VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DELL'USO DI LENTI A CONTATTO N. EFRON IL VALORE DELLA RELAZIONE 15.00 - 16.00 NEL RAPPORTO CON IL CLIENTE C. MAFFEI - L. BERT - P.A.TOSETTO CHIUSURA LAVORI 16.00 COFFEE BREAK COFFEE BREAK 16.00 - 18.00 CORSO CORSO 3 CORSO 3 CORSO COFFEE BREAK 4 CORSO 6 SILICONE HYDROGEL IL RUOLO DEL FILM UN NUOVO E ADE- LACRIMALE NELLE GUATO APPROCCIO NON SOLO APPLICAZIONI ALLE LENTI A CON- PER L’USO CONTINUO DI SUCCESSO TATTO PROGRESSIVE E. PAPAS A. FOSSETTI P. GHELLER S. MAFFIOLETTI R. PREGLIASCO 4 CORSO 5 CORSO 6 Il ruolo del film lacrimale nelle applicazioni di successo. A. Fossetti – P. Gheller Un nuovo e adeguato approccio alle lenti a contatto progressive. S. Maffioletti – R. Pregliasco L’uso delle scale di gradazione per quantificare le reazioni oculari indotte dall’uso di lenti a contatto. L. Lupelli Silicone Hydrogel non solo per l’uso continuo. E. Papas La qualità e la struttura del film precorneale sono determinanti per l’adattamento e il porto confortevole delle lenti a contatto. Dopo una parte dedicata all’esame delle condizioni che possono causare lo sviluppo di problemi di occhio secco e l’abbandono delle lenti a contatto, vengono presentati e discussi un questionario di indagine e una serie di test per la selezione dei soggetti e delle lenti. L’ultima parte del corso è dedicata all’uso di sostituti lacrimali nei soggetti che manifestano problemi di occhio secco marginale. Sta cambiando l'approccio alla compensazione della presbiopia con lenti a contatto morbide progressive, spesso considerata un compromesso visivo sulla base di valutazioni otticorifrattive. Oggi l'attenzione si focalizza maggiormente sulle reali necessità del presbite. Il corso, attraverso uno specifico protocollo applicativo, conduce il professionista a un'applicazione personalizzata, soddisfacente e sicura. Le scale di gradazione per immagini, oggi facilmente disponibili in modelli standardizzati, sono state riconosciute per la loro validità clinica. L’uso routinario di tali scale può permettere anche al contattologo di ottenere una registrazione più oggettiva delle reazioni oculari indotte da lenti a contatto, facilitando i processi di decisione.Il corso analizza le scale che utilizzano una serie di immagini per varie complicanze oculari, in particolare le Efron Grading Scales (con la partecipazione dell'autore, Nathan Efron) e quelle elaborate dal Cornea & Contact Lens Research Unit di Sydney (CCLRU Grading Scales). I materiali al silicone hydrogel eliminano l’ipossia tra le cause di complicanze indotte da lenti a contatto. Di conseguenza, questa nuova opportunità deve essere presa in considerazione oltre che per l’uso continuo anche per la modalità giornaliera e flessibile. Il relatore spiega come gestire in modo efficace le lenti a contatto in silicone hydrogel e come individuare appropriate modalità di utilizzo, variazioni sull'applicazione e il problem solving. dom. 15,00-17,00 lun. 16,00-18,00 dom. 15,00-17,00 lun. 16,00-18,00 dom. 17,30-19,30 lun. 9,30-11,30 dom. 17,30-19,30 lun. 16,00-18,00 a r t i c o l o Uso terapeutico delle lenti a contatto in silicone idrogel Nicola Pescosolido* Delia Martini** * Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento ** Dipartimento di Scienze Oftalmologiche Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Sommario Data la sempre maggiore diffusione delle lenti in silicone idrogel per molteplici indicazioni, gli Autori hanno riportato gli studi effettuati sull’argomento che permettono di valutarne le caratteristiche principali. Secondo i risultati riportati, appare evidente la sicurezza e l’efficacia di queste lenti non solo per i diversi usi terapeutici, ma anche nella correzione dei difetti visivi. Parole chiave Lenti a contatto, silicone idrogel, uso terapeutico In passato, le lenti a contatto morbide sono state largamente utilizzate per scopi terapeutici in una grande varietà di disordini della superficie oculare. Nell’ultima decade, l’uso terapeutico delle lenti a contatto si è esteso ulteriormente come risultato non solo del miglioramento dei materiali delle lenti, ma anche a causa dell’aumento delle relative indicazioni terapeutiche per l’avanzamento delle tecniche di ricostruzione della superficie oculare e per l’aumentata popolarità della chirurgia refrattiva1. Le indicazioni tipiche per il bendaggio con lente a contatto includono il sollievo dal dolore (cheratopatia bollosa, cheratite filamentosa, erosioni epiteliali, abrasioni e conseguente cheratoplastica e chirurgia refrattiva laser), la facilitazione del processo di cicatrizzazione corneale (difetti epiteliali persistenti, cheratite neurotrofica e neuroparalitica, erosioni epiteliali, abrasioni, ustioni chimiche, epiteliopatia tossica e difetti epiteliali postchirurgici), la protezione corneale (erosione corneale ricorrente, problemi e cicatrici della Ricevuto il 19 febbraio 2004. Accettato per la pubblicazione il 16 aprile 2004. 15 2004, vol. VI, n. 2 palpebra e delle ciglia), il miglioramento della visione (irregolarità corneali, occhio secco, cheratopatia bollosa), l’idratazione corneale (difetti palpebrali, lagoftalmo, cheratite neuroparalitica) e la protezione tettonica (lacerazioni corneali, perforazioni)2,3 (Tab. 1). Data l’importanza e l’attualità dell’argomento, già precedentemente uno degli Autori si è interessato ad esso4 e, partendo da questo spunto si è proposto di seguire i continui avanzamenti nel campo corrispondente coltivati in risposta ai bisogni dei pazienti. Infatti, poiché le lenti a contatto ad uso terapeutico spesso debbono essere indossate per periodi di tempo prolungati, è necessario che esse soddisfino determinati criteri, indispensabili per il comfort dei relativi portatori. Questi criteri comprendono ad esempio l’adeguata trasmissibilità per l’ossigeno, la iono-permeabilità4, l’idrofilicità di superficie, la resistenza alla formazione di depositi superficiali, l’appropriata elasticità del materiale ed un’opportuna conformazione2 della lente, che le permetta di essere accettata senza fastidi dal portatore. Senza dubbio, tra questi, il requisito più importante è la permeabilità all’ossigeno. Infatti, dato che la cornea è una struttura trasparente e per questo necessariamente avascolare, l’ossigeno le perviene in parte per diffusione dall’ossigeno atmosferico attraverso il film lacrimale ed in parte dall’ossigeno presente nei fluidi oculari. L’applicazione di una lente a contatto sulla superficie oculare limita dunque l’apporto di ossigeno indispensabile per il corretto metabolismo tissutale della cornea e come conseguenza dell’ipossia si verrebbero ad instaurare una serie di meccanismi di compenso che a lungo andare si rivelerebbero deleteri per il meccanismo della visione. L’ipossia fungerebbe infatti da stimolo angiogenetico portando alla formazione di edema corneale e ad una neovascolarizzazione dapprima perilimbare e poi sempre più estesa che non permetterebbe più alla cornea di rappresentare un mezzo diottrico facendole perdere la caratteristica trasparenza. Anche la iono-permeabilità è importante: se viene rispettata adeguatamente da una lente a contatto, garantisce una maggiore stabilità al menisco lacrimale formatosi tra la superficie posteriore della lente a contatto stessa e la cornea il che favorisce a sua volta il a r t i c o l o Uso terapeutico delle lenti a contatto in silicone idrogel Sollievo dal dolore Distrofia di Fuchs Cheratopatia bollosa in pseudofachico Scompenso endoteliale Cheratite filamentosa Rigetto del trapianto Irregolarità epiteliali Epiteliopatia tossica Erosione epiteliale traumatica Difetti chimici dell’epitelio Difetti epiteliali persistenti Post cheratectomia Post AMT Post LAT Post AMT + LAT Erosione corneale ricorrente Perforazione corneale Distrofia stromale corneale Lacerazione lamellare Cheratopatia bollosa in afachico Miglioramento della cicatrizzazione Protezione corneale Protezione tettonica Miglioramento della visione X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X X Tabella 1 Indicazioni terapeutiche per l’uso delle lenti a contatto in silicone idrogel. AMT: trapianto di membrana amniotica; LAT: trapianto autologo limbare (da Kanpolat et al., 2003). 16 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o Uso terapeutico delle lenti a contatto in silicone idrogel verificarsi di movimenti corretti tra lente e cornea impedendo che la lente aderisca troppo alla cornea4 o che se ne allontani perdendo l’aderenza. Fino a tempi recenti, le lenti a contatto morbide più usate per scopi terapeutici sono state quelle in idrogel. L’uso prolungato (diurno e notturno) di queste lenti ha però causato un numero notevole di complicazioni come conseguenza del fatto che non tutti i requisiti sopra esposti sono stati rispettati. Infatti, si sono presentati in conseguenza di ciò moltissimi casi di edema corneale, infiltrati stromali, neovascolarizzazione, microcisti e polimegatismo epiteliale, arrossamento acuto dell’occhio e cheratiti infettive3,5,6. Nel 1984, Holden e Mertz5 hanno stabilito che le lenti a contatto dovessero avere una trasmissibilità per l’ossigeno (Dk/L) di almeno 87 x 10-9 unità per ridurre la formazione di edema corneale notturno, e, a seguito di studi più approfonditi sulla fisiologia corneale, nel 19997 questo valore è stato spostato a 125 x 10-9 unità, caratteristiche non rispettate ad esempio dalle lenti convenzionali in idrogel. In uno studio effettuato nel 1989, Poggio e collaboratori8 hanno così riportato che l’incidenza di cheratiti ulcerative era quantificabile in 4,1/10000 casi in portatori di lenti a contatto giornaliere ed in 20,9/10000 casi in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato, indicando un incremento nel tasso di comparsa di questi fenomeni con l’utilizzo notturno di lenti in idrogel. Basandosi su questi risultati, i produttori di lenti a contatto hanno incrementato le ricerche su nuovi materiali che non solo avessero una più alta trasmissibilità per l’ossigeno, ma che presentassero anche una buona compatibilità con la superficie oculare. La scoperta del silicone idrogel, grazie all’incorporazione di elastomeri di silicone nell’idrogel, permette di avere un incremento della trasmissibilità per l’ossi- Contenuto in acqua Dk Dk / t a – 3.00 D Modulo Trattamento di superficie 24% 140 unità 175 x 10-9 (cm x mL O2) / (s x mL x mmHg) 1.2 MPa 25 nm di adesione di plasma Tabella 2 Principali proprietà e caratteristiche delle lenti a contatto in silicone idrogel Focus® Night & Day TM (da Kanpolat et al., 2003). 17 2004, vol. VI, n. 2 geno insieme all’eccellente capacità umidificante dell’idrogel 9,10,11. Oggi sul mercato sono disponibili con queste caratteristiche sia le lenti Focus® Night & DayTM sia le PureVision®. Una di queste lenti di nuova generazione in silicone idrogel è dunque la Focus® Night & DayTM (CIBAVision, Duluth, GA), costituita da lotrafilcon A, che è un silicone idrogel fluoroetere1. La tabella 2 mostra le principali proprietà di questo tipo di lente. In aggiunta agli elementi strutturali di silicone incorporati in una matrice di idrogel, questa lente ha uno specifico trattamento di superficie che è stato proposto per massimizzare la biocompatibilità, la resistenza alla formazione di depositi e l’umidificazione con il vantaggio di una notevole durata12. In un recente studio portato avanti da Kanpolat e collaboratori1, che ci interessa riportare per l’estensione dei casi, si è voluta testare la sicurezza e l’efficacia delle lenti a contatto Focus® Night & DayTM utilizzate a scopo terapeutico su un gruppo di 50 pazienti. Tutti i pazienti, nel corso dello studio, sono stati invitati ad instillare sostituti lacrimali privi di conservanti ed a presentarsi periodicamente in maniera regolare ai controlli. Le indicazioni terapeutiche per il bendaggio con le lenti a contatto hanno rispecchiato quelle precedentemente descritte e, ad ogni controllo, i pazienti sono stati seguiti nelle loro impressioni relative al trattamento di cui si è studiato l’andamento e gli eventuali successi. L’interesse degli studiosi si è rivolto soprattutto a quei pazienti che necessitavano di un utilizzo terapeutico prolungato (diversi mesi) di queste lenti ed a quelli con particolari patologie o che si sono dimostrati maggiormente predisposti a sviluppare complicanze legate all’uso delle lenti stesse. Includendo occhi che avevano subito procedure di ricostruzione della superficie oculare come il trapianto di membrana amniotica con o senza innesto autologo limbare, le lenti a contatto Focus® Night & DayTM si sono mostrate stabili sull’occhio con un adeguato centraggio ed adeguati movimenti. Le lenti sono state ben tollerate e in tutti i pazienti è stata mantenuta la funzione visiva preesistente senza discomfort. La manutenzione di queste lenti è risultata facile ed il relativo utilizzo, rimozione e riposizionamento è avvenuto senza alcuna difficoltà. Contrariamente a quanto si è verificato con le lenti convenzionali in idrogel, che necessitano di essere rimosse, pulite e reinserite ogni settimana, la infrequente sostituzione (ogni mese circa) delle Focus® Night & DayTM è vantaggiosa sia dal punto di vista dei pazienti, sia da quello dei medici. L’uso di tali lenti minimizza a r t i c o l o Uso terapeutico delle lenti a contatto in silicone idrogel dunque il rischio di trauma epiteliale, dolore ed infezioni in pazienti dai quali esse possono essere indossate a lungo riducendo sia il tempo d’impiego, sia il costo del trattamento. Dato l’aumento della disponibilità dell’ossigeno per la cornea di questi pazienti, non sono state osservate complicanze correlate all’ipossia come edema corneale, neovascolarizzazione o polimegatismo. Un solo paziente afachico con cheratopatia bollosa ha presentato come unica complicanza un infiltrato corneale dopo 10 mesi di utilizzo continuativo di queste lenti. Tale infiltrato si è risolto completamente in seguito alla rimozione delle lenti associata a terapia topica, senza causare diminuzione dell’acuità visiva ed il soggetto ha potuto riprendere il trattamento un mese dopo la risoluzione del problema senza alcun fastidio. Nessuno dei pazienti sottoposti all’osservazione di questo gruppo di ricerca ha sviluppato cheratiti infettive. Cinque soggetti hanno presentato mucin balls e si è appurato che esse si manifestano più frequentemente in portatori di lenti a contatto ad uso prolungato con più alto contenuto di silicone o che effettuino spostamenti di almeno 1 mm all’ammiccamento. Le mucin balls sono delle strutture approssimativamente tondeggianti a densità variabile che si formano tra la lente a contatto e la parte anteriore dell’epitelio corneale. Queste appaiono insolubili e stabili e le manipolazioni alle quali vengono sottoposte in laboratorio non compromettono la loro integrità; probabilmente è per questa intrinseca robustezza che non vengono appiattite dalla pressione esercitata su di esse dalla sovrastante lente a contatto ed è piuttosto l’epitelio corneale che si incava a tutto spessore sotto il loro stimolo meccanico13,14. Tutto questo si verifica in assenza di lesioni corneali e quindi di una risposta infiammatoria locale. La formazione delle mucin balls è resa possibile probabilmente dal movimento rotatorio continuo che si verifica dietro alla lente a contatto15,16 a partire da un nucleo di mucina collassata o disidratata anche se l’esatto meccanismo di formazione non è stato ancora precisamente delucidato. Questo particolare reperto non è comunque correlato alla patologia primaria per cui si è reso necessario l’uso terapeutico delle lenti a contatto e scompare completamente dopo rimozione delle lenti stesse. Un precedente studio ha evidenziato invece che circa la metà dei portatori di lenti in silicone idrogel (52%) durante il mese di utilizzo, fa uso di lacrime artificiali e più di uno su cinque (22%) ne fa uso tutti i giorni17, contro il 10% dello sudio di Kanpolat et all1. L’incidenza delle mucin balls, talvolta associate all’uso prolungato delle lenti in silicone idrogel e connesso ai depositi accumulati sotto le lenti, è stato quindi dimostrato essere più bassa nei soggetti che utilizzano lacrime artificiali17,18. Le lenti Focus® Night & DayTM hanno dimostrato dunque di avere una elevata capacità terapeutica, facilitano la completa guarigione corneale, permettono il sollievo dal dolore, migliorando l’acuità visiva. Conseguentemente il loro uso prolungato sembra essere una opzione sicura ed efficace nel trattamento di disordini selezionati della superficie oculare, traumi e lesioni post-trattamento chirurgico senza provocare ipossia o complicazioni oculari associate1. Infatti sono risultate altamente biocompatibili e minimizzano nel tempo il deposito proteico e lipidico non permettendo lo sviluppo della flora batterica locale4; inoltre, il loro programma di riposizionamento mensile riduce il tempo di impiego, il costo del trattamento ed i potenziali traumi causati da una più frequente rimozione delle lenti1. Precedentemente, anche Lim e collaboratori19 avevano riportato i risultati di uno studio sulle lenti a contatto in silicone idrogel PureVision® (Bausch & Lomb, Rochester, NY) usate per indicazioni terapeutiche. In questo studio sono stati analizzati 54 occhi di 54 pazienti seguiti per 11 mesi e quindi praticamente lo stesso numero di quelli di Kanpolat et all1. Gli Autori hanno riportato una completa sicurezza ed efficacia di queste lenti20 quando usate per il sollievo dal dolore, per la cicatrizzazione e protezione corneale promuovendo anche un miglioramento della visione ed apportando gli stessi vantaggi descritti per le lenti Focus® Night & DayTM 1. Tali lenti non sono risultate però completamente efficaci nella guarigione di un occhio con una perforazione corneale più larga di 2 mm. Le uniche due complicanze riscontrate sono state la dislocazione della lente con perdita di aderenza in una cornea precedentemente trapiantata ed un infiltrato corneale periferico sterile che ha risposto poi completamente alla terapia. 18 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o Uso terapeutico delle lenti a contatto in silicone idrogel 6. Ren DH, Petroll WM, Jester JV et al. (1999) The relationship between contact lens Summary Cause high diffusion of silicone hydrogel lenses in most diseases, the Authors describe their peculiarity. The results of recent studies confirm the safety and efficacy of silicone hydrogel lenses not only when used for therapeutic purposes, sed also in visual defects correcting. oxygen permeability and binding of Pseudomonas Aeruginosa to human corneal epithelial cells after after overnight and extended-wear. CLAO J., 25: 80-100 7. Harvitt DM, Bonanno JA (1999) Direct noninvasive measurement of tear oxygen tension beneath gas-permeable contact lenses in rabbits. Invest. Ophthalmol. Vis. Sci., 37 : 1026-1036 8. Poggio EC, Glynn RJ, Schein OD et al. (1989) The incidence of ulcerative keratitis among users of daily-wear and extended-wear soft contact lenses. N. Engl. J. Med., 321: 779-783 9. Brennan NA, Efron N, Weissman BA et al. (1991) Clinical application of the oxygen transmissibility of powered contact lenses. CLAO J., 17: 169-172 10. Efron N, Brennan NA (1999) Will increased oxygen really decrease extended wear infections? Optom. Vis. Sci., 776: 435-436 11. 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VI, n. 2 a r t i c o l o SOLO-care AQUA™ e l’effetto idratante HYDROLOCKTM Effect Stephen Kendig*, Chris Amos ** * Project Engineer, Lens Business Franchise, Ciba Vision Duluth, GA 30097 ** Project manager, Lens care products, Ciba Vision Duluth, GA 30097 Per gentile concessione di “Optometrytoday” (UK) È generalmente noto che le lenti morbide (idrogel) perdano parte del loro contenuto d’acqua in vivo1,2. Proprio questa perdita d’acqua può essere della uno dei fattori principali che contribuiscono alla mancanza di comfort durante il porto delle lenti, e alla sensazione di “secchezza”3. Oltre alla propensione delle lenti a perdere il loro contenuto d’acqua in vivo, l’umidità e gli sbalzi di temperatura influiscono notevolmente sulla rapidità con cui la lente si disidrata nell’occhio4. Sebbene ci si riferisca alle lenti morbide come idrofile, quando si trovano nell’occhio il loro contenuto d’acqua è inferiore a quando si trovano nel blister e, ancora più importante, il livello di idratazione in vivo continua a diminuire durante la giornata5. La perdita di idratazione causata dall’evaporazione dalla superficie anteriore della lente può essere consistente e viene compensata solo parzialmente dalla lacrima fornita dall’occhio, assumendo che venga effettivamente fornita6. L’occhio ha la capacità innata di ritardare l’evaporazione creando un sottile strato oleoso sulla superficie più esterna del film lacrimale. Se questo strato oleoso si rompe o l’apporto di lacrima si impoverisce, come tendenzialmente succede verso la fine della giornata, l’occhio può non essere in grado di compensare adeguatamente le perdite evaporative dalla lente a contatto7. Oltre che da variazioni graduali nell’arco della giornata, le lenti sono affette da improvvisi sbalzi di umidità che solitamente sono associati allo spostamento da ambienti con umidità più elevata ad altri con umidità più bassa, come ad esempio avviene entrando in un edificio chiuso. Gli effetti di questi sbalzi di umidità possono essere percepiti da molti portatori di lenti a contatto8. L’utilizzo di gocce umettanti e l’introduzione di materiali realizzati con l’intento di mantenere l’idratazione, possono offrire ad alcuni portatori un certo aiuto, ma il risultato è limitato se valutato nel lungo periodo9. È fondamentale tener presente che secchezza e mancanza di comfort continuano ad essere le ragioni principali che inducono i portatori all’abbandono delle lenti10. Alcune recenti soluzioni uniche per la disinfezione delle lenti sono formulate con ingredienti solitamente presenti nelle gocce lubrificanti/umettanti, nel tentativo di risolvere la questione della secchezza11. Un altro approccio è quello di indirizzarsi direttamente alla lente, realizzando una soluzione disinfettante in grado di “catturare” l’acqua e conservare i livelli di idratazione della lente anche quando è nell’occhio. Despantenolo e sorbitolo – idratante e umettante Il Despantenolo, conosciuto anche come Pantenolo o Pro-Vitamina B5, è stato studiato per i suoi effetti idratanti, in particolare quando utilizzato in modalità oculare. I dati riportati mostrano risultati favorevoli nell’utilizzo di gocce oculari contenenti despantenolo come trattamento per l’occhio secco, incluso il ripristino nel caso di disturbi della permeabilità dell’epitelio corneale12. Come idratante, il despantenolo crea un effetto barriera (Figura 1a), che ritarda l’evaporazione dell’acqua. Il sorbitolo è un umettante conosciuto – una Figura 1 Azione di despantenolo e sorbitolo in SOLO-care AQUA™ e i loro effetti combinati sulle lenti a contatto. 20 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o SOLO-care AQUA TM e l’effetto idratante HYDROLOCKTM Effect sostanza che assorbe e promuove la ritenzione dell’acqua dall’aria (Figura 1b). La combinazione di sorbitolo e despantenolo aumenta significativamente la capacità di SOLO-care AQUA™ di “catturare l’idratazione” e ritardarne l’evaporazione. Questo è quello che chiamiamo HYDROLOCK™ Effect, il cui effetto combinato è illustrato nella Figura 1c. Apparato sperimentale e metodi per l’analisi della perdita d’acqua e dell’efficacia dei prodotti per la disinfezione L’apparato per la misurazione dell’assorbimento dinamico di vapore, Dynamic Vapor Sorption (DVS) (Surface Measurements Systems Ltd) può essere utilizzato per monitorare la disidratazione delle lenti in idrogel misurando la massa di una lente quando è esposta ad umidità controllata. L’apparato è mostrato nella Figura 2. Le lenti vengono esposte ad umidità relativa al 95% per 15 minuti e poi rapidamente portate ad un 50% di umidità relativa per altri 60 minuti. Durante il test la temperatura dell’ambiente è controllata a 34 ± 0.3 C al fine di ricreare le condizioni presenti nell’occhio. Durante il processo di disidratazione, per ciascuna lente sono identificati la massa iniziale, quella finale, il tasso di perdita di peso e il contenuto d’acqua percentuale. Questo ci permette di quantificare l’efficacia delle soluzioni. Nel nostro studio abbiamo valutato la curva di disidratazione di 5 diverse lenti presenti sul mercato (Focus 1-2 Week®, Acuvue 2®, Cibasoft®, DAILIES®, e SofLens 66®) con contenuto d’acqua che varia da 37.5% a 69% (wt/wt), testate con 5 diverse soluzioni: il nuovo SOLO-care AQUA™, SoftWear® saline (come controllo), ReNu MultiPlus®, OptiFree Express® and Complete®. La Figura 3 mostra una tipica curva di disidratazione (linea rossa) ottenuta riducendo l’umidità repentinamente, in modo non graduale (linea blu tratteggiata). Figura 3 Curva di disidratazione DVS. Tasso di disidratazione (sezione lineare del grafico) Figura 2 Apparato per la misurazione dell’assorbimento dinamico di vapore DVS (DynamicVapor Sorption). Equilibrando le lenti in idrogel in diverse soluzioni per la disinfezione, il sistema DVS può essere usato per determinare se le diverse soluzioni migliorano la capacità di trattenere l’acqua della struttura polimerica della lente a contatto, ritardando di conseguenza la disidratazione. 21 2004, vol. VI, n. 2 Durante i primi 15 minuti dell’esperimento, l’umidità relativa è stata tenuta ad un tasso costante del 96%. Questo per eliminare l’eccesso di fluido sulla superficie che potrebbe essere rimasto dopo aver tolto le lenti dalle varie soluzioni in cui erano immerse. L’umidità relativa viene poi ridotta al 50%. Sottoposte a questa percentuale di umidità, tutte le lenti testate hanno cominciato a perdere rapidamente il loro contenuto d’acqua. Questa rapida perdita d’acqua rappresenta il tasso massimo di disidratazione che non dipende dalla soluzione ma che è dettata dal materiale di cui è composta la lente (Figura 3). Il tasso di disidratazione del materiale è definito come la pendenza della sezione lineare della curva di disidratazione, espressa in mg/min. a r t i c o l o SOLO-care AQUA TM e l’effetto idratante HYDROLOCKTM Effect Stato di equilibrio stazionario Dopo che le lenti hanno attraversato la fase di disidratazione lineare, il tasso di disidratazione viene ridotto al minimo mentre la lente cerca di stabilire uno stato di equilibrio stazionario (Figura 3). Durante questa transizione si verifica un punto di inflessione (I) e risulta evidente che le lenti stanno cercando di stabilire un equilibrio con l’ambiente. Risultati Tasso di disidratazione Nel caso di un determinato materiale per lenti a contatto, il tasso di disidratazione resta uguale in tutte le soluzioni; ciò significa che il tasso di disidratazione è indipendente dalla soluzione utilizzata (Figura 4, sezione A). le soluzioni. Le lenti trattate con SOLO-care AQUA™ sono meno disidratate rispetto a quelle trattate con altre soluzioni. Questa è la base per l’osservazione dell’effetto HydroLock™ . Punto di flesso Il cambio di pendenza della curva di disidratazione dalla sezione lineare alla sezione dello stato di equilibrio stazionario, varia da soluzione a soluzione: per esempio il punto di flesso (indicato con I nella Figura 3) non si verifica allo stesso tempo o allo stesso contenuto d’acqua in tutti i materiali. Può inoltre essere osservato che SOLO-care AQUA™ incide sui materiali delle lenti in diversi intervalli di tempo lungo la curva di disidratazione (Figura 5). Stato di equilibrio stazionario del contenuto d’acqua Le diverse soluzioni hanno prodotto diversi stati di equilibrio stazionario del contenuto d’acqua per un determinato materiale per lenti a contatto (Figura 4 sezione B). L’analisi statistica della regione dove le curve di disidratazione definiscono e sottostanno ad un cambio di pendenza, denota una significativa differenza tra Figura 5 Curva di disidratazione DVS di SOLO-care AQUA™ utilizzato su lenti di diversi materiali. Il punto di flesso di SOLO-care AQUA™ si trova prima nella curva e ad un contenuto d’acqua maggiore rispetto alle altre soluzioni testate sullo stesso materiale (Figura 4). Quando utilizzate con i diversi materiali. le soluzioni diventano statisticamente diverse durante separati intervalli di tempo: Figura 4 Curve di disidratazione DVS di diverse soluzioni utilizzate su lenti dello stesso materiale. - All’intervallo di tempo tra il 40esimo e il 50esimo minuto, le lenti Acuvue 2, Focus DAILIES e Cibasoft, trattate con SOLO-care AQUA™, sono significativamente più idratate rispetto a quando trattate con le altre soluzioni. 22 2004, vol. VI, n. 2 a r t i c o l o SOLO-care AQUA TM e l’effetto idratante HYDROLOCKTM Effect All’intervallo di tempo tra il 50esimo e il 60esimo minuto, le lenti Focus 1-2 Week (vifilcon A) trattate con SOLO-care AQUA™, sono significativamente più idratate rispetto a quando trattate con le altre soluzioni. - Dopo 60 minuti, le lenti SofLens 66 trattate con SOLO-care AQUA ™, sono significativamente più idratate rispetto a quando trattate con le altre soluzioni. - Tutte le lenti trattate con SOLO-care AQUA™ sono significativamente più idratate rispetto a quando trattate con le altre soluzioni. - Le lenti trattate con SOLO-care AQUA™ prevengono ulteriori disidratazioni, mentre le lenti trattate con le altre soluzioni continuano a disidratarsi (ossia le curve continuano a divergere). Nel complesso, dopo 70 minuti le lenti trattate con SOLO-care AQUA™ hanno un contenuto d’acqua superiore del 49.8% rispetto a quelle trattate con le altre soluzioni. La Figura 6 mostra il contenuto d’acqua percentuale di tutte le lenti dopo 70 minuti di immersione in SOLO-care AQUA™. SOLO-care AQUA™ è risultato statisticamente migliore rispetto a tutte le altre soluzioni testate, nell’incrementare il contenuto d’acqua allo stato stazionario in un particolare gruppo di lenti. SOLO-care AQUA™ ha portato ad un aumento del contenuto d’acqua all’equilibrio, mediamente del 50% in più rispetto alle altre soluzioni uniche testate. SOLO-care AQUA™ aumenta la capacità dell’idrogel di trattenere l’acqua, creando l’HydroLock™ Effect. Il conseguente aumento del contenuto d’acqua delle lenti a contatto può aiutare a ridurre la sensazione di secchezza di fine giornata, sintomo comune tra i portatori di lenti a contatto morbide. Utilizzando SOLO-care AQUA™ si può ottenere un aumento della capacità delle lenti a contatto morbide di mantenere il loro contenuto d’acqua, mantenendole più idratate per lunghi periodi di tempo. Un ringraziamento speciale a Alison Ewbank (Visioncare research), per il suo contributo. Bibliografia 1) Efron N, Brennan NA, Bruce AS et al. Dehydration of hydrogel lenses under normal wearing conditions. CLAO J 1987; 13:152-6. 2) Brennan NA, Lowe R, Efron N et al. In vivo dehydration of disposable (Acuvue) lenses. Optom Vis Sci 1990; 67:201-3. 3) Efron N and Brennan NA. A survey of wearers of low water content hydrogel contact lenses. Clin Exp Optom, 1988; 71:3 86-90. 4) Andrasko G. Hydrogel dehydration in various environments. ICLC, 1983; 10:22-8. 5) Pritchard N and Fonn D. Dehydration, lens movement and dryness ratings of hydrogel contact lenses. Ophthal Physiol Opt, 1995; 15:4 281-6. 6) Little SA and Bruce AS. Environmental influences on hydrogel lens dehydration and the post-lens tear film. ICLC, 1995; 22:148-155. Figura 6 Percentuale del contenuto d’acqua normalizzato a SOLOcare AQUA™ dopo 70 minuti. 7) Cederstaff TH and Tomlinson A. A comparative study of tear evaporation rates and water content of soft contact lenses. Am J Optom Physiol Opt, 1983; 60 16774.8) Nilsson SGE and Andersson L. Contact lens wear in dry environments. Acta Ophthalmol, 1986; 64:221-5. 9) Efron N, Golding TR and Brennan NA. The effect of soft lens lubricants on symptoms and lens dehydration. CLAO J, 1991; 17:2 114-9. 10) Pritchard N, Fonn, D and Brazeau D. Discontinuation of contact lens wear. Conclusioni ICLC, 1999; 26:157-61. 11) Christie CL and Meyler J. Contemporary contact lens care products. CLAE, SOLO-care AQUA™ ha un effetto sullo stato di equilibrio stazionario del contenuto d’acqua delle lenti in idrogel testate in questo studio. In questo studio 23 2004, vol. VI, n. 2 1997; 20:S11-S17. 12) Gobbels M, Gross D. Clinical study of the effectiveness of a dexpanthenol containing artificial tears solution (Siccoprotect) in treatment of dry eyes. Gross Klin Monatsbl Augenheilkd 1996 Aug-Sep;209(2-3):84-8. s f o g l i a n d o q u a e l à Perché oggi giorno, le lenti in silicone idrogel sono, per me, le lenti morbide di prima scelta Laurent Beyls Oftalmologo, Halluin Per gentile concessione della rivista “Les Cahiers d’Ophtalmologie” Sono arrivate, nel 1999, nei nostri studi le lenti costruite con materiali in silicone idrogel e hanno completamente cambiato il nostro approccio alle lenti morbide. Con una trasmissibilità all’ossigeno che oltrepassa i criteri necessari a permettere un uso giornaliero e continuo in tutta sicurezza, queste lenti chiamate “Iper Dk” rispondono alle esigenze fisiologiche di noi applicatori. L’esperienza clinica quotidiana e la soddisfazione dei pazienti, confortate dai numerosi studi sulle lenti in silicone idrogel – i più importanti mai realizzati sulle lenti a contatto - hanno rapidamente sancito queste lenti ad alto Dk come le lenti di prima scelta. Altra caratteristica delle lenti in silicone idrogel: la qualità della loro superficie che conferisce una eccellente resistenza ai depositi proteici e una lieve adesione batterica (studiata per la Pseudomonas Aeruginosa), riducendo così anche i problemi causati dalle infezioni. Il rischio di cheratite microbica stimata con queste lenti utilizzate con la modalità uso continuo è d’altro canto inferiore a quella con lenti a contatto morbide tradizionali utilizzate solo durante il giorno (1 su 10.000 contro 4 su 10.000 per le classiche lenti in idrogel utilizzate con modalità diurna). Perché le lenti in silicone idrogel 3 principali ragioni motivano la prescrizione di queste lenti: la sicurezza dal punto di vista fisiologico, la loro buona tolleranza, che si traduce in comfort eccellente per tutto il periodo di utilizzo, e l’elevato grado di soddisfazione dei pazienti. Risposta fisiologica L’elevato livello di ossigenazione della cornea, che si ottiene con le lenti in silicone idrogel, permette un’eccellente risposta fisiologica. Più la trasmissibilità all’ossigeno è elevata, migliore è la risposta fisiologica. Noi tutti abbiamo constatato, nella nostra pratica, che queste lenti sono le lenti “degli occhi bianchi”. È scientificamente dimostrato, nonché ampiamente osservato nelle nostre applicazioni (comprese quelle a lungo termine, dato che alcuni dei nostri utilizzatori le portano da oltre 5 anni), che le lenti in silicone idrogel non inducono iperemia limbare e neovascolarizzazione corneale. Fatto che permette di applicare nuovamente le lenti a quei portatori che presentano neovascolarizzazioni con le classiche lenti in idrogel e a bambini che non tollerano le lenti rigide gas-permeabili. Tratto dalla Rivista “Les Cahiers d’Ophtalmologie”, maggio 2004, pagine 15-17 Figura 1 Iperemia limbare con una tradizionale lente a contatto morbida in idrogel dopo 6 ore di uso. Tolleranza e comfort Il basso contenuto d’acqua di queste lenti induce una minor disidratazione dei materiali e migliora significativamente il comfort durante l’uso nelle cosiddette “ore di veglia”, lungo tutto l’arco della giornata, sia per coloro che lamentano sintomi di secchezza che per i portatori che fanno uso di schermi nel loro lavoro. Queste lenti in silicone idrogel, molto ben tollerate, diminuiscono i sintomi di irritazione o di fastidio, frequenti nei portatori delle classiche lenti a contatto morbide convenzionali e all’origine dei numerosi casi di abbandono. 24 2004, vol. VI, n. 2 s f o g l i a n d o q u a e l à Perché oggi giorno, le lenti in silicone idrogel sono, per me, le lenti morbide di prima scelta Figura 2 Dopo 30 giorni di uso di una lente a contatto in silicone idrogel. Soddisfazione dei pazienti Questo terzo aspetto che motiva la prescrizione di lenti a contatto in silicone idrogel è quasi certamente il fattore più importante nella scelta di queste lenti a contatto! L’ eccellente tolleranza quotidiana, la serenità per il futuro della cornea, la sicurezza nei confronti delle infezioni, la possibilità di utilizzarle con modalità diverse, spingono il portatore verso la scelta di questi materiali e verso un’elevata soddisfazione delle lenti e, a maggior ragione, del proprio applicatore. Questi portatori essendo molto soddisfatti sono fedeli al prodotto che usano e non sono interessati a discorsi sul prezzo o variazioni delle prescrizioni suggerite da altri, oltretutto non esistono lenti “senza marchio” che possano essere vendute sotto altro nome. Le lenti in silicone idrogel sono altresì una eccellente alternativa reversibile alla chirurgia refrattiva che invece è irreversibile. Il nostro dovere di dare sempre il meglio ci conduce verso l’utilizzo di lenti sicure che soddisfino i nostri pazienti, e tra le lenti morbide le lenti in silicone idrogel si impongono da sole. Quando applicare lenti in silicone idrogel Ogni volta che è possibile! I materiali in silicone idrogel possono essere utilizzati sia per l’uso continuo che per l’uso giornaliero. L’uso continuo a 30 giorni è raramente immediatamente accettato dai nostri pazienti miopi o ipermetropi che già usano lenti a contatto in idrogel. Non abbiamo forse ripetuto loro un innumerevole numero di volte, che non dovevano, soprattutto, dormire con le loro lenti a contatto? 25 2004, vol. VI, n. 2 Ma la possibilità di utilizzare lenti per un periodo prolungato, per una serata per esempio, o di poter uscire dall’impasse di dover prendersi cura delle lenti durante il weekend, suscita un interesse, per altro mai smentito. L’uso continuo arriva sovente dopo un periodo di uso notturno occasionale, quando il paziente “ci prende gusto”. L’applicazione ai bambini, di lenti iper Dk, è altresì un impiego importante, una nuova alternativa alle lenti rigide e gas-permeabili, non sempre accettate dai nostri pazienti. L’opzione dell’uso notturno con queste lenti rassicura i genitori di un adolescente, che indossa lenti a contatto in silicone idrogel, in quanto non corre rischi se, inavvertitamente, si addormenta con le lenti indosso. L’attuale gamma di lenti a contatto in silicone idrogel limita il loro utilizzo agli ametropi che necessitano di correzione sferica (da -13.00 a +5.50) con letture cheratometriche comprese tra 7.20 e 8.20 mm. Se l’utilizzo di queste lenti non è ancora possibile per i presbiti o gli astigmatici, se l’uso occasionale e i problemi di allergia rimangono appannaggio delle lenti giornaliere, non ci sono ragioni mediche per utilizzare come prima scelta, tra le lenti mensili, una lente in idrogel quando possiamo scegliere una lente in silicone idrogel. Come applicare le lenti in silicone idrogel L’applicazione delle lenti in silicone idrogel non comporta difficoltà particolari rispetto all’applicazione di una classica lente mensile in idrogel. Tuttavia il “modulo” o coefficiente di rigidità delle lenti impone un’applicazione più precisa. Una lente in silicone idrogel troppo mobile è fastidiosa. Essa determina la Figura 3 Formazione di un becco (sollevamento del bordo): applicazione troppo piatta. s f o g l i a n d o q u a e l à Perché oggi giorno, le lenti in silicone idrogel sono, per me, le lenti morbide di prima scelta Foto 4 Sfere di mucina dopo la rimozione delle lenti, evidenziate in fluoresceina. formazione di un becco sul bordo della lente, altre volte osservato nelle vecchie lenti morbide mal applicate. La possibilità di ricorrere a una curva base più stretta con le lenti Focus Night & Day di Ciba Vision permette di risolvere certe applicazioni insoddisfacenti. Il loro modulo, 4 volte più elevato di quello delle classiche lenti in idrogel, ha il vantaggio di rendere la manipolazione più facile, cosa particolarmente gradita dai nuovi portatori, oltre a facilitare il riconoscimento del diritto e del rovescio della lente. Talvolta può accadere di avere una sensazione di lente più “spessa”, anche se le lenti hanno uno spessore equivalente. È necessario quindi informare preventivamente il portatore della sensazione inusuale e rassicuralo. Se 1 portatore su 10 preferisce le sue lenti in idrogel, 9 su 10 ritornano dopo un mese con i loro occhi di un bianco pressoché dimenticato e il più grande dei sorrisi. Con le lenti in silicone idrogel possono comparire le sfere di mucina. Del tutto asintomatiche, sono un segno, se in numero importante (più di 50), di applicazione troppo piatta ed è quindi necessario ricorrere ad un raggio di curvatura più corto. La presenza di una iperemia congiuntivale durante la fase iniziale dell’applicazione impone un cambiamento della geometria delle lenti (raggio, diametro), poiché l’iperemia non sparirà con l’uso delle lenti. La frequenza di controlli nell’uso giornaliero è quello delle classiche lenti. E in caso di uso continuo, i controlli dopo una notte e un mese si impongono prima della prescrizione. Quanto verranno a costare al paziente ? Certamente un po’ più care delle classiche lenti in idrogel, ma molto più affidabili! Le automobili oggi giorno sono certamente più care di quelle di 20 anni fa, ma hanno prestazioni migliori e sono più comode!. L’ossigenazione ottimale della cornea e il rispetto della fisiologia corneale nel lungo e nel breve termine, oggi giorno sono molto più importanti dato che applichiamo lenti a persone sempre più giovani. La medicina ha il dovere di informare i suoi pazienti dell’esistenza di questi materiali. La questione prezzo non è una ragione per non far conoscere ai pazienti la qualità delle lenti. In conclusione L’avvento dei materiali in silicone idrogel è un miglioramento, in termini medici, innegabile, favorisce la sicurezza dell’uso delle lenti a contatto e diminuisce i rischi d’infezione e di neovascolarizzazione. La possibilità di un uso continuo a lungo termine è un avanzamento rimarchevole. Abbiamo la possibilità di vedere aprirsi davanti a noi, grazie ai materiali in silicone idrogel, una nuova pagina della contattologia. È con una reale fiducia che come applicatori proponiamo ai nostri pazienti un progresso immediato, un uso continuo e un avvenire contattologico sereno. Chi può rifiutare il progresso? Bibliografia 1. Cavanagh H, Ladage P, Li S, Yamamoto K, Molai M, Ren D, Petroll W, Jester J. Effects of daily and overnight wear of a novel hyper oxygen-transmissible soft contact lens on bacterial binding and corneal epithelium: a 13-month clinical trial. Ophthalmol 2002;109:1957-69. 2. Ren D, Yamamoto K, Ladage P, Molai M, Li S, Petroll W, Jester J, Cavanagh H. Adaptive effects of 30-night wear of hyper-O2 transmissible contact lenses on bacterial binding and corneal epithelium: a 1-year clinical trial. Ophthalmol 2002;109:27-40. 3. Dumbleton KA, Chalmers RL, Richter DB, Fonn D. Vascular response to extended wear of hydrogel lenses with high and low oxygen permeability. Optom Vis Sci 2001;78:147-51. 4. Papas E et al. On the relationship between soft contact lens oxygen transmissibility and induced limbal hyperaemia. Exp Eye Res 1998;67:125-31. 5. Tan J, Keay L, Jalbert I, Naduvilath TJ, Sweeney DF, Holden BA. Mucin balls with wear of conventional and silicone hydrogel contact lenses. OVS 2003;80(4):291-7. Traduzione a cura di Marica Lava 26 2004, vol. VI, n. 2 r u b r i c a in libreria Laura Boccardo Ipovisione. I fondamenti e la pratica Ipovisione. I fondamenti e la pratica Luigi Lupelli Medical Books, 2004 450 pagine 229 figure e grafici in bianco e nero, 4 pagine di tavole a colori Lingua italiana Il trattamento dell’ipovisione sta assumendo in questi ultimi anni una sempre maggiore rilevanza sociale. Ciò è dovuto, in larga parte, all’aumento dell’età media, con un incremento dell’incidenza di malattie oculari degenerative che, a sua volta, ha portato ad una lievitazione del numero di individui con disabilità visiva. Il trattamento dell’ipovisione richiede la collaborazione di operatori ad elevata spe27 cializzazione: medici, in particolare oftalmologi, optometristi, ottici, ortottisti, tecnici della riabilitazione e psicologi. In questo ambito di multidisciplinarità, la contattologia riveste un ruolo piuttosto atipico, ma decisamente sorprendente. Atipico perché il più delle volte viene messo in atto senza rendersi conto che l’applicazione di lenti a contatto possa essere un vero e proprio trattamento per l’ipovisione, sorprendente perché, dove vi sia un’indicazione specifica, in maniera semplice il soggetto riesce ad ottenere un incremento, a volte notevole, della performance visiva. Il libro si struttura in due parti: i fondamenti e la pratica. Nella prima parte vengono trattati: la storia del trattamento dell’ipovisione; il campo di azione: definizione, terminologia e legislazione; l’epidemiologia e le cause; gli aspetti psicologici e psicosociali; l’esame della funzione visiva e dello stato refrattivo; i principi di ottica nelle disabilità visive e l’ottica dell’ingrandimento. Nella seconda parte vengono trattati: gli ausili ottici per lontano e per vicino; il ruolo delle lenti a contatto; gli ausili elettronici ingrandenti; gli ausili non ottici funzionali; l’importanza della luce sulle capacità visive residue; la riabilitazione; il trattamento dei bambini ipovedenti; il rapporto fra mobilità, guida e ipovisione. Infine viene riportata una serie di casi clinici tratti dall’esperienza di un nostro collega che lavora in un reparto ospedaliero di ipovisione in Gran Bretagna. Per quanto riguarda le lenti a contatto, viene analizzato il loro impiego nel trattamento dell’ipovedente per: migliorare la qualità ottica della cornea, ingrandire l’immagine retinica nella miopia elevata corretta con occhiali, ridurre l’abbagliamento tramite il decremento della pupilla di entrata, agire come oculare di un sistema telescopico occhiale-lente a contatto, agire come telescopio e, infine, ridurre l’intensità del nistagmo. Non tutti questi argomenti vengono comunemente trattati nei testi di lenti a contatto, dato che devono essere inseriti in un contesto più ampio di trattamento del paziente ipovedente. Luigi Lupelli e i suoi collaboratori, anche attraverso un’opera di meticolosa revisione della letteratura sull’argomento, sono riusciti a mettere a disposizione degli operatori sanitari italiani una guida preziosa per il trattamento dell’ipovisione in ogni fascia di età, in una maniera estremamente comprensibile. Medical Books Via Liborio Giuffrè 52 90127 Palermo Tel. 091/6512259 Tel. e fax: 091/6512048 r u b r i c a tips & tricks Laura Boccardo Ripassiamo un concetto di base Quando valutate una lente rigida, ricordatevi sempre di osservarla in luce bianca prima di mettere la fluoresceina. Infatti, non appena instillate il colorante, aumenta notevolmente il volume delle lacrime ed il comportamento della lente ne viene alterato. Per esempio può non aderire alla palpebra, con questo eccesso di volume lacrimale, anche se in realtà ciò avviene quando il volume di lacrime è normale. Ancora meglio sarebbe osservare la lente senza lampada a fessura, perché anche la luce intensa può aumentare il volume delle lacrime. John Mark Jackson, Contact Lens Today, 14-03-2004 Quando si abbassa la palpebra L’applicazione di lenti RGP può essere causa di lieve ptosi. L’abbassamento della palpebra superiore può diventare esteticamente molto fastidioso soprattutto in caso di applicazione monolaterale, quando un occhio rimane più chiuso dell’altro. In questi casi, se non si vuole abbandonare completamente l’uso di lenti a contatto, si può riapplicare una lente morbida. I pazienti apprezzeranno molto il miglioramento estetico, ma, nel caso l’applicazione di una lente morbida sia causa di una qualità visiva più scadente, bisognerà verificare se questo peggioramento visivo è accettabile. Daniela Garese, Contact Lens Today, 04-02-2004 Patti chiari e amicizia lunga Quando vi rivolgete ad un paziente che porta o che intende applicate lenti a contatto, fategli un discorso chiaro fin dall’inizio: “Per trovare l’applicazione migliore per te, mi preoccupo di cinque cose (mostrate la mano con le cinque dita aperte): Prima, e più importante, (toccate il pollice) la tua salute e sicurezza. Non accetto compromessi su questo punto, che include: il tipo di lenti, il sistema di manutenzione, i tempi di sostituzione, le istruzioni e le visite di controllo. Dopo la sicurezza vengono (toccate in sequenza le altre dita): la visione, il comfort, la convenienza ed il costo.” Usate il dito mignolo per indicare il costo, per far capire al paziente che questo è il criterio di scelta meno importante. I pazienti sembrano comprendere che a volte il risultato complessivo migliore non si ottiene con le lenti più economiche. È molto utile fare riferimento a questi punti basilari se il paziente diventa indisciplinato nel rispettare i tempi di sostituzione o le visite di controllo: ricordategli quali sono state le vostre preoccupazioni fin dall’inizio in modo che capisca cosa rischia con il suo comportamento. Mark Pifer, CLToday Fitting Tip of the Month, Aprile 2004 Lenti a contatto e viaggi aerei Il basso tasso di umidità all’interno degli aeroplani può essere un problema per i portatori di lenti a contatto. Doug Apsey, OD, MS, ora ufficiale della US Air Force, una volta ha misurato nella cabina un’umidità del 4%! Per limitare la disidratazione durante il volo, un fastidio per tutti, non solo per chi indossa lenti a contatto, bisognerebbe evitare bevande alcoliche fin dal giorno precedente e bere molto durante il volo. Inoltre i portatori di lenti a contatto dovrebbero instillare ripetutamente gocce umettanti. Malgrado queste precauzioni una nostra collega (Laura Steiner Christy, Contact Lens Today 11-042004) senza alcun problema di occhi secco o intolleranza all’uso delle sue lenti a contatto, dopo un viaggio di circa due ore e mezza, ha riportato un’adesione delle lenti a contatto, con conseguente abrasione corneale e visione distorta per almeno un paio di giorni. James Meany (Contact Lens Today, 18-04-2004) suggerisce di applicare dei puntum plug provvisori in collagene, in abbinamento ai lubrificanti: a differenza che negli Stati Uniti, l’uso di questi “tappi” per il puntino lacrimale non è per niente diffuso nel nostro paese e, comunque, questa sarebbe una soluzione preclusa agli optometristi italiani. Sicuramente non tutti reagiscono nello stesso modo alla carenza di umidità e che vive in climi aridi, probabilmente, và incontro ad un processo di adattamento (Frank J. Weinstock, Contact Lens Today 18-04-2004), mi domando però se sarebbe più sicuro, e anche più semplice, consigliare ai nostri pazienti che debbano trascorrere molte ore in volo, di non indossare le lenti a contatto per il viaggio. Ogni commento è gradito. (L.B.) Avete un piccolo trucco o qualsiasi suggerimento che possa risolvere i problemi più comuni che si incontrano nella pratica contattologica di tutti i giorni? Avete piacere di condividerlo con i colleghi? Inviate i vostri Tips&Tricks alla redazione di LAC. 28 2004, vol. VI, n. 2
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L. Sorbara (Waterloo), M. Zuppardo (Roma), F. Zeri (Roma)
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