APOSTOLATO UNIVERSALE. Continuità e sviluppo. Rivista
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APOSTOLATO UNIVERSALE. Continuità e sviluppo. Rivista
APOSTOLATO UNIVERSALE. Continuità e sviluppo. Rivista semestrale dell’Istituto S. Vincenzo Pallotti, anno XI, n. 21/2009 STUDIO E FORMAZIONE L’OPERA MISSIONARIA DI SAN PAOLO NELLA VITA DI SAN VINCENZO PALLOTTI P. Vito Del Prete PIME Segretario Generale della Pontificia Unione Missionaria Roma, 9 ottobre 2008 PREMESSA L’incontro sulla spiritualità di san Vincenzo Pallotti mi offre la possibilità di addentrarmi nella sua vita perché egli è anche il patrono della Pontificia Unione Missionaria, di cui sono segretario generale. Nella motivazione di questa designazione, Giovanni XXIII il 6 aprile 1963 scriveva: “È sembrato conveniente donare a questo pio sodalizio sacerdotale il patrocinio di un Santo, affinché i singoli membri contribuiscano con maggiore alacrità alla propagazione del nome cristiano, e si raccolgano frutti spirituali ancora maggiori. Si presenta così al pensiero san Vincenzo Pallotti, a cui recentemente abbiamo decretato i celesti onori. Egli prodigò le più solerti cure per la causa missionaria e si adoperò validissimamente affinché i fratelli separati dalla comunione con la Sede Apostolica ritornassero all’unico ovile di Cristo” 1 . L’idea moderna della Pontificia Unione Missionaria è del Pallotti. La Chiesa, anche se in ritardo, ne riconosce i progetti, le vedute, e le iniziative missionarie, affidando questa struttura presbiterale di comunione missionaria al santo sacerdote romano2. Dalle intuizioni di Vincenzo Pallotti, con la collaborazione dei suoi figli spirituali e membri della sua fondazione dell’Apostolato Cattolico sorsero alcuni Istituti esclusivamente dedicati alla missio ad gentes, come quello del Seminario per le Missioni Estere di Milano, fondato praticamente e retto da Giuseppe Marinoni3, il Seminario Pontificio dei santi apostoli Pietro e Paolo per le Missioni Estere voluto da Pio IX e fondato da Pietro Avanzini nel 18744, e tutti e due confluirono per formare nel 1926 il Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) di cui fu primo Superiore Generale il beato P. Paolo Manna, fondatore dell’Unione Missionaria del Clero5. Possiamo certamente dire, senza ombra di esagerazione, che Vincenzo Pallotti ha iniziato il movimento missionario moderno nella Chiesa, perché spinto da due passioni: la passione per Dio Trinità, che è Amore infinito e la passione per l’umanità, sull’esempio di Cristo, Figlio di Dio che ci 1 Il motu-proprio in lingua italiana è pubblicato, cfr. San Vincenzo Pallotti, patrono dell’Unione Missionaria, decreto, in “Rivista della Diocesi di Roma”, anno IV, n. 78, luglio-agosto 1963, p. 423; per il testo latino, cfr. S. Vincentius Principalis Patronus Pontificae Unionis Missionariae Cleri constitutur, in ACTA SAC V (1962-1964), pp. 369-370. 2 Cfr. Sermo ab Exc.mo D.no Petro Sigismondi in honorem S. Vincentii Pallotti die 15 Maii 1963 in eccl. SS. Salvatoris in Unda habitus, in ACTA SAC V (1962-1964), p. 403. 3 Cfr. Giovanni Battista Tragella, Le Missioni Estere di Milano nel quadro degli avvenimenti contemporanei 1. Dalla erezione dell’Istituto alla morte del fondatore, P.I.M.E., Milano 1950, pp. 391. 4 Cfr. Francesco Vistalli, Il card. Francesco di Paola Cassetta nella sua età e nella sua opera, Bergamo 1933, pp. 432-444. 5 Paolo Manna nacque ad Avellino il 16 gennaio 1872 e morì a Napoli il 15 settembre 1952. Fu un missionario appartenente al PIME, il fondatore della Pontificia Unione Missionaria e fu beatificato da Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001. ha amato tanto sino a morire su una croce. In tutta la sua vita e nella realizzazione delle sue opere il Pallotti ebbe fisso lo sguardo su san Paolo, stratega, araldo, apostolo, banditore del Vangelo (cfr. 2 Tm 1, 1.11), il più grande missionario della Chiesa. Nella presentazione delle mie riflessioni mi focalizzerò su due punti: l’opera evangelizzatrice di san Paolo, la sua spiritualità apostolica e la sua visione e ambito universali; il moderno movimento missionario nella Chiesa iniziato da san Vincenzo Pallotti. 1. PAOLO APOSTOLO Sulla via di Damasco san Paolo era stato folgorato dalla visione di Cristo risorto e aveva sperimentato e compreso che la redenzione e la missione sono opera di Dio e del suo amore. Solo in Cristo l’umanità può trovare redenzione e speranza di una pienezza di vita. Da allora poté affermare, che non era più lui che viveva, ma era il Cristo che viveva in lui (cfr. Gal 2, 20). E niente avrebbe mai potuto separarlo da Cristo, nemmeno la morte. L’amore verso Cristo lo portò a percorrere le strade dell’Impero romano come araldo, apostolo, banditore, maestro del Vangelo, del quale si proclamava “ambasciatore in catene” (Ef 6, 20). La carità divina lo rese “tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno” (1 Cor 9, 22). Avvertì impellente e urgente la missione di annunciare “la promessa della vita che è in Cristo Gesù” (2 Tm 1, 1), “nostra speranza” (1 Tm 1, 1), perché tutte le genti potessero condividere la stessa eredità e partecipare alla promessa per mezzo del Vangelo (cfr. Ef 3, 6). Era cosciente che l’umanità senza Cristo è “senza speranza e senza Dio nel mondo - senza speranza perché senza Dio”6. “Guai a me - ribadiva san Paolo - se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9, 16). La sua attività indefessa di evangelizzatore è prima di tutto la risposta all’amore con cui Dio lo ha amato come lui stesso confessa: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2, 20). Il suo amore lo spinge necessariamente verso la missio ad gentes, ad andare alle frontiere geografiche e antropologiche dell’umanità e ad abbeverarsi continuamente “a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio”7. Solo da Cristo egli attinse l’attenzione, la tenerezza, la compassione, l’accoglienza, la disponibilità, l’interessamento alle sue comunità e la donazione totale nell’esercizio del suo ministero di evangelizzatore. 2. LA VOCAZIONE La chiamata di Paolo a vivere con Cristo e in Cristo era per lui, allo stesso tempo, una chiamata all’apostolato. Egli dirà che, come a Pietro è stato dato l’apostolato tra i Giudei, a lui è stato conferito il ministero di evangelizzazione tra i gentili. Egli si presenta come servo di Dio e di Gesù Cristo, apostolo per vocazione, scelto per portare il Vangelo ai confini della terra. Ciò che lo spinge è l’amore di Cristo e la salvezza degli uomini, che hanno tutti indistintamente bisogno della fede che salva, di quel Vangelo che è l’energia salvifica di Dio. A lui è stato rivelato il piano nascosto dai secoli in Dio, che cioè anche i gentili sono ammessi alla stessa eredità, membri dello stesso Corpo, beneficiari della stessa promessa, in Cristo Gesù, per mezzo del Vangelo, di cui egli è ministro per grazia di Dio. La vocazione di san Paolo si esprime nell’annunciare ai pagani l’insondabile ricchezza di Cristo e illuminare per loro il mistero di Dio. 3. SPIRITUALITÀ APOSTOLICA 6 Benedetto XVI, Lettera enciclica “Spe salvi” sulla speranza cristiana (30 novembre 2007), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2007, n. 3, p. 8. 7 Benedetto XVI, Lettera enciclica “Deus caritas est” sull’amore cristiano (25 dicembre 2005), Tipografia Vaticana - Editrice “L’Osservatore Romano”, Città del Vaticano 2005, n. 7, p. 21. La spiritualità di san Paolo è quella dell’apostolo, che si è conformato in tutto e per tutto a Cristo. Ne ha copiato le sembianze, scolpendo a caratteri di carne la sua immagine nel proprio cuore. Ne porta le stimmate nel suo corpo, perché ha crocifisso con lui la sua carne in croce, è morto con lui, è seppellito con lui, è risorto nello spirito con lui. È Cristo che vive in lui, la vita di Cristo è la sua vita. Dirà ai Galati che lo criticavano: “D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo” (Gal 6, 17). San Paolo vive quindi con lo Spirito di Cristo che è in lui. Per il Vangelo va incontro ad ogni pericolo, sopporta sacrifici e ingiurie, abbandono da parte di tutti, persecuzioni, carcere, tradimenti, sino a dare il proprio sangue. È un annunciatore del Vangelo, ma è soprattutto un testimone, fino al punto da proporsi come modello per i fedeli delle comunità da lui fondate: “Diventate miei imitatori, come io sono di Cristo” (1 Cor 11, 1). Questo gli ha permesso di annunciare con coraggio e franchezza il Vangelo, non assecondando la mentalità dei suoi ascoltatori, né per farsi accettare dalla gente e ricercare la gloria umana. Egli era convinto che diventando amico degli uomini sarà nemico di Dio e che deve predicare il Vangelo in tempo opportuno e inopportuno, in tutta libertà. 4. UNIVERSALISMO E STRATEGIA APOSTOLICA San Paolo ha sempre rivendicato l’universalità e la cattolicità del cristianesimo. Se tutti hanno peccato e hanno bisogno della fede in Cristo, allora è necessario che il Vangelo giunga dovunque, e ad ogni uomo e ad ogni nazione. Questa caratteristica è essenziale alla via nuova, proposta dal cristianesimo, perché Cristo è la piena e definitiva rivelazione di Dio all’umanità. Egli parte però dalle comunità di fede giudaica, dal popolo delle promesse, e poi si rivolge ai gentili. Paolo è formatore delle comunità. Egli cura le comunità che ha fondato, le sprona alla fedeltà e alla testimonianza, che sono mezzi credibili ed efficaci dell’evangelizzazione. Egli non evangelizza da solo, ma sceglie dei collaboratori. Dapprima sceglie, forma e mette a capo delle comunità leader, capi locali episcopoi. Nel discorso agli anziani di Efeso, ai quali sulla spiaggia di Mileto dà il saluto di addio, espone la sua personalità apostolica e la sua strategia di evangelizzazione: “Ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al Vangelo della grazia di Dio. (...) Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della chiesa di Dio” (At 20, 19-28). La formazione dei vescovi e dei responsabili delle giovani comunità cristiane è un segno del successo dell’attività missionaria di san Paolo. Le comunità dovevano crescere, maturare nella comprensione e accoglienza del mistero di Cristo. Ciò non era facile perché vivevano in un mondo degradato da un punto di vista religioso ed etico. San Paolo svolge l’attività di evangelizzazione dei gentili, circondato dai collaboratori che condividevano la sua stessa ansia di diffondere il Vangelo ed erano disposti ad essere missionari erranti. Facevano parte di questa cerchia uomini e donne (Luca, Marco, Aquila e Priscilla e tutti quelli che vengono nominati nelle lettere - e non sono pochi). Con loro rifletteva sulla metodologia di evangelizzazione e sui suoi contenuti; con loro e per mezzo di loro effettuava i suoi numerosi viaggi missionari; confidava nella loro accoglienza, nella preparazione delle sue attività apostoliche. Egli era capace di animare tutti e di spingerli sulle vie della missione. 5. VINCENZO PALLOTTI, PROFETA DELLA MISSIONARIETÀ MODERNA Vincenzo Pallotti, sacerdote romano, sta all’inizio della fase moderna dell’attività evangelizzatrice, sia per quanto riguarda la missione della Chiesa sia il suo ambito di attività8. La Chiesa è cattolica, cioè universale, il che vuol dire che tutte le chiese particolari, tutti e ognuno dei loro membri, tutte le istituzioni e i movimenti sono connotati da una naturale dimensione missionaria. Per cui la prima, essenziale e necessaria missione della Chiesa è quella di annunciare il Vangelo a tutti gli uomini. La cattolicità o universalità riguarda sia i responsabili dell’evangelizzazione sia i suoi destinatari. Oggi queste affermazioni sono ovvie e fanno parte del sentire comune della Chiesa cattolica. Ma così non era ai tempi di san Vincenzo Pallotti, umile sacerdote con il cuore di vasti orizzonti sulla Chiesa. Ebbe il sentire e il cuore di san Paolo, al quale deve guardare e rifarsi ogni grande fondatore missionario. Per vedere meglio il pensiero paolino che ha accompagnato la vita e le opere di Vincenzo Pallotti, dobbiamo prima tratteggiarne la figura nella sua totalità. 5.1. La personalità apostolica Per comprendere l’opera di Vincenzo Pallotti è essenziale vedere le motivazioni profonde che l’hanno spinto ad un’attività apostolica che oggi diremmo frenetica, mai appagata da se stessa. Due cose suscitano la nostra ammirazione: la sua instancabile dedizione apostolica e il suo vivissimo spirito sacerdotale9 . Egli era preoccupato di fare tutto il bene possibile. La sua attività apostolica scaturiva ed era direttamente motivata dall’amore di Dio. Vincenzo Pallotti pone come primo fondamento della missione la contemplazione della Santissima Trinità. Come mistico, grande contemplativo del mistero divino, egli voleva che tutto in lui fosse trasformato nella vita di Gesù Cristo: “Signore Gesù, togli me e metti Te; la mia vita sia distrutta, e la tua vita sia la mia vita e la vita della Beatissima Trinità sia la mia vita. La vita della Beatissima Trinità è perpetua contemplazione e dilezione, e perpetua comunicazione dello Spirito Santo; per una contemplazione perpetua il Padre genera il Figlio, per una dilezione perpetua il Padre e il Figlio come un solo principio spirano lo Spirito Santo”10. Nel Verbo incarnato, Gesù Cristo, egli contempla il mistero della Trinità, da cui scaturisce il secondo fondamento della missione - l’amore di Dio e l’amore del prossimo: “Vivere sempre in Dio, operare sempre per Dio, pensare e parlare e far uso dei sensi del corpo e delle potenze dell’anima e delle cose create per la maggior gloria di Dio (...) e per la più perfetta osservanza del precetto della carità dobbiamo procurare per quanto possiamo la maggiore santificazione del nostro prossimo”11. Nel vivere l’amore verso Dio e verso il prossimo dobbiamo - secondo il Pallotti - imitare in modo più perfetto Gesù Cristo: “Gesù mio, (...) distruggi la vita mia, dammi la vita tua e con questa voglio vivere”. (...) Gesù mio (...) dammi la carità tua e fa’ che io viva e sia trasformato nella carità tua”12. La perfetta imitazione conduce alla totale trasformazione in Gesù Cristo. Perciò il Pallotti può esclamare con le parole di san Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). In questo modo egli vive anche la vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo13. Come san Paolo anche il Pallotti era nutrito dalla contemplazione di Dio, da cui scaturiva il forte impulso all’apostolato universale. La motivazione profonda, che accompagna tutta la sua vita 8 Cfr. Concilio Vaticano II, Decreto sull’attività missionaria della Chiesa, nn. 5-6. 9 Cfr. Francesco Todisco SAC (a cura di), San Vincenzo Pallotti profeta della spiritualità di comunione, Società dell’Apostolato Cattolico, Roma 2004, p. 161. 10 San Vincenzo Pallotti, Opere complete, a cura di Francesco Moccia SAC, Curia Generalizia della Società dell’Apostolato Cattolico, Roma 1964-1997, voll. I-XIII (= OOCC), qui cfr. OOCC X, pp. 157-158 (il testo citato è in latino). 11 OOCC II, p. 290. 12 OOCC X, pp. 668-669 e 675. 13 Cfr. OOCC X, p. 731 (il testo citato è in latino). e ne spiega l’attività sorprendente di apostolo e di fondatore, la sua creatività e l’ardore quasi abituale, si basano sulle parole di san Paolo: “L’amore del Cristo ci spinge” (2 Cor 5, 14). Infatti egli scelse questo motto per sé e per la pia Unione dell’Apostolato Cattolico. Di conseguenza incentra tutto il suo ministero e la sua fondazione sulla carità verso Dio e verso il prossimo. 5.2. Vocazione missionaria Dalla contemplazione del mistero divino Vincenzo Pallotti si sentì spinto all’impegno in favore delle missioni a cui dedicò gran parte della sua vita. Non si sottrasse a nessun sacrificio, a nessuna richiesta, a nessuna intuizione. Ebbe la libertà di osare a far impegnare tutti in tutto per annunciare il Vangelo e accettare ogni sofferenza per questa causa. La sua fu una missione olistica, come la intende oggi la Chiesa nell’insegnamento del Concilio Vaticano II. Il Pallotti, come san Paolo, vedeva l’apostolato in termini universali e ciò si rivelava soprattutto nella sua preghiera che abbracciava tutto e tutti; pregava e faceva pregare per le necessità di tutti gli uomini, per tutto il mondo, per la santificazione e la conversione di tutto il mondo. Nel 1822 scriveva al suo amico e canonico Luigi Piacentini: “Implori su di me lo spirito di santificare tutto il mondo”14. Lo Spirito di Dio lo preparava ad essere profeta della vocazione universale all’apostolato alla quale partecipano a pieno titolo anche i fedeli laici. Sull’esempio di san Paolo ebbe la capacità di farsi tutto a tutti, pur di guadagnare qualcuno. Voleva raggiungere ogni luogo in cui annunciare il Vangelo, per portare la salvezza agli uomini, rafforzare la fede e soccorrere le persone bisognose. Voleva essere libero da incarichi che lo legassero troppo, impossibilitandolo ad essere presente dove era più necessario. Seguendo le orme di san Paolo, rispondeva alle richieste urgenti, accompagnava le comunità da lui fondate, volendo allargare sempre più gli orizzonti delle sue attività ed estenderli fino ai confini della terra. Questa ansia apostolica è espressa nella spiritualità della sua fondazione e nella novità delle sue intuizioni. 5.3. Universalismo e strategia apostolica La stretta collaborazione di Vincenzo Pallotti con la Congregazione “De Propaganda Fide” e la sua esperienza acquisita tramite l’incarico di direttore spirituale al Collegio Urbano, gli hanno fatto vedere che una delle urgenze nelle terre delle missioni era la formazione dei sacerdoti missionari e delle persone coinvolte nel campo dell’evangelizzazione. Si può dire che Dio lo scelse per ricordare alla Chiesa la vocazione universale all’apostolato, alla quale partecipano a pieno titolo anche i fedeli laici. In questo modo Dio suscitò in lui lo spirito di profeta e di fondatore. La missione di profeta è espressa dalle parole di ispirazione a fondare l’opera apostolica: “Dio mio, misericordia mia, voi nella vostra infinita misericordia, mi concedete in modo particolare di promuovere, stabilire, propagare, perfezionare, perpetuare almeno col più vivo desiderio nel vostro Santissimo Cuore: 1. una pia Istituzione di un Apostolato universale in tutti i cattolici per propagare la fede e la religione di Gesù Cristo presso tutti gli infedeli, non cattolici. 2. Altro apostolato occulto per ravvivare, conservare e accrescere la fede tra i cattolici. 3. Una istituzione di carità universale nell’esercizio di tutte le opere di misericordia spirituale e corporale, affinché nel modo possibile voi siate conosciuto nell’uomo, giacché voi siete carità infinita”15. La pia Unione dell’Apostolato Cattolico è nata con lo scopo primario di propagare la fede. Ha avuto un’origine missionaria e uno dei suoi fini era la fondazione di collegi per la formazione dei futuri missionari. Certamente si ritrova in essa tutta la spiritualità e la visione apostolica di san Paolo. Ciò risulta - tra l’altro - dalla ipotetica organizzazione che il Pallotti ideò per la pia Unione 14 San Vincenzo Pallotti, Lettere, a cura di Bruno Bayer SAC, Curia Generalizia della Società dell’Apostolato Cattolico, Roma 1995-2008, voll. I-VII (= OCL), qui OCL I, l. n. 95, p. 164. 15 OOCC X, pp. 198-199. dell’Apostolato Cattolico, proponendo dodici procure, secondo la divisione del mondo in dodici parti, fatta dagli Apostoli dopo la Pent ecost e, e in cui ogni apostolo era responsabile dell’evangelizzazione. Ad ogni procuratore è chiesto di “promuovere la maggior santificazione e la salvezza delle anime”16. Nel suo progetto egli ipotizza anche una tredicesima procura, che pone sotto la protezione di san Paolo, al cui procuratore non sarà affidata una parte specifica del mondo, ma “per imitare l’apostolo S. Paolo che la nutriva la sollecitudine di tutte le Chiese del mondo (cfr. 2 Cor 11, 28) deve essere come l’anima di tutti gli altri dodici procuratori per tenere sempre nella più feconda attività l’opera evangelica di ognuno”17. Sarebbe un po’ la parte più universale, trainante, il motore di tutto l’apostolato cattolico: universalità del ministero apostolico, collegialità e formazione degli evangelizzatori. Questo è il grande sogno e in parte la grande intuizione a realizzazione del Pallotti, in cui batteva il cuore di san Paolo. Caritas Christi urget nos (= l’amore del Cristo ci spinge, 2 Cor 5, 14) e sollecitudo omnium ecclesiarum (= la preoccupazione per tutte le Chiese, 2 Cor 11, 28) sono i due poli, i due fondamenti che hanno motivato san Paolo e l’hanno reso inquieto e insoddisfatto: l’amore di Cristo lo spingeva ad andare sempre oltre, nonostante i pericoli, le fatiche pur di annunziare Cristo, collaborando con Lui per la salvezza del mondo. La preoccupazio ne per t ut t e le Chiese lo coinvolgeva appassionatamente nei problemi e nelle difficoltà delle Chiese da lui fondate. Egli cercava di partecipare alla loro vita personalmente o tramite i suoi collaboratori, affinché potessero crescere nella fede e darne testimonianza credibile al mondo. A capo di esse, egli mise degli anziani-pastori; da esse scelse i delegati per l’opera della colletta per i poveri di Gerusalemme. Si presentava sempre alle Chiese come membro di una comunità missionaria, in comunione con i suoi collaboratori. San Vincenzo Pallotti, nutrito dalla contemplazione del mistero della Santissima Trinità e appassionato di Cristo, ha il cuore e la strategia di san Paolo. Nello spirito di questo grande Apostolo sceglie di porsi nel cuore della Chiesa. Si impegna a rendere viva la Chiesa del suo tempo, forma gli apostoli e coinvolge tutti - sacerdoti, religiosi e laici - nella proclamazione del Regno di Dio. A quelli che vogliono far parte della pia Unione egli chiede di imitare gli Apostoli nella loro preoccupazione per la salvezza degli uomini e nell’affrontare le difficoltà della vita: povertà, nudità, disprezzo, improperio, dedizione totale all’annuncio del Vangelo, accettazione della croce. Per questo fu anche un maestro e una guida spirituale per la vita apostolica. CONCLUSIONE La celebrazione dell’Anno Paolino deve diventare per tutta la Famiglia pallottina e per tutti coloro che sono direttamente impegnati nell’evangelizzazione, una opportunità per riscoprire in san Vincenzo Pallotti la linea profetica-missionaria paolina. Uno studio approfondito della sua spiritualità permette di trovare in lui tutte le dimensioni spirituali e metodologiche della missionarietà della Chiesa di oggi. L’evangelizzazione fondata sulla carità di Dio e sull’amore di Cristo, la necessità della contemplazione per poter annunciare in modo credibile il mistero di Dio, la santità degli annunciatori del Vangelo (il missionario è il santo), la corresponsabilità di tutti i membri della Chiesa per la missione, l’ecclesialità dell’attività missionaria, la lettura dei segni dei tempi, di cui il Pallotti fu un acuto interprete, la predilezione per gli umili, i poveri, gli ultimi, la dimensione universale e missionaria del ministero presbiterale, infine la strategia, l’organizzazione e la creatività apostolica riproducono i tratti dell’opera missionaria di san Paolo e fanno del Pallotti uno dei più grandi missionari dell’era moderna. La portatrice di questi tratti spirituali oggi è l’Unione dell’Apostolato Cattolico, l’opera 16 OOCC I, p. 25. 17 Ibidem, p. 31. apostolica fondata da san Vincenzo Pallotti. Forti riflessi di questa sua spiritualità missionaria si trovano nelle diverse opere sorte all’inizio dell’Ottocento e più tardi, ad esempio l’Azione Cattolica e soprattutto la Pontificia Unione Missionaria. Questa è la ragione per cui Giovanni XXIII lo volle patrono della Pontificia Unione Missionaria. ZUSAMMENFASSUNG des Vortrags von P. Vito Del Prete PIME: Das Missionswerk des hl. Paulus im Leben des hl. Vinzenz Pallotti. Der hl. Vinzenz Pallotti trug zur Entwicklung der modernen missionarischen Bewegung in der Kirche bei, weil er von einer doppelten Leidenschaft erfüllt war: der Leidenschaft für den dreieinigen Gott, die unendliche Liebe, und die Leidenschaft für die Menschheit nach dem Vorbild Christi, des Sohnes Gottes. Pallotti hatte in seinem ganzen Leben und in der Verwirklichung seiner Werke den hl. Paulus als den großen Missionar der Kirche im Blick. Auf dem Weg nach Damaskus begriff der hl. Paulus, dass Erlösung und Mission das Werk Gottes und seiner Liebe sind. Die Spiritualität des hl. Paulus ist jene des Apostels, der sich in allem Christus gleichförmig gemacht hat. Der Ruf des hl. Paulus, mit und in Christus zu leben, war für Pallotti zugleich die Berufung zum Apostolat. Mit Paulus sagt er, dass dem hl. Petrus das Apostolat unter den Juden übertragen wurde, ihm selbst aber der Dienst der Evangelisierung unter den Heiden anvertraut worden sei. Der hl. Paulus wirkte in der Evangelisierung unter den Heiden und war dabei von Mitarbeitern umgeben, die seine Sorge um die Verbreitung des Evangeliums teilten und bereit waren, Wandermissionare zu sein. Er war fähig, alle anzusprechen und sie auf Missionspfade zu setzen. Der römische Priester Vinzenz Pallotti hatte dieselbe Einstellung und das Herz des hl. Paulus, auf den jeder bedeutende Gründer schauen und ihn nachahmen soll. Zwei Dinge lösen Bewunderung für ihn aus: seine Einstellung als Priester und sein unermüdlicher apostolischer Einsatz. Als erste Grundlage seiner Mission sah er die Kontemplation der Heiligsten Dreifaltigkeit. Aus der Kontemplation des menschgewordenen Wortes, Jesus Christus, ging das zweite Fundament seiner Mission hervor: die Liebe zu Gott und dem Nächsten. In der Verwirklichung dieser Liebe wollte Pallotti möglichst vollkommen Jesus Christus nachahmen. Die vollkommene Nachahmung brachte ihn dazu, Jesus Christus ganz gleichförmig zu werden. Deshalb konnte er mit dem hl. Paulus sagen: “Nicht mehr ich lebe, sondern Christus lebt in mir“ (Gal 2, 20). Er suchte auf diese Weise auch das Leben des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes zu leben. Vinzenz Pallotti wurde durch die Betrachtung des göttlichen Geheimnisses zum Einsatz für die Missionen gedrängt. Diesem widmete er einen Großteil seines Lebens. Er nahm sich die Freiheit, alle einzuladen, sich für die Verbreitung des Evangeliums einzusetzen und für dessen Sache auch Leiden auf sich zu nehmen. Wie der hl. Paulus begriff auch er das Apostolat als universal. Dies zeigt sich vor allem in seinem Beten für die Nöte aller Menschen und für die Heiligung der ganzen Welt. Der Geist Gottes machte ihn zu einem Propheten für die Berufung aller zum Apostolat, an dem auch die Laien vollberechtigt teilnehmen. Entsprechend dem Beispiel des hl. Paulus wurde er fähig, allen alles zu werden, um nur jemanden zu gewinnen. Er wollte allerorts sein, um das Evangelium zu verkünden, den Glauben zu stärken und den Bedürftigen zu helfen. Wie der hl. Paulus entsprach er den dringenden Bitten, begleitete die von ihm gegründeten Gemeinschaften und wollte den Horizont seines Wirkens immer mehr ausweiten, möglichst bis an die äußersten Enden der Welt. Dieser apostolische Drang kommt in der Spiritualität seiner Gründung und in der Neuheit seiner Ideen zum Ausdruck. Die “Fromme Vereinigung des Katholischen Apostolates“ entstand mit dem vorrangigen Ziel, den Glauben zu verbreiten und hat somit einen missionarischen Ursprung. Eines ihrer Ziele war die Errichtung von Kollegien für die Ausbildung künftiger Missionare. Pallotti schlug als Organisationsform der “Frommen Vereinigung“ zwölf Prokuren vor, entsprechend der Aufteilung der Welt in zwölf Segmente, in denen je ein Apostel für die Evangelisierung verantwortlich war. Jeder Prokurator sollte “die größtmögliche Heiligung und das Heil der Seelen fördern“ (OOCC I, S. 25). Dem dreizehnten Prokurator, unter dem Patronat des hl. Paulus, wurde kein bestimmter Bereich der Welt anvertraut, sondern “er sollte in der Nachahmung des Apostel Paulus, der für alle Gemeinden in der Welt Sorge hegte (vgl. 2 Kor 11, 28), gleichsam die Seele der anderen zwölf Prokuratoren sein, um das Werk der Evangelisierung jedes einzelnen immer fruchtbringend zu erhalten“ (OOCC I, S. 31). Entsprechend dem Beispiel des hl. Paulus sollte der dreizehnte Prokurator den universalen Aspekt verkörpern und den Motor des ganzen Katholischen Apostolates bilden: die Universalität des apostolischen Dienstes, die Kollegialität und die Ausbildung der Verkünder des Evangeliums. Das ist der große Traum und - zum Teil - die große Intuition Pallottis, in der das Herz des hl. Paulus schlug. Die Feier des Paulusjahres soll für die ganze Pallottinische Familie und für alle, die in der Evangelisierung tätig sind, eine Gelegenheit sein, im hl. Vinzenz Pallotti die prophetische und missionarische Seite wieder zu entdecken. Die Evangelisierung, die auf der Liebe Gottes und Jesu Christi gründet, die Notwendigkeit der Kontemplation, um das Geheimnis Gottes glaubwürdig verkündigen zu können, die Heiligkeit der Künder des Evangeliums (der Missionar soll ein Heiliger sein), die Mitverantwortung aller Glieder der Kirche für die Mission, die Kirchlichkeit des missionarischen Einsatzes, das Lesen der Zeichen der Zeit - wovon Pallotti ein akkurater Deuter war - die Bevorzugung der Kleinen, Armen und Letzten, die universale und missionarische Dimension des priesterlichen Dienstes und schließlich die Strategie, Organisation und apostolische Kreativität bilden die Grundzüge des missionarischen Wirkens des hl. Paulus und machen Pallotti zu einem der größten Missionare der Neuzeit.