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OMAGGIO
Il re è nudo: noi no
Il re è nudo: noi no è il titolo di un progetto elaborato da cinque istituti scolastici della provincia di Livorno negli anni dal 2007 al 2011.
Il progetto, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno e
dall’Azienda USL 6 di Livorno, ha avuto l’obiettivo di favorire una riflessione sui problemi più gravi del disagio giovanile.
Peer education è invece il tipo di metodologia educativa adottata per
affrontare queste problematiche: uno strumento gestito in gruppo e tra
“pari”, che sta riscuotendo apprezzamenti sempre più estesi nella prevenzione di comportamenti a rischio.
Questo volume è stato pubblicato per testimoniare la convinzione e
l’impegno con cui gli studenti hanno partecipato al progetto e si rivolge ai
ragazzi, alle scuole, agli enti e a tutti coloro che lavorano per aiutare i giovani nel loro difficile percorso verso la conquista di un ruolo tra gli adulti.
ISIS Niccolini-Palli e Liceo Scientifico Enriques di Livorno, ISIS M.
Polo - C. Cattaneo di Cecina, ISIS A. Volta - A. Pacinotti di Piombino,
ITGC G. Cerboni di Portoferraio presentano i loro lavori: percorsi, analisi, considerazioni, racconti, filmati. Tante indicazioni utili, elaborate da
giovani e destinate ad altri giovani, per conoscere e contrastare i meccanismi che possono indurre alla violenza, all’anoressia, all’uso di alcool
e droga.
Peer Education a scuola per uno stile di vita sano
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–3–
La Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno
per la Scuola
In collaborazione con
l’Azienda USL 6 di Livorno
IL RE È NUDO:
NOI NO
Peer Education a scuola
per uno stile di vita sano
a cura di
Stefania Fraddanni
Interventi di:
Daniela Barsotti, Fausto Bonsignori, Ilaria Buccioni,
Stefano Carboni, Alessandro Catinella, Fiorella Chiappi,
Michele Collavitti, Pietro Contorno, Valerio Costa,
Cinzia Di Bartolomeo, Linda Fabbri, Irene Genovese,
Kathy Mastrosimone, Loris Moroni, Lorella Niccolini,
Fiorella Pratesi, Carla Roncaglia, Anna Tempestini.
“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”... di Stefania Fraddanni
© Copyright Books & Company s.r.l.
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o
parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilms e le copie fotostatiche) sono riservati per
tutti i paesi.
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La Fondazione per la scuola
Prima edizione: novembre 2011
ISBN 978-88-7997-117-1
Grafica, impaginato e copertina: Sergio Tani
Supporto informatico e fotografico:
Job DV Digitalmovies
La Fondazione Cassa di Risparmi tre anni or sono
definì, d’intesa con le scuole medie superiori della
provincia, con l’Asl e con gli Enti Locali, un progetto (intitolato “Il re è nudo: noi no”) incentrato sui
temi più acuti del disagio giovanile, con l’intento di
favorire una presa di coscienza ed una riflessione
da parte degli studenti sui molti e complessi problemi che accompagnano la condizione giovanile nel
nostro tempo. Lo strumento più adatto con il quale
affrontare queste problematiche apparve subito essere la “peer education”, un
modulo di azione educativa che si sviluppa in gruppo e tra pari e che incontra
oggi attenzioni ed apprezzamenti crescenti. In particolare il progetto si proponeva
di affrontare il tema delle dipendenze che costituisce uno tra i più gravi elementi
di perturbazione e di influenza sul processo di sviluppo della personalità dei giovani, con conseguenze gravissime e durevoli nel tempo.
Il lavoro compiuto dalle scuole impegnate nel progetto (ISIS
Stampato a Pontedera da Bandecchi e Vivaldi
per conto della Books & Company s.r.l.
Scali Manzoni 49 - 57126 Livorno – tel. 0586 829979 - fax 0586 833094
[email protected] – www.bookseditore.it
Niccolini-Palli di Livorno, Liceo Scientifico Enriques di Livorno, ISIS M. PoloC. Cattaneo di Cecina, IPSIA-ITI A. Volta - A. Pacinotti di Piombino, ITCG G.
Cerboni di Portoferraio) è stato intenso e ricco di risultati: nei tre anni di vita
del progetto sono stati molti e importanti i risultati ottenuti e di notevole qualità
gli elaborati prodotti dagli studenti e dagli insegnanti. Negli incontri collegiali
con gli istituti impegnati, previsti e realizzati agli inizi di ciascuno dei tre anni
scolastici, sono stati presentati dalle diverse scuole filmati, analisi, indicazioni e
strumenti educativi che possono contribuire a conoscere più a fondo i meccanismi
che inducono, in forma spesso ingannevole e suadente, all’uso della droga, alla
violenza, all’alcool, all’anoressia.
L’intero arco di queste esperienze trova ora posto in questa pub-
blicazione. Con essa la Fondazione intende rendere pubblici i risultati raggiunti e
metterli a disposizione di tutte le scuole della provincia, consapevole che tematiche come quelle che sono state affrontate non possono certo essere esaurite in un
triennio pure intenso e ricco di spunti. Peraltro sul tema del disagio giovanile e
sui suoi molteplici aspetti la Fondazione intende dare seguito anche nei prossimi
anni a questa sua peculiare iniziativa rivolgendosi alle scuole medie superiori
della provincia e mantenendo fermo il rapporto di collaborazione già positivamente sperimentato con le istituzioni e con le molte forme associative impegnate
su questo fronte.
A
lla fine di questo primo progetto triennale intendiamo rivolgere un caloroso e non formale ringraziamento agli studenti, agli insegnanti, agli
operatori ed agli esperti che con il loro attento ed assiduo lavoro, con la loro capacità di collaborazione e di stimolo hanno reso possibile raggiungere i risultati
importanti e significativi che trovano espressione in questo volume.
* * *
Con questa pubblicazione giunge al suo terzo numero la colla-
na, “La Fondazione per la scuola”, un’iniziativa editoriale con la quale l’ente sta
cercando di costruire un rapporto organico e articolato con gli istituti scolastici
del territorio provinciale e le esigenze che in questo settore, di volta in volta, si
manifestano.
I
l primo volume, curato dall’archeologa Carolina Megale e dalla professoressa Lucilla Serchi, è stato dedicato all’archeologia, ai metodi di ricerca e alle tecniche di scavo. È stato realizzato per accogliere la richiesta di
insegnanti e studenti del Liceo Classico di Livorno (I.S.I.S. Niccolini-Palli) che,
dal 2003, affrontavano un percorso archeologico articolato in lezioni teoriche in
classe e attività pratica sul campo, senza un adeguato supporto alla didattica.
L
a seconda pubblicazione ha rappresentato il contributo formativo della Fondazione alla celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. L’occasione è stata la mostra “Giuseppe Garibaldi e i Mille. Dalla realtà al mito”
allestita in coproduzione da Fondazione e Comune di Livorno ai Granai di Villa
Mimbelli, dove ha sede il Museo Civico G. Fattori, dal 10 ottobre al 12 dicembre
2010. L’uscita della pubblicazione ha coinciso con la chiusura dell’Anno Garibaldino, un programma di manifestazioni promosse dalla città dal maggio 2010
al maggio 2011 per celebrare i 150 anni dalla Spedizione dei Mille a cui presero
parte molti livornesi. È stato proprio per ricordare quella presenza e per mantenere una traccia visibile di quella grande mostra, che la Fondazione ha deciso di
conservarne le immagini, arricchite da una ricostruzione storica, proponendole
in un video agli studenti degli istituti scolastici superiori del territorio provinciale. Il percorso didattico, storico e artistico, è stato coordinato da Stefania Fraddanni, giornalista, curatrice delle pubblicazioni della Fondazione.
Questo, dedicato alla peer education, è il terzo volume della collana.
Avv. Luciano Barsotti
Presidente della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno
Prof. Mario Baglini
Comitato di Indirizzo
della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno
Premessa
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“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”
disse a un certo punto un bambino
Stefania Fraddanni
Quel periodo della vita durante il quale ci si affranca dall’infanzia e si va incontro alla maturità –
collocabile tra i 14 e i 18/19 anni ed anche oltre – è
uno dei momenti più affascinanti e rischiosi di tutto
il percorso esistenziale.
I fattori di ordine psicologico e la metamorfosi
sociale che accompagnano questa fase dell’età evolutiva possono determinare periodi di crisi e sfociare
in situazioni di malessere e di disagio.
Non necessariamente il disagio è una devianza, o
un disadattamento. Non sempre è visibile. Ma sicuramente si avverte, è una condizione psicologica legata a percezioni soggettive, con le quali molti adolescenti
si trovano a fare i conti.
Poesie, canzoni, storie, film… tante opere prime hanno tratto origine da quella
sofferenza esistenziale che accompagna il processo di costruzione della propria
identità, trasformando dolore ed emozioni in un habitat fertile per l’incubazione
del proprio modo di essere, di pensare, di vivere.
Oggi un altro fronte si è aperto e quel momento magico è ancora più minacciato. Mai, come negli ultimi decenni, la civiltà occidentale aveva conosciuto
mutamenti sociali e culturali tanto numerosi e intensi in un intervallo di tempo
così limitato.
Basta tornare indietro di qualche generazione per trovare un mondo in cui le
relazioni sociali erano impostate su criteri rigidamente prestabiliti. La gerarchia
dettava le regole, in famiglia e nella società, e le regole venivano seguite, per
rispetto all’autorità. La comunicazione, l’educazione, gli ordini, viaggiavano a
senso unico. C’era chi comunicava, educava e comandava e c’era chi ascoltava,
imparava, eseguiva.
Adesso i rapporti sono spesso liberi, flessibili, non seguono schemi definiti; ma
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
estendendosi la libertà, è aumentato anche il disagio esistenziale. È entrata in crisi
la famiglia, il rapporto di coppia, i rapporti tra genitori e figli, i rapporti sessuali
e quelli sociali, quelli tra colleghi e quelli tra condomini. Aumentano i soprusi, le
separazioni, le querele, le cause, i conflitti in genere.
Il vecchio mondo è imploso, il nuovo è ancora in formazione.
Ovviamente la libertà non può che essere considerata un elemento di progresso
e di emancipazione, di democrazia e di autodeterminazione. Ma non sempre, nei
periodi di transizione, è facile da gestire. Il rapporto con le istituzioni si è sfilacciato, l’individualismo dilaga e ognuno si sente fondamentalmente solo, in balìa
delle proprie scelte o della propria inerzia.
Se non è accompagnata da una sostanziale evoluzione, dalla costruzione di una
rete di protezione, fatta di servizi, di strumenti conoscitivi e operativi, che aiutino
a governare le insicurezze e le tensioni, anche la libertà può diventare pericolosa.
Baby gangs, mobbing, stalking, hazing, sniffing, aids… tante parole straniere
si arruolano nel lessico comune e enfatizzano la minaccia delle espressioni più casalinghe ma non meno allarmanti, anche se prive di consonante finale: bullismo,
violenza di gruppo, sballo, corse in macchina, satanismo, anoressia e bulimia …
Tutti questi vocaboli presentano il conto ad una società in debito con se stessa.
Descrivono una generazione disinformata e sola, che non sa comunicare ed esprimere i suoi bisogni, e può abbandonarsi a comportamenti autodistruttivi o aggressivi. Il pericolo aumenta nei periodi di transizione e si moltiplica se la valenza è
doppia, se i passaggi sono più di uno: adolescenziale ma anche culturale e sociale.
La prevenzione resta l’unico rimedio, prende le mosse dall’informazione, allena alla comunicazione, educa al rispetto di se stessi e degli altri. Ma la prevenzione
non si improvvisa, deve essere studiata, programmata e finanziata; ha bisogno di
competenze specifiche, deve contare su un tessuto di servizi di aiuto psicosociale
esteso e collaborativo e su un progetto appropriato da portare avanti in sinergia,
al quale possano concorrere istituzioni, scuola e famiglie. Sì, anche le famiglie.
Per molti anni i genitori sono stati ritenuti da alcuni operatori la causa diretta
dei disturbi psicologici dei figli e per questo motivo la loro presenza è stata considerata d’intralcio al buon esito dei progetti terapeutici. Recentemente il loro
ruolo è stato rivalutato, rappresentano di nuovo una risorsa e vengono integrati nei
percorsi di intervento e di recupero della salute psichica dei ragazzi.
La scuola resta comunque il luogo privilegiato per qualsiasi intervento. È lì
che i ragazzi passano la maggior parte del tempo, è lì che tessono il maggior numero di rapporti e di relazioni senza paracadute, in verticale, in orizzontale, con
amici scelti o con presenze imposte, ma sempre mettendo in gioco la propria sfera emotiva. Anche perché durante l’adolescenza i turbamenti vengono vissuti in
modo amplificato, procurano instabilità e fragilità, soprattutto le prime esperienze
sessuali sono fonte di emozioni intense e di paure incontrollabili. La vita scorre
“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”... di Stefania Fraddanni
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su un’altalena di ribaltoni tumultuosi, che oscillano tra l’estasi e l’angoscia, ogni
suggestione acquista un significato assoluto, ogni desiderio è fondamentale, ogni
perdita è un lutto.
I ragazzi sono sempre più irritabili, preda di un diffuso senso di insoddisfazione e di malessere che induce spesso i maschi a impulsi di violenza e le ragazze a
scaricare l’ansia sul rapporto con il cibo.
In questi casi “il gruppo” può svolgere una funzione essenziale nel processo
di sviluppo della propria identità e autonomia. Sentirsi parte di un gruppo è come
trovare un rifugio in un momento di precarietà, permette di tagliare il cordone
ombelicale con la famiglia senza per questo sentirsi soli, consente di sperimentare
comportamenti nuovi evitando disapprovazioni.
Il gruppo di coetanei è anche ritenuto l’ambiente idoneo per sviluppare una
nuova strategia educativa, che fa leva sul protagonismo giovanile e sulla comunicazione tra pari ed è considerata da recenti ricerche tra le più efficaci nella prevenzione dei comportamenti a rischio: la peer education.
In realtà questa metodologia non è nuova. Secondo gli esperti si è diffusa prevalentemente nel Nord America, nella prima metà del Novecento e successivamente ha trovato applicazione anche in Europa, soprattutto in Olanda e Inghilterra.
Ma è stato negli anni ’70, nella sperimentazione dei modelli teorici elaborati
alla fine degli anni ’60, che la peer education ha trovato l’humus ideale per la sua
diffusione.
Nei primi anni ’90, ha avuto vasta applicazione nella prevenzione dell’infezione da HIV e delle malattie sessualmente trasmissibili e, in assenza di evidenze
scientifiche che ne accertassero l’efficacia, ha sollevato anche le polemiche di
alcuni detrattori. La loro disapprovazione si concentrava sull’uso acritico ed eccessivamente entusiastico di questa metodologia.
Di tutt’altro avviso i giovani e gli adulti che hanno avuto occasione di sperimentarla nelle scuole.
Anche in Italia è entrata timidamente negli anni ’90, nei piani di offerta formativa delle medie e superiori, e pian piano ha conquistato una sempre crescente
popolarità. In particolare le veniva elogiato l’approccio nuovo e valido, la messa
in discussione del ruolo dell’esperto tradizionale, il riconoscimento del diritto dei
giovani ad avere libero accesso alle informazioni.
Ma come funziona, in pratica, questo modello educativo? Qual è la chiave del
suo successo?
La peer education, come spiega anche il dott. Carboni nel suo intervento, in
questo volume, è un sistema grazie al quale persone di età, status ed esperienza simili possono trasmettersi reciprocamente informazioni ed imparare l’una dall’altra. Con essa viene cancellata la relazione di potere che c’è tra docente e studente,
tra animatore e giovane, tra direttore ed operaio. È stata definita una strategia
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
“flessibile e rivoluzionaria” perché sottrae il ruolo pedagogico all’adulto professionalizzato e deputato alla formazione e lo trasferisce al giovane opportunamente
formato. Nei metodi pedagogici classici, viene trasmesso un messaggio di divieto.
Per esempio, nel caso della prevenzione di un comportamento a rischio, si mette
in guardia, si impone il “non fare”, ma è stato dimostrato che la disposizione autoritaria può rivelarsi inefficace o addirittura controproducente.
La peer education, invece, si rivela vincente perché il ruolo dell’educatore
viene assunto da un coetaneo, che ha accesso al mondo valoriale e simbolico dei
giovani, che sa decodificarne il linguaggio ed ha quindi la possibilità di stabilire
un rapporto di fiducia e di scambio con i soggetti con cui entra in contatto.
In questo caso la comunicazione e l’informazione veicolano in una dimensione orizzontale, quella che collega i ragazzi ai peer, alunni selezionati attraverso
autocandidature e opportunamente formati (da adulti esperti e preparati) sull’argomento da trattare. Vicini per età, cultura, interessi ed esperienze, assaliti dagli
stessi dubbi, dalle stesse paure adolescenziali e desiderosi di trovare risposte e
anche aiuti, i ragazzi sono più disposti ad ascoltare i peer. I peer, o tutor, pertanto,
facilitano il passaggio di conoscenze e sono più incisivi nel modificare atteggiamenti e comportamenti dannosi, nei riguardi della salute in generale, e dei comportamenti a rischio, come uso e abuso di droghe e alcool, in particolare.
A questa conclusione è arrivata anche la Regione Toscana, nel 2007, quando ha
stipulato con l’Ufficio scolastico regionale il protocollo Promozione di azioni per
favorire tra i giovani stili di vita sani e consapevoli per il benessere ed il successo
formativo nella scuola e nella comunità che invita a favorire un rapporto continuo tra educazione, organizzazione scolastica e salute. Nel protocollo venivano
promosse e valorizzate le life skills e la peer education, già indicate dall’OMS nel
1994, perché, ormai è dimostrato, la semplice informazione non è sufficiente per
scongiurare comportamenti a rischio e stili di vita non salutari.
Anche la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, in collaborazione con
l’Usl 6 ha deciso di dare il suo contributo in questa direzione, promuovendo, nel
2007, il progetto Il re è nudo: noi no.
Il titolo si ispira ad una delle fiabe più originali dello scrittore danese Hans
Christian Andersen. Nella novella Il vestito nuovo dell’imperatore, il vanitoso
protagonista si illudeva di indossare un abito bellissimo ma, in realtà, era completamente nudo. Da qui l’invito, rivolto dai promotori a tutti i ragazzi coinvolti nel
progetto, a non vestirsi più di illusioni, sedotti da comportamenti rischiosi e falsi
valori, per poi trovarsi, nudi, in situazioni dalle quali non è facile trovare una via
d’uscita.
Droga, anoressia, alcool, violenza sono le sirene ammaliatrici del Duemila,
insidiano i giovani e ne minano la salute. Non arrivano da lontano. Sbucano da
dietro l’angolo, in qualsiasi momento, veicolate da amicizie, messaggi mistificatori, pubblicità, svaghi e divertimenti.
“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”... di Stefania Fraddanni
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Per insegnare a riconoscere le situazioni a rischio e prenderne le distanze, per
contribuire alla diffusione di uno stile di vita sano, la Fondazione e l’Usl hanno
portato avanti questo progetto sperimentale, per tre anni, in alcune scuole medie
superiori della provincia.
È stata scelta questa fascia di età perché è proprio questo il momento in cui si
supera l’infanzia – durante la quale le relazioni sono prevalentemente di tipo verticale – e inizia l’adolescenza, età in cui emerge il bisogno di relazioni orizzontali.
È stata scelta la scuola perché resta comunque il contesto fondamentale deputato all’apprendimento e la cultura della salute è un obiettivo formativo indispensabile. La scuola, pertanto, è il luogo più idoneo per guidare i giovani verso la
consapevolezza e l’autotutela.
Il contesto nel quale si colloca la nascita del progetto promosso dalla Fondazione è quello, allarmante, che si determina a Livorno, nel 2005, con l’escalation
di violenza di cui si fanno protagonisti vari gruppi di giovani. La miccia si accende tra gli “stanziali” di piazza Attias che rivendicano il diritto a dipingere murales
e fare gincane con gli skates tra i passanti, ma poi la protesta si innesca con gli
episodi di violenza allo stadio e si propaga a macchia d’olio in tutta la città. La militarizzazione di Piazza Attias, i Daspo agli ultrà delle Bal, la repressione, non fanno che aumentare la tensione. Gruppi di ragazzi attaccano le auto della polizia con
sassaiole, incendiano motorini e cassonetti, e intanto emergono anche episodi di
bullismo a scuola, di satanismo in vecchi locali abbandonati, di disagio in genere.
L’anarchia e le manifestazioni di disprezzo per l’ordine precostituito spaventano le istituzioni che fanno quadrato cercando una soluzione. Pur tra mille polemiche, Prefetto, forze dell’ordine, partiti, amministratori, enti organizzano tavoli
e incontri per cercare soluzioni.
Anche la Fondazione è invitata e cerca di fare la sua parte prendendo l’impegno di finanziare un progetto nelle scuole che guardi ai giovani ed alla prevenzione del disagio. Coordina l’intervento il prof. Mario Baglini, membro del Comitato
d’Indirizzo, che chiede all’Usl di individuare una metodologia didattica e di selezionare due esperti capaci di perfezionare il progetto e portarlo avanti.
Le aziende sanitarie, sollecitate dall’assessorato regionale alla sanità ed in accordo con gli uffici scolastici provinciali, stanno avviando laboratori formativoprogettuali rivolti ad insegnanti sulle tematiche delle life skills e della peer education. A Livorno, di questo settore si occupa la dott.ssa Fioretta Pratesi, direttore
dell’U.O. Educazione alla Salute dell’Asl 6, che già sta attuando interventi formativi all’ISIS Niccolini-Palli e che decide di affidare al dott. Stefano Carboni il
coordinamento tecnico del progetto. A Carboni si affianca il dott. Loris Moroni e
i due, in qualità di tutor, portano nelle scuole della provincia Il re è nudo: noi no.
Così, nella provincia di Livorno, con questo progetto, i dettati regionali vengono applicati. La metodologia della peer education, promossa in via sperimentale,
raggiunge gli interessanti risultati descritti in questo volume con le life skills,
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
perché, come ci spiega Fioretta Pratesi nel suo intervento: “Educare significa progettare interventi che si basano sulla trasmissione di conoscenze ma soprattutto
sullo sviluppo di competenze personali. Perché è ampiamente dimostrato che i
programmi di informazione, da soli, non generano cambiamenti”.
Intanto i rappresentanti degli enti locali appoggiano il progetto e ne seguono
l’andamento. In particolare, partecipano e danno il patrocinio alle manifestazioni
provinciali organizzate a chiusura di ogni percorso annuale: il Prefetto di Livorno,
dott. Domenico Mannino, la dott.ssa Elisa Amato Nicosia, dirigente dell’Ufficio
Scolastico Provinciale di Livorno, l’assessore alla Cultura, Istruzione e Sport e
Vice Presidente della Provincia Fausto Bonsignori, l’assessore alle Politiche Educative del Comune di Livorno Carla Roncaglia, l’assessore alle Politiche Sociali
ed Educative del Comune di Piombino Anna Tempestini.
Il progetto si sviluppa in cinque scuole della provincia per tre anni scolastici
consecutivi, dal 2007 al 2010.
Quando Il re è nudo: noi no arriva all’ISIS M. Polo-C. Cattaneo di Cecina
trova un istituto già preparato ad adottare questa metodologia. Qui la peer education è entrata con un intervento triennale nell’anno scolastico 2004/2005. Anche
in questo caso la molla era scattata nella sanità pubblica, nell’Unità Funzionale
Attività Consultoriali dell’Ausl 6, e si era concretizzata mediante un rapporto operativo e di collaborazione tra l’Agenzia Formativa Ceis e il consultorio familiare
e adolescenziale di Cecina. La peer education era entrata nelle scuole della Bassa
Val di Cecina con il progetto CO.R.EM. ideato dal prof. Enrico Cheli, sociologo e
psicologo psicoterapeuta, docente di Sociologia delle relazioni interpersonali e di
Psicologia della comunicazione dell’Università di Siena. Un progetto scelto per il
suo approccio olistico, la sua impostazione rivolta alla globalità dell’individuo ed
al contesto sociale di riferimento, che avrebbe potuto coinvolgere i giovani non
solo a livello cognitivo, ma anche comunicativo, emotivo, corporeo.
«La nostra civiltà viene definita “tecnologicamente avanzata” ma è poco più
che primitiva sul piano affettivo-relazionale – scrive il prof. Cheli nel suo libro Le
relazioni interpersonali–. È sempre stata primitiva, anzi in passato lo era anche
di più, ma il problema non era così evidente e soprattutto così urgente, perché i
rapporti con gli altri venivano vissuti con ben altre modalità e ispirandosi ad altri
valori. Poi, nel giro di pochi decenni, la civiltà occidentale ha attraversato tanti e
tali mutamenti sociali e culturali, che la sfera delle relazioni interpersonali, delle
emozioni, dei sentimenti ne è risultata completamente rivoluzionata».
Entrando nella scuola di Cecina, il progetto Il re è nudo: noi no, trova dunque
un esperimento già avviato sul quale si innesta, con flessibilità, per raggiungere
obiettivi comuni, allontanandosi, in questo caso, dalle modalità proprie.
Ma al di là delle distanze tra i diversi modelli, la peer education, come percorso di prevenzione, ha ricevuto riconoscimenti sempre più autorevoli, a partire dal-
“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!”... di Stefania Fraddanni
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la relazione annuale sulle tossicodipendenze del 2003, presentata al Parlamento
dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, nella quale viene segnalata come
pratica da seguire nella lotta contro il consumo di droga da parte dei giovani.
E mentre il progetto Il re è nudo: noi no è in corso, si apprende che anche il
Ministero della Pubblica Istruzione, all’inizio dell’anno scolastico 2008-2009 ha
finanziato il progetto nazionale Perché no, un intervento preventivo-dissuasivo
nei confronti dell’uso di droghe rivolto a ragazzi e adolescenti, realizzato con la
peer education.
Questa metodologia, comunque, si dimostra applicabile anche a tanti altri contesti diversi da quello scolastico. Per esempio nel consultorio di Cecina, con il
progetto intitolato Sorelle di latte, è stata utilizzata per formare madri peer, cioè
madri che hanno allattato al seno e che hanno fatto da tutor ad altre donne che
volevano allattare.
In questo volume, dopo gli interventi dei rappresentanti degli enti locali che
delineano il contesto nel quale è maturato il progetto Il re è nudo: noi no, abbiamo cercato di illustrare gli elaborati prodotti dai ragazzi (manifesti, blog, video,
presentazioni multimediali, veri e propri corti…) nei tre anni di sperimentazione
di peer education.
Per rendere più efficaci i loro lavori, gli studenti, attraverso internet, in molte
occasioni hanno attinto immagini e musiche dal materiale che circolava in rete.
Ci è stato pertanto impossibile, per motivi di copyright, rispettare l’impegno che
avevamo preso con le scuole di produrre e allegare a questa pubblicazione un dvd
con la presentazione di tutti gli elaborati.
Abbiamo cercato di tradurli in versione cartacea ma, ovviamente, il risultato
non è altrettanto suggestivo.
Illustrati i lavori, ci siamo soffermati su due esperienze antecedenti Il re è
nudo: noi no, che abbiamo definito, proto-peer, e che abbiamo ritenuto opportuno
e interessante porre all’attenzione per dare un quadro più completo di quella che
è stata l’esperienza peer sul territorio livornese.
La prima, ovviamente, non poteva che essere il progetto CO.R.EM. di Cecina,
la seconda è quella portata avanti, non più a scuola, ma questa volta in un quartiere, dall’associazione TodoModo. Proprio in questo centro, ubicato nel quartiere
di Salviano, a Livorno, è iniziato, per la prima volta nella nostra città e del tutto inconsapevolmente per gli operatori, un esperimento di quella che oggi viene
chiamata peer education. Quell’avventura, difficile ed esaltante, che portò il Ceis
a prendersi cura di migliaia di ragazzi allora definiti “sbandati”, è stata descritta in
un video da alcuni dei ragazzi che frequentarono il centro ed è stata ricordata, su
nostro invito, dal dott. Pietro Contorno, che per molti anni è stato coordinatore del
TodoModo, in occasione della manifestazione di chiusura de Il re è nudo: noi no.
Per questa testimonianza ringraziamo Pietro Contorno e i suoi ragazzi, osser-
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
vatori privilegiati di un universo adolescenziale in continua evoluzione, interpreti
autentici dei problemi e dei disagi ma anche delle esigenze e dei sogni delle ultime generazioni di giovani livornesi.
Ringraziamo anche la psicologa Fiorella Chiappi e il tutor Alessandro Catinella che ci hanno aiutato a ricostruire l’esperienza di Cecina, cercando immagini e
documenti e contattando gli altri protagonisti di quel progetto.
Ringraziamo tutti i ragazzi che hanno aderito a questa iniziativa, i loro insegnanti, i tutor, il personale della scuola e tutti gli operatori coinvolti.
Infine un ringraziamento particolare alla dott.ssa Rossana Meacci, della Fondazione, che ha condotto in questi tre anni un costante lavoro di organizzazione
e di tessitura di contatti, un impegno paziente, indispensabile per consentire al
progetto di andare avanti fino alla sua conclusione.
Stefania Fraddanni
Responsabile Comunicazione e Pubblicazioni
Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno
Stili di vita sani
contro i comportamenti a rischio
Fioretta Pratesi
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la salute non è, semplicemente, assenza di malattia. È invece uno stato di benessere
fisico, psichico e sociale e pertanto va conquistata,
mantenuta e promossa con scelte individuali e sociali.
Sesso, età, fattori genetici determinano la salute
in modo imprescindibile. Anche l’ambiente e le condizioni economiche, sociali e culturali contribuiscono a determinare la salute, ma su questi fattori si può
intervenire. Così come si può intervenire, con uno stile di vita appropriato, su altri
fattori di rischio, come le malattie cardiovascolari, i tumori, il diabete, le malattie
respiratorie ecc.
Gli interventi della reGione toscana
In Toscana il Servizio Sanitario cerca di promuovere la crescita della cultura
della salute con la diffusione di conoscenze e di informazioni. Crescendo la consapevolezza individuale e collettiva, diventa più facile tutelarsi nei confronti delle
malattie e dei rischi presenti negli ambienti di vita e di lavoro. Le Aziende sanitarie e le Società della Salute (consorzi tra Comuni e Aziende Sanitarie istituiti
con il Piano Sanitario Regionale 2002-2004) ciascuna per le proprie competenze,
attuano interventi di comunicazione, educazione e promozione della salute in collaborazione con le istituzioni scolastiche, universitarie e scientifiche, con gli organismi professionali e di categoria della sanità, le Fondazioni e le Associazioni del
terzo settore ed in raccordo con le funzioni educative e di promozione culturale di
competenza degli Enti locali e delle altre Istituzioni.
Guadagnare salute: rendere facili le scelte salutari è il programma strategico
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
di cui l’Italia si è dotata – approvato con il Decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 4 maggio 2007 – in linea con le indicazioni dell’Unione Europea
e dell’OMS, per prevenire le malattie croniche attraverso il contrasto ai quattro
principali fattori di rischio: scorretta alimentazione, inattività fisica, tabagismo,
abuso di alcol.
Per attuare questo programma, la Giunta regionale toscana, con la delibera
n. 29 del 2009 Azioni di promozione della salute per il biennio 2009/2010 con
particolare riferimento al benessere dei giovani, ha individuato le ASL di Firenze, Grosseto e Lucca come poli di riferimento regionale per le Aree vaste, con la
funzione di cerniere tra gli indirizzi regionali e gli interventi di educazione alla
salute nei tre territori.
Dall’indagine Eurisko 2007 I giovani: i rischi, l’insicurezza, il benessere
emerge che i giovani interessati alla ricerca (15-20 anni) considerano fondamentali l’amicizia, l’amore, la famiglia e la salute, intesa come stare bene con se
stessi e con gli altri, essere soddisfatti di sé, raggiungere gli obiettivi e ottenere
risultati positivi soprattutto a scuola. L’indagine ha evidenziato che gli interventi
di educazione alla salute per i giovani necessitano di metodologie propositive e
non basate sui divieti.
Il progetto Di testa mia, realizzato con campus per la salute ed il benessere dei
giovani, prima dalla Regione Toscana (nel 2008) e poi dalle tre Aziende Polo di
Area vasta (nel 2009) ha scelto di lavorare su cinque aree tematiche: amore e sessualità, individualità e conformismo, rischio e divertimento, corpo e immagine,
reti e relazioni.
La scuola è il luogo principale per guidare i giovani verso la consapevolezza
e l’autotutela, esiste uno stretto legame tra apprendimento e salute. La scuola che
promuove salute mette al centro gli studenti e il buon stato di salute degli alunni
è requisito essenziale per il raggiungimento degli obiettivi formativi. A questo
proposito, la Regione Toscana, nel 2007, ha stipulato con l’Ufficio scolastico regionale il protocollo Promozione di azioni per favorire tra i giovani stili di vita
sani e consapevoli per il benessere ed il successo formativo nella scuola e nella
comunità che concentra l’attenzione sul rapporto continuo tra educazione, organizzazione scolastica e salute. In tale protocollo vengono promosse e valorizzate
le metodologie life skills e peer education, già indicate dall’OMS nel 1994, poiché
è stato ormai dimostrato che non basta la semplice informazione per scongiurare
comportamenti a rischio e stili di vita non salutari.
life skills e peer education
La scuola costituisce uno dei sistemi fondamentali per veicolare messaggi di
cultura della salute e per acquisire comportamenti corretti e consapevoli. È uno
spazio vitale, in cui l’individuo può riconoscere e sviluppare le proprie attitudini
ed accrescere la propria personalità.
Educare significa progettare interventi che si basano sulla trasmissione di co-
Stili di vita sani contro i comportamenti a rischio di Fioretta Pratesi
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noscenze ma soprattutto sullo sviluppo di competenze personali. Perché è ampiamente dimostrato che i programmi di informazione, da soli, non generano cambiamenti.
L’Unione Europea e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health
Organization) hanno individuato nelle life skills e nella peer education la metodologia in grado di migliorare il benessere e la salute psico-sociale dei giovani
tramite l’apprendimento di abilità utili per la gestione dell’emotività e delle relazioni sociali.
Con il termine skills for life, l’OMS, nel 1992, definiva tutte quelle skills (abilità, competenze) che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli
altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana.
La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani,
l’instaurarsi di comportamenti negativi a rischio di risposta agli stress: tentativi
di suicidio, tossicodipendenza, fumo di sigaretta, alcolismo, ecc. Per insegnare ai
giovani le skills for life è necessario introdurre specifici programmi nelle scuole o
in altri luoghi deputati all’apprendimento.
Le life skills possono essere innumerevoli e la loro natura può variare a seconda del contesto socio-culturale in cui vengono considerate, tuttavia l’OMS ha
definito un nucleo fondamentale di skills che deve rappresentare il fulcro di ogni
programma di prevenzione, mirato alla promozione del benessere indipendentemente dal contesto.
Ecco, di seguito, le definizioni delle skills, riprese dal documento dell’OMS.
1. Decision making (capacità di prendere decisioni): aiuta ad affrontare in maniera costruttiva le decisioni nei vari momenti della vita. La capacità di elaborare attivamente il processo decisionale, valutando le differenti opzioni e le
conseguenze delle scelte possibili, può avere effetti positivi sulla salute.
2. Problem solving (capacità di risolvere i problemi): permette di affrontare i
problemi della vita in modo costruttivo.
3. Pensiero creativo: agisce in modo sinergico rispetto alle due competenze sopracitate, permettendo di esplorare le alternative possibili e le conseguenze che
derivano dal fare e dal non fare determinate azioni. Aiuta a guardare oltre le
esperienze dirette, può aiutare a rispondere in maniera flessibile alle situazioni
della vita quotidiana.
4. Pensiero critico: è l’abilità ad analizzare le informazioni e le esperienze in
maniera obiettiva. Può contribuire alla promozione della salute, aiutando a
riconoscere e valutare i fattori che influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti.
5. Comunicazione efficace: sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale, con modalità appropriate rispetto alla cultura e alle situazioni. Significa
essere capaci di manifestare opinioni e desideri, bisogni e paure, esser capaci,
in caso di necessità, di chiedere consiglio e aiuto.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
6. Capacità di relazioni interpersonali: aiuta a mettersi in relazione e a interagire
con gli altri in maniera positiva, per riuscire a creare e mantenere relazioni
amichevoli che possono avere forte rilievo sul benessere mentale e sociale.
Tale capacità può esprimersi con i membri della propria famiglia, favorendo
il mantenimento di un’importante fonte di sostegno sociale; può inoltre voler
dire esser capaci, se opportuno, di porre fine alle relazioni in maniera costruttiva.
7. Autoconsapevolezza: riconoscimento di sé, del proprio carattere, delle proprie
forze e debolezze, dei propri desideri e delle proprie insofferenze. Sviluppare
l’autoconsapevolezza può aiutare a riconoscere quando si é stressati o quando
ci si sente sotto pressione. Si tratta di un prerequisito di base per la comunicazione efficace, per instaurare relazioni interpersonali, per sviluppare empatia
nei confronti degli altri.
8. Empatia: è la capacità di immaginare come possa essere la vita per un’altra
persona anche in situazioni con le quali non si ha familiarità. Provare empatia
può aiutare a capire e accettare i “diversi”; questo può migliorare le interazioni
sociali per esempio in situazioni di differenze culturali o etniche. La capacità
empatica può inoltre essere di sensibile aiuto per offrire sostegno alle persone
che hanno bisogno di cure e di assistenza.
9. Gestione delle emozioni: implica il riconoscimento delle emozioni in noi stessi
e negli altri; la consapevolezza di quanto le emozioni influenzino i comportamenti e la capacità di rispondere alle medesime in maniera appropriata.
10. Gestione dello stress: consiste nel riconoscere le fonti di stress nella vita quotidiana, nel comprendere come queste ci “tocchino” e nell’agire in modo da
controllare i diversi livelli di stress.
L’educazione alle life skills rappresenta, pertanto, un modello innovativo. Non
utilizza strategie preventive centrate sulla trattazione diretta delle problematiche
che si intendono evitare. Cerca, invece, di favorire la salute promuovendo l’assunzione di responsabilità da parte del soggetto. Il farsi carico del sé è un dirittodovere per ogni cittadino e lo è anche per i più giovani.
Questo senso di responsabilità connesso al percorso di crescita dell’adolescente trova terreno fertile di applicazione all’interno del contesto scolastico, dove
l’alunno è motivato a mettersi in gioco intraprendendo azioni positive per sé e
costruttive esperienze relazionali.
Nei processi di insegnamento di tipo tradizionale, l’insegnante cerca di far
apprendere agli studenti i contenuti e le informazioni. Le capacità che vengono
richieste all’alunno sono di comprensione e memorizzazione, come se lo studente
fosse un contenitore da riempire. L’apprendimento attivo, invece, si costruisce
con il contributo congiunto e sinergico di discente e docente: i ragazzi maturano
l’idea di se stessi in base a come si sentono percepiti e valutati dagli altri.
Stili di vita sani contro i comportamenti a rischio di Fioretta Pratesi
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Il sentirsi apprezzati e stimati dalle persone importanti della sfera affettiva e
sociale (i genitori, gli insegnanti) li porta a costruire la fiducia nelle proprie capacità.
Affinché l’azione educativa risulti efficace è quindi necessario coordinare e
supportare le diverse figure adulte con cui il ragazzo ha relazioni significative (insegnanti, genitori, educatori extrascuola) attraverso un unico obiettivo condiviso:
guidare l’adolescente alla conquista dell’autostima, a cogliere le proprie emozioni, a imparare a gestire i propri comportamenti.
Le strategie promozionali utilizzabili per facilitare l’apprendimento alle life
skills comprendono diverse metodologie formative. Brainstorming, role playing,
giochi interattivi, dibattiti e peer education permettono di sperimentare dal vivo
le situazioni, di mettersi nei panni degli altri, di esplorare in modo attivo atteggiamenti ed emozioni proprie ed altrui, di riprodurre in un contesto di laboratorio
esperienze e abilità che possono poi essere trasferite all’esterno.
La partecipazione responsabile a quanto proposto dagli adulti di riferimento
rende lo studente protagonista consapevole del proprio apprendimento e del proprio successo formativo.
La peer education, nello specifico, prevede che un nucleo di studenti, prescelti secondo determinati criteri, venga appositamente formato e poi reinserito nel
gruppo di appartenenza per realizzare precise attività con i coetanei.
Non è facile far riferimento ad una definizione univoca della terminologia peer
education, proprio per la complessità e varietà dei modelli che vi fanno capo, generalmente identificati in base ai compiti specifici che i peer andranno a svolgere.
Secondo quanto stabilito dai principali orientamenti europei, la peer education
è un percorso particolarmente innovativo ed alternativo rispetto ai metodi formativi tradizionali, poiché mette in discussione il rapporto dall’alto verso il basso
(up-down) che l’insegnante instaura, di solito, con lo studente.
Con la peer, i ragazzi si assumono la responsabilità di ideare, organizzare e
gestire iniziative mirate al coinvolgimento del gruppo dei pari, proprio in virtù del
riconoscimento e della legittimazione del ruolo che è stato loro assegnato.
Il docente, invece, promuove responsabilità e partecipazione collettiva ed individuale. Se agevola il cambiamento, riesce a motivare gli studenti e ad integrare
due aspetti fondamentali della vita scolastica e della crescita più globale: gli scopi
individuali di ciascun ragazzo e le attività programmate in classe (percepite come
funzionali al raggiungimento degli obiettivi personali).
Le Aziende Sanitarie, sollecitate dall’Assessorato Regionale alla Sanità ed in
accordo con gli Uffici scolastici Provinciali, hanno avviato laboratori formativi
progettuali rivolti ad insegnanti su tematiche riguardanti le life skills e la peer
education, favorendo l’autoprogettazione da parte dei docenti.
Nella provincia di Livorno, i dettati Regionali sono stati anticipati dal progetto
sostenuto dalla Fondazione Il re è nudo: noi no che ha utilizzato in via sperimentale la metodologia delle life skills e della peer education, raggiungendo gli
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
interessanti risultati descritti in questo volume. I peer educators sono stati individuati, hanno elaborato strategie, strumenti e progetti e sono riusciti a promuovere
l’adozione di comportamenti consapevoli, riferiti in particolare all’uso di alcol e
di sostanze.
Ancora troppo alto
il tasso di dispersione scolastica
Fausto Bonsignori
Fioretta Pratesi
Direttore U.O. Educazione alla Salute
ASL 6 Livorno
Sull’analisi della realtà giovanile esistono intere
biblioteche di volumi. La questione è oggetto di dibattiti, inchieste, trasmissioni televisive, ma rimanda
spesso una sensazione di indeterminatezza, di fuggevolezza, quando non di opacità.
In questo quadro, si percepisce però un forte desiderio di ragazze e ragazzi di essere protagonisti, una
forte esigenza di partecipazione che spesso non trova
canali di espressione.
Attraverso il proprio Osservatorio per le politiche
sociali, la Provincia di Livorno ha avviato da anni, un’attenta osservazione della
realtà sociale del territorio, focalizzando l’attenzione sul fenomeno della dispersione scolastica. Ne fanno fede, tra le altre, le ultime ricerche, del 2007 e del 2008,
da cui emerge un dato: la questione del benessere/disagio scolastico è distinta,
anche se interconnessa, con quella del disagio sociale, del disagio adolescenziale,
del disagio psicologico. Il disagio scolastico è “un fenomeno specifico che nasce
dall’incontro tra il ragazzo e la scuola”: un aspetto del disagio giovanile, “legato
alla scuola come luogo di insorgenza, determinato dall’interazione di più fattori
sia individuali (ad es. l’autostima, l’autoefficacia, componenti cognitive) che contestuali e relazionali (ad es. l’ambiente di vita, l’ambiente scolastico, il rapporto
tra l’alunno e l’insegnante, tra la famiglia e l’insegnante) e che si manifesta attraverso una varietà di situazioni problematiche che espongono lo studente al rischio
di insuccesso e di disaffezione alla scuola”.
Nonostante la difficoltà a definirne e circoscriverne il fenomeno, la dispersione
scolastica è considerata l’indicatore più sensibile e significativo per riassumere il
disagio scolastico. Anche se spesso l’abbandono costituisce la fase “terminale” e
quasi sempre traumatica di un percorso che dal “disagio scolastico” procede verso
la scelta di un definitivo distacco dal sistema. “Il distacco dal sistema scolastico si
configura in questo senso come una tappa di un percorso articolato, che può con-
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
durre verso la marginalizzazione sociale dei soggetti coinvolti”. Assumere questo
dato significa capire che il disagio scolastico si pone come ostacolo resistente alla
crescita individuale, sociale, culturale.
Il tasso di ripetenza nella scuola secondaria di secondo grado a Livorno è
pari all’8,7%, un valore superiore di un punto e mezzo a quello medio regionale
(7,2%). Il tasso più elevato si rileva negli istituti professionali, tecnici e magistrali; il tasso più basso si registra nei licei. Con l’eccezione dei licei artistici, in
tutte le tipologie di istituto, il tasso di ripetenza provinciale è sistematicamente
superiore a quello regionale.
Il fenomeno si spiega con il fatto che nei licei si concentrano soprattutto gli
alunni che hanno ottenuto “Ottimo” come giudizio di licenza media (che costituiscono oltre la metà degli alunni in ingresso); gli alunni sono in maggioranza figli
di genitori con titolo di studio medio-alto; sono pochissimi gli alunni in ritardo
negli studi. Nei professionali troviamo invece gli alunni scolasticamente più “fragili” (usciti con “Sufficiente” come giudizio di licenza media); la metà ha almeno un anno di ritardo; la stragrande maggioranza ha genitori con basso titolo di
studio. Inoltre negli istituti professionali si concentra anche la maggioranza degli
studenti stranieri.
Si osservano differenze significative in relazione alla tipologia di istruzione: la
percentuale degli alunni ritirati rispetto agli alunni iscritti è quasi nulla nell’ordine
liceale, il 6,3% nell’ordine tecnico ed il 17% nell’ordine professionale. Spesso
l’abbandono scolastico si traduce in un trasferimento verso altri percorsi di formazione (altre scuole, formazione professionale, etc). Ciò induce a pensare che
l’abbandono sia espressione anche di una scarsa corrispondenza tra le aspettative
dello studente e le risposte della scuola.
Rispetto alla media europea, Livorno – e la Toscana in generale – presentano
un tasso di interruzione degli studi ancora piuttosto elevato (oltre uno studente su
cinque, quindi più del 20%, contro un valore medio EU del 15%): ma il fenomeno
dell’abbandono scolastico precoce risulta in riduzione nell’ultimo decennio.
La Provincia di Livorno, con la collaborazione di altri soggetti sia pubblici che
privati, ha al suo attivo svariate misure per contrastare i fenomeni di disagio scolastico: l’attivazione del convitto per studenti fuori sede, la gestione degli interventi
di diritto allo studio facendo di questi, d’intesa con i Comuni, uno degli strumenti
di contenimento della dispersione scolastica; gli interventi sugli alunni disabili
nelle scuole superiori, le iniziative di orientamento, l’innovazione dell’offerta formativa, anche in raccordo con i bisogni espressi dal mondo produttivo, le scuole
aperte in orario extra lezioni, le risposte alle necessità logistiche, a cominciare
dalla manutenzione dei locali e dagli arredi.
Tutto questo in un quadro di grande crisi, a livello macro e microeconomico,
che ha come conseguenza una forte riduzione di risorse e contrazione della capacità di spesa.
Ma sarà sempre più importante per noi costituire lo snodo fondamentale di una
Ancora troppo alto il tasso di dispersione scolastica di Fausto Bonsignori
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rete di rapporti tra scuole, associazioni, soggetti vari, capaci di lavorare in sinergia per dare risposta ai bisogni di analisi e formulare idee e proposte concrete nei
riguardi di uno spaccato importantissimo della nostra società, quale è il mondo
dei giovani.
Con molto interesse, pertanto, la Provincia di Livorno ha patrocinato il progetto Il Re è nudo: noi no, dedicato alla questione dell’agio e del disagio giovanile.
Un progetto basato, in primo luogo, sull’ascolto e sul confronto tra alcuni
significativi spaccati della popolazione studentesca livornese e il “mondo degli
adulti”, in questo caso insegnanti e operatori scolastici.
Si tenta di far emergere i desideri, i bisogni, i valori, la sensazione di inclusione o viceversa di esclusione, di ragazze e ragazzi del nostro territorio, attraverso
una sorta di democrazia dei rapporti, instaurata con i gruppi di lavoro della peereducation.
Fausto Bonsignori
Vicepresidente della Provincia di Livorno
Assessore a Cultura, Istruzione e Sport
Un malessere antico ma sempre diverso di Carla Roncaglia
Un malessere antico
ma sempre diverso
Carla Roncaglia
Il disagio giovanile non è un fenomeno nuovo né
inspiegabile, anche se siamo portati a ritenerlo tipico
del nostro tempo. Per certi versi, nelle società occidentali, proprio per la loro caratterizzazione socioeconomica, una quota di malessere e di conflittualità
delle condotte è strutturalmente connaturata all’età
giovanile ed è stata perciò presente in ogni generazione, esprimendosi di volta in volta con modalità e
linguaggi diversi. La letteratura ed i saggi antropologici sono ricchi di esempi in questo senso.
Questo non vuol essere un argomento per minimizzare il fenomeno, bensì per
affermare che in ogni periodo storico abbiamo bisogno di capire a fondo le forme
che esso prende, le radici su cui cresce, le dinamiche che segue nella generazione
presente perché, queste sì, sono sempre nuove in quanto rimandano all’assetto di
alcune strutture portanti dell’organizzazione sociale, che mutano nel tempo: la
famiglia, l’organizzazione del lavoro, le reti relazionali, il sistema dei valori. Qui
dobbiamo andare a cercare le cause prime del fenomeno e qui dovremmo anche
inserire le “terapie” decisive. Troppo spesso, invece, diagnosi e terapie rispondono ad una logica soggettivistica, che lascia l’individuo sostanzialmente solo di
fronte alle difficoltà.
Le forme di disagio giovanile oggi prevalenti si esprimono nell’abuso di sostanze (droghe, alcool, ecc.), in comportamenti alimentari autolesionisti (anoressia, bulimia, obesità), in comportamenti sociali estremi (bullismo, vandalismo,
violenza gratuita), in difficoltà a seguire percorsi regolari di studio (dispersione
scolastica) e/o di lavoro. Chi studia queste problematiche ci segnala un loro sfondo esistenziale costante: quello di una fragilità psicologica ed identitaria molto
diffusa, diventata quasi un dato antropologico comune a questa generazione di
giovani, che li rende più facilmente “a rischio” di incorrere in esperienze, di cui
non riescono a gestire le conseguenze e che possono segnare definitivamente la
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loro vita anche in modo tragico. Le contromisure, sia preventive che riparative, sono oggi prevalentemente caratterizzate dall’adozione di strategie educative
centrate sulla persona e sulla sua capacità autoformativa: infatti solo gli apprendimenti conquistati “dal di dentro”e in libertà possono diventare fattori di cambiamento profondo e contribuire alla trasformazione della propria condizione di vita.
Tra queste strategie la peer education (educazione tra pari) si distingue, oltre
che per la sua flessibilità nell’adattarsi a vari contesti, proprio per la sua spiccata
caratteristica “antiautoritaria”: non sono tanto gli esperti o i saperi accademici
che riescono a motivare ed influenzare efficacemente i giovani nei confronti dei
comportamenti a rischio, quanto un approccio pedagogico senza gerarchie, che
metta in gioco anche le emozioni, i vissuti, i mondi simbolici, le competenze comunicative e relazionali personali. In questo modo il possesso delle informazioni
diventa autonomo e può determinare sia giudizi di valore convinti, sia assunzione
di comportamenti più consapevoli ed orientati ad un benessere autentico.
Gli elaborati prodotti dagli studenti e dagli insegnanti con il progetto Il re è
nudo: noi no seguendo la metodologia peer, sono esempi validi e ben riusciti della
sua efficacia ed anche della forza comunicativa che il percorso di apprendimento
fatto sui diversi temi è riuscito a liberare.
Carla Roncaglia
Assessore alle Politiche Educative
Comune di Livorno
Tra programmazione e comunicazione di Anna Tempestini
Tra programmazione e comunicazione
Anna Tempestini
Non è semplice affrontare la tematica del mondo dei giovani e cercare di risolvere la questione del
disagio che lo sta attraversando, in una società che
offre sempre più esempi negativi piuttosto che valori
e speranze positivi.
Il problema suscita attenzione quando questo
disagio emerge in atti o circostanze che provocano
azioni di disturbo o quando si traduce in fatti gravi, che spesso hanno come vittima proprio i giovani.
Non di rado, purtroppo, il dibattito viene liquidato
con un giudizio negativo sulle giovani generazioni e non ci si pone la domanda su
quali siano stati i fattori scatenanti di certi episodi.
Molte sono le espressioni del disagio che si traducono in comportamenti a
rischio per la salute psicofisica degli adolescenti e per il loro benessere in senso
generale.
Il maggior consumo di sostanze stupefacenti, di alcool, i disturbi alimentari, i
comportamenti violenti o totalmente indifferenti sono indubbiamente conseguenze di una fragilità estrema delle giovani generazioni, della quale la Comunità tutta
deve farsi carico.
L’investimento nei giovani è investimento per il futuro ma la sensazione, ad
oggi, è che ancora troppo poche siano le risorse a loro dedicate.
A partire dalla scuola, sempre più in difficoltà e sempre più carente di risorse, per arrivare alle istituzioni locali, che non godono buona salute in termini di
bilanci, non si può correre il rischio di rinunciare a quegli interventi che in questi
anni sono stati realizzati.
Uno strumento importante è rappresentato dalla Società della Salute che si
sta costituendo oggi in Val di Cornia e in tanta parte della Toscana dopo la fase
sperimentale, soggetto pubblico costituito dai Comuni e dall’ASL, titolare della
programmazione socio-sanitaria e delle politiche della salute.
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A partire dall’esame del contesto sociale ed economico del nostro territorio emergono sempre più rilevanti le difficoltà, segnalate nella predisposizione
dell’immagine di salute a cura della Società della Salute: carenze educative del
ruolo genitoriale, maggiore fragilità e frammentarietà della famiglia, personalità
fragili dei giovani, aumento del disagio scolastico. Indubbiamente le priorità sono
rappresentate dalla programmazione di interventi educativi e dalla ricerca di un
rapporto con le famiglie, in modo che possano avere consapevolezza del ruolo e
della responsabilità che a loro compete.
Intanto credo che il risultato più importante ad oggi raggiunto sia stato l’aver
messo in relazione tutti gli attori sociali che operano con i giovani e per giovani,
cercando di costruire progetti comuni di intervento che si traducano in azioni e
progetti condivisi.
Ma anche servizi a sostegno realizzati nel tempo, penso al consultorio adolescenti, al consultorio familiare, agli sportelli di ascolto attivati nelle scuole che
cercano di intercettare il bisogno e il disagio, indirizzandolo poi verso percorsi di
aiuto o di semplice informazione, all’apertura del Centro Giovani, che rappresenta punto di incontro e di promozione delle politiche giovanili. Ed è proprio partendo dai giovani e dal loro protagonismo, cercando nuove metodologie di intervento
e di comunicazione credo si possa meglio intervenire in favore del benessere di
questa fascia di popolazione.
In questo contesto il progetto Il Re è nudo: noi no, inserito all’interno del percorso di Educazione alla Salute realizzato dalla Società della Salute e rivolto alle
scuole del territorio, rappresenta un’opportunità innovativa proprio in direzione di
quel modo nuovo di realizzare interventi educativi.
Il tema del come approcciarsi ai giovani per comunicare e soprattutto far recepire messaggi positivi è senz’altro centrale: spesso si rischia infatti di investire
risorse in progetti che poi risultano poco efficaci proprio per scarsa incisività comunicativa.
Ho avuto modo di partecipare alla giornata finale del progetto al Centro Giovani a Piombino e alla proiezione dei “corti” realizzati a testimonianza del percorso
svolto.
Le tematiche scelte, Alcool e sicurezza stradale e Infezione HIV-AIDS e MST,
hanno visto impegnati i ragazzi dell’ISIS Volta- Pacinotti nel trasmettere ai propri
coetanei le informazioni e le consapevolezze maturate nel corso del progetto.
I ragazzi che ne hanno fatto parte hanno acquisito capacità di comunicazione
e autorevolezza. Nel corso della presentazione sono riusciti a coinvolgere e ad
interessare gli studenti presenti alla manifestazione, se pur con qualche difficoltà
derivata forse dal condizionamento della presenza di adulti estranei al percorso.
Oggi credo che la sfida sia quella di far diventare il progetto azione sistemica
all’interno delle scuole, consolidando l’esperienza dei peer formati e formandone
altri, affinché possano davvero esercitare essi stessi un ruolo di educatori per i
compagni.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
Nuovi metodi quindi e nuovi linguaggi sono necessari ma anche la capacità
degli adulti tutti, insegnanti, esperti dei servizi, famiglie, di mettersi in gioco e
di sperimentare processi innovativi. Necessaria, infine, è la continuità negli interventi che certamente non possono risultare efficaci se non fanno parte di una
strategia complessiva e duratura.
Educazione tra pari
uno strumento vincente
Stefano Carboni
Anna Tempestini
Assessore alle Politiche Sociali ed Educative
Comune di Piombino
L’abuso di sostanze stupefacenti rappresenta,
nell’ultimo trentennio, uno dei fenomeni giovanili più rilevanti, sia a livello sanitario che sociale.
Nell’ultima decade, in particolare, si sono verificati importanti cambiamenti nelle modalità di utilizzo
delle sostanze psico-attive: gli psicostimolanti e gli
psicodislettici sono al secondo posto nell’elenco delle droghe preferite dai giovani, dopo i cannabinoidi e
prima dell’eroina. Il recente massiccio sviluppo delle cosiddette “droghe sintetiche” si inserisce nel più
ampio e complesso contesto della ricerca “abusiva” di nuove molecole in grado
sempre più di facilitare e rinforzare le relazioni sociali.
Nello specifico, l’ecstasy, sembra rappresentare la sostanza simbolo della nuova era della tossicodipendenza: procura benessere, resistenza al sonno, miglioramento delle performances e delle capacità di socializzazione, allevia ansia e
depressione, concilia evasione e apparente facile ritorno alla normale vita quotidiana, divertimento notturno e doveri diurni. Questa sostanza, in altri termini,
sembra essere in grado di superare la classica distinzione tra droghe pesanti e
droghe leggere, in quanto dotata al tempo stesso della pericolosità e rischiosità
tipiche degli stupefacenti, insieme a possibilità di utilizzo apparentemente facili
e controllabili.
All’ecstasy, ad altre droghe psicotrope e alla loro frequente associazione con
l’alcool, mass-media ed opinione pubblica spesso riconducono fenomeni complessi per il carico sociale e sanitario che comportano, come gli incidenti stradali
e le cosiddette “stragi del sabato sera”, ma anche il sorgere di nuove tendenze
culturali e musicali giovanili (rave party) che non di rado superano il confine della
legalità.
Alle nuove tipologie di droghe disponibili restano affiancati i tradizionali abusi di alcool e sostanze stupefacenti; alle spalle, un contesto che sembra adattarsi
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
facilmente al cambiamento degli stili e delle mode, ma che sempre più sembra
presentare degli inquietanti aspetti di normalità.
La percezione del rischio è considerata uno dei fattori motivazionali più influenti nell’adozione di comportamenti lesivi – o a favore – della propria e altrui
salute. Tanto maggiore è il rischio percepito, tanto più forti sono le motivazioni
degli individui ad adottare comportamenti protettivi. In realtà, secondo l’antropologa Mary Douglas, “I risultati più sicuri della ricerca sul rischio dicono che
gli individui hanno un forte ma ingiustificato senso della propria immunità soggettiva. Nel caso di attività molto familiari, vi è la tendenza a minimizzare la
probabilità di esiti sfavorevoli. A quanto pare, la gente sottovaluta i rischi che presumibilmente sono sotto il suo controllo e ritiene di essere in grado di far fronte
alle situazioni che conosce”.
In questo contesto di riferimento si è mosso il progetto Il re è nudo: noi no.
Ma soffermiamoci su alcuni dati per inquadrare il fenomeno che il progetto
voleva intercettare.
europa ed italia
La contiguità alle sostanze psicotrope da parte dei giovani italiani è in costante
crescita dall’inizio degli anni ’80.
Recenti studi di settore e dati epidemiologici mostrano una significativa evoluzione del consumo di sostanze, spesso ripresa dai mass-media e proposta talvolta con toni allarmistici, che evidenziano due aspetti significativi: da un lato si
registra l’espansione del fenomeno della poli-assunzione (mix di droghe di natura
differente e alcool) nella popolazione giovanile con evidente crescita del consumo
di cocaina e in misura minore di droghe di sintesi, dall’altro si registra un abbassamento dell’età di esordio con una sostanziale emersione di nuove categorie di
consumatori.
In tema di consumo di sostanze psicotrope, l’Italia si attesta al quinto posto in
Europa per numero di consumatori di cocaina, ma presenta percentuali più alte rispetto alla media europea nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 18 anni. Lo si apprende dal “Rapporto 2009 dell’Osservatorio europeo sulle droghe e dipendenze”
presentato a Bruxelles e a Roma. Il rapporto conferma la diffusione costante della
cocaina e rivela come il mix di droghe e alcool sia responsabile della maggior parte dei problemi legati alle sostanze stupefacenti. In Italia il consumo abitudinario
di droghe coinvolge circa 180 mila persone, lo 0,1% della popolazione.
Secondo il rapporto, non vi sono segnali di miglioramento per quanto riguarda
il consumo europeo di cocaina ed eroina, le due sostanze che rimangono al centro
del fenomeno della droga in Europa. I nuovi dati confermano invece un costante
calo dell’uso di cannabis, in particolare tra i giovani europei, ma non quelli italiani: l’Italia si colloca infatti tra i Paesi dove il consumo di cannabis è più alto tra i
giovani (15-34 anni).
Educazione tra pari, uno strumento vincente di Stefano Carboni
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“Negli ultimi due anni la diminuzione del consumo di cocaina ed eroina nei
ragazzi dai 15 ai 17 anni non si registra per la cannabis” – ha spiegato Giovanni
Serpelloni, direttore del Dipartimento politiche antidroga. I dati a cui si riferisce
Serpelloni riguardano in particolare il 2008 e età differenti rispetto a quelle riportate nel rapporto europeo. Bisogna lavorare per la prevenzione, l’informazione e
l’educazione, ma per prevenire i consumi serve anche più ricerca.
Per quanto riguarda l’Europa, la cocaina rimane il più popolare stimolante:
oltre 13 milioni di europei adulti hanno provato cocaina nella loro vita e di questi 7,5 milioni sono giovani (15-34 anni), mentre tre milioni l’hanno usata negli
ultimi 12 mesi. L’uso rimane concentrato soprattutto nei paesi occidentali e si
segnalano trend d’assunzione crescenti nella fascia d’età 15-34 anni. L’Italia si
conferma uno dei Paesi a più alta prevalenza, insieme a Danimarca, Spagna, Irlanda e Regno Unito. In questa cinquina nell’ultimo anno l’uso tra i giovani si è
attestato tra il 3,1% e il 5,5%, mentre nella maggior parte degli altri Paesi europei
si registra una tendenza alla stabilizzazione o all’aumento del consumo nella fascia d’età 15-34 anni.
I nuovi dati indicano anche che la popolazione di consumatori di eroina è tuttora in aumento: nel 2007 il numero globale di nuove richieste di terapia per dipendenza da eroina (droga primaria) era più elevato del 6% rispetto al 2002.
Se la cocaina, insieme all’amfetamina, primeggia come stimolante nell’Europa occidentale, la metamfetamina si appresta a prendere piede in misura significativa in questo ricco mercato – rileva l’Osservatorio europeo delle droghe e
delle tossicodipendenze (OEDT) – grazie anche alla facilità con cui può essere
prodotta. Storicamente, l’uso di questa sostanza si concentra nella Repubblica
ceca, dove sono stati individuati quasi 400 piccoli laboratori di metamfetamina.
Ma nell’ultimo anno la disponibilità di questo stimolante sta aumentando in alcune zone dell’Europa del Nord, come Svezia e Norvegia.
L’uso combinato di diverse sostanze (poliassunzione) è un fenomeno molto
diffuso in Europa, e quasi tutte le modalità di poliassunzione comprendono la
presenza di alcool. Destano particolare preoccupazione i possibili effetti dannosi
soprattutto per i giovani, poiché la poliassunzione può aumentare il rischio di
effetti tossici e di problemi cronici di salute. Nei consumatori problematici tale
comportamento può aggravarne le già difficili condizioni di salute, determinando
un aumento dei rischi e la possibilità di conseguenze gravi, per esempio overdose
letali.
L’allarme dell’Osservatorio riguarda soprattutto i giovani: tra gli studenti europei, dati recenti mostrano una forte associazione tra il cosiddetto binge drinking
(un numero elevato di drink alcolici nella stessa serata) e consumo di droga, soprattutto in ambienti ricreativi. I dati tratti da uno studio condotto recentemente
dall’Oedt rivelano che poco più del 20% degli studenti dai 15 ai 16 anni aveva
usato alcool e sigarette durante il mese precedente, un altro 6% aveva consumato
cannabis e alcool e l’1% aveva usato questo gruppo di sostanze in aggiunta a
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
un’altra droga (ecstasy, cocaina, amfetamine, Lsd o eroina). Complessivamente,
una media di circa il 30% degli studenti di questa età avevano consumato due o
più sostanze nel mese precedente, con 91 combinazioni differenti.
Tra le altre novità di mercato, i marchi differenti e le confezioni attraenti. Un
esempio tipico è il prodotto a marchio ‘Spices’, spesso venduto come incenso. Le
informazioni riportate sulla confezione sostengono che si tratta di una miscela di
erbe o piante fino a 14 ingredienti, ma i test hanno dimostrato che spesso contengono cannabinoidi sintetici.
alcuni dati in toscana
A livello locale toscano, i dati raccolti dall’Agenzia Regionale di Sanità Toscana (ARS) analizzando un campione di popolazione studentesca riferiscono un
quadro all’interno del quale il 33,2% degli intervistati ha dichiarato di aver usato
almeno una volta una sostanza illegale, con una prevalenza maggiore registrata
nelle zone di Firenze e Livorno.
A consumare maggiormente le sostanze sarebbero i ragazzi di sesso maschile,
con un indice pari al 38%, mentre quello registrato nella popolazione femminile
è pari al 29%. Inoltre per quanto riguarda il primo uso, nel 70% dei casi avviene
entro i 15 anni, facendo in seguito registrare un aumento del consumo con l’età e
confermando una tendenza all’abbassamento dell’età di esordio.
Alcol, fumo, droga, gioco d’azzardo: più di 27 mila persone in Toscana, secondo le rilevazioni più recenti, sono alle prese con problemi di dipendenza. Un
fenomeno che sembrerebbe riguardare soprattutto i giovani: secondo l’Agenzia
regionale di sanità, nel 2008, sarebbero quasi 59 mila i ragazzi di età compresa tra
i 14 e i 19 anni che hanno provato qualche sostanza stupefacente.
Attualmente, in Toscana, sono in carico ai servizi Pubblici (Ser.T.) circa 5.000
tabagisti, oltre 16.000 tossicodipendenti, 4.700 alcolisti e 400 giocatori d’azzardo
patologici.
In base allo studio EDIT svolto dall’Ars e relativo al 2008 sarebbero circa 59
mila i giovani tra i 14 e i 19 anni che hanno provato almeno una sostanza stupefacente. Di questi 56 mila hanno fatto uso di cannabinoidi, oltre 10 mila di cocaina,
7300 di anfetamine ed ecstasy, 6600 di allucinogeni, 1400 di eroina. Circa 25 mila
fumano e oltre 15 mila hanno problemi con l’alcol.
il proGetto
Il progetto Il re è nudo: noi no nasce dall’esigenza di approfondire la conoscenza in merito al consumo di sostanze stupefacenti, ad oggi in costante crescita,
all’interno della popolazione giovanile scolastica.
Ma anche dall’esigenza di veicolare informazioni dettagliate sulle sostanze
(alcool e droghe legali ed illegali), sugli effetti che producono e sulle modalità di
assunzione, e di scambiare idee su argomenti inseriti nella dimensione sociale, intellettiva, affettiva e morale. Con queste modalità si è cercato di incidere significa-
Educazione tra pari, uno strumento vincente di Stefano Carboni
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tivamente sulle motivazioni che portano gli adolescenti, nello specifico gli alunni
delle scuole coinvolte, e, a ricaduta, tutti i giovani della Provincia di Livorno, ad
assumere sostanze psicotrope legali e non.
Il progetto nasce da un confronto tra i partner coinvolti attorno alle tematiche
inerenti la questione giovanile, e sviluppa un’analisi sulle opportunità-risorse che
i giovani incontrano nei rispettivi tessuti sociali per poter esprimere la propria partecipazione alla vita della comunità locale, il proprio protagonismo ed il senso di
appartenenza alla comunità europea, nonché un’analisi approfondita dei fattori di
protezione e di rischio psicosociale che i giovani incontrano nel cammino di crescita verso la dimensione adulta e che possono esporli a condotte di vita a rischio.
la metodoloGia proGettuale
Si è scelto di intervenire con una metodologia che oramai è sinonimo di garanzia nell’intervento con i giovani: la peer education o educazione tra pari.
Il termine peer education è visto come un termine “ombrello” sotto cui comprendere tutta una serie di approcci diversi.
Peer education (educazione tra pari) è, secondo una definizione dell’UNESCO, “l’impiego di soggetti appartenenti a un determinato gruppo (sociale, etnico, di genere) allo scopo di facilitare il cambiamento presso gli altri componenti
del medesimo gruppo”. Quasi sempre, tuttavia, essa viene intesa nella particolare
accezione di “educazione tra coetanei”, che descrive le attività socio-educative di
bambini e adolescenti rivolte ai pari età. Affermatasi negli ultimi quindici anni,
ma con radici che affondano nelle elaborazioni teoriche e nelle sperimentazioni
degli anni Sessanta, la peer education è una strategia educativa flessibile e “rivoluzionaria”. In quanto sposta la centralità del ruolo pedagogico (e la quota di
potere a esso associato) dall’esperto tradizionale, adulto e professionalizzato, al
giovane opportunamente formato. Essa si dimostra vincente rispetto agli approcci
pedagogici classici, soprattutto quando il messaggio veicolato ha per oggetto il
“non fare”, come nel caso della prevenzione di un comportamento a rischio. È
dimostrato che, in tali contesti, la prescrizione autoritaria può rivelarsi ininfluente
o persino controproducente. La peer education, al contrario, mette in gioco anche
emozioni e competenze relazionali che consentono al messaggio in/formativo di
pervenire al suo scopo. Il principio della sua efficacia risiede nell’attitudine, caratteristica degli adolescenti, a orientare i propri comportamenti non soltanto sulla
scorta delle informazioni ricevute, ma anche in base a ciò che fanno i coetanei, e
in particolare coloro che possono proporsi come figure di riferimento. L’educatore
coetaneo è una persona che più di qualsiasi esperto adulto ha accesso al mondo
valoriale e simbolico dei giovani, decodifica il loro linguaggio e ha quindi l’abilità
di stabilire un rapporto di fiducia e ascolto con i soggetti con cui entra in contatto.
Dall’esperienza maturata nei paesi anglosassoni ed americani, la peer education è “un sistema grazie al quale persone di età, status ed esperienza simili possono passarsi reciprocamente informazioni ed imparare l’una dall’altra. Il fatto
38
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
importante è che non c’è una relazione di potere come quella che c’è tra docente
e studente, tra animatore e giovane, tra direttore ed operaio”. In questa accezione,
la peer education propone un’alternativa all’idea di autorevolezza ed è inoltre
caratterizzata dall’enfasi posta su un tipo di apprendimento che sia contemporaneamente interattivo e partecipativo.
Si fonda sul riconoscimento del passaggio dal periodo dell’infanzia in cui le
relazioni più significative sono quelle di tipo verticale, al periodo dell’adolescenza in cui emerge il bisogno di relazioni orizzontali, in cui l’interazione sia caratterizzata da simmetria, eguaglianza, complementarietà, mutuo controllo.
In Italia il dibattito è ancora in corso ed esempi di buoni progetti di peer education sono disseminati lungo tutto lo stivale.
Al di là delle distanze tra i diversi modelli, la peer education come strumento
di prevenzione sta ottenendo sempre più consensi, tanto che nella relazione annuale sulle tossicodipendenze la peer education viene indicata come strada per
la lotta alla droga tra i giovani. Tale documento definisce la peer education come
“metodo educativo in base al quale alcuni membri di un gruppo vengono responsabilizzati, formati e reinseriti nel proprio gruppo di appartenenza per realizzare
precise attività con i propri coetanei”. In una prima fase dunque, la peer education
riconosce l’importanza e la delicatezza del ruolo svolto dagli adulti, sebbene il
rapporto adulto-adolescente venga collocato sul piano dell’interazione e partecipazione attiva e costruttiva. L’adulto ha il compito di lavorare sulle competenze
life skills dei giovani quale presupposto attraverso cui i ragazzi possano essere
protagonisti della vita sociale. Tuttavia, le attività svolte dal peer educator sono
un’occasione di discussione per gli adolescenti che mira a valorizzare la condivisione e le potenzialità implicate in un gruppo di pari. Il gruppo dei pari è fondamentale nella socializzazione secondaria; questa espressione non implica un
appiattimento ed un’omologazione dei ruoli; esistono differenze su base esperenziale che permettono un passaggio di conoscenze e vissuti che però è orizzontale,
tra pari, svolto in un’ottica di cooperazione e solidarietà.
Secondo questa chiave di lettura, la peer education in quanto articola l’incremento delle life skills e la partecipazione alla vita di società può divenire strumento di formazione per una diversa e più intensa cittadinanza.
il percorso della peer education
Il percorso di peer education si compone di tre step interconnessi e conseguenti l’uno all’altro.
Il primo consiste di un breve periodo di formazione; il secondo è rappresentato
dalla scelta dello strumento di divulgazione da realizzare e dalla costruzione dei
contenuti, il terzo dall’intervento di diffusione dei prodotti realizzati da parte dei
peer.
Nel processo di peer education i ragazzi sono pertanto destinatari ed attori
protagonisti dell’intervento di prevenzione primaria che si va a realizzare.
Educazione tra pari, uno strumento vincente di Stefano Carboni
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È questo il momento in cui acquista centralità il protagonismo dei giovani
attraverso un processo di interdipendenza tra il ruolo degli adulti e quello dei
ragazzi stessi.
Il percorso di peer education si muove intrecciando due linee di azione:
1. costruzione del senso reale del protagonismo dei giovani che passa anche attraverso l’assunzione di responsabilità da parte dei ragazzi, intesa come ridefinizione della relazione con gli adulti e capacità di interagire a diversi livelli.
In questa prospettiva si è lavorato sul capitale umano quale insieme di “conoscenze, qualifiche professionali, competenze e caratteristiche individuali che
facilitano la creazione di benessere personale, sociale ed economico” (OCSE
in Croce, Ottolini 2004);
2. costruzione, accompagnamento e manutenzione del capitale sociale. Esso, in
quanto rete di relazioni di fiducia non è proprietà degli individui ma bene pubblico condiviso da un gruppo: attraverso la condivisione di competenze e tempo i soggetti giungono a sostenersi a vicenda e ad aiutarsi reciprocamente.
In questo senso, “dar vita ad un progetto ed investire nella formazione e nell’attivazione di interventi di peer education significa in primo luogo investire nello
sviluppo di capitale umano dei giovani. In secondo luogo, in riferimento all’intera
comunità di appartenenza – una comunità scolastica di un distretto scolastico,
oppure di un quartiere, di una città, di un’intera provincia – la peer education si
prospetta, sin dal suo attivarsi, come una strategia del capitale sociale: utilizza risorse già disponibili, le mette in rete, le valorizza, le moltiplica e le fa fruttificare”
(Croce, Ottolini 2004).
Ciò che distingue la peer education dai tradizionali interventi di prevenzione
fondati sulla trasmissione di informazioni è lo sviluppo di azioni, consapevolezze, ruoli, ossia di empowerment dei singoli, dei gruppi e della comunità (Tortone
2003).
Il primo passaggio in questo percorso è quello di promuovere l’interazione
con il mondo adulto e ciò, secondo alcuni “si realizza mostrando ai ragazzi come
essi possono agire efficacemente e sviluppando le loro abilità di pensiero critico e
di problem solving” (Boda 2004). Si tratta di offrire ai ragazzi un contesto esperenziale entro cui è possibile spendere le competenze possedute e maturate, dal
pensiero critico alla capacità di riflessione, dalla cooperazione alla partecipazione,
dall’integrazione al senso di appartenenza. Questo approccio è quello che viene
chiamato delle life skills (Boda 2001, 2004) secondo cui, “acquisire le life skills
significa condurre relazioni interpersonali e assumere responsabilità legate al proprio sociale” (Elias in Boda 2001).
Le life skills sono capacità/abilità che mettono in grado gli individui di adottare
strategie efficaci per affrontare i diversi problemi che si presentano. Accrescere
le competenze di vita e rafforzare l’identità di ognuno divengono forme di prevenzione primaria fondate sul riconoscimento del diritto/dovere dei giovani di
assumere la responsabilità del proprio percorso di vita e della propria salute e
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
del diritto/dovere d’intraprendere azioni positive per sé, promuovendo relazioni
sociali costruttive ed efficaci.
Il secondo step previsto è quello dell’individuazione della tematica da affrontare e dello strumento più idoneo per diffonderla.
In questo step si è data completa libertà ai gruppi peer di individuare le tematiche ritenute “emergenziali” da affrontare e sviluppare e nell’individuazione degli
strumenti migliori per diffondere i messaggi di prevenzione e sensibilizzazione
che venivano costruiti in gruppo.
Si è infatti assistito a scelte anche controcorrente come quello di affrontare un
tema difficile e complesso come quello dell’anoressia giovanile o a scelte più attese come tutte le tematiche che ruotano attorno al consumo di sostanze psicotrope
(alcool e guida, droghe più ampiamente intese, ecc.)
Il terzo step nel percorso di peer education è quello della diffusione dei prodotti realizzati dai gruppi peer.
Infatti, in senso ampio, la peer education si può intendere come “un più profondo movimento di idee che, operando soprattutto sugli adolescenti e sui giovani, promuove un’educazione alla cittadinanza attraverso il dialogo libero e costruttivo tra pari” (Amerio 2004). Una volta formati, i peer si sono “mossi” nei
loro luoghi di socializzazione, formali ed informali, per sensibilizzare i coetanei
alla conoscenza ed al confronto dei prodotti da loro realizzati in tema di promozione dell’agio giovanile.
Sfruttando i normali canali relazionali tra coetanei, il peer educator opportunamente formato diviene un veicolo educativo efficace nella trasmissione e
diffusione di conoscenze e valori utili a modificare ed acquisire comportamenti.
Attraverso il proprio impegno nel lavoro di sensibilizzazione, il peer educator
sviluppa la propria capacità critica e di apertura all’altro ma ciò si intreccia con la
possibilità che attraverso la propria azione il peer dia visibilità ai problemi ed ai
temi dei quali si occupa e li porti all’attenzione dei suoi compagni.
È in questa prospettiva che la peer education può diventare uno strumento di
formazione per una diversa, più intensa e giovane cittadinanza.
1. Elementi caratterizzanti la peer education:
– la peer education favorisce la crescita dell’individuo attraverso lo sviluppo
del senso critico, della coscienza di sé e della propria generazione;
– nella peer education non si insegna ma si trasmettono le proprie esperienze/
sentimenti agli altri;
– la peer education è un metodo di apprendimento e approfondimento di contenuti tramite discussione, confronto e scambio di esperienze in virtù di una
relazione con i coetanei.
2. Ruolo del peer educator:
Educazione tra pari, uno strumento vincente di Stefano Carboni
41
– essere ben inserito nel gruppo e capace di muoversi come pesce nell’acqua
tra i coetanei;
– essere adatto ad acquisire un ruolo di leadership emozionale accettato e riconosciuto dai coetanei;
– essere capace di riportare e presentare i contenuti da dibattere nel gruppo
degli adolescenti non come emissari del mondo adulto, ma appunto come pari
che hanno maturato delle esperienze da trasmettere.
3. Il gruppo
– dimensione sociale di riferimento e contenitore privilegiato di esperienze
significative;
– dimensione tipica dell’adolescenza;
– il gruppo svolge la sua funzione quando i soggetti si sentono affiliati per
caratteristiche o esperienza.
obiettivi:
Gli obiettivi che il progetto si era prefissato di raggiungere erano stati:
1. superare le barriere – Nelle attività condotte sul modello della peer education, si è notato come le barriere nei confronti di una sincera partecipazione a
una discussione sulle droghe siano state superate non appena l’attenzione dei
ragazzi è stata portata su un quesito puntuale: come invieresti un messaggio
preventivo a te stesso? Questa domanda ha innescato processi cognitivi che
hanno condotto alla formulazione di più ipotesi strategiche che, integrandosi
e bilanciandosi, hanno fatto emergere i bisogni del vero mondo comunicativo
adolescenziale lontano dallo stereotipo del “far male” proposto in un primo
momento in quanto discordante con la realtà da essi stessi vissuta.
2. individuare una strateGia – Attraverso un confronto produttivo si è potuto
stimolare i ragazzi stessi a trovare una strategia preventiva che secondo loro
potesse essere idonea ed efficace per i loro coetanei “sperimentatori”. Ciò li ha
resi, allo stesso tempo, fruitori e protagonisti del messaggio preventivo.
3. prevenzione su se stessi – I ragazzi, inoltre, divenuti peer grazie alla realizzazione di prodotti e messaggi che, promossi e veicolati nei luoghi di aggregazione giovanile formale ed informale (scuole, centri giovani, consultori, ecc),
si spera possano incidere sulle scelte, i valori e le condotte comportamentali
dei loro stessi coetanei, devono prima di tutto essere convinti di ciò che dicono
e comunicano. Ciò li porta a un’attenta riflessione. Inoltre l’essere il sentirsi
protagonisti in un’azione utile li coinvolge e li stimola, accrescendo il senso di
autostima, uno dei maggiori antidoti alla ricerca di droghe.
i risultati ottenuti:
Nello specifico andiamo ad analizzare cosa è stato realizzato all’interno del
progetto nei due anni di attività.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
2007/08 primo anno di attività
Nel corso del primo anno di attività le scuole coinvolte sono state cinque (ISIS
Niccolini-Palli di Livorno, Liceo Scientifico Enriques di Livorno, ISIS PoloCattaneo di Cecina, IPSIA-ITI Volta-Pacinotti di Piombino, ITCG Cerboni di
Portoferraio).
Delle cinque scuole coinvolte siamo riusciti a realizzare il prodotto finale solamente in tre. All’ISIS Niccolini-Palli con un lavoro sulle sostanze psicotrope
sviluppato attraverso la realizzazione di un telegiornale dei ragazzi. All’Enriques
con un lavoro anch’esso sulle sostanze psicotrope sviluppato attraverso l’apertura
di un blog, la realizzazione di manifesti e di flyers adesivi. Al Volta-Pacinotti di
Piombino con un lavoro sugli incidenti del fine settimana derivanti dall’abuso di
alcool e sostanze psicotrope sviluppato attraverso la realizzazione di un video.
I gruppi hanno lavorato fin dall’inizio con una voglia ed un’energia che ci ha
dimostrato, se ancora ce ne fosse stato bisogno, le potenzialità della peer education.
Un ottimo risultato è stato dato anche dalla collaborazione degli adulti di riferimento, professori e personale ATA, che hanno fin da subito compreso la difficoltà
e l’importanza del proprio ruolo spogliandosi del “vestito” di adulti giudicanti e
mettendosi al servizio del gruppo per supportare i peer nelle fasi più delicate del
processo evolutivo del lavoro di equipe.
Maggiori difficoltà si sono riscontrate nei gruppi di Cecina e Portoferraio che
non sono riusciti a chiudere la produzione finale per motivi differenti. Da una
parte un gruppo di professori molto motivati ma che non sono riusciti ad avviare
un progetto per la contemporaneità di molte altre iniziative extrascolastiche che
hanno investito la scuola. Dall’altra la difficoltà di far comprendere l’importanza
del progetto.
Tutti i gruppi operativi erano composti da un blocco predominante di studenti
delle classi seconde e terze superiori che oscillavano tra le 10 e le 17 unità supportate da staff di adulti di riferimento composti in media da 3-4 professori e 1-2
unità di personale ATA.
Nel vero spirito peer, tutti i prodotti sono stati scelti e realizzati dal gruppo.
È stato scelto il tema da trattare e gli strumenti da utilizzare accettando forza e
criticità di tali scelte. E in effetti, se i prodotti si sono rivelati di qualità dal punto di vista della costruzione, del linguaggio utilizzato e della trasmettibilità dei
contenuti ai pari età, si sono invece rivelati deficitari dal punto di vista tecnico,
specialmente se autoprodotti con strumenti inadeguati.
La scelta è stata comunque sostenuta sia dagli Enti partner (ASL6 di Livorno
attraverso la sua U.O. Educazione alla Salute incaricata di seguire gli sviluppi del
progetto) e dall’Ente finanziatore (la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno)
che ha difeso il protagonismo dei peer anche se a discapito della qualità del prodotto finale.
Educazione tra pari, uno strumento vincente di Stefano Carboni
43
2008/09 secondo anno di attività
Nel secondo anno del progetto il Liceo Enriques di Livorno per motivi interni
alla scuola ha deciso di non partecipare alle fasi del progetto. Si sono però inseriti
il gruppo peer di Cecina e quello di Portoferraio che hanno prodotto ottimi lavori
nel solco del primo anno di vita del progetto Il re è nudo: noi no.
I gruppi operativi già dal primo anno, nonostante un modesto turn over di peer,
hanno comunque mantenuto il loro impegno permettendo la trasmissione di competenze e professionalità acquisite ai nuovi entrati e recuperando, fin dalle prime
fasi del progetto, lo spirito di gruppo che ha contraddistinto tutti i lavori.
La scelta dei temi da trattare, nel secondo anno di attività, è sta molto più varia.
Attraverso la realizzazione di un video musicale, l’ISIS Niccolini-Palli ha deciso di trattare un tema delicato per le giovani ragazze di cui era interamente
composto il gruppo, cioè l’anoressia ed i disturbi alimentari.
Utilizzando gli strumenti multimediali, l’ISIS Polo-Cattaneo ha invece trattato
il tema della difesa dell’ambiente con una presentazione interattiva.
L’IPSIA-ITI Volta-Pacinotti di Piombino ha illustrato il tema delle malattie a
trasmissione sessuale proseguendo l’esperienza dello strumento video.
L’ITCG Cerboni di Portoferraio ha indagato, attraverso un questionario e delle
interviste mirate, il tema del disagio di vivere su un’isola da parte dei giovani
dell’Elba.
I lavori del secondo anno si sono distinti per un sensibile miglioramento anche
della qualità tecnica di realizzazione del prodotto. La scommessa di non intervenire sul lavoro del gruppo ha pagato, perché ha permesso di responsabilizzare maggiormente i peer nell’attenzione e nella necessaria “professionalità” di esecuzione
dell’elaborato divulgativo.
2009/10 terzo anno di attività
Nell’ultimo anno del progetto, i gruppi peer si sono incrementati notevolmente
in termini di partecipazione di operatori, docenti e personale ATA. Questa progressione conferma il buon risultato di penetrazione che il progetto ha ottenuto
all’interno della comunità scolastica.
I gruppi hanno mantenuto la presenza del nucleo storico dei peer che, grazie
al loro impegno, hanno garantito la trasmissione di passione alle “nuove reclute”,
recuperando, fin dalle prime fasi del progetto, lo spirito di gruppo che ha contraddistinto tutti i lavori.
I temi trattati nel terzo anno di attività si sono notevolmente diversificati rispetto a quelli degli anni precedenti. Non si sono invece verificate variazioni rispetto
agli strumenti utilizzati per la comunicazione dei temi affrontati.
L’ISIS Niccolini-Palli ha deciso di utilizzare le potenzialità del gruppo peer,
proveniente, al completo, dal settore artistico. Il tema affrontato è stato quello del
disagio giovanile in senso generale, partendo da alcune situazioni emergenziali
(abuso di alcool, violenza sessuale subita, abuso di droghe) che vengono vissu-
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
te come vicine al mondo dei ragazzi. Il lavoro è stato di altissimo livello come
qualità di costruzione e di produzione, agevolata anche dal contributo di un professionista che ha supportato le fasi di registrazione e editing del prodotto finale.
L’IPSIA-ITI Volta-Pacinotti di Piombino ha illustrato il tema della sessualità
giovanile con un video in cui, oltre al gruppo peer, sono stati coinvolti alcuni genitori che hanno partecipato con entusiasmo alla realizzazione del video.
L’ITCG Cerboni di Portoferraio ha implementato il lavoro del secondo anno
sviluppando il tema dell’abbandono dell’Isola d’Elba da parte dei giovani.
L’ISIS Polo-Cattaneo di Cecina ha presentato un eccellente lavoro di sviluppo
del Green operator un operatore “pari” che opera nella struttura scolastica per la
promozione, sensibilizzazione e monitoraggio della raccolta differenziata all’interno del plesso scolastico.
Complessivamente, i prodotti finali elaborati nell’ultimo anno hanno presentato un apprezzabile miglioramento.
Aver deciso di non incidere sulle scelte del gruppo peer ed aver permesso una
maturazione dei giovani, anche in termini di riconoscimento dei propri limiti, ha
permesso di potenziare e ottimizzare il lavoro di produzione, che i peer operator
hanno comunque sempre seguito.
È stato perciò possibile affiancare gli operatori con personale altamente qualificato che ha supportato le fasi di ripresa/editing, laddove si sia rivelato necessario,
permettendo la realizzazione di prodotti che in termini di incisività comunicativa
e di penetrazione tra i ragazzi fossero di qualità decisamente elevata.
Anche i professionisti del settore (ASL, Provveditorato agli studi, ecc.) hanno
riconosciuto il merito dei peer al momento della presentazione finale degli elaborati dei gruppi.
Stefano Carboni
Tutor e coordinatore tecnico del progetto
Il re è nudo:
noi no
Peer Education a scuola
per uno stile di vita sano
2007
2008
Gli Elaborati DEGli StuDEnti
PRIMO ANNO
2007/2008
Durante il primo anno di attività, delle cinque le scuole che hanno
partecipato al progetto (ISIS Niccolini-Palli di Livorno, Liceo Scientifico Enriques di Livorno, ISIS M. Polo - C. Cattaneo di Cecina, IPSIA
- ITI A.Volta - A. Pacinotti di Piombino, ITCG G. Cerboni di Portoferraio) solo tre sono riuscite a realizzare il prodotto finale: Niccolini-Palli e
Enriques di Livorno e Volta-Pacinotti
di Piombino. Gli studenti dell’ITCG G.
Cerboni di Portoferraio, hanno ritenuto
opportuno far precedere il loro lavoro sull’abuso di alcol e stupefacenti da
un’indagine svolta con un questionario.
L’elaborazione delle domande e dei
dati raccolti ha comportato più tempo
del previsto e pertanto l’elaborato finale
è stato completato l’anno seguente.
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
2007
2008
PIOMBINO
IPSIA-ITI
A. Volta - A. Pacinotti
anno 2007/2008
Gruppo peer:
IPSIA: Stefano Arrighi, Dan
Astefanoie, Matteo Carletti, Ivonne Conti, Vincenzo Di Bernardo, Maddalena Di Matteo, Alberto
Galimi, Andrea Montecchi,
Nicola Todde
ITI: Ciro Caputo, Maurizio
Ollino, Sara Marceddu
Insegnanti: Lorella Niccolini, Cinzia Di Bartolomeo,
Salvatore Santacaterina,
Simonetta Rosselli
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: “Don’t Drink
and Drive!”
video (durata 15 minuti)
Gli elaborati degli studenti: primo anno 2007/2008
49
Don’t Drink and Drive!
Gli studenti di Piombino hanno selezionato un gruppo peer, auto-candidato, costituito da 17 ragazzi provenienti dalle seconde e terze classi, ai quali si
sono affiancati 6 docenti e 2 operatori ATA. Insieme al tutor progettuale Stefano Carboni, questo gruppo ha deciso di analizzare il tema droga e in particolare
l’aspetto dei consumi di sostanze psicotrope legali ed illegali durante il week
end, fenomeno emergenziale nella zona sud della provincia.
Il lavoro si è concluso con la realizzazione di un corto della durata di circa
20 minuti. Un video ovviamente artigianale, tecnicamente imperfetto, ma che
è riuscito in modo sorprendente a trasmettere drammaticità e a dare un sonoro
“pugno nello stomaco” al pubblico presente in sala, quando è stato presentato,
durante la manifestazione di chiusura del primo anno di sperimentazione di
peer education.
La prima parte della narrazione si svolge a scuola, all’interno della classe,
tra alunni particolarmente distratti che, in un clima chiassoso e scomposto,
impediscono all’insegnante di portare avanti la propria lezione. La sequenza
trasmette tensione e induce a pensare alla fatica che fanno gli insegnanti all’interno delle classi.
Nella seconda scena si passa all’esterno, con il “gruppo” annoiato che si
organizza per passare la serata di un qualsiasi sabato insignificante. I ragazzi,
appartati vicino ad una siepe, scherzano pigramente e per ammazzare la noia
decidono di chiamare un amico e di farsi portare la roba. La scena si chiude
mentre gli studenti si passano il fumo. Chiaramente si è creata una situazione
di pericolo, i ragazzi sono scivolati quasi inesorabilmente in una situazione di
rischio soprattutto per chi deve mettersi alla guida di auto o scooter.
Così, nella terza parte del lavoro, l’allarme viene sottolineato da una serie
di diapositive di tragici incidenti stradali inserite, come monito, a conclusione
del video.
La drammaticità della visione dei corpi sul selciato, comunque, viene superata dalla scena precedente, con i ragazzi che passano dalla noia al fumo
allo sballo, con estrema naturalezza. Ma anche dalla prima scena, quella girata
nell’aula scolastica.
Chi, da diverso tempo, era lontano da questo ambiente, lo ha trovato completamente diverso. L’indisciplina, la maleducazione, la violenza regnano sovrane e l’insegnante è impossibilitato a svolgere il suo ruolo.
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Don’t Drink and Drive!
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
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LIVORNO
ISIS Niccolini-Palli
anno 2007/2008
Gruppo peer:
Classe III BFO - Michele Caporusso, Eleonora Chiari,
Carolina Domenici, Elisa
Massoli, Cristina Roque
Insegnante: Daniela Barsotti
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: “DG - Droga
Giornale” con tre interviste
Video interviste (durata
8 minuti)
Gli elaborati degli studenti: primo anno 2007/2008
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DG - Droga Giornale
L’ISIS Niccolini-Palli di Livorno ha partecipato al progetto per tutta la sua
durata. Nel corso dei tre anni ha elaborato prodotti multimediali di qualità
sempre migliore, acquisendo una significativa padronanza del mezzo di comunicazione, anche sotto il profilo tecnico.
Il primo anno la classe III B del Liceo della Formazione Niccolini-Palli,
insieme all’insegnante di inglese Daniela Barsotti e al tutor Stefano Carboni,
ha svolto, attraverso un questionario, un’indagine sulla tipologia dei consumi
di droghe, legali e non, per approfondire la conoscenza dei rischi ai quali si
può andare incontro con l’uso delle diverse sostanze.
Con l’aiuto dei cellulari è stato inoltre prodotto un videogiornale con tre
servizi. Il primo è una sorta di indagine, attraverso un questionario, sulle motivazioni che spingono all’uso di sostanze, sulla tipologia dei consumi, e sulla
conoscenza dei rischi. Il secondo servizio si sofferma sui consumi nella città di
Livorno e il terzo sulla situazione all’interno della scuola.
Ecco alcune domande e risposte riprese dalle interviste, seguite dalle immagini proposte dai ragazzi.
Secondo voi la droga può essere recuperata in modo semplice?
Si, ormai è diventata una moda e ci
sono tanti luoghi dove possiamo trovarla, più o meno dappertutto.
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Perché i ragazzi fanno uso di stupefacenti?
Per sentirsi grandi… anche se non è il
modo più giusto. Per sentirsi grandi bisognerebbe usare il cervello!
Secondo voi è una moda o una necessità?
Una moda, sicuramente.
La scuola dà abbastanza informazioni sui
rischi della droga?
No, secondo me no, per niente.
E cosa dovrebbe fare?
Far venire persone esperte dai vari centri di assistenza per drogati, o addirittura
portare a scuola queste persone drogate
per farci ascoltare la loro testimonianza.
In casa se ne parla abbastanza con i genitori?
A mio parere poco.
I ragazzi del tuo gruppo sono a conoscenza
dei problemi e dei rischi provocati dalla
droga?
Credono di esserne a conoscenza, poi,
però, quando hanno dei problemi utilizzano queste sostanze pensando di risolverli.
E non si rendono conto che in realtà le
cose peggiorano sempre di più.
DG - Droga Giornale
Gli elaborati degli studenti: primo anno 2007/2008
È difficile recuperare la droga?
No basta andare in città, la trovi dappertutto. Non è difficile ma bisogna stare attenti a cosa si compra, a cosa ti vendono.
Il gruppo quanto influenza la decisione di
usare sostanze stupefacenti?
Il 30%, non di più.
Ma la droga è una moda o una necessità?
Soprattutto una moda, comunque bisogna
distinguere tra le varie sostanze ed alcune
vengono assunte per piacere.
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Recuperiamo i valori
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Daniela Barsotti
Il disagio giovanile è una delle tematiche
più scottanti di questi ultimi tempi e chi opera
nell’ambito scolastico, può ben confermarlo e
sperimentarlo ogni giorno. Ogni classe, mediamente composta dai 27 ai 30 alunni, ha un suo
microcosmo dal quale emerge una mappatura
precisa di quanti e quali studenti stiano vivendo
un disagio più o meno grave. Sono sempre molti, spesso troppi, i ragazzi che evidenziano difficoltà di vario genere. Generalmente derivano da
una serie di concause come l’eccessivo bisogno
di accentrare su di sé l’attenzione degli adulti e la
mancanza di punti di riferimento e modelli a cui ispirarsi.
Ecco perché diversi docenti hanno sentito la necessità di intervenire e cercare di ridurre squarci che nel tempo potrebbero recare danni ancora più gravi e
devastanti alla personalità e alla psiche dei nostri ragazzi. Con la partecipazione a questo progetto di peer education, rivolto ad un preciso target di studenti
interessati alla questione del disagio giovanile, si è potuto avviare un processo
che, speriamo, riesca a coinvolgere un numero sempre maggiore di docenti e soprattutto ragazzi. L’obiettivo è quello di offrire il giusto stimolo per individuare
e discutere quegli argomenti e quelle cause che, secondo il loro punto di vista,
potrebbero costituire la fonte del disagio.
L’ISIS Niccolini-Palli ha dunque aderito subito e con entusiasmo alla proposta della Fondazione Cassa di Risparmi di partecipare al progetto “Il re è nudo:
noi no” mettendo a disposizione personale ATA, aule, materiale mediatico, docenti e alunni, per lavorare in perfetta coesione di idee e di intenti. Ripensando
a questi tre anni di sperimentazione, è molto interessante ricordare con quanto
impegno gli alunni abbiano cercato gli argomenti che fossero più vicini alle loro
“corde” e il modo migliore per realizzare la loro ricerca e gli obiettivi che si
erano prefissati. Con assoluta evidenza il pc è risultato il mezzo comunicativo
più consono per tradurre in messaggi incisivi argomenti di un certo valore eticoespressivo tra pari.
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Altro momento significativo è stato quello della discussione nei gruppi-lavoro: chi deve fare cosa, come si deve affrontare questa o quella tematica, quali
dinamiche adottare per imporsi leader, per decidere chi viene eletto e di chi fa
l’aggregato, come il gruppo sceglie i propri compagni di lavoro, come si affidano i diversi incarichi e quali strategie utilizzare per svolgerli al meglio. A tal proposito è da sottolineare l’autonomia con cui i ragazzi hanno cercato di risolvere i
vari problemi e le difficoltà, evitando per quanto possibile di ricorrere al docente
referente, salvo la necessità di chiedere consigli o conferme su ciò che stavano
facendo e su come lo facevano.
Il momento più partecipativo, comunque, è stato sicuramente alla fine dei
lavori, quando i ragazzi, dopo aver assemblato i vari pezzi delle loro “fatiche” –
su DVD, CD, Power Point o poster, ecc. – hanno mostrato orgogliosi l’elaborato
ai loro docenti e ai loro “sponsor”. Convinti di aver dato il meglio di sé e certi di
comunicare validi messaggi di ammonizione, di consiglio, o di speranza ai coetanei, sono stati molto espliciti. Se avevano aderito a questa iniziativa era perché
ci avevano creduto e perché, soprattutto, avevano voluto dimostrare che la vita
è un dono prezioso che va saputo apprezzare e accettare, anche nelle difficoltà!
In effetti, con il loro entusiasmo e la loro creatività, i ragazzi hanno saputo
realizzare prodotti capaci di risvegliare e stimolare la partecipazione di altri loro
compagni.
Anche dal punto di vista scolastico l’elaborazione del progetto è stata positiva. Gli studenti hanno potuto trovare applicazione ad alcuni degli argomenti
appresi a scuola. Materie come l’italiano, la psicologia e, in particolare la disciplina di indirizzo, scienze della formazione, sono risultate meno lontane ed
astratte. Hanno capito quanto sia importante la discussione, il dibattito aperto,
per meglio approfondire e capire le problematiche e per cercare insieme soluzioni a situazioni apparentemente complicate o troppo difficili da risolvere.
Ovviamente non basta la cooperazione tra ragazzi, docenti o enti istituzionali
particolarmente attenti a certi problemi sociali. Occorrerebbe una sincera e sentita “ripresa” di quei valori morali e affettivi che appartenevano ad un passato,
neanche troppo lontano, ma che, con l’avvento della tecnologia, del bisogno
disperato di guadagnare e lavorare di più per ottenere non solo il necessario ma
anche il superfluo, si sono persi per strada col rischio di non essere più ritrovati.
Dobbiamo aver fiducia nei giovani. Sicuramente molti di loro sono fragili,
alcuni spaventati dal “che cosa ci sarà dietro l’angolo”, ma tutti hanno una gran
voglia di fare, di migliorare e di farsi amare! Dunque, mettiamocela tutta affinché il disagio dilagante tra i teen-agers venga sempre più arginato e un giorno,
spero il più presto possibile, risolto!
Daniela Barsotti
insegnante di inglese
e referente per l’Educazione della Salute
dell’ISIS Niccolini-Palli
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LIVORNO
Liceo Scientifico
Federigo Enriques
anno 2007/2008
Gruppo peer: Lorenzo Voliani,
Giacomo Bendinelli, Nicola De Luca, Matteo Nannini, Angela Argella, Virginia Motroni, Alessandra
D’Abramo, Giulia De Caro,
Giorgio Torri, Francesca
Serrini, Yasemin Caiali,
Giulia Folletti, Lia Corrieri, Virginia De Lorenzo
Gordinal, Beatrice Lomi
Insegnanti: Donatella Dini,
Ombretta Pucciarelli, Antonella Bolognesi
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: “MDMARUMECOCA”
Blog interattivo, manifesto e flyer adesivi
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Le droghe illegali
Il Liceo Scientifico Enriques ha affrontato la questione delle droghe illegali.
Gli alunni hanno deciso di puntare sulla comunicazione e si sono impegnati a diffondere messaggi di prevenzione e sensibilizzazione su questo tema.
Dopo essersi chiesti quali strumenti potessero raggiungere meglio i loro coetanei, hanno deciso di realizzare un cartellone, da affiggere nella scuola e nelle
sue vicinanze, alcuni adesivi e un blog interattivo.
MDMARUMECOCA
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PORTOFERRAIO
ITCG G. Cerboni
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Gruppo peer: alunni della III
B Geometri.
Insegnante: Rita Matacera
Tutor: Loris Moroni
Prodotto finale: ”Alcool e
stupefacenti: effetti sui
minori
Il
disagio
di
vivere
all’Isola d’Elba”
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Il disagio di vivere all’Elba
I ragazzi dell’ITCG G. Cerboni di Portoferraio hanno trattato il tema
dell’abuso di alcool e stupefacenti, indagando sugli effetti che tali sostanze
provocano sui soggetti più giovani. Ma sin dall’inizio, il dibattito si è articolato su una riflessione: vivere su un’isola come l’Elba, può provocare disagi e
problemi particolari che poi inducono ad assumere stili di vita sbagliati? Per
dare risposte all’interrogativo, si è posta l’esigenza di promuovere un’indagine
tra gli studenti. Si è così iniziato a lavorare intorno alla formulazione di un
questionario.
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Alcool e stupefacenti: effetti sui minori
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Piacere,
peer education
La manifestazione di chiusura
del primo anno di lavori
Tutti i lavori prodotti dalle scuole in questo primo step del progetto peer
vengono presentati in una manifestazione, indetta dalla Fondazione Cassa
di Risparmi di Livorno, che si tiene il 4 dicembre 2008 a Livorno, presso il
Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di Villa Henderson.
Piacere, Peer Education – questo il titolo dell’evento – viene organizzato con la collaborazione del Coni-Atleti Azzurri d’Italia e vede la partecipazione di diversi atleti e olimpionici livornesi tra i quali: Letizia Tinghi
per il pattinaggio, la judoka Giulia Quintavalle e Filippo Mannucci per il
canottaggio.
Intervengono il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno Luciano Barsotti, il Prefetto Domenico Mannino, l’assessore alle politiche educative del Comune di Livorno Carla Roncaglia, il dirigente U.O.
Educazione alla salute dell’Azienda USL6 Fioretta Pratesi e rappresentanti
dell’Ufficio Scolastico Provinciale, oltre ai coordinatori del progetto, agli
insegnanti e agli alunni protagonisti di questa esperienza.
Dal confronto tra studenti e atleti nasce un interessante dibattito molto
partecipato, che poi diventa un confronto tra gli studenti delle diverse realtà
territoriali, impegnati a mettere in evidenza le peculiarità del loro modo di
vivere e di affrontare i problemi. Col passare del tempo i giovani si liberano delle loro “corazze” e si appropriano della conversazione, sempre più
difficile da interrompere, finché gli organizzatori comunicano che… i locali
devono essere chiusi.
secondo ANNO
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Nel secondo anno di sperimentazione del progetto, una delle cinque scuole impegnate sul territorio provinciale – il Liceo Scientifico F. Enriques
di Livorno – si è ritirata per l’impossibilità di gestire l’impegno sotto il profilo organizzativo.
Le altre scuole (ISIS Niccolini-Palli di Livorno, ISIS M. Polo-C. Cattaneo di Cecina, IPSIAITI A. Volta-A.Pacinotti di Piombino e ITCG G.
Cerboni di Portoferraio) hanno continuato il loro
percorso con i due referenti del progetto, il dott. Stefano Carboni,
esperto di progettazione sociale e il dott. Loris Moroni, esperto di comunicazione giovanile che, su incarico dell’Asl e con il finanziamento
della Fondazione, hanno continuato a coordinare il lavoro dei ragazzi.
All’interno di alcuni gruppi si è prodotta una certa mobilità, e il
turn over ha interessato sia gli studenti che gli insegnanti e il personale ATA. Altri gruppi, invece, hanno mantenuto la loro composizione iniziale ed è stato possibile affrontare più speditamente una fase
avanzata di sperimentazione della peer education. Anche per quanto
riguarda i temi affrontati, le scuole hanno fatto scelte diverse. Alcune
hanno deciso di continuare l’indagine sullo stesso argomento trattato
l’anno precedente, con una fase di approfondimento ulteriore, altre
hanno invece individuato la questione da trattare, liberamente scelta
dagli studenti, in tutt’altro macro-tema connesso al disagio giovanile.
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Gli Elaborati DEGli StuDEnti
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ISIS Niccolini-Palli
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Gruppo peer: Classe II Afo
Linda Fabbri e Kathy Mastrosimone
Insegnante: Daniela Barsotti
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: ”L’anoressia”
Video presentato su You
Tube (durata 5 minuti)
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L’anoressia
Dopo aver affrontato il tema della droga, gli studenti dell’ISIS NiccoliniPalli hanno deciso di trattare un argomento completamente diverso.
Il gruppo peer, tutto al femminile, della II A del Liceo della Formazione,
ha pensato di affrontare una questione delicata e particolarmente sentita dalle
ragazze: l’anoressia.
Le alunne hanno eseguito una ricerca sulle cause, la tipologia e la sintomatologia della malattia e successivamente, dopo aver raccolto materiale sull’argomento, hanno realizzato un video di forte impatto comunicativo che è stato
presentato su You Tube attraverso il canale di una delle autrici. Il video è stato
oggetto di tantissime visualizzazioni, ha provocato un gran numero di commenti ed ha dato vita ad una rete di scambio di filmati correlati coinvolgendo
molti giovani, soprattutto ragazze. Le immagini shoccanti sull’anoressia scattate da fotografi esperti e riproposte nel lavoro delle ragazze, accompagnate
dalle loro annotazioni, hanno suscitato emozioni anche tra il pubblico presente
alla manifestazione di chiusura del secondo anno di attività de Il re è nudo:
noi no.
Di seguito viene proposta una sintesi del percorso tracciato nel video, seguita dalla ricerca condotta dalle studentesse e dall’illustrazione delle motivazioni che le hanno portate a trattare questo argomento.
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L’anoressia è cadere in un tunnel senza via d’uscita
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L’anoressia nervosa ha inizio spesso con una dieta
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Cos’è l’anoressia
L’anoressia (dal greco anorexia an “priva” orexis “appetito”) è la mancanza o riduzione volontaria dell’appetito. Molte sono le cause che possono
generare questa malattia:
AIDS
ANOREXIA NERVOSA
DEPRESSIONE GRAVE
MALATTIE INFETTIVE
Può essere prodotta da farmaci come:
ANFETAMINE
ANTIDEPRESSIVI
STIMOLANTI (e molti altri).
Inoltre può avere altre origini come ad esempio il dolore psichico provocato da un lutto o da delusioni amorose.
TIPOLOGIA: L’anoressia è una vera e propria malattia quando è disturbo psichico e prende il nome di anorexia nervosa.
Esiste anche la pseudo anoressia, tipica di una persona che mangia di
nascosto e quando si trova in pubblico asserisce di non avere fame.
Ma quello che a noi interessa è parlare dell’anoressia come malattia:
l’anorexia nervosa, che, insieme alla bulimia, è uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare. Ciò che contraddistingue l’anorexia
nervosa è il rifiuto del cibo da parte della persona e la paura di ingrassare.
Quando la malattia diventa più grave coinvolge nella sua evoluzione
funzioni psicologiche, neuroendocrine, ormonali, metaboliche fino a portare anche alla morte.
...Fatti
aiutare
da
chi
ti
vuole
bene...
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Linda Fabbri
Kathy Mastrosimone
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SINTOMATOLOGIA Si può diagnosticare l’anorexia nervosa in presenza di questi sintomi:
1) magrezza estrema
2) paura di ingrassare anche in presenza di un evidente sottopeso
3) preoccupazione per il proprio aspetto fisico che include la perdita
dell’autostima e il non essere soddisfatti del proprio corpo
4) nelle pazienti di sesso femminile, un altro sintomo può essere l’amenorrea (sospensione del ciclo mestruale.)
Altre manifestazioni minori sono:
1) perdita di capelli
2) carie dentaria
3) diminuzione del desiderio sessuale
4) cefalea (o emicrania)
5) ipoglicemia
6) pancreatite cronica
Inoltre si possono manifestare anche sintomi psichiatrici come:
depressione, ansia, disturbo della personalità, disturbi ossessivi-compulsivi e rabbia.
Esistono due sottotipi di anoressia nervosa:
– restrittivo (normale rifiuto al cibo)
– alimentazione compulsiva – auto liberatoria (quando la persona elimina
il cibo attraverso vomito autoindotto o uso esagerato di lassativi, diuretici o clisteri).
Le ragazze che sono affette dal tipo restrittivo hanno un rapporto migliore con la famiglia. Le persone affette dalla forma compulsiva sono state
spesso vittime di abuso fisico o sessuale; chi manifesta la forma compulsiva
ha maggior tendenza all’abuso di alcool e desiderio di suicidio.
Oltre ai fattori sociali e familiari vi sono importanti fattori di rischio
legati al forte desiderio di sottoporsi a diete ferree per il raggiungimento di
uno standard estetico. La difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti e agli eventi
stressanti; fallimenti amorosi, gravi difficoltà scolastiche o lavorative, alterazione della normale condizione familiare o anche una forzata separazione
da essa; lutti o gravi incidenti ad amici o parenti; abusi sessuali e fisici.
Un processo importante di mantenimento del disturbo è quello della dismorfofobia cioè quando la persona non è soddisfatta del suo aspetto fisico
e non riesce ad osservarlo e percepirlo con obbiettività, bensì vedendolo
distorto e peggiore di quello che è in realtà.
La terapia dell’anoressia usa trattamenti: psicologici, nutrizionali e farmacologici.
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Kathy Mastrosimone
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Perché questo tema
Linda Fabbri
Kathy Mastrosimone
Abbiamo fatto con molto interesse questo lavoro sull’anoressia perché è
una malattia diffusa soprattutto nelle ragazze della nostra età e non è da sottovalutare. La famiglia dovrebbe stare dietro alla persona malata e aiutarla
in ogni modo: prestandole attenzione, cercando di parlarle e farle capire che
lei va bene così com’è… che non ha niente di sbagliato e che l’ossessione
di cui soffre non è irreparabile, va solo analizzata e discussa. Molte sono le
ragazze che ce l’hanno fatta ad uscire da quel tunnel, bisogna quindi puntare la nostra attenzione proprio su coloro che hanno lottato, hanno chiesto
aiuto alla famiglia e che, con la propria volontà sostenuta dall’amore dei
genitori, amici e parenti, sono riuscite a sconfiggere una malattia, un disagio terribile che, talvolta, può portare anche alla morte.
Il nostro scopo dunque è stato questo: mostrare quali orribili conseguenze psico-fisiche può determinare un’autodistruzione di questa portata e a
quale definitiva sconfitta morale e fisica può condurre, alla fine, tutto ciò.
Ma soprattutto, per che cosa? Ne vale davvero la pena? Non è più giusto
forse cercare di risolvere i propri problemi esistenziali rivolgendosi a coloro che ci amano davvero, o a coloro che, in quanto esperti, possono tenderci la mano per salvarci? Ecco, una volta che troveremo risposta a queste
domande potremo forse dire che ci si sta avviando verso la risoluzione del
problema.
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IPSIA-ITI
A. Volta – A. Pacinotti
anno 2008/2009
Gruppo peer: Dan Astefanoie,
Stefano Arrighi, Vanessa Bertini, Vincenzo Di
Bernardo, Federico Epifani, Alberto Galimi, Alessandro Magnani, Sara Marceddu, Andrea Montecchi,
Alessandro Rubino, Nicola
Todde
Insegnanti: Lorella Niccolini
e Cinzia Di Bartolomeo
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: “AIDS - Assoluta Ignoranza Diffusa
Stupidità”
Video, durata 3 minuti
Assoluta
Ignoranza
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AIDS
Assoluta Ignoranza Diffusa Stupidità
Anche durante il secondo anno di esperienza di peer education l’IPSIA –
ITI A. Volta – A. Pacinotti ha proposto un video a forte impatto emotivo. Se
l’anno precedente aveva scelto come argomento di indagine l’uso di sostanze
psicotrope e i rischi che ne derivano, nel secondo anno di attività la scuola di
Piombino ha deciso di trattare un tema di cui non si parla quasi più: l’AIDS.
Il tamtam di notizie che aveva giustamente accompagnato l’iniziale fase
di diffusione della malattia si è progressivamente ridotto, fino a sparire quasi
completamente. Ma anche se le notizie circolano a fatica, la malattia continua
a colpire. E i giovani, che non erano ancora nati quando il dibattito era accesissimo, hanno bisogno di informazioni adeguate per non diventare la fascia di
popolazione più a rischio.
I ragazzi di Piombino hanno compreso questo pericolo. Se ne sono resi
conto quando hanno accertato che le principali modalità di trasmissione della
malattia, nei 5653 casi accertati in Italia nel 1995, era stato l’uso di droghe per
via endovenosa, e che dei 1200 nuovi casi di AIDS registrati nel 2007 il maggior veicolo di trasmissione erano stati i rapporti sessuali.
Considerando che attualmente, in Toscana, secondo le indagini dei ragazzi,
le persone affette sono circa 1.300, la popolazione sessualmente attiva e soprattutto i giovani, non possono permettersi di star tranquilli.
Nel video gli studenti si sono improvvisati attori ed hanno proposto tre
storie con tre casi diversi di contagio: rapporto sessuale, tatuaggio, trasfusione
di sangue.
Diffusa
Stupidità
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“ V o r rei che ognuno
raccontasse la sua
storia, in modo che
gli altri possano condividerla.
Anche se le esperienze
sono diverse, il tema è
comune, la problematica è la stessa”.
Assoluta
Ignoranza
“La mia storia è diversa dalle vostre. Io ero
una ragazza piccola quando tre
anni fa ho buttato via la mia
vita per una notte di sesso.
Troppa sofferenza…”
Diffusa
Stupidità
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“ I o
purtroppo
mi
sono
imbattuto
in
questa malattia per colpa
dell’ignoranza della gente.
Sono emofiliaco e sono costretto a fare delle trasfusioni
all’ospedale ogni giorno. Una
sacca di sangue mi ha trasmesso l’Aids. Oggi mi ritrovo
a combattere due malattie e
ho sempre più paura di morire”.
“Cosa
credi che le nostre storie siano diverse dalla tua? Io per
seguire la moda ho cambiato
tutta la mia vita. I miei genitori non mi volevano far fare un
tatuaggio, io me lo sono fatto
fare lo stesso da un mio amico e si è trasformato in una
malattia”.
Assoluta
Ignoranza
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Stupidità
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Da tre anni la nostra scuola ha aderito al progetto il Re è nudo: noi no, che
affronta le tematiche legate al mondo giovanile dando voce ai diretti interessati.
Il progetto si concretizza con incontri preparatori e poi con la realizzazione
di materiali divulgativi e di prevenzione da diffondere ai nostri pari età nel
mondo della scuola.
Negli incontri svolti durante questi anni di lavoro, al di fuori dell’orario
scolastico, abbiamo dialogato su tematiche a noi vicine come alcool e guida,
malattie a trasmissione sessuale e sessualità.
Su queste tematiche, il gruppo peer di Piombino ha realizzato due video poi
utilizzati come strumento di confronto e dibattito all’interno delle classi.
Il primo video ha trattato un argomento legato direttamente al nostro mondo, al fine settimana di “sballo” con fumo e alcool ed alle conseguenze sulla
guida che diventa rischiosa.
Grazie all’iniziativa pubblica intitolata Piacere Peer Education, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, il 4 dicembre 2008, al
Museo di Storia Naturale del Mediterraneo, che ha riunito tutti i peer partecipanti al progetto e provenienti dalle zone di Livorno, Cecina e dall’Elba è stato
possibile presentare il nostro lavoro.
La Fondazione ha messo a disposizione della scuola un contributo di 600
euro per la partecipazione al progetto ed il gruppo peer di Piombino ha avanzato la richiesta di poter accedere ad una parte di questi fondi per realizzare
una serie di incontri con altre classi e scuole della zona e trasmettere agli altri
quello che abbiamo potuto apprendere attraverso la realizzazione di questo
progetto.
Vorremmo poter affrontare da pari a pari argomenti estremamente importanti e che ci toccano direttamente per sgombrare il campo da tante false
credenze facilmente trasmissibili tra i ragazzi e che noi, per primi, avevamo
coltivato.
Possiamo tranquillamente dire che il progetto si è rivelato un’esperienza
altamente formativa e soprattutto divertente e vorremmo condividerla con il
maggior numero di ragazzi possibile per mettere a frutto il nostro impegno.
Per la pazienza e la disponibilità dimostrate, vorremmo ringraziare chi ci
ha guidato in questa esperienza: Stefano Carboni e le professoresse Niccolini
e Di Bartolomeo che si sono spese per permetterci di realizzare al meglio
questo lavoro che, con tanta responsabilità, abbiamo portato avanti.
Il secondo anno ci siamo invece concentrati sulle malattie a trasmissione
sessuale, un argomento che ci ha fatto scoprire come tanti miti e leggende che
circolano tra i ragazzi siano in realtà privi di qualsiasi verità.
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Il gruppo peer di Piombino
Diffusa
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Tra i ragazzi circolano
tante informazioni sbagliate
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Gruppo peer: Valerio Costa e
alunni della IV B Geometri
Insegnante: Rita Matacera
Tutor: Loris Moroni
Prodotto finale: ”Alcool e
stupefacenti: effetti sui
minori.
Il
disagio
di
vivere
all’Isola d’Elba.”
Produzione di un questionario e presentazione diapositive in DVD di 6 minuti
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Il disagio di vivere all’Elba
(2)
I ragazzi della IV B geometri dell’istituto ITCG G. Cerboni di Portoferraio
hanno deciso di occuparsi dei minorenni che fanno uso di alcol e stupefacenti.
Ma appena hanno cominciato ad affrontare il problema, guardandosi intorno,
si sono resi conto che, prima di tutto, dovevano riflettere e dare risposte ad
un quesito per loro fondamentale: la vita su un’isola, per un giovane, assume
significati e influenze particolari?
Per capire meglio quali fossero, realmente, i problemi e i disagi che portano all’uso e all’abuso di alcol e droghe, hanno stabilito, pertanto, di partire
da questa considerazione di carattere ambientale. Poi hanno posto alcune domande ai loro coetanei per sapere quanti di loro considerassero un privilegio
vivere all’Elba, quanti lo reputassero un disagio, e quanti, infine, ritenessero
ininfluente questa peculiarità.
La rilevazione è stata condotta con un questionario che ha comportato varie
fasi di elaborazione. In un primo momento sono state redatte molte domande
“aperte”, poi, per praticità e per elaborare percentuali sufficientemente attendibili, le domande sono diventate poche e “chiuse”. Il questionario è stato distribuito agli studenti della scuola, 136 femmine e 112 maschi, 248 alunni in tutto.
Dalle risposte, oltre alle problematiche e alle suggestioni dei ragazzi elbani,
sono emersi alcuni dati molto interessanti.
Per il 38% dei ragazzi, vivere all’Elba è un privilegio, per il 17% è come
vivere in un altro posto, per il 43% è un disagio. Il 52,2% di chi lo ritiene un
disagio è di sesso femminile.
Il tempo libero viene passato con gli amici o ascoltando musica, ma anche,
soprattutto per i ragazzi, facendo sport. Il 18% degli intervistati si sente solo o
emarginato, nell’ambiente scolastico, ma anche in quello familiare e sportivo.
Il 24,6% degli intervistati usa in modo saltuario droghe e alcol: il 57% non
ne fa uso, il 16% ne fa uso abitualmente. Di questi ultimi il 66,6% è di sesso
maschile e il 33,3% femminile.
Ma perché assumono sostanze stupefacenti e alcol? Il 53% perché prova
piacere, il 29% per svago, l’11% per curiosità. Chi invece non ne fa uso è
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Il lavoro è stato presentato in un video che, accompagnato dalle note di Vasco Rossi e da alcune frasi di Jim Morrison, mostra fotografie dell’Elba scattate in diversi periodi dell’anno. Marcato è il contrasto tra le immagini estive,
con l’isola invasa dai turisti e tutte le attività funzionanti a pieno ritmo, e le immagini invernali, deserte, con la natura che trionfa, in tutte le sue declinazioni.
Il lavoro dell’istituto Cerboni è durato circa sei mesi, durante i quali i ragazzi, nel confronto con i coetanei che vivono sulla terra ferma, hanno maturato due consapevolezze. La prima riguarda l’esigenza di realizzare un luogo
d’incontro dove potersi riunire e che all’Elba, purtroppo, manca. La seconda,
concerne il modo di vivere e di considerare la vita: secondo gli studenti, è completamente diverso da quello dei coetanei che non abitano su un’isola.
“Se ti droghi ti capisco, perché il
mondo ti fa schifo. Se non lo fai
ti ammiro, perché sei in grado di
combatterlo”.
Jim Morrison
“Comprare droga è come comprare un
biglietto per un mondo fantastico,
ma il prezzo di questo biglietto è
la vita”.
Jim Morrison
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perché non ne sente il bisogno (44%) o perché teme i rischi (36%) ai quali può
andare incontro. Tutti i ragazzi, comunque, dichiarano di conoscere gli effetti
che sostanze stupefacenti e alcol provocano sulla persona.
Il 65% dei ragazzi che ne fa uso, ritiene che la diffusione di sostanze e alcol
all’Elba sia maggiore rispetto ad altre zone.
Solo il 40% di coloro che non ne fanno uso, pensa che la diffusione di
queste sostanze sull’isola abbia le stesse caratteristiche di tutti gli altri luoghi.
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“La droga e l’alcool sono
le speranze di chi speranze non ha più”.
Jim Morrison
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Un confronto utile
Noi ragazzi della IV B geometri dell’istituto ITCG G. Cerboni di Portoferraio abbiamo
partecipato con altri istituti della provincia di
Livorno al progetto Il re è nudo: noi no sin dal
primo anno.
Questo progetto ha come scopo quello di lottare contro il disagio giovanile proponendo la scelta di una vita sana, lontana da tentazioni e che
permetta di vivere un’adolescenza serena.
È stata molto importante nello svolgimento del progetto la presenza del
sociologo Loris Moroni e della professoressa Rita Matacera che ci hanno
reso chiara la strada da seguire, senza però influenzarci per non perdere il
significato che il concetto peer education vuole esprimere, ovvero educazione tra pari, tra ragazzi della stessa età.
Dopo vari incontri si è delineato il comune obiettivo di trattare l’argomento: Vivere all’Elba, per un giovane, è un privilegio, un disagio o la
stessa cosa che vivere altrove?
La formulazione di un questionario come strumento di rilevazione non
è stata facile perché da tante domande aperte siamo dovuti passare a poche
domande chiuse. Il questionario è stato sottoposto ai ragazzi della nostra
scuola, 248 in tutto, da questo sono emersi dati molto interessanti e i pensieri dei ragazzi elbani.
Infine abbiamo trasformato tutto il lavoro svolto in una presentazione
video con l’inserimento di foto dell’Elba in vari periodi dell’anno dove
emerge ancora più forte la sproporzione tra l’estate caotica ricca di divertimenti e l’inverno vuoto.
Durante lo svolgimento del lavoro, durato circa sei mesi, sono affiorati
problemi che si trattavano anche nel questionario, come quello di un luogo
d’incontro dove poterci riunire, cosa molto banale per dei ragazzi che vivono in città ma un reale disagio per noi che viviamo in un’isola.
Quest’opportunità è stata molto importante, perché ci siamo potuti confrontare con giovani della nostra età che vivono sulla terra ferma e che
hanno un modo di vedere e approcciare le cose completamente diverso dal
nostro.
Valerio Costa
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Valerio Costa
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Verifica sulla ricerca-azione
svolta all’istituto Cerboni
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Loris Moroni
La peer education è un metodo educativo
attraverso il quale avviene un passaggio di conoscenze e di competenze, sia sul piano cognitivo che emozionale, da alcuni membri di un
gruppo verso altri, in condizione di sostanziale omogeneità di età e di status sociale.
Questa strategia, assai efficace e molto in uso a livello internazionale
tra gli adolescenti, non si discosta molto da altri interventi rivolti alla popolazione adulta che vanno sotto nomi più noti quali auto aiuto, gruppi di
ascolto ecc. Tali metodi si sono dimostrati assai efficaci, ad esempio, nelle
terapie di gruppo per alcolisti in trattamento ma anche in tante altri disturbi per i quali, insieme ai trattamenti farmacologici, risultano fondamentali
momenti di scambio di esperienze e di vissuti, strategie individuali che, introdotti con una determinata metodologia e con tutor di riferimento, hanno
dato e danno rilevanti successi.
In questo grande processo di comunicazione basato su vissuti ed esperienze (individuali o di gruppo) il rapporto tra gli attori interessati avviene
in un clima di grande schiettezza e partecipazione, senza lasciare nessuno
indietro.
Fondamentale, per la realizzazione della pratica, è un investimento di
medio-lungo periodo, tale, cioè, da poter consentire la formazione continua
di educatori (peer tutor): studenti in grado di gestire appropriatamente il
lavoro all’interno di un gruppo, sulla base delle problematiche emerse e
non imposte, condivise e non subite, che costituiscono il presupposto su cui
agire per attivare il cambiamento. Avviato il percorso, diventa poi spontanea l’individuazione di quei soggetti da coinvolgere nei successivi “arruolamenti” di peer tutor.
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La particolare efficacia di questa strategia tra gli adolescenti risiede
proprio nelle peculiari caratteristiche della loro specifica fase esistenziale.
Mentre per i bambini i legami e le relazioni sono fortemente incentrate
sulla mamma, il babbo i nonni e comunque persone adulte sempre pronte a
risolvere problemi, nel mondo adolescenziale è tutta un’altra musica. Prendono il sopravvento le amicizie preferenziali, i gruppi spontanei, i leader
di riferimento, insomma individui ed esperienze che si muovono in senso
opposto a quei riferimenti familiari dai quali, semmai, si tende a prendere
le distanze.
Fenomeni devianti quali il bullismo, le bande giovanili ed altri tipi di
atteggiamenti trasgressivi che si possono sviluppare tra i ragazzi si avvalgono spontaneamente di meccanismi assai simili a quelli della peer. Queste proposte fuorvianti, possono nascere, ad esempio, anche all’interno del
gruppo classe, gruppo che potremmo definire istituzionale, che il ragazzo
non ha avuto modo di scegliere e all’interno del quale si formano sottogruppi spontanei. La frustrazione affettiva che può scaturire da insuccessi
scolastici, problemi familiari ed altro, può indurre alla scelta di compagni
verso i quali spostare la propria affettività per iniziare un percorso condiviso, spesso riferito a valori opposti rispetto a quelli proposti dall’istituzionescuola o dalla famiglia.
Il merito pedagogico della peer nasce, quindi, non tanto da astratte intuizioni teorico scientifiche, ma dall’osservazione dei processi spontanei su
cui si innesta.
Non si pensi, per questo, che la peer sia una strategia di intervento di
facile uso. Vi sono alcuni presupposti fondamentali che devono essere ben
chiariti e gestiti. Spesso si è portati a ritenere che il carattere così immediato e spontaneo di questa metodologia faccia avanzare la sua applicazione
in modo progressivo e lineare. Non è così, occorrono molti accorgimenti,
attenzioni ed una elevata professionalità da parte delle figure di riferimento
adulte.
In primo luogo occorre una reale condivisione tra gli attori dell’istituzione o del contesto in cui si va ad operare. Non è pensabile, ad esempio,
entrare in una scuola con atteggiamenti direttivi, passando sulla testa dei
docenti e del personale in generale che all’interno della scuola opera.
Occorre, in altri termini, portare contributi teorici ma soprattutto espe-
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rienze documentabili per poter condividere la bontà del progetto. Occorre accogliere tutte le sollecitazioni e cercare di rimuovere le diffidenze di
quanti, spesso, giudicano questi interventi una perdita di tempo e una deviazione dal “mandato” primo della scuola. È molto più facile ottenere il
consenso degli insegnanti su interventi mirati su questo o quell’argomento
proposto dall’esperto di turno (ginecologo, psicologo, sociologo ecc., secondo le necessità) per un numero di interventi predefiniti, anziché avviare
un percorso pluriennale, sulla base di elementi che all’inizio possono apparire generici e dispersivi.
È in sostanza un processo di potere partecipato, condiviso che consente
di dirigere le proprie azioni attraverso un continuo confronto col gruppo di
riferimento, nel reciproco rafforzamento dell’auto stima e del senso di sé.
In questa ottica, quindi, vengono anche superati gli ambiti ed i contenitori
dai quali le esperienze peer prendono le mosse. È inevitabile, infatti, che
dalla Scuola si passi al territorio, alla comunità di riferimento, al coinvolgimento di associazioni ed espressioni della società civile, siano essi formali
o informali. Così è stato per tutte le esperienze significative che abbiamo
osservato.
Non è un caso che questa metodologia nei paesi europei più accorti ed
avanzati faccia parte integrante della proposta formativa delle scuole e del
bagaglio pedagogico degli insegnanti. In quelle realtà l’esperto extra scolastico – che provenga dalle istituzioni locali, dal servizio sanitario pubblico
o dalle diverse agenzie pubbliche o private – è chiamato a coordinare un
percorso le cui linee portanti sono volute, gestite, presidiate e verificate
dalla scuola.
A questo punto occorre anche mettere in evidenza i limiti e le criticità
di questo metodo, altrimenti troppo osannato. In primo luogo si devono
superare logiche di chiusura ed autoreferenzialità tipiche di tante realtà istituzionali e non. Prendiamo l’esempio della scuola. Esperienze di questo
genere possono, soprattutto nelle prime fasi, mettere in crisi modelli tradizionali. Non si può lanciare il sasso e nascondere la mano. I ragazzi hanno
fin troppe sollecitazioni ad esprimersi liberamente tranne poi essere censurati alla prima difficoltà. D’altra parte la Scuola ha i propri obiettivi primari
da raggiungere e da questi non può, più di tanto, essere distolta. Insomma,
occorre fare in modo, non solo di rendere compatibili tali attività, ma dimostrare che, alla fine di un percorso peer, i ragazzi interessati e la scuola
nel suo complesso abbiano fatto un passo in avanti anche sugli obiettivi più
propri: successi scolastici, miglioramento del clima tra studenti e docenti,
partecipazione della comunità alle problematiche scolastiche.
Questi interventi non costituiscono pertanto un “valore aggiunto” come
oggi si usa dire, sono piuttosto parte integrante della strategia di apprendimento-formazione che la scuola persegue. È evidente, quindi, la distanza
che ancora esiste nel nostro paese da questo modello. Fuori da qualsiasi
polemica, in un sistema scolastico che già fatica a garantire la continuità
dell’esistente, tutto questo rischia di essere o utopico o possibile solo in
realtà di nicchia.
È anche per queste ragioni che l’attività svolta in questi anni e di cui
qui rappresento una significativa esperienza, mentre da un lato ha impresso
un salto di qualità rispetto ai tradizionali interventi precedentemente svolti
nelle scuole, dall’altro risente ancora di limiti, non solo rispetto alle risorse
disponibili, ma, in primo luogo, rispetto alla condivisione teorico culturale
necessaria.
l’EmpowErmEnt pEEr EDucation
I presupposti teorico concettuali su cui si basa la peer sono quelli
dell’empowerment. Si tratta in altri termini dell’insieme di elementi tra loro
combinati (conoscenze, esperienze personali, competenze, relazioni) che
aiutano i soggetti interessati ad individuare obiettivi condivisi e definire
percorsi e strategie per raggiungerli utilizzando tutte le risorse che il gruppo
è in grado di esprimere.
l’intErvEnto
L’intervento svolto nel corso dell’anno scolastico 2008-2009 presso
l’istituto Cerboni di Portoferraio è stato preceduto, già nell’anno precedente, da quattro incontri con i docenti per mettere a punto l’iniziativa.
I primi incontri con gli insegnanti ed il personale non docente sono serviti a definire le linee generali su cui intendevamo muoverci. In questa fase
ho cercato di assumere un ruolo di ascolto più che quello propositivo, l’unica cosa che avevamo come traccia, molto generica, si riferiva ai più diversi
argomenti sulle problematiche giovanili.
Generalmente, da parte del personale della scuola, si tendeva a individuare quali fossero gli indicatori più significativi del disagio scolastico: i
ragazzi che abbandonano la scuola, l’uso di sostanze stupefacenti, le pro-
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blematiche del vivere in una piccola isola ed altre questioni ancora, su cui
predisporre degli interventi da proporre ai ragazzi. Ciò che ho cercato di
suggerire non riguardava tanto l’individuazione dell’argomento o degli argomenti più interessanti quanto la modalità di giungervi in un clima realmente partecipato e condiviso con i ragazzi.
Tutto ciò avveniva nell’ultima parte dell’anno scolastico. Accennai a
questo punto al metodo della peer education fornendo del materiale e delle
indicazioni bibliografiche dalle quali saremmo ripartiti nell’anno scolastico
successivo. Con i successivi incontri, diversi insegnanti erano stati trasferiti. Se quello della sostituzione dei docenti è un problema generale nella
scuola, che certo non facilita la continuità delle attività intraprese, in una
realtà come l’Elba questa circostanza assume dimensioni assai più gravi.
Si trattava a quel punto di rinsaldare il rapporto con i docenti “più stabili”
e disponibili, tralasciando in parte quel rigore metodologico che la peer
richiederebbe e cercando di operare al meglio nella situazione oggettiva.
Ciò che abbiamo privilegiato, a questo punto, è stato il rapporto con i
ragazzi.
I primi incontri, sia con i docenti che con gli studenti, hanno avuto come
obiettivo quello di elaborare un punto di vista condiviso sulla realtà dei
giovani nella scuola, a partire dalla propria soggettività, per individuare un
percorso capace di incrociare le proprie aspettative con quelle più generali,
del contesto comunitario in cui vivono.
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Ultimo elemento estremamente importante è quello relativo al proseguimento dell’intervento nel corso degli anni. Un aspetto critico, più volte
segnalato nella scuola, è quello relativo alla mancanza di continuità, spesso
determinata dalle esigenze didattiche, dalla mobilità dei docenti, dall’abbandono scolastico, dalla poca condivisione dei progetti, tanto voluti da
alcuni quanto osteggiati o non condivisi da altri. Ciò è tanto più vero in
un’isola, dove le dinamiche assumono caratteristiche più marcate.
L’intervento peer, investendo in primo luogo i ragazzi a partire dalle
terze, consente, nell’arco del triennio, il coinvolgimento di più classi e
studenti, favorendo al tempo stesso un continuo arruolamento delle classi
successive. E permette anche di estendere alla comunità – istituzioni, associazionismo ed altri soggetti presenti sul territorio – quanto avviato nella
scuola.
Tutto questo richiede un attento lavoro di regia e di coordinamento, non
facile, ma certamente produttivo ed efficace se svolto con attenzione e con
le dovute verifiche.
il lavoro Svolto – lE SuccESSivE tappE
È stato al terzo incontro con i ragazzi, dopo essersi conosciuti ed aver
chiarito la metodologia della peer, che ha cominciato a delinearsi il comune
obiettivo: vivere in un’isola, all’Elba, è per un giovane un privilegio, un
disagio o la stessa cosa che vivere altrove?
La parte preminente ha evidentemente riguardato le attività con i ragazzi. A partire da alcuni rappresentanti di classi, l’impegno si è esteso, nel
tempo, ad altri studenti coinvolti occasionalmente. Ciò ha consentito di far
capire, già nella fase iniziale, quanto ci apprestavamo a fare. Pian piano il
progetto ha preso corpo e, da un certo punto in poi, si è potuto avvalere di
un gruppo interclasse, ben consolidato.
In un luogo così diverso tra il periodo estivo e quello invernale si determinano degli squilibri?
Il tempo libero, le frequentazioni, l’eventuale uso di alcool e sostanze
psicoattive hanno valenze particolari? Riteniamo di essere sufficientemente
informati?
Lavorare sull’autostima, sul senso di sé, sul corpo, sul gruppo, ha aiutato a mettere a fuoco i bisogni e gli argomenti che il gruppo desiderava
approfondire, ma ha consentito anche di individuare i soggetti trainanti,
secondo un metodo partecipato e senza imposizioni dall’esterno.
Questo modello di intervento presuppone molta attenzione da parte degli adulti che svolgono funzioni di esperti. Il loro ruolo deve essere di facilitazione, devono trasformarsi in portatori di competenze specifiche da
offrire ai ragazzi durante il percorso.
Stava prendendo corpo lo spirito della peer. I ragazzi non si sentivano
più “cavie”, oggetto di studio e di attenzione da parte di esperti, avviavano
un confronto attivo. Il metodo del braim storming è stato particolarmente
utile per individuare gli argomenti e le questioni da approfondire. Alla rappresentazione della realtà attraverso la propria soggettività si aggiungevano
via via elementi conoscitivi raccolti nella comunità, dati, testimonianze,
documentazioni.
La costituzione del gruppo che da questo momento è chiaramente rico-
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noscibile è una delle fasi più delicate e complesse, tanto più se si considera
che i ragazzi provengono da classi diverse.
La scuola centra prevalentemente la propria azione sull’apprendimento cognitivo. La maggior parte degli insegnanti conosce l’importanza della dimensione socio affettiva e sa che la sfera emotiva incide fortemente
sull’apprendimento e la formazione dello studente. Tuttavia l’organizzazione scolastica nel suo complesso è ancora assai distante da una utilizzazione
sistematica e scientifica di questi metodi. Sta di fatto che favorire una discussione libera tra ragazzi, facendo in modo che ciascuno fornisca informazioni su se stesso in un clima non giudicante, discutendo di argomenti
quali il benessere psico-fisico ed altri aspetti valoriali, senza condurre il
ragionamento verso schemi precostituiti… porsi insomma in una posizione
di ascolto, rafforza l’autostima degli attori ed in questo contesto gli apporti
diventano particolarmente preziosi. È in questo clima e attraverso questo
processo assai complesso che siamo giunti all’individuazione degli argomenti da trattare.
Qui il metodo della peer diventa premiante. Sarebbe stato possibile
affrontare questi temi anche in modo diretto, ma, qui sta la differenza, i
ragazzi hanno creato un contenitore di fiducia reciproca, tra loro in primo luogo, ed anche con gli esperti. Parlano e non espongono, partecipano
emotivamente, spesso è difficile stare dietro ai ragionamenti, il filo logico
rischia di perdersi. Qui il ruolo dell’esperto è duplicemente importante: nel
dare risposte chiare, nell’evidenziare ciò che chiaro non può essere quando
è chiamata in causa la propria soggettività e percezione, ma soprattutto nel
favorire un clima e una condizione empatica attraverso la quale parlare ed
ascoltare, aiutando i ragazzi a non perdersi ed evitando manipolazioni che
possono avvenire anche in perfetta buonafede. È in queste occasioni che
cominciano ad evidenziarsi le dinamiche di leadership ed è questo il momento in cui il gruppo, riconoscendosi, modifica il ruolo degli adulti: da un
ruolo di conduzione a quello di counseling.
L’individuazione di un questionario come strumento di rilevazione ha
necessitato alcuni incontri che hanno consentito la corretta costruzione di
questo strumento.
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la coStruzionE DEl quEStionario
E la faSE SpErimEntalE
Come si costruisce un questionario? Come definiamo il campione sia sul
piano quantitativo che qualitativo? Quali e quante domande porre? Dobbiamo essere diretti o più sfumati. Le domande devono essere aperte, dando
più possibilità di risposte, o chiuse? Dopo averlo steso, basta darlo ai ragazzi o dobbiamo condurre personalmente l’intervista. Lo distribuiamo solo ai
ragazzi della scuola o anche ad amici esterni o di altre scuole. Va definito
un tempo tra la somministrazione ed il ritiro o lasciamo la questione aperta?
Dobbiamo testarlo prima all’interno di un gruppo sperimentale o partiamo
direttamente? Come lo elaboriamo? Che uso facciamo dei risultati?
Queste alcune delle domande più significative alle quali di volta in volta
i ragazzi hanno dato risposte mentre fornivo loro elementi di conoscenza
sul metodo della ricerca sociale a partire dalla costruzione dello strumento
di indagine.
Dopo quattro incontri nel corso dei quali i ragazzi hanno approfondito il
confronto ed hanno precisato l’oggetto dell’indagine, sono state individuate
le domande; si è deciso di non andare oltre il numero di dieci. Le domande dovevano essere chiuse, per permettere una più precisa elaborazione, il
tema era quello del “vivere all’Elba” e se questa situazione poteva costituire un limite o un privilegio per un giovane. Si sono individuati alcuni
indicatori in ordine al tempo libero, alle frequentazioni ma la questione su
cui i ragazzi a poco a poco centravano la loro attenzione era quella relativa
all’uso di sostanze psicoattive.
A questo punto c’è stata una sospensione del lavoro sul questionario e
per due successivi incontri abbiamo approfondito l’argomento sulle droghe. I ragazzi stessi hanno cercato di darsi reciprocamente risposte. Mi
hanno chiesto di poter assistere alle loro discussioni e anche in questa occasione ho potuto verificare quanta strada fosse stata fatta. Il mio ruolo è stato
quello di fornire loro dei chiarimenti tecnici su questioni che si ponevano.
Ho proposto loro se fosse il caso di far intervenire un collega del Sert, sicuramente più aggiornato del sottoscritto. Ma i ragazzi hanno rifiutato la
proposta, perché avrebbe comportato un tempo più lungo per l’eventuale
inserimento di un altro esperto. Siamo quindi ritornati al questionario che
in un successivo incontro è stato ultimato.
Occorreva testarlo. Cinque ragazzi del gruppo hanno preso ciascuno
cinque questionari, li hanno letti ad alcuni intervistati privilegiati ed hanno
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verificato con loro se le domande fossero chiare e comprensibili, non soggette a più interpretazioni.
Dopo alcune considerazioni sulla quantità dei giovani presenti all’Elba
tra i 15-18 anni è stato definito un campione tra 230-260. I questionari regolarmente compilati sono risultati 248. Tra la distribuzione e la raccolta
sono passati cinque giorni. Gli ultimi incontri hanno riguardato l’elaborazione, i commenti e le proposte che scaturivano, sulle quali coinvolgere la
scuola, le istituzioni locali e l’associazionismo in un confronto articolato e
continuo.
Ciò che posso dire è che i ragazzi in parte prevedevano i risultati dell’indagine, ma certamente il loro coinvolgimento e la loro partecipazione, soprattutto per il proseguimento del lavoro, sono stati davvero straordinari.
Per quanto riguarda l’elaborazione dei dati, i risultati sono contenuti sinteticamente nel capitolo che illustra il lavoro svolto dagli studenti dell’istituto Cerboni nell’anno 2008/2009.
concluSioni
Ho provato a chiedere a più ragazzi che hanno fatto questa esperienza
che cosa significasse per loro l’educazione tra pari. Ho avuto tante risposte,
apparentemente diverse, sostanzialmente assai omogenee.
È un ribaltamento dei tradizionali modelli pedagogici: si impara insegnando.
È come un gioco dove si è alunni e professori al tempo stesso.
È riconoscersi progressivamente all’interno di un gruppo.
È parlare liberamente fuori da meccanismi competitivi e giudicanti.
È giungere insieme a capire la necessità di regole condivise.
Inizialmente è un caos ma dopo le cose cambiano.
È andare oltre il tema individuato, un processo di crescita complessiva.
È un risultato tangibile, abbiamo fatto una ricerca e l’abbiamo documentata.
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Quello che in conclusione mi sento di aggiungere è l’augurio che questo
lavoro sia l’inizio di un percorso, sicuramente da migliorare, ma, altrettanto
sicuramente, da portare avanti con convinzione e determinazione.
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Sociologo, esperto in comunicazione
e tutor nel progetto
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CECINA
Con i green educators
e la Cittadinanza Attiva
Quando Il re è nudo: noi no approda all’ISIS M.
Polo - C. Cattaneo di Cecina, trova una scuola che
già ha vissuto un’importante esperienza di peer education, in collaborazione con l’USL e l’Università di
Siena, durata tre anni.
Ma la scuola sta portando avanti anche altri due
progetti: Cittadinanza Attiva e Differenziamoci con i
quali Il re è nudo: noi no può entrare in sinergia.
Si decide pertanto di aderire al progetto per tre motivi.
Primo motivo. Il 10% degli alunni iscritti alla
scuola è straniero ed il 4% diversamente abile. Occorre contribuire al superamento di preconcetti, pregiudizi e stereotipi. La scuola sta lavorando ad un progetto intercultura con gli alunni del biennio e il metodo
della peer education può diventare un supporto utile
per suscitare motivazioni, comprensione dei bisogni
dell’altro, valorizzazione delle risorse e delle diversità, empatia.
Secondo motivo. I giovani dimostrano disaffezione
verso la cosa pubblica ed occorre aiutarli ad acquisire consapevolezza del ruolo di cittadino attivo. Con il
progetto Differenziamoci, al quale lavorano alunni e
docenti, nasce il green educator, un personaggio che
si impegna per promuovere il rispetto del bene pubblico, la raccolta differenziata e la riduzione dei rifiuti.
Gli studenti, diventano green educator e in poco tem-
po riescono a riempire 1.500 cassonetti, ad imbiancare 35
aule e ripulire 1050 banchi.
Terzo motivo. I ragazzi hanno difficoltà a prendere decisioni e spesso delegano le scelte, occorre sperimentare
un metodo concreto per elaborare soluzioni condivise di
problemi collettivi. Gli alunni del triennio portano avanti
i progetti di Cittadinanza Attiva, con l’adesione ad associazioni di volontariato e la produzione di campagne sociali, decorano i locali del Centro Diurno, realizzano un
video sul tema della cittadinanza attiva ed un workshop
per l’agenzia turistica.
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ISIS M. Polo – C. Cattaneo
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Piacere,
peer education 2.0
La manifestazione di chiusura
del secondo anno di lavori
Anche i lavori prodotti nel secondo anno vengono presentati nel corso di
una manifestazione che si tiene il 3 dicembre 2009, al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di Livorno, dal titolo Piacere, Peer Education 2.0.
Si presentano l’ISIS Niccolini-Palli di Livorno con il video sull’anoressia, l’IPSIA-ITI Volta-Pacinotti con il video sull’Aids, l’ITCG G. Cerboni
di Portoferraio con l’indagine sui giovani che vivono all’Elba e infine l’ISIS
M. Polo - C. Cattaneo di Cecina con una presentazione in PowerPoint di
questa sua esperienza singolare che unisce tre progetti (Il re è nudo: noi no,
Cittadinanza attiva e Differenziamoci).
Alla manifestazione portano il loro saluto il Presidente della Fondazione
Cassa di Risparmi di Livorno avv. Luciano Barsotti con il Vice Presidente
prof. Carlo Venturini e il prof. Mario Baglini del Comitato d’Indirizzo, il
Prefetto di Livorno, dott. Domenico Mannino, il Presidente Provincia di
Livorno, dott. Giorgio Kutufà, l’assessore alle Politiche per i Giovani del
Comune di Livorno dott. Mario Tredici, l’assessore alle Politiche Educative e Scolastiche del Comune di Livorno, dott.ssa Carla Roncaglia e la dott.
ssa Elisa Amato Nicosia, dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di
Livorno.
Coordinano il dibattito la dott.ssa Fioretta Pratesi dell’ASL 6 Livorno, il
dott. Stefano Carboni e il dott. Loris Moroni.
terzo ANNO
2009/2010
Nel terzo ed ultimo anno del progetto
Il re è nudo: noi no, la tecnica e i contenuti sono notevolmente migliorati, così i
prodotti elaborati dalle scuole che hanno
partecipato all’esperienza sono risultati
di ottima qualità.
Le ragazze dell’ISIS Niccolini-Palli
hanno realizzato un dvd estremamente
godibile ed emozionante ma anche carico di spunti di riflessione.
Ancora le ragazze sono state protagoniste del bel dvd dell’ISIS A. Volta - A.
Pacinotti di Piombino che ha impegnato molti “attori”. Alunni, genitori, insegnanti si sono prestati a recitare un ruolo
per lanciare messaggi sull’educazione
sessuale.
Valerio Costa, alunno dell’ITCG G.
Cerboni di Portoferraio, ha invece formulato un questionario e ha fatto
una ricerca per analizzare i rapporti tra ragazzi e tecnologia, mettendo
in evidenza i danni che possono derivare da un uso scorretto di computer e video games.
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Gli Elaborati DEGli StuDEnti
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LIVORNO
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ISIS Niccolini-Palli
anno 2009/2010
Gruppo peer: Classe III Afo
Valentina Melita, Rachele Leonardi, Viola Lenzi, Serena Sicilia
Insegnante: Daniela Barsotti
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: “Il risveglio
nell’arte. Alcol, droga,
violenza sessuale.”
DVD (durata 20 minuti)
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Il risveglio nell’arte
Alcol, droga, violenza sessuale
Al terzo anno di partecipazione al progetto, la performance delle ragazze
della III A del liceo della formazione Niccolini-Palli di Livorno, è giunta ai
massimi livelli con la produzione di un dvd incentrato su tre drammatiche
storie di ragazze.
Ad Ashley era sempre stato proibito di bere, fin da piccola. Ma quando
incontra un gruppo di ragazzi in un bar e si unisce a loro, non può fare a meno
di assecondare le loro abitudini. Comincia a ubriacarsi, per non essere
rifiutata, e per far parte del gruppo
diventa dipendente dall’alcol.
Laura si rifugia nella droga per
alleviare il dolore della ferita che le
ha inflitto il fidanzato interrompendo il loro rapporto. Pasticche e alcol
la stordiscono, ma lei perde tutto,
amici, affetto, autostima, progetti.
Poi un ragazzo dolcissimo, con tanta pazienza, riesce a tirarla fuori dal baratro nel quale è sprofondata. Il canto e
lo sport fanno il resto.
Christal si aggrappa disperatamente alla musica per trovare un’ancora di
salvezza e superare il dramma di un’orribile esperienza: lo stupro subito da
parte di uno sconosciuto.
L’arte, la musica classica e il pianoforte diventano gli strumenti della sua
rinascita.
I tre brani sono stati scritti da Valentina Melita, con la supervisione della
docente, referente del progetto, Daniela Barsotti. Nel video, la Storia di Christal è stata letta da Rachele Leonardi, la Storia di Laura da Viola Lenzi e la
Storia di Ashley da Serena Sicilia.
Segue la sceneggiatura dei tre filmati montati con l’aiuto di Stefano Santomauro.
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(Alcol)
Ricordo che mi era sempre stato proibito di bere fin da quando ero piccola
ma non avrei mai pensato che andasse a
finire così...
Tutto cominciò quando conobbi un
gruppo di ragazzi in un pub.
Ogni sera, insieme alle mie amiche,
andavamo là per divertirci prima di andare in discoteca.
Quel sabato pomeriggio avevamo litigato e per scusarmi con loro andai al
pub con la speranza di incontrarle e
fare pace.
Ma loro non c’erano, e io non tornai a casa. Avevo voglia di distrarmi
e staccarmi dalle mie preoccupazioni,
così rimasi.
Mentre ordinavo una Coca sentii delle risate provenire da un gruppo di ragazzi che giocavano con una bottiglia.
Mi misi ad osservare il loro gioco
stupido ma divertente. Uno dei ragazzi
se ne accorse e mi invitò a sedermi con
loro ed io accettai.
La serata trascorse in modo sereno
e spensierato; quei ragazzi erano così
simpatici che decisi di scambiare il
mio numero di cellulare con i loro.
A fine serata ci salutammo e mi dettero appuntamento nel loro luogo di
ritrovo.
Cominciai a frequentarli, conobbi le
loro abitudini e tutti i loro posti di
ritrovo. Ormai credevo di sapere tutto
di loro.
Una sera andammo in discoteca e li
vidi bere degli alcolici che avevano
ordinato spacciandosi per maggiorenni.
Mi offrirono da bere, ma io rifiutai
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Storia di Ashley
Purtroppo bere mi piaceva e l’alcol... mi faceva sentire diver-
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Gli elaborati degli studenti: terzo anno 2009/2010
essendo sempre stata educata ad astenermi dall’alcol.
La loro reazione alla mia risposta
non fu quella desiderata – Se vuoi stare con noi devi essere spericolata!–.
Ma temendo di essere rifiutata, afferrai la bottiglia senza notare cosa contenesse, presi coraggio e mi lasciai
andare.
Da quel giorno la mia vita divenne
un inferno.
Purtroppo bere mi piaceva e l’alcol... mi faceva sentire diversa. Mi
disinibiva totalmente e mi dava una
piacevole sensazione di leggerezza e
di euforia. Senza rendermene conto cominciai a diventarne dipendente.
I miei genitori erano preoccupati,
avevano chiesto una seduta dallo psicologo da me rifiutata in malo modo.
Ma fu quel rifiuto a farmi riflettere
sul male che stavo facendo a me stessa e ai miei cari. Nonostante ciò, la
sera, quando i miei genitori uscivano,
continuavo a ricadere nel vizio, scolando la solita bottiglia nascosta in
camera.
Purtroppo i miei raramente erano in
casa, li vedevo, sì e no, la mattina.
Ma quella notte avrei tanto voluto che
fossero con me... mi sentivo sola, angosciata, in preda ad un insopportabile
tormento: allora, come al solito, presi
una bottiglia e la finii in fretta, ma
poiché quel senso di angoscia non passava, ne presi un’altra e un’altra, fino
a perdere i sensi. Quella volta la mia
dipendenza mi portò quasi alla morte:
andai in coma etilico. I miei genitori
rientrarono a casa prima del solito e
come sempre vennero a vedere se dormivo. Entrarono e mi videro distesa per
terra con accanto le bottiglie vuote.
Restai in coma per un mese e mezzo.
Dopo il mio risveglio seguì la terapia
di disintossicazione.
Appena dimessa cominciai a frequentare il Centro di disintossicazione:
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sa. Mi disinibiva totalmente e mi dava una piacevole sensazione di
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inizialmente fu davvero difficile stare
lontana dall’alcool, le mie crisi di
astinenza erano orribili...
Un giorno, al Centro, venne un uomo
che insegnava canto, ballo e recitazione. Ci spiegò che un buon metodo per
uscire dalla dipendenza era cercare di
crearsi una passione con cui poterci
distrarre... fu grazie a lui che scoprii la danza.
I mesi trascorsero intensi e passai quel periodo non solo andando costantemente al Centro ma, soprattutto,
danzando.
La danza mi aveva migliorata in tutti
i sensi: quel mostro che si era impossessato di me era stato cancellato.
leggerezza e di euforia.
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Storia di Laura
(Droga)
Ricordai il come e il perché ero caduta nel baratro della droga e l’antica
angoscia mi riavvolse.
Già... perché iniziai? Per una di
quelle storie che capitano spesso: mi
ero appena lasciata col mio ragazzo.
Il sapere che non lo avrei più avuto
accanto, che ogni momento, ogni gioia, ogni tenerezza sarebbero scomparsi così, come neve al sole, mi attanagliarono l’anima in una morsa così
forte e profonda che non mi abbandonò
per mesi. Non bastavano gli amici, i
genitori, i fratelli... il dolore era
sempre lì, costante, totale. Avevo un
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Con la sua dolcezza, pazienza
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bisogno disperato di annientare tutto
quello strazio, quel senso di vuoto.
Fu così che, una sera, uscii con delle amiche in discoteca. Lì, spinta dal
desiderio di rivendicare il mio diritto alla vita e dal cercare in tutti i
modi possibili di dimenticare il dolore
e colui che me lo procurava, cominciai
a bere e a impasticcarmi. Ricordo molto bene come il ritmo incalzante della
musica sembrava sottolineare ogni bicchiere che bevevo e le due o tre... non
ricordo quante pasticche di “ecstasy”
assunsi...
Rivedo i corpi oscillanti degli altri ragazzi intorno a me, che mi apparivano come sfocati, appena abbozzati.
L’odore di sudore... del fumo... il
martellare continuo della musica proveniente dalle casse lì vicino, quindi
il bisogno di ballare selvaggiamente,
di abbandonare il corpo e la mente a
quel ritmo serrato. Sì in quel momento
mi sentii libera! Il dolore? Dov’era?
Non lo sentivo più. Dio che benedizio-
ne! Che gioia! Fu così che tutto ebbe
inizio.
Infatti, dopo quella sera, volli riprovare a rivivere l’esperienza liberatoria che credetti
di trovare bevendo e impasticcandomi: ero davvero
convinta che quello fosse l’unico modo
per non pensare e quindi per non ricordare e soffrire. Avevo anche cominciato
a mentire ai miei familiari, alle amiche più care. Finalmente come per magia
un giorno, anzi una sera, ad una festa
di amici, conobbi un ragazzo dolcissimo, carino... serio; di poco più grande
di me. Ma anche quella sera, nonostante avessi promesso a me stessa che non
avrei più usato pillole o bevuto più
del dovuto, appena ne ebbi l’occasione,
forse per prendere coraggio e sentirmi
più libera e sciolta, ricorsi al solito “aiutino”, e... cominciai a fare
la “stronzetta”. Lui, chi sa perché,
anziché rimanere disgustato o comunque
deluso dalle cavolate che dicevo e facevo, cercò di starmi vicino e di con-
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e amore, è riuscito a colmare il vuoto totale che avevo nel cuore; a
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trollarmi ogni qualvolta mi avvicinavo
ad un bicchiere.
Da quella sera in poi non mi ha più
mollata. Con la sua dolcezza, pazienza
e amore, è riuscito a colmare il vuoto
totale che avevo nel cuore; a prendermi
per mano e aiutarmi a trovare la forza
di riprendere la mia vita. Piano, piano
sono uscita dal tunnel della dipendenza e, subito dopo un ciclo di disintossicazione a cui mi sottoposi, ho dato
una nuova svolta alla mia vita. Ho ripreso a studiare canto (che era stata
una delle mie più grandi passioni); a
scuola ho ripreso a frequentare e a seguire le lezioni con maggiore serietà
e impegno. Lavorando su me stessa oggi
sono di nuovo sincera e rispettosa,
specie con la mamma che ora ha ritrovato il sorriso di una volta.
Mi sento di nuovo padrona di me stessa con qualcosa in più: con un gran desiderio di fare qualcosa per gli altri,
di aiutare ad esempio chi, come me, non
ha più fede in se stesso, nella vita,
nell’amore degli altri...
prendermi per mano e...
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Storia di Christal
(Violenza sessuale)
Sin da piccola ho suonato il pianoforte e la musica è stata la mia passione; poi, quella notte, mentre stavo
rientrando a casa da una festa di amici, è accaduta una cosa terribile... e
ora, ogni volta che cala l’oscurità,
il ricordo di quell’orribile esperienza mi assale!
Come potrei dimenticare la brutalità
di quello sconosciuto... Mi ha spinto
contro il muro premeva sulla mia bocca con la sua mano rozza, prendendo la
mia anima e la mia innocenza. Quella
bestia mi ha minacciata, mi ha detto di
non dire niente a nessuno a costo della
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La notte era il momento peg-
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mia vita... Sono rimasta lì stordita,
tremante, con il corpo dolorante, e il
viso rigato di lacrime.
Appena entrata, mia madre, con un
grido soffocato mi ha guardata e abbracciata piangendo, avendo intuito al
solo vedermi cosa mi fosse accaduto.
Che bello però risentire un po’ di
calore umano attraverso quell’abbraccio protettivo e amorevole! Ma subito
dopo la consapevolezza di ciò che mi
era successo mi fece sentire un urgente
bisogno di rimanere sola a lavare di
dosso per sempre la lordura lasciata
dalla violenza subita.
Avrei voluto gridare ma qualcosa mi
impediva di emettere qualsiasi suono.
La disperazione, l’orrore vissuto mi
attanagliavano la gola. Volevo sparire… morire!
La notte era il momento peggiore. Per
giorni. Per mesi facevo incubi orrendi
in cui mi succedeva di tutto, ma in cui
soprattutto rivivevo lo stupro.
Anche lo sguardo degli altri, in par-
ticolare quello non sempre discreto dei
vicini mi metteva in continuo stato di
disagio, ansia e paura. Ogni volta che
riuscivo a farmi convincere ad uscire
con mio fratello o qualche cara amica,
mi sentivo assalire dalla paura… temevo che la mia vergogna si vedesse anche
ad occhi nudi, che tutti potessero giudicare, criticare, condannare. Da qui
l’inizio degli attacchi di panico e la
conseguente “clausura” dal resto del
mondo.
Mia madre, spaventata nel vedermi
soffrire a quel modo, decise di rivolgersi ad una psicologa particolarmente
brava nei casi di donne che avevano subito violenza. Fu così che iniziai una
lunga serie di incontri e terapie che
mi aiutarono a poco a poco a riprendere
le redini della mia vita.
Ripresi gusto a stare in compagnia.
Imparai a vincere il senso di disagio
che provavo ogni volta che guardavo il
mio corpo come se fosse stato per causa sua che mi era capitato quello che
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giore. Per giorni. Per mesi facevo incubi orrendi in cui mi succedeva
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mi era capitato. Iniziai a vestirmi in
modo più femminile, facendo sempre attenzione a non mostrare più del dovuto
o a fasciare troppo le curve, ma trovando la soluzione giusta per essere
elegante, sobria e... donna.
Ma accadde anche altro. Le nebbie
dolorose che ottenebravano la mia mente cominciarono a dipanarsi, ripresi
ad ascoltare anche un po’ di musica
classica... la mia preferita... e da
allora, Beethoven, Bach, Mozart, con
le loro immortali sinfonie, hanno incominciato a rendermi la vita ancora
degna di essere vissuta. Il mio spirito
si elevava al suono di quelle note, fino
a farmi ritrovare l’impulso di sedermi
al pianoforte e suonare... suonare...
per sentirmi finalmente libera e di nuovo me stessa.
di tutto, ma in cui...
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PIOMBINO
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ISIS A.Volta – A. Pacinotti
anno 2009/2010
Gruppo peer: Francesca Barani, Vanessa Bertini, Agnese Benincasa, Chiara Bindi, Margherita Castagni,
Clarissa Cianferotti, Alberto Galimi, Karin Garbocci, Simone Giannini,
Lucia Mannari, Mirea Mansani, Agnese Mascia, Andrea Montecchi, Sofia Nencioni, Caterina Salvini,
Nicola
Todde,
dott.ssa
Elena Gargano, prof.ssa
Lorella Niccolini, prof.
Michele Colavitti
Insegnanti: Lorella Niccolini, Michele Colavitti,
Cinzia Di Bartolomeo
Tutor: Stefano Carboni
Prodotto finale: “Trova il tuo
equilibrio”
DVD 12 minuti
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Trova il tuo equilibrio
(sì, no, farlo, non farlo… la gente parla…
ma la vita è nostra!)
La storia raccontata nel video dell’ISIS Volta-Pacinotti, al terzo anno di
attività del progetto peer, sottolinea l’importanza fondamentale del contesto
familiare nei comportamenti degli adolescenti. Caterina, Mirea e Chiara sono
i personaggi interpretati da tre studentesse dell’istituto.
Il racconto descrive le scelte di tre amiche che frequentano la stessa scuola e
lo stesso gruppo di coetanei, ma assumono atteggiamenti estremamente diversi
nei confronti del sesso in base
all’educazione ricevuta.
Caterina appartiene ad
una famiglia bigotta e conservatrice, che considera il sesso
un tabù e un problema da tenere il più lontano possibile.
Ma Caterina cresce, e insieme a lei cresce la sua sessualità. Costretta a reprimerla,
assume atteggiamenti ribelli
ed eccessivi. I pochi momenti
di libertà conquistati diventano momenti di trasgressione,
con ineluttabili conseguenze: alcol, sballo, rapporti non protetti.
Mirea, invece, pensava di avere un buon rapporto con la famiglia, ma la
totale mancanza di regole ed una educazione estremamente permissiva non
le hanno permesso di distinguere il bene dal male e di porre dei limiti ai suoi
comportamenti. La perdita di valori con la quale si è trovata a fare i conti ha
incluso anche la sfera sessuale, determinando atteggiamenti estremamente liberi, ma anche enormemente rischiosi.
Chiara ha avuto la fortuna di avere due genitori intelligenti che grazie al
dialogo le hanno aperto gli occhi sulla vita e i suoi pericoli, ha imparato che
per crescere bisogna avere ben chiari nella mente possibilità e divieti, libertà e
limiti, ma soprattutto la capacità di scegliere. Il suo approccio al sesso, pertanto, può essere giusto, sano e protetto.
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Storie di Caterina, di Mirea e Chiara...
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Protagonismo e libertà di esprimersi
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Il progetto Il re è nudo: noi no si è rivelato
senza dubbio un’esperienza positiva sia per i
ragazzi che per noi insegnanti. Tutti vi abbiamo partecipato con grande soddisfazione.
Nell’anno scolastico 2007/2008 siamo riusciti a coinvolgere un gruppo composto da 16
alunni, 2 componenti del personale non docente e 4 docenti, che si è riunito per quattro
pomeriggi (due ore per incontro), nei locali
messi a disposizione dalla scuola in Via della Pace.
Appena presentato, il progetto è stato subito condiviso da tutti. Poi è
stato scelto il tema, Il consumo di droga e sostanze psicotrope, e il prodotto
sul quale lavorare, cioè un video. A quel punto siamo entrati nel merito del
problema con l’illustrazione da parte del tutor, dottor Stefano Carboni, delle sostanze psicotrope consumate sul territorio.
Successivamente il gruppo di studenti si è riunito con il tutor e con i
docenti che si sono alternati, sia nella sede di Via della Pace che al Centro
giovani, centro di aggregazione culturale giovanile del Comune.
Durante questi incontri sono stati affrontati i seguenti temi:
1. caratteristiche del prodotto e argomenti da inserire nell’elaborato;
2. ricerca e ascolto di musiche da inserire nel filmato (prodotto finale);
3. stesura della sceneggiatura;
4. incontro con il tutor per ritocchi e assegnazione parti.
Storie di Caterina, di Mirea e Chiara...
Gli attori
Grazie alla novità della metodologia, la partecipazione è stata costante,
così come l’entusiasmo dimostrato. Alla fine è stato realizzato un CD sul
tema alcol e guida.
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Lorella Niccolini, Cinzia Di Bartolomeo, Michele Collavitti
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
Nell’anno scolastico 2008/2009 siamo riusciti a coinvolgere un gruppo,
composto da 14 alunni (in parte rimasti dal nucleo dell’anno precedente, in
parte reclutati nelle varie classi proponendo il tipo di lavoro) e le due docenti di religione Lorella Niccolini e Cinzia Di Bartolomeo, che si è riunito
per dieci pomeriggi (una o due ore per incontro), nella sede di Via della
Pace per la presentazione del progetto, la condivisione, la scelta del tema e
la realizzazione del prodotto.
Il dott. Stefano Carboni ha illustrato il problema Aids e le malattie sessualmente trasmesse (dati, modalità di trasmissione, ecc.).
Quindi il gruppo di studenti si è riunito con il tutor e con i docenti che
si sono alternati sia nella sede di Via della Pace che al Centro giovani per
discutere i temi scelti e realizzare il filmato.
Nel 2008/2009 il progetto ha coinvolto i ragazzi fin da settembre. Non
per tutti, però, è stato possibile garantire una partecipazione continua, e
inoltre si è registrato l’ingresso di alcuni nuovi soggetti. Per cui il gruppo
iniziale si è modificato e attestato successivamente su un nucleo di 8/9 studenti.
La presenza, comunque, è stata sempre caratterizzata dal grande entusiasmo prodotto dalla metodologia scelta. Alla fine di maggio è stato realizzato un breve video che i ragazzi hanno presentato al workshop Piacere
Peer Education 2.0 organizzato dalla Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo il 3 dicembre 2009.
Tutti hanno manifestato la volontà di riprendere il progetto anche
nell’anno scolastico 2009/2010.
Infine l’anno scolastico 2009/2010 ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di ragazze iscritto alla prima OSS (12 alunne) che si è inserito
molto bene nel piccolo nucleo rimasto degli anni passati (4 ragazzi e una ragazza) e ha dato un nuovo impulso ad idee e metodologie. Come insegnanti
è rimasta la prof.ssa Lorella Niccolini, affiancata, in modo determinante,
dal prof. Michele Collavitti per la stesura della sceneggiatura e per la realizzazione del video. Per la prima volta sono stati coinvolti anche i genitori
e due mamme sono state protagoniste del video. Il gruppo di studenti si è
riunito con il tutor e con docenti che si sono alternati sia nella sede di Via
della Pace che al Centro giovani. In questi incontri sono stati affrontati i
seguenti temi:
1. standard del prodotto e argomenti da inserire; in un primo tempo era
stato proposto il tema dell’anoressia che il gruppo ha dibattuto con
esperti Asl, poi l’argomento è stato sostituito;
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2. guida di Carboni al dibattito sul tema scelto: i giovani e il difficile
rapporto con i genitori sul tema della sessualità. Ad alcuni incontri
è stata presente la dott.ssa Elena Galgano, psicologa del centro di
ascolto;
3. stesura della sceneggiatura;
4. incontro con il solo tutor per ritocchi e assegnazione parti;
5. realizzazione e montaggio filmato;
6. presentazione del filmato ai genitori e ai rappresentanti Asl con dibattito.
Il gruppo dell’ultimo anno ha lavorato con grandissimo entusiasmo,
riunendosi molte più volte e trovando un intenso affiatamento al suo
interno e con gli insegnanti. In sostanza si può dire che alla fine del
percorso i ragazzi hanno raggiunto in pieno gli obiettivi del progetto
e sono cresciuti anche nell’approccio alle tematiche e nella metodologia. A più riprese hanno chiesto di poter in qualche modo continuare il progetto e, se il “Re è nudo: noi no” si concluderà, noi speriamo
che le istituzioni offrano ai ragazzi nuovi sbocchi e opportunità.
La chiave del successo va cercata nella condivisione delle tematiche e
nel ruolo del tutor, Stefano Carboni, che ha saputo istaurare con i ragazzi
fin dall’inizio, un rapporto cordiale e collaborativo. Ma anche nel metodo
della peer education, che ha reso gli studenti veri e propri protagonisti del
progetto.
Anche i ragazzi considerati generalmente un po’ “difficili” nel contesto
scolastico, si sono sentiti liberi di esprimersi e sono riusciti a partecipare
alla scelta degli argomenti e degli strumenti di comunicazione. Alla fine
sono stati realizzati due cd, che hanno affrontato rispettivamente il tema
della guida sotto gli effetti dell’alcol e della trasmissione dell’Aids.
Noi insegnanti abbiamo apprezzato il lavoro dei ragazzi, il loro modo di
esprimersi e di imporsi, di far valere certe potenzialità al di fuori dell’ambiente scolastico. Ci siamo divertite con loro ed il rapporto docente-studente ne è uscito rafforzato.
Lorella Niccolini e Cinzia Di Bartolomeo
insegnanti di religione
Michele Collavitti
assistente officina elettronica
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PORTOFERRAIO
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ITCG G. Cerboni
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Gruppo peer: Valerio Costa e
alunni della V B Geometri
Insegnante: Rita Matacera
Tutor: Loris Moroni
Prodotto finale: “Ragazzi e
tecnologia”
Questionario e presentazione PowerPoint
Gli elaborati degli studenti: terzo anno 2009/2010
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Ragazzi e tecnologia
Uno dei ragazzi più attivi e assidui, in questo progetto di peer education,
è stato Valerio Costa, alunno della VB Geometri dell’ ITCG G. Cerboni di
Portoferraio.
Nell’anno scolastico 2009/2010 ha formulato un questionario su un argomento estremamente attuale: il rapporto tra ragazzi e tecnologia e i danni che
l’uso improprio ed eccessivo di computer e video games possono provocare
sulla salute delle nuove generazioni.
Su questa questione stanno lavorando ricercatori di università di tutto il
mondo ed anche Valerio – dopo aver distribuito il questionario agli alunni della scuola ed averne analizzate le risposte – ha provato a fare la sua indagine e
trarre le sue conclusioni.
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Piacere,
peer education 3.0
Il primo febbraio 2011 al Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di
Livorno si è tenuta la manifestazione conclusiva del progetto Il re è nudo:
noi no.
Piacere, Peer Education 3.0 è stato il titolo del workshop di presentazione degli elaborati degli alunni delle scuole medie superiori della provincia di Livorno che nell’anno scolastico 2009/2010 hanno partecipato al
progetto di peer education promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmi
di Livorno e realizzato in collaborazione con l’Asl 6 di Livorno (U.O. Educazione alla Salute), con il patrocinio della Provincia, del Comune e della
Prefettura.
L’ISIS Niccolini-Palli di Livorno ha mostrato il suo dvd su Il risveglio nell’arte, l’ISIS Volta-Pacinotti di Piombino ha presentato Trova il tuo
equilibrio e l’ITCG G. Cerboni di Portoferraio ha fatto scorrere le slide
del suo questionario sul tema Ragazzi e tecnologia, mentre l’ISIS PoloCattaneo di Cecina ha illustrato L’esperienza della peer education in un
percorso di educazione ambientale.
Nell’occasione è stato presentato anche il video sull’esperienza vissuta
dai ragazzi del quartiere Salviano di Livorno e coordinata dall’associazione
TodoModo qualche anno fa, che può considerarsi una full immersion di
peer education, oltre ad un’esperienza “pioniera” per il nostro territorio.
Ed anticipatore può essere considerato anche l’interessante esperimento
di peer education portato avanti nel triennio 2004/2007 dagli istituti superiori della Bassa Val di Cecina e presentato per l’occasione da Alessandro
Catinella, uno degli studenti tutor dell’ISIS Marco Polo di Cecina.
Hanno portato il loro saluto alla manifestazione il presidente della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno avv. Luciano Barsotti con il vice presidente prof. Carlo Venturini e il prof. Mario Baglini del Comitato d’Indirizzo; il
Prefetto di Livorno, dott. Domenico Mannino; la dott.ssa Elisa Amato Nicosia,
dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Livorno; la dott.ssa Anna Tempestini, assessore al welfare e alle politiche sociali del Comune di Piombino,
la dott.ssa Jessica Muti, Assessore del Comune di Portoferraio con deleghe
all’Istruzione ed alle Politiche Giovanili.
2009
2010
2009
2010
La manifestazione di chiusura
del terzo anno di lavori
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
Gli elaborati degli studenti: terzo anno 2009/2010
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2009
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esperienze pilota sul territorio livornese
Il consultorio entra nelle scuole
A scuola
Irene Genovese
Quando il progetto Il re è nudo: noi no è approdato a Cecina,
all’ISIS M. Polo – C. Cattaneo, c’è stata una gradita sorpresa. Qui,
la peer education era già entrata, qualche anno prima, secondo un
modello elaborato dall’Università di Siena, e in un triennio di sperimentazione aveva prodotto ottimi risultati.
Il tutor Loris Moroni ha cercato pertanto di prendere il testimone
di un percorso già avviato e di portarlo avanti.
Tutto era cominciato negli anni 1999/2001, quando il piano sanitario della Regione Toscana aveva
rilanciato l’offerta consultoriale, con l’obiettivo di
riqualificare il servizio, puntando alla salute della
donna (con la procreazione responsabile), all’infanzia e all’adolescenza. Con il piano, la Regione dispose l’istituzione di Unità Funzionali Attività Consultoriali, costituite da équipe multiprofessionali
alle quali venne affidato il compito di assicurare un
complesso di servizi territoriali con la presenza di
ostetrica, ginecologo, psicologo, assistente sociale, pediatra, infermiere professionale o assistente sanitario, ed altre figure professionali in base alla specificità
dei compiti da svolgere.
Negli istituti superiori della Bassa Val di Cecina
Anche nel poliambulatorio di Cecina vennero aperti due consultori per donne,
bambini e adolescenti. Ma, se il servizio rivolto alle donne si estese rapidamente e
si consolidò strutturalmente con il passaggio da tre a dieci ostetriche, gli interventi
per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza e le attività di prevenzione e sostegno
in situazioni di disagio sociale e psicologico incontrarono maggiori difficoltà.
Sul fronte delle malattie sessualmente trasmissibili, per esempio, i risultati erano insoddisfacenti. L’ambulatorio, come servizio a disposizione dell’utente che
decide di servirsene, non funzionava. Occorreva costruire una rete di operatività, attivare energie su alcune tematiche e in alcune fasce; il consultorio doveva
diventare una cabina di regia dalla quale diramare antenne, soprattutto verso i
luoghi che gli adolescenti frequentavano con maggiore assiduità: le scuole. E, in
particolare, gli istituti superiori.
Il consultorio si occupa di prevenzione, diagnostica, terapeutica, quindi il primo obiettivo era quello di riuscire a creare una rete di primo livello di intervento
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
nella sanità pubblica, col supporto delle scuole, per favorire la fiducia degli utenti.
Nel progetto vennero coinvolte tutte le classi terze medie e le seconde superiori della Bassa Val di Cecina: Rosignano, Cecina, Donoratico.
A Cecina e Rosignano vennero aperti consultori per adolescenti e organizzati
incontri con le classi che trovavano il ginecologo, l’ostetrica, lo psicologo e all’interno di ogni istituto vennero organizzati punti di ascolto. L’importante era creare
un rapporto di fiducia con i ragazzi, capire che non desiderano essere giudicati e
valutati ma preferiscono, semmai, essere coinvolti nei progetti che li riguardano,
anche quelli di educazione e promozione della salute.
Nacque così uno spazio di condivisione, la base di partenza nella quale sarebbe
maturato un processo di elaborazione e di interventi per la prevenzione e la presa
in carico del giovane a tutto tondo basato sulla peer education.
La dott.ssa Irene Genovese, responsabile dell’Unità Funzionale Attività Consultoriali dell’Asl 6 Livorno, coordinatrice dei consultori familiari e adolescenziali, con la collaborazione di Nicoletta Cioli, coordinatrice dell’Unità Operativa
Educazione alla Salute cercò di favorire questa iniziativa presentata dall’Agenzia
Formativa CEIS, attingendo risorse da quelle messe a disposizione dall’Amministrazione provinciale, con il bando emesso per favorire la prevenzione della
dispersione scolastica.
I modelli di peer education elaborati nel tempo – e nel mondo – sono molti;
a Cecina ci si orientò verso quelli che proponevano un approccio olistico corpomente e venne scelto il modello CO.R.EM. proposto dal prof. Enrico Cheli, sociologo e psicologo psicoterapeuta, docente di Sociologia delle relazioni interpersonali e di Psicologia della comunicazione dell’Università di Siena.
Con la supervisione del prof. Cheli e il supporto del progetto CO.R.EM (Comunicazione, Relazioni, Emozioni) la dott.ssa Ilaria Buccioni (Docente di Teorie
e tecniche della formazione relazionale presso l’Università di Siena; Counselor
relazionale e formatore) introdusse la peer education nelle scuole della Bassa Val
di Cecina, formando i ragazzi alla presenza dello staff di operatori scolastici. I
ragazzi si auto selezionarono e 50 di loro vennero ritenuti idonei a portare avanti
il programma che li impegnò in 10 incontri di tre ore ciascuno in orario extrascolastico.
Il risultato fu un triennio di lavoro, dal 2004 al 2007, ma soprattutto di partecipazione attiva ed estrema disponibilità, con l’obiettivo di scoprire se stessi ed
instaurare meccanismi relazionali. La molla che innescava il processo era la consapevolezza delle proprie potenzialità, che venivano attivate con creatività, grazie
alla conoscenza del contesto nel quale i ragazzi si muovevano ed all’attitudine a
relazionarsi con i coetanei.
Dopo un primo periodo di diffidenza, anche con gli adulti si istaurò un rappor-
Il consultorio entra nelle scuole di Irene Genovese
141
to di fiducia e i ragazzi, finalmente, non si sentirono più contenitori da riempire,
ma protagonisti di un’avventura nella quale crescere.
l’impoStazionE oliStica
Olismo in greco vuol dire “tutto, intero, totale”. E il progetto CO.R.EM.
dell’Università degli Studi di Siena è stato prescelto proprio perché presentava un
approccio olistico.
Questa impostazione contempla la globalità dell’individuo e il contesto sociale
di riferimento, coinvolge le persone a livello comunicativo-emotivo-relazionalecorporeo e non solo cognitivo. Nella formazione dei ragazzi e dei docenti permette di utilizzare metodologie innovative, di prendere consapevolezza della propria
dimensione corporea ed emotiva e di promuovere lo sviluppo di quelle competenze che sono essenziali per interagire in modo costruttivo nei vari contesti.
Gli incontri periodici del gruppo operativo, allargato anche a varie risorse territoriali, hanno permesso di condividere il progetto, concordare i diversi interventi
e monitorare l’esperienza nelle sue varie fasi. Senz’altro questo lavoro di continua programmazione e verifica, di analisi e di miglioramento, è stato uno dei punti
di forza del progetto, perché la partecipazione e il confronto di tante persone diverse, anche per ruoli e competenze, ha permesso di costruire assieme un percorso
condiviso di intenti e consapevolezze.
lE riSorSE umanE attivatE
Per la formazione degli studenti, nel corso dei tre anni, oltre ad Ilaria Buccioni e agli operatori del Consultorio (le psicologhe Maria Grazia Beverelli, Fiorella Chiappi, Mirella Fedeli, Valentina Longhi, Simona Nannini, la ginecologa
Mara Guarnotta, le ostetriche Lorena Spinella e Sara Pacini, l’insegnante di yoga
e meditazione Gualtiero Vannucci) che da diverso tempo si erano occupati di problematiche adolescenziali, sono stati impegnati anche dei professionisti esterni
(le arte-terapeute Patrizia Garberi, Samuela Staccioli e Stephane Picard Upchara, esperta in tecniche di consapevolezza e meditazione) che con uno specifico
modulo formativo hanno fatto sperimentare alcune tecniche di rilassamento e di
consapevolezza.
Oltre ad Ilaria Buccioni, hanno portato avanti la formazione dei docenti alcuni
professionisti esterni ed alcuni operatori del Consultorio, fra cui Fiorella Chiappi che ha coordinato il corso, in qualità di psicologa-psicoterapeuta, esperta in
comunicazione e formazione, assieme a Gualtiero Vannucci, docente esperto in
tecniche di rilassamento e meditazione. Negli incontri con gli insegnanti è stato
usato lo stesso modello di co-conduzione adottato con gruppi di ragazzi peer e
ugualmente finalizzato a stimolare l’ascolto reciproco, l’empatia, la partecipazione e la progettazione condivisa.
142
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
lE moDalità
Ogni anno gli operatori del Consultorio, assieme agli insegnanti delle scuole
coinvolte, hanno curato la costituzione dei gruppi di ragazzi che hanno frequentato il corso di formazione ai Consultori di Cecina e Rosignano Solvay.
Durante ciascun incontro, dopo l’introduzione dell’argomento del giorno da
parte dei due coordinatori, gli studenti, seduti per terra sui tappetini, hanno fatto
esercizi corporei o di attivazione emotiva, di consapevolezza di sé e della relazione. In alcuni casi agli esercizi è seguita anche un’elaborazione scritta o grafica.
Gli esercizi hanno rappresentato uno stimolo, al quale è seguita la condivisione, un momento in cui ognuno ha evocato le sue esperienze, si è confrontato con
gli altri, ha espresso le sue nuove consapevolezze.
In alcuni incontri le operatrici del Consultorio, per esempio le ostetriche, sono
intervenute per rispondere alle domande delle ragazze o dei ragazzi, per condividere con loro alcune conoscenze ed esperienze. Il gruppo è diventato lo spazio
protetto entro cui si è costruita, attraverso una serie di esperienze e condivisioni,
una progressiva consapevolezza di sé e del proprio ruolo di ragazzi peer.
Ogni anno, al termine dei dieci incontri, tutti i ragazzi, gli operatori e i docenti
referenti sono stati coinvolti in una giornata conclusiva di confronto collettivo
sull’esperienza effettuata nelle diverse scuole.
Irene Genovese
Responsabile Unità Funzionale Attività Consultoriali
Asl 6 di Livorno
Il modello CO.R.EM.
Ilaria Buccioni
Il progetto CO.R.EM. si fonda su una premessa:
i sentimenti, le relazioni e le emozioni sono fondamentali nei rapporti sociali e incidono sulla qualità
della vita e sul benessere psicofisico di ognuno di
noi. Sono alla base della formazione della nostra
identità; determinano il grado di soddisfazione o insoddisfazione nella nostra vita privata; si riflettono
sulla gratificazione o frustrazione che ricaviamo a
scuola e sul lavoro. Tuttavia, di questa importanza
si è presa coscienza solo da pochi anni e nella scuola e nell’università italiane l’educazione dell’intelligenza emotiva e delle abilità
comunicativo-relazionali è ancora quasi del tutto assente. I risultati negativi di
questo analfabetismo comunicativo-emotivo-relazionale sono molteplici: dalla
solitudine degli anziani al disagio dei giovani; dalla freddezza e conflittualità delle relazioni sul posto di lavoro al bullismo e nonnismo nelle scuole e nelle caserme; dai difficili rapporti tra genitori e figli a quelli altrettanto problematici tra
insegnanti e allievi; dal mobbing al continuo aumento delle separazioni e divorzi
e della conflittualità che li caratterizza.
In risposta a questa situazione, l’Università di Siena ha attivato, presso la sede
di Arezzo, il progetto CO.R.EM., il più ampio progetto integrato di ricerca, alta
formazione e formazione di base realizzato in Italia sulle relazioni interpersonali,
la comunicazione, le emozioni.
Ideato e diretto dal Prof. Enrico Cheli, il progetto comprende una vasta gamma
di corsi post-laurea, vari corsi di aggiornamento e formazione per insegnanti, medici e infermieri, psicologi, manager, funzionari della pubblica amministrazione e
inoltre conferenze di sensibilizzazione e corsi di base per studenti, genitori e più
in generale tutti coloro che sono interessati a titolo personale a tali temi.
Le iniziative si caratterizzano per un approccio olistico interdisciplinare e una
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
formula didattica interattiva ed esperienziale che utilizza metodologie all’avanguardia: workshop esperienziali, simulate, role playing e “giochi” comunicativi
di coppia e di gruppo; tecniche di consapevolezza, rilassamento e meditazione;
tecniche di respirazione e di emotional release (sblocco emozionale); confronto
e condivisione in gruppo delle esperienze e dei vissuti dei partecipanti; tecniche
per l’ascolto attivo e l’empatia; tecniche di team building e coesione di gruppo;
sviluppo della creatività mediante brainstorming, immaginazione attiva etc.
L’equipe comprende docenti universitari, professionisti ed esperti di varie discipline e ambiti: psicologi, sociologi, medici, filosofi, pedagogisti, formatori, counselor.
L’obbiettivo di fondo del progetto CO.R.EM è di promuovere una nuova cultura della comunicazione, delle relazioni, delle emozioni, che porti a vivere con
maggiore consapevolezza i vissuti affettivo-emotivi e le dinamiche interpersonali,
in modo da affrontare con serenità e spirito di collaborazione le relazioni con gli
altri e superare in modo pacifico e costruttivo incomprensioni e conflitti.
il pErcorSo con i raGazzi
Il progetto, che ha avuto come finalità generale quella di favorire lo sviluppo
armonico dei giovani favorendo la loro attivazione in percorsi di promozione della salute tra i coetanei, si è sviluppato sul territorio afferente i consultori Donoratico-Cecina-Rosignano, coinvolgendo scuole di tipologie differenti (liceo, istituti
tecnici e professionali).
I ragazzi partecipanti al progetto sono stati selezionati su base volontaria con
presentazione dell’iniziativa nelle scuole.
Pur partendo dallo scopo di aiutare i ragazzi nel:
• migliorare le capacità di affrontare senza pregiudizi tematiche afferenti
l’ambito comunicativo-emotivo-relazionale (relazioni, sessualità, violenze,
abusi, D.C.A., bullismo …) stimolandoli a rivolgersi agli Spazi Adolescenti
attivi sul territorio;
• diffondere un livello di formazione e di informazione che stimoli alla pratica di condotte “sane”;
• favorire una maggiore efficacia preventiva con una notevole riduzione dei
costi.
Sono stati prioritari anche:
• lo sviluppo della consapevolezza intrapersonale e interpersonale;
• il favorire l’acquisizione di competenze comunicativo-emotivo-relazionali.
Il carattere innovativo del progetto si è configurato nell’approccio utilizzato;
il sistemico-relazionale integrato che ha permesso di considerare le problematiche presentate con dinamicità e competenza affrontando con maggior efficacia la
complessità che la dimensione della formazione presenta. L’approccio si ispira
Il modello CO.R.EM. di Ilaria Buccioni
145
ai principi e ai metodi della psicologia sociale e transpersonale, dell’antropologia, della filosofia morale e della sociologia della comunicazione; modelli di base
sono integrati con i più recenti percorsi di formazione in counseling relazionale.
Anche i temi di carattere strettamente tecnico saranno trasmessi attraverso un
processo di apprendimento che ha coinvolto la sfera cognitiva, corporea e psicoemotiva, condizione fondamentale per realizzare un apprendimento consapevole
e sviluppare rielaborazioni e proposte poi concretamente utilizzabili da parte degli stessi ragazzi nella definizione e gestione del proprio ruolo. In specifico sono
stati utilizzati strumenti mutuati da approcci diversi in relazione alle esigenze del
gruppo; esercitazioni psicomotorie (danza e movimento), disegno e arteterapia,
condivisioni, giochi di ruolo e di comunicazione-relazione, proiezioni, musica.
Con i ragazzi abbiamo realizzato
• 10 incontri quindicinali di 3 ore
• Workshop intensivo esperienziale
• Attività di progettazione e divulgazione progetto
supportata dai tutor interni ASL e dai docenti.
= 30 ore
= 30 ore
= 140 ore
Il percorso si è articolato in 3 annualità ed ha previsto incontri con i ragazzi e
con il gruppo di insegnanti di sostegno al gruppo dei peer. Abbiamo impostato il
percorso lavorando ed intervenendo su piani diversi che permettono di contribuire
in maniera efficace al consolidamento del ruolo nel contesto specifico della promozione della salute e del disagio infantile e giovanile.
Il percorso ha quindi tenuto costantemente presente l’indirizzo di Life skills
education in schools dell’OMS (1993) favorendo:
Decision making (capacità di prendere decisioni): competenza che aiuta ad affrontare in maniera costruttiva le decisioni nei vari momenti della vita. La capacità di elaborare attivamente il processo decisionale, valutando le differenti opzioni
e le conseguenze delle scelte possibili, può avere effetti positivi sul piano della
salute, intesa nella sua accezione più ampia.
Problem solving (capacità di risolvere i problemi): questa capacità, permette
di affrontare i problemi della vita in modo costruttivo.
Pensiero creativo: agisce in modo sinergico rispetto alle due competenze sopracitate, mettendo in grado di esplorare le alternative possibili e le conseguenze
che derivano dal fare e dal non fare determinate azioni. Aiuta a guardare oltre le
esperienze dirette, può aiutare a rispondere in maniera adattiva e flessibile alle
situazioni della vita quotidiana.
Pensiero critico: è l’abilità ad analizzare le informazioni e le esperienze in
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
maniera obiettiva. Può contribuire alla promozione della salute, aiutando a riconoscere e valutare i fattori che influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti.
Comunicazione efficace: sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale, con modalità appropriate rispetto alla cultura e alle situazioni. Questo significa essere capaci di manifestare opinioni e desideri, bisogni e paure, esser capaci,
in caso di necessità, di chiedere consiglio e aiuto.
Capacità di relazioni interpersonali: aiuta a mettersi in relazione e a interagire
con gli altri in maniera positiva, riuscire a creare e mantenere relazioni amichevoli
che possono avere forte rilievo sul benessere mentale e sociale. Tale capacità può
esprimersi sul piano delle relazioni con i membri della propria famiglia, favorendo il mantenimento di un’importante fonte di sostegno sociale; può inoltre voler
dire esser capaci, se opportuno, di porre fine alle relazioni in maniera costruttiva.
Autoconsapevolezza: ovvero sia riconoscimento di sé, del proprio carattere,
delle proprie forze e debolezze, dei propri desideri e delle proprie insofferenze.
Sviluppare l’autoconsapevolezza può aiutare a riconoscere quando si é stressati o
quando ci si sente sotto pressione. Si tratta di un prerequisito di base per la comunicazione efficace, per instaurare relazioni interpersonali, per sviluppare empatia
nei confronti degli altri.
Empatia: è la capacità di immaginare come possa essere la vita per un’altra
persona anche in situazioni con le quali non si ha familiarità. Provare empatia può
aiutare a capire e accettare i “diversi”; questo può migliorare le Interazioni sociali
per es. in situazioni di differenze culturali o etniche. La capacità empatica può
inoltre essere di sensibile aiuto per offrire sostegno alle persone che hanno bisogno di cure e di assistenza, o di tolleranza, come nel caso dei sofferenti di AlDS,
o di disordini mentali.
Gestione delle emozioni: implica il riconoscimento delle emozioni in noi stessi e negli altri; la consapevolezza di quanto le emozioni influenzino il comportamento e la capacità di rispondere alle medesime in maniera appropriata. Gestione
dello stress: consiste nel riconoscere le fonti di stress nella vita quotidiana, nel
comprendere come queste ci “tocchino” e nell’agire in modo da controllare i diversi livelli di stress.
Per operare ciò si è reso indispensabile intervenire su:
1) Il piano del saper essere individuale
Il tema è costantemente rapportato allo sviluppo della consapevolezza dei
propri vissuti che possono interferire in qualche modo nella relazione con
Il modello CO.R.EM. di Ilaria Buccioni
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gli utenti e le loro famiglie. Sviluppare la consapevolezza dei propri vissuti
emotivi ha permesso da un lato di prendere coscienza delle proiezioni e dei
comportamenti individuali rispetto a colleghi, alunni oltre che fornire un
valido strumento di prevenzione del burn-out.
2) Il piano della relazione
Questo punto è stato di particolare rilievo non soltanto in relazione allo
sviluppo del vissuto di appartenenza, ma anche rispetto al riconoscimento
del proprio ruolo rapportato ad una progettualità ed interventi educativi ad
ampio spettro. Lavorare su questo piano si è rivelato di estrema importanza
vista l’appartenenza dei docenti/corsisti a più scuole, offrendo modalità di
lettura delle relazioni, fornendo un’opportunità di partecipazione attiva alla
vita della scuola; trasformando il confronto in opportunità di sviluppo e di
crescita.
3) Il piano dello sviluppo di nuove competenze
Attraverso l’introduzione di nuovi strumenti educativi si è reso possibile
l’ampliamento delle competenze tecniche e professionali specifiche stimolando un approccio creativo rispetto agli strumenti di lavoro e di intervento
consolidati.
4) La tematica Peer Education
Tenendo presenti i risultati emersi ed il lavoro fatto è stato poi introdotto
il tema della peer education come opportunità di supporto allo sviluppo
armonico dei giovani. Oggi, le forme di partecipazione dei giovani sono
nuove a tutti e diverse da quelle tradizionali. Un elemento importante ad
esempio per l’esperienza giovanile continua ad essere lo spazio e la presenza fisica, da sempre ritenuti condizioni essenziali per la partecipazione. È
però anche vero che, con l’aumento delle nuove tecnologie informatiche,
non sia più solo così: è necessario impostare una nuova ricerca anche sul
senso del luogo di appartenenza ed identità. Questo permette altresì la gestione delle dinamiche relazionali e di intervento in contesti difficilmente
accessibili sviluppando una nuova cultura della relazione con “l’altro” che
permette di iniziare ad educare professionisti che sanno stare e lavorare nel
“conflitto”, risorsa da gestire e valorizzare come espressione di diversità.
Argomenti trattati per il gruppo peer ragazzi:
• CONOSCIAMOCI
Obiettivo dell’incontro: conoscere i componenti del gruppo ed iniziare a
crearne la coesione.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
• IO SONO
Obiettivo dell’incontro: favorire l’autosservazione ed i processi che la caratterizzano.
La formazione dei peer educators
Fiorella Chiappi
• IL MIO CORPO
Obiettivo dell’incontro: entrare nei blocchi psicosomatici e favorire l’accettazione del corpo fisico.
• LE MIE EMOZIONI
Obiettivo dell’incontro: iniziare la costruzione della competenza emotiva.
Il tema attraverserà in maniera trasversale tutto il percorso.
• IO E L’ALTRO
Obiettivo dell’incontro: acquisizione di competenze di autosservazione e
di comunicazione nelle relazioni interpersonali. Il tema ha attraversato in
maniera trasversale tutto il percorso.
• L’AMORE È…
Obiettivo dell’incontro: decostruzione degli stereotipi sull’amore. Proposta
di modelli efficaci.
• LE RELAZIONI AFFETTIVE
Obiettivo dell’incontro: decostruzione degli stereotipi sulle relazioni di
coppia e sulla sessualità.
• IL CORPO E L’ALTRO
Obiettivo dell’incontro: acquisizione di competenze trasversali e tecniche
sulla sessualità consapevole.
• IL PEER EDUCATOR
Obiettivo dell’incontro: costruzione delle competenze tecniche specifiche
del Peer Educator.
• PROGETTI DI PEER SUPPORT
Obiettivo degli incontri supportati dagli insegnanti e dagli operatori dell’Asl
è stata la realizzazione di progetti ed interventi di peer education.
Abbiamo così facilitato la creazione di un gruppo ragazzi-peer e di insegnanti
che, attraverso un lavoro sulle proprie competenze comunicativo-emotivo-relazionali – a livello individuale e/o professionale – e l’acquisizione di competenze
tecniche specifiche sulla promozione della salute, fossero in grado di supportare i
giovani nella conoscenza ed applicazione dell’attività di promozione della salute.
Ilaria Buccioni
Docente di Teorie e tecniche della formazione relazionale
Università di Siena – Progetto CO.R.EM.
Se la finalità del corso era quello di formare un
gruppo di insegnanti in grado di sostenere i ragazzi e
le ragazze peer dentro le varie scuole di appartenenza, uno degli obiettivi è stato quelli di confrontarsi
sul valore di una metodologia come la peer education che rende protagonisti del processo educativo
gli stessi adolescenti e propone la possibilità di apprendere attraverso la relazione nel gruppo dei pari,
lo scambio di emozioni e di esperienze.
Subito, necessariamente, si è posto il problema di riflettere sul ruolo della
scuola rispetto al modello educativo adottato: la scuola non doveva rappresentare il luogo in cui si apprendono solo le abilità necessarie per orientarsi verso
ulteriori formazioni e lavori, ma il luogo in cui, stando con altre persone in modo
costruttivo, si potessero acquisire anche quelle competenze comunicativo-emotivo-relazionali che sono essenziali per muoversi nella vita. E che l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – chiama life skills1 e considera l’obiettivo di
ogni educazione alla salute: la gestione delle emozioni e dello stress, la capacità di
affrontare e risolvere in modo costruttivo i problemi quotidiani; la convinzione e
la fiducia di poter organizzare efficacemente una serie di azioni necessarie a fronteggiare nuove situazioni, prove e sfide; l’empatia, il saper comunicare a livello
verbale e non verbale tenendo conto di sé e dell’altro; la capacità di realizzare
obiettivi comuni; il pensiero critico e creativo, ecc.
Obiettivi questi che, peraltro, sono comuni a molte altre metodologie attive:
brainstorming2, role playing3, ecc. Ciò che caratterizza la peer education è che,
non solo gli studenti sono al centro del processo educativo, ma ne sono anche
gli attori. La specificità consiste, appunto, nel prevedere nella scuola dei tempi,
degli spazi e dei modi in cui gli studenti possano, alla pari dei docenti, progettare
150
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
e realizzare alcune iniziative. La diffusione della peer education richiede necessariamente, oltre alla convinzione che sia una metodologia utile per lo sviluppo
delle life skills, una riflessione critica sui modelli educativi, sui ruoli di docente
e di allievo e sulle modalità di comunicazione4 dentro la scuola.“Nella società
patriarcale del passato, basata sull’autorità, la comunicazione – scrive Enrico
Cheli – aveva inevitabilmente un ruolo marginale [...] c’era chi indottrinava e chi
imparava, chi ordinava e chi obbediva.[ …] Si trattava insomma di una società in
cui l’autorità prevaleva sulla libertà, il controllo sulla spontaneità” 5. L’assetto
patriarcale e gerarchico è stato messo in crisi dal progressivo diffondersi delle
idee democratiche – dal rinascimento all’illuminismo, dalle rivoluzioni americana
e francese ai movimenti degli anni ’60 del secolo scorso – e ha scardinato valori
e modelli relazionali vecchi di secoli, “aprendo la strada ad una maggiore libertà
nel modo di vivere le relazioni tra coniugi, tra genitori e figli, tra insegnati e allievi, tra datore di lavoro e lavoratori e così via” 6.
In questa ottica le relazioni acquistano una loro inevitabile centralità, diventano un obiettivo fondamentale. “Esprimere liberamente le proprie emozioni e
sentimenti diviene non solo possibile ma anzi auspicabile e così pure confrontare
con sincerità le proprie opinioni, i propri bisogni e le proprie paure […] Si riduce
sempre più quel timore e quella deferenza verso l’autorità che aveva caratterizzato i rapporti del passato e si afferma uno stile più spontaneo, informale, colloquiale. […] Si passa insomma da una società patriarcale, rigida, maschilista e
autoritaria ad una società più aperta, comunicativa, paritaria” 7.
Un altro obiettivo del corso è stato quello di formare i docenti ad un modello8
di peer education di tipo olistico9 in cui è centrale, oltre alla trama di relazioni di
ciascuno con l’ambiente di appartenenza, anche lo sviluppo della globalità della
persona, della sua comunicazione interna, del suo sentire, della sua intelligenza
emotiva, del suo potenziale umano. Comunicazione con se stessi che presuppone
di toccare tutte le corde del nostro essere e non solo quelle cognitive.
Nella formazione con i docenti come in quella con i ragazzi, pertanto, sono
stati utilizzati giochi interattivi, esperienze di rilassamento e di meditazione che
consentissero il coinvolgimento a livello corporeo, emotivo e relazionale. Esperienze che, come delle metafore interiori, permettessero di elaborare delle consapevolezze individuali e, attraverso il confronto, la costruzione di un pensiero
condiviso di gruppo.
lE compEtEnzE comunicativE DEl DocEntE peer
Seduti per terra sui tappetini, in circolo, abbiamo dialogato. Abbiamo condiviso giochi interattivi e pratiche di rilassamento corporeo, di meditazione; abbiamo
riflettuto, ricordato, raccontato, pensato, immaginato, desiderato. È nato un laboratorio in cui elaborare esperienze e abilità comunicative.
La formazione dei peer educators di Fiorella Chiappi
151
In particolare Ilaria Buccioni, la docente dell’università di Siena che ci ha accompagnati in tutto il processo formativo, ha delineato gli obiettivi fondamentali
e ha sviluppato, con una serie di esercizi e la successiva condivisione, l’ascolto
e l’osservazione non giudicante, l’accoglienza, la capacità di fare apprezzamenti,
ecc.
Stephane Picard Upchara con tecniche di consapevolezza e meditazione ha
focalizzato l’attenzione verso l’interno.
Gualtiero Vannucci ha coinvolto i docenti anche in attività corporee, proprio
per portare la loro attenzione sul corpo come fonte di conoscenza di se stessi
e, tramite una serie di esercizi facilitanti il contatto interpersonale, ha permesso
l’apertura di consapevolezze nuove e profonde di sé e degli altri.
Attraverso il recupero dei ricordi felici vissuti quando eravamo alunni o come
insegnanti, io ho stimolato la personale elaborazione di quegli atteggiamenti e
comportamenti che favoriscono la comunicazione con i ragazzi e le ragazze,
ho approfondito alcune tematiche adolescenziali e ho accompagnato i docenti
nell’elaborazione conclusiva del corso.
Un obiettivo fondamentale e condiviso in tutto il percorso formativo è stata
l’attivazione delle personali doti di empatia10. Doti che ognuno ha in sé ma che
non vengono utilizzate appieno, se non c’è la consapevolezza del loro valore nella
relazione con i ragazzi.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
alcunE tEmatichE approfonDitE nEl corSo
Attraverso uno scambio di esperienze e riflessioni, durante il corso sono state
approfondite anche alcune tematiche relative al mondo adolescenziale:
- l’adolescenza e il mondo emotivo,
- l’adolescenza e il corpo,
- la sessualità e l’amore,
- la contraccezione, la prevenzione, le gravidanze non desiderate,
- la violenza e gli abusi palesi e nascosti.
Il tutto arricchito dall’esperienza che abbiamo fatto nella formazione dei ragazzi peer e nel confronto con i colleghi del Consultorio in merito a quello che i
giovani percepiscono come fonte di agio e disagio nella relazione con gli adulti e
i coetanei, con la scuola e nel rapporto con se stessi.
Il Consultorio, in quanto luogo in cui viene dato spazio all’ascolto dei ragazzi, alla loro interiorità, ai loro disagi, bisogni, desideri, è anche un patrimonio di
conoscenza del mondo giovanile che, con questo corso, abbiamo potuto comunicare anche ai docenti e confrontarlo con le loro percezioni dei ragazzi a scuola.
Il gruppo è diventato così anche uno spazio in cui hanno preso forma prospettive
plurime da cui osservare i ragazzi e le ragazze, un ulteriore momento di confronto.
comunicazionE E aDolEScEnza
Nell’analizzare alcune tematiche adolescenziali abbiamo approfondito alcuni
aspetti, fra cui i seguenti.
a) La comunicazione docente/alunna/o
All’inizio del corso alcuni insegnanti hanno espresso il loro disagio per la presenza di tanti ragazzi poco partecipi alla vita della classe, poco impegnati nello
studio. Un problema vissuto in alcuni casi anche con un senso di inadeguatezza
personale o come una mancanza altrui di responsabilità.
Attraverso il confronto, lo scambio di esperienze, di punti di vista diversi, lentamente, a un’ottica talvolta giudicante se ne è sostituita un’attenta a comprendere
la mancanza di coinvolgimento dei ragazzi. In particolare ha preso forma la consapevolezza che dietro a tanta apparente noia o disinteresse spesso ci sono anche
momenti di turbamento interiore, quell’affollarsi di emozioni proprie dell’età, che
in questa epoca sono diventate ancor più inquietanti. E ci si è ricordati che spesso i turbamenti crescono quando la comunicazione con gli adulti viene vissuta
con disagio. Un disagio che in molti casi nasce in famiglia e si allarga a scuola,
prendendo poi le forme della distanza, della chiusura, dell’opposizione, della crisi
della propria autostima, dei comportamenti a rischio.
Nel racconto di tanti ragazzi ciò che dà disagio, a scuola, è soprattutto la tendenza di alcuni docenti a criticare continuamente, a giudicare, a colpevolizzare;
oppure lo scarso interesse mostrato per quello che uno sente, vive, desidera.
“Come fai a parlare tranquillamente quando un insegnante non si occupa del
La formazione dei peer educators di Fiorella Chiappi
153
perché non studi, del perché stai male, sei triste.” E ancora: “Come fai ad aprirti
con qualcuno che entra in classe col nervoso ed esce sempre irritato, senza averti
nemmeno visto?”
I ragazzi accettano anche una valutazione negativa, ma all’interno di una relazione di profondo rispetto. “Quest’anno non ce l’ho fatta a studiare. Troppi
problemi! Mentre stavo sui libri, la mia mente scappava via per ripensare a tutto
quello che non andava. La mia insegnante di lettere mi ha capito, ha cercato di
aiutarmi in tutti i modi. Quando non ho studiato, m’ha dato l’insufficienza. Eppure l’ho sentita vicina lo stesso”.
Attraverso le parole sofferte dei ragazzi e delle ragazze e il confronto ha preso
forma nel gruppo l’idea che la progettualità educativa non potesse dimenticarsi
del mare in tempesta che li agita in questi anni, o del desiderio di spazi nuovi
che li entusiasma. È apparso sempre più chiaro che l’apprendimento dei ragazzi
va coniugato necessariamente con la ricerca del benessere, che vanno curate le
relazioni, valorizzate le persone, favorita l’espressione creativa, stimolato il coinvolgimento e la partecipazione attiva.
b) Partecipazione alla vita della scuola
Con il racconto di esperienze è maturata lentamente anche la consapevolezza
che dietro a tanta apparente svogliatezza dei ragazzi in realtà c’è spesso quella sensazione di non sentirsi importanti per la comunità, che disorienta il senso
di appartenenza, mette in discussione la propria autostima, indebolisce la stessa
identità personale. Essere coinvolti attivamente assieme ai coetanei in progetti
comuni può aiutare, al contrario, a trovare “quel centro di gravità” che spesso si
disperde quando il bombardamento di messaggi esterni disorienta e un coacervo
di emozioni invadono e agitano prepotentemente.
c) Il rapporto fra coetanei
Un altro aspetto, che i docenti hanno evidenziato, è il rapporto talvolta problematico fra coetanei. Spesso il disagio di ragazzi e ragazze è legato ad atteggiamenti altrui dominanti, giudicanti, colpevolizzanti. “Con molti miei compagni –
affermano tanti e tante – devi stare attento a quello che dici e come lo dici, se no ti
mangiano vivo! Sembra che debbano per forza trovarti dei punti deboli e ferirti”.
Eppure i coetanei sono così importanti a questa età e sono anche una grande
risorsa, specialmente quando la dialettica si anima di contrasti, di punti di vista
diversi, ma sempre coi colori dell’amicizia, col desiderio di comunicare. Allora
diventa un grande aiuto “la persona che ti ascolta senza giudicarti, senza colpevolizzarti.”
Per questo motivo la scuola ha bisogno di ragazzi peer formati dal punto di
vista comunicativo relazionale, in grado di contribuire a creare un clima collaborativo e partecipativo, a far diventare i gruppi degli spazi in cui dialogare: impa-
154
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
rare ad ascoltare, a esprimersi, a collaborare, a confrontare punti di vista diversi,
a valorizzarsi. E i gruppi, a questa età, quando diventano lo spazio del dialogo e
della tessitura di rapporti paritari, aiutano a sentirsi più solidi internamente, sviluppano quei processi di crescita, di emancipazione progressiva dalla protezione e
controllo degli adulti, di auto-orientamento personale, di curiosità verso le novità
e le differenze che, invece, la solitudine, l’isolamento e la diffidenza ostacolano.
Attraverso l’esperienza di gruppi in cui c’è apertura verso gli altri, si vivono
sentimenti di fiducia reciproca, di rafforzamento della propria autostima e ci si
predispone al rapporto affettivo-sessuale, all’ascolto di se stessi e degli altri, al
riconoscimento delle rispettive differenze.
d) Il rapporto con se stessi
Come è emerso sempre più dal confronto fra i docenti, un grande problema, a
questa età, è il disagio che si vive quando non si riesce a gestire l’irrompere delle emozioni, a reagire tranquillamente ad alcuni atteggiamenti altrui, a non farsi
sopraffare dal malessere che invade. Un disagio che in parte va accettato come
segno delle inevitabili trasformazioni in atto, ma che, anziché essere subito, può
essere gestito in modo consapevole attraverso l’acquisizione di abilità emotivocomunicativo-relazionali.
Disagio, vergogna, bassa autostima, insicurezza, ansia, senso di colpa sono
alcune delle parole con cui molti ragazzi descrivono lo star male con se stessi.
Parole pesanti che inchiodano dentro un senso di inadeguatezza e che non aiutano
a trovare vie di uscita.
Contatto con il proprio sentire corporeo, riconoscimento delle proprie trasformazioni, comprensione delle proprie emozioni, ascolto dei bisogni, espressione
della propria gioia di vivere, riconoscimento di propri valori di riferimento sono,
invece, alcune delle risorse necessarie per orientarsi nella propria vita e nel rapporto con gli altri.
concluSioni
Con entusiasmo e partecipazione attiva gli insegnanti si sono coinvolti nelle
varie esercitazioni e discussioni di gruppo. Hanno portato la loro esperienza personale, professionale e le caratteristiche del contesto scolastico di appartenenza.
Questo confronto continuo ha evidenziato differenze, tendenze ottimistiche o pessimistiche, ma anche la possibilità di analizzare il problema da angolature sempre
più complesse. L’ottimismo di alcuni è diventato la direzione verso cui vertere;
il pessimismo di altri ha consentito di analizzare le criticità in modo più attento.
La difficoltà di alcuni docenti a delineare le situazioni del loro benessere a
scuola ha permesso di confrontarsi con un’immagine di insegnante centrata più
sul compito da portare a termine che sulla relazione da instaurare con gli alunni.
Il passaggio successivo è stato quello, come gruppo, di lavorare sull’immagine di
La formazione dei peer educators di Fiorella Chiappi
155
insegnante che cerca l’apprendimento dentro le relazioni. In questa dimensione ha
acquistato più che mai valore quel clima di dialogo fra colleghi, di amicizia, che
in alcuni casi si è creato nelle scuole di appartenenza e nello stesso gruppo del corso di formazione. Questa consapevolezza di star bene nel gruppo dei pari, di crescere insieme, ha rivelato l’essenza e il valore più autentico della peer education.
Seguendo il filo rosso della ricerca di benessere dentro la vita scolastica, lentamente la peer education ha cessato di essere una metodologia da cercare di
inserire dentro le trame strette del lavoro curriculare; è apparsa sempre più come
una risorsa per costruire un clima di coinvolgimento emotivo e di partecipazione
vitale, un’opportunità per rendere le ragazze e i ragazzi soggetti attivi della propria formazione e non solo destinatari di contenuti, esperienze e valori trasferiti
dagli insegnanti. La peer aiuta i ragazzi a essere autonomi, anche se all’interno di
regole condivise. Consapevoli di vivere in un contesto in cui è possibile contare
sulla collaborazione dei docenti e di esperti esterni; rafforzati dal sentire di essere
in grado di poter fare qualcosa assieme al proprio gruppo dei pari.
Altro aspetto stimolante è stato, infine, quello di vedere il progetto della peer
education come un qualcosa da sviluppare nei vari istituti in un clima di collaborazione con il Consultorio, con altre risorse umane e altri istituti superiori,
del territorio e di zone diverse d’Italia. Una sperimentazione, in conclusione, da
portare avanti seguendo sia un bisogno di radicamento che di apertura verso altre
esperienze.
Fiorella Chiappi
Psicologa e psicoterapeuta
docente del Laboratorio Pedagogia e differenza di genere
Scienze della formazione – sezione di Livorno
note
1. Il termine life skills (in inglese life = vita e skills = abilità) sta ad indicare tutte quelle
abilità o competenze psicosociali che consentono di affrontare positivamente la vita
quotidiana.
2. Per brainstorming (dall’inglese: tempesta del cervello) s’intende una tecnica per sviluppare in un gruppo la creatività e risolvere dei problemi. Ognuno può proporre liberamente idee e soluzioni di ogni tipo senza alcuna censura. La critica e l’eventuale
selezione interverrà solo al termine della riunione di brainstorming.
3. Il role playing può essere tradotto in italiano come “gioco di ruoli” o “simulazione
comportamentale”. Si tratta di una recita a soggetto predefinito, effettuata da uno o
più partecipanti davanti a colleghi invitati a commentarla. Ha lo scopo di lavorare per
l’individuazione di cambiamenti inefficaci e per l’attivazione di comportamenti efficaci
rispetto allo scopo individuato. Il tutto nell’ottica di non occuparsi delle problematiche
156
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
delle persone coinvolte ma dei comportamenti interpersonali su cui si intende focalizzare l’attenzione formativa.
4. Come scrive Enrico Cheli in Teorie e Tecniche della comunicazione interpersonale,
Franco Angeli, Milano 2006, pag. 14 “Il termine “comunicazione” deriva dal latino
communis – cum (con, insieme) e munia (doveri, vincoli) ma anche moenia (le mura) e
munus (il dono). Communis significa quindi: essere legati insieme, collegati dall’avere
comuni doveri (munia), dal condividere comuni sorti (le mura che proteggono e accomunano) dall’essersi scambiati un dono […] Comunicare ha la stessa radice di comune,
comunità, comunione, condivisione e difatti si comunica per “compartecipare”, per “avvicinarsi fino a collegarsi”.
5. Enrico Cheli, Teorie e tecniche della comunicazione interpersonale, Franco Angeli, Milano 2006, pag. 14- 15
6. Ibidem, pag. 15
7. Ibidem, pag. 15
8. Il progetto, che è stato sviluppato da Ilaria Buccioni dell’Università degli Studi di Siena,
si fonda sul modello teorico C.O.R.E.M. Comunicazioni Relazioni Emozioni, creato da
Enrico Cheli, dell’Università degli Studi di Siena.
9. Il termine olistico deriva da olismo, che in greco vuol dire “tutto, intero, totale”. In
ambito scientifico si usa quando si studiano i fenomeni e i sistemi complessi con un
approccio interdisciplinare e globale. In ambito educativo pone l’attenzione alla globalità dell’individuo: corpo, emozioni, mente, spiritualità e alla complessità comunicativa
delle relazioni.
10. Il termine empatia deriva dal greco “empatheia” (“en”: dentro e “pathos”: affetto, sentimento). In psicologia si intende la capacità di immedesimarsi in un’altra persona per
sentire cosa prova e capire i motivi delle sue reazioni emotive e dei suoi comportamenti.
Questa capacità presuppone anche il saper distinguere il modo di essere e di sentire
altrui dal proprio, cioè comprendere l’altra persona, mantenendo la propria differenza.
Come sono cambiato
L’esperienza di un ex studente peer dell’ISIS Marco Polo di Cecina
Alessandro Catinella
L’esperienza della peer education è paragonabile
a un lungo viaggio, ove anima e corpo sono impegnate a fondo nella scoperta del proprio essere. Esistono
varie tappe in questo percorso, ma una fondamentale è l’auto-consapevolezza, poiché è impensabile
entrare in autentica relazione con gli altri se prima
non si è in grado di capire se stessi, di imparare ad
ascoltarsi e far comunicare le diverse parti del corpo, di trovare risposte ai propri bisogni. Per essere
dei buoni educatori è fondamentale comprendere le
proprie risorse e i propri limiti. Questo serve a instaurare un rapporto sincero con
158
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
l’altro, perché solo nella verità c’è
l’autentico rapporto di accoglienza
e sostegno. Ogni ragazzo aspirante “educatore alla pari” si mette in
cammino con il suo fagotto fatto di
esperienze, emozioni, sentimenti
e conoscenze, pronto a lasciare il
vecchio sé per scoprire il nuovo se
stesso. In questo tipo di avventura
si chiede una partecipazione attiva
e una disponibilità che non si esaurisce al termine del corso, ma che al
contrario inizia nella vita quotidiana
e diviene un’opportunità di crescita
umana e sociale.
Il nuovo sé sarà quello formato,
ovvero che ha preso forma e che ha
scelto consapevolmente una direzione, sviluppando delle abilità e delle conoscenze specifiche rispetto ai propri obiettivi.
Cerco di spiegarmi meglio portandomi come esempio.
Io mi sono diplomato come grafico pubblicitario e dopo aver frequentato il
corso di peer educator ho capito che potevo unire la dimensione pubblicitaria a
quella umana e pedagogica. Dopo il corso la mia professionalità ha acquistato
un valore etico-morale che l’advertising e il marketing tradizionale non hanno.
Attraverso la pubblicità si possono promuovere azioni sociali, tramandare valori,
formare le nuove generazioni e si può anche guarire dai mali sociali che l’uso
improprio della pubblicità ha prodotto.
Quindi ognuno può diventare utile al prossimo in modo personale ed originale,
mescolando le proprie convinzioni e conoscenze.
Ovviamente il ragazzo candidato peer deve conoscere le principali problematiche giovanili come: fumo, alcool, affettività frugale (sesso). La differenza con un
normale corso di educazione, per es. alla sessualità, è che non ci sono insegnanti
ed alunni, ma si discute e si condividono esperienze personali, si affrontano direttamente i problemi.
I ragazzi non vogliono sentirsi un peso per la società, come spesso purtroppo
vengono considerati dai media, ma al contrario vogliono essere protagonisti attivi
ed insegnare, promuovere quello che di buono e bello c’é nell’essere giovani e
pieni di sogni.
Chi meglio degli adolescenti conosce da vicino le problematiche di quell’età?
Si è scritto, discusso ed argomentato molto sulle problematiche giovanili, ma quasi mai nessuno ha dato spazio o voce in capitolo “ai protagonisti”, a coloro che
hanno sbagliato.
Come sono cambiato... di Alessandro Catinella
159
Il corso di peer educator la “pensa diversamente” offre appunto ai giovani di
mettersi in campo, rendersi utili di portare la propria esperienza (e i propri insegnamenti) agli altri. Il ragazzo peer non è chiaramente indipendente, ma si appoggia alle istituzioni sanitarie (Usl, Sert) o sociali. Perché anche se spesso si conoscono i problemi da vicino è altrettanto vero che, complice l’età, non si conoscono
le soluzioni, oppure, non si è in grado di gestire efficacemente situazioni gravi.
Entrando più nello specifico delle modalità didattiche del corso, ricordo che le
tematiche venivano sempre trattate attraverso un primo “lavoro esperienziale” su
di sé e poi sulla condivisione di gruppo.
Il lavoro esperienziale era spesso mascherato sotto forma ludica. Ci facevano
giocare molto, singolarmente o in coppia e a volte consideravo quei passatempi stupidi ed imbarazzanti. Erano giochi accompagnati da musica, quasi sempre
erano basati sulla fiducia reciproca, difficilmente potevi cavartela da solo, dovevi
affidarti totalmente all’altro che spesso non conoscevi o che, viceversa, conoscevi
troppo. In molte occasioni veniva richiesto l’abbattimento delle naturali barriere
psicologiche che normalmente una persona mette in atto nella vita quotidiana. Mi
ricordo un gioco in particolare, a cui ho preso parte con una ragazza alla quale ero
molto legato da un sentimento di amicizia, Lupita.
Dalla cronaca di Cecina del quotidiano “Il Tirreno”- Nell’aprile 2005, una cinquantina
di ragazzi degli istituti M. Polo - C. Cattaneo e E. Fermi di Cecina, ottengono il patentino
di educatori dopo aver partecipato al progetto CO.R.EM., ideato dal prof. Enrico Cheli
dell’Università di Siena.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
Il gioco era molto semplice e consisteva nel disporsi a coppie, non necessariamente uomini e donne (anche se preferibile), uno di fronte all’altro, a contatto
con le gambe incrociate, una distanza praticamente assente che psicologicamente
tendiamo a non accettare poiché viola il nostro spazio intimo. Una volta disposti
in questa posizione venivamo entrambi bendati e non potevamo assolutamente
parlare. L’esercizio consisteva nel toccarsi vicendevolmente, senza alcun vincolo
spaziale, né temporale.
All’epoca ero un ragazzo non particolarmente disinvolto, quindi nonostante
conoscessi bene la ragazza, per i primi minuti provai una fortissima sensazione di imbarazzo e di violazione. Una volta constatata ed accettata la presenza
“estranea” sul tuo corpo, il disagio diventa benessere, piacere e scopri quanto sia
incredibile l’energia e il calore che si scatena in un contatto umano anche solo
attraverso il tatto. Attraverso la gestualità si diventa complici anche psicologicamente ed è un’emozione bellissima e straordinaria; più bella anche del contatto
sessuale. Non ricordo esattamente lei cosa mi disse alla fine della “seduta” ma
inequivocabilmente anche lei aveva avvertito il calore umano sprigionato.
Ho avuto modo di ripetere quest’esperienza con un amico che aveva bisogno
di conforto, di sentirsi accolto. Prima avevo provato in ogni modo a rasserenarlo,
ma non c’era niente da fare, aveva perso l’autostima. Dopo il contatto si è sentito
veramente accettato come a riprova del fatto che il semplice calore umano può
rimpiazzare mille parole.
Dopo questa avventura ho cominciato ad aprirmi, ad uscire dal guscio. Come
se fossi rinato e come se fino a quel momento avessi avuto solo relazioni frivole
con le persone, mai autentiche. Adesso credo di aver acquisito una ricchezza personale che vale la pena di possedere: la capacità di distinguere la comunicazione
vera dalle relazioni fittizie, convenzionali, formali.
Terminato ogni esercizio pratico, si procedeva immediatamente alla condivisione di gruppo; tale gruppo poteva essere costituito dalla totalità dei partecipanti
al corso, oppure consisteva in un semplice sottogruppo costituito a caso. La condivisione era spontanea, nessuno era costretto.
Quando una persona si sente libera di manifestare la propria opinione, solitamente diventa più sincera ed interessata, perché vuole capire quello che ha vissuto
e sapere cosa ha provato.
Finita la condivisione si passava alla parte “teorica” del corso, ovvero a quei
momenti in cui si cercava di legare alla pratica le nozioni, perché un bravo peer
non può trovarsi spiazzato davanti alle problematiche quotidiane, ma deve sempre
sapere a chi può rivolgersi in caso di bisogno.
Nel “codice deontologico” (passatemi la terminologia) del peer educator c’é
una norma basilare: “mai affrontare i problemi da soli”, anche perché il nostro
compito principale è essere un tramite generazionale. Noi peer mettiamo in comunicazione l’adolescente (nostro coetaneo) con le istituzioni, che il ragazzo altrimenti – per tutta una serie di motivi personali, psicologici, logistici, ecc... – non
Come sono cambiato... di Alessandro Catinella
161
riuscirebbe a contattare, se solo o in compagnia di amici “impreparati” alle emergenze.
Quando quella esperienza è iniziata, in seconda superiore, ricordo che le mie
nozioni teoriche erano molto spicciole ma sufficienti ad individuare il problema
ed indirizzare la “persona in difficoltà” verso la struttura più idonea allo scopo.
La cosa interessante dal mio punto di vista è che tra noi e le strutture sanitarie si è creato un rapporto di completa fiducia reciproca, perché le persone che
lavorano dentro quelle strutture ci conoscevamo realmente, ci sono state vicine
e si sono guadagnate la nostra stima. Attraverso il riconoscimento reciproco dei
diversi ruoli, siamo cresciuti insieme. Noi come attori, e gli operatori, esperti
ed insegnanti dell’università, come mentori di un cambiamento che ha coinvolto
anche loro.
Tutt’ora, a sei anni dalla fine del corso, mi capita di incontrare e salutare psicologhe, ostetriche, infermieri che ho conosciuto durante la mia formazione, di cui
Dalla cronaca di Cecina del quotidiano “Il Tirreno”- L’attacco del giornale Il Tirreno del 27
maggio 2006 riporta una frase pronunciata da Alessandro Catinella, intervistato a conclusione
del corso di peer educator.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
mi fido ciecamente per la loro preparazione professionale. Credo che questo rapporto sia qualcosa di rivoluzionario e bellissimo per un’azienda sanitaria. Alla fine
del corso mi è stata data l’occasione di continuare attivamente ad esercitare il ruolo di peer educator all’interno della mia scuola, l’ISIS Polo-Cattaneo di Cecina.
Il preside Luigi Di Pietro mi ha dato piena stima e lo ringrazio, soprattutto per la
disponibilità ed il sincero interesse dimostrato verso le nostre iniziative. Desidero
ringraziare anche la prof.ssa Patrizia Pellegrini che mi ha coinvolto e supportato
in questo progetto, il prof. Rocco Musolino senza il quale non sarei mai diventato
peer educator, il prof. Franco Corti per i grandi progetti sviluppati… e tanti altri.
Con questi professori, insieme al team di esperti Usl, abbiamo esplorato il mondo
della peer education ampliandone anche il significato originale, e partecipando a
seminari come quello intitolato Libera-Mente, dalla Peer Education alla cittadinanza attiva svolto dall’associazione Libera – contro le mafie e dal Cesvot.
Grazie all’idea del prof. Franco Corti sono nate iniziative come “Meno fumo,
meno fame”, un ambizioso progetto svolto all’interno della scuola con il duplice
obiettivo di ridurre il fumo tra i giovani e nello stesso tempo attivare un’iniziativa
di adozioni a distanza. Il progetto è nato dalla collaborazione tra i docenti e alcuni
ragazzi più sensibili a queste tematiche, tra cui e in modo particolare, alcuni peer
educator.
Ci piace pensare di essere riusciti, per almeno un anno scolastico ad adottare
uno stile di vita più sano e dirottare parte dei soldi destinati ad “andare in fumo”
verso altri bambini che, in questo modo, hanno potuto usufruire di strumenti minimi per avviare un percorso scolastico. Fra le varie iniziative, ricordo la messa in
scena di una rappresentazione teatrale fatta dagli alunni sul tema del fumo, utiliz-
Come sono cambiato... di Alessandro Catinella
163
zando il metodo definito Teatro dell’oppresso, un modo efficace di rappresentare
stati emozionali, situazioni di vita quotidiane, problematiche individuali.
Sempre con lo stesso progetto venne organizzata un’assemblea studentesca
alla quale intervennero alcuni operatori che parlarono delle loro attività sviluppate
nei paesi africani e delle loro esperienze di tipo medico-umanitario.
Su mia proposta e grazie all’impegno del prof. Musolino, abbiamo creato una
veste grafica riconoscibile per il peer educator, ideando un marchio e delle magliette, adottate poi durante gli anni.
Dal corso peer per gli alunni si è passati al corso peer per i professori e intorno
alla peer education sono nate iniziative, corsi, seminari per la promozione del
benessere, rivolti non solo agli adolescenti ma a chiunque voglia sentirsi bene e
fare qualcosa di utile.
coSì tutto prESE inizio...
La mia avventura di peer education inizia a scuola, l’ISIS Marco Polo di Cecina, nell’anno scolastico 2004/2005, grazie a un piccolo momento di “distrazione”
in una classica mattinata di torpore. Quel giorno, alle ultime due ore, avevo Disegno Grafico, la mia materia d’indirizzo, e, come spesso mi succedeva, la batteria interna chiedeva un break per ricaricarsi. Quasi per magia il mio desiderio si
concretizzò nella figura della professoressa Beverelli che in veste di emissario, in
tutta la sua grazia, irruppe in classe per una comunicazione.
Il messaggio recitava: “AAA. Cercasi ragazzi volenterosi e responsabili per
corso peer education”.
Sembrava un annuncio scritto da una di quelle agenzie interinali, gli ex-uffici
di collocamento per capirsi. Gente, parliamo chiaro, quanti di voi spontaneamente
si sarebbero presentati rispondendo all’annuncio ? Non credo molti.
Io poi, all’epoca, nemmeno minimamente pensavo di poter rientrare entro quei
vaghi parametri e ancor meno di partecipare ad un corso sull’educazione tra pari.
Ero l’epopea vivente di ciò che un ragazzo in disagio può vivere. Non rientravo
propriamente nel modello richiesto: soprattutto per quel che riguardava la responsabilità, avendo deliberatamente scelto di “cannare” l’anno scolastico al “Liceo
Scientifico Tecnologico E. Mattei di Rosignano”. Persi un anno per cambiare indirizzo di studio.
Essendo cresciuto in una situazione familiare in cui dovevo sempre dimostrare
ai miei di essere degno di responsabilità e fiducia, è ovvio che dopo quella esperienza la mia stima e credibilità fosse scesa sotto zero. Mi ero sentito un fallito con
l’aggravante di aver deluso i miei in maniera plateale.
Finita la veloce presentazione del corso, il prof. Musolino, prima di riprendere
la lectio magistralis, improvvisò un’appassionante tavola rotonda di confronto
per invogliarci a partecipare.
Come Re Artù incoraggiava i suoi cavalieri con epici racconti ed eroiche gesta,
anche Rocco Musolino riuscì ad accendere in noi, cespugli secchi, una fiammella
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
di curiosità.
Dentro di me quella piccola
fiammella appena accesa stava già per spegnersi, quando
all’improvviso il professore
cominciò ad estrarre, come la
sera si estraggono i numeri del
Lotto, i nominativi di ragazzi
che secondo lui possedevano le
caratteristiche adatte a partecipare.
Riuscite ad immaginare lo
stupore che provai ad udire il
mio nome? Era come se dopo
tanto tempo qualcuno avesse
nuovamente riposto fiducia in
me e nelle mie capacità, senza
che io avessi fatto nulla per meritarlo. Veramente figo, pensai
in quel momento.
Ogni nome era accompagnato da una breve ma succosa descrizione delle caratteristiche personali con i
lati positivi e negativi. Fra le doti più comuni spiccavano la sensibilità, la voglia,
la capacità di fare gruppo...
Rocco, da bravo e qualificato insegnante qual è, riuscì ad intuire le qualità
latenti presenti in me, e a convincermi a partecipare al corso.
Nella decisione fu importantissima anche l’adesione di due amiche: Giada Spinelli e Lupita Panizzi. Con loro avevo già frequentato corsi, rientri ed erano anche
le poche persone con cui riuscivo ad esprimermi per quello che ero.
Grazie a loro iniziai il corso un po’ per scherzo, per la piacevolezza di stare in
compagnia. Ed anche per la curiosità e l’opportunità di vedere un professore che
si metteva in gioco insieme ai suoi alunni.
Ma la motivazione determinante fu quella di mettermi alla prova, in una sorta
di sfida con me stesso; mi è sempre piaciuta la competizione, specialmente se offre possibilità di crescita. Il corso mi ha offerto molto di più di quello che pensavo,
trasformandomi alla radice.
Mi sono innamorato del peer educator, ho creduto nel corso. Con i suoi stimoli
e con le fiammelle che ha acceso, ha portato benessere nelle nostre vite ed ha favorito la nascita di tanti progetti per noi molto importanti.
Alessandro Catinella
Come sono cambiato... di Alessandro Catinella
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Alessandro Catinella: una personale interpretazione grafica dell’esperienza di peer educator.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
esperienze pilota sul territorio livornese
Nei quartieri a rischio
TodoModo a Salviano
Dalla cronaca di Cecina del quotidiano “Il Tirreno”- Il progetto promosso dalla Fondazione
Cassa di Risparmi di Livorno Il re è nudo: noi no entra nel percorso di peer education, all’ISIS
M. Polo – C.Cattaneo di Cecina.
L’associazione Ce.I.S. Comunità Livorno Onlus nasce nel lontano
1978 dall’impegno di un prete salesiano, don Luigi Zoppi, che, su
mandato del Vescovo di Livorno mons. Alberto Albondi, ristruttura un casolare destinato all’abbattimento situato in uno dei quartieri
considerati difficili, il quartiere di Salviano. Inizia così l’avventura
che porterà il Ceis a prendersi cura di migliaia di ragazzi allora definiti “sbandati”.
Nei trent’anni che sono seguiti, l’associazione è cresciuta notevolmente in dimensioni, servizi e presenza sul territorio. Nel 2000
si sono sviluppati due nuovi settori che hanno dato vita a due associazioni. La prima, di volontariato, è stata chiamata Ceis-3 Ponti dal
nome della casa, ubicata a pochi passi dal mare, sorta per accogliere
i malati di Aids e famiglie in difficoltà. La seconda di promozione sociale Ceis-Prevenzione nata con l’obiettivo di gestire il centro
per adolescenti TodoModo e di avviare i ragazzi verso percorsi di
prevenzione del disagio mediante l’impegno nel mondo del teatro e
dello spettacolo.
Oggi l’associazione è diventata Agenzia Formativa accreditata
presso la Regione Toscana, collabora costantemente con le istituzioni
pubbliche e la rete territoriale del privato sociale, è socia di Libera.
Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, fondata da don Luigi
Ciotti nel 1995, di cui ospita il coordinamento provinciale di Livorno.
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Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
È inoltre membro fondatore del CEART (Coordinamento Enti
Ausiliari Regione Toscana) e del CNCA (Coordinamento Nazionale
Comunità di Accoglienza).
Nato nel 1993 e gestito dall’associazione Ceis-Prevenzione, il
centro di aggregazione TodoModo, è una delle strutture di maggior
richiamo per i giovani dell’intera area Sud livornese. Collocato nel
cuore del quartiere di Salviano, in un contesto socio-ambientale complesso, riesce ad esprimere aspettative e richieste di centinaia di adolescenti, grazie all’impiego di operatori e volontari che, insieme ai
ragazzi, promuovono occasioni di socializzazione, attività didattiche
musico-teatrali, multimediali, ludico-ricreative, in sinergia con operatori dei servizi sociali, con altre associazioni e con gli abitanti del
quartiere.
Tutte le attività sono garantite gratuitamente e particolare attenzione viene rivolta ai ragazzi in condizioni di svantaggio socio-economico.
Alla fase conclusiva del progetto Il re è nudo: noi no è stato invitato a portare la sua testimonianza il dott. Pietro Contorno che per
molti anni è stato coordinatore del centro TodoModo perché proprio
in questo centro, per la prima volta nella nostra città, è iniziato, del
tutto inconsapevolmente per gli operatori, un esperimento di quella
che oggi viene chiamata peer education.
Nelle immagini, le frame del video, con Elisa, Gigi e Riccardo,
alcuni dei ragazzi che diversi anni fa portarono avanti l’esperienza
di autogestione del centro TodoModo e che, in occasione della terza
manifestazione Il re è nudo: noi no, hanno prodotto, su richiesta della
Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, un video con il racconto e
alcune riflessioni su quella loro esperienza.
Un orientamento culturale e psicologico...
e attenzione ai tranelli
Pietro Contorno
L’esperienza della peer education al TodoModo
nacque in maniera del tutto inconsapevole a metà
degli anni ‘90. Intanto perché questo tipo di metodologia non era stata ancora “codificata” dalla letteratura specializzata, e tali esperimenti continuavano ad essere definiti di auto o co-gestione, con
termini, appunto, mutuati per lo più dalle esperienze politiche e socio-aggregative tipiche degli anni
settanta. Tanto meno vi era negli operatori e nella
committenza pubblica l’ambizione di aprire un osservatorio tecnico sull’esperimento.
Al Ceis veniva chiesto, in pratica, di favorire una gestione autonoma da parte
dei ragazzi del centro, sotto l’egida degli operatori storici.
Non mi soffermo sulle difficoltà sorte all’epoca dal punto di vista logistico e
normativo. Basti pensare, ad esempio, al ruolo professionale ridimensionato per
gli operatori adulti, responsabili comunque in ultima istanza delle attività svolte
nel centro, o al delicatissimo problema della responsabilità giuridica sulla struttura.
Superati non senza qualche forzatura gli impedimenti formali, furono individuati cinque tra i più assidui e coinvolti fruitori del centro (quattro ragazzi e una
ragazza), che da quel momento, fino alla consegna ufficiale delle chiavi, furono
affiancati all’attività di programmazione e gestione del centro. Si trattava di utenti
“storici”, già molto addentro alla realtà del TodoModo, alle sue dinamiche relazionali, alla sua mission, ma si trattava comunque di un bel salto in avanti: da giovani
fruitori di corsi, a responsabili del centro.
Il centro ha sempre proposto delle attività flessibili, spesso richieste dagli
stessi ragazzi: corsi musicali gratuiti, laboratori artigianali, sostegno scolastico,
orientamento su temi d’interesse come la sessualità, la prevenzione dell’uso delle
sostanze stupefacenti etc.
170
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
La nuova esperienza avviata non riguardava strettamente le attività didattiche,
ovvero i corsi, che continuavano ad essere tenuti dai docenti selezionati, ma la
gestione del centro, i suoi obbiettivi, la sua conduzione pratica e le sue scelte strategiche. Per fare questo, e per far attecchire queste come qualsiasi altra decisione
tra i giovani fruitori, occorreva rinegoziare le regole interne, i ruoli, i principi,
espliciti e non, che disciplinavano il TodoModo. Regole faticosamente assunte
dopo anni di confronti anche “dialettici”. Su tutte le modalità di convivenza, orari,
gestione degli spazi, comportamenti individuali e collettivi, fruizione dei corsi
e delle strumentazioni, era stato trovato un fragile e sempre instabile equilibrio,
frutto di mille riunioni e mediazioni. Controparti erano stati sino a quel momento
gli operatori responsabili e l’assemblea aperta dei ragazzi. Ora si trattava di far
scaturire tra pari regole condivise elaborate “orizzontalmente”, non più calate o
concesse, ma concordate. Si trattava ovviamente di un passaggio decisivo, sia per
i giovani operatori coinvolti, chiamati a mediare istanze e difficoltà all’interno
di un rapporto alla pari, sia per i fruitori del centro, chiamati a loro volta a dare
sostegno ai principi condivisi.
L’esperienza è durata quasi due anni. Non sta a chi scrive giudicarla, rischiando un’analisi encomiastica dell’esperimento, ma se dopo tanti anni il TodoModo resta un punto di riferimento centrale e pressoché unico nella nostra città, un
centro di aggregazione gestito dal basso (gli operatori, grazie al turn-over, hanno
sempre avuto un’età prossima a quella della media dei fruitori), lo si deve anche
a quella esperienza pilota, che a tutti, anche agli operatori “adulti”, ha lasciato un
testimone metodologico ed etico che rappresenta la vera mission del centro.
Come spesso accade, operatori sociali, educatori, pedagogisti e sociologi hanno bisogno di fissare entro categorie concettuali quello che l’esperienza giornaliera suggerisce a chi opera sul campo con e per i ragazzi. A volte questa consuetudine rischia di fare invecchiare esperienze dinamiche nell’inutile tentativo di
fotografare il vento. Così, mentre gli adulti si sforzano di dare nomi ai concetti, i
ragazzi sono già da un’altra parte.
Certo che scambiarsi le conoscenze tra pari è un’esperienza quanto mai viva,
democratica, aperta. Ma io qui vorrei provocare qualche reazione, offrendo uno
stimolo critico ma, spero, non pretestuoso.
Un orientamento culturale e psicologico... e attenzione ai tranelli di Pietro Contorno
171
Questa esperienza promossa dall’Usl e dalla Fondazione, credo abbia dato
ai ragazzi un’ottima opportunità. Ha permesso di saggiare un modo diverso di
approcciarsi all’analisi dei problemi, al racconto di sé, uscendo dai metodi stereotipati della formula spiegazione-apprendimento-verifica, tutta incentrata sulla
verticalità della conoscenza. Del tipo “Io so – ti spiego – verifico che tu abbia
appreso”.
Ora, si dà molto peso alla qualità del rapporto tra insegnante e allievo/alunno,
proprio in relazione all’efficacia del metodo educativo e della qualità dell’apprendimento. A mio avviso la rincorsa al giovanilismo a tutti i costi è sbagliata ed
inefficace. Apparire moderni negli atteggiamenti, nell’immagine e nel linguaggio
senza un reale livellamento dell’atteggiamento culturale e della considerazione
anche esistenziale delle differenze tra docenti e studenti, rischia di fare apparire
questi tentativi velleitari e superficiali. E non parlo solo degli atteggiamenti degli
“adulti”. Spesso anche il mondo giovanile, specialmente quello scolasticamente
subordinato, tende a conformarsi alle aspettative adulte, ed alcuni elaborati prodotti in questi tre anni ne sono una prova, indirizzati come sono più a tranquillizzare e confermare l’immaginario adulto sui giovani che scavare veramente nelle
contraddizioni della propria età.
Lo scambio alla pari non è un atto tra pari in senso assoluto. Quando in rete ci
si scambiano informazioni peer-to-peer lo si fa con persone di età, sesso, condizione sociale, nazionalità diversa. Lo status di parità è dato da altri fattori. Interessi comuni, condivisione di uno strumento tecnico, la non-presunzione di superiorità tra i peer. Condividiamo, ci siamo reciprocamente utili, ma ognuno resta
quello che è.
Ecco, io credo che dietro le tentazioni da peer ci stanno alcuni tranelli da sventare. Da parte degli adulti nel delegare ai giovani – deresponsabilizzandosi e prefabbricandosi una sorta di alibi culturale – l’assunzione di un linguaggio condiviso, implicitamente ghettizzato e privo di decodificazione. Da parte giovanile, di
sfruttare occasioni didattiche alternative, senza realmente abbracciare un percorso
di approfondimento dei linguaggi e della loro mediazione con il mondo adulto.
Una sorta di gioco delle parti. Io accetto che si parli dei tuoi problemi con il tuo
linguaggio, io ri-traduco il mio linguaggio per rendertelo comprensibile.
172
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
Credo che i ragazzi debbano pretendere una educazione paritaria tutti i giorni,
proprio nel percorso tradizionale di studio. Non una formale ed ipocrita parità
generazionale, che non può esistere, ma un nuovo presupposto culturale e direi
psicologico. Tu hai la conoscenza; io necessito di apprendimento. Non basta l’uso
di uno strumento innovativo (video, internet, Facebook o che altro…). Occorre
prima di tutto che il sapere, le competenze, fluiscano tra persone, di età ovviamente diverse, ma nella condivisione dello strumento-scuola.
Se i giovani non vogliono morire asfissiati dalla gerontocrazia in cui sta pericolosamente deviando la nostra società, devono pretendere il riconoscimento
del proprio status esistenziale e di tutti gli aspetti culturali in cui si declina (abbigliamento, look, linguaggio, mitologia, sistema valoriale), non come uno stato di
instabilità sospetta, ma come LO STATO in cui il giovane vive, qui ed ora. Non
è necessario studiare il latino attraverso i fumetti o altre bizzarrie post moderne,
bisogna pretendere che il proprio insegnante di latino sia connesso in rete, lo si
possa contattare per informazioni e delucidazioni anche fuori dall’orario di scuola, sappia mettere in relazione la lingua di Virgilio con il suo e il nostro tempo,
non consideri i suoi alunni degli strani e incomprensibili freaks. Il docente deve
mettersi in gioco, non imparando un linguaggio naif che non gli appartiene, ma
affrontando la complessità della condizione giovanile. In una parola “alla pari”. Il
suo mondo ed il vostro. Pari dignità.
E – vorrei rivolgermi ai giovani – non smettete mai di criticare. Ovvero approcciatevi sempre criticamente ai contenuti ed ai metodi. Non compiacete il giovanilismo di certi adulti, ma aiutateli ad assumere i vostri linguaggi e i vostri sistemi valoriali in maniera non formale o strumentale. Sfidateli ad un confronto sulle
visioni alternative del mondo che condividiamo. Peer-to-peer appunto. Da te la
conoscenza e, perché no le nozioni, da noi la forza generatrice della giovinezza,
del cambiamento, del caos. Insieme ne potrebbe venire una costante rivitalizzazione di qualsiasi contenuto culturale.
Pietro Contorno
Operatore Culturale
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Indice
presentazione
La Fondazione per la scuola (Luciano Barsotti, Mario Baglini) ................. .7
“Ma l’imperatore non ha nulla addosso!” disse a un certo punto
un bambino (Stefania Fraddanni) .............................................................. 11
Stili di vita sani contro i comportamenti a rischio (Fioretta Pratesi)......... 19
Ancora troppo alto il tasso di dispersione scolastica (Fausto Bonsignori) 25
Un malessere antico ma sempre diverso (Carla Roncaglia) ...................... 28
Tra programmazione e comunicazione (Anna Tempestini) ........................ 30
Educazione tra pari uno strumento vincente (Stefano Carboni)................. 33
il re è nudo: noi no.
peer education a scuola per uno stile di vita sano
Gli elaborati deGli studenti: primo anno 2007/2008 ...................................... 47
[piombino, IPSIA-ITI A. Volta - A. Pacinotti]
Don’t Drink and Drive! ............................................................................. 48
[livorno, ISIS Niccolini-Palli]
DG - Droga Giornale ................................................................................. 52
Recuperiamo i valori (Daniela Barsotti) .................................................... 56
[livorno, Liceo Scientifico Federigo Enriques]
Le droghe illegali ....................................................................................... 58
178
Il re è nudo: noI no – Peer educatIon a scuola Per uno stIle dI vIta sano
Indice
179
[portoferraio, ITCG G. Cerboni]
Il disagio di vivere all’Elba ....................................................................... 60
Protagonismo e libertà di esprimersi (Lorella Niccolini,
Cinzia Di Bartolomeo, Michele Collavitti)............................................... 127
piacere, peer education – la manifestazione di chiusura del primo anno
di lavori ...................................................................................................... 64
[portoferraio, ITCG G. Cerboni]
Ragazzi e tecnologia ................................................................................ 130
Gli elaborati deGli studenti: secondo anno 2008/2009 .................................. 65
piacere, peer education 3.0 – la manifestazione di chiusura del terzo
anno di lavori ........................................................................................... 134
[livorno, ISIS Niccolini-Palli]
L’anoressia ................................................................................................. 66
Cos’è l’anoressia (Linda Fabbri, Kathy Mastrosimone) ............................ 73
Perché questo tema (Linda Fabbri, Kathy Mastrosimone) ......................... 75
esperienze pilota sul territorio livornese
A scuola - Negli istituti superiori della Bassa Val di Cecina .................... 138
Il consultorio entra nelle scuole (Irene Genovese) ................................... 139
Il modello CO.R.EM. (Ilaria Buccioni) ................................................... 143
[piombino, IPSIA-ITI A. Volta – A. Pacinotti]
AIDS – Assoluta Ignoranza Diffusa Stupidità ........................................... 76
Tra i ragazzi circolano tante informazioni sbagliate (Il gruppo peer
di Piombino) ............................................................................................... 82
[piombino, ITCG G. Cerboni]
Il disagio di vivere all’Elba (2) .................................................................. 84
Un confronto utile (Valerio Costa) ............................................................. 90
Verifica sulla ricerca-azione svolta all’istituto Cerboni (Loris Moroni)..... 92
La formazione dei peer educators (Fiorella Chiappi).............................. 149
Come sono cambiato. L’esperienza di un ex studente peer dell’ISIS
Marco Polo di Cecina (Alessandro Catinella) .......................................... 157
esperienze pilota sul territorio livornese
Nei quartieri a rischio - TodoModo a Salviano ........................................ 167
Un orientamento culturale e psicologico... e attenzione ai tranelli
(Pietro Contorno) ..................................................................................... 169
[cecina, ISIS M. Polo - C. Cattaneo]
Con i green educators e la Cittadinanza Attiva ..........................................102
piacere, peer education 2.0 – la manifestazione di chiusura del secondo
anno di lavori ........................................................................................... 104
biblioGrafia ........................................................................................................ 173
indice
Gli elaborati deGli studenti: terzo anno 2009/2010 .................................... 105
[livorno, ISIS Niccolini-Palli]
Il risveglio nell’arte. Alcol, droga, violenza sessuale .............................. 106
Storia di Ashley (Alcol) ....................................................................... 108
Storia di Laura (Droga) ....................................................................... 112
Storia di Christal (Violenza sessuale) .................................................. 117
[piombino, ISIS A. Volta - A. Pacinotti]
Trova il tuo equilibrio (sì, no, farlo, non farlo… la gente parla… ma la
vita è nostra!) ........................................................................................... 122
............................................................................................................. 177
Nella stessa collana:
Editore in Livorno
Scali Manzoni 49 – 57126 Livorno (Italia)
tel. +39 0586 829979 – fax +39 0586 833094
[email protected] – www.bookseditore.it
Storia LivorneSe
profiLi LivorneSi
AA. VV., Ebrei di Livorno tra due censimenti (1841-1938). A cura di Michele Luzzati.
AA. VV., La difesa di Livorno. 10 e 11 maggio 1849. Con scritti di P. Castignoli, L. Bernardini, L. Dinelli.
AA. VV., L’Imperatore sugli scudi. Il tema del trionfo nell’iconografia napoleonica.
AA. VV., Lector in insula. La biblioteca di Napoleone all’Elba. A cura di Dario Matteoni.
Baglini Mario (a cura), Livorno 1848. Le memorie di Giuliano Ricci.
Barsotti Gianfranco, Storia Naturale dei Monti Livornesi. Geologia: I minerali e le rocce.
Barsotti Gianfranco, Storia Naturale dei Monti Livornesi. Il Parco Naturale dei Monti
Livornesi: Itinerari Natura.
Calvetti Mauro, Galliano Masini.
Canessa Ugo, Sanguinetti Luciano, Livorno 1930-1960. Giochi poveri e semplici svaghi.
Castignoli Paolo, Livorno. Dagli archivi alla città.
Cecchi Toncelli Graziella, Un’emigrante d’eccezione: la Madonna di Montenero. Pitture,
sculture, edicole e cappelle lontane.
Cianci Gilberto, C’era una volta l’Azienda. La vita dell’Azienda Mezzi Meccanici e Magazzini
del porto di Livorno (1945-1995).
Del Lucchese Aldo, Stradario storico della Città e del Comune di Livorno.
Fondazione Franco Antonicelli, Il coraggio delle parole. Franco Antonicelli: la cultura e
la comunicazione nell’Italia del secondo dopoguerra. A cura di Enrico Mannari.
Gelati Giovanni, Il vate e il capobanda. D’Annunzio e Mascagni.
Malfatti Sirio, I racconti di Erifio, favollo livornese.
Marchi Vittorio, Lessico livornese con finestra aperta sul bagitto. Nota sul vernacolo livornese di Luciano Castelli.
Marchi Vittorio, Spedizionieri a Livorno.
Marchi Vittorio - Cariello Michele, Cantiere F.lli Orlando. 130 anni di storia dello stabilimento e delle sue costruzioni.
Merli Gianfranco, Ansaldo e Livorno.
Moni Liciano, La costruzione di una città portuale: Livorno.
Morelli Timpanaro Maria Augusta, A Livorno, nel Settecento. Medici, mercanti, abati e
stampatori: Giovanni Gentili (1704-1784) ed il suo ambiente.
Nuovi studi livornesi. Direttore: Paolo Castignoli.
Volume 1 (1993) - Volume 2 (1994) - Volume 3 (1995) - Volume 4 (1996) - Volume 5
(1997) - Volume 6 (1998) - Volume 7 (1999) - Volume 8 (2000) - Volume 9 (2001)
Panessa Giangiacomo, Le comunità greche a Livorno tra integrazione e chiusura nazionale.
Panessa Giangiacomo, Nazioni e consolati in Livorno. 400 anni di storia in occasione del
IV centenario del Corpo Consolare.
Santini Aldo, Livorno Ammiraglia. Cento anni di Accademia Navale.
SantiniAldo,Madama Sitrì che vergogna. Geografia, costumi e avventure di quelle “case” livornesi.
Santini Aldo, Elogio del ponce alla livornese.
Santini Aldo, Cucina toscana, delitti e castighi.
Santini Aldo, Modigliani maledetto dai livornesi.
Santini Aldo, Livorno contro Pisa e viceversa.
Santini Aldo, Mascagni viva e abbasso.
Santini Aldo - Scianna Ferdinando, Livorno. Testo di Aldo Santini, foto di Ferdinando
Scianna.
Santini Aldo, Nedo Nadi. Personaggi retroscena e duelli della grande scherma italiana.
Savi Tiziana, “La Ciucia” per tutti, Bruna per noi. Bruna Barbieri e la sua gente della Venezia.
Toccafondi Carlo, Gli Haggi in Lazzeretto nell’Anno 1839. Memorie di Carlo Toccafondi
Tenente del Lazzeretto S. Leopoldo. A cura di Laura Dinelli.
Viani Andrea, “Il Telegrafo” di Giovanni Ansaldo (1936-1943).
Zanetti Paolo, Tra utopia e concretezza. Un profilo biografico di Edda Fagni.
“Le fonti”
Enrico di Lettonia Chronicon Livoniae. La Crociata del Nord (1184-1227). Testo latino con
versione italiana a fronte e commento a cura di Piero Bugiani. Prefazione di Pietro U. Dini.
pSicoLogia - pedagogia
pSichiatria
AA. VV., Venire al mondo. I problemi della nascita oggi. A cura di Francesca Belforte e Gabriella
Guidi.
AA. VV. Dal dovere all’amore. La donna nella famiglia che cambia. A cura di Francesca
Belforte, Giovanna Lemmi e Adriana Meucci.
AA. VV. Premesse psicologiche alla valutazione. Dall’incontro di psicoanalisi con insegnanti
una ricerca sul rapporto tra valutazione e sviluppo della personalità.
Bani Alessandro, Suicidio. Quando vince la fatica di vivere.
Bani Alessandro, Violenza. Aspetti della vita quotidiana tra normalità e patologia.
Bertorello Carlo, Dall’inconscio al sentire. Il cammino del pensiero dalla psicoanalisi alla
scoperta ed educazione al Senso nella pische.
Bickel Jacqueline, L’educazione formativa. Guida alla formazione creativa del pensiero e
del linguaggio.
Bickel Jacqueline, Impariamo a parlare. Guida agli usi cognitivi del linguaggio orale.
Post-fazione di Andrea Canevaro.
Bickel Jacqueline, Il bambino con problemi di linguaggio. Diagnosi, intervento, prevenzione
a casa e a scuola.
Bickel Jacqueline, Apprendere bene, studiare con entusiasmo. Quello che ogni insegnante
deve sapere.
Bikel Jacqueline, Leggo e scrivo con entusiasmo. Come costruire le basi della lingua scritta.
Bickel Jacqueline - Bruschi Anna - Leporatti Marinella, Faccio, parlo, penso. Come
affrontare l’educazione linguistica nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria.
Bickel Jacqueline - Bruschi Anna - Leporatti Marinella, Conto e ragiono senza problemi.
Come costruire le basi di numero e di logica.
Bickel Jacqueline - Giuntoli Giuliano, Educare Formare Insegnare. La guida indispensabile
per la formazione psicopedagogica degli insegnanti.
Bickel Jacqueline - Baracchini Muratorio Graziella, Come educare i figli presto e bene.
Guida per i genitori e per quanti si occupano e preoccupano dei bambini.
Castellano Giovanni, I rituali della vita quotidiana. Otto lezioni all’Unitrè.
Castellano Giovanni, L’Io che studia. Un modo morale di concepire la conoscenza.
Ciampi Alessandra, Amare la vita.
Giusti Cinzia, Aiutare ad invecchiare. L’esperienza innovativa di un reparto geriatrico
ospedaliero.
Liebl Maya, Riflessioni sulla conoscenza di sé.
Liebl Maya, Il senso nella psiche.
Miniati Marina - Bani Alessandro, Nuove forme del disagio giovanile. Disturbi del comportamento e malattia psichica.
Tolve Marisa, Un piccolo tempo pesante.
Tolve Marisa, Il linguaggio del desiderio. Separazione e crescita. Con un interventotestimonianza di Ninel Donini al di là della cattedra.
Zorzi Gabriella, Universi diversi. Applicazioni e verifiche di un metodo educativo.
narrativa - poeSia
AA. VV., Altre voci. Nove narratori lituani del secondo Novecento. A cura di Pietro U. Dini.
Cangillo, Sonetti in vernacolo livornese.
Castelli Ilda, Forte come la morte è l’amore.
Ceccherini Silvano, Una favola. Con uno scritto di Giulio Cattaneo.
Civetta Davide Maria, Quelle smisurate distese d’erba.
Consani Sergio, L’odore di un’immagine.
De Silvestri Cesare, Ta-Ta-Ta Ta –Ta. Romanzo breve di una cronaca incompiuta.
Dini Alfio, Il cammino della follia. Si conclude la vicenda dei “Ragazzi alla Bastia”.
Donati Vladimiro, Paralleli.
Fantechi Cristina, L’anello della memoria.
Gelati Giovanni, A tavola non si invecchia.
Gonnelli Leonardo, Lo Scoglio della Regina.
Greco Lorenzo, Le città gli amori.
Lami Alberto, Se tutto ‘r territorio mi sentisse. Racconti in versi vernacolari su Castiglioncello e l’intero territorio di Rosignano Marittimo.
Marchi Riccardo, Anteo e i suoi tre padri.
Marchi Vittorio, Controstorie della città di frontiera. Nostra citade de Liorne. Serei Toscano ou serei Portuguéz? Judeo de Judaria ou Christão novo? Quem sabe? Agora basta
Livornese!
Moni Liciano, Licia e Liciano. Storia di una vita.
Murolo Giuseppe, Il gioco.
Nissim Renzo, Amore del gioco e gioco dell’amore.
Nissim Renzo, In cerca del domani. Avventura autobiografica.
Ottolenghi Lea - De Rossi Castelli Emma, Nei tempi oscuri. Due donne ebree tra il 1943
e il 1945.
Pacini Roberto, In fondo a due abissi.
Pozzi Luciano, L’intramontabile crepuscolo.
Rosselli Aldo, Una limousine blu notte e altri racconti.
Santi Piero, Un ragazzo in Toscana negli anni Quaranta.
Sbrana Enzo, Non occorre saper sognare.
Sois Adriano, Il patto originale.
Vivaldi Umberto, Era facile perdersi.
Viviani Giuseppe, Donna della veletta. Con uno scritto di Aldo Santini.
fiLoSofia
AA. VV. Federigo Enriques. Approssimazione e verità. A cura di Ornella Pompeo Faracovi.
AA. VV., Federigo Enriques. Matematiche e filosofia. Lettere inedite. Bibliografia degli
scritti. A cura di Ornella Pompeo Faracovi e Luca M. Scarantino.
AA. VV. Filosofia e storia del pensiero scientifico di Federigo Enriques. A cura di Ornella
Pompeo Faracovi e Francesco Speranza.
AA. VV. Sartre e l’Italia. A cura di Ornella Pompeo Faracovi e Sandra Teroni.
AA. VV. Tendenze della filosofia italiana nell’età del fascismo. A cura di Ornella P. Faracovi.
Pompeo Faracovi Ornella, Il caso Enriques. Tradizione nazionale e cultura scientifica.
poLitica
Storia deLL’economia
Bettini Maurizio, Fabbrica e Salario. Stato, relazioni industriali e mercato del lavoro in
Italia 1913-1927.
Frontera Claudio, La comunicazione è politica.
Studi BaLtiStici
AA.VV. Res Balticae n. 10 (2005). Miscellanea italiana di studi baltistici (Dipartimento di
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AA.VV. Res Balticae n. 11 (2008).
Dini Pietro U., Aliletoescvr: linguistica baltica delle origini.
Dini Pietro U., L’anello lituano. La Lituania vista dall’Italia: viaggi, studi, parole.
Sabaliauskas Algirdas, Noi Balti.
Storia - carteggi
Franchi Don Gino, Un dialogo di amicizia e di fede. Corrispondenza tra i Seton e i Filicchi
(1788-1890).
Lo Re Maurizio, Filippo Paulucci. L’italiano che governò a Riga.
arte
AA. VV., Due pietre ritrovate di Amedeo Modigliani. A cura di Dario Durbé. Fotografie di
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Bernardini Luciano, La Cugina Argia. Pistoia, Giovanni Fattori e i Carducci.
Bernardini Luciano - Dinelli Laura, Giovanni Fattori. Inediti nel primo centenario della
morte.
Caramel Luciano, La materia e l’immagine. Giovanni Campus.
Caramel Luciano, Percorsi di lavoro. Giovanni Campus.
Caramel Luciano, Formatività come immanenza.
Cerritelli Claudio, Giovanni Campus verifiche di un percorso.
Dal Canto Fabrizio - Castignoli Paolo, Festa al Santuario livornese di Montenero.
Dal Canto Fabrizio - Castelli Luciano, Alfredo Mainardi. Opere 1945-2001.
D’Amore Bruno, Un progetto di lettura dell’opera di Giovanni Campus.
Durbé Vera, Fattori illustratore.
Kraczyna Swietlan, Carnevale onirico. Testo di Pier Carlo Santini.
Kraczyna Swietlan, Labirinto nero.
Megale Carolina, Serchi Lucilla, Fare l’archeologo per passione e per mestiere.
Van Gogh Vincent, I miei dipinti e le mie lettere. A cura di Vera Durbé. Presentazione di
Gianni Pozzi e Lara Vinca Masini.
iLLuStrati per ragazzi
AA. VV., Titti è tutti noi. Gli studenti delle scuole di Livorno interpretano la “Storia di Titti”.
AA. VV., Titti, Talita e Tutti. Fiabe scritte dai genitori affidatari e illustrate dai ragazzi del
Liceo Scientifico “F. Cecioni” di Livorno.
Ceredaite Aurelija, La strega pigrona. Illustrazioni di Kęstutis Kasparavičius.
Malfanti Susanna, La storia di Titti. Classe 4aB del circolo La Rosa, La controstoria di
Titti. Illustrazioni di Marta Righeschi.
muSica
Cambini Giuseppe Maria, Sinfonia concertante in Sol maggiore per flauto, violino, viola
e orchestra.
Books & Company s.r.l.u.
è il nuovo nome della Belforte & C. Editori srl.
La Books & Company s.r.l.u.
è la distributrice esclusiva dei marchi
Belforte & C. Editori e Belforte Editore Libraio.
Finito di stampare
nel novembre 2011
da Bandecchi e Vivaldi (Pontedera)
per conto della
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Printed in Italy