Giustizia USA e getta

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Giustizia USA e getta
Anno II - Numero 278 - Martedì 26 novembre 2013
Direttore: Francesco Storace
Attualità
Roma
Cronaca
Il Papa e Putin
messaggeri di pace
La gomitata di Rossin
e la bagarre sul bilancio
Violenze sulle donne
anche nella “giornata”
a pag. 3
Vilipendio al Capo dello Stato
Due pesi
e due misure
artiamo dal presupposto
che in un Paese civile, democratico, nessuno dovrebbe essere al di sopra del giudizio
della pubblica opinione. Neanche
il Presidente della Repubblica.
Per questo motivo, il reato di vilipendio al Capo dello Stato dovrebbe essere abolito. Per evitare
anche eventuali performance di
pubblici ministeri in cerca di
gloria, che per farsi notare agli
occhi del Colle denunciano chiunque osi solo criticare il Quirinale.
L’articolo 278 del codice penale,
che punisce con la reclusione
da uno a cinque anni chi offende
l’onore o il prestigio della più
alta carica dello Stato, è un provvedimento datato, inadeguato.
Purtroppo, però, questo “delitto”
non è stato né cancellato né rivisto. E c’è chi è finito nel registro
degli indagati, perseguitato dalla
giustizia, erroneamente. E’ il caso
di Francesco Storace, all’epoca
dei fatti (2007) parlamentare – e
che quindi non poteva essere
chiamato a rispondere delle sue
parole durante l’esercizio della
sua funzione, così come previsto
dall’articolo 68 della nostra Costituzione – che è stato messo
alla gogna (prima di essere prosciolto) e che attende ancora
una pronuncia da parte della
Corte Costituzionale per il conflitto
di attribuzione sollevato dai pm
capitolini. Per aver criticato Napolitano, che si era espresso in
favore di Rita Levi Montalcini accusata dalla Lega Nord di approfittare dei finanziamenti dello
Stato per il suo ex istituto di ricerche - anche per colpa della
negligenza e della disonestà intellettuale dell’ex ministro della
Giustizia, Clemente Mastella.
C’è poi chi è finito alla sbarra,
come Maurizio Belpietro, direttore
di Libero, addirittura per una vignetta. Due pesi e due misure,
come sempre. Perché c’è infatti
chi ha fatto molto peggio e non
ha pagato. Come per esempio
Marco Travaglio, il vice direttore
de il Fatto Quotidiano che lo
scorso 14 agosto ha ridicolizzato
la più alta carica dello Stato con
espressioni offensive - con riferimento ad arbitrii, abusi, ingerenze politiche, ignoranza delle
leggi e delle norme, fino al sarcasmo e alla irrisione per l’età
del presidente – e se l’è cavata.
E adesso una domanda sorge
spontanea: cosa succederà ad
Alessandro Sallusti, direttore de
il Giornale, che nell’editoriale di
ieri ha bollato Napolitano come
“un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più
alta carica dello Stato?”
I procedimenti giudiziari, così
come il carcere – sia chiaro –
non si augurano a nessuno. Neanche al peggior nemico. Ma la
legge deve essere uguale per
tutti. Oppure abolita.
Federico Colosimo
P
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Rossi a pag. 6
Alle pagg. 9 e
10
BERLUSCONI CHIEDE LA REVISIONE DEL PROCESSO DIRITTI TV ALLA VIGILIA DEL VOTO SULLA DECADENZA
di Igor Traboni
odici testimonianze, di cui
sette completamente nuove, tutte dagli Stati Uniti.
Ecco la leva che Silvio
Berlusconi intende azionare, alla vigilia del voto al Senato
sulla sua decadenza, per chiedere
la revisione del processo sui diritti
tv. Incontrando i giornalisti ieri pomeriggio nella nuova sede romana
di Forza Italia, Berlusconi è tornato a
lamentarsi proprio per la fissazione
del voto a domani, mercoledì, “in
violazione di ogni principio legale".
Il Cavaliere ha parlato anche di alcune
di queste carte americane, ad iniziare
da una sorta di ‘dichiarazione giurata’
da parte dell’ex amministratore delegato del gruppo Agrama, che recita:
"Sivio Berlusconi non ha mai ricevuto
nessun pagamento da Agrama, Gordon o Lorenzano né da qualsiasi altra
persona loro connessa. Berlusconi
non ha mai partecipato allo schema
da loro ideato per spartirsi i profitti.
Io credo che questa testimonianza,
come le altre 11, smentiscano alla
base quello che ha deciso il collegio
feriale della Cassazione per quanto
riguarda la mia condanna”.
Ma la conferenza stampa di ieri ha
avuto anche una parte più prettamente politica, con una sorta di messaggio-appello da parte di Berlusconi
ai senatori del Pd e del Movimento
5 stelle: "Vi chiedo di riflettere nell'intimo della vostra coscienza a maggior ragione visto che il voto è palese.
Non tanto per la mia persona, ma
per la nostra democrazia. Valutate le
nuove prove e i documenti che stanno
arrivando". Silvio Berlusconi si appella
così al Pd e al M5S in vista del voto
sulla decadenza. "Lasciate che si
esprima la magistratura in Italia e in
Europa prima di assumere una deci-
D
Giustizia USA e getta
Il Cavaliere cita altri 12 testimoni e nuove carte statunitensi
Poi si appella alla coscienza dei senatori Pd e 5 stelle
sione, in caso contrario vi assumerete
una grave responsabilità e sul parlamento ricadrebbe una macchia incancellabile", ha aggiunto Berlusconi,
dicendosi poi non disposto a fare un
passo indietro: "Sono costretto, tra virgolette, a restare ancora in campo
nonostante la veneranda età", mentre
il Cav ha poi preferito glissare sul
comportamento di Napolitano che,
di fatto, gli ha respinto l’ulteriore richiesta di grazia.
Un appello accolto con sostanziale
freddezza dai senatori democratici,
mentre è stato respinto al mittente,
con la solita protervia, dai grillini.
Poche ore prima, intervistato in radio,
Berlusconi era stato invece ancora
più pesante, ancora nei confronti della
magistratura, parlando di un vero e
proprio “colpo di Stato”.
Intanto la macchina organizzativa di
Forza Italia è al lavoro per definire il
sit in di protesta che domani pomeriggio avrà luogo, sempre a Roma,
contemporaneamente al voto in Senato, il cui esito appare comunque
scontato. Nelle ultime ore, infatti, l’unico
distinguo è arrivato da Casini, che
potrebbe votare contro.
L'ARROGANZA DEL GOVERNATORE MERITA UNA RISPOSTA POPOLARE
IE SO’ IE
E VU NUN SIT
NU CAZZ!
Il Movimento per An
prepara una manifestazione
in Puglia
di Francesco Storace
ichi Vendola come il marchese del
grillo in formato barese, ma di sicuro
con un effetto simpatia esattamente
opposto a quello dell'Albertone nazionale.
Lui, il governatore pugliese, davvero si sente
come l'unto del Signore, che pure rimproverava
a Berlusconi.
Ogni due per tre si trova in mezzo a guai giudiziari, eppure non ne vuole sapere di mollare la
poltrona. Con me lo pretese. Mi bastarono ventiquattr'ore per lasciare quella del ministero
della Salute, senza neppure un avviso di
garanzia. Mi bastò leggere di accuse infamanti
sulla prima pagina del Corriere della Sera per
rassegnare le dimissioni dal governo del Paese.
Vendola no, lui può fare come gli pare.
E' il popolo che va svegliato. Va suscitata l'indignazione in cui la sinistra e' maestra, ma ora
deve pagare. Per il suo vicepresidente condannato,
il compagno Frisullo; per i traffici nella sanità
anche se la giudice amica della sorella ha detto
che non c'entrava nulla il governatore pugliese;
per l'Ilva e la concussione di cui adesso Vendola
e' chiamato a rispondere. In pratica, l'agenzia
regionale per l'ambiente, era soggetta alle sue
pressioni - dice la procura della Repubblica - in
favore del management dell'Ilva di Taranto.
Una fabbrica che ha dato lavoro a molti ma
N
che ha seminato anche lutti, secondo gli inquirenti. E Vendola e' ora nel mirino per le
scelte politiche adottate e le telefonate imbarazzanti con i dirigenti del colosso industriale.
L'inchiesta giudiziaria e' denominata "ambiente
svenduto" e la dice lunga sulla magagne riscontrate dai magistrati. Quel che colpisce e'
che di fronte al capo di un'amministrazione
accusato di pretendere una posizione più morbida verso l'Ilva dall'agenzia che invece è
chiamata a fare il suo dovere proprio a tutela
dell'ambiente, lui resti al suo posto.
No, Vendola si deve dimettere e questa sera
proporrò ai fondatori del movimento per Alleanza nazionale di organizzare una grande
manifestazione di piazza in Puglia per rappresentare un popolo stanco dei due pesi e
delle due misure. Per alcuni le telefonate
costano l'allontanamento dalla vita politica
istituzionale; Vendola pretende persino di essere premiato.... Concussione di serie A e
concussione di serie B...
Il presidente della Puglia deve cessare il suo
atteggiamento arrogante e lasciare la poltrona
che occupa. Se le accuse saranno confermate,
avrà compiuto atti che meriterebbero da soli
il pubblico ludibrio. Siamo garantisti, ma
anche lui ha il dovere di attendere senza fare
danno il corso della giustizia. Io ho aspettato
sette anni. Ora lo faccia lui.
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Martedì 26 novembre 2013
Attualità
IL CAPO DELLO STATO HA INVIATO UNA MISSIVA ALLA CORTE D’APPELLO DI PALERMO: “NON HO NULLA DA RIFERIRE”
Trattativa Stato-mafia, Napolitano tace
Il presidente della Repubblica era stato citato come teste
per una lettera ricevuta dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio
di Giorgio Musumeci
Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come
sarei ben lieto di potere fare se
davvero ne avessi da riferire”. È
questo il passaggio più importante della
lettera inviata dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla Corte d’Assise di
Palermo che sta indagando sulla trattativa
stato-mafia. Una missiva nella quale l’inquilino del Quirinale spiega il suo rifiuto
ad essere ascoltato come teste dai giudici, in merito alla lettera speditagli dal
suo ex consulente giuridico, Loris D’Ambrosio, nel giugno 2012. In quella lettera,
D’Ambrosio faceva riferimento al periodo
che va dall’89 al 93, anni nei quali era in
servizio all’Alto commissariato per la lotta a Cosa
Nostra e al ministero della Giustizia, esprimendo
il “vivo timore di essere stato considerato solo un
ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da
scudo per indicibili accordi”. A tal riguardo, i
magistrati di Palermo intendono sapere proprio
a quali eventi l’ex consulente del Quirinale si riferisse nella sua lettera sfogatoria. Data l’impossibilità di sentire lo stesso D’Ambrosio, deceduto
per un infarto nel luglio 2012, la Procura siciliana
ha quindi deciso di sentire il presidente della
“
Repubblica, nella speranza che questi potesse
fornire chiarimenti. Tuttavia, Napolitano ha declinato
l’invito. Nella lettera spedita alla Procura il 31
ottobre scorso, il capo dello Stato esclude di
aver avuto indicazioni dal suo ex consigliere giuridico, anche riguardo al “vivo timore” a cui
questi ha fatto “generico riferimento nella drammatica lettera del 18 giugno”. Inoltre sottolinea
di non avere mai avuto modo, neppure in privato,
di chiedere spiegazioni all’ex consulente riguardo
quel passaggio inquietante. L’inquilino del Quirinale
esclude pure di avere avuto occasione
di confrontarsi con D’Ambrosio su vicende
“relative ad anni nei quali –scrive testualmente Napolitano- non lo conoscevo
ed esercitavo funzioni pubbliche del tutto
estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafia. Dei problemi relativi alle modalità
dell’eventuale mia testimonianza – conclude il capo dello Stato nella lettera- la
corte da lei presieduta è peraltro certamente consapevole come ha, nell’ordinanza del 17 ottobre, dimostrato di esserlo,
dei “limiti contenutistici” da osservare ai
sensi della sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2012”. La lettera
di Napolitano è già stata depositata dal
presidente della Corte d’Assise di Palermo, Alfredo Montalto. Tuttavia, conoscere la
verità sulle parole di D’Ambrosio, al momento
resta impossibile. L’unica certezza è che D’Ambrosio era stato coinvolto in uno scambio di telefonate con l’ex ministro degli Interni nel 92, Nicola
Mancino, che chiedeva un intervento del capo
dello Stato sulla Procura nazionale antimafia per
far avocare alla Procura di Palermo l’inchiesta
sulla Trattativa. L’unico a poter sapere cosa tormentasse D’Ambrosio, era Giorgio Napolitano.
Ma tant’è.
DOPO LA ROTTURA NEL PDL, IL GOVERNO TESTA LA NUOVA MAGGIORANZA. MA SULLA MANOVRA RESTATO MILLE INCOGNITE
Letta pone la fiducia sulla legge di stabilità
lla fine, sulla Legge di Stabilità il governo porrà la fiducia. Ad annunciarlo è stato Dario Franceschini, ministro
per i Rapporti con il Parlamento
e per il Coordinamento delle attività di Governo. “Rispetteremo
totalmente il lavoro del Parlamento
ponendola sul testo che la Com-
A
missione bilancio sta
ultimando –ha dichiarato Franceschini-. La
fiducia è necessaria
non soltanto per garantire i tempi di approvazione ma anche
per verificare politicamente, con chiarezza e senza ambiguità, nel luogo proprio e sull’atto più importante, il
rapporto fiduciario tra governo e
maggioranza parlamentare”. Dunque, quello della manovra di bilancio, si preannuncia come il primo banco di prova per la maggioranza che sostiene l’esecutivo
guidato da Enrico Letta, dopo la
rottura avvenuta nel Pdl e la con-
seguente fuoriuscita dei governativi guidati da Angelino Alfano.
Contro la decisione del Governo
si sferra Forza Italia che, attraverso
le parole del vice presidente del
Senato, Maurizio Gasparri, si chiede su quale testo venga posta la
fiducia, date le numerose incognite che incombono ad esempio
in materia di casa e pensioni. Riguardo gli immobili, ad esempio,
si parla di un fondo da 3-400 milioni da destinare ai comuni per
le detrazioni sui carichi familiari;
restano molti dubbi anche relativamente alla sanatoria delle cartelle esattoriali e la sdemanializzazione delle spiagge. Intanto,
nel fine settimana è stato approvato l'emendamento sul cuneo fi-
scale che restringe la platea dei
beneficiari ai redditi sotto i 35
mila euro. Niente di fatto, invece,
riguardo la tanto millantata rivoluzione delle pensioni. È stato ritirato, infatti, l’emendamento al
ddl stabilità che garantiva la rivalutazione delle pensioni fino a
4 volte la minima (2 mila euro) e
introduceva il contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro (il
5%) sin dai 90 mila euro. Aldilà
della fiducia, non è ancora possibile sapere quando, effettivamente, il testo approderà in aula. I lavori della Commissione Bilancio
sono andati avanti a rilento, posticipando così la presentazione
del testo in aula prevista per ieri
pomeriggio.
G.M.
PUNTO E A CAPO
Scacco matto sulla
partita mediorientale
di Biagio Cacciola
ethanyau e la dittatura dei Saud ci sono rimasti molto male. L'accordo sul nucleare
iraniano li ha spiazzati. L'Iran torna con
questo accordo,che gli consente l'arricchimento
dell'uranio fino alla soglia del 5%, al centro
dell'area regionale piu' conflittuale del mondo.
Obama ha praticamente dovuto riconoscere, insieme al subalterno Fabius, ridicolo ministro
degli esteri francesi, la validita' dell'azione russa
in Medio Oriente. In estate lo stop ai bombardamenti su Damasco con la scusa delle armi chimiche. Successivamente lo smantellamento degli
arsenali chimici della Siria. Tutte vittorie russe
sulla scena politica internazionale. Una Russia
che puo' senza remore rivendicare il ruolo di
vero dominus internazionale. Netanyau, obtorto
collo, lo ha dovuto riconoscere, volando a Mosca
per essere 'rassicurato' da Putin. Qualche anno
fa cio' sarebbe stato impossibile. Per non parlare
dei miliardi di dollari sbloccati nei confronti
dell'Iran dagli americani ,con il regime degli
ayatollah ,alleato strategico della Siria ,riconosciuto
piu' importante delle lagne di Israele e della
dittatura arabo saudita. Una dittatura che vede
con questo ritorno alla grande dell'Iran sulla
scena mediorientale, messa a repentaglio la
pretesa di stato guida ,seppure a suon di petrodollari. Un vero schiaffo in faccia a chi nel Medioriente e' abituato con la prepotenza e il danaro
a indirizzare le sorti dei quell'area. L'accordo di
Ginevra ,almeno per sei mesi, riapre formalmente
i colloqui tra gli Usa e il presidente Rohani. Lo
stesso presidente che in pochi mesi ha sganciato
la Persia dalla retorica a cui ci aveva abituato
Ahmenjad, portandola fuori dalle sanzioni e ribaltando l'isolamento fortemente voluto da Israele
e Arabia saudita. Infatti ora sono questi i paesi in
difficolta' ,e gia' Israele ha annunciato il 'dispetto’
verso i colloqui di pace con i palestinesi autorizzando 800 insediamenti abitativi in zone palestinesi.
Uno sfregio nei confronti non solo di Abu Mazen,
ma anche del segretario agli esteri americano
Kerry. A questo bisogna aggiungere il passaggio
dell'Egitto in zona d'influenza russa ,dopo la
cacciata della fratellanza mussulmana dal potere
. Senza dimenticare l'inutilita' di 10 anni di
guerra in Iraq ,ora su posizioni filosiariane e
scite. Ginevra ha sancito la disfatta dell'asse
islamico-sionista . Uno scacco matto nella
continua partita del Vicino oriente.
N
CONTINUA IL BRACCIO DI FERRO TRA BANCA E FONDAZIONE
Mps, ecco l’aumento di capitale da 3 miliardi
di Federico Colosimo
n aumento di capitale monstre, da 3 miliardi
di euro, al fine di scongiurare la bancarotta.
Stamattina il Cda della banca rossa Mps si
riunirà e darà il via libera all’operazione, fissando
un’assemblea già per la fine di dicembre. I
vertici dell’istituto di credito – in attesa del via
U
✝
Il direttore Francesco Storace,
l'amministratore Roberto Buonasorte
e tutta la redazione de Il Giornale d'Italia
si stringono intorno alla famiglia Centi
per la perdita del caro amico Piero
libera dell’Unione Europea, che arriverà entro
pochi giorni – continuano a premere sull’acceleratore e vanno al duello con la fondazione.
Non sarà certamente una seduta tranquilla, quella
odierna. Con Alessandro Profumo e Antonella
Mansi pronti a sfidarsi a suon di stoccate e colpi
bassi. L’ente socio, a braccetto con la sinistra,
vuole rallentare a tutti i costi i tempi di approvazione del piano perché ha paura di perdere quel
che resta del patrimonio che ha in cassa. E per
allontanare lo spettro di nuovi investitori stranieri
pronti ad entrare in scena prepotentemente. Il
management, al contrario, vuole uscire al più
presto dalla gravissima situazione di insolvenza
che potrebbe portare dritti alla nazionalizzazione.
A sostenere l’operazione e a scendere letteralmente in campo, un consorzio di garanzia composto da 10 banche. Come global coordinator,
Ubs, Mediobanca, Citigroup e Goldman Sachs.
In qualità di joint-bookrunner, Societé Generali,
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Direttore responsabile
Francesco Storace
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Società editrice
Amici del Giornale d’Italia
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Merrill Lynch, Morgan Stanley e Barclays. A
queste dovrebbero affiancarsi altre 3 banche
minori che però non sarebbero ancora state decise.
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tel. 335 6466624 - 06 37517187
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Martedì 26 novembre 2013
Attualità
In Vaticano lo storico incontro: la situazione in Siria ma non solo al centro dei colloqui
Il Papa e Putin costruttori di pace
Sullo sfondo anche relazioni migliori tra la chiesa cattolica e quella ortodossa russa
di Igor Traboni
durato circa 35 minuti
ieri sera il colloquio
privato tra papa Francesco e il presidente
russo Vladimir Putin
nella Sala della Biblioteca dell'appartamento papale. Il colloquio
è avvenuto alla presenza di un
interprete ed è stato anticipato
da imponenti misure di sicurezza
in tutta Roma. Al centro la volontà
del perseguimento della pace in
Siria, sottolineando "l'urgenza di
far cessare le violenza e di favorire
iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto".
L'udienza in Vaticano - cominciata
con quasi 50 minuti di ritardo,
dovuti al ritardato arrivo del presidente russo impegnato in altri
appuntamenti romani - fa seguito
alla lettera che il Papa, all'inizio
di settembre, scrisse a Putin in
quanto presidente come padrone
di casa del G20 che si teneva a
San Pietroburgo. In quell'occasione il Pontefice, alla vigilia della
giornata di preghiera e digiuno
per la pace in Siria, faceva appello
ai grandi della terra affinché trovassero "una soluzione che evitasse l'inutile massacro a cui stiamo assistendo".
Proprio la sanguinosa crisi siriana
È
e l'urgenza di un ritorno alla pace
nella regione sono stati dunque
al centro dell'incontro in Vaticano.
Sulla Siria ieri mattina era intervenuto anche il ministro degli
Esteri russo Lavrov: "Sarebbe un
gravissimo errore e una responsabilità criminale ctrascurare la
possibilitàcdi trovare una soluzione
con la conferenza di Ginevra 2.
Sullo sfondo l'auspicio espresso
dal Patriarcato di Mosca che la
visita di Putin in Vaticano aiuti a
rafforzare le relazioni tra Russia
e Santa Sede e anche quelle tra
la Chiesa ortodossa russa e quella
cattolica romana. Pochi giorni fa,
il 12 novembre, il Papa ha ricevuto
il metropolita Hilarion, considerato
il "ministro degli esteri" del Patriarcato di Mosca, nello stesso
giorno in cui il patriarca Kirill accoglieva a Mosca il cardinale di
Milano Angelo Scola. Quest’ultimo
può essere considerato il gran
tessitore dell’incontro con Putin,
assieme all’arivescovo metropolita
di Mosca, l’italiano Paolo Pezzi.
Riferendosi alla possibilità di un
incontro in territorio neutro tra il
patriarca e il Papa, il metropolita
Halarion aveva detto: "Non siamo
ancora pronti per dire quando e
dove avverrà questo incontro,
ma ci stiamo lavorando”.
Al termine il Pontefice e il presi-
dente si sono scambiati i doni. Il
Papa ha regalato a Putin un mosaico con una veduta dei Giardini
Vaticani. Il presidente russo ha
donato al Pontefice un'icona della
Madonna di Vladimir, una delle
immagini più venerate della Chiesa
ortodossa. Putin si è fatto il segno
della croce secondo l'uso ortodosso e ha baciato l'ìcona mariana, subito dopo baciata anche
dal Pontefice.
Dopo l'udienza papale, Putin accompagnato dai ministri russi
degli Esteri e della Difesa - ha
incontrato il segretario di Stato
vaticano, monsignor Pietro Parolin. Anche questo incontro è
durato circa mezzora. Il corteo
di auto di Putin è uscito dal Vaticano alle 19.10. Putin si è poi
recato al Quirinale per incontrare
Napolitano e ha infine cenato
con Berlusconi..
MAGISTRATURA, POLITICA E GIORNALISMO, IL LEADER DI AZIONE CIVILE NON SI È FATTO MANCARE NULLA
Il ritorno dorato di Ingroia: ex di tutto
Tra le polemiche, il “rivoluzionario rosso” è stato nominato commissario di Sicilia e Servizi dall’amico Crocetta
di Giuseppe Giuffrida
tornato, Antonio Ingroia, ed è più vispo che
mai. La sberla presa alle scorse elezioni politiche, per l’ex pm malato di megalomania, è
ormai un ricordo lontano. E pure le polemiche
con il Consiglio Superiore della Magistratura sono
roba da archivio. Lui, del resto, c’aveva provato a
diventare eroe dell’antimafia. A suo parere, le
carte necessarie a finire nei libri di storia c’erano
tutte: Era nato a Palermo, in magistratura si era
fatto le ossa a fianco di Paolo Borsellino, ha
tentato per una vita di mandare in galera Marcello
Dell’Utri e Silvio Berlusconi, indossando le vesti
del giustizialista che arriva dove la politica non è
capace di arrivare.
Spronato dagli elettori delusi da un centrosinistra
più confuso che persuaso, si era pure candidato a
premier convinto di fare il botto. Non c’era trasmissione televisiva che non lo vedesse nel parterre
degli ospiti. Quando camminava per strada sembrava il fercolo di Santa Rosalia; tutti lo fermavano,
incitandolo ad andare avanti nella sua operazione
legalità. Perfino i ragazzini lo riconoscevano. E
poco importava se il motivo di tale popolarità
non fosse il suo operato alla Procura di Palermo
ma l’imitazione che Maurizio Crozza ne faceva in
tv, prendendone di mira l’entusiasmo nell’esporre
il suo programma di governo paragonabile a quello
di un prete durante un’orazione funebre. Antonio
Ingroia il botto l’avrebbe fatto comunque. Tanto ci
si è messo, che alla fine l’ha fatto davvero;
nell’acqua, però, con la sua “Rivoluzione Civile”
alle elezioni.
lui, abituato alle temperature palermitane, potrebbe
venire un coccolone. Non ci sta perché per lui, il
capitolo magistratura è chiuso. Ormai è un uomo
della pubblica amministrazione. Dunque, il giorno
dopo aver messo piede al Nord, l’ex politico se ne
va un mese in ferie, e il 14 giugno, annuncia le dimissioni dalla magistratura. Peccato però che,
pochi giorni più tardi, è la magistratura stessa a
farlo decadere per mancata presenza sul posto di
lavoro. Cose da pazzi. Un eroe dell’antimafia come
lui si ritrova, tutt’ad un tratto, con una mano
davanti e una di dietro. Fuori dal Parlamento e
fuori dalla magistratura.
È
Da Santa Rosalia a Rosario poco santo
La depressione da fallimento politico, per l’eroe
mancato Ingroia è durata pochissimo. L’8 aprile
scorso, infatti, l’illustrissimo governatore della
Sicilia, Rosario Crocetta - uomo da sempre impegnato a trovare impiego agli amici- decide di imbarcare nella sua squadra di cognomi eccellenti,
ex dirigenti della Questura, estimatori e segretarie,
pure l’ex magistrato. Quale posto migliore per Ingroia, che quello di presidente di Riscossione
Sicilia, società che si occupa delle imposte in
terra sicula? Era pronto a tornare, Antonio. Più
vispo che mai. Già si vedeva davanti agli occhi il
saldo del suo conto bancario, mantenuto in ottima
salute grazie ai soldi dei suoi conterranei. A
fermare il sogno, però, ci pensano nientemeno
che i suoi ex colleghi della Iustitia. Il Csm, infatti,
irrompe a gamba tesa e invita il magistrato a prenotarsi un biglietto per Aosta dov’è stato incaricato
di svolgere le sue funzioni.
Com’è fredda la mia Valle
Ma Antonio non ci sta. E non solo perché in Valle
d’Aosta fa notoriamente freddo ed ad uno come
Ci pensa l’Avvocatura dello Stato
Fortuna che c’è Crocetta, che sotto i fumi delle
petrolifere di Gela, perennemente lì a coprire il
meraviglioso sole siculo, ha pensato di bene di
nominare Antonio Ingroia quale nuovo commissario
di Sicilia e Servizi, società pubblica per l’informazione. Non fosse altro che la società siciliana
aveva già le carte dal notaio per avviare l’iter di
scioglimento. Dinanzi al “no” secco del notaio e
alle perplessità del consiglio d’amministrazione
della partecipata, la nomina dell’ex magistrato
rimane congelata per mesi. A porre fine alla barzelletta, a novembre inoltrato, ci pensa l’Avvocatura
dello Stato, che dà il via libera al percorso tracciato
da Crocetta di liquidare la società e nominare un
nuovo commissario. Dunque, l’ex magistrato può
insediarsi. Dal canto suo, Ingroia, ha rispolverato
l’abito di uomo della legalità, promettendo ferro e
fuoco contro chiunque abbia ostacolato la sua
nomina. Intanto, gli amministratori della società,
in vista della scadenza del contratto di servizio
con la Regione a fine dicembre, hanno inviato il
preavviso di licenziamento ai settanta dipendenti.
Ma niente paura. È tornato, Antonio Ingroia, ed è
più vispo che mai.
4
Martedì 26 novembre 2013
Attualità
IN ONDA SU RAI UNO IL DOCUMENTARIO DI SILVIA GIRAL UCCI SUL LA PADOVA DEGLI ANNI DI PIOMBO
“Sfiorando il muro” dell’indifferenza. Che andrebbe abbattuto
di Cristina Di Giorgi
Sfiorando il muro”. Un titolo
estremamente evocativo per
un documentario che si propone di tracciare un percorso nella
Padova degli anni 70. Una città in
cui, il 17 giugno 1974, hanno perso
la vita, uccisi dalle Brigate rosse, i
militanti del MSI Giuseppe Mazzola
e Graziano Giralucci. Le prime vittime del terrorismo rosso, che inaugura così il passaggio dalle azioni
dimostrative allo spargimento di
“
sangue.
Sfiorando il muro su cui, oggi come
ieri, campeggiano scritte. Che a
volte chiedono giustizia, altre ricordo e altre vendetta. Un muro,
quello di una delle case della periferia di Padova in cui ha vissuto
la nonna di Silvia Giralucci (figlia
di Graziano e autrice del documentario, andato in onda domenica
sera su Rai Uno), su cui qualcuno
ha scritto “Fuori i compagni del 7
aprile”, firmato falce e martello. E’
da questa scritta e da questo muro
che Silvia inizia il suo viaggio in
quel periodo difficile, per lei –
allora bambina – e per tutti coloro
che, in un modo o in un altro lo
hanno vissuto. “Sfiorando il muro”
nasce dall’esigenza di spiegare lo
spirito degli anni Settanta ad un
ragazzo di oggi. E di fare i conti –
per l’autrice e regista – con il proprio passato. Quello personale, fatto
di dolore per la mancanza del padre, e quello generale, fatto di politica vissuta in modo intenso, totalizzante e a volte, purtroppo, anche
violento.
Nel rispetto assoluto del travaglio
interiore di una figlia, cresciuta
senza le risposte che, da adulta, ha
avuto il coraggio di andarsi a cercare, il lavoro di Silvia Giralucci lascia, almeno in parte, una certa
sensazione di incompiuto. Soprattutto per quanto riguarda la comprensione delle ragioni e delle motivazioni di quella che, a quanto
pare, continua ad essere “la parte
sbagliata”.
Nel documentario c’è infatti una
lunga sequenza che racconta di
eventi e personaggi della sinistra,
con tanto di interventi e testimonianza di un “cattivo maestro” di
allora che, ancora oggi, rivendica
senza pudore né vergogna la vio-
lenza compiuta. Altrettanto importante lo spazio dedicato a Pietro
Calogero, il magistrato che si occupò delle indagini sul Fronte della
Gioventù patavino prima (1975) e
su Autonomia operaia poi (1979) e
che rilancia l’ormai noto teorema
degli “opposti estremismi”, senza
peraltro in alcun modo riconoscere
il peso e le responsabilità di una
certa frangia della magistratura,
politicamente orientata, in molto
di quel che accadde in quegli anni
bui, a Padova e non solo. Non manca
nemmeno un accenno ai “tanti giovani – scrive la stessa Giralucci –
che avevano creduto nel movimento
del ’77, che videro in quell’operazione (gli arresti del 7 aprile ai
danni di Autonomia operaia) l’inizio
della repressione, la fine dei sogni”.
Quello che sembra mancare, nonostante la testimonianza di Stefania
Paternò (allora dirigente del FdG),
è uno sforzo maggiore di indagine
e di comprensione sulla comunità
politica missina, sul significato che
aveva allora essere di destra, sul
senso che ha, oggi, ricordare chi a
quell’appartenenza ideale ha sacrificato tutto. Per carità, ha ragione
chi sottolinea che “Sfiorando il
muro” non è stato fatto per rafforzare la memoria identitaria della
destra. Ed è altrettanto vero che
rappresenta comunque un passo
avanti nell’abbattere quel muro di
indifferenza che la città di Padova
e l’Italia tutta hanno costruito attorno
ai morti “fascisti”. Resta però anche
la mancanza di accuratezza e completezza – per quanto di possibilità
e materiale a disposizione l’autrice
ne avesse non poco – nel descrivere
“l’altra parte”. A questa carenza,
vissuta come un’altra occasione
persa da tutti coloro che si aspettavano qualcosa in più dal documentario di Silvia Giralucci, rispondono i volti sereni dei ragazzi che,
inquadrati brevemente, hanno reso
omaggio alla memoria dei due missini assassinati a Padova il 17 giugno
1974. E, con altrettanta limpidezza,
le parole di Mario Bortoluzzi, allora
militante del FdG di Padova, che
scrive: “credo che un ragazzo ‘fascista’, oggi ultracinquantenne, se
avesse l'occasione di essere sentito
dall'autrice potrebbe dirle: in quegli
anni ho rischiato la mia vita e quella
dei miei cari per difendere il semplice diritto di esistere della mia
gente, avendo ben presente davanti
agli occhi il sacrificio di Suo Padre
e di Giuseppe Mazzola. Ciò facendo,
ho fatto definitivamente mio il valore
inestimabile della libertà”.
Secondo la Corte d’Assise di Roma “non è chiaro se quella pur grave azione delittuosa potesse avere un’efficacia destabilizzante”
Assolti gli assassini di Quattrocchi
Una sentenza che suscita indignazione e contro la quale il pm Erminio Amelio ha presentato ricorso in Appello
di Emma Moriconi
ome si potrebbero definire delle persone
che uccidono un italiano e ne tengono
prigionieri altri tre per 58 giorni? Secondo i giudici italiani non sono terroristi.
Parliamo di Ahmed Hillal Qubeidi e Hamid
Hillal Qubeidi, arrestati durante la liberazione
di Salvatore Stefio, Umberto Cupertino e
Maurizio Agliana, loro carcerieri e assassini
di Fabrizio Quattrocchi. La loro identità, dicono
i giudici, non è comprovata. Come a dire
che quando sono stati catturati mentre facevano la guardia ai tre prigionieri si trovavano
lì per caso. Inoltre, sostengono, il loro collegamento con gruppi eversivi non è evidente.
Infine, l’esecuzione non è un atto di terrorismo.
Insomma, per la Corte d’Assise di Roma non
ci sono terroristi né eversivi, a meno che ad
essere tenuta prigioniera non sia una giornalista che si chiama Giuliana Sgrena. Poco
conta, probabilmente, che Carlo Azeglio
Ciampi abbia assegnato a Quattrocchi una
Medaglia al Valor Civile con la motivazione
“vittima di un brutale atto terroristico rivolto
contro l’Italia, con eccezionale coraggio ed
esemplare amor di Patria, affrontava la barbara
esecuzione, tenendo alto il prestigio e l’onore
del suo Paese”.
Non solo: “non è chiaro se quella pur grave
azione delittuosa potesse avere un’efficacia
destabilizzante da poter disarticolare la stessa
struttura essenziale dello stato democratico”,
dicono. Proprio così: “efficacia destabilizzante”. Cioè, per essere definiti terroristi e
per essere condannati, due assassini devono
uccidere con “efficacia destabilizzante”? e
occorre che tale efficacia sia tale da “disarticolare la stessa struttura dello stato democratico”?
L’omicidio di Fabrizio Quattrocchi, ucciso
barbaramente affinché l’Italia capisse che le
truppe dovevano ritirarsi dall’Iraq, non è dunque, per i giudici italiani, un atto eversivo.
C
Non lo è la segregazione di tre ostaggi che
avrebbero avuto lo stesso destino di Quattrocchi se non fossero stati liberati. Ebbene,
quell’ “amor di Patria” citato da Ciampi nella
motivazione della Medaglia al giovane Quattrocchi, non lo ha ripagato con la medesima
passione. Quel sacrificio supremo, per i
giudici del nostro Paese, non vale nulla.
Nulla conta la testimonianza di Stefio secondo
cui uno dei rapitori avrebbe più volte affermato
di aver preso parte all’attentato di Nassirya:
le sue dichiarazioni sono state ritenute “semplici vanterie dirette ad accrescere il timore
delle vittime”.
Ogni italiano ricorda sin troppo bene le immagini di quel giovane che gridava “vi faccio
vedere come muore un italiano”, mentre un
colpo stava per colpirlo alla nuca. Il filmato
di quel fatto, trasmesso parzialmente dalla tv
italiana, ha fatto rabbrividire, generando nella
popolazione un sentimento di rabbia mista
ad orrore. Ogni “italiano”, a prescindere dall’appartenenza politica. È davvero deprimente
leggere il Fatto Quotidiano quando scrive:
“La decisione della corte d'Assise di Roma
scatena gli attacchi della destra”. Come sa-
rebbe a dire “della destra”? che significa?
Che la sinistra, invece, plaude all’assoluzione
di due terroristi assassini? Sarebbe davvero
il colmo.
Fabrizio Quattrocchi, la cui vicenda ha commosso tutto il mondo, viene così calpestato
dalla sua Italia, ucciso per la seconda volta,
lui insieme alla sua memoria.
Il pm Erminio Amelio, che aveva chiesto per
i due indagati la condanna a venticinque
anni per finalità terroristiche, ha annunciato
di aver presentato ricorso in Appello contro
la sentenza.
5
Martedì 26 novembre 2013
Mobilitazione e forti disagi a Roma per i cortei pro-Stamina
I malati tornano in piazza
per la “libertà di cura”
Dopo il no della Lorenzin a ricevere i manifestanti, caos a Montecitorio
di Francesca Ceccarelli
onostante le temperature artiche, un’altra
giornata di fuoco nella Capitale: stavolta
a infiammare le strade romane una nuova manifestazione del Comitato Pro-Stamina. “Libertà di cura” è
quello che chiedono i pazienti assieme alla possibilità
di essere ascoltati dalle istituzioni. Tensione massima
quando è stato annullato l’incontro fra la delegazione di
manifestanti pro-Stamina e i
rappresentanti delle istituzioni inviati dal ministro della
Salute, Beatrice Lorenzin.
Sarebbe stata giudicata infatti “irricevibile” da parte della presidenza del Consiglio dei ministri la presenza del presidente di Stamina Foundation, Davide
Vannoni, clausola che la delegazione di
malati aveva definito imprescindibile affinché l’incontro avvenisse.
Dopo il no a priori i manifestanti si sono
fatti ancora più numerosi in piazza Montecitorio, tanto che si sono verificati
anche due lievi malori fra le persone in
protesta che hanno tentato di sfondare
N
il cordone delle forze dell’ordine. I
portoni della Camera sono stati sbarrati
e un nuovo reparto di poliziotti in assetto
antisommossa è stato fatto arrivare per
proteggere l’ingresso.
“I malati e i familiari, in questa fase,
sono disposti ad autotassarsi per sostenere le spese dovute alle terapie
presso gli ospedali pubblici (carotaggi
ed infusioni) al fine di non gravare sul
Servizio sanitario nazionale” hanno ripetuto i manifestanti.
In un volantino distribuito
al presidio davanti la Camera dei Deputati, l’elenco
dettagliato elencate delle
richieste alle istituzioni:
l’emissione di un decreto
ministeriale d’urgenza che
introduca l’istituzione di
cure compassionevoli di
emergenza, sulla falsa riga
del decreto Turco-Fazio del
2006, per i malati gravi e
in pericolo di vita; l’immediato sblocco delle liste
d’attesa degli spedali Civili
di Brescia, per i circa 140
malati in attesa di iniziare
le cure con le cellule staminali secondo il metodo
Stamina; l’autorizzazione
anche per gli altri ospedali ad erogare i
medesimi trattamenti.
E ancora: “L’avvio di una sperimentazione scientifica ministeriale eseguita
con i crismi di trasparenza, con un Comitato tecnico scientifico internazionale
e nomina di un organismo internazionale
e indipendente di valutazione, che non
sia composto da scienziati che abbiano
conflitti di interesse, ovvero che abbiano
già espresso pubblicamente giudizi negativi sulla metodica Stamina.
Attualità
Libia
Bengasi in rivolta:
morti e feriti negli scontri
A
Bengasi è stato d’allerta: così è stato
deciso da Abdullah alSaiti, governatore militare della seconda città
della Libia, in seguito ai
combattimenti tra le forze speciali dell'Esercito
e le milizie del gruppo
salafita Ansar al-Sharia
che hanno sconvolto
ieri la città. Attraverso
la tv locale Nabaa, i funzionari del ministero della Sanità
hanno dichiarato che le morti sarebbero al momento 14, tra cui
cinque militari, mentre i feriti sarebbero 51, di cui la metà civili. Il
governo ha inoltre revocato immediatamente tutte le licenze
concesse ai soldati libici, invitandoli a riprendere immediatamente servizio, mentre gli abitanti
sono stati esortati a non uscire
di casa.
Un portavoce delle forze speciali,
colonnello Milud al-Zwei, ha spiegato che la battaglia “è divampata
dopo che i salafiti avevano attaccato una pattuglia nei pressi del
loro quartier generale”. La battaglia
si è concentrata in prossimità di
una clinica gestita dai jihadisti
nel quartiere settentrionale di Selmani. Alcuni testimoni hanno riferito il verificarsi di veri e propri
combattimenti a colpi di armi pesanti, mentre una densa coltre di
fumo si è sollevata dalla zona di
Ras Obeida.
Ansar al-Sharia è un gruppo filo-
al-Qaeda, considerato il responsabile dell'attacco terroristico del
settembre 2012 contro il consolato
Usa della città di Bengasi, in cui
persero la vita quattro persone,
tra cui l’ambasciatore americano
Chris Stevens. Da tempo si ripetono gli sforzi delle forze armate
libiche per contenere i militanti
islamici e le decine di milizie rivali
che nel 2011 parteciparono alla
rivolta contro il regime di Mu’ammar Gheddafi ma che, dopo la
sua caduta, si rifiutarono di lasciare le armi.
Solo Domenica la Libia era stata
al centro dell’incontro londinese
tra il premier libico Ali Zeidan e il
segretario di Stato Usa, John
Kerry. “Il Regno Unito, gli Stati
Uniti e i nostri amici vogliono
aiutare la Libia per darle la stabilità
di cui ha bisogno” aveva detto
Kerry. Un impegno sottolineato
anche dal capo del Foreign Office,
che ha parlato della necessità di
“aiutare il governo e il popolo liF.Ce.
bico”.
Martedì 26 novembre 2013
6
Storia
I successi del gerarca crescono a dismisura, come la sua popolarità. Un personaggio che dà lustro al Fascismo e all’Italia
Italo Balbo Governatore in Libia / 3
“Amo la vita per l'amore che soggioga, per il dovere che innalza, per l’Idea che ci rende uomini e che fa diventare le nostre anime sublimi”
di Emma Moriconi
a colonia libica con Balbo
diventa sviluppatissima: dalla Tunisia all’Egitto un’arteria
la attraversa: si chiama “Balbia”. Quando Mussolini vi
si reca in visita è fieramente orgoglioso del lavoro svolto dal Governatore. Il Duce è accolto con entusiasmo dalle popolazioni libiche. Atterra a Tripoli in serata ed entra in
città a cavallo di un destriero bianco.
Le fiaccole e i 2.600 cavalieri che lo
seguono sono uno spettacolo unico.
Il giorno successivo Mussolini brandisce la spada dell’Islam, forgiata da
un orafo fiorentino.
Quando torna in Italia, Benito parla
di Balbo e della sua immane opera
con la sorella Edvige, che anni dopo
riferisce: “Non potevo esprimere a
mio fratello che un’impressione favorevole su quanto avveniva nella
nostra colonia, consule Balbo. Gli
dissi anche del cambiamento che si
era verificato nell’uomo: al che sorridendo mio fratello mi chiese come
se la cavasse l’antico repubblicano
nei rapporti frequenti che doveva
avere, ad esempio, con la principessa
Jolanda di Savoia e con suo marito,
conte Calvi di Bergolo, ufficiale superiore a Tripoli. Risposi che avevo
visto Balbo davanti alla principessa
e al consorte comportarsi con un felice equilibrio fra la dignità inerente
alla sua carica e le forme protocollari
dell’ossequio dovuto a rappresentanti
L
risulta decisamente interessante: “La straordinaria diffusione del
volo umano - scrive infatti il quotidiano - le linee intercontinentali e
quelle a basso costo ci
permettono di apprezzare meglio quanto sia
stata importante l’intuizione geniale dell'alpino ferrarese: capire che
il volo sarebbe stato alla
portata di tutti soltanto
organizzandolo non
come impresa eroica
di pochi audaci, ma
come prassi quotidiana
per uomini comuni che
possono volare tranquilli, certi di una perfetta
organizzazione a terra
come in cielo. Con le
sue trasvolate atlantiche
- dice poi - Balbo ha
fatto fare un passo avanti
all'umanità. A chi ancora
obiettasse che si trattò
di un’impresa fascista,
occorre per forza rispondere come rispose
nel dopoguerra il sinItalo Balbo, al centro fra Benito Mussolini e un altro gerarca, durante una serata di gala in Libia
daco di Chicago stupito all’ambasciatore
della Dinastia, il tutto su un fondo di
tolo: “Balbo, aviatore (e governatore)
italiano che gli chiedeva di cambiare
disinvoltura; mi compiacqui con lui
sempre più attuale” e, nel sommario:
il nome alla strada dedicata a Balbo:
anche per il suo stile”.
“Ora che il Fascismo è materia solo
“Perché, non ha trasvolato l’AtlantiIl Giornale di qualche giorno fa deper gli storici, emerge l’importanza
co?”.
dicava ad Italo Balbo un pezzo da tidelle sue imprese”. Un passaggio
Insomma, come a voler dire che in
questa Italia alla rovescia sembra
non si possano esaltare le gesta e le
opere di un grande uomo come Italo
Balbo solo perché fu un fascista.
Come se quel Ventennio della storia
d’Italia debba essere cancellato e,
qualora se ne debba parlare per forza, lo si possa fare solo in senso negativo. Ebbene il Ventennio fascista
è un pezzo della storia d’Italia, con
le sue luci e le sue ombre: datosi
che sulle ombre si è scritto a fiumi,
si faccia altrettanto con le luci.
Ecco, Italo Balbo è un personaggio
che al Fascismo ha dato lustro. Il suo
coraggio, la sua spinta innovativa, il
suo animo ardimentoso hanno indotto
spesso alla sua identificazione con
un personaggio cavalleresco rinascimentale: Balbo è invece un uomo
del suo tempo, con uno spirito vulcanico ed una determinazione fuori
dal comune. Dice di se stesso: “Così
è il mio animo: io amo la vita per la
natura, per il bello, per il sole che irradia, per l'amore che soggioga, per
il dovere che innalza, per l'Idea che
ci rende uomini e che fa diventare le
nostre anime sublimi”.
Del resto Italo Balbo alla giovane età
di 26 anni è uno dei quadrumviri
della Marcia su Roma e a 27 entra
nel governo: una carriera iniziata
presto e in grande. Purtroppo, finita
altrettanto presto per un banale quanto
tragico incidente.
(… continua …)
[email protected]
7
Martedì 26 novembre 2013
Roma e Lazio
È INIZIATA IN AULA GIULIO CESARE LA “MARATONA” SULLA MANOVRA FINANZIARIA
NOTA A MARGINE
Caschetto in testa, Marino
va alla battaglia del bilancio
La gomitata di Rossin
un assist per il sindaco
Corsa contro il tempo, con centinaia di migliaia di emendamenti
Ma gli occhi sono puntati sull’atteggiamento ondivago dei 5 Stelle
l sindaco? Come Caterina Caselli. Il caschetto non è però d’oro, ma bianco. E
di plastica. Reduce dal sopralluogo a
La Nuvola, il nuovo centro congressi
griffato Fuksas all’Eur, Ignazio Marino si è
voluto portare il souvenir in aula Giulio
Cesare per la discussione del bilancio.
Non si tratta soltanto di voler richiamare
una battaglia da affrontare in trincea per
l’approvazione di una manovra che conosce
solo due baratri: quello di una maggiorata
imposizione fiscale da una parte, quello
del commissariamento del Comune dall’altra. No. Il caschetto richiama ormai
solo la gomitata galeotta che il primo cittadino si è beccato durante concitate fasi
durante la discussione avviata domenica.
Alle sue spalle, il presidente del consiglio
comunale Mirko Coratti, fronteggiava la
dura contestazione dei rappresentanti dell’opposizione. Tra questi c’era Dario Rossin,
di Fratelli d’Italia, dai banchi della maggioranza arrivava un altro dal temperamento
“focoso”, Gianluca Peciola. Tra i due
l’alterco si accendeva un po’ troppo, fino
ad arrivare alle mani, ma a rimetterci era
proprio il sindaco, colpito da una gomitata.
Volontaria? No? Inutile chiederselo: fatto
sta che l’indomani è stato proprio il “ferito”
(ovviamente in maniera assolutamente
lieve) a sdrammatizzare, utilizzando appunto
il caschetto per mostrare la filosofia con
la quale ha preso l’accaduto. Meno filosofia
rischia di utilizzare l’ufficio di presidenza,
I
al cui vaglio sarebbero delle sanzioni da
operare proprio nei confronti di Rossin.
Tant’è. L’episodio fa da sfondo allo scontro
in atto per il bilancio. Con la maggioranza
che vorrebbe approvare nel più breve
tempo possibile la manovra per scongiurare
la vergogna del commissariamento e l’opposizione che cerca invece di strappare,
attraverso centinaia di migliaia di emendamenti, singoli successi a livello politico
su quelli che potrebbero essere punti più
o meno qualificanti del proprio programma
elettorale.
La maratona sul bilancio, a prescindere
dagli effetti che potrebbe avere il suo risultato finale, è anche un momento di verifica politica per la maggioranza. La manovra pare decisamente sostenuta da Si-
nistra Ecologia Libertà, più
tiepida è l’accoglienza di Pd e
liste civiche. Tanto che ieri
mattina, quando si sono aperti
i lavori, i banchi erano ben
poco popolati e il numero legale è subito mancato. Un segnale chiaro di disaffezione
da parte degli stessi consiglieri
di maggioranza, mentre lo
stesso sindaco era in tutt’altre
faccende affaccendato.
In tutto questo, il maggiore
dei punti interrogativi è rappresentato dal comportamento
di parte delle opposizioni. Alfio
Marchini, a dispetto di qualche voce su
un suo possibile salvagente verso la giunta
Marino al momento del voto, si è pubblicamente espresso con un giudizio negativo
nei confronti del bilancio. Difficile perciò
che possa anche pensare all’astensione.
Ben diverso l’atteggiamento del Movimento
5 Stelle. Il silenzio della fazione grillina, in
questi primi sei mesi di giunta Marino, è
stato assordante. Anche durante la discussione del bilancio, De Vita e soci
stanno facendo i pesci in barile. Loro
dicono di essere “guardiani” della democrazia in questa fase. Sarà interessante
vedere da che parte saranno, questi guardiani, quando sarà il momento di alzare la
mano per esprimere il proprio parere.
Robert Vignola
La gazzarra in consiglio comunale restituisce
collante a una maggioranza senza più slancio
na buona regola per un buon
politico: il gomito non si alza.
Un’altra buona regola per un
buon politico: il gomito non si alza
nemmeno per colpire un avversario.
Intendiamoci: la nottata dei veleni in
aula Giulio Cesare non è stata certamente la prima, né sarà l‘ultima rissa
di cui l’opinione pubblica sentirà parlare,
che abbia per palcoscenico le varie
istituzioni. Quando si amministra, e si
devono portare le istanze della gente
dentro il palazzo, in fondo è meglio
essere sanguigni che esangui. Ma il
sangue non deve mai annebbiare il
cervello: in primo luogo per non lasciare
neanche uno spiraglio aperto alla
pratica della violenza politica, in secondo
luogo per non macchiare le proprie
giuste convinzioni con l’ombra dell’arroganza.
Ecco, è giusto che si parli ancora di
ombra, visto che il diretto interessato
della gomitata a Ignazio Marino ha riferito che non si è avveduto, in quei
concitati momenti, di aver colpito il
sindaco e che questa non era minimamente la sua volontà. O forse, chissà, è stata la testa del chirurgo a
colpirne il gomito. Botte da orbi, si diceva un tempo…
Fatto sta che Dario Rossin, il consigliere
protagonista di questa storia, è stato
il migliore degli assist-men proprio
per il sindaco Marino. L’immagine di
U
quest’ultimo, ridotta rasoterra da pochi
mesi di amministrazione guidata con
furia demolitrice e assoluta insipienza,
può infatti ora aggrapparsi alla figura
da vittima che questa storia gli ha riservato. Magari ricompattando anche
le truppe della coalizione che si stavano
stufando di sostenerlo, perché nulla
coagula le forze della sinistra quanto
un avvenimento del genere.
Ecco qui, servito su un piatto d’argento,
l’autogol della cosiddetta destra moderata che siede in Campidoglio. I segnali sono chiari, il riflesso pavloviano
nelle varie anime della maggioranza è
già scattato e queste venderanno la
pelle pur di far restare Marino, che
pure alcuni di loro ritengono inetto,
sulla poltrona di sindaco di Roma. Di
questo, oltre che della gomitata, Rossin
dovrebbe davvero chiedere scusa.
Bruno Rossi
CRISI POLITICA SENZA SBOCCO, ELEZIONI A MAGGIO
UN ALTRO INCREDIBILE EPISODIO A CIAMPINO
Cade la giunta, anche
Civitavecchia al voto
Baby-nomade costretta
a rubare dal marito
Spaccatura insanabile a sinistra, volano gli stracci tra Sel e Pd
Quando i carabinieri sono arrivati nel campo, le due
famiglie si stavano “contendendo” la ragazzina
ivitavecchia è senza amministrazione comunale.
Si aggiungerà quindi,
centro del Lazio più importante
per quella tornata, alla lista dei
Comuni che dovranno eleggere
sindaco e consiglio nel prossimo
maggio.
L’epilogo ha avuto luogo tra domenica sera e ieri mattina. Il sindaco Pietro Tidei, ex parlamentare
del Pd (padre di Marietta, che
siede oggi ai banchi della Camera)
aveva rassegnato le dimissioni
domenica. Era stato l’estremo
tentativo di osteggiare l’operazione
politica di sfiducia già in atto, con
otto consiglieri di maggioranza
(quattro di Sel, tre di liste civiche
e l’ex capogruppo del Pd) che si
stavano contestualmente riunendo
con altrettanti consiglieri di minoranza per arrivare alla chiusura
della stagione amministrativa iniziata nel maggio dell’anno scorso.
Niente da fare: ieri mattinagli
stessi 16 consiglieri hanno fatto
pervenire le proprie contestuali
dimissioni dal consiglio comunale,
facendo automaticamente decadere l’amministrazione.
La “caduta” di Civitavecchia ha
mandato in fibrillazione tutto il
centro-sinistra della provincia di
C
no spaccato
che spacca il
cuore, uno
squarcio sulla vita
dei campi nomadi
che fa brandelli delle
buone parole dei
benpensanti, sempre
pronti ad organizzare
una difesa d’ufficio
per i protagonisti di
storie allucinanti.
Così, come quelli
che sono sempre
pronti a definire leggenda metropolitana l’utilizzo quanto meno
spregiudicato che i nomadi fanno
dei figli (speso volentieri altrui).
Poi si scopre che di metropolitana
c’è la stazione di Ponte Mammolo,
dove una giovane si è vista portar
via il figlioletto di otto mesi da
una ospite dei noti campi. Oppure
si viene a sapere di episodi agghiaccianti, come l’ultimo che arriva dalle cronache di Ciampino.
All'inizio sembrava una lite tra
esponenti nomadi di diverse etnie
all'interno di un campo nomadi,
ma quando sono intervenuti i carabinieri del posto, hanno capito
che le due fazioni, una di origine
U
Roma. In particolare ci va giù
duro Rocco Maugliani, segretario
provinciale del Pd, secondo il
quale “è deplorevole l’atteggiamento tenuto da Sel, i cui quattro
consiglieri, tradendo il mandato
elettorale, hanno messo nelle
mani di Moscherini, il vero artefice
del dissesto economico del comune, le loro dimissioni, annullando di fatto qualsiasi spazio di
confronto. Si tratta di un fatto di
una gravità inaudita che non potrà
non avere ripercussione sulla fase
politica e amministrativa che si
apre in provincia di Roma e nel
Lazio”. Maugliani ha anche annunciato che l’ex capogruppo civitavecchiese del partito, il suo
quasi omonimo Flavio Magliani,
sarà deferito agli organi del Pd
per l’espulsione.
Ma dalla sponda di Sel ci pensa
Giancarlo Torricelli, coordinatore
dell’area metropolitana di Roma
per i vendoliani. “Quella di Civitavecchia è una crisi di governo
annunciata. L’ormai ex Sindaco,
Tidei, ha per troppe volte voltato
le spalle al programma di centrosinistra, sottoscritto con le altre
forze politiche della maggioranza.
A rendersi conto della situazione
ci sono anche esponenti dello
stesso partito democratico, che
non hanno esitato a chiedere a
Tidei un passo indietro, dopo aver
condiviso con noi la forte preoccupazione riguardo la deriva che
l’ex Sindaco aveva preso”.
R. V.
serba e l'altra di origine macedone,
stavano litigando per una ragazzina. Si tratta di una sedicenne,
di origine macedone, domiciliata
nel campo di Ciampino e che già
tre anni fa era andata in sposa ad
un ragazzo del campo di Castel
Romano, di origini serbe, di due
anni più grande di lei secondo un
accordo stipulato tra le famiglie.
Ma ora la ragazzina voleva rompere
quel patto e voleva rientrare nella
sua famiglia di origine.
Questo ripensamento ha fatto accendere la lite. I carabinieri intervenuti, dopo aver placato gli animi
hanno ricostruito la vicenda ed
hanno accertato che la famiglia
acquisita, costringeva la minore a
rubare nella Capitale a bordo dei
mezzi pubblici o
nelle vie del centro
di Roma, con guadagni molto alti che
però doveva consegnare alla famiglia del marito. La
ragazzina, dicono
convinti gli inquirenti, era in uno
stato di soggezione continuativa,
costretta a rubare. Per questo
motivo i militari hanno sottoposto
a fermo i due uomini per riduzione
in schiavitù ed hanno accompagnato la ragazza in una comunità
di accoglienza su disposizione del
Tribunale per i minorenni.
Questo, anche questo, accade nei
campi: che si trovi un accordo
per combinare matrimoni, e soprattutto che questi accordi poi
consegnino ragazzine alla schiavitù
più totale, fino a costringerle a…
rischiose attività di famiglia. E gli
italiani dovrebbero “integrarsi”?
Gustavo Lidis
8
Martedì 26 novembre 2013
Dall’Italia
GENOVA
GROSSETO - AL PROCESSO JACQUELINE ABAD QUINE
Concordia, teste in lacrime:
“Ho dovuto mentire”
L'assistente del direttore di crociera: "Feci tornare i passeggeri
in cabina anche se volevano salire sulle scialuppe"
e fu ordinato di dire
ai passeggeri che "era
tutto sotto controllo",
che "c'era un black
out" e che "dovevano
tornare nelle cabine" ma "le persone erano agitate e volevano
salire sulle scialuppe". Piange
e confessa quanto sa, Jacqueline
Esabeth Abad Quine, la peruviana assistente del direttore di
crociera, ascoltata ieri come teste dai giudici di Grosseto nell'ambito del processo sul naufragio della Costa Concordia.
La testimone è la stessa visibile
nei video girati dai passeggeri
radunati nell'area muster station dopo
l'urto della nave e il blackout che fece
accendere le luci di emergenza, che
diede l'annuncio "Abbiamo un problema
elettrico, appena sarà risolto, tutto tornerà
a posto. Per questo abbiamo le luci di
emergenza, è tutto sotto controllo".
Dopo aver rivissuto quei tragici momenti
la donna ha detto in lacrime: "I passeggeri volevano salire sulle lance, spingevano per andare via, ma noi non avevamo
ordine del comando e non potevamo
farli salire sulle scialuppe - ha ricordato
la peruviana - Il mio compito era calmare
i passeggeri e di avviarli all'imbarco.
Chiamai il mio capo, il direttore di crociera Francesco Raccomandato, che mi
rispose: l'equipaggio sta spaventando i
Sciopero selvaggio:
tre inchieste in corso
La Procura indaga per numerosi reati
Sono centinaia i dipendenti nel mirino
L
on si è ancora spenta l’eco
della paralisi al servizio di
trasporto pubblico, che Genova conosce ora l’inchiesta giudiziaria. Con risvolti penali che
potrebbero riguardare, almeno
stando ai primi passi mossi dalla
magistratura, centinaia di persone.
Si tratta degli stessi dipendenti
dell’Amt che si sono resi protagonisti dello sciopero selvaggio.
Al momento, presso la Procura
della Repubblica di Genova, risultano aperti ben tre fascicoli.
Uno riguarda l'irruzione a Palazzo
Tursi per la seduta del consiglio
comunale: le accuse sono allo
stato dei fatti contro ignoti e riguardano l’ipotesi di resistenza,
danneggiamento e violenza o minaccia ad un corpo amministrativo. Gli inquirenti hanno ricevuto
la segnalazione della Polizia Municipale e visioneranno anche i
filmati televisivi registrati nell’occasione.
Una seconda inchiesta riguarda
invece l’astensione stessa dal
N
passeggeri. Dì all'equipaggio che si
deve tornare nelle cabine". Poi "feci il
mio primo annuncio ai passeggeri in
italiano, inglese e spagnolo".
L'ordine di abbandono della nave, ricorda ancora la teste, "fu dato dal comandante in seconda Bosio: abbandonare la nave e stare calmi, disse in
italiano e inglese. I passeggeri urlavano,
volevano imbarcarsi subito".
Jacqueline Abad ricorda, poi le fasi dell'evacuazione. "C’erano bambini abbracciati ai genitori, due bimbi si erano
persi e col mio staff li cercavamo. Rivivere
tutto daccapo è veramente pesante, anche perché ricordo che a un certo punto,
disperata, chiesi aiuto a Dio".
Poi spiega c'era una ''zattera gonfiabile
che l'equipaggio non apriva perché, mi
dicevano, che aspettavano l'ordine del
comando, che telefonavano ma non rispondeva nessuno dal ponte di comando''. La donna ha inoltre ricordato di
aver contribuito a formare ''la catena
umana'' e di essere salita su una lancia
''con 150 persone, tutte le lance erano
strapiene''. ''Quando la mia lancia è arrivata, ho visto la nave che si ribaltava,
ho avuto tanta paura, io ero salva ma
pensavo a chi era a bordo. Io sono
devota al Signore della Misericordia e
gli ho detto: Adesso vieni te. E mi dici
cosa fare. Non so cosa fare, adesso vieni
te e mi dici cosa fare per aiutare tutti
questi passeggeri".
Carlotta Bravo
personale: l’ipotesi di reato è interruzione di pubblico servizio,
legata allo sciopero selvaggio. In
questo caso stanno arrivando le
multe, pesanti: l'importo complessivo ammonta a circa due
milioni di euro. Infine c’è l’inquietante storia del proiettile spedito in una busta indirizzata al
presidente di Amt, Lino Ravera,
e intercettata negli uffici postali
dell’aeroporto.
Intanto l'Autorità di garanzia per
gli scioperi ha deliberato l'apertura
di un procedimento di valutazione
del comportamento dei sindacati
Faisa-Cisal, Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uil
Traporti, in occasione delle giornate di astensione improvvisa dal
servizio del personale Amt.
Non solo: in ballo c’è pure la richiesta di rimborso da parte dei
consumatori. A presentarla è stata
Furio Truzzi, Presidente Nazionale
di Assoutenti, che quantifica in
50 euro giornalieri il rimborso
da chiedere per ogni utente Amt.
Valter Brogino
MILANO - IN TEMPI DI CRISI
TORINO - LA DENUNCIA DI UN POLIZIOTTO DELLA MUNICIPALE
Si cercano spalatori di neve:
3400 iscrizioni alle liste
‘Operai del furto’ in manette,
sgominata banda di rumeni
Tanti gli italiani in coda, la maggior parte uomini con più di 40 anni, che sperano
di potersi assicurare quei 75 euro netti al giorno anche se per brevissimo tempo
Dietro il taccheggio un’organizzazione criminale. La refurtiva veniva
poi reintrodotta sul mercato nero a costi ridotti o portata all'estero
n tempi di crisi anche la neve viene vista,
da tanti, come una nuova opportunità di
lavoro.
A Milano sono infatti ben 3.400 le domande,
l'85% delle quali presentate da italiani, degli
spiranti spalatori di neve. Numeri record che
segnano una crescita una crescita del 25%
sullo scorso anno e che dimostrano come,
mentre fino agli anni ottanta al 'lavoretto' stagionale puntavano principalmente gli studenti
per raccogliere qualche soldo, alle soglie del
2014 la situazione è profondamente mutata.
Ormai chiunque, dal giovane all'anziano, sogna
una città imbiancata per potersi così assicurare
quei 75 euro netti al giorno, che salgono a 90
se il turno è di notte.
E' Luciano Recaldini, responsabile del personale per l'Amsa, che gestisce il ciclo dei rifiuti
e pulisce le strade della città, a spiegare come
funziona il pagamento e come viene reclutato
il personale. "Ora paghiamo con i voucher
Inps entro 20 giorni dalla giornata lavorata spiega Recaldini - anche per non dover gestire
buste paga o simili".
Entro il pomeriggio precedente alla discesa
in campo degli spalatori, il Comune deve avvisare l'Amsa, che ha poche ore per contattare
i candidati. "Quest'anno contiamo di arrivare
a 7mila iscritti dal sito internet - aggiunge Recaldini - ma sappiamo che solo una parte poi
si presenta". Fino a oggi sono tutti stati avvisati
telefonicamente, mentre quest'anno saranno
allertati via sms. A chi conferma viene dato
appuntamento alle 7 del mattino dopo a una
fermata della metropolitana, in modo che
N
I
anche con la città bloccata si possa raggiungere
il punto di ritrovo, dove un caposquadra dipendente Amsa ha la lista del gruppo, spiega
il lavoro e consegna l'attrezzatura.
Insomma, nella capitale lombarda, saranno in
migliaia quest'anno ad incrociare le dita
affinché la neve scenda copiosa imbiancando
la città, così da potersi assicurare almeno
quell'entrata. E nonostante si tratti di un lavoro
a brevissima durata troviamo 'in coda' tantissimi
italiani, percentuale che è aumentata anche
rispetto allo scorso anno, quando gli spalatori
'made in Italy' erano infatti il 5% in meno, nel
2010 (quando è cominciato il reclutamento
on line) il 7% in meno. Tra gli stranieri i più
numerosi sono gli egiziani (1,8% del totale) e
i romeni (1,6%). Pochissime le donne (10%),
numerosi invece i candidati con più di 40
anni (il 25%).
Segno per l'appunto di una crisi che ha colpito
in particolare i padri di famiglia.
Barbara Fruch
on rubavano per fame,
come purtroppo sono
costretti a fare di questi
tempi alcuni cittadini, bensì per
alimentare un mercato nero
tanto florido da essere gestito
da una vera e propria organizzazione criminale.
E' stata sgominata a Torino una
banda specializzata in furti seriali nei supermercati. I carabinieri della Compagnia di Chivasso, hanno arrestato tre persone di origini romene. Il gruppo rubava cosmetici, liquori, shampoo; i furti
venivano messi a segno grazie a giubbotti
'magici', con tasche supplementari, in grado
di far sparire e trasportare la refurtiva fuori
dai negozi.
A finire in manette sono stati marito, moglie
e un loro complice, tutti romeni; sono accusati
di due furti, avvenuti a breve distanza l'uno
dall'altro, durante i quali hanno rubato oltre
2.000 euro di merce. Non solo: il trio potrebbe
aver realizzato decine di colpi in tutta la
provincia di Torino, la cui refurtiva veniva
poi reintrodotta sul mercato nero a costi
ridotti o portata all'estero. I carabinieri stanno
cercando di individuare il capo dell'organizzazione che potrebbe disporre di una
rete di 'operai del furto' alle sue dipendenze.
Una modalità di agire che non va sottovalutata.I furti nei supermercati sono un fenomeno
molto diffuso e anche costoso per la colletti-
vità. A pagare le spese del taccheggio sono
infatti i consumatori, la gente che prova in
ogni modo a risparmiare sulla spesa. Secondo
quanto rivela l’ultimo rapporto del Centre
for Retail Research, nel 2010 in Italia i furti
nella grande distribuzione costano ben 163
euro a famiglia, nonostante il calo dei furti
registrato dal 2009 al 2010 (-5,9%).
Come mai? Anzitutto l'aumento del prezzo
che deriva dal rincaro dei prodotti a cui i
commercianti ricorrono per compensare le
perdite. A questo si aggiungono però anche
i costi per potenziare i sistemi di sicurezza,
quasi un miliardo di euro in Italia negli ultimi
dodici mesi.
Sommando queste due voci, perdite e investimenti in sicurezza, e dividendo il totale
per ogni famiglia italiana si arriva a 163
euro, una sorta di tassa annuale che ogni famiglia è comunque costretta a pagare.
Miriana Markovic
9
Martedì 26 novembre 2013
Dall’Italia
Orrore in Puglia. Ancora violenza, vittima una ragazzina abusata da dieci persone, compresi alcuni minori
14enne stuprata dal branco: 4 arresti a Trani
L’idea sarebbe nata da una falsa pagina di facebook che dipingeva la giovane come “disposta a tutto”
di Chantal Capasso
anni. Fra i componenti del branco alcuni
di loro sono già noti dalle Forze dell’Ordine.
La triste vicenda ha inizio in un giorno
di primavera di un anno fa. La vittima
convinta di fare un giro in scooter è
stata avvicinata da un gruppo di ben 10
ragazzi che l’hanno convinta a fare un
giro con lei. Ma l’hanno condotta in un
luogo appartato dove 5 di loro hanno
abusato a turno di lei davanti agli occhi
divertiti degli altri che la trattenevano
con la forza.
Ma questo è stato solo l’inizio di una
lunga serie di soprusi ed abusi perpetuati
dal gruppo sulla minorenne che la minicciavano perché continuasse a subire
senza parlarne. Vano il tentativo della
14enne di buttare la sim del telefonino.
Finalmente il coraggio della vittima a
denunciare il fatto ai Carabinieri di Molfetta, consentendo alla Procura di acquisire un quadro giudiziario gravissimo
ed arrestare i colpevoli, ora ai domiciliari.
Dalla conferenza stampa indetta, ieri
mattina, dalla Procura di Trani alla presenza del procuratore aggiunto Francesco Giannella e del pm inquirente Mirella Conticelli, è emerso che l’idea della
violenza sia partita da un falso profilo
Facebook , nella quale la 14enne si dichiarava “disponibile a tutto”. La triste
vicenda iniziata ad aprile 2012 e continuata in estate, è terminata in seguito
alla denuncia della vittima esausta e
tormentata dalle continue minacce.
eri la giornata mondiale contro
la violenza sulle donne. Sempre
ieri la notizia: una ragazzina di
14 anni stuprata dal branco. Bestie travestite da esseri umani
dove la loro mascolinità frustrata e repressa si sfoga contro chi non può difendersi. Dove la vigliaccheria prende il
sopravvento, la propria colpevolezza
mitigata dall’aver commesso il fatto con
altri, li rende più forti. Ma a subire è
una ragazzina, una futura donna, lacerata
anche nell’anima. È successo a Molfetta
a nord di Bari.
Il Giudice per le Indagini Preliminari di
Trani, su richiesta della locale Procura
della Repubblica, ha ordinato ai Carabinieri della Compagnia di Molfetta di arrestare quattro giovani, tutti maggiorenni,
accusati di aver violentato in gruppo un
ragazza quattordicenne. Messi agli arresti
domiciliari con le terribili accuse di violenza sessuale di gruppo e sequestro di
persona, il tutto aggravato dal fatto che
la vittima fosse minorenne, dal numero
superiore a 5 degli stupratori e dalla
circostanza che la povera ragazza abbia
dovuto subire le violenze sottoposta al
limitazioni della libertà personale. Le
indagini, coordinate dalla procura di
Trani proseguono per identificare gli
altri presunti componenti del gruppo.
Tra questi, tre sarebbero minorenni,
mentre gli altri avrebbero tra i 18 e i 24
I
RIMINI - CARABINIERI ARRESTANO VIOLENTATORE
SQUALLIDA STORIA DA SALERNO
Attira donna in una stanza
e abusa ripetutamente di lei
Venduta dalla madre
per pochi spiccioli
Dava la figlia tredicenne in pasto a un avvocato di 60 anni
uovo caso di baby prostituzione dopo lo scandalo dei
Parioli. Un'altra storia squallida
e agghiacciante quella che arriva da
Salerno, dove una minorenne è stata
spinta dalla madre a vendersi ad un
amico di famiglia di circa 60 anni per
pochi spiccioli.
A fare luce sulla vicenda sono stati i
carabinieri della stazione di Mercatello,
dopo aver ricevuto il mese scorso la
segnalazione di un conoscente di
mamma e figlia, il quale ha richiamato
l'attenzione degli agenti sugli atteggiamenti equivoci ed estremamente
sospetti che l'uomo aveva nei riguardi
della ragazzina. Pare, infatti, che il 60
enne si recasse spesso sotto l'abitazione dell'amica dove prelevava la ragazzina con la propria autovettura.
Dopo appostamenti e accertamenti
vari, gli inquirenti si sono convinti
della fondatezza delle indicazioni e
hanno appurato che la madre dell’adolescente, in cambio di denaro e
altri regalini, induceva la figlia a prostituirsi. Stando alle prime notizie, la
ragazzina non avrebbe avuto rapporti
con altre persone al di fuori del pedofilo
che è stato arrestato. I carabinieri
hanno fermato quest’ultimo nei pressi
della propria abitazione mentre era in
compagnia della ragazzina che è stata
subito presa in consegna da una psicologa e trasferita successivamente
N
veva approfittato della confidenza di
una nuova amica per attirarla in una
stanza e abusare di lei. I carabinieri di
Rimini hanno arrestato A.M., 42enne originario della provincia di Avellino ma residente
in Romagna, in esecuzione ad un’ordinanza
di custodia cautelare emessa dal GIP del
Tribunale di Rimini.
L’uomo deve rispondere dell’accusa di violenza sessuale e lesioni personali ai danni
di una giovane sammarinese. I fatti sono
avvenuti nell’aprile di quest’anno. L’uomo
aveva conosciuto la ragazza in un noto pub
della riviera ove svolgeva saltuariamente
l’attività di “buttafuori”.
Da un primo approccio “de visu” i due, attraverso Facebook, cominciano una corrispondenza; poi una sera si danno appuntamento presso un albergo ove l’uomo svolgeva la funzione di guardiano notturno. La
A
donna, fidandosi del nuovo amico, si reca
presso l’albergo di cui l’uomo addirittura
vantava di essere proprietario. Dopo aver
parlato e bevuto insieme, la ragazza decide
di rientrare a casa ma, prima di andarsene,
approfitta per andare in bagno. L’uomo a
questo punto la segue e approfittando della
sua prestanza fisica, usa violenza nei suoi
confronti.
Il giorno successivo all’evento, con le lacrime
agli occhi, la giovane trovava il coraggio di
raccontare l’intera vicenda ai Carabinieri
della Stazione di Rimini. I militari avviavano
un’accurata indagine i cui esiti venivano
rapportati all’Autorità giudiziaria. Di qui l’epilogo di questa ennesima triste storia di violenza con la notifica del provvedimento cautelare. L’uomo è attualmente agli arresti
domiciliari.
Gustavo Lidis
in una casa famiglia del salernitano.
Il sessantenne e la donna sono stati
arrestati e rinchiusi nel carcere di
Fuorni (Salerno). Lei è accusata di
aver favorito gli incontri sessuali della
figlia, l’uomo invece di atti sessuali su
minorenni al di sotto dei 14 anni.
Dopo i casi di Roma e di Milano, si ripropone il fenomeno della baby prostituzione e vengono fuori le responsabilità di genitori molto spesso “distratti” o addirittura colpevoli, per aver
addirittura indotto una figlia a vendere
il proprio corpo.
Una brutta, pessima storia che fa il
paio con quanto già emerso fin troppo
spesso negli ultimi giorni. Complice
lo sfondo del quartiere esclusivo nel
quale si svolgeva lo squallido commercio di carne, l’episodio delle baby
squillo ai Parioli di Roma fa ancora
parlare di sé, con ampia divulgazione
dei ributtanti scambi di email che facevano da corollario alla mercificazione
di due ragazzine. Ma anche dalla Sicilia
si sono aperti squarci agghiaccianti,
con la triste vicenda dell’adolescente
che i genitori avevano dato in pasto al
loro datore di lavoro, un ottantenne.
Ora, da Salerno, l’ennesima prova di
quanto l’infanzia sia tradita, a volte
addirittura dalla stessa famiglia che
dovrebbe tutelarla.
Barbara Fruch
10
Martedì 26 novembre 2013
Società
LA CRIMINOLOGA, INTERVISTATA DAL GIORNALE D’ITALIA, FORNISCE PREZIOSI CONSIGLI PER SCONGIURARE IL RISCHIO DI ABUSI
Roberta Bruzzone: le vittime vengano difese ogni giorno
Attenzione alle prime avvisaglie: l’isolamento è il subdolo inizio di una spirale senza fine. Dalla quale si può e si deve uscire
Non amo le ricorrenze. Le vittime di
violenza non vanno ricordate, vanno
difese concretamente ogni giorno dell'anno”: è quanto scrive sul suo profilo
facebook la criminologa Roberta Bruzzone,
impegnata da tempo proprio sul fronte del
supporto alle situazioni di violenza.
Un impegno costante, quotidiano, che vede
la nota criminologa girare per l’Italia e all’estero per tenere incontri durante i quali
spiega come difendersi, come prevenire la
violenza, trovare dove essa subdolamente si
annida.
Così, mentre viaggia da Taranto a Gallipoli,
da Potenza a Bari, trova anche qualche minuto
da dedicare ai lettori del Giornale d’Italia:
“Laddove c’è bisogno di noi, noi ci siamo –
ci dice – finché una potenziale vittima non è
in salvo, noi non ci muoviamo. La via d’uscita
dalla spirale di violenza in cui chiunque può
cadere c’è, bisogna solo crederci. Essa passa
per la forza della vittima stessa di reagire al
degrado in cui può essere stata trascinata”.
Roberta Bruzzone è sempre in movimento,
sempre pronta a difendere e a tutelare chi
ha bisogno di lei e della sua squadra. “Le vittime di violenza
sappiano che ci sono persone in prima linea pronte ad aiutarle
– continua – senza preoccuparsi della questione economica:
non si chiedono soldi, ciò di cui abbiamo bisogno è soltanto
la loro forza, la loro volontà di uscirne. Certo, il percorso è tortuoso, duro, ma restituisce a chi lo intraprende una vita nuova.
Bisogna sapere che chi è violento non cambia, semmai peggiora”.
Roberta cerca di essere presente ovunque può, è la sua missione: “vado ovunque sia possibile perché so che con una
presenza diretta è più facile intercettare i problemi ed aiutare.
È per questo motivo che viaggio molto, per raggiungere più
persone possibile. A tutti coloro con cui ho occasione di
parlare, spesso in dibattiti pubblici, riesco a far capire quali
“
sono le avvisaglie, i primi sentori di trovarsi in una situazione
a rischio”.
Le chiediamo di spiegarlo anche a noi, in modo da poter diffondere anche tra i nostri lettori quelle informazioni che
possono aiutare a capire, ad uscire dal baratro, a prevenire.
“La prima avvisaglia – ci dice – è l’isolamento. Prima di
arrivare alla violenza il soggetto isola la sua vittima, spesso in
maniera subdola: non la fa lavorare, le impedisce di frequentare
amici e famiglia d’origine, atteggiandosi a protettore, in qualche
modo, fornendo di sé l’immagine di quello che pensa a tutto,
su cui si può contare. In tal modo la vittima si affida completamente a lui, in perfetta buona fede. Ogni tentativo di isolamento
è un pessimo indicatore, la vittima è completamente abbagliata.
All’inizio – continua – la vittima interpreta questo atteggiamento
come care attenzioni nei suoi confronti e
quando si rende conto che si è venuta a formare una sorta di simbiosi asfittica, tenta di
ricominciare a condurre una vita “normale”.
Ricomincia a voler riprendere i contatti con
i suoi amici, con la famiglia, con il lavoro,
con la società in genere. È lì che arrivano le
botte, le minacce, la fase più terribile”.
Bisogna fare molta attenzione, insomma: Roberta Bruzzone lo ribadisce. “L’escalation –
aggiunge – non conosce limiti, dunque bisogna uscirne prima possibile”.
Ciò non toglie che bisogna tentare sempre
di trovare una via d’uscita: “Quelle che muoiono – dice infatti la criminologa – sono
quelle che si sono ribellate tardi”. Quindi è
necessario agire tempestivamente, non lasciare che il tempo passi pensando che le
cose si risolvano da sole.
Roberta Bruzzone ci saluta con una raccomandazione: “verificare sempre a chi ci si
sta rivolgendo. Accertarsi che si stia parlando
con persone di comprovata e documentata
esperienza in questo campo, perché spesso
si può incappare in associazioni improvvisate
il cui solo interesse è quello di mercificare il dolore delle persone”.
A questo proposito segnaliamo ai nostri lettori due strutture
di comprovata esperienza e professionalità, alle quali ci si
può rivolgere senza correre rischi e con la certezza di trovare
aiuto concreto: l’Associazione La Caramella Buona Onlus
contro la pedofilia al sito www.caramellabuona.org e l’associazione SOS vittima onlus sul sito personale di Roberta Bruzzone, www.robertabruzzone.it , dove potrete trovare tutte le
informazioni per contattare in maniera del tutto riservata gli
operatori che volentieri si metteranno a vostra disposizione.
Emma Moriconi
[email protected]
PER CHI AVEVA DATO PER SCONTATO UNA NUOVA APERTURA CULTURALE C’È STATA LA SMENTITA
SPAGNA
Egitto, quale “primavera” per le donne?
Critiche al libro ‘Sposati e sii sottomessa’:
“E’ apologia della violenza”
Diritti femminili ai minimi storici: a nulla
è servita l’ondata rivoluzionaria dei mesi scorsi
ai dare nulla per scontato: soprattutto quando si parla di diritti.
L’Egitto post-rivoluzionario
non sembra essere appunto
un paese per donne, nonostante l’ondata “primaverile”
che ha investito l’area mediorientale. Questa la situazione fotografata da un nuovo
sondaggio condotto dalla
“Fondazione Thomson Reuters”, interpellando centinaia
di esperti nei 21 membri della Lega Araba più la Siria
(sospesa dall’organizzazione
nel 2011).
La nazione simbolo di questo
fenomeno si rivela infatti la
peggiore per i diritti femminili
nel mondo arabo, peggiore
dell’Arabia Saudita dove le
M
donne sono trattate come
eterne minorenni ed è proibito loro anche guidare l’auto
e della Siria, dove sono usate
come “armi di guerra” con
rapimenti e stupri sia da parte
del regime che di alcuni
gruppi ribelli, e addirittura
dello Yemen, dove un quarto
sono sposate prima dei 15
anni (tutti Paesi che comunque seguono di poco).
Dopo l’Egitto solo l’Iraq, considerato “più pericoloso per
le donne oggi che ai tempi
di Saddam Hussein”. A ottenere un punteggio positivo l
riguardo solo le Isole Comore, piccolo arcipelago
nell’Oceano Indiano: benché
non garantisca la libertà di
espressione politica, non di-
scrimina le donne in caso di
divorzio, in politica (il 20%
dei ministri) né sul posto di
lavoro (il 35%), “grazie anche
all’eredità francese nel sistema legale”.
“Colpisce — spiega al Corriere Monique Villa, l’amministratrice delegata della Fondazione — che i Paesi delle
Primavere arabe siano tra gli
ultimi”. Addirittura il 99%
delle egiziane afferma di aver
subito molestie in strada: un
dato simile a quello che si
registra in Yemen e in crescita
perfino in Tunisia.
Pochi i segnali positivi nel
rapporto che comunque deve
sottostare agli alti e bassi
delle rivoluzioni: “speriamo
che nei prossimi anni la situazione cambi”. La stabilità
e la ricchezza favoriscono i
diritti delle donne”: infatti ci
sono le monarchie ricche del
Golfo come Kuwait, Oman,
Qatar, dopo le Comore.
A nulla vale l’esportazione
della democrazia come dimostra l’Iraq: “Sotto Saddam
le donne lavoravano — continua la CEO di Thomson Reuters — l’invasione americana
non ha migliorato la loro vita:
ha lasciato 1,6 milioni di vedove e un tasso femminile
di occupazione al 14,5%”.
Francesca Ceccarelli
l libro “Sposati e
sii sottomessa”
della giornalista
Rai Costanza Miriano,
ha destato non poche
polemiche, ma non in
Italia. Libro pubblicato
nel 2011, passato qui
da noi abbastanza in
sordina. Ma ora rimbalza la notizia, non
qui: in Spagna. Il volume distribuito nelle librerie iberiche ha provocato non poco malcontento fra le spagnole. Contestato perchè
inneggerebbe alla sottomissione e alla violenza delle donne. "Viola la
Costituzione" dicono le donne
politiche spagnole. Il libro
della giornalista Rai Costanza
Miriano, cattolica fervente,
moglie e madre di quattro
bambini, non piace affatto a
Madrid. A pochi giorni dalla
sua messa in vendita nell’edizione iberica “Cásate y
sé sumisa”, pubblicata dall’Arcivescovado di Granada
per i tipi Nuevo Inicio, associazioni femminili e deputati
di ogni schieramento e colore
hanno criticato quell’immagine di donna “sottomessa”
che arriva direttamente dall’Italia. “Ha ragione lui, sposalo, fate un figlio, obbediscigli, fate un altro figlio, tra-
I
L’autrice Costanza Miriano
sferisciti nella sua città, perdonalo, cerca di capirlo, e
infine fate un figlio” sono le
parole del libro sotto accusa.
Leggere frasi del genere farebbe inorridire chiunque.
Vanifica un secolo di lotte
femministe ed emancipazione in nome della dottrina cristiana del matrimonio. Sconfigge le tante battaglie femministe contro la discriminazione, in una società che a
fatica garantisce la parità di
diritti fra uomini e donne. In
una società dove le donne
muoiono ancora per mano
di un uomo, del maschio e
ciò accade nei paesi Occidentali, eruditi, per così dire.
La responsabile delle donne
del sindacato Comisiones obreras, Maylo Sánchez, ha preso carta e
penna e ha spiegato
nero su bianco come
questo libro rafforzi i
ruoli e gli stereotipi e
ponga il maschio in
“una condizione di superiorità rispetto alla
donna. Mentre ha ottenuto consensi fra alcuni
esponenti cattolici.
Monsignor Fernandez
evidenzia che "il volume tratta della vita sperimentata da una donna
cattolica, che ha quattro
figli. Il contenuto è molto interessante dal punto di
vista cristiano. Il volume - avverte l'arcivescovo - precede
una parola di San Paolo e
ispira la seconda parte (già
uscita in Italia) dedicata ai
mariti e intitolata 'Sposati e
dai la vita per lei'. Mentre in
Spagna, l’indignata Molina
controbatte: “il passo verso
la violenza di genere è troppo
breve”, ricordando i dati divulgati proprio pochi giorni
fa: dal 2003 a oggi in Spagna
sono state uccise 700 donne,
“sottomesse” a mariti e compagni. In Italia solo nel 2013,
sono state uccise 100 donne,
forse perché non avevano
più voglia di “sottomettersi”.
Chantal Capasso
11
Martedì 26 novembre 2013
Sport
I rossoneri a Glasgow per il futuro. L’ennesima debacle potrebbe costare il posto al tecnico livornese
Contro il Celtic Allegri si gioca la panchina
In Champions League, match fondamentale anche per il Napoli. Contro i vicecampioni d’Europa del Borussia
Dortmund un pareggio consentirebbe l’accesso matematico della squadra di Benitez agli ottavi di finale
di Federico Colosimo
er il Milan è arrivato il momento della verità. E’ una
notte fondamentale per i rossoneri. Cruciale, per Allegri.
Contro il Celtic, a Glasgow, in Champions League, una partita decisiva.
Da portare a casa, a tutti i costi. In
caso di vittoria Kakà e compagni potrebbero infatti staccare il pass per
gli ottavi di finale. In una situazione
di normalità i 3 punti sarebbero pienamente alla portata del Diavolo,
peccato però che in casa Milan è in
corso un vero e proprio ammutinamento tra opposte fazioni in lotta per
la conquista del potere. Detenuto da
una sola persona, Silvio Berlusconi.
Che sembrerebbe aver dato un vero
e proprio ultimatum al tecnico toscano. Difeso a spada tratta - da sempre da Adriano Galliani (furioso per
la situazione venutasi a creare con
Barbara Berlusconi), messo ormai
con le spalle al muro.
Il rapporto tra la squadra e Allegri è
ai ferri corti. I giocatori non lo seguono
più. A regnare, la confusione. Fra i
tweet al veleno alle 5 di mattina (“This
is the end”) di Balotelli e i conseguenti
ritardi all’allenamento dei giocatori
(10 minuti per Super Mario e addirittura 38 per Robinho), il delfino di
Giovanni Galeone non sa più che
P
Il tecnico del Milan Massimiliano Allegri
pesci prendere. I tifosi sono esasperati,
delusi. E l’impressione, agli occhi di
gran parte degli osservatori esterni,
è quella di una società in questo momento alla deriva, di una polveriera
pronta ad esplodere alla prossima
scintilla. In tutto ciò, nel momento
più delicato della sua gestione, Allegri
dovrà fare i conti anche con assenze
importantissime.
In quel di Glasgow, il tecnico dei ros-
soneri non potrà contare su Mexes e
Muntari, infortunati. Al fianco di Zapata,
al centro della difesa dovrebbe toccare a Bonera, con Abate e Constant
che agiranno sulle fasce. A centrocampo, Montolivo, De Jong ed Emanuelson (Poli scalpita ma partirà dalla
panchina) supporteranno il tandem
d’attacco formato da Kakà, Matri e
l’eterno ribelle, Balotelli, già con le
valigie in mano e pronto a trasferirsi
Cercateci e ci troverete ovunque.
All’indirizzo www.ilgiornaleditalia.org , con un portale
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- nonostante le smentite - al Chelsea
di Mourinho. L’unica nota positiva,
per concludere, è rappresentata dal
fatto che El Shaarawy è stato inserito
a sorpresa nella lista dei convocati e
si accomoderà in panchina.
La tensione è quindi alle stelle, con
Devis Mangia e Pippo Inzaghi pronti
a subentrare nel caso dovesse arrivare una nuova debacle. Questa
sera, alle 20:45, per i rossoneri e Allegri, la prova del nove.
Se Atene (Milan) piange, Sparta (Napoli) non ride. Gli azzurri, nell’infuocato stadio Signal Iduna Park del Borussia Dortmund, si giocano la qualificazione. Che potrebbe arrivare
addirittura con un turno di anticipo.
Un punto, per un traguardo fondamentale, vitale. Ma in Germania, ottenere un risultato positivo contro i
vicecampioni d’Europa, sarà difficilissimo. Benitez ha l’arduo compito
di risollevare il morale del gruppo,
su cui pesano le due sconfitte consecutive in campionato contro la Juventus e il Parma. Lo spagnolo dovrà
rinunciare all’uomo più decisivo, Marek Hamsik, out per infortunio. In difesa nessun dubbio sulle fasce: giocheranno Armero a sinistra e Maggio
a destra. Al centro la certezza è rappresentata da Raul Albiol, che dovrebbe essere affiancato da Fernandez, favorito su Britos. Inler e Behrami
la coppia di centrocampo e la possibile novità potrebbe essere costituita
dall’utilizzo di Dzemaili (anziché Pandev) che agirà al fianco di Callejon
e Martens (preferito a Insigne) dietro
all’unica punta, Higuain.
Il Borussia Dortmund, invece, non
può far altro che vincere. Per raggiungere in classifica i partenopei a
quota 9 punti e continuare il cammino
in Champions. Jugen Klopp è chiamato a tener fede al suo soprannome
di mago, dal momento che ha una
difesa da reinventare e deve ancora
finire di raccogliere i cocci dopo la
batosta (0-3) arrivata in Bundesliga
contro il Bayern Monaco di Pep Guardiola. Le pesantissime assenze di
Hummels, Subotic e Smelzer si faranno certamente sentire. Così come
quella di Gundogan a centrocampo,
vera e propria pedina fondamentale
dello scacchiere giallonero. Nessun
problema in attacco. Il fenomeno
Reus imperverserà come sempre
sulla sinistra, il polacco Blaszczykowski sulla destra, mentre il talentuoso armeno Mkhitaryan agirà in
posizione centrale alle spalle del
terminale offensivo Lewandowski,
capocannoniere della Bundesliga
con 9 gol.
È una notte fondamentale per Milan
e Napoli. Vincere è l’unica cosa che
conta.
12
Martedì 26 novembre 2013
MOVIMENTO PER ALLEANZA NAZIONALE
CIRCOLARE
SU ADESIONI
E CREAZIONE
CIRCOLI
MOVIMENTO PER ALLEANZA NAZIONALE
Il Movimento per Alleanza Nazionale a partire dal
giorno 20 novembre 2013 promuove la campagna di
adesione finalizzata alla partecipazione all'Assemblea
Costituente che si terrà entro la prossima primavera.
Il contributo volontario per l'adesione al movimento
è fissato in almeno euro 5 (cinque).
I promotori del Movimento per Alleanza Nazionale
devono aver compiuto il sedicesimo anno di età e
aderire ai principi ispiratori del movimento meglio
specificati sia nell'atto costitutivo che nel manifesto
degli intellettuali di destra pubblicato nel luglio 2013.
Allegata alla presente verrà inviato il modulo di adesione che dovrà essere riempito in ogni sua parte.
Per costituire un circolo è necessaria l'adesione di almeno 10 (dieci) promotori che contestualmente alla
domanda indicheranno un proprio coordinatore e il
nome del circolo, la costituzione del circolo è subordinata alla ratifica da parte del Settore nazionale Organizzazione.
Nell'ambito dello stesso comune sarà possibile creare
più circoli.
In questa prima fase, in attesa della costituente, non
vi saranno altre strutture come ad esempio segreteria
provinciale o regionale.
All'Assemblea costituente hanno diritto a partecipare
tutti i promotori, ogni testa varrà un voto.
Nei prossimi giorni verrà comunicato l'IBAN bancario
ove effettuare i bonifici per il riconoscimento dei circoli.
Il Responsabile Nazionale Organizzazione
Roberto Buonasorte
[email protected]
Responsabile dell’Organizzazione
Roberto Buonasorte
Mail.: [email protected]