L`ape e la farfalla

Transcription

L`ape e la farfalla
Il Giornale del PiloAlbertelli di Roma ­ Set/Ott 2012 ­ Numero 1 ­Anno VI
L'ape e la farfalla
Davide Galeotti
V
ola come una farfalla,
pungi come un'ape - diceva
un grande di non troppo
tempo fa, uno che di sfide ne sapeva
qualcosa.
E OndanomalA, tenendo fede al
nome che la vuole travolgente,
impetuosa, inarrestabile, la sua sfida,
quella di ricominciare ogni anno a
pubblicare articoli, pensieri, poesie ,
interviste, facezie degli studenti del
Pilo
Albertelli
riassicurandosi
sempre l'appoggio dei lettori e
rinnovandosi,
a
volte
con
improvvisi salti di qualità (incontri
con personaggi, interviste rilevanti,
pubblicazioni su settimanali nazionali come il Venerdì) che sono la
nostra "puntura di ape", ormai da sei
anni continua a vincerla e a spiccare
nuovamente, ogni settembre, il volo, farfalla di carta in un cielo di sogni, idee, iniziative.
Eppure, così come questa ad un
certo punto precipita e l'ape quando
perde il pungiglione muore, anche
il Vostro giornale è soggetto allo
scorrere inarrestabile del tempo.
I redattori sostengono, uno dopo
l'altro, l'esame di maturità, lasciano
la scuola, non possono logicamente
più occuparsi del giornalino e a sostenere e portare avanti il nostro
rotocalco d'istituto deve essere chi
resta.
Per questo, come i veterani del Pilo
ricorderanno, sollecitiamo ogni
anno la Vostra partecipazione
(laddove per Voi si intende
Albertellianità vecchia e nuova,
dalle quarte ginnasiali alle terze li-
Redazione 2012/2013
ceali, ai professori e ai collaboratori,
insomma chiunque abbia un legame
con il fu Umberto I) raccogliendo (finora) frutti ogni volta rigogliosi grazie
ai "pezzi" sempre nuovi di promettenti articolisti inviatici tramite
l'indirizzo e-mail del giornale [email protected].
L'invito che vi rivolgiamo dunque è a
dare il vostro contributo anche con i
componimenti più bislacchi (dato che
la rubrica Liberamente -quella impaginata VOLUTAMENTE (!) al
contrario per intenderci- è nata proprio per ospitarli) o specialistici (le
nuove rubriche di cinema, moda e
appuntamenti vengono introdotte in
questo numero appunto per questo) o,
ancora, recapitandoci i vostri messaggi
o gli aforismi più memorabili di studenti e professori a voi vicini attraverso la Cassetta della Posta situata al
secondo piano, se proprio non ve la
sentite di scrivere un articolo e
mandarcelo tra una versione e l'altra.
Nel caso poi conosciate una società o
un'associazione
interessata
a
comprare uno spazio pubblicitario
sul nostro magazine o vogliate collaborare a più stretto contatto con la
redazione di OndanomalA, saremo
felici di accogliere qualunque vostra
proposta: basta rivolgersi al redattore
più vicino o contattarci durante la
distribuzione (che si svolgerà come al
solito durante la ricreazione vicino ai
distributori del secondo e terzo piano).
Ci auguriamo dunque che la nostra
metaforica apefarfalla continui a volare e a sorprendere e che, nel farlo,
salga sempre più in alto, spinta dalle
ali del Vostro sostegno.
Settembre/Ottobre 2012
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Anno VI ­ Numero 1
La pagina istituzionale
C
Carlo Cozzolino, Nicola Venneri, Sofia Bonelli, Bianca Trevisani
ome ogni anno tra ottobre e
novembre si svolgono le
elezioni per rinnovare i vari
organi collegiali della scuola. Prima
di votare riteniamo sia necessario
fare chiarezza su cosa siano e quali
funzioni svolga ognuno di essi a beneficio dei nuovi arrivati come dei
"veterani". Ci affianchiamo dunque
ai promotori dell'accurata campagna divulgativa che ha avuto luogo
giorni fa nel comune sforzo di
fornire a tutti gli studenti un veicolo
di informazione completo ed efficace, elencando di seguito i principali organismi operanti nell'istituto
e per l'istituto accompagnati dalle
loro caratteristiche:
L'Assemblea di classe è l’ organo più
vicino a tutti gli studenti; ogni classe
ha la facoltà di richiedere un’assemblea di due ore una volta al mese, gestita dai due rappresentati da
poco eletti mediante votazione democratica dai compagni. I rappresentanti di classe hanno peraltro
anche la funzione di riportare le
esigenze e le richieste emerse durante l'assemblea sia al consiglio di
classe (costituito da professori e
rappresentanti dei genitori) che al
comitato studentesco.
Il Comitato studentesco è un'assemblea costituita da tutti i rappresentanti delle varie classi, dai
rappresentanti d’istituto e dai
membri della consulta provinciale,
che eleggono un proprio presidente.
Il compito del comitato è di
ascoltare e discutere le problematiche espresse dai rappresentanti di
classe che poi verranno riferite al
consiglio d’istituto. Viene convocato una volta al mese generalmente al di fuori dell’orario
scolastico; ha infine la funzione di
stabilire quando svolgere l’assemblea messa a disposizione dal Centro
d’istituto e quale argomenti affrontare Servizi Amministrativi dell'Ufficio
nel corso di essa.
Scolastico Regionale per discutere
iniziative, progetti ed eventuali diffiLa rappresentanza d’istituto è costi- coltà da sottoporre alla Direzione
tuita da quattro rappresentanti del Generale per lo Studente (apposito
corpo studenti eletti democratica- ufficio del Ministero della Pubblica
mente da tutti gli allievi della scuola. Istruzione). I presidenti delle varie
Essa si assume il compito di portare la CPS (studenti anche loro eletti
voce degli studenti al consiglio d’isti- all'interno delle Consulte stesse) si
tuto e alla preside, incaricandosi riuniscono inoltre a livello nazionale
inoltre di trovare le migliori soluzioni periodicamente allo scopo di moniai problemi scolastici.
torare e cercare di ottimizzare il
proprio operato realizzando collaboLa Rappresentanza alla Consulta Pro- razioni interregionali o concordando
vinciale degli Studenti è l’organo sco- la stesura di programmi comuni da
lastico che opera al di fuori della presentare sia alle singole Consulte
scuola rappresentando l’istituto nelle che Al Ministero.
riunioni della consulta, appunto,
consiglio
degli
studenti
che Speriamo che questo breve riassunto
comprende i rappresentanti di tutte le vi chiarisca le idee e vi dia l’"imput"
scuole della provincia. I rappresentanti necessario per informarvi meglio su
della consulta sono due, anch’essi chi vi rappresenta e sul ruolo che
eletti per votazione democratica da avete all’interno della scuola.
tutti gli studenti e, insieme ai loro
colleghi degli altri istituti, si riuniscono con frequenza regolare nella sede
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Settembre/Ottobre 2012
ILVA DELENDA EST:
T
aranto, colonia Magnogreca;
Taranto, città dei due Mari e
del Ponte Girevole; Taranto,
piazzaforte degli Aragonesi nel bel
mezzo delle rotte commerciali del
Mediterraneo; Taranto, base della
Marina Militare Italiana e città marinara in ogni suo aspetto.... ma
anche Taranto l'Inquinata, Taranto
città del Molo Polisettoriale, Taranto città violentata ormai da
tanto, tanto tempo...
Tutto comincia negli ultimi fulgori
del XIX secolo con l'installazione
nel Mar Piccolo dell'Arsenale Militare della Marina del Regno D'Italia,
seguita, decenni dopo (1961),
mentre l'arsenale si avvia verso un
lento smantellamento per inefficienza, da quella degli stabilimenti
per la siderurgia a ciclo integrale
della statalizzata Italsider Alti Forni,
stavolta poco prima dell'ingresso alla
Città Vecchia.
E' un'azienda dalla storia complicata
l'Italsider: ex Ilva (dal 1905), acquisita nel '21 dal mussoliniano Istituto
per la Ricostruzione Industriale
(IRI), si è ingrandita durante il
boom economico del dopoguerra
risollevando la siderurgia italiana e
cambiando nome nell'attuale.
Nel '61 l'Italsider cerca un coronamento alle sue ambizioni: una città
ancora affamata di "benessere" da
boom disposta a sopportare la costruzione delle acciaierie più grandi
d'Europa in cambio di posti di lavoro. Taranto è quella città.
Peccato che il "sogno" non duri a
lungo: nell' '83 lo Stato cede alla
Finsider la quota di maggioranza
della "Nuova Italsider" e nel '95
anche il colossale polo tarantino
viene ceduto al gruppo Riva Acciaierie.
Davide Galeotti
Lo scorso agosto, dopo lustri di perizie
anti-inquinamento, di battaglie legali
perse e solo raramente vinte, dopo che
l'incidenza dei casi di malattie respiratorie croniche e di tumore ai polmoni
nel quartiere Tamburi e dintorni ha
raggiunto gli estremi per essere definita
a tutti gli effetti una catastrofe epidemiologica, il GIP di Taranto, dott.sa
Patrizia Todisco, ha ordinato finalmente
il sequestro degli impianti a seguito degli inquietanti risultati della perizia
condotta dal prof. Annibale Biggeri,
esperto del settore incaricato dal giudice
stesso.
Scatenando un vespaio: la città si è divisa, tra ecologisti e operai tenuti in
scacco da Riva che minaccia di licenziare tutti, il governo non si esprime
chiaramente sulla questione, i custodi
giudiziari nominati dalla Procura
sembrano figure in procinto di dissolversi al calore dei fuochi delle acciaierie, che intanto continuano a
produrre, i casi di tangenti versate a chi
di dovere per "addolcire" i risultati delle
indagini si sono moltiplicati (ricordiamo
quelle, ormai ascese agli onori della
cronaca, "passate" da Archinà, addetto
ILVA alle relazioni esterne a Lorenzo
Liberti, consulente della Procura), i se-
gretari generali dei sindacati non
sono riusciti ad essere risolutivi rimediando solo una magra figura davanti agli operai manifestanti
("zittiti" dal cosiddetto "comitato
spontaneo dell'apecar- 16/08/2012) e
l'aria di Taranto è ancora appesa a un
filo.
Alla deriva in mezzo al mare di
informazioni propinate dalle testate
nazionali, abbiamo deciso di chiedere maggiori chiarimenti al sig.
Angelo Di Leo, giornalista presso il
Corriere del Giorno di Puglia e Lucania e Tarantino d.o.c., indubbiamente più vicino allo svolgersi dei
fatti in questione, nonché all'ex assessore alla pubblica istruzione del
comune di Taranto dott.sa Anna Rita
Lemma (PD), ora docente di lettere
in un istituto superiore tarantino,
ferma osteggiatrice della condotta
ecologicamente
irresponsabile
dell'ILVA s.p.a. -Quali sono gli elementi che rendono l'Ilva di Taranto così pericolosa
per la salute dei cittadini rispetto ad
altri stabilimenti simili?
A. Lemma-Le ragioni sono diverse.
L'area industriale di Taranto è di va-
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stissime dimensioni , del tutto sproporzionate rispetto quelle della città
con cui, peraltro, confina ; l'eccessiva
vicinanza al popoloso quartiere
Tamburi è l'altro motivo di estrema
preoccupazione. L'intervento della
Magistratura ha infine evidenziato
l'inadeguatezza degli impianti, non a
norma e quindi incompatibili proprio
con la difesa della salute dei Tarantini.
-Come mai, nella sua opinione, si è
deciso di intervenire solo oggi?
A. Lemma- In realtà la Magistratura
negli anni è ripetutamente intervenuta , a partire dagli anni 80, quando
cioè l'attuale stabilimento privato
apparteneva ancora al gruppo IRI ed
era quindi azienda di Stato. E' evidente , quindi, che a venir meno è
stata la volontà di governare una
politica industriale rigorosa in materia
di ambiente e salute. Le Leggi italiane
ed i Governi succedutisi non hanno
vincolato la crescita produttiva di
quell'impianto , autorizzandolo a
produrre senza investire come dovuto
in tecnologie adeguate. Anche la
politica locale , Sindaci, Presidenti di
Provincia e Presidenti di Regione non
hanno saputo e forse voluto costringere i Governi centrali ad
un'azione severa ; ecco perchè oggi
appaiono deboli e subiscono l'accusa
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di connivenza con una proprietà, il
gruppo Riva, che ha preso tanto restituendo certo, posti di lavoro, ma anche
rovine ambientali e malattie. La logica
del massimo profitto è riuscita a prevalere e la città, silenziosa per tantissimo
tempo, ha subito nel timore di perdere
tanti posti di lavoro.
-Mario Desiati, direttore editoriale di
Fandango Libri e oriundo di Martina
Franca, sulle pagine del numero de
"L'Espresso" del 30 agosto definiva Taranto "la città attualmente più divisa in
Italia, forse in Europa". E' vero secondo
lei? E se sì, la frattura è solo tra
ambientalisti ed operai che temono per
il proprio posto o c'è dell'altro?
A. Lemma- La conflittualità è da sempre
una caratteristica di questa città che
molto spesso non ha saputo fare fronte
comune rispetto i propri problemi e
nella ricerca , quindi, delle soluzioni più
utili. Sulla questione ambientale a me
sembra che lo scontro sia strumentalmente utilizzato da parte di chi
fa fatica ad accettare che i Tarantini vivano ormai con insofferenza questa
invadenza industriale; non è vero che
un'acciaieria debba per forza inquinare
ed avvelenare chi ci lavora e chi vive in
quei luoghi; impianti in tutte le parti del
mondo dimostrano il contrario; salute e
lavoro , quindi, vanno insieme e chi si
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ostina a riacuire lo scontro, mostra
un approccio ottocentesco ai temi
dell'industrializzazione. Il punto è
un altro: Riva deve investire
ingentissime risorse per adeguare la
sua acciaieria ; il Governo deve essere forte e capace , tanto da costringere il privato a rispettare la
Legge , quindi ad investire tanto e
bene. Sarebbe davvero devastante se
decidesse di abbandonare perchè
quelle aree, come ho detto in
partenza, estesissime , sono una vera
bomba ecologica e Taranto non potrà mai avere le risorse adeguate per
risanarle . Del resto il principio che ,
chi inquina paga, deve trovare
applicazione. A me sembra quindi
che forse, dopo tanti anni e per la
prima volta, non solo la città abbia
voglia di essere protagonista del suo
futuro ma si sia ritrovata unita nel
chiedere innanzitutto al Governo
centrale attenzione, serietà ed una
vera e moderna politica industriale.
A. Di Leo- Credo che non sia tanto
Taranto ad essere divisa quanto la
popolazione della fabbrica. E gli
impianti, da anni, ospitano operai
che per la maggior parte arrivano
dalla provincia.
I tarantini hanno le idee ben chiare
in questo periodo. Molto più di prima. Chi vive la città ogni giorno se
ne accorge agevolmente.
- Secondo lei, c'è il rischio che Riva
chiuda definitivamente e licenzi
tutti?
A. Di Leo- Riva non ha mai minacciato di licenziare tutti. Il ricatto
occupazionale striscia nel sottobosco
dell'intreccio
politica-aziendasindacato. Temo che l'Ilva da un
momento all'altro possa annunciare
il ricorso alla Cigs o alla mobilità,
questo si.
L'azienda punta al dissequestro, pare
di capire. Perché il punto e' questo:
Aia o no, autorizzazioni a produrre
o no, si sta parlando di un'azienda
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sottoposta a sequestro penale: gli
impianti sono ritenuti lo strumento
di un inquinamento costante e addirittura giudicato ' consapevole.
A. Lemma- Voci sempre meglio
informate riferiscono di sì; si fa riferimento ad impianti in fase di costruzione
in
altri
Paesi
.
Personalmente ritengo difficile che
questo
accada,
soprattutto
nell'immediato futuro e certamente
potremo essere certi delle sue scelte
solo in base al piano di investimenti
che al momento non risulta essere
stato opportunamente presentato.
-Nel 2006 uno studio della U.E.
quantificava il costo annuale dei
danni apportati all'agricoltura e dei
mancati investimenti sul territorio
dovuti all'inquinamento (in Italia) in
una cifra oscillante tra i 2,4 e i 17,3
miliardi di euro. Ma la stessa Unione
non ha mai elaborato un piano per
far fronte alla necessità incombente
di bonificare le aree a rischio?
A. Di Leo- Non mi risulta. Ci sono
invece fondi disponibili per le produzioni eco compatibili. Quanto alla
bonifica delle aree inquinate, il Governo italiano e la Regione Puglia
hanno appena stanziato (spostando
per lo più fondi da altri capitoli di
bilancio) 336 milioni. Ma sono pochi
rispetto all'entità del danno prodotto
dal 1961 in poi (dal 1995 privato, sino
ad allora siderurgico pubblico).
-Allontanandosi dal caso particolare
per avere una visione più ampia del
problema, sempre L'Espresso intitolava "Puglia Avvelenata" uno degli
articoli di punta del numero del 30
agosto. Nel servizio venivano messi
in luce le caratteristiche e il grado di
pericolosità dei siti industriali pugliesi che, a dir la verità, sono molti e
non di piccola entità. Dalla Centrale
termoelettrica dell'Enel (Brindisi),
alla Cementir alla stessa Ilva in tutto
se ne annoverano 498 tra Foggia e
Santa Maria di Leuca. Perchè una tale
densità di impianti proprio in una regione con un così delicato equilibrio
ambientale?
A. Lemma- Immagino che dipenda
dalla sua posizione; tantissimi chilometri di costa ed aree portuali favorevoli per il deposito e lo stoccaggio dei
materiali. Inoltre la Puglia solo negli
ultimi anni ha scoperto la sua vocazione turistica prendendo consapevolezza
delle
sue
innumerevoli
potenzialità ; arte, storia, bellezze
naturali e, non ultima, la sua splendida
tradizione enogastronomica sono
settori in cui si investe da pochissimi
anni a questa parte. Prima era terra
assetata di lavoro e fondamentalmente
povera per cui tali insediamenti, allora, sono sembrati un'apparente risposta al bisogno di lavorare dei
pugliesi.
A. Di Leo- Perché la Puglia e' una penisola, perché i suoi porti sono geograficamente strategici, perché 60
anni fa la fame era tale da indurre a
pensare che l'industria fosse miracolosa, non solo necessaria e inquinante.
-Ci scusi la banalità, sig. Di Leo, ma
Lei è pro o contro l'Ilva? Oppure, come pensa si possa risolvere il problema
dell'inquinamento a Taranto?
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A. Di Leo- Non si può essere pro e
contro, in questa fase. Si deve essere lucidi e consapevoli. Ed io credo che l'Ilva
debba rispettare la legge, seguire le
norme che tutelano l'ambiente. E come
l'Ilva anche l'Eni e la Cementir. E la
stessa Marina Militare che per tutto il
Novecento ha inquinato il Mar Piccolo.
Taranto ha il diritto di pensare ad un
futuro diverso ma anche il dovere di
garantire il presente occupazionale. La
linea sottile sulla quale stiamo camminando tutti, guardando giù il burrone,
muove proprio su questo paradosso. Di
pancia, sogno una città senza fumi e ciminiere. Razionalmente, spero che si
possa trovare una soluzione eco
compatibile. Ma servono persone serie e
perbene in tutti i ruoli che questo
dramma prevede.
Servirebbe una politica di spessore,
tanto per cominciare, che adesso non
c'è. Ecco l'altro problema di Taranto.
Non so come andrà a finire. Ripeto,
stiamo parlando di una azienda sequestrata i cui capi sono tuttora agli arresti
domiciliari.
E leggendo gli atti della magistratura, e'
difficile anche immaginarlo il dissequestro, oggi 21 ottobre.
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“Non siamo venuti qui per sentirci bene”
I
l risveglio ad Oranienburg (35 km a
nord di Berlino) è di poche parole,
per noi 15 partecipanti al campo di
lavoro. Chi resta in attesa degli effetti
della caffeina con la tazza in mano -ormai
vuota da un pezzo, chi se ne sta alla finestra a fissare il cielo uggioso delle sette del
mattino, chi imburra distrattamente una
fetta di pane, chi apparentemente
sembrerebbe già in attività, in giardino, a
gonfiare le ruote della bicicletta. Tutte le
mattine, sotto il cielo della provincia
berlinese, perlaceo e umido, eternamente
autunnale, ognuno si concede del tempo
per sé e con sé; per parlarsi e prepararsi
con quella lucidità e quella presenza che
solo dopo tanta esperienza saremmo riusciti a trovare durante il lavoro. Ogni
giorno arriviamo al campo di concentramento, parcheggiamo con ordine le biciclette e popoliamo per primi il memoriale
del campo di concentramento di Sachsenhausen. Ognuno ha il suo posto e le sue
mansioni: chi studia in archivio, chi lavora nel museo, a chi toccano gli stranianti
lavori di giardinaggio. Il museo e il memoriale non sono ancora attivi prima del
nostro arrivo. Tutto sembra così assopito
e lontano che non mi rendo conto, nessuno si rende conto: ci mettiamo all’opera
quasi con allegria.
Così quello che liberiamo dalle sterpaglie
ci sembra solo un muro, malandato come
tanti: non ancora la baracca. Scavando
troviamo una scatola di fagioli vecchia
cinquant’anni, che strano! Con cura e
distacco la maneggiamo come i documenti in archivio, quasi convinti di essere
i primi a toccarli.
Torniamo nella nostra residenza
chiacchierando ad alta voce in inglese: un
nutrito coro di accenti non inglesi di
quindici ragazzi e tredici diverse nazionalità. In queste occasioni , più volte ci
siamo ritrovati a parlare, dopo una
giornata di lavoro, di uno strano senso di
disorientamento emotivo che pareva
accomunare le giornate di tutti. Come dire, una specie di foschia mentale che non
Claudia Severa
ho saputo definire per molto tempo.
Ora per provare a spiegare quello che ho
provato, voglio risalire a un concetto che ci
è stato essenziale per mettere a fuoco le nostre impressioni. Un professore danese ci ha
parlato, a proposito della storia del campo di
concentramento di Sachsenhausen, del
concetto di storicizzazione: un processo che
coinvolge noi, persone nate prima e dopo il
1945. I testimoni sopravvissuti, nostri
contemporanei, presto non saranno più con
noi, e quel passato che hanno reso presente
per così tanto è destinato a diventare “storia
contemporanea”, una sorta di presente
immaginario che si fa lontano e sconfina
nella memoria. Questa nuova consapevolezza crea in noi una coscienza storica. Tale
acquisizione crea una memoria collettiva
che riguarda un passato abbastanza vicino
da generare spettri, fantasmi che non
smettono mai di farci visita.
Ebbene, ci sono dei luoghi in cui questa
realtà “nel mezzo” che viviamo è messa costantemente di fronte ai nostri occhi. E’
esattamente questa la sensazione che non
siamo mai riusciti a toglierci di dosso in
quel posto: il costante senso di sospensione .
Non sono riuscita, mai, a trovare un
compromesso con me stessa. Passo tra le
stesse baracche, varco gli stessi cancelli,
schiudo le stesse porte, tocco gli stessi
oggetti. Ma tutto odora di passato, di
distanza; e troppo è stato manipolato.
Costruzione e ricostruzione, rovine e
allestimento, la realtà di un oggetto e il
suo uso effettivo, la sua esposizione.
Questa esibizione, questo sistematico
esporre e chiarire non lascia spazio al
vero orrore. L’orrore vero l’ho provato
poche volte, ma come una fitta terribile,
perché non lo stavo aspettando: taglio
l’erba e penso al mio cane, ne parlo con
la mia compagna coreana. In quel preciso istante mi capita di alzare gli occhi al
cielo e sentire delle grida soffocate, l’eco
di un pianto viene dalla baracca accanto.
In quel preciso istante il “memoriale” diventa invisibile. “Sono in un campo di
concentramento”, provo dolore.
Quello stesso giorno un giornalista ci
intervista. Ma sono troppo assorta e non
ho molta voglia di parlare. Interrompo il
colloquio dopo poco perché ho quasi la
nausea. “Ma in fin dei conti, sapeva quale fosse il tipo di lavoro. Insomma, lei mi
sembra afflitta. Ma è un lavoro così utile,
entusiasmante. Sembra la prima volta
che sente parlare di queste cose” ; Masha, la ragazza russa, spezza per me il silenzio –è quasi l’unica volta dopo
quattro giorni che la sento parlare: “Credo che il punto sia: va bene così. Siamo
venuti qui per sentire. Signor F., non
siamo venuti qui per sentirci bene”.
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Anno VI ­ Numero 1
UNA PICCOLA PREFAZIONE
S
ono più di dieci anni che mi
occupo della Donazione
Sangue nel nostro Istituto ,
ed ancora mi faccio prendere
dall'emozione che mi coglie
quando vedo i miei alunni e non ,
dedicare la mattina a fare
qualcosa di meraviglioso per gli
altri , per quelli meno fortunati di
noi , per chi soffre ! Alcuni di loro
riescono persino a vincere l'
idiosincrasia che hanno verso gli
aghi , i camici bianchi , la vista
del sangue , pur di regalare un pò
di vita a chi la vita la vede fuggire
via ed attende solo un gesto per
PROF.ssa RITA RENZI
riuscire a tornare a sorridere !
Grazie , ragazzi , siete grandi ! Ieri
c'è stata la prima donazione
dell'anno scolastico ( la seconda ci
sarà in aprile / maggio ) , ed abbiamo avuto la gradita sorpresa di
avere tra noi la Preside del nostro
Liceo , la quale si è commossa alla
vista della numerosa e sentita
partecipazione dei ragazzi : ha
confortato chi stava donando , ha
raccontato episodi della sua vita a
chi vedeva un pò teso, insomma ,
ci è stata vicina , comprendendo
bene l'importanza del gesto .
Abbiamo avuto anche un espo-
nente dei genitori , il primo in
assoluto in oltre dieci anni di
donazioni e, speriamo, il primo
di una nutrita schiera di genitori
donatori futuri . C'è stato anche
chi , pur essendo pronto a donare , non ha potuto farlo , ma
ciò nonostante ritengo sia
egualmente encomiabile !
GRAZIE RAGAZZI ! La solidarietà di cui, oggi in particolar
modo , abbiamo così tanto bisogno , vuol dire metter in comunione con l'altro un tratto della
propria vita e voi siete
CAMPIONI DI SOLIDARIETA'
!!!
TESTIMONIANZE
Valerio Rosati III A
Molti ,in qesta giornata ,hanno donato per la prima volta , ed io sono
uno di questi . Pur avendo già fatto
vaccini e prove allergiche ,devo dire che riempire un intero sacchetto
da quasi mezzo litro , mi impensieriva un pochino ! Eppure , con la
presenza di questi camici bianchi
cordiali e disponibili , l'unico momento in cui ho ricordato cosa ero
venuto a fare è stata la leggera
puntura con cui ho iniziato ....ed un
braccio un pò dolorante alla fine !
Diego Sibilia III A
Anche svenire ha il suo perchè !!!!
Davide Licci III A
Nonostante sia agofobo , ho vinto la
mia paura ed ho deciso di compiere
un atto socialmente utile . Sicuramente è un'esperienza da rifare .
Marco Guarneri III E
E' bello, però fa senso !
Valeria de Angelis III E
Sono fiera di me perchè , nonostante la paura , è la terza volta che dono
e questo mi rende felice : sapere che questa mia piccola, bellissima azione potrà aiutare qualcuno in difficoltà .
Alessandro Cirilli ( ex alunno )
Donare un decimo del proprio sangue è un piccolo gesto che può aiutare
chi ha davvero bisogno .....La sensazione è quella di una iniezione di
morfina !
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Anno VI ­ Numero 1
UNA PERSONA NORMALE...MOLTO SPECIALE
D
onare il sangue? Fossi
matto! Ma hai visto che
ago ti ficcano nel braccio?
Senza dire che prima ti
bucano il dito con una lancetta
dolorosissima. No, non son mica
un'eroe io! E per chi poi? Per
qualcuno che manco conosco. No“Scusami ma stai dicendo un sacco
di stupidaggini. Allora cominciamo
dall'eroe. Chi dona il sangue non è
mica un eroe, ci mancherebbe
altro! Chi dona il sangue è una
persona normale come me e come
te, soltanto un poco speciale. Anzi
questa è quasi la definizione che
del donatore hanno adottato all'associazione Carla Sandri dell'Ospedale San Giovanni alla quale io
sono iscritto. Quella definizione
dice testualmente donatore di
sangue: una persona normale...molto speciale. Mi hanno detto
che l'hanno mutuata dalla definizione del pilota da caccia dell'Aeronautica Militare. Be' un poco
speciale chi dona il sangue lo è
davvero. Pensa un po': tu dai una
parte di te, e che parte! La dai ad
uno che non conosci, che non hai
mai visto. E a te che te ne viene?
Economicamente un bel niente.
Anzi,quello che riceverà il tuo
sangue non ti dirà nemmeno grazie. Perché? Perché è un gran maleducato? No, questo no. Non ti
ringrazia semplicemente perché
non sa chi quel sangue glielo ha
dato. Be', al tempo d'oggi non c'è
nessuno che fa niente per niente,
contraddice ogni regola di mercato.
E sì, il donatore è proprio una
persona speciale. Tutto oggi gira
intorno al dio denaro, ma torniamo
invece ad essere umani. Il donatore di sangue è proprio uno che vuol
tornare ad essere umano.
Ma, venendo a noi, ho parlato prima di una persona che riceverà il
Agostino Fremiotti
sangue che tu hai donato, l'ho detto
tanto per semplificare, ma non è così: non è una sola persona che tu
aiuterai a guarire con la tua donazione ma le persone saranno diverse
perché...”
“Senti, smettila, non sprecare altro
fiato tanto non mi convinci. A me
quell'ago così grande non piace proprio. “
“Allora veniamo all'ago, anzi cominciamo con la puntura iniziale al
dito. Serve per sapere se hai abbastanza emoglobina per poter donare.
Non è che la prima delle tante analisi che ti verranno praticate e che ti
verranno poi inviate a casa in busta
chiusa o, se proprio lo preferisci, che
potrai ritirare direttamente al centro
trasfusionale dove sei andato a donare.
La puntura al dito viene fatta con
uno strumentino talmente sottile
che assomiglia non ad uno spillo ma
a mezzo spillo. Che male vuoi che
faccia un cosino così. Ora veniamo
all'ago per il prelievo, questo subisce
tantissime procedure di affilatura
che lo rendono del tutto indolore.”
“Va bene, mi arrendo.”
“No aspetta, non ho finito, ci sono
tante altre cose che devi sapere.
Allora ti stavo dicendo che con una
sola donazione si possono aiutare
più persone, è vero: il sangue intero
viene diviso in tre sacche: in una
vanno i globuli rossi che possono
essere trasfusi a chi è anemico,
nell'altra vanno le piastrine che
verranno trasfuse a chi manca di
queste piccole cellule tanto preziose
che possono essere carenti per tanti
motivi, ma soprattutto a causa di terapie antitumorali. L'ultima frazione
è quella del plasma, questo a sua
volta può essere frazionato nei suoi
tanti componenti: gammaglobuline,
fibrinogeno, fattori della coagulazione, tra cui i fattori per i bambini
con quella brutta malattia che è
l'emofilia. Quindi con una sola
donazione si possono aiutare
molte persone, e poi...”
“Basta, basta, mi hai convinto.“
“No, permettimi di dirti altre cose. Finora abbiamo parlato, diciamo, di altruismo, ma c'è da
dire anche qualcosa su chi il
sangue lo dona. Bene, ecco una
buona notizia: sembra proprio
che chi dona sistematicamente il
sangue, il cosiddetto donatore
periodico, abbia una vita più
lunga di chi non dona. I motivi
sono tanti, il più evidente è che il
donatore fa un controllo periodico del proprio stato di salute. Sì, i
motivi sono tanti, ma a me piace
sottolinearne in particolare uno:
dopo la donazione ci si sente veramente contenti, e io penso che
essere contenti di sé aiuta, e come, a vivere.”
“Scusami, un' ultima obiezione:
quello che dà fastidio è che per
donare si deve essere a digiuno.
Io se non mangio qualcosa al
mattino sto veramente male.”
“Anche questa del digiuno è una
leggenda metropolitana. Prima di
donare si può benissimo fare una
colazione leggera, si può prendere un caffè, un tè o anche un
succo di frutta insieme ad una o
due fette biscottate. Quelli che
vanno evitati sono il latte e i
latticini. Se vuoi ti spiego il
perché:”
“No, no, Basta così, sei riuscito a
convincermi. Domattina vado a
donare.”
“Non c'è bisogno che tu vada,
presto verranno qui al nostro
Istituto quelli del Centro Trasfusionale del San Giovanni con i
volontari dell'Associazione Carla
Sandri. Così non ti devi neppure
scomodare.”
Settembre/Ottobre 2012
9
Anno VI ­ Numero 1
L'OROLOGIO
R
icordo come accadde.
Mentre camminavo sotto
porticati ampi e deserti, al
riparo di un cielo grigio, mi trovai di
fronte un uomo. Indossava un abito
color topo e stringeva una logora
valigetta. Sul suo viso si allungava
un sorriso sottile, i suoi occhi affilati
come coltelli. «Scusi» mi disse. «Stavo cercando proprio lei.»
«Me?»
«Questa consegna è per lei» mi rispose l'uomo.
Mi guardai attorno; ero solo.
«Consegna? Ma cosa sta dicendo?»
L'uomo estrasse dalla valigetta un
piccolo orologio da taschino dorato;
le lancette scandivano il tempo in
senso antiorario e al centro del quadrante erano presenti dei numeri.
«Questo» continuò il signore «dovrà
consegnarlo lei stesso a un suo amico. La persona a cui lo consegnerà,
morirà allo scoccare dello mezzanotte del giorno zero indicato dai
numeri del quadrante. E se non lo
consegnerà, invece, sarà lei a morire.»
Io non risposi. Quell'uomo doveva
avere qualcosa che non andava. Ma
mentre mi interrogavo sul da farsi,
mi accorsi a stento dell'orologio che
mi scivolava fra le mani. Quando
alzai lo sguardo, non c'era più nessuno. Era come se avessi immaginato tutto.
Tornai a casa. Osservai lo strano
percorso delle lancette, il loro
avvolgere il tempo in modo innaturale e inquietante. Provavo un senso
di pericolo imminente: ma mi sbagliavo, mi dissi. Non poteva essere
Nicola Savino
vero ciò che aveva detto quell'uomo. Ma
se invece non avesse mentito? Per
salvarmi avrei dovuto regalare l'orologio
a qualcuno: e se quel qualcuno fosse
morto? Se mai fosse accaduto una cosa
del genere, pensai, forse non avrei più
chiuso occhio per i sensi di colpa. Ma
non aveva senso rifletterci: non sarebbe
accaduto nulla.
Così presi l'orologio fra le mani, e, dopo
avergli dato un ultimo sguardo, lo gettai
in un cassetto.
Quella notte non riuscii a dormire, mi
svegliai urlando. Avevo sognato l'uomo
con la valigetta: mi seguiva sotto un
cielo d'inchiostro, e nel silenzio non si
sentiva che il cupo rintocco di lancette
lontane.
Il giorno dopo cercai di non pensarci, e
ripresi la mia vita di sempre; scuola,
pranzo, compiti. Credetti di aver
scordato quella stupida storia, ma d'un
tratto, nel silenzio della mia camera,
percepii il rumore del meccanismo
dell'orologio. Tic. Tic. Tic. Feci finta di
niente, ma dopo qualche minuto mi
dovetti alzare. Presi l'orologio (allora
mancava un giorno alla mezzanotte) e lo nascosi nelle profondità
dell'armadio. Ma non riuscii a
concentrarmi comunque: riaffiorarono i pensieri del giorno prima e
sentii incombere le tenebre più
nere. Negli occhi, solo l'immagine
di una lapide e quel ticchettare
malefico.
Mi risvegliai che era domenica.
Avevo
lasciato
l'orologio
nell'armadio, ma l'orologio aveva
lasciato in me una strana inquietudine. Il cielo era nero, pioveva. Al
riparo di un ombrello, uscii per
andare a messa.
Nei dipinti che affrescavano le
pareti della chiesa, però, non potei
che notare un particolare molto
strano. In un volto scorsi le stesse
labbra sottili, gli stessi occhi piccoli
e dardeggianti. E tutto questo
all'ombra di un paio di grosse
corna. Mi dissi che non era possibile: l'uomo con la valigetta assomigliava a Lucifero! Chiusi gli
occhi, li riaprii. Sentii rimbombare
Settembre/Ottobre 2012
10
nel silenzio il battere delle lancette.
Appena fui a casa, recuperai l'orologio; mancavano solo pochi minuti allo scadere del tempo, e ogni
tic nella mia testa si amplificava in
una sentenza oscura. Tic. Tic. Tic.
Gli occhi affilati e dardeggianti del
diavolo che mi osservavano, un
sorriso maligno sul suo volto. Una
lapide e quel ticchettare che mi
perseguitava e che mi stava
spingendo sempre di più alla
pazzia. Una risata malefica, il mio
cadavere.
Il cuore cominciò a battermi forte
nel petto. Non aveva senso agitarsi
tanto: era solo uno stupido orologio
che funzionava male! Lo lasciai
sulla scrivania e mi diressi nel salotto. Accesi la tv. Passavano i mi-
nuti, ma il cuore non rallentava il suo
battito e nella mia mente il diavolo
affondava il suo coltello incandescente.
Inquietudine, angoscia. E se fosse stato
tutto vero? Sarei morto? No, no, no. Il
battito del cuore accelerava. Mi alzai di
corsa e recuperai l'orologio. Mancavano
pochi secondi alla mezzanotte. Panico,
paura. Mi avvicinai a passo svelto. Lo
presi; lo gettai a terra; il quadrante si
frantumò in mille pezzi.
Le lancette si fermarono.
E ora scende la notte e precipito
all'inferno e sentirò il calore delle
fiamme e un dolore allucinante e udirò
urla ed echi e quell'orribile suono ¨C
quel maledetto suono ¨C che fa solo tic
tic tic...
Ma l'orologio era ancora lì, sul pavimento, e io continuavo a fissarlo col re-
Anno VI ­ Numero 1
spiro mozzato. Dopo un momento
di silenzio scoppiai a ridere. Risi
come non mai; una risata acuta e
nervosa, che fece rabbrividire
persino me. Non potevo crederci:
non era successo nulla ¨C sarebbe
mai potuto accadere qualcosa?
Nulla! E io ci avevo creduto? Mi
ero fatto prendere dalla suggestione; perché di questo si trattava: di
pura suggestione!
Allora mi lasciai cadere sul letto, e
continuai a ridere per minuti
interi. Solo allora mi resi conto
dell'ombra che si allungava sulle
pareti della mia camera, e della
valigetta che si posava sul pavimento.
«Ciao» mi disse il diavolo.
Smisi di ridere; e cominciai a urlare.
Ciack, si chiude
P
Simone Marino & Davide Galeotti
iù di 3000 film girati dal 1937
ad oggi, 90 candidature
all'Oscar,
47
prestigiose
statuette vinte per non parlare dei
maggiori premi di cinematografia
europei, 22 teatri di posa, innumerevoli collaborazioni con regie estere
bisognose di un set d'eccellenza, un
settore completamente dedicato
all'elaborazione digitale, un'ampia
formazione professionale fornita a
generazioni di maestranze di scena
(coreografi, costumisti, scenografi,
fonici, ecc.) e tutto ciò non volendo
menzionare la spinta economica data
alla costruzione dal nulla del
Quartiere Tuscolano.
Questo, in breve, il curriculum dei
magici, storici, venerati Studios di
Cinecittà.
Questo quel che tra poco, forse, andrà
perso per sempre.
Già, perchè gli Studi cinematografici
alle porte di Roma, per decenni all'apice del prestigio, in declino dalla fine
degli anni '60 e solo da qualche anno in
parte risorti dalle proprie ceneri grazie
alla modernizzazione di impianti e
macchinari, stanno per chiudere definitivamente per far posto a chilometri
quadrati di alberghi e centri benessere,
ennesimo polo di cultura italiano vittima di un'amministrazione, quella
dell'imprenditore Luigi Abete (proprietario dal '97 di Cinecittà Studios
s.p.a.), avida quanto incapace di riqualificare ciò che già si ha, di elaborare un
piano manageriale più complesso del
semplice distruggere-ricostruire, nuovo
e (rigorosamente) in cemento armato.
Da sempre interessati al Cinema come
branca importante della cultura
contemporanea, noi di OndanomalA
abbiamo deciso di dare risalto alle rivendicazioni dei lavoratori di Cinecittà
(che, se gli studi chiudessero,
perderebbero la propria attività
oltre che la propria storia professionale) tramite un' intervista
raccolta presso il presidio "Cinecittà
Okkupata" che occupa pacificamente da ormai qualche mese
l'ingresso agli stabilimenti:
(intervista raccolta presso il sig.
Guido Giovinazzi, tecnico di scena
con esperienza pluriventennale a
Cinecittà)
Inviati OndanomalA- " Sig. Guido,
perchè Cinecittà sta chiudendo?"
G.G.- "Cinecittà sta chiudendo
grazie ad una gestione ingiusta e
insana degli Studi che ha creato,
con la sua inefficienza, un calo della
produttività degli impianti. Sembra
quasi che questa crisi sia stata vo-
Settembre/Ottobre 2012
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Anno VI ­ Numero 1
più economici rinunciando alle
eccellenze di Cinecittà. Questo non
è essere competitivi, ma portare la
propria azienda al default."
I.On.-" Cinecittà Shows Off, la mostra che da diversi mesi tenta di
riavvicinare la gente agli Studios
mostrandoglieli dall'interno non è
quindi servita a ridare un pò di ossigeno alle finanze degli impianti?"
luta e provocata ad arte perchè si
creasse questa situazione in cui, per
ricreare indotto qui negli studios, devono, dicono, essere costruiti
all'interno alberghi e centri benessere
per le produzioni ospiti. E' noto a tutti
però che, quando una regia chiede di
poter utilizzare i nostri impianti, cast e
regia alloggiano nei vari alberghi della
Capitale; non vedo dunque la necessità di cementificare in questo modo
l'area.
quei fondi statali che negli scorsi anni
sono spariti (ammicca n.d.r.) per far sì
che Cinecittà ridiventi set appetibile
per le produzioni italiane e straniere;
quindi i lavoratori, oggi finalmente
riuniti in un unico documento
sindacale, chiedono al sig. Abete che
ceda il passo a persona più ferma e
qualificata nel gestire la società."
I.On.- "Chi sono quindi le persone che
si sono schierate qui contro questo
progetto lesivo dell'industria cinematografica italiana?"
G.G-" Certo che sì, anche se alcuni
servizi erano fin troppo compiacenti
verso il progetto Abete. Qualche
tempo fa su La Repubblica, Pupi
Avati, dichiarava di aver dovuto lasciare la presidenza di Cinecittà
Holding per l'inefficienza riscontrata
nel menagement interno che penalizzava le piccole produzioni in favore
di altre più facoltose che poi di fatto
non hanno mai stipulato contratti
fissi, causa i prezzi esorbitanti degli
affitti dei teatri imposti paradossalmente per rimediare alla mancanza
introiti."
G.G.- "Innanzitutto, qui c'è una gran
parte dei lavoratori di Cinecittà,
intenzionati, con l'appoggio delle istituzioni, a difendere queste che sono
testimonianze sacre per la cinematografia moderna e contemporanea e a
lanciare un serio progetto di riqualifica della gestione degli studi che non
preveda demolizioni o tagli dell'organico."
I.On.- " Ma la vostra iniziativa non
viene sostenuta dai Media?"
I.On.- "Quale dunque la proposta delle I.On.- "E' per questo che per esempio
maestranze nel caso Cinecittà non film recenti come Diaz hanno
snobbato Cinecittà per essere girati in
dovesse più chiudere?"
paesi come Romania e Bulgaria?"
G.G.- "Innanzitutto si potrebbero e si
dovrebbero ristrutturare i teatri di G.G.-" Certamente. Tante produzioni
posa e le apparecchiature con l'aiuto di sono state costrette a rivolgersi a studi
G.G-" Al contrario: l'esposizione
viene tutt'ora visitata da turisti e comitive ed è in parte servita a ricolmareil deficit di Cinecittà. E'
un'ottima iniziativa e dimostra come
non ci sia bisogno di parcheggi e
alberghi per risollevare gli Studi,
anche perchè una buona fetta dei
terreni è già stata venduta a suo
tempo per edificare il centro
commerciale Cinecittà2."
I.On.-" Peraltro tutto il Tuscolano
gode di un'aria relativamente più
pulita rispetto al resto della città
anche grazie alla zona ricca di vegetazione degli Studi..."
G.G.-" Verissimo, questa zona è,
insieme al Parco degli Acquesotti, il
polmone verde del quartiere. Anche
per questo la nostra protesta è fortemente appoggiata dalla cittadinanza
che, qui alla decima circoscrizione e
nelle piazze della zona esprime il suo
consenso verso le maestranze occupanti."
I.On.-" Parlando per finire proprio
delle autorità locali e quindi della X
circoscrizione, come rispondono alla
vostra iniziativa?"
G.G.-" Anche in questo caso abbiamo il loro pieno appoggio, visto che
ci hanno anche concesso l'autorizzazione all'occupazione di suolo
pubblico per lo spazio dove abbiamo
impiantato il nostro presidio. Speriamo quindi che anche con il loro
aiuto il piano scellerato di Abete non
Settembre/Ottobre 2012
12
venga attuato e che Cinecittà si salvi spendere di più per i teatri di posa. Più
dalla chiusura definitiva."
in generale, perchè in Italia sono così
poco considerate le produzioni indiPer completare il nostro servizio e pendenti senza grandi sponsor alle
ascoltare anche il parere di chi la ca- spalle rispetto, che so, alla Francia?"
mera no ce l'ha materialmente in mano, abbiamo poi deciso di intervistare G.P.-" Quella del cinema è innanzitutto
brevemente Giuseppe Piccioni, regista un'industria volta al guadagno. Peraltro
affermato e autore del film "Il Rosso e in Italia ci sono poche risorse e tanti
il Blu" (di recente uscita) presso la "Li- bravi attori e registi non hanno la forza
breria del Cinema" (Trastevere, Via economica necessaria per emergere. In
dei Fienaroli) di cui è proprietario:
più adesso, improvvisamente in crisi, si
è deciso di mettere al primo costo nella
I.On-" Dott. Piccioni, come sa gli Studi lista dei tagli necessari il settore cultudi Cinecittà stanno chiudendo, o rale e questo non è affatto un buon sealmeno, questa è la notizia ufficiale. gno."
Come vive questa situazione la comunità italiana dei registi e degli attori?"
I.On-" Quale potrebbe essere quindi
secondo lei una soluzione ai problemi
G.P.-" La sensazione che si ha è che di Cinecittà e del cinema italiano?"
non sia stato fatto tutto il possibile e
che certi progetti siano stati portati G.P.-" Ci vorrebbe la bacchetta magica
avanti con fin troppa disinvoltura. Ci- (ride n.d.r.) o, in alternativa bisognenecittà è già stata messa in ginocchio rebbe porre nei posti di responsabilità
una volta dopo il '69. Speriamo che persone competenti che risolvano il
questa volta non venga scritta la parola problema senza per questo tagliare
fine su questa città del cinema ormai incontrollatamente. Riguardo poi al
entrata nel mito.
nuovo cinema italiano, ci si deve pur
inventare un mercato: ovvero, si può
I.On-" A Cinecittà ci hanno detto che anche girare un film, ma se non ritante piccole produzioni sono state bi- sponde agli interessi del momento inestrattate in favore di altre disposte a vitabilmente resterà lì in disparte...
Anno VI ­ Numero 1
bisogna lavorare di fantasia che è
poi il nostro mestiere."
I.On-" E ritornando al pezzo di
storia del cinema che stiamo per
perdere, perchè Cinecittà non
attrae più neanche le grandi produzioni internazionali (l'ultimo
regista straniero a girare un signor
film negli Studios è stato Martin
Scorsese con Gangs of New York
nel 2002)?"
G.P.-" Prima di tutto, da quando è
finita l'epoca dei "colossal" in costume la necessità di avere un
teatro di prova stabile è sempre più
diminuita, e poi i costi sono quelli
che sono, tanti (anche registi italiani) vanno a girare in altri paesi
dove gli studi chiedono meno. La
luce di Cinecittà si è opacizzata e
non credo che nella cinematografia
possa più brillare come una volta.
Ormai gli Studios vengono usati
per lo più per produzioni televisive.
Eppure penso che possano continuare ad essere sé stessi in quanto
cimelio inestimabile del cinema
mondiale."
Settembre/Ottobre 2012
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Anno VI ­ Numero 1
Cinep(h)ilo
Simone Marino
IL DITTATORE (di Larry Charles)
Sacha Baron Cohen torna con una
produzione più grande dei suoi due
film precedenti. Interpretando un
dittatore di nome Aladeen, ha
cercato di frullare, in modo ironico,
dentro il personaggio, i molto probabili comportamenti di tutti quei
despoti che conosciamo molto bene
e, agli italiani, per qualche piccolo
particolare, potrebbe ricordare
quello che da Grillo è stato soprannominato “Mister B”. Molto
sessismo, molto razzismo, molte
manie di grandezza, misoginia come se piovesse: un classico dittatore. Naturalmente, tante risate.
Dall'inizio fino alla fine. Ma sono
poche quelle provocate da espedienti intelligenti. Il resto di questi
sono sì demenziali come in “Borat”,
ma non, allo stesso tempo,
ugualmente raffinate. Alla fine è
quasi una semplice commedia
all'americana. Il già citato “Borat” e
“Bruno” sono lontanissimi. C'è da
capire solo perché alcuni critici italiani osannino il cinema politicamente scorretto de “Il dittatore”,
dopo aver demolito quello di Albanese in “Qualunquemente”. Mistero... e voto basso meritato: 5
MARLEY (di Kevin Macdonald)
Bob Marley raccontato per filo e
per segno in un documentario
straordinariamente accurato.
L'infanzia e l'adolescenza travagliate e minate dal razzismo, la
scoperta della musica, le prime
band. Tutta la sua breve e determinante vita filmata dal documentarista premio Oscar, Kevin
Macdonald, che è riuscito a girare
questo film con il permesso della
famiglia Marley. Riprese tra la
Jamaica e la Germania, tra il Regno Unito e gli U.S.A. Tutto meraviglioso. Inutile spendere
alcuna parola sulle musiche. Voto
9. L'unico neo è il fatto che sia
stato in programma solo un
giorno perché evento speciale. I
distributori forse non sanno che
spesso, a metà giugno, alcune
persone vanno al mare.
PROJECT X – UNA FESTA CHE
SPACCA (di Nima Nourizadeh)
Un nano nel forno, uno gnomo da
giardino pieno di extasy rubato ad
uno spacciatore, ragazze che si
tuffano in piscina nude (o quasi),
un cinquantenne che vuole ridiventare adolescente per una
notte, droga, alcool, droga, alcool
e ancora tanta droga e tanto
alcool. Tutto organizzato da tre
sfigati con la “esse” maiuscola. Se
Todd Phillips, regista di “Una
notte da leoni” e “Parto col folle”,
ci ha fatto sognare e divertire con
quei suoi svitati personaggi
immersi in clamorosi “trips”, qui,
in veste di produttore, lascia la
macchina da presa e l'affida
all'esordiente Nima Nourizadeh,
che ci trasporta completamente,
grazie alla trovata del falso documentario, in una nottata epica. Le
risate sono assicurate e senza freni. Sono perlopiù provocate
dall'allucinata pazzia che generano alcool, droghe, ormoni, eccitazioni e sregolatezza. Soprattutto
se questa è dettata da tre ragazzi
che non l'hanno mai provata. Il
film, pur dovendo rappresentare
una festa selvaggia, non arriva ad
un giudizio eccellente perché
alcune cose sono totalmente fuori
dalla normalità. Chi, però, è un
fervido credente dell'irrazionalità,
può benissimo farlo arrivare ad
un voto più alto. Totale anarchia.
Voto 6,5.
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Anno VI ­ Numero 1
BELLA ADDORMENTATA (di
Marco Bellocchio)
UN AMORE DI GIOVENTU'
(di Mia Hansen-Love)
Vedendo un film del genere
capiamo un'altra grande differenza fra il cinema italiano e
quello francese. Tralasciando il
fatto che da loro (come ha
sottolineato Nanni Moretti
all'apertura dell'ultimo festival
di Cannes) “il cinema qui, a
differenza di altri paesi, è
un'industria finanziata e rinnovata che è parte integrante della
società”, tralasciando solo questo
fatto, si potrebbe iniziare questa
recensione col dire che la trama
di questo film è banalissima (da
un punto di vista esclusivamente
cinematografico, sia chiaro, e
non umano): l'amore di una ragazza per un ragazzo. Un amore
che si prolunga per dieci anni e
che risale alla prima giovinezza.
Un amore, appunto, di gioventù.
Girato con estrema eleganza
(che delle volte porta ad una
troppa lentezza) e incentrato
sull'interpretazione femminile
(bellissima e bravissima Lola
Creton), paragoniamolo, ora,
all'unico film italiano che ha
provato a raccontare un amore
adolescenziale. L'unica cosa che
mi viene in mente è “Tre metri
sopra il cielo”. Non si vuole essere ripetitivi col commentare
quel film. Però, vi invito a vederli tutti e due. Voto 3. Dio,
no! Mi sono confuso. “Un amore
di gioventù”, voto 7.
L'ESTATE DI GIACOMO (di
Alessandro Comodin)
Ci si sente quasi come se si stesse
spiando. Perché la macchina da
presa, con lunghi piani sequenza e
passaggi in movimento, sembra
soltanto il terzo incomodo fra i due
personaggi che popolano la scena.
“Terzo incomodo” qui è inteso in
modo positivo, non si fraintenda.
Ma, davvero, da un lato ci si sente
appagati nel vedere la felicità di
questo ragazzo sordo, Giacomo, che
da poco ha ripreso a sentire
qualcosa, ma dall'altro si prova un
po' di colpa nello stare lì in mezzo a
tutta quella gioia. I giorni estivi
trascorrono calmi sul fiume
Tagliamento, dove lui e la sua amica
Stefi vanno a divertirsi. Per un'ora è
così: le loro escursioni, le loro
risate, il loro ozio. Poi, negli ultimi
venti minuti, Stefi lascia il posto a
Barbara, anche lei affetta da sordità.
E Barbara e Giacomo si amano.
Un film (anzi, docu-fiction) che è
una dichiarazione d'amore verso la
vita e la natura e un affresco su
come certe “barriere” possano non
essere vere barriere. Bella anche la
colonna sonora. Pardo d'oro al
festival di Locarno e voto 8.
Qui in Italia, come ormai succede da diversi secoli, la religiosità cattolica non
sempre è un bene. Vedasi con “Habemus
Papam” di Moretti: un elemento isolato
se ne era uscito dicendo che era un film
che non andava visto. Sull'ultima opera
di Bellocchio, invece, prima ancora che
venisse vista, si sono scatenate polemiche
a non finire. E meno male che si crede in
Dio, e non nella Chiesa. Altrimenti
avrebbe già fallito come azienda. “Bella
Addormentata” NON è un film su Eluana
Englaro. Racconta le vicende di alcuni
personaggi durante gli ultimi giorni di
vita della ragazza. Un senatore della PDL
in crisi di identità, che non sa se
appoggiare la mozione per fermare la
morte di Eluana; la figlia di questo politico, fervente cattolica, che protesta
contro la fine dello stato vegetativo e che
si innamora di un ragazzo pro-morte;
uno psicologo dei politici, che vaga
furbetto tra questi; una grande ex-attrice
che ora è solo una madre troppo credente, con una figlia nelle stesse condizioni di Eluana; infine, un dottore che si
prende cura di una tossicodipendente
che vuole togliersi la vita.
E' un film contrastante, che muove
emozioni enormi e che tratta temi come
la morte, la vita e l'amore. Ma soprattutto, è un film che parla dell'Italia,
la vera bella addormentata, per
Bellocchio. Dove un caso privato si trasforma in un caso pubblico, politico e
religioso. E dove non esiste il rispetto per
il pensiero altrui. Prove attoriali magnifiche (più di tutti Servillo, Herlitzka,
Rohrwacher, Riondino, Falco e Sansa),
potenti musiche comandate dagli archi e
fotografia cupa orchestrata da un Daniele
Ciprì in doppia veste al festival di Venezia. Niente leone d'oro. Premio Mastroianni per l' attore esordiente, impegnato
anche nel film di Ciprì (Fabrizio Falco,
che per quanto riguarda la recitazione
giovanile del film, aggiusta il disastro
combinato da Brenno Placido, figlio del
più noto Michele). Voto 8,5.
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Anno VI ­ Numero 1
Gatta... ci cova
Caterina Gatta
Bentor
nati tra i banchi di scuola
vecchi lupi e benvenute nuove reclute.
Questa è una rubrica di poche pretese, con
l'intento di ricollegare passo dopo passo la mia vita per
Roma, città immensa che ogni giorno mi lascia instupidita per la
sua bellezza e che ogni giorno m’innamora. Non faccio altro che
presentare itinerari e curiosità, ma a volte lo vedo come il mio minuscolo
tributo a questa città che mi ha regalato tanto, nonostante la frenesia, la cattiva
amministrazione e tutti i problemi in cui è annegata.
Oggi passeggiata strana, niente percorso indicato, niente indicazioni stradali, oggi ci
affidiamo alla già straripante memoria di Caterina che scrive curiosità senza un nesso
logico. No, forse non è il caso. Oggi...oggi...oggi il vento nei capelli, il rumore delle foglie
dei platani del lungotevere che si muovono, oggi una grattachecca da sora Mirella e una serata da ‘freni e frizioni’. Oggi l'estate che se ne va. Il Tevere che scorre sotto i suoi ponti possenti. Oggi l'Isola Tiberina con i suoi alberi frondosi e i due ponti, Fabricio e Cestio, che la
ancorano privandola della libertà di galleggiare, zattera sciolta, fino al lido di Ostia. Ponte Fabricio,
anche detto ponte quattro capi su cui ancora camminiamo leggeri, inconsapevoli di calpestare quasi
duemila anni di storia, deve il suo secondo nome alle quattro teste che ci scrutano all'ingresso. Secondo leggenda le teste rappresenterebbero i quattro architetti incaricati del restauro che ebbero vari
conflitti in vita ma, fatti poi decapitare da Sisto V per condotta immorale, furono idealmente riappacificati dal papa ponendo le loro teste in un unico blocco di marmo. In realtà, la spiegazione è sempre
meno poetica della fantasia delle leggende, e queste non sono altro che due erme di Giano quadrifonte.
All’approdo dell’isola si può leggere al lato del ponte l'iscrizione di Innocenzo XI che si vanta di un restauro necessario e poderoso:
“ Innocenzo XI Pontefice Massimo, in un unico ponte, i due Fabricio e Cestio che cadevano per la
vecchiaia, oppressi dal peso, restituì al decoro primitivo (…)”
L’isola secondo tradizione si è formata nel 501 poiché i romani dopo la cacciata di Tarquinio il superbo, gettarono il suo frumento nel Tevere, massa su cui si depositarono tutti i detriti che galleggiavano nel fiume creando un’isola. In realtà si tratta di un’isola di origine vulcanica, che venne poi
sagomata a forma di nave, con al centro l’obelisco che avrebbe dovuto rappresentare l’albero maestro della nave, abbattuto in seguito dall’urto di un carro e fatto sostituire da papa Pio IX con
un’edicola reggicroce. Sull’isola poi ci sarebbero tantissimi aneddoti, ma non posso permettermi
un inserto sull’isola tiberina. Uno per tutti la simpatica ricorrenza della festa dei cocomeri, durante la quale, oltre ai banchetti di contadini romani, i ragazzi trasteverini si gettavano nel
fiume per recuperare le angurie che gli spettatori divertiti lanciavano in acqua. Il gioco fu
poi vietato perché i nuotatori erano spesso trascinati dalle correnti e a volte finivano
malamente nelle ruote dei mulini, all’epoca numerosi in quel tratto di fiume in cui le
correnti sono particolarmente forti. Bene, adesso vi consiglio una buona oretta di
riposo al sole del piazzale posteriore dell’isola. Sdraiatevi sugli scalinoni con
una comoda borsa sotto la testa e godetevi le ultime ore di sole, ricordo di
un’estate ormai prosciugata; chiudete gli occhi e godetevi questo respiro di bellezza, di eternità, in una città che non potrete mai
sentire così vostra.
Settembre/Ottobre 2012
16
Anno VI ­ Numero 1
Il rosso e il blu
L
a professoressa Calcagno entra
in classe come una furia, durante l'ora di greco:- Ragazzi,
ragazzi! Oggi pomeriggio dalle due e
mezza in poi, qui a scuola, ci sono i
provini per un film, “Il rosso e il blu”
di Giuseppe Piccioni. Venite, mi
raccomando!-.
E andiamoci, mi dico. Alle due e
mezza, al secondo piano, nell'aula
che due anni fa era del III C, quella
proprio accanto a dove siede ogni
giorno la nostra Rosa, c'è una fila
enorme. Tutti accalcati, tutti
ammucchiati ed eccitati per quella
cosa: un provino. Un provino per un
film. Passa il tempo, non ricordo
quanto precisamente. Ho in mente
soltanto il momento in cui mi chiamano dentro. Ci sono una ragazza e
un ragazzo che si aggirano tra i venti
e i trent'anni. La ragazza è seduta, si
presenta:- Ciao, io sono Chiara. Lui
invece è Massimo-.
Le presentazioni sono fatte e inizia il fatidico provino. Il nome, il
cognome, l'attore preferito, il
proprio rapporto col cinema e la
recitazione. Poi Massimo scatta ad
ognuno qualche foto. Loro due
sono molto cordiali, ci fanno
sentire a nostro agio.
-Lasciate il numero di uno dei vostri genitori e forse sarete richiamati-.
Ricordo bene che sono tornato a
casa verso le cinque e ho pranzato.
Qualche giorno dopo mia madre
mi dice che l'hanno chiamata e
che devo andare a fare un provino
per la parte di Ciacca.
Quando vado allo studio in Viale
Giulio Cesare sono un po' emozionato. So già che molto probabilmente non sarò all'altezza,
però, che mi importa?
Dopo circa una settimana e mezza
Simone Marino
mi richiamano: c'è un incontro,
sempre negli stessi studi, col regista
e gli altri ragazzi.
Insomma, alla fine, per farla breve,
mi prendono. Come comparsa, ma
mi prendono. Due settimane di lavorazione, esclusi i week-end.
Mandano una mail a mia madre.
Dovrò portare alla scuola in cui giriamo (la Manzoni, a Monteverde)
una valigia con tutti i costumi richiesti: scene invernali, autunnali,
primaverili, pre-estive, di mezza
stagione... In più, poiché minorenne, ci dovrà sempre essere un
adulto delegato da mia madre
(quindi mia nonna) a presenziare,
durante le riprese.
E allora ecco che iniziano le
giornate di lavorazione. Con il 75
vado, ogni mattina, da Santa Maria
Maggiore a Monteverde. E il primo
giorno sono felice di vedere alcuni
ragazzi
dell'Albertelli:
Carlo
Cozzolino, Luca Davoli e Lavinia
Carpentieri.
All'inizio siamo tutti quanti spaesati. Ci mandano dalla costumista
per farle controllare i vestiti; poi ci
trasferiscono al trucco, dove ci sistemano i capelli, quella poca
barbetta che abbiamo e alle ragazze le truccano per bene.
Ci dispongono quindi per i
banchi, c'è un caos enorme... giriamo anche delle scene in
esterna, all'entrata della scuola.
Iniziamo con l'ultima (poi tanto
sistemano tutto al montaggio...),
quella in cui nell'ultimo giorno di
scuola usciamo felici e urlanti.
Subito dopo giriamo la prima, e
già mi inizio a chiedere come gli
attori non si confondano con le
emozioni quando girano una scena dopo l'altra, con salti temporali
giganteschi. E' forse in questa
parte il momento più difficile di
tutti (e stiamo solo al primo
giorno): la prima scena del film è
ambientata d'inverno. Nella realtà
è luglio. E fa parecchio caldo.
Tutti con maglioni, piumoni,
scarponi e pantaloni lunghi. Ogni
stop del regista, è come una visione mistica. Possiamo bere un po' e
le truccatrici passano con i fazzoletti a tamponare il sudore,
Settembre/Ottobre 2012
sempre più violento.
Le giornate passano, conosciamo
le altre scene da girare, conosciamo gli attori. Mentre c'è un attimo
di pausa in classe (ormai eravamo
diventati una classe vera, nel giro
di un giorno e mezzo) chiacchieriamo un po' e entra dentro Scamarcio. Il tanto atteso Riccardo
Scamarcio. Sì. Ma la vera star non
è tanto lui, né tanto meno
Margherita Buy. E' il maestro, la
vera stella: Roberto Herlitzka.
Personalmente non lo avevo mai
sentito nominare. Ma Massimo, il
ragazzo dei provini, che in fase di
produzione è assistente alla regia,
mi dice che è un noto attore
teatrale e che ha acquisito
parecchia fama con “Buongiorno,
notte”, di Marco Bellocchio. Mi
dice che è un film sul rapimento
di Aldo Moro. Incuriosito, lo
guardo. E resto a bocca aperta.
Semplicemente fantastico! Quindi,
mi riprometto di farmi fare una
foto con lui... Nel frattempo le riprese continuano e sale la
stanchezza, ogni giorno, sempre di
più. Ma sale anche la voglia di fare, di stare dentro questo film.
Ogni giorno siamo immersi dentro
al set e capiamo cosa significhi girare un film. Noi siamo abituati ad
andare al cinema, a sederci comodi, magari con una Coca o con i
pop corn, e alla fine ad alzarci e a
commentare, o a ridere.
Ma fare un film non è solo mettere su un punto x la macchina da
presa e a dire “azione”. Un film è
fatto da quei ragazzi che portano i
caffè, che magari sono pagati
niente, da quei tecnici e da quegli
elettricisti che sistemano i cavi,
dalle truccatrici che ad ogni stop
entrano in scena a sistemare
qualcosa, dal direttore della fotografia che chiama un altro stop
perché magari c'è una luce messa
17
male, da gente sempre incalzata,
richiesta e in preda al panico. E
tutto questo è buffo, visto dagli
occhi di ragazzi che stanno lì quasi
per caso.
Arriviamo all'ultimo giorno. Siamo
un po' in ritardo con le riprese e lavoriamo quasi fino alle otto di sera.
Quando Piccioni urla “stop, buona!”, nasce un applauso spontaneo
da tutti. Tutti felici, all'inizio. Ma
poi capiamo che è tutto finito e che
è l'ultima volta che camminiamo
alla Manzoni di Monteverde. Non
siamo poi così felici...
Dopo un po' di tempo ci viene riferito che il film uscirà a febbraio
2012. Poi viene spostata la data:
aprile.
E ancora, poi, spostata: settembre. E
il film forse va a Venezia.
Purtroppo le cose non vanno così,
ma ci si accontenta comunque. Su
youtube e in tv arrivano anche i
primi trailer. La felicità è alle stelle.
Arriva poi la notizia che il lunedì 17
settembre ci sarà l'anteprima per la
stampa al cinema Adriano (ah, dimenticavo di dire che un'anteprima
per noi ragazzi già era stata fatta
verso aprile, ma io ero in gita a
Monaco; un'altra anteprima era
stata proiettata per il pubblico al
Nuovo Sacher, verso la fine di ago-
Anno VI ­ Numero 1
sto, ma io non lo sapevo e stavo al
Barberini a vedere Batman... Va
be'...). Arrivato all'Adriano, dopo
un anno e mezzo rivedo finalmente tutti i miei compagni di
film, di classe. Arriva anche
Piccioni, sorridente, ci saluta
tutti. E uno dopo l'altro arrivano
Herlitzka, Scamarcio e Buy. Al
primo, appena arriva, mi ci precipito davanti. E, finalmente, dopo
che per due settimane non ero
riuscito a chiedergliela, conquisto
una foto. La stessa cosa vale per la
Buy. Insieme agli altri facciamo
foto anche con i giovani protagonisti del film, bravissimi(Silvia
D'Amico, per la prima volta sullo
schermo, Nina Torresi, già vista
ne “La bellezza del somaro”, e
Davide Giordano, figlio di Albanese in “Qualunquemente”).
Finite di fare le foto, ci si avvicina
una donna della produzione che
ci informa che abbiamo due possibilità: entrare in sala a vedere il
film oppure restare fuori e fare le
foto col cast per i fotografi.
Decidiamo di stare fuori e la prima visione, per quanto mi riguarda, salta ancora. Intanto il tg3
fa anche un'intervista a noi ragazzi.
Verso mezzogiorno e mezza c'è la
conferenza stampa con regista,
produttori, attori, distributori,
giornalisti: domande su domande
(anche un pochino banali), risposte su risposte.
Tutto questo è successo in poco
meno di un anno e mezzo: e ora,
venerdì 21 settembre 2012, data
ufficiale dell'uscita nelle sale, sono
le 20:30 e mi trovo al cinema
Giulio Cesare, per la prima del
film aperta al pubblico e col regista. Buona visione. A me... Ma
anche a voi.
Settembre/Ottobre 2012
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Anno VI ­ Numero 1
Crescere CoscienziosaMente
L
a tanto vaneggiata superiorità del liceo classico, a dire di
noi stessi che lo frequentiamo, consiste nel farti "aprire la
mente". Ma cosa vuol dire? E sarà
vero? Secondo me lo studio della filosofia e della cultura occidentale
fin dalla prima antichità (letteratura
greca e latina) in effetti è un ottimo
strumento per comprendere la
realtà che ci circonda, cogliere le similiarietà fra gli avvenimenti storici
e quello che accade oggi e, soprattutto, per creare quella che potremmo definire "una coscienza
critica". Una coscienza critica è ciò
che ti permette di leggere una poesia e trarne il significato che preferisci ma anche di leggere un articolo
di un qualsiasi giornale e
distinguerne i fatti dalle invenzioni
e manipolazioni mediatiche che
tanto dilagano al giorno d'oggi.
Comunque c'è da considerare il
fatto che siamo un popolo di amanti
del calcio e dei reality show, si dà
eccessivo valore ai soldi che
sembrano essere il bene supremo e
spesso si pensa, anche se non lo si
dice "se posso rubare rubo, perché lo
fanno tutti"; questo è il modo d'essere che va per la maggiore. Sta a
voi giudicare la moralità di questo
genere di ragionamenti ed anche se
ci sia la necessità di un'inversione
radicale di tendenza. Metteteli
dunque in parallelo agli scandali
politici, che sono una specie di
pozzo profondo in cui guardando
dentro rimani attonito, a dir poco
privo di speranze. E pensi: "non basterebbe il cratere di un vulcano per
G.Noviello
contenere tutta questa ..." diciamo,
per non essere volgari, "cacca".
Mi chiedo sempre più spesso
quanto la politica e i problemi sociali influenzino la vita dei giovani.
A volte penso "per niente" e mi
dispiaccio, quasi tremo. Tremo in
quanto la nostra vita, l'obbiettivo
della specie umana, è il miglioramento. Per migliorarsi in un paese
come questo, affondato in un
pantano così profondo creato dalla
coppia fissa corruzione-omertà, è
fondamentale una e una sola cosa
più delle altre: imparare a ragionare con la propria testa. E' difficile
perché, pur frequentando il Classico, nessuno ti insegna direttamente questo, né -a parte rari casia fare una critica o a fare un
commento personale. Ma ce lo
insegna la Storia, che l'ignoranza
rende forti i padroni e piega la
schiena al popolo. Il "tripharmakon del padrone" ce lo ha trasmesso Orwell: "Ignorance is
Strength, Freedom is Slavery,
War is Peace". E l'ignoranza dilaga in Italia; anche se il fenomeno
dell'analfabetismo
è
praticamente scomparso, l'
illetteratismo, o analfabetismo
funzionale, è presente e più forte
che nel resto d'Europa e consiste
nell'avere le capacità minime di
lettura, scrittura, calcolo ma
senza saperle applicare in modo
funzionale alla vita quotidiana.
Capite da soli quanto possa essere facile da una parte manipolare
e dall'altra essere manipolati.
A questo punto bisogna
convincersi che noi, futuro del
paese, possiamo fare meglio di
Settembre/Ottobre 2012
come è stato fin'ora, se ci
sorreggiamo sulla cultura, l'impegno, il rispetto e l'onestà, evitando
di farci strumentalizzare e di essere solo "la massa" che si fa
portare da una parte e dall'altra
perché incapace di avere e sostenere delle idee. A volte infatti
sembra che alla maggior parte
delle persone non vada affatto di
pensare.
Noi dobbiamo esigere un futuro
migliore, anche se a livello occupazionale per esempio si prospetta
addirittura peggiore del passato.
Siamo in un periodo di crisi, è vero, ma determinata da un modello
di società razionalmente sbagliato,
basato sul consumo, pur sapendo
che le risorse sono minori del
fabbisogno totale; eppure qui
mangiamo, mangiamo, mangiamo, e in altre zone del mondo
non c'è il minimo necessario per
vivere. Hanno continuato a
"mangiare" fino a indebitarsi e poi
hanno detto ai cittadini che sono
loro a dover pagare il debito (il
debito pubblico in Italia è pari a
30.000€ per ogni persona, neonati
compresi).
Io l'unico spiraglio di luce lo vedo
negli occhi dei giovani che,
usando la Propria coscienza e la
Propria opinione, decidono di
non accettare la situazione. Mi
spaventano tuttavia quella schiera
di giovani asserviti a certi movimenti di estrema destra, che
sanno solo ripetere ciò che vien
loro impartito senza saper fare
un'analisi storica e quindi riconoscere i fatti dalle menzogne. Li riconosci: sorrisi beffardi di chi ha
la sicurezza di avere sempre le
19
spalle coperte; sono quelli che quel
giorno a Piazza Navona si sono
scontrati con caschi e sbarre di
ferro contro gli studenti in protesta, e che nel frattempo i poliziotti
in qualche modo tutelavano. Sono
anche quelli che affiggono ILLEGALMENTE i manifesti intorno
alla nostra scuola, con degli slogan
equivoci e ingannatori, che celano
gli intenti reali. In Italia infatti nonostante esista il reato di apologia
del fascismo, esso è strutturato in
modo tale da permettere comunque in sostanza l'associazione
a gruppi di stampo fascista (ricordate che comunque è una legge
creata da Mario Scelba il 20 giugno
del 52', il quale faceva parte della
DC e si era distinto come nemico
del comunismo). Il primo articolo
di questa legge dice:
"..si ha riorganizzazione del
disciolto partito fascista quando
una associazione, un movimento o
comunque un gruppo di persone
non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del
partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza
Anno VI ­ Numero 1
quale metodo di lotta politica o
propugnando la soppressione delle
libertà garantite dalla Costituzione
o denigrando la democrazia, le sue
istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda
razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti,
princìpi, fatti e metodi propri del
predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista."
Mai notato niente del genere ?
Ad ogni modo badate bene a non
cadere nei tranelli di motti come
"no alla scuola dei baroni" e simili; e
ricordate sempre che la nostra
Patria, la nostra Costituzione, la
nostra Scuola, che non a caso si
chiama Pilo Albertelli, sono antifasciste, libere, laiche, e sono ciò che
dobbiamo difendere. Se saremo gli
intellettuali di domani, non aspiriamo alla classe dirigente, aspiriamo a una società migliore, aiutiamo
dunque così nuove coscienze a
formarsi, difendiamo e riportiamo
in auge i valori della Resistenza,
questo è il vero compito che ci
aspetta, come intellettuali.
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Scatti da matti
Foto IV Ginnasiali
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Anno VI ­ Numero 1
Il Pilo veste PRADA !
Paola Guarneri
N
uova rubrica di moda e beauty a che vi terrà aggiornati sulle
tendenze stagionali … trattando degli argomenti più disparati
, potrebbe essere una valida fonte di ispirazione e
informazione.
[TRENDZ] autunno-inverno 2013
Make-up … it’s all about Focus:
tutto sta nel focalizzare l’attenzione sugli occhi e/o sulle labbra:
on Lips : le labbra sono messe in primo piano con l’utilizzo di
rossetti sui toni del color bordeaux-vinaccia , esclusivamente matt
( si adattano moltissimo a chi ha una carnagione molto chiara)
lasciando gli occhi e l’incarnato molto naturali. Trend utilizzato
sulle passerelle di Nina Ricci e Gucci.
On Eyes : il trucco ad alone sui toni caldi come il marrone è un
trend sofisticatissimo, sta bene infatti con qualunque colore di
occhi e dona molta profondità allo sguardo. È perfetto sulle labbra
un rossetto nude.
On Lips and Eyes : occhi segnati da eyeliner stile anni ’50 con
codina all’insù e bocca a cuore . Make-up che racchiude il trend
2012 delle labbra aggiungendone un altro: l’eyeliner
geometrizzato e spezzato .
Bye, bye alla linea nera, sottile e sofisticata alla Audrey Hepburn.
Hair : UP! I capelli sono raccolti sulla nuca molto lenti e
formano una cipolla disordinata, molti ciuffi di capelli sono
lasciati cadere ai lati; velocissimo da fare e decisamente glamour!
Fashion outfits :
Rock style - [go dark!] Abiti con linee pulite ma che virano al
dark ; accessori borchiati abbinati a pants In pelle con larghe
magliette o bluse, il tutto abbinato a stivali larghi con cinghie.
- [Punta sulle calze!] Abito classico sul nero cui vuoi dare un po’
di vita? Indossa delle calze degne di attenzione: rosse o gialle o, se
sei disposta a esagerare, opta su colori fluo.
Direttore:
Davide Galeotti - II A
Impaginazione e grafica:
Salvatore Diocaro - II E
Fotografia:
Paola Guarneri - II E
Redazione:
Ilaria Catanzaro - III E
Davide Galeotti - II A
Adriano Mamone - I A
Claudia Severa - III E
Arianna Turchini - II E
Caterina Gatta - III C
Simone Marino - I C
Filippo Cicchetti - I E
Chiara Valeri - I E
Giulia Parenti - II B
Silvia Pellegrini - I E
Hanno collaborato:
Prof. Agostino Fremiotti
Prof. Rita Renzi
G.Noviello - II A
Nicola Savino - I C
Dario Amodio - I C
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Anno VI ­ Numero 1
La posta del Pilo
Lentamente ma
inesorabilmente comincerò
a sentire la mancanza di
questi corridoi e di coloro
che li hanno attraversati in
questi cinque anni...
Ora ti guardo e
mentalmente ringrazio tua
madre per aver messo al
mondo un figlio così figo.
Caro ragazzo del II E, sei il
dio che salva le mie giornate
uggiose. Che ne dici di
incontrarci alle macchinette
del 2° piano per un caffé?
Un'ammiratrice molto, ma
molto segreta
Chiedo cortesemente ai/alle
ragazzi/e del Pilo di evitare
di fumare in bagno durante
la ricreazione: si creano file
lunghissime ed è impossibile
tornare in classe in breve
tempo. Se vi manca la
sigaretta, esiste un apposito
cortile poco distante.
Ma sì, ammassiamo massivamente
una massa di massoni nel
Massachusetts
Kant, sei il mio incubo!
“Martina Z. I E sei troppo
bella, me fai impazzì” Dal tuo
ammiratore più grande,
“mannarino”- PS- ci vediamo il
26, fatti bella per me!
“Ti dichiaro guerra, Imperatore
Palpatine!” by Giulio Cesare
imperator XCV!
Armagnocchi! by Lucy
“Marta Modesti ti aspetto in I
C...”
R.D.- rimarrei ore saldato ai tuoi
occhi!
Galeotto anticaglia!
Sotèr occhio al sacco ;)
@Matteo/Rocky; Balboa aveva
Adriana e te???
Giulio marinaio!
Giulio toccalegno; anche
quest’anno vinceremo insieme!
Damiano finalmente in
pantaloni normali!
Sara Faraone!
“Pistilli culturista! <3”
“Szemone Marino sei il mio sogno
ricorrente” by trottolino amoroso
Davide pompati di meno!!!!
Carlotta non avrai mai la mia
maglietta !
“Dario Amodio sei un fregno” by
quello che non ti aspetti
Sudati Sudoku
LIBER
IL DARK SIDE DEL
GIORNALE DEL PILO
ALBERTELLI DI ROMA
MENTE
FRIZZI, LAZZI, POESIE DA RIDERE, COMICITA' DA
PIANGERE APPARENTI SCEMENZE, LATENTI
GENIALITA': LIBERATE LA MENTE!
Ipse Dixit
Frasi memorabili & strafalcioni di studenti e professori
Prof. D.: "Se ogni parola esiProf. D.: "La cosalità della cosa!"
stesse, allora anche "Truglù"
sarebbe nel dizionario"
Prof. C. : il "cum" narrativo è come
il prezzemolo, sta dappertutto!
... Perchè Epicuro praticava
l'Hakuna Matata.
Prof. C.: "Ragazzi, oggi dobbiamo
fare un test; so che avreste preferito
Prof. A: "ah, scusate, ho sbaun toast, ma avrete un test!D:
gliato classe, ma ci vediamo la
prossima ora, A FRAPPE'!"
Prof. A: "Ragazzi, la parabola è
sempre rivolta verso l'ano (*l'alto)"
Prof. M.: "Ma santa Madonna!
E qui mi autoinvoco!"
Prof. C: "Bè in effetti Newton era
un persona decisamente SPIGOProf. M.: "... e poi nell'anno 33
LOSA"
muore un signore di nome
Cristo."
Prof: Se non compattassimo i
carboidrati in glicogeno e il
glicogeno in grassi...
rotoleremmo per strada;
saremmo dei Barbapapà!!!
Prof: Cicerone cita Eraclito
Alunna: E come mai non lo
Tarzan invece????
Classe: O.O