Ingegneri e Costruttori 2012-01

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Ingegneri e Costruttori 2012-01
N/01 2012
OSSERVATORIO
Le imprese di
costruzioni di fronte
alle nuove restrizioni
sul credito
CULTURA
Itinerario nella storia
delle mura di Vicenza
postatarget creative
NE/VI0071/2008
Leonardo Martini:
“La Cassa edile deve
ragionare con una
visione regionale”
A colloquio con Leonardo Martini, di recente eletto alla presidenza della Cassa
edile di Vicenza. “L’obiettivo finale è quello di dar vita a sinergie operative
e gestionali tra le casse edili del Veneto. Ciò porterebbe a razionalizzare
ulteriormente la gestione delle pratiche e delle prestazioni”.
mensile della Sezione Costruttori Edili dell’Associazione Industriali della provincia di Vicenza edito da IPI srl Società unipersonale
01. 2012
08
12.
sommario
40.
Direttore responsabile
Stefano Tomasoni
Collaboratori
Maurizio Mascarin
Carlo Casarotti
Progetto Grafico
Patrizia Peruffo
Stampa
UTVI Tipolito srl - Vicenza
Pubblicità
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P. Cittadella, 9 - Tel. 045 596036
Editore
IPI Istituto Promozionale
per l’Industria srl
Società unipersonale
Piazza Castello, 3 - Vicenza
Anno sessantesimo
numero 1
gennaio 2012
un numero € 4,50
arretrati € 9,00
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07
TrentaRighe
Riorganizzarsi per essere competitivi in un mercato diverso
L’intervista
08Leonardo Martini: “La Cassa edile deve ragionare con una
visione regionale”
Argomenti
10“InOpera” un premio per pensare all’edilizia scolastica del futuro
12 Quanta strada in quelle macchine
Documento
14
L’avvalimento nelle nuove procedure di gara
Osservatorio
36
Le imprese di costruzioni di fronte alla nuova restrizione del credito
Cultura
40
Itinerario nella storia delle mura di Vicenza
44 Notiziario Costruttori
TrentaRighe
Riorganizzarsi per
essere competitivi
in un mercato
diverso
I
dati congiunturali presentati dall’ANCE e dal CRESME alla fine del 2011 confermano il
persistere di una situazione di grave difficoltà dell’economia italiana e, nello specifico,
del settore delle costruzioni, con una revisione al ribasso delle stime, che avevano
inizialmente previsto una pur modesta ripresa nel 2012. In attesa di capire se la “cura Monti”
produrrà gli effetti auspicati in termini di crescita, non è il caso di farsi illusioni: la crisi in
atto (dal 2008) è destinata a durare anche nel 2012 sia nel comparto pubblico che in quello
privato. A questo punto persino parlare di “crisi” può sembrare fuorviante: in realtà - è ormai
evidente - si tratta di un cambiamento epocale dell’economia internazionale che impone un
ripensamento complessivo delle dinamiche di sviluppo che si erano consolidate in decenni
di esperienza. Molti ricorderanno che, fino al 2008, il settore delle costruzioni ha conosciuto
una straordinaria stagione espansiva, che, tuttavia, come gli osservatori più attenti avevano
rilevato, conteneva in sé i germi della brusca frenata, se è vero che l’ininterrotta crescita del
settore era stata contraddistinta da investimenti immobiliari di natura speculativa a opera
di soggetti estranei al settore.
Il naufragio della logica del “guadagno facile” ha accelerato la fine dell’edilizia basata sul
consumo del territorio e avulsa dalle sue reali esigenze di sviluppo: oggi che quel “mercato”
non esiste più, è possibile pensare al futuro dell’edilizia con maggiore chiarezza.
I dati evidenziano infatti che se è buio profondo per i comparti tradizionali, a partire dalle
nuove costruzioni, non è così per il comparto delle manutenzioni e dell’”energy tecnology”,
che, in questi anni, non solo non sono arretrati, ma anzi, si sono consolidati, conquistando
crescenti quote di mercato. Questo trend positivo dimostra che il futuro del settore è nella
riqualificazione dell’immenso patrimonio edilizio esistente, sia pubblico che privato: basti
pensare che l’80% delle famiglie italiane è proprietario dell’immobile dove vive e che il 70%
delle case è stato costruito prima del 1970 (e solo poco più del 40% è stato sottoposto a
interventi di riqualificazione).
Riqualificare non vuol dire solo ristrutturare i singoli immobili e dotarli di impianti a basso
consumo energetico; vuol dire proporre progetti che sappiano valorizzare le aree già costruite
in una nuova logica integrata di servizi e infrastrutture, creando un legame virtuoso tra
aumento del benessere sociale e ritorno economico di chi ha investito.
Le imprese di costruzione vere devono riorganizzarsi, talvolta riconvertirsi per essere
competitive in questo mercato, che richiede nuove conoscenze, alleanze solide tra imprese
e con gli interlocutori della filiera, strategie finanziarie credibili e un rapporto chiaro e
costruttivo con la Pubblica Amministrazione.
L’intervista/8
Argomenti/8
di Maurizio Mascarin
Leonardo Martini:
“La Cassa edile deve
ragionare con una
visione regionale”
A colloquio con Leonardo Martini, di recente eletto alla presidenza della Cassa edile
di Vicenza. “L’obiettivo finale è quello di dar vita a sinergie operative e gestionali tra le
casse edili del Veneto. Ciò porterebbe a razionalizzare ulteriormente la gestione delle
pratiche e delle prestazioni”.
L
’architetto Leonardo Martini, da tre anni presidente della Scuola edile “Andrea Palladio”, è
stato nominato di recente alla presidenza della
Cassa edile, l’ente bilaterale di previdenza del comparto
costruzioni. Martini subentra al geometra Francesco
Rubbo, che ha lasciato l’incarico per impegni di lavoro.
“Quello che mi è stato affidato è un incarico importante – dice Martini -. Il mio impegno sarà rivolto a
perseguire le linee guida già tracciate dall’ente, con particolare riguardo all’iter per la realizzazione in via Mora
della nuova sede degli enti bilaterali, ossia Scuola edile,
Cassa edile e CPT. Si tratta, come ben si comprende, di
una struttura qualificante per tutta la nostra categoria
e che perciò merita priorità assoluta”.
- Partiamo da qui, presidente Martini. A che
punto sta la prospettata palazzina dell’edilizia?
“Diciamo che siamo a buon punto. Attraverso una procedura ad hoc è stato scelto il progetto dello studio di
architettura Smania-Pollini; ora si è nella fase di appro-
vazione del progetto in sede comunale, per cui ritengo
possibile che a metà anno si possa affidare l’appalto
dell’opera. I tempi incalzano, anche perché è nostro
intento inaugurare l’edificio entro la fine del 2013.”
- La Cassa edile, in quanto ente bilaterale, è da
più parti vista come un modello da copiare...
“Fa piacere constatare che il concetto di bilateralità è
visto e apprezzato in un’ottica funzionale di modernità
nel campo delle relazioni economiche e sociali. Sulla
base di quanto ha fatto fin qui il settore edile, altre
categorie produttive lo stanno perseguendo a dimostrazione che il concetto di collegialità, storicamente
ben presente nel nostro settore, è di per sé un modello
efficace ed efficiente”.
- La Cassa edile di Vicenza è stata tra le prime
in Italia a informatizzare i propri servizi. Quali
sono le prossime frontiere?
“A Vicenza siamo in possesso di un archivio gestionale
d’avanguardia. Il prossimo passo sarà quello di unifor-
L’intervista/9
Prosegue l’iter che porterà
alla realizzazione della nuova
sede della Cassa edile vicentina. “Ora siamo nella fase di
approvazione del progetto in
sede comunale – spiega Martini –. Ritengo possibile che a
metà anno si possa affidare
l’appalto dell’opera. I tempi
incalzano, anche perché è nostro intento inaugurare l’edificio entro la fine del 2013”.
mare il sistema a livello regionale, coinvolgendo nel
processo di informatizzazione le restanti Casse edili
venete. L’obiettivo finale, ragionando per step, è quello
di dar vita a sinergie operative e gestionali tra le casse
edili del Veneto. Ciò porterebbe a razionalizzare ulteriormente la gestione delle pratiche e delle prestazioni”.
- Proprio in questo senso, presidente Martini,
già dal 2010 è stata attivata la procedura definita “trasferta veneta”, che semplifica tutta
una serie di precedenti azioni burocratiche…
“La ‘trasferta veneta’ rappresenta il primo passo di
questa fase di regionalizzazione del sistema casse edili.
Per le imprese questo protocollo procedurale si sta
dimostrando funzionale, in quanto va a semplificare
la gestione amministrativa del personale aziendale”.
- La Cassa edile rappresenta di per sé un indice
reale rispetto all’andamento occupazionale del
settore. Cosa ci può dire a questo proposito?
“In sintonia con il difficile momento che sta attraversando l’economia, negli ultimi mesi la Cassa edile registra alla voce ‘versamenti contributivi’ un andamento
altalenante, anche se a fine 2011 la Cassa ha sostanzialmente confermato lo stesso plafond contributivo del
2010. Ciò si spiega col fatto che nella nostra provincia
sono stati aperti alcuni grandi cantieri che impegnano
parecchie maestranze. La sfida che ci sta di fronte è
perciò capire se, a fronte della conclusione di queste
grandi opere nel 2012, l’occupazione in edilizia andrà
incontro a un ridimensionamento”.
- Sul tappeto ci sono i lavori per la realizzazione
della Pedemontana veneta, un’opera di grande
valore anche in termini occupazionali…
“Nelle nostre aspettative la Pedemontana veneta può
assorbire parecchie maestranze, ma è altrettanto vero
che gli altri comparti del settore edile, quali il nuovo
residenziale, sono sostanzialmente fermi. In questo
contesto, grazie anche al riavvio del Piano casa, l’unico
trend favorevole viene dai lavori di ristrutturazione
e risanamento energetico. Ovvio chiedersi se basteranno a tenere in piedi il settore in termini produttivi
e occupazionali”.
- Lei passa dalla Presidenza della Scuola edile
a quella della Cassa edile. Qual è la sinergia fra
le due strutture?
“Non c’è dubbio che tra Scuola e Cassa ci sia una stretta
sinergia, considerando che la Cassa edile finanzia i
percorsi formativi della Scuola. In una fase di profonda
trasformazione del comparto edile ritengo che la collaborazione funzionale tra i due enti diventerà ancor
più fattiva. In quest’ottica la scuola edile si sta qualificando sempre più nella formazione di nuove figure
professionali, sia in campo costruttivo che in quello
energetico. Noi tutti abbiamo la consapevolezza che
l’apprendimento delle nuove tecnologie è senza dubbio
centrale per la competitività delle nostre imprese”.
Argomenti/10
“InOpera”,
un premio
per pensare all'edilizia
scolastica del futuro
ANCE Veneto Giovani ha istituito un bando di selezione per valutare e promuovere le
recenti realizzazioni di nuova costruzione e gli interventi di riqualificazione nell’ambito
dell’edilizia scolastica.
A
NCE Veneto Giovani lancia il premio “InOpera”.
L'Associazione dei costruttori edili regionale ha
istituito un bando di selezione per valutare e
promuovere le recenti realizzazioni di nuova costruzione e gli interventi di riqualificazione nell’ambito
dell’edilizia scolastica. L'obiettivo è quello di coinvolgere i protagonisti dei processi di trasformazione del
territorio per promuovere lo sviluppo di realizzazioni
di qualità, innovazione architettonica e di recupero e/o
sostituzione di edifici obsoleti.
“Il miglioramento e la messa in sicurezza del patrimonio scolastico – spiegano i promotori del premio - assumono rilevanza strategica per garantire le migliori
condizioni di sviluppo sociale del territorio, in quanto
incidono in modo determinante sulla formazione delle
nuove generazioni”.
Gli obiettivi fondamentali della riqualificazione delle
infrastrutture scolastiche sono quelli di garanzia della
massima sicurezza, rispondenza alle esigenze dei cittadini, valenza sociale e culturale, funzionalità per una
moderna didattica, sostenibilità ambientale e qualità
edilizia, fino anche all’ottimizzazione del profilo della
spesa pubblica per gli Enti Locali.
“Si vuole avviare una discussione costruttiva, con il
coinvolgimento delle istituzioni, dei progettisti e dei
costruttori – spiega ANCE Veneto Giovani -, per trovare un modello costruttivo, tecnico e procedurale, la
best practice veneta nell’ambito dell’edilizia scolastica.
La partecipazione è aperta a committenti (pubblici e
privati), imprese di costruzioni, progettisti e a tutti gli
attori che hanno partecipato al processo di realizzazione e riqualificazione di opere di edilizia scolastica.
Sono ammesse alla partecipazione le opere di nuova
costruzione, di ampliamento o di riqualificazione realizzate nel territorio italiano, alla cui realizzazione
abbia partecipato almeno un soggetto veneto, e ultimate alla data di partecipazione. Le iscrizioni al bando
sono aperte fino al 29 febbraio. Gli elaborati dovranno
pervenire esclusivamente in forma cartacea tramite
posta a mezzo raccomandata A/R o corriere.
Tra le opere selezionate la Giuria assegnerà un premio
per la migliore opera. Sarà attribuito un riconoscimento
speciale a un’opera, tra quelle selezionate dalla Giuria, che
presenterà particolari aspetti di innovazione e qualità.
La consegna dei riconoscimenti si terrà durante l’Ance
Day. Nella stessa occasione si svolgerà un convegno sulle
tematiche affrontate dal bando, con esperti del settore,
per valutare quale possa essere la “best practice”, il modello procedurale ed esecutivo da perseguire nel caso di
nuove costruzioni o riutilizzo di edifici scolastici.
Argomenti/12
di Maurizio Mascarin
Quanta
strada
in quelle
macchine
Fabio Rech da oltre vent’anni va a caccia di arnesi e macchine che hanno fatto la storia
del movimento terra.
D
all’originale rullo Kemna degli Anni Venti,
allora fiore all’occhiello dell’impresa Carta
Isnardo, al rullo stradale, classe 1960, della
Maritan Tandem, una macchina asfaltatrice che a
quei tempi rappresentava il massimo della modernità
meccanica. Fabio Rech, che nella vita di tutti i giorni
lavora come funzionario all’Inail di Vicenza, ha una
passione singolare: da oltre vent’anni va a caccia di
arnesi e macchine che hanno fatto la storia del movimento terra.
“È un hobby - racconta - che coltivo fin da ragazzo e
che mi è nato osservando quelle strane e rumorose
macchine adoperate nei lavori stradali. Vederle all’opera, così grandi e grosse, mi incuriosiva, mi davano
la sensazione di un gigante buono”.
Da allora Rech ha coltivato la passione verso queste
macchine “da fatica” e che, nel corso dei lustri, esprimono e fotografano puntualmente l’evoluzione tecnologica espressa in questo campo. “Catalogare le vecchie
asfaltatrici non è solo un amarcord, un semplice gioco
di ricordi - spiega -, ma una testimonianza di come queste macchine, conosciute per lo più solo dagli addetti
ai lavori, si siano evolute. Ora l’elettronica è entrata
anche in queste macchine, un tempo avevano il fascino
e la semplicità della meccanica”.
Nella raccolta personale di Rech, che con costanza da
“detective” gira per i cantieri alla scoperta di nuovi
pezzi da collezione, ci sono ormai un centinaio di
macchine: rulli, escavatori a corda, spruzzatici e altri
marchingegni.
“Il mio lavoro - racconta - grazie anche alla collaborazione di alcune storiche imprese stradali e dei consorzi di bonifica, consiste nel fotografare, catalogare
e restaurare queste antiche macchine per movimento
terra che, altrimenti, sarebbero destinate a deperire
in un magazzino o a finire da uno sfasciacarrozze”.
Oggi la singolare passione di Rech, ha nuovi obiettivi.
“Con un gruppo di appassionati – dice - vogliamo al
più presto dar vita a un’associazione che chiameremo
presumibilmente 'Gli amici del rullo'. La nostra idea
è quella di trovare uno spazio, un contenitore, per
creare già l’anno prossimo il primo museo italiano
delle macchine storiche per movimento terra”.
Va da sé che la collezione di Fabio Rech sta già girando,
creando curiosità e interesse tra i cultori delle macchine
movimento terra del passato.
“A settembre di quest’anno - dice - verranno esposti
alcuni rari esemplari di rulli ed escavatori a corda ad
'Asphaltica', rassegna del settore che si tiene alla fiera
di Padova in novembre”.
Pare che Rech abbia anche ricevuto un invito a presenziare alla trasmissione Rai “I fatti vostri”. Della serie: va
in onda la strana, ma certamente originale, collezione
targata “made in Rech”.
Documento/14
Argomenti/14
di Roberto Travaglini
L’avvalimento
nelle procedure
di gara
Considerazioni sul documento di base predisposto dall’Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici.
S
tante l’origine comunitaria dell’istituto
dell’avvalimento, e i continui richiami alla
disciplina e alla giurisprudenza comunitarie
operati dagli interpreti (Autorità e giudici) delle
corrispondenti norme “interne”, appare “centrale”
l’affermazione riportata nel documento di base1
(pag. 3), per cui “Tipica del diritto comunitario è l’indifferenza per ogni formalismo giuridico e l’attenzione
focalizzata sull’aspetto sostanzialistico dei rapporti: ciò
che conta, ad avviso della Corte di Giustizia, è che il
concorrente possa effettivamente disporre dei mezzi di
cui ha dichiarato di avvalersi, di modo che la possibilità
di ricorrere all’avvalimento sia subordinata esclusivamente alla dimostrazione, a carico del concorrente
“ausiliato”, dell’effettiva disponibilità di tali mezzi.”
Analogamente, di rilievo è la considerazione riportata nel documento di base (pag. 9), per cui “…
solo accogliendo un’impostazione “sostanzialista” si
garantisce che, anche in relazione all’istituto dell’avvalimento, vi sia una effettiva corrispondenza tra fase
della qualificazione e fase dell’esecuzione, evitando
una mera circolazione di certificati e documenti cui
non corrisponde la messa a disposizione di risorse reali. Va sempre considerata, infatti, l’esigenza della
stazione appaltante di verificare, in sede di gara, che
l’impresa che è ricorsa all’avvalimento disponga poi
effettivamente in fase esecutiva delle risorse proprie
di cui era carente, poiché solo in questo modo si assicurano i presupposti per il corretto adempimento delle
prestazioni oggetto dell’appalto.”
Se l’interpretazione delle norme interne, in ragione della loro stretta derivazione comunitaria,
deve essere rispettosa dei canoni sopra sottolineati (indifferenza per il formalismo giuridico e
conseguente approccio sostanzialistico; centralità
dell’effettiva disponibilità, in capo al concorrente
1) Il documento è reperibile nel sito dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, forniture e servizi (www.autoritalavoripubblici.it), accedendo alla pagina “Consultazioni on line”.
Documento/15
ausiliato, dei mezzi e delle risorse fornitigli dall’ausiliario, e conseguente necessità della piena prova
di tale disponibilità), è possibile rivedere criticamente alcuni risultati ermeneutici che paiono, al
contrario, legati più alla lettera delle norme (ed ai
connessi adempimenti formali dalle stesse previsti)
che alla sostanza dei rapporti giuridici originati
dalla relativa applicazione.
Requisiti “soggettivi”: aspetti problematici
Il punto di partenza è rappresentato dalla constatazione che tanto gli artt. 47 e 48 della direttiva
2004/18/CE, quanto l’art. 49 del D. Lgs. 163/2006,
non consentono l’avvalimento riguardo ai requisiti di ordine generale che qualsiasi concorrente
deve possedere, e che afferiscono direttamente alle
qualità personali dell’operatore economico (art. 38
D. Lgs 163/2006), così come riguardo a quelli che
legittimano il concorrente ad operare stabilmente,
ed in via principale, nel settore economico cui afferisce l’appalto oggetto di aggiudicazione (art. 39
D. Lgs. 163/2006).
Al contrario, l’avvalimento nell’ambito della singola
procedura di affidamento di un contratto pubblico di
lavori, servizi e forniture è consentito qualora abbia
ad oggetto “requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione
della certificazione SOA” (art. 49 D. Lgs. 163/2006).
I requisiti economico-finanziari dei fornitori e dei
prestatori di servizi sono disciplinati dall’art. 41
del Codice, quelli tecnico-organizzativi dall’art. 42,
mentre relativamente ai lavori pubblici (d’importo
superiore a 150.000 euro) opera il “sistema unico
di qualificazione” di cui all’art. 40 del Codice a al
Titolo III del DPR 207/2010.
Dal quadro normativo qui richiamato emerge che
mentre nelle forniture e nei servizi l’avvalimento
può avere ad oggetto uno o più dei requisiti di
carattere economico-finanziario e/o tecnico-organizzativo previsti dagli artt. 41 e 42 del Codice,
nei lavori pubblici – trascurando le ipotesi residuali dei lavori d’importo non superiore a 150.000,
ovvero d’importo superiore a 20.658.000 (ex art.
61, comma 6, DPR 207/2010) – l’avvalimento non
può avere ad oggetto singoli requisiti di qualificazione, bensì l’attestazione di qualificazione SOA,
stante il disposto dell’art. 49, comma 6, del D. Lgs.
163/2006, che sancisce “il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economicofinanziari e tecnico-organizzativi di cui all’articolo 40,
Documento/16
comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio
dell’attestazione in quella categoria”.
Quanto sopra dovrebbe condurre a concludere per
l’inammissibilità - a legislazione vigente - del ricorso all’avvalimento nelle forniture e nei servizi
per quei requisiti di natura soggettiva che sono il
frutto di un giudizio globale di capacità del concorrente ad operare in un certo settore, ovvero
con determinati standard, così come dovrebbe indurre - de iure condendo - a rivedere la disciplina
relativa ai lavori pubblici, stante l’anomalia della
“duplicazione” dell’avvalimento, ammesso sia nella
singola procedura di gara, sia nel sistama unico di
qualificazione, pur avendo in entrambi i casi ad
oggetto l’attestazione SOA.
Venendo agli specifici quesiti posti dall’AVCP a pag.
12 del documento di base, ovvero:
a) Possibilità, in linea generale, di escludere dall’avvalimento ulteriori requisiti di natura soggettiva diversi
da quelli previsti dall’articolo 38 ed in che limite;
b) I ndicare a titolo esemplificativo quali requisiti
possano ritenersi esclusi (certificazione di qualità,
iscrizione in albi professionali, ecc…);
c) Per i requisiti da ritenersi oggetto di avvalimento
specificare quali possono essere i mezzi di prova
per la messa a disposizione delle risorse oggetto di
avvalimento.
si riportano, di seguito, le seguenti ipotesi di soluzione.
La domanda sub a) potrebbe più opportunamente
essere riformulata chiedendo se possano essere
oggetto di avvalimento requisiti diversi da quelli
economico-finanziari (art. 47 direttiva 2004/18/
CE e art. 41 del D. Lgs. 163/2006) e tecnico-organizzativi (art. 48 direttiva 2004/18/CE e art. 42
del D. Lgs. 163/2006).
Così riformulata, la domanda non può che avere
una risposta negativa, con la conseguenza che, ad
esempio, la certificazione del Sistema di qualità
aziendale – non essendo riconducibile ai requisiti
tecnico-organizzativi, cui appartiene, al contrario,
la certificazione di qualità dei prodotti oggetto
dell’appalto [cfr.: artt. 48, comma 2, lett. ii) e 49
della direttiva 2004718/CE e artt. 42, comma 1,
lett. m) e 43 del D. Lgs. 163/2006] – non può essere
oggetto di avvalimento.
Del resto, che la certificazione del Sistema di qualità
aziendale non faccia parte dei requisiti di ordine
speciale (economico-finanziari e tecnico-organizzativi) è inequivocabilmente comprovato anche
dall’art. 40 dal D. Lgs. 163/2006, il cui comma 3
demanda alle SOA di attestare l’esistenza, nei soggetti qualificati, da un lato della certificazione dei
Sistema di qualità aziendale, dall’altro dei requisiti
di ordine generale nonché di quelli tecnico-organizzativi ed economico-finanziari.
Sul punto, paiono particolarmente convincenti le
affermazioni del TAR Campania, Napoli, Sez. I,
13.10.2011, n. 4769, per cui “Secondo l’orientamento
giurisprudenziale prevalente, condiviso dal Collegio,
la certificazione di qualità, attenendo strettamente
all’organizzazione aziendale per come implementata
dall’imprenditore, costituisce requisito soggettivo non
passibile di avvalimento; quand’anche si volesse aderire all’orientamento giurisprudenziale che ammette il
ricorso all’avvalimento della certificazione di qualità
a condizione che quest’ultima non sia avulsa dalle risorse alle quali è collegata – con la conseguenza che
l’avvalimento in parola sarebbe possibile solo nel caso
in cui l’impresa ausiliaria metta contestualmente ed
effettivamente a disposizione del concorrente, per tutta
la durata del contratto di appalto, non soltanto la
certificazione, ma anche gli elementi aziendali, come
le risorse e l’apparato organizzativo, connessi a tale
requisito qualitativo – comunque non rientrerebbe in
tale ipotesi il contratto di avvalimento esibito in sede
di gara, con cui la società ausiliaria non si è impegnata
a mettere a disposizione della ricorrente l’intera organizzazione aziendale certificata, posta alla base della
certificazione di qualità.”2;
Del resto, anche la giurisprudenza “possibilista” riguardo all’avvalimento del requisito della certifica-
2) Si veda anche il parere di precontenzioso 5.05.2011, n. 80, reso dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti pubblici, per cui “È preferibile
interpretare l’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 nel senso che non consente l’avvalimento della certificazione di qualità ISO 9001:2008.
Anche la giurisprudenza amministrativa maggioritaria qualifica la certificazione in esame come requisito soggettivo, preordinato a garantire all’amministrazione appaltante la qualità dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali dovute, e precisa che tale <obiettivo, per
essere effettivamente perseguito, richiede necessariamente che la certificazione di qualità riguardi direttamente l’impresa appaltatrice>”.
Documento/19
zione del Sistema di qualità aziendale, precisa che:
- “Per quanto riguarda la certificazione di qualità,
ovvero la capacità di un operatore economico di organizzare i propri processi produttivi e le proprie risorse
al fine di corrispondere, nel modo migliore, alle richieste della stazione appaltante, va osservato (riprendendo considerazioni svolte dall’Autorità di vigilanza
dei contratti pubblici nel documento di consultazione
“L’avvalimento nelle procedure di gara”, 2011) che il rilascio di tale certificazione costituisce il traguardo di un
percorso che vede impegnata l’intera struttura aziendale; da ciò deriva che proprio l’intima correlazione tra
l’ottimale gestione dell’impresa nel suo complesso ed il
riconoscimento della qualità rende la certificazione di
qualità aziendale un requisito connotato da un’implicita soggettività (ancorché rientrante fra i requisiti di
ordine speciale e, più precisamente, tecnico-organizzativo) e come tale non cedibile ad altre organizzazioni
se disgiunta dall’intero complesso aziendale in capo al
quale è stato riconosciuto il sistema di qualità” (TAR
Lazio, Roma, Sez. II ter, 22.12.2011, n. 10080)
- “è onere della concorrente dimostrare che l’impresa
ausiliaria non si impegna semplicemente a “prestare”
il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore
astratto, ma assume l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio
apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (a seconda
dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti) (TAR Piemonte, Sez. I,
16.06.2011, n. 631);
- “Il terzo che “presti”, in via di ausiliatore, la propria
certificazione di qualità, non si limita al prestito del
solo “documento” contenente la certificazione, ma si obbliga a mettere a disposizione dell’impresa concorrente,
nella fase di esecuzione del contratto, il complesso della
propria organizzazione aziendale ovvero il complesso
di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’impresa, e siffatta obbligazione vale a garantire
l’interesse dell’Amministrazione ad ottenere la garanzia qualitativa di un certo livello minimo di prestazioni
per la gestione dell’appalto, risultando, per ciò solo ed
in definitiva, ben possibile che l’impresa concorrente
assuma le vesti di un mero centro di imputazione di
rapporti giuridici e limiti la sua attività al coordinamento delle prestazioni dell’impresa ausiliaria” (TAR
Campania, Salerno, Sez. I, 29.04.2011, n. 813)3.
Alle stesse conclusioni “negative” sembra corretto
pervenire anche riguardo all’iscrizione agli albi professionali (quali ad esempio l’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale), perché anche in tal caso
si tratta di requisito che non può essere disgiunto
dall’intera organizzazione aziendale che è stata presa
in considerazione ai fini della predetta iscrizione.
Non va, inoltre, trascurata la circostanza che l’iscrizione in apposito albo professionale, e più in
particolare il possesso di una specifica autorizzazione abilitante alla prestazione di un determi-
3) Analogamente si è espressa l’Autorità (parere del precontenzioso 22.06.2011, n. 115) “la certificazione di qualità ISO 9001 non copre il
prodotto realizzato o il servizio/la lavorazione resi, ma attesta che l’imprenditore opera in conformità a specifici standard internazionali
per quanto attiene alla qualità dei processi produttivi della propria azienda. La certificazione in esame, quindi, è astrattamente qualificabile
come un requisito soggettivo, in quanto attiene ad uno specifico “status” dell’imprenditore; ma che trova fondamento e radici nella concreta
organizzazione aziendale, consistendo nell’aver ottemperato alle prescrizioni normative preordinate a garantire la qualità nell’esecuzione
delle prestazioni contrattuali. Muovendo da tale premessa, si ritiene di interpretare l’art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006 come non ostativo
all’avvalimento della certificazione di qualità ISO 9001 soltanto ove insieme alla stessa certificazione venga “prestata” l’organizzazione
aziendale che ne funge da presupposto oggettivo”.
Documento/20
nato servizio, sono disciplinati dagli artt. 46 della
direttiva 2004/18/CE e 39 del D. Lgs. 163/2006,
in sede diversa dalle disposizioni specificamente
dedicate ai requisiti “speciali” economico-finanziari
e tecnico-organizzativi.
Particolarmente convincenti, sul punto, paiono le affermazioni riportate nella pronuncia del TAR Lazio,
Roma, Sez. II ter, 22.12.2011, n. 10080, secondo cui
“le argomentazioni svolte con riferimento alla certificazione di qualità aziendale valgono, a maggior ragione,
con riferimento al possesso del requisito dell’iscrizione
all’Albo Nazionale dei gestori in materia ambientale che,
invero, oltre ad essere previsto obbligatoriamente dalla
normativa nazionale (art. 212 del D.lgs n. 152 del 2006)
e dalla lex specialis di gara, presuppone comunque una
specifica organizzazione aziendale, necessaria per assicurare il corretto espletamento di attività delicate e/o
pericolose e caratterizzate dall’impiego di attrezzature
particolari e di competenze specifiche. Ciò concretizza
una soggettività dell’iscrizione che non è equiparabile
ad un requisito da poter prestare se disgiunto dall’organizzazione che l’ha conseguita. A ciò si aggiunga che il
requisito dell’iscrizione all’albo di che trattasi costituisce
un requisito che si pone a monte dell’attività di gestione
dei rifiuti in quanto costituisce titolo autorizzatorio al
suo esercizio, previsto in via obbligatoria dalla legge.”4
Analogamente, sembra preferibile una risposta “negativa” anche in ordine al requisito della iscrizione al
registro delle imprese, per attività analoga a quella
dell’appalto, nonostante l’opposto orientamento
espresso da una non recentissima giurisprudenza (TAR
Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 17.01.2007, n. 137).
Quanto fin qui argomentato induce a dedicare una
riflessione “critica” riguardo alla possibilità – espressamente riconosciuta dall’art. 49, comma 1, del D.
Lgs. 163/2006 – di procedere all’avvalimento dell’attestazione SOA nell’ambito di una specifica procedura
di affidamento.
A norma dell’art. 40, comma 3, del D. Lgs. 163/2006, infatti, l’attestazione di qualificazione rilasciata dalla SOA
è il frutto dell’accertamento, operato da quest’ultima,
in ordine al possesso, in capo all’operatore economico:
a) della certificazione del Sistema di qualità aziendale;
b) dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del
D. Lgs. 163/2006;
c) dei requisiti di ordine speciale tecnico-organizzativi ed economico-finanziari definiti dall’art. 79
del DPR 207/2010 in conformità alle disposizioni
comunitarie.
Attestazione di qualificazione che, a norma dell’art.
60, comma 3, del DPR 207/2010, “Fatto salvo quanto
stabilito agli articoli 61, comma 6 (ndr: appalti di importo a base di gara superiore a euro 20.658.000), e
62 (ndr: qualificazione di imprese stabilite in Stati UE
diversi dall’Italia), … costituisce condizione necessaria
e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei
requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici”, con la conseguenza
che le singole Stazioni appaltanti non debbono,
né possono, verificare i singoli requisiti (diversi da
quelli generali, giusta il disposto dell’art. 38, comma
3, del D. Lgs. 163/2006), oggetto di accertamento
e di attestazione da parte delle SOA.
Tutto ciò rende del tutto “anomalo” l’avvalimento
4) La sentenza prosegue “L’art. 212, comma 5, del D.lgs n. 152 del 2006 prevede, invero, che “l’iscrizione all’Albo è requisito per lo
svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto…”, dal che
deriva che la normativa nazionale, proprio per la delicatezza e rilevanza delle funzioni svolte da tali soggetti (dal punto di vista ambientale ed igienico-sanitario), ritiene necessario che questi siano in possesso di caratteristiche aziendali ed organizzative tali da connotarli a livello soggettivo e da non consentire lo svolgimento delle attività da parte di soggetti terzi che ne siano privi. Si aggiunga, poi, che la normativa citata, per la specifica categoria 10 (amianto), contiene una serie di prescrizioni
aggiuntive connesse alle garanzie economiche e di professionalità, giustificate proprio dalla pericolosità di tale tipo di attività.
Ciò significa che la possibilità di avvalersi della struttura aziendale dell’impresa ausiliaria non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa nazionale a tutela del bene ambientale proprio perché non può essere rimessa alla libera scelta dell’impresa ausiliata l’individuazione delle modalità (e
della “quantità”) di utilizzo delle risorse della struttura aziendale ausiliaria che è in possesso dell’autorizzazione a svolgere l’attività di che trattasi.
Ciò che si vuole dire è che l’avvalimento, a differenza dell’istituto del raggruppamento temporaneo di impresa (RTI), serve all’impresa
ausiliata per colmare – come detto - la mancanza dei requisiti oggettivi per la partecipazione alla gara ma ciò non significa che il “prestito”
operato dalla società ausiliaria si traduca poi nell’utilizzo effettivo di quelle risorse nella fase esecutiva della prestazione nel senso che è
rimessa poi alla scelta organizzativa dell’impresa ausiliata se e come avvalersi, durante l’esecuzione, di quanto messo a disposizione dalla
ditta ausiliaria.”
Documento/23
nella singola gara dell’attestazione SOA, per le stesse
ragioni che hanno portato in precedenza a privilegiare la risposta “negativa” in ordine alla possibilità
di avvalimento della certificazione del Sistema di
qualità aziendale, ovvero dell’iscrizione in appositi
albi professionali o della titolarità di specifiche autorizzazioni ad operare in un determinato settore.
Sono le stesse ragioni che avevano condotto Confindustria, in occasione dell’audizione tenutasi il
16 febbraio 2006 presso la Commissione Lavori
pubblici e Ambiente del Senato, a proporre una
revisione dello schema di decreto legislativo di recepimento delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/
CE, escludendo l’avvalimento nella singola gara per
il settore dei lavori pubblici (con eccezione dei requisito della cifra d’affari in lavori quinquennale per
gli appalti d’importo superiore a 20.658.000 euro)
ed ammettendo nel mesedimo settore solo l’avvalimento nel sistema di qualificazione (ora disciplinato dall’art. 50 del D. Lgs. 163/2006 e dall’art. 88,
commi 2 e seguenti, del DPR 207/2010).
De iure condito, del resto, la stessa Autorità (parere sulla normativa 23.04.2009) ha riconosciuto
che “L’avvalimento concernente l’attestazione SOA
determina, in favore dell’impresa ausiliata, la messa
a disposizione dell’intera azienda dell’impresa ausiliaria, intesa come il complesso dei beni organizzato
per l’esercizio dell’impresa. È, appunto, in virtù della
qualificazione che si attesta la capacità di un’impresa
ad assumere appalti pubblici, fino ad un certo limite
e relativamente a certi lavori. Anche in caso di avvalimento trova applicazione il principio di carattere
generale derivante dall’art. 1, comma 4, del D.P.R.
25 gennaio 2000 n. 34, secondo il quale l’attestato di
qualificazione costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione del possesso dei requisiti di
capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento”.
Conclusivamente, in risposta al quesito sub lett.
c), qualora non si ritenga di aderire alla tesi che
esclude l’avvalimento per i requisiti “soggettivi”
in precedenza menzionati (ovviamente per l’attestazione SOA si pone, al più, un problema de iure
condendo), sembra necessario che l’avvalimento si
fondi sulla piena ed incondizionata messa a disposizione del concorrente ausiliato del complesso
aziendale condotto dall’ausiliario.
Tale piena e incondizionata messa a disposizione
del complesso aziendale si dovrebbe sostanziare in
un contratto di cessione o di affitto dell’azienda o
del relativo ramo specificamente dedicato all’attività oggetto dell’appalto, il che, peraltro, non può
che ripercuotersi sulla persistenza in capo all’ausiliario dei requisiti “incardinati” nel complesso
aziendale oggetto di cessione/affitto5.
I requisiti speciali
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) Possono essere oggetto di avvalimento i requisiti
immateriali?
b) In caso di risposta affermativa specificare la posizione sui requisiti di capacità economico-finanziaria
e su quelli attinenti all’esperienza pregressa nel settore di riferimento;
c) In particolare, l’avvalimento dei requisiti economico-finanziari deve sostanziarsi in un contratto di garanzia?
5) A pag. 22 del documento di base, nel paragrafo 7, dedicato all’avvalimento nel settore dei lavori pubblici, si sottolinea che “la qualificazione
SOA comporta la valutazione di un complesso di requisiti appartenenti all’intera azienda, tanto che è stato da più parti sostenuto che
l’avvalimento dell’attestazione SOA deve sostanziarsi in affitto di ramo d’azienda o cessione di azienda. In questo caso, però, l’ausiliario
non dovrebbe più poter partecipare ad altre gare ed eseguire contratti, posto che la propria attestazione ed, in ultima analisi, la propria
azienda, è utilizzata da un’altra impresa”.
Documento/24
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
Il diritto positivo, sia comunitario sia nazionale,
non sembra consentire una limitazione dei requisiti
“speciali” possibile oggetto di avvalimento.
Il problema è, piuttosto, costituito dalle modalità
di comprova dell’effettiva messa a disposizione del
concorrente ausiliato, da parte dell’ausiliario, dello
specifico requisito “immateriale” e, prima ancora,
di quale sia l’oggettiva “consistenza” di un requisito
che, per definizione, è considerato “immateriale”.
Per dare una risposta ragionevole a tale problematica può essere utile il ricorso alla figura dell’avvalimento di garanzia, elaborata dalla giurisprudenza
richiamata nel documento di base6, per legittimare
l’avvalimento dei requisiti “immateriali” di natura
economico-finanziaria (quali il volume d’affari o
fatturato), figura che la stessa giurisprudenza, peraltro, non estende all’area tecnico-organizzativa
(ad esempio lavori, servizi, forniture analoghi).
Con riguardo ai primi, il “prestito” dei requisiti costituiti dal capitale sociale7 o dal volume di affari complessivo8 può sostanziarsi in un contratto di garanzia.
Con riguardo ai secondi, sembra difficile dissociare
il fatturato “specifico”9 e i lavori, servizi, forniture
analoghi10 dal complesso aziendale che li ha conseguiti11, con la conseguenza che il relativo “prestito”
dovrebbe sostanziarsi in contratti aventi ad oggetto
l’azienda o il ramo operativo di quest’ultima (ces-
sione o affitto), ovvero in contratti che comunque
contemplino l’effettivo coinvolgimento esecutivo
dell’ausiliario (ad es. subappalto).
I documenti da allegare
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) P
ossibilità di prevedere la presentazione della documentazione dell’articolo 49 a pena di esclusione;
b) P
ossibilità di escludere il concorrente in assenza di
contratto di avvalimento.
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
Una malintesa acquiescenza alle origini comunitarie
dell’istituto ed agli enunciati della corrispondente
giurisprudenza, volti a sottolineare l’irrilevanza
della forma (e del relativo nomen iuris) del rapporto
giuridico nel quale l’avvalimento si sostanzia, purché chi intende ricorrervi fornisca piena prova di
poter disporre, per adempiere alla prestazione in
affidamento, dei mezzi e/o delle risorse facenti
capo all’operatore economico ausiliario, potrebbe
condurre a sottovalutare l’importanza della documentazione da produrre in gara con specifico
riguardo all’avvalimento (art. 49, comma 2, D. Lgs.
163/2006 e art. 88, comma 1, DPR 207/2010)12.
Al contrario, si ritiene che detta documentazione sia
di fondamentale importanza proprio per consentire
alla stazione appaltante di apprezzare l’effettiva dispo-
6) TAR Campania, Napoli, Sez. I, 2.02.2011, n. 644
7) Cons. Stato, Sez. V, 8.09.2011, n. 5040; Id., ordinanza 2.02.2011, n. 512; Cons. Stato, Sez. IV, 20.01.2008, n. 5742. In quest’ultima pronuncia si afferma, tra l’altro, che “il requisito del capitale sociale “minimo” rientra certamente tra “le altre referenze probanti”, di cui all’art.
47, par. 4, della Direttiva 2004/18/CE, la cui integrazione mediante riferimento alla capacità di altri soggetti non pare poter diminuire
quelle garanzie di solidità patrimoniale, cui notoriamente detto elemento risponde, anche alla luce della solidarietà di concorrente ed
impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante stabilita dall’art. 49, comma 4, del Codice. Peraltro, si ricordi che, per utilizzare
i requisiti di capacità posseduti da un altro soggetto, è necessario che il partecipante alla gara dimostri di disporre effettivamente, sulla
base di un titolo giuridico, dei requisiti di capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa proprii del soggetto, individuale o collettivo, di cui intende avvalersi; sì che, in caso di utilizzo di requisiti di capacità economica e finanziaria quale quello del capitale sociale,
anche ( o forse anzitutto ) il “titolo” anzidetto dovrà risultare adeguato, quanto alla disciplina che ne risulta, alla particolare natura del
requisito messo a disposizione”.
8) Cons. Stato, Sez. III, 15.11.2011, n. 6040; TAR Piemonte, Sez. II, 22.05.2007, n. 2218.
9) Cons. Stato, Sez. V, 17.03.2009, n. 1589; TAR Puglia, Bari, Seaz. I, 10.10.2007, n. 2486.
10) Cons. Stato, Sez. III, 15.11.2011, n. 6040; TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 12.06.2009, n. 1204.
11) TAR Campania, Napoli, Sez. I, 2.02.2011, n. 644, citata nel documento di base, afferma che “Al di fuori di tale ipotesi (ndr: volume d’affari
o fatturato) la messa a disposizione di requisiti (soggettivi e) astratti, cioè svincolata da qualsivoglia collegamento con risorse materiali
o immateriali, snatura e stravolge l’istituto dell’avvalimento per piegarlo ad un logica di elusione dei requisiti stabiliti nel bando di gara”.
12) Contra, TAR Veneto, Sez. I, 20.10.2010, n. 5528, “Il contratto di avvalimento assume carattere atipico nell’ambito dell’autonomia contrattuale che il nostro ordinamento garantisce alle parti ex art. 1322 c.c., e si sostanzia nella messa a disposizione dell’azienda (intesa
Documento/25
nibilità, da parte del concorrente ausiliato, dei mezzi
e delle risorse messegli a disposizione dall’ausiliario.
A tal fine debbono contemporaneamente essere
prodotti, a pena di esclusione, sia il contratto di
avvalimento13 (non surrogabile con le dichiarazioni
rese in sede di gara dall’ausiliario e dall’ausiliato 14),
sia tali dichiarazioni, in quanto esprimenti l’impegno nei confronti della Stazione appaltante15.
Focus sul contenuto minimo del contratto di
avvalimento
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) Qual è il contenuto minimo del contratto di avvalimento?
b) Le disposizioni dell’articolo 88 del Regolamento sono
applicabili anche ai settori dei servizi e delle forniture?
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
La responsabilità solidale tra concorrente ausiliato
ed operatore ausiliario, così come la durata del
contratto di avvalimento, costituiscono elementi
connaturati all’istituto dell’avvalimento così come
disciplinato dall’art. 49 del D. Lgs. 163 e dall’art. 88,
comma 1, del DPR 207/2010, per cui non sembra
essenziale che ad essi il contratto di avvalimento
quale complesso di beni organizzato per l’esercizio delle attività di impresa ex art. 2555 c.c.) di cui è titolare l’impresa ausiliaria a favore
dell’impresa partecipante alla gara; può rivestire qualunque forma, anche non esattamente documentale, e la sua esistenza può essere
provata in qualunque modo idoneo”.
13) TAR Toscana, Sez. I, 27.06.2011, n. 1110 “la normativa di legge e di gara è esplicita nel richiedere una duplicità di atti negoziali, tra cui,
accanto alla dichiarazione d’impegno, anche un vero e proprio contratto tra impresa ausiliaria e concorrente. La giurisprudenza più recente
ha evidenziato la estrema importanza della cognizione in sede di gara di tale contratto anche al fine di poter esaminare in concreto le
pattuizioni stabilite tra le parti e poter quindi appurare se dalle stesse emerga una concreta cessione di mezzi e risorse tra ausiliaria e
concorrente, tale da dare concretezza all’istituto dell’avvalimento stesso (in termini Cons. Stato, sez. III; 18 aprile 2011, n. 2344). La necessaria produzione in giudizio del contratto di avvalimento appare quindi tutt’altro che eccessiva o irrazionale e comporta che gli accordi
tra le parti in tale materia dovranno senz’altro rivestire una forma scritta, tale da poter essere prodotti nella documentazione di gara”.
L’AVCP, nel parere di precontenzioso 10.03.2011, n. 39, afferma che “La mancanza di sottoscrizione autografa originale, da parte del
rappresentante legale dell’impresa ausiliaria del contratto di avvalimento, a fronte della necessaria forma scritta ad substantiam ex art.
1350, n. 13 c.c., non consente di attribuire con la necessaria certezza il documento al suo autore ed il relativo negozio ad una volontà
validamente espressa, con ciò risultando evidentemente il contratto voluto dalla norma formalmente privo di valore alcuno, con conseguente inevitabile esclusione dalla gara per mancanza di un documento di rito.”
14) Contra, TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 17.02.2008, n. 4653.
15) TAR Sicilia, Palermo, Sez. III, 23.11.2011, n. 2174, “Appare inidonea la mera presentazione del contratto di avvalimento stipulato
tra impresa concorrente e impresa ausiliaria, atteso che esso esprime unicamente un impegno tra le parti stipulanti ma non anche
dell’impresa ricorrente ausiliata nei confronti della stazione appaltante e che l’insufficienza della mera produzione del detto contratto
è, inoltre, dimostrata dalla stessa formulazione dell’art. 49, comma 2 del codice dei contratti, il quale impone la presentazione sia della
dichiarazione (lett. a), sia del contratto (lett. f), perseguendo evidentemente i relativi oneri documentali funzioni diverse e, soprattutto,
complementari (in termini, v. T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 3 maggio 2011, n. 820)”. Analogamente si è pronunciata l’Autorità, pareri di precontenzioso 9.06.2011, n. 100 e 20.10.2010, n. 170, in quest’ultimo caso ritenendo necessaria la dichiarazione dell’impresa
ausiliaria anche nell’ipotesi di avvalimento “infragruppo”.
Documento/26
dicazione, per eseguire l’appalto. Tale circostanza,
plausibile nel caso di avvalimento “infragruppo”,
appare del tutto anomala nel caso di avvalimento
tra imprese terze, anche perché sembra sottendere
la strumentalità dell’avvalimento alla sola partecipazione alla gara, senza un effettivo impegno
dell’ausiliario a mettere a concreta disposizione
del concorrente ausiliato i mezzi e le risorse di cui
il primo è dotato17.
Tale circostanza sembra, in sostanza, “tradire” la
funzione meramente elusiva delle regole di selezione
dei concorrenti alle gare d’appalto, così come a lungo
tempo è stato il ricorso all’associazione temporanea d’imprese, almeno fino a quando non è stato
normativamente sancito l’obbligo della corrispondenza tra quota di partecipazione all’ATI e quota
di partecipazione all’esecuzione del contratto e tra
questa e l’ammontare della qualificazione posseduta
da ciascuna impresa temporaneamente riunita.
dedichi specifica regolamentazione. Al contrario,
consistendo l’avvalimento nella messa a disposizione del concorrente ausiliato, da parte dell’operatore ausiliario, dei mezzi e delle risorse al primo
mancanti, appare essenziale che il contratto di avvalimento identifichi in modo esaustivo e puntuale
i mezzi e le risorse oggetto di “prestito”16.
Nel documento di base l’Autorità evidenzia che solo
il 14,5% dei contratti di avvalimento esaminati
contiene l’indicazione del corrispettivo riconosciuto
dal concorrente ausiliato all’ausiliario, quale remunerazione della messa a disposizione dei mezzi e
risorse per partecipare alla gara e, in caso di aggiu-
La prova della effettiva messa a disposizione
dei mezzi
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) Il contratto di avvalimento deve avere un contenuto
dettagliato? In caso di risposta affermativa, quali
elementi sono imprescindibili?
b) Il contratto di avvalimento deve rispondere ad un
particolare tipo (contratto di garanzia, subappalto,
affitto di ramo d’azienda) in relazione al requisito/
risorsa prestata?
c) L
a prova dell’effettiva disponibilità delle risorse da
parte dell’impresa ausiliata deve essere valutata con
rigore dalla stazione appaltante?
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
Ai quesiti del presente paragrafo si è già cercato di
dare risposta nei paragrafi precedenti.
16) Si veda il già citato TAR Toscana, Sez. I, 27.06.2011, n. 1110
17) Contra, TAR Veneto, Sez. I, 20.10.2010, n. 5528, secondo cui non “può sostenersi … che il contratto in questione (ndr: contratto di
avvalimento) sia invalido poiché gratuito: e ciò non solo perché l’assenza di pattuizione di un corrispettivo di per sé non significa che
il contratto sia gratuito, potendo al riguardo provvedere il giudice in difetto di un accordo tra le parti (cfr. art. 1709 c.c.), ma anche – e
soprattutto – in quanto l’assodata atipicità del contratto di avvalimento non determina alcun limite o vincolo in ordine alla causa del
negozio e alla previsione del corrispettivo, posto che la riconducibilità del contratto stesso allo schema generale del mandato rende ex
se irrilevante ai fini della validità del vincolo instaurato tra le parti l’avvenuta assunzione, da parte del mandante, dell’obbligo di corrispondere al mandatario un compenso per l’attività da lui svolta, trattandosi di obbligo che a’ sensi dell’art. 1709 c.c. è solo presunto
(cfr. sul punto la sentenza n. 3451 dd. 6 novembre 2008, resa da questa stessa Sezione)”.
Documento/29
Riassumendo:
a) è necessario che il contratto di avvalimento abbia
un contenuto dettagliato, in particolar modo con
riferimento ai mezzi e/o alle risorse oggetto di
avvalimento, tenendo presente che laddove abbia
ad oggetto i requisiti “immateriali” del capitale
sociale e del volume d’affari (o fatturato) globale,
si sostanzia in un contratto di garanzia;
b) nei fatti la natura del requisito oggetto di avvalimento condiziona la riconducibilità del contratto di avvalimento ad ua specifica tipologia
negoziale;
c) l’effettiva disponibilità delle risorse da parte
dell’impresa ausiliata deve essere valutata con
rigore dalla Stazione appaltante.
La responsabilità solidale dell’impresa ausiliaria
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) L a responsabilità della impresa ausiliaria è contrattuale o extracontrattuale?
b) L a responsabilità dell’impresa ausiliaria riguarda
tutte le prestazioni oggetto del contratto di appalto
o solo le risorse prestate?
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
Si ritiene che l’impresa ausiliaria non sia semplicemente un soggetto terzo rispetto al contratto
d’appalto, dovendosi essa impegnare - non soltanto
verso l’impresa concorrente ausiliata, ma anche
verso l’amministrazione aggiudicatrice - a mettere a
disposizione del concorrente le risorse di cui questi
sia carente.
L’ausiliario è, infatti, tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante
e tale impegno conforma in modo determinante
l’istituto dell’avvalimento, costituendone un presupposto di legittimità.
L’impresa ausiliaria diviene quindi titolare passivo
di un’obbligazione accessoria dipendente rispetto
a quella principale del concorrente, e tale obbligazione si perfeziona con l’aggiudicazione e la stipula
a favore del concorrente ausiliato, di cui segue le
sorti; ne consegue che l’impresa ausiliaria risponde
a titolo di responsabilità contrattuale dell’inadempimento delle promesse fatte all’amministrazione18.
Quanto all’estensione della responsabilità solidale
gravante sull’impresa ausiliaria, si ritiene coerente
con le caratteristiche dell’istituto la relativa perimetrazione alle sole prestazioni eseguite mediante il
ricorso all’avvalimento (il che, peraltro, si identifica
con l’intero appalto, nel caso di avvalimento “di garanzia”, ovvero di avvalimento “operativo” che coinvolge l’intero complesso aziendale dell’ausiliario).
L’avvalimento nel settore dei lavori pubblici
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) È compatibile con il principio secondo cui ogni soggetto che esegue lavori pubblici deve essere qualificato il fatto che un’impresa sprovvista di certificazione SOA partecipi ad una gara avvalendosi della
certificazione di un’altra impresa, considerando
che l’aggiudicataria del contratto dovrà comunque
eseguire una parte dello stesso in proprio? In particolare, il problema si pone se la quota di lavori
che l’impresa si accinge ad eseguire superi il valore
di 150.000 euro.
b) Q
ual è il significato da attribuire al divieto di utilizzo frazionato dei requisiti previsto dall’articolo
49, comma 6 del codice?
c) È
ammissibile la sostituzione dell’impresa ausiliaria
prima della stipula del contratto?
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
De iure condito la risposta al quesito sub a) sembrerebbe dover essere positiva, in linea con le affermazioni della giurisprudenza richiamata anche
nel documento di base.
Si potrebbe, per converso, obiettare che il postulato
sul quale si fonda tale linea di pensiero, secondo cui
18) Così TAR Campania, Napoli, Sez. I, 6.12.2010, n. 26798
19) Cons. Stato, Sez. VI, 13.06.2011, n. 3656, per cui due attestazioni non individualmente sufficienti a colmare il requisito richiesto dal
bando non potrebbero essere cumulate, attraverso l’avvalimento, per totalizzare la classifica di qualificazione SOA necessaria all’ammissione alla procedura concorrenziale. Con la conseguenza che l’ausiliario, al fine di legittimare la partecipazione alla gara dell’offerente,
dovrebbe necessariamente prestargli per l’intero e integralmente il requisito richiesto dal bando (e non solo una quota parte dello stesso,
come avvenuto nel caso sottoposto al vaglio del giudice amministrativo).
Documento/30
la garanzia per la stazione appaltante di ricevere la
migliore prestazione non sarebbe adeguatamente
assicurata ove nessuno dei soggetti concorrenti
possedesse autonomamente i requisiti preventivamente identificati in relazione all’oggetto e agli
importi di gara, non trova riscontro nella gran parte
degli istituti che consentono l’aggregazione di più
operatori economici al fine di cumulare i requisiti
di qualificazione (ad es: consorzi stabili, raggruppamenti temporanei, consorzi ordinari).
In ogni caso, il precetto contenuto nell’art. 49,
comma 6, del D. Lgs. 163/2006, secondo cui “Il contratto (ndr: di appalto) è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara”, appare in insanabile
contrasto con il principio dettato dall’art. 40, comma
1, del Codice e dall’art. 60, commi 2 e 3, del DPR
207/2010, laddove l’avvalimento dell’attestazione
di qualificazione SOA non si traduca in un trasferimento temporaneo dell’intero compendio dei beni
aziendali dell’ausiliario, presi in esame in occasione
del rilascio a quest’ultimo dell’attestazione SOA.
Il che, peraltro, riporta all’evidenza l’anomalia
dell’attuale “doppio binario” riservato all’avvalimento dell’attestazione SOA (nella singola gara, ex
art. 49 del D. Lgs. 163/2006 e nel sistema unico di
qualificazione, ex art. 50).
Quanto sin qui argomentato riguarda anche il quesito sub b).
Quanto al quesito sub c), non sembra possibile
sostituire l’impresa ausiliaria prima della stipula
del contratto con la Stazione appaltante, dovendo
l’identità dell’ausiliario cristallizzarsi al momento
della presentazione dell’offerta cui accede20.
L’avvalimento nei servizi e nelle forniture:
focus sui requisiti speciali nei servizi di ingegneria ed architettura
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) È ammissibile l’avvalimento per i servizi di tipo
intellettuale, quali, ad esempio, la progettazione e
la direzione dei lavori?
20) Secondo Cons. Stato, Sez. V, 20.10.2010, n. 7581, “L’art. 48, par. 3, della direttiva 2004/18 richiede ai fini dell’avvalimento
che il concorrente provi all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione del contratto “disporrà” delle risorse necessarie di altri soggetti, quindi ciò provi nel momento della partecipazione alla gara e non in quelli, successivi, dell’assunzione degli impegni contrattuali e del loro adempimento; momento, d’altra parte, a cui attiene la disciplina posta dallo stesso
art. 48, espressamente riguardante appunto la valutazione e la verifica dei requisiti – sia pur speciali – di partecipazione”.
L’AVCP, nella deliberazione 28.06.2007, n. 220, ha affermato che “Il requisito della qualificazione deve sussistere al momento della
scadenza per la presentazione delle offerte, permanere per tutta la durata del procedimento di gara e, nel caso in cui l’impresa risulti
aggiudicataria, per tutta la durata dell’appalto. Diversamente opinando, si verrebbe a determinare una frattura nel possesso dell’imprescindibile titolo abilitante per chi voglia eseguire lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro costituito dall’attestazione SOA.
Pertanto, nel caso in cui l’impresa di cui si avvale l’aggiudicatario sia in possesso di attestazione SOA scaduta e quindi sia priva della
prova del possesso dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria indispensabili per la partecipazione alla gara e per l’affidamento dei
lavori pubblici, non ricorrono le condizioni per poter stipulare il contratto di appalto”.
Documento/33
b) I n caso di risposta affermativa, quali specifici requisiti possono formare oggetto di avvalimento?
L’ammissibilità dell’avvalimento anche per quanto
attiene ai servizi di tipo intellettuale non sembra
potersi revocare in dubbio alla luce della portata
generale delle norme comunitarie e nazionali riguardanti l’istituto.
Sul punto, del resto, si sono espressi affermativamente sia la giurisprudenza21, sia l’Autorità22.
Sembra doversi escludere l’avvalimento dei requisiti
consistenti in specifiche abilitazioni professionali,
che debbono necessariamente essere nella diretta
titolarità del concorrente.
Rapporto con l’istituto del subappalto
I quesiti posti nel documento di base riguardo
all’oggetto in rubrica sono così riassunti
a) È applicabile all’impresa ausiliaria il limite del 30%
fissato per il subappalto dall’art. 118 del Codice?
b) D
ivieto di usufruire dell’avvalimento per il subappaltatore
Le considerazioni sul punto sono le seguenti.
Stante la diversa natura e funzione dell’avvalimento
rispetto al subappalto, ancorché il primo possa “tradursi” nel secondo, si ritiene che in quest’ultima
ipotesi non trovino applicazione i limiti quantitativi propri del subappalto, poiché l’art. 49, comma
10, del D. Lgs. 163/2006, stabilisce che “l’impresa
ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore
nei limiti dei requisiti prestati”23.
Quanto alla possibilità, per il subappaltatore, di dimostrare la propria idoneità facendo ricorso all’avvalimento dei requisiti di un soggetto terzo, la fattispecie
sembra inconciliabile con la ratio proconcorrenziale
dell’istituto, oltre che con la sua disciplina.
I raggruppamenti temporanei di imprese
I quesiti posti nel documento di base riguardo
21) TAR Lazio, Roma, Sez. II bis, 22.09.2010, n. 32401 e Cons. Stato, Sez. V, 12.11.2009, n. 7054.
22) Pareri di precontenzioso 7.04.2011, n. 61 e 7.04.2011, n. 62.
23) Ad es TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 24.01.2008, n. 168.
24) Così TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 29.07.2011, n. 2037.
Documento/34
all’oggetto in rubrica sono così riassunti:
a) Il ricorso all’avvalimento in un’A.T.I. può comprendere
anche la quota minima di requisiti che ciascun componente di un’A.T.I. deve possedere?
Al quesito sembra doversi dare risposta positiva,
allineandosi a quella giurisprudenza secondo cui
“L’istituto dell’avvalimento è espressione del principio
di massima partecipazione e persegue la finalità di ampliare la platea dei potenziali concorrenti consentendo
loro di utilizzare i requisiti di capacità tecnico-professionale ed economico-finanziaria di soggetti terzi. A tali
fini non incide sulla legittimità del ricorso all’istituto la
natura giuridica dei legami esistenti fra i soggetti interessati, rilevando unicamente, per l’Amministrazione,
che l’impresa avvalente disponga dei mezzi dell’avvalsa.
“La legislazione vigente”, infatti, “(art. 37 del Codice;
art. 95 del d.P.R. n 554 del 1999; art. 92 dell’emanando
regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici) fissa in tema di a.t.i. i requisiti minimi percentuali
di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale
che deve essere posseduta da ciascun componente; ma
tale disciplina non può essere intesa come limite all’avva-
limento, perché così interpretata essa sarebbe contraria
al diritto comunitario che non pone limitazioni quantitative né qualitative all’avvalimento, e che lo consente
espressamente anche nell’ambito dei raggruppamenti
di imprese, e in tal caso sia mediante avvalimento interno che mediante avvalimento esterno. Pertanto la
disciplina nazionale va intesa non solo nel senso che
anche nell’ambito di un’a.t.i. è ammesso l’utilizzo dell’avvalimento, ma anche nel senso che persino la quota
minima di requisiti che ciascun componente di un’a.t.i.
deve possedere può essere dimostrata mediante ricorso
all’avvalimento”. (Cons. St., Sez. VI, 29 dicembre 2010,
n. 9577). Il rischio, paventato dalle ricorrenti, che possa
in tal modo essere affidato l’appalto a un soggetto non
in grado di eseguire la prestazione dedotta in contratto
è neutralizzato dal vincolo di responsabilità solidale che
lega avvalente e avvalsa nei confronti della Stazione
appaltante e dai contratti di avvalimento presentati che
comprovano la disponibilità, da parte della mandataria,
delle risorse necessarie alla corretta esecuzione dell’appalto (ex art. 49, comma 2, lett. d ed f e comma 4 del
D. Lgs. n. 163/2006)”. 24
Osservatorio/36
Le imprese di costruzioni
di fronte alla nuova
restrizione del credito
L’indagine rapida Ance effettuata presso le imprese associate a settembre 2011 mostra un
inasprimento delle condizioni di accesso al credito: il 62,4% delle imprese ha dichiarato
un peggioramento nei rapporti con le banche.
L
’indagine rapida Ance effettuata presso le
imprese associate a settembre 2011 mostra
un inasprimento delle condizioni di accesso
al credito: il 62,4% delle imprese ha dichiarato un
peggioramento nei rapporti con le banche, il doppio
rispetto a quanto l’Ance aveva registrato esattamente
tre anni fa, nel settembre 2008, vale a dire all’indomani
del fallimento di Lehman Brothers.
Il peggioramento nei rapporti con le banche è stato
registrato sull’intero territorio nazionale, con situazioni
particolarmente gravi nel Nord Est e nel Centro Italia:
in queste due macroregioni più di 3 imprese su 4 denunciano un peggioramento nelle condizioni di credito.
Tale irrigidimento si è manifestato, secondo le imprese
che hanno partecipato all’Indagine, con l’aumento
dello spread sui tassi di interesse (68,4%), seguito
dalla richiesta di maggiori garanzie a fronte dei finanziamenti richiesti (66,8%).
Le imprese, inoltre, denunciano un sensibile allungamento dei tempi di istruttoria (63,2%), la concessione di quote minori di finanziamento rispetto
all’importo totale dell’investimento (57,9%) e la richiesta di rientro (38,9%).
Per quasi la metà delle imprese (48,6%) che hanno
partecipato all’Indagine rapida nel settembre 2011,
le banche hanno richiesto il cambiamento delle condizioni contrattuali per i finanziamenti già in essere.
Questo dato è il peggiore da sempre e conferma il
grave deterioramento nei rapporti con le banche. Il
cambiamento delle condizioni contrattuali è avvenuto,
principalmente, nelle operazioni di scoperto di c/c,
nelle aperture di c/c, e nei finanziamenti non fina-
Osservatorio/37
lizzati (hot money). La richiesta di finanziamenti da
parte delle imprese, nel periodo aprile-agosto 2011,
rimane sostenuta. Il 45% delle imprese ha registrato
un aumento nella domanda di credito, mentre per il
19% circa c’è stata una diminuzione.
La richiesta di finanziamenti da parte delle imprese
è dettata principalmente dalla necessità di far fronte
ai ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione (42%), dalla variazione nelle esigenze produttive
(30,5%) e dalla variazione della capacità di autofinanziamento (23%). Per l’11,5% delle imprese la richiesta
di finanziamenti è stata determinata dalla necessità
di ristrutturare i debiti.
Viene confermato, inoltre, l’interesse del settore per i
consorzi fidi, a cui aderisce il 37,8% delle imprese che
ha partecipato all’indagine Ance di settembre 2011.
Anche i dati di Banca d’Italia mostrano un’accresciuta
importanza dei Confidi in questa fase di crisi: nel 2010,
infatti, le garanzie rilasciate in favore di imprese edili
sono cresciute del 20,1%, indirizzate soprattutto a
imprese di piccola dimensione.
I mutui per nuovi investimenti in costruzioni.
Dopo la stretta creditizia registrata conseguentemente
alla crisi finanziaria mondiale del 2008, si sta assistendo ad un nuovo credit crunch che sta mettendo in
serio pericolo il sistema produttivo del Paese.
I mutui alle imprese per investimenti in edilizia residenziale sono diminuiti, nei primi 6 mesi del 2011, del
16% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,
con un preoccupante inasprimento nel secondo trimestre (-19,5%, dopo il -11,5% del primo trimestre 2011).
L’analisi regionale mostra che tutte le regioni, ad
eccezione del Trentino Alto Adige, della Liguria e
dell’Umbria, registrano cali nei finanziamenti per
investimenti in edilizia residenziale. La contrazione
dei finanziamenti è stata registrata anche nel settore
dell’edilizia non residenziale: nel primo semestre 2011
sono diminuiti del 12,4% rispetto allo stesso periodo
precedente, con un forte peggioramento, anche in
questo caso, negli ultimi 3 mesi del semestre.
La ripartizione regionale mostra importanti cali in
Sardegna (-45,5%), Lazio (-36,2%), Toscana (-30,7%),
Basilicata (-30,3%) e Puglia (-27,4%).
La contrazione dei finanziamenti al settore delle costruzioni registrato nel primo semestre 2011 risulta
particolarmente preoccupante, soprattutto in considerazione dell’imponente restrizione subita dalle imprese
dopo lo scoppio della crisi finanziaria internazionale:
se consideriamo la differenza tra il periodo di massima
espansione delle erogazioni - ovvero il 2007 - e il 2010,
la caduta è stata enorme: -25% per i mutui erogati per
il finanziamento di investimenti in edilizia abitativa,
-30,4% per quelli nel non residenziale.
E le aspettative per la seconda parte del 2011 sono,
addirittura, peggiori: secondo i risultati dell’indagine
di Banca d’Italia Regional Bank Lending Survey, nel secondo semestre 2011 le banche prevedono un’ulteriore
restrizione dei finanziamenti.
I mutui per acquisto di abitazioni
Nei primi 6 mesi del 2011 i mutui per l’acquisto di
abitazioni in Italia sono diminuiti del 3,1% rispetto
allo stesso periodo dell’anno precedente.
Nel 2010 questa tipologia di finanziamento aveva
registrato una ripresa dopo il calo pari al 10% nel
2009, tornando a calare nel secondo trimestre 2011,
durante il quale i mutui per acquisto di abitazioni
sono diminuiti del 6,9%. Le previsioni per la seconda
parte del 2011, secondo i risultati dell’indagine di
Banca d’Italia Regional Bank Lending Survey, sono di
un ulteriore irrigidimento dell’offerta di credito per
l’acquisto di case da parte delle banche.
La ripartizione regionale mostra, nei primi 6 mesi
dell’anno, dati negativi importanti in Toscana, Valle
d’Aosta, Emilia-Romagna e Veneto (rispettivamente
-28,7%, -24,1%, -11,1% e -6,6%).
Cultura/40
di Giorgio Ceraso
Itinerario nella storia
delle mura di Vicenza
Presentato il volume Vicenza: la cinta murata ”Forma urbis”. Un lavoro prezioso e
completo, realizzato dal prof. Franco Barbieri, che delinea il percorso delle cinte murate
di Vicenza, sviluppato nel corso dei secoli.
È
stato presentato, nella Sala degli Stucchi del Comune di Vicenza, il volume Vicenza: la cinta murata ”Forma urbis”, riedizione aggiornata di un
Carnet del Turista, Vicenza gotica: le Mura, pubblicato nel
1984 dall’allora Ente Provinciale del Turismo. L’iniziativa,
rientrante nell’ambito di Vicenza città dell’UNESCO, è
stata promossa dall’assessore alla progettazione e innovazione del territorio e della cultura, Francesca Lazzari, che
ha trovato piena collaborazione nella sezione vicentina di
Italia Nostra e nel prof. Franco Barbieri, autore dei testi.
Il lavoro, che delinea il percorso delle cinte murate che si
è sviluppato nel corso dei secoli, risulta prezioso per la
completezza e la profondità della trattazione, corredata
da una esaustiva nota bibliografica, e per il ricco apparato
di documenti d’archivio e di immagini, talora inedite. Il
testo tiene anche conto degli studi successivi alla prima
edizione e dei ritrovamenti dovuti alle ultime campagne di
scavo condotte in città. A queste è dedicato uno specifico
saggio della dottoressa Mariolina Gamba, funzionario
per Vicenza della Soprintendenza ai Beni archeologici del
Veneto, che conferma precedenti ipotesi degli studiosi
sull’andamento degli antichi percorsi delle mura.
L’argomento è stato affrontato dal prof. Barbieri seguendo
il criterio cronologico e topografico: la trattazione, quindi,
dopo aver ricordato che la cinta romana doveva, grossomodo, coincidere con la successiva altomedievale (gli
unici resti romani ancora visibili si trovano all’interno
del civ. n. 9 di contrà Mure porta Castello, sede dell’As-
Cultura/41
In apertura, la Pianta Angelica di Vicenza del 1580, nella quale si
può individuare l’andamento delle mura a difesa del nucleo
urbano antico e dei borghi sviluppatisi a partire dai secoli XI e XII.
Qui sotto, la copertina del libro dedicato alle mura di Vicenza.
Il volume, dopo aver ricordato
che la cinta romana doveva
grossomodo coincidere con la
successiva altomedievale (gli
unici resti romani ancora visibili
si trovano all’interno del palazzo
dell’Associazione Industriali al
n. 9 di contrà Mure porta Castello) prende da quest’ultima
avvio e prosegue con le mura
poste a protezione dei borghi.
Una sorta di percorso guidato,
che si può seguire grazie anche a due documenti allegati
al volume: la riproduzione della
pianta Angelica del 1580 e una
moderna planimetria della città
nella quale è tracciato l’andamento delle mura.
sociazione Industriali) prende da quest’ultima avvio e
prosegue con le mura poste a protezione dei borghi. Una
sorta di passeggiata, di percorso guidato, dunque, che si
può agevolmente seguire grazie anche a due documenti
allegati al volume: la riproduzione della pianta Angelica
del 1580 e una moderna planimetria della città, nella
quale è tracciato l’andamento delle mura.
Della cinta altomedievale, posta a difesa di quello che oggi
è il centro storico e databile dal X alla seconda metà del XIII
sec., sono rimasti avanzi più o meno significativi. Partendo
da porta Castello - tuttora esistente ancorché modificata
e parte di una poderosa, quasi del tutto perduta struttura
difensiva scaligera - e proseguendo verso sud, subito si
incontrava la porta Feliciana, ancora oggi parzialmente
visibile. Si ritrovano poi le mura nella facciata di casa
Sperotti, quasi a confine con ponte Furo, nell’omonima
contrà, e in piazzola San Giuseppe. Dopo pochi metri si
erge il massiccio Porton del Luzo, l’unica porta ben visi-
bile fra quelle primitive cittadine, che si apriva verso le
pendici di Monte Berico, seguito dalle mura felicemente
riutilizzate nella casa Zamberlan-Farina e in quella in
angolo tra contrà mure S. Michele e piarda Fanton.
Giunte al ponte delle Barche, le mura seguivano due percorsi. Il primo, più interno, verso ovest, è quello più antico
e si dipanava lungo contrà delle Barche, intersecava l’attuale stradella dell’Isola, passava dietro palazzo Chiericati,
si inoltrava in contrà Canove Vecchie e poi proseguiva
per contrà delle Canove. Lasciando fuori, quindi, l’area
dell’Isola, vale a dire l’attuale piazza Matteotti. Il secondo
tracciato, quello più a est, che costeggiava il Bacchiglione,
è frutto di interventi più tardi, coincidenti con la dominazione padovana (1266-1311), quando fu ampliato e
fortificato quello che oggi vien detto palazzo del Territorio. Ed è, questo secondo, il tracciato che si coglie nella
pianta Angelica, documento fondamentale anche per l’argomento di cui ci stiamo occupando. In tale elaborato
Cultura/42
In questa pagina, dall’alto: elementi della cinta antica inglobati nel 1899
dall’arch. Carlo Morseletto in casa Zamberlan-Farina in contrà Porton
del Luzo; mura scaligere in via Legione Gallieno con torre di avvistamento; cortina muraria scaligera in contrà Mura della Rocchetta.
grafico si vede come, perpendicolarmente all’attuale ponte
degli Angeli, si trovava porta San Pietro, prima progressivamente trasformata nella chiesa di Santa Maria degli
Angeli (donde il toponimo di ponte degli Angeli) e poi in
abitazione, demolita nel 1880. Nulla è rimasto del tratto
che, attraversando largo Goethe, si inoltrava lungo contrà
Canove. Alla fine di contrà Motton Pusterla, all’incrocio tra
contrà Porti e contrà san Biagio, vi era l’omonima porta
con relativa torre. Le mura percorrevano quindi contrà
Pedemuro San Biagio, al termine della quale, in angolo
con contrà Fogazzaro, si apriva la scomparsa porta Nova
di San Lorenzo, anch’essa affiancata da robusta torre. In
Motton San Lorenzo sono ancora ben visibili le mura al
termine della via, che prosegue per contrà Mure porta
Castello, percorsa la quale si giunge al punto di partenza.
Sviluppatasi a partire dalla seconda metà dell’XI sec. la
città fuori dal perimetro altomedievale, gli abitanti dei
nuovi borghi reclamarono protezione. Ecco perciò che gli
Scaligeri, signori di Vicenza dal 1311 al 1387, provvidero
ad erigere un secondo apparato murario a difesa di due
insediamenti. Intorno al 1370 di quello a est, il borgo
San Pietro, la cui cinta iniziava dall’attuale contrà Torretti, passando poi per la manomessa porta Santa Lucia,
proseguendo quindi per il tratto abbastanza integro di via
Ceccarini, di via Legione Gallieno, di contrà Mure Santa
Lucia, di contrà Mure porta Padova (abbattuta nel 1910
l’omonima finitima porta) e di viale Margherita, per terminare a confine con la sponda sinistra del Bacchiglione
in via Nazario Sauro.
Seguì, a nord-ovest, tra il 1370 e il 1381, a presidio del
borgo di porta Nova o di San Rocco, il secondo circuito
murario scaligero, che si sviluppava da Ponte delle Bele
fino a congiungersi in contrà Pedemuro San Biagio con la
cinta altomedievale. In questo tratto costituiscono eccellenti testimonianze il fortilizio della Rocchetta e l’infilata
delle mura in viale Mazzini fino a porta Santa Croce – uno
dei maggiori esempi di fortificazione scaligera giunto fino
a noi - che proseguivano lungo il Bacchiglione ed entravano in contrà Mure dei Carmini.
La successiva signoria dei Visconti (1387-1404) non mutò
la situazione che si era fino ad allora creata.
Sarà invece la Serenissima, che tenne la città dal 1404
al 1797, ad approntare il terzo sistema difensivo. A sudest venne protetto il borgo Berga. Partendo dalla zona
retrostante l’odierna Università (ex GIL), la cortina muraria raggiungeva, virando verso nord e costeggiando il
Retrone, la cinta altomedievale passante per ponte Furo.
Tuttora conservati i tratti che costeggiano il Retrone a
Cultura/43
viale Margherita. Non più esistente, invece, la porta di
Monte, che si apriva sull’odierno piazzale Fraccon. Altre
tracce di questa fortificazione s’intravvedono poi, più o
meno distintamente, lungo viale del Risorgimento, via
San Silvestro e Santa Libera. Al termine della discesa, in
angolo con il Retrone, si apriva porta Lupia, abbattuta nel
1890. Rimaneva da proteggere, a nord, il borgo Pusterla.
Si iniziò con l’approntare, nel 1435, porta San Bortolo,
giunta fino a noi, ancorché scapitozzata e mutila. Ma vere
e proprie mura tra questa porta e la porta Santa Lucia
non furono costruite: al massimo si scavò una fossa e si
innalzò un terrapieno. Nel 1509, invece, da porta San
Bortolo a porta Santa Croce furono eretti, su iniziativa
di Bartolomeo d’Alviano, lungo l’omonimo viale, cinque
torrioncini, collegati da terrapieni. Due di essi sono giunti
sino a noi: il primo, la così detta Torre degli Alpini perché
da essi restaurata, e l’ultimo, in prossimità di porta Santa
Croce. I successivi interventi sei e settecenteschi non
mutarono in modo significativo la situazione che si era
oramai consolidata. A memoria di queste velleità difensive, che il prof. Barbieri definisce ultime utopie, diventate
del tutto inutili a cagione dei nuovi mezzi di offensiva
bellica, rimangono solamente i toponimi di stradella dei
Forti in corso Padova, di contrà dei Forti di borgo Santa
Lucia (ora via Pasi) e di contrà dei Forti di San Francesco.
Correda, infine, il volume di cui ci stiamo occupando un
importante saggio di Girolamo Gaianigo, che illustra i
materiali e le tecniche costruttive che contrassegnano
le varie cinte murarie che si sono susseguite nel tempo.
Qui sopra, un particolare di probabile cinta muraria di età
medievale nel cortile interno di palazzo Chiericati e, in basso, gli
unici resti ancora visibili di mura romane all’interno del palazzo
sede dell’Associazione Industriali in contrà Mura porta Castello.
Notiziario/44
Notiziario
dei costruttori
Urbanistica: prorogato
il termine per l’approvazione delle varianti al
PRG vigente
La Regione Veneto ha prorogato ulteriormente il termine entro il quale adottare le varianti al piano regolatore generale vigente in attesa del primo PAT.
L’articolo 48, comma 1, della l. reg. n.
11 del 2004, vieta, salvo alcuni casi limitati, la possibilità di variare il piano
regolatore generale vigente in attesa
dell’approvazione del primo piano di
assetto del territorio.
Con l’articolo 6 della legge regionale n.
4 del 2008, il legislatore ha previsto che
“le varianti allo strumento urbanistico generale, consentite in deroga al divieto di cui
all’articolo 48, comma 1 ... possono essere
adottate fino all’approvazione del piano
degli interventi (PI), laddove non previsto,
e comunque non oltre il 31 dicembre 2009”
(termine prorogato al 31 dicembre 2010
dalla l. reg. n. 26 del 2009).
Decorso tale termine, il piano regolatore
generale vigente non avrebbe potuto
subire alcuna ulteriore modifica.
L’articolo 6, comma 1, della l. reg. n. 30
del 2010, abrogando l’articolo 6 della
l. reg. n. 4 del 2008, ha prorogato ulteriormente tale termine, precisando
che le varianti in deroga al divieto di
cui all’articolo 48, comma 1, “possono
essere adottate fino all’approvazione del
primo PAT (non più fino all’approvazione
del piano degli interventi come originariamente previsto) e comunque non oltre il 31
dicembre 2011”.
L’articolo 1, comma 2, della l. reg. Ve-
neto 9 gennaio 2012, n. 2, pubblicata
nel Bollettino Ufficiale Regionale 13
gennaio 2012, n. 4 (in vigore dal 14 gennaio 2012), abroga l’articolo 6, comma
1, della l. reg. n. 30 del 2010, mentre il
comma 1 dello stesso articolo riconosce
la possibilità di variare, ai sensi dell’articolo 48, comma 1, della l. reg. n. 11 del
2004, il vigente piano regolatore “fino al
riordino complessivo della legge regionale
23 aprile 2004, n. 11 ... e comunque non
oltre il 31 dicembre 2012”.
Conseguentemente, fino al 31 dicembre 2012 è ancora possibile adottare
le varianti al vigente piano regolatore generale, in attesa dell’approvazione del primo piano di assetto
del territorio, funzionalizzate alla
realizzazione delle opere pubbliche, al
recupero funzionale dei complessi immobiliari dismessi dal Ministero della
difesa, all’eliminazione delle barriere
architettoniche negli edifici pubblici e
privati, quelle disciplinate dall’articolo
50, commi da 4 a 8 e 16, della l. reg. n.
61 del 1985, quelle finalizzate a dare
attuazione all’articolo 5 della l. reg. n.
4 del 2007 (iniziative ed interventi regionali a favore dell’edilizia sostenibile),
nonché quelle necessarie per l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici.
Fino allo stesso termine sono possibili,
ai sensi dell’articolo 48, comma 7bis2,
della l. reg. n. 11 del 2004, anche le varianti al piano regolatore conseguenti
alla procedura di sportello unico per le
attività produttive, ai sensi del d. P. R.
n. 160 del 2010.
Scaduta la moratoria degli impianti fotovoltaici
in zona agricola
L’articolo 4, comma 1, della legge regionale Veneto 18 marzo 2011, n. 7, legge
finanziaria regionale 2011, ha imposto
una moratoria alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili
in zona agricola aventi le seguenti caratteristiche:
- impianti fotovoltaici a terra in area
agricola di potenza di picco superiore
a 200 kWp;
- impianti di produzione di energia
alimentati da biomasse di potenza
elettrica superiore a 500 kWe;
- impianti alimentati a biogas e bioliquidi di potenza elettrica superiore a
1000 kWe.
Conseguentemente, fino al 31 dicembre 2011, era inibito il rilascio
di autorizzazioni alla realizzazione ed
all’esercizio degli impianti aventi le caratteristiche di cui sopra.
Per effetto del decorso del termine, non
essendo comunque intervenuti i necessari provvedimenti, di competenza ministeriale e regionale, atti a disciplinare
la realizzazione degli impianti in zona
agricola, le limitazioni di cui all’articolo 4, comma 1, della l. reg. n. 7 del
2010, si intendono decadute.
Notiziario/45
Convertito in legge il decreto “Salva Italia”: confermate le modifiche alle
norme su appalti pubblici
ed opere a scomputo
Certificazioni: la legge di
stabilità 2012 riduce l’obbligo di produrre i certificati a favore delle amministrazioni pubbliche
È stato convertito in legge 22 dicembre
2011, n. 241, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 27 dicembre 2011, n. 300 - S.O.
n. 276, il decreto legge 6 dicembre 2011,
n. 201 (cd. decreto “Salva Italia”).
Sono state confermate le modifiche introdotte alla disciplina degli appalti pubblici
relativa a: criteri per la scelta dell’offerta
migliore, varianti in corso d’opera, scorrimento delle graduatorie, suddivisione
degli appalti in lotti funzionali, consultazione preliminare per i lavori di importo
superiore a 20 milioni di euro.
Analogamente, è stata confermata la modifica all’articolo 16 del d. P. R. n. 380 del
2001, Testo Unico dell’Edilizia, ai sensi
della quale, dall’entrata in vigore del decreto (avvenuta il 6 dicembre 2011), è
possibile l’esecuzione diretta delle opere
di urbanizzazione primaria da parte
del titolare del permesso di costruire a
scomputo degli oneri dovuti al Comune,
purché il valore delle stesse sia di importo
inferiore alla soglia comunitaria.
Si segnala che, in sede di conversione,
è stato introdotto l’articolo 44 bis, teso
a favorire la creazione di un “elenco anagrafe nazionale delle opere pubbliche
incompiute”. Le opere incompiute sono
inserite nell’elenco, suddiviso per regione, “sulla base di determinati criteri
di adattabilità delle opere stesse ai fini del
loro riutilizzo, nonché di criteri che indicano
le ulteriori destinazioni a cui può essere
adibita ogni singola opera”.
La legge di stabilità 2012, in vigore dall’1
gennaio 2012, ha rafforzato il principio
secondo il quale le pubbliche amministrazioni non possono richiedere certificazioni relative ad informazioni già
in loro possesso o che esse stesse siano
tenute a certificare.
L’articolo 15 della legge 12 novembre
2011, n. 183, “disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge di stabilità 2012)”, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale del 14 novembre
2011, n. 265, S.O. n. 234, ha modificato
il d. P. R. 28 dicembre 2000, n. 445, recante il Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentati in materia di
documentazione amministrativa, rafforzando il principio secondo il quale le
amministrazioni pubbliche non possono
richiedere certificazioni relative ad informazioni già in possesso delle stesse o che
le medesime siano tenute a certificare.
L’articolo 40, comma 01, introdotto
dalla L. n. 183 del 2011, precisa che “le
certificazioni rilasciate dalla pubblica
amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati”,
mentre nei rapporti con la pubblica
amministrazione e con i gestori dei
pubblici servizi, i certificati e gli atti di
notorietà sono sempre sostituiti dalle
dichiarazioni sostitutive di certificazioni
(art. 46 del d. P. R. n. 445 del 2000) e
sostitutive di atto di notorietà (art. 47
del d. P. R. n. 445 del 2000).
A tal fine, il successivo comma 02 precisa che “sulle certificazioni da produrre ai
soggetti privati è apposta, a pena di nullità,
la dicitura:”il presente certificato non può
essere prodotto agli organi della pubblica
amministrazione o ai privati gestori di
pubblici servizi”.
La Legge n. 183 del 2011 ha introdotto
anche i seguenti articoli:
1. l’art. 43 bis, “certificazione e documen-
tazione d’impresa”, ai sensi del quale lo
Sportello Unico per le attività produttive
(SUAP), che costituisce l’unico soggetto
pubblico di riferimento territoriale per
tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l’esercizio di attività produttive e
di prestazione di servizi, ha l’onere di
trasmettere alla Camera di Commercio
territorialmente competente il duplicato
informatico delle comunicazioni e dei
documenti attestanti atti, fatti, qualità, stati soggettivi, nonché degli atti
di autorizzazione, licenze, concessione,
permesso o nulla osta comunque denominati rilasciati dallo stesso sportello
unico o acquisiti da altre amministrazioni ovvero comunicati dall’impresa o
dalle agenzie per le imprese, ai fini del
loro inserimento nel Repertorio delle
notizie economiche e amministrative
(REA) e al fine della raccolta e conservazione in un fascicolo informatico per
ciascuna impresa.
Le amministrazioni pubbliche, precisa
l’art. 43 bis, comma 3, non possono richiedere ai soggetti interessati la produzione di documenti che le stesse devono
acquisire per il tramite del SUAP.
2. l’art. 44 bis, “acquisizione d’ufficio di
informazioni”, il quale stabilisce che “le
informazioni relative alla regolarità contributiva (DURC) sono acquisite d’ufficio,
ovvero controllate ai sensi dell’articolo 71
(modalità di controllo sulla veridicità delle
dichiarazione sostitutive, ndr.), dalle pubbliche amministrazioni procedenti, nel rispetto della specifica normativa di settore”.
Certificazioni: il Ministero della Funzione
Pubblica precisa i nuovi
adempimenti
Il Ministero della Funzione Pubblica
chiarisce le innovazioni al Testo Unico
delle disposizioni in materia di documentazione amministrativa.
L’articolo 15 della legge 12 novembre
2011, n. 183, “disposizioni per la forma-
Notiziario/46
zione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge di stabilità 2012)”, ha modificato il d. P. R. 28 dicembre 2000, n. 445,
recante il Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa, precisando che “le certificazioni rilasciate
dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti
sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati”, mentre nei rapporti
con la pubblica amministrazione e con i
gestori dei pubblici servizi, i certificati e
gli atti di notorietà sono sempre sostituiti
dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni (art. 46 del d. P. R. n. 445 del 2000)
e sostitutive di atto di notorietà (art. 47
del d. P. R. n. 445 del 2000).
Con direttiva 22 dicembre 2011, n. 14,
il Ministero della Funzione Pubblica, a
commento delle “decertificazioni” nei
rapporti fra P.A. e privati introdotte con
la legge di stabilità, ha precisato che, a
far data dal 1° gennaio 2012:
1. le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi non possono
più accettare né richiedere certificati, “tanto più in quanto tali comportamenti integrano, per espressa previsione,
violazione dei doveri d’ufficio”;
2. le amministrazioni pubbliche adottano le misure organizzative necessari per evitare che siano prodotti
certificazioni nulle in quanto prive
della dicitura: “il presente certificato
non può essere prodotto agli organi della
Pubblica amministrazione o ai privati
gestori di pubblici servizi”;
3. le amministrazioni certificanti individuano un ufficio responsabile
per tutte le attività volte a gestire,
garantire e verificare la trasmissione
dei dati o l’accesso diretto agli stessi
da parte delle amministrazioni procedenti, al fine di consentire l’esercizio
degli “idonei controlli, anche a campione” delle dichiarazioni sostitutive
prodotte dai privati.
Ministero del Lavoro: Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC)
- Art. 44-bis del Decreto
del Presidente della Repubblica n. 445/2000 –
Precisazioni
Si ricorda che l’art. 15, comma 1, lett. d),
della Legge 12 novembre 2011, n. 183,
ha aggiunto, nel Capo III, Sezione III, del
Decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 2000, n. 445 (“Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di documentazione amministrativa”), l’art. 44-bis, ai sensi del quale le
informazioni relative alla regolarità contributiva sono acquisite d’ufficio, ovvero
controllate a norma dell’art. 71 dello
stesso decreto, dalle Pubbliche Amministrazioni procedenti, nel rispetto della
specifica normativa di settore.
Al riguardo, il Ministero del Lavoro ha
fornito precisazioni con nota del 16 gennaio 2012. In particolare, il menzionato
Dicastero ribadisce che il DURC non può
essere sostituito da una autocertificazione di regolarità contributiva da parte
del soggetto interessato.
Il predetto documento, infatti, non consiste nella mera certificazione dell’effettuazione di una somma a titolo di contributi, ma una attestazione dell’Istituto
previdenziale circa la correttezza della
posizione contributiva di una realtà
aziendale, rilasciata dopo complesse
valutazioni tecniche di natura contabile,
derivanti dall’applicazione di discipline
lavoristiche, contrattuali e previdenziali.
Ciò premesso, il Ministero osserva che
il citato art. 44-bis stabilisce semplicemente le modalità di acquisizione e di
gestione del DURC, senza tuttavia intaccare il principio secondo cui le valutazioni eseguite da un Organismo tecnico
(nel caso di specie, gli Istituti previdenziali o le Casse edili), non possono essere
sostituite da una autodichiarazione.
Pertanto, ad avviso del Ministero del Lavoro, il riferimento, nell’ambito dell’art.
44-bis, ad un controllo delle informazioni relative alla regolarità contribu-
tiva “ai sensi dell’art. 71” del medesimo
Decreto del Presidente della Repubblica
n. 445/2000, lascia intendere la possibilità, per le Pubbliche Amministrazioni, di acquisire un DURC (non una
autocertificazione) da parte del soggetto
interessato, i cui contenuti potranno essere dalle stesse vagliati con le modalità
previste ai fini della verifica delle autocertificazioni.
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
DEI MINISTRI
DIRETTIVA n. 14/2011
Adempimenti urgenti per l’applicazione delle nuove disposizioni in
materia di
certificati e dichiarazioni sostitutive di
cui all’articolo 15, della legge 12
novembre 2011, n. 183
1. Il 1° gennaio 2012 entrano in vigore
Ie modifiche, introdotte con l’articolo
15, comma 1, della legge 12 novembre
2011, n. 183, recante ‘’Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello stato (legge di stabilità
2012)”, alla disciplina dei certificati e
delle dichiarazioni sostitutive contenuta
nel “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa”
di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Le disposizioni in parola sono dirette a
consentire una completa “decertificazione” nei rapporti fra P.A. e privati,
in specie l’acquisizione diretta dei dati
presso le amministrazioni certificanti da
parte delle amministrazioni procedenti
e, in alternativa, la produzione da parte
degli interessati solo di dichiarazioni sostitutive di certificazione o dell’atto di
notorietà.
Le nuove previsioni operano nel solco
tracciato dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000,
in forza del quale le Pubbliche amministrazioni non possono richiedere atti o
Notiziario/49
certificati contenenti informazioni già
in possesso della P.A.
Tali disposizioni devono essere osservate dalle Pubbliche amministrazioni
e dai gestori di pubblici servizi nei rapporti fra loro e in quelli con l’utenza al
sensi dell’articolo 2 del citato decreto
del Presidente della Repubblica n. 445
del 2000.
Di seguito le principali novità introdotte
con la nuova normativa:
a) le certificazioni rilasciate dalle P.A.
in ordine a stati, qualità personali e
fatti sono valide e utilizzabili solo nei
rapporti tra privati; nei rapporti con
gli organi della Pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi, i
certificati sono sempre sostituiti dalle
dichiarazioni sostitutive di certificazione o dall’atto di notorietà. Conseguentemente, a far data dal 1° gennaio 2012, le amministrazioni e i
gestori non possono più accettarli
ne richiederli, tanto più in quanto
tali comportamenti integrano, per
espressa previsione, violazione
dei doveri d’ufficio ai sensi della
nuova formulazione dell’articolo
74, comma 2, lett. a), del decreto
del Presidente della Repubblica n.
445 del 2000;
b) sui certificati deve essere apposta, a
pena di nullità, la dicitura: “il presente
certificato non può essere prodotto
agli organi della Pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici
servizi”; le amministrazioni e i gestori devono conseguentemente
adottare le misure organizzative
necessarie per evitare che, dal 1°
gennaio 2012, siano prodotte certificazioni nulle per l’assenza della
predetta dicitura. Inoltre, il rilascio
di certificati che ne siano privi costituisce violazione dei doveri d’ufficio
a carico del responsabile, per espressa
previsione della lett. c-bis del comma
2 dell’articolo 74, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del
2000, introdotta dal citato articolo
15 della legge n. 183 del 2011;
c) le amministrazioni certificanti sono
tenute ad individuare un ufficio responsabile per tutte Ie attività volte
a gestire, garantire e verificare la trasmissione dei dati o l’accesso diretto
agli stessi da parte delle amministrazioni procedenti; tale adempimento
risulta indispensabile, anche per
consentire “idonei controlli, anche
a campione”, delle dichiarazioni
sostitutive, a norma dell’articolo
71 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 445 del 2000. L’ufficio
è altresì responsabile della predisposizione delle convenzioni per l’accesso
ai dati di cui all’articolo 58 del Codice
dell’amministrazione digitale, approvato con decreto legislativo 7 marzo
2005, n. 82;
d) le amministrazioni certificanti, per
il tramite dell’ufficio responsabile di
cui alla precedente lett. c), devono
individuare e rendere note, attraverso
la pubblicazione sul proprio sito istituzionale, le misure organizzative
adottate per l’efficiente, efficace e
tempestiva acquisizione d’ufficio dei
dati e per l’effettuazione dei controlli
medesimi, nonchè le modalità per la
loro esecuzione;
e) la mancata risposta alle richieste di
controllo entro trenta giorni costituisce violazione dei doveri d’ufficio ed è presa in considerazione
ai fini della misurazione e della
valutazione della performance
individuate dei responsabili dell’omissione.
2. Il nuovo quadro normativo appena
delineato impone di operare per assicurare le certezze pubbliche attraverso
l’acquisizione d’ufficio dei dati o dei
documenti e gli “idonei controlli, anche a campione”, di cui agli articoli
71 e 72 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 445 del 2000
(come modificato dall’articolo 15 della
legge n. 183 del 2011), sulla veridicità
delle dichiarazioni sostitutive.
A tal fine, l’articolo 43, comma 5, del
decreto del Presidente della Repubblica
n. 445 del 2000, già prevede, invero, che
“In tutti i casi in cui l’amministrazione
procedente acquisisce direttamente informazioni relative a stati, qualità personali e fatti presso l’amministrazione
competente .... le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri, con
qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di
provenienza”.
Inoltre, l’articolo 58, comma 2, del decreto legislativo n. 82 del 2005 prevede
che “ ... al fine di agevolare l’acquisizione
d’ufficio ed il controllo sulle dichiarazioni sostitutive riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli articoli 46 e 47 del
decreto del Presidente della Repubblica
28 dicembre 2000, n. 445, le amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica predispongono,
sulla base delle linee guida redatte
da DigitPA, sentito il Garante per la
protezione dei dati personali, apposite
convenzioni aperte all’adesione di tutte
le amministrazioni interessate volte a
disciplinare Ie modalità di accesso ai dati
da parte delle stesse amministrazioni
procedenti, senza oneri a loro carico.
Le convenzioni valgono anche quale
autorizzazione ai sensi dell’articolo 43,
comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.”.
Le citate linee guida sono state adottate sin dal 22 aprile 2011 e sono
consultabili sul sito istituzionale di
DigitPa (www.digitpa.gov.it).
Nelle more della predisposizione e
della sottoscrizione delle convenzioni previste dall’articolo 58, del
decreto legislativo n. 82 del 2005, le
amministrazioni titolari di banche
dati accessibili per via telematica
devono comunque rispondere alle
richieste di informazioni ai sensi
del citato articolo 43, del decreto
del Presidente della Repubblica n.
445 del 2000.
Per quanto non espressamente richiamato nella presente direttiva continuano ad applicarsi le vigenti disposizioni che regolano la materia, tra cui
quelle del decreto del Presidente della
Notiziario/50
Repubblica n. 445 del 2000, come da
ultimo modificate dall’articolo 15 della
legge n. 183 del 2011, e quelle del decreto legislative n. 82 del 2005.
II Dipartimento delta funzione pubblica
provvederà, anche tramite il proprio
Ispettorato, a monitorare l’attuazione
e a seguire gli sviluppi applicativi delle
disposizioni sopra citate.
Sportello Unico per le attività produttive: fissate
le misure per l’attuazione
della riforma
Con decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, in vigore
definitivamente dal 1 ottobre 2011, è
stata rinnovata la disciplina dello Sportello
Unico per le attività produttive (SUAP).
L’articolo 38, comma 3 bis, del d. L. 25
giugno 2008, n. 112, il quale ha posto
i principi della riforma dello Sportello,
prevede che, “con decreto del Ministero
dello sviluppo economico e del Ministero
per la semplificazione normativa, sentito il
Ministero per la pubblica amministrazione
e l’innovazione, sono individuate le eventuali misure che risultino indispensabili per
attuare, sul territorio nazionale, lo sportello
unico e per garantire, nelle more della sua
attuazione, la continuità della funzione amministrazione, anche attraverso parziali e
limitate deroghe alla relativa disciplina”.
In attuazione dell’articolo 38, comma
3 bis, è stato pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 16 novembre 2011, n. 267,
il decreto del Ministero dello Sviluppo
Economico e del Ministero per la Semplificazione Normativa 10 novembre
2011, con il quale sono state dettate
alcune misure per l’attuazione della riforma, a garanzia del funzionamento dei
nuovi SUAP, anche attraverso parziali e
limitate deroghe alla disciplina recata
dal d. P. R. n. 160 del 2010.
Di seguito le principali novità.
1. MODULISTICA E MALFUNZIONAMENTO DEI SUAP
L’articolo 4, comma 3, del d. P. R. n. 160
del 2010, stabilisce che la modulistica,
necessaria al fine della presentazione
dell’istanza in modalità telematica al
SUAP, sia resa disponibile mediante il
portale www.impresainungiorno.gov.
it (per il tramite del quale si accede ai
servizi telematici messi a disposizione
dagli sportelli). In mancanza, ai sensi
dell’articolo 1, comma 1, del decreto, è
comunque possibile presentare l’istanza
utilizzando la modulistica generale, reperibile nel portale stesso.
Qualora, tuttavia, nemmeno per il tramite del portale sia possibile reperire la
modulistica, l’articolo 1, comma 2, del
decreto, stabilisce che il soggetto interessato possa presentare l’istanza o
la segnalazione certificata di inizio
attività utilizzando la tradizionale
modalità cartacea (ai sensi dell’articolo
38 del d. P. R. n. 445 del 2000, Testo
Unico della documentazione amministrativa), derogando, quindi, all’obbligo
di invio telematico dell’istanza.
Tale deroga riguarda la sola fase di
presentazione dell’istanza: la restante
procedura dovrà svolgersi in modalità
informatica.
L’articolo 8 del decreto si occupa della
situazione di malfunzionamento del
SUAP, ovvero della trasmissione di allegati “pesanti”:
1. nel caso di mancato funzionamento
degli strumenti informatici per un
periodo superiore alle 3 ore consecutive durante l’orario di apertura dei
competenti uffici, l’utente è autorizzato a trasmettere la SCIA o l’istanza
anche in modalità cartacea (ai sensi
dell’articolo 38 del d. P. R. n. 445 del
2000). Entro i successivi 5 giorni dal
venire meno della causa che ha determinato il malfunzionamento, l’utente
deve provvedere all’inoltro telematico
della copia del documento trasmesso,
comunicando gli estremi del protocollo già assegnato o, in mancanza,
gli estremi della trasmissione.
2. qualora la SCIA o l’istanza siano corre-
dati da allegati particolarmente “voluminosi”, per la trasmissione dei quali
non sia possibile utilizzare il canale
telematico (ad es. per problemi di
capienza), gli stessi possono essere
presentati successivamente al SUAP
utilizzando un supporto informatico,
firmato digitalmente, accompagnato
da una dichiarazione che illustri il
motivo del mancato invio telematico
ed indichi il numero di protocollo
assegnato alla SCIA o all’istanza. Il
procedimento è avviato solo quanto
tutta la documentazione è stata consegnata al SUAP.
2. SISTEMA DI PAGAMENTO
L’articolo 3, comma 1, del d. P. R. n. 160
del 2010, prevede che sul portale sia disponibile un sistema di pagamento dei
diritti, delle imposte e degli oneri relativi
ai procedimenti gestiti dai SUAP, al quale
le imprese fanno ricorso per il pagamento
degli importi a loro carico.
Al fine di accelerare la predisposizione di
tale sistema di riscossione (la cui attuazione è rimessa all’Associazione Nazionale dei Comuni, ai sensi dello specifico
accordo quadro Union Camere/ ANCI,
disponibile nel portale www.impresainungiorno.gov.it), l’articolo 2, comma
1, del decreto, prevede che i comuni
e gli enti coinvolti nei singoli procedimenti rendano disponibili sui propri siti
internet e su quello del SUAP l’elenco
dei pagamenti da effettuarsi per ciascun
procedimento, le causali, le modalità di
calcolo degli importi e gli estremi dei
propri conti correnti bancari e postali.
Nell’attesa dell’implementazione del sistema di pagamento online, il successivo
comma 3 precisa che “le ricevute degli
avvenuti pagamenti per ciascun procedimento sono allegate in modalità informatica all’istanza o alla segnalazione”.
Per quanto riguarda l’imposta di
bollo, qualora l’ente titolare del SUAP
non sia in grado di accettarne il pagamento in modo virtuale, l’articolo 3,
comma 2, del decreto, ammette la possibilità che l’impresa inserisca nell’istanza o nella segnalazione i numeri
identificativi delle marche da bollo
Notiziario/53
utilizzate, le quali vanno annullate
e conservate.
3. MODALITÀ DI RILASCIO ED EFFETTI DELLA RICEVUTA
A seguito della presentazione di una
segnalazione certificata di inizio attività il SUAP rilascia, dopo la verifica in
modalità informatica della completezza
formale della documentazione, una ricevuta, la quale, ai sensi dell’articolo 5
del d. P. R. n. 160 del 2010, costituisce
titolo autorizzatorio per l’immediato avvio dell’attività ed il ricorso agli ordinari
rimedi di tutela a favore dei terzi e di
autotutela dell’amministrazione.
L’articolo 5 del decreto precisa che,
in attesa dell’adozione da parte del
SUAP di strumenti che consentano di
effettuare la verifica informatica e di
rilasciare la conseguente ricevuta, è
valida la ricevuta di posta elettronica
certificata (PEC) che attesta l’avvenuta
consegna al SUAP della segnalazione o
dell’istanza, oppure la ricevuta emessa
in modalità automatica dal portale
www.impresainungiorno.gov.it o
dal web del SUAP: dal momento del
conseguimento di una di tali ricevute
è possibile iniziare l’attività oggetto di
segnalazione e decorrono i termini per
l’esercizio del potere di controllo da
parte dell’amministrazione pubblica.
L’articolo 5, comma 3, precisa, poi, che,
qualora la SCIA sia presentata contestualmente alla Comunicazione Unica
al Registro delle Imprese, la ricevuta rilasciata dallo stesso produce gli effetti
abilitativi e di decorrenza dei termini
previsti per la SCIA.
4. ATTIVITÀ IN DELEGA ALLA CAMERA DI COMMERCIO
L’articolo 4, comma 11, del d. P. R. n. 160
del 2010, prevede la delega automatica alla
Camera di Commercio competente per
territorio della funzione di SUAP qualora
l’ente locale non riesca ad istituirlo ovvero
a farlo funzionare nei termini di legge.
Circa l’estensione della delega alla Camera di Commercio erano sorti alcuni
dubbi interpretativi, dubbi risolti dall’articolo 6 del decreto, ai sensi del quale
l’attività svolta dalle stesse si desume
dalla convezione quadro stipulata tra
Union Camere e Associazione Nazionale
dei Comuni (ANCI).
L’articolo 7 della citata convezione affida alla Camera di Commercio una
funzione di front office e di gestione
telematica dei procedimenti, mentre la funzione di autorizzazione e
di controllo sostanziale rimane in
capo al Comune territorialmente
competente.
5. ATTIVITÀ DEL COMMISSARIO
AD ACTA
L’articolo 38, comma 3 bis, del d. L. n.
112 del 2008, stabilisce che, qualora il
Comune non abbia provveduto ad accreditare il proprio SUAP entro il 30
settembre 2011, ovvero a fornire alla
CCIAA, entro la medesima data, gli
elementi necessari ai fini dell’esercizio
delle funzioni in delega, il Prefetto invia
una diffida entro i successivi 30 giorni
e, sentita la regione competente, nomina un commissario ad acta, al fine di
adottare gli atti necessari ad assicurare
la messa a regime del funzionamento
dello sportello.
L’articolo 7, comma 2, del decreto, precisa che, nelle more della nomina del
commissario e dell’adozione da parte
dello stesso dei necessari provvedimenti, ovvero qualora il commissario
rilevi l’assenza nel territorio di una
infrastruttura di base che consenta
l’implementazione di una adeguato sistema di telecomunicazione e di fonia,
l’interessato può presentare l’istanza
o la segnalazione anche in modalità
cartacea (ai sensi dell’articolo 38 del d.
P. R. n. 445 del 2000).
Legge 214/2011, di conversione del D.L. 201/2011
(“Manovra Monti”): le misure fiscali per il settore
delle costruzioni
Sul Supplemento Ordinario n. 276 alla
Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2011 è stata pubblicata la legge 22
dicembre 2011, n. 214, di conversione in
legge del D.L. 201/2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il
consolidamento dei conti pubblici” - cd.
“Manovra Monti” -.
Il provvedimento contiene l’introduzione anticipata al 2012 dell’IMU, applicata anche sulla “prima casa”, la messa
a regime della detrazione del 36% e la
proroga di un ulteriore anno della detrazione del 55% per la riqualificazione
energetica degli edifici.
Inoltre, il taglio lineare delle agevolazioni fiscali, previsto dalla “Manovra di
Ferragosto”, è stato sostituito con l’aumento “temporaneo” di 2 punti percentuali delle aliquote IVA del 21% e del
10% per il trimestre ottobre-dicembre
2012, che potrebbe divenire “strutturale” nel 2013 e subire un ulteriore incremento dello 0,5% dal 2014, qualora
non venga portata a termine la riforma
fiscale entro settembre 2012, tale da
assicurare specifici e determinati effetti
sul gettito erariale.
Tra le “misure per lo sviluppo” in favore
delle imprese, viene prevista, invece, la
deducibilità dall’IRES/IRPEF della quota
di IRAP relativa al costo del lavoro.
1. “PACCHETTO CASA”
Per quanto riguarda le misure relative
alla casa, il D.L. 201/2011, convertito
dalla legge 214/2011 prevede:
• l’introduzione dal 2012 dell’IMU in
sostituzione dell’ICI e la rivalutazione
dei coefficienti catastali - Art.13
Viene anticipata al 2012 l’introduzione dell’Imposta Municipale Propria
(IMU) prevista dagli artt.8-9 del D.Lgs.
23/2011 (Decreto attuativo del “federalismo fiscale municipale”), che verrà
applicata sul possesso degli immobili,
Notiziario/54
ivi compresa l’abitazione principale, in
sostituzione dell’ICI e dell’IRPEF, e relative addizionali, dovute sugli immobili
non locati.
La nuova imposta municipale si applicherà in via sperimentale nel triennio
2012-2014, con le modalità stabilite
dall’art.13 del D.L. 201/2011, per entrare a regime dal 2015.
L’aliquota ordinaria è stabilita nello
0,76% (con facoltà dei Comuni di ridurla
o aumentarla dello 0,3%), mentre per
l’abitazione principale e relative pertinenze è pari allo 0,4% (con possibilità
per i Comuni di aumentarla o ridurla
dello 0,2%) e per i fabbricati rurali ad
uso strumentale è ridotta allo 0,2% (con
possibile riduzione sino allo 0,1%).
Viene stabilito, inoltre, che i Comuni possano applicare l’aliquota allo 0,4% anche
per gli immobili strumentali e per gli immobili posseduti da soggetti IRES (società
di capitali), nonchè, più in generale, per
quelli concessi in locazione a terzi.
La base imponibile è pari, per i fabbricati, alla rendita catastale rivalutata del
5% e moltiplicata per i coefficienti catastali, aggiornati ad hoc ai soli fini IMU.
Per le aree edificabili, resta invece ferma
la base imponibile ICI, pari al valore venale in comune commercio al 1° gennaio
dell’anno di imposizione.
In sostanza, le novità conseguenti all’anticipazione dell’IMU riguardano principalmente:
• la tassazione dell’abitazione
principale e delle relative pertinenze.
Come anticipato, per tali immobili,
l’aliquota è fissata allo 0,4%, con
facoltà del Comune di aumento o
riduzione dello 0,2%, ed è stabilita
l’applicazione di una detrazione pari
a 200 euro.
Per gli anni 2012 e 2013, viene prevista una maggiorazione della suddetta detrazione, pari a 50 euro per
ciascun figlio di età non superiore
a 26 anni (con dimora e residenza
nell’abitazione). Tale maggiorazione
non può comunque superare l’importo di 400 euro (in sostanza, la de-
trazione complessiva potrà arrivare
sino ad un massimo di 600 euro);
• la rivalutazione dei coefficienti
catastali, presi a base per la determinazione dell’imposta dovuta.
In particolare per le abitazioni, il
“coefficiente moltiplicatore” passa
da 100 a 160, conseguentemente la
base imponibile IMU è determinata
dalla rendita catastale rivalutata del
5%, moltiplicata per 160.
Inoltre, è stato fissato ad 80 il coefficiente moltiplicatore per i fabbricati
classificati nella categoria catastale
D/5 “istituti di credito, cambio e assicurazione” e viene previsto, inoltre,
che il coefficiente stabilito per gli
immobili classificati nel Gruppo D
- Opifici e altri fabbricati strumentali
(ad eccezione della categoria D/5)
verrà incrementato dal 2013, passando, da 60, a 65.
Pertanto, ai fini della determinazione dell’IMU dovuta, dovrà essere
operato il seguente calcolo:
Rendita Catastale x1,05 x:
• 160 per i fabbricati di Gr. A (esclusi
A/10) e cat. C/2, C/6 e C/7
• 140 per i fabbricati di Gr. B e cat.
C/3, C/4 e C/5
• 80 per i fabbricati di cat. D/5
• 80 per i fabbricati di cat. A/10
• 60 per i fabbricati di Gr. D (esclusi
D/5). Dal 2013, tale moltiplicatore
sarà pari a 65
• 55 per i fabbricati di cat. C/1
Una parte del gettito dell’IMU viene
riservato allo Stato. Questa è pari al
50% dell’imposta calcolata applicando
l’aliquota ordinaria dello 0,76% su una
base imponibile complessiva di tutti gli
immobili (esclusa quella relativa all’abitazione principale e ai fabbricati rurali
ad uso strumentale), al lordo di ogni
detrazione o riduzione di aliquote deliberata dai Comuni.
Per il settore delle costruzioni, e per
l’immobiliare in genere, l’introduzione
dell’IMU graverà pesantemente non solo
sulla casa (sia sull’abitazione principale
che su quelle locate), con evidenti effetti depressivi sul mercato, ma anche,
in generale, sugli stessi immobili delle
imprese, ivi incluso il cd. “magazzino”
delle imprese edili.
Già da tempo, l’ANCE ha evidenziato
che la tassazione del “magazzino” (con
l’attuale ICI e, dal 2012, con l’IMU) è
una forma di imposizione iniqua, che
colpisce le imprese proprio nei momenti
di difficoltà, in cui il mercato non drena
rapidamente l’offerta, ed è l’unica forma
di tassazione sull’invenduto tra i settori
industriali.
Inoltre, l’aumento dei “coefficienti moltiplicatori” per la determinazione dei valori catastali, con un unico coefficiente,
non tiene conto delle differenze tra
nuovi e vecchi accatastamenti (in molte
realtà gli accatastamenti dei fabbricati di
nuova costruzione sono già molto più
vicini al valore reale), nè dell’allocazione
territoriale dei fabbricati;
• l’istituzione dal 2013 della T.A.R.E.S.
(nuovo tributo comunale sui rifiuti e
servizi) - Art.14
Dal 1° gennaio 2013, sarà istituito in
tutti i Comuni del territorio nazionale il
nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui
servizi (cd. “TARES”), che sostituirà tutti
i vigenti prelievi relativi alla gestione dei
rifiuti urbani.
Il nuovo tributo sarà dovuto da tutti
i possessori, occupanti o detentori a
qualsiasi titolo di locali o aree scoperte
suscettibili di produrre rifiuti urbani
(fanno eccezione le aree scoperte pertinenziali o accessorie alle abitazioni
e quelle condominiali non detenute o
occupate in via esclusiva).
La nuova imposta si applicherà in base
a 2 componenti:
a. una tariffa commisurata alla quantità
dei rifiuti prodotti in relazione alla superficie dell’immobile (cd. “TARES rifiuti”);
b. una maggiorazione della tariffa, pari
a 0,30 euro a metro quadro di superficie (aumentabile fino a 0,40 euro, con
graduazione in ragione della tipologia di
immobile ed alla zona di ubicazione) che
va a finanziare i servizi indivisibili del
Comune (ad es. illuminazione, sicurezza
- cd. “TARES servizi”).
La tariffa verrà stabilita con Decreto
Notiziario/57
regolamentare entro il 31 ottobre 2012;
• la messa a regime dal 2012 del
“36%” - Art. 4
Dal 1° gennaio 2012, viene resa strutturale la detrazione IRPEF del 36% per
il recupero edilizio delle abitazioni, che
viene estesa anche alla ricostruzione ed
al ripristino degli immobili danneggiati
a seguito di eventi calamitosi.
A quest’ultimo riguardo, viene specificato che la dichiarazione dello stato
d’emergenza (necessaria per poter accedere alla detrazione in tale fattispecie) può essere anche anteriore al 1°
gennaio 2012 (data di entrata in vigore
della disposizione).
Resta fermo che la detrazione si applica
nella misura del 36% delle spese sostenute fino ad un massimo di 48.000
euro, da ripartire in 10 quote annuali
di pari importo.
Per quanto riguarda gli interventi condominiali, il disegno di legge di conversione specifica che sono agevolabili
i lavori eseguiti su tutte le parti comuni
dell’edificio residenziale, così come elencate nell’art.1117 del Codice Civile.
È stata confermata anche l’applicabilità
della detrazione agli acquisti di immobili
residenziali ristrutturati e ceduti da imprese edili, a condizione che l’acquisto
sia effettuato entro i 6 mesi successivi
all’ultimazione dei lavori.
A tal proposito, l’ANCE ha già evidenziato l’esiguità del periodo temporale
concesso per l’acquisto dell’immobile
“agevolato” (6 mesi dall’ultimazione
dei lavori), che rende sostanzialmente
inapplicabile l’agevolazione, soprattutto
in periodi di contrazione del mercato
come quello attuale.
Si sottolinea che la disposizione agevolativa si applica anche agli interventi di
risparmio energetico (ai sensi del co. 1
lett. h del nuovo art. 16bis del T.U.I.R.D.P.R. 917/1986), ma solo a partire dal
2013, ossia successivamente al termine
di vigenza della detrazione del 55% per
la riqualificazione energetica degli edifici.
Ciò comporta che, a differenza di quanto
finora stabilito, per il periodo d’imposta
2012, gli interventi di riqualificazione
energetica, che non consentono il conseguimento degli obiettivi di risparmio
energetico previsti per il 55%, sono
esclusi dal 36%.
Da ultimo, si segnala che il Legislatore
torna sul tema della trasferibilità della detrazione a fronte della cessione dell’abitazione oggetto dell`intervento di recupero.
In tal ambito, si ricorda che l’art.
2, commi 12-bis e 12-ter, del D.L.
138/2011, convertito con modificazioni nella legge 148/2011, a decorrere
dal 17 settembre 2011, ha riconosciuto
al venditore, nell’ipotesi di vendita di
un’abitazione su cui siano stati eseguiti
gli interventi di recupero, la facoltà di
scegliere tra:
• continuare ad utilizzare in prima persona la detrazione;
• trasferirla all’acquirente.
Dal 2012, il nuovo art.16bis del TUIR,
al co.8, ribadendo la possibilità di
scelta per il venditore, chiarisce definitivamente che, in assenza di specifiche
indicazioni nell’atto di trasferimento,
il beneficio viene automaticamente trasferito all’acquirente dell’immobile;
• proroga per il 2012 del “55%” - Art.
4, co. 4
Viene prevista anche la proroga, sino
al 31 dicembre 2012, della detrazione
del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici (originariamente in
scadenza il 31 dicembre 2011), con le
medesime modalità operative attualmente vigenti.
È stato, inoltre, esteso l’ambito applicativo della detrazione con riferimento
agli interventi di sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa
di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria (in tal caso il limite
massimo di detrazione spettante è pari a
30.000 euro, così come già previsto per
la sostituzione degli impianti di riscaldamento con caldaie a condensazione).
2. AUMENTO ALIQUOTE IVA
(ART.18)
Dal 1° ottobre al 31 dicembre 2012, il
D.L. 201/2011, convertito dalla legge
214/2011 prevede l’aumento di 2 punti
sia per aliquota IVA ridotta del 10% sia
per quella ordinaria del 21% (si passa
rispettivamente al 12% e al 23%).
Tale aumento verrà mantenuto anche
nel 2013 ed ulteriormente incrementato dello 0,5% dal 1° gennaio 2014,
qualora entro il 30 settembre 2012 non
sia entrata in vigore la Riforma fiscale,
con un conseguente maggior gettito
almeno pari a:
- 13,119 miliardi di euro nel 2013,
- 16,4 miliardi dal 2014.
In sostanza, l’aumento di 2 punti delle
aliquote del 21% e del 10% prevista per
il trimestre ottobre-dicembre 2012 ha
carattere congiunturale, ma potrebbe
diventare strutturale dal 2013 e subire
un ulteriore incremento dello 0,5% dal
2014, se non saranno raggiunti i suddetti obiettivi di gettito.
Al momento, tuttavia, viene eliminato il
“taglio lineare” delle vigenti agevolazioni
fiscali (5% per il 2012 e 20% per 2013),
originariamente previsto dall’art.40 del
D.L. 98/2011 (convertito con modificazioni nella legge 111/2011) e successivamente anticipato dall’art. 1, co. 6 del
D.L. 138/2011 (convertito con modifiche nella legge 148/2011 - cd. “Manovra
di ferragosto”).
In materia, l’ANCE ha già evidenziato
che l’aumento delle aliquote IVA inciderà negativamente sui consumi e sullo
sviluppo e, in particolare, sono state
avviate le più opportune iniziative, affinchè venga scongiurato il rischio che
l’aumento dell’aliquota ridotta del 10%,
previsto per il trimestre ottobre-dicembre 2012, diventi “strutturale”, tenuto
conto che coinvolge gran parte delle operazioni del settore edilizio (interventi di
recupero degli edifici, acquisto e costruzione di “seconde case” e realizzazione
di opere di urbanizzazione).
3. MISURE PER LO SVILUPPO
In materia di misure per lo sviluppo, il
D.L. 201/2011, convertito dalla legge
214/2011 prevede:
• l’introduzione dal 2011 dell’ACE
(Art.1)
Si tratta di una deduzione dal reddito
Notiziario/58
d’impresa di un importo corrispondente
al “rendimento nozionale” del nuovo
capitale proprio apportato in azienda
(viene agevolato l’incremento di capitale proprio rispetto a quello esistente
alla chiusura dell’esercizio in corso al 31
dicembre 2010).
In particolare, per il primo triennio di
applicazione (2011-2013), l’aliquota del
“rendimento nozionale” è fissata al 3%,
mentre dal 2014 la stessa verrà determinata con apposito decreto ministeriale, da emanare entro il 31 gennaio
di ciascun anno (tenendo conto del
rendimento medio dei titoli obbligazionari pubblici, aumentabili di 3 punti
percentuali);
• la deducibilità dall’IRES e dall’IRPEF della componente IRAP-costo del
lavoro (Art. 2)
Viene prevista l’integrale deducibilità,
ai fini IRES/IRPEF, della quota IRAP
gravante sul costo del lavoro dipendente e assimilato. In pratica, il 100%
della quota di IRAP riferita al costo dei
lavoratori dipendenti (al netto delle deduzioni spettanti) va ad abbattere il
reddito imponile IRES/IRPEF del datore di lavoro.
Vengono, inoltre, rafforzate le attuali
agevolazioni IRAP connesse al costo dei
lavoratori, in caso di dipendenti di età
inferiore a 35 anni o di sesso femminile.
Le suddette disposizioni hanno efficacia
a decorrere dal periodo d’imposta 2012.
Con la medesima decorrenza, inoltre, il
testo del disegno di legge di conversione
dispone l’abrogazione della deduzione
IRES/IRPEF pari al 10% dell’IRAP riferita al costo dei lavoratori dipendenti,
tenuto conto che tale agevolazione
(istituita dal 2008 dall’art. 6, co. 1, del
D.L. 185/2008, convertito nella legge
2/2009) viene di fatto superata ed incrementata dall’attuale disposizione del
D.L. 201/2011.
Per effetto della suddetta abrogazione,
pertanto, la deduzione del 10% riguarderà l’ammontare dell’IRAP riferita ai soli
interessi passivi e oneri assimilati.
In conclusione, dal periodo d’imposta in
corso al 31 dicembre 2012, potrà essere
dedotta ai fini IRES/IRPEF una quota
pari al:
• 100% dell’IRAP connessa al costo
del personale dipendente o assimilato
(al netto delle deduzioni spettanti);
• 10% dell’IRAP dovuta sugli interessi
passivi e oneri assimilati (al netto
degli interessi attivi e proventi assimilati).
Riguardo a quest’ultima agevolazione, si ricorda che, già in passato,
l’Agenzia delle Entrate ha precisato
che l’ammontare deducibile deve determinarsi forfettariamente in misura pari al 10% dell’IRAP versata,
senza necessità di calcolare analiticamente la quota d’imposta riferita
agli interessi passivi. L’unica condizione richiesta è che, alla formazione
della base imponibile IRAP, abbiano
concorso spese per interessi passivi, a prescindere dall’effettivo importo sostenuto per tali oneri (C.M.
16/E/2009).
In merito alle corrette modalità di calcolo delle deduzioni spettanti, si attendono le necessarie precisazioni da parte
dell’Amministrazione Finanziaria;
• l’estensione della “Tremonti infrastrutture” (Art. 42, co. 8)
La “Tremonti infrastrutture”, introdotta
dalla Legge di stabilità 2012 (art.18,
co.1-4, legge 183/2011) limitatamente
alle opere autostradali, consiste nella
possibilità di prevedere, in sostituzione
parziale od integrale del contributo pubblico, la “defiscalizzazione” (IRES, IRAP
ed IVA) del reddito delle società di progetto, costituite per la realizzazione in
“project financing” delle opere.
Il D.L. 201/2011, convertito dalla legge
214/2011 estende l’utilizzo di tale strumento anche alla realizzazione di nuove
opere di infrastrutturazione ferroviaria metropolitana e di sviluppo e ampliamento di porti e dei collegamenti
stradali e ferroviari inerenti i porti nazionali, appartenenti alla rete strategica
transeuropea.
Inoltre, viene prevista un’ulteriore
estensione della “defiscalizzazione” alle
“infrastrutture stradali ed autostradali,
anche di carattere regionale”. Anche in
tal caso, l’applicabilità dovrebbe essere
circoscritta ai contratti già avviati ma
non ancora stipulati al 1° gennaio 2012
(così come attualmente previsto per le
opere autostradali).
L’introduzione del principio della compensazione tra il contributo pubblico e le
imposte dovute (IRES, IRAP e IVA) può
rappresentare, in assenza di risorse pubbliche, un efficace strumento per una
maggior diffusione del project financing
anche con riferimento ad opere diverse
dalle grandi infrastrutture.
Tuttavia, tenuto conto che l’agevolazione fiscale andrebbe a sostituire il
finanziamento pubblico, “accollando”
così sull’operatore economico l’onere di
reperire il capitale necessario, occorrerebbe introdurre anche specifici sgravi
fiscali in favore dei soggetti finanziatori,
operativi sin dalla fase iniziale dell’investimento (es. detassazione in favore
dell’investitore correlata al capitale direttamente impiegato nell’opera).
In linea generale, le disposizioni per
lo sviluppo contenute nella legge
214/2011 possono considerarsi positive, ma non sufficienti per il settore
delle costruzioni, per il quale è necessario intervenire attraverso la “leva fiscale”
nella fase di produzione (neutralità fiscale negli acquisti di aree e fabbricati
per l’attuazione del “piano città”).
4. ALTRE MISURE D`INTERESSE
• accertamento tramite Studi di Settore (Art.10, co. 9-13)
A decorrere dal periodo d`imposta 2011
(dichiarazioni dei redditi 2012), a favore
dei contribuenti che risultino congrui e
coerenti, anche per effetto di adeguamento, alle risultanze degli Studi di
Settore, si applicano:
• la preclusione degli accertamenti
basati su “presunzioni semplici” ai
fini delle imposte dirette e dell’IVA
(di cui, rispettivamente, all’art. 39,
co. 1, lett. d, secondo periodo, del
D.P.R. 600/1973 e all’art. 54, co. 2,
ultimo periodo, D.P.R. 633/1972),
• la riduzione di un anno dei termini
Notiziario/61
di decadenza per l’attività d’accertamento, sempre ai fini delle imposte
dirette e dell’IVA (di cui, rispettivamente, all’art. 43, co.1, del D.P.R.
600/1973 e all’art. 57, co. 1, D.P.R.
633/1972), a condizione che non
siano commesse violazioni che comportino obbligo di denuncia per uno
dei reati penali-tributari previsti dal
D.Lgs. 74/2000,
• la possibilità di determinare sinteticamente il reddito complessivo in
sede d’accertamento (di cui all’art.38,
del D.P.R. 600/1979) solo se il reddito accertabile ecceda di almeno un
terzo quello dichiarato.
Tali disposizioni si applicano solo a condizione che il contribuente:
• abbia regolarmente assolto la comunicazione dei dati rilevanti ai fini
degli Studi di Settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti,
• risulti coerente, sulla base dei dati
forniti, con gli specifici indicatori
previsti dai decreti di approvazione
del proprio Studio di Settore (o dei
propri Studi di Settore, in caso di
esercizio di più attività).
Diversamente, i contribuenti che non risultino congrui e coerenti alle risultanze
degli Studi di Settore saranno oggetto
di specifici piani di controllo da parte
dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia
di finanza.
• introduzione di una “patrimoniale”
sugli immobili detenuti all’estero
(Art. 19, co. 13-17 e 23)
A decorrere dal 2011 è istituita
un`imposta sul valore degli immobili
situati all’estero, a qualsiasi uso destinati, posseduti (a titolo di proprietà o
di altro diritto reale) da persone fisiche
residenti in Italia.
L’imposta si applica con aliquota dello
0,76% sul valore degli immobili, costituito
dal costo d’acquisto risultante in atto, o, in
mancanza di questo, dal valore di mercato.
Dall’imposta dovuta si detrae l’eventuale imposta patrimoniale versata nello
Stato in cui è situato l’immobile (sino a
concorrenza dell’ammontare di imposta
dovuta in Italia).
Con uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono
stabilite le disposizioni attuative, fermo
restando che il versamento dell’imposta
dovrà avvenire entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi
relative all’anno di riferimento (quindi,
per il 2011, il termine è fissato al 16
giugno 2012);
• introduzione di una “patrimoniale”
sulle attività finanziarie detenute
all’estero (Art.19, co.18-22 e 23)
Sempre a decorrere dal 2011, è istituita
un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone
fisiche residenti in Italia.
L’imposta si applica sul valore di mercato delle attività finanziarie, rilevato
al termine di ciascun anno solare nel
luogo in cui le stesse sono detenute, o,
in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso, con aliquota dello
0,1% per il 2011 e 2012 e dello 0,15%
a decorrere dal 2013.
Dall’imposta dovuta si detrae l’eventuale
imposta patrimoniale versata nello Stato
in cui sono detenute le attività finanziarie (sino a concorrenza dell’ammontare
di imposta dovuta in Italia).
Con uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono
stabilite le disposizioni attuative, fermo
restando che il versamento dell’imposta
dovrà avvenire entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi
relative all’anno di riferimento (quindi,
per il 2011, il termine è fissato al 16
giugno 2012);
• aumento dell’addizionale regionale
all’IRPEF (Art.28, co. 1-2)
Con effetto già dal periodo d’imposta
2011, viene disposto l’incremento dell’aliquota di base dell’addizionale regionale
all’IRPEF che, dallo 0,9% passa all’1,23%.