SINTESI, PROPRIETA` ED USI DI SOSTANZE ODOROSE Alberto
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SINTESI, PROPRIETA` ED USI DI SOSTANZE ODOROSE Alberto
Lavoro di maturità 2006 Chimica Professore Fausto Geri SINTESI, PROPRIETA’ ED USI DI SOSTANZE ODOROSE Alberto Cerutti IVC Liceo cantonale di Mendrisio Anno scolastico 2006-2007 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 INDICE 1. Prefazione 3 1.1 Introduzione generale 1.2 Motivazioni 3 3 2. L’olfatto 5 2.1 Cenni di fisiologia dell’organo olfattivo 2.2 Teoria stereochimica degli odori 2.3 Il comportamento delle diverse molecole 2.4 Gruppi osmofori 5 5 7 9 3. I profumi 10 3.1 L’origine dei profumi 3.2 Profumo esclusivo 3.3 Profumeria Moderna 3.4 Le caratteristiche dei profumi 3.5 La sintesi in un profumo 3.6 Le aldeidi e le fragranze aldeidiche 3.6.1 Problemi legati alle fragranze aldeidiche 3.7 Esteri 3.7.1 Difficoltà nell’impiego degli esteri in profumeria 3.8 Chanel N° 5 3.8.1 Le fragranze che compongono Chanel N° 5 3.9 Feromoni 3.10 I profumi afrodisiaci 10 11 11 12 13 13 14 15 16 17 18 19 20 4. Gli oli essenziali 23 4.1 Breve descrizione 4.2 Terpeni 4.3 Gli impieghi 4.4 Aromaterapia 23 23 24 24 5. Le esperienze di laboratorio 25 5.1 Sintesi n°1: acetato di butile 5.1.1 L’acido acetico 5.1.2 L’alcol n-butilico 5.1.3 L’acetato di butile 5.1.4 Procedimento usato 5.1.5 Caratterizzazione 5.1.6 Resa della reazioni 5.2 Sintesi n°2: salicilato di metile 5.2.1 L’antranilato di metile 5.2.2 Il salicilato di metile 5.2.3 Esecuzione della sintesi 25 25 25 26 26 27 28 29 29 29 30 1 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.2.4 Caratterizzazione 5.2.5 Resa della reazione 5.3 Sintesi n°3: 2-amminobenzaldeide 5.3.1 La 2-nitrobenzaldeide 5.3.2 La 2-amminobenzaldeide 5.3.3 Descrizione del procedimento 5.3.4 Caratterizzazione 5.3.5 Resa della reazione 5.4 Sintesi n°4: lattone γ-nonanoico 5.4.1 L’eptanale 5.4.2 Il lattone γ-nonanoico 5.4.3 Metodo di sintesi 5.4.4 Caratterizzazione 5.4.5 Resa della reazione 5.5 Sintesi n°5: mentone 5.5.1 Il mentolo 5.5.2 Il mentone 5.5.3 Procedimento della reazione 5.5.4 Caratterizzazione 5.5.5 Resa della reazione 30 32 33 33 33 33 34 35 36 36 36 37 38 39 40 40 40 40 41 42 6. Epilogo 43 6.1 Conclusioni e ringraziamenti 43 7. Fonti 45 7.1 Bibliografia 7.2 Fonti di internet 45 45 Allegati Allegato a) Alcuni esempi di molecole odorose a-1) Idrocarburi a-2) Alcool a-3) Composti carbonilici a-4) Esteri e lattoni a-5) Eteri a-6) Fenoli a-7) Composti eterociclici a-8) Composti diversi I I III V VII IX X XI XIII 2 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 1. Prefazione 1.1 Introduzione generale Odore1: sensazione che interessa l’organo dell’olfatto. Sentire un odore. Un buon odore, un odore sgradevole o un odore cattivo; un odore inebriante, un odore eccitante. Un odore di tartufi, un odore di rose. Odore di chiuso. Odore di muffa. Odoroso1: profumato, che emana odore gradevole. Odorifero1: che contiene sostanze odoranti. Odorizzazione1: aggiungere quantità di sostanze molto odorose ad altre sostanze inodori. Comune denominatore di questi vocaboli è il naso, l’organo olfattivo del corpo umano, sede di uno dei cinque sensi che ci permettono di esplorare l’ambiente che ci circonda e di rapportarci ad esso. Fra questi però, l’olfatto è certamente il mezzo meno diretto di cui disponiamo per esaminare il mondo; quello che comunica al livello più istintivo del nostro cervello, precludendo spesso l’analisi razionale in favore delle emozioni, le quali lasciano l’informazione indefinita, sfuggevole e, proprio per questo, più longeva e precisa nel tempo di quanto possa esserlo l’immagine mentale di un dipinto o il gusto di una pietanza. Cosa ci fa sorridere nell’inspirare il raffinato odore emesso da una rosa appena sbocciata? Cosa ci spinge ad assaporare l’aroma del caffè prima col naso che con la bocca? E cosa, invece, ci suggerisce di storcere la bocca quando paragonati all’odore pungente degli escrementi? Ma, soprattutto, cosa si cela dietro a questi semplici gesti quotidiani? Il lavoro che seguirà si prefigge di dare una risposta a questa ingannevole domanda senza fermarsi alla sola analisi del naso e delle reazioni che il corpo ha quando è confrontato ad un odore, ma cercando di sfruttare l’analisi dei meccanismi di questo organo al fine di scendere ancor più in profondità e mettere in relazione la presenza e le caratteristiche principali degli odori alla struttura microscopica delle sostanze che li emanano, avvalendosi anche di numerose esperienze di laboratorio che hanno condotto alla sintesi di composti dal gradevole aroma a partire da sostanze inodori o addirittura olezzanti. Studierà, inoltre, i funzionamenti di quelle industrie che hanno fatto del buon odore il loro primario obbiettivo, svelando le ragioni per le quali le aziende dedite alla profumeria adoperano determinate sostanze odorose anziché altre, e indagando sul successo del profumo più conosciuto al mondo, l’eccezionale Chanel N°5. In definitiva, un argomento, quello della chimica delle sostanze odorose, incredibilmente vasto e ricco d’insospettabili collegamenti con la vita di tutti i giorni. 1.2 Motivazioni La chimica delle sostanze odorose: non sono le esatte parole stampate sul foglio che descriveva l’argomento che mi è stato proposto alla prima ora dedicata allo sviluppo del lavoro di maturità, ma è quello che nella mia testa leggevo. Francamente, un titolo che non promette molto per un lavoro vasto quanto quello che mi accingo a presentare. Un argomento che, forse, invoglierebbe ben pochi studenti, soprattutto se messo a confronto con altri dai nomi molto più suggestivi e altisonanti. 1 Dizionario Motta della lingua italiana, a cura del Prof. Eridano Bazzarelli. 3 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Ma la curiosità mi ha consigliato, e alla fine l’ho preferito agli altri. La voglia di scoprire cosa poteva celarsi dietro a delle parole così poco seducenti mi ha vinto, e ad oggi non mi pento della scelta fatta, anzi, posso affermare con una certa sicurezza d’essere felice di non aver ceduto alle lusinghe degli altri argomenti, poiché questo lavoro mi ha condotto alla scoperta dei segreti dell’olfatto, un senso troppo spesso sottovalutato, anche dal sottoscritto, per la sua poca materialità e l’utilità, apparentemente inesistente, nella vita di tutti i giorni, soprattutto se messo a confronto con vista, tatto, gusto e udito decisamente più empirici nei loro compiti. 4 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 2. L’olfatto 2.1 Cenni di fisiologia dell’organo olfattivo Prima di andare ad osservare nel dettaglio le molecole che inducono una risposta olfattiva, è bene spendere qualche parola per definire precisamente la fisiologia, ovvero il funzionamento, dell’organo sensoriale preposto alla captazione degli odori: il naso. E’ utile sottolineare come l’odore, qualunque esso sia, non viene percepito con l’intero naso, ma solo con una piccola porzione di epitelio situata nella porzione più alta della cavità nasale, costantemente ricoperta di muco. In questa parte, che nell’uomo occupa dai 2 ai 4 cm2, si trovano le cellule recettrici, ovvero quelle cellule che si occupano di ricevere le molecole odorose e di trasmettere, in un secondo momento, l’informazione ottenuta direttamente al cervello. Più è estesa e densa di recettori questa frazione del naso, più sarà acuto il senso dell’olfatto: infatti alcuni animali, ad esempio i cani, presentano una superficie olfattiva circa venti volte più estesa di quella umana e con una densità di recettori cento volte maggiore. Numerosi studi hanno dimostrato come il naso umano riesce a percepire ed identificare quantità infinitesimali di sostanze odorose arrivando addirittura alla soglia di 10-7 grammi; cani ed insetti, invece, percepiscono quantità ancor più piccole, una capacità legata principalmente ai feromoni, come vedremo più avanti. La molecola odorosa, raggiunta la regione olfattiva, ha esaurito la sua funzione: lo stimolo captato dalla cellula recettrice è già stato convertito in un’informazione comprensiva della natura e dell’intensità della fragranza, e dunque la particella viene eliminata come ogni altro corpo esterno intrappolato dal naso attraverso il continuo ricambio del muco, mentre l’informazione ricavata viaggia verso il bulbo olfattivo che la elabora ulteriormente affinché sia il più resistente e duratura possibile in previsione della memorizzazione. Questa avverrà in un passaggio immediatamente successivo all’interno del sistema limbico del nostro cervello. L’ipotalamo riceve in seguito quel pacchetto di informazioni sensoriali derivanti dal naso, e lo unisce agli altri stimoli sensoriali provenienti da tatto, gusto, vista e udito allo scopo di elaborare una visione globale dell’ambiente e quindi regolare di conseguenza le principali attività del corpo. Le ultime tappe delle informazioni estrapolate dalle molecole odorose sono il talamo e la neocorteccia, le porzioni del nostro encefalo Fisiologia del naso2 che permettono di prender coscienza dell’odore. 2.2 La teoria stereochimica degli odori Nel corso dei secoli si sono succedute numerose teorie sull’odore, e curiosamente è proprio una delle più antiche, ipotizzata per la prima volta da Lucrezio, uno fra i più antichi atomisti greci, ad essere correntemente accettata, sebbene elaborata in chiave più moderna. La teoria di Lucrezio è molto simile a quelle che oggigiorno spiegano l’azione dei farmaci, basate 2 L'ABCdaire des cinq sens. - Flammarion, 1998 5 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 sul principio di “chiave-serratura”. Egli suggeriva come le sostanze odorose producessero dei vapori di atomi tutti della stessa forma e dimensione, i quali, raggiungendo dei pori all’interno del naso, darebbero vita alla percezione odorosa; i pori avrebbero diverse forme, e la natura dell’odore sentito dipenderebbe dal tipo di poro che gli atomi riescono ad occupare. Oggi sappiamo che un composto deve necessariamente presentare alcune caratteristiche fisiche perché possa essere odoroso: 1. La sostanza in questione deve essere sufficientemente volatile affinché le molecole possano raggiungere le narici. Un corpo non volatile, come il vetro, non ha alcun odore. 2. Le molecole di una sostanza odorosa devono obbligatoriamente essere, almeno in minima parte, idrosolubili, altrimenti non potrebbero attraversare lo strato di muco che ricopre l’epitelio olfattivo all’interno della cavità nasale. 3. Infine, è necessaria una certa liposolubilità per poter superare gli strati lipidici che formano le membrane delle terminazioni cellulari nervose. Fu solo nel 1949 che R. Moncrieff3 rielaborò la teoria di Lucrezio, avanzando l’ipotesi che la regione olfattiva del nostro naso sia tappezzata da diversi tipi di cellule recettrici, differenziate le une dalle altre per dimensioni e forma; ad ognuno di questi tipi di siti recettori corrisponde un odore primario, e le molecole odorose reagiscono con essi tramite un sistema di tipo chiave-serratura. Moncrieff estese l’azione odorosa anche a molecole più grandi, affermando come non vi sia la necessità che l’intera particella entri nel recettore, poichè attivabile anche da una porzione più piccola della molecola. Conseguenza di questo ragionamento è l’idea che le molecole responsabili degli odori più complessi, siano in grado di attivare diverse tipologie di recettori contemporaneamente. John Amoore4 giunse alla conclusione, a seguito di numerosi studi, che esistono solo sette odori primari, ed elaborò per ognuno di essi un’ipotesi su quale potesse essere la forma del recettore e quale, invece, quella della molecola capace di legarsi ad esso. E’ interessante specificare come J. Amoore, nel suo modello, inserisce l’idea di odore pungente e putrido non in relazione ad una particolare forma della molecola, quanto ad una determinata distribuzione di cariche elettriche. Modello di J. Amore5 L’immagine riporta i nomi dei sette odori primari con un prototipo di molecola dalla forma appropriata per legarsi al recettore sottostante. 3 R.W. Moncrieff – The Chemical Senses – London: Leonard Hill, 1951 J. Amore – The Molecular Bases of Odor – Springfild, Illinois, Thomas Co. 1970 5 Pavia, Lampman, Kriz, - Il laboratorio di chimica organica - Sorbona 4 6 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 2.3 Il comportamento delle diverse molecole6 Per avere una visione completa del comportamento delle molecole rispetto alla teoria appena esplicata, è necessario considerare la struttura delle molecole come uno dei fattori che maggiormente influiscono sulla qualità dell’odore di una sostanza. Sono molteplici i fattori strutturali che concorrono nella determinazione del genere di odore che una molecola produce. Un primo fattore strutturale che influenza la percezione dell’odore, sono gli isomeri di struttura: CH2OH O C9H10O Alcool cinnamico Odore di fiori di giacinto 3 - fenilproprionaldeide Odore di cetriolo Un caso particolarmente noto riguardante le differenze di odore causate dalla disposizione spaziale degli atomi in una molecola, è quello della vanillina, dal caratteristico odore di vaniglia, e del suo isomero di posizione isovanillina, il quale non presenta tale odore: OH OH OC H3 OHC OC H3 CHO Vanillina Odore di vaniglia Isovanillina Come detto già in precedenza, i recettori olfattivi presentano una conformazione chirale, ciò significa che reagiscono diversamente in base alla conformazione ottica della molecola che giunge ad attivarli; per questa ragione, due enantiomeri sviluppano sensazioni odorose differenti. E’ questo il caso, ad esempio, del – carvone: O O * * H H (-) – carvone Odore di menta 6 (+) – carvone Odore di cumino Enciclopedia della Chimica - USES 7 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Ulteriore fenomeno che presenta un forte impatto sull’odore trasmesso da una sostanza, è la ciclizzazione del composto osservato. Difatti, s’è potuto osservare come la ciclizzazione di molecole lineari inodori, in numerosi casi abbia portato alla formazione di composti ciclici con forti fragranze, anche gradevoli. E’ questo il caso, ad esempio, dello pseudo ionone, la cui forma ciclica è lo ionone, un terpene molto ricercato in profumeria per via del suo caratteristico odore di violetta. O O O Pseudo ionone Poco odoroso Ionone alfa Delicato odore di violetta Ionone beta Odore di violetta Anche il 3,7-dimetilottanolo, quando la sua catena si chiude a formare il mentolo, altera il proprio odore passando dalla fragranza di rosa a quella più forte della menta. HO HO 3,7-dimetilottanolo Odore di rosa Mentolo Odore di menta E’ ben comprensibile, inoltre, come la polimerizzazione sortisca l’effetto opposto alla ciclizzazione, ovvero attenui gli odori, qualora presenti, anziché esaltarli. Una delle caratteristiche fondamentali di una sostanza odorosa, infatti, è, come già detto nella pagina precedente, l’essere sufficientemente volatile per poter raggiungere le vie aeree. Un polimero non rispetta minimamente questo requisito, poiché si tratta di una macromolecola ottenuta spesso legando addirittura migliaia si molecole più piccole, dette monomeri. Risulta dunque evidente come una molecola tanto grande difficilmente possa esser volatile, ed allo stesso modo non presenta la minima solubilità in acqua. E’ questo il caso dello stirene, fortemente odoroso, e del suo polimero, il polistirene, assolutamente inodore. CH2 CH2 CH CH n Stirene Polistirene 8 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 2.4 Gruppi osmofori7 Agli inizi del secolo scorso ci si rese conto anche di un altro fatto curioso legato alla struttura delle molecole ed all’odore delle stesse: particolari strutture e gruppi funzionali, difatti, se presenti nella configurazione di una molecola, conferiscono determinate doti odorose. Queste particolari strutture prendono il nome di gruppi osmofori o aromatofori. C C Doppio legame C C Triplo legame O Alcool, fenoli, eterossidi C Gruppo carbonilico O O N + Gruppo nitro O C 7 N Nitrili Enciclopedia della Chimica - USES 9 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 3. I Profumi8 3.1 L’origine dei profumi I profumi sono tradizionalmente legati a fragranze naturali, estratte da piante e ghiandole animali. Vi sono tracce di una fiorente industria profumiera che risalgono addirittura a quattro millenni fa, all’epoca degli antichi egizi i quali impiegavano queste sostanze durante i riti di mummificazione. L’utilizzo di sostanze odorose per la mummificazione non è unicamente dovuto alla piacevolezza delle fragranze, ma anche e soprattutto a delle capacità conservative e protettive proprie di tali sostanze: la mirra ad esempio, estratta dalla Commiphora myrrha, una pianta originaria della Somalia e dell’Arabia, è una delle sostanze che trovava impiego nella mummificazione. Si tratta di una resina, e come ogni resina, compresa quella più comune del pino, è secreta dalla pianta al fine di proteggere e facilitare la ricostruzione dei tessuti della pianta in seguito ad una ferita, quale può essere un taglio nel tronco, preservandolo dall’attacco di batteri e funghi. Analoga funzione svolgeva questa resina nel processo di mummificazione: proteggeva il corpo del defunto da batteri e funghi, il che giustifica, almeno in parte, la straordinaria conservazione dei corpi degli antichi faraoni. Il termine profumo deriva dal latino per fumum, che significa letteralmente “attraverso il fumo”, terminologia nata della pratica comune degli antichi di innalzare le loro preghiere bruciando degli incensi, solitamente olibano e mirra, che disperdevano un odore dolciastro, a volte anche al fine di coprire l’odore del sangue in sacrifici rituali; sono oltre quattro i millenni che vedono l’uso dei profumi, ma è curioso vedere come furono, originariamente, dei sacerdoti a sfruttarli per scopi religiosi e solo in seguito vennero adottati dalle donne per puro vezzo estetico. La profumeria come la conosciamo oggi ha iniziato a svilupparsi solo dal Medioevo, quando si iniziò ad estrarre le sostanze odorose a partire dai fiori delle piante. Il processo originale di estrazione, sviluppatosi in Provenza a causa del clima favorevole alla coltivazione di differenti tipi di piante molto profumate quali la lavanda, il gelsomino, la rosa e la violetta, prevedeva di porre i fiori di queste piante fra due strati di grasso animale, il quale assorbiva l’olio profumato, trattenendone la fragranza. Questo processo è noto col termine di enfleurage, ed il grasso ottenuto, chiamato concrete, trovava svariati impieghi che andavano fino all’uso come brillantina. Nonostante ciò, era ancora possibile trattare questo grasso profumato con alcol, in modo da ottenere l’absolute9, un composto di olio essenziale e pigmenti del fiore che gli conferiscono un colore ricco ed un potente aroma. Un metodo, quello dell’enfleurage, che ben presto fu soppiantato dalla rivoluzionaria distillazione in corrente di vapore, grazie alla quale è possibile separare dalla pianta l’olio essenziale, letteralmente trascinato via da una corrente di vapor acqueo che veniva successivamente condensato in maniera tale da poter recuperare l’olio fragrante, incapace di mescolarsi con l’acqua. All’incirca due secoli or sono si scoprì un differente metodo per estrarre i profumi dalle piante, un processo che consisteva nell’agitare la parte della pianta in un solvente organico volatile, originariamente il benzene. Questo venne in seguito sostituito da altri meno tossici ancor oggi utilizzati, quali il toluene, alternativa sicura al benzene, il metanolo o il butano che, sebbene sia un gas a temperatura ambiente, lavorando sotto pressione dimostra spiccate qualità solventi. CH3 CH3 Benzene C6H6 8 9 Toluene C7H8 OH Metanolo CH4O John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli http://www.elemis.com/absolutes.html 10 H3C CH3 Butano C4H10 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Per recuperare l’olio, dopo aver filtrato l’estratto, è necessario unicamente evaporare il solvente. 3.2 Profumo esclusivo Cortigiani, re e regine, imperatori e dei; tutti sinonimi di potere, gloria e ricchezza, e dunque di una posizione sociale che consentiva loro di avere oggetti e servizi preclusi a quello che era il popolino, la plebe, il volgo. E questa differenza si rispecchia anche nel campo della profumeria, dove solo le genti più benestanti avevano la possibilità di acquistare questi prodotti che, in ogni caso, richiedevano lunghi e costosi trattamenti, come l’enfleurage cui s’è accennato in precedenza. La ragione principale che dipinse il profumo come omaggio indicato unicamente a personalità importanti è data dal fatto che da una singola pianta è possibile estrarre solo una piccolissima quantità di fragranza, e ciò costringeva ad impiegare numeri impressionanti di piante per ottenere una quantità accettabile di olio essenziale; queste erbe non erano certo regalate. Per capire meglio quest’idea basta portare come esempio l’olio di rosa: per ottenerne un chilogrammo sono necessarie oltre cinque tonnellate di petali, un numero impressionante che ben giustifica l’esclusività di tali prodotti, e spiega come ancor oggi questi oli naturali possano arrivare a costare anche svariate migliaia di euro al chilogrammo. Altro fattore, non meno importante di quello appena descritto, che in passato rese il profumo un prodotto d’alto costo, fu certamente la sua rarità. Oggigiorno, con l’aiuto delle moderne tecniche chimiche, questo fatto non rappresenta più un problema, poiché molte sostanze odorose sono facilmente sintetizzabili in laboratorio a partire da sostanze semplici da reperire. Un tempo però, in secoli come il XVIII che videro personaggi illustri quali l’amante del Re di Francia Luigi XV, Madame Pompadour, spendere fino ad un milione e mezzo di franchi in profumi, quando le conoscenze in materia di chimica degli odori erano una frazione di quelle disponibili adesso, l’unica fonte di materiale fragrante erano le piante naturali. Molte di queste, ad ogni modo, erano e sono tutt’ora difficili da coltivare alle nostre latitudini, il che ne fa delle rarità e, quindi, della materia costosa. 3.3 Profumeria Moderna L’industria della profumeria come la conosciamo oggi non nacque se non agli inizi del secolo scorso, periodo che vide la comparsa di un numero impressionante di profumi rivoluzionari, molti dei quali destinati ancor oggi ad essere ricordati come “pietre miliari” della profumeria. Fra questi è da citare Chypre, profumo di straordinaria bellezza lanciato nel 1917, che pretendeva d’essere in grado di rievocare l’aroma del Mediterraneo Orientale in cui sorge l’isola dalla quale ha ereditato il nome. Un profumo purtroppo scomparso dal mercato proprio a causa della sua bellezza, ottenuta mediate componenti di una rarità tale che i suoi produttori non furono in grado di soddisfare l’enorme richiesta che il pubblico ne fece. Gli anni trenta seguirono la moda, e similmente i periodi successivi del novecento. A cavallo fra il terzo ed il quarto decennio, i chimici scoprirono molecole capaci di dare una sensazione di freschezza, denominate in seguito note verdi. Da questa linea trovano origine Ma Griffe e Miss Dior, rispettivamente di Carven e Christian Dior. Gli anni sessanta furono invece segnati da Brut di Fabergé, il primo profumo ideato per l’uomo, realizzato esclusivamente per uomo e commercializzato come profumo da uomo, anziché come dopobarba Ma la vera rivoluzione che diede la svolta decisiva per tutta la chimica del profumo e senza la quale molti dei profumi citati non sarebbero mai nati, fu segnata agli inizi degli anni venti. E più precisamente si realizzò nel 1921 grazie a Ernest Beaux, il grand nez che ideò quello che ancor oggi è il profumo più famoso al mondo: Chanel N° 5. Da questo momento il profumo d’alta qualità non 11 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 parla più solo la lingua della natura, ma ingloba anche quella della chimica di laboratorio, espressa con prodotti ottenuti per sintesi. 3.4 Le caratteristiche dei profumi10 Credo doveroso, prima d’inoltrarmi nella descrizione di quel colosso della profumeria che è Chanel N° 5, approfondire un poco quello che modernamente è un profumo, e soffermarmi un poco sulla categoria di molecole che sconvolse l’intero mondo della profumeria: le aldeidi. Si è già parlato di ciò che fu in passato il profumo: inizialmente il semplice odore di resine bruciate, in seguito sempre l’odore puro di oli naturali fragranti, con poche variazioni create grazie alla miscelatura delle 200 fragranze conosciute all’epoca. Ma oggi la situazione è ben differente: sono disponibili oltre 25 000 aromi differenti, e le possibili combinazioni fra questi aromi ammontano ad un numero vertiginoso. Ovviamente, non tutti gli accostamenti sono efficaci, e ve ne sono alcuni più efficaci di altri. In ogni profumo sono presenti tre parti: la testa, il corpo, ed i fissatori, o note basse; una suddivisione che, certamente, è tutto fuorché definita con precisione, ma può essere estremamente d’aiuto per comprendere meglio la natura dei profumi. -La testa di un profumo, o le sue note alte, sono rappresentate dalle molecole più volatili, quelle che ad una prima inalazione vengono subito percepite e che donano al profumo la sua parte più viva e fresca. Sono soprattutto impiegate essenze agrumate, fruttate o di foglie per ottenere particolari effetti. Queste essenze, tuttavia, concorrono anche quando diviene necessario a profumieri identificare con un nome la testa, che viene definita di agrumi o di frutta a dipendenza delle essenze impiegate. -Le note medie, il corpo del profumo, sono quelle che si possono avvertire solo un po’ dopo a causa di una volatilità più moderata, e generalmente sono dati da fiori con odori pesanti, dominanti, come può esserlo, ad esempio, il garofano. Questa la parte più caratterizzante dell’intero profumo, rappresenta il nucleo attorno al quale il prodotto deve svilupparsi, un nucleo che, se valido, conferirà al profumo finale un carattere unico ed inconfondibile, decretandone il successo nel mercato come in campo artistico. -Le note basse, infine, anche dette fissatori del profumo, sono le parti meno volatili di tutta la miscela, detentrici di un ruolo vitale per il profumo: quello di rallentare l’evaporazione delle due note precedenti per bilanciare la fragranza del profumo per tutta la sua durata. L’abilità del profumiere è proprio quella di far sì che queste tre note evaporino insieme in un rapporto costante ed equilibrato. Sono i fissatori che evocano, in chi li sente, spesso inconsciamente, emozioni particolari o ricordi precisi; sono gli odori indubbiamente più evocativi, attraenti e sensuali. Possono addirittura presentare toni simili a quello delle urine o del sudore, talvolta, senza per questo perdere d’attrattiva o di valore per il profumo, ma più spesso si ricorre a resinoidi e muschi o, non di rado, ad odori animali come lo zibetto o il muscone, estratto da ghiandole del cervo muschiato. O CH3 11 Muscone Oltre a queste tre parti, possono anche essere impiegate particolari sostanze, chiamate adiuvanti, aggiungere col preciso fine di legare in maniera più efficace le tre parti del profumo, permettendo 10 11 Vollmer - La chimica di tutti i giorni - Zanichelli The Merck Index - eleventh edition, Merck&Co.Inc. 12 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 una migliore continuità nella liberazione della fragranza. E’ necessario inoltre compiere una distinzione fra i profumi a costruzione lineare, e quelli invece composti con procedimenti meno semplici, e per questo chiamati di costruzione complessa. Alla prima categoria sono legati tutti quei profumi miscelati attraverso l’aggiunta puntuale di singoli oli essenziali o sostanze odorose in un rapporto attentamente calcolato. La seconda classe di profumi, invece, è ottenuta attraverso il connubio di diversi profumi di base, ovvero di profumi che potrebbero benissimo risultare fatti e finiti, ognuno composto da una propria testa, un corpo e da propri fissatori, il che rende la miscelazione molto più problematica, considerando il fatto che anche un solo accostamento poco opportuno può vanificare un lavoro di addirittura mesi. Ritengo inoltre che non si possa escludere l’eventualità che un profumo costruito linearmente possa diventare, in seguito, una delle componenti di un profumo più grande, ottenuto col metodo complesso. 3.5 La sintesi in un profumo S’è parlato di 25 000 fragranze differenti, fra queste sono indubbiamente annoverati tutti i profumi normalmente adoperati in detersivi e prodotti per la pulizia, aggiunti al solo scopo di rendere meno evidente l’odore proprio dei saponi e dei detergenti. Non desta sorprese scoprire che questi odori, spesso appellati con nomi che evocano luoghi idilliaci quali “brezza marina” o “bianca freschezza”, sono in realtà prodotti in industrie chimiche. Sapere invece che molecole simili, anch’esse sintetizzate fra le mura di un laboratorio, entrano come componente principale di un profumo venduto a livello mondiale può lasciare qualche perplessità. Ma qual è la differenza tra un odore naturale e una sostanza odorosa ottenuta per sintesi? Nessuna, per un chimico. Un grand nez, invece, potrebbe contestare questa risposta. Il grand nez è colui che, col solo ausilio del proprio olfatto, è in grado di distinguere e riconoscere fino a 2 000 odori differenti; persone pagate a peso d’oro per formulare nuove combinazioni di odori per la creazione di profumi innovativi, ritenuti spesse volte delle vere e proprie opere d’arte. Uno di questi talenti naturali, si diceva, potrebbe contestare una tale affermazione se, anziché vederla con occhio chimico, s’osserva la domanda dal punto di vista della profumeria: un odore sintetico, ovviamente, non potrà mai eguagliare quello naturale nella composizione di un profumo. Come giustificare allora la presenza di questi composti sintetici nella formulazione di un profumo quale lo Chanel N° 5? Questa domanda, se posta ad un grand nez oggi, equivarrebbe a chiedere ad un grande compositore di sinfonie musicali le ragioni per le quali dovrebbe inserire nel suo brano, note discordanti a quella che è la linea d’armonia del pezzo. Prese singolarmente queste note sono brutte da sentire, assolutamente prive di significato; nella complessità del brano, invece, sono portatrici di innovazione, un arricchimento che non fa altro che valorizzare ulteriormente l’armonia. Discorso analogo è valido per i profumi. 3.6 Le aldeidi e le fragranze aldeidiche12 Nella famiglia delle aldeidi rientrano tutte quelle molecole, di origine organica, che rispondono alla formula generica CnH2nO e che, nella loro struttura, mostrano il gruppo funzionale aldeidico –CHO. Da un punto di vista chimico le aldeidi sono molecole abbastanza solubili in acqua, questo grazie al gruppo carbonile –C=O poco polare, sufficiente tuttavia a creare dei legami a idrogeno mediamente deboli se l’aldeide conserva una bassa massa molecolare. 12 Giulia Mattera - Profumo di molecola. Storia ed evoluzione della profumeria. Le fragranze aldeidiche: fonti, metodi estrattivi, strategie sintetiche, impieghi. 13 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Questa particolare categoria di molecole è facilmente ottenibile attraverso l’ossidazione, o deidrogenazione, di un alcol primario, reazione cha avviene in presenza di dicromato di potassio: H H K2Cr2O7 R C O H R C O H Alcol Aldeide A livello odoroso, invece, tali molecole sono conosciute per il la loro forte fragranza. Si parla soprattutto di molecole lineari, piuttosto corte e alifatiche, ovvero a catena aperta, quando ci si riferisce ad una fragranza aldeidica: le aldeidi che comprendono fra i nove e i dodici atomi di carbonio, infatti, sono le classiche rappresentanti di quella che gli esperti del settore chiamano “nota aldeidica”, un odore molto forte, con alcune qualità specifiche che gli donano caratteristiche lievemente grasse e altrettanto delicatamente agrumate. In genere le aldeidi richiamano odori naturali che appartengono a fiori o frutti, ma più raramente possono rispecchiare profumazioni legnose o balsamiche; complessivamente si rivelano odori piacevoli, eppure la loro intensità e aggressività spesso li rendono insopportabili. E’ interessante notare come al variare del numero di atomi di carbonio presenti nella catena, anche l’odore di queste molecole si modifichi: col diminuire di questi atomi in un numero compreso fra otto e cinque, la profumazione assume sempre più un carattere agrumato; al contrario, con l’aumentare della lunghezza della catena oltre le dodici unità di carbonio, l’odore si fa sempre più grasso inizialmente, finendo poi nel ceroso. La possibilità di imitazione degli odori della natura da parte di sostanze chimiche di sintesi era già nota ai chimici agli inizi del XIX secolo; è proprio attorno a questi anni, e più precisamente nel 1826, che l’italiano Luigi Chiozza riprodusse, esclusivamente in laboratorio, il primo odore naturale rappresentato proprio da un’aldeide: l’odore della cannella, portato dall’aldeide cinnamica. Ma queste molecole dovettero aspettare quasi un secolo, prima di essere utilizzate in quantità rilevanti in un composto d’alta profumeria. Attesero esattamente 95 anni e la geniale idea di Ernest Beaux, unita all’altrettanto brillante intuizione di Gabrielle Chanel, prima di prendere il loro posto sulla scena dei profumi di qualità, e lo fecero con la leggenda del profumo: Chanel N° 5, un prodotto che lanciò l’utilizzo su vasta scala delle aldeidi, oltre che rendere immortale il nome delle persone che lo crearono. Ancor oggi non è facile trovare un profumo di alta qualità che non presenti nella sua formula, concentrazioni più o meno elevate di aldeidi, classe di molecole ormai entrate, a pieno titolo, nel mondo dei profumi come vessilli delle fragranze più eleganti e femminili. Ernest Beaux aveva intuito questo andamento già a metà del secolo scorso, quando disse: "C’est sur le chimistes qu’il faudra compter pour trouver des corps nouveaux grace auxquels pourraient éclore des notes originales. Oui, pour le Parfum, l’avenir est surtout entre les mains de la Chimie.", ovvero “E’ sui chimici che bisognerà contare per trovare dei corpi nuovi grazie ai quali potrebbero sbocciare delle note originali. Sì, per il Profumo, il futuro è soprattutto nelle mani della chimica.” 3.6.1 Problemi legati alle fragranze aldeidiche Ma la vita delle aldeidi, come si suol dire, non è tutta rose e fiori. Sebbene abbiano qualità uniche per quanto riguarda le capacità olfattive e siano in grado di armonizzarsi fra di loro in una maniera sorprendente, capace di donare ad una fragranza quella nota in più che la può far diventare un’autentica opera d’arte, hanno anche loro dei risvolti negativi da non sottovalutare. Se usate opportunamente, le aldeidi sono in grado di far salire un profumo fino a fargli raggiungere le stelle, ma basta un piccolissimo errore di valutazione, e tutto può crollare e 14 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 sfaldarsi come un castello di carte appena sfiorato da una brezza passeggera. La più grande pecca delle aldeidi, infatti, è da ricercarsi nella loro stessa genesi, dalla loro origine. In precedenza è stato illustrato il metodo più comune per ottenere una molecola appartenente a questa famiglia, ovvero l’ossidazione di un alcol primario, ottenuta in laboratorio attraverso l’impiego del bicromato di potassio. Ebbene, le stesse aldeidi possono a loro volta essere ossidate, con estrema facilità, per ottenere degli acidi deboli. In laboratorio, per ottenere questo effetto si utilizzano ossidanti come il reattivo di Fehling o il reattivo di Tollens, ma se utilizzato nei profumi in maniera errate, un aldeide può compiere questa reazione anche spontaneamente, con notevoli cambiamenti dell’odore: O O R C R C H OH Aldeide Acido carbossilico Questi acidi sono chiamati acidi carbossilici, e a differenza delle aldeidi presentano in genere esalazioni molto poco gradevoli, spesso addirittura ripugnanti. Per fare un esempio, l’aldeide con dieci atomi di carbonio, la più diffusa in natura, può facilmente ossidare ad acido carbossilico con altrettanti atomi di carbonio, la differenza è che il primo ha un odore, come già detto, lievemente agrumato e, in genere, attraente, mentre il secondo ha un olezzo simile a quello del formaggio caprino, da cui, non a caso, deriva il nome di fantasia: acido caprinico. E’ scontato dire che chiunque preferirebbe odorare di fiori e agrumi, piuttosto che di formaggio. Per ovviare a questo inconveniente si ricorre ad uno stratagemma chimico: in presenza di alcol, le aldeidi sono in grado di formare dei semiacetali, molecole estremamente più stabili e dunque meno facili da ossidare, ma che conservano la stessa fragranza delle aldeidi pure. R O R + C HO R' H Aldeide H C OH O R' Alcol Semiacetale Oltre a questo, che è senza ombra di dubbio il problema principale delle aldeidi, ne esiste anche uno secondario, ma non per questo meno degno di nota: la polimerizzazione. La formazione di polimeri, anziché modificare l’odore rendendolo repellente, annulla totalmente qualsiasi tipo di fragranza, il che comunque altera l’efficacia di un profumo, anche per via della natura solida di questi composti a temperatura ambiente. Si è potuto osservare che tale processo di polimerizzazione è accelerato dalle basse temperature, ragion per cui le aldeidi vengono conservate a temperatura ambiente. 3.7 Esteri13 Come s’è parlato di aldeidi, è giusto quantomeno citare anche questa classe di composti, decisamente più comuni in natura rispetto alle aldeidi e altrettanto importanti in materia di odori. Gli esteri rispondono alla struttura generale riportata di seguito, e sono anch’essi dei composti organici ottenuti dalla reazione fra un alcool ed un acido carbossilico. La tecnica di sintesi più utilizzata è chiamata esterificazione di Fisher, a cui sarà dedicato un approfondimento in seguito, in 13 Pavia, Lampman, Kriz - Il laboratorio di chimica organica - Sorbona 15 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 riferimento ad una delle esperienze fatte in laboratorio. O R O R' C Formula generale degli esteri Gli esteri semplici hanno generalmente odori piacevoli che riprendono, in molti casi, le fragranze dei fiori e dei frutti, dovute proprio, generalmente, alla presenza del gruppo funzionale estereo. L’unica eccezione a questa ricorrenza è rappresentata dagli oli essenziali, originati soprattutto a partire da terpeni. Da un punto di vista biologico, gli esteri sono classificabili in tre differenti gruppi14, differenziazione che torna utile anche in quest’occasione per comprendere meglio le qualità olfattive degli esteri. -I gliceridi sono invece originati da un alcol che non varia mai: la glicerina, conosciuta anche col nome di propantriolo. Gli acidi che reagiscono con la glicerina sono tutti con una catena lunga e sono sempre monocarbossilici, ciò significa che hanno solo un gruppo funzionale acido carbossilico, la parte che effettivamente li può legare al propantriolo per formare monogliceridi, digliceridi o trigliceridi, a dipendenza del numero di acidi che riescono a legarsi e dunque impegnare i gruppi ossidrili della glicerina. Questa classe, tuttavia, non è di alcun interesse in merito ad un discorso relativo all'odorato, sebbene sia di primaria importanza per le funzioni biologiche. La ragione di ciò è legata all’elevata massa molecolare di questi composti e alla loro scarsa volatilità. -Le cere sono originate da acidi carbossilici ed alcol che vantano catene più lunghe di dieci atomi di carbonio, arrivando alle volte addirittura a superare i trenta atomi. Spesso questa classe è unita a quella dei grassi e degli oli naturali sotto la denominazione di lipidi semplici. A causa, però, della loro lunga catena, come visto per i gliceridi, presentano scarse qualità odorose. -Gli esteri di frutta sono, invece, i più interessanti per il discorso dei profumi. In questa categoria rientrano generalmente gli esteri più piccoli, in cui sia l’alcol che l’acido di partenza contano meno di dieci atomi di carbonio. Si tratta degli esteri più comuni nelle fragranze di fiori e frutti, siano essi naturali o artificiali. Quando un acido carbossilico e un alcol coesistono in un'unica molecola sufficientemente lunga, c’è la possibilità che essi reagiscano fra loro dando origine ad un processo detto di condensazione, grazie al quale la molecole può chiudersi ad anello producendo quello che viene chiamato un estere ciclico o, più comunemente, un lattone. 3.7.1 Difficoltà nell’impiego degli esteri in profumeria Ma, se possibile, gli esteri dimostrano una stabilità ancor minore a quella delle aldeidi, e sono molto sensibili alla traspirazione; ciò significa che, a contatto col sudore, queste sostanze vengono idrolizzate e quindi separate negli alcol e negli acidi carbossilici di partenza, di cui abbiamo già trattato le caratteristiche odorose. Purtroppo, in questo caso non esiste la possibilità di aumentare la stabilità senza modificare l’odore, come avviene per i semiacetali, ragion per cui gli esteri sono sì impiegati nei profumi, ma solo in quelli meno costosi, di qualità scadente; nulla a che vedere coi capolavori di altra profumeria. A dispetto di ciò, questa classe di sostanze trova vasto utilizzo negli alimenti, come additivi aventi lo scopo di aumentare l’aroma di dolci o bevande, donando loro, a volte, aromi che in natura non esistono. Raramente vengono usati singolarmente, si preferisce piuttosto comporre delle formule di 14 http://wikipedia.sapere.alice.it/wikipedia/wiki/Esteri 16 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 più esteri al fine di riprodurre un aroma il più fedele possibile all’originale naturale, senza comunque mai poter giungere alla completa identità. Ma queste sono sottigliezze di cui solo un esperto nel campo degli aromi può accorgersi. 3.8 Chanel15 N° 5 E’ indubbiamente il profumo femminile più famoso di tutti i tempi, lanciato nel 1921 dalla stilista parigina Gabrielle “Coco” Chanel e composto per lei dal grand nez Ernest Beaux per accompagnare una nuova collezione di abiti il cui tema era eleganza e semplicità. Fu nuovamente rilanciato dalla diva Marilyn Monroe negli anni cinquanta, quando scandalizzò il pubblico affermando come andasse a letto indossando “solo due gocce di Chanel N° 5”, sintomo del fatto che questo particolare profumo riscuotesse ancora notevole successo dopo trent’anni dal suo debutto nel mercato, un successo che ancor oggi non s’è esaurito, dopo oltre tre quarti di secolo, anche se attualmente si trova a confronto con oltre 400 altri profumi per donna. Chanel N° 5 è stato un punto di svolta per la chimica delle fragranze soprattutto per l’innovazione della sua formula, presentata nella pagina seguente, un tempo coperta dal severissimo segreto industriale. Essa si è dimostrata il perfetto connubio fra fragranze naturali, rappresentate dall’essenza di ylang-ylang nelle note medie, e odori di origine totalmente artificiale, di cui è stato vessillo il 2-metilundecanale impiegato nella testa del profumo, uno sposalizio che ha dato vita ad una vera e propria leggenda. L’innovazione di Chanel N° 5 non si ferma comunque alla sola chimica, andò ben oltre, contrastando una tendenza del momento che vedeva al centro della scena profumi dai nomi altisonanti. Gabrielle Chanel, con la sua linea di abiti semplici ed eleganti, volle andar contro questa tendenza ritenuta ridicola, mantenendo lo stesso tema anche nel profumo che avrebbe accompagnato i suoi vestiti, scegliendo per esso una confezione sobria. Ma andò ben oltre: fra i campioni propostile da Ernest Beaux, quello che più rispondeva alla sua idea fu il numero cinque, e “numero cinque” divenne il nome del profumo, ennesimo esempio di una semplicità quasi disarmante. Chanel N° 5 non è solo il nome di un profumo dunque, è la perfetta unione fra natura e artefatto, fra antico e moderno, fra semplicità e novità. Confezione16 di Chanel N° 5 15 16 John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli http://www.linternaute.com/femmes/luxe/0605-chanel/diapo-histoire/images/1921-numero5.jpg 17 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 3.8.1 Le fragranze che compongono17 Chanel N° 5 Note alte (testa) - Principali: 2-metilundecanale (aldeidi) -Secondarie: bergamotto, limone, neroli Note medie (corpo) -Principale: ylang-ylang -Secondarie: gelsomino, rosa, mughetto, ireos Note Basse (fissatori) -Principale: vetiver -Secondarie: legno di sandalo, legno di cedro, vaniglia, ambra, zibetto e muschio L’olio di neroli18, componente secondario delle note alte, è estratto dall’arancio amaro e deve il suo nome ad una principessa di Nerola, nel Lazio, che per prima lo mise in uso. Ha un inconfondibile odore di spezie. L’ireos19 è un olio estratto dal rizoma di Iris pallida, una pianta originaria della Dalmazia con dei fiori di colore azzurro violaceo. Dal rizoma si ricava questa fragranza dolce, simile a quella della violetta. Irirs Pallida20 L’olio di vetiver21 è estratto dalle radici dell’omonima erba tropicale ed è tenuto molto in considerazione per i profumi maschili a causa del suo forte odore di terra e legno. Vetiver22 Zibetto23 e muschio naturali sono la secrezione delle ghiandole anali dello Zibetto, un piccolo felino africano, che le usa per segnalare la sua presenza in un territorio. Ha un odore penetrante di urina ed escrementi. Zibetto24 17 John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli http://www.contentotrade.com/Terpene/it/Oli%20essenziali.htm 19 http://www.coopfirenze.it/info/art_435.htm 20 http://www.badbear.com/signa/photos/Iris-pallida-4.jpg 21 http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html 22 http://www.chaipat.or.th/chaipat/journal/dec00/vetiver/v13s.jpg 23 http://www.profumo.it/aromaterapia/oli_essenziali/animali.htm 24 http://www.profumoterapia.it/images/foto_grandi/zibetto.jpg 18 18 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 3.9 Feromoni Parlando di profumo non è possibile ignorare quella che è la forma di comunicazione più comune nel mondo animale. Fatta eccezione per l’essere umano, abituato ad una forma di intercomunicazione verbale e visiva, praticamente ogni altro essere appartenente al regno animale comunica anche attraverso il rilascio controllato di particolari sostanze odorose, chiamate appunto feromoni. E’ ben comprensibile come questa forma di comunicazione debba essere accompagnata da un senso dell’olfatto molto sviluppato, per poter essere efficace. Molte specie di insetti hanno adottato questa tecnica come via di comunicazione primaria, riuscendo ad affinarla a tal punto da sviluppare una sorta di linguaggio degli odori che non ha nulla da invidiare a quella comunemente usata dagli esseri umani, e anzi, sotto alcuni aspetti persino migliore. Gli insetti per poter fare ciò hanno prodotto, nel corso dell’evoluzione, diversi tipi di ghiandole il cui unico scopo è quello di sintetizzare e diffondere i feromoni. Si distinguono due funzioni nei feromoni, e quindi due distinte tipologie: -La prima categoria di feromoni è detta di rilascio; inducono istantaneamente una risposta comportamentale da parte dell’insetto ricevente, come nel caso degli attrattori sessuali. -La seconda tipologia è rappresentata dai feromoni di innesco, odori che inducono nell’animale che li capta una determinata serie di cambiamenti fisiologici. Di particolare interesse sono i già citati attrattori sessuali, feromoni che hanno il preciso compito di rendere nota la disponibilità all’accoppiamento di un particolare esemplare durante la stagione degli amori. E’ un genere di feromone tutt’altro che raro tra i mammiferi, e si crede che ve ne siano anche di prodotti dall’essere umano; una teoria che ad oggi non ha ancora trovato conferme. Nonostante ciò esiste un particolare composto, chiamato exaltolide, percepibile unicamente dalle femmine e dai maschi cui siano stati iniettati degli estrogeni, ormoni tipicamente femminili. Quello che è interessante riguardo questo composto, è la sua somiglianza chimica allo zibettone, un composto naturale ritenuto l’attrattore sessuale dello zibetto. O O O 25 Zibettone26 Exaltolide Un’altra categoria interessante di feromoni è costituita dai feromoni cosiddetti d’allarme. Quello più noto è l’acetato di isoamile prodotto in prevalenza dalle api: nel momento in cui un’ape si sente minacciata o ritiene che l’alveare sia minacciato da un intruso, attacca l’ospite indesiderato attraverso il proprio pungiglione. Con quest’atto, oltre che provocare del dolore all’intruso dovuto al veleno che inietta, libera nell’aria l’acetato di isoamile unito ad altri feromoni, invogliando così le altre api ad attaccare a loro volta. I feromoni d’allarme, tuttavia, non hanno solo la funzione di invogliare all’aggressione in seguito ad una minaccia, essi possono dimostrarsi anche ottimi repellenti, ovvero odori che dissuadono un eventuale intruso dall’avvicinarsi troppo all’alveare. Questo fatto è incredibilmente utile poiché preserva la comunità dalla perdita di numerosi individui in seguito all’attacco. O CH3 H3C O CH3 27 Acetato di isoamile 25 26 http://www.chemicalland21.com/specialtychem/perchem/CYCLOPENTADECANOLIDE.htm The Merck Index - eleventh edition, Merck&Co. Inc. 19 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Sono da citare inoltre i feromoni di aggregazione, molto sfruttati dalle formiche che lo spargono sul terreno in modo tale da indurre tutto il gruppo a procedere in fila indiana. Le api, invece, disperdono questi feromoni soprattutto per indicare la posizione di un fiore particolarmente ricco di sostanze utili. Esistono svariate altre tipologie di feromoni, ognuna con una loro specifica funzione ed importanza nella vita quotidiana degli insetti sociali così come dei mammiferi e di ogni altro animale, e molti di questi composti, si pensa siano ad oggi ancora sconosciuti. 3.10 I profumi afrodisiaci28 Nella mentalità comune, un afrodisiaco è una sostanza che, quando assunta, stimola il desiderio sessuale, assicura prestazioni straordinarie, abbatte le normali inibizioni e riluttanze e, quindi, agisce in qualche modo sulla psiche delle persone; non per nulla termine afrodisiaco proviene da Afrodite, nome dell’antica dea greca dell’amore. Nella realtà dei fatti, però, gli stimolanti sessuali di derivazione naturale e con effetto sicuro, si possono contare sulle dita di una mano. Da qui ad arrivare a definirli afrodisiaci secondo la definizione riportata, il passo rimane comunque lungo; si può parlare, al limite, di un aumento delle capacità di darsi alle attività sessuali, un effetto del tutto simile a quello della famosa pillola blu: il viagra. Non parliamo poi di quei presunti afrodisiaci di cui il solo sostenere l’esistenza è una contraddizione palese! Il corno di rinoceronte né è un esempio più che lampante. E’ credenza diffusa, dato che l’accoppiamento del rinoceronte dura circa un’ora e con un numero di eiaculazioni che può arrivare addirittura alla dozzina, che il suo corno, oltre che ad essere un evidente simbolo fallico, possegga anche delle miracolose qualità stimolanti. Una credenza priva di alcun fondamento scientifico, ma che continua a portare questi animali sempre più vicini all’estinzione. Il tutto, ovviamente, avviene a favore di persone, soprattutto orientali, che s’arricchiscono vendendo i loro corni a caro prezzo, sostenendo come il bere del tè dal corno sia una maniera tradizionale per assumerne le capacità sessuali. La scienza dice invece che non v’è alcuna differenza fra il bere tè dal corno di uno di questi animali o il farlo usando gli zoccoli di un maiale; ragione di questo è la sostanza che compone il corno, la cheratina, la stessa componente chimica delle nostre unghie. Molti alimenti, poi, sono chiamati afrodisiaci unicamente a causa della loro forma, che facilmente può richiamare alla mente gli organi sessuali umani, basti pensare alla banana o alla cozza. Vi sono inoltre altri palesi controsensi che non necessitano di entrare nella composizione chimica del presunto afrodisiaco, uno di questi è l’aglio: potente afrodisiaco in Francia, alimento al pari degli altri in Grecia. Il nome illustre di Giacomo Girolamo Casanova, e le sue grandi gesta d’amatore settecentesco, potrebbero forse portare alla convinzione che quanto detto fin’ora non sia totalmente esatto, proprio in virtù del suo indiscusso successo in materia sessuale, e di come sia noto che egli stesso fosse convinto che determinate pietanze potessero avere effetti afrodisiaci, tanto che arrivò, in un’occasione, a mangiare cinquanta ostriche in una sera. In realtà, la scienza di oggi insegna che le ostriche sono particolarmente ricche di zinco, un elemento chiave nella nostra dieta essenziale nella costituzione di molti enzimi. Oltre a ciò, svolge una certa funzione nella struttura dei nostri ormoni che regolano lo sviluppo ed il funzionamento dell’apparato riproduttivo e dei caratteri sessuali secondari, in più è un elemento molto presente nella composizione dello sperma. Ma ancora una volta, però, non v’è segno di un coinvolgimento superiore: le ostriche non alterano il desiderio nei confronti dell’accoppiamento, ed una funzione simile a quella dello zinco è svolta anche dalla vitamina A, presente in quantità elevate nelle carote, e ingrediente importantissimo per la 27 28 http://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:PD-self John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli 20 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 trasformazione del colesterolo in testosterone; l’assenza di questa vitamina, infatti, può causare la sterilità maschile. In linea di massima questi alimenti sono popolarmente considerati afrodisiaci, non tanto perché possiedono un reale potere in questa direzione, ma soprattutto a causa di una credenza diffusa che influisce sulla nostra immaginazione, ingannando e alterando le percezioni. Qualcosa di simile a quello che è l’effetto placebo, dunque, ovvero una risposta dell’organismo non condizionata da principi attivi assunti, ma dalla semplice aspettativa di ciò che dovrebbe accadere. In poche parole, gli afrodisiaci funzionano perché si è convinti che debbano funzionare. Questo fatto è comprovato da una ricerca svolta dall’Istituto di ricerche sessuali di Amburgo, che in oltre 200 presunti afrodisiaci non ha scoperto alcun ingrediente attivo. Non bisogna comunque dimenticare che alcune sostanze hanno effetti comprovati, ben lontani dall’idea di afrodisiaco, sia chiaro, ma che possono ugualmente trarre in inganno. L’alcol etilico e la marijuana, ad esempio, sono considerati blandi afrodisiaci, ma il tutto è conseguenza del fatto che demoliscono le inibizioni. Il peperoncino, invece, sembra funzioni perché induce alcune sensazioni nella zona dell’intestino o della vescica, ma è più probabile che il tutto sia dovuto agli stessi agenti irritanti che causano il tipico bruciore alla lingua. Vi sono poi sostanze che provocano una risposta fisica comprovata scientificamente, ma ancora una volta non accompagnata da impulsi all’accoppiamento. Si tratta del composto chimico noto come yohimbina e del cantaride, anche noto come mosca spagnola, entrambi aventi degli effetti molto simili alla comune pillola blu. La yohimbina è un composto cristallino estratto dalla corteccia dell’albero di yohimbe, originario dell’Africa centrale. Gli effetti di questa sostanza sono, principalmente, quelli di vasodilatazione negli N N organi sessuali, con conseguente erezione nel maschio, o H inturgidimento dei genitali femminili. Per ottenere un effetto del genere, del quale esistono valide documentazioni scientifiche, sono sufficienti 10 mg di questa sostanza cristallina che, se presa in dosi CH3OOC maggiori, risulta altamente pericolosa: un uomo è finito in coma, OH sopravvivendo a stento, iniettandosene meno di due grammi. Yohimbina29 La polvere di cantaride, si ottiene dal coleottero cantaride, comunemente conosciuto come la mosca di Spagna: si tratta di un insetto dal colore verde brillante che vive prevalentemente in colonie sui frassini. La polvere che si ricava dalla macinazione di questo coleottero a seguito di specifici passaggi di preparazione, quando presa in piccole dosi, provoca l’erezione nei maschi a seguito dell’irritazione dell’uretra, il condotto che unisce la vescica con l’ambiente esterno. Tuttavia anche questo rimedio necessita di Cantaride o mosca spagnola30 assoluta cautela, poiché può rivelarsi altrettanto pericoloso dei cristalli di yohimbina: è documentato che negli anni quaranta una ragazza ha perduto la vita, dopo giorni d’agonia, perché il suo giovane ragazzo mise una quantità di cantaride nella granita al cocco da lei bevuta. Il decesso sopraggiunse in seguito alla corrosione degli intestini della ragazza, ad opera proprio di questa polvere altamente irritante e corrosiva. Fino ad ora si sono citati unicamente afrodisiaci alimentari, tralasciando per un istante l’aspetto odoroso, questo soprattutto perché, tradizionalmente, l’idea dell’afrodisiaco è più legato a qualcosa da ingerire, piuttosto che da inalare. Come abbiamo visto, però, i presunti afrodisiaci non rappresentano una reale promessa di stimolazione sessuale, né incrementano in qualche modo la libido o le prestazioni; sono, tutt’al più, delle valide alternative alla pillola blu. 29 30 http://leda.lycaeum.org/?ID=3550 http://www.spanish-fly.edoc.org.uk/flyr3.jpg 21 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Ma nel mondo degli odori come gira la ruota? Difficile rispondere con certezza. Per certo si sa che i profumi hanno profonde influenze anche nella psiche, influenze che vanno ben oltre al semplice concetto di piacevolezza o ripugnanza. Ma cosa realmente possa scatenare il desiderio sessuale in un profumo, e soprattutto se un tale effetto sia possibile, è ancora da determinare. Si sospetta comunque un certo legame tra quest’aspetto della psiche e le note basse di un profumo, quelle più terrene. Sembra che molte di queste fragranze agiscano a livelli inconsci in chi le odora, magari celate dietro complicate formulazioni di profumi, ed abbiano, fra gli altri, degli effetti eccitanti in termini sessuali, rievocando atmosfere particolari e, perché no, anche sensuali. E’ sintomatico come queste note basse nei profumi siano spesso ottenute con odori molto vicini alla realtà di tutti i giorni, alcuni dei quali comunemente ritenuti molto sgradevoli. Qualche esempio può essere rappresentato da fragranze molto vicine a quello che è l’odore del sudore. Lo zibetto e il derivato dalle ghiandole del cervo muschiato sono altri odori che trovano impiego fra le note basse, così come le fragranze che rammentano legni rari, come il cuoio. I fissatori di un profumo, per voce degli esperti profumieri, sono in genere le note più sensuali ed attraenti dell’intero composto. Napoleone Bonaparte, prima di far ritorno da una campagna, mandava un messaggero a dire a Giuseppina Beauharnais di non lavarsi, poiché lui stava tornando: segno di come Napoleone apprezzasse l’odore umano della sua donna, un odore che, molto probabilmente, lo eccitava anche. E’ anche vero, però, che le attuali prostitute fanno largo uso di profumi, che ad ogni modo contengono note basse, inoltre si ritiene che le cortigiane di Persia, nell’ottocento, nascondessero fra i seni un sacchetto con del muschio, altro odore che trova impiego nelle note basse. Forse questo non basta a far di loro degli afrodisiaci, così come non basta una risposta fisiologica ad un alimento per tramutarlo in un afrodisiaco, ma certamente il tutto può concorrere nel rendere più gradevole la compagnia di un individuo del sesso opposto, sia per semplici conversazioni, che per atteggiamenti più intimi. 22 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 4. Gli oli essenziali31 4.1 Breve descrizione In passato l’olio essenziale aveva un numero elevato di sinonimi: aroma, essenza aromatica e olio etereo sono solo alcuni esempi. Infine, la Farmacopea Francese è intervenuta per mettere delle limitazioni alla fantasia, in modo tale da definire queste sostanze con un unico nome, quello, appunto, di oli essenziali. Nelle piante esistono particolari tessuti adibiti al contenimento di questi oli che possono essere estratti mediante distillazione, attraverso l’impiego di solventi o ancora tramite la spremitura diretta dei tessuti di cui sopra. Ciò che si ottiene al termine di uno di questi metodi estrattivi, è una miscela complessa di più sostanze organiche molto volatili e dalle proprietà aromatiche, i cui nomi derivano direttamente dalla pianta che li origina. La denominazione diviene quindi olio essenziale di salvia, di ginepro, di rosmarino, di ylang-ylang e avanti così per ogni pianta cui è attribuibile un olio essenziale. Sono sostanze chimiche generalmente liquide e, come detto, altamente volatili, il che permette di avvertirne distintamente la fragranza. Possono essere incolori così come colorate e, come si può dedurre dal nome che gli si è attribuito, presentano una consistenza oleosa, oltre che scarse capacità di dissolversi in solventi polari come l’acqua, alla quale si sostituiscono l’alcol e solventi come l’etere o il cloroformio, molto più efficaci. 4.2 Terpeni32 I terpeni, detti anche isoprenoidi. sono una classe di composti a cui appartiene una molecola già incontrata nelle pagine precedenti: lo ionone alfa. Altro terpene molto conosciuto ed importante è il limonene, presente in quantità elevate soprattutto nelle scorze degli agrumi. Questi composti sono di grandissimo interesse poiché, fra l’altro, rappresentano i componenti in assoluto più importanti degli oli essenziali e delle resine. Sono composti organici, idrocarburi per la precisione, che possono essere suddivisi in sottounità elementari di cinque atomi di carbonio, che prendono il nome di unità isopreniche, le quali rispondono anche alla denominazione 2-metil-1,3butadiene. Non è raro trovare terpeni con struttura ciclica anziché lineare, così come non è impossibile trovarne con entrambe le strutture. Nel caso in cui la loro formula contenesse atomi di ossigeno, allora vengono identificati col nome di terpenoidi, com’è il caso dello ionone alfa. O Limonene 31 32 Ionone alfa http://www.lerboristeria.com/index.php?articoli/2004_12.php http://www.eurom.it/medicina/um/2001/1/um17_1_09.html 23 2-metil-1,3-butadiene Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 4.3 Gli impieghi Gli oli essenziali godono di numerose possibilità di utilizzo che vanno da dall’aromaterapia ai massaggi, dalle inalazioni alle profumazioni. E’ stato provato come molti oli essenziali abbiano delle evidenti azioni antisettiche, antibatteriche e antivirali, oltre che, a dipendenza della pianta di origine, anche delle capacità balsamiche, rilassanti o stimolanti. La grande varietà di oli essenziali, ognuno dei quali dotato di virtù specifiche, permette un utilizzo pressoché illimitato di queste sostanze, sia interni al corpo che esterni ad esso. Per esempio possono essere impiegati in bagni e docce dalle proprietà tonificanti o rilassanti, o ancora impiegati nei massaggi. S’è citato un uso inalatorio, il quale può avvenire diluendo qualche goccia di olio essenziale in acqua molto calda per inalarne poi i vapori aromatizzati e balsamici, qualcosa di molto simile ai rimedi della nonna per contrastare raffreddore e tosse. Se però, anziché inalare queste esalazioni, le si lascia libere di espandersi per l’ambiente si può ottenere anche la profumazione dell’ambiente stesso, oltre che l’inalazione, sebbene meno concentrata, dei fumi balsamici. E questi non sono nient’altro che pochi esempi di un numero vastissimo di impieghi ritenuti più o meno validi dagli esperti. 4.4 Aromaterapia33 Si ritiene che le fragranze degli oli essenziali possano avere delle influenze anche sullo stato psichico di una persona e non solo su quello fisico. E’ questa l’idea alla base dell’aromapetapia, un idea in vero plausibile, considerando che l’odore può scatenare reazioni emotive in maniera forse addirittura più efficace di quanto possano fare gli altri sensi; basti solo pensare all’arte e alla musica, le fonti più note di sentimenti profondi legati ad un’esperienza sensoriale. Un’ipotesi, quest avanzata dagli aromaterapisti, che oggi trova anche un riscontro scientifico, grazie agli studi attuati dalla Scuola di medicina dell’Università di Toho, a Tokyo, dove un gruppo di ricercatori ha verificato, attraverso l’osservazione delle onde cerebrali di alcuni soggetti sottoposti a differenti tipi di aromi, che quanto sostenuto dagli esperti di aromaterapia ha un riscontro effettivo osservabile: gli odori sono scatenanti di profondi effetti emotivi. E dunque, il gelsomino ha effettivamente un’azione stimolante, in accordo con le affermazione dell’aromaterapia, mentre la fragranza della lavanda deprime in maniera considerevole l’attività cerebrale, il che ne fa, per gli aromaterapeuti, un ottimo sedativo. L’unica discrepanza rilevata è stata scoperta studiando gli effetti dell’olio di rosa, il quale risulta stimolante, anziché sedativo come immaginato dagli esperti di questa terapia. Quella degli effetti delle fragranze sulla psiche è una strada ancora tutta da percorrere, e probabilmente ricca di sorprese. Si sa che il limone rende più vigili, che la menta sostiene la concentrazione, mentre la lavanda rilassa. Ma è vero che la menta piperita riduce gli incidenti sul lavoro? Oppure che i profumi dei fiori invogliano a passare più tempo nei grandi magazzini? La vaniglia, conforta i ricoverati in ospedale? Chissà che in un futuro non si arrivi a rispondere anche a queste domande, magari con riscontri sorprendenti. Per il momento la Fragrances Foundation di New York sta procedendo nella ricerca in questa direzione, forse quella giusta per costruire gli anelli di una catena che, forse, un giorno arriverà ad unire la chimica coi segreti della mente. 33 John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli 24 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5. Le esperienze di laboratorio 5.1 Sintesi n° 1: acetato di butile L’acetato di butile è l’estere prodotto dalla reazione fra l’acido acetico e l’alcol n-butilico. L’esterificazione è una reazione di equilibrio, il che significa che al termine della reazione si avrà una miscela composta sia dai reagenti che dai prodotti. In realtà la reazione non ha mai fine, tuttavia si giunge ad un momento in cui le concentrazioni di reagenti e prodotti non variano più, ed è questo il momento che decreta la fine apparente della reazione. Per ottimizzare la resa della reazione però, si può utilizzare uno stratagemma che consiste nell’aumentare la concentrazione di uno dei due reagenti. Si dice allora che si utilizza un eccesso di uno dei due reagenti, solitamente il più economico, che, in accordo col principio di Le Châtelier, sposterà l’equilibrio della reazione verso destra permettendo di ottenere una maggiore quantità di prodotto e di far reagire quasi totalmente il reagente non in eccesso. Questa particolare tecnica è detta esterificazione di Fischer. O H3C OH O + H3C Acido acetico OH H3C Alcol n-butilico O CH3 + H2O Acetato di butile 5.1.1 L’acido Acetico34 Si tratta di un acido carbossilico anche noto col nome di acido etanoico ed è, a temperatura ambiente, un liquido incolore caratterizzato dal singolare odore pungente, tipico dell’aceto. E’ infatti questa sostanza che determina, con la sua presenza in concentrazioni variabili, la trasformazione del vino in aceto; esso ne contiene in media fra il 3 ed il 5 percento di acido acetico. In natura è reperibile in svariati frutti, ed è originato principalmente dalla fermentazione, ad opera di batteri, dello zucchero, sebbene possa derivare anche da melassa ed alcol attraverso lo stesso procedimento. Trova il suo punto di forza soprattutto nell’azione antibatterica e contro i funghi, il che ne fa un ottimo conservante alimentare. In questa reazione ha avuto il ruolo di reagente in eccesso, in accordo col principio dell’esterificazione di Fischer. 5.1.2 L’alcol n-butilico35 Si tratta di un liquido incolore dalle proprietà irritanti ed è infiammabile. L’odore è tipicamente alcolico, e grazie al suo gruppo funzionale ossidrile è in grado di creare legami a idrogeno con l’acqua, e dunque mescolarsi ad essa in maniera quasi completa. E’ particolarmente impiegato nella produzione di vernici con lo scopo di prevenire l’opacizzazione di quelle trasparenti. In laboratorio trova inoltre utilizzo, come in questo caso, nella sintesi di esteri o eteri, ed è anche particolarmente indicato quale solvente per le reazioni di estrazione o come 34 35 http://www.food-info.net/it/e/e260.htm http://it.wikipedia.org/wiki/1-butanolo 25 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 eluente per effettuare delle cromatografie su strato sottile, un particolare processo che serve a separare le componenti di una miscela. 5.1.3 L’acetato di butile Si tratta del prodotto della reazione sopra indicata. A temperatura ambiente è anch’esso un liquido incolore come i due reagenti a cui s’è fatto riferimento, ma l’odore cambia totalmente. Questo particolare composto è un estere di frutta, classe di sostanze già trattate e caratterizzate, fra l’altro, da odori tipicamente fruttati o floreali, e quest’ultimo non fa differenza, presentando un odore di ananas. 5.1.4 Procedimento usato36 e attrezzature Pallone fondo sferico37 • • • • • Condensatore a bolle38 Imbuto separatore39 Apparato da distillazione40 Si mescolamo assieme 18.5 g, equivalenti a 23 ml, di alcol n-butilico e 30 g, corrispondenti ad altrettanti millilitri, di acido acetico in un pallone da 250 ml a fondo sferico, aggiungendo in seguito, cautamente, 1 ml di acido solforico concentrato. Al tutto s’attacca un condensatore a bolle e si scalda all’ebollizione per almeno due ore. Trascorso questo lasso di tempo si lascia raffreddare e si versa la miscela in un imbuto separatore con circa 200 ml di acqua. Con l’imbuto separatore si isola l’estere grezzo che va successivamente lavato con circa 100 ml di acqua, seguiti da 25 ml di una soluzione satura di NaHCO3, una base che ha il compito di neutralizzare l’acido acetico ma che da vita ad un fenomeno di effervescenza, ragion per cui richiede attenzione. Si sciacqua dunque con 50 ml di acqua. Ogni processo di lavaggio dell’estere grezzo dev’essere ovviamente seguito da un processo di separazione manuale per mezzo dell’imbuto separatore, in modo da lavorare sempre e solo con l’estere. Si aggiungono poi all’estere 6 g di Na2SO4 anidro per disidratarlo. Si continua successivamente filtrando l’estere, attraverso un filtro a pieghe, in un pallone da distillazione da 100 ml, dove vengono inserite due o tre pietre da ebollizione. Si precede con la distillazione, raccogliendo la frazione che passa ad una temperature di 124125°C in un palloncino asciutto. 36 A. I. Vogel - Chimica organica pratica - Edizione Ambrosiana http://www.myungsung.net/product/img2/Flask4.jpg 38 http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif 39 http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg 40 http://en.wikipedia.org/wiki/Distillation 37 26 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.1.5 Caratterizzazione41 Il lavoro sull’acetato di butile non è terminato una volta ottenuto il composto. Si presenta anche la necessità verificare che il composto ottenuto sia realmente acetato di butile e solo quello, in caso contrario, un calcolo della resa effettuato su tale composto darebbe risultati sbagliati, poiché includerebbe, se presenti in quantità sufficienti, anche il peso di eventuali impurità. Per procedere alla caratterizzazione si è ricorsi alla spettroscopia infrarossa usando la tecnica del “film liquido”, un metodo di analisi qualitativo che si basa sull’interazione fra la radiazione elettromagnetica e la materia. In breve, e semplificando il tutto, il procedimento consiste nell’investire un campione di sostanza contenuto fra due lastre di NaCl, con dei raggi infrarossi i quali “deformano” la molecola investita, la fanno vibrare, e questa vibrazione può essere riportata in un grafico ed osservata. Il grafico che ne deriva è composto da dei picchi, gli ultimi dei quali sono quelli di maggiore importanza a livello di un analisi qualitativa. Questi vengono chiamati impronte digitali è sono i picchi che caratterizzano la sostanza, proprio come le impronte digitali di una persona, poiché sono uniche per ogni sostanza. Se si è in possesso, come in questo caso, di uno standard del composto analizzato, è possibile comparare i due spettri e sovrapporre le impronte digitali per controllare che la sostanza sintetizzata sia esattamente quella che si voleva ottenere. Altro metodo di confronto, forse più preciso, è la comparazione dei numeri che rappresentano i picchi riportati nel grafico. Grafico dello spettro I.R. dell’acetato di butile sintetizzato 41 http://www.chimicando.it/contributi/spettroscopia_infrarossa.pdf 27 Rappresentazione numerica dei picchi Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Grafico dello spettro I.R. dell’acetato di butile standard Rappresentazione numerica dei picchi La differenza riscontrabile nell’ampiezza dei picchi è imputabile alla quantità di composto analizzato: nello spettro dell’acetato di butile ottenuto in laboratorio durante l’esperienza è stata impiegata una quantità di composto nettamente maggiore. In questo caso la rappresentazione numerica è un aiuto fondamentale per poter affermare che i due composti sono pressoché identici, fatta eccezione per poche impurità, riconducibili ad un ambiente di lavoro non certo a livello dei moderni laboratori chimici delle industrie farmaceutiche. 5.1.6 Resa della reazione Sostanza Massa molare Moli utilizzate e prodotto ricavato Acido acetico Alcol n-butilico 60 g/mole 74 g/mole 30 g ÷ 60 g/mole = 18.5 g ÷ 74 g/mole = 0.5 moli 0.25 moli Acetato di butile 116 g/ mole Massa del composto ottenuto. 18.3 g = 0.15 moli x 116 g/mole 0.25 moli reagente Æ 0.25 moli prodotto 0.25 moli x 116 g/mole = 29 g Æ Resa del 100% 18.3 g ÷ 29 g = 0.634 Æ 63.4% Resa massima teorica Resa reale 28 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.2 Sintesi n° 2: salicilato di metile In quest’esperienza si vuole ancora arrivare ad ottenere un estere, per la precisione il salicilato di metile, tuttavia senza partire da un acido carbossilico ed un alcol, fatti reagire attraverso l’esterificazione di Fischer. In questa sintesi s’è optato per un meccanismo differente, chiamato diazotazione aminica. In breve è l’utilizzo di sali di diazonio allo scopo di sostituire un gruppo funzionale amminico, quello dell’antranilato di metile, con un idrossile. La sostituzione di questo gruppo funzionale a quello originale dell’antranilato di metile determina l’unica differenza chimica fra il composto di partenza e quello che s’intende ottenere, il salicilato di metile. O O O CH3 NH2 Antranilato di metile O O CH3 HNO2 N N H2O Sale di diazonio O CH3 OH Salicilato di metile + N2 H2O 5.2.1 L’antranilato di metile42 E’ un composto estereo dalla delicata profumazione d’uva che trova notevole impiego nella formulazione dell’aroma di fragola di differenti alimenti, tra qui anche i comuni yogurt. E’ inoltre uno dei componenti dell’olio essenziale di neroli. Recentemente si sta testando la sua efficacia come repellente contro gli storni, una particolare specie di volatili divenuti negli ultimi anni piuttosto molesti in svariate regioni europee. Il metilantranilato trova già impiego come repellente negli orti, soprattutto nel periodo della semina. 5.2.2 Il salicilato di metile43 Il prodotto di questa reazione è un estere che a temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore e aromatico. E’ il principale componente dell’olio di gaulteria, estratto dalla pianta gaulteria, anche noto sotto il nome di olio di wintergreen. Il salicilato di metile è inoltre reperibile anche dal salice bianco e dalla betulla alba. E’ noto per i suoi utilizzi in farmacologia nei prodotti antalgici, analgesici e antinfiammatori a causa delle sue spiccate proprietà antisettiche e antinfiammatorie, oltre che ad una specifica azione nel trattamento del reumatismo articolare. Nonostante ciò, il suo utilizzo è Gaulteria44 limitato alla sola applicazione esterna, per esempio sulla pelle attraverso oli e pomate, questo perché il metilsalicilato ha proprietà altamente irritanti ed è inoltre molto tossico se ingerito: vi sono stati decessi in seguito all’ingestione di meno di un cucchiaio dell’olio di wintergreen. 42 http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1675 http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html 44 http://www.treeland.ru/encyclopedia/image/gaulteria.jpg 43 29 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.2.3 Esecuzione della sintesi e apparecchiatura Beaker45 • • • • • • • • • Imbuto separatore46 Evaporatore47 Innanzitutto bisogna mettere 70 ml di acqua distillata in un bicchiere da 400 ml e, mentre si agita con un agitatore elettromagnetico, si devono aggiungere con attenzione 20 g di acido solforico concentrato. Questo darà origine ad una reazione fortemente esotermica. A questa soluzione vanno poi miscelati 13 g di antranilato di metile i quali danno origine ad un precipitato bianco denso. Ottenuto il precipitato si mette il bicchiere in un bagno di ghiaccio e si aggiungono circa 70 g di ghiaccio direttamente nel bicchiere, mantenendo il tutto agitato. Nel frattempo va preparata una soluzione con 8 g di nitrito di sodio in 15 ml di acqua, la quale va aggiunta in piccole proporzioni alla soluzione precedente quando essa raggiunge una temperatura compresa fra i 2°C e i 5°C. Mentre si aggiunge la soluzione di nitrito di sodio bisogna fare molta attenzione affinché la temperatura della miscela resti al di sotto dei 10°C. Una volta aggiunti circa 10 ml della soluzione di nitrito, si saggia con della carta amido/iodurata la presenza di acido nitroso. La soluzione di nitrito va aggiunta fin quando l’esito non è positivo, manifestato dalla colorazione blu della carta. A questo punto di lascia raffreddare la soluzione fino a temperatura ambiente, e da qui attendere circa un quarto d’ora, a seguito del quale si deve distruggere l’eccesso di acido nitroso mediante l’aggiunta di urea solida, un processo che manifesta effervescenza. La carta amido/iodurata funge anche in questo caso da indicatore. La miscela va poi scaldata fino all’ebollizione che va mantenuta per circa altri 15 minuti, trascorsi i quali si sarà formato un olio dalla colorazione rossa che emana un gradevole odore. La miscela va dunque raffreddata con un bagno di ghiaccio e successivamente trasferita in un imbuto separatore. Si estrae per tre volte la miscela con 50 ml di etere riunendo poi i tre estratti eterei che vanno seccati con Na2SO4 anidro. Per mezzo dell’evaporatore rotante s’allontana quindi l’etere, mantenendo solo l’estere. 5.2.4 Caratterizzazione Come in precedenza si procede alla caratterizzazione della sostanza per mezzo della spettroscopia infrarossa, paragonando ancora una volta lo spettro del prodotto con quello di un campione standard del composto, utilizzando ancora una volta la tecnica del “film liquido”, ovvero un campione di sostanza inserito fra due lastre di NaCl. 45 http://ssapl.com.au/images/Beaker%20LF.jpg http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg 47 http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-Rotary-Evaporator_220.gif/$FILE/NewRotary-Evaporator_220.gif 46 30 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 In questo caso la somiglianza fra i grafici è più che evidente, sebbene non si possa ottenere una perfetta sovrapposizione a causa delle problematiche già elencate. La trascrizione numerica dei picchi, inoltre, non lascia spazio ad alcun dubbio: la sostanza ottenuta è salicilato di metile pressoché puro. Grafico dello spettro I.R. del salicilato di metile sintetizzato Grafico dello spettro I.R. del salicilato di metile standard 31 Rappresentazione numerica dei picchi Rappresentazione numerica dei picchi Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.2.5 Resa della reazione Sostanza Antranilato di metile Salicilato di metile Massa molare 151 g/mole Moli utilizzate 13 g ÷ 151 g/mole = 0.086 moli e prodotto ricavato Resa massima teorica Resa reale 152 g/ mole Massa del composto ottenuto. 6.08 g = 0.04 moli x 152 g/mole 0.086 reagente Æ 0.086 moli prodotto 0.086 moli x 152 g/mole = 13.086 g Æ Resa del 100% 6.08 g ÷ 13.086 g = 0.464 Æ 46.4% 32 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.3 Sintesi n° 3: 2-amminobenzaldeide La 2-Amminobenzaldeide è ottenuta tramite riduzione della 2-nitrobenzaldeide attraverso FeSO4 e ammoniaca. A causa del fatto che il composto prodotto dalla reazione contiene sia il gruppo aldeidico che quello amminico nella stessa molecola, esso è in grado di polimerizzare facilmente. Questo fatto si traduce nella necessità di isolare rapidamente il prodotto non appena esso si viene a formare tramite distillazione in corrente di vapore. O C O H NO2 C FeSO4 NH3 2-nitrobenzaldeide H NH2 2-amminobenzaldeide 5.3.1 La 2-nitrobenzaldeide48 E’ un’aldeide aromatica che a temperatura ambiente presenta un aspetto solido di colore giallo con odore caratteristico. 5.3.2 La 2-amminobenzaldeide49 Recentemente s’è scoperto che questo composto rappresenta una componente molto importante delle fragranze di differenti fiori, fra cui quelli della ginestra odorosa, della robinia pseudoacacia o del giglio. E’ inoltre stata riconosciuta come sorgente dell’odore dolciastro del fungo selvatico Hebeloma sacchariolens. 5.3.3 Descrizione del processo50 e attrezzatura Pallone a doppio collo51 condensatore52 Termometro53 48 Beuta54 http://it.wikipedia.org/wiki/2-nitrobenzaldeide B. D. Foy - Preparaton of 2-Aminobenzaldehyde. A fragrant component of floral odors. - Humboldt state University. 50 B. D. Foy - Preparaton of 2-Aminobenzaldehyde. A fragrant component of floral odors. - Humboldt state University. 51 http://www.labdepotinc.com/files/products/glassware/LG7291%20lg.jpg 52 http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif 53 http://www.swab.se/images/glas/00219-11.jpg 54 http://www.4science.net/shopping/item_image/fk1050%5B3%5D.jpg 49 33 Alberto Cerutti • • • • • Lavoro di maturità 2006 Si mettono, in un pallone a doppio collo da 250 ml, 60 ml di acqua, 17.5 g di FeSO4 e 1 ml di HCl 1M. Si agita il tutto fino al completo di scioglimento del solfato ferroso, quindi si aggiunge 1 g di 2nitrobenzaldeide, immediatamente seguito da 10 ml di ammoniaca concentrata. Si agita per qualche secondo il precipitato nero che deriva e subito dopo si collega al collo superiore un condensatore, mentre attraverso il secondo collo si immerge un termometro nel liquido. Si porta rapidamente la sostanza ad una temperatura di 80°C scaldando con una fiamma il pallone a doppio collo, e si mantiene a questa temperatura per 10 minuti esatti, scaduti i quali il pallone viene scaldato ulteriormente fino al raggiungimento dell’ebollizione. In una beuta immersa in un bagno di ghiaccio si raccoglie il distillato che deriva dall’ebollizione, dove si formano dei cristalli solidi e gialli. Questi vengono raccolti e seccati tramite filtrazione alla pompa. 5.3.4 Caratterizzazione La caratterizzazione di questa sostanza, in quanto solida, non può essere effettuata mediante la spettroscopia I.R con la tecnica del “film liquido”. Si è voluto ricorrere ad una differente forma di spettroscopia, la spettroscopia UV, per ottenere un’analisi qualitativa della sostanza ottenuta. Il campione e lo standard sono stati disciolti in etanolo. 34 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 La somiglianza fra le due curve è incontestabile. Vi sono unicamente differenze di ampiezza nei picchi, ma la posizione degli stessi ed il loro numero, ancora una volta, non lasciano spazio a dubbi. Si può dunque procedere col calcolo della resa. 5.3.5 Resa della reazione Sostanza 2-nitrobenzaldeide 2-amminobenzaldeide Massa molare 153 g/mole Moli utilizzate 1 g ÷ 153 g/mole = 0.0065 moli e prodotto ricavato Resa massima teorica Resa reale 123 g/ mole Massa del composto ottenuto. 0.2 g = 0.0016 moli x 123 g/mole 0.0065 reagente Æ 0.0065 moli prodotto 0.0065 moli x 123 g/mole = 0.80 g Æ Resa del 100% 0.2 g ÷ 0.8 g = 0.25 Æ 25% 35 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.4 Sintesi n° 4: lattone γ-nonanoico Il procedimento utilizzato per ottenere questo lattone è particolarmente complicato. E’ innanzitutto indispensabile donare qualche informazione riguardo alla reazione chimica che ha reso possibile questa sintesi, ovvero la reazione di Knoevenagel55, di cui lo schema generale è: O R C COOH H + CH2 Ammina COOH C CH H COOH Aldeide R OH R H COOH C CH COOH + OH2 -CO2 R COOH Acido malonico H H C CH COOH Derivato insaturo dell’acido malonico Semplificando a parole, il gruppo metilenico attivato –CH2 dell’acido malonico si condensa con le aldeidi in presenza di un’ammina che funge da catalizzatore. Il derivato insaturo dell’acido malonico che si forma inizialmente subisce poi, durante la condensazione, una decarbossilazione, ovvero la perdita di -CO2. Nella reazione eseguita in laboratorio avviene lo stesso procedimento: O C COOH H + CH2 COOH Eptanale C2H5 N O -CO2 C 3 Acido malonico OH Amberlyst Acido 3-nonenoico Con l’utilizzo dell’Amberlyst-15, una resina che funge da catalizzatore, si fa in modo che l’acido 3nonenoico isomerizzi in quello che è il prodotto finale, il Lattone-γ-nonanoico. O O Lattone-γ-nonanoico 5.4.1 L’eptanale L’eptanale, noto anche col nome di aldeide eptilica o enantolo, è un composto chimico che entra nella formulazione di diversi prodotti detergenti e di igiene. 5.4.2 Il lattone γ-nonanoico56 La nomenclatura dei lattoni s’avvale delle lettere dell’alfabeto greco per indicare il numero di atomi che formano la parte ciclica. La lettera di partenza è β (beta), la seconda lettera dell’alfabeto greco, la quale indica i lattoni con anello composto da quattro atomi. La terza lettera, γ (gamma), per l’appunto quella del nostro caso, indica 5 atomi, e proseguendo così. 55 56 Morrison, Boyd - Trattato di chimica organica - CEA http://it.wikipedia.org/wiki/Lattoni 36 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Il lattone che c’interessa presenta un odore molto gradevole di cocco, e a temperatura ambiente è un liquido di consistenza oleosa. 5.4.3 Metodo di sintesi57 Pallone con fondo sferico58 Evaporatore a bolle59 Imbuto separatore60 evaporatore61 Premessa: rispetto all’originale procedimento, durante l’esperienza eseguita in laboratorio sono state raddoppiate tutte le quantità. Di seguito verrà ovviamente riportato il procedimento così com’è stato eseguito in laboratorio, con le quantità doppie rispetto l’originale. • • • • • • • • • Si prepara una miscela di 4.16 g di acido malonico e 5.36 ml di eptano in un pallone a fondo sferico con una capienza di 50 ml e la si tratta con 8 ml di trietilammina. Dopo l’aggiunta di una pietra da ebollizione, si lascia bollire la miscela a riflusso per circa un’ora o fin quando non cessa lo svolgimento di CO2. Trascorso questo periodo di tempo, si raffredda il tutto a temperatura ambiente e si travasa in un imbuto separatore con 80ml di etere; successivamente si lava con 40 ml di una soluzione di HCl al 10%, scartando, fra gli strati che si separano, la fase acquosa che ne deriva. Lo strato etereo rimasto si lava con 40 ml di NaOH al 5%, ma questa volta si scarta la fase organica dei due strati derivanti. La fase acquosa viene estratta con altri 40 ml di etere e la parte organica che deriva dalla nuova separazione viene eliminata. Una volta riportata la fase acquosa nell’imbuto separatore, la si riacidifica con 40 ml di HCl al 10% che vengono ancora estratti con 40 ml di etere, scartando la fase acquosa. La restante fase eterea dev’essere lavata con NaCl saturo e seccato con Na2SO4 anidro. Il tutto si filtra poi in un pallone sferico da 50 ml e si fa evaporare l’etere grazie all’evaporatore rotante; il residuo che rimane è acido 3-nonenoico, il quale viene pesato per calcolare la resa della reazione fino a questo punto. All’acido 3-nonenoico viene aggiunto un uguale peso di Amberlyst-15 e 8 ml di eptano. Il tutto va scaldato a riflusso per un’ora e successivamente raffreddato. A seguito di ciò si filtra attraverso un batuffolo di cotone per eliminare l’Amberlyst-15 e si fa evaporare il solvente nell’evaporatore rotante. 57 Bunce, Reeves - Journal of Chemical Education vol. 67 No 1 pag. 69 - gennaio 1990 http://www.myungsung.net/product/img2/Flask4.jpg 59 http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif 60 http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg 61 http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-Rotary-Evaporator_220.gif/$FILE/NewRotary-Evaporator_220.gif 58 37 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Commento: Per amor della sincerità è da segnalare come, a causa di un errore umano, durante la fase di ebollizione a riflusso in presenza di Amberlyst-15 il composto, bollendo troppo vivacemente, abbia risalito il tubo del riflusso. Fortunatamente non vi sono stati danni a persone o apparecchiature, e questo piccolo inconveniente non ha pregiudicato la buona riuscita della reazione. E’ stato comunque necessario aggiungere ulteriore eptano, ininfluente ai fini della reazione, per recuperare il catalizzatore dispersosi nel condotto di riflusso e quindi portare a termine la sintesi. 5.4.4 Caratterizzazione Trattandosi di un olio, e pertanto di un liquido, è stato possibile effettuare una spettroscopia infrarossa mediate “film liquido”, la quale ha potuto dare conferma dell’ottima riuscita della sintesi nonostante l’incidente occorso in dirittura d’arrivo. Grafico dello spettro I.R. del lattone γ-nonanoico sintetizzato Rappresentazione numerica dei picchi Grafico dello spettro I.R. del lattone γ-nonanoico standard Rappresentazione numerica dei picchi 38 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.4.5 Resa della reazione Sostanza eptanale 114 g/mole Acido 3-nonenoico 156 g/ mole Massa molare Moli 4.56 g ÷ 114 g/mole = Massa del composto ottenuto. utilizzate 3.44 g = 0.022 moli x 156 0.04 moli e prodotto g/mole ricavato 0.04 reagente Æ 0.04 moli Resa prodotto massima 0.04 moli x 156 g/mole = 6.24 teorica g Æ Resa del 100% Resa reale 3.44 g ÷ 6.24 g = 0.55 Æ 55% Sostanza eptanale Massa 114 g/mole molare Moli 4.56 g ÷ 114 g/mole = utilizzate 0.04 moli e prodotto ricavato Lattone γ-nonanoico 156 g/ mole Massa del composto ottenuto. 2.3 g = 0.0147 moli x 156 g/mole 0.04 reagente Æ 0.04 moli prodotto 0.04 moli x 156 g/mole = 6.24 g Æ Resa del 100% 2.3 g ÷ 6.24 g = 0.3685 Æ 36.85% Resa massima teorica Resa reale Sostanza Acido 3-nonenoico 156 g/mole Massa molare Moli 3.44 g ÷ 156 g/mole = utilizzate 0.022 moli e prodotto ricavato Lattone γ-nonanoico 156 g/ mole Massa del composto ottenuto. 2.3 g = 0.0147 moli x 156 g/mole 0.022 reagente Æ 0.022 moli prodotto 0.022 moli x 156 g/mole = 3.44 g Æ Resa del 100% 2.3 g ÷ 3.44 g = 0.6686 Æ 66.86% Resa massima teorica Resa reale 39 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 5.5 Sintesi n° 5: mentone Il mentone è qui ottenuto a partire da un alcol secondario, il mentolo. Per far ciò è necessario ossidare l’alcol secondario attraverso l’utilizzo del bicromato di potassio, efficace, come s’è già detto in precedenza, anche per ossidare gli alcol primari ad aldeidi. K2Cr2O7 O OH Mentolo Mentone 5.5.1 Il mentolo62 Si tratta di un composto che a temperatura ambiente presenta una struttura solida di colore bianco e dall’odore molto intenso e ben noto. E’ estratto principalmente dall’olio essenziale della menta piperita, di cui è il componente di maggiore importanza, ed è utilizzato in svariati campi, trovando posto in profumi e prodotti farmaceutici anche grazie alle sue proprietà analgesiche. Chimicamente è un alcol secondario dalle proprietà irritanti. 5.5.2 Il mentone63 Anche il mentone è uno dei componenti dell’olio essenziale estraibile dalla menta piperita, ed il suo odore non differisce molto da quello del mentolo. Entrambi possono trovare impiego in svariati prodotti farmaceutici, e hanno entrambi un effetto rinfrescante. Sono molto usati anche nelle comuni cicche da masticare e, più in generale, nei prodotti studiati per la cavità orale come caramelle e dentifrici. In particolare, il mentone, ha anche le proprietà di uno stimolatore cardiaco. 5.5.3 Procedimento per la reazione64 Beaker65 Imbuto separatore66 62 Evaporatore67 http://it.wikipedia.org/wiki/Mentolo http://www.lab2000.com/lab_2004/09/analisi_alim.html 64 A. I. Vogel - Chimica organica pratica - Edizione Ambrosiana 65 http://ssapl.com.au/images/Beaker%20LF.jpg 66 http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg 67 http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-Rotary-Evaporator_220.gif/$FILE/NewRotary-Evaporator_220.gif 63 40 Alberto Cerutti • • • • • • • Lavoro di maturità 2006 Si sciolgono 14 g di bicromato di potassio diidrato in 70 ml di acqua posti in un bicchiere da 250ml sopra un agitatore elettromagnetico. Una volta disciolto il bicromato di potassio diidrato, si aggiungono con estrema cautela 6 ml di H2SO4 concentrato, il quale da origine ad una reazione fortemente esotermica, causando anche un cambiamento nella colorazione della miscela che passa dall’arancione limpido al rosso. In seguito si introducono 10 g di mentolo, dividendo l’aggiunta in quattro porzioni, effettuate sempre sotto agitazione. L’aggiunta dell’acido solforico e del mentolo sviluppa calore, portando la miscela ad una temperatura prossima ai 55°C; se ciò non avviene è necessario riscaldare fino all’ottenimento di tale temperatura. Inizialmente la reazione crea una massa spugnosa nera che, in seguito, tramuta in un olio bruno scuro che resta sulla superficie del liquido. La temperatura diminuisce da sé non appena l’ossidazione è terminata. Una volta che ciò è accaduto, si trasferisce la miscela in un imbuto separatore e si estrae utilizzando 50 ml di etere; questo procedimento va ripetuto due volte. Si lava l’estratto estereo con porzioni da 50 ml di una soluzione di NaOH al 5% fino a quando il colore della miscela non passa dal bruno al giallo chiaro. In genere sono sufficienti tre o quattro lavaggi. Una volta ottenuta la colorazione cercata, lavare ancora il tutto con 25 ml di acqua e seccare con 5 g di Na2SO4 anidro. Il tutto deve essere poi trasferito in un pallone da distillazione dal quale viene fatto evaporare l’etere per mezzo dell’evaporatore rotante. 5.5.4 Caratterizzazione Come in precedenza, si procede alla caratterizzazione del composto ottenuto attraverso lo spettro I.R su “film liquido”, comparando poi il grafico risultante con quello del campione standard. Grafico dello spettro I.R. del mentone sintetizzato 41 Rappresentazione numerica dei picchi Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Grafico dello spettro I.R. del mentone standard Rappresentazione numerica dei picchi 5.5.5 Resa della reazione Sostanza Massa molare Moli utilizzate e prodotto ricavato Mentolo 156 g/mole Mentone 154 g/ mole 10 g ÷ 156 g/mole = 0.064 moli Massa del composto ottenuto. 7.39 g = 0.0479 moli x 156 g/mole 0.064 reagente Æ 0.064 moli prodotto 0.064 moli x 154 g/mole = 9.85 g Æ Resa del 100% 7.39 g ÷ 9.85 g = 0.75 Æ 75% Resa massima teorica Resa reale 42 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 6. Epilogo 6.1 Conclusioni e ringraziamenti Ed ecco il capitolo conclusivo di questo lavoro, la fine di un piccolo viaggio nell’immenso ed oscuro mondo degli odori. Un arrivo tanto desiderato nei mesi trascorsi, una meta che fino ad una settimana or sono vedevo così lontana ed irraggiungibile. Sono indubbiamente felice d’essere finalmente arrivato alla conclusione, eppure non posso nascondere una nota malinconica nell’animo, nata da ciò che questo traguardo rappresenta. Certo, si potrebbe semplicemente dire che è la fine di una ricerca, una come le tante altre che ho compiuto negli anni passati, fin dal tempo delle scuole medie: qualcosa da redigere, consegnare e ricordare come solo l’ennesimo voto scolastico privo di un reale senso. Ma significherebbe soltanto liquidare sommariamente un lavoro dal contenuto ben più ampio e profondo, destinato certamente a imprimere un segno indelebile nella mia carriera scolastica, nella mia vita. Vivo questa composizione come il primo vero traguardo della mia vita adulta, il primo semplice passo verso una maturità che va ben oltre il semplice foglio di carta che forse m’attende al termine di quest’anno scolastico. Un singolo passo, ma non per questo un passo facile da compiere. E’ stata indubbiamente un esperienza che mi ha provato molto, sotto diversi punti di vista. Un cammino ricco di difficoltà, prima fra tutte l’essermi ritrovato solo all’inizio di questo semestre, privato dell’aiuto e del sostegno di due compagne di classe, di due amiche, con le quali ebbi il primo approccio con l’argomento e con cui ho lavorato fianco a fianco in laboratorio eseguendo cinque differenti sintesi, diluite in un intero semestre di scuola. E poi, improvvisamente, sono rimasto solo, con la prospettiva di un estate e pochi mesi per redigere un lavoro originariamente pensato per tre persone. Io sono grato a Silvia Montagna e Rita Pettinello perché, se è vero che non hanno partecipato attivamente all’ultima parte di questo lavoro di maturità, è anche vero che non se ne sono mai disinteressate, cogliendo ogni occasione per domandarmi come procedesse la realizzazione e dispiacendosi in continuazione di non poter più apportare il loro contributo. Insostituibili compagne in laboratorio, ed altrettanto impagabili esempi di come un gruppo di lavoro non si ferma lì dove finiscono i doveri. Nella mia mente hanno continuato a risuonare le parole che mio zio, Mario Verdi, mi disse nel giorno del mio diciottesimo compleanno. Anche ora, mentre sviluppo i pensieri di questa conclusione, digitando quasi per inerzia le parole che, lentamente, realizzano l’espressione delle mie idee, quei consigli, quel corto discorso è lì nell’infinito spazio della mia mente, come un’eco che, anziché scemare, cresce d’intensità ad ogni istante che passa. Credo dunque sia giusto donare un’espressione scritta anche a quello che è risultato essere un motore indispensabile per me, una delle componenti essenziali che alimentavano, e alimentano tutt’ora, la mia voglia di andare avanti. Sebbene sappia che non riuscirò a ricalcare esattamente ciò che mi disse, spero almeno di riuscire a trasmettere il significato che intesi quel giorno. Mio zio parlò di come la vita è in grado riservare delle sorprese, alcune piacevoli, e altre meno. Disse di come la vita adulta può essere ricca di difficoltà che ad un primo impatto sembrano insormontabili. Ma soprattutto affermò che, anche se le fatiche paiono troppo grandi ed il solo pensarci mette paura, nulla può impedire ad una persona che vi si trovi confrontata di superarle. Certo, a volte abbattere queste difficoltà può richiedere dei sacrifici, ma il tutto ci aiuta a diventare più forti, a crescere moralmente e mentalmente. Chi si lascia semplicemente scoraggiare dall’idea di un ostacolo, rimarrà eternamente piccolo, debole, oppresso dalla paura di qualcosa mai affrontato. Prima di queste parole, devo ammettere, il lavoro di maturità mi spaventava enormemente, la sola idea di ciò che mi veniva richiesto di fare mi scoraggiava dall’intraprenderne la composizione, e 43 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 rimasi a lungo fermo ad un numero di pagine esiguo, a dir poco. Le parole di mio zio si sono dimostrate indubbiamente un incentivo a rimboccare le proverbiali maniche, e per questo, credo, non lo ringrazierò mai abbastanza. Vorrei inoltre dedicare un omaggio particolare alla persona che ha reso possibile tutto questo, il professore Fausto Geri, che ha messo a disposizione di dieci allievi il suo tempo e le sue conoscenze, guidandoci nelle esperienze con una professionalità esemplare, permettendo di scoprire espedienti e accorgimenti immensamente utili nell’ambiente di un laboratorio chimico, ma che difficilmente si possono apprendere dai testi ufficiali. E come tralasciare, infine, i miei genitori, ai quali va il merito di non aver mai avuto la pretesa d’impormi dei ritmi di lavoro, né in quest’occasione, né in nessun’altra occasione che ricordi. Non parlo di disinteresse nei confronti delle mie attività scolastiche, tutt’altro. Parlo di completa libertà nel gestire i miei impegni, sia personali che in rapporto alla scuola, indice di una fiducia assoluta nelle mie capacità di giudizio, qualità che credo fin troppo rara nei genitori moderni e, probabilmente, ancor meno comune in quelli di un tempo, ma di inestimabile valore per un figlio. Lascio dunque che il mio impegno si concluda qui, nella speranza d’aver eseguito questo lavoro per qualcosa che va oltre la nota che ne deriverà, e più precisamente per una crescita non solo mia, ma di chiunque avrà interesse a leggere questo piccolo frammento della mia vita. 44 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 7. Fonti 7.1 Bibliografia Dizionario Motta della lingua italiana, a cura del Prof. Eridano Bazzarelli L'ABCdaire des cinq sens. - Flammarion, 1998 R.W. Moncrieff – The Chemical Senses – London: Leonard Hill, 1951 J. Amore – The Molecular Bases of Odor – Springfild, Illinois, Thomas Co. 1970 Pavia, Lampman, Kriz - Il laboratorio di chimica organica – Sorbona Enciclopedia della Chimica – USES The Merck Index - eleventh edition, Merck&Co. Inc. John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore – Zanichelli Vollmer - La chimica di tutti i giorni - Zanichelli Giulia Mattera - Profumo di molecola. Storia ed evoluzione della profumeria. Le fragranze aldeidiche: fonti, metodi estrattivi, strategie sintetiche, impieghi. A. I. Vogel - Chimica organica pratica - Edizione Ambrosiana B. D. Foy - Preparaton of 2-Aminobenzaldehyde. A fragrant component of floral odors. - Humboldt state University Morrison, Boyd - Trattato di chimica organica – CEA Bunce, Reeves - Journal of Chemical Education vol. 67 No 1 pag. 69 - gennaio 1990 7.2 Fonti da internet http://www.elemis.com/absolutes.html http://wikipedia.sapere.alice.it/wikipedia/wiki/Esteri http://www.linternaute.com/femmes/luxe/0605-chanel/diapo-histoire/images/1921-numero5.jpg http://www.contentotrade.com/Terpene/it/Oli%20essenziali.htm http://www.coopfirenze.it/info/art_435.htm http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html 45 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 http://www.profumo.it/aromaterapia/oli_essenziali/animali.htm http://www.lerboristeria.com/index.php?articoli/2004_12.php http://www.eurom.it/medicina/um/2001/1/um17_1_09.html http://www.food-info.net/it/e/e260.htm http://it.wikipedia.org/wiki/1-butanolo http://www.chimicando.it/contributi/spettroscopia_infrarossa.pdf http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1675 http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html http://it.wikipedia.org/wiki/2-nitrobenzaldeide http://it.wikipedia.org/wiki/Lattoni http://it.wikipedia.org/wiki/Mentolo http://www.lab2000.com/lab_2004/09/analisi_alim.html http://www.treeland.ru/encyclopedia/image/gaulteria.jpg http://leda.lycaeum.org/?ID=3550 http://www.myungsung.net/product/img2/Flask4.jpg http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif http://en.wikipedia.org/wiki/Distillation http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-RotaryEvaporator_220.gif/$FILE/New-Rotary-Evaporator_220.gif http://ssapl.com.au/images/Beaker%20LF.jpg http://www.labdepotinc.com/files/products/glassware/LG7291%20lg.jpg http://www.swab.se/images/glas/00219-11.jpg http://www.4science.net/shopping/item_image/fk1050%5B3%5D.jpg http://irws.eng.niigata-u.ac.jp/~chem/itou/resource/h_k026.gif http://www.spanish-fly.edoc.org.uk/flyr3.jpg 46 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 http://www.badbear.com/signa/photos/Iris-pallida-4.jpg http://www.chaipat.or.th/chaipat/journal/dec00/vetiver/v13s.jpg http://www.profumoterapia.it/images/foto_grandi/zibetto.jpg 47 Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Allegato a) Alcuni esempi di molecole odorose a-1) Idrocarburi trans-1,3-pentadiene Mircene α− fellandrene β− fellandrene p-cimene δ− 3carene α− pinene terpinolene limonene sabinene β− pinene γ− terpinene α−p-dimetilstirene I 1,3,8-mentatriene Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 β− bisabolene ar- curcumene (-) zingiberene β− sesquifellandrene β− selinene β−cariofillene 1,3,6-trimetil-1,2-diidronaftalene II Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-2) Alcool OH OH CH2OH cis-4-eptene-2-olo ( banana) cis-3-esene-1-olo ( odore di erba) 1-ottene-3-olo ( funghi) CH2OH CH2OH trans,cis-2,6-nonadiene-1-olo ( cocomero) cis-6-nonene-1-olo ( melone) OH HOCH2 OH HOCH2 2-feniletanolo (rosa) OH mentolo (menta) nerolo (limone) geraniolo (geranio) citronellolo ( rosa) OH isomentolo OH neomentolo III OH neoisomentolo Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 OH HO carotolo (carota) nerolidolo OH α−terpineolo OH OH borneolo (canfora) terpinen-4-olo IV OH geosmina (terroso) Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-3) composti carbonilici O O CHO trans-2-esenale (nota erbacea) fibertone (nocciola) 1-ottene-3-one ( funghi) CHO CHO cis,cis-2,6-nonadiene-1-ale ( cocomero) trans,cis,-2,6-nonadiene-1-ale ( melone d'acqua) CHO OHC OHC O nerale (limone) geraniale (limone) citronellale ( agrumato) (-)- carvone ( menta crispa) CHO CHO O benzaldeide (mandorla amara) (+)- carvone (cumino) CHO cinnamaldeide (cannella) CHO safranale (zafferano) V fenilacetaldeide (giacinto) O versalide (muschio) Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 OHC OHC α- sinensale ( arancio) β-sinensale (arancio) O O β-ionone ( odore piu' fruttato) α- ionone (violetta) O O β- damascenone (fragola) O nootkatone (pompelmo) VI vetivone ( vetiver) Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-4) Esteri e lattoni O O O O acetato di butile (mela) caproato di allile (ananas) O O O O trans,cis-2,4-decadien oato di etile (pera) acetato di isoamile (banana) O O O acetato di ottile ( arancia) O acetato di benzile ( gelsomino) O O O O butirrato di butile ( ananas) propionato di isobutile ( rum) O O O O cicloesilacetato di allile ( ananas) acetato di eptile ( albicocca) VII Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 O O 4- butanolide ( burro) OCOCH3 O 4-decanolide ( pesca) acetato di linalile ( bergamotto) O O O O 5- decanolide ( pesca) O ciclopentadecanolide ( muschio) O O O sedanolide ( sedano) ambrettolide ( ambra) VIII O Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-5) Eteri O O O 1,8-cineolo ( eucalipto) epossi-3,9-p-mentene-1 ( aneto) O ambra grigia ( ambra) IX anetolo (anice) Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-6) Fenoli OH OH carvacrolo (timo e origano) timolo (timo e origano) X Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-7) Composti eterociclici O HO SH O O (cis-2-.penteneil)-2-furano (odore metallico) furaneolo (fragola) O 2-metil-3-furantiolo ( roast beef) O O O OH O mentofurano ( forte odore di menta) maltolo ( caramello) O cumarina (odore di fieno) N N N H scatolo ( odore fecale) 2-acetilpiridina ( crosta di pane) N S O 5-acetiltioazolo ( carne grigliata) O CH3 S 2-isobutiltioazolo ( pomodoro) N N O S 2,4-dimetil-5-etiltioazolo ( odore di carne) XI 5-butilossazolo (prosciutto affumicato) Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 S O S 2-metil-4-propil-1,3-oxatiano ( frutti tropicali) N O N S N S S S lentionina (funghi) N N 2,3-dimetilpirazina ( cuoio) S S O N 1,2-ditiolo ( asparagi) 2-secbutil-3-metossipirazina (carota cruda) 2-isobutil-3-metossipirazina (peperone) N 6-isobutilchinolina (cuoio) XII Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 Allegato a) Alcuni esempi di molecole odorose a-1) Idrocarburi trans-1,3-pentadiene Mircene α− fellandrene β− fellandrene p-cimene δ− 3carene α− pinene terpinolene limonene sabinene β− pinene γ− terpinene α−p-dimetilstirene I 1,3,8-mentatriene Alberto Cerutti Lavoro di maturità 2006 a-8) Composti diversi SH SH S disolfuro di metile ( cavolo) O p-menten-8-tiolo ( pompelmo) S transmercaptomentanone ( odore di cassis) S S S S S OH CHO 3-metiltioesanolo ( frutto della passione) 3-metiltiopropanale ( patata) trisolfuro di metile ( cavolo, verza) CHO COOCH3 NH2 O O antranilato di metile ( fiori di arancio) OH OH eugenolo ( chiodi di garofano) vanillina ( vaniglia) N HS HO O O 4-metossi-2-metilbutantiolo ( cassis) 4-p-idrossi-2-fenilbutanone ( framboise) trimetilammina ( pesce) O NO2 O O2N O metil diidrojasmonato (gelsomino) NO2 muschio baur (muschio) XIII