SINTESI, PROPRIETA` ED USI DI SOSTANZE ODOROSE Alberto

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SINTESI, PROPRIETA` ED USI DI SOSTANZE ODOROSE Alberto
Lavoro di maturità 2006
Chimica
Professore Fausto Geri
SINTESI, PROPRIETA’ ED USI DI
SOSTANZE ODOROSE
Alberto Cerutti
IVC
Liceo cantonale di Mendrisio
Anno scolastico 2006-2007
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
INDICE
1. Prefazione
3
1.1 Introduzione generale
1.2 Motivazioni
3
3
2. L’olfatto
5
2.1 Cenni di fisiologia dell’organo olfattivo
2.2 Teoria stereochimica degli odori
2.3 Il comportamento delle diverse molecole
2.4 Gruppi osmofori
5
5
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9
3. I profumi
10
3.1 L’origine dei profumi
3.2 Profumo esclusivo
3.3 Profumeria Moderna
3.4 Le caratteristiche dei profumi
3.5 La sintesi in un profumo
3.6 Le aldeidi e le fragranze aldeidiche
3.6.1 Problemi legati alle fragranze aldeidiche
3.7 Esteri
3.7.1 Difficoltà nell’impiego degli esteri in profumeria
3.8 Chanel N° 5
3.8.1 Le fragranze che compongono Chanel N° 5
3.9 Feromoni
3.10 I profumi afrodisiaci
10
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11
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13
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4. Gli oli essenziali
23
4.1 Breve descrizione
4.2 Terpeni
4.3 Gli impieghi
4.4 Aromaterapia
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23
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24
5. Le esperienze di laboratorio
25
5.1 Sintesi n°1: acetato di butile
5.1.1 L’acido acetico
5.1.2 L’alcol n-butilico
5.1.3 L’acetato di butile
5.1.4 Procedimento usato
5.1.5 Caratterizzazione
5.1.6 Resa della reazioni
5.2 Sintesi n°2: salicilato di metile
5.2.1 L’antranilato di metile
5.2.2 Il salicilato di metile
5.2.3 Esecuzione della sintesi
25
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29
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5.2.4 Caratterizzazione
5.2.5 Resa della reazione
5.3 Sintesi n°3: 2-amminobenzaldeide
5.3.1 La 2-nitrobenzaldeide
5.3.2 La 2-amminobenzaldeide
5.3.3 Descrizione del procedimento
5.3.4 Caratterizzazione
5.3.5 Resa della reazione
5.4 Sintesi n°4: lattone γ-nonanoico
5.4.1 L’eptanale
5.4.2 Il lattone γ-nonanoico
5.4.3 Metodo di sintesi
5.4.4 Caratterizzazione
5.4.5 Resa della reazione
5.5 Sintesi n°5: mentone
5.5.1 Il mentolo
5.5.2 Il mentone
5.5.3 Procedimento della reazione
5.5.4 Caratterizzazione
5.5.5 Resa della reazione
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33
33
33
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36
36
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40
40
40
40
41
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6. Epilogo
43
6.1 Conclusioni e ringraziamenti
43
7. Fonti
45
7.1 Bibliografia
7.2 Fonti di internet
45
45
Allegati
Allegato a) Alcuni esempi di molecole odorose
a-1) Idrocarburi
a-2) Alcool
a-3) Composti carbonilici
a-4) Esteri e lattoni
a-5) Eteri
a-6) Fenoli
a-7) Composti eterociclici
a-8) Composti diversi
I
I
III
V
VII
IX
X
XI
XIII
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Lavoro di maturità 2006
1. Prefazione
1.1 Introduzione generale
Odore1: sensazione che interessa l’organo dell’olfatto. Sentire un odore. Un buon odore, un odore
sgradevole o un odore cattivo; un odore inebriante, un odore eccitante. Un odore di tartufi, un
odore di rose. Odore di chiuso. Odore di muffa.
Odoroso1: profumato, che emana odore gradevole.
Odorifero1: che contiene sostanze odoranti.
Odorizzazione1: aggiungere quantità di sostanze molto odorose ad altre sostanze inodori.
Comune denominatore di questi vocaboli è il naso, l’organo olfattivo del corpo umano, sede di uno
dei cinque sensi che ci permettono di esplorare l’ambiente che ci circonda e di rapportarci ad esso.
Fra questi però, l’olfatto è certamente il mezzo meno diretto di cui disponiamo per esaminare il
mondo; quello che comunica al livello più istintivo del nostro cervello, precludendo spesso l’analisi
razionale in favore delle emozioni, le quali lasciano l’informazione indefinita, sfuggevole e, proprio
per questo, più longeva e precisa nel tempo di quanto possa esserlo l’immagine mentale di un
dipinto o il gusto di una pietanza.
Cosa ci fa sorridere nell’inspirare il raffinato odore emesso da una rosa appena sbocciata?
Cosa ci spinge ad assaporare l’aroma del caffè prima col naso che con la bocca?
E cosa, invece, ci suggerisce di storcere la bocca quando paragonati all’odore pungente degli
escrementi?
Ma, soprattutto, cosa si cela dietro a questi semplici gesti quotidiani?
Il lavoro che seguirà si prefigge di dare una risposta a questa ingannevole domanda senza fermarsi
alla sola analisi del naso e delle reazioni che il corpo ha quando è confrontato ad un odore, ma
cercando di sfruttare l’analisi dei meccanismi di questo organo al fine di scendere ancor più in
profondità e mettere in relazione la presenza e le caratteristiche principali degli odori alla struttura
microscopica delle sostanze che li emanano, avvalendosi anche di numerose esperienze di
laboratorio che hanno condotto alla sintesi di composti dal gradevole aroma a partire da sostanze
inodori o addirittura olezzanti.
Studierà, inoltre, i funzionamenti di quelle industrie che hanno fatto del buon odore il loro primario
obbiettivo, svelando le ragioni per le quali le aziende dedite alla profumeria adoperano determinate
sostanze odorose anziché altre, e indagando sul successo del profumo più conosciuto al mondo,
l’eccezionale Chanel N°5.
In definitiva, un argomento, quello della chimica delle sostanze odorose, incredibilmente vasto e
ricco d’insospettabili collegamenti con la vita di tutti i giorni.
1.2 Motivazioni
La chimica delle sostanze odorose: non sono le esatte parole stampate sul foglio che descriveva
l’argomento che mi è stato proposto alla prima ora dedicata allo sviluppo del lavoro di maturità, ma
è quello che nella mia testa leggevo.
Francamente, un titolo che non promette molto per un lavoro vasto quanto quello che mi accingo a
presentare. Un argomento che, forse, invoglierebbe ben pochi studenti, soprattutto se messo a
confronto con altri dai nomi molto più suggestivi e altisonanti.
1
Dizionario Motta della lingua italiana, a cura del Prof. Eridano Bazzarelli.
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Ma la curiosità mi ha consigliato, e alla fine l’ho preferito agli altri. La voglia di scoprire cosa
poteva celarsi dietro a delle parole così poco seducenti mi ha vinto, e ad oggi non mi pento della
scelta fatta, anzi, posso affermare con una certa sicurezza d’essere felice di non aver ceduto alle
lusinghe degli altri argomenti, poiché questo lavoro mi ha condotto alla scoperta dei segreti
dell’olfatto, un senso troppo spesso sottovalutato, anche dal sottoscritto, per la sua poca materialità
e l’utilità, apparentemente inesistente, nella vita di tutti i giorni, soprattutto se messo a confronto
con vista, tatto, gusto e udito decisamente più empirici nei loro compiti.
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Lavoro di maturità 2006
2. L’olfatto
2.1 Cenni di fisiologia dell’organo olfattivo
Prima di andare ad osservare nel dettaglio le molecole che inducono una risposta olfattiva, è bene
spendere qualche parola per definire precisamente la fisiologia, ovvero il funzionamento,
dell’organo sensoriale preposto alla captazione degli odori: il naso.
E’ utile sottolineare come l’odore, qualunque esso sia, non viene percepito con l’intero naso, ma
solo con una piccola porzione di epitelio situata nella porzione più alta della cavità nasale,
costantemente ricoperta di muco. In questa parte, che nell’uomo occupa dai 2 ai 4 cm2, si trovano le
cellule recettrici, ovvero quelle cellule che si occupano di ricevere le molecole odorose e di
trasmettere, in un secondo momento, l’informazione ottenuta direttamente al cervello.
Più è estesa e densa di recettori questa frazione del naso, più sarà acuto il senso dell’olfatto: infatti
alcuni animali, ad esempio i cani, presentano una superficie olfattiva circa venti volte più estesa di
quella umana e con una densità di recettori cento volte maggiore. Numerosi studi hanno dimostrato
come il naso umano riesce a percepire ed identificare quantità infinitesimali di sostanze odorose
arrivando addirittura alla soglia di 10-7 grammi; cani ed insetti, invece, percepiscono quantità ancor
più piccole, una capacità legata principalmente ai feromoni, come vedremo più avanti.
La molecola odorosa, raggiunta la regione olfattiva, ha esaurito la sua funzione: lo stimolo captato
dalla cellula recettrice è già stato convertito in un’informazione comprensiva della natura e
dell’intensità della fragranza, e dunque la particella viene eliminata come ogni altro corpo esterno
intrappolato dal naso attraverso il continuo ricambio del muco, mentre l’informazione ricavata
viaggia verso il bulbo olfattivo che la elabora ulteriormente affinché sia il più resistente e duratura
possibile in previsione della memorizzazione.
Questa avverrà in un passaggio
immediatamente successivo all’interno del
sistema limbico del nostro cervello.
L’ipotalamo riceve in seguito quel pacchetto
di informazioni sensoriali derivanti dal naso, e
lo unisce agli altri stimoli sensoriali
provenienti da tatto, gusto, vista e udito allo
scopo di elaborare una visione globale
dell’ambiente e quindi regolare di
conseguenza le principali attività del corpo.
Le ultime tappe delle informazioni estrapolate
dalle molecole odorose sono il talamo e la
neocorteccia, le porzioni del nostro encefalo
Fisiologia del naso2
che permettono di prender coscienza dell’odore.
2.2 La teoria stereochimica degli odori
Nel corso dei secoli si sono succedute numerose teorie sull’odore, e curiosamente è proprio una
delle più antiche, ipotizzata per la prima volta da Lucrezio, uno fra i più antichi atomisti greci, ad
essere correntemente accettata, sebbene elaborata in chiave più moderna.
La teoria di Lucrezio è molto simile a quelle che oggigiorno spiegano l’azione dei farmaci, basate
2
L'ABCdaire des cinq sens. - Flammarion, 1998
5
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Lavoro di maturità 2006
sul principio di “chiave-serratura”. Egli suggeriva come le sostanze odorose producessero dei
vapori di atomi tutti della stessa forma e dimensione, i quali, raggiungendo dei pori all’interno del
naso, darebbero vita alla percezione odorosa; i pori avrebbero diverse forme, e la natura dell’odore
sentito dipenderebbe dal tipo di poro che gli atomi riescono ad occupare.
Oggi sappiamo che un composto deve necessariamente presentare alcune caratteristiche fisiche
perché possa essere odoroso:
1. La sostanza in questione deve essere sufficientemente volatile affinché le molecole possano
raggiungere le narici. Un corpo non volatile, come il vetro, non ha alcun odore.
2. Le molecole di una sostanza odorosa devono obbligatoriamente essere, almeno in minima
parte, idrosolubili, altrimenti non potrebbero attraversare lo strato di muco che ricopre
l’epitelio olfattivo all’interno della cavità nasale.
3. Infine, è necessaria una certa liposolubilità per poter superare gli strati lipidici che formano
le membrane delle terminazioni cellulari nervose.
Fu solo nel 1949 che R. Moncrieff3 rielaborò la teoria di Lucrezio, avanzando l’ipotesi che la
regione olfattiva del nostro naso sia tappezzata da diversi tipi di cellule recettrici, differenziate le
une dalle altre per dimensioni e forma; ad ognuno di questi tipi di siti recettori corrisponde un odore
primario, e le molecole odorose reagiscono con essi tramite un sistema di tipo chiave-serratura.
Moncrieff estese l’azione odorosa anche a molecole più grandi, affermando come non vi sia la
necessità che l’intera particella entri nel recettore, poichè attivabile anche da una porzione più
piccola della molecola. Conseguenza di questo ragionamento è l’idea che le molecole responsabili
degli odori più complessi, siano in grado di attivare diverse tipologie di recettori
contemporaneamente.
John Amoore4 giunse alla conclusione, a seguito di numerosi studi, che esistono solo sette odori
primari, ed elaborò per ognuno di essi un’ipotesi su quale potesse essere la forma del recettore e
quale, invece, quella della molecola capace di legarsi ad esso.
E’ interessante specificare come J. Amoore, nel suo modello, inserisce l’idea di odore pungente e
putrido non in relazione ad una particolare forma della molecola, quanto ad una determinata
distribuzione di cariche elettriche.
Modello di J. Amore5
L’immagine riporta i nomi dei sette odori primari con un prototipo di
molecola dalla forma appropriata per legarsi al recettore sottostante.
3
R.W. Moncrieff – The Chemical Senses – London: Leonard Hill, 1951
J. Amore – The Molecular Bases of Odor – Springfild, Illinois, Thomas Co. 1970
5
Pavia, Lampman, Kriz, - Il laboratorio di chimica organica - Sorbona
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2.3 Il comportamento delle diverse molecole6
Per avere una visione completa del comportamento delle molecole rispetto alla teoria appena
esplicata, è necessario considerare la struttura delle molecole come uno dei fattori che
maggiormente influiscono sulla qualità dell’odore di una sostanza. Sono molteplici i fattori
strutturali che concorrono nella determinazione del genere di odore che una molecola produce.
Un primo fattore strutturale che influenza la percezione dell’odore, sono gli isomeri di struttura:
CH2OH
O
C9H10O
Alcool cinnamico
Odore di fiori di giacinto
3 - fenilproprionaldeide
Odore di cetriolo
Un caso particolarmente noto riguardante le differenze di odore causate dalla disposizione spaziale
degli atomi in una molecola, è quello della vanillina, dal caratteristico odore di vaniglia, e del suo
isomero di posizione isovanillina, il quale non presenta tale odore:
OH
OH
OC H3
OHC
OC H3
CHO
Vanillina
Odore di vaniglia
Isovanillina
Come detto già in precedenza, i recettori olfattivi presentano una conformazione chirale, ciò
significa che reagiscono diversamente in base alla conformazione ottica della molecola che giunge
ad attivarli; per questa ragione, due enantiomeri sviluppano sensazioni odorose differenti. E’ questo
il caso, ad esempio, del – carvone:
O
O
*
*
H
H
(-) – carvone
Odore di menta
6
(+) – carvone
Odore di cumino
Enciclopedia della Chimica - USES
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Lavoro di maturità 2006
Ulteriore fenomeno che presenta un forte impatto sull’odore trasmesso da una sostanza, è la
ciclizzazione del composto osservato. Difatti, s’è potuto osservare come la ciclizzazione di
molecole lineari inodori, in numerosi casi abbia portato alla formazione di composti ciclici con forti
fragranze, anche gradevoli. E’ questo il caso, ad esempio, dello pseudo ionone, la cui forma ciclica
è lo ionone, un terpene molto ricercato in profumeria per via del suo caratteristico odore di violetta.
O
O
O
Pseudo ionone
Poco odoroso
Ionone alfa
Delicato odore di violetta
Ionone beta
Odore di violetta
Anche il 3,7-dimetilottanolo, quando la sua catena si chiude a formare il mentolo, altera il proprio
odore passando dalla fragranza di rosa a quella più forte della menta.
HO
HO
3,7-dimetilottanolo
Odore di rosa
Mentolo
Odore di menta
E’ ben comprensibile, inoltre, come la polimerizzazione sortisca l’effetto opposto alla ciclizzazione,
ovvero attenui gli odori, qualora presenti, anziché esaltarli. Una delle caratteristiche fondamentali di
una sostanza odorosa, infatti, è, come già detto nella pagina precedente, l’essere sufficientemente
volatile per poter raggiungere le vie aeree. Un polimero non rispetta minimamente questo requisito,
poiché si tratta di una macromolecola ottenuta spesso legando addirittura migliaia si molecole più
piccole, dette monomeri. Risulta dunque evidente come una molecola tanto grande difficilmente
possa esser volatile, ed allo stesso modo non presenta la minima solubilità in acqua.
E’ questo il caso dello stirene, fortemente odoroso, e del suo polimero, il polistirene, assolutamente
inodore.
CH2
CH2
CH
CH
n
Stirene
Polistirene
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2.4 Gruppi osmofori7
Agli inizi del secolo scorso ci si rese conto anche di un altro fatto curioso legato alla struttura delle
molecole ed all’odore delle stesse: particolari strutture e gruppi funzionali, difatti, se presenti nella
configurazione di una molecola, conferiscono determinate doti odorose.
Queste particolari strutture prendono il nome di gruppi osmofori o aromatofori.
C
C
Doppio legame
C
C
Triplo legame
O
Alcool, fenoli, eterossidi
C
Gruppo carbonilico
O
O
N
+
Gruppo nitro
O
C
7
N
Nitrili
Enciclopedia della Chimica - USES
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3. I Profumi8
3.1 L’origine dei profumi
I profumi sono tradizionalmente legati a fragranze naturali, estratte da piante e ghiandole animali.
Vi sono tracce di una fiorente industria profumiera che risalgono addirittura a quattro millenni fa,
all’epoca degli antichi egizi i quali impiegavano queste sostanze durante i riti di mummificazione.
L’utilizzo di sostanze odorose per la mummificazione non è unicamente dovuto alla piacevolezza
delle fragranze, ma anche e soprattutto a delle capacità conservative e protettive proprie di tali
sostanze: la mirra ad esempio, estratta dalla Commiphora myrrha, una pianta originaria della
Somalia e dell’Arabia, è una delle sostanze che trovava impiego nella mummificazione. Si tratta di
una resina, e come ogni resina, compresa quella più comune del pino, è secreta dalla pianta al fine
di proteggere e facilitare la ricostruzione dei tessuti della pianta in seguito ad una ferita, quale può
essere un taglio nel tronco, preservandolo dall’attacco di batteri e funghi. Analoga funzione
svolgeva questa resina nel processo di mummificazione: proteggeva il corpo del defunto da batteri e
funghi, il che giustifica, almeno in parte, la straordinaria conservazione dei corpi degli antichi
faraoni.
Il termine profumo deriva dal latino per fumum, che significa letteralmente “attraverso il fumo”,
terminologia nata della pratica comune degli antichi di innalzare le loro preghiere bruciando degli
incensi, solitamente olibano e mirra, che disperdevano un odore dolciastro, a volte anche al fine di
coprire l’odore del sangue in sacrifici rituali; sono oltre quattro i millenni che vedono l’uso dei
profumi, ma è curioso vedere come furono, originariamente, dei sacerdoti a sfruttarli per scopi
religiosi e solo in seguito vennero adottati dalle donne per puro vezzo estetico.
La profumeria come la conosciamo oggi ha iniziato a svilupparsi solo dal Medioevo, quando si
iniziò ad estrarre le sostanze odorose a partire dai fiori delle piante. Il processo originale di
estrazione, sviluppatosi in Provenza a causa del clima favorevole alla coltivazione di differenti tipi
di piante molto profumate quali la lavanda, il gelsomino, la rosa e la violetta, prevedeva di porre i
fiori di queste piante fra due strati di grasso animale, il quale assorbiva l’olio profumato,
trattenendone la fragranza. Questo processo è noto col termine di enfleurage, ed il grasso ottenuto,
chiamato concrete, trovava svariati impieghi che andavano fino all’uso come brillantina.
Nonostante ciò, era ancora possibile trattare questo grasso profumato con alcol, in modo da ottenere
l’absolute9, un composto di olio essenziale e pigmenti del fiore che gli conferiscono un colore ricco
ed un potente aroma.
Un metodo, quello dell’enfleurage, che ben presto fu soppiantato dalla rivoluzionaria distillazione
in corrente di vapore, grazie alla quale è possibile separare dalla pianta l’olio essenziale,
letteralmente trascinato via da una corrente di vapor acqueo che veniva successivamente condensato
in maniera tale da poter recuperare l’olio fragrante, incapace di mescolarsi con l’acqua.
All’incirca due secoli or sono si scoprì un differente metodo per estrarre i profumi dalle piante, un
processo che consisteva nell’agitare la parte della pianta in un solvente organico volatile,
originariamente il benzene. Questo venne in seguito sostituito da altri meno tossici ancor oggi
utilizzati, quali il toluene, alternativa sicura al benzene, il metanolo o il butano che, sebbene sia un
gas a temperatura ambiente, lavorando sotto pressione dimostra spiccate qualità solventi.
CH3
CH3
Benzene
C6H6
8
9
Toluene
C7H8
OH
Metanolo
CH4O
John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli
http://www.elemis.com/absolutes.html
10
H3C
CH3
Butano
C4H10
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Per recuperare l’olio, dopo aver filtrato l’estratto, è necessario unicamente evaporare il solvente.
3.2 Profumo esclusivo
Cortigiani, re e regine, imperatori e dei; tutti sinonimi di potere, gloria e ricchezza, e dunque di una
posizione sociale che consentiva loro di avere oggetti e servizi preclusi a quello che era il popolino,
la plebe, il volgo. E questa differenza si rispecchia anche nel campo della profumeria, dove solo le
genti più benestanti avevano la possibilità di acquistare questi prodotti che, in ogni caso,
richiedevano lunghi e costosi trattamenti, come l’enfleurage cui s’è accennato in precedenza.
La ragione principale che dipinse il profumo come omaggio indicato unicamente a personalità
importanti è data dal fatto che da una singola pianta è possibile estrarre solo una piccolissima
quantità di fragranza, e ciò costringeva ad impiegare numeri impressionanti di piante per ottenere
una quantità accettabile di olio essenziale; queste erbe non erano certo regalate. Per capire meglio
quest’idea basta portare come esempio l’olio di rosa: per ottenerne un chilogrammo sono necessarie
oltre cinque tonnellate di petali, un numero impressionante che ben giustifica l’esclusività di tali
prodotti, e spiega come ancor oggi questi oli naturali possano arrivare a costare anche svariate
migliaia di euro al chilogrammo.
Altro fattore, non meno importante di quello appena descritto, che in passato rese il profumo un
prodotto d’alto costo, fu certamente la sua rarità. Oggigiorno, con l’aiuto delle moderne tecniche
chimiche, questo fatto non rappresenta più un problema, poiché molte sostanze odorose sono
facilmente sintetizzabili in laboratorio a partire da sostanze semplici da reperire. Un tempo però, in
secoli come il XVIII che videro personaggi illustri quali l’amante del Re di Francia Luigi XV,
Madame Pompadour, spendere fino ad un milione e mezzo di franchi in profumi, quando le
conoscenze in materia di chimica degli odori erano una frazione di quelle disponibili adesso, l’unica
fonte di materiale fragrante erano le piante naturali. Molte di queste, ad ogni modo, erano e sono
tutt’ora difficili da coltivare alle nostre latitudini, il che ne fa delle rarità e, quindi, della materia
costosa.
3.3 Profumeria Moderna
L’industria della profumeria come la conosciamo oggi non nacque se non agli inizi del secolo
scorso, periodo che vide la comparsa di un numero impressionante di profumi rivoluzionari, molti
dei quali destinati ancor oggi ad essere ricordati come “pietre miliari” della profumeria. Fra questi è
da citare Chypre, profumo di straordinaria bellezza lanciato nel 1917, che pretendeva d’essere in
grado di rievocare l’aroma del Mediterraneo Orientale in cui sorge l’isola dalla quale ha ereditato il
nome. Un profumo purtroppo scomparso dal mercato proprio a causa della sua bellezza, ottenuta
mediate componenti di una rarità tale che i suoi produttori non furono in grado di soddisfare
l’enorme richiesta che il pubblico ne fece.
Gli anni trenta seguirono la moda, e similmente i periodi successivi del novecento. A cavallo fra il
terzo ed il quarto decennio, i chimici scoprirono molecole capaci di dare una sensazione di
freschezza, denominate in seguito note verdi. Da questa linea trovano origine Ma Griffe e Miss
Dior, rispettivamente di Carven e Christian Dior.
Gli anni sessanta furono invece segnati da Brut di Fabergé, il primo profumo ideato per l’uomo,
realizzato esclusivamente per uomo e commercializzato come profumo da uomo, anziché come
dopobarba
Ma la vera rivoluzione che diede la svolta decisiva per tutta la chimica del profumo e senza la quale
molti dei profumi citati non sarebbero mai nati, fu segnata agli inizi degli anni venti. E più
precisamente si realizzò nel 1921 grazie a Ernest Beaux, il grand nez che ideò quello che ancor oggi
è il profumo più famoso al mondo: Chanel N° 5. Da questo momento il profumo d’alta qualità non
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parla più solo la lingua della natura, ma ingloba anche quella della chimica di laboratorio, espressa
con prodotti ottenuti per sintesi.
3.4 Le caratteristiche dei profumi10
Credo doveroso, prima d’inoltrarmi nella descrizione di quel colosso della profumeria che è Chanel
N° 5, approfondire un poco quello che modernamente è un profumo, e soffermarmi un poco sulla
categoria di molecole che sconvolse l’intero mondo della profumeria: le aldeidi.
Si è già parlato di ciò che fu in passato il profumo: inizialmente il semplice odore di resine bruciate,
in seguito sempre l’odore puro di oli naturali fragranti, con poche variazioni create grazie alla
miscelatura delle 200 fragranze conosciute all’epoca.
Ma oggi la situazione è ben differente: sono disponibili oltre 25 000 aromi differenti, e le possibili
combinazioni fra questi aromi ammontano ad un numero vertiginoso. Ovviamente, non tutti gli
accostamenti sono efficaci, e ve ne sono alcuni più efficaci di altri. In ogni profumo sono presenti
tre parti: la testa, il corpo, ed i fissatori, o note basse; una suddivisione che, certamente, è tutto
fuorché definita con precisione, ma può essere estremamente d’aiuto per comprendere meglio la
natura dei profumi.
-La testa di un profumo, o le sue note alte, sono rappresentate dalle molecole più volatili, quelle che
ad una prima inalazione vengono subito percepite e che donano al profumo la sua parte più viva e
fresca. Sono soprattutto impiegate essenze agrumate, fruttate o di foglie per ottenere particolari
effetti. Queste essenze, tuttavia, concorrono anche quando diviene necessario a profumieri
identificare con un nome la testa, che viene definita di agrumi o di frutta a dipendenza delle essenze
impiegate.
-Le note medie, il corpo del profumo, sono quelle che si possono avvertire solo un po’ dopo a causa
di una volatilità più moderata, e generalmente sono dati da fiori con odori pesanti, dominanti, come
può esserlo, ad esempio, il garofano. Questa la parte più caratterizzante dell’intero profumo,
rappresenta il nucleo attorno al quale il prodotto deve svilupparsi, un nucleo che, se valido,
conferirà al profumo finale un carattere unico ed inconfondibile, decretandone il successo nel
mercato come in campo artistico.
-Le note basse, infine, anche dette fissatori del profumo, sono le parti meno volatili di tutta la
miscela, detentrici di un ruolo vitale per il profumo: quello di rallentare l’evaporazione delle due
note precedenti per bilanciare la fragranza del profumo per tutta la sua durata. L’abilità del
profumiere è proprio quella di far sì che queste tre note evaporino insieme in un rapporto costante
ed equilibrato. Sono i fissatori che evocano, in chi li sente, spesso inconsciamente, emozioni
particolari o ricordi precisi; sono gli odori indubbiamente più evocativi, attraenti e sensuali.
Possono addirittura presentare toni simili a quello delle urine o del sudore, talvolta, senza per questo
perdere d’attrattiva o di valore per il profumo, ma più spesso si ricorre a resinoidi e muschi o, non
di rado, ad odori animali come lo zibetto o il muscone, estratto da ghiandole del cervo muschiato.
O
CH3
11
Muscone
Oltre a queste tre parti, possono anche essere impiegate particolari sostanze, chiamate adiuvanti,
aggiungere col preciso fine di legare in maniera più efficace le tre parti del profumo, permettendo
10
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Vollmer - La chimica di tutti i giorni - Zanichelli
The Merck Index - eleventh edition, Merck&Co.Inc.
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Alberto Cerutti
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una migliore continuità nella liberazione della fragranza.
E’ necessario inoltre compiere una distinzione fra i profumi a costruzione lineare, e quelli invece
composti con procedimenti meno semplici, e per questo chiamati di costruzione complessa. Alla
prima categoria sono legati tutti quei profumi miscelati attraverso l’aggiunta puntuale di singoli oli
essenziali o sostanze odorose in un rapporto attentamente calcolato. La seconda classe di profumi,
invece, è ottenuta attraverso il connubio di diversi profumi di base, ovvero di profumi che
potrebbero benissimo risultare fatti e finiti, ognuno composto da una propria testa, un corpo e da
propri fissatori, il che rende la miscelazione molto più problematica, considerando il fatto che anche
un solo accostamento poco opportuno può vanificare un lavoro di addirittura mesi. Ritengo inoltre
che non si possa escludere l’eventualità che un profumo costruito linearmente possa diventare, in
seguito, una delle componenti di un profumo più grande, ottenuto col metodo complesso.
3.5 La sintesi in un profumo
S’è parlato di 25 000 fragranze differenti, fra queste sono indubbiamente annoverati tutti i profumi
normalmente adoperati in detersivi e prodotti per la pulizia, aggiunti al solo scopo di rendere meno
evidente l’odore proprio dei saponi e dei detergenti. Non desta sorprese scoprire che questi odori,
spesso appellati con nomi che evocano luoghi idilliaci quali “brezza marina” o “bianca freschezza”,
sono in realtà prodotti in industrie chimiche.
Sapere invece che molecole simili, anch’esse sintetizzate fra le mura di un laboratorio, entrano
come componente principale di un profumo venduto a livello mondiale può lasciare qualche
perplessità. Ma qual è la differenza tra un odore naturale e una sostanza odorosa ottenuta per
sintesi? Nessuna, per un chimico.
Un grand nez, invece, potrebbe contestare questa risposta. Il grand nez è colui che, col solo ausilio
del proprio olfatto, è in grado di distinguere e riconoscere fino a 2 000 odori differenti; persone
pagate a peso d’oro per formulare nuove combinazioni di odori per la creazione di profumi
innovativi, ritenuti spesse volte delle vere e proprie opere d’arte. Uno di questi talenti naturali, si
diceva, potrebbe contestare una tale affermazione se, anziché vederla con occhio chimico, s’osserva
la domanda dal punto di vista della profumeria: un odore sintetico, ovviamente, non potrà mai
eguagliare quello naturale nella composizione di un profumo.
Come giustificare allora la presenza di questi composti sintetici nella formulazione di un profumo
quale lo Chanel N° 5?
Questa domanda, se posta ad un grand nez oggi, equivarrebbe a chiedere ad un grande compositore
di sinfonie musicali le ragioni per le quali dovrebbe inserire nel suo brano, note discordanti a quella
che è la linea d’armonia del pezzo. Prese singolarmente queste note sono brutte da sentire,
assolutamente prive di significato; nella complessità del brano, invece, sono portatrici di
innovazione, un arricchimento che non fa altro che valorizzare ulteriormente l’armonia. Discorso
analogo è valido per i profumi.
3.6 Le aldeidi e le fragranze aldeidiche12
Nella famiglia delle aldeidi rientrano tutte quelle molecole, di origine organica, che rispondono alla
formula generica CnH2nO e che, nella loro struttura, mostrano il gruppo funzionale aldeidico –CHO.
Da un punto di vista chimico le aldeidi sono molecole abbastanza solubili in acqua, questo grazie al
gruppo carbonile –C=O poco polare, sufficiente tuttavia a creare dei legami a idrogeno mediamente
deboli se l’aldeide conserva una bassa massa molecolare.
12
Giulia Mattera - Profumo di molecola. Storia ed evoluzione della profumeria. Le fragranze aldeidiche: fonti, metodi
estrattivi, strategie sintetiche, impieghi.
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Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Questa particolare categoria di molecole è facilmente ottenibile attraverso l’ossidazione, o
deidrogenazione, di un alcol primario, reazione cha avviene in presenza di dicromato di potassio:
H
H
K2Cr2O7
R C O H
R C
O
H
Alcol
Aldeide
A livello odoroso, invece, tali molecole sono conosciute per il la loro forte fragranza. Si parla
soprattutto di molecole lineari, piuttosto corte e alifatiche, ovvero a catena aperta, quando ci si
riferisce ad una fragranza aldeidica: le aldeidi che comprendono fra i nove e i dodici atomi di
carbonio, infatti, sono le classiche rappresentanti di quella che gli esperti del settore chiamano “nota
aldeidica”, un odore molto forte, con alcune qualità specifiche che gli donano caratteristiche
lievemente grasse e altrettanto delicatamente agrumate. In genere le aldeidi richiamano odori
naturali che appartengono a fiori o frutti, ma più raramente possono rispecchiare profumazioni
legnose o balsamiche; complessivamente si rivelano odori piacevoli, eppure la loro intensità e
aggressività spesso li rendono insopportabili.
E’ interessante notare come al variare del numero di atomi di carbonio presenti nella catena, anche
l’odore di queste molecole si modifichi: col diminuire di questi atomi in un numero compreso fra
otto e cinque, la profumazione assume sempre più un carattere agrumato; al contrario, con
l’aumentare della lunghezza della catena oltre le dodici unità di carbonio, l’odore si fa sempre più
grasso inizialmente, finendo poi nel ceroso.
La possibilità di imitazione degli odori della natura da parte di sostanze chimiche di sintesi era già
nota ai chimici agli inizi del XIX secolo; è proprio attorno a questi anni, e più precisamente nel
1826, che l’italiano Luigi Chiozza riprodusse, esclusivamente in laboratorio, il primo odore naturale
rappresentato proprio da un’aldeide: l’odore della cannella, portato dall’aldeide cinnamica. Ma
queste molecole dovettero aspettare quasi un secolo, prima di essere utilizzate in quantità rilevanti
in un composto d’alta profumeria. Attesero esattamente 95 anni e la geniale idea di Ernest Beaux,
unita all’altrettanto brillante intuizione di Gabrielle Chanel, prima di prendere il loro posto sulla
scena dei profumi di qualità, e lo fecero con la leggenda del profumo: Chanel N° 5, un prodotto che
lanciò l’utilizzo su vasta scala delle aldeidi, oltre che rendere immortale il nome delle persone che
lo crearono.
Ancor oggi non è facile trovare un profumo di alta qualità che non presenti nella sua formula,
concentrazioni più o meno elevate di aldeidi, classe di molecole ormai entrate, a pieno titolo, nel
mondo dei profumi come vessilli delle fragranze più eleganti e femminili. Ernest Beaux aveva
intuito questo andamento già a metà del secolo scorso, quando disse: "C’est sur le chimistes qu’il
faudra compter pour trouver des corps nouveaux grace auxquels pourraient éclore des notes
originales. Oui, pour le Parfum, l’avenir est surtout entre les mains de la Chimie.", ovvero “E’ sui
chimici che bisognerà contare per trovare dei corpi nuovi grazie ai quali potrebbero sbocciare delle
note originali. Sì, per il Profumo, il futuro è soprattutto nelle mani della chimica.”
3.6.1 Problemi legati alle fragranze aldeidiche
Ma la vita delle aldeidi, come si suol dire, non è tutta rose e fiori.
Sebbene abbiano qualità uniche per quanto riguarda le capacità olfattive e siano in grado di
armonizzarsi fra di loro in una maniera sorprendente, capace di donare ad una fragranza quella nota
in più che la può far diventare un’autentica opera d’arte, hanno anche loro dei risvolti negativi da
non sottovalutare. Se usate opportunamente, le aldeidi sono in grado di far salire un profumo fino a
fargli raggiungere le stelle, ma basta un piccolissimo errore di valutazione, e tutto può crollare e
14
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Lavoro di maturità 2006
sfaldarsi come un castello di carte appena sfiorato da una brezza passeggera.
La più grande pecca delle aldeidi, infatti, è da ricercarsi nella loro stessa genesi, dalla loro origine.
In precedenza è stato illustrato il metodo più comune per ottenere una molecola appartenente a
questa famiglia, ovvero l’ossidazione di un alcol primario, ottenuta in laboratorio attraverso
l’impiego del bicromato di potassio. Ebbene, le stesse aldeidi possono a loro volta essere ossidate,
con estrema facilità, per ottenere degli acidi deboli. In laboratorio, per ottenere questo effetto si
utilizzano ossidanti come il reattivo di Fehling o il reattivo di Tollens, ma se utilizzato nei profumi
in maniera errate, un aldeide può compiere questa reazione anche spontaneamente, con notevoli
cambiamenti dell’odore:
O
O
R C
R C
H
OH
Aldeide
Acido carbossilico
Questi acidi sono chiamati acidi carbossilici, e a differenza delle aldeidi presentano in genere
esalazioni molto poco gradevoli, spesso addirittura ripugnanti. Per fare un esempio, l’aldeide con
dieci atomi di carbonio, la più diffusa in natura, può facilmente ossidare ad acido carbossilico con
altrettanti atomi di carbonio, la differenza è che il primo ha un odore, come già detto, lievemente
agrumato e, in genere, attraente, mentre il secondo ha un olezzo simile a quello del formaggio
caprino, da cui, non a caso, deriva il nome di fantasia: acido caprinico. E’ scontato dire che
chiunque preferirebbe odorare di fiori e agrumi, piuttosto che di formaggio.
Per ovviare a questo inconveniente si ricorre ad uno stratagemma chimico: in presenza di alcol, le
aldeidi sono in grado di formare dei semiacetali, molecole estremamente più stabili e dunque meno
facili da ossidare, ma che conservano la stessa fragranza delle aldeidi pure.
R
O
R
+
C
HO
R'
H
Aldeide
H
C
OH
O R'
Alcol
Semiacetale
Oltre a questo, che è senza ombra di dubbio il problema principale delle aldeidi, ne esiste anche uno
secondario, ma non per questo meno degno di nota: la polimerizzazione. La formazione di polimeri,
anziché modificare l’odore rendendolo repellente, annulla totalmente qualsiasi tipo di fragranza, il
che comunque altera l’efficacia di un profumo, anche per via della natura solida di questi composti
a temperatura ambiente. Si è potuto osservare che tale processo di polimerizzazione è accelerato
dalle basse temperature, ragion per cui le aldeidi vengono conservate a temperatura ambiente.
3.7 Esteri13
Come s’è parlato di aldeidi, è giusto quantomeno citare anche questa classe di composti,
decisamente più comuni in natura rispetto alle aldeidi e altrettanto importanti in materia di odori.
Gli esteri rispondono alla struttura generale riportata di seguito, e sono anch’essi dei composti
organici ottenuti dalla reazione fra un alcool ed un acido carbossilico. La tecnica di sintesi più
utilizzata è chiamata esterificazione di Fisher, a cui sarà dedicato un approfondimento in seguito, in
13
Pavia, Lampman, Kriz - Il laboratorio di chimica organica - Sorbona
15
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Lavoro di maturità 2006
riferimento ad una delle esperienze fatte in laboratorio.
O
R
O R'
C
Formula generale degli esteri
Gli esteri semplici hanno generalmente odori piacevoli che riprendono, in molti casi, le fragranze
dei fiori e dei frutti, dovute proprio, generalmente, alla presenza del gruppo funzionale estereo.
L’unica eccezione a questa ricorrenza è rappresentata dagli oli essenziali, originati soprattutto a
partire da terpeni.
Da un punto di vista biologico, gli esteri sono classificabili in tre differenti gruppi14,
differenziazione che torna utile anche in quest’occasione per comprendere meglio le qualità
olfattive degli esteri.
-I gliceridi sono invece originati da un alcol che non varia mai: la glicerina, conosciuta anche col
nome di propantriolo. Gli acidi che reagiscono con la glicerina sono tutti con una catena lunga e
sono sempre monocarbossilici, ciò significa che hanno solo un gruppo funzionale acido
carbossilico, la parte che effettivamente li può legare al propantriolo per formare monogliceridi,
digliceridi o trigliceridi, a dipendenza del numero di acidi che riescono a legarsi e dunque
impegnare i gruppi ossidrili della glicerina.
Questa classe, tuttavia, non è di alcun interesse in merito ad un discorso relativo all'odorato,
sebbene sia di primaria importanza per le funzioni biologiche. La ragione di ciò è legata all’elevata
massa molecolare di questi composti e alla loro scarsa volatilità.
-Le cere sono originate da acidi carbossilici ed alcol che vantano catene più lunghe di dieci atomi di
carbonio, arrivando alle volte addirittura a superare i trenta atomi. Spesso questa classe è unita a
quella dei grassi e degli oli naturali sotto la denominazione di lipidi semplici. A causa, però, della
loro lunga catena, come visto per i gliceridi, presentano scarse qualità odorose.
-Gli esteri di frutta sono, invece, i più interessanti per il discorso dei profumi. In questa categoria
rientrano generalmente gli esteri più piccoli, in cui sia l’alcol che l’acido di partenza contano meno
di dieci atomi di carbonio. Si tratta degli esteri più comuni nelle fragranze di fiori e frutti, siano essi
naturali o artificiali.
Quando un acido carbossilico e un alcol coesistono in un'unica molecola sufficientemente lunga, c’è
la possibilità che essi reagiscano fra loro dando origine ad un processo detto di condensazione,
grazie al quale la molecole può chiudersi ad anello producendo quello che viene chiamato un estere
ciclico o, più comunemente, un lattone.
3.7.1 Difficoltà nell’impiego degli esteri in profumeria
Ma, se possibile, gli esteri dimostrano una stabilità ancor minore a quella delle aldeidi, e sono molto
sensibili alla traspirazione; ciò significa che, a contatto col sudore, queste sostanze vengono
idrolizzate e quindi separate negli alcol e negli acidi carbossilici di partenza, di cui abbiamo già
trattato le caratteristiche odorose. Purtroppo, in questo caso non esiste la possibilità di aumentare la
stabilità senza modificare l’odore, come avviene per i semiacetali, ragion per cui gli esteri sono sì
impiegati nei profumi, ma solo in quelli meno costosi, di qualità scadente; nulla a che vedere coi
capolavori di altra profumeria.
A dispetto di ciò, questa classe di sostanze trova vasto utilizzo negli alimenti, come additivi aventi
lo scopo di aumentare l’aroma di dolci o bevande, donando loro, a volte, aromi che in natura non
esistono. Raramente vengono usati singolarmente, si preferisce piuttosto comporre delle formule di
14
http://wikipedia.sapere.alice.it/wikipedia/wiki/Esteri
16
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Lavoro di maturità 2006
più esteri al fine di riprodurre un aroma il più fedele possibile all’originale naturale, senza
comunque mai poter giungere alla completa identità. Ma queste sono sottigliezze di cui solo un
esperto nel campo degli aromi può accorgersi.
3.8 Chanel15 N° 5
E’ indubbiamente il profumo femminile più famoso di tutti i tempi, lanciato nel 1921 dalla stilista
parigina Gabrielle “Coco” Chanel e composto per lei dal grand nez Ernest Beaux per accompagnare
una nuova collezione di abiti il cui tema era eleganza e semplicità. Fu nuovamente rilanciato dalla
diva Marilyn Monroe negli anni cinquanta, quando scandalizzò il pubblico affermando come
andasse a letto indossando “solo due gocce di Chanel N° 5”, sintomo del fatto che questo
particolare profumo riscuotesse ancora notevole successo dopo trent’anni dal suo debutto nel
mercato, un successo che ancor oggi non s’è esaurito, dopo oltre tre quarti di secolo, anche se
attualmente si trova a confronto con oltre 400 altri profumi per donna.
Chanel N° 5 è stato un punto di svolta per la chimica delle fragranze soprattutto per l’innovazione
della sua formula, presentata nella pagina seguente, un tempo coperta dal severissimo segreto
industriale. Essa si è dimostrata il perfetto connubio fra fragranze naturali, rappresentate
dall’essenza di ylang-ylang nelle note medie, e odori di origine totalmente artificiale, di cui è stato
vessillo il 2-metilundecanale impiegato nella testa del profumo, uno sposalizio che ha dato vita ad
una vera e propria leggenda.
L’innovazione di Chanel N° 5 non si ferma comunque alla sola chimica, andò ben oltre,
contrastando una tendenza del momento che vedeva al centro della scena profumi dai nomi
altisonanti. Gabrielle Chanel, con la sua linea di abiti semplici ed eleganti, volle andar contro questa
tendenza ritenuta ridicola, mantenendo lo stesso tema anche nel profumo che avrebbe
accompagnato i suoi vestiti, scegliendo per esso una confezione sobria. Ma andò ben oltre: fra i
campioni propostile da Ernest Beaux, quello che più rispondeva alla sua idea fu il numero cinque, e
“numero cinque” divenne il nome del profumo, ennesimo esempio di una semplicità quasi
disarmante.
Chanel N° 5 non è solo il nome di un profumo dunque, è la perfetta unione fra natura e artefatto, fra
antico e moderno, fra semplicità e novità.
Confezione16 di Chanel N° 5
15
16
John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli
http://www.linternaute.com/femmes/luxe/0605-chanel/diapo-histoire/images/1921-numero5.jpg
17
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3.8.1 Le fragranze che compongono17 Chanel N° 5
Note alte (testa)
- Principali: 2-metilundecanale (aldeidi)
-Secondarie: bergamotto, limone, neroli
Note medie (corpo)
-Principale: ylang-ylang
-Secondarie: gelsomino, rosa, mughetto, ireos
Note Basse (fissatori)
-Principale: vetiver
-Secondarie: legno di sandalo, legno di cedro, vaniglia, ambra, zibetto e
muschio
L’olio di neroli18, componente secondario delle note alte, è estratto dall’arancio amaro e deve il suo
nome ad una principessa di Nerola, nel Lazio, che per prima lo mise in uso. Ha un inconfondibile
odore di spezie.
L’ireos19 è un olio estratto dal rizoma di Iris pallida, una pianta
originaria della Dalmazia con dei fiori di colore azzurro violaceo.
Dal rizoma si ricava questa fragranza dolce, simile a quella della
violetta.
Irirs Pallida20
L’olio di vetiver21 è estratto dalle radici dell’omonima erba tropicale
ed è tenuto molto in considerazione per i profumi maschili a causa
del suo forte odore di terra e legno.
Vetiver22
Zibetto23 e muschio naturali sono la secrezione delle ghiandole anali
dello Zibetto, un piccolo felino africano, che le usa per segnalare la
sua presenza in un territorio. Ha un odore penetrante di urina ed
escrementi.
Zibetto24
17
John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli
http://www.contentotrade.com/Terpene/it/Oli%20essenziali.htm
19
http://www.coopfirenze.it/info/art_435.htm
20
http://www.badbear.com/signa/photos/Iris-pallida-4.jpg
21
http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html
22
http://www.chaipat.or.th/chaipat/journal/dec00/vetiver/v13s.jpg
23
http://www.profumo.it/aromaterapia/oli_essenziali/animali.htm
24
http://www.profumoterapia.it/images/foto_grandi/zibetto.jpg
18
18
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Lavoro di maturità 2006
3.9 Feromoni
Parlando di profumo non è possibile ignorare quella che è la forma di comunicazione più comune
nel mondo animale. Fatta eccezione per l’essere umano, abituato ad una forma di
intercomunicazione verbale e visiva, praticamente ogni altro essere appartenente al regno animale
comunica anche attraverso il rilascio controllato di particolari sostanze odorose, chiamate appunto
feromoni. E’ ben comprensibile come questa forma di comunicazione debba essere accompagnata
da un senso dell’olfatto molto sviluppato, per poter essere efficace.
Molte specie di insetti hanno adottato questa tecnica come via di comunicazione primaria, riuscendo
ad affinarla a tal punto da sviluppare una sorta di linguaggio degli odori che non ha nulla da
invidiare a quella comunemente usata dagli esseri umani, e anzi, sotto alcuni aspetti persino
migliore. Gli insetti per poter fare ciò hanno prodotto, nel corso dell’evoluzione, diversi tipi di
ghiandole il cui unico scopo è quello di sintetizzare e diffondere i feromoni.
Si distinguono due funzioni nei feromoni, e quindi due distinte tipologie:
-La prima categoria di feromoni è detta di rilascio; inducono istantaneamente una risposta
comportamentale da parte dell’insetto ricevente, come nel caso degli attrattori sessuali.
-La seconda tipologia è rappresentata dai feromoni di innesco, odori che inducono nell’animale che
li capta una determinata serie di cambiamenti fisiologici.
Di particolare interesse sono i già citati attrattori sessuali, feromoni che hanno il preciso compito di
rendere nota la disponibilità all’accoppiamento di un particolare esemplare durante la stagione degli
amori. E’ un genere di feromone tutt’altro che raro tra i mammiferi, e si crede che ve ne siano anche
di prodotti dall’essere umano; una teoria che ad oggi non ha ancora trovato conferme. Nonostante
ciò esiste un particolare composto, chiamato exaltolide, percepibile unicamente dalle femmine e dai
maschi cui siano stati iniettati degli estrogeni, ormoni tipicamente femminili. Quello che è
interessante riguardo questo composto, è la sua somiglianza chimica allo zibettone, un composto
naturale ritenuto l’attrattore sessuale dello zibetto.
O
O
O
25
Zibettone26
Exaltolide
Un’altra categoria interessante di feromoni è costituita dai feromoni cosiddetti d’allarme. Quello più
noto è l’acetato di isoamile prodotto in prevalenza dalle api: nel momento in cui un’ape si sente
minacciata o ritiene che l’alveare sia minacciato da un intruso, attacca l’ospite indesiderato
attraverso il proprio pungiglione. Con quest’atto, oltre che provocare del dolore all’intruso dovuto
al veleno che inietta, libera nell’aria l’acetato di isoamile unito ad altri feromoni, invogliando così le
altre api ad attaccare a loro volta. I feromoni d’allarme, tuttavia, non hanno solo la funzione di
invogliare all’aggressione in seguito ad una minaccia, essi possono dimostrarsi anche ottimi
repellenti, ovvero odori che dissuadono un eventuale intruso dall’avvicinarsi troppo all’alveare.
Questo fatto è incredibilmente utile poiché preserva la comunità dalla perdita di numerosi individui
in seguito all’attacco.
O
CH3
H3C
O
CH3
27
Acetato di isoamile
25
26
http://www.chemicalland21.com/specialtychem/perchem/CYCLOPENTADECANOLIDE.htm
The Merck Index - eleventh edition, Merck&Co. Inc.
19
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Sono da citare inoltre i feromoni di aggregazione, molto sfruttati dalle formiche che lo spargono sul
terreno in modo tale da indurre tutto il gruppo a procedere in fila indiana. Le api, invece, disperdono
questi feromoni soprattutto per indicare la posizione di un fiore particolarmente ricco di sostanze
utili.
Esistono svariate altre tipologie di feromoni, ognuna con una loro specifica funzione ed importanza
nella vita quotidiana degli insetti sociali così come dei mammiferi e di ogni altro animale, e molti di
questi composti, si pensa siano ad oggi ancora sconosciuti.
3.10 I profumi afrodisiaci28
Nella mentalità comune, un afrodisiaco è una sostanza che, quando assunta, stimola il desiderio
sessuale, assicura prestazioni straordinarie, abbatte le normali inibizioni e riluttanze e, quindi,
agisce in qualche modo sulla psiche delle persone; non per nulla termine afrodisiaco proviene da
Afrodite, nome dell’antica dea greca dell’amore.
Nella realtà dei fatti, però, gli stimolanti sessuali di derivazione naturale e con effetto sicuro, si
possono contare sulle dita di una mano. Da qui ad arrivare a definirli afrodisiaci secondo la
definizione riportata, il passo rimane comunque lungo; si può parlare, al limite, di un aumento delle
capacità di darsi alle attività sessuali, un effetto del tutto simile a quello della famosa pillola blu: il
viagra.
Non parliamo poi di quei presunti afrodisiaci di cui il solo sostenere l’esistenza è una
contraddizione palese! Il corno di rinoceronte né è un esempio più che lampante. E’ credenza
diffusa, dato che l’accoppiamento del rinoceronte dura circa un’ora e con un numero di eiaculazioni
che può arrivare addirittura alla dozzina, che il suo corno, oltre che ad essere un evidente simbolo
fallico, possegga anche delle miracolose qualità stimolanti. Una credenza priva di alcun fondamento
scientifico, ma che continua a portare questi animali sempre più vicini all’estinzione. Il tutto,
ovviamente, avviene a favore di persone, soprattutto orientali, che s’arricchiscono vendendo i loro
corni a caro prezzo, sostenendo come il bere del tè dal corno sia una maniera tradizionale per
assumerne le capacità sessuali. La scienza dice invece che non v’è alcuna differenza fra il bere tè
dal corno di uno di questi animali o il farlo usando gli zoccoli di un maiale; ragione di questo è la
sostanza che compone il corno, la cheratina, la stessa componente chimica delle nostre unghie.
Molti alimenti, poi, sono chiamati afrodisiaci unicamente a causa della loro forma, che facilmente
può richiamare alla mente gli organi sessuali umani, basti pensare alla banana o alla cozza. Vi sono
inoltre altri palesi controsensi che non necessitano di entrare nella composizione chimica del
presunto afrodisiaco, uno di questi è l’aglio: potente afrodisiaco in Francia, alimento al pari degli
altri in Grecia.
Il nome illustre di Giacomo Girolamo Casanova, e le sue grandi gesta d’amatore settecentesco,
potrebbero forse portare alla convinzione che quanto detto fin’ora non sia totalmente esatto, proprio
in virtù del suo indiscusso successo in materia sessuale, e di come sia noto che egli stesso fosse
convinto che determinate pietanze potessero avere effetti afrodisiaci, tanto che arrivò, in
un’occasione, a mangiare cinquanta ostriche in una sera. In realtà, la scienza di oggi insegna che le
ostriche sono particolarmente ricche di zinco, un elemento chiave nella nostra dieta essenziale nella
costituzione di molti enzimi. Oltre a ciò, svolge una certa funzione nella struttura dei nostri ormoni
che regolano lo sviluppo ed il funzionamento dell’apparato riproduttivo e dei caratteri sessuali
secondari, in più è un elemento molto presente nella composizione dello sperma. Ma ancora una
volta, però, non v’è segno di un coinvolgimento superiore: le ostriche non alterano il desiderio nei
confronti dell’accoppiamento, ed una funzione simile a quella dello zinco è svolta anche dalla
vitamina A, presente in quantità elevate nelle carote, e ingrediente importantissimo per la
27
28
http://it.wikipedia.org/wiki/Categoria:PD-self
John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli
20
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trasformazione del colesterolo in testosterone; l’assenza di questa vitamina, infatti, può causare la
sterilità maschile.
In linea di massima questi alimenti sono popolarmente considerati afrodisiaci, non tanto perché
possiedono un reale potere in questa direzione, ma soprattutto a causa di una credenza diffusa che
influisce sulla nostra immaginazione, ingannando e alterando le percezioni. Qualcosa di simile a
quello che è l’effetto placebo, dunque, ovvero una risposta dell’organismo non condizionata da
principi attivi assunti, ma dalla semplice aspettativa di ciò che dovrebbe accadere. In poche parole,
gli afrodisiaci funzionano perché si è convinti che debbano funzionare. Questo fatto è comprovato
da una ricerca svolta dall’Istituto di ricerche sessuali di Amburgo, che in oltre 200 presunti
afrodisiaci non ha scoperto alcun ingrediente attivo.
Non bisogna comunque dimenticare che alcune sostanze hanno effetti comprovati, ben lontani
dall’idea di afrodisiaco, sia chiaro, ma che possono ugualmente trarre in inganno.
L’alcol etilico e la marijuana, ad esempio, sono considerati blandi afrodisiaci, ma il tutto è
conseguenza del fatto che demoliscono le inibizioni.
Il peperoncino, invece, sembra funzioni perché induce alcune sensazioni nella zona dell’intestino o
della vescica, ma è più probabile che il tutto sia dovuto agli stessi agenti irritanti che causano il
tipico bruciore alla lingua.
Vi sono poi sostanze che provocano una risposta fisica comprovata scientificamente, ma ancora una
volta non accompagnata da impulsi all’accoppiamento. Si tratta del composto chimico noto come
yohimbina e del cantaride, anche noto come mosca spagnola, entrambi aventi degli effetti molto
simili alla comune pillola blu.
La yohimbina è un composto cristallino estratto dalla corteccia
dell’albero di yohimbe, originario dell’Africa centrale. Gli effetti di
questa sostanza sono, principalmente, quelli di vasodilatazione negli
N
N
organi sessuali, con conseguente erezione nel maschio, o
H
inturgidimento dei genitali femminili. Per ottenere un effetto del
genere, del quale esistono valide documentazioni scientifiche, sono
sufficienti 10 mg di questa sostanza cristallina che, se presa in dosi
CH3OOC
maggiori, risulta altamente pericolosa: un uomo è finito in coma,
OH
sopravvivendo a stento, iniettandosene meno di due grammi.
Yohimbina29
La polvere di cantaride, si ottiene dal coleottero cantaride,
comunemente conosciuto come la mosca di Spagna: si tratta di un
insetto dal colore verde brillante che vive prevalentemente in colonie
sui frassini. La polvere che si ricava dalla macinazione di questo
coleottero a seguito di specifici passaggi di preparazione, quando
presa in piccole dosi, provoca l’erezione nei maschi a seguito
dell’irritazione dell’uretra, il condotto che unisce la vescica con
l’ambiente esterno. Tuttavia anche questo rimedio necessita di
Cantaride o mosca spagnola30
assoluta cautela, poiché può rivelarsi altrettanto pericoloso dei
cristalli di yohimbina: è documentato che negli anni quaranta una ragazza ha perduto la vita, dopo
giorni d’agonia, perché il suo giovane ragazzo mise una quantità di cantaride nella granita al cocco
da lei bevuta. Il decesso sopraggiunse in seguito alla corrosione degli intestini della ragazza, ad
opera proprio di questa polvere altamente irritante e corrosiva.
Fino ad ora si sono citati unicamente afrodisiaci alimentari, tralasciando per un istante l’aspetto
odoroso, questo soprattutto perché, tradizionalmente, l’idea dell’afrodisiaco è più legato a qualcosa
da ingerire, piuttosto che da inalare. Come abbiamo visto, però, i presunti afrodisiaci non
rappresentano una reale promessa di stimolazione sessuale, né incrementano in qualche modo la
libido o le prestazioni; sono, tutt’al più, delle valide alternative alla pillola blu.
29
30
http://leda.lycaeum.org/?ID=3550
http://www.spanish-fly.edoc.org.uk/flyr3.jpg
21
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Ma nel mondo degli odori come gira la ruota?
Difficile rispondere con certezza. Per certo si sa che i profumi hanno profonde influenze anche nella
psiche, influenze che vanno ben oltre al semplice concetto di piacevolezza o ripugnanza. Ma cosa
realmente possa scatenare il desiderio sessuale in un profumo, e soprattutto se un tale effetto sia
possibile, è ancora da determinare.
Si sospetta comunque un certo legame tra quest’aspetto della psiche e le note basse di un profumo,
quelle più terrene. Sembra che molte di queste fragranze agiscano a livelli inconsci in chi le odora,
magari celate dietro complicate formulazioni di profumi, ed abbiano, fra gli altri, degli effetti
eccitanti in termini sessuali, rievocando atmosfere particolari e, perché no, anche sensuali. E’
sintomatico come queste note basse nei profumi siano spesso ottenute con odori molto vicini alla
realtà di tutti i giorni, alcuni dei quali comunemente ritenuti molto sgradevoli. Qualche esempio può
essere rappresentato da fragranze molto vicine a quello che è l’odore del sudore. Lo zibetto e il
derivato dalle ghiandole del cervo muschiato sono altri odori che trovano impiego fra le note basse,
così come le fragranze che rammentano legni rari, come il cuoio. I fissatori di un profumo, per voce
degli esperti profumieri, sono in genere le note più sensuali ed attraenti dell’intero composto.
Napoleone Bonaparte, prima di far ritorno da una campagna, mandava un messaggero a dire a
Giuseppina Beauharnais di non lavarsi, poiché lui stava tornando: segno di come Napoleone
apprezzasse l’odore umano della sua donna, un odore che, molto probabilmente, lo eccitava anche.
E’ anche vero, però, che le attuali prostitute fanno largo uso di profumi, che ad ogni modo
contengono note basse, inoltre si ritiene che le cortigiane di Persia, nell’ottocento, nascondessero fra
i seni un sacchetto con del muschio, altro odore che trova impiego nelle note basse.
Forse questo non basta a far di loro degli afrodisiaci, così come non basta una risposta fisiologica ad
un alimento per tramutarlo in un afrodisiaco, ma certamente il tutto può concorrere nel rendere più
gradevole la compagnia di un individuo del sesso opposto, sia per semplici conversazioni, che per
atteggiamenti più intimi.
22
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
4. Gli oli essenziali31
4.1 Breve descrizione
In passato l’olio essenziale aveva un numero elevato di sinonimi: aroma, essenza aromatica e olio
etereo sono solo alcuni esempi. Infine, la Farmacopea Francese è intervenuta per mettere delle
limitazioni alla fantasia, in modo tale da definire queste sostanze con un unico nome, quello,
appunto, di oli essenziali.
Nelle piante esistono particolari tessuti adibiti al contenimento di questi oli che possono essere
estratti mediante distillazione, attraverso l’impiego di solventi o ancora tramite la spremitura diretta
dei tessuti di cui sopra. Ciò che si ottiene al termine di uno di questi metodi estrattivi, è una miscela
complessa di più sostanze organiche molto volatili e dalle proprietà aromatiche, i cui nomi derivano
direttamente dalla pianta che li origina. La denominazione diviene quindi olio essenziale di salvia,
di ginepro, di rosmarino, di ylang-ylang e avanti così per ogni pianta cui è attribuibile un olio
essenziale.
Sono sostanze chimiche generalmente liquide e, come detto, altamente volatili, il che permette di
avvertirne distintamente la fragranza. Possono essere incolori così come colorate e, come si può
dedurre dal nome che gli si è attribuito, presentano una consistenza oleosa, oltre che scarse capacità
di dissolversi in solventi polari come l’acqua, alla quale si sostituiscono l’alcol e solventi come
l’etere o il cloroformio, molto più efficaci.
4.2 Terpeni32
I terpeni, detti anche isoprenoidi. sono una classe di composti a cui appartiene una molecola già
incontrata nelle pagine precedenti: lo ionone alfa. Altro terpene molto conosciuto ed importante è il
limonene, presente in quantità elevate soprattutto nelle scorze degli agrumi.
Questi composti sono di grandissimo interesse poiché, fra l’altro, rappresentano i componenti in
assoluto più importanti degli oli essenziali e delle resine. Sono composti organici, idrocarburi per la
precisione, che possono essere suddivisi in sottounità elementari di cinque atomi di carbonio, che
prendono il nome di unità isopreniche, le quali rispondono anche alla denominazione 2-metil-1,3butadiene.
Non è raro trovare terpeni con struttura ciclica anziché lineare, così come non è impossibile
trovarne con entrambe le strutture. Nel caso in cui la loro formula contenesse atomi di ossigeno,
allora vengono identificati col nome di terpenoidi, com’è il caso dello ionone alfa.
O
Limonene
31
32
Ionone alfa
http://www.lerboristeria.com/index.php?articoli/2004_12.php
http://www.eurom.it/medicina/um/2001/1/um17_1_09.html
23
2-metil-1,3-butadiene
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
4.3 Gli impieghi
Gli oli essenziali godono di numerose possibilità di utilizzo che vanno da dall’aromaterapia ai
massaggi, dalle inalazioni alle profumazioni.
E’ stato provato come molti oli essenziali abbiano delle evidenti azioni antisettiche, antibatteriche e
antivirali, oltre che, a dipendenza della pianta di origine, anche delle capacità balsamiche, rilassanti
o stimolanti.
La grande varietà di oli essenziali, ognuno dei quali dotato di virtù specifiche, permette un utilizzo
pressoché illimitato di queste sostanze, sia interni al corpo che esterni ad esso.
Per esempio possono essere impiegati in bagni e docce dalle proprietà tonificanti o rilassanti, o
ancora impiegati nei massaggi.
S’è citato un uso inalatorio, il quale può avvenire diluendo qualche goccia di olio essenziale in
acqua molto calda per inalarne poi i vapori aromatizzati e balsamici, qualcosa di molto simile ai
rimedi della nonna per contrastare raffreddore e tosse. Se però, anziché inalare queste esalazioni, le
si lascia libere di espandersi per l’ambiente si può ottenere anche la profumazione dell’ambiente
stesso, oltre che l’inalazione, sebbene meno concentrata, dei fumi balsamici.
E questi non sono nient’altro che pochi esempi di un numero vastissimo di impieghi ritenuti più o
meno validi dagli esperti.
4.4 Aromaterapia33
Si ritiene che le fragranze degli oli essenziali possano avere delle influenze anche sullo stato
psichico di una persona e non solo su quello fisico.
E’ questa l’idea alla base dell’aromapetapia, un idea in vero plausibile, considerando che l’odore
può scatenare reazioni emotive in maniera forse addirittura più efficace di quanto possano fare gli
altri sensi; basti solo pensare all’arte e alla musica, le fonti più note di sentimenti profondi legati ad
un’esperienza sensoriale.
Un’ipotesi, quest avanzata dagli aromaterapisti, che oggi trova anche un riscontro scientifico, grazie
agli studi attuati dalla Scuola di medicina dell’Università di Toho, a Tokyo, dove un gruppo di
ricercatori ha verificato, attraverso l’osservazione delle onde cerebrali di alcuni soggetti sottoposti a
differenti tipi di aromi, che quanto sostenuto dagli esperti di aromaterapia ha un riscontro effettivo
osservabile: gli odori sono scatenanti di profondi effetti emotivi.
E dunque, il gelsomino ha effettivamente un’azione stimolante, in accordo con le affermazione
dell’aromaterapia, mentre la fragranza della lavanda deprime in maniera considerevole l’attività
cerebrale, il che ne fa, per gli aromaterapeuti, un ottimo sedativo. L’unica discrepanza rilevata è
stata scoperta studiando gli effetti dell’olio di rosa, il quale risulta stimolante, anziché sedativo
come immaginato dagli esperti di questa terapia.
Quella degli effetti delle fragranze sulla psiche è una strada ancora tutta da percorrere, e
probabilmente ricca di sorprese. Si sa che il limone rende più vigili, che la menta sostiene la
concentrazione, mentre la lavanda rilassa. Ma è vero che la menta piperita riduce gli incidenti sul
lavoro? Oppure che i profumi dei fiori invogliano a passare più tempo nei grandi magazzini? La
vaniglia, conforta i ricoverati in ospedale?
Chissà che in un futuro non si arrivi a rispondere anche a queste domande, magari con riscontri
sorprendenti. Per il momento la Fragrances Foundation di New York sta procedendo nella ricerca in
questa direzione, forse quella giusta per costruire gli anelli di una catena che, forse, un giorno
arriverà ad unire la chimica coi segreti della mente.
33
John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore - Zanichelli
24
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5. Le esperienze di laboratorio
5.1 Sintesi n° 1: acetato di butile
L’acetato di butile è l’estere prodotto dalla reazione fra l’acido acetico e l’alcol n-butilico.
L’esterificazione è una reazione di equilibrio, il che significa che al termine della reazione si avrà
una miscela composta sia dai reagenti che dai prodotti. In realtà la reazione non ha mai fine, tuttavia
si giunge ad un momento in cui le concentrazioni di reagenti e prodotti non variano più, ed è questo
il momento che decreta la fine apparente della reazione.
Per ottimizzare la resa della reazione però, si può utilizzare uno stratagemma che consiste
nell’aumentare la concentrazione di uno dei due reagenti. Si dice allora che si utilizza un eccesso di
uno dei due reagenti, solitamente il più economico, che, in accordo col principio di Le Châtelier,
sposterà l’equilibrio della reazione verso destra permettendo di ottenere una maggiore quantità di
prodotto e di far reagire quasi totalmente il reagente non in eccesso.
Questa particolare tecnica è detta esterificazione di Fischer.
O
H3C
OH
O
+
H3C
Acido acetico
OH
H3C
Alcol n-butilico
O
CH3
+
H2O
Acetato di butile
5.1.1 L’acido Acetico34
Si tratta di un acido carbossilico anche noto col nome di acido etanoico ed è, a temperatura
ambiente, un liquido incolore caratterizzato dal singolare odore pungente, tipico dell’aceto. E’
infatti questa sostanza che determina, con la sua presenza in concentrazioni variabili, la
trasformazione del vino in aceto; esso ne contiene in media fra il 3 ed il 5 percento di acido acetico.
In natura è reperibile in svariati frutti, ed è originato principalmente dalla fermentazione, ad opera
di batteri, dello zucchero, sebbene possa derivare anche da melassa ed alcol attraverso lo stesso
procedimento.
Trova il suo punto di forza soprattutto nell’azione antibatterica e contro i funghi, il che ne fa un
ottimo conservante alimentare.
In questa reazione ha avuto il ruolo di reagente in eccesso, in accordo col principio
dell’esterificazione di Fischer.
5.1.2 L’alcol n-butilico35
Si tratta di un liquido incolore dalle proprietà irritanti ed è infiammabile. L’odore è tipicamente
alcolico, e grazie al suo gruppo funzionale ossidrile è in grado di creare legami a idrogeno con
l’acqua, e dunque mescolarsi ad essa in maniera quasi completa.
E’ particolarmente impiegato nella produzione di vernici con lo scopo di prevenire l’opacizzazione
di quelle trasparenti. In laboratorio trova inoltre utilizzo, come in questo caso, nella sintesi di esteri
o eteri, ed è anche particolarmente indicato quale solvente per le reazioni di estrazione o come
34
35
http://www.food-info.net/it/e/e260.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/1-butanolo
25
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
eluente per effettuare delle cromatografie su strato sottile, un particolare processo che serve a
separare le componenti di una miscela.
5.1.3 L’acetato di butile
Si tratta del prodotto della reazione sopra indicata. A temperatura ambiente è anch’esso un liquido
incolore come i due reagenti a cui s’è fatto riferimento, ma l’odore cambia totalmente.
Questo particolare composto è un estere di frutta, classe di sostanze già trattate e caratterizzate, fra
l’altro, da odori tipicamente fruttati o floreali, e quest’ultimo non fa differenza, presentando un
odore di ananas.
5.1.4 Procedimento usato36 e attrezzature
Pallone fondo sferico37
•
•
•
•
•
Condensatore a bolle38
Imbuto separatore39
Apparato da distillazione40
Si mescolamo assieme 18.5 g, equivalenti a 23 ml, di alcol n-butilico e 30 g, corrispondenti ad
altrettanti millilitri, di acido acetico in un pallone da 250 ml a fondo sferico, aggiungendo in
seguito, cautamente, 1 ml di acido solforico concentrato. Al tutto s’attacca un condensatore a
bolle e si scalda all’ebollizione per almeno due ore.
Trascorso questo lasso di tempo si lascia raffreddare e si versa la miscela in un imbuto
separatore con circa 200 ml di acqua. Con l’imbuto separatore si isola l’estere grezzo che va
successivamente lavato con circa 100 ml di acqua, seguiti da 25 ml di una soluzione satura di
NaHCO3, una base che ha il compito di neutralizzare l’acido acetico ma che da vita ad un
fenomeno di effervescenza, ragion per cui richiede attenzione. Si sciacqua dunque con 50 ml di
acqua. Ogni processo di lavaggio dell’estere grezzo dev’essere ovviamente seguito da un
processo di separazione manuale per mezzo dell’imbuto separatore, in modo da lavorare sempre
e solo con l’estere.
Si aggiungono poi all’estere 6 g di Na2SO4 anidro per disidratarlo.
Si continua successivamente filtrando l’estere, attraverso un filtro a pieghe, in un pallone da
distillazione da 100 ml, dove vengono inserite due o tre pietre da ebollizione.
Si precede con la distillazione, raccogliendo la frazione che passa ad una temperature di 124125°C in un palloncino asciutto.
36
A. I. Vogel - Chimica organica pratica - Edizione Ambrosiana
http://www.myungsung.net/product/img2/Flask4.jpg
38
http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif
39
http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg
40
http://en.wikipedia.org/wiki/Distillation
37
26
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.1.5 Caratterizzazione41
Il lavoro sull’acetato di butile non è terminato una volta ottenuto il composto. Si presenta anche la
necessità verificare che il composto ottenuto sia realmente acetato di butile e solo quello, in caso
contrario, un calcolo della resa effettuato su tale composto darebbe risultati sbagliati, poiché
includerebbe, se presenti in quantità sufficienti, anche il peso di eventuali impurità.
Per procedere alla caratterizzazione si è ricorsi alla spettroscopia infrarossa usando la tecnica del
“film liquido”, un metodo di analisi qualitativo che si basa sull’interazione fra la radiazione
elettromagnetica e la materia. In breve, e semplificando il tutto, il procedimento consiste
nell’investire un campione di sostanza contenuto fra due lastre di NaCl, con dei raggi infrarossi i
quali “deformano” la molecola investita, la fanno vibrare, e questa vibrazione può essere riportata in
un grafico ed osservata.
Il grafico che ne deriva è composto da dei picchi, gli ultimi dei quali sono quelli di maggiore
importanza a livello di un analisi qualitativa. Questi vengono chiamati impronte digitali è sono i
picchi che caratterizzano la sostanza, proprio come le impronte digitali di una persona, poiché sono
uniche per ogni sostanza.
Se si è in possesso, come in questo caso, di uno standard del composto analizzato, è possibile
comparare i due spettri e sovrapporre le impronte digitali per controllare che la sostanza sintetizzata
sia esattamente quella che si voleva ottenere. Altro metodo di confronto, forse più preciso, è la
comparazione dei numeri che rappresentano i picchi riportati nel grafico.
Grafico dello spettro I.R. dell’acetato di butile sintetizzato
41
http://www.chimicando.it/contributi/spettroscopia_infrarossa.pdf
27
Rappresentazione numerica dei picchi
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Grafico dello spettro I.R. dell’acetato di butile standard
Rappresentazione numerica dei picchi
La differenza riscontrabile nell’ampiezza dei picchi è imputabile alla quantità di composto
analizzato: nello spettro dell’acetato di butile ottenuto in laboratorio durante l’esperienza è stata
impiegata una quantità di composto nettamente maggiore. In questo caso la rappresentazione
numerica è un aiuto fondamentale per poter affermare che i due composti sono pressoché identici,
fatta eccezione per poche impurità, riconducibili ad un ambiente di lavoro non certo a livello dei
moderni laboratori chimici delle industrie farmaceutiche.
5.1.6 Resa della reazione
Sostanza
Massa molare
Moli utilizzate
e prodotto
ricavato
Acido acetico
Alcol n-butilico
60 g/mole
74 g/mole
30 g ÷ 60 g/mole = 18.5 g ÷ 74 g/mole =
0.5 moli
0.25 moli
Acetato di butile
116 g/ mole
Massa del composto ottenuto.
18.3 g = 0.15 moli x 116 g/mole
0.25 moli reagente Æ 0.25 moli
prodotto
0.25 moli x 116 g/mole = 29 g
Æ Resa del 100%
18.3 g ÷ 29 g = 0.634
Æ 63.4%
Resa massima
teorica
Resa reale
28
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.2 Sintesi n° 2: salicilato di metile
In quest’esperienza si vuole ancora arrivare ad ottenere un estere, per la precisione il salicilato di
metile, tuttavia senza partire da un acido carbossilico ed un alcol, fatti reagire attraverso
l’esterificazione di Fischer.
In questa sintesi s’è optato per un meccanismo differente, chiamato diazotazione aminica. In breve è
l’utilizzo di sali di diazonio allo scopo di sostituire un gruppo funzionale amminico, quello
dell’antranilato di metile, con un idrossile. La sostituzione di questo gruppo funzionale a quello
originale dell’antranilato di metile determina l’unica differenza chimica fra il composto di partenza
e quello che s’intende ottenere, il salicilato di metile.
O
O
O CH3
NH2
Antranilato di metile
O
O CH3
HNO2
N
N
H2O
Sale di diazonio
O CH3
OH
Salicilato di metile
+
N2
H2O
5.2.1 L’antranilato di metile42
E’ un composto estereo dalla delicata profumazione d’uva che trova notevole impiego nella
formulazione dell’aroma di fragola di differenti alimenti, tra qui anche i comuni yogurt. E’ inoltre
uno dei componenti dell’olio essenziale di neroli.
Recentemente si sta testando la sua efficacia come repellente contro gli storni, una particolare
specie di volatili divenuti negli ultimi anni piuttosto molesti in svariate regioni europee. Il
metilantranilato trova già impiego come repellente negli orti, soprattutto nel periodo della semina.
5.2.2 Il salicilato di metile43
Il prodotto di questa reazione è un estere che a temperatura ambiente si
presenta come un liquido incolore e aromatico. E’ il principale
componente dell’olio di gaulteria, estratto dalla pianta gaulteria, anche
noto sotto il nome di olio di wintergreen. Il salicilato di metile è inoltre
reperibile anche dal salice bianco e dalla betulla alba.
E’ noto per i suoi utilizzi in farmacologia nei prodotti antalgici,
analgesici e antinfiammatori a causa delle sue spiccate proprietà
antisettiche e antinfiammatorie, oltre che ad una specifica azione nel
trattamento del reumatismo articolare. Nonostante ciò, il suo utilizzo è
Gaulteria44
limitato alla sola applicazione esterna, per esempio sulla pelle attraverso
oli e pomate, questo perché il metilsalicilato ha proprietà altamente irritanti ed è inoltre molto
tossico se ingerito: vi sono stati decessi in seguito all’ingestione di meno di un cucchiaio dell’olio di
wintergreen.
42
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1675
http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html
44
http://www.treeland.ru/encyclopedia/image/gaulteria.jpg
43
29
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.2.3 Esecuzione della sintesi e apparecchiatura
Beaker45
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Imbuto separatore46
Evaporatore47
Innanzitutto bisogna mettere 70 ml di acqua distillata in un bicchiere da 400 ml e, mentre si
agita con un agitatore elettromagnetico, si devono aggiungere con attenzione 20 g di acido
solforico concentrato. Questo darà origine ad una reazione fortemente esotermica.
A questa soluzione vanno poi miscelati 13 g di antranilato di metile i quali danno origine ad un
precipitato bianco denso.
Ottenuto il precipitato si mette il bicchiere in un bagno di ghiaccio e si aggiungono circa 70 g di
ghiaccio direttamente nel bicchiere, mantenendo il tutto agitato.
Nel frattempo va preparata una soluzione con 8 g di nitrito di sodio in 15 ml di acqua, la quale
va aggiunta in piccole proporzioni alla soluzione precedente quando essa raggiunge una
temperatura compresa fra i 2°C e i 5°C. Mentre si aggiunge la soluzione di nitrito di sodio
bisogna fare molta attenzione affinché la temperatura della miscela resti al di sotto dei 10°C.
Una volta aggiunti circa 10 ml della soluzione di nitrito, si saggia con della carta amido/iodurata
la presenza di acido nitroso. La soluzione di nitrito va aggiunta fin quando l’esito non è positivo,
manifestato dalla colorazione blu della carta.
A questo punto di lascia raffreddare la soluzione fino a temperatura ambiente, e da qui attendere
circa un quarto d’ora, a seguito del quale si deve distruggere l’eccesso di acido nitroso mediante
l’aggiunta di urea solida, un processo che manifesta effervescenza. La carta amido/iodurata
funge anche in questo caso da indicatore.
La miscela va poi scaldata fino all’ebollizione che va mantenuta per circa altri 15 minuti,
trascorsi i quali si sarà formato un olio dalla colorazione rossa che emana un gradevole odore.
La miscela va dunque raffreddata con un bagno di ghiaccio e successivamente trasferita in un
imbuto separatore.
Si estrae per tre volte la miscela con 50 ml di etere riunendo poi i tre estratti eterei che vanno
seccati con Na2SO4 anidro.
Per mezzo dell’evaporatore rotante s’allontana quindi l’etere, mantenendo solo l’estere.
5.2.4 Caratterizzazione
Come in precedenza si procede alla caratterizzazione della sostanza per mezzo della spettroscopia
infrarossa, paragonando ancora una volta lo spettro del prodotto con quello di un campione standard
del composto, utilizzando ancora una volta la tecnica del “film liquido”, ovvero un campione di
sostanza inserito fra due lastre di NaCl.
45
http://ssapl.com.au/images/Beaker%20LF.jpg
http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg
47
http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-Rotary-Evaporator_220.gif/$FILE/NewRotary-Evaporator_220.gif
46
30
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
In questo caso la somiglianza fra i grafici è più che evidente, sebbene non si possa ottenere una
perfetta sovrapposizione a causa delle problematiche già elencate. La trascrizione numerica dei
picchi, inoltre, non lascia spazio ad alcun dubbio: la sostanza ottenuta è salicilato di metile
pressoché puro.
Grafico dello spettro I.R. del salicilato di metile sintetizzato
Grafico dello spettro I.R. del salicilato di metile standard
31
Rappresentazione numerica dei picchi
Rappresentazione numerica dei picchi
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.2.5 Resa della reazione
Sostanza
Antranilato di metile
Salicilato di metile
Massa molare
151 g/mole
Moli utilizzate 13 g ÷ 151 g/mole = 0.086 moli
e prodotto
ricavato
Resa massima
teorica
Resa reale
152 g/ mole
Massa del composto ottenuto.
6.08 g = 0.04 moli x 152 g/mole
0.086 reagente Æ 0.086 moli prodotto
0.086 moli x 152 g/mole = 13.086 g
Æ Resa del 100%
6.08 g ÷ 13.086 g = 0.464
Æ 46.4%
32
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.3 Sintesi n° 3: 2-amminobenzaldeide
La 2-Amminobenzaldeide è ottenuta tramite riduzione della 2-nitrobenzaldeide attraverso FeSO4 e
ammoniaca. A causa del fatto che il composto prodotto dalla reazione contiene sia il gruppo
aldeidico che quello amminico nella stessa molecola, esso è in grado di polimerizzare facilmente.
Questo fatto si traduce nella necessità di isolare rapidamente il prodotto non appena esso si viene a
formare tramite distillazione in corrente di vapore.
O
C
O
H
NO2
C
FeSO4
NH3
2-nitrobenzaldeide
H
NH2
2-amminobenzaldeide
5.3.1 La 2-nitrobenzaldeide48
E’ un’aldeide aromatica che a temperatura ambiente presenta un aspetto solido di colore giallo con
odore caratteristico.
5.3.2 La 2-amminobenzaldeide49
Recentemente s’è scoperto che questo composto rappresenta una componente molto importante
delle fragranze di differenti fiori, fra cui quelli della ginestra odorosa, della robinia pseudoacacia o
del giglio. E’ inoltre stata riconosciuta come sorgente dell’odore dolciastro del fungo selvatico
Hebeloma sacchariolens.
5.3.3 Descrizione del processo50 e attrezzatura
Pallone a doppio collo51
condensatore52
Termometro53
48
Beuta54
http://it.wikipedia.org/wiki/2-nitrobenzaldeide
B. D. Foy - Preparaton of 2-Aminobenzaldehyde. A fragrant component of floral odors. - Humboldt state University.
50
B. D. Foy - Preparaton of 2-Aminobenzaldehyde. A fragrant component of floral odors. - Humboldt state University.
51
http://www.labdepotinc.com/files/products/glassware/LG7291%20lg.jpg
52
http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif
53
http://www.swab.se/images/glas/00219-11.jpg
54
http://www.4science.net/shopping/item_image/fk1050%5B3%5D.jpg
49
33
Alberto Cerutti
•
•
•
•
•
Lavoro di maturità 2006
Si mettono, in un pallone a doppio collo da 250 ml, 60 ml di acqua, 17.5 g di FeSO4 e 1 ml di
HCl 1M.
Si agita il tutto fino al completo di scioglimento del solfato ferroso, quindi si aggiunge 1 g di 2nitrobenzaldeide, immediatamente seguito da 10 ml di ammoniaca concentrata.
Si agita per qualche secondo il precipitato nero che deriva e subito dopo si collega al collo
superiore un condensatore, mentre attraverso il secondo collo si immerge un termometro nel
liquido.
Si porta rapidamente la sostanza ad una temperatura di 80°C scaldando con una fiamma il
pallone a doppio collo, e si mantiene a questa temperatura per 10 minuti esatti, scaduti i quali il
pallone viene scaldato ulteriormente fino al raggiungimento dell’ebollizione.
In una beuta immersa in un bagno di ghiaccio si raccoglie il distillato che deriva
dall’ebollizione, dove si formano dei cristalli solidi e gialli.
Questi vengono raccolti e seccati tramite filtrazione alla pompa.
5.3.4 Caratterizzazione
La caratterizzazione di questa sostanza, in quanto solida, non può essere effettuata mediante la
spettroscopia I.R con la tecnica del “film liquido”.
Si è voluto ricorrere ad una differente forma di spettroscopia, la spettroscopia UV, per ottenere
un’analisi qualitativa della sostanza ottenuta. Il campione e lo standard sono stati disciolti in
etanolo.
34
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
La somiglianza fra le due curve è incontestabile. Vi sono unicamente differenze di ampiezza nei
picchi, ma la posizione degli stessi ed il loro numero, ancora una volta, non lasciano spazio a dubbi.
Si può dunque procedere col calcolo della resa.
5.3.5 Resa della reazione
Sostanza
2-nitrobenzaldeide
2-amminobenzaldeide
Massa molare
153 g/mole
Moli utilizzate 1 g ÷ 153 g/mole = 0.0065 moli
e prodotto
ricavato
Resa massima
teorica
Resa reale
123 g/ mole
Massa del composto ottenuto.
0.2 g = 0.0016 moli x 123 g/mole
0.0065 reagente Æ 0.0065 moli prodotto
0.0065 moli x 123 g/mole = 0.80 g
Æ Resa del 100%
0.2 g ÷ 0.8 g = 0.25
Æ 25%
35
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.4 Sintesi n° 4: lattone γ-nonanoico
Il procedimento utilizzato per ottenere questo lattone è particolarmente complicato. E’ innanzitutto
indispensabile donare qualche informazione riguardo alla reazione chimica che ha reso possibile
questa sintesi, ovvero la reazione di Knoevenagel55, di cui lo schema generale è:
O
R
C
COOH
H
+
CH2
Ammina
COOH
C
CH
H
COOH
Aldeide
R
OH
R
H
COOH
C
CH
COOH
+
OH2
-CO2
R
COOH
Acido malonico
H
H
C
CH
COOH
Derivato insaturo dell’acido malonico
Semplificando a parole, il gruppo metilenico attivato –CH2 dell’acido malonico si condensa con le
aldeidi in presenza di un’ammina che funge da catalizzatore. Il derivato insaturo dell’acido
malonico che si forma inizialmente subisce poi, durante la condensazione, una decarbossilazione,
ovvero la perdita di -CO2.
Nella reazione eseguita in laboratorio avviene lo stesso procedimento:
O
C
COOH
H
+
CH2
COOH
Eptanale
C2H5 N
O
-CO2
C
3
Acido malonico
OH
Amberlyst
Acido 3-nonenoico
Con l’utilizzo dell’Amberlyst-15, una resina che funge da catalizzatore, si fa in modo che l’acido 3nonenoico isomerizzi in quello che è il prodotto finale, il Lattone-γ-nonanoico.
O
O
Lattone-γ-nonanoico
5.4.1 L’eptanale
L’eptanale, noto anche col nome di aldeide eptilica o enantolo, è un composto chimico che entra
nella formulazione di diversi prodotti detergenti e di igiene.
5.4.2 Il lattone γ-nonanoico56
La nomenclatura dei lattoni s’avvale delle lettere dell’alfabeto greco per indicare il numero di atomi
che formano la parte ciclica. La lettera di partenza è β (beta), la seconda lettera dell’alfabeto greco,
la quale indica i lattoni con anello composto da quattro atomi. La terza lettera, γ (gamma), per
l’appunto quella del nostro caso, indica 5 atomi, e proseguendo così.
55
56
Morrison, Boyd - Trattato di chimica organica - CEA
http://it.wikipedia.org/wiki/Lattoni
36
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Il lattone che c’interessa presenta un odore molto gradevole di cocco, e a temperatura ambiente è un
liquido di consistenza oleosa.
5.4.3 Metodo di sintesi57
Pallone con fondo sferico58
Evaporatore a bolle59
Imbuto separatore60
evaporatore61
Premessa: rispetto all’originale procedimento, durante l’esperienza eseguita in laboratorio sono
state raddoppiate tutte le quantità. Di seguito verrà ovviamente riportato il procedimento così com’è
stato eseguito in laboratorio, con le quantità doppie rispetto l’originale.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Si prepara una miscela di 4.16 g di acido malonico e 5.36 ml di eptano in un pallone a fondo
sferico con una capienza di 50 ml e la si tratta con 8 ml di trietilammina.
Dopo l’aggiunta di una pietra da ebollizione, si lascia bollire la miscela a riflusso per circa
un’ora o fin quando non cessa lo svolgimento di CO2.
Trascorso questo periodo di tempo, si raffredda il tutto a temperatura ambiente e si travasa in un
imbuto separatore con 80ml di etere; successivamente si lava con 40 ml di una soluzione di HCl
al 10%, scartando, fra gli strati che si separano, la fase acquosa che ne deriva.
Lo strato etereo rimasto si lava con 40 ml di NaOH al 5%, ma questa volta si scarta la fase
organica dei due strati derivanti.
La fase acquosa viene estratta con altri 40 ml di etere e la parte organica che deriva dalla nuova
separazione viene eliminata.
Una volta riportata la fase acquosa nell’imbuto separatore, la si riacidifica con 40 ml di HCl al
10% che vengono ancora estratti con 40 ml di etere, scartando la fase acquosa. La restante fase
eterea dev’essere lavata con NaCl saturo e seccato con Na2SO4 anidro.
Il tutto si filtra poi in un pallone sferico da 50 ml e si fa evaporare l’etere grazie all’evaporatore
rotante; il residuo che rimane è acido 3-nonenoico, il quale viene pesato per calcolare la resa
della reazione fino a questo punto.
All’acido 3-nonenoico viene aggiunto un uguale peso di Amberlyst-15 e 8 ml di eptano. Il tutto
va scaldato a riflusso per un’ora e successivamente raffreddato.
A seguito di ciò si filtra attraverso un batuffolo di cotone per eliminare l’Amberlyst-15 e si fa
evaporare il solvente nell’evaporatore rotante.
57
Bunce, Reeves - Journal of Chemical Education vol. 67 No 1 pag. 69 - gennaio 1990
http://www.myungsung.net/product/img2/Flask4.jpg
59
http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif
60
http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg
61
http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-Rotary-Evaporator_220.gif/$FILE/NewRotary-Evaporator_220.gif
58
37
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Commento: Per amor della sincerità è da segnalare come, a causa di un errore umano, durante la
fase di ebollizione a riflusso in presenza di Amberlyst-15 il composto, bollendo troppo
vivacemente, abbia risalito il tubo del riflusso. Fortunatamente non vi sono stati danni a persone o
apparecchiature, e questo piccolo inconveniente non ha pregiudicato la buona riuscita della
reazione. E’ stato comunque necessario aggiungere ulteriore eptano, ininfluente ai fini della
reazione, per recuperare il catalizzatore dispersosi nel condotto di riflusso e quindi portare a termine
la sintesi.
5.4.4 Caratterizzazione
Trattandosi di un olio, e pertanto di un liquido, è stato possibile effettuare una spettroscopia
infrarossa mediate “film liquido”, la quale ha potuto dare conferma dell’ottima riuscita della sintesi
nonostante l’incidente occorso in dirittura d’arrivo.
Grafico dello spettro I.R. del lattone γ-nonanoico sintetizzato
Rappresentazione numerica dei picchi
Grafico dello spettro I.R. del lattone γ-nonanoico standard
Rappresentazione numerica dei picchi
38
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.4.5 Resa della reazione
Sostanza
eptanale
114 g/mole
Acido 3-nonenoico
156 g/ mole
Massa
molare
Moli
4.56 g ÷ 114 g/mole = Massa del composto ottenuto.
utilizzate
3.44 g = 0.022 moli x 156
0.04 moli
e prodotto
g/mole
ricavato
0.04 reagente Æ 0.04 moli
Resa
prodotto
massima
0.04 moli x 156 g/mole = 6.24
teorica
g
Æ Resa del 100%
Resa reale
3.44 g ÷ 6.24 g = 0.55
Æ 55%
Sostanza
eptanale
Massa
114 g/mole
molare
Moli
4.56 g ÷ 114 g/mole =
utilizzate
0.04 moli
e prodotto
ricavato
Lattone γ-nonanoico
156 g/ mole
Massa del composto ottenuto.
2.3 g = 0.0147 moli x 156
g/mole
0.04 reagente Æ 0.04 moli
prodotto
0.04 moli x 156 g/mole = 6.24
g
Æ Resa del 100%
2.3 g ÷ 6.24 g = 0.3685
Æ 36.85%
Resa
massima
teorica
Resa reale
Sostanza
Acido 3-nonenoico
156 g/mole
Massa
molare
Moli
3.44 g ÷ 156 g/mole =
utilizzate
0.022 moli
e prodotto
ricavato
Lattone γ-nonanoico
156 g/ mole
Massa del composto ottenuto.
2.3 g = 0.0147 moli x 156
g/mole
0.022 reagente Æ 0.022 moli
prodotto
0.022 moli x 156 g/mole = 3.44
g
Æ Resa del 100%
2.3 g ÷ 3.44 g = 0.6686
Æ 66.86%
Resa
massima
teorica
Resa reale
39
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
5.5 Sintesi n° 5: mentone
Il mentone è qui ottenuto a partire da un alcol secondario, il mentolo. Per far ciò è necessario
ossidare l’alcol secondario attraverso l’utilizzo del bicromato di potassio, efficace, come s’è già
detto in precedenza, anche per ossidare gli alcol primari ad aldeidi.
K2Cr2O7
O
OH
Mentolo
Mentone
5.5.1 Il mentolo62
Si tratta di un composto che a temperatura ambiente presenta una struttura solida di colore bianco e
dall’odore molto intenso e ben noto. E’ estratto principalmente dall’olio essenziale della menta
piperita, di cui è il componente di maggiore importanza, ed è utilizzato in svariati campi, trovando
posto in profumi e prodotti farmaceutici anche grazie alle sue proprietà analgesiche.
Chimicamente è un alcol secondario dalle proprietà irritanti.
5.5.2 Il mentone63
Anche il mentone è uno dei componenti dell’olio essenziale estraibile dalla menta piperita, ed il suo
odore non differisce molto da quello del mentolo. Entrambi possono trovare impiego in svariati
prodotti farmaceutici, e hanno entrambi un effetto rinfrescante. Sono molto usati anche nelle
comuni cicche da masticare e, più in generale, nei prodotti studiati per la cavità orale come
caramelle e dentifrici. In particolare, il mentone, ha anche le proprietà di uno stimolatore cardiaco.
5.5.3 Procedimento per la reazione64
Beaker65
Imbuto separatore66
62
Evaporatore67
http://it.wikipedia.org/wiki/Mentolo
http://www.lab2000.com/lab_2004/09/analisi_alim.html
64
A. I. Vogel - Chimica organica pratica - Edizione Ambrosiana
65
http://ssapl.com.au/images/Beaker%20LF.jpg
66
http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg
67
http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-Rotary-Evaporator_220.gif/$FILE/NewRotary-Evaporator_220.gif
63
40
Alberto Cerutti
•
•
•
•
•
•
•
Lavoro di maturità 2006
Si sciolgono 14 g di bicromato di potassio diidrato in 70 ml di acqua posti in un bicchiere da
250ml sopra un agitatore elettromagnetico.
Una volta disciolto il bicromato di potassio diidrato, si aggiungono con estrema cautela 6 ml di
H2SO4 concentrato, il quale da origine ad una reazione fortemente esotermica, causando anche
un cambiamento nella colorazione della miscela che passa dall’arancione limpido al rosso.
In seguito si introducono 10 g di mentolo, dividendo l’aggiunta in quattro porzioni, effettuate
sempre sotto agitazione. L’aggiunta dell’acido solforico e del mentolo sviluppa calore, portando
la miscela ad una temperatura prossima ai 55°C; se ciò non avviene è necessario riscaldare fino
all’ottenimento di tale temperatura. Inizialmente la reazione crea una massa spugnosa nera che,
in seguito, tramuta in un olio bruno scuro che resta sulla superficie del liquido. La temperatura
diminuisce da sé non appena l’ossidazione è terminata.
Una volta che ciò è accaduto, si trasferisce la miscela in un imbuto separatore e si estrae
utilizzando 50 ml di etere; questo procedimento va ripetuto due volte.
Si lava l’estratto estereo con porzioni da 50 ml di una soluzione di NaOH al 5% fino a quando il
colore della miscela non passa dal bruno al giallo chiaro. In genere sono sufficienti tre o quattro
lavaggi.
Una volta ottenuta la colorazione cercata, lavare ancora il tutto con 25 ml di acqua e seccare con
5 g di Na2SO4 anidro.
Il tutto deve essere poi trasferito in un pallone da distillazione dal quale viene fatto evaporare
l’etere per mezzo dell’evaporatore rotante.
5.5.4 Caratterizzazione
Come in precedenza, si procede alla caratterizzazione del composto ottenuto attraverso lo spettro
I.R su “film liquido”, comparando poi il grafico risultante con quello del campione standard.
Grafico dello spettro I.R. del mentone sintetizzato
41
Rappresentazione numerica dei picchi
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Grafico dello spettro I.R. del mentone standard
Rappresentazione numerica dei picchi
5.5.5 Resa della reazione
Sostanza
Massa
molare
Moli
utilizzate
e prodotto
ricavato
Mentolo
156 g/mole
Mentone
154 g/ mole
10 g ÷ 156 g/mole =
0.064 moli
Massa del composto ottenuto.
7.39 g = 0.0479 moli x 156
g/mole
0.064 reagente Æ 0.064 moli
prodotto
0.064 moli x 154 g/mole = 9.85
g
Æ Resa del 100%
7.39 g ÷ 9.85 g = 0.75
Æ 75%
Resa
massima
teorica
Resa reale
42
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
6. Epilogo
6.1 Conclusioni e ringraziamenti
Ed ecco il capitolo conclusivo di questo lavoro, la fine di un piccolo viaggio nell’immenso ed
oscuro mondo degli odori.
Un arrivo tanto desiderato nei mesi trascorsi, una meta che fino ad una settimana or sono vedevo
così lontana ed irraggiungibile.
Sono indubbiamente felice d’essere finalmente arrivato alla conclusione, eppure non posso
nascondere una nota malinconica nell’animo, nata da ciò che questo traguardo rappresenta.
Certo, si potrebbe semplicemente dire che è la fine di una ricerca, una come le tante altre che ho
compiuto negli anni passati, fin dal tempo delle scuole medie: qualcosa da redigere, consegnare e
ricordare come solo l’ennesimo voto scolastico privo di un reale senso. Ma significherebbe soltanto
liquidare sommariamente un lavoro dal contenuto ben più ampio e profondo, destinato certamente a
imprimere un segno indelebile nella mia carriera scolastica, nella mia vita.
Vivo questa composizione come il primo vero traguardo della mia vita adulta, il primo semplice
passo verso una maturità che va ben oltre il semplice foglio di carta che forse m’attende al termine
di quest’anno scolastico. Un singolo passo, ma non per questo un passo facile da compiere. E’ stata
indubbiamente un esperienza che mi ha provato molto, sotto diversi punti di vista. Un cammino
ricco di difficoltà, prima fra tutte l’essermi ritrovato solo all’inizio di questo semestre, privato
dell’aiuto e del sostegno di due compagne di classe, di due amiche, con le quali ebbi il primo
approccio con l’argomento e con cui ho lavorato fianco a fianco in laboratorio eseguendo cinque
differenti sintesi, diluite in un intero semestre di scuola. E poi, improvvisamente, sono rimasto solo,
con la prospettiva di un estate e pochi mesi per redigere un lavoro originariamente pensato per tre
persone.
Io sono grato a Silvia Montagna e Rita Pettinello perché, se è vero che non hanno partecipato
attivamente all’ultima parte di questo lavoro di maturità, è anche vero che non se ne sono mai
disinteressate, cogliendo ogni occasione per domandarmi come procedesse la realizzazione e
dispiacendosi in continuazione di non poter più apportare il loro contributo. Insostituibili compagne
in laboratorio, ed altrettanto impagabili esempi di come un gruppo di lavoro non si ferma lì dove
finiscono i doveri.
Nella mia mente hanno continuato a risuonare le parole che mio zio, Mario Verdi, mi disse nel
giorno del mio diciottesimo compleanno. Anche ora, mentre sviluppo i pensieri di questa
conclusione, digitando quasi per inerzia le parole che, lentamente, realizzano l’espressione delle
mie idee, quei consigli, quel corto discorso è lì nell’infinito spazio della mia mente, come un’eco
che, anziché scemare, cresce d’intensità ad ogni istante che passa. Credo dunque sia giusto donare
un’espressione scritta anche a quello che è risultato essere un motore indispensabile per me, una
delle componenti essenziali che alimentavano, e alimentano tutt’ora, la mia voglia di andare avanti.
Sebbene sappia che non riuscirò a ricalcare esattamente ciò che mi disse, spero almeno di riuscire a
trasmettere il significato che intesi quel giorno. Mio zio parlò di come la vita è in grado riservare
delle sorprese, alcune piacevoli, e altre meno. Disse di come la vita adulta può essere ricca di
difficoltà che ad un primo impatto sembrano insormontabili. Ma soprattutto affermò che, anche se
le fatiche paiono troppo grandi ed il solo pensarci mette paura, nulla può impedire ad una persona
che vi si trovi confrontata di superarle. Certo, a volte abbattere queste difficoltà può richiedere dei
sacrifici, ma il tutto ci aiuta a diventare più forti, a crescere moralmente e mentalmente. Chi si lascia
semplicemente scoraggiare dall’idea di un ostacolo, rimarrà eternamente piccolo, debole, oppresso
dalla paura di qualcosa mai affrontato.
Prima di queste parole, devo ammettere, il lavoro di maturità mi spaventava enormemente, la sola
idea di ciò che mi veniva richiesto di fare mi scoraggiava dall’intraprenderne la composizione, e
43
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
rimasi a lungo fermo ad un numero di pagine esiguo, a dir poco. Le parole di mio zio si sono
dimostrate indubbiamente un incentivo a rimboccare le proverbiali maniche, e per questo, credo,
non lo ringrazierò mai abbastanza.
Vorrei inoltre dedicare un omaggio particolare alla persona che ha reso possibile tutto questo, il
professore Fausto Geri, che ha messo a disposizione di dieci allievi il suo tempo e le sue
conoscenze, guidandoci nelle esperienze con una professionalità esemplare, permettendo di scoprire
espedienti e accorgimenti immensamente utili nell’ambiente di un laboratorio chimico, ma che
difficilmente si possono apprendere dai testi ufficiali.
E come tralasciare, infine, i miei genitori, ai quali va il merito di non aver mai avuto la pretesa
d’impormi dei ritmi di lavoro, né in quest’occasione, né in nessun’altra occasione che ricordi. Non
parlo di disinteresse nei confronti delle mie attività scolastiche, tutt’altro. Parlo di completa libertà
nel gestire i miei impegni, sia personali che in rapporto alla scuola, indice di una fiducia assoluta
nelle mie capacità di giudizio, qualità che credo fin troppo rara nei genitori moderni e,
probabilmente, ancor meno comune in quelli di un tempo, ma di inestimabile valore per un figlio.
Lascio dunque che il mio impegno si concluda qui, nella speranza d’aver eseguito questo lavoro per
qualcosa che va oltre la nota che ne deriverà, e più precisamente per una crescita non solo mia, ma
di chiunque avrà interesse a leggere questo piccolo frammento della mia vita.
44
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
7. Fonti
7.1 Bibliografia
Dizionario Motta della lingua italiana, a cura del Prof. Eridano Bazzarelli
L'ABCdaire des cinq sens. - Flammarion, 1998
R.W. Moncrieff – The Chemical Senses – London: Leonard Hill, 1951
J. Amore – The Molecular Bases of Odor – Springfild, Illinois, Thomas Co. 1970
Pavia, Lampman, Kriz - Il laboratorio di chimica organica – Sorbona
Enciclopedia della Chimica – USES
The Merck Index - eleventh edition, Merck&Co. Inc.
John Emsley - Prodotti chimici. Guida per il consumatore – Zanichelli
Vollmer - La chimica di tutti i giorni - Zanichelli
Giulia Mattera - Profumo di molecola. Storia ed evoluzione della profumeria. Le fragranze
aldeidiche: fonti, metodi estrattivi, strategie sintetiche, impieghi.
A. I. Vogel - Chimica organica pratica - Edizione Ambrosiana
B. D. Foy - Preparaton of 2-Aminobenzaldehyde. A fragrant component of floral odors. - Humboldt
state University
Morrison, Boyd - Trattato di chimica organica – CEA
Bunce, Reeves - Journal of Chemical Education vol. 67 No 1 pag. 69 - gennaio 1990
7.2 Fonti da internet
http://www.elemis.com/absolutes.html
http://wikipedia.sapere.alice.it/wikipedia/wiki/Esteri
http://www.linternaute.com/femmes/luxe/0605-chanel/diapo-histoire/images/1921-numero5.jpg
http://www.contentotrade.com/Terpene/it/Oli%20essenziali.htm
http://www.coopfirenze.it/info/art_435.htm
http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html
45
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
http://www.profumo.it/aromaterapia/oli_essenziali/animali.htm
http://www.lerboristeria.com/index.php?articoli/2004_12.php
http://www.eurom.it/medicina/um/2001/1/um17_1_09.html
http://www.food-info.net/it/e/e260.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/1-butanolo
http://www.chimicando.it/contributi/spettroscopia_infrarossa.pdf
http://www.vialattea.net/esperti/php/risposta.php?num=1675
http://www.perriello.it/Main/oli_essenziali.html
http://it.wikipedia.org/wiki/2-nitrobenzaldeide
http://it.wikipedia.org/wiki/Lattoni
http://it.wikipedia.org/wiki/Mentolo
http://www.lab2000.com/lab_2004/09/analisi_alim.html
http://www.treeland.ru/encyclopedia/image/gaulteria.jpg
http://leda.lycaeum.org/?ID=3550
http://www.myungsung.net/product/img2/Flask4.jpg
http://www.uicoglass.com/funnels/ui5005.jpg
http://www.chemistryworld.de/preise/labor/gif/allihn.gif
http://en.wikipedia.org/wiki/Distillation
http://www.rtpumps.com/rtpumps/central/resource.nsf/imgref/Image_New-RotaryEvaporator_220.gif/$FILE/New-Rotary-Evaporator_220.gif
http://ssapl.com.au/images/Beaker%20LF.jpg
http://www.labdepotinc.com/files/products/glassware/LG7291%20lg.jpg
http://www.swab.se/images/glas/00219-11.jpg
http://www.4science.net/shopping/item_image/fk1050%5B3%5D.jpg
http://irws.eng.niigata-u.ac.jp/~chem/itou/resource/h_k026.gif
http://www.spanish-fly.edoc.org.uk/flyr3.jpg
46
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
http://www.badbear.com/signa/photos/Iris-pallida-4.jpg
http://www.chaipat.or.th/chaipat/journal/dec00/vetiver/v13s.jpg
http://www.profumoterapia.it/images/foto_grandi/zibetto.jpg
47
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Allegato a) Alcuni esempi di molecole odorose
a-1) Idrocarburi
trans-1,3-pentadiene
Mircene
α− fellandrene
β− fellandrene
p-cimene
δ− 3carene
α− pinene
terpinolene
limonene
sabinene
β− pinene
γ− terpinene
α−p-dimetilstirene
I
1,3,8-mentatriene
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
β− bisabolene
ar- curcumene
(-) zingiberene
β− sesquifellandrene
β− selinene
β−cariofillene
1,3,6-trimetil-1,2-diidronaftalene
II
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-2) Alcool
OH
OH
CH2OH
cis-4-eptene-2-olo
( banana)
cis-3-esene-1-olo
( odore di erba)
1-ottene-3-olo
( funghi)
CH2OH
CH2OH
trans,cis-2,6-nonadiene-1-olo
( cocomero)
cis-6-nonene-1-olo
( melone)
OH
HOCH2
OH
HOCH2
2-feniletanolo
(rosa)
OH
mentolo
(menta)
nerolo (limone)
geraniolo
(geranio)
citronellolo
( rosa)
OH
isomentolo
OH
neomentolo
III
OH
neoisomentolo
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
OH
HO
carotolo
(carota)
nerolidolo
OH
α−terpineolo
OH
OH
borneolo
(canfora)
terpinen-4-olo
IV
OH
geosmina
(terroso)
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-3) composti carbonilici
O
O
CHO
trans-2-esenale
(nota erbacea)
fibertone
(nocciola)
1-ottene-3-one
( funghi)
CHO
CHO
cis,cis-2,6-nonadiene-1-ale
( cocomero)
trans,cis,-2,6-nonadiene-1-ale
( melone d'acqua)
CHO
OHC
OHC
O
nerale
(limone)
geraniale
(limone)
citronellale
( agrumato)
(-)- carvone
( menta crispa)
CHO
CHO
O
benzaldeide
(mandorla amara)
(+)- carvone
(cumino)
CHO
cinnamaldeide
(cannella)
CHO
safranale (zafferano)
V
fenilacetaldeide
(giacinto)
O
versalide (muschio)
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
OHC
OHC
α- sinensale ( arancio)
β-sinensale (arancio)
O
O
β-ionone ( odore piu' fruttato)
α- ionone
(violetta)
O
O
β- damascenone
(fragola)
O
nootkatone
(pompelmo)
VI
vetivone ( vetiver)
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-4) Esteri e lattoni
O
O
O
O
acetato di butile (mela)
caproato di allile (ananas)
O
O
O
O
trans,cis-2,4-decadien oato di etile
(pera)
acetato di isoamile
(banana)
O
O
O
acetato di ottile ( arancia)
O
acetato di benzile
( gelsomino)
O
O
O
O
butirrato di butile ( ananas)
propionato di isobutile
( rum)
O
O
O
O
cicloesilacetato di allile ( ananas)
acetato di eptile ( albicocca)
VII
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
O
O
4- butanolide
( burro)
OCOCH3
O
4-decanolide
( pesca)
acetato di linalile
( bergamotto)
O
O
O
O
5- decanolide
( pesca)
O
ciclopentadecanolide ( muschio)
O
O
O
sedanolide ( sedano)
ambrettolide ( ambra)
VIII
O
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-5) Eteri
O
O
O
1,8-cineolo
( eucalipto)
epossi-3,9-p-mentene-1
( aneto)
O
ambra grigia ( ambra)
IX
anetolo
(anice)
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-6) Fenoli
OH
OH
carvacrolo
(timo e origano)
timolo
(timo e origano)
X
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-7) Composti eterociclici
O
HO
SH
O
O
(cis-2-.penteneil)-2-furano
(odore metallico)
furaneolo
(fragola)
O
2-metil-3-furantiolo
( roast beef)
O
O
O
OH
O
mentofurano
( forte odore di menta)
maltolo
( caramello)
O
cumarina
(odore di fieno)
N
N
N
H
scatolo
( odore fecale)
2-acetilpiridina
( crosta di pane)
N
S
O
5-acetiltioazolo
( carne grigliata)
O
CH3
S
2-isobutiltioazolo
( pomodoro)
N
N
O
S
2,4-dimetil-5-etiltioazolo
( odore di carne)
XI
5-butilossazolo
(prosciutto affumicato)
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
S
O
S
2-metil-4-propil-1,3-oxatiano
( frutti tropicali)
N
O
N
S
N
S
S
S
lentionina
(funghi)
N
N
2,3-dimetilpirazina
( cuoio)
S S
O
N
1,2-ditiolo
( asparagi)
2-secbutil-3-metossipirazina
(carota cruda)
2-isobutil-3-metossipirazina
(peperone)
N
6-isobutilchinolina (cuoio)
XII
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
Allegato a) Alcuni esempi di molecole odorose
a-1) Idrocarburi
trans-1,3-pentadiene
Mircene
α− fellandrene
β− fellandrene
p-cimene
δ− 3carene
α− pinene
terpinolene
limonene
sabinene
β− pinene
γ− terpinene
α−p-dimetilstirene
I
1,3,8-mentatriene
Alberto Cerutti
Lavoro di maturità 2006
a-8) Composti diversi
SH
SH
S
disolfuro di metile
( cavolo)
O
p-menten-8-tiolo
( pompelmo)
S
transmercaptomentanone
( odore di cassis)
S
S
S
S
S
OH
CHO
3-metiltioesanolo
( frutto della passione)
3-metiltiopropanale
( patata)
trisolfuro di metile
( cavolo, verza)
CHO
COOCH3
NH2
O
O
antranilato di metile
( fiori di arancio)
OH
OH
eugenolo
( chiodi di garofano)
vanillina ( vaniglia)
N
HS
HO
O
O
4-metossi-2-metilbutantiolo
( cassis)
4-p-idrossi-2-fenilbutanone
( framboise)
trimetilammina
( pesce)
O
NO2
O
O2N
O
metil diidrojasmonato
(gelsomino)
NO2
muschio baur (muschio)
XIII