di Bruno Bontempo - La voce del popolo
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di Bruno Bontempo - La voce del popolo
pagine - prima - ultima.indd 2-3 Anno LVI - N. 9 - 15 maggio 2008 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 Panorama www.edit.hr/panorama Stanno arrivando. Siamo preparati? 13.5.2008, 12:04:31 Roberta di Camerino - fine 1950 Pietre e corallini Mary Frances 2004 Seta e corallini - Est Europa 1920 L'eterno fascino della borsetta Se dici vino, l’Istria è sottintesa «V ino in perfetto equilibrio”. Suona così lo slogan del progetto Vinistra intesto sia come fiera a cui presentare la nobile bevanda che, in pari tempo, quale associazione dei produttori istriani. L’adozione di tecniche e tecnologie di produzione più avanzate, saldate a una tradizione consolidatasi nel corso dei secoli, negli ultimi dieci anni hanno portato a un vero boom nel settore del prodotto tipico locale. Lo testimonia con effica- cia l’ultima edizione della fiera Vinistra che anche quest’anno ha offerto una serie infinita di innovazioni, che vanno dalla sostanza al design. È questo un significativo punto di riferimento in Croazia per il modo di concepire la produzione vinicola. In pari tempo, con energia non minore, si sta imponendo in un altro settore, quello dell’olio d’oliva, che impegna tanti nuovi, spesso anzi giovanissimi produttori. (foto Lucio vidotto) Pietre Swarowski - Katherine Baumann 1990 O ggetto la cui nascita si perde nella notte dei tempi, e per secoli peculiarità maschile, la borsetta è sorta a “nuova vita” da quanto, progressivamente, si è attestata nel ruolo non solo di oggetto indispensabile per la donna, ma anche di accessorio che ha progressivamente chiesto e ottenuto una sempre maggiore e specifica “visibilità.” L’assunzione di questo ruolo estetico, che ha mosso in parallelo un intenso processo creativo, è egregiamente documentata nella mostra “Borse e borsette al Castello” ospitata a Duino, grazie a un’iniziativa dei proprietari del castello, i principi Carlo e Veronique della Torre e Tasso, eredi e prosecutori di una tradizione e promozione culturale di lunga data. Dovendo giocoforza operare una scelta molto rigorosa, la parte più significativa della mostra è stata riservata alle borsette americane degli anni 1930-1950 che, già allora accettate con molto fervore dal pubblico, oggi sono molto ambite dai collezionisti. La mostra rimane aperta fino al 2 novembre. ● Creazione realizzata con scatola di pregiati sigari domenicani Foto grande: Borsetta austriaca con perline e cerniera d’argento di fine 800 pagine - prima - ultima.indd 4-5 13.5.2008, 12:05:54 In primo Rubrica piano Primi bilanci dopo la votazione per il rinnovo delle cariche Sdp, un fedele specchio dei tempi di Mario Simonovich S e c'era ancora qualcuno che ritenesse il partito socialdemocratico uno degli ultimi - per non dire proprio l'ultimo - dei bastioni di quel che dalle nostre parti veniva correntemente inteso come monolitismo, quanto accaduto nelle ultime settimane e, specie sabato 10 maggio, può ritenersi sconfessato del tutto. Fatta salva la costante presenza del sindaco di Zagabria Milan Bandić, di cui veramente risulta inconcepibile la militanza all'interno di una formazione politica come questa, cronisti e opinione pubblica hanno capito che qualcosa di nuovo stava accadendo solo quando si è visto che Željka Antunović (e con lei non pochi dirigenti) si muoveva seguendo una rotta che era in palese collisione con quella del presidente Zoran Milanović, fino a sfociare in quelle dimissioni ufficiali da vicepresidente, che avevano creato non poco scalpore anche fra gli iscritti al partito, che pure non erano del tutto a digiuno di quanto avveniva. Specchio fedele dei tempi (e dello spazio in cui opera) l'Sdp si è riconfermato in misura di gran lunga maggiore alla citata convenzione, evidenziando al proprio interno la presenza di una differenziazione molto profonda e, si potrebbe dire, del tutto inusuale anche nei partiti consimili che per deceni operano nell'Europa occidentale. Quando mai si è sentito di fratture interne di maggior consistenza in Francia o in Italia, ad esempio? A Zagabria invece ha prevalso un marcato genius loci per cui se si è visto premiare con 1379 preferenze per il modo con cui ha retto il partito nei cinque mesi trascorsi dalla morte di Račan, nel contempo Milanović si è ritrovato ancora di fronte nomi del "campo opposto". In testa la stessa Antunović, che si conferma la figura più influente in assoluto dopo il presidente, quel Bandić che palesemente sa come intessere le trame e il "quarnerino" Komadina che a sua volta è stato il più votato per la carica di vicepresidente. I giornalisti che hanno seguito i lavori hanno concordato che per il presidente si prospettano tempo non facili. Sono infatti "suoi" non più di cinque - in taluni casi forse saranno sei - dei dieci componenti la presidenza. Chi sono i nomi su cui potrà far conto? Prima è la vicepresidente - e ottimo quadro - Milanka Opačić; Ranko Ostojić, l'uomo che ha mostrato d'essere in grado di scalzare un elemento di primo piano come Marin Jurčević e piazzarsi come il più importante uomo di partito in area dalmata; Biljana Borzan, meno usabile anche perché meno nota e, inoltre, oberata dall'ipoteca politica di Osijek, la sua città; Vojko Obernel, il sindaco di Fiume città in cui pure, si voglia o no, si risentono gli echi del conflitto fra i compagni". Dall'altra parte, oltre al citato Komadina, per un certo tempo considerato l'oppositore più serio all'attuale presidente, la figura più importante è Bandić, l'onnipresente sindaco di Zagabria. Molto vicino a lui è considerato Zvonimir Mršić, uno dei due componenti "neutri" della presidenza; l'altro, Tonino Picula, manco a dirlo, fa invece spesso coppia con Davorko Vidović, l'uomo che, insieme a Dragan Kovačević, ha sfidato Milanović candidandosi a presidente. Il fatto che insieme abbiano ottenuto 372 voti (lui 164 voti e Vidović 208) indica chiaramente quale è stato l'impatto che hanno avuto sui membri della convenzione. Fra i perdenti alcuni nomi di spicco. In primo luogo Ingrid Antičević - Marinović, la combattiva rappresentante dell'Sdp zaratino che è stata anche ministro di giustizia; Mato Arlović, già vicepresidente del Sabor durante il governo Račan, che noi italiani ricordiamo per certe prese di posizione piuttosto discutibili e in particolare, Neven Mimica, che, a quanto pare, non ha potuto far adeguatamente valere il suo ruolo di negoziatore presso le istituzioni europee. A Milanović ora il non facile compito di guidare questa squadra che esprime appieno lo spirito della Croazia del nostro tempo. ● Costume e scostume L’oro? Ottimo per la ricostruzione Quel che significava il detto 'oro per la patria' noi italiani in genere lo sappiamo tutti, compresi coloro - e sono la maggioranza - che all'epoca in cui il prezioso metallo veniva raccolto per il fine suddetto, non erano ancora venuti alla luce. Quel che invece sicuramente molti non sapevano è che quest'azione dalle nostre parti ebbe per lo meno due "edizioni", la prima nella seconda metà degli Anni Trenta, promossa si sa da chi, la seconda dopo la guerra, sotto l'egida del nuovo potere che, detto per inciso, faceva di tutto per distinguersi da quello venuto prima. Di tutto o quasi, perché ad esempio, fascisti o comunisti, camicia nera o fazzoletto rosso al collo, l'oro era evidentemente gradito, come fa capire in una dichiarazione fatta alla stampa proprio in questi giorni l'ultranovantenne ingegnere Maks Peč, detentore di un ruolo di primo piano nella ricostruzione postbellica di Fiume. A quei tempi, ha spiegato, c'era anche chi toglieva porte e finestre dagli infissi per donarli al potere popolare. Altri gettavano dalle finestre oggetti in oro, si suppone durante azioni di raccolta. Ci fu anche chi, precisa, per non perdere la faccia davanti al vicinato, acquistava oggettini in similoro, guadagnandosi così l'immeritata fama di beneficatore del popolo. Intanto il regime continuava a raccoglieva tutto, senza badare a distinguersi da quello, tanto aborrito, che l'aveva preceduto. Panorama 3 Panorama www.edit.hr/panorama Ente giornalistico-editoriale E D IT Rijeka - Fiume Direttore Silvio Forza PANORAMA Redattore capo responsabile Mario Simonovich [email protected] Progetto grafico - tecnico Daria Vlahov Horvat Redattore grafico - tecnico Saša Dubravčić Collegio redazionale Bruno Bontempo, Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, Mario Simonovich, Ardea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 672-128. 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EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a Consiglio di amministrazione: Tatjana Petrazzi (presidente), Ezio Giuricin (vicepresidente), Luigi Barbalich, Carmen Benzan, Doris Ottaviani, Donald Schiozzi, Fabio Sfiligoi 4 Panorama N. 9 - 15 maggio 2008 Sommario IN PRIMO PIANO Primi bilanci dopo il rinnovo delle cariche SDP, UN FEDELE SPECCHIO DEI TEMPI............................................. 3 di Mario Simonovich ETNIA Premio Città di Pola 2008 a Claudia Milotti UNA VITA DEDICATA ALLA CNI..... 5 ATTUALITÀ Serbia: gli europeisti ora cercano un partner affidabile TADIĆ NON AVRÁ VITA FACILE..... 6 a cura di Diana Pirjavec Rameša SOCIETÁ Ginnasiali e studenti in piazza costringono il ministro alla ritirata STANNO ARRIVANDO. SIAMO PREPARATI? .......................... 8 di Diana Pirjavec Rameša SOCIETÀ Riflessioni indotte da un soggiorno a Bari nell’ambito della collaborazione fra i centri adriatici e mediterranei ANCHE LE RIVOLUZIONI HANNO BISOGNO DELLA BELLEZZA........ 12 di Marino Vocci ETNIA I lavori di ristrutturazione della sede della Comunità degli Italiani di Via del Mulino ormai nella fase di rifinitura CITTANOVA, CHI VA PIANO VA SANO E VA LONTANO............... 14 di Bruno Bontempo TEATRO VENEZIA, TRE ORE NEL NOME DI DRŽIĆ............................................ 17 di Sandro Damiani L’autore, attore e regista ligure Pippo Delbono, grande protagonista del XV Festival delle piccole scene di Fiume CULTURA È GUARDARE IL MONDO CON OCCHI DIVERSI........................18 di Bruno Bontempo CINEMA E DINTORNI Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini e Juno dell’esordiente Jason Reitman BAMBINI: ETERNI LO SVILIMENTO E L’OPPRESSIONE............................ 22 di Gianfranco Sodomaco Autore di spicco in visione alla decima edizione del Far East Film Festival di Udine EMOTIVO E COINVOLGENTE IL GIAPPONESE NORIHIRO............24 di Massimo Deliso ARTE Fiume, magnifica l’accoglienza alla splendida opera in bronzo L’ APOXYOMENOS PRESTO A LUSSINO ......................................... 26 di Erna Toncinich ITALIANI NEL MONDO L’onorevole Aldo Di Biagio in un’intervista PIÙ FATTI E MENO DEMAGOGIE .27 a cura di Ardea Velikonja REPORTAGE Vino e prosciutto affiancati a mare e spiagge: per la regione è l’abbinata vincente L’ENTROTERRA ISTRIANO SCONOSCIUTO.................................. 28 di Ardea Velikonja LETTURE ISTRIA NOBILISSIMA “IL PUNTO DI RITORNO” di Marco Apollonio .............................. 34 di Gino Sirola LIBRI Sergio Draghicchio: Tra Pola e Sissan, ricordi d’infanzia de un muleto ATTACCATI A ‘STI POSTI COME PANTALENE...........................37 MADE IN ITALY A Forte Marghera quarta edizione di Nature, Fiera del naturale e del benessere LA RICCHEZZA DI SPIRITO È ANCHE RICCHEZZA DEL CORPO.. 38 di Ardea Velikonja MUSICA C’È CHI STA MEGLIO SOLO, NELL’OMBRA. COME MINA.......... 42 a cura di Bruno Bontempo SPORT CON MODRIĆ, PIRLO E GATTUSO LA SQUADRA È FATTA.................... 44 VOGLIO UNA VITA SPERICOLATA...46 a cura di Bruno Bontempo ANIMALIA ........................................ 48 di Daniela Mosena MULTIMEDIA................................... 50 a cura di Igor Kramarsich RUBRICHE ........................................ 52 a cura di Nerea Bulva PASSATEMPI .................................... 57 IL CANTO DEL DISINCANTO ..... 58 di Silvio Forza IN COPERTINA: la protesta degli studenti a Fiume. Foto Ivor Hreljanović Etnia Il Premio Città di Pola 2008 a Claudia Milotti Una vita dedicata alla CNI I l premio Città di Pola, lo Stemma e la Pergamena di quest’anno è andato alla connazionale Claudia Milotti, esponente del gruppo nazionale italiano che ha dedicato la sua vita alle scuole e all’etnia. Il premio è stato consegnato il 5 maggio nel corso della seduta solenne del Consiglio comunale polese con la quale si è voluta ricordare la Giornata della Città di Pola. La motivazione cittadina nei confronti di Claudia Milotti è stata: persona che si è distinta quale pluriennale atti- vista del gruppo nazionale italiano, direttrice della Scuola media superiore italiana “Dante Alighieri”, leader della battaglia portata avanti a favore della costruzione del nuovo edificio scolastico e anche dell’adiacente palestra per le scuole italiane sia elementare che media superiore. Oggi pensionata molto attiva entro la CNI, Claudia Milotti ha contribuito con il suo lavoro allo sviluppo dell’istruzione, dell’educazione non solo a livello di etnia ma anche cittadino. Nel ringraziare per il conferimento Claudia Milotti ha voluto rilevare che condivide il Premio con la figlia Gioconda. ● Significativa cerimonia alla Scuola media italiana di Fiume Due libri per «ancorare» il dialetto E pressione di “quell’Anchise culturale che ciascuno di noi porta sulle proprie spalle”, come ha detto il presidente della Società di studi fiumani di Roma Amleto Bal- larini, lunedì 5 maggio sono satte presentate alla SMSI di Fiume due fatiche librarie: “Come parlavamo” di Francesco Gottardi e il terzo volume (compendente del parole dalla Q alla Z), nonché di conseguenza, l’opera completa, in tre volumi, del “Nuovo Samani”, il dizionario del dialetto fiumano. L’opera, stampata grazie al sostegno dlela regione Lazio, è da considerarsi come una bozza aperta a suggerimenti e interventi. “L’anno prossimo vi consegneremo il libro migliorato e corretto” ha detto Ballarini esprimendo quindi l’orgoglio di quelle generazioni anziane che hanno consegnato ai posteri “la conta dei nostri morti e la lingua, vernacolo che torna a voi, mai pesante o tedioso”. Molto seguito e apprezzato pure l’intervento di Francesco Gottardi, autore del volume “Come parlavamo”, edito a Roma l’anno scorso, il cui contenuto era uscito originariamente a puntate sul nostro quindicinale. ● Approvato il programma 2008 del CRS I l 5 maggio scorso a Rovigno si è riunita la Giunta esecutiva dell’UI occasione in cui è stato discusso e approvato il programma di lavoro e il piano finanziario per il 2008 del Centro di ricerche storiche. Per il 2008, anno in cui il centro festeggia 40 anni di attività, il CRS ha richiesto un finanziamento per le proprie attività per un complessivo di 977.999,71 euro i quali dovrebbero venir ripartiti così: per l’attività scientifica e di ricerca sono previsti 440.737,26 euro, per la raccolta ed elaborazione del materiale 46.604,60 euro, per l’at- La sede del CRS di Rovigno tività editoriale 348.071,16 euro, attività della biblioteca 111.321,25 euro e attività varie 31.265,44 euro. Per quel che riguarda i finanziatori del CRS va ricordato che di questi 977.999,71 euro complessivi previsti nel bilancio dell’ente 288.781,37 euro saranno assicurati in base alla collaborazione tra UI e Università popolare di Trieste, altri 509,870,16 euro verranno devoluti dalla Repubblica di Croazia e 172.174,65 euro dalla Repubblica di Slovenia. Di mezzi propri nel bilancio 2008 il CRS ha previsto 7.173,53 euro. ● Panorama 5 Attualità Serbia: gli europeisti ora cercano un partner affidabile Boris Tadić non avrà vita facile E già dal giorno dei primi risul- l’Ue dopo il riconoscimento europeo traumi sociali di una transizione intati elettorali in Serbia si è par- della secessione del Kosovo, in net- compiuta, di una rilettura incompletiti con le trattative. Ma Boris to calo all’11,3 p.c.; lo Sps del qua- ta della storia recente, dell’irritazioTadić non avrà certo vita facile nono- rantenne Ivica Dačić, che risale al 7,5 ne diffusa per il riconoscimento ocstante le elezioni per il blocco libera- p.c. e il Partito Liberaldemocratico cidentale dello strappo kosovaro. Per le ed europeista da lui rappresentato del giovane Čeda Jovanović (l’uni- la formazione del nuovo governo bisi siano concluse con una vittoria dal- co disposto ad accettare il divorzio sognerà aspettare ora metà giugno, le dimensioni insperate sugli ultrana- di Priština), che si attesta al 5,3 p.c.. quando il nuovo Parlamento unicazionalisti del Partito Radicale (Srs) di Un quadro da cui emerge un chiaro merale di Belgrado (250 seggi in tutToma Nikolić. Ma la vittoria rischia vincitore politico, Tadić. Ma non una to) s’insedierà. L’Alto rappresentandi rivelarsi monca senza un accordo coalizione parlamentare altrettanto te della politica estera e di sicurezza con una qualche forza minore: prima chiara. Sullo sfondo di un Paese che della Ue Javier Solana, congratulanfra tutte, il Partito Socialista (Sps) che se in maggioranza ribadisce ‘’la scel- dosi con il popolo serbo ‘’per le elefu di Milosević, riemerso come ago ta di una strada europea’’ - come sot- zioni parlamentari libere e pacifiche’’ della bilancia con un 7,5 p.c. di con- tolineato da un rincuorato presidente ha auspicato la formazione rapida di sensi. I dati ufficiali preliminari sul 98 della Repubblica -, preferendola rea- un nuovo governo. ‘’Spero che un p.c. delle schede scrutinate - rispec- listicamente alle velleità di un asse nuovo governo possa essere formachiano le proiezioni. La lista ‘Per una esclusivo con la Russia, per ragioni to rapidamente e che sia fortemente impegnato a fare le riforme Serbia europea’ di Tadić e a raggiungere le condiziosi attesta quasi al 39 p.c. ni necessarie per progredire dei suffragi, con un balzo nel suo avvicinamento verin avanti di una decina di so l’Europa’’, ha dichiarato punti e 102-103 seggi nel Solana. ‘’L’Unione europea carniere. Mentre i radicali darà a un governo di questo di Nikolić e dell’imputato tipo tutto il suo appoggio’’. per crimini di guerra Voji‘’Dopo la firma dell’Accorslav Šeselj, prima fordo di associazione e stabilizza del Paese dal 2003, si zazione (Asa) il paese è ora fermano al 29 p.c. come ben posizionato per avanzanella tornata precedente. re rapidamente’’, ha aggiunOltre la soglia del 5 p.c. to l’Alto rappresentante delsono inoltre confermati Tadić e Mesić durante un recente incontro la diplomazia Ue. il Partito Democratico di Il presidente croato Stipe Mesic Serbia (Dss, conservatore) del pre- di collocazione geografica oltre che mier uscente, Vojislav Koštunica, già di interesse economico, resta in ge- si è congratulato con le forze euroalleato di Tadić, ma oggi più vicino ai nerale diviso e poco incline all’entu- peiste e liberali in Serbia per l’esito nazionalisti nel rifiuto del dialogo con siasmo: sotto l’effetto dei persistenti del risultato elettorale, sottolineando Il premier sloveno Janša si dice ottimista Rispettate le aspettative europee I l premier sloveno Janez Janša ha detto che le aspettative degli sloveni per l’entrata nell’Ue sono state realizzate. In questi quattro anni, la Slovenia ha ottenuto dall’Unione europea tutto il possibile: la Slovenia è entrata nell’eurozona e nella Zona Schengen, attualmente è in corso il semestre di presidenza dell’Ue, e sarebbe stato difficile ottenere di più, secondo il premier sloveno. Tutta- 6 Panorama via, il premier si chiede anche se la Slovenia abbia utilizzato appieno queste opportunità per lo sviluppo nazionale. Alcune aree si sono sviluppate più di altre, tuttavia la Slovenia nel prossimo periodo riceverà finanziamenti quattro volte superiori a quelli finora ottenuti. Janša ha però lamentato che la crescita economica non abbia portato beneficio a tutti gli sloveni e ha dichiarato che nes- Janez Janša sun Paese può ritenersi soddisfatto quando alcuni suoi cittadini vivono sotto la soglia della povertà, anche se si tratta di persone in grado di badare a se stesse. La notizia positiva, tuttavia, è che il numero di queste persone sta diminuendo. ● Costume e scostume Un affare di stato le dodici vittime delle Incoronate Boris Tadić al momento del voto che ‘’non si tratta di un’ottima notizia solo per la Serbia e il suo futuro, ma anche per l’intera regione dei Balcani e per la stessa Croazia’’. Lo si legge in un comunicato dell’Ufficio della presidenza croata. ‘’I risultati mostrano che il futuro della Serbia non potrà essere deciso senza le forze europeiste’’, ha scritto Mesić, fatto importante anche per la Croazia che ‘’come vicino avrà una Serbia nella quale un numero rispettabile di cittadini ha scelto di costruire un futuro, e non di rimanere schiavi del passato’’, circostanza fondamentale ‘’per la stabilità della regione dei Balcani e per la prospettiva europea di tutti i paesi della ex Jugoslavia’’. In Croazia le elezioni politiche in Serbia sono state seguite con particolare interesse, e molti analisti hanno espresso il timore che nel caso di una vittoria degli ultranazionalisiti del Partito Radicale si riaprisse una stagione di crisi suscettibile di mettere in discussione la fragile stabilità costruita negli ultimi anni tra le repubbliche reduci dalla Jugoslavia socialista e dalle sanguinose guerre degli anni Novanta. La stampa, infatti, non mette in primo piano la vittoria di Boris Tadić, quanto le incertezze del dopo voto e il fatto che potrebbe essere il Partito socialista, orfano di Slobodan Milosević, a decidere la direzione in cui andrà la Serbia. Così il Večernji list di Zagabria apre la prima pagina con il titolo ‘’Gli eredi di Milosević di nuovo in sella’’, mentre il Jutranji list punta sulle dichiarazioni del leader dei radicali, Tomislav Nikolić, titolando ‘’Tadić primo, ma i radicali già a lavoro per formare il governo’’. La Croazia porta a termine i negoziati con la NATO Quattro milioni di euro per l’adesione L a Croazia ha concluso agli inizi di maggio a Bruxelles i negoziati di adesione alla NATO. Tra l’altro, è stata stabilita la quota annuale che Zagabria dovrà devolvere nella cassa comune di questa organizzazione euroatlantica: si tratta di una somma che si aggira tra i tre e i quattro milioni di euro. Bianca Matković, segretario di Stato presso il Ministero degli Esteri e delle Eurointegrazioni che ha guidato la delegazione croata a Bruxelles ha dichiarato che nel corso dei colloqui si è parlato di sicurezza, degli aspetti giuridici e finanziari che derivano dall’Accordo di Washington sul quale è fondato il Patto atlantico che la Croazia dovrà rispettare. ● L’unico superstite sembra ristabilito, la questione degli indennizzi appare ben avviata, la gente - escluse le famiglie colpite - ne parla con sempre maggior distanza, eppure sembra che passerà ancora prarecchio tempo prima che il sipario scenda sulla tragedia delle Incoronate. Della morte dei dodici pompieri mandati, tanti dicono allo sbaraglio, per spegnere quello che sembrava essere un banale seppur esteso incendio, non di un bosco, ma di nient’altro che sterpaglie, si occuperà entro questo mese addirittura il Consiglio per la difesa e la sicurezza nazionale. Per arrivare, si sotiene a conclusioni vincolanti, da inviare al governo per dargli modo di mettere a punto un’adeguata cornice entro cui sistemare leggi e regolamenti sulla tutela antincendio trattato alla stregua di una minaccia alla sicurezza nazionale, è un’esagerazione, ha sostenuto qualcuno. Forse chi la pensa così ha anche ragione, però ci si dovrebbe chiedere: una volta varate ottime leggi, acquistati i più moderni mezzi di spegnimento, comunicazione e trasporto dei reparti, preparati adeguatamente coloro che affrontano direttamente le fiamme, a chi verrò dato il comando? No, non si parla qui dell’istituzione, ma delle persone. L’anno scorso, dopo la tragedia, il duiretore della competente Direzione statale aveva choccato le famiglie dicendo che la stagione antincendio era stata “positiva”. Dov’è il problema? Nell’atteggiamento mentale ovviamente. Se questi sono i vostri comandanti, pompieri, fate attenzione perché, spento un incendio, magari banale, potrebbe accadere che anche qualcun altro fra voi non torni mai più in caserma. Panorama 7 Società Ginnasiali e studenti in piazza costringono il ministro alla ritirata Stanno arrivando. Siamo preparati? di Diana Pirjavec Rameša Foto di Ivor Hreljanović C hi sono i metallari, le signorine fancy, i ragazzotti con le bandane e accessori vari, i giovanotti in jeans modello "normal" e tutto l'esercito di ginnasiali e studenti delle scuole professionali che hanno contestato il processo di riforma scolastica e la maturità di stato? Continueremo a chiedercelo per un po' di tempo ancora, ma si tratta, che lo si creda o noi, del ragazzo della porta accanto, dei nostri figli e dei loro amici. Decisi, spontanei e questa volta arrabbiati, hanno fatto il loro ingresso ufficiale nella società in modo molto responsabile reclamando senza mezzi termini il diritto di essere informati e di partecipare al processo decisionale. Soprattutto quando si decide del loro destino. Hanno inaugurato un nuovo capitolo nella storia della democrazia di casa nostra e ci hanno fatto capire che esprimere pubblicamente il proprio dissenso non è un reato. Anzi è un dovere, un gesto di responsabilità. Ma cerchiamo di capire che cosa è successo. Gli studenti delle medie superiori sono scesi in piazza per chiedere chiarimenti in merito alla maturità di stato. Ma più che chiarezza hanno ottenuto il rinvio. Un rinvio, quello concesso dal ministro all'istru- A Fiume la protesta degli studenti ha avuto molte simpatie zione Dragan Primorac con una velocità stupefacente. Quasi a dire che... gli hanno levato un peso dal cuore. A protestare sono state in primo luogo le terze classi, cavie sin dall'iscrizione alla scuola media superiore (ma non sono state le sole) del progetto di riforma scolastica. Su di loro infatti il Ministero all'istruzione ha esperimentato gli esami nazionali dalla prima classe della media superiore e l'anno prossimo avrebbero dovuto sottoporsi alla maturità in base al nuovo modello, sebbene il regolamento non sia stato ancora Il ministro Dragan Primorac costretto a cedere alle proteste degli studenti 8 Panorama approvato. Alla domanda sul perché hanno protestato rispondono sintetici. "Non eravamo informati in modo sufficiente su come si sarebbe realizzata di fatto la maturità di stato. Ad ogni nostra domanda su come fare siamo incappati in un muro di silenzio. I professori non erano in grado di rispondere alle nostre domande e discutere del problema. Il 'catalogo del sapere' è arrivato solo due mesi prima degli esami nazionali e non sappiamo ancora quali potrebbero essere gli esami obbligatori. Non sappiamo nemmeno come prepararci per la maturità, e nessuno è in grado di dirci se poi l'esame verrà riconosciuto al momento dell'iscrizione all'Università" - hanno spiegato i ragazzi ai giornalisti che li hanno intervistato nei giorni della protesta. Ed anche i ragazzi delle medie superiori italiane di Fiume e di Pola hanno partecipato alle contestazioni dimostrando non solo di essere completamente integrati nel processo di trasformazione del sistema scuola ma anche di voler contribuire in prima persona all'individuazione di una soluzione che vada bene a tutti gli studenti, a prescindere se di 'maggioranza' o di 'minoranza' si tratti. Alla domanda sul come si sono organizzati due studentesse della SMSI di Fiume Antonella Paladin e Sarah Fabijanić rispondono con Società Antonella Paladin grande semplicità: "Abbiamo comunicato con i ragazzi delle altre scuole attraverso i messaggini e con la posta elettronica e quando è arrivata la conferma che si andava in piazza siamo uscite anche noi. E nessuno dei professori ha avuto da ridire". Anche queste ragazze lamentano di non aver avuto abbastanza informazioni, soprattutto informazioni precise. Sarah Fabijanić Alla domanda se sono contente del risultato ottenuto Sarah ribadisce che non tutto del progetto della maturità di stato va rigettato. Ci sono anche delle cose buone che però debbono essere ulteriormente chiarite. Come per esempio il riconoscimento effettivo dei risultati della maturità per l'accesso all'uni- Speed, un tempo a noi sconosciuto? Sono loro la nostra internet generation. I ragazzi che attraverso la posta elettronica, i messaggi sms, i cellulari hanno organizzato una protesta che in un battibaleno ha messo in ginocchio alti funzionari ministeriali e un progetto, quello della maturità di stato, di cui si diceva fosse ben avviata. E noi che pensavamo che i nostri giovani fossero amorfi, disinteressati, incapaci di reagire... Ed invece il ciclone delle manifestazioni di piazza, organizzate e gestite a regola d’arte... con tanto di permesso, ci hanno lasciati allibiti... anche perché tra di loro molti hanno riconosciuto i propri figli. Concreti nelle richieste, oserei dire educati, loquaci, sintetici, in piena sintonia con i tempi mediatici, molto distanti da qualsiasi rischio di manipolazione politica (c’è stato chi avrebbe voluto trascinarli, ma per fortuna hanno saputo opporsi) ci hanno fatto capire che li avevamo semplicemente sottovalutati. E non solo, ma con la loro protesta di piazza sono riusciti a smontarci, a noi adulti e alla politica che ci rappresenta. E dopo la protesta degli studenti dei Licei e delle scuole medie superiori professionali sono arrivati anche gli studenti universitari. Non sono scesi in piazza per il gusto di giocare ad imitare il Sessantotto (visto che ricorre l’anniversario) ma piuttosto per fare il punto sulle difficoltà che in seguito all’introduzione del sistema di studi di “Bologna” i ragazzi incontrano lungo il loro percorso di studio. Blog, Facebook, My space, siti internet. La rivoluzione dei ragazzi scorre e si sviluppa sui nuovi media e si basa sulle nuove tecnologie. Ecco perché molti non sono riusciti a stargli dietro. Immaginatevi se un funzionario ministeriale sia in grado di inserirsi nella loro veloce e trasparente comunicazione su Facebook... manco sanno di che cosa parliamo. Eppure per i ragazzi sono questi gli strumenti di comunicazione quotidiana. Li gestistiscono e vi navigano con grande disinvoltura, senza che né prof. né tanto meno i genitori riescano a star loro alle calcagna. Ecco perché secondo chi scrive il Ministero non è stato in grado di reagire in tempo e per salvarsi la faccia ha dovuto retrocedere e rinviare la maturità di stato. I loro erano i tempi della contemporaneità, dell’immediato. Invece, i tempi della pubblica amministrazione sono sempre e comunque un trapassato prossimo in lenta evoluzione. Ci hanno battuti sul tempo e continueranno a farlo perché il loro mondo è “speed”, il nostro è un tempo antico in cui, prima che qualcosa cambi, ci vuole un arco spazio-temporale moluto lungo. Ecco perché, comunque vada, noi adulti, professori e genitori, rimaremo dalla parte dei vinti e loro, simpatiche facce di liceali alle prime armi i veri vincitori. Un segnale positivo rivolto alla società civile che nessuno si aspettava. Panorama 9 Società versità senza dover sostenere l'esame d'ammissione. Antonella, che non nasconde il proprio scetticismo, ricorda per ancora una volta la velocità con cui il ministro ha fatto marcia indietro. " Io non credo ancora che la maturità sia stata rimandata. Qualcosa qui non mi quadra... ma vedremo in futuro. Mi è sembrato tutto molto semplice, troppo semplice", ci spiega Antonella. Il ragazzo che da Fiume ha gestito la manifestazione Deni Vitković, un ginnasiale biondo dalla faccia acqua e sapone, ha precisato che lui e i suoi compagni non sono contrari alla maturità di stato. Scendendo in piazza hanno voluto puntare il dito contro la totale disorganizzazione del sistema. Ma di fatto si sono resi portatori di una grande richiesta di cambiamento: dalla necessità di un salto di qualità nell'istruzione media superiore alle modifiche che si devono realizzare nel sistema universitario e nel mondo del lavoro che tra breve dovrà accogliere questa generazione. Scendendo in piazza ci hanno fatto un favore. Ora la società, le istituzioni e particolarmente i politici, dovrebbero trarre una giusta lezione. ● Il processo di Bologna va aggiustato D opo i liceali si sono fatti avanti anche gli universitari. Questa volta sotto la lente d'ingrandimento sono finite le modalità di attuazione del processo di Bologna. Anche qui sono state fatte richieste, precise. In primo luogo quella di passare ai fatti, cioè di realizzare concretamente quei presupposti indispensabili a riformare l'istruzione universitaria e, in secondo luogo, di chiarire diritti e doveri delle parti coinvolte nel processo di Bologna. Gli studenti chiedono vengano rispettate le condizioni pattutite al momento dell'scrizione, inclusa la possibilità di iscriversi alla laurea specialistica senza dover pagare tasse universitarie. Pretendono la pubblicazione dei risultati delle inchieste relative alla qualità dell'insegnamento come pure il coinvolgimento degli studenti nella stesura dei piani di studio. Chiedono una migliore comunicazione e collaborazione tra le università e le imprese in modo da facilitare l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. "Non crediamo alle promesse, vogliamo fatti" è stato il messaggio lanciato alle autorità dai manifestanti, sia a Fiume che a Zagabria. Ma ci sono stati pure striscioni in cui gli studenti hanno chiesto le dimissioni al minstro Dragan Primorac. I ragazzi hanno capito però che il problema non si può risolvere in un solo pomeriggio ed è per questo che hanno proposto un dibattito parlamentare sui problemi legati all'attuazione della riforma universitaria. "Il modo con cui il processo di Bologna viene attuato in Croazia è assolutamente lontano dagli intenti originari e non porta all'edificazione di una società democratica della conoscenza"- hanno sentenziato gli studenti, chiedendo interventi urgenti. ● 10 Panorama Patrizia Pitacco operat La maturità di Patrizia Pitacco operatore scolastico e ora consulente per le scuole della CNI ha seguito con grande attenzione e apprensione la protesta dei ragazzi. Ed anche se coinvolta dall'esterno ci ha aiutato a fare il punto su alcune questioni che la protesta giovanile ha posto di fronte a tutti noi. Se la sente di dire che il sistema scolastico è stato bocciato all'esame di maturità? Apparentemente potrebbe sembrare di sì, è la conclusione che ci viene proposta dai media, Ci sono persone che hanno avuto proprio questa percezione. Io non sono del parere che il sistema sia stato bocciato. Forse sarò un'illusa, forse sarò una poco informata, ma credo ci siano ancora delle possibilità. Non avrà ricevuto un bel voto, non sarà stato un esame brillante ... sono cose su di cui si può discutere. Per quanto mi riguarda non posso però dire che non ci sia stata informazione. Provengo dalla scuola elementare che tecnicamente è coinvolta di riflesso nella maturità di stato, però considerati i mei coinvolgimenti, anche in passato, posso dire di avere avuto la fortuna di essere stata inserita nella problematica sin dal primo momento. È vero, le informazioni non sempre sono state chiare. Forse si è entrati in questa riforma un po' impreparati e un po' in fretta. Certe cose andavano ponderate e preparate meglio. Forse è anche vero che i sistemi si cambiano partendo dalla base e ciò significa dalle scuole materne. In Croazia invece si è partiti dalle Università. Abbiamo iniziato ad adeguare le università al processo di Bologna...di seguito la riforma ha coinvolto anche la scuola media. Non sono d'accordo sul fatto che i ragazzi dei Ginnasi, coloro che avrebbero dovuto sostenere la maturità di stato non siano stati informati. Non dobbiamo dimenticare che i ragazzi dei Ginnasi sono stati prepararati a queste novità sin dal primo anno della Media superiore. Loro hanno fatto ogni anno un esame nazionale. Chi invece è stato buttato nel fuoco sono i ragazzi che frequentano gli indirizzi professionali quadriennali. È Società tore didattico e consulente per le scuole della CNI stato non è stata bocciata vero che a loro è stato detto che avrebbero fatto l'esame nazionale solo quest'anno a gennaio, mentre negli anni precedenti non erano stati coinvolti negli esami nazionali. Ma i ragazzi dei Ginnasi... Voglio sperare che sia chiaro che per ottenere la licenza di Media superiore i ragazzi dovranno fare un esame di maturità. Anche se a sentirli si ha la percezione che loro credano che non si farà alcun tipo di esame alla fine della quarta, cosa del tutto sbagliata. E poi devo dire una cosa, la protesta ha suscitato in me una certa inquietudine. Perché? Anche se tutti noi ci occupiamo prevalentemente del problema legato alla maturità, il nocciolo della questione si trova a monte. Questa è solo la punta dell'iceberg. Noi, in quanto persone, siamo come dire...un iceberg e quello che si vede è solo un terzo di quello che in effetti noi siamo. I due terzi rimangono nascosti. E quei due terzi che i nostri ragazzi non fanno vedere nascondono molto disagio. Un disagio profondo sia dei ragazzi che della società in cui noi viviamo. Ed è un problema che non riguarda solo la Maturità di Stato ma coinvolge la società e l'essere giovane oggi. Io non credevo che si potesse organizzare una protesta del genere servendosi di Internet.. E allora sono andata a scoprire questi famosi blog. Ho chiesto come si faceva ad entrare in questi siti e in un primo momento mi hanno detto: 'È un segreto... non si può'. Poi ho digitato su Google la parola blog ed ecco che mi si sono aperti i vari forum attraverso cui i ragazzi hanno comunicato e continuano a farlo. Credo che facendo ciò non ho violato la privacy di nessuno di loro. Ho letto e rimango molto perplessa delle cose che lì ho trovato. Sarò superata, sarò vecchia.. Perplessa in merito a che cosa? La prima cosa che si potrebbe dire è: bravi ragazzi! Vi siete organizzati. Ma io ho il timore che siano stati invece strumentalizzati, che dietro a loro ci siano degli adulti, ma non saprei dire chi. Il messaggio che stiamo mandando in questo momento ai ragazzi è : "Avete un problema? Protestate, scendete in piazza e poi sarete accontentati nelle vostre richieste"... La Maturità di stato contemplerà indubbiamente delle difficoltà, ma non vorrei che una delle prossime protesta racchiuda in sé la richiesta di raccorciare le ore di lezione a 30 minuti. Ho paura che si stia perdendo un attimo il controllo e non si abbia più idea di chi sia competente per che cosa. I ragazzi non conoscono i propri limiti e mi sa che neanche noi adulti li conosciamo. Il minsitero ora sta cercando il colpevole. Il primo colpevole pare sia il Centro nazionale esterno per la verifica delle competenze formative (NCVVO). Mi sento un consulente atipico nel senso che sono stata coinvolta in questo problema data la specificità del territorio che io mi trovo a ricoprire e degli incarichi che ho avuto in precedenza. Il fatto di cercare il responsabile è una delle caretteristiche della nostra società. Si cerca prima di tutto di individuare il colpevole e solo poi di risolvere il problema. La decisione di rinviare la maturità ha prodotto un gran scompiglio nelle scuole e ora i ragazzi non sanno che cosa di fatto dovranno fare nelle prossime settimane. Bene, allora cerchiamo di dir loro che cosa faranno Da quello che ho capito le quarte di quest'anno faranno la maturità vecchia. Le terze di quest'anno avrebbero dovuto fare, l'anno prossimo, quella nuova, ma non la faranno. La maturità vecchia comporta la tesina e l'orale di italiano e altre materie... Che cosa significa questo rinvio per i ragzzi della CNI? Mi sono occupata sin dall'avvio della riforma della maturità delle scuole italiane e la grande battaglia è stata condotta per l'inserimento dell'italiano quale materia obbligatoria d'esame e per non costringere i nostri ragazzi a sostenere una materia in più. Abbiamo ottenuto che tra le materie obbligatorie ci siano italiano e croato poi a scelta una tra matematica e inglese e poi una opzionale. Ecco, diciamo che è stata una buona conquista. Si è trat- Patrizia Pitacco tato di una conquista politica gestita e portata avanti dall'Unione e dall'on. Radin e divenuta oggetto di un accordo politico molto preciso. Il fatto che questo argomento sia stato oggetto di un accordo politico, quello tra Radin e Sanader, in questo momento, visto l'andamento delle cose, mi rincuora. E non lo nascondo. Se non fosse stato così in questo momento sarei stata molto preoccupata. In questo momento i nostri ragazzi condividono il percorso con gli altri ragazzi e il fatto che anche i ragazzi della CNI siano scesi in piazza significa che sono integrati piuttosto bene nel mondo giovanile e in quello scolastico. I ragazzi prima o poi dovranno fare la maturità di stato. Le materie che sceglieranno in quanto opzionali sono legate a quelli che saranno gli studi universitari che intraprenderanno in seguito. Ma come si fa a chiedere al ragazzo di decidere sull'opzionale un anno prima di iscriversi all'università? Chi ha figli, chi insegna, sa che i ragazzi raramente alla fine della terza hanno già le idee chiare sul da farsi... Non crede che anche questo rappresenti un grande problema? Credo che il problema maggiore per il quale non sia stato approvato il regolamento sulla maturità di Stato sia legato alla questione dell'iscrizione all'università e alle modalità con cui questa dovrebbe venir realizzata. Abbiamo avuto sì conferma, ma solo a voce, che la maggior parte delle università abbiano accettato di riconoscere la maturità di stato e sostituirla all'esame di ammissione. Ma si tratta solo di assicurazioni fatte a voce. ● Panorama 11 Società Riflessioni indotte da un soggiorno a Bari nell’ambito della collaborazione fra i c Anche le rivoluzioni hanno bisogno d di Marino Vocci M ercoledì 7 maggio, a Bari, dagli splendidi balconi del Palazzo di Città (Palazzo del Municipio) ho avuto il grande piacere di partecipare alla serie di manifestazioni organizzate in occasione della Festa del Santo patrono della città, San Nicola. Insieme a amici e amiche del Comune di Monfalcone, sono stato ospite dell’Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia e del Comune di Bari. Devo fare dei sinceri complimenti a Monfalcone e all’amico Gianfranco Pizzolitto, per il ruolo da protagonista che l’Amministrazione comunale della città dei cantieri sta avendo nei progetti di collaborazione nell’Adriatico, e poi trovo veramente bellissima e lungimirante la scelta di istituire una direzione regionale che abbia il mare e il mediterraneo come punto di riferimento. E il termine partecipazione è proprio quello più giusto e appropriato per esprimere il coinvolgimento: un coinvolgimento dovuto alla grande ospitalità, all’amicizia e al calore con il quale sono stato accolto in quell’occasione. Una accoglienza calda e sincera, quasi espressione di un’amicizia duratura e poi soprattutto la gioia di poter incontrare la bellezza semplice di questa città, che si presenta quasi normale e allo stesso straordinaria: un qualcosa che in alcuni momenti è stato per me motivo di vera commozione. La basilica di San Nicola nella capitale pugliese Così è stato ad esempio, quando, lungo le stradine che caratterizzano la Bari vecchia, dominata dalla pietra bianca, ho gustato un pezzo di polenta fritta che una signora mi ha voluto offrire, o chiaccherato con un allegro e bellissimo bambino. Un bambino con gli occhi e i capelli nerissimi, che mi ha fatto riandare con il pensiero ad una mia fotografia di quando avevo, più o meno, l’età di dieci anni e che mi ha voluto raccontare di un suo viaggio compiuto di recente insieme alla mamma e al papà, lungo rotte di terra e di mare che aveva fatto tra Bari e Ragusa, alla scoperta di un mondo bellissimo, per lui fino ad allora assolutamente sconosciuto. Mentre parlava i suoi occhi erano pieni di una luce gioiosa. O, ancora, nel Palazzo di Città, poter ascoltare in silenzio il rullare dei tamburi e il suono delle trombe del corteo mascherato per la Festa di Il traghetto Ivan Zajc della fiumana Jadrolinija collega Bari a Ragusa 12 Panorama Il patrono di Bari San Nicola, sorseggiando un bicchiere di Negramaro; tutto questo insieme a molta altra gente, e soprattutto a delle splendide ragazze del sud, vestite semplicemente con abiti che facevano trasparire tutta la loro mediterranea bellezza. Proprio mentre ero in piedi davanti al balcone, immerso nel frastuono gioioso e coinvolgente della Festa, ho ripensato alla bellezza, sì proprio alla bellezza della semplicità, quella di un bambino, di un paesaggio, di un suono ma anche alla bellezza di una fanciulla e delle persone che si incontrano e/o si amano, che a volte è proprio …bella. Spesso invece assistiamo al massacro, alla distruzione e all’annullamento della bellezza, a volte non conosciamo per niente o ci è impedito di ascoltare la bella musica e l’armonia dei suoni, come ad esempio quella dei canti primaverili che caratterizza i merli e gli usignoli. Dei grandi occhiali scuri - mi dicono che proprio quello italiano sia ..il popolo degli occhiali da sole - nascondono la vitalità e la bellezza degli occhi, e impediscono di farti capire se una persona, mentre parla con te, ti guarda o no. Proprio gli occhi sono - o dovrebbero essere - lo specchio dell’anima. E ancora, il vestirsi in maniera accentuatamente trascurata o strana: con abiti sgangherati, volgari o falsamente raffinati e invadenti, che nascondono la bellezza e impediscono di ammirare il nostro corpo. Forse dovremmo ricordarci che curare la nostra bellezza, il nostro aspetto, mantenendo un piglio pulito, sem- Società centri adriatici e mediterranei della bellezza plice e non volgare o ostentato, significa anche portare, regalare qualcosa di noi stessi agli altri. Anche per questo dico che sono proprio belle le ragazze, le donne e gli uomini del sud della mia Italia! Sono rimasto poi particolarmente colpito, direi proprio stupito, quando, seduto sul muretto di pietra che si affaccia sull’Adriatico, tra la straordinaria chiesa e il castello-fortezza di Trani, una bella signora del luogo, dopo aver saputo del mio amore per l’Istria, ha esclamato: “Oh, l’Istria, la terra di Fulvio Tomizza”. Il giorno seguente, ritornato a Trieste, ho accompagnato, come è ormai mia abitudine da alcuni anni a questa parte, un gruppo di studenti alla scoperta dell’Istria di Fulvio Tomizza. Dopo aver lasciato la “sua” Trieste e visitato la “sua” Capodistria, prima di approdare nelle “sue” Giurizzani e Materada, abbiamo fatto una sosta per vedere le Saline di Sicciole. Lungo la strada bianca tra il confine sloveno e croato, sotto gli alberi di ciliegio sfioriti da soli pochi giorni, abbiamo incontrato, per dirla con le parole di Franco Juri: “… il simbolo della heimat slovena di autentica e genuina ispirazione stiriana e carniola… “. Oggi è proprio lui che fa notizia, oggi è proprio lui che viene ricevuto dal Presidente della Repubblica di Slovenia, oggi è proprio per lui, o meglio strumentalizzando la sua protesta e lo sciopero della fame per spo- Una bella immagine della cittá vecchia di Bari Vecchia stare dei vasi di fiori e affermare così la sovranità slovena su 113 ettari ancora contesi, che, sono sempre parole dell’amico Franco: “…umiliando per l’ennesima volta l’Istria multiculturale (proprio quella del nostro Fulvio Tomizza n.d.r.) nei primi giorni di maggio hanno manifestato un gruppo di persone che sbandieravano coloriti stendardi, con un grottesco accoppiamento tra quelli karantani e quelli dell’Unione europea, tra teste rasate, bicipiti tatuati e folklore della Gorenjska…”. Il vero dramma è che tutto ciò avviene nel sostanziale silenzio della “sinistra”, anzi di una “sinistra”, Fulvio Tomizza che sempre più spesso si arrabatta a rincorrere e a imitare in pessimo modo la destra. A questo punto sorge spontanea una domanda, esiste ancora una sinistra? Di fronte alla comparsa dei nuovi fascismi, sembra proprio di no! Povera sinistra, povera Istria! Forse dovremmo proprio adoperarci a recuperare il senso e il piacere della bellezza. In primo luogo la bellezza e la lungimiranza che si dovrebbero rinvenire nei comportamenti dei nostri politicanti. Il detto popolare ci ricorda tradizionalmente come …el pese comincia a spuzar da la testa ! Bisogna allora recuperare non il culto della bellezza, quella bellezza sfruttata con ritmo martellante dal mercato, ingiustificatamente amplificata dai media, spudoratamente ostentata dal potere, che non ha fatto altro che produrre un mondo che non è stato mai così brutto. Bisogna invece recuperare quella bellezza che è stata ricordata da Camus e cioè quella che: “… senza dubbio, non fa le rivoluzioni, ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza.” E dare allo stesso tempo un’adeguata e positiva risposta alla domanda di Fedor Dostoevskij che nel “L’idiota” si chiede: “E’ vero, principe…che il mondo lo salverà la bellezza ?”. ● Panorama 13 Etnia Alla Comunità degli Italiani di Via del Mulino i lavori di ristrutturazione sono Cittanova, chi va piano va sano e di Bruno Bontempo preliminare dell'intervento vero e proprio ha preso il via nel 2003 con la stesura del progetto di massima, seguita orse unica tra le oltre 50 CI imdalla pubblicazione del bando di gara matricolate nell'Unione Italiana, d'appalto, per arrivare infine la Comunità di Cittanoalla firma del contratto con va ha una storia alquanto sinl'azienda appaltatrice, la Gragolare, essendo nata come sodin Kuk di Pinguente, avvecieta di calcio "Cittanovese" nuta nel maggio del 2005. Il nel 1948 e rimasta in attività tempo intermedio trascorso è per quattro anni. Nel 1952 letteralmente volato e ci siafu costituito l'allora Circolo mo resi conto quanto fosse Italiano di Cultura, che ebbe complesso seguire l’andacome fondatore e primo premento tecnico-amministratisidente Alfredo Zaccaron. Un vo di un'opera pubblica nelle sodalizio, quindi, tra quelli sue diverse fasi procedurali, "storici", anche se il suo camcon particolare riguardo ai mino non è stato sempre covari stadi progettuali, richiesparso di rose. L'esodo masste, verifiche, documentasiccio e gli avvenimenti del zione, licenze, tra cui quella 1954 furono all'origine di un sull'esenzione dell'IVA. Pasperiodo di stallo, i cui primi sando attraverso la selva delsintomi di ripresa si manifele pratiche burocratiche, siastarono appena nel 1960, gramo arrivati al gennaio 2006, zie al contributo di una nuova quando è stato firmato il consfornata di dirigenti, tra cui tratto per l'inizio dei lavori, Luigi Carlin, Pietro Grabar, mentre il cantiere è diventato Leni Benussi e Luciano Mooperativo neanche un mese nica. Nel 1972 il CIC lasciò il posto alla Comunità degli Paola Legovich Hrobat, dinamica presidente della CI più tardi, il primo febbraio. L'ultimazione dei lavori era Italiani, che proseguì il suo cammino tra alterne fortune, ma oggi sciata in eredità dalla SEI quando si è prevista entro un termine di 600 giorè un sodalizio vitale e in buona salu- trasferita nei nuovi ambienti. Lo spazio ni, quindi l'auspicio era di poter avere te, che occupa i vani del vecchio edi- utile comprende una superficie com- la sede rimessa a nuovo a nostra dispoficio scolastico, nel centro storico della plessiva di circa 650 metri quadrati, sizione già nell'ottobre del 2007. Anche incluso l'estivo con il bel giardino. Da se ora finalmente possiamo dire di esquindici mesi, però, la sede è off limits sere alle battute conclusive - lamenta per i 700 soci della Comunità, "occupa- Paola Legovich - purtroppo i lavori non ta" dalle maestranze che stanno portan- sono ancora finiti". do a termine i lavori di ristrutturazione. Una sede funzionale L'idea per il restauro risale a più di una proiettata al futuro decina di anni addietro, al '95-'96, cioè a molto prima che Paola Legovich Hrobat, attuale presidente, assumesse la ca"Come da progetto, approvato dalla rica. "All'inizio avevamo qualche dub- precedente gestione della Comunità, al bio su quello che sarebbe stato più op- pian terreno potremo disporre del bar, portuno intraprendere - ci ha spiegato la dei servizi, del vano ascensore e di una simpatica e dinamica presidente del so- sala polifunzionale, che verrà adibita a dalizio, nota imprenditrice cittanovese- teatrino e alle varie necessità della Co. Vennero presi in considerazione vari munità - ci spiega con entusiasmo la abbozzi, diverse idee sul modo di inter- presidente -. Ovviamente, questi spazi venire, si valutò la possibilità di amplia- costituiranno il fulcro delle nostre molre la sede esistente ma anche quella di teplici attività sociali, spettacoli, espoprocedere al completo rifacimento del- sizioni d'arte e mostre fotografiche, che lo stabile, che alla fine risultò una scelta poi sono lo specchio della nostra opeL’interno della ristrutturata Comunità degli Italiani di Cittanova quasi obbligata. Si può dire che la fase rosità. Pure la struttura, gli arredi e l'il- F 14 Panorama città, in via del Mulino. L'edificio è del 1890 e fino agli anni Ottanta ha ospitato sia la scuola elementare sia l'asilo nido, ma ora è di proprietà della stessa CI, la- Etnia ormai nella fase di rifinitura va lontano luminazione della sala sono stati scelti oculatamente affinché potessero soddisfare la funzione polivalente cui sarà destinata. Pur non rientrando nella categoria dei monumenti storico-architettonici sotto tutela, la nostra sede ha il grande privilegio di essere ubicata in una parte vitale di Cittanova, una strada molto frequentata, luogo di ritrovo e di passaggio, tappa obbligata per tutti i cittanovesi e come tale facilmente raggiungibile dai nostri soci e dagli altri interessati". Al primo piano dello stabile troveranno posto l'ufficio di segreteria e quello per il presidente, una sala riunioni, l'archivio e la biblioteca, nonché i servizi, anche quelli per le persone meno abili. Il secondo piano sarà sistemato conformemente alle esigenze delle sezioni che sono già presenti nell'inventario della CI (sala prove con pianoforte per il coro e per il Cittanova Vocal Ensemble, un complesso molto attivo), ma nella progettazione non sono state trascurate le nuove forme di attività che la dirigenza intende varare prossimamente per soddisfare alcune delle richieste dei soci. Destinato al gruppo fotografico, molto ambizioso e industrioso, formato da giovani di talento, ci sarà il laboratorio e la contigua camera oscura tradizionale, attrezzati per lo sviluppo delle pellicole e il trattamento e la stampa di foto analogiche. Un altro ambiente sarà riservato al gruppo artistico, che oltre all'atelier per la sezione pittura, già operante in seno alla CI, prevede anche un... "angolo cottura", dove troverà posto un forno per la ceramica o la porcellana, una forma di attività per la quale c'è grande interesse ma che finora non è stato possibile avviare proprio per la mancanza di uno spazio e di un'attrezzatura adeguati. Ancora al secondo piano è prevista una piccola sala computer, che sarà messa a disposizione dei ragazzi. Si tratta di un'iniziativa pensata nell'ambito delle politiche giovanili, per favorire l'avvicinamento di questa fascia di soci alla Comunità, offrendo loro una struttura inedita ed interessante, con nuove opportunità per la realizzazione di progetti multimediali anche in questo campo. Infine, all'ulti- La palazzina della Comunità, ristrutturata, attende la conclusione dei lavori Ex tempore di fotografia e concorso dolciario come fiori all’occhiello L e attività della CI di Cittanova inquadrano varie sezioni, come il coro "Cittanova Vocal Ensemble", il gruppo di pittura, quello fotografico, le squadre sportive (bocciofila "La fameja", pallavolo femminile, pallavolo maschile, calcetto), la filodrammatica, la sezione etnografica, la sezione giornalistica, il corso di batik, il gruppo letterario. "Se ci è stato possibile mantenere in vita tutte le sezioni anche durante lo svolgimento dei lavori nella sede di via del Mulino, dobbiamo ringraziare l'impegno dei nostri attivisti ed anche la disponibilità della municipalità e del sindaco Anteo Milos, che poi è un nostro connazionale. La città ci ha messo temporaneamente a disposizione dei vani per i gruppi fotografico e artistico - ci ha spiegato Paola Legovich Hrobat - e inoltre ci è stato concesso in affitto, per un prezzo simbolico, un ambiente per la segreteria. Nel frattempo anche i vani dell'Università popolare di Cittanova, dove ci eravamo sistemati temporaneamente, sono stati sottoposti a dei lavori di ristrutturazione per cui le nostre sezioni si sono viste costrette a dividere l'unica stanza a disposizione con la nostra segretaria Barbara Zancola Radujko, e lì è stato sistemato anche il pianoforte per le prove del coro". In questa situazione non è stato possibile avviare alcune nuove forme di attività previste per il 2008, per cui il gruppo giovanile di danza e quello di ceramica sono ancora in sala d'attesa. La prolungata inagibilità della sede sta creando anche altri problemi. La gara dei dolci (tradizionali, del bello e del buono), ad esempio, arrivata alla quinta edizione ed allargata prima alle CI del Buiese, quindi a tutte le altre del territorio e agli Enti per il turismo della Regione istriana. Nel 2007 era stata allestita in un albergo cittanovese, nel 2008 l'abbiamo spostata all'autunno, ma mi sa che neanche questa volta potremo farla in sede e saremo ancora costretti a chiedere ospitalità per non interrompere questa che sta diventando una bella tradizione. Discorso che vale anche per l'Ex Tempore di fotografia (terza edizione a settembre), che ha visto la presenza di artisti croati, sloveni, polacchi, tedeschi, austriaci, italiani, ungheresi. Mancando la nostra tradizionale e rustica sala mostre alla CI, ci siamo dovuti arrangiare con uno spazio-tenda allestito nel mandracchio di Cittanova, andando incontro a parecchi disagi ed anche a costi aggiuntivi non indifferenti" ha concluso con una punta di rammarico la presidente Paola Legovich Hrobat.● Panorama 15 Etnia mo piano mansardato dell'edificio, verranno ricavate tre unità abitative, alloggi destinati agli insegnanti della Scuola elementare italiana, come previsto a suo tempo da una clausola del contratto di donazione dello stabile alla CI. Investimento da oltre un milione di euro "Questa fase della ristrutturazione, però, ha interessato soltanto metà del giardino, con la pavimentazione dello spazio che ospiterà la terrazza del bar sociale - ha aggiunto la loquace Paola Legovich Hrobat, senza nascondere il desiderio della CI di uscire dai propri ambiti -. In un secondo tempo contiamo di realizzare anche una sorta di piccolo teatro all'aperto che, si auspica, dovrebbe ospitare una serie di rappresentazioni e consentire ai nostri gruppi di inserirsi con successo nel contesto più ampio dei programmi dell'estate cittanovese. In questo senso stiamo valutando le possibilità di una collaborazione con l'Ente per il turismo di Cittanova e con la municipalità, mettendo a disposizione un ventaglio di proposte che vanno dalla cultura agli spettacoli, con concerti, mostre, presentazioni e altro". L'investimento complessivo per i lavori di ricostruzione della Comunità degli italiani di Cittanova ammonta a 960 mila euro, ai quali va aggiunto l'ammontare di altri 100 mila euro, previsti per l'acquisto degli arredi. Anche il concorso per la fornitura del mobilio è già stato portato a termine, ma la sua realizzazione è messa in forse dal blocco delle attività e degli interventi promossi dall'UI e dall'UPT, causa il ritardo nel versamento dei mezzi finanziari all'Ente triestino da parte del Ministero degli Esteri italiano. "Un contrattempo di natura tecnica" come lo ha definito il presidente della Giunta di Unione Italiana, Maurizio Tremul, che si è detto ottimista. Comunque, nelle ultime settimane questa impasse ha comportato una serie di slittamenti e ritardi, per cui è difficile fare delle previsioni circa gli sviluppi futuri. Legovich Hrobat: oculata scelta dei materiali La sede della CI nel vecchio edificio scolastico, rimesso a nuovo 16 Panorama Comunque, anche i lavori edili alla CI di Cittanova sono in ritardo. "La consegna della struttura era prevista dapprima per l'ottobre 2007 - ha aggiunto Paola, con una sorte di rassegnazione -, ma ci sono state delle proroghe richieste dalla ditta appaltatrice e concordate con la ditta Oktagon Srl di Pola e l'architetto Sergio Perinić, incaricati della sovrintendenza dei lavori, che comunque vogliamo ringraziare per la buona collaborazione mantenuta per tutta la durata dell'intervento e per esserci stati vicini, cercando di soddisfare tutte le nostre esigenze. E un ringraziamento per l'impegno profuso va anche a Mauro Hrobat, rappresentante della CI delegato a seguire l'andamento dei lavori, la scelta dei materiali, qualità e tipologia. Su questo punto siamo abbastanza soddisfatti e crediamo di aver fatto delle scelte molto oculate, che speriamo si confermino tali quando il sodalizio dovrà far fronte, per la manutenzione, ai costi ed ai problemi tecnici che solitamente emergono a lavori conclusi". Tornando ai termini di consegna dello stabile, una prima procrastinazione aveva previsto la conclusione dell'intervento a fine febbraio, un ulteriore dilazione lo aveva fissato a fine marzo, ma oggi che siamo a metà maggio restano ancora da rifinire alcuni dettagli. "Anche se i lavori sono arrivati alla fase finale, la Gradin Kuk non ci ha fornito ancora la documentazione necessaria per cui non possiamo procedere all'ottenimento della licenza di agibilità - ha concluso con un po’ di amarezza Paola Legovich Hrobat -. Da quanto ci è possibile sapere, il tempo per l'ottenimento di queste autorizzazioni va dai tre ai sei mesi, pertanto siamo ancora lontani dal poter definire la data di apertura. Ma quel che più ci duole, è la difficoltà nella programmazione delle nostre attività, che ora marciano molto a rilento causa la mancanza di spazi adeguati e sufficienti in cui poter operare e quindi le cose si complicano un attimino. Quando, arrivati quasi alla fine dei lavori, pensavamo di esserci ormai lasciati alle spalle tutta la sfilza di intoppi che abbiamo incontrato strada facendo, è arrivata la notizia di questo problema, intendo la sospensione dei finanziamenti. Per la riapertura della sede e la ripresa a pieno ritmo delle nostre attività, quindi, si configurano ritardi ben più gravi".● Teatro A cinquecento anni dalla nascita, happening coinvolge croati e italiani Venezia, tre ore nel nome di Držić di Sandro Damiani U na splendida giornata di sole ha accolto, il 2 maggio scorso, le trecento e passa persone che dalla Croazia sono venute a Venezia per ricordare con un happening assai gradito alla fluttuante platea di Campo SS. Giovanni e Paolo, i cinquecento anni della nascita di Marin Držić (1508-1567), nel giorno che ne ricorda la scomparsa, avvenuta nella città lagunare proprio tra le mura della chiesa che porta il nome della piazza; chiesa il cui muro laterale fa un tutt’uno architettonico con il grande ospedale che chiude lo spazio cittadino ove troneggia un monumento equestre del Colleoni. Chiesa, tornando a Držić, al cui interno fa bella mostra una lastra in marmo, messavi nel 1972, che ricorda come il commediografo raguseo vi sia stato sepolto. Un happening, dicevo. Non di tutti i visitatori. Ovviamente. Ma di un centinaio, circa, sì, se pensiamo che c’erano il complesso folcloristico raguseo Linđo, attori zagabresi, tra cui la Buljan, lo Ševo e il Gracić, impegnati in uno spettacolo di Držić all’HNK della capitale, diretto da Joško Juvančić, una sessantina di allievi dell’Accademia d’Arte Drammatica di Zagabria (preparati, tra gli altri, dalla regista e docente Icica Boban), i quali hanno percorso in un corteo colorato e festante gran parte delle vie, calli e campi di Venezia, tra la simpatia della folla. E poi il complesso di musiche, canti e danze rinascimentali Claviere di Vittorio Veneto i cui quindici elementi provengono, però, da quasi altrettante localita’ della regione. E, non ultimi, tra i protagonisti della lunga giornata in onore del Raguseo, coloro i quali ne hanno detto, letto e recitato versi e battute in italiano: attori che con Držić si erano già incontrati: due volte, il veneziano-goriziano Gianfranco Saletta: una volta, nell’ormai lontano 1969, a Trieste, nell’allestimento firmato da Kosta Spaić, dal titolo “I nobi- li ragusei”, che poi era la versione dialettale veneto-istriano-dalmata del “Paron Maroje” curata da Carpinteri e Faraguna; ed una seconda volta a Fiume, con il Dramma Italiano, per la regia di Nino Mangano. Accanto a Saletta, si sono alternati sul palco del campo Roberto Della Casa e Andrea Blagojević, entrambi impegnati nello spettacolo fiumano dianzi rammentato, e l’ecclettico attore e cabarettista mestrino (ma dalle forti radici partenopee) Salvatore Esposito, che Držić non lo aveva mai affrontato. Ma non lo avrebbe detto nessuno.... Insieme a questi consumati professionisti, tre allievi di una scuola di teatro “storica” in Venezia, preparati da Paolo Bertinato. Dimenticavo... La scuola: quella fondata dal compianto Giovanni Poli – e oggi diretta dalla vedova Carla - “Teatro all’Avogaria”. Il programma artistico all’insegna di Marino Darsa, tale il nome italiano del Nostro, durato dalle quindici allle alle diciotto, aveva avuto il suo, diciamo così, battesimo, nella tarda mattinata con una prolusione del professor Sante Graciotti sulla persona e l’opera del grande uomo di teatro raguseo, collocato nel suo tempo. (Accanto a Graciotti c’erano il poeta Luko Paljetak e la traduttrice Ljiljana Avirović). La conclusione della giornata, invece, si è avuta dentro la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, con una messa a suffragio accompagnata, come usava nel Seicento, da un concerto d’organo. Pleonastico aggiungere che a lato, prima e dopo l’evento si sono avuto incontri tra amministratori veneziani e ragusei (rappresentati, questi ultimi, dalla sindaco Dubravka Šuica) nonché fra docenti universitari, che dovrebbero portare a interessanti forme di collaborazione artistica, scambi culturali con nascita di stage ad hoc, tra l’Ateneo e l’Accademia di Belle Arti di Venezia, da un lato, e l’Accademia d’Arte Drammatica di Zagabria e l’Ateneo di Spalato, nonché Casa Marin Držić dall’altro. Rapporti e scambi tenacemente cercati e voluti dal professor Slobodan Prosperov Novak, uno dei maggiori, se non il principale studioso di Držić in assoluto e promotore e ideatore di questa manifestazione (sostenuta dal Sabor e dal governo croati, oltre che dal Comune di Dubrovnik). Non posso non concludere questa cronaca con una nota dolente. Relativa alla totale assenza del Dramma Italiano. Oh certo, tre dei quattro attori che si sono esibiti in Campo SS. Giovanni e Paolo erano parte del cast di una produzione del Dramma del 1999 (e altri avrebbero voluto esserci, ma impossibilitati per una questione di date), lo stesso organizzatore del tutto e presentatore, il sottoscritto, la compagnia fiumana l’ha diretta per sette anni. Ma, appunto, si parla di singoli. Non dell’istituzione. Dov’è finita, nonostante i vantati riconoscimenti degli ultimissimi anni, in relazione alla memoria della scena teatrale croata? Come si fa a «scavalcare» il Dramma Italiano nel momento in cui si pensa a dare vita ad una manifestazione di impianto teatrale italocroata, per di più in Italia?! (Ma viene anche da chiedersi come può il Dramma Italiano permettersi il lusso di non sentirsi coinvolto a fronte di mesi e mesi di discussioni e interventi nel mondo teatrale nazionale e sui media sull’argomento?). Evidentemente, il complesso che fu diretto da Rismondo e Ramous, Petrali e Margherita Gilić, con il contributo attivo dei Brumini e degli Scaglia, dei Benettelli e delle Depoli è tornato nella zona d’ombra a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta, quando pur a fronte di produzioni anche eccelse, scarseggiava quanto a peso specifico. Come spesso amo ripetere (un guaio, quando ci si innamora delle proprie battute!): ho buttato a mare sette anni della mia vita. Probabilmente se avessi coltivato patate saremmo in molti, oggi, ad avvantagiarcene. ● Panorama 17 Teatro L'autore, attore e regista ligure Cultura è gu di Bruno Bontempo foto Goran Žiković e archivio N “Sala d’attesa”, vincitrice della 15.esima edizione del Festival Una finestra sul meglio del teatro europeo contemporaneo: al Festival delle Piccole Scene di Fiume, ideatore e direttore artistico Nenad Šegvić, nove compagnie provenienti da sette paesi hanno tagliato con successo il traguardo della quindicesima edizione, probabilmente la migliore finora. La giuria di esperti ha premiato "Sala d'aspetto" dello slovacco Viliam Docolomanský (produzione Farma v jeskyni, Praga), che ha ripetuto il successo ottenuto due anni fa con la stessa Compagnia. Le preferenze del pubblico (voto 4.68) sono andate a "Ćeif" di Mirza Frehimović (coproduzione Beogradsko Dramsko PozorišteMESS di Sarajevo, regia di Egon Savin). Al Festival sono stati assegnati due premi speciali: uno è andato al leggendario attore croato Pero Kvrgić (81 anni compiuti il 4 marzo scorso) per il ruolo del folletto Puck (o Robin Goodfellow) in "Sogno di una notte di mezza estate" (Teatro zagabrese Gavella, regia del macedone Aleksandar Popovski), l'altro è andato all'italiano Pippo Delbono "per la ricerca antropologica in campo teatrale". L'autore, attore e regista ligure (1959), fra i più apprezzati in Italia e all'estero, ha presentato lo struggente e poetico "Questo buio feroce" (Compagnia Pippo Delbono - Emilia Romagna Teatro Fondazione), uno spettacolo che ha ottenuto vasti consensi di pubblico (terzo posto per la giuria popola- 18 Panorama re con 4.47) e di critica. Più volte citato alle tavole rotonde, che alla manifestazione di Fiume seguono ogni rappresentazione, è diventato un punto di riferimento nell'intenso e articolato dibattito che ha accompagnato questa edizione del Festival, incentrata sulla "ricerca di una nuova bellezza". Uno spettacolo di grandi suggestioni, prende spunto dal libro autobiografico dello scrittore americano Harold Brodkey, che descrive gli ultimi due anni della sua vita stroncata dall’Aids. "Questo buio feroce" propone il tema della morte per narrare la vita. "Il dolore per la morte deriva dal fatto che noi non la capiamo, non la vogliamo vedere, forse siamo oramai vittime del fatto che ci siamo abituati ad un progressivo impadronirsi delle cose, ad oggettivizzarne la natura - spiega Delbono -. Ma nel caso della morte non siamo assolutamente capaci di contemplare il trapasso, di viverlo, di guardare alla morte per dare valore alla vita, per renderci conto che in ogni momento siamo tra il nascere e il morire. Non possiamo far finta che questo morire non esiste, nel nostro cervello, in ogni istante, è la paura di perdere le persone care, che si chiamano amante, moglie, figli, ma anche soldi, anche cultura. In fondo, questo tabù terribile è una grande menzogna, forse la più grande che ci portiamo dietro. Però più si fa un discorso importante e più ci si avvicina ad affrontare la morte..." on amo il teatro psicologico, non amo la psicologia nel teatro, non è confacente alla mia formazione. Pippo Delbono introduce così il nostro incontro fiumano. E prosegue: "Il mio teatro è corpo, un veicolo importantissimo, e lascia che ognuno tiri fuori una verità, una trasparenza. Credo che in qualsiasi espressione artistica, dalla pittura, al teatro, alla danza, non puoi osservare il mondo se comunque non ti metti sempre in un viaggio di osservazione di te stesso. Puoi vedere i mali del mondo in prima persona, puoi parlare della violenza, ma è inevitabile che sia l'autobiografia ad aiutarti nella ricerca della verità. Viviamo in un mondo di maschere, del "non ti voglio parlare di me", anche se non credo lo si faccia per pudore. Non mi interessano le notizie rosa, con chi va quella, da chi divorzia quell'altro, non mi piace nemmeno ciò che predica una parte dei politici e una parte dei religiosi. Manca il coraggio di iniziare a interrogarci, a chiederci chi siamo. Prendiamo come esempio la politica ratzingeriana, questo modello di morale che mi fa venire gran- Teatro Pippo Delbono, grande protagonista del XV Festival delle piccole scene di Fiume uardare il mondo con occhi diversi «Sono in piedi su una zattera che ha sciolto gli ormeggi, una piccola chiatta che si muove sulla fluida superficie scorrevole di un fiume. È precaria. L’ignoranza dell’ignoto, l’equilibrio difficile, i sobbalzi e l’instabilità si allargano in ampie increspature su tutti i miei pensieri. Pace? Non ce n’è mai stata alcuna nel mondo. Ma ora sto viaggiando sull’acqua arrendevole, sotto il cielo, senza ormeggi, e mi sento ridere, con un certo nervosismo all’inizio e poi con genuino stupore. È tutta intorno a me.» (Harold Brodkey, Questo buio feroce) Un’emblematica scena di “Questo buio feroce”. Sotto: Pippo Delbono di dubbi quando parla, ad esempio, della sessualità dei preti, considerato quello che fanno agli adolescenti. Ecco, così a un certo punto ti metti in prima persona a raccontare un'esperienza, non perché senti il bisogno di liberarti come fossi dallo psicanalista, ma perché in qualche modo diventa un gesto di rivolta. Io l'ho fatto con Racconti di giugno, in cui narro la mia esperienza di vita. Ormai lo faccio in italiano, spagnolo, francese, inglese, ed ogni volta alla fine sento che è successo un fatto importante. Perché il coraggio di raccontare di un te da comunque ad altri il coraggio di accettare il se. Anche in Questo buio feroce c'è una forte dose autobiografica, neanche il tema dell'Aids non mi è estraneo..." Piccole scene un Festival importante Lei è uno degli sperimentatori per eccellenza nel teatro italiano contemporaneo. La danza, nei suoi lavori, assume un ruolo sempre più importante. Perché il teatro tende a preferire il linguaggio del corpo a quello verbale, di cui il Festival delle Piccole scene di quest'anno, ma anche nelle precedenti edizioni, ci ha offerto dei saggi sempre più convincenti e sempre molto coinvolgenti? "Voi forse non vi rendete conto, ma probabilmente state creando un'isola felice. Il programma del vostro Festival l'ho trovato importante, anche questa passione, questo desiderio degli organizzatori che venissimo qua proprio con questo spettacolo. C'è stato un momento in cui il teatro del corpo rappresentava una grande forza, se pensiamo a quella che è stata la rivoluzione di Pina Bausch e il Teatro Danza degli Anni '80. Anche l'Italia ha avuto una grande avanguardia, poi c'è stato un ripiegamento e oggi prevale un teatro abbastanza antico, vecchio. Antico sarebbe una parola troppo bella, diciamo che per il 90 p.c. è un teatro vecchio, morto. La mia Compagnia è un po' l'eccezione in una struttura teatrale, quella italiana, nella quale prevale la messa in scena di testi basata sul calcolo. Non è che vogliamo distruggere i grandi testi classici, però se quello diventa un modo per evitare di andare in profondità, di sottrarsi al bisogno che abbiamo in questi tempi, secondo me è una strada troppo facile. Esistono sicuramente nel mondo ancora esperienze di teatro-danza, io vado spesso al Festival del Teatro di Avignone, il più importante di Francia, però oramai non sono così tante". Uno degli aspetti che caratterizzano il suo teatro, è l'impiego anche di "attori non attori" reclutati on the road, tra cui un down, un poliomielitico, un barbone, un sordomuto… "Tutto nacque nell'86 quando ero molto giù con le difese immunitarie, stavo molto male, quello che si dice ero completamente fuori di testa. Andato in un manicomio ad allestire un seminario per attori scoprii Bobò, ricoverato come paziente da 45 anni. Io avevo fatto delle grandi esperienze di danza con Pina Bausch, ma avevo questo corpo ferito, malato, che mi aveva fatto perdere tutta la forza. Però mi rimaneva quell'energia, dentro, che ho ritrovato in Bobò, un corpo fragile con la forza e la preziosità geniale di ogni suo sguardo. Aiutato da una dottoressa, gli feci capire che doveva fare l'attore. Abbiamo incominciato ad avere successo con lo spettacolo I barboni, poi siamo andati in tutto il mondo. Ho cominciato a seguire questi sguardi, a girarmi attorno, e sono arrivate altre persone, che sul lavoro avevano una precisione, un rigore, alla faccia dei professionisti. Anzi, nel provare e riprovare identico, come negli attori dell'Oriente, il Panorama 19 Teatro loro percorso è diventato perfetto e in quella perfezione sono diventati virtuosi, anche se sembra difficile poter dire virtuoso per un bambino down, nel quale vediamo piuttosto il dolore, la fragilità. Chiaramente queste persone hanno bisogno di essere seguite nella vita, perché poi Bobò è analfabeta e non può prendere un aereo da solo. Questo ha creato una grande solidarietà, una grande umanità nella compagnia. La cosa interessante che sto scoprendo da un annetto a questa parte, è che in un gruppo formato da attori che hanno fatto l'Accademia, musicisti, laureati, si sono create delle situazioni, assolutamente normali, di mischiare affettività, sentimenti, relazioni, i casini tipici, insomma. Ebbene, le uniche tre persone che danno un senso di equilibrio, di saggezza, di attivizzazione, che in certi momenti ti fanno capire 'ragazzi, state esagerando', sono proprio questi tre. Adesso, senza ombra di dubbio, posso dire che per noi è una fortuna avere loro, perché proprio quello che è stato per 45 anni in manicomio, l'altro che ha vissuto da clochard, il terzo che è down, hanno una tale gratitudine per quello che gli è successo, possono insegnarci tante cose e spesso ci fanno rimettere i piedi a terra. Se non avessimo loro, questa compagnia sarebbe già sciolta da tanto tempo..." Viviamo circondati da grandi menzogne Crede che il teatro, oggi, sia in grado di abbattere i muri dell'ignoranza, del pregiudizio, della chiusura mentale? O comunque possa essere un antidoto per alcuni dei nostri mali? "A questo punto non vedo quale altra funzione possa avere, perché tutto è diventato intrattenimento, tutto è fatto per sedurre. La televisione ne è la prova più eclatante. Viviamo circondati da grandi menzogne di tutti i tipi, politiche, sociali, cinti da finzioni, non verità, strumentalizzazioni. Dal teatro di oggi ci aspettiamo un impegno in questo senso, altrimenti non ne capirei il senso". Lei pratica il buddismo. Che cosa offre questa linea di pensiero rispetto alle religioni occidentali? "Lo studio poco, sono un po' negligente, ma lo pratico. Poi appartengo a una categoria, quella degli artisti, che comunque non può raggiungere la buddità. La nostra reli- gione è nata nella semplicità, perché gli apostoli in fondo erano dei pescatori, Gesù non è andato a prendere dei principi. Nel Buddismo, invece, Siddharta, che era un principe, lascia tutto per condividere la sofferenza che accomuna tutta l'umanità per cercare la verità. Anche se l'intelletto può diventare un limite ad un percorso più profondo, tuttavia il buddismo mi aiuta ad individuare delle zone dove non c'è contraddizione tra pensiero, accettazione della diversità, il rifiuto dell'inquadramento in qualsiasi tipo di moralità. Mi sento lontano dalle religioni monoteiste, dove c'è questo Dio, dove ci sono delle proiezioni, abbastanza facili, della paura di morire. Il buddismo non parla di Dio, tuttavia ti permette di fare un percorso di pratica lungo il quale cerchi di andare nelle zone più profonde della tua comprensione. Ogni tanto hai degli squarci importanti, intuisci delle cose, ma ammetto che in vent'anni non è che abbia ancora capito granché. Il buddismo è un concetto molto comunista, tutte le persone sono potenzialmente dei budda, anche Hitler lo era, perché comunque sia, in fondo all'essere umano c'è questa luce, questa Il ’68? Poca lucidità parecchia confusione A quarant'anni dal '68, che cosa è rimasto e che cosa invece è andato perduto? "È successo che tanta gente si è seduta dopo aver fatto il '68. Qualcuno si è chiesto, dopo, quali siano state le vere vittime. E su questo mi sento molto vicino a Pasolini, gli ho fatto anche uno spettacolo-omaggio, e credo avesse ragione quando diceva che, in fondo, le vere vittime erano i poliziotti, anche se difendevano la borghesia. Beh, anch'io quando sento il racconto del poliziotto allo stadio, riempito di sputi, mi viene da stare con lui. E non importa più se chi sputa è di sinistra. Cioè non sto più dove c'è dell'arroganza. Allora bisogna chiedersi che cosa è rimasto di questo '68. Certo, c'era della gente nelle strade, una musica che mi parlava di una rivolta, degli happening culturali che rappresentavano un senso di ribellione. Io, comunque, sono figlio di quella generazione, vengo fuori da quell'esperienza, che non rinnego e che è stata importante, nonostante gli effetti collaterali di cui ho subito i contraccolpi. Diciamo, però, che quegli anni hanno fregato tanti, con quella droga. Oggi sono contrario. A tutto. Pensi, io che le ho fatte tutte! Noi avevamo bisogno di rimanere lucidi, non di 20 Panorama Pippo Delbono essere confusi. La visione del '68 si deve rinnovare. Se io fossi rimasto a fumare canne e andare ai concerti, sarei diventato un reazionario. E spesso nella politica è successo proprio questo. Tanti non si sono resi conto, credevano che fosse sufficiente esser stati Sessantottini quarant'anni fa. Invece no. Anche chi è comunista, o buddista, deve esserlo tutti i giorni, non può farlo un giorno sì e un giorno no, non può dire 'oggi non ho voglia di sentirmi così'. Anche nella Modena ricca, grassa, terra di sinistra, alcune cose sono cambiate, giustamente, e sappiamo che certi valori non ci sono più..." ● Teatro buddità, poi dipende da te come andrai avanti". Lei ha definito teatro e cinema ambienti troppo borghesi. Come la mettiamo con la televisione? "Anche se farò una cosa in televisione per Gargantua, una trasmissione culturale nel palinsesto Rai che va in onda ogni martedì in seconda serata su Rai Tre, considero idiota la Tv del Grande fratello e cose simili. Io ci vado, è il mio lavoro, per carità, però si dovrebbe iniziare a far vedere alla gente che la cultura è anche qualcos'altro. In Questo buio feroce c'è anche poesia, parole che ho preso ad Artaud e poi ho riscritto io, c'è anche qualcosa di Emily Dickinson, ma è una poesia spurgata dall'intellettualismo. I grandi poeti, i grandi musicisti, gli artisti, debbono cercare di mettere ordine, di ritrovare quel senso di semplicità delle cose. Forse è stata la mia malattia, sono sieropositivo da vent'anni, e il rapporto con queste persone speciali che mi hanno aiutato a riflettere sui veri valori della vita. Il fatto di dover andare, a intervalli, in ospedale, mi fa sempre tornare con i piedi a terra. Spesso la mente intellettuale è noiosa, noiosamente borghese. Però è ingiusto dire che viene sempre dalla destra, come successo in Italia. Non basta l'apparenza, è questo che devono capire i nostri bravi politici, quando vogliono avere dalla loro il divo e o la diva. No, cultura è saper guardare il mondo con occhi diversi, cultura non è leggere tante cose, sapere, essere colto. Cultura vuol dire anche guardare i rom, accorgersi di loro non solo quando qualcuno fa un atto di violenza insensata, ma per la loro bellezza, per il loro modo di cantare, perché incuriositi dalla loro storia. I rom hanno una forza del corpo che noi abbiamo perduto. Anche quella è cultura. Ma purtroppo nella società non si parla più di questi aspetti, della ricerca di quel tipo di bellezza". Ex Jugoslavia e Sudamerica, ultimi scorci di saggezza Che differenza c'è tra l'Italia e il resto del mondo, che lei frequenta così tanto? “Questo buio feroce” Minoranze, dolore e sofferenza S i dice che sul suo passaporto, alla voce nazionalità, non risulta l'aggettivo italiana, ma starebbe scritto teatrale, una scelta che ci riconduce al discorso sull'identità. Che rapporto ha lei con questo concetto, che per noi, minoranza di queste terre, acquista un aspetto del tutto particolare? "Quando incontro, fuori, le minoranze italiane spesso mi trovo un po' sorpreso del loro attaccamento all'Italia. Quando sono arrivato qui, senza avere la presunzione di conoscere e di presentire la realtà di persone espropriate della loro identità, ho cercato di capire anche questo dolore, questa sofferenza. Perché di sofferenza si tratta, dettata da giochi politici, per cui questi individui sono rimasti senza un riferimento sociale e politico. Senza togliere l'ingiustizia politica e tutto il resto, "Ultimamente mi sto innamorando di queste terre, anche se, scusate la mia ignoranza, non so più in quante parti sia divisa l'ex Jugoslavia. Gli anni di questa guerra li racconto in uno spettacolo. Sono andato prima in Montenegro, poi a Zagabria, recentemente a Belgrado, ed ho capito che c'è qualcosa di poetico in queste terre. Probabilmente noi siamo così volgarizzati che ci sorprendiamo per il fatto che ci sono dei luoghi, presa individualmente, questa separazione non è da considerarsi necessariamente una sfortuna, perché più ci si allontana dalla nostra condizione originaria, più si rafforza il senso della nostra identità culturale. Ma il nostro Paese, in questo campo, è un po' perso, per cui mi viene da dire, scusate, ma io vi invidio... Nella mia compagnia ci sono alcuni attori che vivono questo tipo di esperienza. Perché Pepe Robledo ha lasciato l'Argentina per la dittatura ed è in Europa ormai da 30 anni, Gianluca Ballarè, essendo un ragazzo Down, anche se dotato di una grande intelligenza, vive in un oggettivo corpo diverso, Bobò, il mio protagonista, è sordomuto e analfabeta, ed era rimasto chiuso in un ospedale psichiatrico per 45 anni. Ebbene, vi posso dire che loro hanno delle marce in più..." ● nel mondo, dove la gente ha ancora una dolcezza nell'animo. Pure il Sudamerica mi fa questo effetto, la Bolivia, il Cile, anche se c'è stato un Pinochet, Paesi dove provo delle sensazioni che sento sempre meno nelle arroganti Italia, Francia, Spagna, luoghi dove forse l'eccessivo benessere ha fatto dimenticare qualche cosa di importante. Qua da voi ho percepito una saggezza. Spero di tornarci ancora".● Panorama 21 Cinema e dintorni Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini e Juno dell’esordiente Bambini: eterni lo svilimento e l’ di Gianfranco Sodomaco I o il libro non l’ho letto ma la critica ‘accreditata’ concorda sul fatto che il film che ne è stato tratto è assai fedele alla fonte originaria (non sempre la fedeltà al testo è garanzia di qualità ma, in questo caso, pare proprio di sì). Stiamo parlando de Il cacciatore di aquiloni, di Khaled Hosseini, uno dei casi letterari più clamorosi degli ultimi anni e del film omonimo, diretto da Marc Forster (“Monster’s Ball”, 2001 – “Neverland”, 2004). Perché tanto successo? In primo luogo perché il libro è il primo grande racconto epico afghano della modernità, di uno dei tanti ‘luoghi del dramma’ del nostro secolo (in continuazione di quello precedente), e poi perché parla di bambini, sempre più, a livello planetario, oppressi, ‘bastonati’, denudati della loro identità e dignità; una delle vergogne più scandalose del nostro tempo perché mai come oggi sappiamo, in teoria, dell’importanza dell’infanzia e mai come oggi, anche in occidente, la maltrattiamo, la trascuriamo ecc. e gli effetti si vedono già da parecchio nei bambini cresciuti, negli adolescenti ‘dispersi e vuoti d’anima’ su cui torniamo quasi ogni ‘puntata’... Mi tornano alla mente due grandi utopie ma, più che utopie, passaggi obbligati, perché, se non partiamo dalle fondamenta, nessun lavoro di rico- 22 Panorama struzione morale e sociale dell’umanità tutta sarà possibile: quella, remota, di Gesù Cristo, sottile psicologo ante litteram, che diceva agli adulti che se non diventavano come quei bambini..., e quella, novecentesca, di Maria Montessori che predicava, in piena bagarre bellica, che la pace sarebbe arrivata solo attraverso l’educazione infantile. Verità profondissime! La storia del film (da “Vivi il Cinema”, 2008, I). “Tutto inizia in casa di un ricco e nobile proprietario ‘pashtun’di Kabul, rimasto vedovo con un figlio (Amir). Ad occuparsi della casa c’è un servitore che appartiene all’etnia Hazara, anch’egli padre di un bambino (Hassan). I due piccoli crescono insieme, con il secondo che, pur provando un forte sentimento di amicizia per il figlio del padrone, ha sempre un atteggiamento subalterno nei suoi confronti. Un’infanzia più o meno spensierata, interrotta di colpo quando un giorno, dopo aver vinto la ‘battaglia degli aquiloni’, una violenza orribile viene perpetrata ai danni del piccolo Hazara, reo di appartenere ad una ‘razza inferiore’ e di aver preso le difese del suo padroncino. ‘Il padroncino’, dal canto suo, non solo non lo difende ma, nei giorni successivi, irritato dalla bontà e dal coraggio dell’altro, lo accusa ingiustamente di averlo derubato. La vergogna separa i due bambini, ma è soprattutto la Storia ad impedire un loro ulteriore incontro: l’invasione russa prima e i talebani dopo obbligano il ricco possidente alla fuga e ad emigrare in California dove tenterà di ricostruirsi una vita gestendo una pompa di benzina. Molti anni dopo, la telefonata di un suo vecchio amico dei tempi di Kabul offrirà al figlio, diventato ormai uomo, la possibilità di cancellare il passato e ‘tornare ad essere buoni’; un altro bambino, il figlio dell’amico Hazara di un tempo, ha infatti bisogno di aiuto. E non è tutto: il salvataggio del piccolo farà emergere il segreto (il mancato aiuto al padre Hassan, vent’anni prima) che Jason Reitman oppressione ha condizionato e condizionerà per sempre la vita di Amir”. Il regista, coraggiosamente rispetto a problemi commerciali, non ha girato il film in inglese, utilizzando la lingua ‘dari’ e attori quasi tutti non professionisti e del luogo; forse il segreto è tutto qui, l’aria di autenticità, di emozioni vere, intense, nella tragedia storica come nel gioco infantile, nell’odio tra popoli come nell’amicizia di due bambini (quasi inevitabilmente ad un certo punto tradita), che si respira in tutto il film è dovuta all’immediatezza del- l’interpretazione di grandi e piccoli e al realismo del paesaggio ‘desolato’ che, in qualche modo, abbiamo conosciuto attraverso la televisione ma che in questo caso viene umanizzato dai colori degli aquiloni (su questo passaggio Forster è molto bravo: li fa piroettare tra macerie e cannoni...) e da quella calda amicizia, naturale, spontanea che dimostra, in definitiva, ciò che dicevamo all’inizio: solo partendo dai bambini... La risposta, ‘ideale’, alla tragedia dell’infanzia oggi e al ‘cacciatore di aquiloni’, potrebbe stare in un altro film, americano, indipendente, che ha vinto il festival di Roma 2007 e l’Oscar per la migliore sceneggiatura (Diablo Cody): Juno, dell’esordiente Jason Reitman. Juno Mac Gaff (Ellen Page) è una sedicenne norma- le dei nostri giorni (usa ‘le parolacce’, ama certa musica che io non so neanche dove stia di casa, così come ama certo cinema ‘splatter’ ecc.) ma ha una sensibilità e una intelligenza particolari. Da dove le vengono? Probabilmente dal buon rapporto col padre, separato e che ha dato a Juno una matrigna ‘non cattiva’, e da una sua vitalità, voglia di vivere e voglia di fare. Come tutti gli adolescenti ha anche una sua ingenuità, e per questo rimane incinta dopo aver fatto molto consapevolmente l’amore con il compagno di scuola a lei più caro (Paulie, vuol dire che avrà qualche qualità). E infatti, quando scopre la gravidanza, non lo nasconde (simpaticissime le scene quando va ripetutamente in ‘drogheria’ a fare il test), non drammatizza eccessivamente, pensa ad una soluzione logica, laica ed ‘umana’ insieme: prima pensa di abortire (è troppo giovane per...) poi, quando viene a sapere che c’è la possibilità giuridica, ritiene giusto affidare il nascituro ad una giovane coppia, Mark e Vanessa, piuttosto benestante, che non può avere figli, e che soprattutto dà garanzie in termini di amore verso i bambini. In un primo momento, dopo che Juno assieme al padre hanno conosciuto i due, pare che tutto fili liscio ma poi, inevitabilmente, ‘la crepa’: Mark non se la sente di cominciare a fare il papà (deve pensare a comporre tante musichette pubblicitarie per fare tanti soldini, il ‘creativo’ un po’ fallito ma in compenso pieno di sol- di – quante cose semplicemente vere ci sono in questo film apparentemente ‘leggero’) con dolore di tutte e due le donne, di Vanessa, che ovviamente, magari per interposta persona, voleva diventare madre, e di Juno, dolore più grande, che si chiede se esistono ancora (evidentemente pensa alla sua famiglia originaria) due persone che si vogliono veramente bene per poi tirar su un figlio. Juno piange a dirotto per alcuni giorni, se la prende un po’ con tutti, anche con il giovane padre legittimo che non capisce ma è disposto (lo è sempre stato, continua a volerle bene) a riconoscerlo, infine decide: scodellerà il pupo con un po’ di male (“ma quando me la fanno ‘sta epidurale?”), lo darà a Vanessa che comunque se lo merita perchè continua a desiderarlo e si butterà di nuovo tra le braccia di Paulie, bamboccione ma ‘diverso’, che ha già capito, come Juno, quali sono le cose importanti nella vita. Oscar meritatissimo per la sceneggiatura: qualcuno ha scritto (Roberto Nepoti su “la Repubblica”, 4/4) “battute che basterebbero per tre o quattro film”. Lo ripeto: la risposta ‘ideale’ al tragico cacciatore di aquiloni ma, con i tempi che corrono, accontentiamoci di quello che passa il convento, ad esempio del fatto che tutti hanno capito che non è un film antiabortista, come avrebbe voluto l’indefinibile Giuliano Ferrara (neanche il suo dìo, che lui ha scoperto in tarda età, può perdonarlo!), ma simpliciter una storia di buoni ma veritieri sentimenti.● Panorama 23 Autore di spicco in visione alla decima edizione del Far East Film Emotivo e coinvolgente il giappon di Massimiliano Deliso I l teatro Giovanni da Udine, riempito quasi sempre fino alla terza galleria, è stato l’ideale palcoscenico, per dieci giorni, del Far East Film Festival, la kermesse cinematografica friulana con pochi uguali in Europa. Accostarsi al cinema asiatico non è facile per chi è abituato ai film in programmazione nelle nostre sale, è diseguale l’accostamento ironico, così come il rapporto con il dramma, è un fatto culturale, ovviamente, ma è anche il segnale di un diverso e, a tratti, innovativo, rapporto con la settima arte. Le pellicole proposte quest’anno provenivano da undici scuole cinematografiche diverse, da Hong Kong alla Cina continentale, dalla Corea del Sud alle Filippine, dal Giappone alla Thailandia, comprendendo Singapore, Taiwan, Malesia e le due new entry Vietnam e Indonesia. I voti dell’Audience Award, hanno decretato il trionfo del Giappone con “Gachi Boy” al primo posto, seguito da “Adrift in Tokyo” e “Totally fine”. Il regista della pellicola vincitrice, Koizumi Norihiro, presente in sala, giovanissimo e spigliato, eletto dalla critica come una delle più grandi speranze del cinema asiatico, si è visto tributare, alla fine della proiezione, una standing ovation di cinque minuti. Una commedia dai contenuti a tratti malinconici, che prende spunto da Memento di Nolan confondendo il tutto, a momenti, addirittura con la prima versione di Rocky di Stallone, che ai tempi, è bene ricordarlo, vinse il premio Oscar per la sceneggiatura. È la storia di un avvocato di indubbie qualità intellettuali, un vero e proprio genio, il quale, a causa di un “Adrift in Tokyo”, secondo posto tra gli Audience Award incidente stradale, subisce dei danni irreparabili alla memoria. Affascinato dal mondo del wrestling, si avvicina a un gruppo di praticanti che lo accoglie con affetto, nascondendo, però, i suoi problemi personali. Le battute, sottili e mai volgari, si susseguono e si alternano a momenti di riflessione malinconica sulla condizione del protagonista, che si impegna allo spasimo per poter riuscire a riguadagnare uno status di normalità dopo un periodo di depressione che stava per portarlo al suicidio. Gli attori si dimostrano assolutamente all’altezza, la regia è nitida, di stampo giovanile, senza pause e mai noiosa. Un film emotivo e coinvolgente. Il vero dominatore di questa decima edizione è stato, fuori da ogni dubbio, il regista nipponico Miki Satoshi, simpatico e divertente nelle presentazioni, con il suo cappellino da baseball e l’andatura dinoccolata, cui il festival ha dedicato un focus di tre film, “Deathfix: Die and let Live”, del 2007, lo splendido “In the Pool”, di cui parleremo più avanti, e , appunto, il road movie “Adrift in Tokyo”, secondo classifi- Una sequenza di “Trivial Matters” del regista di Hong Kong Pang Ho-Cheung 24 Panorama Festival di Udine nese Norihiro cato, interessante analisi di quelli che possono essere i rapporti umani tra due persone diversissime. Niente male, l’idea di questo killer, piuttosto solo, che ha appena ucciso la moglie e che chiede a uno scanzonato studente che gli doveva dei soldi di accompagnarlo a passeggio per le vie della capitale giapponese in cerca di vecchi ricordi, prima di consegnarsi alla giustizia. Curato in ogni suo aspetto, eccentrico nei dialoghi e profondo nelle intenzioni, non è il film che ti aspetti da Satoshi, specie dopo la visione di quello che è il suo piccolo capolavoro, “In the Pool”, uno schiaffo comico e irriverente alle nevrosi che colpiscono con frequenza gran parte delle popolazioni dei paesi più agiati. Tre vicende che si incrociano, una giovane giornalista affetta da sindrome ossessivo compulsiva, un impiegato che deve fare i conti con un problema, assolutamente divertente, all’apparato riproduttivo, un manager rampante che non può fare a meno di passare le giornate in piscina a nuotare, tutti in cura da un allampanato neurologo con la mania delle camicie leopardate. Non ci sono mai pause, il ritmo è incalzante, i tempi comici sono ampiamente rispettati, la sceneggiatura è brillante, particolare, ricca di idee e di spunti divertenti. Così come spassosissima si è rivelata la commedia a episodi “Trivial Matters”, opera prima del regista di Hong Kong Pang Ho-cheung, prima apprezzato sceneggiatore. Sette piccole storie senza nessun legame apparente tra loro, filmate come dei video clip, che invadono la sfera sessuale dei protagonisti richiamando un senso dell’umorismo vagamente british. Esilarante. Il mercoledì del festival è, come tradizione, riservato all’“ horror day”. Il cinema asiatico ha una certa familiarità con questo genere, non è un caso che in occidente abbia spopolato “The Ring”, proposto dal Far East nella sua interezza e nella forma originale nella passata edizione. Pellicole forti, splatter, però supportate da soggetti interessanti, spesso carenti negli effetti speciali ma non per questo meno affascinanti. Un must che ha attirato al Giovanni da “Our town”, ottimo thriller dell’esordiente sudcoreano Jung Kil-Young Udine decine di appassionati del genere, una manifestazione nella manifestazione. Molto atteso, anche se francamente alquanto deludente, il drammone storico cinese “The Assembly”, il più grande successo ai botteghini di tutti i tempi in Cina. Il lato positivo è che il regista, Feng Xiaogang, sia riuscito a mantenere, nonostante la censura, un quadro abbastanza oggettivo delle vicende di Gu Zidi, eroe dell’esercito popolare di liberazione durante la guerra civile del 1948- 1949, cercando di non farsi intrappolare dalla propaganda. Troppi, comunque, gli omaggi a “Salvate il Soldato Ryan” di Spielberg. Gli special effects non mancano, ma la narrazione, alla fine, risulta noiosa e ricca di dejavù. Il film che, però, è piaciuto di più a chi scrive è stato “Our Town”, del sudcoreano Jung Kil-young, anche egli alla prima esperienza dietro alla mac- china da presa. Un thriller così intenso e ben confezionato non si vedeva dall’uscita nelle sale de “Il Silenzio degli Innocenti”. Noir claustrofobico, atmosfere rarefatte che ricordano il cinema francese anni settanta, una trama psicologica mai scontata, una fotografia emozionante supportata da una regia attenta ai dettagli, musica controllata e mai invadente, un piccolo e intenso capolavoro, figlio della scuola cinematografica coreana, ormai assolutamente all’avanguardia. La serata conclusiva è stata segnata dall’intervento di Johnnie To, uno dei più famosi registi asiatici, ben noto agli appassionati del Far East, che ha presentato il suo recente “Sparrow”, e che ha voluto omaggiare gli organizzatori del festival con un effige di cristallo con impresse le mani di To assieme alla scritta “Per celebrare dieci anni di amicizia con Far East Film”, degno finale per una rassegna cinematografica che non smette mai di stupire e che stavolta, nella sua decima edizione, ha registrato un successo di pubblico straordinario. Quest’anno infatti il festival udinese ha oltrepassato la soglia dei cinquantamila spettatori, con il maggior numero di adesioni di sempre, 1100 presenze da almeno una decina di paesi, Francia, Croazia, Repubblica Ceca, Stati Uniti, Austria, Slovenia, Serbia, Germania, Spagna, Argentina. Duecento i giornalisti accreditati e 42 i rappresentanti di festival internazionali. L’organizzazione, a cura del Centro Espressioni Cinematografiche, guidata dagli impeccabili Thomas Bertacche e Sabrina Baraccetti, ha funzionato a meraviglia. ● Panorama 25 Fiume, magnifica l’accoglienza alla splendida opera in bronzo L’Apoxyomenos presto a Lussino di Erna Toncinich Q uesta volta - fenomeno piuttosto inconsueto, bisogna riconoscerlo - un museo fiumano registrerà folle di visitatori. Ne siamo più che certi. Da pochi giorni si trova ospite del Museo Marittimo e Storico del Litorale croato (quello, appunto, che vedrà folle di visitatori) uno straordinario reperto che finora è stato già ammirato da milioni di persone, estero compreso. Sì, l’Apoxyomenos, il bellissimo nudo bronzeo del quale a suo tempo abbiamo già scritto, rimarrà in visione in questa istituzione museale per poco meno di due mesi, dopodiché se lo potrà godere dapprima il pubblico di Zara e successivamente quello di Spalato. Infine – ed è più che giusto che finisca così – l’opera troverà la sua definitiva dimora in una palazzina di Lussinpiccolo, l’isola nelle cui acque, precisamente in prossimità dell’isolotto di Oriule Grandi è stato rinvenuto undici anni fa, nel 1997, ad una profondità di quarantacinque metri, dal turista subacqueo belga René Wouters. Nel periodo dacché è stata recuperata dalle acque, la figura bronzea, una 26 Panorama delle sette copie (tra le migliori, dicono gli esperti, e anche l’unica ad avere conservato il piedistallo) di un originale risalente al quarto secolo prima dell’era nostra, plasmata non si sa da chi, con precisione, ma di indubbia influenza policletea, soprattutto lisippiana – testa piccola, massima corporeità e fruizione che da ogni punto di vista attesta un ac- curato studio dal vero, gambe lunghe – nella “forma” di un atleta alto due metri che, munito di uno strigile, si raschia via l’olio dalla pelle. Ma qual era la destinazione della prestigiosa copia, colata nel bronzo nel primo o secondo secolo dell’era nostra? Era una casa patrizia o un luogo pubblico dell’allora importante Colonia Iulia Pola Pollentia Herculaenea, o magari qualche villa di Brioni? O la Colonia Parentium, o qualche altro centro dell’Alto Adriatico? Ed in mare sarà finita con un gesto voluto, magari sotto l’imperversare del maltempo che ha indotto i marinai a liberarsi dal peso della statua, oppure c’è stato dell’altro ancora? Niente si sa in merito all’imbarcazione, probabilmente portata via dalla forza delle correnti marine, mentre ad una cinquantina di metri dal reperto sono state recuperate due ancore. E forse anche la statua stessa è stata gettata in mare con funzione di ancora. Chissà. Rinvenuta acefala (elemento che ha facilitato il successivo studio della situazione interna del reperto) il corpo incastrato tra due grotte e per metà immerso nella sabbia, testa a parte, la statua è stata sottoposta ad un difficile e lungo restauro durato ben cinque anni. Grazie alle grandi capacità di Drago Šerbetić dell’Istituto croato per il Restauro di Zagabria, esperto in restauro di materiali metallici, e a Giuliano Tordi dell’ Opificio delle Pietre dure di Firenze, la statua, nel cui interno è stato installato uno “scheletro” in acciaio per garantirne la stabilità, è ritornata al suo antico splendore. Riportarla al suo aspetto originario non è stato facile in quanto le sue condizioni erano pessime e solo il lungo, paziente e delicato lavoro, esclusivamente meccanico, di scalpello (perché interventi di natura chimica sono stati esclusi sin dal primo momento), ha permesso di rimuovere le incrostazioni accumulatesi sul bronzo in secoli di permanenza in mare. Un prestigioso riconoscimento a quest’opera, condotta con grande professionalità, non poteva mancare: nel 2006 all’ Istituto zagabrese è stato conferito il Premio per il Patrimonio Artistico dell’Unione Europea e di Europa Nostra. ● L’ Onorevole Aldo DI Biagio in un’intervista al settimanale La Pagina di Zurigo Più fatti e meno demagogia a cura di Ardea Velikonja A ldo di Biagio neoeletto deputato al Parlamento italiano come rappresentante per l’Europa degli Italiani nel mondo ha rilasciato recentemente un’intervista ad un settimanale svizzero. Eccola per intero: E’ stato eletto con un consenso trasversale in tutta l’Europa e con più di 13.000 voti. E’soddisfatto? E’ stato un risultato sbalorditivo. Sono assolutamente soddisfatto soprattutto per il voto d’opinione ottenuto indistintamente in tutta Europa. Mi ritengo, quale rappresentante di tutti gli italiani, al loro pieno servizio, ovunque essi risiedano. Anche prima, ma in special modo durante questa campagna elettorale, ha viaggiato molto, incontrando realtà diverse accomunate dall’amore per la patria: quali sono le istanze che accomunano le comunità dei nostri connazionali all’estero? Le comunità residenti in Europa si sentono profondamente italiane e in quanto tali desiderano partecipare attivamente alla vita sociale e politica del Paese. Sono collettività che rappresentano realtà molto diverse tra loro a seconda del territorio che le ospita eppure accomunate da un forte legame con la Patria e quindi dalla necessità di conservare la loro identità di italiani. Quali sono i primi obiettivi che intende perseguire nella sua nuova veste di rappresentante degli italiani all’estero? Uno degli obiettivi primari del mio programma è sicuramente il potenziamento e il miglioramento dei servizi consolari per i nostri connazionali residenti all’estero e la valorizzazione delle sedi onorarie. Credo sia necessario rafforzare la rete consolare per diminuirne lungaggini burocratiche e ridurne i costi, anche attraverso una più efficace razionalizzazione delle risorse. Ritengo che gli italiani che vivono oltre i confini nazionali abbiano il diritto di ricevere delle agevolazioni sia riguardo le spese necessarie per il rinnovo del passaporto, sia sulle tariffe dei voli per l’Italia. Ci dovrebbe essere anche un adeguamento dell’imposizione per evitare che i nostri connazionali paghino le tasse sia in Italia che in Europa. Tutto questo per tenere sempre vivo il legame con il proprio Paese e le proprie radici. Infine ho sempre avuto molto a cuore la tutela dei diritti dei giovani contrattisti che rappresentano la nuova mobilità. Tra i punti del suo programma figura l’obiettivo di “un’informazione moderna”. Quali sono i problemi di quella esistente e quali le modifiche da apportare? E’ necessario prima di tutto armonizzare il costo dei quotidiani italiani venduti in Europa con quello italiano ed eliminare l’oscuramento delle reti Rai riguardo ai programmi divulgati all’estero. E’ indispensabile inoltre potenziare il segnale di Rai International, ampliandone programmazione e ricezione. Infine ritengo importante che i nostri connazionali vengano maggiormente informati, anche attraverso nuovi canali, sulle agevolazioni e sui diritti in genere che le leggi italiane prevedono specificatamente per loro. Lei è stato il promotore di una massiccia raccolta di firme all’estero per la richiesta di un referendum sulla legge elettorale. Quali sono le modifiche che apporterebbe per migliorarla? Mi sono sempre detto a favore della riforma sulla Legge elettorale. Ne sono ancora convinto e mi auguro che il nuovo sia un Governo di riforme. Spero ci sia la volontà di attuare un accordo bipartisan con l’opposizione. Personalmente sono a disposizione di chiunque sia interessato ad aprire un dialogo costruttivo tra le parti. Ritengo ci sia bisogno di una nuova Italia in cui ciascuno si renda fattivamente partecipe. In ogni caso, noi eletti, dobbiamo rappresentare una garanzia per gli italiani all’estero. E tra i nostri compiti c’è anche quello di tutelare la legge che ha permesso loro di scegliere i propri rappresentanti al Parlamento italiano. Vuole dirci quale è la sua posizione in particolar modo dopo i brogli che hanno caratterizzato questa ultima tornata elettorale? Sono stato al corrente di ciò che è accaduto. Sono certo che la procedura elettorale e la legge in generale abbiano bisogno di maturare ancora, ma allo stesso tempo ritengo sia stato fatto già molto di più e meglio rispetto a due anni fa. Qual è la percezione che gli italiani all’estero hanno della politica italiana? Ho avuto modo di raccogliere pareri molto discordanti tra loro. Certo c’è chi oramai nutre ben poca fiducia nelle Istituzioni italiane. Compito di noi eletti sarà quello di dimostrare che si può far meglio attraverso un dialogo costruttivo tra le parti che renda la politica meno demagogica e più fattiva. Di buon esempio, insomma, per la società civile. I politici devono rendersi più rappresentativi degli interessi del Paese e, nel mio caso, delle esigenze delle comunità italiane all’estero. ● News ITALIA PRESS Panorama 27 Vino e prosciutto affiancati a mare e spiagge: per la regione è l'abbinata vincente L’entroterra istriano sconosciuto testi e foto di Ardea Velikonja U ltimo appuntamento dell'anno del Comitato coordinatore dell'azione "Voglio bene alla Croazia", che ha contribuito a far dei posti turistici sulla costa dei veri parchi e giardini nonché ad innalzare il livello di coscienza ecologica in tutta la Croazia. D'accordo tutti i direttori degli Enti turistici regio- Il tavolo del Comitato di coordinamento dell’azione Voglio bene alla Croazia nali: tutto è pronto per l'entrante stagione turistica. Però - e purtroppo c'è sem- li. Una stradina lastricata porta sul colle na, Portole, Montona, Visinada, Visipre un però - "muoviamoci con cautela" dove si trova l'antica chiesa della Beata gnano e Parenzo. Il progetto di rivitalizzazione della ha detto Niko Bulić direttore dell'Ente Vergine del S.Rosario con il campanile, nazionale. "Non c'è posto per l'euforia, mentre fuori dalle mura ci sono ancora Parenzana prevedeva una specie di rii dati dei primi mesi parlano di presen- due chiese, la piccola, di san Rocco, e torno della ferrovia, che però non è posze turistiche pari all'anno scorso, ma per quella dei Santi Giovanni e Paolo, che sibile dato che in certi tratti laddove un l'estate le previsioni sono tutt'altro che divenne il Duomo di Piemonte. Ricca la tempo c'erano i binari, sono sorte case e rosee. Andiamo con i piedi di piombo storia di questo che oggi è un paese se- impianti industriali. Quindi oggi l'Ente anche perché i turisti last minute sono miabbandonato e che un tempo era un turistico ha abilitato il tragitto a in passempre più numerosi e quindi le pre- importante centro agricolo con campi seggiate da farsi anche in bicicletta con notazioni fatte in anticipo stanno dimi- ben coltivati, oliveti e frutteti, e dove tanto di tabelle che spiegano la storia nuendo. Oggi c'è un altro trend: la gente anche si concivano le pelli bovine per della linea e illustrano il tragitto. E proprio vicino all'ex ferrovia ovdecide all'ultimo minuto dove andare in farne calzature. vero a Monticello, nell'alto vacanza e non sta più due settiBuiese, un minuscolo abitato mane, al più una, se non cinque Le cantine vinicole Kabola che non ha neppure l'asfalto, soli giorni e quindi tireremo le sorge l'agriturismo gestito dai somme a settembre". coniugi Pincin in cui si possoL'ultima riunione del Cono gustare le specialità culinamitato coordinatore si è svolrie del posto ma anche il buon ta in Istria. L'Ente turistico revino fatto in casa. Ottimo pungionale non ha puntato a visite to di fermata per chi ha bisoai centri costieri o alle spiaggno di pace e silenzio. ge, bensì sul relativamente sconosciuto entroterra , coSempre parlando dell'Alto stellato da paesi dimenticati buiese o meglio del Momiae segnato da una solida tradinese, l'Ente turistico istriano zione in cui entrano il vino, il ha voluto far conoscere il vino Fiore all'occhiello tra le ultime ini- Kabola, prodotto nelle cantine di Mariprosciutto, gli agriturismi più lontani e ziative dell'Ente turistico istriano, e no Markežić, e più volte premiato alle il tipico bue istriano: il boscarin. Così, abbiamo potuto visitare Pie- il cui progetto è stato finanziato dal- mostre. Perchè Kabola? Perchè Marimonte d'Istria un paese "dimenticato l'Unione Europea, la rivitalizzazio- no è l'unico in Croazia, e tra i pochi in da Dio" in cui abitano 15 famiglie in ne della Parenzana, la ferrovia di 123 Europa, che ha voluto produrre il vino tutto in cui si arriva lungo la strada ser- chilometri che 73 anni fa fu demolita. come lo si faceva 5000 anni fa, ovverata. Quasi tutte le case sono diroccate La linea a scartamento ridotto era stata ro entro le anfore. "La mia famiglia ha (e pensare che all'epoca della Parenza- costruita sotto l'Austria-Ungheria nel cominciato a produrre vino nel 1891 e na era un'importante stazione ferrovia- 1902, anno in cui il primo treno arrivò si è andati di generazione in generaria intermedia tra Grisignana e Porto- da Trieste a Parenzo attraverso Buie. zione,” ci ha spiegato. “Io ho ripreso le). La cittadina aveva una doppia cinta Era stata costruita a tempo di record la produzione nel 2005 e oggi sono armuraria, in parte tuttora visibile, su cui (due anni) per agevolare il commer- rivato a 50.000 bottiglie fra malvasia si aprivano due porte, delle quali oggi cio su una tratta “incredibile” con lun- istriana, il famoso moscato momianesoltanto una è ancora individuabile. So- ghe salite, ripide discese, tanti tunnel se e il terrano. Due anni fa ho voluto pra la porta, ovvero sulle mura c'è lo e tanti viadotti e collegava 16 comuni, provare a fare il vino come lo si faceva stemma della famiglia Contarini che tra i quali sei oggi in Slovenia e quindi 5000 anni fa quando non c'erano botfu proprietaria del feudo per tre seco- Umago, Buie, Verteneglio, Grisigna- ti. Continuando la tradizione, i romani 28 Panorama La tenuta di Marino Markežić che produce il vino Kabola Il simbolo del nuovo vino della Kabola, l’anfora Fare il vino oggi come 5000 anni fa L’unica casa rifatta completamente a nuovo è quella parrocchiale La anfore sono sotto terra e il vino ci rimane per sei mesi Un piccolo paese con due chiese, una dentro le mura cittadine l'altra all'esterno Piemonte d’Istria: presto un posto... nel turismo Ha deciso di fare il vino come gli antichi romani La chiesa avrebbe bisogno di essere rimessa a posto A Monticello i più non sanno che esiste un simpatico agriturismo dove si fa tutto in casa anche la Malvasia istriana 32 Panorama pagine colore - interne.indd 32-33 Tra i posti “dimenticati” anche Colmo, il paese più piccolo al mondo Le mura circondavano l'intero abitato 29 13.5.2008, 12:11:07 La linea contava un gran numero di gallerie A ritroso nel tempo: la Parenzana Il boscarino nero è quello da riproduzione, il grigio invece è un bue tanto che ancora oggi sono in ottimo stato Questo ha appena un mese ed è di color rossiccio Quel simbolo chiamato boscarin Da qui passavano le sbuffanti vaporiere tutte fatte per reggere efficacemente nel tempo Anche il viadotto si è mantenuto intatto Mario Gašparini è fiero dei suoi buoi pagine colore - interne.indd 30-31 Mamma ho fame, sembra dire questo boscarino di appena 4 mesi 13.5.2008, 12:08:30 La tenuta di Marino Markežić che produce il vino Kabola Il simbolo del nuovo vino della Kabola, l’anfora Fare il vino oggi come 5000 anni fa L’unica casa rifatta completamente a nuovo è quella parrocchiale La anfore sono sotto terra e il vino ci rimane per sei mesi Un piccolo paese con due chiese, una dentro le mura cittadine l'altra all'esterno Piemonte d’Istria: presto un posto... nel turismo Ha deciso di fare il vino come gli antichi romani La chiesa avrebbe bisogno di essere rimessa a posto A Monticello i più non sanno che esiste un simpatico agriturismo dove si fa tutto in casa anche la Malvasia istriana 32 Panorama pagine colore - interne.indd 32-33 Tra i posti “dimenticati” anche Colmo, il paese più piccolo al mondo Le mura circondavano l'intero abitato 29 13.5.2008, 12:11:07 Un nuovo progetto dell’Ente turistico istriano Domus bonus per la qualità C irca il 44 per cento delle capacità ricettive istriane è rappresentato dagli affittacamere o appartamenti privati e a livello nazionale esiste un regolamento preciso sulla categorizzazione degli stessi. L'ente turistico istriano però ha deciso di fare "un proprio controllo della qualità" e di assegnare una targa denominata "Domus Bonus" a colui che se la merita. Come ha spiegato Marino Brečević, che è a capo di questa azione, la targa viene affissa sulla casa di coloro i cui appartamenti soddisfano criteri molto alti. Da tutta questa mole di lavoro ne è uscito un catalogo che contiene i migliori appartamenti in Istria. "In Istria, ha spiegato Brečević, l'85 per cento degli affittacamere privati dispone non di sole stanye ma di appartamenti. Di questi l'87 per cento ha tre stelle, assegnate vent'anni fa. Come può il turista sapere veramente qual'è lo stato attuale di questi appartamenti? Da qui i nostri controlli e le nostre scelte. L'Istria fino al 2012 si è prefissata di diventare una destinazione a quattro stelle e quindi anche gli appartamenti devono venir adeguati". ● mettevano gli acini macerati nelle anfore, dove stavano sei mesi assieme al mosto, e quindi il vino era pronto. Ho acquistato nel Caucaso anfore che possono contenere dai 1500 ai 2000 litri, le ho messo sotto terra ed ho ripreso il procedimento dei romani. Quest'anno quindi per la prima volta è arrivato il vino che logicamente ho chiamato Amfora. Gli esperti dicono che è un prodotto buono, ma soprattutto "capace", ovvero si accompagna bene con cibi pesanti, arrosti, selvaggina ecc. Comunque è stato ben accettato. Per il resto la mia Kabola (che è il soprannome della mia famiglia) è una malvasia istriana, ma nella cantina produciamo ancora terrano, cabernet e merlot nonché il moscato momianese che tutti ci invidiano. Per ora io e la mia famiglia disponiamo di 17 ettari di vigneti, ma abbiamo in piano di allargarci. Produciamo inoltre l'olio di oliva che usiamo nel nostro ristorante di Cremegne chiamato appunto Marino,” ha concluso il signor Markežić.● Boscarin : siamo a quota 500! «S olo qualche anno fa il boscarin era in via di estinzione. Oggi, grazie all'entusiasmo di alcuni fra noi allevatori, siamo riusciti non solo a salvaguardare questa razza autoctona, ma anche ad aumentarne il numero di anno in anno tanto, da arrivare a 500 capi. Il nostro traguardo comunque è quello di 5000-6000 capi, che non serviranno più come una volta, ad arare i campi ma a fornire la carne che è molto gustosa e si differenzia da quella di manzo" afferma Mario Gašparini, uno degli allevatori, ma prima di tutto un amante della tradizione istriana. Lui ne possiede 16, ma presto le sue vacche ne dovrebbero mettere al mondo nove vitelli che, per chi non lo sapesse, alla nascita sono di color rossiccio e non grigio come li conosciamo noi. Il vero boscarin , quello da riproduzione, è quasi nero e molto forte e aggressivo. Quindi già nell'antichità ovvero quando in Istria c'erano più di 60.000 capi, il maschio veniva castrato e allora perdeva la tonalità scura del manto ovvero diventava grigio, perdeva del tutto l'aggressività e anche l'odore tipico, il suo collo si restringeva e poteva essere adibito al lavoro nei campi. Ancora oggi gli allevatori usano correntemente questo sistema. ● Panorama 33 Libri Sergio Draghicchio: Tra Pola e Sissan, ricordi d’infanzia de un muleto Attaccati a 'sti posti come pantalene L a mamma sta ultimando i preparativi per il pranzo, lui, il nostro eroe, giocando sul terrazzo della sua casa polese, si sporge troppo sul davanzale e, fatta una capovolta, cade al piano di sotto. L'esito fatale è tutt'altro che da escludere. Invece no, grazie al repentino intervento della vicina di sotto, il ragazzino di otto anni se la cava solo con un forte spavento, tanto che qualche decennio dopo ne parlerà nel libro Tra Pola e Sissan, ricordi d’infanzia de un muleto (Roma 2007). Il fatto di cronaca è solo uno dei tanti che caratterizzano la famiglia del nostro eroe, Sergio Draghicchio, famiglia che, per contro, mostra significativamente, per diversi altri piccoli episodi, di vivere, sia pure nel suo piccolo, molto dappresso anche alla Storia, la grande Storia. La nonna per esempio, ancora bambina, era stata condotta a Venezia proprio il giorno in cui arrivano i garibaldini, il marito non solo era stato di guardia a Trieste quando avevano impiccato Oberdan ma si era anche trovato a passare, oltre trent’anni dopo, non distante dal luogo in cui veniva giustiziato Nazario Sauro, tanto da sentire il suo ultimo “Viva l’Italia”.Il padre, marinaio sulla Viribus Unitis il giorno dell’affondamento, aveva seguito D’Annunzio nell’impresa fiumana e quindi respirato l’aria d’Africa, dove era incappato nel male che, tornato in Istria, lo avrebbe portato precocemente alla tomba. Non però della grande Storia di ieri bensì dei tanti fatti della quotidianità che, messi insieme, danno il senso profondo della vita, tratta il volume di Draghicchio, quasi 230 pagine, edite dalla Drengo di Roma, primo della collana “Memorie adriatiche” curata dalla Società Internazionale per lo studio dell’Adriatico che si concludono con l’”attestazione documentaria” ovvero le foto di famiglia, che a chi legge rendono le persone nominate ancora più familiari. Sergio cresce e scopre il mondo muovendosi protetto in un mondo affetti, fra la Pola in cui la vita è ormai del tutto urbanizzata, e Sissano e i paesi minori dove vive uno stuolo di parenti e conoscenti, immersi nelle quotidiane fatiche negli anni d’anteguerra, per affrontare poi la presenza tedesca, l’arrivo delle truppe di Tito, e il successivo periodo che si concluderà con la partenza via mare dalla città natia. Lo snodarsi degli avvenimenti passa presto da una quotidianità liscia e piana a giornate dure, che non possono non lasciare un segno profondo in chi le vive, giornate in cui l’ansia per quel che decideranno i nuovi venuti si abbina alla paura e alla rabbia per quel che chiederanno e che, qualunque essa sia, non va negata, pena rischi facilmente intuibili. Anche questo “nuovo mondo” si presenta però tutt’altro che monolitico: e se fra le drugarize uniformate, figure inconcepibili nell’Istria di allora, c’è una che chiede di poter fare il bucato nel cortile, un altra, tornando da un pestaggio a sangue dei suoi commilitoni ai danni di un giovane inerme soldato tedesco, a chi le chiede se questi è morto risponde sprezzante: “No, el buliga ancora”. Il che fra l’altro indica chiaramente che pure essa non proviene da contrade troppo distanti. Seguono le giornate degli scontri, talvolta virulenti, fra chi difende l’italianità di Pola e chi la vuole jugoslava. Davanti all’arena ci sono tumulti. C’è chi vi piazza le bandiere italiane e chi, subito dopo si precipita a gettarle in basso. In parallelo si snoda l’esodo, un fiume che s’ingrossa di giorno in giorno, e che pure viene fissato in dettagli che sono tutti di quell’epoca e quel momento. Quasi ogni notte, zii, parenti ed amici lasciano il paese, carichi delle cose che possono prendere con sé, a patto però di eludere i posti di blocco jugoslavi, e i relativi dettagliati controlli. L’alloggio cittadino diventa allora un punto di riferimento essenziale, un vero magazzino. Chi arriva, scarica la roba al buio e subito torna indietro, per non far nascere sospetti. E viene alfine, dopo l’ultima serata polesana, in cui la casa si riempie di gente convenuta per il saluto ai partenti e una mangiata con l’ultimo prosciutto, ripassato in padella, il giorno in cui anche il bambino Sergio si ritrova a bordo della “Toscana”. Che pensa? Che non gli par vero che una nave così grande l’avrebbe portato in Italia. Nella mattina buia, Pola è già imbiancata e la neve continua ancora a cadere. “La sirena della motonave lanciò tre urli dopodiché iniziò ad allontanarsi dalla riva. Donne in nero salutavano con i fazzoletti bianchi: l’Istria e Pola, piano piano, si allontanarono sempre di più fino a sparire”. Nell’ultima parte i quadretti del ritorno. Coloro che con tanto dolore se ne sono andati ora tornano a visitare i luoghi in cui sono nati e cresciuti, in cui hanno vissuto fino al giorno del forzato sradicamento. “Eravamo attaccati a questi posti come le pantalene” dirà Bepi, uno dei tanti, facendosi lapidario portavoce di una vasta massa sparsa un po’ ovunque, a esprimere un mondo definitivamente scomparso, che il libro evoca con marcata corposità. ● M.S. Panorama 37 Si è svolta a Forte Marghera la quarta edizione di Nature, Fiera del na La ricchezza di spirito è anche ricche testi e foto di Ardea velikonja L’ antico e il moderno, questo il connubio tra Forte Marghera e Nature, la Fiera del naturale e del benessere svoltasi alla fine di aprile. L'antico forte ha fatto da cornice alla quarta edizione di questa fiera volta a far tornare l'uomo alla natura e a pensare a se stesso. E che ci sia questo trend negli ultimi anni lo dimostra il numero dei visitatori: 20.000 in tre giorni, un record dall'inizio della fiera. Ben 150 gli espositori provenienti dall'Italia e dall'estero, in particolare da Slovenia e Croazia ma anche dall'Austria, tutti venuti a vedere le ultima novità per uno stile di vita sano e rispettoso dell'ambiente. Alla manifestazione non sono mancate le visite di personaggi importanti tra cui il senatore Tiziano Treu, più volte ministro della repubblica Italiana, l'assessore allo sviluppo rurale ed economia montana della Regione Basilicata Roberto Falotico, nonché il sindaco di Venezia Massimo Cacciari. "Siamo estremamente soddisfatti di Una volta il carciofo si puliva così I massimi esponenti al momento dell'apertura della Fiera questa quarta edizione" ha dichiarato il direttore di Nature Gianni Gobbato "ma non intendiamo certo considerarci arrivati. Nature è una realtà in crescita ed ambisce ad occupare un posto sempre più importante nell'ambito fieristico del naturale e del benessere italiano e non solo. Già quest'anno abbiamo ottenuto ottimi risultati in termini di visitatori ed espositori. Per la prossima edizione, visto l'interesse riscontrato negli espositori, punteremo ad un sostanziale ampliamento della manifestazione, partendo dalle già confermate presenze di enti di rilievo, quali la Regione Basilicata e la Regione Sicilia". Gli ha fatto eco il presidente di Veneziafiere Francesco Borga "Il successo di Nature è un importante conferma della predisposizione di forte Marghera come spazio ideale per eventi fieristici di qualità. Ora restiamo in attesa che venga definito il destino del Forte a cui Veneziafiere presta da sempre particolare attenzione". Una colonia di artisti all’aperto, luogo ideale per creare 38 Panorama Nature, Fiera del naturale e del benessere ha pensato a tutto e tutti. Dal mangiar sano, al dormir sano e al bere sano. Così, tanti sono stati gli stand con i prodotti ecologici, dalla frutta alla verdura all'acqua di rubinetto, pubblicizzata perché più buona e più sicura di quella in bottiglie. Le fattorie hanno presentato i propri prodotti (salami e formaggi) dimostrando che gli animali vengono allevati al naturale, ovvero portati al pascolo e nutriti con mangimi naturali, quindi niente modifiche genetiche. "Se si vuole stare bene bisogna mangiar sano e non quelle porcherie genetiche che si trovano in commercio" ci ha detto con fermezza il proprietario di una fattoria. “I miei maiali vengono nutriti come lo faceva mia nonna, con le rape coltivate nell'orto e le zucche, quindi niente mangimi artificiali. Di conseguenza i salami, i prosciutti e tutto ciò che si può produrre dal un maiale è un prodotto naturale". Prodotti sani, genuini, giunti dalla Sicilia Made in Italy aturale e del benessere zza del corpo Tanti gli espositori che hanno voluto dimostrare quel che uno deve fare per “far star bene” il suo corpo. E quasi tutti i rimedi hanno un sapore orientale, dato che è da lì che provengono tutte le medicine alternative antistress. Musica tenue, profumi e rilassamento sono i presupposti essenziali per una cura che segua questo indirizzo. E in questo contesto era presente pure l'Istituto italiano di kinesiologia specializzata e naturopatia con uno stand in cui si dimostravano le peculiarità di questa tecnica. Il mondo in bicicletta, per non inquinare la natura Unico stand croato, il campeggio di San Polo a Valle, un paradiso della natura La kinesiologia è una potente disciplina che utilizza un test muscolare manuale per ricevere informazioni sugli squilibri dell'individuo ed opera conseguentemente un appropriato riequilibrio energetico e posturale. La kinesiologia permette di riassestare gli squilibri del corpo connessi a problematiche della struttura muscolo-scheletrica, della biochimica e delle emozioni. Questi tre aspetti possono essere raffigurati come i tre lati di un triangolo: il Triangolo della Salute. Sebbene la kinesiologia si focalizzi sul recupero e sul mantenimento del benessere psicofisico complessivo, numerosi riscontri empirici hanno dimostrato l'efficacia dei trattamenti per il miglioramento di una vasta gamma di disturbi, quali ad esempio dolori e disfunzioni dell'apparato muscolare e osteoarticolare; disturbi dell'apprendimento, Due gli stand sloveni con i propri vini, uno della Zanut di Dobrovo v Brdih dell'attenzione e della memoria; stress, ansia e fobie; problemi legati alla nutrizione (digestione, assimilazione, intolleranze); difficoltà intestinali e problemi metabolici; problematiche legate al miglioramento della performance sportiva. Le vacanze sono sempre una fonte di stress per tutta la famiglia e in questo contesto l'associazione Go Slow (testualmente vai piano) ha voluto presentare un'alternativa. Non fatevi intimorire dal viaggio, dalle lunghe file in autostrada, da interminabili file nei musei, fate della vostra vacanza una vacanza vera e propria. La mobilità dolce fra iniziative collaterali, incontri letterari, idee e progetti per i nuovi turismi intorno al tema del viaggio lento inteso come pratica culturale e valorizzazione dei luoghi, alla ricerca di un rapporto equilibrato tra attività turistica e risorse locali, per rendere il viaggio uno strumento accessibile a tutti e affrontato sotto l’aspetto culturale, antropologico ed ecologico. Questo in pratica quanto fa Go Slow, che ha sempre più soci. ● ...e l'altro dell'agriturismo Štekar, che opera nell'area del Collio sloveno Panorama 39 Made in Italy L’angolo dei bambini R iavvicinare i bambini alla natura per far crescere in loro la coscienza ecologica: questo lo scopo dell'interessante novità di questa edizione di Nature, denominata l'Arca di Nature. Per la prima volta nel parco di Forte Marghera è stata organiz- zata una mostra faunistica nella quale i più piccoli hanno potuto avvicinare gli animali per molti mai visti in precedenza. Galline, oche, porcellini ma anche gru, cicogne, cavallini, asinelli e tanti altri hanno destato un grande interesse dei piccini che, vivendo in città sicura- mente non li hanno mai visti dal vivo. Il direttore della manifestazione Gianni Gobbato ha rilevato che con questa iniziativa si vuol “stimolare un ritorno all'innato rapporto tra uomo e animale, che nell'era delle metropoli e di internet è indispensabile recuperare, soprattutto fra i giovani e le nuove generazioni". Nell'ambito della fiera i bambini hanno potuto anche salire su un asino o un cavallo e anche questa per molti è stata una vera avventura. Dedicato ai bambini anche il giro in canoa nel canale attorno a Forte Marghera. Preparati dagli esperti canoisti del club locale e sotto l'occhio vigile di una guida, i bambini hanno potuto fare un giro di canoa da soli. ● Le campane tibetane L’ individuo massaggiato dalla vibrazione e dal loro suono entra nelle armonie della natura e dello spirito. A produre i suoni sono delegate le campane tibetane, strumenti antichissimi. Le loro vibrazioni, creano sintonia nell'organismo e stimolano la sua armonizzazione. Simili nell'aspetto a una coppa, sono forgiate con una lega di sette metalli che corrispondono ai sette pianeti : oro-Sole, argento-Luna, ferro-Marte, mercurio-Mercurio, stagno-Giove, rame-Venere, piombo-Saturno. L'importanza dei sette metalli in rapporto ai sette chakra è dovuta al fatto che ogni chakra corrisponderebbe ad un pianeta e, quindi, ad un metallo. Si crea così una concordanza di fase tra la campana e il chakra su cui è posata. (Chakra è una parola il cui significato in sanscrito è ruota o disco e indica uno dei sette centri di base di energia nel corpo umano. Ciascuno di questi centri è connesso, a livello di energie sottili, ai gangli principali dei nervi che si ramificano dalla colonna vertebrale (ma non si identifica con essi). In più i Chakra sono correlati ai livelli della coscienza, agli elementi archetipici, alle fasi 40 Panorama inerenti lo sviluppo della vita, ai colori, suoni, alle funzioni del corpo e a molto, molto altro). Esistono campane diverse per dimensioni, forma, spessore e proporzione dei metalli. Per suonarle, bisogna percuoterle delicatamente con l'apposito bastoncino. Le campane possono essere poste sui sette Chakras. Esse suonano e quindi vibrano in modo diverso a seconda se vengono appoggiate su parti del corpo tese o rilassate, e producono effetti curativi diversi sulle differenti zone del corpo. ● Made in Italy Aiutato dai dipendenti, il comune di Venezia vuol salvaguardarlo Forte Marghera, un pezzo di storia F ino al 1805 "Malghera" fu un florido borgo al limite della laguna. Proprio questa posizione che l'aveva reso per anni una porta aperta sulla laguna in qualità di punto di ristoro per i viandanti, di controllo e di dogana delle merci, ne indusse la trasformazione in area fortificata, dagli austriaci prima e dai francesi poi, per proteggere la città di Venezia da eventuali attacchi provenienti da nord-ovest. Il Forte Marghera nasce quindi dall'esigenza venuta a crearsi con l'evoluzione dell'artiglieria che, se posizionata sulla gronda lagunare a ridosso del largo di Marghera, minacciava la città di Venezia. Fino alla prima metà del XX secolo questa è stata una vera e propria cittadella, con un ruolo molto significativo nella direzione logistica dei rifornimenti dell'esercito, schierato nel nord est. Avviato il processo di dismissione, come per gli altri forti del campo trincerato di Mestre, ha avuto inizio un lungo processo per la sua restituzione al pubblico. L'intero complesso è stato sottoposto a vincolo monumentale, al quale si affianca il dovere, oltre che la necessità civica, di gestire l'intero complesso in maniera da tendere alla sua autosufficienza economico-finanziaria, inserendo questo nuovo prodotto culturale nel contesto delle reti e dei mercati della cultura e dell'arte italiana. Nell'ambito del Forte c'è pure l'importante polveriera chiamata austriaca, pur avendo alla base un progetto francese. Il manufatto venne però portato a compimento nel 1836, ossia sotto l'amministrazione austriaca. Realizza- Il Forte è circondato da canali Archietture a confronto nell'area d'entrata to in muratura di mattoni lasciati a vista, si caratterizza per la mancanza di rifiniture nelle pietre d'angolo dei muri e la maggior altezza delle murature laterali, rispetto alla primitiva polveriera francese. Oggi il Forte è costituito da una cinta bastionata esterna e un ridotto esterno, entrambi circondati da una rete di canali e da quattro lunette e da due controguardie a sud ; gli edifici storici più pregevoli sono rappresentati dalle due caserme difensive francesi e dalle polveriere, una austriaca e una francese, a cui si aggiungono le casermette difensive italiane, di cui una attualmente è sede del Museo Storico Militare, nonché da quello che meglio testimonia le trasformazioni dell’area e cioè il ponte eretto in mattoni a tre arcate (1589) appartenente alla struttura viaria del borgo; utilizzato quale magazzino (1840) e successivamente rialzato con la realizzazione di un piano adibito ad uffici (1910) . Dal 1951, il Forte Marghera divenne sede della 5° Direzione di artiglieria e poi 5°Reparto rifornimenti (1984). Fino alla chiusura del Reparto, avvenuta il 30 giugno 1995, il Museo poteva essere visitato solo nel corso di particolari occasioni e previa richiesta di accesso al comando dell'Ente. È rimasto pertanto nascosto "tra i bastioni" del napoleonico Forte Marghera, sconosciuto anche a molti cittadini, che mai hanno sospettato la sua esistenza. Da allora il Comitato per la salvaguardia del Museo Storico Militare di Forte Marghera, nato spontaneamente tra i dipendenti del disciolto Ente, che al momento dell'abbandono della struttura da parte dell'Amministrazione Militare hanno voluto con forza che questo piccolo segno della storia di Mestre non andasse disperso, cura la gestione, la manutenzione e l'apertura della ricca collezione di armi che vi è esposta. Da rilevare che anche davanti al Museo ci sono armi dell'epoca che incuriosiscono i numerosi visitatori. ● Il Museo militare Panorama 41 Sport L'Italia si è lasciata sfuggire il talentuoso centrocampista della Dinamo e della Nazio Con Modrić, Pirlo e Gattuso la squ a cura di Bruno Bontempo Q ualcuno lo aveva accostato anche alla Fiorentina, ma il centrocampista croato Luka Modrić (ormai ex) della Dinamo di Zagabria è stato acquistato dal Tottenham per la cifra record di 15,8 milioni di sterline, praticamente 21 milioni di euro, quanti gli inglesi verseranno nelle casse della Dinamo, una cifra decisamente fuori mercato per le casse gigliate. Bel colpo del Tottenham, dunque, che ha raggiunto l’accordo con la Dinamo per questo che è considerato tra i migliori talenti del calcio croato, che si va ad aggiungere a Niko Kranjčar, fattosi conoscere in Inghilterra per aver disputato la finale di FA Cup con il Port- Modrić a Londra assieme al direttore sportivo del Tottenham, Daniel Comolli smouth e che, assieme a Eduardo da Silva (Arsenal) e Vedran Čorluka to la Carling Cup in finale contro il gli acquisti invernali di Gunter, Woo(Manchester City), ha tenuto alto Chelsea, sollevando così un trofeo dgate, Hutton e Gilberto. Miglior giocatore del campionato il nome al calcio croato in Premier dopo un periodo di astinenza di 9 League. Dopo che Modrić e compa- anni, ma il proprietario del club non croato 2007, Modrić ha già collezionagni hanno anche contribuito all’eli- vuole certo fermarsi: l’arrivo del ma- to 24 presenze e 3 gol con la nazionale minazione dell’Inghilterra da Euro nager più pagato del mondo, Juande croata, mettendo a segno la sua prima 2008, i tifosi del Tottenham, non si Ramos, ha posto infatti le basi per la rete con la maglia biancorossa proprio sono stupiti di sapere che Modrić è nascita di un ciclo vincente. L’ingag- contro l’Italia campione del mondo, in stato addirittura paragonato a Lionel gio di Modrić era stato preceduto da- quel - per gli azzurri - malaugurato 0-2 di Livorno che segnò l’esorMessi e soprattutto a Johan dio come ct di Roberto DoCruyff, che ricorda sia per nadoni. Modrić, ora, si canl’aspetto longilineo che per dida per diventare il prossivelocità, agilità e creativimo regista del Tottenham tà. Gli Spurs hanno battuandando ad affiancare un alto la concorrenza di molti tro centrocampista di grande club europei interessati a qualità come Jermaine JeModrić, che è diventato la nas, anche lui autore del suo nuova scommessa di Juanprimo gol internazionale in de ed ha firmato con i lonun’occasione importante e dinesi un contratto di cinun po’ “italiana”, l’esordio que anni, fino al 2013. Il di Capello sulla panchina Tottenham, dunque, ha già inglese. iniziato a spendere in vista Luka Modrić è nato il della prossima stagione: il 9 settembre 1985 a Zara. club di White Hart Lane Nelle giovanili della Dinadel milionario inglese Jomo fino al 2003, ha iniziaseph Lewis non vuole più to la carriera professionistiattendere e ha messo anca allo Zrinjski di Mostar cora mano al portafoglio (22 partite, 8 gol) nella staper rinforzare il suo team gione 2003-2004, passando e costruire una squadra che poi (2004-2005) all’Inter possa raggiungere la quaZaprešić (18 partite, 3 gol) lificazione alla Champions e dal 2005 è alla Dinamo di League. A febbraio ha vinModrić con la maglia della Nazionale croata 44 Panorama Sport nale croata, finito al Tottenham Eduardo Da Silva dopo l’infortunio uadra è fatta! Zagabria, con la quale ha collezionato una novantina di presenze, segnando 25 reti. In totale nel massimo campionato croato ha collezionato 119 partite e 31 gol. Nella nazionale croata si è inserito stabilmente solo quando Bilić ha sostituito Zlatko Kranjčar in panchina. Anche se il ct della Croazia lo ha impiegato come centrocampista difensivo con licenza di attaccare, il giocatore è ugualmente a suo agio in posizione avanzata. Ne sono prova i 13 gol in 22 incontri disputati con la Dinamo Zagabria, che quest’anno si è riconfermata campione nazionale al termine di un campionato che ha vinto con grande margine e con notevole anticipo, sbaragliando la, peraltro modesta, concorrenza. “Il motivo per cui il Tottenham non ha esitato a spendere 21 milioni di euro per Luka Modrić sarà evidente a EURO 2008”. Questo il messaggio di Slaven Bilić, che non ha dubbi sulle qualità di Modrić, già capitano della sua squadra, che ha portato il suo carisma nella nazionale partecipando alla vittoriosa campagna di qualificazione per l’Europeo. “Modrić è un giocatore di altissimo livello. Lo conosco dall’Under 21 e, anche se è ancora molto giovane, lo considero tra i migliori. Agli Europei, il mondo scoprirà il suo valore”. Sabatino Durante, procuratore sportivo e profondo conoscitore del calcio croato, più volte ha esaltato le doti del giocatore della Dinamo, il cui futuro però sembrava legato al Chelsea: “È un talento straordinario, è il miglior giocatore di centrocampo che esista al mondo. Si parla sempre di Lampard ma non ci si rende conto che questo è un ragazzo dell’85 e che ha già oltre 20 presenze con la nazionale croata. Sa fare il Gattuso e ha due piedi straordinari, ha qualità e quantità, sa fare gol, sa far girare la palla. Mi meraviglio che una squadra come il Milan, che ha porte aperte in Croazia, non abbia pensato a un giocatore del genere. Un centrocampo con Modrić, Pirlo e Gattuso e hai fatto la squadra. Io se fossi presidente di una squadra italiana sarei andato subito ad acquistarlo. Spero di vederlo nel campionato italiano”.● La strada per dribblare il fisco L uka Modrić è diventato il calciatore croato più pagato e nella speciale classifica degli ingaggi, con la cifra vertiginosa di 15,8 milioni di sterline (21 milioni di euro circa) sborsati dal Tottenham, ha scavalcato Eduardo da Silva, per il quale l’Arsenal lo scorso anno avrebbe pagato molto meno, ufficialmente sui 12 milioni milioni di euro, addirittura uno in meno di quanto il Manchester City avrebbe fatto finire nelle casse della Dinamo per Čorluka. Ma sono tutte cifre da prendere con le dovute riserve, anche perché trattandosi di società quotate in borsa, alcune informazioni sono coperte dal segreto d’ufficio. Anche l’ammontare dell’ingaggio di Modrić, tuttavia, sembra destinato a crescere ulteriormente e sfiorare i 20 milioni di sterline, in virtù dei vari bonus compresi nel contratto. Alzato il sipario sull’ipocrisia, la vendita di Modrić ha fatto scattare l’allarme rosso del fisco croato, aprendo uno squarcio sulla posizione delle società sportive nell’arco del sistema tributario, che in Croazia è particolarmente tollerante nei loro confronti. Anche i nuclei di sport professionistico - come nel caso del calcio - sono registrati come associazioni di cittadini e come tali sottostanno all’obbligo del pagamento solo della tassa sull’utile, che ammonta al 20 p.c., come nel caso delle Srl. Tassa dalla quale i club sono esentati se a fine anno presentano un bilancio in rosso. Ed è facile capire come vanno a finire le cose... Come ha spiegato il ministro croato della finanze, Ivan Šuker, il trasferimento di Modrić, e degli altri sportivi, all’estero, non può venir registrato dal fisco come un contratto di compravendita, sarebbe illegale. Quel bel flusso di denaro, invece, può figurare soltanto come un indennizzo che verrà pagato alla Dinamo come differenza tra quanto il giocatore poteva incassare sulla base del contratto per le sue prestazioni che lo legava alla Dinamo, e quello che invece gli può offrire la società inglese. Il premier Sanader ha “tuonato”, definendo una normativa del genere inaccettabile ed ha ordinato a Šuker di rivedere le leggi che regolano i trasferimenti all’estero degli sportivi croati per poter intervenire e mettere fine a questa condotta troppo libertina, che impunemente dura da quando il mondo è mondo. “Se sarà necessario - ha concluso Sanader - cambieremo le leggi...”. Per il momento il Ministero delle finanze ha avviato un controllo a tappeto sull’attività delle società che hanno le procure e controllano vari calciatori e su aziende private a cui fa capo Zdravko Mamić, direttore sportivo e padre padrone della Dinamo. Non sarà mica conflitto d’interesse e/o evasione fiscale? ● Panorama 45 Animalia Il dilemma capra: è un angelo o u di Daniela Mosena I l capro (o la capra) era considerato nell’antichità anche emblema della lussuria per la sua irruenza sessuale (Orazio: Epodi). Il simbolismo negativo fu ripreso dal Cristianesimo che personificò nell’animale l’uomo impuro o addirittura il dannato, come narra Matteo nel Vangelo: “Quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: ‘Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo...’. Poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: ‘Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e i suoi angeli’”. Nella demonologia medioevale il capro diventerà addirittura emblema di Satana presiedente ai sabba e sarà cavalcatura delle streghe. La sua testa, iscritta in una stella nera con la punta in basso, sarà l’antitesi della Stella pentagrammatica della spiritualità con la punta verso l’alto. Miti e leggende La più popolare è quella di Amaltea. Volendo celarlo al padre Crono che divorava i figli temendo la detronizzazione, Rea affidò il figlio Zeus alla Madre Terra che lo portò a Creta e lo nascose in una grotta, dove fu custodito da Adrastea e Io, figlie del re Melisseo, e dalla capra Amaltea che gli dà il suo latte. Divenuto signore dell’universo, Zeus immortalò Amaltea nella costellazione del Capricorno. Poi diede una delle sue corna, tanto grandi che parevano di vacca, alle figlie di Melisseo: il corno divenne l’Amalthefas kéras, o corno dell’abbondanza, colmo di cibi e bevande. In latino si chiamò “cornucopia” per un’altra leggenda, non più greca ma romana, riferita da Ovidio nelle Metamorfosi. Volendo avere il sopravvento su Ercole nel combattimento per Deianira, Acheoo si trasformò in toro. Il corno però, rotto e svolto dalla fronte da Ercole, venne reso sacro dalle Naiadi 48 Panorama Una capra domestica... .. e quella selvatica “riempiendolo di pomi e fiori odorosi, di cui è ricchissima la cornucopia”. Poi lo diedero a Bona Copia, una ninfa consacrata a Diana, “che reca nel corno regali felici”. Il mito è raffigurato al museo delle Terme di Roma in un mosaico proveniente dalle costruzioni neroniane di Anzio. Divenuta emblema beneaugurante per gli antichi Romani la cornucopia appare così, con punta a forma di capro, su un’ara del II sec. nel giardino cinquecentesco dello stesso Museo. Della stessa epoca sono le cornucopie che accompagnano le colossali figure del Nilo e del Tevere sulla piazza del Campidoglio, davanti al palazzo Senatorio. le cime, verso il divino. Per tale motivo il Peruzzi lo ha rappresentato, nell’oroscopo di Agostino Chigi alla villa della Farnesina, accanto a Venere a indicare che nel giorno della sua nascita il pianeta era in Capricorno. Anticamente tale costellazione coincideva con il solstizio d’inverno, la Ianua coeli, (la Porta del cielo), attraverso cui gli esseri ritornano dalla caverna cosmica, verso l’origine di ogni cosa. Sicché i cristiani, ponendo la nascita del Cristo al solstizio d’inverno (con uno scarto di qualche giorno, per un errore astronomico ereditato dai Romani) alludevano al Cristo che scende nella caverna cosmica (pesce) per risalire al cielo (capra), riconducendo con sé il cosmo redento: Capra-Porta del cielo. D’altronde, il simbolo della Porta si ritrova nello stesso Vangelo di Giovanni dove il Cristo dice: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore... lo sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo: entrerà e uscirà, e troverà pascolo”. I bestiari medioevali hanno ripreso questo simbolismo a proposito dell’onniscienza di Dio. Talvolta le capre, che compaiono ai lati del Buon Pastore, come in un affresco nelle catacombe dei Ss. Pietro e Marcellino, sono l’emblema del cristiano salvato dal Cristo, come la pecora della parabola evangelica. Superstizioni Il segno zodiacale del Capricorno, rappresentato da una capra con coda di pesce, partecipa del simbolismo dei due animali. La coda pisciforme evoca le acque, il formicolare silenzioso della vita; il corpo di capra la tendenza verso Misteri Nella demonologia medioevale è l’emblema di Satana Nelle Grandi Dionisie, la festa primaverile di Dioniso Eleuterio, il sacrificio di un capro al dio era accompagnato da ditirambi, drammi satireschi e tragedie, il cui nome deriva dall’animale sa- Animalia un diavolo? crificato, tragos in greco. Le interpretavano i tragodof (cantori capri), così chiamati perché premiati con un capretto o una capra; o forse perché, recitando mascherati, rinunciavano alla propria individualità lasciandosi pervadere dal dio che, simboleggiato dalla vittima rituale, regnava su quelle feste. Anche gli Ebrei conobbero un capro sacrificato, oltre ai capretti. Ne parla il Levitico nell’Antico Testamento a proposito della Festa dell’Espiazione: “Poi (Aronne) prenderà i due capri e li farà stare davanti al Signore all’ingresso della tenda del convegno e getterà le sorti per vedere quale dei due debba essere del Signore e quale di Azazel. Farà quindi avvicinare il capro che è toccato in sorte al Signore e l’offrirà in sacrificio espiatorio; invece il capro che è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti al Signore perché si compia il rito espiatorio su di lui e sia mandato poi ad Azazel nel deserto... Così farà l’espiazione sul santuario per l’impurità degli Israeliti”. Molti esegeti e teologi cristiani hanno interpretato il primo capro espiatorio come un’allusione profetica a Cristo che avrebbe assunto su di sé i peccati dell’umanità; e il secondo come il Redentore che porta su di sé nel deserto, cioè nella solitudine del sepolcro, la massa dei peccati umani. Per l’anonimo della Vitis mystica il termine capro “si attribuisce giustamente all’ottimo Gesù benché il capro sia un animale immondo. Gesù, è vero, era senza peccato; ma si era rivestito della disgraziata carne che i nostri peccati hanno coperto di macchie”. Giove bambino e un faunetto con la capra Amaltea (Gian Lorenzo Bernini) Simboli La cornucopia alludeva ad una delle valenze simboliche della capra: la Madre-Terra feconda, nutrice. Ma le corna dell’animale hanno anche simboleggiato il lampo celeste, ossia la funzione di messaggero della volontà divina: per Diodoro Siculo Apollo manifestò agli uomini il sito dell’oracolo delfico con le capre del Parnaso che, inebriate dai vapori che uscivano dalla terra, cominciarono a danzare. Negativo invece l’ultimo emblema dell’animale: indica la lubricità femminile. Il capretto, simbolo di purezza e innocenza, sacrificato dagli antichi con l’agnello, è anche simbolo del Cristo che espia i peccati degli uomini, ispirato al passo dell’Esodo in cui il Signore, istituendo la Pasqua ebraica, ordina a Mosè: “Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno”. Poteri Una naiade con la cornucopia L’animale rappresenta due convinzioni opposte. Da una parte Pan, ovvero natura ed energia sessuale, che arriva a significare - nella cultura della Chiesa cristiana - la corruzione e tutto ciò che è vile; dall’altra parte la capra del Capricorno, piedi per terra e scalata alle cime. Affiliata sia al sole (luce e vita) sia a Saturno (Crono e morte) ha la capacità di fondere la base (il terreno) con il celeste, di portare insieme l’esistenza immortale e di morte, quindi il ciclo della vita. Gli zoccoli, in grado di aggrapparsi alle superfici più impervie, suggeriscono flessibilità, il manto dà protezione e calore negli ambienti più aspri. Sembra perciò che dia il meglio di entrambi i mondi, permettendo alle persone di raggiungere il cielo rimanendo allo stesso tempo ancorate al suolo. Curiosità Una stranezza: in Europa si pensava che la sua zampa o i peli della barba proteggessero da Satana, credenza dipendente forse dal fatto che questi, sentendo il suo odore, pensasse che l’individuo fosse già suo seguace e quindi lo lasciava stare. La pelle veniva appesa dai pescatori per assicurare un viaggio tranquillo, ricollegandosi alla leggenda di Giasone e del Vello d’Oro. In alcune zone dell’Europa e dell’America, la capra ha proprietà curative. Si consiglia infatti di portare una capra o una pecora vicino alla stanza di un malato e di farla pascolare perché, quando se ne va, si presuppone che porti via con sé anche la malattia. ● Panorama 49 A tavola Il carciofo: antico e prezioso prodotto I l carciofo, pianta della famiglia delle composite (Cynara scolymus), proviene quasi certamente dal cardo e le loro origini comuni ci portano nel Nord Africa e in Egitto. La pianta era già conosciuta dagli antichi romani come Cynara, mentre per gli antichi greci era Kinara. La parola carciofo, la cui radice è usata per indicare questa pianta nella maggioranza delle lingue indoeuropee, deriva dall’arabo al-kharshaf, letteralmente “pianta che punge”. È un ortaggio tipico delle aree del Mediterraneo, in modo particolare Italia, Spagna e Francia, mentre i maggiori coltivatori dei paesi oltre oceano sono gli Stati Uniti e il Perù. Si mangiava comunemente sin dal tempo degli Egizi e continuò a essere apprezzato all’epoca dei Romani. Notizie più certe sulla sua coltivazione in Italia risalgono al XV secolo, quando dalla zona di Napoli, dove era stata introdotto da Filippo Strozzi, la coltura del carciofo si diffuse prima in Toscana (Caterina dei Medici ne fu una grande consumatrice) e successivamente in molte altre regioni. Esistono diversi modi di classificare i carciofi: in base alla presenza e allo sviluppo delle spine si distinguono in spinosi o inermi. I carciofi spinosi sono quelli le cui brattee - cioè le foglie - terminano con l’estremità appuntita, mentre negli altri la punta delle foglie è arrotondata. Un’altra distinzione viene fatta in base al colore: carciofi dal colore violetto e carciofi dal colore verde. Un’altra classificazione è fatta in base al ciclo fenologico, distinguendo i carciofi “autunnali” e “primaverili”. Le varietà autunnali subiscono una forzatura nel ciclo riproduttivo, mentre le primaverili, cioè fra marzo e aprile, sono molto più buoni. Questo ortaggio, oltre a essere gradito alla maggioranza dei palati, è sempre stato considerato un rimedio per i più svariati problemi dell’organismo. Il carciofo è molto ricco di ferro, risulta di buon valore nutritivo e di 54 Panorama basso apporto calorico. Per la cultura popolare possiede virtù terapeutiche e salutari grazie alla ricchezza della sua composizione: sodio, potassio, calcio, fosforo, ferro, vitamine (A, B1, B2, C, PP), acido malico, acido citrico, tannini e zuccheri consentiti anche ai diabetici; il carciofo è quindi per la tradizione: tonico, stimolatore del fegato, sedativo della tosse, contribuisce a purificare il sangue, fortifica il cuore, dissolve i calcoli e disintossica. Inoltre grazie alla cinarina, una particolare sostanza amara contenuta nelle foglie, nello stelo e nell’infiorescenza, il carciofo svolge un’azione benefica sulla secrezione biliare, favorisce la diuresi renale e regolarizza le funzioni intestinali. Altro principio attivo è la cinaropicrina. Per la presenza di composti vitaminici, infine riduce la permeabilità e la fragilità dei vasi capillari. Esistono diversi studi scientifici che dimostrano una serie di effetti positivi legati all’assunzione della cinarina, il principio attivo contenuto nelle foglie e nel succo della pianta. Il primo è quello antidispeptico, in particolare coleretico, un altro è la capacità di ridurre la lipemia, in particolare la quantità totale e la frazione LDL del colesterolo e i trigliceridi. Non è ancora chiaro il meccanismo d’azione ma sembrerebbe che gli ingredienti attivi siano alcuni acidi capaci di stimolare a livello epatico la promozione della circolazione sanguigna, la mobilizzazione di energie di riserva, l’aumento degli epatociti con un doppio nucleo, l’aumento del RNA contenuto nelle cellule epatiche, e l’attivazione della mitosi cellulare. Se si vogliono fare in casa rimedi a base di carciofo si possono preparare tinture, vino e decotti adatti per le disfunzioni epatiche e biliari, contro reumatismi, artrite e gotta. Il decotto è adatto anche per impacchi e lavaggi per la pulizia della pelle del volto. In cosmesi invece, il succo svolge un’azione bioattivante, vivificante e tonifican- te per la pelle devitalizzata e foruncolosa. La parte commestibile della pianta è in realtà il fiore e il cuore centrale chiamato “cimarolo” è il più ricercato, e di conseguenza anche il più costoso, perché più tenero e con le foglie più seriate. I carciofi possono essere cucinati in vari modi: alla romana, alla giudia, alla siciliana, fritti per citare alcune delle ricette più note. Quando sono giovani e teneri invece, è consigliabile mangiarli crudi, tagliati a fettine, conditi con olio, limone e qualche fogliolina di menta. Una volta cotti i carciofi si conservano male e devono quindi essere consumati entro breve tempo. In frigorifero, con una temperatura di 0-1°C e un’umidità relativa al 95%, i carciofi si possono conservare per 30 giorni. Sono molti duttili e accompagnano bene qualunque tipo di carne e anche molti pesci. Esiste una precisa tecnica per pulire l’esigente carciofo: il gambo si elimina tutto o in parte a seconda di come deve essere cucinato. Si scartano le foglie esterne e delle altre si taglia la parte superiore, lasciando solo quella chiara. Infine si taglia la punta del carciofo si tornisce il fondo scartando la scorza dura e fibrosa. Prima di tagliarli a spicchi si scavano leggermente al centro per togliere il fieno. Durante la pulitura e fino al momento di cucinarli devono rimanere immersi in acqua acidulata con succo di limone per non farli annerire. E adesso che sono pronti eccovi alcune delle tantissime ricette con questo ortaggio. A tavola o della natura Con i piselli Ingredienti: 4 carciofi freschi, 700 g di piselli freschi o 450 g di quelli surgelati, 40 g di pancetta magra, mezza cipolla tritata, 3 cucchiai d’olio d’oliva, qualche foglia di lattuga, sale, pepe e limone Preparazione: dopo averli puliti divideteli in 4 spicchi. In una casseruola soffriggete nell’olio il trito di pancetta e cipolla; aggiungete i carciofi scolati, fateli insaporire e unite i piselli e la lattuga. Aggiustate di sale e pepe, bagnate con un mestolo d’acqua e cuocete a fuoco moderato rimescolando di tanto in tanto. Risotto al prosciutto Ingredienti: 350 g di riso, 50 g di prosciutto crudo, una cipolla piccola, 50 g di burro, 100 g di parmigiano grattugiato, 6 carciofi, un litro di brodo di carne, prezzemolo, un limone, sale e pepe Preparazione: scaldate il brodo. Tritate finemente la cipolla e il prezzemolo, metteteli in una casseruola, unite il burro ed il prosciutto crudo tritato. Fate soffriggere, quindi unite i carciofi ben scolati, mescolate e lasciate cuocere a fuoco lento, aggiungendo poco brodo. A metà cottura versate nella casseruola il riso, fatelo tostare per qualche secondo e poi fatelo cuocere, unendo un mestolo di brodo bollente ogni tanto. A fine cottura correggete di sale e pepe. Togliete il riso dal fuoco, incorporate il parmigiano grattugiato e un altro poco di prezzemolo tritato. Mescolare delicatamente e servite in tavola. Ripieni al formaggio e verdure Ingredienti: 150 g di formaggio (tipo emmental), 4 carciofi, 2 carote, 2 zucchine, 1 mazzetto di prezzemolo, 1 scalogno, 1 limone, 3 cucchiai di olio d’oliva extravergine, sale e pepe q.b. Preparazione: tagliate il formaggio a fettine. Pulite i carciofi. In una pentola, portate ad ebollizione l’acqua con il succo di limone rimasto, aggiungete il sale e fate cuocere i carciofi per 5-6 minuti e poi fateli scolare. Sbucciate lo scalogno e tritatelo. Pulite le zucchine e le carote e tagliatele a rondelle. In un tegame con l’olio, fate appassire lo scalogno, aggiungete le carote, fate cuocere per 2-3 minuti dopodichè unite le zucchine, insaporite con un pizzico di sale e pepe e continuate la cottura per altri 2-3 minuti; togliete le verdure dal fuoco, unite il prezzemolo tritato ed il formaggio. Distribuite il composto nei carciofi, disponeteli nel piatto da portata e serviteli; a piacere potete farli cuocere in forno a 200° per 7-8 minuti. Pasta con ragù Ingredienti:300 g di pasta fresca all’uovo (tagliatelle, pappardelle, ecc.), 3 carciofi, 1 cipolla,1 mazzetto di prezzemolo, 1 mazzetto di basilico,1 spicchio d’aglio, 60 g di pancetta in una sola fetta, succo di limone, 5 cucchiai di olivo d oliva extravergine, sale e pepe Preparazione: Pulite i carciofi e tagliateli a spicchi sottili. Affettate la cipolla e schiacciate leggermente l’aglio, metteteli in un tegame con l’olio e fateli appassire senza lasciarli colorire; aggiungete la pancetta tagliata a pezzettini e fatela rosolare brevemente. Unite i carciofi scolati, un pizzico di sale e di pepe, versate un mestolino d’acqua e fateli cuocere a fuoco moderato e tegame coperto, per 10 min. circa; cospargeteli con prezzemolo e basilico tritati. In una pentola portate ad ebollizione l’acqua e salatela, fatevi cuocere la pasta, scolatela al dente, conditela con il ragù e servitela calda.● Panorama 55 Roberta di Camerino - fine 1950 Pietre e corallini Mary Frances 2004 Seta e corallini - Est Europa 1920 L'eterno fascino della borsetta Se dici vino, l’Istria è sottintesa «V ino in perfetto equilibrio”. Suona così lo slogan del progetto Vinistra intesto sia come fiera a cui presentare la nobile bevanda che, in pari tempo, quale associazione dei produttori istriani. L’adozione di tecniche e tecnologie di produzione più avanzate, saldate a una tradizione consolidatasi nel corso dei secoli, negli ultimi dieci anni hanno portato a un vero boom nel settore del prodotto tipico locale. Lo testimonia con effica- cia l’ultima edizione della fiera Vinistra che anche quest’anno ha offerto una serie infinita di innovazioni, che vanno dalla sostanza al design. È questo un significativo punto di riferimento in Croazia per il modo di concepire la produzione vinicola. In pari tempo, con energia non minore, si sta imponendo in un altro settore, quello dell’olio d’oliva, che impegna tanti nuovi, spesso anzi giovanissimi produttori. (foto Lucio vidotto) Pietre Swarowski - Katherine Baumann 1990 O ggetto la cui nascita si perde nella notte dei tempi, e per secoli peculiarità maschile, la borsetta è sorta a “nuova vita” da quanto, progressivamente, si è attestata nel ruolo non solo di oggetto indispensabile per la donna, ma anche di accessorio che ha progressivamente chiesto e ottenuto una sempre maggiore e specifica “visibilità.” L’assunzione di questo ruolo estetico, che ha mosso in parallelo un intenso processo creativo, è egregiamente documentata nella mostra “Borse e borsette al Castello” ospitata a Duino, grazie a un’iniziativa dei proprietari del castello, i principi Carlo e Veronique della Torre e Tasso, eredi e prosecutori di una tradizione e promozione culturale di lunga data. Dovendo giocoforza operare una scelta molto rigorosa, la parte più significativa della mostra è stata riservata alle borsette americane degli anni 1930-1950 che, già allora accettate con molto fervore dal pubblico, oggi sono molto ambite dai collezionisti. La mostra rimane aperta fino al 2 novembre. ● Creazione realizzata con scatola di pregiati sigari domenicani Foto grande: Borsetta austriaca con perline e cerniera d’argento di fine 800 pagine - prima - ultima.indd 4-5 13.5.2008, 12:05:54