il Bonfa - G. Bonfantini
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il Bonfa - G. Bonfantini
giornalino d’informazione scolastica dell’ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “GIUSEPPE BONFANTINI” di Novara n u me r o 2 – a n n o 4 APRILE 2013 27 settembre 1952 - 60° di fondazione spotted: ma perché?! – – – – – – – – – – – – – Difficile scrivere questo editoriale. Difficile perché lo devo sempre fare io che non so scrivere bene come un giornalista, non ho argomenti sempre adatti a questa piccola testata scolastica e non ho mai sufficiente materiale per poter dare un mensile completo a questo bell’Istituto. Ma in una sera di primavera come questa, dopo una giornata di tiepido sole e di passeggiate all’aria aperta, seduto alla scrivania, davanti al computer navigo per social network e… spotted! Ma perché? Perché? Perché? E, se non si fosse ancora capito, Perché? Sarò diventato improvvisamente intollerante, bigotto, vecchio (e forse ero già sulla buona strada!) ma questa “cosa”, se così si può chiamare, un po’ (tanto!) arrabbiare mi fa! Questa nuova moda che sta spopolando in rete in verità proprio nuova non è, perché so che è nata due anni fa nelle università europee, per poi diffondersi in altri Paesi. E l’Italia poteva farsi mancare una “cosa” di così “straordinario” successo? Certo che no! Dei “bei” gruppi dove gli studenti di una stessa università, scuola, luogo famoso, possono inviare messaggi e commenti sugli altri frequentatori di quel luogo, mantenendo l’anonimato, sfottendo, incolpando, deridendo... ma perché? Si può solo confidare in amministratori di pagina responsabili e intelligenti che, visionando ogni singolo post, possono bannare chi non rispetta le regole. Ma come può lo stesso amministratore sapere che “effetto farà” sul malcapitato soggetto a cui questo “bel” post è riferito? E poi perché anche nelle scuole di Novara si è diffusa così rapidamente questa moda? C’è ancora una dolorosissima ferita aperta di un fatto gravissimo legato al cyberbullismo che ha destato grande tristezza e profondo cordoglio nei primi giorni dell’anno, che ha riempito le prime pagine dei giornali nazionali, che ha fatto scendere in piazza studenti “schifati” da questo modo di comunicare offendendo e ora… ora spotted! In tutto questo c’è anche chi si limita a piccoli sfottò ma forse non ci si rende conto che le parole hanno un potere enorme, quando soprattutto sono le parole “sbagliate” nel momento sbagliato, perché nell’oscurità le parole pesano il doppio. Quindi perché non godere di queste giornate di sole per farsi un bel giro baciati dal suo calore anziché cercare di denigrare qualcuno anonimamente? E se il giro non lo si può fare perché si è seduti dietro un banco di scuola magari si potrebbe anche evitare di postare una bella frase inadeguata e offensiva rivolta al compagno di banco… in fondo lui o lei sono lì! È anche un’arte saper tacere a volte e saper evitare di usare le dita per digitare solo grandi sciocchezze: “È caratteristico dell'uomo coraggioso parlare poco e compiere grandi imprese; è proprio dell'uomo di buon senso1parlare poco e dire sempre cose ragionevoli”. Gu. Ro. – ciao QUINTINI !!! S a cura di Gu.Ro. con gli spunti di una professoressa e i rumori molesti di un corridoio umbro eduto alla scrivania di un piccolo albergo umbro in un dopocena di inizio primavera, mentre fuori dalla porta si sentono le voci e le risate di un’orda di “gitani”, a tratti controllate dal responsabile del piano che con voce ferma interrompe ogni suono, lasciando quel silenzio caratteristico che solo dopo un temporale estivo si può (non) udire. Ebbene sì! Un’altra volta in gita con la scuola, in previsione un’altra lunga notte di “controllore” di suoni, rumori e… ormoni impazziti. Ma anche questa è scuola, anche questi momenti rimarranno scolpiti per diversi anni, nei ricordi dei giovani partecipanti. Una grande occasione per “presentarsi” ai proff. anche fuori dal contesto della classe, come una grande occasione è la scuola stessa. È forse la strada per arrivare a essere persone libere, capaci di coltivare sogni, fare progetti e riuscire a realizzare desideri di ogni genere. Essere liberi forse significa scrollarsi di dosso la pigrizia, smarcarsi dai pregiudizi e dalla noia, accettare quindi la sfida della novità, lasciarsi conquistare dalla curiosità e alimentare la propria creatività. E chi questo percorso lo sta concludendo dignitosamente anche al Bonfa, tra qualche mese, potrà volgere lo sguardo alle proprie spalle scoprendo che la scuola è stata (e nonostante tutto: è ancora!) veramente una grande palestra per sperimentare tutto questo. In tanti “quintini” bonfantiniani (perché se ci sono i “primini” ci saranno anche i “quintini” no?!, ndr) si renderanno conto che non sono state le pagine di letteratura, di storia, di chimica, di estimo o di fitopatologia che li hanno tenuti in ostaggio, ma è stata, ed è sempre, l’ignoranza che chiude l’orizzonte dei pensieri, è la superficialità che omologa ogni cosa, è l’impazienza che brucia le energie migliori. Forse la vita non è l’emozione di un brivido sulle montagne russe ma è l’appagante fatica di una camminata bella lunga in montagna. Sto leggendo, mentre scrivo queste poche righe, un articolo con una teoria di una professoressa italiana, che si trovava ad osservare quegli zaini con le rotelle. Quelli che spopolano soprattutto alle scuole elementari per evitare di “appesantire” le schiene dei poveri remigini! Una geniale trovata commerciale, che affranca noi adulti dalla paura di vedere i “poveri piccoli figlioli” con la schiena piegata, regalando l’illusione di evitare loro la fatica di portare un peso sulle spalle: il “peso della cultura”. È anche l’illusione che con un insegnante coinvolgente, un buon computer e un pizzico di astuzia si può imparare tutto e bene senza fatica. Ma in realtà sappiamo che non funziona così: come gli zaini con le rotelle nella maggiore parte dei casi si sono rivelati poco efficaci, altrettanto l’idea di imparare senza fatica si è rivelata un’illusione. Forse forse vale la pena avere la schiena un po’ storta, se questo ci consente di raddrizzare il cuore. Ma nell’articolo c’è anche una simpatica teoria sull’uovo di Pasqua! Gli adulti hanno davvero preso un gran gusto a fare le sorprese ai più giovani: fratellini e sorelline, I-Phone, viaggi, motorini, dispositivi elettronici… ma cosa succede alle sorprese dell’uovo di Pasqua? Il dubbio è che accada lo stesso per sorprese di altra entità! La “sorpresa” brucia emozioni e sentimenti in un tempo fulmineo. Al contrario, ciò che si attende, desidera, conquista dopo tempo e fatica, ha un altro sapore, soprattutto nutre in modo più sano il legittimo desiderio di felicità. Scrive sempre la sopracitata professoressa: “Penso che sia importante imparare a SOSTARE nella contemporaneità. Conquistare la capacità di fare bene qui e ora, ciò che sto facendo. È ovvio non sempre si fa ciò che si ama, ma si deve imparare ad AMARE SEMPRE ciò che si fa!”. E allora, citando il buon Foscolo, ai “quintini” che lasceranno a breve le “sacre sponde” del Bonfa ma anche a coloro che al Bonfa “fanciulletti giacciono” ancora: se nel vostro futuro volete tenere i piedi per terra, portate qualche responsabilità sulle spalle e abbiate sempre pazienza, perché essa può far germogliare delle pietre, a condizione di saper aspettare! Buona strada giovani! Io per ora aspetto ancora cinque minuti, poi uscirò dalla porta della mia stanza e proverò a scatenare una breve grandinata cosicché, magari, possa tornare la calma nelle stanze contigue a questo corridoio umbro e le pietre possano germogliare anche qui! 2 – LA BIONDA DI CUREGGIO a cura di Oscar Temporiti (3^B) N on si tratta di una bella ragazza ma della bionda per eccellenza dei cureggesi! A Cureggio fino agli anni Sessanta le cipolle venivano commercializzate con le zone vicine e con l’intero Paese ma dagli anni Novanta vengono coltivate solo per uso familiare. La cipolla “bionda” di Cureggio era nota, fin dalle origini, per la sua grandezza (la più grande era di ben mezzo chilo!) e per la sua dolcezza. Proprio così! La bionda di Cureggio ha un sapore puramente dolce rispetto a molti altri tipi di cipolla ma non per chi la taglia date le numerose lacrime versate durante la preparazione. La cipolla bionda di Cureggio si coltiva solo sui territori cureggesi e di Piano Rosa, una piccola frazione confinante, grazie alle peculiari caratteristiche dei terreni prettamente argillosi. È coltivata anche nei territori di Fontaneto d’Agogna, infatti negli ultimi anni il presidente della Pro Loco del Comune limitrofo, seguendo l’idea e il valido consiglio dello chef dell’agriturismo “La Cappuccina” di Cureggio, ha deciso di recuperare questo tipo di cipolla, quasi estinta, e di riportarla al suo “vecchio splendore”, come negli anni del dopoguerra e del boom economico. Dopo numerose collaborazioni e, difficili ma importanti aiuti da parte degli anziani di Cureggio e Fontaneto che hanno ceduto un po’ delle loro preziose sementi, si è riusciti nell’intento di riprodurre la linea pura della cipolla bionda per presentarla lo scorso mese di ottobre allo stimato “Salone del Gusto” di Torino riscuotendo molto successo del pubblico italiano Curegg e non solo. A Torino boom di COORDINATE 45°41′0″N 8°28′0″E visitatori per lo stand che ha ALTITUDINE 289 m s.l.m. mostrato ai visitatori tutte le SUPERFICIE 8 km² eccellenze del territorio novarese. Ai fornelli degli stand espositivi ABITANTI circa 2.600 anche Gianluca Zanetta, chef de “La FRAZIONI Cascine Enea, Cappuccina” e motore della Marzalesco, Piano Rosa creazione del primo presidio Slow COMUNI Food a Novara. Nello specifico, Boca, Borgomanero, CONFINANTI Zanetta, insieme ai sindaci di Cavallirio, Fontaneto Fontaneto e di Cureggio ha proposto d'Agogna,Maggiora la cipolla bionda che deriva da una C.A.P. 28060 tradizione antica perduta per molto PREFISSO tempo che potrebbe davvero 0322 ritornare ad essere tra le più celebri CLASSE zona 4 al mondo. SISMICA CUREGGIO (sismicità molto bassa) ABITANTI PATRONO L’idea fondamentale, però, rimane quella di promuovere questa cipolla cureggesi Madonna Assunta, come presidio Slow Food. 15 agosto 3 – Cosa è Slow Food??? Slow Food è un'associazione internazionale no-profit che conta circa 100.000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi del mondo, ben 1500 condotte, le sedi locali, e una rete di oltre 2.000 comunità che praticano una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, e soprattutto di qualità. Fondata da Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l'interesse legato al cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità, e uno stile di vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali. Il motto di Slow Food è “buono, pulito e giusto”. Tre aggettivi che definiscono in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni derivanti dal valore affettivo del cibo. Pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell'ambiente. Giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione. La Pro Loco di Fontaneto d’Agogna intende aggiungere alla lista di prodotti con marchio Slow Food la cipolla bianca di Cureggio e di Fontaneto che affiancherebbe, in qualità e conoscenza in tutto il mondo, la cipolla di Tropea e la cipolla di Breme. È stata fatta domanda ai tecnici e ai giudici di Slow Food che controlleranno il territorio, le tecniche di coltivazione, il rispetto all’ambiente le concimazioni e la veridicità storica in modo da accertare al 100% la cipolla come presidio Slow Food. Il riconoscimento donerebbe una grande prestigio a Cureggio e Fontaneto ma anche al capoluogo di Novara che vedrebbe nascere nella sua provincia il primo presidio Slow Food. Certo la strada è lunga e laboriosa, ma con l’aiuto di tutti quei cittadini interessati a coltivare nel rispetto della tradizione questa nostra cipolla, siamo sicuri (noi abitanti “attivi” del territorio!) che riusciremo in questo ambizioso progetto. Molti cittadini infatti hanno risposto positivamente al progetto e si sono già attivati per la coltivazione. 4 aprile 2013 la notizia che la cipolla bionda di Cureggio e Fontaneto ha ottenuto il presidio Slow Food: È del è il primo riconoscimento assegnato in tutta la Provincia di Novara. L’accordo è stato firmato nei primi giorni di aprile, con i rappresentanti del progetto dei Presidi italiani, coordinato da Slow Food Italia con il supporto tecnico scientifico della Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus. La Pro Loco di Fontaneto ha voluto essere parte attiva nella riscoperta e nel rilancio di un prodotto oramai in via di estinzione come la cipolla bionda di Cureggio e Fontaneto, che rappresenta per l’associazione un’occasione irrinunciabile per rafforzare e qualificare in maniera ulteriore la propria attività a favore delle Colline Novaresi. Sabato 15 giugno, all’interno della rassegna enogastronomia “FontanetoArteSapori, Piemonte con gusto!”, verrà ufficialmente presentato il presidio della cipolla bionda di Cureggio e Fontaneto d’Agogna. 4 – I diplomati (e gli attuali studenti) del Bonfa che si raccontano anche al di fuori della scuola: tra esperienze di vita studentesca e novità nel mondo del lavoro UNA VITA OLTRE IL BONFA: VoLEVO fare la “pastoressa” e ora VIVO DI NATURA! dai monti della Valle d’Aosta Claudia Pavan (ex studentessa diplomata nell’a.s 2009/2010 nel corso B della Sede) Già in altri numeri de “Il Bonfa” abbiamo avuto l’occasione di leggere qualche scritto di questa ex studentessa ora “montagnina per scelta” che ha sempre mantenuto i contatti con le sue “radici bonfantiniane”. Qualche mese fa (e per il ritardo della pubblicazione ce ne scusiamo) ci ha inviato la sua storia di “pastoressa” valdostana. Una scelta di vita coraggiosa di un esempio per tanti “indecisi” bonfantiniani. M i è stato chiesto di raccontare la mia storia e di come l’esperienza bonfantiniana possa averla influenzata. Ed eccola. Partiamo dagli arbori, quando ero una pischella e all’asilo le maestre ci dicevano di disegnare cosa volevamo fare da grandi. I miei compagni erano dei gran sognatori. Le femminucce disegnavano sé stesse in abiti regali, vicino a castelli e cavalli: “Voglio fare la principessa”, squittivano sorridenti e sognanti. I maschietti si sbizzarrivano tra acchiappafantasmi, supereroi, militari e qualche modesto meccanico. Io invece ero la disperazione della maestra: dividevo sempre il foglio in due parti con una riga perché ero sicura di non essere certa del mio futuro; o meglio, non sapevo quale delle due opzioni scegliere. La prima era la ruspista. Si, avete letto bene, la ruspista! Sognavo di guidare quei giganteschi caterpillar gialli e spostare tonnellate di terra di qua e di là. La seconda era la pastoressa, così definivo il femminile di pastore. Mi raffiguravo in camicia a quadri sopra al mio bel trattore con annesso rimorchio carico di balle di fieno e, al seguito, una mandria di bestie. La maestra ogni tanto riprovava l’esperimento, sperando che un giorno avrei disegnato anch’io una povera principessa illusa. E invece no. Niente da fare. 5 – A quattordici anni avevo le idee ancora molto chiare, le stesse di dieci anni prima: stavo per iniziare la mia avventura bonfantiniana. Cinque anni splendidi, dei quali conservo un ottimo ricordo. L’ultimo giorno della quinta coincideva con il primo della mia nuova vita, quella che premeditavo da qualche tempo. Una decisione un po’ folle, lo riconosco, ma che rifarei. Una scelta inizialmente poco appoggiata, soprattutto dai miei genitori, che hanno però dovuto rassegnarsi ed accettarla. Sono scappata dalla pianura lombarda e mi sono trasferita in Valle d’Aosta, nella nostra casetta delle vacanze. La pianura sarà anche piena di virtù e comodità ma non era il mio habitat naturale tutto quel piattume, quel caos e quella nebbia. L’estate della maturità mi è servita da rodaggio: ho trovato un lavoretto e ho iniziato a capire cosa significava vivere da sola. Fare da mangiare, lavare, stirare, ma soprattutto pagare le spese e le bollette. Non è tutto rose e fiori emanciparsi dai genitori, ve lo assicuro. Per fortuna sono sempre stata molto intraprendente e la svolta non è stata poi così drastica. L’estate stava volgendo al termine e dovevo capire cosa fare del mio futuro; continuare gli studi o cercare lavoro nel mio settore? Beh, non ci crederete ma la risposta l’ho avuta dalla mia nonna: 90 anni di donna, un italiano ostentato da un dialetto veneto marcato e curiosità da vendere. Eh già, è quello il segreto della vita: essere curiosi. Un giorno mi chiese come fosse possibile che dai vulcani uscisse “roba liquida”, così l’ha definì. Così ho cercato di spiegarle un po’ di geologia. Mi guardava come se parlassi un’altra lingua. Allora ho deciso di semplificare il tutto: “Vedi nonna, la Terra è come una grande arancia: la buccia è la crosta terrestre, mentre la polpa è il magma, quella sostanza liquida che esce dai vulcani; se fai un buco nella buccia dell’arancia, esce il succo”. E lei: “Ma mi no faso mìa busi ne ‘e ranse; mi le magno” (= ma io non faccio mica i buchi nelle arance; io le mangio). Dopo vari tentativi sono riuscita a spiegarmi e lei, tutta contenta, è corsa a spiegare alle sue amiche che la Terra era un’arancia. Potrei citare altri mille divertenti episodi ma credo di aver reso l’idea di come ciò che per noi è scontato, per chi è nato 90 anni fa non lo è affatto. Mia nonna ha frequentato solo la prima e la seconda elementare; sa a malapena scrivere, con una marea di errori ortografici, ma appena c’è qualcosa che non capisce, chiede spiegazioni, legge, si informa. Si incuriosisce e vuole capire a tutti i costi. Io la invidio per questa sua innata spinta alla conoscenza. Un giorno mi chiese: “E dèso che te ghè finìo ‘a scòa, cosa fài?” (= e ora che hai finito la scuola cosa pensi di fare?). Così le ho spiegato che ero indecisa sul da farsi: “Riconosco di avere parecchia memoria, soprattutto per le cose che mi interessano, e quindi di poter ottenere i migliori risultati scolastici con il minimo dello sforzo; d’altro canto però, sono consapevole del fatto che studiare non fa per me, che non ne ho voglia”. La sua risposta è stata secca e determinante: “Io avrei voluto studiare ma non ho potuto, a 8 anni mia mamma mi ha mandata a lavorare in una fabbrica di sigari; tu che puoi, non sprecare quest’occasione. Te ne pentiresti”. 6 – Beh, in 90 anni ne metti da parte di saggezza. E cosi’ l’ho ascoltata. La decisione di continuare gli studi era ormai presa, ora rimaneva da scegliere il “cosa” studiare. Di mais, riso e grano non ne volevo più sapere, anche perché a 1400 metri di quota, coltivare cereali non è l’ideale. Cosa c’è in montagna? Cosa può essere utile imparare a conoscere laddove mi sono trasferita? Piante. Erbe, arbusti e alberi. Di ogni genere e specie. E poi, animali selvatici: caprioli, cervi, camosci, stambecchi, cinghiali. Ebbene si. La scelta non poteva che vertere sul corso di Scienze Forestali ed Ambientali, nella Facoltà di Agraria, a Torino. È iniziata così anche la mia avventura universitaria. In settimana a Torino per seguire le lezioni e il fine settimana a casa, lavorando come cameriera in un ristorante, giusto per potersi pagare le spese. D’estate però non si può rinunciare alla tradizione di passare un mesetto in alpeggio. È da quando ho 12 anni che, ogni estate, attendo questo momento. Quando alla commissione di maturità ho presentato la mia tesina intitolata “L’alpeggio” ho destato un po’ di perplessità. D’altronde l’alpeggio è uno stile di vita, una passione più che una professione. A maggio si sale a piedi fino alle baite, a 1800 metri per poi spostarsi a 2300 metri a fine luglio, quando ormai la neve si è sciolta è i pascoli sono verdi. Quattro mesi di duro lavoro, immersi nel silenzio delle montagne. Sveglia alle 4:00, si accende il fuoco, ci si veste , si calzano gli stivali, secchio e sgabello e si va in stalla. L’elettricità non arriva lassù quindi si munge a mano, al solo chiarore dell’alba o di un frontalino quando il sole tarda a sorgere. La mungitura è un momento magico lassù, scaldato dal calore delle bestie e scandito dal ritmo del latte che schizza nei secchi. Le stalle sono piccole, basse, anguste e si finisce per mungere con la schiena poggiata ai fianchi della vacca accanto; si può sentire il suo battito, il calore che emana e, se è gravida, perfino i movimenti del vitellino. Ogni qualvolta il secchio si riempie, si corre a svuotarlo nella cantina, nel grande paiolo. Finita la mungitura si torna in baita per una tazza di caffè latte per poi rimettersi subito all’opera; la giornata è solo all’inizio. Sono da poco passate le 5:00 e il sole inizia ad illuminare le cime. È il turno delle capre: sono un po’ più bisbetiche e non si lasciano mungere tanto facilmente, ma con un po’ di pazienza si ottiene tutto. Il latte di capra viene poi posto in un altro paiolo più piccolo. Smessi i panni da mungitrice è già ora di cambiarsi e indossare quelli di casaro. Il fuoco arde ormai a dovere e ci si può apporre sopra il paiolo del latte. Per fare della buona toma e della buona fontina, serve una mano esperta. Bisogna fare attenzione alla temperatura del latte e alla quantità di caglio. 7 – Non è stato semplice apprendere tutti i segreti per ottenere una buona forma. Ci sono voluti mesi ed una buona dose di tentativi falliti! Dal latte di capra si ottengono invece delle squisite formaggelle. Sono quasi le 9:00 ed è ora di portare al pascolo la mandria. Oh come sono felici quando ti vedono entrare in stalla e sentono gridare il loro nome davanti alla porta spalancata! Quelle bestie sono davvero intelligenti. Pochi immaginano l’obbedienza e la fedeltà di questi animali. Ognuna ha il suo nome e ne risponde se chiamata. Quando al mattino ancora sonnecchiano e faticano ad alzarsi per esser munte, non c’è pacca o punzecchiamento che le convinca. Basta dire a gran voce il nome giusto e stai pur certo che solo lei si alzerà. Certo non è semplice imparare a distinguere 50 vacche ma basta osservarle bene e si scoprirà che ognuna di loro non ha solo colori, pezzature e corna diverse, ma anche un carattere diverso. Così si parte al pascolo, accompagnata da Moretto, il cane pastore. Anche pascolare è un’arte; bisogna iniziare dal basso, dove la neve è già sciolta e l’erba è già verde, per poi pian piano risalire, durante la stagione, fino ai pascoli più alti. Da fine agosto inizia a nevicare e quindi si deve nuovamente scendere. La mandria è ubbidiente e il cane pastore compie il suo lavoro in modo eccellente, perciò non c’è bisogno nemmeno di fili e paletti. Nel frattempo si mettono fuori anche le capre. Queste non solo sono disubbidienti ma sono pure dispettose! Appena la porta della stalla si apre schizzano fuori alla velocità della luce e dopo pochi minuti le vedi lassù in cresta che ti sfidano ad andare a riprenderle. Maledette. Verso le 14:00 si comincia a tornare verso le baite con la mandria; le mucche tornano in stalla, ognuna al proprio posto. Si girano le forme di toma che stanno angora sgocciolando il siero e poi si mettono le gambe sotto il tavolo. Polenta, formaggio, pane, salame e un buon bicchiere di vino. Quattro chiacchiere, un caffè ed è già ora della seconda mungitura. I secchi colmi di latte e coperti di schiuma viaggiano dalla stalla alla cantina. Intanto c’è da andare a recuperare quelle bestiacce: le capre. Tendi l’orecchio e le senti; le senti sempre. Ma non le vedi mai. Una bella dose di santa pazienza, tanta voglia di camminare e un frontalino in tasca, che non si sa mai. Attacchi su dritto il costone seguendo il rumore delle campane. Passi la pietraia ed eccole lassù. Sono sempre più in alto di te. Meno male c’è Moretto, il cane pastore, ma se le capre lo vedono si fiondano giù, dall’altra parte del costone. Lui lo sa, quindi se ne sta quatto quatto al mio passo fino all’ordine: “Moretto, feit ou tzir!” (= Moretto, fai il giro!). Allora corre svelto fino alla cresta, scollina sull’altro versante e subito dopo riappare, preceduto dal gregge che corre all’impazzata. Guardi giù e ti rendi conto che l’alpeggio è diventato piccolo-piccolo; hai ancora tutta la discesa da fare, ma ora il gregge non ha scampo e si può controllare. Prima di scendere si approfitta sempre dell’ottima visuale per assicurarsi che anche il gregge di pecore non si sia allontanato troppo. Loro se ne stanno sempre a zonzo, non tornano mai alle baite. Ed è bello, a fine estate, ritrovarsi una ventina di agnellini nuovi. Tornata alla base, si viene accolti dal profumo del latte: dalla seconda mungitura si 8 – otterranno altrettante forme di buon formaggio. Le capre filano in stalla e noi in baita per la merenda: servono forze quassù! Prima di cena si portano ancora un momento fuori le vacche; all’imbrunire tutti dentro e finalmente è ora di cena. Una minestra calda è quello che ci vuole. Che atmosfera la sera quassù. Una candela tremolante che illumina i volti stanchi, il silenzio rotto da frasi in patois che echeggiano nella stanza e gli occhi di Moretto che reclamano un pezzetto di pane. La stanchezza poi rapisce tutti velocemente e ci si addormenta in fretta con lo scoppiettio del fuoco. Ecco, tutto questo è l’alpeggio. Un’esperienza che consiglio a tutti, per provare cosa significa “vivere di natura”, senza macchina, cellulari, computer, televisione, ma nemmeno elettricità. Per mettere alla prova se stessi, non solo al lavoro fisico ma spesso ai silenzi che la montagna offre, nei quali non si può far altro che riflettere, pensare, immaginare. Azioni che, nella frenesia del mondo contemporaneo, pochi hanno il tempo di compiere. E ora? – direte. Che te ne fai di una laurea in Scienze Forestali ed Ambientali? Beh me lo sono chiesta anche io. Purtroppo al giorno d’oggi, molti giovani sono laureati, il solo diploma non conta più molto. Quindi per essere competitivi nel mondo del lavoro è quasi indispensabile avere una laurea. Perciò iniziamo col conquistarlo questo pezzo di carta! Tornerà sicuramente utile! Cosa vorrò fare da grande in realtà non lo so ancora. Ho delle idee, dei sogni, delle piccole ambizioni, ma nulla di sicuro. Abito praticamente dentro un parco regionale (il Parco Regionale del Mont Avic – venite a visitarlo, è un piccolo paradiso!) e sarebbe l’ideale trovare un posticino come guardaparco. Ma la selezione è tosta. Ciò non toglie il fatto che bisogna provare! A fallire si fa sempre tempo, dice qualcuno! Le alternative sono tante, così come le idee che mi frullano nella testa; vedere gestiti i boschi della mia valle ad esempio, creando una piccola azienda forestale; o, perché no, avviare una piccola attività vivaistico-forestale, raccogliendo in loco i semi dai boschi migliori, da utilizzare nei rimboschimenti futuri; e poi un sacco di attività secondarie, poco redditizie (quanto meno all’inizio), ma che secondo me hanno delle grandi prospettive, se ben studiate, come ad esempio rivalutare i piccoli frutti e le varietà antiche di montagna, coltivando mirtilli, lamponi, ribes, ma anche mele, pere, ciliegie e susine selvatiche; ricavare prodotti di nicchia ma squisiti, utilizzando ciò che offre il bosco, cosa che ho imparato a fare ormai da qualche anno grazie ai consigli del mio vecchio e dei montanari di quassù: dalle pigne di pino cembro si ottiene ad esempio uno sciroppo ottimo per la tosse che, con l’aggiunta di un po’ di grappa, diventa un delizioso liquore; così come, aggiungendo del semplice alcool, si ottengono prelibati liquori al ginepro, al mirtillo, al lampone, all’achillea, alla genziana e soprattutto al genepì; i pascoli alpini regalano spezie (timo, cumino e ginepro), e prodotti per infusi e tisane (genziana, malva, achillea). Si raccoglie inoltre l’arnica - un fiore giallo che guarisce le contusioni - e l’iperico, il cui olio guarisce vesciche e scottature. Insomma, il bosco e la montagna in generale, offrono un’enormità di risorse; bisogna solo scoprirle, conoscerle, saperle sfruttare senza abusarne, gestirle in modo sostenibile e trarne il meglio. Ecco questa è la mia storia, per ora; o meglio, mi auguro sia la prefazione di un bel libro ancora tutto da scrivere e sfogliare e soprattutto a lieto fine! Il resto delle pagine sta a noi scriverle. Nel migliore dei modi... 9 – IO AL BONFA CI SONO ANCORA MA... di Alex Mancin (4^B) S alve a tutti, giovani lettori del Bonfantini, mi chiamo Alex Mancin o Mancio per gli amici, e faccio parte della 4^ B. Questa è la prima volta che scrivo per il giornalino della scuola e probabilmente anche l'ultima o forse no. Comunque mi piacerebbe raccontarvi la mia esperienza nell'ambito scolastico, perché forse potrebbe aiutare chi, come il sottoscritto, è stato bocciato o ha problemi (sempre di tipo scolastico). Partirei con il dire che non sono uno psicologo e quindi non so come risolvere i vostri problemi, però magari leggendo questo testo sulla mia esperienza di vita scolastica, vi posso aiutare a non dare nulla per scontato, finire gli studi e diplomarsi… Settembre 2007, lunedì, fu il mio primo giorno di scuola, fu un momento magico, ero piccolo con tanti sogni e nessun problema, stavo per conoscere le persone, con cui forse avrei passato cinque magnifici anni fino al diploma. Guardare per la prima volta il giardino botanico, i vari laboratori, il clima all'interno della scuola era fantastico, professori e amici che ti sostenevano e ti aiutavano, un'esperienza eccezionale, indescrivibile in queste poche righe. Ma, le cose belle, purtroppo non durano in eterno; ed ecco qui che inizia la mia storia. Probabilmente a scuola, alcuni di voi, mi conosceranno già, forse perché sono qui da ben sei anni (eh già proprio così!); sono stato bocciato per due anni di seguito in quarta, ma non solo per i voti pessimi, poiché mi è sempre piaciuto studiare, ma per le assenze. Avevo conseguito un così gran numero di assenze che i professori non potevano fare altro che bocciarmi, anche perché non avevo conseguito voti. A metà della quarta è iniziata questa mia lenta ed inesorabile discesa “verso l'ignoto”, un mondo fatto di bugie e bigiate, molto spesso da solo, anzi sempre, anche perché, detto tra noi, chi salterebbe la scuola per girovagare per Novara tutta la mattina in una fredda mattina di dicembre? Nessuno! E da lì, il mio declino, ancora oggi non so cosa mi abbia spinto a comportarmi così da idiota, ma il passato è passato, il presente è oggi; e secondo voi, oggi, è cambiato qualcosa? Assolutamente nulla, a parte che ho preso di atto della mia scelta e ne sto pagando le conseguenze. Molto probabilmente verrò bocciato anche quest'anno, sempre per le assenze, ma non voglio dilungarmi in cose inutili. Vorrei concludere con un consiglio, per tutti quelli a cui non importa nulla studiare o che saltano la scuola… bhe, non fatelo! Non permettete alla parte peggiore di voi stessi di rovinarvi l'adolescenza così, ne risentirà del vostro futuro sociale e sopratutto lavorativo. Gli anni alla scuola superiore saranno i più belli della vostra (nostra!) vita, e quando come me, avrete occasione di ripensare a quei giorni, buttati via come carta straccia, rimpiangerete di non aver studiato come non mai. Mi spiace che questo articolo sia stato un po’ triste o esagerato, ma era proprio qui che volevo arrivare per ricordarvi di non arrendervi alle prime difficoltà, lottare con tutti voi stessi finché non avrete superato le difficoltà… e con questo concludo, buona giornata a tutti! 10 – da un contatto facebook alla visita d’istruzione il 7 novembre del 2011 una mail nella posta privata di Facebook e una richiesta di amicizia dall’Umbria. Un ex studente del Bonfa che presenta la sua esperienza lavorativa post diploma e riallaccia un rapporto con la “sua” cara vecchia scuola. Ciao, sono Giampiero un ex allievo del Bonfa (1979-1984); abitavo a Uboldo vicino a Saronno, poi trasferitomi in alta Umbria. Ho rivisto la scuola nel 1997 di passaggio da un corso in Piemonte. Nell'occasione cercavo don Giuseppe Coldesina (insegnante di Religione per diversi anni al Bonfantini, ndr) ma era già scomparso. Ho incontrato alcune mie proff. tra cui la Bombelli di Matematica e la mitica Pinto (che ho avuto solo in 5^ E) e mi sono trovato a dirimere una disputa tra chi sosteneva l'esistenza in passato di un corso E (tesi Pinto) e chi no! Avrei molte notizie per ricostruire la storia di quegli anni, da quando ci ha caricato la polizia in poi. Se conosci qualcuno interessato si faccia pure vivo. In quell'occasione visto che la scuola era già in gita in Umbria ho convinto il preside Barracco ad allungare di un giorno il loro soggiorno e visitare un museo e la mia piccola azienda biologica- biodinamica dove produco tuttora ortaggi e frutta a costo zero. Le foto in allegato si riferiscono agli studenti e ai proff. presenti (circa 70) accompagnati dal prof. Garavaglia di Azienda del corso B, forse ci sei anche tu o comunque conosci qualcuno di loro. Ti ringrazio della tua pazienza e disponibilità, se volete visitare la Toscana e l'Umbria sono a vostra completa disposizione. LA MIA STORIA DI EX BONFANTINIANO tratto da “Il Bonfa” del novembre 2011 a cura di Giampiero Maffeis (diplomato anell’a.s. 1983/1984) G razie alle nuove tecnologie ho ripreso i contatti con il Bonfantini, dove ho trascorso gli anni cruciali e più spensierati della mia vita. Ora vi racconto cosa ho fatto dopo quel venerdì 13 luglio 1984 il giorno degli orali, per la parte precedente ricca di aneddoti di uso storico alla prossima puntata sempre se v’interessa. Mi sono iscritto a Veterinaria per via della passione per il bestiame avendo respirato dalla tenera età, il profumo delle stalle del nonno e degli zii. Ho avuto subito un’offerta di due posti nel settore giardinaggio nel Saronnese (sono di Uboldo), caso eccezionale normalmente le occasioni capitavano dopo aver svolto il servizio militare obbligatorio. Le basi le avevo costruite nel corso degli studi raccoglievo i frutti di tante estati a lavorare in qualche azienda e di sabati pomeriggio passati con pala e piccone alle calcagna di qualche anziano per apprendere il mestiere. Li ho rifiutati lasciandoli ad altri tra cui Paolo F. un carissimo amico anche lui del Bonfantini. Quando ci incontriamo, ci confrontiamo sulle nostre differenti scelte di vita ci serve per andare avanti. Da anni la mia famiglia progettava di crearci per noi tre fratelli un futuro in altri luoghi, Alessandro era allievo del biennio al Bonfantini, Silvia agli alti studi, come poi ha fatto. Ci siamo trasferiti in alta Valle del Tevere al confine tra Toscana e Umbria (Arezzo - Perugia) recuperando 70 ettari di terreni incontaminati in una conca montana 350-900 mt. s.l.m., ricchi di emergenze storiche e naturalistiche. I terreni analizzati al Bonfantini mi davano a pH 7.2: molto equilibrati con tanto humus, mai venuti in contatto con prodotti di sintesi e abbandonati da più di venti anni ideali per l’agricoltura Biodinamica che seguivo in gran segreto da un po’ di anni. Abbiamo iniziato a conoscere il territorio, gli usi e costumi locali, ascoltando gli anziani, cosa facevano e com’era l’ambiente in cui operavano, una vera raccolta del sapere 11 – nella foto si possono distinguere la prof.ssa Irrera, la prof.ssa Brotini e il prof. Garavaglia durante il viaggio d’istruzione nell’azienda biodinamica di Giampiero Maffeis. tramandato. In azienda è iniziato il recupero degli ampi terrazzamenti, allevando il bestiame e avicoli e cunicoli da riproduzione. Coltivare tutto ciò che occorreva per loro e farro, grano saraceno, triticale, sfruttare gli ampi pascoli ricchi di essenze, gli ortaggi e aprire un agriturismo con le molte strutture presenti… purtroppo un grave lutto in famiglia, dopo alcuni mesi dal nostro arrivo, unito ad alcuni problemi esterni, ha fatto ridimensionare tutti i nostri progetti. Ci siamo spostati “più in basso”, rimboccandoci le maniche, risalendo la china applicando una regola fondamentale: “mai abbattersi, la notte più lunga eterna non è”, specie se si è giovani. Sono riuscito a recuperare e ricreare una piccola struttura di circa 2 ettari specializzandomi nella produzione di ortaggi e frutta di alta qualità, con i metodi dell’agricoltura biodinamica, certificata biologica, vendendo direttamente al consumatore, affiancata all’allevamento del bestiame base dei compostati. Qui c’è sempre da imparare, attenti al meteo per osservare attentamente cosa avviene e affrontare i problemi con serietà e lungimiranza applicando tutto quello appreso nei cinque anni al Bonfantini. Ho iniziato a collaborare con le scuole e istituti di ricerca in progetti pilota (archeologia arborea, riproduzione di varietà in via di estinzione ecc). Sono iniziate le visite in azienda con lezioni e dimostrazioni pratiche tra cui 70 vostri colleghi nel 1997, le prime vere fattorie didattiche ora tanto in voga. Parallelamente (e questo già negli anni della scuola) seguivo un metodico aggiornamento tecnico sulle più disparate diramazioni non solo del settore agro-ambientale. Attraverso i molteplici canali di comunicazione che si stanno evolvendo. Vi posso assicurare per me è un grande piacere ascoltare e confrontarmi con qualche giovane tecnico, specie ora che la comunicazione è più agevole. Non mi è stato difficile conseguire ad esempio l’abilitazione di guida escursionistica e di operatore nelle aree protette e riserve naturali, come C.T.U., verificare progetti in commissione edilizia, eccetera. So bene che la mia esperienza è un caso limite difficilmente ripetibile, non esente da problemi, ma sono ancora giovane e vado avanti nonostante tutto. In base alla mia esperienza posso suggerirvi di affiancare la preparazione tecnica a quella culturale e relazionale, saper comunicare, avere tutti i sensi sviluppati e attivi, cercando nei meandri più nascosti del campo agrario e ambientale, spingersi verso la “green economy”, distinguersi con intelligenza senza facili furberie nel settore della produzione, non avere paura di sporcarsi le mani, la vostra autorevolezza e autostima viene da come operate realmente non dall’effimero apparire. Stare attenti a chi vi circonda distinguendo il giovane con mentalità vecchia, dall’anziano con mentalità giovane aperta. Il primo va scansato perché è la vostra rovina se non ve ne accorgete, mentre il secondo va ascoltato attentamente e seguito: vi aprirà lui le porte che contano senza che ve ne accorgiate. Cari studenti del Bonfantini siete voi il futuro e dovete esserne i protagonisti affrontando la vita con entusiasmo e passione. Siamo ormai prossimi alla fine dell’anno scolastico per la maggior parte degli studenti, poi il meritato riposo… se qualcuno di voi alunni o docenti dovesse passare tra Toscana e Umbria, sarò a completa disposizione per organizzare una visita in queste zone (arte e natura all’unisono fuori dal grande traffico) a prezzi contenuti (solo alloggio e vitto). Chi volesse è e sarà il benvenuto! (E GLI STUDENTI DELLE CLASSI TERZE A, D ED E HANNO ACCETTATO L’INVITO E PASSATO BEN 5 GIORNATE IN VIAGGIO D’ISTRUZIONE NEI TERRITORI DESCRITTI DAL SIG. GIAMPIERO, ndr) 12 – … VIAGGIO D’ISTRUZIONE L e gite scolastiche, oggi più formalmente riconosciute come viaggi di istruzione, sono da sempre lo strumento educativo più apprezzato dagli studenti, i quali aspettano per tutto l'anno scolastico quest'evento. Gli insegnanti ed i giovani allievi considerano però queste uscite in maniera diversa sotto un'ottica differente. Mentre per i primi è parte integrante del programma scolastico, per i secondi è ritenuto un momento di svago dove potersi divertire e scatenarsi lontano dai “divieti famigliari”. Gli studenti credono che il viaggio d’istruzione sia uno svago dove poter rimanere alzati fino a tardi, fare confusione in albergo, divertirsi per le strade, insomma fare qualsiasi cosa si desideri. In realtà la gita è un momento di socializzazione e d'apprendimento, un raccogliere informazioni reso più gradevole dalla lontananza dall'edificio scolastico e forse anche da casa... Sono molti gli scopi di una visita guidata, ad esempio conoscere nuovi luoghi, usi differenti e culture diverse, infatti, spesso le classi che devono affrontare una visita guidata si dirigono fuori dell'ambiente regionale e a volte, sempre più spesso, anche da quello nazionale. Inoltre la gita scolastica può rafforzare le amicizie e magari crearne altre, in quanto si ha la possibilità di conoscere le persone che stanno accanto fuori dell'ambito scolastico e quindi apprezzarle anche per il profilo umano e non solo per quello di studente. Perciò un compagno escluso per principio, escluso ad esempio perché non è abbastanza bravo a scuola, oppure perché la prima volta che l'hai visto non ti è sembrato degno di interesse, potrebbe rivelarsi un possibile grande amico con tanta disponibilità nei propri confronti. Si potrebbe anche iniziare ad apprezzare persino il professore o la professoressa che si stima poco a causa della materia che insegna o perché sembra troppo severo/a. Tutto questo è possibile in una gita scolastica in quanto, oltre alle conoscenze ed all'istruzione, possono emergere i veri caratteri delle persone sotto il lato umano. Durante questi momenti è possibile anche approfondire determinati argomenti che non sono mai stati affrontati in classe per mancanza di tempo o perché l'ambiente non era favorevole; in tal modo si possono aumentare le proprie “sapienze”. Frequentemente accade però che le gite scolastiche vengono annullate, o neppure programmate, a causa della cattiva condotta della classe, infatti, gli educatori spesso non si vogliono prendere un compito che, con un gruppo troppo movimentato, si potrebbe rivelare troppo impegnativo. E finalmente c’è chi tra i discenti avrà un approccio diverso con le visite guidate, magari continuerà a considerarle come un divertimento, ma cercherà di dimostrare maggior controllo in questi eccezionali “momenti educativi”. 13 – cartoline con scatti dalla settimana bianca a Gressoney – febbraio 2013 lunedì 4 febbraio Partiti stamattina alle 8.10 dal nostro Istituto, arrivati a Gressoney verso le 11. Appena arrivati ci hanno dato le camere e gli skipass e chi doveva affittare l’ attrezzatura ha potuto farlo. Dopo pranzo abbiamo fatto la prima lezione dalle 14.00 alle 16.30. L’hotel questa sera ci ha organizzato una “serata discoteca” solo per noi e per un altro istituto che c’è! Ci divertiamo già tantissimo! Alla nostra “cara” scuola I.I.S. “G. Bonfantini” corso Risorgimento, 405 28100 Novara Vignale ITALIA la 2^B 14 – E DALL’UMBRIA Gli scatti del viaggio d’istruzione delle terze – marzo 2013 marzo 2013 La descriviamo così: Giampi la guida, Francesco l’autista, le coltivazioni di tabacco, la splendida Umbria, le ottime osterie, i fantastici paesaggi, il nostro dialetto, le giovani spagnole e… NOI! Cara scuola che non ci manchi I.I.S. “G. Bonfantini” corso Risorgimento, 405 28100 Novara Vignale Ciao Bonfa!!! sempar in ITALIA! 3^A, 3^D, 3^E 15 – ED UN POST DALL’OLANDA il viaggio d’istruzione delle classi quinte 16 – A dai la tua opinione su TEMI DI ATTUALITÀ o PROBLEMATICHE D’INTERESSE PUBBLICO o NELL’AMBITO SCOLASTICO o sostieni le tue opinioni su ARTE, CINEMA E MUSICA scrivi una mail a [email protected] ¡ Sum 41 - storia e successi di un gruppo pop punk PROVARE AD “ENTRARE NELLE CORDE” DI UN NUOVO GRUPPO… di Samuele Pavia (2^ B) I Sum 41 sono un gruppo pop punk canadese originario di Ajax, cittadina dell'Ontario. La band è stata fondata da alcuni studenti di una scuola superiore locale, 41 giorni dopo l'inizio dell'estate da cui il nome del 1996, e precisamente il 31 luglio. Il gruppo è composto da Deryck "Bizzy D" Whibley (voce principale, chitarra e tastiera), Jason "Cone" McCaslin (basso e voce secondaria), Steve "Stevo32" Jocz (batteria) e Tom Thacker (chitarra e voce secondaria). La band è tra le più rilevanti nel genere pop punk a livello mondiale, grazie soprattutto all'album di successo All Killer No Filler. Il gruppo, però, ha collaudato altri generi avvicinandosi maggiormente al punk rock, all'hardcore punk e all'alternative metal di cui sono prova gli album “Does This Look Infected?” e “Chuck”. Il penultimo album, “Underclass Hero”, ha segnato il riavvicinamento da parte della band al pop punk. L'11 maggio 2006 Dave "Brownsound" Baksh, cofondatore e chitarrista del gruppo, ha deciso di lasciare la band; da allora i Sum non hanno ingaggiato altri chitarristi in sostituzione di Brownsound, ad eccezione di Thomas "Brown Tom" Thaker come supporto nelle tournée. Successivamente Tom è entrato a far parte del gruppo come membro ufficiale. I Sum 41 hanno avuto molte critiche sul loro stile e modo di suonare, "Rolling Stones" ne parla dicendo: «Il gruppo, sono 17 – musicisti essenziali, con un'attitudine sconvolgente che li avvicina alla vecchia scuola metal. Sono punk del nuovo millennio, convinti maestri dell'intrattenimento in bermuda». MTV aggiunge invece: «Questi ragazzi sono come un'insalata ben condita, un esempio della musica che trascina la gioventù odierna. Punk-rock, hip-hop e skate rock sono la combinazione perfetta per questi leader della nuova scuola». E infine: «Descrivere i Sum 41 come una derivazione dei Green Day è ingiusto. Questa band attinge al 100% dalle proprie risorse, ha il suo stile e non ha bisogno di spacciarsi da teenager» (Dotmusic.com). Due canzoni dell'album "All Killer No Filler", compaiono nella colonna sonora del film American Pie 2. Le tematiche usate nelle loro canzoni hanno spaziato dall’alto contenuto sociale a contenuti "spensierati", ma vi sono anche testi prettamente politicizzati seguiti o preceduti da altri irriverenti senza soluzione di continuità. Se da un lato, specialmente nei primi album, le tracce esprimono serenità e voglia di divertirsi ,negli album successivi sviluppano un impegno sociale maggiore, criticando la moderna società nei suoi aspetti più contradditori. Insieme ad un atteggiamento anti-bellico e di condanna dell'azione di George W. Bush, come espresso in Still Waiting, incentrato sulla guerra in Afghanistan, We're All To Blame, Moron e March of the Dogs, altri brani trattano i temi più differenti. Così The Hell Song affronta implicitamente il problema dell'AIDS, My Direction il numero impressionante di suicidi giovanili nel Nord America, All Messed Up le droghe, Pieces e Walking Disaster, infine, trattano della solitudine nel mondo moderno ed il rapporto conflittuale con la famiglia. I Sum 41 hanno affermato che inizialmente la loro musica era stata profondamente influenzata dai NOFX (citati spesso anche nei ringraziamenti dei dischi). È inoltre importante l'influenza dei Beastie Boys, specialmente nelle sonorità hip-hop in “All Killer No Filler” e lo stile rapcore, rintracciabile in “Fat Lip” e “What We're All About”. Il più recente “Does This Look Infected?” è stato invece condizionato dallo stile dei The Offspring, come affermato dalla stessa band. Sono inoltre presenti delle sonorità metal, provenienti da band come gli Iron Maiden. I Sum 41 hanno, a loro volta, ispirato gruppi tra i quali si ricorda la band canadese dei Simple Plan, che, all'inizio della loro carriera, avevano fatto come supporto live ai Sum 41. In una canzone cantano di loro, nella quale si riferiscono ai Good Charlotte, ai Sum 41, ed ai Blink-182. I Sum 41 sono, per il modesto parere del sottoscritto, uno dei gruppi migliori che sono mai apparsi sul mondo della musica. Riuscire a passare dalla “Demenza e Commedia” di In Too Deep, per arrivare alla serietà di “Pieces, Walking Disaster”, “With Me”, ed altri fantastici pezzi, non è molto facile. Perché non provare ad ascoltare qualche canzone, potrebbero (a mio parere) piacere molto e chi lo sa, potrebbe diventare una delle band preferite di qualche bonfantiniano... o anche no! Beh, questa spetta al nuovo ascoltatore deciderlo! Alla prossima pseudo recensione per invogliarvi ad ascoltare “nuova” buona musica! Ciauuuz! 18 – _______ ____________________________________________________________________________________________________________ ____________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ RACCOLTA DI POESIE, PENSIERI E BRANI A CURA DELLA SIG.RA DOLORES UNA COLLABORATRICE SCOLASTICA DELLA SEDE PROPONE UN ANGOLO SPECIALE SU QUESTO GIORNALINO. UN ANGOLO PER RIFLETTERE FACENDOSI ACCOMPAGNARE DA POESIE, PENSIERI E BRANI DI POPOLARI AUTORI DEL MONDO. DOLORES APRE QUESTA FINESTRA SUL BONFA PER FAR PENSARE E COLPIRE NELLO SPIRITO CRITICO DI CIASCUN LETTORE. I vostri figli non sono figli vostri. Sono figli e figlie della sete che la vita ha di se stessa. Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché vivano con voi non vi appartengono. Potete donare loro amore, ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri. Potete rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno. Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi: la vita procede e non s'attarda sul passato. Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti. L'arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane. Affidatevi con gioia alla mano dell'arciere; poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell'arco. (KHALIL GIBRAN) Khalil Gibran (arabo: بران ج بران خ ل يل جJubrān Khalīl Jubrān) nato a Bsharri il 6 gennaio 1883 e morto a New York il 10 aprile 1931. È stato un poeta, pittore e filosofo libanese, di religione cristiano-maronita emigrò negli Stati Uniti; le sue opere si diffusero ben oltre il suo paese d'origine: fu tra i fondatori, insieme a Mikha'il Nu'ayma dell'Associazione della Penna (al-Rābiṭah al-Qalamiyyah), punto d'incontro dei letterati arabi emigrati in America. La sua poesia venne tradotta in oltre 20 lingue, e divenne un mito per i giovani che considerarono le sue opere come breviari mistici. Gibran ha cercato di unire nelle sue opere la civiltà occidentale e quella orientale.Fra le opere più note: Il Profeta (scritto in inglese). La grande tragedia della vita non è che gli uomini muoiano, ma che cessino di amare. (WILLIAM SOMERSET MAUGHAM) Nessuno, nemmeno i poeti, ha mai saputo calcolare ciò che il cuore è in grado di reggere. (ZELDA FITZGERALD) 19 – Quell'uomo aveva ucciso la cosa che amava, e pertanto doveva morire. Eppure ogni uomo uccide la cosa che ama, che questo lo sentano tutti: chi lo fa con uno sguardo amaro, e chi con una lusinga, il codardo con un bacio, il coraggioso con la spada! Chi uccide il suo amore da giovane, e chi lo uccide da vecchio; chi lo strangola con le mani della lussuria, chi con le mani dell'oro: i più pietosi usano un coltello, perché i morti si freddano così presto. C'è chi ama troppo poco, chi troppo a lungo, c'è chi vende e c'è chi compra; chi compie l'atto con molte lacrime, e chi senza un sospiro: perché tutti uccidono la cosa che amano, anche se dopo non tutti muoiono. (INES DE LA CRUZ) Juana Inés de la Cruz, nata Juana Inés de Asbaje y Ramírez de Santillana, nata a San Miguel Nepantla il 12 novembre 1648 o, secondo altri, nel 1651, morta a Città del Messico il 17 aprile 1695. È stata una religiosa e poetessa messicana, appartenuta all'ordine di San Gerolamo, famosa per le sue poesie. Scrisse anche commedie, lettere, autos sacramentales e villancicos. La vita è un dono, se vuoi. Nessuno viene al mondo per sua scelta, non è questione di buona volontà, non per meriti si nasce e non per colpa, non è un peccato che poi si sconterà. Combatte ognuno come ne è capace. Chi cerca nel suo cuore non si sbaglia. Hai voglia a dire che si vuole pace, noi stessi siamo il campo di battaglia, la vita è un dono legato a un respiro, dovrebbe ringraziare chi si sente vivo. Ogni emozione che ancora ci sorprende, l'amore sempre diverso che la ragione non comprende. Il bene che colpisce come il male, persino quello che fa più soffrire. È un dono che si deve accettare, condividere poi restituire. Tutto ciò che vale veramente che toglie il sonno e dà felicità, si impara presto che non costa niente, non si può vendere né mai si comprerà. E se faremo un giorno l'inventario sapremo che per noi non c'è mai fine, siamo l' immenso ma pure il suo contrario, il vizio assurdo e l'ideale più sublime. La vita è un dono legato a un respiro, dovrebbe ringraziare chi si sente vivo. Ogni emozione, ogni cosa è grazia, l'amore sempre diverso che in tutto l'universo spazia e dopo un viaggio che sembra senza senso arriva fino a noi. L'amore che anche questa sera, dopo una vita intera, è con me, credimi, è con me. (INES DE LA CRUZ) Ha da essere un poeta sulla Luna ad allunare: con la testa nella Luna lui da un pezzo ci sa stare... A sognar i più bei sogni è da un pezzo abituato: sa sperare l’impossibile anche quando è disperato Or che i sogni e le speranze si fan veri come fiori, sulla Luna e sulla Terra fate largo ai sognatori. (INES DE LA CRUZ) 20 – CONCORSI &. . i bonfantiniani con i loro proff. partecipano e si confrontano a suon di concorsi. Ecco il racconto di un’esperienza del concorso “diventiamo cittadini europei” di Mirko Gerosa (4^B) “Tutti i testi fondamentali dell'Unione Europea dal trattato di Lisbona alla Carta dei Diritti Fondamentali assegnano all'Unione il compito di realizzare un modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista sia ambientale sia sociale. La grave crisi mondiale in atto evidenzia invece la sempre maggiore insostenibilità di sviluppo di fatto fin qui perseguito in gran parte del Mondo. Come si può uscire da questa situazione? Cosa dovrebbe fare l'Unione Europea? Cosa dovremmo fare noi in quanto cittadini per contribuire alla sostenibilità dello sviluppo?” S ono Mirko Gerosa, frequento la classe 4^ B ed è il terzo anno consecutivo che partecipo al concorso “Diventiamo Cittadini Europei”, bandito ed organizzato dalla Consulta Regionale Europea del Piemonte. Nel corso del secondo anno di studi ho partecipato al concorso, ma non ho avuto alcun riconoscimento; non posso negare che in quel momento ho provato un pizzico di delusione, che non mi ha certo scoraggiato dal ritentare l'anno successivo. La prima vincita, tanto auspicata, é giunta l'anno scorso e con essa la premiazione ufficiale a Torino e il fantastico viaggio di quattro giorni a Berlino! Quest'anno ho riprovato e, con l'aiuto della professoressa Anna Maria Papadopoli, ho vinto di nuovo! L'attesa è stata forse un po' più lunga dell'anno scorso, ma la notizia della seconda vittoria mi è stata comunicata dalla professoressa, che mi è venuta incontro sorridente, mentre rientravo con i miei compagni dalla lezione di agraria! Il tema che ho svolto è stato: “La crisi attuale dell'Europa ha posto in primo piano il problema della solidarietà fra i diversi Stati membri dell'Unione, in particolare fra quelli più sviluppati e finanziariamente stabili e quelli in condizioni più difficili. Come conciliare le esigenze e le ragioni di questi due diversi tipi di popoli e Stati in un quadro economico, sociale e istituzionale comune? Come fare in modo che i contrasti derivanti dai diversi interessi e dalle diverse visioni (la solidarietà e il rigore contrapposti) non mettano in pericolo la “casa comune” faticosamente costruita negli ultimi decenni e offrano al contrario l'occasione per un decisivo rafforzamento e completamento dell'unità politica dell'Europa?”. Il lavoro di ricerca su siti e testi mi ha impegnato circa due mesi, poi mi sono dedicato alla stesura e alla revisione del lavoro; quando il tutto era completo, corretto e corredato di tabelle e grafici, è stato inviato alla commissione di valutazione del concorso “Diventiamo Cittadini Europei 2012-2013”. La premiazione ufficiale avverrà il 16 maggio a Torino dove, oltre alle professoresse accompagnatrici ci sarà anche Alessia Novella (3^D), l'altra vincitrice del concorso del nostro Istituto. Il premio finale sarà un viaggio a Bardonecchia della durata di cinque giorni. Ritenterò l'anno prossimo? Si vedrà! Intanto consiglierei anche a voi studenti e lettori de “Il Bonfa” a partecipare a questo e ad altri concorsi o ad iniziative culturali non solo per un arricchimento personale, ma anche perché, in certi momenti, ci si sente davvero protagonisti. 21 – 1 studente, 3 studentesse e… una serra a cura delle prof.sse Giovanna Cosentino e Lara Tacchino in collaborazione con le prof.sse Jennifer Bovolenta e Sara Bechis Manuel, Silvia, Giorgia e Vanessa quattro ragazzi “speciali” per un progetto altrettanto singolare. Le mansioni svolte seguendo il metodo biodinamico nel tunnel – serra dell’Istituto. Qualche domanda (con relative risposte) ai protagonisti di questo percorso naturalistico che segue il calendario biodinamico e che impegna diversi studenti e diverse studentesse nella pratica agronomica negli orti della Sede coordinati dalle assistenti comunali e dai proff. Domenico Sismo e Franco Belloni. 1. Quale metodo di coltivazione stiamo utilizzando? Silvia: stiamo usando il metodo biodinamico. 2. Cosa prevede questo metodo? Vanessa: secondo questo metodo i semi devono essere interrati in giorni precisi. Silvia e Manuel: sul sito di Barbanera abbiamo trovato il calendario biodinamico che è molto complesso e che abbiamo tradotto e messo in tabella per facilitarci il lavoro. 3. Che cosa avete fatto in serra? Silvia: abbiamo piantato dei semi di ravanelli, di spinaci, di lattuga… alcune piante sono state messe prima nei vasi come i pomodori, i peperoni e le melanzane. CHI È BARBANERA? TRADIZIONE VUOLE CHE BARBANERA SIA VISSUTO A FOLIGNO. CRESCIUTO IN UNA NUMEROSA FAMIGLIA, ANDÒ GIOVANISSIMO A STUDIARE IN CONVENTO. BEN PRESTO PERÒ, SPINTO DA UNA FORTE VOCAZIONE EREMITALE, LASCIÒ LA VITA MONASTICA PER ISOLARSI E DEDICARSI ALLA CONTEMPLAZIONE DEL CIELO. LA SUA CASA RIMASE TUTTAVIA SEMPRE APERTA AGLI ABITANTI DEL CONTADO AI QUALI DISPENSAVA CONSIGLI E PREVISIONI. SOPRATTUTTO BARBANERA AVEVA UN AMICO E DISCEPOLO, SILVANO, CHE LO RAGGIUNGEVA PERIODICAMENTE E AL QUALE COMUNICAVA, ALL'APPROSSIMARSI DI OGNI NUOVO ANNO, LE PREVISIONI PER IL TEMPO A VENIRE CHE LUI POI DIFFONDEVA IN CITTÀ. SITO INTERNET: www.barbanera.it Silvia, Giorgia, Manuel e Vanessa: abbiamo tolto le erbacce e abbiamo bagnato le piantine. 22 – 4. In aula come si è svolto il lavoro? Silvia, Giorgia, Manuel e Vanessa: abbiamo creato delle “carte d’identità” per ogni ortaggio piantato, nelle quali abbiamo messo: una foto del frutto, la famiglia, la varietà e la data della semina. Le carte sono state messe, una copia nel nostro diario di bordo e una plastificata nella serra. Stiamo facendo delle foto sia dei momenti di lavoro, sia della crescita delle piantine (germoglio, pianta e frutto). Silvia: abbiamo creato delle schede di approfondimento in cui abbiamo indicato, per ogni ortaggio, delle note generali, come si riproduce, come si raccoglie, le proprietà e i consigli d’uso. 5. Quali sono state le vostre impressioni, cosa vi è piaciuto, cosa avete imparato? Silvia: mi è piaciuto lavorare in auletta, usare il computer e fare i cartelloni. Ho imparato cose nuove su alcuni ortaggi che mangio sempre, ad esempio che il cetriolo si può usare anche in faccia perché fa bene alla pelle. Vanessa: mi è piaciuto stare in auletta a parlare delle verdure e seminare i piselli. Giorgia: mi è piaciuto bagnare le piante, fare il cartellone del metodo biodinamico con i disegni dei segni zodiacali e scrivere le schede al computer. Ho capito che non si possono seminare le piante in giorni qualunque ma che occorre farlo in quelli indicati nel calendario. Manuel: mi è piaciuto togliere le erbacce, bagnare anche perché sono l’ unico che riesce ad aprire il rubinetto dell’acqua. 6. Lavorare nell’orto è stato utile per imparare? Silvia: sì, anche se sono stata un po’ sfortunata con il tempo. Mi sono accorta che quello che ho studiato in questi anni mi è stato utile nel lavoro pratico. Vanessa: sì, per imparare a seminare. Giorgia: a strappare le erbacce. Manuel: ho imparato a seminare, a preparare il terreno prima di piantarci le piante. Secondo me è stato molto più utile lavorare nell’ orto e fare le cose praticamente che non studiarle sui libri. 23 – il Bonfa on-line: il sito www.bonfantini.it e il profilo facebook WWW.BONFANTINI.IT INFORMAZIONI DI SEGRETERIA * ALBO * ORARI DI RICEVIMENTO E ORARI DELLE LEZIONI * AREE SPECIFICHE DOCENTI, DISCENTI E GENITORI * MODULISTICA * PERSONALE A.T.A. * INDICAZIONI * NOVITÀ * POF * PROGETTI D’ISTITUTO * WIKIFLORA * LEARNING * GIORNALINO D’ISTITUTO * CENTRO DI ASCOLTO con dott.ssa Giachino * I.I.S. “G. BONFANTINI” clicca su “Mi piace” INFORMAZIONI IN TEMPO REALE * FOTOGALLERY USCITE E VISITE D’ISTRUZIONE * POST DEGLI STUDENTI * +++ INDIRIZZI UTILI +++ e-mail istituzionale: [email protected] e-mail redazione giornalino: [email protected] on facebook: I.I.S. “G. Bonfantini” on facebook: Redazione Il Bonfa on line: www.bonfantini.it 24 – LO STUDENTE CHE APPROFONDISCE Il Bonfa INCURIOSITO COLTIVARE HI-TECH A CURA DI ALESSANDRO MINIO 5^A ( ARTICOLO ON LINE SEZIONE STUDENTI – NOVITÀ SU WWW.BONFANTINI.IT ) Q uando si parla di gestione di un'azienda ad alta tecnologia, difficilmente si pensa all'agricoltura. L'immagine di questo settore, pur se molto evoluto grazie alla rapida meccanizzazione, è considerato infatti particolarmente tradizionalista e focalizzato su modelli ben definiti. Da sempre gli agricoltori hanno fatto leva sulle proprie forze, e su un'esperienza che vale più di qualsiasi innovazione; chi ha passato la propria vita a coltivare campi, si trova in difficoltà ad affrontare nuovi scenari, fondati magari sull'elettronica. Nonostante questo, anche nel campo agricolo, c'è chi è riuscito a fare un passo avanti ed a immaginare un panorama nuovo, abbandonando i vecchi schemi, per affrontare un futuro più affascinante rispetto al passato. È il caso dell'Azienda Agricola “Bellaviti”, in provincia di Milano, gestita da oltre quarant'anni da Mario Bellaviti. L'azienda milanese presenta un contrasto tra vecchio e nuovo, tra il passato di un'affascinante architettura rustica e il futuro di una stalla dove una sola persona è in grado di mungere oltre 160 capi in meno di due ore. L'Azienda “Bellaviti” può essere considerata una delle aziende più Hi-Tech d'Italia, sia per le strutture che per la gestione. L'azienda è stata una delle prime ad abbandonare la stabulazione fissa per convertirsi alla stabulazione libera durante i primi anni Sessanta; oggi ha scelto la strada dell'innovazione 25 – investendo sulla meccanizzazione e su una stalla dotata di sistemi molto evoluti. Con una superficie di circa 130 ettari (circa 2000 pertiche milanesi), l'allevamento possiede attualmente 450 capi con una media di 150-200 vacche in lattazione. La produzione aziendale è oggi quasi completamente autosufficiente all'alimentazione degli animali, così come anche la forza lavoro, in quanto tutta l'attività viene seguita da Mario Bellaviti, affiancato dalla moglie, dal figlio e da un addetto alla mungitura. In azienda quindi vengono prodotti foraggi e mais in quantità sufficiente alla necessità della stalla. Grazie all'intervento della tecnologia si è riuscito a ridurre consistentemente la manodopera: oggi in sole quattro persone si porta a termine lo stesso lavoro che fino a pochi anni fa ne richiedeva una trentina. La stalla è controllata da un computer che controlla e gestisce l'alimentazione, i calori e la produzione di latte dei bovini. Il punto di forza è la particolare sala di mungitura, che consente di ridurre notevolmente i tempi, attraverso una gestione in grado di ottimizzare le altre operazioni. La sala prevede una linea centrale e due file laterali: mentre i capi di una fila vengono munti, i capi dell'altra fila vengono preparati alla mungitura, evitando così tempi morti, risparmiando circa due ore al giorno per la mungitura. Inoltre, sull'orecchio dell'animale è posto un clip magnetico che permette, durante la mungitura, il riconoscimento dell'animale e la registrazione dei parametri di lattazione per ciascun capo. Tutti gli animali sono quindi controllati con un computer, sia per quanto riguarda la lattazione e la mungitura, sia per la gestione dei calori. A tutte le bovine viene applicato un collare rilevatore di attività che invia un segnale al computer del momento più idoneo alla fecondazione. Questi dati vengono controllati due volte al giorno per rendere molto più efficiente l'attività riproduttiva delle bovine. Introdurre le più avanzate tecnologie nell'azienda agricola, permette non solo di ridurre la necessità di manodopera e quindi di ridurre i costi, ma anche soprattutto migliorare la salute, il benessere e quindi la produttività degli animali. Nella realizzazione della nuova stalla, si è voluto fare un passo avanti, producendo energia attraverso il fotovoltaico, collocando circa 800mq di pannelli sulla falda sud della stalla, realizzando così un impianto da 100 kW. L'energia prodotta viene reimpiegata nell'azienda per l'illuminazione e tutte le operazioni che necessitano di elettricità, mentre la parte in esubero viene commercializzata a livello locale. Per il futuro c'è già in programma di ampliare l'impianto fotovoltaico fino a 500 kW, oltre che investire su nuove strutture che permettano l'ampliamento dell'allevamento per gestire grosse quantità di bestiame. 26 – L’ECONOMIA AGRARIA TE LA SPIEGO IO (forse!) Tutte le varianti bonfantiniane tratte dalle verifiche della tanto odiata materia! I prodotti di scorta sono le balle. L’imprenditore gestisce le faccende in cui è affaccendato. Esistono l’imprenditore concreto e l’imprenditore nullo. Vi sono i pozzi artigiani in tutta l’area aziendale. La razza Frisona Piemontese produce tanto tanto latte. Oltre allo spazio interno c’è il pavimento del paddock è incimentato. I tubi del recinto sono zingati. Il clima è continentale caldo con inverni miti in tutta Novara. Utilizzare la seminatrice irrigante. In azienda è presente il letamaio è utile per nutrire il bestiame. La casa è estesa per 100 mq. e ha 10 vani. Inverni molto freddi con temperature pari a 17 °C di media. La vacca fa 4 allattazioni, poi muore. Come parco macchine teniamo u’ girello da 6 metri e du’ trattori. Lavoratori avventtizzi eccezzionalli. La descrizione deve essere sintetica ma estenuante. COS’È LA RIMONTA INTERNA? IPOTESI 1 La rimonta è la fecondazione di una vacca ed è interna se l’animale è fecondato nell’azienda, esterna se fecondato fuori dal cancello dell’azienda. IPOTESI 2 La rimonta è la sostituzione del bestiame che viene interamente sostituito annualmente. IPOTESI 3 La rimonta è il momento in cui la vacca gravida supporta il vitello nella crescita cedendogli le sue riserve energetiche e si impegna a fornire un’adeguata alimentazione per evitare disfunzioni nella vacca per mancanza di riserve come ad esempio un bel collasso puerperale. 27 – la bacOca una sorta di bacheca che raccoglie tutte le stranezze e le frasi da ricordare che rendono più allegre le lezioni e le “avventure” scolastiche è possibile segnalarle a [email protected] le “SPECIALI” NOTE DISCIPLINARI sui registri delle classi italiane L’alunno L.P. durante l’ora di educazione fisica insegue le compagne di classe sventolando in aria lo scopino del water L’alunno P. durante la lezione di educazione fisica usa la pertica come simbolo fallico Si espelle dall’aula l’alunna M. perché ha ossessivamente offeso la compagna Sabatino Domenica chiamandola week end La classe nonostante i continui richiami del professore continua imperterrita durante le ore a emanare flatulenze senza che i colpevoli si dichiarino e l’aria ormai è resa irrespirabile da tali esalazioni. Si prega di fare nota ai genitori di tale maleducazione Gli alunni R. e G. incendiano volontariamente le porte dei bagni femminili per costringere le ragazze ad utilizzare il bagno maschile L’alunno S. è entrato in aula, dopo essere stato per 20 minuti al bagno, aprendo la porta con un calcio; ha fatto una capriola e ha puntato un’immaginaria pistola verso l’insegnante dicendo “Ti dichiaro in arresto nonnina!” L’alunno V. giustifica l’assenza del giorno precedente scrivendo “credevo fosse domenica” B. e S. chiudono in bagno una loro compagna perché ritenuta da loro “cesso” Gli alunni B. e B. durante l’ora di italiano compiono irrispettosi esperimenti di balistica usando proiettili di carta e saliva contro il ritratto dell’Onorevole Presidente della Repubblica. Si giustificano dicendo di necessitare un bersaglio P. non svolge i compiti e alla domanda “Per quale motivo?” risponde “Io c’ho una vita da vivere” Gli alunni P. e A. alle ore 10.25 escono improvvisamente dall’armadio redazione de “Il Bonfa” – responsabile docenti (quello con cui prendersela se non andasse bene qualcosa) prof. Guido Rossi; hanno collaborato a questo numero Oscar Temporiti, Claudia Pavan, Alex Mancin, Giampiero Maffeis, Mattia Bono, Samuele Pavia, sig.ra Maria Dolores Sanchez Torres, Mirko Gerosa, prof.ssa Anna Maria Papadopoli, prof.ssa Giovanna Cosentino, prof.ssa Lara Tacchino, prof.ssa Jennifer Bovolenta, prof.ssa Sara Bechis, Manuel Bellantone, Silvia Corrao, Giorgia e Vanessa Brognoli, Alessandro Minio, prof. Germano Zurlo, Mattia Bauccio, prof.ssa Micaela Saronni, sig.ra Antonella Camerlengo, fonti bibliografiche e internet citate negli articoli di riferimento, sorrisi, consigli e critiche pertinenti e costruttive. E speriamo di non aver dimenticato nessuno! STAMPATO IN PROPRIO – Vignale (Novara), 28 quindiciaprileduemilatredici