DiGiTUS DEi - Parliamo Di Videogiochi

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DiGiTUS DEi - Parliamo Di Videogiochi
RiNG 04 – Febbraio 2003
Game Overdose – di Fabio Timpanaro
.:DiGiTUS DEi:.
1
pROJECTrING
___________
_n.04
fEBBRAIO2003
.:SOMMARIO:.
DIGITUS DEI_______________________________
rUBRICHE
(r)UMORISMO
Love Raider pg.03
tESORI sEPOLTI
Alien Soldier e Dynamite
Headdy .47
pEOPLE
Yuzo Koshiro .49
mE nINTENDO
To Megaton .53
sEGA sAGA
Hitmaker .54
kAKKA bANZAI
Yaru-drama .60
iL dAVIDE
vIDEOLUDICO
Il Davide #4 .66
fRAMES
Philips Cucina .4
Videoludere e… .11
E in un lucor di stelle… .12
Ode al fiume .14
Quella volta che il
Pistolesi… .16
Le colpe dei padri… .19
Tra i Lego di Hideo... .21
iNDEPTH
Final Fantasy X .28
rECENSIONI
Metroid Prime .30
Morrowind .32
Ratchet & Clank .35
Eternal Darkness .36
Resident Evil Rebirth .39
Kikaioo .40
Soul Calibur 2 .42
Per una cultura dei
videogiochi .46
di Nemesis Divina
Ring è orgoglione di presentare, in esclusiva mondiale, la nuova console di
Philips: Cucina. Da regalare a mogli e f idanzate allergiche ai fornelli.
[Cover Story]
Dio osserva. Guarda manovra segreto invisibile e muto. Così il giocatore nei r iguardi d’un mondo a due elementi. Zero e Uno e Acceso e Spento e Tutto e
Niente. Un mondo dove due aspetti basici e striminziti si fondono e si torcono
lungo più e più strade e molteplici volti e innumerevoli modi. E noi lì sopra fuori
che scrutiamo spiamo sordidi e nascosti impuniti impunibili. Dio è tale quando
esterno al Creato il quale non immagina il non-creato sempiterna e ssenza priva
di natali passati o decessi futuri anima aliena d’idea irraggiungibile e sagoma
altra. Un Dio scruta altero con cipiglio traverso critico e giudice d’impietoso verdetto. Un Dio che osserva un Creato magari nato non suo non di suo pugno né
d’alito proprio ma comunque per Lui di suo diletto suo d’uso. Dio capriccioso i nfantile manesco rissoso nel sogno e con rabbia in castelli di nube. In tragitto
fantastico infuso di cuore emozione grondante sia paura sia morte nel silenzio
del solo e fra l’urla dei molti. Sentiero sconnesso traballa e diverge veloce rapido
funesto e impellente di mente di calcolo d’incastro fortuito o di prima deciso poi
impartito il comando.
Un Dio di Cuore che nel Creato inventa o riscopre un grembo mai o ccupato
una luce un inizio un vettore puntato. Dio che piange che ride terrificato e tr emante trafitto trasposto nell’uno e in zero e prova e riprova sentimento mai avuto.
Un Dio di Mente che sperimenta e scopre in un ambiente propizio ciò che anela e più teme con fittizio coraggio l’affronta o follia autoindotta o sentimento s imulato recita d’amore struggente per falso.
Un Dio di Tecnologia la cui macchina è mezzo del manifestarsi dell’agire infine
dell’essere. Un mezzo dove trovare parte di sé o amplificarla o crearne di nuove
proibite o sopite nascoste e celate di norma bestiali atroci e fallaci gioco sadico e
storpiante corrotto mutilante che ventila speranza assai vane di vittoria e che
mette in uso mezzi terribili assurdi e violenti e aridi e sterili.
E l’Uomo 01 inconsapevole ignora la mano che giostra la vita sua e del mondo
una mano dal gusto rapace e volubile con vezzi orribili e pulsioni a noi odiate. E
l’Uomo?
Il VG s’offre all’occhio di chi guarda e lo fa con innocenza, deferenza e fiducia,
come il figlio guarda il padre. Noi siamo esterni, impalabili e superiori, consapevoli dei comandi e consci dei valori che regolano il mondo binario. Ma siamo noi
divinità ispirate? Guardiamo allo schermo vedendolo lontano ma mutabile, a sservito al capriccio, teso a n ostro perenne servigio. E nel nostro clamore divino
abbondiamo nell’intervento in modi sconnessi, sovente antitetici alla condotta
che in vita riteniamo corretta, onesta, ligia. Ma senza cuore proseguiamo
nell’annichilimento dell’Uomo 01, spesso neppure con la possibilità di fare altrimenti, senza possibilità di creare o preservare ma solo quella di d istruggere e
annientare. Un corsa entropica che porta solo a ll’impoverimento di noi, che con
un mondo sotto le nostri mani non sappiamo fare altro che distruggerlo e soggiogarlo. E forse verrà il giorno in cui l’Uomo 01 smetterà di guardarci con a mmirazione e f ede, il giorno in cui bestemmierà il nostro nome e la n ostra stirpe,
dove negherà noi e la nostra esistenza, ignorando le interferenze o l iquidandole
come ‘interazioni insite del contesto binario’. L’Uomo 01 volgerà lo sguardo non
più nell’alto, alla cerca di noi, ma osserverà fra le forme del mondo proprio cercando nuove speranze e nuovi scopi giacché noi, divinità improvvisate, non a bbiamo saputo aiutarli, crescerli e condurli limita ndoci invece a ferirli, umiliarli e
corromperli.
Sarà ormai notizia nota. Super Console chiude i battenti e quella di febbraio sarà la sua ultima uscita in edicola. Super Console ha rappresentato, da 9 a nni a questa parte, il luogo
principe per una discussione consapevole ed elevata sui variegati aspetti del VG. Sempre
tesa all’evoluzione (che in edicola è cosa ben grave), Super Console ci ha accompagnato
offrendo scampoli del miglior giornalismo videoludico. E ‘giornalismo videoludico’, parlando
di Super Console, può esser detto senza un filtro che ci nasconda il viso. Super Console è
stata prima e unica a promuovere una visione l aterale della cosa videoludica, aprendo e
coltivando rigogliosi spazi editoriali, epistolari e redazionali. Ma da questo freddo inizio
2 0 0 3 , Super Console resterà a labbra serrate. Ma non perché senza parole. Super Console
muore ma il suo animo trasmigra e reincarna a tempo di record. Per una rivista che crolla
sotto le ganasce della bestia editoriale, una nuova realtà si affaccia a noi: The First Place è
una fenice che spalanca le ali e grida agli orfani di Super Console che c’è ancora molto da
dire. Dietro a TFP resta la quasi totalità della cricca di Super Console, praticamente una garanzia di qualità. Garanzia rimarcata dagli aspetti assolutamente positivi della vetrina online
(non vi annoieremo elencandoli). Da parte di RING non c’è che entusiasmo e felicitazioni nei
confronti di questa nuova forma dell’informazione videoludica, che seguiremo con passione.
Dopo RING, TFP si aggiunge alla sparutissima ma comunque significativa rappresentanza di
‘informazione laterale online’ e siamo certi che sarà presente un’offerta competente e puntuale. Un in bocca al lupo agli amici di TFP e un grazie a Super Console.
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:RUBRICHE:
Ring#4
(R)umorismo___________________________
[Love Raider]
di Sator Arepo (storia) e Strix (disegni)
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:PHILIPS CUCINA:
Ring#4
Cucina come un dio______________________
[Philips Cucina – La Presentazione]
di Nemesis Divina, Bitte, Gatsu e Emalord
Arriviamo ad Eindhoven alle 6.30
del mattino. Il palazzone beige della Philips si staglia poderoso davanti ai nostri occhi, un immenso guscio di vetro e cemento edificato
per proteggere l’arma finale, la
Console Definitiva.
________________Rewind
26 ottobre 2002. Sabato mattina.
Casa del Gatsu. Dlin-dlon.
“Salve, sono il postino, avrei
questa raccomandata della Philips
per lei”.
“Mi hanno scoperto”, pensa il Gatsu, riferendosi ad una partita di
televisori rubata sulla tratta Venezia-Milano in un assolato pomeriggio estivo. E invece no. Un rappresentante della Philips Italia mi comunica che sono interessati a
fornire informazioni esclusive a
Ring circa un misterioso progetto.
Un numero di telefono, tutto quello
che avevamo. Decine di minuti
passati al cellulare cercando di c apire di cosa si trattasse. E via: una
serie di bisticci bambineschi per
scegliere chi avrebbe fatto il viaggio, poi abbiamo dovuto prenotare
l’aereo in tempo utile, incalzare
centralinisti per tentare di ottenere
un rimborso spese e infine litigare
con un receptionist di un albergo,
che parlava solo olandese, te desco
e swahili e non ne v oleva sapere di
farci avere una camera. Alla fine
decollano Gatsu, il Bitte e Nemesis
Divina alla volta di Eindhoven. Lo
scoop che consacrerà Ring a nuovo
messia dell’informazione videoludica: il quarto incomodo scende nella
Console War! Philips Cucina.
_____________Fast F oward
22 novembre 2002. Siamo a ncora
fuori dal palazzone della Philips.
Incurante della sorveglianza armata
Bitte apre la porta di vetro e si a ddentra nei meandri del guscio usufruendo di una pratica mappa scaricata da GameFaqs. Sfodero il cartellino riservato ai giornalisti che
Philips Italia ci ha gentilmente fornito e recupero Nemesis che sta
nascondendo le microcamere fornitegli da Sony Italia. Si va.
L’atrio del quartier generale della
Philips è identico a quello del palazzo di Matrix, dove avviene la sparatoria. Per un a ttimo mi aspetto che
il tizio che ci sta venendo incontro
si metta a correre sul muro, poi vedo che ci sta semplicemente invitando a seguirlo. Si presenta come
“Ian Qualcosa” e ci spiega che dopo
la presentazione Freek Cooper (il
responsabile della sezione multimediale di Philips) si intratterrà con
uno di noi per un’intervista più approfondita. Dopo un breve consulto, Nemesis Divina viene scelto
come portavoce, anche perché a
suo tempo realizzò la rece di Bruce
Lee per Xbox, quindi era in credito
di un favore. L’ascensore decolla
per trentacinque piani, mentre una
musichetta tropicale ci fa dimenticare per un a ttimo di trovarci in un
tempio dell’hi-tech. Le porte si aprono, un altro mondo appare ai
nostri occhi...
Le foto di Cucina, questo il nome
della nuova meraviglia te cnologica,
sono su tutti i muri e rappresentano i vari stadi di progettazione del
gioiellino Philips. Al centro della
stanza una quarantina di poltrone
attendono i nostri italici deretani.
La sala stampa è tutta per noi, del
resto è comprensibile questo trattamento per la rivista che, dopo
solo 3 uscite, ha massacrato Edge.
Ci sediamo in prima fila, tanto i
popcorn non li vendono, meretrici
non ce ne sono e il GBA giace triste
nelle nostre sacche.
Dopo pochi minuti arriva Freek
Cooper, elegante ed amichevole,
che ci saluta cordialmente. Dopo i
convenevoli di rito, le luci si attenuano. Parte un pezzo elettronico
di scuola tedesca e un pannello del
pavimento si solleva. Dall’ombra
sorge Philips Cucina, avvolta in una
teca di cristallo, bella, splendente,
mozzafiato. E’ qui per noi. Bitte
stramazza a terra in preda a Sindrome di Stendhal, ma si riprende
subito grazie ai sali che una previdente (e procace) hostess gli fa a nnusare. Da adesso in poi si fa sul
serio, almeno questo ci lascia intuire il sorrisetto sul viso di Cooper.
4
________Cucina, sempre la
stessa sbobba?
Philips CDI, l’incubo dei videogiocatori: un sistema bello solo in foto,
mal progettato, mal supportato,
poco credibile, un disastro ludocommerciale a suo modo peggiore
del 3DO, macchiatosi pure di crimini contro l’umanità per aver ospitato oscene versioni su licenza di Mario e Zelda. Come porsi nei confronti di un simile fallimento? La
risposta e' IGNORANDOLO, facendo
finta che fosse stato un pesce
d’aprile, al pari del Virtual Boy di
Nintendo e Xbox di Microsoft.
La nuova console della casa Olandese si pone in diretta concorrenza con le next-generation che
verranno presentate dai maggior
produttori nel 2004-5. Philips conosce il suo lavoro e sa che non avrebbe speranze di imporsi in un
mercato già dominato da PS2, Xbox
e GameCube (si okay: dominato da
PS2…), così decide di puntare sul
vantaggio tempogenerazionale: la
versione definitiva di Cucina uscirà
entro natale 2003 e, caratteristiche
alla mano, vi possiamo anticipare
che né Sony, né Microsoft né Nintendo hanno in cantiere nulla di c osì innovativo, terrificante e imponente. Questo perché Cucina si pone come obiettivo finale di rivoluzionare il modo stesso di intendere
il videogioco. Credeteci quando vi
diciamo che stavolta le dichiarazioni
sono tutt’altro che mera propaganda.
________________Filosofia
Perche' un'altra console, quindi?
Freek Cooper sorride cordialmente e mormora: “E me lo chiedete?”.
Inutile negare che la generazione
128 bit sia stata una delusione un
po’ per tutti. Al di là di giochi anche
buoni, l’impatto del bittaggio a tre
cifre non è stato certo quello sperato. Il salto tecnologico e concettuale fra 16 e 32 bit, fra 2d e 3d sembra un’inarrivabile meta per l’attuale generazione di console, come
se quella dei 128 bit fosse solo una
fase di passaggio. Tutto più bello,
più grosso, più colorato, ma nulla di
realmente NUOVO. Fr eek ci dice:
“E’ per questo che abbiamo d eciso
di puntare su Cucina. Volevamo
riempire un vuoto. Il videogiocatore
:PHILIPS CUCINA:
moderno è stanco di titoli tecnicamente mediocri e di “vorrei ma non
posso”, Cucina è qui per dare a
queste persone VERA innovazione,
VERA potenza, ma s oprattutto VERE novità. Inutile negare poi che s i
sentiva oggettivamente la mancanza di una console europea, c apace
soprattutto di fornire prodotti tecnologicamente eccellenti in primo
luogo agli europei, che finora sono
stati i più bistrattati dagli adattamenti. Chiariamoci, Philips ha ben
presente la necessità del supporto
di Third Parties americane e giapponesi, in questo senso stiamo f acendo degli investimenti – oserei
dire – spaventosi. Inoltre il lancio di
Cucina sarà contemporaneo in tutto
il mondo, il nostro obiettivo è ovviamente il predominio… Ma vi dirò
di più dopo, ah ah”. Rimandiamo
volentieri la disamina del concepì
dietro Cucina per concentrarci sull’
hardware e, se Dio vuole, sul software. Per ulteriori informazioni
sulla filosofia che sta dietro a Cucina, consultate l’INTERVISTA A
FREEK COOPER.
_________________Genesi
Chi c'e' dietro a Cucina?
La Philips voleva essere certa di
non sbagliare. C ucina ambisce ad
essere qualcosa di realmente innovativo e spiazzante, perfino il team
di sviluppo si rivela stravagante ma
indubbiamente eccellente. Freek ci
introduce uno alla volta tutti i
membri più importanti del Progetto
Cucina: scopriamo così che il design della console è stato ideato da
un celebre architetto finlandese,
Alvar Aalto, responsabile della modernissima sala concerti di Talo, ad
Helsinki (furono presi in esame a nche alcuni bozzetti di H.R. Giger,
ma subito scartati poiché lo stile
biomeccanico dello svizzero avrebbe potuto spaventare l’utenza più
sensibile). Lo stesso sistema operativo su cui si basa la console,
l’inedito HuMAN 1.0, è stato sviluppato da un altro finlandese, Linus
Torvalds, celeberrimo inventore di
Linux. Ma non lasciatevi ingannare:
HuMAN 1.0 è qualcosa di totalmente nuovo e slegato da Linux o Unix,
anche perché, scoprirete più avanti,
il cuore pulsante (è proprio il caso
di dirlo) di Philips Cucina non è la
consueta CPU di silicio… All’architettura interna hanno lavorato principalmente Jimuro Taoshida (presente nel team di sviluppo di Famicom e Nintendo 64), Hiroshi Samukoro (ex SNK, progettista del Neo
Geo), Jessie Letterman (ha lavorato
sul progetto Radon), Bob Ma rtin
(che ha collaborato con la NASA per
le missioni su Marte e con l’ESA per
la stazione orbitante europea), P e-
Ring#4
ter Blake (altro collaboratore NASA,
incaricato di progettare automi d estinati alle prossime missioni su
Venere) e Howard Leon, ricercatore
del MIT impegnato da anni nelle
ricerche sull’AI. La CPU di Cucina è
stata invece progettata, udite udite,
dall’insolita collaborazione fra IBM e
Clonaid, società div enuta famosa in
questi mesi per gli esperimenti di
clonazione umana (!).
Vi starete domandando: cosa
c’entra Clonaid con i VG? La cosa
più sconvolgente dell’hardware di
Cucina è un cuore biotecnologico,
un chip organico denominato appropriatamente Adam.
___________Cuore di carne
Cosa c'e' dentro il Cucina?
Dicevamo, Cucina è equipaggiata
con una bio-CPU capace di surclassare qualsiasi prodotto concorrente,
in grado di aggiornarsi e potenziarsi
nel tempo. Il clock di default è fissato sui 5,1 Ghz, ma da quel che
siamo riusciti a capire la frequenza
è destinata a cambiare a seconda
delle richieste del software. Il coinvolgimento di Jessie Letterman ha
inoltre permesso di far tesoro
dell’esperienza accumulata dall’ingegnere durante lo sviluppo di R adeon: il bio-socket a 1200 pin modulari su cui Adam viene incastonato (code name: PNA, diminutivo di
PaNgeA), dotato di connessioni
speciali e diviso in vari settori specialistici, presenta integrate le funzionalità di un potentissimo chipset
Grafico (GPU) aggiornabile. Freek
dichiara che le prestazioni velocistiche dell’interconnessione della zona
IcON (dedicata alla grafica) verso il
bridge di memoria sono all’incirca
200 volte superiori al miglior chip
attualmente in sviluppo alla Nvidia
(di conseguenza il fillrate della GPU
è aumentato drasticamente). “Merito della biotecnlogia” dice, “che
consente di produrre hardware p otentissimo con una minima spesa”.
La caratteristica più impressionante
della visionaria architettura è però
quello che Cooper definisce ‘Selforming’, ossia la capacità della
struttura di variare la propria geometria organica in m odo da rendere
disponibili i percorsi migliori per il
transito dell’informazione. Il selforming calza aderente al linguaggio HuMAN che può essere programmato a più livelli spingendo
però sempre al massimo le potenzialità dell’hardware. In pratica, in
presenza di un linguaggio ad alto
livello, dunque meno performante,
il bio-chipset di Cucina muterà per
offrire un’ottimizzazione hardware
del codice! Sarà come vedere delle
DirectX su Xbox o il Renderware su
PS2 spingere al massimo le rispet-
5
tive macchine.
A chiudere un conto già impressionante, la memoria fissa di Cucina è garantita dalla possibilità di
Adam di ‘incidere’ le informazioni
su un liquido informatico secreto da
apposite ghiandole poste sulla biomotherboard e battezzato Mnemo.
Tale liquido, ad alta viscosità, riempie ogni interstizio rendendo l’intera
architettura resistente agli urti e
permettendo una puntuale dissipazione del calore. In virtù della natura variabile delle forme interne di
Cucina, anche la quantità di Mnemo
è suscettibile di cambiamenti, pertanto non si può dare una stima
esatta della memoria rigida di Cucina sebbene 100 GB a ppaiano come
una stima ampiamente riduttiva.
Nonostante tutto, non sono state
abbandonate strutture hardware
più classiche: Cucina è dotata di 1
Giga di RAM DDR a 666Mhz, più
che sufficienti una volta accoppiate
alla rapida tecnologia Dual Laser
dei supporti TT Disk (che vedremo
separatamente).
Per il joypad (dal design bizzarro
che però Freek ci anticipa essere
molto pratico) si e' optato per lo
standard Bluetooth: questo assicura una connessione radio che lavora sulle frequenze oltre i 2 Ghz e
che permette di giocare fino a 20
metri di distanza dalla console. La
console è fornita di un ricevitore a
32 vie che vengono utilizzate per i
rispettivi controller: perché limitarvi
a 3 amici quando potete organizzare dei veri e propri tornei? Immaginatevi una partita all’annunciato
PES Cucina in 11 contro 11… e le
altre 10 vie restano inutilizzate? vi
starete chiedendo… Ovviamente no,
Konami ha lasciato intendere che
gli altri giocatori potranno impersonare: l’allenatore, l’arbitro, i guardialinee, i colleghi panchinari (impegnati in un minigame atto a infondere stamina nei compagni) o
addirittura parte della tifoseria (per
cui pare esistere una particolare
sezione a mo’ di picchiaduro…).
Per quanto riguarda il gioco online, Cucina prevede un supporto
integrato alla banda larga (non parla di schede Ethernet, evidentemente il socket PNA può modificarsi
autonomamente anche in tal foggia) capace di gestire le prossime
linee in fibra ottica, il che assicura
collegamenti ultraveloci. Inoltre
Freek ci lascia intendere come Philips sia intenzionata a provvedere
personalmente alla gestione dei
server di gioco, lasciando comunque alle SH la libertà di scelta fra la
rete ufficiale (MateR) ed un’eventuale rete propria… questo anche
per scongiurare dissapori come
quello recente fra il colosso EA e la
casa di Guglielmo Cancelli.
:PHILIPS CUCINA:
________________I TTDisk
Come ha risolto la Philips il problema del supporto della sua nuova
console?
In una parola: TTDisk. I TTDisk
sono dei supporti di plastica, dalla
forma distintiva e stravagante (il
loro nome significa Thera Toast
Disk) che ospitano un mini DVD
largo 3 centimetri e spesso come
un normale disco ottico, in grado di
ospitare 500 Gigabyte per lato, per
un totale di 1 Therabyte di memoria. L’inedita tecnologia di lettura si
chiama "Dual Laser" e verrà esaminata approfonditamente fra poche
righe.
La realizzazione di questo supporto e' stata possibile grazie all'utilizzo del "laser blu", già parte dello standard "Blue Ray", presentato
sempre da Philips (oltre che da:
Hitachi, LG Electronics, Matsushita,
Pioneer, Samsung, Sharp, Sony e
Thomson). A differenza del laser
rosso comunemente utilizzato, il
fascio di luce blu lavora ad una frequenza d'onda più corta e riesce a
leggere tracce di dimensioni ridottissime, avendo un "tracking pitch"
di solo 0.16um, cioè un quarto di
un classico DVD! La tecnica Dual
Laser è stata sviluppata basandosi
su una semplice considerazione:
perchè utilizzare solo un lato del
supporto quando ne abbiamo a d isposizione due che possono essere
letti contemporaneamente? Nel
gruppo ottico sono state inserite
due lenti ottiche speculari, separate
da un piccolo spazio dove viene i nserito il supporto che viene così letto da entrambi i lati contemporaneamente. Il problema d erivante dall’
inestetismo di un supporto senza
serigrafia viene quindi brillantemente superato dai TTDisk dato
che il “guscio” che protegge i mini
DVD può essere ricoperto da etichette adesive o parzialmente m odellato, feature che permetterà di
avere TTDisk con rilievi di i mmagini
e loghi. Stiloso.
E la pirateria?
Dopo le amare sorprese avute
dai suoi concorrenti, Philips sembra
aver preso ogni precauzione per
scongiurare la duplicazione abusiva
del suo nuovo supporto: oltre ad
avere un formato fuori standard (3
cm, poco più di una moneta da 2
Ring#4
euro), è stata implementata la vincente tecnica denominata “Inverse
Writing Spiral”. Sostanzialmente i
dati sul primo lato sono scritti dal
centro verso l'esterno, mentre nel
secondo lato dall’esterno verso
l’interno. Questo, unito alla lettura
contemporanea delle due facce del
disco, dovrebbe scongiurare il problema pirateria. Staremo a vedere.
___Controller, periferiche e
accessori
Lo strano controller in dotazione a
Cucina viene denominato, poco
sorprendentemente, “Blue Rabbit”.
Completamente privo di fili e dalla
forma bislacca, Blue Rabbit viene
difeso a spada tratta da Freek. “ Una volta provato, non vi r icorderete
nemmeno cos’è un DualShock” ci
dice. Dopo i test effettuati, non
possiamo che dargli ragione. “La
strana forma di Blue Rabbit non
deve trarre in inganno: è stato infatti deciso che ogni accessorio di
Cucina debba avere una sua personalità specifica, rimanendo però
legato al concept di base, quello di
una macchina in grado di fornire
diversi ingredienti di un pranzo
squisito. Come potete vedere, a nche la forma dei TTDisk si adegua a
questo ragionamento, e così fanno
la pratica PicNic Cucina (l’equivalente della PS2 bag), CucinaCloth
(tappetino ufficiale per rhytm’n
game), FruitsMaracas (indovinate
quale gioco è stato annunciato da
SEGA per Philips Cucina…) o
l’annunciato CucinaGlove (il guanto
VR). All’inizio della progettazione
avevamo pensato anche alle Memory Carrot (carote di memoria…)
che ben si sposavano con il pad,
ma successivamente a bbiamo pensato di eliminarle per manifesta inutilità. Xbox ha dimostrato che
supporti di memoria esterni non
hanno ragion d’esistere se la console ha in dotazione un hard disk.
Tornando al controller, Blue Rabbit
presenta un totale di 4 tasti, tre
frontali e uno sul retro. Una quantità così esigua è tutt’altro che
casuale: difatti ogni tasto del Blue
Rabbit… svolge la stessa funzione!
Rilassatevi, non sto scherzando,
Blue Rabbit è stato progettato secondo la tecnologia Situation Sensi-
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tive: il tasto che avete sottomano si
adatta in maniera intelligente a
quello che avviene su schermo,
corrispondendo sempre alla funzione più adatta. E non pensiate che
questo riduca la sfida offerta dai
giochi, difatti i pulsanti rilevano s udorazione, pressione sanguigna ed
elettricità sottocutanea… in pratica
se un utente è rilassato, quindi sicuro di quello che sta facendo, verrà assecondato dal controller, altrimenti rischierà di sbagliare un’azione o mancare un bersaglio. Indubbiamente questa nuova feature
è qualcosa di assolutamente inedito
nel mondo dei videogiochi e più
tardi vi farò toccare con mano questo incredibile sistema. Sostanzialmente i bottoni sono 4 per venire
incontro alle preferenze di ciascun
utente: qualsiasi combinazione è
stata prevista! Le orecchie di Blue
Rabbit, invece, sono i due stick analogici. Per quelli abbiamo preferito rimanere sul classico… una innovazione alla volta, ahaha”.
Il display centrale a colori, inoltre, svolge grossomodo la stessa
funzione di quello delle VMU del
Dreamcast, con la sola differenza
della definizione grafica, qui decisamente più soddisfacente.
Nonostante risulti difficile da credere, il Blue Rabbit è davvero qualcosa di rivoluzionario… parola di
Ring.
:PHILIPS CUCINA:
Ring#4
First Look> Hands On> Mind Off____________
[I Primi Giochi di Philips Cucina]
E siamo arrivati anche al m omento
di assaggiare le (presunte?) prelibatezze del Quarto Potere, la nuova
console di casa Philips. Lo stato di
sviluppo è, nel migliore dei casi,
prossima al 60% dato che C ucina
debutterà solo a fine anno. Ma n onostante questo sono numerosi gli
spunti interessanti offerti dalle incomplete beta, spunti concettuali e
tecnici. I pareri che seguono sono
frutto di alcune brevi prove effettuate in prima persona e dalla visione di esaustivi filmati (ancora
mancanti di un montaggio degno di
tal nome). Quello che traspare
chiaramente da ogni titolo, per
quanto ancora da rifinire, è l’approccio teso all’innovazione e alla
rivoluzione del settore. La parola ai
giochi:
___________Blame! [CapCom]
Il primo titolo che ci viene m ostrato
è l’ispirato Blame! gioco che trae
spunto dall’omonimo e bellissimo
manga di Tsutomo Nihei (pubblicato anche in Italia). La realizzazione
tecnica del titolo, affidata alle sapienti mani di Capcom, rende perfettamente giustizia all’opera visionaria del fumettista/architetto nipponico. Lo stile grafico di Blame!
non assomiglia a nulla di già visto: i
programmatori Captive Communications hanno sviluppato e fatto
uso dell’inedito PAT rendering (Pencil Armageddon Tecnique) che ricrea, perfettamente, l’effetto del
tratto manuale di un fumetto.
Un’orgia di linee nere che danzano
nel bianco circostante e che vi lascerebbe a bocca aperta, se solo
voi poteste vederlo in movimento.
Per spiegarci: prendete Blame!
manga, immaginatelo in movimento senza che il suo particolare stile
grafico ne venga alterato e avrete
Blame! videogioco. Un mangagioco, in sostanza, rigorosamente
in bianco (accecante) e nero (in-
tenso), nessun colore a imbrattare
lo schermo, tranne gli schizzi di
sangue, d’un rosso acceso e violento che contrasta devastante con
tutto il resto. Scordatevi il cel shading, il PAT è qualcosa destinato a
rivoluzionare l’intero filone delle
trasposizioni videoludiche dai fumetti.
Non bastasse, alcune particolari e
suggestive visuali fanno uso del
SORS (Semi Olographic Rappresentation System), un innovativo effetto che fa “uscire” dallo schermo a lcune strutture presenti sul video,
senza il supporto di nessuna periferica o di televisori speciali. Avete
capito bene, in Blame! vedrete
travi d’acciaio uscire dallo schermo
e rovine sbilenche che gridano al
soffitto del vostro salotto. Ovviamente non si tratta di olografia, ma
solo di un furbo “effetto ottico” che
simula un 3D reale: avvicinandovi
allo schermo, tutto tornerà a sembrarvi piatto e confinato entro i
normali limiti da cui un videogioco
non esce. In Blame! il SORS sembra impiegato solo per le strutture
statiche, evidentemente è un effetto ancora troppo complesso da g estire attivamente, ma se il buongiorno si vede al mattino… Ma il
gioco com’è? Tanto per darvi un’idea di quel che vi aspetta, ecco
l’inizio del demo: luce bianca abbagliante, la stanza risuona di un acutissimo e costante fischio, tanto da
far male alle orecchie. Poi la scena
sfuma, e si iniziano ad intravedere
linee nere che descrivono un ponte
largo pochi metri, sospeso sopra
una voragine nera, da cui ogni ta nto serpeggiano b agliori verso l’alto.
Sul ponte Killy (protagonista di
Blame!), disteso a terra. Si alza. Il
gioco inizia. Un’uscita davanti, una
dietro, la voragine sotto. Un colpo
di pistola, tanto per provare. Ziiiin.
Il proiettile trapassa muri di acciaio
e megastrutture dimenticate. Qualche secondo di silenzio. E poi… Poi
il fuoco tutto attorno e il rinculo
dell’arma che ci scaraventa indietro. Crolla tutto, finiamo nella voragine. Killy non muore così facilmente, deve trovare la Rete dei Geni
Terminali, per Dio. Cadiamo per
centinaia di metri, poi, con uno
schianto, il nostro eroe si risolleva
dall’acciaio e si rimette in sesto.
Ma, inevitabilmente, il rumore che
abbiamo provocato ha svegliato
tutto il livello. Zip. Zip. Zip. Tre S afeguard vengono downloadate d avanti a noi e ci osservano brevemente prima di scagliarsi all’attac-
7
co. In un turbine di metallo e carne, Killy ne scaraventa alcune lontano, novello Dante, ma con molta
più tenacia e stile. Il corpo gracile
del nostro eroe spezza ossa e accartoccia acciaio, mentre le n ostre
mani si muovono veloci sul pad
tentando si far danzare a Killy il suo
ballo di morte. Spariamo ancora,
dai. E di nuovo, bulloni e fuoco ci
avvolgono, mentre il livello collassa
su se stesso. In bianco e nero. In
luce e tenebra. E rosso sangue.
Ma non è ancora finita.
Killy esce dalle macerie e guarda
in alto: le Creature di Silicio lo
stanno aspettando, ma il Cielo non
può attendere, e allora via, verso
l’apertura che si è creata davanti a
noi. Il demo, purtroppo, sfuma in
nero.
Blame! è puro orgasmo visivo,
sonoro, emozionale. Blame! rivoluzionerà tutto, con il suo strano miscuglio di inchiostro, metallo e carne. Maybe now.
________Tekken V [Namco]
Impressionante. Poteva essere a ltrimenti? Questo è ciò che ci aspettavamo da PS2, ai tempi dell’hype
pre-lancio: un mondo vero, vivo e
sottostante a precise regole fisiche.
Tecnicamente Tekken V si attesta,
subordinato alle specifiche tecniche
di Cucina, al top della categoria. Ma
non si tratta di tonnellate poligonali, chili di bump, texture ultradefinite e di effetti assortiti. O meglio,
tutto questo è presente ma ciò che
sconvolge è la fisica che muove il
tutto. Prima dell’hands on visioniamo parte di un Making Of: ogni
personaggio è costruito su animazioni scheletrali basate su strutture
ossee perfettamente credibili e d istinte, le une dalle altre, da attribu-
:PHILIPS CUCINA:
ti di forma, peso e giunzione. Il tutto viene ricoperto da un anatomicamente corretto strato di fasci
muscolari. Persino gli organi interni
sono presenti in maniera concreta e
corretta! Tutto questo è alla base
del più incredibile software di animazione che si sia mai visto. Ogni
animazione viene intercalata dall’
apposito programma, il tutto partendo dal frame inizio sino a quello
di arrivo (ossia la mossa prescelta).
Cose non del tutto nuove, ma che
mai si erano viste applicare con s imile cura e risultato. I muscoli si
piegano come fossero veri e non
esistono movimenti innaturali.
Tranne quelli che procurano fratture e slogature. Già, certamente
questa è l’innovazione principale
del gioco. La prova su strada avviene contro uno dei giustamente
tronfi PR di Philips. Attualmente sono disponibili solo tre personaggi,
Jin e Jun Kazama e la new entry
Devon Meyers, una specie di bodyguard lungochiomata alta due
metri e passa. RING sceglie Jin
mentre il nostro ospite seleziona la
bella e agile Jun. Registriamo da
subito la netta differenza fra loro
movimenti, questo perché l’apposito engine fisico traduce le movenze in base a muscolatura, struttura
ossea e struttura corporea, il fatto
che un palestrato da 120kg si muova differentemente rispetto ad un
sumoka di pari peso è una risulta nza ovvia e naturale per il software
d’animazione. Il primo round si
conclude con una complessa presa
di Jun ai nostri danni, una chiave
articolare con le gambe diretta al
braccio destro. Si sente uno schiocco ed è K.O. Secondo round. Il nostro Jin tiene il braccio destro accostato al fianco e premere il tasto
relativo provoca solo una vibrazione nel pad e gemiti di dolore dallo
schermo. Il braccio è inutilizzabile!
L’intera gamma delle movenze di
Jin si comporta in conseguenza al
nuovo baricentro e alcune mosse
scompaiono dal nostro carnet di
colpi. Piazziamo un calcio al fianco
di Jun ed ella si piega in preda al
dolore, una nostra ginocchiata viene parata con un avambraccio che,
però, manifesta subito non una rottura quanto piuttosto una contusione (mostrata da un c olore rossastro
che muterà poi in violaceo). Il responsabile di Philips ci spiega che a
questo punto la funzionalità del
braccio di Jun è ridotto, per danno
e gittata, della percentuale relativa
alla potenza del nostro colpo. Incredibile! Alla fine ne usciamo vincitori, ma il sorriso soddisfatto del PR
ci lascia un terribile dubbio riguardo
la veridicità del risultato dello scontro…
Ring#4
_______Castlevania: Dragon
of Darkness [Konami]
Quella che segue è una sorta di sequenza cinematografica a parole.
La novelization di un trailer.
Il logo Konami sfuma nel cielo
notturno, preda di una tempesta.
Un vascello approda su una spiaggia. Nel turbinio della burrasca uno
stivale, finemente ray-tracciato, si
poggia sul bagnasciuga. Visuale in
prima, inquadratura della sabbia.
Zoomata sui granelli. Ogni singolo
granello di sabbia è un poligono a
sé, perfettamente texturizzato. Soffia il vento, milioni di poligoni vanno in paradisoo. L'agile figura si
avvicina ad un bosco. La telecamera scarrella e inquadra il tutto con
visuale laterale in pseudo-2D. Alucard, già protagonista di SOTN,
schiocca la frusta che si avvinghia
ai rami degli alberi, poi si issa fino
alle più alte protuberanze lignee. Il
tutto mentre i rami si piegano, le
foglie volano, i vestiti si aggrappano al loro vestente e la luna filtra
tra i rami illuminando tutta la scena
di un'aura argentea da sogno: i
movimenti di rami e abiti sono elaborati in tempo reale dal Physics
Math Engine™, un tool estremamente potente e versatile sviluppato da Creatronics Inc. (Seattle) c apace di calcolare in real-time la fisica delle forze primarie (gravità,
peso, flessibilità, torsione, forza
centrifuga e centripeta applicata
agli oggetti).
Alucard salta dal più alto dei r ami, scavalca un muro di cinta e si
trova nel cortile della dimora del
Padre Vampiro. Alcuni scheletri fanno conoscenza del giovane e si r itrovano a baciare un pavimento di
marmo riflettente. Ognuno lo bacia
in maniera differente, in base a dove ha subito il letale colpo di frusta
che mai verrà risarcito da Compagnia Assicurativa alcuna.
Alucard entra nell'androne del
castello e poi avanti, altri enigmi,
nemici da ipnotizzare per far scattare trabocchetti, nuovi abiti da indossare, mini-livelli da affrontare in
modalità FPS. E non è finita. Ci s ono 15 Level-Boss umanoidi da affrontare in modalità Soul Calibur,
con il canuto protagonista armato
di spada e nemici dalle splendide
armature fitte di lacci, ganci, cinghie, riflessi, sangue. Sangue che
rimane su tutti gli abiti e sul terreno, indelebilmente impressi su liquido Mnemo.
E poi loro, i 4 Draghi Vampiri, i
Guardiani del Sonno da affrontare
in modalità Panzer Dragoon, con
Alucard che si tramuta a nch'esso in
drago e sbuffa e soffia ed emette
onde d'energia che bruciano b oschi,
fan crollare soffitti e aprono nuove
8
strade da percorrere, mentre tutti
gli oggetti a terra sono sbalzati,
percossi, frantumati dai battiti d'ala
dei contendenti. Sequenza finale,
una bara si apre, una sinistra luce
rubino inonda una stanza.
The End
___________Pong [Philips]
E' appena uscita, ed è già la console che tutte le mamme vorrebbero
comprare ai propri figli per Natale.
E' Philips Cucina e ora è nel tuo s alotto. Mentre fremi come un bambino di fronte all'apparizione di
Babbo Natale in costume rosso e
barba finta, afferri il pacco e lo
scarti come strapperesti le muta ndine alla tua nuova fidanzata.
Eccola, splendida nella sua l ivrea
color crema. Philips Cucina è lo
sbarco in Normandia delle console,
la Cavalcata delle Valchirie videoludiche, il Mahatma Gandhi del linguaggio evolutivo.
Un poco Tyson, un poco Selen,
stende la concorrenza a suon di
giochi epocali ed apre le cosce a
tutte le software house disposte a
fare montagne di soldi.
I giochi al lancio brillano per prestazioni tecnologiche, ma quello
che veramente colpisce è il concetto di franchise-reprise messo in a tto da Philips. Il gioco al lancio, la
prima vera killer-application è la
versione next generation di Pong!
La trama: il mondo è vittima dell'arrivismo da ufficio. In Pong, il
videoplayer affronterà un avversario controllato dalla CPU oppure un
altro essere umano con lo scopo,
semplicemente, di ribattere ad a ccuse di mobbing o molestie sessuali
rappresentate da una freudiana
sfera. La sfera, simbolo di perfezione ma anche di fragilità. Il rompimento di palle, condensando i concetti in uno. Nel preciso istante in
cui la sfera che contiene tutte la
malignità del mondo sfuggirà per la
decima volta al controllo di uno dei
due contendenti sfondando il muro
alle sue spalle, uno splendido full
motion video ne rappresenterà l'orrenda punizione, sulla base della
cultura di appartenenza ed età.
Tutto questo grazie ad una tsunamica onda di variabili culinarie [leggasi: proprie di Philips Cucina]
fondamentalmente basate su setting interni. La memoria fissa tiene
conto di diversi fattori tra cui: località e data di installazione, religione
dell'utente, sesso, preferenze sessuali, lunghezza del pene, eventuali
difetti fisici quali calvizie, gobba,
peluria sulle spalle, naso da fattucchiera, funghi sulle labbra. La sconfitta del giocatore innesca un incrocio di link al termine del quale una
:PHILIPS CUCINA:
cut scene, in CG disegnata on the
fly, mostrerà la meschinità del perdente al mondo intiero. Un giocatore islamico 24enne, in caso di sconfitta si vedrà lapidato da un donnamanager, ovviamente ebrea. Un
italiano 19enne, per contro, sarà
sodomizzato da un keniota con un
membro della lunghezza pari al
doppio di quanto dall'utente dichiarato nella sequenza di boot del sistema. Tutto questo è reso credibile anche grazie alle vaste capacità
di face-capturing di Philips Cucina,
che scannerizza ad ogni boot il viso
del videoplayer e di eventuali famigliari, incollandolo perfettamente ai
poligoni di qualsiasi gioco. Stranamente il sistema non riesce a m emorizzare i volti di cani, pinguini e
dell'intero ramo dei marsupiali.
La palla come mezzo di morte,
disfatta, annichilimento dell'avversario. In questo gioco per tutta la
famiglia, la mefitica sfera assume
un ruolo di primaria importanza,
essendo una delle tre sole parti in
movimento ed essendo l'unica delle
tre capace di percorrere tutto lo
schermo da destra a sinistra, ma
anche all'inverso. Molteplici le op-
Ring#4
zioni e le variabili applicabili all'oggetto.
Skins: grazie ad un incredibile
repertorio di skins, la palla può e ssere in tinta unita, colorata, in bitmap o poligonale, sottoposta a
bump mupping, ray tracing, semplice texture mapping o anche al
nuovissimo ed esclusivo crisp mapping®, che la rende perfettamente
simile ad una crocchetta di p atate.
Gravity: a seconda della locazione geografica dell'utente, desunta
da un avanzatissimo mini-rilevatore
satellitare, l'oggetto su cui abbattere la propria ira può essere
sottoposto
a
più
variabili
gravitazionali che ne modificheranno ovviamente velocità e traiettorie. Nell'emisfero boreale, ad esempio, il classico effetto a banana
sarà inserito di default fra i tiri disponibili, mentre in quello australe
l'utente dovrà fare attenzione all'effetto boomerang. Ovviamente ognuno dei tipici territorial-shots
verrà sbloccato, indipendentemente
dalla propria nazionalità, dopo una
minima sessione di prove in modo
che ognuno possa goderne indipendentemente dal proprio credo e nazionalità.
Field: ovverosia lo sfondo su cui
si muove la sfera, è anch'esso
completamente editabile e perfettamente influente sulla traiettoria
della sfera. Se si sceglie il golf-field
la palla scorrerà come sulla lana, se
si sceglie il moon-field si genereranno simpatici attriti tra i gravitysetting ed il field-setting, portando
Philips Cucina ad un crash improvviso ed inatteso. Anche in questo
caso si sprecano gli effetti speciali
quali bump-mupping, fur-shading
ed il nuovissimo fluff-mapping®,
che trasformerà tutte le s uperfici su
schermo in un simil pannolino assorbente, anche se il feticistico scopo di questa feauture ci è ancora
oscuro.
Per il resto rimane il Pong di
sempre che tutti noi conosciamo:
Pong è come il primo amore, o c ome andare in bicicletta, o nuotare,
non lo scordi mai… al che ci domandiamo che diavolo dovremmo
rigiocarlo a fare?
L’Olandese Decollante____________________
[Intervista a Freek Cooper]
Freek Cooper, L ead
Manager della neonata Philips Digital
Ambient, è un inno
al carisma. Quarant’anni (portati
magnificamente)
che gli concedono
la grazia e la co mpostezza che derivano solo dall’età.
E una patta così gonfia che può
derivare solo da un calzettone
più volte ripiegato. Freek è alto, bassino… con il naso. La
pelle abbronzata, il c apello corto e brizzolato ma non del tutto. A’ la Clooney, per dire. Veste un completo grigio che u rla
stile da ogni piega e che fa trasparire, con ostentata sfacciataggine, un costo esorbita nte
(nel senso che dalla tasca destra, penzola una targhetta con
scritto 3.720,00 €). Ma non mi
lascio impressionare; il dovere
giornalistico mi chiama e per
RING non cederò al Carisma +4
del tulipanico Freek. Per fargli
capire che non
sono in suo pugno, nel mome nto in cui mi chiede se desidero
qualcosa da bere
gli rispondo “50
mila bocca e culo”. Ed è subito
ridime nsionato,
non mi avrebbe
attribuito simili quotazioni (ed
io ringrazio il cambio lira/euro).
Ring: Cucina è un nome
quantomeno inusuale per
una macchina d’intrattenimento
elettronico.
Come
siete arrivati a questa scelta?
Freek Cooper: L’intenzione di
utilizzare il te rmine ‘Kitchen’
(Cucina in inglese) nasce con
l’idea stessa di entrare in questo schifosamente lucroso me rcato del VG [sbava]. Alla base
di tutto c’è l’intenzione di far
capire all’utente come Cucina
9
sia un contesto incredibilmente
versatile, dove molteplici ingredienti si incontrano per fo rmare
le ricette più appetitose e squisite, frutto di cuochi geniali e
votati all’invenzione più pura e
sperticata. Ah, non temete; un
piatto di comuni spaghetti al
sugo (Army Men) lo potrete
sempre avere! Cucin a è il luogo
ideale per creare nuove pieta nze ludiche partendo da un a mbiente di sviluppo ordinato e
metodico. Non è un caso che
l’Ingegnere Scavolini abbia partecipato alla disposizione dei
componenti sulla piastra madre. In più si pulisce da sola.
Spiegato questo, la scelta del
termine italiano è stata dettata
dalla musicalità della vostra
lingua, dal richiamo esotico che
l’italiano ha sui giapponesi e dal
fatto che in a ltre lingue c’erano
assonanze sconvenienti: il te rmine inglese ricorda lo sgraziato Chiken/Gallina mentre il corrispettivo ola ndese rammenta
incredibilmente la parola che
:PHILIPS CUCINA:
significa ‘gradirei non poco pucciare un savoiardo nel tuo voluttuoso didietro’ [sbava tw ice].
Ring: Esauriente! Ma, ci dica, come è nato il progetto
di entrare nella Console
War?
Non
avete
paura
d’uscirne con le ossa rotte?
Freek Cooper: Deh! La motivazione principale è stata dettata dagli Euro. Quella seco ndaria dai Dollari e la terza dagli
Yen. Poi ci sono tutta una serie
di ragioni collaterali che partono dalla dracma greca e arrivano alle conchiglie delle Isole
Tonga, passando per le taila ndesi dodicenni. Per quanto riguarda la Console War… Philips
è qui per restare.
Alla Sony sono un mucchio di
idealisti, siamo incappati nei
progetti di PS3: hanno fatto
una scelta coraggiosa, che rispetto, ma sin troppo audace.
Insomma, ok il Third Place, ma
qui si richiede il Terzo Occhio
per visualizzare i contenuti dig itali di PS3, in pratica ci potranno giocare giusto il Dalai Lama,
Sai Baba e Pupo. Però non a ssieme, a meno di voler comprare il Multitap3… Nintendo ha le
ore contate, proprio in questo
mome nto i nostri ninja-cyborgbio-beast-killer stanno penetrando furtivi nell’abitazione di
Mr. Miyamoto e ci penseranno
loro a toglierlo di me zzo.
Ring: Scoopiettante!! Philips
vuole uccidere San Miyamoto!!!
Freek Cooper: Che?? Nono, è
chiaro che non hai mai visto un
ninja-cyborg-bio-besta -killer
della Philips! Sono delle… come
dire.. qui in Olanda ce ne sono
in gran copia e per tutti i gusti.
Ah, ecco: Troie! Sono un gruppuscolo di baldraccone, le puttanazze faranno scoprire al
nippogenio i piaceri della carne
sconvolgendolo oltremodo! A
questo punto gli unici fu nghi
che gli verranno in mente saranno quelli che raccoglierà dai
bordelli di Shinjuku, scoperto il
sesso come Game Desig ner s arà finito MUAHAHAHA-HA [ride,
se non si fosse capito…].
Ring#4
Riguardo MicroSoft non c’è storia, siamo curiosamente inciampati negli incartamenti supersegreti di Yboy (Xbox2) e se
credono di poter vendere una
console a forma di pernice afgana si sbagliano di grosso. Nel
caso invece vendesse, sappiamo come far ritirare il prodotto
dal mercato. Abbiamo le prove
dell’affiliazione diretta di Bill
Gay alla MacroHard, una nota
editrice di filmazzi sprocellosi di
cui possiedo anche una completerrima collezione che se poi
volete vi faccio vedere.
A conti fatti Philips è già padrona del mercato.
sotto Città del Vaticano. Dopo
la promessa di d otare il Papa di
sei paia d’ali, abbiamo avuto
libero accesso a Babele2. Lì ci
sono le colt ure dei bio -chip che
vengono defecati in appositi r ecipienti, pieni di fluido amniotico, dalla Turbo-Eva-SemprePregna. Di lì i bio-feti vengono
spediti in Cina e poi impiantati
nell’interno coscia di tanti entusiasti volontari (pagati lo sproposito di 3 eurocent al giorno).
L’incubazione del bio -chip dura
sei mesi e non porta quasi mai
alla morte però, vi avverto, la
percentuale di mutilati cinesi è
destinata ad a umentare…
Ring: Incredibile! Piuttosto,
che ci può dire del bio-chip
Adam e della chiacchierata
collaborazione con i tipi di
Clonaid?
Ring: Rutilante! Ma tutto ciò
non solleva delle questione
d’ordine etico/morale?
Freek Cooper: Anzitutto le
storie a proposito d ella Clonaid
sono gra ndemente esagerate.
Insomma, ricordi tutto il male
che si diceva del nazismo e di
Pol Pot? Ecco, stessa roba, un
banale misunderstanding!! D opotutto i ragazzi di Clonaid si
credono cloni di una razza aliena, tu mi dicevi che sei la reincarnazione del dio sumero Ma rduk e io sono nato sotto un c avolo. Suvvia, a quanto ne so
l’Ovesturia è ancora un paese
dove
vige
la
libertà
d’espressione. L’idea di affidarci
a IBM viene dalla loro grande
esperienza nel campo; di Clonaid invece ci interessava la
potenza informatica garantita
dalla biotecnologia e la possib ilità di avere in omaggio, per i
dirigenti, un clone di Pamela
Anderson.
Ring: Illuminante! Ma ci dica
di più circa il processo produttivo dell’Adam, lo producete qui in Olanda?
Freek Cooper: No comment.
Cioè, non so se ne potrei parlare. O meglio. So che non posso
ma... Oh, suvvia, se prometti
che non lo s aprà nessuno te lo
dico volentieri [prometto]. No,
per la prima fase della produzione ci appoggiamo ai laboratori venusiani che si tro vano
10
Freek Cooper: La risposta ufficiosa è che non me ne frega
una bega. Quella ufficiale è che
1- siamo lieti di fornire nuovi
posti di lavoro in quel della Cina
2- che di usare la carta igienica
nessuno si fa scrupoli e che 3 in caso di dubbi, un giro sul n ostro clone di Pamela Anderson
dovrebbe farvi ca mbiare idea.
Ring: Analgesico! Siamo in
chiusura, ma prima di ringraziarla vorrei sapere perché avete scelto RING come
finestra dalla quale ufficializzare l’ingresso di Cucina
nella Console War?
Freek Cooper: Essenzialme nte
perché siamo un parto della v ostra fantasia perta nto eravamo
vincolati a prescindere. Poi
stiamo parlando de ‘la rivista
che dopo 3 numeri ha demolecolarizzato EDGE’. Inoltre c’è la
tua presenza fra le fila ringhiche che, quantomeno, dovre bbe garantirci dei buoni volumi
di vendita presso il ridente e
prosperoso Impero Sumero…
:FRAMES:
Ring#4
Videoludere e Tempopassare __ ___ ____ __
[Prigionieri del Tempo Libero]
di Emalord
Ci sono giorni in cui mi astraggo completamente dalla realtà,
ovunque mi trovi, e rivedo ad
occhi aperti l'ultima area di FFX
che ho visitato, o il punto in cui
ho effettuato l'ultimo salvataggio di Silent Hill 2.
Ci sono sere in cui arrivo a
casa stanco come un minatore
che vien dal minare, e mi sento
quasi forzato a prendere in
mano il joypad per continuare
dal livello che avevo a
l sciato
interrotto il giorno prima.
Ci sono notti in cui non riesco
a prender sonno se prima non
ripercorro almeno per qualche
miglio le Chozo Ruins di Metroid Prime.
Tutto ciò significa che io amo
profondamente il mio passatempo, certo. Lo amo così tanto
che in effetti a vo lte riempie
momenti della mia giornata che
per amor del vero dovrebbero
essere riempiti da lavoro, affe tti, impegni.
E allora mi domando: ma il
videogiocare, nel 2003, è ancora un passatempo? Perché se
per passate mpo si intende un
piacevole intervallo fra due impegni, allora c'è qualcosa che
non va. Si, perché mi sto accorgendo che il videogioco, su
molteplici livelli, sta riempiendo
il mio tempo, la mia mente. Mi
assorbe, mi astrae, a volte mi
lascia letteralmente stremato. E
mi assorbe e mi astrae a nche in
lontananza da uno schermo, ed
è questa la cosa che più mi
strema.
Videogiocare impone quindi
nuovi ritmi alla mia esistenza?
No, non sono arrivato a questo
punto, ma molteplici fattori
concorrono perlomeno ad un
impegno prolungato sul media
una volta che si è in iziata una
nuova partita.
Detto in altre parole: il videogioco non provoca dipendenza, e nemmeno è diventato
qualcosa di indispensabile, ma
da quando hanno inventato le
memory card, ovverosia dall'avvento dei 32 bit, qualcosa è
cambiato nel mio modo di affrontare le ampie distese v ideoludiche.
Premendo sul rewind mn emonico, ricordo benissimo che
prima dell'Era Sony la ludoesistenza era settata su altri p arametri.
Solo gli RPG avevano una
batteria tampone nella scatoletta plastico -silicea. E solo pochissimi giochi potevano vantare una fruizione superiore all'ora/ ora e mezza consecutive.
Capostipiti quali Revenge of
Shinobi [Megadrive], Thunderforce [Megadrive], Pocky
& Rocky [Snes], erano prodotti da una tornata e via. O li fin ivi o eri in Game Over. Potevi
giocare un'ora come potevi giocare quindici minuti, perché
quando giocavi, fosse stato a nche solo per quindici minuti, ti
divertivi per ogni singolo ista nte. Un tempo i giochi non avevano una durata predefinita,
perché quello che contava era
appunto l'esperienza di gioco
fine a se stessa per vedere infine l'agognata sequenza di chiusura. Dopo uno sforzo i ntenso,
ma dalle tempistiche concentrate.
Poi arrivarono Saturn e PlayStation, e qualcosa ca mbiò. I
videogiochi cominciarono ad
essere giudicati e valutati in
base alla durata di fruizione, e
non solo per l'esperienza ste ssa.
A parte che la durata non è di
certo garanzia di qualità come
erroneamente si è spesso portati a credere, la domanda che
mi pongo e che vi giro è: ma vi
11
rendete conto di cosa comporta
un gioco che dura anche 'solo'
dodici ore?
Per quanto possa sembrare
che una fruizione estesa nel
tempo giustifichi almeno in parte i costi altissimi del videogiocare oggi, forse non realizziamo
che questa longevità di fatto è
una grave minaccia al puro videogaming.
La profondit à dei giochi odierni, la loro complessità, i
messaggi metareferenziali e le
trame ricche di spunti sono di
fatto un'arma a doppio taglio.
Perché la mia cultura ludica,
vecchia di 120bit, mi ha lasciato la pesante eredità morale di
dover finire un gioco per poterlo giudicare e godere come
si conviene. Nonché per avere
l'impressione di aver ben speso
i miei soldi [uscire dal cinema
prima della fine non è una bella
cosa].
E allora a volte mi forzo a
giocare per superare un punto
in cui la trama ha un calo di
tensione, nella speranza che
'accada' qualcosa di interessante che ridia brio alla vicenda,
dopo mezz'ore passate fra
combattimenti casuali o in cerca di un oggetto fondamenta lmente inutile al senso della storia.
A volte mi forzo a riprendere
in mano un gioco che pure amo
e apprezzo perché c'è il pericolo
che a far passare troppo tempo
'finisca la magia', si perda completamente il filo della trama,
c'è il rischio fondato che il fascino dell'ambientazione a llenti
la presa sul mio subco nscio.
E quando il gioco dura venti
ore, avete idea di quante vo lte
mi sento in dovere di riprendere in mano il prodotto, ben
conscio che altrimenti lo abbandonerei di li a breve perché
l'orologio del mio interesse è
prossimo al timeout?
E non avete mai realizzato
quante vo lte, nell'arco della
giornata, anche mentre siete in
:FRAMES:
tutt'altre faccende affa ccendati,
si ripresentano alla vostra me nte situazioni ed enigmi affrontati il giorno precedente davanti
alla televisione?
E allora il dubbio ritorna insistente: videoludere è soltanto
tempopassare?
Ovviamente le tematiche toccate da questo articolo riguard ano solo una parte dell'intera
produzione software. Ci sono
tutta una serie di prodotti [s imulazioni sportive, puzzle games, picchiaduro, alcuni platform] che possono essere giocati anche solo una quindicina
di minuti al giorno per pote rne
Ring#4
'godere'. Concorderete p erò che ci
sono tutta una
serie di Platform,
Action, Survival e
RPG Games che
necessitano di un'applicazione
minima di un'ora
al giorno per poter fare dei minimi avanzamenti
nella trama o per
arrivare al save point successivo. E non trovate che ci sia
qualcosa di sbagliato in tutto
questo?
Chi fra di voi ha vissuto l'era
degli otto e sedici bit, co nverrà
con me che non capitava mai di
giocare per un'ora o
più semplicemente per
portare una trama avanti di un misero
passo, o per aggiu ngere un tassello ad
una storia ben lungi
dall'essere chiara o
anche solo per pote nziare un personaggio,
o per trovare un item
prezioso.
Dieci anni fa, sempliceme nte, giocare un'ora significava 'giocare un'ora'.
Sta forse anche in questo il
fascino del retrogaming?
Per questo, e le altre tematiche esposte il Forum di Ring
ha i battenti aperti.
E In Un Lucor Di Stelle Lui Scomparve_______
[Visioni]
Di Gatsu
NB: Il seguente articolo contiene consistenti spoiler a proposito di titoli PS2 pubblicati da Konami, Sony
e Squaresoft. Se dopo le prime righe non riscontrate dejavu di nessun tipo, vi consiglio di fermarvi.
C’era una volta, in un mondo fatto di bit e di sogni, una fredda stanza v uota. Le sue p areti erano bianche, quasi accecanti, mentre l’odore che la permeava sapeva di vecchio e
di dimenticato. Le pareti della stanza erano lisce e insonorizzate, prive di finestre o fe ssure, cosicché nulla potesse filtrare al suo interno. L’unica cosa che rompeva la monotonia del colore, era una piccola porta nel lato nord, anch’essa bianca e luminosa. Una ta rghetta recitava: END. Quel giorno la stanza ospitava cinque sedie disposte in circolo, e
altrettanti occupanti. Il ragazzo biondo era quello vestito nel modo più sgargiante, e
sembrava che non riuscisse a star fermo un secondo. Nonostante tutto, il suo volto era
corrucciato, come se qualcosa fo sse andato storto. Alla sua destra sedevano due uomini,
americani forse, molto simili nell’aspetto tanto da sembrare fratelli. Al loro fianco c’era
un soldato, o qualcosa del genere, ma il suo volto era troppo pulito ed androgino per e ssere quello di qualcuno abituato ad uccidere. Vestiva una tuta nera aderente, che metteva in risalto i capelli biondo cenere. L’unica donna del gruppo era un’adolescente pallida
ed emancipata, vestita di un lungo straccio opalescente. Nonostante non emettesse a lcun suono, era la più singolare fra loro: sembrava quasi che fosse attorniata da una d ebole aura di luce.
Il singolare ensamble sedeva in cerchio e aspettava, come se qualcuno dovesse decidere da dove iniziare. Gli sguardi si incrociavano timidi e insicuri, mentre i corpi cercavano di trovare una sistemazione più comoda sulla sedia.
“Ok, ok” disse il ragazzo vestito i n modo sgargiante, “Comincio io. Non voglio passare
tutto il tempo concessomi in silenzio”. Fece una pausa. “Bhè…uhmmm, sapete tutti perché siamo qui. Aspettiamo…”. Si bloccò per qualche secondo, facendo tremolare la voce
prima sicura e irriverente. “…Aspettiamo la fine”, riprese. Gli altri mormorarono qualcosa. “…Ecco…sappiamo tutti che nessuno di noi…nessuno di noi vivrà un happy ending”.
Sospirò. “Ma sappiamo anche che questa è la nostra storia”.
“Già”, disse uno dei due americani.
“Ehi”, disse il soldato, “La mia storia non finisce male!”. Sembrava convinto. Forse lo
era davvero, ma solo uno stupido avrebbe pensato che la sua sarebbe stata una bella f ine. Il primo ragazzo s ospirò affranto. “Come ti chiami, soldato?”, gli chiese.
“Raiden, signore”.
“Per Yevon, non chiamarmi signore, avrai dieci anni più di me…”, lo rimproverò il giovane.
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Ring#4
“Come devo chiamarti allora?”, disse Raiden.
“Tidus, come mi hanno sempre chiamato tutti”, fu la risposta.
“Ricevuto, Tidus”.
Tidus sospirò di nuovo, perché forse aveva trovato qualcuno di più tonto di lui. “Allora
Raiden, perché credi che il tuo sarà un lieto fine?”, chiese.
“Bhè, insomma…alla fine il leggendario Snake mi darà una mano, mi riempirà la testa
di utili consigli, suo fratello Solidus verrà sconfitto e tutto si risolverà per il meglio. Perfino Rose tornerà fra le mie braccia!”, disse agitando freneticamente le mani.
Harry, uno dei due americani, si sporse in avanti. “Si, ma se tu riabbraccerai Rose d imostrerai di non aver capito nulla di quello che ti hanno detto i Patriots…insomma, il C odec cosa te l’hanno dato a fare? Praticamente ti stai gettando a capofitto negli ingranaggi della macchina da cui stavi per fuggire, o no?”, chiese.
Raiden spalancò gli occhi, arrossendo, e il suo volto lasciò trasparire un certo disagio.
Il discorso filava. Cercò di ribattere blaterando qualcosa a proposito della “gente che
vuole il lieto fine anche se il lieto fine non c’è” ma sapeva anche lui che qualsiasi essere
più intelligente di un’ameba avrebbe capito quello che Harry gli aveva appena esposto.
Le sue parole morirono dopo pochi attimi nel s ilenzio della stanza.
“E tu Harry? Sai già cosa ti aspetta?” chiese Tidus.
“Io…si…o almeno lo credo. Morirò in un incidente stradale. Morirà anche mia figlia, ma
è troppo lungo spiegare come.”, concluse.
“E la cosa ti spaventa?”
“A te non spaventerebbe? Ad ogni modo…questo è il mio destino, e lo accetterò. Potrei
avere anche un’altra sorte, o almeno così mi dicono. Cybil potrebbe innamorarsi di me, o
forse potrebbero rapirmi gli alieni, ma non è così che deve andare. Non così”. La sua v oce tremava, ma era il discorso di un uomo consapevole del suo destino quello che aveva
sentito Tidus, un uomo pronto ad affrontare dolore e soffere nza, se così doveva andare.
Ci fu un attimo di silenzio nella stanza, perfino la ragazza sembrava essersi chiusa u lteriormente in se stessa dopo aver sentito questa storia.
“E tu Tidus?”, disse l’altro americano, “Tu, come finirai?”.
“Ti chiami James, vero?” chiese il ragazzo. L’americano annuì leggermente e rimase in
attesa di risposta. “Io…ecco…io sparirò”. Alcuni di loro aggrottarono le sopracciglia, fissandolo più intensame nte.
Tidus sembrava imbarazzato, ed ora non muoveva un muscolo e se ne stava a testa
bassa. “Sparirò perché sono solo il sogno di qualcun altro”. Gli si inumidirono gli occhi, e
gli altri sapevano che in quel momento il suo pensiero era rivolto a Yuna. “Alla fine riemergerò dall’acqua. Alcuni penseranno che la magia mi abbia reso vero, ma quello è s olo un ricordo…una scheggia di memoria…Sparirò, perché non sono mai esistito”.
Tutti si guardarono tristi. Qual’era il destino più infausto fra i loro?
”…e tu James?”, domandò Raiden, cercando di riprendere un po’ di credibilità.
“Oh, io morirò per amore. Per purificare il mio peccato, mi toglierò la vita gettandomi
nel lago. Il lago dove io e Mary abbiamo lasciato il n ostro cuore”, sospirò l’americano,
mentre il suo volto stanco si corrugava di malinconia.
“Ma…ma non hai altre alternative?”, chiesero gli altri all’unisono.
“Oh si, potrei semplicemente scappare da quella città nebbiosa dimenticando tutto,
magari stringendo la mano della piccola Laura o quella di Maria, ma la mia storia non
perderebbe totalmente di significato?”.
Gli altri annuirono per l’ennesima volta.
“Manchi solo tu ragazza”, disse Harry, volgendosi verso la pallida adolescente. “Tu
come finirai?”.
La ragazza alzò lo sguardo e si sforzò di dire qualcosa. Si vedeva lontano un miglio che
non parlava la loro lingua fluentemente. Dopo qualche minuto di riflessione, sembrò trovare le parole: “Yo rda…è…ombra. No può amare Ico. Yorda cattiva. Yorda va nel buio”.
Finì di parlare e si morse il labbro con i denti, me ntre tratteneva il pianto a fatica. “Yorda
no corre su sabbia! Yorda no può amare…”. Non finì la frase e scoppiò in singhiozzi. Tidus si alzò dalla sedia per consolarla, una cosa che gli riusciva naturale.
James guardò l’orologio. “E’ ora”, disse.
“Si” risposero gli altri.
“Andiamo incontro alla nostra sorte”, esclamò Tidus, “Andiamoci incontro con cora ggio, e non cerchiamo di scappare. Sapevamo che la n ostra storia doveva finire, e la fine
è una ed una sola. Nessuna scusa, unicamente noi e la nostra storia”.
Così dicendo si incamminarono verso la porta.
La varcarono uno ad uno, ed uno ad uno scomparvero, lasciandosi alle spalle solo uno
strascico di sogni e di polvere di stelle.
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Ring#4
Ode al Fiume___________________________
Di Cristiano “Cryu” Bonora
“Sono violento. Chiedetemelo gentilmente e vi spezzo
volentieri una sedia sulla schiena, ma credo che non sia
necessario mettere violenza in un gioco per renderlo
divertente...”
Gatsu, da Me Nintendo, Ring#3
“La poesia deve essere concepita come un violento assalto
contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.”
Filippo Tommaso Martinetti, da il Manifesto del Futurismo
“La violenza che appare nei videogiochi è utile,
necessaria e ISTRUTTIVA.”
Cryu, da PlayGround, Super Console #80
“Quanta violenza. Ma quanta poesia…”
Fulcorobot, dalla recensione di War of The Monsters,
Super Console#99
Perseguito da un’orda di scherzi letali,
Schivo in tuffo, istintivo, la rena lisciando
E poi in piedi, posato, in suso spiccando
Elastico un balzo che fugge gli strali;
Capitello sei sponda, che solo accarezzo
Col dito d’un piede; e di lì di ritorno
È slancio in picchiata nel cuore del forno
Laggiù dove arde, del male l’olezzo.
Guadagno distanza, indietreggio a costume
Poi fermo. Di ghiaccio. E riarrembo a mezz’aria
Nel vuoto mi appiglio, che scala precaria!
Ma indosso il mio corpo come ave le piume.
Lo spazio possie do, l’ovunque è mio alloggio
Se l’occhio individua, la gamba non vieta.
Lo spazio possiedo, prefiggo una meta,
è un batter di ciglia e al traguardo m’appoggio.
Imbraccio la spada, di petto prorompo
Nel mezzo disegno uno squarcio sguarnito
E intingo il metallo in un ventre allibito,
Impenno la lama e nel vuoto lo fiondo:
Partito dal suolo, in estremo saluto,
Giammai tornerà a calpestare la terra
Travolto da un’onda che acciaio la sferra,
Salito in parabola eppur non caduto
Perché a un dito, un’unghia da giù,
Lo trafora uno sciame di piombo,
Lo sorregge, lo gonfia rotondo
E lo scippa del peso che fu.
Oh pupazzo, perverso balocco:
Tu trastullo mutato in minaccia,
Senza fili a tenerti le braccia
È il mio fuoco a servirti da blocco!
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Ring#4
Il nemico possiedo, allo spazio lo privo
In mio pugno lo tengo, in un limbo blindato;
È battuto, domato, a mezz’aria ghiacciato
‘Che ormai lo derido, sparando giulivo.
Non più fiera, né arcano pericolo,
Solo un clown, un buffone impotente:
Un appeso sospeso nel niente,
Del mio circo pagliaccio ridicolo.
***
Nell’arena un ruggito, corale orchestrato:
È una mandria vorace che ha stizza e che ha fame,
sotto rettile squama e latrato di cane
sguaina ‘rtigli coltelli che il buio ha affilato.
Un boato si strilla, è un attacco rapace,
Un agguato felino e poi scatto improvviso:
Tre bestie selvagge, tre frane su un viso
Che attende sereno e non ringhia ma tace;
Pazientando le fissa, rimira e si eclissa:
decollato, al sicuro, a passeggio nel nulla
premo un tasto, L1, e ‘sti cazzi se rulla
il demonio paterno che il cor gli subissa.
Come Giove, quel Pluvio, dispensa saette,
Di Vulcano le fiamme tramuta in freccette,
Come Marte marziale martella in polpette
La carcassa gualcita del lizard che stette.
***
Ode al fiume di pianti e sgomenti
Scatenato da un cuore meticcio
Che levando il pianeta d’impiccio
Squarcia diavoli persi in lamenti.
Ode al fiume di sangue versato
Da quel figlio di donna e demonio
Ch’anzi all’Ombra fu gran Marcantonio
Illibando dal male il creato.
È una festa, uno sfarzo di stile,
Con cui l’uomo conduce l’affronto
Alle belve animali che sconto
Non concedon’ all’ego virile.
È un torero che il panno purpureo
Non sbandiera celando lo stocco:
Lui quel rosso lo veste (che sciocco!)
Sventolando il capello ceruleo.
Matador che conquista la piazza,
Gladiatore di rara maestria,
Mentre inscena la tauromachia
Si ritrae domatore di razza
Che pennella violenza da esteta,
E il suo nome appartiene al Poeta.
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Ring#4
Quella volta che il Pistolesi giocò a Serpent Slate_
[una storia vera]
di Sator Arepo
Il Pistolesi avrà avuto sì e no ventiquattranni, e in un comodo pomeriggio d’aprile se ne stava tutto a stomaco pieno in camera sua, seduto sul tappeto e appoggiato nell’angolo formato dal letto e dall’armadio. In mano aveva un coso, un
gioipad, e con metà cervello pigiava furiosamente su quei tastini di plastica. La
testa era piegata di lato a sinistra, che sembrava quasi che c’avesse il torcicollo,
ma a guardà meglio si poteva notà che tra la spalla e l’orecchio teneva un cellulare, incastrato con la naturalezza d’una noce tra le gambe d’uno schiaccianoci.
Il Pistolesi – o Luca, se ci siete abbastanza in confidenza – stava usando l’altra
metà del cervello per sorreggere una conversazione telefonica con Paola, la su’
fidanzata. O ddio conversazione. Diciamo piuttosto che Luca, con la presenza di
spirito d’un radiofaro, segnalava a intervalli regolari la propria esistenza all’altro
capo della linea, buttando lì frasette tipo il generico: “mh mh”, oppure lo stupito:
“accidempoli!”, o anco ra il mezzo e mezzo: “deh un affare…”. Tutto questo o vviamente continuando a pigiare su quel gioia ggeggio e guardando il televisore
con la testa piegata di novanta e passa gradi. Che dopo un po’ è capace che ti
viene il malditesta.
Intendiamoci. Non è che il Pistolesi ‘un voleva bene a Paola, eh. Anzi. Doveva
volegliene davvero parecchio a giudicare da quanto frignò il giorno che lei, qualche mese dopo, lo mandiede temp oraneamente affanculo. Però non è nemmeno
che, se uno vòle bene a una, allora deve volegliene ventiquattrore su ventiquattro. Che sennò va a finì che ti ricoverano allo spedale e tanti saluti a padrepio.
Nella fattispecie il Pistolesi ‘un voleva benissimo a Paola quando questa lo t eneva per delle mezzore al telefono a ragionar di bischerate. Che poi Paola è a nche una che quando principia a discorrere non si ferma nemmeno se le butti un
raudo tra i piedi. E alle volte ti ve rrebbe proprio voglia di tappalle la bocca col
mociovileda. Ma come si fa, è così bellina…
Insomma, quel giorno Paola stava dicendo al Pistolesi d’un professore di tedesco – Paola siccome fa Lingue – che dicono è parecchio arrapato. A volé racco ntalla tutta questo troiaio d’omo durante l’esami, se una viene vestita in minigonna allora le fa domande facili, se invece arriva castigata in pantaloni lunghi è la
volta che la sciagatta b enebene con domandacce tipo su quella testadiazzo di
Thomas Mann. Sicché Paola era indecisa se vestissi o no da t egame per vedé di
prende un voto meglio. E neanche troppo implicitamente chiedeva consiglio al
su’ ragazzo, che era giusto che avesse voce in capitolo.
Ma in quel momento Paola avrebbe anche potuto dire: « …e allora luilì m’ha
presa, m’ha scaraventata a buo punzoni sulla cattedra e m’ha intramestata tutta» e il Pistolesi ‘un si s arebbe accorto di nulla. (Ma comunque Paola ‘un parla
così volgare, anzi, è proprio un angelo. A parte quando s’incazza.)
Il fatto è che Luca, oltre che ragionare al telefono con la su’ fia, stava anche
giocando a Serpent Slate: Weapon of Freedom, il novissimo videogioco d’azione
tattica spionistica tridime nsionale variegata. Luca era parecchio che aspettava
questo gioco. Il capitolo precedente gli era garbato così tanto – ma così tanto –
che se lo sarà finito a dì poco quattro volte. E aveva anche scaricato da internet
l’episodi più vecchi, facendo pure finta che erano ganzi. Sicché, deh un affare,
quella mattina stessa s’era fiondato dal negoziante di fiducia per comprà il gioco,
uscito appenappunto.
Settantacinque euri porcoddisse.
Però bisognava dì che c’era anche il dvd extra, il fumetto, il pupazzo, l’adesivi,
e comunque ‘un dubità che anche da sé il gioco quella cifra la valeva tutta.
Luca aveva infilato il gioco nella pleidue appena tornato a casa e non gli aveva
ancora dato pace. Anche a pranzo ‘un sentì seghe: mise in pausa e via a mangià
di corsa. Stessa cosa quando telefonò Paola, cioè proprio nel momento più casinoso, cioè quando Serpent s’era infiltrato nella base del gruppo paramilitare,
piena di gente dimolto disonesta. Figuriamoci se poteva interrompe la partita.
E comunque Serpent Slate era davvero un personaggio di quelli belli, che proprio ‘un saprei nemmeno da dove principià per descrivello. C’aveva una tuta a t-
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Ring#4
tillata e piena di tasche fatta apposta per le missioni quelle difficili. Sopra la tuta
portava un impermeabile lungo che nascondeva un coltellaccio multiuso e un m itragliatore a tracolla con più di dugento colpi. Il viso era quello d’un omo pare cchio vissuto, con barbetta di du’ giorni e una cicatrice che gli attraversava la fa ccia in diagonale e che non si sapeva come se l’era fatta. I capelli erano racco lti
all’indietro un po’ a fia, e spesso si fumava un bel sigarone tipo ceghevara. Ma
soprattutto Serpent Slate era famoso per una frase che pronunciava sempre,
una frase che quando la sentivi sapevi che lui era vicino, una frase veramente
ganziss…
«Ehi, ma m’ascolti?» domandò Paola che, scema non essendo, aveva capito
che il su’ ragazzo ‘un le stava dedicando tutto se ste sso.
Luca Pistolesi fu lì lì per inventà una stronzata, ma gli andiede male che proprio in quel momento un perfido robotte, alto come du’ piani di palazzo e chiamato Metal Mech Miya, frantumato un muro di foratini si presentò davanti a Se rpent coi mitraglioni spianati; che ti rendevi conto subito quali intenzioni aveva.
«Oh santa merda d’una vipera schifa!» fu l’unica cosa che uscì di bocca al P istolesi, e esclamando ciò alzò pure il capo, allentando la presa col cellulare, che
si schiantò per terra, con batteria da una parte e telefono dall’altra.
Ora, io Paola bene bene ‘un la conosco, ma secondo me a quel punto lei gli era
parecchio sull’incazzato andante. Luca quindi si trovò davanti a un bivio: quale
minaccia affrontà per prima? Il Metal Mech o Paola?
La scelta in verità fu abbastanza semplice. Paola infatti abitava a più d i quaranta chilometri di distanza. Quindi il Pistolesi, gioisticchio alla mano, riprese i
comandi di Serpent Slate senza pensarci du’ volte.
«Tahoma? Come faccio a sconfiggere questo mech?» fece domandà Luca a
Serpent. Tahoma, collegata via radio, era l’e sperta di tattiche di combattimento
contro i robotti, nonché fidanzata storica di Se rpent.
«Il punto debole è la testa!» rispose Tahoma, e Luca rimase notevolmente i mpressionato da questo personaggio femminile che va subito al sodo, senza perdessi in tanti rigirii di discorsi, senza sovraccaricà di incisi le frasi che pronuncia,
senza ore e ore di spappardellamen… «Tesoro? Mi raccomando ricordati di quel
vecchio detto zen che dice: “Il passerotto nella nebbia vola male, ma la trota
nell’acqua torbida si difende dai predatori…”».
Ochei, pensò Luca, come non detto.
Mosso dal Pistolesi, Serpent Slate saltò sul ginocchio del Metal Mech Miya
quando questi si chinava per tirargli un manrovescio. Dal ginocchio fece un altro
balzo fino all’avambraccio del robotte p roprio mentre luilì ritraeva il pugno andato a vuoto. Quindi Serpent Slate andiede a corsetta su su per il braccio metallico
arrivando alla spalla, dove fece un salto carpiato raggiungendo capo del Metal
Mech.
A quel punto Luca Slate tirò una bazzukata ra vvicinata allo scatolone cranico
del robotte. L’onda d’urto fece un male cane al Metal Mech e sballonzolò Serpent
Pistolesi sul pavimento, abbastanza lontano dall’azione. Ora si trattava di rifà il
tutto un altro par di volte e il Metal Mech sarebbe stato sderenato.
Il gigante ferroso era ormai alla frutta e tutto barcollante, ormai più di là che
di qua, finì col cadere in una fossa piena di ferro fuso – o lava – uscendo finalmente di scena. Sullo schermo comparvero du’ bande nere orizzontali a formà
un effetto cinematografo, e il Pistolesi sapeva che stava per principià una lunga
sequenza in cui la trama s arebbe andata avanti d’un altro pochettino. Dopo tutta
la fatica che aveva fatto se la meritava questa ricompensa, no?
No, perché in quella comparve la s u’ mamma sulla porta di camera. Reggeva
un sacco pieno solo di spazzatura.
«Via Luca fai un po’ una corsa giù fino al bussolo del sudicio.»
«Ora no mamma, ci vò più tardi…» rispose Luca in modo quasi insofferente. La
signora Pistolesi però non se n’andiede, rimase lì senza dì una parola e con in
mano questo sacchetto sgocciolante sul tappeto. Luca tornò a guardalla impre ssionandosi: la su’ mamma gli sembrò quasi come quel mago del signore dell’a nelli, che quando s’incazza diventa tutto buio e la stanza invia a scricchiolà tutta.
«Ochei ce la porto subito!» disse Luca sorridendo come uno che ha appena l evato la miccia a ccesa da un candelotto di dinamite. Quindi si mise a contemplare
il gioimanicchio. Cosa sarebbe accaduto premendo il tasto start? Avrebbe messo
la sequenza in pausa o l’avrebbe schippata del tutto? Decidendo che non poteva
permettessi di rischià, Luca lasciò il gioco libero di scorrere, afferrò il sacchetto
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Ring#4
puzzolente dalle mani di mammina bella, si fiondò fuor dall’appartame nto e via
di corsa giù per le scale.
Purtoppo, subito dopo che Luca uscì di stanza, Serpent Slate affrontò una serie
impressionante di colpi di scena: in pratica il capo della missione, l’ex veterano
della guerra del golfo, generale Copperplate, rivelò all’eroe che il “Sindacato del
Crimine Nucleare”, il gruppo paramilitare contro cui si stava facendo il mazzo,
era in realtà un ente di ecologisti che lottavano per la proliferazione dell’energia
eolica. Quindi a falla semplice, Slate era stato spedito con l’inganno dal governo
a smantellà un gruppo che voleva solo fà del bene al mondo. Ma il generale
Copperplate andiede oltre, e rivelò a Slate la sua omosessualità, dicendogli che
lo amava segretamente che ormai s aranno stati sei o sett’anni.
Ma la bacchiata più grande gli arrivò da Tahoma che, vista l’aria di confidenze
che tirava, disse a Serpent che lui era un clone, un membro del progetto “sold ato perfetto”, e che lei ci s’era messa insieme sotto preciso ordine del governo,
con l’incarico di controllallo da vicino.
Dopo queste tremende notizie a Serpent girava di brutto la testa. Roba da rimbecilliccisi…
Anche la testa di Luca girava, però insieme al resto del corpo.
Sul cortile di casa, Luca stava facendo roteà il sacco del sudicio con il fare d’un
olimpionico lanciatore di martello. Quando raggiunse una certa velocità di fuga,
Luca lasciò andà la presa, e il sacco disegnò in aria una bellissima traiettoria a
arcobaleno, che terminò sulla strada, e più precisamente su un apepiaggio di
passaggio in quel momento. Un apepiaggio non necessariamente della nettezza
urbana.
Luca aveva compiuto la missione, più o meno, e ritornò di corsa verso casa,
sperando di non perdessi almeno la parte finale della sequenza animata. Quando
arrivò alla porta principale del palazzo in cui viveva, fece per aprilla trovandoci
duro.
Ah già, la porta si chiude automaticamente e adesso ci vòle la chiave.
Mise la mano in tasca cercando la chiave.
Ah già, la chiave è su in casa, accanto al telefono.
Suonò il campanello con l’insistenza d’un paramedico.
Ah già, il campanello l’avevano rotto l’imbianchini che, essendo albanesi, sapevano una sega loro di come si smontano e si rimontano i citofoni.
Luca Pistolesi sentì un certo qual b isogno di gridà.
Mentre il Pistolesi rifletteva ansiosamente su come superà la porta, in camera
sua l’eventi stavano giungendo a un altro punto clu. Infatti, a metà strada tra
l’ardita soluzione narrativa e il buco di sceneggiatura più clamoroso, i buoni, da
cattivi ritornarono buoni, e i cattivi da buoni cattivi.
Venne fuori infatti che l’associazione ecologista, in effetti, tanto ecologista ‘un
era, visto che l’adepti andavano a giro con una fiesta *a benzina*, mentre le l oro mogli erano tutte dimolto impellicciate. Inoltre il generale Copperplate puntualizzò che, sì, ghei era g hei, ma che se c’era da andà con una bella fia indietro
‘un si tirava. E anche Tahoma ammise che, dopo tanti anni che stai con uno, a nche se ‘un l’ami comunque ti c’affezioni. E comunque Serpent ‘un era vero che
era un clone: aveva soltanto un fratello gemello sperduto da qualche parte.
Serpent Slate con queste precisazioni si sentì riavé, ma proprio sul più bello un
boato echeggiò alle spalle del nostro eroe. Il Metal Mech Miya venne fuori dal
calderone di metallo fuso – o lava – e con un balzo roba da chiodi si ripresentò al
cospetto del protagonista, facendo un verso con la bocca che neanche a giura ssic parc.
Proprio in quel momento la mamma del Pistolesi entrò in camera del figlio, con
una tazzina di caffè. Il grido del Metal Mech, palleggiato da quattro casse p oste
all’angoli della stanza, la investì in pieno e la sballonzolò come un poppecorne.
Mentre la signora Pistolesi si chiedeva se c’era il terremoto o direttamente il
giorno del giudizio, notò che il gioistic, appoggiato sul pavimento, stava trema ndo da solo, come se fosse posseduto da lucifero in persona. Allora posò la tazzina di caffè per terra, poi lentamente indietreggiò e uscì da quella stanza, promettendosi di non rimettecci più piede.
Finito l’urlo rituale, il Metal Mech fece per attaccà Serpent, ma sul più bello fu
interrotto da un misterioso ninja, che arrivò a capriolate sull’arena di battaglia.
Questo ninja era tutto il gioco che appariva e scompariva quando gli p areva a
lui; e senza dire nulla per giunta. Spiccato un salto bello grosso, il ninja tirò un
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Ring#4
calcio volante a du’ gambe contro il robotte, che indietreggiò per il colpo subito
fino a ricadere nella pozza di lava fusa, ma riuscendo a portassi con sé il misterioso ninja, che poverino morì sul colpo.
«Serpent, ti ricordi quando poco fa ti ho rivelato che hai un fratello geme llo?»,
chiese Tahoma affra nta.
«Sì, certo.»
«Beh, a questo punto puoi a nche far finta che non t’ho detto niente…»
Luca Pistolesi finalmente riuscì a ritornà in camera sua, e è meglio ‘un racco ntà come. La prima cosa che fece fu guardare lo schermo: Serpent se ne stava lì
immobile con la patta dei pantaloni aperta. Luca prese il gioi in mano, mosse lo
stic, e Serpent si richiuse la bottega e si spostò secondo le indicazioni di Luca.
Dopo un rapido controllo dell’in ventario e di tutti contatti radio, Luca tirò un s ospiro di sollievo.
Evidentemente ‘un mi sono perso nulla, pensò Luca salvando la situazione sulla memoricard. Poi, mentre fuori stava ormai rabbuiando, Luca spense la ple idue, tirò fuori un manga dalla libreria e prese a leggello sdraiato sul letto, ignorando che proprio in quel momento Paola, con la su’ pandina spinta a velocità
curvatura, stava percorrendo la firenze-pisa-livorno. In direzione Pistolesi.
LE COLPE DEI PADRI RICADONO SUI FIGLI___
[Fuori i nomi]
di Amano76
"Il vecchio ti ha insegnato bene"
un rilassato Darth Vader che si appresta a sculacciare
il figlio ingrato, da L'Impero Colpisce Ancora
"il nuovo capolavoro di Miyamoto"
da una qualsiasi recensione in rete o su carta di
Zelda - Kaze no Takuto
_____La colpa è dei genitori
Una pallottola fa rimbalzare la
testa avanti indietro.
La seconda sfonda la calotta
cranica e gliela scoperchia.
La terza passa per il collo,
aprendosi una innaturale sco rciatoia attraverso il midollo osseo.
No, non sto giocando a Silent Scope, vi sto raccontando
l'assassinio di Kennedy, l'omicidio in bianco e nero più controverso nella storia americana,
che non ci ha mai dato i colp evoli.
Voglio i loro nomi.
Sapere i nomi è l'unico modo
di assegnare meriti e colpe, e io
voglio sapere di chi è la colpa.
No, non dell'omicidio di Kennedy, sticazzi, io voglio i nomi
dei giapponesi. Di sicuro non
c'erano quell'assolata giornata
di Dallas... (e comunque, se
c'erano, stavano facendo foto)
ma non è di quelli che parlo.
Voglio i nomi dei giapponesi. Di
chi?
Del regista di Luigi Mansion.
Del regista di Metroid. Del regista di Zelda.
____La colpa è della società
Se io decido di andare al cin ema, io che sono fissato, e decido di andarci con gente che non
ci capisce un cazzo (cioè con gli
amici) la domanda più ricorrente che mi si pone, d opo "come
si intitola?", è "con chi è?". Badate: non "di chi è?" ma "con
chi è?". Per dire "non importa
se un film è di Kubrick, basta
che c'è Tom Cruise".
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La cosa mi indispettisce. Ma
non mi fa incazzare. Posso capire che persone diverse, abbiano passioni diverse, e che
anche nel caso una d eterminata
passione la si condivida, il coinvolgimento sarà sempre numericamente distinto da individuo
a individuo. Io ad esempio sono
convinto che nessuno possa
amare Futurama quanto lo amo io, e se pensate il contrario
solo perchè vi siete appena
comprati il cofanetto coi dvd,
potete fottervi.
No, quello che mi avvita dolorosamente i testicoli sono due
cose: 1) il varicocele 2) e
quando qualcuno che considera
se stesso un appassionato per
un certo argomento, sviscera
quello stesso arg omento con
superficialità e disinteresse:
non esiste che dopo 10 anni
:FRAMES:
ancora si defin isca Zelda un
gioco di Miyamoto. Miyamoto
ha curato la regia solo del primo Zelda (Zelda no densetsu,
Famicom, 1986), tutti gli altri li
ha solo prodotti. Chi ha messo
in giro la voce che la serie d edicata a Link è stata tutta opera sua? Di sicuro non è stato
Harvey Oswald, perchè è mo rto
prima ancora di potersi fare a nche solo una partita a Super
Mario.
_La colpa è dell'effetto serra
Prima dell'uscita di Zelda - Kaze no Takuto - le interviste
apparse sui giornali gia pponesi
non chiamavano mai in causa il
debosciato padre di Mario e
Luigi, ma facevano anzi spazio
al regista del gioco, Eiji Aonuma. In occidente, guardacaso,
ogni volta che si parlava
del nuovo Zelda, saltava
fuori Miyamoto a narrare
le meraviglie del "suo"
ennesimo capolavoro a nnunciato, con Aonuma
che veniva accreditato in
ogni modo possibile (regista dell'ultimo capitolo,
regista di tutti, regista di
alcuni). Per chi non se ne
è ancora fatto ragione, le società di software gia pponesi si s ono accorte da SECOLI dei me rcati occidentali (anche se dovrei dire "quello americano e
basta") e buttano Miyamoto in
prima fila perchè quello si aspettano di vedere i suoi fan
caucasici. Aperta parentesi: la
fertile immaginazione del nintendaro tipo, che considera la
sua adorata casa delle meraviglie come estranea a una me ntalità di guadagno, solo perchè
il reparto marketing di nonno
Yamauchi non è capace di fare
centro ogni volta che vorrebbe,
vede Miyamoto come una specie di "Papa buono". D'accordo,
ma se è un benefattore vorrei
sapere perchè s'è messo a produrre giochi invece di dirigerli.
Chiusa la parantesi diffamatoria, diamo sfogo all'obiezione
più stupida che si possa mu overe ad Aonuma: ha imparato
tutto da Miyamoto. E allora?
questo non implica necessariamente una suddita nza creativa
Ring#4
e qualitativa: James Cameron è
stato un discepolo fedele di R oger Corman, ma se qualcuno
viene a dire che Corman è un
regista migliore di Cameron
beh, o è un p arente di Corman
o è un nerd che ha tutta la co llezione dei film Troma. Personalmente non so se A onuma sia
meglio di Miyamoto, perchè riesco a giocare Zelda, e a godermelo, mentre non riesco a
sopportare per più di dieci secondi di far saltellare un idraulico nano (o un porcospino blu
con un espressione tipo "ti ho
appena rigato la macchina", ma
questo è un altro discorso)
quindi non posso produrmi in
paragoni sensati. Però posso
facilmente rendermi conto che
sono giochi differenti, prodotti
che riflettono ciascuno autorialità diverse.
Kramer contro Kramer
_____La colpa è degli extracomunitari
Ma torniamo di nuovo al cinema. Avete mai sentito dire a
qualcuno "voglio andare a vedere quel film perchè è della
Warner Bros?". Di sicuro no
(perchè se avete detto sì, l'avete fatto solo per dispetto) però
sono convinto che vi sarà più
volte capitato di sentire di un
videogioco "lo compro perchè è
Square", o perchè è Nintendo,
o Sony, o Sega. Si sente dire
"vado a vedere il nuovo film di
Cronenberg", ma nessuno dice
mai "voglio comprare il nuovo
gioco di Takashi Kikazzè". Se si
conosce qualche nome O è
quello di un autore o ccidentale
O è il solito trio di Qui Quo
Qua: Miyamoto - Kojima - Sakaguchi, con Suzuki che fa la
parte del figlio di Paperoga. E' il
segnale più clamoroso di una
cultura ignorante che, ed è
questa la cosa più irritante del
mondo della critica ludica, vie-
20
ne perpetrata da ignora nti a
uso di ignoranti ORGOGLIOSI
della loro ignoranza.
Perchè quei signori che si
spacciano per patroni dell'informazione, possono contare su
un background travasato dalle
cosidette "americhe", e non di
prima mano. La maggior parte
dei redattori di videogiochi parlano di titoli giapponesi senza
sapere il giapponese, e appre ndono quello che sanno da siti, o
testi, o riviste, anglosassoni.
Nessuno pretende che questi
sedicenti opinionisti (non gio rnalisti perchè loro "si rifiutano
di chiamarsi giornalisti se i
giornalisti sono gente come Emilio Fede" etc.etc.etc.) si imparino la li ngua del paese di
provienza di ogni titolo che recensiscono, ma la curiosità, almeno quella, la curiosità devono farsela venire. Perchè l'ignoranza è una malattia venerea: si trasmette con le
cazzate; se un redattore
americano prende un informazione da una rivista
giapponese e la redige approssimativamente, e il
redattore italiano traduce
l'articolo del giornalista a mericano riportandola con
il suo "inglese" imp arato
dai brani di Eminem, il risultato
definitivo è una pappa di in esattezze.
_La colpa è della televisione
Non che le riviste giapponesi
facciano di meglio. Solo di recente si è cominciato a dare
maggiore risalto agli autori: fino a poco tempo fa a rendere
conto della qualità dei giochi, e
a prendersi il merito quando ce
n'era l'opportunità, erano i produttori, non i registi. Senza
contare che riviste di approfo ndimento "ufficiali" (cioè dedicate espressamente alla critica e
all'analisi) non esistono, mentre
quelle che popolano le edicole
sono assortimenti di pubblicità,
guide strategiche, anteprime.
Perciò non fraintendete: nessuno sta paventando le qualità
esaltanti della critica estera a
discapito della nostra, o un'iscrizione in massa a istituti linguistici di tutti i recensori italio-
:FRAMES:
Ring#4
ti. Tuttavia se altrove c'è il disinteresse per i nomi degli autori, questo non implica che noi
ci si debba comportare altrettanto.
Acquisire una propria coscienza critica non significa solo
giocare tutti i Resident Evil e
tutti i Final Fantasy per poi
atte ggiarsi a divinità vichinga,
significa ANCHE restare seduti
e aspettare che scorrano i titoli
di coda, me ntre quelli delle file
dietro ra ccolgono i cappotti che
gli sono caduti a forza di pomiciare, e quelli davanti rime ttono in tasca i cellulari che
hanno fatto squillare per tutta
la durata del film. Un appassionato ha il DOVERE di sapere i
Nomi. Lo esige la dignità delle
persone che innalzano la qualità di quanto viene comuneme nte definito "giochetti", ma che
finoscono invece col restare a ll'ombra di autori, magari geniali, eppure senza la "rabbia giovane" di una volta. In passato
erano rari i lunghi elenchi di
ruoli e responsabilità che co n-
cludono i prodotti attuali, e va
bene, ma al giorno d'oggi non
ci sono giustificazioni: come è
possibile che non si aspetti l'u ltima schermata di Kaze no
Takuto per venire a conosce nza dell'identità del responsabile
di tanta grazia? hm, aspetta,
forse perchè ormai è diventato
utopistico che un gioco si fin isca prima di recensirlo? ancora
un attimo allora, la nuova generazione di titoli non è quella
che fa lamentare tanta gente
per la sua durata? cioè i giochi
di oggi sono più corti ma non si
fa in tempo a finirli prima di redarne una analisi approfo ndita?
_____La colpa è di Zio Pino
Troppo facile dire che abbiamo
fatto passi avanti dalle rece nsioni di Console Mania, coi diari
del capitano dei redattori e le
trame dei giochi giapponesi inventate di sana pianta. La verità è che abbiamo sempliceme nte scambiato i cazzoni di allora,
con i cazzoni di oggi, e non c'è
bisogno di essere chirurghi consumati per stabilire che un trapianto simile non ha giovato
alcun effetto.
L'unica conquista sensata
raggiunta in dieci anni di critica
ludica è che, oggi, di nomi possiamo sapere quelli dei rece nsori, e ci è diventato possibile
spedire loro un centinaio di email con virus annesso per aver
osato parlare male di Super
Mario Sunshine, o bene di
Metal Gear Solid 2.
Che dire, è il proverbiale Uovo di Miyamoto.
Tra i Lego di Hideo Kojima_________________________
[Vedere e costruire un videogioco secondo Kojima]
di Dan e Gunny
Si tenterà, in questa sede, di
analizzare le caratteristiche
stilistiche che contraddistinguono la produzione di Hideo
Kojima; il rapporto esistente
tra il game designer di Setagaya ed il videogioco, veicolo ed
involucro dei concetti da lui trasmessi.
Questo tentativo, per avere
un senso, necessita di una distinzione preliminare: è convinzione radicata che il videogioco
sia sinonimo di evasione dalla
realtà, un passatempo. Il vid eogioco si è quasi sempre mosso
in questa direzione, perfezionandosi e raggiungendo importanti risultati (il lavoro di Shigeru Miyamoto rappresenta indubbiamente lo stato dell’arte
per quanto concerne la creazione del puro divertimento) una
tradizione, questa, che perd urava da oltre un ventinennio e
che Metal Gear Solid, per
PSX, ha in parte incrinato.
Quasi tutti i videogiochi, infatti, puntano al divertimento
dell’utente, affiancando al gameplay una parte narrata,
memorabile (Final Fantasy
VII, Zelda, Shenmue) o meno (Quake2, Mario) che completi, legittimi e perfezioni la
comunque preminente esperienza ludica.
MGS (e in misura ancor
maggiore il suo seguito) è un
vi-deogioco che asservisce la
fruizione spensierata alla sua
na-tura comunicativa ed inverte il rapporto di preminenza tra
gameplay e comunicazione, facendo del primo il me zzo e del
secondo il fine.
‘Mezzo’ con il quale Kojima
ha un rapporto singolare e sul
quale vale la pena di spendere
qualche parola ulteriore.
21
______Il ‘lungo braccio’ del
videogioco
La precedente considerazione
sulla particolare natura del VG
Kojimiano consente di attribuire
a game designer il primo dei
suoi meriti e la sua più
rimarchevole caratteristica: la
sua
piena
consapevolezza
dell’im-menso potenziale comunicativo del videogioco, dei
vantaggi e dei rischi che questo
Sui vantaggi poco può essere
comporta.
aggiunto a ciò che con ogni
probabilità è già convinzione
personale di chi si accinge a
leggere questo articolo: chiu nque videogiochi è a conoscenza
dell’alto grado di coinvolgime nto emotivo e dell’elevato livello
di attenzione dovuto all’interattività; d’altra parte proprio questo è additato al VG dalla critica
esterna: la compresenza, carat-
:FRAMES:
teristica di buona parte dell’o dierna offerta videoludica, di
un’illimitata libertà decisionale
(la prima barriera ad essere i nfranta è solitamente quella della cosiddetta morale: basti
pensare a GTA, Mafia o Carmageddon ) e dell’eccezionale
coinvolgimento cui prima si accennava, due elemtni ch vanno
a costituire un unicum nella
storia della comunicazione e del
quale sarebbe incauto esaltare
acriticamente le conseguenze.
Siamo soliti leggere con disgusto le rumorose e disinfo rmate filippiche che i sociologi o
l’ente governativo di turno intonano contro i malefici effetti
causati dai videogiochi, eppure
da numerosi fattori possiamo
intuire come Kojima veda in e sse una parte di verità.
L’attuale potenza espressiva,
simbolica e comunicativa del
medium che tanto amiamo è
infatti decuplicata rispetto a
quella vantata, per esempio,
dai VG delle generazioni 8 o
16-bit, o dai loro contemporanei su PC e Amiga.
Chi scrive questo articolo, pur
avendo una propria opinione in
materia, è intenzionato ad evidenziare quanto pochi siano i
dati a disposizione per trarre
opportune conclusioni a questo
proposito: sebbene l’opinione
delle voci maldicenti di cui
poc’anzi si parlava sia indubbiamente grottesca, non siamo
in grado di addurre dati scentifici in grado di smentirla categoricamente (come non lo saremmo se intendessimo co nfermarla).
Il mondo dei videogiochi è
ancora un laboratorio, destin ato a incidere in maniera sensibile su diversi aspetti della
nostra società. Senza voler catechizzare il programmatore o il
game designer specifico (anche
perché il sottoscritto a Quake3
si diverte parecchio), un giorno
potremmo accorgerci, guardando i nostri figli e pensando
a quando difendevamo i nostri
amati VG, di esserci semplicemente sbagliati.
“that’s the way they want
you to think, to remove the
fear that goes of battle
situations. War as a video-
Ring#4
game…what better way to
raise the ultimate soldier?”
[Solid Snake a Raiden,
Metal Gear Solid2: Sons of
Liberty, Konami, 2001]
La martellante insistenza con la
quale Kojima sottolinea, tramite Snake, la preminente importanza della realtà e delle co ntrastanti esperienze che essa
comporta rispetto alla finzione
è singolare. Per alcu ni è addirittura ipocrita, al di là della sua
abilità come storyteller e come
regista, Kojima è soprattutto
un creatore di finzione digitale.
Da una parte, però, va ricord ato come il VG sia stato per Kojima uno strumento ‘di ripiego’,
un ambito espressivo utile a d irigere il flusso creativo di un
aspirante regista cinematografico.
Un’altra ipotesi, preferita dai
detrattori, è quella secondo la
quale questa ‘vena didattica’
del game designer sia la naturale valvola di sfogo di un ego
smisurato, di un aspira nte
messia che si diverta ad eva ngelizzare gli ignari fruitori dei
suoi prodotti illuminando la loro
via nell’oscuro brancolare della
vita.
Scartate entrambe queste teorie (l’una riduttiva e l’altra
grossolana), è più plausibile
vedere in questa singolarit à un
modo di pensare tipico non solo
di Kojima, ma di buona parte
dei game desinger suoi coetanei.
Il videogioco, infatti, è ormai
abbastanza maturo da perme ttere una distinzione tra ‘vecchia
22
scuola’ e ‘nuove tendenze’. K ojima, 39 anni, fa parte di una
generazione testimone degli u ltimi anni della Guerra in Vietnam e della Guerra Fredda, una
generazione che a livello storico
e sociale è maturata in maniera
differente rispetto agli ‘ultimi
arrivati’: è una generazione,
soprattutto, che ha sulle spalle
una ce rta esperienza, quella
che secondo i proverbi re nde le
persone più ‘sagge’ e moderate.
Dico questo perché non mi
viene in mente nessun game
designer di ‘vecchia scuola’
(Suzuki, Miyamoto, Sid Meier…)
che non lasci trasparire dalle
sue opere una capacità, o
quantomeno una precisa volontà di distinguere tra bene e m ale, un’abilità nel far sentire meravigliosamente libero il giocatore senza per questo farlo
andare a letto con una prostituta, investire un pedone, spaccare tutto e via dicendo.
L’esempio più ca lzante di tutti, però, è forse quello di Peter
Molineaux, che ci mette nei
panni dell’entità onnipotente
per definizione (un dio), lasciandoci la più totale libertà
decisionale e limitandosi a
commentare il nostro operato
come morale o immorale, senza esit azioni o ambiguità di sorta (Black&White).
Le ‘nuove tendenze’ sono
quelle che ce rcano di scalzare
dal trono i ‘dinosauri’, chi puntando sull’esasperata ricerca
del realismo (il primo comandamento del videogioco co ntemporaneo), chi puntando tutto sui bassi istinti (il primo comandamento dell’uomo contemporaneo), chi creando effettivamente qualcosa di nuovo e
prome ttente (Rez e Ico).
La particolarità di Kojima, che
lo distingue dai colleghi ‘old
school’, è la sua predisposizione ad analizzare certe consid erazioni etiche o morali in modo
più radicale . Il videogioco, insomma, ha un potere del quale
Kojima preferisce non abusare;
presto rifletteremo su come i
videogiochi odierni possano e ssere un tassello di un quadro
d’insieme, costituito dalla socie-
:FRAMES:
Ring#4
tà moderna, del quale Kojima è un poco
entusiasta spettatore.
___La ‘nuova pelle’
del videogioco
Il grande impatto che
un gioco di Hideo Kojima ha sul giocatore, è dovuto
al lavoro di una squadra, la K onami Computer Entertainment
Japan West, che vanta professionisti ed artisti di primissimo
livello.
L’esperienza accumulata negli
ultimi lavori compiuti, Metal
Gear 2 (per MSX2) e Snatcher, spinse Kojima ad imprimere un’ulteriore accelerazione
al suo processo cre ativo. Si
preparava a dare il via ad uno
dei più ambiziosi progetti della
storia dei videogiochi, naturale
pretendere attorno a sé un
team capace. Fu per questo che
gran parte del team di Metal
Gear 2: Solid Snake non partecipò al progetto di MGS per
PlayStation. La trama alta mente drammatica e le esigenze artistiche del progetto richiedevano un’abilità che i precedenti charachter (Shuko Iwamoto, Tae Yabu e Yoshihiko
Ohta) e mech designer (Tomohiro Nishio e Masahiro Ikariko)
evidentemente non possedevano, pur ave ndo in passato fatto
un ottimo lavoro.
Fortunatamente un problema
non da poco fu risolto ancora
prima dell’avvio del progetto
MGS, addirittura durante la
creazione di Policenauts: il
character design.
Un bel giorno si presentò alla
Konami un tranquillo ragazzo,
per sottoporsi ad un ‘provino’
s o t t o gli occhi vigili di Hideo
Kojima e Muraoka. Il suo nome
era Yoji Shinkawa: dopo un
paio di disegni Kojima, con un
sorriso da un orecchio all’altro
si rivolse a Muraoka e si lasciò
scappare un: ’ecco il nostro
uomo’.
Da quel giorno Shinkawa fu il
braccio e Kojima la mente; la
sintonia a livello artistico era
tale che a Shinkawa fu affidato
tanto il charachter quanto il
mech design, nonché la realiz-
zazione di bellissimi volumi di
raffigurazioni (i celebri ‘Art of
Metal Gear Solid’) e di intriganti artworks pubblicitari che
immancabilmente
accompagnano ogni annucio relativo a
giochi targati KCEJ.
Il design dei personaggi cambiò
radicalmente: Snake, da canonico ‘eroe americano’ divenne
un personaggio assai più oscuro e controverso, capace di
suggestionare il gio catore con il
suo sguardo tagliente, più simile nell’aspetto ad un samurai
giapponese che ad un emulo di
Chuck Norris.
Le qualità artistiche di Shinkawa, unitamente a precise
scelte tecniche e artistiche delle
quali Kojima si fece portabandiera (una su tutte: l’ultilizzo
del motore del gioco per le scene non-interattive con lo scopo
di creare una esperienza ludica
coerente ed avvolgente, in un
periodo in cui le scene di inte rmezzo in CG alla FFVIII erano
l’orgoglio di ogni videogioco),
consentirono di dare vita a dei
personaggi talmente sfaccettati
e a delle situazioni così coinvolgenti da spiazzare e stupire
come pochi altri avevano fa tto
prima di lui.
Da buon regista, Kojima è
anche particolarmente attento
alla scelta delle musiche e si
avvale della colla borazione di
validi artisti (lo storico Uehara,
Rina Murakana per le ‘ending
tracks’, e ultimamente addirittura il noto compositore hollywoodiano Harry Gregson-Williams), capaci di far risaltare
con melodie n
i dimenticabili lo
spessore di alcuni personaggi
(lo splendido ‘tema’ di Fortune)
o la drammaticità di particolari
situazioni (il brano ‘Enclosure’
durante gli ultimi istanti di vita
di Sniper Wolf).
E’ probabile che, salvo circostanziate eccezioni (vedi l’af-
23
fidamento del progetto ZOE2 al
giovane Shuyo Murata anziché
all’inadeguato Okamura), il
team che Kojima ha creato rimarrà lo stesso anche nei pro ssimi anni, fornendo un contributo indispensabile alla sua a ttività creativa.
_____Kojima sulla Sostanza
Vedremo ora di analizzare cosa
Hideo Kojima cerca di comunicare tramite i mezzi che finora
abbiamo esaminato.
Per quanto infatti sia compito
di ogni sceneggiatore definire
ideali, pensieri e motivazioni di
ogni personaggio, l’insistenza e
l’evidente trasporto con cui K ojima approfondisce alcune tematiche evidenziano una serie
di convincimenti che è ragionevole attribuire all’autore stesso
anziché alle marionette che ci
consente di muovere.
‘Impegno’ e ‘videogiochi’ sono due concetti storicamente
piuttosto distanti e che buona
parte dei videogiocatori p referirebbe rimanessero tali. Ma,
come sappiamo, una caratteristica principale di Kojima, rispetto a tanti suoi colleghi creatori di evasione e di mondi illusori, è quella di sbattere in
faccia la sporca realtà del nostro pianeta a chiu nque gliene
dia l’oc-casione.
E’ davvero difficile elencare
tutte le tematiche e le sottotematiche di carattere politico,
sociale e strettamente umano
menzionate nella saga di Metal
Gear, ma è un’operazione che,
per quanto meccanica e burocratica consente di apprezzare
la poliedricità della riflessione
kojimiana:
–Assetto geopolitico pre e postGuerra Fredda
–Risorse energetiche (ed eventuale
esaurimento)
:FRAMES:
–Equilibrio da deterrenza n ucleare
–Sperimentazione genetica ed etica
scientifica
–Schizofrenia legata all’emorragia
informativa e mnemonica tipica del
nostro tempo
–Costruzione e distruzione del reale
–Eredità biologica ed emotiva
–Rispetto della vita
–Autoisolamento dalla società (Otacon, specchio degli otaku)
–Futuro della democrazia (coerenza
di essa, opportunità di essa)
–Etica del videogioco
L’elenco potrebbe continuare
ancora a lungo. Tuttavia ci sentiamo di attribuire a Kojima solo le principali tra queste tematiche, essendo ragionevole ritenere che le altre possano essere circostanziali alla trama o
solamente acce ssorie allo sviluppo di alcuni personaggi.
_________________Potere
Cominciamo con le più semplici
e ricorrenti prese di posizione
che Kojima assume dal punto di
vista politico-strategico.
Lo scenario tipico del gioco
bellico/d’azione prevede solitamente l’esistenza di una
qualche crisi internazionale
concernente WMD (armi di distruzione di massa) e la saga di
MGS non fa eccezione: le opinioni più significative in merito
possono essere desunte dal
dialogo tra Solid Snake e Ke nneth Baker, presidente della
Armstech (MGS), e dalle conversazioni via CODEC con Nastasha Romanenko.
Il problema è scottante: con
la fine della Guerra Fredda l’e quilibrio nucleare esistente tra
NATO e Patto di Varsavia si è
dissolto;
l’informatizzazione
delle procedure e il disperdersi
del know-how sovietico fanno sì
che anche una piccola nazione
possa condurre con successo
un programma di ricerca per
armi nucleari, basti pensare a lle recenti conquiste in questo
campo fatte da Pakistan, India
e Corea del Nord (o alle Outer
Heaven e Za nzibar della finzione Kojimiana).
La risposta da dare a questo
stato di cose non è certo sco ntata: vi è chi trova nel costante
aggiornamento
dell’arsenale
Ring#4
termonucleare l’unica risposta
possibile (Baker) è chi, invece,
lo ritiene semplicemente una
spirale priva di conclusione e
destinata a crollare su se ste ssa, e propone il disarmo totale
(Romanenko).
La soluzione preferita da Kojima è ovviamente la seconda e
lo si desume da mille altri elementi secondari: in primo luogo
dall’importanza
dell’incubo
nucleare nella coscienza e nella
vita privata di Otacon, che
sembra farsi portavoce di quella ‘coscienza sporca’ tipica della
comunità scientifica dopo il lancio su Hiroshima (per quanto
possa essere un elemento insignificante, vale la pena di ricordare che Yoji Shinkawa è
nativo proprio di Hiroshima).
In secondo luogo vi sono d iversi sotto-elementi che ad una
prima analisi difficilmente emergono, ma che concorrono in
modo piuttosto efficace a demolire il discorso del presidente
Baker: egli sostiene infatti che
gli USA necessitano di un’arma
di deterrenza ancora più potente per inibire l’uso, da parte di
nazioni potenzialmente ostili,
della loro neo-acquisita capacità offensiva. Questo, a pensarci
bene, è un discorso ben fragile,
in quanto le capacità di ritorsione degli Stati Uniti sono già
tali da non richiedere alcun perfezionamento (i sottomarini
lanciamissili della classe Ohio
sono in grado di effettuare un
lancio di oltre 120 testate con
un preavviso di mezz’ora); oltretutto, nessuna nazione sarebbe verosimilmente tanto fo lle da tentare un first-strike con
vettori missilistici o aerei, in
quanto sarebbe matematicamente annientata dal contra ttacco. L’unico tipo di minaccia
nucleare degna di concreta
preoccupazione è quella portata
da singoli atti terroristici tramite i quali uno stato ostile offe nda senza possibilità di riconoscimento da parte dell’aggre dito (nel qual caso il contra ttacco diviene impraticabile, anche con un Metal Gear).
Diviene così ovvio come Kojima propenda per il totale disarmo nucleare, sottolineando
come l’equilibrio vigente sia
fragile e traballante, suscettib i-
24
le di alterazione da parte di
qualunque arma o tecnologia
sufficientemente innovativa (il
Metal Gear da lui inventato, ma
anche lo Scudo Spaziale del
presidente Reagan).
__________Libertà/Società
In un’enigmatica intervista precedente al lancio americano di
MGS2, Kojima affermò che il
gioco avrebbe messo in discu ssione le basi della moderna s ocietà digitale. Inizialmente poco
comprensibile, quest’affermazione suonò a molti come un
proclama pubblicitario. Niente
di più lontano dalla verità:
chiunque a bbia capito (non solo
giocato) MGS2 probabilmente
ricorda gli svariati dialoghi nei
quali venivano discussi aspetti
dell’odierna comunicazione digitale.
Citiamoli
in
ordine
di
apparizione:
Presidente Johnson: “L’Arsenal Gear è più di una
semplice arma. E’ un mezzo per mantenere tale il
mondo.
Eserciterà
una
nuova forma di controllo. I
Patriots lo useranno per
conservare la loro posizione dominante. In questo
momento si sentono sotto
pressione e minacciati…”
Raiden: “Da cosa?”
J: “Temono una sovrabbondanza di informazioni
digitali. Che il mondo venga sommerso da un flusso
inarrestabile di informazioni, e con esso anche loro”
….
J:“Una volta operativo, GW
diventerà una forma di
controllo
completamente
nuova nelle mani dei Patriots, permettendogli di
:FRAMES:
plasmare la ‘verità’ secondo i loro desideri.”
In MGS, ci eravamo abituati a
considerare le armi nucleari
come i veri status symbol del
potere contemporaneo. Ci aspettavamo qualcosa del genere anche in MGS2, ma eccoci di
fronte ad un’arma ben più potente e versatile: il controllo
dell’informazione. La reverenza
con cui Johnson subordina le
funzioni militari dell’Arsenal a
quelle informative (o meglio
‘disinformative’) del GW rendono un’idea di questa potenza e
rilevanza. Il discorso viene a pprofondito poco più avanti da
Emma:
Emma: “GW è un’enorme
sistema di elaborazione dati, capace di controllare le
informazioni
su
scala
globale […] Oggigiorno le
informazioni
provengono
da tutte le direzioni e sono
liberamente distribuite. Informazioni di tutti i tipi,
raccolte da server provvisti
delle reti di comunicazioni
più veloci in assoluto e
dell’ultimissima tecnologia
P2P, vengono liberamente
divulgate ai singoli. Il processo accelera sempre di
più e i Patriots sembrano
temere
questi
sviluppi.
Credono, da dominatori, di
diventare dominati.”
Raiden: “Qualcuno li scoprirà.”
Emma: “No. La capacità
mnemonica, e naturalmente la vita, sono estremamente limitate. Al contrario, le informazioni digitali
durano praticamente in eterno. L’alfabeto ha 21 lettere, giusto? Potrebbe averne 30… cosa accadrebbe
se le altre 9 le controllasse
un programma?”
Raiden: “Impossibile…”
Emma: “Per niente. Anzi,
qualcosa del genere è già
in atto. Sai quanti geni ha
un essere umano?”
Raiden: “30 o 40 mila?”
Emma: “Giusto. Questo è
quanto fu annunciato dalla
comunità scientifica all’inizio del secolo. Ma ce ne
sono all’incirca 100 mila,
Ring#4
nell’originaria teoria formulata dagli scienziati. Le in formazioni relative ai 60
geni mancanti sono state
occultate dai Patriots.”
Raiden: “Impossibile!”
Emma: “Come lo potresti
sapere? Sai com’è fatto un
gene? Li hai contati personalmente?”
Purtroppo le frasi di Emma s ono terribilmente veritiere: il più
significativo effetto delle innovazioni
politico-tecnologiche
dell’ultimo secolo è la decostruzione della verità. Se c’è una
cosa che i principi democratici
ci insegnano è che ognuno può
avere la sua opinione a qualsiasi proposito. Ma un’opinione
non nasce da sola: cresce sul
terreno dell’informazione, sterile o fertile a seconda della qualità di quest’ultima.
E il problema dell’informazione odierna è che non è quasi
mai personalmente verificabile.
Una teoria, ad esempio, vo rrebbe che gli USA non abbiano
mai mandato degli uomini sulla
Luna, inscenando lo sbarco in
uno studio hollywoodiano. Fa
ridere, è inutile negarlo; è
un’ipotesi grossolana, ridicola
(oggetto anche del curioso film
‘Capricorn One’), smentita da
qualsiasi fonte. Ma posso IO,
cittadino italiano privo di conoscenze astronomiche e fruitore
di organi di informazione ufficiali o quantomeno riconosciuti,
dimostrare che ciò non sia accaduto, magari allo scopo di
utilizzare, per inimmaginabili
scopi, i colossali fondi stanziati
per il progetto Apollo? Ho in
mano prove convincenti ed esaustive?
Cambiamo il punto di vista:
posso io, addetto alle relazioni
pubbliche della NASA, portare
al pubblico delle prove assolutamente affidabili allo scopo di
dimostrare la veridicità dei fatti, smentendo le ipotesi farneticanti del fastidioso dietrologo
innescatore della controversia?
Le foto possono essere contra ffatte, i filmati alterati. Non so a
chi dare ragione. Non so a chi
dare torto.
Forse il nostro problema è
che l’uomo di un tempo si pre-
25
occupava delle immediate vicinanze e della comunità a cui
apparteneva, mentre al giorno
d’oggi l’annullamento delle distanze spinge ad una necessità
informativa smisurata rispetto
al passato, e ad un’offerta informativa spropositata rispetto
alle nostre facoltà di assimilazione e alla nostra intelligenza.
Il mondo di tecnologie che
stiamo creando ha la caratteristica di evidenziare impietosamente i nostri vincoli biologici.
Approfondiamo il discorso. La
parola al Colonnello Roy Campbell, dell’Esercito degli Stati
Uniti:
Campbell&Rose “Ci sono
cose che esulano dalle in formazioni genetiche… i ricordi; le idee; la cultura; la
storia. I geni non contengono alcuna informazione
sulla storia umana, ma non
si tratta forse di cose meritevoli di essere trasmesse?
….abbiamo sempre conservato dei ricordi sulle nostre
vite, tramite simboli, immagini, parole, su tavole di
pietra e libri stampati. Ma
non tutte le informazioni
venivano tramandate. Una
piccola parte di esse veniva
elaborata e quindi trasmessa. Ma nella attuale società
digitale, informazioni trascurabili vengono accumulate ogni secondo, nella loro pura futilità. Informazioni su rumori, indiscrezioni,
calunnie, crescono e si
moltiplicano ad un ritmo allarmante. Non faranno che
rallentare il progresso e ridurre il ritmo dell’evoluzione… La società digitale in coraggia i difetti dell’uomo
e favorisce la formazione di
comode mezze-verità. Ti è
sufficiente osservare le curiose, opposte moralità che
ti circondano: si spendono
miliardi in nuove armi, capaci di sterminare in modo
‘umano’ altri essere umani;
i diritti dei criminali sono
più rispettati della privacy
delle loro vittime; vi sono
milioni di persone che crepano di fame, ma noi devolviamo enormi donazioni
per proteggere specie in
:FRAMES:
pericolo…. tutti crescono
sentendo gli stessi moniti:
‘sii buono con le altre persona, ma fai a pezzi la concorrenza’.
Tu eserciti il tuo diritto alla
‘libertà’, e questo è il risultato: tutta retorica, per
evitare il confronto e proteggerci dal dolore. Verità
che invece sono frutto di
interessi contrastanti continuano a essere accumulate
nel bidone della correttezza
politica e del potere. Tutti
si richiudono nella loro piccola tana, limitandosi a
riversare nella cloaca della
società quelle verità che
possono essere loro utili.
Le differenti verità cardinali
non si armonizzano, né
vengono a collidere. Tutti
dicono la verità, ma nessuno ha ragione.”
Siamo a poche fermate dal capolinea, nella visione del colo nnello. Siamo l’unica razza animale tanto intelligente da procedere alla distruzione del suo
stesso pianeta. Nella nostra i nfinita superiorità siamo capaci
di disprezzare la legge della
giungla e le usanze dei popoli
meno ‘avanzati’, salvo poi riproporre in forma attenuata lo
stesso modello travestendolo
da capitalismo e chiamandolo
mondo libero. Siamo tanto umani e compassionevoli da difendere a spada tratta il diritto
alla vita di ogni essere umano,
quando è palese che tra qualche decennio, sconfitte le malattie e forse anche la morte,
saremo talmente tanti da doverci sbranare per sopravvivere. Siamo gli specialisti del grigio, della terza via, del co mpromesso, del ‘cambiamo canale’. Siamo le feci del ventesimo secolo che ammorbano il
Ring#4
ventunesimo e non abbiamo
neanche la capacità di amme tterlo.
“Addestriamo dei ragazzi a
scaricare napalm sulla gente, ma i loro superiori non
vogliono che essi scrivano
‘cazzo’ sui loro aerei. Perché ‘cazzo’ è una parola
oscena’
[Colonnello Walter
Kurtz, Apocalipse Now]
Questo perché ipotizziamo mille
cose, e non ne crediamo nessuna. Un tempo lo Stato, L’imperatore, lo Zar, il Kaiser, il
Duce, il Presidente o chi per e sso stabiliva una Morale, corre tta o abbietta che fosse. A seconda dell’errore o del successo
della nuova formula, si muoveva il passo nella direzione successiva. Il problema della democrazia flessibile di oggi è,
secondo il colonnello, la sua
staticità, la sua incapacità di
evolversi coerentemente preda
dell’assordante vociare dei suoi
componenti, tutti parimenti influenti nella determinazione del
percorso evolutivo da perseguire eppure tutti parimenti incapaci di valutare la reale influenza/opportunità delle loro scelte
per manifesti limiti personali
(‘io voto Berlusconi perché è il
presidente del Milan’, ‘io voto
PRC perché così legalizzano la
marijuana’ ecc.’ ), rintronati
come sono dal loro stesso vociare e dal bombardamento informatico-televisivo che impedisce loro di ricordare alcunchè
per più di qualche minuto (stupiti di fronte a come un anziano
ricorda nei dettagli la sua gioventù? Ricorda meno cose e le
custodisce meglio, decidendo
con più raziocinio).
Conclusione: i Patriots vogliono proteggerci dalla decadenza, dall’autodistruzione. Il
26
Colonnello ha detto la verità.
Peccato che ‘verità’ in MGS non
significhi niente.
__________Verità. Eredità.
Se quanto abbiamo detto corrispondesse ad assoluta verità,
ne potremmo dedurre che Kojima sia una sorta di nostalgico
della monarchia assoluta, che
proponga un rapido ed immediato disinnesco della società
umana per come essa è oggi
strutturata. La potenza conce ttuale e la spietatezza del monologo del Colonnello mi avevano
quasi convinto di questo (e mi
ero quasi convinto che avesse
pure ragione).
Ma Kojima, sposato e padre
di un bambino, non è capace di
racchiudere il suo pensiero in
una visione tanto micidiale, per
quanto scientifica e comprovata. Oltre ad usare la sua fantasia, la vita gli ha insegnato a
credere in quanto di buono
possiamo incontrare lungo il
nostro cammino, o a quanto di
buono possiamo strappare alla
vita lottando e sperando.
Il progetto dei Patriots ha un
puro e semplice obbiettivo:
Colonnello: “sarà così che
avverrà la fine del mondo.
Non con un’esplosione, ma
con un sussurro. Noi stiamo cercando di fermare
questo processo.”
Sopravvivenza biologica, quindi; trasmissione della propria
eredità genetica.
I Patriots ragionano come un
apicoltore desideroso di privilegiare la specie più produttiva,
rendendola vincente e cura ndone l’equilibrio, come se la
sopravvivenza rappresentasse
l’ultimo obbiettivo, la soddisfazione di ogni sogno, di ogni aspirazione, come se la mera
sopravvivenza subordinasse a
sé migliaia di anni di letteratura, scienza, filosofia, musica e
poesia. Sopravvivenza: questo
è quanto. Ma siamo sicuri che
per un uomo sia tutto? Lo era
per Liquid Snake:
Snake: “vuoi dire che sono
i tuoi geni ad ordinarti di
:FRAMES:
prenderti cura dei tuoi parenti? Davvero toccante…”
Liquid: “Io non ho intenzione di disobbedire ai miei
geni”
Mentre Solidus non ne era altrettanto convinto:
Solidus: “La torcia viene
passata, di padre in figlio.
E’ così che tutto funziona.
Ma noi non abbiamo eredi,
né eredità. Ci hanno clonati
da nostro padre, ma rendendoci incapaci di riprodurci. Qual è il lascito di
noi, che non possiamo passare la fiaccola della vita?
Una prova, un segno della
nostra esistenza. L’eredità
trascende il DNA, comprende anche informazioni… tutto ciò che voglio è
essere ricordato… da altre
persone, dalla storia.”
Il desiderio di lasciare una tra ccia, ossessione di Solidus, ra ppresenta l’impulso ad emerg ere, l’autoaffermazione, l’atto
d’orgoglio di un Prometeo moderno, il massimo terrore dei
Patriots. Il concetto è caro anche allo stesso Snake, che nelle
battute finali evidenzia a Ra iden la necessità di comunicare
le proprie convinzioni, ciò che
per noi è ‘abbastanza importante da spingerci a combattere’. Il
problema consiste, nell’ottica
dei Patriots, nell’eccessiva risonanza che il pensiero individuale può ottenere grazie alla te cnologia odierna, con paralizzanti conseguenze sulla società e
sulla politica. Non è per loro
concepibile che l’equilibrio di
una specie possa essere messo
in discussione dall’arrogante
pretesa del singolo di vedere
riconosciute le proprie idee:
Rose: “l’individuo è per definizione debole. Ma tutt’altro che privo di potere: una
sola persona è potenzialmente in grado di rovinare
il mondo”.
Essendo la loro unica preoccupazione quella di mantenere in
vita la razza umana, sono disposti a snaturarla, privando
l’uomo a sua insaputa della
Ring#4
possibilità di incidere sul suo
habitat (il colonnello peraltro si
dimostra dubbioso circa l’effettiva importanza di questa
‘natura umana’, basti pensare
alle disquisizioni riguardanti il
termine ‘self’). Ma se è giusto
che la vera forza risiede nelle
idee, allora è sufficiente un’idea
di Solid Snake per demolire
questo unico obbiettivo, il risultato della perfetta ma asettica
equazione del colonnello:
Snake:“ Probabilmente un
giorno la razza umana si
estinguerà, e nuove specie
popoleranno questo pianeta. La stessa terra potrebbe non durare in eterno,
ma abbiamo comunque la
responsabilità
su
quali
tracce di vita lasciamo dietro di noi…”
Snake, nel corso delle sue avventure, ha rischiato la vita più
di una volta. Più di una volta è
morto sotto i nostri occhi. Da
quanto leggiamo è chiaro che il
pensiero che un giorno l’uomo
possa estinguersi, il terrore del
digicolonnello (e lo stesso motivo della sua esistenza: “noi
stiamo cercando di fermare
questo processo“), l’incubo
dell’apicoltore che vede le sue
api morire, non lo angustia in
modo eccessivo. Non è la vita
biologica ciò che interessa a
Snake: l’uomo ha commesso
molti terribili errori, nel corso
della sua s toria, e la sua sco mparsa sarebbe solo l’ultimo dei
tanti.
Naomi Hunter: “Non devi
lasciare che siano i tuoi geni a dominarti. Gli uomini
sono in grado di scegliere il
tipo di vita che desiderano
vivere. E allora… vivi.”
Si ripropone un conflitto irrisolvibile (peraltro già citato nell’indepth su MGS2-Ring#1), una
dicotomia tra verità assoluta
(basata sull’obbiettiva n ecessità
di riorganizzare una società che
sta impazzendo) e verità relativa (basata sul sentire individuale, più ‘umana’ ma pericolosa alla luce di quanto detto). Il
Colonnello individua la soluzione privilegiando l’utilità, mentre
27
Snake la sceglie su basi etiche.
Non ho certo la pretesa di indicare in questa sede l’una o
l’altra soluzione, anche perché
francamente mi è difficile scegliere. Ma è un problema che
indubbiamente Kojima si è posto, o che quantomeno ha voluto suggerire al videogiocatore.
Non è peraltro difficile individuare l’opinione di Kojima in
merito: come al solito è Snake
a farsi tramite delle sue idee. I
Patriots provvedono affinché
l’uomo sopravviva. Snake lotta
affinché l’uomo viva. Perché, in
quanto uomini, ci è concesso
peccare di presunzione e arrogarci il diritto di pensare e sognare, di godere del dono che
abbiamo ricevuto? Perché, anche se il colonnello avesse ragione (come è probabile) e fo ssimo alle porte dell’ora più oscura della nostra storia,
avremmo comunque il dovere
di tentare e di sbagliare, e di
pagare il massimo della pena,
piuttosto che subordinare la
nostra natura di uomini che ‘vivono’ alla necessità di sopra vvivere.
E’ questo, secondo me, quello
di cui Kojima è convinto.
Snake: “Dobbiamo ricordare, e ricordare a tutto il
mondo di lottare per il
cambiamento. Ed è questo
che mi mantiene in vita”
Ed è quello che lo mantiene in
vita dentro di noi, a nche quando spegniamo la console e ci
dedichiamo ad attività secondo
gli altri più serie di quanto non
siano i videogiochi.
:INDEPTH:
Ring#4
Sin is…_______________________________
[Final Fantasy X]
di DarknessHeir
_____Sub Qua lege vivis?
Era con questa domanda che,
nell’Alto Medioevo, si apriva ogni
atto giuridico. Una domanda meno
scontata di quanto possa sembrare…
Benvenuti a Spira, il mondo di
Final Fantasy X. Un mondo che
vive in una costante a pprensione a
causa di Sin, una terribile entità
distruttrice. Un mondo che si conserva attraverso un sempiterno c iclo di morte e rinascita, distruzione
e creazione. Un mondo, i cui fenomeni sono spiegati attraverso gli
irrecusabili dogmi forniti dalle autorità clericali. Dogmi che, al contr ario di quanto parrebbe lecito pensare, potrebbero non corrispondere
alla “Verità”…
____Cut the ties, uncovered
disguise”…
Tra tutti i titoli della saga, Final
Fantasy X è quello che in maniera
più evidente indica all’utente i suoi
piani di lettura “nascosti”. Iniziamo
da Sin, l’elemento “malvagio” di
turno, nonché importante chiave di
lettura all’interno dell’opera. Questo
incredibile essere è, secondo la
versione degli amministratori del
culto di Yevon, la punizione che gli
uomini meritano per le loro mancanze. Eliminarlo definitivamente è
impensabile: sfruttando il famigerato “Final Aeon” è possibile sconfiggerlo, ma solo temporaneamente.
Poiché ogni volta che viene battuto,
Sin rinasce. Sparirà solamente
quando l’u-manità, a suon di costanti preghiere, avrà espiato le
sue colpe. Almeno così dicono i
chierici, gli stessi che in attesa del
verificarsi di tale utopico avvenimento, si occupano di addestrare
coloro che desiderano divenire evocatori e salvare Spira dalla distr uzione.
Ma cos’è veramente Sin? E’ un
mostro, ma al suo inte rno c’è un
uomo. E non un uomo qualsiasi,
bensì colui che sacrificandosi diviene il Final Aeon, per poi venire posseduto da Yu Yevon ed in tal modo
incarnare Sin. Non lasciamoci depistare dal fatto che l’uomo in questione sia, più precisamente, il p adre di Tidus. Questa eventualità
appartiene al piano narrativo 1
dell’opera e la sua inclu-sione (oltre
a generare un tutto sommato debole colpo di scena) serve a sottolineare l’ac-quisita maturità interiore
del protagonista, nella parte finale
della storia. Il dito è invece puntato
contro il clero che, pur sapendo (e
tramite i suoi dogmi, celando) tutto
questo, è ben lungi dall’adottare un
atteggiamento adeguato. Come
precisato da Yunalesca, il popolo di
Spira si nutre di speranze: pallide
aspettative del tutto scevre di
pragmatismo, preghiere dirette ad
un Dio a cui si rivolge una fede che
affonda le sue radici nella volontà,
tipica dei poveri di spirito, di aderire ciecamente al “senso comune”.
Nel contesto extra diegetico, tutto
questo si risolve in una critica
all’estremismo spirituale2 che mette
in particolare risalto la maniera in
cui, in nome del loro “Dio”, gli uomini sono soliti giustificare i propri
gesti. Troppo spesso l’uomo considera il suo Dio come un manichino
coperto di precetti da seguire macchinalmente, e di cui farsi scudo
quando il prossimo (o la sua stessa
coscienza) lo accusa di agire
nell’errore. E nel vedere la brutalità
con cui dottrine come Cristianesimo
e Islamismo sono state trasfigurate, non possiamo che approvare la
tesi degli autori.
E siamo solo all’inizio. In perfetto
Poe-style (avete presente La lettera
Rubata?), Final Fantasy X presenta un’altra chiave di lettura che in
molti non hanno colto, nonostante
la sua presenza sia lampante. E’
proprio vero: così come non ci si
accorge di ciò che é troppo nascosto, spesso si finisce di tralasciare
anche quanto è troppo evidente…
28
______…“Leave it be, it was
meant for me”…
Quello di Sin non è il solo nome ad
avere un significato simbolico. Più
volte, nel corso della narrazione
viene presentato il simbolo della
spirale, da cui deriva il nome “Spira”. Tutto potrebbe spiegarsi con il
discorso in cui Seymour definisce la
sua patria come una spirale al cui
centro vi è la morte: il simbolo s arebbe utilizzato come una r icercata
metafora e la questione potrebbe
considerarsi chiusa. E’ qui che si
rende necessario considerare un
elemento fondamentale. Gli Albhed,
opposti alla mentalità che vige su
Spira e per questo odiati, sono riconoscibili per la peculiarità di “avere una spirale negli occhi” (ben
visibile nella cut-scene in cui Rikku
si unisce al gruppo). Impossibile a
questo punto non pensare alla
Doppia Spirale, un rilevante simbolo esoterico da cui, tra l’altro, deriva la cosiddetta “greca”, motivo
ornamentale presente in svariate
correnti artistiche di ogni tempo.
Ipotesi avvalorata dalla stretta r elazione che le acque (che per
l’esoterismo di molte religioni simboleggiano le “possibilità”) hanno
con il succitato simbolo e la cui
presenza all’interno del titolo non è
certo trascurabile (si pensi al fatto
che Tidus pratica uno sport acquatico, od alla scena in cui si dichiara
a Yuna, o ancora alle fasi iniziali del
gioco). Al pari del simbolo dello
Yin-Yang ed a quello dei due swastika3 opposti, la Doppia Spirale
rappresenta la “manifestazione”, di
un singolo essere o di un intero s istema4.
:INDEPTH:
Ma non solo: volendo semplificare molto, potremmo dire che i due
“poli” simboleggiano i due (opposti)
aspetti dell’es-sere (o del sistema)
sul piano materiale, uno più elevato, l’altro più lontano dall’influenza
divina. E l’essere, manifesta ndosi,
“percorre” questa doppia spirale.
Inizia nel centro di una delle due
spirali, dipanandosi sino a raggiungere la parte più esterna dell’altra
dove, concentrandosi, giungerà al
centro. Ancora, i due centri delle
spirali richiamano l’idea della vita e
della morte: ed è proprio il continuo passaggio tra “vita” e “morte”
a scandire il tempo di Spira. Del
resto (come già detto nell’indepth
di Soul Reaver 2), secondo la
concezione Indù la storia si perpetua alternando continuamente fasi
di vita e morte, creazione e distruzione. In virtù di questo, la pesante influenza indiana che permea le
architetture degli ambienti di gioco
non appare del tutto casuale.
___…“Soul Sacrifice, forgot
the advice”…
Per un singolo individuo, morire
significa passare ad una differente
modalità di esistenza. Alla morte
segue la rinascita, poi la vita; colui
che “muore” e non rinasce, quindi,
si trova nel torto. Pensiamo, ora, al
fatto che tutti i principali amministratori del culto di Yevon sono d egli “unsent” (morti che continuano
a ramingare nel mondo dei v ivi), e
ne trarremo un’altra critica rivolta
alla superficialità del già menzionato “senso comune” nonché alle persone che ne seguono i precetti senza accorgersi della loro inadeguatezza, causata dalla lentezza con
cui il senso comune si evolve rispetto ai tempi. Interessante notare come la figura dei grandi sacerdoti non-morti corrisponda a quella
dei Patriots di Metal Gear Solid 2 .
Per concludere, andiamo a Bevelle, nel tempio di Yevon, dove è collocata una sacrilega macchina a
facilitare l’accesso al santuario. Al
di là del colpo di scena, troviamo
un altro simbolismo, attinente a
quello della Doppia Spirale. Il fatto
che le macchine convivano, a spregio delle credenze diffuse, in totale
armonia con una struttura s acra, ci
rimanda al cosiddetto Buddhi,
“l’intelletto superiore” della dottrina
Indù chiamata Vedanta. Esso è p aragonabile alla pura attività cerebrale dell’uomo, una manifestazione prima della mente umana di cui
“ragione” e “sentimento” sono delle
superficiali appendici. Non a caso
questa rappresentazione si trova a
Bevelle: la città sacra è proprio il
Ring#4
luogo migliore per sottolineare il
contrasto tra la profondità del Buddhi e la superficialità del senso c omune. In fondo, il clero non riesce
a fermare definitivamente Sin proprio perché si limita a combattere
la sua manifestazione più esteriore;
solamente contrastando Yu Yevon,
il “centro” del mostro, Tidus e soci
riusciranno a debellarlo completamente.
__…“Lost track of time, in a
flurry of smoke”…
E questo è tutto. E’ piacevole constatare come Final Fantasy, pur essendo il più commerciale e massificato dei franchise Squaresoft, riesca sempre ad evolversi guadagnando in spessore, tanto ludico
quanto narrativo/divulgativo (in
uno slancio di ammirazione, fingiamo di non aver mai giocato al
fedo, ottavo episodio…). Una ragione in più per considerare Final
Fantasy X un ottimo esordio nel
campo dei 128 bit, nonché un
capolavoro da ricordare.
Note
[1 – Una digressione che in nessun
modo pregiudica il pregevole lavoro
degli sceneggiatori, sia chiaro. Le
accuse rivolte a Jecht sono troppo
evanescenti per poter essere considerate una critica ad un’eventuale
superficialità dei genitori: è comunque presente, soprattutto nel comportamento della madre di Tidus,
uno stimolante spunto di riflessione. Essere genitore, pare suggerire
la scena in cui la donna trattiene
Jecht con sé nonostante i continui
richiami di Tidus bambino, significa
considerare i figli, per una buona
parte della propria esistenza, come
la prima questione a cui dedicare le
proprie attenzioni.]
[2 – Per non rivendicare ingiustamente la paternità di un’idea non
mia, specifico che in principio ero
convinto che a venire criticato fosse
l’estremismo stesso, a prescindere
dal campo in cui veniva applicato:
una congettura alla quale però non
29
ho trovato abbastanza riscontri e
che pertanto non verrà trattata. La
critica all’estremismo nel campo
prettamente spirituale, invece, mi è
stata fatta notare da Nemesis Divina. ]
[3 – E’ sciocco quanto imperdonabile pensare che sia stato Hitler ad
“inventare” questo simbolo; è da
almeno 3000 anni che lo swastika
viene utilizzato. Oltre ad apparire in
contesti Indù e Buddhisti, è presente come motivo ornamentale su d iversi artefatti della civiltà Minoica
(datati 1800 a.C.), nonché su alcuni suppellettili dell’80 a.C. ritrovati
in Puglia. Molteplici i significati attribuitigli in contesti essoterici: il
mondo classico e mediterraneo in
genere lo associava al sole, ma a nche alla cosiddetta “corsa in ginocchio”, il movimento caratteristico
delle creature mostruose della
mitologia.
Nel
medioevo,
in
occidente,
rappresentava
lo
scorrere dei te mpi, oppure la resurrezione. ]
[4 – E’ uno degli aspetti più affascinanti della Grande Tradizione: i
medesimi simboli rappresentano,
senza alcuna incongruenza, tanto i
fenomeni che hanno luogo in un
“Pianeta” (ordine macrocosmico)
quanto quelli che agitano la sfera
interiore di un singolo individuo
(ordine microcosmico).]
Per chiunque v olesse approfondire i
simboli esoterici menzionati in questo indepth, il testo a cui riferirsi è
La Grande Triade di Réné Guenon.
Sui simboli essoterici, invece, è
possibile trovare alcune informazioni in La vita quotidiana nel medioevo, di Robert Delort.
Eccettuato il primo, i titoli dei paragrafi sono tratti dalla meravigliosa
A fair judgement degli Opeth, contenuta nell’album Deliverance
(2002). Buon ascolto.
:RECENSIONI:
Ring#4
Karma Prime___________________________
[Metroid Prime]
di Emalord
Da un'iscrizione Chozo
Sempre più, le nostre menti tormentate si riv olgono
verso quella giovane. Mentre il mondo continua a scivolare verso immagini brutali, Lei continua a essere
ineguagliabilmente reale: una figura senza paura che
penetra nelle profondità corrotte del nostro mondo
senza immaginare l'orrore che la attende. Era così
anche prima? Quando noi Chozo la trovammo sola su
un pianeta selvaggio, pulsava già in Lei un cuore di
guerriera? Le nostre ultime speranze sono con Lei.
Lasceremo messaggi criptati e manufatti che le permetteranno di scacciare il male dal nostr o mondo.
Combatteremo gli invasori ed il veleno che vogliono
padroneggiare, fino alla fine
1 Dicembre 1998.
La cittadina di Austin, Texas, feste ggia Jeff Spangenberg e la nascita di Retro Studios Inc. , creata grazie al
fondo speciale Ninte ndo per finanziare piccole industrie con
un grande progetto in testa.
Sei mesi prima, in un'amena
località del Giappone, un silenzioso Shigeru Miyamoto aveva
letto negli esagrammi dell'
I:CHIN1
La Donna Guerriera
da troppo tempo attende
di rivedere il campo di battaglia
liberarla dalle catene del tempo
slegare un destino che freme
dal tempo del retro a oggi
Gli oracoli non parlano mai al
cosciente. Parlano sempre con
la segreteria telefonica della
nostra anima, che registra tutto
su nastro in attesa che un evento generalme nte fortuito ne
sblocchi i contenuti e li riversi
nell'etere della consapevolezza
quotidiana.
Alla domanda "Perché proprio
Retro Studios?", sembra che
Shigeru abbia risposto lapidario
"Ho ascoltato la mia segreteria
telefonica".
C'è un brusio di fondo ad inco rniciare un figura che osserva
una sfera luminosa. È il vibrare
di un lettino criogenico che d opo otto anni di stasi2 si scopre
nuovamente percorso da fremiti elettrici ed imperlato di sottili
goccioline di condensa. Dietro
una corazza che splende d'arancio due occhi di donna
scrutano una mappa stellare
con la speranza di dare un
senso alla propria esistenza
scorgendovi un segnale dal
Fato. Ed il s egnale arriva, sotto
forma di una richiesta di aiuto
proveniente dall'orbita di un
pianeta
all'estremità
della
galassia. Tallon IV è stato in un
tempo
ormai
dimenticato
un'Atlantide cosmica ove i saggi
Chozo avevano stabilito un
regno di civiltà, saggezza e
tecnologia. Ora solo i loro
ectoplasmi percorrono quella
che è diventata una pianura
nura acida ed inospitale mentre
le rune raccontano di un Salvatore che si manifesterà resta urando l'antico equilibrio naturale, sconvolto da fatti che spetterà a voi chiarire.
Torna a far scrivere di sé la
donna che ha calpestato le pianure del bitmap anni prima di
Lara Croft e dell'emancipazione
femminoludica, e che si ripresenta al popolo del Gamecube
in un seguito [ma potremmo
definirlo tranquillamente remake] delle avventure vissute su
Super Nintendo. Nulla è cambiato da 112 bit a questa parte
se non l'aggiunta della terza
dimensione, innesto che ha lasciato assolutamente intatto il
bilanciato gameplay dell'originario platform / adventure a pportando di fatto una rivoluzione ridondante nell'aspetto ma
estremamente pacata nell'animo.
Un nuovo Mario64? Certa mente, se con questo inte ndiamo l'evoluzione naturale di
un gioco perfetto per la sua epoca e ritenuto [a torto] intoccabile senza snaturarne le caratteristiche.
Genere:
Etichetta:
Sviluppatore:
Sistema:
Giocatori:
Versione:
FPS
Nintendo
Retro Studios
GameCube
1
Anno:
2002
USA
Quello che Samus fa, lo fa con i
vostri occhi. La visuale in priLoG
1 Gennaio 1999. Miyamoto visita gli uffici di Retro Studios e di
fronte ad un allibito Spangenberg mostra il suo progetto di
far rivivere Samus e il franchise
di Metroid sul nuovo hardware
Nintendo, ai tempi conosciuto
come Project-Dolphin, grazie al
neonato studio americano.
Pianeta: Tallon IV
Massa: 5.1 Trilioni di Teratons
Profilo: Studi dell'ecosistema indicano che Tallon IV era un paradiso biologico prima dell'impatto di un oggetto extraterrestre. Ciò che rimane
della sua biosfera sta lentamente scomparendo a
causa delle radiazioni di Phazon. Il pianeta diventerà un'arida distesa desertica di classe XIII in
circa 25 anni.
30
:RECENSIONI:
Ring#4
SeEK|ScoUt|DeSTrOy
Visori: COMBAT per un rapido targeting SCAN per schedare dati ed identificare zone
attive nei fondali - X-RAY per vedere l'invisibile
- THERMAL per trovare fonti di calore
Armature: Power Suit, Varia Suit e Gravity
Suit, per sopravvivere a magma, radiazioni e
nemici sempre più letali
Beam Cannon: a percussione, al plasma, a
fascio elettrico, glaciale. Per aprire porte, attivare impianti, atomizzare ogni forma di vita
Morph-Ball [immagine]: Per esplorare ogni
minimo anfratto
Grapple Beam: Un fascio di plasma per
agganciarsi ad appositi grappini distribuiti in
ogni livello.
ma persona adottata da Retro
Studios è perfetta per innestare
nel nostro cervello l'illusione di
essere su Tallon IV percependo
un sense of wonder equamente
distribuito in ogni singola locazione. Le polverose Chozo
Ruins, Le caverne laviche di
Magmoor, le distese innevate di
Phendrana e le miniere di Phazon sono ambienti che trasme ttono emozioni vive, palpabili,
grazie ad un design validissimo
sia nella perfetta progettazione
dei livelli che azzera il fattore
dejà-vu dovuto al frequente
backtracking3, sia nelle comuni
texture, che rendono ogni singola stanza un piccolo mondo a
sé impreziosito da rune, innesti
meccanici e giochi di luce.
Per potere accedere a tutte le
enormi mappe di gioco e scoprirne i segreti celati [vero motore dell'intera esperienza di
gioco], Samus dovrà distribuire
le sue energie in due direzioni:
trovare tutte le componenti della sua armatura 'scout|seek|
destroy' [con abilità correlate],
ed assoggettare un'intera fauna
avversa alla dura legge del plasma nella fin troppo citata fase
di shooting, che rappresenta
solo una delle due facce emozionali del prodotto, l'emozione brutale, in erotica contrapposizione all'emozione seducente della fase di ricerca e
scoperta. L'esplorazione delle
suggestive ambie ntazioni trova
uno dei suoi momenti più lirici e
catartici con la mutazione in
Morph Ball, che permette a Sa mus di tradursi in sfera metallica per accedere a piccoli co ndotti, aree dissestate, rotaie
magnetiche e half-pipe mime-
tizzati nell'ambiente per ra ggiungere locazioni spesso nascoste ad uno sguardo distra tto. Il tutto graziato da un netto
cambio di visuale e di controllo,
novità tutt'altro che fine a se
stessa visto che introduce, di
fatto, una seconda [e frequente] modalità di gioco che sminuisce ancora di più la limitante
etichetta di First Person Shooter applicata al prodotto Nintendo.
controlli, semplici e facilmente
accessibili nonostante le molt eplici abilità del Suit, nel leveldesign, che nonostante reiterate visite mostra ogni volta nuova vitalità, e nella difficoltà di
gioco, perfettamente bilanciata
con dei picchi di benvenuta b astardaggine nei boss-level, che
quasi a conoscenza dell'aume nto continuo dei poteri di Samus
fanno di tutto per sfruttarne
ogni minima risorsa bellica. Una
combinazione di elementi ta lmente morbida ed additiva da
tenere alta l'euforia da gioco
dalla prima all'ultima delle 25
ore che vi serviranno a riportare la pace su Tallon IV. E se
questo per voi non rappresenta
la perfezione, voi non sapete
cos'è la perfezione.
1 gennaio 2003. Mentre sullo
sfondo della scena riecheggiano
le note del soundtrack di Metroid Prime, magnetiche, intense e capaci di emozionare come
otto anni prima, un ascetico
Miyamoto legge l'ultimo esagramma dalla sua comoda poltrona in pelle:
Dal tempo del retro a oggi
Solo la pelle è mutata
Il cuore di serpente è rimasto
Capace di soggiogare
Con una combinazione di talenti
E sorride.
__________________Note
C'è un grande disegno dietro a
Metroid Prime. Un disegno del
Fato, che ha voluto che ad una
piccola softco americana fosse
affidato uno dei franchise più
prestigiosi di Nintendo, ma a nche un disegno più terreno, che
è il semplice Game Design di
cui questo gioco è impregnato
come una spugna. Un Game
Design che si concretizza nei
[1 – I:CHIN. Antico metodo di div inazione orientale.]
[2 – Data dell'ultima apparizione del
franchise: Super Metroid- 1994]
[3 – Backtracking, ovverosia tornare sui propri passi. La rivisitazione
di livelli già affrontati in precedenza
per trovare nuove vie da percorrere
grazie all'upgrade degli str umenti in
dotazione.]
MeTRoiD PriMe
LOG 11.156.9
La cavia numero 2 -d, d'ora in poi classificata Metroid Prime, sta mostrando enormi progressi.
Sebbene geneticamente appartenga alla specie
dei Metroid è di fatto assimilabile ad un superiore
livello evolutivo. Mostra un carattere psicotico, le
sue dimensioni aumentano in m aniera costante
ed il suo tessuto non degenera più in presenza
delle radiazioni di Phazon. Potrebbe diventare
un'insuperabile arma biologica. Si richiede autorizzazione a continuare la sperimentazione
31
:RECENSIONI:
Ring#4
Diario d’una vita in crescendo
____
[The Elder Scrolls III: Morrowind]
di Emanuele e Nemesis Divina
____________Giorno primo
Ho cominciato la
mia avventura scegliendo come personaggio un bretone, molto portato alla magia,
pensando di crearmi un bel
mago guerriero, come in effetti
ho fatto. Ho selezionato le mie
abilità primarie e secondarie in
funzione della condotta che i ntendo mantenere durante la
mia vita digitale. Ho scelto sesso, viso e capigliatura. Come
segno zodiacale opto per il T ower, che mi consente l'apertura
di serrature fino a livello 50. Ho
‘prelevato’ un po' di cose nell'ufficio di registrazione e poi
sono uscito in città. Mi sono
immerso in un lago lì vicino ed
ho recuperato, dentro alcune
conchiglie, delle perle che p otrò
rivendere. Vado in cerca del
mercante di zona, per comprare e b arattare oggetti, lo trovo
e mi procuro un’arma-tura,
un’ascia e uno scudo. Poi sono
entrato in una casa ed ho ucciso il proprietario, mi serviva un
letto in cui dormire e poi v olevo
vedere se era difficile uccidere
qualcuno. Be’, il proprietario a
mani nude mi ha dato del filo
da torcere, all'inizio si è proprio
delle schiappe. Poi sono a ndato
nell'ufficio del mercante ed al
piano di sopra ho trovato un
tizio che voleva darmi un lavoro di recupero per lui, ho acce ttato e lui mi ha detto di andare
su una torre alla fine della città
e di controllare di notte una
persona che nascondeva degli
oggetti, salito sulla torre ho v isto un tizio che faceva dei giri
strani e poi entrava in uno stagno e si fermava davanti ad un
tronco spezzato, spegneva la
torcia che aveva in mano e se
ne andava. Sono sceso, ispezionando la torre ho trovato
anche un libro la cui lettura mi
ha fatto salire una delle mie c aratteristiche, poi sono andato
nello stagno ed ho ritrovato un
anello e 300 monete, non male
come inizio, a questo punto d ecido di non portare il malloppo
al tizio nella casa del mercante.
Poi mi sono infilato in un dungeon, ho ucciso un nemico ma
nella stanza seguente c'era un
mago che mi ha sconfitto ed
decido di desistere perché errare è umano ma perseverare è
Alzheimer. Ho ricaricato l’autosave e mi sono diretto, a piedi,
fuori del paese. Camminando
ho sentito delle urla ed ho visto
un mago che si schia ntava a
terra, venendo dal cielo. Ho
perquisito il cadavere e ho ritrovato una magia che aveva
con lui, ed un libro dove ra ccontava di aver trovato un m odo per viaggiare molto velocemente senza dover pagare
sempre i trasporti: una magia
di volo! Ho provato la magia,
che mi ha portato l'atletismo a
1000, provando a saltare si
spicca un volo incredibile, ma
nella caduta non si può evitare
di schiantarsi a terra. Adesso
ho capito la sua fine infa usta.
Ho ricaricato ed ho viaggiato un
po' nella foresta raccogliendo
una quantità di erbe e funghi
che, non so, magari tornano
utili.
___________Giorno ottavo
La settima notte l’ho dormita
sotto le stelle. Ho scelto di
32
Genere:
Etichetta:
Sviluppatore:
Sistema:
Giocatori:
Versione:
Videoesperienza
Ubi Soft
Bethesda
Softworks
Xbox/PC
(Xbox recens ita)
1
PAL
Anno:
2002
dormire solo 5 ore per recuperare un poco di s alute e perché
albeggi, ora è buio e non ho
torce con me. Dopo tre ore
l’attacco di una specie di verme
mi sveglia. Lo riempio di fendenti la maggior parte dei quali
lo manca, alla fine lo sconfiggo
e la mia abilità nella Spada
Lunga aumenta di un punto.
Dormo altre 5 ore senza essere
disturbato. L’indomani vago per
le vie mercantili e trovo l’ingresso di una catacomba.
Sconfiggo un paio di mostri e
setaccio ogni camera in cerca
di tesori. In questo dungeon
trovo molti pezzi di armatura
leggera, ma che a me non servono dato che i miei attributi
sono maggiori con corazze p esanti. Trovo anche diversi oggetti di grande valore ma c'è
così tanta roba che non riesco a
portarmi via tutto. Carico quanto mi consente comunque di
muovermi e torno al villaggio
per rivendere i tesori. Torno nel
dungeon e incontro un mago
piuttosto ostico che lancia magie d’attacco, per un bug del
gioco resta incastrato contro
una porta ed io riesco a colpirlo
senza che però reagisca. Ne lla
sua stanza ritrovo uno scrigno
chiuso. Uso degli attrezzi per
scassinare e dopo tre tentativi
falliti la serratura scatta. De ntro trovo poche monete e una
pergamena. La leggo e vengo
trasportato all’istante al forte
più vicino, in una città, Pelagiad, che non ho ancora visit ato. Ho girato un po' per le abitazioni ed ho scassinato una
porta chiusa. I miei attrezzi da
scasso si sono rotti nel mome n-
:RECENSIONI:
to in cui la serratura è scattata,
dovrò comprarne degli altri. E’
un’abitazione modesta, i proprietari devono essere in via ggio. Non c’è nulla di valore, solo qualche vestito. Ci tornerò
per dormire. Entro nel forte e
faccio lo sbaglio di insultare
tantissimo l'armiere, la sua
considerazione per me cala a
zero e dunque si rifiuta di co ntrattare, peccato, aveva dei
buoni
oggetti.
Cerco
di
corrompere
un
altro
commerciante con 10 monete,
le accetta e la sua disponibilità
aumenta. Noto che i prezzi
diminuiscono quanto più il
venditore è ben disposto.
Acquisto una bella sopraveste
per l’armatura ma chiedo uno
sconto sul prezzo. Dapprima il
venditore si rifiuta, poi insisto
con la richiesta e dopo quattro
volte cede alla mia offerta. Con
il rivenditore di magie provo ad
usare invece le maniere forti
minacciandolo, non si fa intimidire e mi dice di levarmi dai
piedi. Non sono ancora abbastanza forte o carismatico da
poter condizionare le persone a
parole. Continuerò ad elargire
mazzette. Per strada cerco di
borseggiare un passante e ci
riesco, otto monete d’oro e un
monile prezioso. Verso sera
sento un tuono e scende subito
una pioggia fitta, mi riparo
qualche momento sotto un co rnicione e poi mi dico che non
smetterà presto quindi torno
per le stra de. Dopo tre secondi
che sono in strada smette di
piovere. Assisto ad un tramo nto molto poetico sulle rive del
lago, poi torno alla casa che ho
scassinato ore prima e vado a
dormire.
Ring#4
___________Giorno Decimo
Questa cittadina mi ha stancato, credo che mi dirigerò a
Balmora per incontrare Caius
Cosades, quello che mi dovre bbe spiegare cosa ci faccio nella
regione di Morrowind. Sulla via
incontro un dungeon, resto
fermo qualche secondo prima
di entrarci visto che, correndo e
saltando per strada, ho consumato tutta la barra di Fatica.
Salti e corse mi hanno però fa tto aumentare Atletismo e Agilità, ho fatto anche un ennesimo
level up, così sono a livello 3.
Come caratteristiche ho aumentato: Forza, in modo da
poter portare più peso addosso,
Intelligenza così che gli incantesimi mi riescano meglio e
Personalità, per avere sco nti e
reazioni migliori dai PNG. Il
dungeon è breve e non contiene nulla di interessante, però
c’è una sezione che non riesco
a raggiungere. Forze più avanti
con una magia di levitazione. A
Balmora sono entrato nella c asa del mercante e, nascondendomi dietro un muro, sono riuscito a prendergli tutto quello
che aveva in una cassa, un
gran ben di Dio, armi di tutti i
generi che poi ho rivendendo
ad un altro mercante (avevo
anche provato a rivenderli a lui,
ma mi ha fatto restituire tutto…) facendoci su un bel gru zzolo. Spendo subito i soldi in
training, così facendo le mie
abilità aumentano immediatamente. Mi sono procurato poi
un calcinatore e tutto l' occo rrente per gli esperimenti alchemici, ma la cosa più interessante è stata incontrare un
tizio che realizza incantesimi su
misura. In pratica tu gli dici che
incantesimo vuoi usare, tra
quelli che hai imparato, e lui ti
combina più incantesimi in uno, decide a nche la durata. Ho
commissionato un incantesimo
dove evoco armatura ed ascia
magica in un colpo solo, per la
durata di 2 minuti! Mentre ce rco Caius Cosades, effettuo un
borseggio che non va a buon
fine. Il proprietario mi vede e
chiama le guardie, io scappo e
mi nascondo in un negozio di
libri, fortunatamente l’IA non
sa aprire le porte. Parlo con il
33
negoziante e scopro che sa già
del mio furto e non intende
trattare con me, guardo il menu e noto che ho una taglia sulla testa. Esco dal negozio e la
guardia è ancora lì ad aspettarmi, mi blocca ed io posso
scegliere se reagire, finire in
prigione o pagare una multa.
Pago una multa e la taglia
scompare. Rientro nel negozio
ma il venditore mi tratta ancora
male, passo dalla soggettiva
alla terza persona e scopro che
sono in mutande e senza scarpe! La guardia ha requisito
TUTTI gli oggetti che avevo rubato fino ad allora. Vado in un
negozio di vestiti e compro una
bella tunica da mago più una
nuova armatura, che comunque non indosso subito.
______Giorno Decimo-nono
Ho recuperato tutte le notizie
che occorrevano a Caius Cosades circa i movimenti illeciti che
muovono contro l’imperatore.
Ora mi dice di salire di livello
per darmi nuovi ordini. Vado
alla Gilda dei Maghi a cui mi
sono iscritto per trovare qualche nuova missione da svolg ere. La kaijit a capo della Gilda
mi chiede di recuperare alcuni
tipi di funghi per lei. E’ una
missione noiosa e preferisco
fare altro. Prelevo pozioni e
pergamene dallo scrigno destinato agli appartenenti alla Gilda (che viene riempito di oggetti ogni giorno) e mi dirigo in
città in cerca di compiti più eccitanti. Uscito dalla Gilda un tipo mi farnetica qualcosa a proposito di Dagoth Ur che si risveglierà e che dominerà tutto
e che io sono uno dei suoi s eguaci. Forse è un p overo pazzo,
ma queste parole mi ricordano
:RECENSIONI:
che la notte passata il mio sonno è stato tormentato da incubi
riguardanti la Montagna Rossa,
centro del culto di Dagoth Ur.
Cerco di nuovo di borseggiare
un passante ma sono nuovamente scoperto. Questa vo lta,
prima di pagare la mia taglia,
abbandono a casa di Caius C osades tutta la refurtiva dei
giorni passati. Pago la multa e
recupero gli o ggetti rubati. Mi
dirigo poi verso il Silt Raider,
un insetto g igante che è usato
come servizio di trasporti. Il
‘bigliettaio’ è mio amico e tra
corruzione e lu singhe ho a lzato
molto la sua disponibilità verso
di me, quindi mi fa degli ottimi
prezzi. Viaggio verso Ald’ Ruhn,
per vedere una nuova città e
trovare fortuna. Ald’ Ruhn è
una città in mezzo al deserto,
una tormenta di sabbia infuria
all’esterno e mi devo coprire gli
occhi mentre cammino. Le case
del villaggio sono ricavate nei
gusci di enormi insetti morti e il
centro commerciale della città
giace al di sotto del guscio di
una tartaruga gigante. Il posto
è abbastanza triste e poco frequentato, c’è poca g ente in g iro. Alla fine trovo una succursale della mia Gilda di Maghi,
qui prelevo altri oggetti e pergamene, effettuo un po’ di
training e poi usufruisco del
servizio di teletrasporto offerto
dai maghi (pagando). Scelgo
Vivec come destinazione, una
nuova città, la più grande di
Vvanderfell secondo la mappa,
costruita sul mare. Il viaggio è
istantaneo e dopo aver gironzolato per negozi esco all’esterno.
La città è affondata nella nebbia e si struttura in vari livelli.
Tramite una botola accedo alle
fogne della città. Uccido qualche ratto e poi incontro un soldato a guardia di una porta. Mi
avvicino con l’intento di parlarci
ma questo mi assale. Mi butto
in acqua per sfuggirgli ma mi
insegue e, con dei colpi potenti,
mi abbatte senza fatica. Ricarico la posizione precedente e
torno, con il teletrasporto, a
Balmora. Vado da Ajira, capo
Ring#4
:COMMENTO EXTRA:
Valenza di numero e sogno
Di Nemesis Divina
Morrowind è un’esperienza particolare, specie per chi non ha
dimestichezza con le comunità persistenti di tipico contesto PC.
Morrowind, certo, non è un life-simulation. Il centro gravitazionale di Morrowind è l’azione, la condotta epica, la scalata poteriale che ci spinge, ogni volta, a migliorare questa o quella cara tteristica, a leveluppare di tutto e di più fino al raggiungime nto
della perfezione digitale, l’onnip otenza binaria. Ma di imperfezioni
la regione di Morrowind è tuttavia ricolma. La bontà della recensione che avete appena letto è proprio quella di non descrivere il dato tecn ico ma di buttarvi dentro lo schermo, ed è questo
l’unico modo di capire e gradire l’essenza proposta da Bethesda
Softworks (già abile creatrice dei pregevoli digimondi Arena e
Daggerfall, per PC) Rimanere passivi osservatori di Morrowind
significa dare peso grave e certo eccessivo al fogging, sempre
presente nelle locazioni esterne, a l draw-in, che disegna in real
time le montagne all’orizzonte, al frame r ate epilettico, al sistema
di combattimento superficiale e fallace, all’IA non impeccabile,
nonché ad una realizzazione di personaggi e animazioni che flu ttua fra il mediocre e lo sca dente. Tutto questo rimanendo fuori
dall’orizzonte degli eventi. Attraversato questo confine diafano,
quello che si percepisce è la profondità di qualcosa che definire
‘gameplay’ sarebbe quantomeno offensivo. Morrowind vive
nell’immaginazione dell’interpre te, si nutre della fantasia e della
nostra volo ntà d’astrazione. Quando calcate le terre sfocate e non
bumpmappate di Vvanderfell, non prestate attenzione al polig ono, perdetevi piuttosto nella suggestione di splendide ed evocative ambientazioni, in un mondo pulsante che ci è detto viaggiare
sui binari fissi del codice macchina ma che, in effetti, scorre rapido sui liberi tracciati del codice sogno.
della Gilda dei Maghi, e a ccetto
tutte le sue missioni di facch inaggio (funghi, fiori, erbe…)
fino a che non arriva sera. Ra ggiungo l’abitazione di Caius
Cosades, dove sono ospite e
decido di dormire otto ore.
L’indomani cercherò di portare
avanti l’avventura principale
senza perdermi in esplorazioni
opzionali. Prima di coricarmi
butto uno sguardo a Caius e
per un attimo medito di assalirlo per vedere quando è forte.
Poi il buon senso torna in me e
scelgo di farmi una bella dormita. Facciamo dieci ore, ne ho
bisogno.
34
Errata Corrige
Nel-la recensione a GTA: Vice Ci-ty, pub-b-blicata nel
precedente-te numero di Riing abbiamo e -e-erroneamente af-fermato che il
frame rate è molto ins-tabile,
e che che te nde a sca -t-tare
nella maggior parte delle s ituazioni di gioco -co. Sotto la
pre-s-sione di Rockstar Games, preci-ci-siamo che il gioco, anzi-zi, l’intera serie G-TA
è fluidissima-ssima…
:RECENSIONI:
Ring#4
Rimediami un Crostino___________________
[Ratchet & Clank]
di Paolo “Jumpman” Ruffino
Avere conoscenze
di economia domestica in cucina può
essere davvero una
grande virtù. Lo sapevate, ad
esempio, che con un po’ di la tte, pane secco e formaggio si
possono fare degli ottimi crostini? Saper fare ottimi piatti
riutilizzando avanzi e scarti
senza far apparire il tutto come
qualcosa di riciclato è un’abilità
che hanno in pochi (in poche).
Anche l’economia domestica
nei videogiochi può tornare utile. L’ultimo lavoro di Insomniac
è a tutti gli effetti un ottimo esempio di quest’arte, tanto
buono da apparire come co mpletame nte nuovo ed originale
nonostante sia fatto del pane
quotidiano del videogiocatore.
Ratchet & Clank, un licaone
ed un piccolo robot antropomorfi, dotati di un carisma da
sit com degli anni’80, si trovano
in un qualche modo costretti a
collaborare per salvare il pianeta. Neanche fo ssimo in un film
porno, il breve accenno di trama serve ad introdurre 18 diversi mondi/livello/orge di poligoni in cui dovrete raggiungere
determinati obiettivi. Ma a differenza dei porno girare per i
pianeti a cazzo all’aria è il miglior modo per far terminare il
divertimento. Ogni singolo nemico, anche il più stupido, può
darvi del filo da torcere se affrontato senza un min imo di
strategia. L’appostamento tattico e la scelta della strada più
razionale (massimo risultato col
minimo dei mezzi) per superare
l’ostacolo è premiato sempre e
in molti casi è l’unico modo per
poter andare avanti. Quasi tutta l’azione in R&C è un alternarsi di momenti di osservazione ed azione, affrontare gli ostacoli come si fa in un
qualunque platform è il primo
errore a cui si può andare incontro. Ed infatti R&C non è
neppure classificabile come
“gioco di piattaforme” per tutta
una s erie di caratteristiche che
lo rendono difficile da definire.
I modi di agire sono decisi
soprattutto in base alle armi
che si hanno a disposizione.
Sparsi per i livelli si possono
trovare dei rivenditori che, in
cambio di bulloni/denaro, forniscono strumenti di morte sempre più complessi (e costosi).
Per completare il gioco non è
necessario comprare tutte le
armi, si può scegliere se risparmiare per comprarne di
più potenti o prenderne il più
possibile a scapito della capacità distruttiva. Ogni arma ha le
sue cara tteristiche, a breve o
lungo raggio, a ricerca o a co ntatto. Quando la nostra energia
scende a zero si è costretti a
riprendere dall’ultimo checkpoint. Ma s e le vite sono infinite
le munizioni sono terribilmente
contate e non si recuperano
morendo, dunque la loro disponibilità può diventare in alcune
occasioni un fa ttore da valutare
seriamente. Spesso un modus
operandi deve essere abbandonato perché non si hanno più
proiettili in canna e si è costre tti a pensare un’altra strategia
in base alle proprio risorse.
Ma il più grande merito di
R&C è quello di saper intrattenere senza mai annoiare. Per
tutto il gioco ci si trova sempre
35
Genere:
Etichetta:
Sviluppatore:
Sistema:
Giocatori:
Versione:
Action/Platform
Insomniac
Interno
PS2
1
PAL
Anno:
2002
di fronte ad almeno due possibili obiettivi da completare, e
dunque si è sempre spinti a
proseguire, cercando disperatamente di portarli tutti a te rmine me ntre se ne aprono di
nuovi. La difficoltà non troppo
bassa ma neanche troppo elevata contribuisce al circolo vizioso del ”ci provo un’ultima
volta”, segno inequivocabile
della bontà del prodotto. E a ncora il continuo aumento delle
abilità del duo protagonista invoglia a provare situazioni sempre nuove, anche se in fo ndo
per niente originali. I gadget
che si acquisiscono col procedere del gioco servono proprio ad
aprire nuove possib ilità, e di
conseguenza costringono a v alutare un numero sempre ma ggiore di modi possibili per superare un determinato ostacolo.
Impossibile staccarsi da R&C,
impossibile descriverlo nel dettaglio senza ro vinare la sorpresa, che è in fondo il motore che
fa muovere il titolo Insomniac.
Il fatto che in tutto il gioco non
ci sia nulla di davvero originale
non va visto come un difetto
perché il risultato finale è eccellente: R&C è un soffocante a ccavallarsi di attrazioni e distra zioni, è uno stordimento grafico
che confonde e allo stesso tempo obbliga ad usare la testa. Il
merito di R&C è proprio nel
riuscire a sorprendere comb inando elementi già visti già
giocati ma che messi lì proprio
non te li aspettavi, col risultato
che niente potrà fe rmarvi
dall’inghiottire questo eccelle nte crostino tutto in un boccone,
bollente. Anche facendosi del
male.
Buon divertimento.
:RECENSIONI:
Ring#4
:COMMENTO EXTRA:
Round One, Fight!
di Nemesis Divina
Ratchet & Clank è una raffinazione di elementi noti, a partire dallo strabiliante engine grafico, f iglio di Naughty Dog e padre dell’opulenza estetica di Jak & Daxter. La cifra tecnica è esorbitante
e prima attrattiva del titolo Insomniac: ogni atterraggio su un nuovo pianeta/livello, appende
all’orizzonte un quadro di dimensioni e gusto incalcolabili e si rischia la Sindrome di Stendhal prima
di osare muoversi e scoprire che, sì, è tutto vero, solido e palpabile 3D. Ma al di là della prestazione geometrica lorda, R&C si rivela come un’opera di accurato e preciso e misurato design del crescendo ludico. Dopo un inizio in apparenza superficiale, sin troppo limitato e in sapor di già veduto,
R&C ingrana la marcia e sgomma fumante cominciando ad offrire sempre nuove situazioni e mezzi
risolutivi. Con l’ampliarsi delle possibilità concesse (si tratti di armi o gadget o abilità), il mondo ludico dispiega nuove lande che prima erano celate entro le grinze di un furbesco level design.
Elevato è il numero di compiti da portare a termine e gustose le cerche secondarie, latrici di un
ulteriore approfondimento. Sul finire del gioco, vengono poi rese disponibili una serie di opzioni che
agevolano o motivano il backtracking alla scoperta di ogni singolo angolo del digimondi in atto. Del
design di gioco, si diceva che non perde mai un colpo: missioni alternative e opzionali rendono
qualsiasi girovagare u n occasione per ‘andare avanti’; le armi aderiscono con maestria alle situazioni che si presentano al giocatore e, più in generale, si applaude alle numerose e brillanti circostanze ludiche che i tipi di Insomniac hanno inserito con abbondanza, varietà e p ertinenza.
Ratchet & Clank e Jak & Daxter sono gli eredi morali di Crash Bandicoot e Spyro, raccolgono
agilmente il testimone generazionale permettendo a PS2 di guardare negli occhi il predominio Nintendo in ambito platform e rendendo acce ttabile (persino competitivo) il paragone con il quotato
Super Mario Sunshine. Davvero consigliato.
Grasso che Cola_________________________
[Eternal Darkness]
di Amano76
"guarda come se la spassa quel lumacone gigante!
Chi ha detto che non ci sono più eroi?"
unità Bender, da Futurama
"muovo io i suoi fili! muovo io i suoi fili!"
Bela Lugosi, da Ed Wood
________Figli di Amaterasu
I giapponesi pretendono ancora o ggi che il loro imperatore d iscenda dalla Dea del Sole. Fa ridere,
quanto fa ridere che un tizio
moltiplichi pane e pesce, o che
una mucca (pazza magari)
reincarni un essere umano. Ora, io non so proprio come un
nano alto un metro e ve nti, con
gli occhi storti, e lo sperma più
debole sulla faccia della terra
(la moglie gliel'ha messa incinta qualcun' altro di sicuro) possa essere considerato di razza
divina, perciò se proprio c'è da
riconoscere qualcosa di cele stiale in Giappone, si tratta s icuramente della predisposizione dei musi gialli a fare i giochi
più belli del mondo intero. Odio
The Sims, odio Unreal, odio
Age of Empires; posso tra nquillamente fare a meno dei
giochi di Molineux, e non mi dispero più di tanto per non aver
ancora co mprato l'X-box. Salvo
pochi eletti (Tomb Raider,
Quake, MDK; i primi capitoli e
basta, ovviamente) direi che è
improponibile riuscire a trovare
roba americana o europea in
grado di coinvolgermi. Perchè
allora mi è piaciuto, tanto, Eternal Darkness? non lo capi-
36
Genere:
Etichetta:
Sviluppatore:
Sistema:
Giocatori:
Versione:
Avventura
Silicon Knights
Silicon Knights
GameCube
1
PAL
Anno:
2002
sco finchè non termino il gioco
e non scorro i titoli di coda: gameplay direction - Tatsuya Hishida e Hiro Yamada. Due giapponesi.
La testa mi scatta all'indietro
e comincio a ridere a crepapelle
senza riuscire a fe rmarmi: i
musi gialli hanno colpito ancora.
:RECENSIONI:
_________Gli eterni esclusi
I ciccioni dirigono i film che vediamo, comandano i paesi in
cui viviamo, cucinano pizze
prelibate, curano le tonsille infiammate dei nostri figli. Sono i
nostri eroi. Ma nelle storie che
ci piace leggere, vedere, asco ltare, giocare, ci sono forse dei
ciccioni a fare i protagonisti?
no. Ci sono prestanti, slanciati,
e canutissimi manzi che con le
loro spade laser, le loro .45 in
entrambe le mani, e i loro corpi
glabri, popolano le fantasie delle donne e accendono lo spirito
emulativo degli uomini. Tutto
questo non è realistico. Anzi,
considerato che realismo e fa ntasia fanno a pugni, diciamo
che non è credibile. E sospendere l'incredulità, dopo cent'anni di cinema, duemila di letteratura, centociquanta di fumetti e quasi trenta di videogiochi (alè!) è diventato un mestiere sempre più faticoso; il
pubblico è diventato sempre
meno condiscendente.
Perciò ogni tanto fa piacere
essere spiazzati.
Eternal Darkness non sorprende per il suo soggetto, né
tantomeno per la sua sceneggiatura: se hanno provato a
renderlo coinvolgente o terrificante, gli sforzi non si vedono.
Eppure il titolo di Silicon Knights riesce a far suo il giocatore in altri modi, in primis grazie
ad un cast di protagonisti ciccioni, preti, mignotte, insomma
di quelle "razze sociali" considerate universalmente poco "fiche" e poco compatibili con storie di eroismo e leggenda, ma
che risultano invece il credibile
mezzo narrativo di una storia
lunga come il tempo stesso. Un
merito che assegna al tit olo in
questione una tacca elevata
sullo strumento di misura del
coinvolgimento (com'è chi si
chiamava? no; non ludometro,
vi prego...)
_Quel giocherellone di H.P.L
Più che un gioco impressionante direi pressionante, per le
pressioni che è in grado di ca usare: quelle dei vicini terrorizzati dal surround (fenomenali le
Ring#4
urla dei dannati imMagari tanto per d iprigionati nell'altare
strarlo dalla facilità
delle Pene) che codi combattimenti ed
stringono affinchè si
enigmi....
regoli il volume ai
termini di convivenza, e quelle eserci_______Stivali in
tate dall'a mbienta pelle di coccodrillo
zione stessa che, di
egiziano
tanto in tanto, regala momenti irriEternal Darkness
petibili di ansia da
si chiude con dei tiLovecraft, il ritratto
prestazione videotoli di coda che ridel talento comico
ludica [cfr. Ring2,
portano un necrolopag.4] . Fonte prigio, quello del padre
ma delle angosce infatti non è
del regista, Denis Dyack. Ora,
tanto la vista degli scenari erela particolarità dei necrologi è
tici (n'zomma...) dei mostri diche hanno senso solo per chi è
sumani (seeeeeee!) dell'enigma
direttamente legato alla pers oche sembra insormontabile
na scomparsa. Per altri servono
(muhahahahahahaha) ma la
solo a farsi due risate o, tanto
barra della sanità mentale, una
per citare anche quando non
provetta di liquido ve rde che
serve Harry ti presento Sally,
indica la capacità di un pers oper trovare rapidamente apparnaggio di accettare l'esistenza
tamento. E questo lavoro di S idi architetture, creature, e malicon Knights è così: assume
gie per lui del tutto assurde.
significato solo per quelli che
Una sorta di sistema metrico
sono talmente appassionati di
dell'incredulità, deputato a mihorror da non poter fare a mesurare la coefficenza atea degli
no di provare ogni prodotto luatipici protagonisti, che quando
dico che lo riguardi.
tocca il fondo genera effetti (in
Per gli altri è il classico titolo
tutto 64) capaci di coinvolgere
vittima del suo stesso hype,
il giocatore in prima e terza
nonostante sia stato l'hype/la persona, con sangue che cola
crime di coccodrillo tipico dei
dalle pareti, proporzioni dello
nintendari, che si sono dimentischermo che si ingradiscono o
cati troppo presto di un gioiellirimpiccioliscono facendo venire
no come Shadowman, un
il mal di testa, sonoro che si
prodotto nobilitato da una trainterrompe, immagine dello
ma e un ambientazione che d eschermo che balla, salvataggi
vono essere considerati un va nche fingono di cancellars i, e
to per il Nintendo641. Eternal
una risata beffa rda, che rieDarkness somiglia al gioco
cheggia da non si sa dove tra i
Akklaim in più di un aspetto,
corridoi angusti delle ambientaspecie per la camminata del
zioni. Probabilmente la risata
protagonista (sia Mike Leroy
dei progra mmatori.
che Alexandra Roivas si muoCom'è ovvio, se la barra della
vono come se si fossero appena
sanità fosse stata troppo invacacati sotto), ma possiede a ndente non si sarebbe capito più
che idee di d esign tutte sue che
un beneamato cazzo. Invece il
non sono niente male. L'uso
team creativo, forse perchè s udelle magie, in particolare, è
pervisionato, atte nzione, da
notevolmente spettacolare, con
due giapponesi, è riuscito a
rune che appaiono ai piedi dei
mantenere equilibrata la sogpersonaggi mentre una voce
gezione alla sua influenza e la
ancestrale le declama una alla
ripetizione dei fenomeni allucivolta.
natori entro i limiti dell'eccesso
Non che per questo si sia riquanto del difetto, senza dis onunciato al sano spessore strarientare troppo rendendo imtegico. Un vantaggio che Eterpossibile il proseguimento, ma
nal Darkness possiede rispetanche senza staccare l'occhio
to al suo "emulo" infatti, è la
dal giocatore, che si ritrova in
libertà estrema con la quale si
uno stato di paranoia capace di
possono condurre i combattimantenerlo sveglio e vigile.
menti con i mostri avversari,
37
:RECENSIONI:
suscettibili di essere uccisi anche all'istante una volta analizzati i loro punti deboli: si può
scegliere per un approccio diretto arma alla mano, quello
subdolo e vigliacco delle magie,
o sfruttare entrambi per esercitare una potenza devastante,
dato che gli incantesimi più d eboli sono più corti a manifestarsi e quindi possono agilmente essere combinati (tra
loro o con le armi stesse).
Grazie a un coinvolgimento
fornito in quantità sufficienti
dalle numerose possibilità di
interazione, e ad un’ottima
mappatura dei controlli, l'incedere si fa sentire molto meno
noioso di come avrebbe potuto.
Sotto questo aspetto il gioco si
difende molto meglio di Shadowman, tarato da divers i problemi di ordine strutturale. Un
pregevole punto di contatto che
invece torna in entrambi i prodotti di Silicon Knights e Akklaim, è la scelta di una cosmogonia aliena a quella cattolica (in Shadowman era il
voodoo), che ha permesso a
questi titoli dall'animo insolito
di distinguersi dalla massa di
progetti a tema orrorifico, perenemmente legati a iconogra-
Ring#4
fie fatte di crocifissi, cavalieri
dell'apocalisse, preti votati al
male, zombi, e vampiri in ogni
angolo narrativo.
___________Giudizio divino
Quello che resta, somiglianze a
parte, è un'ambientazione co lpita duramente dal passaggio,
probabilmente fo rzato, ai 128
bit. Perchè pur avendo tentato
qualche via traversa in ambito
creativo, gli autori di Eternal
Darkness hanno lasciato nudo
un titolo che aveva davvero un
gran bisogno di essere vestito
con un paio di capi firmati: un
capellino Lovecraft non incluso
nella confezione, un maglione
Eidos con texture di lana caprina, e un paio di calze sonore
Uematsu più consistenti. E' vero che il gioco porta ai piedi
scarpe giapponesi di prima
scelta, ma a parte l'immediatezza tipica dei prodotti sollevantesi, il lavoro dei Cavalieri
del Silicio non riesce mai a
mettere alla prova l'utente fino
a farlo sentire "capace". Per un
prodotto che vede luce nella
stessa sala parto di Mario
Sunshine e Zelda -Kaze no
Takuto-, è un deficit piuttosto
macroscopico.
Distrae e incuriosce, ma non
riesce a farlo con l'intensità di
tanti altri titoli: fosse uscito su
Ps2 si sarebbe perso immediatamente nella marea di giochi
dello stesso tipo, senza l'appello che il sottoscritto ed altri gli
hanno concesso. Per gli appassionati di horror sarà c omunque
più che sufficente, per tutti gli
altri, no.
__________________Note
[1 – so di trascurare le versioni
Dreamcast e Psx, ma chi le ha
giocate potrà testimoniare la
loro scarsa qualità, e potrà facilmente convenire che Shadowman è stato un titolo pensato apposta per "girare" su
N64]
:COMMENTO EXTRA:
Io ci vedo benissimo
di Paolo “Jumpman” Ruffino
Eternal Darkness delude le aspettative nel peggiore dei modi. L’attenzione verso questo titolo, spinta dalla
promessa di una certa originalità, si dimostra del tutto ingiustificata alla luce dell’assoluta banalità del prodotto di
Silicon Knights. Tutto quello che c’è di nuovo ed interessante è solo sulla superficie, perché la vera m ateria di cui
è fatto Eternal Darkness è una meccanica di gioco vista e rivista milioni di volte, nei survival horror e nei vari
Tomb Raider. Un accumulo di “trova la chiave apri la porta” che stanca presto, prestissimo, lasciando tutto alla
trama l’arduo compito di trascinare il giocatore fino alla fine. A poco valgono le citazioni di Edgar Allan Poe e L ovecraft se poi qualunque videogiocatore è in grado di risolvere in un secondo il 99% degli enigmi (il restante 1%
lo si risolve per caso). Sono una magra consolazione anche gli eventi legati alla perdita della sanità mentale, poco
più che divertenti, considerata la tristezza dei nemici (cinque o sei tipi di zombie diversi per tutto il gioco, con poca differenza tra loro).
Se i ragazzi di Silicon Knights speravano di costruire tutto un gioco su qualche rara occasione di sorpresa, hanno sbagliato clamorosamente. Tra spunti che potevano essere sviluppati m eglio, come la combinazione delle rune
per creare le magie, e difetti macroscopici nel sistema di controllo che non mancheranno di farvi ripetere lunghe
sessioni di gioco per esservi incastrati in un angolo mentre un mostro vi accarezza, ED non lascia un buon ricordo
di sé. In definitiva il titolo si lascia anche giocare, ma più che altro per la trama piacevole ed intrigante. Interessante anche la costruzione per episodi (memorabile quello di Alberto Angela nel tempio della Mongolia), ma anche
questa idea, forse, poteva essere sfruttata meglio.
Alla fine a restare nell’Eterna Oscurità è una qualsiasi motivazione per considerare ED un capolavoro. E’ un titolo al massimo piacevole, ma che ha più probabilità di darvi ai nervi se non sopportate più gli zombie, le barriere
magiche (scusate, magicke) e i soliti pianeti che si allineano sulla solita casa del terrore costruita sul solito cimitero indiano.
38
:RECENSIONI:
Ring#4
Reprise/Reborn_________________________
[Resident Evil Rebirth]
di Federico Res
________________Reprise
Oggi come sei anni
fa, Resident Evil o
lo si ama o lo si odia. Non esistono
mezze misure: chi
l’ha detestato nella sua forma
primigenia - quella per PSX potrebbe contra rre calcoli allo
stomaco avventura ndosi nell’
acquisto della versione Rebirth. E ci sono un mucchio di
ragioni perché le cose debbano
andare così...
Dal canto suo Capcom non si
smentisce, fedele alla pratica
del riciclo di vecchi canovacci
collaudati, dà alle stampe un
prodotto dal gameplay sosta nzialmente identico a quello della versione originale. Chris Redfield e Jill Valentine cadono
ancora prigionieri di Umbrella e
di un legnoso character relative
che oramai ha fatto la muffa,
con contorno di zombie putrescenti e comandi digitali univoci
e fessi. L’action/adventure si
sviluppa in lungo e in largo
presso i meandri dell’immortale
villa sita nelle Arklay Mountains, sorretto da un impianto
ludico fondato sull’esplorazione
e su sporadici combattimenti:
benché sia ora data la possibilità di utilizzare oggetti da difesa
- pugnali e punteruoli elettrificati - e sia possibile bruciare le
carcasse degli zombie con accendino e kerosene, l’iter tramite cui si sviluppa l’azione è
rimasto mestamente invariato.
Anche in quest’occasione Capcom glissa sulla necessità palpabile di un inventario illimitato, costringendo l’intera esperienza entro vincoli ben noti ad
ogni conoscitore della serie: più
che amplificare ansia e tensione, l’obbligo di trottare da un
baule all’altro per aggio rnare
l’inventario si fa portatore di
noia e frustrazione. Allo stesso
modo, i tanto odiati caricame nti-porta incidono sui nervi e sul-
la pazienza di chi proprio non
sopporta simili espedienti. Scelte, queste, che seguitano a rivelarsi dei discreti fallimenti.
Perché, a conti fatti, si tratta
dei difetti maggiori di RE: incaute incursioni in un realismo
pretestuoso e inutile...
_________________Reborn
Oggi come sei anni fa, Resident Evil o lo si ama o lo si odia. Chi ha venerato la ve rsione
originale potrebbe trovare in
Rebirth il senso ultimo della
propria esistenza. E c’è un
mucchio di ragioni perché le
cose debbano andare così...
Resident Evil su GameCube
è tanto quanto ci era stato
promesso: un ritorno alle orig ini. Il ritorno a un impianto emozionale strutturato secondo i
dettami di un cervello - quello
di Shinji Mikami - imbevuto di
gusto barocco/classicheggiante,
amore per l’arte e per la paura.
La volontà di Mikami di ricondurre la serie al suo antico
splendore, recuperando i tratti
salienti del survival horror, è
riuscita ad esprimersi al meglio: nei due mini DVD del gioco è impresso un concept assottigliato e banalizzato lungo
tre sequel e due generazioni di
console, un concept qui restituito ai fasti d’un tempo, con
l’inedita verve rappresentativa
del gioco-cubo Nintendo...
Ancora una volta, l’uso co mbinato di pre -renderizzato e r eal time è sfociato in un carattere visivo unico. Non v’è alcun
contrasto tra ciò che è polig onale e ciò che è bitmap; non
v’è discrepanza tra fondali inerti ed effetti di luce, rifrazioni,
dinamica dei fluidi sulle superfici liquide. L’orgia grafica allestita da Mikami è dannatamente
coerente, sbalorditiva. E, ancora una volta, è solo un tramite
che istilla vita ad uno splendido
39
Survival Horror
Genere:
Capcom
Etichetta:
Sviluppatore: Interno
Gamecube
Sistema:
1
Giocatori:
Versione:
PAL
Anno:
2002
meccanismo di terrore... e di
bellezza. Perché, come lungo
un filo teso da sei anni a questa
parte, in RE resiste il profo ndo
contrasto tra il culto del bello e
il culto dell’horror, quell’antico
contrasto smarrito fin dal secondo episodio della serie. Resiste, e rivive, in un teatro geograficamente ricostruito, ampliato, plasmato secondo una
squisita filosofia h itchcockiana.
Un teatro che sovente ricerca
un terrore psicologico piuttosto
che visivo, lungo anfratti desolati, claustrofobici, dove contrappunti dinamici di luce e
ombra amplificano miracolosamente un impatto emotivo senza eguali. Un teatro che si affida ad una narrazione dalle
trame slavate, urticanti, più vicine ai canovacci malati di Silent Hill che non ai raggiri planetari di Umbrella Corporation... e così capita di assistere
a brandelli di trama che scu otono più di quanto fa cciano
zombie e amenità varie, pur
nelle loro fogge perfette. E capita di bruciare non-morti sanguinolenti accanto a statue
marmoree e dipinti leonard eschi, capita di udire lamenti e
ululati bestiali sulle note della
sonata ‘Chiaro di Luna’ di Beethoven...
Resident Evil o lo si ama o
lo si odia. Oggi come sei anni
fa. Se ancora non fosse chiaro,
chi scrive se ne sta beato tra gli
avventori del primo gruppo.
Perché in Resident Evil Rebirth resiste - e rivive - il vero
survival horror. Terrificante. E
bellissimo.
:RECENSIONI:
Ring#4
Cronache della Battaglia del Superacciaio____
[Chookoo Senki Kikaioo]
di Amano76
"Da 2 a 8 anni"
_____________Poligonagai
Da piccolo mi costruivo le pistole col
Duplo. Tutto il resto, il rinculo, le
cartucce, i bersagli, me lo immaginavo da me. Partire da
qualcosa di essenziale e ideare
"altro" di più complesso nella
propria mente è un processo
logico comune in tutti i bambini, o almeno è l'obiettivo di
molti giochi d'infanzia. Poi si
cresce. Si perde un pò di capacità di immaginazione, e si acquista la necessità di colmare
quel vuoto con qualcosa di
sempre più dettagliato su cui
architettare le proprie le proprie fantasie.
Il dettaglio, però, ha dei limiti. Il primo dei quali è quello
visivo. Guardate questa foto…
…secondo voi cos'è? cocaina,
farina, o zucchero? senza alcun
tipo di informazione a riguardo,
è impossibile desumerlo a occhio.
Il secondo limite è quello figurativo. La riproduzione di un
elemento re ale attraverso il
tratto bidimensionale degli sprite o quello tridime nsionale dei
modelli poligonali comunica una
visione personalizzata della r ealtà: tanti più dettagli sono
presenti, tanto meno "stimola nte" sarà l'immagine finale.
Go Nagai disegnava con uno
stile che definire "bello" è impossibile per chiunque, eppure
dubito che si possa pensare a
un fumetto come Devilman illustrato in un modo dive rso:
quelle figure deformi, quelle
proporzioni
appro ssimative,
quelle tavole squallide con al
massimo due facce a vignetta
conteporaneamente, sono la
manifestazione lampante di come riprodurre qualcosa con la
minima fedeltà per i particolari,
o per i canoni precostituiti, stimoli l'immaginazione di chi vede in un modo meno immediato, ma valido a un livello forse
superiore a quello filiato da b arocche pretese di dettaglio.
Genere:
Etichetta:
Sviluppatore:
Sistema:
Giocatori:
Versione:
Picchiabomba
Capcom
Interno
Dreamcast
2 (da soli fa schifo)
Giapponese
Anno:
2000
cogliere con metodo appropriato le qualità estetiche dei ca rtoni robotici, definendo i mech
protagonisti con un numero esiguo di volumi che emula esteticamente la grana grossa dei
disegni di serie come Goldrake
o Mazinga.
E se questo non fosse sufficente, il sistema di combattimento alza la mano, sale in
cattedra, e dà una bella lezione
di stile.
___Perfettamente semplice
Ora, nessuno qui vuole avvalorare tesi retrograde stile "gli
sprite a 8-bit sono arte tutto il
resto è merda". Apprezzare Kikaioo non significa dover ammettere che una grafica antid iluviana sia la chiave di volta
della perfezione: semmai è
l'opportunità di riconoscere come non necessariamente riprodurre un immagine in modo
complesso sia un requisito indispensabile per ottenere un
coinvolgimento visivo s uperiore
alla norma. Il concetto sarà forse avezzo ai fanatici del pixel,
ma raramente è stato visto estendersi alla riproduzione tridimensionale, e Kikaioo è un
ottima opportunità per sollevare la discussione.
Perchè il motore grafico del
gioco Capcom non solo ha una
miracolosa efficacia di calcolo 1,
ma possiede anche una funzionalità espressiva che con quattro poligoni e due texture fa del
proprio difetto una virtù. Kikaioo è un gioco per fan di animazione, ma non per questo
si limita a scimmiottare clichè e
luoghi comuni: del tutto involontariamente, riesce anche a
40
________Here we go, now:
kick, punch, block
Come in ambito tecnico, con i
suoi squadrati para llelepipedi
presi di peso da una scatola di
Duplo, anche in ambito tattico il
gioco si mostra altrettanto
semplicemente delineato quanto ricco di spigoli.
I colpi sono basati sull'onnipresente concetto della morra
cinese 2: ogni attacco ha un co rrispettivo che lo neutralizza,
uno che lo controbatte, e uno
che comporta subire in pieno il
danno inflitto. Un sistema elementare, ma capace di offrire
un equilibrio consistente nonchè, grazie ad una rosa di colpi
sostanziosa, permettere la pratica di multiple strategie offensive. Inoltre salvo un paio di
"sviste" piuttosto clamorose 3,
sono assolutamente assenti le
juggle interminabili, le combo
senza limite, e le mosse che
:RECENSIONI:
anticipano
categoricamente
qualsiasi altra, viste in tanti
picchiaduro bidimensionali e
tridimensionali; mentre un importanza n otevole è stata data
allo spostamento, che può essere effettuato in ogni direzione
senza alcuna limitazione. Il te rreno di gioco è infatti cosparso
di edifici che, se distrutti, rilasciano armi aggiuntive e pote nziamenti in grado di invertire le
sorti di un incontro: questo a ggiunge un fattore di casualità
all'economia strategica che rende imprevedibili anche i faccia a
faccia più bilanciati, e allo stesso tempo riscuote dalla monotonia tattica che il movimento
ha nella maggior parte dei picchiaduro. Escluso il goffo sistema di presa, la meccanica di
di combattimento di Kikaioo è
ineccepibile.
A risaltare più di ogni cosa,
comunque, sono i formidabili
Final Attack, colpi conclusivi ripresi con inquadrature dinamiche e coinvolgenti. Alla stregua
di un vero epis odio di una serie
televisiva qualsiasi, queste
mosse letali possono essere e ffettuate solo al termine di un
combattimento, quando l'a vversario è ormai in fin di vita:
anche in questo caso la fedeltà
ai clichè dei cartoni robotici è
esemplare quanto ridicola, con
mech che compiono letali attacchi a trivella, altri che incidono una pacchiana V in mezzo
agli avversari, altri ancora che
lanciano il nemico nello spazio
e lo fanno esplodere, sino ai
vertici di follia inaudita raggiunti dal Bolon, che invita gli avversari a casa e gli offre il thè
poco prima di farli fuori, o da
Diana 17, che conclude il combattimento dando una culata
letale ai suoi contendenti. Effettuare un Final Attack batte ogni
forma di soddisfazione descrivibile. Per un appassionato almeno....
Ring#4
__________Kawamorologia
Valore aggiu nto a queste qualità, che altro non s ono se non il
corredo genetico tramandato
dal cabinato originale 4, è lo
Story Mode appositamente id eato per Dreamcast, in cui l'estro di Shoji Kawamori5 si
spande in ogni direzione, coprendo trent'anni di animazione
robotica in un saliescendi continuo dalla citazione alla presa in
giro. Passato attraverso ogni
genere di ruolo nel campo dei
cartoni, Kawamori ha riversato
la sua decennale esperienza
nell'ideazione di un cast che fa
il verso ai capostipite della cu ltura animata: Evangelion, Votoms, Macross, Mazinger, Gundam, Ultraman, Patlabor, e tanti altri proposti attraverso più di
venti storyline individuali, ciascuna con diramazioni specifiche e suddivisa in puntate vere
e proprie. Un gioco di rimandi
che amplifica il divertimento
prodotto da una modalità all'a ltra, coinvolgendo non solo la
caratterizzazione ma anche
l'impiego strategico. Completamente doppiato, lo story m ode riassume, sbeffeggia, e ra cconta allo stesso te mpo. Non
che ci volesse un genio: i ca rtoni robotici, sotto tanti aspetti,
si somigliano praticamente tutti... una volta fatte le debite
eccezioni6. Ma grazie a tutti
questi valori Kikaioo riesce a
indirizzarsi su binari propri, fascinando come se il gioco ste sso fosse l'erede legittimo di una
trasmissione a tutti gli effetti, e
non un figlio bastardo di 300
padri diversi (analogia ancora
più azzeccata se si pensa alla
tendenze puttanesche di Capcom, a conti fatti l'unica software house giapponese di prestigio che produce giochi per
qualsiasi console esistente). A
clamoroso manifesto di queste
intenzioni, e della cura rivers ata sul prodotto, si presentano la
splendida introduzione a cartoni, annunciata dalle "classiche"
avvertenze di rito televis ive 7, e
la maestosa enciclopedia del
gioco, il Tatsumi technodome;
prove incontestabili di come
dietro un poligono squallido si
possano nascondere tesori ce-
41
lati all'occhio ma evidenti a chi
è in grado di concedersi l'entusiasmo ingenuo della passione.
___Semplicemente perfetto
In piedi, idioti, che parlo io.
Ci sono giochi che nascono
per pochi, e tra quei pochi si
MERITANO di rimanere. Chookoo Senki Kikaioo ha il fascino irripetibile di titoli come Yu
Yu Hakusho -Makyoo Tooitsu Sen-8: un risultato insieme
volontario e involontario di programmatori che, dovendo edificare su un terreno aspro, hanno preso un ostacolo scomodo
e ne hanno fatto la pietra angolare su cui è stato costru ito un
monumento di carisma e bilanciamento. Come direbbe quel
viscido pezzo di merda di Stan
Lee: Excelsior!
PS: a proposito: era cocaina,
me l'ha regalata zio Pedro per
Natale
__________________Note
[1 – l'azione è sempre seguita
chiaramente, anche quando la
telecamera "sceglie" inquadrature dra mmatiche ravvicinate,
e non si nota un rallentame nto
che sia uno]
[2 – gioco panasiatico il cui concetto di fondo è alla base del
50% dei picchiaduro in circolazione (Virtua Fighter, Tobal, Street Fighter II, Soul
Calibur 2). Nato come il gioco
dei bambini poveri per ecce llenza (b asta avere almeno una
mano con tutte e cinque le dita
e via) è diventato un vero e
proprio gioco d'a zzardo in Cambogia e Laos, in cui esiste la
frase fatta "ma dove hai preso
quella cozza di tua moglie? l'hai
vinta a morra cinese?"]
:RECENSIONI:
[3 – il Dixen può effettuare una
juggle praticamente infinita,
che tiene l'avversario in aria
finchè il giocatore non si sta nca
di se stesso. Il Bloodia è i nvece
dotato di un calcio volante che
non ha tempi morti, che segue
l'avversario, e che causa danni
ingenti all'armatura e all'energia vitale: potenziato da un a ttack-up può vincere un intero
round con soli tre colpi. Si tratta comunque di due mosse che
posso essere facilmente aggirate dai giocatori più esperti.]
[4 – pubblicato nel 1994; un
fossile. La grafica era ancora
peggio di quella per la versione
su console Sega.]
Ring#4
[5 – mech designer storico di
Chojiku Yoosai Macross (prima
parte di Robotech da noi) e regista di molti degli spin-off successivi della serie.]
[6 – si veda l'indepth sul pro ssimo numero di Ring per approfondimenti circa citazioni e
meccanica di gioco.]
[7 – dopo la controversa vice nda Pokemon, quella dei ragazzini con attacchi epilettici per
via degli occhi psichedelici del
bastardissimo Pikachu, ha fatto
la sua apparizione all'inizio di
tutti i programmi a cartoni animati la seguente scritta: "si
prega di t enersi a distanza dallo
schermo e illuminare a giorno
la stanza in cui si assiste alla
visione"]
[8 – titolo Treasure per Me gadrive considerato, a r agione,
un picchiaduro bidime nsionale
dotato di bilanciamento e strategia sorprendenti. Secondo la
stessa ammissione del team di
sviluppo, è stato realizzato con
una tale fretta che le sue qualità, per quanto ecce llenti, non
sono state altro se non il paradossale frutto del caso. Sul
mercato dell'usato è valutato
sui 9'800 yen: 3000 yen in più
del costo medio di un gioco per
Ps2. ]
Ride the Lightning_______________________
[Soul Calibur II]
di Amano76
"Io sono la gomma tu la colla"
Guybrush Threepwood, da Monkey Island
Si dice che un fulmine non colp isce mai
due volte nello ste sso punto. A parte
che nessun co ndannato alla sedia ele ttrica s arebbe
d'accordo (muhahahahaha) ma
è anche vero che esiste un altro
adagio secondo il quale "l'eccezione confe rma la regola". Per il
resto ciò che si può rimprovevare ai suoi autori è che quanto
questo gioco ha di straordinario
è tutta farina del sacco del predecessore, e che l'innovazione,
per quei fessi che hanno bisogno
di queste cose, è povera.
Kurt Kobain. Si è
sparato in bocca
perchè non si
sentiva più innovativo
_________Copertina e retro
Se c'è una presentazione, io
non ne ho visto nemmeno un
fotogramma. I finali invece sono realizzati alla stregua di
Soul Calibur per Dreamcast
(SC a seguire), con immagini
seppia. Gli scontri con i sottoboss hanno dialoghi preliminari
più lunghi rispetto al paio di
frasi nel primo capitolo, perciò
è lecito sperare che, vista la
quantità mostruosa di doppia ggio, per le edizioni casalinghe
Namco realizzi uno story mode/mission mode della stessa
portata di Soul Edge.
___Another brick in the wall
Mah; dopo aver visto Tekken 4
(T4 a seguire) e Dead or alive
3 (Doa3 a seguire) non sono
rimasto granchè sorpreso dall'aspetto del gioco. Di sicuro i
tecnofili riusciranno a trovarci
effetti particolari e chissà quali
trovate invisibili ai miei occhi
profani, ma tutto quello che
posso dire dal canto mio è che
graficamente non c'è nulla di
eccezionale. Sosta nzialmente
42
Genere:
Picchiaduro
Namco
Etichetta:
Sviluppatore: Interno
System 246
Sistema:
2
Giocatori:
Versione:
Giapponese
Anno:
2002
gli stage sono rimasti tali e
quali all' impostazione adottata
in SC: larghi, con trascurabili
variazioni di grandezza delle
superfici, per la maggior parte
fatti in modo da favorire più i
ring out che non gli intrappolamenti al muro. E qui faccio la
felicità di chi temeva il peggio:
intrappolare al muro è praticamente impossibile, dato che
quando ci si trova co ntro uno di
essi si possono effettuare, oltre
ai colpi ordinari, ben quattro
mosse evasive. Tutta l'utilità di
questa introduzione sta nel fa tto che è meno facile riuscire a
sfuggire alle juggle 1 quando ci
si trova accanto alle pareti d egli
stage, fine.
La sensazione di coinvolgimento degli ambienti alla T4 o,
:RECENSIONI:
a maggior ragione, alla Doa3,
manca completame nte: non ci
sono oggetti con cui i nteragire,
né spettatori, né ostacoli naturali. Inoltre nonostante alcuni
fondali siano particola rmente e vocativi (quello dei mulini a
vento e la cattedrale col soffitto
sfasciato) TUTTI gli altri sono
copiatissimi da SC, specie quello di Cassandra (l'unica differenza con quello della s orella è
che c'è una statua in mezzo al
pavimento), e danno un sensazione di già visto che dopo p oche partite sposta tutta l'atte nzione sui personaggi.
___L'esorcista 5: il poligono
parlante
Molto belli i protagonisti, nonostante valga quanto già è stato
detto all'inzio: graficamente
niente di che. In sostanza s ono
stati aggiunti poligoni, aume ntate texture, e lì finisce. Ecco
che succede quando non puoi
usare le schede grafiche della
tua maggiore concorrente (chi
deve capire, capirà.......).
Notevole invece il lavoro su
costumi, motion capture e doppiaggio. Piange il cuore al ricordo di alcuni abiti in SC (specie quello "alla Grifis" di Cervantes, volatilizzato) tuttavia
quelli nuovi colmano il vuoto a
dovere. Lo stile di fondo è lo
stesso dei costumi nel ca pitolo
precedente, e con l'a umento
del dettaglio grafico la resa finale è ancora più epica di prima, tanto che vestiti, armature,
e pendenti non appaiono sta ccati dal corpo come nel precedessore ma verosimilmente aderenti e semoventi. Il motion
capture è s tato rivisto per alcuni personaggi e rifatto da zero
per altri (Yoshimitsu, legnosissimo nel primo capitolo, forse
perchè preso pari pari da Tekken Tag Tournament, ha ora
movimenti fluidi quanto quelli
Ring#4
degli avversari) come ovviamente anche per i nuovi arrivati. Le voci, già presenti in gran
quantità in SC, sono ora aumentate a livelli spropositati:
ogni personaggio ha qualcosa
come 10 animazioni e frasi introduttive, più 20 animazioni e
frasi conclusive, e non parlo di
cose tipo "uaya!" "uargh!" o
"yeaaah" alla Tekken o alla
Virtua Fighter, ma frasi vere e
proprie, recitate con espansiva
mimica facciale e del corpo.
Aggiunteci le quattro battute
che i personaggi recitano quando sono scelti nelle schermate
di selezione, più altre quattro
quando nell'animazio ne precedente alla presentazione dello
stage appaiono a mezzo b usto
sullo schermo, e in pratica si
finisce con la possibilità di farli
parlare proprio, tipo : ora tocca
me (selezione) vedrai cosa ti
combino (mezzo busto) l'energia scorre potente in me (introduzione) hai visto? non temo
nessuno (finale). Esempi pacchiani, mea culpa, tuttavia una
volta imparate le combinazioni
di tasti giusti si possono ottenere risultati molto cinematografici . Meraviglioso.
pose e battute di Taki; ce
ne sono altrettante per ogni personaggio
__________Voglio sbatterti
In ambito collisioni ci sono state lievi evoluzioni. Non che ci
fosse molto da migliorare, tuttavia è stata data maggiore a ttenzione alle animazioni dei
colpi inferti e una maggiore
precisione nel raggio d'azione
delle armi (sia Shang Fua che
Hwang/Yunsung nel primo SC
sembrava riuscissero a colpire
più lontano di quanto non facessero i colpi effettivi, in SCII
non capita mai) tanto che pur
avendo visto centinaia di r eplay
43
non ho notato nulla di eclata nte. A proposito di replay, la g estione è fortunatamente rimasta tale e quale a quella del
precedessore su Dreamcast,
con l'aggiunta benvenuta di i nquadrature che sfumano una
sull'altra e di poter controllare i
movimenti di camera anche
quando un incontro viene perso.
Per il resto i personaggi subiscono i colpi con animazioni di
sofferenza davvero gustose,
anche perchè la quantità di p osture "doloranti" è stata aumentata. Rigidi invece i movimenti compiuti durante le juggle e gli atterramenti, indizio
che segnala come i progra mmatori, per l'ennesima volta,
non si siano sforzati più di ta nto per trovare un compromesso
grafico che valorizzi la spettacolarità scenica delle combo a eree (con un avversario che s ubisca in modo "fisico" i colpi)
senza sacrificare per questo
l'immediatezza di gioco: i personaggi restano quasi sempre
in posizione fissa, pur riceve ndo colpi dal basso che dovrebbe
piegarli in due come una
sdraio, e l'effetto risulta meno
drammatico di come potrebbe.
A ogni buon conto siamo pur
sempre al di sopra di altri principi del picchiaduro come Virtua Fighter 4 (Vf4 a seguire)
e T4, che offrono un numero di
animazioni aeree ben più rigide
ed esigue.
________Supposte infernali
L'unica pecca grafica del gioco,
ma anche strutturale, e sopra ttutto la più grossa opera di
maldestria che abbia mai visto
fare nella programmazione di
un picchiaduro, è lo stage finale. Roba veramente madorn ale.
Nel combattimento conclusivo
si affronta, come al solito, Inferno, in mezzo ad uno spaziotempo parallelo sul cui pavimento sono presenti piccole
fiamme. Ebbene quando il boss
riceve dei danni le fiamme crescono di intensità, e la cazzata
è che ad un certo punto nascondono totalmente i personaggi, costringendo a colpire (inutilmente) alla cieca. Come se
:RECENSIONI:
non bastasse Inferno va battuto nell'arco di un solo round,
durante il quale si rigenera per
due volte quando arriva a metà
della barra vitale, ca mbiando
oltretutto l'arma che utilizzava
sino a prima: dato che il giocatore non si ristabilisce dal danno subito fin o a quel momento,
e che l'intelligenza artificiale
seleziona sempre le armi più
efficaci contro il personaggio
del giocatore, lo stage conclusivo risulta fastidiosamente difficile. Niente di insuperabile (l'intelligenza artificiale è inesiste nte, nonostante sia abbastanza
varia nel selezionare gli atta cchi e faccia parecchie finte) ma
quando si perde lo si fa immeritatamente, e non si può continuare. Non è una bella cosa.
__________Talloni di Troia,
cavalli d'Achille
Anzitutto l'aumento di velocità
millantato da IGN è una balla.
Sempliceme nte è stato data più
enfasi al "peso", per cui pers onaggi grandi come Astaroth s ono diventati notevo lmente più
lenti e quelli più magrolini,
quando si trovano contro Astaroth e simili, sembrano ancora
più rapidi. Niente di straordin ario. È una caratteristica che
coinvolge solo la qualità di attacco durante l'8 -way-run2 e
non implica una maggiore o
minore velocità nel corpo a
corpo, che è rimasto tale e
quale a prima (non rapidissimo,
e centrato sul me ttere a segno
colpi singoli al posto delle
combo o delle ju ggle).
Ring#4
Per quanto riguarda il parco
mosse non ci sono stati grossi
cambiamenti, quasi tutti i personaggi si usano nello stesso
modo, tranne Ivy e Kilik. Ad
Ivy hanno tolto la p osizione con
la spada a frusta e le combo
collegate: alla stregua di Siegfried o Nightmare alcune mosse possono ora essere prolu ngate per cambiare la postura
con cui si imbraccia l'arma, e
solo uscendo da quelle posizioni
si possono effettuare colpi in
sequenza; un aggiunta notevole, dato che la troia era fin
troppo potente sia negli atta cchi ravvicinati che in quelli a
distanza, mentre ora è più le nta e si scopre più facilme nte. Di
Kilik invece hanno tolto l'imparabile bastarda (in sostanza,
dopo una certa juggle Kilik p oteva eseguire un’impara bile
impossibile da e ssere evitata),
e hanno aggiunto una quantità
mostruosa di mosse che evadono e colp iscono a seguire,
mentre sono state velocizzate
quelle che respingevano automaticamente i colpi avversari
(il bastone di Kilik, indistruttibile, nel caso di alcune mosse e seguiva movimenti di preparazione dura nte i quali respingeva
automaticamente i colpi inferti,
eseguendo cioè un guard
impact 3 diretto).
Circa i nuovi arrivati, Cassandra è praticamente identica alla
sorella, mentre abbastanza
particolari sono Tarim e Raphael. Tarim è un personaggio
complesso da usare perchè non
ha mosse potenti e quindi deve
sempre ce rcare gli spazi per le
juggle: dato che le armi che ha
sono corte, bisogna evitare i
colpi con gli step-in 4, lanciare in
aria gli a vversari ed eseguire le
juggle, e non è affatto una
meccanica facile da performare
ogni s acrosanta volta. Raphael
è molto potente nei contratta cchi, ed ha un allungo formidabile (rapido e estesissimo). Le
sue juggle fanno cagare, ed è
praticame nte impossibile che
riesca a lanciare qualcuno fuori
dal ring, ma se si gioca sulla
difensiva sono cazzi per l'a vversario, perchè non ha tempi
morti né all'inizio dei colpi né
alla fine.
Indeboliti fortunatamente sia
44
Nightmare e Cervantes, che r estano comunque personaggi
molto immediati. Potenziati all'
inverosimile gli attacchi di Taki,
che con i colpi in corsa leva
davvero troppo.
Le finte e le mosse cancellabili5 non sono aumentate di
numero: ne hanno tolte a lcune
e ne hanno aggiunte a ltre, ma
in generale la quantità è rimasta la stessa per ciascun pers onaggio. Ne sono state a ggiunte
di più solo a Mitsurugi, che comunque in passato non ne aveva nemmeno una. Molte imparabili di Astaroth, infine, sono
state tolte (a ragione, ne aveva
veramente troppe).
___________Anime canore
Sorry, ma il volume della sala
giochi è troppo alto per sentirci
qualcosa. Non so proprio d ire.
_____La favola del vichingo
intelligente
Una notevole aggiunta di cui fa
sfoggio SCII è una modalità, la
Conquest, che ha alla base il
concetto di quella chiamata Artificial Intelligence in Vf4. In
parole povere, quando si partecipa per la prima volta si registra il nome del proprio pers onaggio e una password (da inserire quando si vorrà riprendere una partita lasciata in s ospeso), dopodichè appare una
mappa con 4 eserciti (prestabiliti) e il giocatore deve indicare
con quale schierare il proprio
alter-ego. A questo punto si deve scegliere una delle tre forze
rimaste e combattere contro di
essa: ogni esercito conta una
diversa quantità di unità (che
ancora non ho capito da cosa
cazzo sia defin ita) e tra di essi
la cpu ne seleziona 8 a caso
con cui far scontrare il giocatore, che può scegliere solo il 9°
e ultimo con cui combattere.
Una volta concluso il procedimento iniziale ci si cimenta negli incontri, da un round solta nto, indipendentemente dal fatto
che si vinca o si perda, e dopo
ciascun faccia a faccia viene
mostrata la tabella delle statiche del personaggio controllato
:RECENSIONI:
(che in sostanza indica la tip ologia di combattimento adottata
dal giocatore, se è difensiva o
aggressiva, se è centrata sulle
prese o le ju ggle etc). Con il 9°
incontro, la partita finisce: la
somma delle performance viene
registrata dall'intelligenza artificiale e quando altri utenti partecipano al co nquest mode, la
CPU emula lo stile di combattimento del giocatore in base alle
statistiche che ha rivelato durante gli scontri precedenti. In
sostanza questa opzione è un
immenso database di pers onaggi che reagiscono secondo
intelligenze artificiali specifiche,
e si vede: l'impressione non è
esattamente quella di giocare
contro un avversario umano,
ma durante la modalità Conquest c'è una naturalezza molto
affascinante nelle azioni e re azioni della CPU che nell' Arcade
e nella Survival proprio non si
prova. Molto simpatica poi la
classificazione in rank dei partecipanti: il primo titolo indica
da quanto si è imbattuti (da
platinum a bronze) il secondo
quanti combattimenti si è fatti,
e il terzo quanti se ne è vinti, e
così ci si ritrova con nomi alla
Manowar tipo: Bronze Peasant
of the Ma nticore o Silver Captain of Gargoyle o Gold Ove rlord of Minotaur ^_^ muhahahaha, bellissimo!. Inutile dire
che VOGLIO assolutamente
quest’opzione nelle versioni casalinghe.
____Le parole non servono,
l'importante è la mazza
Un successo annunciato (almeno qualitativamente) che le recenti conversioni a 128-bit propongono di esaltare e rovinare
al tempo stesso. Da un lato
l'aggiunta di personaggi segreti, un mission mode titanico
quanto quello di Soul Edge, e
la collaborazione con il Lucas
Ring#4
dei fumetti ame ricani, Todd
McFarlane (è una mia impressione o quest'uomo è sul punto
di dominare il mondo?). Dall'altro la presenza stessa di
Spawn, Link ed Heihachi, che
potre bbe mandare in pezzi il bilanciamento dell'arcade, costruito secondo molta cura d opo gli errori commessi nel primo capitolo, con uno Spawn
che sembra immune alle juggle
(può restare sospeso in aria) e
in più prono allo smanettame nto, un Heihachi che è l'unico a
poter compiere combo da dieci
colpi, e un Link che forse è
quello meno fuoriposto di tutti
ma che possiede a suo vanta ggio arco e frecce (basta farle un
pò troppo veloci e si finirà con
Link che bersaglia dalla dista nza senza poter essere avvicinato).
__________________Note
[1 – combo aeree. In SC sono
l'unico tipo di combo che non
possono essere interrotte, e per
questo le più letali e importa nti.]
[2 – movimento in otto direzioni. In SC ci sono tre tipi di colpi: dall'alto verso il basso (ve rticali), circolari, in movimento.
Qualsiasi colpo della prima categoria può essere evitato semplicemente spostandosi in una
delle 8 direzioni possibili. A differenza del 99% dei picchiaduro, il movimento in SC è un
preciso fattore strategico. E'
fondamentale per evadere dai
raggi d'azione degli avversari, o
per adeguarsi a quelli delle a rmi del guerriero che si impersona.]
[3 – un effetto di rimbalzo, che
si verifica quando due armi co lpiscono conteporaneame nte.
Può essere a ccidentale, ma può
anche essere effettuato scie ntemente premendo il tasto di
guardia al momento giusto.]
[4 – scatto in una delle 8 direzioni. In sostanza mentre in
tutti gli altri picchiaduro si schiva su due lati soltanto, in SC si
può in ogni verso.]
L'arcade in sé è meraviglioso,
e chi ha vissuto l'esperienza di
Soul Calibur su Dreamcast
non rimarrà deluso. Qualche
rammarico invece per la qualità
tecnica, ma soprattutto per la
progettazione del livello conclusivo, una vera bomba a mano
nel retto. Non fosse stato per il
migliorato equilibrio tattico,
questo nuovo capitolo si sare bbe rivelato, paradossalme nte,
peggiore del precedente.
45
[5 – premendo il tasto di guardia si possono interrompere i
movimenti più ampi, lasciandoli
a metà. Da qui si possono te ntare prese, infliggere colpi rapidi che sorprendano l'avversario
eccetera. Anche questo un aspetto in cui SC eccelle e che in
qualsiasi altro picchiaduro tridime nsionale, Virtua Fighter
più di tutti, è garantito per un
numero notevolmente ristretto
di mosse.]
:RECENSIONI:
Ring#4
Per una cultura dei Videogames…___________
[…teoria e prassi del videogiocare]
di Paolo “Jumpman” Ruffino
Quello che si propone
di fare questo libro è
“analizzare in modo
sistematico e rigoroso
il fenomeno del videogame, creare un v ocabolario comune, individuare e sciogliere i principali nodi di discussione, con approcci che spa-ziano dalla semiotica
all’antro-pologia, dai cultural studies alla sociologia”. Così Matteo
Bittanti introduce questa raccolta
di saggi che, è bene dirlo sin da s ubito, non riesce nel suo obiettivo.
Non per demerito dei suoi autori,
ma per l’evidente impossibilità di
esaurire un discorso così vasto in
poche pagine. Quello che fa Per
una cultura dei videogames è anzi
aumentare i “nodi di discussione”,
creandone di nuovi e ancora più
intricati. Perché, ed è chiaro già dal
titolo, non può esistere una “Teoria” del videogioco, ma solo delle
teorie che variano a seconda delle
conoscenze utilizzate per analizzare
il fenomeno.
E così ci ritroviamo con un grande mal di testa ma anche un bel
sorriso sulle labbra, perché se c’è
qualcuno che alla fine ne esce vincitore è il videogioco stesso, nella
sua incredibile complessità, nella
sua ne-cessità di essere studiato.
Dopo l’introduzione di Matteo
Bittanti (forse l’unico a non aver
bisogno di introduzioni) ci troviamo
di fronte ad un vero e proprio tutorial a cura di Francesco Alinovi,
docente di Game Design al NABA di
Milano e editor di Xbox Magazine
Uffi-ciale. Invece di dilungarsi in
una banale presentazione del videogioco per chi non ha mai visto S uper Mario nemmanco in foto, Alinovi decostruisce il mezzo videogioco ed offre spunti di riflessione
anche per i giocatori esperti. Insomma, un tutorial abbastanza anomalo perché è già su un livello di
difficoltà medio alto. E’ Ivan Fulco
a continuare questa opera di demolizione del videogioco, stavolta spostandosi su quella che lui chiama
“pulsione ludica”. Fulco , esperto
giornalista videoludico, cerca di
spiegare quelle che, con una certa
approssimazione, vengono solitamente chiamate “meccaniche di
gioco”. Con il terzo livello, ad opera
di Bruno Fraschini, si fa ancora
più sul serio. Tra Huizinga, Lèvy e
Caillois il prode Fraschini, anche
lui docente presso il NABA, tratta
alcuni dei temi più scottanti della
questione videogioco: lo “stordimento sensoriale”, l’identifica-zione
del videoplayer con il suo simulacro
e il concetto di “protesi digitale”.
Carlo Molina, poeta, studioso di
semiotica e, soprattutto, videogiocatore, a-nalizza la fruizione dei
single player games, il m odo in cui
il giocatore interagisce con il software, arrivando a scoprire che il
videogioco non può rientrare negli
studi fatti finora sulla narratologia.
Il quinto livello è firmato da Andrea Babich, giornalista di videogiochi dai tempi di... beh, da parecchio ^_^. Babich si interroga sul
retrogaming e, più in generale, sui
modi di preservazione dei videogiochi. Dopo aver esposto alcune c aratteristiche del fenomeno ed i problemi tecnici che emergono con
l’emulazione, passa a descriv ere il
caso M.A.M.E. Vero e proprio Final
Boss è il saggio di Matteo Bittanti.
Invece di andare “dentro” il videogioco Bittanti va volutamente
“Fuori Gioco” per dare uno sguardo
a come le altre forme di espressione artistica sono state influenzate .
Letteratura, pittura, net-art: nessuno è stato insensibile ai videogames e alla loro diffusione. In
particolare Bittanti si concentra su
Miltos Manetas, John Haddock
ed Enrico Mitrovich, tre artisti dichiaratamente “videoludici”. E proprio di Miltos Manetas è il livello
conclusivo, breve ma denso di significato. In un dialogo immaginario l’artista traccia un intelligente
collegamento tra videogames ed
arte contemporanea.
Il livello di difficoltà abbastanza
elevato non permette di consigliare
questo libro a chiunque. E’ un testo
universitario, che non esita a citare
studiosi che potrebbero non e ssere
familiari a tutti, ma è anche un testo obbligatorio per tutti quelli che
hanno voglia di leggere qualcosa di
veramente interessante sui videogiochi. Per una cultura dei videogames ha il grande merito di non
rivolgersi a chi non conosce i videogiochi. E’ un merito perché un s imile approccio ha trasformato molti
testi in delle analisi semplicistiche,
mentre questa raccolta non cade
mai nel ba-nale. L’ingresso dei game studies nelle università italiane
sta già producendo i suoi risultati:
si sentiva il bisogno di un approfondimento di natura accademica
46
Genere:
Leggi&sfoglia
Etichetta:
Unicopli
Sviluppatore:
Sistema:
Giocatori:
Versione:
AA.VV.
Carta
1
Anno:
2002
www.edizioniunicopli.it
Italiana
su tutte le questioni che sono emerse dall’arrivo dei v ideogiochi ad
oggi. Per un cultura dei videogames, come detto in apertura, non
esaurisce nessun discorso, anzi forse ne apre soltanto di nuovi. E tutti
questi interrogativi che continuano
a frullarci in testa forse non troveranno mai risposta, forse è meglio
accendere la console e non pensarci più, forse sono solo masturbazioni mentali di chi non vuole ammettere che sono solo giochini.
Sarà quel che vi pare, ma se è
vero che quando si è innamorati di
qualcuno si è spinti a conoscerlo, a
capirlo, noi, innamorati del videogioco, non possiamo proprio fare a
meno di distogliere lo sguardo, non
possiamo risparmiarci dallo studiare la sua storia, dal capire come
funziona, e cos’è che ci attira tanto.
Buon divertimento, buona lettura.
:TESORI SEPOLTI:
Ring#4
For Megadrivers Custom
________ _
[Dynamite Headdy & Alien Soldier]
di Federico Res
“Now is time to the 68000 heart on fire!”
Alien Soldier
Nella nutrita ludografia del
grande team nipponico i pezzi
da novanta si sprecano. Nel
corso degli anni Treasure ha
dimostrato di saper conservare
la freschezza e la genialità che
hanno sempre distinto i suoi
prodotti, riuscendo a pubblicare
un’opera magna come Ikaruga
su una console commercialmente – commercialmente –
morta e sepolta come DC. Dall’
epoca di McDonald’s Treasure Land (MD) la ciurma del tesoro ne ha fatta, di strada: in
varie occasioni è riuscita a imporre il proprio genio a pubblico
e critica (Gunstar Heroes, Radiant Silvergun), in altre ha
mancato l’appuntamento col
business ma certo non quello
con la qualità. E noi siamo qui
per questo: per render giustizia
a due titoli snobbati dai più ai
tempi che furono. Il primo,
Dynamite Headdy , è un dannato compendio di comicità dissacrante, esageratamente nipponica, e insieme monolite di
un approccio al platform unico
e irripetibile. Il secondo, Alien
Soldier, è l’apoteosi dell’action
game espressa in due parole
anonime quanto la noia. Nell’anima di entrambi si agita lo
spunto creativo e la tendenziale
bastardaggine di un game design unico al mondo…
___Che cos’è un ‘Platform’?
Chiedetelo a Headdy ‘Testa di
tritolo’. Chiedetelo a quell’inclassificabile animaletto che la
testa la sa usare bene: anche
se non può rispondervi verbalmente, cercherà di spiegarsi sul
palco del gigantesco baraccone
allestito da Treasure. Un palco
dove è di scena il talento, l’anticonformismo, la sperime ntazione. DH è imbottito di comicità, bulloni, intuizioni impeccabi-
li, dadi, viti e cardini. L’intero
universo di Headdy è una finzione, l’ostentazione di una
comicità ai ilmiti del triviale –
nell’ottica occidentale – e insieme la rappresentazione dell’
orgoglio di Treasure: siamo i
migliori e lo sappiamo, sembrano dichiarare con malcelata
spocchia. E noi non ce la sentiamo proprio di biasimarli...
Meccanismi cardine.
Al pari di altre opere Treasure, DH è costruito sulla spinta
di un’intuizione peculiare. L’ossatura del gameplay è fo ndata
sull’identificazione crapa/strumenti, un’equazione espressa
fin dal titolo. DH è un platform
che si gioca a craniate, nel senso più fisico del termine: Treasure dota il protagonista – e
dunque il giocatore – di un unico strumento offerto in fogge
molteplici. L’intero peregrinare
di Headdy è subordinato al s apiente uso della sua testa. In
DH non si distruggono i nemici
saltandoci sopra, non si sfo ndano muri schizzando a v elocità
warp, non si raccattano upgrade producendosi in improbabili
planate. In DH si fa tutto con la
testa. E se vi sembra una cosa
stupida, tacete. Ché i coder di
Treasure sono lì apposta per
farci cambiare idea… in progressione DH offre un campionario di ‘teste’ differenti per
fogge e implicazioni. Headdy è
in grado di montare sul collo
teste -martello, teste -aspirapolvere, teste chiodate, teste esplosive e rimpicciolenti. E,
sempre in progressione, il level
design propone una quantità
soverchiante di contesti, ponendo Headdy a fronteggiare
difficoltà che solo il ricorso alla
giusta ‘testa’ permette di superare. Ma l’inventiva di Treasure
non finisce certo qui…
47
Sperimentazione spaziale.
Sul palco di DH è in scena la
sperimentazione, si diceva.
Sperimentazione cranica, come
abbiamo appena visto, e sperimentazione spaziale. Accanto
all’equazione crapa=strumenti
si pone l’esclusiva concezione
dimensionale dei coder nipponici. E’ palese l’affezione alle due
dimensioni – ribadita dai co ncept di Radiant Silvergun e
Ikaruga – ma è altresì evidente la volontà di manipolare le
due dimensioni per o ttenere un
impianto inedito: DH inaugura
su MD la filosofia del 2d travestito da 3d. E pure del 3d travestito da 2d, all’occorrenza…
Lungo i molti livelli di gioco
Treasure dipinge cambi prospettici, zoomate e rotazioni
tecnicamente validissime, in
grado di regalare l’illusione di
profondità in un bitmap quanto
mai fumettoso. Lo splendido
boss Spinderella (foto A e B) ne
è un esempio eclata nte…
a
b
Muovere Headdy verso una
delle due direzioni consentite (destra e sinistra) comporta la rotazione del boss e
rivela il suo punto debole
(nascosto in entrambe le
immagini).
Quello che i primi platform
della ‘3D generation’ si vantavano d’aver introdotto (cioè la
:TESORI SEPOLTI:
persistenza di meccaniche duedì in anfratti vettorialmente tridimensionali) Dynamite Headdy lo faceva già sul vetusto
68000 del MD. E lo faceva p ure
bene…
Collasso dell’impianto basico. Avvento della difficoltà
assoluta.
Dynamite Headdy contiene
una quantità di spunti e intuizioni da far invidia alle più
grosse produzioni genesiane.
Ma ciò non implica che sia un
capolavoro. E infatti il platform
di Treasure si ferma prima della
soglia che separa la volontà di
potenza dalla realtà delle cose.
Perché l’impressione che DH
comunica – da circa metà fino
alla fine – è di un prodotto che
rinnega se stesso. Treasure
perde l’inventiva, dimentica
l’obbligo di adattare il proprio
game design agli strumenti che
lei stessa ha definito, finendo
per trascinare l’intera esperie nza in un vortice tossico di difficoltà e iterazione. E s oprattutto
di convenzioni. L’im-pianto cranico perde di senso – anche se
si continua ad atta ccare a colpi
di testa – i livelli si plasmano in
pattern rigidi, estenuanti, i riflessi vengono sbeffe ggiati e
derisi. In sintesi, Dynamite
Headdy collassa. Ma l’impronta
del genio resta, almeno per chi riesce a
scor-gerla…
_____Che cos’è un
‘Action Game‘?
Chiedetelo al pennuto Epsilon. Chiedetelo
al ‘soldato alieno’ più improbabile che un game d esigner a bbia mai ideato. Non vi risponderà di certo a parole, ma domandate lo stesso: avrete
piombo in quantità industriale.
Piombo che Treasure non si fa
scrupoli a sbattere in faccia al
player, in quest’opera del ’95
che con gli altri action-shooter
ha in comune soltanto l’etichetta. Alien Soldier è l’espressio ne più pura del te rmine ‘azione’. E lo dimostra con ogni
mezzo: oltre il gioco vero e
proprio, Treasure sbeffeggia il
fruitore con un nome ridicolo,
un enemy design a metà tra il
Ring#4
maestoso e il clownesco, una
trama inutile e insensata. Chia matela metareferenzialità o incompetenza degli sceneggiatori, una cosa è sicura: Treasure
vuol far capire che se ne frega
dei fronzoli. Perché ciò che conta è il gioco. Che in questo caso
è un incredibile tour de force
spappola-nervi…
Meccanismi cardine.
Al pari di altre opere Treasure, Alien Soldier è concepito
intorno ad un sistema di co ntrollo studiato nei minimi particolari. I tre tasti del pad MD
tengono testa ad una rosa di
azioni di tutto rispetto: Epsilon
può switchare tra due diversi
modi di sparo (con lock-on o
senza, basso + A), può fluttuare a mezz’aria (due colpi al tasto di salto); è in grado di produrre una lieve conflagrazione
per ricavare energia dalle bordate nemiche (due colpi al tasto di fuoco ). Ma soprattutto è
capace di teletrasportarsi da un
lato all’altro dello schermo
(basso + C): com’è facile intuire dalla struttura tubolare dei
livelli, questa facoltà non è solo
il principale talento di Epsilon,
ma anche lo spunto in cui ma ggiormente rifulge il genio Treasure. E sebbene il titolo sia s egnato da un weapon select assolutamente evit abile, la po-tenza
del sistema messo
a punto dai nippocoder si manifesta
senza remore…
Controllo spaziale.
In Alien Soldier
Treasure mette in
atto il Ludocontrollo Ristretto.
L’ennesimo piano sovversivo è
l’incastro di un duplice piano di
gioco in una struttura leveld esignica inchiodata in tragitti esageratamente lineari e obbligati: il Ludocontrollo garantisce
in ogni frangente la perfetta
simbiosi tra le movenze di Epsilon e i tratti geofisici dei livellitunnel… in soldoni, il piano ludico (terreno e soffitto, col gallinaceo appeso a testa in giù)
diviene la na-turale estensione
degli arti di Epsilon; i nemici e i
boss a ppaiono il prolungamento
ideale delle sue abilità offensive. Da qui in poi non esistono
48
mezze misure. AS è una spie tata trafila di boss duri e bastardi. Brevissimi tratti tra un
boss e l’altro cadenzano un ritmo forsennato offrendo l’occa sione di pote nziare l’arsenale e
la barra energetica. Ed eventualmente infierendo sull’inerme fruitore. Dietro a tutto ciò,
il Ludocontrollo: il giocatore assimila via via movenze e atta cchi, acquisisce il teletrasporto,
l’uso del jetpak, comprende
l’essenzia -lità di un frequente
switch tra sparo con lock-on e
sparo libero. E capisce che ad
ogni azione nemica corrisponde
una e una sola reazione: le c ariche fulminee si evitano schizzando al lato opposto dello
schermo, i grappoli di piombo
vanno convertiti in energia con
ripetuta pressione del tasto di
fuoco; gli eventuali cedimenti
del piano si prevengono col ricorso al jet-pak. Ogni scontro si
risolve in un iter strategico formulato alla velocità della luce.
Un iter dove la continua traslazione del piano di gioco (basso/alto|sinistra/destra) rivela il
senso ult imo dell’action-shooter
di Treasure…
Collasso dei nervi. Avvento della difficoltà assoluta.
Alien Soldier è un fottuto capolavoro. Ma è anche un’esca lation dal sapore sanguigno. E
parecchio, pure: come dimostrato da Ikaruga, in Treasure
non hanno proprio voglia di
creare un gioco a bbordabile da
tutti. E se questo è un motivo
in più per ammirarli, di converso resta uno dei maggiori difetti
di questo gioco (e di DH). Perché nell’incalzante sequela di
esplosioni e boss giganteschi,
nei risibili tempi di reazione
concessi al giocatore c’è da s ubito qualcosa che germina, che
nasce e cresce traverso i 25
serratissimi livelli di gioco. Frustrazione, vertig ine, collasso
del sistema nervoso: tentare di
portare a termine Alien Soldier a livello SUPERHARD (contrapposto a SUPEREASY) può
rivelarsi un suicidio. Treasure
ne è ben conscia. Ma lo ha fatto
lo stesso. E allora fate atte nzione quando, tra un teletrasporto e una raffica di homing
force, avvertite un gusto meta llico in bocca…
:PEOPLE:
Ring#4
mYUZiK_______________________________
[Yuzo Koshiro]
di Emalord
Si dice che nel
mondo dell'Entertainment, se
si è fisicame nte prestanti ed
attraenti,
le
porte del successo tendono
ad aprirsi più
facilmente. Ho
sempre rifiutato per principio
questa linea di
pensiero. Mi sono sempre detto
che se una persona ha qualità e
carisma può anche f are a meno
della bellezza, il successo le a rriderà sempre e comunque.
Oggi guardo una foto rece nte di
Yuzo Koshiro e lo vedo ingra ssato ed imbolsito. Ben lontano
dalla sua avvenenza giovanile.
Oggi guardo una f oto recente di
Yuzo Koshiro e mi rendo che
non surfa sulla cresta del successo da quando era giovane
e d avvenente. E ci credo, mi
dico, guarda come si è imbolsito. E ho smesso, per principio,
di rifiutare le linee di pensiero
per principio.
«Il mio musicista preferito
di sempre è Anton Bruckner, che adoro per la purezza delle sue melodie»
La storia della musica, in ambito videoludico, ha cominciato
ad essere scritta nel preciso istante in cui in un videogame è
stato supportato da una vera e
propria colonna sonora. Qualcuno di voi, magari con le note
di Star Wars - Rogue Leader
per Gamecube in mente, potrebbe pensare che qui si stia
parlando di preistoria, e di fatto
lo stiamo facendo, ma la pre istoria musicoludica non è così
lontana come potrebbe sembrare. Trent'anni fa [1977] entrava nelle case degli americani
l'Atari VCS 2600 con i suoi bleep e brevi sequenze di note.
Tre anni dopo [1977+3] il
jingle di Pac-Man colpiva l'at-
tenzione dei videogiocatori di
tutto il mondo a utoinstallandosi
nella cervice. Dieci anni dopo
[1977+10] Rob Hubbard era il
Dio degli otto bit, e si potevano
apprezzare le prime, vere colonne sonore a fare da sfondo a
pixel in movimento. È in quegli
anni che la storia della musica
comincia ad essere scritta, perché è in quegli anni che la gente si accorge, meraviglia, che le
scatole di plastica per far girare
i giochini sono capaci anche di
emettere una gradevole sequenza di note.
«La colonna sonora per la
versione PC-88 di Ys’ è stata la prima composizione di
cui fossi completamente
soddisfatto»
Il "musicista di videogames" è
una figura che ha visto il suo
tavolo di lavoro allargarsi a d ismisura nel giro di pochi lustri.
Dapprima costretto a fare di
necessità virtù, componendo
splendide colonne sonore stip ate in pochi KB di memoria, ha
oggi a disposizione intere orchestre "live", quando non un
campionario di suoni prossimo
all'infinito per dare libero sfogo
alla propria immaginazione e
creatività. I nomi dei grandi
musicisti sono ormai di dominio
comune e non è raro che rivestano la medesima importanza
di programmatori, produttori e
CEO. I nomi di Masaharu Iwata [FF Tactics], Akira Yamahoka [Silent Hill], Nobuo
Uematsu [Final Fantasy], Michiru Yamane [Castlevania
SOTN] sono solo alcuni dei n omi consegnati alle cronache.
Eppure i nomi legati agli esordi,
quelli che abbiniamo al videogioco più pionieristico, sono
quelli che ancora oggi muovono
le nostre coronarie in maniera
più sensibile. Forse perché ci
ricordano la nostra giovinezza,
ma più probabilmente perché ci
rendiamo conto che fare musi-
49
ca allora, con povertà di mezzi,
era un'impresa ben più ardua
che fare musica oggi in presenza di tecnologia più flessib ile,
maggiore memoria software e d
un più agevole feedback tra
softco e publisher musicali [soprattutto se in alcuni casi, vedi
alla voce Sony, stiamo parlando
di un'unica entità]. Creare musica per il Commodore 64 voleva dire conoscere le proprie
qualità di musicista e compositore, ma anche gli enormi limiti
delle macchine a 8 bit. Di fatto,
i musicisti di allora erano anche
tecnici, artigiani, alchimisti capaci di trasformare in oro una
manciata di note. Anche se non
sempre tutto questo era scritto
sul loro contratto, soprattutto
la qualifica di "alchimista".
Con l'arrivo dei 16bit il gradimento musicale si spostò le ntamente verso oriente. Me ssa
nel cassetto l'era dei Rob
Hubbard e dei Chris Huelsbeck, cominciavamo a riconoscere i nomi di Nobuo Uematsu e di Yuzo Koshiro, destinati ben pre sto a diventare
famigliari. Il secondo in particolare conobbe in quegli anni [fine '80 primi '90] un periodo di
successo planetario grazie al
successo di Sega Megadrive/
Genesis, una fama ormai smo rzata dal tempo e sconosciuta
alle nuove generazioni ma che
ancora oggi riecheggia con fo rza nella Rete, grazie al v olere e
alla passione di chi non vuole
dimenticare le persone che di
fatto hanno scritto la storia del
videogaming moderno.
:PEOPLE:
«Per Actraiser e Actraiser II
non nascondo di essermi
ispirato a John Williams»
Yuzo Koshiro nasce a Tokyo il
12 dicembre 1967 in una famiglia che sembra pensare solo
alla musica. A voler essere pignoli nasce in una luminosa
stanza d'ospedale, ma quello
che conta è che il concetto di
mYUZiK fosse per il piccolo Koshiro cosa già tangibile dal suo
soggiorno in placenta. Immaginate la madre Tomo, seduta al
pianofo rte con un ingombro addominale al nono mese di gestazione, ed immaginatevi suo
padre, che nel frattempo si d edica ad una solerte spolverata
della sua sconfinata collezione
di dischi. E ora figuratevi il piccolo embrione di Yuzo, bombardato [posit ivamente] da
suoni, ritmi, cadenze, controtempi. Non lo vedete circondato
da note colorate, svolazzanti
come fumetti che scompaiono
in una nuvoletta [poff]? Io si, e
vedo un piccolo con un destino
già scritto che lo consacrerà a lle cronache future. Non appena
la luce della consapevolezza
comincia a brillare sul volto del
baby occhiomandorlato la madre lo inizia all'arte del pianoforte fino al compimento del
36esimo mese. Nei cinque anni
successivi il pargolo viene in trodotto anche al violino e al
violoncello, ma le corde di questi due strumenti non tocch eranno le corde [emotive] di Yuzo, che bollerà in maniera opinabile quei due strumenti come
"semplici strumenti da orchestra, incapaci di assolo soddisfacenti".
Sarà amore solo tra Koshiro
ed il piano quindi, amore che
verrà ulteriormente raffinato a
otto anni quando diventa allievo di Joe Hisaishi [foto], affermato compositore delle co-
Ring#4
lonne sonore dello Studio Ghibli, produttore di film di
successo quali Mononoke Hime,
Nausicaa e Totoro. Di lui Koshiro ricorderà che era un maestro
molto particolare, che dedicava
pochissimo tempo alla teoria e
imponeva ai suoi allievi ore e
ore di pratica co ntinua. Questo
perché cercava di tirare fuori da
ognuno dei piccoli artisti una
vena personale, una scintilla di
creatività propria. Ambizione
ben riposta nel piccolo Yuzo,
vista la forte carica innovativa
che sarà caratteristica peculiare
della sua produzione, nonché
dimostrazione di chiarezza di
idee e di un programma didattico inusuale ma e fficace.
L'ingresso nell'età adolesce nziale corrisponde all'inizio della
grande passione tra Koshiro e
le donne. No, errata co rrige.
Qui siamo su Ring. No, mi si
dice che l'ingresso nell'età adolescenziale segna l'inizio della
grande passione tra Yuzo ed i
videogames.
Durante il liceo, Yuzo divise il
suo tempo in maniera equanime tra sala giochi, PC e studi
scolastici. Affascinato in particolare dalla potenzialità dei
personal, si comprò un PC88 ed
iniziò di li a poco a comporre
brani tramite un apposito sintetizzatore anche se, stando alle
sue dichiarazioni, le sue prime
sperimentazioni furono atti fini
a se stessi, senza un'ambizione
vera e propria che fosse in
qualche modo indirizzata ve rso
il mondo che lo accoglierà di li
a poco. Ma le vacanze erano
dietro l'angolo, e co mplice un
periodo di noia [ma potrebbe
essere anche a causa di un'insolazione] incise un demo tape
e lo portò a Fa lcom, la softco
della porta accanto [non è un
eufemismo. Uscì di casa e ci
andò a piedi dopo essersi fe rmato a pre ndere un gelato alla
vaniglia variegato sakè].
Inizia ufficialmente e senza
preavvisi il Periodo Falcom di
Koshiro, che si vede utilizzare
ben 10 tracce della sua demo
per la colonna sonora di Xanadu 2 [tra cui la sigla d'apertura]. Un tuono a ciel sereno.
L'errepigì di Falcom supera in
breve tempo le 400.000 copie
vendute, diventa un caso na-
50
zionale e getta con il suo gameplay basi che saranno riprese da molti degli RPG degli anni
seguenti.
Fu in quel periodo che Koshiro maturò la sua scelta più
sfortunata: pur essendo a conosce nza della sua abilità di
compositore, stava matura ndo
in lui la seria intenzione di diventare un produttore e Game
Designer. Come vedremo, i
suoi sforzi in questa direzione
saranno un'arma a doppio taglio. Seguiteci nella cronistoria
dei mesi successivi…
«L’opera di cui sono più fiero ed il mio gioco preferito
è Streets of Rage 2»
Deciso a sfruttare l'esperienza
in Falcom nel modo più variegato e vantaggioso possibile,
Koshiro accetta di o ccuparsi dei
più disparati aspetti della produzione di un videogame, passando con disinvoltura dalla
programmazione di software
alla produzione di semplici
jingle ed effetti sonori per i
quali, invero, prova una spiccata predisposizione. Seppur giovanissimo [aveva vent'anni],
Yuzo non era l'unico "ragazzino" alle dipendenze di Falcom.
I videogiochi erano un mondo
in espansione bigbanghica, un
universo in costruzione, un cosmo ribollente. Si stava vivendo la preistoria del videogaming moderno e, tratto comune
a qualsiasi cosa definita "pre istoria", non esistevano cronache, esperienze, dati a cui attingere. Niente era scritto perché ben poco era successo. In
un mercato di questo tipo erano i giovani la forza su cui puntare. Con la loro fattiva pratica
su computer e linguaggio ma cchina erano di fatto più esperti
dei loro anziani superiori ed erano quindi assunti in massa
non appena usciti dalle scuole
tecniche. Yuzo, nell'assoluta
mancanza di esperienza di quel
periodo, brillava come autodidatta creativo passando intere
giornate sul personal computer
a comporre e sperimentare
nuove tecniche.
«Per comporre
track di SoR,
il soundfrequentai
:PEOPLE:
molti club. A quei tempi fui
influenzato da Blackbox,
Soul2Soul, Maxipriest»
In quei mesi di falcomiana foga
creativa, di continua percussione digitale tra tasti bianchi e
neri, Yuzo aggiunge l'e nnesimo
mattone alla sua cultura musicale. Comincia infatti a frequentare locali underground c aratterizzati da musica hip-hop,
house, acid, techno. Musica che
lo condizionerà profo ndamente
nelle sue opere a venire, a nche
se ammetterà più volte che
senza il suo background classico la sua produzione distintiva
non sarebbe mai n ata.
Dopo aver prodotto le colo nne sonore dei remake di Y's I e
II per PC Koshiro si fer-ma un
attimo a riflettere, si rende
conto di essere ormai maturo
per fare il grande salto e decide
di diventare indipendente. Una
scelta tutt'altro che azzardata e
av-ventata visto che ormai la
sua fama aveva varcato le mura cittadine fino a giungere ad
orecchi tanto famosi quanto i nteressati. In poco tempo il d otato musico riceve proposte da
Enix, che lo scrittura per la colonna sonora di Misty Blue e
da Sega, che aveva da poco
lanciato la sua meravigliosa
macchina a 16bit, il Megadrive.
Ring#4
di Megadrive, identico a quello
del pc88 su cui Koshiro aveva
passato innumerevoli ore.
Nel periodo successivo [siamo nel 1991] l'autore si dedica
alla colonna sonora del celeberrimo Bare Knuckle/Streets
of Rage, e quella pazza idea di
diventare Game Designer cui
accennavamo poc'anzi trova
terreno fertile grazie alla co mplicità di Sega che affida alla
neonata softco di famiglia, la
Ancient [http://www.ancient.
co.jp/], tutti i compiti relativi
alla produzione del seguito:
Streets of Rage2. Mentre Yuzo si occupa della colonna sonora, la madre e la sorella si
occupano di promozione, artwork, character design. Il gioco fu un successo planetario e
le sue musiche techno - acide
sono ancora oggi ricordate come uno degli apici produttivi
del giovane occhioma ndorlato.
È proprio grazie alla tipologia
di musiche adottate per questa
serie che la fama di Koshiro valica i confini nipponici e approda in occidente. Con la diffusione di Inte rnet e di Megadrive il
grande pubblico fa conoscenza
con questo capace designer di
musiche, così legate alla tradizione nipponica eppure così "alla moda" da conquistare chiu nque ne facesse ascolto. Non è
azzardato dire che in quel periodo il successo all'estero fu
addirittura superiore a quello in
patria. Dalle cronache risulta
infatti che per il pubblico nipponico le migliori opere di Koshiro sono quelle classicheggianti, quelle legate al periodo
degli RPG Falcom o ppure quelle
dei prodotti usciti su Super Nintendo, come la saga di Actraiser. Musiche di stampo assolutamente classico, niente di epocale, ma proprio per questo
di più ampio consenso per un
popolo, quello nipponico , sem-
pre poco avve zzo a novità che
filtrino dall'esterno dei propri
confini nazionali.
Dopo aver composto la colonna sonora di Couldcept, in
un inedito stile celtico, Ancient
produce il suo s econdo titolo inhouse: Thor, Seiryo No Kiden
a.k.a. The Story of Thor, un
gioco in cui Yuzo riversa tutta
la sua filosofia di Game Designer dedicando la maggior parte degli sforzi nella realizzazione di splendidi ambienti più che
ad una trama convincente e
profonda. Secondo Koshiro in
un action-RPG è la libertà di
movimento la cosa più importante, e quindi la rappresenta zione di sfondi e dungeon ha la
priorità rispetto alla costruzione
di una trama elaborata. Opinione che Ring non condivide affatto visto il nostro amore per i
contenuti, opinione che probabilmente non è condivisa neppure da altri utenti visto che
nonostante il d iscreto successo
del prodotto e del successivo
episodio per Sega Saturn, Ancient non ne tra rrà abbastanza
profitti per emergere ed ingrandirsi.
Ed infatti l'uscita [sul mercato] di Streets of Rage 3, corrisponde all'uscita [dal mercato] di Koshiro. Il picchiaduro a
scorrimento edito da Sega rimarrà per parecchio tempo l'ultima opera conosciuta del ma estro e regalerà alle cronache
l'ultimo trick creato dall'artista:
un sistema in linguaggio ma cchina in grado di generare casualmente melodie in modo a utomatico. Per comporre un
qualsiasi pezzo musicale bastava spingere un bottone, il programma si avviava e calcolava
da sé nuove composizioni. Metà
delle musiche di SoR3 sono state composte con questo sis tema, anche se resta da vedere
quanto appena descritto sia un
Il primo lavoro di Koshiro per
Sega è quel Revenge of Shinobi che lo lancerà verso l'olimpo dei compositori grazie ad
una colonna sonora spettacolare, al suo nome nella schermata d'apertura [onore mai toccato ad altri musicisti fino
a quel momento] e alle
:Fermata al Box:
ridondanti d ichiarazioni
Ovvero: una breve sosta di 10 secondi per fare il pieno di dati tecnici
del giovane maestro,
Il primo programma che Koshiro imparò a sfruttare a dovere fu il MML [Music
che rivelò alla stampa
Macro Language], linguaggio in cui divenne talmente esperto da aggirarne
dell'epoca di aver co mtutti i limiti. Tanto per fare un esempio, riusciva a spremere dai chip di un
posto le musiche del
PC88 esattamente il doppio dei suoni in contemporanea rispetto ad un musininja di Sega in breviscista non-programmatore. Col tempo si impratichì anche di C++, Java e Cgi
simo tempo e senza
e con l'avvento di PSX e Midi si specializzò anche nella composizione di questi
fatica alcuna, merito
ultimi. Sempre tutto da autodidatta, studiando su testi americani e facendo
anche del chip sonoro
ricerche nella Rete ai suoi primordi.
51
:PEOPLE:
coraggioso atto di genio o un
sintomo di pigrizia compositiva
ai limiti della letargia.
All’alba del 2000, Yu Suzuki
si ricorda di questo valido co llaboratore di Sega e lo chiama
per orchestrare il kolossal
Shen Mue [Dreamcast], per il
quale scrive una quindicina di
brani di altissimo livello. In un
team che tra programmatori e
doppiatori contava svariate d ecine di persone, la sezione d edicata a soundtrack ed effetti
sonori era la meno popolata. Il
piccolo team era formato da
quattro persone in totale, la più
importante delle quali non era
Koshiro stesso quanto Takenobu Mitsuyoshi1, autore del main
theme nonché arrangiatore e
orchestratore di tutti i pezzi.
Un'ulteriore dimostrazione del
calo di fama e popolarità di un
eroe al tramonto.
Ring#4
sembra rivolta esclusivame nte
alla produzione di software per
Ancient, ma l'impressione è che
le cose non stiano andando b enissimo come dimostra il sito
Web dal design ormai ammuffito, dalle news vecchissime, dal
forum scarsamente popolato e
dall'indirizzo email che sembra
disabilitato, vista la nostra impossibilità a raggiungere Yuzo
per un'intervista che avrebbe
dovuto ulteriormente arricchire
questo speciale. Peccato, ma
noi facciamo parte di quella
schiera che comunque porterà
avanti il suo ricordo fino a
quando le forze ci sorreggera nno, perché Koshiro era un alchimista, perché Koshiro ci ha
fatto dono del suo oro e questo
è il nostro modo per ringrazia rlo.
«Ho preso ispirazione per
le musiche di Shen Mue
dalla bellissima grafica»
Oggi, nel 2003, mi ritrovo a togliere due dita di polvere dalle
cassette Megadrive e torno a
pensare a lui. Perché Koshiro è
un po' il segnalibro dei miei a nni giovanili, passati a farmi una
cultura su PAL, NTSC, cavetteria e segnali v ideo. Anni passati
ad a ssorbire il fantastico mondo
delle console orientali e dei
concept game nipponici, un universo completamente sconosciuto ad un commodoriano
come il sottoscritto. Vi sembrerà strano, ma in quel periodo
non sapevo chi fossero Miyamoto, Naka, Konami e C apcom,
ma sapevo chi era Yuzo Koshiro. Sapevo che era un talento
unico, capace di spaziare dalle
sinfonie classiche [Actraiser], a
quelle più techno-oriented [Shinobi], a quelle acide [Streets of
Rage]. Un personaggio che
era la summa di tanti stili, a
metà tra la Filarmonica di
Tokyo e gli Enigma. Un uomo
il cui unico segreto, a suo dire,
era semplicemente quello di
provare in prima persona i giochi da musicare, per percepirne
i ritmi d'azione e cucirvi in seguito una melodia su misura.
Oggi, nel 2003, l’attenzione
del maturo occhiomandorlato
Sega Mega CD
Eye of the Beholder (Pony
Canyon)
Sharp X68000
Algarna (MNM Software)
Slice (MNM Software)
Nintendo Super Famicom
Actraiser (Quintet)
Actraiser 2 (Quintet)
Expert Takahashi's Adve nture
Island (Hudson Soft)
Sega Mega Drive
Bare Knuckle (Sega) a.k.a.
Streets of Rage
Bare Knuckle II (Sega)
Bare Knuckle III (Sega)
Slap Fight (Tengen)
Story of Thor (Sega)
The Super Shinobi (Sega)
a.k.a. Revenge of Shinobi
Sega Saturn
Culdcept (Omiya)
Thor: Chronicles of the
Elemental King (Sega)
Vatlva (Victor)
Zork I (Shueisha)
«Mi fu detto “Non deve
somigliare a Final fantasy e
Ogre Battle”, così la composi in quel modo… e fu
assolutamente
rifiutata.
Così finii per rifarla esattamente in stile Final Fantasy
e loro dissero “OK”.»
_____________Produzione
Falcom
Dragon Slayer IV
Romancia
Sorcerian (Dragon Slayer V)
Xanadu II
Ys: Ancient Ys Vanished
Ys II: Ancient Ys Vanished the
Final Chapter
NEC PC-8801
Misty Blue (Enix)
The Scheme (Borstech)
Sega Game Gear
The GG Shinobi (Sega)
52
Sony Playstation
Culdcept Expansion (Omiya)
Fox Junction (Trips)
Zork I (Shueisha)
Sega Dreamcast
Shen Mue [Sega]
Shen Mue II [Sega]
__________________Note
[1 – compositore storico di s ega
che si è occupato anche delle
musiche in Virtua Racing e di
tutta la serie di Virtua Fighter.]
:RUBRICHE:
Ring#4
To Megaton____________________________
[Me Nintendo #4]
di Gatsu
Powers of Thagirion / Watch the Great Beast to be / For to
Megatherion / The draconian melody / The Dragon open the eye
/ And reveal both truth and lie / Spiritual supremacy
Ride the Beast of Ecstasy / Spiritual supremacy / Ride the Beast
of Ecstasy
[…] To Megatherion […]
alcune strofe di To Megatherion dei Therion, dall’album Theli – Nuclear Blast 1996
Per quelli che negli ultimi mesi sono vissuti in un bunker antiatomico…
Il Megaton è (o meglio, doveva essere) un fantomatico annuncio da parte di Nintendo dai contenuti così
esaltanti da poter consentire un’impennata di vendite di Gamecube e GBA su tutti e tre i mercati.
L’oggetto specifico di tale annuncio non è mai stato svelato (ovviamente, visto che era una bufala) ma
per divers e settimane si sono susseguite in rete decine di voci, una più incredibile dell’altra (vedi sotto),
suscitando delirante entusiasmo in tutti i fan della grande N…
To Megaton. L’apocalisse Nintendiana. Il Genma Taisen di
Mario. Il Ragnarock di Pikachu.
Qualcosa in grado di annie ntare
qualsiasi avversario. C osa? Un
rumor. Semplicemente un rumor. Cresciuto a dismisura, n utritosi di sogni e speranze, fino
ad implodere in sé stesso, incapace di sostenere il suo ste sso peso. Messo in giro da
Nintendo? Forse, in fondo
creare hype e non mantenere
le promesse sembra essere
diventata
una
moda…non
importa quel che si dice, basta
che se ne parli, dice un saggio
proverbio azerbaigiano. Forse
no, solo lo scherzo di un
buontempone. Uno scherzo
davvero BEN o rganizzato. Voci
che si susseguono, sme ntite,
conferme, di nuovo sme ntite.
Ma fermiamoci un attimo a riflettere, perché il Megaton (già
il nome è tutto un programma)
è diventato così p opolare fra le
schiere dei fedeli Nintendiani?
Acquisizione di Sega, acquis izione di Capcom, acquisizione
di Namco, di tutte e tre, di due
su tre, di tre per due, cinque
giochi in esclusiva, uno nuovo
Game Boy Advance più pote nte, Nintendo compra Sony, Nintendo cita Sony per il nome
Playstation, Yamauchi è immortale e può volare, il Vaticano
proclama che Miyamoto è il
Messia…si è sentito di tutto.
Notizie credibili, perfino probabili. Accompagnate da una serie
di minchiate palesemente false
e fuorvianti.
E tutti, me compreso, ci abbiamo sperato.
Per qualche settimana, per
qualche giorno, la possibilità di
rivedere Nintendo ai vertici indiscussi del predominio videoludico mondiale ha solleticato le
nostre menti. E via, con il cuore
sorridente a prendere per il c ulo Playstation 2 e Xbox che,
nelle nostre menti, avevano le
ore contate. Perch é quando
Nintendo promette grandi cose,
grandi cose sono.
Solo che Nintendo non ha
promesso niente. Il Megaton è
stato ridimensionato al solo
annuncio del GBA SP, macchina
pregevole, per carità, ma non
quello che ci si aspettava. O
forse il Megaton è venuto e
passato senza che nessuno se
ne accorgesse, con l’annuncio
della periferica per giocare ai
titoli GBA con il Cubo. Più probabilmente, il Megaton non è
mai esistito.
E a noi si è stretto il cuore.
Diceva Stephen King: “i cuori
sono fatti per essere spezzati”.
Forse Nintendo di cuori ne ha
53
spezzati diversi ultimamente, in
maniera volontaria o meno.
Noi che si voleva che il Cubo
regnasse sul mercato. Noi che
si voleva l’annuncio che avre bbe distrutto la conco rrenza. Noi
che si voleva essere quelli di
una volta.
Il punto è: ma perché ai
fan Nintendo non bastano
più buone console e ottimi
giochi in esclusiva? Cos’è
questo sentimento che tende
l’aria, questa speranza di predominio dopo anni di (giusta o
ingiusta decidetelo voi) sudditanza nei confronti di So ny?
Io so solo che Megaton non è
mai esistito. E che ora la v oglia
di rivalsa è ancora più forte di
tre o quattro anni fa, perché
stavolta Nintendo sta sbaglia ndo pochissimo e non ottiene i
risultati che tutti vorremmo vedere.
E adesso io vi invito a scegliere fra due possibilità: farvi
una risata e sprofondare nuovamente in poltrona acce ttando
l’idea della multietnicità videoludica oppure alzare la mano al
cielo e serrarla in un pugno, u rlando il nome del vostro padrone di silicio, pronti ancora una
volta alla Sacra Jihad delle
Console.
Vi lascerò nel dubbio per
quanto riguarda il mio schieramento, e fossi in voi non azzarderei pronostici.
:RUBRICHE:
Ring#4
Hitmaker______________________________
[Sega Saga #3]
di Emalord
Da SEGA SAGA #1 :
… Nell’anno che da sempre identifica l’immaginario di un futuro splendente nascono: Wow Entertainment – Sega- AM2 – Amusement Vision – Hitmaker –
Overworks – Smilebit – Sega Rosso – Sonic Team – United Game Artists –
Wavemaster e Visual Concepts …
Dopo aver scattato foto semiper telefonini cellulari [Hitmaserie a Wow Entertainment
ker Mobile] alla creazione di
[Ring#2], ed aver impressionacapi d'abbigliamento. Questo
to ettari di pellicola con la
perché la filosofia di Hitmaker,
sterminata produzione di S egacome ben descritto nel sito web
AM2 [Ring #3], oggi puntiamo
ufficiale [ http://www.hitmaker.co.
il nostro obbiettivo verso la sofjp/home.html] è quella di calpetco un tempo conosciuta come
stare più suoli possibile, perché
SEGA SOFT R&D DEPT. #3
la tecnologia e l'home enterL'artefice di due Hit
tainment non sono u come Virtua Tennis
no spia zzo ben defin ie Crazy Taxi, nelto ed isolato, ma una
l'anno della separaserie di piattaforme
zione in casa dei diesospese nello spazio di
ci clan Sega ha scelto
Internet e della comucome brand identifinicazione. Piattafo rme
cativo il nome Hittutte collegate tra lomaker, ideato dal
ro, certo, ma isole a
presidente Hisao Osé stanti nel co ntemguchi e palesemente
po.
Hisao Oguchi
rappresentativo delle
Aggressività e aperintenzioni del team.
tura di vedute, questa
Un pieno di buone intenzioni, e
la politica di una softco relatipartire con un pieno, si sa, è
vamente giovane che si rispecsinonimo di voler a ndare lontachia nella persona del presidenno. Per vedere se la macchina
te Hisao Oguchi, un manager
Hitmaker è in grado di reggere
dall'aria gioviale e sbarazzina
alte velocità e bassi consumi,
come si conviene ad una co moppure se farà una grande
pagnia che intende essere
fiammata restando però al p asempre al passo coi tempi e le
lo, non ci resta che buttarci nelmode, per capire cosa piace,
la consultazione della sua Hidove agire, e trarne i maggiori
tstoria e trarne le debite conguadagni possibile.
clusioni.
Perché videogiocare è una
passione, ma per Hitmaker è
soprattutto un mestiere.
______HITstory in the MAKing
Tutto quanto sopra, i n breve,
è riassumibile nell'acronimo
Hitmaker nasce ufficialmente il
HIPS. [Hitmaker's Interactive
1 Luglio 2000, conta 124 imProducts Store], una vera e
piegati e se mai capitaste al 2 propria altern ativa commerciale
12-14 Higashiko ujiya, Ohta-ku
al semplice videogiocare. Un
di Tokyo, potreste trovarvi di
supermercato on-line ove trofronte ai loro uffici. Questa la
vare T-shirt ispirate ai maggiori
fredda cronaca a suon di freddi
franchise della casa, CD con le
numeri. Tanto per riscaldare
colonne sonore originali, action
l'ambiente possiamo dire che
figures, anelli con stampigliata,
ufficialmente la softco Sega si
ad esempio, la 'S' di Sega.
occupa di molteplici e variegati
Risaltano in listino i giubbotti
affari: dalla produzione di arcaufficiali di Virtual On - Force
de a quella per le console homarchiati Vital Bros, "l'armata
me, passando dai videogames
valorosa del Polo Sud di Marte,
54
simboleggiata dall'acido ribonucleico che scorre nelle loro vene" [sic], con correlate dog tag
e bandanne in varie colorazioni.
Progetto a metà tra Virtual On
e Metal Gear Solid, nonché
conferma che nel team si può
fare libero uso di droghe più o
meno pesanti [quella dell'acido
ribonucleico è una trovata abbastanza lisergica, converrete
con noi]
Notevole sforzo produttivo e
commerciale, certo.
Operazione che denota sagacia e attenzione ai mille linguaggi del commercio, senza
dubbio.
Ma la domanda che sorge
spontanea è: non è che con
tutta questa dispersione di energie la semplice progettazione di videogaming soffrirà di
una certa c arenza d'attenzione?
_________HITmaker PARADE
Qui di seguito Ring vi presenta
la lunga lista delle produzioni
AM3-Hitmaker. Purtroppo per
alcuni coin-op non ci ha socco rso né la memoria né la grande
rete, indi per cui non abbiamo
né immagini né commenti in
merito da fornirvi. Ci inginocchiamo sui ceci e chiediamo
pietà. Il tutto mentre sgranocchiamo i ceci stessi e li usiamo
al posto dei fagioli per la tombola.
1991
RAIL CHASE [Arcade]
Primo shooter con light-gun progettato da Hitmaker. Originale la meccanica di base: il protagonista [voi]
avanza lungo uno scenario a scor-
:RUBRICHE:
rimento in stile Space Harrier a
bordo di un vagoncino ferroviario.
Grafica bitmap non particolarmente
elaborata né di classe. Ma l'originalità di concept resta.
D.D. CREW [Arcade]
Un beat'em'up a scorrimento che
non aveva abbastanza muscoli per
lasciare un segno nella storia del
videogaming
DYNAMIC COUNTRY CLUB [Arcade]
Simulazione di Golf. Armati di uncinetto e lana dovrete imbucare 18
buche col minor numero di colpi
possibile. Freddura sconvolgente.
Forse perché il prodotto non è un
granché, come golf.
1992
LOOKING FOR WALLY/ WHERE'S WALLY? [Arcade]
Hitmaker sfoggia una creatività i nvidiabile colonizzando i coin-op con
trackball. L'ambientazione lunaparkica ed i diversi bonus-game lo
rendono un prodotto quantomeno
bizzarro. Trovare Wally comunque
non vi cambierà la vita.
ROYAL ASCOT [Arcade]
Arcade atipico, in quanto più facile
a trovarsi nei casinò che non nelle
comuni sale giochi. In pratica è un
simulatore di scommesse sulle corse dei cavalli con un cabinato appositamente studiato. Nei prossimi
mesi dovrebbe uscirne una versione appositamente per casinò, con
reali vincite in denaro
1993
TITLE FIGHT[Arcade]
Un clone del pugilistico-nintendiano
Punch Out. Ovviamente più evoluto tecnicamente. Ovviamente meno
famoso. In altre parole, nella sfida
tra i due è andato al tappeto il titolo Hitmaker.
DARK EDGE [Arcade]
Progenitore di Virtua Fighter. La
potente scheda System 32 muoveva personaggi poligonali poco complessi su sfondi bitmap, che grazie
a rotazioni e zoomate davano un'impressione di globale tridimensionalità.
Ring#4
BINGO PARTY [Arcade]
Come per Royal Ascot, un altro
prodotto dedicato al circuito dei casinò
street basketball con colpi speciali e
follie in libertà, realizzatelo in bitmap e avrete le idee chiare sul cuore di questo prodotto
EXCITING BOAT RACE [Arcade]
DRAGON BALL Z V.R.V.S [Arcade]
Un arcade che fa dell'originalità il
suo punto di forza, al contrario della saga di Toriyama [per lo meno
nelle sue fasi avanzate]. In pratica
affrontate i vostri nemici con una
visuale in prima persona, in ambientazioni distese in altezza e lunghezza. Un'interessante variante di
Punch-Out, ovviamente più complessa.
1994
SONIC ARCADE [Arcade… ovviamente]
Ennesimo coin-op avente come
protagonista la mascotte di Sega.
La visuale in prospettiva isometrica
e l'uso di una trackball per il controllo ne fanno un prodotto sicuramente originale e vagamente difforme dal resto dei giochi aventi
come protagonista il riccio blu.
JURASSIC PARK [Arcade]
Unico gioco su base System 3 2 che
usasse un hard-drive, non è altro
che l'ennesimo shooter con pistola,
questa volta a mbientato nel mondo
perduto creato da Michael Crichton
e portato su schermo da Spielberg.
Riempi i fottuti dinosauri di pallottole e torna a casa felice. Consigliato dall'Associazione Psicologi Americani per una sana vita c oniugale.
STAR WARS [Arcade]
Due anni dopo Virtua Racing, un
anno dopo Virtua Fighter, i poligoni
ritornano in sala giochi con il primo
dei coin-op treddì di Sega ispirati
alla saga di G eorge Lucas. Diverse
prove da affrontare a bordo del v ostro X-Wing, per uno shooter che ai
tempi svitò la mascella di diversi
utenti dal suo sito naturale [il mento].
DRAGON BALL Z [Arcade]
Molto meno originale della versione
V.R.V.S., questo coin-op è un semplice clone di Street Fighter edito in
cooperazione con l'onnipresente
Bandai/Banpresto.
POTO POTO [Arcade]
Un puzzle game a base di pietre
colorate che prende sia da Tetris
che da Puyo Puyo. Il fatto che
probabilmente non ne abbiate mai
sentito parlare la dice lunga su
quanto il gioco sia riuscito bene.
VR-1 [Arcade]
Altro prodotto non specifico per sale giochi. Si trattava di un vero e
proprio simulatore di realtà virtuale, costruito per il circuito dei parchi
di divertimento, luna park e affini.
Poltroncine che si muovono, azione
che ci circonda a 360°, visore sugli
occhi. Ai tempi fece scalpore.
HARD DUNK [Arcade]
Avete presente NBA Street su PS2
? Prendete il medesimo concept di
55
1995
SEGA RALLY [Arcade]
Il primo, grande simulatore rallistico di casa Sega. Coin-op splendido
per l'epoca, traboccante poligoni,
texture in alta definizione e velocità
di crociera. Ma su tutto risaltava un
controllo semplice e accessibile a
tutti, abbinato ad un gameplay perfettamente in bilico tra simulazione
e arcade. Un marchio di fabbrica di
Hitmaker, che si ripresenterà anche
in saghe successive come Virtua
Tennis.
RAIL CHASE 2 [Arcade]
A parte una nuova veste grafica,
nulla di sostanziale è stato apportato rispetto al coin-op principale d atato 1991. Carina l'idea del vagoncino minerario che fa da console e
riproduce esattamente il movimento del vagone in-game.
FUNKY HEAD BOXERS [Arcade]
Simulatore di Boxe in 3D caratterizzato da una veste grafica assolutamente demenziale. I boxeur a ntagonisti hanno la testa quadrata,
sono in grafica pseudo-fotorealistica e reagiscono ai vostri colpi con
animazioni facciali divertenti quando non dementi. Prendere a pugni
grandi facce di cubo è una cosa da
provare almeno un volta, non tr ovate?
VIRTUAL ON - CYBER TROOPERS [Arcade]
Uno dei franchise più solidi e duraturi di Hitmaker. Prendete il comando di un mech poligonale in
un'arena poligonale e prendetevi a
mazzate poligonali. Il gioco, per
quanto oggi possa risultare povero
di dettagli, è in effetti più profondo
di quanto possa apparire ad una
prima occhiata. Attacchi aerei si
alternano ad attacchi a terra, all'arma bianca o con missili dalla d istanza. Su tutto aleggia un'aria fumettosa. I mech sono del tutto simili a quelli degli anime rifuggendo
:RUBRICHE:
la ricerca della simulazione estrema
come si conviene ad un buon a rcade.
GUNBLADE NY [Arcade]
Spettacolare coin-op poligonale.
Siete membri di una squadra speciale e dal vostro elicottero dovete
spazzare via qualsiasi cosa si muova su schermo. Perché è di certo
qualcosa di cattivo e malvagio. Il
gioco mette in mostra una velocità
pazzesca, eppure tutto è sempre
sotto controllo. Difficile resistere a
qualche continue.
BAKU BAKU ANIMAL [Arcade/
Sega Saturn]
Classico puzzle game con impostazione alla Puyo Puyo, colpisce per
l'ambientazione zoologica, la simpatia delle animazioni ed il concept
di abbinare ad ogni animale il c ibo
preferito per attivare le combo n ecessarie alla vittoria.
Ring#4
sparenze restituite in modo ridicolo,
per il pop-up e la carenza di oggetti
a bordo pista, ma a suo tempo fu
una boccata d'ossigeno per un m oribondo Saturn, grazie alla quasi
contemporanea uscita di Virtua
Fighter 2.
LAST BRONX [Arcade]
Molto simile a Fighting Vipers di
Sega-AM2, ne è una variante di
qualità discontinua. I picchiaduro
poligonali con armi non hanno mai
riscosso, in casa Sega, il s uccesso
della saga di Virtua Fighter. Provate
a guardare in casa Namco per dei
validi punti di riferimento.
VIRTUAL ON - CYBER TROOPERS [Saturn]
Il franchise arriva sul Saturn e lo fa
col botto. Certo, ci sono le scalette
e la grafica è meno definita, ma il
Gameplay è perfettamente riprodotto. Ben fatto Hitmaker!
1997
NETMERC/ TEKWAR [Arcade]
Tentativo di realizzare un fightinggame poligonale con mech, grazie
ad una collaborazione tra Sega [con
Model 1] e Virtuality [con un motore basato su tecnologia Amiga]. Accolto negativamente all'AOU Trade
Show, il gioco non ha mai goduto di
una distribuzione ufficiale.
1996
MANX TT SUPERBIKE [Arcade]
Rivisitazione di Hang On in chiave
poligonale. Splendido li cabinato
per due giocatori con i centauri che
si piegano in base alle evoluzioni di
guida su schermo.
DECATHLETE [Arcade / Saturn]
10 specialità olimpiche, grafica p oligonale, telecamere a 360°, sfida
tra due giocatori. Su Saturn uno
splendido esempio delle possibilità
della console. Nel 2000 Hitmaker ci
riprova con Virtua Athlete 2K su
Dreamcast, ma i risultati non sono
altrettanto buoni.
SEGA RALLY [Saturn]
Conversione che al tempo fece stupore. Un arcade "impossibile" da
convertire arrivò su Sega Sa turn
conservando tutta la velocità e il
fascino dell'originale. A riguardarlo
oggi vien da sorridere per le tra-
THE LOST WORLD [Arcade]
Hitmaker riprende in mano il franchise crichton-spilberghiano dopo il
Jurassic Park datato 1994. Stavolta i poligoni e l'alta risoluzione la
fanno da padrone, regalando molto
più feeling e cattiveria saurica in
quello che comunque rimane uno
shooter convenzionale.
TOP SKATER [Arcade]
L'avreste mai detto? Un arcade d ove impersonate uno skateboarder.
Niente di rilevante, se non che vi
troverete a montare veramente s u
uno skateboard per poter giocare.
Il classico cabinato Sega per impreziosire coin-op altrimenti irrilevanti.
LE MANS24 [Arcade]
Ennesimo simulatore automobilistico, Hitmaker vi porta sulla famosa
pista della "24 ore" con i relativi
bolidi su quattro ruote [più simili a
razzi che ad automobili, a dire il
vero]. Spettacolare la resa grafica.
LAST BRONX [Saturn]
Conversione perfetta del coin-op
dell'anno precedente. L'aggettivo
"perfetta" dipende probabilmente
dalla pochezza dell'arcade originale.
WINTER HEAT [Arcade/Saturn]
Dopo Dechatlete , Sega ci riprova
con le olimpiadi invernali in forma
poligonale. A Nagano trionfa Sega,
nonostante la concorrenza di Konami su PSX e N64. Ciononostante
il gioco non godrà di un enorme
successo commerciale a causa di
un Saturn sul viale del tramonto.
56
1998
DIRT DEVILS [Arcade]
Una gara fra più giocatori a bordo
di dune-buggies e auto futuristiche.
Il tutto in arene fangose ed accidentate. Se non altro Hitmaker cerca sempre di battere strade verso
un indirizzo di originalità.
VIRTUAL
ON ORATORIO
TANGRAM [Arcade]
Sviluppato su una scheda Model 3
Step 2.0 [la stessa di Sega Rally
2], il gioco ripresenta le medesime
meccaniche del prequel, ovviamente con una grafica al top prestazionale di quel periodo. Splendidi i
mech, colorati, eccessivi, umanoidi,
ma nessuno cercava la realtà a tutti
i costi, vero? Gradevoli aggiunte
alla versione per Dreamcast [vedi]
MAGICAL TROLLEY [TRUCK]
ADVENTURE [Arcade]
Avete mai sognato di guidare uno
di quei carrelli ferroviari biposto che
funzionavano solo con l'olio di gomito [alza-la-leva-abbassa-la-levaalza-la-leva]? Hitmaker ve ne da
l'occasione. Guidate accellerando o
rallentando il trolley per evitare ostacoli, animali feroci o per superare d'un balzo i binari interrotti.
L.A.MACHINEGUNS- RAGE OF
THE MACHINES [Arcade]
Seguito ideale di GUNBLADE NY di
cui ricalca in toto le meccaniche, il
gioco si arricchisce di tematiche
cyber-punk. Sempre eccezionali la
velocità di scorrimento ed il numero
di oggetti su schermo.
CRAZY TAXI [Arcade]
Hitmaker continua a battere la
strada dell'originalità, e ci riprova
con un simulatore di taxi assolutamente fuori di testa. Al ritmo forsennato della musica punk -rock più
trendy, dovete portare a destinazione a suon di "crazy" combo's
[crazy Stop/ Dash/ Drift] la più
disparata fauna di clienti in una
città San-Francisco-style. Il tutto
nel modo più diretto possibile, dove
per diretto si intende: passando su
marciapiedi, attraverso parchi, saltando da rampe sopra la folla.
Maggiori info nello spazio dedicato
ai porting home.
1999
TOUCH DE UNOH [Arcade]
TOUCH DE UNOH 2 [Arcade]
TOY FIGHTERS [Arcade]
Picchiaduro poligonale sviluppato
su scheda Naomi, mette uno contro
l'altro… dei giocattoli. Soldatini,
:RUBRICHE:
bamboline e quant'altro finisce in
"ino" si sfidano in arene a suon di
padellate, colpi di fucile e onde energetiche sponsorizzate Duracell.
DERBY OWNERS CLUB [Arcade]
Alleva il tuo cavallo, fallo mangiare
e trottare e poi scraventalo sulle
piste dei derby. È quasi più fantasmagorico di un fishing-game. Garantisce Ring.
JAMBO! SAFARI [Arcade]
A bordo della Vostra jeep, armati
solo di un lazo, avventuratevi nella
savana per catturare alcune specie
animali per una ricerca scientifica.
A seconda della ferocia e forza dell'animale da catturare, sarà necessaria una diversa trazione del lasso
[una canna da pesca nelle sue
meccaniche] ed un diverso uso dell'accelerazione della jeep. Originale.
VIRTUA TENNIS [Arcade]
Dopo l'esperienza di Sega Rally,
Hitmaker ritenta la combo "facilità
di controllo-profondità di gioco" e vi
riesce appieno. Il gioco, nonostante
l'uso di soli due pulsanti, è tutto ciò
che un utente chiede in sala giochi:
azione rapida, veloce e divertente.
Un altro ace di Hitmaker nelle statistiche di battuta.
CYBER TROOPERS VIRTUAL-ON
ORATORIO TANGRAM [Dreamcast]
Eccellente porting del celeberrimo
arcade, brilla soprattutto per le sfide on-line per le quali il Dreamcast
sembrava appositamente costruito.
Pensate che i server Sega hanno
lavorato ininterrottamente fino al
31 agosto 2001 per soddisfare la
mech-mania. Quasi due anni ininterrotti di sfide e duelli tra utenti,
quando in media la longevità di un
prodotto si misura nell'arco di "settimane". Un risultato grandioso. La
versione USA incorpora tutte le a ggiunte dell'arcade Mod. 5.66
2000
CRAZY TAXI [Dreamcast]
Il Dreamcast vacilla, e con esso Sega. Hitmaker fa di tutto per tenere
in piedi la baracca e porta sul
Ring#4
128Bit di casa una conversione perfetta dell'arcade che sta mietendo
successi nel mondo. Se escludiamo
un pop-up oltraggioso il resto del
gioco, dalle musiche al controllo, è
un porting arcade-perfect, con a nnesse musiche dei Bad Religion e
Offspring. Da avere.
VIRTUA TENNIS [Dreamcast]
Conversione per Dreamcast dell'omonimo Arcade. Lavoro semplicemente perfetto dal punto di vista
tecnico, ma il prodotto brilla anche
per giocabilità immensa e buone
idee per prolungarne l'appeal. In
compagnia di amici è un classico
immortale, sopravanzato solo dal
suo seguito. Quindi è mortale. Perdonate l'errore di stima.
Virtua Athlete 2K [ Dreamcast]
Dopo l'entusiasmo sollevato da Virtua Tennis e relativa conversione
su Dreamcast, la successiva produzione sportiva di Hitmaker fa un
buco nell'acqua risultando di parecchio inferiore a qualsiasi aspettativa. Il gioco graficamente c'è, ma
stavolta l'eccessiva semplicità è un
deterrente, e tutte le 7 specialità
olimpiche sono mortalmente noiose. Scarso anche l'appoggio di m usiche ed effetti sonori. Il peso lanciato da Hitmaker sfonda a malapena la soglia dei tre metri di
distanza.
VIRTUAL ON - ORATORIO TANGRAM M.S.B.S. Ver5.66 [Arcade]
Ennesimo enhancing del coin-op
originale
NAKAIOSHI POCKETBOOK (imode)
Produzione per cellulari only
VENUS PARADISE (i-mode)
Un simulatore di Romantic Tokyo
Love [sic!] da usufruirsi tramite le
telefonia cellulare. In pratica, la
cellularizzazione dei sim d'appuntamento che da anni imperversano
in nippolandia e rovinano decine di
giovani menti. Follia nipponica allo
stato brado. Quando arriva qui da
noi?
CRACKIN'DJ [Arcade]
Un vero e proprio simulatore di DJ.
Per chiunque si sia mai chiesto cosa
significhi scratchare o modulare il
fader, Hitmaker porta uno studio di
registrazione in sala giochi. No, in
realtà è un classico rythm-game
ove bisogna, tramite le manopole di
scratch e fader, andare a ritmo con
le musiche che tendono a sfondare
i timpani dei fortunati utenti. Sponsorizzato dall'Associazione A udiolesi
Uniti.
CONFIDENTIAL MISSION [Arcade]
La sfida di Hitmaker a House Of
The Dead II. Uno shooter per light
gun ove prendere le parti di un agente segreto. Lodevole il tentativo
di innovazione apportato, con la
possibilità di "disarmare" semplicemente un nemico [con il Justice
Shot] o di affrontare degli special
events all'interno di ogni singola
missione [ognuno diverso dall'altro,
c'era bisogno di dirlo?]
2001
AIR TRIX [Arcade]
Un classico simulatore di skateboard. Niente Tony Hawks da queste
parti, essendo un arcade il divertimento deve essere breve quanto
intenso. Non c'è spazio per arene
immense, quanto per half-pipe di
discreto mapping globale. No, i segni delle rotelle non restano sul
parquet.
SeGa GaGa [Dreamcast]
Uno dei progetti più bizzarri di Hitmaker dalle origini ad oggi. Sega
rischia di scomparire da un momento all'altro [è la trama del gioco] e voi siete chiamati a dirigere la
softco nella maniera più adeguata,
con politiche mirate e aggressività
sul mercato. Impersonate diversi
personaggi tra cui spicca Taro, il
protagonista principale. Quindicenne appassionato di videogames, è
stato scelto dal Teradrive® per A]
diventare il Sega Messiah® B] affrontare i perfidi goblins del mercato globale e della politica commerciale e C] guidare la softco alla
conquista globale del mercato [sic!]
Un progetto assolutamente fuori di
testa, a metà tra RPG e gestionale,
con una grafica in stile manga perfetta per quest'occasione. Un progetto così sballato non può che avere il pieno consenso di Ring.
CRAZY TAXI 2 [Dreamcast]
Dopo l'esordio Arcade e relativa
conversione su Dreamcast, Hitm aker ci riprova con una puntata scritta appositamente per la console
Sega a 128 Bit. Grafica migliorata
con meno pop-up e maggiore
visibilità in distanza, possibilità di
caricare più passeggeri e di performare il "Crazy Hop" per saltare
sopra interi palazzi. Le innovazioni
finiscono qui. New York city è
splendida ma Hitmaker nel tentativo di non cambiare troppo una
formula vincente ha forse esagerato con le precauzioni limitando una
maggiore creatività, e quindi innovazione.
CONFIDENTIAL MISSION
57
:RUBRICHE:
Ring#4
[Dreamcast]
Conversione dell'omonimo coin-op.
Certo, i morti viventi sono altra cosa, ma su Dreamcast un nuovo motivo per usare la light gun non è
mai da disprezzare. Aggiungete
buone animazioni, visuali e boss
design, ed avrete uno shooter più
che onesto anche nella durata: circa un'ora, nonostante tre sole missioni.
DERBY OWNERS CLUB 2 [Arcade]
Entusiasmante. Continua e si espande il franchise del perfetto a llevatore di cavallo da corsa. Riuscirai a far nascere il nuovo Varenne?
O sarai condannato a far pascolare
ronzini per tutta la vita? Un simulatore della Società odierna in diretta
da Hitmaker.
gioco fatica a decollare non intr oducendo nessun concept ex novo,
cosa che fece almeno il secondo
episodio su Dreamcast [con l'intr oduzione del Crazy Hop e varianti
dinamiche annesse]. High Roller
introduce una sola nuova città, più
il remake di altre due dai precedenti episodi. Nuovi personaggi e minigiochi si aggiungono alla lista ma il
tutto comincia a sapere di stantio.
CRACKIN'DJ 2 [Arcade]
Seguito del coin-op datato Anno del
Signore 2000, presenta soprattutto
una nuova colonna sonora ed una
grafica più stilosa. Nient'altro di assolutamente rilevante.
2002
VIRTUA TENNIS 2/ POWER
SMASH 2/ TENNIS 2K2 [PS2]
Questo porting su PS2 è anche la
dimostrazione [per il significato di
"anche" vedi il commento sull'arcade] che forti componenti simulative
non sono necessarie per ottenere
un gioco di tennis energico, veloce
ed additivo. Inoltre, la versione PS2
presenta anche qualche giocatore e
campo da gioco aggiuntivo.
VT2 è un gioco immediatamente
accessibile da qualsiasi utente, n onostante ciò è sul trono delle migliori simulazioni tennistiche sul
mercato pur nella sua semplicità di
controllo. Fino ad ora, una delle caratteristiche più distintive di Hitmaker.
VIRTUA TENNIS2 / TENNIS2K2
[Arcade/Dreamcast]
Rispetto al predecessore [Arcade e
Dreamcast] vanta tenniste di sesso
femminile come Mary Pierce, Monica Seles e le sorellone Williams.
Textures più definite e animazioni
migliorate per un gioco che comunque tiene fede alle regole precedentemente dettate di semplicità di
azione abbinata ad u n perfetto controllo sui personaggi. La versione
Dreamcast presenta una discreta
quantità di sottogiochi per prolungarne la longevità, già di per sé i nfinita in multiplayer.
CRAZY TAXI [PS2]
Conversione che mantiene gli stessi
pregi e difetti della versione Dreamcast. In particolare la versione
Playstation2 "brilla" per textures
peggiori di quelle Dreamcast ed un
pop-up se possibile ancora più a ccentuato.
VIRTUAL ON - FORCE [Arcade]
Di fatto, un'enorme impresa commerciale. Il franchise assume nuovi
contorni e grazie a H.I.P.S. si sviluppa su molteplici rami: colonna
sonora, action figures ed il merchandising più esasperato. Del gioco rimane il concept, 13 Electric
Brain Machines sempre più umanoidi, e la possibilità di salvare progressi e punteggi su card.
WORLD CLUB CHAMPION FOOTBALL SERIE A 2001-2002 [Arcade]
Un progetto sconvolgente ed innovativo [stavolta sul serio®]. Compra le tessere vendute da H.I.P.S.
[vere e proprie figurine, fornite tra
l'altro dall'italiana Panini, con la
proprietà di essere magnetiche i nvece che adesive], recati alla più
vicina sala giochi con un cabinato di
WCCF, abilita le tue tessere, crea il
tuo team, logo, divisa. Allenati
[leggasi: corri, dribbla, scarta su un
campetto virtuale] per potenziare i
tuoi campioni, e poi comincia a sfidare gli altri utenti fino a diventare
il più forte. Questo in breve. In r ealtà un ibrido originalissimo tra a rcade, multiplayer e gioco da tavola
[dove vengono gestiti i dati d urante
i tornei]. Qualcosa che sfiora anche
il concept dell'on-line gaming, perché comunque le sfide sono tutte
tra giocatori 'umani'. Un concept
originale e complesso, meritevole di
essere ricordato.
VIRTUA ATHLETE [Arcade]
Nonostante lo scarso successo di
Virtua Athlete 2K su Dreamcast,
Hitmaker lava i panni in famiglia e
li stende ad asciugare in una sala
giochi. La grafica è ovviamente più
possente, ma il controllo è ancora
legato a due soli pulsanti, difetto
primario della versione home. Ma
forse in sala giochi la cosa non è
negativa, e se proprio ci si annoia
si cambia gioco. Non costa di certo
60 Euro. Ne riparliamo fra 10 anni.
CRAZY TAXI [Nintendo GameCube]
L'esatta riproposizione dell'arcade e
successiva versione Dreamcast, con
tutti i pregi e difetti annessi. Grand e gameplay, concetto originale,
ma anche medesimi problemi di
textures sfocate ed un pop-up a
tratti imbarazzante.
CRAZY TAXI 3 - HIGH ROLLER
[Xbox]
Il Taxi giallo sgomma anche su
XBOX con una grafica che sfrutta
decentemente la macchina su cui
gira e gode di un concept di gioco
più che rodato, eppure... Eppure il
58
THE MAZE OF THE KINGS [Arcade]
Dopo Confidential Mission, Hitmaker ribatte le vie degli shooter con
light-gun. Ambientazione egizia ed
un controller a forma di scettro s ono le caratteristiche più originali del
prodotto, che per il resto non brilla
particolarmente sotto nessun aspetto. Fra dieci anni si parlerà solo
ed eventualmente dei suoi seguiti
2003
CYBER TROOPERS VIRTUAL ON
- MARZ [PS2]
Unico progetto annunciato per l'anno appena iniziato, Virtual On Marz ha evidentemente lo scopo
primario di portare un franchise
sconosciuto alle nuovissime generazioni su una console mainstream.
Se si escludono gli interessati e chi
ha comprato le ultime console di
Sega, il franchise arcade-robotico
non ha ancora goduto di un interesse uniforme a livello mondiale e
darlo in pasto agli utenti PS2 significa allargare la base degli interessati e papabili su vasta scala. Non è
escludibile a priori una politica di
distribuzione identica a quella di
Crazy taxi, che in soldoni prelude
ad un'uscita su XBOX della versione
Force [attualmente solo in sala
giochi e ovviamente la più prestante a livello tecnologico]
:RUBRICHE:
________________Final Hit
L'intera produzione Hitmaker
stupisce per qualità e quantità.
Dopo una rapida cernita dei titoli pubblicati e delle loro cara tteristiche, stranisce che questa
softco non goda della stessa
considerazione di altri clan Sega, AM2 e Sonic Team in testa. Nel loro parco giochi c'è
posto sia per franchise che g odono di fama a livello mondiale
[Crazy Taxi, Sega Rally, Virtual On, Virtua Tennis], sia
per prodotti che non hanno mai
raggiunto il successo planetario
pur nella loro intrinseca qualità
[L.A. Machineguns è solo uno
dei titoli].
I prodotti Hitmaker brillano
sia per prestazioni tecnologiche
che per un accurato dosaggio
dei controlli e del gameplay,
risultando piacevoli sia per chi
osserva gli altri giocare [Sega
Rally], sia per chi gioca in prima persona [Virtua Tennis].
Merito sicuramente dell'esperienza maturata nell'attività d ecennale e dal know-how ereditato da tale longevità.
Nata come softco dedicata
soprattutto a produzioni pre ttamente arcade, Hitmaker è
entrata nel mondo delle console
con i primi porting da co in-op
verso la metà degli anni '90 su
Sega Saturn. Al contrario di
Sega-AM2 che ha alternato
produzioni di impatto devasta nte sul mercato arcade con produzioni dalla qualità altalenante
per il mercato home, la casa di
Oguchi dà un'impressione di
maggiore solidità e di cura parimenti distribuite sul mercato
arcade e home. Le conversioni
da coin-op brillano assolutamente per coerenza di spirito e
sfruttamento perfetto della
macchina su cui devono girare.
Giochi come Virtual On, Winter Heat e Sega Rally hanno
Ring#4
saputo spremere Sega Saturn
come pochi altri, e la conversione di Crazy Taxi su Dreamcast è stata, nonostante
qualche carenza grafica, globalmente riconosciuta come
impeccabile, come pure quella
di Virtua Tennis.
Contrariamente alle softco f inora osserva te da Ring, Hitmaker non sta dimostrando particolari preferenze verso il me rcato home. Le conversioni dei
suoi migliori franchise sulle
macchine della Console War
continua imperterrita, eppure
sembra non calare assolutamente la sua attenzione verso il
mercato arcade, come dimostrano i recentissimi The Maze
Of The Kings e Virtual On Force.
Inoltre, sembra che non ci sia
preferenza particolare verso
nessuna console da quando
Dreamcast è defunto, visto che
Crazy Taxi è stato convertito
praticamente per qualsiasi formato. Certo, Playstation 2
sembra richiamare più interesse della concorrenza vista anche la conversione di Virtua
Tennis 2 e la prossima uscita
di Virtual On - Marz, ma niente fa pensare che la casa del
punto esclamativo propenda in
maniera netta verso Sony.
Chiudiamo dopo tanti apprezzamenti con una critica. Pur
apprezzando lo spirito impre nditoriale della softco di Oguchi,
non possiamo non notare che
da quando Hitmaker si sta suddividendo in molteplici attività
commerciali sembra andato
perso, seppure in maniera non
particolarmente sensibile, un
certo spirito di innovazione ed
intraprendenza. Esaminando la
produzione Arcade dei primi
anni '90, Hitmaker brillava molto più di oggi per spirito di sperimentazione di nuovi generi.
Pur mantenendo un'alta qualità
anche oggigiorno, evidenziamo
59
una certa fossilizzazione della
softco sui suoi franchise più
importanti, senza "osare" particolarmente sotto la voce "co ncept di gioco". Soprattutto per
quanto concerne il mercato
home [piccola eccezione alla
regola l'arcade WCCF SERIE
A, che da solo alza la media
della voce "originalità" di molti
punti].
Ring si augura che sia solo un
momento di adattamento. L'introduzione di nuovi sbocchi
commerciali ha di certo causato
una dispersione di energie, che
ci auguriamo vengano reintegrate dopo una normale e prevedibile fase di assestamento.
Soprattutto in virtù delle grandi
qualità e capacità dimostrate
fino ad oggi.
Sarebbe un peccato che un
patrimonio ludico così grande
vada perso a causa dei giochini
per cellulari e dei giubbotti militari.
Nell'anticiparvi che il prossimo numero di Sega Saga sarà
incentrato su Smilebit e conterrà la recensione di Panzer
Dragoon Orta, colgo l'occasione per ringraziare Senio "Akuma" Rotondi per gli apprezzamenti
e
la
competente
collaborazione.
A presto.
:RUBRICHE:
Ring#4
Yaru-drama: Knights of Dragon's Lair________
[Kakka Banzai #2]
di Amano76
L'esempio di Ghost in the Shell
non è certo l'unico di quelli che
si possono pescare, tra i tanti
titoli che dai tempi del battesimo di PlayStation hanno fatto
sfoggio di filmati a cartoni: a
risalire questo fiume di presentazioni, intermezzi, finali, si arriva a ben prima della nascita
della console Sony, e cioè
quando i dinosauri, il Mega-cd e
il Pc-engine, camminavano sulla Terra.
L'avvento del cd-rom aveva
infatti benedetto la g enerazione
delle console a 16-bit con copiose dosi di acqua santa in
full-motion-video, versate da
autori di manga e animazione
che si prestavano a fare da
concept design, mech d esign, e
character design per prodotti di
ogni risma (e salari "ciccioni"),
donando "anima" ad aspetti che
a 8-bit e su supporto analogico
non si sarebbero mai potuti esprimere. E' in questo periodo
oscuro (per noi che non abbiamo potuto viverlo al contempo)
che viene piantato il seme del
non-gioco, chiamiamolo così,
cioè di quella forma ludica che
si esprime attraverso tutti gli
aspetti tecnici satellitari alla
giocabilità come la narrazione,
l'ambientazione, il doppiaggio,
la confezione. La difficoltà assurda di Lunar, la "cloneria"
degli sparatutto per Pc-Engine,
la prosperità delle simulazioni
d'appuntamento, sono gli esempi più eclatanti di questa
era pioneristica, in cui la caccia
all'oro ludica era protratta con i
mezzi più subdoli.
E' così che alla stregua di
quanto avveniva in quegli stessi
anni per i comics americani, in
cui spesso c opertine disegnate
in modo eccellente ospitavano
albi scarabocchiati da vere e
proprie scimmie, in Giappone
vedono luce titoli basati eminentemente sul nome di ma ngaka o illustratori celebri, e se
si eccettuano i lavori di Akira
Toriyama (complice determinante del successo di Dragon
Quest) Yoshiyuki Sadamoto
(character designer di Lunar)
Satoshi Urushihara (che ha
contribuito a tenere in vita la
serie di Langrisser per un d ecennio intero), e Masami Obari
(talentuoso animatore che ha
realizzato d iverse illustrazioni e
concept design per sparatutto
usciti su Mega-cd) si può affermare in piena onestà che la
regola in vigore fosse "disegni
d'oro = giochi di me rda".
______Spezzi di animazione
E' anche vero ch e non tutto il
male vien per nuocere: in breve tempo, superati i clichè iniziali, i filmati cominciano a diventare un mezzo sempre più
complementare, e il doppiaggio
dona nuova vita alle a vventure
grafiche, una delle roccafo rti
più robuste del leggendario PcEngine: Kojima si produce nei
suoi Snatcher e Policenauts
(talmente cardinali da venire
ripescati successivamente sulle
console a 32-bit, anche se il
primo perderà i bellissimi filmati a cartoni, sostituiti con orribili
sequenze in CG), Y's1 viene rista mpato per l'ennesima vo lta,
e Tokimeki Memorial2 allunga
le grinfie sul popolo giapponese
(stringerà definitivamente la
presa con l'edizione per PlayStation e Saturn). La narrazione assume un aspetto via via
sempre più preponderante.
Esclusi i prodotti maggiormente ispirati però, la qualità
media degli intermezzi filmati di
allora non si era rivelata molto
alta. In gran parte si trattava di
specchi per le allodole, di breve
durata e di bassa manovalanza,
60
come poi è stato anche nell'interminabile marcia di PlayStation, con l'unica differenza che
l'animazione a cartoni aveva
cambiato di posto con quella in
cg, senza sortire però miglioramento alcuno. Così mentre
sul Saturn restavano alcuni irriducibili a difendere il format ereditato dall' epoca di trionfo
del supporto ottico (su tutti il
leggendario Sakura Ta isen) per
quanto riguarda la console di
Sony le sequenze a cartoni d iventano, con l'andare del te mpo, un carattere sempre più
sporadico; in modo molto simile a quanto era accaduto con gli
engine grafici, passati dal barocco bidimensionale dei 16-bit
all'elementare tridimensionale
dei 32-bit.
Nel frattempo Production I.G
collabora con diverse software
house nella realizzazione di i ntermezzi per titoli PlayStation.
Tra questi si d istingue Ghost in
the Shell, a cui partecipano
Shinji Takagi (regista dell'abominevole cartone animato di
Panzer Dragoon), Kazuo Yamazaki, e Mizuho Nishikubo,
veterani dell'animazione che di
lì a poco entrano a far parte di
Sugar and Rockets, team inte rno di Sony che conta diversi
reduci del team eXact. E' da qui
che nasce l'idea di un avventura grafica narrata esclusivamente attraverso sequenze animate: Production I.G, che già
aveva mostrato la sua "simp atia" per il mercato dei videogiochi, non ci pensa due volte, e si
associa al progetto. Nasce la
serie yaru-drama.
________Anime romantiche
L'avventura grafica per come è
concepita nel mercato giapponese è sostanzialmente d iversa
da quella occidentale. A Tokyo
e dintorni, dove probabilmente
non hanno mai sentito parlare
di SCUMM o Ron Gilbert, il genere è rimasto sempre ancora-
:RUBRICHE:
to a visuali in soggettiva e testi
raffinati di natura poliziesca,
con diramazioni classiche come
il giallo o l'hard-boiled.
La sua struttura può variare
dalla rigidità lineare (ma non
per questo elementare) di uno
Snatcher3, in cui il giocatore
ottiene indizi esplorando gli
sfondi e deve capire quale di
essi sarà utile per raggiungere
una nuova locazione, alla pre ssochè totale libertà di un Kamaitachi no Yoru4, in cui si
deve operare una scelta tra tre
o quattro possibilità, ciascuna
associata a percorsi narrativi
totalmente differenti.
Lo yaru-drama estremizza il
concetto del non-gioco, ma a nche quello di avventura grafica:
non solo l'inte rmezzo diventa
paradossalmente il vero e proprio contesto intera ttivo, ma
acquista anche un valore narrativo superiore a quello testuale.
Le potenzialità non sono da
sottovalutare. L'idea di fondo
concretizza lo spauracchio che
per anni è stato paventato in
ambito cinematografico: il filmfai-da-te, in cui lo spettatore
interviene direttamente sulla
trama, evolvendola secondo i
bivi che predilige. Lo yaru-drama consta infatti di una struttura segmentata i cui esiti sono
condizionati attrave rso menù di
azioni e battute possibili, tra le
quali selezionare quella che si
preferisce o si ritiene più interessante. In genere esistono
dai tre ai quattro percorsi principali, più tutta una serie di bad
ending che segnalano al giocatore quando è stata effettuata
una scelta erronea.
Purtroppo ciò che potrebbe
originare un nuovo linguaggio
mediatico si arena immediatamente, sin dalla prima uscita
della serie: Double Cast ha
animazioni portentose, chara cter design di alta qualità, ma
un plot tra i più ruffiani mai visti; quello di un ragazzo che
trova una ragazza senza memoria, indifesa e sperduta, d estinata a rivelarsi ben presto
l'epicentro di calamità di ogni
tipo (omicidi, incendi, disastri)
a cui la neonata coppia farà
fronte con la forza dell'amore
(muhahahahaha). Le premesse
sono le stesse viste in tante si-
Ring#4
mulazioni di crescita 5: una
compagna sprovveduta o in
stato di amnesìa, totalmente
plasmabile nelle mani del giocatore, che azzera qualsiasi timore per l'altro sesso e pone in
una condizione di incontestabile
dominio.
E' un disastro. La serie procede, ma, forse perchè pere nnemente nelle mani degli stessi
autori, non compie alcun passo
avanti nè circa la meccanica di
gioco nè circa i topoi sopraele ncati, finendo così col risultare
una mera "sfida" a collezionare
la sequenza in cui la protagonista mostra la mutandina bia nca, quella in cui in cui si fa la
doccia, e quella in cui mette il
costume rosa con il "bozzo" b ene in vista.
____________Fatti di storia
Le ragioni di tanta scontate zza
sono principalmente due: la
prima è che il pubblico a cui si
vuole far richiamo non è certo
quello adulto delle avventure
grafiche, quanto più quello adolescente che non perde una
puntata di Nadeshico 6 e ha tutte le card di Yuuko Miyamura 7;
la seconda è che con un budget
ad alto costo come quello della
serie, che riunisce veri e propri
talenti del mondo dell'animazione e del doppia ggio, non ci si
può permettere una sperime ntazione di stile o di testo. L'unica eccezione alla regola è risultato Yukiwari no Hana, capitolo in cui gli sgargianti colori
saturi dell'animazione giapponese fanno spazio a tonalità di
grigio e ad un tratto quasi e uropeo, che poco hanno a che
spartire con la caratterizzazione
grafica del resto della serie.
Ovviame nte non ha venduto un
cazzo.
La transumanza da PlayStation a Ps2 poi, ha cambiato ben
61
poco: Scandal, il primo episodio sulla console 128-bit di
Sony, era poco più che un fan
service 8, mentre il successivo
Blood, pur avendo tentato un
nuovo approccio (era ora), si è
rivelato fallimentare, in termini
di vendite quanto di qualità9.
Attualmente gli yaru-drama
veleggiano come un sotto-genere abbastanza prospero:
nuovi titoli continuano ad uscire, segno che la serie ha comunque convinto una certa fe tta di pubblico, ma sinora non si
è visto un solo colpo di coda
che fosse uno. Tra questi va
tuttavia segnalato Surveillance, l'ultimo in ordine di tempo
ma non di importanza , videogioco prodotto indipendeteme nte da Production I.G attrave rso
i suoi studi, e risultato un in aspettato sleeper capace di mietere successi tra la critica non
ufficiale (quella in rete e quella
su fanzine) e raggiu ngere una
buona stima di copie acquistate.
Appuntamento quindi al mese
prossimo con quest'ultimo nato
della serie yaru -drama (nell'angolo Rece nsioni) e con il nuovo
numero di Kakka banzai, dedicato all'immenso mondo delle
avventure gra fiche. Ovviame nte si parlerà anche di Snatcher
e Policenauts...
__________________Note
[ 1 – serie di action-rpg prodotta
da Falcom, che si distingueva
per il suo approccio immediato
al gioco di ruolo, in un periodo
durante il quale a spospolare
erano invece titoli dalle meccaniche più complesse, ereditate
da Dungeons and Dragons.
Prodotto per Pc, con la sua uscita su console Y's dimostrò le
potenzialità di un genere ruolistico snellito da rigidi regolamenti e maggiormente votato
al racconto che non al minuzioso potenziamento dei pers onaggi.]
[2 – simulazione d'appuntame nto che ha sdoganato il g enere
puntando ad un approccio più
ludico e meno maniacale. Per
anni Konami ci ha tirato fuori
vagonate di soldi producendo
:RUBRICHE:
cd
musicali
con
canzoni
intepretate dalle protagoniste
del gioco. ]
[3 – avventura grafica di Hideo
Kojima spudoratame nte ispirata
a Blade Runner. La prima edizione su MsxII mancava del c apitolo conclusivo, che verrà aggiunto a posteriori con la ve rsione per Pc-engine Duo. ]
[4 – titolo di Chunsoft, la software house dell'enfant-terrible
Ryuichi Nakamura, che a suo
tempo si distinse per la qualità
dell'intreccio e la vastità dei
percorsi possibili. Di recente è
uscito un seguito su Ps2 che ha
superato le 100mila copie.]
[5 – non si fa chiaramente rife-
Ring#4
rimento ai Pokemon, ma a giochi come Princess Maker o Marionette company, in cui si deve
crescere una bambina piccola o
un robot femminile, insegnando
loro a vestirsi, a comportarsi in
un certo modo, etc.]
[6 – serie robotica in cui la totalità dei personaggi è di sesso
femminile, con due soli protagonisti maschili. Di quest'ultimi,
il più figo muore al quarto episodio. La ruffiaggine della serie
era tale che le puntate con i
combattimenti tra mech erano
animate in modo o rrido, mentre
quelle incentrate su concorsi di
bellezza e vacanze al mare (con
quantità abbondanti di costumi
attillati) riprodotte con qualità
assurda.]
[7 – doppiatrice di Asuka Langley nel mai abbasta nza citato
Evangelion, è una delle idol più
"longeve" del cosmo giapponese.]
[8 – l'aggiunta di situazioni o
inquadrature che non hanno
utilità ai fini della storia ma che
cercano invece di cogliere le
simpatie dello spettatore con
citazioni, informazioni tecniche,
o piccanti scorci di corpi femminili.]
[9 – questo nonostante il gioco
abbia riscosso il voto più alto
che Famitsu abbia mai assegnato ad uno yaru-drama: ben
quattro 8.]
:KAKKA–RECENSIONE:
Fiori Senza Senso_______________________
[Sampaguita]
di Amano76
"la mia testa è un focolaio di sovversivi
la mia testa è un focolaio di sovversivi
la mia testa è un focolaio di sovversivi"
Sovversivi, 99 posse
Pensato come c apitolo estivo della s erie
yaru-drama 1,
Sanpaguita è il titolo più interessante del gruppo
sia per il plot sovversivo, sia
per il concept character design
di Masamune Shiroo. E lì finisce; perchè anche questo ennesimo pseudo-lasergame di
Sugar and Rockets rivela gli
stessi difetti genetici evidenti
nei suoi consanguinei, nonostante il cast di doppiatori d'e ccezione e la pregevole fluidità
dell'animazione.
Quello che all'inizio sembra
essere un prodotto originale,
diventa ben presto corretto da
continue, insistenti, ed imperterrite sbirciatine "porno", con
una costruzione su sequenze
che esaltano il fisico della procace eroina del gioco, Maria
Santos, alternate ad altre du-
rante le quali la tipa pre nde la
testa del protagonista e se la
infila tra le bocce 2 stile "vieni
dalla mamma".
Malato.
Malato, malato, malato.
______La divina concezione
Cosa c'entra Masamune Sh iroo,
il più politico, il più cyberpunkolese, il più cerebrale mangaka
giapponese, con questa montagna di fan service da due soldi?
Se vi state facendo questa d o-
62
Genere:
Yaru-drama
Etichetta:
Sony
Sviluppatore: Sugar & Rockets
Sistema:
PlayStation
Giocatori:
1
Versione:
Giapponese
Anno:
1998
manda probabilme nte non siete
al corrente del fatto che "il m aestro", dopo essere sopravvissuto al terremoto di Kobe, ha
probabilmente riportato un n otevole trauma cranico e si è votato anima e corpo alle illustrazioni soft-core. Così, me ntre il
seguito di Ghost in the Shell fa
di tutto per essere degno di
Playboy, e mentre una bella l apide con tanto di sigillo shintoista viene apposta sul monumentale Appleseed, Shiroo ha
deciso di passare gli ultimi cinque anni a produrre letame di
alta qualità. Lo stile non si è
:RUBRICHE:
involuto, ma lo spessore artistico sì.
Tra le tante collaborazioni
con cui l'autore si è dilettato in
quest'u ltimo periodo figura
Sampaguita, per il quale ha
ideato sketch (pensate che fatica) del character design dei
protagonisti, secondo canoni
realistici che tentano di dare
tono a lle intenzioni del regista.
Quest'apporto striminzito esemplifica alla perfezione il legame tra yaru-drama e i nongiochi dell'era Pc-engine/Megacd: Shiroo non è niente più che
uno strillo di copertina, un marchio con la pretesa di attirare le
folle; per il resto il gioco è tutta
farina del sacco di altre pers one. E si vede.
Ring#4
protagonisti filippini, non si sa,
eppure l'idea non è trascurabile. Dopotutto stiamo parlando
di un cartone animato, e personalmente non ricordo di telefilm o lungometraggi che avessero a tema una premessa
simile. Purtroppo la natura di
questa scelta narrativa è assolutamente pretestuosa: con
l'eccezione dei riferimenti ai
sampaguita 3, ad una canzone
popolare, e qualche accenno
alla vita di strada degli orfani,
Yamazaki lancia il sasso ma n asconde cautamente la mano.
Perchè questo spunto tanto v erosimile viene poi calato in un
contesto di stronzate mele nse
senza termine e di soft-core
gratuito, che poco hanno a che
spartire con pretese di contestazione o descrizione.
nunciare, famiglia compresa.
Per colpa di quest'approssimatività il giocatore "non sente"
affatto il senso di chiusura della
storia 4, che arriva senza p athos
e senza culmine narrativo, qualunque perco rso si scelga.
Sampaguita ha lo stesso retaggio dei suoi predecessori
(ma anche dei suoi discendenti): è un collage di sequenze a nimate che spetta al giocatore
riordinare, ma che fallisce nell'essere coinvolgente, drammatico, e sovversivo.
Prima di decidere di comprare
un titolo del genere, è importante che vi chiediate: siete
spettatori, mo ntatori, o registi?
Montaggio e regia: la Storia
__________Fottuti orientali
Nel caso non lo sappiate i gia pponesi sono uno dei popoli più
razzisti sulla faccia della Terra.
Per chi non sa distinguere un
vietnamita da un core ano, o un
thailandese da un giapponese,
e chiama tutto ciò che possiede
due occhi a mandorla "cin ese",
il concetto sarà forse difficile da
afferrare, ma sì, i giapponesi
sono xenofobi. Niente di sorprendente visto che stiamo parlando di una cultura che è restata isolata dal resto mondo
(per colpa sua e per colpa della
geografia del pianeta) per l'arco
di due millenni, tuttavia se
pensate a quanto poco trapela
di quest'aspetto all'estero, immaginate in quali condizioni di
oscurantismo versino le minoranze etniche in Gia ppone.
Come sia saltato in mente a llo sceneggiatore, Kazuo Yama zaki, di andarsi a prendere due
C'è qualche lampo di lucidità.
Alcune conversazioni durante il
gioco, quella con un parente
giornalista e quella con un barista filippino, danno un certo
spazio alla vita quotidiana del
paese di Maria e di Boy (il fratello, non chiedetemi da dove
abbiano tirato fuori il nome), e
attraverso questi dialoghi Yamazaki cerca di illustrare la cesura che esiste, in termini economici e folkloristici, tra il
Giappone e le nazioni "così lontane così vicine" del sud-est asiatico. Tuttavia sono episodi,
occhiate dal finestrino di un
treno che procede spedito sui
suoi binari e che non si concede
soste: tutto si snoda in una ricerca spadosmica di questa tizia che "l'ha data" una volta e
poi è sparita. E quando tutto
d'un tratto si arriva alla conclusione, il protagonista non deve
compiere alcuna scelta: è uno
squattrinato, uno che non rimorchia, uno che non riesce a
superare l'esame d'ingresso a ll'università da anni; che si trasferisca o meno nelle Filippine
non c'è niente a cui dovrà ri-
63
__________________Note
[1 – la prima serie di yarudrama era pensata in quattro
capitoli, ciascuno ispirato ad
una stagione.]
[2 – il viso dell'alter-ego del
giocatore non appare mai sullo
schermo, ma è perennemente
celato da ombre o parzialmente
escluso dall'inquadratura ste ssa. E' un retaggio tipico delle
simulazioni d'appuntamento e
dei giochi pornografici.]
[3 – fiori che i bambini di strada
filippini vendono agli incroci.]
[4 – ci sarebbero 3 conclusioni
diverse ma sono praticamente
variazioni a tema di quella a ppena d escritta; nulla che mostri
sostanziali differenze.Gli altri
24 finali disponibili sono poco
più che vicoli ciechi e non hanno praticamente contenuto.]
:RUBRICHE:
Ring#4
:KAKKA–RECENSIONE:
When a Game Sucks...___________________
[Blood]
di Amano76
"dimentica tutto quello che pensi di sapere sui vampiri"
da un qualsiasi film dedicato ai discendenti di Dracula
"sono il condje Djacula, miiiinchiaaa!"
da Tre uomini e una Gamba
La figura del nobile
immortale che vive
ciucciando il collo
alla gente comune
ha sempre affascinato pubblico e autori di ogni
risma. Di interpretazioni possiamo contarne innumerevoli,
comprese quelle omosessualo idi di Anne Rice e quelle parodistiche del Conte Duckula (forse
il peggior fumetto Marvel dopo
Alf e Dazzler). Di quelle valide
possiamo contarne ancora m eno: una è sicuramente quella di
Bram Stoker, un altra Salem's
Lot di Stephen King, e perchè
no, anche il Vampires di Carpenter, una delle pellicole più
trucide che il papà di Grosso
guaio a Chinatown abbia mai
regalato al mondo.
Come avrete notato, non ho
ancora citato Blood...
della serie di Lamù e mente di
Patlabor assieme al prolifico
Kazunori Ito, che l'artista voleva dipanare attraverso più fo rme di comunicazione per illustrare una storia complessa e
framme ntaria, in cui parte degli
enigmi restasse perennemente
indissoluta.
Tuttavia queste intenzioni s ono niente più che fumo negli
occhi, perchè come negli altri
casi legati agli yaru-drama, a nche stavolta il nome di un colossale autore non si rivela a ltro
che un modo maldestro di spillare soldi al pubblico. La scarsa
qualità di questo Blood è la
non necessaria conferma di
quanto già non aveva funzionato nel lungometraggio omonimo 1: un film che incollava letteralmente immagini disegnate
a mano su fondali in computer
grafica, con una storia senza
capo nè coda, che aveva il solo
intento di spingere la sua audicence a comprare gli altri prodotti direttamente collegati per
tentare di capirci qualcosa 2.
_________La storia infinita
________Continuiamo così;
facciamoci del male
E non l'ho citato per il semplice
motivo che si tratta di una di
quelle trascurabili operazioni
commerciali tipiche del mercato
giapponese, con un prodotto
che viene spezzettato attraverso ogni media possibile: videogiochi, romanzi, cartoni animati, fumetti. L'ultimo yaru-drama
prodotto su Ps2 è infatti parte
di un progetto "voluto" da Mamoru Oshii, leggendario regista
Rispetto a tutto il resto della
genealogia yaru -drama, Blood
h a comunque alcuni motivi di
pregio, dato che prende le d ovute distanze dalla natura romantica e ammiccante dei
precedenti capitoli.
I percorsi possibili sono molto
eterogenei, e si possono ra ggruppare in tre differenti storyline ciascuna provvista di co nclusioni "a tema", e nonostante
ogni percorso narrativo sia legato ad una diversa ragazza, è
anche vero che esistono distin-
64
Genere:
Yaru-drama
Etichetta:
Sony
Sviluppatore: Production I.G
Sistema:
PlayStation 2
Giocatori:
1
Versione:
Giapponese
Anno:
2000
zioni contenutistiche ben precise per ciascuna di esse. Il protagonista del gioco è infatti o ggetto del contendere di diverse
persone: una è Saya, l'eroina
della saga di Blood, decisa a
tutto pur di evitare che l'ennesimo umano venga corrotto dal
Signore delle Tenebre; l'a ltra è
Tooko, affascinante vampira
cosciente della sua forza e d ecisa ad avere il protagonista
come alleato; l'ultima ma non
ultima infine è Ruria, un a ragazza mascolina che non è ancora venuta a patti con la sua
identità di yokushu3, alienatasi
dal mondo e dedita ad una vita
di vagabondaggi. Per il giocatore è possibile scegliere a quale
di loro interessarsi, secondo
una preferenza che poi comporterà esiti completamente differenti tra loro.
Di tutta la serie yaru -drama,
Blood è l'unico a distinguersi
per una simile vastità di contenuti, anche se bisogna amme ttere che il gioco ha goduto di
un supporto più capiente rispetto ai predecessori e di un
budget sostanzialmente più a lto 4.
Anche nell'interfaccia di gioco
si è tentato un approccio più
dinamico al procedere degli eventi, ora non più basati sulla
semplice scelta multipla ma
sulla prontezza di riflessi, dato
che per accedere ad alcuni percorsi, vitali per venire a cono-
:RUBRICHE:
scenza dei mille misteri legati
agli yokushu, sarà necessario
individuare diversi bivi n ascosti.
Tali diramazioni si potranno
scoprire preme ndo un tasto ben
preciso al momento giusto
(Blood Search System), in modo da acuire i sensi del protagonista e fare sì che si a ccorga
di particolari altrimenti celati,
giungendo così a ulteriori co nclusioni.
________La parola è potere
Purtroppo i punti in cui effe ttuare il B.S.S sono per la maggior parte inintellegibili, e questo va a discapito del divertimento dell'utente, costretto a
ripetere intere sequenze più di
una volta per riuscire a individuarne anche uno soltanto. Dato che di questi bivi nascosti ce
ne sono davvero troppi, è impossibile non avvalersi di sleali
guide strategiche, il cui ricorso
toglie però tutta la soddisfazione a completare l'avventura.
La ragione d'essere di questo
sistema è pregevole, per quanto malriuscito. Infatti alla base
di Blood vi è una reinterpretazione della figura del vampiro
che trascende le solite a llegorie
di stampo cattolico (nonostante
qualche icona ricorra comunque) e insiste sul concetto di
"scelta", tema ricorrente nei libri della Rice, analizzandolo p erò in modo inedito.
Nemesi della vicenda è il Signore delle Tenebre, uno yokushu che tenta continuamente di
mettersi in contatto con pers one dal carattere debole e indeciso, in modo di piegarle ai suoi
voleri e creare una razza che
soppianti quella umana. Il punto focale di tutta la vicenda p erò non sono le motivazioni di
Ring#4
questo anomalo vampiro, ma i
suoi mezzi: Walter Kats (il vero
nome) è infatti un manipolatore, convinto che la parola sia il
potere e che attraverso di essa
si possa dominare chiunque.
Questa chiave di lettura è forse
il pregio più grande tra quelli
sinora elencati, perchè in Blood
si applica a più livelli.
Anzitutto nell'impersonificazione del protagonista, il solito
protagonista passivo degli yaru-drama, la cui caratteristica
debolezza è però il motivo preciso per il quale viene prescelto
da Kats, e non un tentativo di
conferire una qualche immedesimazione all'utente. In seco ndo luogo nell'interfaccia di gioco, che privilegia i bivi nascosti
ai menu a scelta multipla: questi ultimi sono infatti basati su
decisioni che riflettono le domande poste dagli altri pers onaggi, ognuno, in un modo o
nell'altro, intento a condizionare il protagonista con bugie,
falsi indizi, ammiccamenti, in
sostanza, attraverso il linguaggio. Il B.S.S è invece la precisa
iniziativa dell'utente, che innesca la possibilità di percorrere
non le strade prestabilit e dirette verso le varie bad ending,
ma quelle "nascoste" che permettono di sottrarsi alla volo ntà
altrui, cattivone di turno compreso. Terzo e ultimo livello è
quello narrativo vero e proprio:
tutta la storia è incentrata sul
condizionamento, su di un
vampiro che per ottenere la s upremazia del genere umano
tartassa le sue vittime con offerte di potenza, di rivalsa, di
piacere, facendo sì che queste
cedano alla sua parola. Una
sorta di messia diabolico, a cui
Saya si contrapporà più volte
gridando il suo "la volontà è
potere".
Un concetto di fondo forse
semplicistico, ma che assume
un significato ben preciso all'interno di una storia in cui a e ssere messa in discussione è la
capacità degli individui di decidere il proprio destino.
65
Se vuoi il potere, prenditelo
In definitiva un racconto abbastanza interessante, che però
avrebbe avuto il bisogno di e ssere raffinato meglio nella fo rma e nell'interfaccia. Così com'è, è un costoso cartone interattivo, dai contenuti "impegnati" ma sviluppati senza i d ovuti accorgimenti. Dopo aver
visto Lain, Ghost in the Shell,
Metal Gear Solid 2 ed .Hack,
direi che il tema della parola,
dell'informazione, e della comunicazione, è stato sviluppato
meglio altrove. Peccato.
__________________Note
[1 – 2000; diretto da Hiroyuki
Kitakubo]
[2 – al gioco e al cartone sono
stati prodotti i due romanzi "La
notte delle belve" e "Il sangue
che chiama la notte", più il
manga "Blood 2000".]
[3 – tradotto letteralmente "ch irotteri"; sono la razza di vamp iri che popola il gioco. Gli yokushu, nella loro forma originale,
sono identici uno all'altro: sono
asessuati, con un cocige che
indica lo sviluppo interrotto di
una coda, e con mandibole s eparate dal teschio che si chiudono indipendentemente (tipo
squalo bianco). Piuttosto inquietanti. ]
[4 – ben due i dvd su cui è ospitato il gioco, venduti però
separatamente al prezzo di
5'800 yen. In parole povere,
Blood costa (a tutt'oggi, dato
che non è ancora uscita la ve rsione economica) 11'600 yen,
cioè quasi 110 euro.]
:RUBRICHE:
Ring#4
Nemesis il titolo no eh?___________________
[Il Davide Videoludico QUATTRO]
di Nemesis Divina
Un tempo di soldi ne guadagnava tanti, il Davide. Il suo era un lavoro di un certo
rilievo e non tutti potevano avere le doti innate a farlo. D’altra parte, con la r ecessione degli ultimi anni è naturale che tutti si tiri la cinghia e meno si ma ngia,
meno si va di corpo, per cui le fogne non sono da ripulire con l’usuale frequenza.
Il 2002, di fatto, ha segnato un notevole abbassamento del livello di liquami ta nto che l’agenzia che dava lavoro al Davide, decise tosto di licenzia rlo adducendo
la scusa che quello era un lavoro troppo sporco per un lavativo come lui. Mogio
come Moggi, il nostro se ne tornò sui propri passi verso casa con in mente non
tanto la Silvia, arpia senza pari, o il nascituro GianFilippo, quanto piuttosto la
venuta videoludica di inizio millennio. LA macchina che da sempre aspettava,
una custodia di sogni e illusioni realizzabili ad ogni accensione, un contenitore di
possibilità infinite, storie altrimenti irrealizzabili, eroi da impersonare, vicende da
vivere, persone da amare davvero, non come nella realtà. L atrice d’intrattenimento supremo, dispensatrice di magia e incanto. E volendo ci puoi anche giocare!!! PS2 uscì nell’anno 2000 el Davide, in fregola come un marsupiale monco,
non resistette all’insano acquisto. Sulla via del ritorno da lavoro, novello disoccupato, incappò nel rivenditore specializzato suo fidato presso cui, casualmente,
aveva prenotato otto mesi prima una PS2!! E ntrò nel negozio con la sicurezza di
chi sa che tutto gli è dovuto: sbattendo il naso su una porta a vetro mirabilme nte pulita. Ma nessuno fece caso alla gaffe davidiana, tutti piu ttosto erano rapiti
dalla macchina che Sony ci assicurava essere succo di prima spremitura di genitali divini. Fra lo stupore degli astanti, Davide evocò un maestoso ‘PS2+vertical
stand+un gioco a scelta’ cui seguì un mirabile Drain Conto Corre nte che lasciò
tutti di cacca. Una milionata e passa così, senza battere c iglio. E nemmeno senza
battere cuore (difatti il Davide perse una quindicina di impulsi cardiaci allorché
scoprì che il ‘gioco a scelta’ era a ‘scelta del gestore’ che, con poco gusto va detto, propese per Fantavision). Gioioso come un gibbone albino, il Davide appro cciò la propria abitazione con fare di sfida. Che non se ne avesse, l’amata Silvia,
di commentare l’immane spesa giacché Davide era adulto e vaccinato nonché
capofamiglia e pantalonemunito. Come da programma Silvia ebbe a inchinarsi
innanzi al potere maschio, di poco rilievo l’ennesimo veto vaginale e lo sciopero
della fame ch’ella impose al Davide. Il nostro si ritirò bramoso in ‘The Mighty Buco di Merda’, la sua saletta da giuoco. Liberò dal pulviscolo uno scaffale e nervosamente erse l’eburneo obelisco. Stupore e magia! PS2 sve ttava ritta fra console
gobbe e striscianti. Il Davide inserì con reverenza il CD nel tray e giocherellò con
il mulinare di luci e colori non vedendo, ma comunque intuendo, l’infinito pote nziale di quel milione di lire (nella fattispecie pensava a Battista , un trans romano
che batteva lì poco distante e che ogni giorno gli prospettava piaceri posteriori
nuovi e sublimi). Dopo svariate ore/gioco il Davide doveva convincersi che PS2
era ‘na sola… Sconforto dall’immonda spesa e dal sottile ritorno l udico, il Davide
manovrò fuori dalla stanza, raccolse tristo il ca ppotto e si avviò verso l’uscio.
Silvia non notò la dipartita davidiana anche perché troppo intenta a crogiolarsi
fra le carinerie telefoniche di Mimmo, uno spasimante segreto. Davide scese le
scale con gambe molli, si diresse poi dall’unica persona che avrebbe potuto aiutarlo: Egidio. L’Egidio era l’unico vero amico del Davide… oddio, amico è forse un
poco generico, nello specifico Egidio è quel conoscente che è sempre d isponibile
e pronto a chiedere u n favore, che se gli serve una cosa non manca mai di d omandarla proprio a te e che se una volta su mille può ricambiare, stai sicuro che
se gli telefoni risponde la segreteria telefonica d inamica, così reattiva che all’inizio sembra di parlare davvero con lui e poi invece no. Fortunatamente Egidio era
agli arresti domiciliari, per cui Davide andava sul sicuro. Lo trovò che si nettava
l’incavo uditivo con un forbicione da sarto, mentre tutt’intorno si stendevano lingue di fumo stupefacente di cui l’Egidio e ra insaziabile consumatore.
«Egidio, ho bisogno di una mano».
L’Egidio non perse tempo a mostrare la sua disponibilità anticipandogli un dito.
Medio. Con gran fatica il Davide esternò il suo malcontento per una macchina
che manteneva all’incirca il 4% delle promesse fatte e che costava un sacco e
che adesso lui era in mezzo a una strada e che la Silvia non gli dava nemmeno il
raviolo inguinale anche se pure prima non è che lo vedesse tanto spesso e anzi
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:RUBRICHE:
Ring#4
non si ricordava nemmeno il taglio di lei. L’Egidio, va detto, era qualcosa di più
di un appassionato di videogiochi. Era un appassionato di appassionati di videogiochi. Al secolo un pirata.
«Davide? Cortesemente, non rompermi il duo testicolare…» sentenziò. Il Davide fece allora gli occhi da muflone sodomita e l’Egidio si mosse a pietà.
«Vieni qua, mira e strabilia!!».
L’Egidio estrasse da sotto un armadio un valigiotto nero laccato con finiture in
acciaio, compose rapidamente una complessa combinazione di due numeri e poi
aperse il valigeo contenitore. Maraviglia delle maraviglie, ivi si trovava un aggeggio tecnologico di rara bruttezza ma di evidente potenza computazionale.
«Che è? » domandò rapido e bramante il Davide.
«De Trù Console del Futuro. Fidati, questa è roba forte, roba sperimentale. Un
prototipo, andrà in vendita nel 2013. Portami PS2 e io t’appioppo ‘sto scassone».
Il Davide rimase leggermente interdetto dall’ultima frase.
«Ma siamo sicuri? Di che marca è questa console? E i giochi? Sono buoni davvero? C’è il Uinning Ileven?».
«Hiiiiiii!!!! Osi mettere in dubbio la mia parola?!?! Dopo tutti i favori che ti ho
chiesto e i soldi che mi hai prestato, pusillanime opossum ingrato, ti si cancelli il
salvataggio di GT2, che ti vengano le pustole al prepuzio e un rosone di vesciche
attorno all’ano…» e in un crescendo di epiteti e blasfemie assortite, Egidio si
spense in un sonno irrequieto ma profondo.
Al Davide non rimase altro da fare che tornare verso la propria dimora, già o ppresso dal pensiero del monolito sonyco. Giunto su un ponte e ormai schiacciato
dal rimorso d’aver prosciugato gli ultimi risparmi della famiglia, decise tosto di
togliersi la vita. Era lì lì per gettarsi nel fiume quando vide Shigeru Miyamoto
passeggiare sull’acqua vestito come l’informatore negro di Starsky e Hutch con
tanto di capelli afro a nni ’70. Giunto nei pressi del ponte, Miyamoto guardò in su
e sorrise docile.
«Gioisci, affranto Davide, poiché infinite sono le vie del Signore e oggi è pure
giorno di bundle…»
Davide sbiancò per l’inatteso incontro.
«buuuuu!!! San Miyamoto, ho molto peccato e tradito il sentiero Nintendo perseguendo menzogna e idoli di bronzo, cedendo alla lusinga del poligono facile e
della quarta misura di Lara… ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato».
«Il dolore che mi hai causato è stato grande, pre diletto fra i miei figli. Eppur ti
vedo pentito e sinceramente affranto. Meriti d’esser obliterato dai tuoi errori e di
avere l’occasione di porre fine ai tuoi misfa tti.»
Così dicendo, con un gesto mistico, San Miyamoto teletrasportò la PS2 del D avide sul ponte a ccanto a lui.
«Disfati dell’orrendo idolo, poni fine alla contraffazione e all’usurpatore. Urla al
cielo tre volte il mio nome e chiedi grazia perché grande è la misericordia di
Fungo e Moneta!!»
San Miyamoto levitava ora a mezzo metro dall’acqua e l Davide squadrava trasognato la scena. Dopo attimi di esitazione, durante i quali rivisse il momento
del pagamento di PS2, scagliò con forza PS2 nel cielo che si perse puntolino
all’orizzonte.
«Ed ora, mio vate?» questionò sperduto il mortale.
«Ora torna sui tuoi passi perché saranno guidati da me, abbi Fede nel Fungo e
nella Moneta ed il Destino allora ti sorriderà».
Con nuova speme Davide abbandonò il ponte intravedendo la mistica figura
che faceva la verticale nell’acqua… Ormai dimentico dell’immonda spesa e mo ndato l’anima dal Peccato Verticale, Davide galle ggiava nell’aura totale Nintendo,
un isola pacifica priva di eccessi e strilli, di effettacci e reclame, di donnacce e
pozze di sangue. Un sorriso tagliava in due il viso del Davide che, senza ben c apirne il perché, era felice e leggero di cuore, come se nessun armageddon brillasse all’orizzonte, come se nessun conto in rosso segnalasse pericolo finanziario, come se nessuna Silvia potesse incrinare l’idillio della sua vita. Poi l’effetto
dei fumi egidiani terminò e tutto fu come prima peggio di prima, non c’era nessuna Nintendo in cui credere, a meno di non volersi giocare gli occhi con il vid eocomposito del N64 PAL, sullo specchio del fiume un barb one viola, ammuffito e
gonfio d’acqua diventava cibo p er i topi mentre a casa di Davide aspettava ancora PS2, inutile e vuota, in attesa di un calore e un cuore che chissà se avrebbe
mai potuto avere…
[Continua…]
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