la bellezza nell`africa occidentale

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la bellezza nell`africa occidentale
LA BELLEZZA NELL’AFRICA
OCCIDENTALE
di Stefano Anselmo
Dal mio diario di viaggio, la documentazione di tre acconciature tradizionali eseguite dalle allieve della Scuola di Taglio e Cucito di Guediawaye Notaire, a Dakar, in Senegal. Alcuni di voi si ricorderanno di un articolo di 2 puntate uscito la primavera
scorsa sul Fesman di Dakar. Quella volta avevo deciso di prendermi un
periodo di tutto riposo e scelsi il Senegal, una terra di cui conosco
abbastanza bene i costumi, la lingua e dove ho parecchi amici. Mia
intenzione era però di non restare nella capitale, città caotica e inquinata
come la buona parte delle metropoli del terzo mondo. Tuttavia feci i conti
senza l’oste: arrivato sul posto scoprii che l’indomani iniziava il terzo
“Festival International des Artes Négres”, e se mi fossi perso quello, avrei
dovuto aspettare 20-25 anni per rivederlo per cui. Infatti, il primo risale al
1966 sempre a Dakar - del quale la RAI trasmise la storica serie di
documentari “Malimba” di Folco Quilici, poi vi fu quello del ’77 a Lagos in
Nigeria e l’ultimo del 2010, nuovamente senegalese. Per cui restai in città
correndo come un pazzo a destra e a manca per assistere a più eventi
possibile.
Nonostante la frenesia festivaliera non rinunciai al mio progetto di ricerca
etnografica di costume su elementi estetici della tradizione locale, in fase di
oblio perché dismessi dalle giovani generazioni. Avevo pensato di ricreare
tre bellezze muliebri, quali espressione del gusto e del costume di popoli
scelti tra quelli che formano lo stato del Senegal.
Forse, a questo punto della lettura, qualche lettore si è soffermato
sull’ultima frase, domandandosi cosa significhi “popoli scelti tra quelli che
formano lo stato del Senegal“. Perciò interrompo il racconto e apro una
ampia parentesi cercando di spiegare un fatto molto importante e che va
conosciuto prima di proseguire la lettura. Questo fatto ha influenzato (e sta
ancora influenzando) la maggioranza delle Culture africane. Le quali, oltre
alla globalizzazione mondiale, sono toccate da altri tre fenomeni altrettanto
deleteri per la conservazione dell’identità:
a) l’annientamento culturale pre e post coloniale in termini di
impoverimento delle economie, sfruttamento unilaterale delle risorse
senza reinvestimenti in loco; fattori che provocarono povertà e
spostando conseguentemente l’attenzione su altre priorità legate alla
sussistenza e, quindi, distraendo energie e risorse dalle espressioni di
cultura; in altre parole: non chiedetemi di comporre un’opera se non so
come arrivare a sera.
b) “Imporre” a popoli culturalmente diversi di convivere all’interno di uno
stesso recinto geografico non creato da loro (gli stati vennero creati
dagli Europei senza alcun consenso nota 1) provoca l’appiattimento
delle differenze culturali: etre deracinè, sradicato, si dice nell’Africa
francofona; galli, in wolof. I giovani dimenticano lingue, usi e costumi
degli antenati, adagiandosi sulla comodità delle lingue veicolari (il wolof
in Senegal, l’arabo in Egitto, lo swahili nell’Africa dell’Est) se non
addirittura di quelle dei colonizzatori, in questo caso il francese.
c) Dulcis in fundo vi è l’effetto della globalizzazione che tocca i paesi i
tutto il mondo e che di certo non favorisce la conservazione delle
differenze.
Sul tutto, come lo zucchero sulle fragole, mettiamoci quello spirito di
riscatto emulativo che fa sì che i giovani dei paesi meno ricchi, adottino
modelli stranieri, quasi sempre europei e, nella fattispecie dei Neri,
americani.
1) Nella Conferenza di Berlino del 1884-85, le principali potenze europee decisero a porte chiuse quale sarebbe
stato il destino del Continente africano. Nessun leader africano venne consultato né invitato a partecipare alla
conferenza. La spartizione dell’Africa avvenne in modo irrazionale. Infatti, a causa della scarsa conoscenza dei
luoghi e degli uomini, i confini delle colonie furono tracciati per lo più sulla carta attraversando almeno 177 aree
culturali distinte. Ciò produsse recinti geografici contenenti più popoli (il Senegal solo una decina ma la Costa
d’Avorio più di 80 e quasi il doppio il Camerun) e parte di essi si ritrovarono suddivisi tra stati differenti dove, a loro
volta veniva imposta una lingua colonial diversa: un esempio è il Gambia uno staterello largo 50 km ma lungo 500
che divide il Seneagl del Nord da quello del Sud, nato nel 1889 come dono della Francia all’Inghilterra.
Dopo aver contattato alcune scuole stavo quasi per rinunciare al progetto a
causa dei costi eccessivi che mi si prospettavano: è vero che poi, tra libri,
articoli e conferenze, recupero, Pensavo, pero mi stanno chidendo cifre
esorbitanti perché agli occhi dell’Africano medio, l’Europeo appare sempre
unpo’ come una vacca d a mungere...
Poi, grazie all’incontro Modou
Gueye, che si trovava in Senegal per un pio di settimane, venni a scoprire
che le ragazze della sua “sartoria” sarebbero state ben felici di collaborare
per ricostruire tre look tradizionali a costi più sostenibili. Sono ormai trascorsi quasi ventanni da quando conobbi Modou Gueye,
uomo generoso e sensibile di cui possiamo dire senza alcuna
esagerazione, che ha immolato sé stesso e la propria vita al tentativo di
mitigare le sofferenze del suo popolo. Una delle creature di Modou è
l’associazione Sunugal la nostra piroga, in lingua wolof, nome che evoca
l’idea del viaggiare insieme, metafora dell’attraversare gli oceani irti di
insidie con l’intenzione di raggiungere la meta, bene e presto.
Alcune delle 134 ragazze iscritte al Centre de Coupe et Couture Ndakaaru
Dakar è una metropoli caotica e rumorosa, attraversata da grandi
autostrade che mettono in contatto i quartieri più estremi. Come avvenne da
noi negli anni ’60, ormai da tempo, la gente, spinta dal miraggio di un lavoro
più remunerativo, continua a abbandonare le campagne spostandosi verso
la capitale. A Dakar vivono più di più di 6 milioni di persone, composte da
popoli diversi. Oltre agli africani di origine senegalese (i Peul, i serèèr, i
diola, i sòòse, i sarakolle, i tukuleur, i bassari e, ovviamente gli wolof),
risiedono moltissimi stranieri: libanesi, molti europei per lo più francesi, ma
anche molti italiani, americani, coreani e cinesi.) In questo caleidoscopico
panorama di etnicità la vecchia Ndakaaru, sopravvive a sé stessa tra 1000
difficoltà. Ed è grazie a persone che si fanno carico delle problematiche di
queste megalopoli del terzo mondo che le cose procedono, pur arrancando.
Le e tre modelle: Binta Sy, raggazza peul sulla quale venne eseguita una ricostruzione
in stile peul; Astou Fall, sèrèr, sulla quale venne eseguita una ricostruzione in stile
toucouleur e Penda Diack, toukouleur, sulla quale venne eseguita una ricostruzione in
stile diola.
La scuola
Le Centre de Coupe et Couture si trova nel quartiere di Sam Notaire a
Guediawaye, cittadina ormai fagocitata dalla tentacolare Dakar.
Attualmente, accoglie più di 130 allieve. Il percorso educativo è triennale e
consente di imparare un mestiere (sartoria e stilismo che nell’Africa
Occidentale sono professioni maschili) e acquisire una formazione culturale
necessaria a avviare un cammino autonomo di professione e di vita.
Le creazioni delle allieve, sono vendute durante eventi e feste, valorizzate
con sfilate e presentazioni dedicate. Inoltre l’attività contribuisce al
sostentamento del centro che si fa carico delle spese annuali per le allieve
che provengono da famiglie in difficoltà.
La scuola mise a disposizione due Parrucchiere estetiste: Adja Diako e
Aida Sow e tre modelle: Binta Sy, raggazza peul sulla quale venne eseguita
una ricostruzione in stile peul; Astou Fall, sèrèr, sulla quale venne eseguita
una ricostruzione in stile toucouleur e Penda Diack, toukouleur, sulla quale
venne eseguita una ricostruzione in stile diola.
Qui vediamo Adja Diako che inizia a preparare la base dell’acconciatura
che farà su Binta Sy adatta al Giorno del matrimonio. Come per tutti i
popoli il matrimonio è importante ma per i Per i Peul il matrimonio è
addirittura sacro. Quindi acconciatura e abito sottostanno a regole percise.
La contrario, la scelta dell’acconciatura per il battesimo è libera e non
sottostà ad alcun vincolo tradizionale.
Nella cultura peul esiste una ricchissima tradizione di acconciature. Con i
capelli è possibile comunicare messaggi: ad esempio per incontrare il
marito nel privato esiste nella tradizione più antica una pettinatura
composta da 3 trecce rigirate. Oppure, attraverso la pettinatura viene
comunicato al marito che la sposa è illibata e la stessa acconciatura verrà
indossata per 3 mesi, in segno di lutto in caso di vedovanza.
Il tatuaggio
Per il nostro reportage, i segni neri che vedete sul viso di Penda e di Binta,
Aida li ha eseguiti con una semplice matita da trucco, ma in realtà si tratta
di segni indelebili eseguiti col tatuaggi che hanno una funzione simbolica e
identiatria.
Il tatuaggio viene praticato quando la fanciulla raggiunge l’età del
matrimonio. Esso tatuaggio ha un forte significato: testimonia forza d’animo,
coraggio e sprezzo del dolore: il tupp tatuaggio intorno alla bocca, ad
esempio, è molto doloroso e, una volta terminato, si ha difficoltà a nutrirsi
per più di una settimana. E Ma è anche un segno di nobiltà per distinguersi
dai ceti inferiori.
Solitamente viene praticato da persone di etnia laobè, specializzati nella
lvorazione del legno che, nell’antica tradizione, venivano ripagati con
bracciali, orecchini, oppure armenti, quali agnelli o vitelli di cui,
tradizionalmente i Peul sono allevatori. L’esecuzione di un tatuaggio
richiede in media di una decina di ore: più o meno dall’alba al pomeriggio
inoltrato. Per il tatuaggio delle gengive, praticato per esaltare il biancore dei
denti, invece, sono sufficienti 30-40 minuti.
Come inchiostro vengono lavorati dei semi
di un frutto
della famiglia delle
cucurbitacee (?) detta demè, dalla polpa
bianca e non edibile. Si tostano i semi e li
si riduce in polvere col mortaio. Poi si
formano delle palline che si mettono sulle
braci ardenti, per bruciarle. Il fumo prodotto
dalla combustione viene raccolto sul sotto
di una calebassa (genere di zucca vuota,
essicata, molto usata in tutta l’Africa più
tradizionale per contenere o trasportare
liquidi o altro), in un secondo tempo il
nerofumo viene raccolto con dovizia e
conservato all’ interno di un corno di vacca
preparato all’uopo.
La seconda è una pettinatura Diola e viene
fatta su Penda Diack: il suo nome kubun
kubun; anche in questo caso, come nella
pettinatura precedente Veniva indossata
durante cerimonie in cui si festeggiava
l’ingresso nell’età adulta. In tutte le
acconciature, le ciocche di capelli finti che
andranno intrecciati con quelli naturali
vanno preparati per tempo, e taglite nella
giusta lunghezza.
La terza acconciatura eseguita su Astou Fall viene fatta dal le genti
Tukuleur. Il suo nome è Mbaa daa, il saluto in pulaar, la loro lingua.
Sarebbe come se noi chiamassimo un’acconciatura buongiorno. Veniva
indossata durante cerimonie in cui si festeggiava l’ingresso nell’età adulta.
Con un gel per capelli marrone si
cerca di compattare le trecce
eliminando
i
capelli
che
fuoriescono dalla forma. E col
fuoco si bruciano i capelli che
sporgono
che
toglierebbero
nitidezza alla forma delle trecce.
Quando le tre modelle sono state
pronte, abbiamo riunito le
ragazze al piano superiore dove
hanno inscenato un incontro tra
donne del passato. Binta e Astou
hanno recitato come attrici
consumate: buona la prima! Alla
fine, Mbaye Diouf, il direttore
della scuola, ha suggerito di
filmare le ragazze in strada dove
ci ha accolto un gruppetto di
scugnizzi scalmanati...
Le tre allieve della "Scuola di Taglio e Cucito" di Sam Notaire (Guediawaye, Dakar),
posano in abiti tradizionali davanti a delle costruzioni di un villaggio peul. Da sinistra
Penda Diakho indossa abito e acconciatura di una donna diola; Astou Fall interpreta
una ragazza toukouleur e Binta Sy, una peul. Acconciatura e trucco sono di Adja
Diakho e Aida Sow; gli abiti e gli accessori sono stati realizzati delle ragazze
della "Scuola di Taglio e Cucito", uno dei molti progetti di Sunugal.