Mercato usato moto è sempre più importante

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Mercato usato moto è sempre più importante
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Numero 208
21 Luglio 2015
83 Pagine
SBK Laguna Seca
Fantastica doppietta di
Davies. Articoli,
commenti e pagelle
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prova incrociata
BMW R1200R,
R1200RS ed R1200RT
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Nico Cereghini
Viva la MV!
A Schiranna per
ricordare il grande
Claudio Castiglioni!
| PROVA COMPARATIVA |
BMW S1000XR
VS DUCATI
MULTISTRADA 1200S
da Pag. 2 a Pag. 19
All’Interno
NEWS: Mercato usato moto è sempre più importante | M. Clarke L’età dell’oro dei grossi “mono” inglesi
MOTOGP: DopoGP con Nico e Zam il GP di Germania 2015 al Sachsenring | Test a Misano Honda telai 2016
BMW S1000XR Ducati Multistrada 1200S
PROVA COMPARATIVA
BMW
S1000XR
VS
DUCATI
MULTISTRADA
1200S
Abbiamo messo a confronto le due maxi crossover
regine della stagione 2015. Simili sulla carta, grazie al
DNA sportivo con 160 cv, sono molto diverse su strada.
Venite con noi!
di Andrea Perfetti
Foto Simone Fiorini
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Media
S
ono oggi la massima espressione del segmento maxicrossover. BMW S1000XR
e Ducati Multistrada 1200S
rappresentano meglio di
ogni altra moto questo nuovo segmento, figlio di uno speciale mix di generi.
Abbiamo infatti motori e ciclistiche derivati dalle
belve che corrono nella Superbike, ma con un
comfort, una protezione dall’aria e un’ergonomia nemmeno troppo distanti da quanto offrono
le maxi enduro con cerchio anteriore da 19 pollici o più. BMW e Ducati hanno il cerchio stradale
da 17 e sono una gustosa novità del 2015. Hanno
diverse qualità in comune; la potenza massima
di 160 cavalli, una triangolazione (manubrio/sella/pedane) simile, un costo non così differente.
Ma su strada mostrano un comportamento agli
antipodi. Iniziamo a parlarvi della BMW. La Casa
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tedesca ha presentato a EICMA 2014 la
S1000XR, stretta parente della naked S1000R,
ma con ben altra protezione dall’aria e attitudine
a viaggiare anche in coppia. Il suo è un obiettivo
ambizioso: conciliare le prestazioni esagerate
del motore 4 cilindri con una guidabilità anche
rilassante nel turismo veloce. La XR ha un prezzo aggressivo (16.200 euro chiavi in mano), ma
bisogna considerare due pacchetti secondo noi
irrinunciabili su questa moto. Quello Touring,
con sospensioni semi attive Dynamic ESA, manopole riscaldabili, cavalletto centrale, attacchi
per le valigie laterali, portapacchi, predisposizione navigatore e Multicontroller (a 1.300 euro), e
il pacchetto Dynamic che offre mappature motore Pro, Dynamic Traction Control, controllo di
stabilità in frenata, cambio elettro assistito HP
Pro, cruise control e frecce led (a 1.030 euro).
Dall’altra parte della trincea abbiamo la Ducati,
che nel 2015 arriva alla seconda generazione e
rivede integralmente il progetto iniziale. È infatti tutto nuovo a partire dalla ciclistica per finire
col motore, che ora dispone del sistema DVT.
Regola la fasatura delle valvole e dona al bicilindrico V2 una trattabilità ai bassi sconosciuta per
gli altri desmo. La Multistrada dispone dell’Inertial Measurement Unit by Bosch, che migliora la
stabilità della moto in frenata. Come sulla BMW
consigliamo di acquistare i pacchetti per avere
una XR equipaggiata col meglio della tecnologia,
così della Multistrada indichiamo nella versione
S la migliore scelta. In più questo allestimento
prevede i fari a LED adattivi, il cruise control, l’evoluzione delle sospensioni semi attive Skyhook
e la nuova strumentazione TFT. La Multistrada
S costa 19.540 euro franco concessionario (in
rosso, la versione bianca ha invece un prezzo di
19.740 euro). Rispetto alla BMW il divario sfiora,
a pari allestimento, i 1.000 euro. La sfida che andiamo a raccontarvi è tra pesi massimi. I motori
e la dinamica di guida danno risultati – ed emozioni – totalmente differenti, che incontreranno
i gusti di motociclisti molto diversi. D’altra parte
è sempre andata così, quando abbiamo messo a
confronto moto a 4 e a 2 cilindri. Meglio la potenza esuberante e l’allungo devastante della
moto tedesca (al banco ha mostrato i muscoli
con 166 cavalli veri!) o la coppia strappa-braccia
e la risposta immediata ai medi dell’italiana (che
di chilogrammetri ne ha addirittura 12,7)? La
scelta è soggettiva e quindi tutta vostra. La nostra comparativa dice però anche un’altra cosa:
BMW S1000XR e Ducati Multistrada 1200S sono
due degnissime rivali. La moto di Bologna negli
anni è cresciuta molto sia nella qualità che nella sicurezza attiva. Si è imposta negli anni come
un’alternativa credibile alla vendutissima BMW
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sella completamente nuova, più ampia e meglio
imbottita. È regolabile su due altezze, 820 e 840
mm (ma esiste anche optional a 800/820 mm
da terra). Soprattutto è più lunga di 20 mm e più
rastremata di 40 nella zona anteriore; il risultato
è una posizione meno obbligata per il pilota, che
si può spostare in sella con facilità. Ci si muove
bene, non ci si sente più costretti come prima. E
anche l’imbottitura è a prova di chiappe indolenzite. La protezione dall’aria è ottima, soprattutto
col parabrezza nella posizione alta. Sono ridotte
le vibrazioni, tipiche del propulsore bicilindrico
e avvertibili agli alti regimi sul manubrio senza
però mai divenire moleste. Il calore del motore è
avvertibile nella marcia in città a bassa andatura.
Bello e caratteristico il sound dello scarico; è più
garbato rispetto al passato, ma mantiene tutta la
carica sportiva dei motori Ducati.
R1200GS. Se ne sono sicuramente accorti anche
a Monaco di Baviera. La BMW S1000XR è a tutti
gli effetti l’anti-Multistrada made in Germany.
Ergonomia e comfort
BMW S1000XR
Come anticipato nella nostra introduzione, le
due rivali hanno una posizione in sella abbastanza simile. La BMW S1000XR è sicuramente comoda sia per il pilota che per il suo passeggero.
I comandi al manubrio sono morbidissimi e la
protezione dall’aria è solo discreta nella posizione bassa, mentre si rivela eccellente in quella
più alta. Il parabrezza ha due posizioni e si regola
in modo davvero semplice (come vi mostriamo
nel nostro video). La sella a 840 mm dal suolo
va bene anche per i meno alti; non la si può regolare, ma sono disponibili altezze diverse per una
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Prove
Finiture
BMW S1000XR
La BMW è nel complesso realizzata bene. Stonano però alcuni dettagli, che si vorrebbero realizzati alla perfezione su una ammiraglia di questo livello. Pensiamo agli adesivi non coperti da
trasparente e alla verniciatura un po’ grossolana
del telaio. Le plastiche sono di ottima qualità e
non ci sono cavi in vista. Ci sono piaciuti anche
i comandi sul manubrio e a pedale. Pollice verso
invece per i supporti della valige, davvero troppo
ingombranti quando queste vengono rimosse.
Ducati Multistrada 1200S
C’è tanta qualità. Scritte in rilievo, plastiche eccellenti e comandi ben fatti. Gli attacchi delle
borse sono integrati alla perfezione nel codino.
Bello e ordinato il lato destro della moto, dove si
apprezza la fattura dello scarico e delle cartelle
scelta da 795 a 860 mm. La porzione del pilota
non è però troppo generosa, costringe infatti a
una posizione un po’ sacrificata e potrebbe essere più morbida. Un limite arriva poi se parliamo delle vibrazioni: in sesta marcia compaiono
in modo evidente – e fastidioso – dai 105 ai 120
km/h sul manubrio. Oltre questa velocità spariscono del tutto. In città si avverte il calore del
motore lungo le sezioni laterali del telaio. Il rumore di scarico è molto contenuto ai bassi, ma
diventa di una cattiveria senza pari oltre i 7.000
giri, quando si apre completamente la valvola posta a monte del silenziatore.
Ducati Multistrada 1200S
A Bologna hanno dato ascolto e retta alle indicazioni dei proprietari della vecchia Multi (quella del
2010 per intenderci). La nuova versione ha una
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Prove
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di protezione delle cinghie di distribuzione. È invece un po’ più disordinato il lato sinistro, dove si
notano un po’ troppi cavi e tubazioni. Il parabrezza regolabile senza attrezzi è una bella comodità,
peccato che le plastiche della regolazione presentino una finitura perfettibile.
Strumentazione e comandi
BMW S1000XR
La strumentazione della XR è bella, completa e
molto sportiva. È infatti identica a quella della
S1000R e dispone del contagiri analogico, che
si conferma insuperabile per la sua immediatezza e leggibilità. Sulla destra c’è l’ampio display
digitale, con tante informazioni e una pecca:
l’indicazione della velocità è poco visibile con la
luce. Vista la potenza in gioco, è un limite non da
poco. I blocchetti elettrici sono infarciti di tasti e
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davvero intuitivi. Si trovano in un attimo i setting
dei riding mode, delle sospensioni elettroniche,
delle manopole riscaldabili e dei sotto menù. Il
comando della frizione è a cavo, regala uno stacco preciso ed è morbido.
Ducati Multistrada 1200S
Il cruscotto TFT da 5” è simile a quello della 1199
Panigale (sulla base troviamo invece il cruscotto
LCD). Di serie c’è anche il comodo avviamento keyless, che debuttò proprio su Multistrada
quattro anni fa. La strumentazione TFT della
Multistrada S è completa e ben leggibile. La barra graduata del contagiri è meno immediata da
leggere rispetto al quadrante analogico BMW. I
comandi sono morbidissimi, in particolare il comando idraulico della frizione e l’acceleratore
sono tra i più leggeri che abbiamo provato. Sono
ben fatti i nuovi blocchetti elettrici. Permettono
di gestire, con pochi tasti, le numerose funzioni
di bordo e sono dotati di retro illuminazione bianca. Bisogna prendere dimestichezza col menù,
che è più complesso da consultare rispetto a
quello del rivale tedesco.
Prezzo (dotazione di serie
ed accessori)
BMW S1000XR
Confrontiamo le moto a pari equipaggiamento (o quasi: la Ducati non dispone del cambio
elettronico e BMW non ha i fari adattivi). La XR,
con i due pacchetti Touring e Dynamic, costa
18.530 euro chiavi in mano, con il tagliando dei
1.000 chilometri incluso. La differenza con l’italiana è sensibile e gioca a vantaggio della BMW,
che in questa configurazione è davvero ben
equipaggiata. Con i due pacchetti la BMW offre
sospensioni semi attive Dynamic ESA, manopole riscaldabili, cavalletto centrale, attacchi per le
valigie laterali, portapacchi, predisposizione navigatore e Multicontroller. E ancora mappature
motore Pro, Dynamic Traction Control, controllo
di stabilità in frenata, cambio elettro assistito HP
Pro, cruise control e frecce led.
Ducati Multistrada 1200S
La Multistrada S costa 19.540 euro franco concessionario (in rosso, la versione bianca ha invece un prezzo di 19.740 euro). Anche in questo
caso l’equipaggiamento è completo e integrabile
con pochi altri accessori (presenti anche nei pacchetti dedicati: Urban, Enduro, Touring e Sport).
Stona l’assenza delle manopole riscaldate, non
presenti di serie. Di fatto la tedesca costa circa
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1.000 euro meno e offre il primo tagliando nel
prezzo di acquisto. La S ha i fari LED adattivi, il
cruise control, i paramani, i quattro riding mode,
l’evoluzione delle sospensioni semi attive Skyhook e la nuova strumentazione TFT. E c’è anche
qui il prezioso controllo di stabilità in frenata, sviluppato da Ducati con Bosch.
Condizioni di acquisto e tagliandi
BMW S1000XR
Il primo tagliando, a 1.000 km, è gratuito. Gli altri seguono a intervalli di 10.000 km. Non sono
previsti programmi di manutenzione. La XR
gode di garanzia standard di 2 anni. BMW non
segnala promozioni in atto o estensioni di garanzia. Esistono diverse formule di finanziamento,
consultabili in questa pagina. Aggiornamento:
riceviamo una nota dalla BMW che ci comunica
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il programma di estensione della garanzia fino
a 5 anni, a pagamento. I prezzi partono da 190
euro per il terzo anno, da 345 euro per il terzo e
il quarto anno, da 495 euro fino al quinto anno.
Per questo aggiungiamo una faccina nel nostro
giudizio (da 3 passano a 4).
Ducati Multistrada 1200S
Gli intervalli di manutenzione prevedono i tagliandi ordinari a 15.000 km o dopo un anno e gli
interventi di registrazione del gioco valvole ogni
30.000.
Non sono previsti programmi di manutenzione
a prezzo pre-fissato. La garanzia è standard (2
anni), con possibilità di estensione a pagamento di 12 mesi (a 249 euro) o 24 mesi (449 euro).
Non ci sono promozioni in corso, mentre l’acquisto è finanziabile con tassi standard.
Motore e trasmissione
BMW S1000XR
Se potessimo, le daremmo anche sei faccine. Il
quattro cilindri tedesco è un portento. A fronte di
160 cavalli dichiarati, all’albero ne abbiamo trovati addirittura 166 a 11.056 giri, con una coppia
massima di 118 Nm a 9.190 giri. Il range di utilizzo è una delle doti più apprezzate, si va infatti da
meno di 2.000 giri a 12.000 giri.
Come spiegato nella nostra prova, sa essere dolce o violento. Consente di riprendere da meno di
1.500 in sesta marcia, ovvero appena 35 orari,
senza esitazioni e andando via lisci come l’olio.
Il ride by wire ha un’ottima taratura non ha brutti
effetti on-off e l’erogazione è veramente fluida,
considerato che si ha per le mani un motore
super quadro. A 4.500 giri c’è il primo picco di
coppia che fa capire la forza di questo motore e
a 6.500 aspirazione e scarico iniziano un concerto rock che porta in poco tempo a oltre 10.000
giri. Bisogna aggrapparsi al manubrio e tenersi
forte, perché la spinta della XR è semplicemente
mostruosa e non ha eguali tra le moto di questo
segmento.
Anche la trasmissione, dotata di cambio quick
shift, si è rivelata eccellente sia a salire che a
scendere di rapporto. In scalata fa la doppietta
e spara dei botti esaltanti dallo scarico. L’inserimento della prima marcia è molto rumoroso. La
mappa Dynamic ha una risposta dell’acceleratore appena più pronta rispetto alla Road.
Ducati Multistrada 1200S
Il bicilindrico desmo è cresciuto parecchio e
ha cambiato carattere in quest’ultima versione,
grazie soprattutto al sistema DVT. Il Testastretta
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è senza ombra di dubbio il bicilindrico desmo più
regolare ai bassi mai prodotto a Borgo Panigale. La doppia fasatura variabile DVT non ha tolto
smalto agli alti, ma ha reso fluida e dolce la risposta anche con le marce lunghe nella zona bassa del contagiri. La nuova Multistrada si presta
ora alla guida disimpegnata col passeggero con
un’andatura fluida, senza strappi. Il motore è regolare dai 2.500 giri e molto docile fino a 4.000
giri. Qui si avverte una lieve incertezza nell’erogazione, che prelude al cambio di carattere che
porta rapidamente all’accensione di tutte le barre del contagiri elettronico. Seguono 3.000 giri
in cui la potenza subisce una decisa impennata.
Ma aumenta anche la coppia, che arriva addirittura al picco di 128,7 Nm a 8.000 giri. Questo
lascia intendere una pienezza ai medi superiore
a quanto offerto dalla tedesca. Di contro agli alti
regimi la Multi deve lasciare il passo alla BMW.
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L’italiana ha una potenza massima all’albero di
153 cavalli a 9.710 giri. La Ducati dispone di quattro riding mode. Quello Touring è il più utilizzabile; se si vuole una risposta brutale basta pigiare il pulsante Sport. Urban addomestica invece
parecchio (forse troppo) la Multistrada, mentre
il mode Enduro (che esclude l’ABS sulla ruota
posteriore) semplifica la vita quando si abbandona l’asfalto. La frizione è molto leggera, mentre
il cambio dell’esemplare in prova ha mostrato
inserimenti un po’ contrastati, se usato a basso
regime. Le cambiate nella guida sportiva sono
invece sempre state caratterizzate da innesti
secchi e precisi.
Prestazioni
BMW S1000XR
In allungo si arriva al taglio del limitatore a quota
12.000 e, cambiando a quel regime, si leggono
sul tachimetro i 125 orari in prima, i 160 in seconda e i 190 in terza; la velocità massima è superiore ai 230 orari (il tachimetro va ben oltre i
250). Sono numeri freddi, che non trasmettono
emozioni. Peccato, perché in sella alla XR l’adrenalina scorre a fiumi. La BMW conquista il palmo
della crossover più prestazionale del momento.
Va davvero forte, al punto che sarebbe consigliabile (e questo vale anche per la Ducati) valutare
una velocità massima limitata elettronicamente. Gli oltre 230 km/h effettivi sono sin troppi
per moto di questa fascia, dotate di una sezione
frontale ampia, che inevitabilmente alleggerisce
l’avantreno oltre i 200 orari effettivi. La BMW XR
stupisce anche i motociclisti più smaliziati. Regala prestazioni esagerate con un impegno fisico
ridotto. Il merito va ai tanti controlli elettronici
presenti, ma l’occhio deve restare sempre vigile:
in pochissimo si raggiungono velocità da brivido.
Ducati Multistrada 1200S
La Multistrada, in quanto a prestazioni pure, sta
un gradino sotto la BMW XR. Le separano 13 cavalli e un modo di fare davvero diverso. La potenza e la coppia della Multi arrivano subito e, sui
percorsi misti, sono più facilmente utilizzabili e
godibili. Occhio a non fraintenderci: non diciamo
che la Ducati vada piano, anzi. È una belva con oltre 150 cavalli a poco più di 9.000 giri. Lei dà tutto
e subito, rinunciando – è ovvio – all’allungo di un
motore quattro cilindri. Sul misto un’erogazione
di questo tipo è un vantaggio, perché proietta
con ferocia da una curva a quella successiva. Sul
veloce invece le prestazioni pure sono inferiori a
quelle della tedesca. Anche la Multistrada supera
di slancio i 230 km/h effettivi. Oltre questa soglia si avverte, come sulla XR, un chiaro alleggerimento dello sterzo. Non inficia la sicurezza di
marcia, ma consiglia di ridurre l’andatura.
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Consumi
riduce la velocità. Non c’è altra scelta. Di contro
il motore si lascia maltrattare come se fossimo
in sella a uno scooter. Nemmeno il TMAX è così
dolce quando si parzializza l’acceleratore. Piazzi
la quarta e la XR va a zonzo per la città con un filo
di gas. Sempre pronta a riprendere velocità con
una prontezza disarmante.
BMW S1000XR
Le prestazioni si pagano, soprattutto dal benzinaio.
Quando è il momento di fare il pieno, la XR ci ricorda che il suo pepato motore è stato progettato per le corse, non per le sfide di economy run.
I nostri rilevamenti indicano un consumo cittadino (mappa Road) pari a 13,3 km/l. Nell’extraurbano la XR (mappa Road) copre 17 km/l. Infine in
autostrada (sempre con la mappa Road) il consumo si attesta sui 16,5 km/l. Il consumo medio
della prova è pari a 15,6 km/l. Va però aggiunto
che sulla XR l’autonomia risente moltissimo dello stile di guida.
Se si chiedono le massime prestazioni, il consumo di benzina sale rapidamente. 130 km/h effettivi corrispondono a 137 indicati, col motore che
gira in sesta a 6.100 giri.
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Ducati Multistrada 1200S
Nel nostro ciclo di consumo la Multistrada si è
comportata meglio della S1000XR. In città (mappa Urban) ha percorso 13,5 km/; sono diventati
addirittura 18,5 nell’extraurbano (mappa Touring). In autostrada (sempre in mappa Touring)
il consumo è pari a 17 km/l. Il consumo medio
della prova è risultato di 16,4 km/l e si è rivelato
meno influenzabile dallo stile di guida del pilota.
130 km/h effettivi corrispondono a 137 indicati,
col motore che gira in sesta a 4.700 giri.
Comportamento in città
BMW S1000XR
In città la S1000XR è sfacciata, non fa nulla per
nascondere la sua indole corsaiola. Hai voglia
a smanettare sui setting delle sospensioni. Sia
Road che Dynamic restituiscono una risposta
secca sullo sconnesso. O si battono i denti o si
Ducati Multistrada 1200S
Ne ha fatta di strada la Multi in soli 5 anni. La
moto di oggi è a suo agio anche nel traffico cittadino. Il riding mode Urban riduce la potenza a
100 cavalli e dona alle sospensioni una risposta
più confortevole. La Multistrada S non vanta la
fluidità del quattro cilindri tedesco, ma nemmeno strappa in modo fastidioso ai bassi. Avremmo apprezzato però un cambio dagli innesti più
leggeri. Anche mettere in folle da fermo non è
immediato.
Comportamento in autostrada
BMW S1000XR
Un aereo al decollo non tiene la sua scia. La XR
anche in quinta e sesta marcia ha una progressione che allunga le braccia, di brutto! Tiene con
facilità medie elevatissime grazie all’ottimo riparo dall’aria. È stabile fino a 220 km/h indicati,
dopo l’avantreno si fa leggero e invita alla moderazione. Perché non darle 5 faccine allora? Prima
BMW deve eliminare le vibrazioni che compaiono
tra i 100 e i 120 indicati.
Ducati Multistrada 1200S
La Multistrada vanta un’ottima protezione dall’aria e vibrazioni ridotte. Si viaggia bene a medie
elevate e con consumi di tutto rispetto. In sesta
a 130 indicati si è a soli 4.500 giri, con una grande riserva di potenza, utile a chiudere i sorpassi
in breve tempo. Non prende il massimo dei voti
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Comportamento nel misto
BMW S1000XR
Ognuna delle nostre due moto farà la felicità del
suo proprietario. Statene certi. Appena siamo
scesi dalla sella, il nostro commento su BMW e
Ducati è stato unanime: “che figata!”. Questo
non vuol dire che le due moto siano uguali. Anzi.
La S1000XR (con pneumatici Bridgestone T30)
tra le curve è molto veloce e si vede subito che è
fatta per andare forte. Scende in piega con una
rapidità che conquista e ha tanta trazione in uscita di curva. In questa fase di guida si nota però
anche la tendenza ad allargare del suo avantreno. C’è un po’ di sottosterzo, che dà tanta
sicurezza, ma al contempo limita la velocità nei
cambi di direzione sui percorsi più lenti e tortuosi. La XR è invece stabile come un Frecciarossa
sulle curve veloci, a patto che l’asfalto sia liscio
come un biliardo. Sullo sconnesso si conferma
l’assetto rigido (troppo) dei due setting ESA.
Sicuramente quello meglio sfruttabile è il Road.
Il cambio quick shift funziona alla perfezione,
anche in scalata. La frenata si distingue per due
aspetti: l’attacco è molto brusco, mentre poi la
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Prove
Bmw S 1000 XR 16.200 euro (18.530 euro)
Cilindrata 999 cc
Tempi 4
Cilindri 4
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 160 cv - 118 kw - 11.000 rpm
Coppia 11 kgm - 112 nm - 9.250 rpm
Emissioni Euro 3
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 20 lt
ABS Sì
Pneumatico anteriore 120/70 ZR 17
Pneumatico posteriore 190/55 ZR 17
Peso a secco 214 Kg
modulabilità è perfetta. Nella guida sportiva abbiamo notato un leggero affaticamento del comando anteriore, che ha preso gioco.
Ducati Multistrada 1200S
In Ducati hanno lavorato bene. La nuova Multistrada (gommata con le Pirelli Scorpion Trail 2)
dispone di una gran bella ciclistica, che fa andare
forte senza impegno. Le doti che saltano immediatamente agli occhi sono la maneggevolezza
e il feeling con la ruota anteriore. La 1200 è una
biscia nelle esse e cade in piega con un battito di
ciglia. In uscita di curva il motore desmo regala
accelerazioni immediate senza che la Multi allarghi la traiettoria. I riding mode si fanno sentire
a livello di sospensioni e di motore. Quello Touring si conferma il migliore compromesso anche
sull’asfalto rovinato (non è più la Val Trebbia di
una volta). Il cambio, se usato sportivamente,
lavora bene, ma non raggiunge la piacevolezza
del comando BMW. La frenata è completamente diversa da quella della tedesca: la prima parte
della leva si fa apprezzare con un intervento molto dolce e ben dosabile; nelle frenate sportive la
modulabilità è invece un po’ spugnosa e bisogna
agire con forza sul comando. La resistenza è invece ottimale.
ABBIGLIAMENTO
(cioè cinque faccine), perché la S1000XR è superiore nelle prove di ripresa.
Ducati Multistrada 1200 S 19.540 euro
Cilindrata 1.198,4 cc
Tempi 4
Cilindri 2
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 160 cv - 112 kw - 9.500 rpm
Coppia 14 kgm - 136 nm - 7.500 rpm
Emissioni Euro 4
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 20 lt
ABS Sì
Pneumatico anteriore 120/70 17’’
Pneumatico posteriore 190/55 17’’
Peso a secco 209 Kg
SCHEDA TECNICA
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SCHEDA TECNICA
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Caschi: Arai, Xlite
Giacche: Rev It!, OJ
Pantaloni: Spidi, OJ
Guanti: Alpinestars, OJ
Scarpe: Dainese, TCX
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BMW R1200R, R1200RS ED R1200RT
Base comune, personalità diversissime. Abbiamo provato le tre BMW
boxer in un inconsueto test di gruppo tra il serio e il faceto!
C’
è una freddura che sostiene come
identificare il motociclista non italiano sia facilissimo: è quello che
non ha un GS. Lasciando da parte le
facezie, noi professionisti sappiamo molto bene
come la gamma boxer della Casa di Monaco non
si esaurisca certo con la best seller R1200GS.
C’è anche l’Adventure. Parlando seriamente
(stavolta davvero, lo promettiamo) le vendite
di R1200R, R1200RS ed R1200RT non premieranno questi tre modelli come avviene con le
GS, ma non certo per mancanza di sostanza. E’
davvero raro incontrare un viaggiatore di lungo
corso che non consideri l’attuale RennTouring
come una delle migliori se non la migliore proposta del segmento, così come la recentemente
20
rinata RennSport non è che l’ultima, riuscitissima, declinazione di un modello che la definizione
di Sport-Touring può vantarsi di averla coniata.
E la nuovissima Roadster affonda le sue radici
nell’essenza stessa delle prime moto BMW, nonostante un restyling – ma sarebbe quasi meglio
parlare di ricollocazione – che l’ha resa molto
più giovanile e dinamica delle R-R che l’hanno
preceduta. E’ per questo che BMW stessa ci ha
chiesto di sviluppare un test anticonvenzionale,
per riprovare in maniera più curiosa del solito
modelli che fanno già parte del nostro repertorio prove. Abbiamo quindi pensato di prendere
tre dei nostri tester e renderli protagonisti di un
test incrociato divertente (e divertito) forzando
un po’ la mano alle loro inclinazioni e facendogli
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provare moto diametralmente opposte con uno
scambio incrociato. Mantenendo però l’obiettivo
di scoprire i lati nascosti di tre moto di grande
sostanza. Tre moto che non potrebbero avere
personalità più diversa, nonostante una base
motoristica ed elettronica (ma in parte anche
ciclistica) largamente condivisa. Se è vero che il
nuovo propulsore boxer con raffreddamento di
precisione è praticamente identico in tutti e tre
i modelli, ciclistica e distribuzione dei pesi – e
quindi il comportamento dinamico – cambiano
in maniera sensibile. Partiamo dal motore: il bicilindrico bialbero da 1170cc è quello nella versione
con albero motore appesantito da 125 cv a 7.750
giri e 125Nm a 6.500 su tutti e tre i modelli, che
condividono anche una gestione elettronica molto sofisticata che offre di serie due Riding Mode
(Road e Rain) che possono diventare quattro (si
aggiungono Dynamic e User) se si sceglie l’optional della modalità di guida Pro. Optional che
si porta in dote il controllo di trazione evoluto
Dynamic Traction Control con piattaforma inerziale in sostituzione dell’ASC di serie, ma anche
il cambio elettroassistito BMW Pro, con azione in
innesto e in scalata. La ciclistica è come al solito
incentrata sul collaudato schema a motore portante, con telaio a doppio trave in tubi d’acciaio.
Quando si inizia a prendere in esame le sospensioni cominciano però le differenze, con la più
tranquilla RT dotata di… tradizionale avantreno
Telelever, mentre la naked R e la sport-touring
RS tornano a quella forcella telescopica che, del
resto, è stata proprio BMW Motorrad ad introdurre con la R12 del 1935. Tutte e tre dispongono però di ABS di serie (altra soluzione tecnica
introdotta da BMW per prima sulla K100 ad inizio anni 80) secondo il concetto “Safety 360°”,
e soprattutto di sospensioni semiattive optional
Dynamic ESA, che aumentano sicurezza e dinamicità. Le differenze ciclistiche determinano,
dicevamo, grandi differenze comportamentali. In
parte prevedibili, perché nessuno resterà stupito
nello scoprire che la R1200RT è più stabile e confortevole, la R1200R più agile e sbarazzina e la
Confronto
R1200RS si colloca in mezzo, offrendo più rigore
della sorella naked sul veloce ma allo stesso tempo una guida molto più dinamica rispetto alla RT
sul misto. Quello che invece potrebbe sorprendervi – ma se conoscete BMW forse no – è quello che invece emerge dal nostro video. Ovvero
che la R1200R non si limita ad essere una moto
sportiveggiante e dall’immagine giovane, capace
di conquistare all’ora dell’aperitivo ma sa essere confortevole ed assecondare anche chi vuole
andare a spasso e godersi il turismo a medio raggio. E che la R1200RT, al contrario, protegge e
coccola pilota e passeggero, ma è capace anche
di farvi divertire sul misto, rivelando una dinamicità insospettabile per una moto di tali masse e
volumi. La R1200RS non riserva sorprese, dite?
Solo finché non decidete di usarla come una
sportiva vera. Forse non impensierirete in pista
i piloti di S1000RR, ma se siete capaci di guidare
potreste giocare più di un brutto scherzo a qualcuno. Divertendovi come non credevate possibile con una moto del genere.
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Media
MERCATO USATO MOTO
È SEMPRE PIÙ IMPORTANTE
di Maurizio Gissi | Le vendite del nuovo sono in buona ripresa (+10,6%)
ma continua a crescere anche il mercato dell’usato, che in volume vale
tre volte il nuovo. A giugno i passaggi di proprietà netti sono aumentati
del 12,3%
I
l mercato dell’usato per il settore dei
motocicli - le statistiche disponibili mettono assieme il dato di moto e scooter
- continua a tirare anche nel 2015. Nello
scorso mese di giugno i passaggi di proprietà
netti, ovvero depurati dalle minivolture, hanno
toccato il loro massimo dal 2012 arrivando a
quota 64.755. E’ quanto emerge dal rapporto
mensile presentato dall’ACI, datato luglio, che
si occupa di analizzare le statistiche e le tendenze di mercato. Come abbiamo scritto, a giugno
22
il mercato del nuovo ha visto le vendite a quota
21.618 unità, ovvero +10,6% (le moto a +17% e
gli scooter a +7,4%) rispetto all’anno precedente. Il primo semestre ha superato le 100.000
unità vendute con un incremento pari a +4,7%:
le moto a 40.539 unità (+11,4%) e gli scooter a
59.721 (+0,6%). Un bilancio finalmente positivo
che conferma e dà spessore al buon risultato del
2014, quando il comparto delle vendite del nuovo
aveva registrato un +1,4% ribaltando la tendenza negativa in atto dal 2008. A questa ripresa
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Attualità
delle vendite si accompagna l’aumento dell’usato che, come abbiamo analizzato alla fine
dell’anno scorso, ha mantenuto gli stessi volumi
mentre il nuovo iniziava a prendere colpi già nel
2007. Nel corso del 2014 per ogni dieci nuove
immatricolazioni ci sono stati 33 passaggi di proprietà, più o meno lo stesso rapporto del 2013.
Insomma l’usato ha tenuto viva la passione per la
moto prima che il mercato del nuovo iniziasse a
riprendersi. A anche ora che le vendite del nuovo
paiono aver trovato nuova spinta – almeno per
quanto riguarda le moto – sale in quantità e mantiene il rapporto ci circa 3 usati per 1 nuova immatricolazione. A giugno i passaggi di proprietà
netti (64.755) sono aumentati del 12,3% rispetto
a dodici mesi prima.
Per fare un paragone guardando all’auto, nei
primi sei mesi dell’anno ogni cento automobili
nuove ne sono state acquistate 159 usate. Rispetto al 2014, il mercato dell’usato delle auto
è aumentato del 6,4%, mentre quello dei motocicli del 4,2%, che però partiva da un valore
maggiore in rapporto alla vendita del nuovo.
Le radiazioni di automobili sono aumentate nel
mese di giugno del 14,2%, mentre i motocicli le
hanno viste calare del 4%, a maggio la flessione
era stata di quasi il 20%. Meno moto vengono
insomma rottamate, e parallelamente crescono
sia il giro d’affari del nuovo e sia quello dell’usato,
a beneficio del parco circolante che aumenta e
soddisfa chi cerca veicoli di valore e condizioni
diverse. L’ACI giudica negativamente il fatto che
radiazioni diminuiscano, perché questo va inteso
come un sintomo di mancato rinnovo dei veicoli.
Nel primo semestre le radiazioni delle auto sono
aumentate dello 0,8%, mentre quelle dei motocicli sono diminuite del 17,1%. Le minivolture dei
motocicli, ovvero i trasferimenti temporanei a
nome delle concessionarie in attesa della rivendita al cliente finale, a giugno sono salite rispetto alla media semestrale (+15%), ma il rapporto
fra queste ultime e i passaggi di proprietà oscilla
attorno al 10%, mentre fra le automobili questa
incidenza supera il 40%.
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piccoli e grandi ostacoli che rendono meno agevole il muoversi su due ruote? Dai guard rail alla
segnaletica, dai sampietrini all’illuminazione
pubblica, dai tombini ai marciapiedi, non mancano i punti dolenti e le cose da cambiare. L’elenco
potrebbe continuare senza limiti, perché basta
fare un giro in città per riempire un taccuino con
gli interventi necessari. Il Comune di Roma, attraverso l’Assessorato ai Lavori Pubblici, vuole
ascoltare la nostra voce e se possibile recepire i
nostri suggerimenti: dal Centro alla periferia, più
dettagliata e precisa sarà l’indicazione, più semplice sarà inserire l’intervento nel capitolato dei
lavori da assegnare all’impresa. Basta cliccare
sull’immagine con il logo del Comune di Roma (o
mandare una mail a sportellodelmotociclista@
moto.it) e inserite il vostro contributo: arriverà
Attualità
direttamente sulla scrivania dell’Assessore. Un
filo diretto finora inedito con la pubblica amministrazione, per questo importante da usare con
intelligenza e buon senso. Ovviamente vi terremo
informati sugli sviluppi del progetto, sulle indicazioni che verranno accolte e sullo stato d’avanzamento dei lavori. Questa modalità di relazione,
come speriamo noi e si augurano anche in Campidoglio, potrebbe diventare “normale” nel prossimo futuro, collegando con un fil rouge gli utenti
della strada con le istituzioni: un rapporto finora
complicato e spesso conflittuale, che sarà compito di ognuno trasformare in positivo e fruttifero.
A questo punto, passiamo la palla a voi: non fate i
timidi, e scrivete!
Roma, città aperta… per lavori!
Marino: “Roma cambia per il Giubileo”
UNA CAPITALE
PER LE DUE RUOTE
di Alfonso Rago | Portiamo in Campidoglio la voce di
chi usa moto e scooter in città
D
alla protesta alla proposta: mettiamo da parte le lamentele, per quanto
veritiere («I cantieri non finiscono
mai!», «A Roma ci sono più buche
che cristiani!», «Ci sono certe strade qui che neanche a Kabul!») e scriviamo nero su bianco idee,
proposte e suggerimenti per disegnare «la Roma
che vorrei».
Ovviamente a misura di due ruote.
Roma non potrebbe esistere senza moto e scooter: ma non si tratta di una condanna, quanto
24
di una risorsa. E quanto più si riuscirà a rendere
“bike friendly” le arterie disegnate ai tempi di Cesare, tanto più ne guadagneremo in qualità della
vita, risparmio di tempo, armonia dei rapporti tra
le persone. Da oggi e per i prossimi mesi, fino all’inizio del Giubileo della Misericordia, Roma sarà
interessata da lavori straordinari: strade, piazze
marciapiedi ed infrastrutture urbane dovranno
essere poste in condizione di sopportare senza
affanni la carica dei milioni di pellegrini che convergeranno verso San Pietro e le altre basiliche.
Quale occasione migliore per eliminare quei
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Tecnica e storia
Questa vista esplosa del monocilindrico della BSA Victor 441 consente di apprezzare le principali caratteristiche costruttive. Il perno di biella
veniva fissato ai volantini dell’albero mediante superfici di unione troncoconiche e grossi dadi
Il monocilindrico della Matchless G 80, con in bella evidenza il magnete collocato anteriormente e il cambio separato.
Si notano i tubetti cromati all’interno dei quali passano le aste della distribuzione
L’ETÀ DELL’ORO
DEI GROSSI “MONO” INGLESI
di Massimo Clarke | Vediamo come erano fatti i grandi monocilindrici
inglesi degli anni d’oro. I migliori BSA, AJS, Norton e Velocette che
furono d’esempio per tutti
D
opo aver introdotto il tema in un
precedente articolo, torniamo sugli
splendidi motori a cilindro verticale di 500 cm3, prodotti dalle case
inglesi negli anni Cinquanta e Sessanta, che
ebbero praticamente tutti le loro origini nell’anteguerra. I loro antenati con il passar del tempo avevano subito una graduale ma profonda
26
evoluzione; le varie rivisitazioni però non avevano
tutto sommato modificato di molto le scelte tecniche di base e l’architettura d’assieme. Le molle
delle valvole sono state racchiuse, le alettature
si sono estese e a un certo punto nuove teste in
lega di alluminio hanno preso il posto di quelle
in ghisa. Questo è avvenuto con certo ritardo rispetto agli italiani e (specialmente) ai tedeschi.
Pure le misure di alesaggio e corsa sono rimaste
spesso immutate, nel corso dello sviluppo dei
vari modelli, al punto che in certi casi si parlava
di valori tipici delle specifiche case. Ad esempio,
per i monocilindrici Norton di serie le misure erano invariabilmente 79 x 100 mm. Del resto, qualcosa del genere è accaduta anche da noi: le classiche Guzzi 500 a volano esterno hanno sempre
avuto un alesaggio di 88 mm e una corsa di 82
mm, e nelle Gilera 500 monocilindriche queste
misure erano rispettivamente 84 e 90 mm. I vari
monocilindrici inglesi possono sembrare piuttosto simili tra loro, con l’unica eccezione degli ultimi BSA con cambio in blocco. E in effetti
l’architettura d’assieme è complessivamente
analoga in tutti i casi, e questo vale anche per le
principali scelte tecniche di base, come la distribuzione ad aste e bilancieri. Esistono però differenze di notevole portata a livello di particolarità
significative, procedimenti costruttivi e materiali
impiegati. La biella del motore Royal Enfield 500
monocilindrico, per fare un esempio di un certo
interesse, era forgiata in lega di alluminio e alla
testa lavorava su di una grossa bronzina anulare. A rendere davvero unica la soluzione adottata era il fatto che quest’ultima era flottante;
in altre parole, veniva inserita con gioco sia sul
perno di manovella che nell’occhio della biella. In
tutti gli altri grossi mono la biella era in acciaio,
quasi sempre da bonifica e quindi con anello del
cuscinetto montato con interferenza nella testa.
Già negli anni Cinquanta i costruttori tedeschi e
italiani (con un paio di eccezioni) avevano abbandonato questo schema costruttivo per adottare
quello, certamente più razionale, che prevedeva
bielle in acciaio da cementazione, senza alcun
anello riportato. In questo secondo caso infatti,
grazie alla elevata durezza ottenuta per mezzo
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Il motore della BSA Gold Star 500 visto dal lato della trasmissione primaria. Questo monocilindrico aveva un alesaggio
di 85 mm e una corsa di 88 mm. Il cilindro in lega di alluminio aveva la canna riportata in ghisa
del trattamento, la pista di rotolamento per i rullini poteva essere ricavata direttamente nell’occhio della testa. Tipica della scuola inglese era
un’altra soluzione tecnica che in passato era stata impiegata diffusamente in Italia e in Germania,
ma che negli anni Cinquanta in tali paesi non si
usava più (solo due o tre modelli italiani hanno
fatto eccezione ancora fino a circa metà dl decennio); prevedeva un albero a gomito costituito
da ben cinque parti, con il perno di manovella che
veniva unito ai volantini per mezzo di superfici
di accoppiamento troncoconiche e grossi dadi
di ritegno. Questo stesso sistema veniva quasi
sempre impiegato (facevano eccezione i motori
BSA Gold Star e B 44/B 50) anche per vincolare i
perni di banco ai relativi volantini; in tal caso però
28
le superfici di accoppiamento erano spesso cilindriche e il montaggio si effettuava con l’ausilio di
una pressa. Una soluzione largamente impiegata
dai costruttori inglesi per i loro mono prevedeva
che le punterie non scorressero in fori direttamente ricavati nell’alluminio del basamento ma
venissero inserite in apposite guide riportate.
La famosa BSA Gold Star
Le famose BSA Gold Star della serie culminata
con la DBD 34 hanno sempre avuto sia la testa che il cilindro in lega di alluminio. Entrambi questi componenti sono stati rivisitati più
volte,nel corso degli anni, e hanno visto via via
aumentare le dimensioni della loro alettatura.
Le moto di eguale cilindrata della stessa casa di
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Tecnica e storia
Sezione del motore BSA DB 32, versione di 350 cm3 della Gold Star.
Si possono notare i tre cuscinetti di banco
l motore delle AJS/Matchless di 350 e 500 cm3 era caratterizzato
tra l’altro dall’impiego di bilancieri realizzati in tre parti
impostazione più turistica, cioè le B 33 (e anche
le B 31 di 350 cm3) hanno continuato ad avere
la testa in ghisa, oltre al cilindro, anche dopo la
metà degli anni Cinquanta! Nel motore delle Gold
Star la canna del cilindro era in ghisa austenitica, materiale che ha un coefficiente di dilatazione termica notevolmente più alto di quello della
classica ghisa grigia e quindi abbastanza vicino a
quello della lega di alluminio. In questo modo si
minimizzava il rischio di distacco della canna a
caldo. Il motore aveva una struttura molto semplice, come si conviene a un monocilindrico, era
ben curato in tutti i dettagli ed era realizzato con
eccellenti materiali. Si trattava di un mezzo destinato non solo agli sportivi più esigenti, ma anche ai piloti privati che impiegavano queste moto
nel clubman racing o comunque nelle gare nazionali di velocità di livello appena inferiore ai GP. La
distribuzione prevedeva due alberi a camme, dotati di un eccentrico ciascuno, posti sul lato destro e azionati mediante ingranaggi. Il moto veniva trasmesso alle valvole, i cui assi formavano un
angolo di 66°45’, da punterie a piattello, aste e
bilancieri a due bracci in acciaio forgiato. Per il richiamo delle valvole si impiegavano molle a elica.
Ciascun perno di banco veniva inserito nel relativo volano con interferenza ed era poi assicurato
ad esso mediante chiodatura. La testa della biella lavorava su due file di rullini ingabbiati, secondo una soluzione tipica della scuola inglese, per
quanto riguarda i grossi mono. L’albero poggiava
su due grossi cuscinetti di banco a rulli, più un
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terzo a sfere di minori dimensioni, posto dal lato
della trasmissione primaria.
AJS e Matchless 500
Più tranquilli a livello di modelli stradali, ma in
grado di impegnare e talvolta anche di battere
le Gold Star nelle gare di cross e in quelle nei
deserti americani erano le 500 monocilindriche
Matchless/AJS. Pure in questo caso venivano
impiegati due alberi a camme che agivano su
punterie a piattello. Tra le caratteristiche più interessanti di questi robusti motori, dal disegno
molto lineare, vi era l’impiego di bilancieri che
non erano forgiati in un sol pezzo, come vuole
la soluzione classica, ma erano realizzati in tre
parti. Ciascuno di essi infatti era costituito da un
perno (che si inseriva in due bussole montate nel
coperchio della testa) e due bracci, ricavati da
una lastra d’acciaio, che venivano vincolati alle
sue estremità mediante apposite scanalature e
dadi di ritegno. Un’altra particolarità si ritrovava a livello dei cuscinetti di banco: dal lato della
trasmissione primaria ce ne erano due, a sfere,
mentre dal lato del comando distribuzione veniva impiegata una bussola in bronzo. Le sedi delle
valvole non erano montate con interferenza ma
venivano incorporate nella testa all’atto della fusione. Decisamente più compatti e leggeri degli
altri monocilindrici inglesi di analoga cilindrata
erano i BSA della serie con cambio in blocco, ovvero i famosi Victor 441 e l’ultimo della stirpe, il
B 50. Questo era logico, in quanto discendevano
direttamente da un “umile” 250, il modello C 15
apparso nel 1958 e accreditato di una potenza
di 15 cavalli. Mentre questo quarto di litro continuava il suo sviluppo, con una serie di versioni
successive, da esso è stato derivato un modello
di 350 cm3, contraddistinto dalla sigla B 40 e apparso nel 1961. Cinque anni dopo è stata la volta
del B 44, ossia la versione stradale del Victor,
che abbinava un alesaggio di 79 mm a una corsa di 90 mm. Ultima della linea evolutiva è stata
la B 50, dotata di tre cuscinetti di banco (prima
erano due) e costruita dal 1971 al 1972 in due
30
Periodico elettronico di informazione motociclistica
versioni stradali più una da cross. Il motore aveva un unico albero a camme che agiva su punterie a pattino arcuato. Una B 50 SS ottimamente
preparata e ben condotta da Brown e Rollason è
arrivata seconda assoluta, dietro la Laverda 750
di Brettoni e Angiolini, nella 24 ore del Montjuich
del 1971, precedendo fior di moto giapponesi,
anche di cilindrata nettamente superiore. È stato
partendo dalla B 50 MX che Alan Clews ha iniziato la produzione delle sue splendide CCM da
cross. Gli altri grossi monocilindrici inglesi degli
anni d’oro sono meno noti in quanto hanno avuto
una minore diffusione a livello internazionale e
non hanno avuto carriere agonistiche di particolare successo.
Il Norton è stato anche costruito in una versione di 597 cm3, appositamente sviluppata per le
moto con sidecar, nella quale la corsa era di ben
120 mm. Non si trattava di un motore studiato
con l’obiettivo di ottenere prestazioni particolarmente elevate, ma piuttosto di un robusto e
versatile tuttofare. All’epoca i modelli di punta di
questa casa, per quanto riguarda la produzione
di serie, erano i bicilindrici. Il mono Ariel di 500
cm3 era caratterizzato dall’impiego di un albero
a camme con un singolo eccentrico per azionare entrambe le valvole (soluzione adottata
dal 1954); compatto e leggero, questo motore
è uscito di produzione alla fine del 1959 perché
il gruppo AMC, del quale la casa faceva parte,
aveva altri modelli di tipo analogo in listino, costruiti dalla Matchless/AJS. Per quanto riguarda
la Ariel si era deciso di puntare tutto sulle bicilindriche a due tempi Leader e Arrow. Il Bullet 500
della Royal Enfield è stato costruito dal 1953 al
1962, senza arrivare mai ad avere una diffusione
paragonabile a quella del modello di 350 cm3. Il
monocilindrico Velocette Venom nella versione
Thruxton è arrivato ad erogare una quarantina di
cavalli. Dotato di misure caratteristiche perfettamente quadre (86 x 86 mm), aveva la distribuzione a camma rialzata. Non è mai stato molto
popolare, ma in Francia e negli USA ne sono stati
venduti svariati esemplari.
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Tecnica e storia
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
Il monocilindrico Norton di 500 cm3, semplice e robusto, aveva un alesaggio di 79 mm e una corsa di 100 mm.
Le punterie erano alloggiate in bussole di guida riportate nel basamento in lega di alluminio
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divertente, ma che deve ancora trovare una collocazione ben precisa, nel mercato e nella testa
di chi potrebbe volerla comprare. Bene, non ci
crederete, ma anche questo tipo di oggetti è da
tempo “attenzionato” – come direbbe un carabiniere – da chi, oltre che alle moto, segue da vicino l’evolversi dei costumi. È già da qualche anno,
infatti, che a dar mostra di loro sono alcune particolari lavorazioni caratterizzate dalla presenza
di motori di piccole dimensioni, per lo più a scoppio, incastonati in telai di derivazione ciclistica.
Degli strani ibridi, talvolta somiglianti alle board
tracker di inizio secolo – recentemente d’ispirazione anche per alcune special illustri, come
la Yamaha XV950 Playa del Rey della serie Yard
Built – e in altri casi alle moto da speedway, con
strane derivazioni in stile cruiser. Come spesso capita, sono gli Stati Uniti a dimostrarsi i più
propensi alla sperimentazione, in questo settore. Tra i marchi più attivi, segnaliamo, ad esempio, Wolf Creative Customs e Derringer Cycles.
Costume
E indovinate dove si trova la sede di entrambi?
Ma in California, ovviamente. La stessa regione
dalla quale provengono le novità che più sono
state capaci, negli ultimi anni, di attirare l’attenzione e verso le quali i fighetti su due ruote hanno
dimostrato il maggiore entusiasmo in giro per il
mondo.
È a L.A. che ha trovato la consacrazione definitiva il fenomeno Deus, prima di esplodere come
una bomba a livello planetario, è da lì che vengono le bagger, di cui vi abbiamo già parlato, ed è
sempre da quelle parti che si è fatto le ossa uno
come Ola Stenegärd, gran capo del design di
BMW Motorrad – colui che si cela dietro a tutte
le più succulente novità, in termini di stile, prodotte in Baviera. Siete pronti, quindi, a vedere,
davanti al solito bar, assieme alle fixed, ai chopper, alle enduro e alle cafe racer, anche qualche
bici a motore? Nel caso, fate la parte di quelli che
sono già riusciti a stufarsene. D’altra parte, sarà
almeno tre anni che vanno in Ame
LA CARICA
DELLE BICI MOTORIZZATE
di Alberto Capra | La nuova tendenza punta dritta verso
due ruote con i pedali. Ma a motore, naturalmente
C
ome probabilmente avrete notato,
sono sempre più numerosi i tentativi, da parte delle case, di inserirsi
in quello che è a tutti gli effetti un
mercato completamente nuovo, quello delle bici
elettriche. Una definizione utilizzata, qui, in senso lato. Ci riferiamo, infatti, in questa maniera,
a quel tipo di mezzi che le case stesse stentano
a ricondurre a una categoria ben definita: che
32
rappresentano qualcosa in più di una bicicletta,
pur se elettrica, e qualcosa in meno di una motocicletta, anche se di piccole dimensioni. Prendete, ad esempio, la nuova Bultaco Brinco. Certo,
ha i pedali, ma per portarla in giro a spinta servono le gambe di Cipollini. Però non è neppure
una moto, coi suoi 2 kW e un’autonomia di 50
chilometri. Un oggetto interessante, dal punto di vista commerciale, e sicuramente molto
33
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RIDE IN THE USA
LA RINASCITA DELLA VALOROSA
di Pietro Ambrosioni | Il restauro della Honda PC 800 è
finalmente giunto al termine. Oppure no?
D
opo essere stato via più di un mese,
sabato sono rientrato in California.
Purtroppo non mi potrò fermare per
molto, visto che settimana prossima
c’è il BMW MOA Rally in Montana, ma ho colto
l’occasione per completare i lavori sulla Valorosa, la mia venerabile Honda PC800. Mio padre
mi ha sempre detto “non puoi mettere le gambe
di un diciottenne sul corpo di un novantenne”,
ma se fosse così l’intero mondo del restauro
e delle project bike o cafe racer che si vogliano
chiamare non esisterebbe, no? Comunque, nel
34
caso non sappiate tutta la storia della Valorosa,
ve la riassumo in breve: l’ho presa per fare un
Coast to Coast to Coast nel 2013 e sono andato
da Atlanta fino a Portland, in Oregon, e ritorno in
21 giorni (7600 miglia, pari a circa 12mila km).
Inizialmente il progetto era quello di vendere la
mia vecchia XT600 (quando mai!) e prendere
un bicilindrico che fosse più adatto a percorrere
tutte quelle miglia. In un primo momento avevo
iniziato a cercare una Suzuki V-Strom 650 ma
dopo circa due settimane spese a ridere in faccia
a privati e concessionarie che mi chiedevano un
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occhio della testa per delle moto con un milione
di miglia e piene di “ferite” dopo numerose cadute ho desistito. A quel punto mi sono messo
a cercare una vecchia Gold Wing 1500, salvo rimanere scioccato dai prezzi proibitivi che quella
moto era ancora in grado di mantenere. Proprio
durante le mie ricerche online della Gold Wing
mi sono imbattuto in un annuncio di un tizio in
Wisconsin che vendeva una “Baby Wing” ovvero
il nomignolo che qui danno alla PC800. È stato un
vero colpo di fulmine, perché di colpo mi sono ricordato di quanto avevo desiderato questa moto
negli anni 90, e mi sono messo subito a caccia
di un buon esemplare nella mia zona. Dopo aver
trovato diverse moto sui 3,500 dollari ma con almeno 50mila miglia ho finalmente trovato la Valorosa appena a sud di Atlanta: originariamente
di proprietà di un controllore di volo che non l’ha
praticamente mai usata, era stata comprata da
un poliziotto motociclista che l’ha tenuta in garage quasi 10 anni in attesa di andare in pensione
e godersela a fondo. Salvo poi rendersi conto di
non voler più nemmeno vedere le moto dopo 30
anni di servizio sulla Harley della polizia locale e
un miliardo di miglia rain or shine ovvero pioggia
o sole: il caldo atroce dell’estate del Grande Sud
o il freddo polare che ogni due anni sembra colpire l’intera regione durante l’inverno.
L’ex poliziotto ha dunque sviluppato una passione per le Jeep 4x4 e ha deciso di vendere la
sua PC. Meno di 8mila miglia di utilizzo e $4,400
trattabili. Bam! E’ stata subito mia. la settimana
successiva, dopo un cambio d’olio, la pulizia del
filtro dell’aria ed un controllo generale sono salito in sella e mi sono lanciato ad Ovest per il famoso C2C2C. In pratica in tre settimane ho messo sul contachilometri altrettante miglia quante
la moto ne aveva viste in 17 anni (la mia PC è il
modello del 1996) e sebbene la Valorosa abbia
tenuto botta alla grande guadagnandosi il suo
soprannome sul campo non ha propriamente
gradito il trattamento. E da li sono iniziati i problemi, niente di eccezionale ma abbastanza da
togliermi parte del gusto di smotazzare con lei.
On the road
Il motore ha iniziato a perdere colpi, l’avantreno è diventato ballerino e la frizione ha iniziato
a dare segni di cedimento. Un trattamento da
$600 dal meccanico, con gomme nuove e tutto,
non ha migliorato le cose, anzi. Mi ha installato
una gomma anteriore troppo grossa, con il risultato di rendere l’avantreno agile come quello di
una Velocette del 1928. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Dopo essermela fatta spedire qui
in California ed averci iniziato e mettere le mani
per cambiare i dischi della frizione e mettere delle molle spingidisco più dure, ho scoperto che il
meccanico di Atlanta non solo aveva rotto tutti
gli attacchi della carenatura, ma nel cambiare le
candele ha spannato il filetto di quella posteriore
del cilindro dietro (la moto è twin spark) senza
nemmeno avvitarla fino in fondo.
Oggi, dopo ore di lavoro e mille piccoli inconvenienti dati da un motore che non è stato mai
smontato (dunque tutte le parti erano praticamente incollate) ho finalmente ricevuto gli ultimi ricambi che mi servivano ed assieme al mio
amico/padrone di casa Steve abbiamo rimesso
tutto assieme. Abbiamo rifatto il filetto alla sede
candela, messo i nuovi dischi frizione e le nuove
molle, cambiato il filtro aria ed olio, ripulito il radiatore, spurgato freni e frizione idraulica e persino iniziato a ricostruire la carena con uno speciale saldatore per plastica. Prima di rimontare
i pezzi del “tupperware” (come la chiamano qui
i suoi detrattori) ho voluto fare un giro di prova:
il motore canta come un usignolo, l’avantreno
resta granitico (o dovrei dire fossilizzato?) - almeno finché non cambio la gomma anteriore - e
la frizione stacca come la RC213V di Marquez
durante il giro buono in qualifica. Ma… c’è sempre un ma.
La moto perde benzina! Piscia come un neonato!
Ho già pronto il kit di revisione del rubinetto a depressione (problema noto di questo modello) ma
spero che non sia qualcosa di più tedioso, tipo un
galleggiante incollato in una delle due vaschette
dei carburatori. Forse mio padre, ancora una volta, aveva ragione…
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NICO CEREGHINI
VIVA LA MV!
Quanti motociclisti a Schiranna
per festeggiare la prima vittoria
della Cagiva con Lawson nel ’92
e ricordare il grande Claudio
Castiglioni! Mi ritrovo nel gruppo,
e con il cambio a destra
Media
C
iao a tutti! Domenica
vado
alla MV per
respirare aria
di festa, il 12
luglio del 1992
Lawson portava la 500 Cagiva alla vittoria di Budapest e
soprattutto c’è da ricordare
Claudio Castiglioni, e nella sua
Schiranna colma di motociclisti
mi ritrovo a cavallo di una Aermacchi TV 350 che pare nuova
fiammante anche se ha passato i quaranta. Potenza della
passione, eccomi in mezzo a
un gruppo di smanettoni, tutti
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insieme intorno al lago di Varese, scortati dalla Stradale e dai
ragazzi del “100 HP”. C’è ogni
tipo di MV a tre e quattro cilindri, qualche Cagiva, qualche
Ducati, una Vespa che c’entra
poco ma va benone, e il mio
“Macchi” del ‘72. Un tuffo nel
passato. “Guarda che vibra!”,
mi avverte Enrico Minazzi che
è presidente del registro storico Aermacchi, proprietario e
restauratore della mono orizzontale. Vibra? Piedi e mani
sembrano staccarsi dal resto
del corpo, la strumentazione ha
delle oscillazioni sospette, però
la sella è sorprendentemente
comoda. Il problema è il tamburo anteriore quasi inesistente, per fortuna il fratello al retrotreno qualcosa fa, e quando
vedo accendersi gli stop di chi
mi precede allora pesto il pedale sinistro con energia. Eh già: il
cambio è a destra con la prima
in alto, ma è questa la bellezza
di tutta la faccenda: immediatamente ritrovo i meccanismi
di quegli anni, come se fosse
la stessa estate di quel lontano
‘72. Prelevai una TV 350 come
questa nel box di Motociclismo, senza avvertire nessuno; i
l giorno successivo sarebbe
passato il furgone dell’Aermacchi a ritirarla, era già sera,
il mio programma era correre
a Rapallo da una certa ragazza e rientrare all’alba, nessuno
l’avrebbe saputo. Ma l’impianto elettrico non era d’accordo
e mi lasciò a piedi dieci chilometri dopo Binasco. Spinsi fino
alle sette del mattino, i cellulari
non c’erano ancora e il furgone
arrivava alle nove. Oggi non lo
farei, ma se volevo far carriera
questo era il prezzo. Adesso la
TV è una motoretta con poche
pretese e da trattare con riguardo, ma nei primi anni Settanta era una media cilindrata
rispettabilissima, con i suoi 29
cavalli e il carburatore VHB 30
AS. Derivava dalla famosa Ala
Verde 250, e in qualche modo
era imparentata con il modello
da competizione, l’Ala d’Oro,
regina degli anni Sessanta, la
“monocilindrica aste e bilancieri più veloce del mondo”.
La spingo fino ai 110, oltre non
mi fido, l’impianto elettrico
sarà sempre quello. A fine giro
suggerisco a Minazzi di cambiare i “Ferodi” nel tamburo
anteriore, è più sicuro. Ma è
stato bello. Due giorni di festa
a Varese e Schiranna, con la
collaborazione del Motoclub
Cagiva Italia e dell’MV Internazionale. Gente appassionata,
chi c’era si è divertito a anche
commosso. Quante MV! Giovanni Castiglioni, orgoglioso,
mi dice che da tre anni le cose
vanno proprio bene. Più trentacinque per cento la produzione
Editoriale
dell’ultimo anno. La sua mamma, la vedova del grande Claudio, è lì a godersi i primi due nipoti, i Castiglioncini, e il terzo è
quasi fuori dalla catena di montaggio: nascerà a fine mese. La
vita continua.
DUE GIORNI DI FESTA A
VARESE E SCHIRANNA, CON LA
COLLABORAZIONE DEL
MOTOCLUB CAGIVA ITALIA E
DELL’MV INTERNAZIONALE.
GENTE APPASSIONATA, CHI
C’ERA SI È DIVERTITO A ANCHE
COMMOSSO. QUANTE MV!
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Interviste
DOPOGP CON NICO E ZAM
IL GP DI GERMANIA AL SACHSENRING
DopoGP torna con il format classico e dopo il Sachsenring
parliamo del ritorno di Marquez, di Rossi e delle difficoltà Ducati
D
opo due puntate registrate negli
studi di Sportitalia, DopoGP ritorna
al format originale girato nel salotto
della nostra redazione. Siamo dispiaciuti di chiudere una bella collaborazione e
ringraziamo Sportitalia, ma i tempi televisivi ci
andavano stretti, il palinsesto è per sua natura
rigido e costrittivo, inoltre molti lettori avevano
rilevato un calo della qualità video e siamo felici di ritrovare l’HD. Dopo il GP di Germania 2015
parliamo di Marquez che domina insieme a Pedrosa al Sachsenring. Da Rossi ci si aspettava
38
un secondo posto ma Valentino comunque incrementa il vantaggio in campionato su Lorenzo
e chiude in testa la prima metà campionato. Le
statistiche dicono che da 1998 chi è andato in vacanza in testa al campionato ha vinto il titolo. Ducati? Bene Iannone, che sembra ricoprire il ruolo
che è stato fino all’anno scorso quello di Dovizioso: massimizzare ogni occasione per far punti.
Cosa succede invece al Dovi? Come sempre
tanta tecnica con l’Ing. Bernardelle che, insieme
a Nico Cereghini e Giovanni Zamagni, risponderà
alle domande e ai commenti dei lettori.
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non sono riuscito a girare più a lungo e a spingere forte. Oggi però ho provato delle buone sensazioni sulla mia moto, e abbiamo fatto un buon
lavoro e raccolto informazioni molto importanti
per il futuro».
Andrea Dovizioso
«Abbiamo fatto varie prove di set-up che ci interessavano, perché quando sei in gara non
hai mai il tempo di fare certe prove, e anche la
quantità delle prove è limitata. Il test ci è servito
per capire la direzione che abbiamo preso dall’inizio della stagione. Abbiamo lavorato sulle rifiniture, sia dell’elettronica che del set-up, e sono
stati due giorni utili per fare dei set-up generali.
Come velocità non siamo andati male, il mio giro
più veloce l’ho fatto con una gomma non nuova
stamattina, ma con il caldo del pomeriggio non
abbiamo cercato di migliorare e non abbiamo
usato le gomme morbide». Anche Danilo Petrucci ha concluso con qualche ora d’anticipo i
test e anche il pilota del team Pramac è uscito
dai box con il sorriso sulle labbra. «Test positivi
MotoGP
– ha commentato il pilota italiano -, ho avuto la
possibilità di girare con il team ufficiale Ducati e
di provare la moto del mio compagno di squadra
che ha la 14.2, l’evoluzione della mia moto. Sono
stato veloce fin dall’inizio. Sono felice di averla
provata qui perché l’avrò anche io proprio dal GP
di Misano, quindi sarà un’occasione in più».
HONDA
In casa Honda la novità più rilevante è che i piloti
ufficiali sono saliti in sella alle moto con le quali
correranno il prossimo anno. Solo qualche giro
perché la maggiorparte dei giri i Marquez e Pedrosa li hanno fatti sulla RC213V alla ricerca di
un miglior setting per la seconda parte della stagione. Marquez ha fatto 86 tornate registrando il
miglior tempo di 1’32.00. Dani ne ha fatte 71 con
un best time di 1’32.66.
Marc Marquez
«Sono contento di questi ultimi due giorni, abbiamo fatto un ottimo lavoro sulla messa a punto e
ora mi sento più a suo agio. Soprattutto questa
TEST A MISANO
HONDA GUIDA IL GRUPPO
di Giovanni Zamagni | Iannone conclude prima la 2ª giornata di test a
Misano, problemi alla spalla. Marquez e Pedrosa in sella alla HRC 2016
D
UCATI
Seconda giornata di test conclusa
in tarda mattinata per Iannone. Il
pilota Ducati è stato costretto a
fermarsi per il dolore alla spalla ma il bilancio delle giornate di test è comunque positivo. Andrea
si è detto contendo degli sviluppi apportati alla
GP16 e delle prestazioni raggiunte, anche il considerazione del caldo torrido che in questi giorni
accompagna i piloti sul circuito di Misano.
40
Andrea Iannone
«In un giorno e mezzo di test abbiamo utilizzato
in tutto solo tre gomme, tutte di mescola dura, e
anche questa mattina non ho mai usato gomme
nuove. Nonostante ciò abbiamo migliorato molto
il passo rispetto a ieri, più di mezzo secondo. E’
un fatto importante e sono contento per come
siamo andati. Mi dispiace solo di aver dovuto
terminare il test in anticipo, ma purtroppo già da
questa mattina la spalla mi faceva molto male, e
41
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mattina quando la temperatura era un po ‘più
bassa siamo riusciti a trovare qualcosa che ha
migliorato il feeling e ora dovremo verificare se
funzionerà anche nei prossimi circuiti. Ho anche
provato il prototipo 2016 e mi sono piaciuti alcuni aspetti, domani (venerd’, NDR) la proveremo
con le gomme del prossimo anno per dare agli ingegneri HRC più dati su cui lavorare. In pomeriggio la temperatura della pista era davvero troppo
calda, ma sono contento del ritmo che sono riuscito a mantenere anche in queste circostanze.
Un grande grazie a HRC e alla mia squadra per il
grande lavoro svolto!».
Dani Pedrosa
«Due giorni duri ma produttivi. Siamo felici di
come abbiamo lavorato sulla moto in corso per
trovare una messa a punto che può essere una
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buona base per i prossimi GP. E ‘stato un lavoro
molto duro, era molto caldo, ma sono felice. Ho
anche fatto un paio di uscite con il prototipo della
moto 2016. Era importante dare agli ingegneri un
feedback sulla direzione».
quello di preparare la gara qui a Misano alla fine
di quest’anno: Il circuito è stato riasfaltato e l’aderenza è notevolmente aumentata; quindi era
importante prendere nuovi punti di riferimento
per i futuri set-up di base.
SUZUKI
Maverick Viñales
«Ho la sensazione che questo test sia stato molto utile per noi, per capire meglio dove possiamo
migliorare e abbiamo lavorato per preparare le
prossime gare.
Ho fatto molti giri in una sorta di configurazione di gara con il serbatoio pieno. Abbiamo fatto
molti miglioramenti al telaio che hanno dato risultati positivi.
Ora abbiamo molte opzioni che già conosciamo
e possono essere utili o essere adattate ad ogni
singolo circuito. Per le sensazioni che ho adesso
Aleix Espargarò e Maverick Viñales hanno proseguito lo sviluppo della Suzuki GSX-RR. Verifiche di rito sul lavoro svolto e poi il team si è
concentrato principalmente sulla ricerca di nuovi
settngs e set-up in vista delle gare future di questa stagione; in particolare Misano nel mese di
settembre. Il set-up del telaio e l’elettronica sono
le due aree principali su cui il team si è concentrato alla ricerca di una migliore trazione e una
migliore erogazione di potenza. L’altro lavoro
importante svolto da Espargarò e Viñales è stato
MotoGP
vorrei che Indy fosse già la prossima settimana,
perché con questi miglioramenti mi sento molto
a mio agio sulla moto, ma abbiamo anche bisogno di tempo per prendere una pausa e - soprattutto - per esaminare tutti i dati e di consolidare
le nostre informazioni».
Aleix Espargarò
«Le condizioni climatiche estremamente calde
hanno reso questo test molto difficile, ma io sono
molto contento per quello che abbiamo ottenuto.
Dopo Sachsenring era importante trovare un po
‘di feeling con l’anteriore, in particolare nelle curve lente, e abbiamo potuto finalmente testare diverse configurazioni di set-up che alla fine mi ha
dato sensazioni molto positive. Abbiamo anche
migliorato l’elettronica e lavorato in configurazione gara».
43
LE FOTO PIÙ
BELLE DEL GP
DI GERMANIA
Marquez torna a dominare insieme al compagno
di squadra, ma Rossi aumenta il suo vantaggio su
Lorenzo. Ecco gli scatti più spettacolari che
raccontano il GP di Germania
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MotoGP
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MotoGP
Media
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SPECIALE SUPERBIKE
GP DI
LAGUNA SECA
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Aprile ad Aragon e porta a due le vittorie della Panigale nel mondiale delle derivate dalla serie. A
fare da valletti ecco un beffardo Sykes che è riuscito a tenersi dietro un rabbuiato Rea. Ma Johnny si può consolare guardando la classifica, che
lo vede saldamente al comando con 129 punti su
Sykes, 153 su Davies e 162 su Haslam. Il pilota
Aprilia è stato autore di una delle sue peggiori
gare stagionali e la sua caduta a cinque giri dalla
fine lo ha relegato ad un misero tredicesimo posto finale. Bella gara invece per Torres che chiude quinto davanti a Lowes ed alla coppia Honda
composta da Guintoli e uno spento VD Mark, che
al contrario di Torres (entrambi erano al debutto su questo tracciato) non ci ha ancora capito
Superbike
molto di questa pista. Con il suo nono posto Mercado fa meglio in gara di quanto non avesse fatto
in prova e precede la MV di Camier che chiude
la top ten. Vanno a punti anche l’abulico De Puniet, un costante Ramos, il gia citato Haslam ed i
due piloti Kawasaki Ponsson e Vizziello che raccoglie il suo primo punto mondiale, soprattutto
perché sono ben sei i piloti che non hanno visto
la bandiera a scacchi. Tra questi Ayrton Badovini ritiratosi dopo pochissimi giri per problemi
tecnici, così come Canepa. Gara da dimenticare
per Baiocco che prima non è riuscito a partire e
poi si è insabbiato nella via di fuga. Sfortunatissimo Salom la cui Kawasaki si è fermata nel corso
dell’ultimo giro.
SBK 2015, LAGUNA SECA
DAVIES VINCE GARA 1
di Carlo Baldi | Seconda vittoria stagionale per Davies che domina dal
primo all’ultimo giro e precede le Kawasaki di Sykes e Rea. Giugliano è
quarto davanti a Torres. Caduta per Haslam
G
randissima gara di Chaz Davies a
Laguna Seca, che parte in testa e
spinge come un matto, tanto da
tenersi dietro i due piloti Kawasaki,
ad iniziare dal cannibale Rea, che oggi raccoglie
il suo peggior risultato stagionale, un terzo posto
che però di fatto gli fa fare un altro passo verso il
titolo mondiale. Sulla tortuosa pista californiana
è davvero difficile superare e se ne sono accorti
sia Rea che Giugliano. Il primo ha tentato varie
volte di superare il suo compagno di squadra,
senza mai riuscirci, mentre l’italiano della Ducati ha impiegato tredici giri per disfarsi di un
54
coriaceo Torres e per farlo ha dovuto prendersi
dei rischi. Cosa che invece Johnny ha giustamente preferito evitare, visto che lui pensa ormai
più al titolo che non alla vittoria in gara. Davies
ha vinto meritatamente ed ha trovato due alleati in Sykes e Torres, che hanno stoppato Rea
e Giugliano e gli hanno consentito una fuga più
agevole, anche se va detto che probabilmente
in questa prima manche Davies avrebbe vinto
comunque, anche se il nordirlandese e l’italiano
avessero avuto pista libera davanti a loro. Primo
gradino del podio per Davies quindi, che porta a
sei le sue vittorie in Superbike, bissa la vittoria di
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battaglia serrata, vinta dal vice campione del
mondo che rosicchia otto punti al suo compagno
di colori che ne mantiene però ben 125 su Sykes
e 144 sul dominatore di questo weekend, Chaz
Davies. Dietro alle due Kawasaki ecco le due
Aprilia e, così come in gara uno, la prima RSV4 e
quella di Torres. Lo spagnolo non è partito bene
come aveva fatto nella prima manche, ma grazie ad un ottimo ritmo ha recuperato terreno nei
confronti del suo compagno di squadra, per poi
superarlo e conquistare un buon quarto posto.
Haslam paga senza dubbio una messa a punto
non ottimale della sua moto, ma l’aver perso per
ben due volte il confronto con il suo giovane ed
irreverente compagno di squadra non ha certamente fatto piacere a Leon, che cercherà di rifarsi a Sepang, ai primi di agosto. Dopo i problemi
tecnici ed il ritiro in gara uno, Badovini si rifà in
questa seconda manche, con un sesto posto
Superbike
inaspettato, davanti a VD Mark e Canepa. L’italiano del team Althea, che aveva fatto vedere
buone cose nelle qualifiche, chiude ottavo, mentre il suo compagno di squadra Baiocco non va
oltre il tredicesimo posto. Mercado, Camier, De
Puniet e Ramos concludono esattamente nelle
stesse posizioni ottenute in gara uno, mentre
vanno a punti anche Vizziello e Ponsson. Oltre a
Giugliano è caduto anche Guintoli a causa di un
malinteso con Lowes.
Il pilota della Honda non si è accorto che Lowes
stava rientrando al suo box, lo ha tamponato ed
è caduto, danneggiando irreparabilmente la sua
moto. L’inglese del team Crescent invece è tornato al box per montare le gomme rain. Decisione incomprensibile che ha compromesso la sua
gara costringendolo al ritiro. Giornata da dimenticare per Salom ritiratosi anche in gara due per
problemi tecnici.
SBK 2015, LAGUNA SECA
FANTASTICA DOPPIETTA DI DAVIES
di Carlo Baldi | Davies si impone anche in gara due e regala la prima
doppietta alla Panigale. Nulla da fare per Sykes e Rea, secondo e terzo.
Torres quarto dopo aver piegato Haslam. Brutta caduta per Giugliano
A
ncora Davies. A Laguna Seca il pilota gallese si è rivelato imbattibile
ed anche in gara due e non c’è stato
nulla da fare per i suoi avversari, ad
iniziare dal dominatore di questo campionato,
Jonathan Rea, preceduto come in gara uno anche dal suo grintosissimo compagno di squadra
Tom Sykes. Un Davies perfetto consegna una
doppia vittoria alla Ducati, cosa che non succedeva dal 2012 quando a Imola fu Carlos Checa a
salire per due volte sul gradino più alto del podio.
Ma lo spagnolo guidava la pluri vittoriosa 1198,
56
mentre Davies ha portato al doppio successo
la tanto discussa Panigale. Nel box Ducati però
si festeggia solo a metà, perché nel giorno del
trionfo di Chaz, bisogna annotare una brutta caduta di Davide Giugliano. Nel corso del secondo
giro l’italiano della Ducati è caduto, rotolando più
volte nella sabbia della via di fuga. Trasportato
al centro medico Davide se l’è cavata con una
doppia contusione al ginocchio ed al tallone della gamba destra, oltre ovviamente ad un brutto
spavento e ad un morale sceso sotto le scarpe.
Sykes ancora davanti a Rea quindi, dopo una
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SBK 2015, LAGUNA SECA
APPENA SCESI DAL PODIO
di Carlo Baldi | Ecco le dichiarazioni dei tre piloti che hanno
monopolizzato il podio di Laguna Seca. Chaz sceglie la tattica giusta,
Sykes non si accontenta, mentre Rea ammette di aver pensato alla
classifica del campionato
C
haz Davies: «Sono davvero molto
felice, perché qui a Laguna abbiamo
raccolto i frutti del nostro lavoro. Il
tracciato americano tende a limitare i nostri punti deboli mentre ci permette di
sfruttare i nostri punti di forza e quindi abbiamo
potuto costruire due belle gare, che sono andate
58
esattamente come avevamo programmato. Non
pensavo che sarebbe stato possibile girare in
1’23 in gara, ma invece ho potuto fare una serie
di giri molto veloci all’inizio della prima manche
ed ho spinto forte per i primi 12 giri, dopodiché si
è trattato di gestire il vantaggio acquisito. Avevamo cambiato qualcosa per la seconda gara e le
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modifiche si sono rivelate utili. Ho preso qualche
rischio nei primi giri con la pista bagnata ed ho
avuto paura di cadere, ma fortunatamente ha
smesso di piovere subito e le cose sono andate
bene fino alla fine. Ringrazio tutto il mio team, la
Ducati ed i nostri sponsor. E’ stato un weekend
molto positivo, ed ovviamente nettamente migliore rispetto a quello dello scorso anno!» (ndr
- Chaz cadde in gara 1 ed i medici non lo fecero
partire in gara due)
Tom Sykes: «E’ stata una grande lotta quella che
abbiamo fatto io e Jonathan per tutta gara uno.
Ho visto solo e sempre “zero” sulla mia pit board
e quindi ho dovuto gestire da solo la situazione.
Sentivo il calo della gomma posteriore ed ho dovuto compensare in alcune zone della pista, cercando di modificare la mia guida come meglio mi
Superbike
conveniva. Secondo non è il risultato ideale, ma
nel complesso sono contento delle mie posizioni
odierne, considerando le circostanze. Abbiamo
fatto due piccole modifiche per gara due ed è
stato strano, perché all’inizio sentivo di avere
una moto con un set up davvero buono sotto la
pioggia, mentre Chaz si è preso un paio di rischi,
ma alla fine ha avuto ragione lui, perché in quel
frangente è riuscito a creare un grande divario e
penso sia stato probabilmente il fattore decisivo
della gara. In seguito ho avuto un paio di avvertimenti dalla mia moto e non sono più stato in
grado di attaccare Chaz. Nel complesso, sono
abbastanza soddisfatto, ma in realtà non siano
mai stati così vicini a lui da poterlo impensierire.
Due secondi posti sono accettabili, ma di fatto è
stato un altro pilota a portare a casa i premi in
questo fine settimana».
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Superbike
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Jonathan Rea: «Ho provato spesso, ma non c’era nulla che potessi fare per passare Tom in gara
uno. Lui ha tenuto un buon ritmo, ma sono sicuro
che io avevo un passo ancora più veloce del suo.
Il problema è stato che non riuscivo a sorpassarlo. Ho provato un paio di volte, ma sono andato
largo ed era chiaro che avrei dovuto essere ancora più aggressivo, ma negli ultimi giri non ne ho
avuto l’occasione.
Tom stava guidando in modo molto intelligente.
Nell’ultima curva ero un po ‘indietro ed è stato
60
uno di quei momenti nei quali bisogna usare il
cervello, per capire che 16 punti sono molto meglio di zero punti. Abbiamo tenuto un buon passo anche in gara due e se non sono risuscito a
passarlo è stata solo per colpa mia, perché ho
fatto troppi errori. Sia Tom che io abbiamo perso
un sacco di tempo nei confronti di Chaz quando
stava piovendo, ma poi abbiamo tenuto un buon
ritmo sino alla fine. Oggi forse ho fatto troppi calcoli e la terza posizione è proprio quella che mi
sono meritato».
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anche per il prossimo anno) perde una battaglia,
ma non certo la guerra e Sykes può finalmente
sorridere, per aver concluso entrambe le gare
davanti a Rea. Il nordirlandese però, dall’alto del
suo enorme vantaggio in classifica, si accontenta volentieri di questi due terzi posti. Anche in
casa Aprilia quello che viene considerato il secondo pilota ha preceduto la prima guida. Torres ha tirato fuori le unghie, ma comunque non è
andato oltre due buoni piazzamenti, a conferma
che l’attuale RSV4 rappresenta la terza forza in
campo, dopo Kawasaki Ninja e Ducati Panigale.
In attesa di vedere se Biaggi potrà compiere un
miracolo malese. BMW e Suzuki brillano solo in
una manche, grazie ai due sesti posti di Lowes
in gara uno e di Badovini nella seconda, ma il divario con le tre grandi del campionato è ancora
molto ampio, specialmente per quanto riguarda
la casa di Hamamatsu, che può contare solo sul
giovane inglese e non sul fantasma di De Puniet.
Superbike
Il settimo posto è il massimo che ci si possa
aspettare dai piloti Honda, in attesa di capire se
il più grande produttore di moto al mondo abbia
ancora intenzione di accontentarsi di fare da
comparsa in Superbike. Due decimi posti per la
MV, che non riesce a fare il salto di qualità, nonostante un bravissimo Camier. Alti e bassi tra
i privati Ducati. Ci si aspettava di più da Canepa,
ma alla fine il più consistente è stato invece Mercado, mentre Baiocco ha fatto fatica ad andare
a punti. Doppio ritiro per Salom con la sua Kawasaki semi ufficiale. Quello che doveva essere
l’anno della svolta per il team Pedercini, si sta
tramutando invece in una cocente delusione. Al
contrario sta andando oltre ogni aspettativa, nella stagione del suo debutto in Superbike, il team
GoEleven, costantemente a punti con Ramos. E
va detto che lo spagnolo non solo è al suo primo
anno in questo campionato, ma non conosce
quasi nessuna delle piste.
LE PAGELLE
DI LAGUNA SECA
di Carlo Baldi | Dieci e lode per Davies, 9 per Sykes e 8 per Rea.
Giugliano arriva al 6 nonostante le tremenda caduta in Gara2
Q
uella di Laguna è una pista davvero
tosta, dove il talento ed il coraggio dei piloti possono fare la differenza. Onore a Davies quindi che
con una doppietta porta la Ducati in Paradiso e riesce finalmente a mettersi
alle spalle il dream team Kawasaki. Ma dietro
a queste due vittorie non c’è solo la fantastica
prestazione di Mr.Ice, ma il lavoro di un’intera
azienda che si sta impegnando e sta investendo
molto sulla Superbike. Quando nel 2011 la casa
di Borgo Panigale decise di ritirarsi dal mondiale
62
delle derivate dalla serie, non lesinai le critiche
nei confronti di chi, a mio parere, stava rinnegando il proprio passato. Così come fui critico
allora, devo ora riconoscere che da qualche anno
la Ducati è tornata a credere in questo mondiale
ed il frutto di tanto impegno, di continui investimenti è di tanti test stato raccolto nelle due gare
di Laguna Seca. Dispiace solo che nel giorno del
trionfo Ducati si debba segnalare la brutta caduta di Giugliano, che per fortuna si è risolta senza
gravi conseguenze fisiche per Davide. La Kawasaki (dopo aver confermato entrambi i suoi piloti
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Superbike
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10
e lode Chaz Davies
Superpole e doppietta in gara. Il gallese
della Ducati riesce dove in molti avevano fallito,
regalando la terza vittoria alla tanto discussa Panigale. Chaz è come sempre poco fumo e tanto
arrosto e sbatte questo trionfale weekend in faccia a chi non lo riteneva un campione. Speriamo
che con queste due vittorie Davies si sia assicurato la riconferma in Ducati.
9
Tom Sykes
“Sarai anche il dominatore del campionato,
ma se voglio ti tengo dietro”. Questo significava
il ghigno con il quale Tom si è presentato per due
volte sul podio californiano. Al di la delle battute,
Sykes e Rea ci hanno regalato un bel duello in famiglia, con tutto il loro miglior repertorio fatto di
staccate e contatti di gomito a 200 e oltre km/h.
64
Tom ha capito che ormai non ha nulla da perdere e punta alla vittoria di tappa. Ci mette sempre
l’anima, specialmente quando si tratta di precedere Johnny.
8
Jonathan Rea
Il tuo compagno di squadra è il tuo primo
avversario. Mai come in questo caso questo detto si è rivelato esatto.
Sykes non gli ha regalato nulla. Anzi. Su di una
pista dove è difficile superare, Rea avrebbe dovuto rischiare troppo per poi portare a casa un
secondo posto che non avrebbe cambiato quasi
nulla per il campionato. Ragionare e prendere
le decisioni migliori fa parte del bagaglio di un
campione. Il pilota arrembante di qualche anno
fa, quello che rischiava e cadeva spesso, è ormai
solo un lontano ricordo.
6
Davide Giugliano
Sul giro secco della Superpole ormai ha
pochi avversari, ma in gara la musica è diversa.
Nella prima Torres gli fa da tappo, lui si innervosisce e quando finalmente si libera dello spagnolo,
il podio è ormai irraggiungibile. In gara due il patatrac. Una caduta tremenda che ricorda quella
di Phillip Island. Per fortuna Davide non ha riportato conseguenze dal punto di vista fisico. Per
quanto riguarda il morale aspettiamo Sepang.
7,5
Jordi Torres
Lupin ha finalmente imparato ad utilizzare la gomma da tempo e si è preso la prima
fila. In gara fa tutto bene e vince la battaglia con
Haslam. Ora tutti dicono che Laguna si adatta
al suo stile di guida, ma prima di venerdì lui l’aveva vista solo sui video giochi. L’Aprilia deve
pensarci tre volte prima di sostituirlo (ammesso
che a Noale sappiano cosa vogliono fare in Superbike il prossimo anno).
5,5
Leon Haslam
Giornata grigia per il generoso Leon.
Nella sua 200ma gara in SBK commette un errore e cade, mentre in quella successiva perde
il duello con il suo compagno di squadra nella
seconda. Questa volta non ha nemmeno l’alibi
di eventuali problemi fisici. E a Sepang si troverà nel box un avversario ancora più tosto. Tempi
duri per i troppo buoni.
6,5
Sylvain Guintoli
Fa quello che può con la poco competitiva CBR e va anche in terra a causa di un malinteso con Lowes. Quest’anno i primi li vede solo
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Superbike
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SBK Laguna Seca
Classifica
Gara 1
da lontano, ma lui non si perde d’animo, confermandosi un grande professionista, in attesa di
una sistemazione più consona ad un campione
del mondo.
seconda parte male ma poi fa una rimonta alla
Speedy Gonzales (il suo simbolo). Se a Monaco
di Baviera decidessero di investire di più sulla Superbike………..
6
5,5
Alex Lowes
Come spesso gli capita l’inglesino va a corrente alternata e quando non sbaglia lui ci pensa
il suo team, che lo fa rientrare per montare delle improbabili gomme rain. Si vocifera che Alex
potrebbe essere una delle pedine pregiate del
mercato piloti, ma a dire il vero per ora non ci ha
esaltato troppo. Anche se farlo con la Suzuki non
è certo cosa facile.
6,5
Ayrton Badovini
Alti e bassi per lui e per la sua BMW.
Vince la prima Superpole , ma poi un problema
tecnico lo costringe all’ultimo posto nella seconda. Ancora problemi in gara uno, mentre nella
66
Leandro Mercado
Va male in prova (si rompe anche un
dito del piede in una brutta caduta) ma poi in
gara si ricorda di aver già corso a Laguna (AMA)
e porta a casa due risultati positivi. Non è stato
un weekend esaltante per l’argentino, dal quale
ci aspettiamo di più.
6
Niccolò Canepa
La pista è una delle sue preferite e in prova
fa grandi cose. La sua Panigale lo lascia a piedi
nella prima manche e lui nella seconda spinge
forte, ma è solo ottavo. E’ soltanto alla seconda
gara con la moto del team Altea, ma questa è
stata per lui un’occasione persa.
Classifica
Gara 2
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
C Davies
25
1
C Davies
25
2
T Sykes
20
2
T Sykes
20
3
J Rea
16
3
J Rea
16
4
D Giugliano
13
4
J Torres
13
5
J Torres
11
5
L Haslam
11
6
A Lowes
10
6
A Badovini
10
7
S Guintoli
9
7
M Vd Mark
9
8
M Vd Mark
8
8
N Canepa
8
9
L Mercado
7
9
L Mercado
7
10
L Camier
6
10
L Camier
6
Classifica
Generale
Pos.
Pilota
Punti
1
J. REA
407
2
T Sykes
282
3
C. DAVIES
263
4
L. HASLAM
240
5
J. TORRES
164
6
S. GUINTOLI
136
7
D Giugliano
119
8
M Vd Mark
114
9
L. MERCADO
104
10
A. LOWES
94
67
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Motocross
sempre stimato. Oggi però trovo questa sua fine
di carriera pietosa e non degna di un grande campione. Poteva chiudere la stagione con il GP del
Messico e quello degli Stati Uniti per lui di casa, e
dire addio sul podio al mondo del motociclismo.
Normalmente gli americani ci hanno abituati a
dei finali appassionanti come fanno a Hollywood.
Ma questa sua fine è ridicola e dimostra perché
non è riuscito in Europa. L’umiltà è alla base della
vita. Sapere perdere pure».
JEAN MICHEL BAYLE
“VILLOPOTO, CHE DELUSIONE!”
di Massimo Zanzani | L’ex campione francese commenta in modo
esemplare la definitiva uscita di scena del pilota Kawasaki
C
on il cambio di tabella dal numero 2
al 183, ovvero con il passaggio della
KX450F di Ryan Villopoto a Steven
Frossard che dal GP della Lettonia lo
sostituisce fino a fine stagione, è definitivamente
calato il sipario sull’avventura Mondiale del fuoriclasse statunitense cessata inaspettatamente
e prima del previsto. Per chiudere definitivamente la questione che ha lasciato irrisolti molti
punti interrogativi, Moto.it ha preso in prestito le
68
parole di Jean Michel Bayle, protagonista negli
anni ’90 sia del campionato del mondo di motocross che del Supercross statunitense, che ci
sono sembrate esemplari nella loro sintesi e per
come abbiano inquadrato alla perfezione il caso
che ha fatto discutere gli appassionati di tutto
il mondo. «Ho apprezzato quando ha deciso di
venire a sfidare l’Europa. Mi è piaciuto vederlo
combattere nella difficoltà. Anche nella sconfitta è rimasto per me il Ryan Villopoto che ho
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GLI SCATTI PIÙ
SPETTACOLARI
DEL GP DI
LETTONIA
Un GP combattuto e spettacolare. Ecco gli scatti
più belli del weekend di gare sulla sabbia lettone
di Massimo Zanzani
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Dakar
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DAKAR 2016
PERCHÉ MARC COMA PUÒ ESSERE
UN GRANDE PASSO AVANTI
DELLA DAKAR
di Piero Batini | Il Super Campione di 5 Dakar chiude il capitolo
leggendario della sua storia di pilota. Davanti a sé Marc ha adesso
una pagina bianca, sulla quale può scrivere il futuro del rally
P
er pura combinazione ero lì la sera in
cui Marc scendeva di moto alla fine
della prima tappa africana della Dakar del 2002. La combinazione è un
amico che volle presentarmi quello che, secondo
lui, sarebbe diventato un giorno uno dei più grandi Campioni della Corsa. Per la verità avevo sentito quella “promessa” molte volte, e ci credevo il
78
giusto. Marc scese dalla moto che aveva preparato per lui Carlos Sotelo, il Pilota-eterno-bambino che ricorderemo in sella alle mitiche Gilera di
Perini. La moto era una Suzuki-CSV artigianale.
Nello stesso gruppo ispiratore, altri due spagnoli.
Nani Roma, primo in classifica dopo le quattro
tappe che avevano attraversato l’Europa, e Fernando Gil, ex motociclista al volante di una
macchina improbabile, una Seat Cordoba di derivazione WRC con la quale aveva pure vinto il
prologo e l’incredibile tappa che da Madrid portava lì, a Rabat. L’atmosfera era, anch’essa, improbabile. Come sempre, quando si arrivava in
Africa, permeata di entusiasmo e di timore, ma
dopo il fango di mezza Europa mettere i piedi sulla sabbia calda era rassicurante, confortevole.
Nani era incontenibile, Fernando come sempre,
estroverso e guascone. Il giovane Marc Coma
era, invece, discreto, gentile. Calmo. Come sempre sarebbe stato, aveva la testa lì e l’anima più
avanti. Era il 31 dicembre, il giorno del compleanno di Fabrizio Meoni, che partiva con il numero 1
di detentore e che avrebbe vinto anche quell’edizione della Dakar, con la KTM bicilindrica. Nessuno dei tre spagnoli, invece, avrebbe finito quella
Dakar ma, a parte Gil, Roma e Coma ne sarebbero diventati due dei più grandi interpreti. Il 7 luglio, ad Avia, la città dove è nato il 7 ottobre del
1976, Marc Coma ha concluso ufficialmente le
operazioni, iniziate con il comunicato del 2, del
suo ritiro dalle corse per assumere l’incarico di
Direttore Sportivo della Dakar. Roba da non credere. Non ci volevo credere, non riuscivo a mandarla giù. Ci voleva un evento ufficiale per convincermi che non era uno scherzo. L’abbiamo detto,
credevamo poco ad un futuro già segnato, già
all’indomani della quinta vittoria, pochissimo al
passaggio alle auto, per niente ai camion. Ma alla
sfida al primato di Stephane Peterhansel sì, e a
un ruolo senza casco a dirigere la “famiglia” KTM
dei Rally, anche. Per questo, come abbiamo già
detto, parlavamo di “stagione chiave”. Oggi sappiamo che lo è, ancor di più, per motivi molto più
importanti, che abbracciano la sfera globale,
personale di Marc e della Dakar. Marc Coma è
l’Uomo che vuol dire un passo importante in
avanti, un salto per la Dakar. Ecco, a nostro modesto parere, perché. In tutta la sua carriera,
Marc è sempre stato prima Uomo e poi Pilota. Ha
il dono della saggezza dell’uomo “qualunque” in
mezzo agli altri uomini comuni, solo avvicinati da
una grande, speciale passione. Come tale ha
sempre avuto una grandissima sensibilità nel
mettere costantemente in rapporto il contesto
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umano con quello sportivo. Ha commesso pochissimi errori, due soltanto, ed è tutto, a mio
giudizio, e il suo contributo di “giustizia” è esemplare. Alla Dakar della grande trasformazione, il
cambio di geografia è solo un aspetto dell’evoluzione, mancava un collegamento di sensibilità
tra gli Organizzatori e i Piloti. Etienne Lavigne è
una bravissima persona, ma la totale dedizione
alla causa che è il suo lavoro e il suo credo, una
causa costellata di una miriade di problemi, lo ha
assorbito completamente, privandolo del tempo
da dedicare al collegamento umano con i Piloti.
Ne è derivato un personaggio in conflitto con se
stesso, distante suo malgrado dalla “base”, a
volte furtivo e con lo zaino sempre pieno di situazioni da gestire, anche difficili, talvolta difficilissime. Il caso, la tappa boliviana del Salar di Uyuni
di quest’anno, ha messo a confronto l’Organizzatore e il Pilota, Lavigne e Coma. Quella tappa
“non s’aveva da fare”, eppure era scritto che si
sarebbe fatta per troppi motivi, anche politici.
Coma aveva messo da parte la sua Dakar ed era
dalla parte dei Piloti, faccia a faccia con Lavigne.
La decisione non l’ha soddisfatto e l’ha manifestato, pubblicamente e, sicuramente, in privato
con Etienne. Mi piace pensare che quello è stato
il momento dell’incontro, della svolta, dell’idea di
Lavigne di un grande, nuovo equilibrio tra Piloti e
Organizzatore. Hanno scritto che Marc Coma
prende il posto di David Castera, ma è una definizione riduttiva. Lo stesso Lavigne ha spiegato
meglio: Coma sarà il suo “coéquipier”. Non un
funzionario esecutore, non un braccio destro
ma, molto di più, l’espressione di un confronto
costante e più equilibrato tra le esigenze dei piloti e quelle degli organizzatori. La Dakar sarà più
grande per questo. La Dakar non ha mai avuto un
Direttore Sportivo che non fosse francese. L’arrivo di Marc Coma rompe questa tradizione, in
modo quasi traumatico se si pensa che gli spagnoli sono tradizionalmente, quasi campanilisticamente rivali dei “transpirenaici”, e ne sono
stati anche i più spietati critici. Decade così anche l’ossessivo luogo comune del Rally
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incondizionatamente filo-francese, e per questo
la Dakar sarà più grande, autenticamente universale. Per ora sono stati solo addii e ringraziamenti. Ancora non è stato reso noto il “programma”
di Marc Coma. Nelle frasi pubbliche del campione, tuttavia, si leggono più volte le parole Avventura, Africa, Amore. È noto che l’amore di Marc
Coma per la Dakar affonda le radici nell’avventura africana della più grande Corsa del Mondo. La
trasposizione geografica della Dakar ha inevitabilmente cambiato certi parametri, si è passati
dalla solitudine avventurosa della corsa nei deserti africani, all’evocazione delle leggendarie
Carrera sudamericane tra due ali di folla in un
delirio di entusiasmo e di passione. Il risultato è
una corsa più… corsa, e un po’ meno avventura e
più fenomeno di massa. Coma ha più volte dichiarato di augurarsi il ritorno, un giorno, della
Dakar in Africa, ma realisticamente l’augurio è la
metafora del ritorno del Continente ad una situazione più serena, per gli africani prima ancora
che per la Dakar. L’”innamorato” della Dakar lavorerà dunque sull’imprinting dell’avventura, e
l’intelligenza di un innamorato, con la testa nel
presente e l’anima più avanti, è la forza che aiuterà la Dakar a trovare la sua nuova dimensione di
più grande avventura. Ogni volta che è stato
chiesto a Coma quale fosse l’aspetto più duro
della Dakar, la sua risposta è sempre arrivata
senza esitazioni: la Sicurezza. Che la Dakar sia
un’attività con un alto coefficiente di rischio non
lo scopre nessuno, così come è chiaro che la tendenza a farne costantemente un evento sempre
più sicuro è una legge. Lavorare sulla sicurezza
significa operare senza pause e simultaneamente su tre fronti fondamentali, che riguardano la
prevenzione, e quindi il disegno del Rally,
l’”educazione” dei suoi partecipanti, i road book;
la logistica, quindi mezzi, monitoraggio e “servizi”, tecnologie; la gestione delle emergenze, che
possono dipendere da mille fattori, di natura climatica, logistica, morfologica, e anche del tutto
casuali. L’efficienza della macchina organizzativa, in questo senso, si basa sul contributo di
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equipe esperte, ma anche e soprattutto sull’efficacia del coordinamento, dello scambio di informazioni e sull’autorità degli interventi. Sotto
questo aspetto poter contare sull’esperienza di
un Campione come Marc, che ha vissuto ogni
aspetto della sicurezza sulla propria pelle ed elaborato una raffinata intelligenza “globale” di gestione della Corsa, sarà un contributo decisivo,
su un livello decisamente superiore. Si dirà che
Coma lo “spagnolo” sarà utile anche sotto il profilo dell’immagine “latino-americana” della Dakar e dei suoi risvolti politici, che il suo carisma e
la personale conoscenza dei Piloti e dei Team
Dakar
potrà rendere più agile il rapporto tra Organizzatore e Concorrenti, magari anche che, scegliendo uno spagnolo, i francesi congelano ad libitum
il record del francese Stephane Peterhansel.
Sono tutte cose vere, alle quali non bisogna dare,
però, troppo peso. Il “colpo” da maestro di Etienne Lavigne è quello di avere dato alla Dakar una
nuova, grandissima intelligenza, in questo modo
moltiplicando la propria e quella di Marc Coma. È
la prospettiva di un’iniezione di valore epocale al
mito dell’evento del motorsport più grande del
Mondo. Buon lavoro Etienne Lavigne, buon lavoro Marc Coma.
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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