Prove - Moto.it

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Numero 176
25 Novembre 2014
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Tacita T-RC Cross
Silenzio si guida
81 Pagine
Video EICMA
I video delle
novità 2015 viste
al Salone
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MotoGP
Cosa sarebbe
cambiato in
campionato se...
| prova su strada |
Honda
Crossrunner
VFR800X 2015
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: KTM Enduro EXC Factory Edition 2015 | Vertemati Factory | N. Cereghini Quando le Guzzi cinguettavano
Sondaggio Moto.it La Scrambler Ducati è la più votata | Sport: Tomac vince il Supercross di Genova 2014
Honda Crossrunner VFR800X
PREGI
Facilità di guida e frenata sicura
DIFETTI
Protezione dall’aria alle alte velocità
prova su strada
Tutta un’altra
storia
Honda rivolta come un calzino la Crossrunner.
Cambia la posizione di guida, il design ricorda
la maxi Crosstourer e le sospensioni sono
da adventure. Meraviglioso il V4 già visto
sulla VFR 2014 che consuma meno.
Migliorabile invece la
protezione dall’aria
di Andrea Perfetti
Foto Ula, Francesco
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L
a prima Crossrunner 800 del
2011 è una Honda nel midollo,
non ti puoi sbagliare. È facile, intuitiva e riconosceresti il sound
del suo V4 VTEC tra mille motori.
Però in questi anni non ha fatto
breccia più di tanto nel cuore degli appassionati; colpa di un design forse troppo ricercato e di
una posizione di guida ibrida, a metà strada tra
una crossover e una naked. Nel 2015 Honda mischia le carte in tavola e compie un’operazione
che va ben al di là del semplice restyling; e rifà da
capo a piedi la Crossrunner. Lo notiamo anche
dal nome, che si arricchisce della sigla VFR800X
per sottolineare la nobile parentela con la sport
touring VFR800F spinta dallo stesso motore V4
di 782 cc. Però è la ciccia quella che conta, e di
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carne al fuoco la moto che stiamo provando ne
ha parecchia. Partiamo dall’estetica. La nuova
Honda Crossrunner VFR800X perde per strada i fianchi larghi e plasticosi, che erano anche
necessari per coprire alla vista i due radiatori
laterali. Ora i fianchetti sono rastremati e lasciano in bella vista due componenti di prim’ordine:
il telaio in alluminio pivot-less e il motore a V di
90°. Ci fischiano già le orecchie al pensiero che
qualche lettore starà facendo: “sempre la solita
minestra”. Meno male che nel panorama motociclistico attuale ci sono Case come la Honda
che ancora si ostinano a offrire piatti così ricchi!
Oggi ci sono infatti ottime alternative a due e tre
cilindri, ma il fatto di poter sceglier un motore affascinante e ricco di personalità come il V4 giapponese non fa che rendere ancora più gustoso il
Media
menù delle crossover. I fari sono completamente
a LED come pure gli indicatori di direzione (con
spegnimento intelligente automatico), quello anteriore è lo stesso della VFR800F 2014. Il codino
in alluminio è tutto nuovo e ospita gli attacchi integrati delle borse, pesa 1,2 kg in meno. Anche il
forcellone monobraccio deriva da quello montato sulla sorella stradale.Il peso complessivo è di
circa 240 kg col pieno di benzina. Sono nuove le
sospensioni. Queste, insieme all’ergonomia rivista in toto, danno alla Crossrunner una guida e
un’immagine molto più adventure. Il manubrio è
arretrato di 2 cm e più largo di ben 8,8 cm. Le
pedane sono avanzate di 7 mm e abbassate di 6.
La forcella ha 28 mm di escursione in più, il mono
ammortizzatore 25. Sono numeri importanti,
che consentono alla VFR800X di affrontare gli
sterrati senza il timore di toccare terra col basamento. La moto appare più stretta grazie anche
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Prove
ai due nuovi radiatori frontali, mentre nell’insieme è evidente il feeling con la Crosstourer 1200,
che guarda caso adotta un motore V4 e un bel
telaio bitrave in alluminio. La strumentazione è
digitale e ha un’ottima leggibilità, oltre a essere
completa di ogni informazione utile. Sono poi
sparite le cover del manubrio, che facevano tanto scooterone. A dire il vero ora ci sono però un
po’ troppi cavi che partono dalle manopole. Nel
complesso il giudizio del ponte di comando è
molto positivo, c’è tanta qualità e il feeling con
i comandi è immediato. La Crossrunner 800 arriverà in Italia a inizo 2015 in tre colori (bianco,
rosso, nero), con la possibilità di scegliere tre
allestimenti. Touring con borse e cavalletto centrale, Adventure con barra di protezione e borse,
infine Sport con scarico e cambio Quickshifter. Il
prezzo non è ancora stato comunicato, ma dovrebbe porsi tra i 12.000 e i 12.500 euro.
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La prova su strada
Di norma non ci addentriamo nel campo minato
del commento all’estetica di un nuovo prodotto. È un giudizio troppo personale che preferiamo lasciare a voi. Oggi facciamo un’eccezione,
perché la Crossrunner 2015 mette in mostra un
equilibrio complessivo nelle forme che raccoglie
consensi unanimi. Bello il frontale della VFR800F
coi fari full LED, convince anche la vista laterale
che finalmente fa sfoggio del telaio e del motore
(prima coperti dai radiatori laterali e da cover in
plastica un po’ troppo invadenti). La VFR800X
presenta un’ergonomia molto diversa rispetto a
prima. Il manubrio è da vera enduro stradale, più
alto e molto più largo; regala subito una maggiore confidenza e un migliore controllo della moto.
Le pedane sono ancora un po’ arretrate, ma non
costringono le ginocchia a pieghe innaturali.
Di serie il controllo di trazione
e l’ABS a due canali
Il V4 di 90° con tecnologia VTEC da 782 cc riceve
le stesse migliorie della VFR800F. Ha 106 cavalli
a 10.250 giri, con 75 Nm di coppia a 8.500 giri.
Il cambio è a sei marce e può essere dotato di
assistenza elettronica Quickshifter a salire di
marcia senza frizione. Sono diminuiti i consumi,
ora pari a 18,8 km/l (dato dichiarato, prima era
di 16,3 km/l) che dovrebbero garantire circa 390
km di autonomia (il serbatoio tiene 20,8 litri).
Sono nuovi anche i freni, da 310 davanti mm con
pinze a 4 pistoncini ad attacco radiale, dotati di
ABS a due canali e senza più il sistema di frenata
combinata.
È tutto nuovo il monobraccio, che presenta una
capriata superiore di irrigidimento. La forcella
Showa da 43 mm è a cartuccia chiusa e ha la regolazione del precarico e del ritorno (come pure
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Prove
La sella del passeggero è ospitale, ha pedane alla
giusta altezza e due bei maniglioni in alluminio
integrati. La nuova strumentazione digitale si caratterizza per l’ottima leggibilità anche di giorno
e ha tutte le informazioni utili (marcia inserita,
temperatura esterna, consumi, due trip e molto altro). Peccato che non ci sia un pulsante sui
blocchetti per navigare nei menù. Sono ottime le
manopole riscaldabili, settabili su cinque diversi
livelli. Il cupolino non è regolabile e offre una protezioni sufficiente fino a 140 km/h indicati, oltre
arriva parecchia aria contro il pilota (se di altezza
superiore al metro e ottanta).
La guida è intuitiva, il motore
entusiasma in alto
Il V4 della Honda è sempre uno spettacolo di
motore. Non impressiona per la coppia fino a
il mono-ammortizzatore). Sulla X ci sono anche
nuovi cerchi in alluminio pressofuso a 10 razze
che ospitano i pneumatici Pirelli Scorpion Trail
che già conosciamo nelle misure 120/70-17 e
180/55-17.
La maggior grinta del motore viene tenuta a bada
dal controllo trazione introdotto sulla Crosstourer, diverso dal TCS non regolabile utilizzato dalla VFR-F.
Il sistema HSTC (Honda Selectable Torque Control) è infatti impostabile su due livelli d’intervento e può essere disinserito.La Crossrunner riceve
gli altri aggiornamenti già apportati sulla VFR-F:
manopole riscaldabili di serie e indicatori di direzione con disinserimento automatico. In più
rispetto a prima c’è anche la sella del pilota regolabile su due posizioni (815 o 835 mm) e divisa
da quella del passeggero (la prima Crossrunner
aveva la sella in un pezzo unico).
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6.000 giri, dove però mostra una regolarità di
funzionamento commovente. Entusiasma invece per l’incredibile range di utilizzo, che va da
poco più di 1.000 giri fino a oltre 11.000 giri. Il
tutto è accompagnato dal tipico sound di scarico
rauco che si fa rabbioso al crescere dei giri. Oltre
i 6.500/7.000 giri entrano in azione le 4 valvole
per cilindro e si inizia a ballare sul serio. I cavalli
dichiarati sono 106, ma sembrano di più grazie
alla spinta, ma anche al rumore di aspirazione
del VTEC. Come sulla F, anche sulla X i quattro
cilindri a V si divertono un mondo a raggiungere
picchi impensabili su quasi tutte le rivali. Ottima
la rapportatura e la manovrabilità del cambio. A
90km/h il motore gira in sesta a 4.000 giri, a 130
i giri sono ancora solo 5.200.
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Prove
Scendono i consumi. Valida la
frenata (non più combinata)
Ne guadagnano i consumi, che sono scesi sensibilmente rispetto alla prima versione. Nel corso
del nostro test abbiamo coperto in media 16,5
km/l dandoci parecchio dentro col gas. Abbiamo
poi deciso di percorrere una cinquantina di chilometri nell’extrurbano senza sfruttare troppo il
sistema VTEC, a regimi inferiori ai 7.000 giri ma
senza rinunciare ad allunghi con le marce lunghe
fino a 120/130 km/h. La Crossrunner 800 ci ha
ripagati con un ottimo valore medio, pari a 23,2
km/l. La frenata con ABS a due canali (non più
combinata quindi) brilla per modulabilità e resistenza, mentre avremmo apprezzato una risposta più incisiva nella prima parte di intervento sui
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ABBIGLIAMENTO
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Prove
Casco AGV
Giacca Dainese
Guanti Dainese
Pantaloni Dainese
Stivali TCX Boots
comandi. Il controllo di trazione mette al riparo
dalle perdite di aderenza sui fondi umidi, ma
consente anche di godere delle prestazioni del
VTEC sull’asfalto asciutto. Perché, oltre a essere comoda nei viaggi, la Crossrunner sa anche
divertire parecchio sui percorsi guidati. Tra le
curve si apprezza anche l’assetto delle nuove
sospensioni: c’è più escursione, che consente di
copiare meglio sconnessioni e avvallamenti, ma
anche una valida risposta idraulica che dà sostegno nella guida veloce.
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Tacita T-RC Cross
PREGI
Progressione dell’accelerazione
DIFETTI
Setup sospensioni morbido
Prezzo da 23.711 €
prova elettrica
Silenzio
si guida
Tacita, non è solo una nuova concezione di moto,
ma un nuovo stile di vita. Il rapporto con la natura
muta profondamente, così come il rispetto verso
gli altri, senza però scendere a compromessi con
il divertimento che rimane assicurato.
L’autonomia massima supera però di poco l’ora
di Aimone Dal Pozzo
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quasi battezzarla nel fango di una pista da cross.
Anche per la realizzazione delle sovrastrutture in
Tacita hanno prestato grande attenzione all’ambiente, sostituendo le classiche sostanze chimiche a base di petrolio con materie prime provenienti da fonti rinnovabili. Con lo scopo di ridurre
il più possibile l’impatto ambientale infatti, Tacita
ha deciso di progettare le sovrastrutture affinché
potessero essere realizzate in biofibra di lino, in
quanto permette di ottenere prestazioni paragonabili, se non superiori, alle tradizionali fibre di
vetro. Dal punto di vista delle componentistiche,
troviamo tutti i migliori fornitori di riferimento:
Brembo per gli impianti frenanti, Motorola per lo
smartphone di comunicazione tra moto e centro
assistenza, posizionato nel paracolpi del manubrio (geniale), cerchi DID Star in lega 7050, segno che Tacita non vuole solo colpire in termini
di innovazione, ma vuole diventare in breve tempo il punto di riferimento per la Sua categoria in
T
acita (dal nome della dea latina del silenzio) nasce da un’idea del patron Pier Paolo Rigo
e soprattutto dalla sua passione ventennale per l’enduro
sia ricreativo sia competitivo,
unita alla necessità di ripensarlo alla luce di un
maggiore rispetto per l’ambiente. Per la prima
volta nella mia esperienza da giornalista e tester
di moto off-road per Moto.it, mi trovo ad affrontare una prova insolita, tanto incredibile quanto
curiosa. Tacita, ha messo a punto il suo prodotto
di punta, la T-RC Cross , un moto a tutti gli effetti, con la particolarità assoluta di avere una
propulsione elettrica. Non solo, ma questa stessa energia può essere ricavata da un speciale
carrello porta moto ricoperto di pannelli solari
(chiamato T-Station). La T-RC Cross in versione
3.3 (con batterie che offrono un’autonomia da
20 minuti a 1 ora) costa 23.711 euro, la versione
4.4 (l’autonomia va in questo caso da 25 minuti
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a 1 ora e 15 minuti) è venduta a 25.113 euro. Prezzi a cui vanno detratti gli eventuali eco incentivi.
Va sottolineato che il futuro del fuoristrada sarà
anche questo, poiché i problemi legati al rumore
e all’inquinamento saranno sempre più sentiti ed
è proprio nel settore off road che la trazione elettrica ha e avrà ottime possibilità di applicazione.
Prove
termini di prestazioni ed affidabilità. A completare il ricco pacchetto di dotazioni troviamo (per
la versione enduro) i fari full led e radiatori in
alluminio Anticorodal, con elevata efficienza di
scambio ed accuratezza di saldatura tra la massa alveolare, i collettori e le vaschette, indispensabili per tenere il propulsore all’interno delle
corrette temperature di funzionamento.
Telaio e sospensioni
Il telaio è di tipo tradizionale, ovvero un mono trave sdoppiato in tubi in acciaio cromo molibdeno
25NiCrMo4. Ad esso viene agganciato il telaietto
posteriore autoportante, realizzato in alluminio
con trattamento di anodizzazione dura (ossidazione anodica dura a spessore), necessario ed
indispensabile al fine di conferire alla lega di alluminio un’elevata resistenza all’usura ed all’abrasione unitamente a un elevato isolamento elettrico. Come sospensioni troviamo un pacchetto
Media
Le sovrastrutture, ergonomie
e dettagli
Al crossodromo di Santhià - questa prova è in
esclusiva - mi attende un test davvero insolito e
non so davvero cosa aspettarmi. Appena arrivo
la moto è già lì ad attendermi sul cavalletto centrale. Subito mi stupisce la linea che è davvero
bella, si vede lontano un chilometro che Pier Paolo si è sognato ogni centimetro di questo bolide
e lo ha riprodotto fedelmente nei minimi particolari. Aggressiva, slanciata, con materiali di altissimo livello, la rendono un prodotto di culto già ancor prima di salire in sella, al punto che dispiace
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di primo equipaggiamento davvero interessante
con le collaudatissime Marzocchi Shiver ed un
mono Ohlins che è sempre una garanzia.
Il motore
Il propulsore elettrico, nello specifico un asincrono trifase in corrente alternata con carter motore ricavati dal pieno in Anticorodal 6082, con
rotore interno a gabbia, dotato di un cambio separato a 5 rapporti è la vera innovazione di questo ambizioso progetto. Questo tipo di motore
presenta rendimenti molto elevati, tipicamente
superiori al 90% di quelli utilizzati fino ad ora,
ed è esente da manutenzione, non essendovi né
contatti striscianti, né altre parti elettriche soggette ad usura, e tantomeno parti meccaniche
che richiedono lubrificazione. Al fine di garantire un funzionamento efficace durante tutta la
carica delle batterie, è stato inserito anche un
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sistema di raffreddamento, un vero e proprio
impianto a liquido, dotato anche di controller per
stabilizzare le temperature di esercizio e consentire minimi consumi di energia e massimizzazione della potenza che si ottiene tra i 40 ed i 60
gradi centigradi. L’autonomia, ad oggi il tallone
d’Achille dei motori del nuovo millennio, è stata
pensata da Tacita perseguendo un concetto modulare ed è quindi di diversa gittata, a seconda
del pacco batterie che si va ad installare sulla
moto in relazione alle esigenze specifiche di utilizzo. Le batterie sono a base di Litio Polimero e
sono la più avanzata tecnologia disponibile oggi
per realizzare accumulatori da trazione. Hanno
una densitàà energetica superiore (167 Wh/Kg
) ed un peso minore rispetto alle altre batterie
presenti sul mercato (a partire dalle batterie al
piombo per arrivare alle litio-ferro-fosfato) e
non hanno effetto memoria. Le batterie possono
accompagnare la moto durante tutto il suo ciclo
di vita. Gli accumulatori inoltre , quando hanno
una capacitàà residua dell’80 %, possono continuare ad essere utilizzati sulla moto oppure negli
impianti statici come energy storage (ad esempio come accumulatori per l’ impianto domestico a isola di pannelli solari T-Station). Per ora
l’autonomia massima è di 100 km per la versione
Rally, affrontati in condizioni di gara. Utili, quanto necessarie, le diverse soluzioni di mappature,
una eco ed una sport per le svariate esigenze di
guida unitamente ad una modalitàà “Reserve
Power”, per raggiungere, quando la carica residua è al 20%, la più vicina postazione di ricarica.
Come si guida
Sali in sella ed in pratica ti sembra di essere seduto su una normalissima moto da cross. Questo è confortante in quanto trovi tutto ciò che ti
Prove
serve e che già conosci, dove li hai sempre trovati. Comando del gas, leva della frizione, tutto
presente e tutto “come di consueto”. Trovi nel
paracolpi una presenza nuova, un modernissimo
smartphone che solitamente non va a braccetto con il fango e polvere del fuoristrada. Azioni
una leva e si accende come il cruscotto della
macchina, indicandoti, “sono accesa”. Si perché
una particolarità della T-RC Cross è che di fatto
non sai quando è accesa e quando no, in quanto
non emette alcun rumore. La posizione di guida
è di ultima generazione, sella stretta e rastremata che consente di potersi muovere con grande
naturalezza ed agilità. Rimangono leggermente
sporgenti i convogliatori in quanto devono avvolgere i pacchi delle batterie (uno a destra ed
uno a sinistra, posizionati dove solitamente risiede il serbatoio della benzina), ma non creano
eccessivo disturbo nella guida, se non nella fase
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di inserimento in curva dopo la staccata dove ci
si porta particolarmente avanti per caricare l’anteriore. Tiri la frizione, innesti la prima ed ancora
silenzio….avrò dimenticato qualcosa? E invece
no, Parti come se stessi fingendo di guidare la
moto sul cavalletto, ma questa si muove veramente con uno scatto che quasi spaventa. OK
funziona, si parte! Mi avvio verso la pista ed effettuo un paio di giri a bassa velocità, sia per prendere confidenza con il mezzo che con la pista.
Inizio a spingere un pochino e ciò che mi manca
da morire è il rumore del motore, tanto che mi
rendo conto di quanto si guida la moto con l’udito, si inseriscono le marce quando il motore le
chiama, quasi come se ci parlasse. Scopro però
che anche la T-RC Cross ha una lingua tutta sua,
diversa dai motori endotermici, ma ugualmente
comprensibile e non ci metto molto ad interpretarla. Il sibilo del propulsore ti indica i giri a cui
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sta viaggiando ed allo stesso tempo è molto più
educato, non copre gli altri suoni, lasciandoti cogliere una dimensione totalmente nuova della
guida di una off-road. In termini di potenza non
ha nulla da invidiare a una piccola quattro tempi,
lo spunto e la prima fase di accelerazione è davvero impressionante tanto che bisogna dosare
a dovere l’apertura del gas per non derapare in
maniera eccessiva. Scopo dopo qualche sessione che la T-RC Cross predilige le marce lunghe e
la scorrevolezza, in quanto riesci ad essere molto più efficace nella guida con questo genere di
approccio, piuttosto che con la guida aggressiva che, oltretutto, drena molto più velocemente
energie alle batterie. Puoi lasciare una marcia
lunga, entrare con un filo di gas ed aprire in progressione che lei ti porta fuori senza esitazione
alcuna. Essendo 100% elettrico, la personalizzazione dell’erogazione è pressoché totale. Con lo
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strumento di modifica, consegnato in dotazione
con la moto, è possibile agire su infiniti parametri
di gestione della potenza, o per chi vuole le cose
semplici è possibile selezionare tramite un tasto
al manubrio quella sport o quella Eco. Il telaio è
bello stabile ed intuitivo e trasmette sicurezza e
precisione a chi sta in sella. Lavora bene con il
pacchetto sospensioni anche se, dal mio punto
di vista, andrebbero riviste le tarature di serie,
particolarmente morbide soprattutto per un uso
in pista. L’aspetto positivo è che permette al pilota di ottenere dei grandi trasferimenti di carico di
peso e quindi, in particolare nelle curve sul piatto
al paletto di Santhià, ti consentono di girare veramente in un fazzoletto di terra in maniera molto
efficace. Anche nelle staccate a media velocità,
pur andando a lavorare molto vicino al fine corsa,
non si scompone mai, e permette di osare sempre di più con il limite della frenata.
Prove
Non solo moto
La realtà di Tacita non termina alla sviluppo e
produzione di moto elettriche, che sono in realtà
la porta di accesso ad un mondo ancora più ampio ed in continua evoluzione: il T-World. Tacita
infatti, perseguendo la filosofia essenziale del
rispetto per la natura e per il prossimo, ha sviluppato un’intera gamma di prodotti e servizi che
vanno dai gadget alle esperienze di una vita:
T-STATION, ovvero la stazione di ricarica mobile
a pannelli fotovoltaici, con accumulatori, per fornire energia alla tua moto e alla tua casa. Disponibile anche con portata 750 Kg ( trainabile con
patente B ).
T-TOUR, ogni fine settimana, da febbraio ad
ottobre ( previa prenotazione almeno 15 giorni prima ), due giorni di guida lungo itinerari in
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Prove
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bbbbbbbbbbbbbbb
fuoristrada attraverso luoghi di rara bellezza,
per avvicinarsi a questi mezzi e lasciarsi sedurre dalle sensazioni che suscitano. Divertimento
e relax, senza rinunciare al piacere della buona
tavola e con un occhio di riguardo anche agli accompagnatori.
T-WEAR, l’abbigliamento made in Italy, tecnico e
casual, in cotone organico non sbiancato ed eco
colorato, per tutti coloro che vogliono fare una
scelta etica ed eco compatibile senza rinunciare
allo stile e alla qualità.
Il brand Tacita si propone di vestire quelle
persone che vogliono andare oltre l’apparenza e pretendono (giustamente) di sapere che
cosa comprano e soprattutto cosa indossano.
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Questo tipo di informazioni sono spesso difficili,
se non impossibili, da reperire ed è per questo
che Tacita si fa forte della propria trasparenza,
partendo da quanto possibile oggi ed aperta agli
sviluppi futuri.
La prima collezione Tacita trae ispirazione dal
mondo del “fuori strada”, quasi a giustificare la
propria assenza dai “binari tradizionali”. Lo slogan “ELECTRIC ENDURO 100% FUN” fa da trait
d’union tra l’abbigliamento e le motociclette,
che condividono gli stessi valori. I colori, le grafiche ed i tagli sono tutti pensati per rendere più
easy la vita quotidiana, in cui la consapevolezza
di avere acquistato un prodotto rispettoso dell’
ambiente e delle persone diventa una ragione in
più per sentirsi bene.
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News
anche la funzione di attrarre nuovi motociclisti.
La Scrambler Icon, disponibile in giallo e rosso,
ha un prezzo di 8.240 euro franco concessionario ed è affiancata da tre versioni, Urban Enduro,
Full Throttle e Classic, che interpretano lo spirito
Scrambler in direzioni stilistiche e funzionali differenti. Il prezzo di queste tre versioni è fissato
in 9.640 euro franco concessionario. Urban
Enduro, caratterizzata dalla colorazione “Wild
Green”, per chi ama lo stile enduro ed è pronto a
cambiare strada in ogni momento, Full Throttle,
per chi è affascinato dal mondo delle corse “flat
track” e non può fare a meno di cercare il limite
in ogni cosa, e Classic per chi ama i dettagli e lo
stile anni Settanta.
Ducati Scrambler 2015
video EICMA
Era nei desideri di molti e Ducati l’ha finalmente realizzata. Ecco la
nuova Scrambler. Che è più di una nuova moto: è una famiglia in
espansione, un nuovo mondo all’interno della gamma Ducati che
dovrebbe allargare anche l’utenza. Nico Cereghini ne parla con
Cristiano Silei, direttore vendite e marketing Ducati
T
he land of joy, così Ducati ha chiamato il “mondo” Scrambler. La nuova
famiglia di moto che è stata lanciata
a Intermot con una bicilindrica 800,
spinta dal Desmodue da 803 cc raffreddato ad
aria, proposta in quattro varianti e con molte
possibilità di personalizzazione come abbiamo visto alla stand Ducati di Eicma. La prima
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Scrambler Ducati risale al 1962, fu allora voluta
dall’importatore statunitense Berliner, l’ultima
è uscita da Borgo Panigale nel 1978. La nuova
Scrambler non è più monocilindrica, è più grande e di impostazione più stradale, ma conserva
qualcosa dello spirito originario. Secondo Cristiano Silei, direttore vendite e marketing Ducati
mondo qui intervistato da Nico Cereghini, avrà
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13.500 euro. La BMW R1200 RS è studiata con
cura per rinverdire i fasti di quella gloriosa “RS”
di tanti anni fa. E anche stavolta, non certo per
caso, la base tecnica è molto vicina a quella della
versione nuda da cui deriva - in questo caso la
nuovissima R1200R appena presentata. Il telaio
è il consueto doppio trave in tubi d’acciaio con
il motore boxer in funzione portante. Le quote sono state studiate per aumentare il carico
sull’avantreno rispetto alla R1200R, in parte
grazie all’apporto della carenatura: qui la ripartizione statica delle masse (senza pilota in sella)
è di 51/49. Diverse anche le altre quote, con un
cannotto più aperto, un interasse di 1.530 mm
News
e un’avancorsa di 114,8 che lasciano intendere
una moto pensata per l’uso nel turismo a lungo
raggio, con medie più elevate rispetto alla sorella
naked. Prezzo non disponibile. Arriva finalmente anche a Milano la BMW R1200R Roadster di
Monaco con boxer a liquido e relativo contorno
di elettronica.
Caratterizzazione più sportiva e sospensioni
tradizionali con tante componenti riprese dalla
Superbike S1000RR. Sparisce il Telelever, che
lascia spazio alla forcella a steli rovesciati. Ha
un’estetica di rottura e un’elettronica sofisticata
che legge persino l’angolo di piega. Prezzo non
disponibile.
BMW R1200R R1200RS
e S1000RR 2015
video EICMA
BMW porta a Milano le novità 2015 viste alla Fiera di Colonia. Arrivano
la nuda R1200R, la tourer R1200RS e la sportivissima S1000RR.
Nico Cereghini le presenta e commenta con Andrea Buzzoni,
direttore BMW Motorrad Italia
B
MW porta a Milano le novità 2015
appena viste alla Fiera di Colonia.
Arrivano la nuda R1200R, la tourer
R1200RS e la sportivissima S1000RR.
Nico Cereghini le presenta e commenta con Andrea Buzzoni, direttore BMW Motorrad Italia.
Con la BMW S1000RR a Monaco non si sono
voluti far mancare nulla, rivisitando profondamente il propulsore della precedente S1000 per
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incrementarne le prestazioni in questa versione
2015 presentata al salone Intermot di Colonia.
La potenza massima, ora 199 cavalli a 13.500
giri, cresce infatti di 4 Kw/6 cv mentre la coppia
è protagonista di un miglioramento di minore
entità (1 Nm per un totale di 113) con un leggero
aumento del regime (10.500 giri) ma una maggiore ampiezza dell’erogazione utile.Quota del
limitatore rimasta invariata a 14.200 giri. Prezzo
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Honda Crossrunner 2015
e Forza 125
video EICMA
di Maurizio Gissi | Debutto italiano per due modelli Honda a loro modo
importanti anche nel nostro mercato. Sono la nuova Crossrunner,
presentata a Intermot, e lo scooter Forza 125 lanciato al Salone di
Parigi. Li presenta a Nico Cereghini Paolo Cartolano, direttore
marketing Honda
N
el centenario di Eicma sono state celebrate numerose ricorrenze. Honda
ha colto l’occasione per festeggiare
i 40 anni di Gold Wing e i 30 di SH.
Ma ha soprattutto presentato i prototipi True Adventure e RC213V-S e presentato in al pubblico
italiano la nuova edizione della Crossrunner, che
28
è era stata presentata a Intermot di Colonia, e lo
scooter a ruote basse Forza 125, un GT guidabile anche con patente B, che era stato lanciato al
Salone dell’Auto di Parigi. Sono queste le due novità di cui ci parla Paolo Cartolano, direttore marketing di Honda Italia, al microfono di Nico Cereghini. La versione 2015 della Crossrunner: giunta
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al suo quarto anno di vita, la crossover di Tokyo
viene rivista mutuando diversi degli aggiornamenti di cui è stata oggetto nella scorsa stagione
la VFR-F da cui deriva la base tecnica – quel propulsore V4 a 90° bialbero a 16 valvole (purtroppo
privato della prestigiosa, ma rumorosa e costosa da produrre, distribuzione a cascata d’ingranaggi che graziava la VFR prima dell’avvento del
VTEC) ora rinvigorito un po’ a tutti i regimi e più
potente nel valore massimo, dichiarato ora in 78
kW (106 cavalli) a 10.250 giri. La maggior grinta del motore viene tenuta a bada dal sistema di
controllo trazione introdotto sulla Crosstourer,
diverso dal TCS non regolabile utilizzato dalla
VFR-F. Il sistema HSTC (Honda Selectable Torque Control) è infatti impostabile su due livelli
d’intervento e può essere disinserito; al contrario, Crossrunner riceve gli altri aggiornamenti
già apportati sulla VFR-F: manopole termiche
di serie ed indicatori di direzione con disinserimento automatico. Il prezzo non è ancora stato
News
comunicato, ma dovrebbe porsi tra i 12.000 e i
12.500 euro. Il Forza 125 ABS è dotato del motore Honda eSP con sistema Start&Stop. Il fratello
minore del 300 già in vendita, punta al mercato
metropolitano con dettagli accattivanti e particolari di grande funzionalità. Lo spazio sottosella
ha una capacità di 48 litri ed è in grado di ospitare
due caschi integrali. Nel vano portaoggetti anteriore c’è una presa a 12V per ricaricare i propri
device di uso quotidiano. I gruppi ottici sono FullLED. Il nuovo motore eSP (enhanced Smart Power) da 125 cc raffreddato a liquido ha una distribuzione monoalbero a 4 valvole e Honda dichiara
«un’efficienza dei consumi è sbalorditiva, ben
43,5 km/l nel ciclo medio WMTC». Il nuovo Forza
125 è dotato del sistema Start&Stop che spegne
automaticamente il motore dopo tre secondi di
funzionamento al regime di minimo e con i freni
azionati, per riavviarlo immediatamente non appena viene ruotata la manopola dell’acceleratore
per ripartire. Prezzo non è ancora disponibile.
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News
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Harley-Davidson Project LiveWire
video EICMA
di Andrea Perfetti | Maurizio Ruvolo (marketing manager H-D per
Spagna, Italia e Portogallo) ci racconta il debutto della Casa americana
tra le moto elettriche. Livewire è speciale, anche nel sound
L
a prima moto elettrica firmata HarleyDavidson fa la sua apparizione a Milano.
Di lei parla a Moto.it Maurizio Ruvolo,
responsabile marketing di Harley-Davidson per Italia, Spagna e Portogallo. Anche se
non sarà commercializzata in tempi brevissimi,
la Project LiveWire è stata progettata per soddisfare le aspettative dei motociclisti alla ricerca
di un mezzo elettrico a firma Harley-Davidson e
sta già circolando sulle mitiche strade americane della Route 66. Project LiveWire Experience è
infatti il nome dell’iniziativa che coinvolge diversi
30
bikers degli Stati Uniti che percorreranno in sella a questa moto unica le strade più famose del
grande Paese.
La Livewire promette un’autonomia di circa 100
km e ha un rumore unico tra le moto elettriche,
fortemente voluto dagli esperti della Casa USA
per distinguerla dagli altre veicoli a emissioni
zero.
A Milano è stata una star dello stand Harley-Davidson, le sue linee sono infatti piaciute molto al
pubblico di EICMA 2014. Il prezzo e la disponibilità in Italia non sono ancora stati comunicati.
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News
e che portano in alto i colori italiani grazie al costante impegno del Factory Team Farioli.
Le EXC Factory Edition 2015 sono disponibili
nei seguenti modelli e cilindrate:
KTM 125 EXC, Euro 7.879
KTM 250 EXC, Euro 8.796
KTM 300 EXC, Euro 9.101
KTM 250 EXC-F, Euro 9.559
KTM 350 EXC-F, Euro 9.864
KTM 450 EXC-F, Euro 10.170
Le moto sono in arrivo presso i concessionari ufficiali KTM.
KTM Enduro
EXC Factory Edition 2015
Dopo i successi ottenuti durante la stagione Enduro 2014, KTM propone
la Gamma EXC Factory Edition 2015 con grafiche factory e parti
speciali. Vi sveliamo le cilindrate e i prezzi
K
TM, leader nel segmento enduro a livello mondiale e forte dei titoli raccolti
nell’Enduro World Championship con
Christophe Nambotin nella classe E1
e Matthew Phillips nella classe E3, festeggia i
successi di questi e tanti altri campioni, che nella
stagione 2014 hanno ottenuto risultati al top, con
le attesissime KTM EXC Factory Edition 2015.
Rispetto alla moto di serie la versione Factory è
valorizzata con un pacchetto di accessori e parti speciali, disegnato dal reparto R&D della casa
austriaca. A Mattighofen infatti hanno voluto
32
fare le cose in grande, impreziosendo la moto di
serie con grafiche “factory”, piastre forcella anodizzate arancione lavorate con macchine CNC e
sella factory realizzata da Selle Dalla Valle. Oltre
a questi accessori, le EXC Factory 2015 sono
equipaggiate con paramotore, corona arancione
e pneumatici Metzeler FIM. Chiudono il cerchio le
protezioni radiatore e i copristeli anch’essi arancioni, così come arancione è il telaio di tutte le
motociclette. Così allestite, le KTM EXC Factory
Edition 2015 sono esteticamente identiche alle
moto che mietono successi nel Mondiale Enduro
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News
Media
Vertemati Factory
artigianato d’autore
di Maurizio Tanca | I mitici fratelli Vertemati erano presenti all’EICMA
con tre stradali ultraleggere dotate di motori bicilindrici da 1000, 1100
e 1200 di cilindrata autocostruiti, montati sulla naked Infect (da noi già
presentata), su una supersportiva ancora in fase di definizione e
su un’aggressiva “motardona” stradale
Q
uando si parla di moto “fatte completamente in casa”, facile che il
pensiero corra come un razzo in
Brianza, nella fattispecie al paesino
di Triuggio, dove operano i fratelli Alvaro
e Guido Vertemati. Due personaggi da parecchi
34
anni sulla breccia e molto ben noti agli appassionati, specie nel mondo del “tassellato” e in quello
delle supermotard, visto che i loro nomi sono stati a lungo legati a marchi come come Husqvarna, Vor, e lo stesso Vertemati: in quest’ultimo
caso con veri gioielli totalmente auto costruiti, e
tecnicamente molto avanzati. Noi di Moto.it lo
scorso anno abbiamo avuto il piacere di condividere con la vulcanica coppia brianzola un battesimo importante, e di presentarvene un’anteprima assoluta. Alvaro e Guido, infatti, avevano
lavorato alacremente per realizzare le loro prime
moto stradali, partendo naturalmente dal classico foglio bianco e da un cumulo di lingotti di
ergal da lavorare a macchina. E non si trattava
di motorette di piccola o media cilindrata, ma di
ben tre modelli equipaggiati da sofisticati motori
bicilindrici V2 a 90°, con distribuzione a cascata
d’ingranaggi, cambio estraibile, e lubrificazione
dedicata separatamente a motore, cambio e frizione, giusto per citare i particolari più salienti.
Tre motori che però avrebbero avuto cilindrate
differenti, ovvero 1.000, 1.100 - con alesaggio
invariato e corsa allungata, quindi con albero
motore e bielle diversi - e 1.200, dove cambiava
anche l’alesaggio. Un’operazione decisamente
ambiziosa, che la dice lunga sulle capacità e la
determinazione dei due guru della piccola factory artigianale lombarda. È dunque probabile che
chi ci segue abitualmente lo scorso anno abbia
letto i nostri articoli di presentazione della naked
Infect 1000, con la video-intervista di Massimo
Clarke ad Alvaro Vertemati e il video che immortala un nostro breve test sul prototipo ritenuto
quasi definitivo. Ma in allestimento c’era anche
la supersportiva, che condivideva il telaio a doppio trave in alluminio della Infect, ma era ancora
in fase di allestimento. Mentre sui PC dei giovani progettisti di Vertemati Factory iniziavano a
comparire i particolari della versione “turistica”
(perlomeno così definita dai fratelli), moto in
verità pensata come una sorta di Hypermotard,
addirittura dotata di telaio in titanio, e col motore da 1.200 cc. Chi si è goduto l’EICMA in lungo
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e in largo probabilmente avrà visitato anche lo
stand della Vertemati Factory, che esponeva le
tre moto di cui sopra. C’era la Infect 1000 in versione praticamente definitiva (foto sotto), c’era
la superbike stradale ancora da rifinire, e, finalmente, c’era anche la “motardona da turismo”,
che vedete in home page e che, al momento, è
stata denominata Infect 2. Ma c’erano anche due
vetrinette con esposti un motore 1.200 intero e
un interessantissimo esploso con varie parti in
bella vista. La moto è molto semplice e minimale, quanto attraente e decisamente aggressiva:
purtroppo non si conoscono ancora i crediti
prestazionali dei nuovi motori Vertemati, ma se
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pensiamo che il peso dichiarato naked Infect è di
soli 145 kg a secco (“anche 140, sulla Infect 2”
dicono gli interessati), possiamo assicurare che
il divertimento è assicurato: del resto, quando la
provai brevemente lo scorso anno, scrissi che mi
sembrava di guidare una 125 con una valanga di
cavalli in più…
Giusto per dare qualche dato in più su questa
moto (che monta scarichi rialzati sottosella,
ma l’idea iniziale era di tenere uno scarico basso, per poter montare le borse laterali…), ribadiamo che il telaio è perimetrale in tubi ovali di
titanio, con forcellone posteriore pressofuso in
alluminio abbinato ad un monoammortizzatore
Bitubo CLU31 totalmente regolabile, con escursione ruota di 160 mm. Mentre davanti svetta una poderosa forcella Tenneco-Marzocchi
USD50 a steli rovesciati (trattati PVD), pure
completamente regolabile, con escursione di 170
mm. Le quote della ciclistica parlano di interasse
di 1.505 mm, angolo di inclinazione del cannotto
di sterzo di 25.9° ed avancorsa di 116,75 mm. Le
ruote sono BST in fibra di carbonio da 3.50x17”
e 5.50x17”, con gomme da 120/70 e 190/55. E i
freni sono Brembo, con dischi anteriori T-Drive
da 320 mm e pinze radiali GP4RX a 4 pistoncini
da 32 mm ricavate dal pieno e trattate superficialmente al Nickel, e disco posteriore Serie Oro
da 220 mm, con pinza a 2 pistoncini parimenti
trattata. Da notare che anche la catena di trasmissione finale è in titanio, al pari delle pedane
e di tutta la bulloneria, appositamente realizzate.
La Infect 2 ha un serbatoio in alluminio da 18 litri
realizzato a mano, e la sella altina, visto che siamo a 880 mm da terra.
E monta numerosi altri particolari (piastre di
sterzo, biellette di progressione e minuteria varia) realizzati con macchine a controllo numerico
a 3 e 5 assi, utilizzando Ergal 7075 e lega di titanio. Mentre in fibra di carbonio sono realizzati
(oltre alle ruote) gli spoiler del radiatore, il fondo
della sella e carterini vari.
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Sondaggio
Sondaggio Moto.it
La Scrambler Ducati è la
più votata fra le novità 2015
di Maurizio Gissi | La new-classic Ducati è stata premiata dal sondaggio
fra i lettori di Moto.it tra le novità presentate a Eicma. Era già successo
dopo Intermot. Al secondo posto la nuova Yamaha R1 e al terzo la
Aprilia Tuono V4 1100. Hanno preceduto le stelle Honda True
Adventure e RC213V-S
U
na riconferma, quella della neoclassica Ducati, premiata nuovamente
dopo il nostro sondaggio su Intermot di inizio ottobre. La Scrambler
aveva allora svettato sulla ventina di novità selezionate fra quelle lanciate a Colonia. Con ben
il 25% delle preferenze, un voto su quattro, aveva preceduto la Kawasaki H2R (16% dei voti)
e l’Aprilia Caponord Rally che aveva ottenuto
l’8%. Naturalmente pochissimi dei nostri lettori
avevano avuto la possibilità di vedere da vicino
le nuove moto, per cui il giudizio era puramente
basato sulle immagini, la reputazione e le notizie
pubblicate. Diverso il discorso per il Salone di
Milano che ha dato a molti l’opportunità di valutare del vivo il lavoro svolto dai costruttori. Alla
chiusura di Eicma abbiamo proposto ai lettori di
Moto.it un nuovo sondaggio, questa volta includendo la trentina di novità 2015 che sono state
esposte a Milano e che secondo noi rappresentano le tendenze per il prossimo anno. La domanda posta nel sondaggio è stata: “Qual è la novità
moto che ti è piaciuta fra quelle viste a Eicma?”.
Anche questa volta gli oltre settemila voti validi
- sono stati esattamente 7.150 (IP unico) in tre
giorni, e ricordiamo che si poteva esprimere una
sola preferenza - hanno premiato la Scrambler
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bolognese, risultata ancora la più votata nonostante le molte e interessanti novità moto che
hanno debuttato proprio a Eicma.
Un podio variegato
Forte di una curata campagna di lancio, e soprattutto forte di essersi presentata già in veste di
“famiglia” con più modelli lasciando ben intendere quali potranno essere le possibilità di personalizzazione, la Ducati Scrambler ha superato
modelli dai forti contenuti emozionali e tecnici.
Con l’11,43% dei voti il distacco sulle concorrenti
e è stato però più ridotto.
Al secondo posto, con il 10,52% delle preferenze,
è stata premiata la nuova Yamaha R1, un modello
profondamente cambiato rispetto alla versione
precedente e che ha giocato con il richiamo alla
moto da GP. Al terzo posto si è piazzata la Aprilia
Tuono V4 1100, la proposta naked in assoluto più
sportiva del panorama. Una moto che continua a
godere di numerosi estimatori presso gli appassionati (ha ottenuto il 9,01% dei voti), nonostante non venga poi premiata dai numeri di vendita.
Evidentemente se questo accade è per ragioni
diverse dalla qualità della proposta. Questi tre
modelli insieme hanno totalizzato il 31% dei voti
totali.
Top Ten nel segno di sportive
e crossover
Risultato importante per Honda, che piazza i
suoi due prototipi lanciati a Milano al quarto e
quinto posto. Una prestazione che crediamo sarebbe stata migliore se si fosse trattato di votare
moto presentate come modelli di produzione (la
True Adventure era camuffata con schizzi di fango ad esempio), con tanto di specifiche e prezzo.
La True Adventure, che ha l’onore e l’onere di sostituire una pietra miliare quale fu la Africa Twin,
ha ottenuto il 6,70% delle preferenze, mentre la
replica MotoGP RC213V-S, la sportiva più estrema da molti anni a questa parte, ha conquistato
il 6,20% dei voti. Segue un terzetto di crossover
molto interessanti e competitive ciascuna a loro
modo. La Yamaha MT-09 Tracer, sesta in classifica, ha totalizzato il 5,78% delle preferenze.
Hanno influito positivamente, oltre alla bontà del
modello in sé, la buona reputazione ottenuta dalla MT-09 e il posizionamento di prezzo aggressivo. Segue il classifica la Ducati Multistrada (con
il 4,99%), modello che è stato completamente
rinnovato ed equipaggiato con il nuovo motore
avente distribuzione a fasatura variabile.
La crossover bolognese ha preceduto di poco la
rivale diretta, sebbene si tratti di una quattro cilindri in linea, BMW S1000XR (4,90%). La Kawasaki Ninja H2, che in versione R aveva ottenuto
nel sondaggio di Intermot la piazza d’onore, stavolta non è andata oltre il nono posto e il 4,45%
delle preferenze.
Forse nel confronto con modelli freschi di lancio
a Milano (R1 e RCV) si è stemperata un po’ la novità del motore sovralimentato.
Esattamente con lo stesso numero di voti della
Kawasaki, al nono posto ex-equo è stata votata la rinnovata e maggiorata Ducati Panigale
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1299S, con il 4,45% dei voti. Le prime dieci moto
in classifica (che va osservato sono cinque super
sportive, quattro fra crossover ed enduro e una
classica) hanno raccolto il 64% dei consensi totali. Un’altra iper sportiva si trova all’undicesimo
posto: è la titolata SBK Aprilia RSV4 RR, con il
3,22% dei voti.
La moto di Noale precede una turistica dall’anima vivace come la MV Agusta Turismo Veloce
che, con il 3,03%, ha fatto meglio della “sorella”
MV Stradale 800 (1,55%) piazzatasi al 19esimo
post. Rimanendo fra le super sportive risaltano
anche i pochi voti raccolti dalla BMW S1000RR
(lo 0,55% che le è valso il penultimo posto in
classifica), forse perché le novità introdotte sulla
versione 2015 non hanno colpito.
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Sondaggio
all’1%. Lo 0,9% ha invece ottenuto la prima moto
elettrica di Harley-Davidson, la LiveWire.
La classifica delle vendite del prossimo anno
avrà quasi certamente un ordine assai diverso da
questa che abbiamo commentato, come peraltro quasi sempre accade nei sondaggi di questo
tipo. Sondaggi che hanno però lo scopo di misurare l’effetto delle nuovo proposte nella “pancia”
degli appassionati. Il che è già un bell’obiettivo
per chi pensa e costruisce le moto di oggi e di
domani.
Le inseguitrici
Va segnalata che la prima custom in classifica
(la Moto Guzzi Eldorado) è al tredicesimo posto,
seguita a pochissima distanza dall’altra Guzzi
sviluppata sempre dalla base California 1400,
la Audace. La Aprilia Caponord Rally è passata
invece dal terzo posto del sondaggio di Intermot
al sedicesimo attuale, subendo l’attacco di molte
novità arrivate fra Intermot e Eicma. Ha sofferto la concorrenza delle novità milanesi anche la
KTM Adventure 1290, che dal 6% dei suffragi di
Colonia è scesa all’1,65% di quelli milanesi. Meglio comunque della new entry Adventure 1050
che, come BMW R1200R, Suzuki GSX-S 1000
e Triumph Tiger 800 ha forse raccolto meno
consensi del previsto e con preferenze attorno
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Interviste
Hero sbarca in Europa
per crescere veloce, prima gli
scooter poi le moto
di Ippolito Fassati | Il 2015 sarà l’anno di esordio nel mercato italiano di
Hero MotoCorp, il più grande costruttore al mondo di mezzi a due ruote.
Ne parliamo con il CEO Pawal Munjal
«
Oggi nel mondo,
su dieci moto vendute, una è Hero».
Non lascia spazio
a dubbi la frase e soprattutto
lo sguardo fisso e determinato di chi la pronuncia, Pawal
Munjal, CEO, Vice Presidente
e Managing Director di Hero
Motor Corp Ltd. Una carica
lunga come il viaggio fatto da
Munjal per raggiungere l’Italia
dall’India e vivere Eicma in prima persona. Dopo aver conquistato 20 Paesi, tra cui Asia,
Africa, America Centrale e Sud
America, nel mirino di Hero
MotoCorp oggi c’è l’Europa.
E l’intenzione è quella di farsi
strada velocemente, a suon di
partnership e acquisizioni, potendo contare su un fatturato
2013 di circa 4 miliardi di euro e
800 milioni di investimenti nei
prossimi due anni.
«Le previsioni - ci ha detto Pawal Munjal - sono di raggiungere in 4 o 5 anni 50 paesi e una
produzione di 12 milioni di veicoli all’anno».
42
Iniziamo con un po’ di cifre,
per inquadrare meglio il colosso di cui stiamo parlando
«Hero MotoCorp è da dieci anni
il Brand leader al mondo tra i
Costruttori. La nostra produzione nell’ultimo anno fiscale
(da aprile 2013 a marzo 2014)
si attesta a 6,3 milioni di veicoli prodotti – decisamente non
male per una Casa singola (è
questa la differenza rispetto a
Honda, ndr) , ma contiamo di
migliorare ancora quest’anno».
Quante fabbriche avete al momento?
«Quattro, tutte in India, per un
totale di poco più di 25.000 dipendenti. Proprio mentre parliamo stiamo costruendo uno
stabilimento in Sud America,
più precisamente in Colombia,
uno in Bangladesh e abbiamo appena annunciato l’avvio
della costruzione di due nuove fabbriche in India. In totale
quattro stabilimenti aggiuntivi,
per un investimento complessivo di circa 675 milioni di euro,
cifra che comprende le nuove
assunzioni. Dipendenti che andranno a popolare le nuove fabbriche, ma anche a rinforzare il
nostro reparto Global Innovation, in India».
Vogliamo parlare anche di fatturato?
«Siamo attorno ai quattro miliardi di euro nell’ultimo esercizio».
Come avete ottenuto questi
risultati? La vostra storia nasce con Honda, da cui poi avete scelto di separarvi. Ci può
raccontare qualcosa?
«Hero è nato come costruttore di biciclette, attività che ha
portato avanti per oltre 60 anni
poi, nel 1978, abbiamo iniziato
a produrre motorini da 50 cc.
Nel 1984 abbiamo stretto una
joint venture con Honda, cambiando il nome della compagnia
in Hero Honda. L’operazione ha
avuto grande successo, con
una crescita tanto rapida che
nel 2001 siamo diventati il più
grande costruttore al mondo di
moto e scooter».
«Più di recente abbiamo poi
deciso di trasformarci in una
compagnia globale, e sviluppare la nostra tecnologia indipendentemente da Honda; con
una struttura di joint venture la
cosa non era possibile, quindi abbiamo deciso di andare
avanti da soli, trasformando la
compagnia in Hero MotoCorp a
partire da aprile 2011, poco più
di tre anni fa. Nel 2012 abbiamo
iniziato ad espanderci su mercati al di fuori di quello indiano;
negli ultimi 15 mesi ci siamo
concentrati su Africa, Centro e
Sud America oltre che naturalmente i paesi più vicini a noi –
Bangladesh e Sri Lanka».
Obiettivo: 12 milioni di
moto e scooter fra sei
anni
Avete obiettivi di crescita ambiziosi?
«Attualmente siamo presenti in
ventidue paesi, oltre all’India;
il passo successivo è portare
questo numero a cinquanta, in
un orizzonte che ci immaginiamo fra i quattro e i cinque anni.
Credo che per il 2020 arriveremo ad una produzione di dodici
milioni di unità, ovvero il doppio
dell’attuale».
Vi state preparando allo sbarco in Europa: per il nostro
mercato avete annunciato
uno scooter ibrido. Contate di
far seguire anche mezzi convenzionali?
«Il nostro arrivo in Europa (Italia, Spagna e Francia prima,
Regno Unito e Germania, poi –
ndr) vuole certamente essere
un’operazione a lungo termine, che comporta la produzione di diversi modelli in diversi
segmenti, ma inizialmente
punteremo sul modello ibrido.
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Interviste
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Successivamente completeremo la nostra offerta di scooter,
per poi passare alle moto».
La produzione sarà basata in
India? E il design, che qui nel
Vecchio Continente è considerato, assieme all’innovazione tecnologica, un fattore
decisivo?
«La produzione resterà in India, ma possiamo dirvi che
stiamo lavorando a stretto contatto con due aziende italiane
(Engines Engineering e Magneti Marelli – ndr) con cui nei
prossimi due anni stringeremo
ulteriormente i rapporti. Abbiamo una collaborazione anche
con un’azienda statunitense –
EBR, che produce sportive di
grossa cilindrata – e abbiamo
44
assunto un nuovo Chief
Technology Officer proveniente da BMW, quindi direi che siamo pronti a creare prodotti per
ogni parte del mondo».
Che tempi di crescita avete
previsto, partendo dall’ingresso nel 2015?
«Beh, inizieremo con una presenza piccola tanto in Europa
che negli USA – crediamo che
il grosso della nostra crescita arriverà da Sud America ed
Africa, dove porteremo prodotti studiati per produzioni di
larghissima serie e molto robusti. Sui mercati europei ed
americani non c’è altrettanta
attenzione che in India rispetto ai consumi – sul mercato
interno la percorrenza per litro
è un valore tenuto in grandissima considerazione dai clienti,
e quindi un fattore tecnico per
noi importantissimo. Ma vogliamo entrare anche sui mercati
occidentali, dove l’attenzione
è maggiormente rivolta a potenza, coppia, accelerazione.
Purtroppo al momento l’economia, e il mercato delle due
ruote, non vanno molto bene
qui in Europa, ma speriamo che
la situazione migliori e il quadro
sia più favorevole».
Pensate ad una rete di vendita
monomarca o in coabitazione
con altri marchi?
«Stiamo cercando proprio in
questo momento dei partner
per la distribuzione, in maniera
da poter contare su una miglior
conoscenza dei singoli mercati
e delle loro peculiarità. Quindi
direi proprio che si tratterà di
una struttura multimarca».
Chi credete che sarà il vostro
principale avversario sul nostro mercato?
«Per qualche anno lavoreremo
con un prodotto di nicchia, lo
scooter ibrido, su cui non credo
che incontreremo una concorrenza particolarmente agguerrita. Quando invece ci impegneremo con scooter e moto
convenzionali ci saranno ovviamente dei concorrenti, che non
credo saranno molto diversi da
quelli che abbiamo sul mercato
interno: ci saranno i taiwanesi,
gli europei, i giapponesi, insomma, un po’ tutti…»..
Chiudiamo con lo sport, perché sappiamo che siete sponsor in diverse discipline molto
popolari sul mercato interno.
Pensate di continuare con la
stessa politica anche in Europa, per far conoscere il vostro
marchio?
«E’ vero, Hero ha diverse sponsorizzazioni per migliorare
l’immagine e la percezione del
marchio, quindi la nostra intenzione è di proseguire con
questa politica anche sui nuovi
mercati su cui ci impegneremo,
una volta capito quali siano le
discipline più popolari ed in linea con la nostra immagine e i
nostri obiettivi.
Recentemente in India abbiamo sponsorizzato il campionato nazionale di calcio; essendo
uno sport molto popolare anche su altri mercati in cui siamo
impegnati penso che estenderemo la nostra attività di sponsorizzazione con altre squadre
o campionati».
«Naturalmente siamo anche
sponsor del team EBR nel
Mondiale Superbike – più che
naturale, avendo una quota di
partecipazione in quella Casa».
Un’ultima domanda:
va in moto?
«A volte sì, quando c’è un modello nuovo mi piace provarlo – credo che sia importante
conoscere in prima persona il
proprio prodotto».
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Tra Enduro stradali e Crossover
La tavola rotonda di Moto.it
di Maurizio Gissi | Si parla ancora di moto alla tavola rotonda di Moto.it
organizzata durante l’ultima Eicma. Fari puntati sul segmento chiave del
mercato, quello che abbraccia le enduro stradali e le crossover e che ha
visto molte novità anche a Milano
S
ono alcuni anni che le moto più
vendute in Italia appartengono ai
segmenti enduro stradali o naked.
Ma sono le moto alte e a manubrio
largo, quelle con il profumo delle gare e dei viaggi africani, che ormai la fanno da padrone nel
mercato. La GS 1200, la NC750X e la V-Strom
1000 sono le più vendute rispettivamente per
i marchi BMW, Honda e Suzuki, mentre Multistrada 1200, Tiger 800 e Adventure 1190 sono
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guida alta ma con ruota anteriore da 17 pollici. Il
mix di modelli enduro stradali/crossover va dai
650 ai 1.300 cc attraversando numerose fasce
di prezzo e interessando un folto pubblico di appassionati. Motociclisti che, oltre alle emozioni,
cercano anche una buona dose di comfort e di
attitudine a viaggiare. Attorno a queste tipologie
di successo le Case stanno perciò lavorando con
impegno di idee e risorse. Dopo le tavole rotonde
dedicate alle moto sportive, alle moto classiche
e all’evoluzione del casco eccoci quindi a un nuovo incontro. Ospiti della tavola rotonda, condotta da Nico Cereghini con l’aiuto di Maurizio Gissi,
sono stati Andrea Buzzoni, general manager di
BMW Motorrad Italia, William Armuzzi, direttore
vendite moto Honda Italia, Christophe Couet, direttore generale Triumph Italia, e Roberto Basile,
marketing e communication manager Yamaha
Italia. BMW ha presentato a Eicma la S1000XR,
una quattro cilindri da 160 cavalli che «Ha comportamento decisamente sportivo – sono le parole di Andrea Buzzoni – tanto che la si potrebbe classificare come appartenente al segmento
delle sportive. Per noi è un sub segmento della
GS, in gamma ne abbiamo sei modelli che già differenziano l’uso, una diversa moto da viaggio».
Honda ha mostrato a Milano il prototipo della
futura “Africa Twin”, assieme però alla nuova
Attualità
Crossrunner dal motore V4, due lati dello stesso
tema ma con destinazione e pubblico differente:
«Dobbiamo seguire le richieste dei motociclisti
– ha detto William Armuzzi – che preferiscono
moto con impostazione di guida così. Di fatto
hanno sostituito le vecchie sport touring». Il motore a tre cilindri Triumph si sposa molto bene
con questo concetto di enduro fortemente stradalizzato «Sono moto che lasciano immaginare
grandi spazi.
Da una parte abbiamo la Tiger Sport che deriva
più dalla Speed Triple come indirizzo – ha continuato Christophe Couet – dall’altra la nuova
Tiger 800 con più elettronica. La differenza resta
comunque sottile fra questi due segmenti. Non
penso nemmeno che si scenda con le cilindrate,
anzi». Una delle Yamaha più attese a Milano è
stata la MT-09 Tracer, una pura crossover che
sfrutta una piattaforma comune e che con un
numero limitato di varianti riesce a soddisfare
più domande di modelli riuscendo a contenere
il prezzo. «Per noi è l’erede della TDM – ha aggiunto Roberto Basile – che è stata un moto di
riferimento per molti». Naturalmente si parla
di molti altri aspetti, dalle scelte emozionali, ai
cambiamenti di orientamento delle case, dall’immediata evoluzione tecnica al futuro prossimo.
Buona visione.
le seconde nella classifica di marca per Ducati,
Triumph e KTM. Alle tradizionali enduro stradali,
cresciute ormai fino alla soglia dei 1300 cc e al
limite di frazionamento a quattro cilindri, si sono
aggiunte più recentemente le crossover. Moto
di impostazione più stradale, con ciclistiche più
adatte alla guida su asfalto e con prestazioni elevate, proprio perché raramente le maxi enduro si
impolverano le ruote in fuoristrada. Generalmente si classificano infatti crossover quelle moto a
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con la start-up americana Skully Systems che
ha messo a punto un casco avanzato. La tavola
rotonda, dopo quella sulle moto super sportive
e quella sulle moto classiche, è stata condotta
come sempre da Nico Cereghini (questa volta
con il sostegno tecnico di Carlo Baldi, inviato sui
campi da gara della SBK es esperto di caschi), ed
è iniziata proprio dai materiali e dagli standard.
Secondo Alessandro Cernicchi, AGV, ciò che
conta è la qualità della progettazione. Si possono
costruire caschi economici in plastica con qualità di sicurezza superiori a modelli molto costosi
e che utilizzano compositi speciali, ma che non
hanno la stessa cura progettuale. E ha aggiunto
che le norme di omologazione devono essere
aggiornate seguendo la nascita di caschi apribili,
ad esempio, così come l’applicazione di dispositivi elettronici. Mentre i piloti aiutano anche nel
miglioramento del comfort come dei sistemi anti
appannamento. Andrea De Santis, di LS2, ha
sottolineato come le competizioni non siano utili
Attualità
solamente all’immagine di un’azienda ma anzi
sia un importante banco di prova per la sicurezza
attiva come per quella passiva. L’attività in pista
e un secondo aspetto della ricerca e sviluppo.
Mentre l’analizzare i caschi incidentati dei piloti
offre dati molti utili al miglioramento degli standard. Soprattutto ci sono la stessa costruzione e
gli stessi materiali in un casco da GP o SBK come
nel corrispettivo modello in vendita. Luca Sacchi
ha sottolineato come anche l’elettronica applicata al casco è importante ai fini della sicurezza
oltre che utile nel semplificare il controllo della
moto e delle informazioni da parte di chi guida.
Lo Skully offre per esempio la connettività, ha un
prisma che proietta le informazioni sulla visiera
(navigatore compreso), una telecamera posteriore, la visiera elettro attuata che si schiarisce
o scurisce a comando. Per appronfondire questi
e altri interessanti aspetti che riguardano il presente e il futuro del casco non rimane che guardare il video. Buona visione.
La sicurezza e il futuro
del casco
La tavola rotonda di Moto.it
di Maurizio Gissi | Nuovo appuntamento con gli esperti del settore,
questa volta per parlare di caschi da moto. Di materiali, sicurezza, tipi
di casco, derivazione dall’esperienza racing e, soprattutto, di futuro.
Ne parliamo con i rappresentanti di AGV, LS2 e Piaggio, che propone
l’innovativo Skully
L’
evoluzione funzionale e progettuale del casco non si ferma. Lo
richiede la sicurezza che deve
superare gli standard attuali e
ampliare la visione della protezione abbinata
alla funzione. Di progettazione, materiali, caschi integrali, piuttosto che apribili o jet, travaso
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dall’esperienza racing e di innovazione abbiamo
parlato con Alessandro Cernicchi, della ricerca e sviluppo AGV, Andrea De Santis, product
manager di LS2, e con Luca Sacchi, che per il
Gruppo Piaggio è il responsabile dell’innovazione strategica marketing di prodotto due ruote.
Aprilia, infatti, ha stretto una collaborazione
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il pieno supporto dello IED di Milano e dei suoi
responsabili, a partire dal professore Giacomo
Bertolazzi (coordinatore IED Design), da Silvia
Roth (coordinamento tesi IED) e Francesca Marchese (pubbliche relazioni e comunicazioni IED).
Attualità
Franco, Poss Alessandro, Slutska Mariya, Urso
Guglielmo). I ragazzi sono poi stati accolti da
Nico Cereghini al nostro stand in Eicma (vedi
video d’apertura), dove hanno manifestato una
contagiosa e vera passione per le due ruote. Della V7 sanno già tutto (storia, versioni, tecnica).
La Moto Guzzi V7 e l’entusiasmo
Partiti!
degli studenti
Moto.it porta Moto Guzzi V7
allo IED per le tesi di laurea 2015
Il progetto di tesi è già partito e ha ricevuto
un’accoglienza fantastica dai ragazzi dello IED.
La nostra proposta ha infatti raccolto numerose
adesioni; segno che Moto Guzzi è un brand che
fa breccia nel cuore dei ragazzi e che la moto è
un oggetto ancora amato dalle nuove generazioni.
Luca Sacchi, (Responsabile Innovazione Strategica e Marketing di prodotto del Gruppo Piaggio)
ha partecipato alla presentazione del progetto in
IED a inizio ottobre. Gli studenti del terzo anno
hanno aderito alla proposta di tesi lanciata da
Moto.it e si sono formati quattro gruppi di tesisti (di seguito i partecipanti: Bassanelli Luca, De
Momi Mario, Fiori Pietro Maria, Gazzotti Alessandro, Giacomelli Luca, Oberlik Pascal Johann,
Pastore Riccardo, Pellegatta Camilla, Penelope
Ora si è passati al processo creativo vero e proprio che porterà alla formazione delle quattro
tesi di laurea. Gli studenti hanno infatti incontrato Mario Garibaldi (Moto Guzzi Product Manager), che ha portato allo IED l’esemplare di V7
su cui i ragazzi poseranno gli occhi e soprattutto
le mani per dare libero sfogo all’ingegno. Moto.
it documenterà tutte le fasi di realizzazione delle
tesi. Dall’idea al disegno, sino alla realizzazione
dei primi modelli. Le tesi migliori saranno discusse con la partecipazione di IED, Moto Guzzi
e Moto.it insieme. Ma non solo: i lettori saranno
chiamati a giudicare e valutare il lavoro migliore.
Tutto questo accadrà nella primavera del 2015.
Siamo appena partiti, ma non vediamo l’ora di
condividere con voi i primi passi degli studenti
dello IED di Milano. In bocca al lupo ragazzi!
di Andrea Perfetti | Abbiamo dato un compito difficile ma
entusiasmante agli studenti del terzo anno dello IED di Milano: le tesi di
laurea dovranno rielaborare la bella Moto Guzzi V7 a livello estetico
e funzionale
M
oto.it in collaborazione con Moto
Guzzi ha dato un compito difficile
ma entusiasmante agli studenti
del terzo anno dello IED di Milano: dedicare la tesi di laurea alla customizzazione della classica Moto Guzzi V7 considerando non solo l’estetica, ma anche la funzionalità
della moto e la storia del marchio lombardo. I
tesisti saranno liberi di interpretare come meglio credono la V7. Potranno personalizzare la
moto o proporre accessori in stile. L’approccio
50
potrà essere di tipo estetico, funzionale o storico. Attraverso il loro lavoro sarà interessante
anche valutare le tendenze giovanili, vicine cioè
all’esperienza vissuta dagli studenti. Il processo
didattico non porterà solo alla realizzazione di
una moto speciale, ma rivedrà il progetto V7 per
condurre a una customizzazione integrale oppure alla creazione di un accessorio unico. Saranno
gli studenti dell’Istituto Europeo di Design a deciderlo, seguiti dal professore Sergio Mori, relatore di questa iniziativa. Iniziativa che ha trovato
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Usa le protezioni!
Dai retta ai campioni
di Andrea Perfetti | Loris Capirossi, Marco Aurelio Fontana, Andrea
Dovizioso, Marco Melandri e Alex Salvini hanno qualcosa da dirci.
Ascoltiamo il loro appello: le protezioni servono, non solo su strada!
S
ulla Pista South Milano di Ottobiano
(Pavia) si è vissuta una fantastica
giornata di sport all’insegna della
solidarietà. La quinta edizione di
Ride For Life ha portato a Ottobiano i grandissimi del motociclismo e del ciclismo. Capirossi,
Dovizioso, Melandri, Checa, Salvini, Philippaerts,
Oldrati, Guarneri (per citarne solo alcuni) hanno
tenuto testa agli atleti del ciclismo, autentici fenomeni del pedale come Marco Aurelio Fontana,
Alan Beggin, Matthias Brandle, Claudio Chiappucci e Pippo Pozzato. Il ricavato della manifestazione verrà interamente devoluto alla ricerca
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del professor Gregoire Courtine presso l’EPFL
(Ecole Polytechnique Fedédérale de Lausanne)
in Svizzera grazie anche alla collaborazione con
la onlus Wings for Life. Della gara vi abbiamo già
raccontato praticamente tutto, avete visto il video della caduta di Capirossi, il passaggio del
testimone in bici tra Checa e Fontana e molto
altro ancora. Ride For Life è stata soprattutto
l’occasione per parlarvi di fuoristrada e di sicurezza. Su strada e in pista è infatti diffusa la
consapevolezza dell’importanza delle protezioni
del pilota. Nel motocross e nell’enduro si assiste
invece - ed è terribile doverlo ammettere - a un
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Sicurezza
processo inverso: sempre più ragazzi affrontano
il fantastico mondo del tassello senza una protezione adeguata della schiena e del torace. E la
colpa è anche di tanti campionissimi che appaiono nelle foto e nei video delle gare internazionali
privi di pettorina e paraschiena. In questo tipo
di gare è quindi urgente un intervento della FIM
(Federazione Internazionale di Motociclismo),
perché le cose cambino in tempi rapidissimi.
Questo deve avvenire per tutelare la salute dei
piloti, ma anche dei giovani tifosi che seguono le
corse e imitano i loro beniamini ogni domenica.
Per questo Moto.it ha deciso di scendere in campo per sensibilizzare gli appassionati di fuoristrada, i genitori dei piloti più giovani e i campioni. Da
loro deve partire l’invito perentorio a proteggersi
sempre quando si fa motocross o enduro. Loris Capirossi, Marco Aurelio Fontana, Andrea
Dovizioso, Marco Melandri e Alex Salvini hanno
accolto il nostro appello. Ascoltateli e indossate
sempre la pettorina e il paraschiena. Limitano
poco il movimento, ma ci possono salvare dalle
gravi conseguenze di una caduta in moto!
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USA
vietato chiamare la BMW
GS Enduro, solo Adventure
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On the road
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
di Pietro Ambrosioni | In USA la BMW pare abbia dato istruzioni alle
proprie concessionarie di non usare più la parola “Enduro” ma piuttosto
“Adventure” per riferirsi al segmento della serie GS
H
o appena letto una notizia che potrebbe benissimo essere solo un
pettegolezzo. Non so se il fatto si
estenda agli altri Paesi, ma in USA la
BMW pare abbia dato istruzioni alle proprie concessionarie di non usare più la parola “enduro”
ma piuttosto “adventure” per riferirsi al segmento che trova nella serie GS il proprio punto di riferimento. Sempre secondo il suddetto pettegolezzo la parola “adventure” evoca uno stile di vita e
non una disciplina specifica, rendendo il tutto più
digeribile ed avvicinabile dai motociclisti meno
specializzati. La parola adventure si adatta infatti benissimo anche ad abbigliamento, caschi ed
accessori che invitano a viaggiare (o perlomeno
a sognare) in grande, laddove invece il termine
“enduro” evoca solo offroad impostato, mulattiere viscide e fangaie in stile ex-DDR. Supponendo per un attimo che il pettegolezzo corrisponda
in effetti a verità, do perfettamente ragione al
marketing BMW, perché un termine ampio e fortemente evocativo aiuta a raggiungere bacini di
potenziali clienti molto più ampi, non solo per le
moto. BMW ha infatti coordinato in modo magistrale tutta una serie di prodotti che si rivolgono
al mercato “adventure” dall’abbigliamento agli
accessori, dai corsi di guida ai viaggi organizzati.
Dopotutto se il segmento delle endurone stradali in questi ultimi 15 anni è prima sopravvissuto
e poi rinato si deve proprio, a mio parere, alle
GS della Casa di Monaco. Per quelli come me,
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cresciuti motociclisticamente a cavallo degli
Anni Ottanta e Novanta, il termine “adventure”
però è riduttivo… La mia generazione ha assistito
alla transizione dalla vecchia Regolarità (notare il
maiuscolo - parola da pronunciare con reverenza
e marcato accento bergamasco) all’Enduro, cioè
più o meno da quando si è passati dal’Europeo
al Mondiale. Ma se chiedete a quelli della nostra
generazione di ricordare qualche modello di
moto da “enduro” non vi snocciolerà KTM, SWM,
Accossato, AIM, Kramit o Fantic. Quelle, per noi,
sono e resteranno sempre moto da “Regolarità”:
le enduro sono state per noi le moto che hanno
messo in sella una generazione che ha lasciato le
Vespa e il Guzzi V35 per inforcare le repliche delle regine dakariane. Dalle prime Yamaha XT alle
Honda XL, dalle Cagiva Elefant fino alle piccole e
medie Gilera Arizona o le Aprilia Rally. E poi le TT,
le XR, le Tenerè e le Super Tenerè, le Suzuki DR
(di quelle si se ne vedevano molte in mulattiera!)
le Aprilia Wind e le Gilera RC600, ancora le Cagiva T4 fino alle Transalp e l’inarrivabile regina,
la mai dimenticata Africa Twin. Ecco, quelle per
me, per noi “vecchietti”, erano e sono le Enduro. Moto con le quali andavi a scuola, andavi al
bar, andavi in vacanza e magari ci finivi anche
a bestemmiare in mulattiera. Senza cambiare le
gomme e senza nemmeno averci investito il futuro tuo e dei tuoi figli con un finanziamento “a
mai”. Magari mi sbaglio, ma fino a pochi anni fa
non mi sembra che nessuno associasse il nome
BMW alle moto da Enduro, sebbene le prime
vere navi del deserto, le prime vere regine della
Paris-Dakar fossero state le stupende GS di Auriol e Rahier tra il 1981 ed il 1985. No, in quegli
anni le GS erano delle moto un po’ strane, né carne né pesce, che in Italia vedevi una volta all’anno in estate, guidate da qualche tedescone che
ci montava le borse laterali e si metteva a tracolla una gomma anteriore tassellata, da montare
una volta arrivati in Sardegna o all’Isola d’Elba.
Negli USA invece di BMW se ne vedevano ben
poche in assoluto, GS o meno: un mercato da
sempre dominato dalle giapponesi, quello americano, che ci ha messo anni a scoprire il valore
del marchio bavarese. Ma che una volta scoperto
non ha più abbandonato: qui negli USA le BMW
sono oggetto di culto motociclistico pari alle Harley Davidson e hanno il loro affollatissimo raduno annuale (BMW MOA Rally) oltre ad una fitta
rete di motoclub ed associazioni monomarca
dedicate. Quando alla fine degli Anni Novanta Yamaha, Honda e Suzuki hanno smesso di vendere
le XT, le XL e le DR, BMW ha continuato a vendere ed evolvere le GS, allargando la gamma ed
attirando nuovi utenti con le 800 e anche molte
donne grazie alle piccole 650.
Se Suzuki, Kawasaki, Ducati e Triumph, ad esempio, hanno recentemente proposto ed avuto un
enorme successo con le varie V-Strom, Versys,
Multistrada e Tiger, sono convinto che in buona
parte debbano ringraziare BMW che ha mantenuto aperta una strada di cui tutti gli altri si erano
dimenticati o disinteressati.
Giusto quindi che dalla Bavaria adesso reclamino
un nome nuovo con cui chiamare il segmento più
caldo del settore, e allo stesso tempo farlo proprio. Ma per quanto mi riguarda sfondano una
porta aperta, perché tra la sigla GS e la parola
“Enduro” sotto sotto non ci ho visto mai alcuna
connessione.
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Nico Cereghini
Quando le Guzzi
cinguettavano
Come nascono i nomi delle moto?
“Multistrada” è significativo,
“Cosa” un po’ meno. Qualche volta
basta una bella sigla, altre volte
c’è tutto, sigla e nome. Un nome
felice può determinare il successo
di una moto? E a voi, cosa piace?
Media
C
iao a tutti!
Prima o poi
bisognerà
fare un’indagine approfondita
su come nascono i nomi delle
moto. Voi direste che è semplicemente una decisione del
marketing, invece mi è bastata
una chiacchierata di dieci minuti con un pezzo grosso, uno
che ha fatto la storia della Honda in Europa, per capire che la
vicenda è molto più complessa.
Il nome è importante, e tutti noi
abbiamo le idee chiare: quel
nome è perfetto per una moto
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e quell’altro fa pena; ma è facile dirlo a cose fatte, e molto
più difficile inventare quello
giusto al momento del lancio.
Anche il nome può decretare
il successo o l’insuccesso di
una moto. In Guzzi, una volta,
a dettar legge sui nomi doveva essere un naturalista o più
probabilmente un cacciatore.
Sulle prealpi Orobiche si caccia parecchio. Iniziarono con
gli uccelli – delle teorie di Freud
dovevano sapere ben poco- e
non la smisero finché si esaurì la lista delle speci in natura.
Dall’Airone all’Albatro all’Astore e siamo solo alla lettera A.
Nel ’39 comparve a sorpresa
un mammifero, l’Alce, seguita
dal motocarro Trialce e dal Superalce, poi il filone animalesco
(e affini) si perse del tutto a favore delle piste prima (Le Mans,
Monza, Imola) e del lago poi.
Lario, Stelvio e Breva (che è il
vento che si leva il pomeriggio)
raccontano la geografia locale,
poi toccò alla storia con la Norge, come Giuseppe Guzzi aveva ribattezzato nel ’28 la sua
500GT telaio elastico che portò avventurosamente a Capo
Nord, e Griso come il “bravo”
manzoniano di Don Rodrigo,
una personcina che non esitò a
derubare il padrone ammalato
di peste, si beccò la malattia e
morì fra atroci sofferenze. Curiosa scelta, quella di identificare una moto con un bandito,
seppure letterario. Anche Gilera è passata alla storia con un
volatile: la Rondine era una 500
da corsa, quattro cilindri dotata di compressore, che volò a
274 chilometri orari sulla base
dell’ora con Piero Taruffi. Un
record mondiale, pensate, del
1937. Più famosi sono rimasti i
nomi delle Gilera spaziali come
Nettuno, Saturno e il motocarro
Mercurio. Ma i pianeti finiscono
ed è difficile tenere ferma la rotta sui nomi, così si passò ad Arcore e Giubileo per finire con le
aride sigle: RV, K1, KK, RC, CX e
chi più ne ha più ne metta. Tutto
questo per citare soltanto due
casi nazionali, ma la materia è
talmente vasta da meritare una
vera inchiesta. Che logica si segue per battezzare una moto?
C’è una filosofia di marca? Fino
a quando si può insistere sulla
stessa strada senza stancare
il motociclista? E intanto, per
passare il tempo, possiamo
raccontarci cosa piace a noi.
Tanto per cominciare, meglio
un bel nome o una bella sigla?
Meglio tutte e due? Penso alla
CBR 900RR Fireblade e -al di là
dell’entusiasmo che trovo registrato in memoria, intatto dal
‘92, per la leggerezza e la grinta
del primo modello con il cupolino sforacchiato- mi viene da
dire che era bella la sigla quanto il nome. Poi però salto sulla
Editoriale
Suzuki GSX-R 750 dell’85 e decido che la sigla era ed è tuttora
bellissima e che la mancanza
del nome non ha pesato affatto;
anzi, l’ha resa più aggressiva.
Si potrebbe concludere che ciò
che conta è soltanto la qualità
del prodotto, e andare a casa
subito. Ma di sicuro il nome è
importante: la Vespa o “il” Monster avrebbero avuto lo stesso
successo se si fossero chiamati
soltanto 125L o Donnola? Non
credo. E lo scooter Suzuki Bara
sarebbe piaciuto in Italia?
Che logica si segue per
battezzare una moto?
C’è una filosofia di marca?
Fino a quando si può
insistere sulla stessa
strada senza stancare
il motociclista?
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Cosa sarebbe cambiato
in campionato se...
di Giovanni Zamagni | Riviviamo la stagione 2014 attraverso alcuni
episodi determinanti GP per GP: cosa sarebbe successo se…? Una
forzatura, un gioco per ripercorrere una stagione di altissimo livello
S
e Jorge Lorenzo non fosse caduto in
Qatar cosa sarebbe successo? Se
Dani Pedrosa avesse trionfato ad
Austin avrebbe potuto lottare per
il mondiale? Se Marc Marquez avesse vinto a
Brno le avrebbe vinte tutte? Se Valentino Rossi
non fosse caduto ad Aragon, cosa sarebbe cambiato? E via così: quante volte nel motociclismo
– ma più in generale nello sport – si fanno ipotesi su episodi che avrebbero potuto cambiare il
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corso di un campionato. Un modo per rivivere
la stagione, “forzando” le conseguenze di alcuni
fatti accaduti, un po’ come si fa nel calcio, quando si considera un rigore non dato come un gol
sicuro.
Ovviamente non è così e, soprattutto, con i se e
con i ma non si vincono né gare né campionati:
se mio nonno avesse le ruote… Ma il giochino
consente di focalizzare l’attenzione su momenti
molto significativi del 2014.
GP QATAR: LORENZO CADE
AL PRIMO GIRO
Lorenzo scatta benissimo dalla seconda fila e
alla prima curva è già al comando. Come faceva
in maniera impeccabile nel 2013, forza subito,
ma cade e non termina il primo giro: è solo il primo GP dell’anno, ma questa scivolata è decisiva
sull’andamento del campionato, perché se Jorge
non fosse finito a terra, sarebbe quanto meno
arrivato sul podio, con effetti, soprattutto psicologici, di grande rilievo.
Perché una eventuale vittoria – ma anche un secondo o un terzo posto – avrebbe dato grande
sicurezza al campione della Yamaha, con effetti
a catena potenzialmente devastanti per il campionato: non dimentichiamo che nella seconda
parte della stagione, Lorenzo è il pilota che ha
conquistato più punti in assoluto. Ecco, secondo
me, la caduta del Qatar di Jorge ha cambiato radicalmente il mondiale 2014.
MotoGP
GP AMERICHE: LE TITUBANZE DI
PEDROSA, LA GOMMA DI ROSSI
Ad Austin, Marc Marquez è praticamente imbattibile (su quella pista è sempre stato – e di
gran lunga - il più veloce, fin dai test invernali
del 2013), ma in prova Dani Pedrosa tiene il suo
passo. In gara, però, ci riesce però solo per tre
giri, poi, anche lui prende manciate di decimi dal
compagno di squadra: fosse stato più aggressivo nei primi giri, forse sarebbe finita in modo diverso e, soprattutto, Dani, arrivando più vicino a
Marquez, avrebbe potuto prendere un po’ più di
coraggio e di autostima, invece di avvilirsi capendo che Marc è quasi “imbattibile”. Importante,
non tanto per l’esito della gara, quanto per l’andamento del campionato, anche il problema alla
gomma anteriore di Valentino Rossi, in lotta per
il podio, prima di essere costretto a rallentare in
maniera anomala e chiudere lontanissimo, all’ottavo posto. Rossi, ad Austin, avrebbe potuto
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utopistica visto l’andamento del GP, avrebbe acquistato una grande forza, mettendo per primo
fine all’egemonia del rivale.
GP CATALUNYA: PEDROSA
BEFFATO
Questa volta è Pedrosa, mai così aggressivo,
il più tenace rivale di Marquez: pur di provare a
vincere, Dani azzarda un sorpasso difficilissimo
a quattro curve dal traguardo, tocca con la sua
gomma anteriore la posteriore di Marc, finisce
largo e viene superato anche da Rossi, chiudendo terzo. Il campionato non sarebbe cambiato,
ma se Pedrosa fosse riuscito nel suo tentativo,
aveva ancora il tempo per essere protagonista
più di quanto lo sia stato.
GP OLANDA: UN AZZARDO
CHE NON PAGA
battere Pedrosa: ci fosse riuscito, sarebbe stato
un altro secondo posto dopo quello in Qatar, con
effetti ben diversi sulla classifica. Poteva mettere
più pressione a Maquez.
GP ARGENTINA: PEDROSA
LENTO ALL’INIZIO
In Argentina non accade nulla di speciale, non
ci sono episodi che avrebbero potuto avere una
grande influenza sul campionato, ma succede
qualcosa che si ripeterà spesso nella stagione:
Pedrosa perde all’inizio ogni possibilità di giocarsi la vittoria, «dormendo un po’», per dirla con le
sue parole, nei primi giri. Succederà quasi sempre nel 2014, con Dani lento al via e velocissimo
nel finale.
GP SPAGNA: MARQUEZ
VINCE FACILE
La quarta vittoria consecutiva di Marquez non è
mai in discussione: anche a Jerez, non c’è niente
di importante da segnalare per la storia del campionato.
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GP FRANCIA: UN CONTATTO
PERICOLOSO
Ad Assen, come spesso succede, il meteo ha un
ruolo fondamentale e il via viene ritardato pochi
MotoGP
attimi prima del semaforo rosso. Si riparte con
le “rain”, ma Rossi, solo 12esimo in qualifica,
azzarda le “slick” nonostante la pista sia ancora umida. Nel giro di ricognizione, però, inizia a
piovere e Valentino è costretto a rientrare ai box
e ripartire con le gomme da bagnato, perdendo
naturalmente un sacco di tempo. Piove per pochi
minuti: se non fosse successo, il campione della
Yamaha avrebbe vinto il GP.
GP GERMANIA: GOMME GIUSTE,
ASSETTO SBAGLIATO
Anche al Sachsenring, piove, non piove, la pista
è appena umida. Tutti si schierano con le rain,
con il solo Stefan Bradl, tra i piloti di vertice, che
opta all’ultimo momento per le slick. La scelta è
vincente, ma il team non ha il tempo per cambiare l’assetto da bagnato con quello da asciutto:
la RC213V è inguidabile, Stefan perde progressivamente un sacco di secondi. Con l’assetto
giusto, avrebbe certamente vinto: non sarebbe
Marquez parte male, viene subito superato da
cinque piloti, poi si tocca con Lorenzo e retrocede in decima, staccato di 2”7 dalla vetta. In questo GP, si capisce perfettamente il grande margine che Marc può amministrare: la sua rimonta
è impressionante e imperiosa, la vittoria mai in
discussione. Ma quel contatto con Lorenzo al
primo giro, avrebbe potuto avere ben altre conseguenze: se fosse caduto, come avviene spesso
in queste circostanze, Rossi avrebbe vinto il GP
e il campionato sarebbe diventato più equilibrato, con maggiore pressione sul fenomeno della
Honda.
GP ITALIA: QUANTI SORPASSI
Al Mugello, ci si entusiasma per la sfida di altissimo livello tra Marquez e Lorenzo, che si
superano sette, otto volte in 23 giri e arrivano
al traguardo separati solo di un decimo. Anche
questo è un episodio molto importante: se Jorge fosse riuscito a vincere, ipotesi tutt’altro che
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cambiato nulla per il campionato, sarebbe cambiato molto per il pilota tedesco.
GP INDIANAPOLIS:
NESSUNA SORPRESA
Non ci sono episodi significativi a Indianapolis, con Marquez che vince davanti a Lorenzo e
Rossi. Non succede nulla di particolare: nel dopo
gara, Jorge recrimina per aver impiegato troppo
tempo a superare Valentino. Ma a trionfare sarebbe stato comunque Marc.
GP REP.CECA: UNA GOMMA…
STORICA
Marquez domina le prove, il suo passo sembra
non lasciare nessuna possibilità ai rivali, ma in
gara è solo quarto dietro a Pedrosa, Lorenzo e
Rossi. Cosa è successo? Nessuno all’interno
della HRC lo dice ufficialmente e anche il pilota
non cerca troppe scuse, ma sembra certo che a
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rallentare Marc sia stata una gomma “difettosa”,
o, quanto meno, non perfettamente centrata.
Sfuma così l’undicesima vittoria consecutiva: se
Marquez avesse trionfato anche a Brno, secondo
me le avrebbe vinte tutte e sarebbe entrato nella
storia, più di quanto già non lo sia adesso.
GP GRAN BRETAGNA: UN ALTRO
CONTATTO
MARQUEZ/LORENZO
Marquez e Lorenzo non si amano e il loro modo di
concepire le corse è totalmente differente: a Silverstone, i due danno spettacolo con un’altra sfida da pelle d’oca, con sorpassi e controsorpassi
incredibili, fino a quello del 18esimo giro, con
Marc che conquista perentoriamente la prima
posizione. Secondo Jorge, il contatto sarebbe da
sanzionare, ma, per fortuna, la direzione gara la
pensa diversamente: se venisse punito il pilota
della Honda, cambierebbe il motociclismo…
GP SAN MARINO: LA PRIMA
CADUTA DI MARQUEZ
Rossi è in grandissima forma, ma Marquez prova comunque a dargli fastidio, prima di cadere al
decimo giro, commettendo così il primo errore in
gara nel 2014. Cosa sarebbe successo se Marc
non fosse caduto? Luca Cadalora, in una puntata
di “DopoGP” ha detto che Valentino a Misano era
così a posto tecnicamente che sarebbe stato imbattibile per chiunque. Io sono d’accordo: Rossi
avrebbe trionfato comunque, ma la gara sarebbe
stata sicuramente più spettacolare e avvincente.
GP ARAGON: DOVIZIOSO
PRIMO SE…
Accadono tante cose ad Aragon, che avrebbero
potuto cambiare le sorti del GP, come la caduta
di Rossi al quarto giro, mentre era quarto e super
competitivo, o come l’inizio della pioggia al 12esimo passaggio, la scelta di Pedrosa e Marquez di
MotoGP
non cambiare moto e gomme nonostante l’asfalto bagnato, con conseguente scivolata per entrambi. Ma per me, l’episodio chiave è la caduta
di Dovizioso al 19esimo giro, poche curve prima
di rientrare ai box, mentre si trovava in scia a
Lorenzo, poi vincitore della gara: se non fosse
scivolato, Andrea sarebbe salito sul gradino più
alto del podio, per quella che sarebbe stata una
vittoria da ricordare a lungo.
GP GIAPPONE: CONTA SOLO
IL TITOLO
Sul circuito di “casa”, Marquez può regalare il titolo alla HRC.
Un elemento fondamentale per l’andamento della gara: senza la pressione di dover finire a tutti i
costi sul podio, specie dopo due cadute consecutive, Marc avrebbe vinto il GP e non si sarebbe
accontentato del secondo posto alle spalle di un
Lorenzo comunque velocissimo.
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GP AUSTRALIA:
GOMME DECISIVE
Tanti “se” a Phillip Island: se la temperatura non
fosse calata così velocemente, la gomma asimmetrica anteriore non avrebbe creato grandi
problemi, Marquez avrebbe vinto e Crutchlow
sarebbe finito sul podio. Se la gomma posteriore
di Lorenzo non fosse stata “difettosa”, si sarebbe assistito a una bella sfida tra i due piloti della
Yamaha. Se Dovizioso fosse partito dalla seconda fila – e non dalla quarta – sarebbe salito sul
podio.
GP MALESIA: DUE CADUTE
PER PEDROSA
Finalmente aggressivo fin dall’inizio, Pedrosa,
che ha il passo per giocarsela con il compagno
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MotoGP
di squadra, cade all’ultima curva del secondo
giro, per poi scivolare nuovamente al 13esimo
giro. Per Dani è un’occasione persa: Marquez era
difficilmente battibile, ma avrebbe potuto quanto
meno provarci.
GP VALENCIA: LA PIOGGIA
MANDA IN TILT LORENZO
Anche a Valencia, inizia a piovere a gara in corso: poche gocce di pioggia che, però, mandano completamente in tilt Lorenzo, velocissimo
sull’asciutto, in grandissima difficoltà sull’umido,
fino a decidere di provare a cambiare gomme,
sperando in una pioggia più forte. Un episodio
che non cambia le sorti del campionato, ma senza l’acqua Jorge avrebbe finito la stagione con un
podio e non con un avvilente ritiro.
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MotoGP
I tifosi si chiedono se il prossimo anno
Aprilia ci sarà ancora in SBK
«Stiamo finalizzando un progetto con Red Devils
perchè partecipi come team ufficiale e avendo
quello che serve per continuare a vincere».
Romano Albesiano (Aprilia)
“Presto al top in MotoGP”
di Nico Cereghini | Romano Albesiano, responsabile gestione sportiva
Aprilia, felice per il titolo SBK con Guintoli e pronto al debutto in
MotoGP con Melandri racconta a Nico Cereghini i retroscena e i
progetti del team Aprilia
R
omano Albesiano, responsabile gestione sportiva Aprilia, felice per la
conquista del titolo SBK con Guintoli
e pronto al debutto in MotoGP con
Melandri racconta a Nico Cereghini i retroscena e
i progetti del team Aprilia. «E’ stata una stagione
pazzesca. Guintoli è andato forte da subito e ha
tenuto un ottimo livello. Durante la stagione siamo migliorati molto anche grazie al lavoro svolto
da Marco Melandri che ha dato un grande contribito a questo titolo».
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E’ difficile gestire una squadra e i giochi di
squadra.
«Gestire una situazione del genere non è facile. Io
ringrazio Marco e contiamo su di lui per sviluppare le moto e per vincere».
E la in MotoGP?
«Con Gresini c’è perfetta sintonia e stiamo lavorando al meglio. Partiamo con modestia perché
c’è molto da imparare però abbiamo tutti i mezzi
per arrivare al top in 3 anni».
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SBK, Fabrizio a Jerez
sull’Aprilia del team Red Devils
di Carlo Baldi | Ecco le ultime trattative di mercato mentre iniziano i test
invernali Superbike. Un fitto programma che si svolgerà a Jerez, Aragon
e Portimao. Ritorno di fiamma tra Red Devils e Michel Fabrizio?
N
on si sono ancora spenti gli echi e
le polemiche conseguenti all’ultimo round SBK di Losail e già ci si
prepara al mondiale 2015. Il mercato sta emettendo gli ultimi verdetti e si sta
sempre più definendo quella che sarà la griglia
di partenza del prossimo mondiale delle derivate dalla serie. Sono stati ufficializzati i passaggi
di Rea alla Kawasaki, di Guintoli alla Honda e di
Haslam al team Red Devils, che sta ora decidendo quale pilota affiancare all’esperto Leon. Molti
i nomi nella lista di Andrea Petricca (compresi
Mattia Pasini e Fabio Massei) e tra questi anche
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quello di Michel Fabrizio, che ha già fatto parte
del team capitolino nel 2013 e che, prima che le
loro strade si dividessero (Michel corse gli ultimi
4 round della stagione al posto dell’infortunato
Rea nel team Pata Honda Ten Kate, mentre sulla
RSV4 salì Toni Elias) ) riuscì a regalargli un podio
mondiale in gara uno a Phillip Island (terzo dietro
a Guintoli e Laverty per un podio tutto Aprilia).
Fabrizio quest’anno ha corso inizialmente con le
Kawasaki del team Grillini, ma a maggio, dopo le
due gare di Imola, decise di fermarsi in attesa di
un’occasione migliore. E ad offrirgli questa occasione sarà ancora Petricca, che nei test di Jerez
del 24 e 25 gli farà provare l’Aprilia RSV4. Nulla di deciso o di definitivo, però è chiaro che nel
caso di buone prestazioni a Jerez, per il pilota di
Frascati si potrebbero riaprire le porte del mondiale Superbike. Un campionato nel quale Michel
può vantare 217 gare disputate, 4 vittorie e ben
35 podi.
Ritorni di fiamma
E parlando di ritorni di fiamma da segnalare anche quello di Bryan Staring che ritornerà sulle
Kawasaki del team Pedercini nella classe Stock.
L’età massima è stata portata a 28 anni (mentre
nella Stock 600 è ora a 24) e questo consente
al pilota australiano di tornare a dare la caccia
a quel titolo che nel 2012 gli sfuggì solo all’ultima gara a Magny Cours. Due graditi ritorni per
la squadra di Volta Mantovana anche in Superbike, con Jeremy Guarnoni ed il campione EVO
2014 David Salom. Il primo ha già corso con il
team Pedercini nel 2012 in Stock 1000 (solo le
prime tre gare) mentre il secondo nel 2009 nel
mondiale Superbike. Inizia invece un capitolo
Superbike
completamente nuovo per Niccolò Canepa che
nel 2015 correrà nelle fila del team Hero EBR, in
una squadra che sarà completamente rinnovata
specialmente dal punto di visto tecnico. Dopo un
primo anno di apprendistato EBR sembra intenzionata a fare sul serio, forte dell’appoggio della
Hero, produttore indiano da oltre sei milioni di
moto l’anno.
Debutto assoluto in Superbike per il team Go Eleven che dopo anni di militanza nelle classi Stock
ed in Supersport, il prossimo anno farà il grande
salto nella classe maggiore con una Kawasaki affidata allo spagnolo Jordi Torres. Dopo Nico Terol, approdato al team Althea assieme a Baiocco,
ecco quindi un altro pilota proveniente dal mondiale Moto2. Torres ha 27 anni e può vantare una
vittoria in Moto2 nel 2013 al Sachsenring. Così
come Terol dopo un’annata anonima in Moto2,
ha deciso di rilanciarsi nelle derivate dalla serie..
Riusciranno ad adattarsi alle potenti Superbike? Una domanda che avrà presto una risposta
in quanto a giorni vedremo in pista molte delle
squadre Superbike già in versione 2015.
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Superbike
Leandro Mercado
il campione STK 1000 passa in SBK.
Con la Panigale
di Carlo Baldi | Vincitore della Fim Superstock 1000, il giovane pilota
argentino correrà ancora per il team Barni e con la Panigale, ma nel
2015 passerà in superbike
L
eandro “Tati” Mercado, 22enne argentino, ha vinto il campionato Fim Superstock 2014 con un’ultima gara corsa
con il coltello fra i denti. L’anno prossimo correrà ancora per il team Barni ma con la
Panigale in versione superbike. Leandro ha iniziato ad andare in moto a tre anni, e a sei ha iniziato con le prima gare di flat track. A sedici anni
è andato a correre negli USA finendo terzo nella
Red Bull Rookies Cup, L’anno dopo, il 2009, ha
corso nella Sportbike e Supersport e approdando in Italia, al Civ, con la Kawasaki Stock 600 del
team BWG. Nel 2001 è stato ingaggiato dal team
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Pedercini per correre nella Superstock 1000 Fim
Cup, Sempre con lo stesso team è passato alla
superbike nel 2012. «Ma era un po’ presto». Ricorda Leandro. Ora, dopo due anni in Stock 1000
e il titolo appena conquistato, l’esperienza è ben
diversa e lo spirito come le motivazioni hanno altro spessore.
In più, il nuovo regolamento tecnico in vigore dal
2015 darà qualche vantaggio in più alla Panigale
rispetto a quest’anno: «La Panigale è una moto
competitiva, è stato fatto un buon lavoro di sviluppo e credo che l’anno prossimo lo sarà ancora
di più».
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Superbike
Ivan Goi e Federico Caricasulo
campioni CIV, intervistati
a EICMA 2014
di Carlo Baldi | I campioni italiani SBK e SS raccontano le difficoltà e le
sfide del campionato appena terminato e parlano dei loro progetti per la
prossima stagione
I
campioni italiani SBK e SS raccontano le difficoltà e le sfide del campionato appena terminato e parlano dei loro progetti per la prossima stagione. Ivan Goi, Campione italiano
SBK CIV: «Ho avuto avversari con più esperienza
e sono riuscito a conquistare il titolo solo all’ultima gara. Per il prossimo hanno non so ancora
nulla. Mi piacerebbe rimanere con il mio team,
sarebbe bello cambiare categoria e magari passare a livello mondiale o europeo».
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Federico Caricasulo Campione Italiano Super
Sport: «Ho partecipato alle tappe italiane del
mondiale SBK. Imola è finita subito perché mi
sono toccato con Tony Elias.
A Misano ci siamo rifatti conquistando due terzi
posti nella categoria Evo.
La moto è diversa rispetto a quella che uso nel
CIV. Il prossimo anno difenderò il titolo e dubito
che farò più gare nel mondiale di quelle che ho
corso quest’anno».
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Media
Sport
difesa vista la situazione, Tomac non ha avuto
problemi a far sua anche la seconda frazione e la
manche disputata assieme ai piloti della SX2 che
lo ha decretato Re di Genova. Con un secondo
ed un quarto posto la seconda piazza è andata
a Zac Osborne, mentre il terzo gradino del podio
è finito a Pourcel; quinto e primo degli italiani
Matteo Bonini, che ha chiuso il campionato italiano supercross al posto d’onore alle spalle del
transalpino Martin Christophe. La finale SX2 ha
invece registrato il successo dell’olandese Nick
Kouwenberg il quale ha piegato Francesco Muratori e Dario Marrazzo, quest’ultimo impostosi
nella classifica tricolore. Vittoria azzurra invece
nella 125 con Filippo Zonta che ha preceduto Nicola Soato e che si è fregiato del titolo italiano.
Foto di Fabio Principe
Eli Tomac vince
il Supercross di Genova 2014
di Massimo Zanzani | Lo statunitense si impone facilmente in tutte le
manche e piega Osborne e Pourcel; a Kouwenberg la SX2 e a Zonta la
125
L’
edizione 2014 del Supercross di
Genova non ha praticamente avuto storie visto il dominio assoluto di Eli Tomac che non ha avuto
rivali in grado di arginare il suo strapotere. Soprattutto con la seconda manche, quando il neo
acquisto Yamaha Justin Barcia è arrivato lungo
all’atterraggio di un quadruplo ed ha tamponato
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Christophe Pourcel finendo a terra mentre stava
arrivando Tomac il quale non ha potuto evitarlo.
Nel contatto Barcia, che nella prima manche si
era piazzato secondo, ha accusato un leggero
trauma cranico ed un non preoccupante schiacciamento della cassa toracica che hanno reso
necessario il suo ricovero precauzionale in ospedale. Fuori il suo maggior rivale, e con Pourcel in
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Dakar
Laia Sanz
“Ho una gran moto,
sono pronta per la Dakar”
di Nico Cereghini | La 28enne catalana già nell’ultima Dakar aveva fatto
molto bene. Ora è nel team ufficiale HRC, ha partecipato al rally del
Marocco e si è super allenata
H
a collezionato sedici titoli mondiali, tredici nel trial e tre nell’enduro,
Eulalia Sanz Pla-Giribert, in arte
Laia Sanz. La 28enne di Corbera
de Llobregat, in Catalogna, quest’anno è entrata a far parte del team HRC: sarà una dei cinque
piloti ufficiali Honda (potete vedere qui la video
intervista di Joan Barreda e di Jeremias Israel) al
via della prossima Dakar con la nuova CRF 450
Rally. Se c’è una donna che può fare veramente bene nel rally più difficile del mondo, quella è
proprio Laia Sanz – lo ha detto il responsabile
dei rally per HRC, Martino Bianchi – e la forte
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spagnola è consapevole delle sue qualità, così
come del grande lavoro di preparazione che ha
svolto in questi mesi. Correre la gara più dura,
doversi confrontare con piloti maschi che non le
concederanno nulla, sono tutte condizioni che in
fondo la stimolano ancor di più. Al microfono di
Nico Cereghini, durante la recente Eicma, Laia
ha raccontato come si sta allenando e come sta
affrontando la nuova avventura da “ufficiale”:
«Con una moto molto completa in tutti i sensi.
Non sarà una sfida facile la Dakar, ma con tutta
la squadra abbiamo fatto e stiamo facendo un
buon lavoro per cercare di vincerla».
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Jeremias Israel
alla Dakar 2015 da protagonista
di Piero Batini | Il Team Honda HRC schiera cinque piloti alla Dakar
2015. Oltre a Barreda, Gonçalves e Rodrigues, anche Laia Sanz e
Jeremias Israel, il pilota cileno che si è messo in luce nelle ultime
due edizioni e che abbiamo intervistato
J
Jeremias Israel, un sudamericano alla corte di Honda. Sei
contento delle “promozione”?
«Sì, certo, sono molto contento
di essere entrato a far parte del
Team HRC, e sono molto eccitato all’idea di lavorare con loro
per la prossima Dakar».
E come è stata la storia?
Come sei arrivato al Team ufficiale Honda?
«Sono uno “nuovo” alla Dakar.
Vi ho partecipato nel 2013 e
2014. Penso di aver disputato
delle buone tappe e di aver fatto un buon lavoro in queste due
prime edizioni a cui ho partecipato.
Durante la scorsa edizione ho
fatto una grossa caduta, con
la conseguenza di un infortunio serio, e ho dovuto lavorare duramente per ritornare.
Nelle ultime gare ero stato in
contatto con Honda, con loro
ho corso per molti anni in passato, l’anno scorso ho avuto
l’opportunità di correre con
un altro Team, ma finalmente
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quest’anno sono riuscito a centrare il bersaglio».
Si sente dire che Francisco
“Chaleco” Lopez potrebbe essere in procinto di chiudere la
sua carriera. In questo caso è
immaginabile che la tua gente
del Cile si aspetti molto, e ancora di più da te?
«Io spero che Chaleco non lasci
i Rally. Spero che corra anche
la prossima Dakar. Penso che
abbia ancora un grande potenziale. Questo è quello che spero
per lui. Per quanto riguarda me,
l’eventualità non cambia molto
le cose. io ho il compito di lavorare e di perseguire l’obiettivo
di un successo Honda».
E quindi di aiutare l’intero
Team a riuscirci?
«Sì, certo. Il nostro obiettivo è
vincere la Dakar. Tutti quanto
stiamo lavorando molto per
fare in modo che la squadra ci
riesca. Che poi sia Joan Barreda, Paulo Gonçalves, io o
chiunque altro della Squadra
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Dakar
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
a vincerla non fa differenza.
Lavoriamo insieme per questo,
per tentare di far vincere Honda».
Com’è la nuova moto?
«La nuova Honda CRF450
Rally ufficiale è sorprendente.
Come ho già detto è una nuova moto, e io per la verità l’ho
provata solo in alcuni test e al
Rally OiLibya del Marocco. Ho
avuto l’opportunità di provarla
a fondo e di andarci forte. È una
moto incredibile! Molto meglio
di qualsiasi moto io abbia mai
guidato sino ad ora. Non vedo
l’ora di prenderci completamente la mano».
Quindi, la moto e te, un grande passo avanti?
«Un grande miglioramento, ma
soprattutto una grande opportunità. Ottenendo il supporto
ufficiale del Team ho avuto una
grande fortuna, adesso tocca a
me lavorare per riuscire a ottenere il meglio in termini di risultati. Per me e per Honda».
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Capo Redattore
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Grafica
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Collaboratori
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Carlo Baldi
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Ottorino Piccinato
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Antonio Gola
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