LE “AQUILE” PER LE STRADE DIFFICILI

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LE “AQUILE” PER LE STRADE DIFFICILI
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LE “AQUILE”
PER LE STRADE
DIFFICILI
Dalle prime motociclette
concepite per il fuoristrada
alla moderna Stelvio 1200 4V
Il mito delle moto preparate
per la guerra
Le Lodola e Stornello
per le gare di regolarità
di Filippo Zanoni
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N
on è una storia che racconta di 8 cilindri a V,
progettati da un genio che non c’è più. Niente
carenature a campana, frutto di una galleria del vento
ai piedi della Grigna. Nessun cronometro, per cercare
nel quadrante un tempo minore, frutto di ore e ore di
lavoro al banco di prova per cercare di togliere decimi di secondo al tempo sul giro. Tentando negli ufci
tecnici di levigare grammi preziosi a ciò che è già stato
alleggerito e andando a caccia di cavalli nelle pieghe del
foglio steso sul tecnigrafo, intuendo nuove soluzione
meccaniche.
Questa storia non ha il colore dell’asfalto ma quello variabile delle strada ancora naturale, grezza, abbozzata.
O, in alcuni casi, inventata sul momento. E’ un racconto che sa di fango. Terra informe che arriva al polpaccio
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o dipinge i volti, facendo emergere soltanto gli occhi
di chi guida. Sguardi che cercano la prossima curva, il
successivo dosso. O che guardano per ore le strade nei
pressi di Mandello del Lario. Cercando di stancare una
moto da collaudare, con qualsiasi tempo, in qualsiasi
stagione, per sperare di trovarle un difetto.
Andando a cercare le vicende delle Moto Guzzi da regolarità, cross ed enduro, emerge un nome, ancora scritto
nei documenti chiusi negli archivi della fabbrica.
La storia del legame tra le moto dell’Aquila e il fuoristrada può partire da un coriaceo collaudatore: Guido
Corti. In una foto, appena terminato il mitico Circuito
del Lario, il suo volto dice tutto senza pronunciare parola. Basta guardarlo: attaccata agli stivali, sulle primitive “saponette” poste sulle ginocchia e sulla giacca, c’è
solo polvere.
Ci si riduceva anche così, nel 1925, correndo su “strada”. Virgolette d’obbligo, per meglio denire gli sterrati
sui quali si disputavano le corse.
La relazione tra la Moto Guzzi e le strade difcili è cosa
antica, dettata dalla necessità. Le motociclette, all’epoca
sono, per forza di cose, vere e proprie “tutto terreno”,
vista la limitata diffusione dell’asfalto.
Le caratteristiche tecniche assecondano quelle che sono
le necessità di guida non solo dei piloti ma anche dei
normali utilizzatori: la Normale del 1921, primo modello della Moto Guzzi, è addirittura priva del freno anteriore. Sulle pessime strade dell’epoca frenare con forza
con il freno anteriore signica perdere il controllo della
motocicletta. Per evitare manovre poco adatte,
Nella pagina a sinistra, la Lodola utilizzata dalla Moto Guzzi per
competere nelle gare di regolarità a partire dal 1958.
In questa pagina, in alto, lo Stornello; al centro, una della prime versioni
di 125 cm3 di questo modello; in basso, un’altra versione della Lodola.
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Il sidecar Trialce esposto al Museo della Moto Guzzi.
Questo mezzo, rimasto allo stadio di prototipo, ha la trazione
anche sulla ruota del carrozzino.
meglio eliminare la tentazione di tirare la leva.
Tempi eroici del motociclismo. Si usa la moto più per necessità che per piacere. La Moto Guzzi tra gli anni Venti
e Trenta si afferma come grande costruttore di moto,
caratterizzando le sue creazioni con innovazioni tecniche. Anche quando le strade sulle quali si svolgono le
competizioni sono migliorate, negli anni Trenta, la Casa
dell’aquila non ha mai smesso di studiare per la ciclistica
delle sue motociclette soluzioni innovative. Nel gennaio
del 1928, poco più di ottant’anni fa, Carlo Guzzi, propone la G.T. con telaio elastico.
Come tutte le novità, anche questa è inizialmente poco
compresa dal pubblico: di questa motocicletta, poi soprannominata Norge per via del raid al Circolo Polare
Artico compiuto da Giuseppe Guzzi, sono prodotti solo
78 esemplari.
Inizia il periodo d’oro dell’azienda: la Moto Guzzi è, nel
1934, la più grande fabbrica italiana di motociclette.
La consacrazione tecnica denitiva è ottenuta dal sistema
di sospensioni integrali con le grandi vittorie al Touri42
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st Trophy nel 1935 nelle classi 250 e 500. Sono le competizioni ad accrescere il bagaglio tecnico della Casa in
questo periodo, senza però incrementare la competenza
nel settore fuoristrada. Il fascino del progresso e delle
competizioni su strada è troppo seducente per relegare le
moto alle strade polverose.
Per farlo, occorre un avvenimento eccezionale. Il primo
impulso alla preparazione di una motocicletta da fuoristrada è stato dato alla Moto Guzzi dalle vicende belliche.
Per muoversi velocemente ovunque c’è bisogno di un
mezzo che sia estraneo agli allori del “TT”. Deve essere
una motocicletta afdabile e robusta in ogni situazione.
L’esigenza dell’esercito di avere una moto adatta ad ogni
terreno ha indotto la Moto Guzzi a preparare nel 1932
la G.T. 17, derivata dalla G.T. 16 civile. Utilizzata per la
prima volta nella guerra d’Africa del 1935-1936, è famosa
per la sua robustezza. Nel 1939 questa motocicletta è sostituita dall’Alce. Alla versione denitiva la Casa di Mandello non giunge subito. Una versione intermedia, la G.T.
20, può essere infatti considerata una pre-serie. Sempre
1939 appare la Cicogna, una moto sperimentale derivata
dalla GT 17 e dall’Alce. Progettata per percorrere strade
di montagna coperte di neve, è pensata anche per una
possibile fornitura all’esercito nlandese. Tra le sue particolarità vi era quella di poter essere dotata di un paio di
sci, caratteristica che la può far considerare progenitrice
delle motoslitte moderne.
La G.T. 17 è allestita anche in versione sidecar, in grado
di trasportare tre soldati. Questa motocicletta può essere
considerata un mezzo di transizione. L’evoluzione di questa è un mezzo totalmente nuovo: il Trialce. Il carrozzino
con ruota motrice costituisce la novità tecnica più consistente. Le vicende belliche hanno però soffocato questo
progetto: un altro Trialce, un motocarro, è prodotto utilizzando parte del telaio dell’Alce.
Finita la guerra, ad essere protagoniste del settore tutto
terreno sono l’Alce V e la Superalce. Ritornano le grandi
competizioni, la Moto Guzzi stravince ovunque con le
motociclette di Giulio Cesare Carcano, assistito da Umberto Todero ed Enrico Cantoni. Si esplorano territori
vergini della progettazione, arrivando a costruire la superba 8 cilindri. Dopo tante vittorie (14 titoli mondiali e
11 Tourist Trophy, arriva però la fredda ventata del ritiro
dalle competizioni dovuto al celebre “patto di astensione” siglato nel 1957 tra le grandi case costruttrici.
La Moto Guzzi decide nel 1958 di dedicarsi alle competizioni di regolarità proprio con la Lodola. Nella versione
di 175 cm3, questo modello sembra essere l’ideale: è leggera, robusta, con un motore non potente ma elastico e
generoso ai bassi regimi. Per il reparto corse della Moto
Guzzi, protagonista di tanti anni di corse ad alto livello,
trasformare la Lodola in un’agguerrita motocicletta adatta anche ai terreni fangosi è un gioco da ragazzi. Carcano, Todero e Cantoni non perdono tempo e preparano
la Lodola per la prima gara di regolarità, il Trofeo Reda
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a Bergamo. Le modiche effettuate sono poche. Cambia
parte della ciclistica, con forcella più robusta e ammortizzatori posteriori a molle scoperte montati in posizione
verticale, manubrio alto, parafanghi più adatti, marmitta rialzata, gomme tassellate e sellone. In questa prima
gara vincono i piloti Moto Guzzi Gianfranco Saini, Sergio Cremaschini e Bruno Villa. Dopo un primo anno di
competizioni la Lodola subisce nel 1959 delle modiche
che la rendono più competitiva. I propulsori sono il 175
cm3 con albero a camme in testa e un 235 cm3 ad aste e
bilancieri con cambio a quattro rapporti. Questa versione di maggiore cilindrata ha il cilindro in lega leggera
con canna cromata. Anche il telaio viene rivisto. Grazie
all’esperienza maturata nelle gare è irrobustito nella parte
vicino al cannotto di sterzo ed è accorciato il forcellone.
Solo in questa disciplina la Casa di Mandello del Lario
partecipa in modo ufciale. Nel motocross ci sono solo
le motociclette dei privati. Le cilindrata nelle quali è proposta sono 175, 235 e 247 cm3 (quest’ultima prodotta in 5
esemplari). Queste versioni sono tutte con la distribuzione monoalbero in testa (tranne le prime di 235 cm3).
E’ protagonista vincente di competizioni come le Valli
Bergamasche e delle varie Sei Giorni che si corrono in
vari stati europei. Derivata dal modello stradale (prodotto no al 1966), è l’ultimo modello progettato interamente da Carlo Guzzi. Nel 1967 le motociclette ufciali sono
ulteriormente perfezionate: la cilindrata è ora di 247 cm3,
il cambio è a cinque rapporti. La potenza è di 16 CV a
In alto, lo Stornello da cross di 175 cm3 realizzato dal preparatore
torinese Aldo Mirimin.
In basso, il particolare del carter destro, tagliato per evitare
gli accumuli di fango sul pignone.
7.500 giri/minuto, mentre il peso è di 120 kg. L’avventura
ufciale della Lodola continua no al 1966, anno in cui
subentra lo Stornello. Derivato dalla motocicletta stradale presentata nel 1960 ha un ruolo importante nella storia
delle Moto Guzzi con una versione regolarità lanciata nel
1962. Il cambiamento di strategia della Casa è frutto dei
piccoli cambiamenti introdotti nella specialità, come le
tabelle di marcia più favorevoli alle piccole cilindriate. Il
propulsore di questa motocicletta eroga 12 CV a 8.000
giri/min. Il peso è di 95 kg. Lo Stornello non è in vendita: solo ai concessionari meritevoli sono venduti gli
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In alto, uno Stornello Sport di 175 cm3 da cross, realizzato in unico esemplare
alla ne del 1968 da Mirimin: da notare il grosso contenitore del ltro aria.
In basso, il freno a disco anteriore della Campagnolo, uno dei primi ad essere
montato su questo tipo di motociclette.
esemplari utilizzati nel corso della stagione. Nel 1966 viene distribuito alla rete commerciale (a 267.000 lire), ma
non ha grande successo per la grande concorrenza con le
analoghe motociclette prodotte dalla Gilera e dalla Moto
Morini. E’ rimasto in catalogo no al 1967.
Una mancanza di “appeal” forse dovuta anche al ritiro della Moto Guzzi nel 1964 dalle competizioni nel
campo della regolarità. Il testimone passa idealmente al
Dingo, la cui versione da cross appare nel 1967. Sempre
in quest’anno è nalmente venduta la V7, motocicletta
equipaggiata con il propulsore bicilindrico a V di 90°.
E’ un momento importante per la Moto Guzzi: nasce il
motore che caratterizzerà la sua produzione no ai giorni
nostri. Questo periodo coincide però con il termine della
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produzione da enduro della Moto Guzzi.
L’interesse per questa fascia di mercato non cala mai del
tutto. Seppure timidamente, l’azienda continua a produrre moto destinate all’utilizzo off-road. Nel 1970 entra in
produzione il Dingo Cross, cui fanno seguito la Tuttoterreno del 1974 e la Cross 50 del 1973.
Nel novembre del 1981 c’è un primo esperimento di
moto enduro-stradale, con il prototipo della V 50 TS
(Tutta Strada). E’ l’inizio di una nuova serie di motociclette, la cui capostipite è la V 35 TT del 1983 (e la sorella
maggiore V 65 TT). C’è anche il tentativo di partecipare
alle gare di enduro, con il prototipo V 65 Baja.
Negli anni successivi ci sono i nuovi modelli 125 TT del
1985 e 350 NTX nel 1987.
La motocicletta più interessante viene presentata nel 1989.
E’ la Quota 1000, prodotta regolarmente dal 1991 nella
versione equipaggiata con l’iniezione elettronica. Questo
modello subisce un ulteriore evoluzione alla ne del 1997,
con motore di 1.064 cm3. La strada che deve percorrere
in questo periodo la Moto Guzzi è accidentata. I modelli
sono vecchi e i vari passaggi di proprietà non agevolano
un sereno sviluppo della Casa.
Comprata nel 2000 da Ivano Beggio, l’imprenditore veneto dell’Aprilia, l’azienda di Mandello del Lario non riesce a risollevarsi, venendo poi travolta dalle difcoltà del
gruppo veneto. Ci vuole la forza del gruppo Piaggio di
Roberto Colaninno per acquistare, alla ne del 2004, il
gruppo Aprilia-Moto Guzzi, operazione che dà slancio
alla produzione di nuovi modelli. Ultimo, tra questi, una
moto per tutti i terreni. Come nei primi anni della Moto
Guzzi, c’è una moto per andare ovunque.
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A distanza di 10 anni la Moto Guzzi è tornata a produrre una motocicletta valida per ogni tipo di terreno, la
Stelvio, allestita partendo dal nuovo motore “Quattrovalvole” recentemente sviluppato dalla Casa lombarda. Il
propulsore bicilindrico a V di 90° di 1.151 cm3 è in grado
di erogare 80.8 Kw (110 CV) a 7.500 giri al minuto, con
una coppia di 108 Nm a 6.400 giri al minuto.
Una motocicletta in grado di affrontare, come la prima
Moto Guzzi, qualsiasi tipo di terreno. Grazie anche alla
ciclistica, con la forcella anteriore a steli rovesciati da 50
mm con escursione di 170 mm e il forcellone monobraccio posteriore a leveraggio progressivo con escursione di
155 mm. Il doppio disco ottante anteriore di 320 mm di
diametro con pinze a 4 pistoncini contrapposti e il disco
sso da 282 mm con pinza ottante a 2 pistoncini. Perfezionata anche la trasmissione, con l’innovativo cardano
reattivo compatto. Segno del gusto per l’innovazione,
mai trascurato da Moto Guzzi.
In alto, lo Stornello da regolarità del 1964, motociclo utilizzato dalla
squadra ufciale della Moto Guzzi; in basso, particolare del ltro
aria a “scheda”, contenuto nel vano sotto la sella.
LE MOTO GUZZI DA CROSS
Completamente diverso, invece, il discorso dell’altra
grande disciplina delle moto con “ruote artigliate”: il
cross. Qui la Moto Guzzi non ha mai partecipato in
modo ufciale con le sue motociclette. Questo compito
è stato svolto dalle concessionarie e da singoli preparatori. La prima a realizzare queste motociclette è stata
la concessionaria Moto Guzzi per Torino e provincia
Gamba e Dolza. Tra il 1959 e il 1961 hanno realizzato
una motocicletta da motocross su base delle Lodola di
175 e 250 cm3 con telai realizzati dall’esperto Carrù.
Prima di questa motocicletta era stato preparato un
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GRANDIEVENTIINTERNAZIONALI
In alto, una della versioni della Moto Guzzi Quota 1000,
motocicletta prodotta a partire dalla ne degli anni Ottanta.
In basso, la moto che ha partecipato nel 1986 alla Parigi-Dakar.
E’ equipaggiata con un motore di 750 cm3, in grado di erogare
52 CV a 7.100 giri/minuto.
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Falcone, reso idoneo all’uso nel cross. Ne sono stati realizzati due. Uno è stato afdato a Vincenzo Soletti e
un altro ad Antonio Moretti. Avevano il cilindro orizzontale. Il propulsore, potenziato con alcuni particolari
del motore del Dondolino, era alloggiato in un telaio a
doppia culla. Le sospensioni sono idrotelescopiche. Di
questo particolare Falcone sono state realizzate due versioni. La prima con il motore disposto orizzontalmente,
come in origine. Nella seconda versione, comparsa nel
1962, il motore era inclinato verso l’alto, con la testa collocata sotto il cannotto di sterzo per contenere il passo
della moto. La moto era troppo “lunga” e il telaio è stato
preparato in questa versione dallo specialista di Cremona
Muller (già costruttore del telaio a doppia culla dell’Aermacchi di Lanfranco Angelini).
Questa versione è stata costruita in un solo esemplare.
Condotta da Vincenzo Soletti e altri piloti, ha ottenuto
buoni piazzamenti anche in gare di campionato nazionale. Di Lodola sono stati realizzati pochi esemplari. Nel
1962 Gamba e Dolza entrano in possesso degli Stornello
ufciali. Questa motocicletta costituiva una base molto
più valida dalla quale partire. Le modiche consistevano nella sostituzione dei cerchi, dei parafanghi, del ser-
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batoio e del rinforzo del telaio nei punti più critici. Nel
propulsore venivano invece cambiati il pistone, l’albero
a camme e le valvole. Bilancieri e testa venivano adeguatamente modicati. Queste motociclette sono utilizzate
da Aldo Mirimin e Carlo Colombari. Con queste i due
piloti affrontano il Campionato Motocross Minore” (così
all’epoca si chiamava il campionato cadetti).
Nel 1963 costruiscono delle special alleggerite. La federazione, nel 1965, crea la classe 175 cm3. Per adeguarsi a
questa variazione, la 125 subisce un incremento di potenza, no ad adeguarsi alla nuova classe.
LE MOTO GUZZI DA TRIAL
Nel campo del trial, l’esperienza più signicativa è quella
di Carlo Colombari. Dopo aver realizzato con Mirimin
le moto da regolarità, realizza insieme al pilota Pippo
Bartorilla motociclette da trial, sfruttando l’esperienza
accumulata in anni di competizioni. Nel 1979 Bartorilla
ha partecipato alla Scottish Six Days Special, suscitando
l’ammirazione degli specialisti inglesi. Sono stati realizzati dodici esemplari di questa moto, alcuni dei quali sono
abitualmente usati dai proprietari in occasione di manifestazioni riservate alle moto da trial d’epoca.
In alto, una 750 NTX del 1990 ancora utilizzata dalla Polizia Municipale ad Otranto, in Puglia. E’ equipaggiata con una variante del bicilindrico a V di 90°, in grado di erogare 61 CV a 7100 giri/minuto.
In basso, la moderna Stelvio segna il ritorno della Casa di Mandello del
Lario nel campo delle grandi bicilindriche da enduro.
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