Il libro di favole illustrato da studenti del Venturi

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Il libro di favole illustrato da studenti del Venturi
Questa raccolta di favole è stata realizzata grazie agli alunni
delle classi terze e quarte delle scuole primarie di Modena e provincia
(A/S 2012/13), e illustrata da allievi
dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Copertina, illustrazione di: Antonella Battilani
Frontespizio, illustrazione di: Irene Delvai
Progetto promosso dal Centro Commerciale i Portali
UNA BELLA ABITUDINE
grazie al sostegno di Eurocommercial Properties Italia e Coop Estense
con il contributo di CIR food
in collaborazione con Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena
e con il patrocinio del Comune di Modena - Provincia di Modena e Regione Emilia Romagna
Progetto grafico di Proxima S.p.A. - Modena
La presente pubblicazione è distribuita in omaggio a fronte di una donazione
che verrà devoluta alle scuole che hanno partecipato alla realizzazione di questa raccolta.
e
l
o
v
a
f
L e a e Pa n a ro
t ra Se cchi
3ª edizione
Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini.
L’iniziativa del Centro Commerciale i Portali denominata “Le Favole tra Secchia
e Panaro” è già alla terza edizione.
Decine di bambini, con l’aiuto delle loro insegnati, hanno attivato la loro
fantasia, elaborando in qualche caso antichi racconti della tradizione locale.
Infatti il sottotitolo “Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini”
è il segreto dal quale scaturisce l’originalità del progetto.
Il progetto coinvolge spesso anche l’ambito familiare all’interno del quale
sono custodite antiche parabole del contesto rurale - tipico del territorio
modenese - il cui “tramando generazionale” risulta a volte impossibile se non
stimolato da iniziative simili a questa… andrebbero così perduti momenti
di tradizione e cultura locale.
… e poco importa se non sempre questi racconti fantastici sono accompagnati
da una “morale”… per me il valore sta nel non disperdere le tradizioni
e riconoscere l’importanza del territorio in cui si vive, facendone risaltare
i particolari spesso nascosti nella fantasia del bambini…
Bravi bambini… e complimenti alle insegnanti che hanno colto
questo messaggio e lavorato per questo progetto.
Erio Baraldi
Direttore del Centro Commerciale
i Portali
La creatività ci rende consapevoli che, ogni cosa fatta, è la testimonianza
tangibile del nostro sentirci “vivi”, dell’essere noi stessi.
Si tratta di un bisogno legittimo, universalmente condiviso che, particolarmente
nei momenti difficili, diviene esperienza necessaria.
La terza edizione de “Le favole tra Secchia e Panaro” ha ereditato un’importante
missione dalle precedenti: confermare che il cuore dei bambini emiliani pulsa
ancora di fantasia e creatività. Nonostante tutto. Soprattutto ora.
Sfogliando i volumi abbiamo potuto appurare la naturale capacità
che i più piccoli hanno di comprendere il mondo psicologico delle persone,
sia narrando eventi quotidiani sia immaginando storie colorate di mondi lontani.
Nei racconti si azzerano i confini e le distanze che spesso gli adulti impongono,
e si intrecciano sogni e vita, paure e speranze, delusioni e desideri.
Utilizzando la fantasia i bambini imparano a conoscere e a confrontarsi
con il reale, se ne difendono, manifestano la volontà e l’ottimismo di cambiarlo.
Tutto questo continuerà a concretizzarsi sino a quando genitori, insegnanti,
educatori considereranno la cultura come prioritaria nei processi di crescita
e apprendimento.
Per questo motivo, anche quest’anno, a tutti loro va il nostro sincero grazie.
Massimo Mezzetti
Assessore Cultura, Sport
Regione Emilia-Romagna
Quando si va a scuola solitamente si crede che sia finito il tempo delle fiabe.
Così fortunatamente non è, perché significherebbe comprimere la fantasia
e l’espressività non solo del bambino.
Questa importante iniziativa editoriale, oltre all’importante coinvolgimento
delle scuole, ottiene di passare per il tramite della descrizione fantastica
ad attivare percorsi di educazione ambientale, di conoscenza della propria
storia, dei luoghi e valori storici ed artistici, dei prodotti tipici, di valori etici
e di relazione, ed arrivare attraverso i bambini anche alle famiglie.
La fiaba quindi come veicolo di trasmissione di contenuti che vengono
assimilati senza la barriera della ufficialità, attraverso il valore simbolico
dei miti e delle ritualità collegate, attivando momenti di lavoro di gruppo,
animazioni, riflessioni guidate con l’obiettivo di stimolare momenti di vita
e collaborazione collettiva dalla semplice composizione di una fiaba alla più
complessa relazione sociale.
Un ulteriore apprezzamento dunque, per questa terza edizione, a tutti
i promotori di questo progetto che sa cogliere nel bambino l’occhio attento della
semplicità e che attraverso la fantasia ci descrive la sua visione delle cose ma sa
soddisfare anche il nostro bisogno di immaginazione e di avventura.
Le fiabe non sono infatti evasione ma una diversa interpretazione delle
possibili vie di uscita, ci offrono la possibilità di leggere, all’interno di ogni
racconto, dei diversi percorsi di vita che celano importanti tracce di quello
che è stato il cammino dell’umanità, della nostra realtà locale, dei problemi,
delle difficoltà e delle ingiustizie in cui si è imbattuta e del modo in cui le
persone (i personaggi), coinvolte hanno affrontato e, spesso, superato le loro
fasi più difficili.
Le fiabe sono preziose perle di saggezza che possono aiutare bambini, ed anche
noi, a crescere in maniera equilibrata, trovando il significato e le giuste
motivazioni del “quotidiano” vivere e soddisfare il nostro bisogno
di immaginazione e di avventura.
Oggi, particolarmente, ne abbiamo tutti, tanto bisogno.
Mario Galli
Vicepresidente della Provincia
di Modena
Le iniziative che promuovono la scrittura e la narrazione creativa, coinvolgendo
direttamente i bambini e i loro insegnanti, meritano un convinto
apprezzamento.
Specie in tempi in cui, complici i media, gli strumenti informatici ed elettronici
e le loro innumerevoli e irresistibili attrazioni fatte di immagini, giochi,
comunicazioni in forma audiovisiva riversate a getto continuo verso i giovani
fruitori, la lettura e l’elaborazione di testi sono diventati una vera e propria
conquista di spazio mentale e creativo.
Va quindi dato merito agli ideatori del Concorso “Le favole tra Secchia
e Panaro”, che stimola una delle forme più antiche e amate di racconto fantastico,
promuove il lavoro collettivo delle classi che si cimentano nell’invenzione
di una fiaba, valorizza il legame con il territorio, con le sue principali
caratteristiche, con la sua storia.
Anche la storia recente, come quella dolorosa di un anno fa che ha costretto
tanti bambini a conoscere il terremoto. Raccontare e inventare è però uno
dei tanti modi per elaborare e lasciare alle spalle i brutti ricordi.
Oltre a questo, che ha grande valore per tutti, le classi premiate possono andare
fiere di avere aiutato la propria scuola, grazie alle finalità solidali del concorso
che prevede di devolvere a favore delle scuole i proventi della distribuzione
del libro delle favole.
Ci sono dunque molte buone ragioni per complimentarsi con i promotori
e con i protagonisti di questa bella iniziativa.
Giorgio Pighi
Sindaco di Modena
La collaborazione fra l’Istituto Superiore d’Arte Venturi di Modena e Proxima
è giunta al secondo anno consecutivo e i risultati ci confortano
e ci stimolano a proseguire.
I due volumi di fiabe, i cui disegni sono realizzati da studenti della scuola d’arte
appartenenti a varie classi, sono una fresca e vivace testimonianza della qualità
realizzativa, della sensibilità espressiva e della capacità
di interpretare - con elaborazioni ricche, originali e personali - le parole
dei racconti scritti dai bambini delle scuole primarie, guidati dalle loro
infaticabili maestre.
La scuola dimostra una volta di più di essere il luogo dove si possono catalizzare
positivamente le energie di quei ragazzi che spesso nei media e nell’opinione
pubblica generale vengono percepiti chiusi nei loro mondi virtuali.
In questo caso gli studenti lavorano nel periodo estivo, in piena autonomia,
poiché le favole vengono consegnate alla chiusura dell’anno scolastico:
noi docenti di materie artistiche e progettuali non facciamo altro che
identificare gli studenti più adatti a sviluppare un percorso di illustrazione
e affidiamo loro le parole dei bambini.
È una sfida e una scommessa sulle loro abilità e sulle loro responsabilità
rispetto all’assunzione di un impegno, ma soprattutto una “prova di volo”
in autonomia rispetto alla guida dell’insegnante.
Quest’anno abbiamo scelto anche studenti giovanissimi, delle prime e seconde
classi, insieme ad altri dotati di maggiore esperienza e, come lo scorso anno,
tutti ci hanno sorpreso con soluzioni inedite e divertenti.
Riteniamo che la possibilità offerta da Proxima alla scuola sia una occasione
irrinunciabile perché i ragazzi possano esercitare il proprio talento sul campo,
provando “dal vero”, realizzando il sogno di condividere il proprio lavoro con
gli altri, facendo uscire dai propri “cassetti” interiori le proprie idee e la propria
personalità.
Gli insegnanti del Venturi che hanno collaborato sono Margherita Mantovani,
Antonella Molinari e Marilena Ballotta.
Antonella Battilani
Docente coordinatrice
Istituto Superiore d’Arte
Venturi di Modena
Illustrazione di: Valeria Morgana Volpi
Illustrazione di: Giada Lanzotti
pag. 16
Clarissa e le tre prove di Cittanova
pag. 22
Il maialino di pietra
pag. 28
Il Ponte del Diavolo
pag. 34
indice
Castelfranchi, una storia, un giardino
Scritta da: classe 4ª D (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Elvira Castelfranchi” - Finale Emilia (MO)
Illustrazioni di: Giulia Silingardi
Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Lanfranco” III° Circolo - Cittanova (MO)
Illustrazioni di: Anita Accorsi
Scritta da: classe 4ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Don Milani” - Castelnuovo Rangone (MO)
Illustrazioni di: Marco Rubbera
Scritta da: classe 3ª U (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “A. Corsini” - Verica - Pavullo nel Frignano (MO)
Illustrazioni di: Rebecca Tremazzi
La faccia della luna (l’unione fa la forza) pag. 38
Scritta da: classe 3ª B (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “C. A. Dalla Chiesa” - Massa Finalese (MO)
Illustrazioni di: Gabriele Melegari
L’aceto magico
pag. 48
Polinacus e storie d’altri tempi
pag. 54
La leggenda del Panaro
pag. 60
Martina e il suo confidente Tepping
pag. 64
Le vasche di Carpi
pag. 70
Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Carlo Collodi” - XI Circolo - Modena
Illustrazioni di: Giada Brini
Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “P. Perini” - Polinago (MO)
Illustrazioni di: Marco Tancredi Bonini
Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)
Illustrazioni di: Enrica Martinelli
Scritta da: classi 3ª C (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Primo Levi” - Castelvetro (MO)
Illustrazioni di: Costanza Maccaferri
Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria Paritaria “Sacro Cuore” - Carpi (Mo)
Illustrazioni di: Tsehay Casarini
Castelfranchi,
una storia,
un giardino
Scritta da: classe 4ª D (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Elvira Castelfranchi” - Finale Emilia (MO)
Illustrazioni di: Giulia Silingardi
C’
era una volta un lombrico, un lombrico sfaticato.
Che non voleva lavorare,
ma starsene sdraiato.
Non voleva pulire i rifiuti speciali,
e tutti gli altri lombrichi fecero uguali.
La Dea della terra si arrabbiò!!
E il lombrico trasformò,
in un essere affamato, stanco ed assetato.
Nella terra si rifugiò,
una talpa incontrò
e alla fine la sposò.
La festa iniziò con un botto che stordì
tutti gli animali che erano lì!!
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Passarono due millenni e dodici anni, e nella vallata attraversata dal
fiume Panaro, c’era un paese con una scuola immensa e un giardino
meraviglioso con fiori dai mille colori.
In questo luogo, di giorno i bambini scrivevano, leggevano,
imparavano, chiacchieravano e nelle belle giornate giocavano
con gli amici in giardino.
Di notte, invece, era abitato da tanti animaletti che durante
il giorno, però, si nascondevano per paura di essere calpestati o
intrappolati da quegli esseri dinamici, giganteschi, chiamati scolari.
Alcuni erano rispettosi della natura, altri si arrampicavano sugli
alberi, catturavano gli insetti, gettavano gli involucri delle merende
per terra. Insomma, sembrava un vero e proprio terremoto!
Un passero, appollaiato sopra un ramo, osservava, ascoltava
e pensava a quello che sarebbe potuto accadere se la famiglia
Lombritalpa si fosse svegliata!
Erano anni, secoli che si era addormentata!
Nel giardino della scuola, accadevano cose meravigliose che solo
pochi riuscivano a percepire!
Un giorno, dei bambini notarono un piccolo albero che non
riusciva a crescere. Decisero di prendersene cura e di difenderlo
dagli attacchi furiosi di altri bambini.
Un venerdì mattina, i bambini che proteggevano l’albero notarono
alcuni bambini che strappavano le poche foglie rimaste.
Subito accorsero in suo aiuto:
“Fermatevi! Non vi hanno mai detto che le piante sono esseri
viventi e bisogna rispettarli?”
“Essi sono indispensabili per la nostra esistenza, se li maltrattate la
Natura si arrabbierà!”
I bambini indispettiti li guardarono, risero a crepapelle
e scapparono via. Rattristati, dopo aver salutato l’albero amico
ritornarono in classe, la ricreazione era finita.
Un bruco che nel frattempo stava costruendo la sua casa, osservò
e ascoltò tutto e pensò che doveva attuarsi una metamorfosi
per cambiare il modo di vedere le cose.
Dopo un po’ s’infilò nel suo bozzolo e si addormentò.
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Giunse la festa della scuola che, come tutti gli anni, veniva
organizzata nel giardino.
Il 19 maggio, quasi tutti i bambini si incontrarono nel giardino
della scuola per festeggiare e per divertirsi.
Gli adulti accesero la musica, si iniziò a giocare, a bere e a mangiare.
La festa dopo un po’ divenne un luogo poco vivibile, c’era tanta
confusione, bambini che urlavano e non capivano neanche quello
che si dicevano, gli involucri di carta e di plastica venivano lasciati
di qua e di là.
I bambini si arrampicavano sugli alberi.
Un vero e proprio delirio!
Gli animali dall’alto delle chiome osservavano esterefatti!
Sottoterra, però qualcosa si stava svegliando!
Forse la troppa confusione stava disturbando qualcuno?
Finita la festa, se così si può definire, si ritornò a casa.
Durante la notte un forte boato svegliò tutti.
La famiglia Lombritalpa, purtroppo, si era svegliata.
Cos’era successo?
Prima e durante la festa i bambini e gli adulti non si erano accorti di
come avevano maltrattato la natura intorno a loro.
Il risveglio dei Lombritalpa provocò dei danni interni alla scuola
e ai monumenti del paese.
Soprattutto la torre del tempo si fermò!
Tutto era in movimento tranne i cuori che parevano essersi fermati
dalla profonda paura.
I bambini non poterono più ritornare a scuola e con il passare del
tempo la situazione divenne ancora più triste.
Il Bruco che si era addormentato si svegliò, trasformato in una
stupenda farfalla.
La metamorfosi era compiuta. La farfalla dopo qualche giretto di
perlustrazione, si accorse che la scuola era deserta, e che nessuno
curava il piccolo albero.
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Volò, volò tanto, fino a quando vide una nuova scuola dove tutti i
bambini giocavano.
Erano tranquilli ma nello stesso tempo un po’ giù d’umore,
perché non c’erano i loro amici alberi, animali e insetti vari
che strapazzavano.
Si resero conto della loro importanza.
Decisero, così, di portare ognuno una piantina e di piantarla nel
nuovo giardino con la promessa di prendersene cura.
Avendo visto quello di cui erano capaci di fare i bambini, la farfalla
si allontanò speranzosa nei vasti campi della vallata.
Anche se i Lombritalpa ancora si fanno sentire, siamo sicuri che si
staranno riaddormentando per altri duemila e dodici anni.
Promettiamo solennemente di rispettare e prenderci cura della
natura, perché se la rispetti lei ti premia.
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Clarissa
e le tre prove
di Cittanova
Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Lanfranco” III° Circolo - Cittanova (MO)
Illustrazioni di: Anita Accorsi
T
anto tempo fa Secchia e Panaro strariparono; le acque
raggiunsero Mutina, perciò gli abitanti presero alcune provviste
e qualche vestito e in fretta e furia fuggirono.
Clarissa con la mamma e altri raggiunsero un isolotto a otto
chilometri dalla città che si trovava vicino alla via Emilia.
Lei si emozionò: quella era la grande via costruita dai Romani nel
187 a.C. e serviva per poter commerciare coi paesi del Nord.
Sull’isolotto in poco tempo sorse una nuova città chiamata
Cittanova.
Clarissa era di famiglia povera e mentre andava in cerca di verdure
trovò alcuni reperti romani: dentro di sé desiderava sposare
un cavaliere longobardo, ma anche aprire un piccolo museo dove
raccogliere vasi, ciotole e fibbie dei regnanti.
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Un giorno mentre stava tornando da Marzaglia sul Secchia
incontrò una maga: aveva un abito scuro ma il suo viso esprimeva
bontà.
Ella le disse:
“Prendi questo anello di bronzo, appartiene ad un cavaliere.
Se tu lo terrai sempre con te potrai superare tre prove: per prima
cosa dovrai ritrovare l’epigrafe di Liutprando, Re dei Longobardi,
che è stata smarrita, poi dovrai recarti al santuario
di San Geminiano e fare un pellegrinaggio a piedi, infine dovrai
attraversare il Secchia da Marzaglia a Rubiera”.
Clarissa cominciò a camminare alla ricerca dell’epigrafe, quando
vide alcuni schiavi scavare le fondamenta della chiesa di San Pietro.
Decise di aiutarli ma poco dopo, all’improvviso, vide su una pietra
una scritta latina.
Era l’epigrafe! Toccò l’anello e di lì a poco apparve un bellissimo
cavaliere e lei se ne innamorò.
Edoardo, questo era il nome, ci teneva alla salvezza della ragazza e
le disse: “Per arrivare al santuario dovrai affrontare dei mostri e una
voragine che non vedrai perché sarà buio e notte”.
Arrivò la sera. Clarissa partì e si accorse che si mise a piovere.
Quando era quasi a mezza strada inciampò su qualcosa e decise che
era ora di tirare fuori l’anello di bronzo.
Lo toccò, si accese, poi vide una luce provenire proprio da lì.
In seguito si chinò e vide l’ombra di un piede gigante: intuì che era
inciampata su quel piede.
Sfiorò l’anello e un ramo robusto cadde sul gigante intrappolandolo.
Si accese una luce; vide il santuario e si mise a pregare.
Edoardo comparve di nuovo e le indicò la strada per il Secchia.
Clarissa arrivò velocemente al fiume e si mise a nuotare:
dopo un’ora e mezza vide la sponda, ma era lontana.
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All’improvviso trovò dei pesci che non erano mai esistiti.
Era un miraggio: li toccò e si accorse che erano vivi!
Furono proprio loro a farle raggiungere Rubiera.
Mentre saliva sull’argine del Secchia le apparve di nuovo la maga
buona che le disse:
“Clarissa, hai avuto coraggio e con tenacia hai saputo superare le
tre prove!
Meriti di vedere esauditi i tuoi desideri”.
Così vide ricomparire il suo bel cavaliere e si confessarono il loro
amore.
Una settimana dopo si sposarono ed Edoardo fece in modo
che Clarissa ritornasse con lui a Mutina, nella sua bella città.
Lì dove oggi c’è il Museo Estense, lei aprì una piccola bottega ove
mise in mostra ciotole, lucerne, pezzi di anfore romane ritrovati
in quel pezzetto di provincia tanto sconosciuto, ma anche tanto
ricco di storia che si chiama Cittanova.
Il maialino
di pietra
Scritta da: classe 4ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Don Milani” - Castelnuovo Rangone (MO)
Illustrazioni di: Marco Rubbera
C’
era una volta a Castelnuovo Rangone un castello che
apparteneva ad una famiglia nobile che da anni dominava
il territorio che andava da Modena a Spilamberto.
In quei giorni vivevano lì dei Marchesi con la loro unica figlia
Smeraldina: aveva lunghi capelli biondi e lisci come seta, gli occhi
erano verdi come l’erba… era una fanciulla a cui piaceva tanto
andare a cavallo nei territori appartenenti alla sua famiglia.
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Un bel giorno la marchesina volle andare, con la sua dama,
in campagna. Mentre galoppava il cavallo si azzoppò;
Smeraldina chiese aiuto ad un anziano contadino che la portò nella
sua fattoria a Cavidole:
“Potrebbe guarire il mio cavallo che si è azzoppato?”, gli chiese.
Il vecchio le rispose:
“Io non ti posso aiutare, ma mio figlio ti darà una mano, appena
tornerà dal raccolto”.
Il contadino offrì alla bellissima fanciulla pane e salame e una bella
marmellata di ciliegie che Smeraldina apprezzò molto.
Il figlio ritornò dai campi e chiese alla ragazza:
“Come ti posso aiutare?”
“Per favore, guarisci il mio cavallo che si è azzoppato”.
Celestino, questo era il suo nome, le disse:
“Un cavallo non si può curare in quattro e quattr’otto… ci vuole
almeno una settimana, ti darò il mio cavallo per ritornare a casa,
ci vediamo fra sette giorni…”
Smeraldina lo ringraziò e se ne tornò a casa, innamorata persa del
bel contadino…
I genitori scoprirono il segreto di Smeraldina grazie alle parole
riferite da Olimpia, la dama: in realtà, in passato, Celestino era stato
un suo amore non corrisposto.
Le notti seguenti la marchesina non chiuse occhio pensando
al giovane contadino e anche Celestino non riusciva a dormire per
l’amore provato verso Smeraldina.
Passata la settimana, Smeraldina andò a riprendersi il suo cavallo e
dopo averlo ricevuto diede un bacio a Celestino.
La dama, che aveva seguito la fanciulla a sua insaputa, vide
il bacio e rossa dalla gelosia riferì di nuovo tutto ai Marchesi.
I genitori proibirono a Smeraldina di incontrarsi con Celestino.
Ma il giovane contadino, non sapendo nulla dell’accaduto,
una bella sera di maggio, tra profumi di glicine e rose…
fece una serenata sotto le finestre della ragazza;
i marchesi sentendo la musica ne trovarono l’autore e lo fecero
imprigionare nelle prigioni più segrete del castello.
Il vecchio padre, disperato, per liberare il figlio portò ai marchesi
tutti i suoi averi: vino, prosciutti, salami, formaggio grana e tanta
frutta, mele, pere, ciliegie…
I signori vedendo e apprezzando tutte quelle leccornie
si commossero e… decisero di liberare Celestino permettendo
anche le nozze.
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Ma la dama Olimpia, che era anche una maga, trasformò il povero
ragazzo in un maialino.
Smeraldina pianse tutte le sue lacrime ed una di queste cadde sulla
fronte del piccolo animale e per magia… il maialino riprese le forme
del bel giovane.
Così i due giovani poterono finalmente sposarsi ed in ricordo
dell’antico sortilegio, fecero costruire una statua a forma di maiale.
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La maga Olimpia, non del tutto sconfitta, pronunciò ancora
un incantesimo: la statua sarebbe ritornata un maialino qualora
il torrione fosse caduto… ma questo non è ancora accaduto…
dopo tanti anni… e il maialino è ancora lì,
in piazza a Castelnuovo Rangone.
Il Ponte
del Diavolo
Scritta da: classe 3ª U (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “A. Corsini” - Verica - Pavullo nel Frignano (MO)
Illustrazioni di: Rebecca Tremazzi
C’
era una volta un contadino,
messer Polo,
che per andare
a lavorare nel suo podere
tra il territorio
di Pavullo nel Frignano
e quello di Lama Mocogno,
doveva attraversare un torrente.
Tutte le volte che veniva a piovere,
il ruscello s’ingrossava
e lui rischiava la vita per guadarlo,
perciò imprecava a voce alta.
Satana, il diavolo, avendo sentito le imprecazioni
di messer Polo, gli apparve e gli promise un ponte
in cambio della sua anima.
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Lui, stanco di tutte le difficoltà che doveva
affrontare nei periodi delle piogge, acconsentì.
Il diavolo, allora, andò subito a costruire
un magnifico ponte di pietra,
se lo caricò sulle spalle
e si avviò per portarlo sul torrente.
A notte fonda, arrivato in mezzo ad un castagneto, vide delle
streghe che ballavano.
Avevano la pelle giallognola, lunghi capelli grigi e spettinati,
abiti e cappelli neri a cono e unghie tanto lunghe che sembravano
artigli.
Si muovevano intorno ad un grande falò, con buffe piroette
ed il diavolo si incantò a guardarle.
Intanto il tempo passava e giunse il mattino.
Quando il gallo cantò, Satana, che odiava la luce,
iniziò a correre per tornare all’inferno
e dovette lasciar cadere nel bosco il ponte.
E così ancora oggi il “Ponte del Diavolo” può essere ammirato
in mezzo ad un castagneto fra Pavullo e Lama Mocogno
e tutti coloro che passano in cerca di funghi o castagne,
si chiedono come mai sia stato costruito un ponte tanto bello
e maestoso in un luogo dove non ci sono corsi d’acqua.
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La faccia
della luna
(l’u nione fa la forza)
Scritta da: classe 3ª B (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “C. A. Dalla Chiesa” - Massa Finalese (MO)
Illustrazioni di: Gabriele Melegari
Q
uando i nonni dei nostri nonni erano bambini, vicino al canale
Vallicella, tra Medolla, San Felice e Camposanto, c’era un grande
bosco chiamato “Bosco della Saliceta”.
Nel bosco c’erano tante piante: il pioppo, l’olmo, il salice, il noce,
l’ontano, siepi di biancospino con tutti i frutti rossi chiamati
“cagapui” e anche querce secolari.
C’erano anche molti animali: fagiani, daini, cinghiali, lepri,
scoiattoli, volpi, bisce, talpe, gufi e non mancava il re degli uccelli,
il falco pellegrino che si poteva ammirare all’alba e al tramonto
mentre scendeva in picchiata, veloce come un fulmine.
In una casetta al margine del bosco, dalle parti di San Felice,
abitavano due gemellini con la loro nonna e i genitori.
La bambina si chiamava Fragolina la rossa perché era golosissima
di fragole selvatiche e aveva capelli lunghi e rossi che le cadevano
sulle spalle. Suo fratello si chiamava Pietro, ma era magro come uno
stecchino e tutti lo chiamavano Pirìn.
La nonna Cucca conosceva fantastiche storie in dialetto e, nelle
sere d’inverno, le raccontava ai due fratellini.
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Dopo cena chiamava i nipotini così:
“A let a let a voi andar,
tut i sant a voi ciamar,
tri da co e tri da pia
tut i sant e i mì fradia”
I gemelli s’infilavano subito sotto le coperte perché sapevano
che la nonna avrebbe cantato loro una ninna nanna:
“Nanin cuchetta
che la mamma l’è andada a mesa
che al papà l’è andà al marcà
al putìn s’è indurminsà!”
Pirìn preferiva la filastrocca del cavallo.
“Nonna! Nonna! Raccontami quella del cavallino!”, diceva,
con la testa appoggiata sul cuscino.
E la nonna con voce dolce cominciava:
“Trututela cavalìn
cal dasgniva dal mulin,
cal dasgniva da la val,
trututela al mì caval”
Cucca non aveva ancora finito che i bambini erano già
addormentati!
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E il dolce risveglio era questo:
“Din don campanon,
la campana fa din don
a ghira sota du putìn
ch’i sc’iamava cagnulìn.
Cagnulìn bau bau
E la gata miao miao;
al galtìn chicchirichì,
salta su putìn clè dì”
I bambini si svegliavano, preparavano la loro cartella di cartone
e infilavano i piedini negli zoccoli di legno per andare a scuola a
Dogaro.
Durante le vacanze andavano a giocare nel bosco con l’altalena
(“la plinga”) che aveva costruito il loro papà, oppure a nascondino e
quando avevano finito la conta dicevano:
“Chi è dentar è dentar, chi è fora è fora!”
Pirìn amava soprattutto giocare con la fionda.
D’inverno, quando la neve ricopriva il bosco come una coperta
bianca, i bambini giocavano alla “sblisga” scivolando sul ghiaccio.
La vita nel bosco era bellissima per i due fratelli e la loro famiglia.
Ma… vicino a un luogo chiamato “Regina del bosco” c’era una raduna
circondata da un intreccio fitto fitto di rami e foglie, un “muro”
quasi invalicabile formato soprattutto da cespugli di fragole.
Al centro della radura, protetta dalla vegetazione, abitava
una strega di nome Notturna Pistapia.
Si chiamava Notturna perché odiava tutti i colori e in particolare
il rosso, usciva solo di notte quando non c’era la luna e il buio e la
fumana circondavano il bosco.
La strega non sopportava il colore rosso perché quando era piccola
le piacevano tanto, tanto, tanto le fragole e un giorno ne fece una
tale scorpacciata che le venne un terribile mal di pancia:
dovette restare venticinque giorni sul water!
Tutti la prendevano in giro.
Da quel giorno la sua vita cambiò: si vestiva di nero e di grigio,
cominciò ad odiare le fragole e i colori, ma anche la gioia, i sorrisi,
la felicità. E quando si arrabbiava… pestava i piedi come i bambini
piccoli: per questo si chiamava Pistapia.
Naturalmente i genitori avevano raccomandato a Pirìn e Fragolina
di non andare nel centro del bosco… anche perché si diceva che
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la strega, quando trovava dei bambini soli, recitasse una formula
magica:
“Lumaga lumaghìn
tira fora tri curnìn,
un par mì,
un par tì,
un par la vecia ad San Martìn”
e… zàcchete! I bambini si trasformavano in lumache.
A quel punto Notturna le raccoglieva, confezionava succulenti
spiedini e se li gustava.
Un giorno Fragolina e Pirìn, mentre giocavano nel bosco,
sentirono un invitante odore di fragole e,
golosi com’erano, disubbidirono ai genitori,
entrarono nel bosco e arrivarono vicino alla radura
dove abitava la strega.
Dietro una siepe di biancospino, videro un grande
cespuglio di fragole,
ne raccolsero un bel po’,
ne mangiarono tante
e si addormentarono
vicino ad una quercia.
Si fece buio.
42
Era una notte senza luna e la fumana abbracciava tutto il bosco,
la notte ideale per Notturna Pistapia… era domenica,
verso le quattro… la strega si svegliò presto, come al solito,
spalancò la finestra, respirò la fumana e disse:
“Che bella notte! Uscirò per fare una passeggiata”
Cammina cammina, notò tra i rami un cestino dove appena appena
si intravedeva il rosso delle fragole.
Il suo viso diventò blu.
Voltò leggermente la testa e vide i capelli lunghi e rossi di Fragolina.
La sua bocca si aprì in una smorfia e urlò: “Rrooosssssso!!”
Strinse i pugni, digrignò i denti e… pestò, pestò, pestò i piedi così
forte che provocò un terribile terremoto.
Fu una catastrofe: le tane delle talpe e degli scoiattoli furono
distrutte e anche i nidi degli uccelli sembravano scaraventati a terra
da una mano invisibile.
Il bosco rimase a lungo in silenzio, impietrito dalla sorpresa e dalla
paura.
Fragolina si fece coraggio, prese il fratellino per mano e come un
fulmine tornò a casa, correndo a perdifiato.
I genitori erano fuori nel cortile, la mamma piangeva piano e il papà
con le labbra tremanti li abbracciò e disse:
“N-oon preocc-u-patee-vii!”.
Fragolina guardò la sua casa e le si strinse il cuore: sul muro c’era
una crepa enorme come uno scarabocchio.
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A Massa Finalese, vicino al castello Carrobbio, abitava la gemella
di Notturna, la fata Diurna.
Si chiamava così perché amava i colori, la luce, la gioia, il sorriso
e voleva bene alle persone. Era soprannominata Cioca-il-màn
perché, per realizzare le sue magie, batteva le mani.
Diurna aveva sentito il terremoto e si preoccupò per sua sorella
Notturna, anche se non andava d’accordo con lei.
Allora attraversò Rivara, San Felice e arrivò al Bosco.
Vicino al ponte del canale Vallicella incontrò la famiglia di Fragolina
e vide il disastro.
Il suo cuore era gonfio di tristezza, ci pensò su e disse con voce
melodiosa:
“Aprirò il mio librone, troverò la soluzione!”
Allora cercò, cercò, cercò e trovò la parola terremoto.
Vicino, tra parentesi, c’era scritto:
“Se stringo una mano mi sento sicura, non ho paura della paura!”
“Ecco”, esclamò la fata, “ho trovato! Tutti insieme ce la faremo!
Dobbiamo collaborare!”
Allora battè le mani e, come se avesse usato un fischietto
ad ultrasuoni, tutti gli animali del bosco corsero intorno a lei.
“Via, al lavoro”, ordinò la fata, “Rimbocchiamoci le maniche!”
Tutti si misero all’opera e la forza della collaborazione li animava.
Le formiche avanzavano come tanti soldatini e le api, con la loro
cera, ripararono le gallerie delle talpe; il loro ronzio sembrava una
dolce musica.
Persino il gufo rinunciò al suo sonno giornaliero, aprì un occhio,
si alzò in volo e aiutò la cinciallegra a ricostruire il nido sulla quercia
secolare.
Anche il papà di Fragolina riparò l’enorme scarabocchio sul muro
della casa e in poco tempo tutto ritornò come prima.
Tutto bene, dunque? E vissero felici e contenti?
No, perché nel bosco c’era ancora lei… la strega Notturna Pistapia!
Che fare?
Diurna aprì il suo librone, trovò la parola Notturna e la formula
magica: “Il Bene sul Male vincerà se la strega riderà!”
“Io, lo so”, disse Pirìn, “facciamole il solletico, ma… tutti insieme!”
Allora Diurna battè le mani e tutti gli animali del bosco
si radunarono intorno a lei.
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Andarono subito alla casa della strega, le lucciole illuminavano
il cammino. Appena arrivati, le talpe scavarono sotto la porta,
entrarono e aprirono a tutti gli altri.
La strega dormiva russando come un trattore.
Le prime a muoversi furono le formiche che s’infilarono tra le dita
dei piedi di Notturna, camminando su e giù, su e giù… la strega
arricciò il naso e continuò a dormire.
Poi si mossero i coniglietti che le strofinarono i codini sotto le ascelle.
“Ihh! Ihh!”, fece Notturna e si voltò dall’altra parte scoprendo
la schiena.
A quel punto Diurna lanciò il grido di guerra: “Aaall’attaccooo!”
Le coccinelle si infilarono nelle orecchie, le lumache strisciarono
sulla fronte e la falene cominciarono a sbattere le ali sotto il mento.
Notturna strabuzzò gli occhi e scoppiò in una fragorosa risata che
si sentì fino a Medolla, poi si sedette di scatto sul letto e spiccò il
volo sfrecciando come un missile sopra gli alberi, in direzione di
Camposanto.
All’improvviso il cielo si illuminò di mille e mille stelle e i fuochi
d’artificio, come d’incanto, illuminarono la radura.
Cento e cento fiori spuntarono dall’erba del prato e un arcobaleno,
come un ponte multicolore, unì la chiesetta della Regina del Bosco
con quella dell’Entrà.
Tutti si tenevano per mano, felici, tranquilli, e guardavano il cielo.
E Notturna Pistapia?
Nessuno ne seppe più niente.
Ma… ancora oggi, nelle notti d’estate, se osservate bene la luna che
risplende nel cielo sereno, gialla e tonda come un’enorme frittata,
vi sembrerà di vedere una specie di faccia: due occhi, un naso,
una bocca.
È lei, è Notturna… che ci guarda e ancora ride!
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L’aceto
magico
Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Carlo Collodi” - XI Circolo - Modena
Illustrazioni di: Giada Brini
C’
era una volta, appena fuori Modena (dove ora c’è il quartiere
Crocetta) una bellissima villa chiamata Pentetorri.
Questa era la residenza estiva del duca di Modena, famosa per
il favoloso bosco che la circondava dove spesso venivano organizzate
dalle battute di caccia.
Il duca, in occasione del suo ventunesimo compleanno, pensò
di organizzare una splendida festa da ballo proprio nella villa di
campagna. Per l’occasione invitò tre principesse dei regni lontani,
due duchesse dei regni vicini e altre venticinque ragazze nobili.
Nella sua testa aveva immaginato di trovare tra queste ragazze una
moglie adeguata.
Poiché lui era appassionato di cavalli, la futura sposa oltre che bella,
doveva essere anche un’abile amazzone.
Organizzò quindi una battuta di caccia per mettere le ragazze alla
prova.
Il giorno definito per la festa tutte le giovani arrivarono al palazzo
ducale sulle loro meravigliose carrozze e si stupirono un po’
quando furono invitate a partecipare ad una battuta di caccia
nella villa estiva: villa Pentetorri.
Per non deludere il duca, tutte si prepararono, anche se molte di
loro non amavano dover galoppare su un cavallo perché temevano
di spettinarsi.
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Fra queste ragazze c’era anche Angeline, che in realtà era una brutta
strega che anni fa aveva rubato la bellezza e la gioventù ad una
principessa. Ora era una stupenda ragazza che sperava di farsi
sposare dal duca solo per potersi appropriare dei suoi soldi.
Angeline approfittò subito della battuta di caccia per mettersi
in mostra e, volendo dimostrare di essere coraggiosa,
si mise al galoppo proprio di fianco al duca.
Al suono della tromba tutti partirono e si addentrarono nel bosco,
ma subito il duca, richiamato dal verso di un animale, si allontanò
un po’ da loro.
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La strega approfittando del fatto che era rimasta sola con le altre
ragazze fece un maleficio e le trasformò in volpi, cinghiali e anatre.
Alla scena però assistette la vecchia cuoca del duca
che era capitata lì per caso per raccogliere i frutti di bosco necessari
per guarnire il dolce.
Capì subito di essere di fronte alla stessa strega che anni fa l’aveva
trasformata in una grassa vecchia cuoca rubandole la bellezza
e la gioventù. Pensò che finalmente era arrivato il momento
di vendicarsi e cominciò a ragionare sul come fare per smascherarla.
Quando il duca si accorse che le donne erano rimaste indietro
tornò a cercarle ma sorpresa… vide solo la bellissima ragazza che
aveva notato al suo fianco al momento della partenza dalla villa.
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Le chiese allora dove fossero andate tutte le altre e lei,
con fare innocente, gli rispose che avevano mangiato delle bacche
che avevano provocato loro dolori fortissimi alla pancia
costringendole così a tornare subito alla villa.
Il duca rimase un po’ perplesso e decise di andare a vedere come
stavano.
La strega allora fece immediatamente un ulteriore incantesimo:
offrì al duca una lucentissima, tonda e profumata ciliegia, imbevuta
di una pozione.
Chi l’avesse mangiata si sarebbe innamorato di lei.
Il duca non potè resistere e appena mise in bocca l’invitante frutto
rimase così stordito che dimenticò le altre fanciulle e continuò
la battuta di caccia con la bellissima ragazza della quale sentiva
di essersi ormai perdutamente innamorato.
Nel frattempo la cuoca, rientrata in villa, andò a cercare la carrozza
della strega nella quale trovò nascosti alcuni libri di magia dai quali
copiò una pozione.
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Quando, al tramonto, il duca e Angeline rientrarono in villa,
trovarono ad accoglierli tutta la servitù che li accompagnò
all’interno dove era stato preparato un suntuoso banchetto.
I due innamorati si sedettero e la cuoca cominciò a fare servire
le varie portate.
Si iniziò con un antipasto di gnocco fritto e formaggio grana.
Poi ci furono i primi: tortellini, lasagne e rosette.
Quando poi si arrivò al secondo il duca chiese che venisse portato il
famoso Aceto Balsamico prodotto proprio da lui e del quale andava
fiero. Non vedeva l’ora di farlo assaggiare alla sua innamorata.
La cuoca portò di persona la preziosa ampolla nella quale, insieme
all’aceto, aveva messo la pozione che aveva preparato
seguendo la ricetta rubata proprio alla strega.
Appena la ragazza assaggiò il liquido violaceo… PUF… si trasformò
in una vecchia e racchia strega liberando così la bellezza
e la gioventù che tornarono alla cuoca.
Contemporaneamente anche le ragazze trasformate in animali
furono liberate dall’incantesimo e corsero alla villa.
Figuratevi la faccia stupita del duca che rimase a bocca aperta non
capendo cosa stava succedendo.
Appena si riprese dallo shock vide com’era diventata bella la sua
cuoca e si innamorò di lei.
Volle sposarla di lì a tre giorni. Fu organizzata una festa bellissima.
Da quel giorno il duca continuò a produrre il suo aceto che era
sempre più buono e “magico” tanto che divenne famoso in tutto
il mondo, oltre che per il suo delizioso sapore, anche perché
si credeva avesse la capacità di fare innamorare.
Dimenticavamo: la strega fu punita facendole lavare tutti i piatti
sporcati durante il matrimonio e le furono tolti tutti i poteri magici.
Poi fu relegata a pulire per tutta la vita le scuderie ducali e fu triste e
invidiosa della felicità degli sposi che, come in tutte le fiabe, vissero
felici e contenti.
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Polinacus
e storie
d’a ltri tempi
Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “P. Perini” - Polinago (MO)
Illustrazioni di: Tancredi Marco Bonini
C’
era una volta un paesino piccolo, ancora immerso nella preistoria
con dei bambini e degli abitanti allegri e vivaci.
Era un luogo un po’ misterioso perché di notte si sentivano
dei rumori sconosciuti echeggiare tra i monti e si vedevano delle
ombre di animali feroci che facevano paura.
Vi era anche una scuola primitiva composta da una sola classe:
la quarta Polinacus.
C’erano undici bambini vivaci dai nomi strani:
Bagungam, Cincunga, Nacunga, Monga, Mingo, Enchinga, Kin,
Prongan, Pronganchi, Frinca e Frong.
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In quella scuola non si scriveva perché non era ancora stata
inventata la scrittura, ma i bambini stavano insieme ogni giorno
a chiacchierare e imparavano a trovare soluzioni ai problemi
parlando tra loro allegramente.
Inoltre apprendevano l’arte del disegnare sulle pareti e sulle tavolette.
Nel paese si teneva ogni anno il concilio delle streghe di Ibis,
di Atena e di Prescila.
I bambini erano incantati dai poteri di queste ultime e si facevano
narrare le loro incantevoli avventure, ogni sera prima di dormire.
Un bel giorno, mentre Sole Giallo si stava alzando nel cielo,
i bambini andarono alla loro amata e divertente scuola,
ma… quando aprirono la porta, videro le loro tavolette d’argilla,
usate per disegnare, distrutte e gli stilo spezzati a metà.
Allora i bambini se ne tornarono tristemente alle loro capanne
e il loro re Lugal fu avvisato.
Egli ordinò ai suoi guerrieri di sorvegliare giorno e notte la scuola,
ospitata nel tempio.
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Accadde qualcosa di molto strano: quando i guerrieri si misero in
cammino verso la scuola videro il fantasma di T-Rex andarsene a
spasso mangiando i prodotti coltivati dai contadini del villaggio.
Le guardie, a quel punto, corsero nel tempio più vicino di Brandola
dove il re stava riposando.
Lo informarono dell’accaduto e dei loro falliti tentativi nel catturare
lo sgradito ospite.
A quel punto il re capì che vi era un grosso problema da risolvere
e che tutti dovevano aiutare.
Così chiese agli abitanti e ai bambini del paese di dare la caccia
a quel terribile fantasma.
Tutti si riunirono, raccolsero le lance, le fionde e le restanti armi e
si avviarono verso la scuola con una ritmica marcetta propiziatoria.
Arrivati, videro il fantasma di T-Rex che saltellava,
faceva delle pernacchie scappando alle loro spalle e distruggendo
ogni cosa da esso sorvolata.
Il re e gli abitanti tornarono dalla scuola, si fermarono in un altro
tempio: quello chiamato Montecuccoli e si misero a dormire perché
erano esausti.
Il giorno seguente, ai bambini venne in mente un’idea che al re
Lugal non sarebbe piaciuta perché egli stesso avrebbe dovuto
chiedere aiuto al Concilio delle Streghe, sue acerrime nemiche.
Il re inizialmente disse di no, poi ci ripensò e accettò.
Lugal andò al Concilio ed umilmente chiese aiuto alle streghe.
Queste capirono che si trattava di un’emergenza e, impietosite,
acconsentirono.
Era ormai l’ora del Sole Rosso e si diressero insieme verso la scuola
tanto amata dai bambini.
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Le streghe, protette dalle lance dei guerrieri, si unirono
disponendosi in cerchio, invocarono l’aiuto di Sole Amico,
pronunciarono poche parole magiche e fecero un incantesimo tale
che il fantasma di T-Rex si dissolse e sparì per sempre dalla vista
degli abitanti di Polinacus.
Lugal ringraziò i bambini per la loro idea e le streghe
per il prodigioso incantesimo.
Le streghe, dopo aver fatto il loro dovere, se ne stavano per andare,
quando i bambini chiesero con occhi dolci a loro e a Lugal
di tornare amici come una volta.
I piccoli fanciulli, per meglio convincerli, iniziarono poi a raccontare
delle fantastiche e trascorse avventure, ormai dimenticate,
di cui avevano sentito parlare nel villaggio.
Così il sovrano e le streghe ci pensarono un po’ su, poi si ricordarono
dei vecchi tempi e accettarono la proposta.
Re, streghe, bambini e abitanti rimasero per sempre uniti.
Dopo due anni l’affascinante Ibis e il re Lugal si sposarono
nel tempio di Polinacus e vissero per sempre felici e contenti.
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La leggenda
del
Panaro
Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)
Illustrazioni di: Enrica Martinelli
T
anto tempo fa in una bella giornata di primavera, la giovane
Scoltenna era intenta a intrecciare collane di fiori profumati,
insieme alle ninfe sue amiche, presso le rocce del Monte Giovo.
Improvvisamente dal Monte tuonò una voce possente che diceva:
“Chi osa rubare i fiori dalla mia vegetazione?”.
Le giovani amiche di Scoltenna non sapevano cosa rispondere,
ma lei arrabbiata iniziò una lite furiosa con il Monte.
In un attimo il Monte la rapì…
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Le ninfe sue amiche cominciarono a piangere e, non sapendo che
fine avesse fatto andarono via turbate.
Il giorno dopo tornarono sul Monte e videro Scoltenna diventare
una sorgente sotto i loro occhi… si riuscivano a vedere a malapena
i tratti del suo bellissimo volto.
Scoltenna era innamorata di Leo, un valoroso guerriero che,
tornando vittorioso da una battaglia, corse ad abbracciare
la sua amata, ma il suo ritorno non fu come aveva sognato.
Ad attenderlo infatti c’erano le piccole ninfe amiche di Scoltenna
che gli raccontarono la triste vicenda.
Leo rimase senza parole e si recò immediatamente sulle pendici
del Monte.
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Arrivato, vide la sua amata scorrere nel suo piccolo letto, come un
torrentello.
Leo cominciò a piangere disperato e promise a se stesso
e a Scoltenna che avrebbe fatto di tutto per liberarla
da quell’incantesimo.
Scese in paese e radunò tutti i guerrieri che con lui risalirono
il Monte.
Muniti di spade, archi e frecce cominciarono una lunga battaglia
contro il Monte.
Ma niente sembrava scalfirlo.
Con un solo fulmine sgominò i guerrieri, che feriti ritornarono
al paese e scaraventò Leo dall’altra parte…
sul Monte Corno alle Scale.
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Leo rimase afflitto e sconsolato in ginocchio sotto il monte.
Non sapendo più che fare, invocò con tutto il suo cuore gli dèi,
perché esaudissero il suo desiderio.
Gli dèi commossi
da tanto amore,
trasformarono anche lui
in un torrente
e come per magia si incontrarono…
e da quel momento cominciarono
a scorrere insieme.
Dalla loro unione nacque il “Panaro”
che ancora oggi scorre
e nasconde nelle sue acque
la tormentata storia d’amore
di Leo e Scoltenna,
finita però col trionfo dell’amore.
Martina e il
suo confidente
Tepping
Scritta da: classe 3ª C (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Primo Levi” - Castelvetro (MO)
Illustrazioni di: Costanza Maccaferri
I
n un piccolo paesino di nome Castelnuovo Rangone, tanto tempo
fa, nacque una bambina di nome Martina.
Martina aveva la pelle rosea e vellutata come un candido fiore,
i capelli come fili d’oro e gli occhi cristallini come l’acqua.
Era gentile e sensibile con tutte le creature della Terra, amava
scrivere poesie e canzoncine che parlavano d’amore.
Purtroppo ella restò orfana quando era solo una bambina e così fu
costretta a lavorare presso una fattoria,
per potersi sfamare.
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Al mattino si svegliava all’alba e di corsa correva nella stalla
per salutare i suoi amici animali, i suoi preferiti erano i maialini
perché quando la vedevano arrivare, dalla gioia schizzavano
il fango da tutte le parti e lei si divertiva moltissimo.
Ogni giorno confidava i suoi desideri al piccolo maialino Tepping
che la ricambiava con tante leccate sul viso.
Martina, infatti, desiderava trovare il suo principe azzurro
e vivere come una principessa.
Un giorno, lo stregone Serpenera decise
di rapire Martina e di portarla nel suo castello,
che si trovava sul Monte Cimone.
La povera Martina fu costretta a servire
Serpenera in tutti i lavori domestici.
Da molto tempo, lo stregone cercava moglie, ma a causa della sua
malvagità, nessuna fanciulla si volle mai avvicinare a lui.
Serpenera aveva gli occhi gialli e serpentelli tra i capelli.
Indossava un mantello di pelle di serpente nero e il suo cibo
preferito era: scorpioni alla brace.
Martina era costretta a lavorare tutto il giorno, ma la sera, prima
di andare a dormire, di nascosto, fuggiva dal castello e dalla cima
del Monte cantava, cantava e cantava fino all’alba.
Dai paesi vicini gli abitanti sentivano, ogni notte, una voce
meravigliosa e si chiedevano da dove provenisse.
Tepping, l’amico maialino di Martina, riconobbe quella voce
e una notte spiccò il volo e si recò dal principe di Castelnuovo
Rangone, Angelo.
Quando il principe si accorse che il maialino poteva volare si avvicinò
incuriosito e gli chiese da dove arrivasse.
Tepping spiegò al principe Angelo che conosceva la voce che tutti
udivano ogni notte e gli chiese di seguirlo con il suo cavallo.
Tepping volava verso la voce, il principe Angelo lo seguiva e quando
giunsero sul Monte, videro la fanciulla che come sempre cantava
una dolce melodia.
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Il principe si inchinò dinanzi a tanta meraviglia e Martina rivedendo
il suo amico maialino si commosse dalla gioia.
Insieme decisero di liberarsi di Serpenera, così escogitarono
un piano: mentre lo stregone andava a caccia vide il maialino
e decise di catturarlo, Tepping però volò e Serpenera cadde
nel burrone e morì.
Martina fu libera, il principe Angelo le chiese di sposarlo e i due
andarono a vivere nel castello di Castelnuovo Rangone.
Il principe Angelo e la principessa Martina decisero di mettere
sulla piazza del paesino la statua del maialino Tepping, in onore
delle sue prodezze.
Tepping, invece, rimase con la principessa come suo confidente
e tutti insieme vissero lunghi anni di felicità.
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Le vasche
di Carpi
Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria Paritaria “Sacro Cuore” - Carpi (Mo)
Illustrazioni di: Tsehay Casarini
T
anto, tanto tempo fa la Pianura Padana, tra i fiumi Secchia e
Panaro, era abitata solo da re Panzarotto e dalla regina
Elisabetta, che in questo luogo costruirono un maestoso castello.
Ben presto i sovrani ebbero due splendidi bambini, due gemellini,
Pirlotto e Carolina che dalla nascita mostrarono una stranezza:
i loro bambini correvano in continuazione, senza fermarsi mai e
senza conoscere la stanchezza.
Consultati i migliori dottori ed esperti di tutto il mondo, che non
trovarono alcuna soluzione, i sovrani si adattarono alla situazione
come poterono, ma non era semplice gestire questi due bimbetti
“corridori”.
Talvolta i sovrani erano affranti: i gemellini scorazzavano per il
castello giorno e notte, correndo dappertutto, intrufolandosi
in ogni salone, stanza segreta, cortile, mettendo a dura prova anche
tutta la servitù che era impegnata a inseguirli perché non si
perdessero o non si facessero male.
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Un giorno Carolina e Pirlotto proseguirono la loro corsa fuori dal
castello e per giorni e notti le guardie reali li cercarono per tutta la
Pianura Padana!
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Quando li trovarono il re e la regina pensarono a lungo al da farsi:
non potevano continuare a vivere nella paura che i loro bimbi si
perdessero chissà dove o che si facessero male… così, a malincuore,
decisero che bisognava rinchiudere i gemelli nelle segrete del castello:
da lì non sarebbero usciti e non si sarebbero messi in pericolo.
Carolina e Pirlotto però trovarono il modo di uscire anche da lì:
in un solo giorno i loro bambini veloci, correndo contro il pavimento,
scavarono un tunnel che li portò fuori dal castello a correre
più veloci di una Ferrari di Maranello!
E fu così che per giorni e giorni e ancora giorni, le guardie reali
rincorrevano a cavallo i gemellini, avanti e indietro per tutta
la Pianura!
Un dì i gemellini, arrivati a Budrione, si nascosero dietro un
bidone, poi ripresero la corsa arrivando a Migliarina ma le guardie
ci arrivarono un’altra mattina!
Quando furono a Fossoli, i cavalli avevano consumato gli zoccoli e,
giunti a Novi, i poveretti riposarono tra i rovi… ma i gemellini
erano già a Rovereto, tra le viti che regalano il buon aceto.
Un dì la loro corsa a San Marino finì perché le guardie li catturarono
proprio lì!
Riportati in fretta al castello, i sovrani li attendevano col matterello!
Carolina e Pirlotto, nel vedere i genitori infuriati implorarono
perdono: erano seriamente dispiaciuti, ma come potevano
rinunciare alla loro voglia ed esigenza di correre sempre?
Era una cosa incontrollabile per loro… allora ai sovrani venne
un’idea: avrebbero costruito la più grande e lunga piazza
adiacente al castello che si fosse mai vista!
A patto però che i gemellini promettessero sul loro onore che mai
avrebbero disobbedito, che avrebbero corso solo e solamente avanti
e indietro lungo quella grande e lunga piazza.
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La più maestosa piazza fu costruita in fretta.
I gemellini trascorrevano così le loro giornate: dall’alba al tramonto
e ancora all’alba, Carolina e Pirlotto correvano e correvano, avanti e
indietro per la lunghezza della piazza; i sovrani ogni tanto
si affacciavano dall’uccelliera del castello e trascorrevano un po’ di
tempo ad osservare quei bimbi prodigiosi che amavano correre e
correre solamente, avanti e indietro per quella grande e lunga piazza.
Ben presto si sparse la voce, oltre i territori della Pianura Padana,
che da qualche parte nella Pianura esistevano due principini che
passavano il tempo a correre, a correre avanti e indietro lungo una
maestosa piazza, senza fermarsi mai.
La gente, incuriosita, veniva da ogni parte a vedere questi
gemellini “fenomeni” e, trovando questo luogo assai bello,
cominciò a domandare ai sovrani il permesso di stabilirsi sulle loro
terre, di abitare vicino a quel bel castello con quella grande e lunga
piazza dove Carolina e Pirlotto la facevano da protagonisti.
In breve tempo una graziosa cittadina sorse tutt’intorno alla piazza
col castello: gli abitanti avevano l’abitudine ogni giorno
di trascorrere il tempo libero sotto i portici della piazza, prima ad
ammirare le corse avanti e indietro dei due ragazzini,
poi cominciarono a partecipare alle corse, a sfidare la resistenza dei
gemelli, ad accompagnarli avanti e indietro lungo la grande e lunga
piazza, divertendosi.
Proprio in loro onore, siccome quella graziosa cittadina non aveva
un nome, fu chiamata Carpi, dall’unione dei loro nomi.
È passato tanto, tanto e ancora tanto tempo da allora, da quelle
corse avanti e indietro, ma c’è ancora qualche giovane che nei
momenti liberi passeggia avanti e indietro per quella lunga piazza
e che vedendo un amico gli domanderà se ha voglia di fare qualche
vasca avanti e indietro con lui, per quella lunga e grande piazza.
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Gli autori delle favole
in ordine alfabetico
“Castelfranchi, una storia, un giardino”
Scritta da: classe 4ª D (A/S 2012/13)
Scuola Primaria “Elvira Castelfranchi” - Finale Emilia (MO)
Insegnante: Giannantonio Maria
Abbottoni Sofia
Belluti Matteo
Cavallaro Chiara
Corcione Davide
De Rosa Luca
Efimenco Francesco Paolo
Fan Yi Jie Alice
Ferri Lorenzo
Garutti Matteo
Ghoufiri Asmaa
Goumri Malak
Malagoli Manuel
Malapena Alfonso
Meroni Matteo
Sajeva Alex
Superbi Elisabetta
Tangerini Thomas
Tonini Alessandro
Vazzana Chiara
Vecchio Andrea Gulom
“Clarissa e le tre prove di Cittanova”
Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13)
Scuola Primaria “Lanfranco”
III° Circolo - Cittanova (MO)
Insegnanti:
Cavedoni Agnese
Magnanini Loretta
Barbieri Elena
Barbolini Chiara
Bardozzo Micaela
Bellori Chiara
Biagini Nicole
Bruni Andrea
Caselli Massimo
Clemente Matteo
Diana Vincenzo Alfonso
Di Donato Greta
Fazioli Filippo
Ferrari Sara
Gabrielli Alessandro
Gallo Alberto Ciro
Golinelli Daniele
Lazzaretti Irene
Ntumba Tshiabola Christelle
Paglia Giacomo
Pasquini Maria Vittoria
Rodolfi Nicole
Romeo Marco
Scarpato Jacopo
“Il maialino di pietra”
Scritta da: classe 4ª A (A/S 2012/13)
Scuola Primaria “Don Milani”
Castelnuovo Rangone (MO)
Insegnante:
Barozzi Maria Luisa
Ampollini Aurora
Bergonzini Nicolò
Bozzulini Luca
Cavedoni Sofia
Compagnino Mattia
Farina Nicolas
Falcone Nicole
Franchini Giulia
Ghedini Edoardo
Levoni Lamberto
Levoni Letizia
Pareschi Chiara
Riccò Sofia
Salardi Cloe
Storti Sofia
Vandelli Chiara
“Il Ponte del Diavolo”
Scritta da: classe 3ª U (A/S 2012/13)
Scuola Primaria “A. Corsini”
Verica - Pavullo nel Frignano (MO)
Insegnanti:
Landi Maria Alfonsina
Prati Ivonne
Badiali Alessandro
Balocchi Matteo
Bonati Matteo
Boni Silvia
Bonini Riccardo
Boschetti Elena
Bruzzi Andrei
Cavallieri Guido
Gandolfi Giorgia
Ghibellini Simone
Lafdali Fatima Zahra
Lorenzi Andrea
Marescotti Gaia
Martorana Melania
Mhaini Oumaima
Melotti Monica
Montecchi Sara
Roati Michele
Romani Martina
Zecchini Giada
“La faccia della luna (l’unione fa la forza)”
Scritta da: classe 3ª B (A/S 2012/13)
Scuola Primaria “C. A. Dalla Chiesa”
Massa Finalese (MO)
Insegnanti:
Bignardi Corrado, Casarini Barbara
Amalfitano Desiree
Bergamini Francesca
Borghi Giada
Bouanani Mohamed
Cattabriga Anita
Di Santo Luigi Pio
Filali Madarhri Iman
Guerzoni Federico
Maconi Davide
Maiello Marco
Mantovani Alessia
Marchetti Beatrice
Molinari Martina
Palmentieri Alessia
Perna Alessia
Riccò Elisa
Sangiorgi Nicolò
Veronesi Martina
Vivarelli Tommaso
“L’aceto magico”
Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13)
Scuola Primaria “Carlo Collodi”
XI Circolo - Modena
Insegnanti:
Valenti Donatella
Greco Maria
Appiah Dorcas
Candela Nikolas
Cappa Alice
Cleto Omar Alessio
Colombrino Vincenzo
Esposito Nicole
Gallucci Patrizia
Garuti Alessandro
Gibellini Christian
Grieco Matteo
Hu Xin Yao
Ishtiaq Eman
Jaquad Imad
Kontoh A. Baisey
Maviglia Nicolas
Mormile Francesco
Ngonye David Lhechiluru
Nicolai Giovanni
Nika Claudia
Sarfo Devin
Tamborrini Evelyn
Tabi Clarice
Techie Abigail
Prempeh Boadi Faithlord
Tlidjane Nada
“Polinacus e storie d’altri tempi”
Scritta da: classe 4ª (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “P. Perini” - Polinago (MO)
Insegnanti: Bertulli Donatella, Bompani Maurizia
Classe 4ª
Benedetti Camilla
Bonacci Simone
Braglia Nicholas
Cipollina Marika
Comastri Daniele
Ferrarini Elia
Ferrarini Gioele
Fiusco Thomas
Kaur Jashandeep
Mattioli Leonardo
Rinaldi Bogdan
Classe 5ª
Bonvicini Matteo
Bruni Sabrina
Fadhel Zaineb
Fognani Christian
Ghilardi Evelin
Gualmini Daniel
Marchi Asia
Mattioli Caterina
Pozzi Martina
Severi Giulia
Smorag Alan
Torri Mattia
“La leggenda del Panaro”
Scritta da: classe 3ª D/E (A/S 2012/13) - Istituto Comprensivo “G. Marconi” - Castelfranco Emilia (MO)
Insegnanti: Ruberto Maria Angela, Bartolacelli Paola, Basta Marinella, Buccio Carmen
Classe 4ª E
Anno scolastico 2013/14
Classe 4ª D
Anno scolastico 2013/14
*Antra Abdo
Bellicose Sara
Boudlal Reda
Di Paolo Syria
Ferrari Andrea
Ghidi Matteo
Golfieri Federico
Guechati Shadi
Hati Marwa
Mennillo Thomas
Minolfi Lucrezia
Olivetta Ilaria
Opallo Serena
Pelaggi Letizia
Sancesario Martina
Santi Federico
Saoud Salma
Schieri Luca
* Tahori Mohammed
* Uswatta Samantha
Vaccari Andrea
Vignoli Matteo
Ambla Gaia
Bakhouti Omar
Banzi Beatrice
Corradini Marco
Di Dato Manuel
Di Dio Ester
Di Dio Stefano
Fatima Syeda Muskan
Ferri Chiara
Garofalo Giusi
Ghelfi Luca
Gjoka Melissa
Hamoudi Yasser
Kaur Jaspreet
Ozlen Baris
Nolo Rosanna
Sciacca Manuela
Simeone Luca
Vanzini Vladimiro
Venturoli Elena
*Alunni non presenti
nella fotografia.
“Martina e il suo confidente Tepping”
Scritta da: classe 3ª C (A/S 2012/13) - Scuola Primaria “Primo Levi”
Castelvetro (MO)
Insegnanti:
Frascaroli Paola
Manfrè Maria
Orlandi Lorella
Adarlo Gian Maverick
Addamo Michelle
Barbieri Erika
Cinnella Francesco
Costanza Alessandra
Cuka Gliqeria
Cumani Mattia
Depietri Filippo
Essadaoui Saber
Ferrari Eleonora
Giovini Emma
Imaoui Iman
Laisa Nicole
Lusoli Sara Victoria
Novac Paula
Qani Oussama
Rossi Jacopo
Sarnelli Raffaele
Vascoli Valentina
“Le vasche di Carpi”
Scritta da: classe 3ª A (A/S 2012/13) - Scuola Primaria Paritaria “Sacro Cuore”
Carpi (Mo)
Insegnante: Carretti Elisa
Bellei Francesco
Casazza Francesca
Citarella Arseniy
Ferrari Alessandro
Magnani Giorgia
Magnani Lorenzo
Mamei Sara
Mazzuoccolo Riccardo
Mescoli Filippo
Montalbano Ginevra
Morelli Francesco
Pedrini Arianna
Pucillo Paola
Righi Tommaso
Torricelli Giulia
Valerio Carlotta
Illustrazione di: Annalisa Paltrinieri
77
Illustrazione di: Federica Zanardi
Gli illustratori della scuola...
Ha 16 anni e frequenta il terzo anno dell’Istituto Superiore
d’Arte Adolfo Venturi. Nell’aprile dello scorso anno, tramite la
scuola, ha partecipato al progetto di “Rock No War” per la
nuova scuola d’infanzia di Medolla, inaugurata post-terremoto,
come Murales Designer insieme alla sua classe, affiancati da
un noto artista. Alcuni suoi disegni realizzati per il progetto,
sono stati riportati in seguito nel Concorso di poesia
promosso dal Comune di Modena “Gemme Preziose”.
Dopo questa esperienza, è stata contattata da privati per
effettuare dipinti su pareti. Per il futuro ha avuto contatti, per
alcuni disegni, dalla ditta Converse per un progetto di scarpe
da collezione non vendibili al pubblico. Il suo obbiettivo è
completare gli studi e conseguire la maturità, con sbocco
all’università inerente al settore artistico. Il suo sogno nel
cassetto sarebbe diventare restauratrice di opere d’arte.
Marco Rubbera
Nata nel 1998, frequenta il secondo anno
dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Come il padre e il fratello ha una vera passione per il disegno
e fin da piccola ricopiava sempre i loro disegni.
Ama disegnare i ritratti e i particolari,
il suo sogno è di diventare illustratrice.
Nato a Modena nel 1998, sta frequentando il 2° anno
dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
La sua passione è il disegno, fin da piccolo amava copiare
i suoi cartoni preferiti.
Nel 2012 partecipa come illustratore al concorso
“Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione Editori
Modenesi.
Il suo sogno, a parte quello di andare a vivere da solo, è quello
di poter lavorare nel campo del disegno e dell’illustrazione.
Anita Accorsi
Giulia Silingardi
Istituto Superiore d’Arte
Adolfo Venturi
Nata a Modena nel 1998, frequenta il terzo anno dell’Istituto
Superiore d’Arte Adolfo Venturi nella sezione di arti figurative.
Ama scarabocchiare sul diario, leggere e cantare in inglese.
Quando ha un po’ di tempo libero si mette a strimpellare
con il flauto e a fare foto.
Ama viaggiare e andare sui pattini, anche se dopo l’ultima
caduta passerà un po’ di tempo prima che possa riutilizzarli.
Tancredi Marco Bonini
Rebecca Tremazzi
Nato a Carpi nel 1996 dove tuttora risiede, frequenta l’Istituto
Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Cresciuto a pane e libri, racconti, leggende, fumetti, boschi
e soprattutto fantasia, fin da quando è riuscito a prendere
in mano una matita ha cominciato a disegnare... e non si è più
fermato! Infatti occupa il suo tempo leggendo, disegnando
e arrampicandosi sugli alberi... tra le esperienze formative,
la più significativa è stata sicuramente quando combattè
al fianco di Capitan Uncino contro quell’odioso marmocchio
volante!
Nato a Sassuolo nel 1994, ha frequentato i primi 3 anni
di superiore tecnico capendo che la sua vera strada
era in realtà quella artistica, trasferendosi all’Istituto Superiore
d’Arte Adolfo Venturi di Modena, indirizzo comunicazione
visiva.
Ora è un appassionato di illustrazione pittorica e digitale,
molto interessato anche nel campo della grafica.
Spera in futuro di diventare un Art Director.
Giada Brini
Gabriele Melegari
Nata a Correggio nel 1997, risiede a Modena.
Frequenta la terza classe dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo
Venturi, con l’indirizzo di Design dell’arredamento.
Concluso il biennio con voti soddisfacenti, ha scelto l’indirizzo
di Design perché le sembrava più consono alla sua personalità.
Affascinata dall’idea di progettare, le piace lavorare con
diversi materiali utilizzando varie tecniche.
Le piacerebbe continuare lo studio di tutte le materie
artistiche svolte nel biennio per acquisire sempre maggiori
competenze che le permetteranno di decidere che cosa fare
da grande in campo artistico.
Tsehay Casarini
Costanza Maccaferri
Nata a Correggio, ha vissuto gran parte della sua adolescenza
in campagna per poi trasferirsi a Modena in prima superiore
dova ha iniziato a frequentare l’Istituto Superiore d’Arte
Adolfo Venturi. Le sue passioni sono da sempre
la musica, l’arte in ogni sua forma e tutto ciò che riguarda
la sfera estetica. Si interessa di tematiche sociali e culturali
che la circondano e per questo spera di poter viaggiare per
ampliare le sue conoscenze.
Nasce in Etiopia (Dessie) nel 1995.
Nel 2003 viene adottata da una famiglia di Budrione di Carpi.
Ama scrivere poesie, lettere, disegnare, piuttosto che parlare.
Al momento frequenta l’ultimo anno dell’Istituto Superiore
d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Dalla seconda superiore partecipa al laboratorio di teatro
“Venturi”.
Ha fatto parte di una compagnia teatrale esterna alla scuola.
Vorrebbe proseguire con gli studi, disegni e scrittura.
Nasce nel 1994 a Correggio. Nel 2003 si trasferisce a Bosa,
un piccolo paese della Sardegna, dove vive per 5 anni.
Nel 2008 decide di tornare a vivere a Modena per studiare.
Si iscrive al liceo classico Muratori, ma l’anno successivo decide
di assecondare la sua vena creativa e trasferirsi all’Istituto
Superiore d’Arte Adolfo Venturi dove frequenta il quinto anno.
Nel 2013 ha l’opportunità di lavorare nello studio Paolo Bazzani
(Milano) come stagista, esperienza che si rivela intensa
e formativa. Grazie ai progetti scolastici e alla sua grande
curiosità accresce la sua passione per l’arte nelle sue varie
forme ed è intenzionata a proseguire gli studi in campo artistico.
Irene Delvai
Enrica Martinelli
Nata a Carpi nel 1997, sta frequentando la classe 2°
dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Ama la natura e i suoi colori, i sentieri di montagna, i fiori,
i pesci sul fondo del mare e da piccola disegnava con i gessi
colorati sulle pietre del cortile.
Da grande vorrebbe continuare a disegnare
e fare la restauratrice.
Annalisa Paltrinieri
Giada Lanzotti
Nata nel 1997 a Pavullo nel Frignano, frequenta l’Istituto
Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena nel corso di arti
figurative. Le sue passioni sono il disegno, la fotografia e la
musica. Partecipa a diverse iniziative scolastiche, nel 2011,
per la realizzazione della mascotte nella manifestazione
sportiva “Corri Serra Corri” organizzata nel paese dove vive.
Nel 2013 partecipa e vince per l’illustrazione della copertina
del libro “Racconti fuori classe” a cura
dell’Associazione Editori Modenesi.
Finito il liceo artistico vorrebbe continuare a dedicarsi all’arte
perché è la cosa che ama di più al mondo.
Nasce e vive a Modena, sta frequentando il 2° anno
dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Nel 2012 partecipa come illustratore al concorso
“Racconti fuori classe” a cura dell’ Associazione Editori
Modenesi.
Le sue passioni sono la danza Hip Hop e il disegno,
l’unico modo in cui riesce veramente ad esprimersi,
sogna di viaggiare e vivere all’estero,
continuando nel campo della danza e dell’arte.
Nata a Correggio nel 1997, frequenta il corso di arti figurative
all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.
Nel 2013 ha partecipato come illustratrice di copertina al
concorso di “Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione
Editori Modenesi.
Le sue passioni sono cantare, fare fotografie e disegnare.
Le piacerebbe viaggiare molto e conoscere
persone di etnie diverse.
Valeria Morgana Volpi
Federica Zanardi
Nata nel 1995, frequenta l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo
Venturi di Modena.
Interessata ad illustrare storie adatte ai bambini con uno stile
fiabesco, semplice e colorato, vorrebbe in futuro lavorare
in questo ambito.
Ha praticato uno stage presso uno studio fotografico grazie
al quale ha potuto approfondire la sua passione
per la fotografia.
Questa pubblicazione raccoglie solo 10
delle tante fiabe giunte alla Direzione
del Centro Commerciale i Portali.
Cogliamo questa occasione per porgere
un ringraziamento speciale a tutte le classi
delle scuole primarie di Modena e provincia
che hanno preso parte all'iniziativa.
Solo grazie a loro
la 3ª edizione di
"Le favole tra Secchia e Panaro"
ha preso vita con entusiasmo, fantasia
e grande creatività.