Sostenibilità: tra intendere e ascoltare Sustainability

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Sostenibilità: tra intendere e ascoltare Sustainability
Projects
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Architetture sostenibili per
un nuovo rapporto con
l’ambiente: le tecnologie
più avanzate, le soluzioni
formali più ardite, le
proposte strutturali più
aggiornate in una intensa
ricerca di valori etici,
estetici, economici.
Sustainable architecture for a
new relationship with the
environment: cutting edge
technology, bold stylistic
solutions, and the most
up-to-date structural designs
as part of intensive research
into ethical, aesthetic and
economic values.
Sostenibilità:
tra intendere e ascoltare
Sustainability: between Hearing
and Listening
Cinzia Abbate*
“S
e ‘intendere’ è comprendere un senso
(sia nella declinazione figurata, sia in
quella letterale: intendere una sirena, un
uccello o un tamburo significa già, ogni volta,
comprendere quantomeno l’abbozzo di una situazione, un contesto se non un testo), ‘ascoltare’ è
essere tesi verso un senso possibile, e dunque non
immediatamente accessibile … Si ascolta colui di
cui si vuole comprendere il discorso che tiene,
oppure si ascolta qualcosa che può sorgere dal
silenzio e fornire un segnale o un segno …”1 .
Da pochi anni la parola sostenibilità è divenuta un
termine molto ricorrente, spesso banalizzato per
pennellare con quello che potremmo definire un
“aggettivo politicamente corretto” molte delle
nostre riflessioni quotidiane inerenti non solo i
problemi ambientali, ma anche le questioni politiche, i conflitti culturali e religiosi, gli aspetti economici e scientifici, e certamente per identificare una
particolare qualità di alcuni edifici esemplari.
Sebbene le scelte democratiche ed equilibrate siano azioni implicite dell’aggettivo “sostenibile” e
siano assolutamente congruenti alle tematiche
appena citate, anzi dovrebbero ritenersi obiettivi
prioritari nelle strategie politiche ed economiche
per il nostro futuro, l’uso smodato del termine
“sostenibilità”, sta rischiando di svuotare di peso e
d’importanza il significato stesso della parola, in sé
per sé invece così ampio, ricco e complesso.
Volendo tentare di approfondire e spiegare cosa si
possa intendere per architettura sostenibile, e proprio per descrivere la grande varietà di sfaccettature compatibili con il tema della sostenibilità degli
edifici, abbiamo cercato di raccogliere in questo
numero di arcVision un variegato panorama di casi
studio e di approcci metodologici alla progettazione. Sarebbe stato infatti limitativo tentare di
descrivere l’ampiezza degli obiettivi di questa ricerca progettuale, attenendosi solo a una verifica
scientifica e razionale dei risultati energetici e dell’impatto ambientale di questi edifici. È piuttosto
l’intreccio complessivo dei risultati singolarmente
raggiunti da tutti questi progetti che ci interessa
sottolineare, come la traccia, o meglio il percorso
trasversale di tutti quegli aspetti che un vero edificio sostenibile dovrebbe racchiudere ed esprimere.
Una delle qualità comuni ai progetti selezionati è
sicuramente l’appartenenza al luogo, interpretata
sia come approccio filosofico, per il legame ideale
o l’ispirazione poetica tratta dal sito, sia per la
configurazione morfologica che da esso deriva.
Il progetto della villa d’acqua e vetro di Shizuoka,
malgrado il grande livello di astrazione della scato-
la di vetro, con tutte le ripercussioni energetiche
che sicuramente rappresenta, è senz’altro uno dei
progetti che più si lega al luogo per relazione estetica e meditativa. Come scrive Stefano Pavarini:
“Kengo Kuma ci invita ad ascoltare e a guardare,
a utilizzare i nostri sensi nella pienezza e nel controllo riscoprendo radici profonde … La costruzione di una casa come strumento per capire la natura … non per dominarla ma per servirla”.2
Il complesso aziendale per la vinificazione della
cantina Badia a Coltibuono di Piero Sartogo e
Nathalie Grenon, nei pressi di Siena, rivela invece
una particolare sensibilità e conoscenza dei riferimenti culturali locali. Forme e materiali tradizionali
per ricreare atmosfere regionali come le architetture militari di Francesco di Giorgio Martini, o le
astrazioni architettoniche e paesaggistiche delle
pitture di Giotto e Piero della Francesca. Il progetto dimostra anche una grande efficienza distributiva e funzionale, necessaria ad agevolare l’attività
viticola e di imbottigliamento. Nelle cantine le
finestrature sono dimensionate secondo il grado di
illuminamento e la temperatura necessari al corretto invecchiamento del vino, oltre che all’esposizione solare. L’edificio è quasi interamente addossato alla collina per beneficiare del raffrescamento
passivo del terreno.
Come emerge dai progetti selezionati, l’analisi del
luogo può essere condotta con strumenti intuitivi,
basati sull’esperienza, o con strumenti informativi
computerizzati, scientifici e probabilmente più affidabili, ma anche qui entra in gioco la capacità
interpretativa del progettista.
Gli interventi architettonici derivati dalle simulazioni ambientali proposte dal progetto Eco_logical
design, malgrado si pongano degli obiettivi di
sostenibilità sia dal punto di vista energetico che
sociale, possono risultare efficaci solo se valutati
come sperimentazioni per installazioni architettoniche temporanee e come soluzioni astratte per
nuove geometrie tridimensionali da utilizzare nel
settore dell’auto-costruzione.
In questo panorama di progetti, il tema del concorso per le “Birdhouses”, ha la sua validità come
speculazione e provocazione formale su una
“tipologia abitativa”. I risultati indicano soluzioni
leggere, talvolta realizzate con materiali di risulta,
interessanti anche per la loro fragilità e senso di
transitorietà. Indifferenti al luogo, se non per i
materiali da costruzione probabilmente autoctoni.
Ad analizzarli attentamente, sotto la lente di un
sistematico approccio progettuale eco-compatibile, nessuno di questi progetti potrebbe essere defi-
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
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nito rigorosamente sostenibile. Come scrive David
Lloyd Jones: “L’architettura … dipende dalla soddisfacente riconciliazione dell’intuizione con il
razionale. Un edificio deve essere sia poesia che
macchina … La sfida è riuscire a raggiungere il
punto dove l’Architettura Verde è inscindibile dalla
buona architettura”.3
Entrando nel merito di una nuova interpretazione
della “buona architettura contemporanea”, o
meglio dell’assimilazione di questa all’architettura
sostenibile, mi sembra doveroso soffermarmi sulla
definizione delle qualità e potenzialità che l’architettura in genere dovrebbe incorporare.
L’architettura non può più essere valutata solo sul
valore estetico e sull’innovazione formale e linguistica dell’opera, ma piuttosto sull’impronta ecologica dell’edificio: la sua efficienza energetica, l’innovazione tecnologica, il ciclo di vita dei suoi
materiali, l’impulso economico locale, il benessere
privato e sociale che questa può innescare.
La fascinazione estetica per il grande gesto architettonico da ormai troppi anni sta facendo dimenticare agli architetti e ai loro committenti quali siano le significative priorità di una disciplina sociale
come quella dell’architettura e quali le responsabilità dei suoi protagonisti.
Cosa intendiamo quindi per architettura sostenibile o Architettura Verde? A mio parere si tratta
di quelle realizzazioni che per importanza dell’iniziativa, impatto culturale, equilibrio delle soluzioni proposte, risvolti sociali, responsabilità glo-
bali assunte, possono davvero segnare una nuova rivoluzione della ricerca architettonica. Si tratta perciò di innovazione, non solo tecnologica
ma di pensiero.
Ottenere questi risultati è possibile, ma è spesso
necessario un processo di coinvolgimento multidisciplinare che includa le politiche governative, le
amministrazioni locali, le industrie, i committenti, i
professionisti e non per ultimi i suoi fruitori.
Se, come le statistiche dimostrano, gli edifici utilizzano circa il 40% dell’energia globale e sono
responsabili per quasi la stessa percentuale di
emissioni di gas serra, occorre che il giudizio sull’architettura contemporanea tenga conto della
priorità etica e civile per fronteggiare questa emergenza. Per far sì che le tendenze progettuali in
atto diventino sostenibili e che questo modo di
concepire e realizzare l’architettura sia inscindibile
da qualsiasi altro modo di costruire, è necessario
rivedere la disciplina architettonica nelle modalità
in cui questa è insegnata, praticata e divulgata.
Bisogna rivedere le legislazioni edilizie nazionali
riducendo gli standard di consumo energetico
ammissibili per le costruzioni, imporre la qualità
dei materiali e delle coibentazioni, sostenere l’integrazione delle tecnologie solari attive e passive
nell’involucro degli edifici per ridurre al massimo il
ricorso ai combustibili fossili. È auspicabile l’adozione di materiali atossici e riciclabili che non producano inquinamento durante il loro ciclo di vita
ed è necessario coinvolgere l’industria per svilup-
Progetto di Alessandro Mendini da:
Birdhouse Project 2004/2005
(l’Arca 203).
Project designed by Alessandro Mendini
from: Birdhouse Project 2004/2005
(l’Arca 203).
Dall’alto, progetti
di Richard Gluckman
e di Odile Decq.
From top, projects
designed by Richard
Gluckman and
Odile Decq.
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pare e sperimentare nuovi componenti edilizi attivi.
Le potenzialità di sviluppo economico di tutte le industrie coinvolte nel processo di costruzione degli edifici
sostenibili e dei loro componenti sono enormi. È dimostrato dalle esperienze in corso nel Nord Europa, specie
in Olanda e Germania, ma anche in Giappone con il
successo ottenuto, per esempio, nell’integrazione del
fotovoltaico nelle coperture. Le richieste del mercato
immobiliare stanno infatti lentamente spingendo verso
un miglioramento qualitativo misurato sugli aspetti del
benessere individuale e ambientale, destinate a incrementare il valore dell’immobile e quindi dell’architettura
in generale, in maniera esponenziale.
In uno scenario globale di incertezza degli investimenti
e di sviluppo economico e tecnologico molto debole,
quella delle costruzioni sembra essere per molti paesi
un’isola felice.
Questi fatti dovrebbero quindi indurci a riflettere sulle
grandi potenzialità dell’architettura per sostenere la
ripresa economica, la ricerca tecnologica e per promuovere sistematiche operazioni dirette alla salvaguardia
dell’ambiente e la realizzazione di un futuro patrimonio
edilizio energeticamente autosufficiente, vivo, che respiri, che produca benessere economico e sociale.
A questo punto ci rendiamo conto che per fare architettura sostenibile è irrilevante la scala dell’edificio o lo stereotipo della grande firma, ma è importante piuttosto la
caratterizzazione ambientale e culturale dell’opera e
soprattutto il suo messaggio.
Sostenibilità significa aprirsi per riuscire a captare tutte
queste implicazioni e per metterle a frutto, traducendole in forme eco-compatibili.
Significa sapersi mettere all’ascolto.
* Cinzia Abbate è partner dello Studio AeV Architetti Abbate e
Vigevano, uno studio professionale con sede a Roma che opera dal
1992 nel settore dell’integrazione architettonica delle energie rinnovabili, della pianificazione urbanistica ambientale, il riuso e il restauro,
sia in Italia sia all’estero. È anche Professore al Rensselaer Polytechnic
Institute di Troy (New York) e rappresentante per l’Italia
dell’International Energy Agency (IEA) per l’integrazione architettonica
della tecnologia fotovoltaica. Negli anni Ottanta ha vissuto a New
York dove lavorava per IM Pei and Partners.
Note
1. Jean–Luc Nancy, All’ascolto, Raffaello Cortina Editore, 2004.
2. Stefano Pavarini, L’orizzonte d’acqua, l’Arca Edizioni, n. 138, 1999.
3. David Lloyd Jones, Architecture and the Environment, England,
Laurence King Publishing, 1998.
“I
f ‘hearing’ means understanding—both figuratively
and literally: hearing a siren, bird or drum already
means understanding at least roughly what the situation is, grasping a context if not a text—, then ‘listening’ is directed toward a possible meaning, and hence
not immediately accessible ... You listen to somebody if
you want to understand what they are saying, or you listen to something that might emerge from the silence
and send out a signal or sign ....”1
Over the last few years the word sustainability has come
to be a very frequently used term, often rather blandly
employed to dress up in what might be described as a
“politically correct adjective” lots of our everyday
thoughts regarding not just environmental issues, but
also political affairs, cultural or religious conflicts, economic and scientific matters, and of course to point out
some quality of certain exemplary buildings.
Although democratic and balanced decisions are implicit
actions in the adjective “sustainable” and absolutely fitting for the matters just referred to—indeed they ought
to be priority objectives in political-economic strategies
for our future—excessive use of the term “sustainability”
is likely to deprive the very meaning of the word (in itself
so extensive, rich and complicated) of any real weight
and importance.
In an attempt to analyze and explain just what sustainable architecture might mean, and hence to describe the
great range of shades of meaning compatible with the
issue of the sustainability of buildings, this issue of
arcVision will outline a wide variety of study cases and
methodological approaches to design.
Merely describing the scope of the goals involved in this
kind of research, by scientifically and rationally checking
the energy results and environment impact of these
buildings, would have been rather limiting and restrictive.
It is rather the overall combination of results individually
attained by these projects which we are interested in
pointing out, as a trace or rather cross-the-board presentation of all the aspects a genuinely sustainable building
ought to have and express.
One of the qualities all the selected projects certainly
share is the belonging to a place, interpreted as both a
philosophical approach (for its ideal bonds or the poetic
inspiration it draws from the site) and in terms of the
morphological configuration deriving from the place in
question.
Despite the considerable degree of abstraction of the
glass box with all the repercussions in terms of energy
it certainly entails, Shizuoka’s project for a water and
glass house is undoubtedly one of the projects most
closely connected to its setting through its aesthetic
and meditative relations. As Stefano Pavarini writes:
“Kengo Kuma invites us to look and listen, to use our
senses to the full and with careful control in order to
rediscover deep roots ... The construction of a house as
a means of understanding nature … not to dominate it
but to serve it.” 2
The Badia Winery in Coltibuono, not far from Siena,
designed by Piero Sartogo and Nathalie Grenon shows a
special awareness and knowledge of local culture.
Traditional forms and materials to recreate regional
atmospheres like Francesco di Giorgio Martini’s military
architecture or the architectural/landscape abstractions in
Giotto’s and Piero della Francesca’s paintings. The project
is also set out with great distributional-functional efficiency to make the wine-making and bottling process easier.
The windows of the winery building are sized according
to the amount of light, sunshine and temperature level
required for the wine to age properly. The complex is
almost entirely built into the hillside to exploit passive
cooling through the ground.
As can be seen from the chosen projects, places may be
analyzed either intuitively based on experience or using
computerized scientific systems, which are probably
more reliable, but here again the designer’s ability to
read the situation comes into play.
Although the architectural designs based on environmental simulations put forward in the Eco_logical design project set sustainability targets from both an energy and
social point of view, they are only effective if viewed as
experiments for temporary architectural installations and
abstract solutions for new three-dimensional geometric
forms to be used in the self-construction sector.
In relation to this general overview of projects, the competition to design “Birdhouses” is valid as a speculativestylistically provocative investigation into a certain “type
of housing”. The results point toward light designs,
sometimes actually made from leftover materials, interesting in terms of their fragility and sense of transience.
They are indifferent to location, except as regards the
construction materials, which are generally local in origin.
Taking a careful look at them under the magnifying glass
of a systematic eco-compatible approach to design, none
of these projects may really be classed as sustainable.
As David Lloyd Jones writes: “Architecture ... depends on
successfully reconciling intuition with reasoning. A building must be both poetry and machinery … The challenge
is to reach the point where Green Architecture is inseparable from good architecture.”3
Broaching the issue of a new interpretation of “fine
modern-day architecture”, or rather how sustainable
architecture may be assimilated, I think a few words
need to be said about the qualities and potential that
ought to be associated with architecture in general.
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Architecture may no longer be assessed in terms of a
work’s aesthetic value and stylistic-linguistic innovation,
but rather in terms of the building’s ecological design: its
energy efficiency, technological innovation, the lifecycle
of its materials, the way it boosts the local economy, and
the private-social well-being it might bring about.
For too long now, the aesthetic appeal of great architectural gestures has been causing both architects and their
clients to lose track of the most important priorities of a
social profession like architecture, and the responsibilities
its key players must take on.
So what do we mean by sustainable or green architecture? In my opinion these are buildings whose design
importance, cultural impact, balance of solutions
involved, social implications, and global responsibilities
taken on, may result in a real revolution in architectural
research. This is innovation in thinking and not just
technology.
These results can be attained but they often call for a
multi-disciplinary approach involving government policies, local councils, industry, clients, architects and, last
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Progetto di Axel
Schultes.
Project designed
by Axel Schultes.
but not least, the users themselves. If, as statistics show,
buildings use about 40% of global energy and are
responsible for almost the same percentage of emissions
of greenhouse gases, then any assessment of modernday architecture must take into account ethical-civil priorities in handling this emergency.
To ensure that current trends in design turn out to be
sustainable, and that this way of envisaging and constructing architecture is an integral part of any form of
building, we need to take a fresh look at how architecture is taught, practiced and publicized. We need to
review national building laws, lowering the levels of energy consumption allowed for buildings, enforce quality
standards for materials and insulation, and support the
introduction of passive and active solar technology in
building shells, so as to reduce the amount of fossil fuels
consumed to a minimum. It is also to be hoped that we
will start using non-toxic, recyclable materials that do not
cause any pollution during their lifecycles, and industry
must be encouraged to develop and experiment on new
active building components.
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There is enormous potential for economic growth in all
the industries involved in the process of constructing sustainable buildings and the components used in them.
This is shown by experiments under way in northern
Europe—notably the Netherlands and Germany—and in
Japan, such as, for instance, the integration of photovoltaic technology in roof design. Demands in the real
estate sector are, in fact, slowly bringing about a rise in
standards gauged in terms of individual and collective
well-being, which will increase the value of property, and
hence architecture in general, at an exponential rate.
At a time of global uncertainty about investments and
extremely weak economic-technological growth, the
building industry seems to be a little haven for lots of
countries.
These facts ought to make us reflect on architecture’s
great potential to support economic recovery, technological research, and the promoting of systematic operations aimed at safeguarding the environment and generating a wealth of energy self-sufficient, lively architecture
that literally breathes and generates socio-economic wellbeing. At this point it is obvious that the size of a building or the stereotyped idea of star names are irrelevant in
designing sustainable architecture, what really counts is
the environmental-cultural blueprint of the work and,
above all, the message it sends out.
Sustainability means opening up to embrace all these
implications and putting them to effective use by turning
them into eco-compatible forms.
It means knowing how to listen.
* Cinzia Abbate is partner of Studio AeV Architetti Abbate e Vigevano, a
professional studio based in Rome and operating in the field of architectural integration of renewable energies since 1992, as well as in environmental urban planning, adaptive re-use and restoration both in Italy and
abroad. She is also Professor at Rensselaer Polytechnic Institute of Troy,
N.Y., and the Italian representative for the Building Integration of
Photovoltaics at the International Energy Agency (IEA). During the eighties, she lived in New York City and worked for IM Pei and Partners.
Notes
1. Jean–Luc Nancy, A l’écoute, Paris, Galilée, 2002.
2. Stefano Pavarini, L’orizzonte d’acqua, l’Arca Edizioni, no. 138, 1999.
3. David Lloyd Jones, Architecture and the Environment, England,
Laurence King Publishing, 1998.
Dall’alto, progetti
di Cesare M. Casati
e di William Alsop.
From top, projects
designed by Cesare
M. Casati and
William Alsop.
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Tenda metropolitana
Metropolitan Tent
Bruxelles, stazione della metropolitana Erasme
Brussels, Erasme Subway Station
Progetto di Samyn and Partners
Project by Samyn and Partners
A
rchitettura sostenibile non significa solo riduzione
dei consumi energetici, per esempio quelli legati
ai sistemi di climatizzazione, ma anche scelta di
tecniche costruttive e materiali prodotti con minimo
impiego di risorse. I sistemi tensostrutturali, oltre ad avere tali requisiti, rappresentano una valida alternativa a
costruzioni con sistemi e materiali tradizionali.
La copertura della stazione Erasme dimostra che le
infrastrutture urbane possono essere anche luoghi in
cui sperimentare soluzioni alternative fra ingegneria e
architettura. Ravvivare attraverso un segno forte un
luogo senza particolari attributi era tra gli obiettivi principali. Dotata di una struttura leggera e trasparente, la
nuova stazione non è più solo un pubblico passaggio,
bensì un intervento linguisticamente significativo a scala urbana, un segno di distinzione rispetto al consueto
immaginario che vede le parti accessorie delle infrastrutture come costruzioni prettamente funzionali.
Posta nei pressi dell’ospedale Erasme, la stazione si
pone come segno certo di orientamento attraverso la
sua particolare configurazione, in grado di farsi notare
senza opporsi a un contesto che, proprio grazie all’originalità dell’intervento, emerge con maggiore identità.
La leggerezza della tensostruttura rimanda al linguaggio dell’installazione, all’oggetto che va oltre la sua specificità funzionale puntando sulla comunicazione di
valori che rientrano nella sfera artistica, in questo caso
posta a definire un luogo con una forte identità, e
introducendo la poetica dell’effimero, della struttura in
38
Il sistema strutturale
all’interno della
stazione.
Pagina a fianco,
particolare dei cavi
in tensione.
The structural system
inside the station.
Opposite page, detail
of the tensile cables.
grado di mutare nel tempo la sua immagine. Una qualità che prende forma anche solo nell’alternanza fra la
notte e il giorno, quando la lunga infilata di arcate
metalliche si riempie di luce, trasformando un riparo in
un fantastico tepee delle meraviglie, in grado di cambiare una stazione in un paesaggio della memoria.
Già in altre occasioni, come per esempio nel Centro
Ricerche M&G a Venafro, Samyn aveva dato prova di
grande capacità progettuale nel configurare ampi spazi
attraverso tensostrutture non convenzionali.
Ed è proprio grazie all’originalità dell’insolito schema
strutturale che la stazione Erasme acquisisce una propria specificità architettonica. In fondo si tratta della
ragion d’essere dell’architettura: essa, infatti, è autonoma da qualsiasi influenza estranea, quale ad esempio
l’identità associata a un luogo geografico o un sistema
di classificazione antiquato di origine arcaica che punta
su criteri di esclusività, antagonismi e opposizioni.
Se mai vi fossero da ricercare relazioni con alcuni archetipi, l’intervento in questione ha non poche similitudini
con la tenda, in origine un ricovero leggero e nomadico, trasformatosi nel tempo in strutture stabili come il
tempio e il palazzo. Composta da campate in tubolari
d’acciaio che sorreggono una membrana in tessuto di
fibra di vetro impregnata con PTFE, la tensostruttura
protegge le banchine d’arrivo e partenza dei convogli,
permettendo la percezione della luce esterna e riducendo al minimo il senso di claustrofobia presente negli
ambienti ipogei.
39
S
ustainable architecture does not just mean
reducing energy consumption, for instance in
air-conditioning systems, but also the decision to
use construction methods and materials exploiting as
few resources as possible. In addition to possessing
these requisites, tensile structures are also a valid alternative to constructions using conventional systems and
materials. The roof over Erasme Station shows that
urban infrastructures may also be places for experimenting with alternative solutions, somewhere between
engineering and architecture. Rejuvenating a place with
no distinctive features by means of a landscape design
was one of the main objectives. Furbished with a light
and transparent structure, the new station is no longer
just a public passageway, but a stylistically significant
urban-scale project, a distinctive design compared to the
usual idea of accessory parts of infrastructures being
mainly functional constructions.
Situated near Erasme Hospital, the station is an authentic landmark thanks to its special design, capable of
standing out without clashing with a setting which,
thanks mainly to the originality of the project, actually
has its own identity enhanced.
The lightness of the tensile structure refers back to its
installation idiom, to an object that goes beyond its own
specific function to focus on communicating values
belonging to the realms of art, in this instance designed
to mark a place with a powerful identity and also introducing the poetics of the transient and a structure capa-
40
Modelli del sistema
strutturale costituito
da arcate metalliche che
ricopiano il profilo della
copertura tensotesa in
tessuto di fibra di vetro.
Models of the structural
system composed of
metal arcades copying
the tensile pattern
of the roof made
of a fiberglass fabric.
ble of changing its image over time. A feature that even
takes shape in the mere alternation of night and day,
when the long row of metal arches fills with light, turning a shelter into a fantastic tepee of wonders, capable
of converting a station into a landscape commemorating
the past.
Samyn has already shown great design expertise in setting out wide spaces through unconventional tensile
structures on other occasions, such as for example the
M&G Research Center in Venafro, Italy.
It is actually the highly original structural design that
makes Erasme Station such a distinctive work of architecture. After all this really is architecture’s reason for
being: it is free from all outside influence, such as, for
instance, the identity associated with a given geographical place or an antiquated classification system from way
back in the past, that focuses on criteria of exclusiveness, antagonisms and oppositions.
If relations needed to be found with certain archetypes,
then the project in question is not unlike a tent, which
was originally a light, nomadic shelter gradually transformed down the ages into permanent structures like
temples and palaces.
Composed of tubular steel bays holding up a membrane
made of a fiberglass fabric impregnated with PTFE, the
tensile structure shelters the platforms where the trains
arrive and depart, making outside light filtering in and
reducing the feeling of claustrophobia in underground
premises to a minimum.
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42
43
45
44
Minimo valore di
impatto sull’intorno
grazie alla tensostruttura
e al materiale traslucido
dell’involucro.
Dettaglio delle
connessioni
della struttura.
Detail of the structural
connections.
Minimal environmental
impact on the
surroundings thanks
to the tensile structure
and translucent fabric
of the shell.
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Rinascimento sostenibile
Sustainable Renaissance
Monti in Chianti (Siena), centro vinificazione Badia a Coltibuono
Monti in Chianti (Siena), Badia Winery in Coltibuono
Progetto di Piero Sartogo, Nathalie Grenon
Project by Piero Sartogo, Nathalie Grenon
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Dettaglio dei
tamponamenti dei corpi
di fabbrica attraversati
dai setti di zinco delle
superfici vetrate.
Detail of the curtain
walls of the facilities
pierced through by the
zinc stanchions of the
glass surfaces.
A
volte il luogo, la storia e la cultura di un territorio compiono il miracolo di far convivere armoniosamente tradizione e modernità. Il complesso per la vinificazione a Monti, nel territorio del Chianti,
ne è un esempio illuminante, sia per la configurazione
architettonica sia per l’osservanza di alcuni criteri di
sostenibilità, volti a ridurre i consumi energetici.
I due corpi cilindrici con la copertura sostenuta da esili
colonne e le sottili feritoie ricordano inequivocabilmente lo straordinario immaginario delle architetture senesi
dipinte da Simone Martini; i bastioni e i contrafforti
sono un’interessante rilettura delle architetture militari
progettate da Francesco di Giorgio Martini. Il tutto
interpretato attraverso una sapiente distribuzione di
forme e volumi in un ambiente dove natura e costruito
convivono in perfetta simbiosi. Obiettivo del progetto
era di inserire la costruzione in un contesto estrema-
mente delicato; l’idea vincente è stata di intervenire
rivoluzionando radicalmente la tipologia delle strutture
per la produzione vinicola, ovvero suddividere in tante
unità i volumi destinati ad accogliere le fasi di produzione del vino, dalla vendemmia alla fase di pigiatura
dell’uva, dalla fermentazione all’invecchiamento nelle
botti. La distribuzione delle funzioni è articolata attraverso l’inserimento, alla base della collina boscosa, del
corpo di fabbrica più ampio, ottenendo così un processo di vinificazione a caduta per gravità – in linea con le
più avanzate teorie enologiche – con conseguente
risparmio energetico. Un risparmio riscontrabile soprattutto nella configurazione generale del complesso,
caratterizzato da feritoie in grado di fornire luce e ventilazione naturali agli interni. L’osmosi fra paesaggio e
architettura trova riscontro in tutta una serie di percorsi
e terrazzamenti integrati con il territorio collinare, ma
anche nella configurazione altimetrica dei livelli interni.
Realizzare una struttura produttiva in cui forma e funzione fossero paritetiche, anche sul piano estetico, è
stata occasione per Piero Sartogo e Nathalie Grenon di
misurarsi con una tematica progettuale inusuale attraverso la rivisitazione in chiave rinascimentale di un luogo di forte valenza simbolica, dove il Rinascimento, nelle sue prime manifestazioni, si caratterizzava per una
grande apertura all’innovazione e una rilettura colta
del passato.
Il recupero non “archeologico” del primo Rinascimento
è stato, infatti, il percorso intrapreso in questo intervento per non cadere nella trappola storicistica, in uno
sterile post-modernismo davvero fuori luogo. Si tratta
di un’operazione non isolata, pur se attualmente in
fase germinale, che pare infatti trovare seguito anche
in realtà diverse dove il contesto naturale non è più
quello delle straordinarie colline del Chianti bensì le
pianure bagnate dal Po. Insomma, anche il prefabbricato industriale sta cambiando, per il momento attraverso semplici maquillage, timidi tatuaggi in forma di
discrete decorazioni e pastellate cromie, ma tutto fa
presagire ulteriori sviluppi.
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48
L’ubicazione
del complesso per la
vinificazione in rapporto
con il sovrastante
borgo abitato.
Location of the wine
making complex
in relation to the little
village above.
S
ometimes the place, history and culture of a territory can miraculously allow tradition and modernity to co-exist in harmony. The wine making
complex in Monti in the Chianti region is an enlightening example, due to both its architectural design and
the compliance with certain sustainability guidelines
aimed at reducing energy consumption.
The two cylindrical sections with a roof held up by thin
columns and tiny slits irresistibly evoke the incredible
vision of Siena architecture in the paintings by Simone
Martini; the ramparts and buttresses are an interesting
re-reading of the military architecture designed by
Francesco di Giorgio Martini. All interpreted through a
clever layout of forms and structures in a setting where
nature and the builtscape co-exist in perfect symbiosis.
The aim of the project was to set the construction in a
highly delicate context; the winning idea was to revolutionize radically the design of the wine making processing facilities, from harvesting to crushing and from
fermentation to aging. The facilities have been functionally set out by locating the largest building at the
foot of a woody hill, to take advantage of the natural
gravity flow within the wine making process—in line
with the latest theories on vinification—and the energy
savings it entails. Savings which can also be noted in
the general layout of the complex, whose slits let natural ventilation and lighting inside. The osmosis
between the landscape and architecture is matched by
a whole series of paths and terraces knit into the hillside, as well as the altimetric layout of the inner levels.
Designing a production facility in which form and function are on a par, even on an aesthetic level, provided
Piero Sartogo and Nathalie Grenon the chance to
measure up to an unusual project by re-visiting in a
Renaissance key a highly symbolic place. A place where
the Renaissance—at its prime—was characterized by
great openness to innovation and an enlightened
re-reading of the past.
The non-“archaeological” retrieval of the early
Renaissance was, in fact, the path this project took to
avoid failing into the trap of historicism or a sterile
form of postmodernism that is really out of place. This
is not a one-off operation, even though it is still only at
the very early stages, and it is likely to be repeated also
in places without the extraordinary natural setting of
the Chianti hills, such as the flatland plains where the
River Po flows. In other words, industry is currently
going through a simple makeover, little tattoos in the
form of discrete decorations and pastel shades, but
everything points toward more major developments.
49
In senso orario, sezione
trasversale, pianta del
piano terra e planimetria
generale.
Clockwise, cross section,
ground floor plan and
site plan.
51
50
Pagina a fianco,
dettaglio delle due torri,
una circolare, l’altra
ellittica.
In alto, particolare che
evidenzia l’eterogeneità
delle superfici murarie
esterne.
Opposite page, detail
of the two towers,
one circular and the
other elliptical.
Top, detail highlighting
the variety of the
exterior masonry
surfaces.
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Nel flusso della velocità
In the Flow of Speed
Tokyo, Fluid City
Tokyo, Fluid City
Progetto di Makoto Sei Watanabe
Project by Makoto Sei Watanabe
C
hi, per una questione generazionale, pensa a Le
Corbusier come a un mostro sacro ma anche
come a un personaggio da archiviare quale
maestro di architettura contemporanea, dovrebbe
dare uno sguardo al luogo della modernità più avanzata, il Giappone, per accorgersi di quanto alcune
intuizioni progettuali siano ancora debitrici al grande
Corbu. Sistemi infrastrutturali per la mobilità sono tuttora pensati, con i dovuti aggiornamenti del caso, con
la stessa sensibilità con cui Le Corbusier vedeva il
mondo nei primi anni del XX secolo.
Il concetto d’infinito applicato all’architettura deriva
dall’osservazione dei primi grattacieli di Manhattan,
percepiti dal grande architetto come singoli elementi
di un tutto: la loro forma segmentale – ovvero senza
un inizio e una fine – intesa come un sistema aperto e
teoricamente senza limiti.
Il complesso Campus Station dello Tsukuba Express fa
parte di una nuova linea ferroviaria, lunga 58 km, che
collega la nuova comunità di Tsukuba con Tokyo. La
forma dell’edificio si configura attraverso due schermi
esterni indipendenti dalla struttura, realizzati in
cemento rinforzato con fibra di vetro, che per taglio e
forma dei diversi pannelli che li compongono, appaiono come un elemento fluido espandibile all’infinito.
Il sistema di stazioni progettato da Makoto Sei
Watanabe è l’attuazione concreta delle teorie sulla
generazione di Fluid City. Una teoria di quarta generazione rispetto a quella ben più ampia denominata
Induction City, attraverso cui, a partire dagli anni
52
La Stazione Tanaka
sul percorso dello
Tsukuba Express.
Pagina a fianco,
particolare delle sedute
dell’area passeggeri.
Tanaka Station along
the route of the
Tsukuba Express.
Opposite page, detail
of the seats in the
passengers area.
Novanta, l’architetto giapponese sta elaborando processi e soluzioni progettuali per affrontare sistematicamente problemi legati alla complessità delle metropoli
contemporanee (www.makoto-architect.com).
Anche nel progetto del Tsukuba Express/KashiwaTanaka Station appare evidente la ricerca di trasferire
la fluidità del processo ideativo nella forma finale dell’edificio, che sorge lungo il fiume Tonegawa. La stazione presenta tre livelli: uno pedonale immediatamente sopra la strada, un’area servizi e le piattaforme.
Anche in questo progetto l’idea base è suggerire il
concetto di flusso continuo, che, nel caso specifico,
riprende quello delle acque del fiume sottostante. Dal
punto di vista strutturale, la Stazione Tanaka è formata da una base in cemento armato su cui poggia l’involucro in acciaio composto da vari anelli. La forma
dell’edificio varia lungo l’asse longitudinale in modo
che non vi siano punti aventi la medesima sezione.
Per quanto concerne la Stazione ShinMinamata nell’isola meridionale di Kyushu, parte terminale della linea
ad alta velocità che collega Tokyo a Osaka, il complesso è appena stato terminato. La stazione, caratterizzata da linee di accentuato dinamismo, è configurata da
un guscio/copertura realizzato con segmenti metallici
di diverse lunghezze disposti con angolature differenziate che creano continui giochi di luci e riflessi, sia al
loro interno sia all’esterno. La struttura appare come
un momento “congelato” di una traiettoria in espansione ed è infatti pensata per poter essere ampliata in
una fase successiva.
53
T
54
Dettaglio (da rendering)
dell’involucro della
Campus Station.
Detail (from a rendering)
of the shell of
Campus Station.
hose who, due to their age, think of Le Corbusier
as both a superstar and a figure to be filed away
as a past master of modern-day architecture
ought to take a look at the place where modernity has
reached its high point: Japan. They would see that certain new design ideas are still clearly indebted to the
great Corbu. Transport infrastructural systems are still
designed, with the odd new touch here and there,
showing the same awareness of the world Le Corbusier
had in the early-20th century. The concept of infinity
applied to architecture comes from studying the first
Manhattan skyscrapers, which the great architect
viewed as individual parts of a whole: their segmental
form—i.e. without a start or finish—as an open and
theoretically boundless system.
The Campus Station complex for the Tsukuba Express
is part of a new 58 km long railway line connecting the
new community of Tsukuba to Tokyo. The building
form is designed around two outside screens detached
from the structure. Made of cement reinforced with
fiberglass, they look like some sort of fluid feature that,
due to the cut and form of their various component
panels, can expand to infinity.
The system of stations designed by Makoto Sei
Watanabe is the concrete embodiment of theories about
the generating of a Fluid City. A fourth-generation theory
developing upon the much more extensive Induction
City project, based on which this Japanese architect
has been devising design processes and solutions for
systematically tackling issues related to the complexity
of modern-day metropolises ever since the 1990s
(www.makoto-architect.com).
The Tsukuba Express/Kashiwa-Tanaka Station project
also shows the same research into transferring the fluidity of the design process into the final building
design. The station, located along the River Tonegawa,
is built over three levels: a pedestrian level right above
the road, a service lounge and the platforms. Once
again, the basic idea behind the project is to suggest
the concept of a seamless flow, which, in this specific
instance, is inspired by the river flowing below.
Structurally speaking, Tanaka Station is composed of a
reinforced concrete base supporting a steel shell made
of several rings. The building form varies along the longitudinal axis so that there are no points with the same
section.
As regards ShinMinamata Station on the southern
island of Kyushu, the terminal of the high-speed line
connecting Tokyo to Osaka, the complex has just been
completed. The station features highly dynamic lines
and a shell/roof made of metal segments of varying
length set at different angles to create constant lighting effects and reflections, both on the inside and outside. The structure looks like a “frozen” instant in an
expanding trajectory and is actually designed to be later extended if required.
La stazione vista
dall’alto.
The station seen from
above.
55
56
In queste pagine,
la stazione realizzata.
These pages,
the completed station.
57
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Trasparente, complessa, misteriosa
Transparent, Intricate, Mysterious
Shizuoka, villa sull’Oceano Pacifico
Shizuoka, House on the Pacific Ocean
Progetto di Kengo Kuma
Project by Kengo Kuma
L
ontani anni luce l’uno dall’altro per cultura e storia,
Movimento Moderno e architettura tradizionale
giapponese sono invece accomunati per affinità
elettiva nella concezione della residenza, della grande
casa lontana dallo spazio urbano e immersa nella natura. Luce, trasparenza, assenza di qualsiasi decoro superfluo e spazi aperti fanno parte di un linguaggio che unisce due culture diverse ma ugualmente in sintonia con il
luogo di accoglienza, ovvero: quando Natura e Artificio
si compenetrano senza che l’una contrasti l’altro.
Nella villa sull’Oceano Pacifico, Kengo Kuma non poteva
non cogliere l’occasione di mettersi in gioco attraverso
l’uso di due materiali – l’acqua e il vetro – simili nella trasparenza ma diversi in quanto l’una elemento primario
insieme alla terra, al fuoco e all’aria, e l’altro sua metafora tecnologica capace di imitarne la trasparenza, con il
vantaggio di essere allo stato solido e quindi governabile
per poter costruire un’architettura immateriale e poetica.
In un viaggio a ritroso nel tempo, Kuma ripercorre l’esperienza di Bruno Taut – architetto importante per il
Movimento Moderno, raffinatissimo compositore di forme, purtroppo trascurato in questi anni di esasperata
ricerca su tecnologie sempre più lontane dai materiali
naturali dell’architettura – quando negli anni Trenta scopre il valore dell’architettura tradizionale giapponese
attraverso studi e progetti ibridati con le forme arcaiche
ed esotiche dei templi e delle residenze del Sol Levante,
costruite impiegando pannelli mobili di carta di riso racchiusi in esili telai in legno.
Come Taut, anche Kuma trova nella Natura una fonte
inesauribile per i suoi progetti, per conciliare bellezza e
funzionalità, integrazione con il luogo e, nello stesso
tempo, occasione per creare il genius loci attraverso l’armonia della diversità.
Come Taut, Kuma guarda con grande attenzione alla
Villa Imperiale di Katsura – realizzata a Kyoto nel XVII
58
In senso orario, pianta
del primo piano, sezione
del terzo piano e
schema costruttivo della
scala interna.
Clockwise, first floor
plan, third floor section
and construction
diagram of the inner
staircase.
secolo – quale insuperabile icona del rapporto fra esterno e interno, creando una forte suggestione e unendo
idealmente lo specchio d’acqua della sua villa con l’immensità dell’Oceano Pacifico, ottenendo così una forte
sinergia fra l’infinito e la cellula abitativa quale dettaglio
colto, narrazione visiva fra illusione e realtà.
Ma per Kuma non si tratta di riprendere temi e suggestioni dal passato per ricreare un’opera senza difetti,
una soluzione rassicurante poiché già sedimentata nel
catalogo dei grandi capolavori dell’architettura. La sua
modernità sta nella grande capacità di manipolare la
storia e la contemporaneità attraverso il dato tecnologico. In questo caso percepibile nella soluzione della
veranda, realizzata costruendo una struttura a griglia
composta di lame di acciaio inossidabile che filtra la
luce, mediando il rapporto fra cielo e spazi interni.
Trasparente come un cristallo complesso e misterioso,
la villa è una sorta di Wunderkammer orientale dove va
in scena lo spettacolo delle infinite rifrazioni in uno
straordinario giardino immateriale composto di piante
e fiori di luce.
59
D
60
espite being poles apart in terms of their history
and culture, the Modern Movement and traditional Japanese architecture share the same elective affinities in housing design: big houses well away
from the city and buried in nature. Light, transparency,
the lack of any superfluous decoration and open spaces
are part of an architectural idiom that brings together
two quite different cultures but equally in harmony with
the place accommodating them: i.e. when Nature and
Artifice compete without conflicting with each other.
In the house on the Pacific Ocean, Kengo Kuma could
not miss the chance to put himself in play through the
use of two materials—water and glass—similar in terms
of their transparency but different in that water is a primary element along with earth, fire and air, while glass
is its technological metaphor capable of copying its
transparency, with the advantage of being in a solid
state and hence handy to build immaterial, poetic architecture.
Traveling back in time, Kuma is retracing the experience
of Bruno Taut, an important architect from the Modern
Movement, a highly elegant designer of forms, who has
not been given the attention he deserves over this
recent period of excessive experimentation into technology, gradually drifting further and further from the natural materials of architecture. Back in the 1930s Taut
discovered the importance of traditional Japanese architecture through studies and projects hybridized with the
age-old exotic forms of temples and houses in the Land
of the Rising Sun, built out of moving rice paper panels
enclosed within wooden frames.
Just like Taut, Kuma also finds an endless source of
inspiration for his projects in Nature, as a way of reconciling beauty and functionality, fitting into the setting
and, at the same time, providing the chance to create
the genius loci through harmony with diversity.
Just like Taut, Kuma has taken a careful look at the
Katsura Imperial Villa—built in Kyoto in 17th century—
as an unsurpassable icon of relations between interior
and exterior, creating striking effects and ideally uniting
the villa’s pool with the Pacific Ocean in all its immensity, thereby creating a powerful synergy between the
infinite and the living premises as a witty learned detail,
visual narration somewhere between illusion and reality.
But for Kuma it is not a matter of taking themes and
ideas from the past in order to recreate an unblemished
work, a reassuring approach since it is already filed away
in the catalogue of great architectural masterpieces. Its
modernity lies in the skilful way it handles history and
the modern-day scene on a technological level. In this
case it can be seen in the veranda design made by constructing a sort of grid composed of stainless steel
blades that filter light, mediating relations between the
skies and interior spaces.
As clear as an intricate, mysterious crystal, the house is a
sort of oriental Wunderkammer, where the spectacle of
endless refractions is on show in an incredible immaterial garden composed of plant and flowers of light.
61
Dall’alto, pianta del
secondo piano, pianta
del terzo piano
e dettaglio costruttivo
della scala.
From top, plans of the
second and third floors
and construction detail
of the stairs.
62
63
65
64
Particolari che
evidenziano l’altissimo
grado di trasparenza
dell’edificio.
Details highlighting the
building’s high degree
of transparency.
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Nelle sabbie del cosmo
In the Sands of the Cosmos
Cerro Paranal, Eso Hotel
Cerro Paranal, Eso Hotel
Progetto di Auer+Weber+Architekten
Project by Auer+Weber+Architekten
P
er come sta evolvendosi il dibattito sul mondo del
Progetto, discettare sulla natura dell’architettura
aiuta a capire le ragioni del suo progressivo mutamento: da arte del costruire ad arte del comunicare. Le
cause? Per esempio, la tendenza verso la superspecializzazione dell’architetto come figura in grado di dare
valore all’opera attraverso un atto creativo, con la conseguenza che l’ingegnere, traduttore tecnologico del
progetto architettonico, acquisisce sempre più spazio
come figura autonoma nel percorso di realizzazione
dell’opera. L’architettura diviene bene collettivo in
quanto struttura urbana ed evento culturale come
performance progettuale.
Deserto cileno di Atacama: sulla cima del Cerro Paranal
l’Osservatorio Paranal, sede del VLT (Very Large Telescope) e dell’ESO (European Southern Observatory), forma
una straordinaria cattedrale scientifica in uno dei deserti più inospitali della Terra.
Il deserto è una metropoli invisibile dove l’architettura
perde peso specifico, diventa quasi miraggio, architettura virtuale in quanto non relazionabile con la complessità della città. Dunque, una “macchina celibe” al
posto di un’architettura? In un certo senso, sì, poiché
risulta una struttura afasica,
priva di un suo linguaggio
autonomo, un luogo tecnico
che non aggiunge nulla al nulla, se non la propria assenza
architettonica.
Straordinaria invece la dotazione tecnico-scientifica: con
quattro telescopi da 8,2 m e
vari altri più piccoli, tutti comprendenti strumentazioni di
ultima generazione, come l’in-
66
Sezione, dettaglio della
facciata e pianta di una
delle 108 stanze
dell’hotel.
Section, detail of the
facade and plan of one
of the 108 hotel rooms.
terferometro inaugurato nel 2001. L’osservatorio è tra i
più potenti al mondo e tra i luoghi di ricerca più
apprezzati dagli astronomi: ogni anno, l’ESO riceve
oltre 1.300 proposte di ricerca per il VLT. La realizzazione dell’intero progetto ha richiesto dieci anni durante i
quali il gruppo scientifico e le maestranze di cantiere
hanno dovuto alloggiare in container posti 200 metri
più a valle, sulla sola strada che percorre il deserto. Per
una migliore sistemazione dei circa cento tra ricercatori
tecnici e visitatori soggiornanti sul Paranal venne indetto un concorso internazionale per la costruzione di un
complesso residenziale vinto dagli architetti tedeschi
Auer e Weber (www.auer-weber.de), autori del progetto per l’edificio, e dall’architetto cileno Paula Gutierrez (www.paulagutierrez.com), progettista della sistemazione degli interni.
Auer+Weber+Architekten, sfruttando un’ampia depressione del terreno, realizzano una struttura ipogea con
una singola facciata fuori terra caratterizzata da una
superficie dello stesso colore del deserto e orientata
verso l’Oceano Pacifico, distante circa 12 chilometri.
L’unica altra emergenza è rappresentata dall’ampia
cupola vetrata di 35 metri di diametro che consente,
insieme alle aperture di alcune
corti sistemate a verde, l’entrata della luce naturale, illuminando così gli spazi interrati e
mettendoli in comunicazione
con l’esterno.
Il luogo è indubbiamente fuori
dagli schemi, ma è anche una
vera oasi di benessere in grado
di opporsi alle difficili condizioni ambientali di questa sperduta terra ai confini del mondo.
67
J
udging by the way debate in the world of Design is
progressing, dissertating about the nature of architecture is useful for understanding the reasons for
the progressive change it is undergoing: from the art of
building to the art of communicating. So what are the
reasons for this? For instance, a tendency toward the
super-specialization of the architect as somebody capable
of enhancing a design through his creative artistry, which
means that the engineer, responsible for technologically
translating the architectural design, is gaining more room
as an independent player in the building process. Architecture is turning into a collective asset, an urban structure and cultural event in which design plays the leading
role.
The Atacama desert in Chile: up on top of the Cerro
Paranal, the Paranal Observatory, home of the VLT (Very
Large Telescope) and ESO (European Southern Observatory), is an incredible scientific cathedral in one of the
most inhospitable deserts on Earth.
The desert is an invisible metropolis in which architecture
loses its specific weight, turns into a mirage or virtual
architecture in that it cannot be related to the complexity
of the city. So do we have a “celibate machine” instead
of architecture? In a certain sense, yes, because it turns
out to be an aphasic structure with no language of its
own, a technical place that adds nothing to nothing,
except its own architectural absence.
Its technical-scientific furbishing its quite extraordinary
though: featuring four 8.2 m telescopes and various
other smaller ones, all fitted with the latest generation of
68
Sezione e plastico
del progetto.
Section and model
of the project.
equipment, such as an interferometer that officially came
into operation in 2001. This is one of the most important
observatories in the world and one of the most highly
rated research places by astronomers: the ESO receives
over 1,300 research proposals for the VLT every year. It
took ten years to carry out the entire project, during
which time the scientific team and expert builders had to
take accommodation in containers situated 200 meters
down the valley, along the only road through the desert.
An international competition to build a residential complex to provide the approximately one hundred technical
researchers and visitors staying on the Paranal with better
accommodation was won by the German architects Auer
and Weber (www.auer-weber.de) and the Chilean architect Paula Gutierrez (www.paulagutierrez.com), who
designed the interior layout.
Auer+Weber+Architekten took advantage of wide dip in
the ground to design an underground structure with one
single facade above ground level featuring a surface the
same color as the desert and facing the Pacific Ocean
about 12 kilometers away. The only other above-ground
feature is the big glass dome measuring 35 meters in
diameter, which, together with the openings formed by
courtyards landscaped in greenery, lets in natural light to
illuminate the underground spaces and bring them into
interaction with the outside.
This place is certainly unorthodox, but it is also a real
oasis of well-being contrasting with the harsh surrounding conditions in this lost area of land at the very edge of
the world.
Pianta dei livelli 2 e 4 e,
in basso, l’osservatorio
sulla cima del Cerro
Paranal.
Plan of levels 2 and 4
and, bottom,
the observatory
on the summit of Cerro
Paranal.
69
Percorso verso l’ingresso
dell’hotel.
Path toward the hotel
entrance.
70
Vedute dell’hotel.
Views of the hotel.
71
72
73
Pagina a fianco e qui
a sinistra, il percorso di
collegamento interno.
In basso uno spazio
ambientato con piante
tropicali.
Opposite page and left,
the inner connection
path. Bottom, a space
landscaped with tropical
plants.
74
75
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Sostenibilità morfogenetica
Morphogenetic Sustainability
Eco_logical design
Eco_logical design
Progetto di Paolo Cascone
Project by Paolo Cascone
76
L
a complessità metodologica per lavorare sulla
sostenibilità richiede una gestione interdisciplinare
del progetto. Eco_logical design prevede, infatti,
oltre agli aspetti energetici anche una sostenibilità
sociale cui dare soluzione attraverso uno studio destinato a formulare un habitat relazionato alle esigenze spaziali dell’utenza.
L’osservazione dei processi generativi presenti in natura
si è dimostrata il percorso in grado di produrre i migliori
risultati. Si tratta di applicare criteri morfogenetici a una
disciplina che, per sua natura, tratta problematiche
avulse da fenomenologie di tipo dinamico. Il percorso
proposto da Eco_logical design è trasposizione formale
di una procedura di ingegnerizzazione capace di gestire
dinamicamente la complessità dell’intorno. Dal punto di
vista operativo si tratta di suddividere il tutto in più fasi
interconnesse in modo non lineare.
Si inizia con Design Strategy, una sorta di momento
pre-architettonico che prevede un sistema di relazioni
desunte dall’analisi del contesto in cui avvengono fenomenologie legate alle dinamiche ambientali (microclima, topografia, flussi di persone e cose, ecc.). Data la
complessità della ricerca, si prevede l’impiego di supporti informatici in grado di intercorrelare fra loro tutti i
dati della ricerca.
Form Finding è una procedura risalente a studi svolti
in passato dagli architetti Buckminster Fuller e Frei Otto,
che avevano teorizzato la capacità dei materiali di autoorganizzarsi in base a particolari influenze esterne. In
architettura tale procedura è impiegata per generare
configurazioni strutturali per particolari applicazioni.
Tale approccio prevede totale interconnessione tra forma e struttura: ciò si ottiene con il supporto di sofisticati software che gestiscono complesse tecniche di
modellazione parametrica. Finalità del Form Finding è
l’individuazione di una specie di manuale per suggerire
al progettista una serie di possibili configurazioni definite, sia nella forma sia nella struttura, le cui caratteristiche prestazionali saranno analizzate secondo i parametri dell’utenza finale.
Performative Simulation è la fase in cui si cerca di
sperimentare in modo innovativo alcune simulazioni
ambientali attuate con software specifici che rilevano
condizioni ambientali artificialmente prodotte: ventilazione, illuminazione, irraggiamento solare, ecc.
La ricerca avanzata di Eco_logical design è improntata a
un percorso olistico applicato alla progettazione architettonica e cerca di raggiungere obiettivi proiettati in
un futuro lontano, allorquando le tecnologie saranno
in grado di fornire materiali “intelligenti”, con una
memoria su cui far leva per impostare programmi
auto-generativi inseribili in processi industriali, creando
così un mondo in cui il progetto architettonico per
grandi strutture abitative si configura in una procedura
meta-progettuale composta di parametri legati alle
effettive esigenze abitative. Ogni forma sarà diversa
non perché frutto di formalismi, ma in quanto relazionata ai diagrammi spaziali degli utenti.
T
he methodological complexity involved in working
on sustainability calls for an interdisciplinary
approach to projects. Alongside energy factors,
Eco_logical design calls for social sustainability catered for
by carrying out a study into creating a habitat geared to
the user’s spatial requirements.
Observing the generative processes occurring in nature
has proven to be the way to achieve the best possible
results. This involves applying morphogenetic criteria to a
discipline, which, by its very nature, deals with problems
quite detached from dynamic phenomena. The approach
proposed by Eco_logical design is a formal transposition
of an engineering project capable of handling the complexity of the surroundings in a dynamic way. From a
practical viewpoint, this means dividing everything into
several stages interconnected on a non-linear basis.
The first step is the Design Strategy, a sort of architectural moment involving a system of relations worked out
from an analysis of the context in which phenomena
related to environmental dynamics (micro-climate, topography, flow of people and things, etc.) occur. Given the
complexity of the research involved, this calls for comput-
er aids capable of correlating together all the different
data connected with the research.
Form Finding is a procedure dating back to studies carried out in the past by the architects Buckminster Fuller
and Frei Otto, who set down the theory that materials are
actually capable of organizing themselves based on certain external influences. In architecture this procedure is
used to generate structural configurations designed for
special applications. This approach involves total interconnection between form and structure. This is achieved with
the aid of sophisticated software handling complex parametric modeling techniques. The ultimate goal of Form
Finding is to devise a sort of handbook for providing
designers with a range of possible configurations, carefully defined in terms of both form and structure, whose
performance ratings will be analyzed based on parameters set down by end users.
Performative Simulation is the stage during which
innovative experiments are carried out on environment
simulations implemented using special software recording
artificially designed environmental conditions: ventilation,
lighting, sunlight, etc.
The research proposed by Eco_logical design is based on
a holistic approach to architectural design and is supposed
to achieve goals projected into the distant future, when
technology will indeed be able to provide “smart” materials with memories capable of handling self-generative programs to be incorporated in industrial processes. This will
create a world in which the architectural design of large
living structures is configured through a meta-design procedure composed from parameters linked to actual living
requirements. All forms will be different, not due to just
stylistic formalisms, but because they are actually geared
to users’ spatial diagrams.
77
Prototipazione rapida
della superficie
Eco_logical.
Rapid prototyping of the
Eco_logical surface.
Analisi ambientale.
Environmental analysis.
79
78
Analisi topografica.
Topographic analysis.
81
80
Pagina a fianco,
processo progettuale
di un prototipo di casa.
In alto, esperimento
di auto-costruzione
del padiglione
Pankese School.
Opposite page, design
process for a house
prototype.
Top, experiment in
self-construction of the
Pankese School pavilion.
Esperimento
di auto-costruzione
del padiglione Pankese
School.
Experiment in selfconstruction of the
Pankese School pavilion.
82
Fasi di
contestualizzazione
di un prototipo.
Contextualization
of a prototype.
83
IL NUOVO CLIMA THE NEW CLIMATE
Il futuro in forma
A Future in Good Form
Aichi (Nagoya), Expo 2005
Aichi (Nagoya), Expo 2005
Progetto di un pool di architetti internazionali
A project by a pool of international architects
84
In questa pagina e nella
pagina a fianco (in alto
a destra) particolari
del Padiglione Spagna,
progettato da Alejandro
Zaera-Polo/Foreign
Office Architects
e Inypsa.
Pagina a fianco, in basso
Padiglione Hitachi.
This page and opposite
page (top right), details
of the Spanish Pavilion
designed by Alejandro
Zaera-Polo/Foreign
Office Architects
and Inypsa.
Opposite page, bottom
Hitachi Pavilion.
“L
a saggezza della natura” è il tema dell’Expo di
Aichi (25 marzo – 25 settembre). Un tema
complesso e affascinante, che coinvolge il rapporto che da sempre l’uomo ha con il suo intorno naturale, di cui ha saputo cogliere gli insegnamenti per progredire nella scienza e nell’arte. Le grandi manifestazioni
espositive sono pietre miliari che segnano l’evoluzione
culturale dell’Occidente. Un’evoluzione che ogni volta fa
il punto anche sulla cultura del costruire attraverso architetture prefiguratrici di un futuro anche lontano. Come
era prevedibile, il Giappone ha saputo esporre nel
migliore dei modi una serie di innovazioni, sia tecnologiche sia spettacolari attraverso grandi scenografie in cui
mettere in luce, per esempio, la jazz band composta di
androidi e sofisticati sistemi informatici in grado di ridisegnare la geografia del lavoro online.
Nel padiglione italiano, progettato da Sturchio Architects
& Designers, Studio Schiattarella, Studio Calosso, è
andata in scena la qualità della vita secondo il modello
mediterraneo, comprendente la filosofia del cibo e la
qualità ambientale delle città italiane, dove è ancora
possibile assaporare atmosfere rinascimentali uniche.
Naturalmente, lo spettacolo più atteso è stato quello dei
padiglioni nazionali, a cominciare da quello giapponese:
una cupola ellittica irregolare rivestita di bambù (Sadao
Watanabe è stato il coordinatore e direttore generale dei
progetti legati a questo padiglione) e la Torre della Terra
(una torre a base trapezoidale alta 47 m, concepita dall’artista Fumiya Fujii). Il Padiglione Toyota è stato realiz-
zato con materiali riciclabili alla fine dell’Expo e con un
metodo di giunti forati che limitano al minimo l’uso di
saldature. Il padiglione è inoltre a emissione zero, utilizzando un sistema eolico che produce tutta l’energia
necessaria al funzionamento dell’edificio.
Il Padiglione Italia è dedicato all’“Italian Lifestyle” e si
articola su tre grandi sale in cui sono presentate la bellezza, l’arte e la cultura del made in Italy. Si accede al
padiglione attraverso una grande sala in cui una passerella attraversa una vasca d’acqua che riflette un gioco di
luci dai toni caldi e una serie di oggetti di design e opere
d’arte. Da qui si giunge a una grande sfera (9 metri di
diametro) che ospita la statua del Fauno Danzante.
Germania e Francia partecipano all’Expo con un padiglione comune, progettato da Sylvain Dubuisson. È il più
grande tra quelli dei paesi partecipanti ed è proprio al
centro dell’area espositiva. Il complesso è diviso in due
parti, che attestano le diverse identità delle due nazioni,
con una parte centrale comune in cui si trovano la ricezione, negozi, ristoranti e uffici.
Il Padiglione della Spagna, progettato da Alejandro
Zaera-Polo/Foreign Office Architects e Inypsa, è centrato
sul tema “Condividere l’arte della vita”. Il padiglione è
organizzato intorno a un grande spazio centrale che
allude alla verticalità degli edifici gotici e romanici che
raggiungono la loro monumentalità grazie alla “sproporzione” tra navata centrale e cappelle laterali.
All’esterno, la facciata è caratterizzata dalla tipica griglia
legata alla tradizione arabo-spagnola.
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Vedute generali di Aichi
Expo 2005.
General views of Aichi
Expo 2005.
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“T
he Wisdom of Nature” is the theme of the
Aichi Expo (25th March – 25th September). A
complex and intriguing issue concerning
man’s age-old relations to the natural surroundings,
from which he has learnt what was required to make
progress in science and art. Major exhibition events are
milestones marking the cultural evolution of the West.
An evolutionary process which always takes stock of
the art of building in the form of works of architecture
pointing toward a still distant future. As expected,
Japan has managed to present a whole series of
technological-spectacular innovations in the best way
possible, drawing on big stages displaying, for
instance, a jazz band of androids and sophisticated
computer systems capable of re-designing the geography of online work. The Italian pavilion, designed by
Sturchio Architects & Designers, Studio Schiattarella,
Studio Calosso, presented the Mediterranean model of
quality of life, including the philosophy of food and
high environmental standards of Italian cities, where it
is still possible to enjoy Renaissance settings unique of
their kind.
Of course, the most eagerly awaited spectacle were
the national pavilions, Japan’s in particular: an irregular
elliptical dome covered in bamboo (Sadao Watanabe
was the coordinator and director general of the projects connected with this pavilion) and Earth Tower
(a 47-meter-tall tower with a trapezoid-shaped base
designed by the artist Fumiya Fujii). The Toyota Pavilion
was built out of recyclable materials at the end of the
Expo, using a perforated joints method limiting welding
to a minimum. This is also a zero-emissions pavilion
drawing on an air-powered system generating all the
energy required for the smooth-running of the building.
The Italian Pavilion is devoted to the “Italian Lifestyle”
and is spread over three large halls devoted to beauty,
art and culture in the Italian way of life. The pavilion
may be entered through a large hall in which a walkway crosses a tank of water reflecting an interplay of
warm lights and a set of design objects and works of
art. This leads through to a large sphere (9 meters in
diameter) holding a statue of a Dancing Faun.
Germany and France have set up a joint pavilion for
the Expo designed by Sylvain Dubuisson. It is the
biggest of all the national pavilions and situated right
in the middle of the exhibition area. The complex is
divided into two parts, testifying to the different identities of the two nations, with a shared central part
where the reception area, shops, restaurants and
offices are located.
The Spanish Pavilion, designed by Alejandro ZaeraPolo/Foreign Office Architects and Inypsa, is focused on
the theme “Sharing the Art of Living”. The pavilion is
set around a large central space evoking the vertical
design of Gothic and Romanesque buildings, whose
monumental forms are the result of a “lack of proportion” between the central aisle and chapels along the
sides. On the outside, the facade features a typical
Spanish-Arabic style grille.
Padiglione comune
di Germania e Francia,
progettato da Sylvain
Dubuisson.
Joint French and
German Pavilion
designed by Sylvain
Dubuisson.
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Padiglione Italia
progettato da Sturchio
Architects & Designers,
Studio Schiattarella,
Studio Calosso,
e dedicato all’“Italian
Lifestyle”.
Italian Pavilion designed
by Sturchio Architects &
Designers, Studio
Schiattarella, Studio
Calosso, and devoted
to the “Italian Lifestyle”.
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Ingresso, pianta e
sezione del padiglione e
due interni caratterizzati
da giochi d’acqua e
immagini che
richiamano la cultura
italiana.
Entrance, plan and
section of the pavilion
and two interiors with
water features and
images evoking the
Italian culture.