In memoria di Giampietro Puppi
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In memoria di Giampietro Puppi
Bollettino della SocietaÁ Italiana di Fisica Nuova Serie Anno 23 Supplemento al N. 5-6, 2007 IL NUOVO SAGGIATORE Á ITALIANA DI FISICA BOLLETTINO DELLA SOCIETA Direttore Responsabile Giuseppe-Franco Bassani Vicedirettori Sergio Focardi e Giuseppe Grosso Comitato di Redazione: Giuseppe-Franco Bassani, Luisa Cifarelli, Enzo De Sanctis, Vincenzo Grasso, Roberto Habel, Guido Piragino, Angiolino Stella Comitato Scientifico G. Benedek, N. Cabibbo, E. De Sanctis, R. Petronzio, P. Picchi e A. Vitale Direttore Editoriale: Angela Oleandri Copertina a cura di Simona Oleandri Direzione, Segreteria e Redazione: SocietaÁ Italiana di Fisica Via Saragozza 12 40123 Bologna Tel. 051331554 / 051581569 Questo fascicolo eÁ stato realizzato in Fotocomposizione dalla Monograf, Bologna e Stampato dalla Tipografia Compositori nel mese di Gennaio 2008 IN MEMORIA DI GIAMPIETRO PUPPI (1917-2006) a cura di Silvio Bergia, Paolo Capiluppi, Sergio Focardi, Giorgio Giacomelli Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 3265 del 3/5/1967 C SocietaÁ Italiana di Fisica ProprietaÁ Letteraria Riservata Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista puoÁ essere riprodotta in qualsiasi forma (per fotocopia, microfilm o qualsiasi altro procedimento), o rielaborata con uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza autorizzazione scritta dell'editore USPI Associato all'Unione Stampa Periodica Italiana SIF, Bologna Segreteria: Anastasia Casoni INDICE 5 INTRODUZIONE ± GIAMPIETRO PUPPI. GIANNI PUPPI. PROFESSORE! di Paolo Capiluppi 29 GIANNI PUPPI E GLI ESPERIMENTI IN CAMERE A BOLLE di Giorgio Giacomelli 7 CURRICULUM VITAE PROF. GIAMPIETRO PUPPI 32 PUPPI, CLEMENTEL E IL CNAF di Massimo Masetti 11 PUPPI A PADOVA di Milla Baldo Ceolin 34 GIANNI PUPPI E L'IBM 650 di Ferrante Pierantoni 13 LA DIDATTICA DI PUPPI di Attilio Forino 35 PUPPI, QUARENI E LE EMULSIONI NUCLEARI di Giorgio Giacomelli e Laura Lendinara 16 IN QUEI TEMPI .... RICORDI DI UNA MATRICOLA DI MEZZO SECOLO FA di Franco Casali 17 RICORDI DI UN VECCHIO STUDENTE di Ettore Verondini 18 L'ARRIVO DI PUPPI A BOLOGNA di Cesare Moroni 20 GIANNI PUPPI E LA FISICA DEI RAGGI COSMICI A BOLOGNA di Menotti Galli e Stefano Cecchini 22 RELAZIONI DI DISPERSIONE PIONENUCLEONE E LA «PUPPI-STANGHELLINI DISCREPANCY» di Luciano Bertocchi 24 GIAMPIETRO PUPPI E LE PRIME RICERCHE ITALIANE IN CAMERE A BOLLE di Silvio Bergia 26 I PRIMI ESPERIMENTI DI CAMERA A BOLLE A BOLOGNA di Valeria Alles-Borelli 27 LA CAMERA A BOLLE NAZIONALE A IDROGENO di Sergio Focardi 36 IL CONTRIBUTO DI GIANNI PUPPI AL MIGLIORAMENTO DELL'INSEGNAMENTO DELLA FISICA NELLA SCUOLA SECONDARIA di Nella Grimellini 39 LA RINASCITA DELLA MICROSCOPIA ELETTRONICA A BOLOGNA ED APPLICAZIONI ALLA FISICA DELLO STATO SOLIDO di Ugo ValdreÁ 43 GIAMPIETRO PUPPI E LA SCUOLA DI FISICA ALLA FACOLTAÁ D'INGEGNERIA di Antonio Bertin e Antonio Vitale 45 GIAMPIETRO PUPPI E L'ASTROFISICA ITALIANA di Giancarlo Setti 49 LA RADIOASTRONOMIA IN ITALIA: UNA IDEA DI GIAMPIETRO PUPPI di Roberto Fanti 54 GIANNI PUPPI E LA RICERCA SPAZIALE di Luciano Guerriero 56 UN RICORDO, UNA PROMESSA di Michele Caputo 3 58 GIANNI PUPPI ED IL CENTRO DI MONTECUCCOLINO di Ferrante Pierantoni e Franco Casali 60 GIANNI PUPPI E L'ENERGIA NUCLEARE di Ferrante Pierantoni 62 GIAMPIETRO PUPPI E LO SVILUPPO DELLE SCIENZE AMBIENTALI IN ITALIA: IL CONTRIBUTO DI UN «FISICO» ALLA FISICA DELLA TERRA FLUIDA di Antonio Speranza e Stefano Tibaldi 65 GIAMPIETRO PUPPI, MAESTRO E SCIENZIATO NATURALISTA di Renato Angelo Ricci 66 GIAMPIETRO PUPPI E L'ENI di Carlo Pellacani 68 PUPPI E LA FISICA BIOMEDICA ED AMBIENTALE di Giuseppina Maltoni Giacomelli 4 70 LA RICERCA SCIENTIFICA E GLI ENTI LOCALI di Antonio La Forgia 72 PUPPI E LA CITTAÁ BOLOGNA di Giovanni Salizzoni 73 IN MEMORIA DEL PROFESSOR GIAMPIETRO PUPPI di Giovanni Salizzoni 74 PUPPI E LA SOCIETAÁ ITALIANA DI FISICA di Sergio Focardi 77 NASCE NEL RICORDO DI GIAMPIETRO PUPPI UN PREMIO AL TALENTO DEI FISICI DI DOMANI di Davide Patitucci 81 GIAMPIETRO PUPPI, IL SUO TRIANGOLO E LA SUA VISIONE DI PROMUOVERE NUOVI ORIZZONTI IN FISICA di Antonino Zichichi GIAMPIETRO PUPPI. GIANNI PUPPI. PROFESSORE! Ogni fisico bolognese, e non bolognese, conosce l'enorme impatto sul progresso scientifico della fisica di Puppi. Molti ne conoscono le opere e le intuizioni, perseguite con incredibile efficacia. La sua attivitaÁ e lungimiranza hanno permesso alla fisica bolognese di crescere ed essere considerata sul territorio locale, sul territorio nazionale e sul territorio mondiale «con successo». Ma ancora di piuÁ hanno creato un pensiero scientifico e una scuola di luciditaÁ scientifica che ha pochi, forse nessuno, uguali. Le iniziative lungimiranti in infiniti campi scientifici, sempre inerenti la conoscenza fisica, sono in parte (in parte, perche sembra impossibile comprenderli e descriverli tutti in un semplice libro) descritti in questo fascicolo, seppur con una pretesa di omaggio ad ogni attivitaÁ che «il Professore» ha saputo lanciare e fondare. Gli incredibili contributi forniti da Puppi alle scienze fisiche hanno la particolaritaÁ di essere tipici dei «geni scientifici», cioeÁ di coloro che comprendono il comportamento della natura, sanno rappresentarlo e renderlo comprensibile, prima agli esperti, e poi a tutti. Dote naturale di pochi al mondo, o capacitaÁ coltivata con incredibile intelligenza, che rende uniche le persone che fanno il progresso dell'umanitaÁ. «Rendere comprensibile» la conoscenza, non eÁ facile, come sanno tutti gli scienziati di grande esperienza o agli albori della professione. Tuttavia, prima bisogna «averla» la conoscenza, cioeÁ«aver capito» i processi fisici e comprenderne il significato. Non si puoÁ trasmettere qualcosa che non si eÁ capito (e troppi oggi lo fanno). Il professor Puppi aveva capito assai bene la scienza, i suoi processi naturali. Ma aveva capito altrettanto bene i processi umani che ne determinano la diffusione e la possibilitaÁ di sviluppo. Infatti si profuse (anche, come se non bastasse) nel cercare con successo il supporto della SocietaÁ e del «potere illuminato» cosõÁ raro nel panorama nazionale di allora e di ora. Non c'eÁ progresso senza il supporto e consapevole sostegno di chi ci circonda. Vorrei, in questa mia introduzione, sottolineare l'aspetto scientifico e lungimirante dello scienziato Puppi, scienziato che eÁ stato capace di dare tanto contributo al progresso della conoscenza. Certo, io sono un fisico delle particelle elementari, campo delle scienze conoscitive dell'Universo che riconosco essere assai particolare e, mi si permetta, essenziale per la conoscenza di com'eÁ fatto il mondo nel quale viviamo (senza considerare il progresso, anche talvolta immediato, che ne eÁ conseguito; si consideri ad esempio la diffusione del Web, o la tecnologia dei circuiti integrati, o la tecnica dei superconduttori). Ma so capire che ci sono molti altri campi delle scienze fisiche, e non, che hanno una grande importanza per il progresso dell'UmanitaÁ: credo di aver capito questo dalle azioni del Professor Puppi e dal suo insegnamento ed esempio. Gliene saroÁ sempre grato. Chiunque abbia avuto il privilegio di conoscere Gianni Puppi, ne ricorda anche alcuni aneddoti personali: come non potrebbe! La sua capacitaÁ di trascinare sul piano della conoscenza e della sfida intellettuale che ne consegue, non ha avuto competitori. Per molti e moltissimi di noi. Le discussioni con Lui, le Sue lezioni, i Suoi suggerimenti e il Suo supporto (o critica, ahimeÁ) hanno fatto scuola. Allora mi si permetta in questa introduzione, dovuta in un certo senso, essendo Direttore pro tempore del Dipartimento di Fisica di Bologna (naturale prosieguo del prestigioso Istituto di Fisica Augusto Righi di Bologna), di ricordare una esperienza personale. Era il '68 quando frequentavo il primo anno di Fisica all'UniversitaÁ. Tempi non facili, con tutte le contraddizioni e contestazioni che sappiamo, e che ora sono oggetto di considerazioni «storiche». Episodi talvolta drammatici, ed anche di forti contrapposizioni tra schieramenti, incluse le convinzioni sul futuro della conoscenza. Tuttavia, in un modo o nell'altro (cambi improvvisi d'orari ed aule, anche, e non solo, per via delle occupazioni e perenni assemblee) Puppi riusciva a fare lezione: con l'aula piena! E di noi studenti d'entrambi gli schieramenti! 5 Ogni lezione era una lezione di scienza ed entusiasmo scientifico, non c'era traccia nella lezione dei problemi, seppur importanti, che scuotevano l'UniversitaÁ. La scienza fisica era troppo coinvolgente ed importante, per sciupare un'ora di lezione dedicata alla conoscenza! L'esame di «fisica I» che allora sostenni con il Professor Puppi fu qualcosa che ancora ricordo, e che confesso solo ora, essendo professore ordinario. Avevo ottenuto 30 e lode nello scritto preliminare all'orale, e ne ero assai fiero (quale studente, specie al primo anno di studi ed al suo primo esame non lo sarebbe). L'orale fu disastroso! Credevo di saper tutto, ma poco seppi dire con Il «Professore». Puppi comunque dimostroÁ ancora una volta di saper giudicare le persone al di laÁ dell'apparenza: mi diede comunque trenta! Un'ultima nota personale che ricordo con piacere, e che mia moglie mi sovviene qualche volta. Il Professor Puppi aveva un rispetto per noi studenti di fisica che oggi pochi colleghi manifestano. Quando ci incontrava nei corridoi dell'Istituto, non sapendo ovviamente il nostro nome, ma riconoscendoci, ci diceva sempre, lui per primo (noi eravamo forse troppo intimiditi): «ciao caro». PAOLO CAPILUPPI Direttore del Dipartimento di Fisica UniversitaÁ di Bologna 6 Curriculum Vitae Prof. Giampietro Puppi (aggiornato da lui stesso il 24 gennaio 2001) - Nato a Bologna il 20 novembre 1917. - Residente a Bologna in via Dante, 2/2. - Laureato in Fisica a Padova nel 1939. - Incaricato presso le UniversitaÁ di Bari, Bologna, Padova, Trieste negli anni dal 1944 al 1950. - Conseguito la libera docenza in Fisica Teorica nel 1948. - Vincitore di Concorso per la Fisica Teorica nel 1950. - Ordinario dall'1/12/1953. - Ha ricoperto le seguenti cattedre negli anni dal '50 ad oggi: - Fisica Teorica a Napoli (1950-1951); - Fisica Teorica a Bologna (1951-1953); - Fisica Superiore a Padova (1953-1954); - Fisica Superiore a Bologna (1954-1964); - Fisica Generale a Bologna (1964-1979); - Fisica Sperimentale a Venezia (1979-1982); - Fisica Superiore a Bologna (1982-1989). Attualmente Emerito nell'UniversitaÁ di Bologna. Accademie Socio delle seguenti: - Pontificia Accademia delle Scienze - Accademia Nazionale dei Lincei - Accademia Nazionale delle Scienze (o dei XL) - Accademia Nazionale dell'Agricoltura - Accademia Internazionale di Astronautica - Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna - Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti - Ateneo Veneto - Accademia Brasiliana delle Scienze AttivitaÁ Scientifica Dopo un periodo iniziale di attivitaÁ svolta nel campo della Fisica della Materia, ha successivamente operato nel campo dei Raggi Cosmici, sia in sede teorica sia in sede sperimentale. I contributi piuÁ interessanti riguardano l'eccesso positivo differenziale, i processi di generazione nell'atmosfera e il bilancio energetico. L'attenzione si rivolge poi piuÁ specificatamente alle proprietaÁ delle particelle elementari sia prodotte dai raggi cosmici sia prodotte artificialmente. I contributi piuÁ interessanti riguardano: l'interazione universale alla Fermi, la proprietaÁ di assorbimento dei mesoni pi, l'interazione elementare mesone pi-nucleone, l'interazione mesone K-nucleone. In seguito la ricerca si concentra piuÁ verso le particelle strane sia per i processi di produzione sia per la definizione dei loro numeri quantici. I risultati piuÁ notevoli riguardano la non conservazione di paritaÁ nella disintegrazione delle particelle lambda, lo spin delle particelle lambda e sigma e la paritaÁ relativa lambda-sigma. 7 Inoltre si occupa delle risonanze pioniche contribuendo in particolare allo studio della risonanza rho assegnandone i numeri quantici. Gli studi piuÁ recenti riguardano infine problemi di astrofisica e di geofisica. Ha inoltre scritto una ottantina di pubblicazioni scientifiche e numerosi altri scritti. Premi ed Onorificenze - Medaglia di argento e una di bronzo al V. M. in guerra dal 1940 al 1944 in Marina Premio «A. Feltrinelli» dell'Accademia Nazionale dei Lincei Medaglia d'oro ai Benemeriti della Scuola della Cultura e dell'Arte Archiginnasio d'oro della CittaÁ di Bologna AttivitaÁ varie Nazionali ed Internazionali 8 Nel 1953 e 1954 ha diretto i primi due Corsi della Scuola Internazionale di Fisica a Varenna. Nel 1957 eÁ stato «Visiting Professor» presso l'UniversitaÁ del Maryland (USA). Dal 1956 al 1959 membro dell'»Advisory Committee» del CERN (Ginevra) Dal 1958 al 1962 membro del Consiglio Superiore del Ministero della P.I. Nel 1959-60 membro del gruppo di studio NATO per «Increasing Effectiveness of Western Science». Dal 1960 al 1964 Vice Presidente dell'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Nel 1960 ha ottenuto un corso sulla Fisica delle Alte Energie alla Scuola di Fisica Internazionale Latino-Americana a Rio de Janeiro (Brasile). Nel 1960 eÁ stato «Visiting Professor» presso la Duke University (USA) Nel 1962 e 1963 eÁ stato Direttore delle Ricerche presso il CERN (Ginevra) Nel 1963 e 1964 eÁ stato «Visiting Professor» presso la Columbia University di New York. Nel 1965 ha tenuto un corso di aggiornamento in Fisica Moderna organizzato dall'UNESCO, presso l'UniversitaÁ di Damasco (Siria) per i fisici del Medio Oriente. Dal 1965 al 1978 eÁ stato consulente dell'ENI. Dal 1966 al 1968 eÁ stato Presidente dello «Scientific Policy Committee» del CERN. Dal 1968 al 1970 come Presidente del Comitato Nazionale del CNR per le Scienze Fisiche ha presieduto un Comitato Intercomitati per problemi spaziali allora di competenza del CNR. Dal 1969 al 1970 ha presieduto il Comitato Europeo Alti Funzionari, incaricato dalla Conferenza Europea dei Ministri responsabili delle AttivitaÁ Spaziali, con incarico di valutare l'opportunitaÁ di unire in una agenzia le tre Organizzazioni Spaziali Europee ESRO, ELDO e CETS. Dal 1970 al 1972 Presidente dell'ESRO (Organizzazione Europea Ricerche Spaziali). Dal 1973 al 1978 eÁ stato membro del Comitato Scientifico e Tecnico dell'Euratom. Dal 1977 al 1979 rappresentante italiano nel Council del CERN. Negli anni '80 eÁ stato Co-Presidente di un Comitato misto NASA-ESA cosiddetto degli «Immaginatori» per guardare al futuro delle AttivitaÁ Spaziali. Dal settembre 1993 al 1995 presso l'ASI (Agenzia Spaziale Italiana) prima come commissario e poi come membro del Consiglio di Amministrazione. In questo periodo eÁ stato anche Capo Delegazione Italiana presso l'ESA. Cariche Ricoperte Negli anni dal 1973 al 1975 presso l'ASI eÁ stato membro del Consiglio di Amministrazione del Comitato Esecutivo e del Sindacato di Controllo di Montedison SpA e successivamente membro del Comitato Scientifico. Dal 1971 al 1992 Presidente di Tecnomare SpA. Dal 1971 al 1980 Presidente Sogesta SpA (ENI). Dal 1986 al 1989 Presidente Optimes SpA (IRI). Dal 1989 al 1996 Presidente del Consorzio OIKOS per l'abitare di Bologna. Dal 1992 Presidente Onorario di Tecnomare SpA. Dal 1992 al 1993 Assessore alla Programmazione della MobilitaÁ e Progetti Speciali nel Comune di Venezia. AttivitaÁ Diverse Dal 1975 al 1980 consigliere di Amministrazione di Tecneco SpA con sede in Fano (ENI). Dal 1978 al 1986 consulente per «Ricerca e Innovazione» di Montedison SpA. Membro del Comitato Grandi Rischi della Protezione Civile. Membro della Consulta del Mare della Marina Mercantile (1985-1986). Dal 1981 al 1986 membro del Consiglio di Amministrazione di Schiapparelli 1824. Dal 1986 al 1988 partecipazione al Comitato Scientifico di Dioikema a Bologna. Dal 1987 al 1990 nel Consiglio di Amministrazione della societaÁ Alpha Wasserman (Pescara). Dal 1987 al 1989 Relatore Comitato Tecnico-Scientifico di Expo a Venezia. Nel 1988 partecipazione nel Comitato Scientifico di Tecno-Idro-Meteo di Roma. Nel 1989 partecipazione al Comitato Scientifico del Convegno I.M.I. «Ventennale Ricerca App.» Dal 1983 al 1990 per AGIP come controllo modelli di subsidenza. Dal 1990 al 1992 per Consorzio Studi Ricerche del Consorzio Marino di Cesenatico. Dal 1996 al 1997 Consulenza per AGIP UnitaÁ AMCO. Dal 15/06/1992 al 07/96 Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna. Dal 28/07/1997 ad oggi Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Bologna. 9 PUPPI A PADOVA MILLA BALDO CEOLIN Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Padova e INFN, Sezione di Padova Puppi ha fatto l'UniversitaÁ a Padova dove si eÁ laureato in Fisica nel 1939. Ha avuto come professori Gian Carlo Wick e Bruno Rossi, due tra i piuÁ eminenti fisici dell'epoca. Ha fatto la tesi con Wick. Mi raccontava: «Io non ho mai avuto grandi capacitaÁ sperimentali, non ho mai saputo usare le mani. La tesi l'ho fatta in fisica teorica con Wick, un grosso personaggio per il quale avevo una grande ammirazione e appena laureato ho cominciato a lavorare con lui. EÁ successo peroÁ che subito scoppioÁ la guerra e io l'ho fatta tutta. Ho avuto un buco di 5 anni. Poi ho ricominciato da capo e ho avuto quattro anni in cui la mia vita eÁ stata in qualche modo decisa: nel 45 eÁ finita la guerra, nel 46 mi sono sposato, nel 48 eÁ nata mia figlia, nel 50 ero in Cattedra. In quattro anni cruciali ho risolto la mia vita, dopo eÁ andato tutto liscio». Finita la guerra, che ha fatto come ufficiale di marina, Gianni torna con due medaglie al valore e dopo cinque anni di assenza riprende i suoi studi a Padova. Si dedica subito allo studio della radiazione cosmica, che allora era la punta avanzata della ricerca, e insegna Fisica Superiore. La personalitaÁ scientifica di Puppi si riveloÁ subito eccezionale, uno stimolo potente per chi gli stava vicino. Anche noi, i suoi primi studenti, siamo arrivati all'UniversitaÁ alla fine della guerra. La guerra infatti aveva bloccato tutto e tutti. E siamo subito diventati tutti fanatici ammiratori di Puppi, per la sua capacitaÁ di comunicare, ma piuÁ ancora perche la sua enorme disponibilitaÁ nei nostri confronti ci aveva promosso suoi amici, generando in noi un legame profondo per l'amicizia che ci aveva regalato. Allora quando si entrava all'Istituto di Fisica si poteva, giaÁ da subito, mangiare alla mensa, e c'era l'abitudine che, subito dopo, si giocasse a ping-pong: Puppi giocava con noi. Si creava cosõÁ un'atmosfera informale e un grande affiatamento. Con lui si poteva parlare di molti diversi problemi, era tollerante e affabile. Era particolarmente interessato alla filosofia e alla musica. Quando giocava a ping-pong fischiettava Vi- valdi. Diceva spesso che fare il Direttore d'orchestra gli sarebbe piaciuto piuÁ di tutto. Per noi, anche se eravamo del tutto impreparati a parlare di fisica, il fatto di poterci intrattenere con lui quasi su un piano di paritaÁ eÁ stato molto incoraggiante, un aiuto potente. Puppi eÁ stato per noi un maestro eccezionale! Mi ricordo che mi diceva: «Ho imparato a insegnare da Rossi. Bruno Rossi era un didatta favoloso, si preparava in una maniera incredibile le lezioni, non lasciava nulla al caso, ed essendo molto preparato riusciva a parlare in modo estremamente chiaro. Io ho imparato a insegnare, ricordando come lui insegnava». Mi diceva come insegnare gli piacesse, tanto; voleva comunicare, spiegare, far capire. A lezione ci incoraggiava a fargli domande quando non avevamo capito. «Una domanda, diceva, puoÁ essere uno stimolo: si riesce a spiegare con chiarezza solo quando si eÁ capito in profonditaÁ. Insegnare eÁ anche capire». Non apprezzava quei colleghi che ritenevano l'attivitaÁ didattica come un tempo sottratto alla ricerca e mi diceva: «Io ho sempre considerato come attivitaÁ fondamentale l'insegnamento, perche bisogna pensare che cioÁ che conta eÁ preparare il futuro». Un'altra caratteristica straordinaria in lui era come sapeva ascoltare, essere disponibile, dimostrarti interesse ... In quegli anni il desiderio di riguadagnare il tempo perduto ci portava spesso nel tardo pomeriggio a riunirci tutti, studenti e professori, per un «seminario» che, come sosteneva Puppi, doveva servire sia a chi lo faceva che a chi lo ascoltava. Questi seminari erano spesso difficili da seguire e non solo per noi studenti, e io non potroÁ mai dimenticare il forte senso di attesa che si impadroniva di noi quando alla fine della lezione aspettavamo che Puppi si alzasse e con il suo stile ricco di bonaria ironia, rivolgendosi al relatore, cominciasse sorridendo a dire: «Credo di aver capito, ... Forse tu volevi dire ...» e con poche chiare parole ci spiegava il discorso di un'ora. E probabilmente eÁ stata proprio questa sua volontaÁ e capacitaÁ di «capire» e di comunicare 11 12 che l'ha portato a formulare in una breve nota un'idea fondamentale che dimostra in pieno le sue capacitaÁ di capire aldilaÁ dell'evidenza e che riveloÁ subito la sua fondamentale importanza. EÁ una di quelle idee che guidano il futuro. EÁ un'idea espressa in modo molto semplice a dimostrazione di una personalitaÁ fondamentalmente positiva che nasce da una filosofia positiva. EÁ nato cosõÁ quello che diventeraÁ famoso come «il triangolo di Puppi»: un triangolo equilatero, a significare che i processi naturali, anche i piuÁ complessi si possono ricondurre a rappresentazioni semplici. Quest'idea di Puppi, l'universalitaÁ delle interazioni deboli, ha guidato negli anni gli sviluppi della fisica moderna fino alle conseguenze piuÁ lontane: all'interazione elettrodebole, a Cabibbo ... Puppi mi ha accennato piuÁ volte che quello che lo ha portato ad affrontare e risolvere questo problema era stata la convinzione che una teoria fisica deve certamente essere d'accordo con i dati sperimentali, ma, come piuÁ volte aveva sostenuto Dirac, una sua caratteristica deve essere anche la bellezza, ossia la semplicitaÁ. E che pertanto una teoria elegante come quella di Fermi per spiegare il decadimento beta dei nuclei non poteva non spiegare anche la fisica del mesone m. E questo avrebbe richiesto che la costante di interazione del decadimento del mesone m e quella del suo assorbimento fossero le stesse, e fossero uguali a quelle del decadimento b. Le tre costanti dovevano cioeÁ avere ciascuna lo stesso valore. Ed eÁ questo appunto che lui ha dimostrato. A questo punto Puppi eÁ internazionalmente noto e nel 1950 vince la Cattedra di Fisica Teorica a Napoli. Tuttavia, benche Napoli sia una sede attraente, Gianni eÁ nostalgico di Venezia! Con il suo dinamismo porta con se tre giovani napoletani e torna a Padova, con grande gioia da parte nostra. EÁ giovane, ha 37 anni, eÁ pieno di voglia di fare. A Padova Puppi porta avanti gli studi sulle proprietaÁ dei Raggi Cosmici, in particolare pubblica con Dallaporta una importante rassegna su «The equilibrium of the cosmic ray beam in the atmosphere», e si interessa anche delle proprietaÁ delle particelle strane che si venivano scoprendo nelle interazioni dei Raggi Cosmici. Mi ricordo la curiositaÁ e l'interesse con il quale veniva a guardare gli eventi in emulsioni nucleari che si venivano via via trovando e com'era raffinato ed esauriente nell'aiutarci a interpretarli. Puppi eÁ pieno di idee, di vitalitaÁ, di voglia di aprire nuove strade, nuovi indirizzi. Il principale problema della fisica europea e italiana nel primo dopoguerra era quello della ricostruzione. La guerra aveva veramente distrutto tutto. Bisognava unire le forze e ricostruire l'alto livello che prima aveva caratterizzato la ricerca in Europa, e che in particolare in Italia aveva portato ai risultati di Fermi, di Rossi, di Occhialini ... Si cominciava a programmare centri di ricerca a livello europeo come il CERN di Ginevra, e in Italia l'INFN e il Laboratorio del Sincrotrone di Frascati. A questo punto Puppi, con lo scopo di formare le nuove generazioni di fisici e di ricreare nuove collaborazioni tra i gruppi di ricerca in Europa, organizza i primi due corsi della «Scuola Internazionale di Fisica» a Varenna, appena istituita dalla SIF, la seconda in Europa dopo l'Ecole d'Ete des Houches. Fu un grande successo! Noi che cominciavamo ad avvicinarci alla fisica in quegli anni ricordiamo la Scuola di Varenna come uno dei momenti piuÁ interessanti e costruttivi della nostra giovinezza. Il primo corso nel 1953 «Questioni relative alla rivelazione delle particelle elementari con particolare riguardo alla radiazione cosmica» fu dedicato ai raggi cosmici e alle tecniche relative, il secondo corso «Questioni relative alla rivelazione delle particelle elementari, e alle loro interazioni, con particolare riguardo alle particelle artificialmente prodotte ed accelerate» fu dedicato invece agli esperimenti agli acceleratori. La cura che Puppi dedicoÁ nell'organizzazione della Scuola diede risultati di straordinaria importanza: molti aspetti della fisica dei pioni risultarono chiariti, ci furono lezioni eccellenti, si parloÁ dei nuovi acceleratori con ottimismo. Tra i relatori della Scuola oltre a Fermi ci furono Blackett, Heisenberg, Rossi, Occhialini, Powell, Glaser, AlfveÂn, Amaldi, Bernardini, Conversi, Adams ... e tanti altri. L'esito fu entusiasmante. I Corsi di Varenna condotti da Puppi furono per tutti noi un fondamentale punto di partenza! Nel 1954 Gianni si trasferisce alla Cattedra di Fisica Teorica all'Istituto di Fisica «A. Righi» di Bologna, e ne diventa subito Direttore. (5) (6) (7) (8) (9) (10) (11) (12) (13) (14) Principali Pubblicazioni di G. Puppi (1) (2) (3) (4) E. C LEMENTEL , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 5 (1948) 505. E. C LEMENTEL , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 5 (1948) 529. G. PUPPI , Nuovo Cimento, 5 (1948) 587. G. PUPPI , Nuovo Cimento, 6 (1949) 194. (15) (16) P. BASSI, E. C LEMENTEL, I. FILOSOFO , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 6 (1949) 484. E. C LEMENTEL , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 6 (1949) 494. N. DALLAPORTA, M. MERLIN , G. P UPPI, Nuovo Cimento, 7 (1950) 99. L. B AGALAÁ , M. M ERLIN , G. PUPPI, Nuovo Cimento, 7 (1950) 525. G. PUPPI , Nuovo Cimento, 7 (1950) 703. E. CLEMENTEL e G. PUPPI, Nuovo Cimento, 8 (1951) 936. G. PUPPI , V. DE S ABBATA , E. M ONTANARO, Nuovo Cimento, 9 (1952) 726. G. PUPPI, N. DALLAPORTA, Progress in Cosmic Ray Physics, vol. I (North Holland, Amsterdam) 1952, p. 315, cap. 6. E. CLEMENTEL, G. PUPPI, Nuovo Cimento, 10 (1953) 197. V. DE SABBATA, E. M ANARESI, G. PUPPI , Nuovo Cimento, 10 (1953) 1704. A. M INGUZZI , G. PUPPI, A. R ANZI, Nuovo Cimento, 10 (1953) 1753. A. M INGUZZI , G. PUPPI, A. R ANZI, Nuovo Cimento, 11 (1954) 697 LA DIDATTICA DI PUPPI ATTILIO FORINO Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna Chiunque abbia avuto occasione di ascoltare una lezione o una conferenza di Puppi conserva il ricordo di un evento entusiasmante ed unico. Dotato di un eccezionale carisma, egli sviluppava ogni argomento con tale chiarezza ed accattivante arguzia che lo studente ne rimaneva affascinato: la trama delle ipotesi rilevanti e delle necessarie conseguenze diventava cosõÁ leggera da illudere talvolta chi ascoltava d'aver compreso a fondo la complessitaÁ della lezione. Lo studio personale e faticoso risultava poi necessario per imparare la fisica, ma, anche a distanza di anni, lo studente scopriva che le basi essenziali per la comprensione di ogni argomento erano contenute nell'insegnamento ricevuto, ed erano, quasi per incanto, ben radicate nella sua mente. Un'altra caratteristica del suo insegnamento era la scelta, sempre felice, fra diverse alternative, della linea espositiva da seguire per risultare piuÁ efficace e chiaro. Qualche volta, insegnando, mi sono trovato di fronte alla ricerca del miglior modo per introdurre un argomento o sviluppare un ragionamento. Ho dovuto riconoscere, non cessando mai di stupirmi, che la sua scelta della linea da seguire era, senza dubbio, la migliore. Scrivere della didattica di Puppi ricorrendo solamente ai ricordi di un suo allievo di cinquant'anni fa puoÁ non essere molto interessante per il lettore; preferisco allora trarre qualche spunto ed indicazione da quanto egli stesso ha testimoniato in alcuni scritti, pochi purtroppo. Innanzi tutto, chi fu il suo maestro, uno dei piuÁ importanti perlomeno? Nel commosso intervento tenuto nella Giornata Lincea in ricordo di Bruno Rossi, il 21 aprile 1994, all'Accademia dei Lincei, Puppi ha scritto: «Ho imparato da lui nel modo piuÁ essenziale cosa eÁ la fisica studiata a livello universitario, ma ho soprattutto imparato, ed eÁ sotto questo profilo che lo ho sempre considerato un mio maestro, come si fa ad insegnare, e se ho avuto qualche successo presso gli studenti nella mia lunga vita di insegnante, lo debbo al suo esempio che ho sempre cercato di imitare.» L'interesse di Puppi per la didattica non si eÁ limitato a quella universitaria; convinto che la formazione culturale dei giovani, quella scientifica in 13 Puppi circondato da un gruppo di allievi nel giardino dell'Istituto, nell'aprile 1958 (foto di Alessandra Cavallini). 14 particolare, deve cominciare nell'insegnamento medio, se ne occupoÁ attivamente. Fin dal 1954 denuncioÁ in una Circolare, stilata insieme a Dallaporta e Rostagni e pubblicata nel Bollettino dell'Unione Matematica Italiana, l'abbassamento del livello della preparazione in fisica degli studenti liceali. Fra le cause possibili, i tre docenti indicarono l'infausto abbinamento degli insegnamenti di matematica e fisica nello stesso docente, in genere laureato in matematica pura. E' interessante osservare che nella Circolare si afferma che a livello scolastico medio la stessa persona non puoÁ insegnare bene la matematica e la fisica, non per un preconcetto corporativismo, ma per l'antitetico atteggiamento mentale del matematico, teso all'astrazione e alla generalizzazione, e del fisico, tendente invece alla rappresentazione concreta. Il rimedio proposto, la separazione delle cattedre, discendeva logicamente dall'analisi, e magari fosse stato accolto allora! L'impegno di Puppi per la didattica, anche pre-universitaria, ebbe un meritato riconoscimento istituzionale: dal 1958 al 1964 fu infatti nominato membro del Consiglio Superiore del Ministero della Pubblica Istruzione. Il suo insegnamento universitario fu molto intenso e vario, nonostante gli impegni legati all'eccezionale e fruttuosa attivitaÁ di ricerca e organizzativa. Alla fine degli anni cinquanta, sosteneva l'onere anche di tre corsi: come tito- lare della Cattedra, svolgeva il corso di Fisica Superiore, ma svolgeva anche il corso fondamentale di Fisica Generale al primo anno, ed un corso monografico all'ultimo anno, allora si chiamava complementare. Teneva molto a svolgere il corso al primo anno, amava infatti entrare subito in contatto con gli allievi fisici e formarli alla rigorosa metodologia scientifica con un insegnamento vivo, moderno ed appassionante. I corsi avanzati si caratterizzavano invece per essere un'esposizione, quasi in diretta, delle ricerche e delle scoperte che in quegli anni mutavano continuamente la visione fisica dell'universo. Ogni lezione diventava un vero e proprio seminario e gli studenti avevano l'esaltante e gratificante impressione di partecipare all'epica impresa intellettuale in cui concetti fondamentali quali la conservazione della paritaÁ e, piuÁ tardi, l'inversione temporale, erano posti in discussione e falsificati da dirette esperienze. A volte il suo gruppo di ricerca era coinvolto in queste ricerche: noi studenti sentivamo una particolare passione nelle sue parole e la nostra ammirazione per questa figura di giovane e moderno scienziato diventava smisurata. Lo stretto legame fra i suoi interessi scientifici ed il suo insegnamento eÁ ben illustrato dall'evoluzione negli argomenti da trattare, ad esempio, nel corso di Fisica Superiore. A metaÁ degli anni '60 il programma del corso elenca: «Principi conservativi in fisica e simmetrie. OmogeneitaÁ e isotropia dello spazio-tempo. Simmetrie per riflessione spaziale ed inversione temporale. ..... Discussione di esperienze significative a riprova delle simmetrie e loro violazioni. Vari argomenti di fisica delle alte energie. Astrofisica delle alte energie.» Venti anni dopo, la sua attivitaÁ di ricerca si eÁ rivolta a temi di Geofisica e di Fisica dei Sistemi Complessi. Il programma del corso di Fisica Superiore, a metaÁ degli anni Ottanta, contiene un vario elenco di argomenti: «Introduzione allo studio dei sistemi complessi. Ecologia matematica come dinamica delle popolazioni. Sistemi dinamici chimici, elettrici, magnetici. Fluidodinamica. Meteorologia ed Oceanografia. Climatologia.» Era troppo eclettica la mente di Puppi per rimanere ancorata all'universo dei costituenti elementari della materia e alle loro leggi fondamentali. Sentiva la sfida posta dalla fisica dei sistemi complessi, cosõÁ diversi dai sistemi elementari, dai sistemi preparabili il cui comportamento puoÁ essere ricondotto a quello dei loro costituenti; i sistemi complessi sono altra cosa, hanno comportamenti non derivabili da quelli dei costituenti, esigono metodi di analisi del tutto diversi. Affrontava questi temi con il consueto entusiasmo e con la sua inesauribile curiositaÁ per il nuovo, e la sua didattica, puntualmente, rifletteva, nella scelta degli argomenti, questo nuovo interesse. Quale metodo di insegnamento gli era congeniale? Lo illustra lui stesso, quasi per caso e in forma negativa, all'inizio di una conferenza su «Il Principio di inerzia» di cui mi fece leggere la versione scritta nel marzo del 1991. Scriveva: «Per iniziare il discorso ho scelto un metodo che non mi eÁ consueto e che consiste nell'enunciare il principio nella sua forma piuÁ completa e nel commentarlo (metodo catechistico).» In effetti nel suo insegnamento non c'era alcunche che richiamasse l'idea di una esposizione catechistica: egli amava invece arrivare alla generalizzazione insita in un principio, costruendo, per cosõÁ dire, la fisica passo dopo passo, partendo dai fatti naturali ed elaborando criticamente il loro significato e le loro connessioni. Puppi teneva in gran conto l'attivitaÁ didattica che sentiva come una necessaria e piacevole 15 Una lezione di puppi nel corso di Fisica Superiore. integrazione dell' attivitaÁ di ricerca scientifica. Per lui era inscindibile il binomio: elaborare e trasmettere la cultura, i due pilastri fondamentali della professione universitaria. Una testimonianza di quanto egli ritenesse importante la didattica e ne cogliesse anche la rilevanza sociale ci eÁ data dal suo contributo, intitolato «Considerazioni sulla fisica italiana», al 47ë Congresso Nazionale della SocietaÁ Italiana di Fisica, tenutosi a Como nel 1961, i cui atti furono pubblicati sul Supplemento del Nuovo Cimento në 2 del 1962. Quasi al termine, Puppi scriveva: «Dobbiamo dedicare il meglio di noi stessi all'allevamento dei giovani che ora si affidano alle nostre cure; eÁ venuto il momento di comprendere che questo eÁ il nostro principale problema. ... Col crescere del numero degli allievi la speranza matematica che un buon insegnamento frutti a lunga scadenza piuÁ di una ricerca individuale comincia ad essere notevole. Noi ci conosciamo, conosciamo le nostre possibilitaÁ e i nostri limiti, ma non vi sono limiti ragionevoli che possiamo fissare al rendimento della nostra capacitaÁ di educatori. Una buona lezione puoÁ essere molto piuÁ profonda di una modesta ricerca e puoÁ dare a noi la piacevole sensazione di aver fatto qualcosa di veramente utile per gli altri e per noi stessi.» Il miglior omaggio che oggi possiamo fare alla memoria di un grande scienziato e docente eÁ meditare queste sue parole, pronunciate, eÁ vero, piuÁ di cinquant'anni fa, ma drammaticamente ancora attuali; con la nostra attivitaÁ quotidiana di docenti, possiamo dimostrare di averle intese e fatte nostre. IN QUEI TEMPI .... RICORDI DI UNA MATRICOLA DI MEZZO SECOLO FA FRANCO CASALI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna 16 PiuÁ di cinquanta anni fa frequentavo l'Istituto di Fisica come matricola. Tra gli eccellenti professori che ebbi la fortuna di incontrare, un grato ricordo va al Professor Puppi. Grandissimo didatta (sicuramente il migliore che abbia avuto) era molto amato dagli studenti per la sua simpatia oltre che per la chiarezza. Portava sempre dei papillon di seta multicolore su candide camicie. In questo era copiato da molti di noi. In quei tempi insegnava Fisica Generale 1 agli studenti della FacoltaÁ di Scienze e d'Ingegneria, riuniti in un unico corso. Anche se in numero inferiore a quello attuale, pur tuttavia eravamo sufficienti a riempire l'Aula Magna dell'Istituto di Fisica. Una volta, dopo una delle prime lezioni (eravamo in prossimitaÁ del Natale), rivoltosi agli studenti chiese: «Qualcuno ha domande da fare?». Silenzio. Poi, tra lo stupore generale, si alzoÁ un nostro amico Ð bello spirito ma non un genio Ð che chiese: «Quando ci daÁ le vacanze?» Altro silenzio di gelo. E Puppi, senza scomporsi, sfoderando uno dei suoi leggendari sorrisi: «Le vacanze sono come i baci. Non si chiedono: si prendono». Applauso oceanico. Non si poteva non essere affascinati da un «maestro» del genere. Io lo fui sempre. Andavo a tutti i suoi seminari. In uno di essi Puppi spiegoÁ il rallentamento dei neutroni in un mezzo composto da uranio e grafite, compreso il fenomeno della cattura di queste particelle da parte dell'uranio-238. Ricordo, come fosse ieri, la sua descrizione di questo complicato fenomeno di fisica nucleare, fatta con immagini quasi da cartoni animati. I neutroni, urtando i nuclei di grafite, perdevano energia fino ad arrivare «nella zona dei draghi» (la zona delle risonanze nucleari) da dove difficilmente potevano uscire a meno che ...... . Se si riusciva a salvare i neutroni dai draghi c'era la speranza di avere una reazione a catena e di produrre energia in quantitaÁ pressoche illimitata. Avevo deciso. Il mio futuro era quello di salvare i neutroni dai draghi cioeÁ di progettare reattori nucleari adatti a sostituire le fonti energetiche di tipo convenzionale, come il carbone e il petrolio. Due anni dopo seppi che il Professor Ferretti stava formando un gruppo di giovani per realizzare un reattore nucleare di tipo sperimentale. Andai da lui e gli chiesi se potevo far parte anch'io di quel gruppo. Ferretti mi guardoÁ sorpreso: vidi un sorriso un po' sarcastico sul suo volto. Prese un libro americano sui reattori nucleari, appena uscito, cercoÁ alcuni problemi, riportati in fondo ai primi capitoli, e mi disse: «Se eÁ in grado di risolvere questi problemi (mi ha sempre dato del «Lei»), come tesi Le daroÁ la progettazione neutronica del reattore che intendiamo costruire». Dopo un paio di mesi ritornai con le soluzioni. Un anno dopo mi laureai con Ferretti e Pierantoni con una tesi sulla progettazione neutronica del reattore RB1 (Reattore Bologna 1) che si sarebbe costruito nel realizzando Centro Nucleare di Montecuccolino. Molti dei neutroni erano stati salvati dalle fauci dei draghi. Il reattore RB-1 comincioÁ a funzionare il 14 di agosto del 1962. RICORDI DI UN VECCHIO STUDENTE ETTORE VERONDINI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna Non eÁ facile parlare di una persona come Gianni Puppi la cui presenza mi ha accompagnato in tutta la mia vita di studio, di ricerca e di insegnamento dandomi, sempre e comunque, consigli, indicazioni e affettuosi rimproveri. Mi limiteroÁ quindi a qualche breve ricordo, nella consapevolezza che, comunque, l'assenza di un tale maestro e amico non potraÁ che pesare a lungo nei cuori di tutti coloro che ebbero il privilegio di essergli vicino. Lo conobbi, da studente, nel novembre del 1958 quando seguivo il corso di Fisica Sperimentale (biennale) di cui era titolare. PiuÁ tardi mi avrebbe spiegato che aveva esitato molto prima di decidersi a tenere quel corso, poicheÂ, pensava, occorresse avere maturato una grande esperienza per affrontare studenti di diversa formazione, con diverse motivazioni, generalmente poco preparati in fisica, studenti a cui era necessario inculcare i principi metodologici e i concetti di base della disciplina. Molto piuÁ semplice, diceva, era lavorare con studenti del terzo o quarto anno che ormai avevano acquisito una base culturale omogenea. Per questo, concludeva, ho voluto aspettare di avere una certa etaÁ per affrontare gli studenti piuÁ giovani. Queste poche parole fanno capire l'importanza che Puppi attribuiva all'insegnamento: non un'attivitaÁ secondaria, ma la destinazione naturale, la ricaduta ovvia, dell'attivitaÁ di ricerca. In questo amava ricordare come Enrico Fermi preparasse minuziosamente le sue lezioni, annotando una serie di appunti, molti dei quali furono anche pubblicati. Nonostante le numerose sollecitazioni ricevute, Gianni Puppi non scrisse mai un manuale di Fisica: sentiva il rischio, probabilmente, di una cristallizzazione nella presentazione degli argomenti. Il suo modo di far lezione era piuttosto un dialogo con gli studenti, cosicche i percorsi per arrivare ai risultati erano di volta in volta diversi; si assumeva il compito di «guidare» piuÁ che quello di presentare veritaÁ codificate; preferiva dare gli strumenti per capire cosicche ciascuno potesse utilizzarli secondo le proprie necessitaÁ. Questo modo di essere «maestro» non poteva essere fissato in una pagina. Dopo la laurea, continuai con il mio relatore (Pietro Bassi) a progettare un esperimento per misurare la «scattering length» neutrone-neutrone: ricordo che spesso, di fronte a qualche problema o a qualche incertezza, Bassi diceva 17 «sentiamo da Puppi». Andavamo nel suo studio e gli illustravamo brevemente il problema. Scoprii allora la straordinaria capacitaÁ di Gianni Puppi di riformulare i problemi in modo che la soluzione (o la via per la soluzione) seguisse pressoche naturalmente. Le apparenti semplificazioni che introduceva nei suoi ragionamenti nascevano dalla sua capacitaÁ di individuare rapidamente gli elementi (o i parametri) critici della questione e di ridisegnare il quadro evidenziando il ruolo da essi giocato. Questa era la stessa lezione che impartiva continuamente ai suoi studenti: mai perdere di vista gli elementi chiave, mai affrontare dettagli senza avere prima capito lo schema essenziale. E questa era la ragione per cui nelle sue lezioni raramente comparivano dei calcoli, come del resto nei suoi lavori scientifici. «Vedi Ð mi disse una volta Ð qualcuno crede che maneggiando la matematica si possa ottenere qualche buon risultato. In realtaÁ la matematica produce sempre, in forma diversa, quello che le eÁ stato messo dentro. EÁ molto piuÁ utile cercare di capire bene che cosa stai mettendogli dentro. Se ci riesci, il resto non aggiunge nulla». Una volta che fummo entrambi membri di una commissione di dottorato, si preoccupoÁ molto, nella preparazione delle prove, di consentire a ciascun candidato di esprimere la propria pre- parazione, quale che fosse il campo di ricerca in cui lavorava. «La fisica eÁ tutto» amava ripetere, e in effetti, nella sua vita, diede avvio alle attivitaÁ piuÁ disparate, dalla radioastronomia alla fisica dello stato solido, dai sistemi complessi alla fisica dei reattori nucleari (pochi ricordano il ruolo determinante da lui avuto nella costruzione del Laboratorio di Ingegneria Nucleare di Monte Cuccolino), dalla geofisica alla climatologia, al calcolo automatico. A noi, un po' piuÁ giovani, che abbiamo dedicato la nostra vita a settori molto piuÁ ristretti, la sua versatilitaÁ sembrava un po' dispersiva. Essa era in realtaÁ l'espressione di una curiositaÁ scientifica onnivora: una volta individuato il cuore di un problema, Gianni affidava ad altri di cui aveva stima il compito di svilupparlo ed, eventualmente, di lavorare alle strutture per sviluppare la ricerca. CosõÁ fu con Enzo Boschi per la geofisica, con Giancarlo Setti per l'astrofisica, con Marcello Ceccarelli per la radioastronomia, con Nino Zichichi per la fisica subnucleare e con tanti altri, cui, comunque mai fece mancare il suo prezioso appassionato consiglio. La sua presenza continua dunque nei suoi allievi e nelle attivitaÁ che ancor oggi si svolgono grazie alla sua visione anticipatrice e scevra di pregiudizi. 18 L'ARRIVO DI PUPPI A BOLOGNA CESARE MORONI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna La presenza di Puppi nell'Istituto di Fisica di Bologna risale al 1951. A quel tempo frequentavo il 2ë anno del Corso di Laurea in Fisica. L'Istituto aveva allora dimensioni molto modeste. Il corpo docente non superava le dieci unitaÁ e doveva far fronte a un notevole carico didattico essendo, all'epoca, i corsi di Fisica Generale frequentati da una platea eterogenea di centinaia di studenti di diverse facoltaÁ e corsi di laurea, dei quali quelli di Fisica erano una percentuale insignificante. Ricordo infatti che, nel 1950, eravamo sei matricole a frequentare le lezioni. Non abbiamo mai incontrato studenti del secondo anno. Forse non ne esistevano. I contenuti dei corsi del primo biennio risultavano, percioÁ, piuÁ propedeutici ai percorsi di studio di altri corsi di laurea che non al nostro. L'attivitaÁ di ricerca, anche quella sperimentale, era limitata a qualche iniziativa individuale o di pochi. L'anno in cui ebbi il primo incontro con Puppi fu il 1953. Seguivo le sue lezioni di Fisica Superiore. Fin dall'inizio ebbi la sensazione di avere di fronte il portatore di un paradigma nuovo rispetto a quelli su cui si erano basati, fino a quel momento, sia il carattere delle lezioni che i loro contenuti. Egli si esprimeva inoltre in uno stile espositivo affascinante che non mi era mai capitato di incontrare prima. La mia impressione era del resto largamente condivisa. In altri contributi di questa raccolta sono stati descritti, meglio di quanto non possa fare io, i vari aspetti in cui tale qualitaÁ si eÁ andata articolando nel tempo. Voglio solo aggiungere che il suo insegnamento ha avuto l'effetto di allargare il nostro orizzonte culturale al punto di trasformare lo studio, da fatica necessaria al conseguimento di un titolo, a sorgente di entusiasmo per la conoscenza in quanto tale. Ho cercato di sintetizzare come la personalitaÁ di Puppi era percepita dagli studenti del mio tempo. Nel 1954 Puppi divenne direttore dell'Istituto di Fisica e la sua azione per lo sviluppo della ricerca nell'Istituto mise subito in luce le sue qualitaÁ, oltre che di ricercatore, anche di dirigente. Di queste sue qualitaÁ io sono stato fra coloro che hanno potuto beneficiare, prima per averlo avuto come relatore di tesi, poi come guida e sostegno nell'attivitaÁ di ricerca. La tesi che ho discusso con Puppi nel 1955, riguardava la misura dello spettro differenziale dei mesoni m della radiazione cosmica. L'interesse per i raggi cosmici era molto alto nell'immediato dopoguerra, in particolare in Italia, sia per l'attivitaÁ svolta in questo campo da Bruno Rossi, maestro di Puppi, a Padova e al MIT, sia per il celebre esperimento di Conversi, Pancini e Piccioni i quali, mediante misure sulla componente mesonica della radiazione cosmica, dimostrarono, da un lato, che il mesone m non era, come si era creduto per un certo tempo, la particella di Yukawa, e dall'altro, che i raggi cosmici potevano essere un valido (ed economico) mezzo di indagine sulle proprietaÁ delle particelle elementari. Per queste ragioni Puppi mi convinse ad accettare una borsa di studio presso l'Istituto di Fisica di Padova dove egli aveva lavorato e dove era operante una stazione di registrazione continua dell'intensitaÁ dei raggi cosmici. Intanto a Bologna Puppi aveva avviato unitamente a Protogene Veronesi, docente dell'Istituto e consigliere comunale, intensi rapporti col Sindaco e la Giunta al fine di sensibilizzare quest'ultima sull'interesse della CittaÁ e del Paese allo sviluppo della ricerca nucleare fondamentale e delle sue applicazioni pacifiche. L'iniziativa ebbe esito positivo. Nel febbraio del 1956 il consiglio comunale di Bologna, dopo aver ascoltato una relazione sull'argomento nella quale Puppi diede il meglio di seÂ, discusse una proposta della Giunta che prevedeva un finanziamento di 500 milioni di lire in dieci anni a favore dell'Istituto di Fisica. Nella discussione che seguõÁ, un consigliere ricordoÁ al Sindaco che l'entitaÁ dello stanziamento avrebbe potuto ritardare la realizzazione dell'aeroporto di Bologna. La risposta del Sindaco fu che l'aeroporto poteva aspettare. Il Consiglio Comunale votoÁ la proposta all'unanimitaÁ. Per l'Istituto di Fisica ebbe inizio quell'esaltante periodo di nascita e sviluppo delle attivitaÁ che hanno caratterizzato la sua storia successiva. Fu in questa circostanza che, chiamato da Puppi, rientrai a Bologna nell'autunno del 1956 per realizzare il telescopio di contatori per raggi cosmici col quale l'Istituto di Fisica bolognese avrebbe partecipato all'Anno Geofisico Internazionale che sarebbe iniziato nel 1957. Una descrizione del telescopio si puoÁ leggere nel contributo di Galli e Cecchini. Restai a far parte del gruppo Raggi Cosmici fino a tutto il 1958. Mi dedicai poi ad attivitaÁ di ricerca nel campo della Fisica Nucleare con qualche sortita nel campo delle particelle elementari. Ma questi sono episodi di carattere personale. Credo, invece, che sia interessante conoscere quali ripercussioni ebbe in campo nazionale la scelta politica del Comune di Bologna. La notizia ebbe notevole rilevanza sulla stampa del tempo e in diversi editoriali venne sottolineato il fatto singolare che l'iniziativa di un comune si sostituisse a quella dello stato in un settore di sua diretta competenza. Il governo centrale venne quindi aspramente criticato per la sua latitanza. L'opera di Puppi fu importante quindi non solo per l'Istituto bolognese, ma servõÁ anche a muovere le acque a favore della ricerca a livello nazionale. Ebbe inizio infatti, a partire da quell'anno, una fase di maggiore attenzione dello stato per la ricerca, che portoÁ al consistente sviluppo di enti quali, per citarne alcuni, l'INFN, il CNRN poi divenuto CNEN e quindi ENEA e il CNR, che fino a quel momento avevano operato in condizioni di grave difficoltaÁ. 19 GIANNI PUPPI E LA FISICA DEI RAGGI COSMICI A BOLOGNA MENOTTI GALLI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna STEFANO CECCHINI IASF/INAF e INFN, Bologna 20 Negli anni '40-'50 del secolo scorso la fisica dei raggi cosmici ha rappresentato la ricerca di punta delle scienze naturali, ed eÁ in questo campo che Gianni Puppi svolge la sua attivitaÁ sia in campo teorico che sperimentale. I suoi contributi riguardano l'eccesso positivo della radiazione cosmica, i processi di generazione in atmosfera ed il bilancio energetico. A questo ultimo argomento Gianni Puppi riserva tre lavori che trovano notevole interesse nella comunitaÁ dei raggi cosmici (1). In essi egli affina di volta in volta, sulla base di nuovi dati sperimentali, i calcoli del bilancio tra potenza all'ingresso dell'atmosfera terrestre e il flusso di energia dissipato dalle varie componenti secondarie nell' atmosfera. Il concetto di base eÁ semplice: data la notevole coerenza direzionale tra radiazione primaria e radiazione secondaria, il bilancio energetico permette, se si conosce anche l'energia trasportata dalla primaria, di controllare se effettivamente si abbia una descrizione soddisfacente di tutta la fenomenolo- gia. Tra i vari punti che egli cerca di raffinare vi eÁ quello che riguarda la trattazione delle perdite di energia per disintegrazioni nucleari, soprattutto alle basse energie. Su questo aspetto lavora anche con Menotti Galli al quale assegna, per la Laurea in Fisica dell'anno accademico 1951-52 a Bologna, una tesi dal titolo «Diffusione dei neutroni nell'atmosfera». Di questa attivitaÁ sono stati conservati da Galli due quaderni manoscritti in cui Gianni Puppi elaborava i calcoli del bilancio energetico delle varie componenti e ne studiava l'andamento in funzione della latitudine terrestre (vedi fig. 1). Naturalmente il problema eÁ quello di condurre osservazioni ed esperimenti che possano contribuire ad una maggiore comprensione delle fenomenologia dei raggi cosmici in atmosfera, tenendo presente i requisiti di accuratezza necessari. Dopo la tesi, nel 1953, Galli viene inviato per un anno all'UniversitaÁ del Maryland, presso l'a- Fig. 1. ± Dal quaderno di Puppi, con i calcoli del bilancio energetico dei raggi cosmici. mico Fred Singer, un pioniere dell'era spaziale, il primo a proporre un satellite scientifico Ð MOUSE Ð per lo studio dell'alta atmosfera e dei raggi cosmici. Infatti Gianni Puppi era molto interessato alla possibilitaÁ di ottenere informazioni sui raggi cosmici primari per migliorare le conoscenze sulle reazioni nucleari da questi prodotte. Nel frattempo aveva preso corpo l'Anno Geofisico Internazionale (IGY Ð International Geophysical Year) il cui scopo era ottenere informazioni sui fenomeni dell'alta atmosfera e dei raggi cosmici durante il perodo del massimo di attivitaÁ solare 1957-58. Queste attivitaÁ dovevano svolgersi durante il periodo di 18 mesi dal 1 luglio 1957 al 31 dicembre 1958. Questo dette grande impulso allo sviluppo della ricerca sui raggi cosmici a Bologna. Puppi spinge Galli ad utilizzare dei tubi Geiger-Muller (GM) di grandi dimensioni, sviluppati dal gruppo di Padova, per misure continue di intensitaÁ dei raggi cosmici al suolo. Con tali tubi fu costruito un telescopio cubico. Il contatore era costituito da 3 piatti di tubi GM della lunghezza di 1 m e diametro di 5 cm ciascuno. Ogni piatto era composto di 20 tubi ed il piatto centrale era posto a 20 cm di distanza da quello superiore. I 3 piani erano messi in coincidenza con un circuito alla Rossi con diodi di germanio. L'acquisizione dei dati era fatta mediante fotografia di 3 numeratori numerici che raccoglievano gli impulsi delle coincidenze ogni 15 min. L'intero apparecchio era situato nei sotterranei dell'Istituto «A. Righi» di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna. Esso risultava schermato lungo la verticale da circa 1,8 m di acqua equivalente (w.e.) di materiale murario e esternamente da circa 4 m.w.e. dello stesso materiale. Con questo apparato si poterono studiare le variazioni temporali dell'intensitaÁ connesse a manifestazioni dell'attivitaÁ solare. Fu da subito chiaro, peroÁ, che tale rivelatore era poco adatto allo studio delle variazioni rapide (dell'ordine di minuti) dell'intensitaÁ. Fu pertanto avviato lo sviluppo di nuovi contatori. Il primo, messo in funzione nel marzo 1958, fu un contatore a scintillatore liquido di 0,80 m2 di superficie sensibile. Il contatore era costituito da un recipiente cilindrico di 15 cm d'altezza e 0,80 m 2 di sezione, imbullonato con una volta semisferica (proveniente dal residuato di una mina). Le pareti interne erano rivestite da uno strato di smalto bianco Fig. 2. ± Il primo scintilatore plastico prodotto nell'Istituto di Fisica di Bologna A. Righi nel 1959 dal Gruppo Raggi Cosmici. opacizzato. Un foro circolare del diametro di 12 cm nella parte piuÁ alta della semisfera era chiuso dal fotocatodo di un fotomoltiplicatore 6099B EMI. Nella scodella cilindrica si trovava uno strato di 10 cm di scintillatore liquido composto da toluolo: p-terfenile: POPOP: (1.4-bis-(2-(5-fenilossiazolil))-benzolo 1 kg 5g 75 mg Per costruire contatori sicuri, di facile costruzione e di lunga durata, ci si orientoÁ alla costruzione ed uso di scintillatori plastici (fig. 2). Infatti l'uso del toluolo, che eÁ abbastanza economico, eÁ sconsigliabile perche facilmente infiammabile, velenoso e difficile da mantenere allo stato puro per il suo alto potere solvente. Si pensoÁ quindi di introdurre l'uso dello stirolo polimerizzato seguendo l'esperienza del gruppo raggi cosmici del MIT, di cui si conoscevano le caratteristiche anche tramite P. Bassi che era stato negli USA e con G. Clark aveva iniziato il programma sullo studio dei grandi sciami atmosferici. Allo scopo si costruõÁ presso l'Istituto un impianto per la costruzione di grandi quantitaÁ di 21 scintillatore plastico al polistirolo la cui composizione era stirolo: p-terfenile: POPOP: 1 kg 10 g 0,3 g Da questo impianto furono prodotti i moduli per il rivelatore per muoni posto sul tetto dell'Istituto che rimase in funzione fino alla metaÁ degli anni '80. L'impianto fu poi sfruttato dall'INFN per costruire gli scintillatori plastici utilizzati in vari esperimenti al CERN e a Frascati. Gianni Puppi si eÁ occupato anche di aspetti astrofisici dei raggi cosmici (2). Negli anni 1994-1999 il Gruppo Raggi Cosmici di Bologna conduceva ricerche ed osservazioni sulla componente «mollissima» dei raggi cosmici a diverse latitudini ed altezze mediante rivelatori a scintillazione con cristalli di NaI. In quel periodo accadeva che si incontrasse Puppi in Dipartimento. Come sua abitudine Gianni si informava sulle ricerche in atto e sui risultati. Una volta, ci rivolse l'incitamento a rifare e ricontrollare i suoi risultati sul bilancio energetico, anche mediante l'ausilio dei nuovi metodi e strumenti di calcolo elettronico e delle nuove conoscenze sulle particelle elementari: non era contento di avere lasciato dei calcoli che non tornavano completamente. Da allora le attivitaÁ di ricerca sui raggi cosmici sono continuate utilizzando rivelatori via via piuÁ complessi, sia in superficie che in alta quota, nello spazio e sottoterra. Bibliografia (1) (2) G. PUPPI e N. DALLAPORTA, Progress in Cosmic Ray Physiscs, vol. I (North Holland, Amsterdam) 1951, cap. VI. G. PUPPI, Suppl. Nuovo Cimento 10 (1953) 115. G. PUPPI, Progress in Cosmic Ray and Particle Physiscs, vol. III (North Holland, Amsterdam) 1951, cap. VI. G. PUPPI , G. S ETTI e L. WOLTJER, Nuovo Cimento, 45 (1966) 252. RELAZIONI DI DISPERSIONE PIONE-NUCLEONE E LA «PUPPI-STANGHELLINI DISCREPANCY» 22 LUCIANO BERTOCCHI Dipartimento di Fisica Teorica, UniversitaÁ di Trieste e INFN, Sezione di Trieste Nell'anno accademico 1955/56 (piuÁ di 50 anni fa!) stavo frequentando a Bologna il quarto anno del Corso di Laurea in Fisica. Tre erano stati i docenti che avevano caratterizzato maggiormente il mio corso di studi: Protogene Veronesi nel corso di Fisica 1 (alla prima lezione si era presentato in aula con il camice bianco ed una canna di bambuÁ; appoggiata la canna nell'angolo dell'aula, aveva esordito cosõÁ: «questo eÁ un sistema di assi cartesiani, e questo eÁ un vettore». Magistrale!); Giuseppe Cocconi, che stava tenendo a noi studenti del quarto anno un corso allora modernissimo di Fisica Nucleare (per oltre trent'anni ho tenuto a Trieste un corso di Fisica Nucleare modellato su quello di Cocconi, anche se ovviamente aggiornato e modernizzato). E, appunto, Giampiero Puppi, che al terzo anno aveva tenuto un corso di Fisica Superiore, che copriva l'elettrodinamica classica, la relativitaÁ e quella che in seguito sarebbe diventata l'a- strofisica, nel suo stile inimitabile: enunciare un certo numero di evidenze sperimentali, dedurne degli andamenti fenomenologici, e da questi trarre la legge fondamentale. Puppi, arrivato a Bologna nell'anno accademico 1954/55, era per tutti il «Professore» (questo nostro atteggiamento era criticato da Jack Steinberger, che entrando in istituto salutava il portiere con un cerimonioso «Buongiorno, Brovesore»); ma era anche la sola persona a Bologna che fosse al corrente degli sviluppi del momento nella fisica delle particelle; quando ritornava dalla Conferenza di Rochester, raccontava a tutto l'Istituto quali erano stati gli argomenti piuÁ salienti (ricordo ancora la frase «gli ultimi risultati sulla catena scattering length, atomi mesici, fotoproduzione», anche se io ovviamente non ero in grado di apprezzare le novitaÁ). Volevo fare una tesi in Fisica Teorica; Ferretti non si era ancora trasferito a Bologna, e quindi la scelta ovvia era di andare a parlare con il Professore, in questo anche spinto fortemente da Antonio Stanghellini, che si era laureato poco piuÁ di un anno prima, e che con Puppi collaborava. Se Puppi mi avesse accettato, sarei stato il primo laureando di Puppi a Bologna! Un onore, ma anche un onere! In quel momento la convinzione generale era che se si fosse capita a fondo la risonanza 3/2-3/2 pione-nucleone si sarebbe fatto un passo decisivo nella comprensione della Fisica delle Particelle (al momento, era l'unica risonanza conosciuta...). La teoria piuÁ di moda era la teoria di Chew e Low della sorgente fissa, una teoria approssimata che aveva ovviamente delle limitazioni. Puppi, dopo aver guardato il mio libretto, mi disse che i fisici iniziavano a occuparsi di relazioni esatte, le «Relazioni di Dispersione», basate solo sul principio di causalitaÁ, relazioni che collegavano la parte reale e la parte immaginaria delle ampiezze di scattering. Le uniche indicazioni che mi diede, furono la bibliografia del lavoro di Kramers (del 1932!), e di un preprint di Toll. Al lavoro! Studiare (in tedesco) la formulazione di Lehmann Symanzik e Zimmermann della teoria dei campi, cercare articoli e testi di cicli di lezioni tenute in giro per il mondo sulle relazioni di dispersione (fra le quali degli appunti scritti da Salam; come nel suo stile, esatte le prime formule, esatte le ultime, piene di errori quelle intermedie). Intanto Puppi e Stanghellini mettevano i numeri nelle relazioni di dispersione pione-nucleone (scritte formalmente nel lavoro detto GMO, Goldberger, Miyazawa, Oehme); gli ingredienti erano la parte reale dell'ampiezza di scattering in avanti (ricavata dall'interferenza con lo scattering coulombiano), l'integrale sulla sezione d'urto totale (legata alla parte immaginaria dal teorema ottico) e la costante d'accoppiamento «rinormalizzata» pione-nucleone (dovuta al polo del nucleone). L'integrale sulla sezione d'urto era quello che creava maggiori problemi; non esistevano i calcolatori elettronici, solo le macchine da tavolo «elettromeccaniche» (Monroe e Friden), e gli integrali venivano calcolati «a mano» usando il metodo di Simpson (della «Signora Simpson», come diceva umoristicamente Puppi, in onore della moglie dell'ex re di Gran Bretagna). Io, oltre a studiare la teoria, davo una mano ad Antonio nei calcoli numerici. Lo scopo era quello di ricavare il valore della costante di accoppiamento dalle due relazioni di dispersione indipendenti (o per le diffusioni del pione positivo e di quello negativo, o equivalentemente per le ampiezze simmetrica e antisimmetrica nello spin isotopico). Se tutto funzionava, i due valori per la costante di accoppiamento avrebbero dovuto coincidere entro gli errori. Ma dai calcoli emergeva un risultato strabiliante: i valori delle costanti di accoppiamento ricavati dalle due relazioni indipendenti erano diversi! In altre parole, se invece si fissava un unico valore per la costante di accoppiamento, la parte reale misurata non coincideva con il valore ricavato dall'integrale sulle sezioni d'urto, ben al difuori delle pur grandi barre di errore! Questo risultato, pubblicato solo nel 1957 dopo innumerevoli controlli (Nuovo Cimento 5, 1305 (1957), (intanto era apparso nel dattiloscritto della mia tesi di laurea, sostenuta il 28 novembre del 1956) mise in subbuglio la comunitaÁ dei fisici. Nasceva il termine «Puppi-Stanghellini Discrepancy». Era forse dovuta ad una violazione dello spin isotopico? (sia i pioni che il protone hanno carica elettrica...). No; un calcolo fatto a Catania da Agodi e Cini mostrava che l'effetto non era sufficiente a spiegare la discrepanza. Ma allora era forse violata la causalitaÁ? La discrepanza di Puppi e Stanghellini sembroÁ scrollare i fondamenti della teoria delle particelle elementari; per parecchi anni la «discrepanza di Puppi e Stanghellini» rimase un mistero irrisolto. Solo molti anni dopo, misure piuÁ precise della dipendenza dall'energia della sezione d'urto totale dei pioni negativi sul protone ad energie sotto la risonanza 3-3 permisero di verificare con sufficiente precisione le relazioni di dispersione fino ad energie di qualche centinaio di MeV; l'errore era stato di chi nella misura delle sezioni d'urto totali aveva preso elettroni per pioni... 23 GIAMPIETRO PUPPI E LE PRIME RICERCHE ITALIANE IN CAMERE A BOLLE SILVIO BERGIA Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna 24 Non so quanto in generale si serbi memoria di una fase particolare della ricerca condotta in Italia nel campo della fisica delle particelle elementari fra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60. In quegli anni c'erano attivitaÁ di ricerca condotte agli acceleratori, ma in quel campo una fisica sperimentale, se si accetta un certo ampliamento del termine, si conduceva di fatto anche lontano dalle macchine. Prima di provare a dire di che si trattava, lasciatemi motivare la ragione per cui affronteroÁ sinteticamente il tema in un fascicolo dedicato a Puppi. Per quello che mi sento di poter dire in assenza di documenti precisi al proposito credo infatti che si debba a lui se quel modo di fare fisica sperimentale pote svilupparsi, in quanto fu a seguito di un suo soggiorno negli Stati Uniti che gruppi americani con i quali Puppi era entrato in contatto sottoscrissero la proposta di inviare in Italia, presso alcuni Istituti di Fisica, film di camere a bolle affinche vi venissero analizzati (individuazione e classificazione (scanning) degli eventi ed analisi quantitativa degli stessi). Non si puoÁ dire che ci fosse allora in Italia una scuola di «bollisti». C'era peroÁ una validissima scuola di «lastristi» Ð ricercatori e tecnici Ð gli eredi della tradizione dei Bruno Rossi e Beppo Occhialini, e le conoscenze e le attitudini a loro richieste non erano dissimili da quelle richieste per l'analisi di fotogrammi di camere a bolle. A Bologna, in particolare, comincioÁ ad affluire una gran messe di filmati presi al cosmotrone di Brookhaven, che era diventato operativo nel gennaio del 1953, raggiungendo l'energia programmata di 3,3 GeV. Di interesse particolare eÁ un esperimento la cui analisi fu condotta a termine nel 1957 (1). Esso riguardava la produzione associata di particelle strane, con L e S come partners iperonici. Il film usato era stato ottenuto nella camera a bolle a propano da 12 pollici della Columbia University esposta a un fascio di pioni negativi da 915 MeV. EÁ opportuno ricordare che in quell'anno madame Wu aveva eseguito il suo esperimento comprovante la non conservazione della paritaÁ nel decadimento del cobalto 60. Era diffusa l'idea che la violazione potesse essere dovuta a proprietaÁ intrinseche del neutrino. Diventava percioÁ importante andare a controllare se la si osservasse anche in processi non coinvolgenti il neutrino. Nel caso dei decadimenti iperonici, si trattava di verificare se sussistessero correlazioni fra una polarizzazione Ð dello spin degli iperoni Ð e una direzione, quella della linea di volo di un prodotto di decadimento, la prima essendo fornita qui dagli eventi stessi di produzione, che danno luogo a una polarizzazione in direzione normale al piano di produzione. La risposta dell'esperimento fu positiva: la non conservazione della paritaÁ era dunque una caratteristica generale delle interazioni deboli. Risultato scientifico a parte, mi sembra interessante dare una scorsa alla lista dei firmatari dell'articolo, in numero di venti. Di questi, nove erano americani e undici «italiani» (vedremo subito le ragioni delle virgolette). Dei primi, tre appartenevano all'UniversitaÁ del Michigan, e si capisce subito perche quando si legge fra essi il nome di Glaser, l'inventore della camera a bolle (ca. 1952); gli altri da New York, Columbia University, Brookhaven National Laboratory: si tratta di coloro che avevano operato con l'acceleratore e raccolto i dati. Gli altri, gli «italiani», erano coloro che questi dati li avevano analizzati. Troviamo in effetti fra i nomi dei firmatari operanti in Italia quelli di un giapponese, Hiroshi Tanaka, e di un argentino, Pedro Waloschek, entrambi attivi a Bologna in quel periodo. Altro piccolo elemento di interesse: la presenza di fisici di paesi extraeuropei nei nostri laboratori era allora tutt'altro che inconsueta. Mi eÁ grato ricordare qui nel testo i nomi degli altri autori italiani a tutti gli effetti: Pietro Bassi, Valeria Borelli, Giampietro Puppi, Vittorio Zoboli (Bologna), Marcello Conversi, Italo Mannelli, Paolo Franzini, Renato Santangelo e Vittorio Silvestrini (Pisa): molto tempo eÁ passato e purtroppo alcuni di loro non sono piuÁ qui con noi. EÁ anche interessante, credo, ricordare che ben quattro degli autori americani avrebbero ricevuto in seguito il premio Nobel: Donald Glaser nel 1960 per la camera a bolle, Jack Steinberger e Melvin Schwarz nel 1988 per aver sviluppato un metodo per produrre fasci di neutrini d'alta energia che avrebbero reso possibile la scoperta del neutrino muonico, Martin Perl nel 1995 per la scoperta del tau. L'indagine sulla non conservazione della paritaÁ nei decadimenti degli iperoni era indubbiamente la cosa piuÁ interessante che si potesse compiere su quel film. C'era, naturalmente, qualcos'altro a cui guardare: per cominciare, la cosa piuÁ ovvia: l'analisi della diffusione elastica p p all'energia del fascio; e, poiche questa garantiva un'energia sufficiente nel centro di massa, della produzione singola di pioni. Questi studi furono condotti inizialmente da un gruppo misto Bologna-Trieste, con la collaborazione, nella sede bolognese, di Leo Lavatelli, dell'UniversitaÁ dell'Illinois a Urbana, in seguito da un ristretto gruppo, tutto bolognese, guidato da Waloschek. Avendo partecipato a queste ricerche, prima come laureando, poi come borsista INFN, ricordo che Puppi non partecipoÁ in questa fase al lavoro di routine, ma che esercitoÁ un ruolo costante di stimolo e di controllo. Nel marzo 2003 si tenne a Bologna, presso l'Accademia delle Scienze, il meeting «30 Years of Bubble Chamber Physics». I trent'anni, beninteso, erano quelli successivi all'invenzio- ne di Glaser. Dell'ampio Comitato Scientifico facevano parte due dei firmatari dell'articolo che ho appena ricordato, Italo Mannelli e Jack Steinberger. In quella occasione furono rievocati, in particolare, quegli anni. Nell'occasione Pedro Waloschek e Valeria Alles-Borelli riferirono sulle attivitaÁ del gruppo di Bologna. Gli stessi, con Giorgio Giacomelli, fornirono dettagli su di un altro aspetto interessante di quel tipo di ricerca, riguardante il periodo del suo avvio: il suo carattere artigianale. Waloschek ricordoÁ che la ricostruzione stereografica degli eventi, basata su tre visioni, era fatta a mano, usando righe e curvilinei, su carta da disegno su cui era proiettata l'immagine. I proiettori erano un prodotto collaterale delle attivitaÁ di Pietro Bassi e del suo gruppo, che avevano costruito una piccola camera a bolle e preparato un'attrezzatura per analizzare le immagini. Marcello Ceccarelli avrebbe poi inventato, sempre a Bologna, il digitalizzatore (digitizer) che sarebbe diventato noto come il «mangiaspago», o alternativamente come il «trastullometro». I calcoli si facevano con regoli, sfere di Wulff e calcolatrici elettromeccaniche da tavolo. Valeria Alles-Borelli sottolineoÁ che questi metodi e strumenti, cosõÁ primitivi se confrontati con quelli sofisticati e rapidi che li avrebbero sostituiti, risultavano peroÁ sufficientemente precisi, e permettevano di ottenere buoni risultati in 25 breve tempo. Si passoÁ peraltro ben presto, come ricordoÁ ancora Waloschek, alle schede perforate e al calcolatore IBM 650 del Centro di Calcolo della FacoltaÁ d'Ingegneria. Giacomelli sottolineoÁ, a sua volta, il ruolo di coordinamento che fu assunto a Bologna dal Centro Nazionale Analisi Fotogrammi (CNAF) dell'INFN. Una fase «eroica» della fisica delle particelle? Forse no, ma certo una fase che merita di essere ricordata. Bibliografia (1) F. E ISLER, R. PLANO , A. PRODELL, N. S AMIOS, M. S CHWARTZ, J. S TEINBERGER , P. B ASSI, V. B ORELLI , G. PUPPI , H. TANAKA, P. W ALOSCHEK , V. ZOBOLI , M. C ONVERSI, P. F RANZINI, I. M ANNELLI , R. S ANTANGELO e V. S ILVESTRINI , «Demonstration of parity nonconservation in hyperon decay», Phys. Rev. 108 (1957) 1353. I PRIMI ESPERIMENTI DI CAMERA A BOLLE A BOLOGNA Redatto da VALERIA ALLES-BORELLI (1931-2004) nel 2003 UniversitaÁ e INFN, Bologna 26 La Camera a Bolle eÁ stato un rivelatore affascinante che ha permesso di visualizzare le particelle cariche, di seguire il loro percorso, di vederle interagire o decadere. Anche l'emissione di particelle neutre instabili poteva essere rivelata tramite i prodotti carichi di decadimento, cosõÁ come i gamma potevano essere visti tramite la loro materializzazione. Tutto questo osservando una sola fotografia che rappresentava il ricordo visivo di cioÁ che era successo, nel volume sensibile della camera, durante l'espansione. La CB poteva essere paragonata alla camera di Wilson, con il vantaggio peroÁ di avere come rivelatore, al posto di un vapore, un liquido, piuÁ denso del vapore, che poteva essere idrogeno. Dopo la messa a punto di un piccolo prototipo di CB da parte dell'inventore e premio Nobel D. A. Glaser (UniversitaÁ di Michigan), in vari laboratori, anche italiani, inizioÁ la costruzione di camere a bolle operative e di mezzi per l'analisi delle fotografie. All'UniversitaÁ di Bologna venne costruito un apparecchio per proiettare le fotografie di CB, adatto alla ricerca delle interazioni ed alla loro analisi. Nel 1956 arrivarono a Bologna le prime bobine di fotografie da esaminare. Era una tecnica nuova, anche se altre tecniche visive l'avevano preceduta. Le fotografie analizzate all'UniversitaÁ di Bologna provenivano dalla esposizione di una Camera a Bolle a propano (12 in. diam. 8 in. profonditaÁ) ad un fascio di pioni negativi con energie di 910, 960 e 1200 MeV. Lo scopo principale dell'esperimento era la dimostrazione sperimentale della non conservazione della paritaÁ nel decadimento degli iperoni, predetta teoricamente da T. D. Lee e C. N. Yang e dimostrata in tempo breve dalla collaborazione fra i seguenti laboratori: ± Laboratorio di Brookhaven, Columbia University (J. Steinberger): p ± di 960 MeV; ± UniversitaÁ di Michigan (D. A. Glaser); ± UniversitaÁ di Bologna (G. Puppi): p ± di 910 MeV; ± UniversitaÁ di Pisa (M. Conversi): p± di 1200 MeV. Il gruppo di Bologna, molto affiatato ed entusiasta, elaboroÁ, in collaborazione con il gruppo di Pisa, un metodo di misura grafico che permise di ottenere risultati soddisfacenti in breve tempo. Bisogna rilevare che, a quei tempi, per l'elaborazione dei dati, ci si poteva valere solo di carta, di matita, di archi di circonferenza e di calcolatrici meccaniche lente e ... rumorosissime. Questo metodo, invero tecnicamente primitivo se confrontato con i metodi successivi sofisticati e veloci, si riveloÁ tuttavia sufficientemente preciso per le esigenze di allora. Esso permise di ottenere buoni risultati in breve tempo. Oltre alla dimostrazione della non conservazione della paritaÁ nel decadimento degli iperoni, vennero misurate sezioni d'urto, spin e vite medie. Solo in un secondo tempo l'UniversitaÁ di Bologna fu dotata di un computer IBM 650, allora «ultimo grido della moda». Dopo il suo onorevole servizio, esso venne sostituito da un altro con maggiore capacitaÁ di calcolo e poi via via da altri sempre piuÁ potenti. I primitivi fogli di carta, che illustravano gli eventi, vennero anch'essi sostituiti da montagne di schede perforate e da enormi pacchi di fogli stampati. Il punto debole della CB che, alla fine, fu la causa del suo declino, eÁ stata la difficoltaÁ di ottenere solo le fotografie delle interazioni che si desideravano studiare (assenza di trigger). Questo fatto, unito ai problemi connessi al raggiungimento di energie sempre piuÁ elevate ed alla ricerca di interazioni sempre piuÁ rare, creoÁ il problema dell'enorme numero di fotografie da esaminare, anche se in modo automatico, tanto da dover escludere a priori la CB negli esperimenti di altissima energia e alta statistica. LA CAMERA A BOLLE NAZIONALE A IDROGENO SERGIO FOCARDI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna Nell'estate del 1956 il Consiglio direttivo dell'INFN approvoÁ una collaborazione fra cinque sezioni per la costruzione di una camera a bolle a idrogeno liquido. L'accordo era che ciascuna delle cinque sezioni (Bologna, Padova, Pisa, Roma e Trieste) avrebbe partecipato con un ricercatore (fisico o ingegnere) e Puppi, che era allora il direttore della sezione di Bologna, mise a disposizione la sua sede per la realizzazione dell'impresa. A quell'epoca non c'erano in funzione in Europa camere a bolle a idrogeno liquido: un gruppo del CERN a Ginevra era impegnato a costruire uno strumento del genere con un diametro dell'ordine di 30 cm. La camera a bolle era stata inventata qualche anno prima da Glaser che nel 1952 aveva realizzato il primo prototipo funzionante con etere dietilico e ne aveva costruiti successivamente altri impiegando come liquido il propano; giaÁ nel 1953 Hildebrand e Nagle mostrarono la possibilitaÁ di utilizzare l'idrogeno liquido. La camera a bolle, potendo produrre piuÁ eventi per la maggiore densitaÁ dei liquidi rispetto a quella dei gas, era destinata a sostituire le camere a nebbia, fino ad allora impiegate come rivelatori di particelle cariche. L'impiego dell'idrogeno aveva inoltre il vantaggio che le interazioni prodotte da particelle cariche avvenivano su protoni anziche su nuclei complessi. L'apparente svantaggio, rispetto alla camera a nebbia, di non poter comandare il processo di espansione per mezzo di contatori era compensato dal fatto che la camera a bolle sarebbe stata destinata a funzionare con fasci di particelle prodotte da macchine acceleratrici di cui si poteva conoscere con grande precisione l'istante di transito attraverso lo strumento. Nel settembre 1954 era stato costituito a Ginevra il CERN nei cui programmi rientrava la realizzazione di acceleratori, il primo dei quali, il sincrociclotrone da 600 MeV, avrebbe iniziato a funzionare nel 1958. La decisione di costruire una camera a bolle a idrogeno liquido appare ancor oggi quanto mai tempestiva tenuto conto anche del ritardo dell'Europa rispetto agli Stati Uniti e della rapiditaÁ con cui la fisica progrediva oltre Oceano. La Camera a Bolle, Nazionale (come fu denominata) (vedi fig. 1) avrebbe dovuto permettere ai gruppi interessati di poter disporre di fotogrammi da analizzare, relativi a interazioni di particelle in idrogeno. Il gruppo diretto da Pietro Bassi, che aveva giaÁ costruito a Padova, la sede da cui proveniva, camere a bolle a propano, inizialmente fu costituito da Cano, Focardi, Michelini e Saporetti le cui sedi originali erano Trieste, Pisa, Roma e Bologna. Successivamente nel corso della realizzazione del programma Cano e Michelini, avendo assunto altri impegni, vennero sostituiti rispettivamente da Bertolini e Gialanella. 27 Fig. 1. ± Camera a Bolle Nazionale a idrogeno liquido. Costruita a Bologna dal 1956 al 1958 da una collaborazione tra le sezioni INFN di Bologna, Padova, Pisa, Roma e Trieste. Puppi che aveva certamente ottenuto il preventivo parere favorevole di Bassi ad assumere la responsabilitaÁ dell'impresa fu essenziale per la riuscita dell'operazione: sostenne, anche finanziariamenente, grazie ad un contributo annuo di 50 milioni di lire per dieci anni del Comune di Bologna, garantitogli dal sindaco Dozza, l'ammodernamento dell'officina meccanica. Trovandosi nella favorevole circostanza di essere direttore sia dell'Istituto di fisica sia della sezione INFN non perse mai l'occasione di sostenere l'impresa e fu essenziale per la soluzione dei problemi logistici che si presentarono. Durante la fase di progetto e di realizzazione dello strumento, passarono alcuni mesi a Bologna sia Jack Steinberger che Martin Block, i cui contributi furono importanti anche perche permisero l'instaurarsi di fruttuose collaborazioni cui contribuirono altri ricercatori dell'istituto, dando avvio a una importante attivitaÁ di ricerca nel settore della fisica delle particelle elementari. La camera a bolle fu costruita a Bologna, dove, per mancanza di attrezzature criogeniche, non si poterono eseguire le prove di funzionamento a 27 K che vennero fatte in un laboratorio del CERN. Lo strumento fu impiegato su un fascio di protoni del Sincrociclotrone per studiare la produzione di mesoni carichi a 420 e a 600 MeV e la cattura di muoni negativi in idrogeno (fig. 2). 28 Fig. 2. ± Camera a Bolle Nazionale in una sala sperimentale del Sincrociclotrone, SC, a 600 MeV del CERN. Nel frattempo era stata completata la camera costruita da un gruppo del CERN che aveva dimensioni maggiori di quella italiana e il CERN aveva messo in cantiere una camera a bolle assai piuÁ grande (80 cm di lunghezza) che divenne lo strumento che fornõÁ i fotogrammi da ana- lizzare ai gruppi di ricerca europei, compresi quelli italiani. La Camera a Bolle Nazionale fu poi trasferita all'elettrosincrotrone di Frascati dove con opportune modifiche venne utilizzata per misure di fotoproduzione di pioni. GIANNI PUPPI E GLI ESPERIMENTI IN CAMERE A BOLLE GIORGIO GIACOMELLI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna Subito dopo l'invenzione della camera a bolle, Gianni Puppi si rese conto della sua importanza nell'ambito della fisica delle particelle elementari. Con grande abilitaÁ Gianni riusci a portare a Bologna un notevole numero di fotogrammi che provenivano da una nuova camera a bolle da 12 pollici riempita di propano, costruita da gruppi americani delle universitaÁ di Columbia e Michigan e dei Laboratori Nazionali di Brookhaven, ed esposta a un fascio di pioni negativi di 910 MeV provenienti da un nuovo acceleratore di particelle, il Cosmotrone da 3,3 GeV di Brookhaven. Le prime analisi dei fotogrammi furono fatte con mezzi semplici, improvvisati, che divennero progressivamente piuÁ complicati e piuÁ specializzati (vedi relazioni di Alles-Borelli e di Bergia). Come descritto da Silvio Bergia, le foto furono analizzate da una collaborazione fra due universitaÁ italiane, due universitaÁ ed un laboratorio americani e portarono a risultati di fisica molto interessanti. A questa prima collaborazione parteciparono personalitaÁ importanti, come Jack Steinberger e Melvin Schwartz della Columbia University e del Laboratorio di Brookhaven, Gianni Puppi e Pietro Bassi di Bologna, Marcello Conversi di Pisa, Donald Glaser, l'inventore della camera a bolle, e Martin Perl dell'UniversitaÁ del Michigan. La seconda collaborazione, organizzata da Gianni Puppi e Martin Block, della Duke University, utilizzava fotogrammi provenienti dalla camera a bolle di 20 cm, riempita di elio liquido, della Duke University, immersa in un campo magnetico di 14 kG ed esposta a un fascio di K ± ``a riposo''. I risultati piuÁ interessanti riguardarono la determinazione della paritaÁ relativa KLambda e lo studio degli iperframmenti; ci fu anche una misura dello spettro degli elettroni emessi nei decadimenti m ! e ne nm , che permise di ottenere il parametro r. SeguõÁ la camera a bolle a elio da 50 cm con campo magnetico di 28 kG della Northwestern University. A questi esperimenti collaborarono anche Luigi Monari, Nella Grimellini, Attilio Forino, Adriana Minguzzi-Ranzi e altri ancora. Oltre a seguire l'analisi dei fotogrammi, Gianni si interessoÁ alla costruzione della Camera a Bolle Nazionale Italiana a idrogeno liquido, progettata e costruita da un gruppo di ricercatori provenienti da cinque Sezioni INFN. Ricordiamo il contributo importante di Sergio Focardi di Pisa (e poi Bologna), Aldo Michelini di Roma e Bologna (poi CERN) e Franco Saporetti dell'ENEA (poi UniversitaÁ di Bologna). La camera a bolle fu poi esposta a fasci degli acceleratori del CERN (vedi relazione di Focardi). Per effettuare i nuovi esperimenti in camere a bolle fu necessario potenziare le Sezioni INFN, coordinare e migliorare le relazioni con gli Istituti di Fisica, potenziare i laboratori di misura e tutti i mezzi di calcolo. La prima fase dell'era delle camere a bolle fu dominata da molte e relativamente piccole camere a bolle americane. Queste prime camere a bolle produssero un numero limitato di fotogrammi da analizzare. Ma, progressivamente, 29 30 le camere divennero piuÁ grandi (raggiungendo le dimensioni di circa 40 metri cubi); il numero di fotogrammi prodotti divenne rapidamente molto elevato. In circa trenta anni furono costruite un centinaio di camere a bolle che produssero circa 100 milioni di fotografie stereoscopiche. Il CERN di Ginevra arrivoÁ in ritardo, ma rapidamente riuscõÁ a costruire camere a bolle molto grandi e produsse un gran numero di fotogrammi, che alimentarono la ricerca in moltissime universitaÁ e molti laboratori europei (1-3 ). La tecnica delle camere a bolle diede un forte impulso alla ricerca fondamentale a Bologna e in Italia. Furono inoltre realizzate le prime collaborazioni scientifiche fra diversi gruppi italiani, europei e americani. Con l'avvento delle camere a bolle cambioÁ rapidamente la sociologia della ricerca: le camere a bolle erano costruite in laboratori lontani, esposte a fasci provenienti da grandi acceleratori in grandi laboratori e venivano analizzate nelle sedi di provenienza dei gruppi della collaborazione. Gianni Puppi organizzoÁ altre collaborazioni, fra cui una che utilizzava la camera a bolle di 50 cm di Saclay esposta all'acceleratore Saturne di Saclay a fasci di pioni carichi. Gianni Puppi dominoÁ la scena scientifica insieme a A. Berthelot di Saclay. Occorre ricordare anche Angela Quareni-Vignudelli, Attilio Forino, Laura Lendinara, Adriana Minguzzi-Ranzi e altri. Vennero, poi, fotogrammi ottenuti con la camera a bolle da due metri del CERN riempita con idro- Un decadimento K ! p p p osservato in una camera a bolle. geno liquido ed esposta sia a mesoni p che a fasci «separati» di mesoni K ±, poi fotogrammi presi con esposizioni a fasci separati di mesoni K + in varie camere a bolle riempite con idrogeno e con deuterio. Infine si giunse alla grande camera a bolle europea, BEBC, di 40 m3 al CERN riempita con idrogeno, deuterio, con liquidi pesanti ed esposta a fasci di neutrini ed antineutrini di alta energia. Fra i giovani che cominciavano le loro ricerche vanno ricordati Antonio Maria Rossi, Gianni Mandrioli, Annarita Margiotta, Maurizio Spurio, Laura Patrizii (ora Coordinatrice del Gruppo 2 della Sezione INFN di Bologna) e altri. Alcune note personali: sono stato anch'io studente di Gianni ed ho seguito il suo meraviglioso corso di Fisica Superiore. Gianni seguiva i suoi giovani allievi e li spingeva verso nuove iniziative e a recarsi in laboratori stranieri. Mi aiutoÁ a scegliere un'universitaÁ americana dove conseguire il PhD (che allora non esisteva in Italia) e seguõÁ con regolaritaÁ i miei progressi. Quando tornai in Italia Gianni Puppi ed Antonio Stanghellini vollero immediatamente vedere e discutere i risultati ottenuti (in questo caso con rivelatori elettronici). Puppi continuava a seguire i suoi giovani anche dopo aver iniziato altre attivitaÁ di ricerca: un pomeriggio si rese conto che un collega ed io stavamo analizzando un risultato interessante: Gianni restoÁ con noi tutto il pomeriggio per incitarci e per assicurarsi che si portasse a termine il lavoro. Le camere a bolle erano strumenti molto attendibili e sono state riempite con liquidi diversi (idrogeno, deuterio, propano, elio, liquidi pesanti, come la miscela di idrogeno/neon, ecc); si comportavano come rivelatori omogenei con piena accettanza su tutto l'angolo solido 4p, e furono utilizzate con fasci diversi sempre piuÁ energetici. EÁ da notare il progressivo miglioramento dei mezzi di analisi utilizzati per studiare i fotogrammi delle camere a bolle: i primi mezzi di analisi erano rudimentali, ma rapidamente seguirono macchine automatiche come il «trastullometro» di Marcello Ceccarelli, i «mangiaspago» di Sergio Focardi, Gianni Mandrioli e Angela Quareni-Vignudelli, e molte altre. I dati forniti da queste macchine venivano trasferiti su schede di carta perforate. Inoltre per analizzare il gran numero di fotogrammi occorreva un notevole numero di «osservatori analisti», di solito giovani signore. EÁ anche importante notare l'evoluzione dei mezzi di calcolo: nelle prime fasi il calcolatore piuÁ potente era il regolo calcolatore, seguito poi da calcolatrici elettromeccaniche. Seguirono i primi calcolatori elettronici, rimpiazzati da elaboratori di sempre maggior capacitaÁ e velocitaÁ : Gianni Puppi fu un pioniere iniziando con l'IBM 650, poi con un calcolatore piuÁ potente, un IBM 704, posto in un centro di calcolo (eÁ da notare che per molti anni la scelta dei calcolatori da acquistare fu basata sulle necessitaÁ di calcolo per elaborare gli «eventi» in camere a bolle). Gianni Puppi contribui alla scelta degli elaboratori e infine all'organizzazione del Centro Nazionale Analisi Fotogrammi (CNAF) dell'INFN, situato presso il Centro di Calcolo dell'ENEA in via Mazzini a Bologna. Il CNAF inizioÁ a coordinare le attivitaÁ di misura e di calcolo dei fotogrammi di camere a bolle: nella sede INFN di Bologna venivano selezionati i fotogrammi con gli eventi interessanti, che venivano poi pre-misurati con macchine semi-automatiche come i «mangiaspago». I risultati venivano immagazzinati su nastri magnetici e inviati al CNAF. Il CNAF aveva messo a punto un HPD, una grande macchina automatica capace di fornire misure precise guidate dalle pre-misure effettuate in tanti laboratori diversi (vedi relazione di M. Masetti). Le pubblicazioni ottenute dai bolognesi utilizzando fotogrammi di camere a bolle sono elencate nei proceedings del convegno «30 anni di camere a bolle», organizzato in onore di Gianni Puppi (2). Infine eÁ opportuno ricordare che la comunicazione della scienza eÁ progressivamente divenuto un argomento sempre piuÁ importante: le foto di camere a bolle possono dare un'immediata e semplice visualizzazione di singoli «eventi» di fisica subnucleare; cioÁ permetteva di far rilevare come molti aspetti della fisica fondamentale submicroscopica fossero basati su relativamente semplici e facilmente comprensibili fatti sperimentali. Un insieme di eventi in camere a bolle, opportunamente selezionati, era anche utile per iniziare un corso di fisica delle particelle elementari. Bibliografia (1) (2) Bubbles 40, Nucl. Phys. B (Proc. Suppl.) 96 (1994) 1. G. GIACOMELLI, Introduction to the workshop 30 Years of Bubble Chamber Physics, physics/0604152. http://www.bo.infn.it/~spurio/bubble.htm (3) Gli esperimenti effettuati dai bolognesi con camere a bolle e la relativa lista di pubblicazioni sono in: «Bologna experiments and publication list» www.bo.infn.it/antares/bolle_proc/proceedings.htm 31 PUPPI, CLEMENTEL E IL CNAF MASSIMO MASETTI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna 32 All'inizio degli anni 60, la ricerca in fisica delle alte energie (HEP) aveva cominciato a rivolgersi all'utilizzo di camere a bolle per la rivelazione delle traiettorie delle particelle, traiettorie che venivano memorizzate su film. L'analisi fisica degli eventi, cosõÁ memorizzati, richiedeva prima lo scanning manuale dei fotogrammi per individuare quelli interessanti e quindi la misura semiautomatica delle traiettorie delle relative particelle; le misure venivano memorizzate su schede in cartoncino. In un secondo tempo questi dati erano elaborati da una catena di programmi funzionanti su potenti elaboratori. Si sentiva quindi la necessitaÁ di una migliore automazione delle misure e di una piuÁ alta precisione di misura. Nell'ambito di queste esperienze con camere a bolle condotte al CERN di Ginevra si formoÁ una ampia collaborazione internazionale che comprendeva centri di ricerca (CERN, DESY, Saclay, Brookhaven, Berkeley) e universitaÁ (Monaco, Oslo, Vienna. Londra,...). Questa collaborazione aveva come scopo comune la realizzazione di un sistema di analisi: Hardware (HW) e Software (SW) per la misura automatica dei fotogrammi con precisione dell'ordine del micron. Per quanto riguardava l'HW fu fatto un progetto comune per le parti meccaniche; per quanto riguardava il SW, a Bologna fu deciso di utilizzare il calcolatore IBM 7094 che avrebbe funzionato in tempo reale con l'apparecchiatura di misura. Nell'ambito di questa collaborazione il sistema fu battezzato: HPD-IBM 7094 o FSD ± IBM 7094 (FSD: Flying Spot Digitizer) (vedi fig. 1). Ogni gruppo sviluppoÁ poi una propria elettronica di collegamento al calcolatore. Gianni Puppi decise di entrare in questa collaborazione internazionale con una serie di iniziative in parte finanziate dal Consorzio interprovinciale universitario (ogni anno Puppi riferiva al Consorzio l'andamento dei lavori). Il Professor Ezio Clementel, direttore del centro di calcolo del CNEN di Bologna, e il Professor Puppi proposero ed ottennero l'installazione di un calcolatore IBM 7094 presso il centro di cal- Fig. 1. ± Il Flying Spot Digitizer (FSD) del CNAF. colo CNEN a Bologna, con 8 ore giornaliere dedicate all'analisi dei fotogrammi di camere a bolle. Fu questa una collaborazione assai proficua, resa possibile dalla presenza di Puppi e Clementel. L'iniziativa di Gianni Puppi si concretizzoÁ poi nella costituzione di un gruppo di lavoro INFN che in seguito sarebbe diventato un'unitaÁ operativa INFN, denominata CNAF (Centro Nazionale Analisi Fotogrammi), a cui ebbero accesso gruppi di ricerca delle diverse sedi INFN. CosõÁ il CNAF divenne un centro di analisi dei dati per i gruppi INFN che svolgevano attivitaÁ di ricerca con camere a bolle. Desidero ricordare che nella fase iniziale hanno contribuito principalmente: per l'hardware, U. Zanotti, G. Sini e P. Bacilieri, per il software E. Vaccari, M. L. Luvisetto e P. Matteuzzi, A. Maggiolo Schettini e A. Ghiselli per il software off-line, ed altri. La Dott.sa M. L. Luvisetto eÁ poi diventata responsabile della gestione della rete informatica; altri sono diventati professori universitari. Vediamo ora alcuni dei principali «gradini» dell'attivitaÁ svolta: ± 1962, un primo gruppo di persone si trasferisce al CERN per un anno ed inizia in Fig. 2. ± Inaugurazione del CNAF. Erano presenti il Ministro L. Gui, i primi Presidenti dell'INFN oltre ai Professori E. Clementel e M. Ceccarelli. collaborazione la progettazione del sistema FSD±IBM 7094. Il Professor Puppi partecipoÁ per-sonalmente alla selezione del personale da inviare al CERN, e supervisionoÁ la collaborazione con il personale della DD division del CERN. ± 1964, entrata in funzione, al CNAF, del calcolatore IBM 7094 e della catena di programmi Thresh e Grind per l'analisi dei dati di camera a bolle misurati presso le Sezioni INFN. Fra i primi gruppi che utilizzarono la catena dei programmi vi furono anche quelli che collaboravano con il Professor Puppi. ± 1966, entrata in funzione del sistema IBM ± 7094: gruppi delle Sezioni INFN di Bologna, Padova e Trieste iniziano a portare i loro film da analizzare. ± 1967, inaugurazione del CNAF con la presenza del Ministro della Pubblica Istruzione L. Gui e membri del direttivo INFN (vedi fig. 2). Vedi anche la fotografia della apparecchiatura FSD realizzata al CNAF, fig. 1. ± 1968, entrata in funzione del sistema FSD± IBM 360/44 per soddisfare l'aumento delle richieste di analisi di film provenienti dai gruppi delle sezioni INFN. ± 1980, il CNAF partecipa all'organizzazione del congresso «Computing in High Energy and Nuclear Physics» tenuto presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna, e vengono presentati i risultati ottenuti. ± 1984 il CNAF inizia una nuova attivitaÁ come centro della rete trasmissione dati INFN. L'iniziativa di Gianni Puppi eÁ stata fondamentale per l'analisi di precisione dei fotogrammi di camere a bolle, analisi che richiedeva complesse apparecchiature automatiche funzionanti in tempo reale con calcolatori e un sofisticato software off-line per l'analisi fisica degli esperimenti. In seguito le competenze sviluppate nel campo del software, sia on-line che off-line, hanno permesso al CNAF (denominato ora Centro Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo delle Tecnologie Informatiche e Telematiche) di contribuire agli esperimenti INFN per il futuro Collisionatore LHC (esperimenti ATLAS, CMS, ALICE e LHCb), e costituendo per questo un centro di calcolo, chiamato CNAF-T1, inserito all'interno di una Computing Grid internazionale. 33 GIANNI PUPPI E L'IBM 650 FERRANTE PIERANTONI UniversitaÁ di Bologna, ENEA, AIPA 34 Ho conosciuto Gianni Puppi, una delle persone piuÁ straordinarie che abbia mai incontrato, nel 1958, appena laureato in ingegneria industriale: allora non esisteva ancora l'ingegneria elettronica. Anche se mi ero da sempre interessato ai calcolatori elettronici la mia esperienza era minima e limitata ad un coinvolgimento col primo IBM 650 istallato in Italia alla Banca d'Italia. In quegli anni nelle banche il personale veniva assunto come «ragioniere» ed eventualmente veniva fatto laureare in seguito. I dottori in economia e commercio venivano visti con sospetto e gli ingegneri venivano considerati veri e propri alieni. Il massimo che potevano fare era parlare con uno studente di ingegneria che conoscevano bene. Mi ero laureato nel febbraio del 1958 con la lingua fuori dai denti, dopo avere avuto tre successivi attacchi dell'influenza asiatica che imperversava quell'anno. Ercole De Castro, l'amico oltre che il professore che mi aveva dato la tesi di laurea, mi consiglioÁ di rimandare all'anno successivo la partenza per gli Usa per andare a lavorare all'IBM e di riprendermi completamente prima di affrontare un mondo estremamente competitivo come quello americano. La vicenda dell'IBM 650 eÁ tra le imprese di Gianni Puppi una delle piuÁ illuminanti delle sue eccezionali capacitaÁ. Tutti pensavano allora di costruire in casa i nuovi elaboratori elettronici ed erano spaventati dagli elevatissimi costi previsti ed ancor piuÁ dalle difficoltaÁ della loro manutenzione. Puppi, che giaÁ allora era sopranominato il doge per la sua abilitaÁ nel gestire situazioni complesse, aveva bisogno di disporre di un elaboratore elettronico, sia per i calcoli relativi agli esperimenti con la camera a bolle, che Pietro Bassi stava realizzando, sia per i calcoli di traiettorie degli astrofisici. Su suggerimento di Puppi feci un controllo con Ugo A. Sagramoso, a quel tempo direttore della filiale IBM di Bologna, e venni a sapere che non solo il costo di un IBM 650, del quale l'IBM garantiva la manutenzione, era molto piuÁ ragionevole di quanto ipotizzato, ma che c'era anche un sostanziale sconto «Educational». In pratica lo si poteva comprare con poco piuÁ di 100 milioni di lire. EÁ a questo punto che Gianni Puppi mise in luce le sue eccezionali capacitaÁ, inizialmente impegnando per acquistare l'IBM 650 due delle rate annuali, di 50 milioni ciascuna, del contributo che il Comune di Bologna Ð sindaco Giuseppe Dozza Ð aveva destinato a promuovere le ricerche nel campo della fisica, mentre a Roma riusciva ad ottenere, dall'allora Ministro della Pubblica Istruzione Aldo Moro, uno stanziamento di oltre 100 milioni a favore della FacoltaÁ di Ingegneria per l'acquisto dell'IBM 650, liberando in tal modo le somme del contributo del Comune di Bologna. La vicenda dell'IBM 650 fu probabilmente un episodio eccezionale. Incontrando venti anni dopo Aldo Moro, ad una riunione dell'Arel, rimasi stupito dal fatto che si ricordasse di questa vicenda, senza alcun aggancio da parte mia, a dimostrazione del fatto che non si deve mai sottovalutare l'eccezionale capacitaÁ di organizzare la memorizzazione dei vari avvenimenti che possedevano i politici della prima repubblica. Il risultato fu che la FacoltaÁ di Ingegneria di Bologna ebbe un centro di calcolo elettronico ed il primo turno di utilizzo, la Scuola di Specializzazione in Ingegneria Nucleare ed il CNRN ebbero il secondo turno, e l'Istituto di Fisica e quello di Astronomia il terzo. Alla fine tutti furono contenti mentre Gianni Puppi aveva ottenuto la disponibilitaÁ di un calcolatore elettronico di cui aveva necessitaÁ senza alcun aggravio per il bilancio dell'Istituto di Fisica. A livello strategico l'arrivo dell'IBM 650 fu un seme fecondo. L'evoluzione degli anni successivi portoÁ infatti nel 1960 alla creazione del Centro di Calcolo del CNEN, dotato del primo grande calcolatore scientifico in Italia, un IBM704, installato nel 1961. Nel 1964 venne acquistato un calcolatore della seconda generazione, un IBM-7094, corredato di due IBM-1401. Nel 1966 venne collegato un calcolatore IBM7040 direttamente al 7094, creando un sistema accoppiato 7094/7040 che affidava al 7094 solo le attivitaÁ di calcolo, e lasciava al 7040 il compito di regolare l'ingresso e l'uscita dei dati necessari per il calcolo e per organizzare la successione dei lavori secondo prioritaÁ assegnate. Nella seconda metaÁ degli anni sessanta comincioÁ a funzionare in Italia un primo em- brione di rete di calcolo, in collegamento via ponte radio tra Bologna ed il Centro della Casaccia (Roma), mediante il quale i ricercatori di quel Centro potevano utilizzare i calcolatori a Bologna con le stesse modalitaÁ e con gli stessi «tempi di ritorno» dei ricercatori a Bologna. PUPPI, QUARENI E LE EMULSIONI NUCLEARI GIORGIO GIACOMELLI e LAURA LENDINARA Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna Negli anni 1940-1970 le emulsioni nucleari erano una tecnica di avanguardia che produsse nuovi importanti risultati e scoperte nel campo della fisica delle particelle elementari. Basti pensare al notevole numero di nuove particelle scoperte nella radiazione cosmica utilizzando la tecnica delle emulsioni nucleari. Gianni Puppi venendo a Bologna da Padova portoÁ questa tecnologia che era nuova per Bologna. Vi portoÁ anche Marcello Ceccarelli e Gianni Quareni, che formarono un forte gruppo di ricerca, che includeva anche Pedro Waloshek, Angela Quareni-Vignudelli, Laura Lendinara, Adriana Minguzzi-Ranzi e altri. Il gruppo era dotato di molti nuovi microscopi e di una folta schiera di osservatori analisti. Il gruppo di Bologna era allora un gruppo collegato con la Sezione INFN di Padova. L'investimento in microscopi, sviluppo chimico, e personale addetto fu forse il primo grande investimento dell'INFN a Bologna. Gianni Puppi segui questa tecnologia, l'aiutoÁ a svilupparsi e a consolidarsi, poi passoÁ ad altri campi di ricerca, senza peroÁ mai dimenticarla. Le emulsioni nucleari differiscono rispetto alle normali emulsioni fotografiche per l'elevato spessore (circa 0,6 mm) e per l'alta concentrazione di argento. Le emulsioni nucleari sono lo strumento fisico con la migliore risoluzione spaziale, meglio di 1 mm; esse permettono quindi di ricercare per esempio particelle a vita media molto breve, misurando la distanza fra punto di produzione e punto di decadimento. Nelle emulsioni nucleari esposte ai raggi cosmici si doveva fare una lunga ricerca per trovare pochi eventi interessanti. Ma successivamente le emulsioni furono esposte a fasci di particelle cariche provenienti dai grandi acceleratori. Le prime emulsioni utilizzate a Bologna erano state esposte a un fascio separato di mesoni K+ da 700 MeV/c al Bevatrone di Berkeley. Le emulsioni venivano analizzate con microscopi ottici con un forte ingrandimento: nella prima fase, la fase di scan, si cercavano «eventi» (interazioni e decadimenti); un evento interessante veniva poi misurato con grande precisione, il che richiedeva un tempo piuttosto lungo. Entro certi limiti le emulsioni si comportavano come un rivelatore isotropo con un'altissima risoluzione spaziale. La nuova tecnica delle emulsioni nucleari diede un forte impulso alla ricerca fondamentale a Bologna. In particolare, nelle prime esperienze furono trovati esempi di decadimenti radiativi ( 1,2). Verso la fine degli anni '60 la tecnica delle emulsioni nucleari fu lentamente abbandonata in favore della tecnica delle camere a bolle. Vi eÁ peroÁ stata una rinascita delle emulsioni nucleari quando negli ultimi anni del secolo scorso furono sviluppati e costruiti proiettori automatici per emulsioni nucleari, dotati di grande precisione e di elevata velocitaÁ: un esempio di tali proiettori sono quelli fabbricati a Bologna sotto 35 la guida di Gianni Mandrioli, e utilizzati per l'esperimento OPERA sul fascio di neutrini dal CERN al Gran Sasso (3). Con questi proiettori eÁ ora possibile analizzare, in modo completamente automatico e con grande precisione, emulsioni nucleari di 44 mm di spessore, osservando circa 15 piani diversi in verticale, alla velocitaÁ di circa 20 cm2 di emulsione all'ora. Recentemente eÁ stato verificato che si poteva passare dalla precisione di circa 1 cm dei tracciatori elettronici dell'esperimento alla precisione molto migliore del micron delle emulsioni nucleari. EÁ infine da sottolineare che alcuni eventi in emulsioni nucleari sono stati ampiamente utilizzati per divulgazione scientifica e per scopi didattici. Bibliografia (1) W. PUSCHEL et al., «Evidence for the radiative decay mode K ! p p p g», Phys. Lett., 2 (1962) 96. G. GIACOMELLI et al., Nuovo Cimento, 34 (1964) 1134. L. A RRABITO et al., Nucl. Instrum. Methods A, 568 (2006) 578. (2) (3) IL CONTRIBUTO DI GIANNI PUPPI AL MIGLIORAMENTO DELL'INSEGNAMENTO DELLA FISICA NELLA SCUOLA SECONDARIA NELLA GRIMELLINI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna 36 Attilio Forino, a conclusione del suo contributo a questa pubblicazione, riporta una frase finale del Professor Puppi contenuta nella relazione «Considerazioni sulla fisica italiana», da Lui svolta al 47ë Congresso Nazionale della SocietaÁ Italiana di Fisica, tenutosi a Como nel 1961 1. Ero presente a quel Congresso della SIF e, ascoltando la relazione del Professor Puppi, sono stata profondamente colpita dalle Sue parole. Ascoltare le parole del Professore era sempre stato per me, come per molti altri, un grande piacere, sia per l'emozione intellettuale che esse suscitavano sia per gli spunti di riflessione che suggerivano, ma in questo caso ho avvertito che c'era qualcosa di piuÁ: un'occasione per riflettere anche sul mio futuro 2. Era il 1961 e quell'anno eÁ stato per me un anno importante. Allora ero una giovane laureata in fisica che aveva iniziato da poco a lavorare nel gruppo di ricerca, diretto dal Professor Puppi, sullo studio delle interazioni di mesoni K ± con nuclei di He con camera a bolle nell'ambito di una collaborazione internazionale con il gruppo di ricerca diretto da Martin Block, allora alla Duke University (North Carolina). Nell'A.A. 1961-62 era pure partita la riforma dell'ordinamento didattico dei corsi di laurea in Fisica e in Matematica, con l'abolizione del 1 «Dobbiamo dedicare il meglio di noi stessi all'allevamento dei giovani che ora si affidano alle nostre cure; eÁ venuto il momento di comprendere che questo eÁ il nostro principale problema. ... Col crescere del numero degli allievi la speranza matematica che un buon insegnamento frutti a lunga scadenza piuÁdi una ricerca individuale comincia ad essere notevole. Noi ci conosciamo, conosciamo le nostre possibilitaÁ e i nostri limiti, ma non vi sono limiti ragionevoli che possiamo fissare al rendimento della nostra capacitaÁdi educatori. Una buona lezione puoÁ essere molto piuÁ profonda di una modesta ricerca e puoÁ dare a noi la piacevole sensazione di avere fatto qualcosa di veramente utile per gli altri e per noi stessi.» 2 Ho avuto la fortuna, al mio terzo anno di corso di laurea (1953-54), di seguire le lezioni del corso di Fisica Superiore tenute dal Professor Puppi e di sostenere con Lui l'esame finale. Fu un'esperienza indimenticabile, che tuttora ricordo in modo molto preciso. In particolare ricordo l'esame: una serrata e vivace discussione su argomenti di RelativitaÁ, caratterizzata da un crescendo di domande e risposte che si concluse con un sorriso finale del Professore (il famoso sorriso «a salvadanaio») e lo stupore da parte mia del fatto che non mi ero resa assolutamente conto che era trascorsa piuÁ di un'ora. Nel gennaio 1956 ottenni una borsa di studio. corso di laurea in Matematica e Fisica e l'introduzione degli indirizzi (generale, applicativo, didattico) sia nel corso di laurea in Fisica sia nel corso di laurea in Matematica. A questa riforma Puppi aveva collaborato in prima persona, come membro dell'apposita Commissione ministeriale, convinto della necessitaÁ di dedicare maggiore attenzione alla formazione degli insegnanti di Fisica e convinto della opportunitaÁ di separare l'insegnamento della Fisica da quello della Matematica 3 . Il contributo di Puppi al miglioramento dell'insegnamento della Fisica non si limitoÁ peroÁ solo ad iniziative sul piano istituzionale: nel 1960 infatti, sulla base di una proposta della Prof.ssa Maria Ferretti, decise, come Direttore dell'allora Istituto di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna, di istituire il Seminario Didattico dell'Istituto allo scopo di sensibilizzare insegnanti ed opinione pubblica su questioni di fondo dell'educazione scolastica, in particolare quella scientifica; offrire agli insegnanti delle scuole secondarie superiori occasioni d'incontro per conferenze, seminari, lezioni e discussioni, spazi, materiali e attivitaÁ innovative. Si formoÁ cosõÁ un primo nucleo di insegnanti-ricercatori molto motivati e particolarmente interessati al rinnovamento dell'insegnamento della fisica. Le lezioni e i seminari del Professor Puppi erano i piuÁ seguiti ed apprezzati, non solo dagli insegnanti ma anche da noi giovani laureati nonche da alcuni docenti dell'Istituto. A quelle lezioni seguivano immancabilmente ampie discussioni che raramente si esaurivano nei tempi previsti: giovani laureati e docenti interessati ai temi trattati nelle lezioni continuavano a discuterne durante le pause dell'attivitaÁ di ricerca che ciascuno di noi svolgeva; in questo modo il gruppo di lavoro aumentoÁ in numero e si arricchõÁ di nuove idee e proposte. Anche in questa occasione, come in moltissime altre, Puppi riveloÁ il suo notevole carisma e la sua capacitaÁ di guardare e vedere lontano. Dopo pochissimi mesi, gli interessi del Gruppo di lavoro del Seminario Didattico si arricchirono del contributo di idee e iniziative di alcuni insegnanti della 3 Nell'A.A. 1961-62 mi eÁ stato affidato l'incarico dell'insegnamento di Preparazione di Esperienze Didattiche 1, corso fondamentale dell'Indirizzo Didattico del corso di Laurea in Fisica, con la motivazione che il docente doveva avere le competenze e le abilitaÁ di un fisico sperimentale ed essere, possibilmente, una donna con apprezzabili capacitaÁ di comunicazione (sic!). Ho tenuto questo insegnamento fino al giorno del mio pensionamento. scuola secondaria inferiore, prima fra tutti, la Prof.ssa Luisa Fabbrichesi Ceccarelli. Dopo un intero anno dedicato allo studio della riforma della scuola secondaria inferiore, in particolare all'introduzione dell'insegnamento delle «Osservazioni Scientifiche», il gruppo di lavoro guidato da Luisa Ceccarelli organizzoÁ , nel dicembre 1961, il cosiddetto C.A.O.S. (Corso Aggiornamento Osservazioni Scientifiche) al quale partecipoÁ un numero straordinariamente alto di insegnanti. L'interesse suscitato negli insegnanti e la convinzione che l'educazione alla scienza era un processo che doveva partire da lontano portoÁ Puppi alla consapevolezza che era necessario reperire finanziamenti per la pubblicazione dei cosõÁ denominati «QuaderniGuida di Osservazioni Scientifiche», mostrando, anche in questa occasione, le sue ben note capacitaÁ manageriali. Sotto l'indimenticabile direzione del Professor Marcello Ceccarelli, eÁ stato quindi possibile pubblicare, con cadenza pressoche mensile, 20 numeri di Quaderni-Guida e inviarli gratuitamente a piuÁ di 7000 insegnanti e scuole, sparsi su tutto il territorio nazionale. In parallelo alle attivitaÁ svolte dal gruppo «osservazioni scientifiche», il gruppo di lavoro sull'insegnamento della fisica nella scuola secondaria superiore del Seminario Didattico era impegnato nello studio del materiale prodotto dal Physical Science Study Committee (PSSC) e nella progettazione e realizzazione dei corsi di formazione degli insegnanti delle classi pilota in fisica nelle scuole dell'ordine Classico e dell'ordine Tecnico e nella conduzione di un esperimento nazionale per un insegnamento moderno della fisica nella scuola secondaria superiore. Infatti, nel 1960 l'OCSE indisse varie conferenze orientative, a livello internazionale, sull'azione da intraprendere per il miglioramento dell'insegnamento delle scienze nelle scuole secondarie. In particolare, per l'insegnamento della fisica, nella riunione tenutasi a Parigi presso il Palazzo dell'Unesco nel luglio 1960, fu redatto un documento fondamentale «A New Approach to Physics Teaching». Le raccomandazioni e le conclusioni emerse da quello studio e dall'analisi comparativa delle diverse situazioni dell'insegnamento della fisica nei vari Paesi, sono state diramate ai servizi tecnici e ai Ministeri dei Paesi membri dell'OCSE, con l'invito a tenerle presenti durante il lavoro di aggiornamento dei programmi d'insegnamento 37 38 delle materie scientifiche in tutti i tipi di scuole secondarie. In Italia, i programmi per l'insegnamento della fisica nelle scuole dell'ordine classico, all'epoca in cui quel documento eÁ stato elaborato, erano legati ad un indirizzo prevalentemente nozionistico, di scarso valore formativo, senza la possibilitaÁ di far compiere esperimenti direttamente agli allievi stessi; molti argomenti erano di scarsa attualitaÁ e interesse per gli allievi e tutta l'impostazione risentiva di indirizzi pedagogico-didattici ormai superati. La necessitaÁ di offrire ai giovani, nella difficile etaÁ dell'adolescenza, un insegnamento adeguato alle loro esigenze cognitive e di crescita culturale, spinse il Ministro della Pubblica Istruzione allora in carica a superare le difficoltaÁ di porre in atto anche in Italia Ð per la prima volta Ð un esperimento nazionale per un insegnamento moderno della fisica nella scuola secondaria superiore, istituendo quelli che sono stati chiamati i «corsi pilota per l'insegnamento della fisica» (1961-1966). Per la realizzazione dell'esperimento, la Direzione Classica del Ministero della Pubblica Istruzione nominoÁ un'apposita Commissione Nazionale della quale Puppi era il Presidente. Il primo compito della Commissione, non appena costituita (dicembre 1961), eÁ stata la scelta del materiale didattico (testi e attrezzature sperimentali) di riferimento per l'attuazione dei nuovi corsi. A questo scopo, dopo lo studio di un certo numero di possibilitaÁ , la Commissione eÁ giunta alla conclusione unanime di riconoscere attuabile il suggerimento espresso dal competente ufficio dell'OCSE (il Bureau du Personnel Scientifique et Technique) di utilizzare, almeno in una prima fase, tutto o parte del materiale elaborato dal Physical Science Study Committee, come era stato presentato prima a Napoli, nel 1960, al Congresso Internazionale della SIF dal Professor Bruno Rossi, poi in un apposito seminario di lavoro tenutosi a Cambridge nel luglio 1961. Tale conclusione era conforme al rapporto del delegato italiano a Cambridge e ai risultati dello studio sistematico condotto dal gruppo del Seminario Didattico dell'Istituto di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna. EÁ opportuno ricordare che a questo studio hanno contribuito, non solo gli insegnanti di scuola secondaria superiore che frequentavano le attivitaÁ del Seminario Didattico, ma anche, e in modo sistematico, alcuni docenti dell'Istituto di Fisica, fra i quali mi fa piacere ricordare Pietro Bassi, Ezio Clementel, Vincenzo De Sabbata, Bruno Ferretti, Enzo Fuschini, Protogene Veronesi, Alberto Tomasini. Ancora una volta Puppi mostrava le sue capacitaÁ di «abile seduttore»! L'istituzione delle classi pilota nelle scuole dell'Ordine Classico eÁ stata seguita, dopo un anno, dall'istituzione delle classi pilota nelle scuole dell'Ordine Tecnico organizzate e coordinate da un'altra Commissione Nazionale, quest'ultima presieduta dal Professor Ezio Clementel. Successivamente all'istituzione delle classi pilota, il Ministero della Pubblica Istruzione, ufficio AIM (Aggiornamento Insegnanti e Metodi), avvalendosi della consulenza delle due Commissioni Nazionali, ha concentrato notevoli sforzi organizzativi e finanziari nella istituzione di vere e proprie Scuole estive nazionali, della durata di quattro settimane, per la formazione di insegnanti per un insegnamento moderno della fisica, anche sulla base dei risultati ottenuti nell'esperimento delle classi pilota (1967-1975). In seguito alla soppressione dell'Ufficio AIM, a metaÁ degli anni '70, questa attivitaÁ che aveva favorito il nascere e il consolidarsi di collaborazioni importanti fra i ricercatori di Istituti/ Dipartimenti di Fisica di un numero non trascurabile di UniversitaÁ (fra le quali Bari, Bologna, Modena, Napoli, Palermo, Pisa, Roma, Torino) eÁ stata seguita da altre attivitaÁ, prevalentemente di ricerca, promosse e finanziate sia dal GNDF (Gruppo Nazionale di Didattica della Fisica) del CNR, sia dal Ministero dell'UniversitaÁ e della Ricerca Scientifica 4. Dai giorni del 47ë Congresso Nazionale della SIF, sono passati tanti anni e successe tante cose, ma il fascino, l'entusiasmo, la sfida dell'avventura intellettuale che le parole di Puppi hanno trasmesso a molti di noi hanno ancora radici profonde e robuste. Anche chi, come me, ha scelto di impegnarsi in un settore di ricerca che ha incontrato tante difficoltaÁ, prima per la sua nascita poi per la sua sopravvivenza, non rimpiange le scelte fatte e si considera, nonostante tutto, fortunata e serena ed eÁ grata al suo Maestro. 4 Alla fine degli anni '60, presso gli Istituti di Fisica di molte universitaÁ nacquero e si svilupparono gruppi di ricerca in Didattica della Fisica che, dopo alcuni anni, diedero vita ad un Gruppo Nazionale di Ricerca del CNR (1981-1990). LA RINASCITA DELLA MICROSCOPIA ELETTRONICA A BOLOGNA ED APPLICAZIONI ALLA FISICA DELLO STATO SOLIDO UGO VALDREÁ Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna Consorzio Nazionale Interuniversitario in Scienza dei Materiali Questa raccolta di episodi sulla Microscopia Elettronica (ME) e sulla Fisica dello Stato Solido (SS) puoÁ fornire indicazioni sulle qualitaÁ imprenditoriali, su alcuni tratti del carattere e sulla personalitaÁ di Giampietro Puppi. Il periodo coperto va dal 1947 fino al 1969, quando Puppi lascioÁ la direzione dell'allora Istituto (oggi Dipartimento) di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna. Nel 1947, con la chiamata del professor Giorgio Valle a ricoprire la cattedra di Fisica Sperimentale, lasciata vacante da Gilberto Bernardini, ebbe inizio un'azione che portoÁ alla costituzione del CEME (Consorzio Emiliano per il Microscopio Elettronico) il cui scopo era il reperimento di fondi per l'acquisto di un microscopio elettronico e la costituzione di un laboratorio di Microscopia Elettronica presso l'Istituto di Fisica. Nel giro di due anni entroÁ in funzione il CSFM IV, uno strumento a lenti elettrostatiche con tensione di accelerazione di 60 kV e potere risolutivo di 15 nm (1) che era stato acquistato, costando molto meno di altri strumenti presenti sul mercato ed essendo disponibile in tempi brevi. In effetti lo strumento non risultoÁ essere neÁ troppo affidabile neÁ competitivo. Inizialmente si interessarono alla microscopia elettronica soprattutto medici e biologi: le osservazioni riguardavano materiale particolato (come cellule, batteri, fumi) e superfici mediante la tecnica delle repliche. L'ampio interesse di colleghi di altre discipline fu la causa determinante della trasformazione del CEME nel LUMEB (Laboratorio Universitario per il Microscopio Elettronico Bolognese), un'operazione di prestigio stante la sua funzione di servizio per la collettivitaÁ scientifica ed industriale prevista dal suo Statuto. LUMEB, prima e unica iniziativa del genere all'epoca in ambiente universitario, fu il precursore di quelli che oggi sono i Centri Grandi Strumenti. Nel dicembre 1951 prendeva servizio a Bologna Giampietro Puppi, come professore straordinario di Fisica Teorica ( 2). Con la morte di Valle, da tempo ammalato, avvenuta nel 1953, la direzione dell'IFUB passoÁ al professor Puppi che la mantenne fino al 1969. L'arrivo di Puppi dette nuovo impulso alla ricerche nel campo dei Raggi Cosmici e della Fisica Nucleare, attivitaÁ che si erano quasi estinte con la partenza di Bernardini e di alcuni suoi assistenti, per dar spazio ai campi di ricerca di Valle (scarica elettrica nei gas e magnetismo). Puppi volle conservare l'ereditaÁ lasciatagli da Valle e si preoccupoÁ di risolvere il problema del funzionamento del LUMEB. Puppi procedette in modo semplice, concreto ed efficace: nominoÁ un responsabile, si impegnoÁ per ottimizzare lo strumento, nel reperire fondi per il suo funzionamento, nell'ampliare le competenze del laboratorio. Mantenere attivo un servizio, gratuito per terzi, senza un proprio programma di ricerca, a parte il rispetto per l'opera di Valle, aveva forse altre motivazioni: dimostrare ai colleghi di altre discipline la disponibilitaÁ dei fisici, conferendo a questi ultimi benemerenze e ulteriore prestigio. Fin dal 1949 lo scrivente era studente lavoratore presso la ditta SASIB di Bologna. Nel 1953, giunto quasi alla fine degli studi, chiesi a Puppi un argomento per una tesi sperimentale: mi propose lo studio della dipendenza dallo zenith dei grandi sciami dei raggi cosmici, una ricerca giaÁ in corso a Bologna da parte di Domenico Brini e Otello Rimondi. Mi propose inoltre una piccola retribuzione per un lavoro tecnico a tempo parziale presso l'IFUB: non ebbi esitazioni a licenziarmi dalla SASIB. Quando stavo per laurearmi, Puppi mi propose di occuparmi della revisione del microscopio elettronico, ottenendo nel contempo dal Ministero della Pubblica Istruzione il finanziamento necessario per il funzionamento dello strumento. Puppi ritenne utile offrire ai colleghi di biologia e di medicina un servizio di ultrami- 39 40 crotomia (una tecnica di fondamentale importanza per lo studio di materiale biologico che consente il taglio di fettine di spessore inferiore ai 10 nm). Alla scelta dello strumento, che venne poi ordinato, collaborarono colleghi interessati degli istituti di Botanica, Anatomia Umana e Anatomia Comparata: si decise insieme per il modello svedese di Sjoestrand costruito dalla LKB, che entroÁ in funzione a metaÁ 1956. Dovemmo poi insegnare agli ospiti come fare i preparati in modo che potessero essere tagliati, per evitare di diventare capro espiatorio delle altrui inesperienze: la stima e il buon senso di Puppi, assieme all'appoggio di Stefano Petralia con cui collaboravo alla costruzione di un acceleratore di ioni, non vennero mai meno. Un importante evento per l'intero Istituto di Fisica si verificoÁ nel 1956 quando il Consiglio Comunale di Bologna approvoÁ un contributo di 50 milioni di lire annue per la costituzione di un centro di studi nucleari presso l'Istituto. L'iniziativa era stata preparata da una sapiente opera di convincimento che si deve, credo in maniera determinante, al professor Protogene Veronesi. Nel 1956 Bologna fu promossa da sottosezione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) a sezione. Verso la fine dell'anno, l'INFN promosse a Bologna la realizzazione di un acceleratore di ioni da 500 kV per lo studio di reazioni nucleari, in particolare quelle indotte da neutroni (fig 1). Accolsi con piacere l'invito che mi venne fatto di contribuire al progetto e ricordo con piacere l'attivitaÁ sperimentale svolta a fianco del responsabile Stefano Petralia, uomo generoso ed onesto con grande competenza e capacitaÁ di Fig. 1. ± Veduta d'assieme dell'acceleratore elettrostatico da 500 kV costruito a Bologna. lavoro ed estesa conoscenza della letteratura scientifica. I primi lavori di ricerca originali svolti nell'ambito del LUMEB furono nel campo della preparazione delle lame in vetro per il taglio dei preparati all'ultramicrotomo e la realizzazione, col consenso di Puppi, di un microscopio elettronico a punta emittente a effetto di campo. Per alcuni anni Puppi abitoÁ a Bologna mentre i suoi familiari risiedevano a Venezia. Capitava cosõÁ di trascorrere le ore serali passeggiando con lui e Angelo Minguzzi per la cittaÁ e discutendo di fisica. Quando i familiari si trasferirono a Bologna nell'appartamento annesso all'Istituto di Fisica, riservato al direttore, potemmo apprezzare, in occasione di feste, anche da ballo, organizzate nella loro abitazione un atteggiamento non formale dell'intera famiglia Puppi verso i giovani dell'Istituto. Puppi era parco nel mangiare: in una occasione in cui assistetti ad una sua cena, perche ebbe bisogno di parlarmi prima di partire per Roma, vidi che se la cavoÁ con un uovo alla coque! All'inizio del 1957 venne assegnato al LUMEB un tecnico di laboratorio: ebbi la fortuna che si trattasse di Antonio Grilli, un uomo prezioso per talento, cultura, efficienza e disponibilitaÁ che ha svolto un opera insostituibile nell'attivitaÁ di microscopia elettronica. Si comincioÁ a quel tempo a discutere sulla opportunitaÁ di dotare il LUMEB di un nuovo microscopio e della opportunitaÁ che anche i fisici utilizzassero queste attrezzature. I miei contatti con Puppi andarono in seguito diradandosi, dato che mi concedeva completa autonomia dopo aver tracciato le linee generali. Nel giro di un paio di anni, Puppi coerentemente con le idee che andava maturando, manifestate nella magnifica relazione generale sulla politica della ricerca in Italia tenuta nel 1961 al congresso della SIF di Como (3 ), decise di costituire nell'Istituto un gruppo di Fisica della Materia. La strumentazione giaÁ esistente avrebbe potuto costituire un importante supporto tecnico per le attivitaÁ del gruppo che venne articolato in due sezioni, una di Microscopia Elettronica e l'altra di Stato Solido. La prima sarebbe stata costituita dal Laboratorio di Microscopia Elettronica, potenziato con un nuovo strumento e con personale. La seconda sezione si sarebbe enucleata attorno a Primo Gondi, ritornato all'UniversitaÁ dopo un'esperienza nel mondo dell'Industria. La scelta del nuovo microscopio elettronico, finanziato direttamente dal MPI grazie all'interessamento di Puppi, cadde sul nuovo modello Emilskop I della ditta Siemens & Halske, uno strumento dotato di due lenti condensatrici che permettevano di agire in modo indipendente sull'intensitaÁ del fascio e sulle dimensioni dell'area illuminata, in modo da poter operare con ingrandimenti elevati e basso carico termico. Lo strumento che aveva una risoluzione di 0,6±0,7 nm permetteva anche, grazie alla tensione di 100 kV di osservare per trasparenza campioni metallici di alcune centinaia di nm di spessore. Lo strumento, estremamente affidabile e competitivo, contribuõÁ in seguito a far nascere collaborazioni con universitaÁ e imprese straniere dotate dello stesso microscopio, in particolare inglesi, nord americane e tedesche. L'accoppiata Elmiskop-Ultramicrotromo attrasse numerosi utenti, in particolare medici e biologi, dall'Emilia-Romagna, dal Veneto e dalla Puglia, incoraggiati e materialmente aiutati da Puppi e soprattutto dal fatto che le prestazioni del Laboratorio di Microscopia Elettronica (Lab. ME), in cui si era trasformato il LUMEB, erano gratuite. Puppi, ritenendo opportuno che i responsabili delle due sezioni di Microscopia Elettronica e di Stato Solido si aggiornarsero sui livelli a cui operava la comunitaÁ scientifica internazionale, ci invitoÁ a concorrere a due borse di studio annuali della NATO che ci permettessero di trascorrere periodi di attivitaÁ di ricerca presso UniversitaÁ o Laboratori all'estero. Per quanto mi concerne ebbi cosõÁ l'opportunitaÁ di entrare in contatto col futuro premio Nobel per la fisica (1977) Nevill Francis Mott, allora direttore del Cavendish Laboratory, che mi presentoÁ al dott. Peter B. Hirsch con cui potemmo stabilire fecondi rapporti di collaborazione. Il Laboratorio di ME ne trasse indubbi vantaggi per le scelte di indirizzo e del campo di lavoro che eÁ consistito nello sviluppo di dispositivi e nuove metodologie d'indagine elettromicroscopiche, nonche nelle loro applicazioni a problemi di struttura della materia (4) (fig. 2). Altre importanti conseguenze furono la pubblicazione di numerosi libri da parte di case editrici internazionali, il conseguimento di brevetti internazionali in Gran Bretagna, Germania, USA e Giappone, oltre che in Italia, l'instaurarsi di stabili rapporti con ditte costruttrici di microscopi elettronici e loro accessori. Fig. 2. ± Il microscopio elettronico Emilskop I attrezzato per esperienze alle temperature dell'elio liquido Il moltiplicarsi dei campi di ricerca entro l'IFUB portoÁ a una competizione fra i vari settori, in particolare per assicurarsi il personale che era insufficiente. La microscopia elettronica soffrõÁ di questa situazione. Un doveroso riconoscimento per l'attivitaÁ svolta nell'ambito del Laboratorio di Microscopia Elettronica per il prezioso supporto tecnico va, oltre al giaÁ citato Antonio Grilli, anche a Raffaele Berti per la sua disponibilitaÁ, ad Andrea ValdreÁ , Attilio Ponti Bartolucci, Libero Morini, Primo Ricciotti e alla segretaria Irene Salerno. E non possiamo dimenticare i numerosi ricercatori di Stato Solido che seppero mettere a frutto le disponibilitaÁ loro offerte, in particolare Primo Gondi, Ennio Bonetti, Anna Cavallini, Maria Prudenziati, Gianfranco Missiroli, Carlo Patuelli, Ruggero Tognato, Enrico Evangelista, Flavio Zignani, Roberto Montanari, Antonietta Gatti e altri ancora. Pier Giorgio Merli, Roberto Galloni e Giulio Pozzi operarono nel Laboratorio di ME, i primi due sono entrati a far parte del LAMEL, il Laboratorio di Materiali per l'Elettronica fondato a Bologna dal Comitato per la Chimica del CNR nel 1968, dove hanno ricoperto posizioni di prestigio. Fra i vari utilizzatori esterni del Laboratorio di ME va citato Ottavio Vittori Antisari, oltre ai 41 Giampietro Puppi con un gruppo di allievi e neolaureati nel 1953 di fronte alla scala d'ingresso di via Irnerio 46. Dietro a Puppi il compianto Antonio Stanghellini. 42 numerosi colleghi medici, fra i quali in particolare Umberto Muscatello. Puppi eÁ stato un grande ed illuminato manager che ha contribuito a far decollare nuove iniziative in molti campi della ricerca fisica, in virtuÁ della sua abilitaÁ e anche della fortunata circostanza di essere nello stesso tempo direttore dell'istituto e della sezione INFN. Efficace oratore e docente, chiaro e deciso nelle scelte, conciso nel dialogo: a Lui, la fisica e non solo quella bolognese deve moltissimo! Bibliografia (1) (2) (3) (4) U. VALDREÁ , «Breve storia della SIME: SocietaÁ Italiana di Microscopia Elettronica (ora SISM)» in: 1956-2006. Cinquanta anni di microscopia in Italia tra storia, progresso ed innovazione. (SocietaÁ Italiana Scienze Microscopiche) 2006, pp. 1-17. Annuario UniversitaÁ di Bologna, Anni Accademici 19501951 ± 1951-1952, pp. 69, 70. G. PUPPI , «Considerazioni sulla fisica italiana», Suppl. Nuovo Cimento 25, Serie X, No 2 (1962) 71-76. U. VALDREÁ, «Contributo allo sviluppo della microscopia elettronica», INFM/FM-68/2 (1968). U. VALDREÁ, «Electron microscope stage design and applications», J. Microscopy, 117, Pt. 1 (1979) 55-75. GIAMPIETRO PUPPI E LA SCUOLA DI FISICA Á D'INGEGNERIA ALLA FACOLTA ANTONIO BERTIN Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna ANTONIO VITALE Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna Fondazione Giuseppe Occhialini, Fossombrone (PU) Il 1960 rappresentoÁ una data importante per l'ordine degli studi delle FacoltaÁ d'Ingegneria italiane. I piani di studio dell'epoca erano infatti caratterizzati da un biennio propedeutico, dedicato prevalentemente allo studio di materie di base, e generalmente svolto presso le FacoltaÁ di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali, e da un successivo Triennio (chiamato anche di applicazione) durante il quale veniva impartita una formazione ingegneristica con contenuti sia a largo spettro sia specialistici. Col riordino degli studi stabilito nel 1960, il biennio propedeutico, gli insegnamenti corrispondenti e i loro titolari divennero invece parte integrante delle FacoltaÁ. Le FacoltaÁ d'Ingegneria, di fronte a una popolazione studentesca giaÁ in crescita e all'opportunitaÁ di articolare l'offerta formativa in nuovi corsi di laurea (s'era in pieno boom economico) sentirono allora l'esigenza dell'assegnazione, anche alle materie del biennio, di cattedre, che allora non esistevano, per gli insegnamenti delle materie di base. Giampietro Puppi, scienziato di fama internazionale e leader indiscusso della Fisica bolognese, giaÁ nel 1960 aveva rivolto una precisa istanza in materia alla FacoltaÁ d'Ingegneria del nostro Ateneo. Era tra l'altro imminente la liberalizzazione indiscriminata degli accessi alle facoltaÁ universitarie per tutti i diplomati da istituti d'istruzione superiore: nel bene e nel male, l'evento avrebbe radicalmente trasformato l'UniversitaÁ italiana da scuola di eÂlite a scuola di massa, modificandone seriamente l'assetto e la pianta organica. Per quanto riguarda le FacoltaÁ d'Ingegneria, questo avrebbe significato, dato il prestigio della laurea corrispondente, un aumento notevole delle immatricolazioni, e una crescente necessitaÁ di personale docente. Nel 1962 la FacoltaÁ d'Ingegneria di Bologna contava solamente 16 professori di ruolo; solo in quell'anno venne comunque ritenuto opportuno aderire alla richiesta di Puppi, e la Cattedra per la Fisica venne assegnata abbastanza rapidamente. Giampietro Puppi si rendeva sicuramente conto del fatto che, pur con le discontinuitaÁ e le lentezze delle decisioni legislative nei confronti dell'istruzione di ogni ordine e grado, il Paese avrebbe dovuto moltiplicare l'organico universitario, assegnando posti di ruolo laÁ dove la popolazione studentesca maggiormente lo richiedeva. Era dunque importante che la prima cattedra di Fisica presso la FacoltaÁ d'Ingegneria di Bologna fosse ricoperta da un Collega di particolari qualitaÁ, e Puppi sapeva a chi chiedere di assumerne il compito. Quest'uomo, primo professore delle materie del biennio a entrare nell'organico della FacoltaÁ d'Ingegneria dell'UniversitaÁ di Bologna, era Pietro Bassi, che vi fu chiamato all'unanimitaÁ nel dicembre 1962. Il corrispondente verbale della seduta del Consiglio di FacoltaÁ recitava tra l'altro: Il Preside illustra la figura, del resto ben nota ai Colleghi, del prof. Bassi. Egli, ad una lunga pratica d'insegnamento nell'ambito sperimentale, ambito che specificamente interessa la FacoltaÁ d'Ingegneria, unisce un'attivitaÁ scientifica di primo ordine che ha avuto ed ha ampio riconoscimento in sede internazionale. Tale attivitaÁ ha posto in evidenza peculiari qualitaÁ di raffinato tecnico della sperimentazione, quali ad esempio risultano dalle apparecchiature da lui costruite e messe a punto al Centro Europeo di Ginevra. In tempi successivi e recenti il Prof. Bassi si eÁ altresõÁoccupato di ricerche inerenti alla utilizzazione della energia nucleare. Per i risultati scientifici conseguiti e la capacitaÁ tecnica dimostrata il Prof. Bassi eÁoggi da considerarsi come uno dei piuÁ eminenti fisici sperimentali italiani. Nonostante la sinteticitaÁ e lo stile ministeriale, queste righe rendono perfettamente conto delle 43 44 qualitaÁ professionali portanti di Pietro Bassi: capacitaÁ didattiche, formazione sperimentale con competenze anche tecnologiche, inserimento nel tessuto culturale internazionale, versatilitaÁ d'interessi, notorietaÁ e rilievo nella fisica nazionale. Il verbale non puoÁ riferire, invece, le qualitaÁ personali tramite le quali Bassi avrebbe trovato la propria intesa con i colleghi della facoltaÁ, che annoveravano personalitaÁ altrettanto di spicco sia sul piano professionale, sia sul piano umano, come Giuseppe Evangelisti, Piero Pozzati, Giulio Supino, Ercole De Castro. Queste qualitaÁ, che sicuramente Puppi aveva apprezzato e valutato, erano indispensabili perche l'incontro tra un addetto alla scienza pura e una nutrita e robusta comunitaÁ di professionisti formati alla cultura della realizzazione potesse attuarsi, finendo per inserire nella facoltaÁ una significativa rappresentanza di fisici. Non deve credersi che Bassi fosse un fine diplomatico ne l'incarnazione del combattente: apparentemente timido fino a sembrare talvolta impacciato, teneva un atteggiamento discreto e riservato con chiunque. Questo aspetto apparentemente indifeso giocava in realtaÁ a suo vantaggio quando, in vista di un determinato obbiettivo, utilizzava le sue armi dialettiche fondamentali: intelligenza, acume e una dose non sempre percepibile di senso dell'umorismo. Nei rapporti coi colleghi di facoltaÁ era aiutato anche da una certa conoscenza della mentalitaÁ professionale dell'ingegnere che gli derivava dall'ambiente familiare. Gli allievi che lascioÁ dopo i ventidue anni nei quali rimase in facoltaÁ ebbero la sensazione palpabile della considerazione che il collega proposto da Giampietro Puppi vi si era guadagnato. Amico fraterno e suo grande ammiratore, Pietro Bassi condivideva l'interesse che Puppi, esperto di gestione della ricerca in campo industriale, da sempre aveva manifestato nei confronti del mondo della tecnologia e dell'industria (basti ricordare che Venezia gli deve l'apertura dell'Istituto delle Grandi Masse del CNR, nato per lo studio dei problemi della laguna, e la fondazione di Tecnomare, societaÁ d'ingegneria operante a livello internazionale principalmente per lo sviluppo di campi di idrocarburi offshore e onshore). Particolarmente interessanti, sotto questo profilo, le considerazioni sul rapporto tra scienza e industria che Giampietro Puppi ci affidoÁ in un'intervista (1) pubblicata sul Nuovo Saggiatore in occasione del Centenario della SIF: Si eÁ sempre cercato Ð ci disse allora Ð un ponte tra queste due realtaÁ, una specie d'introvabile passaggio a Nord-Ovest che le colleghi: in realtaÁ, esse sono sempre state connesse, anche se non ce ne accorgiamo. Le industrie che piuÁ vanno avanti sono quelle che riconoscono che le radici del progresso si affondano nella scienza, e quelle che falliscono sono quelle che, non avendo sufficiente base, sono incapaci di capire i tempi di quello che si chiama innovazione. Assertore convinto dell'importanza della preparazione di base nella formazione degli allievi ingegneri, ammoniva comunque: Se la scienza tende principalmente all'estensione delle conoscenze, essa deve poterlo fare liberamente, non solo dalle esigenze dell'industria, ma da qualsiasi altro vincolo. Se essa invece vuole, sotto opportune condizioni, avvicinarsi al profilo applicativo, allora Ð per non avere insuccessi Ð eÁ l'industria che deve segnare gli obbiettivi e i tempi. Interessante e in un certo senso bipartisan anche l'indicazione sull'insegnamento che ci diede in un precedente incontro (2): I fisici che vengono preparati dalle UniversitaÁ italiane possono reggere la competizione con qualsiasi scuola del mondo: i nostri studenti, quando si impegnano in campo internazionale, fanno sempre un'ottima figura. EÁ possibile che questo sia dovuto al fatto che il tipo di cultura che viene loro proposta eÁpoco tecnicistica. Rispetto alle UniversitaÁ anglosassoni, da noi s'insiste maggiormente su una buona preparazione di base e concettuale, piuttosto che su quello che gli anglosassoni chiamano il problem-solving. Vi eÁ peroÁ un rischio latente, in questo tipo di scelta, che eÁ quello di accentuare il gusto filosofico, di fare, insomma, tanti filosofi della scienza anziche dei fisici. Io vedo nel fatto di innestare un grosso interesse per i fenomeni naturali un correttivo rispetto a questo tipo di impostazione. Se volete, questa eÁ la mia filosofia educativa. Nelle convinzioni cosõÁ manifestate era evidente, accanto all'importanza che Puppi attribuiva al modello educativo, la fiducia che egli stesso nutriva nel rinnovarlo e ripensarlo con impegno continuo, come in realtaÁ richiede l'insegnamento in ogni FacoltaÁ sensibile alle tematiche innovative e in particolare in quella di Ingegneria. Era anche evidente la potenzialitaÁ del suo metodo di affrontare il problema come esigenza di scelta, con mentalitaÁ unitaria e origi- nale, maturata nella ricerca sulle leggi della natura ma esportabile per esplorare ogni tipo di tematica, speculativa o organizzativa. Concretezza d'insegnamento, dunque, non fine a se stessa ma temperata dalla base culturale, era la raccomandazione che Puppi indirizzava a noi, giaÁ professori della FacoltaÁ d'Ingegneria, e che a suo tempo doveva aver discusso e maturato con Pietro Bassi se questo stesso, come riconosceva nel 1984 il Preside della FacoltaÁ Leonardo Marchetti (3), aveva saputo modellare una didattica, nelle materie fisiche di base, opportunamente finalizzata alle specifiche richieste culturali del nostro settore professionale. Coerentemente con le aspettative emerse dal verbale di chiamata, l'attivitaÁ di direttore di ricerche di Pietro Bassi (sempre d'intesa con Giampietro Puppi, eccome!) nell'ambito della facoltaÁ percorse due strade importanti. Quella applicativa consistette nella partecipazione alla costituzione e all'avvio del Laboratorio d'Ingegneria Nucleare di Montecuccolino (auspicato giaÁ dal 1959 da Bruno Ferretti e Giampietro Puppi, e inaugurato nel 1963) e della Scuola di Specializzazione in Ingegneria e Tecniche Nucleari, della quale fu a lungo il Direttore. La strada della scienza pura fu invece percorsa, nei maggiori laboratori di ricerche nazionali e internazionali, dai giovani laureatisi in Fisica sotto la guida diretta di Pietro Bassi stesso, che a loro volta attrassero verso l'av- ventura della ricerca fondamentale ulteriori allievi dello stesso ceppo. Un'ultimo elemento dello stile al quale sia Giampietro Puppi sia Pietro Bassi ispiravano il loro ruolo di professori d'UniversitaÁ risiede nel grande rispetto che ambedue tributavano alla didattica. Puppi ci disse un giorno che non faceva lezione che non fosse stata preparata di fresco. Tenendo presente il tono brillante e quasi fantasioso del suo modo di trattare gli argomenti in aula, la cosa ci sorprese, e glielo dicemmo. EÁ il ricordo affettuoso che si puoÁ avere per un genitore quello del suo sguardo chinato, mentre si passava una mano nei capelli e diceva, con un mezzo sorriso, qualcosa del tipo: tenetevelo per detto, eÁ meglio per voi. Meno ironico in materia, ma ugualmente severo nell'ammonimento al rispetto per gli studenti, che amava sinceramente, Pietro Bassi ci diede le sue ultime prescrizioni in materia tenendo lezione, ancorche sofferente, fino agli ultimi giorni della sua esistenza. Bibliografia (1) (2) (3) A. B ERTIN e A. V ITALE , ``Incontro con Giampietro Puppi'', Il Nuovo Saggiatore 14, No. 3-5 (1998) 178. A. B ERTIN e A. VITALE , La luce pesante. Carlo Rubbia, cronaca di un Nobel (Poligrafici Editoriale, Bologna) 1984. L. M ARCHETTI , «L'opera nella FacoltaÁ di Ingegneria dell'UniversitaÁ di Bologna», in L'itinerario scientifico e l'insegnamento di Pietro Bassi, Fisico, a cura di A. Bertin, E. Verondini e A. Vitale (UniversitaÁ di Bologna) 1985. GIAMPIETRO PUPPI E L'ASTROFISICA ITALIANA GIANCARLO SETTI Dipartimento di Astronomia, UniversitaÁ di Bologna Giampietro Puppi, oltre ad aver acquisito fama internazionale per le Sue ricerche nel campo delle particelle elementari, ha svolto un ruolo imprescindibile nella promozione di altri campi di ricerca a livello nazionale e internazionale. Fra questi va certamente menzionato l'impulso dato allo sviluppo della ricerca astrofisica. In Italia eÁ forse stato il primo fra i grandi «padri» della fisica ad accorgersi dell'importanza crescente delle ricerche astrofisiche in settori non propriamente tradizionali della ricerca astronomica mediante lo sviluppo di nuove e innovative tecniche per l'osservazione del cosmo. Questo interesse per l'astrofisica e la cosmologia gli derivava, oltre che dalla Sua in- 45 46 nata e vivace curiositaÁ intellettuale, dalla dimestichezza con la fisica dei raggi cosmici e dal problema irrisolto della loro origine. Era affascinato dal modello semplice di Fermi di accelerazione dei raggi cosmici in urti ripetuti con le nubi magnetizzate e in moto turbolento del gas interstellare, e quindi i raggi cosmici come fenomeno su scala galattica e forse extra-galattica. Era solito ripetere, scherzando, che Fermi non poteva essersi sbagliato poiche «aveva un filo diretto con l'Altissimo». E in un certo senso aveva colto nel segno visto che il meccanismo di Fermi, pur nelle sue varie forme e modifiche conseguenti all'enorme ampliamento delle conoscenze astronomiche, eÁ comunque rimasto alla base della nostra comprensione dei fenomeni di accelerazione delle particelle cariche presenti in vari contesti astrofisici, siano essi oggetti stellari, galattici o extra-galattici. Il caso ha voluto che nel lontano 1965 incontrassi di nuovo Puppi al Dipartimento di Fisica della Columbia University di New York, dove era stato invitato come visiting professor e dove tenne un corso mirabile di lezioni sui raggi cosmici e sulla loro accelerazione. Ricordo fra i presenti T. D. Lee e L. Woltjer, allora Direttore del Dipartimento di Astronomia della Columbia, e ricordo anche un modello, che Egli aveva ideato e sviluppato ad hoc per quelle lezioni, consistente nell'accelerazione dei raggi cosmici galattici in urti successivi con inviluppi stellari in espansione, il che avrebbe consentito l'applicazione del meccanismo di Fermi di Ia specie (urti sempre favorevoli) realizzando il massimo d'efficienza nell'accelerazione. In collaborazione con Woltjer producemmo anche un lavoro, pubblicato sul «Il Nuovo Cimento», nel quale si ipotizzava un'accelerazione sistematica (alla Fermi) dei raggi cosmici a causa della caduta sul disco galattico di grandi nubi di gas da poco scoperte. Con queste premesse non fa meraviglia che Puppi fosse rimasto impressionato dalle potenzialitaÁ della ricerca radioastronomica che negli anni '50 stava rivoluzionando la nostra concezione dell'universo. L'emissione radio non-termica della Galassia, dovuta all'emissione di sincrotrone di elettroni ultra-relativistici accelerati nei campi magnetici galattici, era direttamente collegabile alla componente elettronica primaria dei raggi cosmici e forniva un mezzo d'indagine, insperato fino a pochi anni prima, per lo studio della distribuzione dei raggi cosmici nella Galassia. Per la stessa ragione, la scoperta della emissione di sincrotrone radio da alcuni resti di supernove, fra cui notoriamente la Nebulosa del Granchio, individuava nei collassi gravitazionali che accompagnano le fasi terminali dell'evoluzione di stelle massicce le possibili sorgenti primarie dei raggi cosmici e il loro ruolo nel bilancio energetico globale dei raggi cosmici galattici, che per primo Puppi aveva affrontato. E poi la scoperta delle radio galassie la cui emissione di sincrotrone alle radio onde denunciava la presenza di enormi quantitaÁ di elettroni ultra-relativistici, e quindi l'ubiquitaÁ dei raggi cosmici testimoni di fenomeni altamente energetici presenti nell'universo. Inoltre, se si considera che la grande potenza emessa dalle radio galassie era tale da renderle ben «visibili» sullo sfondo del cielo alle radio frequenze anche se poste a grandi distanze, mentre le corrispondenti immagini ottiche apparivano estremamente deboli o addirittura evanescenti, ecco che si veniva ad aprire una grande opportunitaÁ per il loro utilizzo nell'indagine cosmologica in un momento, fra l'altro, in cui si assisteva ad un acceso dibattito che opponeva la teoria dello «stato stazionario» a quella del Big Bang. In questo clima internazionale di grande interesse culturale e scientifico Puppi decise di lanciare l'Italia nell'avventura radioastronomica. Del resto l'astronomia ufficiale dell'epoca, essenzialmente presente negli Osservatori astronomici e negli istituti universitari ad essi collegati, non sembrava essersi accorta delle prospettive rivoluzionarie rappresentate dall'apertura di questa nuova finestra sul cosmo. La sola encomiabile eccezione era rappresentata da Guglielmo Righini, direttore dell'Osservatorio Astrofisico di Arcetri, fortemente interessato allo sviluppo della radioastronomia solare (un piccolo radiotelescopio, ma il Sole eÁ accecante anche alle onde radio, era giaÁ in funzione nelle immediate adiacenze della sede dell'osservatorio). CosõÁ Puppi, alla fine degli anni '50, ha ideato e promosso presso il Ministero della Pubblica Istruzione l'avvio di un grande progetto per la ricerca radioastronomica che si eÁ concretizzato nel giro di un quinquennio con la costruzione del Radiotelescopio «Croce del Nord» dell'UniversitaÁ di Bologna, inaugurato nel 1964 (con felice intuito Puppi aveva affidato la definizione e realizzazione del progetto a Marcello Ceccarelli, giovane e brillante fisico sperimentale da poco tempo trasferitosi all'UniversitaÁ di Bologna). Lo sviluppo della ra- dioastronomia bolognese ha poi svolto un ruolo importante nel processo di modernizzazione della ricerca astrofisica italiana. Il contributo di Puppi alla propulsione dell'astrofisica italiana non si eÁ limitato alla sola radioastronomia. Negli anni '50, con il progredire delle attivitaÁ spaziali, si profilavano nuove e importanti opportunitaÁ per lo studio delle radiazioni non penetranti l'atmosfera. CosõÁ Puppi promosse a Bologna la costituzione di un gruppo di ricerca (BORISPA) per lo studio dei raggi X e gamma di origine celeste e dei raggi cosmici sotto la guida di Domenico Brini. Analoghe iniziative sorsero presso altre sedi: a Milano il gruppo di Giuseppe Occhialini con gli esperimenti per la rivelazione della componente elettronica primaria dei raggi cosmici e l'osservazione dei raggi gamma, che qualche tempo dopo vide il gruppo come leader nella missione Europea COS-B dedicata all'astronomia dei raggi gamma; nel 1960 a Roma, per iniziativa di Edoardo Amaldi, si attivoÁ un gruppo per lo studio dei raggi cosmici da palloni e per le ricerche sull'interazione magnetosfera-vento solare in connessione con l'avvio dell'organizzazione spaziale europea (ESRO; 1963-64); nel '59 Carlo Castagnoli a Torino fondoÁ il Centro per la Fisica Cosmica (FISCOT) e sviluppoÁ i laboratori sotto il Monte Bianco e il Monte dei Cappuccini e quello della Testa Grigia sul Plateau Rosa per gli studi sui raggi cosmici. Queste attivitaÁ vennero poi coordinate e almeno in parte finanziate nell'ambito del Gruppo Nazionale di Fisica Cosmica del CNR (1963). Inoltre, l'astrofisico Livio Gratton, richiamato in Italia per iniziativa di Puppi (e poi trasferitosi a Roma), nel 1962 fondoÁ il Centro di Astrofisica del CNR a Frascati all'interno del quale attivoÁ anche linee di ricerca di planetologia e astronomia dei raggi X. Ma il 1962 segna anche un data importante: Giacconi, Gursky, Paolini e Rossi scoprono la prima sorgente di raggi X extra-solare, Sco X1, una stella di luminositaÁ in raggi X mille volte superiore a quella del Sole, e il fondo cosmico di raggi X di origine sconosciuta. Si apre cosõÁ definitivamente una nuova finestra per l'osservazione del cosmo, la cui importanza per l'astrofisica e la cosmologia troveraÁ ampia conferma nei decenni successivi. Per poter inserirsi in questi campi nuovi e altamente competitivi dell'astrofisica era necessario assicurare una stabilitaÁ istituzionale, strutturale e finanziaria ai vari gruppi di ricerca. Alla fine degli anni '60 il Comitato di Consulenza per le Scienze Fisiche del CNR, presieduto da Puppi, propose la costituzione di sei Laboratori (in seguito Istituti) nei quali si strutturano i centri di ricerca sopra menzionati, e precisamente: - 1968, Istituto di tecnologie e studio delle radiazioni extraterrestri (ITeSRE - Bologna) - 1968, Istituto di Cosmo-geofisica (Torino) - 1968, Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario (IFSI - Frascati) - 1969, Istituto di Fisica Cosmica e Tecnologie Relative (IFTCR - Milano) - 1970, Istituto di Radioastronomia (IRA - Bologna) - 1970, Istituto di Astrofisica Spaziale (IAS Frascati). (L'Istituto di Fisica Cosmica e Applicazioni all'Informatica (IFCAI) di Palermo fu istituito solo nel 1981 incorporando la sezione distaccata dell'IFCTR e l'UnitaÁ di Ricerca del CNR in astrofisica delle alte energie sotto la direzione di Livio Scarsi.) Questo intervento strutturale eÁ stato fondamentale per lo sviluppo delle nuove discipline astrofisiche nel nostro Paese. Fra l'altro questo ha portato vari anni dopo alla realizzazione del primo satellite scientifico italiano, per il quale ancora una volta il contributo di Puppi eÁ risultato d'importanza primaria. Questa vicenda eÁ relativamente poco conosciuta e vale la pena di essere ricordata sia per l'importanza scientifica sia perche per la prima volta l'industria spaziale italiana si eÁ cimentata nella costruzione e gestione di un satellite scientifico di una certa complessitaÁ. Negli anni '70 la ricerca astronomica spaziale in Europa si era venuta consolidando nell'ambito del «programma obbligatorio» della European Space Agency (ESA), la nuova agenzia creata tramite la fusione delle organizzazioni europee operanti nello spazio, fra cui la European Space Research Organization (ESRO). Tuttavia, il programma obbligatorio dell'ESA non aveva una dimensione finanziaria sufficiente a coprire le pressanti domande di ricerca, ragion per cui alcuni Stati membri (in particolare il Regno Unito, l'Olanda e la Germania) avevano sviluppato e/o stavano sviluppando missioni spaziali anche in collaborazioni internazionali con la NASA e l'istituto spaziale giapponese ISAS. A fronte di questo quadro internazionale in rapido movimento appariva importante e urgente prendere un'ini- 47 48 ziativa tale da permettere un salto qualitativo alla comunitaÁ spaziale italiana, frattanto cresciuta per competenza e consistenza numerica. Un satellite scientifico pareva la risposta adeguata non solo in termini di politica scientifica, ma anche per la promozione dell'industria nazionale del settore spaziale. A quell'epoca la ricerca spaziale faceva capo al Piano Spaziale Nazionale (PSN) gestito dal CNR. Il problema da affrontare non era solo quello di reperire le risorse finanziarie necessarie, ma era anche quello di ottenere il consenso delle forze politiche, poco propense, e alcune addirittura contrarie, all'attivazione di una missione spaziale di ricerca di base al di fuori del programma obbligatorio dell'ESA. Ebbi l'occasione d'illustrare l'iniziativa a Puppi, allora consulente scientifico del Ministro del Tesoro (il Sen. Beniamino Andreatta, recentemente deceduto dopo una drammatica e toccante vicenda), durante un viaggio in treno di rientro a Bologna Ð a quel tempo presiedevo il Comitato per le Scienze Fisiche del CNR e «pendolavo» spesso sulla tratta fra Bologna e Roma, cosicche le occasioni d'incontro con Puppi erano frequenti. La scienza e la promozione industriale, un binomio che stimolava l'interesse di Puppi. Il Suo prestigio e l'autorevolezza erano tali che poco tempo dopo, correva l'anno 1981, l'On. Giancarlo Tesini, allora Ministro per il Coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica, convocoÁ una riunione ristretta alla quale erano presenti Puppi, in rappresentanza del Ministro del Tesoro, Luciano Guerriero, Direttore del PSN, Giuseppe «Bepi» Colombo e Francesco Carassa, entrambi figure di prestigio della ricerca spaziale, e forse qualcun altro di cui ora mi sfugge il ricordo. La riunione si concluse con la decisione di procedere alla realizzazione di una missione spaziale dedicata all'astronomia. Subito dopo il PSN attivoÁ un bando per le proposte e, al termine della procedura, fu selezionata la proposta del Satellite per l'Astronomia X (SAX), che vedeva coinvolti i quattro Istituti spaziali del CNR e una importante collaborazione con l'Ente spaziale olandese. Non eÁ il caso in questa sede di ripercorrere la storia di SAX, che si eÁ venuta continuamente intersecando con le complesse vicissitudini dello «spazio» italiano, ma ancora una volta e a distanza di molti anni l'intervento di Puppi doveva dimostrarsi determinante per il prosieguo di questa missione. Infatti, la realizzazione di SAX aveva acquistato nuovo impulso con la creazione nel 1988 dell'Agenzia Spaziale Italiana (ASI), la cui Presidenza era stata affidata a Luciano Guerriero, senonche nel 1993 l'Agenzia fu investita da una crisi istituzionale tale per cui il Governo in carica decise di commissariare l'ASI affidandone l'incarico a Puppi. La crisi dell'ASI, frequente oggetto di articoli su vari quotidiani, coinvolgeva pesantemente anche la missione SAX, in ritardo e con costi molto aumentati rispetto alla programmazione iniziale, e quindi presa di mira come esempio di un management inadeguato dell'Agenzia. Puppi nell'ottobre del '93 attivoÁ una ricognizione dettagliata dello stato del progetto: nel corso di tre giorni di intenso lavoro presso la sede dell'ASI furono intervistate tutte le unitaÁ operative, scientifiche e industriali, coinvolte nel progetto e venne steso un rapporto dettagliato per il Commissario in cui si evidenziava la non esistenza di alcuna ragione di fondo, sia scientifica che strumentale e operativa, tale da consigliare uno stop alla missione giaÁ in fase avanzata di realizzazione. Quasi contemporaneamente una commissione dell'European Science Foundation, istituita su richiesta dell'allora Ministro in carica Umberto Colombo, si espresse unanimemente a favore del progetto. Ma le polemiche e le critiche non erano destinate ad acquietarsi e proseguirono con vigore nei mesi successivi. Il 12/01/94 l'autorevole «Il Sole-24 Ore» dedicava un'intera pagina all'ASI e apriva con un articolo dal titolo significativo «In orbita va solo la polemica». In essa anche un intervento di un fisico dell'UniversitaÁ di Roma «La Sapienza» che criticava aspramente precedenti dichiarazioni del Ministro Colombo, richiamandolo alle sue responsabilitaÁ di vigilanza sull'ASI, e l'operato del Commissario Puppi (anche con riferimenti personali), e a proposito di SAX recitava «Inoltre il ministro sottace l'ampio disinteresse della ComunitaÁ scientifica per questo programma ....... Affermare infine che il programma SAX, proposto nel 1981, non abbia sofferto del ritardo accumulato, contrasta con il parere di alcuni autorevoli protagonisti mondiali dell'astronomia a raggi X». Ergo, una missione non significativa scientificamente, e quindi uno sperpero delle risorse disponibili. Nella stessa pagina una risposta puntuale del Ministro. Fu in questa atmosfera ammorbata da polemiche e veleni che Puppi e il Ministro si assunsero la responsabilitaÁ e il merito di procedere nella realizzazione della missione che venne lanciata due anni dopo (26 aprile 1996) e il cui straordinario successo scientifico, con il nome di BeppoSAX in ricordo di Giuseppe «Beppo» Occhialini, eÁ a tutti noto. Il ruolo di Puppi nello sviluppo della ricerca spaziale internazionale richiederebbe un approfondimento ulteriore. In questa sede mi limiteroÁ a ricordare che il Suo coinvolgimento nella promozione delle attivitaÁ spaziali si eÁ dipanato nell'arco di due decenni nel corso dei quali ha ricoperto ruoli di primissimo piano. Fra questi: l'incarico prestigioso di Presidente della European Space Research Organization (ESRO) per il triennio 1970-72; la presidenza (1969-70) del Comitato Europeo Alti Funzionari che, su incarico della Conferenza Europea dei Ministri delle AttivitaÁ Spaziali, doveva valutare l'opportunitaÁ di unire in un'unica agenzia le organizzazioni spaziali europee, in particolare l'ESRO summenzionata e l'ELDO (European Launch Development Organization), dando l'avvio al discorso che ha poi portato alla costituzione nel 1975 della European Space Agency (ESA); la Co-Presidenza negli anni '80 di un Comitato NASA-ESA per tracciare il possibile futuro delle attivitaÁ spaziali e, infine, di nuovo sulla scena internazionale co- me Capo della Delegazione Italiana presso l'ESA (1993-95). In un mondo della ricerca che via via si stava sempre piuÁ specializzando Puppi emergeva per la Sua visione globale della Fisica. L'intuito fisico straordinario e la capacitaÁ di sintesi Gli consentivano di giungere immediatamente a cogliere il punto essenziale del problema, anche su argomenti molto distanti dai Suoi campi di competenza specifica, e di valutarne l'importanza. Aveva subito percepito che le nuove tecnologie che si stavano sviluppando negli anni successivi al II conflitto mondiale avrebbero aperto orizzonti inesplorati per la fisica del cosmo. Ma era anche convinto dello stretto legame fra ricerca scientifica e sviluppo tecnologico e industriale, e che pertanto le iniziative da intraprendere dovevano essere di alto contenuto per avere impatti significativi non solo scientifici. Il piccolo cabotaggio non lo interessava. Il Suo contributo allo sviluppo dell'astrofisica italiana, e non solo, si segnala appunto per una serie di azioni fondamentali e fondanti i cui effetti si sono propagati fino al presente, e di cioÁ dobbiamo essere riconoscenti e debitori alla figura dell'eminente fisico e Maestro. LA RADIOASTRONOMIA IN ITALIA: UNA IDEA DI GIAMPIETRO PUPPI ROBERTO FANTI INAF ± Istituto di Radioastronomia, Bologna «Perche Рmi dice un giorno (G. Puppi) sulle scale dell'Istituto Ð non costruisci un radiotelescopio?» Con queste parole Marcello Ceccarelli ricorda in «Viaggio Provvisorio», con il suo solito stile scherzoso, l'inizio di questa avventura. La data va collocata presumibilmente nella prima metaÁ del 1959. EÁ probabile che il primo approccio di Puppi con Ceccarelli sia avvenuto proprio cosõÁ. EÁ peroÁ altrettanto probabile che Puppi riflettesse da tempo sull'idea. Come G. Setti ha ricordato nel suo contributo, la Radiostronomia eÁ stata una delle tante iniziative di Puppi per promuovere nuovi settori di ricerca che potessero affermarsi a livello internaziona- le. Quando si vuole intraprendere un progetto nuovo eÁ fondamentale saper scegliere le persone adatte a condurlo in porto, e questo non eÁ sempre facile. Puppi scelse la persona giusta, Marcello Ceccarelli. La Radioastronomia era, a quell'epoca, un settore relativamente nuovo dell'astronomia, ma giaÁ consolidato a livello internazionale. Aveva dato un nuovo potente impulso a tutta l'astronomia aprendo nuovi orizzonti (si pensi, ad esempio, alla possibilitaÁ di studiare l'idrogeno atomico interstellare mediante la riga che esso emette alla lunghezza d'onda di 21 cm) ed era entrata con forza nel vivace dibattito 49 50 cosmologico dell'epoca fra i sostenitori della «Teoria dello Stato Stazionario» e quelli del «Big Bang». Le radiosogenti extragalattiche, cosõÁ potenti da potersi rilevare a distanze enormemente superiori a quelle raggiungibili con i maggiori telescopi ottici dell'epoca, erano viste come le «sonde» ideali per risolvere il dibattito in maniera definitiva. I risultati fino ad allora ottenuti erano peroÁ ancora contraddittori e il futuro radiotelescopio italiano avrebbe dato un contributo importante al dibattito. Puppi ebbe l'idea, sponsorizzoÁ il progetto, ne reperõÁ i finanziamenti necessari e ne seguõÁ con costante interesse lo sviluppo. Le operazioni partirono in maniera molto spedita. All'inizio del 1960, con un annuncio sui giornali, fu arruolato Gianfranco Sinigaglia, ingegnere alla Marelli. LascioÁ un lavoro certo per uno molto piuÁ interessante, ma anche piuÁ incerto! Furono presi rapidamente contatti con radioastronomi inglesi e australiani, fra i quali ricordo Ryle, Hogbom, Mills e Christiansen, con i quali si stabilirono rapporti non solo di stima e collaborazione, ma anche di vera amicizia. Nel giugno dello stesso anno fu realizzato il prototipo del ramo E-W della «Croce del Nord». Un cilindro parabolico di 7 100 m., operante a 327 MHz. Parteciparono ai lavori, assieme a Ceccarelli e Sinigaglia, i giovani Giancarlo Setti (neo-laureato) e Alessandro Braccesi (ancora studente). Una storica e memorabile foto, in cui compaiono, oltre ai suddetti, Puppi, Righini (direttore dell'Osservatorio di Arcetri) e Mannino (direttore dell'Osservatorio di Bologna), immortala la conclusione di questa prima fase. Il gruppo di lavoro si estese acquisendo altre persone di grande qualitaÁ: gli ingegneri Gelato (appena reduce dal servizio militare) e Rosatelli (in prestito dal CNEN), Dan Harris (neo-Ph. D. da Caltech) e Louise Volders (neo-Ph. D. da Leiden), un nutrito numero di tecnici molto bravi (senza voler fare torto a nessuno ricordo Bombonati e Tomassetti) e successivamente un certo numero di giovani pivelli neo-laureati in fisica. Il progetto fu presentato alla fine di maggio 1961 alla Scuola di Varenna e pubblicato nel luglio dello stesso anno su «Il Nuovo Cimento» (a nome Braccesi e Ceccarelli) assieme al progetto del sistema di ricezione (autori Gelato, Rosatelli, Sinigaglia). Nel dicembre fu presentato anche al «O.C.E.D. Symposium on Large Antennae for Radioastronomy» a Parigi. All'inizio del '62 una prima centina fu montata presso le officine SAE di Lecco. PiuÁ o meno alla stessa epoca fu completato il progetto dell'illuminatore. Nell'agosto del '63 furono erette le centine e in settembre tutta la ferraglia era in piedi. Il grande cilindro parabolico che costituiva il ramo E-W della «Croce del Nord» si ergeva maestoso, con la sua estensione di 60035 m. Durante la primavera del '64 una squadra del Genio Militare fu impiegata per la posa dei cavi sotterranei. Inoltre furono montate strutture del ramo N-S per una estensione di 300 m. Carla Giovannini (successivamente in Fanti) aveva intanto cominciato a sviluppare alcuni algoritmi per l'analisi dei futuri dati, facendo anche tesoro della competenza di Louise. E si arrivoÁ al finale della prima fase: il 7 ottobre 1964 Sinigaglia e collaboratori completarono il collegamento del ramo E-W con il ricevitore e durante la notte facemmo le prime osservazioni. Tutto andava secondo le migliori previsioni. Si vedevano tante radiosorgenti, per lo piuÁ non note. Scrive Marcello in «Diario Provvisorio»: «... avevo visto il pennino finalmente muoversi sulla carta del registratore. Muoversi bene, muoversi benissimo. Raccontava il passaggio di universi lontani e raccontava anche la fine di tante fatiche e timori. Mi allontanai dal gruppo dei miei collaboratori tutti in festa e mi sedetti nell'angolo solitario di una stanza, senza parlare, senza pensare». Il 24 ottobre 1964 ci fu l'inaugurazione, presenti il Ministro Gui, il Rettore Felice Battaglia, lo stato maggiore di Fisica e il vescovo ausiliario di Bologna, Mons. Bettazzi. L'inaugurazione fu un grande successo, eccezion fatta per un violento acquazzone che ridusse il terreno ad un mare di fango, impantanando il 50 % delle auto dei partecipanti, inclusa quella del Ministro. Acquisito questo primo successo, l'operazione «Croce del Nord» non era ancora finita. Solo il ramo E-W era funzionante e bisognava farne subito il miglior uso astronomico possibile. Persone di esperienza astronomica consolidata erano D. Harris e L. Volders. Purtroppo il primo era partito per Arecibo all'inizio del '64 e Louise tornoÁ in Olanda poco dopo. Anche Giancarlo Setti era negli USA. Ma c'erano Marcello ed Alessandro a guidare i tanti pivellini appena arrivati. Si trattava di individuare dei programmi validi e venderli alla comunitaÁ scientifica internazionale. Bisognava poi completare il ramo Nord-Sud, di cui solo 300 m erano costruiti, e fare la cor- relazione dei due rami. Non mancava molto, ma ci vollero altri tre anni. Il problema principale era la mancanza di una struttura per la Radioastronomia. Eravamo un gruppo dell'Istituto di Fisica, costituito da tecnici universitari con integrazione stipendiale all'INFN sui fondi ministeriali del progetto (fin che ce n'erano), qualche professore incaricato, un tecnico laureato e borsisti in vari stadi di prorogatio. C'era la «volontaÁ dichiarata» del Ministro della Pubblica Istruzione di istituire il «Laboratorio Nazionale di Radioastronomia» (LNRA), ma ... Malgrado tutto cioÁ, c'era un enorme entusiasmo e grande volontaÁ di lavorare, senza conoscere orari, sabati o domeniche e altre feste comandate, Natali e Capodanni inclusi. Si registrava il segnale su carta facendo, a mano con la matita, la media di tre tracciati indipendenti e misurando posizione e intensitaÁ delle sorgenti con il doppio decimetro. Il lavoro era tanto e non si riusciva a tenere il ritmo con cui si ottenevano i dati dallo strumento. Marcello cercoÁ di aumentare la forza lavoro con un accordo con le Carceri di Bologna. Due detenuti, acculturati, entrarono nella macchina di produzione. I risultati tuttavia furono molto limitati. Nel dicembre 1964 fu effettuata una prima survey, chiamata B1, (la lettera B sta per Bologna, il numero 1 per «prima survey») di circa 2000 gradi quadrati, che portoÁ ad un catalogo di circa 600 radiosorgenti, con densitaÁ di flusso fino ad 1 Jy (*), la maggior parte delle quali non note. Marcello alla fine dell'anno andoÁ al Texas Symposium portandosi un fascicoletto con una raccolta di alcune fra le prime registrazioni, che mostroÁ in giro suscitando un notevole interesse. Le capacitaÁ di calcolo erano inesistenti. Puppi cercoÁ di convincere il CdA dell'UniversitaÁ a rilevare il calcolatore IBM del CNEN, che veniva sostituito e sarebbe stato dato gratis. Il CdA rifiutoÁ. In effetti quel calcolatore sarebbe stato costoso per la manutenzione e in poco tempo obsoleto. La decisione era quindi stata giusta, ma non era stata giusta la motivazione che il CdA aveva addotto. Puppi ci ottenne poi il permesso di accedere, solo di notte, all'IBM 1620 della FacoltaÁ di Ingegneria e cosõÁ Carla pote sviluppare il software per l' analisi dei dati della «Croce». Sotto la supervisione di Tonino Ficarra, si cominciarono ad utilizzare i «mangiaspaghi» dell'INFN, di notte, per digitalizzare, (*) Il Jansky (abbreviato Jy) eÁ l'unitaÁ di misura del flusso radio; 1 Jy 10 26 Wm 2 Hz 1 . con mano d'opera studentesca, i tracciati cartacei con successiva elaborazione all'IBM 1620. Il funzionamento dello strumento era purtroppo molto limitato dalla presenza di forti interferenze da ponti radio militari. Marcello contattoÁ le alte gerarchie con scarsi risultati, salendo progressivamente di livello, fincheÂ, persa la pazienza, invioÁ una lettera ad Andreotti, allora Ministro della Difesa, in cui scriveva che «l'alto grado di inefficienza delle Forze Armate gli faceva dubitare della possibilitaÁ che, in caso di attacco nemico dall'est, fossero in grado di resistere per quei 40 minuti che erano necessari perche la divisione corazzata americana di stanza ad Aviano potesse intervenire e bloccare gli invasori». La lettera non fu molto apprezzata dagli alti gradi delle forze armate. In qualche modo, tuttavia, pian piano si giunse ad un modus vivendi dinamico, che comunque rimase assai penoso per il nostro lavoro. Nell'estate del '65 durante una scuola estiva a Varenna, nella quale erano presenti i Burbidge, Fowler, Sandage, e Thorne, fu possibile far circolare un po' dei nostri primi risultati. Geoffrey Burbidge, cui fu mostrato il preprint del catalogo B1, rimase impressionato dal numero di radiosorgenti non precedentemente catalogate che vi apparivano. Willie Fowler, futuro premio Nobel per la Fisica, chiese ripetutamente se i «600» di estensione dell'E-W erano piedi o cosa altro. Nel novembre del '65 si tenne a Bologna il Congresso annuale della SIF. Marcello fu invitato a fare una relazione sulla «Croce del Nord», nell'Aula Magna di Fisica, piena di gente. Il successo fra i fisici fu notevole. La SIF assegnoÁ un premio di 500 mila lire alla «Croce del Nord», che fu consegnato nella sala dello STABAT MATER a Carla, delegata da Marcello a rappresentare tutto il gruppo. Il premio fu diviso in parti uguali fra tutti i membri, tecnici e laureati, del gruppo, ventiquattro persone, esclusi i professori ordinari (Marcello e Mannino). Subito dopo, a seguito di uno scambio di lettere con Ryle, anch'egli futuro Nobel per la Fisica, inviammo a «Il Nuovo Cimento» un articolo con i conteggi delle nostre radiosorgenti e una dettagliata analisi degli effetti strumentali e delle correzioni applicate. I nostri risultati erano in accordo con quelli del gruppo di Ryle e in disaccordo con le previsioni della teoria dello Stato Stazionario. In quella occasione Carla e Marcello fecero il primo Montecarlo della nostra storia, all'IBM 1620, utilizzando una lista di numeri a caso presa da un libro di Marcello, ri- 51 52 normalizzati per diventare le coordinate delle radiosorgenti del Fantacielo. Questa fu la seconda pubblicazione scientifica ottenuta con l'E-W. Oltre a cioÁ, ci capitoÁ un grosso colpo di fortuna. Dopo l'estate uscõÁ sull'«Astrophysical Journal» la prima lista delle quasar selezionate otticamente da Sandage. Ci lanciammo su di essa e facemmo rapidamente osservazioni con l'E-W, senza trovare emissione radio significativa da nessuno dei 15 oggetti osservati ad un livello di circa due ordini di grandezza inferiore ai limiti che citava Sandage. Inviammo una lettera all'«Astrophysical Journal», che la pubblicoÁ velocemente. Questo lavoro ebbe un notevole successo e rimase per molto tempo quanto di meglio si sapeva sull'emissione radio delle quasar. Pur con questi importanti successi, l'E-W da solo aveva delle prestazioni limitate. Le posizioni radio con il solo ramo E-W non erano sufficientemente accurate per fare identificazioni ottiche, se non con oggetti molto brillanti in ottico. Inoltre a livello di 1 Jy la confusione era giaÁ forte. Questa situazione era stata descritta da Marcello in una lettera spedita ad Alessandro durante il Congresso dell'URSI nel settembre 1966: «Sono stato invitato a pranzo da Ryle.. ..Bisogna riuscire a varcare la barriera di potenziale tra l'essere stimati e l'essere richiesti. Qui tutti sono molto cordiali con me e ho la netta sensazione che non ci considerino affatto dei sottosviluppati. PeroÁ nessuno ha ancora bisogno dei nostri dati. Finche non avremo una merce di scambio che sia veramente unica nel suo genere molto difficilmente riusciremo a sfondare». Il passo importante era la messa in funzione del ramo N-S, che richiese altri tre anni dalla inaugurazione dell'E-W. In questi tre anni si era avuto un certo avvicendamento nello staff tecnologico. Rosatelli era rientrato al CNEN e Gelato era andato ad ESTEC (Olanda). Era subentrato Giuliano Colla e c'era stato un determinante crescendo del coinvolgimento di Gavril Grueff e poi di Tonino Ficarra. Il ritardo nell'operazione Nord-Sud era dovuto a vari fattori: ritardo nei finanziamenti sul fronte M.P.I., da un lato, difficoltaÁ con il CdA dell'UniversitaÁ, dall'altro. Come Puppi ha piuÁ volte ricordato, l'UniversitaÁ di Bologna non recepõÁ mai la potenzialitaÁ innovativa del progetto e lo consideroÁ sostanzialmente uno sgradevole disturbo. La messa in fase del ramo N-S era giaÁ stata risolta con un semplice ed ingegnoso sistema alla fine del '65. Tomassetti era diventato il «mago dell'alta frequenza». Giuliano Colla aveva ereditato il progetto di registrazione del segnale su nastro magnetico, iniziato da Gelato, e aveva realizzato il prototipo di correlatore per la «Croce». Nell'estate del '66, era prevista la stesura dei cavi della N-S ma, per vari problemi con il CdA dell'UniversitaÁ, le cose andavano a rilento. Ricordo molto bene che poi Ceccarelli ci raccontoÁ dell'intervento durissimo di Puppi, che minaccioÁ di chiedere al Ministero della Pubblica Istruzione il trasferimento all'UniversitaÁ di Padova del progetto «Croce del Nord». Questo aiutoÁ non poco sul fronte bolognese. Restava peroÁ il fronte ministeriale, ossia l'ultimo lotto di finanziamento per il completamento della «Croce» e la istituzione del «Laboratorio Nazionale di Radioastronomia». Ancora Marcello, in «Viaggio Provvisorio», scrive: «.... ero riuscito ad avere un appuntamento a Roma con il Ministro ed avevo intenzione di dirgli che cosõÁ, senza soldi e posti, il suo e nostro tanto decantato «Laboratorio Nazionale di Radioastronomia» aveva un presente molto grigio e prospettive ancora piuÁ scure. ...Stavolta il Ministro non si limitoÁ ad «auspicare». Decise. Prese un foglietto (Lei ha mille ragioni caro professore!), vi scrisse cifre e tempi e telefonoÁ ad un Direttore Generale che arrivoÁ subito dopo tutto ossequioso e che si impossessoÁ del foglietto e delle direttive corrispondenti. Dopo di cioÁ passarono settimane e mesi ma non successe assolutamente nulla ...» Quando poi Marcello seppe che il progetto di istituzione del «Laboratorio Nazionale di Radioastronomia» era stato definitivamente respinto, commentoÁ «...quel tesoro del Tesoro ha bocciato il progetto...». In ogni caso, l'anno successivo si riuscõÁ a concludere i lavori, rinunciando purtroppo a completare il ramo N-S, che avrebbe dovuto avere una estensione di 1200 m, invece dei 300 m esistenti. Con gli ultimi soldi disponibili furono completati e montati gli illuminatori e fu costruito il sistema di sfasatori per il puntamento elettrico del fascio. La notte della vigilia di Natale 1967 Alessandro e Gavril Grueff poterono vedere le prime sorgenti con la «Croce» completa. Una settimana dopo Alessandro, in attesa di passare il controllo all'aeroporto di Los Angeles, dove Carla ed io eravamo andati a prenderlo, ci sventoloÁ da lontano una registrazione della «Croce». Vista aerea del radiotelescopio Croce del Nord e del radiotelescopio parabolico a Medicina. Una prima survey pilota di 328 radiosorgenti a 0,2 Jy, praticamente senza confusione e con buone posizioni fu pubblicata nel luglio '68. Nel 1970 venne pubblicata, su «Astronomy and Astrophysics», la B2.1 che conteneva piuÁ di Inaugurazione del radiotelescopio pilota (prototipo) avvenuta a Medicina nel 1960. Nell'ordine da sinistra: Giancarlo Setti, Gianfranco Sinigaglia, Guglielmo Righini, Giampietro Puppi, Giuseppe Mannino, Marcello Ceccarelli e Alessandro Braccesi (seduto). 3000 radiosorgenti con densitaÁ di flusso fino a 0.2 Jy (almeno un ordine di grandezza piuÁ deboli di quelle presenti nei cataloghi precedenti). Con le survey successive B2.2, B2.3 e B2.4 vennero catalogate circa 10000 radiosorgenti. L'impatto nel mondo scientifico fu enorme. Come esempio, ricordo che il catalogo B2.1 eÁ stato fino alla fine degli anni '70 fra le prime dieci pubblicazioni italiane piuÁ citate a livello internazionale. A quel punto avevamo la merce di scambio di cui Marcello aveva indicato la necessitaÁ. Fu questa la merce che aprõÁ al gruppo di Bologna le porte di Westerbork, lo strumento olandese che, all'inizio degli anni '70, rivoluzionoÁ la radioastronomia. Restava come cosa irrisolta il dare alla radioastronomia bolognese un assetto istituzionale. Fallita l'operazione «LNRA» del M.P.I., il CNR, grazie anche al ruolo fondamentale giocato da Puppi, si assunse il carico della radioastronomia italiana istituendo il Laboratorio di Radioastronomia, diventato poi Istituto. Si ebbero in tal modo garanzie di finanziamento regolare per ricerca e strumentazione, posizioni stabili per ricercatori e tecnici e possibilitaÁ di sviluppi successivi. Fu cosõÁ che si poterono fare anche altri interventi importanti sulla «Croce del Nord». Il ramo N-S fu esteso a 600 m di lunghezza, raddoppiando il potere risolutore totale. Con esso fu effettuata una nuova survey (chiamata B3) di oltre 13000 sorgenti, ad una densitaÁ di flusso due volte inferiore rispetto alle precedenti B2. Anche questa survey ha avuto un impatto notevole a livello internazionale. Successivamente fu possibile attuare il progetto «VLBI» italiano, con le parabole di Medicina e Noto, che con la loro entrata in funzione fecero fare un grosso salto di qualitaÁ alla rete interferometrica europea. Ora eÁ la volta di SRT (Sardinia Radio Telescope) in avanzata fase di realizzazione: un paraboloide di 64 m di diametro, multi-purpose ed operante fino a lunghezze d'onda millimetriche. E ci sono prospettive affascinanti a lungo termine, come per esempio, la partecipazione al grande progetto internazionale SKA (Square Kilometre Array) in avanzata fase di progettazione. Tutto cioÁ da una idea nata nel lontano 1959 e fatta crescere e diventata realtaÁ con il lavoro successivo di tanta gente. 53 GIANNI PUPPI E LA RICERCA SPAZIALE LUCIANO GUERRIERO Professore emerito, Dipartimento interateneo di Fisica, Politecnico di Bari 54 Questo contributo riassume alcuni miei ricordi personali connessi con la figura di Giampietro Puppi e con il ruolo che lui ebbe nello sviluppo delle attivitaÁ spaziali in Europa ed in Italia. Ebbi la fortuna di conoscere Gianni come giaÁ allora si faceva chiamare, nel suo ultimo anno di insegnamento a Padova, quando giaÁ aveva vinto la cattedra a Napoli. Nel 1952 ero studente dell'ultimo anno per la laurea in Fisica e Puppi teneva il corso di Fisica Superiore, con un programma dedicato ai fondamenti della Fisica dei Nuclei. Ricordo il piacere di assistere alle sue lezioni, per il senso fisico che sapeva dare ad ogni cosa che spiegava, al di laÁ ed al di sopra di ogni formalismo. Questa era una sua capacitaÁ universalmente riconosciuta ed apprezzata nell'ambiente dei fisici padovani. Puppi era un elemento trainante per la ricerca teorica e sperimentale. La sua intuizione sull'universalitaÁ dell'interazione debole, con il cosõÁ detto «triangolo di Puppi», l'aveva fatto apprezzare anche al di fuori dei confini nazionali. Erano gli anni in cui la Fisica fondamentale si faceva studiando le interazioni dei raggi cosmici con tecniche di contatori, camere a nebbia ed emulsioni e si cominciavano a capire natura e ruoli dei vari «mesoni». Puppi era fisico teorico ma guidava molti sperimentatori di Padova. Anni prima avevo incontrato casualmente Pietro Bassi ed Italo Filosofo nel laboratorio Raggi Cosmici sulla Marmolada mentre erano impegnati nell'esperimento ideato da Puppi per la misura dell'eccesso positivo nella radiazione cosmica. Ricordo questo incontro perche determinoÁ la mia scelta di lasciare Ingegneria per passare a Fisica. Successivamente i miei incontri con Puppi non furono frequenti. Sapevo che lui, a Bologna, stava guidando varie iniziative, sia nel campo della Fisica delle Particelle che in quello dell'Astrofisica e delle Scienze della Terra. In alcune delle occasioni in cui ebbi modo di incontrarlo a Padova, ricorsi ancora a lui per cercare di capire meglio alcune delle problematiche apparentemente paradossali della Meccanica Quantistica e della RelativitaÁ. E sempre uscivo da queste conversazioni con il piacere di avere capito di piuÁ e con profonda ammirazione per la sua capacitaÁ di penetrare la realtaÁ. Nel 1980, la mia attivitaÁ incrocioÁ di nuovo quella di Puppi. Le strane vicende della vita mi portarono ad assumere responsabilitaÁ per le attivitaÁ spaziali nazionali e, con la nascita dell'Agenzia, anche per la partecipazione italiana alle attivitaÁ europee. Scoprii allora che Puppi era considerato universalmente uno dei padri fondatori dell'organizzazione spaziale italiana e di quella europea. GiaÁ nel 1959 Puppi era stato chiamato a far parte della Commissione Ricerche Spaziali istituita allora dal CNR per iniziativa di Edoardo Amaldi per coordinare le iniziative scientifiche italiane in campo spaziale. Nella fibrillazione seguita al lancio del primo Sputnik nel 1957 e alla scoperta delle fasce di Van Allen da parte del primo satellite USA, Amaldi si era fatto propugnatore di una iniziativa intesa a mantenere l'Europa al passo con questa nuova realtaÁ. Aveva trovato alleanze negli scienziati di altri paesi europei, in particolare in Auger in Francia e in Massey nel Regno Unito. Nasceva cosõÁ nel 1962 l'European Space Research Organisation (ESRO) come ente dedicato alla pura ricerca, sul modello del CERN, senza alcuna connessione con i militari che pur avevano interesse per lo Spazio, e senza alcuna finalizzazione applicativa di valenza commerciale. La Commissione Ricerche Spaziali del CNR di cui Puppi faceva parte curoÁ le difficili trattative a livello europeo per la stesura della convenzione dell'ESRO e di quelle che portarono alla costituzione dell'ELDO per i lanciatori. Diventata operativa nel 1964, nel 1968 l'ESRO aveva giaÁ messo in orbita 3 satelliti e 22 esperimenti, che dimostravano la validitaÁ dell'organizzazione. Aveva inoltre realizzato diversi Centri specializzati tra cui l'ESRIN in Italia. Ma non tardarono ad apparire serie difficoltaÁ come conseguenza dell'impostazione eccessivamente idealistica per l'ESRO. L'aver escluso la partecipazione dei militari toglieva all'attivitaÁ spaziale europea la principale fonte di finanziamento dei programmi americani e sovietici. Nel contempo era cresciuto l'interesse dei vari paesi membri per curare in proprio i programmi applicativi per le Telecomunicazioni, la Meteorologia e le Osservazioni della Terra, con potenziali ricadute commerciali per le loro industrie. Questi fatti portarono, nella seconda metaÁ degli anni '60, ad una crisi politico-finanziaria e costrinsero l'ESRO a cancellare le due maggiori missioni scientifiche allora programmate. Ed eÁ a questo proposito che emerge il ruolo di Gianni Puppi nella costruzione definitiva dell'organizzazione spaziale europea. Egli era diventato presidente del Council dell'ESRO. La ricostruzione storica di quegli anni mostra come la sua tipica chiarezza nella impostazione dei problemi, la sua capacitaÁ di mediare tra desideri e realtaÁ e quella di convincere gli interlocutori con argomenti razionali siano state alla base del superamento della crisi e abbiano consentito la creazione dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nella quale sono confluite ESRO ed ELDO. Nell'ESA convivono ancora oggi il programma scientifico ed i programmi applicativi e dei lanciatori. EÁ del dicembre 1971 il primo accordo, ricordato in ESA come «the first package deal» di Puppi. Tutti riconoscono che eÁ stato portato in porto dalla sua abilitaÁ, attraverso anni di laboriose trattative con tutti i paesi membri e con la minaccia costante della Francia e di altri paesi di ritirarsi dall'ESRO se non fosse stata data sufficiente attenzione ai programmi applicativi. L'accordo vede sõÁ il ridimensionamento del programma scientifico che rimane peroÁ obbligatorio. Contestualmente vi eÁ l'introduzione dei programmi applicativi, cui i principali paesi membri si impegnano ad aderire. Nel 1973 Puppi raggiunge anche l'accordo sul secondo package deal che risolve il conflitto di interessi tra i diversi partner e delinea il ruolo dei paesi europei in relazione alla collaborazione con la NASA. GiaÁ nel 1969, dopo lo sbarco sulla Luna, l'amministratore della NASA T. O. Paine aveva invitato l'Europa a collaborare con gli USA nel programma post-Apollo. Germania ed Italia appoggiarono questa collaborazione con il progetto Spacelab, il Regno Unito puntoÁ sulle telecomunicazioni, mentre la Francia appoggioÁ progetti di autonomia europea nel campo del trasporto spaziale. Questo secondo package deal contiene le premesse della nuova convenzione per le attivitaÁ spaziali. Grazie all'abilitaÁ negoziale di Puppi ed alla sua perseveranza, la conferenza ministeriale del 1975 formalizzoÁ la nascita dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA). Negli stessi anni, l'Italia manteneva attivitaÁ nazionali in parte correlate con la partecipazione ai programmi europei. L. Broglio era impegnato nella collaborazione con la NASA e metteva in orbita alcuni piccoli satelliti scientifici dalla base equatoriale di Malindi, mentre l'industria nazionale realizzava SIRIO per sperimentare tecniche di telecomunicazione alle alte frequenze, secondo un progetto di F. Carassa. I gruppi scientifici operavano nei progetti spaziali europei. Nel complesso l'Italia non riusciva a ritagliarsi in Europa un ruolo commensurato al suo contributo finanziario. I ritorni dalle commesse ottenute dall'ESA non erano soddisfacenti ne dal punto di vista economico ne da quello delle tecnologie. Nella seconda metaÁ degli anni '70, il contributo di Puppi risultoÁ essenziale anche per la definizione di un programma spaziale nazionale organico, bilanciato e poliennale. Nel suo ruolo di consulente scientifico dell'allora ministro Andreatta contribuõÁ a definire il primo «Piano Spaziale Nazionale», approvato dal CIPE nel 1979. Si trattava di un piano quinquennale, da aggiornare ogni due anni, nel quale trovarono sostegno i settori scientifici ed industriali italiani da promuovere a livello europeo. Nel corso degli otto anni in cui il «Piano» fu gestito dal CNR e nei primi cinque anni dell'Agenzia Spaziale Italiana che ereditoÁ i compiti del CNR per lo Spazio oltre che la gestione della partecipazione in ESA, ebbi frequenti consigli da Gianni Puppi sulle scelte nazionali ed europee di cui gli sono particolarmente grato. Lui, forte dell'esperienza europea, incoraggioÁ sempre un sano equilibrio tra i programmi che rispondevano agli interessi scientifici e quelli di interesse industriale ed applicativo, come pure sostenne l'opportunitaÁ di una forte alleanza con la NASA quale strumento per una rapida emancipazione italiana nei confronti degli arroganti partner europei. Nell'autunno del 1993, alla fine del mio mandato in ASI, Puppi fu nominato commissario dell'Agenzia ed io ebbi modo di accompagnarlo ad alcuni meeting del Council dell'ESA ove era subentrato come capo della delegazione italiana. Sono stato cosõÁ testimone del grandissimo prestigio ed affetto di cui godeva presso tutte le delegazioni e presso lo staff dell'Agenzia Europea. Tutti vedevano ancora in lui uno dei padri di quella istituzione che, assieme al CERN, eÁ forse la piuÁ prestigiosa in Europa e che riesce ancora oggi a portare al successo progetti spaziali al massimo livello delle tecnologie e degli obiettivi scientifici ed applicativi. 55 UN RICORDO, UNA PROMESSA MICHELE CAPUTO Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Roma «La Sapienza» 56 Nei primissimi anni '60 lavoravo all'Institute of Geophysics and Planetary Physics dell'UCLA. Avevo tagliato quasi tutti i collegamenti scientifici con il mio paese, tranne che con Marussi, direttore dell'Istituto di Geodesia a Trieste e Puppi, direttore dell'Istituto di Fisica a Bologna. Ogni anno tornavo un mese in Italia ed incontravo i due leader. Sia Puppi che Marussi mi dicevano che in Italia la Geofisica della terra solida era pressoche latitante: occorrevano geofisici. Nel 1967 Gianni Puppi mi invitoÁ a Bologna. Gianni, che fu uno dei primi in Italia a porsi i problemi dell'ambiente, mi disse: «ci piacerebbe che ti occupassi dell'ambiente». Promisi: «d'accordo». I contatti con lui erano strettissimi e, di fatto, avrei dovuto occuparmi di tante cose: dell'Istituto di Geodesia prima e poi di quello di Fisica a Bologna, del Laboratorio Grandi Masse a Venezia, del Comitato Fisica del CNR a Roma e di tenere un paio di corsi didattici. Non avevo avuto alcuna incombenza gestionale o amministrativa negli USA, tranne che per le mie ricerche e l'insegnamento. Ora, avevo l'impressione che assieme agli altri impegni, l'ambiente, fosse troppo per me. Poi, imparai che tutti i miei amici avevano troppo da fare e non mi lamentai. Anzi sono grato a Gianni per quella opportunitaÁ. Ancora ricordo la mia promessa. In particolare in questo tempo in cui si parla molto dei problemi dell'ambiente ma, temo, non si faccia abbastanza. Nel 1973, tuttavia, in Italia, si fece un importante lavoro, purtroppo quasi dimenticato, che eÁ opportuno ricordare. Questo mio contributo potrebbe sembrare un po' anacronistico, dato che androÁ indietro nel tempo di circa 35 anni. Ma, ad un esame piuÁ approfondito, appariraÁ rilevante per gli interventi a sostegno della difesa e della valorizzazione del nostro patrimonio ambientale, in quanto uno sguardo al passato suggerisce sempre elementi strategici per gli interventi futuri. Facciamo un paragone: vediamo come si fa con i patrimoni importanti. Nello studio dell'affidabilitaÁ delle banche occorrono certi indicatori che le caratterizzano, ad esempio, il numero di conti correnti, l'ammontare dei depositi nei conti correnti, l'ammontare dei crediti a rischio e, molto importante, il valore del patrimonio totale della banca. Passando all'economia del paese, esistono equazioni che dovrebbero regolarne l'equilibrio economico. Queste equazioni contengono variabili come le aliquote fiscali, il tasso di interesse fissato dalla banca centrale, i consumi, varie reattivitaÁ e, quella che sembra la piuÁ importante, il prodotto interno lordo. Tuttavia nelle equazioni che regolano l'economia ed il bilancio del paese ne manca una che figura fra gli indicatori delle banche e che riguarderebbe il valore dei beni posseduti dal sistema economico e che, per completezza, dovrebbe comprendere il valore dell'ambiente. Perche l'ambiente ha un valore che puoÁ crescere o decrescere secondo la cura che ne abbiamo, ed eÁ una risorsa di reddito immediato. Strategicamente la cura dell'ambiente costituisce una componente importante, essenziale, per l'avvenire del nostro modo di vivere (1). La protezione di questo patrimonio dalle calamitaÁ naturali, ma anche la sua difesa dagli attacchi sconsiderati da parte dell'uomo, costituiscono una parte rilevante del lavoro che dobbiamo fare per la sua valorizzazione in termini di salute pubblica e di fonte di reddito. Suggerirei di quantificare questo valore e monitorarne lo sviluppo. EÁ un'utopia? Vediamo subito che non lo eÁ. L'inizio per questa quantificazione eÁ l'opera: «Prima relazione sulla Situazione Ambientale nel Paese» del 1973 (2) chiamata anche «Ambiente 73» preparato a cura della Tecneco, sotto gli auspici del Consiglio dei Ministri ed il coordinamento del Ministro per la ricerca Scientifica e Tecnologica. L'opera eÁ in 3 grossi volumi, per un totale di piuÁ di 1300 pagine, con molte tabelle esplicative e riassuntive. Contiene caratteristiche di stato e fattori di alterazione dei principali sistemi ambientali italiani: aree ad uso estensivo, acque interne, fasce costiere, agricoltura intensiva, aree metropolitane, patrimonio dei beni culturali ed ambienti di lavoro. Seguono attivitaÁ ed Da destra verso sinistra: G. Puppi, M. Ceccarelli e M. Caputo. interventi per la difesa dell'Ambiente in Italia negli anni 1971-72 con cenni su quanto eÁ stato fatto in 8 dei paesi piuÁ industrializzati, nonche le attivitaÁ ed iniziative delle Organizzazioni Internazionali. Tenendo conto dello sviluppo tecnologico, eÁ chiaro che il rapporto «Ambiente '73» puoÁ essere migliorato. Manca un capitolo sull'educazione civica, che implica il rispetto dell'ambiente, tanto necessaria non solo in Italia. Tuttavia al di laÁ degli inevitabili limiti e lacune «Ambiente 73» eÁ una pietra miliare per chi intenda affrontare i problemi dell'ambiente in modo sistematico e strategico sia politico che finanziario. Da allora, molti provvedimenti sono stati presi, come ad es. l'istituzione del Ministero dell'Ambiente, dell'ENEA (Ente per le Nuove Tecnologie e l'Ambiente), l'APAT (Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici), le Agenzia Regionali per la Protezione dell'Ambiente, la formazione dei Gruppi di lavoro del CNR. Prima e dopo la pubblicazione di «Ambiente 73», trascorsi parecchi anni all'estero, e molti avvenimenti italiani di quei periodi possono essermi sfuggiti. So che sono usciti cataloghi di maremoti delle coste italiane, che eÁ stato pubblicato piuÁ volte lo studio della pericolositaÁ sismica in Italia, che eÁ stata fatta la carta delle aree con vocazione a forti terremoti col pattern recognition, che eÁ stato studiato il livello antico del Mar Tirreno, che sono state stimate le accelerazioni del suolo causate dei terremoti, che sono stati studiati frattali nei terremoti, che eÁ stata messa sotto controllo la subsidenza di Venezia, che sono state fatte previsioni di terremoti a lungo termine e sono in corso quelle a medio termine. Tuttavia il rapporto «Ambiente 73» sullo stato dell'ambiente in Italia non eÁ stato ripetuto. Tra un anno, saranno trascorsi 35 anni da quella fotografia dell'ambiente italiano. Lo dico a coloro che si occupano della conservazione e valorizzazione dell'ambiente perche se ne tenga conto, per ricordare che c'eÁ giaÁ una pietra miliare, una fotografia, anche se sfumata, dello stato dell'ambiente in Italia. Per sapere come, da allora, si siano comportati gli italiani, nonche le amministrazioni pub- 57 bliche, e i governi, e per sapere quali misure prioritarie si debbano intraprendere ora per la tutela e la valorizzazione dall'ambiente, eÁ necessario ripetere l'operazione fatta con il rapporto «Ambiente 73». Procedendo senza un nuovo rapporto e senza il confronto col precedente ho l'impressione che, rischiamo di navigare a vista senza rendercene conto. Purtroppo, cosõÁ eÁ stato per troppo tempo nella politica nazionale di buona parte del secolo scorso e non poteva essere diversamente. Per motivi strutturali del sistema e della cultura di allora e, forse, anche per altri motivi, i governi sono durati in media circa un anno rendendo poco remunerativa qualsiasi iniziativa strategica che riguardi il paese, l'ambiente ed il suo futuro. Manca un intervento strategico per la salvaguardia dell'ambiente: si aggiorni urgentemente il rapporto «Ambiente 73». Bibliografia (1) (2) C APUTO M., «May we forecast the scenario of our life in the next 10-15 years?», Economia Politica, 23, No. 3 (2006) 321-330. «Prima relazione sulla Situazione Ambientale nel Paese», a cura della Tecneco, sotto gli auspici del Consiglio dei Ministri ed il coordinamento del Ministro per la ricerca Scientifica e Tecnologica, 1973. GIANNI PUPPI ED IL CENTRO DI MONTECUCCOLINO FERRANTE PIERANTONI UniversitaÁ di Bologna, ENEA, AIPA FRANCO CASALI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna 58 Un altro esempio delle straordinarie capacitaÁ catalizzatrici di Gianni Puppi fu la creazione nel 1957 della Scuola di Specializzazione in Ingegneria Nucleare e la successiva istituzione, nell'anno accademico 1959-60, dell'indirizzo di laurea in Ingegneria Nucleare nell'ambito di un'azione concorde con Paolo Dore, Preside della FacoltaÁ di Ingegneria e con Bruno Ferretti dell' Istituto di Fisica, per dare a Bologna un moderno Centro interdisciplinare di studi ove ingegneri, fisici e chimici potessero essere formati per la progettazione e la conduzione di impianti nucleari. Legata per statuto alla FacoltaÁ di Ingegneria e finanziata dal CNRN/CNEN, essa fu fin dal suo inizio diretta da Bruno Ferretti e diede origine al gruppo di specialisti, che avrebbero costituito la base di partenza del Centro di Calcolo del CNEN, all'avanguardia in Italia negli anni sessanta e settanta nel settore dei calcoli di fisica nucleare e neutronica. In questo quadro furono creati a Bologna, in localitaÁ Montecuccolino, a 5 km dal centro della cittaÁ, i Laboratori di Ingegneria Nucleare, che avrebbero ospitato tre reattori nucleari sperimentali. Il reattore RB1 (Reattore Bologna 1), il primo ad entrare in funzione nel 1962, era un reattore a potenza zero costruito per la determinazione, col metodo della reattivitaÁ nulla, del fattore di moltiplicazione infinito della cella rappresentativa del nocciolo di reattori nucleari termici moderati a grafite. L'importanza della realizzazione di questo reattore risiede nel fatto che si trattoÁ di un esperimento, pensato da Amaldi, Ferretti e Puppi, per vedere se era possibile costruire in Italia, venti anni dopo il reattore CP1, realizzato a Chicago da Enrico Fermi nel 1942, qualcosa di analogo, con personale senza alcuna formazione nucleare specifica. L'unica differenza consisteva nel fatto che si sapeva che si poteva fare e che era stato giaÁ fatto, mentre nel 1942 Enrico Fermi non aveva nessuna certezza su quello che avrebbe potuto succedere. L'RB1 fu quindi progettato e costruito da un gruppetto di neolaureati in ingegneria e in fisica Ð affiancato da alcuni laureandi Ð che non avevano alcuna esperienza, nemmeno indiretta di energia nucleare, adottando la tecnica del buttarli a mare per vedere se riuscivano a nuotare. La progettazione fu fatta sulla base di documenti americani, da poco resi pubblici, utilizzando il primo «grande» calcolatore elettronico installato a Bologna. Si trattava di un IBM-650 (2 k di memoria!). Il reattore RB1 funzionava a bassa potenza, 10 watt termici, e non aveva quindi grossi problemi di accumulo dei prodotti di fissione. Esso disponeva di una cavitaÁ centrale in cui erano posti successivamente «reticoli» (cioeÁ parti significative di reattori nucleari) di cui si conoscevano le proprietaÁ fisiche e «reticoli» in esame. Dalle misure di variazione di reattivitaÁ si poteva risalire alla determinazione dei parametri nucleari dei reticoli in esame. Il reattore era costituito da una struttura cilindrica a tre zone concentriche, alte circa 3 m. La zona esterna era occupata da un riflettore di grafite, quella intermedia, dalla struttura moltiplicante moderata a grafite, in cui potevano essere inseriti 86 elementi di biossido di uranio arricchito al 20% di 235U per complessivi 10 kg di 235 U. La zona sperimentale centrale, aveva un diametro di circa 1 m ed era occupata da alcune celle del reticolo in esame, circondate da una zona, di composizione variabile, con la funzione di adattare lo spettro energetico e la distribuzione spaziale dei flussi. Tutta la struttura era posta dentro un contenitore formato da una struttura metallica e da una in calcestruzzo armato, con funzioni anche di schermo biologico, in cui poteva essere fatto il vuoto per un controllo finissimo della reattivitaÁ. Il sistema di controllo era molto diversificato ed era costituito da: 3 barre di controllo veloci a bandiera di cadmio, 3 barre a liquido entro cui poteva essere iniettata, in un tempo molto breve, una soluzione di nitrato di cadmio, 3 barre lente a cremagliera, per lo spegnimento del reattore durante le operazioni di carico e scarico del combustibile. Inoltre 20 elementi di combustibile, in caso di aumento eccessivo della temperatura nel nocciolo, potevano scaricare per gravitaÁ, a seguito della fusione di un sottile strato di paraffina, i pellet di uranio arricchito, in un catino compartimentato con divisori di cadmio (brevetto CNEN). La collocazione dei laboratori sul crinale delle colline a sud di Bologna garantiva inoltre automaticamente l'impossibilitaÁ di allagamenti. RB1 fu in seguito convertito per esperienze su reattori ad acqua pesante nell'ambito di una collaborazione con l'Euratom di Ispra (Progetto ORGEL). Furono fatte misure anche su elementi di combustibile contenenti piccoli quantitativi di plutonio. Poco tempo dopo l'entrata in funzione del reattore RB1, l'Agip Nucleare realizzoÁ il reattore sperimentale RB2, sul modello del reattore americano TRIGA, per training di studenti del Corso di Ingegneria Nucleare. Dopo qualche anno tale reattore fu notevolmente modificato per potervi studiare Ð come per l'RB1 Ð caratteristiche fisiche di reattori nucleari di tipo avanzato. In una prima fase furono studiate le caratteristiche di reattori a «gas-grafite» ad alta temperatura (con combustibile a microsfere, brevetto Agip Nucleare) e successivamente zone moltiplicanti tipiche di reattori veloci. Questa attivitaÁ sperimentale era strettamente connessa con l'accordo tra Italia e Francia per lo sviluppo dei reattori veloci. Nel 1971 i laboratori di Montecuccolino furono completati con l'RB3, un reattore sperimentale a potenza zero moderato ad acqua pesante e riflesso con grafite, ceduto dal CEA (Commisariat aÁ l'Energie Atomique di Saclay) a un prezzo simbolico. L'RB3 aveva le stesse dimensioni del costruendo reattore CIRENE e costituõÁ un ottimo banco di prova come «mock-up» ingegneristico di detto reattore. Fu, infatti, utilizzato per studi di dinamica e per ottimizzare il sistema di controllo del «fratello maggiore». Verso la metaÁ degli anni '70 con i tre reattori impegnati in «filiere» d'avanguardia, il Laboratorio di Montecuccolino si poneva come uno dei migliori centri di ricerca nella fisica applicata ai reattori nucleari. Molte furono le pubblicazioni, nelle migliori riviste internazionali di Fisica e Ingegneria dei Reattori, relative alle attivitaÁ teoriche e sperimentali portate avanti in detto Centro. Le attivitaÁ erano proposte e coordinate da un Comitato Scientifico composto da tre membri (rappresentanti rispettivamente di UniversitaÁ, CNEN e Agip Nucleare). Per molto tempo l'UniversitaÁ fu rappresentata dal Professor Puppi sostituito, successivamente, dal Professor Pietro Bassi. 59 GIANNI PUPPI E L'ENERGIA NUCLEARE FERRANTE PIERANTONI UniversitaÁ di Bologna, ENEA, AIPA 60 Enrico Mattei, deciso sostenitore della necessitaÁ di un concreto programma nucleare italiano, incontroÁ Gianni Puppi, alla fine degli anni cinquanta, durante la cerimonia nella quale l'UniversitaÁ degli Studi di Bologna, nel 1958, gli conferiva la Laurea ad Honorem in ingegneria chimica. Mattei suggerõÁ a Raffaele Girotti di prendere Puppi come top scientific advisor, coinvolgendolo in breve tempo in tutte le attivitaÁ scientifiche dell'ENI. Mattei infatti non solo aprõÁ la strada allo sfruttamento in Italia degli idrocarburi e del gas naturale, ma era anche convinto che in Italia solo lo sviluppo dell'energia nucleare per la produzione di energia elettrica avrebbe potuto dare un concreto contributo a ridurre la nostra dipendenza dall'estero. Nel 1957 aveva creato l'Agip Nucleare ed avviata la costruzione della centrale elettronucleare di Latina, che al momento di entrare in servizio avrebbe avuto in Europa il reattore nucleare di maggior potenza, ponendo l'Italia al terzo posto nella produzione di energia nucleare, dopo la Gran Bretagna e gli USA. Inoltre in quegli anni a Milano nel settore dell'energia nucleare era giaÁ da tempo attivo il centro di ricerca CISE finanziato dalle principali industrie private italiane. Alla fine degli anni cinquanta il nostro paese aveva quindi uno dei maggiori programmi nucleari nel mondo, in linea con le previsioni dei vari organismi internazionali che indicavano proprio nell'Italia e nel Giappone, gli unici paesi industrializzati senza risorse nazionali di combustibili fossili, i primi che avrebbero imboccato la strada di una massiccia nuclearizzazione. Un episodio, cancellato dalla memoria collettiva, eÁ quello dell'annuncio fatto dal Ministro della Difesa Giulio Andreotti nel discutere il bilancio 1958, della costruzione in Italia di un sottomarino nucleare che avrebbe avuto «il nome di Marconi». EÁ da sottolineare la concordanza di intenti su questa politica, all'interno della Commissione Direttiva del CNRN, tra quattro grandi della scienza italiani, Edoardo Amaldi, Bruno Ferretti, Vincenzo Caglioti ed Arnaldo Maria Angelini e le straordinarie capacitaÁ di promozione e «marketing» del suo segretario generale Felice Ippolito. Con queste condizioni al contorno Gianni Puppi, spesso senza apparire sul palco, mise in opera le sue eccezionali doti avvalendosi anche degli ottimi rapporti a livello personale con i ricercatori di origine italiana, come Emilio Segre, che erano stati coinvolti nel programma nucleare statunitense, promuovendo una serie di iniziative che avrebbero portato, tra l'altro, alla nascita dei Centri del CNEN di Bologna e del Brasimone ed alla creazione del centro di Medicina (BO) dell'Agip Nucleare. Questa fase di forte impegno nel nucleare fu bruscamente interrotta con la morte di Enrico Mattei (ottobre 1962) e dal successivo caso Ippolito. Nell'agosto del 1963 indiscrezioni giornalistiche avevano sollevato dubbi sulla correttezza di Ippolito nell'amministrazione del CNEN. Nei mesi seguenti venne avviata una indagine ministeriale e nel marzo 1964 Ippolito venne arrestato. Ne seguõÁ un processo che culminoÁ con la sua condanna a 11 anni di carcere per alcuni reati marginali. Successivamente graziato dal Presidente Saragat, Ippolito divenne in seguito senatore del PCI. L' arrivo di Giulio Andreotti al Ministero dell' Industria nel 1965 coincise con una fase di rilancio del nucleare in Italia. Nel dicembre del 1966 l'Enel annuncioÁ un programma di costruzioni che prevedeva 12 000 MW di centrali nucleari per il 1980. Il programma reattori veloci ebbe un forte sviluppo e vennero lanciati altri programmi, tra cui quello promosso per lo sviluppo di una nave a propulsione nucleare, evoluzione del sottomarino nucleare annunciato dallo stesso Andreotti nel 1958. Di particolare rilievo fu il programma sul riciclo del plutonio nei reattori provati, iniziato nel 1966, portato avanti in stretta collaborazione tra CNEN ed Enel con il concorso di Euratom, per lo sviluppo di combustibile nucleare ceramico a base di plutonio, al fine di trovare un utilizzo al plutonio prodotto ogni anno negli impianti elettronucleari in funzione in Italia. Nel 1968, presso il Centro della Casaccia del CNEN, venne realizzato dalla Sorin (Fiat-Montedison) un impianto pilota della capacitaÁ produttiva di 30 kg al giorno di materiale plutonifero. In quegli anni riscosse particolare interesse il programma arricchimento uranio, con l'obiettivo di sviluppare l'industria italiana al fine della sua partecipazione alla realizzazione di impianti di arricchimento nell'ambito di iniziative comunitarie o internazionali. Nel dicembre 1967 fu promossa la costituzione del Comitato Italiano per l'Arricchimento dell'Uranio, cui partecipavano rappresentanti del Ministero dell' Industria, della Confindustria, del FIEN, dell'ENI, dell'IRI, della Snia-Viscosa, della Fiat e della Montedison, oltre a quelli del CNEN e dell' ENEL. Determinante fu il ruolo di Gianni Puppi negli studi iniziali del reattore PEC al Brasimone. Nel 1967 erano stati proposti ai principali gruppi industriali nazionali dei contratti di valutazione del costo del reattore PEC. Tali contratti si conclusero con l'offerta per la realizzazione dell`impianto da parte della SNAM Progetti ad un prezzo chiuso che prevedeva una «implicita» sostanziale partecipazione dell'ENI ai costi di costruzione. Nel 1968 il CNEN si impegnava con la SNAM Progetti per la progettazione e la realizzazione del PEC. Nel 1967, nell'ambito di una generale ristrutturazione del Ministero del Bilancio che soppresse il CIR (Comitato Interministeriale per la Ricostruzione), era stato creato il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Tra i suoi primi atti il CIPE decise di concentrare a Genova le attivitaÁ nucleari, ed emanoÁ una serie di delibere sull'attribuzione dei compiti nel settore nucleare ai due grandi gruppi pubblici ENI ed IRI che portoÁ all'emergere del ruolo centrale dell'Ansaldo ed all'espulsione della SNAM Progetti dal settore nucleare. La realizzazione del reattore PEC fu quindi dapprima affidata dal CNEN secondo la direttiva del CIPE, non piuÁ alla SNAM Progetti ma ad un consorzio industriale costituito tra la SNAM Progetti e la NIRA, la societaÁ della Finmeccanica incaricata della progettazione e costruzione delle centrali nucleari, ed in seguito all'Ansaldo Meccanico Nucleare con la scomparsa della SNAM Progetti. Nel dicembre 1968 Andreotti aveva lasciato il Ministero dell'Industria e, mentre il Parlamento ritornava a discutere della legge di riforma del CNEN, diventava sempre piuÁ scottante il problema dell'instabilitaÁ della guida della politica energetica nazionale. Il «problema del Ministro dell'Industria», che non esisteva alla fine degli anni cinquanta quando Emilio Colombo era rimasto in Via Veneto per 50 mesi, con il passare degli anni era diventato caldo: tra il 1960 ed il 1972 al Ministero dell'Industria si erano succeduti nove ministri, alcuni dei quali rimasti in carica sei mesi. Carlo Donat Cattin, diventato ministro dell'Industria, elaboroÁ come risposta alla crisi del mercato petrolifero seguita alla guerra del Kippur del 1973, un piano energetico centrato sulla costruzione di venti centrali nucleari come unica misura possibile per ridurre la dipendenza del sistema energetico italiano dal petrolio e per alleviare lo squilibrio provocato nella bilancia commerciale italiana dal rincaro di tutte le fonti energetiche importate. La prima formulazione di questo piano fu elaborata tra il Natale 1974 e il capodanno 1975 da un gruppo coordinato da Nino Andreatta, mentre si sviluppava in modo sempre piuÁ consistente l'opposizione al nucleare Ð anche a seguito dell' esplosione della prima bomba atomica indiana, avvenuta nel 1974 tra la «sorpresa» generale, che aveva dimostrato l'inadeguatezza dei criteri di controllo della proliferazione nucleare adottati fino a quel momento e diventava particolarmente dura la lotta per la definizione del PUN (progetto unificato nucleare) basato su un reattore PWR (Westinghouse-Fiat) e non piuÁ BWR (General Electric-Ansaldo) come le due unitaÁ in costruzione a Montalto di Castro. Il piano energetico delle venti centrali del ministro Donat Cattin ebbe una nascita travagliata, mentre l'industria italiana, per fare fronte agli ordini che stavano per arrivare, si organizzava anche attraverso la nascita di un secondo polo privato. Il piano fu approvato dal CIPE nel 1975, un anno dopo la sua formulazione, e il testo della delibera venne reso noto nel febbraio 1976. Il piano, che tanta fatica aveva richiesto per la sua elaborazione ed approvazione, non ebbe peroÁ seguito, come del resto i successivi, ed il nucleare, definito in quei giorni dalla stampa italiana come la «torta nucleare», divento la spada che feriva a morte l'industria nucleare italiana costretta ad aspettare in mezzo al guado la partenza di un vasto programma di costruzioni che non sarebbe mai arrivato. 61 GIAMPIETRO PUPPI E LO SVILUPPO DELLE SCIENZE AMBIENTALI IN ITALIA: IL CONTRIBUTO DI UN «FISICO» ALLA FISICA DELLA TERRA FLUIDA ANTONIO SPERANZA Dipartimento Matematica ed Informatica, UniversitaÁ di Camerino e CINFAI STEFANO TIBALDI Dipartimento Fisica, UniversitaÁ di Bologna e ARPA-ER, Servizio IdroMeteo 62 Lo sviluppo iniziale della Fisica della Terra Fluida in Italia eÁ una «avventura» che ha coinvolto l'intera esistenza, non solo professionale, di molte persone, tra cui chi scrive, nell'arco temporale di circa una quindicina di anni: tra i primi anni settanta e la metaÁ degli ottanta. Il ruolo svolto da Giampietro Puppi in tale sviluppo eÁ assolutamente determinante. Ma, ovviamente, anche condizioni particolari di contesto hanno avuto il loro peso. Come testimoniattori dello sviluppo in questione abbiamo cercato di individuare e descrivere gli elementi essenziali sia del contributo di Gianni Puppi che degli elementi condizionanti. Ed abbiamo cercato di proporre questa breve analisi come Gianni stesso avrebbe fatto: con veritaÁ, senza enfatizzazioni, in maniera sintetica e, dove possibile, «divertente» come egli avrebbe, certamente, raccomandato. Gli ambienti ufficiali della Scienza italiana erano, nel dopoguerra, piuttosto inclini al culto, quasi religioso, della «fondamentalitaÁ» delle conoscenze da ricercare ed acquisire. Un ricorrente assunto era a quei tempi la necessitaÁ di esplorare «il microcosmo, il macrocosmo e l'origine della vita». Le nozioni di Ambiente 1 e Territorio 2 (ambedue tipicamente a dimensione d'uomo e non di micro o macrocosmo) come le abbiamo adesso non esistevano ancora o, perlomeno, non erano nozioni di pubblico dominio; tantomeno erano «di casa» in ambito accademico. Alcuni aspetti particolari erano «ospitati» dall'Ingegneria Ð ad esempio la Fluidodinamica dei fluidi non ruotanti e non stratificati Ð op- pure dalla Geologia Ð ad esempio l'Idrogeologia Ð o dalla Matematica 3 oppure, all'interno della Fisica, erano presenti in altri Settori come, ad esempio, la teoria del transfer radiativo Ð cosõÁ importante nell'interpretazione dell'effetto serra che determina la temperatura del sistema climatico Ð in Astrofisica. Ma il nucleo centrale, la dinamica dei fluidi geofisici, era virtualmente ignorato in Italia. Tuttavia, l'incalzare della questione energia, le emergenti problematiche dell'inquinamento, in generale le questioni legate al «modello di sviluppo» 4 rendevano indispensabile la messa a fuoco di tutta una serie di processi pertinenti all'Atmosfera e all'Idrosfera; processi che non erano considerati dalla Fisica ufficiale del tempo (e forse non lo sono nemmeno da quella di oggi) come Fisica «fondamentale». Si noti che al tempo tutto il discorso sulla ComplessitaÁ doveva ancora «decollare» ed era convinzione piuttosto diffusa che una volta descritti gli elementi elementari «costituenti» della dinamica in questione tutto potesse essere ridotto a banale problematica computazionale «brute force». Era abbastanza corrente negli ambienti della Fisica, ad esempio, la nozione che una volta capito l'atomo d'idrogeno tutta la Chimica fosse in qualche modo «una complicazione del modello base». Appare chiaro, quindi, come applicazioni, per quanto complicate, della Fisica non quantistica ai fluidi geofisici potessero apparire sostanzialmente «un'esercitazione». In tale situazione era abbastanza prevedibile che le discipline in questione potessero essere 1 La nozione di Ambiente nasce in Italia con Giorgio Ruffolo: «rendere l'Ambiente una variabile economica del Sistema». 2 La nozione di Territorio ha in Italia una storia assai complessa che passa soprattutto attraverso la Legge Difesa del Suolo (183 del 1989) la cui gestazione eÁ durata quasi vent'anni! 3 Il Professor Dario Graffi era una delle poche persone con cui si potesse parlare di Fluidodinamica matematica negli anni settanta! 4 Si ricordi il famoso report del Club di Roma degli anni settanta che, attraverso il suo titolo, introdusse la denominazione stessa. proposte-imposte Ð «sdoganate», per usare un verbo della recente politica italiana Ð soltanto da qualcuno che avesse piena titolaritaÁ ed autorevolezza nel mondo della Fisica «ufficiale», sufficiente autonomia per poter proporre nuovi traguardi alla Fisica stessa e, da ultimo ma non ultimo, «gusto» per le nuove materie. Questo processo di «sdoganamento» era avvenuto (non senza morti e feriti!) giaÁ per lo sviluppo dell'Astrofisica italiana in cui Gianni Puppi, non a caso, aveva svolto un ruolo non banale. Nel processo delineato sopra, Gianni Puppi fu un ideale «demiurgo» per varie ragioni delle quali cercheremo di elencare le principali. Innanzitutto la scuola di provenienza di Gianni come fisico era quella padovana, di Bruno Rossi: una scuola che coniugava nella «fenomenologia» sperimentale aspetti «sperimentali» e «teorici» senza eccessivi manicheismi e sbilanciamenti in un verso o nell'altro 5. Gianni aveva, poi, una sua naturale inclinazione a considerare anche gli aspetti «naturalistici» della Scienza. Cosa, al tempo (e non solo allora!), tutt'altro che comune negli scienziati «hard»: in una memorabile relazione generale alla SocietaÁ Italiana di Fisica egli descrisse con cristallina chiarezza la difficoltaÁ che la Scienza italiana aveva incontrato (tuttora l'incontra!) nel conciliare la tradizione osservativo-naturalistica e quella quantitativo-matematica bencheÁ entrambe grandi in Italia, al contrario di quanto era giaÁ da tempo avvenuto, ad esempio, in Gran Bretagna fin dall'inizio del novecento. Parte di questo gusto nasceva in Gianni dall'esperienza fatta in Marina (egli si fregiava della Medaglia d'argento per il valor militare) e si era ulteriormente sviluppato e raffinato attraverso l'esperienza fatta negli studi sui raggi cosmici. Ma giocava un ruolo essenziale l'istintivo contributo di una naturale curiositaÁ scientifica per «il mondo». La personalitaÁ era, inoltre, quella di un grande comunicatore: la linearitaÁ, la semplicitaÁ ma, soprattutto il piacere Ð il citato «divertimento» Ð rendevano le sue presentazioni attraenti anche per un pubblico non specialistico. Non sarebbe onesto ignorare qui l'aspetto manageriale e politico della vicenda. Gianni godeva al tempo di un suo ruolo assai rilevante sotto entrambi gli aspetti in una Bologna che 5 Chi scrive (AS) ha avuto occasione di interagire con Bruno Rossi, in Boston, riscontrando di persona lo straordinario equilibrio metodologico e culturale del suo approccio. cresceva come rilevantissimo «snodo» politicoculturale in ambito nazionale ed internazionale. Bologna era in quegli anni una sede di sviluppo di politiche nazionali che si candidava a «vetrina delle capacitaÁ gestionali locali» nel mondo. E l'azione di Gianni si sviluppoÁ a scala nazionale. Le prime sostanziali iniziative nelle discipline ambientali si collocano a cavallo del 1970. PiuÁ o meno parallelamente partivano: ± il gruppo Fisica a Bologna: i migliori laureandi di un'intera generazione di fisici bolognesi furono indirizzati agli studi relativi alla Dinamica dell'Atmosfera e dell'Oceano partendo in particolare dalla predicibilitaÁ del fenomeno dell'acqua alta a Venezia; ± le Grandi Masse: un Istituto del CNR destinato alla tutela della Laguna Veneta ma, allo stesso tempo, agli studi di Scienza della Terra e del Sistema Planetario; ± la Tecneco: un'azienda a primaria partecipazione ENI creata in Fano (Marche) per operare in materia di problematiche ambientali; ± la Tecnomare: un'azienda, sempre a partecipazione ENI, creata in Venezia per studi-progettazione in tecnologie marine. Non casualmente tali iniziative si collocavano geograficamente a Venezia, cittaÁ di origine di Gianni, nelle Marche, regione di Mattei e del successore Girotti di cui Gianni era consigliere, ma con solida base di cultura e di scuola scientifica in Bologna, dove Gianni svolse quasi tutta la sua carriera accademica. Ma seguirono tante altre iniziative: nel 1975, ad esempio, la «Sogesta» (SocietaÁ Gestione Tecnologie Avanzate) in Urbino (nuovamente Marche) che avrebbe dovuto assurgere al ruolo di «universitaÁ privata» nel settore. Sarebbe difficile, noioso e sostanzialmente non consono alla personalitaÁ di Gianni elencare puntigliosamente la miriade d'inziative di quegli anni. Vale la pena, invece, mettere a fuoco la concezione scientifico-culturale che soggiace a tali iniziative. Ben espressa, questa, dal termine «Grandi Masse»: pur non conoscendo ancora il paradigma dei sistemi complessi, Gianni era giaÁ consapevole che in queste dimensioni «intermedie» (tra il micro ed il macrocosmo, che egli aveva entrambi esplorati) c'eÁ qualche cosa di scientificamente interessante, oltre che utile: si tratta, essenzialmente, della dimensione dell'uomo e della Terra. Ad onta della visione ampia, a scala quantomeno nazionale, come spesso capita in queste cose, la storia decise altrimenti e Bologna rimase il fulcro dello sviluppo culturale, cosõÁ come ap- 63 64 plicativo, delle iniziative di Puppi. Fino a tutti gli anni ottanta la cattedra di Gianni presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna rimase un riferimento per l'avviamento alle discipline ambientali e territoriali ed eÁ veramente lunga e di grande qualitaÁ la lista dei ricercatori ivi formatisi. Include attuali professori e ricercatori, direttori di servizi, ecc., in tutto il mondo. La seconda metaÁ degli anni settanta e gli anni ottanta portarono l'affermazione (lo sviluppo era, in realtaÁ, precedente) dei concetti legati ai sistemi complessi. GiaÁ nell'esperienza di creazione della citata «Sogesta» in Urbino una notevole enfasi era stata data al ruolo della nonlinearitaÁ nella modellistica sia deterministica che statistica. Un sostanziale peso aveva avuto in questo Giuseppe (Bepi) Colombo 6, forte della sua esperienza in Meccanica. Anche se decisamente il tipo di matematica coinvolto non era quello di Gianni, egli fu rapido a coglierne gli aspetti innovativi sostanziali. Un ruolo centrale venne dato a questi argomenti nel corso di Fisica Superiore che egli svolgeva. Alla fine degli anni ottanta, inizio novanta, la fantasia di Gianni fu «catturata» dalla nascente problematica sul Clima. Sarebbe stata la dimensione perfetta per la sua azione: un problema centrale tra Scienza e SocietaÁ, profondamente interdisciplinare, ideale per il setup di grandi sistemi Ð da quelli osservativi (osservazioni convenzionali, satelliti, ecc.) ai grandi sistemi di calcolo Ð ma anche per le profonde meditazioni che impone riguardo al concetto di veritaÁ scientifica e agli strumenti adeguati alla sua affermazione. Ma, purtroppo, il crescere della problematica coincise con l'inizio del suo progressivo «ritiro» e (di conseguenza?) con un rallentantamento dell'interesse accademico (anche e soprattutto del mondo della fisica italiana) per queste discipline e con una loro successiva, progressiva marginalizzazione. Ne ha sofferto anche la fisica stessa, ma ancor di piuÁ il nostro Paese che, ahimeÁ, privo del presidio di un tale leader (complice anche la scomparsa di Amaldi e di tanti altri giganti della nostra Fisica), ha subito l'imporsi su queste problematiche di forze che tutto hanno in vista fuorcheÁ la Scienza! Al di laÁ di tutti i dettagli relativi allo sviluppo storico, eÁ importante cogliere la natura essenziale del messaggio metodologico di Gianni ba- sato, si eÁ detto, su una fusione organica tra la tradizione osservativo-naturalistica (non necessariamente sperimentale, si badi bene) e quella assiomatico-quantitativa (non necessariamente teorica, si badi bene). Da questo approccio metodologicamente non manicheo nasceva un bilanciamento tra sperimentazione, fenomenologia, teoria e modellistica che favoriva la loro sintesi organica in un quadro scientifico completo. Questa «disponibilitaÁ mentale» verso diversi modi di investigare il mondo, ha anche, ad esempio, agevolato lo sviluppo della modellistica numerica della fisica dei fluidi e delle sue applicazioni geofisiche. Non eÁ un caso che Gianni che, per sua esplicita ammissione, non amava i calcolatori elettronici (una primordiale macchinetta meccanica di calcolo ha troneggiato per anni sulla sua scrivania!) sia stato l'iniziatore anche del CINECA. Un tale tipo di approccio eÁ particolarmente congeniale alle Scienze della Terra in cui ha dato luogo ai piuÁ alti sviluppi scientifici e culturali fin dall'inizio del secolo scorso (si pensi, ad esempio, ad Harold Jeffreys in Inghilterra). E, quindi, non casualmente eÁ stato fertile di sviluppi, attorno alla figura di Puppi in quegli anni. E la figura ed il ruolo di Gianni si stagliano ancor di piuÁ se si pensa quanto in Italia questo tipo di approccio abbia stentato e stenti a prendere piede. EÁ importante notare, infine, l'attualitaÁ del messaggio scientifico-culturale di Gianni Puppi. Che si esprime anche nel modo di fare le cose. A parte la rimarcata completezza dell'approccio ai problemi e l'interdisciplinarietaÁ c'eÁ, soprattutto, il fattore tecnica di conduzione della ricerca: Gianni non perdeva mai la visione globale, complessiva, del problema trattato anche nell'analisi del piuÁ minuto dettaglio. E non amava la «managerialitaÁ standardizzata'', da scuola di management. La necessitaÁ di governare processi di enorme dimensione e complessitaÁ richiede giaÁ, e sempre piuÁ richiederaÁ, persone di sicura attitudine sintetica, capaci di ``lettura trasversale'', capaci di gerarchizzare l'informazione portando in superficie gli elementi veramente essenziali 7, capaci di convivere con la propria ignoranza dei dettagli senza, peroÁ, perdere di rigore. E, forse, rivivificando questa attitudine la Fisica (e non solo) tornerebbe ad attrarre gli studenti piuÁ brillanti! 7 6 A Giuseppe Colombo eÁ intitolato il Centro ASI (Agenzia Spaziale Italiana) in Matera. Un altro nostro grande maestro, Jule Charney, commentando la ricerca di Ed Lorenz sintetizzoÁ : «A few ingredients: the right ones!». GIAMPIETRO PUPPI, MAESTRO E SCIENZIATO NATURALISTA RENATO ANGELO RICCI Presidente Onorario SIF «Quando ho avuto la notizia di questa celebrazione, quando l'amico Focardi mi ha detto che il Presidente Ricci voleva fare questa cerimonia, la notizia stessa mi sorprese percheÂ, pur essendo stata Varenna anche sede di celebrazioni, non avevo mai pensato alla celebrazione in Varenna della stessa Varenna. I sentimenti che mi hanno colpito subito: emozione, ma forse eÁ troppo, interesse, ma forse eÁ troppo poco, partecipazione, forse, eÁ il sentimento giusto e che eÁ piuÁ o meno lo stato d'animo che mi ritrovo in questo momento». Con queste parole Giampietro (Gianni) Puppi esordiva nel suo intervento in occasione della celebrazione del 30mo anniversario della fondazione della Scuola di Varenna, il 19 giugno 1983. Erano presenti con lui alcuni fra i protagonisti della storia della fisica italiana e della Scuola Internazionale fondata da Giovanni Polvani nel 1953, come Gilberto Bernardini, Piero Caldirola, Carlo Castagnoli, Beppo Occhialini, Antonio Rostagni (Edoardo Amaldi, impegnato altrove, aveva inviato un suo personale messaggio), che io, come Presidente della SIF, ero riuscito a riunire insieme. La cerimonia, benche sobria, fu particolarmente toccante nel rievocare gli inizi di una avventura culturale che doveva accompagnare le gloriose vicende della fisica italiana nella seconda metaÁ del secolo scorso. Bene illustra il carattere e la grande personalitaÁ scientifica di Gianni Puppi questa sua sintetica illustrazione del 1ë e del 2ë Corso della Scuola, illuminato dalla presenza di Enrico Fermi, pochi mesi prima della sua morte. «...... Fui chiamato a dirigere il primo corso. La scelta, che poi eÁ stata la scelta dei primi due corsi, e che ha determinato anche il terzo, fu su un argomento di frontiera, la fisica subnucleare e nucleare, un argomento in cui ci fosse la cultura del nostro Paese e tale per cui la Scuola potesse aspirare non solo ad insegnanti di alta qualitaÁ, ma anche ad allievi italiani di alta qualitaÁ. Nell'iniziare con i raggi cosmici abbiamo voluto partire dalla nostra cultura scientifica piuÁ vivace e riaffermare la nostra primaria vocazione scientifica di naturalisti. Sostanzialmente la Scuola ha voluto illustrare quello che eÁ stato il contributo, a quel tempo determinante, della fisica dei raggi cosmici alla fisica delle particelle elementari: l'immediata risposta che l'anno dopo ci doveva essere, era il contributo che le macchine acceleratici avevano dato alla fisica delle particelle elementari». C'eÁ qui tutto il percorso della fisica italiana d'avanguardia del dopoguerra, dall'osservazione e dallo studio delle manifestazioni dirette della natura alle investigazioni piuÁ profonde delle sue proprietaÁ nascoste e delle sue leggi attraverso la strumentazione piuÁ avanzata. EÁ una peculiaritaÁ che si ritrova in Puppi, scienziato «naturalista» curioso e attento alla evoluzione delle conoscenze. Anni piuÁ avanti, nel 1997, in occasione del Congresso della SIF dedicato al 100mo anniversario della fondazione della nostra SocietaÁ, in una amichevole intervista concessa agli amici Antonio Bertin e Antonio Vitale (riportata nell'apposito numero del Nuovo Saggiatore, «Cent'anni», vol. 14, n. 3-5, 1998) cosõÁ affermava sorridendo: «EÁ stata una fortunata coincidenza ... poter disporre di particelle di alta energia (i raggi cosmici) prima ancora di poter utilizzare le macchine acceleratrici. EÁ stato divertente» E ancora: «... Io ho avuto la fortuna di partecipare a quegli anni meravigliosi nei quali dovunque uno si girasse c'era qualcosa da raccogliere» Ma bisognava saper raccogliere (un nome per tutti: Beppo Occhialini) e saper comprendere: Puppi era uno di questi pionieri capaci di cogliere il messaggio della natura. D'altra parte cioÁ non significava, per lui, sottovalutare l'evoluzione meno naturalista della fisica moderna, ma lo portava a darne una lettura piuÁ appropriata evidenziandone i periodi storici e pionieristici e quelli dell'indagine critica e piuÁ elaborata dei segreti della natura. Egli stesso, cosõÁ versato sui diversi fronti della ri- 65 cerca, dalla fenomenologia alla fisica sperimentale e a quella teorica fino ai campi applicativi piuÁ avanzati, eÁ stato protagonista ed artefice di momenti significativi ed entusiasmanti della fisica del novecento. Basti ricordare la sua intuizione della universalitaÁ delle interazioni deboli, schematizzata con la denominazione di «Triangolo di Puppi». Questo suo «protagonismo» fu ancora riconosciuto nella famosa Conferenza Nazionale della SIF, organizzata sotto la mia Presidenza con la collaborazione di A. Bertin e A. Vitale, a Bologna nel 1984, e dedicata al «50mo Anniversario della Teoria di Fermi sul decadimento beta» e, piuÁ in generale, ai «50 anni di Fisica delle Interazioni Deboli». Ad essa parteciparono, come ospiti d'onore, tutti i protagonisti italiani viventi. Nel volume che fu pubblicato e che uscõÁ proprio in occasione della Conferenza, oltre alle varie relazioni presentate, furono rieditati vari articoli originali dei protagonisti. Tra essi spicca il lavoro di Puppi che apre la via a questa grande avventura concettuale, orgoglio della fisica italiana. Io stesso ebbi modo di conoscerlo sotto questo aspetto accattivante: sobrio, elegante, «divertito» non solo nel fare la fisica ma anche nel parlarne. Nel 1991 partecipai, su invito di Ettore Ve- rondini, ai «Colloqui di Dipartimento» all'Istituto di Fisica di Bologna con una lezione sull'Energia Nucleare da Fusione. Tra gli altri docenti, Puppi parloÁ di «Effetto serra». Poiche tali lezioni sono state pubblicate in un pregevole volume, «Raccontare la fisica», edito da G. L. Russo e E. Verondini, eÁ possibile rileggervi la lezione di Puppi che, forse, potrebbe costituire una buona base metodologica e scientificamente interessante, ancora oggi, in un periodo in cui molte affermazioni, enunciazioni e conclusioni spesso affrettate, sembrano avere il sopravvento rispetto a studi, indagini, valutazioni piuÁ serie ed approfondite. Questa «qualitaÁ» di Gianni Puppi mi fa ricordare, a mo' di conclusione, una sua esplicita esortazione che mi rivolse in occasione della Cerimonia in Campidoglio per il Centenario della SIF, nel 1997, durante la quale egli stesso insieme con altri protagonisti (vedi il volume sui «Cent'anni» del Nuovo Saggiatore), ricevette un riconoscimento particolare. Prima che io iniziassi il discorso di chiusura dedicato a quei cento anni di storia, mi si avvicinoÁ dicendo: «mi raccomando, sii sobrio, vivace e non noioso e, soprattutto, non parlare piuÁ di mezz'ora». Malgrado il compito non fosse facile, credo di essermela cavata, percheÂ, alla fine, fu lui, soddisfatto, il primo a complimentarsi con me. 66 GIAMPIETRO PUPPI E L'ENI CARLO PELLACANI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna Giampietro Puppi ha dimostrato attorno agli anni '70 grande interesse per i problemi di innovazione che stavano emergendo all'interno delle grandi societaÁ pubbliche italiane. Gianni non era solo uno scienziato di fama internazionale, ma anche un uomo abituato a frequentare personaggi dell'establishment politico ed economico. I contatti diretti con i grandi manager delle societaÁ pubbliche, la sua capacitaÁ di cogliere il nocciolo dei problemi di innovazione che queste societaÁ cominciavano a percepire crearono le condizioni per una collaborazione che si sviluppoÁ per un lungo tratto della sua vita. L'ENI fra le grandi societaÁ di Stato era quella che possedeva una tradizione manageriale piuÁ aggressiva, indipendente e sensibile all'innovazione. Con essa Puppi riuscõÁ piuÁ facilmente a collaborare e ad avviare un processo di innovazione permanente e la individuazione di nuovi campi in cui i risultati delle ricerche avrebbero trovato utile e proficua applicazione. La crescente importanza dell'aspetto ambientale delle attivitaÁ industriali, che avrebbe portato alla complessitaÁ delle attuali legislazioni nazionale ed europea nel settore ed alla rilevanza della salvaguardia ambientale come occasione di sviluppo industriale, erano realtaÁ che Gianni aveva intuito giaÁ negli anni '70 e che non eÁ difficile ritrovare nei suoi interventi pubblici. ContribuõÁ cosõÁ alla nascita della Tecneco (a Fano, PU), probabilmente la prima societaÁ italiana che disponesse della massa critica e delle strutture necessarie per essere un attore nel campo ambientale a livello europeo. Contemporaneamente assunse la Presidenza di un'altra societaÁ, la Tecnomare (a Venezia), piuÁ direttamente connessa alla progettazione di strutture offshore per l'esplorazione ed il trasporto dei combustibili fossili. Puppi, pur nella chiarezza della sua visione, dovette affrontare un grande numero di problemi gestionali ed organizzativi. L'innovazione richiedeva la creazione di un ambiente di lavoro che le grandi industrie di Stato non erano in grado di creare rapidamente ribaltando vecchie tradizioni organizzative interne ormai consolidate. Esisteva una resistenza radicata a portare gli investimenti per la ricerca al di sopra di percentuali assurdamente basse per affrontare la competizione internazionale. L'indipendenza di giudizio ed azione necessaria a qualsiasi gruppo di ricerca applicata non trovava neppure una possibile risposta nella rigida filosofia di inquadramento del personale. A questi problemi Gianni dedicoÁ una gran parte del suo impegno con una presenza personale continua, cercando di superarli facendo uso della sua indubitabile competenza tecnica ma, soprattutto, cercando di proteggere con la sua autoritaÁ istituzionale la libertaÁ e l'intraprendenza del personale di ricerca negli ambienti lavorativi delle societaÁ. Questo creoÁ sempre una resistenza sorda da parte dei quadri intermedi piuÁ radicati nella vecchia organizzazione del lavoro. Ma di nuovo Gianni, con la sua simpatia umana e la sua diplomazia, riusciva a mantenere le difficoltaÁ sotto il livello di allarme. In quegli anni le grandi societaÁ come IBM, Digital, etc. cominciarono a distribuire i loro computer elettronici. La rilevanza di questi nuovi strumenti era del tutto evidente nei settori ambientale e di progettazione di grandi strutture offshore, ma anche per altre attivitaÁ industriali come and esempio quelle della SNAM e della SNAM Progetti (a Milano) del gruppo ENI, ai cui organi amministrativi Puppi partecipava attivamente. Seppe prendere decisioni lungimiranti, ma anche coraggiose, per favorire l'adozione di questi strumenti nelle industrie del Gruppo ENI e, in particolare, in quelle che presiedeva. Non erano macchine di facile uso e la loro limitata potenza poneva diversi problemi pratici nelle applicazioni industriali complesse, ma Gianni non ebbe mai un dubbio sul futuro del ruolo dei computer automatici, anche se i conti li faceva ancora con una vecchia calcolatrice meccanica che teneva sul tavolo del suo studio in via Irnerio. Un altro problema si presentoÁ molto presto a complicare la visione chiara e lucida che Gianni perseguiva. DifficoltaÁ che nasceva questa volta nel campo dei ricercatori universitari, cosõÁ poco propensi ad indirizzare i propri sforzi e la propria intelligenza alla soluzione di precisi problemi industriali. A questo punto Puppi, con la sua solita chiarezza e la sua fantasia, concepõÁ la possibilitaÁ di creare un istituto di formazione superiore che sapesse sintetizzare la migliore tradizione universitaria con le richieste delle grandi industrie e specialmente dell'ENI. Nacque cosõÁ l'esperimento della Sogesta (SocietaÁ per lo studio e la gestione delle tecnologie avanzate, a Urbino, PU). La parola ``gestione'' nel nome di questa ultima societaÁ puoÁ far comprendere come la visione di Gianni anticipasse di qualche decennio i tempi dell'Italia di oggi. I corsi erano tenuti sia da professori universitari che da tecnici industriali. Esisteva anche un piccolo settore di ricerca in cui venivano valutate le potenzialitaÁ dei sempre nuovi sistemi di calcolo. Di fatto questo tentativo, dopo un rapido sviluppo iniziale, si arenoÁ di fronte ad un vecchio problema che nessuno ha rimosso, quello del valore legale della laurea. Di fronte alla prospettiva di seguire un quinquennio di studi in una struttura che forniva servizi di prima qualitaÁ ed una assunzione estremamente probabile presso qualche grande industria, i giovani venivano presi dall'angoscia di non possedere il classico pezzo di carta, e finivano per preferire l'UniversitaÁ. Gianni tentoÁ di superare anche questo problema, senza riuscirci, per un'infinitaÁ di motivi che non possono essere discussi in cosõÁ poche righe. 67 PUPPI E LA FISICA BIOMEDICA ED AMBIENTALE GIUSEPPINA MALTONI GIACOMELLI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna 68 Conobbi il Professor Puppi verso la fine del 1956, a Rochester, N.Y., dove ero approdata con una borsa di studio della AAUW (American Association of University Women), con la speranza di migliorare le mie limitate conoscenze di biologia. Mi ero appena laureata a Bologna nella prima sessione del nuovo corso di laurea in scienze biologiche e capivo che, per fare la biologa, avrei dovuto ampliare il mio povero bagaglio culturale. Inaspettatamente mi si era presentata l'occasione di una borsa di studio americana......e, contro il parere di tutti e .....dopo quasi 2 settimane in mare aperto....ero arrivata all'universitaÁ di Rochester, dove la biologia era «adulta e l'istologia, campo della mia tesi di laurea, era al top. Rochester era rinomata per la fisica, e i pochi altri italiani che conobbi erano fisici (che potevano sperare di restare negli USA solo sposando donne americane). Quando, per un congresso di fisica, giunse a Rochester un gruppo di grandi maestri italiani fra i quali Puppi, gli amici locali mi pregarono di invitarli a casa mia, perche ero l'unica ad avere a disposizione una casa, essendo la famiglia presso cui vivevo, spesso lontana per lavoro. Quella sera il Professor Puppi capõÁ il mio totale imbarazzo e con fare paterno e sorprendente familiaritaÁ mi tranquillizzoÁ interessandosi al mio lavoro e alle prospettive future, e dimostrandosi entusiasta delle mie scelte. Lo rividi a Bologna dopo 5 anni e fui sorpresa nel constatare che aveva seguito i miei percorsi scientifici e che li riteneva interessanti anche per l'ambito bolognese. Sapeva che, dopo il mio rientro dagli USA, ero stata a Ginevra dove, grazie alla mia buona conoscenza dell'inglese, ero stata accettata presso l'Istituto di Fisiologia. Qui avevo lavorato con il gruppo che cercava di individuare l'area cerebrale responsabile dell'insorgere dell'ebbrezza usando alcool marcato con carbonio radioattivo. Tali metodi mostravano nuove aperture per la fisica.....e...nulla sfuggiva al Professor Puppi. Al mio rientro a Bologna (fine del 1961), mi volle incontrare e mi sorprese con la proposta di affidarmi il compito di avviare presso il suo Istituto un gruppo di «biofisica». Onorata per tanta fiducia, ma conscia dei miei limiti anche di tipo familiare, non trovai il coraggio necessario per accettare tale impegno, peroÁ ammisi che se un gruppo di quel tipo fosse esistito mi sarei felicemente aggregata. Il professore capõÁ le mie difficoltaÁ e mi offrõÁ un'altra possibilitaÁ. Mi accompagnoÁ nella cantina del suo Istituto dove si era formato un nutrito gruppo di ricerca sulla dosimetria delle radiazioni ionizzanti guidato dal Prof. Otello Rimondi. Gruppo nato come Laboratorio Radioisotopi e, recentemente, adottato dal CNEN (Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare). Si trattava di un gruppo altamente interdisciplinare nel quale un apporto tipicamente biologico poteva essere interessante. Il Professor Puppi, allora, mi propose come «assistente straordinaria» presso la sua cattedra per aggregarmi a quel gruppo di dosimetria, aggiungendo (col suo modo elegantemente spiritoso) che, da ora in poi, si sarebbe potuto dire che «Fisica ospitava il CNEN per motivi di collaborazione». In quel gruppo, scoprii «un mondo nuovo» sia dal punto di vista scientifico che umano. Vi si respirava un'aria pluridisciplinare dove ognuno gareggiava per allargare il proprio tassello di conoscenza. La «collaborazione» aprõÁ anche una nuova via per «la formazione specialistica» degli operatori in vari settori di applicazione delle radiazioni con particolare riguardo all'approfondimento degli aspetti radioprotezionistici. Nel giro di pochi anni, l'UniversitaÁ riconobbe questo nuovo progetto formativo come «Corso annuale di specializzazione» aperto a tutti i laureati in campo scientifico». Il Professor Puppi, vero stimolatore delle collaborazioni fra universitaÁ ed enti di ricerca, si affezionoÁ molto anche alle nostre attivitaÁ didattiche e spesso scendeva in cantina per fare «due chiacchiere» e seguire le nostre programmazioni. Il successo e l'utilitaÁ del nostro lavoro fu riconosciuto anche fuori Bologna e, dopo una Schema delle dosi da radiazioni ionizzanti nella nostra vita quotidiana. decina di anni, altre universitaÁ ritennero indispensabile avviare una specializzazione in fisica sanitaria sul nostro modello. Ma, per accelerare l'iter burocratico, esse sfruttarono la nuova struttura del corso di laurea in fisica che prevedeva Scuole di perfezionamento post-lauream biennali. CioÁ, peroÁ, limitava l'accesso ai soli laureati in fisica e, dopo alcuni anni, anche Bologna dovette, suo malgrado, allinearsi. Il sostegno del Professor Puppi fu vitale anche quando, per motivi logistici, il CNEN dovette trasferirsi. Egli, allora, propose di introdurre nel corso di laurea in Fisica un indirizzo di fisica biomedica e sanitaria e appoggioÁ gli studi sugli effetti biologici ed ambientali di vari agenti fisici. Inizialmente, le cose non furono semplici, spesso anche per pure tradizioni accademiche (ricordo le difficoltaÁ per tenere nascosti i ratti nell'Istituto per gli esperimenti sugli effetti del paratormone e poi quelli suggeriti dal prof. Gianfranco Sinigaglia sulle onde elettroma- gnetiche. ......ne dimenticheroÁ i «sorrisini» dei colleghi quando, per verificare la dose assorbita, simulavamo l'organismo umano con tini pieni d'acqua........o quando a Vittorio Prodi venne l'idea di selezionare le polveri e seguire il percorso di quelle submicroscopiche lungo l'albero respiratorio anche in funzione della carica elettrica associata......). In effetti, allora, il tutto poteva sembrare un po' troppo banale per un fisico, ma non per il Professor Puppi. Ora, invece, abbiamo la soddisfazione di constatare che, stavamo aprendo porte molto importanti per la salute dei lavoratori e della popolazione in generale. Oggi, l'area di Fisica Biomedica e Ambientale ha in mano lavori di grande interesse in molti settori e la Scuola di specializzazione in Fisica Sanitaria ha «formato» e sta ancora formando e aggiornando tanti operatori sia per il campo medico che ambientale. Grazie, Professor Puppi 69 LA RICERCA SCIENTIFICA E GLI ENTI LOCALI ANTONIO LA FORGIA Camera dei Deputati, Repubblica Italiana Estratto del discorso pronunciato durante l'«Interdisciplinary Symposium in honour of Giampietro Puppi», Bologna, 24 ottobre 1988 (anno del IX centenario dell'UniversitaÁ di Bologna) 70 Ricerca scientifica ed enti locali: mi rendo conto che al senso comune questo appare un rapporto insussistente se non, addirittura, pretestuoso. La dimensione delle risorse impegnate sulle frontiere della ricerca eÁ ormai tale da richiedere una pianificazione ed un coordinamento sovranazionali. [...] E peroÁ la comunitaÁ scientifica non vive solo nei propri congressi e, oggi, lungo i canali delle reti telematiche che collegano centri e laboratori del mondo intero. E se chiamiamo alla memoria i nomi delle grandi scuole in cui si consolida il patrimonio scientifico e si riproducono le forze necessarie a procedere oltre vediamo che essi sono nomi di luogo, di cittaÁ. [...] Sembra di poter dire, insomma, che l'aspirazione universalistica della comunitaÁ scientifica poggia con forza su basi terragne: le grandi scuole interagiscono con l'ambiente in cui sorgono, lo modificano e creano cosõÁ un habitat specifico che porta il loro segno e che, al tempo stesso, diviene il loro proprio habitat. [...] Io ritengo che se il rapporto tra ricerca scientifica ed enti locali viene pensato e praticato in forme generiche e banali esso eÁ davvero insussistente o, al piuÁ, assolutamente marginale. Tutto il contrario se esso viene assunto come cartina di tornasole della qualitaÁ del potere e della amministrazione locale; come misura della capacitaÁ di espressione della comunitaÁ locale, come sfida alla promozione, allo sviluppo di quel comune habitat specifico entro cui agiscono la comunitaÁ locale ed i centri di cultura, di scienza e di insegnamento. Quanto sia difficile impegnare quella sfida credo di saperlo. Ma se guardo alla storia recente di questa cittaÁ [...] mi sembra di trovare almeno un esempio, una dimostrazione di come sia possibile impegnarla, quella sfida. Torno indietro di oltre trent'anni, ad un febbraio del 1956 in cui il Consiglio Comunale di Bologna «tenuto presente [...] che gli studi sullo sfruttamento dell'energia atomica Ð appunto in virtuÁ del loro pacifico indirizzo Ð, mentre da un lato avranno sicuri effetti, di una portata benefica oggi incalcolabile, a favore dello sviluppo dell'attivitaÁ industriale, agricola e commerciale della nostra regione, dall'altro avranno notevoli riflessi anche presso le altre facoltaÁ universitarie e particolarmente per le scienze applicative e per le scienze naturali che riceveranno un grande aiuto da un piuÁ forte sviluppo che possa essere dato alla fisica», decideva di impegnare la somma di 50 milioni all'anno per dieci anni «a beneficio dell'Istituto di Fisica ``A. Righi'' dell'UniversitaÁ di Bologna». Vedo bene che, alla distanza degli anni ed al senno del poi, quella somma puoÁ apparire risibile a fronte degli impegni attuali. Ma vedo anche una sincera ed efficace volontaÁ di esprimere una domanda dei tempi e di operare conseguentemente. [...] Stava allora a capo dell'amministrazione civica un uomo apparentemente facile e cordiale ma intimamente rigoroso, austero e, forse proprio per questo, capace di sentire e di interpretare le onde lunghe della cittaÁ. E di fronte al Sindaco Dozza, ad illustrare i possibili percorsi di sviluppo della fisica bolognese, stava appunto il Professor Puppi, giovane direttore Ð come si legge dai verbali del tempo Ð dell'Istituto Righi. [...] Da allora molto tempo eÁ trascorso e gli anni sono stati intensi oltre che numerosi. [...] Parole un tempo univoche nel loro significato positivo: crescita, sviluppo, progresso, assumono connotazioni ambigue, hanno bisogno di specificazioni e di aggettivi, divengono problematiche. Sorgono problemi morali nuovi e terribili, difficili a formularsi, sino ad ora impensabili, nel momento in cui l'evoluzione della specie, l'evoluzione della stessa specie umana potrebbe divenire oggetto di applicazione delle tecnologie genetiche. [...] Ora, la moderna ragione scientifica dovendo, per suo statuto, dubitare di tutto non puoÁ dubitare di se stessa: se lo facesse inciamperebbe in un fastidioso paradosso della logica. Ma neppure puoÁ la ragione scientifica o, piuÁ concretamente, neppure possono gli uomini della ricerca scientifica chiudere gli occhi di fronte agli interrogativi ed agli scenari futuri che si vengono delineando. Dico questo poiche ritengo non sia ne auspicabile ne possibile tracciare una linea di demarcazione che distingua da un lato il ruolo degli scienziati e dall'altro le responsabilitaÁ dei governi. E poiche non credo neppure ad un governo degli scienziati mi resta aperta un'unica via: la via, appunto, di una assunzione diretta e critica da parte della comunitaÁ scientifica del legame di interdipendenza che la unisce al destino futuro della societaÁ. E se cioÁ vale in generale ancor piuÁ vale entro un habitat quale il nostro, un habitat Ð come ho cercato di dire Ð conformatosi nei secoli attorno al nocciolo dell'interdipendenza dello Studio e della cittaÁ. [...] Ma l'ambizione piuÁ alta credo dovrebbe essere posta alla sollecitazione ed alla promozione di un vero e proprio processo di autocoscienza della comunitaÁ scientifica. Oggi la scienza costituisce una fondamentale forza motrice del cambiamento e dell'innovazione, anche sociali. Nella comunitaÁ scientifica si raccoglie e si organizza una parte decisiva dell'intelligenza di ogni societaÁ. Se questo eÁ vero la comunitaÁ scientifica non puoÁ sottrarsi alla responsabilitaÁ di assumere un ruolo protagonista nella discussione circa l'indirizzo e l'uso delle potenzialitaÁ e delle forze da essa stessa generate. EÁ evidente che questo ruolo di responsabilitaÁ puoÁ essere interpretato in due modi. In forma (diciamo cosõÁ) corporativa: ottenendo dagli organi del potere le condizioni di una propria riproduzione allargata. In forma (diciamo cosõÁ) democratica: socializzando le possibili opzioni che lo scienziato, dal suo osservatorio privilegiato, eÁ in grado di vedere prima e piuÁ nitidamente di chiunque altro. EÁ altrettanto evidente che le nostre preferenze vanno alla seconda.[...] Abbiamo affermato che il consolidamento e lo sviluppo della ricerca scientifica a Bologna sono obiettivi dell'intera comunitaÁ locale e ne abbiamo tratto conseguenze concrete (penso al nuovo insediamento dell'area di ricerca del CNR) e ipotesi di lavoro, progetti cui stiamo tentando di contribuire e che intendiamo sostenere. Non ultimo [...] la creazione di un centro per la elaborazione ed il trattamento di modelli di sistemi complessi che raccolga Ð e metta in comunicazione tra loro Ð forze provenienti da diversi ambiti disciplinati: fisica, matematica, biologia, economia ... Ebbene, consentitemi di dire che non ritengo affatto casuale che nel tentare, o ritentare, questa strada noi ci si sia immediatamente, e nuovamente, incontrati con il Professor Puppi. Lo dico senza piaggeria ma perche questo mi appare il suo tratto caratteristico: rifuggendo, come per istinto, dall'utopia e dal percorrere strade giaÁ disegnate il Professor Puppi riesce a darti appuntamento nel luogo in cui cioÁ che di nuovo eÁ possibile puoÁ cominciare a realizzarsi. [...] Certo anch'io so bene Ð e non credo di doverlo dire a voi Ð che il Professor Puppi eÁ un compagno d'avventure assai pericoloso. La divisa ben nota che afferma «per aspera ad astra» non gli appartiene. EÁ una sirena ingannatrice, il Professor Puppi. Svolge il suo ragionamento avanzando leggiadro dietro il suo papillon e ti conduce su un morbido tappeto volante, e ti toglie ogni vertigine delle pericolose pietraie e dei burroni scoscesi che stai superando. Pietraie e burroni che devi poi riguadagnare faticosamente, palmo e palmo quando ti lascia solo o, meglio, quando svanisce come il gattone di Lewis Carroll lasciandoti il suo sorriso un po' beffardo, un po' sarcastico. Un compagno d'avventure pericoloso Ð ripeto Ð e, d'altra parte, senza simili compagni e senza simili maestri, si rischierebbe di restare pigri ed impauriti ai piedi anche di una collinetta. 71 Á BOLOGNA PUPPI E LA CITTA GIOVANNI SALIZZONI Consigliere del Comume di Bologna Intervento al Convegno in memoria di Giampietro Puppi, 2 ottobre 2007, Bologna 72 Potrei elencare, una dopo l'altra, tante pagine di storia della cittaÁ che sono indissolubilmente legate a Giampietro Puppi: eÁ stato un grande professore, un impareggiabile educatore, uno scienziato illuminato, tanto da ottenere dal Sindaco Dozza, nel lontano 1955, circa mezzo miliardo di vecchie lire per sviluppare la ricerca in Fisica presso l'Ateneo bolognese. Il prestigioso istituto di Fisica A. Righi fu da lui magistralmente diretto per anni e ben presto divenne un centro di ricerca e di sperimentazione unico in Italia. Fu poi tra gli ideatori del Centro Studi OIKOS: un centro di eccellenza per lo studio e l'approfondimento di tematiche relative all'abitare, alla qualitaÁ urbana, all'edilizia e all'ambiente; tutti argomenti oggi all'ordine del giorno, ma assolutamente innovativi 30/40 anni fa. Sempre attraverso OIKOS Puppi si fece promotore di interventi mirati sulla cittaÁ, fornendo supporto documentario, conoscitivo, metodologico e progettuale. EÁ stato Socio di importanti istituzioni locali presso le quali sempre ha offerto il suo contributo in termini di esperienza, saggezza, intuizione. Tanto ancora potrei citare: il suo nome eÁ legato profondamente anche allo sviluppo e alla crescita di Bologna. Ma la sua ereditaÁ non eÁ solo nei risvolti pratici della sua scienza, sui documenti e sulle scoperte che portano il suo nome, sui registri dell'UniversitaÁ e le carte dell'Istituto Righi, sulle delibere del Consiglio Comunale che ricordano l'Archiginnasio d'Oro che gli fu attribuito nel 1963 (fu uno dei primi, insieme a Francesco Flora, Giorgio Morandi e Enrico Redenti!) o riportano i cospicui finanziamenti per le ricerche. La sua vera ereditaÁ va rintracciata nel suo profilo umano: anche in questo Puppi eÁ stato sempre un protagonista. Era un uomo completo, nel senso che in lui la testa e il cuore andavano all'unisono: era curioso, ma di una curiositaÁ sana, non invadente, non supponente; ascoltava uno studente con la stessa attenzione che riservava ad un Premio Nobel. Era sempre di buon umore, gentile, appassionato e attento; parlava di tutto con tutti. Fu a casa di Andreatta che lo incontrai piuÁ volte e lo ascoltai parlare di tante cose e sempre con straordinarie argomentazioni e con incredibile acume e lungimiranza. Era convinto che la fisica fosse una chiave di lettura per interpretare il mondo, il quotidiano, la politica, l'uomo. Credeva fosse giocoforza che i politici si rivolgessero ai fisici per dipanare le questioni piuÁ complesse che si presentavano quotidianamente sui loro tavoli: «uno scienziato» diceva «arriva alla meta piuÁ rapidamente perche ha metodo». Credeva ad esempio che la ricerca scientifica fosse imprescindibile per lo sviluppo industriale, per un progresso intelligente e conseguentemente per il benessere economico di un Paese. Facciamo fatica a capirlo oggi, lui c'eÁ arrivato oltre cinquant'anni fa! [...] IN MEMORIA DEL PROFESSOR GIAMPIETRO PUPPI GIOVANNI SALIZZONI Consigliere del Comume di Bologna Commemorazione ufficiale nella prima seduta del Consiglio Comunale di Bologna, 8 gennaio 2007 Desidero innanzi tutto ringraziare il Presidente del Consiglio Comunale Gianni Sofri per avermi dato l'opportunitaÁ di commemorare ufficialmente in questa prima seduta del Consiglio all'inizio del 2007, il Professore Giampietro Puppi scomparso la mattina di Natale dopo una lunga malattia. EÁ un privilegio per me ricordare a tutti voi il suo profilo professionale e umano, ancorche sia molto difficile riassumere in tempi ragionevolmente contenuti l'immenso patrimonio da lui lasciato in termini di scoperte scientifiche, raggiungimenti accademici, intuizioni imprenditoriali. Per non parlare di cioÁ che ha lasciato nel cuore di quanti l'hanno conosciuto. Per questo motivo mi sento ancor piuÁ privilegiato, perche io l'ho conosciuto. Perche nonostante la notizia della sua morte sia appena comparsa sulla stampa locale, Puppi eÁ stato davvero un protagonista e non solo per le sue indiscusse doti intellettive. Puppi era un uomo completo, nel senso che in lui la testa e il cuore andavano sempre all'unisono. Era curioso, ma di una curiositaÁ sana e non invadente, ascoltava uno studente con la stessa attenzione che riservava ad un Premio Nobel. Era sempre di buon umore, gentile, appassionato e attento; parlava di tutto con tutti: aveva intrattenuto rapporti fecondi e duraturi con Andreatta, con Zichichi, con Dozza e con tanti altri illustri personaggi del nostro tempo con i quali amava confrontare le proprie idee e condividere le sue intuizioni. Era convinto che la fisica non fosse una materia arida e a se stante, ma piuttosto una chiave di lettura per interpretare il mondo, l'uomo, il quotidiano. Per questo riteneva piuÁ logico che i politici si rivolgessero ai fisici per dipanare le intricate matasse che la loro professione presentava, perche uno scienziato arriva alla meta piuÁ rapidamente, con metodo, con rigore, lungimiranza e, molto spesso, con successo. Oltre cinquant'anni fa ebbe a ribadire che la ricerca scientifica fosse imprescindibile per lo sviluppo industriale, per un progresso intelligente e conseguentemente per il benessere economico di un Paese. Al contrario, quale contributo poteva trovare uno scienziato nella politica? Erano le affinitaÁ elettive che lo intrigavano, i cervelli ben funzionanti come il suo irrorati da un cuore grande, sempre attento, mai distratto dalla buona sorte o dai successi. Il suo carattere sempre allegro e una robusta fede cattolica lo aiutavano a non invecchiare. Era davvero un maestro di vita e di pensiero, amava i giovani e credeva nell'educazione come una carta vincente per affrontare le incognite del futuro. Su questo tema Dozza trovoÁ in Puppi un forte alleato e fece leva proprio su di lui per concepire e realizzare alcuni tra i piuÁ prestigiosi centri di istruzione di Bologna. Puppi fu professore e educatore, ma soprattutto padre per quanti seppero imparare da lui. Di figli, suoi eredi culturali, ne ha lasciati molti: si commuoveva quando assisteva ai loro successi (come avvenne alla prima lezione universitaria di Enzo Boschi), ma con umiltaÁ condivideva con loro le sue avveniristiche soluzioni scientifiche e tecnologiche. ChissaÁ cosa avranno pensato di lui i giovani che lo frequentavano sentendo parlare del suo «triangolo» che stabiliva particolari relazioni tra diverse interazioni deboli, oppure di rete telematica per il rilevamento dei terremoti, oppure di radioastronomia? Io non sono un fisico, ma vedete, dietro ai suoi discorsi mi perdevo anch'io perche non tutti i grandi uomini di scienza hanno la capacitaÁ di trasmettere con straordinaria chiarezza i concetti piuÁ difficili. Eppure a lui riusciva anche questo e credo che sapesse farlo perche aveva le idee chiare, perche senza sapere quale applicazione pratica potesse avere in futuro la sua idea, riusciva a percepire i legami tra tutte le cose, quelle microscopiche e quelle macroscopiche che lo circondavano. Per quel suo «triangolo» avrebbe potuto avere il Premio Nobel, se non lo avesse concepito subito dopo la guerra, quando sarebbe 73 stato sconveniente attribuire ad un italiano un riconoscimento cosõÁ prestigioso. Ma il suo Nobel lo ha vinto ugualmente con quanti gli sono stati vicino e hanno imparato non solo ad interpretare le straordinarie leggi sulle quali si appoggia la nostra consistenza fisica, ma soprattutto a vivere con pienezza la nostra consistenza umana. Á ITALIANA DI FISICA PUPPI E LA SOCIETA SERGIO FOCARDI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna 74 Puppi fece parte del Consiglio di Presidenza della SocietaÁ Italiana di fisica in due distinti mandati, non consecutivi. Nella prima occasione fu eletto il 10 settembre 1956 al Congresso di Torino come Consigliere, carica in cui rimase fino alla fine del mandato, avvenuta il 17 ottobre 1959: fecero parte di quel consiglio, oltre al presidente G. Polvani e al vicepresidente M. Ageno, anche E. Amaldi, E. Pancini, E. Persico e B. Rispoli. Nell'affondamento dell'Andrea Doria, avvenuto nel 1957, andarono perduti un certo numero di fascicoli del Nuovo Cimento in viaggio attraverso l'Atlantico e Amaldi propose nella seduta di Consiglio del giorno 11 gennaio 1957, di chiedere il rimborso dei fascicoli naufragati con la nave e i danni alla compagnia di assicurazione. Non sappiamo se Polvani dette seguito alla proposta e se il rimborso sia stato effettivamente ottenuto (i verbali delle sedute successive non trattano piuÁ il problema e i libri contabili non vengono conservati per mezzo secolo!). Nel settembre 1957 Puppi, che era stato direttore delle prime due scuole svoltesi nel 1953 e nel 1954, fu nominato dal Consiglio della SocietaÁ presidente della Commissione per la gestione delle scuole di Varenna. In quell'epoca, Puppi fece parte del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione e in tale veste propose di togliere il vincolo della cittadinanza italiana per coprire una cattedra universitaria, come risulta dall'informazione da lui stesso data al Consiglio della SocietaÁ nella seduta del 2 maggio 1959. In seguito, il 16 dicembre 1961, Puppi fu eletto una seconda volta nel Consiglio della SocietaÁ, questa volta come Vicepresidente, sotto la presidenza di Gilberto Bernardini. Di questo Consiglio fecero parte anche Maria Ferretti, R. Fieschi, E. Gatti, M. Merlin, L. Mezzetti e E. Persico. L'attuale struttura del Congresso che oltre alle comunicazioni si basa anche sulle relazioni generali ha origine da una proposta di Puppi che risale al 27 gennaio 1962. In quel periodo, egli sostenne a lungo la proposta di strutturare la SocietaÁ in sezioni locali, argomento ripreso piuÁ volte negli anni successivi senza che sia mai stato portato a soluzione. In quel Consiglio venne anche ampiamente discusso se sostenere o meno la costituzione di una nuova associazione, degli insegnanti di fisica, progetto cui Puppi fu sempre contrario, sostenendo l'importanza di un'unica associazione in cui si riconoscessero tutti i fisici. CioÁ malgrado, nell'aprile 1962, il Consiglio dette il disco verde per la costituzione dell'AIF (Associazione per l'Insegnamento della Fisica). NASCE NEL RICORDO DI GIAMPIETRO PUPPI UN PREMIO AL TALENTO DEI FISICI DI DOMANI DAVIDE PATITUCCI Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche «Enrico Fermi», Roma Cinque premi, istituiti dalla World Federation of Scientists (WFS), su proposta del Presidente Antonino Zichichi, per onorare la memoria del fisico italiano Giampietro Puppi, sono stati conferiti lo scorso primo ottobre a giovani ricercatori bolognesi per i loro lavori originali in fisica. A consegnarli, nella prestigiosa cornice dell'Accademia delle Scienze di Bologna, della quale lo stesso Puppi fu membro, la Signora Bianca Puppi, vedova del grande studioso scomparso lo scorso Natale. Durante la cerimonia di premiazione eÁ stato presentato il volume «LA FISICA DI GIAMPIETRO PUPPI», curato da Zichichi. Il libro riproduce una serie di lavori selezionati all'interno della vasta produzione scientifica di Puppi e contiene un interessante commento introduttivo (in Italiano e in Inglese) di Zichichi volto a illustrarne efficacemente il fondamentale contributo al progresso della fisica del XX e del XXI secolo. Giampietro Puppi (Gianni per gli amici) eÁ stato uno straordinario anticipatore. Proprio da una sua idea, infatti, nacque a Bologna Ð dove Puppi fondoÁ la locale Sezione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) Ð il primo centro di calcolo, divenuto poi nel corso degli anni con il nome di CINECA il piuÁ grande d'Italia. Sempre a Bologna Puppi realizzoÁ inoltre, in qualitaÁ di Presidente della European Space Research Organization (ESRO) e di cofondatore della European Space Agency (ESA), il primo radiotelescopio italiano. «Onoriamo oggi un raffinato intellettuale, che ha dato un grande impulso all'organizzazione della scienza con la sua lungimiranza e concretezza», ha dichiarato durante l'apertura della cerimonia Pier Ugo Calzolari, Rettore dell'UniversitaÁ di Bologna. «Sorprendeva e piaceva in Puppi l'assenza di ogni minimo cenno di trionfalismo e il distacco critico, non di rado ironico, 77 Apertura della Cerimonia in Onore di Giampietro Puppi. Da sinistra: Carlo Taddei, Presidente della Classe di Scienze Fisiche dell'Accademia delle Scienze di Bologna; Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists; Giorgio Renato Franci, Presidente dell'Accademia delle Scienze; Pier Ugo Calzolari, Magnifico Rettore dell'UniversitaÁ di Bologna; Enzo Boschi, Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists. 78 anche dal suo stesso lavoro», ha continuato Calzolari ricordando da giovane studente le lezioni del maestro scomparso. «Ma soprattutto colpivano in lui l'eleganza di pensiero e d'espressione, la seconda quasi sempre legata alla prima». Commosso eÁ stato il ricordo di Antonino Zichichi nell'illustrare l'alta statura scientifica di Giampietro Puppi: «A lui si deve il lavoro pionieristico, il famoso «triangolo di Puppi», in cui dimostrava che tre distinti processi deboli Ð il decadimento del mesone p, la cattura del muone m e il suo decadimento Ð sono descritti approssimativamente dalla stessa carica debole fondamentale, il cui valore eÁ rappresentato dai lati del suo triangolo equilatero». Il triangolo di Puppi in seguito diede vita a quelle che sono oggi le forze deboli, dette anche forze di Fermi. «Fu questo l'inizio dell'universalitaÁ delle interazioni deboli e, pertanto, dell'esistenza di una nuova forza fondamentale della Natura», ha sottolineato il premio Nobel Gerardus 't Hooft in un messaggio fatto pervenire all'Accademia delle Scienze di Bologna. Con l'avvento degli acceleratori e della tecnologia delle «camere a bolle», di cui Puppi fu un antesignano, la nuova fisica delle particelle dette «strane» passoÁ dai raggi cosmici ai laboratori di fisica subnucleare. «Un grosso problema della fisica del tempo erano le cosiddette miscele mesoniche», ha spiegato Zichichi. «Puppi ebbe la lungimiranza di scommettere sullo studio di queste particelle anche con tecniche nuove, diverse dalle camere a bolle, incoraggiando noi giovani a battere nuove strade». Un aspetto che eÁ stato messo in risalto anche in un messaggio di Robert Aymar, Direttore Generale del CERN (European Organization for Particle Physics), di cui lo stesso Puppi fu Direttore delle Ricerche e Presidente del Comitato Sperimentale negli anni sessanta. «Fu proprio grazie alle nuove tecnologie Non-Bubble-Chamber, NBC», scrive Aymar, «che furono scoperte al CERN alcune importanti proprietaÁ delle miscele mesoniche pseudoscalari e vettoriali». Questo interesse di Puppi per i mesoni eÁ testimoniato anche dalla serie di lezioni sulle «Risonanze Pioniche» Ð riportate nel volume presentato a Bologna Ð che egli tenne nel 1963 a Erice nel corso della prima Scuola Internazionale di Fisica Subnucleare, dedicata ad Ettore Majorana. Una scuola in cui vengono trattate da piuÁ di quarant'anni le nuove frontiere della fisica e che Puppi, con il suo prestigio scientifico, contribuõÁ a far conoscere nel mondo. A Puppi si deve, inoltre, la creazione della moderna geofisica in Italia, come ha puntualizzato Enzo Boschi, Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). «Puppi lancioÁ in Italia lo studio della geofisica Giuseppe Franco Bassani, Presidente della SocietaÁ Italiana di Fisica. 79 Dall'alto verso il basso: Stefano La Porta, Francesco Noferini, Massimiliano Rinaldi, Marco Garbini e Chiara Zampolli, vincitori dei «G. PUPPI ± WFS A WARDS FOR NEW TALENTS 2007», mentre vengono premiati dalla Signora Bianca Puppi. da un punto di vista quantitativo», ha sottolineato Boschi, «quando nel nostro Paese Ð eravamo in piena guerra fredda Ð si parlava di questa disciplina solo come mezzo per riconoscere un terremoto da un'esplosione nucleare sotterranea, o per cercare gas e petrolio». Infine Franco Bassani, Presidente della SocietaÁ Italiana di Fisica, ha voluto brevemente ricordare il ruolo di Puppi nella SIF stessa facendo riferimento, in particolare, al celebre corso della Scuola di Fisica di Varenna, sul lago di Como, organizzato e diretto da Puppi, dove Enrico Fermi tenne le sue ultime memorabili lezioni su «Pions and Nucleons» nell'estate del 1954. L'impegno e la lungimiranza di Puppi, ha concluso Zichichi, si traducono oggi nelle nuove sfide affrontate, con la costruzione dell'acceleratore LHC, del CERN, che Puppi amava spesso definire «un'istituzione unica al mondo». 80 In memoria e in onore di Giampietro Puppi, la World Federation of Scientists ha istituito cinque borse destinate a premiare l'eccellenza scientifica, denominate: «G. PUPPI ± WFS AWARDS FOR N EW TALENTS». Per il 2007, queste sono state attribuite, in via eccezionale, a cinque giovani ricercatori bolognesi: ± Marco Garbini, per il suo lavoro originale nel Progetto EEE (Extreme Energy Events); ± Stefano La Porta, per il suoi originali calcoli di QED a 4 loop del fattore (g-2) dell'elettrone; ± Francesco Noferini, per il suo studio originale delle correlazioni a 2 particelle da RHIC a LHC; ± Massimiliano Rinaldi, per il suo lavoro originale sulle relazioni di dispersione modificate e la fisica trans-Planckiana; ± Chiara Zampolli, per il suo contributo originale alla futura esplorazione del Quark-Gluon Coloured-World (QGCW). GIAMPIETRO PUPPI, IL SUO TRIANGOLO E LA SUA VISIONE DI PROMUOVERE NUOVI ORIZZONTI IN FISICA ANTONINO ZICHICHI Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna CERN, Ginevra, Svizzera In una delle tante volte in cui ci si trovava insieme gli raccontai di un dibattito che avevo sostenuto con un filosofo su cioÁ che veramente facciamo noi fisici. In questo dibattito era stato di cruciale valore il Triangolo di Puppi: primo passo verso la universalitaÁ delle forze deboli. Il filosofo, nel suo intervento, aveva detto che in realtaÁ noi fisici non scopriamo alcuncheÂ. Esempio: Galilei e Newton riuscirono a capire perche le pietre cadono sempre dall'alto verso il basso. Ma le pietre sono sempre cadute cosõÁ. Capirne il «perche» non eÁ scoprire, sosteneva quel filosofo. Con Maxwell si ripete il discorso. Duecento anni di esperimenti in elettricitaÁ , magnetismo e ottica portarono Maxwell a scrivere le sue famose quattro equazioni e a capire cosa veramente eÁ la luce. Ma la luce esiste da quando eÁ nato il mondo, sosteneva il filosofo. Voi avreste dovuto scoprire la luce, non capirne la sua natura fisico-matematica. Quello che voi fisici fate eÁ capire fenomeni che l'umanitaÁ conosce da sempre, non scoprirli. Fu cosõÁ che pensai al Triangolo di Puppi e alle forze deboli. Il mio maestro, Giampietro Puppi, dissi al filosofo, studioÁ tre fenomeni apparentemente diversi Ð il decadimento di una particella detta «mesone pi-greco», la cattura di un'altra particella detta «muone» e il decadimento di questa stessa particella. Studiandoli in modo rigoroso scoprõÁ il Triangolo che porta il suo nome. Il filosofo fece una smorfia aggiungendo: «cosa c'entrano questi dettagli incomprensibili con le scoperte tipo l'esistenza della luce e l'esistenza di una forza che fa sempre cadere le pietre dall'alto verso il basso?» 81 82 Questo triangolo ha portato alla scoperta di una forza fondamentale della Natura Ð dissi Ð che nessun filosofo, nessun poeta, nessun pensatore, nessun logico-matematico, nessun uomo al mondo aveva saputo immaginare. Se questa forza non esistesse noi non potremmo essere qui a discutere per il semplice fatto che non potrebbe esistere il Sole. Ne potrebbero esistere le Stelle del meraviglioso firmamento. Le forze deboli sono infatti la sorgente della «benzina nucleare» che alimenta il motore del Sole e di tutte le Stelle. La valvola di sicurezza che garantisce la corretta quantitaÁ di «benzina» al motore del Sole (e di tutte le Stelle) eÁ la «carica debole» che non potrebbe essere una carica fondamentale della Natura se non fosse «universale». Il Triangolo di Puppi ci aprõÁ gli occhi sul fatto che i diversi fenomeni detti «deboli» erano generati dallo stesso valore di «carica debole» quindi devono avere in comune questa «carica», che deve quindi essere la sorgente di una nuova forza fondamentale della Natura. Senza il Tuo Triangolo, Caro Gianni, non sarebbe stato facile convincere il pubblico e il filosofo che noi fisici scopriamo fenomeni nuovi, di fondamentale importanza per l'esistenza del mondo che ci circonda, inclusi noi stessi. Fenomeni non meno importanti della luce o delle pietre che cadono sempre dall'alto verso il basso. Noi fisici Ð conclusi rivolgendomi al filosofo Ð non ci limitiamo a capire il perche di fenomeni noti, come Lei sostiene. Ricordo con gioia il sorriso e la grande soddisfazione di Gianni. Il Triangolo di Puppi aveva in due suoi vertici la previsione di qualcosa che avrebbe richiesto quattordici anni per essere messa al vaglio della verifica sperimentale. Il lavoro di Puppi fu infatti pubblicato su il Nuovo Cimento nel 1948 (Il Nuovo Cimento 5, 587 (1948)) (fig. 1). Danby, Gaillard, Goulianos, Lederman, Mistry, Schwartz e Steinberger riuscirono nel 1962 (Phys. Rev. Lett. 9, 36 (1962)) a stabilire sperimentalmente che quanto previsto da Puppi era vero e cioeÁ che il neutrino «muonico» era (ed eÁ) una particella diversa dal neutrino «elettronico»: nm 6 ne . Nel suo famoso lavoro Puppi distingueva la controparte neutra del muone Ð adesso nota come nm Ð dalla controparte neutra dell'elettrone, ora chiamata ne . Tre erano i processi deboli calcolati da Puppi: il decadimento del p, la cattura del m e il decadimento del m. Puppi fu capace di provare che questi tre processi deboli totalmente diversi per la fisica di quei tempi, erano descritti «approssimativamente» dalla stessa carica «debole» fondamentale. Gli accoppiamenti dei tre vertici del Triangolo di Puppi descrivevano tutti i processi deboli allora noti usando lo stesso valore della «carica debole», rappresentato dai lati del suo triangolo equilatero. Questo lavoro fu il primo passo verso l'universalitaÁ delle forze deboli e infatti attrasse l'attenzione di Enrico Fermi perche era la prima prova che tutti i processi «deboli» potevano essere descritti dalla stessa «costante» d'accoppiamento. Questo lavoro uscõÁ proprio un anno dopo la scoperta di Conversi, Pancini e Piccioni (Phys. Rev. 71, 209 (1947)) sui «mesoni» negativi dei raggi cosmici (ora identificati con i leptoni chiamati muoni) che si disintegravano come se non fossero fortemente accoppiati alle forze nucleari. Fermi, Teller e Weisskopf (Phys. Rev. 71, 314 (1947)) misero in evidenza il fatto che la vita media di questo mesone era dodici potenze di dieci piuÁ lunga del tempo necessario affinche il (tanto cercato) mesone di Yukawa fosse catturato da un nucleo attraverso il meccanismo delle forze nucleari. La soluzione di queste apparenti contraddizioni fu trovata da Lattes, Occhialini e Powell (Nature 160, 454 (1947)) i quali scoprirono che il muone dei raggi cosmici era il prodotto di decadimento di una particella, ora nota come il mesone p, considerata dagli autori il «mesone primario» (questa eÁ l'origine del simbolo p, per primario). Provare che le frequenze del decadimento del pione, del decadimento del muone e della cattura del muone erano «approssimativamente» come aspettato dalla universalitaÁ dell'accoppiamento di Fermi fu un contributo notevole. Infatti, il problema della universalitaÁ dell'interazione debole era al centro dell'attenzione della comunitaÁ dei fisici, come eÁ provato dai lavori di O. Klein (Nature 161, 897 (1948)) su «Mesoni e Nucleoni», di T. D. Lee, M. Rosenbluth e C. N. Yang (Phys. Rev. 75, 95 (1949)) su «Interazione di Mesoni con Nucleoni e Particelle Leggere», e di J. Tiomno e J. A. Wheeler (Rev. Mod. Phys. 21, 144 (1949)) su «Spettro Energetico di Elettroni da Decadimento di Mesoni». Quello fu un periodo di grande importanza per la comprensione delle forze deboli, e il Triangolo di Puppi (illustrato in fig. 1) ebbe un ruolo cruciale nel rivelare la proprietaÁ della nuova forza fondamentale della natura la cui «carica» appariva essere tanto piuÁ debole della forza elettromagnetica e di quella nucleare. Un altro contributo interessante di Giampietro Puppi fu il suo lavoro su «Bilancio Energetico della Radiazione Cosmica» (Suppl. Nuovo Cimento, 10 (1953)). Puppi fondoÁ la sezione di Bologna dell'INFN che dette vita a una grande collaborazione nel campo della fisica con le camere a bolle e che portoÁ alla prova della non conservazione della paritaÁ nei decadimenti degli iperoni. Io ho un motivo personale di gratitudine per Giampietro Puppi. Quando era Direttore delle Ricerche al CERN (1962-1963) e poi Presidente del Comitato Sperimentale (1964-1965), ebbe un ruolo cruciale nel sostenere il mio progetto NBC (Non-Bubble-Chamber) (fig. 2). A quei tempi la Fisica era dominata dalla tecnologia delle camere a bolle, in cui Puppi era stato fortemente impegnato per costruire la Camera a Bolle Nazionale ad Idrogeno in Italia, e nella formazione di grandi collaborazioni internazionali basate sull'analisi delle foto di camere a bolle. Fu la necessitaÁ di grande potenza di calcolo che lo portoÁ a fondare a Bologna il primo centro di 83 84 calcolo, il cui sviluppo nei decenni successivi ha prodotto quello che adesso eÁ il piuÁ grande centro di calcolo in Italia. Tornando alla tecnologia delle camere a bolle, vorrei ricordare il suo interesse nel discutere il significato del numero enorme di barioni e mesoni scoperti, grazie alla tecnologia delle camere a bolle. Questo interesse eÁ testimoniato dalla serie di lezioni su «Risonanze Pioniche» che Puppi fece nel corso della prima Scuola di Fisica Subnucleare «Ettore Majorana» tenutasi a Erice nel 1963. Perche non incoraggiare altre tecnologie? La domanda cruciale era: Per fare cosa? Durante una riunione nel suo ufficio di Direttore delle Ricerche del CERN, venne fuori il problema di studiare i modi di decadimenti rari dei mesoni, e specialmente dei canali di decadimento elettromagnetici. Per far questo, era necessaria una tecnologia di «non camere a bolle», NBC. Da tipico esponente della cultura classica di Venezia, aperta ai nuovi orizzonti, egli sostenne che bisognava incoraggiare nuove tecnologie; e cosõÁ ebbe inizio il progetto NBC. Lui non era piuÁ al CERN quando, nel 1968, grazie all'apparato NBC, fu scoperto il nuovo modo di decadimento in due g del mesone X0, che dimostroÁ come questo mesone pesante non potesse essere il membro mancante dell'ottetto tensoriale: fu il primo passo per determinare direttamente il valore giusto del «mixing» dei mesoni pseudoscalari (fig. 4). In una riunione durante la Conferenza dell'EPS a Bologna, dedicata a «Risonanze Mesoniche e Connessi Fenomeni Elettromagnetici», Dick Dalitz mise in evidenza che era grazie a fisici del calibro e con la visione di «Gianni» Puppi che potevano essere aperti nuovi orizzonti nella fisica dei mesoni. Infatti, il problema delle miscele mesoniche vettoriali e pseudoscalari aveva bisogno di una tecnologia NBC per essere studiato sperimentalmente. A quei tempi non esistevano dati di collisionatori (e+e± ) sui mesoni vettoriali e non esistevano misure dirette delle miscele mesoniche pseudoscalari e vettoriali. Come sappiamo adesso, per comprendere le miscele mesoniche, erano necessari, prima la scoperta della QCD e poi la scoperta degli Istantoni. Nessuno avrebbe potuto immaginare questi sviluppi, radicati nella fisica dei mesoni, quando, negli anni sessanta, il Direttore Scientifico del CERN incoraggiava noi giovani fisici a proporre nuove strade per andare oltre la tecnologia delle camere a bolle e oltre la conoscenza delle miscele mesoniche basate soltanto sulle loro masse: ossia oltre cioÁ che Puppi considerava, correttamente, una tautologia. L'attuale stato delle miscele mesoniche, pseudoscalari e vettoriali, eÁ illustrato nella fig. 5. Come previsto da Puppi, queste «miscele» rappresentano l'unica vera proprietaÁ da capire nella fisica dei mesoni. Gli interessi scientifici di Puppi furono anche rivolti alla fisica dello spazio e questa eÁ la ragione per cui divenne Presidente dell'ESRO (European Space Research Organization) e cofondatore dell'ESA, la European Space Agency. Intervenendo nel campo dell'ecologia e della difesa dei tesori piuÁ prestigiosi della nostra civiltaÁ, egli fondoÁ l'«Istituto delle Grandi Masse» al fine di studiare, su rigorose basi scientifiche, la dinamica delle masse marine cosõÁ vitale per il futuro della sua adorata Venezia. L'ultima volta che ebbi il piacere ed il privilegio di incontrare il mio maestro «Gianni» fu poche settimane prima della sua dipartita. Non smise mai di coltivare una moltitudine di interessi, incluso il futuro del CERN, essendo stato non solo Direttore Scientifico ma anche membro del Consiglio del CERN. Era molto preoccupato quando apprese che il Consiglio attuale non sempre esprimeva il suo pieno sostegno alle attivitaÁ del laboratorio. «Ai miei tempi, il Consiglio del CERN era un forte sostenitore delle decisioni prese, sempre, per il rafforzamento dell'eccellenza scientifica dei risultati da ottenere nella piuÁ civile competizione che l'umanitaÁ possa perseguire: la fisica. Nessuno dovrebbe sottostimare il fatto che il CERN ha la proprietaÁ di essere un'Istituzione unica al mondo» (fig. 6). Queste sono le sue ultime parole. Fra pochi mesi, entreraÁ in funzione la piuÁ potente macchina subnucleare del mondo. Una macchina il cui livello d'energia potrebbe rappresentare il primo scalino verso il traguardo della massima energia oggi ipotizzabile usando tecnologie giaÁ collaudate. Macchina il cui fulcro eÁ a Bologna, la cui sigla eÁ ELN, con un livello d'energia pari a mille TeV (un milione di miliardi di elettron Volt). La sua circonferenza sarebbe di 300 km. Giampietro Puppi amava ricordare che, se non fosse crollato il Muro di Berlino, questo progetto sarebbe diventato realtaÁ in Ita- lia in quanto su di esso c'era l'accordo delle superpotenze USA, URSS e della Cina. Il progetto veniva considerato da Reagan, Gorbachev e Deng-Xiao Ping uno strumento di collaborazione scientifica per uscire dal pericolo in cui 50 anni di guerra fredda avevano portato il mondo: l'olocausto nucleare. Questo progetto era un esempio della collaborazione scientifica d'alto livello tra l'Est e l'Ovest, il Nord e il Sud; collaborazione cui Puppi aveva dato preziosi contributi. La macchina in via di definitiva costruzione al CERN ha una circonferenza di 27 km. In essa fasci di protoni si scontreranno a un'energia mai raggiunta nello studio dei fenomeni fondamentali: quattordicimila miliardi di elettronvolt. Cosa verraÁ fuori da questi nuovi livelli d'energia nessuno puoÁ oggi prevederlo con certezza. Le aspettative piuÁ gettonate, direbbe Gianni Puppi, sono le tanto cercate particelle di Higgs e quelle del Supermondo. Una cosa eÁ invece sicura: nell'urto tra nuclei di piombo si realizzeranno le condizioni in cui era l'Universo a qualche decimo di miliardesimo di secondo, dopo il Big Bang. Questa nuova macchina subnucleare dovrebbe entrare in funzione a metaÁ del 2008, aprendo cosõÁ nuovi orizzonti nello spettacolare scenario dei fenomeni fondamentali. Scenario, i cui fenomeni radicalmente nuovi e totalmente inaspettati, nessun filosofo ne pensatore eÁ mai riuscito a immaginare. Vorremmo sperare che in questi nuovi orizzonti si ripetano fenomeni simili al Triangolo di Puppi. E infatti a metaÁ degli anni quaranta del secolo scorso, nessuno avrebbe immaginato che dallo studio di tre fenomeni apparentemente diversi sarebbe potuto venir fuori il Triangolo di Puppi e una nuova forza fondamentale della Natura. La prima decade del terzo millennio potrebbe aprirsi con qualcosa che ci permetterebbe di ribadire quanto sia unica la strada per scoprire fenomeni nuovi essenziali per capire com'eÁ fatto il mondo, cosõÁ com'esso si manifesta agli occhi di chi, seguendo l'esempio di Giampietro Puppi, sa riflettere con rigore nello studio di dettagli che possono sembrare banali, ma che possono invece essere la sorgente di formidabili novitaÁ scientifiche. 85
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