4 - TÜV Italia
Transcription
4 - TÜV Italia
01_facciata_TJ 04/06/2010 13.05 Pagina 1 4 | 09 TÜV SÜD Journal Il cuore pulsante della tecnologia 4 Imprese senza confini 15 Fedegari, l’industria dei pezzi unici 16 Bonfiglioli, internazionalizzare è sano 20 Sacmi, da Imola al Guangdong 25 www.tuv.it Indice_TJ 04/06/2010 16.42 Pagina 2 2 www.tuev-sued.com Caro lettore, Il settore sanitario è un mercato in crescita a livello internazionale. Le previsioni dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, indicano che l’incidenza della spesa sanitaria sul prodotto interno lordo passerà dal 9% al 15% entro il 2020 negli stati membri, esclusi gli Stati Uniti. Le aziende del settore sanitario sono note per le loro capacità innovative, superiori rispetto alla media e investono in R&D circa il 9% del loro fatturato. E questo impegno ripaga: malattie che sembravano incurabili fino ad alcuni decenni fa, oggi possono essere trattate efficacemente. Molti progressi sono stati compiuti in ambito chirurgico grazie alle nuove tecniche e tecnologie: 20 anni fa, i tempi medi di un ricovero per un’operazione di ernia erano di circa tre settimane, oggi dura solo pochi giorni. La nostra storia di copertina esplora le nuove tendenze tecnologiche che il settore sanitario sta adottando (p. 4-8). Il tema è stato selezionato per una buona ragione: TÜV SÜD offre un’ampia gamma di servizi per il settore sanitario sia nell’ambito dei Sistemi di Gestione che in quello della certificazione di prodotto per i dispositivi medici. Nello svolgere le nostre attività facciamo del nostro meglio per proteggere la salute delle persone dalle malattie e per guarirle. È un lavoro carico di responsabilità. Dopo tutto, ci sono migliaia di malattie, ma la salute è una sola. Spero che questo numero sia di suo gradimento. 4 Hi tech in medicina Storia di copertina 4 Dr. Ing. Axel Stepken Presidente del Consiglio d’Amministrazione TÜV SÜD AG 9 Medicina hi tech: da robot chirurgici ed ospedali del futuro a cellule umane rinnovabili Italia, il futuro è già qui Indice_TJ 04/06/2010 16.42 Pagina 3 3 www.tuv.it 14 L’industria dei pezzi unici 18 Internazionalizzare è sano Sezione italiana 13 14 18 23 L’opinione di Andrea Vivi Fedegari Autoclavi, l'industria dei pezzi unici Bonfiglioli Riduttori, internazionalizzare è sano Sacmi, da Imola al Guangdong News 28 28 29 11 12 23 Da Imola al Guangdong TÜV Italia accreditata ISO/IEC 20000-1 A TÜV Italia il Child Guardian Award di Terre des Hommes TÜV SÜD Cina verifica le turbine per un’energia eolica sicura TÜV SÜD America ha firmato un contratto annuale con Ford Le attività di TÜV SÜD 30 Energia per il futuro ALCANTARA S.p.A. è “Carbon Neutral” info EDITORE: TÜV Italia Srl Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni (MI) REDAZIONE: Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni (MI) Testi pagine Italia e supervisione generale: PROPRIETARIO: TÜV Italia Srl Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni (MI) PUBBLICATO TRIMESTRALMENTE: Copie, inclusi gli estratti, solo su concessione dell’editore. DIRETTORE RESPONSABILE: Emilia Pistone TÜV Italia Srl Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni (MI) IMMAGINI: Andreas Kühlken (Copertina, 2), Corbis (4, 5, 7, 8, 11, 12), Experimental - OP Tübingen (6), Novatec Biosol (30, 31), Stock.xchng (28), archivio TÜV SÜD (9). FOTO DI COPERTINA: la medicina hi tech diventa realtà nella sala operatoria sperimentale di Tübingen. TIPOGRAFIA: Gam Edit Srl Via Aldo Moro, 8 24035 Curno (BG) IMPAGINAZIONE: TÜV Italia Srl Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni (MI) articolo_tedesco_TJ 04/06/2010 16.43 Pagina 4 Storie I Hi tech in medicina 4 Il cuore pulsante della tecnologia La medicina moderna diventa sempre più tecnologica: robot chirurgici manovrano bisturi con una precisione inimmaginabile. Cellule cutanee e ossee vengono coltivate artificialmente in laboratorio e gli esperti sottopongono i dispositivi medicali a speciali procedure di controllo nell’unica sala chirurgica sperimentale al mondo. L Oggi le tecniche chirurgiche sono molto poco invasive. Gli strumenti endoscopici permettono di compiere piccolissime incisioni. a scena in una sala chirurgica di Monaco sembra quella di un romanzo di fantascienza. Il paziente giace sul tavolo, coperto da un lenzuolo verde. Tre piccoli tubicini emergono dal corpo del paziente. A pochi metri di distanza un chirurgo è in piedi su una piattaforma dotata di console, dinanzi a lui due monitor. Lentamente, il chirurgo manovra la leva di controllo con una mano e con l’altra porta lo zoom sull’immagine della cavità addominale del paziente, un’area di un rosso intenso. Il vero lavoro - tagliare, plasmare e suturare viene effettuato da qualcun altro: il “Da Vinci”, un robot chirurgico che oggi viene utilizzato con grande successo in urologia, ci racconta il Prof. Dott. Hubertus Fußner della Klinikum rechts der Isar. minimo. Tuttavia, a Fußener non piace usare qui la parola “robot”. Preferisce parlare di Mechatronic Assistance Systems (sistemi di assistenza “mechatronic”). E questo è comprensibile visto che il debutto dei robot nella storia della medicina non è stato particolarmente un successo. Alla metà degli anni ‘90 il “Robodoc” ha cominciato ad eseguire interventi di trapianto dell’anca sull’uomo. Solo in Germania sono stati eseguiti 6000 interventi di questo tipo. I pazienti operati da “Robodoc” hanno avuto esiti peggiori rispetto a quelli operati da chirurghi umani. Muscoli e tessuti circostanti risultavano danneggiati, ricorda il Dott. Fußner. Oggi “Robodoc ha perso la licenza ad operare in quasi tutti gli ospedali. Nemmeno il “Da Vinci” ha avuto subito successo. Non è stato all’altezza né in chirurgia cardiaca né in quella Questo collega “HI Tech” ha una serie di punti di forza: non addominale. Ma poi, quando è stato utilizzato in urologia ha si stanca mai e mantiene il tremore tipico della mano umana al avuto successo. Grazie alla sua precisione, i danni alle fasce articolo_tedesco_TJ 04/06/2010 16.43 Pagina 5 5 Storie I Hi tech in medicina Un cuore ad alta tecnologia: i Mechatronic Assistant Systems come il robot chirurgico “Da Vinci” già operano sui pazienti in sedi quali l’Università del Chicago Medical Center. Per garantire sterilità, le braccia del robot sono avvolte in pellicole di plastica. L’intervento viene mostrato su diversi monitor, e gli infermieri rimangono in attesa per porgere gli strumenti che si rendono necessari. nervose della regione pelvica - una regione sensibile - possono essere evitati. Ma l’apparecchiatura è costosa, un “Da Vinci” costa circa € 1,5 milioni e i costi di manutenzione sono a cinque cifre. Il chirurgo continuerà a svolgere un ruolo cruciale In futuro la chirurgia verrà eseguita in maniera totalmente automatizzata tramite sistemi assistiti? “No” dice Fußner con certezza. “I chirurghi umani continueranno a svolgere un ruolo cruciale in futuro”. I pazienti ripongono la propria fiducia nel chirurgo. “Dopo tutto vi sono limiti all’intelligenza dei dispositivi. Il sistema di assistenza dipende dalla bravura del chirurgo che lo manovra” dice Fußner. “Questo particolare sistema di assistenza Mechatronic avrà successo soltanto se collocato in un contesto intelligente”. E questo richiede sempre l’aiuto umano. Gli assistenti ad alta tecnologia per esempio non saranno mai in grado di scambiarsi gli strumenti da soli. Sarà sempre necessaria l’assistenza di infermieri. Anche nell’operazione di sutura delle incisioni i robot richiederanno un diretto supporto umano. Fußner attualmente sta conducendo ricerche sulla chirurgia del futuro. Con NOTES, un sistema di endoscopia, sarà normale eseguire interventi di chirurgia all’addome senza fare incisioni. Tre tubicini insieme a due braccia ad “artiglio” ed un braccio con telecamera utilizzeranno gli orifizi naturali del corpo - bocca, naso e ano - come accesso per i chirurghi. I tubicini verranno inseriti nel corpo e l’intervento sarà eseguito endoscopicamente. NOTES è ancora nella fase di sviluppo, e Fußner è ottimista: niente più incisioni, tempi contatto Prof. Dr. Sabine Kloth TÜV SÜD Product Services +49-89-5008-4439 +49-89-5008-4003 [email protected] www.tuev-sued.de/magazine articolo_tedesco_TJ 04/06/2010 16.43 Pagina 6 Storie I Hi tech in medicina 6 di recupero più brevi e niente più cicatrici. Ancora però si rendono necessari collaudi approfonditi prima che questi dispositivi sofisticati possano essere utilizzati sui pazienti. Un Check-Up completo I collaudi delle attrezzature medicali Hi-Tech vengono effettuati a Tübingen, una città della Germania meridionale. L’unica sala chirurgica sperimentale al mondo è stata allestita in una ex fabbrica alla periferia della città universitaria. Una struttura all’avanguardia, le cui attrezzature medicali possono essere testate in condizioni di reale operatività. Sul vetro della porta che conduce nell’ufficio dei Dott. Ulrich Matern e Martin Sherrer si legge: “Germania - paese delle idee, Selected Site 2008”. Matern, durante la visita alla struttura, ci dice: “Quello che abbiamo qui è tecnologia pura allo stato dell’arte”. La sala è dotata di attrezzature per un valore di € 4 milioni. Il settore della tecnologia medicale sta vivendo il suo boom, e la ricerca avviene a ritmi molto elevati. La metà di tutti i prodotti tecnico - medicali ha meno di due anni. In Germania vi sono circa 1.000 aziende attive in questo settore, che danno lavoro a 250.000 persone. Il continuo sviluppo della tecnologia presenta un’importante sfida per molti medici. “I dispositivi diventano sempre più complessi, e funzioni sempre nuove sono studiate per assistere il personale chirurgico”, dice Matern. Ad un certo punto della sua carriera il chirurgo ha cominciato a provare frustrazione per le condizioni di non praticità della sala chirurgica e per le difficoltà di utilizzo delle attrezzature. Ha quindi deciso di studiare la possibilità di rendere più ergonomiche, più pratiche o semplicemente migliori le sale operatorie. Oggi i produttori possono collaudare i propri dispositivi presso la struttura del Dott. Matern e dei suoi colleghi. L’ospedale del futuro “Per me la sala operatoria del futuro è un luogo in cui sarà facile lavorare”, dice Matern. Purtroppo la realtà è spesso molto diversa. Gli ospedali sono pieni di una quantità enorme di macchine e attrezzature. “Ogni sala chirurgica è dotata di circa 50 dispositivi tutti prodotti da aziende diverse. Io vorrei che le sale fossero dotate di un unico sistema che fosse certificato.” continua Matern e conclude: “La nostra visione è di avere un unico sigillo di approvazione sulla porta della sala operatoria”. Attualmente, Matern sta sviluppando le norme per l’utilizzo dei dispositivi medicali. “I problemi di facilità d’uso spesso cominciano a manifestarsi soltanto dopo che l’apparecchiatura è stata installata”, dice Dirk Buchel, assistente alla ricerca. Quasi il 50% di tutti i problemi riguardanti l’operatività dei dispositivi medicali segnalati all’Istituto Tedesco dei Farmaci e dei Dispositivi Medicali negli articolo_tedesco_TJ 04/06/2010 16.43 Pagina 7 7 Storie I Hi tech in medicina In una sala operatoria sperimentale a Tübingen, in Germania, i produttori testano i loro dispositivi medicali in condizioni reali (a sinistra). Nella biologia molecolare, viene coltivato in vitro tessuto umano ingegnerizzato (a destra). di ritardo e correttezza di dosaggio del farmaco. Tutti questi problemi potrebbero rivelarsi questioni di vita o di morte se si verificassero durante le condizioni di stress di un vero intervento chirurgico. Il collaudo nella sala chirurgica sperimentale ha fatto emergere questi problemi e siamo così stati in grado di trovare la soluzione”, conclude Buchel. Il boom delle biotecnologie ultimi sei anni riguardano l’aspetto dell’utilizzo. Un esempio di questo tipo di problema è quello di un dispositivo creato per manovrare le siringhe testato recentemente qui a Tübingen. La pompa è stata progettata per la somministrazione di farmaci di importanza vitale per il paziente in momenti critici nel corso dell’intervento chirurgico. Durante il collaudo sono stati riscontrati problemi nell’inserimento della siringa. Si sono verificati anche problemi Uno studio esaustivo pubblicato dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca in Germania nel 2005 ha individuato tre importanti tendenze nella tecnologia medica. La prima è l’aumento dell’informatizzazione, la seconda è la tendenza alla miniaturizzazione, in altre parole all’utilizzo di tecniche e dispositivi sempre più sofisticati, e la terza è la molecolarizzazione, ovvero l’uso di biotecnologie. I progressi compiuti nell’area della medicina rigenerativa sono stati straordinari negli ultimi anni. Un esempio è la coltivazione in laboratorio di cellule cutanee e condrociti umani. La spinta del progresso medico Una nuova tecnologia ha salvato la vita di Arne Larsson nel 1958. Questo paziente Monaco, la tecnologia medica è al primo posto tra i settori con il più elevato numero svedese è stata la prima persona a ricevere un pacemaker cardiaco. Durante di invenzioni con oltre 15.700 brevetti. Un altro aspetto che non va dimenticato sono l’intervento i chirurghi hanno aperto il torace di Larsson e suturato gli elettrodi gli interessi economici nel settore della sanità. Gli occupati in questo settore sono 4,4 direttamente al muscolo cardiaco. I dispositivi riuscivano ad emettere impulsi elettrici milioni e la spesa sanitaria è di € 245 miliardi. “C’è poi un altro aspetto da ricordare: al cuore per sole 24 ore prima di dovere essere sostituiti. nella ricerca ogni quesito a cui si trova una risposta genera a sua volta altri due Oggi i dispositivi salvavita sono dotati di congegni ad alta tecnologia e sono quesiti”, dice il professore. estremamente efficienti. Inoltre le tecniche chirurgiche utilizzate per l’impianto sono “Noi professionisti della molto poco invasive. E questo è un esempio del rapido progresso compiuto in ambito medicina medico. ”La spinta principale al progresso medico ha a che fare con una questione certamente non etica. Il nostro compito è di curare meglio i nostri pazienti”, dice il Prof. Dott. Ing. ci annoieremo Marc Kraft dell’Istituto delle tecnologie mediche alla Technische Universitat di Berlino. in futuro”. La tecnologia medica, settore innovativo e dinamico, svolge un ruolo importante a questo riguardo. Le aziende di tecnologia medica investono circa il 9% del loro fatturato in ricerca e sviluppo. Secondo il parere dell’Ufficio Europeo dei Brevetti di articolo_tedesco_TJ 04/06/2010 16.43 Pagina 8 8 Storie I Hi tech in medicina TÜV SÜD: al servizio della salute Collaudi di prodotto Ricerca clinica I dispositivi medicali, gli impianti e i prodotti per la diagnosi in vitro devono Prima di essere inviato alle farmacie, un farmaco deve superare anni di soddisfare norme molto rigorose prima di potere essere immessi sul mercato. collaudo. TÜV SÜD Life Science assiste le aziende farmaceutiche nella Uno dei più importanti enti di certificazione al mondo, TÜV SÜD Product pianificazione, esecuzione e valutazione degli studi clinici. Service, determina la soddisfazione dei requisiti di approvazione per prodotti quali pacemaker, siringhe, cateteri e sistemi di risonanza magnetica. Gestione sanitaria in azienda Le aziende sono fortemente interessate a ridurre il tasso di assenteismo sul Gestione qualità posto di lavoro. TÜV SÜD Life Science assiste le aziende nel creare sistemi di Sul mercato molto competitivo della sanità, i processi di lavorazione ottimizzati gestione sanitaria globali per la salute fisica e psicologica dei propri e una migliore assistenza generano vantaggi competitivi e una maggiore dipendenti. sicurezza per il paziente. Il legislatore richiede sempre più che gli ambulatori medici e gli ospedali creino sistemi di gestione della qualità. In questo ambito, Formazione iniziale e specialistica TÜV SÜD Management Service è un partner qualificato in grado di costituire e TÜV SÜD Academy offre corsi per i professionisti del settore sanitario su certificare sistemi di gestione della qualità. argomenti quali la prevenzione, le biotecnologie e la protezione da radiazioni. “Con l’aiuto delle cellule staminali si potranno sviluppare metodi terapeutici tradizionali. L’organismo non riconosce le prodotti per la sostituzione dei tessuti malati o danneggiati”, cellule prodotte in laboratorio come geneticamente diverse in dice la Prof. Dott. Sabine Kloth, specialista nella gestione della quanto derivate dal corpo stesso del paziente. Non c’è rigetto qualità dei prodotti clinici alla TÜV SÜD Product Services. Il e il trapianto in generale si rivela un successo. L’epidermide si processo si chiama ingegnerizzazione dei tessuti. Queste rigenera così come la crescita ossea. “Però, questo tipo terapia tecniche vengono già utilizzate per la produzione dell’epidermide cellulare è molto costosa”, dice Kloth. o per sostituire condrociti e tessuti ossei distrutti. L’impianto di protesi ben presto sarà cosa del passato. La visione degli scienziati è quella di sviluppare organi Sono necessari fino a tre mesi per la crescita dei tessuti. I prodotti frutto di ingegneria tissutale costano – a seconda del tipo e dimensione – tra i € 10.000 e € 100.000. “Proviamo ad pienamente funzionali che potranno essere trapiantati sui immaginare il risultato, se fosse possibile sottoporre i pazienti pazienti. La coltura di valvole cardiache e di trachee è già una a terapia impiantando i condrociti. Ciò significherebbe evitare realtà in fase sperimentale. Le terapie che si avvalgono dei ai pazienti lunghe e costose terapie del dolore. Un risultato di tessuti del paziente presentano molti vantaggi rispetto ai grande valore per il paziente”. Costoso da produrre, ma efficace per il paziente: tessuto ingegnerizzato. articolo_robochirurgia_TJ 04/06/2010 16.44 Pagina 9 9 Nel nostro Paese la chirurgia robotica ha compiuto dieci anni, nel mondo siamo secondi solo agli Stati Uniti. Opportunità, limiti, regole: la parola al chirurgo ed esperto di Qualità in Sanità Stefano Bartoli. Italia, dopo gli Stati Uniti, è il primo paese nel mondo, non solo per numero di robot installati in ambito chirurgico attualmente sono 41 - ma anche per numero e qualità degli interventi eseguiti, pertanto il futuro è già qui. Il percorso è partito dal rivoluzionario concetto di “mini-invasività” che, vanificando l’aforisma “grande taglio grande chirurgo”, ha portato allo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate culminate, per il momento, nella “chirurgia robotica”, che permette di realizzare tutti i tipi di interventi, soprattutto quelli più complessi e, grazie ad un sistema di filtrazione del tremore umano ed una scala di precisione dei movimenti, di rendere l’atto chirurgico oltre l’estrema precisione e delicatezza proprie dell’uomo chirurgo. Un pioniere, il Professor Pier Cristoforo Giulianotti della University of Illinois di Chicago, ha aperto il suo intervento alla serata di celebrazione del Decennale della chirurgia robotica in Italia, che si è tenuta a Milano lo scorso 1° dicembre, ricordando che “La chirurgia robotica, o meglio, “robot-assistita”, consente ai chirurghi di affrontare gli interventi più complessi della chirurgia generale e di quelle specialistiche, mantenendo la mini-invasività, con indubbi benefici per il paziente, permettendo una chirurgia “cosmetica”, selettiva, mini-traumatica e di massima precisione. Con la chirurgia robotica si è aperta, dunque, una strada senza ritorno verso un futuro che riserva infinite possibilità in termini di evoluzione tecnologica, a beneficio della salute dei pazienti”. I traguardi della chirurgia robotica sono evidenti in chirurgia generale, cardiochirurgia, urologia, chirurgia toracica, chirurgia ginecologica, otorinolaringoiatria, chirurgia pediatrica e nei trapianti: nel dicembre del 2008, utilizzando il robot “Da Vinci” (www.abmedica.it), è stato effettuato il primo trapianto di un rene da donatore vivente in Italia e il secondo in Europa, presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Anna di Pisa. Ma la chirurgia robotica è anche l’inizio della virtualizzazione totale: apre le porte a un futuro prossimo di interventi eseguiti a distanza, fra diverse città, diversi paesi e diversi continenti, attraverso una “connessione di comunicazione” che media a vario livello le azioni. Tuttavia, nella chirurgia robotica formazione ed esperienza specifica, insieme con la valutazione della qualità dei risultati, sono L’ requisiti necessari per poter garantire il beneficio delle cure promesso. A fronte di questa crescente evoluzione tecnologica, la più importante sfida del futuro è quindi l’adeguamento del training, stimolato anche dall’aumentata richiesta di formazione in chirurgia robot-assistita. In tal senso, in Italia è presente un modello di eccellenza: la Scuola ACOI (Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani), inaugurata a Grosseto nel 2004 dal Professor Giulianotti, primo esempio di Scuola Internazionale di Chirurgia Robotica in Europa, e tuttora principale punto di riferimento per chi desiderasse accostarsi a questa disciplina. L’ACOI - spiega in una nota Rodolfo Vincenti, Presidente dell’Associazione - ha da tempo sentito la necessità di fornire ai chirurghi un percorso di apprendimento delle tecnologie robotiche più avanzate, strutturata su due differenti livelli, di base ed avanzato, con percorsi di partecipazione alle attività di sala operatoria e di esercitazioni pratiche su modelli sperimentali su animale e in laboratorio. I discenti hanno così la possibilità di affrontare la conoscenza della tecnologia e di applicare tale conoscenza con le differenti tecniche necessarie. Ogni avanzamento della ricerca può portare ad un beneficio, ma mette nelle mani dell’uomo strumenti sempre più sofisticati e potenti, potenzialmente pericolosi. Anche la chirurgia “robotassistita”, dove il robot non è un assemblatore, ma un “mediatore di gesti umani”, presenta sfide non solo nella sua applicabilità alle diverse patologie, alla sua validazione gestionale, nell’ottica di un equilibrio tra costi e benefici, ma anche nel campo del diritto e dell’etica. La scienza deve necessariamente porsi domande sul valore sociale di ciò che fa, sul suo impatto ambientale ed economico, politico ed etico: una scienza “socially accountable” ovvero socialmente responsabile del suo operare, si realizza negoziando e discutendo attraverso una “corretta” e non sensazionalistica comunicazione. All’”International Conference on Robotics and Automation” del 2007, venne introdotto il concetto di “Robo-etica”, partendo dalla costatazione “Ubiquitous Robotica“, ovvero la capillare presenza degli automi nella nostra società e la grande possibilità di applicazioni nei campi più diversi, con abilità fino a qualche decennio prima neppure immaginabili. È verosimile che con il tempo si genereranno robot con articolo_robochirurgia_TJ 04/06/2010 16.44 Pagina 10 Storie I Hi tech in medicina 10 capacità di autoapprendimento sempre maggiori. Avremo robot capaci di “decidere“, condizione condivisa con l’essere umano. È immediato che in medicina, uno dei problemi possa essere quello di stabilire il limite tra organismo umano e “meccatronico”, esistono già micro automi usati per sondare il corpo umano e protesi cibernetiche da impiantare e connettere direttamente al sistema nervoso. Ancora, fino a che punto si possono sostituire organi a una persona con parti cibernetiche perché non si snaturi la sua umanità? E il cervello? Oggi è già possibile impiantare chip sui topi e renderli “schiavi”. Con l’introduzione, sempre più rapida di tecnologie rivoluzionarie, la pratica chirurgica, si complica nei suoi aspetti legali, aprendo nuove problematiche nella professione, come la definizione di “responsabilità” per l'eventuale inadeguatezza della risposta del robot di fronte ad un evento. Fino a che il robot viene considerato alla stregua di una macchina, la responsabilità ricade sul suo proprietario/gestore, ma se il robot ha una grossa capacità di autoapprendimento e interazione col mondo esterno, e da un punto di vista sociale è ormai condivisa l’idea di una condizione di autonomia operativa dei robot, si potrebbe complicare la valutazione delle responsabilità. Inoltre le azioni relazionali pre- e postoperatorie, non possono essere sottovalutate né essere alienate. Tali valutazioni, in ambito chirurgico, si complicano ulteriormente se con la rapida introduzione di tecnologie rivoluzionarie, pensiamo alla telepresenza, mediata attraverso la chirurgia robotica, che si sta progressivamente integrando nelle pratiche di assistenza sanitaria. Questo impone uno sforzo “etico” per definire le modalità di informazione al paziente, la “certificazione” delle dotazioni di sicurezza e dell’affidabilità degli strumenti utilizzati, anche a distanza, l’applicazione personalizzata e mai “automatizzata” di una tecnologia che mai potrà modificare il valore del rapporto medico-paziente anche se “a distanza”. Al fine di comprendere e utilizzare le nuove tecnologie, i chirurghi devono essere preparati ad un approccio sempre più tecnicistico, ma senza violare l’”umanità” del proprio gesto. L’influenza pervasiva della tecnologia non può e non deve rendere requisiti alienabili le competenze, l’istruzione, la formazione e la valutazione delle necessità. Il costo della chirurgia robotica e la mancanza di una definizione della diffusione di tali sistemi possono limitarne i benefici promessi, ricordando quanto recentemente affermato dal presidente della Commissione d’inchiesta sul SSN che “(…) è urgente l’introduzione di criteri di valutazione e verifica basati su indicatori scientifici per premiare il merito ed evitare inefficienze e inadeguata gestione delle risorse”. Non si dovrà mai prescindere pertanto dal monitoraggio, che consente la raccolta delle informazioni utili per la valutazione dei rischi; dalla stesura ed applicazione di “raccomandazioni”, che elaborate sulla base delle informazioni raccolte tramite il monitoraggio, hanno lo scopo di fornire indicazioni agli operatori circa le azioni da intraprendere per migliorare la qualità dell’assistenza; dalla formazione del personale, con lo scopo di incrementare la conoscenza degli operatori rispetto ai metodi e agli strumenti per una loro applicazione “in sicurezza”. Ma ciò non potrà produrre alcun risultato se non si considererà colui che dovrebbe essere al centro del sistema: il cittadino. Egli dovrà non solo essere partecipato alle iniziative in atto, ma, e direi soprattutto, essere “istruito” alle enormi problematiche che tali processi di rinnovamento epocale comportano e su quanto la sua conoscenza e disponibilità alla partecipazione attiva sia fondamentale per la realizzazione degli obiettivi. Sarebbe auspicabile, come ha ricordato Rodolfo Vincenti in un recente editoriale, che il chirurgo ed il cittadino, facciano “insieme” un percorso informativo e formativo, capace da un lato di garantire quanto più possibile la qualità dell’assistenza erogata e dall’altro di consentire serenità ed autonomia, per quanto possibile, ai protagonisti di una professione così complessa e coinvolgente quale è la chirurgia. STEFANO BARTOLI 48 anni, dal giugno 2002 Responsabile dell’attività di Chirurgia Vascolare d’Urgenza della ASL RM C. Dal 1999 si occupa di certificazione ISO per TÜV Italia in qualità di esperto tecnico e auditor per il settore Sanità. Ha svolto negli anni diversi stage clinici presso strutture Internazionali di rilievo, quali il Karolinska Hospital di Stoccolma (Svezia), il Servizio di Chirurgia vascolare dell’Ospedale de La Pitie-Salpetriere di Parigi (Francia). “Visiting Professor” per 13 mesi consecutivi presso il Baylor College of Medicine, Divisione di Chirurgia Cardiovascolare, Houston, Texas, USA. Ha partecipato in qualità di relatore a congressi di chirurgia nazionali e internazionali con una produzione di 80 pubblicazioni scientifiche edite su riviste nazionali e internazionali recensite. Da anni progetta ed eroga in qualità di docente, corsi di informatica applicata alla medicina, Qualità in sanità e Risk Management Clinico. news_int_12_13_News_Amerika_Asien 04/06/2010 16.44 Pagina 11 11 Un decennio di successi L’ottagono TÜV SÜD festeggia quest’anno il suo decimo compleanno. “Oggi - dice Thomas Oberst, della divisione Corporate Communication di TÜV SÜD - il gruppo utilizza l’ottagono come marchio di certificazione e logo”. L’ottagono è stato l’elemento unificante di tutte le società del gruppo TÜV SÜD, nel mondo, dal 2004. “Grazie al successo e alla riconoscibilità dell’ottagono tutti i dipendenti dell’ente vi si identificano”. Oberst aggiunge: “Con il posizionamento dell’ente come partner a valore aggiunto, il logo è stato modificato, passando da due a tre dimensioni”. Contatto: [email protected] News TÜV SÜD Cina verifica le turbine per un’energia eolica sicura Dubai migliora la sicurezza del traffico Attraverso una partnership con TÜV SÜD Middle East, TÜV SÜD Auto Services sta lavorando su tre progetti per l’agenzia del traffico di Dubai, la Roads and Transport Authority (RTA). L’emirato vuole modernizzare le tecniche utilizzate nelle ispezioni sui veicoli e TÜV SÜD fornisce all’agenzia consulenza nel processo decisionale dei tecnici, oltre ad attività di certificazione, formazione annuale per tutti gli istruttori di guida e per gli ispettori, nonché la certificazione di aziende partner di RTA relativamente alle ispezioni sui veicoli, patenti di guida e prove. Contatto: [email protected] Controlli della temperatura all’interno della metropolitana di Londra TÜV SUD Product Service Ltd., con sede nel sud dell’Inghilterra, sta lavorando con la Transport for London (TfL), società di trasporto pubblico della capitale britannica, ad un progetto che ha come obiettivo il miglioramento del sistema di abbassamento della temperatura all’interno della metropolitana di Londra. I tecnici del “Cooling the Tube Programme” forniscono servizi di consulenza e di valutazione sul nuovo sistema di ventilazione installato nella metro. Le alte temperature sono un grave problema per la “Tube”, la più antica e lunga rete metropolitana del mondo. Inoltre, TfL ha in programma di aumentare la sua capacità del 25% e questo comporta un incremento del calore prodotto da passeggeri e veicoli. Il progetto mette una particolare attenzione al problema della sostenibilità. Il sistema di raffreddamento della rete dovrebbe essere il più “verde” possibile. Per questo impegno di TfL, il programma ha già ricevuto due premi. Contatto: [email protected] Il Worldwatch Institute afferma che oggi nel mondo quasi il 2% dell’energia elettrica proviene da impianti eolici. Per questo motivo è estremamente importante per gli operatori del settore utilizzare turbine affidabili, che impieghino strutture che abbiano conseguito la certificazione di tipo. Zhejiang Windey, uno dei principali produttori di turbine eoliche dello Zhejiang, ha chiesto a TÜV SÜD China di effettuare una valutazione del progetto dei suoi prodotti, per garantire ai mercati internazionali che la sua produzione soddisfa le normative internazionali in materia. L’attività dei tecnici dell’ente, che durerà una decina di mesi, riguarda la verifica delle turbine compreso il rotore, i sistemi di sicurezza, i componenti elettrici, le carlinghe e i manuali. Inoltre, saranno testati prototipi di scatole cambio e verranno eseguite prove di sicurezza e prove funzionali. Le analisi e i test sono effettuati in conformità alle Linee Guida per la certificazione delle turbine eoliche, una norma internazionalmente riconosciuta per la certificazione di tipo di questi prodotti. Contatto: [email protected] Erdgas Schwaben certificata “climate neutral” La sostenibilità è diventato un fattore importante nei processi decisionali di molte aziende clienti. Il fornitore di gas Erdgas Schwaben è stato certificato da TÜV SÜD Industrie Service come “climate neutral” nelle sue attività distributive di gas. Questo vuol dire che la società non eccede nelle emissioni di CO2 più di quanto ne risparmia. Per arrivare a questo risultato sono state considerate tutte le emissioni generate dalle sue attività, comprese quelle amministrative nonché quelle dovute agli impianti elettrici utilizzati nella distribuzione del gas ai clienti. La certificazione ha coperto anche gli spostamenti dei 250 dipendenti della Erdgas Schwaben, compresi il pendolarismo quotidiano ed i viaggi di lavoro. Per compensare i gas serra emessi, l’azienda ha deciso di investire nella produzione di calore ed elettricità rinnovabile. I clienti ricevono un supporto in termini di progetti di ristrutturazione edilizia e nell’uso di tecnologie, compreso il gas a pompe di calore. Erdgas Schwaben ha investito anche in una “fattoria del vento” in Turchia che alimenta più di 40 megawatt di potenza ogni anno. Ciò equivale a circa 113.000 tonnellate di risparmio di CO2. Contatto: [email protected] news_int_12_13_News_Amerika_Asien 04/06/2010 16.44 Pagina 12 News 12 Test per prodotti tessili e calzature per le aziende dell’area NAFTA TÜV SÜD ha ampliato il range di prove e servizi certificativi sui prodotti tessili e le calzature per le aziende della regione NAFTA (North American Free Trade Agreement). In questo modo le strutture che operano in quest’area possono avantaggiarsi con le soluzioni tecniche e i programmi formativi proposti dall’ente, che coprono un’ampia gamma di argomenti. TÜV SÜD già dal 2006 fornisce questi servizi alle aziende europee del settore. TÜV SÜD America è diventato membro delle maggiori associazioni tecniche americane del settore e Kent Slaby, Direttore Business Development di TÜV SÜD America, è il responsabile di questa divisione, avendo un’esperienza ultraventennale nell’ambito della garanzia di qualità e nella produzione di capi di abbigliamento e calzature. Contatto: [email protected] TÜV SÜD America ha firmato un contratto annuale con Ford Nell’ambito di un contratto annuale, TÜV SÜD America fornirà supporto a Ford presso le varie sedi USA della casa automobilistica. Obiettivo dell’azienda è far sì che le autovetture nuove non presentino rumori indesiderati, come i cigolii, prima della loro immissione sul mercato. Per raggiungere questo risultato sono utilizzati due sistemi sviluppati da Ford, appositamente per rilevare questo tipo di rumori. TÜV SÜD America è responsabile del personale tecnico che esegue queste prove e della gestione e del funzionamento di questi sistemi, le cui sigle sono TEFP e TAFP. I tecnici di TÜV SÜD America fungono anche da “valutatori responsabili”. Attraverso queste attività, Ford vuole aumentare la soddisfazione del cliente e, in quest’ottica, ha firmato una serie di contratti per l’effettuazione di prove su strada e su pista, utilizzando entrambi i sistemi. Attraverso queste prove, oltre ai periodici controlli qualità fatti in fabbrica, Ford si aspetta una diminuzione di circa un terzo dei reclami. Contatto: [email protected] Rafforzate le competenze nel settore della chimica TÜV SÜD sta ampliando i servizi destinati all’industria chimica e petrolchimica. Il 1° luglio 2009 l’ente ha acquisito la divisione tecnica di controllo di Dow Olefinverbund GmbH, con sede a Schkopau, e con questa acquisizione rafforza la sua posizione nell’offerta di servizi per il settore chimico, particolarmente per quelle aziende locate nel centro della Germania e per quelle che lavorano in ambito internazionale. Contemporaneamente alla vendita di questa divisione tecnica, Dow Olefinverbund GmbH ha firmato un contratto con TÜV SÜD Chemical Services, che le fornirà attività di prova e ispezioni. Tutti i dipendenti della divisione tecnica, che hanno già lavorato nelle sedi Dow a Schkopau, Böhlen, Leuna e Teutschenthal, sono stati mantenuti nei loro incarichi e integrati nella struttura di TÜV SÜD Chemical Services. “Vicinanza e familiarità con i clienti giocano un ruolo importante nella qualità dei servizi di prova, in particolare nell’industria chimica e petrolchimica” ha detto Hans-Jürgen Petersen, che guiderà la nuova unità di TÜV SÜD. Petersen ha detto che l’obiettivo di lungo termine è quello di “espandere il business e creare nuovi posti di lavoro nella regione.” L’Amministratore Delegato di TÜV SÜD Chemical Services, Dr.Ing. Hans- Nicolaus Rindfleisch, ha sottolineato l’approccio globale dell’ente nella fornitura di attività ispettive: “Dalle nostre sedi, possiamo seguire i nostri clienti in qualunque parte del mondo si trovino. Tre anni fa, l’ente ha acquistato la società americana Petrochem servizi di controllo e ha aperto una filiale a Singapore.”. Contatto: hans-jü[email protected] editoriale_vivi_TJ 04/06/2010 17.10 Pagina 13 13 Editoriale I Imprese senza confini Sezione italiana Imprese senza confini Dalla centralità del prodotto a quella dei servizi post-vendita. Come cambiano, quali scelte fanno e come guardano al futuro le aziende italiane che passano dal vecchio modello fondato sulle esportazioni alla nuova fase dell’internazionalizzazione. S e c’è un aspetto che la difficile congiuntura relazione con le competenze a 360 gradi di TÜV Italia). ANDREA VIVI economica internazionale di questi ultimi due anni ha Come sempre, sono emersi dei punti comuni: se non a tutti, Amministratore Delegato evidenziato al di là di ogni ragionevole dubbio, è il legame di a molti. Il primo di questi punti è certamente una fiducia TÜV Italia interdipendenza ormai consolidato tra i mercati internazionali. condivisa nel ruolo trainante dei mercati che fino a ieri si Intendiamoci: esistono ancora, a dispetto della forza consideravano emergenti, in particolare di quelli asiatici, e crescente degli accordi globali sul libero commercio, residui che oggi sono decisivi per lo sviluppo di qualsiasi strategia strumenti protezionistici, più o meno camuffati. Così come imprenditoriale. Il secondo può essere indicato nel resistono sensibili differenze tra i mercati dei diversi superamento della vecchia concezione della centralità del continenti e, in una certa misura, delle singole nazioni: prodotto e quindi nell’importanza crescente che assume il tipologie di prodotti, normative da rispettare, standard servizio post-vendita, nelle sue varie declinazioni: dall’analisi qualitativi. dei rischi all’assistenza tecnica, alla ricambistica. Tutte E tuttavia, è innegabile che la dimensione delle imprese in funzioni che richiedono una presenza sui mercati, vicino ai generale sia sempre più collocata su uno scenario globale: per clienti ovunque questi siano localizzati. Di grande rilievo sono gli approvvigionamenti, la localizzazione delle strutture di anche i percorsi avviati per implementare sistemi organizzativi produzione, la clientela. omogenei negli stabilimenti situati in continenti diversi, e multinazionali, ma anche molte imprese di dimensioni medie, Ma c’è anche chi invece considera più conveniente tarare la contatto è in atto da tanti anni ed è stata forse esaltata qualità del prodotto a seconda del mercato cui è destinato. Andrea Vivi Questa trasformazione, che non tocca solo i giganti eccessivamente, quando non mitizzata. Ma molti imprenditori garantire standard qualitativi uniformi sui prodotti. Strategie a confronto, tutte destinate ad essere misurate +39 - 02-241301 italiani sono oggi consapevoli del fatto che il mondo del dopo- alla prova dei fatti, in definitiva del fatturato. Ma che hanno +39 - 02-24130399 crisi non potrà che accelerare in questa direzione. un denominatore comune: le aziende alle quali abbiamo [email protected] E ci trasmettono la convinzione che saranno all’altezza della dedicato stavolta la nostra attenzione sono tutte italiane, ma www.tuv.it sfida le aziende che sapranno affrontare i molteplici problemi il campo dove si gioca la loro partita è il mondo intero. che la dimensione internazionale pone. Nell’esplorare, come sempre facciamo con il TÜV Journal, le esperienze di alcune aziende italiane su un tema specifico, questa volta ci siamo concentrati proprio su quello dei processi di internazionalizzazione in corso. Sulla trasformazione dell’antico modello dell’impresa esportatrice in impresa globalizzata. Come sempre, abbiamo scelto un “campione” di imprese assai eterogeneo (tutte, naturalmente, in qualche modo in Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 14 Editoriale I Oltre la crisi 14 Sezione italiana Fedegari Autoclavi, l’industria dei pezzi unici Cura artigianale, innovazione, certificazioni, design: filosofia di un’azienda con radici in Italia e clienti in tutto il mondo. Con molto più che un piede in Estremo Oriente. Parla l’amministratore delegato Paolo Fedegari. ualcosa si muove, all’estero, in Asia..”. Comincia con una nota di ottimismo sulla ripresa dei mercati, di questi tempi merce rara tra gli imprenditori, l’intervista a Paolo Fedegari che con il fratello Giuseppe guida il gruppo Fedegari Autoclavi SPA. L’azienda è leader di un’importante nicchia di mercato: apparecchi di sterilizzazione per l’industria farmaceutica e chimica (produttori di farmaci, vaccini, eccetera). È un’industria ma fa pezzi unici. Rivendica sul suo sito “la tenacia e l’esperienza dell’artigiano– imprenditore”, ma produce sistemi ad alta tecnologia ed ha adottato “una struttura organizzativa in costante evoluzione”. “Q Innovare per sopravvivere Che si tratti di un’azienda un po’ particolare lo testimonia la filosofia che Fedegari illustra: “L’innovazione è alla base della nostra sopravvivenza – spiega – noi produciamo macchine per l’industria: la nostra è una nicchia specializzata. La sterilizzazione è un po’ una rogna, non sono in tanti nel mondo quelli che ci lavorano”. A testimonianza di questo anche il viavai di compratori che vengono a sincerarsi di persona dei sistemi produttivi adottati qui ad Albuzzano, in provincia di Pavia. “I clienti vengono tutti qua, e questo ci consente di avere un feedback continuo sul prodotto. Oggi ci sono i malesi in visita, ieri c’era un gruppo di cinesi. L’innovazione, dicevo: se vogliamo essere produttori di macchine in Europa e in Italia, oggi, o riusciamo a vendere la tecnologia che non è la macchina ma il prodotto finito, dall’idea al software alla realizzazione fino al manuale, e riusciamo a fare tutto questo proponendo qualcosa di nuovo o veniamo fagocitati dai cinesi. Faccio un esempio: abbiamo perso un ordine nel Sud Est asiatico, dove un cliente ha acquistato due macchine piccole da noi, perché aveva una parte della produzione, che doveva assolutamente certificare per l’esportazione, ma la macchina grossa, per fare i grandi quantitativi, l’ha presa dal concorrente cinese, a un prezzo di oltre il 60% inferiore rispetto al nostro! Noi dobbiamo quindi riuscire a motivare il prezzo, a caratterizzare la nostra macchina. La nostra macchina nasce non solo in officina: facciamo noi il software, cosa fondamentale per un processo speciale qual è la sterilizzazione, che è completamente convalidato e dunque il cliente Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 15 15 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana può verificare i nostri processi di sviluppo e di convalida in qualsiasi momento, attraverso audit programmati o senza preavviso. Ancora oggi alcuni concorrenti sostengono di disporre di un software validato, ma qual è la base di sviluppo di quel software? Su quale sistema operativo si appoggia? Uno dei principali gruppi farmaceutici alcuni anni fa si prese la briga di convalidare sistemi operativi molto diffusi ed utilizzati per svariate applicazioni; i risultati furono disastrosi. Questa convinzione sulla necessità di dare certezze al cliente e sul valore della ricerca tecnologica viene dalla storia dell’azienda, nata da Giampiero e Fortunato Fedegari, artigiani del metallo, nel 1953, e dal 1961 dedita esclusivamente agli impianti di sterilizzazione: “Tanti anni fa papà è stato il primo a portare un po’ di innovazione nel mondo della sterilizzazione. È stato il primo a voler regolare in pressione e controllare in temperatura, tutti gli altri hanno sempre regolato e controllato in temperatura, all’interno dell’autoclave. È stato il primo a sviluppare un computer customizzato, specifico per l’autoclave con un proprio software”. Risale al 1982 il primo sterilizzatore dotato di controllore di processo elettronico. “Abbiamo sempre scelto la strada più difficile, ma che ci ha premiato rispetto ai concorrenti. Poi è chiaro che per arrivare a poter sopravvivere producendo in Europa, e soprattutto in Italia, bisogna ingegnarsi. Facciamo tutto internamente, partiamo dalla lavorazione delle lamiere e costruiamo su nostro progetto anche le valvole, che sono un elemento basilare per la regolazione dei processi condotti dalle nostre autoclavi. Anche la progettazione elettrica è nostra, nell’assemblaggio ci aiuta qualche storico fornitore cresciuto nel tempo insieme a noi. Noi riusciamo perché, sviluppando tutti i nostri componenti all’interno (recipienti in pressione, impianti idraulici, valvole, movimentazioni e soprattutto software) riusciamo ad avere una grossa flessibilità, un controllo sui costi e questo ci permette di guadagnare in termini di marginalità. Soprattutto abbiamo sviluppato internamente dei componenti che ci permettono di realizzare la macchina come vogliamo, accorciando i tempi di produzione. Dobbiamo concentrarci su questi aspetti per recuperare marginalità e avere costi accettabili”. Per puntare sull’innovazione servono investimenti, capitolo che Fedegari affronta con la flessibilità tipica dell’impresa italiana a capitale familiare: “Noi continuiamo a investire in Ricerca & Sviluppo e non smettiamo mai, pianifichiamo gli investimenti ma non smettiamo di seguire il nostro istinto: quando vediamo qualcosa che riteniamo valga la pena di sviluppare, ci guardiamo in faccia e lo facciamo, senza porci troppi problemi. Abbiamo un vantaggio: siamo piccoli, possiamo decidere in maniera molto rapida e soprattutto autofinanziamo tutto quello che riguarda la nostra azienda. Non abbiamo bisogno di chiedere niente a nessuno. Quello che riteniamo di dover fare lo facciamo, ogni tanto qualcosa va bene, qualcosa va male, ma fa parte del rischio d’impresa. Facciamo addirittura fatica a chiudere tutti i progetti che abbiamo in essere: abbiamo un progetto aperto da due anni di una macchina che non riusciamo a completare perché continuiamo a mettergli davanti qualcosa che è più urgente, spesso abbiamo constatato che è meglio sviluppare internamente certi prodotti. Abbiamo valutato l’acquisizione di aziende produttrici di macchinari affini ai nostri, sempre per uso farmaceutico, ma hanno cercato d’impormi delle condizioni, allora abbiamo fatto da soli e i risultati stanno arrivando”. Quanto alla ricerca, “abbiamo alcuni rapporti con scuole e università, non molti purtroppo. A volte le iniziative che ci propongono sono un po’ estemporanee, manca la continuità per creare un ponte fra università e azienda”. Il design, tradizione italiana A parte la struttura familiare della proprietà e la peculiare miscela di cura artigianale e innovazione tecnologica, un’altra caratteristica di Fedegari Autoclavi la rende un’azienda tipicamente Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 16 Storie I Imprese senza confini 16 Sezione italiana italiana: il valore che viene attribuito al design, in definitiva alla bellezza. Anche se non si tratta certo di prodotti destinati a finire in vetrina in un negozio: “È vero, è una tradizione molto italiana. Il design industriale – sottolinea l’Amministratore Delegato – lo vede anche sulle macchine per officina. Ho comprato due torni da un’importante azienda del settore, che ha dedicato del tempo a fare delle belle macchine. Il design a mio giudizio ha una doppia funzione: dare il colpo d’occhio, e far sì che si riconosca che una certa macchina è Fedegari”. C’è un’eredità familiare anche in questo, perché il presidente Fortunato Fedegari ha sempre coltivato la cultura e l’arte, e lo si vede anche da certi oggetti esposti nello stabilimento, frutto di antichi rapporti con artisti locali, in passato ospitati a “creare” anche in officina, con l’aiuto dei saldatori di Fedegari. “Ci deve essere gusto nel lavorare e nel fare qualcosa di bello. Produrre una macchina che, oltre che funzionale, è anche gradevole esteticamente, dà soddisfazione. E noi lavoriamo anche per questo: del resto, il nome sulla macchina è quello della nostra famiglia. Ci vuole passione, divertimento nel lavoro. Noi arriviamo in officina prima delle otto del mattino e si sta qui fino a sera tardi, la maggior parte della giornata la passiamo in azienda ed è bello viverla con un po’ di passione, di gusto. Penso che la prima macchina realizzata in collaborazione con un designer l’abbia presentata mio padre trent’anni fa. Ma non siamo solo noi a farlo, ormai, se facciamo un giro in officina vedrà le linee della macchina per il taglio laser. E direi che ormai non è più una cura solo italiana, si stanno muovendo tanti in questa direzione”. Mercati globali e protezionismo PAOLO FEDEGARI Già da ragazzo intervallava gli studi effettuati all’estero con periodi di intensa attività effettuati nei reparti aziendali, dove ha maturato una concreta esperienza sui processi produttivi e sull’innovazione tecnologica. È Amministratore Delegato del gruppo e, insieme al fratello Giuseppe, ne coordina gli aspetti operativi e gestionali. Dall’Italia però Fedegari Autoclavi si è proiettata verso i mercati globali. Non è tutto oro quello che luccica, e Paolo Fedegari non ha peli sulla lingua: “Per ottenere le certificazioni necessarie per la Cina, gli ispettori del Ministero cinese ci hanno controllato anche i cassetti dei saldatori. In Europa e soprattutto in Italia, non siamo in grado di arginare il flusso di prodotti che arrivano da Paesi dove i controlli non sono sufficienti. I cinesi mandano gli ispettori e qualificano solo aziende che realmente dimostrano di saper costruire i prodotti con i dovuti standard qualitativi e di sicurezza. I costi delle certificazioni sono tutti a carico dell’azienda manifatturiera e sono molto elevati. Gli americani fanno la stessa cosa da anni. In Europa basta mettere il marchio CE sulla targhetta. Eppure abbiamo enti statali preposti al controllo del mercato. Speriamo di non dover attendere qualche incidente sul lavoro prima che ci si accorga che qualcosa deve essere fatto. I nostri politici sottoscrivono accordi bilaterali per favorire il commercio, ma dal nostro osservatorio vediamo che altri paesi hanno in atto una politica di protezionismo volta a penalizzare le importazioni, specie di apparecchiature con elevato tasso tecnologico. Ci piacerebbe vedere interventi concreti orientati a favorire la penetrazione della piccola e media impresa italiana in mercati in via di sviluppo, le procedure per l’ottenimento di un visto per la visita di un cliente o la mancanza di un supporto per partecipare ad un evento fieristico sono indicatori che ci fanno comprendere quanto la politica sia ancora distante dall’impresa.” Ma nonostante questo, la strada è tracciata: “Noi dobbiamo essere vicino a questi mercati, stanno crescendo, e non solo la Cina. Anche Singapore, l’India, tutti i paesi Sud Est asiatico, adesso abbiamo preso una commessa per l’Università di Giacarta. E loro vogliono che l’azienda sia presente sul posto con il proprio personale di supporto tecnico, assistenza commerciale”. Fedegari ha scelto Singapore come porta per l’Oriente: “Lì la forza lavoro parla sia cinese che inglese, non abbiamo problemi di visti per la Cina né problemi con il personale. Ecco perché tanti europei vanno a lavorare laggiù. Ma per sopravvivere Fedegari deve gestire un processo integrato. La macchina che vendiamo è un mezzo per arrivare alla completa gestione di un processo: occorre offrire anche i servizi dove c’è sempre più bisogno di tecnici locali a costi locali. Stare nel paese è l’unico modo per stare vicino ai nostri clienti, che lo richiedono. Una nostra macchina che si ferma in un’azienda farmaceutica crea un fermo di produzione, un costo. Sapere che Fedegari, azienda piccola, azienda di famiglia, non è più un artigiano, ma ha una piccola struttura che copre dall’America a Singapore è rassicurante. Oggi il cliente può chiamarci in qualsiasi momento perché trova una risposta immediata: questo è fondamentale. Man mano che i nostri clienti si spostano vogliono che le nostre macchine e i nostri servizi li seguano. La sopravvivenza di questa impresa è fondata sul rapporto con il cliente, e da Singapore, in particolare, possiamo andare in Cina, in Corea, in India, in Giappone”. Sicurezza e certificazioni Andare all’estero però non basta: con macchine che svolgono funzioni delicatissime come gli sterilizzatori per l’industria farmaceutica occorre rispettare una quantità di norme nazionali e internazionali, e più di tutto occorre garantire la sicurezza assoluta del rispetto di questi standard. Ecco perché Fedegari è tra le aziende più “dotate” in fatto di certificazioni di qualità: “Ne abbiamo bisogno, il settore le richiede con molta severità e noi Fedegari_TJ 04/06/2010 16.45 Pagina 17 17 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana speriamo che possano fare da barriera tecnologica verso i competitor, anche se non sempre funziona in questo senso. Diciamo che è stata un po’ una volontà mia quella di essere una delle prime aziende italiane ad essere certificata secondo il modulo H della Direttiva PED, come produttore di recipienti in pressione e di generatori di vapore. Se vogliamo essere i primi per la tecnologia dobbiamo esserlo anche in questo ambito, ma non per il gusto di esserlo: la nostra capacità deve essere quella di capire prima di altri dove va il mercato e capire prima dei competitor quali sono i requisiti che richiede il mercato. Sicuramente quando abbiamo scelto TÜV, molti anni fa, lo abbiamo fatto perché era un ente di collaudo tra i più diffusi sul territorio europeo e dunque conosciuto anche dai nostri clienti. Abbiamo sempre lavorato molto anche in Germania. Ogni tanto la Francia crea ancora qualche problemino, magari ci richiede il rispetto di normative francesi, ma in generale sono convinto che abbiamo fatto la scelta giusta. Quella del TÜV è stata sicuramente una scelta strategica, avevamo bisogno di qualcuno che fosse riconosciuto come leader nel suo settore a livello mondiale, come riteniamo di essere noi.”. Riccardo Boatti, responsabile Qualità di Fedegari, precisa: “La scelta viene da lontano, l’abbiamo fatta nel 2001. Prima aggiungevamo le certificazioni come tanti mattoncini, una alla volta, con enti diversi. Ma l’ente più accreditato per più aspetti era proprio TÜV SÜD, che conoscevamo da 30 anni, perché già con le prime macchine che richiedevano il collaudo TÜV per la Germania, ricevavamo la visita dei tecnici da Monaco. Erano dei pionieri nei controlli, ma hanno comunque lasciato un messaggio positivo, nonostante le diversità linguistiche e i regolamenti diversi da quelli italiani che noi conoscevamo. Ora è tutto cambiato, le informazioni sono più semplici da reperire ed il livello di preparazione dei nostri collaboratori è cresciuto, così come è aumentata la loro consapevolezza. Anche le competenze degli organismi notificati si sono ampliate.” “Dopo qualche anno di confronti – interviene Fedegari – abbiamo raggiunto un buon livello di collaborazione, non sempre è stato facile ma noi non molliamo. Ricordo i primi risultati sui calcoli visti col TÜV, noi dicevamo ma siete matti, se fossero veri le nostre macchine avrebbero dovuto rompersi da anni. Ma abbiamo sempre avuto anche delle risposte, noi abbiamo provocato, abbiamo portato avanti i nostri discorsi e dall’altra parte, dal TÜV, abbiamo trovato delle risposte, non una chiusura.” In ogni caso, qui ad Albuzzano la sicurezza è una priorità assoluta: “Non dimentichiamoci che costruiamo apparecchi in pressione, andiamo in tutto il mondo e io devo avere l’assoluta garanzia che qualsiasi cosa succeda su un corpo in pressione non sia colpa nostra. Può essere una manomissione, può essere qualsiasi cosa, ma non ci deve essere il minimo difetto sia nel calcolo sia nella realizzazione. Noi vendiamo in America dove vige ancora il danno punitivo: cioè se dovesse scoppiare una delle nostre macchine, l’azienda potrebbe essere condannata a pagare una cifra esorbitante per essere di monito agli altri produttori. La voce più importante dei nostri contratti assicurativi è la responsabilità civile”. contatto Paolo Marcone +39 - 02-241301 +39 - 02-24130399 [email protected] www.tuv.it Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 18 Story I xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx 18 19 Internazionalizzare è sano Rivoluzione organizzativa, innovazione di prodotto, studio approfondito dei mercati e dei Paesi nei quali si stabilisce una unità produttiva: la strategia di Bonfiglioli Riduttori. Intervista all’Ad, Sonia Bonfiglioli onfiglioli Riduttori è leader italiana, con il 22,6 % del mercato di riduttori e motoriduttori, e terzo produttore europeo. Ha avviato il suo processo di internazionalizzazione nel 1982, con l’obiettivo di aprire filiali dirette sui mercati dell’esportazione. I suoi prodotti hanno applicazioni estremamente diversificate, dai sistemi industriali all’energia, alle macchine per l’edilizia. Il fatturato 2008 del gruppo è stato di oltre i seicento milioni di euro, circa tremila gli addetti, dei quali oltre la metà in Italia, ha una crescente presenza di stabilimenti di produzione e di centri di montaggio in tutto il mondo: dal 1999 in India, dal 2001 in Germania, dal 2005 in Slovacchia, dal 2008 in Vietnam, per citarne alcuni. È quindi un’impresa molto legata al tema principale di questo numero del TÜV Journal, dedicato appunto all’internazionalizzazione delle imprese italiane. B Certificazioni strumento globale Sonia Bonfiglioli è Amministratore Delegato dell’omonima impresa di proprietà della sua famiglia, fondata a Bologna nel 1956 per iniziativa del suo attuale Presidente, Clementino Bonfiglioli. Con lei non c’è bisogno di grandi preamboli per condurre il discorso sulla qualità e sul valore aggiunto delle certificazioni: “Da noi il processo di certificazione va avanti da più di quindici anni, abbiamo adottato le doppie certificazioni e stiamo continuando. Perché? Perché la nostra azienda è nata in Italia ma si è via via sviluppata anche all’estero, prima con il concetto della filiale, che oggi si è già evoluto nel concetto di centro di assemblaggio”. Bonfiglioli non è un caso isolato, ma è certamente un caso di scuola: per l’uso delle certificazioni nello sviluppo internazionale dell’impresa, come strumento di uniformità organizzativa e di conseguenza di standardizzazione della qualità della produzione. “Anche in quest’ambito – spiega l’imprenditrice – nei prossimi mesi andremo a completare le certificazioni di questi centri di assemblaggio in giro per il mondo. Su questa strada dell’internazionalizzazione abbiamo avuto un’accelerata della produzione, siamo stati obbligati sicuramente dai nostri clienti, che sono localizzati sempre più nei mercati emergenti. Oggi molti paesi, correttamente, spingono per avere la produzione in loco, per favorire l’occupazione locale. Ci sono politiche che incentivano la produzione in Cina, in India, in America così come in Europa. La nostra azienda, oltre ai centri di assemblaggio, ha quattro stabilimenti di produzione all’estero: in Germania per l’elettronica; in Slovacchia per la meccanica pesante; quello localizzato in India che si sta specializzando sull’eolico e il construction, e quindi sulle forniture per le macchine movimento terra, considerando che l’India avrà un forte sviluppo nel settore dell’edilizia, delle strade e delle infrastrutture; in Vietnam dove Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 19 19 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana abbiamo localizzato lo stabilimento per i motori e infine stiamo partendo con uno stabilimento in Cina. È chiaro che tutte queste sedi produttive hanno già conseguito le certificazioni, in alcuni casi hanno già avuto gli audit da parte dei clienti, quindi il nostro processo di certificazione continua per i centri di assemblaggio e per i riconoscimenti da parte della clientela. Un esempio è Caterpillar, per la quale siamo da alcuni mesi “preferred partner”, fornitore preferenziale. Ovviamente le certificazioni per noi sono la base, poi siamo continuamente sottoposti a audit da parte dei clienti, il cui obiettivo è verificare che la nostra performance rispetti i loro parametri. Proprio in questi mesi c’è stato un forte cambiamento dovuto a questo passaggio da fornitore a partner, che non riguarda solo Caterpillar ma molte altre grandi imprese clienti. Veniamo tutti da una storia, negli ultimi dieci anni, di forte crescita, soprattutto nei settori delle macchine movimento terra e nell’eolico, che abbiamo affrontato con un forte stoccaggio dei magazzini. La domanda – racconta Sonia Bonfiglioli – cresceva ma dietro non c’era un’economia reale altrettanto in crescita, si è riusciti a sopperire quindi creando magazzini e facendoli creare ai nostri fornitori e ai nostri clienti. C’era il timore da parte dei clienti di non riuscire a reperire i motoriduttori o gli inverter sul mercato. Quello che è chiaro, in questa nuova fase, è che i nostri clienti non vogliono più “fare magazzino”, ma non vogliono nemmeno che lo facciamo noi. Quindi c’è una verifica delle logiche delle procedure produttive e di approvvigionamento, che va oltre la verifica di conformità. Quello che si vuole oggi è un allineamento di tutta la supply chain in una logica di risposta rapida e di magazzini contenuti. Si deve uniformare tutta la catena, dal fornitore originario all’end user. È anche in questo quadro che noi stiamo facendo la certificazione corporate”. La scelta delle business unit Bonfiglioli non è un’impresa statica. Il rallentamento globale dell’economia non l’ha sorpresa a sedere sugli allori, come tiene a precisare la nostra interlocutrice: “In termini di innovazione organizzativa siamo reduci, da circa un anno, da un cambio organizzativo importante. Abbiamo preso atto delle specificità degli attuali mercati, venivamo da un’organizzazione funzionale e trasversale: avevamo il responsabile della produzione corporate, il responsabile operation a livello corporate, il responsabile commerciale corporate. Questo non è più coerente con l’attuale situazione, ci siamo resi conto che diversi mercati richiedono approcci differenziati. Noi abbiamo quattro principali settori di riferimento: industriale, construction, eolico e fotovoltaico. Quando parliamo di industriale in realtà parliamo di centinaia di settori: packaging, legno, tessile, ceramico, food & beverage, insomma impianti industriali in generale. All’interno di questo settore includiamo anche le biomasse, quindi una parte delle energie rinnovabili. Poi abbiamo il settore construction, rappresentato da prodotti come escavatori, miniescavatori, gru per l’edilizia, piattaforme aeree, macchine per la battitura dell’asfalto, betoniere, perforatrici. Nell’eolico ci rivolgiamo ai produttori di pale, on e off shore, qui arriviamo ormai fino a progetti di 5 Mw per pala. Infine il fotovoltaico, il settore più recente, sul quale operiamo da quattro anni. Attenzione: quando parliamo di Bonfiglioli parliamo di meccanica, ma anche di elettronica; quindi qui forniamo gli strumenti per la rotazione e il sistema di monitoraggio e di software. Ma il prodotto principale è l’inverter, l’elemento che trasforma in corrente alternata, pronta per essere immessa in rete, la corrente continua generata dal pannello. È importante sottolineare che questi passaggi generano una dispersione, quindi tanto più è alto il rendimento dell’inverter, minore è la dissipazione di energia. Soprattutto nei parchi fotovoltaici: quando abbiamo realizzato nel 2009 quello da 50 Mw a Puertollano in Spagna, che in quel momento era il più grande del mondo, abbiamo vinto la gara perché garantivamo un punto percentuale di dispersione in meno rispetto alla concorrenza”. “Tornando alla nostra organizzazione: questi quattro settori – dice ancora Sonia Bonfiglioli – richiedono ciascuno un diverso approccio. Ad esempio, quando parliamo con un cliente del settore industriale, che sono migliaia per ogni settore, possono essere di grandi dimensioni con fatturati di uno o due milioni di euro, spesso hanno l’end user di un determinato prodotto che gli ha ordinato gli impianti, quindi parliamo di migliaia di codici, migliaia di prodotti finiti. Nel construction, dove i clienti sono aziende come NH, Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 20 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana Caterpillar, Jcb, etc., è il cliente stesso che definisce le specifiche del prodotto, si lavora insieme un anno, occorrono mesi di lavoro per la messa a punto, di prototipizzazione, di test. Il ciclo di vita della macchina dura tre - cinque anni, e nel frattempo si riparte con la progettazione. Anche sull’eolico lavoriamo con la logica della coprogettazione, della partnership, studiamo con il cliente le nuove macchine, in particolare per l’offshore, qui le potenze stanno crescendo; in questo caso forniamo il motoriduttore, approcciando la logica di fornire il sistema. Un diverso criterio è quello utilizzato per il fotovoltaico. Tutto questo, tornando al nostro cambiamento organizzativo, per spiegare che ci siamo dati una organizzazione per business unit, riconoscendo specificità e bisogni dei diversi mercati. Quindi abbiamo al momento due business unit, una che comprende l’industriale e il fotovoltaico (almeno fino a quando non avrà una massa critica sufficiente per essere autonomo) e l’altra per construction ed eolico. È chiaro che per il settore industriale abbiamo una catena molto più lunga, perché abbiamo delle filiali che assemblano e dei distributori, mentre nell’altra business unit la catena è molto più corta, perché abbiamo cento importanti clienti con cui facciamo venti o trenta milioni di fatturato ciascuno, e il rapporto è improntato alla partnership, alla coprogettazione. È un rapporto quotidiano con il cliente”. “Questo assetto organizzativo è coerente con le accelerazioni che certi mercati, come l’eolico e il fotovoltaico, stanno avendo. Del resto tutti i manuali di organizzazione insegnano che il passaggio storico dall’organizzazione funzionale a quella per business unit si fa una volta raggiunta una certa dimensione. Questo cambiamento ci permette di portare avanti in parallelo progetti ed energie e di avere un giusto approccio, anche solo in termini di monitoraggio del mercato e della concorrenza. Quando invece si ragiona come azienda in termini generali si perde questa capillarità, anche perché abbiamo nei quattro settori dei concorrenti molto diversificati. In questa nuova configurazione organizzativa abbiamo un occhio più attento su come si evolvono i competitor nell’eolico, nel fotovoltaico, nel settore industriale. L’imprenditore deve dotarsi di un’organizzazione coerente con il mercato, e poi le organizzazioni sono elementi vivi che si modificano: è chiaro che se cambia il mercato, cambia il contesto, deve cambiare anche l’azienda e non è detto che quella di oggi sarà anche quella di domani. Ricerca, tecnologie, innovazione Il tema dell’innovazione non riguarda, ovviamente, solo l’organizzazione d’impresa: la sfida del mercato si vince anche su altri terreni e quello della ricerca & sviluppo, dell’innovazione di prodotto, è decisivo. “Nel settore del construction e dell’eolico, ragionando con i principali player del settore, facciamo molta coprogettazione, quindi siamo trainati dalle idee che il clientepartner ci suggerisce, quindi c’è molto lavoro anche con brevetti e tecnologie specifiche e protette. Ma stiamo riscontrando un’indiscussa tendenza: sempre di più le tecnologie sono integrate, molto apprezzate da questo tipo di clienti. Abbiamo, per scelta, investito in elettronica, facendo un’acquisizione strategica alla fine degli anni Novanta (Bonfiglioli Vectron). Abbiamo al nostro interno il know how dell’elettrotecnica, quindi quella su cui puntiamo è la capacità di supportare il cliente suggerendo soluzioni non sul singolo prodotto, ma sul sistema, per offrire qualcosa di diverso come performance rispetto al semplice assemblaggio di tre prodotti. L’obiettivo è semplificare la vita al cliente, fornire un prodotto non solo vantaggioso in termini di costi ma di performance”. L’innovazione tecnologica impatta sul tanto discusso problema del cambiamento climatico, ma dal punto di vista imprenditoriale: “In Italia si sta lavorando poco sull’efficienza energetica rispetto ad altri paesi come la Germania o la Danimarca, che sono più avanti sui parametri 20/20/20 adottati in Europa per rispettare il Protocollo di Kyoto: 20% dalle energie rinnovabili, 20% di riduzione delle emissioni di CO2, 20% efficienza. Quindi ci dobbiamo mettere in condizione di fornire motori elettrici o inverter che rispettino questi criteri di riduzione, di dispersione. Oggi l’energia è un elemento chiave dello sviluppo dei prodotti, non è sufficiente che siano poco costosi e poco ingombranti. Tutto il sistema che forniamo deve andare nella direzione indicata da Kyoto. Per quanto riguarda il settore industriale, stiamo studiando dei nuovi rotismi: anche qui ci sono analisi, progetti che vanno nella direzione di una ricerca di maggiori rendimenti. Noi nasciamo come azienda costruttrice di ingranaggi del sistema “vite senza fine”, del resto le ruote dentate le hanno inventate gli Egizi, è un concetto vecchio quanto il mondo ma oggi bisogna andare verso ingranaggi più performanti. E questo può fare la differenza tra i player europei e quelli dei paesi emergenti, dove queste nuove tecnologie non sono state ancora sviluppate, anche se paesi come Cina ed India stanno facendo molta ricerca in questo ambito. Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 21 21 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana Quindi se vogliamo restare competitivi nel mondo, dobbiamo porre una forte attenzione al tema del rendimento energetico. Per la nostra azienda è chiaro che i riduttori a vite senza fine rappresentano ancora una quota di fatturato significativa ma non può essere il futuro”. La ricerca paga, in Bonfiglioli ne sono convinti: Ricerca & Sviluppo assorbono un centinaio di addetti, sono cinque i centri dedicati, e l’investimento circa il 2% del fatturato. “In Germania, a Krefeld, dove c’è una tradizione molto forte delle università in questo settore, abbiamo creato un centro ricerche dedicato all’integrazione delle diverse tecnologie”. La crisi e la ripresa “La crisi – ammette Sonia Bonfiglioli – l’abbiamo sentita dopo il crollo Lehman Brothers, attorno al mese di ottobre del 2008. Fino ad allora non avevamo settori di mercato in sofferenza, abbiamo continuato a crescere fino all’autunno 2008. L’acquisito era in crescita, soprattutto nelle macchine movimento terra. Il trend negativo è durato fino al marzo 2009 poi, con dinamiche diverse per settore, abbiamo iniziato a vedere qualche segnale di ripresa. Nel marzo 2009 abbiamo avuto il dato minimo dell’acquisito e anche quello della nostra demoralizzazione. Succede, quando cominci ad avere dei crolli come nel settore construction, anche del 60%. Non puoi non porti una domanda: dove abbiamo sbagliato? Poi, da buon ingegnere, mi sono fatta l’idea che o si cresce o si cambia, rimanere fermi non ripaga. E dall’industriale abbiamo avuto i primi segni di recupero a partire dall’aprile 2009. In altri settori come l’eolico, in cui non ci aspettavamo un rallentamento, in quel periodo ci sono stati segnali di tensione finanziaria, i governi hanno cominciato a sostenere dei nuovi progetti, ma il credit crunch ha messo in crisi alcuni clienti, soprattutto quelli particolarmente esposti dopo aver fatto importanti investimenti. Anche il fotovoltaico ha avuto dei rallentamenti: noi eravamo particolarmente impegnati in Spagna, che vive un periodo di forte crisi economica, mercato per noi oggi quasi sparito. In Italia abbiamo intrapreso una serie di progetti che però spesso si bloccano, magari per ragioni burocratiche. Dicevo comunque che per fortuna dopo il marzo 2009, l’industriale ha dato i primi segnali di recupero, e quindi l’eolico: da qui abbiamo capito che il problema è congiunturale, che i progetti riprenderanno, e anche il fotovoltaico sta vivendo un momento di forte ripresa a livello internazionale: anche la Cina sta spingendo massicciamente verso le energie rinnovabili e Pechino dopo le Olimpiadi è diventata una città molto meno inquinata. Discorso diverso per l’India: in Cina quello che si decide si fa, l’India è una grande democrazia ma ha tempi di maturazione più lunghi. Quello che sta soffrendo davvero, e che ha iniziato a dare timidi segnali di ripresa solo nell’autunno 2009, è il settore delle macchine movimento terra. In Spagna, ad esempio, si è costruito ben oltre la capacità abitative del paese, l’edilizia ha avuto un crollo del 90%, un cliente con il quale ho parlato recentemente lamenta un calo del 94% sul fatturato! In Italia su strade e infrastrutture si può ancora lavorare e abbiamo fatto già molto. In Europa non si possono costruire case, ma lo si può fare in Cina, in India, ci sono segnali interessanti dal Brasile, e quindi anche il mondo del construction ha dato segnali di ripresa. Anche perché gli stock dei nostri clienti, dopo essere cresciuti molto per via di mancanza di sbocchi sul mercato, hanno raggiunto una dimensione molto più contenuta”. Non tutto è da buttar via, in questa fase di grandi difficoltà: l’AD di Bonfiglioli Riduttori ci tiene a sottolineare i benefici che ne possono derivare. “Certo non si potrà tornare ai volumi di prima, è un mercato che comunque, usciti da questa fase di choc, avrà dimensioni più legate all’economia reale. È quello che la crisi ha insegnato. In ogni caso io credo che le crisi siano un momento di accelerazione e di cambiamento e vanno colte come tali. Superato il momento di disorientamento, adottata un’organizzazione più coerente, si può guardare oltre la crisi, che fa crollare dei mercati, ma ne fa emergere di nuovi. Occorre avere la vocazione per fare l’imprenditore, mestiere sempre più complesso ma prima di tutto un mestiere che vive della sfida, dell’ambizione, dei sogni. La crisi impone una messa in discussione e delle scelte. È chiaro che abbiamo di fronte un anno che impone razionalizzazioni, avendo lucidità e prontezza nel capire quello che occorre eliminare”. L’internazionalizzazione: problemi, sfide, opportunità “La nostra azienda è partita – ricorda Sonia Bonfiglioli – con il processo di internazionalizzazione intorno agli anni Settanta. La prima esperienza è arrivata con l’apertura di una filiale commerciale, e già allora produttiva, in Spagna. Successivamente abbiamo aperto altre filiali in giro per il mondo. Ma il primo vero salto verso l’internazionalizzazione produttiva, l’apertura di un plant all’estero, risale al 1999, con la realizzazione di uno stabilimento in Bonfiglioli_TJ 04/06/2010 16.46 Pagina 22 Storie I Imprese senza confini 22 Sezione italiana contatto Davide Baroncini +39-051-2987411 +39-051-2987499 [email protected] www.tuv.it India. È stato un momento significativo per l’azienda e per me personalmente. È sempre un momento epico quando un’azienda legata al mercato domestico fa questa scelta, che va oltre la semplice apertura di una filiale commerciale. Occorre capire cosa andare a produrre, cosa chiede quel mercato. Innanzitutto abbiamo dovuto riflettere sul perché andare proprio in India: noi non siamo una multinazionale, per una azienda a dimensione familiare la scelta di produrre all’estero doveva essere centrata. Non puoi sbagliare: se l’investimento risulta sbagliato le conseguenze te le porti dietro per anni. La base della scelta è stata una profonda conoscenza del Paese e del mercato e quali clienti potevamo soddisfare. Non c’è niente di più sbagliato nel dire: vado in Cina perché il mio concorrente è andato là, o perché quel paese crescerà, o perché i competitor vanno là. Un nostro cliente dell’eolico forse chiuderà uno stabilimento in Cina: non perché l’eolico lì non cresca, ma perché chi è andato in Cina in anni passati ha potuto aggredire un certo mercato, oggi invece è fortissima la presa di coscienza del governo cinese sulle aziende locali e governative. Quindi arrivando in tempi recenti quelle opportunità non sono state più disponibili. Allora può essere coerente valutare una partnership con un costruttore cinese”. “La nostra esperienza in India è quella di un processo di anni, per riuscire a capire il paese, che è lento e che ha tutto un altro senso del tempo. Suggerisco di cercare di conoscere il paese dove si vuole andare a produrre e quindi, ovviamente, il prodotto, i clienti, il business. La tendenza è quella di forti investimenti delle multinazionali nei paesi a rapido sviluppo. Certi settori stanno seguendo il processo che si è avuto nell’automotive: investimenti in Cina, fornitori cinesi, tendenza soprattutto nei settori che necessitano di forti investimenti. E la crisi ha accelerato tutto questo, anche perché molti governi stanno favorendo questi investimenti, per sostenere l’occupazione interna e la crescita tecnologica di questi paesi. E non c’è alternativa: oggi ci sono regole che impediscono di porre dazi, ma quando i materiali rimangono fermi per due mesi alla dogana, questo è un bel dazio da pagare! Io credo che il processo di internazionalizzazione di una azienda sia un processo sano. Uno dei problemi in Italia è che le aziende sono piccole e non hanno la massa critica necessaria per affrontare questo passo, occorre crescere non per diventare grandi aziende tutte italiane, ma per diventare aziende internazionali, per essere presenti su quei mercati che si prevede in crescita. Poi è chiaro che chi è al governo può fare delle leggi che difendono l’occupazione e disincentivano la dismissione, ma il problema è incentivare l’investimento in Europa e in Italia. Se si impedisce ad un’azienda di delocalizzare, questa non sarà in grado di seguire il cliente e perderà fatturato anche in Europa. Dobbiamo invece stimolare le aziende, seguire i mercati ed essere loro vicino. Esportare non sarà più un investimento vincente se certi clienti affermano: devi essermi vicino in Cina, in India, in America, e per esportare merci dall’Italia verso quei paesi occorrono tre mesi: i clienti non ti aspettano”. In conclusione, come guarda al futuro Bonfiglioli? “Una cosa che sto facendo intensamente in questo periodo è cercare di incontrare molti clienti, cercare di capire che scelte faranno. È il momento di uscire dal guscio, chi fa impresa deve stare fuori dall’azienda, cogliere gli stimoli, i cambiamenti, capire le intenzioni del cliente, capire dove investire, in quali tecnologie e in quali paesi. I prossimi dodici mesi saranno mesi importanti, quando la crisi sarà superata sarà troppo tardi poter cogliere l’opportunità del cambiamento. In questo momento occorrono grande rapidità e flessibilità. Piuttosto che non fare una scelta, oggi è il momento di farla e casomai, poi, correggerla”. SONIA BONFIGLIOLI Dopo la laurea in Ingegneria Meccanica presso Università di Bologna ed un MBA, nel 1992 entra nell’azienda di famiglia dove, dopo un semestre passato in officina al montaggio dei riduttori, fa esperienza presso varie funzioni aziendali tra cui la pianificazione, il commerciale, le relazioni sindacali, la progettazione e l’immagine aziendale. Questo coinvolgimento in prima persona nei vari settori le permettono di mettere a punto e realizzare progetti tendenti al miglioramento gestionale ed alla razionalizzazione della gamma prodotti, siglare accordi con importanti fornitori, acquisire società all’estero e in Italia, mettere le basi per la costruzione e lo sviluppo di uno stabilimento in India ed uno in Vietnam. Molto attenta agli aspetti innovativi del lavoro, ha voluto e partecipato direttamente alla realizzazione di un progetto di E-business per il miglioramento del servizio alla clientela, progetto premiato dal Ministero dell’Industria per il suo forte carattere di innovazione. Dal 2008 è Amministratore Delegato e Socio di Bonfiglioli Riduttori SpA. Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 23 23 Storie I ?????? Da Imola al Guangdong La cooperativa Sacmi di Imola è nata nel 1919, oggi è capofila di un gruppo globale con 3500 dipendenti. Ma resta legata al territorio, come spiega il suo Responsabile Qualità Mauro Ferri. a Sacmi Imola nasce nel 1919 da nove meccanici che avevano in comune la fede nei principi dell’economia cooperativa: “Si misero insieme, in un mondo che allora era difficile per quel tipo di esperienza, ma l’azienda è arrivata fino ad oggi, perché vive in un territorio fertile per questo tipo di organizzazione, tanto che attorno a noi ce ne sono molte altre, di rilevanza anche nazionale”. A farci da guida, partendo dalla lunga storia di quest’impresa così tipica di questa parte d’Italia, per arrivare al tema di questo numero della nostra rivista dedicato alle sfide del presente, l’internazionalizzazione e la globalizzazione, è Mauro Ferri, Responsabile Qualità e Sicurezza della cooperativa Sacmi, che oggi conta circa trecentocinquanta soci, ma è alla testa di un gruppo di aziende presenti in Europa, America ed Asia, con oltre tremilacinquecento dipendenti in tutto il mondo. “Fino alla seconda guerra mondiale – racconta Ferri – la cooperativa cresce in ambiti artigianali: l’agricoltura, la meccanica più semplice. Dopo arriva la prima accelerazione, perché la Cooperativa Ceramica, altra realtà produttiva imolese L d’importanza nazionale e internazionale che, a seguito dei bombardamenti, si era ritrovata con gli impianti danneggiati, chiese alla Sacmi un supporto per ripararli. Lì nasce l’idea di costruire delle macchine per fare piastrelle avviando quello che oggi è per Sacmi il business della ceramica, cuore della sua produzione. In seguito nasce il secondo pilastro su cui si basa l’azienda: attraverso l’acquisizione del brevetto di un artigiano locale si avviò la produzione di macchine per la realizzazione di tappi a corona in metallo e poi per la produzione dei tappi in plastica. Il business nasce con il nome di “Tappi”, per divenire in seguito Packaging, oggi Closures. Nel corso degli anni Sacmi è divenuta leader mondiale nella progettazione e produzione di macchine e impianti per l’industria ceramica, oltre che nella progettazione e produzione di macchine ed impianti per la produzione dei tappi.”. Quali sono oggi le dimensioni del vostro gruppo? Nel gruppo ci sono circa settantaquattro società, subordinate alla capogruppo che è la Sacmi di Imola e alla Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 24 Storie I Imprese senza confini 24 Sezione italiana holding che si chiama Hps spa. Siamo presenti con stabilimenti e filiali in 23 paesi. In tutto il mondo sono in funzione migliaia di macchinari Sacmi e il nostro giro d’affari è basato per l’86% sull’export. Fulcro storico dell’attività è la progettazione e la realizzazione di macchinari per la ceramica, che però nel tempo si è allargata: non si parla più solo di macchine ed impianti per la produzione di piastrelle, ma anche sanitari, stoviglieria, laterizi, tegole e refrattari. Quando si parla di ceramica, in realtà dietro c’è un mondo di prodotti diversi; in questo settore sono undici le società del gruppo che operano, fra marchi e aziende italiane ed estere, principalmente tedesche, poiché tradizionalmente la Germania era l’altro paese dove questo tipo di tecnologia era molto forte. Il secondo business è quello delle macchine e degli impianti per la produzione di tappi e capsule, al quale si è aggiunto come terzo pilastro il business del Beverage, ovvero la progettazione e produzione di macchine e di impianti per la produzione, il lavaggio, il riempimento, la chiusura e l’etichettatura delle bottiglie, destinate a chi fa confezionamento di acqua, della Coca-Cola, etc. Lì, oltre a Sacmi Imola, operano altre importanti aziende come Sacmi Filling e Sacmi Labelling. Il quarto pilastro del business è il Food processing, nato nel 2000 per una scelta di diversificazione fatta dal gruppo. Qui c’è stata l’acquisizione di un’azienda, la Carle & Montanari, che fa macchine e impianti per la produzione del cioccolato. Infine il business del Plastics, realizzato attraverso una serie di acquisizioni di aziende e marchi (Negri Bossi, Bm Biraghi e Oima), che si occupa della progettazione, costruzione e commercializzazione di macchine per lo stampaggio ad iniezione delle materie plastiche. In questa evoluzione, nella diversificazione delle linee di prodotto c’è anche la spiegazione dell’enorme salto che si riscontra nei numeri: se nel 1995 si fatturava l’equivalente di 457 milioni di euro con milletrecento dipendenti, in gran parte impegnati nei due filoni tradizionali della nostra produzione e commercializzazione, nel 2003 il fatturato è quasi raddoppiato avvicinandosi ai 900 milioni e i dipendenti quasi triplicati, superando le tremila unità. Nel 2007 il fatturato è stato di un miliardo e trecento milioni, valore confermato nel 2008. Dal punto di vista tecnologico, cosa è cambiato per voi con lo sviluppo di questi nuovi settori produttivi? Per esempio, le macchine che realizzano i tappi in plastica, prodotte nello stabilimento di Imola, utilizzano la tecnologia della compressione, interamente sviluppata da Sacmi. In realtà la tecnologia più utilizzata nel mondo è quella dello stampaggio ad iniezione, ed è per questo che si è voluto realizzare il business del Plastics: per poter offrire al cliente entrambe le tecnologie di stampaggio, proponendosi così con una gamma completa di Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 25 25 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana soluzioni. Lavoriamo con materiali come Pet, in Polietilene a bassa o alta densità, in Pvc o in Abs. Ad esempio abbiamo venduto di recente quattro macchine alla Fiat per stampare i cruscotti delle Bravo, che sono in Abs. Poi insieme al nuovo business del food processing sono state sviluppate diverse tipologie di sistemi di ispezione, che non sono altro che dei sistemi di visione e controllo che, attraverso l’ausilio di telecamere, permettono di controllare la qualità del tappo o delle piastrelle, prodotte praticamente in tempo reale sostituendo l’attività manuale di scelta. Se si pensa che una macchina che fa tappi in plastica a compressione produce 600-1200 tappi al minuto, dieci o dodici tappi al secondo, è scontato che un sistema destinato al controllo della qualità e della geometrica del tappo in uscita dalla macchina debba essere per forza un sistema ad alta tecnologia. È stato inoltre sviluppato un sistema di “nasi”, un sistema olfattivo: è un prodotto molto innovativo, la cui industrializzazione è ancora un po’ lontana. I sistemi olfattivi possono trovare la loro applicazione in diversi ambiti: nel campo ambientale, nel medicale, nell’automotive, nel settore militare e della sicurezza perché, per esempio, possono essere usati per “annusare” e riconoscere gli esplosivi. Sono tutte cose che richiedono tempo. Un po’ come la piastrella luminosa, un’applicazione suggestiva, da architetti. Sono oggetti di ricerca, ma nel campo dell’industrializzazione stiamo cercando di sviluppare più che prodotti innovativi, progetti di nuove macchine che vadano oltre l’aspetto ricerca. Va citato forse anche il progetto H.E.R.O: le macchine dell’industria ceramica sono estremamente energivore e questo progetto prevede una loro ottimizzazione che, grazie ad una tecnica innovativa che consente di operare in singola pressata, permette una riduzione del consumo di energia elettrica fino al 9% nel processo di formatura della piastrella. Rispetto ad una normale società di capitali, una cooperativa ha una struttura decisionale differente. Ci spiega com’è organizzata la vostra? La Sacmi Imola ha una struttura aziendale classica, con una Direzione Generale ed una direzione per ogni business. La struttura societaria è formata da un Consiglio di Amministrazione, composto da cinque soci eletti ogni tre anni e da un’Assemblea costituita da circa trecentoquaranta soci, parte dei mille dipendenti. Ogni anno vengono selezionati dal Consiglio di Amministrazione nuovi soci in base a criteri di competenza e professionalità, ma anche di adesione ai valori cooperativi, coprendo così il naturale turnover dovuto ai pensionamenti. L’assemblea sociale si riunisce in tutti i momenti cruciali come redazione del budget, verifiche trimestrali, bilancio, acquisizioni, bilancio del gruppo, ecc.. Tutte le assemblee sono precedute da attività di informazione verso i soci. Essere socio di cooperativa è esattamente come avere un doppio rapporto di lavoro: al termine delle otto ore di lavoro, il socio deve investire altro tempo per informarsi e studiare per svolgere la sua funzione di imprenditore e per essere in grado di seguire i lavori dell’Assemblea. La complessità degli aspetti imprenditoriali è crescente: mercati e prodotti, tecnologie, finanza e patrimonio, un gruppo multinazionale come questo richiede un approccio molto più approfondito rispetto al passato. La collaborazione con TÜV Italia ha accompagnato in anni recenti un’intensificazione del vostro lavoro già consolidato sui temi della sicurezza e della qualità. Cosa ha guidato le vostre scelte in questo campo? La certificazione del sistema qualità risale al 1996, nel 2001 abbiamo integrato la certificazione ambientale e dal 2004 anche quella per la sicurezza dei lavoratori. L’azienda, inizialmente, ha visto nella certificazione di qualità un’opportunità sia di organizzazione interna sia di approccio al mercato: erano gli anni in cui la certificazione diventava indispensabile, soprattutto sul mercato internazionale. All’inizio l’ottica era: mercato e organizzazione interna. Già negli anni ‘90, con lo sviluppo della concorrenza internazionale, la standardizzazione diventava Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 26 Storie I Imprese senza confini 26 Sezione italiana contatto ????????????? +39 - 02-241301 +39 - 02-24130399 ??????????? www.tuv.it fondamentale. Quando sono subentrato al collega come Responsabile Qualità, avendo una competenza più tecnica, ho spinto l’azienda a dotarsi della certificazione ambientale e di sicurezza, anche perché Sacmi Imola ha da sempre avuto standard molto alti di sicurezza, sia per la sua origine cooperativa, sia per l’attenzione da sempre rivolta a questi tempi; era quindi possibile adeguarci a quegli standard senza grossi investimenti: la certificazione ambientale l’abbiamo conseguita anche con il supporto di un collega che mi ha aiutato sulle procedure, ma dal punto di vista dei requisiti richiesti eravamo già in regola in tutto. Non è molto comune acquisire una certificazione solo mettendo a punto le procedure. Un aspetto che ha aiutato l’azienda nel suo percorso certificativo sono i forti investimenti infrastrutturali degli ultimi quindici anni. Adesso stiamo realizzando 10.500 metri quadri di nuovi capannoni destinati alla produzione e il montaggio di macchine pesanti, che implica un investimento di 25 milioni di euro. Avere un’azienda di qualità, in salute, sicura, è più facile quando sono possibili investimenti importanti a supporto di questi obiettivi. Con TÜV Italia stiamo facendo un lavoro molto importante nell’area della sicurezza prodotto, sia in termini di formazione della cultura aziendale sia per la qualità del prodotto. Ovviamente è un’area nella quale Sacmi Imola aveva già iniziato ad operare fin dagli anni ‘80. Pur avendo già fatto un percorso approfondito e accurato al momento dell’entrata in vigore della prima edizione della Direttiva Macchine, in questi ultimi tre o quattro anni abbiamo rivisitato con l’aiuto di TÜV Italia tutto l’ambito sicurezza dei prodotti. Si cerca di avere un approccio globale, che riguarda Sacmi Imola, ma anche le consociate e i fornitori e spesso anche i nostri clienti ai quali spieghiamo cosa abbiamo fatto per la sicurezza del prodotto o di cosa ha bisogno la sua azienda per la sicurezza del prodotto. In particolare nel mondo ceramico. Com’è organizzata la vostra presenza all’estero? Quali sono i compiti delle società che operano nel mondo? Una parte delle società del gruppo è finalizzata ad attività produttive, il resto invece al “global network” con aziende che hanno specificamente il compito di sviluppare le vendite, di costruire il business dei ricambi e coordinare l’assistenza tecnica, fondamentale perchè è lì che si costruisce la relazione con il cliente e da sempre Sacmi Imola rivolge molta attenzione e risorse per la realizzazione ed il mantenimento di questo rapporto. Quando si installano tante macchine e tanti impianti in giro per il mondo, la vendita dei ricambi rappresenta una sorta di assicurazione sulla redditività, che non è sempre garantita dalla vendita delle singole macchine. Dal punto di vista dell’internazionalizzazione della produzione l’attenzione si sta concentrando su Cina e India. La Cina rappresenta un mercato di dimensioni, capacità e volumi tali imprescindibile, ancora di più in questo momento di crisi in cui tutti gli altri mercati sono statici. Stesso discorso per l’India, ma con una velocità diversa dalla Cina. In Cina è stata creata un’unità produttiva e si stanno sviluppando una serie di prodotti, gli stessi che facciamo ad Imola, ma rivisitati nell’ottica del mercato cinese. Tale attività dovrà essere intensificata nei prossimi anni perché è un mercato particolare, che è necessario conoscere anche attraverso attività di marketing: bisogna capirne le esigenze per commercializzare prodotti, anche diversi da quelli che vengono destinati al resto del mondo. Quali sono le difficoltà che avete incontrato in questo approccio ai mercati dell’Estremo Oriente? Burocrazia, barriere protezionistiche, formazione del personale? Le difficoltà che lei cita ci sono tutte, ma in parte le abbiamo anche in Italia. La formazione del personale, la relazione con la pubblica amministrazione e la burocrazia rappresentano un problema anche in Italia. Anche il reperimento sul mercato di fornitori di qualità a prezzi concorrenziali è un tema decisivo su qualunque mercato. Poi ovviamente bisogna conoscere le normative del paese e costruire un rapporto con le autorità locali, ma la sensazione è che queste cose stiano avendo un’evoluzione positiva, soprattutto nelle aree industrializzate. A tutto questo si sommano i problemi della lingua, della cultura; chi va in Oriente deve quindi fare i conti con tutto questo. Ma la Cina è anche una realtà estremamente dinamica. Ci sono stato nel luglio del 2009, c’ero stato un anno e mezzo prima e ho trovato grandi Sacmi_TJ 04/06/2010 16.47 Pagina 27 27 Storie I Imprese senza confini Sezione italiana cambiamenti. La Cina cresce molto velocemente, soprattutto nello sviluppo delle infrastrutture: l’aeroporto di Canton è un impianto mai visto in Italia o negli Stati Uniti, forse è paragonabile a Monaco, Francoforte o Parigi. Personalmente ritengo che, dal punto di vista delle infrastrutture, la Cina sia già al nostro livello. Dal punto di vista industriale, invece, la qualità delle lavorazioni non è ancora al nostro livello, e la stessa considerazione vale per la competenza del personale. La mia opinione personale è che molte lavorazioni possono tornare a essere fatte in Europa, per avere una maggiore qualità, ma i prodotti destinati al mercato cinese non possono che essere fatti in loco, perchè quel mercato ha prodotti ed esigenze particolari. Oggi si va in Cina per produrre per il mercato interno, poi sarà possibile produrre lì per ridurre i costi dei prodotti da esportare nel mondo, però, in questo caso, occorre porre molta attenzione all’aspetto della qualità. Sacmi Imola, ad esempio, presso lo stabilimento di Nanhai, vicino Canton nel Guangdong, produce dei forni che non vengono venduti in tutto il mondo ma nei paesi asiatici confinanti con la Cina: sono tarati per quei mercati. Altro esempio: viene prodotta una pressa in Cina per il mercato interno, ma viene comunque montato un kit realizzato ad Imola perché la qualità è superiore rispetto a quello che realizzerebbero fornitori locali. Voi siete una cooperativa, quindi un’azienda che ha un legame particolare con i suoi dipendenti e con il territorio. Come affrontate l’internazionalizzazione rispetto a questo aspetto piuttosto delicato? Mantenendo un equilibrio tra Imola e le sedi estere. Certo non è pensabile chiudere qui per produrre in Cina: per noi i mille di Imola devono esistere sempre, in un certo senso sono la ragione per la quale esistiamo, come cooperativa prima che come gruppo. Inoltre il rapporto con il territorio è testimoniato anche dai dati dell’indotto: i nostri acquisti sono ancora legati in larghissima parte a Imola, all’Emilia Romagna e in misura minore al mercato italiano, mentre le forniture estere restano estremamente limitate. Questo anche ora che il Gruppo Sacmi è presente in tutto il mondo: in questo senso restiamo una realtà aziendale diversa. MAURO FERRI Bolognese, nel 1992, dopo la laurea in Ingegneria Chimica all'Università di Bologna, inizia la carriera professionale in Enichem, presso l'ufficio Tecnico e Lavori dello stabilimento di Ferrara dove rimane fino al 1995. Entra quindi in Sacmi, inizialmente come Responsabile Prevenzione e Protezione, per assumere successivamente anche la responsabilità della Logistica. Dal 2003 è Responsabile Servizi al Patrimonio e del Servizio Qualità Sicurezza e Gestione Processi, ruoli che ricopre ancora oggi. News_TJ 04/06/2010 16.48 Pagina 28 News 28 Sezione italiana Emesso il primo certificato per la norma UNI EN 15593 La UNI EN 15593:2008 “Imballaggi - Gestione dell’igiene nella produzione di imballaggi destinati ai prodotti alimentari - Requisiti” descrive sia il sistema di gestione, sia le pratiche igieniche che i fabbricanti di imballaggi devono fare propri ed attuare, essendo parte della filiera alimentare, a tutela degli utilizzatori finali. È il Sacchificio Veneto di Grezzana (VR) ad aver ricevuto il primo certificato emesso da TÜV Italia secondo questa norma. Un risultato che premia la serietà di una azienda che ha nel suo DNA l’impegno verso i clienti e una politica aziendale di trasparenza e la conferma di un percorso virtuoso iniziato con la certificazione di qualità ISO 9001 nel 2002, proseguito con la certificazione ambientale ISO 14001, che trova con questa nuova certificazione un’ulteriore valorizzazione. Contatto: [email protected] ALCANTARA S.p.A. è "Carbon Neutral" ALCANTARA S.p.A., l’azienda che produce l’omonimo materiale a marchio registrato e propone soluzioni specifiche ad alto contenuto tecnologico e stilistico, grazie a ricerca e innovazione, ha ricevuto questa certificazione che sancisce che tutte le emissioni di gas serra dell’azienda sono state annullate. L’iter certificativo di ALCANTARA S.p.A. si è svolto secondo i seguenti step: - acquisto di energia interamente da fonti rinnovabili, di fatto il primo, importante passo compiuto dall’azienda per ridurre significativamente le proprie emissioni; - inventario da parte dell’azienda dei gas serra emessi (carbon footprint); - verifica da parte di TÜV Italia, attraverso audit, della veridicità dei dati forniti dall’azienda e certificazione dell’inventario in accordo alla norma internazionale ISO 14064; - conseguimento della “Carbon Neutrality” da parte di Alcantara S.p.A. attraverso l’acquisto sul mercato di crediti di riduzione di CO2 da progetti certificati secondo standard ufficiali internazionali. La scelta dell’azienda è caduta su tre progetti localizzati in tre diversi continenti dei quali TÜV Italia ha provveduto a verificarne il bilancio delle emissioni e che i relativi crediti utilizzati fossero “annullati”, cioè tolti dal mercato. Con questa certificazione Alcantara S.p.A. è la prima realtà manifatturiera al mondo che può utilizzare il marchio TÜV SÜD “Carbon Neutral”. Contatto: [email protected] TÜV Italia accreditata ISO/IEC 20000-1 TÜV Italia è il primo ente ad essere accreditato da Accredia secondo la norma UNI CEI EN ISO/IEC 17021:2006, per le certificazioni dei sistemi di gestione dei servizi IT. L’importante risultato, frutto di più di un anno di impegno di tutto il team che nell’ente si occupa delle certificazioni ICT, permette di bissare il successo ottenuto qualche anno fa con le prime certificazioni in Italia dei Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni e poter in questo modo completare la nostra ampia gamma di servizi ICT, destinati ad aziende sempre più esigenti e sempre più competitive. Sino ad oggi le certificazioni ISO/IEC 20000-1 erano rilasciate solo a seguito del riconoscimento internazionale itSMF, che anche il gruppo TÜV SÜD ha ottenuto a suo tempo e che gli hanno permesso di emettere certificazioni di primaria importanza, prima fra tutte quella rilasciata alla BCE, la prima banca centrale al mondo ad aver ottenuto questa certificazione. Più di un anno fa, Accredia ha accolto le istanze di alcuni Enti di Certificazione ed elaborato uno schema di accreditamento secondo le tradizionali norme di riferimento che permettono il Mutuo Riconoscimento delle certificazioni emesse. TÜV Italia ha seguito da vicino questa evoluzione ed elaborato tempestivamente lo schema di certificazione che ha permesso di condividere questo importante primato con le prime aziende certificate, tra le altre Poste Italiane ed Euristica; aziende di primaria importanza che hanno fatto dell’innovazione una delle leve strategiche del proprio successo. Contatto: [email protected] News_TJ 04/06/2010 16.49 Pagina 29 29 News Sezione italiana TÜV Italia ad Ecomondo 2009 A TÜV Italia il Child Guardian Award di Terre des Hommes Dal 20 al 31 ottobre a Rimini si è tenuto l’annuale appuntamento con ECOMONDO, l’evento fieristico più importante a livello nazionale dedicato alle tecnologie verdi e ai nuovi stili di vita, nonché luogo d’incontro privilegiato tra l’industria dell’ambiente e della sostenibilità e gli stakeholders istituzionali, le associazioni di categoria, la Pubblica Amministrazione, le ONG e tutte le tipologie di industria e di produzione di beni. Un luogo dove confrontarsi sui nuovi modelli di crescita economica attraverso la lente d’ingrandimento dell’innovazione, delle tecnologie pulite e di un nuovo approccio all’urbanizzazione e ai contesti sociali. Quest’anno la partecipazione di TÜV Italia all’evento riminese è stata caratterizzata, oltre che dal tradizionale stand, anche da un’importante e qualificata presenza ai convegni svoltisi nell’ambito della manifestazione. L’ente ha promosso tre incontri che hanno toccato argomenti diversi ma sinergici tra loro e particolarmente innovativi per favorire un approccio concreto e positivo alle scelte “sostenibili” delle aziende. Tutti e tre gli incontri hanno registrato un’interessante partecipazione di pubblico. Nell’ambito del convegno “Finanza & Sostenibilità: un obiettivo possibile”, promosso con Unicredit Factoring e WWF e con la presenza di relatori appartenenti ad In occasione di una cerimonia svoltasi a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, il soggetto “Bimbo” della nostra campagna ADV “La realtà può essere un mondo fantastico” ha ricevuto il Child Guardian Award per la categoria stampa/affissione, premio voluto da Terre des Hommes Italia, una delle più attive e riconosciute organizzazioni non governative impegnate nella difesa dei diritti dell’infanzia nei paesi in via di sviluppo. Il Child Guardian Award, premio che vede come partner di Terre des Hommes il Comune di Milano, il gruppo ILSOLE 24ORE e Pubblicità Progresso, ha come finalità principale la valorizzazione di campagne importanti società a livello nazionale, si sono affrontati temi di business e sostenibilità concetti sempre più conciliabili - ed è stato anche l’occasione per presentare il “Sustainable Factoring Project”, già oggetto di un articolo in un precedente numero della rivista. Nel secondo convegno “Con la BS EN 16001, il risparmio energetico si fa sistema” pubblicitarie che hanno dimostrato di saper offrire l’immagine più corretta dei bambini, coniugando il rispetto dei diritti dell’infanzia con un linguaggio comunicativo efficace. Contatto: [email protected] TÜV Italia ha presentato questo nuovo strumento normativo che le aziende hanno a disposizione per il miglioramento dell’efficienza energetica dei propri processi produttivi. L’ultimo incontro dal titolo “Le Vie della Sostenibilità: come conciliare competitività ed eco compatibilità; la regia di Alta Eco, le esperienze di Philips, Agfa e TÜV Italia” è stato l’occasione per promuovere un progetto innovativo sviluppato all’interno del settore delle Arti Grafiche, che dimostra come sia possibile intraprendere la strada di un comportamento sostenibile, senza “stravolgere” le logiche di mercato e gli obiettivi di business. Una partecipazione, quella di TÜV Italia ad ECOMONDO 2009, tutta indirizzata a proporre risposte concrete alle esigenze ambientali, vitali per la sopravvivenza del pianeta. Contatto: [email protected] immagine_finale_TJ 04/06/2010 16.49 Pagina 30 Le attività di TÜV SÜD Energia per il futuro Nel marzo del 2009 la centrale elettrica solare-termico di Puerto Errado, situata nei pressi di Murcia, nel sud della Spagna, ha cominciato a immettere energia elettrica nella rete. L’impianto, sviluppato dalla tedesca Biosol Novatec di Karlsruhe, è il primo a ricorrere al principio di Fresnel: infatti la luce solare è convogliata su una superficie fatta di lunghe file di specchi regolabili. L’energia concentrata riscalda il liquido contenuto in tubi, e il vapore generato dal processo aziona la turbina per la generazione di corrente ambientalmente pulita e sicuramente sostenibile. Hans Christian Schröder e il suo team di tecnici di TÜV SÜD Industrie Service hanno lavorato a questo impianto innovativo di produzione di energia elettrica fin dall’inizio, fornendo consulenza nella fase di pianificazione, supporto nella costruzione dell’unità centrale di controllo GPS e nella valutazione tecnica generale degli apparecchi. Gli specialisti di TÜV SÜD che lavorano sulle centrali elettriche hanno esperienza nella produzione di energia ecocompatibile: oltre agli impianti ad energia solare, intervengono su quelli geotermici e sulle centrali eoliche. 30 immagine_finale_TJ 04/06/2010 16.49 Pagina 31 31 retro_TJ 04/06/2010 16.49 Pagina 32 TÜV Italia: partner d’impresa in certificazione, ispezione, formazione. Vicenza Sesto San Giovanni (MI) Italia Scarmagno (TO) Casalecchio di Reno (BO) Firenze TÜV Italia S.r.l. Via G. Carducci, 125 pal. 23 20099 Sesto San Giovanni (MI) + 39-02-24130-1 + 39-02-24130-399 Roma Napoli Bari Catania Sedi Internazionali Germania: TÜV SÜD AG Westenstraße 199 D-80686 Monaco + 49-89-5791-0 + 49-89-5791-1551 America-NAFTA: TÜV SÜD America Inc Cherry Hill Drive 5 01923 Danvers, USA + 1-978739-7000 + 1-978777-8441 UE e Svizzera: TÜV SÜD AG Westendstraße 199 D-80686 Monaco + 49-89-5791-0 + 49-89-5791-1551 Asia-Pacific: TÜV SÜD Asia Pacific 3 Science Park Drive #04-01/05 The Franklin Singapore 118223 + 65 6773 9731 + 65 6872 4948