IMPIANTO FOTOVOLTAICO
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IMPIANTO FOTOVOLTAICO
IMPIANTI FOTOVOLTAICI 1 Introduzione La tecnologia fotovoltaica si basa sulla conversione diretta dell’energia irradiata dal Sole, generata dalle reazioni di fusione nucleare che avvengono al suo interno, in energia elettrica. Dell’energia irradiata dal Sole, verso lo spazio, giunge sugli strati più esterni dell’atmosfera terrestre una potenza pari a circa 1367 W/m2. Di questa potenza solamente una parte, per via dei fenomeni di assorbimento e diffusione, a cui la radiazione solare è soggetta nell’attraversamento degli strati dell’atmosfera, giunge al suolo. La potenza solare che effettivamente giunge al suolo è quindi funzione della latitudine e quindi dello spessore di atmosfera che la radiazione solare si trova a dover attraversare. Nelle norme, così come nella pratica impiantistica di progettazione, il valore di massima radiazione al suolo viene assunto pari a 1000 W/m2. 1.1 Effetto fotovoltaico Quando la radiazione solare investe un qualsivoglia materiale cede energia agli elettroni più esterni degli atomi, che lo costituiscono, se tale energia è sufficiente, l'elettrone (portatore di carica negativa) risulta libero di allontanarsi dall'atomo di origine, dando luogo alla formazione di una lacuna (portatore di carica positiva). Si rendono pertanto disponibili portatori di carica, che possono essere sfruttati per generare una corrente. Al fine di generare tale corrente è necessario creare un campo elettrico interno al materiale e ciò è ottenuto stabilendo un eccesso di atomi caricati negativamente (anioni) in una parte del semiconduttore e un eccesso di atomi caricati positivamente (cationi) nell’altro. Tali eccessi di cariche positive e negative all’interno del semiconduttore sono ottenuti attraverso un processo detto di drogaggio. Il processo di drogaggio è ottenuto inserendo all’interno della struttura cristallina del semiconduttore degli atomi del terzo gruppo, come ad esempio il boro (B), e del quinto gruppo, quale ad esempio il fosforo (P), per ottenere rispettivamente una struttura di tipo p (con un eccesso di lacune, aventi carica positiva, da cui la dizione “tipo p”) e una di tipo n (con un eccesso di elettroni, aventi carica negativa, da cui la dizione “tipo n”). Nel caso del Silicio, essendo questo un semiconduttore avente quattro elettroni di valenza, il drogaggio con un elemento del terzo gruppo, quale il boro, che ha pertanto tre elettroni di valenza, non permette la chiusura dell’ottetto, dando luogo quindi alla formazione di una lacuna, portatore di carica positiva. Mentre il drogaggio con un elemento del quinto gruppo, quale il fosforo, che ha cinque elettroni di valenza, di cui quattro concorrono alla chiusura dell’ottetto, mentre il quinto resta libero di spostarsi all’interno del reticolo cristallino del semiconduttore fungendo da portatore di carica negativa. 1 Elettroni di valenza Elettroni di valenza Elettroni di valenza Si Si Si Si Si Si B Si Si P Si Si Si Si Si lacuna Elettrone di conduzione Figura 1: struttura cristallina del Silicio. Figura 2: Silicio drogato con boro. Figura 3: Silicio drogato con fosforo. Va sottolineato che il materiale risulta essere globalmente neutro, dato che il drogaggio viene realizzato con atomi neutri (non ioni), quello che cambia è l'eccesso di elettroni nei legami covalenti, da una parte, e il difetto degli stessi dall'altra. Quindi sia la struttura di tipo p che quella di tipo n sono neutre. Lo strato drogato tipo n, presenta una carica negativa debolmente legata, costituita da un elettrone in eccesso per ogni atomo drogante. Nello stesso modo, nello strato drogato di tipo p, si ottiene un eccesso di carica positiva, data dalle lacune degli atomi droganti. Se si congiungono due semiconduttori, uno di tipo p e uno di tipo n, si ottiene, in corrispondenza della zona di contatto, una zona di separazione detta giunzione p-n (Figura 4). Mettendo a contatto i due materiali così ottenuti, si viene a verificare un flusso di diffusione di elettroni dalla zona n alla zona p e di lacune in direzione opposta (gli elettroni e le lacune si spostano fino al raggiungimento dell'equilibrio elettrostatico, che determina un eccesso di carica positiva nella zona n, un eccesso di elettroni nella zona p e una regione intermedia detta regione di svuotamento. Il risultato è un campo elettrico interno al dispositivo che si estende a cavallo della regione di svuotamento, generalmente spessa pochi micrometri. E0 ZONA P ZONA N REGIONE DI SVUOTAMENTO Figura 4: rappresentazione schematica della giunzione p-n. Quando la giunzione p-n è investita dalla parte del silicio tipo n da un flusso luminoso questo cede energia agli atomi di Silicio portando alcuni elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzioni, 2 liberando quindi, sia sul lato n che su quello p della coppie elettrone / lacuna, libere a questo punto di muoversi all’interno del semiconduttore. Il campo elettrico separa gli elettroni in eccesso generati dall’assorbimento della luce dalle rispettive lacune, spingendoli in direzioni opposte, gli elettroni verso la zona n e le lacune verso la zona p. Una volta attraversato il campo, gli elettroni liberi non tornano più indietro, perché il campo, agendo come un diodo, impedisce loro di invertire la marcia. Quindi, se si connette la giunzione p-n con un conduttore, nel circuito esterno si otterrà un flusso di elettroni che parte dallo strato n, a potenziale maggiore, verso lo strato p, a potenziale minore. Fino a quando la cella resta esposta alla luce, l'elettricità fluisce con regolarità sotto forma di corrente continua. 1.1.1 Efficienza di conversione L’energia trasportata dal flusso luminoso è pari a: E = h*υ dove h è la costante di Plank e υ è la frequenza, che è pari al reciproco della lunghezza d’onda della radiazione luminosa. υ = 1/λ Nel caso del Silicio l’energia necessaria a liberare una coppia elettrone / lacuna è pari all’energia associata ad un flusso luminoso avente una lunghezza d’onda al massima pari a λ max = 1,15 mm infatti al crescere di λ diminuisce l’energia trasportata. 3 Pertanto quella parte di radiazione luminosa, pari a circa il 25%, che ha una lunghezza d’onda superiore a λ max non sarà in grado di liberare coppie elettrone / lacuna e quindi non potrà essere convertita in energia elettrica, inoltre la restante parte, avente una lunghezza d’onda minore di λ max, trasporta una quantità di energia superiore a quanto necessario alla liberazione della coppia elettrone / lacuna, energia che pertanto non potrà essere convertita in energia elettrica ma verrà persa sotto forma di calore. Colore Rosso Arancione Giallo Verde Azzurro Indaco Violetto Lunghezza d’onda 0,700 0,645 mm 0,645 0,585 mm 0,585 0,575 mm 0,575 0,490 mm 0,490 0,455 mm 0,455 0,425 mm 0,425 0,380 mm In totale solamente il 44% dell’energia incidente sul pannello fotovoltaico ha la lunghezza d’onda giusta per liberare l’elettrone di valenza, facendolo saltare a elettrone do conduzione. Quindi anche realizzando un pannello ideale questo non potrà mai avere un rendimento superiore al 44%. Fattori che contribuiscono a ridurre il rendimento di conversione al disotto del valore ideale del 44% sono: la riflessione, non tutti i fotoni che incidono sulla cella penetrano al suo interno, dato che in parte vengono riflessi dalla superficie della cella e in parte incidono sulla griglia metallica dei contatti; ricombinazione, non tutte le coppie elettrone-lacuna generate vengono raccolte dal campo elettrico di giunzione e inviate al carico esterno, dato che nel percorso dal punto di generazione verso la giunzione possono incontrare cariche di segno opposto e quindi ricombinarsi; resistenze parassite, le cariche generate e raccolte nella zona di svuotamento devono essere inviate all'esterno tramite contatti metallici posti sul fronte e sul retro della cella. Anche se durante la fabbricazione viene effettuato un processo di lega tra silicio e alluminio dei contatti, resta una certa resistenza all'interfaccia, che provoca una dissipazione che riduce la potenza trasferita al carico. 4 1.1.2 Corrente e tensione di cella La cella è l’unità costitutiva il pannello fotovoltaico. Ogni cella colpita dalla radiazione solare genera una densità di corrente dell’ordine delle decine di milliampere per cm 2 determinando un potenziale di 0,5 ÷ 1 V. I moduli fotovoltaici in silicio cristallino sono realizzati collegando in serie, normalmente, 28, 36, 64 o 72 celle. Le celle sono collegate in serie tra loro al fine di ottenere la tensione di modulo voluta, pari solitamente a 12 V in condizioni standard. Tipo di cella Silicio monocristallino Silicio policristallino Silicio amorfo CuInGaSe2 (CIGS) CdTe Area [cm2] 4,0 1,1 1,0 1,0 1,1 VOC 0,706 0,654 0,887 0,669 0,848 ISC Efficienza di cella [%] 42,2 24,7 38,1 19,8 19,4 12,7 35,7 18,4 25,9 16,4 Tabella 1: area, tensione a vuoto, corrente di corto circuito e efficienza di cella. 1.2 Struttura di un impianto fotovoltaico Gli impianti fotovoltaici possono essere suddivisi in due macrofamiglie: gli impianti in isola (stand-alone); gli impianti in rete (grid-connected). I principali elementi che costituiscono un impianto fotovoltaico sono: i pannelli fotovoltaici; le stringhe; i quadri di capo; gli inverter; i trasformatori. A seconda del tipo di impianto fotovoltaico, della sua taglio e dell’uso che si fa dell’energia prodotta alcuni degli elementi sopra riportati potrà essere presente nella struttura dell’impianto o meno e potranno esservi ulteriori componenti. 1.2.1 Impianti isolati Gli impianti isolati (stand-alone) sono impiegati la dove l’utenza presenta carichi elettrici di piccola potenza in servizio isolato dalla rete, quali ad esempio l’alimentazione di piccoli ripetitori telefonici e radio, rifugi alpini, ecc.. Negli impianti stand-alone l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico deve essere accumulata in batterie, per poter essere impiegata nelle ore a bassa o nulla produzione elettrica, quali ad esempio la notte. 5 1.2.2 Impianti connessi in rete Gli impianti connessi in rete (grid-connected) sono impianti in grado di cedere l’energia prodotta alla rete elettrica. Pertanto non richiedono l’accumulo di energia 1.2.3 Pannelli fotovoltaici La maggior parte delle celle fotovoltaiche attualmente in commercio sono realizzate tramite semiconduttori in silicio. Le principali tipologie di celle fotovoltaiche sono: celle in silicio monocristallino; celle in silicio policristallino; celle a film sottile. Celle in silicio monocristallino Le celle in silicio monocristallino (Figura 5) sono realizzate a partire da cristalli di silicio ad elevato grado di purezza, che vengo prima fusi e poi fatti solidificare in modo da ottenere un lingotto di forma cilindrica costituito da un monocristallo, avente un diametro compreso tra i 13 e i 20 cm e un’altezza di circa 200 cm. Il cristallo viene successivamente tagliato a fette sottili dello spessore di 250 ÷ 350 μm, dette celle, che andranno a costituire i moduli o pannelli fotovoltaici, ottenuti collegando tra loro più celle. I pannelli fotovoltaici monocristallini presentano rendimenti tipici minori o uguali al 16%. Figura 5 Celle in silicio policristallino Le celle in silicio policristallino (Figura 6) hanno costi minori delle monocristalline e sono tipicamente ottenute per fusione degli scarti del processo industriale di produzione dei moduli monocristallini. I pannelli fotovoltaici policristallini presentano rendimenti tipici minori o uguali al 14%. 6 Figura 6 Celle a film sottile Le celle a film sottile (Figura 7 e Figura 8) sono composte da strati di materiale semiconduttore (non sempre è presente il silicio), quali silicio amorfo, telloruro di cadmio, solfuro di cadmio, ecc., depositati generalmente come miscela di gas su supporti a basso costo (vetro, polimeri, alluminio) che danno consistenza fisica alla miscela. I pannelli fotovoltaici a film sottile presentano rendimenti tipici dell’ordine del 5 ÷ 8%. Figura 7 Figura 8 Calcolo del rendimento di pannello Si definiscono condizioni standard (STC – standard test condition) per l’effettuazione dei test di laboratorio sui pannelli al fine di definirne l’efficienza: irraggiamento 1000 W/m2; temperatura del modulo 25°C. Tra i principali dati riportati nella scheda tecnica di un pannello fotovoltaico vi sono: la potenza nominale del pannello; le dimensioni del pannello. Si definisce rendimento di pannello il rapporto tra la potenza in watt e la superficie del pannello in m2. Ad esempio un pannello da 220 W, avente le seguenti dimensioni: altezza 1644 mm; larghezza 992 mm; profondità 46 mm; avrà un rendimento di pannello pari a: potenza sup erficie 220 W (1,644 0,992) m2 134,89 W m2 0,13489 kW m2 si dice, anche se impropriamente essendo il risultato ottenuto non un vero rendimento, il quale dovrebbe essere dimensionale, che il modulo ha un rendimento del 14,45%. Ciò deriva dal fatto che se si divide il risultato ottenuto con un valore d’irraggiamento di riferimento, quale ad 1000 W/m2 si ottiene la percentuale di conversione della potenza solare in potenza elettrica, cioè un rendimento. 7 W m2 W 1.000 2 m 134,89 0,13489 13, 49% Il pannello in condizioni standard genererà quindi una potenza di 220 W, pari a un rendimento di conversione dell’energia solare in energia elettrica del 13,49%. In presenza di un valore di irraggiamento superiore o inferiore ai 1.000 W/m2, e al variare della percentuale di luce diretta e diffusa, di temperature di pannello superiori o inferiori a 25°C e di un angolo di incidenza della radiazione solare superiore o inferiore ai 90° la potenza generata dal pannello potrà essere maggiore o minore di 220 W. Radiazione diretta e diffusa La luce che investe il pannello fotovoltaico si divide in irraggiamento: diretto; diffuso; albedo (emissioni elettromagnetiche dei corpi circostanti). La componente di luce diffusa in presenza di celo nuvoloso o nebbia può essere anche maggioritaria. Figura 9: irraggiamento diretto, diffuso e albedo. 8 Figura 10: composizione dell'irraggiamento. Le diverse tecnologie di pannelli fotovoltaico hanno una capacità più o meno spinta di percepire la radiazione diffusa. I pannelli in silicio monocristallino sono quelli con minor capacità di conversione della componente diffusa, i policristallino presentano prestazioni migliori in tal senso e i film sottili sono quelli più idonei all’installazione in presenza di una rilevante componente di luce diffusa. Nel nord Italia, dove per la presenza di frequenti annuvolamenti o di nebbia i pannelli policristallini risultano più adatti all’impiego dei monocristallini. In generale, nel caso di installazione su superfici orientate a nord o a sud \ est o sud \ ovest con forte scostamento da sud, e quindi scarso irraggiamento diretta e conseguente elevata rilevante importanza della componente diffusa, l’uso di pannelli a film sottile permette di avere producibilità pari a quelle di un pannello in silicio cristallino perfettamente orientato a sud. Confronto tra pannelli monocristallini, policristallini e amorfi Si monocrstallino η cella 14% – 20% Vantaggi Rendimento elevato e stabile. Tecnologia affidabile. Svantaggi Elevato costo. Si policrstallino 12% - 15% Minor costo. Tecnologia affidabile. Minor rendimento. Si amorfo 5% – 10% Minori costi. Buon rendimento in presenza di basso irraggiamento e alte temperature. Possibilità d’impiego su supporti flessibili. Elevata necessità di spazi a causa del basso rendimento. Tabella 2: confronto tra pannelli monocristallini, policristallini e amorfi. 1.2.4 Stringhe Ogni pannello fotovoltaico è costituito da un certo numero di celle, solitamente 36 o 72, ogni cella ha ai suoi capi una tensione dell’ordine dei 0,5 – 0,6 V. Un modulo presenta quindi una tensione hai suoi capi dell’ordine, tipicamente, di 35 V e una corrente massima di qualche amper (es.: 5 A). Al fine di ottenere la potenza elettrica desiderata, che è data dal prodotto della tensione per la corrente Pel [W ] V * I 9 Si collegano più pannelli tra loro in serie, a formare delle stringhe. La tensione ai capi di n pannelli posti in serie è pari alla somma delle tensioni a capi di ogni pannello. n Vstringa [volt] Vi i 1 La scelta del valore della tensione generata si basa su considerazioni di ingegneria elettrica relative ad aspetti di sicurezza ed efficienza del sistema, che vanno oltre gli obiettivi di questo corso. In generale i sistemi fotovoltaici per l’alimentazione di utenze isolate hanno tensioni nominali in corrente continua piuttosto standardizzate (12, 24, 48, 110 V), in quanto i carichi utilizzati sul mercato (lampade, frigoriferi, televisori, pompe, ecc.) sono disponibili in queste tensioni. Diverso è il discorso per gli impianti fotovoltaici collegati in rete. La rete di distribuzione in media tensione è a 15.000 V. La tensione, per poter immettere l’energia prodotta, dall’impianto fotovoltaico, in rete dovrà quindi essere innalzata dal valore a cui è generata al valore di 15.000 V (paragrafo 1.2.7). In generale tanto maggiore sarà la potenza installata, tanto maggiore dovrà essere la tensione installata, così che a parità di potenza si avrà una minor corrente e quindi minori perdite di energia per effetto joule lungo i cavi di distribuzione e minori perdite di conversione da continua ad alternata. Valori tipici di tensione per gli impianti connessi in rete sono: dal centinaio di volt per gli impianti di piccola taglia; 300 – 400 volt per gli impianti di taglia maggiore. La potenza ai capi di una singola stringa sarà pari alla corrente di stringa, pari alla corrente di singolo modulo, per la tensione di stringa. Figura 11: collegamento in serie. Definita la potenza nominale desiderata, ne deriva il numero di moduli da installare. Gli inverter hanno un range ottimale di tensioni in ingresso, per ottenere tale valore di tensione si mettono più moduli in serie, a costituire una stringa, ottenendo così un certo numero di stringhe che collegherò tra loro in parallelo a dare la potenza nominale d’impianto desiderata, tramite l’impiego di quadri di campo. Ad esempio si considerino 10 pannelli collegati in serie aventi una potenza nominale di 200 W l’uno, collegandoli in serie si ottiene una potenza ai capi della stringa di 2.000 W. 1.2.5 Quadri di campo Al fine di ottenere una potenza ancora maggiore la stringhe sono collegate tra loro in parallelo tramite dei quadri di campo. I quadri di campo sono provvisti di un sezionatore, solitamente manuale, per togliere tensione lungo la linea che va dal quadro di campo all’inverter. I cavi in corrente continua, posti a monte dei quadri di campo, e le stringhe, a cui sono collegati, rimangono invece comunque in tensione. 10 Ponendo n stringhe in parallelo si ottiene una potenza pari alla somma delle potenze delle singole stringhe. n P[W ] Pi i 1 I1 I2 B A I3 P[W ] VAB I tot VAB ( I1 I 2 I 3 ) VAB I1 VAB I 2 VAB I 3 P1 P2 P3 Al fine di ottenere un buon bilanciamento del sistema le stringhe sono progettate, in termini di numero, tipologia e orientamento dei moduli, per avere tutte circa la stessa potenza. Analogamente a quanto visto per le stringhe si supponga di collegare in parallelo 10 stringhe da 2.000 W l’una, quello che si ottiene è un sistema avente una potenza di 20 kW. 1.2.6 Inverter I pannelli fotovoltaici generano corrente continua. La maggior parte delle apparecchiature elettromeccaniche funziona con corrente alternata, così come la rete di distribuzione in media e alta tensione è in alternata. Vi sono delle reti di distribuzione in altissima tensione in continua ma sono la minoranza. L’inverter (Figura 12) è un dispositivo la cui funzione è convertire la corrente da continua ad alternata. Per piccoli impianti è possibile adottare inverter da esterni, ovvero inverte provvisti di certificazione per l’installazione in ambiente esterno, in grado pertanto di sopportare gli agenti atmosferici. E’ in ogni caso opportuno proteggere tali dispositivi dall’irraggiamento solare diretto, per evitare che d’estate si surriscaldino, con conseguente perdita di efficienza di conversione. Per fare ciò è sufficiente installarli a ridosso di un cornicione del tetto o di una parete, che li protegga almeno in parte dalle intemperie e realizzare sul posto una piccola tettoia protettiva. Evitare in ogni caso di installarli in ambienti Figura 12: inverter aurora da 330 kW (non installabile in esterno). 11 dove d’estate si possono raggiungere temperature troppo elevate. Ad esempio quando il tetto su cui si stanno installando i moduli è realizzato in lamiera, anche qualora al di sotto di questo vi fosse disponibile uno spazio chiuso, quindi protetto dal sole e dalla pioggia, ricordarsi che in simili spazi destate si raggiungono con facilità i 50°C, tali volumi non sono quindi inidonei a ospitare gli inverter. Gli inverter per applicazioni grid-connected hanno lo scopo primario di permettere una conversione della corrente da cc \ ca la più efficiente possibile e sono pertanto provvisti di un dispositivo di inseguimento del punto di massima potenza (MPPT- Maximum Power Point Tracker). Il dispositivo MPPT ha lo scopo di individuare istante per istante il punto sulla curva caratteristica (I;V) (Figura 13) dei moduli fotovoltaici che massimizza la potenza generata. Al variare della radiazione solare varia la curva I-V del pannello, l’inverter regola la corrente delle stringhe ad esso collegato così da modificarne i valori di I e V al fine di massimizzare la potenza generata. Figura 13: curva I-V per celle fotovoltaiche e sistema MPPT. 1.2.7 Trasformatore Compito del trasformatore è innalzare la tensione dal valore di uscita dagli inverter al valore di rete. Abbiamo visto che negli impianti grid-connected l’energia elettrica è generata con valori di tensione nell’ordine dei 300 – 400 V. Nel caso di allacciamento alla rete elettrica in media tensione (vedasi paragrafo 1.2.10) la tensione dovrà essere innalzata a 15.000 V. Esistono due macrofamiglie di trasformatori: trasformatori in resina; trasformatori ad olio. Entrare nel merito delle differenze tra i due dispositivi e sull’opportunità di impiego dell’uno piuttosto che dell’altro prescinde dagli obiettivi del presente corso. I trasformatori standard sono progettati per innalzare la tensione dai 380 V ai 15.000 V. Se il sistema fotovoltaico produce corrente a tensione inferiore ai 380 V, che indicheremo con V1, con V1 < 380 V, è necessario o prevedere l’installazione di uno o più trasformatori che innalzino la tensione da V1 fino a 380 V, prima del trasformatore 380 / 15.000 V, o adottare un trasformatore speciale a / 15.000 V. Esistono inverter provvisti di trasformatori integrati per l’innalzamento della tensione dai valori di campo a 380 V. 12 Il vantaggio di adottare una soluzione con trasformatori associati agli inverter per l’innalzamento della tensione a 380 V è di poter utilizzare un trasformatore finale 380 / 15.000 V che essendo standard è di facile e rapide reperibilità sul mercato al contrario di un trasformatore speciale a / 15.000 V. Svantaggio di una simile soluzione sono le maggiori perdite di conversione. I piccoli trasformatori, per l’innalzamento della tensione a 380 V, hanno rendimenti di conversione minori dei trasformatori per l’innalzamento a 15.000 V, con perdite aggiuntive dell’ordine dei 2 – 3 punti percentuali della produzione. Figura 14: trasformatore 400 \ 15.000 V. 1.2.8 Punto di consegna Il punto di consegna è fisicamente una sala all’interno della quale si trova la quadristica elettrica dove arrivano i cavi elettrici che portano l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico e ripartono i cavi elettrici della rete pubblica. 1.2.9 Perdite del sistema Il rendimento dei pannelli fotovoltaici, che nelle migliori delle ipotesi si aggira intorno al 16% non è il rendimento dell’impianto fotovoltaico. Una volta prodotta la corrente in continuo, ai capi delle stringhe, questa andrà ceduta in rete, per gli impianti grid-connected, la corrente dovrà quindi percorrere un tragitto lungo il quale si avranno le seguenti perdite: perdite distribuite lungo i cavi di continua dai moduli fino agli inverter (i cavi in continua sono soggetti a perdite maggiori di trasporto dei cavi in alternata); 13 perdite concentrate di conversione da cc /ca; perdite concentrate di trasformazione per l’innalzamento della tensione dalla tensione di campo a 380 V; perdite distribuite lungo i cavi di alternata che collegano gli inverter alla sala quadri di BT e al trasformatore; perdite concentrate di trasformazione per l’innalzamento della tensione da 380 / 15.000 V, solo nel caso in cui l’allacciamento alla rete pubblica non possa avvenire in BT; perdite distribuite sulla linea di MT che va dal trasformatore al punto di consegna alla rete pubblica; perdite per minori per minor rendimento di pannello dovuto all’innalzamento della temperatura del modulo. 1.2.10 Allacciamento alla rete di distribuzione L’allacciamento di impianti di generazione elettrica alla rete di distribuzione dell’energia è regolamentata dalla norma CEI 11-20 IV, agosto 2000, e dalla CEI 11-32. La prima fa riferimento all’allacciamento a reti di BT e MT e la seconda tratta il caso dell’allacciamento alla rete di alta tensione (AT – 130.000 V). Recentemente è stata emessa una variante della CEI 11-20 denominata V1 che tiene conto delle specificità degli impianti fotovoltaici. Potenza impianto < 100 kW > 100 kW e < 6.000 kW Allacciamento BT Allacciamento MT X X Tabella 3: modalità di allacciamento alla rete di distribuzione. Le norme CEI 11-20 e la variante V1 prescrivono alcuni dispositivi di protezione che devono intervenire nel caso di guasto o mal funzionamento della rete di distribuzione alla quale l’impianto fotovoltaico è collegato. Tali dispositivi sono: dispositivo generale; dispositivo d’interfaccia; dispositivo di generatore. 14 Figura 15: dispositivi richiesti per l'allacciamento di un impianto fotovoltaico alla rete di distribuzione. Dispositivo generale e dispositivo di generatore Si tratta di un dispositivo automatico posto tra il punto di consegna e il trasformatore, all’interno del quadro di MT. Il suo scopo è, in caso di malfunzionamento della rete pubblica o dell’impianto, inclusa la necessità di togliere corrente a questo per interventi di manutenzione, sganciare l’impianto dalla rete pubblica, togliendo tensione al trasformatore sul lato di MT. Il trasformatore sarà comunque ancora in tensione essendo collegato ai quadri di BT. In ragione di ciò insieme al dispositivo generale dovrà azionarsi il dispositivo d’interfaccia (vedasi paragrafo seguente). Nel caso d’impianti elettrici tradizionali, quali ad esempio una centrale a turbogas una volta spenta la turbina l’impianto non produce più energia elettrica, ma è comunque in tensione essendo collegato fisicamente alla rete pubblica che a sua volta è in tensione. Attivando l’interruttore generale si sgancia l’impianto, interrompendo fisicamente il collegamento dalla rete pubblica e questo non è più in tensione. Ciò rende possibile effettuare interventi manutentivi in sicurezza, su quelle parti dell’impianto usualmente in tensione. Nel caso d’impianti fotovoltaici, non essendo possibile spegnere il sole, sganciando l’interruttore generale si evita che l’impianto sia posto in tensione dalla rete pubblica, ma questo, resta comunque in tensione essendo i pannelli esposti al sole. Alternativamente il dispositivo generale può anche essere installato sul quadro di BT, con il compito di sezionare l’impianto tra il trasformatore e il quadro di BT. 15 Dispositivo e protezione d’interfaccia Quasi tutti gli inverter sono provvisti di protezione e dispositivo d’interfaccia, le quali consentono il sezionamento dell’impianto scollegando l’inverter dalla rete di BT, sezionando quindi la parte d’impianto a monte dell’inverter (inverter e pannelli) da quanto vi è a valle (cavi in ca, quadristica di BT, trasformatore e linea di MT). Il dispositivo d’interfaccia è un interruttore, che è comandato dalla protezione d’interfaccia, il quale è un dispositivo costituito da relè di frequenza e di tensione: minima frequenza; massima frequenza; minima tensione; massima tensione. La protezione d’interfaccia interviene in caso di sovraccarico o cortocircuito sulla rete Enel o del distributore locale, o mancata alimentazione da parte della rete di distribuzione Poiché spesso capita che siano collegati in parallelo più inverter al fine di raggiungere la potenza voluta la normativa CEI 11-20 V1 prevede che per un numero di inverter massimo di tre e per potenze minori di 20 kW siano sufficienti i dispositivi d’interfaccia presenti sui singoli inverter, in caso contrario è necessario installare un dispositivo / protezione d’interfaccia esterno e comune a tutti gli inverter posti a valle di questi, cioè tra questi e il dispositivo generale. Il dispositivo di generatore, dove con generatore s’intende l’inverter stesso, interviene invece in caso di guasti interni all’inverter, staccandolo dal resto dell’impianto. Anche in caso di intervento del dispositivo d’interfaccia resta comunque in tensione la parte d’impianto a valle dell’inverter, la quale rimarrà sempre almeno parzialmente in tensione. I quadri di campo sono, a loro volta, provvisti di sezionatori manuali, che permettono di togliere tensione tra i quadri di campo e l’inverter, ma anche così resta in tensione la parte dell’impianto che va dai pannelli, via cavi in continua, ai quadri di campo, con i conseguenti rischi in caso di interventi manutentivi o eccezionali, quale ad esempio un intervento dei vigili del fuoco in caso d’incendio. 16 Figura 16: schema di connessione alla rete in BT con dispositivo di interfaccia integrato nell'inverter. Figura 17: schema di connessione alla rete di BT con dispositivo / protezione d'interfaccia unico per più inverter. Dispositivo generale e dispositivo d’interfaccia integrati Il dispositivo generale e quello d’interfaccia possono coincidere in un unico dispositivo, comandato dalla protezione d’interfaccia. 17 In Figura 18 il dispositivo generale e quello d’interfaccia coincidono in un unico dispositivo posto nel quadro di sinistra. Tra il quadro di sinistra e quello di destra si trova la barra di collegamento alla linea di BT (Figura 19). Mentre nel quadro di destra si trova la protezione d’interfaccia con sotto di essa le protezioni di linea, il cui compito e sezionare le linee elettriche di ca dei singoli inverter così da permettere interventi manutentivi su di essi, presi singolarmente, senza dover sezionare l’intero impianto. DISPOSITIVO GENERALE E DI INTERFACCIA CON DI FRONTE IL MOTORE DI TRASCINAMENTO PROTEZIONE DI INTERFACCIA PROTEZIONI DI LINEA BARRA DI BT Figura 18: quadro di BT. 18 BARRA DI BT MOTORINO DI TRASCINAMENTO DISPOSITIVO GENERALE E D’INTERFACCIA Figura 19: vista lato sinistro quadro BT. 19 1.3 Dimensionamento di un impianto fotovoltaico Nel dimensionamento di massima di un impianto fotovoltaico si deve tenere conto di due aspetti: la superficie utile disponibile, dalla quale dipende la potenza massima installabile; il fabbisogno elettrico dell’utente, almeno che l’obiettivo non sia di cedere tutta o buona parte dell’energia prodotta in rete. 1.3.1 Potenza massima installabile La potenza complessiva di picco dell’impianto, di prima approssimazione, è calcolata in base alle superfici a disposizione, sulla base delle planimetrie dell’area interessata e di un sopralluogo necessario ad individuare eventuali superfici non utilizzabili a causa di fenomeni di ombreggiamento, ad esempio dovuti a palazzi vicini, alberi, impiantistica di servizio presente sui tetti, ecc.. Superfici piane Per superfici perfettamente piane la potenza massima installabile può essere calcolata, tenendo conto degli ombreggiamenti tra file successive di pannelli, secondo la seguente legge ingegneristica: P (kWp) = AREA UTILE (m2) / (8*2.5) (m2/kWp) Superfici inclinate Per superfici inclinate la potenza massima installabile può essere calcolata secondo la seguente legge ingegneristica: P (kWp) = AREA UTILE (m2) / 8 (m2/kWp) L’area utile è calcolata escludendo tutti quegli ostacoli che possono essere causa di ombreggiamento o rendere difficoltoso l’accesso all’area in fase d’installazione, posa cavi e manutenzione, quali: cornici; antenne; impiantistica di servizio (tubazioni; lucernari, impianti di condizionamento, ecc..). 1.3.2 Producibilità L’irraggiamento, quindi l’energia solare disponibile al suolo, è diverso a seconda della latitudine. Tale valore non solo varia molto tra l’equatore e i poli ma varia in modo significativo anche tra il Nord e il Sud Italia. Le coordinate geografiche di riferimento utili per determinare l’irraggiamento medio annuo sono: - latitudine; - longitudine. In Italia un impianto fotovoltaico con moduli orientati a sud con inclinazione (angolo di tilt, vedasi paragrafo seguente) di 30° presenta valori di producibilità media annua netta molto diversi a seconda della localizzazione. 20 Producibilità Nord 1.000 – 1.200 kWh/kWp Centro 1.100 – 1.300 kWh/kWp Sud 1.300 – 1.500 kWh/kWp I dati sull’irraggiamento sono reperibili sul sito: http://re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/apps/radmonth.php?lang=it&map=europe dove è sufficiente inserire le coordinate (longitudine e latitudine) del sito dove si intende fare l’impianto fotovoltaico per ottenere il valore dell’irraggiamento, nonché l’angolo di tilt ottimale. Angolo di tilt e azimut L’angolo di tilt è l’inclinazione del pannello rispetto all’asse orizzontale. 30° Più l’angolo di incidenza della radiazione solare tende ad essere normale al pannello minore sarà la componente riflessa e quindi maggiore la produzione del pannello. Durante il giorno la posizione del sole varia in cielo, quindi a meno di non utilizzare pannelli ad inseguimento, ovvero pannelli provvisti di un supporto mobile che li orienta costantemente nella direzione del sole, è necessario installare i moduli con un inclinazione che ne massimizzi la produzione. Area geografica Italia Bolzano Siracusa Polo Nord Equatore Angolo di tilt 30 – 35° 35° 30° 90° 0° Si definisce angolo di azimut lo scostamento rispetto al sud. L’orientamento del pannello deve essere il più possibile verso sud. Il sole sorge a est e tramonta a ovest, e per quasi tutto l’anno si trova localizzato nell’emisfero sud, per paesi come il nostro che si trovano a nord dell’equatore. Pertanto orientando i pannelli a sud si ha la loro massima esposizione al sole durante l’anno. Se i pannelli dovessero essere installati con un orientamento non perfettamente sud – nord, tanto più l’angolo di azimut dovesse essere grande e tanto minore sarà la producibilità del pannello. 21 ORIENTAMENTO INCLINAZIONE (orizzontale = 0° - verticale = 90°) Sud = 0° e Est/Ovest = 90° 0° 15° 30° 45° 60° 75° 90° 0° 0,89 0,97 1 0,99 0,93 0,83 0,69 15° 0,89 0,96 1 0,98 0,93 0,83 0,69 30° 0,89 0,96 0,99 0,97 0,92 0,82 0,70 45° 0,89 0,94 0,97 0,95 0,90 0,81 0,70 60° 0,89 0,93 0,94 0,92 0,87 0,79 0,69 75° 0,89 0,91 0,91 0,88 0,83 0,76 0,66 90° 0,89 0,88 0,87 0,83 0,78 0,71 0,62 Tabella 4: energia solare al variare dell'orientamento e dell'inclinazione (dati orientativi) in Italia. Dai dati in Tabella 4 si evince che installando i pannelli con un orientamento (angolo di azimut) di 90°, cioè in direzione est o ovest, complanari ad un tetto avente un inclinazione di 90° o su una struttura di supporto a 90° (angolo di tilt) i kWh prodotti per kWp installato saranno il 62% di quelli ottenibili installando il pannello in modo ottimale, si avrà quindi una perdita del 38% della producibilità massima ottenibile installando i pannelli con orientameno a sud e inclinazione dei moduli di 30°. Ombreggiamento e diodi di by-pass Se un pannello è parzialmente ombreggiato può essere soggetto o ha un calo di produzione o all’annullamento completo della produzione, con conseguente riduzione o completa perdita di produzione dell’intera stringa all’interno della quale il pannello è inserito. Nella scelta e valutazione delle superfici su cui installare un impianto fotovoltaico si deve fare quindi particolare attenzione alla presenza di elementi che possano proiettare un ombra sui moduli durante le varie ore della giornata. Nel far ciò si deve considerare che: di giorno il movimento del sole modifica la posizione delle ombre proiettate dagli oggetti per terra facendo descrivere a queste un semicerchio; al mattino e al tramonto le ombre sono più lunghe essendo il sole più basso in cielo. In generale dato un oggetto avente un’altezza h eventuali pannelli che dovessero essere installati in prossimità di questo andranno posti ad una distanza di almeno 3 volte h. Gli stessi pannelli tendono a farsi ombra tra loro, se posti su strutture di supporto, non è quindi il caso di pannelli posti complanari al tetto, in ragione di ciò ogni fila di pannelli dovrà essere distanziata dalla fila precedente di una distanza pari a 3 volte l’altezza della fila precedente. 22 h 30° 30° d = 3h I diodi sono dei dispositivi che permettono alla corrente di attraversarli in una solo direzione. Ogni modulo fotovoltaico in silicio cristallino è suddiviso in più zone ognuna provvista di un proprio diodo di by-pass. Se una zona del modulo è soggetta a ombreggiamento le celle che la compongono possono subire o una riduzione della producibilità o in caso di forte ombreggiamento possono arrivare a bloccarsi, impedendo il passaggio della corrente. Un modulo è un sistema costituito da più celle in serie, se una cella ha una riduzione della producibilità tutto il modulo è soggetto a una proporzionale analoga riduzione, inoltre basta che una cella si blocchi per annullare la produzione elettrica dell’intero modulo. Ogni diodo è posto in parallelo alla zona del pannello a cui è associato e quindi tale zona del pannello e il diodo si comportano come se fossero due resistenze in parallelo. Dall’elettrotecnica sappiamo che la corrente in presenza di due resistenze in parallelo tende a fluire verso la resistenza minore il risultato è che la zona di pannello ombreggiata viene bypassata dalla corrente e si dirige attraverso il diodo, evitando così il blocco del modulo. A sua volta ogni modulo è collegato in serie con altri moduli, a costituire una stringa. Quindi l’ombreggiamento di un modulo rischia di compromettere la produzione dell’intera stringa, in ragione di ciò spesso i pannelli sono provvisti di un INSTALLAZIONE IN VERTICALE ulteriore diodo di by-pass che in caso di necessità interviene bypassando l’intero modulo. 4 file e 3 diodi Ad esempio i moduli in silicio monocristallino sono suddivisi in quattro file, con tre diodi di by-pass. Se l’ombra investe una fila di celle, interviene il diodo di fila permettendo alla corrente di bypassare la fila ombreggiata e dirigersi verso la successiva. Nell’esempio in Figura 20 un modulo in silicio monocristallino è parzialmente coperto da un’ombra, la quale investe esclusivamente la quarta fila di celle. Ciò causa l’intervento del terzo diodo che esclude la quarta fila permettendo al modulo di continuare a lavorare. OMBRA Figura 20: modulo in silicio monocristallino, ombra sulla quarta fila. 23 INSTALLAZIONE IN ORIZZONTALE 4 file e 3 diodi Nell’esempio in Figura 21 un modulo in silicio monocristallino è parzialmente coperto dalla stessa ombra dell’esempio precedente, la disposizione del modulo in assetto orizzontale fa si che l’ombra investa tutte e quattro le file di celle. Ciò causa l’intervento di tutti i diodi e il non funzionamento dell’intero modulo. Con il rischio di perdere l’intera produzione di stringa. OMBRA Figura 21: modulo in silicio monocristallino, ombra su tutte le quattro file. Calcolo della producibilità attesa Il calcolo della producibilità di un impianto fotovoltaico si calcola a partire dall’irraggiamento al metro quadro medio annuo, in presenza di un inclinazione ottimale della superficie incidente. Figura 22: irraggiamento medio annuo per m2, inclinazione ottimale della superficie incidente. 24 A partire dall’irraggiamento, kWh / m2, si ricava, noto il rendimento atteso di pannello, e le perdite del sistema attese, la producibilità annua per kWp installato, misurata in kWh / kWp. La producibilità lorda attesa sarà pari a: Producibilità lorda (kWh/kWp) = Irraggiamento (kWh/m^2) * rendimento pannello * superficie al kWp (m^2/kWp) Mentre la producibilità netta si calcola tenendo conto delle perdite del sistema: Producibilità netta (kWh/kWp) = producibilità lorda (kWh/kWp) * (1 – perdite concentrate – perdite distribuite – perdite per riflessione – perdite per temperatura) Esempio di calcolo della producibilità attesa per un impianto sito in Brescia Irraggiamento Brescia: 1.400 kWh/m^2. Rendimento pannello policristallino: 0,14. Superficie al kWp: ~ 8 m^2/kWp. Perdite: temperatura (9,5%) + riflessione (2,5%) + concentrate, distribuite e inverter (14%) + trasformatore (2%) = 28%. Producibilità lorda (kWh/kWp) = 1.400 (kWh/m2) * 0,14 * 8 (m2/kWp) = 1.586 (kWh/kWp) Producibilità netta (kWh/kWp) = 1.586 (kWh/kWp) * (1 - 0,28) = 1.142 (kWh/kWp) Esempio di calcolo della producibilità attesa per un impianto sito ad Augusta (Sicilia) In meridione si hanno valori di producibilità significativamente maggiori grazie al maggior valore di irraggiamento, controbilanciati, in piccola parte, da maggiori perdite per temperatura. Irraggiamento Augusta: 2.000 kWh/m^2. Rendimento pannello policristallino: 0,14. Superficie al kWp: ~ 8 m^2/kWp. Perdite: temperatura (11%) + riflessione (2,5%) + concentrate, distribuite e inverter (14%) + trasformatore (2%) = 29,5%. Producibilità lorda (kWh/kWp) = 2.000 (kWh/m2) * 0,14 * 8 (m2/kWp) = 2.240 (kWh/kWp) Producibilità netta (kWh/kWp) = 2.240 (kWh/kWp) * (1 - 0,295) = 1.579 (kWh/kWp) 25 Figura 23: irraggiamento e producibilità attesa in Italia. I valori di producibilità attesa, in funzione della località considerata, possono essere presi dal sito: http://re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/apps3/pvest.php 26 Figura 24: pagina internet per il calcolo della producibilità attesa. 27 Figura 25: una volta indicata la località, schermata precedente, selezionare “Calculate”. Il sito fornisce anche l’indicazione dell’azimut e dell’angolo di tilt ottimali e i valori ipotizzati di rendimento di pannello e le perdite stimate. Tutti questi valori possono essere all’occorrenza settati diversamente. Figura 26: ipotesi del sistema. 28 Figura 27: producibilità attesa per Augusta. Come si può vedere il valore di producibilità attesa calcolata dal sito, 1.470 kWh/kWp, non si discosta di molto dal valore da noi stimato, sulla base di una valore di irraggiamento medio annuo atteso preso dalla cartina di Figura 23, lato destro. 29 1.4 Bibliografia Impianti solari fotovoltaici a norme CEI – Guida per progettisti e installatori – Francesco Groppi e Carlo Zuccaio, Editoriale Delfino; Il nuovo fotovoltaico – Dal fil sottile alle celle a colorante, Mario Pagliaro, Giovanni Palmisano, Rosaria Criminna, Dario Flaccovio Editore; Solar Energy Report 2009 – scaricabile dal sito http://www.energystrategy.it. 30