4. Attività sismica
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4. Attività sismica
65 4. Attività sismica Per cercare di valutare la potenzialità sismica di una zona è necessario avere una conoscenza più completa e dettagliata possibile dell’attività sismica passata. Questa informazione è di seguito suddivisa in sismicità storica e sismicità strumentale. La prima (paragrafo 4.1) si riferisce alle scosse principali avvenute dopo il 1000 nelle Marche, in Umbria e dintorni di queste Regioni. La magnitudo o l’intensità sotto la quale le informazioni mancano o sono molto incomplete non è ben definibile, anche se è presumibile che questa soglia si abbassi progressivamente con il procedere del tempo, per la maggiore disponibilità ed attendibilità delle fonti storiche ed archivistiche civili, religiose e private. La stessa considerazione si può fare per le possibili lacune dei cataloghi dei terremoti, che diventano sempre più improbabili avvicinandosi al periodo attuale. Anche l’incertezza sulla localizzazione delle scosse nello spazio e nel tempo risente ovviamente della lontananza temporale. Questo vale in modo particolare per la profondità dei terremoti, che può essere molto difficilmente stimata senza un adeguato complesso di registrazioni strumentali attorno alla zona epicentrale. Per questo motivo, per la maggior parte delle scosse i cataloghi sismici non riportano la profondità dell’ipocentro. E questo è anche il motivo per cui una parte dell’informazione sulla sismicità è riportata in un paragrafo a parte (4.2) sotto il nome di sismicità strumentale. Questo tipo di notizie, disponibile solo per il periodo successivo al 1980, offre un quadro molto più completo dell’attività sismica, in quanto riporta anche scosse di magnitudo molto piccola e fornisce anche informazioni attendibili sui dati ipocentrali, compresa la geometria della sorgente sismica (meccanismo focale) per i terremoti più importanti. Quest’ultima informazione, descritta nel paragrafo 4.3, è poi confrontata con le indicazioni ottenute dalle misure geodetiche. 4.1 Sismicità storica Attualmente, il catalogo nazionale più aggiornato è il CPTI11 (Rovida et alii, 2011), che deriva dai precedenti Cataloghi Parametrici dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 2001 e 2004). Tali prodotti sono stati preceduti da altre raccolte, tuttora fonti di informazioni utili, come il Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI), a cura di ING SGA (Boschi et alii, 1995, 1997, 2000), i cataloghi NT del GNDT (Camassi e Stucchi, 1997) ed anche il meno recente catalogo del Progetto Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985). Sono inoltre da considerare le informazioni e le analisi storiografiche riportate in alcuni studi specifici (Guidoboni e Comastri, 2005). I dati usati in questa relazione derivano principalmente dal catalogo CPTI11, con alcune integrazioni prese dagli altri cataloghi e lavori citati sopra. Una prima sintetica informazione sull’attività sismica nelle Marche e in Umbria è fornita dall’elenco dei terremoti di M ³ 5.0 avvenuti dopo il 1000 (Tab. 4.1.1), che mette in evidenza come questa zona possa essere classificata tra le regioni più sismiche dell’Italia. Ben 37 eventi hanno una magnitudo maggiore o uguale a 5.5 con 15 eventi che eguagliano o superano la magnitudo 6 L’intervallo medio tra le scosse principali (M ≥ 5.5) è circa 18 anni. Tale informazione è comunque poco significativa, poiché l’intervallo tra le scosse suddette varia da qualche ora come accaduto nella crisi sismica del Novembre – Ottobre 1997 sino ad un secolo e mezzo (la distanza che separa le scosse della Valtiberina del 1458 e 1599). Questo implica che qualsiasi previsione sullo sviluppo dell’attività sismica futura unicamente basata sull’analisi statistica della storia conosciuta sarebbe associata ad un’incertezza estremamente elevata. Inoltre, la frequenza di scosse forti è ben diversamente distribuita all’interno della zona in esame, per esempio è maggiore nella dorsale appenninica rispetto al resto del territorio (Tab. 4.1.1). Questa constatazione ha contribuito a definire i contorni di specifiche zone sismogenetiche per l’ Umbria-Marche, come descritto nel seguito. La pericolosità sismica delle Marche e dell’Umbria è poco influenzata dalle scosse forti che avvengono fuori dai confini regionali poiché, a parte la zona costiera del pesarese che risente soprattutto della sismicità del riminese, tutto il territorio è sede di eventi con intensità superiore a quelli avvenuti nelle regioni circostanti. 66 Per mettere in evidenza il quadro complessivo della sismicità in rapporto alla geologia della zona in oggetto, gli epicentri dei terremoti con M ≥ 4 sono riportati sulla figura 4.1.1. Inoltre, per indagare possibili relazioni tra sismicità e lineamenti morfologici, la figura 4.1.2 mostra gli epicentri suddetti su un modello topografico digitale di un’area comprendente le Marche e l’Umbria. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1246 1269 1270 1276 1277 1279 1298 1328 1352 1353 1389 1389 1458 1458 1474 1477 1480 1484 1489 1502 1558 1592 1593 1599 1612 1626 1627 1631 1667 1690 1690 1693 1695 1702 1702 1703 1703 1704 1707 1712 1714 1716 1719 1721 1725 1727 1730 1730 1738 1741 1743 1745 1747 1747 1751 1751 1753 1766 1767 1781 1785 1785 1789 0 9 0 5 0 4 12 12 12 1 4 10 4 5 8 2 0 0 0 9 2 11 4 11 10 5 7 2 0 1 12 2 6 10 11 1 6 5 3 3 0 10 6 6 4 12 5 10 7 4 1 3 4 9 6 7 5 12 6 6 5 10 9 0 0 0 22 0 30 1 1 25 1 0 18 26 1 18 3 0 0 0 6 9 24 23 6 14 12 0 25 0 29 23 24 11 18 14 14 29 20 24 28 0 4 27 18 17 14 12 23 19 24 21 0 17 22 11 27 26 25 5 3 3 9 30 Spoleto Ancona Sansepolcro Orvietano Spoleto Camerino Reatino Norcia Monterchi Sansepolcro Fano Bocca Serriola Val Tiberina Città di Castello Ancona Foligno Monteprandone Sansepolcro Sansepolcro Cupramontana Alta Valtiberina Trevi Gubbio Valnerina Fossato di Vico Macerata Est Accumoli Annifo Spoleto Foligno Anconetano Alta Valtiberina Bagnoregio Norcia Spello Appennino Umbro Reatino Spoleto Spoleto Acquasparta Frontone Narni Cascia Alta Valnerina Annifo Alta Valtiberina S.Lorenzo in Campo Valnerina Gubbio Bagnoregio Fabrianese Bagnoregio Spoleto Nocera Umbra Campodonico S. Gemini Appennino Umbro-Marchigiano San Gemini Umbria Spoletino Cagliese Alta Valle del Chienti Umbria Meridionale Val Tiberina Latitudine (N°) 42.73 43.56 43.57 42.72 42.73 43.09 42.58 42.86 43.47 43.57 43.84 43.53 43.46 43.46 43.60 42.95 42.92 43.57 43.57 43.46 43.51 42.88 43.27 42.72 43.25 43.33 42.69 43.05 42.73 42.95 43.58 43.45 42.61 42.83 42.92 42.71 42.75 42.75 42.70 43.51 42.52 42.75 42.88 43.05 43.45 43.61 42.75 43.35 42.63 43.42 42.61 42.73 43.20 43.28 42.59 43.22 42.62 42.75 42.82 43.60 43.07 42.54 43.51 Longitudine (E°) 12.74 13.56 12.14 12.09 12.74 12.87 12.90 13.02 12.13 12.13 13.02 12.30 12.24 12.24 13.51 12.70 13.84 12.14 12.14 13.09 12.19 12.75 12.68 13.02 12.85 13.50 13.25 12.85 12.74 12.70 13.59 12.34 12.11 13.08 12.67 13.07 12.75 12.75 12.62 12.73 12.52 13.00 13.05 12.85 12.43 12.82 13.12 12.58 12.10 13.01 12.07 12.74 12.77 12.85 12.59 12.74 12.55 12.92 12.75 12.51 12.95 12.79 12.22 Magnitudo (Mw) 5.4 5.6 5.4 5.6 5.6 6.3 6.2 6.4 6.4 6.0 G 5.1 6.0 5.8 4.7 5.1 4.9 4.9 5.1 5.1 4.7 5.1 5.1 5.4 6.0 5.1 5.1 5.4 5.1 5.1 5.1 5.6 4.9 5.7 5.1 5.1 6.7 5.1 5.1 5.1 4.9 5.4 5.1 5.5 5.1 4.9 5.2 5.9 5.4 4.9 6.2 5.0 5.1 5.9 5.3 5.1 6.3 5.1 5.1 5.4 6.4 5.1 5.7 5.8 Intensità Io (Imax) 7.5 8 7.5 8 (8.5) 8 9 (10) 9.5 (10) 10 9 9 7 9 8.5 6 (7) 7 6.5 (7.5) 6.5 (7.5) 7 7 6 (7) 7 (7.5) 7 7.5 9 7 7 7.5 7 7 7 8.5 6.5 (7) 8.5 (9) 7 7 11 7 7 7.5 6.5 (7.5) 7.5 7 8 7 6.5 (7.5) 7 9 7.5 6.5 (7.5) 9 7 7 (8) 9 7.5 7 10 7 7 7.5 10 7 (8) 8.5 9 T (anni) 24 6 1 2 20 30 24 36 1 69 16 2 3 4 5 14 55 35 7 13 14 1 4 36 23 1 2 2 7 1 3 5 2 3 3 2 4 3 2 8 3 2 2 2 4 2 14 14 4 4 67 1791 1792 1793 1799 1809 1815 1832 1832 1838 1838 1853 1854 1859 1861 1865 1870 1873 1878 1879 1882 1883 1884 1895 1897 1897 1897 1898 1900 1910 1910 1914 1915 1915 1916 1916 1917 1917 1917 1919 1921 1924 1930 1936 1940 1941 1943 1943 1949 1950 1951 1957 1957 1961 1964 1968 1969 1971 1972 1972 1974 1979 1980 1984 1990 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 10 7 4 7 8 9 1 12 1 2 9 2 8 5 9 2 3 9 2 8 11 8 5 1 9 12 8 5 6 12 7 3 11 7 11 4 5 11 10 8 1 10 12 7 11 3 10 10 3 9 7 12 3 8 1 8 10 2 11 12 9 2 4 9 5 9 9 9 10 10 10 10 10 11 20 21 28 25 3 13 4 5 14 22 12 22 9 21 8 12 15 23 16 7 15 20 19 21 18 25 19 29 22 31 15 11 4 16 26 12 5 25 28 2 30 9 2 3 25 3 27 12 1 19 6 23 2 29 11 4 5 26 2 19 28 29 12 12 26 26 26 3 6 12 14 14 Appennino Umbro Ferentillo Afrile Appennino Marchigiano Macerata Est Valnerina Valle del Topino Alta Valle del Chienti Valnerina Valnerina Spoleto Valle del Topino Norcia Citta' della Pieve Umbria Settentrionale Numana Marche Meridionali Valle del Clitunno Valnerina Grottammare Accumoli Visso Baiano S.Anatolia Adriatico Centrale Appennino Umbro-Marchigiano Visso Arrone Mucciafora Accumoli Gualdo Tadino Alta Valle del Chienti Stroncone Monti Sibillini Reatino Valtiberina Ternano Numana Monterchi Sarnano Medio Adriatico Senigallia Caldarola Bastia Deruta Offida Marche Meridionali-Abruzzo Labro Accumoli Sarnano Castel Ritaldi Castel Giorgio Gubbio Preci Ancona Trasimeno Norcia Medio Adriatico Montefortino Valnerina Valnerina Valnerina Gubbio Castel Ritaldi Massa Martana Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano 42.95 42.63 43.02 43.19 43.33 42.83 42.98 43.01 42.76 42.84 42.68 43.03 42.83 42.99 43.28 43.55 43.09 42.84 42.77 42.98 42.67 42.93 42.75 42.75 43.71 43.50 42.91 42.58 42.74 42.70 43.20 43.01 42.53 42.82 42.65 43.47 42.59 43.51 43.57 43.12 43.74 43.66 43.15 43.08 43.00 43.07 42.91 42.53 42.70 43.03 42.77 42.71 43.36 42.67 43.60 43.04 42.82 43.64 42.97 42.81 42.71 42.80 43.26 42.80 42.76 43.02 43.01 43.16 43.04 43.03 42.91 42.90 42.96 12.86 12.73 12.81 13.15 13.5 13.02 12.60 13.07 12.79 12.91 12.67 12.58 13.10 11.99 12.31 13.47 13.24 12.68 13.04 13.88 13.26 13.08 12.70 12.88 12.97 12.38 12.97 12.77 12.93 13.25 12.80 12.89 12.65 13.23 13.17 12.13 12.64 13.59 12.13 13.25 13.14 13.33 13.22 12.57 12.43 13.58 13.65 12.80 13.25 13.29 12.65 12.03 12.54 13.20 13.50 12.23 13.06 13.41 13.45 12.93 13.07 12.97 12.52 12.64 12.53 12.89 12.85 12.80 12.82 12.85 12.92 12.9 12.87 5.5 5.1 5.4 6.1 5.1 5.5 6.3 5.3 5.0 5.3 5.1 5.6 5.5 4.9 5.1 5.1 6.0 5.4 5.6 5.0 5.1 5.1 5.1 5.1 5.5 5.1 5.0 4.4 4.9 5.1 5.1 4.9 4.7 5.0 5.5 5.9 5.1 5.1 5.0 4.8 5.4 5.8 4.8 5.0 5.1 5.0 5.8 5.0 5.1 5.3 5.1 4.9 4.5 5.1 4.7 4.9 5.0 4.5 5.4 4.8 5.9 5.0 5.7 5.0 4.8 5.7 6.0 5.3 5.3 5.5 5.2 5.7 5.3 8 7 7.5 9 (9.5) 7 8 10 7.5 7 8 7 8 8.5 6.5 (7) 7 7 8 (9) 8 8 7 7 7 7 7 7 7 (7.5) 7 6 7 (8) 7 7 7 6 (7) 6.5 (7) 8 9.5 7.5 6 (6.5) 6 7 7.5 8 (8.5) 6.5 (7.5) 7 6 8.5 (9) 6.5 7 7 7 7 (7.5) 7 6 (7) 7 6.5 7 8 7.5 (8) 8.5 7 6 (7) 7.5 8.5 (9) 8 7.5 7.5 (8.5) - 2 1 1 6 10 6 16 1 5 16 0 6 2 4 4 3 6 3 1 1 11 2 1 1 2 10 4 1 1 1 2 2 2 7 6 4 1 1 1 6 0 1 6 3 3 3 2 2 1 2 5 4 6 7 - 68 1997 1997 1997 1997 1997 1998 1998 1998 10 10 10 10 11 3 3 4 15 16 16 19 10 21 26 3 Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Valnerina Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano Appennino Umbro-Marchigiano 42.93 42.94 42.87 42.97 42.83 42.95 43.15 43.19 12.92 12.91 13.01 12.85 12.96 12.91 12.81 12.76 5.2 5.1 5.3 5.2 5.0 5.0 5.3 5.1 6 6 5.5 (6.5) - Tab. 4.1.1. Elenco dei terremoti con M ³ 5 o Imax ≥ 7 avvenuti nelle Marche e Umbria dopo il 1000 (Rovida et alii, 2011). La magnitudo riportata in tabella corrisponde al parametro Maw descritto nel catalogo CPTI11, T è l’intervallo di tempo trascorso dall’evento precedente. In grassetto i terremoti con M ≥5.5. L’intensità macrosismica è espressa nella scala Mercalli Cancani Sieberg (MCS). La lettera G accanto alla magnitudo indica un evento descritto da Guidoboni e Comastri (2005). Fig. 4.1.1. Sismicità storica di Umbria, Marche e dintorni dall’anno 1000, riportata sulla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990) Per le scosse più forti (M ≥ 5.5, simboli rossi) è stato riportato l’anno e l’intensità MCS. I simboli blu indicano le scosse con 5.0 ≤ M < 5.5 (Rovida et alii, 2011). Alcune informazioni provengono da Guidoboni e Comastri (2005) e Mariotti e Guidoboni (2006). In rosso le linee di costa e in viola i confini delle Regioni coinvolte. 69 Fig. 4.1.2. Caratteristiche morfologiche e orografiche dell’Appennino Tosco Emiliano Romagnolo (I simboli circolari indicano i terremoti con M ³ 5.0 avvenuti dall’anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Mariotti e Guidoboni, 2006; Rovida et alii, 2011). In blu i confini regionali. Le due figure viste sopra mostrano che gli epicentri dei terremoti principali sono tutti localizzati all’interno della catena appenninica, lungo la serie di fosse tettoniche che la interessano, e soprattutto nella sua parte meridionale al contatto con la Piattaforma Laziale–Abruzzese. L’anconetano, che comunque genera eventi con intensità molto minore, è l’unica zona sismica che si sviluppa al bordo con la placca adriatica nelle due regioni in oggetto. 4.2 Sismicità strumentale I dati disponibili, prevalentemente costituiti da eventi sismici di bassa o bassissima magnitudo, avvenuti dal 1981 all’Agosto 2013, provengono in dalle banche dati dell’ INGV (http://istituto.ingv.it/l ingv/archivi e banche dati/). Sebbene la determinazione dei parametri ipocentrali sia basata su un modello di velocità piuttosto semplice (unidimensionale), il gran numero di stazioni sismografiche della rete nazionale permette di ottenere residui molto bassi (spesso < 1s) dall’inversione dei tempi di primo arrivo delle onde P (Chiarabba et alii, 2005; Castello et alii, 2006). Questo implica che l’errore sulla profondità dell’ipocentro non dovrebbe superare 2-4 km per gran parte dei dati, ed in particolare per le scosse più importanti (M>2.5, Pasquale et alii, 2010). Questa indicazione, combinata con il numero elevato di dati disponibili (oltre 90000 dal 1981 nell’area considerata), suggerisce che la sismicità strumentale può fornire un’informazione non trascurabile sulla distribuzione delle faglie sismogenetiche nella zona in esame. Il quadro complessivo della sismicità strumentale (Fig. 4.2.1) mostra che la maggior parte delle scosse è situata nella catena appenninica: nella sua parte assiale a nord e quindi dalla latitudine di Ancona la sismicità strumentale interessa tutta la catena, comprese le falde più esterne del pedeappennino marchigiano da Cingoli ad Ascoli Piceno e la zona più interna fino alla Bassa Valtiberina. L’unica eccezione riguarda i settori dell’offshore anconetano e fermano dove si registra un certo rilascio di energia sismica con scosse anche di magnitudo 5, mentre a nord di Ancona si ha poca attività sismica, concentrata soprattutto tra 6 e 10 Km, Siccome tali zone sono state colpite da numerose scosse anche intense in epoca storica (Tab. 4.1.1, Figg. 4.1.1 e 4.1.2), la scarsa attività recente non è facilmente spiegabile. La sismicità è ancora più ridotta nel pedeappennino pesarese: la zona del cagliese, interessata dal terremoto del 1781 (M=6.4), stranamente non è tra quelle maggiormente interessate dalla 70 sismicità strumentale. Le scosse più intense dal 1981, caratterizzano quasi esclusivamente la dorsale della catena, quasi a costituire una prosecuzione della sismicità dell’aquilano. La distribuzione delle scosse per fasce di profondità dell’ipocentro (Fig. 4.2.2a-m) suggerisce alcune considerazioni: La sismicità più intensa, in accordo con quella storica, interessa quasi esclusivamente la parte centrale della catena appenninica e l’aquilano, dove la maggiore concentrazione di scosse e il massimo rilascio di energia sismica avviene tra 0 e 10 km di profondità, mentre nelle strutture adriatiche dell’anconetano e fermano, arriva fino a 20 Km. Nell’offshore marchigiano e nella maggior parte delle zone di catena affiorante la sismicità, compresa quella più intensa, è prevalentemente localizzata nei primi 15 km. Attività non trascurabile, si estende anche in profondità dove però oltre i 20 Km interessa soprattutto le zone dell’Ascolano e dell’Appennino umbro-marchigiano dove nel 1998 è stata registrata una scossa (M=5.3) a 45 Km di profondità. Per il resto della zona in esame, la sismicità appare molto dispersa pur interessando sempre le stesse strutture. Da notare la quasi assoluta mancanza di sismicità a tutte le profondità nelle zone della Maiella, del Gran Sasso esterno ed in parte del bacino della Laga. Fig. 4.2.1. Distribuzione delle scosse strumentali avvenute nel periodo 1981-2013 in Umbria, Marche e dintorni, riportata sulla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990). Dati sismici da Castello et alii (2006), Bollettino della Sismicità strumentale INGV (http://bollettinosismico.rm.ingv.it/), ISIDe Working Group (http://iside.rm.ingv.it/iside/). In viola le linee di costa ed i confini delle regioni implicate. Altre informazioni come in figura 4.1.2. 71 72 73 74 75 76 Fig. 4.2.2. Distribuzione della sismicità strumentale nella crosta e mantello superiore, sulla base della posizione dell’ipocentro all’interno di intervalli di 5 km di profondità: a) 0 5 km, b) 6 10 km, c) 11 15km, d) 16 21 km, e) 21 25 km, f) 26 30 km, g) 31 35 km, h) 36 40 km, i) 41 45 km, l) 46 50 km m) > 50 km. Altre indicazioni come nella didascalia di figura 4.2.1. Altre informazioni sulla distribuzione della sismicità strumentale si possono ottenere da sezioni verticali parallele, sia longitudinali che trasversali rispetto all’andamento della catena, illustrate nelle figure 4.2.3 e 4.2.4. In queste figure si può notare che la sismicità presenta una zona di approfondimento massimo (circa 40-45 km) prevalentemente localizzata sotto la parte meridionale della catena emersa. La distribuzione degli ipocentri sulle sezioni longitudinali NO – SE, mette in evidenza che: - Nell’ offshore marchigiano e nella zona costiera, c’è una diffusa sismicità fino a 30-35 Km ma senza particolari concentrazioni a parte davanti a Porto S.Giorgio (sez B) dove il raggruppamento è dato soprattutto dalla crisi sismica del 1987 con un terremoto di M=5.1. Anche la zona intorno ad Ancona, nonostante la crisi sismica del Luglio 2013 comprendente un evento di M=4.9 non appare particolarmente interessata dalla sismicità. - La sismicità comincia ad essere molto frequente nel pedeappennino marchigiano (sez.D) tra le valli del Fiume Esimo e la Montagna dei Fiori, concentrandosi tra le valli dei fiumi Chienti e Tenna dove raggiunge i 35 Km. La distribuzione degli epicentri sembra indicare due strati sismici: uno fino a 10 Km e l’altro tra 20 e 30-35 Km che è particolarmente evidente procedendo verso la montagna dei Fiori. - Interessante appare la sez. E, dove la sismicità termina bruscamente all’interno dei Monti della Laga a Sud e diminuisce considerevolmente a Nord nel Montefeltro da Cagli all’Appennino forlivese. Dalle sezioni trasversali alla catena (Fig.4.2.4) orientate da SO a NE, appare molto evidente che la sismicità interessa quasi esclusivamente l’Appennino: dapprima solo la sua parte centrale e poi 77 procedendo verso sud tutta la catena. La profondità si mantiene intorno ai 25-30 Km nella parte centro settentrionale della catena per poi arrivare ai 40-45 Km sotto la parte meridionale. Viene anche evidenziato che sotto i 10 Km le zone tra la catena e l’Adriatico mostrano una sismicità maggiore (o almeno più distribuita) rispetto alla parte interna alla catena dove, a parte singole zone, c’è una sismicità molto scarsa. Inoltre, nelle sez. da 7 ad 11, nella parte esterna della catena appare una concentrazione di sismicità tra 20 e 30 Km ed oltre forse dovuta a deformazioni all’interno della placca adriatica. Si notano anche delle concentrazioni di terremoti, separate dalla sismicità della catena come a Cingoli (sez.6) Macerata (sez.7), M.ti Sibillini (sez. 8 e 9) ed infine Porto San Giorgio (sez. 9). Fig. 4.2.3. Sezioni verticali parallele alla catena, fino a profondità di 50 km, con ipocentri della sismicità strumentale. Tracce delle sezioni nell’inserto. 78 Fig. 4.2.4. Sismicità strumentale lungo sezioni verticali trasversali alla catena, le cui tracce sono indicate nell’inserto di Fig. 4.2.3. Altre indicazioni come nella didascalia di figura 4.2.2. 79 5. Possibili zone sismogenetiche dell’Umbria e delle Marche La ricostruzione della storia sismica si avvale della documentazione disponibile per la zona considerata e può coprire diversi secoli per le regioni di più antica civilizzazione, come la Cina, il Mediterraneo orientale e l’Italia (e.g., Wang, 2004; Guidoboni et alii, 2007; Ambraseys, 2009). Negli ultimi decenni, le indagini paleosismologiche hanno permesso di riconoscere alcuni eventi sismici forti avvenuti in Italia nel passato preistorico, sino a circa 20000 anni fa (Galli et alii, 2008). Tali informazioni, incomplete e riferite ad un intervallo di tempo relativamente breve, non permettono tuttavia di definire un quadro attendibile dell’attività sismica a lungo termine (e.g., Stein e Swafford, 2007). Come descritto nel Capitolo 2, l’attuale regime sismotettonico dell’Appennino è cominciato nel Pleistocene inferiore-medio - circa 1 milione di anni fa. Si comprende facilmente come la storia sismica conosciuta permetta di identificare solo una piccola parte delle faglie che si sono sviluppate durante questa fase dell’evoluzione tettonica dell’Appennino. Pertanto, definire la potenzialità sismogenetica della zona solo in base alle caratteristiche della sismicità storica può condurre a valutazioni poco realistiche. Quest’ultima possibilità è suggerita dal fatto che molti terremoti distruttivi, sia in Italia che nel resto del mondo, hanno interessato zone precedentemente indicate come a bassa pericolosità, secondo le indicazioni fornite dalle stime fondate sull’analisi statistica della documentazione storica (e.g., Stein et alii, 2012 e riferimenti). Per superare tale problema (o almeno attenuarlo), è necessario tener conto non solo della storia sismica ma anche di tutte le altre informazioni disponibili, allo scopo di riconoscere potenziali strutture sismogenetiche anche dove non sono documentati terremoti forti. L’analisi del quadro sismotettonico dell’Appennino settentrionale, descritto nel Capitolo 2 e riportato nella figura 5.1, è dunque alla base della proposta di zonazione sismica dell’area umbro-marchigiana descritta nel seguito. Fig. 5.1. Schema sismotettonico dell’Appennino settentrionale. I cerchi rossi indicano gli epicentri dei terremoti principali avvenuti dall’anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Rovida et alii, 2011). Le frecce bianche grandi definiscono la direzione della spinta trasmessa dalla Piattaforma lazialeabruzzese, mentre le frecce piccole indicano in modo schematico lo spostamento dei vari settori dell’area umbromarchigiana. Sigle e altri simboli come in figura 2.7. L’analisi della distribuzione spaziale dell’attività sismica storica e strumentale (esaminata nel Capitolo 4) in rapporto ai lineamenti tettonici riconosciuti nell’area in esame (discussi nei Capitoli 1 80 e 2) ha suggerito la definizione di 7 zone sismogenetiche nell’area umbro-marchigiana (Figg. 5.2 e 5.3): Alta Val Tiberina, Cagliese, Anconetano, Dorsale Marchigiana, Dorsale Umbra, Valle Umbra e Orvietano. A queste si affiancano le zone sismogenetiche Riminese (che ricade nella Regione Emilia-Romagna) ed Aquilano (appartenente alla Regione Abruzzi), la cui attività sismica storica ha causato risentimenti significativi nei settori adiacenti dell’Umbria e delle Marche. Come discusso in Mantovani et alii (2012, 2013), si assume che la potenzialità sismogenetica sia uniforme all’interno delle zone suddette. Per definire tale potenzialità a ciascuna zona è assegnata una intensità massima attesa (Imax), che deriva dalle informazioni storiche disponibili eventualmente integrate da considerazioni sull’assetto sismotettonico (Molin et alii, 1996; Mantovani et alii, 2012, 2013). Fig. 5.2. Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l’area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti principali (M³4.0) avvenuti dall’anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Rovida et alii, 2011). 1) Alta Val Tiberina 2) Cagliese 3) Anconetano 4) Dorsale Marchigiana 5) Dorsale Umbra 6) Valle Umbra 7) Orvietano. Le lettere A e B indicano rispettivamente le zone sismogenetiche Rininese ed Aquilano, esterne al territorio delle Regioni Umbria e Marche. I criteri adottati per la scelta dei contorni delle zone sono descritti nel testo. I confini regionali sono indicati in viola. Lo sfondo è costituito dalla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990). 81 Fig. 5.3. Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l’area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti registrati dalla Rete Simica Italiana dal 1981 al 2013. Informazioni prese da Castello et alii (2006), Bollettino della Sismicità strumentale INGV (http://bollettinosismico.rm.ingv.it/), ISIDe Working Group (http://iside.rm.ingv.it/iside/). Altre informazioni come in figura 5.2. Nel seguito sono descritte le evidenze e le considerazioni su cui è basata la scelta della configurazione di ciascuna zona sismogenetica. Prima di cominciare tale esposizione, è opportuno osservare che il confronto tra le ultime due figure fornisce un chiaro esempio della possibile discrepanza tra attività sismica a lungo e breve termine, discussa all’inizio del capitolo. Infatti, mentre nel corso di un millennio tutte le zone sismogenetiche considerate hanno prodotto terremoti forti (Fig. 5.2), nelle ultime tre decadi solo due zone (Dorsale Umbra ed Aquilano) hanno subito attivazioni sismiche significative (Fig. 5.3). In particolare, l’attività sismica recente delle zone Cagliese e Dorsale Marchigiana non presenta scosse con M>4. Pertanto, se si fossero considerate le sole informazioni fornite dalla sismicità strumentale (come avviene nei Paesi che non dispongono di un consistente patrimonio storico-archivistico), avremmo trascurato molte sorgenti sismogenetiche importanti, ottenendo una valutazione distorta ed inaffidabile della pericolosità sismica. 82 5.1 Zona sismogenetica 1: Alta Val Tiberina Siccome questa zona si estende anche in Toscana (Fig.5.3) è stata considerata come una sismogenetica di quella Regione da Mantovani et alii (2012), cui si rimanda per la descrizione dettagliata dell’attività sismica storica e strumentale, dell’assetto strutturale e dei lineamenti tettonici. Qui si riporta l’elenco dei terremoti principali (M³5 o I ≥ 7) e la posizione dei relativi epicentri (Tab. 5.1.1 e Fig. 5.1.1 e 5.1.2). Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1269 1270 1352 1353 1389 1458 1458 1484 1489 1558 1559 1693 1694 1731 1789 6 0 12 1 10 4 5 0 0 2 4 2 4 3 9 17 0 25 1 18 26 1 0 0 9 11 24 8 29 30 1897 12 18 1917 1919 1948 4 10 6 26 25 13 Badia Sucastelli Sansepolcro Monterchi Sansepolcro Bocca Serriola Val Tiberina Città Di Castello Sansepolcro Sansepolcro Alta Valtiberina Alta Valtiberina Alta Valtiberina Alta Valtiberina Pieve Santo Stefano Val Tiberina Appennino Umbro Marchigiano Valtiberina Monterchi Valtiberina Latitudine (N°) 43.59 43.57 43.47 43.57 43.53 43.46 43.46 43.57 43.57 43.51 43.62 43.45 43.62 43.67 43.51 Longitudine (E°) 12.06 12.14 12.13 12.13 12.3 12.24 12.24 12.14 12.14 12.19 12.09 12.34 12.09 12.04 12.22 Magnitudo (Mw) 5.4 5.4 6.4 6 6 5.8 4.7 5.1 5.1 5.1 5.3 4.9 5.1 5.4 5.8 Intensità Io (Imax) 7.5 7.5 9 9 9 8.5 6 (7) 7 7 7 (7.5) 8 6.5 (7) 7 (7.5) 7.5 9 T (anni) 43.5 12.38 5.1 7 (7.5) 108 43.47 43.57 43.6 12.13 12.13 12.13 5.9 5 5.1 9.5 6 7 19 2 29 83 37 69 26 5 69 1 134 1 37 58 Tab. 5.1.1. Elenco dei terremoti principali (M ≥ 5.0 o Imax ≥ 7° MCS) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 1 (Alta Val Tiberina). In grassetto gli eventi con M ≥5.5 o con Imax ³ 8.5 (Riferimenti come Fig.5.2). T è l’intervallo di tempo trascorso tra una scossa e la successiva.. Come indicato in Mantovani et alii (2012), la configurazione suggerita per questa zona è basata sulla distribuzione spaziale dei terremoti (Fig. 5.1.1 e 5.1.2), sulla ubicazione dei principali sistemi di faglie attive (Fig. 5.1.3 e considerazioni nel Capitolo 1) e sulle caratteristiche del meccanismo sismotettonico proposto per l’Appennino settentrionale (Fig. 5.1 e discussione nel Capitolo 2). Fig. 5.1.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000. La dimensione dei simboli è proporzionale alla magnitudo delle scosse, in accordo con la scala riportata a destra (M≥4). Il contorno proposto per la zona sismogenetica 1 (Alta Valtiberina) è indicato in blu. I contorni delle zone adiacenti sono in nero a tratteggio. I confini regionali sono indicati in viola. Riferimenti e altre informazioni come in fig. 5.2. L’esame della storia sismica della zona (Tab. 5.1.1) mostra che dall’anno 1000 sono avvenute 19 scosse principali (M≥5.0 o I≥7), di cui ben 6 con I≥8.5. L’intensità massima risentita in questa zona è Imax=9.5 relativa al terremoto del 1917. Occorre notare che gli intervalli di tempo tra gli eventi riportati in tabella sono molto irregolari, potendo variare da meno di un anno ad oltre un secolo. Per le sorgenti sismiche di tale zona è piuttosto arduo supporre regolarità di comportamento, 83 connesse a concetti teorici come il “ciclo sismico” ed il “terremoto caratteristico” (e.g., Mulargia e Geller, 2003). Pertanto, sarebbe imprudente usare la sola storia sismica per le valutazioni della pericolosità. Fig. 5.1.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 La dimensione dei simboli è proporzionale all’intensità delle scosse, in accordo con la scala riportata a destra. Altre informazioni come in figura 5.1.1. Fig. 5.1.3. Principali sistemi di faglie dell’Alta Val Tiberina (da Brozzetti et alii, 2009, modificato e riportato in Mantovani et alii, 2012). Il bacino intermontano di Sansepolcro-Città di Castello è indicato in grigio; il tratteggio mette in evidenza i depositi fluvio-lacustri del Pleistocene inferiore-medio. Gli epicentri dei terremoti strumentali e storici sono rispettivamente indicati dai cerchi e dai quadrati. Per le scosse storiche più forti sono indicati anche l’anno e l’intensità massima. Per i terremoti più recenti (indicati dalle stelle) è riportata la data, la magnitudo ed il meccanismo focale. Le linee ab e cd sono le tracce delle sezioni verticali riportate sotto la carta. Faglie principali: CdCF=Città di Castello, FF=M. Favalto, MF=Monterchi, PF=Parnacciano, SF= Sansepolcro, SMTF= M. Santa Maria Tiberina. Per ulteriori dettagli sulla stratigrafia e l’assetto strutturale della zona si rimanda ai Fogli 278-Pieve Santo Stefano, 289-Città di Castello e 299-Umbertide della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). 84 Le informazioni discusse sopra suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona può essere descritta da Imax=8° MCS. Adottando lo stesso criterio seguito per la la Toscana e l’Emilia-Romagna (Mantovani et alii, 2012, 2013), si assume che una scossa di pari intensità possa avvenire in qualsiasi punto della zona sismogenetica considerata. 5.2 Zona sismogenetica 2: Cagliese La tabella 5.2.1 riporta l’elenco delle scosse più importanti avvenute nella zona (M ³ 5 o I ≥ 7). In questo caso l’unico evento significativo è il fortissimo terremoto del 1781, che ha raggiunto l’intensità 10. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1781 6 3 Cagliese Latitudine (N°) 43.6 Longitudine (E°) 12.5 Magnitudo (Mw) 6.4 Intensità Io (Imax) 10 T (anni) - Tab. 5.2.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 2 (Cagliese). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1. Le figure 5.2.1 e 5.2.2 mostrano la posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M≥4), rispettivamente rappresentati in base alla magnitudo ed all’intensità macrosismica. Fig. 5.2.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni come in fig. 5.1.1. Fig. 5.2.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni come in fig. 5.1.2. La geologia dell’area compresa tra Urbino e Cagli (Fig. 5.2.3) è caratterizzata dal fronte di sovrascorrimento delle unità torbiditiche mioceniche sulla successione calcareo-marnosa umbromarchigiana. Ad est di tale lineamento, affiorano estesamente i termini torbiditici silicoclastici delle 85 avanfosse minori marchigiane e la successione post-evaporitica del Bacino adriatico. La distribuzione degli affioramenti suddetti, cui si intercalano le esposizioni delle più antiche formazioni del Bacino umbro-marchigiano, segue l’andamento NO-SE degli assi strutturali. Fig. 5.2.3. Geologia dell’area compresa tra l’Alta Val Tiberina, Urbino e Cagli (modificata dallo schema di inquadramento regionale riportato nel Foglio 267-San Marino della Carta Geologica d’Italia 1:50000). Ulteriori dettagli stratigrafici e strutturali sono reperibili sui Fogli 279-Urbino, 280-Fossombrone, 290-Cagli e 291-Pergola della stessa Carta. L’assetto della zona in esame (Fig. 5.2.4) è infatti controllato dalle strutture compressive (pieghe anticlinali e sinclinali e sovrascorrimenti) orientate in senso NO-SE, sviluppate durante le fasi tettoniche del Miocene superiore-Pliocene. A differenza delle zone poste ad ovest (Alta Val Ti- Fig. 5.2.4. Assetto tettonico del settore delle Marche che include la zona sismogentica 2 (modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel nei Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002). Per ulteriori informazioni sulla stratigrafia e la tettonica si veda il Capitolo 1 ed i Fogli della Carta Geologica d’Italia 1:50000, citati nella didascalia della figura 5.2.3. berina e bacino di Gubbio), dove la tettonica recente e attiva è dominata da sistemi di faglie normali (Figg. 5.1.2 e 5.2.3), nell’area attorno a Cagli non sono riconosciute importanti strutture di questo tipo. Si pone quindi il problema della natura della sorgente responsabile del forte terremoto del 1781. 86 Nell’archivio DISS delle sorgenti sismogenetiche italiane, a cura dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (http://diss.rm.ingv.it/diss/), si legge che “The macroseismic field of the 1781 Cagli earthquake is characterised by a wide felt area which suggests a rather deep hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation can be done for the other three events (i.e. 1741 Fabriano; 1799 Camerino; 1873 Sarnano), depicting so a lateral continuity of seismic release on deep structures. We propose that the 1781 source is located between 17 and 20 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998; Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004).” Tale ipotesi implica quindi l’attività una struttura compressiva relativamente profonda, connessa al sottoscorrimento dell’Adriatico rispetto alla catena appenninica. Tuttavia, i deboli vincoli geologici e geofisici non permettono di escludere l’ipotesi alternativa, ovvero l’attivazione di una faglia normale confrontabile con le strutture presenti nelle fosse dell’Alta Val Tiberina e di Gubbio, ancorchè non osservata in superficie. Sia in Italia che nel resto del mondo, è infatti suggerita la presenza di faglie normali sepolte o “cieche”, che pur essendo sismogenetiche non presentano ancora una chiara manifestazione superficiale (e.g., Cucci et alii, 1996; Chen et alii, 2010; Ganas et alii, 2013). A tale proposito, occorre ribadire che lo sviluppo dell’assetto tettonico attuale dell’Appennino (vedi Capitolo 2 e figura 5.1) risale al Pleistocene medio ed è quindi piuttosto recente in termini geologici. Nell’area in esame, la tettonica estensionale e transtensiva ha interessato prima il settore umbro più occidentale, generando ampie fosse come la Val Tiberina e la Valle Umbra, poi la Dorsale umbro-marchigiana con la formazione di più piccoli bacini intramontani (Gubbio, Gualdo Tadino, Colfiorito ed altri). E’ quindi plausibile che l’ulteriore sviluppo della deformazione transtensiva (connesso alla migrazione del cuneo orogenico umbro-marchigiano indicata nella figura 5.1) interessi il settore marchigiano ad est della Dorsale appenninica principale, e quindi anche il Cagliese. In ogni caso, le scarse informazioni disponibili impongono che la geometria della zona in esame sia definita in relazione alla posizione dell’epicentro dei pochi terremoti registrati, compresa la scossa del 1781 (Figg. 5.2.1 e 5.2.2). La storia sismica esigua, del resto, non permette di fare valutazioni sull’intervallo di tempo medio tra le scosse principali. Sulla base degli effetti osservati nel corso del fortissimo terremoto del 1781 (Tab. 5.2.1), possiamo attribuire Imax=10 alla zona sismogenetica in oggetto. 5.3 Zona sismogenetica 3: Anconetano Le scosse più importanti avvenute nella zona sono indicate nella tabella 5.3.1. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1269 1474 1690 1870 1917 1930 1972 1972 1972 1972 1972 1972 1972 9 8 12 2 11 10 1 2 2 2 2 2 6 0 18 23 8 5 30 25 4 4 5 5 6 14 Ancona Ancona Anconetano Numana Numana Senigallia Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Medio Adriatico Latitudine (N°) 43.56 43.6 43.58 43.55 43.51 43.66 43.74 43.72 43.73 43.74 43.64 43.71 43.65 Longitudine (E°) 13.56 13.51 13.59 13.47 13.59 13.33 13.46 13.44 13.37 13.37 13.41 13.43 13.6 Magnitudo (Mw) 5.6 5.1 5.6 5.1 5.1 5.8 4.6 4.9 4.6 4.5 4.5 4.5 4.6 Intensità Io (Imax) 8.0 7.0 8.5 7.0 6.0 (6.5) 8.0 (8.5) 7.0 8.0 7.5 7.0 7.0 7.0 8.0 T (anni) 205 216 179 48 13 41 - Tab. 5.3.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 3 (Anconetano). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1. Anche se nessun evento ha raggiunto magnitudo elevate, si è spesso osservato un danneggiamento significativo, relativo ad intensità di 8 ed 8.5. Ciò vale anche per le scosse della sequenza del 1972, a fronte di una magnitudo modesta (sempre inferiore a 5) ed alla ubicazione 87 fuori costa degli epicentri (Console et al., 1973; Crescenti et al., 1977). I tre eventi con M≥5.5 sono separati da intervalli di tempo molto lunghi (rispettivamente 421 e 240 anni), mentre dalla scossa di Senigallia del 1930 sono trascorsi ben 83 anni. La distribuzione degli epicentri delle scosse elencate in tebella è illustrata nelle figure 5.3.1 e 5.3.2. Gli eventi della sequenza del 1972 sono collocati tra Ancona e Senigaliia, a nord di Falconara Marittima (coordinate epicentrali di Rovida et al., 2011). Fig. 5.3.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nell’Anconetano. Altre informazioni come in Fig.5.1.1. Fig. 5.3.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nell’Anconetano. Altre informazioni come in Fig. 5.12. Le caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell’area in esame sono descritte nei Fogli 281Senigallia, 282-Ancona e 293-Osimo della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, consultabili sul relativo sito (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). Il lineamento morfologico più evidente è costituito dal promontorio del Monte Conero, il cui rilevo raggiunge quasi 600 m s.l.m. Come ricordato nel Capitolo 1, tale settore è caratterizzato dall’affioramento di vari termini della Successione umbro-marchigiana dal Cretaceo al Miocene (Maiolica-Marne a Fucoidi-Scaglia 88 variegata, rosata, bianca e cinerea-Bisciaro-Schlier-Formazione Gessoso Solfifera-Argille a Colombacci), che nell’immediato entroterra sono sepolti sotto cospicui spessori di depositi quaternari (Fig. 5.3.3). Tale alto strutturale è connesso anche a significative anomalie gravimetriche e magnetiche (Figg. 1.6.1 ed 1.6.2; e.g., Maesano et al., 2013). Fig. 5.3.3. Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1:250000 per il settore tra Senigallia, Jesi, Osimo e Numana (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 2) Depositi detritici e corpi di frana (Olocene-Pleistocene superiore) 4) Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 7) Depositi da litorali a continentali: sabbie e conglomerati (Pleistocene superiore-inferiore) 8, 9, 10) Depositi di piattaforma e di transizione: pelitici, pelitico-arenacei ed arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore) 12) Depositi arenaceo-pelitici di ambiente non definito (Pleistocene inferiore) 13a) Depositi epibatiali pelitici (Pleistocene inferiore) 16) Depositi torbiditici (pelitico-arenacei o siltosi) di ambiente profondo (Pleistocene inferiore-Pliocene medio) 17b) Depositi pelitici neritici (Pliocene superiore-inferiore) 37) Argille a Colombacci (Messiniano superiore) 52) Schlier (Messiniano inferiore-Burdigaliano) 55) Scaglia variegata-Scaglia rosata-Scaglia bianca (PriabonanoCenomaniano). Le linee rosse indicano la traccia di faglie affioranti o presunte. Per ulteriori informazioni si veda Centamore (1986). Poiché i principali lineamenti tettonici sono sepolti, l’interpretazione del settore in esame è basata sulla documentazione raccolta per la ricerca di idrocarburi (stratigrafia sismica e perforazioni profonde). Tali informazioni suggeriscono che il bordo esterno del cuneo orogenico dell’Appennino settentrionale (Fig. 5.1) si estende dal Pedeappennino marchigiano all’Adriatico ed è formato da una serie di fasci di strutture compressive sepolte (sovrascorrimenti e pieghe), più o meno parallele tra loro ed alla linea di costa (Fig. 5.3.4). La formazione di tali strutture è cominciata circa 5 milioni di anni fa, tra la fine del Messiniano e l’inizio del Pliocene. Peraltro, secondo Maesano et al. (2013) i sovrascorrimenti fuori costa sarebbero più antichi e meno attivi (con velocità media di slittamento <1 mm/anno). Invece, le strutture dell’entroterra del fronte del Conero-Tortoreto sarebbero relativamente più recenti (da circa 2.6 Ma) e più mobili (velocità media di slittamento >1 mm/anno). 89 L’andamento dei fronti di sovrascorrimento sopra descritti, possibilmente connessi a sorgenti sismogenetiche e con particolare riferimento al fronte Conero-Tortoreto (e.g., Artoni, 2013; Maesano et al., 2013), giustifica la geometria adottata per la zona sismica in oggetto. Le sue dimensioni sono invece suggerite dalla distribuzione delle scosse principali (Figg. 5.3.1 e 5.3.2). Fig. 5.3.4. Assetto strutturale del settore centrale delle Marche, dal pedeappennino al Mar Adriatico (da Artoni, 2013). A) Schema tettonico. Le strutture compressive sono indicate dalle linee con con triangoli (sovrascorrimenti) e losanghe (pieghe). Dall’Adriatico al Pedeappennino si incontrano quattro fasci di strutture sepolte, indicati con i colori celeste (Elga-Adriatico secondo Artoni, 2013), giallo (Conero-Tortoreto), rosso (Jesi-Nereto-Zaccheo) e blu (StradaRoccafinadamo). Esino 1, Monsano 1 ed Elga 1 sono i nomi di perforazioni profonde per la ricerca di idrocarburi. La linea nera spessa indica la traccia della sezione verticale illustrata in B. CM=unità tettonico-stratigrafiche premessiniane, LPI=unità del Pliocene superiore, Ple=unità del Pleistocene. AN=Ancona. B) Sezione verticale lungo la traccia indicata in A. La sezione è basata sulla geologia superficiale, sulle indagini di stratigrafia sismica e sui dati delle perforazioni profonde. 1,2,3) Depositi torbiditici di mare profondo (Pliocene-Pleistocene) 4,5,6,7,8) Depositi continentali, costieri e di piattaforma (Pliocene-Pleistocene) Pre, Ev, p-ev1, p-ev2) Unità pre-evaporitica, unità evaporitica, unità post-evaporitiche (Tortoniano superiore-Messiniano) CM) Cretaceo inferiore-Miocene TC) Triassico superiore-Cretaceo inferiore Bas) Basamento paleozoico-Triassico. Fronti di sovrascorrimento principali: CA=Adriatico centrale, CT=Conero-Tortoreto, E=Elga-Adriatico, JN=Jesi-Nereto-Zaccheo, MAF=Monte AcutoMontagna dei Fiori, SR=Strada-Roccafinadamo. Per quanto riguarda l’analisi della sismicità recente, occorre dire che i dati sismologici confermano solo in parte l’attività delle strutture compressive sopra citate. Per esempio, il meccanismo focale della scossa principale della sequenza sismica del 1972 è di tipo transpressivo (Fig. 5.3.5a). Inoltre, la ricostruzione del regime di sforzo (Fig. 5.3.5b) indica che le scosse di tale sequenza sono compatibili con un regime trascorrente con un asse di massima compressione orientato ENE-OSO ed un asse di minima compressione orientato NNO-SSE. Nell’ambito di tale regime è favorito lo slittamento sia di faglie trascorrenti sinistre dirette NO-SE (circa parallele ai sovrascorrimenti sepolti), sia di faglie destre NE-SO (trasversali alle strutture compressive). Le faglie sinistre potrebbero indicare una convergenza obliqua tra il cuneo orogenico appenninico e l’avampaese adriatico, mentre le faglie destre rappresenterebbero l’attivazione di fratture trasversali 90 alla catena orogenica sepolta. In effetti, la disposizione degli epicentri delle scosse della sequenza del 1972 (Figg. 5.3.1 e 5.3.2; Console, 1973, Crescenti et al., 1977) sembra più in accordo con quest’ultima possibilità. L’attivazione sismica di fratture trasversali alla catena è stata suggerita da Cello e Tondi (2011) e Sarti e Coltorti (2011), sulla base della distribuzione degli epicentri della sismicità minore (in particolare le sequenze del 1973, 1974 e 1975), nonché sul riconoscimento di strutture trasversali nell’entroterra anconetano, come il lineamento del F. Esino (Fig. 5.3.3). Occorre comunque ricordare che tali presunte fratture trasversali, dedotte in base ad osservazioni geologiche e geomorfologiche (e.g., Coltorti et al., 1996) sono scarsamente documentate dalle più recenti analisi della stratigrafia sismica (Fig. 5.3.4, e.g. Artoni, 2013; Maesano et al., 2013). Anche l’interpretazione della recente scossa del Conero, avvenuta nel Luglio 2013 (M=4.9) presenta alcune ambiguità. I vari enti sismologici hanno infatti pubblicato meccanismi focali sia trascorrenti (Fig. 3.5.5c) che compressivi (Fig. 3.5.5d). L’elemento comune alle due interpretazioni è la direzione NE-SO dell’asse di massimo raccorciamento orizzontale, simile ma non identica a quella osservata per le scosse del 1972 (Fig. 5.3.5a,b). Fig. 5.3.5. Sintesi delle informazioni sismologiche disponibili per la zona anconetana. A) Meccanismo focale della scossa principale della sequenza sismica del 1972 (4 Febbraio, M=4.9). In bianco i quadranti con polarità dilatazionale, in nero i quadranti con polarità compressionale (da Gasparini et al., 1985). B) Regime di sforzo dedotto dai meccanismi focali delle scosse della sequenza del 1972. Le direzioni di massima e minima compressione orizzontale sono indicate rispettivamente dalle frecce convergenti e divergenti. s1, s2 e s3 sono gli assi principali di sforzo minimo, intermedio e massimo (da Boncio e Bracone, 2009). C) Meccanismo focale trascorrente del terremoto del Conero del 21 Luglio 2013 (M=4.9). Il meccanismo è trascorrente, con P e T rispettivamente l’asse principale di raccorciamento e di allungamento (dal sito www.ingv.it). D) Meccanismo focale compressivo ottenuto per lo stesso terremoto dall’Istituto GFZ di Potsdam (Germania) e dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste (dal sito http://tersiscio.blogspot.it/2013/07/il-terremoto-del-conero.html#links). Si noti che l’asse di massimo allungamento (orizzontale in C) è verticale per questa soluzione. In definitiva, le informazioni sismologiche concordano nell’indiduare un asse di massimo raccorciamento orientato da ENE-OSO a NE-SO, mentre presentano delle discrepanze riguardo alla cinematica delle strutture attivate (faglie inverse, trascorrenti destre o sinistre). 91 In assenza di vincoli più stringenti sulle possibili sorgenti sismiche dell’area in esame, si può attribuire Imax=8-9 all’intera zona sismogenetica, in base ai risentimenti prodotti dai terremoti storici (Tab. 5.3.1). 5.4 Zona sismogenetica 4: Dorsale Marchigiana I terremoti più importanti avvenuti nella zona (M³5 o I≥7) sono elencati nella tabella 5.4.1. Pur essendo la storia sismica di questo settore relativamente breve (meno di tre secoli), si notano tre forti scosse con magnitudo elevata e forte danneggiamento (M³6 e I³9). Tali eventi sono avvenuti nell’arco di 132 anni, un intervallo di tempo minore di quello trascorso dalla scossa del 1873. Considerata la scarsa documentazione e la distanza temporale assai irregolare tra i terremoti forti, per questa zona la definizione del “tempo di ritorno medio” è poco significativa. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1741 1799 1873 1921 1936 1951 4 7 3 8 12 9 24 28 12 28 9 1 Fabrianese Appennino Marchigiano Marche Meridionali Sarnano Caldarola Sarnano Latitudine (N°) 43.42 43.19 43.09 43.12 43.15 43.03 Longitudine (E°) 13.01 13.15 13.24 13.25 13.22 13.29 Magnitudo (Mw) 6.2 6.1 6 4.8 4.8 5.3 Intensità Io(Imax) 9 9 (9.5) 8 (9) 7 6.5 (7.5) 7 T (anni) 58 74 13 15 15 Tab. 5.4.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 4 (Dorsale Marchigiana). Altre informazioni come in Tab.5.1.1. La posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M ≥4) è mostrata nelle figure 5.4.1 e 5.4.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all’intensità macrosismica. Fig. 5.4.1 (sinistra) e 5.4.2 (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella Dorsale Marchigiana. Altre informazioni come nelle Fig. 5.1.1 e 5.1.2. Informazioni sulla stratigrafia e sulla tettonica dell’area considerata sono riportate nei Fogli 292-Jesi, 302-Tolentino, 303-Macerata e 314-Montegiorgio della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). La più evidente caratteristica geomorfologica della zona in esame è la dorsale montuosa che si estende circa NNO-SSE con vari rilievi tra 1000 e 1500 m s.l.m., tra cui il Monte San Vicino, il Monte Letegge ed il Monte Fiegni 92 (Fig. 1.2.3). Tale dorsale è bordata da due depressioni morfologiche, ad ovest il Bacino di FabrianoMatelica-Camerino e ad est il Bacino di Tolentino-Amandola (Figg. 5.4.1 e 5.4.2). La geologia dell’area (Fig. 5.4.3) mette in evidenza le differenze stratigrafiche e strutturali tra i settori sopra indicati. Fig. 5.4.3. Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1:250000 per il settore tra Jesi, Fabriano, 93 Matelica, Camerino, Tolentino e Cingoli (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 4) Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 6) Depositi lacustri e fluvio-lacustri delle conche tettoniche (Pleistocene superiore-medio) 15) Depositi torbiditici di mare profondo: corpi prevalentemente arenacei o arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore-Pliocene medio) 17b) Depositi epibatiali pelitici (Pliocene superiore-inferiore) 27) Depositi non differenziati (Pliocene inferiore) 29) Depositi torbiditici batiali: corpi sabbioso-pelitici o peliticosabbiosi (Pliocene inferiore) 30) Depositi torbiditici batiali: corpi conglomeratici (Pliocene inferiore) 31) Depositi pelitici batiali (Pliocene inferiore) 32) Depositi conglomeratici di “delta conoide” (Messiniano superiore) 33) Depositi arenaceo-pelitici o pelitico-arenacei di “delta conoide” (Messiniano superiore) 34) Depositi torbiditici in strette depressioni sottomarine: corpi arenacei prevalentemente canalizzati (Messiniano superiore) 35) Depositi torbiditici in strette depressioni sottomarine: corpi arenaceo-pelitici o pelitico-arenacei non canalizzati (Messiniano superiore) 37) Depositi pelitici di laguna o di “lago-mare”: Argille a Colombacci (Messiniano superiore) 38) Depositi evaporitici: Formazione Gessoso Solfifera (Messiniano medio) 40) Depositi torbiditici canalizzati in strette depressioni: corpi arenacei (Messiniano inferiore-Tortoniano) 42, 43, 44) Depositi torbiditici non canalizzati in strette depressioni: corpi arenaceo-pelitici, pelitico-arenacei e pelitici (Messiniano inferiore-Tortoniano) 51) Emipelagiti o facies di scarpata con intercalazioni di torbiditi calcaree: Marne con Cerrogna (Tortoniano medio-Burdigaliano) 52) Emipelagiti pelitiche: Schlier (Messiniano inferiore-Burdigaliano) 54) Emipelagiti marnose: Scaglia Cinerea (Oligocene) 55) Pelagiti calcaree: Scaglia variegata-Scaglia rosata-Scaglia bianca (Priabonano-Cenomaniano) 56) Emipelagiti marnose: Marne a Fucoidi (Cenomaniano-Aptiano) 57) Pelagiti calcaree: Maiolica (Aptiano-Titoniano superiore) 59) Pelagiti carbonatiche: Calcari diasprini umbro-marchigiani, Calcari e marne del Sentino, Formazione del Bosso (Titoniano inferiore-Toarciano) 60) Pelagiti carbonatiche: Corniola (Pliensbachiano-Lotharingiano) 61) Depositi di piattaforma carbonatica: Calcare massiccio (Sinemuriano-Trias superiore). Le linee rosse corrispondono alla traccia di faglie affioranti o presunte (i triangoli indicano i sovrascorrimenti). Per ulteriori informazioni si veda Centamore (1986). ________________________________________________________________________________________________ La dorsale montuosa è formata dai termini pre-neogenici della Successione umbro-marchigiana (dal Triassico all’Oligocene: Calcare massiccio, Corniola, Calcari diasprini, Maiolica, Marne a Fucoidi ed i vari tipi di Scaglia). Le adiacenti depressioni sono invece riempite in prevalenza dai depositi di avanfossa, spesso di tipo torbiditico, del Miocene superiore (Tortoniano-Messiniano). Come anticipato nel Capitolo 1, l’alternanza di bacini e dorsali in questo settore delle Marche è una conseguenza della strutturazione dell’Appennino umbro-marchigiano in un fascio di pieghe e sovrascorrimenti sub-paralleli, formati dal Miocene superiore (Fig. 5.4.4). Fig. 5.4.4. Assetto tettonico del settore delle Marche che include la zona sismogenetica 4 (modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel nei Foglio 281Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002). La linea nera spessa è la traccia della sezione verticale riportata nella figura 5.4.5 94 Nell’area in esame si riconoscono: una piega sinclinale nel bacino di Matelica-Camerino, una piega antiforme su cui è impostata la dorsale montuosa, un sovrascorrimenti affioranti ed una sinclinale nel bacino di Tolentino, nonché anticlinali e faglie transpressive nella più esterna dorsale di Cingoli. L’assetto strutturale dell’area è ancora meglio chiarito dalla sezione verticale riportata in figura 5.4.5. In definitiva, l’assetto strutturale della zona in oggetto è chiaramente dominato da lineamenti compressivi (sovrascorrimenti e pieghe) orientati in senso NNO-SSE. Sono però scarse le tracce di Fig. 5.4.5. Sezione verticale attraverso la porzione settentrionale della zona sismogenetica considerata, secondo la traccia riportata nella figura 5.4.4 (da Mazzoli et alii, 2002). Le linee rosse indicano i sovrascorrimenti. Le linee celesti e viola identificano le faglie normali (rispettivamente del Giurassico e del Miocene) generate prima del coinvolgimento della crosta nell’orogenesi appenninica. tettonica attiva che possano suggerire delle connessioni con le sorgenti sismiche dei terremoti elencati nella tabella 5.4.1. D’altra parte, la ridotta attività sismica recente non ha permesso di raccogliere dati sismologici sufficienti per vincolare la geometria e la cinematica delle sorgenti suddette. Pertanto, le ipotesi sulle fratture responsabili dei forti terremoti storici della zona sono per lo più basate sulla documentazione macrosismica, ovvero sulla distribuzione spaziale dei danneggiamenti osservati nei centri abitati dell’area. A tale proposito è conveniente riportare le considerazioni sulle scosse del 1741, 1799 e 1873, presenti nell’Archivio delle sorgenti sismiche italiane (http://diss.rm.ingv.it/dissNet/): “The northern Marche internal region is presently affected only by low seismic activity, but damaging earthquakes struck this area in the last two centuries (e.g. in 1741 Fabriano; in 1781 Cagli; in 1799 Camerino; and in 1873 Sarnarno). The macroseismic field of the 1741 Fabriano earthquake is characterised by a wide felt area which suggests a rather deep hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation can be done for the other three events (i.e. 1781 Cagli; 1799 Camerino; 1873 Sarnarno), depicting so a lateral continuity of seismic release on deep structures… We propose that the 1741 source is located between 14 and 17 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998; Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004). … We propose that the 1799 source is located between 14 and 16 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline…We propose that the 1873 source is located between 14 and 17 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline.” Tali considerazioni suggeriscono l’attivazione sismica di faglie inverse appartenenti ad un fascio di strutture orientate in senso NNO-SSE, relativamente poco inclinate (circa 20°) verso sud- 95 ovest, analoghe a quelle identificate con la stratigrafia sismica nel settore marchigiano esterno (Artoni, 2013 e riferimenti citati). L’ipocentro proposto (tra 15 e 20 km) è però relativamente profondo e collocherebbe le sorgenti suddette all’interno del basamento cristallino adriatico. Il confine tra copertura sedimentaria e basamento è infatti più superficiale (<5km), come indicato dalla sezione verticale descritta nella figura 5.3.4b. La magnitudo stimata per le tre scosse principali dovrebbe corrispondere a fratture lunghe tra 10 e 20 km (e.g., Wells e Coppersmith, 1994). Le considerazioni sopra esposte, associate alla distribuzione spaziale degli epicentri, giustificano la forma e le dimensioni della zona proposta (Fig. 5.4.1 e 5.4.2). Inoltre, tenendo conto dei dati macrosismici descritti in tabella 5.4.1, è ragionevole attribuire una intensità massima Imax=9°-10° MCS alla zona sismogenetica in oggetto. 5.5 Zona sismogenetica 5: Dorsale Umbra La tabella 5.5.1 elenca gli eventi sismici più significativi che hanno colpito l’area in esame (M³5 o I≥7). In questo caso, la storia sismica copre oltre sette secoli con 51 scosse importanti. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1279 1328 1599 1627 1631 1639 1702 1703 1716 1719 1721 1730 1747 1751 1791 1793 1815 1838 1859 1879 1883 1898 1910 1914 1915 1916 1950 1963 1964 1971 1974 1979 1980 1980 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1997 1998 1998 1998 4 12 11 7 2 10 10 1 10 6 6 5 4 7 10 4 9 2 8 2 11 8 12 7 3 11 3 7 8 10 12 9 2 5 9 9 9 10 10 10 10 10 10 10 10 10 11 3 3 4 30 1 6 0 25 7 18 14 4 27 18 12 17 27 11 21 3 14 22 23 7 25 22 31 15 16 12 21 2 4 2 19 28 14 26 26 26 3 6 12 14 14 15 16 16 19 10 21 26 3 Camerino Norcia Valnerina Accumoli Annifo Amatrice Norcia App.Umbro-Reatino Cascia Alta Valnerina Annifo Valnerina Nocera Umbra App. Umbro-Marchigiano Appennino Umbro Afrile Valnerina Valnerina Norcia Valnerina Accumoli Visso Accumoli Gualdo Tadino Alta Valle del Chienti Reatino Accumoli Amatrice Preci Norcia Valnerina Valnerina Val Nerina Valnerina App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano Valnerina App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano App. Umbro-Marchigiano Latitudine (N°) 43.09 42.86 42.72 42.69 43.05 42.64 42.83 42.71 42.75 42.88 43.05 42.75 43.2 43.22 42.95 43.02 42.83 42.84 42.83 42.77 42.67 42.91 42.7 43.2 43.01 42.65 42.7 42.62 42.67 42.82 42.81 42.71 42.8 42.81 43.02 43.01 43.16 43.04 43.03 42.91 42.9 42.96 42.93 42.94 42.87 42.97 42.83 42.95 43.15 43.19 Longitudine (E°) 12.87 13.02 13.02 13.25 12.85 13.26 13.08 13.07 13 13.05 12.85 13.12 12.77 12.74 12.86 12.81 13.02 12.91 13.1 13.04 13.26 12.97 13.25 12.8 12.89 13.17 13.25 13.32 13.2 13.06 12.93 13.07 12.97 13.01 12.89 12.85 12.8 12.82 12.85 12.92 12.9 12.87 12.92 12.91 13.01 12.85 12.96 12.91 12.81 12.76 Magnitudo (Mw) 6.3 6.4 6 5.4 5.1 5.9 5.1 6.7 5.1 5.5 5.1 5.9 5.9 6.3 5.5 5.4 5.5 5.3 5.5 5.6 5.1 5 5.1 5.1 4.9 5.5 5.1 4.9 5.1 5 4.8 5.9 5 4.5 5.7 6 5.3 5.3 5.5 5.2 5.7 5.3 5.2 5.1 5.3 5.2 5 5 5.3 5.1 Intensità Io(Imax) 9 (10) 10 9 7.5 7 9.5 (10) 7 11 7 8 7 9 9 10 8 7.5 8 8 8.5 8 7 7 7 7 7 8 7 7 6 6.5 7.5 (8) 8.5 7.5 8.5 (9) 8 7.5 7.5 (8.5) 6 6 (6.5) 5.5 (6.5) T (anni) 50 271 28 4 9 63 14 3 2 9 17 4 40 2 22 22 22 20 5 15 12 4 1 2 33 13 1 7 3 5 17 - Tab. 5.5.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1. 96 Una parte considerevole di tale insieme è costituita dai 19 terremoti più distruttivi (M≥5.5 o con I³8.5). Per tali eventi l’intervallo di tempo medio è di circa 40 anni, anche se la distribuzione dei dati è assai irregolare. Si passa infatti da un’attesa di quasi tre secoli, tra le scosse del 1328 e 1599, ai pochi giorni che separano i terremoti della sequenza del 1997. Pertanto, nonostante la disponibilità di una storia sismica più estesa, anche per questa zona la definizione del “tempo di ritorno” medio tra due terremoti forti appare problematica. La distribuzione degli epicentri terremoti storici e strumentali (M ≥4) è mostrata nelle figure 5.5.1 e 5.5.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all’intensità macrosismica. Fig. 5.5.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra). Altre informazioni come in Fig. 5.1.1. . Fig. 5.5.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra). Altre informazioni come in Fig. 5.1.2. 97 Molte informazioni sull’assetto stratigrafico e strutturale dell’area considerata sono contenute nella Guida Geologica Regionale dedicata all’Appennino umbro-marchigiano, curata dalla Società Geologica Italiana (Passeri, 1994). Il settore meridionale della zona è descritto nel Foglio 326Spoleto della Carta Geologica d’Italia (1:500000) (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html) e nella relativa Nota illustrativa (Damiani et al., 2011). La zona sismica in oggetto, orientata da NO a SE come indicato nelle figure 5.5.1 e 5.5.2, copre un settore piuttosto vasto a cavallo tra Umbria, Marche e Lazio settentrionale (Reatino). Il territorio è prevalentemente montuoso, con numerose cime poste tra 1000 e 2000 m s.l.m., come i monti Cavallo, Coscerno, Igno, Fema, Penna, Pennino, Primo e Tolentino (Fig. 1.2.3). Una delle principali caratteristiche geomorfologiche è la presenza di conche intermontane, riempite di sedimenti fluvio-lacustri quaternari, che interrompono la continuità dei rilievi (e.g., Gualdo Tadino, Colfiorito, Norcia, Cascia e Leonessa in Fig. 1.2.3). La presenza di tali depressioni ha importanti implicazioni per la valutazione del rischio sismico, poiché le conche intermontane sono bordate da importanti faglie attive (Fig. 1.5.1) e, inoltre, sono stati colpite da forti terremoti storici e recenti (Fig. 1.5.2). Come descritto nel Capitolo 1, l’assetto strutturale dell’area è dominato dai lineamenti compressionali (pieghe e sovrascorrimenti) che nel periodo Miocene superiore-Pliocene hanno determinato l’orogenesi appenninica (Figg. 1.4.3, 1.4.7, 1.4.8 e 1.4.9). Complessivamente, tali lineamenti delineano degli archi strutturali convessi verso Est, compresi tra il fronte di accavallamento interno della Valnerina ed il fronte esterno dei Monti Sibillini (Fig. 5.5.3). Fig. 5.5.3. Assetto tettonico del settore dell’Appennino umbro-marchigiano che include la zona sismogenetica 5 (modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002). 98 D’altra parte, gli elementi compressivi sopra citati sono dislocati da più recenti sistemi di faglie normali e transtensive, prevalentemente orientate da NO-SE a NNO-SSE (Fig. 5.5.4). La descrizione della geometria e cinematica di tali sistemi di fratture è riportata in numerosi lavori, una parte dei quali è citata nel paragrafo 1.5. A tale abbondante bibliografia si può aggiungere il recente lavoro di Pasqui (2013), che apporta nuovi dati di campagna e presenta una esauriente discussione dei modelli geodinamici proposti per l’interpretazione delle evidenze geologico-strutturali. Come indicato nel Capitolo 1 (Fig. 1.5.1), la lunghezza dei principali sistemi di faglie attive dell’area può raggiungere 30 km, valore compatibile con la generazione di terremoti di magnitudo sino ad M=6.7 (e.g., Wells e Coppersmith, 1994). Tuttavia, è opportuno notare che tali sistemi sono costituiti da vari segmenti relativamente brevi, non sempre allineati e paralleli (Figg. 1.5.1 e 5.5.4). La complessità geometrica dei sistemi di fratture appenninici rende meno probabile l’attivazione simultanea di un intero complesso di fratture, a causa delle interazioni tra i segmenti di faglia (e.g., Wesnousky, 2006; Pizzi e Galadini, 2009). Ciò spiega, almeno in parte, perché la storia sismica di questa parte dell’Appennino settentrionale presenti un solo evento fortissimo (1703, M=6.7), mentre la magnitudo di gran parte delle scosse principali è compresa tra 5.5 e 6 (Tab. 5.5.1). In ogni caso, la possibilità di rotture eccezionali, capaci di generare terremoti con M>6.5, non può essere sottovalutata. Fig. 5.5.4. Sistemi di faglie normali e transtensive nell’Appennino umbro-marchigiano, con attività recente ed attuale (linee a pettine). I lineamenti compressivi precedenti, spesso dislocati dalle fratture estensionali, sono indicati dalle linee con triangoli (da Pasqui, 2013). 99 Una dettagliata rappresentazione del complesso di fratture presenti nella zona in esame è mostrata nella figura 5.4.5, dove si riconosce l’associazione tra i lineamenti tettonici, le conche intermontane quaternarie (di fatto delle piccole fosse tettoniche del tipo graben, semi-graben e pullapart) e la distribuzione degli eventi sismici più importanti. Fig. 5.5.5 Complesso delle principali fratture riconosciute nel settore dell’Appennino centro-settentrionale tra Colfiorito e L’Aquila, in relazione alle conche intermontane (in grigio) ed alla sismicità storica. I numeri accanto alle località indicano la quota in metri sul livello del mare (da Tondi, 2000). Ulteriori informazioni sulla tettonica dell’area derivano dai dati sismologici raccolti in occasione dei terremoti avvenuti nell’ultimo trentennio (localizzazioni ipocentrali, distribuzione spazio-temporale delle scosse di replica, meccanismi focali e analisi dei campi di sforzo e deformazione). La cospicua mole di informazioni disponibili, in gran parte relativa alla crisi sismica del 1997-1998, è descritta nei lavori citati nel paragrafo 1.5, cui possiamo aggiungere Alberti (2006) e Ciaccio et alii (2006). I meccanismi focali delle scosse principali sono prevalentemente di tipo estensionale (Fig. 5.5.5). L’asse di massimo allungamento, sempre suborizzontale e orientato circa NE-SO, implica l’attivazione di faglie normali a direzione NO-SE. La presenza di una modesta componente orizzontale rende talora lo slittamento obliquo. A tale proposito, l’attività di faglie normali con cinematica transtensiva sinistra è stata descritta ed interpretata da Pasqui (2013), in base ad un dettagliato rilevamento geologico-strutturale di vari lineamenti presenti nella zona in esame. Per quanto riguarda la posizione delle sorgenti sismiche, si nota che spesso l’ipocentro dell’evento principale è collocato tra 5 e 10 km di profondità (Fig. 5.5.5). Talora la distribuzione dell’ipocentro delle scosse di replica consente di definire la giacitura della probabile superficie di faglia responsabile del terremoto. In particolare, questo è il caso delle 100 scosse di Colfiorito del Settembre ed Ottobre 1997, che si possono associare a faglie normali immergenti a sud-ovest con una inclinazione di 30-40° (riquadri F e G in figura 5.5.5). Fig. 5.5.6. Meccanismo focale delle scosse principali avvenute nell’Appennino umbro-marchigiano nel periodo 19792001 e localizzazione delle scosse di replica. Le linee rosse sulla carta sono le tracce delle sezioni verticali riportate nei riquadri A-I, che mostrano la distribuzione degli ipocentri delle scosse principali e delle repliche. ATF=Faglia Tiberina, CC=Città di Castello, Co=Colfiorito, Fo=Foligno, GT=Gualdo Tadino, Gu=Gubbio, MM=Massa Martana, No=Norcia, SS=Sansepolcro (da Ciaccio et alii, 2006). L’analisi dei dati sismologici ha innescato un dibattito sulla configurazione geometrica delle sorgenti sismiche della Dorsale umbra, con particolare attenzione alla posizione dell’ipocentro dei terremoti. Nell’area in esame la porzione più superficiale della crosta è distinta in copertura sedimentaria (Quaternario-Triassico superiore) e basamento (Triassico inferiore-Paleozoico), sulla base dell’andamento della velocità delle onde sismiche P ed S nelle rocce (e.g., Mirabella et alii, 2008a e riferimenti citati). La copertura sedimentaria, la cui stratigrafia è descritta nel Capitolo 1, termina con uno strato di rocce anidritiche/dolomitiche (Anidridi di Burano), il cui spessore raggiunge i due chilometri. La parte sommitale del sottostante basamento è invece costituita da arenarie e peliti del Permiano-Triassico inferiore, debolmente metamorfosate (Gruppo del Verrucano). Sotto a questo livello filladico, spesso 1-2 km, giace il vero e proprio basamento cristallino, peraltro mai raggiunto dalle perforazioni condotte nell’area. Le implicazioni per la sismogenesi derivano dal fatto che l’ipocentro delle principali sorgenti sismiche si colloca tra le Anidridi di Burano e il Gruppo del Verrucano. Per quanto riguarda il terremoto di Colfiorito del 1997, Calamita et alii (2000) suggeriscono che l’ipocentro cada all’interno delle filladi del basamento, ben al disotto della formazione di Burano (Fig. 5.5.7a). Tuttavia, elaborazioni più recenti (Mirabella et alii, 2008a,b) presentano un sostanziale approfondimento del confine 101 copertura/basamento, per cui l’ipocentro della scossa suddetta ricade entro le Anidridi di Burano (Fig. 5.5.7b). Quest’ultima interpretazione identifica dunque la formazione di Burano come un livello chiave per la mobilità della copertura sedimentaria appenninica. Ciò è in accordo con quanto suggerito dal modello geodinamico e cinematico dell’Appennino settentrionale (Fig. 5.1), proposto da Mantovani et alii, (2011, 2012, 2013) e Cenni et alii (2012). Tale interpretazione prevede appunto che la mobilità orizzontale del cuneo crostale Romagna-Marche-Umbria derivi dal disaccoppiamento tra copertura e basamento, causata dalla presenza delle evaporiti triassiche. Inoltre, è importante ricordare che gli ipocentri tendono ad approfondirsi passando dal settore settentrionale della zona considerata (Colfiorito) alla porzione meridionale (Norcia), delineando una inclinazione verso SSE del confine copertura-basamento (Mirabella et al., 2008a). Ciò è in linea con la geometria del cuneo Romagna-Marche-Umbria proposta da Mantovani et alii (2012) e da Cenni et al. (2012). Fig. 5.5.7. Assetto strutturale e sorgenti sismiche nell’area interessata dalla crisi sismica del 1997-1998 (modificato da Mirabella et alii, 2008a). Le sezioni verticali, orientate da OSO a ENE, seguono una traccia corrispondente ai profili F e G in figura 5.5.6. A) Interpretazione di Calamita et alii (2000). L’ipocentro della scossa principale della sequenza (26/9/1997, M=6) è collocata nella parte sommitale del basamento crostale. B) Interpretazione di Mirabella et alii (2008a,b). L’ipocentro della scossa principale è posto alla base della copertura sedimentaria, all’interno delle Anidridi di Burano. Le informazioni geologiche e geofisiche sopra descritte permettono di giustificare la scelta della geometria proposta per la zona in esame (Fig. 5.4.1 e 5.4.2). Tenendo conto della distribuzione delle fratture riconosciute (Figg. 5.5.4, 5.55 e 5.5.6) e dei dati macrosismici descritti in tabella 5.4.1, è opportuno attribuire una intensità massima Imax=10 all’intera zona sismogenetica in oggetto. 5.6 Zona sismogenetica 6: Valle Umbra I terremoti più importanti che hanno interessato la zona in esame (M³5 o I≥7) sono riportati nella tabella 5.6.1. In un lasso di tempo di oltre 700 anni si contano 21 scosse che hanno prodotto risentimenti significativi. Di queste, solo 5 si possono definire distruttive (M≥5.5 o I³8.5). 102 L’intervallo medio tra gli eventi sismici di questo tipo è di circa 144 anni, sebbene possa variare da poco più di 20 anni a quasi 3 secoli. La maggiore concentrazione di scosse forti si è avuta tra la fine del ’700 e la metà dell’800, con tre terremoti di cui uno (1832) ha raggiunto la magnitudo M=6.3 e l’intensità macrosismica I=10. Si può anche notare che dall’ultima scossa forte (1854) sono trascorsi 159 anni, mentre l’ultimo evento degno di nota è avvenuto 56 anni fa. L’attività sismica descritta nella tabella 5.6.1 delinea un’area meno pericolosa della vicina Dorsale Umbra (descritta nel paragrafo precedente) e tuttavia soggetta a sporadici eventi distruttivi. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1246 1277 1298 1592 1667 1702 1703 1704 1745 1767 1785 1792 1832 1838 1854 1878 1885 1895 1900 1949 1957 0 0 12 11 0 11 6 5 3 6 10 7 1 1 2 9 6 5 5 10 7 0 0 1 24 0 14 29 20 0 5 9 20 13 5 12 15 17 20 19 27 19 Spoleto Spoleto Reatino Trevi Spoleto Spello Spoleto Spoleto Spoleto Spoletino Umbria Meridionale Ferentillo Valle del Topino Valnerina Valle del Topino Valle del Clitunno Poggio Bustone Baiano Arrone Labro Castel Ritaldi Latitudine (N°) 42.73 42.73 42.58 42.88 42.73 42.92 42.75 42.75 42.73 42.82 42.54 42.63 42.98 42.76 43.03 42.84 42.52 42.75 42.58 42.53 42.77 Longitudine (E°) 12.74 12.74 12.9 12.75 12.74 12.67 12.75 12.75 12.74 12.75 12.79 12.73 12.6 12.79 12.58 12.68 12.84 12.7 12.77 12.8 12.65 Magnitudo (Mw) 5.4 5.6 6.2 5.1 5.1 5.1 5.1 5.1 5.1 5.4 5.7 5.1 6.3 5 5.6 5.4 4.9 5.1 4.4 5 5.1 Intensità Io (Imax) 7.5 8 9.5 (10) 7 7 7 7 7 7 (8) 7.5 8.5 7 10 7 8 8 7 7 6 (7) 6.5 7 T (anni) 31 22 294 74 36 1 1 41 22 18 7 39 6 16 25 7 10 5 49 8 Tab. 5.6.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 6 (Valle Umbra). Altre informazioni come in Tab.5.1.1. Le figure successive indicano la distribuzione degli epicentri terremoti storici e strumentali (M≥4). I dati sono rappresentati sia in base alla magnitudo (Fig. 5.6.1) che all’intensità macrosismica (Fig. 5.6.2). Fig. 5.6.1 (sinistra) e 5.6.2 (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 6 (Valle Umbra). Altre informazioni come nelle Fig.5.1.1 e 5.1.2. 103 Le caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area considerata sono descritte nella Guida Geologica Regionale dedicata all’Appennino umbro-marchigiano (Passeri, 1994), contenente un’ampia bibliografia. Da segnalare anche il Foglio 324-Foligno della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). La zona in esame fa parte del cosiddetto Preappennino umbro (Fig. 1.4.1), caratterizzato dall’affioramento di unità tettonico-stratigrafiche di tipo torbiditico come la formazione MarnosoArenacea, descritta nel Capitolo 1. Nelle depressioni, tali unità sono coperte da potenti depositi plio-pleistocenici (Fig. 1.3.6). Invece, presso i rilievi più elevati, come i Monti di Gubbio, i Massicci Perugini, la Dorsale Narnese-Amerina ed i Monti Martani, affiorano le sottostanti unità della Successione umbro-marchigiana (in verde nella Fig. 5.6.3). Fig. 5.6.3. Assetto tettonico della parte dell’Umbria che include la zona sismogenetica 6 (modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel nei Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002). 104 L’assetto strutturale dell’area è segnato dalle strutture compressive (pieghe e sovrascorrimenti), prodotte nella fase orogenica del Miocene superiore-Pliocene. Tali strutture sono tagliate da più recenti sistemi di faglie estensionali e transtensive, che hanno controllato la formazione delle principali depressioni (Figg. 1.4.1 e 5.6.3). La zona in oggetto è parte di un vasto sistema di depressioni morfologiche noto come Bacino tiberino, la cui forma peculiare ricorda una Y rovesciata (e.g., Basilici, 1997). Tale sistema, che si è sviluppato dal Pliocene inferiore, supera i 100 km di lunghezza in senso meridiano e copre un’area di oltre 1800 km2 (circa un quinto del territorio dell’Umbria). Il substrato del Bacino tiberino è prevalentemente costituito dalle torbiditi mioceniche (Fig. 5.6.3), mentre il riempimento consiste di depositi lacustri e fluviali plio-pleistocenici, il cui spessore raggiunge i 2 km a sud-ovest dei Monti Martani. Il settore settentrionale del Bacino tiberino, corrispondente all’alto corso del F. Tevere, comprende le fosse di Anghiari-Sansepolcro e Città di Castello-Perugia (Fig. 5.6.4). Il ramo sudoccidentale del bacino è noto come depressione Deruta-Terni, mentre il ramo sud-orientale corrisponde alla Valle Umbra o depressione Foligno-Spoleto. Essa comprende la piccola fossa secondaria di Bastardo (Fig. 5.6.4). Fig. 5.6.4. Configurazione del sistema di depressioni che formano il Bacino tiberino (in grigio). AS=AnghiariSansepolcro, Ba=Bastardo, CP=Città di Castello-Perugia, DT=Deruta-Terni, VU=Valle Umbra. Come ricordato sopra, il Bacino tiberino è formato da varie depressioni di natura tettonica, bordate da faglie normali e transtensive del tipo graben, semi-graben e pull-apart. La complessità del quadro tettonico ha condotto a differenti interpretazioni sul meccanismo di apertura delle fosse, nel più generale contesto della deformazione recente ed attiva dell’Appennino settentrionale. Uno dei modelli più diffusi (Boncio e Lavecchia, 2000) suggerisce che le fosse sopra ricordate, tra cui la Valle Umbra, sono il risultato di una tettonica controllata da faglie normali orientate in senso “appenninico” (circa NO-SE), sotto un regime di sforzo puramente estensionale con asse di minima compressione NE-SO (Fig. 5.6.5). In tale interpretazione assume un ruolo centrale la cosiddetta Faglia tiberina, una superficie di debolezza che borda il fianco orientale delle fosse Città di Castello-Perugia e Valle Umbra ed immerge verso NE con bassa inclinazione (e.g., Collettini e Barchi, 2002; Chiaraluce et alii, 2007). Tale frattura rappresenterebbe la faglia maestra di una parte 105 del Bacino tiberino, sulla quale convergono numerose faglie normali antitetiche, con immersione a SO ed elevata inclinazione. Fig. 5.6.5. Lineamenti tettonici e regime di sforzo nel Bacino tiberino e dintorni (da Boncio e Lavecchia, 2000). La linea AB indica la traccia della sezione verticale riportata nella figura 5.6.6. In particolare, la sismicità più intensa sarebbe legata alle sorgenti sismiche collocate alla intersezione delle suddette faglia antitetiche con la Faglia tiberina (Fig. 5.6.6). In tale contesto, la potenzialità sismica della Valle Umbra potrebbe essere limitata dal fatto che, in quel settore, la Faglia tiberina è più superficiale rispetto a quanto previsto per le zone sismiche adiacenti (Fig. 5.6.6). Per esempio, sotto la Valle Umbra l’intersezione tra la Faglia tiberina e le fratture antitetiche si trova a meno di 4 km di profondità, mentre l’ipocentro del terremoto di Colfiorito (1997) è collocato a 6-8 km nella crosta. Considerate le note relazioni tra la superficie di faglia e la magnitudo (e.g., Wells e Coppersmith, 1994) è plausibile che nella zona in esame i terremoti più forti raggiungano al più M=6.5, come suggerito anche dalla storia sismica (Tab. 5.6.1). La possibilità che la Faglia tiberina possa costituire essa stessa un’importante sorgente sismogenetica è ancora dibattuta. Secondo Calamita et alii (1999), tale lineamento sarebbe sostanzialmente inattivo dal Pleistocene medio, essendo la deformazione sismotettonica interamente controllata dalle faglie antitetiche. Tuttavia, l’analisi della sismicità strumentale registrata negli ultimi decenni indica un lento e costante slittamento lungo la superficie della Faglia tiberina (Barchi e Collettini, 2002; Chiaraluce et alii, 2007). Ciò ha suggerito la possibilità di un comportamento 106 asismico della frattura, che pur essendo attiva sarebbe incapace di accumulare sforzi sufficienti per generare terremoti significativi (Bennett, 2006). Fig. 5.6.6. Sezione verticale schematica dalla Valle Umbra alla zona di Colfiorito, lungo la traccia AB riportata nella figura 5.6.5 (da Boncio e Lavecchia, 2000). Le linee sottili indicano i principali sovrascorrimenti, dislocati dalle più recenti faglie normali (linee spesse). I cerchi piccoli rappresentano gli ipocentri delle scosse di replica del terremoto di Colfiorito del 1997. Per quanto riguarda i dati sismologici, è opportuno ricordare che tali informazioni mancano per i forti terremoti storici della Valle Umbra (Tab. 5.6.1). D’altra parte, i meccanismi focali dei terremoti generati dalle vicine sorgenti sismiche dei Monti Martani e di Colfiorito, illustrati nella figura 5.5.6, indicano una deformazione estensionale con asse di allungamento circa NE-SO. Il modello di evoluzione del Bacino tiberino proposto da Bonini (1997, 1998) presenta importanti differenze rispetto al meccanismo puramente estensionale sopra descritto. Secondo tale interpretazione, il Bacino tiberino è il prodotto della successione di quattro fasi tettoniche, avvenute dal Pliocene inferiore all’Attuale, ognuna caratterizzata da uno specifico regime di sforzo. Le strutture tettoniche formate in ciascuna fase sono state riattivate nella fase successiva, spesso con cinematica diversa a causa del cambiamento nel regime di sforzo. Ciò spiega la complessità del quadro tettonico, costituito da vari insiemi di fratture che difficilmente si potrebbero formare nell’ambito di un singolo regime estensionale, come proposto da Boncio e Lavecchia (2000). In particolare, dal Pleistocene medio sussisterebbe un regime di sforzo trascorrente o transtensivo, caratterizzato da assi di massima e minima compressione orizzontale rispettivamente orientati a NO-SE e NE-SO (Fig. 5.6.7a). In tale contesto, alcune faglie generate nelle fasi precedenti si sono riattivate con importanti slittamenti orizzontali sinistri, permettendo la formazione di bacini transtensivi (pull-apart). E’ questo il caso, per esempio, delle Faglie martana, sabina e di Spoleto, nonché delle fratture che bordano le fosse di Terni, Rieti e Foligno (Fig. 5.6.7a,b). In tal modo, anche la Valle Umbra risulta essere una struttura complessa formata da due bacini principali (Foligno e Spoleto) e dalla depressione minore di Bastardo, separata dalla conca di Foligno dall’alto strutturale di Montefalco (Fig. 5.6.7b). La peculiarità del modello di Bonini (1997, 1998) consiste dunque nell’ipotesi di una compressione più o meno parallela alla catena appenninica, associata ad una estensione in direzione ortogonale o “antiappenninica”. Tale ipotesi sembra essere peraltro confortata da alcune evidenze geomorfologiche osservate nella Valle Umbra e dintorni. Coltorti e Pieruccini (1997) hanno analizzato la distribuzione dei terrazzi fluviali e le discordanze tra le varie unità stratigrafiche, concludendo che questa parte dell’Umbria ha subito un cospicuo sollevamento quaternario, particolarmente accentuato dal Pleistocene medio, che ha più che compensato la subsidenza indotta dalle faglie normali che bordano le depressioni. La concomitanza di forte sollevamento ed assottigliamento della crosta non è facilmente spiegata da un meccanismo di pura estensione, 107 mentre si può interpretare nell’ambito di un regime che preveda una compressione parallela alla catena (e.g., Cenni et alii, 2012; Mantovani et alii, 2011, 2012, 2013). Fig. 5.6.7. Interpretazione del Bacino tiberino come risultato della successioni di fasi tettoniche, secondo Bonini (1997, 1998). A) Quadro tettonico della porzione meridionale del Bacino tiberino nella fase Pleistocene medio-Attuale. Le frecce grandi convergenti e divergenti, riportate nel riquadro a sinistra in basso, indicano rispettivamente la direzione della massima e minima compressione orizzontale. In grigio sono indicati i depositi fluviali e lacustri plio-pleistocenici. B) Schema strutturale della Valle Umbra e dintorni per la fase tettonica Pleistocene medio-Attuale. 1) Faglie normali e transtensive 2) faglie di trasferimento 3) depositi della conca Foligno-Spoleto 4) depositi fluvio-lacustri pliopleistocenici 5) substrato pre-pliocenico 6) direzione di minima compressione 7) direzione di massima compressione. Le considerazioni sopra esposte sulle evidenze geologiche e geofisiche disponibili giustificano la forma e le dimensioni proposte per la zona sismogenetica in oggetto (Fig. 5.6.1 e 5.6.2). Considerando anche i dati macrosismici riportati in tabella 5.6.1, si considera ragionevole attribuire all’intera zona una intensità massima Imax=10. 5.7 Zona sismogenetica 7: Orvietano La tabella 5.6.1 descrive gli eventi sismici più importanti che hanno colpito la zona in oggetto (M³5 o I≥7). In quasi 7 secoli di storia sismica, solo 6 scosse hanno prodotto danneggiamenti apprezzabili, di cui 3 eventi si possono classificare come distruttivi (M≥5.5 o I³8.5). Occorre notare che tali scosse sono separate da lunghi intervalli di tempo (rispettivamente 70 e 349 anni) e che oltre 3 secoli sono trascorsi dall’ultima scossa distruttiva (1695). L’ultimo evento degno di nota (1957) è peraltro avvenuto quasi 60 anni fa. Tali informazioni suggeriscono che l’attività sismica della zona considerata, seppur modesta, è tuttavia segnata da sporadiche scosse capaci di provocare danni considerevoli. Il territorio in esame è del resto alquanto vulnerabile, poiché comprende centri come Orvieto e Civita di Bagnoregio, dotati di un notevole patrimonio storico-artistico, ma caratterizzati da accentuata instabilità dei versanti ed esposti a frane indotte da terremoti (e.g., Cencetti et al., 2005; Di Buduo et al., 2012). 108 La distribuzione degli epicentri dei terremoti è illustrata dalle figure 5.7.1 (con indicazione della magnitudo) e 5.7.2 (con indicazione dell’intensità). Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1276 1349 1695 1738 1743 1957 5 9 6 7 1 12 22 9 11 19 21 6 Orvietano Viterbese Umbria Bagnoregio Bagnoregio Bagnoregio Castel Giorgio Latitudine (N°) 42.72 42.52 42.61 42.63 42.61 42.71 Longitudine (E°) 12.09 11.93 12.11 12.1 12.07 12.03 Magnitudo (Mw) 5.6 5.9 5.7 4.9 5 4.9 Intensità Io (Imax) 8 (8.5) 8.5 8.5 (9) 6.5 (7.5) 7 7 (7.5) T (anni) 73 346 43 5 27 Tab. 5.7.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre informazioni come in Ta. 5.1.1. Fig. 5.7.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre informazioni come in Fig. 5.1.1. Fig. 5.7.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre informazioni come in Fig. 5.1.2. 109 Informazioni dettagliate sulla stratigrafia e sulla tettonica dell’area sono contenute nelle Guide geologiche regionali dell’Appennino umbro-marchigiano (Passeri, 1994) e del Lazio (Cosentino et alii, 1992), da segnalare anche per l’ampia bibliografia. La zona sismogenetica considerata, collocata a cavallo tra l’Umbria occidentale ed il Lazio settentrionale, è parte del settore più interno dell’Appennino umbro-marchigiano. La morfologia dell’area (Fig. 1.2.3) è caratterizzata da rilievi modesti, più accentuati sul lato orientale (M. Peglia e Dorsale narnese-amerina) rispetto al bordo occidentale, dominato dal complesso vulcanico dei Monti Vulsini con la grande caldera del Lago di Bolsena. L’ampia depressione che separa i suddetti rilievi corrisponde all’attuale media valle del F. Tevere. Le forme del rilievo rispecchiano la geologia del sottosuolo, che vede la giustapposizione di differenti domini disposti in senso NO-SE (Fig. 5.7.3). Al bordo nord-orientale affiorano le strutture del Preappennino umbro, la cui continuità è peraltro interrotta da fosse tettoniche come il Bacino tiberino (descritto nel paragrafo 5.6) e la conca di Rieti. A sud-ovest della Dorsale narnese-amerina, le unità appenniniche sprofondano bruscamente sotto una coltre di depositi plio-quaternari (spessa da 300 a 1000 m), che formano il riempimento del cosiddetto Graben del Paglia-Tevere (Fig. 5.7.3). Si tratta di una struttura estensionale formata a partire dal Pliocene inferiore attraverso varie fasi tettoniche che hanno prodotto una configurazione piuttosto articolata (e.g., Mancini et al., 2003-2004). L’attuale fossa tettonica è peraltro solo una parte dell’intera struttura, essendo il settore occidentale completamente ricoperto dalle vulcaniti laziali del Pleistocene (Fig. 5.7.3). Fig. 5.7.3. Geologia dell’area comprendente la zona sismogenetica 7, collocata nella porzione settentrionale della carta (da Mancini et alii, 2003-2004). 1) Depositi di ambiente marino, costiero, deltizio, fluviale e travertini (Pliocene inferiore-Quaternario) 2) successioni vulcaniche e vulcano-sedimentarie (Pliocene superiore-Pleistocene superiore) 3) depositi dei bacini intermontani appenninici (Pliocene medio-Quaternario) 4) successione del Dominio umbro (Triassico-Miocene) 5) successioni del Dominio ligure e del Dominio toscano (Triassico-Miocene) 6) faglie normali 7) faglie normali sepolte 8) faglie trascorrenti 9) orli di caldere vulcaniche. 110 Alla fine del Pliocene il Graben del Paglia-Tevere si estendeva sino al Tirreno mediante bacini laterali separati da alti strutturali come il M. Razzano, Cesano ed il M. Soratte (Fig. 5.7.4a). Successivamente, la paleogeografia dell’area è cambiata in modo drastico, sia per la messa in posto della coltre vulcanica laziale che per una generale tendenza al sollevamento (Fig. 5.7.4b). In effetti, le caratteristiche sedimentologiche dei depositi del Paglia-Tevere (e.g., Girotti e Mancini, 2003; Mancini et alii, 2003-2004; Baldanza et alii, 2011) permettono di distinguere due distinti cicli di sedimentazione. Il primo ciclo, esteso dal Pliocene inferiore alla base del Pleistocene inferiore, è dominato dalla presenza di depositi marini, costieri e deltizi in un ambiente fortemente subsidente. Nella seconda fase (dal Pleistocene inferiore all’Attuale), una intensa attività vulcanica accompagna la deposizione continentale (sedimenti fluviali e travertini), in un contesto di forte sollevamento regionale testimoniato dalla erosione dei precedenti depositi sia del Paglia-Tevere che del Bacino tiberino (Figg. 5.7.4a,b). Fig. 5.7.4. Schemi paleogeografici dell’area comprendente la zona sismogenetica 7 (da Mancini et alii, 2003-2004). A) Situazione al Pliocene superiore: a) substrato meso-cenozoico b) depositi alluvionali e lacustri dei bacini intramontani appenninici c) depositi deltizi e costieri d) depositi marini e) vulcaniti f) quota s.l.m. dei fori di organismi litofagi g) conoidi deltizie h) direzione delle paleocorrenti fluviali i) progradazione deltizia l) faglie normali m) faglie trascorrenti. B) Situazione al Pleistocene medio: a) substrato meso-cenozoico b) depositi dei bacini intramontani soggetti ad erosione c) depositi marini emersi soggetti ad erosione d) depositi fluviali e) vulcaniti f) lave ultramafiche con età g) principali colate piroclastiche o laviche con età h) direzione delle paleocorrenti fluviali i) progradazione deltizia l) faglie normali m) faglie trascorrenti n) cratere o caldera. Vari studi sull’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Bossio et alii, 1996; Coltorti e Pieruccini, 1997; Calamita et al., 1999) hanno messo in evidenza che dal Pleistocene inferiore-medio c’è stata una stretta connessione tra la tettonica estensionale/transtensiva, il sollevamento generale dell’area ed il vulcanismo tosco-umbro-laziale (Fig. 5.7.5). Un forte sollevamento quaternario caratterizza anche l’Appennino tosco-emiliano (e.g., Argnani et alii, 2003; Bartolini, 2003; Boccaletti et alii, 2010). Una plausibile interpretazione di queste ed altre evidenze implica che l’Appennino settentrionale sia sollecitato da una compressione longitudinale (parallela alla catena) associata ad estensione perpendicolare, come proposto dal modello sismotettonico riassunto all’inizio di questo capitolo e descritto in Mantovani et alii (2009, 2012, 2013) e Cenni et alii (2012). 111 Fig. 5.7.5. Sezione schematica attraverso l’Appennino umbro-marchigiano, tracciata in direzione SO-NE dalla costa tirrenica alla costa adriatica (modificata da Coltorti e Pieruccini, 1997). Lo schema geologico-geomorfologico si riferisce all’intervallo Pleistocene medio-Attuale. 1) Unità appenniniche deformate 2) depositi pliocenici: a) conoidi alluvionali b) sedimenti marini e fluvio-lacustri 3) depositi continentali e marini del Pleistocene inferiore 4) depositi continentali delle conche intramontane 5) superfici di spianamento 6) riattivazione di sovrascorrimenti principali (a) e secondari (b) 7) faglie normali 8) movimenti verticali (sollevamenti). Per quanto riguarda il rapporto tra tettonica e vulcanismo quaternario nella fascia tirrenica, studi recenti (e.g., Marra, 2001; Milia e Torrente, 2003; Acocella e Funiciello, 2002; 2006; Brogi e Fabbrini, 2009; Tibaldi et alii, 2010) suggeriscono che un regime di tipo transtensivo possa aver favorito la risalita dei magmi nella crosta, lo sviluppo dei condotti vulcanici e la formazione delle strutture di collasso (caldere). In particolare, i Monti Vulsini (Fig. 5.7.3 e 5.7.4b) sono formati da prodotti lavici e piroclastici di chimismo basico (alcalino-potassico), eruttati tra 800000 e 150000 anni fa. Il complesso, formato da almeno 4 apparati principali (Bolsena, Latera, Montefiascone e Bagnoregio) ha la morfologia di un altopiano a causa della intensa erosione dei depositi piroclastici e del collasso strutturale dei crateri. L’elemento dominante è infatti la caldera di Bolsena, che ospita l’omonimo lago ed è bordata da faglie normali di notevole rigetto (Fig. 5.7.6). Fig. 5.7.6. Assetto strutturale della caldera di Bolsena (modificato da Faraone e Stoppa, 1988). A sinistra è riportata la carta dei lineamenti tettonici principali, mentre a destra è illustrata la sezione verticale schematica che attraversa la caldera lungo la traccia AB. 1) Bordo della copertura vulcanica vulsina 2) bordo delle strutture calderiche 3) faglie nornali (in carta ed in sezione) 4) centri di emissione locale 5) intrusioni magmatiche 6) vulcaniti. E’ importante ricordare che nell’area vulsina, come in altre parti del complesso vulcanico tosco-laziale, accanto alle faglie normali orientate a NO-SE o “appenniniche” sono state individuate importanti faglie NE-SO (trasversali o “anti-appenniniche). Tali lineamenti, con cinematica presumibilmente trascorrente o transtensiva, sembrano aver in parte controllato l’attività eruttiva, come indicato dall’allineamento delle bocche di emissione (Fig. 5.7.7). 112 Fig. 5.7.7. Schema strutturale della parte settentrionale dei Monti Vulsini (modificato da Acocella e Funiciello, 2002). Si può notare l’allineamento delle bocche eruttive lungo fratture disposte sia in senso NO-SE che NE-SO. Per quanto riguarda le possibili strutture sismogenetiche dell’area in esame, si può notare dalla storia sismica in tabella 5.7.1 che i terremoti più forti non raggiungono la magnitudo M=6. Supponendo che quest’ultimo valore sia indicativo della potenzialità sismica della zona, le relazioni di scala tra magnitudo e dimensioni delle faglie indicano una lunghezza di circa 12 km (Wells e Coppersmith, 1994). Tale dimensione è compatibile con le fratture osservate sia nel Graben del Paglia-Tevere che all’interno del complesso vulcanico vulsino (Figg. 5.7.3 e 5.7.7). Inoltre, come ricordato all’inizio del paragrafo, anche eventi sismici di magnitudo minore possono produrre danni significativi a causa della instabilità dei versanti che formano il bordo del complesso vulcanico. Sono inoltre possibili amplificazioni locali dello scuotimento sismico, legate alla bassa profondità degli ipocentri ed alle proprietà meccaniche dei depositi vulcanici e sedimentari. A tale proposito è opportuno ricordare gli effetti del terremoto del 6 Febbraio 1971 (e.g., Margottini, 1983). Sebbene tale evento cada fuori della zona in esame, l’epicentro è collocato nell’area dei Monti Vulsini tra Arlena di Castro e Tuscanica, solo pochi chilometri a sud del Lago di Bolsena. A fronte di una magnitudo modesta, probabilmente inferiore a 5, il sisma ha prodotto ingenti danni al centro storico ed al patrimonio artistico di Tuscania, causando ben 31 vittime. Sebbene per la zona sismogenetica considerata sia disponibile un’ampia documentazione geologica, geomorfologia e vulcanologia, scarse sono le informazioni di tipo sismologico che permettano di vincolare la geometria e la cinematica delle possibili sorgenti sismiche. Ciò vale in particolare per i terremoti storici riportati nella storia sismica della zona (Tab. 5.7.1). Pertanto, la forma e l’estensione della zona in esame sono state definite in base alla posizione degli epicentri delle scosse, dedotti in modo approssimativo dai dati macrosismici. Tali informazioni hanno anche suggerito di fissare una intensità massima Imax=9 per l’intera zona sismogenetica. 5.8 Zona sismogenetica A: Riminese La zona in esame, che ricade interamente nel territorio dell’Emilia-Romagna è stata definita da Mantovani et alii (2013) per la valutazione della pericolosità sismica di quella Regione. Si rimanda pertanto a tale pubblicazione per una discussione completa dell’attività sismica storica e strumentale, dell’assetto strutturale e dei lineamenti tettonici. La tabella 5.8.1 e le figure 5.8.1 e 5.8.2 riportano rispettivamente l’elenco dei terremoti principali (M³5 o I ≥7) e la distribuzione degli epicentri. 113 Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1308 1472 1672 1786 1875 1911 1916 1916 1 25 4 12 3 3 5 8 14 25 17 26 17 16 Rimini Rimini Riminese Riminese Romagna Sud-Orientale Rimini Alto Adriatico Alto Adriatico Latitudine (°N) 44.06 44.06 43.94 43.99 44.21 44.06 44.14 44.03 Longitudine (°E) 12.57 12.57 12.58 12.57 12.57 12.51 12.73 12.78 Magnitudo (Maw) 5.4 5.1 5.6 5.6 5.9 5.0 6.0 6.1 Intensità Io (Imax) 7.5 7 8 8 8 5 (6) 8 8 T (anni 164 200 115 88 36 5 - Tab. 5.8.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica A (Riminese). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1. Fig. 5.8.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica A (Riminese). Altre informazioni come in Fig. 5.1.1. Fig. 5.8.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica A (Riminese). Altre informazioni come in Fig. 5.1.2. Le principali caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell’area in esame sono descritte nei Fogli 256-Rimini, 267-San Marino e 268-Pesaro della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000. Come descritto da Mantovani et alii (2013), per questo settore del fronte esterno dell’Appennino settentrionale le informazioni sulla tettonica attiva sono limitate e controverse, le strutture più attive 114 essendo sepolte e ubicate fuori costa. Inoltre, il fatto che nelle ultime decadi non siano avvenute scosse forti (Tab. 5.8.1), implica la mancanza di vincoli sismologici significativi come il meccanismo di sorgente dei terremoti. Pertanto, la scelta della geometria di questa zona è prevalentemente basata sulla distribuzione degli epicentri delle scosse storiche (Figg. 5.8.1 e 5.8.2). La storia sismica della zona (Tab. 5.8.1) indica che dall’anno 1000 sono avvenute 8 scosse principali (M≥5.0 o I≥7), di cui 5 con I=8. L’intensità massima risentita in questa zona è dunque Imax=8. L’ultima coppia di scosse forti (1916) risale a 97 anni fa. Gli intervalli di tempo tra gli eventi riportati in tabella variano da meno di un anno a due secoli, indicando una scarsa regolarità nell’attivazione delle sorgenti sismiche della zona. C’è anche da notare che le due scosse del Riminese, avvenute nel 1916 a distanza di pochi mesi, possono essere inquadrate nella crisi sismica che ha investito l’intero Appennino settentrionale nel periodo 1916-1920. Tale crisi sismica, peculiare nella storia sismica di questo settore dell’Appennino, è stata interpretata come un effetto della perturbazione di sforzo e deformazione indotta dal forte terremoto (Fucino, M=7) che colpito l’Appennino centrale nel Gennaio del 1915 (Viti et alii, 2012, 2013). Le informazioni sopra descritte suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona possa essere adeguatamente rappresentata da Imax=8. Come per le altre zone sismogenetiche, si assume che una scossa di pari intensità possa avvenire in qualsiasi punto della zona in oggetto. 5.9 Zona sismogenetica B: Aquilano Sebbene la zona in oggetto appartenga interamente alla Regione Abruzzo, i forti terremoti che caratterizzano la sua storia sismica (Tab. 5.9.1) possono causare danneggiamenti significativi nell’Alto Lazio (Reatino), nell’Umbria sud-orientale (Ternano) e nelle Marche sud-occidentali (Ascolano). Tale possibilità è confermata dall’analisi dei dati macrosismici relativi ai terremoti storici (Locati et alii, 2011). Nell’arco di quasi sette secoli si contano 13 scosse significative (M≥5.0 o I≥7), di cui 5 particolarmente distruttive (M≥5.5 o I³8.5), compreso il recente terremoto del 6 Aprile 2009 che ha provocato 308 vittime ed ingenti danni all’Aquila ed nei paesi vicini. Gli eventi distruttivi non sono dunque particolarmente frequenti, essendo l’intervallo di tempo medio tra le scosse di circa 173 anni. La distanza temporale tra i terremoti forti è comunque piuttosto variabile, dai 59 anni che separano gli eventi del 1703 e 1762 a ben 247 anni (dal 1762 al 2009). Per quanto in questa zona i terremoti forti siano sporadici, la magnitudo stimata e soprattutto i risentimenti macrosismici osservati (che raggiungono intensità 10) mettono in evidenza la pericolosità dell’area. Anno Mese Giorno Zona epicentrale 1315 1461 1703 1762 1786 1791 1958 2009 2009 2009 2009 2009 2009 12 11 2 10 7 1 6 4 4 4 4 4 4 3 27 2 6 31 0 24 6 6 7 9 9 13 Castelli dell'Aquila Aquilano Aquilano Aquilano L'Aquila L'Aquila L'Aquila Aquilano Gran Sasso Valle dell’Aterno Gran Sasso Gran Sasso Gran Sasso Latitudine (N°) 42.36 42.31 42.43 42.31 42.36 42.36 42.34 42.34 42.46 42.30 42.49 42.50 42.50 Longitudine (E°) 13.40 13.54 13.29 13.59 13.40 13.40 13.48 13.38 13.38 13.49 13.35 13.35 13.38 Magnitudo (Mw) 5.6 6.4 6.7 6 4.9 5.4 5.2 6.2 5 5.4 5.1 5 5 Intensità Io (Imax) 8 (9.5) 10 10 9 (9.5) 6 (7) 7.5 7.5 9 - T (anni) 146 242 59 24 5 167 51 0 0 0 0 0 Tab. 5.9.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica B (Aquilano). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1. Le figure seguenti indicano la distribuzione spaziale degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M≥4). Nella figura 5.6.1 i dati sono rappresentati in base alla magnitudo, mentre nella figura 5.6.2 si considera l’intensità macrosismica. 115 Fig. 5.9.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica B (Aquilano). Altre informazioni come in Fig. 5.1.1. Fig. 5.9.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica B (Aquilano). Altre informazioni come in Fig. 5.1.2. La stratigrafia e l’assetto strutturale dell’area considerata sono descritti nei Fogli 349-Gran Sasso d’Italia, 358-Pescorocchiano, 359-L’Aquila e 360-Torre dei Passeri della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). Molte informazioni di tipo geologico e geomorfologico sono inoltre contenute nella Guida geologica regionale dedicata all’Abruzzo (Crescenti et alii, 2003), corredata da un’ampia bibliografia. Come descritto nel Capitolo 1, l’evoluzione stratigrafica e tettonica dell’Appennino centrale (cui appartiene la zona in esame) presenta sensibili differenze rispetto alla parte settentrionale della catena. Prima dell’orogenesi appenninica, l’area era caratterizzata da alti e bassi strutturali (ereditati dalla estensione mesozoica del margine occidentale della placca adriatica), su cui erano impostate piattaforme carbonatiche e bacini pelagici (Fig. 1.3.1). L’intensa fase compressiva, cominciata dal Miocene superiore, ha prodotto cospicui raccorciamenti sia del basamento crostale che della copertura sedimentaria (Fig. 1.4.14), con la formazione di strutture arcuate come l’arco del Gran Sasso (e.g., Satolli e Calamita, 2008). Dal Pliocene superiore la parte interna di tali archi strutturali è stata interessata da una deformazione estensionale, controllata da importanti sistemi di faglie normali (e.g., Galadini e Messina, 2004). Ciò ha determinato lo sviluppo di bacini intermontani fluvio-lacustri, la cui blanda topografia contrasta con le elevate dorsali montuose circostanti. Anche la zona in esame è centrata sul bacino dell’Aterno-L’Aquila, compreso tra le dorsali del Gran Sasso e del M. D’Ocre-M. Sirente (Fig. 5.9.3). 116 Fig. 5.9.3. Schema geologico dell’Appennino centrale (da EMERGEO Working Group, 2009). Il rettangolo mette in evidenza l’area dell’Aquilano. 1) Depositi di bacino (Meso-Cenozoico) 2) piattaforma carbonatica laziale-abruzzese (Meso-Cenozoico) 3) piattaforma carbonatica apula (Meso-Cenozoico) 4) depositi torbiditici di avanfossa (Miocene superiore-Pliocene inferiore) 5) depositi dei bacini formati in regime compressivo (Messiniano-Pliocene inferiore) 6) sedimenti marini (Pliocene) 7) vulcaniti (Pleistocene medio-superiore) 8) depositi marini e continentali (PlioceneQuaternario) 9) sovrascorrimenti 10) faglie normali e trascorrenti. E’ importante osservare che attorno al Pleistocene medio l’Appennino centrale ha subito un importante cambiamento nel regime di deformazione (e.g., Galadini, 1991; Piccardi et alii, 1999). Contemporaneamente alla migrazione verso Est del fronte esterno compressivo ed al progressivamento arcuamento delle strutture appenniniche, la cinematica delle faglie dei bacini intramontani è infatti cambiata da puramente normale a transtensiva sinistra (Fig. 5.9.4). Tale evidenza, riscontrata anche nell’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Piccardi et alii, 2006; Elter et al., 2012; Pasqui, 2013), è compatibile con l’ipotesi della compressione longitudinale della catena, che determina in ultima l’analisi l’attività sismotettonica dell’Appennino (e.g., Mantovani et alii, 2009, 2012, 2013). Fig. 5.9.4. Cambiamento del regime di deformazione nell’Appennino centrale dal Pleistocene medio (modificato da Galadini, 1991). Nella fase precedente (a sinistra), i bacini intramontani sviluppati ad ovest del fronte compressivo esterno dell’Appennino sono bordati da sistemi faglie normali. Nella fase successiva (a destra), prevale un regime transtensivo sinistro con lo sviluppo di faglie normali a rigetto obliquo e faglie trascorrenti a rigetto orizzontale. Tale regime transtensivo perdura anche nell’Attuale (e.g., Piccardi et al., 1999) ed è similare alla deformazione attiva osservata nell’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Piccardi et al., 2006). 117 Le principali faglie attive dell’Appennino centrale, riconosciute dall’analisi di una vasta mole di dati geologici (e.g., Galadini e Galli, 2000; Galadini e Messina, 2001), possono essere raggruppate in due sistemi sub-paralleli ed orientati circa NO-SE (Fig. 5.9.5). Il sistema più interno comprende la Val di Sangro ed il bacino del Fucino, mentre il sistema più esterno abbraccia i bacini di Sulmona e del Medio ed Alto Aterno, compresa la conca dell’Aquila. Si può notare che la lunghezza delle singole fratture e compresa per lo più tra 10 e 20 km. Secondo le note relazioni empiriche tra i parametri geometrici delle faglie (e.g., Wells e Coppersmith), tali dimensioni sono compatibili con la generazione di terremoti di magnitudo M=6-6.5. La storia sismica riportata nella tabella 5.9.1 è in accordo con tale indicazione, se si eccettua il fortissimo terremoto del 1703 che ha raggiunto M=6.7. Peraltro, per quest’ultima crisi sismica sembra plausibile l’attivazione simultanea di più segmenti di faglia contigui (e.g., Cello et al., 1798; Galadini e Pizzi, 2009). Per quanto riguarda l’Aquilano, molte conoscenze sono state apportate dai numerosi studi condotti sulla crisi sismica dell’Aprile 2009. Data la cospicua mole di informazioni, si rimanda alla relativa letteratura, di cui si fornisce un elenco rappresentativo ancorché parziale. E’ conveniente raggruppare i lavori in base all’argomento: evoluzione tettonica ed identificazione delle faglie attive (e.g., Messina et al., 2009; Vezzani et alii, 2009; Galli et alii, 2010); effetti del terremoto sul territorio (EMERGEO Working Group, 2009; Galli et alii, 2009); analisi sismologiche (e.g., Walters et alii, 2009; Pondrelli et alii, 2010; Falcucci et alii, 2009; Chiaraluce et alii, 2011); studio dei dati geodetici GPS ed InSAR (e.g., Anzidei et alii, 2009; Attori et alii, 2009; Cheloni et alii, 2010; Guerrieri et al., 2010; Cenni et al., 2012; D’Agostino et al., 2012; Serpelloni et alii, 2012); effetti di sito e microzonazione sismica (Celebi et alii, 2010; Gruppo di Lavoro MS-AQ, 2010). Fig. 5.9.5. Principali faglie attive nell’Appennino centrale (da Crescenti, 2003). Il sistema di faglia interno (Val di Sangro- Fucino) comprende le fratture numero 5, 6, 7, 8, 9 e 13. Il sistema di faglie esterno (Sulmona-Aterno-L’Aquila) comprende le fratture numero 1, 2, 3, 4, 10, 11, 12 e 14. Come riferimento, il confine della Regione Abruzzo è indicato in grigio. 118 La conca dell’Aquila è una fossa intramontana posta tra 500 e 900 m s.l.m., appartenente al bacino idrografico del F. Aterno-Pescara e colmata di depositi fluvio-lacustri dal Pliocene superiore/Pleistocene inferiore. La morfologia è piuttosto complessa, in quanto la conca è formata da una serie di piccole depressioni (Barete-Pizzoli, Scoppito, Preturo, Monticchio, Onna-Paganica, Barisciano, Caporciano e Navelli) per una lunghezza complessiva di 40 km ed un’ampiezza di 10 km al più. Le forme del rilievo sono in gran parte controllate dalle faglie normali che bordano le depressioni (Fig. 5.9.6 e 5.9.7). L’andamento prevalente delle fratture è NO-SE, anche se non mancano lineamenti orientati NNO-SSE ed E-W. La crisi sismica del 2009 ha messo in evidenza la potenzialità sismogenetica delle faglie aquilane, con almeno tre scosse di M≥5.5 e numerose repliche di magnitudo inferiore. L’osservazione dei numerosi effetti sul terreno prodotti dale scosse maggiori della sequenza ha permesso di stabilire quali faglie sono state attivate dai terremoti (Fig. 5.9.6). In particolare, la scossa principale del 6 Aprile è connessa ad una frattura che taglia la superficie in corrispondenza della cosiddetta faglia di Paganica. Si deve comunque osservare che l’epicentro del terremoto è situato ad almeno 10 km a sud-ovest della traccia di tale faglia, mentre l’ipocentro è posto a circa 10 km di profondità (e.g., Chiaraluce et alii, 2011). Uno dei motivi del forte danneggiamento subito dalla città dell’Aquila è proprio l’ubicazione della sorgente sismica, posta quasi sulla verticale del centro abitato (e.g., Gruppo di Lavoro MS-AQ, 2010). Fig. 5.9.6. Morfologia e sistemi di faglie della conca aquilana e dintorni (da EMERGEO Working Group, 2009). Le stelle indicano l’epicentro delle scosse principali avvenute durante la crisi sismica dell’Aprile 2009. I triangoli viola indicano i siti in cui sono stat i osservati effetti sul terreno prodotti dalle scosse suddette. I dati sismologici raccolti durante la crisi sismica del 2009 indicano che i terremoti sono stati generati dall’attivazione di faglie normali, con componenti molto modeste di slittamento orizzontale (Fig. 5.9.7). Per ulteriori informazioni sulle sorgenti sismiche implicate si rimanda alla vasta letteratura sopra indicata. A tale proposito si può notare il ruolo giocato dalle osservazioni 119 geodetiche (GPS ed InSAR), che hanno permesso un’accurata ricostruzione della geometria e cinematica delle faglie sismogenetiche, nonché la determinazione del campo di velocità prima, durante e dopo la crisi sismica. In effetti, la disponibilità numerose stazioni geodetiche permanenti ha permesso di acquisire una mole di informazioni impensabile sino a dieci anni fa, quando lo studio dei terremoti era centrato sull’analisi delle registrazioni sismografiche. Questa tendenza è naturalmente destinata a rafforzarsi, man mano che nuove porzioni del territorio nazionale vengono coperte reti geodetiche sempre più fitte (e.g., Cenni et alii, 2012, 2013). Fig. 5.9.7 Meccanismo focale dei principali terremoti avvenuti nell’Aquilano durante la crisi sismica dell’Aprile 2009 (da Walters et alii, 2009). Le sigle BW, GCMT e USGS BW si riferiscono alla scossa del 6 Aprile, il cui meccanismo è fornito da tre fonti differenti (rispettivamente Walters et alii 2009, www.globalcmt.org e www.usgs.gov). Le sigle 7th e 9th indicano le scosse del 7 e 9 Aprile, di cui è riportato il meccanismo focale fornito da www.globalcmt.org. Il rettangolo tratteggiato rappresenta la proiezione orizzontale della presunta sorgente sismica, la cui intersezione con la superficie corrisponde alla faglia di Paganica. Le faglie principali, riportate nella cartografia geologica, sono indicate in rosso. Per quanto riguarda la potenzialità sismica della zona in esame, occorre dire che secondo l’approccio probabilistico il verificarsi di forti scosse nell’immediato futuro è poco plausibile. Come già detto sopra, l’intervallo di tempo medio tra le scosse principali (M≥5.5) è di circa 173 anni. Tale valore può essere usato per stimare la probabilità che almeno una scossa con M≥5.5 colpisca la zona in oggetto nei 10 anni successivi all’ultima crisi sismica, ossia nell’intervallo Aprile 2009-Aprile 2019. A tale scopo è conveniente usare la distribuzione di probabilità di Poisson, su cui è fondata la procedura corrente per la stima della pericolosità sismica (e.g., Stucchi et alii, 2011). Un semplice calcolo relativo a tale distribuzione (e.g., http://robitex.wordpress.com/ 2011/02/09/il-terremoto-come-fenomeno-poissoniano-il-tempo-di-ritorno/) mostra che la probabilità in oggetto è minore del 6%. Anche se tale stima può apparire rassicurante, è importante notare che la procedura probabilistica è basata su ipotesi molto discutibili (discusse in dettaglio da Mantovani et alii 2011, 2012, 2013), come la casualità dei terremoti e l’indipendenza delle sorgenti sismiche. Inoltre, la 120 conoscenza delle possibili strutture sismogenetiche è tuttora assai ridotta, per cui non si può escludere che altre faglie dell’Aquilano siano prossime al cedimento, nonostante il cospicuo rilascio di energia sismica avvenuto nel 2009. Tali considerazioni portano ad una valutazione assai più cauta della pericolosità e, in particolare, suggeriscono di assegnare all’intera zona una intensità massima compatibile con i danneggiamenti più intensi registrati nella storia sismica (Tab. 5.9.1). Pertanto, suggeriamo di attribuire alla zona sismogenetica in oggetto il valore Imax=10. 121 6. Intensità massima attesa nei comuni dell’Umbria e delle Marche La progettazione di un nuovo manufatto, o la messa in sicurezza di un’opera già esistente, richiedono la definizione della cosiddetta azione sismica, ovvero il complesso delle sollecitazioni che si possono ragionevolmente attendere nel corso di un terremoto (e.g., Ministero Delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2009). Per definire in modo rigoroso l’azione sismica, sarebbe necessario conoscere la risposta del manufatto alla sollecitazione imposta da un determinato scuotimento sismico, tenendo conto delle caratteristiche del terreno di fondazione. Per cercare di risolvere tale complesso problema, sono state adottate procedure semplificate per definire lo spettro di risposta del manufatto, ovvero la distribuzione dei parametri di scuotimento attesi (accelerazioni, velocità e spostamenti) in funzione della frequenza di vibrazione propria del manufatto (e.g., Newmark e Hall, 1982; Solomos et alii, 2008). Tuttavia, tali procedure presuppongono la conoscenza di quantità di solito poco note, come lo spettro di scuotimento del suolo nella zona implicata, che può essere notevolmente influenzato dalle condizioni stratigrafiche, topografiche e strutturali locali (e.g., Holzer, 1994; Romeo, 2007; Bommer et alii, 2010). Evidenze dirette sullo scuotimento sismico provengono dai dati registrati nelle stazioni accelerometriche e sismografiche attualmente operanti. A tale proposito si ricorda l’istituzione dell’archivio di dati ITACA che contiene registrazioni provenienti da 742 stazioni accelerometriche per il periodo 1972-2009 (http://itaca.mi.ingv.it, Paolucci et alii, 2010). Per quanto riguarda il controlllo del territorio, il Dipartimento della Protezione Civile gestisce le attività della Rete Accelerometrica Nazionale, attualmente composta da 503 postazioni poste in cabine di Enel Distribuzione o situate in terreni pubblici. Ciascuna postazione comprende un accelerometro, un digitalizzatore, un modem/router con un'antenna per trasmettere i dati digitalizzati via GPRS ed un ricevitore GPS per associare al dato il tempo universale UTC e per misurare la latitudine e longitudine della postazione. I dati elaborati, reperibili al sito www.mot1.it/randownload, comprendono vari parametri di scuotimento tra cui il massimo valore di accelerazione, velocità e spostamento del suolo (rispettivamente PGA, PGV e PGD) e le intensità di Arias e di Housner, che tengono conto della durata del moto del terreno durante il terremoto (e.g., Ye et al., 2011). Inoltre, dal Gennaio 2008 è pubblicato con cadenza mensile il Bollettino accelerometrico (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/ran.wp). Tuttavia, la distribuzione non uniforme delle sorgenti sismiche ed il numero ancora limitato di stazioni accelerometriche fanno si che vaste zone del territorio nazionale siano ancora prive o quasi di dati di scuotimento. Inoltre, il periodo coperto dai dati accelerometrici (cioè gli ultimi 30-40 anni) è ancora troppo breve per fornire una rappresentazione attendibile dello scuotimento sismico (e.g., Strasser e Bommer, 2009). Per esempio, dal 1950 l’area umbro-marchigiana è stata colpita solo da 6 terremoti forti con magnitudo compresa tra M=5.5 e 6, di cui quattro avvenuti durante la crisi sismica del Settembre-Ottobre 1997 (Rovida et al., 2011). Nel territorio delle Regioni Umbria e Marche sono rispettivamente installate 80 e 40 stazioni accelerometriche (Tab. 6.1), che in complesso corrispondono al 24% della rete nazionale. Tuttavia, il catalogo ITACA mostra che solo 38 stazioni umbre e 22 stazioni marchigiane presentano almeno una registrazione accelerometrica (Tab. 6.1a). L’analisi dei dati tabulati si presta ad alcune considerazioni. Per quanto riguarda l’Umbria, si nota che in 15 stazioni è stata registrata una PGA considerevole, pari ad almeno un decimo dell’accelerazione di gravità. Tuttavia, gran parte dei dati in oggetto si riferisce a siti ubicati nell’area epicentrale della sequenza sismica 1997-1998, come Annifo, Foligno, Nocera Umbra e Sellano (stazioni ANNI, ASS, CLC, CSA, NCB, NCM, NCR, NCR2, NOCE, SELE, SELW). Le eccezioni sono costituite dalle stazioni presso Cascia e Norcia (CSC, CSR, NRC), che hanno risentito della scossa del 1979 e Pietralunga presso Gubbio (PTL), che ha registrato lo scuotimento del terremoto del 1984. Per quanto riguarda i valori di PGA, è importante ricordare che il dato riportato per il sito di Colfiorito Casermette (CLC), pari al 72% dell’accelerazione di gravità, è il più elevato contenuto nel catalogo ITACA. In tal caso, il forte scuotimento osservato è imputabile più alla vicinanza della stazione all’epicentro - meno di 2 km - che alla magnitudo della scossa 122 (M=4.5). Comunque, evidenze indipendenti basate sulla disposizione di frammenti di roccia presso Annifo, nell’area epicentrale del terremoto del 26 Settembre 1997, confermano il raggiungimento di accelerazioni orizzontali e verticali dell’ordine di 1g (Bouchon et al., 2000). Anche per quanto riguarda le Marche, la maggioranza delle 7 stazioni che hanno registrato un considerevole scuotimento (PGA>1g) è situata nella zona colpita dalla crisi sismica 1997-1998: Serravalle di Chienti (CESM, CESV e CLF) e Matelica (MTL). Tuttavia, elevati valori di PGA, sino a 0.5g, caratterizzano le registrazioni relative ai terremoti che hanno colpito Ancona nel 1972 (ANP, ANR) e Sirolo (SRL) presso il M. Conero nel 1986. (A) Regione Umbria Sigla AME ANNI ASS BVG CLC CSA CSC CSD CSR CTC CTS FHC FOC FOS GBB GBP GLT GNU NCB NCM NCR2 NCR NOCE NOR NRC NRN PRG PTL SELE SELW SLO SPC SPL SPM SPO TOD TRN UMB Nome stazione Amelia Annifo Assisi Bevagna Colfiorito Casermette Castelnuovo (Assisi) Cascia Castel Viscardo Cascia-Petrucci Città di Castello Città di Castello-Regnano Forca Canapine (Arquata Tronto) Foligno-Cfd-Umbr Foligno Seggio Gubbio Gubbio Piana Gualdo Tadino Giano dnell’Umbria Nocera Umbra Biscontini Nocera Umbra Salmata Nocera Umbra 2 Nocera Umbra Nocera Umbra P.I. Norcia Le Castellina Norcia Narni Perugia Pietralunga Sellano Est Sellano Ovest Sellano Spoleto (Cantina) Spoleto Spoleto (Monteluco) Spoleto Todi Terni Umbertide Comune Amelia Foligno Assisi Bevagna Foligno Cannara Cascia Castel Viscardo Cascia Città di Castello Città di Castello Norcia Foligno Foligno Gubbio Gubbio Gualdo Tadino Massa Martana Nocera Umbra Nocera Umbra Nocera Umbra Nocera Umbra Nocera Umbra Norcia Norcia Narni Perugia Pietralunga Sellano Sellano Sellano Spoleto Spoleto Spoleto Spoleto Todi Terni Umbertide N 1 12 60 13 55 13 16 5 5 1 5 5 2 3 12 13 12 1 44 11 62 46 14 110 24 5 1 4 15 32 3 20 2 6 18 3 1 2 PGA (PGA/g) 216.232 (0.220) 184.427 (0.188) 77.536 (0.079) 712.093 (0.726) 168.885 (0.172) 198.317 (0.202) 27.478 (0.028) 128.974 (0.131) 48.885 (0.050) 10.261 (0.010) 64.107 (0.065) 1.286 (0.001) 11.238 (0.011) 81.652 (0.083) 95.894 (0.098) 39.260 (0.040) 361.905 (0.369) 171.747 (0.175) 520.700 (0.531) 492.165 (0.502) 528.365 (0.539) 19.139 (0.020) 188.121 (0.192) 54.759 (0.056) 7.325 (0.007) 174.289 (0.178) 140.771 (0.143) 189.235 (0.193) 7.478 (0.008) 44.650 (0.046) 41.372 (0.042) 47.922 (0.049) 44.524 (0.045) 4.300 (0.004) 65.083 (0.066) 31.773 (0.032) Evento (ML) 06/12/2010 (3.4) 17/11/1997 (3.5) 06/10/1997 (5.4) 26/09/1997 (5.8) 16/10/1997 (4.5) 26/09/1997 (5.8) 19/09/1979 (5.5) 09/02/1994 (3.2) 28/02/1980 (4.8) 29/04/1984 (5.2) 15/04/2010 (3.8) 14/10/1997 (5.5) 15/12/2009 (4.3) 28/08/2010 (4.1) 26/09/1997 (5.8) 26/09/1997 (5.8) 16/04/2001 (3.2) 13/10/2010 (3.0) 06/10/1997 (5.4) 06/10/1997 (5.4) 06/10/1997 (5.4) 26/09/1997 (5.8) 03/04/1998 (5.3) 08/02/2007 (3.8) 28/02/1980 (4.8) 16/12/2000 (4.1) 15/12/2009 (4.3) 29/04/1984 (5.2) 21/03/1998 (4.4) 21/03/1998 (4.4) 29/11/1999 (3.8) 05/01/2006 (3.6) 20/09/1981 (3.5) 26/09/1997 (5.6) 05/01/2006 (3.6) 15/12/2009 (4.3) 16/12/2000 (4.1) 29/04/1984 (5.2) D 55.4 2.5 20.5 21.8 1.7 21.5 9.3 13.6 5.9 38.1 16.5 29.7 35.5 24.9 43.2 39.6 1.5 24.6 9.0 14.1 10.6 12.1 7.8 6.8 10.6 5.5 12.4 26.1 6.7 6.9 50.8 1.3 4.8 35.3 1.7 31.3 4.2 25.8 Regione Marche Sigla ANP ANR ARQ CAG CESM CESV CGL CLF FORC LRP MCR MCT Nome stazione Ancona - Palombina Ancona - Rocca Arquata del Tronto Cassignano Cesi Monte Cesi Valle Cagli Colfiorito Forcella Loro Piceno Macerata Feltria Macerata Comune Ancona Ancona Arquata del Tronto Serravalle di Chienti Serravalle di Chienti Serravalle di Chienti Cagli Serravalle di Chienti Serravalle di Chienti Loro Piceno Sassocorvaro Macerata N 8 3 3 10 33 29 2 28 12 3 5 1 PGA (PGA/g) 402.405 (0.410) 530.888 (0.541) 74.342 (0.076) 84.582 (0.086) 175.507 (0.179) 180.986 (0.184) 19.589 (0.020) 331.805 (0.338) 82.333 (0.084) 1.902 (0.002) 3.778 (0.004) 1.495 (0.001) Evento (ML) 21/06/1972 (4.0) 14/06/1972 (4.7) 19/09/1979 (5.5) 03/04/1998 (5.3) 14/20/1997 (5.5) 16/10/1997 (4.5) 26/09/1997 (5.8) 26/09/1997 (5.8) 12/10/1997 (5.1) 02/02/2010 (3.5) 13/10/2010 (4.2) 02/02/2010 (3.5) D 25.9 7.7 21.0 15.7 11.8 4.6 60.6 2.8 6.6 7.4 45.3 21.5 123 MNF MPP MTL PGL PTI SBT SER SNG SNO SRL Monte Fiegni (Fiastra) Montappone Matelica Peglio Petritoli S. Benedetto Serravalle di Chienti Senigallia Sarnano Sirolo Fiastra Montappone Matelica Peglio Petritoli San Benedetto del Tronto Serravalle di Chienti Senigallia San Ginesio Sirolo 6 1 9 3 2 3 4 2 8 5 31.171 (0.032) 7.682 (0.008) 114.078 (0.116) 67.959 (0.069) 0.339 (-) 2.304 (0.002) 31.019 (0.032) 44.568 (0.045) 17.256 (0.018) 134.644 (0.137) 26/09/1997 (5.8) 02/02/2010 (3.5) 26/09/1997 (5.8) 26/09/1997 (5.8) 02/02/2010 (3.5) 20/09/2009 (4.6) 14/10/1997 (5.5) 26/09/1997 (5.8) 20/09/2009 (4.6) 22/06/1986 (3.7) 27.5 7.6 29.0 80.9 22.0 63.0 19.7 80.4 41.3 11.7 (B) Sigla APO0 BCC BCT CCT CDRV1 CDRV2 CDRV3 CRR1 CRR2 CRR3 CSC1 CSC2 CST1 CST2 CST3 CSAD CSI CSV0 CTR0 FOC0 FSMI MGAB MVB MVBA NRA NRCA NRI NRM NRO NRP NRZI PAN PIE0 PIL0 PRCI SBI0 SNI SPI0 VFC VFF VFP VFS Regione Umbria Nome stazione Sant’Apollinare Temporanea Borgo Cerreto-Campo Sportivo Borgo Cerreto-Torre Città di Castello (Triestina) C. di Spoleto Cedrav1 (Master) C. di Spoleto Cedrav2 (SlaveA) C. di Spoleto Cedrav3 (Last) C. di Spoleto-Comune 1 C. di Spoleto-Comune 2 C. di Spoleto-Palazzo Nobili C. di Spoleto-Conservatorio 1 C. di Spoleto-Conservatorio 2 C. di Spoleto-Teatro 1 C. di Spoleto-Teatro 2 C. di Spoleto-Teatro 3 Castelnuovo (Assisi) Cascia – Pronto Intervento Castiglione della Valle Castel Ritaldi Foligno CFD Foligno S. Maria Infraportas Montegabbione Marciano Monte Vibiano Marsciano Norcia - Altavilla Norcia Norcia – INA Casa Norcia - Mulino Norcia - Orelli Norcia - Panificio Norcia – Zona Industriale Panicale Pietralunga Pilorico Materno Preci San Biagio della Valle San Gemini Marsciano Spina Valfabbrica – Diaz C. Valfabbrica – Diaz F. Valfabbrica – Piano Terra Valfabbrica – Sottot. Comune Marsciano Norcia Cerreto di Spoleto Città di Castello Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cerreto di Spoleto Cannara Cascia Marsciano Castel Ritaldi Foligno Foligno Montegabbione Marsciano Marsciano Norcia Norcia Norcia Norcia Norcia Norcia Norcia Panicale Pietralunga Perugia Preci Marsciano San Gemini Marsciano Valfabbrica Valfabbrica Valfabbrica Valfabbrica Sigla ANB ANC ANT0 CADA CIMA CRM1 FIU1 LRP0 MDAR MMUR MPP0 MTL1 RQT SEF1 SENI SSM1 TLN TRE1 Regione Marche Nome stazione Comune Ancona 2 Ancona Ancona Ancona Ancona - Torre D’Ago Ancona Capodarco Fermo Civitanova Marche Civitanova Marche Castelraimondo Castelraimondo Fiuminata Fiuminata Loro Piceno Loro Piceno Montedaria Serrapetrona Monte Murano Serra San Quirico Montappone Montappone Matelica Matelica Arquata del Tronto Arquata del Tronto Sefro Sefro Senigallia Senigallia San Severino Marche S. Severino Marche Tolentino Tolentino Treia Treia Tab. 6.1. Stazioni accelerometriche ubicate in Umbria e nelle Marche, con registrazioni (A) e senza registrazioni (B). N=numero di registrazioni, PGA=valore più grande registrato della massima accelerazione orizzontale del terreno (Peak Ground Acceleration o PGA, in cm s-2 e, tra parentesi, rispetto all’accelerazione di gravità, g = 981 cm s-2), ML=magnitudo locale del terremoto che ha prodotto la massima PGA osservata, D=distanza della stazione dall’epicentro del terremoto (km). Dati presi dal Catalogo ITACA (http://itaca.mi.ingv.it). Quanto sopra descritto per l’area umbro-marchigiana porta a ribadire le conclusioni tirate da Mantovani et alii (2012, 2013) per la Toscana e l’Emilia-Romagna, ovvero che l’ancora limitato 124 patrimonio di dati strumentali fa si che ogni nuovo forte terremoto può cambiare in modo significativo il quadro dello scuotimento sismico (e.g., Strasser e Bommer, 2009). Pertanto, definire la pericolosità sismica in base alle registrazioni dello scuotimento di terremoti del passato è ancora una strada impraticabile. La valutazione dello scuotimento atteso da terremoti futuri deve quindi avvalersi di informazioni ricavabili dalle descrizioni dei danni provocati da terremoti passati. La mole di dati contenuta nelle fonti storiche, di cui la regione italiana è particolarmente ricca, è sintetizzata dal valore dell’intensità macrosismica massima stimata (Imax), di solito espressa nella scala Mercalli-Cancani-Sieberg o MCS (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004; Stucchi et alii, 2007; Locati et alii, 2011; Rovida et alii, 2011). E’ importante ricordare che le informazioni relative ad ogni altro parametro dei terremoti storici (come epicentro, magnitudo e scuotimento) sono necessariamente derivate dalle notizie sul danneggiamento e, in particolare, dalla distribuzione spaziale dei dati macrosismici. E’ noto però che il danneggiamento dipende, oltre che dall’energia del terremoto (magnitudo), anche dalla profondità dell’ipocentro e dalle condizioni geomorfologiche locali, informazioni non disponibili per terremoti storici. Pertanto stime di parametri diversi dall’intensità, dedotte in modo indiretto da notizie storiche, sono senz’altro affette da maggiore incertezza. Occorre considerare anche il problema della conversione nella scala MCS di dati espressi in altre scale di intensità (e.g., Musson et alii, 2010). Inoltre, com’è noto, la valutazione dell’intensità è basata sugli effetti dello scuotimento sismico su oggetti di uso comune, manufatti ed esseri viventi (e.g., Grünthal, 1998). Pertanto, la stima dell’intensità macrosismica rende conto della risposta complessiva del terreno e dei manufatti allo scuotimento prodotto dalla scossa (e.g., Klugel, 2007). L’intensità è dunque l’unico parametro disponibile che fornisce, sia per i terremoti recenti che per le scosse storiche, una valutazione del livello del danneggiamento piuttosto che della sola pericolosità (possibile livello di scuotimento). L’attendibilità delle valutazioni sul danneggiamento è ovviamente condizionata dalla ricchezza ed estensione temporale della documentazione storica disponibile per la zona considerata. Nonostante queste e altre limitazioni, la distribuzione delle Imax nel territorio in esame rimane comunque l’informazione più importante, tra quelle disponibili, per tentare una valutazione realistica della pericolosità sismica. Ciò è particolarmente vero per la regione italiana, caratterizzata da un cospicuo patrimonio archivistico e storiografico che copre molti secoli. Come accennato sopra, i parametri dei terremoti avvenuti prima della creazione della attuale rete sismografica nazionale sono dedotti, con varie procedure, dalla distribuzione dei risentimenti macrosismici (e.g., Gasperini et alii, 1999; Gruppo di Lavoro CPTI, 2004; Rovida et alii, 2011). Per cui, anche le stime ufficiali di pericolosità sismica (Gruppo di Lavoro MPS, 2004), che considerano la magnitudo piuttosto che l’intensità dei terremoti, dipendono in ultima analisi dalla distribuzione e qualità dei dati macrosismici e, per quanto detto in precedenza, sono affette da maggiori incertezze. Com’è noto, le indagini basate su procedure di tipo probabilistico hanno prodotto carte nazionali di pericolosità, che riportano i valori di accelerazione orizzontale del terreno che potrebbero essere raggiunti nelle prossime decadi (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004; Stucchi et alii, 2011). I molteplici problemi teorici e pratici di tale procedure, discussi da Mantovani et alii (2011, 2012a,b, 2013) ed altri Autori (e.g., Castanos e Lomnitz, 2000; Klugel 2007; Stein et alii, 2012) sono aggravati dal fatto che gli scuotimenti calcolati si riferiscono al caso ideale di roccia rigida pianeggiante e quindi non tengono conto né dei contrasti topografici né delle coperture sedimentarie recenti, poco consolidate e con alto contrasto di impedenza sismica rispetto al substrato roccioso sottostante (e.g., Mulargia et alii, 2007; Romeo, 2007). La possibilità che le stime probabilistiche sottovalutino in modo significativo il moto reale del terreno è stata messa in evidenza da analisi condotte per vari terremoti avvenuti in Italia ed all’estero, come le recenti scosse distruttive in Algeria (2003), Marocco (2004), Cina (2008), Haiti (2010), Nuova Zelanda (2010 e 2011) e Giappone (2011) (e.g., Albarello et alii, 2008; Reyners et alii, 2011; Stein et alii, 2012). Un esempio in tal senso è la scossa dell’Aquila (2009), dove la PGA osservata attorno all’epicentro ha largamente superato il valore che aveva una bassa probabilità di 125 essere raggiunto nei prossimi 50 anni (0.275g, Gruppo di Lavoro MPS, 2004, http://zonesismiche.mi.ingv.it), oltrepassando 1g in almeno una stazione accelerometrica (Celebi et alii, 2010). Analoghe considerazioni si possono fare per la crisi sismica emiliana del 2012. Le stime probabilistiche (Meletti et alii, 2012) prevedevano una PGA in calo da sud verso nord, ovvero di 0.150-0.175g nell’area compresa tra Modena e l’alto strutturale di Mirandola, 0.125-0.150g nella zona epicentrale e 0.075-0.125g nel Mantovano e nel Rovighese. I dati raccolti dalla Rete Accelerometrica Nazionale, commentati in Mantovani et alii (2013), indicano che tali valori sono stati più volte superati nel corso della crisi sismica, in particolare nelle stazioni di Castelmassa nel Rovighese (0.133g), Mirandola nel Modenese (0.309g) e Moglia nel Mantovano (0.245g). Sulla base delle considerazioni sopra riportate e di quanto discusso in Mantovani et alii (2011, 2012a,b, 2013), riteniamo che la procedura per stimare la pericolosità sismica debba tenere prioritariamente conto dei dati macrosismici, senza alterare questa preziosa e unica informazione di base con analisi probabilistiche fondate su ipotesi poco realistiche circa il comportamento sismico e la presunta configurazione delle strutture coinvolte, in linea con le critiche espresse da Stein et alii (2012). Inoltre, è evidente che la storia sismica disponibile (completa solo per gli ultimi secoli) è molto limitata rispetto al periodo geologico (dell’ordine del milione di anni) in cui si sono sviluppate le fratture esistenti nell’ambito del quadro geodinamico e sismotettonico descritto nel Capitolo 2. Riteniamo pertanto necessario integrare i dati macrosismici con informazioni derivate dalle conoscenze acquisite sul quadro tettonico attuale, al fine di tentare un riconoscimento delle zone del territorio umbro e marchigiano dove lo sviluppo dei processi deformativi attuali può portare all’attivazione di fratture che non sono associate a forti terremoti storici. Un tentativo di tenere conto di questo problema è stato fatto anche dalla procedura probabilistica (Gruppo di Lavoro MPS, 2004; Stucchi et alii, 2011), ma la geometria adottata per le presunte zone sismogenetiche (Meletti et alii (2008) è scarsamente compatibile con l’assetto tettonico attuale, come discusso da Mantovani et alii (2012a, 2013) per la Toscana e l’Emilia-Romagna. Nel seguito è descritto il risultato ottenuto dall’analisi sopra citata, sintetizzato da varie tabelle e da una carta che riporta il valore della intensità massima attesa per ciascun comune dell’Umbria e delle Marche. I dati macrosismici utilizzati provengono dalla raccolta attualmente più aggiornata, ovvero il catalogo DBMI11 (Locati et alii, 2011, http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/). Per rendere possibile l’inserimento delle conoscenze sul quadro tettonico attuale nella stima delle intensità massime di ogni comune abbiamo adottato la procedura di seguito descritta. Partendo dal presupposto che in ognuna delle sette zone sismiche interne e due esterne mostrate in figura 6.1 l’evento più intenso documentato si possa verificare in qualsiasi punto dell’area considerata, l’Imax adottata per quella zona è assegnata a tutti i comuni compresi, anche se non totalmente, nella zona implicata. Per calcolare gli effetti che un terremoto interno ad una zona può produrre sui comuni situati all’esterno sono state utilizzate le relazioni empiriche di attenuazione dell’intensità con la distanza, ricavate per l’area italiana (e.g., Berardi et alii, 1993; Gomez-Capera, 2006; Pasolini et alii, 2006). La distanza considerata per il calcolo dell’attenuazione è quella che separa la zona considerata dal baricentro del comune in oggetto. Il risultato di quest’analisi è riportato nelle tabelle 6.2-6.8, riferite alle 2 province dell’Umbria e alle 5 province delle Marche. Al fine di offrire una documentazione più completa possibile sugli elementi utilizzati per le scelte effettuate, per ogni comune sono riportate varie informazioni. Oltre alla Imax da noi proposta, è indicata, per confronto, la Imax presa dal catalogo macrosismico DBMI11. La scelta di questo catalogo è dovuta al fatto che tale raccolta tiene conto delle informazioni fornite da cataloghi precedenti (Baratta, 1983; Postpischl, 1985; Boschi et alii, 1995, 1997, 2000; Camassi e Stucchi, 1997; Monachesi e Stucchi, 1997; Stucchi et alii, 2007). E’ utile chiarire che il valore riportato in tabella si riferisce all’intero territorio del comune considerato e non al solo capoluogo, come invece risulterebbe dalla consultazione in rete delle storie sismiche del catalogo DBMI11 per i comuni interessati. 126 Fig. 6.1. Sismicità storica (vedi Fig. 4.1.1) e geometria delle zone sismiche definite nel capitolo 5, sovrapposte ai confini dei comuni dell’Umbria e delle Marche. In verde sono indicati i confini provinciali. Il numero riportato in ogni comune corrisponde a quello delle tabelle 6.2-6.8. Per dare la possibilità di confrontare la Imax da noi proposta con quella fornita da un precedente tentativo, le tabelle riportano anche i valori di Imax suggeriti da Molin et alii (1996) in base al giudizio esperto degli autori e all’uso dei dati disponibili all’epoca. Per agevolare il controllo della consistenza, e quindi dell’affidabilità e robustezza della storia sismica disponibile per ogni comune, le tabelle riportano anche la numerosità dei risentimenti documentati, suddivisi per varie fasce di intensità a partire dal grado 5 della scala MCS. Nell’assegnazione della Imax ad ogni comune abbiamo rispettato la condizione che il valore da noi proposto non sia mai inferiore a quello effettivamente risentito (documentato dal catalogo DBMI11). Nei casi in cui la Imax da noi proposta è sensibilmente più elevata (più di un grado della scala MCS) rispetto al valore riportato nel catalogo DBMI11, vengono spiegate le considerazioni che hanno portato a tale decisione. 127 Regione Umbria Provincia di Perugia Per alcuni comuni di questa ed altre province il dato di intensità massima (colonna DB in Tab.6.2) è riferito a località e frazioni piuttosto che al capoluogo comunale. Per completare l’informazione riportiamo di seguito i nomi delle frazioni in questione, tra parentesi dopo il nome del comune di appartenenza: Assisi (Capodacqua), Campello sul Clitunno (Acera, Agliano), Cascia (Chiavano, Opagna), Città di Castello (Cerbara, Grumale, Lugnano, Turicchio), Collazzone (Casalalta), Deruta (Ripabianca), Foligno (Budino), Gualdo Tadino (Busche, Caprara, Crocicchio, Grello, Margnano, Piagge), Gubbio (Padule), Marsciano (Castiglione della Valle), Monteleone di Spoleto (Ruscio, Vetranola), Norcia (Paganelli), Perugia (Colombella Bassa, Pieve Pagliaccia, Ripa), Piegaro (Collebaldo), Pietralunga (Castel Guelfo), Poggiodomo (Mucciafora, Roccatamburo), San Giustino (Lama, Selci), Sellano (Montesanto), Todi (Pantalla), Vallo di Nera (Paterno). N 1 2 3 4 5 6 7 8 PERUGIA Comune Assisi Bastia Umbra Bettona Bevagna Campello sul Clitunno Cannara Cascia Castel Ritaldi NP 10 9.5 9.5 10 10 10 10.5 10 9 Castiglione del Lago 7 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 Cerreto di Spoleto Citerna Città della Pieve Città di Castello Collazzone Corciano Costacciaro Deruta Foligno Fossato di Vico 10 9.5 7 9.5 9 7.5 8 9 10 9.5 20 Fratta Todina 8.5 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 Giano dell’Umbria Gualdo Cattaneo Gualdo Tadino Gubbio Lisciano Niccone Magione Marsciano Massa Martana Monte Castello di Vibio Monte Santa Maria Tiberina Montefalco Monteleone di Spoleto Montone Nocera Umbra Norcia Paciano Panicale Passignano sul Trasimeno Perugia Piegaro Pietralunga Poggiodomo Preci 9.5 9.5 10 8.5 7 7 8 9 8.5 9.5 10 10 8.5 10 11 7 7 7 8 7.5 9 10 10 Intensità massima MO DB Anno 8 9 1832 9 9 1832 8 8 1832 9 9 1832 10 8 1838 8 10 1832 10 10.5 1703 9 8 1832-78 19848 5 97-98 10 9 1328-1703 9 9 1917 7 7 1861 9 9 1789-1917 7 7.5 1832 7 6 1919 8 7.5 1751 8 8 1832 10 10 1832 9 8.5 1747 18327 5 1979-97 9 6.5 1918 8 7 1703 10 10 1751 8 8 1751 7 6 1997 7 6 1969 8 7 1969 9 7 1703-1997 7 5.5 1997 9 9 1352-1917 9 8 1832-78 10 10 1298-1703 8 7.5 1458 9 9 1279-1747 10 11 1703 7 6 1969 7 6.5 1861-1969 7 5.5 1997 8 8 1832 7 6.5 1940 9 9 1389 10 9 1703 10 10 1328-1703 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 1 15 7 17 1 3 5 3 1 2 2 1 2 6 2 5 6 1 1 1 2 18 14 43 57 14 4 2 5≤I<6 33 10 6 8 12 12 13 11 4 1 7 1 7 4 11 1 1 29 2 27 2 1 21 3 1 2 51 1 14 2 1 33 1 2 4 22 6 9 7 6 21 6 7 12 12 18 6 3 6 11 10 1 1 10 33 1 2 3 1 2 2 7 1 19 3 1 2 2 4 5 8 31 1 5 3 17 28 3 15 3 28 4 11 33 5 3 17 17 3 1 6 6 1 5 1 5 23 12 1 3 21 2 5 4 14 8 7 12 13 4 3 5 6 3 10 9 7 4 17 12 1 4 5 32 2 9 4 10 128 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 San Giustino Sant’Anatolia di Narco Scheggia e Pascelupo Scheggino Sellano Sigillo Spello Spoleto Todi Torgiano Trevi Tuoro sul Trasimeno Umbertide Valfabbrica Vallo di Nera Valtopina 9.5 10 8 10 10 8.5 10 10 8.5 9 10 7 8.5 9.5 10 10 10 10 8 10 10 9 9 10 7 8 10 7 8 8 10 9 9 6.5 8 7 10 8 8.5 8 8 6.5 8 5.5 7 7.5 8 8 1789 1979 1751 1703-1979 1328 1751 1832 1277-98-1703-45 1832 1997 1832 1997 1917-84 1741-51 1703 1997 2 1 1 9 8 9 5 7 6 7 4 18 3 7 17 4 2 10 1 2 4 29 1 1 3 7 1 3 5 14 10 2 7 1 4 5 1 3 13 1 3 6 9 10 17 4 6 23 10 5 13 1 9 11 3 15 Tab. 6.2. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Perugia. NP=intensità massima da noi proposta sulla base dei dati macrosismici e delle conoscenze sul quadro tettonico; MO=intensità massima proposta da Molin et alii (1996); DB=Intensità massima ricavata dal catalogo DBMI11 (Locati et alii, 2011). Per ogni comune sono anche riportati l’anno del terremoto che ha prodotto l’intensità massima riportata nel catalogo DBMI11 (Anno) e il numero dei risentimenti per varie fasce di intensità. Come si può notare dalla Tab.6.2, in molti comuni il dato di intensità massima riportato dal catalogo DBMI11 è sensibilmente più basso (più di un grado MCS) del valore da noi proposto. Le considerazioni che hanno portato a tale decisione sono spiegate di seguito. Per il comune di Bettona è proposta una Imax=9.5 poiché esso è adiacente alla zona sismogenetica Valle Umbra, caratterizzata da Imax=10. Per il comune di Campello sul Clitunno è proposta una Imax=10, perché è in parte compreso nella zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10) ed è inoltre adiacente alla zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10). Le stesse considerazioni valgono per il comune di Sant’Anatolia di Narco. Anche il comune di Trevi, al quale abbiamo attribuito una Imax=10, è in parte compreso nella zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10); inoltre confina con due comuni (Foligno e Sellano) in cui sono documentati, dal catalogo DBMI11, risentimenti di Imax=10. I comuni di Castel Ritaldi, Montefalco e Scheggino (dove è proposta una Imax =10) fanno parte, per tutta la loro estensione, della zona sismogenetica Valle Umbra. Nel comune di Castiglione del Lago, il basso valore dei risentimenti riportati dal catalogo DBMI11 (Imax=5) è dovuto agli effetti dei terremoti di Gubbio (1984, I=7) e dell’Appennino Umbro-Marchigiano (1997, I=7.5 e I=8.5; 1998, I=6), ma noi abbiamo proposto il valore di Imax=7, per la vicinanza di tale comune alla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5), e al comune di Perugia, che ha risentito con I=8 l’evento del 1832 (Valle del Topino, I=10). Analoghe considerazioni possono essere fatte per i comuni di Passignano sul Trasimeno e Tuoro sul Trasimeno, ancora più vicini di Castiglione del Lago, alla zona Alta Valtiberina. Nel comune di Umbertide è stata da noi proposta una Imax=8.5, poiché questo comune dista appena 10-20 km dalla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5) ed inoltre confina con quello di Città di Castello, dove sono documentati, dal catalogo DBMI11, risentimenti di Imax=9. Nel comune di Collazzone, l’intensità proposta (Imax=9) tiene conto del fatto che esso è localizzato, rispetto all’epicentro del terremoto del 1832 (I=10), a una distanza compresa tra 10 e 20 km. Nel comune di Corciano, il risentimento documentato nel catalogo DBMI11 si riferisce al terremoto del 1919 (Lago Trasimeno, I=6), ma questo comune è distante circa 25-30 Km dall’evento del 1832 (Valle del Topino, I=10), ed è adiacente al comune di Perugia (I=8 secondo il catalogo DBMI11), per cui noi abbiamo attribuito una Imax=7-8. I bassi valori dei risentimenti nei comuni di Fratta Todina e Monte Castello di Vibio (I=5 e I=5.5 rispettivamente), documentati dal catalogo DBMI11, derivano da terremoti nella Valle del 129 Topino e nella Dorsale Umbra (1832, 1979, 1997). Il valore da noi proposto è più elevato (Imax=8.5), essendo questi comuni situati ad una distanza di 15-20 km dalla zona Valle Umbra (Imax=10). Per quanto riguarda i comuni di Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo, il valore di intensità da noi proposto (Imax=9.5), sensibilmente più elevato rispetto a quello riportato dal catalogo DBMI11 (rispettivamente Imax=6.5 e 7), è dovuto al fatto che questi comuni sono adiacenti alla zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10). Al comune di Massa Martana è stata da noi attribuita una Imax=9, in quanto esso è interposto fra i due più estesi comuni di Spoleto, che appartiene quasi completamente alla zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10), e Todi, che ha risentito con I=8 del terremoto del 1832 (I=10) localizzato nella stessa zona. Nel comune di Torgiano è stato assunto un valore di Imax=9 poiché esso si trova ad una distanza di circa 10-15 Km dall’epicentro del terremoto del 1832 (Valle del Topino, I=10). Ricordiamo che il comune di Perugia, più lontano, ha risentito di una I=8 per la stesso evento. Per il comune di Valfabbrica è stata proposta una Imax=9.5, in quanto esso è in parte compreso nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10), nonostante alcuni risentimenti relativi al terremoto del 1751 (Appennino Umbro-Marchigiano, I=10), localizzato nel comune adiacente (Gualdo Tadino), siano di valore nettamente più basso (I=7.5). Il comune di Vallo di Nera, essendo limitrofo alle due zone sismogenetiche Dorsale Umbra e Valle Umbra (Imax=10), potrebbe trovarsi in una situazione analoga a quella del comune di Monteleone di Spoleto, che ha risentimenti documentati di Imax=10. Infine per il comune Valtopina è stato proposto il valore di Imax =10, in quanto esso è in gran parte compreso nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10). Provincia di Terni Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in Tab.6.3 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Acquasparta (Cisterna, Colle Campo, Firenzuola), Arrone (Buonacquisto), Terni (Piediluco). Come si può notare dalla Tab.6.3, la differenza fra i valori di Imax da noi proposti e quelli riportati nel catalogo DBMI11 in molti casi è superiore a 1 grado MCS. I risentimenti documentati, in circa la metà dei comuni, hanno valori che non superano l’Imax=6. Tuttavia non si può trascurare il fatto che alcuni forti terremoti sono avvenuti in questa zona (Orvietano, 1276, Imax=8.5; Bagnoregio, 1695, Imax=9; Umbria Meridionale, 1785, I=8.5) e, per alcuni comuni, la notevole vicinanza alla zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10). Qust’ultima considerazione vale, per esempio, per il comune di Aquasparta, distante circa 10 km dalla suddetta zona, per cui abbiamo assunto in questo comune una Imax=9. I comuni di Avigliano Umbro, Montecastrilli, San Gemini e Stroncone sono localizzati ad una distanza leggermente superiore (15-20 km) rispetto alla zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10), per cui abbiamo loro attribuito una Imax=8.5. Il comune di Allerona deve il suo valore di Imax=6, riportato nel catalogo DBMI11, al terremoto del 1957, localizzato nella zona sismogenetica Orvietano. Poiché l’attivazione di questa zona può generare terremoti di maggiore intensità (Imax=8-9), come indicano i terremoti del 1296 (I=8) e del 1695 (I=8.5), i loro risentimenti nel comune suddetto (distante da 5 a 15 km circa) potrebbero raggiungere una Imax=7.5, che è il valore da noi assunto. Nella stessa condizione si trovano il comune di Parrano (dove è proposta una Imax=7.5) e il comune di Castel Viscardo per i quale, essendo ancora più vicino alla suddetta zona, viene assunto un valore di Imax=8. Anche il comune di Ficulle, che deve al terremoto del 1940 (Radicofani, I=7.5) l’Imax=6 riportata nel catalogo DBMI11, è localizzato alla stessa distanza del comune di Castel Viscardo dalla zona Orvietano, per cui anche per questo comune noi proponiamo una Imax=8. Per i comuni di Montegabbione e Monteleone d’Orvieto, più distanti (circa 10-15 km) dalla zona sismogenetica Orvietano rispetto ai comuni di Allerona e Parrano, si assume una Imax=7. 130 Anche il comune di San Venanzo è molto vicino alla zona sismogenetica Orvietano nel suo settore più occidentale, mentre in quello orientale esso si trova ad una distanza di circa 25-30 Km dall’epicentro del terremoto del 1832 (Valle del Topino, I=10), per cui si ritiene opportuno assegnare a questo comune una Imax=8. Il comune di Baschi è localizzato sul lato orientale della zona Orvietano, ad una distanza di circa 5-15 km, ed è adiacente al comune di Orvieto, che ha risentimenti osservati di Imax=8.5. Tenendo conto di questa configurazione, abbiamo attribuito a questo comune una Imax=8. N 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 TERNI Comune Acquasparta Allerona Alviano Amelia Arrone Attigliano Avigliano Umbro Baschi Calvi dell’Umbria Castel Giorgio Castel Viscardo Fabro Ferentillo Ficulle Giove Guardea Lugnano in Teverina Montecastrilli Montecchio Montefranco Montegabbione Monteleone d’Orvieto Narni Orvieto Otricoli Parrano Penna in Teverina Polino Porano San Gemini San Venanzo Stroncone Terni NP 9 7.5 7.5 8 10 7 8.5 8 8 8 8 7.5 10 8 7 8 7 8.5 8 10 7 7 8 8.5 8 7.5 7 10 8.5 8.5 8 8.5 9 Intensità massima MO DB Anno 9 7.5 1707 7 6 1957 7 5.5 1997 7 7 1915 10 8.5 1785 7 4.5 1997 7 5.5 1997 7 5.5 1957-98 8 6 1979 8 7.5 1957 7 6.5 1957 7 6.5 1861 10 7.5 1785 7 5.5 1940 7 5 1979 7 5 1979-97 7 5 1997 7 7 1915 7 4.5 1997-98 10 7 1785-1915 7 5 1997-98 7 5.5 1940 8 7.5 1714 8 8.5 1276 8 6 1979-97 7 6 1957 7 5 1997 10 8 1703 8 7.5 1695 9 7 1751 7 5.5 1997 9 7 1915 9 8.5 1785 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 3 2 1 2 1 6 1 1 5 1 1 2 1 15 1 1 2 2 1 6 4 13 2 1 1 2 2 1 3 1 1 1 19 2 17 5≤I<6 12 2 5 6 2 5 6 3 1 1 4 4 6 1 4 2 9 3 2 3 7 3 2 1 2 2 6 4 4 4 18 Tab. 6.3. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Terni (vedi didascalia di Tab.6.2) . Partendo dal comune di Baschi e procedendo verso sud, ad una distanza crescente rispetto alla zona Orvietano fino a circa 20 km, si trovano i comuni di: Montecchio, Guardea, Alviano, Lugnano in Teverina, Attigliano, Giove, Penna in Teverina, quindi per questi comuni è stata proposta una intensità massima progressivamente decrescente da Imax=8 (per i primi due), a Imax=7.5 (per il terzo), fino a Imax=7 (per i rimanenti comuni). Per i comuni di Arrone, Ferentillo, Montefranco e Polino, il valore proposto di Imax=10 deriva dal fatto che essi fanno parte della zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10) e sono molto vicini all’epicentro del terremoto del 1298 (Reatino, Imax=10), i cui effetti sui comuni considerati non sono documentati nel catalogo DBMI11. I comuni di Calvi dell’Umbria e Otricoli distano dalla zona Valle Umbra circa 20-25 km, mentre i risentimenti massimi (Imax=6) documentati dal catalogo DBMI11 si riferiscono a terremoti più distanti (nella zona Dorsale Umbra). Per questi motivi è stato assunto in tali comuni il 131 valore di Imax=8. Regione Marche Provincia di Ancona N 1 2 3 4 5 Ancona Comune Agugliano Ancona Arcevia Barbara Belvedere Ostrense NP 7.5 8.5 8.5 8 7.5 6 Camerano 8.5 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 Camerata Picena Castelbellino Castel Colonna Castelfidardo Castelleone di Suasa Castelplanio Cerreto d'Esi Chiaravalle Corinaldo Cupramontana Fabriano Falconara Marittima Filottrano Genga Jesi Loreto Maiolati Spontini Mergo Monsano Montecarotto Montemarciano Monterado Monte Roberto Monte San Vito Morro d'Alba Numana Offagna Osimo Ostra Ostra Vetere Poggio San Marcello Polverigi Ripe Rosora San Marcello San Paolo di Jesi Santa Maria Nuova Sassoferrato Senigallia Serra de' Conti Serra San Quirico Sirolo Staffolo 8 7.5 7.5 8 7.5 8 9 8 7.5 8 9.5 8.5 7.5 9 7 7.5 8 9 7 8 8.5 7.5 7.5 7.5 7.5 8.5 7.5 8 7.5 7.5 8 7.5 8 8.5 7.5 7.5 7 8.5 8.5 8 9 8.5 7.5 Intensità massima MO DB Anno 8 7 1930-72 8 8 1269-1690-1930-72 8 7.5 1279 7 6 1930-72 8 7.5 1741 17418 7 1930-72 8 7.5 1930 8 7.5 1741 8 7 1972 7 7 1930 7 7 1972 8 6.5 1741 9 7 1741 8 7 1930 8 7 1897-1972 8 8 1741 10 9.5 1751 8 7.5 1930 7 6.5 1972 9 8.5 1741 8 7 1741-1930 7 7 1930 8 8 1741 9 9 1741 8 6 1930 8 7.5 1741 8 8 1930 8 7.5 1741 8 7 1741 8 7 1741-1930 8 7.5 1741-1972 8 8 1269-1930 8 7 1930 8 8 1741-1972 7 7 1930-72 8 7.5 1741 8 6.5 1997 8 7 1930-72 8 8 1741 8 7 1741 8 7 1972 8 6 1979 8 7 1741 8 7.5 1997 9 8.5 1930 7 6 1930 9 9 1741 8 8.5 1690 8 6 1930-51-79 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 3 1 8 24 3 3 7 2 4 4 3 1 2 1 2 2 1 3 1 1 3 1 19 9 3 1 3 1 1 1 1 2 2 1 1 2 3 1 2 3 2 1 4 2 3 3 2 1 2 4 1 6 13 2 3 1 2 1 2 4 4 3 3 2 5 5 19 2 5 3 5 3 2 3 1 3 1 2 1 1 1 4 1 4 5 4 3 1 2 1 3 3 8 1 3 4 3 5≤I<6 13 7 8 3 7 2 7 5 3 2 6 7 2 3 3 27 3 2 4 11 6 2 4 2 9 2 4 1 5 4 2 1 8 4 3 6 2 1 3 1 3 4 13 13 3 3 1 5 Tab. 6.4. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Ancona (vedi didascalia di Tab. 6.2) . Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in 132 Tab.6.4 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Camerata Picena (Cassero), Fabriano (Belvedere), Falconara Marittima (Castelferretti), Genga (San Fortunato, Monticelli, Pierosara), Sassoferrato (Crescenti). Per i comuni di Barbara e Serra dei Conti, il catalogo DBMI11 riporta una Imax=6 che deriva da terremoti avvenuti nella zona Anconetano (1930, 1972), ma noi proponiamo un valore più elevato (Imax=8) in quanto il terremoto del Fabrianese (1741, I=9) è avvenuto a minore distanza (intorno ai 10-15 km), paragonabile a quella del comune di Maiolati Spontini, che ha risentito questo evento con I=8. I comuni di Castelplanio e Poggio San Marcello sono adiacenti a Maiolati Spontini (risentimento documentato di Imax=8), alla stessa distanza di tale comune dal terremoto del 1741, quindi anche per essi si propone Imax=8. Il comune di Rosora si trova in una posizione intermedia tra i comuni precedentemente descritti e quello di Mergo, che ha risentito con I=9 il terremoto del 1741. Per questo motivo abbiamo attribuito a Rosora una Imax=8.5. In questo comune, come anche in quello di Castelplanio, citato sopra, noi proponiamo un valore di Imax più elevato di quelli del catalogo DBMI11 (Imax=7 e 6.5), nonostante questi ultimi derivino proprio dai dati macrosismici del 1741. Questa scelta può essere giustificata dal fatto che i danni provocati da questo terremoto sono stati considerevoli anche a distanze maggiori di quelle che ci si potevano aspettare in base alle normali leggi di attenuazione (risentimenti di I=8.5, 8 e 8 rispettivamente nei comuni di Fratte Rosa (PU), Ripe (AN) e Osimo (AN), a distanze di circa 25, 25-30 e 30-40 km). Sembra dunque legittimo pensare che in alcuni comuni vicino all’epicentro gli effetti possano essere stati sottovalutati. I comuni di San Paolo di Jesi e Staffolo sono localizzati a circa 15 km dall’epicentro del terremoto del 1741, come il comune di Castelbellino, dove lo stesso terremoto ha causato risentimenti di I=7.5. Per questa ragione noi proponiamo per essi una Imax=7.5. Per il comune di Camerano assumiamo Imax=8.5 poiché è compreso nella zona sismogenetica Anconetano (Imax=8.5), è molto vicino all’epicentro del terremoto del 1690 (I=8.5), e adiacente al comune di Sirolo, dove la Imax osservata è 8.5. Per il comune di Cerreto d’Esi viene proposto il valore di Imax=9 in quanto esso è in parte compreso nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana. Inoltre esso è adiacente al comune di Fabriano, che ha risentito di Imax=9.5 a causa del terremoto del 1751 (Appennino UmbroMarchigiano, I=10). Provincia di Ascoli Piceno Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in Tab.6.5 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Arquata del Tronto (Pescara del Tronto), Castignano (San Venanzo), Folignano (Castelfolignano). N 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Ascoli Piceno Comune Acquasanta Terme Acquaviva Picena Appignano del Tronto Arquata del Tronto Ascoli Piceno Carassai Castel di Lama Castignano Castorano Colli del Tronto Comunanza Cossignano Cupra Marittima Folignano Force Grottammare NP 9 7.5 8.5 10 8.5 7 8 9 8 8 8.5 7.5 7 8 8 7 Intensità massima MO DB Anno 8 8 1943 8 7.5 1972 8 8 1943 9 9 1703 8 7.5 1972 7 7 1943 8 8 1943 8 9 1943 8 8 1943 8 8 1943 8 7 1943 8 7.5 1915 7 7 1882 8 8 1943 8 8 1943 7 7 1882 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 1 4 2 1 1 1 1 4 3 2 7 1 1 1 1 2 2 1 2 1 1 1 2 2 1 3 1 1 1 1 1 1 5≤I<6 10 6 6 16 6 4 2 4 6 3 3 5 3 8 133 17 18 19 20 21 22 23 Maltignano Massignano Monsampolo del Tronto Montalto delle Marche Montedinove Montefiore dell'Aso Montegallo 8 7 7.5 8 8 7 9.5 8 7 8 8 8 7 8 8 7 7.5 8 7 6 7 24 Montemonaco 10 8 6 25 26 27 28 29 30 31 32 33 Monteprandone Offida Palmiano Ripatransone Roccafluvione Rotella San Benedetto del Tronto Spinetoli Venarotta 7.5 8 8 7 8.5 8 7 7.5 8 8 8 8 8 8 8 7 8 8 7.5 8 7 7 7 7 7 7 7 1943 1943 1943 1943 1943 1943 1943 18971943-51-97 1480 1943 1951 1943 1943 1943 1882 1943 1943 1 1 1 3 1 1 1 2 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 4 3 3 9 2 2 5 4 6 2 2 3 1 3 3 7 5 12 3 5 8 2 6 1 2 2 Tab. 6.5. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Ascoli Piceno (vedi didascalia di Tab. 6.2) . Per i comuni di Comunanza e Roccafluvione, i valori di Imax documentati nel catalogo DBMI11 (I=7) derivano dal terremoto del 1943 (Marche Meridionali-Abruzzo, I=8.5). Tuttavia, la storia sismica di tali comuni, limitata agli ultimi 70 anni, non da informazioni sugli effetti dei forti terremoti avvenuti prima di questo periodo nelle zone sismogenetiche vicine (Dorsale Umbra, Imax=10, e Dorsale Marchigiana, Imax=9), ed in particolare sul terremoto del 1703 (Appennino Umbro Reatino, I=11). In base alla distanza di quest’ultimo evento da tali comuni (circa 30-40 km), abbiamo proposto per essi una Imax=8.5. Il comune di Montegallo è localizzato ad una distanza inferiore, rispetto ai precedenti comuni, dalla zona Dorsale Umbra (circa 10-15 km), e dall’epicentro del terremoto del 1703 (circa 20-30 km). Questa posizione è compatibile, in base alle leggi di attenuazione dell’intensità con la distanza, con il valore di Imax=9.5 che noi assumiamo per tale comune. Per il comune di Montemonaco si può notare il brusco salto tra i valori di Imax documentati dal catalogo DBMI11 per questo comune (I=6), e quelli relativi al comune di Norcia (PG) ad esso adiacente (I=11). Poiché una parte del territorio di Montemonaco (quella più occidentale) è ancora più vicina alla Dorsale Umbra (I=10) del comune di Montegallo, citato sopra, abbiamo attribuito al primo il valore di Imax=10. Provincia di Fermo A differenza delle altre province considerate, in nessuna frazione sono stati riscontrati danni superiori a quelli dei relativi capoluoghi comunali, per cui a questi ultimi si riferiscono i dati di intensità massima riportati nella colonna DB in Tab.6.6. N 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Fermo Comune Altidona Amandola Belmonte Piceno Campofilone Falerone Fermo Francavilla d'Ete Grottazzolina Lapedona Magliano di Tenna Massa Fermana Monsampietro Morico Montappone NP 7 8.5 7 7 7 7 7 7 7 7.5 7.5 7 7.5 Intensità massima MO DB Anno 7 6 1972 8 7 1799-1873-1943 8 7 1943 7 7 1987 7 7 1943 7 7 1943 7 7 1943 7 6 1943 7 7 1987 8 7.5 1943 7 7 1943 7 7 1943 7 7 1943 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 1 3 4 1 1 1 1 2 1 6 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 3 1 4 5≤I<6 11 8 4 12 2 7 5 4 3 2 134 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 Monte Giberto Monte Rinaldo Monte San Pietrangeli Monte Urano Monte Vidon Combatte Monte Vidon Corrado Montefalcone Appennino Montefortino Montegiorgio Montegranaro Monteleone di Fermo Montelparo Monterubbiano Montottone Moresco Ortezzano Pedaso Petritoli Ponzano di Fermo Porto San Giorgio Porto Sant'Elpidio Rapagnano Sant'Elpidio a Mare Santa Vittoria in Matenano Servigliano Smerillo Torre San Patrizio 7 7.5 8 7 7 7 8 9 7 7 7 7.5 7 7 7 7.5 7 7 7 7 7 7 7 7.5 7.5 8 7 7 7 8 8 8 7 8 8 8 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 8 8 7 6.5 8 7 7 7 6.5 8 7 6 7 7 6.5 6 6 6.5 6.5 7 7 7 6 6.5 7 7.5 7 7 7 1943 1943 1972 1943 1915-1943 1943 1943 1972 1943 1943 1943 1943 1943 1943 1987 1943 1987 1943 1943 1987 1987 1943 1943 1943 1943 1943 1943 1 1 1 1 1 1 1 4 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 1 1 2 1 5 1 1 2 1 1 2 2 1 1 2 1 1 4 1 2 6 1 3 3 5 3 2 9 6 2 1 5 1 7 3 4 3 7 2 2 3 5 5 3 3 4 Tab. 6.6. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Fermo (vedi didascalia di Tab. 6.2) . Per il comune di Amandola abbiamo ipotizzato un valore di Imax=8.5 tenendo conto del fatto che esso è adiacente al settore più meridionale della zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9), mentre invece i risentimenti massimi documentati nel Catalogo DBMI11 (Imax=7) si riferiscono a terremoti più distanti (vedi Tab. 6.6). Inoltre è da notare il brusco salto nei valori di intensità risentite in conseguenza del terremoto del 1799 (Appennino Marchigiano, I=9) nel comune in esame (I=7) e nel comune limitrofo a nord di esso, cioè Sarnano (MC), con valori di I=8.5. Al comune di Montefalcone Appennino abbiamo attribuito una Imax=8 poiché in esso è localizzato l’epicentro del terremoto del 1972 (I=8), anche se i massimi effetti di questo terremoto hanno interessato il vicino comune di Montefortino. Una caratteristica peculiare è che anche il comune di Monte San Pietrangeli, situato a circa 25 km dal suddetto terremoto, ha risentito questo evento con I=8. Nel comune in esame, il valore di Imax riportato dal Catalogo DBMI11 (I=6.5) è dovuto invece al terremoto del 1943 (Marche Meridionali-Abruzzo, I=8.5), il cui epicentro è localizzato più lontano (circa 15 km), nella provincia di Ascoli-Piceno. Provincia di Macerata Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in Tab.6.7 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Castelraimondo (Torricella), Fiastra (San Marco), Fiuminata (Casale delle Macchie), Muccia (Vallicchio), San Ginesio (Morello, Serrone), San Severino Marche (Cagnore, Cesolo, Elcito, Gagliannuovo, Granali, Stigliano Capo), Sarnano (San Casciano), Serrapetrona (Villa d’Aria), Treia (Chiesanuova, Passo di Treia), Visso (Chiusita, Mevale, Valiano). Per i comuni di Acquacanina, Bolognola e Camporotondo di Fiastrone il valore di intensità da noi proposto (Imax=9) deriva dal fatto che essi sono in parte compresi nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana, caratterizzata da terremoti con I=9 (Fabrianese, 1741; Appennino Marchigiano, 1799). Ricordiamo inoltre che vicino ai suddetti comuni (meno di 5 km), si trova il comune di Cessapalombo, che ha risentito il terremoto del 1799 con I=9.5. 135 N 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Macerata Comune Acquacanina Apiro Appignano Belforte del Chienti Bolognola Caldarola Camerino Camporotondo di Fiastrone Castelraimondo Castelsantangelosul Nera Cessapalombo Cingoli Civitanova Marche Colmurano Corridonia NP 9 9 7.5 9 9 9 9 9 9 10 9.5 8 7 8.5 7.5 16 Esanatoglia 9 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 Fiastra Fiordimonte Fiuminata Gagliole Gualdo Loro Piceno Macerata Matelica Mogliano Montecassiano Monte Cavallo Montecosaro Montefano Montelupone 9 9 10 9 8.5 8 7.5 9 7.5 7.5 10 7 7.5 7 31 Monte San Giusto 7 32 Monte San Martino 8 33 Morrovalle 7 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 Muccia Penna San Giovanni Petriolo Pievebovigliana Pieve Torina Pioraco Poggio San Vicino Pollenza Porto Recanati Potenza Picena Recanati Ripe San Ginesio San Ginesio San Severino Marche Sant'Angelo in Pontano Sarnano Sefro Serrapetrona Serravalle di Chienti Tolentino Treia Urbisaglia Ussita Visso 9.5 8 7.5 9 9.5 9 9 8 8 7 7.5 8.5 9 9 8 9 9.5 9 10 8.5 8 8 9.5 10 Intensità massima MO DB Anno 8 6 1997 8 8 1741 7 6.5 1741 9 8.5 1799 8 7 1951 9 8 1799 9 9 1799 9 6.5 1936-97 9 9 1799 9 7 1730-1972 9 9.5 1799 8 7.5 1279-1741 7 6 1930-72(2)-87 8 6.5 1741 7 7 1741 16129 7 1747-99 8 8 1873 8 7.5 1972 9 8 1997 8 6.5 1997 8 8 1799 8 6.5 1943 7 7 1741-1951 8 7.5 1279 7 6.5 1943 7 6.5 1930-1943 9 7.5 1997 7 5 1997 7 7 1741 7 7 1943 17417 6.5 1943-97 8 7.5 1972 17417 6.5 1930-43 9 8 1799 8 6.5 1943 7 6.5 1943-97 8 7.5 1832 9 7.5 1832 9 8 1799 8 6 1997 7 6 1997 7 6 1930-43-72(2) 7 6 1943-87 7 7 1741 9 6 1943 9 9 1799-1873 8 9 1799 8 6.5 1943 8 8.5 1799 9 7 1997 9 9 1799 10 10 1279 8 7 1951 7 7 1972(2) 8 6 1943 9 7 1730-1832-1951 10 10 1703 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 3 1 1 1 6 1 3 1 2 8 5 7 8 17 7 1 2 5 4 5 1 4 2 9 5 2 1 5 3 6 4 9 1 8 6 6 3 1 9 7 2 3 7 4 1 3 5 1 1 5 2 5 11 12 4 5 6 1 5 5 5 1 1 3 4 3 6 4 5 3 8 6 1 1 4 2 3 1 4 8 4 5 2 7 8 10 4 1 12 15 10 3 4 9 7 7 4 7 1 1 1 2 1 3 2 3 1 1 3 1 2 1 3 1 2 6 6 3 1 3 2 1 2 6 1 3 1 1 1 6 3 1 7 5≤I<6 9 7 6 3 4 7 12 5 9 6 9 9 10 3 5 8 19 6 4 5 5 15 4 9 10 6 7 8 7 5 8 14 Tab. 6.7. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Macerata (vedi didascalia di Tab. 6.2) . 136 Al comune di Castelsantangelo sul Nera è stato da noi attribuito un valore di Imax=10, notevolmente superiore a quello riportato nel Catalogo DBMI11 (Imax=7), tenendo conto del fatto che questo comune è confinante con quello di Norcia, dove sono documentati risentimenti di I=11, causati dal terremoto del 1703, nell’Appennino Umbro-Reatino. I comuni di Colmurano e Ripe San Ginesio si trovano ad una distanza di circa 5-10 km dal settore meridionale della zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9), e il comune di Tolentino è adiacente ad essa. Quindi, per tali comuni viene proposta una Imax=8.5. Poco più distante dalla suddetta zona (circa 10-15 km) sono localizzati i comuni di Loro Piceno, Penna San Giovanni, Pollenza, Sant’Angelo in Pontano e Urbisaglia, a cui è attribuito il valore di Imax=8. Per tali comuni i valori di Imax riportati dal Catalogo DBMI11, compresi tra Imax=6 e 7, si riferiscono in maggioranza ai terremoti del 1741 o del 1943, più distanti da loro (circa 20-30 km). In particolare, il comune di Tolentino ha risentito, con Imax=7, del terremoto di Sarnano (1951, I=7), il quale è localizzato nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana. In questo caso si è verificato che uno dei terremoti di minore intensità nella zona suddetta ha prodotto in un comune situato a circa 15-20 km (Tolentino) una intensità pari a quella epicentrale, e quindi, nel caso di un evento più intenso, come quelli che caratterizzano questa zona, i danni potrebbero essere più rilevanti. Il comune di Matelica, localizzato ad una distanza tra 15 e 30 km dal terremoto del 1279, nella zona Dorsale Umbra (Camerino, I=9), ha risentito questo evento con Imax=7.5 (catalogo DBMI11). Noi invece proponiamo il valore di Imax=9 tenendo conto che questo comune è in parte compresa nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9). Il comune di Poggio San Vicino fa interamente parte della suddetta zona sismogenetica, per cui gli abbiamo attribuito il valore di Imax=9. Questo è notevolmente diverso dal valore di Imax riportato nel catalogo DBMI11 (I=6), che però è dovuto al terremoto del 1997, localizzato ad una distanza di circa 40 km da questo comune. Il comune di Esanatoglia confina ad est con quello di Matelica, a cui è attribuita Imax=9, per i motivi citati sopra, e ad ovest con quello di Fabriano (AN), che ha risentito con I=9.5 il terremoto del 1751 (Appennino Umbro-Marchigiano, I=10). La localizzazione intermedia del comune di Esanatoglia ci porta a ritenere che il suo valore di Imax non sia molto diverso da quello dei comuni confinanti, e cioè Imax=9. Inoltre questo valore è anche giustificato dalla distanza del comune considerato (5-15 km) dalla zona sismogenetica Dorsale Umbra, caratterizzata da Imax=10. Quest’ultima considerazione può essere applicata anche ai comuni di Fiordimonte e Pievebovigliana, ai quali, come il comune precedentemente esaminato, viene attribuita una Imax=9. Lungo il bordo orientale della zona Dorsale Umbra (Imax=10) si trovano i comuni di Muccia, Pieve Torina, Sefro e Ussita, per i quali viene assunta Imax=9.5. Due di essi (Muccia e Ussita) sono adiacenti a comuni (rispettivamente Serravalle di Chienti e Visso) con risentimenti documentati di I=10. Per i comune di Fiuminata e Montecavallo si è assunto il valore di Imax=10, in quanto essi sono in parte compresi nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10). Per tali comuni i risentimenti documentati nel catalogo DBMI11 (Imax=8 e 7.5 rispettivamente) sono dovuti a terremoti localizzati nella stessa zona sismogenetica, ma non i più intensi (1997, I=8.5 e I=7.5). Per il comune di Montecosaro, il basso valore di Imax (I=5) riportato nel catalogo DBMI11 si riferisce al terremoto del 1997 nella Dosale Umbra, ma si può ipotizzare un valore più elevato a causa della presenza di altri forti terremoti a distanze più ravvicinate, come quelli della zona Dorsale Marchigiana o del 1943 nelle Marche meridionali-Abruzzo. Quest’ultimo evento, in particolare, ha provocato risentimenti di I=7 in un comune (Montelupone), situato a distanza leggermente più elevata di quello in esame (Montecosaro), suggerendo quindi di attribuire a quest’ultimo una Imax=7. Infine, per il comune costiero di Porto Recanati, la Imax che noi proponiamo (I=8) tiene conto del fatto che il settore settentrionale di tale comune è adiacente alla zona sismogenetica Anconetano (Imax=8.5) e confina con un comune (Numana, AN), che ha risentito i forti terremoti di questa zona 137 (1269, 1930) con I=8. Provincia di Pesaro-Urbino Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in Tab.6.8 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Acqualagna (San Lorenzo in Canfiagio), Auditore (Castelnuovo), Belforte all’Isauro (Torriola), Cagli (Monte l’Abbate, Naro), Cantiano (Ara Vecchia, Chiaserna, Palcano), Fossombrone (Montalto Tarugo), Gradara (Fanano, Granarola), Isola del Piano (Castelgagliardo), Mercatello sul Metauro (Pieve dei Graticcioli, San Cristoforo), Mondavio (Sant’Andrea di Suasa), Montefelcino (Montemontanaro), Montelabbate (Montecchio), Pergola (Fenigli, Montaiate, Montevecchio), Pesaro (Boncio, Casteldimezzo, Fiorenzuola di Focara, Montecorbino), Piandimeleto (Santa Maria, Viano), San Giorgio di Pesaro (Montecucco), Sant’Angelo in Lizzola (Montecchio), Sant’Angelo in Vado (Sant’Andrea), Urbania (Montiego, Ravignana Vecchia). N 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Pesaro-Urbino Comune Acqualagna Apecchio Auditore Barchi Belforte all'Isauro Borgo Pace Cagli Cantiano Carpegna Cartoceto Colbordolo Fano Fermignano Fossombrone Fratte Rosa Frontino Frontone Gabicce Mare Gradara Isola del Piano Lunano Macerata Feltria Mercatello sul Metauro Mercatino Conca NP 9.5 10 8 8 8 9 10 9 7.5 7.5 8 8 8.5 8.5 8.5 8 9 8 8 8 8 8 9 8 25 Mombaroccio 7.5 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 Mondavio Mondolfo Montecalvo in Foglia Monte Cerignone Monteciccardo Montecopiolo Montefelcino Monte Grimano Terme Montelabbate Montemaggiore al Metauro Monte Porzio Orciano di Pesaro Peglio Pergola Pesaro Petriano Piagge Piandimeleto Pietrarubbia 8 8 8 7.5 7.5 7.5 7.5 7.5 8 7.5 7.5 7.5 9 8.5 8 8 7.5 8 8 Intensità massima MO DB Anno 10 9.5 1781 9 9 1389-1781 7 8 1672 7 7 1727-41 8 7 1781 8 6 1897 10 9.5 1781 9 9 1781 8 5 1987-97(2) 8 7 1916-30 8 7.5 1916 8 8 1303 10 7 1727-81 9 8.5 1781 9 8.5 1741-81 8 7 1781 9 8 1781 8 8 1916 8 8 1916 8 7 1781 8 7.5 1781 7 5 1997(3)-2000-01 9 8.5 1781 8 5 2000 16727 7 1916-30 8 7 1781-1930 8 8 1930 7 5 1948-97(2) 7 4 1948-87 8 7 1875-1916 7 5 1987 8 6.5 1781 7 5 1998 7 7.5 1930 8 3.5 2001 8 6.5 1930 7 6.5 1727-41 10 7 1781 9 8.5 1781 8 8 1916 7 7 1916 8 5.5 1998 8 7 1781 7 5 1997-2000 ≥11 Numero di risentimenti (da DBMI11) 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 1 2 2 1 2 3 1 1 1 2 2 1 1 3 6 16 3 3 3 4 3 1 1 2 1 2 2 3 2 3 1 6 4 3 1 2 2 3 1 1 4 9 1 2 1 1 2 1 1 5 3 3 8 2 3 1 1 5 5 5 9 1 3 3 2 3 8 2 3 2 3 2 2 2 1 3 1 4 1 3 1 5 6 4 5≤I<6 3 5 3 1 3 6 11 10 3 7 1 8 16 2 2 8 11 4 1 3 5 5 10 8 2 2 4 138 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 Piobbico Saltara San Costanzo San Giorgio di Pesaro San Lorenzo in Campo Sant'Angelo in Lizzola Sant'Angelo in Vado Sant'Ippolito Sassocorvaro Sassofeltrio Serra Sant'Abbondio Serrungarina Tavoleto Tavullia Urbania Urbino 10 7.5 8 7.5 8 8 10 8.5 8 8 8.5 7.5 8 8 10 8.5 10 8 8 8 9 7 10 9 8 7 9 8 7 8 10 8 10 7 8 7.5 7.5 7.5 9 8.5 7 4 8.5 7 4.5 7 10 8 1781 1916-30 1930 1916 1741-81 1930 1781 1781 1781 1987-2001 1781 1916 1997(2)-98-2000 1916 1781 1741 2 1 1 1 7 1 2 2 2 2 1 3 1 1 7 1 3 2 1 2 3 4 3 1 2 2 1 1 2 2 1 2 4 6 11 4 3 6 1 2 4 6 2 6 6 4 8 8 Tab. 6.8. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Pesaro-Urbino (vedi didascalia di Tab.6.2 ) . Nel comune di Borgo Pace è stato da noi proposto un valore di Imax=9, superiore a quello documentato nel catalogo DBMI11 (Imax=6), in quanto questo comune è adiacente alla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5). Nel comune di Carpegna, così come in quelli di Monte Cerignone e Montecopiolo, i risentimenti riportati nel catalogo DBMI11 (Imax=4 oppure 5) sono molto più bassi rispetto a quelli che noi abbiamo assunto (Imax=7.5) tenendo conto della localizzazione di tali comuni, circa 25-30 km a nord dell’epicentro del terremoto del 1781 (Cagliese, I=10). Nonostante in questo settore, a nord della Valle del Metauro, il terremoto del 1781 abbia dato luogo a intensità raramente superiori a I=7, si può notare che, invece, i comuni ad est dell’epicentro hanno risentito di Imax=8.5 ad una distanza da 20 a 35 Km (comuni di Fossombrone, Fratte Rosa, Sant’Ippolito), cioè di danni addirittura superiori a quelli attesi in base alle leggi di attenuazione. Anche se ancora non sono chiari i motivi di questa amplificazione degli effetti, questa evidenza ci induce a ritenere che i valori di Imax nei comuni a nord dell’epicentro potrebbero essere sottostimati. Tenendo sempre conto della distanza dall’epicentro del terremoto del 1781, nei comuni di Macerata Feltria e Pietrarubbia, localizzati a circa 20-25 km dal suddetto evento, il valore da noi proposto è Imax=8, notevolmente superiore a quello riportato dal catalogo DBMI11 (Imax=5), riferito ad altri terremoti (1997, 2000,2001, vedi Tab.6.8). Nei comuni di Fermignano e Peglio, distanti circa 10-15 km dal terremoto del 1781, il valore documentato di Imax=7 (catalogo DBMI11) sembra essere poco compatibile con i risentimenti provocati dallo stesso terremoto nell’adiacente comune di Urbania (Imax=10); per questi comuni è stata quindi assunta una Imax=9. I comuni di Mercatino Conca, Montecalvo in Foglia, Monte Grimano Terme, Sassofeltrio e Tavoleto (valori del catalogo DBMI11 compresi tra Imax=4 e 5) sono tutti localizzati vicino alla zona sismogenetica Riminese ed in particolare al terremoto del 1672 (I=8). Poiché la loro distanza dal suddetto terremoto è paragonabile a quella del comune di Auditore, dove tale evento è stato risentito con I=8, abbiamo attribuito ai comuni considerati lo stesso valore di Imax=8. Nei comuni di Montemaggiore al Metauro e Piagge, i valori riportati nel catalogo DBMI11 (rispettivamente Imax=3.5 e 5.5) sono stati da noi aumentati a Imax=7.5. Qusta scelta tiene conto del fatto che tali comuni sono circa alla stessa distanza di quello di San Giorgio di Pesaro dal terremoto del 1916 (Alto Adriatico, I=8), dove tale evento è stato risentito con I=7.5. Una sintesi in colore delle Imax da noi proposte per i comuni dell’Umbria e delle Marche (colonne NP delle tabelle precedenti) è mostrata nella figura 6.2. Il confronto tra questa carta e quella con i valori del catalogo DBMI11, riportati nelle colonne DB delle tabelle (Fig. 6.3), aiuta a capire come la nostra proposta sia influenzata dalle implicazioni del quadro tettonico e da 139 un’accurata analisi della coerenza interna e delle probabili lacune delle informazioni macrosismiche per i vari comuni. Per comodità del lettore e anche per rendere più semplice il confronto con la stima di pericolosità fatta per le due regioni adiacenti, già considerate in studi analoghi precedenti, la fig. 6.4 illustra il quadro complessivo delle stime ottenute per le quattro regioni in oggetto. Fig.6.2. Intensità massima MCS assegnata ai comuni dell’Umbria e delle Marche in base alla procedura descritta nel testo (valori indicati nelle colonne NP delle tabelle 6.2-6.8). Il numero riportato in ogni comune corrisponde a quello indicato nelle tabelle suddette. 140 Fig.6.3. Sintesi in colore delle Imax MCS dei comuni dell’Umbria e delle Marche, prese dal Catalogo di dati macrosismici DBMI11 (Locati et alii, 2011); i valori sono indicati nelle colonne DB delle tabelle 6.2-6.8. Il numero riportato in ogni comune corrisponde a quello indicato nelle tabelle suddette. 141 Fig.6.4. Sintesi in colore delle Imax MCS assegnate ai comuni della Toscana (Mantovani et alii, 2012), dell’EmiliaRomagna (Mantovani et alii, 2013) e dell’Umbria e delle Marche (questa pubblicazione, figura 6.1). 142 7. Precedenti stime dell’intensità massima e considerazioni su pericolosità e classificazione sismica Un ampio resoconto dell’evoluzione dei criteri adottati in Italia per la stima della pericolosità e per la classificazione sismica è riportata in Mantovani et alii (2013), cui si rimanda per i dettagli ed i riferimenti. Ulteriori informazioni per l’Umbria e le Marche possono essere reperite nei rispettivi siti regionali (http://www.rischi.regione.umbria.it/mediacenter/FE/home.aspx e http://rischiosismico.regione.marche.it/web/). Le due Regioni in oggetto hanno visto ripetute modificazioni della classificazione sismica, tra cui ricordiamo quella del 1937, del 1962 e del 1983 (Gasparini et alii, 1984). Nell’ultima revisione citata l’intensità massima osservata in un dato comune (Imax) era considerata vincolante per attribuire il comune stesso ad una delle due categorie sismiche allora previste. La validità della procedura era peraltro inficiata dalle limitazioni del catalogo sismico allora disponibile (Carrozzo et alii, 1973), relativo al periodo 1000 d.c.-1969, e caratterizzato da stime antiquate, ampie incertezze, errori e lacune. In effetti, circa il 60% dei comuni italiani risultava non classificato (Gasparini et alii, 1984). Un altro tentativo in questa direzione è il rapporto di Molin et alii (1996), elaborato per conto della Protezione Civile, che assegnava un valore di Imax a ciascun comune italiano. Tale valore risultava dalla combinazione del “giudizio esperto” degli autori, da considerazioni di coerenza con le Imax attribuite ai comuni vicini e dall’uso di relazioni empiriche di attenuazione dell’intensità macrosismica con la distanza dall’epicentro. Per quanto riguarda l’Umbria (Fig. 7.1), gli Autori suddetti attribuivano Imax elevate (pari a 8, 9 o ≥10 MCS) a 60 dei 92 comuni, compresi i due capoluoghi di provincia. Valori di Imax pari o superiori al 10° MCS erano attribuiti a comuni situati all’estremo nord della regione (S. Giustino in Alta Valtiberina), ad est di Perugia (Gualdo Tadino) e, in particolare, nel settore sudorientale del territorio regionale, tra la Valle Umbra, la Val Nerina ed i Monti Sibillini (Arrone, Campello sul Clitunno, Cannara, Cascia, Cerreto di Spoleto, Ferentillo, Foligno, Monteleone di Spoleto, Montefranco, Norcia, Poggiodomo, Polino, Preci, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spoleto, Trevi e Vallo di Nera). I comuni citati erano circondati da una fascia con Imax=9 MCS, mentre alle porzioni centrale ed occidentale della regione, attorno alla Media e Bassa Val Tiberina, erano attribuite Imax non superiori ad 8 MCS. Fig. 7.1. Carta delle intensità massime MCS stimate per l’Umbria (a sinistra) e per le Marche (a destra) da Molin et alii (1996). Sono indicati i confini e le sigle dei capoluoghi di provincia (si veda il sito http://emidius.mi.ingv.it/ per le informazioni relative ai singoli comuni). 143 Nelle Marche (Fig. 7.1), gli Autori suddetti attribuivano Imax considerevoli (pari ad 8, 9 o ≥10 MCS) a 168 dei 246 comuni, compresi i capoluoghi provinciali eccetto Macerata ed il capoluogo della futura provincia di Fermo. Intensità massime pari o superiori al 10° MCS erano proposte per comuni del Pesarese (Acqualagna, Cagli, Fermignano, Peglio, Piobbico, Sant’Angelo in Vado e Urbania), dell’Anconetano (Fabriano) e del Maceratese (Serravalle di Chienti e Visso). In generale, il settore occidentale prossimo al confine con l’Umbria era caratterizzato da Imax ben più elevate rispetto ai settori pedemontano e costiero (con l’eccezione di Senigallia con Imax=9° MCS). La proposta di Molin et alii (1996) presentava una certa continuità nella distribuzione territoriale dell’intensità massima, che evitava salti bruschi tra comuni adiacenti, sempre difficili da giustificare. I valori di Imax attribuiti ai comuni, inoltre, sono spesso più elevati rispetto a quanto riportato nelle storie sismiche più aggiornate (catalogo DBMI11 di Locati et alii, 2011). Occorre infine osservare che l’elaborazione di Molin et alii (la cui descrizione completa è consultabile al sito http://emidius.mi.ingv.it/) non precisa i motivi che hanno condotto alla scelta della Imax per ciascun comune, in particolare non è chiaro il ruolo che hanno giocato la conoscenza del contesto sismotettonico e le personali convinzioni degli autori su questo aspetto. Inoltre, i dati considerati in quel rapporto provenivano da fonti distinte, costruite con criteri differenti (Camassi et alii, 2000). Per superare tali difficoltà, negli ultimi tre decenni è stata condotta una progressiva revisione della storia sismica, che ha portato a cataloghi presumibilmente sempre più accurati ed affidabili, creando le condizioni per determinazioni più realistiche dell’intensità massima (e.g., Stucchi et alii, 2007; Locati et alii, 2011; Rovida et alii, 2011). Dopo il tentativo sopra descritto, si è aperta una nuova fase nella valutazione dell’intensità massima, legata all’adozione di procedure probabilistiche per la stima della pericolosità sismica. Gli Enti di ricerca preposti hanno infatti ufficialmente adottato la metodologia Probabilistic Seismic Hazard Assessment (PSHA), derivata dai lavori di Cornell (1968) e McGuire (1978) con vari adattamenti e modifiche, di cui una sintesi è riportata in Mantovani et alii (2011, 2012a,b e 2013). Questo approccio di solito è usato per valutare il livello di scuotimento sismico del terreno atteso nel prossimo futuro in termini di Peak Ground Acceleration (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004). Tuttavia, il risultato dell’analisi suddetta può essere espresso anche in termini di intensità massima attesa (e.g., Slejko et alii, 1998; Albarello et alii, 2000, 2002; Gomez Capera, 2006; Gomez Capera et alii, 2007, 2008, 2010). Il valore stimato con la procedura probabilistica è l’accelerazione orizzontale o l’intensità MCS che ha solo una modesta probabilità (di solito 10%) di essere superata nei prossimi decenni (di norma 50 anni). Nell’ambito delle procedure probabilistiche è opportuno distinguere tra due approcci differenti, descritti da Gomez Capera et alii (2010) cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Il primo tipo di approccio (e.g. Slejko et alii, 1998) stima l’intensità massima mediante la procedura PSHA, che prevede una serie di operazioni, come la scelta del catalogo sismico, la definizione di zone sismogenetiche, l’analisi di completezza del catalogo, la stima del tasso di sismicità, la valutazione dei parametri della relazione Gutenberg-Richter tra numero e magnitudo dei terremoti e la scelta di funzioni di attenuazione dell’intensità macrosismica con la distanza epicentrale (e.g. Gomez Capera, 2006; Gomez Capera et alii, 2008). E’ evidente che la valutazione probabilistica dell’Imax risente dei punti deboli della procedura PSHA, elencati nel capitolo 6 e discussi in Mantovani et alii, (2011, 2012a,b, 2013). Basti ricordare che la procedura suddetta ipotizza la sostanziale casualità dei terremoti e la completa indipendenza tra le sorgenti sismiche, nonostante che le faglie responsabili siano fratture in un mezzo solido (la crosta terrestre) e quindi meccanicamente connesse l’un l’altra (e.g., Stein, 1999; Scholz e Gupta, 2000; Freed, 2005; Steacy et alii, 2005; Lou e Liu, 2010). Un’altro problema cruciale di questo approccio è legato alla zonazione sismogenetica, che ha subito sensibili modifiche dalla proposta originaria (ZS4, Meletti et alii, 2000) al modello adottato attualmente (ZS9, Meletti et alii, 2008). Quest’ultimo prevede per l’Appennino settentrionale alcune fasce molto allungate in senso NO-SE, tra cui le zone 917, 918, 919 e 920 che attraversano l’Umbria e la Marche (Fig. 7.2). Si può notare che nelle zone suddette la distribuzione 144 degli epicentri dei terremoti è tutt’altro che uniforme. Per esempio, la porzione meridionale della zona 918 (il settore esterno dell’Appennino centro-settentrionale) contiene molti meno eventi sismici della porzione settentrionale. Anche la zona 920 presenta una sismicità poco rilevante, eccetto che presso l’intersezione con le adiacenti zone 919 e 923. Inoltre, occorre sottolineare che ciascuna della zone sismogenetiche suddette abbraccia differenti lineamenti tettonici (Basili et alii, 2008), essendo la lunghezza delle zone (dell’ordine del centinaio di chilometri) ben maggiore della spaziatura media tra i lineamenti suddetti (dell’ordine della decina di chilometri), come risulta evidente confrontando la zonazione sismotettonica (Fig. 6.2.3) con gli schemi tettonici presentati nel Capitolo 1 (Figg. 1.4.1, 1.5.1 e 1.5.2). Fig. 7.2. Zone sismogenetiche dell’Italia centro-settentrionale previste dal modello ZS9 (Meletti et alii, 2008), adottato per la stima della pericolosità sismica con la procedura PSHA (Gruppo di Lavoro MPS, 2004). I quadrati identificano l’ipocentro dei terremoti. In rosso è riportato il confine regionale dell’Umbria e delle Marche. Il secondo tipo di procedura probabilistica per l’assegnazione della Imax è definito come “approccio di sito” e consiste nell’analisi statistica dei risentimenti macrosismici documentati per ciascuno dei capoluoghi comunali (e.g., Albarello et alii, 2002; Gomez Capera et alii, 2010). Il principale merito di questo tipo di approccio è quello di evitare le difficoltà e gli artifici connesse con la procedura PSHA, come la definione delle zone sismogenetiche, rimanendo legato al dato primario, ossia il danneggiamento registrato nelle cronache storiche. C’è però da considerare che tale impostazione incorpora nella stima di Imax le incertezze e incompletezze della documentazione macrosisimica e che, essendo unicamente basata sulla storia sismica, non prende in considerazione il fatto che possono esistere ulteriori sorgenti sismiche oltre a quelle attivate dai terremoti storici conosciuti. Informazione che il nostro approccio tenta invece di ricavare dalle conoscenze attualmente disponibili sull’assetto sismotettonico della regione italiana in generale e dell’Appennino umbro-marchigiano in particolare. I risultati delle due metodologie probabilistiche sopra descritte, relativi all’intero territorio nazionale, alla Toscana ed all’Emilia-Romagna, sono discussi in Mantovani et alii (2012b, 2013) 145 cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Tali analisi mettono in evidenza che nell’arco di un decennio l’applicazione della procedura PSHA ha prodotto risultati alquanto diversi in termini di Imax attesa nelle stesse località (Albarello et alii, 2000, 2002; Gomez Capera et alii, 2010). Ciò suggerisce che la procedura in oggetto è assai sensibile alla qualità e quantità dei dati sismologici e macrosismici (ed al loro continuo aggiornamento), nonchè alla configurazione delle zone sismogenetiche adottate. La situazione per l’area umbro-marchigiana è riassunta dalla figura 7.3. Fig. 7.3. Particolari per l’area umbro-marchigiana delle carte di pericolosità sismica ottenute con la procedura PSHA. Tali carte sono espresse in termini dell’intensità macrosismica massima attesa (scala MCS come indicato dalla legenda a fianco di ogni figura). I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla realizzazione della carta. A) Carta di Albarello et alii (2000). Sono indicati i confini provinciali ed i relativi capoluoghi (AN=Ancona, AP=Ascoli Piceno, MC=Macerata, PS=Pesaro, PG=Peru-gia, TN=Terni). I poligoni indicano le zone sismogenetiche del modello ZS4 adottato per la stima PSHA (Meletti et alii, 2000). B) Carta di Albarello et alii (2002). Anche per questo prodotto è stato usata la zonazione sismogenetica ZS4. C) Carta di Gomez Capera et alii (2010). Per ottenere questa carta è stata adottata la zonazione sismogenetica ZS9 (Meletti et alii, 2008), indicata nella figura 7.2. 146 Si può notare, per esempio, che nelle tre rappresentazioni la forma del dominio corrispondente alla Imax = 9° MCS subisce un notevole cambiamento. Nella prima carta (Fig. 7.3a) tale dominio comprende il settore sudorientale della provincia di Perugia e la porzione meridionale della provincia di Macerata. Nella seconda carta (Fig. 7.3b), il dominio in oggetto abbraccia il lembo orientale della provincia di Terni, circa un terzo della provincia di Perugia, gran parte della provincia di Macerata e la metà occidentale della provincia di Ascoli Piceno. Infine, nella terza mappa (Fig. 7.3c), il dominio suddetto si riduce ad un piccolo settore presso il punto d’incontro tra le province di Perugia ed Ascoli Piceno. Commenti simili si potrebbero fare anche per la distribuzione nelle tre mappe degli altri valori di Imax. C’è anche da notare che in nessuna delle rappresentazioni mostrate in figura 6.3.3 è assegnata Imax=10° MCS all’area umbro-marchigiana. Ciò costituisce una differenza rilevante rispetto alle carte di Molin et alii (1996), dove tale valore di Imax è suggerito per molti comuni dell’Umbria e delle Marche (Fig. 7.1). Un’ ulteriore ambiguità delle valutazioni probabilistiche è messa in evidenza dal confronto tra i risultati della metodologia PSHA e quanto ottenuto dal cosiddetto “approccio di sito”. Le carte di pericolosità ottenute con quest’ultima procedura (Fig. 7.4) sono infatti piuttosto diverse dai corrispondenti prodotti PSHA, illustrati in figura 7.3. Fig. 7.4. Particolari per l’area umbro-marchigiana delle carte di pericolosità sismica ottenute con la procedura probabilistica detta “approccio di sito”. Le carte sono espresse in termini dell’intensità macrosismica massima attesa (scala MCS come indicato dalla legenda). I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla realizzazione della carta. A) Carta di Albarello et alii (2002). B) Carta di Gomez Capera et alii (2010). Sono indicati i confini regionali e provinciali. Confrontando le figure 7.3b e 7.4a (tratte da Albarello et alii, 2002), si nota una ben diversa distribuzione dell’intensità massima attesa corrispondente al 9° MCS. Mentre nella carta PSHA il dominio in oggetto si estende senza interruzioni a parte delle province di Perugia, Macerata ed 147 Ascoli Piceno, nel risultato dell’approccio di sito si ha un insieme di piccole zone separate e distribuite anche nella provincia di Ancona e di Pesaro, ove si raggiunge l’Imax=10° MCS nell’area di Cagli. Considerazioni analoghe valgono anche per il confronto tra i prodotti più recenti, tratti da Gomez Capera et alii (2010) e riportati nelle figure 7.3c e 7.4b. Riassumendo, le procedure probabilistiche hanno prodotto carte di pericolosità che presentano fra loro significative differenze (Figg. 7.3 e 7.4), come anche rispetto ai risultati di approcci metodologicamente diversi (Fig. 7.1). Sulla base di quanto esposto sopra, il lettore può confrontare la distribuzione dell’intensità massima proposta in questo lavoro (Fig.6.2), che tiene conto dell’assetto sismotettonico mediante le zone sismiche definite nel Capitolo 5, con i precedenti tentativi (Figg. 7.1, 7.3 e 7.4). Le differenze tra i risultati ottenuti dall’approccio qui proposto e i più recenti, tra quelli citati sopra, ottenuti dalla procedura statistica PSHA (Gomez Capera et alii, 2010, Fig.7.3c) sono messe in evidenza nella figura 7.5. Fig. 7.5. Confronto tra la carta delle intensità massime attese proposta in questo lavoro (colori indicati in legenda) e la distribuzione delle Imax ottenute con la metodologia PSHA (Gomez-Capera et al., 2010). Per evitare confusione nella figura, le zone previste dalla carta PSHA (Fig.7.3c) sono indicate da retini, su cui è riportata la Imax relativa. Vedi commenti nel testo. 148 Il confronto illustrato in figura 7.5 consente di fare alcune considerazioni: - Nella maggior parte delle due Regioni qui considerate la carta PSHA prevede una bassa probabilità (<10%) che l’Intensità 8 ( e anche 7 in alcune zone) sia superata nei prossimi 50 anni. Solo per una piccola area compresa tra le province di Perugia (comuni di Cascia e Norcia) e Ascoli Piceno (comuni di Arquata del Tronto e, in piccola parte, Acquasanta Terme) l’intensità massima attesa sale a 9. - E’ opportuno ricordare che un’intensità 8 implica danni limitati agli edifici, senza crolli delle strutture (e quindi vittime), se non nei casi in cui gli edifici coinvolti abbiano una debolezza superiore al normale. Quindi se il pericolo sismico fosse veramente questo significherebbe che per i prossimi 50 anni gli interventi da fare sugli edifici non sarebbero poi così impegnativi. In particolare, una persona che viva in un edificio costruito in epoca abbastanza recente non dovrebbe temere di rimanere sepolto sotto le macerie. Purtroppo però, è molto difficile credere che il problema sia così limitato. Questa preoccupazione è alimentata dal fatto che nella zona interessata sono avvenute in passato scosse di intensità molto superiore a quelle previste dalle carte attuali, con danni rilevati molto più gravi. Uno potrebbe scacciare questo timore se ci fossero delle solide ragioni per ritenere molto affidabile la procedura PSHA. Ma questa speranza purtroppo svanisce se si considerano tutte le limitazioni di questa metodologia, discusse in precedenza. Alla luce di queste difficoltà, la cosa più ragionevole e onesta che la comunità scientifica e le autorità responsabili possono fare è informare i cittadini sulla reale potenzialità delle zone sismogenetiche nella zona di interesse, cioè dire esattamente quello che potrebbe succedere, al di là di complicate e arbitrarie analisi statistiche. La carta da noi proposta cerca di fornire questo tipo di informazione. - Si può notare che la forma della zona dove la procedura PSHA prevede I=9 è condizionata dalla geometria della zonazione adottata (Fig.7.2), che presenta aspetti poco comprensibili, Per esempio, il confine tra due zone sismogenetiche (le zone 919 e 923) divide arbitrariamente in due settori la fascia dove sono avvenuti i forti terremoti della dorsale umbro-marchigiana. Nella nostra ipotesi, invece, la dorsale è considerata una zona sismogenetica omogenea (zona 5 in Fig. 5.2) sia per meccanismo tettonico che per intensità dei terremoti storici (per esempio: 1279, I=9; 1328, I=10; 1730, I=9; 1741, I=9; 1751, I=10). Inoltre, a pochi km di distanza dal suo margine occidentale, parallelamente alla zona 5, è localizzata la Valle Umbra, anch’essa sede di forti terremoti (per esempio quello del 1832, I=10). Per questi motivi si è ritenuto opportuno attribuire a tutti i comuni appartenenti a queste zone o a quelli interposti tra esse un valore di Imax=10. - La carta della Imax proposta in questo lavoro risente in modo marcato degli effetti del terremoto avvenuto nel Cagliese nel 1781 (I=10). Questo evento è stato risentito con intensità comprese tra I=8-9 e 10 in una vasta area, comprendente quasi tutta la parte meridionale della provincia di Pesaro-Urbino, a sud della Valle del Metauro. Gli effetti di questo terremoto sono ben documentati e quindi non si può trascurare la possibilità che una scossa di queste dimensioni possa ripetersi nel prossimo futuro. Nella nostra analisi, abbiamo assunto che la zona sismogenetica Cagliese sia distinta da quella della Dorsale Marchigiana (Fabrianese-Appennino marchigiano, Imax=9), sia perché le due zone riguardano fronti di sovrascorrimento non allineati tra loro (la zona del Cagliese è più vicina alla zona appenninica in distensione), sia perché sono morfologicamente separate da bacini intra-Appenninici di età Tortoniano-Messiniano, come quello di Matelica-Camerino. Infine è necessario considerare che le Imax dei terremoti avvenuti nella Dorsale Marchigiana sono più basse (I=9). Secondo la zonazione adottata nella procedura PSHA, invece, le due zone citate fanno parte di un’unica zona (918 in Fig.7.2), che si estende molto più a sud, fino alla Maiella. La carta PSHA prevede quindi una intensità massima uniforme (I=8) per la maggior parte del territorio marchigiano oltre che, come si è discusso in precedenza, per quello umbro, prevedendo in molti casi Imax più basse o molto inferiori a quelle risentite. - Nella fascia costiera marchigiana a nord di Ancona, sono documentati dal catalogo DBMI11 risentimenti di Imax=8 e 8-9, come effetto di terremoti avvenuti nelle zone sismogenetiche 149 dell’Anconetano (Imax=8-9) e Riminese (Imax=8). Tenendo conto di queste evidenze, e della consapevolezza che il ripetersi di tali eventi non si può escludere, la nostra proposta sui valori di Imax attesi ricalca quasi completamente i dati osservati. Nella carta PSHA, invece, i comuni della fascia costiera sono inseriti nella zona dove sono previsti valori attesi di Imax=7. - Nel settore nord-occidentale della provincia di Terni, la carta PSHA prevede un valore di I=7, come in gran parte del settore interno della Toscana. La valutazione da noi proposta (Imax= 8 oppure 8-9) tiene conto dei forti terremoti avvenuti nella zona sismogenetica dell’Orvietano (zona 7 in Fig. 5.2), a cavallo tra Umbria e Lazio (1276, I=8; 1695, I=8-9). Nonostante ci sia un generale accordo sul fatto che la zona interna della catena appenninica sia caratterizzata da un’attività sismotettonica più limitata rispetto alla parte assiale della catena appenninica, è opportuno non trascurare il possibile ruolo di alcune zone sismiche, come ad esempio quella Orvietana, che evidenziano caratteristiche strutturali peculiari, come discusso nel capitolo 5, e permettono di individuare aspetti locali della pericolosità sismica, non considerati dalla procedura PSHA. Classificazione sismica attuale delle Marche e dell’Umbria La classificazione sismica ufficialmente adottata da queste due Regioni è fondata sul livello di scuotimento del terreno (Peak Ground Acceleration = PGA, come descritto nella normativa vigente), in base al quale sono definite le classi sismiche di riferimento. Nel dettaglio, le zone sismiche 1, 2, 3 e 4 sono separate dai valori di PGA = 0.25g, 0.15g e 0.05g (Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28/4/2006). L’attuale classificazione sismica deriva dalla carta di pericolosità elaborata con la procedura PSHA (Fig. 7.6), che riporta i valori di PGA (riferiti a suoli rigidi) che hanno il 10% di probabilità di essere superati nei prossimi 50 anni (Gruppo di Lavoro MPS, 2004). Fig. 7.6. Particolare per l’area umbro-marchigiana della carta di pericolosità sismica ottenute con la procedura PSHA (Gruppo di Lavoro MPS, 2004). La carta è espressa in termini della PGA attesa, secondo la scala indicata a destra. I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla realizzazione della carta. Sono indicati i confini regionali. Si può notare che la distribuzione dei valori attesi di PGA segue fedelmente la configurazione delle zone sismogenetiche adottate (Fig. 7.2), come discusso sopra. Tale elaborato è stato usato dai competenti organi regionali per definire la classificazione sismica su base comunale, come indicato in figura 7.7. 150 Fig. 7.7. Classificazione sismica dell’Umbria (a sinistra) e delle Marche (a destra). Per l’Umbria il documento di riferimento è la deliberazione della Giunta Regionale n. 1111 del 18/9/2012 (Bollettino Ufficiale della Regione Umbria n. 43 del 3/10/2012, supplemento 3). Le zone sismiche 1, 2 e 3 sono identificate rispettivamente da grigio scuro, grigio chiaro e bianco (i valori di PGA che definiscono i confini tra le zone sono richiamati nel testo). Per le Marche la normativa è definita dalla deliberazione della Giunta Regionale 1046 del 29/7/2003, successivamente modificata dalla deliberazione n. 136 del 17/2/2004. Le zone sismiche 1, 2 e 3 sono identificate rispettivamente da rosso, verde e celeste. In Umbria, 18 comuni (circa il 20% del totale) sono classificati nella zona 1, 53 comuni (57%) nella zona 2 e 21 comuni (23%) nella zona 3. Si nota che le zone 1 e 3 sono disposte nei settori orientale ed occidentale della Regione. Nelle Marche, 6 comuni (circa il 3% del totale) appartengono alla zona 1, 221 comuni (92%) alla zona 2 e 12 comuni (5%) alla zona 3. La zona 1 riguarda solo la porzione meridionale della provincia di Macerata, mentre la zona 3 è confinata alla parte meridionale della zona costiera delle province di Fermo ed Ascoli Piceno. Si deve osservare che l’attuale situazione normativa è tutt’altro che chiara, a seguito della entrata in vigore delle procedure da seguire per la progettazione di nuovi manufatti (edifici, ponti, strade, dighe ecc.), cioè le cosiddette Nuove norme tecniche per le costruzioni (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Circolare 2 Febbraio 2009 n. 617). Tali norme impongono che l’azione sismica sui manufatti debba essere valutata in base ai valori di PGA determinati per i punti di un reticolo regolare che copre il territorio nazionale. Tali valori costituiscono la cosiddetta “pericolosità di base”, che usata assieme ad altri parametri permette di determinare lo spettro di risposta elastico in accelerazione, alla base della stima delle sollecitazioni indotte dal terremoto. Tutti i parametri necessari per la determinazione dello spettro, attribuiti ai punti del reticolo nazionale, sono elencati nell’Allegato B delle Norme tecniche. Pertanto, gli aspetti ingegneristici della prevenzione del rischio sismico dipendono dalle indicazioni contenute nelle Norme tecniche piuttosto che da quanto prevederebbe la carta della classificazione sismica. Quest’ultima, in effetti, può essere usata per scopi amministrativi (pianificazione urbanistica, programmazione delle verifiche sul rispetto della normativa e così via) ma non più per attività di progettazione e consolidamento dei manufatti. Tuttavia, la separazione tra le normative di classificazione e progettazione può portare a risultati inattesi, poiché la revisione dell’una e dell’altra spesso non 151 avviene in modo sincrono. Un esempio è fornito dalla Regione Marche, quando si considerino i valori di PGA per ogni comune elencati nell’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3907 del 13/10/2010, che disciplina i contributi per la prevenzione del rischio sismico. Tali valori sono riportati per ogni comune marchigiano nella figura 7.8, che mostra come il livello di scuotimento associato alla classe sismica 1 (PGA>0.25) sia previsto solo per un comune (Arquata del Tronto, in blu nella figura in oggetto). Ciò è in netto contrasto con quanto indicato nella carta ufficiale della classificazione sismica (Fig. 7.7), dove i comuni di Castelsantangelo sul Nera, Monte Cavallo, Muccia, Pieve Torina, Serravalle di Chienti e Visso rientrano nella classe 1 (ma non Arquata del Tronto!). Il cambiamento dei valori di riferimento per lo scuotimento sismico, intervenuto tra l’elaborazione della carta di classificazione (2003) e l’OPCM n.3907 (2010), implica la riduzione della priorità per interventi sul patrimonio abitativo nei sei comuni sopra citati. Fig. 7.8. Carta degli scuotimenti attributi ai comuni delle Marche (espressi in termini di PGA/g) dall’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3907 del 13/10/2010 (Allegato 7). Gli intervalli del rapporto PGA/g indicati dai colori giallo, arancio, rosso e viola appartengono alla zona sismica 2 (PGA/g tra 0.15 e 0.25). L’intervallo indicato dal colore blu appartiene alla zona sismica 1 (PGA>0.25). L’unico comune che ricade nella zona sismica 1 è Arquata del Tronto (modificato da Achilli, 2012). La discussione precedente solleva il problema dell’eventuale confronto tra i risultati di questo lavoro (valori di Imax) e le valutazioni della pericolosità sismica espresse in termini di scuotimento ed usate dagli Enti preposti come stime ufficiali. Per esempio, la Peak Ground Acceleration (PGA) 152 descrive il livello di scuotimento orizzontale del terreno ed identifica la cosiddetta “pericolosità di base” quando riferita ad un suolo formato da roccia rigida (e.g., Romeo, 2007). Attualmente tale informazione è ottenuta attraverso procedure probabilistiche (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004) e quindi non è direttamente comparabile con l’intensità macrosismica, relativa al livello di danneggiamento. Come ricordato nel Capitolo 6 ed in Mantovani et alii (2013), l’effetto del terremoto sui manufatti è determinato dalla complessa interazione di vari fattori, tra cui lo scuotimento del terreno e le sue caratteristiche spettrali, i possibili effetti locali di amplificazione del moto sismico, l’interazione terreno-struttura e la tipologia costruttiva dei manufatti. Inoltre, la trasformazione dell’intensità macrosismica in un dato rappresentativo dello scuotimento (come la massima accelerazione, velocità o spostamento orizzontale) presenta numerose difficoltà concettuali e pratiche, come discusso in Mantovani et alii (2013). Per esempio, mentre la stima dell’intensità incorpora l’effetto di tutte le componenti del moto sismico, la pericolosità di base si riferisce al solo scuotimento orizzontale. D’altra parte, è noto da tempo come la componente verticale del moto sismico possa contribuire in modo significativo al danneggiamento dei manufatti (e,g,, Papazoglu ed Elnashai, 1996; Collier ed Elnashai, 2001). Peraltro, accelerazioni verticali maggiori della PGA orizzontale (e a volte superiori alla stessa accelerazione di gravità) sono state ripetutamente registrate nel corso di forti terremoti in Italia ed all’estero, soprattutto in prossimità dell’epicentro (e.g., Bouchon et al., 2000; Bozorgna e Campbell, 2004; Aoi et alii, 2008; Xie et alii, 2010; De Nardis et alii, 2014). Pertanto, la conversione delle intensità massime in valori di PGA ed il confronto dei risultati ottenuti con le stime ufficiali di scuotimento potrebbero apparire come operazioni non ben definite. Tuttavia, occorre ricordare che lo studio della correlazione tra le quantità suddette è da tempo oggetto di numerose indagini (e.g., Ambraseys, 1975; Margottini et alii, 1992; Decanini et alii, 1995; Wald et alii, 1999; Faccioli e Cauzzi, 2006; Gomez Capera et alii, 2007b; Linkimer, 2008; Ocola, 2008; Faenza e Michelini, 2010, 2011). Inoltre, riteniamo che sia interessante conoscere come le stime di danneggiamento massimo atteso, ottenute in questo lavoro, si traducano in determinati (per quanto approssimati) livelli di scuotimento sismico. Infatti, l’eventuale discrepanza tra tali scuotimenti ed i valori di pericolosità di base (come i dati riportati nella sopra citata OPCM 3907) può fornire preziose indicazioni sui possibili effetti di amplificazione locale nei comuni implicati. Ovviamente tali indicazioni rappresentano solo un primo elemento di valutazione, possibile premessa alle ben consolidate procedure di microzonazione sismica (e.g., Gruppo di Lavoro MS, 2008; Facciorusso, 2012). Tali metodologie permettono infatti di mettere in luce il contributo di ciascuna delle possibili cause dell’amplificazione dello scuotimento (stratigrafici, topografici e strutturali), nonchè di identificare eventuali variazioni laterali degli effetti di sito all’interno del comune considerato. Per quanto riguarda la conversione dell’intensità macrosismica in PGA, la mancanza di un modello fisico plausibile implica che il solo approccio praticabile sia la determinazione di relazioni empiriche, dedotte dalla correlazione tra dati macrosismici e misure accelerometriche (Gomez Capera et alii, 2007b). Peraltro, tale correlazione sembra essere statisticamente piuttosto debole, forse a causa della differente natura delle quantità coinvolte. Basti pensare che la PGA è una grandezza fisica espressa da numeri collocati in un intervallo continuo, mentre la scala macrosismica è formata da un insieme discreto di numeri interi. Inoltre, le misure accelerometriche si riferiscono a siti specifici, mentre l’intensità è valutata su porzioni estese del territorio. A ciò si aggiunga il fatto che la suddetta correlazione è praticabile solo per i terremoti più recenti, per i quali disponiamo di entrambi i tipi di informazione. Ciò limita in modo notevole l’ampiezza della base di dati, riducendo la significatività e la robustezza delle valutazioni. Le difficoltà sopra accennate comportano che l’uso di differenti relazioni di conversione può portare a valori di PGA alquanto diversi per lo stesso grado di intensità macrosisimica (e.g., Gomez Capera et al., 2007b e riferimenti). In linea di massima, le relazioni empiriche più affidabili dovrebbero essere quelle di più recente pubblicazione, in quanto si avvalgono di dati più numerosi e controllati e di tecniche di elaborazione più efficaci. Dopo un’accurata analisi delle caratteristiche e 153 delle limitazioni presentate dalle relazioni di conversione presenti in letteratura (un elenco indicativo delle quali è riportato sopra), si è ritenuto opportuno adottare - almeno sino alla pubblicazione di valutazioni più realistiche - la relazione denominata GOR-DB4, ottenuta da Gomez Capera et alii (2007b) ed illustrata dalla formula seguente: Log10 ( PGA) = -1.84 + 0.28I I valori di PGA, stimati con tale formula per le intensità dal 5° all’11° MCS e divisi per l’accelerazione di gravità (g), sono riportati in tabella 6.3.1. La sigla GOR (Generalized Orthogonal Regression) si riferisce alla metodologia impiegata per ottenere la relazione in oggetto, che presenta vantaggi significativi rispetto alle procedure usuali di regressione lineare. In particolare, adottando la GOR i parametri della relazione lineare PGA-I risultano piuttosto stabili, ovvero poco sensibili ad eventuali cambiamenti della base di dati usata. La sigla DB4 indica appunto l’insieme di dati macrosismici ed accelerometrici impiegati per ottenere la relazione sopra indicata, relativi a 32 terremoti (3.8≤M≤7.4) avvenuti nella regione italiana e dintorni dal 1976 al 2005 (Gomez Capera et alii, 2007b). Intensità MCS PGA/g 5 5-6 6 6-7 7 7-8 8 8-9 9 0.910 10 10-11 11 0.037011 0.051089 0.070523 0.097348 0.134378 0.185494 0.256053 0.353452 0.487900 0.673489 0.929674 1.283308 1.771458 Tab. 7.1. Conversione dell’intensità macrosismica MCS in PGA, secondo la relazione empirica GOR-DB4 (Gomez Capera et alii, 2007b), riportata nel testo. Adottando la relazione sopra descritta si è proceduto alla conversione in PGA delle intensità massime stimate per i comuni dell’Umbria e delle Marche (Capitolo 6). I risultati di tale operazione sono elencati nelle tabelle dell’Appendice, relative alle varie province delle regioni suddette. Ogni tabella riporta la stima di Imax per ciascun comune della provincia considerata, il valore di PGA/g ottenuto mediante la tabella 7.1 e la PGA/g attribuita al comune dalla legislazione vigente (ossia la pericolosità di base riportata nelle OPCM 3907/2010, 400772012 e OCDPC 52/2013). Per mettere in evidenza l’eventuale discrepanza tra le differenti stime, i comuni sono ordinati in base al valore decrescente del rapporto (R) tra il dato dedotto dalla Imax e la pericolosità di base. I dati riportati nell’Appendice si prestano a diversi commenti. Il primo riguarda i casi in cui la stima di PGA derivata da Imax è inferiore alla pericolosità di base ufficiale (R<1). Si tratta di una minoranza di comuni (59 su 373, pari a circa il 16%); la proporzione di tali casi è relativamente elevata solo nella provincia di Fermo (25 comuni su 32). Occorre premettere che nei comuni ove la pericolosità di base è indicata come ≤0.125g, il valore di R potrebbe essere sensibilmente maggiore di quello riportato in tabella, in quanto in quel caso le ordinanze ministeriali sopra citate non specificano il valore numerico della PGA. Per quanto riguarda gli altri comuni in cui R<1, si può notare che appartengono tutti a zone in cui la pericolosità sismica è ritenuta moderata o bassa. Infatti, per tutti i comuni suddetti l’Imax stimata è al più 7°-8° MCS, mentre la pericolosità di base 154 è sempre inferiore a 0.2g. Pertanto, si può affermare che la situazione R<1 coinvolge comuni in cui la difesa dai terremoti è meno preminente rispetto ad altri rischi di tipo ambientale. Assai più interessante è l’analisi dei casi in cui R>1, che spesso sono associati a valori elevati di Imax (≥8° MCS) e della pericolosità di base (≥0.2g). Tenendo conto del numero elevato di tali situazioni (oltre 300 comuni) e delle incertezze associate alla conversione della Imax in PGA (sopra discusse), limiteremo i commenti ai casi più significativi, in cui R>2. In Umbria si contano ben 69 comuni per cui R>2, dei quali 42 nella provincia di Perugia e 27 in quella di Terni. Inoltre, 24 comuni perugini presentano 3<R<4 (Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Campello sul Clitunno, Cerreto di Spoleto, Citerna, Foligno, Fossato di Vico, Giano dell'Umbria, Gualdo Cattaneo, Gualdo Tadino, Monte Santa Maria Tiberina, Monteleone di Spoleto, Nocera Umbra, Poggiodomo, Preci, Scheggino, Sant'Anatolia di Narco, Sellano, Spello, Spoleto, Trevi, Vallo di Nera e Valtopina), mentre per 5 comuni si ha 4<R<5 (Bevagna, Cannara, Cascia, Castel Ritaldi e Montefalco). Spicca su tutti il caso di Norcia con R≈7. In provincia di Terni si ha 3<R<4 per Ferentillo, mentre 4<R<5 per Arrone, Polino e Montefranco. Nelle Marche si notano 57 casi in cui R>2 (6 per la provincia di Ancona, 5 per Ascoli Piceno, 1 per Fermo, 33 per Macerata e 12 per Pesaro-Urbino). In particolare, possiamo segnalare Fabriano (R>3) nell’Anconetano, nonché Arquata del Tronto (R>4) e Montemonaco (3<R<4) nell’Ascolano. In provincia di Macerata spiccano Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo, Monte Cavallo, Sefro Serravalle di Chienti e Visso con 3<R<4, mentre per Fiuminata R>4. Infine, nella provincia di Pesaro-Urbino sono da segnalare Acqualagna con 3<R<4, Apecchio, Cagli, Piobbico e Sant'Angelo in Vado con 3<R<4 ed infine Urbania con R>5. Per tali comuni, la stima di Imax (e quindi la PGA da essa ottenuta) dipende in modo cruciale dal forte terremoto del 3/6/1781 (Cagliese), che invece sembra avere uno scarso effetto sulla valutazione della pericolosità di base. Per concludere, suggeriamo ai competenti uffici delle Regioni considerate un possibile impiego operativo dei dati riportati nell’Appendice. Come già sottolineato, solo approfondite indagini di microzonazione sismica possono identificare con ragionevole accuratezza le eventuali cause di amplificazione del moto sismico. Considerando il costo di tali indagini (in termini di tempo, personale e denaro), si propone di concentrare l’attenzione e le risorse disponibili sui comuni che presentano le più ampie discrepanze tra la stima di PGA da Imax e la pericolosità di base. In particolare, per ciascuna provincia si consiglia di dare la priorità alle indagini di microzonazione (sia nuove investigazioni che il completamento di studi già avviati) nei comuni, nominati nel testo, per cui R>3. Successivamente si potranno considerare i casi per cui 2<R<3, poi i valori 1<R<2 e così via sino a coprire tutti i comuni della provincia. In tal modo si avrebbe i vantaggio di ottenere per prime le microzonazioni dei comuni in cui è plausibile attendersi i danneggiamenti più rilevanti a causa dei futuri terremoti forti. 155 Appendice Seguono le tabelle con le informazioni sulla PGA, relative ai comuni delle province dell’Umbria e delle Marche. Per ogni comune è riportata l’intensità massima attesa nella scala MCS (Capitolo 6 di questo lavoro), il rapporto PGA/g ottenuto dal valore di Imax con la relazione GORDB4 (Gomez Capera et alii, 2007b) e la cosiddetta “pericolosità di base” (OPCM 3907-2010, 40072012 e OCDPC 52-2013). L’ultima colonna riporta il rapporto (R) tra le cifre indicate nella terza e quarta colonna; i comuni sono ordinati in base al valore decrescente di R. (Nota: l’elenco dei comuni si riferisce alla situazione precedente alla data del 1/1/2014, che ha segnato l’entrata in vigore dell’accorpamento di alcuni territori comunali nelle Marche). REGIONE UMBRIA Comune PROVINCIA DI PERUGIA Imax PGA/g PGA/g (GOR-DB4) (OPCM) Norcia Cascia Bevagna Montefalco Castel Ritaldi Cannara Gualdo Tadino Spello Assisi Trevi Nocera Umbra Valtopina Spoleto Scheggino Foligno Campello sul Clitunno Sellano Sant'Anatolia di Narco Vallo di Nera Poggiodomo Cerreto di Spoleto Preci Monteleone di Spoleto Gualdo Cattaneo Giano dell'Umbria Bettona Monte Santa Maria Tiberina Fossato di Vico Citerna Bastia Umbra San Giustino Città di Castello Valfabbrica Massa Martana Collazzone Deruta Torgiano Monte Castello di Vibio 11 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 10 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 8 1.7715 1.2833 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.35345 0.25892 0.25856 0.21827 0.22073 0.22100 0.22133 0.23275 0.23388 0.23401 0.23528 0.23539 0.23565 0.23751 0.24020 0.24083 0.24282 0.24600 0.24747 0.24767 0.25206 0.25237 0.25301 0.25413 0.19939 0.19973 0.21140 0.21562 0.22296 0.22392 0.22412 0.22836 0.22910 0.23343 0.17573 0.17778 0.18330 0.20424 0.15863 R 6.8418 4.9633 4.2592 4.2119 4.2067 4.2003 3.9944 3.9750 3.9728 3.9514 3.9495 3.9452 3.9142 3.8705 3.8602 3.8287 3.7791 3.7567 3.7536 3.6883 3.6838 3.6744 3.6583 3.3778 3.3720 3.1858 3.1235 3.0207 3.0078 3.0051 2.9492 2.9397 2.8852 2.7764 2.7444 2.6617 2.3888 2.2282 156 Fratta Todina Todi Pietralunga Sigillo Umbertide Montone Marsciano Gubbio Scheggia e Pascelupo Costacciaro Piegaro Perugia Corciano Città della Pieve Paciano Castiglione del Lago Panicale Tuoro sul Trasimeno Lisciano Niccone Passignano sul Trasimeno Magione 8 8 9 8 8 8 8 8 8 8 7 8 7 7 7 7 7 7 7 7 7 0.35345 0.35345 0.48790 0.35345 0.35345 0.35345 0.25605 0.35345 0.25605 0.25605 0.18549 0.25605 0.18549 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.15971 0.16568 0.23035 0.20593 0.22431 0.23118 0.16774 0.23247 0.20509 0.21309 0.15552 0.23080 0.19096 0.14972 0.15129 0.15431 0.15453 0.16221 0.17266 0.17686 0.18746 2.2131 2.1334 2.1181 1.7164 1.5757 1.5289 1.5265 1.5204 1.2485 1.2016 1.1927 1.1094 0.97138 0.89752 0.88822 0.87084 0.86960 0.82841 0.77826 0.75978 0.71684 PROVINCIA DI TERNI Comune Imax PGA/g (GOR-DB4) PGA/g (OPCM) R Montefranco Arrone Polino Ferentillo Acquasparta Terni Porano Orvieto Avigliano Umbro Montecastrilli San Gemini Stroncone Castel Giorgio Castel Viscardo Ficulle Parrano Montecchio Guardea Baschi Otricoli Calvi dell'Umbria Amelia San Venanzo Narni Allerona Fabro Alviano Giove Penna in Teverina Attigliano Monteleone d'Orvieto Lugnano in Teverina Montegabbione 10 10 10 10 9 9 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 7 7 7 7 7 7 7 7 7 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.48790 0.48790 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.18549 0.18549 0.18549 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.20051 0.21087 0.22516 0.23510 0.17767 0.18708 0.14455 0.15012 0.15703 0.16049 0.16200 0.16999 0.14411 0.14435 0.14716 0.14883 0.15207 0.15315 0.15329 0.15404 0.15411 0.15420 0.15619 0.16069 0.14445 0.14632 0.14815 0.14474 0.14491 0.14538 0.14788 0.14883 0.15045 4.6366 4.4089 4.1289 3.9544 2.7462 2.6080 2.4452 2.3545 2.2509 2.2024 2.1818 2.0793 1.7769 1.7738 1.7400 1.7205 1.6837 1.6719 1.6704 1.6623 1.6615 1.6606 1.6393 1.5934 1.2841 1.2677 1.2521 0.92839 0.92733 0.92434 0.90870 0.90290 0.89316 157 REGIONE MARCHE PROVINCIA DI ANCONA Comune Imax Fabriano Serra San Quirico Mergo Genga Cerreto d'Esi Rosora Arcevia Sirolo Numana Camerano Falconara Marittima Ancona Montemarciano Senigallia Sassoferrato Poggio San Marcello Serra de' Conti Cupramontana Castelplanio Montecarotto Maiolati Spontini Barbara Castelfidardo Camerata Picena Chiaravalle Osimo Ostra Ripe Belvedere Ostrense Staffolo San Paolo di Jesi Castelbellino Monte Roberto Loreto Castelleone di Suasa Offagna Agugliano Polverigi Filottrano Monte San Vito Morro d'Alba San Marcello Monterado Castel Colonna Ostra Vetere Corinaldo Santa Maria Nuova Monsano Jesi 0.910 9 9 9 9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7 7 7 PGA/g PGA/g (GOR-DB4) (OPCM) 0.67349 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.13438 0.13438 0.13438 0.21094 0.17528 0.17542 0.17579 0.17834 0.17575 0.17720 0.17779 0.17947 0.18055 0.18217 0.18276 0.18334 0.18500 0.18560 0.17795 0.17877 0.17891 0.17896 0.17898 0.18049 0.18187 0.18243 0.18312 0.18323 0.18359 0.18501 0.18504 0.18520 0.17768 0.17801 0.18055 0.18068 0.18146 0.18161 0.18281 0.18358 0.18363 0.18383 0.18387 0.18444 0.18446 0.18476 0.18482 0.18529 0.18569 0.18369 0.18400 0.18463 R 3.1928 2.7835 2.7813 2.7754 2.7358 2.0111 1.9946 1.9880 1.9694 1.9577 1.9403 1.9340 1.9278 1.9106 1.9043 1.4389 1.4323 1.4312 1.4308 1.4307 1.4186 1.4079 1.4036 1.3982 1.3974 1.3947 1.3840 1.3838 1.3826 1.0440 1.0420 1.0274 1.0266 1.0223 1.0214 1.0147 1.0104 1.0102 1.0090 1.0088 1.0057 1.0056 1.0039 1.0036 1.0011 0.99896 0.73154 0.73030 0.72784 158 PROVINCIA DI ASCOLI PICENO Comune Imax Montemonaco Arquata del Tronto Montegallo Castignano Acquasanta Terme Appignano del Tronto Ascoli Piceno Comunanza Roccafluvione Colli del Tronto Castorano Montedinove Montalto delle Marche Castel di Lama Offida Maltignano Rotella Folignano Force Palmiano Venarotta Cossignano Spinetoli Monsampolo del Tronto Monteprandone Acquaviva Picena Carassai San Benedetto del Tronto Ripatransone Grottammare Cupra Marittima Massignano Montefiore dell'Aso 10 10 9 9 9 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 PGA/g PGA/g (GOR-DB4) (OPCM) 0.92967 0.92967 0.67349 0.48790 0.48790 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.22897 0.25588 0.23134 0.17733 0.23726 0.17692 0.19639 0.19765 0.20441 0.17644 0.17650 0.17660 0.17678 0.17685 0.17696 0.17763 0.17885 0.17958 0.18026 0.18390 0.18627 0.17641 0.17664 0.17739 0.17831 0.17901 0.17804 0.17851 0.17993 0.18017 0.18126 0.18131 0.18230 R 4.0602 3.6333 2.9113 2.7513 2.0564 1.9978 1.7997 1.7883 1.7291 1.4512 1.4508 1.4499 1.4484 1.4479 1.4469 1.4415 1.4316 1.4258 1.4205 1.3923 1.3746 1.0515 1.0501 1.0457 1.0403 1.0362 0.75478 0.75278 0.74685 0.74582 0.74135 0.74114 0.73713 PROVINCIA DI FERMO Comune Imax Montefortino Amandola Montefalcone Appennino Smerillo Monte San Pietrangeli Massa Fermana Montappone Monte Rinaldo Servigliano Ortezzano Montelparo Santa Vittoria in Matenano Magliano di Tenna Monte Vidon Corrado Belmonte Piceno Falerone Monsampietro Morico Monteleone di Fermo 9 8 8 8 8 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 PGA/g PGA/g (GOR-DB4) (OPCM) 0.48790 0.35345 0.25605 0.25605 0.25605 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.20079 0.19357 0.17863 0.17949 0.17957 0.17478 0.17494 0.17591 0.17596 0.17597 0.17627 0.17744 0.17748 0.17492 0.17536 0.17568 0.17572 0.17580 R 2.4299 1.8259 1.4334 1.4266 1.4259 1.0613 1.0603 1.0545 1.0542 1.0541 1.0524 1.0454 1.0451 0.76823 0.76628 0.76491 0.76473 0.76437 159 Montottone Francavilla d'Ete Monte Vidon Combatte Monte Giberto Montegiorgio Grottazzolina Petritoli Ponzano di Fermo Rapagnano Monterubbiano Pedaso Porto San Giorgio Altidona Campofilone Porto Sant'Elpidio Lapedona Moresco Fermo Monte Urano Montegranaro Sant'Elpidio a Mare 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.17594 0.17623 0.17638 0.17669 0.17716 0.17753 0.17830 0.17882 0.17947 0.18082 0.18104 0.18112 0.18140 0.18167 0.18223 0.18258 0.18259 0.18273 0.18295 0.18315 0.18316 0.76376 0.76251 0.76188 0.76055 0.75851 0.75693 0.75368 0.75149 0.74874 0.74315 0.74224 0.74192 0.74080 0.73968 0.73741 0.73600 0.73597 0.73540 0.73450 0.73372 0.73368 PROVINCIA DI MACERATA Comune Imax Fiuminata Monte Cavallo Serravalle di Chienti Castelsantangelo sul Nera Visso Cessapalombo Sefro Muccia Pieve Torina Poggio San Vicino Apiro Ussita San Severino Marche Belforte del Chienti Camporotondo di Fiastrone Serrapetrona Gagliole Caldarola San Ginesio Matelica Esanatoglia Castelraimondo Sarnano Pioraco Bolognola Acquacanina Pievebovigliana Fiastra Camerino Fiordimonte Colmurano Ripe San Ginesio Tolentino 10 10 10 10 10 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 9 8 8 8 PGA/g PGA/g (GOR-DB4) (OPCM) 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.67349 0.67349 0.67349 0.67349 0.48790 0.48790 0.67349 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.35345 0.35345 0.35345 0.22930 0.24011 0.24155 0.24865 0.24978 0.18646 0.22218 0.22741 0.23653 0.17392 0.17502 0.24237 0.17650 0.17743 0.17797 0.17963 0.18104 0.18398 0.18484 0.18760 0.19050 0.19195 0.19567 0.19981 0.20163 0.20533 0.21364 0.21450 0.21727 0.22472 0.17520 0.17544 0.17565 R 4.0544 3.8719 3.8489 3.7389 3.7220 3.6120 3.0312 2.9616 2.8474 2.8054 2.7876 2.7787 2.7644 2.7498 2.7415 2.7162 2.6950 2.6520 2.6396 2.6007 2.5612 2.5419 2.4935 2.4419 2.4198 2.3761 2.2838 2.2746 2.2456 2.1712 2.0175 2.0147 2.0122 160 Gualdo Urbisaglia Loro Piceno Pollenza Sant'Angelo in Pontano Treia Penna San Giovanni Monte San Martino Cingoli Porto Recanati Petriolo Mogliano Appignano Corridonia Macerata Montecassiano Recanati Montefano Monte San Giusto Civitanova Marche Potenza Picena Morrovalle Montelupone Montecosaro 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 7 0.35345 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.13438 0.17912 0.17478 0.17507 0.17521 0.17618 0.17725 0.17796 0.17842 0.17939 0.18065 0.17547 0.17629 0.17993 0.18129 0.18280 0.18316 0.18316 0.18332 0.18191 0.18274 0.18284 0.18300 0.18323 0.18328 1.9733 1.4650 1.4626 1.4614 1.4533 1.4446 1.4388 1.4351 1.4274 1.4174 1.0571 1.0522 1.0309 1.0232 1.0147 1.0127 1.0127 1.0118 0.73869 0.73534 0.73495 0.73432 0.73338 0.73319 PROVINCIA DI PESARO-URBINO Comune Urbania Piobbico Sant'Angelo in Vado Cagli Apecchio Acqualagna Fermignano Frontone Peglio Cantiano Mercatello sul Metauro Borgo Pace Pergola Serra Sant'Abbondio Fratte Rosa Urbino Fossombrone Sant'Ippolito Macerata Feltria Sassocorvaro Lunano Monte Grimano Terme Auditore Pietrarubbia Mercatino Conca Sassofeltrio Tavoleto Frontino Petriano San Lorenzo in Campo Imax 10 10 10 10 10 0.910 9 9 9 9 9 9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8-9 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 PGA/g PGA/g (GOR-DB4) (OPCM) 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.92967 0.67349 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.48790 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.35345 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.17706 0.18612 0.19213 0.19841 0.21545 0.17756 0.17601 0.17848 0.17874 0.20276 0.20493 0.22566 0.17729 0.17868 0.18081 0.18106 0.18298 0.18301 0.17521 0.17585 0.17697 0.17707 0.17722 0.17735 0.17772 0.17875 0.17949 0.18024 0.18081 0.18131 R 5.2508 4.9951 4.8388 4.6856 4.3150 3.7930 2.7721 2.7337 2.7297 2.4063 2.3808 2.1621 1.9936 1.9782 1.9548 1.9521 1.9317 1.9313 1.4614 1.4561 1.4469 1.4461 1.4448 1.4437 1.4408 1.4325 1.4266 1.4206 1.4161 1.4123 161 Piandimeleto Montecalvo in Foglia Belforte all'Isauro Isola del Piano Gabicce Mare Mondolfo Gradara Fano San Costanzo Tavullia Montelabbate Pesaro Sant'Angelo in Lizzola Mondavio Barchi Colbordolo Monte Cerignone Montecopiolo Carpegna Montefelcino Monte Porzio San Giorgio di Pesaro Piagge Cartoceto Mombaroccio Monteciccardo Saltara Serrungarina Montemaggiore al Metauro Orciano di Pesaro 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 7-8 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.25605 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18549 0.18161 0.18162 0.18165 0.18232 0.18341 0.18394 0.18428 0.18463 0.18464 0.18499 0.18525 0.18540 0.18552 0.18563 0.18568 0.18611 0.17566 0.17781 0.18046 0.18502 0.18520 0.18528 0.18528 0.18530 0.18531 0.18539 0.18546 0.18567 0.18584 0.18613 1.4099 1.4098 1.4096 1.4044 1.3960 1.3920 1.3895 1.3868 1.3867 1.3842 1.3822 1.3811 1.3802 1.3794 1.3790 1.3758 1.0560 1.0432 1.0279 1.0026 1.0016 1.0012 1.0011 1.0011 1.0010 1.0005 1.0002 0.99904 0.99814 0.99656 162 Bibliografia Achilli A., 2012. 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