4. Attività sismica

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4. Attività sismica
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4. Attività sismica
Per cercare di valutare la potenzialità sismica di una zona è necessario avere una conoscenza
più completa e dettagliata possibile dell’attività sismica passata. Questa informazione è di seguito
suddivisa in sismicità storica e sismicità strumentale. La prima (paragrafo 4.1) si riferisce alle
scosse principali avvenute dopo il 1000 nelle Marche, in Umbria e dintorni di queste Regioni. La
magnitudo o l’intensità sotto la quale le informazioni mancano o sono molto incomplete non è ben
definibile, anche se è presumibile che questa soglia si abbassi progressivamente con il procedere del
tempo, per la maggiore disponibilità ed attendibilità delle fonti storiche ed archivistiche civili,
religiose e private. La stessa considerazione si può fare per le possibili lacune dei cataloghi dei
terremoti, che diventano sempre più improbabili avvicinandosi al periodo attuale. Anche
l’incertezza sulla localizzazione delle scosse nello spazio e nel tempo risente ovviamente della
lontananza temporale. Questo vale in modo particolare per la profondità dei terremoti, che può
essere molto difficilmente stimata senza un adeguato complesso di registrazioni strumentali attorno
alla zona epicentrale. Per questo motivo, per la maggior parte delle scosse i cataloghi sismici non
riportano la profondità dell’ipocentro. E questo è anche il motivo per cui una parte
dell’informazione sulla sismicità è riportata in un paragrafo a parte (4.2) sotto il nome di sismicità
strumentale. Questo tipo di notizie, disponibile solo per il periodo successivo al 1980, offre un
quadro molto più completo dell’attività sismica, in quanto riporta anche scosse di magnitudo molto
piccola e fornisce anche informazioni attendibili sui dati ipocentrali, compresa la geometria della
sorgente sismica (meccanismo focale) per i terremoti più importanti. Quest’ultima informazione,
descritta nel paragrafo 4.3, è poi confrontata con le indicazioni ottenute dalle misure geodetiche.
4.1 Sismicità storica
Attualmente, il catalogo nazionale più aggiornato è il CPTI11 (Rovida et alii, 2011), che deriva
dai precedenti Cataloghi Parametrici dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 2001 e 2004).
Tali prodotti sono stati preceduti da altre raccolte, tuttora fonti di informazioni utili, come il
Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI), a cura di ING SGA (Boschi et alii, 1995, 1997, 2000),
i cataloghi NT del GNDT (Camassi e Stucchi, 1997) ed anche il meno recente catalogo del Progetto
Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985). Sono inoltre da considerare le informazioni e le analisi
storiografiche riportate in alcuni studi specifici (Guidoboni e Comastri, 2005). I dati usati in questa
relazione derivano principalmente dal catalogo CPTI11, con alcune integrazioni prese dagli altri
cataloghi e lavori citati sopra.
Una prima sintetica informazione sull’attività sismica nelle Marche e in Umbria è fornita
dall’elenco dei terremoti di M ³ 5.0 avvenuti dopo il 1000 (Tab. 4.1.1), che mette in evidenza come
questa zona possa essere classificata tra le regioni più sismiche dell’Italia. Ben 37 eventi hanno una
magnitudo maggiore o uguale a 5.5 con 15 eventi che eguagliano o superano la magnitudo 6
L’intervallo medio tra le scosse principali (M ≥ 5.5) è circa 18 anni. Tale informazione è
comunque poco significativa, poiché l’intervallo tra le scosse suddette varia da qualche ora come
accaduto nella crisi sismica del Novembre – Ottobre 1997 sino ad un secolo e mezzo (la distanza
che separa le scosse della Valtiberina del 1458 e 1599). Questo implica che qualsiasi previsione sullo
sviluppo dell’attività sismica futura unicamente basata sull’analisi statistica della storia conosciuta
sarebbe associata ad un’incertezza estremamente elevata. Inoltre, la frequenza di scosse forti è ben
diversamente distribuita all’interno della zona in esame, per esempio è maggiore nella dorsale
appenninica rispetto al resto del territorio (Tab. 4.1.1). Questa constatazione ha contribuito a
definire i contorni di specifiche zone sismogenetiche per l’ Umbria-Marche, come descritto nel
seguito.
La pericolosità sismica delle Marche e dell’Umbria è poco influenzata dalle scosse forti che
avvengono fuori dai confini regionali poiché, a parte la zona costiera del pesarese che risente
soprattutto della sismicità del riminese, tutto il territorio è sede di eventi con intensità superiore a
quelli avvenuti nelle regioni circostanti.
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Per mettere in evidenza il quadro complessivo della sismicità in rapporto alla geologia della
zona in oggetto, gli epicentri dei terremoti con M ≥ 4 sono riportati sulla figura 4.1.1. Inoltre, per
indagare possibili relazioni tra sismicità e lineamenti morfologici, la figura 4.1.2 mostra gli
epicentri suddetti su un modello topografico digitale di un’area comprendente le Marche e
l’Umbria.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1246
1269
1270
1276
1277
1279
1298
1328
1352
1353
1389
1389
1458
1458
1474
1477
1480
1484
1489
1502
1558
1592
1593
1599
1612
1626
1627
1631
1667
1690
1690
1693
1695
1702
1702
1703
1703
1704
1707
1712
1714
1716
1719
1721
1725
1727
1730
1730
1738
1741
1743
1745
1747
1747
1751
1751
1753
1766
1767
1781
1785
1785
1789
0
9
0
5
0
4
12
12
12
1
4
10
4
5
8
2
0
0
0
9
2
11
4
11
10
5
7
2
0
1
12
2
6
10
11
1
6
5
3
3
0
10
6
6
4
12
5
10
7
4
1
3
4
9
6
7
5
12
6
6
5
10
9
0
0
0
22
0
30
1
1
25
1
0
18
26
1
18
3
0
0
0
6
9
24
23
6
14
12
0
25
0
29
23
24
11
18
14
14
29
20
24
28
0
4
27
18
17
14
12
23
19
24
21
0
17
22
11
27
26
25
5
3
3
9
30
Spoleto
Ancona
Sansepolcro
Orvietano
Spoleto
Camerino
Reatino
Norcia
Monterchi
Sansepolcro
Fano
Bocca Serriola
Val Tiberina
Città di Castello
Ancona
Foligno
Monteprandone
Sansepolcro
Sansepolcro
Cupramontana
Alta Valtiberina
Trevi
Gubbio
Valnerina
Fossato di Vico
Macerata Est
Accumoli
Annifo
Spoleto
Foligno
Anconetano
Alta Valtiberina
Bagnoregio
Norcia
Spello
Appennino Umbro Reatino
Spoleto
Spoleto
Acquasparta
Frontone
Narni
Cascia
Alta Valnerina
Annifo
Alta Valtiberina
S.Lorenzo in Campo
Valnerina
Gubbio
Bagnoregio
Fabrianese
Bagnoregio
Spoleto
Nocera Umbra
Campodonico
S. Gemini
Appennino Umbro-Marchigiano
San Gemini
Umbria
Spoletino
Cagliese
Alta Valle del Chienti
Umbria Meridionale
Val Tiberina
Latitudine
(N°)
42.73
43.56
43.57
42.72
42.73
43.09
42.58
42.86
43.47
43.57
43.84
43.53
43.46
43.46
43.60
42.95
42.92
43.57
43.57
43.46
43.51
42.88
43.27
42.72
43.25
43.33
42.69
43.05
42.73
42.95
43.58
43.45
42.61
42.83
42.92
42.71
42.75
42.75
42.70
43.51
42.52
42.75
42.88
43.05
43.45
43.61
42.75
43.35
42.63
43.42
42.61
42.73
43.20
43.28
42.59
43.22
42.62
42.75
42.82
43.60
43.07
42.54
43.51
Longitudine
(E°)
12.74
13.56
12.14
12.09
12.74
12.87
12.90
13.02
12.13
12.13
13.02
12.30
12.24
12.24
13.51
12.70
13.84
12.14
12.14
13.09
12.19
12.75
12.68
13.02
12.85
13.50
13.25
12.85
12.74
12.70
13.59
12.34
12.11
13.08
12.67
13.07
12.75
12.75
12.62
12.73
12.52
13.00
13.05
12.85
12.43
12.82
13.12
12.58
12.10
13.01
12.07
12.74
12.77
12.85
12.59
12.74
12.55
12.92
12.75
12.51
12.95
12.79
12.22
Magnitudo
(Mw)
5.4
5.6
5.4
5.6
5.6
6.3
6.2
6.4
6.4
6.0 G
5.1
6.0
5.8
4.7
5.1
4.9
4.9
5.1
5.1
4.7
5.1
5.1
5.4
6.0
5.1
5.1
5.4
5.1
5.1
5.1
5.6
4.9
5.7
5.1
5.1
6.7
5.1
5.1
5.1
4.9
5.4
5.1
5.5
5.1
4.9
5.2
5.9
5.4
4.9
6.2
5.0
5.1
5.9
5.3
5.1
6.3
5.1
5.1
5.4
6.4
5.1
5.7
5.8
Intensità
Io (Imax)
7.5
8
7.5
8 (8.5)
8
9 (10)
9.5 (10)
10
9
9
7
9
8.5
6 (7)
7
6.5 (7.5)
6.5 (7.5)
7
7
6 (7)
7 (7.5)
7
7.5
9
7
7
7.5
7
7
7
8.5
6.5 (7)
8.5 (9)
7
7
11
7
7
7.5
6.5 (7.5)
7.5
7
8
7
6.5 (7.5)
7
9
7.5
6.5 (7.5)
9
7
7 (8)
9
7.5
7
10
7
7
7.5
10
7 (8)
8.5
9
T
(anni)
24
6
1
2
20
30
24
36
1
69
16
2
3
4
5
14
55
35
7
13
14
1
4
36
23
1
2
2
7
1
3
5
2
3
3
2
4
3
2
8
3
2
2
2
4
2
14
14
4
4
67
1791
1792
1793
1799
1809
1815
1832
1832
1838
1838
1853
1854
1859
1861
1865
1870
1873
1878
1879
1882
1883
1884
1895
1897
1897
1897
1898
1900
1910
1910
1914
1915
1915
1916
1916
1917
1917
1917
1919
1921
1924
1930
1936
1940
1941
1943
1943
1949
1950
1951
1957
1957
1961
1964
1968
1969
1971
1972
1972
1974
1979
1980
1984
1990
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
10
7
4
7
8
9
1
12
1
2
9
2
8
5
9
2
3
9
2
8
11
8
5
1
9
12
8
5
6
12
7
3
11
7
11
4
5
11
10
8
1
10
12
7
11
3
10
10
3
9
7
12
3
8
1
8
10
2
11
12
9
2
4
9
5
9
9
9
10
10
10
10
10
11
20
21
28
25
3
13
4
5
14
22
12
22
9
21
8
12
15
23
16
7
15
20
19
21
18
25
19
29
22
31
15
11
4
16
26
12
5
25
28
2
30
9
2
3
25
3
27
12
1
19
6
23
2
29
11
4
5
26
2
19
28
29
12
12
26
26
26
3
6
12
14
14
Appennino Umbro
Ferentillo
Afrile
Appennino Marchigiano
Macerata Est
Valnerina
Valle del Topino
Alta Valle del Chienti
Valnerina
Valnerina
Spoleto
Valle del Topino
Norcia
Citta' della Pieve
Umbria Settentrionale
Numana
Marche Meridionali
Valle del Clitunno
Valnerina
Grottammare
Accumoli
Visso
Baiano
S.Anatolia
Adriatico Centrale
Appennino Umbro-Marchigiano
Visso
Arrone
Mucciafora
Accumoli
Gualdo Tadino
Alta Valle del Chienti
Stroncone
Monti Sibillini
Reatino
Valtiberina
Ternano
Numana
Monterchi
Sarnano
Medio Adriatico
Senigallia
Caldarola
Bastia
Deruta
Offida
Marche Meridionali-Abruzzo
Labro
Accumoli
Sarnano
Castel Ritaldi
Castel Giorgio
Gubbio
Preci
Ancona
Trasimeno
Norcia
Medio Adriatico
Montefortino
Valnerina
Valnerina
Valnerina
Gubbio
Castel Ritaldi
Massa Martana
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
42.95
42.63
43.02
43.19
43.33
42.83
42.98
43.01
42.76
42.84
42.68
43.03
42.83
42.99
43.28
43.55
43.09
42.84
42.77
42.98
42.67
42.93
42.75
42.75
43.71
43.50
42.91
42.58
42.74
42.70
43.20
43.01
42.53
42.82
42.65
43.47
42.59
43.51
43.57
43.12
43.74
43.66
43.15
43.08
43.00
43.07
42.91
42.53
42.70
43.03
42.77
42.71
43.36
42.67
43.60
43.04
42.82
43.64
42.97
42.81
42.71
42.80
43.26
42.80
42.76
43.02
43.01
43.16
43.04
43.03
42.91
42.90
42.96
12.86
12.73
12.81
13.15
13.5
13.02
12.60
13.07
12.79
12.91
12.67
12.58
13.10
11.99
12.31
13.47
13.24
12.68
13.04
13.88
13.26
13.08
12.70
12.88
12.97
12.38
12.97
12.77
12.93
13.25
12.80
12.89
12.65
13.23
13.17
12.13
12.64
13.59
12.13
13.25
13.14
13.33
13.22
12.57
12.43
13.58
13.65
12.80
13.25
13.29
12.65
12.03
12.54
13.20
13.50
12.23
13.06
13.41
13.45
12.93
13.07
12.97
12.52
12.64
12.53
12.89
12.85
12.80
12.82
12.85
12.92
12.9
12.87
5.5
5.1
5.4
6.1
5.1
5.5
6.3
5.3
5.0
5.3
5.1
5.6
5.5
4.9
5.1
5.1
6.0
5.4
5.6
5.0
5.1
5.1
5.1
5.1
5.5
5.1
5.0
4.4
4.9
5.1
5.1
4.9
4.7
5.0
5.5
5.9
5.1
5.1
5.0
4.8
5.4
5.8
4.8
5.0
5.1
5.0
5.8
5.0
5.1
5.3
5.1
4.9
4.5
5.1
4.7
4.9
5.0
4.5
5.4
4.8
5.9
5.0
5.7
5.0
4.8
5.7
6.0
5.3
5.3
5.5
5.2
5.7
5.3
8
7
7.5
9 (9.5)
7
8
10
7.5
7
8
7
8
8.5
6.5 (7)
7
7
8 (9)
8
8
7
7
7
7
7
7
7 (7.5)
7
6
7 (8)
7
7
7
6 (7)
6.5 (7)
8
9.5
7.5
6 (6.5)
6
7
7.5
8 (8.5)
6.5 (7.5)
7
6
8.5 (9)
6.5
7
7
7
7 (7.5)
7
6 (7)
7
6.5
7
8
7.5 (8)
8.5
7
6 (7)
7.5
8.5 (9)
8
7.5
7.5 (8.5)
-
2
1
1
6
10
6
16
1
5
16
0
6
2
4
4
3
6
3
1
1
11
2
1
1
2
10
4
1
1
1
2
2
2
7
6
4
1
1
1
6
0
1
6
3
3
3
2
2
1
2
5
4
6
7
-
68
1997
1997
1997
1997
1997
1998
1998
1998
10
10
10
10
11
3
3
4
15
16
16
19
10
21
26
3
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Valnerina
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro-Marchigiano
42.93
42.94
42.87
42.97
42.83
42.95
43.15
43.19
12.92
12.91
13.01
12.85
12.96
12.91
12.81
12.76
5.2
5.1
5.3
5.2
5.0
5.0
5.3
5.1
6
6
5.5 (6.5)
-
Tab. 4.1.1. Elenco dei terremoti con M ³ 5 o Imax ≥ 7 avvenuti nelle Marche e Umbria dopo il 1000 (Rovida et alii,
2011). La magnitudo riportata in tabella corrisponde al parametro Maw descritto nel catalogo CPTI11, T è l’intervallo
di tempo trascorso dall’evento precedente. In grassetto i terremoti con M ≥5.5. L’intensità macrosismica è espressa
nella scala Mercalli Cancani Sieberg (MCS). La lettera G accanto alla magnitudo indica un evento descritto da
Guidoboni e Comastri (2005).
Fig. 4.1.1. Sismicità storica di Umbria, Marche e dintorni dall’anno 1000, riportata sulla Carta Strutturale d’Italia (Bigi
et alii, 1990) Per le scosse più forti (M ≥ 5.5, simboli rossi) è stato riportato l’anno e l’intensità MCS. I simboli blu
indicano le scosse con 5.0 ≤ M < 5.5 (Rovida et alii, 2011). Alcune informazioni provengono da Guidoboni e Comastri
(2005) e Mariotti e Guidoboni (2006). In rosso le linee di costa e in viola i confini delle Regioni coinvolte.
69
Fig. 4.1.2. Caratteristiche morfologiche e
orografiche dell’Appennino Tosco Emiliano
Romagnolo (I simboli circolari indicano i
terremoti con M ³ 5.0 avvenuti dall’anno
1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Mariotti
e Guidoboni, 2006; Rovida et alii, 2011). In
blu i confini regionali.
Le due figure viste sopra mostrano che gli epicentri dei terremoti principali sono tutti
localizzati all’interno della catena appenninica, lungo la serie di fosse tettoniche che la interessano,
e soprattutto nella sua parte meridionale al contatto con la Piattaforma Laziale–Abruzzese.
L’anconetano, che comunque genera eventi con intensità molto minore, è l’unica zona sismica che
si sviluppa al bordo con la placca adriatica nelle due regioni in oggetto.
4.2 Sismicità strumentale
I dati disponibili, prevalentemente costituiti da eventi sismici di bassa o bassissima magnitudo,
avvenuti dal 1981 all’Agosto 2013, provengono in dalle banche dati dell’ INGV (http://istituto.ingv.it/l
ingv/archivi e banche dati/). Sebbene la determinazione dei parametri ipocentrali sia basata su un
modello di velocità piuttosto semplice (unidimensionale), il gran numero di stazioni sismografiche
della rete nazionale permette di ottenere residui molto bassi (spesso < 1s) dall’inversione dei tempi
di primo arrivo delle onde P (Chiarabba et alii, 2005; Castello et alii, 2006). Questo implica che
l’errore sulla profondità dell’ipocentro non dovrebbe superare 2-4 km per gran parte dei dati, ed in
particolare per le scosse più importanti (M>2.5, Pasquale et alii, 2010). Questa indicazione,
combinata con il numero elevato di dati disponibili (oltre 90000 dal 1981 nell’area considerata),
suggerisce che la sismicità strumentale può fornire un’informazione non trascurabile sulla
distribuzione delle faglie sismogenetiche nella zona in esame.
Il quadro complessivo della sismicità strumentale (Fig. 4.2.1) mostra che la maggior parte delle
scosse è situata nella catena appenninica: nella sua parte assiale a nord e quindi dalla latitudine di
Ancona la sismicità strumentale interessa tutta la catena, comprese le falde più esterne del
pedeappennino marchigiano da Cingoli ad Ascoli Piceno e la zona più interna fino alla Bassa
Valtiberina. L’unica eccezione riguarda i settori dell’offshore anconetano e fermano dove si
registra un certo rilascio di energia sismica con scosse anche di magnitudo 5, mentre a nord di
Ancona si ha poca attività sismica, concentrata soprattutto tra 6 e 10 Km, Siccome tali zone sono
state colpite da numerose scosse anche intense in epoca storica (Tab. 4.1.1, Figg. 4.1.1 e 4.1.2), la
scarsa attività recente non è facilmente spiegabile.
La sismicità è ancora più ridotta nel pedeappennino pesarese: la zona del cagliese, interessata
dal terremoto del 1781 (M=6.4), stranamente non è tra quelle maggiormente interessate dalla
70
sismicità strumentale.
Le scosse più intense dal 1981, caratterizzano quasi esclusivamente la dorsale della catena,
quasi a costituire una prosecuzione della sismicità dell’aquilano.
La distribuzione delle scosse per fasce di profondità dell’ipocentro (Fig. 4.2.2a-m) suggerisce
alcune considerazioni:
La sismicità più intensa, in accordo con quella storica, interessa quasi esclusivamente la parte
centrale della catena appenninica e l’aquilano, dove la maggiore concentrazione di scosse e il
massimo rilascio di energia sismica avviene tra 0 e 10 km di profondità, mentre nelle strutture
adriatiche dell’anconetano e fermano, arriva fino a 20 Km.
Nell’offshore marchigiano e nella maggior parte delle zone di catena affiorante la sismicità,
compresa quella più intensa, è prevalentemente localizzata nei primi 15 km. Attività non
trascurabile, si estende anche in profondità dove però oltre i 20 Km interessa soprattutto le zone
dell’Ascolano e dell’Appennino umbro-marchigiano dove nel 1998 è stata registrata una scossa
(M=5.3) a 45 Km di profondità. Per il resto della zona in esame, la sismicità appare molto dispersa
pur interessando sempre le stesse strutture. Da notare la quasi assoluta mancanza di sismicità a tutte
le profondità nelle zone della Maiella, del Gran Sasso esterno ed in parte del bacino della Laga.
Fig. 4.2.1. Distribuzione delle scosse strumentali avvenute nel periodo 1981-2013 in Umbria, Marche e dintorni,
riportata sulla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990). Dati sismici da Castello et alii (2006), Bollettino della
Sismicità strumentale INGV (http://bollettinosismico.rm.ingv.it/), ISIDe Working Group (http://iside.rm.ingv.it/iside/).
In viola le linee di costa ed i confini delle regioni implicate. Altre informazioni come in figura 4.1.2.
71
72
73
74
75
76
Fig. 4.2.2. Distribuzione della sismicità strumentale nella crosta e mantello superiore, sulla base della posizione
dell’ipocentro all’interno di intervalli di 5 km di profondità: a) 0 5 km, b) 6 10 km, c) 11 15km, d) 16 21 km, e) 21 25
km, f) 26 30 km, g) 31 35 km, h) 36 40 km, i) 41 45 km, l) 46 50 km m) > 50 km. Altre indicazioni come nella didascalia
di figura 4.2.1.
Altre informazioni sulla distribuzione della sismicità strumentale si possono ottenere da sezioni
verticali parallele, sia longitudinali che trasversali rispetto all’andamento della catena, illustrate
nelle figure 4.2.3 e 4.2.4. In queste figure si può notare che la sismicità presenta una zona di
approfondimento massimo (circa 40-45 km) prevalentemente localizzata sotto la parte meridionale
della catena emersa.
La distribuzione degli ipocentri sulle sezioni longitudinali NO – SE, mette in evidenza che:
- Nell’ offshore marchigiano e nella zona costiera, c’è una diffusa sismicità fino a 30-35 Km ma
senza particolari concentrazioni a parte davanti a Porto S.Giorgio (sez B) dove il raggruppamento è
dato soprattutto dalla crisi sismica del 1987 con un terremoto di M=5.1. Anche la zona intorno ad
Ancona, nonostante la crisi sismica del Luglio 2013 comprendente un evento di M=4.9 non appare
particolarmente interessata dalla sismicità.
- La sismicità comincia ad essere molto frequente nel pedeappennino marchigiano (sez.D) tra le
valli del Fiume Esimo e la Montagna dei Fiori, concentrandosi tra le valli dei fiumi Chienti e Tenna
dove raggiunge i 35 Km. La distribuzione degli epicentri sembra indicare due strati sismici: uno
fino a 10 Km e l’altro tra 20 e 30-35 Km che è particolarmente evidente procedendo verso la
montagna dei Fiori.
- Interessante appare la sez. E, dove la sismicità termina bruscamente all’interno dei Monti della
Laga a Sud e diminuisce considerevolmente a Nord nel Montefeltro da Cagli all’Appennino
forlivese.
Dalle sezioni trasversali alla catena (Fig.4.2.4) orientate da SO a NE, appare molto evidente che
la sismicità interessa quasi esclusivamente l’Appennino: dapprima solo la sua parte centrale e poi
77
procedendo verso sud tutta la catena. La profondità si mantiene intorno ai 25-30 Km nella parte
centro settentrionale della catena per poi arrivare ai 40-45 Km sotto la parte meridionale.
Viene anche evidenziato che sotto i 10 Km le zone tra la catena e l’Adriatico mostrano una
sismicità maggiore (o almeno più distribuita) rispetto alla parte interna alla catena dove, a parte
singole zone, c’è una sismicità molto scarsa.
Inoltre, nelle sez. da 7 ad 11, nella parte esterna della catena appare una concentrazione di
sismicità tra 20 e 30 Km ed oltre forse dovuta a deformazioni all’interno della placca adriatica. Si
notano anche delle concentrazioni di terremoti, separate dalla sismicità della catena come a Cingoli
(sez.6) Macerata (sez.7), M.ti Sibillini (sez. 8 e 9) ed infine Porto San Giorgio (sez. 9).
Fig. 4.2.3. Sezioni verticali parallele alla catena,
fino a profondità di 50 km, con ipocentri della
sismicità strumentale. Tracce delle sezioni
nell’inserto.
78
Fig. 4.2.4. Sismicità strumentale lungo sezioni verticali trasversali alla catena, le cui tracce sono indicate nell’inserto
di Fig. 4.2.3. Altre indicazioni come nella didascalia di figura 4.2.2.
79
5. Possibili zone sismogenetiche dell’Umbria e delle Marche
La ricostruzione della storia sismica si avvale della documentazione disponibile per la zona
considerata e può coprire diversi secoli per le regioni di più antica civilizzazione, come la Cina, il
Mediterraneo orientale e l’Italia (e.g., Wang, 2004; Guidoboni et alii, 2007; Ambraseys, 2009).
Negli ultimi decenni, le indagini paleosismologiche hanno permesso di riconoscere alcuni eventi
sismici forti avvenuti in Italia nel passato preistorico, sino a circa 20000 anni fa (Galli et alii, 2008).
Tali informazioni, incomplete e riferite ad un intervallo di tempo relativamente breve, non
permettono tuttavia di definire un quadro attendibile dell’attività sismica a lungo termine (e.g., Stein
e Swafford, 2007). Come descritto nel Capitolo 2, l’attuale regime sismotettonico dell’Appennino è
cominciato nel Pleistocene inferiore-medio - circa 1 milione di anni fa. Si comprende facilmente
come la storia sismica conosciuta permetta di identificare solo una piccola parte delle faglie che si
sono sviluppate durante questa fase dell’evoluzione tettonica dell’Appennino. Pertanto, definire la
potenzialità sismogenetica della zona solo in base alle caratteristiche della sismicità storica può
condurre a valutazioni poco realistiche. Quest’ultima possibilità è suggerita dal fatto che molti
terremoti distruttivi, sia in Italia che nel resto del mondo, hanno interessato zone precedentemente
indicate come a bassa pericolosità, secondo le indicazioni fornite dalle stime fondate sull’analisi
statistica della documentazione storica (e.g., Stein et alii, 2012 e riferimenti).
Per superare tale problema (o almeno attenuarlo), è necessario tener conto non solo della storia
sismica ma anche di tutte le altre informazioni disponibili, allo scopo di riconoscere potenziali
strutture sismogenetiche anche dove non sono documentati terremoti forti. L’analisi del quadro
sismotettonico dell’Appennino settentrionale, descritto nel Capitolo 2 e riportato nella figura 5.1, è
dunque alla base della proposta di zonazione sismica dell’area umbro-marchigiana descritta nel
seguito.
Fig. 5.1. Schema sismotettonico
dell’Appennino settentrionale. I
cerchi rossi indicano gli
epicentri dei terremoti principali
avvenuti
dall’anno
1000
(Guidoboni e Comastri, 2005;
Rovida et alii, 2011). Le frecce
bianche grandi definiscono la
direzione della spinta trasmessa
dalla
Piattaforma
lazialeabruzzese, mentre le frecce
piccole indicano in modo
schematico lo spostamento dei
vari settori dell’area umbromarchigiana. Sigle e altri
simboli come in figura 2.7.
L’analisi della distribuzione spaziale dell’attività sismica storica e strumentale (esaminata nel
Capitolo 4) in rapporto ai lineamenti tettonici riconosciuti nell’area in esame (discussi nei Capitoli 1
80
e 2) ha suggerito la definizione di 7 zone sismogenetiche nell’area umbro-marchigiana (Figg. 5.2 e
5.3): Alta Val Tiberina, Cagliese, Anconetano, Dorsale Marchigiana, Dorsale Umbra, Valle Umbra
e Orvietano. A queste si affiancano le zone sismogenetiche Riminese (che ricade nella Regione
Emilia-Romagna) ed Aquilano (appartenente alla Regione Abruzzi), la cui attività sismica storica
ha causato risentimenti significativi nei settori adiacenti dell’Umbria e delle Marche. Come
discusso in Mantovani et alii (2012, 2013), si assume che la potenzialità sismogenetica sia uniforme
all’interno delle zone suddette. Per definire tale potenzialità a ciascuna zona è assegnata una
intensità massima attesa (Imax), che deriva dalle informazioni storiche disponibili eventualmente
integrate da considerazioni sull’assetto sismotettonico (Molin et alii, 1996; Mantovani et alii, 2012,
2013).
Fig. 5.2. Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l’area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti
principali (M³4.0) avvenuti dall’anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Rovida et alii, 2011). 1) Alta Val Tiberina 2)
Cagliese 3) Anconetano 4) Dorsale Marchigiana 5) Dorsale Umbra 6) Valle Umbra 7) Orvietano. Le lettere A e B
indicano rispettivamente le zone sismogenetiche Rininese ed Aquilano, esterne al territorio delle Regioni Umbria e
Marche. I criteri adottati per la scelta dei contorni delle zone sono descritti nel testo. I confini regionali sono indicati in
viola. Lo sfondo è costituito dalla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990).
81
Fig. 5.3. Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l’area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti
registrati dalla Rete Simica Italiana dal 1981 al 2013. Informazioni prese da Castello et alii (2006), Bollettino della
Sismicità strumentale INGV (http://bollettinosismico.rm.ingv.it/), ISIDe Working Group (http://iside.rm.ingv.it/iside/).
Altre informazioni come in figura 5.2.
Nel seguito sono descritte le evidenze e le considerazioni su cui è basata la scelta della
configurazione di ciascuna zona sismogenetica. Prima di cominciare tale esposizione, è opportuno
osservare che il confronto tra le ultime due figure fornisce un chiaro esempio della possibile
discrepanza tra attività sismica a lungo e breve termine, discussa all’inizio del capitolo. Infatti,
mentre nel corso di un millennio tutte le zone sismogenetiche considerate hanno prodotto terremoti
forti (Fig. 5.2), nelle ultime tre decadi solo due zone (Dorsale Umbra ed Aquilano) hanno subito
attivazioni sismiche significative (Fig. 5.3). In particolare, l’attività sismica recente delle zone
Cagliese e Dorsale Marchigiana non presenta scosse con M>4. Pertanto, se si fossero considerate le
sole informazioni fornite dalla sismicità strumentale (come avviene nei Paesi che non dispongono di
un consistente patrimonio storico-archivistico), avremmo trascurato molte sorgenti sismogenetiche
importanti, ottenendo una valutazione distorta ed inaffidabile della pericolosità sismica.
82
5.1 Zona sismogenetica 1: Alta Val Tiberina
Siccome questa zona si estende anche in Toscana (Fig.5.3) è stata considerata come una
sismogenetica di quella Regione da Mantovani et alii (2012), cui si rimanda per la descrizione
dettagliata dell’attività sismica storica e strumentale, dell’assetto strutturale e dei lineamenti
tettonici. Qui si riporta l’elenco dei terremoti principali (M³5 o I ≥ 7) e la posizione dei relativi
epicentri (Tab. 5.1.1 e Fig. 5.1.1 e 5.1.2).
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1269
1270
1352
1353
1389
1458
1458
1484
1489
1558
1559
1693
1694
1731
1789
6
0
12
1
10
4
5
0
0
2
4
2
4
3
9
17
0
25
1
18
26
1
0
0
9
11
24
8
29
30
1897
12
18
1917
1919
1948
4
10
6
26
25
13
Badia Sucastelli
Sansepolcro
Monterchi
Sansepolcro
Bocca Serriola
Val Tiberina
Città Di Castello
Sansepolcro
Sansepolcro
Alta Valtiberina
Alta Valtiberina
Alta Valtiberina
Alta Valtiberina
Pieve Santo Stefano
Val Tiberina
Appennino
Umbro Marchigiano
Valtiberina
Monterchi
Valtiberina
Latitudine
(N°)
43.59
43.57
43.47
43.57
43.53
43.46
43.46
43.57
43.57
43.51
43.62
43.45
43.62
43.67
43.51
Longitudine
(E°)
12.06
12.14
12.13
12.13
12.3
12.24
12.24
12.14
12.14
12.19
12.09
12.34
12.09
12.04
12.22
Magnitudo
(Mw)
5.4
5.4
6.4
6
6
5.8
4.7
5.1
5.1
5.1
5.3
4.9
5.1
5.4
5.8
Intensità
Io (Imax)
7.5
7.5
9
9
9
8.5
6 (7)
7
7
7 (7.5)
8
6.5 (7)
7 (7.5)
7.5
9
T
(anni)
43.5
12.38
5.1
7 (7.5)
108
43.47
43.57
43.6
12.13
12.13
12.13
5.9
5
5.1
9.5
6
7
19
2
29
83
37
69
26
5
69
1
134
1
37
58
Tab. 5.1.1. Elenco dei terremoti principali (M ≥ 5.0 o Imax ≥ 7° MCS) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 1
(Alta Val Tiberina). In grassetto gli eventi con M ≥5.5 o con Imax ³ 8.5 (Riferimenti come Fig.5.2). T è l’intervallo di
tempo trascorso tra una scossa e la successiva..
Come indicato in Mantovani et alii (2012), la configurazione suggerita per questa zona è basata
sulla distribuzione spaziale dei terremoti (Fig. 5.1.1 e 5.1.2), sulla ubicazione dei principali sistemi
di faglie attive (Fig. 5.1.3 e considerazioni nel Capitolo 1) e sulle caratteristiche del meccanismo
sismotettonico proposto per l’Appennino settentrionale (Fig. 5.1 e discussione nel Capitolo 2).
Fig. 5.1.1.
I cerchi rossi indicano i
terremoti avvenuti dall’anno 1000. La
dimensione dei simboli è proporzionale alla
magnitudo delle scosse, in accordo con la
scala riportata a destra (M≥4). Il contorno
proposto per la zona sismogenetica 1 (Alta
Valtiberina) è indicato in blu. I contorni
delle zone adiacenti sono in nero a
tratteggio. I confini regionali sono indicati
in viola. Riferimenti e altre informazioni
come in fig. 5.2.
L’esame della storia sismica della zona (Tab. 5.1.1) mostra che dall’anno 1000 sono avvenute
19 scosse principali (M≥5.0 o I≥7), di cui ben 6 con I≥8.5. L’intensità massima risentita in questa
zona è Imax=9.5 relativa al terremoto del 1917. Occorre notare che gli intervalli di tempo tra gli
eventi riportati in tabella sono molto irregolari, potendo variare da meno di un anno ad oltre un
secolo. Per le sorgenti sismiche di tale zona è piuttosto arduo supporre regolarità di comportamento,
83
connesse a concetti teorici come il “ciclo sismico” ed il “terremoto caratteristico” (e.g., Mulargia e
Geller, 2003). Pertanto, sarebbe imprudente usare la sola storia sismica per le valutazioni della
pericolosità.
Fig. 5.1.2. I cerchi rossi indicano i
terremoti avvenuti dall’anno 1000 La
dimensione dei simboli è proporzionale
all’intensità delle scosse, in accordo con
la scala riportata a destra. Altre
informazioni come in figura 5.1.1.
Fig. 5.1.3. Principali sistemi di faglie dell’Alta Val Tiberina (da Brozzetti et alii, 2009, modificato e riportato in
Mantovani et alii, 2012). Il bacino intermontano di Sansepolcro-Città di Castello è indicato in grigio; il tratteggio
mette in evidenza i depositi fluvio-lacustri del Pleistocene inferiore-medio. Gli epicentri dei terremoti strumentali e
storici sono rispettivamente indicati dai cerchi e dai quadrati. Per le scosse storiche più forti sono indicati anche
l’anno e l’intensità massima. Per i terremoti più recenti (indicati dalle stelle) è riportata la data, la magnitudo ed il
meccanismo focale. Le linee ab e cd sono le tracce delle sezioni verticali riportate sotto la carta. Faglie principali:
CdCF=Città di Castello, FF=M. Favalto, MF=Monterchi, PF=Parnacciano, SF= Sansepolcro, SMTF= M. Santa
Maria Tiberina. Per ulteriori dettagli sulla stratigrafia e l’assetto strutturale della zona si rimanda ai Fogli 278-Pieve
Santo Stefano, 289-Città di Castello e 299-Umbertide della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000
(http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html).
84
Le informazioni discusse sopra suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona
può essere descritta da Imax=8° MCS. Adottando lo stesso criterio seguito per la la Toscana e
l’Emilia-Romagna (Mantovani et alii, 2012, 2013), si assume che una scossa di pari intensità possa
avvenire in qualsiasi punto della zona sismogenetica considerata.
5.2 Zona sismogenetica 2: Cagliese
La tabella 5.2.1 riporta l’elenco delle scosse più importanti avvenute nella zona (M ³ 5 o I ≥ 7).
In questo caso l’unico evento significativo è il fortissimo terremoto del 1781, che ha raggiunto
l’intensità 10.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1781
6
3
Cagliese
Latitudine
(N°)
43.6
Longitudine
(E°)
12.5
Magnitudo
(Mw)
6.4
Intensità
Io (Imax)
10
T
(anni)
-
Tab. 5.2.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 2 (Cagliese).
Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.
Le figure 5.2.1 e 5.2.2 mostrano la posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali
(M≥4), rispettivamente rappresentati in base alla magnitudo ed all’intensità macrosismica.
Fig. 5.2.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni
come in fig. 5.1.1.
Fig. 5.2.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni
come in fig. 5.1.2.
La geologia dell’area compresa tra Urbino e Cagli (Fig. 5.2.3) è caratterizzata dal fronte di
sovrascorrimento delle unità torbiditiche mioceniche sulla successione calcareo-marnosa umbromarchigiana. Ad est di tale lineamento, affiorano estesamente i termini torbiditici silicoclastici delle
85
avanfosse minori marchigiane e la successione post-evaporitica del Bacino adriatico. La
distribuzione degli affioramenti suddetti, cui si intercalano le esposizioni delle più antiche
formazioni del Bacino umbro-marchigiano, segue l’andamento NO-SE degli assi strutturali.
Fig. 5.2.3. Geologia dell’area compresa tra l’Alta Val Tiberina, Urbino e Cagli (modificata dallo schema di
inquadramento regionale riportato nel Foglio 267-San Marino della Carta Geologica d’Italia 1:50000). Ulteriori
dettagli stratigrafici e strutturali sono reperibili sui Fogli 279-Urbino, 280-Fossombrone, 290-Cagli e 291-Pergola
della stessa Carta.
L’assetto della zona in esame (Fig. 5.2.4) è infatti controllato dalle strutture compressive
(pieghe anticlinali e sinclinali e sovrascorrimenti) orientate in senso NO-SE, sviluppate durante le
fasi tettoniche del Miocene superiore-Pliocene. A differenza delle zone poste ad ovest (Alta Val Ti-
Fig. 5.2.4. Assetto tettonico del
settore delle Marche che include
la
zona
sismogentica
2
(modificato
dallo
schema
geologico strutturale riportato
nel nei Foglio 281-Senigallia
della Carta Geologica d’Italia
alla scala 1:50000, rielaborato
da Mazzoli et alii, 2002). Per
ulteriori
informazioni
sulla
stratigrafia e la tettonica si veda
il Capitolo 1 ed i Fogli della
Carta
Geologica
d’Italia
1:50000, citati nella didascalia
della figura 5.2.3.
berina e bacino di Gubbio), dove la tettonica recente e attiva è dominata da sistemi di faglie normali
(Figg. 5.1.2 e 5.2.3), nell’area attorno a Cagli non sono riconosciute importanti strutture di questo
tipo. Si pone quindi il problema della natura della sorgente responsabile del forte terremoto del
1781.
86
Nell’archivio DISS delle sorgenti sismogenetiche italiane, a cura dell’Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia (http://diss.rm.ingv.it/diss/), si legge che “The macroseismic field of the
1781 Cagli earthquake is characterised by a wide felt area which suggests a rather deep
hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation can be done for the
other three events (i.e. 1741 Fabriano; 1799 Camerino; 1873 Sarnano), depicting so a lateral
continuity of seismic release on deep structures. We propose that the 1781 source is located
between 17 and 20 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic
coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998;
Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004).” Tale ipotesi implica quindi l’attività una struttura
compressiva relativamente profonda, connessa al sottoscorrimento dell’Adriatico rispetto alla
catena appenninica. Tuttavia, i deboli vincoli geologici e geofisici non permettono di escludere
l’ipotesi alternativa, ovvero l’attivazione di una faglia normale confrontabile con le strutture
presenti nelle fosse dell’Alta Val Tiberina e di Gubbio, ancorchè non osservata in superficie. Sia in
Italia che nel resto del mondo, è infatti suggerita la presenza di faglie normali sepolte o “cieche”,
che pur essendo sismogenetiche non presentano ancora una chiara manifestazione superficiale (e.g.,
Cucci et alii, 1996; Chen et alii, 2010; Ganas et alii, 2013). A tale proposito, occorre ribadire che lo
sviluppo dell’assetto tettonico attuale dell’Appennino (vedi Capitolo 2 e figura 5.1) risale al
Pleistocene medio ed è quindi piuttosto recente in termini geologici. Nell’area in esame, la tettonica
estensionale e transtensiva ha interessato prima il settore umbro più occidentale, generando ampie
fosse come la Val Tiberina e la Valle Umbra, poi la Dorsale umbro-marchigiana con la formazione
di più piccoli bacini intramontani (Gubbio, Gualdo Tadino, Colfiorito ed altri). E’ quindi plausibile
che l’ulteriore sviluppo della deformazione transtensiva (connesso alla migrazione del cuneo
orogenico umbro-marchigiano indicata nella figura 5.1) interessi il settore marchigiano ad est della
Dorsale appenninica principale, e quindi anche il Cagliese.
In ogni caso, le scarse informazioni disponibili impongono che la geometria della zona in
esame sia definita in relazione alla posizione dell’epicentro dei pochi terremoti registrati, compresa
la scossa del 1781 (Figg. 5.2.1 e 5.2.2). La storia sismica esigua, del resto, non permette di fare
valutazioni sull’intervallo di tempo medio tra le scosse principali. Sulla base degli effetti osservati
nel corso del fortissimo terremoto del 1781 (Tab. 5.2.1), possiamo attribuire Imax=10 alla zona
sismogenetica in oggetto.
5.3 Zona sismogenetica 3: Anconetano
Le scosse più importanti avvenute nella zona sono indicate nella tabella 5.3.1.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1269
1474
1690
1870
1917
1930
1972
1972
1972
1972
1972
1972
1972
9
8
12
2
11
10
1
2
2
2
2
2
6
0
18
23
8
5
30
25
4
4
5
5
6
14
Ancona
Ancona
Anconetano
Numana
Numana
Senigallia
Medio Adriatico
Medio Adriatico
Medio Adriatico
Medio Adriatico
Medio Adriatico
Medio Adriatico
Medio Adriatico
Latitudine
(N°)
43.56
43.6
43.58
43.55
43.51
43.66
43.74
43.72
43.73
43.74
43.64
43.71
43.65
Longitudine
(E°)
13.56
13.51
13.59
13.47
13.59
13.33
13.46
13.44
13.37
13.37
13.41
13.43
13.6
Magnitudo
(Mw)
5.6
5.1
5.6
5.1
5.1
5.8
4.6
4.9
4.6
4.5
4.5
4.5
4.6
Intensità
Io (Imax)
8.0
7.0
8.5
7.0
6.0 (6.5)
8.0 (8.5)
7.0
8.0
7.5
7.0
7.0
7.0
8.0
T
(anni)
205
216
179
48
13
41
-
Tab. 5.3.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 3 (Anconetano).
Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.
Anche se nessun evento ha raggiunto magnitudo elevate, si è spesso osservato un
danneggiamento significativo, relativo ad intensità di 8 ed 8.5. Ciò vale anche per le scosse della
sequenza del 1972, a fronte di una magnitudo modesta (sempre inferiore a 5) ed alla ubicazione
87
fuori costa degli epicentri (Console et al., 1973; Crescenti et al., 1977). I tre eventi con M≥5.5 sono
separati da intervalli di tempo molto lunghi (rispettivamente 421 e 240 anni), mentre dalla scossa di
Senigallia del 1930 sono trascorsi ben 83 anni.
La distribuzione degli epicentri delle scosse elencate in tebella è illustrata nelle figure 5.3.1 e
5.3.2. Gli eventi della sequenza del 1972 sono collocati tra Ancona e Senigaliia, a nord di Falconara
Marittima (coordinate epicentrali di Rovida et al., 2011).
Fig. 5.3.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nell’Anconetano. Altre informazioni come in
Fig.5.1.1.
Fig. 5.3.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nell’Anconetano. Altre informazioni come in
Fig. 5.12.
Le caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell’area in esame sono descritte nei Fogli 281Senigallia, 282-Ancona e 293-Osimo della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, consultabili
sul relativo sito (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). Il lineamento morfologico
più evidente è costituito dal promontorio del Monte Conero, il cui rilevo raggiunge quasi 600 m
s.l.m. Come ricordato nel Capitolo 1, tale settore è caratterizzato dall’affioramento di vari termini
della Successione umbro-marchigiana dal Cretaceo al Miocene (Maiolica-Marne a Fucoidi-Scaglia
88
variegata, rosata, bianca e cinerea-Bisciaro-Schlier-Formazione Gessoso Solfifera-Argille a
Colombacci), che nell’immediato entroterra sono sepolti sotto cospicui spessori di depositi
quaternari (Fig. 5.3.3). Tale alto strutturale è connesso anche a significative anomalie gravimetriche
e magnetiche (Figg. 1.6.1 ed 1.6.2; e.g., Maesano et al., 2013).
Fig. 5.3.3. Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1:250000 per il settore tra Senigallia, Jesi,
Osimo e Numana (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 2) Depositi detritici e corpi
di frana (Olocene-Pleistocene superiore) 4) Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 7)
Depositi da litorali a continentali: sabbie e conglomerati (Pleistocene superiore-inferiore) 8, 9, 10) Depositi di
piattaforma e di transizione: pelitici, pelitico-arenacei ed arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore) 12) Depositi
arenaceo-pelitici di ambiente non definito (Pleistocene inferiore) 13a) Depositi epibatiali pelitici (Pleistocene
inferiore) 16) Depositi torbiditici (pelitico-arenacei o siltosi) di ambiente profondo (Pleistocene inferiore-Pliocene
medio) 17b) Depositi pelitici neritici (Pliocene superiore-inferiore) 37) Argille a Colombacci (Messiniano superiore)
52) Schlier (Messiniano inferiore-Burdigaliano) 55) Scaglia variegata-Scaglia rosata-Scaglia bianca (PriabonanoCenomaniano). Le linee rosse indicano la traccia di faglie affioranti o presunte. Per ulteriori informazioni si veda
Centamore (1986).
Poiché i principali lineamenti tettonici sono sepolti, l’interpretazione del settore in esame è
basata sulla documentazione raccolta per la ricerca di idrocarburi (stratigrafia sismica e perforazioni
profonde). Tali informazioni suggeriscono che il bordo esterno del cuneo orogenico dell’Appennino
settentrionale (Fig. 5.1) si estende dal Pedeappennino marchigiano all’Adriatico ed è formato da
una serie di fasci di strutture compressive sepolte (sovrascorrimenti e pieghe), più o meno parallele
tra loro ed alla linea di costa (Fig. 5.3.4). La formazione di tali strutture è cominciata circa 5 milioni
di anni fa, tra la fine del Messiniano e l’inizio del Pliocene. Peraltro, secondo Maesano et al. (2013)
i sovrascorrimenti fuori costa sarebbero più antichi e meno attivi (con velocità media di slittamento
<1 mm/anno). Invece, le strutture dell’entroterra del fronte del Conero-Tortoreto sarebbero
relativamente più recenti (da circa 2.6 Ma) e più mobili (velocità media di slittamento >1
mm/anno).
89
L’andamento dei fronti di sovrascorrimento sopra descritti, possibilmente connessi a sorgenti
sismogenetiche e con particolare riferimento al fronte Conero-Tortoreto (e.g., Artoni, 2013;
Maesano et al., 2013), giustifica la geometria adottata per la zona sismica in oggetto. Le sue
dimensioni sono invece suggerite dalla distribuzione delle scosse principali (Figg. 5.3.1 e 5.3.2).
Fig. 5.3.4. Assetto strutturale del settore centrale delle Marche, dal pedeappennino al Mar Adriatico (da Artoni, 2013).
A) Schema tettonico. Le strutture compressive sono indicate dalle linee con con triangoli (sovrascorrimenti) e losanghe
(pieghe). Dall’Adriatico al Pedeappennino si incontrano quattro fasci di strutture sepolte, indicati con i colori celeste
(Elga-Adriatico secondo Artoni, 2013), giallo (Conero-Tortoreto), rosso (Jesi-Nereto-Zaccheo) e blu (StradaRoccafinadamo). Esino 1, Monsano 1 ed Elga 1 sono i nomi di perforazioni profonde per la ricerca di idrocarburi. La
linea nera spessa indica la traccia della sezione verticale illustrata in B. CM=unità tettonico-stratigrafiche premessiniane, LPI=unità del Pliocene superiore, Ple=unità del Pleistocene. AN=Ancona. B) Sezione verticale lungo la
traccia indicata in A. La sezione è basata sulla geologia superficiale, sulle indagini di stratigrafia sismica e sui dati
delle perforazioni profonde. 1,2,3) Depositi torbiditici di mare profondo (Pliocene-Pleistocene) 4,5,6,7,8) Depositi
continentali, costieri e di piattaforma (Pliocene-Pleistocene) Pre, Ev, p-ev1, p-ev2) Unità pre-evaporitica, unità
evaporitica, unità post-evaporitiche (Tortoniano superiore-Messiniano) CM) Cretaceo inferiore-Miocene TC) Triassico
superiore-Cretaceo inferiore Bas) Basamento paleozoico-Triassico. Fronti di sovrascorrimento principali:
CA=Adriatico centrale, CT=Conero-Tortoreto, E=Elga-Adriatico, JN=Jesi-Nereto-Zaccheo, MAF=Monte AcutoMontagna dei Fiori, SR=Strada-Roccafinadamo.
Per quanto riguarda l’analisi della sismicità recente, occorre dire che i dati sismologici
confermano solo in parte l’attività delle strutture compressive sopra citate. Per esempio, il
meccanismo focale della scossa principale della sequenza sismica del 1972 è di tipo transpressivo
(Fig. 5.3.5a). Inoltre, la ricostruzione del regime di sforzo (Fig. 5.3.5b) indica che le scosse di tale
sequenza sono compatibili con un regime trascorrente con un asse di massima compressione
orientato ENE-OSO ed un asse di minima compressione orientato NNO-SSE. Nell’ambito di tale
regime è favorito lo slittamento sia di faglie trascorrenti sinistre dirette NO-SE (circa parallele ai
sovrascorrimenti sepolti), sia di faglie destre NE-SO (trasversali alle strutture compressive). Le
faglie sinistre potrebbero indicare una convergenza obliqua tra il cuneo orogenico appenninico e
l’avampaese adriatico, mentre le faglie destre rappresenterebbero l’attivazione di fratture trasversali
90
alla catena orogenica sepolta. In effetti, la disposizione degli epicentri delle scosse della sequenza
del 1972 (Figg. 5.3.1 e 5.3.2; Console, 1973, Crescenti et al., 1977) sembra più in accordo con
quest’ultima possibilità. L’attivazione sismica di fratture trasversali alla catena è stata suggerita da
Cello e Tondi (2011) e Sarti e Coltorti (2011), sulla base della distribuzione degli epicentri della
sismicità minore (in particolare le sequenze del 1973, 1974 e 1975), nonché sul riconoscimento di
strutture trasversali nell’entroterra anconetano, come il lineamento del F. Esino (Fig. 5.3.3).
Occorre comunque ricordare che tali presunte fratture trasversali, dedotte in base ad osservazioni
geologiche e geomorfologiche (e.g., Coltorti et al., 1996) sono scarsamente documentate dalle più
recenti analisi della stratigrafia sismica (Fig. 5.3.4, e.g. Artoni, 2013; Maesano et al., 2013).
Anche l’interpretazione della recente scossa del Conero, avvenuta nel Luglio 2013 (M=4.9)
presenta alcune ambiguità. I vari enti sismologici hanno infatti pubblicato meccanismi focali sia
trascorrenti (Fig. 3.5.5c) che compressivi (Fig. 3.5.5d). L’elemento comune alle due interpretazioni
è la direzione NE-SO dell’asse di massimo raccorciamento orizzontale, simile ma non identica a
quella osservata per le scosse del 1972 (Fig. 5.3.5a,b).
Fig. 5.3.5. Sintesi delle informazioni sismologiche disponibili per la zona anconetana. A) Meccanismo focale della
scossa principale della sequenza sismica del 1972 (4 Febbraio, M=4.9). In bianco i quadranti con polarità
dilatazionale, in nero i quadranti con polarità compressionale (da Gasparini et al., 1985). B) Regime di sforzo dedotto
dai meccanismi focali delle scosse della sequenza del 1972. Le direzioni di massima e minima compressione orizzontale
sono indicate rispettivamente dalle frecce convergenti e divergenti. s1, s2 e s3 sono gli assi principali di sforzo minimo,
intermedio e massimo (da Boncio e Bracone, 2009). C) Meccanismo focale trascorrente del terremoto del Conero del
21 Luglio 2013 (M=4.9). Il meccanismo è trascorrente, con P e T rispettivamente l’asse principale di raccorciamento e
di allungamento (dal sito www.ingv.it). D) Meccanismo focale compressivo ottenuto per lo stesso terremoto dall’Istituto
GFZ di Potsdam (Germania) e dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste (dal sito
http://tersiscio.blogspot.it/2013/07/il-terremoto-del-conero.html#links). Si noti che l’asse di massimo allungamento
(orizzontale in C) è verticale per questa soluzione.
In definitiva, le informazioni sismologiche concordano nell’indiduare un asse di massimo
raccorciamento orientato da ENE-OSO a NE-SO, mentre presentano delle discrepanze riguardo alla
cinematica delle strutture attivate (faglie inverse, trascorrenti destre o sinistre).
91
In assenza di vincoli più stringenti sulle possibili sorgenti sismiche dell’area in esame, si può
attribuire Imax=8-9 all’intera zona sismogenetica, in base ai risentimenti prodotti dai terremoti
storici (Tab. 5.3.1).
5.4 Zona sismogenetica 4: Dorsale Marchigiana
I terremoti più importanti avvenuti nella zona (M³5 o I≥7) sono elencati nella tabella 5.4.1. Pur
essendo la storia sismica di questo settore relativamente breve (meno di tre secoli), si notano tre
forti scosse con magnitudo elevata e forte danneggiamento (M³6 e I³9). Tali eventi sono avvenuti
nell’arco di 132 anni, un intervallo di tempo minore di quello trascorso dalla scossa del 1873.
Considerata la scarsa documentazione e la distanza temporale assai irregolare tra i terremoti forti,
per questa zona la definizione del “tempo di ritorno medio” è poco significativa.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1741
1799
1873
1921
1936
1951
4
7
3
8
12
9
24
28
12
28
9
1
Fabrianese
Appennino Marchigiano
Marche Meridionali
Sarnano
Caldarola
Sarnano
Latitudine
(N°)
43.42
43.19
43.09
43.12
43.15
43.03
Longitudine
(E°)
13.01
13.15
13.24
13.25
13.22
13.29
Magnitudo
(Mw)
6.2
6.1
6
4.8
4.8
5.3
Intensità
Io(Imax)
9
9 (9.5)
8 (9)
7
6.5 (7.5)
7
T
(anni)
58
74
13
15
15
Tab. 5.4.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 4 (Dorsale
Marchigiana). Altre informazioni come in Tab.5.1.1.
La posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M ≥4) è mostrata nelle figure
5.4.1 e 5.4.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all’intensità
macrosismica.
Fig. 5.4.1 (sinistra) e 5.4.2 (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella Dorsale
Marchigiana. Altre informazioni come nelle Fig. 5.1.1 e 5.1.2.
Informazioni sulla stratigrafia e sulla tettonica dell’area considerata sono riportate nei Fogli
292-Jesi, 302-Tolentino, 303-Macerata e 314-Montegiorgio della Carta Geologica d’Italia alla scala
1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). La più evidente caratteristica
geomorfologica della zona in esame è la dorsale montuosa che si estende circa NNO-SSE con vari
rilievi tra 1000 e 1500 m s.l.m., tra cui il Monte San Vicino, il Monte Letegge ed il Monte Fiegni
92
(Fig. 1.2.3). Tale dorsale è bordata da due depressioni morfologiche, ad ovest il Bacino di FabrianoMatelica-Camerino e ad est il Bacino di Tolentino-Amandola (Figg. 5.4.1 e 5.4.2).
La geologia dell’area (Fig. 5.4.3) mette in evidenza le differenze stratigrafiche e strutturali tra i
settori sopra indicati.
Fig. 5.4.3. Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1:250000 per il settore tra Jesi, Fabriano,
93
Matelica, Camerino, Tolentino e Cingoli (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 4)
Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 6) Depositi lacustri e fluvio-lacustri delle conche
tettoniche (Pleistocene superiore-medio) 15) Depositi torbiditici di mare profondo: corpi prevalentemente arenacei o
arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore-Pliocene medio) 17b) Depositi epibatiali pelitici (Pliocene superiore-inferiore)
27) Depositi non differenziati (Pliocene inferiore) 29) Depositi torbiditici batiali: corpi sabbioso-pelitici o peliticosabbiosi (Pliocene inferiore) 30) Depositi torbiditici batiali: corpi conglomeratici (Pliocene inferiore) 31) Depositi
pelitici batiali (Pliocene inferiore) 32) Depositi conglomeratici di “delta conoide” (Messiniano superiore) 33) Depositi
arenaceo-pelitici o pelitico-arenacei di “delta conoide” (Messiniano superiore) 34) Depositi torbiditici in strette
depressioni sottomarine: corpi arenacei prevalentemente canalizzati (Messiniano superiore) 35) Depositi torbiditici in
strette depressioni sottomarine: corpi arenaceo-pelitici o pelitico-arenacei non canalizzati (Messiniano superiore) 37)
Depositi pelitici di laguna o di “lago-mare”: Argille a Colombacci (Messiniano superiore) 38) Depositi evaporitici:
Formazione Gessoso Solfifera (Messiniano medio) 40) Depositi torbiditici canalizzati in strette depressioni: corpi
arenacei (Messiniano inferiore-Tortoniano) 42, 43, 44) Depositi torbiditici non canalizzati in strette depressioni: corpi
arenaceo-pelitici, pelitico-arenacei e pelitici (Messiniano inferiore-Tortoniano) 51) Emipelagiti o facies di scarpata
con intercalazioni di torbiditi calcaree: Marne con Cerrogna (Tortoniano medio-Burdigaliano) 52) Emipelagiti
pelitiche: Schlier (Messiniano inferiore-Burdigaliano) 54) Emipelagiti marnose: Scaglia Cinerea (Oligocene) 55)
Pelagiti calcaree: Scaglia variegata-Scaglia rosata-Scaglia bianca (Priabonano-Cenomaniano) 56) Emipelagiti
marnose: Marne a Fucoidi (Cenomaniano-Aptiano) 57) Pelagiti calcaree: Maiolica (Aptiano-Titoniano superiore) 59)
Pelagiti carbonatiche: Calcari diasprini umbro-marchigiani, Calcari e marne del Sentino, Formazione del Bosso
(Titoniano inferiore-Toarciano) 60) Pelagiti carbonatiche: Corniola (Pliensbachiano-Lotharingiano) 61) Depositi di
piattaforma carbonatica: Calcare massiccio (Sinemuriano-Trias superiore). Le linee rosse corrispondono alla traccia di
faglie affioranti o presunte (i triangoli indicano i sovrascorrimenti). Per ulteriori informazioni si veda Centamore (1986).
________________________________________________________________________________________________
La dorsale montuosa è formata dai termini pre-neogenici della Successione umbro-marchigiana
(dal Triassico all’Oligocene: Calcare massiccio, Corniola, Calcari diasprini, Maiolica, Marne a
Fucoidi ed i vari tipi di Scaglia). Le adiacenti depressioni sono invece riempite in prevalenza dai
depositi di avanfossa, spesso di tipo torbiditico, del Miocene superiore (Tortoniano-Messiniano).
Come anticipato nel Capitolo 1, l’alternanza di bacini e dorsali in questo settore delle Marche è
una conseguenza della strutturazione dell’Appennino umbro-marchigiano in un fascio di pieghe e
sovrascorrimenti sub-paralleli, formati dal Miocene superiore (Fig. 5.4.4).
Fig. 5.4.4. Assetto tettonico del settore delle
Marche che include la zona sismogenetica 4
(modificato dallo schema geologico
strutturale riportato nel nei Foglio 281Senigallia della Carta Geologica d’Italia
alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli
et alii, 2002). La linea nera spessa è la
traccia della sezione verticale riportata
nella figura 5.4.5
94
Nell’area in esame si riconoscono: una piega sinclinale nel bacino di Matelica-Camerino, una
piega antiforme su cui è impostata la dorsale montuosa, un sovrascorrimenti affioranti ed una
sinclinale nel bacino di Tolentino, nonché anticlinali e faglie transpressive nella più esterna dorsale
di Cingoli. L’assetto strutturale dell’area è ancora meglio chiarito dalla sezione verticale riportata in
figura 5.4.5.
In definitiva, l’assetto strutturale della zona in oggetto è chiaramente dominato da lineamenti
compressivi (sovrascorrimenti e pieghe) orientati in senso NNO-SSE. Sono però scarse le tracce di
Fig. 5.4.5. Sezione verticale attraverso la porzione settentrionale della zona sismogenetica considerata, secondo la
traccia riportata nella figura 5.4.4 (da Mazzoli et alii, 2002). Le linee rosse indicano i sovrascorrimenti. Le linee celesti
e viola identificano le faglie normali (rispettivamente del Giurassico e del Miocene) generate prima del coinvolgimento
della crosta nell’orogenesi appenninica.
tettonica attiva che possano suggerire delle connessioni con le sorgenti sismiche dei terremoti
elencati nella tabella 5.4.1. D’altra parte, la ridotta attività sismica recente non ha permesso di
raccogliere dati sismologici sufficienti per vincolare la geometria e la cinematica delle sorgenti
suddette. Pertanto, le ipotesi sulle fratture responsabili dei forti terremoti storici della zona sono per
lo più basate sulla documentazione macrosismica, ovvero sulla distribuzione spaziale dei
danneggiamenti osservati nei centri abitati dell’area. A tale proposito è conveniente riportare le
considerazioni sulle scosse del 1741, 1799 e 1873, presenti nell’Archivio delle sorgenti sismiche
italiane (http://diss.rm.ingv.it/dissNet/): “The northern Marche internal region is presently affected
only by low seismic activity, but damaging earthquakes struck this area in the last two centuries
(e.g. in 1741 Fabriano; in 1781 Cagli; in 1799 Camerino; and in 1873 Sarnarno). The
macroseismic field of the 1741 Fabriano earthquake is characterised by a wide felt area which
suggests a rather deep hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation
can be done for the other three events (i.e. 1781 Cagli; 1799 Camerino; 1873 Sarnarno), depicting
so a lateral continuity of seismic release on deep structures… We propose that the 1741 source is
located between 14 and 17 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic
coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998;
Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004). … We propose that the 1799 source is located between
14 and 16 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline…We
propose that the 1873 source is located between 14 and 17 km on the deeper segment of a major
thrust emerging along the Adriatic coastline.”
Tali considerazioni suggeriscono l’attivazione sismica di faglie inverse appartenenti ad un
fascio di strutture orientate in senso NNO-SSE, relativamente poco inclinate (circa 20°) verso sud-
95
ovest, analoghe a quelle identificate con la stratigrafia sismica nel settore marchigiano esterno
(Artoni, 2013 e riferimenti citati). L’ipocentro proposto (tra 15 e 20 km) è però relativamente
profondo e collocherebbe le sorgenti suddette all’interno del basamento cristallino adriatico. Il
confine tra copertura sedimentaria e basamento è infatti più superficiale (<5km), come indicato
dalla sezione verticale descritta nella figura 5.3.4b. La magnitudo stimata per le tre scosse principali
dovrebbe corrispondere a fratture lunghe tra 10 e 20 km (e.g., Wells e Coppersmith, 1994).
Le considerazioni sopra esposte, associate alla distribuzione spaziale degli epicentri,
giustificano la forma e le dimensioni della zona proposta (Fig. 5.4.1 e 5.4.2). Inoltre, tenendo conto
dei dati macrosismici descritti in tabella 5.4.1, è ragionevole attribuire una intensità massima
Imax=9°-10° MCS alla zona sismogenetica in oggetto.
5.5 Zona sismogenetica 5: Dorsale Umbra
La tabella 5.5.1 elenca gli eventi sismici più significativi che hanno colpito l’area in esame
(M³5 o I≥7). In questo caso, la storia sismica copre oltre sette secoli con 51 scosse importanti.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1279
1328
1599
1627
1631
1639
1702
1703
1716
1719
1721
1730
1747
1751
1791
1793
1815
1838
1859
1879
1883
1898
1910
1914
1915
1916
1950
1963
1964
1971
1974
1979
1980
1980
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1997
1998
1998
1998
4
12
11
7
2
10
10
1
10
6
6
5
4
7
10
4
9
2
8
2
11
8
12
7
3
11
3
7
8
10
12
9
2
5
9
9
9
10
10
10
10
10
10
10
10
10
11
3
3
4
30
1
6
0
25
7
18
14
4
27
18
12
17
27
11
21
3
14
22
23
7
25
22
31
15
16
12
21
2
4
2
19
28
14
26
26
26
3
6
12
14
14
15
16
16
19
10
21
26
3
Camerino
Norcia
Valnerina
Accumoli
Annifo
Amatrice
Norcia
App.Umbro-Reatino
Cascia
Alta Valnerina
Annifo
Valnerina
Nocera Umbra
App. Umbro-Marchigiano
Appennino Umbro
Afrile
Valnerina
Valnerina
Norcia
Valnerina
Accumoli
Visso
Accumoli
Gualdo Tadino
Alta Valle del Chienti
Reatino
Accumoli
Amatrice
Preci
Norcia
Valnerina
Valnerina
Val Nerina
Valnerina
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
Valnerina
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
App. Umbro-Marchigiano
Latitudine
(N°)
43.09
42.86
42.72
42.69
43.05
42.64
42.83
42.71
42.75
42.88
43.05
42.75
43.2
43.22
42.95
43.02
42.83
42.84
42.83
42.77
42.67
42.91
42.7
43.2
43.01
42.65
42.7
42.62
42.67
42.82
42.81
42.71
42.8
42.81
43.02
43.01
43.16
43.04
43.03
42.91
42.9
42.96
42.93
42.94
42.87
42.97
42.83
42.95
43.15
43.19
Longitudine
(E°)
12.87
13.02
13.02
13.25
12.85
13.26
13.08
13.07
13
13.05
12.85
13.12
12.77
12.74
12.86
12.81
13.02
12.91
13.1
13.04
13.26
12.97
13.25
12.8
12.89
13.17
13.25
13.32
13.2
13.06
12.93
13.07
12.97
13.01
12.89
12.85
12.8
12.82
12.85
12.92
12.9
12.87
12.92
12.91
13.01
12.85
12.96
12.91
12.81
12.76
Magnitudo
(Mw)
6.3
6.4
6
5.4
5.1
5.9
5.1
6.7
5.1
5.5
5.1
5.9
5.9
6.3
5.5
5.4
5.5
5.3
5.5
5.6
5.1
5
5.1
5.1
4.9
5.5
5.1
4.9
5.1
5
4.8
5.9
5
4.5
5.7
6
5.3
5.3
5.5
5.2
5.7
5.3
5.2
5.1
5.3
5.2
5
5
5.3
5.1
Intensità
Io(Imax)
9 (10)
10
9
7.5
7
9.5 (10)
7
11
7
8
7
9
9
10
8
7.5
8
8
8.5
8
7
7
7
7
7
8
7
7
6
6.5
7.5 (8)
8.5
7.5
8.5 (9)
8
7.5
7.5 (8.5)
6
6 (6.5)
5.5 (6.5)
T
(anni)
50
271
28
4
9
63
14
3
2
9
17
4
40
2
22
22
22
20
5
15
12
4
1
2
33
13
1
7
3
5
17
-
Tab. 5.5.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 5 (Dorsale
Umbra). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.
96
Una parte considerevole di tale insieme è costituita dai 19 terremoti più distruttivi (M≥5.5 o
con I³8.5). Per tali eventi l’intervallo di tempo medio è di circa 40 anni, anche se la distribuzione
dei dati è assai irregolare. Si passa infatti da un’attesa di quasi tre secoli, tra le scosse del 1328 e
1599, ai pochi giorni che separano i terremoti della sequenza del 1997. Pertanto, nonostante la
disponibilità di una storia sismica più estesa, anche per questa zona la definizione del “tempo di
ritorno” medio tra due terremoti forti appare problematica.
La distribuzione degli epicentri terremoti storici e strumentali (M ≥4) è mostrata nelle figure
5.5.1 e 5.5.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all’intensità
macrosismica.
Fig. 5.5.1.
I cerchi rossi indicano i
terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella
zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra).
Altre informazioni come in Fig. 5.1.1.
.
Fig. 5.5.2. I cerchi rossi indicano i
terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella
zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra).
Altre informazioni come in Fig. 5.1.2.
97
Molte informazioni sull’assetto stratigrafico e strutturale dell’area considerata sono contenute
nella Guida Geologica Regionale dedicata all’Appennino umbro-marchigiano, curata dalla Società
Geologica Italiana (Passeri, 1994). Il settore meridionale della zona è descritto nel Foglio 326Spoleto
della
Carta
Geologica
d’Italia
(1:500000)
(http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html) e nella relativa Nota illustrativa (Damiani
et al., 2011).
La zona sismica in oggetto, orientata da NO a SE come indicato nelle figure 5.5.1 e 5.5.2,
copre un settore piuttosto vasto a cavallo tra Umbria, Marche e Lazio settentrionale (Reatino). Il
territorio è prevalentemente montuoso, con numerose cime poste tra 1000 e 2000 m s.l.m., come i
monti Cavallo, Coscerno, Igno, Fema, Penna, Pennino, Primo e Tolentino (Fig. 1.2.3). Una delle
principali caratteristiche geomorfologiche è la presenza di conche intermontane, riempite di
sedimenti fluvio-lacustri quaternari, che interrompono la continuità dei rilievi (e.g., Gualdo Tadino,
Colfiorito, Norcia, Cascia e Leonessa in Fig. 1.2.3). La presenza di tali depressioni ha importanti
implicazioni per la valutazione del rischio sismico, poiché le conche intermontane sono bordate da
importanti faglie attive (Fig. 1.5.1) e, inoltre, sono stati colpite da forti terremoti storici e recenti
(Fig. 1.5.2). Come descritto nel Capitolo 1, l’assetto strutturale dell’area è dominato dai lineamenti
compressionali (pieghe e sovrascorrimenti) che nel periodo Miocene superiore-Pliocene hanno
determinato l’orogenesi appenninica (Figg. 1.4.3, 1.4.7, 1.4.8 e 1.4.9). Complessivamente, tali
lineamenti delineano degli archi strutturali convessi verso Est, compresi tra il fronte di
accavallamento interno della Valnerina ed il fronte esterno dei Monti Sibillini (Fig. 5.5.3).
Fig. 5.5.3. Assetto tettonico del settore dell’Appennino umbro-marchigiano che include la zona sismogenetica 5
(modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla
scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002).
98
D’altra parte, gli elementi compressivi sopra citati sono dislocati da più recenti sistemi di faglie
normali e transtensive, prevalentemente orientate da NO-SE a NNO-SSE (Fig. 5.5.4). La
descrizione della geometria e cinematica di tali sistemi di fratture è riportata in numerosi lavori, una
parte dei quali è citata nel paragrafo 1.5. A tale abbondante bibliografia si può aggiungere il recente
lavoro di Pasqui (2013), che apporta nuovi dati di campagna e presenta una esauriente discussione
dei modelli geodinamici proposti per l’interpretazione delle evidenze geologico-strutturali. Come
indicato nel Capitolo 1 (Fig. 1.5.1), la lunghezza dei principali sistemi di faglie attive dell’area può
raggiungere 30 km, valore compatibile con la generazione di terremoti di magnitudo sino ad M=6.7
(e.g., Wells e Coppersmith, 1994). Tuttavia, è opportuno notare che tali sistemi sono costituiti da
vari segmenti relativamente brevi, non sempre allineati e paralleli (Figg. 1.5.1 e 5.5.4). La
complessità geometrica dei sistemi di fratture appenninici rende meno probabile l’attivazione
simultanea di un intero complesso di fratture, a causa delle interazioni tra i segmenti di faglia (e.g.,
Wesnousky, 2006; Pizzi e Galadini, 2009). Ciò spiega, almeno in parte, perché la storia sismica di
questa parte dell’Appennino settentrionale presenti un solo evento fortissimo (1703, M=6.7),
mentre la magnitudo di gran parte delle scosse principali è compresa tra 5.5 e 6 (Tab. 5.5.1). In ogni
caso, la possibilità di rotture eccezionali, capaci di generare terremoti con M>6.5, non può essere
sottovalutata.
Fig. 5.5.4. Sistemi di faglie normali e transtensive nell’Appennino umbro-marchigiano, con attività recente ed attuale
(linee a pettine). I lineamenti compressivi precedenti, spesso dislocati dalle fratture estensionali, sono indicati dalle
linee con triangoli (da Pasqui, 2013).
99
Una dettagliata rappresentazione del complesso di fratture presenti nella zona in esame è
mostrata nella figura 5.4.5, dove si riconosce l’associazione tra i lineamenti tettonici, le conche
intermontane quaternarie (di fatto delle piccole fosse tettoniche del tipo graben, semi-graben e pullapart) e la distribuzione degli eventi sismici più importanti.
Fig. 5.5.5 Complesso delle principali fratture riconosciute nel settore dell’Appennino centro-settentrionale tra
Colfiorito e L’Aquila, in relazione alle conche intermontane (in grigio) ed alla sismicità storica. I numeri accanto alle
località indicano la quota in metri sul livello del mare (da Tondi, 2000).
Ulteriori informazioni sulla tettonica dell’area derivano dai dati sismologici raccolti in
occasione dei terremoti avvenuti nell’ultimo trentennio (localizzazioni ipocentrali, distribuzione
spazio-temporale delle scosse di replica, meccanismi focali e analisi dei campi di sforzo e
deformazione). La cospicua mole di informazioni disponibili, in gran parte relativa alla crisi
sismica del 1997-1998, è descritta nei lavori citati nel paragrafo 1.5, cui possiamo aggiungere
Alberti (2006) e Ciaccio et alii (2006). I meccanismi focali delle scosse principali sono
prevalentemente di tipo estensionale (Fig. 5.5.5). L’asse di massimo allungamento, sempre
suborizzontale e orientato circa NE-SO, implica l’attivazione di faglie normali a direzione NO-SE.
La presenza di una modesta componente orizzontale rende talora lo slittamento obliquo. A tale
proposito, l’attività di faglie normali con cinematica transtensiva sinistra è stata descritta ed
interpretata da Pasqui (2013), in base ad un dettagliato rilevamento geologico-strutturale di vari
lineamenti presenti nella zona in esame. Per quanto riguarda la posizione delle sorgenti sismiche, si
nota che spesso l’ipocentro dell’evento principale è collocato tra 5 e 10 km di profondità (Fig.
5.5.5). Talora la distribuzione dell’ipocentro delle scosse di replica consente di definire la giacitura
della probabile superficie di faglia responsabile del terremoto. In particolare, questo è il caso delle
100
scosse di Colfiorito del Settembre ed Ottobre 1997, che si possono associare a faglie normali
immergenti a sud-ovest con una inclinazione di 30-40° (riquadri F e G in figura 5.5.5).
Fig. 5.5.6. Meccanismo focale delle scosse principali avvenute nell’Appennino umbro-marchigiano nel periodo 19792001 e localizzazione delle scosse di replica. Le linee rosse sulla carta sono le tracce delle sezioni verticali riportate
nei riquadri A-I, che mostrano la distribuzione degli ipocentri delle scosse principali e delle repliche. ATF=Faglia
Tiberina, CC=Città di Castello, Co=Colfiorito, Fo=Foligno, GT=Gualdo Tadino, Gu=Gubbio, MM=Massa Martana,
No=Norcia, SS=Sansepolcro (da Ciaccio et alii, 2006).
L’analisi dei dati sismologici ha innescato un dibattito sulla configurazione geometrica delle
sorgenti sismiche della Dorsale umbra, con particolare attenzione alla posizione dell’ipocentro dei
terremoti. Nell’area in esame la porzione più superficiale della crosta è distinta in copertura
sedimentaria (Quaternario-Triassico superiore) e basamento (Triassico inferiore-Paleozoico), sulla
base dell’andamento della velocità delle onde sismiche P ed S nelle rocce (e.g., Mirabella et alii,
2008a e riferimenti citati). La copertura sedimentaria, la cui stratigrafia è descritta nel Capitolo 1,
termina con uno strato di rocce anidritiche/dolomitiche (Anidridi di Burano), il cui spessore
raggiunge i due chilometri. La parte sommitale del sottostante basamento è invece costituita da
arenarie e peliti del Permiano-Triassico inferiore, debolmente metamorfosate (Gruppo del
Verrucano). Sotto a questo livello filladico, spesso 1-2 km, giace il vero e proprio basamento
cristallino, peraltro mai raggiunto dalle perforazioni condotte nell’area. Le implicazioni per la
sismogenesi derivano dal fatto che l’ipocentro delle principali sorgenti sismiche si colloca tra le
Anidridi di Burano e il Gruppo del Verrucano. Per quanto riguarda il terremoto di Colfiorito del
1997, Calamita et alii (2000) suggeriscono che l’ipocentro cada all’interno delle filladi del
basamento, ben al disotto della formazione di Burano (Fig. 5.5.7a). Tuttavia, elaborazioni più
recenti (Mirabella et alii, 2008a,b) presentano un sostanziale approfondimento del confine
101
copertura/basamento, per cui l’ipocentro della scossa suddetta ricade entro le Anidridi di Burano
(Fig. 5.5.7b). Quest’ultima interpretazione identifica dunque la formazione di Burano come un
livello chiave per la mobilità della copertura sedimentaria appenninica. Ciò è in accordo con quanto
suggerito dal modello geodinamico e cinematico dell’Appennino settentrionale (Fig. 5.1), proposto
da Mantovani et alii, (2011, 2012, 2013) e Cenni et alii (2012). Tale interpretazione prevede
appunto che la mobilità orizzontale del cuneo crostale Romagna-Marche-Umbria derivi dal
disaccoppiamento tra copertura e basamento, causata dalla presenza delle evaporiti triassiche.
Inoltre, è importante ricordare che gli ipocentri tendono ad approfondirsi passando dal settore
settentrionale della zona considerata (Colfiorito) alla porzione meridionale (Norcia), delineando una
inclinazione verso SSE del confine copertura-basamento (Mirabella et al., 2008a). Ciò è in linea con
la geometria del cuneo Romagna-Marche-Umbria proposta da Mantovani et alii (2012) e da Cenni
et al. (2012).
Fig. 5.5.7. Assetto strutturale e sorgenti sismiche nell’area interessata dalla crisi sismica del 1997-1998 (modificato da
Mirabella et alii, 2008a). Le sezioni verticali, orientate da OSO a ENE, seguono una traccia corrispondente ai profili
F e G in figura 5.5.6. A) Interpretazione di Calamita et alii (2000). L’ipocentro della scossa principale della sequenza
(26/9/1997, M=6) è collocata nella parte sommitale del basamento crostale. B) Interpretazione di Mirabella et alii
(2008a,b). L’ipocentro della scossa principale è posto alla base della copertura sedimentaria, all’interno delle
Anidridi di Burano.
Le informazioni geologiche e geofisiche sopra descritte permettono di giustificare la scelta
della geometria proposta per la zona in esame (Fig. 5.4.1 e 5.4.2). Tenendo conto della distribuzione
delle fratture riconosciute (Figg. 5.5.4, 5.55 e 5.5.6) e dei dati macrosismici descritti in tabella 5.4.1,
è opportuno attribuire una intensità massima Imax=10 all’intera zona sismogenetica in oggetto.
5.6 Zona sismogenetica 6: Valle Umbra
I terremoti più importanti che hanno interessato la zona in esame (M³5 o I≥7) sono riportati
nella tabella 5.6.1. In un lasso di tempo di oltre 700 anni si contano 21 scosse che hanno prodotto
risentimenti significativi. Di queste, solo 5 si possono definire distruttive (M≥5.5 o I³8.5).
102
L’intervallo medio tra gli eventi sismici di questo tipo è di circa 144 anni, sebbene possa variare da
poco più di 20 anni a quasi 3 secoli. La maggiore concentrazione di scosse forti si è avuta tra la fine
del ’700 e la metà dell’800, con tre terremoti di cui uno (1832) ha raggiunto la magnitudo M=6.3 e
l’intensità macrosismica I=10. Si può anche notare che dall’ultima scossa forte (1854) sono
trascorsi 159 anni, mentre l’ultimo evento degno di nota è avvenuto 56 anni fa. L’attività sismica
descritta nella tabella 5.6.1 delinea un’area meno pericolosa della vicina Dorsale Umbra (descritta
nel paragrafo precedente) e tuttavia soggetta a sporadici eventi distruttivi.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1246
1277
1298
1592
1667
1702
1703
1704
1745
1767
1785
1792
1832
1838
1854
1878
1885
1895
1900
1949
1957
0
0
12
11
0
11
6
5
3
6
10
7
1
1
2
9
6
5
5
10
7
0
0
1
24
0
14
29
20
0
5
9
20
13
5
12
15
17
20
19
27
19
Spoleto
Spoleto
Reatino
Trevi
Spoleto
Spello
Spoleto
Spoleto
Spoleto
Spoletino
Umbria Meridionale
Ferentillo
Valle del Topino
Valnerina
Valle del Topino
Valle del Clitunno
Poggio Bustone
Baiano
Arrone
Labro
Castel Ritaldi
Latitudine
(N°)
42.73
42.73
42.58
42.88
42.73
42.92
42.75
42.75
42.73
42.82
42.54
42.63
42.98
42.76
43.03
42.84
42.52
42.75
42.58
42.53
42.77
Longitudine
(E°)
12.74
12.74
12.9
12.75
12.74
12.67
12.75
12.75
12.74
12.75
12.79
12.73
12.6
12.79
12.58
12.68
12.84
12.7
12.77
12.8
12.65
Magnitudo
(Mw)
5.4
5.6
6.2
5.1
5.1
5.1
5.1
5.1
5.1
5.4
5.7
5.1
6.3
5
5.6
5.4
4.9
5.1
4.4
5
5.1
Intensità
Io (Imax)
7.5
8
9.5 (10)
7
7
7
7
7
7 (8)
7.5
8.5
7
10
7
8
8
7
7
6 (7)
6.5
7
T
(anni)
31
22
294
74
36
1
1
41
22
18
7
39
6
16
25
7
10
5
49
8
Tab. 5.6.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 6 (Valle
Umbra). Altre informazioni come in Tab.5.1.1.
Le figure successive indicano la distribuzione degli epicentri terremoti storici e strumentali
(M≥4). I dati sono rappresentati sia in base alla magnitudo (Fig. 5.6.1) che all’intensità
macrosismica (Fig. 5.6.2).
Fig. 5.6.1 (sinistra) e 5.6.2 (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona
sismogenetica 6 (Valle Umbra). Altre informazioni come nelle Fig.5.1.1 e 5.1.2.
103
Le caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area considerata sono descritte nella
Guida Geologica Regionale dedicata all’Appennino umbro-marchigiano (Passeri, 1994), contenente
un’ampia bibliografia. Da segnalare anche il Foglio 324-Foligno della Carta Geologica d’Italia alla
scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html).
La zona in esame fa parte del cosiddetto Preappennino umbro (Fig. 1.4.1), caratterizzato
dall’affioramento di unità tettonico-stratigrafiche di tipo torbiditico come la formazione MarnosoArenacea, descritta nel Capitolo 1. Nelle depressioni, tali unità sono coperte da potenti depositi
plio-pleistocenici (Fig. 1.3.6). Invece, presso i rilievi più elevati, come i Monti di Gubbio, i
Massicci Perugini, la Dorsale Narnese-Amerina ed i Monti Martani, affiorano le sottostanti unità
della Successione umbro-marchigiana (in verde nella Fig. 5.6.3).
Fig. 5.6.3. Assetto tettonico della parte dell’Umbria che include la zona sismogenetica 6 (modificato dallo schema
geologico strutturale riportato nel nei Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000,
rielaborato da Mazzoli et alii, 2002).
104
L’assetto strutturale dell’area è segnato dalle strutture compressive (pieghe e sovrascorrimenti),
prodotte nella fase orogenica del Miocene superiore-Pliocene. Tali strutture sono tagliate da più
recenti sistemi di faglie estensionali e transtensive, che hanno controllato la formazione delle
principali depressioni (Figg. 1.4.1 e 5.6.3).
La zona in oggetto è parte di un vasto sistema di depressioni morfologiche noto come Bacino
tiberino, la cui forma peculiare ricorda una Y rovesciata (e.g., Basilici, 1997). Tale sistema, che si è
sviluppato dal Pliocene inferiore, supera i 100 km di lunghezza in senso meridiano e copre un’area
di oltre 1800 km2 (circa un quinto del territorio dell’Umbria). Il substrato del Bacino tiberino è
prevalentemente costituito dalle torbiditi mioceniche (Fig. 5.6.3), mentre il riempimento consiste di
depositi lacustri e fluviali plio-pleistocenici, il cui spessore raggiunge i 2 km a sud-ovest dei Monti
Martani. Il settore settentrionale del Bacino tiberino, corrispondente all’alto corso del F. Tevere,
comprende le fosse di Anghiari-Sansepolcro e Città di Castello-Perugia (Fig. 5.6.4). Il ramo sudoccidentale del bacino è noto come depressione Deruta-Terni, mentre il ramo sud-orientale
corrisponde alla Valle Umbra o depressione Foligno-Spoleto. Essa comprende la piccola fossa
secondaria di Bastardo (Fig. 5.6.4).
Fig. 5.6.4. Configurazione del sistema di depressioni che formano il Bacino tiberino (in grigio). AS=AnghiariSansepolcro, Ba=Bastardo, CP=Città di Castello-Perugia, DT=Deruta-Terni, VU=Valle Umbra.
Come ricordato sopra, il Bacino tiberino è formato da varie depressioni di natura tettonica,
bordate da faglie normali e transtensive del tipo graben, semi-graben e pull-apart. La complessità
del quadro tettonico ha condotto a differenti interpretazioni sul meccanismo di apertura delle fosse,
nel più generale contesto della deformazione recente ed attiva dell’Appennino settentrionale. Uno
dei modelli più diffusi (Boncio e Lavecchia, 2000) suggerisce che le fosse sopra ricordate, tra cui la
Valle Umbra, sono il risultato di una tettonica controllata da faglie normali orientate in senso
“appenninico” (circa NO-SE), sotto un regime di sforzo puramente estensionale con asse di minima
compressione NE-SO (Fig. 5.6.5). In tale interpretazione assume un ruolo centrale la cosiddetta
Faglia tiberina, una superficie di debolezza che borda il fianco orientale delle fosse Città di
Castello-Perugia e Valle Umbra ed immerge verso NE con bassa inclinazione (e.g., Collettini e
Barchi, 2002; Chiaraluce et alii, 2007). Tale frattura rappresenterebbe la faglia maestra di una parte
105
del Bacino tiberino, sulla quale convergono numerose faglie normali antitetiche, con immersione a
SO ed elevata inclinazione.
Fig. 5.6.5. Lineamenti tettonici e regime di sforzo nel Bacino tiberino e dintorni (da Boncio e Lavecchia, 2000). La
linea AB indica la traccia della sezione verticale riportata nella figura 5.6.6.
In particolare, la sismicità più intensa sarebbe legata alle sorgenti sismiche collocate alla
intersezione delle suddette faglia antitetiche con la Faglia tiberina (Fig. 5.6.6). In tale contesto, la
potenzialità sismica della Valle Umbra potrebbe essere limitata dal fatto che, in quel settore, la
Faglia tiberina è più superficiale rispetto a quanto previsto per le zone sismiche adiacenti (Fig.
5.6.6). Per esempio, sotto la Valle Umbra l’intersezione tra la Faglia tiberina e le fratture antitetiche
si trova a meno di 4 km di profondità, mentre l’ipocentro del terremoto di Colfiorito (1997) è
collocato a 6-8 km nella crosta. Considerate le note relazioni tra la superficie di faglia e la
magnitudo (e.g., Wells e Coppersmith, 1994) è plausibile che nella zona in esame i terremoti più
forti raggiungano al più M=6.5, come suggerito anche dalla storia sismica (Tab. 5.6.1).
La possibilità che la Faglia tiberina possa costituire essa stessa un’importante sorgente
sismogenetica è ancora dibattuta. Secondo Calamita et alii (1999), tale lineamento sarebbe
sostanzialmente inattivo dal Pleistocene medio, essendo la deformazione sismotettonica interamente
controllata dalle faglie antitetiche. Tuttavia, l’analisi della sismicità strumentale registrata negli
ultimi decenni indica un lento e costante slittamento lungo la superficie della Faglia tiberina (Barchi
e Collettini, 2002; Chiaraluce et alii, 2007). Ciò ha suggerito la possibilità di un comportamento
106
asismico della frattura, che pur essendo attiva sarebbe incapace di accumulare sforzi sufficienti per
generare terremoti significativi (Bennett, 2006).
Fig. 5.6.6. Sezione verticale schematica dalla Valle Umbra alla zona di Colfiorito, lungo la traccia AB riportata nella
figura 5.6.5 (da Boncio e Lavecchia, 2000). Le linee sottili indicano i principali sovrascorrimenti, dislocati dalle più
recenti faglie normali (linee spesse). I cerchi piccoli rappresentano gli ipocentri delle scosse di replica del terremoto di
Colfiorito del 1997.
Per quanto riguarda i dati sismologici, è opportuno ricordare che tali informazioni mancano per
i forti terremoti storici della Valle Umbra (Tab. 5.6.1). D’altra parte, i meccanismi focali dei
terremoti generati dalle vicine sorgenti sismiche dei Monti Martani e di Colfiorito, illustrati nella
figura 5.5.6, indicano una deformazione estensionale con asse di allungamento circa NE-SO.
Il modello di evoluzione del Bacino tiberino proposto da Bonini (1997, 1998) presenta
importanti differenze rispetto al meccanismo puramente estensionale sopra descritto. Secondo tale
interpretazione, il Bacino tiberino è il prodotto della successione di quattro fasi tettoniche, avvenute
dal Pliocene inferiore all’Attuale, ognuna caratterizzata da uno specifico regime di sforzo. Le
strutture tettoniche formate in ciascuna fase sono state riattivate nella fase successiva, spesso con
cinematica diversa a causa del cambiamento nel regime di sforzo. Ciò spiega la complessità del
quadro tettonico, costituito da vari insiemi di fratture che difficilmente si potrebbero formare
nell’ambito di un singolo regime estensionale, come proposto da Boncio e Lavecchia (2000). In
particolare, dal Pleistocene medio sussisterebbe un regime di sforzo trascorrente o transtensivo,
caratterizzato da assi di massima e minima compressione orizzontale rispettivamente orientati a
NO-SE e NE-SO (Fig. 5.6.7a). In tale contesto, alcune faglie generate nelle fasi precedenti si sono
riattivate con importanti slittamenti orizzontali sinistri, permettendo la formazione di bacini
transtensivi (pull-apart). E’ questo il caso, per esempio, delle Faglie martana, sabina e di Spoleto,
nonché delle fratture che bordano le fosse di Terni, Rieti e Foligno (Fig. 5.6.7a,b). In tal modo,
anche la Valle Umbra risulta essere una struttura complessa formata da due bacini principali
(Foligno e Spoleto) e dalla depressione minore di Bastardo, separata dalla conca di Foligno dall’alto
strutturale di Montefalco (Fig. 5.6.7b).
La peculiarità del modello di Bonini (1997, 1998) consiste dunque nell’ipotesi di una
compressione più o meno parallela alla catena appenninica, associata ad una estensione in direzione
ortogonale o “antiappenninica”. Tale ipotesi sembra essere peraltro confortata da alcune evidenze
geomorfologiche osservate nella Valle Umbra e dintorni. Coltorti e Pieruccini (1997) hanno
analizzato la distribuzione dei terrazzi fluviali e le discordanze tra le varie unità stratigrafiche,
concludendo che questa parte dell’Umbria ha subito un cospicuo sollevamento quaternario,
particolarmente accentuato dal Pleistocene medio, che ha più che compensato la subsidenza indotta
dalle faglie normali che bordano le depressioni. La concomitanza di forte sollevamento ed
assottigliamento della crosta non è facilmente spiegata da un meccanismo di pura estensione,
107
mentre si può interpretare nell’ambito di un regime che preveda una compressione parallela alla
catena (e.g., Cenni et alii, 2012; Mantovani et alii, 2011, 2012, 2013).
Fig. 5.6.7. Interpretazione del Bacino tiberino come risultato della successioni di fasi tettoniche, secondo Bonini (1997,
1998). A) Quadro tettonico della porzione meridionale del Bacino tiberino nella fase Pleistocene medio-Attuale. Le
frecce grandi convergenti e divergenti, riportate nel riquadro a sinistra in basso, indicano rispettivamente la direzione
della massima e minima compressione orizzontale. In grigio sono indicati i depositi fluviali e lacustri plio-pleistocenici.
B) Schema strutturale della Valle Umbra e dintorni per la fase tettonica Pleistocene medio-Attuale. 1) Faglie normali e
transtensive 2) faglie di trasferimento 3) depositi della conca Foligno-Spoleto 4) depositi fluvio-lacustri pliopleistocenici 5) substrato pre-pliocenico 6) direzione di minima compressione 7) direzione di massima compressione.
Le considerazioni sopra esposte sulle evidenze geologiche e geofisiche disponibili giustificano
la forma e le dimensioni proposte per la zona sismogenetica in oggetto (Fig. 5.6.1 e 5.6.2).
Considerando anche i dati macrosismici riportati in tabella 5.6.1, si considera ragionevole attribuire
all’intera zona una intensità massima Imax=10.
5.7 Zona sismogenetica 7: Orvietano
La tabella 5.6.1 descrive gli eventi sismici più importanti che hanno colpito la zona in oggetto
(M³5 o I≥7). In quasi 7 secoli di storia sismica, solo 6 scosse hanno prodotto danneggiamenti
apprezzabili, di cui 3 eventi si possono classificare come distruttivi (M≥5.5 o I³8.5). Occorre notare
che tali scosse sono separate da lunghi intervalli di tempo (rispettivamente 70 e 349 anni) e che
oltre 3 secoli sono trascorsi dall’ultima scossa distruttiva (1695). L’ultimo evento degno di nota
(1957) è peraltro avvenuto quasi 60 anni fa. Tali informazioni suggeriscono che l’attività sismica
della zona considerata, seppur modesta, è tuttavia segnata da sporadiche scosse capaci di provocare
danni considerevoli. Il territorio in esame è del resto alquanto vulnerabile, poiché comprende centri
come Orvieto e Civita di Bagnoregio, dotati di un notevole patrimonio storico-artistico, ma
caratterizzati da accentuata instabilità dei versanti ed esposti a frane indotte da terremoti (e.g.,
Cencetti et al., 2005; Di Buduo et al., 2012).
108
La distribuzione degli epicentri dei terremoti è illustrata dalle figure 5.7.1 (con indicazione
della magnitudo) e 5.7.2 (con indicazione dell’intensità).
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1276
1349
1695
1738
1743
1957
5
9
6
7
1
12
22
9
11
19
21
6
Orvietano
Viterbese Umbria
Bagnoregio
Bagnoregio
Bagnoregio
Castel Giorgio
Latitudine
(N°)
42.72
42.52
42.61
42.63
42.61
42.71
Longitudine
(E°)
12.09
11.93
12.11
12.1
12.07
12.03
Magnitudo
(Mw)
5.6
5.9
5.7
4.9
5
4.9
Intensità
Io (Imax)
8 (8.5)
8.5
8.5 (9)
6.5 (7.5)
7
7 (7.5)
T
(anni)
73
346
43
5
27
Tab. 5.7.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 7 (Orvietano).
Altre informazioni come in Ta. 5.1.1.
Fig. 5.7.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre
informazioni come in Fig. 5.1.1.
Fig. 5.7.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre
informazioni come in Fig. 5.1.2.
109
Informazioni dettagliate sulla stratigrafia e sulla tettonica dell’area sono contenute nelle Guide
geologiche regionali dell’Appennino umbro-marchigiano (Passeri, 1994) e del Lazio (Cosentino et
alii, 1992), da segnalare anche per l’ampia bibliografia.
La zona sismogenetica considerata, collocata a cavallo tra l’Umbria occidentale ed il Lazio
settentrionale, è parte del settore più interno dell’Appennino umbro-marchigiano. La morfologia
dell’area (Fig. 1.2.3) è caratterizzata da rilievi modesti, più accentuati sul lato orientale (M. Peglia e
Dorsale narnese-amerina) rispetto al bordo occidentale, dominato dal complesso vulcanico dei
Monti Vulsini con la grande caldera del Lago di Bolsena. L’ampia depressione che separa i suddetti
rilievi corrisponde all’attuale media valle del F. Tevere. Le forme del rilievo rispecchiano la
geologia del sottosuolo, che vede la giustapposizione di differenti domini disposti in senso NO-SE
(Fig. 5.7.3). Al bordo nord-orientale affiorano le strutture del Preappennino umbro, la cui continuità
è peraltro interrotta da fosse tettoniche come il Bacino tiberino (descritto nel paragrafo 5.6) e la
conca di Rieti. A sud-ovest della Dorsale narnese-amerina, le unità appenniniche sprofondano
bruscamente sotto una coltre di depositi plio-quaternari (spessa da 300 a 1000 m), che formano il
riempimento del cosiddetto Graben del Paglia-Tevere (Fig. 5.7.3). Si tratta di una struttura
estensionale formata a partire dal Pliocene inferiore attraverso varie fasi tettoniche che hanno
prodotto una configurazione piuttosto articolata (e.g., Mancini et al., 2003-2004). L’attuale fossa
tettonica è peraltro solo una parte dell’intera struttura, essendo il settore occidentale completamente
ricoperto dalle vulcaniti laziali del Pleistocene (Fig. 5.7.3).
Fig. 5.7.3. Geologia dell’area comprendente la zona sismogenetica 7, collocata nella porzione settentrionale della
carta (da Mancini et alii, 2003-2004). 1) Depositi di ambiente marino, costiero, deltizio, fluviale e travertini (Pliocene
inferiore-Quaternario) 2) successioni vulcaniche e vulcano-sedimentarie (Pliocene superiore-Pleistocene superiore) 3)
depositi dei bacini intermontani appenninici (Pliocene medio-Quaternario) 4) successione del Dominio umbro
(Triassico-Miocene) 5) successioni del Dominio ligure e del Dominio toscano (Triassico-Miocene) 6) faglie normali 7)
faglie normali sepolte 8) faglie trascorrenti 9) orli di caldere vulcaniche.
110
Alla fine del Pliocene il Graben del Paglia-Tevere si estendeva sino al Tirreno mediante bacini
laterali separati da alti strutturali come il M. Razzano, Cesano ed il M. Soratte (Fig. 5.7.4a).
Successivamente, la paleogeografia dell’area è cambiata in modo drastico, sia per la messa in posto
della coltre vulcanica laziale che per una generale tendenza al sollevamento (Fig. 5.7.4b). In effetti,
le caratteristiche sedimentologiche dei depositi del Paglia-Tevere (e.g., Girotti e Mancini, 2003;
Mancini et alii, 2003-2004; Baldanza et alii, 2011) permettono di distinguere due distinti cicli di
sedimentazione. Il primo ciclo, esteso dal Pliocene inferiore alla base del Pleistocene inferiore, è
dominato dalla presenza di depositi marini, costieri e deltizi in un ambiente fortemente subsidente.
Nella seconda fase (dal Pleistocene inferiore all’Attuale), una intensa attività vulcanica accompagna
la deposizione continentale (sedimenti fluviali e travertini), in un contesto di forte sollevamento
regionale testimoniato dalla erosione dei precedenti depositi sia del Paglia-Tevere che del Bacino
tiberino (Figg. 5.7.4a,b).
Fig. 5.7.4. Schemi paleogeografici dell’area comprendente la zona sismogenetica 7 (da Mancini et alii, 2003-2004).
A) Situazione al Pliocene superiore: a) substrato meso-cenozoico b) depositi alluvionali e lacustri dei bacini
intramontani appenninici c) depositi deltizi e costieri d) depositi marini e) vulcaniti f) quota s.l.m. dei fori di organismi
litofagi g) conoidi deltizie h) direzione delle paleocorrenti fluviali i) progradazione deltizia l) faglie normali m) faglie
trascorrenti. B) Situazione al Pleistocene medio: a) substrato meso-cenozoico b) depositi dei bacini intramontani
soggetti ad erosione c) depositi marini emersi soggetti ad erosione d) depositi fluviali e) vulcaniti f) lave ultramafiche
con età g) principali colate piroclastiche o laviche con età h) direzione delle paleocorrenti fluviali i) progradazione
deltizia l) faglie normali m) faglie trascorrenti n) cratere o caldera.
Vari studi sull’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Bossio et alii, 1996; Coltorti e Pieruccini,
1997; Calamita et al., 1999) hanno messo in evidenza che dal Pleistocene inferiore-medio c’è stata
una stretta connessione tra la tettonica estensionale/transtensiva, il sollevamento generale dell’area
ed il vulcanismo tosco-umbro-laziale (Fig. 5.7.5). Un forte sollevamento quaternario caratterizza
anche l’Appennino tosco-emiliano (e.g., Argnani et alii, 2003; Bartolini, 2003; Boccaletti et alii,
2010). Una plausibile interpretazione di queste ed altre evidenze implica che l’Appennino
settentrionale sia sollecitato da una compressione longitudinale (parallela alla catena) associata ad
estensione perpendicolare, come proposto dal modello sismotettonico riassunto all’inizio di questo
capitolo e descritto in Mantovani et alii (2009, 2012, 2013) e Cenni et alii (2012).
111
Fig. 5.7.5. Sezione schematica attraverso l’Appennino umbro-marchigiano, tracciata in direzione SO-NE dalla costa
tirrenica alla costa adriatica (modificata da Coltorti e Pieruccini, 1997). Lo schema geologico-geomorfologico si
riferisce all’intervallo Pleistocene medio-Attuale. 1) Unità appenniniche deformate 2) depositi pliocenici: a) conoidi
alluvionali b) sedimenti marini e fluvio-lacustri 3) depositi continentali e marini del Pleistocene inferiore 4) depositi
continentali delle conche intramontane 5) superfici di spianamento 6) riattivazione di sovrascorrimenti principali (a) e
secondari (b) 7) faglie normali 8) movimenti verticali (sollevamenti).
Per quanto riguarda il rapporto tra tettonica e vulcanismo quaternario nella fascia tirrenica,
studi recenti (e.g., Marra, 2001; Milia e Torrente, 2003; Acocella e Funiciello, 2002; 2006; Brogi e
Fabbrini, 2009; Tibaldi et alii, 2010) suggeriscono che un regime di tipo transtensivo possa aver
favorito la risalita dei magmi nella crosta, lo sviluppo dei condotti vulcanici e la formazione delle
strutture di collasso (caldere). In particolare, i Monti Vulsini (Fig. 5.7.3 e 5.7.4b) sono formati da
prodotti lavici e piroclastici di chimismo basico (alcalino-potassico), eruttati tra 800000 e 150000
anni fa. Il complesso, formato da almeno 4 apparati principali (Bolsena, Latera, Montefiascone e
Bagnoregio) ha la morfologia di un altopiano a causa della intensa erosione dei depositi piroclastici
e del collasso strutturale dei crateri. L’elemento dominante è infatti la caldera di Bolsena, che ospita
l’omonimo lago ed è bordata da faglie normali di notevole rigetto (Fig. 5.7.6).
Fig. 5.7.6. Assetto strutturale della caldera di Bolsena (modificato da Faraone e Stoppa, 1988). A sinistra è riportata la
carta dei lineamenti tettonici principali, mentre a destra è illustrata la sezione verticale schematica che attraversa la
caldera lungo la traccia AB. 1) Bordo della copertura vulcanica vulsina 2) bordo delle strutture calderiche 3) faglie
nornali (in carta ed in sezione) 4) centri di emissione locale 5) intrusioni magmatiche 6) vulcaniti.
E’ importante ricordare che nell’area vulsina, come in altre parti del complesso vulcanico
tosco-laziale, accanto alle faglie normali orientate a NO-SE o “appenniniche” sono state individuate
importanti faglie NE-SO (trasversali o “anti-appenniniche). Tali lineamenti, con cinematica
presumibilmente trascorrente o transtensiva, sembrano aver in parte controllato l’attività eruttiva,
come indicato dall’allineamento delle bocche di emissione (Fig. 5.7.7).
112
Fig. 5.7.7. Schema strutturale della parte settentrionale dei Monti Vulsini (modificato da Acocella e Funiciello, 2002).
Si può notare l’allineamento delle bocche eruttive lungo fratture disposte sia in senso NO-SE che NE-SO.
Per quanto riguarda le possibili strutture sismogenetiche dell’area in esame, si può notare dalla
storia sismica in tabella 5.7.1 che i terremoti più forti non raggiungono la magnitudo M=6.
Supponendo che quest’ultimo valore sia indicativo della potenzialità sismica della zona, le relazioni
di scala tra magnitudo e dimensioni delle faglie indicano una lunghezza di circa 12 km (Wells e
Coppersmith, 1994). Tale dimensione è compatibile con le fratture osservate sia nel Graben del
Paglia-Tevere che all’interno del complesso vulcanico vulsino (Figg. 5.7.3 e 5.7.7). Inoltre, come
ricordato all’inizio del paragrafo, anche eventi sismici di magnitudo minore possono produrre danni
significativi a causa della instabilità dei versanti che formano il bordo del complesso vulcanico.
Sono inoltre possibili amplificazioni locali dello scuotimento sismico, legate alla bassa profondità
degli ipocentri ed alle proprietà meccaniche dei depositi vulcanici e sedimentari. A tale proposito è
opportuno ricordare gli effetti del terremoto del 6 Febbraio 1971 (e.g., Margottini, 1983). Sebbene
tale evento cada fuori della zona in esame, l’epicentro è collocato nell’area dei Monti Vulsini tra
Arlena di Castro e Tuscanica, solo pochi chilometri a sud del Lago di Bolsena. A fronte di una
magnitudo modesta, probabilmente inferiore a 5, il sisma ha prodotto ingenti danni al centro storico
ed al patrimonio artistico di Tuscania, causando ben 31 vittime.
Sebbene per la zona sismogenetica considerata sia disponibile un’ampia documentazione
geologica, geomorfologia e vulcanologia, scarse sono le informazioni di tipo sismologico che
permettano di vincolare la geometria e la cinematica delle possibili sorgenti sismiche. Ciò vale in
particolare per i terremoti storici riportati nella storia sismica della zona (Tab. 5.7.1). Pertanto, la
forma e l’estensione della zona in esame sono state definite in base alla posizione degli epicentri
delle scosse, dedotti in modo approssimativo dai dati macrosismici. Tali informazioni hanno anche
suggerito di fissare una intensità massima Imax=9 per l’intera zona sismogenetica.
5.8 Zona sismogenetica A: Riminese
La zona in esame, che ricade interamente nel territorio dell’Emilia-Romagna è stata definita da
Mantovani et alii (2013) per la valutazione della pericolosità sismica di quella Regione. Si rimanda
pertanto a tale pubblicazione per una discussione completa dell’attività sismica storica e
strumentale, dell’assetto strutturale e dei lineamenti tettonici. La tabella 5.8.1 e le figure 5.8.1 e
5.8.2 riportano rispettivamente l’elenco dei terremoti principali (M³5 o I ≥7) e la distribuzione degli
epicentri.
113
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1308
1472
1672
1786
1875
1911
1916
1916
1
25
4
12
3
3
5
8
14
25
17
26
17
16
Rimini
Rimini
Riminese
Riminese
Romagna Sud-Orientale
Rimini
Alto Adriatico
Alto Adriatico
Latitudine
(°N)
44.06
44.06
43.94
43.99
44.21
44.06
44.14
44.03
Longitudine
(°E)
12.57
12.57
12.58
12.57
12.57
12.51
12.73
12.78
Magnitudo
(Maw)
5.4
5.1
5.6
5.6
5.9
5.0
6.0
6.1
Intensità
Io (Imax)
7.5
7
8
8
8
5 (6)
8
8
T
(anni
164
200
115
88
36
5
-
Tab. 5.8.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica A (Riminese).
Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.
Fig. 5.8.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica A (Riminese). Altre
informazioni come in Fig. 5.1.1.
Fig. 5.8.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica A (Riminese). Altre
informazioni come in Fig. 5.1.2.
Le principali caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell’area in esame sono descritte nei
Fogli 256-Rimini, 267-San Marino e 268-Pesaro della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000.
Come descritto da Mantovani et alii (2013), per questo settore del fronte esterno dell’Appennino
settentrionale le informazioni sulla tettonica attiva sono limitate e controverse, le strutture più attive
114
essendo sepolte e ubicate fuori costa. Inoltre, il fatto che nelle ultime decadi non siano avvenute
scosse forti (Tab. 5.8.1), implica la mancanza di vincoli sismologici significativi come il
meccanismo di sorgente dei terremoti. Pertanto, la scelta della geometria di questa zona è
prevalentemente basata sulla distribuzione degli epicentri delle scosse storiche (Figg. 5.8.1 e 5.8.2).
La storia sismica della zona (Tab. 5.8.1) indica che dall’anno 1000 sono avvenute 8 scosse
principali (M≥5.0 o I≥7), di cui 5 con I=8. L’intensità massima risentita in questa zona è dunque
Imax=8. L’ultima coppia di scosse forti (1916) risale a 97 anni fa. Gli intervalli di tempo tra gli
eventi riportati in tabella variano da meno di un anno a due secoli, indicando una scarsa regolarità
nell’attivazione delle sorgenti sismiche della zona. C’è anche da notare che le due scosse del
Riminese, avvenute nel 1916 a distanza di pochi mesi, possono essere inquadrate nella crisi sismica
che ha investito l’intero Appennino settentrionale nel periodo 1916-1920. Tale crisi sismica,
peculiare nella storia sismica di questo settore dell’Appennino, è stata interpretata come un effetto
della perturbazione di sforzo e deformazione indotta dal forte terremoto (Fucino, M=7) che colpito
l’Appennino centrale nel Gennaio del 1915 (Viti et alii, 2012, 2013).
Le informazioni sopra descritte suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona
possa essere adeguatamente rappresentata da Imax=8. Come per le altre zone sismogenetiche, si
assume che una scossa di pari intensità possa avvenire in qualsiasi punto della zona in oggetto.
5.9 Zona sismogenetica B: Aquilano
Sebbene la zona in oggetto appartenga interamente alla Regione Abruzzo, i forti terremoti che
caratterizzano la sua storia sismica (Tab. 5.9.1) possono causare danneggiamenti significativi
nell’Alto Lazio (Reatino), nell’Umbria sud-orientale (Ternano) e nelle Marche sud-occidentali
(Ascolano). Tale possibilità è confermata dall’analisi dei dati macrosismici relativi ai terremoti
storici (Locati et alii, 2011).
Nell’arco di quasi sette secoli si contano 13 scosse significative (M≥5.0 o I≥7), di cui 5
particolarmente distruttive (M≥5.5 o I³8.5), compreso il recente terremoto del 6 Aprile 2009 che ha
provocato 308 vittime ed ingenti danni all’Aquila ed nei paesi vicini. Gli eventi distruttivi non sono
dunque particolarmente frequenti, essendo l’intervallo di tempo medio tra le scosse di circa 173
anni. La distanza temporale tra i terremoti forti è comunque piuttosto variabile, dai 59 anni che
separano gli eventi del 1703 e 1762 a ben 247 anni (dal 1762 al 2009). Per quanto in questa zona i
terremoti forti siano sporadici, la magnitudo stimata e soprattutto i risentimenti macrosismici
osservati (che raggiungono intensità 10) mettono in evidenza la pericolosità dell’area.
Anno
Mese
Giorno
Zona epicentrale
1315
1461
1703
1762
1786
1791
1958
2009
2009
2009
2009
2009
2009
12
11
2
10
7
1
6
4
4
4
4
4
4
3
27
2
6
31
0
24
6
6
7
9
9
13
Castelli dell'Aquila
Aquilano
Aquilano
Aquilano
L'Aquila
L'Aquila
L'Aquila
Aquilano
Gran Sasso
Valle dell’Aterno
Gran Sasso
Gran Sasso
Gran Sasso
Latitudine
(N°)
42.36
42.31
42.43
42.31
42.36
42.36
42.34
42.34
42.46
42.30
42.49
42.50
42.50
Longitudine
(E°)
13.40
13.54
13.29
13.59
13.40
13.40
13.48
13.38
13.38
13.49
13.35
13.35
13.38
Magnitudo
(Mw)
5.6
6.4
6.7
6
4.9
5.4
5.2
6.2
5
5.4
5.1
5
5
Intensità
Io (Imax)
8 (9.5)
10
10
9 (9.5)
6 (7)
7.5
7.5
9
-
T
(anni)
146
242
59
24
5
167
51
0
0
0
0
0
Tab. 5.9.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica B (Aquilano).
Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.
Le figure seguenti indicano la distribuzione spaziale degli epicentri dei terremoti storici e
strumentali (M≥4). Nella figura 5.6.1 i dati sono rappresentati in base alla magnitudo, mentre nella
figura 5.6.2 si considera l’intensità macrosismica.
115
Fig. 5.9.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica B (Aquilano). Altre
informazioni come in Fig. 5.1.1.
Fig. 5.9.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica B (Aquilano). Altre
informazioni come in Fig. 5.1.2.
La stratigrafia e l’assetto strutturale dell’area considerata sono descritti nei Fogli 349-Gran
Sasso d’Italia, 358-Pescorocchiano, 359-L’Aquila e 360-Torre dei Passeri della Carta Geologica
d’Italia alla scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). Molte
informazioni di tipo geologico e geomorfologico sono inoltre contenute nella Guida geologica
regionale dedicata all’Abruzzo (Crescenti et alii, 2003), corredata da un’ampia bibliografia.
Come descritto nel Capitolo 1, l’evoluzione stratigrafica e tettonica dell’Appennino centrale
(cui appartiene la zona in esame) presenta sensibili differenze rispetto alla parte settentrionale della
catena. Prima dell’orogenesi appenninica, l’area era caratterizzata da alti e bassi strutturali (ereditati
dalla estensione mesozoica del margine occidentale della placca adriatica), su cui erano impostate
piattaforme carbonatiche e bacini pelagici (Fig. 1.3.1). L’intensa fase compressiva, cominciata dal
Miocene superiore, ha prodotto cospicui raccorciamenti sia del basamento crostale che della
copertura sedimentaria (Fig. 1.4.14), con la formazione di strutture arcuate come l’arco del Gran
Sasso (e.g., Satolli e Calamita, 2008). Dal Pliocene superiore la parte interna di tali archi strutturali
è stata interessata da una deformazione estensionale, controllata da importanti sistemi di faglie
normali (e.g., Galadini e Messina, 2004). Ciò ha determinato lo sviluppo di bacini intermontani
fluvio-lacustri, la cui blanda topografia contrasta con le elevate dorsali montuose circostanti. Anche
la zona in esame è centrata sul bacino dell’Aterno-L’Aquila, compreso tra le dorsali del Gran Sasso
e del M. D’Ocre-M. Sirente (Fig. 5.9.3).
116
Fig. 5.9.3. Schema geologico dell’Appennino centrale (da EMERGEO Working Group, 2009). Il rettangolo mette in
evidenza l’area dell’Aquilano. 1) Depositi di bacino (Meso-Cenozoico) 2) piattaforma carbonatica laziale-abruzzese
(Meso-Cenozoico) 3) piattaforma carbonatica apula (Meso-Cenozoico) 4) depositi torbiditici di avanfossa (Miocene
superiore-Pliocene inferiore) 5) depositi dei bacini formati in regime compressivo (Messiniano-Pliocene inferiore) 6)
sedimenti marini (Pliocene) 7) vulcaniti (Pleistocene medio-superiore) 8) depositi marini e continentali (PlioceneQuaternario) 9) sovrascorrimenti 10) faglie normali e trascorrenti.
E’ importante osservare che attorno al Pleistocene medio l’Appennino centrale ha subito un
importante cambiamento nel regime di deformazione (e.g., Galadini, 1991; Piccardi et alii, 1999).
Contemporaneamente alla migrazione verso Est del fronte esterno compressivo ed al
progressivamento arcuamento delle strutture appenniniche, la cinematica delle faglie dei bacini
intramontani è infatti cambiata da puramente normale a transtensiva sinistra (Fig. 5.9.4). Tale
evidenza, riscontrata anche nell’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Piccardi et alii, 2006; Elter et
al., 2012; Pasqui, 2013), è compatibile con l’ipotesi della compressione longitudinale della catena,
che determina in ultima l’analisi l’attività sismotettonica dell’Appennino (e.g., Mantovani et alii,
2009, 2012, 2013).
Fig. 5.9.4. Cambiamento del regime di deformazione nell’Appennino centrale dal Pleistocene medio (modificato da
Galadini, 1991). Nella fase precedente (a sinistra), i bacini intramontani sviluppati ad ovest del fronte compressivo
esterno dell’Appennino sono bordati da sistemi faglie normali. Nella fase successiva (a destra), prevale un regime
transtensivo sinistro con lo sviluppo di faglie normali a rigetto obliquo e faglie trascorrenti a rigetto orizzontale. Tale
regime transtensivo perdura anche nell’Attuale (e.g., Piccardi et al., 1999) ed è similare alla deformazione attiva
osservata nell’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Piccardi et al., 2006).
117
Le principali faglie attive dell’Appennino centrale, riconosciute dall’analisi di una vasta mole
di dati geologici (e.g., Galadini e Galli, 2000; Galadini e Messina, 2001), possono essere
raggruppate in due sistemi sub-paralleli ed orientati circa NO-SE (Fig. 5.9.5). Il sistema più interno
comprende la Val di Sangro ed il bacino del Fucino, mentre il sistema più esterno abbraccia i bacini
di Sulmona e del Medio ed Alto Aterno, compresa la conca dell’Aquila. Si può notare che la
lunghezza delle singole fratture e compresa per lo più tra 10 e 20 km. Secondo le note relazioni
empiriche tra i parametri geometrici delle faglie (e.g., Wells e Coppersmith), tali dimensioni sono
compatibili con la generazione di terremoti di magnitudo M=6-6.5. La storia sismica riportata nella
tabella 5.9.1 è in accordo con tale indicazione, se si eccettua il fortissimo terremoto del 1703 che ha
raggiunto M=6.7. Peraltro, per quest’ultima crisi sismica sembra plausibile l’attivazione simultanea
di più segmenti di faglia contigui (e.g., Cello et al., 1798; Galadini e Pizzi, 2009).
Per quanto riguarda l’Aquilano, molte conoscenze sono state apportate dai numerosi studi
condotti sulla crisi sismica dell’Aprile 2009. Data la cospicua mole di informazioni, si rimanda alla
relativa letteratura, di cui si fornisce un elenco rappresentativo ancorché parziale. E’ conveniente
raggruppare i lavori in base all’argomento: evoluzione tettonica ed identificazione delle faglie attive
(e.g., Messina et al., 2009; Vezzani et alii, 2009; Galli et alii, 2010); effetti del terremoto sul
territorio (EMERGEO Working Group, 2009; Galli et alii, 2009); analisi sismologiche (e.g.,
Walters et alii, 2009; Pondrelli et alii, 2010; Falcucci et alii, 2009; Chiaraluce et alii, 2011); studio
dei dati geodetici GPS ed InSAR (e.g., Anzidei et alii, 2009; Attori et alii, 2009; Cheloni et alii,
2010; Guerrieri et al., 2010; Cenni et al., 2012; D’Agostino et al., 2012; Serpelloni et alii, 2012);
effetti di sito e microzonazione sismica (Celebi et alii, 2010; Gruppo di Lavoro MS-AQ, 2010).
Fig. 5.9.5. Principali faglie attive nell’Appennino centrale (da Crescenti, 2003). Il sistema di faglia interno (Val di
Sangro- Fucino) comprende le fratture numero 5, 6, 7, 8, 9 e 13. Il sistema di faglie esterno (Sulmona-Aterno-L’Aquila)
comprende le fratture numero 1, 2, 3, 4, 10, 11, 12 e 14. Come riferimento, il confine della Regione Abruzzo è indicato
in grigio.
118
La conca dell’Aquila è una fossa intramontana posta tra 500 e 900 m s.l.m., appartenente al
bacino idrografico del F. Aterno-Pescara e colmata di depositi fluvio-lacustri dal Pliocene
superiore/Pleistocene inferiore. La morfologia è piuttosto complessa, in quanto la conca è formata
da una serie di piccole depressioni (Barete-Pizzoli, Scoppito, Preturo, Monticchio, Onna-Paganica,
Barisciano, Caporciano e Navelli) per una lunghezza complessiva di 40 km ed un’ampiezza di 10
km al più. Le forme del rilievo sono in gran parte controllate dalle faglie normali che bordano le
depressioni (Fig. 5.9.6 e 5.9.7). L’andamento prevalente delle fratture è NO-SE, anche se non
mancano lineamenti orientati NNO-SSE ed E-W. La crisi sismica del 2009 ha messo in evidenza la
potenzialità sismogenetica delle faglie aquilane, con almeno tre scosse di M≥5.5 e numerose
repliche di magnitudo inferiore. L’osservazione dei numerosi effetti sul terreno prodotti dale scosse
maggiori della sequenza ha permesso di stabilire quali faglie sono state attivate dai terremoti (Fig.
5.9.6). In particolare, la scossa principale del 6 Aprile è connessa ad una frattura che taglia la
superficie in corrispondenza della cosiddetta faglia di Paganica. Si deve comunque osservare che
l’epicentro del terremoto è situato ad almeno 10 km a sud-ovest della traccia di tale faglia, mentre
l’ipocentro è posto a circa 10 km di profondità (e.g., Chiaraluce et alii, 2011). Uno dei motivi del
forte danneggiamento subito dalla città dell’Aquila è proprio l’ubicazione della sorgente sismica,
posta quasi sulla verticale del centro abitato (e.g., Gruppo di Lavoro MS-AQ, 2010).
Fig. 5.9.6. Morfologia e sistemi di faglie della conca aquilana e dintorni (da EMERGEO Working Group, 2009). Le
stelle indicano l’epicentro delle scosse principali avvenute durante la crisi sismica dell’Aprile 2009. I triangoli viola
indicano i siti in cui sono stat i osservati effetti sul terreno prodotti dalle scosse suddette.
I dati sismologici raccolti durante la crisi sismica del 2009 indicano che i terremoti sono stati
generati dall’attivazione di faglie normali, con componenti molto modeste di slittamento orizzontale
(Fig. 5.9.7). Per ulteriori informazioni sulle sorgenti sismiche implicate si rimanda alla vasta
letteratura sopra indicata. A tale proposito si può notare il ruolo giocato dalle osservazioni
119
geodetiche (GPS ed InSAR), che hanno permesso un’accurata ricostruzione della geometria e
cinematica delle faglie sismogenetiche, nonché la determinazione del campo di velocità prima,
durante e dopo la crisi sismica. In effetti, la disponibilità numerose stazioni geodetiche permanenti
ha permesso di acquisire una mole di informazioni impensabile sino a dieci anni fa, quando lo
studio dei terremoti era centrato sull’analisi delle registrazioni sismografiche. Questa tendenza è
naturalmente destinata a rafforzarsi, man mano che nuove porzioni del territorio nazionale vengono
coperte reti geodetiche sempre più fitte (e.g., Cenni et alii, 2012, 2013).
Fig. 5.9.7 Meccanismo focale dei principali terremoti avvenuti nell’Aquilano durante la crisi sismica dell’Aprile 2009
(da Walters et alii, 2009). Le sigle BW, GCMT e USGS BW si riferiscono alla scossa del 6 Aprile, il cui meccanismo è
fornito da tre fonti differenti (rispettivamente Walters et alii 2009, www.globalcmt.org e www.usgs.gov). Le sigle 7th e
9th indicano le scosse del 7 e 9 Aprile, di cui è riportato il meccanismo focale fornito da www.globalcmt.org. Il
rettangolo tratteggiato rappresenta la proiezione orizzontale della presunta sorgente sismica, la cui intersezione con la
superficie corrisponde alla faglia di Paganica. Le faglie principali, riportate nella cartografia geologica, sono indicate
in rosso.
Per quanto riguarda la potenzialità sismica della zona in esame, occorre dire che secondo
l’approccio probabilistico il verificarsi di forti scosse nell’immediato futuro è poco plausibile.
Come già detto sopra, l’intervallo di tempo medio tra le scosse principali (M≥5.5) è di circa 173
anni. Tale valore può essere usato per stimare la probabilità che almeno una scossa con M≥5.5
colpisca la zona in oggetto nei 10 anni successivi all’ultima crisi sismica, ossia nell’intervallo
Aprile 2009-Aprile 2019. A tale scopo è conveniente usare la distribuzione di probabilità di
Poisson, su cui è fondata la procedura corrente per la stima della pericolosità sismica (e.g., Stucchi
et alii, 2011). Un semplice calcolo relativo a tale distribuzione (e.g., http://robitex.wordpress.com/
2011/02/09/il-terremoto-come-fenomeno-poissoniano-il-tempo-di-ritorno/) mostra che la probabilità in oggetto è minore del 6%.
Anche se tale stima può apparire rassicurante, è importante notare che la procedura
probabilistica è basata su ipotesi molto discutibili (discusse in dettaglio da Mantovani et alii 2011,
2012, 2013), come la casualità dei terremoti e l’indipendenza delle sorgenti sismiche. Inoltre, la
120
conoscenza delle possibili strutture sismogenetiche è tuttora assai ridotta, per cui non si può
escludere che altre faglie dell’Aquilano siano prossime al cedimento, nonostante il cospicuo rilascio
di energia sismica avvenuto nel 2009. Tali considerazioni portano ad una valutazione assai più
cauta della pericolosità e, in particolare, suggeriscono di assegnare all’intera zona una intensità
massima compatibile con i danneggiamenti più intensi registrati nella storia sismica (Tab. 5.9.1).
Pertanto, suggeriamo di attribuire alla zona sismogenetica in oggetto il valore Imax=10.
121
6. Intensità massima attesa nei comuni dell’Umbria e delle Marche
La progettazione di un nuovo manufatto, o la messa in sicurezza di un’opera già esistente,
richiedono la definizione della cosiddetta azione sismica, ovvero il complesso delle sollecitazioni
che si possono ragionevolmente attendere nel corso di un terremoto (e.g., Ministero Delle
Infrastrutture e dei Trasporti, 2009). Per definire in modo rigoroso l’azione sismica, sarebbe
necessario conoscere la risposta del manufatto alla sollecitazione imposta da un determinato
scuotimento sismico, tenendo conto delle caratteristiche del terreno di fondazione. Per cercare di
risolvere tale complesso problema, sono state adottate procedure semplificate per definire lo spettro
di risposta del manufatto, ovvero la distribuzione dei parametri di scuotimento attesi (accelerazioni,
velocità e spostamenti) in funzione della frequenza di vibrazione propria del manufatto (e.g.,
Newmark e Hall, 1982; Solomos et alii, 2008). Tuttavia, tali procedure presuppongono la conoscenza
di quantità di solito poco note, come lo spettro di scuotimento del suolo nella zona implicata, che può
essere notevolmente influenzato dalle condizioni stratigrafiche, topografiche e strutturali locali
(e.g., Holzer, 1994; Romeo, 2007; Bommer et alii, 2010).
Evidenze dirette sullo scuotimento sismico provengono dai dati registrati nelle stazioni
accelerometriche e sismografiche attualmente operanti. A tale proposito si ricorda l’istituzione
dell’archivio di dati ITACA che contiene registrazioni provenienti da 742 stazioni accelerometriche
per il periodo 1972-2009 (http://itaca.mi.ingv.it, Paolucci et alii, 2010). Per quanto riguarda il
controlllo del territorio, il Dipartimento della Protezione Civile gestisce le attività della Rete
Accelerometrica Nazionale, attualmente composta da 503 postazioni poste in cabine di Enel
Distribuzione o situate in terreni pubblici. Ciascuna postazione comprende un accelerometro, un
digitalizzatore, un modem/router con un'antenna per trasmettere i dati digitalizzati via GPRS ed un
ricevitore GPS per associare al dato il tempo universale UTC e per misurare la latitudine e
longitudine della postazione. I dati elaborati, reperibili al sito www.mot1.it/randownload, comprendono
vari parametri di scuotimento tra cui il massimo valore di accelerazione, velocità e spostamento del
suolo (rispettivamente PGA, PGV e PGD) e le intensità di Arias e di Housner, che tengono conto della
durata del moto del terreno durante il terremoto (e.g., Ye et al., 2011). Inoltre, dal Gennaio 2008 è
pubblicato
con
cadenza
mensile
il
Bollettino
accelerometrico
(http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/ran.wp). Tuttavia, la distribuzione non uniforme delle
sorgenti sismiche ed il numero ancora limitato di stazioni accelerometriche fanno si che vaste zone
del territorio nazionale siano ancora prive o quasi di dati di scuotimento. Inoltre, il periodo coperto
dai dati accelerometrici (cioè gli ultimi 30-40 anni) è ancora troppo breve per fornire una
rappresentazione attendibile dello scuotimento sismico (e.g., Strasser e Bommer, 2009). Per
esempio, dal 1950 l’area umbro-marchigiana è stata colpita solo da 6 terremoti forti con magnitudo
compresa tra M=5.5 e 6, di cui quattro avvenuti durante la crisi sismica del Settembre-Ottobre 1997
(Rovida et al., 2011). Nel territorio delle Regioni Umbria e Marche sono rispettivamente installate
80 e 40 stazioni accelerometriche (Tab. 6.1), che in complesso corrispondono al 24% della rete
nazionale. Tuttavia, il catalogo ITACA mostra che solo 38 stazioni umbre e 22 stazioni marchigiane
presentano almeno una registrazione accelerometrica (Tab. 6.1a).
L’analisi dei dati tabulati si presta ad alcune considerazioni. Per quanto riguarda l’Umbria, si
nota che in 15 stazioni è stata registrata una PGA considerevole, pari ad almeno un decimo
dell’accelerazione di gravità. Tuttavia, gran parte dei dati in oggetto si riferisce a siti ubicati
nell’area epicentrale della sequenza sismica 1997-1998, come Annifo, Foligno, Nocera Umbra e
Sellano (stazioni ANNI, ASS, CLC, CSA, NCB, NCM, NCR, NCR2, NOCE, SELE, SELW). Le
eccezioni sono costituite dalle stazioni presso Cascia e Norcia (CSC, CSR, NRC), che hanno
risentito della scossa del 1979 e Pietralunga presso Gubbio (PTL), che ha registrato lo scuotimento
del terremoto del 1984. Per quanto riguarda i valori di PGA, è importante ricordare che il dato
riportato per il sito di Colfiorito Casermette (CLC), pari al 72% dell’accelerazione di gravità, è il
più elevato contenuto nel catalogo ITACA. In tal caso, il forte scuotimento osservato è imputabile
più alla vicinanza della stazione all’epicentro - meno di 2 km - che alla magnitudo della scossa
122
(M=4.5). Comunque, evidenze indipendenti basate sulla disposizione di frammenti di roccia presso
Annifo, nell’area epicentrale del terremoto del 26 Settembre 1997, confermano il raggiungimento di
accelerazioni orizzontali e verticali dell’ordine di 1g (Bouchon et al., 2000).
Anche per quanto riguarda le Marche, la maggioranza delle 7 stazioni che hanno registrato un
considerevole scuotimento (PGA>1g) è situata nella zona colpita dalla crisi sismica 1997-1998:
Serravalle di Chienti (CESM, CESV e CLF) e Matelica (MTL). Tuttavia, elevati valori di PGA,
sino a 0.5g, caratterizzano le registrazioni relative ai terremoti che hanno colpito Ancona nel 1972
(ANP, ANR) e Sirolo (SRL) presso il M. Conero nel 1986.
(A)
Regione Umbria
Sigla
AME
ANNI
ASS
BVG
CLC
CSA
CSC
CSD
CSR
CTC
CTS
FHC
FOC
FOS
GBB
GBP
GLT
GNU
NCB
NCM
NCR2
NCR
NOCE
NOR
NRC
NRN
PRG
PTL
SELE
SELW
SLO
SPC
SPL
SPM
SPO
TOD
TRN
UMB
Nome stazione
Amelia
Annifo
Assisi
Bevagna
Colfiorito Casermette
Castelnuovo (Assisi)
Cascia
Castel Viscardo
Cascia-Petrucci
Città di Castello
Città di Castello-Regnano
Forca Canapine (Arquata Tronto)
Foligno-Cfd-Umbr
Foligno Seggio
Gubbio
Gubbio Piana
Gualdo Tadino
Giano dnell’Umbria
Nocera Umbra Biscontini
Nocera Umbra Salmata
Nocera Umbra 2
Nocera Umbra
Nocera Umbra P.I.
Norcia Le Castellina
Norcia
Narni
Perugia
Pietralunga
Sellano Est
Sellano Ovest
Sellano
Spoleto (Cantina)
Spoleto
Spoleto (Monteluco)
Spoleto
Todi
Terni
Umbertide
Comune
Amelia
Foligno
Assisi
Bevagna
Foligno
Cannara
Cascia
Castel Viscardo
Cascia
Città di Castello
Città di Castello
Norcia
Foligno
Foligno
Gubbio
Gubbio
Gualdo Tadino
Massa Martana
Nocera Umbra
Nocera Umbra
Nocera Umbra
Nocera Umbra
Nocera Umbra
Norcia
Norcia
Narni
Perugia
Pietralunga
Sellano
Sellano
Sellano
Spoleto
Spoleto
Spoleto
Spoleto
Todi
Terni
Umbertide
N
1
12
60
13
55
13
16
5
5
1
5
5
2
3
12
13
12
1
44
11
62
46
14
110
24
5
1
4
15
32
3
20
2
6
18
3
1
2
PGA (PGA/g)
216.232 (0.220)
184.427 (0.188)
77.536 (0.079)
712.093 (0.726)
168.885 (0.172)
198.317 (0.202)
27.478 (0.028)
128.974 (0.131)
48.885 (0.050)
10.261 (0.010)
64.107 (0.065)
1.286 (0.001)
11.238 (0.011)
81.652 (0.083)
95.894 (0.098)
39.260 (0.040)
361.905 (0.369)
171.747 (0.175)
520.700 (0.531)
492.165 (0.502)
528.365 (0.539)
19.139 (0.020)
188.121 (0.192)
54.759 (0.056)
7.325 (0.007)
174.289 (0.178)
140.771 (0.143)
189.235 (0.193)
7.478 (0.008)
44.650 (0.046)
41.372 (0.042)
47.922 (0.049)
44.524 (0.045)
4.300 (0.004)
65.083 (0.066)
31.773 (0.032)
Evento (ML)
06/12/2010 (3.4)
17/11/1997 (3.5)
06/10/1997 (5.4)
26/09/1997 (5.8)
16/10/1997 (4.5)
26/09/1997 (5.8)
19/09/1979 (5.5)
09/02/1994 (3.2)
28/02/1980 (4.8)
29/04/1984 (5.2)
15/04/2010 (3.8)
14/10/1997 (5.5)
15/12/2009 (4.3)
28/08/2010 (4.1)
26/09/1997 (5.8)
26/09/1997 (5.8)
16/04/2001 (3.2)
13/10/2010 (3.0)
06/10/1997 (5.4)
06/10/1997 (5.4)
06/10/1997 (5.4)
26/09/1997 (5.8)
03/04/1998 (5.3)
08/02/2007 (3.8)
28/02/1980 (4.8)
16/12/2000 (4.1)
15/12/2009 (4.3)
29/04/1984 (5.2)
21/03/1998 (4.4)
21/03/1998 (4.4)
29/11/1999 (3.8)
05/01/2006 (3.6)
20/09/1981 (3.5)
26/09/1997 (5.6)
05/01/2006 (3.6)
15/12/2009 (4.3)
16/12/2000 (4.1)
29/04/1984 (5.2)
D
55.4
2.5
20.5
21.8
1.7
21.5
9.3
13.6
5.9
38.1
16.5
29.7
35.5
24.9
43.2
39.6
1.5
24.6
9.0
14.1
10.6
12.1
7.8
6.8
10.6
5.5
12.4
26.1
6.7
6.9
50.8
1.3
4.8
35.3
1.7
31.3
4.2
25.8
Regione Marche
Sigla
ANP
ANR
ARQ
CAG
CESM
CESV
CGL
CLF
FORC
LRP
MCR
MCT
Nome stazione
Ancona - Palombina
Ancona - Rocca
Arquata del Tronto
Cassignano
Cesi Monte
Cesi Valle
Cagli
Colfiorito
Forcella
Loro Piceno
Macerata Feltria
Macerata
Comune
Ancona
Ancona
Arquata del Tronto
Serravalle di Chienti
Serravalle di Chienti
Serravalle di Chienti
Cagli
Serravalle di Chienti
Serravalle di Chienti
Loro Piceno
Sassocorvaro
Macerata
N
8
3
3
10
33
29
2
28
12
3
5
1
PGA (PGA/g)
402.405 (0.410)
530.888 (0.541)
74.342 (0.076)
84.582 (0.086)
175.507 (0.179)
180.986 (0.184)
19.589 (0.020)
331.805 (0.338)
82.333 (0.084)
1.902 (0.002)
3.778 (0.004)
1.495 (0.001)
Evento (ML)
21/06/1972 (4.0)
14/06/1972 (4.7)
19/09/1979 (5.5)
03/04/1998 (5.3)
14/20/1997 (5.5)
16/10/1997 (4.5)
26/09/1997 (5.8)
26/09/1997 (5.8)
12/10/1997 (5.1)
02/02/2010 (3.5)
13/10/2010 (4.2)
02/02/2010 (3.5)
D
25.9
7.7
21.0
15.7
11.8
4.6
60.6
2.8
6.6
7.4
45.3
21.5
123
MNF
MPP
MTL
PGL
PTI
SBT
SER
SNG
SNO
SRL
Monte Fiegni (Fiastra)
Montappone
Matelica
Peglio
Petritoli
S. Benedetto
Serravalle di Chienti
Senigallia
Sarnano
Sirolo
Fiastra
Montappone
Matelica
Peglio
Petritoli
San Benedetto del Tronto
Serravalle di Chienti
Senigallia
San Ginesio
Sirolo
6
1
9
3
2
3
4
2
8
5
31.171 (0.032)
7.682 (0.008)
114.078 (0.116)
67.959 (0.069)
0.339 (-)
2.304 (0.002)
31.019 (0.032)
44.568 (0.045)
17.256 (0.018)
134.644 (0.137)
26/09/1997 (5.8)
02/02/2010 (3.5)
26/09/1997 (5.8)
26/09/1997 (5.8)
02/02/2010 (3.5)
20/09/2009 (4.6)
14/10/1997 (5.5)
26/09/1997 (5.8)
20/09/2009 (4.6)
22/06/1986 (3.7)
27.5
7.6
29.0
80.9
22.0
63.0
19.7
80.4
41.3
11.7
(B)
Sigla
APO0
BCC
BCT
CCT
CDRV1
CDRV2
CDRV3
CRR1
CRR2
CRR3
CSC1
CSC2
CST1
CST2
CST3
CSAD
CSI
CSV0
CTR0
FOC0
FSMI
MGAB
MVB
MVBA
NRA
NRCA
NRI
NRM
NRO
NRP
NRZI
PAN
PIE0
PIL0
PRCI
SBI0
SNI
SPI0
VFC
VFF
VFP
VFS
Regione Umbria
Nome stazione
Sant’Apollinare Temporanea
Borgo Cerreto-Campo Sportivo
Borgo Cerreto-Torre
Città di Castello (Triestina)
C. di Spoleto Cedrav1 (Master)
C. di Spoleto Cedrav2 (SlaveA)
C. di Spoleto Cedrav3 (Last)
C. di Spoleto-Comune 1
C. di Spoleto-Comune 2
C. di Spoleto-Palazzo Nobili
C. di Spoleto-Conservatorio 1
C. di Spoleto-Conservatorio 2
C. di Spoleto-Teatro 1
C. di Spoleto-Teatro 2
C. di Spoleto-Teatro 3
Castelnuovo (Assisi)
Cascia – Pronto Intervento
Castiglione della Valle
Castel Ritaldi
Foligno CFD
Foligno S. Maria Infraportas
Montegabbione
Marciano Monte Vibiano
Marsciano
Norcia - Altavilla
Norcia
Norcia – INA Casa
Norcia - Mulino
Norcia - Orelli
Norcia - Panificio
Norcia – Zona Industriale
Panicale
Pietralunga
Pilorico Materno
Preci
San Biagio della Valle
San Gemini
Marsciano Spina
Valfabbrica – Diaz C.
Valfabbrica – Diaz F.
Valfabbrica – Piano Terra
Valfabbrica – Sottot.
Comune
Marsciano
Norcia
Cerreto di Spoleto
Città di Castello
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cerreto di Spoleto
Cannara
Cascia
Marsciano
Castel Ritaldi
Foligno
Foligno
Montegabbione
Marsciano
Marsciano
Norcia
Norcia
Norcia
Norcia
Norcia
Norcia
Norcia
Panicale
Pietralunga
Perugia
Preci
Marsciano
San Gemini
Marsciano
Valfabbrica
Valfabbrica
Valfabbrica
Valfabbrica
Sigla
ANB
ANC
ANT0
CADA
CIMA
CRM1
FIU1
LRP0
MDAR
MMUR
MPP0
MTL1
RQT
SEF1
SENI
SSM1
TLN
TRE1
Regione Marche
Nome stazione
Comune
Ancona 2
Ancona
Ancona
Ancona
Ancona - Torre D’Ago
Ancona
Capodarco
Fermo
Civitanova Marche
Civitanova Marche
Castelraimondo
Castelraimondo
Fiuminata
Fiuminata
Loro Piceno
Loro Piceno
Montedaria
Serrapetrona
Monte Murano
Serra San Quirico
Montappone
Montappone
Matelica
Matelica
Arquata del Tronto
Arquata del Tronto
Sefro
Sefro
Senigallia
Senigallia
San Severino Marche
S. Severino Marche
Tolentino
Tolentino
Treia
Treia
Tab. 6.1. Stazioni accelerometriche ubicate in Umbria e nelle Marche, con registrazioni (A) e senza registrazioni (B).
N=numero di registrazioni, PGA=valore più grande registrato della massima accelerazione orizzontale del terreno
(Peak Ground Acceleration o PGA, in cm s-2 e, tra parentesi, rispetto all’accelerazione di gravità, g = 981 cm s-2),
ML=magnitudo locale del terremoto che ha prodotto la massima PGA osservata, D=distanza della stazione
dall’epicentro del terremoto (km). Dati presi dal Catalogo ITACA (http://itaca.mi.ingv.it).
Quanto sopra descritto per l’area umbro-marchigiana porta a ribadire le conclusioni tirate da
Mantovani et alii (2012, 2013) per la Toscana e l’Emilia-Romagna, ovvero che l’ancora limitato
124
patrimonio di dati strumentali fa si che ogni nuovo forte terremoto può cambiare in modo
significativo il quadro dello scuotimento sismico (e.g., Strasser e Bommer, 2009). Pertanto, definire
la pericolosità sismica in base alle registrazioni dello scuotimento di terremoti del passato è ancora
una strada impraticabile. La valutazione dello scuotimento atteso da terremoti futuri deve quindi
avvalersi di informazioni ricavabili dalle descrizioni dei danni provocati da terremoti passati. La mole
di dati contenuta nelle fonti storiche, di cui la regione italiana è particolarmente ricca, è sintetizzata
dal valore dell’intensità macrosismica massima stimata (Imax), di solito espressa nella scala
Mercalli-Cancani-Sieberg o MCS (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004; Stucchi et alii, 2007; Locati et
alii, 2011; Rovida et alii, 2011).
E’ importante ricordare che le informazioni relative ad ogni altro parametro dei terremoti
storici (come epicentro, magnitudo e scuotimento) sono necessariamente derivate dalle notizie sul
danneggiamento e, in particolare, dalla distribuzione spaziale dei dati macrosismici. E’ noto però
che il danneggiamento dipende, oltre che dall’energia del terremoto (magnitudo), anche dalla
profondità dell’ipocentro e dalle condizioni geomorfologiche locali, informazioni non disponibili
per terremoti storici. Pertanto stime di parametri diversi dall’intensità, dedotte in modo indiretto da
notizie storiche, sono senz’altro affette da maggiore incertezza. Occorre considerare anche il
problema della conversione nella scala MCS di dati espressi in altre scale di intensità (e.g., Musson
et alii, 2010). Inoltre, com’è noto, la valutazione dell’intensità è basata sugli effetti dello
scuotimento sismico su oggetti di uso comune, manufatti ed esseri viventi (e.g., Grünthal, 1998).
Pertanto, la stima dell’intensità macrosismica rende conto della risposta complessiva del terreno e
dei manufatti allo scuotimento prodotto dalla scossa (e.g., Klugel, 2007). L’intensità è dunque
l’unico parametro disponibile che fornisce, sia per i terremoti recenti che per le scosse storiche, una
valutazione del livello del danneggiamento piuttosto che della sola pericolosità (possibile livello di
scuotimento).
L’attendibilità delle valutazioni sul danneggiamento è ovviamente condizionata dalla ricchezza
ed estensione temporale della documentazione storica disponibile per la zona considerata.
Nonostante queste e altre limitazioni, la distribuzione delle Imax nel territorio in esame rimane
comunque l’informazione più importante, tra quelle disponibili, per tentare una valutazione
realistica della pericolosità sismica. Ciò è particolarmente vero per la regione italiana, caratterizzata
da un cospicuo patrimonio archivistico e storiografico che copre molti secoli. Come accennato
sopra, i parametri dei terremoti avvenuti prima della creazione della attuale rete sismografica
nazionale sono dedotti, con varie procedure, dalla distribuzione dei risentimenti macrosismici (e.g.,
Gasperini et alii, 1999; Gruppo di Lavoro CPTI, 2004; Rovida et alii, 2011). Per cui, anche le stime
ufficiali di pericolosità sismica (Gruppo di Lavoro MPS, 2004), che considerano la magnitudo
piuttosto che l’intensità dei terremoti, dipendono in ultima analisi dalla distribuzione e qualità dei
dati macrosismici e, per quanto detto in precedenza, sono affette da maggiori incertezze.
Com’è noto, le indagini basate su procedure di tipo probabilistico hanno prodotto carte
nazionali di pericolosità, che riportano i valori di accelerazione orizzontale del terreno che
potrebbero essere raggiunti nelle prossime decadi (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004; Stucchi et
alii, 2011). I molteplici problemi teorici e pratici di tale procedure, discussi da Mantovani et alii
(2011, 2012a,b, 2013) ed altri Autori (e.g., Castanos e Lomnitz, 2000; Klugel 2007; Stein et alii,
2012) sono aggravati dal fatto che gli scuotimenti calcolati si riferiscono al caso ideale di roccia
rigida pianeggiante e quindi non tengono conto né dei contrasti topografici né delle coperture
sedimentarie recenti, poco consolidate e con alto contrasto di impedenza sismica rispetto al
substrato roccioso sottostante (e.g., Mulargia et alii, 2007; Romeo, 2007).
La possibilità che le stime probabilistiche sottovalutino in modo significativo il moto reale del
terreno è stata messa in evidenza da analisi condotte per vari terremoti avvenuti in Italia ed
all’estero, come le recenti scosse distruttive in Algeria (2003), Marocco (2004), Cina (2008), Haiti
(2010), Nuova Zelanda (2010 e 2011) e Giappone (2011) (e.g., Albarello et alii, 2008; Reyners et
alii, 2011; Stein et alii, 2012). Un esempio in tal senso è la scossa dell’Aquila (2009), dove la PGA
osservata attorno all’epicentro ha largamente superato il valore che aveva una bassa probabilità di
125
essere raggiunto nei prossimi 50 anni (0.275g, Gruppo di Lavoro MPS, 2004,
http://zonesismiche.mi.ingv.it), oltrepassando 1g in almeno una stazione accelerometrica (Celebi et
alii, 2010).
Analoghe considerazioni si possono fare per la crisi sismica emiliana del 2012. Le stime
probabilistiche (Meletti et alii, 2012) prevedevano una PGA in calo da sud verso nord, ovvero di
0.150-0.175g nell’area compresa tra Modena e l’alto strutturale di Mirandola, 0.125-0.150g nella
zona epicentrale e 0.075-0.125g nel Mantovano e nel Rovighese. I dati raccolti dalla Rete
Accelerometrica Nazionale, commentati in Mantovani et alii (2013), indicano che tali valori sono
stati più volte superati nel corso della crisi sismica, in particolare nelle stazioni di Castelmassa nel
Rovighese (0.133g), Mirandola nel Modenese (0.309g) e Moglia nel Mantovano (0.245g).
Sulla base delle considerazioni sopra riportate e di quanto discusso in Mantovani et alii (2011,
2012a,b, 2013), riteniamo che la procedura per stimare la pericolosità sismica debba tenere
prioritariamente conto dei dati macrosismici, senza alterare questa preziosa e unica informazione di
base con analisi probabilistiche fondate su ipotesi poco realistiche circa il comportamento sismico e
la presunta configurazione delle strutture coinvolte, in linea con le critiche espresse da Stein et alii (2012).
Inoltre, è evidente che la storia sismica disponibile (completa solo per gli ultimi secoli) è molto
limitata rispetto al periodo geologico (dell’ordine del milione di anni) in cui si sono sviluppate le
fratture esistenti nell’ambito del quadro geodinamico e sismotettonico descritto nel Capitolo 2.
Riteniamo pertanto necessario integrare i dati macrosismici con informazioni derivate dalle
conoscenze acquisite sul quadro tettonico attuale, al fine di tentare un riconoscimento delle zone del
territorio umbro e marchigiano dove lo sviluppo dei processi deformativi attuali può portare
all’attivazione di fratture che non sono associate a forti terremoti storici. Un tentativo di tenere
conto di questo problema è stato fatto anche dalla procedura probabilistica (Gruppo di Lavoro MPS,
2004; Stucchi et alii, 2011), ma la geometria adottata per le presunte zone sismogenetiche (Meletti
et alii (2008) è scarsamente compatibile con l’assetto tettonico attuale, come discusso da Mantovani
et alii (2012a, 2013) per la Toscana e l’Emilia-Romagna.
Nel seguito è descritto il risultato ottenuto dall’analisi sopra citata, sintetizzato da varie
tabelle e da una carta che riporta il valore della intensità massima attesa per ciascun comune
dell’Umbria e delle Marche. I dati macrosismici utilizzati provengono dalla raccolta
attualmente più aggiornata, ovvero il catalogo DBMI11 (Locati et alii, 2011,
http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/).
Per rendere possibile l’inserimento delle conoscenze sul quadro tettonico attuale nella stima
delle intensità massime di ogni comune abbiamo adottato la procedura di seguito descritta. Partendo
dal presupposto che in ognuna delle sette zone sismiche interne e due esterne mostrate in figura 6.1
l’evento più intenso documentato si possa verificare in qualsiasi punto dell’area considerata, l’Imax
adottata per quella zona è assegnata a tutti i comuni compresi, anche se non totalmente, nella zona
implicata. Per calcolare gli effetti che un terremoto interno ad una zona può produrre sui comuni
situati all’esterno sono state utilizzate le relazioni empiriche di attenuazione dell’intensità con la
distanza, ricavate per l’area italiana (e.g., Berardi et alii, 1993; Gomez-Capera, 2006; Pasolini et
alii, 2006). La distanza considerata per il calcolo dell’attenuazione è quella che separa la zona
considerata dal baricentro del comune in oggetto.
Il risultato di quest’analisi è riportato nelle tabelle 6.2-6.8, riferite alle 2 province dell’Umbria e
alle 5 province delle Marche. Al fine di offrire una documentazione più completa possibile sugli
elementi utilizzati per le scelte effettuate, per ogni comune sono riportate varie informazioni. Oltre
alla Imax da noi proposta, è indicata, per confronto, la Imax presa dal catalogo macrosismico
DBMI11. La scelta di questo catalogo è dovuta al fatto che tale raccolta tiene conto delle
informazioni fornite da cataloghi precedenti (Baratta, 1983; Postpischl, 1985; Boschi et alii, 1995,
1997, 2000; Camassi e Stucchi, 1997; Monachesi e Stucchi, 1997; Stucchi et alii, 2007). E’ utile
chiarire che il valore riportato in tabella si riferisce all’intero territorio del comune considerato e
non al solo capoluogo, come invece risulterebbe dalla consultazione in rete delle storie sismiche del
catalogo DBMI11 per i comuni interessati.
126
Fig. 6.1. Sismicità storica (vedi Fig. 4.1.1) e geometria delle zone sismiche definite nel capitolo 5, sovrapposte ai
confini dei comuni dell’Umbria e delle Marche. In verde sono indicati i confini provinciali. Il numero riportato in ogni
comune corrisponde a quello delle tabelle 6.2-6.8.
Per dare la possibilità di confrontare la Imax da noi proposta con quella fornita da un
precedente tentativo, le tabelle riportano anche i valori di Imax suggeriti da Molin et alii (1996) in
base al giudizio esperto degli autori e all’uso dei dati disponibili all’epoca.
Per agevolare il controllo della consistenza, e quindi dell’affidabilità e robustezza della storia
sismica disponibile per ogni comune, le tabelle riportano anche la numerosità dei risentimenti
documentati, suddivisi per varie fasce di intensità a partire dal grado 5 della scala MCS.
Nell’assegnazione della Imax ad ogni comune abbiamo rispettato la condizione che il valore da
noi proposto non sia mai inferiore a quello effettivamente risentito (documentato dal catalogo
DBMI11). Nei casi in cui la Imax da noi proposta è sensibilmente più elevata (più di un grado della
scala MCS) rispetto al valore riportato nel catalogo DBMI11, vengono spiegate le considerazioni
che hanno portato a tale decisione.
127
Regione Umbria
Provincia di Perugia
Per alcuni comuni di questa ed altre province il dato di intensità massima (colonna DB in
Tab.6.2) è riferito a località e frazioni piuttosto che al capoluogo comunale. Per completare
l’informazione riportiamo di seguito i nomi delle frazioni in questione, tra parentesi dopo il nome
del comune di appartenenza: Assisi (Capodacqua), Campello sul Clitunno (Acera, Agliano), Cascia
(Chiavano, Opagna), Città di Castello (Cerbara, Grumale, Lugnano, Turicchio), Collazzone
(Casalalta), Deruta (Ripabianca), Foligno (Budino), Gualdo Tadino (Busche, Caprara, Crocicchio,
Grello, Margnano, Piagge), Gubbio (Padule), Marsciano (Castiglione della Valle), Monteleone di
Spoleto (Ruscio, Vetranola), Norcia (Paganelli), Perugia (Colombella Bassa, Pieve Pagliaccia,
Ripa), Piegaro (Collebaldo), Pietralunga (Castel Guelfo), Poggiodomo (Mucciafora, Roccatamburo),
San Giustino (Lama, Selci), Sellano (Montesanto), Todi (Pantalla), Vallo di Nera (Paterno).
N
1
2
3
4
5
6
7
8
PERUGIA
Comune
Assisi
Bastia Umbra
Bettona
Bevagna
Campello sul Clitunno
Cannara
Cascia
Castel Ritaldi
NP
10
9.5
9.5
10
10
10
10.5
10
9
Castiglione del Lago
7
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
Cerreto di Spoleto
Citerna
Città della Pieve
Città di Castello
Collazzone
Corciano
Costacciaro
Deruta
Foligno
Fossato di Vico
10
9.5
7
9.5
9
7.5
8
9
10
9.5
20
Fratta Todina
8.5
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
Giano dell’Umbria
Gualdo Cattaneo
Gualdo Tadino
Gubbio
Lisciano Niccone
Magione
Marsciano
Massa Martana
Monte Castello di Vibio
Monte Santa Maria Tiberina
Montefalco
Monteleone di Spoleto
Montone
Nocera Umbra
Norcia
Paciano
Panicale
Passignano sul Trasimeno
Perugia
Piegaro
Pietralunga
Poggiodomo
Preci
9.5
9.5
10
8.5
7
7
8
9
8.5
9.5
10
10
8.5
10
11
7
7
7
8
7.5
9
10
10
Intensità massima
MO DB
Anno
8
9
1832
9
9
1832
8
8
1832
9
9
1832
10
8
1838
8
10
1832
10 10.5
1703
9
8
1832-78
19848
5
97-98
10
9
1328-1703
9
9
1917
7
7
1861
9
9
1789-1917
7
7.5
1832
7
6
1919
8
7.5
1751
8
8
1832
10
10
1832
9
8.5
1747
18327
5
1979-97
9
6.5
1918
8
7
1703
10
10
1751
8
8
1751
7
6
1997
7
6
1969
8
7
1969
9
7
1703-1997
7
5.5
1997
9
9
1352-1917
9
8
1832-78
10
10
1298-1703
8
7.5
1458
9
9
1279-1747
10
11
1703
7
6
1969
7
6.5
1861-1969
7
5.5
1997
8
8
1832
7
6.5
1940
9
9
1389
10
9
1703
10
10
1328-1703
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
1
15
7
17
1
3
5
3
1
2
2
1
2
6
2
5
6
1
1
1
2
18
14
43
57
14
4
2
5≤I<6
33
10
6
8
12
12
13
11
4
1
7
1
7
4
11
1
1
29
2
27
2
1
21
3
1
2
51
1
14
2
1
33
1
2
4
22
6
9
7
6
21
6
7
12
12
18
6
3
6
11
10
1
1
10
33
1
2
3
1
2
2
7
1
19
3
1
2
2
4
5
8
31
1
5
3
17
28
3
15
3
28
4
11
33
5
3
17
17
3
1
6
6
1
5
1
5
23
12
1
3
21
2
5
4
14
8
7
12
13
4
3
5
6
3
10
9
7
4
17
12
1
4
5
32
2
9
4
10
128
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
San Giustino
Sant’Anatolia di Narco
Scheggia e Pascelupo
Scheggino
Sellano
Sigillo
Spello
Spoleto
Todi
Torgiano
Trevi
Tuoro sul Trasimeno
Umbertide
Valfabbrica
Vallo di Nera
Valtopina
9.5
10
8
10
10
8.5
10
10
8.5
9
10
7
8.5
9.5
10
10
10
10
8
10
10
9
9
10
7
8
10
7
8
8
10
9
9
6.5
8
7
10
8
8.5
8
8
6.5
8
5.5
7
7.5
8
8
1789
1979
1751
1703-1979
1328
1751
1832
1277-98-1703-45
1832
1997
1832
1997
1917-84
1741-51
1703
1997
2
1
1
9
8
9
5
7
6
7
4
18
3
7
17
4
2
10
1
2
4
29
1
1
3
7
1
3
5
14
10
2
7
1
4
5
1
3
13
1
3
6
9
10
17
4
6
23
10
5
13
1
9
11
3
15
Tab. 6.2. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Perugia. NP=intensità
massima da noi proposta sulla base dei dati macrosismici e delle conoscenze sul quadro tettonico; MO=intensità
massima proposta da Molin et alii (1996); DB=Intensità massima ricavata dal catalogo DBMI11 (Locati et alii, 2011).
Per ogni comune sono anche riportati l’anno del terremoto che ha prodotto l’intensità massima riportata nel catalogo
DBMI11 (Anno) e il numero dei risentimenti per varie fasce di intensità.
Come si può notare dalla Tab.6.2, in molti comuni il dato di intensità massima riportato dal
catalogo DBMI11 è sensibilmente più basso (più di un grado MCS) del valore da noi proposto. Le
considerazioni che hanno portato a tale decisione sono spiegate di seguito.
Per il comune di Bettona è proposta una Imax=9.5 poiché esso è adiacente alla zona
sismogenetica Valle Umbra, caratterizzata da Imax=10.
Per il comune di Campello sul Clitunno è proposta una Imax=10, perché è in parte compreso
nella zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10) ed è inoltre adiacente alla zona sismogenetica
Dorsale Umbra (Imax=10). Le stesse considerazioni valgono per il comune di Sant’Anatolia di
Narco.
Anche il comune di Trevi, al quale abbiamo attribuito una Imax=10, è in parte compreso nella
zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10); inoltre confina con due comuni (Foligno e Sellano) in
cui sono documentati, dal catalogo DBMI11, risentimenti di Imax=10.
I comuni di Castel Ritaldi, Montefalco e Scheggino (dove è proposta una Imax =10) fanno
parte, per tutta la loro estensione, della zona sismogenetica Valle Umbra.
Nel comune di Castiglione del Lago, il basso valore dei risentimenti riportati dal catalogo
DBMI11 (Imax=5) è dovuto agli effetti dei terremoti di Gubbio (1984, I=7) e dell’Appennino
Umbro-Marchigiano (1997, I=7.5 e I=8.5; 1998, I=6), ma noi abbiamo proposto il valore di
Imax=7, per la vicinanza di tale comune alla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5), e al
comune di Perugia, che ha risentito con I=8 l’evento del 1832 (Valle del Topino, I=10).
Analoghe considerazioni possono essere fatte per i comuni di Passignano sul Trasimeno e
Tuoro sul Trasimeno, ancora più vicini di Castiglione del Lago, alla zona Alta Valtiberina.
Nel comune di Umbertide è stata da noi proposta una Imax=8.5, poiché questo comune dista
appena 10-20 km dalla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5) ed inoltre confina con
quello di Città di Castello, dove sono documentati, dal catalogo DBMI11, risentimenti di Imax=9.
Nel comune di Collazzone, l’intensità proposta (Imax=9) tiene conto del fatto che esso è
localizzato, rispetto all’epicentro del terremoto del 1832 (I=10), a una distanza compresa tra 10 e
20 km.
Nel comune di Corciano, il risentimento documentato nel catalogo DBMI11 si riferisce al
terremoto del 1919 (Lago Trasimeno, I=6), ma questo comune è distante circa 25-30 Km
dall’evento del 1832 (Valle del Topino, I=10), ed è adiacente al comune di Perugia (I=8 secondo il
catalogo DBMI11), per cui noi abbiamo attribuito una Imax=7-8.
I bassi valori dei risentimenti nei comuni di Fratta Todina e Monte Castello di Vibio (I=5 e
I=5.5 rispettivamente), documentati dal catalogo DBMI11, derivano da terremoti nella Valle del
129
Topino e nella Dorsale Umbra (1832, 1979, 1997). Il valore da noi proposto è più elevato
(Imax=8.5), essendo questi comuni situati ad una distanza di 15-20 km dalla zona Valle Umbra
(Imax=10).
Per quanto riguarda i comuni di Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo, il valore di intensità da
noi proposto (Imax=9.5), sensibilmente più elevato rispetto a quello riportato dal catalogo DBMI11
(rispettivamente Imax=6.5 e 7), è dovuto al fatto che questi comuni sono adiacenti alla zona
sismogenetica Valle Umbra (Imax=10).
Al comune di Massa Martana è stata da noi attribuita una Imax=9, in quanto esso è interposto
fra i due più estesi comuni di Spoleto, che appartiene quasi completamente alla zona sismogenetica
Valle Umbra (Imax=10), e Todi, che ha risentito con I=8 del terremoto del 1832 (I=10) localizzato
nella stessa zona.
Nel comune di Torgiano è stato assunto un valore di Imax=9 poiché esso si trova ad una
distanza di circa 10-15 Km dall’epicentro del terremoto del 1832 (Valle del Topino, I=10).
Ricordiamo che il comune di Perugia, più lontano, ha risentito di una I=8 per la stesso evento.
Per il comune di Valfabbrica è stata proposta una Imax=9.5, in quanto esso è in parte
compreso nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10), nonostante alcuni risentimenti
relativi al terremoto del 1751 (Appennino Umbro-Marchigiano, I=10), localizzato nel comune
adiacente (Gualdo Tadino), siano di valore nettamente più basso (I=7.5).
Il comune di Vallo di Nera, essendo limitrofo alle due zone sismogenetiche Dorsale Umbra e
Valle Umbra (Imax=10), potrebbe trovarsi in una situazione analoga a quella del comune di
Monteleone di Spoleto, che ha risentimenti documentati di Imax=10.
Infine per il comune Valtopina è stato proposto il valore di Imax =10, in quanto esso è in gran
parte compreso nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10).
Provincia di Terni
Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in
Tab.6.3 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Acquasparta (Cisterna, Colle
Campo, Firenzuola), Arrone (Buonacquisto), Terni (Piediluco).
Come si può notare dalla Tab.6.3, la differenza fra i valori di Imax da noi proposti e quelli
riportati nel catalogo DBMI11 in molti casi è superiore a 1 grado MCS. I risentimenti documentati,
in circa la metà dei comuni, hanno valori che non superano l’Imax=6. Tuttavia non si può trascurare
il fatto che alcuni forti terremoti sono avvenuti in questa zona (Orvietano, 1276, Imax=8.5;
Bagnoregio, 1695, Imax=9; Umbria Meridionale, 1785, I=8.5) e, per alcuni comuni, la notevole
vicinanza alla zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10).
Qust’ultima considerazione vale, per esempio, per il comune di Aquasparta, distante circa 10
km dalla suddetta zona, per cui abbiamo assunto in questo comune una Imax=9.
I comuni di Avigliano Umbro, Montecastrilli, San Gemini e Stroncone sono localizzati ad una
distanza leggermente superiore (15-20 km) rispetto alla zona sismogenetica Valle Umbra
(Imax=10), per cui abbiamo loro attribuito una Imax=8.5.
Il comune di Allerona deve il suo valore di Imax=6, riportato nel catalogo DBMI11, al
terremoto del 1957, localizzato nella zona sismogenetica Orvietano. Poiché l’attivazione di questa
zona può generare terremoti di maggiore intensità (Imax=8-9), come indicano i terremoti del 1296
(I=8) e del 1695 (I=8.5), i loro risentimenti nel comune suddetto (distante da 5 a 15 km circa)
potrebbero raggiungere una Imax=7.5, che è il valore da noi assunto. Nella stessa condizione si
trovano il comune di Parrano (dove è proposta una Imax=7.5) e il comune di Castel Viscardo per i
quale, essendo ancora più vicino alla suddetta zona, viene assunto un valore di Imax=8.
Anche il comune di Ficulle, che deve al terremoto del 1940 (Radicofani, I=7.5) l’Imax=6
riportata nel catalogo DBMI11, è localizzato alla stessa distanza del comune di Castel Viscardo
dalla zona Orvietano, per cui anche per questo comune noi proponiamo una Imax=8.
Per i comuni di Montegabbione e Monteleone d’Orvieto, più distanti (circa 10-15 km) dalla
zona sismogenetica Orvietano rispetto ai comuni di Allerona e Parrano, si assume una Imax=7.
130
Anche il comune di San Venanzo è molto vicino alla zona sismogenetica Orvietano nel suo
settore più occidentale, mentre in quello orientale esso si trova ad una distanza di circa 25-30 Km
dall’epicentro del terremoto del 1832 (Valle del Topino, I=10), per cui si ritiene opportuno
assegnare a questo comune una Imax=8.
Il comune di Baschi è localizzato sul lato orientale della zona Orvietano, ad una distanza di
circa 5-15 km, ed è adiacente al comune di Orvieto, che ha risentimenti osservati di Imax=8.5.
Tenendo conto di questa configurazione, abbiamo attribuito a questo comune una Imax=8.
N
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
TERNI
Comune
Acquasparta
Allerona
Alviano
Amelia
Arrone
Attigliano
Avigliano Umbro
Baschi
Calvi dell’Umbria
Castel Giorgio
Castel Viscardo
Fabro
Ferentillo
Ficulle
Giove
Guardea
Lugnano in Teverina
Montecastrilli
Montecchio
Montefranco
Montegabbione
Monteleone d’Orvieto
Narni
Orvieto
Otricoli
Parrano
Penna in Teverina
Polino
Porano
San Gemini
San Venanzo
Stroncone
Terni
NP
9
7.5
7.5
8
10
7
8.5
8
8
8
8
7.5
10
8
7
8
7
8.5
8
10
7
7
8
8.5
8
7.5
7
10
8.5
8.5
8
8.5
9
Intensità massima
MO DB
Anno
9
7.5
1707
7
6
1957
7
5.5
1997
7
7
1915
10 8.5
1785
7
4.5
1997
7
5.5
1997
7
5.5
1957-98
8
6
1979
8
7.5
1957
7
6.5
1957
7
6.5
1861
10 7.5
1785
7
5.5
1940
7
5
1979
7
5
1979-97
7
5
1997
7
7
1915
7
4.5
1997-98
10
7
1785-1915
7
5
1997-98
7
5.5
1940
8
7.5
1714
8
8.5
1276
8
6
1979-97
7
6
1957
7
5
1997
10
8
1703
8
7.5
1695
9
7
1751
7
5.5
1997
9
7
1915
9
8.5
1785
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
3
2
1
2
1
6
1
1
5
1
1
2
1
15
1
1
2
2
1
6
4
13
2
1
1
2
2
1
3
1
1
1
19
2
17
5≤I<6
12
2
5
6
2
5
6
3
1
1
4
4
6
1
4
2
9
3
2
3
7
3
2
1
2
2
6
4
4
4
18
Tab. 6.3. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Terni (vedi didascalia
di Tab.6.2) .
Partendo dal comune di Baschi e procedendo verso sud, ad una distanza crescente rispetto alla
zona Orvietano fino a circa 20 km, si trovano i comuni di: Montecchio, Guardea, Alviano, Lugnano
in Teverina, Attigliano, Giove, Penna in Teverina, quindi per questi comuni è stata proposta una
intensità massima progressivamente decrescente da Imax=8 (per i primi due), a Imax=7.5 (per il
terzo), fino a Imax=7 (per i rimanenti comuni).
Per i comuni di Arrone, Ferentillo, Montefranco e Polino, il valore proposto di Imax=10 deriva
dal fatto che essi fanno parte della zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10) e sono molto vicini
all’epicentro del terremoto del 1298 (Reatino, Imax=10), i cui effetti sui comuni considerati non
sono documentati nel catalogo DBMI11.
I comuni di Calvi dell’Umbria e Otricoli distano dalla zona Valle Umbra circa 20-25 km,
mentre i risentimenti massimi (Imax=6) documentati dal catalogo DBMI11 si riferiscono a
terremoti più distanti (nella zona Dorsale Umbra). Per questi motivi è stato assunto in tali comuni il
131
valore di Imax=8.
Regione Marche
Provincia di Ancona
N
1
2
3
4
5
Ancona
Comune
Agugliano
Ancona
Arcevia
Barbara
Belvedere Ostrense
NP
7.5
8.5
8.5
8
7.5
6
Camerano
8.5
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
Camerata Picena
Castelbellino
Castel Colonna
Castelfidardo
Castelleone di Suasa
Castelplanio
Cerreto d'Esi
Chiaravalle
Corinaldo
Cupramontana
Fabriano
Falconara Marittima
Filottrano
Genga
Jesi
Loreto
Maiolati Spontini
Mergo
Monsano
Montecarotto
Montemarciano
Monterado
Monte Roberto
Monte San Vito
Morro d'Alba
Numana
Offagna
Osimo
Ostra
Ostra Vetere
Poggio San Marcello
Polverigi
Ripe
Rosora
San Marcello
San Paolo di Jesi
Santa Maria Nuova
Sassoferrato
Senigallia
Serra de' Conti
Serra San Quirico
Sirolo
Staffolo
8
7.5
7.5
8
7.5
8
9
8
7.5
8
9.5
8.5
7.5
9
7
7.5
8
9
7
8
8.5
7.5
7.5
7.5
7.5
8.5
7.5
8
7.5
7.5
8
7.5
8
8.5
7.5
7.5
7
8.5
8.5
8
9
8.5
7.5
Intensità massima
MO DB
Anno
8
7
1930-72
8
8
1269-1690-1930-72
8
7.5
1279
7
6
1930-72
8
7.5
1741
17418
7
1930-72
8
7.5
1930
8
7.5
1741
8
7
1972
7
7
1930
7
7
1972
8
6.5
1741
9
7
1741
8
7
1930
8
7
1897-1972
8
8
1741
10 9.5
1751
8
7.5
1930
7
6.5
1972
9
8.5
1741
8
7
1741-1930
7
7
1930
8
8
1741
9
9
1741
8
6
1930
8
7.5
1741
8
8
1930
8
7.5
1741
8
7
1741
8
7
1741-1930
8
7.5
1741-1972
8
8
1269-1930
8
7
1930
8
8
1741-1972
7
7
1930-72
8
7.5
1741
8
6.5
1997
8
7
1930-72
8
8
1741
8
7
1741
8
7
1972
8
6
1979
8
7
1741
8
7.5
1997
9
8.5
1930
7
6
1930
9
9
1741
8
8.5
1690
8
6
1930-51-79
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
3
1
8
24
3
3
7
2
4
4
3
1
2
1
2
2
1
3
1
1
3
1
19
9
3
1
3
1
1
1
1
2
2
1
1
2
3
1
2
3
2
1
4
2
3
3
2
1
2
4
1
6
13
2
3
1
2
1
2
4
4
3
3
2
5
5
19
2
5
3
5
3
2
3
1
3
1
2
1
1
1
4
1
4
5
4
3
1
2
1
3
3
8
1
3
4
3
5≤I<6
13
7
8
3
7
2
7
5
3
2
6
7
2
3
3
27
3
2
4
11
6
2
4
2
9
2
4
1
5
4
2
1
8
4
3
6
2
1
3
1
3
4
13
13
3
3
1
5
Tab. 6.4. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Ancona (vedi
didascalia di Tab. 6.2) .
Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in
132
Tab.6.4 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Camerata Picena (Cassero),
Fabriano (Belvedere), Falconara Marittima (Castelferretti), Genga (San Fortunato, Monticelli,
Pierosara), Sassoferrato (Crescenti).
Per i comuni di Barbara e Serra dei Conti, il catalogo DBMI11 riporta una Imax=6 che deriva
da terremoti avvenuti nella zona Anconetano (1930, 1972), ma noi proponiamo un valore più
elevato (Imax=8) in quanto il terremoto del Fabrianese (1741, I=9) è avvenuto a minore distanza
(intorno ai 10-15 km), paragonabile a quella del comune di Maiolati Spontini, che ha risentito
questo evento con I=8.
I comuni di Castelplanio e Poggio San Marcello sono adiacenti a Maiolati Spontini
(risentimento documentato di Imax=8), alla stessa distanza di tale comune dal terremoto del 1741,
quindi anche per essi si propone Imax=8.
Il comune di Rosora si trova in una posizione intermedia tra i comuni precedentemente descritti
e quello di Mergo, che ha risentito con I=9 il terremoto del 1741. Per questo motivo abbiamo
attribuito a Rosora una Imax=8.5. In questo comune, come anche in quello di Castelplanio, citato
sopra, noi proponiamo un valore di Imax più elevato di quelli del catalogo DBMI11 (Imax=7 e 6.5),
nonostante questi ultimi derivino proprio dai dati macrosismici del 1741. Questa scelta può essere
giustificata dal fatto che i danni provocati da questo terremoto sono stati considerevoli anche a
distanze maggiori di quelle che ci si potevano aspettare in base alle normali leggi di attenuazione
(risentimenti di I=8.5, 8 e 8 rispettivamente nei comuni di Fratte Rosa (PU), Ripe (AN) e Osimo
(AN), a distanze di circa 25, 25-30 e 30-40 km). Sembra dunque legittimo pensare che in alcuni
comuni vicino all’epicentro gli effetti possano essere stati sottovalutati.
I comuni di San Paolo di Jesi e Staffolo sono localizzati a circa 15 km dall’epicentro del
terremoto del 1741, come il comune di Castelbellino, dove lo stesso terremoto ha causato
risentimenti di I=7.5. Per questa ragione noi proponiamo per essi una Imax=7.5.
Per il comune di Camerano assumiamo Imax=8.5 poiché è compreso nella zona sismogenetica
Anconetano (Imax=8.5), è molto vicino all’epicentro del terremoto del 1690 (I=8.5), e adiacente al
comune di Sirolo, dove la Imax osservata è 8.5.
Per il comune di Cerreto d’Esi viene proposto il valore di Imax=9 in quanto esso è in parte
compreso nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana. Inoltre esso è adiacente al comune di
Fabriano, che ha risentito di Imax=9.5 a causa del terremoto del 1751 (Appennino UmbroMarchigiano, I=10).
Provincia di Ascoli Piceno
Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in
Tab.6.5 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Arquata del Tronto (Pescara del
Tronto), Castignano (San Venanzo), Folignano (Castelfolignano).
N
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
Ascoli Piceno
Comune
Acquasanta Terme
Acquaviva Picena
Appignano del Tronto
Arquata del Tronto
Ascoli Piceno
Carassai
Castel di Lama
Castignano
Castorano
Colli del Tronto
Comunanza
Cossignano
Cupra Marittima
Folignano
Force
Grottammare
NP
9
7.5
8.5
10
8.5
7
8
9
8
8
8.5
7.5
7
8
8
7
Intensità massima
MO DB
Anno
8
8
1943
8
7.5
1972
8
8
1943
9
9
1703
8
7.5
1972
7
7
1943
8
8
1943
8
9
1943
8
8
1943
8
8
1943
8
7
1943
8
7.5
1915
7
7
1882
8
8
1943
8
8
1943
7
7
1882
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
1
4
2
1
1
1
1
4
3
2
7
1
1
1
1
2
2
1
2
1
1
1
2
2
1
3
1
1
1
1
1
1
5≤I<6
10
6
6
16
6
4
2
4
6
3
3
5
3
8
133
17
18
19
20
21
22
23
Maltignano
Massignano
Monsampolo del Tronto
Montalto delle Marche
Montedinove
Montefiore dell'Aso
Montegallo
8
7
7.5
8
8
7
9.5
8
7
8
8
8
7
8
8
7
7.5
8
7
6
7
24
Montemonaco
10
8
6
25
26
27
28
29
30
31
32
33
Monteprandone
Offida
Palmiano
Ripatransone
Roccafluvione
Rotella
San Benedetto del Tronto
Spinetoli
Venarotta
7.5
8
8
7
8.5
8
7
7.5
8
8
8
8
8
8
8
7
8
8
7.5
8
7
7
7
7
7
7
7
1943
1943
1943
1943
1943
1943
1943
18971943-51-97
1480
1943
1951
1943
1943
1943
1882
1943
1943
1
1
1
3
1
1
1
2
1
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
4
3
3
9
2
2
5
4
6
2
2
3
1
3
3
7
5
12
3
5
8
2
6
1
2
2
Tab. 6.5. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Ascoli Piceno (vedi
didascalia di Tab. 6.2) .
Per i comuni di Comunanza e Roccafluvione, i valori di Imax documentati nel catalogo
DBMI11 (I=7) derivano dal terremoto del 1943 (Marche Meridionali-Abruzzo, I=8.5). Tuttavia, la
storia sismica di tali comuni, limitata agli ultimi 70 anni, non da informazioni sugli effetti dei forti
terremoti avvenuti prima di questo periodo nelle zone sismogenetiche vicine (Dorsale Umbra,
Imax=10, e Dorsale Marchigiana, Imax=9), ed in particolare sul terremoto del 1703 (Appennino
Umbro Reatino, I=11). In base alla distanza di quest’ultimo evento da tali comuni (circa 30-40 km),
abbiamo proposto per essi una Imax=8.5.
Il comune di Montegallo è localizzato ad una distanza inferiore, rispetto ai precedenti comuni,
dalla zona Dorsale Umbra (circa 10-15 km), e dall’epicentro del terremoto del 1703 (circa 20-30
km). Questa posizione è compatibile, in base alle leggi di attenuazione dell’intensità con la distanza,
con il valore di Imax=9.5 che noi assumiamo per tale comune.
Per il comune di Montemonaco si può notare il brusco salto tra i valori di Imax documentati dal
catalogo DBMI11 per questo comune (I=6), e quelli relativi al comune di Norcia (PG) ad esso
adiacente (I=11). Poiché una parte del territorio di Montemonaco (quella più occidentale) è ancora
più vicina alla Dorsale Umbra (I=10) del comune di Montegallo, citato sopra, abbiamo attribuito al
primo il valore di Imax=10.
Provincia di Fermo
A differenza delle altre province considerate, in nessuna frazione sono stati riscontrati danni
superiori a quelli dei relativi capoluoghi comunali, per cui a questi ultimi si riferiscono i dati di
intensità massima riportati nella colonna DB in Tab.6.6.
N
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
Fermo
Comune
Altidona
Amandola
Belmonte Piceno
Campofilone
Falerone
Fermo
Francavilla d'Ete
Grottazzolina
Lapedona
Magliano di Tenna
Massa Fermana
Monsampietro Morico
Montappone
NP
7
8.5
7
7
7
7
7
7
7
7.5
7.5
7
7.5
Intensità massima
MO DB
Anno
7
6
1972
8
7
1799-1873-1943
8
7
1943
7
7
1987
7
7
1943
7
7
1943
7
7
1943
7
6
1943
7
7
1987
8
7.5
1943
7
7
1943
7
7
1943
7
7
1943
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
1
3
4
1
1
1
1
2
1
6
1
1
1
1
1
1
2
1
1
1
3
1
4
5≤I<6
11
8
4
12
2
7
5
4
3
2
134
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
Monte Giberto
Monte Rinaldo
Monte San Pietrangeli
Monte Urano
Monte Vidon Combatte
Monte Vidon Corrado
Montefalcone Appennino
Montefortino
Montegiorgio
Montegranaro
Monteleone di Fermo
Montelparo
Monterubbiano
Montottone
Moresco
Ortezzano
Pedaso
Petritoli
Ponzano di Fermo
Porto San Giorgio
Porto Sant'Elpidio
Rapagnano
Sant'Elpidio a Mare
Santa Vittoria in Matenano
Servigliano
Smerillo
Torre San Patrizio
7
7.5
8
7
7
7
8
9
7
7
7
7.5
7
7
7
7.5
7
7
7
7
7
7
7
7.5
7.5
8
7
7
7
8
8
8
7
8
8
8
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
8
8
7
6.5
8
7
7
7
6.5
8
7
6
7
7
6.5
6
6
6.5
6.5
7
7
7
6
6.5
7
7.5
7
7
7
1943
1943
1972
1943
1915-1943
1943
1943
1972
1943
1943
1943
1943
1943
1943
1987
1943
1987
1943
1943
1987
1987
1943
1943
1943
1943
1943
1943
1
1
1
1
1
1
1
4
1
1
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
2
2
1
1
2
1
5
1
1
2
1
1
2
2
1
1
2
1
1
4
1
2
6
1
3
3
5
3
2
9
6
2
1
5
1
7
3
4
3
7
2
2
3
5
5
3
3
4
Tab. 6.6. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Fermo (vedi didascalia
di Tab. 6.2) .
Per il comune di Amandola abbiamo ipotizzato un valore di Imax=8.5 tenendo conto del fatto
che esso è adiacente al settore più meridionale della zona sismogenetica Dorsale Marchigiana
(Imax=9), mentre invece i risentimenti massimi documentati nel Catalogo DBMI11 (Imax=7) si
riferiscono a terremoti più distanti (vedi Tab. 6.6). Inoltre è da notare il brusco salto nei valori di
intensità risentite in conseguenza del terremoto del 1799 (Appennino Marchigiano, I=9) nel comune
in esame (I=7) e nel comune limitrofo a nord di esso, cioè Sarnano (MC), con valori di I=8.5.
Al comune di Montefalcone Appennino abbiamo attribuito una Imax=8 poiché in esso è
localizzato l’epicentro del terremoto del 1972 (I=8), anche se i massimi effetti di questo terremoto
hanno interessato il vicino comune di Montefortino. Una caratteristica peculiare è che anche il
comune di Monte San Pietrangeli, situato a circa 25 km dal suddetto terremoto, ha risentito questo
evento con I=8. Nel comune in esame, il valore di Imax riportato dal Catalogo DBMI11 (I=6.5) è
dovuto invece al terremoto del 1943 (Marche Meridionali-Abruzzo, I=8.5), il cui epicentro è
localizzato più lontano (circa 15 km), nella provincia di Ascoli-Piceno.
Provincia di Macerata
Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in
Tab.6.7 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Castelraimondo (Torricella),
Fiastra (San Marco), Fiuminata (Casale delle Macchie), Muccia (Vallicchio), San Ginesio (Morello,
Serrone), San Severino Marche (Cagnore, Cesolo, Elcito, Gagliannuovo, Granali, Stigliano Capo),
Sarnano (San Casciano), Serrapetrona (Villa d’Aria), Treia (Chiesanuova, Passo di Treia), Visso
(Chiusita, Mevale, Valiano).
Per i comuni di Acquacanina, Bolognola e Camporotondo di Fiastrone il valore di intensità da
noi proposto (Imax=9) deriva dal fatto che essi sono in parte compresi nella zona sismogenetica
Dorsale Marchigiana, caratterizzata da terremoti con I=9 (Fabrianese, 1741; Appennino
Marchigiano, 1799). Ricordiamo inoltre che vicino ai suddetti comuni (meno di 5 km), si trova il
comune di Cessapalombo, che ha risentito il terremoto del 1799 con I=9.5.
135
N
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
Macerata
Comune
Acquacanina
Apiro
Appignano
Belforte del Chienti
Bolognola
Caldarola
Camerino
Camporotondo di Fiastrone
Castelraimondo
Castelsantangelosul Nera
Cessapalombo
Cingoli
Civitanova Marche
Colmurano
Corridonia
NP
9
9
7.5
9
9
9
9
9
9
10
9.5
8
7
8.5
7.5
16
Esanatoglia
9
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
Fiastra
Fiordimonte
Fiuminata
Gagliole
Gualdo
Loro Piceno
Macerata
Matelica
Mogliano
Montecassiano
Monte Cavallo
Montecosaro
Montefano
Montelupone
9
9
10
9
8.5
8
7.5
9
7.5
7.5
10
7
7.5
7
31
Monte San Giusto
7
32
Monte San Martino
8
33
Morrovalle
7
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
Muccia
Penna San Giovanni
Petriolo
Pievebovigliana
Pieve Torina
Pioraco
Poggio San Vicino
Pollenza
Porto Recanati
Potenza Picena
Recanati
Ripe San Ginesio
San Ginesio
San Severino Marche
Sant'Angelo in Pontano
Sarnano
Sefro
Serrapetrona
Serravalle di Chienti
Tolentino
Treia
Urbisaglia
Ussita
Visso
9.5
8
7.5
9
9.5
9
9
8
8
7
7.5
8.5
9
9
8
9
9.5
9
10
8.5
8
8
9.5
10
Intensità massima
MO DB
Anno
8
6
1997
8
8
1741
7
6.5
1741
9
8.5
1799
8
7
1951
9
8
1799
9
9
1799
9
6.5
1936-97
9
9
1799
9
7
1730-1972
9
9.5
1799
8
7.5
1279-1741
7
6
1930-72(2)-87
8
6.5
1741
7
7
1741
16129
7
1747-99
8
8
1873
8
7.5
1972
9
8
1997
8
6.5
1997
8
8
1799
8
6.5
1943
7
7
1741-1951
8
7.5
1279
7
6.5
1943
7
6.5
1930-1943
9
7.5
1997
7
5
1997
7
7
1741
7
7
1943
17417
6.5
1943-97
8
7.5
1972
17417
6.5
1930-43
9
8
1799
8
6.5
1943
7
6.5
1943-97
8
7.5
1832
9
7.5
1832
9
8
1799
8
6
1997
7
6
1997
7
6
1930-43-72(2)
7
6
1943-87
7
7
1741
9
6
1943
9
9
1799-1873
8
9
1799
8
6.5
1943
8
8.5
1799
9
7
1997
9
9
1799
10
10
1279
8
7
1951
7
7
1972(2)
8
6
1943
9
7
1730-1832-1951
10
10
1703
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
3
1
1
1
6
1
3
1
2
8
5
7
8
17
7
1
2
5
4
5
1
4
2
9
5
2
1
5
3
6
4
9
1
8
6
6
3
1
9
7
2
3
7
4
1
3
5
1
1
5
2
5
11
12
4
5
6
1
5
5
5
1
1
3
4
3
6
4
5
3
8
6
1
1
4
2
3
1
4
8
4
5
2
7
8
10
4
1
12
15
10
3
4
9
7
7
4
7
1
1
1
2
1
3
2
3
1
1
3
1
2
1
3
1
2
6
6
3
1
3
2
1
2
6
1
3
1
1
1
6
3
1
7
5≤I<6
9
7
6
3
4
7
12
5
9
6
9
9
10
3
5
8
19
6
4
5
5
15
4
9
10
6
7
8
7
5
8
14
Tab. 6.7. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Macerata (vedi
didascalia di Tab. 6.2) .
136
Al comune di Castelsantangelo sul Nera è stato da noi attribuito un valore di Imax=10,
notevolmente superiore a quello riportato nel Catalogo DBMI11 (Imax=7), tenendo conto del fatto
che questo comune è confinante con quello di Norcia, dove sono documentati risentimenti di I=11,
causati dal terremoto del 1703, nell’Appennino Umbro-Reatino.
I comuni di Colmurano e Ripe San Ginesio si trovano ad una distanza di circa 5-10 km dal
settore meridionale della zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9), e il comune di
Tolentino è adiacente ad essa. Quindi, per tali comuni viene proposta una Imax=8.5.
Poco più distante dalla suddetta zona (circa 10-15 km) sono localizzati i comuni di Loro
Piceno, Penna San Giovanni, Pollenza, Sant’Angelo in Pontano e Urbisaglia, a cui è attribuito il
valore di Imax=8. Per tali comuni i valori di Imax riportati dal Catalogo DBMI11, compresi tra
Imax=6 e 7, si riferiscono in maggioranza ai terremoti del 1741 o del 1943, più distanti da loro
(circa 20-30 km). In particolare, il comune di Tolentino ha risentito, con Imax=7, del terremoto di
Sarnano (1951, I=7), il quale è localizzato nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana. In questo
caso si è verificato che uno dei terremoti di minore intensità nella zona suddetta ha prodotto in un
comune situato a circa 15-20 km (Tolentino) una intensità pari a quella epicentrale, e quindi, nel
caso di un evento più intenso, come quelli che caratterizzano questa zona, i danni potrebbero essere
più rilevanti.
Il comune di Matelica, localizzato ad una distanza tra 15 e 30 km dal terremoto del 1279, nella
zona Dorsale Umbra (Camerino, I=9), ha risentito questo evento con Imax=7.5 (catalogo DBMI11).
Noi invece proponiamo il valore di Imax=9 tenendo conto che questo comune è in parte compresa
nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9).
Il comune di Poggio San Vicino fa interamente parte della suddetta zona sismogenetica, per cui
gli abbiamo attribuito il valore di Imax=9. Questo è notevolmente diverso dal valore di Imax
riportato nel catalogo DBMI11 (I=6), che però è dovuto al terremoto del 1997, localizzato ad una
distanza di circa 40 km da questo comune.
Il comune di Esanatoglia confina ad est con quello di Matelica, a cui è attribuita Imax=9, per i
motivi citati sopra, e ad ovest con quello di Fabriano (AN), che ha risentito con I=9.5 il terremoto
del 1751 (Appennino Umbro-Marchigiano, I=10). La localizzazione intermedia del comune di
Esanatoglia ci porta a ritenere che il suo valore di Imax non sia molto diverso da quello dei comuni
confinanti, e cioè Imax=9. Inoltre questo valore è anche giustificato dalla distanza del comune
considerato (5-15 km) dalla zona sismogenetica Dorsale Umbra, caratterizzata da Imax=10.
Quest’ultima considerazione può essere applicata anche ai comuni di Fiordimonte e
Pievebovigliana, ai quali, come il comune precedentemente esaminato, viene attribuita una Imax=9.
Lungo il bordo orientale della zona Dorsale Umbra (Imax=10) si trovano i comuni di Muccia,
Pieve Torina, Sefro e Ussita, per i quali viene assunta Imax=9.5. Due di essi (Muccia e Ussita) sono
adiacenti a comuni (rispettivamente Serravalle di Chienti e Visso) con risentimenti documentati di
I=10.
Per i comune di Fiuminata e Montecavallo si è assunto il valore di Imax=10, in quanto essi
sono in parte compresi nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10). Per tali comuni i
risentimenti documentati nel catalogo DBMI11 (Imax=8 e 7.5 rispettivamente) sono dovuti a
terremoti localizzati nella stessa zona sismogenetica, ma non i più intensi (1997, I=8.5 e I=7.5).
Per il comune di Montecosaro, il basso valore di Imax (I=5) riportato nel catalogo DBMI11 si
riferisce al terremoto del 1997 nella Dosale Umbra, ma si può ipotizzare un valore più elevato a
causa della presenza di altri forti terremoti a distanze più ravvicinate, come quelli della zona
Dorsale Marchigiana o del 1943 nelle Marche meridionali-Abruzzo. Quest’ultimo evento, in
particolare, ha provocato risentimenti di I=7 in un comune (Montelupone), situato a distanza
leggermente più elevata di quello in esame (Montecosaro), suggerendo quindi di attribuire a
quest’ultimo una Imax=7.
Infine, per il comune costiero di Porto Recanati, la Imax che noi proponiamo (I=8) tiene conto
del fatto che il settore settentrionale di tale comune è adiacente alla zona sismogenetica Anconetano
(Imax=8.5) e confina con un comune (Numana, AN), che ha risentito i forti terremoti di questa zona
137
(1269, 1930) con I=8.
Provincia di Pesaro-Urbino
Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in
Tab.6.8 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Acqualagna (San Lorenzo in
Canfiagio), Auditore (Castelnuovo), Belforte all’Isauro (Torriola), Cagli (Monte l’Abbate, Naro),
Cantiano (Ara Vecchia, Chiaserna, Palcano), Fossombrone (Montalto Tarugo), Gradara (Fanano,
Granarola), Isola del Piano (Castelgagliardo), Mercatello sul Metauro (Pieve dei Graticcioli, San
Cristoforo), Mondavio (Sant’Andrea di Suasa), Montefelcino (Montemontanaro), Montelabbate
(Montecchio), Pergola (Fenigli, Montaiate, Montevecchio), Pesaro (Boncio, Casteldimezzo,
Fiorenzuola di Focara, Montecorbino), Piandimeleto (Santa Maria, Viano), San Giorgio di Pesaro
(Montecucco), Sant’Angelo in Lizzola (Montecchio), Sant’Angelo in Vado (Sant’Andrea), Urbania
(Montiego, Ravignana Vecchia).
N
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
Pesaro-Urbino
Comune
Acqualagna
Apecchio
Auditore
Barchi
Belforte all'Isauro
Borgo Pace
Cagli
Cantiano
Carpegna
Cartoceto
Colbordolo
Fano
Fermignano
Fossombrone
Fratte Rosa
Frontino
Frontone
Gabicce Mare
Gradara
Isola del Piano
Lunano
Macerata Feltria
Mercatello sul Metauro
Mercatino Conca
NP
9.5
10
8
8
8
9
10
9
7.5
7.5
8
8
8.5
8.5
8.5
8
9
8
8
8
8
8
9
8
25
Mombaroccio
7.5
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
Mondavio
Mondolfo
Montecalvo in Foglia
Monte Cerignone
Monteciccardo
Montecopiolo
Montefelcino
Monte Grimano Terme
Montelabbate
Montemaggiore al Metauro
Monte Porzio
Orciano di Pesaro
Peglio
Pergola
Pesaro
Petriano
Piagge
Piandimeleto
Pietrarubbia
8
8
8
7.5
7.5
7.5
7.5
7.5
8
7.5
7.5
7.5
9
8.5
8
8
7.5
8
8
Intensità massima
MO DB
Anno
10 9.5
1781
9
9
1389-1781
7
8
1672
7
7
1727-41
8
7
1781
8
6
1897
10 9.5
1781
9
9
1781
8
5
1987-97(2)
8
7
1916-30
8
7.5
1916
8
8
1303
10
7
1727-81
9
8.5
1781
9
8.5
1741-81
8
7
1781
9
8
1781
8
8
1916
8
8
1916
8
7
1781
8
7.5
1781
7
5
1997(3)-2000-01
9
8.5
1781
8
5
2000
16727
7
1916-30
8
7
1781-1930
8
8
1930
7
5
1948-97(2)
7
4
1948-87
8
7
1875-1916
7
5
1987
8
6.5
1781
7
5
1998
7
7.5
1930
8
3.5
2001
8
6.5
1930
7
6.5
1727-41
10
7
1781
9
8.5
1781
8
8
1916
7
7
1916
8
5.5
1998
8
7
1781
7
5
1997-2000
≥11
Numero di risentimenti (da DBMI11)
10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7
1
2
2
1
2
3
1
1
1
2
2
1
1
3
6
16
3
3
3
4
3
1
1
2
1
2
2
3
2
3
1
6
4
3
1
2
2
3
1
1
4
9
1
2
1
1
2
1
1
5
3
3
8
2
3
1
1
5
5
5
9
1
3
3
2
3
8
2
3
2
3
2
2
2
1
3
1
4
1
3
1
5
6
4
5≤I<6
3
5
3
1
3
6
11
10
3
7
1
8
16
2
2
8
11
4
1
3
5
5
10
8
2
2
4
138
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
Piobbico
Saltara
San Costanzo
San Giorgio di Pesaro
San Lorenzo in Campo
Sant'Angelo in Lizzola
Sant'Angelo in Vado
Sant'Ippolito
Sassocorvaro
Sassofeltrio
Serra Sant'Abbondio
Serrungarina
Tavoleto
Tavullia
Urbania
Urbino
10
7.5
8
7.5
8
8
10
8.5
8
8
8.5
7.5
8
8
10
8.5
10
8
8
8
9
7
10
9
8
7
9
8
7
8
10
8
10
7
8
7.5
7.5
7.5
9
8.5
7
4
8.5
7
4.5
7
10
8
1781
1916-30
1930
1916
1741-81
1930
1781
1781
1781
1987-2001
1781
1916
1997(2)-98-2000
1916
1781
1741
2
1
1
1
7
1
2
2
2
2
1
3
1
1
7
1
3
2
1
2
3
4
3
1
2
2
1
1
2
2
1
2
4
6
11
4
3
6
1
2
4
6
2
6
6
4
8
8
Tab. 6.8. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Pesaro-Urbino (vedi
didascalia di Tab.6.2 ) .
Nel comune di Borgo Pace è stato da noi proposto un valore di Imax=9, superiore a quello
documentato nel catalogo DBMI11 (Imax=6), in quanto questo comune è adiacente alla zona
sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5).
Nel comune di Carpegna, così come in quelli di Monte Cerignone e Montecopiolo, i
risentimenti riportati nel catalogo DBMI11 (Imax=4 oppure 5) sono molto più bassi rispetto a quelli
che noi abbiamo assunto (Imax=7.5) tenendo conto della localizzazione di tali comuni, circa 25-30
km a nord dell’epicentro del terremoto del 1781 (Cagliese, I=10). Nonostante in questo settore, a
nord della Valle del Metauro, il terremoto del 1781 abbia dato luogo a intensità raramente superiori
a I=7, si può notare che, invece, i comuni ad est dell’epicentro hanno risentito di Imax=8.5 ad una
distanza da 20 a 35 Km (comuni di Fossombrone, Fratte Rosa, Sant’Ippolito), cioè di danni
addirittura superiori a quelli attesi in base alle leggi di attenuazione. Anche se ancora non sono
chiari i motivi di questa amplificazione degli effetti, questa evidenza ci induce a ritenere che i valori
di Imax nei comuni a nord dell’epicentro potrebbero essere sottostimati.
Tenendo sempre conto della distanza dall’epicentro del terremoto del 1781, nei comuni di
Macerata Feltria e Pietrarubbia, localizzati a circa 20-25 km dal suddetto evento, il valore da noi
proposto è Imax=8, notevolmente superiore a quello riportato dal catalogo DBMI11 (Imax=5),
riferito ad altri terremoti (1997, 2000,2001, vedi Tab.6.8).
Nei comuni di Fermignano e Peglio, distanti circa 10-15 km dal terremoto del 1781, il valore
documentato di Imax=7 (catalogo DBMI11) sembra essere poco compatibile con i risentimenti
provocati dallo stesso terremoto nell’adiacente comune di Urbania (Imax=10); per questi comuni è
stata quindi assunta una Imax=9.
I comuni di Mercatino Conca, Montecalvo in Foglia, Monte Grimano Terme, Sassofeltrio e
Tavoleto (valori del catalogo DBMI11 compresi tra Imax=4 e 5) sono tutti localizzati vicino alla
zona sismogenetica Riminese ed in particolare al terremoto del 1672 (I=8). Poiché la loro distanza
dal suddetto terremoto è paragonabile a quella del comune di Auditore, dove tale evento è stato
risentito con I=8, abbiamo attribuito ai comuni considerati lo stesso valore di Imax=8.
Nei comuni di Montemaggiore al Metauro e Piagge, i valori riportati nel catalogo DBMI11
(rispettivamente Imax=3.5 e 5.5) sono stati da noi aumentati a Imax=7.5. Qusta scelta tiene conto
del fatto che tali comuni sono circa alla stessa distanza di quello di San Giorgio di Pesaro dal
terremoto del 1916 (Alto Adriatico, I=8), dove tale evento è stato risentito con I=7.5.
Una sintesi in colore delle Imax da noi proposte per i comuni dell’Umbria e delle Marche
(colonne NP delle tabelle precedenti) è mostrata nella figura 6.2. Il confronto tra questa carta e
quella con i valori del catalogo DBMI11, riportati nelle colonne DB delle tabelle (Fig. 6.3), aiuta a
capire come la nostra proposta sia influenzata dalle implicazioni del quadro tettonico e da
139
un’accurata analisi della coerenza interna e delle probabili lacune delle informazioni macrosismiche
per i vari comuni.
Per comodità del lettore e anche per rendere più semplice il confronto con la stima di
pericolosità fatta per le due regioni adiacenti, già considerate in studi analoghi precedenti, la fig. 6.4
illustra il quadro complessivo delle stime ottenute per le quattro regioni in oggetto.
Fig.6.2. Intensità massima MCS assegnata ai comuni dell’Umbria e delle Marche in base alla procedura descritta nel
testo (valori indicati nelle colonne NP delle tabelle 6.2-6.8). Il numero riportato in ogni comune corrisponde a quello
indicato nelle tabelle suddette.
140
Fig.6.3. Sintesi in colore delle Imax MCS dei comuni dell’Umbria e delle Marche, prese dal Catalogo di dati
macrosismici DBMI11 (Locati et alii, 2011); i valori sono indicati nelle colonne DB delle tabelle 6.2-6.8. Il numero
riportato in ogni comune corrisponde a quello indicato nelle tabelle suddette.
141
Fig.6.4. Sintesi in colore delle Imax MCS assegnate ai comuni della Toscana (Mantovani et alii, 2012), dell’EmiliaRomagna (Mantovani et alii, 2013) e dell’Umbria e delle Marche (questa pubblicazione, figura 6.1).
142
7. Precedenti stime dell’intensità massima e considerazioni su
pericolosità e classificazione sismica
Un ampio resoconto dell’evoluzione dei criteri adottati in Italia per la stima della pericolosità e
per la classificazione sismica è riportata in Mantovani et alii (2013), cui si rimanda per i dettagli ed
i riferimenti. Ulteriori informazioni per l’Umbria e le Marche possono essere reperite nei rispettivi
siti
regionali
(http://www.rischi.regione.umbria.it/mediacenter/FE/home.aspx
e
http://rischiosismico.regione.marche.it/web/).
Le due Regioni in oggetto hanno visto ripetute modificazioni della classificazione sismica, tra
cui ricordiamo quella del 1937, del 1962 e del 1983 (Gasparini et alii, 1984). Nell’ultima revisione
citata l’intensità massima osservata in un dato comune (Imax) era considerata vincolante per
attribuire il comune stesso ad una delle due categorie sismiche allora previste. La validità della
procedura era peraltro inficiata dalle limitazioni del catalogo sismico allora disponibile (Carrozzo et
alii, 1973), relativo al periodo 1000 d.c.-1969, e caratterizzato da stime antiquate, ampie incertezze,
errori e lacune. In effetti, circa il 60% dei comuni italiani risultava non classificato (Gasparini et
alii, 1984).
Un altro tentativo in questa direzione è il rapporto di Molin et alii (1996), elaborato per conto
della Protezione Civile, che assegnava un valore di Imax a ciascun comune italiano. Tale valore
risultava dalla combinazione del “giudizio esperto” degli autori, da considerazioni di coerenza con
le Imax attribuite ai comuni vicini e dall’uso di relazioni empiriche di attenuazione dell’intensità
macrosismica con la distanza dall’epicentro.
Per quanto riguarda l’Umbria (Fig. 7.1), gli Autori suddetti attribuivano Imax elevate (pari a 8,
9 o ≥10 MCS) a 60 dei 92 comuni, compresi i due capoluoghi di provincia. Valori di Imax pari o
superiori al 10° MCS erano attribuiti a comuni situati all’estremo nord della regione (S. Giustino in
Alta Valtiberina), ad est di Perugia (Gualdo Tadino) e, in particolare, nel settore sudorientale del
territorio regionale, tra la Valle Umbra, la Val Nerina ed i Monti Sibillini (Arrone, Campello sul
Clitunno, Cannara, Cascia, Cerreto di Spoleto, Ferentillo, Foligno, Monteleone di Spoleto,
Montefranco, Norcia, Poggiodomo, Polino, Preci, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano,
Spoleto, Trevi e Vallo di Nera). I comuni citati erano circondati da una fascia con Imax=9 MCS,
mentre alle porzioni centrale ed occidentale della regione, attorno alla Media e Bassa Val Tiberina,
erano attribuite Imax non superiori ad 8 MCS.
Fig. 7.1. Carta delle intensità massime MCS stimate per l’Umbria (a sinistra) e per le Marche (a destra) da Molin et
alii (1996). Sono indicati i confini e le sigle dei capoluoghi di provincia (si veda il sito http://emidius.mi.ingv.it/ per le
informazioni relative ai singoli comuni).
143
Nelle Marche (Fig. 7.1), gli Autori suddetti attribuivano Imax considerevoli (pari ad 8, 9 o ≥10
MCS) a 168 dei 246 comuni, compresi i capoluoghi provinciali eccetto Macerata ed il capoluogo
della futura provincia di Fermo. Intensità massime pari o superiori al 10° MCS erano proposte per
comuni del Pesarese (Acqualagna, Cagli, Fermignano, Peglio, Piobbico, Sant’Angelo in Vado e
Urbania), dell’Anconetano (Fabriano) e del Maceratese (Serravalle di Chienti e Visso). In generale,
il settore occidentale prossimo al confine con l’Umbria era caratterizzato da Imax ben più elevate
rispetto ai settori pedemontano e costiero (con l’eccezione di Senigallia con Imax=9° MCS).
La proposta di Molin et alii (1996) presentava una certa continuità nella distribuzione
territoriale dell’intensità massima, che evitava salti bruschi tra comuni adiacenti, sempre difficili da
giustificare. I valori di Imax attribuiti ai comuni, inoltre, sono spesso più elevati rispetto a quanto
riportato nelle storie sismiche più aggiornate (catalogo DBMI11 di Locati et alii, 2011). Occorre
infine osservare che l’elaborazione di Molin et alii (la cui descrizione completa è consultabile al sito
http://emidius.mi.ingv.it/) non precisa i motivi che hanno condotto alla scelta della Imax per ciascun
comune, in particolare non è chiaro il ruolo che hanno giocato la conoscenza del contesto sismotettonico e le personali convinzioni degli autori su questo aspetto. Inoltre, i dati considerati in quel
rapporto provenivano da fonti distinte, costruite con criteri differenti (Camassi et alii, 2000). Per
superare tali difficoltà, negli ultimi tre decenni è stata condotta una progressiva revisione della
storia sismica, che ha portato a cataloghi presumibilmente sempre più accurati ed affidabili, creando
le condizioni per determinazioni più realistiche dell’intensità massima (e.g., Stucchi et alii, 2007;
Locati et alii, 2011; Rovida et alii, 2011).
Dopo il tentativo sopra descritto, si è aperta una nuova fase nella valutazione dell’intensità
massima, legata all’adozione di procedure probabilistiche per la stima della pericolosità sismica. Gli
Enti di ricerca preposti hanno infatti ufficialmente adottato la metodologia Probabilistic Seismic
Hazard Assessment (PSHA), derivata dai lavori di Cornell (1968) e McGuire (1978) con vari
adattamenti e modifiche, di cui una sintesi è riportata in Mantovani et alii (2011, 2012a,b e 2013).
Questo approccio di solito è usato per valutare il livello di scuotimento sismico del terreno atteso
nel prossimo futuro in termini di Peak Ground Acceleration (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004).
Tuttavia, il risultato dell’analisi suddetta può essere espresso anche in termini di intensità massima
attesa (e.g., Slejko et alii, 1998; Albarello et alii, 2000, 2002; Gomez Capera, 2006; Gomez Capera
et alii, 2007, 2008, 2010). Il valore stimato con la procedura probabilistica è l’accelerazione
orizzontale o l’intensità MCS che ha solo una modesta probabilità (di solito 10%) di essere superata
nei prossimi decenni (di norma 50 anni).
Nell’ambito delle procedure probabilistiche è opportuno distinguere tra due approcci differenti,
descritti da Gomez Capera et alii (2010) cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Il primo tipo
di approccio (e.g. Slejko et alii, 1998) stima l’intensità massima mediante la procedura PSHA, che
prevede una serie di operazioni, come la scelta del catalogo sismico, la definizione di zone
sismogenetiche, l’analisi di completezza del catalogo, la stima del tasso di sismicità, la valutazione
dei parametri della relazione Gutenberg-Richter tra numero e magnitudo dei terremoti e la scelta di
funzioni di attenuazione dell’intensità macrosismica con la distanza epicentrale (e.g. Gomez
Capera, 2006; Gomez Capera et alii, 2008). E’ evidente che la valutazione probabilistica dell’Imax
risente dei punti deboli della procedura PSHA, elencati nel capitolo 6 e discussi in Mantovani et
alii, (2011, 2012a,b, 2013). Basti ricordare che la procedura suddetta ipotizza la sostanziale
casualità dei terremoti e la completa indipendenza tra le sorgenti sismiche, nonostante che le faglie
responsabili siano fratture in un mezzo solido (la crosta terrestre) e quindi meccanicamente
connesse l’un l’altra (e.g., Stein, 1999; Scholz e Gupta, 2000; Freed, 2005; Steacy et alii, 2005; Lou
e Liu, 2010). Un’altro problema cruciale di questo approccio è legato alla zonazione sismogenetica,
che ha subito sensibili modifiche dalla proposta originaria (ZS4, Meletti et alii, 2000) al modello
adottato attualmente (ZS9, Meletti et alii, 2008). Quest’ultimo prevede per l’Appennino
settentrionale alcune fasce molto allungate in senso NO-SE, tra cui le zone 917, 918, 919 e 920 che
attraversano l’Umbria e la Marche (Fig. 7.2). Si può notare che nelle zone suddette la distribuzione
144
degli epicentri dei terremoti è tutt’altro che uniforme. Per esempio, la porzione meridionale della
zona 918 (il settore esterno dell’Appennino centro-settentrionale) contiene molti meno eventi
sismici della porzione settentrionale. Anche la zona 920 presenta una sismicità poco rilevante,
eccetto che presso l’intersezione con le adiacenti zone 919 e 923. Inoltre, occorre sottolineare che
ciascuna della zone sismogenetiche suddette abbraccia differenti lineamenti tettonici (Basili et alii,
2008), essendo la lunghezza delle zone (dell’ordine del centinaio di chilometri) ben maggiore della
spaziatura media tra i lineamenti suddetti (dell’ordine della decina di chilometri), come risulta
evidente confrontando la zonazione sismotettonica (Fig. 6.2.3) con gli schemi tettonici presentati
nel Capitolo 1 (Figg. 1.4.1, 1.5.1 e 1.5.2).
Fig. 7.2. Zone sismogenetiche dell’Italia centro-settentrionale previste dal modello ZS9 (Meletti et alii, 2008), adottato
per la stima della pericolosità sismica con la procedura PSHA (Gruppo di Lavoro MPS, 2004). I quadrati identificano
l’ipocentro dei terremoti. In rosso è riportato il confine regionale dell’Umbria e delle Marche.
Il secondo tipo di procedura probabilistica per l’assegnazione della Imax è definito come
“approccio di sito” e consiste nell’analisi statistica dei risentimenti macrosismici documentati per
ciascuno dei capoluoghi comunali (e.g., Albarello et alii, 2002; Gomez Capera et alii, 2010). Il
principale merito di questo tipo di approccio è quello di evitare le difficoltà e gli artifici connesse
con la procedura PSHA, come la definione delle zone sismogenetiche, rimanendo legato al dato
primario, ossia il danneggiamento registrato nelle cronache storiche. C’è però da considerare che
tale impostazione incorpora nella stima di Imax le incertezze e incompletezze della documentazione
macrosisimica e che, essendo unicamente basata sulla storia sismica, non prende in considerazione
il fatto che possono esistere ulteriori sorgenti sismiche oltre a quelle attivate dai terremoti storici
conosciuti. Informazione che il nostro approccio tenta invece di ricavare dalle conoscenze
attualmente disponibili sull’assetto sismotettonico della regione italiana in generale e
dell’Appennino umbro-marchigiano in particolare.
I risultati delle due metodologie probabilistiche sopra descritte, relativi all’intero territorio
nazionale, alla Toscana ed all’Emilia-Romagna, sono discussi in Mantovani et alii (2012b, 2013)
145
cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Tali analisi mettono in evidenza che nell’arco di un
decennio l’applicazione della procedura PSHA ha prodotto risultati alquanto diversi in termini di
Imax attesa nelle stesse località (Albarello et alii, 2000, 2002; Gomez Capera et alii, 2010). Ciò
suggerisce che la procedura in oggetto è assai sensibile alla qualità e quantità dei dati sismologici e
macrosismici (ed al loro continuo aggiornamento), nonchè alla configurazione delle zone
sismogenetiche adottate. La situazione per l’area umbro-marchigiana è riassunta dalla figura 7.3.
Fig. 7.3. Particolari per l’area umbro-marchigiana delle carte di pericolosità sismica ottenute con la procedura PSHA.
Tali carte sono espresse in termini dell’intensità macrosismica massima attesa (scala MCS come indicato dalla legenda
a fianco di ogni figura). I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla
realizzazione della carta. A) Carta di Albarello et alii (2000). Sono indicati i confini provinciali ed i relativi capoluoghi
(AN=Ancona, AP=Ascoli Piceno, MC=Macerata, PS=Pesaro, PG=Peru-gia, TN=Terni). I poligoni indicano le zone
sismogenetiche del modello ZS4 adottato per la stima PSHA (Meletti et alii, 2000). B) Carta di Albarello et alii (2002).
Anche per questo prodotto è stato usata la zonazione sismogenetica ZS4. C) Carta di Gomez Capera et alii (2010). Per
ottenere questa carta è stata adottata la zonazione sismogenetica ZS9 (Meletti et alii, 2008), indicata nella figura 7.2.
146
Si può notare, per esempio, che nelle tre rappresentazioni la forma del dominio corrispondente
alla Imax = 9° MCS subisce un notevole cambiamento. Nella prima carta (Fig. 7.3a) tale dominio
comprende il settore sudorientale della provincia di Perugia e la porzione meridionale della
provincia di Macerata. Nella seconda carta (Fig. 7.3b), il dominio in oggetto abbraccia il lembo
orientale della provincia di Terni, circa un terzo della provincia di Perugia, gran parte della
provincia di Macerata e la metà occidentale della provincia di Ascoli Piceno. Infine, nella terza
mappa (Fig. 7.3c), il dominio suddetto si riduce ad un piccolo settore presso il punto d’incontro tra
le province di Perugia ed Ascoli Piceno. Commenti simili si potrebbero fare anche per la
distribuzione nelle tre mappe degli altri valori di Imax. C’è anche da notare che in nessuna delle
rappresentazioni mostrate in figura 6.3.3 è assegnata Imax=10° MCS all’area umbro-marchigiana.
Ciò costituisce una differenza rilevante rispetto alle carte di Molin et alii (1996), dove tale valore di
Imax è suggerito per molti comuni dell’Umbria e delle Marche (Fig. 7.1).
Un’ ulteriore ambiguità delle valutazioni probabilistiche è messa in evidenza dal confronto tra i
risultati della metodologia PSHA e quanto ottenuto dal cosiddetto “approccio di sito”. Le carte di
pericolosità ottenute con quest’ultima procedura (Fig. 7.4) sono infatti piuttosto diverse dai
corrispondenti prodotti PSHA, illustrati in figura 7.3.
Fig. 7.4. Particolari per l’area umbro-marchigiana delle carte di pericolosità sismica ottenute con la procedura
probabilistica detta “approccio di sito”. Le carte sono espresse in termini dell’intensità macrosismica massima attesa
(scala MCS come indicato dalla legenda). I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni
successivi alla realizzazione della carta. A) Carta di Albarello et alii (2002). B) Carta di Gomez Capera et alii (2010).
Sono indicati i confini regionali e provinciali.
Confrontando le figure 7.3b e 7.4a (tratte da Albarello et alii, 2002), si nota una ben diversa
distribuzione dell’intensità massima attesa corrispondente al 9° MCS. Mentre nella carta PSHA il
dominio in oggetto si estende senza interruzioni a parte delle province di Perugia, Macerata ed
147
Ascoli Piceno, nel risultato dell’approccio di sito si ha un insieme di piccole zone separate e
distribuite anche nella provincia di Ancona e di Pesaro, ove si raggiunge l’Imax=10° MCS nell’area
di Cagli. Considerazioni analoghe valgono anche per il confronto tra i prodotti più recenti, tratti da
Gomez Capera et alii (2010) e riportati nelle figure 7.3c e 7.4b.
Riassumendo, le procedure probabilistiche hanno prodotto carte di pericolosità che presentano
fra loro significative differenze (Figg. 7.3 e 7.4), come anche rispetto ai risultati di approcci
metodologicamente diversi (Fig. 7.1).
Sulla base di quanto esposto sopra, il lettore può confrontare la distribuzione dell’intensità
massima proposta in questo lavoro (Fig.6.2), che tiene conto dell’assetto sismotettonico mediante le
zone sismiche definite nel Capitolo 5, con i precedenti tentativi (Figg. 7.1, 7.3 e 7.4).
Le differenze tra i risultati ottenuti dall’approccio qui proposto e i più recenti, tra quelli citati
sopra, ottenuti dalla procedura statistica PSHA (Gomez Capera et alii, 2010, Fig.7.3c) sono messe
in evidenza nella figura 7.5.
Fig. 7.5. Confronto tra la carta delle intensità massime attese proposta in questo lavoro (colori indicati in legenda) e
la distribuzione delle Imax ottenute con la metodologia PSHA (Gomez-Capera et al., 2010). Per evitare confusione
nella figura, le zone previste dalla carta PSHA (Fig.7.3c) sono indicate da retini, su cui è riportata la Imax relativa.
Vedi commenti nel testo.
148
Il confronto illustrato in figura 7.5 consente di fare alcune considerazioni:
- Nella maggior parte delle due Regioni qui considerate la carta PSHA prevede una bassa
probabilità (<10%) che l’Intensità 8 ( e anche 7 in alcune zone) sia superata nei prossimi 50 anni.
Solo per una piccola area compresa tra le province di Perugia (comuni di Cascia e Norcia) e Ascoli
Piceno (comuni di Arquata del Tronto e, in piccola parte, Acquasanta Terme) l’intensità massima
attesa sale a 9.
- E’ opportuno ricordare che un’intensità 8 implica danni limitati agli edifici, senza crolli delle
strutture (e quindi vittime), se non nei casi in cui gli edifici coinvolti abbiano una debolezza
superiore al normale. Quindi se il pericolo sismico fosse veramente questo significherebbe che per i
prossimi 50 anni gli interventi da fare sugli edifici non sarebbero poi così impegnativi. In
particolare, una persona che viva in un edificio costruito in epoca abbastanza recente non dovrebbe
temere di rimanere sepolto sotto le macerie. Purtroppo però, è molto difficile credere che il
problema sia così limitato. Questa preoccupazione è alimentata dal fatto che nella zona interessata
sono avvenute in passato scosse di intensità molto superiore a quelle previste dalle carte attuali, con
danni rilevati molto più gravi.
Uno potrebbe scacciare questo timore se ci fossero delle solide ragioni per ritenere molto
affidabile la procedura PSHA. Ma questa speranza purtroppo svanisce se si considerano tutte le
limitazioni di questa metodologia, discusse in precedenza. Alla luce di queste difficoltà, la cosa più
ragionevole e onesta che la comunità scientifica e le autorità responsabili possono fare è informare i
cittadini sulla reale potenzialità delle zone sismogenetiche nella zona di interesse, cioè dire
esattamente quello che potrebbe succedere, al di là di complicate e arbitrarie analisi statistiche. La
carta da noi proposta cerca di fornire questo tipo di informazione.
- Si può notare che la forma della zona dove la procedura PSHA prevede I=9 è condizionata dalla
geometria della zonazione adottata (Fig.7.2), che presenta aspetti poco comprensibili, Per esempio,
il confine tra due zone sismogenetiche (le zone 919 e 923) divide arbitrariamente in due settori la
fascia dove sono avvenuti i forti terremoti della dorsale umbro-marchigiana. Nella nostra ipotesi,
invece, la dorsale è considerata una zona sismogenetica omogenea (zona 5 in Fig. 5.2) sia per
meccanismo tettonico che per intensità dei terremoti storici (per esempio: 1279, I=9; 1328, I=10;
1730, I=9; 1741, I=9; 1751, I=10). Inoltre, a pochi km di distanza dal suo margine occidentale,
parallelamente alla zona 5, è localizzata la Valle Umbra, anch’essa sede di forti terremoti (per
esempio quello del 1832, I=10). Per questi motivi si è ritenuto opportuno attribuire a tutti i comuni
appartenenti a queste zone o a quelli interposti tra esse un valore di Imax=10.
- La carta della Imax proposta in questo lavoro risente in modo marcato degli effetti del terremoto
avvenuto nel Cagliese nel 1781 (I=10). Questo evento è stato risentito con intensità comprese tra
I=8-9 e 10 in una vasta area, comprendente quasi tutta la parte meridionale della provincia di
Pesaro-Urbino, a sud della Valle del Metauro. Gli effetti di questo terremoto sono ben documentati
e quindi non si può trascurare la possibilità che una scossa di queste dimensioni possa ripetersi nel
prossimo futuro. Nella nostra analisi, abbiamo assunto che la zona sismogenetica Cagliese sia
distinta da quella della Dorsale Marchigiana (Fabrianese-Appennino marchigiano, Imax=9), sia
perché le due zone riguardano fronti di sovrascorrimento non allineati tra loro (la zona del Cagliese
è più vicina alla zona appenninica in distensione), sia perché sono morfologicamente separate da
bacini intra-Appenninici di età Tortoniano-Messiniano, come quello di Matelica-Camerino. Infine è
necessario considerare che le Imax dei terremoti avvenuti nella Dorsale Marchigiana sono più
basse (I=9). Secondo la zonazione adottata nella procedura PSHA, invece, le due zone citate fanno
parte di un’unica zona (918 in Fig.7.2), che si estende molto più a sud, fino alla Maiella. La carta
PSHA prevede quindi una intensità massima uniforme (I=8) per la maggior parte del territorio
marchigiano oltre che, come si è discusso in precedenza, per quello umbro, prevedendo in molti casi
Imax più basse o molto inferiori a quelle risentite.
- Nella fascia costiera marchigiana a nord di Ancona, sono documentati dal catalogo DBMI11
risentimenti di Imax=8 e 8-9, come effetto di terremoti avvenuti nelle zone sismogenetiche
149
dell’Anconetano (Imax=8-9) e Riminese (Imax=8). Tenendo conto di queste evidenze, e della
consapevolezza che il ripetersi di tali eventi non si può escludere, la nostra proposta sui valori di
Imax attesi ricalca quasi completamente i dati osservati. Nella carta PSHA, invece, i comuni della
fascia costiera sono inseriti nella zona dove sono previsti valori attesi di Imax=7.
- Nel settore nord-occidentale della provincia di Terni, la carta PSHA prevede un valore di I=7,
come in gran parte del settore interno della Toscana. La valutazione da noi proposta (Imax= 8
oppure 8-9) tiene conto dei forti terremoti avvenuti nella zona sismogenetica dell’Orvietano (zona 7
in Fig. 5.2), a cavallo tra Umbria e Lazio (1276, I=8; 1695, I=8-9). Nonostante ci sia un generale
accordo sul fatto che la zona interna della catena appenninica sia caratterizzata da un’attività
sismotettonica più limitata rispetto alla parte assiale della catena appenninica, è opportuno non
trascurare il possibile ruolo di alcune zone sismiche, come ad esempio quella Orvietana, che
evidenziano caratteristiche strutturali peculiari, come discusso nel capitolo 5, e permettono di
individuare aspetti locali della pericolosità sismica, non considerati dalla procedura PSHA.
Classificazione sismica attuale delle Marche e dell’Umbria
La classificazione sismica ufficialmente adottata da queste due Regioni è fondata sul livello di
scuotimento del terreno (Peak Ground Acceleration = PGA, come descritto nella normativa
vigente), in base al quale sono definite le classi sismiche di riferimento. Nel dettaglio, le zone
sismiche 1, 2, 3 e 4 sono separate dai valori di PGA = 0.25g, 0.15g e 0.05g (Ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28/4/2006). L’attuale classificazione sismica
deriva dalla carta di pericolosità elaborata con la procedura PSHA (Fig. 7.6), che riporta i valori di
PGA (riferiti a suoli rigidi) che hanno il 10% di probabilità di essere superati nei prossimi 50 anni
(Gruppo di Lavoro MPS, 2004).
Fig. 7.6. Particolare per l’area umbro-marchigiana della carta di pericolosità sismica ottenute con la procedura PSHA
(Gruppo di Lavoro MPS, 2004). La carta è espressa in termini della PGA attesa, secondo la scala indicata a destra. I
valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla realizzazione della carta.
Sono indicati i confini regionali.
Si può notare che la distribuzione dei valori attesi di PGA segue fedelmente la configurazione
delle zone sismogenetiche adottate (Fig. 7.2), come discusso sopra. Tale elaborato è stato usato dai
competenti organi regionali per definire la classificazione sismica su base comunale, come indicato
in figura 7.7.
150
Fig. 7.7. Classificazione sismica dell’Umbria (a sinistra) e delle Marche (a destra). Per l’Umbria il documento di
riferimento è la deliberazione della Giunta Regionale n. 1111 del 18/9/2012 (Bollettino Ufficiale della Regione Umbria
n. 43 del 3/10/2012, supplemento 3). Le zone sismiche 1, 2 e 3 sono identificate rispettivamente da grigio scuro, grigio
chiaro e bianco (i valori di PGA che definiscono i confini tra le zone sono richiamati nel testo). Per le Marche la
normativa è definita dalla deliberazione della Giunta Regionale 1046 del 29/7/2003, successivamente modificata dalla
deliberazione n. 136 del 17/2/2004. Le zone sismiche 1, 2 e 3 sono identificate rispettivamente da rosso, verde e celeste.
In Umbria, 18 comuni (circa il 20% del totale) sono classificati nella zona 1, 53 comuni (57%)
nella zona 2 e 21 comuni (23%) nella zona 3. Si nota che le zone 1 e 3 sono disposte nei settori
orientale ed occidentale della Regione. Nelle Marche, 6 comuni (circa il 3% del totale)
appartengono alla zona 1, 221 comuni (92%) alla zona 2 e 12 comuni (5%) alla zona 3. La zona 1
riguarda solo la porzione meridionale della provincia di Macerata, mentre la zona 3 è confinata alla
parte meridionale della zona costiera delle province di Fermo ed Ascoli Piceno.
Si deve osservare che l’attuale situazione normativa è tutt’altro che chiara, a seguito della
entrata in vigore delle procedure da seguire per la progettazione di nuovi manufatti (edifici, ponti,
strade, dighe ecc.), cioè le cosiddette Nuove norme tecniche per le costruzioni (Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, Circolare 2 Febbraio 2009 n. 617). Tali norme impongono che
l’azione sismica sui manufatti debba essere valutata in base ai valori di PGA determinati per i punti
di un reticolo regolare che copre il territorio nazionale. Tali valori costituiscono la cosiddetta
“pericolosità di base”, che usata assieme ad altri parametri permette di determinare lo spettro di
risposta elastico in accelerazione, alla base della stima delle sollecitazioni indotte dal terremoto.
Tutti i parametri necessari per la determinazione dello spettro, attribuiti ai punti del reticolo
nazionale, sono elencati nell’Allegato B delle Norme tecniche. Pertanto, gli aspetti ingegneristici
della prevenzione del rischio sismico dipendono dalle indicazioni contenute nelle Norme tecniche
piuttosto che da quanto prevederebbe la carta della classificazione sismica. Quest’ultima, in effetti,
può essere usata per scopi amministrativi (pianificazione urbanistica, programmazione delle
verifiche sul rispetto della normativa e così via) ma non più per attività di progettazione e
consolidamento dei manufatti. Tuttavia, la separazione tra le normative di classificazione e
progettazione può portare a risultati inattesi, poiché la revisione dell’una e dell’altra spesso non
151
avviene in modo sincrono. Un esempio è fornito dalla Regione Marche, quando si considerino i
valori di PGA per ogni comune elencati nell’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri
n. 3907 del 13/10/2010, che disciplina i contributi per la prevenzione del rischio sismico. Tali valori
sono riportati per ogni comune marchigiano nella figura 7.8, che mostra come il livello di
scuotimento associato alla classe sismica 1 (PGA>0.25) sia previsto solo per un comune (Arquata
del Tronto, in blu nella figura in oggetto). Ciò è in netto contrasto con quanto indicato nella carta
ufficiale della classificazione sismica (Fig. 7.7), dove i comuni di Castelsantangelo sul Nera, Monte
Cavallo, Muccia, Pieve Torina, Serravalle di Chienti e Visso rientrano nella classe 1 (ma non
Arquata del Tronto!). Il cambiamento dei valori di riferimento per lo scuotimento sismico,
intervenuto tra l’elaborazione della carta di classificazione (2003) e l’OPCM n.3907 (2010), implica
la riduzione della priorità per interventi sul patrimonio abitativo nei sei comuni sopra citati.
Fig. 7.8. Carta degli scuotimenti attributi ai comuni delle Marche (espressi in termini di PGA/g) dall’Ordinanza della
Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3907 del 13/10/2010 (Allegato 7). Gli intervalli del rapporto PGA/g indicati
dai colori giallo, arancio, rosso e viola appartengono alla zona sismica 2 (PGA/g tra 0.15 e 0.25). L’intervallo indicato
dal colore blu appartiene alla zona sismica 1 (PGA>0.25). L’unico comune che ricade nella zona sismica 1 è Arquata
del Tronto (modificato da Achilli, 2012).
La discussione precedente solleva il problema dell’eventuale confronto tra i risultati di questo
lavoro (valori di Imax) e le valutazioni della pericolosità sismica espresse in termini di scuotimento
ed usate dagli Enti preposti come stime ufficiali. Per esempio, la Peak Ground Acceleration (PGA)
152
descrive il livello di scuotimento orizzontale del terreno ed identifica la cosiddetta “pericolosità di
base” quando riferita ad un suolo formato da roccia rigida (e.g., Romeo, 2007). Attualmente tale
informazione è ottenuta attraverso procedure probabilistiche (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004) e
quindi non è direttamente comparabile con l’intensità macrosismica, relativa al livello di
danneggiamento. Come ricordato nel Capitolo 6 ed in Mantovani et alii (2013), l’effetto del
terremoto sui manufatti è determinato dalla complessa interazione di vari fattori, tra cui lo
scuotimento del terreno e le sue caratteristiche spettrali, i possibili effetti locali di amplificazione
del moto sismico, l’interazione terreno-struttura e la tipologia costruttiva dei manufatti. Inoltre, la
trasformazione dell’intensità macrosismica in un dato rappresentativo dello scuotimento (come la
massima accelerazione, velocità o spostamento orizzontale) presenta numerose difficoltà concettuali
e pratiche, come discusso in Mantovani et alii (2013). Per esempio, mentre la stima dell’intensità
incorpora l’effetto di tutte le componenti del moto sismico, la pericolosità di base si riferisce al solo
scuotimento orizzontale. D’altra parte, è noto da tempo come la componente verticale del moto
sismico possa contribuire in modo significativo al danneggiamento dei manufatti (e,g,, Papazoglu
ed Elnashai, 1996; Collier ed Elnashai, 2001). Peraltro, accelerazioni verticali maggiori della PGA
orizzontale (e a volte superiori alla stessa accelerazione di gravità) sono state ripetutamente
registrate nel corso di forti terremoti in Italia ed all’estero, soprattutto in prossimità dell’epicentro
(e.g., Bouchon et al., 2000; Bozorgna e Campbell, 2004; Aoi et alii, 2008; Xie et alii, 2010; De
Nardis et alii, 2014).
Pertanto, la conversione delle intensità massime in valori di PGA ed il confronto dei risultati
ottenuti con le stime ufficiali di scuotimento potrebbero apparire come operazioni non ben definite.
Tuttavia, occorre ricordare che lo studio della correlazione tra le quantità suddette è da tempo
oggetto di numerose indagini (e.g., Ambraseys, 1975; Margottini et alii, 1992; Decanini et alii,
1995; Wald et alii, 1999; Faccioli e Cauzzi, 2006; Gomez Capera et alii, 2007b; Linkimer, 2008;
Ocola, 2008; Faenza e Michelini, 2010, 2011). Inoltre, riteniamo che sia interessante conoscere
come le stime di danneggiamento massimo atteso, ottenute in questo lavoro, si traducano in
determinati (per quanto approssimati) livelli di scuotimento sismico. Infatti, l’eventuale discrepanza
tra tali scuotimenti ed i valori di pericolosità di base (come i dati riportati nella sopra citata OPCM
3907) può fornire preziose indicazioni sui possibili effetti di amplificazione locale nei comuni
implicati. Ovviamente tali indicazioni rappresentano solo un primo elemento di valutazione,
possibile premessa alle ben consolidate procedure di microzonazione sismica (e.g., Gruppo di
Lavoro MS, 2008; Facciorusso, 2012). Tali metodologie permettono infatti di mettere in luce il
contributo di ciascuna delle possibili cause dell’amplificazione dello scuotimento (stratigrafici,
topografici e strutturali), nonchè di identificare eventuali variazioni laterali degli effetti di sito
all’interno del comune considerato.
Per quanto riguarda la conversione dell’intensità macrosismica in PGA, la mancanza di un
modello fisico plausibile implica che il solo approccio praticabile sia la determinazione di relazioni
empiriche, dedotte dalla correlazione tra dati macrosismici e misure accelerometriche (Gomez
Capera et alii, 2007b). Peraltro, tale correlazione sembra essere statisticamente piuttosto debole,
forse a causa della differente natura delle quantità coinvolte. Basti pensare che la PGA è una
grandezza fisica espressa da numeri collocati in un intervallo continuo, mentre la scala
macrosismica è formata da un insieme discreto di numeri interi. Inoltre, le misure accelerometriche
si riferiscono a siti specifici, mentre l’intensità è valutata su porzioni estese del territorio. A ciò si
aggiunga il fatto che la suddetta correlazione è praticabile solo per i terremoti più recenti, per i quali
disponiamo di entrambi i tipi di informazione. Ciò limita in modo notevole l’ampiezza della base di
dati, riducendo la significatività e la robustezza delle valutazioni.
Le difficoltà sopra accennate comportano che l’uso di differenti relazioni di conversione può
portare a valori di PGA alquanto diversi per lo stesso grado di intensità macrosisimica (e.g., Gomez
Capera et al., 2007b e riferimenti). In linea di massima, le relazioni empiriche più affidabili
dovrebbero essere quelle di più recente pubblicazione, in quanto si avvalgono di dati più numerosi e
controllati e di tecniche di elaborazione più efficaci. Dopo un’accurata analisi delle caratteristiche e
153
delle limitazioni presentate dalle relazioni di conversione presenti in letteratura (un elenco
indicativo delle quali è riportato sopra), si è ritenuto opportuno adottare - almeno sino alla
pubblicazione di valutazioni più realistiche - la relazione denominata GOR-DB4, ottenuta da
Gomez Capera et alii (2007b) ed illustrata dalla formula seguente:
Log10 ( PGA) = -1.84 + 0.28I
I valori di PGA, stimati con tale formula per le intensità dal 5° all’11° MCS e divisi per
l’accelerazione di gravità (g), sono riportati in tabella 6.3.1. La sigla GOR (Generalized Orthogonal
Regression) si riferisce alla metodologia impiegata per ottenere la relazione in oggetto, che presenta
vantaggi significativi rispetto alle procedure usuali di regressione lineare. In particolare, adottando
la GOR i parametri della relazione lineare PGA-I risultano piuttosto stabili, ovvero poco sensibili ad
eventuali cambiamenti della base di dati usata. La sigla DB4 indica appunto l’insieme di dati
macrosismici ed accelerometrici impiegati per ottenere la relazione sopra indicata, relativi a 32
terremoti (3.8≤M≤7.4) avvenuti nella regione italiana e dintorni dal 1976 al 2005 (Gomez Capera et
alii, 2007b).
Intensità MCS
PGA/g
5
5-6
6
6-7
7
7-8
8
8-9
9
0.910
10
10-11
11
0.037011
0.051089
0.070523
0.097348
0.134378
0.185494
0.256053
0.353452
0.487900
0.673489
0.929674
1.283308
1.771458
Tab. 7.1. Conversione dell’intensità macrosismica MCS in PGA, secondo la relazione empirica GOR-DB4 (Gomez
Capera et alii, 2007b), riportata nel testo.
Adottando la relazione sopra descritta si è proceduto alla conversione in PGA delle intensità
massime stimate per i comuni dell’Umbria e delle Marche (Capitolo 6). I risultati di tale operazione
sono elencati nelle tabelle dell’Appendice, relative alle varie province delle regioni suddette. Ogni
tabella riporta la stima di Imax per ciascun comune della provincia considerata, il valore di PGA/g
ottenuto mediante la tabella 7.1 e la PGA/g attribuita al comune dalla legislazione vigente (ossia la
pericolosità di base riportata nelle OPCM 3907/2010, 400772012 e OCDPC 52/2013). Per mettere
in evidenza l’eventuale discrepanza tra le differenti stime, i comuni sono ordinati in base al valore
decrescente del rapporto (R) tra il dato dedotto dalla Imax e la pericolosità di base.
I dati riportati nell’Appendice si prestano a diversi commenti. Il primo riguarda i casi in cui la
stima di PGA derivata da Imax è inferiore alla pericolosità di base ufficiale (R<1). Si tratta di una
minoranza di comuni (59 su 373, pari a circa il 16%); la proporzione di tali casi è relativamente
elevata solo nella provincia di Fermo (25 comuni su 32). Occorre premettere che nei comuni ove la
pericolosità di base è indicata come ≤0.125g, il valore di R potrebbe essere sensibilmente maggiore
di quello riportato in tabella, in quanto in quel caso le ordinanze ministeriali sopra citate non
specificano il valore numerico della PGA. Per quanto riguarda gli altri comuni in cui R<1, si può
notare che appartengono tutti a zone in cui la pericolosità sismica è ritenuta moderata o bassa.
Infatti, per tutti i comuni suddetti l’Imax stimata è al più 7°-8° MCS, mentre la pericolosità di base
154
è sempre inferiore a 0.2g. Pertanto, si può affermare che la situazione R<1 coinvolge comuni in cui
la difesa dai terremoti è meno preminente rispetto ad altri rischi di tipo ambientale.
Assai più interessante è l’analisi dei casi in cui R>1, che spesso sono associati a valori elevati
di Imax (≥8° MCS) e della pericolosità di base (≥0.2g). Tenendo conto del numero elevato di tali
situazioni (oltre 300 comuni) e delle incertezze associate alla conversione della Imax in PGA (sopra
discusse), limiteremo i commenti ai casi più significativi, in cui R>2.
In Umbria si contano ben 69 comuni per cui R>2, dei quali 42 nella provincia di Perugia e 27
in quella di Terni. Inoltre, 24 comuni perugini presentano 3<R<4 (Assisi, Bastia Umbra, Bettona,
Campello sul Clitunno, Cerreto di Spoleto, Citerna, Foligno, Fossato di Vico, Giano dell'Umbria,
Gualdo Cattaneo, Gualdo Tadino, Monte Santa Maria Tiberina, Monteleone di Spoleto, Nocera
Umbra, Poggiodomo, Preci, Scheggino, Sant'Anatolia di Narco, Sellano, Spello, Spoleto, Trevi,
Vallo di Nera e Valtopina), mentre per 5 comuni si ha 4<R<5 (Bevagna, Cannara, Cascia, Castel
Ritaldi e Montefalco). Spicca su tutti il caso di Norcia con R≈7. In provincia di Terni si ha 3<R<4
per Ferentillo, mentre 4<R<5 per Arrone, Polino e Montefranco.
Nelle Marche si notano 57 casi in cui R>2 (6 per la provincia di Ancona, 5 per Ascoli Piceno, 1
per Fermo, 33 per Macerata e 12 per Pesaro-Urbino). In particolare, possiamo segnalare Fabriano
(R>3) nell’Anconetano, nonché Arquata del Tronto (R>4) e Montemonaco (3<R<4) nell’Ascolano.
In provincia di Macerata spiccano Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo, Monte Cavallo, Sefro
Serravalle di Chienti e Visso con 3<R<4, mentre per Fiuminata R>4. Infine, nella provincia di
Pesaro-Urbino sono da segnalare Acqualagna con 3<R<4, Apecchio, Cagli, Piobbico e Sant'Angelo
in Vado con 3<R<4 ed infine Urbania con R>5. Per tali comuni, la stima di Imax (e quindi la PGA
da essa ottenuta) dipende in modo cruciale dal forte terremoto del 3/6/1781 (Cagliese), che invece
sembra avere uno scarso effetto sulla valutazione della pericolosità di base.
Per concludere, suggeriamo ai competenti uffici delle Regioni considerate un possibile impiego
operativo dei dati riportati nell’Appendice. Come già sottolineato, solo approfondite indagini di
microzonazione sismica possono identificare con ragionevole accuratezza le eventuali cause di
amplificazione del moto sismico. Considerando il costo di tali indagini (in termini di tempo,
personale e denaro), si propone di concentrare l’attenzione e le risorse disponibili sui comuni che
presentano le più ampie discrepanze tra la stima di PGA da Imax e la pericolosità di base. In
particolare, per ciascuna provincia si consiglia di dare la priorità alle indagini di microzonazione
(sia nuove investigazioni che il completamento di studi già avviati) nei comuni, nominati nel testo,
per cui R>3. Successivamente si potranno considerare i casi per cui 2<R<3, poi i valori 1<R<2 e
così via sino a coprire tutti i comuni della provincia. In tal modo si avrebbe i vantaggio di ottenere
per prime le microzonazioni dei comuni in cui è plausibile attendersi i danneggiamenti più rilevanti
a causa dei futuri terremoti forti.
155
Appendice
Seguono le tabelle con le informazioni sulla PGA, relative ai comuni delle province
dell’Umbria e delle Marche. Per ogni comune è riportata l’intensità massima attesa nella scala MCS
(Capitolo 6 di questo lavoro), il rapporto PGA/g ottenuto dal valore di Imax con la relazione GORDB4 (Gomez Capera et alii, 2007b) e la cosiddetta “pericolosità di base” (OPCM 3907-2010, 40072012 e OCDPC 52-2013). L’ultima colonna riporta il rapporto (R) tra le cifre indicate nella terza e
quarta colonna; i comuni sono ordinati in base al valore decrescente di R.
(Nota: l’elenco dei comuni si riferisce alla situazione precedente alla data del 1/1/2014, che ha
segnato l’entrata in vigore dell’accorpamento di alcuni territori comunali nelle Marche).
REGIONE UMBRIA
Comune
PROVINCIA DI PERUGIA
Imax
PGA/g
PGA/g
(GOR-DB4) (OPCM)
Norcia
Cascia
Bevagna
Montefalco
Castel Ritaldi
Cannara
Gualdo Tadino
Spello
Assisi
Trevi
Nocera Umbra
Valtopina
Spoleto
Scheggino
Foligno
Campello sul Clitunno
Sellano
Sant'Anatolia di Narco
Vallo di Nera
Poggiodomo
Cerreto di Spoleto
Preci
Monteleone di Spoleto
Gualdo Cattaneo
Giano dell'Umbria
Bettona
Monte Santa Maria Tiberina
Fossato di Vico
Citerna
Bastia Umbra
San Giustino
Città di Castello
Valfabbrica
Massa Martana
Collazzone
Deruta
Torgiano
Monte Castello di Vibio
11
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
10
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
8
1.7715
1.2833
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.35345
0.25892
0.25856
0.21827
0.22073
0.22100
0.22133
0.23275
0.23388
0.23401
0.23528
0.23539
0.23565
0.23751
0.24020
0.24083
0.24282
0.24600
0.24747
0.24767
0.25206
0.25237
0.25301
0.25413
0.19939
0.19973
0.21140
0.21562
0.22296
0.22392
0.22412
0.22836
0.22910
0.23343
0.17573
0.17778
0.18330
0.20424
0.15863
R
6.8418
4.9633
4.2592
4.2119
4.2067
4.2003
3.9944
3.9750
3.9728
3.9514
3.9495
3.9452
3.9142
3.8705
3.8602
3.8287
3.7791
3.7567
3.7536
3.6883
3.6838
3.6744
3.6583
3.3778
3.3720
3.1858
3.1235
3.0207
3.0078
3.0051
2.9492
2.9397
2.8852
2.7764
2.7444
2.6617
2.3888
2.2282
156
Fratta Todina
Todi
Pietralunga
Sigillo
Umbertide
Montone
Marsciano
Gubbio
Scheggia e Pascelupo
Costacciaro
Piegaro
Perugia
Corciano
Città della Pieve
Paciano
Castiglione del Lago
Panicale
Tuoro sul Trasimeno
Lisciano Niccone
Passignano sul Trasimeno
Magione
8
8
9
8
8
8
8
8
8
8
7
8
7
7
7
7
7
7
7
7
7
0.35345
0.35345
0.48790
0.35345
0.35345
0.35345
0.25605
0.35345
0.25605
0.25605
0.18549
0.25605
0.18549
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.15971
0.16568
0.23035
0.20593
0.22431
0.23118
0.16774
0.23247
0.20509
0.21309
0.15552
0.23080
0.19096
0.14972
0.15129
0.15431
0.15453
0.16221
0.17266
0.17686
0.18746
2.2131
2.1334
2.1181
1.7164
1.5757
1.5289
1.5265
1.5204
1.2485
1.2016
1.1927
1.1094
0.97138
0.89752
0.88822
0.87084
0.86960
0.82841
0.77826
0.75978
0.71684
PROVINCIA DI TERNI
Comune
Imax
PGA/g
(GOR-DB4)
PGA/g
(OPCM)
R
Montefranco
Arrone
Polino
Ferentillo
Acquasparta
Terni
Porano
Orvieto
Avigliano Umbro
Montecastrilli
San Gemini
Stroncone
Castel Giorgio
Castel Viscardo
Ficulle
Parrano
Montecchio
Guardea
Baschi
Otricoli
Calvi dell'Umbria
Amelia
San Venanzo
Narni
Allerona
Fabro
Alviano
Giove
Penna in Teverina
Attigliano
Monteleone d'Orvieto
Lugnano in Teverina
Montegabbione
10
10
10
10
9
9
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
7
7
7
7
7
7
7
7
7
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.48790
0.48790
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.18549
0.18549
0.18549
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.20051
0.21087
0.22516
0.23510
0.17767
0.18708
0.14455
0.15012
0.15703
0.16049
0.16200
0.16999
0.14411
0.14435
0.14716
0.14883
0.15207
0.15315
0.15329
0.15404
0.15411
0.15420
0.15619
0.16069
0.14445
0.14632
0.14815
0.14474
0.14491
0.14538
0.14788
0.14883
0.15045
4.6366
4.4089
4.1289
3.9544
2.7462
2.6080
2.4452
2.3545
2.2509
2.2024
2.1818
2.0793
1.7769
1.7738
1.7400
1.7205
1.6837
1.6719
1.6704
1.6623
1.6615
1.6606
1.6393
1.5934
1.2841
1.2677
1.2521
0.92839
0.92733
0.92434
0.90870
0.90290
0.89316
157
REGIONE MARCHE
PROVINCIA DI ANCONA
Comune
Imax
Fabriano
Serra San Quirico
Mergo
Genga
Cerreto d'Esi
Rosora
Arcevia
Sirolo
Numana
Camerano
Falconara Marittima
Ancona
Montemarciano
Senigallia
Sassoferrato
Poggio San Marcello
Serra de' Conti
Cupramontana
Castelplanio
Montecarotto
Maiolati Spontini
Barbara
Castelfidardo
Camerata Picena
Chiaravalle
Osimo
Ostra
Ripe
Belvedere Ostrense
Staffolo
San Paolo di Jesi
Castelbellino
Monte Roberto
Loreto
Castelleone di Suasa
Offagna
Agugliano
Polverigi
Filottrano
Monte San Vito
Morro d'Alba
San Marcello
Monterado
Castel Colonna
Ostra Vetere
Corinaldo
Santa Maria Nuova
Monsano
Jesi
0.910
9
9
9
9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7
7
7
PGA/g
PGA/g
(GOR-DB4) (OPCM)
0.67349
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.13438
0.13438
0.13438
0.21094
0.17528
0.17542
0.17579
0.17834
0.17575
0.17720
0.17779
0.17947
0.18055
0.18217
0.18276
0.18334
0.18500
0.18560
0.17795
0.17877
0.17891
0.17896
0.17898
0.18049
0.18187
0.18243
0.18312
0.18323
0.18359
0.18501
0.18504
0.18520
0.17768
0.17801
0.18055
0.18068
0.18146
0.18161
0.18281
0.18358
0.18363
0.18383
0.18387
0.18444
0.18446
0.18476
0.18482
0.18529
0.18569
0.18369
0.18400
0.18463
R
3.1928
2.7835
2.7813
2.7754
2.7358
2.0111
1.9946
1.9880
1.9694
1.9577
1.9403
1.9340
1.9278
1.9106
1.9043
1.4389
1.4323
1.4312
1.4308
1.4307
1.4186
1.4079
1.4036
1.3982
1.3974
1.3947
1.3840
1.3838
1.3826
1.0440
1.0420
1.0274
1.0266
1.0223
1.0214
1.0147
1.0104
1.0102
1.0090
1.0088
1.0057
1.0056
1.0039
1.0036
1.0011
0.99896
0.73154
0.73030
0.72784
158
PROVINCIA DI ASCOLI PICENO
Comune
Imax
Montemonaco
Arquata del Tronto
Montegallo
Castignano
Acquasanta Terme
Appignano del Tronto
Ascoli Piceno
Comunanza
Roccafluvione
Colli del Tronto
Castorano
Montedinove
Montalto delle Marche
Castel di Lama
Offida
Maltignano
Rotella
Folignano
Force
Palmiano
Venarotta
Cossignano
Spinetoli
Monsampolo del Tronto
Monteprandone
Acquaviva Picena
Carassai
San Benedetto del Tronto
Ripatransone
Grottammare
Cupra Marittima
Massignano
Montefiore dell'Aso
10
10
9
9
9
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
PGA/g
PGA/g
(GOR-DB4) (OPCM)
0.92967
0.92967
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0.48790
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0.35345
0.35345
0.35345
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.22897
0.25588
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0.17685
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0.17641
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0.17901
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0.17993
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0.18126
0.18131
0.18230
R
4.0602
3.6333
2.9113
2.7513
2.0564
1.9978
1.7997
1.7883
1.7291
1.4512
1.4508
1.4499
1.4484
1.4479
1.4469
1.4415
1.4316
1.4258
1.4205
1.3923
1.3746
1.0515
1.0501
1.0457
1.0403
1.0362
0.75478
0.75278
0.74685
0.74582
0.74135
0.74114
0.73713
PROVINCIA DI FERMO
Comune
Imax
Montefortino
Amandola
Montefalcone Appennino
Smerillo
Monte San Pietrangeli
Massa Fermana
Montappone
Monte Rinaldo
Servigliano
Ortezzano
Montelparo
Santa Vittoria in Matenano
Magliano di Tenna
Monte Vidon Corrado
Belmonte Piceno
Falerone
Monsampietro Morico
Monteleone di Fermo
9
8
8
8
8
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
PGA/g
PGA/g
(GOR-DB4) (OPCM)
0.48790
0.35345
0.25605
0.25605
0.25605
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.20079
0.19357
0.17863
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0.17957
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0.17494
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0.17597
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0.17492
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0.17572
0.17580
R
2.4299
1.8259
1.4334
1.4266
1.4259
1.0613
1.0603
1.0545
1.0542
1.0541
1.0524
1.0454
1.0451
0.76823
0.76628
0.76491
0.76473
0.76437
159
Montottone
Francavilla d'Ete
Monte Vidon Combatte
Monte Giberto
Montegiorgio
Grottazzolina
Petritoli
Ponzano di Fermo
Rapagnano
Monterubbiano
Pedaso
Porto San Giorgio
Altidona
Campofilone
Porto Sant'Elpidio
Lapedona
Moresco
Fermo
Monte Urano
Montegranaro
Sant'Elpidio a Mare
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
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0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.17594
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0.17638
0.17669
0.17716
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0.18259
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0.18295
0.18315
0.18316
0.76376
0.76251
0.76188
0.76055
0.75851
0.75693
0.75368
0.75149
0.74874
0.74315
0.74224
0.74192
0.74080
0.73968
0.73741
0.73600
0.73597
0.73540
0.73450
0.73372
0.73368
PROVINCIA DI MACERATA
Comune
Imax
Fiuminata
Monte Cavallo
Serravalle di Chienti
Castelsantangelo sul Nera
Visso
Cessapalombo
Sefro
Muccia
Pieve Torina
Poggio San Vicino
Apiro
Ussita
San Severino Marche
Belforte del Chienti
Camporotondo di Fiastrone
Serrapetrona
Gagliole
Caldarola
San Ginesio
Matelica
Esanatoglia
Castelraimondo
Sarnano
Pioraco
Bolognola
Acquacanina
Pievebovigliana
Fiastra
Camerino
Fiordimonte
Colmurano
Ripe San Ginesio
Tolentino
10
10
10
10
10
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
9
8
8
8
PGA/g
PGA/g
(GOR-DB4) (OPCM)
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.67349
0.67349
0.67349
0.67349
0.48790
0.48790
0.67349
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.35345
0.35345
0.35345
0.22930
0.24011
0.24155
0.24865
0.24978
0.18646
0.22218
0.22741
0.23653
0.17392
0.17502
0.24237
0.17650
0.17743
0.17797
0.17963
0.18104
0.18398
0.18484
0.18760
0.19050
0.19195
0.19567
0.19981
0.20163
0.20533
0.21364
0.21450
0.21727
0.22472
0.17520
0.17544
0.17565
R
4.0544
3.8719
3.8489
3.7389
3.7220
3.6120
3.0312
2.9616
2.8474
2.8054
2.7876
2.7787
2.7644
2.7498
2.7415
2.7162
2.6950
2.6520
2.6396
2.6007
2.5612
2.5419
2.4935
2.4419
2.4198
2.3761
2.2838
2.2746
2.2456
2.1712
2.0175
2.0147
2.0122
160
Gualdo
Urbisaglia
Loro Piceno
Pollenza
Sant'Angelo in Pontano
Treia
Penna San Giovanni
Monte San Martino
Cingoli
Porto Recanati
Petriolo
Mogliano
Appignano
Corridonia
Macerata
Montecassiano
Recanati
Montefano
Monte San Giusto
Civitanova Marche
Potenza Picena
Morrovalle
Montelupone
Montecosaro
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
7
0.35345
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.13438
0.17912
0.17478
0.17507
0.17521
0.17618
0.17725
0.17796
0.17842
0.17939
0.18065
0.17547
0.17629
0.17993
0.18129
0.18280
0.18316
0.18316
0.18332
0.18191
0.18274
0.18284
0.18300
0.18323
0.18328
1.9733
1.4650
1.4626
1.4614
1.4533
1.4446
1.4388
1.4351
1.4274
1.4174
1.0571
1.0522
1.0309
1.0232
1.0147
1.0127
1.0127
1.0118
0.73869
0.73534
0.73495
0.73432
0.73338
0.73319
PROVINCIA DI PESARO-URBINO
Comune
Urbania
Piobbico
Sant'Angelo in Vado
Cagli
Apecchio
Acqualagna
Fermignano
Frontone
Peglio
Cantiano
Mercatello sul Metauro
Borgo Pace
Pergola
Serra Sant'Abbondio
Fratte Rosa
Urbino
Fossombrone
Sant'Ippolito
Macerata Feltria
Sassocorvaro
Lunano
Monte Grimano Terme
Auditore
Pietrarubbia
Mercatino Conca
Sassofeltrio
Tavoleto
Frontino
Petriano
San Lorenzo in Campo
Imax
10
10
10
10
10
0.910
9
9
9
9
9
9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8-9
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
PGA/g
PGA/g
(GOR-DB4) (OPCM)
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.92967
0.67349
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.48790
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.35345
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.17706
0.18612
0.19213
0.19841
0.21545
0.17756
0.17601
0.17848
0.17874
0.20276
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0.22566
0.17729
0.17868
0.18081
0.18106
0.18298
0.18301
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0.17585
0.17697
0.17707
0.17722
0.17735
0.17772
0.17875
0.17949
0.18024
0.18081
0.18131
R
5.2508
4.9951
4.8388
4.6856
4.3150
3.7930
2.7721
2.7337
2.7297
2.4063
2.3808
2.1621
1.9936
1.9782
1.9548
1.9521
1.9317
1.9313
1.4614
1.4561
1.4469
1.4461
1.4448
1.4437
1.4408
1.4325
1.4266
1.4206
1.4161
1.4123
161
Piandimeleto
Montecalvo in Foglia
Belforte all'Isauro
Isola del Piano
Gabicce Mare
Mondolfo
Gradara
Fano
San Costanzo
Tavullia
Montelabbate
Pesaro
Sant'Angelo in Lizzola
Mondavio
Barchi
Colbordolo
Monte Cerignone
Montecopiolo
Carpegna
Montefelcino
Monte Porzio
San Giorgio di Pesaro
Piagge
Cartoceto
Mombaroccio
Monteciccardo
Saltara
Serrungarina
Montemaggiore al Metauro
Orciano di Pesaro
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
7-8
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.25605
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18549
0.18161
0.18162
0.18165
0.18232
0.18341
0.18394
0.18428
0.18463
0.18464
0.18499
0.18525
0.18540
0.18552
0.18563
0.18568
0.18611
0.17566
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0.18046
0.18502
0.18520
0.18528
0.18528
0.18530
0.18531
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0.18546
0.18567
0.18584
0.18613
1.4099
1.4098
1.4096
1.4044
1.3960
1.3920
1.3895
1.3868
1.3867
1.3842
1.3822
1.3811
1.3802
1.3794
1.3790
1.3758
1.0560
1.0432
1.0279
1.0026
1.0016
1.0012
1.0011
1.0011
1.0010
1.0005
1.0002
0.99904
0.99814
0.99656
162
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