Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione

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Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione
autore: Roberta Tassi
relatore: Paolo Ciuccarelli
correlatore: Elena Pacenti
Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione
PRIMA PARTE. DEFINIZIONE DI UN MODELLO
Politecnico di Milano - Facoltà di Disegno Industriale - Laurea Magistrale in Design della Comunicazione - a.a. 2007/2008
Politecnico di Milano
Facoltà di Disegno Industriale
Laurea Magistrale in Design della Comunicazione
DESIGN DELLA COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZI
Il progetto della comunicazione per l’implementazione
relatore: Paolo Ciuccarelli
correlatore: Elena Pacenti
autore: Roberta Tassi
matricola 207094
a.a. 2007/2008
Tesi stampata in luglio 2008
Font:
Minion
The sans
Colori:
C15 M0 Y0 K80
C35 M0 Y100 Ko
C0 M100 Y50 Ko
a Lorenzo
Il tema: COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZI p. 20
QUAL È LA RELAZIONE TRA DESIGN DELLA COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZI? p. 28
Analisi: GLI STRUMENTI NEL DESIGN DEI SERVIZI p. 40
DEFINIZIONE DI UN MODELLO PER IL PROGETTO DELLA COMUNICAZIONE NEL DESIGN DEI SERVIZI p. 64
Cinque focus: ANALISI DEGLI STRUMENTI COMUNICATIVI E INDICAZIONI PER IL PROGETTO p. 82
Estendibilità: POTENZIALITÀ E LIMITI DEL MODELLO INDIVIDUATO p. 146
Cinque focus:
ANALISI DEGLI
STRUMENTI
COMUNICATIVI E
INDICAZIONI PER
IL PROGETTO
INDICE
92
CONTENUTI
14
23
24
15
16
17
102
25
26
27
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ
IL SISTEMA DI ATTORI
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ
UNA REALTÀ IMMATERIALE
COMUNICAZIONE E SERVIZI
LA MANCANZA DI
RIFERIMENTI
32
34
36
38
DOMUS ACADEMY
ELENA PACENTI
42
COME ORIENTARSI
UN UNIVERSO DI
STRUMENTI
52
35
44
37
AEGIS MEDIA
STEFAN MORITZ
LIVE|WORK
SEAN MILLER
AALBORG UNIVERSITY
NICOLA MORELLI
43
45
46
47
54
30
95
103
104
105
72
COSA COMUNICARE
I CONTENUTI
90
91
96
97
98
99
100
101
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109
110
111
107
39
55
56
57
58
112
113
114
115
116
117
73
DEFINIZIONE DI UN
MODELLO PER IL
PROGETTO DELLA
COMUNICAZIONE NEL
DESIGN DEI SERVIZI
74
PERCHÈ COMUNICARE
GLI EFFETTI DESIDERATI
75
66
67
68
PREMESSA
COMUNICAZIONE COME
CONDIVISIONE
A CHI COMUNICARE
GLI INTERLOCUTORI
76
78
77
COME COMUNICARE
LE MODALITÀ ESPRESSIVE
118
119
120
121
04
COMUNICARE AGLI
OPERATORI
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125
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127
128
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149
150
151
Analisi:
GLI STRUMENTI
NEL DESIGN
DEI SERVIZI
RADARSTATION
TOKE BARTER
48
31
49
50
51
05
COMUNICARE AGLI
UTENTI
STRUMENTI
TASSONOMIA
59
60
61
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Estendibilità:
POTENZIALITÀ E
LIMITI DEL MODELLO
INDIVIDUATO
63
108
03
COMUNICARE AI
TECNICI
STRUMENTI
GLOSSARIO
62
89
POLITECNICO DI MILANO
EZIO MANZINI
STRUMENTI
POTENZIALITÀ
COMUNICATIVE
STRUMENTI
GENESI
53
94
88
01
COMUNICARE AL
CAMPIONE DI VERIFICA
GUIDA ALLA LETTURA
I FOCUS SUL MODELLO
93
87
86
Il tema:
COMUNICAZIONE
E DESIGN
DEI SERVIZI
QUAL É LA
RELAZIONE TRA
DESIGN DELLA
COMUNICAZIONE E
DESIGN DEI SERVIZI?
33
85
02
COMUNICARE AI
COMMITTENTI
INTRODUZIONE
SERVIZI, DESIGN E
DESIGNER
22
84
69
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71
QUANDO COMUNICARE
LE FASI DEL PROCESSO
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IL MODELLO
LA COMUNICAZIONE
NEL DESIGN DEI SERVIZI
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VARIAZIONI NEL MODELLO
LE DIVERSE TIPOLOGIE
DI SERVIZI
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UN APPROFONDIMENTO
PUBBLICO E PRIVATO
L’APPROCCIO
ASTRAZIONE vs.
SPECIFICITÀ
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BIBLIOGRAFIA
I POSSIBILI UTILIZZI
UNO STRUMENTO ANALITICO E PROGETTUALE
159
160
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Cinque focus:
ANALISI DEGLI
STRUMENTI
COMUNICATIVI E
INDICAZIONI PER
IL PROGETTO
INDICE
STRUMENTI
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84
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Il tema:
COMUNICAZIONE
E DESIGN
DEI SERVIZI
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QUAL É LA
RELAZIONE TRA
DESIGN DELLA
COMUNICAZIONE E
DESIGN DEI SERVIZI?
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Analisi:
GLI STRUMENTI
NEL DESIGN
DEI SERVIZI
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50
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Estendibilità:
POTENZIALITÀ E
LIMITI DEL MODELLO
INDIVIDUATO
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DEFINIZIONE DI UN
MODELLO PER IL
PROGETTO DELLA
COMUNICAZIONE NEL
DESIGN DEI SERVIZI
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INDICATORE DI CONTENUTI
TITOLO DELLA SEZIONE
NUMERO DI PAGINA
NUMERO DI PAGINA
TITOLO DEL CAPITOLO
SOTTOTITOLO
LAYOUT
GRIGLIA
TESTO
NOTE
COLLEGAMENTI IPERTESTUALI
14
Introduzione. Servizi, design e designer
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notes 3
15
INTRODUZIONE
SERVIZI, DESIGN E DESIGNER
L’obiettivo di questa tesi è quello di esplorare la relazione esistente
tra il design della comunicazione e il design dei servizi nell’intento di
fornire ai progettisti un modello per analizzare e ideare strumenti di
comunicazione del servizio.
L’idea di sviluppare questo tema è nata nel corso della mia
esperienza lavorativa presso Domus Academy, dove ho partecipato
ad attività di ricerca trasversali rispetto a questi due ambiti. La
collaborazione con Domus Academy è stata l’occasione, l’input
iniziale da cui ha preso il via questo percorso dedicato all’osservazione
del mondo dei servizi dal punto di vista della comunicazione.
Non sarebbe stato possibile affrontare questo tema senza però prima
approfondire anche solo rapidamente cosa s’intende per servizi e qual
è la storia del design ad essi relativo.
Services are activities performed by people for 1the utility,
the satisfaction and the support of other people 1
Siamo in effetti circondati da servizi, che si presentano a noi ogni
giorno in decine e decine di forme diverse; fanno così parte della
nostra vita che diamo per scontata la loro esistenza e ci arrabbiamo
quando questo supporto non c’è o non è come vorremmo. I servizi
non sono di certo una novità, anche se oggi se ne parla molto di più
che in passato perchè il servizio è diventato un tema di discussione nel
mondo dei consumatori e in quello delle organizzazioni, nel mondo
della politica e dell’economia. E il servizio ha fatto il suo ingresso nel
mondo del design. Ma cos’è successo negli ultimi vent’anni?
In termini economici la fase in cui ci troviamo è stata denominata
proprio service revolution, in contrapposizione con il concetto di
industrial revolution proprio del Novecento: il focus si è gradualmente
spostato dal prodotto verso il servizio. Mentre alla fine del
Diciannovesimo secolo le grandi industrie e le importanti invenzioni
portarono all’immissione di una grande quantità di beni economici
1. S. Parker, J. Hoepy (2006)
2. E. Pacenti (1998)
sul mercato, ora, con la service revolution, si assiste al sopravvento
di un tipo di economia basata sui servizi, più che sull’industria e
sull’agricoltura. Ciò è dovuto allo spostamento dell’attenzione dalle
logiche di produzione verso i bisogni e i desideri del consumatore
finale, non perchè le industrie abbiano iniziato a pensare più agli
individui che a sé stesse, ma per una questione di necessità, dovuta
al fatto che la crescita ingente del mercato del prodotto ha portato ad
una saturazione tale per cui, per sopravvivere o per avere maggiore
successo, i produttori si sono orientati verso nuove forme di
differenziazione rispetto ai concorrenti. In un momento in cui alzare e
abbassare il prezzo della merce non ha nessun riscontro sul mercato, la
soluzione è stata individuata nella possibilità di associare alla merce un
servizio, dotando così il prodotto di un valore aggiunto fondamentale
per essere competitivo.
Oltre alla trasformazione avvenuta nel mondo del prodotto e
alla disponibilità di nuove piattaforme tecnologiche, non possiamo
non considerare l’esplosione del numero di aziende che offrono
esclusivamente servizi. L’aumento vertiginoso delle organizzazioni
attive in questo settore ha dato vita ad una forte concorrenza e
quindi alla necessità per le singole organizzazioni di un continuo
miglioramento della propria offerta ed ampliamento delle proprie
prestazioni. Ma chi si occupa di tutto ciò? Chi progetta questi servizi?
Sarebbe molto bello rispondere che è il designer a progettare i
servizi, così come ci suggerisce la nascita della disciplina omonima.
Purtroppo, nella maggioranza dei casi, non è così.
Da un lato abbiamo assistito ad un capovolgimento del focus della
produzione per rispondere alle nuove esigenze del mercato. Dall’altro
lato lo sviluppo dei servizi è stato sollecitato dalla proliferazione
dell’interactive media e dalla crescita ingente di questo tipo di
tecnologie a supporto delle attività umane.
Nonostante il design dei servizi abbia
una storia ventennale, ancora oggi
pochi ritengono di avere bisogno del
supporto di un progettista per erogare
determinate prestazioni.
Le nuove generazioni di prodotti tecnologici, soprattutto
nel settore delle tele-comunicazioni, sono così legate al
servizio che offrono e alla rete di cui fanno parte da andare
a costituire un tutt’uno con questi elementi ed aspetti
immateriali 2
Per molto tempo nessuno ha sentito o mostrato l’esigenza di una
figura in grado di progettare il sistema complessivo che supporta il
servizio. L’ingente crescita del mondo dei servizi ha portato però con
sé la necessità di nuovi professionisti, in grado di gestire questo tipo di
progettazione; figure caratterizzate da competenze ibride che spaziano
dalla strategia al marketing e al design stesso.
I prodotti diventano così piattaforme per servizi, rappresentando
fisicamente la possibilità di consumare il servizio stesso: un telefono
cellulare non è da considerarsi esclusivamente un prodotto, ma la
piattaforma per accedere ad un servizio che consente di comunicare
con altre persone.
Il design dei servizi prende forma agli inizi degli anni Novanta
come disciplina che integra diverse competenze per supportare la
progettazione di questi sistemi complessi, formando figure in grado di
comprendere i desideri e i bisogni degli individui, delle organizzazioni
e del mercato, di sviluppare idee innovative, di tradurle in soluzioni
sostenibili, di guidare la loro implementazione e la loro erogazione.
3. B. Hollins (2006)
It’s only recently been recognised that services as much as
products have to be designed. 3
Riflettendo su questo cambiamento, emerge come il design abbia
radicalmente modificato il proprio scopo, stravolgendo l’idea di essere
un contributo utile solamente nel momento finale di messa a punto
dei prodotti. Il design ora estende le proprie aree di competenza e di
intervento, fino ad includere da un lato la progettazione dell’esperienza
che gli individui hanno del prodotto, del servizio, di un luogo o, come
spesso accade, di un mix di tutto questi elementi, e dall’altro lato la
progettazione di tutto il sistema e di tutti i processi che consentono
la creazione di tale esperienza. Se allarghiamo ancora di un livello la
prospettiva, ci rendiamo conto che il design viene addirittura coinvolto
nella creazione di strategie e di filosofie: da che costituiva il momento
finale di messa a punto di un prodotto, viene ora riconosciuto nel
mondo del business come una guida da integrare in un progetto fin
dalle sue fasi iniziali.
I servizi devono essere progettati per
essere al tempo stesso efficaci per gli
individui e generatori di profitto per gli
enti erogatori.
È importante che sia sorta questa consapevolezza all’interno del
mondo del progetto da un lato e delle organizzazioni dall’altro, e molto
si sta facendo attraverso esperienze concrete e approfondimenti teorici
per sedimentare questa nuova disciplina. Nonostante tutto ciò e il
fatto che il progetto sia ampiamente riconosciuto come un fattore di
successo, molte imprese tendono ancora a non utilizzare le potenzialità
del design dei servizi, escludendolo dalle loro abituali prassi di gestione
delle attività.
16
Premessa. Servizi, design e designer
I think that what this new industry has in common is that
there are complex problems out there. And clients don’t
know who they should call to get them solved. Normally
they would call their advertising agency, market researcher,
design house or what have you, and today a lot of these
people are handed complex problems by clients because it’s
not quite clear who should be doing them. 4
La nascita di una nuova disciplina e l’esigenza di queste nuove
figure professionali -ricordiamo accanto al designer di servizi anche
le aree rappresentate dal design dell’interazione, design dell’esperienza,
design management e design strategico- richiedono un adattamento
dei percorsi formativi esistenti o una definizione di nuovi percorsi, per
supportare questa richiesta del mercato e per dotare i progettisti delle
conoscenze necessarie.
ere is an urgent need for professional exchange in order
to better and faster develop the field of Service Design. 5
Un contributo importante nella definizione di quale sia il ruolo
che questo designer deve avere è quello offerto da Elena Pacenti,
che non intende il designer come quella figura marginale addetta al
progetto delle evidenze fisiche, ma come un vero e proprio regista della
progettazione del servizio.
Una figura in grado di gestire il progetto integrato e
coerente di tutti gli aspetti che determinano la qualità
dell’interazione. 6
Al designer viene quindi attribuita la capacità di orchestrare gli
elementi disomogenei che compongono l’interfaccia del servizio
(ambienti, prodotti, supporti fisici, informazioni e persone) e di gestire
il dialogo tra la varietà di figure professionali coinvolte. Un ruolo che
ha una forte ed evidente componente comunicativa.
4. c. Hogenhaven, P. Johansen, T. Lau, J. Rosted (2007)
5. B. Mager (2004)
6. E. Pacenti (1998)
text 1
La domanda che emerge spontaneamente è come un designer
possa sviluppare queste competenze trasversali. Indagando la storia
di questa disciplina dal punto di vista della comunicazione, ho infatti
cercato di capire che tipo di percorsi formativi attualmente esistono
e come essi integrano le diverse aree disciplinari. Mentre ad esempio
il design dell’interazione si colloca a metà strada tra l’ambito della
comunicazione e quello del prodotto con dei percorsi formativi
così strutturati sull’intersezione tra le due aree, il design dei servizi
ancora non ha raggiunto il necessario equilibrio tra i diversi aspetti,
privilegiando molto spesso il legame con il mondo del prodotto o
dell’economia.
Considerando quindi i primi passi incerti che sono stati compiuti
nell’ambito formativo e lo scarso coinvolgimento dei designer di
servizi da parte delle organizzazioni, emerge come il passaggio ad
un’economia basata sui servizi non ha ancora in realtà comportato la
cosiddetta service revolution, e questo è evidente se si abbandonano i
panni del progettista e si assume il punto di vista dell’utente.
Troppo spesso abbiamo avuto la
sensazione che gli interessi del
promotore fossero più importanti del
nostro stato d’animo. 7
Evidentemente, questi non sono solo problemi di progettazione.
Mi sembra molto più forte la componente legata alle relazioni che
si instaurano in un sistema come quello del servizio. Ecco quindi
che già in questa prima rapida ricognizione nel mondo dei servizi è
possibile individuare l’importanza della componente comunicativa,
proprio come elemento necessario per orchestrare l’intero progetto,
coinvolgendo tutte le figure necessarie, e migliorando così tanto le
dinamiche interne quanto l’esperienza finale offerta all’utente.
7. S. Parker, J. Hoepy (2006)
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Il percorso che qui ha inizio, la mia tesi, si occupa proprio di
indagare il confine tra questi due mondi per cercare di individuare
come la comunicazione, ed in particolare il progetto di strumenti
comunicativi, può supportare l’ideazione e la costruzione del servizio,
assicurando da un lato una gestione adeguata dei flussi di informazioni
e degli scambi di conoscenze, dall’altro la realizzazione ed erogazione
di un servizio che sia effettivamente di supporto per gli utenti.
Un tema, quello della relazione tra comunicazione e servizi,
indispensabile per formare figure professionali capaci di gestire
la progettazione di servizi complessi e le nuove tecniche di coproduzione.
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INDEX
22
23
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ
IL SISTEMA DI ATTORI
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25
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ
UNA REALTÀ IMMATERIALE
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COMUNICAZIONE E SERVIZI
LA MANCANZA DI
RIFERIMENTI
22
Il tema. Comunicazione e design dei servizi
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notes 2
23
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ
IL SISTEMA DI ATTORI
Il servizio esiste grazie ad un sistema di attori che comprende tutte
le figure coinvolte nella progettazione e nella realizzazione del servizio,
a partire dai promotori stessi fino ad arrivare agli utenti finali.
Riprendendo la definizione che attribuisce al designer di servizi
il ruolo di regista della progettazione, possiamo affermare che egli è
regista di questa rete di relazioni e di comunicazione.
Il designer è colui che stabilisce le
connessioni tra gli elementi del sistema,
tra i desideri e le motivazioni dell’utente
e i desideri e le motivazioni del
promotore, passando attraverso quelli
di tutte le altre figure comprese nel
contesto che separa queste due entità.
La complessità insita nella gestione delle interazioni con questa
eterogenea molteplicità di interlocutori è evidente. Così come è
evidente la necessità di comunicare con tutte queste figure, essendo
la conversazione strategica alla base delle attività di progettazione e
realizzazione di un servizio.
A questo punto ci chiediamo se il designer sia in grado di affrontare
tale complessità, molto diversa dalle problematiche che ermergono ad
esempio nel mondo di design del prodotto.
Dialogare con questi attori significa conoscere e possedere una
sensibilità specifica rispetto al tema dei linguaggi, delle tecniche,
degli strumenti e delle modalità di comunicazione. Consapevolezza
che può essere sviluppata mediante adeguati percorsi formativi e che
sicuramente può essere incentivata o supportata dalla nascita di nuovi
modelli di comunicazione, conformi alle esigenze sollevate da questa
nuova disciplina.
1. N. Morelli (2007)
Designers need innovation in techinques to manages
those communication aspects, especially in relation to the
substantial role played by new actors, including final users.
New languages need to be introduced in order to communicate new contents to such new actors. 1
Per capire come il designer affronta questa necessità, è importante
distinguere le due diverse situazioni comunicative che si possono
presentare in relazione a questo sistema di attori.
Possiamo avere una comunicazione nel servizio, che comprende
tutte quelle situazioni di scambio interno funzionale al progetto e alle
attività di co-produzione, estendendo la possibilità di intervento anche
verso figure estranee al mondo del design e del servizio. In questo caso
comunicare è necessario al fine di creare questo dialogo trasversale tra i
soggetti coinvolti con caratteristiche cognitive e background differenti.
Gli strumenti e le tecniche di comunicazione visiva rivestono un ruolo
fondamentale proprio per la capacità di esplicitare i concetti e di
renderli visibili e condivisibili all’interno di un gruppo di persone.
Un altro tema è invece quello della comunicazione del servizio,
che interviene nel momento in cui il progetto o il servizio stesso
devono essere comunicati alle figure che sono parte del sistema e che
partecipano alla fase di erogazione. In questo caso la sfida è quella di
riuscire ad esprimere e a trasmettere il funzionamento del sistema, il
tipo di offerta e le modalità d’interazione previste.
Normalmente questo tipo di comunicazione prevede una logica
non più trasversale, ma top down, per cui si crea un rapporto unidirezionale tra emittente e ricevente; la co-produzione del servizio si
schiera invece su un versante opposto, per cui anche nel momento
finale, di erogazione, sono previsiti strumenti di scambio bidirezionale
o bottom up. In entrambi i casi la necessità di un progetto consapevole
dal punto di vista comunicativo è indiscutibile.
Comunicazione nel servizio
Comunicazione del servizio
Abbiamo definito il design dei servizi una piattaforma multidisciplinare, per questo motivo richiede l’integrazione nel team di
nuovi attori. Oltre alle figure che solitamente partecipano a fianco
ai designer, quali i produttori, i costruttori e i manager, nel caso dei
servizi è spesso richiesta la presenza di figure specializzate provenienti
dal mondo delle scienze sociali o dal mondo delle tecnologie, che
contribuiscano attivamente allo sviluppo del progetto: sociologi,
psicologi, etnologi da un lato e esperti dell’interazione, sviluppatori di
soware e ingegneri informatici dall’altro.
Anche se consideriamo il servizio non come oggetto da progettare,
ma come oggetto da comunicare, emerge il tema della pluralità di
attori a cui deve essere trasmesso. Fondamentale è che tutti arrivino
alla comprensione di qual è il proprio ruolo all’interno del sistema e
tutti si costruiscano il proprio modello mentale del servizio, per poter
veramente sviluppare e generare il valore richiesto. In particolare
questo è indispensabile se pensiamo all’utente.
Oltre a queste figure, che possiamo considerare tecniche, non
dimentichiamo l’importanza degli altri attori che appartengono allo
specifico sistema in cui il progetto si colloca, tra cui i promotori, gli
operatori e gli utenti finali stessi. Tutti questi attori da entità esterne
e passive rispetto all’ideazione e all’erogazione del servizio, stanno
diventando sempre di più parte del processo di progettazione e di
produzione del valore.
A questo esteso sistema di attori ciò che viene richiesto
è di capire e lavorare unitamente, tra di loro e con i
designer, per costruire visioni e idee, per concettualizzare
possibili soluzioni, per individuare qualità da attribuire
all’esperienza del servizio, per concepire la generale
preposizione del valore, per costruire, istallare e gestire
le infrastrutture necessarie, per definire e implementare
l’architettura del brand lungo l’intera organizzazione,
per progettare ogni oggetto coinvolto nell’esperienza del
servizio, a qualsiasi scala e legato a qualsiasi contesto,
fino ai dispositivi per l’interazione e alle interfacce, infine,
ma non ultimo, per gestire e definire i modelli per il
mantenimento delle reti create. 2
Affinchè ciò avvenga è indispensabile che la comunicazione
abiliti questi individui alla collaborazione: il designer non solo dovrà
comunicare loro quali sono gli specifici task da risolvere, ma anche
fornire gli strumenti adeguati per poterlo fare, esprimendo le proprie
intenzioni. Questo aspetto della co-progettazione pone quindi un
primo accento sull’esigenza di trovare un modo, degli strumenti,
dei linguaggi che rendano queste persone dei progettisti, integrati
nella costruzione del servizio tanto quanto gli operai in un sistema
produttivo.
2. S. Kyffin in c. Hogenhaven, P. Johansen, T. Lau, J. Rosted (2007)
Ciò che spesso avviene, è che gli strumenti comunicativi non
vengano progettati su misura a seconda del singolo destinatario. Si
verifica viceversa la tendenza alla creazione di artefatti ibridi, di cui
non è chiaro quale sia l’interlocutore e quale l’intento, utilizzandoli
indistintamente per comunicare all’uno o all’altro. Oppure ancora,
assistiamo alla trasposizione di uno strumento che nasce rivolgendosi
ad uno specifico interlocutore, verso forme di comunicazione aperte
ad altri attori del sistema, con altre caratteristiche e altri background.
Il problema che qui emerge non è solamente quello relativo al
tipo di destinatario di fronte a cui ci troviamo, ma anche alle forme
di comunicazione interessate. Quando si parla di comunicazione
del servizio non si fa infatti riferimento esclusivamente agli artefatti
comunicativi progettati per rappresentare, informare, far conoscere,
promuovere. C’è un altro livello, altrettanto importante, rappresentato
da tutti quegli aspetti che compongono l’interfaccia del servizio, che
svolgono un ruolo fondamentale dal punto di vista comunicativo e che
vanno progettati pensando all’esperienza e alla percezione complessiva
che si desidera fornire all’utente.
Mentre la comunicazione nel servizio si trova quindi ad affrontare le
problematiche legate alla rappresentazione di un processo complesso,
rappresentazione finalizzata all’individuazione di territori comuni su
cui dialogare, la comunicazione del servizio si pone maggiormente il
problema di riuscire a conferire visibilità a degli aspetti prettamente
intangibili, come quello di esperienza e di performance.
Riconosciamo come elementi comuni la necessità di calibrare gli
strumenti utilizzati rispetto allo specifico destinatario a cui sono rivolti
e la necessità di individuare forme di comunicazione adatte a questo
nuovo tipo di contenuto, che è il servizio. Vedremo quindi nei paragrafi
successivi come la complessità che caratterizza la comunicazione del
servizio non sia legata solo al sistema di persone a cui va comunicato,
ma anche alla natura sistemica stessa dell’oggetto trattato.
24
Il tema. Comunicazione e design dei servizi
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notes 4
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ
UNA REALTÀ IMMATERIALE
Services do not qualify as property. ey are immaterial
and intangibles. ey are performed, not produced. ey
exist only in the moment they are rendered. ey cannot
be held, accumulated, or inherited. While products are
bought, services are made available. In a service economy,
it is human time that is being commodified, not places
or things. Services always invoke a relationship between
human beings as opposed to a relationship between a
human being and a thing. 1
La presenza di queste evidenze del servizio è quindi utile per
comunicarlo, trasferendo in parte il problema dalla comunicazione di
un concetto immateriale alla comunicazione, più facile, di un prodotto.
Questa però non è una soluzione al tema nel suo complesso:
Definire cosa sia un servizio non è certo un facile compito, la
maggior parte dei riferimenti letterari esistenti sul tema hanno risolto
la questione focalizzandosi sulle differenze tra il concetto di prodotto e
il concetto di servizio, svelando così le caratteristiche del servizio.
I progettisti sono dotati di buoni strumenti comunicativi per
gestire la rappresentazione delle componenti materiali della soluzione,
ma non sono sempre necessariamente capaci di visualizzare e
trasmettere in modo efficace questo tipo di qualità così immateriali,
che richiedono uno sforzo comunicativo particolare, che tenga conto
anche del destinatario a cui ci si sta di volta in volta rivolgendo.
Tanto Bill Hollins, in Total Design, quanto Birgit Mager, in Service
Design Review, insistono sul fatto che i servizi non hanno una forma
fisica. Essi possono essere utilizzati, ma non posseduti: non possiamo
portarli a casa con noi dopo il momento dell’esperienza, perché non
hanno fisicità e non sono trasportabili o tanto meno esportabili.
Un aspetto caratterizzante dei servizi è la loro mancanza di
“icogenia”, cioè la loro parvenza di immaterialità, il fatto
che i servizi non possono essere visti, toccati, assaggiati e
sperimentati prima del loro utilizzo. 2
2
Nessuno può possedere un messaggio ad esempio, ma tutti
possiamo dire di essere i proprietari, di toccare e di interagire con
l’apparecchio telefonico attraverso cui comunichiamo con il resto del
mondo. A questo proposito emerge un tema fondamentale, quello dei
touchpoint: è vero che il servizio è immateriale, ma i suoi punti di
contatto hanno una natura fisica che sancisce la presenza del servizio,
rendendolo tangibile e consentendo di interagire con esso.
1. J. Riin (2000)
2. E. Pacenti (1998)
3. N. Morelli (2002)
p.51,53, 86-93, 98-105, 110-117
Furthermore the nature of the solution is much more
complex, as immaterial components, such as uncodified
and codified knowledge, cultural values and organisational
settings are oen more relevant than the material
components (products). 3
Distinguiamo a questo proposito diversi punti di vista riguardanti
lo stesso oggetto (il servizio), che illustrano meglio in che senso la sua
natura sia intangibile e quali sono le implicazioni dal punto di vista
comunicativo.
Il servizio può essere comunicato in
quanto sistema, inteso come insieme
di attori e di interconnessioni, oppure
in quanto esperienza, intesa come
momento di interazione tra utente e
servizio, oppure ancora in quanto valore,
inteso come insieme di benefici derivati
dalla sua fruizione.
Un primo punto di vista è quello che considera il servizio come
sistema e come sistema vuole comunicarlo. Si tratta di un’esigenza che
si presenta rispetto a tutte le figure che lavorano dietro le quinte per
mettere a punto la prestazione, sia nel momento del progetto che nel
momento della sua implementazione.
La comunicazione non può che riflettere
la complessità del servizio, cercando
di individuare degli strumenti utili
per descrivere il funzionamento della
sua realtà dinamica, immateriale ed
eterogenea.
Un altro punto di vista, che invece guarda più al servizio dalla
prospettiva dell’utente e dell’offerta finale, è quello che considera il
servizio come esperienza, quindi di nuovo un qualcosa di intangibile,
che prende forma attraverso un’interazione nel tempo con una serie
di punti di contatto.
Il concetto di esperienza si presenta come l’interazione
che l’utente ha con il servizio attraverso una serie di
touchpoints distribuiti nel tempo. 4
Il design si estende quindi fino alla progettazione dell’esperienza,
dopo aver definito tutto il sistema e tutti i processi che stanno dietro
le quinte, e anche questa esperienza deve essere in qualche modo
rappresentata e comunicata, tanto nelle fasi progettuali quanto in
quelle realizzative.
Se allarghiamo ancora di un livello la prospettiva, ci rendiamo
conto che il servizio, l’oggetto di cui stiamo parlando, non è solo un
sistema e non è nemmeno solo un’esperienza, ma molto di più. Proprio
per la sua natura intrinseca di supporto all’attività umana, facendo
4. B. Moggridge (2007)
degli aspetti materici semplicemente il mezzo per raggiungere una
prestazione, la comunicazione del servizio non può non considerare
l’importanza dell’aspetto valoriale.
I valori del servizio risiedono nel mondo
non tangibile delle cose che supportano
le attività umane, che rispondono
a esigenze, bisogni, desideri degli
individui.
Non dobbiamo più pensare al servizio come una merce e cercare
di comunicarlo come tale. Questo modello mentale ha le sue radici
profonde nel tipo di mercato in cui siamo cresciuti, un mercato
in cui l’esplosione dei servizi non è stata ancora accompagnata da
una rivoluzione concreta nel modo di percepirli e nel modo di
comunicarli. Molto probabilmente le logiche e le strategie della
co-produzione sono ciò che più avvicina, fino a questo momento,
all’idea di una trasmissione di valori, informazioni e conoscenze,
indipensabile per la creazione di un servizio e della sua esperienza,
che può con difficoltà sfruttare gli stessi canali della comunicazione
tradizionale, anche e soprattutto nei confronti dell’utente finale.
25
26
Il tema. Comunicazione e design dei servizi
text 1
COMUNICAZIONE E SERVIZI
LA MANCANZA DI RIFERIMENTI
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Se già abbiamo pochi riferimenti sulla progettazione dei servizi,
quelli relativi alla sua comunicazione sono ancora più ridotti,
nonostante sia una problematica riconosciuta, con cui si imbattono
tutte le figure che fanno parte di questo mondo. Spesso nei testi o nei
paper si trova il riferimento alla difficoltà che i progettisti incontrano
a livello comunicativo, attribuendola alla scarsa icogenia del servizio
e alla necessità di estendere la comunicazione a più attori. Molti
auspicano la nascita e lo sviluppo di nuovi modelli che siano realmente
di supporto all’attività del progettista, ma di fatto oltre a queste
riflessioni e ad alcune esperienze esemplificative, che svolgono il ruolo
di guida, non ci sono altre fonti utili rispetto a questo tema di grande
complessità.
L’aggravante, in tutto ciò, è rappresentata dal fatto che molto spesso
le persone che se ne occupano non hanno le competenze necessarie
per farlo, ma sono gruppi eterogenei che si trovano a creare ed erogare
servizi senza la necessaria cultura del progetto.
ere’s been a lot of focus on product innovation over the
years, but very little discussion or thought on innovation in
the service sector – despite the vast growth of that part of
our economy. 1
Una delle prime agenzie ad occuparsi di Service Design è stata
sicuramente Live|work, nata a Londra nel 2001, che ha fondato il
proprio lavoro su una competenza iniziale derivante dal mondo
dell’interaction design, per poi estendere il proprio territorio di
competenza agli ambiti della ricerca e della strategia.
Il design dei servizi è una disciplina relativamente giovane: sebbene
essi esistano da tempi memorabili, il mondo della progettazione
del servizio affonda le sue radici agli inizi degli anni Novanta. Una
premessa fondamentale per spiegare ciò che è avvenuto e come la
situazione si è evoluta nel corso degli anni è legata al fatto che questa
disciplina è sorta a stretto contatto con le pratiche del marketing e
dell’economia, più che all’interno del mondo del design, quindi gran
parte della letteratura esistente sul tema, soprattutto passata, è legata
al settore del business e delle organizzazioni più che a quello del
progetto.
Poi è sorto l’Interaction Design Institute di Ivrea, in Italia,
che fondava la propria formazione sulla ricerca di un’innovazione
continua, soprattutto rispetto al tema dell’interazione con i servizi.
L’istituto è stato poi spostato all’interno di Domus Academy, a Milano,
che ha continuato a fare del design dei servizi uno dei suoi ambiti di
formazione e di ricerca.
Il primo importante punto di riferimento, a livello di letteratura
nel mondo dei servizi, è considerato Designing Services at Deliver
di G.Lynn Shostack, un intervento pubblicato sulla Hardvard Business
Review nel 1984. Anni dopo, nel 1991, compare la pubblicazione di Bill
Hollins, Total design, in cui viene adottato un punto di vista incentrato
sul design management. Nello stesso anno, Birgit Mager stabilisce il
design dei servizi come uno dei campi di ricerca e di formazione alla
Köln International School of Design (KIDS), la prima al mondo ad
offrire questo tipo di formazione.
Queste sono le esperienze che hanno posto le basi per la nascita
del dibattito sul design dei servizi e per l’avvio di una ricerca e di una
produzione letteraria più significativa. Il mondo dei servizi rimane
tuttavia ancora ricco di aspetti da esplorare: pensiamo che il design del
prodotto ha centinaia -o forse più- anni alle spalle di ragionamenti sul
progetto e sulla comunicazione stessa, mentre questa disciplina può
fare affidamento sulle esperienze e sulle idee raccolte in appena una
ventina di anni, che è già molto ma evidentemente è più un punto di
partenza che un punto di arrivo.
A partire dal 2002, IDEO ha incluso il design dei servizi all’interno
delle proprie offerte in termini di consulenza. Proprio nel caso di
IDEO lo spostamento verso il design dei servizi è sorto dalla volontà
di non concentrarsi tanto più sui prodotti, quanto sull’idea di creare
delle esperienze, ed ecco emergere la consapevolezza dell’importanza
di questo concetto.
L’idea, che stava alla base delle prime
riflessioni teoriche e che ancora non è
stata smentita del tutto, è che lo sviluppo
di un servizio possa essere supportato
dagli stessi principi del progetto che
stanno alla base dello sviluppo di un
prodotto.
In realtà non è così. Questa disciplina ha bisogno di strumenti e
modelli propri; il prodotto è solo una componente materica che può
essere d’aiuto, ma è difficile pensare che il concetto molto più ampio
e complesso di servizio possa essere ricondotto o trattato in questo
modo.
1. John A. Byrne, editore di Fast Company magazine, 21 gennaio 2005, http://blog.fastcompany.com
L’università di Westminster di Londra ha avviato un progetto di
ricerca per capire come i servizi vengono progettati e gestiti in Gran
Bretagna. Sorprendentemente, ciò che si è scoperto è che più della
metà dei servizi osservati è promosso da persone che non conoscono
nemmeno il significato della parola design. Pochissimi all’interno
di questo campione di persone hanno un processo di erogazione
definito ed esplicitato in un documento di controllo come il service
specification. Nessuno si è mai posto interrogativi riguardo alla
qualità dell’esperienza offerta all’utente e all’influenza dell’aspetto
comunicativo.
Un’altra ricerca, condotta invece da Design Council, porta alla
luce dati ancora più sconfortanti mostrando come, mentre nel mondo
dei prodotti, il design e la creatività vengono considerati importanti
variabili di successo, nel mondo dei servizi, al design non viene quasi
mai attribuito un ruolo fondamentale. Solo in una piccola minoranza
tra i casi analizzati era stato richiesto l’intervento del designer, proprio
perché la sua componente viene in genere considerata irrilevante.
Silent design, the undertaking of design activities by those
not trained as or recognized to be designers, appears to be
the dominant approach to design in service firms in the
UK. 2
In realtà lo sviluppo del design dei servizi potrebbe dare una
notevole svolta positiva verso la creazione e l’offerta di servizi che siano
davvero efficaci ed efficienti, e la comunicazione potrebbe aggiungere
valore e qualità al servizio, oltre che renderlo comprensibile, accessibile
ed usabile a tutti gli effetti.
Anche a livello accademico non abbiamo ancora assistito ad una
vera e propria svolta in questa direzione, tanto a livello europeo quanto
in Italia. Aspetto ancora più sconcertante è che la comunicazione, che,
come abbiamo accennato, è un fattore progettuale determinante, non
è uno dei focus su cui è incentrata la formazione di un designer dei
servizi.
2. Gorb &Dumas (1989) in L.Kimbell, V.P. Seidel (2008)
p.49, 51, 53, 71, 98-105, 110-117
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27
Immaginare un maggiore dialogo tra questi due ambiti non
significa necessariamente ipotizzare la nascita di una figura
professionale a cavallo tra i due mondi, ma ad esempio integrare
maggiormente le didattiche laddove esiste una formazione protesa
verso il mondo dei servizi. Un esempio è quello relativo al Politecnico
di Milano, dove il corso di laurea in design dei servizi è una diretta
prosecuzione dell’orientamento in prodotto. Ci siamo chiesti, perché
non dell’orientamento in comunicazione? E soprattutto perché non
aumentare i corsi interdisciplinari in modo da fornire a questi studenti,
futuri designer di servizi, le basi per poter gestire anche gli aspetti
comunicativi con maggior consapevolezza?
In questa situazione ancora lacunosa
dal punto di vista della ricerca in ambito
accademico, sono le grandi agenzie
private, come IDEO, Live|Work,
Radarstation e Engine a dettare le
regole, sviluppando metodi e modelli
direttamente dalle proprie esperienze
progettuali a diretto contatto con i
clienti.
E molto del sapere che viene prodotto
in questi luoghi, privati, rimane una
conoscenza di proprietà del mittente.
INDEX
30
31
POLITECNICO DI MILANO
EZIO MANZINI
38
RADARSTATION
TOKE BARTER
39
32
DOMUS ACADEMY
ELENA PACENTI
33
34
AALBORG UNIVERSITY
NICOLA MORELLI
35
36
37
AEGIS MEDIA
STEFAN MORITZ
LIVE|WORK
SEAN MILLER
30
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
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31
POLITECNICO DI MILANO / IT
EZIO MANZINI
Se all’inizio, quando si è iniziato a parlare di design dei
servizi, non esistevano strumenti di rappresentazione
codificati e ognuno doveva di volta in volta inventarsi dei
modelli per comunicare il progetto, ora non è più così
Ora ci sono alcuni strumenti, come il blueprint e lo
storyboard, che sono divenuti veri e propri standard di
comunicazione.
1
R.T.
Qual è la relazione tra il design della
comunicazione e il design dei servizi?
E.M.
Il tema del design dei servizi,
e di conseguenza della
comunicazione come sua
parte integrante, ha una storia
ormai decennale. Una storia che
sicuramente ha le sue radici in giro
per il mondo ma che ha anche una
componente all’interno del Politecnico.
Volendo ripercorrere le tappe cha
hanno segnato questa storia nella
nostra università, dobbiamo risalire
2
alle riflessioni di Pietro Montefusco
e di Giovanni Anceschi sul progetto
dell’interazione, che all’epoca era una
disciplina già più consolidata.
Dalle loro riflessioni ha preso vita il
lavoro di Elena Pacenti, che con la
sua intuizione ha fissato un primo
importante tassello per la nascita del
design dei servizi qui, formulando delle
linee guida legate all’interazione, che
è una componente fondamentale del
servizio stesso.
A partire da quel momento, stiamo
parlando ormai di una decina di anni
fa, si sono susseguite nel corso degli
anni una serie di esperienze, sia a livello
progettuale che a livello di ricerca, che
hanno contribuito allo sviluppo di questa
disciplina. In particolare, se pensiamo
all’evoluzione anche dell’aspetto
comunicativo, non possiamo non
menzionare il lavoro di Francois Jegou,
che è professore nel nostro corso e spero
continui ad esserlo in futuro.
Lui ha iniziato una significativa
esplorazione della comunicazione in
funzione del progetto e del dialogo
strategico tra i diversi attori e molti
degli strumenti da lui concepiti sono
stati poi testati ed utilizzati nell’ambito
di progetti a cui abbiamo lavorato
o all’interno degli stessi laboratori
universitari.
R.T.
Quindi nel corso di questi anni è cambiato
il mondo del design dei servizi e di
conseguenza anche la sua componente
comunicativa?
E.M.
Dal momento in cui il design dei servizi è
nato ad ora sono passati dieci anni e nel
corso di questi dieci anni le cose si sono
certamente evolute.
Se all’inizio, quando si è iniziato a parlare
di design dei servizi, non esistevano
strumenti di comunicazione codificati,
per cui di volta in volta ognuno si trovava
di fronte alla necessità di inventarsi dei
modelli per comunicare il progetto, ora
non è più così.
Basta frequentare delle
conferenze sul tema del
design dei servizi per rendersi
conto del fatto che ora ci sono
degli strumenti in qualche
modo divenuti standard, come
il blueprint o lo storyboard.
Certamente rimangono ancora aperte
una serie di questioni. Immaginiamo per
esemprio di voler descrivere l’esperienza
piacevole che abbiamo avuto la scorsa
mattina facendo colazione al bar con un
cameriere bellissimo che ci ha servito
il caffè al tavolo. Emerge un elemento
di qualità in questa esperienza che è
difficile da rappresentare.
3
R.T.
Quali sono gli elementi di complessità
nella comunicazione del servizio?
E.M.
Ci sono due aspetti che concorrono nel
rendere il tema della comunicazione dei
servizi un tema difficile. Il primo è dovuto
al fatto che, mentre la comunicazione
e la rappresentazione di un prodotto
hanno alle spalle un centinaio di anni
di storia e forse anche di più, che hanno
portato all’utilizzo di una serie di
strumenti consolidati, come le tavole
tecniche o il rendering, non si può
dire lo stesso della comunicazione e
rappresentazione dei servizi.
Il secondo punto è che il servizio per
sua natura ha delle caratteristiche
intrinseche che riguardano aspetti
come l’interazione e il tempo, aspetti
che rendono molto più complessa la
rappresentazione.
Il servizio, infatti, a differenza del
prodotto, ha sia delle componenti
materiali che immateriali, come ad
esempio appunto la linea temporale.
Il servizio ha la necessità di essere
rappresentato nel tempo per poter
essere raccontato, ecco perché i principali
strumenti di rappresentazione del
servizio sono contraddistinti dalla
presenza di questa linea temporale,
pensiamo ancora una volta al blueprint
o allo storyboard.
tt32
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
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33
DOMUS ACADEMY, MILANO / IT
ELENA PACENTI
È necessario distinguere la comunicazione intesa come
notazione progettuale, che comprende tutte le tecniche di
visualizzazione dell’idea e del sistema, dalla comunicazione
intesa come rappresentazione e promozione del servizio
verso l’esterno, legata alle evidenze che compongono
l’interfaccia.
1
E.P.
Ragiono su questi temi dai tempi della
tesi di laurea sul design dei servizi
svolta nel 1993 grazie all’intuizione di
Ezio Manzini e in seguito nella tesi di
dottorato che studiava le connessioni tra
gli strumenti concettuali e operativi del
design dell’interazione e la progettazione
dei servizi.
Il tema della notazione è emerso da
subito come tema centrale nel tentativo
di fondare una disciplina progettuale
legata ai servizi. Parlo di notazione
ancor prima che di comunicazione
perchè i servizi, per dirla come
direbbe Giovanni Anceschi,
presentano una “carenza
di iconogenia” cioè sono
difficilmente rappresentabili
con gli strumenti di notazione
tradizionali del progetto.
2
R.T.
Qual è la relazione tra il design della
comunicazione e il design dei servizi?
E.P.
Innanzitutto è necessario distinguere
tra la comunicazione del progetto
dei servizi, ovvero il tema della
notazione progettuale, dal tema
della comunicazione del servizio una
volta implementato, ovvero la sua
rappresentazione e promozione verso
l’esterno.
Sul primo tema, quello della notazione
dell’idea del servizio durante lo sviluppo
del progetto, esiste ormai una sorta di
knowledge condivisa, e una pur limitata
gamma di strumenti e tecniche che
vengono utilizzati, in modi diversi e
personali, da tutti i centri che sviluppano
il design dei servizi.
Pensiamo alle tecniche di visualizzazione
dell’idea e del sistema (mappe, schemi,
concept scenario..), dell’interazione tra
utente e servizio (dallo storyboarding al
blueprinting) degli elementi di visibilità
(fisici e digitali).
Le tecniche di rappresentazione e
di simulazione del servizio vengono
utilizzate in modo diverso a seconda del
tipo di comunicazione che si instaura
durante il processo di progettazione, sia
con gli stakeholders, che con gli utenti e
al livello di co-progettazione che si mette
in campo.
Fondamentale la
comunicazione agli operatori
del servizio, soprattutto
a quelli di front-line, che
rappresentano il nodo centrale
della qualità della prestazione
erogata.
Nella progettazione di un nuovo
servizio, molto spesso noi progettisti
siamo chiamati a fornire strumenti di
notazione e comunicazione del progetto
da utilizzare nelle sessioni di formazione
dei manager e del personale di contatto.
Si tratta di elaborazioni ad hoc, in grado
di rappresentare i caratteri salienti del
progetto in forma di guideline.
Diverso è comunicare l’identità del
servizio all’esterno e ai potenziali utenti,
in fase di implementazione del progetto.
Disegnare gli aspetti di
visibilità e di identità
del servizio è un tema di
design della comunicazione
fondamentale.
Le interfacce dei servizi, cioè gli aspetti
visibili, i touchpoint, sono gli unici media
permanenti dell’identità visiva del
servizio. Ciò comporta il fatto che sulle
evidenze che compongono l’interfaccia
del servizio confluiscano aspetti
simbolico-comunicativi,
che veicolano l’identità del
servizio, e aspetti funzionaliinformativi, che supportano
l’interazione.
Il supporto fisico del servizio
funge così da “vetrina” e da
“officina”, nel senso che deve essere
buon veicolo di comunicazione del
servizio e buon supporto per l’azione. In
questo senso, ogni singola interazione
dell’utente con il servizio contribuisce
anche alla costruzione dell’immagine e
dell’identità del servizio nella percezione
dell’utente.
L’interfaccia del servizio è dunque anche
un complesso sistema comunicativo che
ha il ruolo di trasferire i codici su cui si
fonda la percezione e l’immagine del
servizio da parte dell’utente e, al tempo
stesso, di trasferire i codici su cui si
fonda il modello mentale per la fruizione
dell’utente all’atto dell’interazione.
Dobbiamo riconoscere che si tratta di un
mestiere, di un ambito professionale, che
riguarda aspetti di marchio, ma anche
di segnaletica e orientamento visivosimbolico, su cui interi studi di visual,
branding e graphic design si stanno
specializzando.
34
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
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AALBORG UNIVERSITY / DK
NICOLA MORELLI
Quando si parla di co-produzione, emerge la necessità
di nuovi strumenti comunicativi che creino piattaforme
in grado di far dialogare figure con background culturali
anche molto diversi, piattaforme adatte ad uno scambio
bi-direzionale di informazioni
e conoscenze.
1
R.T.
Qual è la relazione tra il design della
comunicazione e il design dei servizi?
N.M.
Per rispondere alla tua domanda voglio
parlarti della teoria a cui io mi sono
rifatto come punto di partenza per
una serie di riflessioni sul design dei
servizi. Si tratta della teoria di Arbnor e
Bjerke, i due ricercatori svedesi autori
di Methodology to Create Business
Knowledge.
Loro, parlando del mondo del business
(non dei servizi), sostengono che
le nostre ultimate presumption
vengono tradotte in paradigmi, ovvero
ragionamenti indispensabili per la
creazione di approcci metodologici utili
alla risoluzione di problemi. Dall’altro
lato rispetto agli approcci metodologici si
trovano, nel loro trattato, i business cases
reali.
Esiste quindi un divario che separa
l’approccio metodologico dal caso reale
e che può essere superato solamente
attraverso una serie di paradigmi
operativi, che derivano dal mondo delle
metodologie esistenti. È proprio questo
settore, la ricerca di paradigmi operativi,
quello in cui si colloca il mio lavoro.
Nel caso del design dei servizi questo
paradigma operativo è come una vera
e propria scatola degli attrezzi, che
invece di contenere il martello e il
cacciavite, ha al suo interno una serie di
strumenti necessari per far sì che questo
collegamento tra approcci metodologici
e casi reali avvenga.
All’interno di questa scatola, un service
designer può riconoscere una quantità
veramente numerosa di strumenti, che io
ho cercato di classificare in tre categorie:
strumenti per analizzare, strumenti per
progettare, strumenti per rappresentare
e comunicare.
Nel primo ambito rientrano tutti quei
metodi derivati dalle scienze sociali e
dalle tecniche di ricerca etnografica.
Nel secondo troviamo invece tutti
gli strumenti provenienti dal mondo
del design e le tecniche di notazione
sviluppate per supportare in particolare
il progetto di servizi. Già in questo
secondo ambito emerge il tema della
comunicazione, perché nel momento in
cui per progettare decido ad esempio di
costruire uno storyboard sto già facendo
un tentativo di rappresentazione del
servizio.
Il terzo mondo è quello che ti interessa
e che come vedi è assolutamente parte
del design dei servizi, la comunicazione.
A mio avviso è anche l’ambito più
inesplorato, che richiede la creazione di
nuovi strumenti che sappiano rispondere
alle esigenze comunicative poste da un
oggetto complesso come lo è il servizio.
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2
R.T.
Cosa succede se invece parliamo di
comunicazione finalizzata alla coproduzione?
N.M.
La distinzione così netta tra queste aree,
ovviamente, scompare nel momento in
cui si parla di co-produzione del servizio,
perché in questi casi può avvenire
che strumenti di rappresentazione
mi servano invece per analizzare o
progettare il servizio, perché sono
necessari al fine di creare uno scambio
comunicativo tra le diverse figure
coinvolte. In questi casi emerge ancora
di più la necessità di strumenti che creino
piattaforme comunicative in grado di far
dialogare figure con background culturali
anche molto diversi.
La co-produzione del servizio è un
concetto che si sta diffondendo
sempre di più e un concetto nel quale
comunicazione e servizio si fondono
completamente.
Assumere questo punto di vista
porta ad un cambiamento radicale
della prospettiva, perché porta a
considerare tutte le figure
coinvolte, utente compreso,
come degli “operai” inseriti
all’interno del sistema servizio.
E allora anche la comunicazione gli
verrà fornita considerandoli come tali e
fornendogli tutti gli elementi necessari
per poter apportare il loro contributo, un
pò come avviene nel mondo IKEA.
Forse in questi casi, più che di
comunicazione, si potrebbe addirittura
parlare di knowledge management,
ovvero di gestione dello scambio di
informazioni o di conoscenze tra due o
più attori appartenenti al sistema.
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35
3
R.T.
Quali sono le aspettative per il futuro dal
punto di vista della ricerca?
N.M.
Se penso al concetto di co-produzione
e alla comunicazione che interessa
gli utenti finali e il personale di
erogazione del servizio, allora mi sembra
interessante invece che esplorare le
modalità di comunicazione top down,
ovvero quelle della comunicazione
imposta, le modalità bottom up, o
comunque trasversali tra le persone.
Questo è fondamentale soprattutto
nell’ottica della co-produzione e della
predisposizione di strumenti
da parte del designer che
facilitino lo scambio di
informazioni continuo tra le
persone.
Una mia studentessa ha fatto quest’anno
un progetto per gli operatori del Seven
Eleven, la nota catena di supermercati
che rimangono aperti 24 ore su 24. Il
problema di questi supermercati è che
il personale è composto totalmente
da ragazzi molto giovani che in media
prestano lavoro presso la catena per
periodi non superiori ai 3 mesi. In questa
situazione è impensabile che l’impresa
investa in continui corsi formativi,
sono quindi necessarie delle forme di
comunicazione differenti per istruire
il personale. Questa studentessa ha
lavorato proprio su questo livello di
comunicazione trasversale, ipotizzando
di dotare queste persone di palmari
che agevolassero lo svolgimento di
alcune attività operative e allo stesso
tempo incentivassero il contatto tra il
personale di punti diversi della catena
per lo scambio di informazioni utili allo
svolgimento del servizio.
36
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
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AEGIS MEDIA, LONDON / UK
LIVE|WORK, LONDON / UK
e communication has to support each actor in the
comprehension of his specific role and value in the creation
of the service experience.
Touchpoints give the opportunity to
make the service visible, tangible,
material.
STEFAN MORITZ
1
R.T.
Which is the relation between service and
communication?
S.MO.
First of all we have to consider that
the service design itself is a young
multi-disciplinary field that researchers
recognised and started to observe not
so many years ago. The communication
of the service is something complex. The
problems are due to the lack of literature
on that theme and of course to the fact
that the service is a difficult object to be
communicated because of its intangible
nature.The most important
aspect is the experience, but
how can we communicate the
experience?
Trying to answer that question is more
complex again if we keep the discussion
on a generic level, because the notion of
service is so wide and embodies so many
different situations and experiences.
Otherwise it could be very helpful
approaching that theme with the right
degree of abstraction necessary to
understand deeply the dynamics that
affect the service communication.
2
R.T.
Another element we have to consider is
represented by the different actors that
are involved in the service project. Maybe
their presence affects the communication
strategy and tools, what do you think
about?
S.MO.
There are so many actors involved
in a service design process that it
could become difficult speaking with
everybody in the appropriate way.
First of all we have to consider that
each one of them has is own
specific language and cultural
background. Moreover every actor
is involved in a different way, with a
specific role in the development of the
solution.
We can define designing a service as
building an experience: each person
involved contributes in a different way
to the creation of this experience as if
we were talking about a value chain
creation.
In this fact I identify an opportunity to
understand how we can communicate
to all those figures.
We could try to define exactly
what each actor adds in the
creation of the experience and
this could become the object
of the communication. This
means assuming a specific point of view
and shifting the focus from the generic
vision of the service to the value that
each one of our different interlocutors
brings in the service itself.
One more thing. Certainly we have
to consider the cognitive and cultural
features of the people we are talking
to, certainly we have to comprehend
the values they bring in the creation
of the service experience, but there’s
another relevant point. We have
to know which effects we’d
like to obtain with the
communication, establishing the
desired reaction of the interlocutors and
planning the communication in order to
reach that specific aim.
Let’s think for example at the
presentation of the concept to the
promoters that finance the project. One
thing is describing the idea and another
thing is exciting them: the aim affects of
course the communication strategy.
notes 0
37
SEAN MILLER
1
S.MI.
Hi, I’m Sean Miller from Live|Work.
Live|Work is one of the first agencies
focused on the service design.
It is formed by a multi-disciplinary
team of designers, technologists,
social anthropologists, marketers,
management consultants,… all the
professional figures that are required
in order to develop new breakthrough
service propositions.
We are internally divided in six different
areas and our projects are the result
of the dialogue between all those
disciplines in order to create services
completely centred on the customer
needs and desires.
We are also located in three different
cities. The headquarters is set in London,
then we have other two offices, one in
New Castle and the other one in Oslo.
Our strength resides in the network of
collaboration that we have built during
the years, that is one of our point of
success because every time we have to
start with the design of a new service,
we set up an appropriate team very
quickly with all the figures we consider
essential to fulfil the project.
2
R.T.
I am working on the communication of a
service so I’d like to ask you how do you
face in Live|Work the problems linked to
the service communication?
S.MI.
Talking about the communication of the
service, we can’t forget the presence of
touchpoints.
Touchpoints are all the
objects the customer meet
while experiencing a service,
they are very useful because
of their ability in making
the service visible, tangible,
material.
So if our problem is how communicating
the service, my answer will be through
its touchpoints.
And how can we plan this kind of
communication? A very useful tool
is the service blueprint, because it is
a structured method based on the
customer journey that allows us to
identify the position and the function
of every different touchpoint and then
going on with the specific design of each
one of them.
3
R.T.
How can we manage the communication
with the front line staff?
S.MI.
There could be two opportunities in
order to guarantee that these persons
comprehend their role and behave
adequately. One, the most suitable if
possible, is to involve these persons or
a selected group of them in the design
of the service itself. In this way they
learn gradually how to manage their
activities and they contribute with some
suggestions that could be very helpful
in building a service that is satisfying for
the users but also usable for the staff
that has to deliver it.
If the operators are involved as codesigners of the service, at the end of
the process they will certainly
have developed a deep
understanding of the context
in which they are going to
work and of the qualities their
activities must have and so on.
The other opportunity is to communicate
them the service at the end of the
process of design. It could be extremely
difficult because in these cases we’re
trying to communicate something that
somehow affects the human behaviour.
And in many situations this becomes a
huge problem because if the front-line
staff is not adequately formed and the
service is not adequately delivered, the
result will be a critical damage in the
perception and experience of the user.
38
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
text 1
RADARSTATION, LONDON / UK
TOKE BARTER
One key-point is simplicity, because we are talking with
different figures, with their own values, language and
background. e other one is clarity, because everyone in
the system tents to do what he wants, but the designer has
the opportunity to manage these behaviours
through communicational aspects.
service, this is why we almost never work
alone: we are part of a bigger association
with other two partners. We can
1
T.B.
Hi, I’m Toke from Radarstation, a small
design agency set in London, composed
just by me and my partner, whose name
is Ré Dubhthaigh.
We met when we were students at
the Royal Collage of Art and then we
started working together some years
ago; the fusion of our backgrounds is
quite significant because I come from
the educational field of Interaction
Design, while Ré is specialised in Visual
Communication. This connection
is very important: it’s what
is required to work on the
service innovation.
Of course that’s not enough to face the
whole complexity of the design of a
imagine our organization as a
simple triangle, whose corners
are innovation, strategy and
research. We are located in the
innovation point, while the other two
partners are one in the strategy and the
other in the research. Between us there
is a continuous dialogue.
The opportunity coming from this
structure is that our activity is quite
balanced between these three segments
without having one part that overlaps
the others.
There are some other agencies in London
that are focused on the service design,
one of them is Engine, whose activity is
quite similar to our.
Another important agency, of course,
is Live|Work. There is no doubt on the
high quality of Live|Work projects, even
if they work in a very different way. If we
think again at the triangle innovationstrategy-research, maybe I can say
that they’re more concentrated in the
innovation and strategy areas, because
they focus a lot on the companies they
work for.
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2
R.T.
Which is the relation between service and
communication? Why communicating a
service appears so difficult and what do
you think about tools used by designers
now?
T.B.
What makes difficult communicating
a service is that the service is basically
intangible. We can solve this
complexity by identifying
its touchpoints and
communicating the service
through them (with touchpoints I
mean everything that gives evidence of
the service existance).
In order to understand which these
touchpoints are and how we can
use them to communicate, what we
generally do at Radarstation is drawing
the customer journey map. This tool
allows us to define the objects the user
come in contact with and then the
features that these objects might have.
And this is very important, because it’s
not enough telling “I communicate
through that object”, we have also to
understand HOW this object might be
realised in terms of materials, visual
aspects, shapes,...we have to manage at
a strategic level all the elements that can
affect the perception of the user.
Suppose that we have two objects
that are the same but with different
appearances: our perception changes
a lot even though the object is actually
the same in its substance. I’ll give you
an example. We have two small blisters
with sugar inside, the content is the
same but one is white with a stylish
typography on it and the other is made
up with a recycled paper and has a
graphical illustration reminding to a
natural environment. We perceive two
atmospheres, two ideas, two objects at
least that are completely different one
from each other.
illustrations 0
infographics 0
R.T.
Of course the design of a service includes
the need to communicate with many
actors, not just with the final users.
I’m thinking about the communication of
the service to the staff responsible for the
supply, about the communication to the
experts involved in the service realization,
or also about the communication to the
promoters who have to approve and
finance the idea.
These are just some different examples,
but the point is: what do you think about
this kind of internal communications of
the service and about the tools that are
used for?
T.B.
So we have identified in the touchpoints
an important mean of communication
of the service. Another key point
is the simplicity. If we consider, as
you said, that we have to talk with a lot
of stakeholders and that everyone has
his own values, his own language, his
own background,… simplicity assumes
an essential role. The more we shift
from a specific interlocutor to a generic
one, the more we have to manage the
communication and to pursue the
simplicity.
The other point is clarity,
because everyone in a system tents to do
exactly what he wants. The designer
in this sense as to say: “no, you
have to do this, just this”. And
of course the communication has an
important role also in this aspect; we
have to control and manage its effects in
order to reach specific fixed aims.
tools 0
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39
3
R.T.
Maybe controlling the effects of the
touchpoints is more difficult when a
touchpoint is a person, like a front-line
staff operator. I’m particoularly interested
in that kind of internal communication
because it affect human behaviour.
T.B.
Yes, of course. When we have the
presence of a front line staff, an essential
requirement is to not put those
persons in front of the final
result of the project and tell
them “do that”. The operators
need to be gradually guided through the
understanding of each aspect that forms
the service and specially their activity.
They need to understand the
reasons of each action they do,
from the most important to the simplest
ones. For example, if they have to press
a button, we don’t have to tell them
just “press the button” but we have to
explain them the reason: why we ask
them to press the button?
This makes the operators
more conscious of their
role and more motivated in
performing their activities in
the right way.
An other important thing I’d like to
tell you is that we have to remember
the difference between a strategical
conversation, like the presentation
of the service to the promoters, and
an operational conversation, like
the communication of the service to
specialists or staff agents. The first is
more evocative and emotional while
the second needs to be more and more
detailed.
This is also why when we talk with the
promoters we don’t need to deeply
describe the components of the service,
while when we talk with the people that
have to build it we must be extremly
precise.
40
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
Alcune considerazioni
Il primo pensiero, dovendo commentare queste brevi testimonianze
raccolte, è rivolto alla grande disponibilità mostrata da ciascuno dei
soggetti intervistati, a conferma dell’interesse da parte degli addetti ai
lavori nell’approfondire il discorso della comunicazione nel mondo dei
servizi.
L’obiettivo era quello di raccogliere una serie di punti di vista,
fotografando la conoscenza e le aspettative attuali rispetto al tema.
Rileggendo ora i contenuti raccolti, posso notare quanto ciascuno sia
davvero rappresentativo della realtà e della prospettiva in cui la singola
persona opera. È evidente, ad esempio, il diverso approccio tra chi si è
occupato o si occupa di ricerca e chi invece lavora ogni giorno a diretto
contatto con aziende e progetti reali. Da un lato vengono sollevati
interrogativi riguardo alla necessità di individuare delle categorie, delle
modalità, delle indicazioni che diano una risposta ad alcuni aspetti
ancora irrisolti, dall’altro si parla invece di strumenti esistenti, facendo
riferimento all’effettivo supporto da essi fornito. Risulta evidente
inoltre la differente percezione del problema da parte di chi si occupa
proprio di interazione e di comunicazione del servizio, e chi invece vive
più il progetto dal lato del sistema e del prodotto e paradossalmente
nel secondo caso si ha una percezione molto più positiva dello stato di
fatto. Tutti riconoscono negli aspetti legati all’intangibilità del servizio
e alla pluralità di attori degli elementi che determinano la complessità
comunicativa.
Ezio Manzini, la testimonianza storica tra queste, mi ha raccontato
l’evoluzione del design dei servizi mostrandomi i traguardi raggiunti
dalla comunicazione nel corso degli anni. Elena Pacenti e Nicola
Morelli rappresentano le prospettive che sento molto più vicine,
critiche rispetto ai risultati raggiunti e allo stesso tempo propositive,
entrambi mi hanno aperto molte possibili strade da percorrere per
offrire un contributo utile e innovativo. Utilissimo è stato anche il
dialogo telefonico con Stefan Moritz, che ha cercato di spostare le
mia attenzione sul concetto di esperienza e sulle potenzialità della
comunicazione in un processo di co-produzione dell’esperienza stessa.
Sean Miller e Toke Barter hanno rappresentato infine il contatto con il
mondo delle agenzie londinesi che primeggiano nel settore del design
dei servizi. Dal racconto delle loro esperienze lavorative emergono
subito gli strumenti che popolano la loro attività e i suggerimenti
derivati direttamente dal loro utilizzo.
Queste testimonianze completano il quadro complessivo fin qui
costruito e stabiliscono i punti di partenza sulla base dei quali indagare
più da vicino cosa succede quando si progetta un servizio.
INDEX
42
43
COME ORIENTARSI
UN UNIVERSO DI
STRUMENTI
52
STRUMENTI
GLOSSARIO
44
STRUMENTI
GENESI
53
45
48
STRUMENTI
POTENZIALITÀ
COMUNICATIVE
49
50
STRUMENTI
TASSONOMIA
51
42
Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi
text 1
COME ORIENTARSI
UN UNIVERSO DI STRUMENTI
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Il design dei servizi necessita la
costituzione e la sedimentazione di una
serie di strumenti e metodi operativi che
supportino realmente la generazione di
soluzioni innovative.
A suo avviso queste tecniche possono essere prese in prestito da
altri mondi e adattate all’oggetto in questione, come di fatto è accaduto,
ma ciò non è sufficiente. In particolare egli identifica tre ambiti di
progettazione.
Nel primo capitolo è stato introdotto l’ambito di ricerca attraverso
alcune riflessioni sugli aspetti problematici che dominano la relazione
tra comunicazione e servizi. Le esperienze raccolte e riportate nel
secondo capitolo rappresentano un ulteriore avvicinamento al tema,
descrivendo lo stato di fatto e gli orientamenti nascenti. Partendo
da queste considerazioni complessive, è quindi iniziata una fase di
indagine più approfondita del rapporto tra il progetto dei servizi e il
progetto della comunicazione ed in particolare degli strumenti che
rappresentano l’intersezione tra questi due mondi.
Nel momento stesso in cui ho iniziato a muovere i primi passi nel
design dei servizi, mi sono imbattuta in quantità enorme di strumenti,
molti dei quali sconosciuti. Con il passare del tempo la quantità
di strumenti che incontravo cresceva continuamente, senza che io
riuscissi a costruirmi una visione d’insieme chiara. Mano a mano
notavo inoltre come molti strumenti si ripetevano assumendo nomi
diversi, oppure come uno stesso strumento venisse utilizzato con
caratteristiche e funzionalità diverse a seconda dei casi. La percezione
era quella di trovarsi di fronte ad un universo vasto e caotico.
Una prima spiegazione di tutto ciò è dovuta al fatto che nel
momento in cui il design dei servizi è nato sono confluiti in esso una
serie di tecniche e di modelli provenienti da altri mondi, nel tentativo
di applicare gli stessi metodi al nuovo contenuto. Il servizio però
è un tema complesso, molto più complesso: pensiamo anche solo
alla differenza tra la rappresentazione visiva di un prodotto e quella
di un servizio. Così i progettisti hanno iniziato a riadattare questi
strumenti o a crearne di nuovi, affinchè fossero più adatti allo scopo
specifico. Alcuni sono stati riconosciuti in un panorama più ampio,
internazionale, altri invece hanno avuto una diffusione più ristretta,
per esempio all’interno dell’istituto in cui sono nati. Alcuni sono
metodi aperti, che possono essere riadattati a seconda delle esigenze,
altri sono strumenti invece codificati, con un preciso format per
l’utilizzo.
Fare ordine all’interno di questo universo è stato il primo passo per
cercare di capire quali sono gli strumenti che il designer abitualmente
usa e in quali di questi emerge la componente comunicativa.
L’obiettivo di questo capitolo è proprio quello di indagare questo
mondo, da cui sono stati estrapolati 67 strumenti, per individuare
dove e come interviene la comunicazione, con che caratteristiche e con
che effetti. Questo passaggio è una tappa fondamentale per arrivare
ad osservare le problematiche più da vicino e a sviluppare riflessioni
significative rispetto al tema della comunicazione del servizio.
Negli ultimi anni diversi progettisti e ricercatori si sono cimentati
nell’osservazione dello stato di fatto nell’ambito degli strumenti per il
design dei servizi. Alcune classificazioni sono legate a specifici progetti,
che sono diventati occasioni per sedimentare alcune conoscenze
sviluppate nel corso del progetto stesso. 1
In altri casi si tratta invece di interventi provenienti dal mondo
della ricerca accademica. Tra questi vorrei ricordare il contributo di
Stefan Moritz, che ha raccolto i risultati delle sue ricerche di dottorato
in Service Design, Practical Access to an Evolving Field. testo in cui egli
ripercorre tutti gli strumenti utilizzati per progettare un servizio in
modo da creare una base di conoscenze condivisibili ed estendibili
a tutti quegli specialisti che si trovano coinvolti nel design di un
servizio senza di fatto essere progettisti. Significativa è la sua analisi
delle tendenze e delle figure che popolano questo mondo, e la sua
classificazione degli strumenti, suddivisi in base alle specifiche fasi di
progetto in cui intervengono.
Un’altro contributo molto interessante è quello offerto da Nicola
Morelli, che ha avuto occasione di spiegarmi in prima persona il suo
paradigma operativo (vedi a questo proposito la sua intervista contenuta
nel capitolo precedente). Nicola Morelli manifesta ampiamente la
necessità di supportare la nascente disciplina con nuovi modelli.
1. è il caso ad esempio della classificazione effettuata al termine del progetto PRESENCE ad opera di una serie di partner provenienti da diversi istituti di ricerca nel mondo del design,
classificazione contenuta nel book di presentazione del progetto, Presence. New Media for Elderly People, pupplicato dal Netherlands Design Institute.
Sono necessari nuovi strumenti per le
attività di analisi e interpretazione del
contesto, per lo sviluppo del sistema, per
la rappresentazione e comunicazione
della soluzione.
Molti progettisti hanno cercato di esplorare i primi due ambiti e sono
così comparse numerose tecniche di ricerca e numerosi strumenti di
notazione. Viceversa la terza area, relativa alla rappresentazione e
comunicazione della soluzione, è rimasta piuttosto inesplorata con
l’idea che le tecniche di rappresentazione già esistenti potessero
comunicare altrettanto efficacemente anche gli aspetti legati ai sistemi
di servizi.
È proprio questo il punto di maggior interesse se consideriamo il
rapporto comunicazione/servizio, ed è proprio questo l’ambito più
problematico.
Il pensiero diffuso che il progettista possa adattare le
proprie conoscenze in ambito di tecniche grafiche e di
comunicazione a questo nuovo tipo di contenuti è errato,
tenendo in considerazione qual è la natura dell’oggetto in
questione, il numero di attori partecipanti e le numerose
componenti comunicative e culturali coinvolte nella
soluzione. 2
L’errore spesso commesso, come vedremo in seguito, non è solo
legato al tentativo di utilizzare modelli di comunicazione estrapolati da
altri ambiti, ma anche quello di usufruire delle tecniche di notazione
per supportare altri tipi di racconti non più destinati ai progettisti,
ovvero lo slittamento di medesimi strumenti da un punto all’altro del
processo per sopperire alla mancanza di modelli adeguati.
L’approccio utilizzato cerca di fare un passo in avanti rispetto
alle classificazioni fino ad ora condotte all’interno di questo mondo,
mettendo in risalto alcuni aspetti in altri casi trascurati. Più che proporre
una classificazione, l’indagine qui presentata cerca di analizzare la
natura di questi strumenti, le loro caratteristiche e funzioni.
2. N. Morelli (2007)
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notes 2
43
Prima di tutto la mappa della genesi degli strumenti,
una rappresentazione tesa ad individuare da quali mondi sono stati
estrapolati gli strumenti che fanno parte del design del servizio e come
tutto ciò si sia evoluto nel corso del tempo, portando infine negli utlimi
anni alla progettazione di strumenti ad hoc per supportare questa
disciplina.
Sono stati poi analizzati gli strumenti nel processo
di design per capire dove essi si collocano e quali potenzialità
comunicative hanno rispetto agli attori coinvolti. Questa mappatura
rivela inoltre come gli strumenti si ripetono nel corso del processo
richiedendo di volta in volta un “adattamento” rispetto ad interlocutore
e momento.
Una mappa tassonomica infine classifica gli strumenti
in base a diverse tipologie, che identificano le diverse modalità con cui
essi comunicano.
Il capitolo si conclude infine con un glossario, una raccolta di
tutti gli strumenti che compaiono in questa analisi, con l’obiettivo di
costituire un vocabolario condiviso e di sedimentare i contenuti della
ricerca.
26
Il tema. Comunicazione e design dei servizi
text 1
COMUNICAZIONE E SERVIZI
LA MANCANZA DI RIFERIMENTI
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Se già abbiamo pochi riferimenti sulla progettazione dei servizi,
quelli relativi alla sua comunicazione sono ancora più ridotti,
nonostante sia una problematica riconosciuta, con cui si imbattono
tutte le figure che fanno parte di questo mondo. Spesso nei testi o nei
paper si trova il riferimento alla difficoltà che i progettisti incontrano
a livello comunicativo, attribuendola alla scarsa icogenia del servizio
e alla necessità di estendere la comunicazione a più attori. Molti
auspicano la nascita e lo sviluppo di nuovi modelli che siano realmente
di supporto all’attività del progettista, ma di fatto oltre a queste
riflessioni e ad alcune esperienze esemplificative, che svolgono il ruolo
di guida, non ci sono altre fonti utili rispetto a questo tema di grande
complessità.
L’aggravante, in tutto ciò, è rappresentata dal fatto che molto spesso
le persone che se ne occupano non hanno le competenze necessarie
per farlo, ma sono gruppi eterogenei che si trovano a creare ed erogare
servizi senza la necessaria cultura del progetto.
ere’s been a lot of focus on product innovation over the
years, but very little discussion or thought on innovation in
the service sector – despite the vast growth of that part of
our economy. 1
Una delle prime agenzie ad occuparsi di Service Design è stata
sicuramente Live|work, nata a Londra nel 2001, che ha fondato il
proprio lavoro su una competenza iniziale derivante dal mondo
dell’interaction design, per poi estendere il proprio territorio di
competenza agli ambiti della ricerca e della strategia.
Il design dei servizi è una disciplina relativamente giovane: sebbene
essi esistano da tempi memorabili, il mondo della progettazione
del servizio affonda le sue radici agli inizi degli anni Novanta. Una
premessa fondamentale per spiegare ciò che è avvenuto e come la
situazione si è evoluta nel corso degli anni è legata al fatto che questa
disciplina è sorta a stretto contatto con le pratiche del marketing e
dell’economia, più che all’interno del mondo del design, quindi gran
parte della letteratura esistente sul tema, soprattutto passata, è legata
al settore del business e delle organizzazioni più che a quello del
progetto.
Poi è sorto l’Interaction Design Institute di Ivrea, in Italia,
che fondava la propria formazione sulla ricerca di un’innovazione
continua, soprattutto rispetto al tema dell’interazione con i servizi.
L’istituto è stato poi spostato all’interno di Domus Academy, a Milano,
che ha continuato a fare del design dei servizi uno dei suoi ambiti di
formazione e di ricerca.
Il primo importante punto di riferimento, a livello di letteratura
nel mondo dei servizi, è considerato Designing Services at Deliver
di G.Lynn Shostack, un intervento pubblicato sulla Hardvard Business
Review nel 1984. Anni dopo, nel 1991, compare la pubblicazione di Bill
Hollins, Total design, in cui viene adottato un punto di vista incentrato
sul design management. Nello stesso anno, Birgit Mager stabilisce il
design dei servizi come uno dei campi di ricerca e di formazione alla
Köln International School of Design (KIDS), la prima al mondo ad
offrire questo tipo di formazione.
Queste sono le esperienze che hanno posto le basi per la nascita
del dibattito sul design dei servizi e per l’avvio di una ricerca e di una
produzione letteraria più significativa. Il mondo dei servizi rimane
tuttavia ancora ricco di aspetti da esplorare: pensiamo che il design del
prodotto ha centinaia -o forse più- anni alle spalle di ragionamenti sul
progetto e sulla comunicazione stessa, mentre questa disciplina può
fare affidamento sulle esperienze e sulle idee raccolte in appena una
ventina di anni, che è già molto ma evidentemente è più un punto di
partenza che un punto di arrivo.
A partire dal 2002, IDEO ha incluso il design dei servizi all’interno
delle proprie offerte in termini di consulenza. Proprio nel caso di
IDEO lo spostamento verso il design dei servizi è sorto dalla volontà
di non concentrarsi tanto più sui prodotti, quanto sull’idea di creare
delle esperienze, ed ecco emergere la consapevolezza dell’importanza
di questo concetto.
L’idea, che stava alla base delle prime
riflessioni teoriche e che ancora non è
stata smentita del tutto, è che lo sviluppo
di un servizio possa essere supportato
dagli stessi principi del progetto che
stanno alla base dello sviluppo di un
prodotto.
In realtà non è così. Questa disciplina ha bisogno di strumenti e
modelli propri; il prodotto è solo una componente materica che può
essere d’aiuto, ma è difficile pensare che il concetto molto più ampio
e complesso di servizio possa essere ricondotto o trattato in questo
modo.
1. John A. Byrne, editore di Fast Company magazine, 21 gennaio 2005, http://blog.fastcompany.com
L’università di Westminster di Londra ha avviato un progetto di
ricerca per capire come i servizi vengono progettati e gestiti in Gran
Bretagna. Sorprendentemente, ciò che si è scoperto è che più della
metà dei servizi osservati è promosso da persone che non conoscono
nemmeno il significato della parola design. Pochissimi all’interno
di questo campione di persone hanno un processo di erogazione
definito ed esplicitato in un documento di controllo come il service
specification. Nessuno si è mai posto interrogativi riguardo alla
qualità dell’esperienza offerta all’utente e all’influenza dell’aspetto
comunicativo.
Un’altra ricerca, condotta invece da Design Council, porta alla
luce dati ancora più sconfortanti mostrando come, mentre nel mondo
dei prodotti, il design e la creatività vengono considerati importanti
variabili di successo, nel mondo dei servizi, al design non viene quasi
mai attribuito un ruolo fondamentale. Solo in una piccola minoranza
tra i casi analizzati era stato richiesto l’intervento del designer, proprio
perché la sua componente viene in genere considerata irrilevante.
Silent design, the undertaking of design activities by those
not trained as or recognized to be designers, appears to be
the dominant approach to design in service firms in the
UK. 2
In realtà lo sviluppo del design dei servizi potrebbe dare una
notevole svolta positiva verso la creazione e l’offerta di servizi che siano
davvero efficaci ed efficienti, e la comunicazione potrebbe aggiungere
valore e qualità al servizio, oltre che renderlo comprensibile, accessibile
ed usabile a tutti gli effetti.
Anche a livello accademico non abbiamo ancora assistito ad una
vera e propria svolta in questa direzione, tanto a livello europeo quanto
in Italia. Aspetto ancora più sconcertante è che la comunicazione, che,
come abbiamo accennato, è un fattore progettuale determinante, non
è uno dei focus su cui è incentrata la formazione di un designer dei
servizi.
2. Gorb &Dumas (1989) in L.Kimbell, V.P. Seidel (2008)
p.49, 51, 53, 71, 98-105, 110-117
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notes 2
27
Immaginare un maggiore dialogo tra questi due ambiti non
significa necessariamente ipotizzare la nascita di una figura
professionale a cavallo tra i due mondi, ma ad esempio integrare
maggiormente le didattiche laddove esiste una formazione protesa
verso il mondo dei servizi. Un esempio è quello relativo al Politecnico
di Milano, dove il corso di laurea in design dei servizi è una diretta
prosecuzione dell’orientamento in prodotto. Ci siamo chiesti, perché
non dell’orientamento in comunicazione? E soprattutto perché non
aumentare i corsi interdisciplinari in modo da fornire a questi studenti,
futuri designer di servizi, le basi per poter gestire anche gli aspetti
comunicativi con maggior consapevolezza?
In questa situazione ancora lacunosa
dal punto di vista della ricerca in ambito
accademico, sono le grandi agenzie
private, come IDEO, Live|Work,
Radarstation e Engine a dettare le
regole, sviluppando metodi e modelli
direttamente dalle proprie esperienze
progettuali a diretto contatto con i
clienti.
E molto del sapere che viene prodotto
in questi luoghi, privati, rimane una
conoscenza di proprietà del mittente.
38
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
text 1
RADARSTATION, LONDON / UK
TOKE BARTER
One key-point is simplicity, because we are talking with
different figures, with their own values, language and
background. e other one is clarity, because everyone in
the system tents to do what he wants, but the designer has
the opportunity to manage these behaviours
through communicational aspects.
service, this is why we almost never work
alone: we are part of a bigger association
with other two partners. We can
1
T.B.
Hi, I’m Toke from Radarstation, a small
design agency set in London, composed
just by me and my partner, whose name
is Ré Dubhthaigh.
We met when we were students at
the Royal Collage of Art and then we
started working together some years
ago; the fusion of our backgrounds is
quite significant because I come from
the educational field of Interaction
Design, while Ré is specialised in Visual
Communication. This connection
is very important: it’s what
is required to work on the
service innovation.
Of course that’s not enough to face the
whole complexity of the design of a
imagine our organization as a
simple triangle, whose corners
are innovation, strategy and
research. We are located in the
innovation point, while the other two
partners are one in the strategy and the
other in the research. Between us there
is a continuous dialogue.
The opportunity coming from this
structure is that our activity is quite
balanced between these three segments
without having one part that overlaps
the others.
There are some other agencies in London
that are focused on the service design,
one of them is Engine, whose activity is
quite similar to our.
Another important agency, of course,
is Live|Work. There is no doubt on the
high quality of Live|Work projects, even
if they work in a very different way. If we
think again at the triangle innovationstrategy-research, maybe I can say
that they’re more concentrated in the
innovation and strategy areas, because
they focus a lot on the companies they
work for.
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2
R.T.
Which is the relation between service and
communication? Why communicating a
service appears so difficult and what do
you think about tools used by designers
now?
T.B.
What makes difficult communicating
a service is that the service is basically
intangible. We can solve this
complexity by identifying
its touchpoints and
communicating the service
through them (with touchpoints I
mean everything that gives evidence of
the service existance).
In order to understand which these
touchpoints are and how we can
use them to communicate, what we
generally do at Radarstation is drawing
the customer journey map. This tool
allows us to define the objects the user
come in contact with and then the
features that these objects might have.
And this is very important, because it’s
not enough telling “I communicate
through that object”, we have also to
understand HOW this object might be
realised in terms of materials, visual
aspects, shapes,...we have to manage at
a strategic level all the elements that can
affect the perception of the user.
Suppose that we have two objects
that are the same but with different
appearances: our perception changes
a lot even though the object is actually
the same in its substance. I’ll give you
an example. We have two small blisters
with sugar inside, the content is the
same but one is white with a stylish
typography on it and the other is made
up with a recycled paper and has a
graphical illustration reminding to a
natural environment. We perceive two
atmospheres, two ideas, two objects at
least that are completely different one
from each other.
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R.T.
Of course the design of a service includes
the need to communicate with many
actors, not just with the final users.
I’m thinking about the communication of
the service to the staff responsible for the
supply, about the communication to the
experts involved in the service realization,
or also about the communication to the
promoters who have to approve and
finance the idea.
These are just some different examples,
but the point is: what do you think about
this kind of internal communications of
the service and about the tools that are
used for?
T.B.
So we have identified in the touchpoints
an important mean of communication
of the service. Another key point
is the simplicity. If we consider, as
you said, that we have to talk with a lot
of stakeholders and that everyone has
his own values, his own language, his
own background,… simplicity assumes
an essential role. The more we shift
from a specific interlocutor to a generic
one, the more we have to manage the
communication and to pursue the
simplicity.
The other point is clarity,
because everyone in a system tents to do
exactly what he wants. The designer
in this sense as to say: “no, you
have to do this, just this”. And
of course the communication has an
important role also in this aspect; we
have to control and manage its effects in
order to reach specific fixed aims.
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39
3
R.T.
Maybe controlling the effects of the
touchpoints is more difficult when a
touchpoint is a person, like a front-line
staff operator. I’m particoularly interested
in that kind of internal communication
because it affect human behaviour.
T.B.
Yes, of course. When we have the
presence of a front line staff, an essential
requirement is to not put those
persons in front of the final
result of the project and tell
them “do that”. The operators
need to be gradually guided through the
understanding of each aspect that forms
the service and specially their activity.
They need to understand the
reasons of each action they do,
from the most important to the simplest
ones. For example, if they have to press
a button, we don’t have to tell them
just “press the button” but we have to
explain them the reason: why we ask
them to press the button?
This makes the operators
more conscious of their
role and more motivated in
performing their activities in
the right way.
An other important thing I’d like to
tell you is that we have to remember
the difference between a strategical
conversation, like the presentation
of the service to the promoters, and
an operational conversation, like
the communication of the service to
specialists or staff agents. The first is
more evocative and emotional while
the second needs to be more and more
detailed.
This is also why when we talk with the
promoters we don’t need to deeply
describe the components of the service,
while when we talk with the people that
have to build it we must be extremly
precise.
40
Qual è la relazione tra design della comunicazione e design dei servizi?
Alcune considerazioni
Il primo pensiero, dovendo commentare queste brevi testimonianze
raccolte, è rivolto alla grande disponibilità mostrata da ciascuno dei
soggetti intervistati, a conferma dell’interesse da parte degli addetti ai
lavori nell’approfondire il discorso della comunicazione nel mondo dei
servizi.
L’obiettivo era quello di raccogliere una serie di punti di vista,
fotografando la conoscenza e le aspettative attuali rispetto al tema.
Rileggendo ora i contenuti raccolti, posso notare quanto ciascuno sia
davvero rappresentativo della realtà e della prospettiva in cui la singola
persona opera. È evidente, ad esempio, il diverso approccio tra chi si è
occupato o si occupa di ricerca e chi invece lavora ogni giorno a diretto
contatto con aziende e progetti reali. Da un lato vengono sollevati
interrogativi riguardo alla necessità di individuare delle categorie, delle
modalità, delle indicazioni che diano una risposta ad alcuni aspetti
ancora irrisolti, dall’altro si parla invece di strumenti esistenti, facendo
riferimento all’effettivo supporto da essi fornito. Risulta evidente
inoltre la differente percezione del problema da parte di chi si occupa
proprio di interazione e di comunicazione del servizio, e chi invece vive
più il progetto dal lato del sistema e del prodotto e paradossalmente
nel secondo caso si ha una percezione molto più positiva dello stato di
fatto. Tutti riconoscono negli aspetti legati all’intangibilità del servizio
e alla pluralità di attori degli elementi che determinano la complessità
comunicativa.
Ezio Manzini, la testimonianza storica tra queste, mi ha raccontato
l’evoluzione del design dei servizi mostrandomi i traguardi raggiunti
dalla comunicazione nel corso degli anni. Elena Pacenti e Nicola
Morelli rappresentano le prospettive che sento molto più vicine,
critiche rispetto ai risultati raggiunti e allo stesso tempo propositive,
entrambi mi hanno aperto molte possibili strade da percorrere per
offrire un contributo utile e innovativo. Utilissimo è stato anche il
dialogo telefonico con Stefan Moritz, che ha cercato di spostare le
mia attenzione sul concetto di esperienza e sulle potenzialità della
comunicazione in un processo di co-produzione dell’esperienza stessa.
Sean Miller e Toke Barter hanno rappresentato infine il contatto con il
mondo delle agenzie londinesi che primeggiano nel settore del design
dei servizi. Dal racconto delle loro esperienze lavorative emergono
subito gli strumenti che popolano la loro attività e i suggerimenti
derivati direttamente dal loro utilizzo.
Queste testimonianze completano il quadro complessivo fin qui
costruito e stabiliscono i punti di partenza sulla base dei quali indagare
più da vicino cosa succede quando si progetta un servizio.
INDEX
42
43
COME ORIENTARSI
UN UNIVERSO DI
STRUMENTI
52
STRUMENTI
GLOSSARIO
44
STRUMENTI
GENESI
53
45
48
STRUMENTI
POTENZIALITÀ
COMUNICATIVE
49
50
STRUMENTI
TASSONOMIA
51
42
Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi
text 1
COME ORIENTARSI
UN UNIVERSO DI STRUMENTI
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Il design dei servizi necessita la
costituzione e la sedimentazione di una
serie di strumenti e metodi operativi che
supportino realmente la generazione di
soluzioni innovative.
A suo avviso queste tecniche possono essere prese in prestito da
altri mondi e adattate all’oggetto in questione, come di fatto è accaduto,
ma ciò non è sufficiente. In particolare egli identifica tre ambiti di
progettazione.
Nel primo capitolo è stato introdotto l’ambito di ricerca attraverso
alcune riflessioni sugli aspetti problematici che dominano la relazione
tra comunicazione e servizi. Le esperienze raccolte e riportate nel
secondo capitolo rappresentano un ulteriore avvicinamento al tema,
descrivendo lo stato di fatto e gli orientamenti nascenti. Partendo
da queste considerazioni complessive, è quindi iniziata una fase di
indagine più approfondita del rapporto tra il progetto dei servizi e il
progetto della comunicazione ed in particolare degli strumenti che
rappresentano l’intersezione tra questi due mondi.
Nel momento stesso in cui ho iniziato a muovere i primi passi nel
design dei servizi, mi sono imbattuta in quantità enorme di strumenti,
molti dei quali sconosciuti. Con il passare del tempo la quantità
di strumenti che incontravo cresceva continuamente, senza che io
riuscissi a costruirmi una visione d’insieme chiara. Mano a mano
notavo inoltre come molti strumenti si ripetevano assumendo nomi
diversi, oppure come uno stesso strumento venisse utilizzato con
caratteristiche e funzionalità diverse a seconda dei casi. La percezione
era quella di trovarsi di fronte ad un universo vasto e caotico.
Una prima spiegazione di tutto ciò è dovuta al fatto che nel
momento in cui il design dei servizi è nato sono confluiti in esso una
serie di tecniche e di modelli provenienti da altri mondi, nel tentativo
di applicare gli stessi metodi al nuovo contenuto. Il servizio però
è un tema complesso, molto più complesso: pensiamo anche solo
alla differenza tra la rappresentazione visiva di un prodotto e quella
di un servizio. Così i progettisti hanno iniziato a riadattare questi
strumenti o a crearne di nuovi, affinchè fossero più adatti allo scopo
specifico. Alcuni sono stati riconosciuti in un panorama più ampio,
internazionale, altri invece hanno avuto una diffusione più ristretta,
per esempio all’interno dell’istituto in cui sono nati. Alcuni sono
metodi aperti, che possono essere riadattati a seconda delle esigenze,
altri sono strumenti invece codificati, con un preciso format per
l’utilizzo.
Fare ordine all’interno di questo universo è stato il primo passo per
cercare di capire quali sono gli strumenti che il designer abitualmente
usa e in quali di questi emerge la componente comunicativa.
L’obiettivo di questo capitolo è proprio quello di indagare questo
mondo, da cui sono stati estrapolati 67 strumenti, per individuare
dove e come interviene la comunicazione, con che caratteristiche e con
che effetti. Questo passaggio è una tappa fondamentale per arrivare
ad osservare le problematiche più da vicino e a sviluppare riflessioni
significative rispetto al tema della comunicazione del servizio.
Negli ultimi anni diversi progettisti e ricercatori si sono cimentati
nell’osservazione dello stato di fatto nell’ambito degli strumenti per il
design dei servizi. Alcune classificazioni sono legate a specifici progetti,
che sono diventati occasioni per sedimentare alcune conoscenze
sviluppate nel corso del progetto stesso. 1
In altri casi si tratta invece di interventi provenienti dal mondo
della ricerca accademica. Tra questi vorrei ricordare il contributo di
Stefan Moritz, che ha raccolto i risultati delle sue ricerche di dottorato
in Service Design, Practical Access to an Evolving Field. testo in cui egli
ripercorre tutti gli strumenti utilizzati per progettare un servizio in
modo da creare una base di conoscenze condivisibili ed estendibili
a tutti quegli specialisti che si trovano coinvolti nel design di un
servizio senza di fatto essere progettisti. Significativa è la sua analisi
delle tendenze e delle figure che popolano questo mondo, e la sua
classificazione degli strumenti, suddivisi in base alle specifiche fasi di
progetto in cui intervengono.
Un’altro contributo molto interessante è quello offerto da Nicola
Morelli, che ha avuto occasione di spiegarmi in prima persona il suo
paradigma operativo (vedi a questo proposito la sua intervista contenuta
nel capitolo precedente). Nicola Morelli manifesta ampiamente la
necessità di supportare la nascente disciplina con nuovi modelli.
1. è il caso ad esempio della classificazione effettuata al termine del progetto PRESENCE ad opera di una serie di partner provenienti da diversi istituti di ricerca nel mondo del design,
classificazione contenuta nel book di presentazione del progetto, Presence. New Media for Elderly People, pupplicato dal Netherlands Design Institute.
Sono necessari nuovi strumenti per le
attività di analisi e interpretazione del
contesto, per lo sviluppo del sistema, per
la rappresentazione e comunicazione
della soluzione.
Molti progettisti hanno cercato di esplorare i primi due ambiti e sono
così comparse numerose tecniche di ricerca e numerosi strumenti di
notazione. Viceversa la terza area, relativa alla rappresentazione e
comunicazione della soluzione, è rimasta piuttosto inesplorata con
l’idea che le tecniche di rappresentazione già esistenti potessero
comunicare altrettanto efficacemente anche gli aspetti legati ai sistemi
di servizi.
È proprio questo il punto di maggior interesse se consideriamo il
rapporto comunicazione/servizio, ed è proprio questo l’ambito più
problematico.
Il pensiero diffuso che il progettista possa adattare le
proprie conoscenze in ambito di tecniche grafiche e di
comunicazione a questo nuovo tipo di contenuti è errato,
tenendo in considerazione qual è la natura dell’oggetto in
questione, il numero di attori partecipanti e le numerose
componenti comunicative e culturali coinvolte nella
soluzione. 2
L’errore spesso commesso, come vedremo in seguito, non è solo
legato al tentativo di utilizzare modelli di comunicazione estrapolati da
altri ambiti, ma anche quello di usufruire delle tecniche di notazione
per supportare altri tipi di racconti non più destinati ai progettisti,
ovvero lo slittamento di medesimi strumenti da un punto all’altro del
processo per sopperire alla mancanza di modelli adeguati.
L’approccio utilizzato cerca di fare un passo in avanti rispetto
alle classificazioni fino ad ora condotte all’interno di questo mondo,
mettendo in risalto alcuni aspetti in altri casi trascurati. Più che proporre
una classificazione, l’indagine qui presentata cerca di analizzare la
natura di questi strumenti, le loro caratteristiche e funzioni.
2. N. Morelli (2007)
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43
Prima di tutto la mappa della genesi degli strumenti,
una rappresentazione tesa ad individuare da quali mondi sono stati
estrapolati gli strumenti che fanno parte del design del servizio e come
tutto ciò si sia evoluto nel corso del tempo, portando infine negli utlimi
anni alla progettazione di strumenti ad hoc per supportare questa
disciplina.
Sono stati poi analizzati gli strumenti nel processo
di design per capire dove essi si collocano e quali potenzialità
comunicative hanno rispetto agli attori coinvolti. Questa mappatura
rivela inoltre come gli strumenti si ripetono nel corso del processo
richiedendo di volta in volta un “adattamento” rispetto ad interlocutore
e momento.
Una mappa tassonomica infine classifica gli strumenti
in base a diverse tipologie, che identificano le diverse modalità con cui
essi comunicano.
Il capitolo si conclude infine con un glossario, una raccolta di
tutti gli strumenti che compaiono in questa analisi, con l’obiettivo di
costituire un vocabolario condiviso e di sedimentare i contenuti della
ricerca.
44
Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi
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STRUMENTI
GENESI
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Il design dei servizi nasce come processo
multi-disciplinare che unisce e connette
diversi segmenti di competenze.
Queste aree di competenza si sono portate con sé i propri strumenti
all’interno del mondo dei servizi, con il risultato che oggi il designer
si trova spesso ad operare, lavorare, comunicare utilizzando dei
metodi che provengono da altri settori. La conseguenza è l’utilizzo di
strumenti molte volte non appropriati rispetto alle esigenze specifiche,
strumenti che spesso richiedono di essere riadattati, strumenti che
diventano vincoli più che risorse. Ecco una efficace esemplificazione di
quello che è successo trasportando nel mondo dei servizi le tecniche di
rappresentazione proprie del design di prodotto:
Mentre il design del prodotto ha sviluppato una serie di
metodi e strumenti per controllare e svolgere il processo,
a causa delle specifiche caratteristiche del servizio quegli
stessi metodi non possono essere automaticamente
trasportati all’interno del mondo dei servizi. È difficile
infatti utilizzare quegli strumenti del mondo del design
focalizzati sulla rappresentazione e la comunicazione di
aspetti materici per rappresentare e comunicare gli attributi
spesso immateriali dei servizi, legati maggiormente a valori
quali il tempo e le relazioni sociali o culturali. 1
avvenuta nel mondo del progetto di servizi, fin dall’inizio consapevole
che già questo poteva diventare un oggetto di ricerca infinita. Più che
mirare ad un risultato esaustivo, mi interessava riuscire a farmi un’idea
di ciò che era successo e a raccontarla.
È nata così la decisione di costruire una mappa di questa genesi
degli strumenti, per rendere visibili i risultati della ricerca e fornire
una dimostrazione evidente di come il mondo dei servizi si sia prima
popolato di strumenti derivanti da altri settori e poi abbia individuato
una propria strada, attraverso la progettazione di strumenti specifici.
Se concentriamo la nostra attenzione su tutto ciò che non fa
parte, almeno in origine, del mondo del design, è evidente lo stretto
rapporto con il business, ed in particolare con le sue aree di ricerca e
di marketing.
Andando alla ricerca delle origini dei singoli strumenti, sono emersi
quattro mondi di provenienza, che corrispondo in modo coerente alle
discipline integrate all’interno della progettazione dei servizi: design,
business, technology e social science.
Mi sono cimentata in questa ricerca delle origini degli strumenti
perchè mi sembrava molto interessante per mettere in luce l’evoluzione
Il mondo della tecnologia, di nascita più recente, contribuisce
fornendo una serie di strumenti provenienti in particolare dal settore
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La mappatura è stata quindi costruita utilizzando come variabile
principale quella cronologica, in modo da distribuire gli strumenti nel
tempo in base ai relativi filoni di appartenenza, andando a comporre
così una visione complessiva delle origini di tutto ciò che oggi è
contenuto nel design dei servizi. La rappresentazione che ne è scaturita
mette in evidenza alcuni aspetti molto interessanti.
Dalle scienze sociali provengono invece una serie di strumenti
che fanno parte della storia e della cultura dell’uomo fin dalle sue
origini più antiche e che sono tuttora mezzi efficaci di espressione o
comunicazione, pensiamo ad esempio all’invenzione di personaggi
immaginari, al racconto di storie, all’uso delle metafore, alle tecniche
di insegnamento e così via. Importante ed evidente il contributo di
questa disciplina, in epoca questa volta contemporanea, attraverso lo
sviluppo di strumenti per l’osservazione etnografica che il mondo dei
servizi utilizza per rispondere alla necessità di comprendere a fondo
utenti e contesti.
1. N. Morelli (2007)
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dell’interazione, qui definito human computer interaction. Si tratta
di tecniche di racconto e soprattutto di tecniche di osservazione,
dedotte dall’ambito dell’interazione proprio per il fatto che anche il
mondo dei servizi si trova a dover analizzare e testare delle interazioni,
indipendentemente dal fatto che siano basati o meno su dispositivi
tecnologici.
La rappresentazione del mondo del design mostra come nel tempo
siano sorte nuove discipline al suo interno, partendo dal mondo della
comunicazione e del design di prodotto, passando per il design thinking
e il design delle interfacce, molto vicino al concetto di servizio, per
giungere infine negli anni Novanta alla nascita di questa disciplina.
È proprio da questa ramificazione che vediamo svilupparsi in
tempi recenti una numerosa serie di strumenti che nascono proprio
all’interno del mondo del design dei servizi.
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48 Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi
text 1
STRUMENTI
POTENZIALITÀ COMUNICATIVE
ATTORI
TRANSIZIONE
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Questa mappa è stata realizzata partendo dall’esigenza di capire
quali funzioni avessero tutti questi strumenti e quale fosse il loro ruolo
nella progettazione, implementazione ed erogazione del servizio.
Variabile fondamentale di questa indagine è quindi rappresentata
dalla disposizione di questi strumenti lungo un ipotetico processo di
design. Vorrei a tal proposito precisare che la disposizione è avvenuta
lungo un processo lineare per facilitare l’individuazione delle funzioni
dei singoli strumenti, consapevoli che in realtà la linearità non è una
caratteristica reale del processo, ma una forzatura che in questo caso è
risultata idonea rispetto allo scopo perseguito.
Il passo successivo è stato quello di valutare la potenzialità
comunicativa di ciascun strumento, individuando quali fossero gli
oggetti di utilizzo interno al gruppo di progettisti e quali invece gli
oggetti protagonisti di uno scambio o un dialogo con figure esterne.
Nel caso in cui lo strumento prenda parte ad un processo comunicativo,
andiamo quindi a definire a chi si rivolge, in quale momento del
processo e che direzionalità assume il flusso di comunicazione.
Mediante la mappa è quindi possibile individuare i momenti di
apertura e di chiusura del processo di design, osservando fin da una
rapida visualizzazione come l’intero processo sia continuamente
soggetto a scambi comunicativi attraverso gli strumenti citati, scambi
che coinvolgono di volta in volta figure diverse.
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POTENZIALITÀ
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STRUMENTO
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Leggendo il grafico si comprende come il campione di verifica,
ad esempio, sia molto importante nelle prime fasi di indagine ed
esplorazione del tema e poi nel successivo momento di prototipazione
e test della soluzione. I tecnici sono coinvolti in flussi comunicativi
soprattutto nel momento in cui il servizio deve passare da una fase
concettuale ad una realizzativa. Gli operatori prima e gli utenti poi
compaiono nel momento finale, con una serie di strumenti destinati
al contatto con questi interlocutori, fino a quel momento rappresentati
dal campione di verifica.
Un altro aspetto interessante che emerge dalla rappresentazione
riguarda la presenza di strumenti che svolgono all’incirca la stessa
funzione, magari attraverso tecniche o metodi differenti. Oppure
ancora strumenti in stretta relazione l’uno con l’altro poichè lo sviluppo
del primo è indispensabile per lo sviluppo del secondo. Questo tipo di
relazioni, o di alternativa o di dipendenza, sono mostrate attraverso gli
“agglomerati” di strumenti nella mappa.
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49
delle idee, a rappresentazioni grafiche dettagliate del sistema nel
momento dello sviluppo e utilizzate quindi come base per la successiva
implementazione del servizio.
Questo utilizzo dei medesimi strumenti in più punti può essere
rischioso da un punto di vista comunicativo se nel frattempo cambia
l’interlocutore, perciò nella maggior parte dei casi in cui questo
avviene è opportuno verificare che il metodo sia valido per rivolgersi
al nuovo interlocutore in questione ed eventualmente riadattare
il linguaggio utilizzato ed il tipo di comunicazione, verificandone
l’accessibilità e l’efficacia nel nuovo contesto. Prendiamo come esempio
i character profiles: lo stesso strumento, che inzialmente viene
utilizzato dai progettisti per elaborazioni interne, poi diventa un modo
per presentare il progetto ai committenti; lo strumento è il medesimo
ma l’aspetto comunicativo sarà stato riadattato in base alla nuova
situazione. Lo stesso vale per la mappa dell’offerta, che da strumento
di racconto del servizio al committente, può diventare documento
interno di discussione con i tecnici, può diventare espediente per
comunicare quali sono le prestazioni al personale e può diventare
infine strumento informativo per l’utente.
Come si può osservare nella mappa, questi collegamenti sono molto
più intensi nella fase progettuale, fase in cui il concept viene definito
gradualmente e sempre più nel dettaglio, perciò gli stessi strumenti
che all’inizio servivano ad immaginare vengono poi utilizzati per
raccontare, specificare e costruire. Sono pochi gli strumenti di questa
fase progettuale che passano oltre, giungendo a comunicare a personale
del servizio e utenza finale.
Questo permette di aprire una riflessione riguardo alla possibilità
di tradurre alcuni dei numerosi strumenti che consentono la
comunicazione durante la fase di progetto in modelli utili per la
rappresentazione del servizio quando esso viene implementato ed
erogato. Nella situazione lacunosa precedemente descritta, in cui
mancano strumenti di rappresentazione e comunicazione del servizio,
una strada può essere quella di creare nuovi strumenti ad hoc, ma forse
un’altra strada può essere quella di catturare alcune caratteristiche e
alcuni elementi interessanti degli strumenti già esistenti ed utilizzati
nelle fasi precedenti.
L’ultima considerazione presente nella mappa riguarda la frequenza
di strumenti che compaiono in un punto del processo per poi tornare
nei momenti successivi. Questo rimbalzare da una parte all’altra
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può essere manifestazione
due aspetti. Il primo
è che�������
uno stesso�������
strumento si muove perché è di supporto in più fasi del processo,
mediante un aggiornamento
�������� graduale dei suoi contenuti. Un esempio
in questo senso può essere il service specification, che viene appunto
rielaborato e aggiornato man mano che il progetto si evolve. Un altro
caso è quello invece in cui sia ho uno strumento più generico che poi
viene applicato di volta in volta, anche diversamente, a seconda delle
situazioni. Gli use cases ad esempio possono trasformarsi da semplici
storie con un linguaggio sintetico nella fase di prima esplorazione
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FASI DEL PROCESSO
p.51, 53, 98-105, 110-117, 120-127
p. 51,53, 98-105
p.51,53, 98-105, 110-117, 120-127, 132-139
50
Analisi. Gli strumenti nel design dei servizi
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infographics 1
tools 67
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51
STRUMENTI
TASSONOMIA
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testo, dal termine latino textus,
con significato originario di tessuto o
trama, un insieme di parole, correlate
tra loro per costituire un’unità logicoconcettuale.
tabella, un insieme di dati che
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sono organizzati in un modello logico
a due dimensioni, righe e colonne.
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descrizione, una forma di
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rappresentazione, che può essere
particolareggiata o caratterizzante, a
diversi fini: orientativi, informativi,
dichiarativi.
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narrazione, esposizione
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gioco, attività ricreativa che
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coinvolge una o più persone, basata su
un obiettivo da raggiungere attraverso
l’attività del gioco e un insieme di
regole che determinano ciò che i
giocatori possono o non possono fare.
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ordinata sulla base di determinate
istanze di ordine stilistico o storico.
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evento, fatto o avvenimento che
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accade in un dato punto a un dato
momento.
modello, rappresentazione
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di un oggetto o di un fenomeno
reale che riproduce caratteristiche o
comportamenti ritenuti fondamentali
sulla base dell’obiettivo della
rappresentazione stessa.
artefatto, oggetto la cui
forma è giustificata dalla prestazione
a cui è destinato, ancora prima
della sua effettiva realizzazione.
Gli artefatti presuppongono un
progetto, uno scopo e di conseguenza
un’intelligenza capace di attività
creativa.
struttura, insieme di elementi
di vario tipo posti in relazione tra
di loro seguendo una logica, così
da formare un sistema funzionale e
funzionante.
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STRUMENTI
GLOSSARIO
NOME
FONTE BIBLIOGRAFICA
IMMAGINE
TIPOLOGIA
TESTO DESCRITTIVO
67 piccole schede per comporre un glossario di tutti gli strumenti citati in
questa tesi, cogliendo l’occasione per creare una sorta di vocabolario condiviso
e per sedimentare le conoscenze allo stato attuale. Tutti gli strumenti citati
sono accompagnati da un’illustrazione, dall’indicazione della tipologia e da una
brevissima definzione, con l’esplicitazione del principale autore di riferimento.
La scelta di questi strumenti, protagonisti dell’intera analisi, è principalmente
legata al contesto progettuale europeo. Anche qualora fossero state rintracciate
diverse denominazioni dello stesso strumento, è stata privilegiata quella più
diffusa nel nostro panorama progettuale.
notes 0
53
activity map
actors map
business plan
character profiles
cognitive walkthrough
D. Sangiorgi (2004)
N. Morelli (2002)
S. Moritz (2005)
H. Parrish (2006)
Presence (1996)
GRAFO AD ALBERO
GRAFO AD ALBERO
TESTO
DESCRIZIONE
MODELLO
Rappresentazione ad albero che traduce e articola
Rapporto finanziario ed economico necessario
per verificare la fattibilità del concept di servizio e
prevedere investimenti, guadagni e rischi. Partendo da
una descrizione del mercato di riferimento, il business
plan, chiarisce quali siano i processi e i sistemi necessari,
le figure professionali coinvolte, i luoghi fisici e virtuali
richiesti, il modello economico e come esso si evolverà
nel tempo.
Questo strumento è utile al fine di sedimentare una
conoscenza condivisa all’interno del team su chi siano
gli utenti di un particolare servizio. Il character
profile è solitamente un’immagine accompagnata da
una descrizione breve e significativa di un personaggio
immaginario; in genere per ogni progetto vengono
creati più profili che rappresentano diverse tipologie
significative di utenti.
Uno o più valutatori ispezionano un servizio
per la loro fruizione/erogazione, partendo da una
descrizione generale del servizio da cui si diramano le
attività scendendo progressivamente nei diversi livelli
di dettaglio. La definizione dei vari passaggi avviene
chiedendosi di volta in volta come un’attività può essere
erogata e perché quell’attività viene realizzata
Rappresentazione del sistema di attori e delle
relazioni esistenti tra di loro al fine di stabilire una
visione sistemica del servizio e del contesto in cui esso
si colloca. La mappa richiede l’assunzione di un punto di
vista da cui osservare il sistema, ad esempio se decidiamo
di osservare il servizio dal punto di vista dell’utente, sarà
lui l’entità centrale attorno a cui si sviluppa tutta la
rappresentazione.
ADD poster
advertising
affinity diagram
constructive interaction
context panorama
cultural probes
F. Jègou (2003)
Adaptive Path (2008)
S. Moritz (2005)
J. Nielsen (1990)
E. Manzini, N. Morelli (2005)
B. Gaver (1999)
NARRAZIONE
NARRAZIONE
GIOCO
MODELLO
NARRAZIONE
GIOCO
Una finta promozione del servizio costruita
cercando di immaginare come la nuova offerta potrebbe
essere lanciata sul mercato quando il servizio sarà
effettivamente disponibile al pubblico. Fondamentale è
riuscire a bilanciare il collegamento con la realtà esistente
e nota da un lato e la potenzialità dell’immaginazione
dall’altro, così come è fondamentale identificare un
destinatario a cui rivolgersi.
Forma di comunicazione che ha tipicamente lo scopo
di persuadere un potenziale consumatore a
richiedere o consumare un prodotto o servizio. Nel
caso specifico della promozione del servizio, oltre che
un modo per richiamare eventuali utenti, è un modo
per dare visibilità al servizio stesso e attribuirgli delle
caratteristiche più tangibili e meglio memorizzabili da
parte degli utenti stessi.
Raccolta e raggruppamento di vaste quantità
di dati, idee e opinioni organizzandoli in base alle
Visualizzazione di un’idea iniziale per favorire
loro naturali correlazioni gli uni con gli altri. Dopo
la dichiarazione dell’obiettivo, prevede una sessione
di lavoro in cui ogni partecipante scrive le proprie
idee su una serie di post-it; i post-it vengono poi
utilizzati per ragionare sui contenuti organizzandoli e
riorganizzandoli in gruppi di senso.
Ad un utente viene chiesto di utilizzare il servizio ed in
particolare di raggiungere un determinato task, mentre
avviene l’interazione egli esprime ad alta voce i propri
pensieri, che vengono così registrati dal valutatore. Se
questo strumento viene adottato con due utenti per
sessione invece che solamente uno, l’enunciazione
dei propri pensieri ad alta voce diventa più naturale
per entrambi i partecipanti.
lo sviluppo e l’orientamento delle successive attività di
design. L’idea viene visualizzata mediante l’utilizzo di
una semplice immagine, o più di una se è necessario;
alle immagini vengono accostate delle parole chiave
che indicano all’interlocutore il senso di lettura
dell’immagine stessa.
Tecnica per raccogliere informazioni ed ispirazioni direttamente dall’esperienza dell’utente;
ciò avviene distribuendo pacchetti di materiale con
cui gli utenti possono testimoniare, attraverso diversi
formati e supporti, la loro vita quotidiana e il loro
ambiente. Implica l’accettazione di una verità filtrata
in quanto mediata dall’utente, che è allo stesso tempo
osservatore e soggetto osservato.
architecture
benchmarking
blueprint
customer events
customer journey map
design direction
R. Camp (1989)
Zeithmal &t Bitter (2000)
Engine (2008)
F. Jègou (2004)
STRUTTURA
DESCRIZIONE
GRAFO ORIENTATO
EVENTO
L’organizzazione e la progettazione dello spazio
in cui ha luogo il servizio. L’architettura, intesa come
Processo di identificazione, osservazione e studio
delle attività di altre organizzazioni al fine di
migliorare la propria performance. Possono essere
oggetto dell’indagine sia organizzazioni che offrono
servizi simili a quello progettato nello stesso contesto,
che organizzazioni che offrono servizi simili ma in altri
contesti.
Diagramma di flusso che esplora l’interazione
con il servizio rappresentando simultaneamente i
processi di erogazione del servizio, i punti di contatto
tra servizio e utente, i ruoli delle figure coinvolte, i
processi di supporto e gli elementi visibili del servizio. Il
suo livello di dettaglio è tale da consentire la successiva
implementazione della soluzione descritta.
Eventi speciali destinati agli utenti o a potenziali
le funzioni del servizio in attività da svolgere
organizzazione sia spaziale che virtuale, costituisce uno
degli elementi principali che compongono l’interfaccia
del servizio; l’architettura diventa quindi uno strumento
che permette di distirbuire funzioni e informazioni, di
orientare l’utente, di rendere visibile l’offerta del servizio,
di comunicare l’esperienza,...
utenti del servizio nell’intento di fornire un occasione
per avvicinare queste persone al servizio stesso, oppure
nell’intento di creare una sorta di community o di
gruppo raccolto attorno al servizio perchè caratterizzato
da esigenze e desideri simili. Gli eventi aperti agli
utenti sono quindi prima di tutto uno strumento
promozionale.
GRAFO ORIENTATO
Rappresentazione che descrive il percorso di un
ipotetico utente attraverso i diversi touchpoints
che egli incontra durante un processo di interazione con
il servizio. L’interazione viene quindi ripresa passaggio
per passaggio su modello del classico blueprint,
enfatizzando però l’aspetto dei flussi di comunicazione
e di contatto con ogni strumento e dispositivo
dell’interfaccia del servizio.
percorrendo i vari passaggi come se fossero degli utenti.
L’input per queste indagini è rappresentato dai character
profiles in modo che il valutatore possa immedesimarsi
nei panni di questi utenti e muoversi nel servizio
tenendo conto del loro ipotetico livello di conoscenze e
delle loro specifiche esigenze.
NARRAZIONE
Format per comunicare con una descrizione sintetica
un’ipotesi di tipologia di soluzioni progettuali, utile
per orientare il processo di ideazione e di sviluppo della
soluzione, favorendo la conversazione strategica tra gli
attori implicati. La visualizzazione è basata su una serie
di referenze visive commentate, i segni grafici indicano
semplicemente cosa guardare e come guardarlo.
evidences
evaluation matrix
experience prototype
informance
interaction table
issue cards
F. Jègou (2004)
R. Ramaswamy (1996)
IDEO (2003)
S. Moritz (2005)
F. Jègou (2005)
C. Cautela (2007)
ARTEFATTO
MATRICE
MODELLO
GIOCO
GRAFO ORIENTATO
GIOCO
Quando un servizio presenta delle componenti
materiali, esse diventano un importante strumento
comunicativo del servizio stesso, uno strumento per
renderlo visibile e per trasmettere alcune informazioni.
Tanto più la soluzione è immateriale, tanto più questi
elementi assumono importanza, fino a diventare il
canale attraverso cui visualizzare l’intera prestazione.
Matrice utilizzata per confrontare diversi concept
emersi durante la fase di ideazione a livello sia di
performance offerte che di costi legati a tutte le attività
necessarie per l’implementazione prima e l’erogazione
poi del servizio. Lo scopo è quello di favorire la selezione
di un’idea di servizio realmente vantaggiosa e capire
come alcune caratteristiche possono essere fuse per
arrivare ad una resa ottimale.
Simulazione dell’esperienza che ha l’obiettivo di
anticipare le performance del servizio attraverso l’uso
di tutti i touchpoints previsti. L’experience prototype
permette al team di verficare la soluzione attraverso il
coinvolgimento attivo dell’utente consentito dall’utilizzo
dei prototipi.
Messa in scena delle informazioni: rappresentare
ciò che vogliamo dire inscenandolo per spiegare,
raccontare e condividere l’idea di servizio.
Indipendentemente dall’utilizzo di attori professionisti
o non professionisti, l’importante è che il modo in cui
la storia viene rappresentata sia rilevante rispetto ai
contenuti e sia davvero di supporto alla trasmissione del
messaggio e non un fattore di distrazione.
Strumento di supporto alla discussione strategica tra
gli attori: il punto di partenza per la sua costruzione è
il classico storyboard d’interazione, estendendolo fino
a farlo diventare una descrizione sistematica del
i ruoli delle figure coinvolte e l’insieme delle risorse
e delle competenze necessarie per l’implementazione
della soluzione.
Supporto materiale e pretesto per stimolare ed alimentare le dinamiche interattive in uno scambio di
gruppo. Ogni carta può contenere un suggerimento, un
disegno, una foto, una descrizione, qualcosa che aiuti a
trovare nuovi spunti e a leggere una serie di criticità o
di opportunità nel contesto di riferimento. Eterogeneità
e semplicità dei contenuti garantiscono il successo di
questo strumento.
feasibility check
focus group
group sketching
market research
metaphors
mind map
S. Moritz (2005)
Presence (1996)
F. Jègou (2004)
C. Cautela (2007)
S. Moritz (2005)
A. Collins (1960)
TESTO
EVENTO
GIOCO
DESCRIZIONE
NARRAZIONE
GRAFO AD ALBERO
Per identificare le possibilità e le implicazioni relative
ai concept o alle idee di servizio e per poter così
avanzare nel progetto, esperti interni ed esterni vengono
interpellati rispetto al tema della fattibilità del servizio.
L’analisi della fattibilità può portare all’esigenza
di riconsiderare delle componenti o dei dettagli del
progetto, in modo che tutto il sistema funzioni meglio.
Metodo di osservazione qualitativo che prevede il
coinvolgimento di un gruppo di persone selezionate
in una discussione guidata, al fine di catturarne i
pensieri e gli atteggiamenti, oppure nel caso specifico
del servizio, per comprendere quali sono gli aspetti che
influiscono sull’eperienza e sulla percezione dell’utente.
È necessaria la presenza di un moderatore o facilitatore
che guidi la discussione.
La tecnica dello schizzo è un modo veloce ed economico
per sviluppare le idee e la loro spiegazione nello
Le metafore risultano permettono di spiegare un
concetto o un’idea rintracciando esempi provenienti
da altri mondi. Oltre a dare maggiore visibilità e
tangibilità ai concetti astratti, le metafore hanno il
vantaggio di imprimersi maggiormente nella mente
dell’interlocutore sfruttando la creazione di un legame
tra il concetto proposto e le nozioni già familiari.
Metodo per documentare ed esplicitare visivamente i propri pensieri e le loro connessioni: si
Risulta utilissima nei casi di co-design che prevedono la
partecipazione di gruppi eterogenei composti da persone
con diversi background culturali alle spalle. Importante
è l’utilizzo di disegni molto semplici che incoraggino
l’intervento diretto delle persone coinvolte.
Processo di raccolta, registrazione ed analisi
di dati e informazioni riguardo a consumatori,
concorrenti e mercato di riferimento allo scopo di
favorire lo sviluppo di un’adeguata strategia progettuale.
Tale ricerca può avvenire quindi sia mediante la
consultazione di materiale appropriato sia mediante
l’osservazione e l’indagine direttamente a contatto con
gli utenti del servizio.
guide lines
heuristic evaluation
identity
mock-up
moodboard
motivation matrix
S. Moritz (2005)
J. Nielsen (1990)
G. Anceschi (1988)
C. Cautela (2007)
S. Moritz (2005)
F. Jègou (2003)
TESTO
MODELLO
ARTEFATTO/STRUTTURA
MODELLO
NARRAZIONE
MATRICE
Documento che specifica i dettagli, le caratteristiche e i comportamenti.
Forma di ispezione dell’usabilità di un servizio
in cui alcuni specialisti valutano gli elementi che
concorrono nel determinare l’usabilità seguendo delle
liste di prestabilite euristiche. Si tratta di una forma di
expert evaluation che però si poggia sull’uso di queste
euristiche come guida all’analisi e che fornisce un
rapido feedback unito a dei buoni suggerimenti per il
miglioramento del progetto.
Attività fortemente strategica, integrata con il marketing
e la comunicazione aziendale, che si occupa di
Modello, illustrazione, collage che descrive
un concept o un’idea; spesso si tratta inizialmente
Collage composto con immagini e materiali e
Tecnica per visualizzare le relazioni tra gli attori
che prendono parte al sistema, evidenziando così la
Esso rappresenta il mezzo di comunicazione principale
tra il team di progettisti e il gruppo di operatori addetti
alla messa in atto del servizio. È essenziale perché è lo
strumento attraverso cui assicurare che l’erogazione sia
consistente rispetto alle scelte e alle decisioni prese nella
fase di progetto
stesso momento.
costruire attraverso i segni una visibilità e una
riconoscibilità distintiva per aziende, enti, eventi,
prodotti e servizi. Nel caso dei servizi, l’identià è un
elemento fondamentale per dare evidenza al servizio
stesso, che non può sempre fare affidamento sull’esistenza
di un prodotto o di un luogo visibile e tangibile.
di montaggi fotografici, creati mediante immagini di
situazioni o contesti esistenti in cui vengono montati
e combinati altri elementi necessari a mostrare l’idea
di servizio e in seguito di veri e propri prototipi che
rappresentano concretamente gli aspetti principali che
contraddistinguono il progetto.
servizio, che illustra passaggio per passaggio
utilizzato per raccontare un’atmosfera restituendone la
percezione d’insieme. La moodboard aiuta ad esplicitare
dei valori altrimenti difficilmente esprimibili e a fissare
in modo univoco la percezione del servizio all’interno
del gruppo.
parte da un problema o da un’idea posta al centro
della rappresentazione e poi si utilizzano linee, simboli,
parole e immagini per comporre un sistema di concetti
connessi tra loro, lavorando parallelamente alla naturale
attività cerebrale.
motivazione di ciascun attore nel partecipare
al sistema stesso e le aspettative reciproche. La matrice
motivazionale è uno strumento interessante per indagare
e mostrare la soluzione dal punto di vista degli interessi
che gli stakeholders mettono in gioco.
naming
observation
offering map
role script
rough prototyping
scenario
Presence (1996)
D. Sangiorgi (2004)
S. Moritz (2005)
S. Moritz (2005)
IDEO (2003)
ARTEFATTO/STRUTTURA
EVENTO
GRAFO AD ALBERO
TESTO
MODELLO
NARRAZIONE
Seguendo lo stesso principio che determina l’esigenza
di attribuire un’identità visiva al servizio, compare
la necessità di attribuirgli un nome, che diventa il
primo elemento di comunicazione del servizio stesso
nei confronti di tutti gli attori coinvolti. Importante è
quindi che il naming sia il più possibile rappresentativo
dell’offerta, del mondo e dei valori a cui il servizio fa
riferimento.
La tecnica più efficace per osservare quello che le
persona fanno e raccogliere dati utili per svolgere un
progetto incentrato sull’utente è l’osservazione. che può
avvenire sia mediante la presenza di una persona, che
posizionando delle apposite videocamere. L’aspetto da
non sottovalutare è che l’osservazione influenza ciò che i
soggetti fanno e questo può provocare la raccolta di dati
leggermente falsati.
Rappresentazione grafica più o meno dettagliata
delle funzioni del servizio utile per supportare in
modo progressivo lo sviluppo dell’offerta. A partire
dalla performance centrale, di cui vengono visualizzate
le funzionalità principali e quelle a valore aggiunto, si
procede fino ad articolare ogni singola funzionalità in
termini di sub-funzionalità ed evidenze fisiche che le
rendono possibili.
Strumento messo a punto in fase di implementazione per
indirizzare e supportare la performance dello specifico
operatore, fornendogli degli script che chiariscono
le diverse possibili situazioni che egli si troverà
ad affrontare. Nello script vengono indicate come in
una partitura scenica, tutte le operazioni da compiere
a contatto con l’utente affiancate da raccomandazioni
e consigli.
Metodo veloce per creare prototipi utilizzando
tutto ciò che è disponibile al momento per
assemblare le componenti di un prodotto o servizio e
rappresentare così un’idea. Il rough prototyping è uno
strumento a supporto della visualizzazione delle idee
e un modo per assicurarsi che tutti i componenti del
gruppo stiano parlando della stessa cosa, rendendo il
processo il più interattivo e tangibile possibile.
Descrizione e prefigurazione di ciò che l’utente
potrà fare attraverso il servizio, illustrando l’idea o il
concept inserito all’interno del normale contesto in cui
l’utente vive o vivrà. Inizialmente l’utilizzo dello scenario
è legato alla creazione di una serie di character profiles e
alla comprensione di come questi agiscono nel mondo,
in seguito va ad illustrare l’inserimento dell’idea nel
contesto, fornendone una visione più dettagliata.
on line information
personas
press release
service prototype
service specification
shadowing
S. Moritz (2005)
B. Hollins (1990)
Presence (1996)
EVENTO
A. Cooper (1998)
ARTEFATTO
DESCRIZIONE
DESCRIZIONE
MODELLO
TESTO
Il web offre un’ottima possibilità per rendere disponibili
all’utente tutte quelle informazioni indispensabili per
poter usufruire del servizio e conoscerne le potenzialità.
Qui, attraverso la propria interfaccia web, il servizio può
mostrare la propria offerta, i propri impegni, il proprio
mondo all’utente, il vantaggio è rappresentato dal fatto
che in questa circostanza l’utente è un soggetto attivo alla
ricerca di informazioni.
Archetipi basati su una precedente osservazione
Comunicazione scritta o registrata diretta al
mondo dell’informazione nell’intento di parlare
Un
di un prodotto o di un servizio sottoforma di articoli e
di notizie. La cartella stampa viene redatta e inviata ai
giornalisti con tutto ciò che è necessario affinché questi
ultimi sviluppino articoli sul prodotto o sul servizio in
questione.
Osservazione dell’interazione dell’utente con il prototipo
del servizio immergendoli direttamente nel
contesto in cui l’erogazione del servizio avrà luogo,
per testare cosa accade quando subentrano anche quei
fattori esterni che non sono presenti in una situazione
di test in laboratorio, ma che incidono sulla percezione e
sull’esperienza dell’utente.
promotional sales
real time information
role play
situated interview
IDEO (2003)
Presence (1996)
approfondita, che diventano rappresentativi di ipotetici
gruppi di utenti del servizio.
Questi profili, basati su profonde analisi, sono descrizioni di personaggi immaginari che riuniscono in sé le
caratteristiche di gruppi sociali reali, rappresentandoli
sia a livello di attributi socio-demografici che di aspetti
qualitativi, come le motivazioni e i desideri.
documento
scritto,
che
cresce
nel
tempo,
descrivendo in modo dettagliato l’obiettivo
del progetto e l’evoluzione delle idee durante il suo
Il ricercatore segue gli utenti all’interno del
loro ambiente naturale. È molto importante che
processo. Questo strumento risulta importante quando
si ha a che fare con progetti a lungo termine e su ampia
scala. Aiuta il team di progettisti a condividere la traccia
su cui lavorare. Può fare riferimento a o includere anche
disegni, immagini o altri documenti rilevanti.
lo shadowing non sia intrusivo, per non condizionare
il comportamento del soggetto osservato. É un’ottima
opportunità per approfondire il tema dell’interazione
delle persone con un servizio. L’efficacia del risultato
aumenta se l’osservazione viene portata avanti per più
giorni.
staff
STEP analysis
S. Moritz (2005)
EVENTO
ARTEFATTO
GIOCO
EVENTO
STRUTTURA
TESTO
Le vendite promozionali sono uno strumento che deriva
dalle tecniche di marketing del prodotto. Le offerte
da sempre sono una grande attrattiva per
il consumatore e quindi anche per l’utente del servizio:
possono essere utilizzate per comunicare il servizio stesso e attrarre nuovo pubblico incentivandone l’utilizzo.
Una delle componenti dell’interfaccia del servizio è
proprio quella rappresentata dalle informazioni, che
possono essere fornite all’utente attraverso diversi strumenti, tra cui aspetti segnaletici sul luogo, materiale
informativo cartaceo o digitale, ecc. L’informazione è
spesso indispensabile per poter accedere al servizio e
quindi deve essere progettata in modo da raggiungere
l’utente e risultare a lui comprensibile.
Alcuni attori o i membri del team di designer mettono
in scena il funzionamento del servizio: per fare
questo si prende per assunto che il servizio esista e si
percorre un ipotetico percorso attraverso alcune sue
funzioni. Un’evoluzione di questo strumento ha luogo
recitando la stessa scena più volte cambiando i character
profiles protagonisti per capire come agiscono i diversi
utenti.
Colloqui faccia a faccia che avvengono direttamente
sul luogo con l’intenzione di catturare le reazioni e lo
stato d’animo spontaneo dell’intervistato nel momento
stesso in cui esse vengono sviluppate. Il vantaggio di
questa tecnica è quello di giungere ad informazioni che
riguardano le azioni e le motivazioni individuali, dati che
non emergerebbero durante una discussione di gruppo.
Il personale rappresenta un aspetto fondamentale
soprattutto qualora lavori a diretto contatto con l’utente,
perchè diventa in questi casi l’interfaccia del servizio
stesso. Il ruolo e il comportamento dello staff
devono quindi essere il più possibile progettati e gestiti
in funzione dell’esperienza che si desidera proporre
all’utente.
Strumento derivato dalla SWOT analysis ma di
origine sconosciuta, utile per l’osservazione e la
descrizione degli elementi relativi al contesto
in cui viene sviluppato un servizio, tra cui in particolare
i fattori legati al contesto sociale, al contesto economico,
al contesto politico e al contesto tecnologico, fattori che
è importante conoscere perchè esercitano un’influenza
significativa sul successo della soluzione finale.
storyboard
storytelling
SWOT analysis
usability testing
use cases
user surveys
F. Jègou (2004)
IDEO (2003)
S. Moritz (2005)
J. Nielsen (1990)
N. Morelli
S. Moritz (2005)
NARRAZIONE
TESTO
MATRICE
MODELLO
NARRAZIONE
TESTO
Tecnica di derivazione cinematografica che consiste
nella rappresentazione attraverso una serie
di disegni o immagini della situazione d’uso che
si vuole narrare, mostrando come i diversi punti di
contatto si manifestano e come sono collegati gli uni agli
altri nella creazione dell’esperienza globale del servizio.
La costruzione di un narrativo è un sistema
efficace per esplorare l’idea di servizio: attraverso l’uso
di semplici parole si racconta la soluzione come se fosse
una storia, permettendone la comunicazione ma anche
la rielaborazione per la preparazione di storyboard
illustrati. Le storie narrate lasciano volontariamente
spazio a dei vuoti che possono essere colmati attraverso i
suggerimenti di stakeholders e utenti.
Strumento strategico di progettazione utile per
Testare l’usabilità di un servizio significa osservare
e interrogare un campione di utenti rispetto
all’utilizzo di prodotti esistenti o futuri in una
situazione di quotidiana normalità. Agli utenti viene
chiesto di raggiungere determinati task e l’interazione
è seguita dalla raccolta immediata delle reazioni
mediante brevi questionari somministrati nel momento
immediatamente successivo al raggiungimento del task.
Brevi storie di ipotetici comportamenti degli
utenti, caratterizzate dalla presenza di attori, sequenze
Questionari rivolti agli utenti utili per raccogliere
rapidamente le opinioni rispetto ad una serie di
system map
system of activity map
templates
wayfinding
wizard of Oz
F. Jègou (2003)
D. Sangiorgi (2004)
S. Moritz (2005)
GRAFO ORIENTATO
GRAFO AD ALBERO
TESTO
ARTEFATTO
MODELLO
Strumento codificato e progressivo di rappresentazione del sistema di attori di un prodottoservizio, strutturato come se fosse l’equivalente di un
I templates favoriscono un’implementazione consistente
del concept fornendo delle istruzioni che non sono
semplici linee guida, ma che contengono le indicazioni
direttamente nel modo in cui sono scritte. I templates
sono più facili da utilizzare per il personale a cui
sono rivolti, ma sono in realtà anche meno flessibili e
attribuiscono in un certo senso meno capacità d’azione
individuale alle persone a cui sono rivolti.
I sistemi informativi e simbolici che supportano
disegno tecnico, quindi riproducibile utilizzando sempre
gli stessi segni e confrontabile. La mappa del sistema così
concepita si appoggia quindi ad una libreria di segni
grafici esistenti e ad un set di regole per la sintassi e il
layout disponibili mediante un template di Power Point.
Visualizzazione degli elementi che descrivono l’attività
del soggetto erogatore e degli attori confinanti
che partecipando in maniera diretta o indiretta
all’erogazione o fruizione del servizio. Ciò avviene
riprendendo gli elementi di descrizione dell’attività
umana suggeriti dalla teoria dell’attività di Engestrom
(1987) con lo scopo però di supportare il designer in una
rappresentazione sintetica del sistema.
Metodo il cui nome deriva dal celebre racconto Il Mago
di Oz, ed in particolare dalla figura del personaggio
dietro la tenda. Si tratta di una tecnica di derivazione
dal mondo dell’information technology utilizzata per
testare in modo dettagliato un prodotto o un
servizio osservando l’interazione di un ipotetico utente
con l’oggetto in questione senza rivelare la propria
presenza.
tomorrow headlines
touchpoints
training
Live|Work (2003)
Live|Work (2003)
NARRAZIONE
NARRAZIONE
EVENTO
Finti articoli pubblicati su riviste e quotidiani
Singoli elementi tangibili o d’interazione che
danno forma all’esperienza complessiva del servizio,
dalla promozione pubblicitaria alle personal cards, dalle
interfacce dei telefoni cellulari ai luoghi di vendita e così
via. Nel design dei servizi tutti i touchpoints richiedono
di essere considerati nella loro totalità con lo scopo di
creare un’esperienza consistente per l’utente.
come risulato di un attività di insegnamento o di
apprendimento. La formazione è sicuramente il mezzo
più efficace per trasmettere delle conoscenze nel caso
in cui queste debbano tramutarsi in specifiche azioni
e comportamenti da parte dell’interlocutore, come nel
caso del personale del servizio.
vengono immaginati proiettandosi nel futuro e cercando
di capire quale impatto la comparsa di un servizio
potrebbe avere, ovvero come potrebbe essere presentato
e recepito dagli utenti. Questo strumento è inoltre un
modo per rendere il concetto più tangibile, a supporto
della condivisione dell’idea di servizio all’interno del
team o tra gli stakeholders.
identificare quali sono i punti di forza e di debolezza di
un’organizzazione o di un servizio e quali sono invece
le opportunità e i rischi che esso affronta all’interno del
contesto in cui è inserito.
L’acquisizione di conoscenze o competenze
di eventi, pre-condizioni, post-condizioni e percorsi
alternativi utili per la costruzione di rappresentazioni
grafiche e diagrammi di flusso o perfino di stroyboard
che ricalcano specifiche situazioni d’uso del servizio,
visualizzandole singolarmente una ad una.
S. Moritz (2005)
l’orientamento dell’individuo all’interno di un
luogo, tanto nel caso di spazi fisici quanto in quello
di spazi virtuali. La segnaletica è ciò che determina
l’interazione della persona con quel luogo, coinvolgendo
i temi di accessibilità al servizio e di usabilità dello stesso.
La segnaletica ha un impatto fondamentale sul modo di
agire dell’utente.
servizi esistenti oppure rispetto al servizio progettato.
Il vantaggio è quello di raccogliere un gran numero di
dati di tipo prevalentemente quantitativo, rispetto ad
altri strumenti che invece richiedono tempistiche più
lunghe e riescono a coinvolgere un campione di utenti
numericamente inferiore.
INDEX
66
67
68
PREMESSA
COMUNICAZIONE COME
CONDIVISIONE
A CHI COMUNICARE
GLI INTERLOCUTORI
74
76
PERCHÈ COMUNICARE
GLI EFFETTI DESIDERATI
75
69
70
71
QUANDO COMUNICARE
LE FASI DEL PROCESSO
77
COME COMUNICARE
LE MODALITÀ ESPRESSIVE
80
81
IL MODELLO
LA COMUNICAZIONE
NEL DESIGN DEI SERVIZI
72
COSA COMUNICARE
I CONTENUTI
73
66
Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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67
PREMESSA
COMUNICAZIONE COME
CONDIVISIONE
Fino a questo momento il mio percorso è stato un percorso
1
di osservazione: osservazione di quali sono gli evidenti aspetti di
complessità, osservazione dei principali punti di vista nel mondo della
progetto, osservazione, infine, di un campione di strumenti e del loro
comportamento in un ipotetico processo.
Una volta in possesso di tutti questi riferimenti, mi è parso utile
fissare dei punti per focalizzare l’attenzione sui principali elementi
che determinano le scelte comunicative nel mondo dei servizi, con
l’obiettivo di definire meglio questi aspetti e come essi influenzano il
progetto della comunicazione. Il risultato finale, rappresentato dalla
somma e dall’interesezione proprio di questi elementi, coincide con
la definizione di un modello, in grado di orientare nel mondo della
comunicazione dei servizi e di fornire precise indicazioni rispetto
all’utilizzo degli strumenti esistenti e alla progettazione di nuovi
strumenti. Indipendentemente dall’applicazione del modello a dei
casi reali, ripercorrere gli elementi che lo compongono è già di per sè
un’occasione utile per riflettere su alcuni aspetti della comunicazione
che fino a questo momento sono stati trascurati, oppure, al contrario,
che sono comunemente utilizzati ma in modo inconsapevole, e quindi
con il rischio di compiere delle scelte non appropriate.
È un modello quindi questo che trae origine da una forte esigenza,
espressa dalla situazione attuale, di stabilire un ordine in tutto quello
che è stato fatto e delle direzioni lungo cui sviluppare le strategie
future. Il modello non ha la pretesa di compiere questo passo di per sè,
ma piuttosto la volontà di offrire le conoscenze basilari ai progettisti
per affrontare le proprie scelte consapevolmente.
Prima di addentrarmi nel racconto di come questo obiettivo si è
concretizzato, descrivendo il modello che è nato, vorrei compiere una
premessa che riguarda più in generale l’approccio adottato, consapevole
di aver compiuto una scelta in apparenza insolita e forse pretenziosa,
ma dal mio punto di vista assolutamente coerente. In genere si tende
a distinguere il discorso relativo alla comunicazione nel servizio da
quello invece relativo alla comunicazione del servizio, distinzione
che ho illustrato nel primo capitolo. In questo caso invece tutte le
forme di comunicazione che si presentano nel corso del progetto e
della realizzazione del servizio stesso vengono poste sul medesimo
piano, indipendentemente dal fatto che siano forme di scambio utili
allo sviluppo del servizio o forme di racconto dei suoi aspetti. Quando
parlo di comunicazione, mi riferisco alla sua accezione originale.
Comunicazione, dal latino communis,
mettere qualcosa in comune, condividere.
Trasmissione, partecipazione, diffusione
di qualcosa ad altri.
In questo senso entrambe le forme di comunicazione rappresentano
una condivisione o una trasmissione, ciò che le distingue sono le
finalità in gioco e le modalità con cui questo scambio avviene.
Questo approccio, che considera l’aspetto comunicativo in una
prospettiva così totalizzante, segue in un certo senso la strada indicata
dalle nuove esperienze di co-produzione del servizio, che investono
ogni momento della sua esistenza, dalle fasi progettuali a quelle
di erogazione/fruizione. La co-produzione ha già probabilmente
abbattuto la distinzione di cui parlavamo in precedenza, rendendo
la comunicazione una componente assolutamente integrata e
protagonista tanto nello sviluppo dei servizi quanto nel loro utilizzo,
una comunicazione che non è più in prevalenza uni-direzionale, ma
che si sposta sempre e sempre di più verso l’aspetto di bi-direzionalità
del rapporto.
Considerare la comunicazione come un momento di condivisione
tra i diversi attori coinvolti, significa inoltre spostare l’attenzione
dall’accezione comune del termine all’idea di comunicazione come
scambio di conoscenze. Quindi apprendere gli aspetti che influenzano
la comunicazione significa anche individuare le opportunità legate ad
una migliore gestione delle conoscenze e delle informazioni all’interno
di un servizio, sia in fase progettuale che in fase realizzativa. In effetti,
in questo mondo, la finalità comune a tutte le situazioni comunicative
che si creano è proprio quella di trasmettere dei contenuti ad una
pluralità di attori coinvolti e in questo senso la comunicazione fornisce
le piattaforme su cui può avvenire questo passaggio di conoscenze o
informazioni.
Come è stato quindi rintracciato e costruito questo modello? Ho
deciso di partire dagli aspetti più elementari, ma in realtà più efficaci
per arrivare ad una comprensione profonda di ciò che caratterizza
e determina il progetto comunicativo. Più che una scelta razionale,
il tutto è iniziato da un ragionamento spontaneo, chiedendomi che
cosa influisce sulle nostre scelte progettuali. Sicuramente il tipo di
destinatario a cui ci rivolgiamo ha un’importanza enorme e quindi
è bene conoscere le sue caratteristiche e le relative implicazioni. Ma
anche il momento all’interno di un ipotetico processo di sviluppo del
servizio ha il suo peso sulle scelte comunicative, perchè corrisponde
ad un preciso livello di avanzamento del progetto e a delle specifiche
esigenze. Non a tutti poi interessa conoscere ogni aspetto del servizio,
quindi il progettista dovrà definire, sulla base dell’interlocutore e
del momento, che cosa comunicare, quali contenuti, e anche questo
incide sulla comunicazione. In realtà ogni volta che comunichiamo lo
facciamo con una specifica finalità, che determina proprio gli obiettivi
del progetto comunicativo. Sapere quindi perchè stiamo comunicando
a quel particolare destinatario, in quel preciso momento, quegli
specifici contenuti è la chiave per capire il come. E quindi l’ultimo
elemento, a concludere il modello, la modalità che scegliamo per
comunicare, che ha un’importanza fondamentale e che deve essere
coerente con tutte le altre variabili individuate.
Nei capitoli che seguono, tutti questi aspetti vengono gradualmente
approfonditi, individuando le relazioni reciproche, fino a comporre un
modello globale del funzionamento della comunicazione nel design
dei servizi.
68
Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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A CHI COMUNICARE
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69
committenti
l’ente, l’azienda o il gruppo di
imprenditori che investono
nello sviluppo di un servizio.
GLI INTERLOCUTORI
tecnici
specialisti che contribuiscono
allo sviluppo del progetto
mettendo a disposizione
le proprie conoscenze.
Quando si parla di comunicazione di un servizio, così come di
un prodotto, il primo pensiero è quello rivolto all’utente, considerato
1
l’anello fondamentale della catena, il tanto ambito consumatore da
conquistare. La sua importanza è indiscussa, ma ci sono una serie di
altri attori coinvolti che esprimono a loro volta la necessità di ricevere
una comunicazione adeguata, poiché ognuno di essi concorre in
qualche modo ad apportare un valore nella creazione del servizio.
Una comunicazione appropriata a
tutte le figure coinvolte può migliorare
il processo stesso, ma soprattutto
incrementare il valore del servizio che
giungerà nelle mani dell’utente.
Per raggiungere l’obiettivo finale, ovvero l’utente e il suo
soddisfacimento, è quindi importante che non si investa solamente
nella comunicazione a lui destinata, ma che il servizio venga
comunicato in modo altrettanto adeguato agli operatori che lo
erogano, e ancora prima ai tecnici che lo realizzano, e ancora prima
ai committenti che lo finanziano e ancora prima al campione che
partecipa all’ideazione. E un’inefficienza in uno di questi passaggi
può compromettere o comunque danneggiare ampiamente il risultato
finale. A maggior ragione se si considera che tutte queste figure, da
entità esterne e passive rispetto all’erogazione del servizio, stanno
diventando sempre di più parte del processo secondo una logica di
co-produzione.
In un sistema di questo tipo, è fondamentale verificare le
caratteristiche della comunicazione in rapporto all’interlocutore a
cui ci si rivolge: non è infatti possibile né opportuno comunicare a
tutti nello stesso modo. Ciascun interlocutore è dotato di determinate
conoscenze e di un determinato linguaggio, fattori che lo pongono ad
una distanza cognitiva maggiore o minore rispetto al designer.
Ciò implica che di volta in volta sarà richiesto uno sforzo diverso a
chi comunica per superare il divario e rendere il messaggio accessibile
e comprensibile. Ovviamente tutto può variare a seconda del tipo di
servizio progettato, ma possiamo osservare come generalmente la
distanza cognitiva cresca spostandosi dai tecnici, che hanno delle
conoscenze molto specifiche, ai committenti, che hanno anch’essi
un linguaggio e delle conoscenze specifiche, ma non così tecniche
rispetto al servizio, fino agli operatori e ancora di più agli utenti, che si
muovono su un altro livello cognitivo ancora.
campione di verifica
individui selezionati tra gli
utenti e gli operatori per essere
coinvolti nelle attività di analisi,
co-progettazione e verifica.
La difficoltà aumenta se si pensa che non sempre il destinatario
è un soggetto chiaramente identificabile: passando dai committenti
agli utenti spesso il rischio è proprio quello di avere a che fare con dei
gruppi di interlocutori sempre più indefiniti ed eterogenei. Tale aspetto
risulta problematico in quanto il trasmittente dovrebbe conoscere
nel modo più completo possibile il sistema semantico al quale si
riferisce il suo destinatario, ma questo è appunto più difficile quando
il soggetto ricevente presenta notevoli differenziazioni culturali al
suo interno. Molto probabilmente riusciremo a definire nel dettaglio
le caratteristiche dei committenti e dei tecnici, potremo identificare
abbastanza facilmente i tratti che contraddistinguono gli operatori, ma
faremo fatica a descrivere con altrettanta precisione gli utenti. Questo
diventa tanto più vero quanto più si passa da un servizio specializzato
in un preciso settore verso un servizio di grande estensione destinato
ad un utenza indifferenziata.
Un’ultima precisazione riguarda il carattere diretto o mediato che
può assumere la comunicazione a seconda dei diversi interlocutori:
il designer avrà sicuramente un contatto diretto con i committenti, i
tecnici e il campione di verifica, mentre ciò non accade quasi mai con
gli operatori e con gli utenti. In questi ultimi due casi parleremo quindi
di una comunicazione indiretta, in cui la figura del designer scompare,
progettando degli artefatti a cui è interamente affidato il compito di
comunicare il servizio o di diventare piattaforme per lo scambio tra i
soggetti.
operatori
personale addetto all’erogazione
del servizio, sia a contatto con
l’utente, che coinvolto nelle
attività di back-office.
utenti
coloro che usufruiscono delle
prestazioni offerte dal servizio.
70 Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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QUANDO COMUNICARE
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Parlando di comunicazione del servizio non possiamo prescindere
dal considerare i diversi momenti che compongono il processo
progettuale e che danno luogo a differenti esigenze e situazioni.
LE FASI DEL PROCESSO
Quella che vediamo qui mostrata è certamente una semplificazione
rispetto alla complessità del processo reale, una forzatura della
sua non-linearità in una rappresentazione sequenziale. Ma in
quest’occasione non ci interessa riflettere sull’andamento dell’attività
progettuale, semplicemente l’intento è quello di distinguere quali sono
i momenti più significativi che emergono sempre, indipendemente
dalla metodologia o dalla sequenzialità adottata. Probabilmente
modificando le dinamiche e coinvolgendo gli attori nella coproduzione saranno meno scanditi, ad esempio, i passaggi da un
momento all’altro, oppure si arriverà, per assurdo, alla situazione in cui
l’utente progetta alcune componenti del servizio nello stesso momento
della fruizione. Conoscere però quali sono gli aspetti che compongono
la progettazione del servizio, anche se racchiusi in un processo del
tutto ideale, aiuta a comprendere quali possono essere le diverse
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71
esigenze che si presentano al designer. A tal proposito, notiamo come,
a seconda delle diverse fasi, la presenza di attori esterni può essere più
o meno rilevante, andando a determinare le caratteristiche diverse che
assume la comunicazione.
Ad esempio, indipendentemente dal coinvolgimento o meno
dei promotori in tutti i passaggi, in ogni progetto la loro incidenza
è fondamentale nel momento in cui devono decidere se approvare
e finanziare la soluzione proposta o meno. I tecnici possono
intervenire, se necessario, già nelle fasi iniziali, ma occupano un ruolo
fondamentale soprattutto nel momento in cui la soluzione deve essere
sviluppata e implementata. Operatori e utenti sono sempre più spesso
coinvolti nell’ideazione sotto forma di quello che abbiamo qui definito
campione di verifica, ma il loro ruolo diventa essenziale nel momento
in cui il servizio deve essere implementato (mi riferisco agli operatori)
e quindi erogato. Il momento finale, in particolare, vede l’assoluto
protagonismo dell’utente e dello staff -se presente-, uniti nel dare vita
all’esperienza del servizio.
PROGETTO
analisi
ideazione
sviluppo
implementazione
La fase di analisi è finalizzata alla
definizione degli obiettivi e della
strategia su cui costruire il concept.
La fase di ideazione è un momento
orientato alla generazione e selezione
di idee di servizio per giungere alla
definizione e valutazione del concept che
verrà poi sviluppato.
La fase di sviluppo è finalizzata alla
progettazione dettagliata del servizio
fino alla definizione delle specifiche
necessarie alla sua implementazione.
erogazione
La fase di implementazione ha l’obiettivo
di condurre alla costruzione del
servizio, la soluzione deve essere quindi
specificata al punto da poter diventare
operativa.
La fase di erogazione è il momento in cui
il servizio viene reso attivo e utilizzabile
da parte degli utenti.
L’analisi prevede un momento iniziale di
analisi della situazione in cui vengono
esaminati gli attori che possono essere
coinvolti e influenzare l’azione di
servizio esistente o futura, i punti di
forza o di debolezza dell’organizzazione
e le opportunità e minacce esterne, i
competitori o i casi similari, i fattori
politici, economici, sociali e tecnologici
che caratterizzano l’ambiente esterno,
i servizi esistenti e il comportamento
degli utenti. Segue una fase di interpretazione strategica di questi dati con
l’identificazione delle problematiche e
delle aree di opportunità per lo sviluppo
di nuovi servizi o il miglioramento di
quelli esistenti e con l’identificazione
degli attributi di design su cui intervenire.
Le azioni che caratterizzano questa
fase riguardano quindi la generazione
di idee di servizio, la valutazione delle
idee emerse, la descrizione dell’idea più
promettente sotto-forma di concept e
infine la valutazione della sua fattibilità
e della sua sostenibilità.
Il concept sviluppato dovrebbe definire
l’offerta potenziale del servizio, le
persone a cui si rivolge, il sistema che lo
supporta, il valore aggiunto generabile
sia per i promotori che per i beneficiari
e il sistema di attori coinvolti. Tutto
ciò deve essere poi comunicato ai
promotori per ottenere l’autorizzazione a
proseguire con lo sviluppo del progetto.
Lo sviluppo è la fase che comporta la
ripartizione dei processi di servizio
in unità progettuali più piccole e
maneggevoli, che possano essere
dettagliate nel modo adeguato e su cui
sia possibile effettuare i relativi test.
Dalla progettazione della performance
nel suo complesso si passa così alla
definizione delle singole azioni del
servizio, dalla visione dell’offerta
globale si passa all’articolazione
delle funzionalità, dalla descrizione
dell’interazione si passa al progetto delle
singole evidenze del servizio.
Vengono inzialmente previste una
serie di alternative di design per poi
selezionare la soluzione più efficace.
Il primo passo per procedere con la fase
di implementazione è quello di stendere
una service specification aggiornata da
utilizzare come traccia per capire cosa
deve essere fatto ed in che modo.
In genere questa fase si compone
di momenti di costruzione delle
componenti del servizio e di momenti in
cui queste componenti vengono testate,
coinvolgendo quindi le figure dei tecnici
e del gruppo di verifica.
Nel caso il servizio preveda la presenza
di personale, è questo il momento in
cui provvedere alla sua formazione,
soprattutto se si tratta di personale a
contatto con l’utente.
p.27,49, 51, 53, 98-105, 110-117
L’erogazione è il momento del consumo,
che nel caso del servizio possiamo
definire come momento dell’esperienza.
Tutto il sistema deve funzionare al fine di
rendere disponibile all’utente il sistema
di prestazioni progettato.
Fondamentale in questa fase è l’aspetto
comunicativo, che investe sia i canali
tipici della promozione sia quelli specifici
dell’interfaccia del servizio, diventando
il principale supporto all’interazione
stessa.
L’erogazione non deve essere vista come
la fase conclusiva del processo di design,
poiché il servizio deve essere sempre e
costantemente monitorato e migliorato,
essendo una realtà complessa inserita in
un contesto in continua evoluzione.
72
Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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COSA COMUNICARE
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il mondo a cui appartiene
il servizio progettato
sistema
i soggetti che partecipano
all’erogazione, con i loro
ruoli e le loro risorse
comprensione
quantitativa e
qualitativa di
ogni fattore
elementi che
incidono in modo
significativo sul
progetto
relazioni, attività
e motivazioni di
ogni attore del
sistema
il mondo di
riferimento in
cui si colloca il
servizio
descrizione in un
piano economico
delle voci di
uscita ed entrata
Ogni situazione richiede l’identificazione
di una serie di contenuti da trasmettere,
contenuti che possono essere relativi al
contesto del servizio, al sistema di attori,
all’offerta proposta, alle modalità di
interazione e alla fattibilità economica.
Tutti questi aspetti compongono il servizio nella sua totalità e, se
osservati tutti insieme, creano un alto livello di complessità, ma non
sarà mai o quasi mai necessario raggiungere una visione così ampia nel
dialogo con i nostri interlocutori.
Non si tratta solamente di stabilire quali
saranno gli oggetti da trasmettere, ma
anche il livello di dettaglio con cui essi
vengono comunicati.
Questo è un altro fattore fondamentale e sicuramente rappresenta
una variabile legata allo specifico interlocutore e alla specifica fase
considerata. A tal proposito, è importante distinguere, come ci ha
ricordato Toke Barter, tra i contenuti di una comunicazione strategica,
come quella che si può avere con i committenti, e quelli invece di una
comunicazione operativa, come quella che si instaura con tecnici e
operatori: nel primo caso non sarà necessario raggiungere il livello di
dettaglio nella descrizione dei vari elementi che è invece indispensabile
in una conversazione del secondo tipo.
Ho quindi provato ad identificare una serie di livelli di dettaglio
che i vari contenuti possono assumere, per poter poi formulare un
ragionamento più concreto sugli oggetti che devono essere trasmessi
e su come gli strumenti supportino queste esigenze. Questi livelli di
dettaglio, procedendo in modo graduale, passano da un punto nullo,
che corrisponde alla non-comunicazione di un oggetto, ad un livello
generico e quindi ad uno specifico e infine ad uno ultra-dettagliato.
Sono state quindi definite sulla mappa qui a lato le caratteristiche
associate a ciascun livello di dettaglio per ogni singolo contenuto.
Volendo introdurre già ora alcune riflessioni riguardo a come la
scelta dei contenuti e del loro livello di profondità varia rispetto agli
interlocutori e alle fasi del processo, possiamo rapidamente accennare
alcuni esempi.
Se pensiamo alla comunicazione nelle fasi iniziali con il campione di
verifica, mantenere un livello generico su tutti i fronti è indispensabile
per non deviare o indirizzare il percorso creativo e collaborativo di
questi soggetti.
I committenti rappresentano in genere l’unico interlocutore che
necessita di essere informato riguardo a tutti i temi, in modo specifico
ma senza entrare in dettagli che non interessano chi non partecipa alla
costruzione vera e propria del servizio.
l caso opposto è quello della comunicazione ai tecnici, prendiamo
come esempio il dialogo con lo sviluppatore di un soware nel
momento appunto di sviluppo del concept: la comunicazione dovrà
scendere nei minimi dettagli, ma riguardare solo i temi di interazione
e di offerta, che sono quelli indispensabili al tecnico per portare a
termine il proprio compito.
Rivolgendo infine la nostra attenzione agli operatori, notiamo la
necessità di comunicare l’offerta e l’interazione in modo specifico,
73
contesto
I CONTENUTI
Il servizio, per sua natura, è un sistema complesso. Ciò comporta
che nel momento in cui si presenta la necessità di comunicarlo, in
base ai diversi momenti e ai diversi interlocutori, il designer non deve
raccontare tutto, ma piuttosto selezionare dei contenuti che diventano
oggetto della comunicazione.
notes 0
valutazione
dell’aspetto
economico di
alcune scelte
indicazioni sulla
sostenibilità o
non sostenibilità
per l’impresa
descrizione degli
attori e delle
relazioni esistenti
tra di loro
identificazione
dei principali
attori coinvolti
nel sistema
fattibilità
le caratteristiche
del servizio in
termini economici
individuazione
della tipologia
d’interazione e
dei touchpoints
descrizione
dell’interazione
con gli elementi
dell’interfaccia
dettaglio di ogni
singola azione o
meccanismo di
interazione
interazione
modalità con cui l’utente
interagisce con il servizio
supportate da informazioni più generiche sul sistema, in modo da
fornire all’operatore tutte le informazioni di cui ha bisogno per poter
erogare il servizio.
Ultimo esempio, il caso degli utenti finali. Loro non necessitano di
sviluppare conoscenze ultra dettagliate e soprattutto non necessitano
di essere informati su tutto ciò che avviene alle loro spalle, a livello
di sistema e di contesto. Per questo gruppo di interlocutori è invece
fondamentale che la comunicazione rivolga attenzione agli aspetti
relativi all’offerta e all’interazione in modo da rendere il servizio
accessibile ed usabile.
macro-categorie
in cui si colloca
l’ offerta del
servizio
elencazione
o descrizione
delle prestazioni
offerte
unità di attività
che compongono
ogni singola
offerta prevista
offerta
l’insieme di beni espliciti
e impliciti di cui l’utente
può usufruire
74
Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
PERCHÉ COMUNICARE
GLI EFFETTI DESIDERATI
La comunicazione ha una grossa potenzialità -e quindi anche
responsabilità-, che è quella di essere in grado di produrre delle
reazioni nei soggetti destinatari.
In questo senso, la comunicazione e i suoi effetti diventano un tema
fondamentale: ribaltando il punto di vista, le reazioni dell’interlocutore
non sono semplicemente i risultati di un’azione comunicativa, ma
diventano le finalità da raggiungere attraverso il progetto stesso della
comunicazione.
È quindi importante conoscere quali sono queste re-azioni e come
strutturare il progetto in funzione degli effetti desiderati.
Non possiamo non ricordare a questo proposito il contributo di
Donald A. Norman contenuto nel suo capolavoro Emotional Design.
Egli fa riferimento a tre diversi livelli di design, che riguardano il modo
in cui un soggetto si relaziona con un oggetto (nel suo caso si parlava
appunto di oggetti di design).
livello emotivo
Norman lo definiva viscarale- automatico, biologico e interculturale- ed è tutto
ciò che coinvolge gli stati d’animo e le loro mutazioni.
livello comportamentale
Detto anche energetico, è il livello operativo, quello in cui il soggetto si sente in
grado di prendere delle decisioni e quindi di agire.
livello riflessivo
Il piano cognitivo-logico, quello che porta alla creazione del modello mentale
che permette al soggetto di procedere all’azione
text 1
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illustrations 3
Le teiere illustrano altresì tre diversi aspetti del design:
viscerale, comportamentale e riflessivo. Il design viscerale
riguarda l’aspetto esterno. È qui che trionfa la teiera
Nanna - ne apprezzo molto la forma, specialmente quando
riflette le sfumature color ambra del tè, illuminata da
dietro dalla fiamma della candela che mantiene calda
la bevanda. Il design comportamentale ha a che fare
con il piacere e l’efficacia dell’uso. Qui risultano vincitori
sia la teiera inclinata sia la piccola palla di metallo.
Infine, il design riflessivo affronta la razionalizzazione e
l’intellettualizzazione di un prodotto. Posso raccontare
una storia che lo riguardi? Posso lusingare l’immagine che
ho di me stesso, il mio orgoglio? Mi piace mostrare alla
gente come funziona la teiera inclinata, spiegare in che
modo la sua posizione rifletta lo stato d’infusione del tè. E,
naturalmente, la “teiera per masochisti” è assolutamente
riflessiva. Non sembra particolarmente bella, e certo non
è utile, ma racconta una storia davvero stupenda! Al di
là del design, un oggetto possiede anche una componente
personale che nessun designer o produttore può fornire. 1
Proveremo di seguito a illustrare quali sono questi livelli sui
cui è possibile agire mediante la comunicazione e come risultano
significativi nell’ambito del progetto di servizi.
L’aspetto emotivo pone l’accento sul fatto che la comunicazione
agisce sullo stato d’animo dell’interlocutore. Ci sono delle situazioni in
cui la reazione emotiva è fondamentale e viceversa delle situazioni in
cui, pur non avendo un ruolo di primaria importanza, il livello emotivo
può supportare il raggiungimento dell’effetto finale. Una di queste è
rintracciabile nel momento della presentazione del concept: una cosa
è voler informare i committenti riguardo al lavoro eseguito, una cosa
ben diversa è volerli entusiasmare affinchè finanzino immediatamente
la soluzione proposta. In questo caso l’aspetto emotivo diventa
funzionale al raggiungimento di una specifica decisione. Un esempio
differente è quello relativo al momento in cui ha luogo l’esperienza
del servizio da parte dell’utente: se l’individuo non sviluppa una
sensazione emotivamente positiva durante l’interazione con il servizio,
crollano vertiginosamente le possibilità che torni ad usufruirne in
seguito e ne risulta compromessa proprio la percezione stessa dei
benefici procurati. Tradotto a livello pratico questo può voler dire, ad
esempio, assicurarsi che l’ambiente fornisca quelle condizioni di agio e
di comfort indispensabili perchè l’individuo abbia un’esperienza prima
di tutto piacevole. Controllare le reazioni a livello emotivo significa
infatti cercare di gestire tutti i fattori comunicativi che si ripercuotono
sullo stato d’animo del ricettore, condizionandone l’atteggiamento, la
disponibilità, l’attesa e la predisposizione nei confronti del messaggio.
Il livello comportamentale è quello dell’ipotesi, nel senso che è il
piano che riguarda il sentirsi in grado di prendere delle decisioni. Nel
caso dei servizi è un aspetto fondamentale perchè pone l’attenzione
1. D. A. Norman (2004)
2. G. Bettetini (2003)
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75
su tutti quegli elementi della comunicazione che abilitano il soggetto
all’azione e che dominano il mondo della co-produzione. Affinchè
lo scambio bi-direzionale avvenga è infatti indispensabile che gli
strumenti predisposti facciano sentire i soggetti coinvolti in grado
di esprimersi e di partecipare alla progettazione o costruzione del
servizio.
L’ultimo piano è quello riflessivo, o cognitivo. Se il livello comportamentale è quello dell’ipotesi, questo è sicuramente quello della
decisione, perchè grazie alle conoscenze formatesi nella mente del
soggetto, egli è in grado di agire e agisce avendo in mente un modello
ben definito di sè e del mondo che lo circonda. Immediatamente
pensiamo a tutte quelle situazioni in cui l’atto comunicativo si deve
tradurre in un’azione da parte dell’interlocutore, sia esso l’operatore
che deve erogare il servizio, l’utente che lo utilizza o il committente
che lo finanzia.
Definiti quali sono questi livelli, possiamo quindi comprendere
quanto è importante per il progettista riflettere sulle specifiche
finalità in ogni situazione di comunicazione, in modo da progettare
più consapevolmente gli strumenti. In ogni caso ricordiamo che
questi livelli sono sempre e comunque presenti e si rivelano sempre
nell’ordine con cui sono stati presentati. Avremo quindi prima una
reazione di tipo emotivo, poi una di tipo comportamentale e infine una
di tipo riflessivo. Nelle diverse situazioni può essere però identificato
un elemento, tra questi tre, particolarmente rilevante, che diventa una
sorta di hub che richiama gli altri livelli in sua funzione.
Questo elemento, che abbiamo definito come una sorta di
hub, influisce in modo molto significativo sulle modalità: come
vedremo poi c’è una stretta relazione tra gli effetti desiderati e i modi
d’espressione adottati, in particolare possiamo anticipare come il livello
emotivo sia legato all’aspetto iconico della comunicazione, quello
comportamentale all’elemento indicale e infine quello cognitivo alla
componente simbolica. Questi livelli non rimangono quindi concetti
astratti, ma diventano punti di riferimento presenti nella mente del
progettista e utili all’individuazione della strada da percorrere nella
scelta delle strategie comunicative.
Chi comunica è interessato a conseguire un certo fine e
quindi è interessato a controllare tutte le componenti dello
scambio. 2
Risulta interessante e in qualche modo innovativo questo approccio,
che propone di tenere in considerazione le reazioni causate dall’atto
comunicativo non solamente in relazione all’utente finale, ma anche
e soprattutto in relazione allo scambio di conoscenze che supporta
l’intera attività progettuale, coinvolgendo figure sempre diverse.
76
Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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77
COME COMUNICARE
LE MODALITÀ COMUNICATIVE
“Al progetto comunicativo dell’emittente si aggiunge sempre e
comunque la libertà del ricettore, che può scegliere personali percorsi
di senso, per errore interpretativo o per consapevolezza critica.
Nessun tipo di predeterminazione, nessun accorgimento retorico,
nessuna costruzione simbolica [...] può conseguire con sicurezza il fine
intenzionalmente previsto.” 1
Sulla base delle considerazioni effettuate,
il designer sceglie quali modalità
comunicative adottare.
Siamo giunti quindi alla riflessione finale, che inaugura la discussione sulle caratteristiche che gli strumenti comunicativi possono
avere, dando inizio alla formulazione di una serie di indicazioni per
utilizzare questi strumenti o progettarne di nuovi. A questo proposito
sono state effettuate due riflessioni distinte, la prima relativa al
ruolo che la comunicazione attribuisce al destinatario, che incide
sul livello di coinvolgimento dello stesso nel processo comunicativo.
La seconda osservazione riguarda invece i modi d’espressione,
individuando i diversi tipi di comprensione a cui sono finalizzati.
Il ruolo del destinatario
Iniziare questo percorso sulle modalità comunicative proprio
partendo dal ruolo che la comunicazione attribuisce all’interlocutore
vuole prima di tutto essere un chiaro segnale rispetto all’importanza
di questo fattore, che i progettisti tendono spesso a non considerare
così rilevante, soprattutto nelle tradizionali prassi di comunicazione
top down.
Nel caso del trasferimento di un valore ad un Destinatario da
un Destinante, la comunicazione si fa spesso asimmetrica,
perdendo la reciprocità del rapporto: questa è quella che
possiamo definire una comunicazione unilaterale -diversa
dalla comunicazione partecipativa- in cui si ha l’intervento
del solo soggetto Destinante. 2
1. G. Bettetini (2003)
2. F. Marsciani, A. Zinna (1991)
La comunicazione può infatti caratterizzarsi per uno scambio
chiuso e unilaterale, come quello descritto, oppure per uno scambio
aperto e bi-direzionale, che prevede la possibile inversione dei ruoli
di emittente e destinatario e che valorizza l’attività partecipativa del
destinatario stesso (anche qualora esso ricopra il ruolo di semplice
ricettore dell’informazione).
La comunicazione unilaterale vede il destinatario come soggetto
paziente, nel senso di soggetto che subisce passivamente, mentre
la comunicazione partecipativa vede il destinatario come soggetto
agente, nel senso di soggetto che compie a sua volta delle azioni.
Un esempio molto efficace in tal senso emerge pensando proprio
agli strumenti propri del co-design, che permettono questo scambio
comunicativo bi-direzionale, attribuendo ai soggetti interessati un
ruolo fortemente attivo. La co-produzione fonda proprio le sue basi
sulla possibilità di avere strumenti facilitatori dello scambio tra le parti
coinvolte.
Al di là delle pratiche di co-progettazione, può essere piuttosto
significativo riflettere su come, in alcune situazioni, si potrebbe
sfruttare meglio l’opportunità di una comunicazione che renda il
destinatario agente al fine di accrescerne il livello di coinvolgimento,
con effetti positivi rispetto alle finalità prefissate. Il coinvolgimento è
infatti in grado di aumentare la partecipazione emotiva, di accrescere
il livello di reazione comportamentale e di agevolare il raggiungimento
del livello riflessivo necessario per prendere decisioni.
Se pensiamo quindi a come questo tipo di comunicazione può
essere declinato al di fuori della co-produzione, emergono una serie
di possibilità interessanti da esplorare che applicano lo stesso principio
a delle situazioni normalmente caratterizzate da un totale passività
dell’interlocutore. Non è detto ad esempio che il committente debba
essere sempre soggetto paziente durante l’esposizione dell’idea di
servizio: si potrebbero prevedere delle modalità di presentazione che
attribuiscano al committente un ruolo agente proprio alla luce delle
finalità precedentemente evidenziate. Questo potrebbe aumentare
infatti l’impatto emotivo della presentazione e favorire la comprensione
e l’approvazione del progetto.
Lo stesso discorso è certamente valido anche per il tecnico,
immaginiamo infatti quanto può crescere il contributo di uno
specialista se il dialogo è supportato da strumenti che prevedono un
doppio ingresso per l’immissione dei messaggi e uno scambio di ruolo
tra emittente e ricevente.
Se poi pensiamo all’operatore, riconosciamo come un maggiore
coinvolgimento possa essere fondamentale nel momento in cui la
comunicazione ha lo scopo di fare apprendere dei comportamenti,
di formare gli individui. Cosa possiamo dire a questo proposito di
tutti gli opuscoli e i materiali informativi che passano nelle mani di
questi operatori? Sono davvero utili per spiegare loro come svolgere
un’attività?
Queste riflessioni suggeriscono un nuovo approccio al progetto
di strumenti comunicativi, che parte dalla messa in discussione dei
canali tradizionali attraverso cui avviene la comunicazione, volgendo
lo sguardo a tutti quegli strumenti che permettono uno scambio
trasversale e attivo tra i soggetti.
78
Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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79
I modi d’espressione
Arriviamo infine a parlare di modi d’espressione, considerando
questo un tema fondamentale per comprendere nel profondo come
avviene il processo di comunicazione.
In che modo gli strumenti comunicano?
Rispondere a questa domanda non è stata una facile impresa.
I primi ragionamenti, basati sull’esperienza e sull’intuizione, mi
portavano a riconoscere delle differenze evidenti tra la modalità con
cui comunica un testo e la modalità con cui comunica un’immagine
o ancora un diagramma, ma per arrivare a comprendere cosa si
nascondeva dietro a questa semplice osservazione e a rintracciare i
legami tra queste modalità e tutti gli elementi fino ad ora descritti è
stato necessario ricorrere ad un nuovo punto di vista, quello semiotico.
Sostanzialmente rispondere al mio interrogativo riguardo a come gli
strumenti comunicano, significa rispondere chiedersi come avviene il
processo di semiosi.
Distinguiamo quindi modi d’espressione
finalizzati all’istruzione, modi
d’espressione finalizzati alle decisioni
e modi d’espressione finalizzati alla
comprensione sintetica: strumenti per
far capire, strumenti per far fare e
strumenti per far vedere.
Per capire di cosa si tratta è però necessario fare un passo
indietro, perchè alle spalle div queste tre categorie si celano i concetti
rispettivamente di simbolo (l’istruzione, il far sapere o capire), di
indice (la decisione, il far fare) e di icona (la sintesi, il far vedere).
Partiamo quindi da questi tre elementi per definire le caratteristiche
singole di queste modalità espressive.
L’icona significa e comunica per somiglianza. Essa esprime
il suo significato in sé stessa, per come è formata e per
come appare, e attraverso questo può richiamare tutti gli
oggetti a sé somiglianti per la loro fenomenologia, cioè
oggetti con un qualsiasi carattere o un qualsiasi tratto
pertinente. (es: un dipinto, un diagramma, un suono,...)
L’ indice significa e comunica per orientamento, contiguità,
connessione. Esso stabilisce un rapporto fisico tra due
oggetti: significa solo se è presente e riscontrabile il rinvio
da significante a significato. Il dito indice puntato in alto
significa la luna, solo se io effettivamente posso riscontrare,
seguendo l’orientamento del dito, la presenza della luna. (es:
i sintomi, il termometro, le impronte,...)
3.
4.
M. Bonfantini (2000)
U. Eco (1967)
Il simbolo significa e comunica per convenzione,
esplicitamente fissata e riconosciuta e apparentemente
arbitraria. I simboli sono i segni linguistici, come le lingue
nazionali o i linguaggi matematici; essi non comunicano,
non si esprimono, non si fanno intendere né per somiglianza
né per connessione fisica con l’oggetto o la classe di oggetti
a cui rinviano, ma semplicemente per la presenza a priori
di un codice. 3
far vedere
L’iconicità, e quindi il
far vedere, fa riferimento
a tutte le forme di
comunicazione che mirano
ad una comprensione
sintetica, improntata sul
concetto di somiglianza, e
quindi sul mostrare.
Alla simbolicità, e quindi
al far capire, appartengono
i modi d’espressione
finalizzati all’istruzione, in
cui il soggetto attribuisce
un significato all’oggetto
sulla base della conoscenza
di un codice condiviso.
Ma che senso ha parlare di icona, indice e simbolo a proposito della
comunicazione del servizio? Cosa significa conoscere la differenza tra
ciò che comunica facendo vedere, ciò che comunica facendo fare e ciò
che comunica facendo capire?
Ripartiamo dalla definizione del termine comunicazione, che
prima abbiamo definito come una condivisione. Umberto Eco parla di
comunicazione come il mettere in comune beni simbolici:
Essi sono i segni, strutturati in messaggi, che non
valgono tanto di per sé, quanto perché rinviano ad altro,
generalmente assente dal luogo dello scambio, in virtù
di una relazione iscritta in una normativa più o meno
convenzionalizzata o istituzionalizzata. 4
L’indicalità, e quindi il
far fare, è propria di tutte
le forme di comunicazione
orientate alle decisioni,
il cui processo di semiosi
avviene attraverso la
relazione.
far capire
far fare
Questo ci porta a capire come per comunicare sia indispensabile
saper gestire, utilizzare, organizzare questi segni e per farlo sia quindi
necessario conoscerli e sapere come essi agiscono.
L’iconicità, e quindi il far vedere, è un elemento importante in
tutti quei casi in cui c’è una distanza cognitiva tale per cui è difficile
trovare un terreno comune su cui dialogare, per cui si predilige
il ricorso a delle forme di rappresentazione che in qualche modo
riescono ad interagire più facilmente con il destinatario ed il suo
bagaglio di conoscenze. Questo avviene soprattutto quando si utilizza
un’iconicità figurativa.
Viceversa le forme di iconicità più astratta possono risultare molto
utili quando si ha la necessità di esprimere in modo sintetico un
concetto altrimenti molto complesso, per cui, supportati da una serie
di elementi già noti, è possibile trasmettere in modo efficace e puntuale
l’informazione, semplificandola.
Tornando alla rappresentazione iconica figurativa, dobbiamo inoltre
considerare che essa, avendo la capacità di dialogare in modo
estremamente diretto con l’interlocutore e il suo immaginario, è un
elemento interessante quando si ha a che fare con il livello emotivo.
L’indicalità, e quindi nel nostro caso il far fare, si rivela ogni
qualvolta la comunicazione presuppone e delinea un collegamento
tra l’interlocutore e il sistema, l’oggetto o l’ambiente che lo circonda.
La relazione può essere esplicita, e in questo caso avremo una forte
indicalità, ovvero un segno che individua chiaramente la posizione
del soggetto rispetto all’oggetto e quindi stabilisce in modo chiaro
il suo comportamento, oppure implicita, e in questo caso avremo sì
la presenza di una relazione, ma secondaria rispetto al processo di
semiosi.
Può essere estremamente utile riflettere sull’aspetto indicale per
arrivare a definire delle chiare relazioni tra l’interlocutore e gli
strumenti di comunicazione; a maggior ragione questo è fondamentale
quando desideriamo che il soggetto diventi a sua volta agente
all’interno del processo comunicativo o quando desideriamo che egli
apprenda e assuma un comportamento.
L’aspetto indicale può contribuire in modo significativo quando il
soggetto deve costruirsi un modello mentale del servizio o del sistema
e di come lui si colloca al suo interno.
La simbolicità, presupponendo l’esistenza di una base comune
di saperi, di un codice noto ad entrambi, è un modo d’espressione che
dobbiamo gestire con estrema attenzione, perchè il rischio è quello di
dar vita ad una comunicazione assolutamente inaccessibile.
Tanto più i nostri interlocutori sono gruppi indefiniti e generici,
tanto più sarà necessario assicurarsi che la simbolicità utilizzata
sia effettivamente condivisa. Ciò non significa tuttavia che la
comunicazione debba perdere di specificità, ma semplicemente che
non bisogna mai trascurare la soglia cognitiva del nostro interlocutore
ed eventualmente prevedere degli accorgimenti comunicativi che
siano di supporto alla comprensione del messaggio.
Viceversa se consideriamo l’aspetto simbolico al servizio di una
comunicazione che già utilizza dei codici di riferimento condivisi,
noteremo come esso risulti estremamente efficace per conferire una
maggiore velocità di comunicazione ed assicurare l’inequivocabilità
distintiva delle informazioni trasmesse.
80 Definizione di un modello per il progetto della comunicazione nel design dei servizi
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LA COMUNICAZIONE
NEL DESIGN DEI SERVIZI
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FASI
MODALITÀ
INTERLOCUTORI
OGGETTI
EFFETTI
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81
LA COMUNICAZIONE NEL DESIGN DEI SERVIZI
implementazione
analisi
ideazione
erogazione
coinvolgimento
progetto
sviluppo
contesto
sistema
fattibilità
COMMITTENTI
offerta
contesto
interazione
sistema
coinvolgimento
DESIGNER
fattibilità
TECNICI
contesto
offerta
sistema
interazione
fattibilità
offerta
CAMPIONE DI VERIFICA
interazione
comunicazione diretta
comunicazione indiretta
contesto
coinvolgimento
sistema
OPERATORI
offerta
interazione
contesto
sistema
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UTENTI
offerta
coinvolgimento
DIS
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interazione
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INDEX
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04
COMUNICARE AGLI
OPERATORI
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COMUNICARE AGLI
UTENTI
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COMUNICARE AI
COMMITTENTI
01
COMUNICARE AL
CAMPIONE DI VERIFICA
GUIDA ALLA LETTURA
I FOCUS SUL MODELLO
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COMUNICARE AI
TECNICI
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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GUIDA ALLA LETTURA
I FOCUS SUL MODELLO
02
COMUNICARE AI
COMMITTENTI
Quello che la rappresentazione del modello così strutturato -con
evidenziati i cinque focus di cui ci occuperemo- comunica è la necessità
di interpretare l’intero processo come un processo di creazione di valore,
in cui ciascuno degli attori che interviene ricopre un ruolo specifico.
La comunicazione in tutto questo ha un compito fondamentale, perché
ciascun passaggio all’interno di questa catena risulta cruciale ai fini del
risultato conclusivo. Per cui per avere un servizio ben progettato e ben
comunicato all’utente, è indispensabile che esso sia stato in precedenze
ben comunicato all’operatore che si interfaccia con l’utente stesso, e
ancora prima al tecnico che si è occupato di costruirne le evidenze
fisiche e ancora prima al committente che ha predisposto le strutture
necessarie e ancora prima agli individui del campione di verifica che
hanno partecipato alle attività di ideazione e progettazione.
Ciò significa che le organizzazioni e i
progettisti non devono guardare solo
verso l’esterno, ma anche, a priori, verso
l’interno, per migliorare tutti quegli
aspetti comunicativi che concorrono
nella definizione del risultato finale.
I cinque casi emblematici. emersi dalla descrizione degli elementi
che intervengono nella comunicazione del servizio, ci sono d’aiuto
per scendere ad un ulteriore livello di dettaglio, concentrandoci sulle
situazioni più significative che si presentano al designer.
Attraverso questi cinque focus è quindi possibile analizzare gli
strumenti che il progettista ha a disposizione ed individuare una serie
di riflessioni e suggerimenti utili per il loro utilizzo e per il progetto di
nuovi modelli di comunicazione.
Molte considerazioni significative sono già state introdotte nel
capitolo precedente, essendo emerse strada facendo, mano a mano
che i diversi fattori venivano individuati e descritti. Nel passare
all’analisi approfondita di ciascuno di questi cinque focus, ho deciso
di partire proprio da quegli elementi. Ogni caso è quindi strutturato
secondo la stessa griglia, che riprende i punti individuati nel modello
complessivo.
Partendo da una definizione degli interlocutori e della situazione
di riferimento, si procede con una descrizione dei contenuti da
comunicare, individuando la posizione assunta da ciascuno strumento
disponibile rispetto a quei medesimi contenuti. Successivamente si
procede con la dichiarazione delle finalità coinvolte, che incidono nel
determinare il livello di coinvolgimento e le modalità comunicative
ottimali. Infine vengono collocati gli strumenti rispetto alle modalità
comunicative, andando a definire qual è la situazione attuale
per ognuno dei cinque focus, quali le lacune e quali le possibili
direzioni da percorrere per apportare dei miglioramenti alle strategie
comunicative.
Fondamentale è quest’ultimo passaggio, poiché collocando gli
strumenti all’interno della struttura modellata è possibile capire dove
e come essi agiscono, quali caratteristiche hanno e quali potrebbero
avere, quali sono i loro limiti e quali le loro potenzialità non sfruttate.
Emergeranno tanto i comportamenti corretti quanto quelli scorretti,
con le relative prospettive di miglioramento, ma soprattutto,
emergeranno i comportamenti che non esistono, ovvero le aree
inesplorate che necessitano di nuovi modelli comunicativi.
A conclusione di ogni percorso di analisi verranno infine mostrati
uno o più esempi estratti dalla realtà, degni di nota per l’appropriatezza
del progetto comunicativo, che aiutano a porre l’accento su alcuni
aspetti fondamentali del ragionamento svolto.
01
03
COMUNICARE AI
TECNICI
COMUNICARE
AL CAMPIONE
DI VERIFICA
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COMUNICARE
AGLI OPERATORI
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COMUNICARE
AGLI UTENTI
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Co-progettare significa coinvolgere un
gruppo di utenti e/o operatori nelle fasi
di analisi e ideazione del concept di
servizio.
Il ruolo dell’utente è cambiato moltissimo nel corso dell’evoluzione
del processo di design: dal momento in cui il progettista osservava gli
individui da lontano, concentrandosi su un punto di vista incentrato
attorno al design stesso, al momento in cui il designer ha iniziato a
porsi nei panni dell’utente per immaginare quali fossero le sue esigenze
e i suoi desideri, fino al momento in cui il progettista ha finalmente
creato un contatto con l’utente stesso. In questo modo il design ha
incluso l’utente all’interno del processo: la progettazione partecipativa
trasforma gli individui, tipicamente consumatori, in protagonisti del
progetto, coinvolgendoli in una serie di attività di co-design.
le attività di co-progettazione
Questo coinvolgimento nel processo è una pratica sempre più
diffusa in particolare nella progettazione di servizi, i quali nascono
proprio come strumento di supporto all’attività umana, collocandosi in
una sfera molto vicina all’individuo e alle sue abitudini. Aspetti questi
che risultano difficili da prevedere, non essendo facilmente misurabili
o quantificabili. Ci troviamo perciò di fronte ad una situazione in cui
non si hanno dati così certi su cui progettare, una situazione in cui, allo
stesso tempo, anche un minimo fattore non considerato può diventare
fatale, perchè si sta agendo proprio sul comportamento umano.
Il campione di verifica è formato da una serie di utenti, attuali o
potenziali, a seconda che il servizio esista o non esista ancora, che
vengono interpellati durante il processo di design per risolvere queste
criticità. Possono essere coinvolti anche individui selezionati tra il
personale che si occuperà dell’erogazione del servizio, se presente
infatti esso ha un ruolo di grandissima importanza perché partecipa
tanto quanto l’utente al momento di creazione dell’esperienza. Per
analisi/ideazione
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migliorare il più possibile il progetto di servizio è opportuno infatti non
tenere conto solamente delle esigenze di coloro che ne usufruiranno,
ma anche di quelle di coloro che lo dovranno rendere disponibile.
Le attività di co-design prevedono che i soggetti coinvolti siano posti
nella condizione di esprimersi rispetto al tema progettuale, svolgendo
delle specifiche attività stabilite dal team di designer. Affinché questo
accada è indispensabile che essi ricevano le informazioni necessarie e
gli strumenti adeguati.
Questi individui, non essendo in realtà progettisti, si troverebbero in
difficoltà se dovessero esprimere le proprie idee attraverso gli strumenti
generalmente utilizzati dai designer, non essendo familiari a quelle
tecniche e soprattutto non condividendone il linguaggio. È necessario
quindi un ripensamento di questi strumenti in modo da estendere il
loro livello di accessibilità cognitiva e renderli effettivamente dei mezzi
di comunicazione bi-direzionali.
Questa è la direzione in cui si sono evolute le esperienze di codesign: l’ideazione di nuovi strumenti che rendessero l’espressione
creativa e progettuale semplice e possibile anche per i non addetti ai
lavori. E questo ha costretto a rivedere le modalità di comunicazione
ed in particolare il linguaggio utilizzato; tutto ciò a testimonianza del
fatto che, all’interno del processo di design, un ripensamento degli
strumenti, in base alle caratteristiche degli attori coinvolti, è possibile.
In questo senso il co-design è una recente
esperienza rappresentativa di come
possano essere sviluppati e sperimentati
nuovi strumenti che rispondano a precise
esigenze di comunicazione e di scambio
tra gli attori.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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contesto
Co-progettazione: contenuti
La co-progettazione è quindi un tema molto interessante perchè
mette in evidenza la capacità sviluppata dai progettisti negli ultimi
anni di adattare strumenti e linguaggi per estenderli alle nuove figure
coinvolte. Consapevoli quindi, sulla base delle recenti esperienze, che
questo modo di ripensare gli strumenti è assolutamente possibile,
sarebbe interessante prevedere tale possibilità e flessibilità anche in
altre situazioni di comunicazione nel servizio.
Progettare gli strumenti di co-design non è certamente un facile
compito, poichè richiede una gestione molto attenta di tutti gli
elementi comunicativi per assicurare che il contributo dei soggetti
partecipanti non risulti in qualche modo falsato o incompleto. Così
come è importante progettare i momenti di osservazione e i momenti
di test sull’utente allo scopo di evitare eccessivi condizionamenti,
allo stesso modo è fondamentale progettare i momenti di co-design.
Ciò che si vuole evitare è proprio la raccolta di informazioni e di
risultati condizionati o parziali. Nella peggiore delle ipotesi questo
condurrebbe alla costruzione del servizio su basi sbagliate, ma in ogni
caso ciò vorrebbe dire non aver sfruttato nel modo migliore le grandi
potenzialità fornite dalla progettazione partecipativa.
Nel definire quali strumenti utilizzare e con quali caratteristiche
è necessario partire dal soggetto coinvolto. In primo luogo questo
soggetto non è un progettista, la sfida è quindi quella di mettere a sua
disposizione degli strumenti che lo abilitino alla pratica progettuale e
allo scambio di idee con altri soggetti.
Consumer do not know and cannot express thir needs or
dreams, consumer cannot imagine or envision how their
future could be different from the present, consumer cannot
come up with ideas for new products or service to improve
their lives, consumer cannot even recognize good ideas
that are put in front of them in the forms of concepts and
prototypes. 1
Trovandoci in un momento iniziale del processo, è importante che
la comunicazione con i co-progettisti includa tutti gli aspetti possibili,
da elementi sul contesto ad elementi su sistema, offerta ed interazione,
in modo da abbracciare tutto ciò che ruota attorno al servizio da
progettare. Allo stesso tempo questi oggetti saranno trattati in termini
generici proprio perchè ci troviamo in un momento iniziale ed è
sempre indispensabile bilanciare la modalità e il livello di definizione
del racconto con lo stato di avanzamento del concept a cui si è giunti.
Un dislivello appunto tra la definzione della rappresentazione, ad
esempio, e la definizione dell’idea, è problematico perchè significa
includere nella comunicazione una serie di aspetti che in realtà non
sono ancora stati definiti.
sistema
Nel caso del co-design, un eccessivo livello di dettaglio diventa
ancora più pericoloso, perchè oltre a fornire informazioni in più, non
certe, offre agli individui coinvolti degli spunti progettuali troppo
specifici e troppo orientati. Il rischio è proprio quello di inidirizzare
inconsapevolmente i co-designer verso determinate prefigurazioni
e determinate soluzioni, deviando in un certo senso il loro percorso
creativo. Questo può annullare quasi completamente il valore della
esperienza di co-progettazione.
Per favorire la creatività e la
partecipazione delle persone è
importante lasciare spazio ai loro
sogni, stati d’animo e ricordi, alla
libera associazione di idee e alla loro
espressione.
Proviamo quindi a spiegare con un esempio ciò che è finora emerso
per capire come questa esigenza di non-specificità investa anche
successivamente la scelta delle modalità comunicative. Possiamo
immaginare di avere una serie di issue cards che illustrano diverse
tipologie di attività; gli individui utilizzano queste carte tematiche in
discussioni tese ad immaginare delle soluzioni di servizio. Mantenere
un livello generico di racconto significa che le cards non avranno ad
esempio delle immagini contestualizzate, perchè i dettagli che una
fotografia è in grado di fornire potrebbero suggerire già determinate
soluzioni. Si prediligeranno delle modalità di rappresentazione delle
attività che lasciano più spazio all’immaginazione e che non distolgono
l’attenzione sovraccaricando il racconto di messaggi, in questo senso
un illustrazione molto sintetica può essere un buon metodo per
suggerire un concetto senza esplicitarlo in tutto e per tutto. Questo non
è un concetto che riguarda solamente l’aspetto visivo di uno strumento,
ma anche ad esempio la componente verbale. Se le cards presentano
un testo descrittivo dell’attività, non si tratterà di una descrizione
dettagliata ma di semplici parole chiave o brevi frasi che introducono
il concetto.
context panorama storyboard affinity diagram design direction
fattibilità
touchpoints
rough prototyping
offerta
interazione
=
storytelling
1.
E. Sanders, C. William (2001)
metaphor
role play
issue cards
group sketching
mind map
89
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
People can’t always tell you in words
about their unmet needs. If they could,
they would probably no longer be unmet.
e new tools are an emerging visual
language that people can use to express
feelings and ideas that are oen so
difficult to express in words.2
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Co-progettazione: effetti
e audience itself must understand the power it has to
shape, develop, and share in our society’s creation. 3
Nel momento in cui ci si pone il problema della progettazione
di strumenti per il co-design, la finalità principale del designer è
quella di predisporre una situazione in cui il soggetto sia capace di
agire, sviluppando un comportamento che lo guidi nel processo
di interpretazione e generazione di idee. Ciò avviene attraverso gli
strumenti comunicativi predisposti.
All’individuo viene quindi prima di ogni altra cosa chiesto di
compiere delle azioni, ciò significa che il punto principale su cui si
agisce, la reazione primaria, è quella a livello comportamentale. Il
soggetto deve poter esprimere le proprie idee, discuterle con gli altri
partecipanti, rielaborarle, proporne di nuove, rappresentarle, metterle
in scena,... e così via. Ciò a sottolineare ancora una volta come sia
indispensabile la creazione di strumenti ad hoc per questo genere
di situazioni e come sia importante che essi abbiano una modalità
d’espressione basata sull’indicalità, e quindi sul far fare.
Come vedremo meglio nel paragrafo successivo, per raggiungere
questo effetto sarà proprio necessario agire su modalità che presentano
un alto livello di coinvolgimento dell’interlocutore, mediante strumenti
e tecniche che prevedano sempre la possibilità di una comunicazione
bi-direzionale (lo scambio è essenziale) e che stimolino l’azione da
parte delle persone, strumenti che attraverso i comportamenti attivano
processi di elaborazione di idee e concetti.
Per comprendere come questo sia possibile non possiamo non
considerare, accanto al livello comportamentale, l’aspetto emotivo e la
necessità quindi che l’individuo si senta affine agli strumenti proposti,
che essi siano vicini al suo modo di esprimersi e assolutamente
accessibili da un punto di vista cognitivo. Tutto questo per evitare
situazioni di disagio e indaguatezza, in cui la persona non si senta
capace di partecipare al tipo di attività proposta. Al di là della capacità
di interazione con gli strumenti, il livello emotivo è influenzato
2.
3.
4.
S. Parker, J. Heapy (2006)
E. Schlossberg (1998)
R. Root Bernstein (1999)
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91
dall’ambiente e dalle persone che lo popolano: indispensabile è che sia
garantita una situazione di agio e di comfort, condizione necessaria
affinchè il soggetto sia incentivato alla partecipazione attiva all’interno
delle sessioni di lavoro.
Nel progettare gli strumenti necessari risulta fondamentale la
riflessione sul linguaggio adottato, che dovrà privarsi di tutti i termini
specialistici propri dei tradizionali processi progettuali, aperti solo a
professionisti e tecnici.
Creative thinking in all fields occurs preverbally, before logic
or linguistics comes into play, manifesting itslef through
emotions, intuitions, images and bodily feelings. e
resulting ideas can be traslated into one or more formal
systems of communication such as words, equations, pictures
or music or dance only aer they are sufficiently developed
in thei prelogical forms. 4
Non dimentichiamo infine l’ultimo effetto, quello riflessivo, che
vede tradurre tutte queste azioni in una serie di ragionamenti che
aprono all’individuo nuove prospettive e una nuova consapevolezza
rispetto al tema in questione.
Questo aspetto non è forse così significativo nel momento della
co-progettazione fine a sè stessa, in quanto in questo caso si tratta di
arrivare a catturare degli atteggiamenti, dei pensieri, dei ragionamenti
utili al progetto, che poi vengono gradualmente elaborati, sviluppati e
forse anche sperimentati all’interno del gruppo di progetto. Pensiamo
però all’utilità e all’efficacia che può avere un coinvolgimento di questo
tipo quando l’obiettivo non è più semplicemente quello di attivare
dei comportamenti momentanei, ma di condurre alla comprensione
approfondita del servizio o di un suot aspetto. Appare quindi utile
evidenziare il riscontro che una comunicazione di questo tipo ha a
livello riflessivo, di comprensione cognitiva e logica, perchè potrebbe
essere utile in altre situazioni ipotizzare di agire su questo canale, poco
esplorato nella comunicazione, per arrivare ad avere significative reazioni riflessive.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Co-progettazione: modalità
Definita come finalità primaria quella comportamentale, risulta
evidente la necessità che gli strumenti di comunicazione creino un
alto livello di coinvolgimento dell’interlocutore, strumenti che attivino
uno specifico comportamento e che permettano uno scambio bidirezionale, indispensabile per dar vita al dialogo tra i componenti del
gruppo e tra il gruppo e i designer.
In questo senso sono necessari degli
strumenti che realmente facciano fare,
strumenti che abilitino le persone ad un
processo creativo fornendo loro stimoli
prevalentemente visivi e indefiniti su cui
lavorare.
È molto importante che il livello di questi stimoli visivi si conservi ad
uno stato generico, proprio come abbiamo in precedenza sottolienato,
per poter meglio attivare i ricordi e l’immaginazione di soggetti diversi
senza indirizzarli verso una precisa soluzione. La natura visiva inoltre
libera la creatività delle persone, riuscendo a vincere i limiti legati
all’espressività verbale del singolo, è quindi un elemento indispensabile
per aprire il più possibile questi momenti di condivisione di idee tra
figure estranee alle pratiche di progettazione.
La modalità d’espressione più coinvolta è quindi quella finalizzata
alla comprensione indicale, ovvero al far fare, e proprio in quest’area
troviamo la maggior parte degli strumenti utilizzati per co-progettare.
La loro prerogativa è quella di essere attivatori di un’azione e di un
processo creativo, suggerendo all’interlocutore come e dove intervenire
e incentivando il comportamento richiesto.
Progettare questi strumenti significa
progettare un nuovo linguaggio per
la creatività e il design, concepito
come piattaforma per il dialogo e la
condivisione.
la generazione di idee. Strumenti dominati da un alto grado di
non-definizione, per essere aperti alla libera interpretazione e alla
rielaborazione.
Tutto ciò si traduce in strumenti come l’affinity diagram o le issue
cards, che forniscono la possibilità di manipolare una serie di oggetti
per incentivare il ragionamento, trasformando i concetti e le idee in
elementi tangibili e continuamente organizzabili e riorganizzabili
a supporto del dialogo. Ci sono poi strumenti che prevedono un
coinvolgimento ancora più alto, come il role play, che chiede alle
persone di mettere in scena delle situazioni, il group sketching e la
mind map, in cui le idee vengono condivise mediante la creazione
simultanea di semplici disegni e schemi, oppure ancora il rough
prototyping, che chiede ai partecipanti di assemblare rapidamente con
gli oggetti che si hanno a disposizione degli “oggetti” che rappresentino
le idea.
Ci sono infine strumenti che fanno già abitualmente parte del
processo creativo e che possono essere utilizzati anche in queste
sessioni di lavoro congiunto. Si tratta ad esempio dello storytelling
Questi sono tutti strumenti che agiscono proprio facendo fare
qualcosa all’interlocutore; in molti casi l’idea sottesa, che sta alla base
della loro costruzione, è però quella di trasformare idee, concetti e
processi in elementi che siano il più possibile visualizzabili e quindi
condivisibili e successivamente manovrabili. Proprio per questo,
risulta molto importante anche la componente legate al far vedere,
indispensabile per trasformare i concetti astratti in oggetti tangibili.
Sempre nel mondo della comprensione sintetica, troviamo inoltre
tutti quegli strumenti utilizzati per stimolare l’immaginazione e
In questo senso agiscono varie tecniche di rappresentazione,
principalmente relative al contesto, come le tavole di context
panorama e di design direction e al tentativo di stimolare la creatività,
come le metafore visive.
e dello storyboard, modelli efficaci sia per comunicare alcuni temi
su cui lavorare sia come mezzi espressivi per illustrare le ipotesi di
soluzione e le idee generate. Lo stesso vale per i touchpioints, che
aiutano a mostrare le proprie ipotesi, visualizzando gli elementi
tangibili del servizio.
Evidenziamo infine come, affinchè tutto ciò sia possibile, non è
necessario solamente uno sforzo nella progettazione della componente
visiva degli strumenti. L’intera comunicazione, quindi anche le sue
forme verbali e testuali, dovranno essere ripensate in funzione di un
linguaggio condiviso da tutti i soggetti partecipanti.
far capire
far vedere
=
storytelling
metaphor
context panorama
storyboard
affinity diagram
touchpoints
design direction
mind map
issue cards
far fare
rough prototyping
role play
group sketching
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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DIS, DIPARTIMENTO DI INNOVAZIONE
SOCIALE, POLITECNICO DI MILANO
CO-HOUSING ALLA BOVISA
4
1
casi l’esperienza è più utile di qualsiasi discorso teorico).
I designer hanno quindi dovuto assumere il ruolo di comunicatori
per capire come progettare questo strumento in modo che fosse
funzionale allo scopo. Voglio ora ripercorrere rapidamente come
queste cards sono state utilizzate, per mostrare meglio le potenzialità
delle carte tematiche come strumento di supporto e facilitazione del
dialogo.
2
In un primo momento i co-houser, divisi in tre differenti gruppi,
hanno scelto le attività che ritenevano opportuno prevedere all’interno
della casa, scegliendo tra tutte le carte ad essi proposte. Queste attività
sono state così ri-organizzate, sulla base dei risultati di questa fase, in
una graduatoria di importanza, distinguendo quelle che sicuramente
ci sarebbero dovute essere da una serie di attività di riserva, a cui si
sommano delle attività non presenti nelle cards ma proposte dai cohouser sulla base delle loro aspettative ed esigenze.
Il momento successivo è rappresentato nuovamente da una
discussione divisa per gruppi, finalizzata alla collocazione delle
arrività all’interno dello spazio architettonico della casa. Questa è
sicuramente l’occasione più interessante di utilizzo delle carte, che
venivano posizionate e spostate dai co-progettisti sopra la pianta della
casa, diventando un modo per stimolare e visualizzare il dialogo.
3
Proprio pochi mesi fa il progetto, di co-housing in Bovisa è divenuto
realtà. Per i co-houser questo è l’inizio della esperienza co-abitativa
vera e propria, ma è sicuramente anche un traguardo raggiunto dopo
anni di lavoro, da parte loro e da parte dei progettisti del DIS che
hanno seguito e guidato questo percorso.
Roberta Conditi, dottorata in questo giugno 2008, mi ha raccontato
come lei e il gruppo di designer coinvolti abbiano organizzato un
lungo percorso di attività di co-progettazione per coinvolgere i futuri
residenti nella costruzione del luogo, e insieme a loro anche gli altri
attori del sistema, tra cui gli architetti e i rappresentanti della pubblica
amministrazione. Coinvolgere i co-houser significava farli conoscere,
renderli i primi decisori rispetto alla loro futura casa e accompagnarli
in un avvicinamento graduale all’esperienza di co-abitazione.
1.
Le activity card presentate ai co-houser
Per rendere questa co-progettazione possibile, i designer hanno
proposto diversi strumenti per la facilitazione del dialogo, strumenti
differenti a seconda dei temi affrontati nelle diverse sessioni di lavoro
congiunto.
L’aspetto significativo, che ha fatto soffermare qui la mia attenzione
tra tutti gli strumenti coinvolti in questo specifico caso di coprogettazione, è l’evidente necessità di progettare questi artefatti -le
carte- in funzione del loro utilizzo.
Qui vediamo un esempio, quello delle issue cards, o più nello
specifico activity cards, che sono state costruite ad hoc per il
momento di discussione relativo alla scelta delle attività da includere
nel co-housing e alla collocazione delle attività all’interno dello
spazio architettonico. Perchè il ricorso all’utilizzo di queste carte
tematiche? Esse supportano la discussione visualizzando i concetti
in gioco e soprattutto possono essere prese, spostate e maneggiate sul
tavolo di progetto (che in questo caso è proprio la pianta della casa)
accompagnando visivamente e fisicamente il ragionamento.
Costruire questi strumenti di dialogo comporta l’esecuzione
di precise scelte progettuali da un punto di vista comunicativo,
ad esempio l’illustrazione in parte fotografica e in parte illustrata
risponde al desiderio di non fornire uno stimolo visivo troppo forte
e restrittivo. Questa è stata una scelta che si è rivelata molto efficace,
viceversa i progettisti si sono resi conto della quasi totale inutilità del
testo descrittivo, troppo lungo in riferimento ai concetti elementari
presentati nelle cards. Probabilmente, in un progetto futuro, essi
avrebbero scelto di utilizzare delle semplici parole chiave (in questi
La collocazione delle attività nella casa si è rivelato un momento
fondamentale per i soggetti coinvolti, le carte sono state molto utili per
abilitarli a questa sorta di progettazione degli spazio e hanno dato vita a
delle discussioni anche molto animate . (Roberta ricordava sorridendo
grandi litigate per il posizionamento della lavatrice a gettoni).
Infine, sempre grazie alle carte e alle piante architettoniche
utilizzate, ciscun gruppo ha presentato l’esito della propria discussione
agli altri co-houser, dando vita ad un momento successivo di riflessione
sui risultati raggiunti.
Sulla base di queste decisioni e proposte, sono quindi stati
interpellati gli architetti che hanno fornito i loro suggerimenti e aiutato
i co-houser ad approdare ad una definizione precisa degli spazi. Da
quel momento sono iniziate una serie di attività successive, tra cui
anche dei giochi di ruolo, per aiutare i co-houser ad immaginare che
tipo di esperienze avrebbero avuto luogo in quegli stessi spazi, sulla
base delle decisioni prese.
2-3. Momenti di discussione sul posizionamento delle attività negli spazi della casa
4. Gli strumenti in gioco: le activity card e gli oggetti necessari per appuntarsi note, osservazioni e suggerimenti da discutere
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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ENGINE, LONDON
GREEN TAXIS
Il caso qui presentato è tratto dal lavoro dello studio inglese
Engine, che fa della co-progettazione e del coinvolgimento degli attori
del sistama il suo punto di forza nello sviluppo di ogni progetto di
servizio.
Il loro punto di partenza è proprio rappresentato dal contatto
con i soggetti esterni, riconoscendone le specifiche caratteristiche ed
esigenze e traducendole con grande flessibilità in strumenti e metodi
adatti al dialogo con essi.
Introduco brevemente il contesto di progettazione: Green Taxis
è una piccola compagnia sitata a Cardiff che ha pensato di dar
vita al primo servizio di eco-taxi nella città utilizzando dei veicoli
alimentati in parte dal petrolio e in parte dall’elettricità. Il target di
questo servizio è stato identificato in una serie di aziende presenti sul
territorio e interessate a mostrare il loro senso di responsabilità sociale
attraverso l’utilizzo di servizi eco-compatibili e attenti alla salvaguardia
dell’ambiente. La compagnia non aveva però nessuna certezza riguardo
all’esistenza di questa richiesta e allo stesso tempo aveva non poteva
intraprendere l’impresa senza la sicurezza di una risposta effettiva
all’elevato investimento economico necessatio.
I punti di debolezza evidenti fin dalla prima ideazione del servizio
risidevano nella necessità di “prenotare” i passeggeri, per rispondere
all’enorme costo della licenza obbligatoria per eseguire il servizio
presso stazioni e aeroporti. Inoltre Green Taxi è l’unica compagnia di
taxi sostenibili a Cardiff, e questo può essere un vantaggio ma anche
un rischio, perchè non esisteva alcuna dimostrazione dell’esistenza di
una richieste reale di questo tipo di servizio. Il primo problema da
risolvere è proprio questo relativo all’esigenza di “prenotare” in un
certo senso dei clienti per poter mettere in piedi il servizio e far fronte
all’enorme costo da sostenere, per l’acquisto delle licenze oltre che delle
automobili necessarie.
L’approccio adottato da Engine, in collaborazione con la stessa
organizzazione, è diventato un modello per una serie di progetti simili
intrapresi in tutta Europa, basati sull’offerta di uno stile di vita più che
di una risposta ad una reale e tangibile richiesta. Progetti che hanno
fatto della co-produzione il loro punto di forza.
Il primo momento di co-progettazione ha visto operare insieme
designer e committenti nel tentativo di individuare i segmenti di
mercato a cui rivolgersi e sviluppare una serie di proposte di offerta del
servizio. Gli strumenti coinvolti sono nuovamente le carte tematiche
e i post-it utilizzati per la costruzione di raggruppamenti di idee e
soluzioni. Il risultato è stato l’individuzione di diverse tipologie di
1-2.
La compilazione delle card viene utilizzata per ipotizzare una serie di possibili utenti del servizio e ragionare sulle relative prestazioni offerte
1
2
offerta: alcune organizzazioni avrebbero richiesto un taxi personale
da utilizzare nel momento del bisogno, altre avrebbero desiderato
avere un taxi sempre a disposizione al di fuori della propria sede, altre
ancora avrebbero prenotato dei taxi in modo stabile per tutto il gruppo
di agenti coinvolti nelle relazioni esterne. Proponendo in seguito
queste offerte, è stato possibile rintracciare dei clienti e assicurarsi il
finanziamento necessario per l’acquisto di nuovi veicoli.
L’aspetto più significativo è però rappresentato dal momento di
coinvolgimento di questi clienti, che è avvenuto attravero un sito web,
progettato per essere uno strumento di scambio d’informazioni e di
dialogo fin dal momento dell’ideazione del servizio. Il sito ha avuto
quindi una duplice funzione, da un lato quella di fornire indicazioni
per il perfezionamento del progetto provenienti direttamente dai
destinatari, e dall’altro lato quello di creare una comunità di persone
interessate al servizio e pronte ad utilizzarlo nel momento in cui sarebbe
divenuto realtà, assicurando quindi l’esistenza di una richiesta.
Questo strumento sposta il focus dal concetto di co-progettazione
a quello di co-produzione del servizio: più che progettisti questi clienti
sono coinvolti come produttori di valore, ponendoli sullo stesso piano
degli stessi erogatori. Il coinvolgimento viene utilizzato in parte per
dare risposte a problemi progettuali concreti e in parte per creare
questo senso di appartenenza ad un gruppo e questa vicinanza tra
utenti e promotori del servizio.
Co-progettare non significa solamente radunare un gruppo di
persone attorno ad un tavolo e abiliarle al dialogo, ma anche fornire
strumenti di comunicazione bi-direzionale, come un sito web, che
permettano agli utenti di esprimere spontaneamente il loro punto di
vista e di contribuire così facendo al progetto stesso.
Inoltre, il contatto diretto così stabilito con alcuni di questi
potenziali clienti ha contribuito a scoprire quali erano le barriere che
ostacolavano viceversa l’utilizzo del taxi non da parte delle aziende ma
da parte dei privati. Anche in questo caso sono stati così rilevati dati
molto utili e precisi, ad esempio che gli individui, qualora avessero
preferito un Green Taxi ad un taxi normale, non avrebbero comunque
tollerato tempi di attesa molto diversi. Questo è stato il punto di
partenza per lo sviluppo di un dispositivo di comunicazione via sms
per permettere alle persone di segnalare la loro locazione all’interno
della città e al servizio di rispondere rassicurando sul fatto che il
taxi sarebbe arrivato nel giro di cinque minuti, fornendo quindi una
risposta precisa all’esigenza sottesa dell’utente.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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La presentazione del concept è il
momento in cui l’idea selezionata viene
raccontata ai committenti per ottenere
la loro approvazione e proseguire nello
sviluppo del progetto.
Nonostante sia arduo definire le loro caratteristiche a prescindere
dai singoli casi specifici, possiamo genericamente identificare i
committenti come figure che ben conoscono il contesto di riferimento,
perché già operano in quel settore oppure perché operano in settori
simili.
la presentazione dell’idea
I committenti, o promotori del servizio, hanno quindi una serie di
competenze tecniche già consolidate che possono agevolare il dialogo
sul tema progettuale. La distanza cognitiva in parte c’è ed è causata
dalla provenienza da mondi differenti, ma spesso non costituisce
un divario così rilevante da richiedere uno sforzo comunicativo da
parte dei progettisti, soprattutto nel caso dei servizi, che richiedono
competenze da parte dei designer piuttosto vicine al mondo del
business. Ciò non significa che la comunicazione possa sfruttare gli
stessi strumenti e le stesse modalità che contraddistinguono il dialogo
interno, non per un problema di condivisione del linguaggio, quanto
per un tema di modalità di racconto. Presentare il concept non è infatti
solo una questione descrittiva o informativa, ma significa dare forma
alle idee affinchè siano convincenti oltre che comprensibili.
ideazione/sviluppo
L’obiettivo è quello di rendere visibile
l’idea, di rappresentare il sistema e
l’esperienza e di descriverne i valori
per immaginare il servizio.
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La difficoltà risiede proprio nella necessità di raccontare l’idea,
tema questo affrontato in tutti gli ambiti di progetto, nel nostro caso
però l’idea è l’idea di un servizio e quindi comprende tutti quegli
aspetti dalla natura complessa e immateriale che abbiamo illustrato
all’inizio del nostro percorso.
Per far immaginare tutto ciò, gli strumenti di notazione e di
rappresentazione utilizzati durante il processo creativo possono
essere un punto di partenza ma non sicuramente il modo con cui
trasmettere il concept al committente. Questo punto ci risulta ancora
più chiaro se pensiamo all’obiettivo finale di questo confronto, che
consiste nell’approvazione e nel finanziamento delle fasi successive.
È tanto più importante che emergano anche altri aspetti oltre a quelli
di carattere informativo, aspetti in grado di affascinare l’interlocutore,
di entusiasmarlo, di guidarlo nella comprensione di ciò che gli stiamo
dicendo, di avvicinarlo al concetto dell’esperienza progettata.
Molti sono gli strumenti sviluppati al fine di raccontare l’idea di
servizio, forse proprio per la necessità di riuscire in qualche modo a
descrivere il progetto, cosa che non può essere fatta con delle tavole o
dei rendering come nel caso di un prodotto. Alcuni di questi strumenti
provengono direttamente da altri ambiti, altri invece sono più recenti
e sono nati proprio nel corso degli ultimi anni proprio per supportare
la discussione strategica tra le figure coinvolte. Ne risulta un quadro
complessivo ricco di possibilità tra cui individuare le tecniche e i
modelli che meglio mettano in risalto il concept a seconda dei casi
specifici. Ciò che forse non è stato ancora esplorato a fondo e che
invece potrebbe rappresentare una strada interessante per la creazione
di un maggiore coinvolgimento e di una maggiore comprensione del
concetto di esperienza è l’aspetto interattivo che questa presentazione
può avere. Con il termine interattivo mi riferisco in questo caso alla
capacità di coinvolgere in modo attivo il committente e di agire
su diverse modalità di avvicinamento al tema, che vadano oltre le
tradizionali tecniche di presentazione.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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contesto
Presentazione dell’idea: contenuti
Al termine dal momento di
presentazione del concept, il promotore
deve avere un quadro chiaro di tutto ciò
che compone il servizio in una sorta di
visione d’insieme complessiva.
Rispetto al nostro modello questo si traduce in una comunicazione
che abbraccia tutti gli aspetti che compongono il servizio in modo da
assicurarne la visione globale, senza superare un livello di definizione
specifico di ogni elemento. Questo è un aspetto fondamentale: riuscire
ad individuare il giusto bilanciamento tra le informazioni generiche
relative ai vari aspetti e le rispettive descrizioni dettagliate.
Da un lato compare un’esigenza di specificità legata all’aspetto etico
e professionale, per cui il committente deve avere la percezione di
un’idea solida, risolta in modo consapevole sotto ogni punto di vista.
E l’unico modo per garantire questo tipo di fiducia è quello di non
lasciare il discorso ad un livello superficiale ma di approfondire i temi,
soprattutto quelli più critici e rilevanti.
Dall’altro lato il racconto deve rispettare i vincoli dovuti allo stato
di avanzamento del progetto: non è possibile in questo momento
di passaggio dalla fase di ideazione a quella di sviluppo avere
delle rappresentazioni che forniscano ulteriori livelli di dettaglio,
rappresentazioni che risulterebbero premature, dando l’idea di essere
delle proposte definitive e non delle ipotesi in via di definizione e
soprattutto distogliendo l’attenzione dai principali contenuti che sono
oggetto di discussione.
Risulta quindi necessario impostare un racconto che ripercorra
tutti gli elementi, ma ad un livello ancora non così dettagliato. Per
fare questo è possibile individuare una serie di strumenti a seconda di
quelli che ci sembrano più adatti per mostrare i punti significativi dello
specifico progetto, l’importante è che così facendo si arrivi a fornire
una visione s’insieme, indipendemente da quanti e quali strumenti
vengano impiegati per farlo.
Osservando la mappa degli strumenti disponibili rispetto ai
contenuti da comunicare è appunto evidente la quantità di modelli a
disposizione. Alcuni sono presenti anche in altre discipline progettuali,
mentre altri, quelli più legati alla notazione e alla rappresentazione del
processo, sono il frutto di ricerche più specifiche sul servizio.
A tal proposito possiamo riconoscere due diversi livelli di racconto,
distinzione che ci aiuta a comprendere come utilizzare i diversi
strumenti in relazione ai contenuti e che anticipa alcune riflessioni sui
loro effetti e sulle loro modalità comunicative.
sistema
S W
O T
Gli strumenti collocati nella sfera del racconto generico sono quelli
legati alla narrazione dell’esperienza e degli aspetti valoriali, essi sono
tutti o quasi tutti orientati su un certo tipo di modalità espressiva, che
permetta di far vedere questi elementi immateriali, fornendo delle delle
macro-suggestioni del servizio.
SWOT analysis
È importante sfruttare il potenziale
evocativo della comunicazione, per
prefigurare una cosa che ancora non
esiste.
Mostrando è possibile catturare l’attenzione dell’interlocutore,
coinvolgerlo nel racconto e avvicinarlo alla visualizzazione della
soluzione finale. Il fatto poi di orientare la narrazione su aspetti più
immateriali oppure di focalizzarla sugli elementi tangibili del servizio
per arrivare a parlare dei valori è una duplice possibilità che spetta ai
singoli casi e progettisti valutare.
Dall’altro lato c’è la necessità di spiegare come tutto ciò può
essere possibile, perciò è necessario entrare nel merito dei vari
aspetti in modo più specifico, mostrando l’impatto del servizio sul
contesto di riferimento, il funzionamento del sistema che supporta
la sua erogazione, l’elenco delle prestazioni possibili, i principali
dispositivi e modelli d’interazione necessari, il prospetto economico a
testimonianza della fattibilità realizzativa del progetto.
Il progetto della comunicazione agevola
la discussione su questi temi fornendo
degli strumenti che traducono tali
fenomeni complessi in rappresentazioni
più comprensibili, utili al dialogo.
actors’ map
system map
scenario
personas character profile
fattibilità
3423+
34243
394,034924
business plan
evaluation matrix
title
ADD poster moodboard tomorrow headline
customer journey map touchpoints
offering map
offerta
use cases
mock-up experience prototype
storyboard
interazione
Tutto ciò favorisce il passaggio rapido di informazioni e concetti da
una parte all’altra e la sedimentazione degli elementi condivisi.
=
service specifications
metaphor
informance
role play
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
Explaining: the sensualisation
(visualisation for all senses) of ideas
and concepts, mapping of processes and
illustration of the potential scenarios.
Giving overview and showing
future possibilities.1
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Presentazione dell’idea: effetti
L’obiettivo di questo momento di comunicazione è quello di far
comprendere al nostro committente il concept emerso nella fase di
ideazione. Affinchè ciò avvenga è necessario costruire una visione
d’insieme del servizio utilizzando diverse modalità comunicative in
base ai contenuti presi di volta in volta in considerazione e ai rispettivi
livelli di dettaglio, come esplicitato nel precedente paragrafo.
L’indicazione principale riguardo al come gestire questo momento
molto importante di comunicazione ci viene data ancora una volta
dalla riflessione sui possibili livelli di reazione dell’interlocutore.
Lo scopo principale rigurda sicuramente l’aspetto riflessivo.
Al committente devono essere forniti
tutti gli elementi utili per costruirsi
un’immagine del servizio: egli deve
capire, per poter giungere ad una
decisione, positiva o negativa, rispetto
al progetto.
Non dimentichiamoci però dell’esistenza di un livello emotivo
e di un livello comportamentale. Essi risultano secondari rispetto
alla funzione principale, anche perchè l’interesse esibito dal nostro
interlocutore è già molto elevato e non richiede incentivi o chiarimenti
in questo senso. Quello che vogliamo evidenziare è che però questi
aspetti possono supportare la comprensione e l’acquisizione delle
conoscenze e che incidono sulla creazione di un atteggiamento
positivo o negativo nei confronti della proposta di servizio.
Quindi sicuramente questa trasmissione di contenuti deve avvenire
e richiede l’utilizzo di tutta una serie di tecniche di notazione e
rappresentazione del progetto, se però spostiamo la nostra attenzione
sull’aspetto emotivo, emergono altri fattori e altri punti di vista.
Proprio ciò di cui parla Stefan Moritz facendo riferimento al concetto
1. S. Moritz (2005)
2. http://darmano.typepad.com/
di sensualisation, ovvero di visualizzazione attraverso tutti i sensi.
Non si tratta solo di descrivere, ma
di coinvolgere ed entusiasmare il
promotore, incentivandolo ad apportare
il valore richiesto all’interno di quel
servizio.
Riconosciamo perciò anche al coinvolgimento emotivo un ruolo
importante. Diversi designer hanno iniziato a lavorare in questo
senso, soprattutto nel mondo proprio del progetto del servizio e
dell’esperienza, tra cui vorrei ricordare il contributo offerto da David
Armano. Le sue presentazioni agli stakeholder, rese visibili attravero
2
il suo ricchissimo blog -Logic+Emotion-, sono incentrate proprio sul
tentativo di mettere in scena le informazioni nel tentativo di dare vita
a situazioni molto più coinvolgenti per gli interlocutori presenti. E ciò
avviene senza l’utilizzo di rivoluzionarie tecniche comunicative, ma
facendo semplicemente leva sugli aspetti della retorica legati all’arte
del parlare in pubblico.
Nel momento in cui progettiamo la nostra stretegia comunicativa
ricordiamoci quindi che per arrivare alla decisione finale, il promotore
prima svilupperà un’atteggiamento nei confronti della soluzione
presentata per poi giungere alla presa di coscienza e alla capacità
decisionale sulla base delle informazioni ricevute.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Presentazione dell’idea: modalità
La prima riflessione relativa alle modalità di comunicazione è
direttamente legata al precedente discorso sugli effetti e sulle finalità
in gioco. Le abituali prassi di presentazione del progetti ai committenti
prevedono quasi totalmente l’attribuzione di un ruolo passivo al
destinatario: l’interlocutore è il soggetto che ascolta, osserva, valuta
e poi esprime la propria opinione. In una situazione di questo tipo
il coinvolgimento dell’interlocutore è unicamente affidato al tipo di
racconto proposto.
Ciò non è in alcun modo errato, ma potrebbe essere interessante
aumentare il livello di coinvolgimento del committente in funzione
di un maggior impatto a livello emotivo e di conseguenza anche
comportamentale e riflessivo. Possibilità questa non molto esplorata
fino ad ora, ma grazie alle nuove esigenze portate proprio dal design
di sistemi complessi, sono sorti una serie di strumenti e di strategie
di presentazione che prevedono la creazione di esperienze in cui il
promotore è spettatore e protagonista allo stesso tempo.
Questo può avvenire abbandonando il modello della presentazione
classica attraverso slide o tavole illustrate e passando alla messa in
scena di alcuni aspetti significativi del servizio stesso. Dalla tecniche di
role play che permettono attraverso attori professionisti o improvvisati
la rappresentazione quasi teatrale dei momenti chiave dell’interazione,
all’utilizzo dell’informance per inscenare le informazioni anzichè
descriverle semplicemente, fino alle tecniche di experience prototype
e di mock-up per mostrare le ipotesi in modo tangibile.
Partendo da questi esempi specifici si può in realtà passare ad
immaginare la trasformazione in artefatti più tangibili, espressivi e
interattivi anche di altri strumenti tipici del tradizionale racconto
del concept. Lo scenario stesso, lo storyboard, i character profiles
possono diventare strumenti che coinvolgono l’interlocutore in modo
attivo nella presentazione. Il come questo può avvenire apre le porte
all’inventiva del designer, essendo poi legato alle specifiche situazioni
di progetto e diventando la modalità stessa di presentazione un modo
per esprimere dei valori.
del sistema la customer jouney map, la mappa degli attori, la mappa
dell’offerta e gli use cases.
Al di là del ruolo del destinatario nel processo comunicativo,
l’esigenza principale a questo livello è quella di mostrare, tant’è che la
maggior parte degli strumenti si collocano proprio nella sfera del far
vedere.
I character profiles e le personas sono invece strumenti efficaci per
I modi d’espressione finalizzati a far capire prevedono infine
una serie di strumenti atti ad una descrizione più dettagliata della
soluzione. Si tratta di strumenti specifici che adottano un linguaggio
tecnico e che vanno a definire tutte le caratteristiche del servizio service specifications- e tutti gli aspetti relativi alla valutazione della
fattibilità -business plan, evaluation matrix, SWOT analysis-.
Qui si riscontra quella duplice esigenza per cui da un lato abbiamo
strumenti molto forti da un punto di vista espressivo ed evocativo,
che cercano di dare visibilità all’atmosfera del servizio, all’esperienza
e al contesto, mentre dall’altro lato abbiamo strumenti di notazione
e rappresentazione della complessità. Fanno parte del primo gruppo
lo scenario, lo storyboard, le metafore, le moodboard, a cui si
aggiungono una serie di tecniche nate proprio per supportare
il racconto di servizi visualizzando i touchpoints e le evidenze
(tomorrow headlines e ADD poster ne sono un esempio).
far vedere
moodboard
Sono invece esempi di strumenti orientati alla visualizzazione
delle informazioni e quindi alla rappresentazione della complessità
storyboard
scenario
dare un volto e attribuire delle caratteristiche ad un ipoteitco utente o
gruppo di utenti del servizio. Questo pone la base per il racconto delle
storie, che caratterizzano molti degli strumenti fino a questo momento
citati. Il racconto di storie può essere un punto chiave significativo per
riuscire a raccontare il servizio:
Stories tend to have a greater emotional connection and are
more memorable then other forms of communication.
Many political and business leaders say that their most
important skill is the ability to tell a good story. 3
use cases
=
metaphor
far capire
customer journey map
title
actors’ map
ADD poster
character profile
tomorrow headline
evaluation matrix
touchpoints
offering map
personas
S W
O T
3423+
34243
394,034924
business plan
SWOT analysis
mock-up
service specifications
experience prototype
far fare
informance
role play
3.
P. Hanna (2006)
106
Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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notes 1
3
4
5
6
RED - DESIGN COUNCIL
AGEING
1
2
Vorrei mostrare in queste pagine alcuni aspetti che ritengo
spunti significativi da cui partire nel formulare strategie efficaci
per la presentazione di un concept ai committenti. Ho cercato di
concentrarmi su dei casi che non implicassero il ricorso a competenze
troppo specifiche o all’utilizzo di budget particolarmente elevati, in
modo da evidenziare dei concetti utili, indipendentemente dai contesti
progettuali.
In particolare ho selezionato tre casi. Il primo, di Design Council,
mi sembra importante per il modo in cui lavora sull’aspetto emotivo
mediante semplici strumenti di comunicazione che creano un forte
collegamento tra l’attività progettuale e l’idea concepita, incentrando
tutto il discorso sul racconto di storie. Il secondo caso, Orange di
Live|Work, rappresenta un’occasione per riflettere sulle modalità
comunicative che permettono di superare il divario tra l’immaterialità
dell’idea e la concretezza della soluzione. Infine il terzo caso è un
esempio estremo, in cui Hp sperimenta con la presentazione degli
scenari ai propri finanziatori, un esempio utile per intravedere nuove
possibilità di messa in scena dei contenuti e delle informazioni che
agiscono sul livello di coinvolgimento del destinatario.
Design Council investe molte energie nella produzione di strumenti
che diano visibilità all’ampia documentazione di volta in volta raccolta
e all’impegno sociale su cui sono fondate le proposte progettuali.
Ciò avviene attraverso dei video e dei report stampati, che si fanno
portatori di una serie di informazioni quantitative, ma soprattutto dei
valori coinvolti, calando perfettamente il discorso nel contesto reale a
cui appartiene.
Le immagini qui mostrate sono esemplificative di uno di questi
report realizzati da Design Council per illustrare i propri progetti,
e sono un esempio significativo di come il punto di partenza per il
racconto del servizio non siano teorie o ipotesi astratte, ma proprio le
persone direttamente interessate, in questo caso gli anziani.
Questo lavoro sui servizi per le persone anziane è un work in
progress, di cui questo report fissa dei punti per la formulazione
di nuovi paradigmi di servizi destinati a questa parte sempre più
numerosa della popolazione. Sulla base dei contenuti di questa ricerca,
delle idee formulate e delle proposizioni per il futuro, Red propone
il proprio lavoro ad eventuali partner e promotori interessati nella
realizzazione di servizi per gli anziani. Le caratteristiche, le modalità,
le tipologie di servizi auspicati per il futuro vengono descritte
partendo dalle parole degli stessi utenti e dai loro desideri. Il risultato
è una descrizione complessiva del paradigma dei nuovi servizi, una
descrizione in cui siamo guidati direttamente dalle persone e dalle loro
esigenze.
Da un punto di vista comunicativo, l’utilizzo di questi personaggi
assolutamente reali nel racconto è un modo per creare delle storie
coinvolgenti e dei riferimenti concreti rispetto alle idee esposte,
riferimenti utili per dar vita a riflessioni e discussioni successive.
Si tratta di una tecnica utile per la comprensione ma anche e
soprattutto dotata di una grande potenzialità dal punto di vista
emotivo. Il racconto qui presentato assume in questo senso un tono
molto coinvolgente, attraverso queste immagini fotografiche così
dense di significato, utilizzando il nome delle persone e alcuni dati
per renderle delle figure reali e non solo dei personaggi, utilizzando le
scritte a mano e i post it per enfatizzare l’espressione del loro pensiero.
Questi momenti emotivamente elevati sono scanditi, all’interno del
report, da una serie di pagine più descrittive, in cui vengono esplicitati
e sedimentati i punti prima individuati e raccontati dalle persone, che
si traducono così in indicazioni e caratteristiche precise per futuri
servizi nel mondo degli anziani.
Tutto risulta formare un’immagine molto chiara nella mente
del pubblico senza mai arrivare a mostrare concretamente modelli
di servizio, ma lasciando completamente aperto l’interrogativo
progettuale su come tradurre quelle indicazioni in servizi reali. Questo
è fondamentale perchè significa essere riusciti a raccontare e fissare dei
valori e delle caratteristiche qualitative, senza però aver posto dei limiti
alla quantità e tipologia di soluzioni che si possono immaginare per
rispondere a quelle esigenze.
1-2-3-4-5-6. Immagini tratte dal report di presentazione del progetto
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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LIVE|WORK
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IDEO
ORANGE
HP - COMDEX
1
2
Il concetto su cui si fonda questa presentazione di scenari progettata
da IDEO per HP è la convinzione, estremamente interessante, che
l’esperienza sia il punto di passaggio verso la comprensione.
Questa visione delle esperienze come momenti chiave in un
racconto per agevolare la comprensione dei contenuti e per favorire un
ulteriore coinvolgimento dell’interlocutore, anche emotivo, è proprio
ciò che si è cercato di mettere in evidenza sottolineando, nei paragrafi
precedenti, la possibilità di attribuire un ruolo attivo al pubblico nel
processo comunicativo.
Questo progetto nascce nel contesto della fiera Comdex 2000
(Las Vegas, Nevada), fiera che Hewlett-Packard ha usato come luogo
per comunicare ai suoi commitments. A prescindere dalla location
fieristica, la strategia adottata può essere uno spunto positivo rispetto
al tema della comunicazione delle idee alla committenza.
Accade spesso che l’innovazione tecnologica sia l’input per la
formulazione di nuove strategie di business, accade invece molto
più raramente che le esperienze degli utenti riescano ad innescare il
medesimo meccanismo.
Il messaggio che HP voleva trasmettere era sostanzialmente quello
di essere un’azienda impegnata nello sviluppo di prodotti e servizi
costruiti per le persone: HP, inventing for common goods. L’obiettivo
era in particolare quello di mostrare al pubblico la proiezione verso
un futuro collettivo popolato da prodotti, servizi ed ambienti erogati
attraverso le tecnologie web. Come è stato comunicato tutto ciò?
Quello che è stato fatto da Live|Work per Orange Innovation è
significativo in questo senso, perchè frutto del tentativo di sviluppare
nuove strategie basate sulle esperienze degli utenti e il modo in
cui queste idee sono state presentate rivela proprio questo tipo di
approccio al progetto. Live|Work ha quindi prima di tutto cercato di
immaginare l’impatto diretto delle nuove strategie di business attivate
da Orange Innovation sulle esperienze future degli utenti.
Sono stati sviluppati una serie di artefatti proprio con l’obiettivo
di immaginare e discutere questo impatto del progetto sull’esperienza
futura dei singoli individui, evidenziando il divario tra il concetto e la
realtà e cercando di capire come gestirlo e colmarlo.
Questo è stato possibile proprio grazie alla creazione di questi
artefatti, sviluppati come se il servizio fosse già pronto ad essere
lanciato sul mercato ed immaginando quindi come comunicarlo e che
tipo di reazioni possono essere associate al lancio di quello specifico
servizio. Gli artefatti sviluppati dal team includevano finti articoli di
giornali, packaging, siti web, pubblicità su quotidiani, lettere e notizie
televisive. Tutto ciò ha la grande potenzialità di agire come elemento
tangibile dei futuri touchpoints ed è stato utilizzato come punto di
partenza per la discussione e come elemento di provocazione nei
confronti dell’Innovation Team di Orange, tanto concentrato sullo
sviluppo dell’innovazione a prescindere dalle esperienze finali degli
utenti.
1. Descrizione dei touchpoint che determinano l’interazione con l’ipotetico servizio
2. Rappresentazione di una finta campagna promozionale
3. Esemplificazione dell’interfaccia del servizio sul web
3
IDEO ha collaborato allo sviluppo di esperienze all’interno dello
stand, esperienze incentrate sul coinvolgimento dei visitatori nella
creazione di storie personali riguardo al futuro. Ciò avveniva in parte
attraverso l’interazione con dispositivi tecnologici altamente innovativi,
e non è questo di certo quello su cui vogliamo porre l’accento, e in parte
attraverso una sorta di installazione incentrata sulle cards che vediamo
in queste immagini. Queste schede, appese lungo la parete dello stand,
sono la rappresentazione di 40 possibili servizi, ambienti e prodotti,
ovvero scenari, erogabili via web. La parete invitava i visitatori ad
avvicinarsi e a scegliere le immagini che più li colpivano per creare la
loro brochure personale dei servizi futuri, la loro storia.
Interessante è appunto la modalità di racconto di questi
scenari, che, oltre ad essere un’esperienza interattiva, si distaccano
completamente dalle rappresentazioni tipiche dei servizi legati alla
componente tecnologica, assumendo una connotazione più vicina alla
persona e creando un maggior senso di familiarità e di contatto con le
situazioni rappresentate, nonostante esse coinvolgano degli strumenti
tecnologici, abitualmente percepiti come dispositivi lontani da lato
umano.
4. La parete dello stand HP a Comdex 2000, completamente ricoperta dalla card colorate illustranti gli scenari futuri
5. Un dettaglio sul tipo di illustrazione e di linguaggio utilizzato nel rappresentare i prodotti-servizi
4
5
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Lo sviluppo del servizio richiede
l’intervento di altri progettisti, definiti
tecnici, che supportano il designer nella
trasformazione dell’idea in una soluzione
concreta.
la notazione del servizio
Il progetto del servizio va spesso ad intersecare aree di conoscenze
specializzate. In questi casi il designer sente la necessità di essere
affiancato da persone che già appartengono a quei mondi e che possono
mettere il proprio sapere a sua disposizione. Possiamo a tal proposito
fare alcuni esempi, senza ovviamente avere la pretesa di arrivare ad
un’elencazione esaustiva delle possibili professionalità coinvolte, ma
semplicemente per mostrare la varietà assoluta di figure che può essere
necessario interpellare nel corso del processo di design.
Supponiamo di progettare un servizio per malati di diabete. Molto
probabilmente per poterlo ideare non saranno sufficienti le nostre
conoscenze di progettisti, ma sarà indispensabile coinvolgere medici
e psicologi, figure che conoscono bene la malattia e i suoi effetti.
Se decidiamo che tale servizio preveda un sistema di monitoraggio
digitale dell’alimentazione, allora sarà importante coinvolgere degli
sviluppatori in grado di costruire il soware ad hoc e degli esperti
d’interazione che sviluppino l’aspetto dell’interfaccia. Se decidiamo che
sarà necessaria una struttura fisicamente presente sul territorio, allora
dovremo rivolgerci a dei designer di interni e a degli architetti. E così
via potremmo continuare con un’infinità di casistiche.
Come si può dedurre dagli esempi mostrati, l’intervento di queste
figure può essere richiesto in diversi momenti del processo di design:
da una consulenza iniziale utile alla raccolta di informazioni, al
sviluppo
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111
coinvolgimento nelle attività di progettazione, fino ad un intervento
più operativo in fase di sviluppo e di implementazione del servizio.
In particolare, quest’ultimo è un passaggio fondamentale a livello
comunicativo, soprattutto se vengono coinvolti tecnici fino ad ora
non inseriti nel progetto. Il designer ha definito un concept nelle fasi
precedenti e deve trasmettere quest’idea di servizio ai tecnici che si
occuperanno di sviluppare le singole componenti.
Tutto ciò che è stato definito deve essere
in qualche modo rappresentato, descritto,
sedimentato e quindi comunicato.
Questa è una situazione che si presenta in tutti i campi progettuali,
nel momento in cui subentrano gli implementatori o costruttori. Nel
caso del progetto di un prodotto o di un edificio, il designer o l’architetto
utilizzeranno dei disegni tecnici per dialogare rispettivamente con
l’impresa produttrice o con l’impresa edile.
Qual è lo strumento corrispondente ai
disegni tecnici nel caso del servizio?
Esistono strumenti condivisi che consentono il passaggio del
concept nelle mani del tecnico? Esistono strumenti di comunicazione
bi-direzionale che permettono al tecnico di contribuire al progetto
avviando una discussione con il designer?
Analizzare ciò che accade in questi casi può essere utile per capire
come funzionano gli strumenti più ingenieristici di descrizione del
servizio e che modalità di comunicazione utilizzano, verificando così,
oltre alla loro appropriatezza, anche l’eventuale possibilità di traslare
alcune di queste caratteristiche in altri modelli di comunicazione.
112
Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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contesto
Notazione: contenuti
L’esigenza qui descritta è quella di comunicare ai tecnici tutto ciò
che è necessario affinché possano procedere con la progettazione delle
componenti e degli aspetti in cui sono competenti e per cui è stato
richiesto il loro intervento.
Il designer deve quindi assicurarsi prima di tutto che vengano
trasmesse loro quelle specifiche informazioni, e in secondo luogo che
essi si possano costruire una visione d’insieme di tutto il concept,
affinchè il loro intervento sia coerente rispetto ai valori di fondo e in
linea con gli altri aspetti che compongono il servizio.
Gli strumenti specifici per la comunicazione ai tecnici sono
descrizioni estremamente dettagliate dei contenuti, descrizioni
che riguardano in particolare le prestazioni offerte e le modalità
di interazione, ovvero i due aspetti maggiormente coinvolti nella
costruzione dell’esperienza vera e propria del servizio, e quindi di tutti
gli strumenti, i dispositivi, i processi che la rendono possibile.
Accanto alla trasmissione dettagliata di questi oggetti, può essere
necessaria una comunicazione specifica del funzionamento del
sistema, se esso impatta sulla costruzione dell’esperienza in modo
significativo, e una descrizione generica degli aspetti relativi al
contesto e alla fattibilità per stabilire, a grandi linee, i confini entro cui
i progettisti stanno operando.
A differenza di altri ambiti progettuali
in cui è possibile individuare uno o
più strumenti univoci di condivisione
del progetto (una tavola tecnica, un
prospetto architettonico, un modello
tridimensionale, un manuale d’identità)
è difficile nel caso del servizio identificare
degli strumenti di rappresentazione
o notazione che permettano una
condivisione di questo tipo.
Questo è un tema su cui sono state fatte diverse ricerche e
diverse sperimentazioni, soprattutto nell’ottica di individuare degli
strumenti per un dialogo strategico che riuscissero in qualche modo
a rappresentare uno o più aspetti del servizio in una struttura visiva o
testuale univoca, valida per ogni progetto indipendentemente dalle sue
specifiche caratteristiche.
sistema
Il metodo utilizzato è sempre quello della suddivisione degli oggetti
da comunicare in una serie di pacchetti di informazioni sempre più
ridotti e quindi sempre più dettagliati in ogni minima componente.
A fianco del noto blueprint, che ora come ora è l’unico caso di
strumento proprio di questa disciplina che è diventato standard (nel
senso che viene utilizzato in modo univoco tanto dai designer quanto
dai tecnici esterni), sono sorti tutta una serie di strumenti di notazione
e rappresentazione del processo. L’interaction table e la system map
proposti da François Jégou, il sistema di attività e la mappa dei
sistemi di attività di Daniela Sangiorgi, la customer journey map, la
mappa dell’offerta, e così via.
Oltre a quelli citati, nella mappa compaiono anche gli strumenti che
derivano dalle fasi precedenti, in particolare dal momento di racconto
del servizio ai promotori, e che rappresentano esempi del materiale
che può essere utile condividere con il tecnico, almeno in parte, per
fornirgli un quadro più ampio della situazione. Una visione globale
che è utile per tracciare la direzione del percorso da seguire anche
nel momento in cui si procede verso la fase realizzativa. Una visione
globale che risulta indispensabile fornire soprattutto nel caso in cui al
tecnico viene richiesto un contributo che va oltre l’aspetto strettamente
operativo. Pensiamo ad esempio al coinvolgimento di un interface
designer, probabilmente vorremo utilizzare il suo contributo e le sue
conoscenze per migliorare il concept stesso di partenza per lo sviluppo
della specifica interfaccia. Ecco che nuovemente emerge il problema di
avere delle adatte piattaforme per co-progettare.
Qualcosa che in termini di
rappresentazione faccia un passo
avanti rispetto al livello di complessità
introdotto dal blueprint, che ha
sicuramente il merito di definire ogni
singolo passaggio, ma che comporta
l’adozione di un livello di dettaglio
così elevato da rendere poi difficile il
ragionamento sul modello.
system of activity map actors’ map system map
fattibilità
moodboard
customer journey map touchpoints
offering map
offerta
activity map
use cases
storyboard
mock-up experience prototype
interazione
interaction table blueprint
service specifications
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
Existing mechanistic methods can still
be used, as far as they are complemented
with further methods that capture
individual customers’ behaviour
and attitudes and organise them
appropriately.1
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Notazione: effetti
Questo focus sulla comunicazione ai tecnici vede indirizzarsi
completamente l’attenzione verso un’unica finalità, quella che ha a che
fare con il livello riflessivo o cognitivo.
Il designer comunica per trasmettere
delle conoscenze, che il tecnico deve fare
proprie per poterle riutilizzare nel portare
a termine il compito che gli è stato
assegnato.
Questa enfasi sull’aspetto cognitivo ha un risvolto sulle modalità
prescelte per comunicare, che come vedremo in seguito sono orientate
verso un linguaggio simbolico e una comprensione finalizzata al far
capire. Compaiono a questo proposito tutti gli strumenti di notazione
del processo e del sistema, costruiti con l’intento di fornire una
descrizione il più possibile tecnica e oggettiva, anche se questo molto
spesso porta ad una rappresentazione solo parziale di quello che è il
servizio. Sicuramente questi metodi sono validi, ma dovrebbero essere
affiancati da strumenti in grado di rappresentare anche gli aspetti più
legati all’individuo, al suo comportamento e alla sua esperienza. Aspetti
che nel momento in cui il servizio deve essere sviluppato e realizzato
sono importanti tanto quanto il processo e il sistema di supporto.
Tornando però al discorso relativo alle finalià, la comunicazione si
libera con i tecnici di tutti gli aspetti legati ad a temi quali la persuasione
(vedi committenti) o il coinvolgimento e l’incentivo (vedi campione di
verifica) poichè tra i due soggetti vige un rapporto professionale per
cui il tecnico stesso è interessato alla ricezione del maggior numero
di informazioni possibili per poter svolgere la propria attività nelle
migliori condizioni.
In un certo senso, in questa situazione, è come se gli aspetti
relativi al livello emotivo che comportamentale siano definiti a
1.
N. Morelli (2006)
priori dalla relazione instaurata tra il designer e questi interlocutori,
scomparendo quindi a livello di effetti ricercati nella comunicazione,
che investe il suo sforzo completamente nella direzione informativa e
di trasmissione di conoscenze.
In generale possiamo riconoscere un effetto positivo, rispetto
all’adesione totale di queste figure al progetto, nelle tecniche di coproduzione, che anche in questo caso possono diventare un’occasione
per coinvolgere ulteriormente il destinatario interessato, dandogli la
sensazione e soprattutto l’opportunità di poter apportare un maggiore
valore nel servizio. In questo senso gli strumenti di notazione utilizzati
devono diventare piattaforme conosciute o usabili da entrambe le
parti coinvolte e devono avere una flessibilità tale da poter accogliere i
nuovi suggerimenti e indacazioni. Ma questa, ancora una volta, è una
scelta a metà strada tra gli aspetti comunicativi e gli aspetti strategici
di gestione del progetto.
t116
Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Notazione: modalità
Il tecnico è prima di tutto un ricettore passivo delle informazioni
che gli consentono di svolgere al meglio il proprio compito. Egli
diventa agente della comunicazione solo nel momento in cui il designer
prevede delle sessioni di attività congiunte e proprio per queste
sessioni sarà opportuno creare degli strumenti o delle piattaforme di
lavoro per lo scambio e la condivisione di dati, informazioni, idee. Si
tratta quindi di una scelta svincolata da esigenze di tipo comunicativo,
ma che riguarda più che altro la gestione del progetto.
Come è già stato accennato, in questa situazione la modalità
espressiva che emerge sulle altre è squella del far capire. Questo tipo
di comunicazione richiede l’esistenza di una serie di strumenti e
di elementi -definiti come strumenti di notazione- codificati in un
linguaggio conosciuto da entrambi gli attori comunicanti. Il fatto
di avvalersi di questi strumenti agevola il dialogo, costruendolo su
delle basi già note e velocizzando così il ragionamento. Ciò avviene
proprio grazie alle presenza di codici condivisi che portano ad una
inequivocabilità distintiva delle informazioni trasmesse, che agevola
lo scambio.
La notazione richiede quindi strumenti
in grado di descrivere la complessità del
servizio.
Si tratta di forme di comunicazione difficilmente accessibili per i
non addetti ai lavori; probabilmente non serve nemmeno sottolinearlo,
ma ricordiamo che questi non sono strumenti estendibili ad altri
interlocutori, a meno che non vengano riprogettati con un altro
linguaggio visivo e verbale, meno notazionale e più espressivo. Mi
riferisco in particolare al blueprint, strumento che nasce proprio
dall’esigenza di rappresentare il processo e manipolarlo.
Esistevano già diversi strumenti prima dell’avvento del blueprint che
si preoccupavano di risolvere questo tema. Il lato operativo del service
management utilizzava già diagrammi di flusso e altri strumenti per
visualizzare i processi. Quello che mancava a questi strumenti era il
lato dell’utente, le relazioni che egli instaura con il sistema e le sue
interazioni con esso. L’approccio rimaneva molto ingenieristico, senza
considerare l’aspetto umano. È stata così sviluppato un nuovo modello
che partendo da quegli stessi strumenti operativi, li rendess più
comprensibili e più utilizzabili dai progettisti, pensando in particolare
alle esigenze poste dallo sviluppo di un servizio. Questo modello è
proprio il blueprint.
I vantaggi per la comunicazione tra progettisti e tra progettisti e
tecnici apparivano evidenti:
stesso tempo esclude altri aspetti altrettanto importanti, che non si
possono tradurre in passaggi e relazioni.
A blueprint is more precise than verbal definitions and less
subject to misinterpretation. 2
In questa direzione si collocano tutti i progetti e le prosposte
di nuovi sistemi di notazione che siano maggiormente utilizzabili
durante i momenti di conversazione progettuale, ma probabilmente
ancora molto può essere fatto per superare l’approccio ingenieristico
dello stesso blueprint.
Su questa linea, che probabilmente è la corretta direzione per
individuare degli strumenti che riescano a tradurre la complessità del
processo in una visualizzazione o descrizione condivisibile, si auspica
l’indiduazione di nuovi modelli, che compiano un ulteriore passo in
avanti.
Il problema di strumenti come il blueprint è in primo luogo
legato all’impossibilità di estenderli così come sono verso altre figure
coinvolte nel progetto, ad eccezione di designer e tecnici. Inoltre,
arrivare ad avere una rappresentazione così esauriente può portare
ad un livello di dettaglio forse troppo elevato e macchinoso, che allo
François Jégou si è cimentato nel tentativo di creare una descrizione
standard del sistema e del processo, racchiudendoli in una system map
costruita attraverso un set di icone e pittogrammi. La mia sensazione
è però quella che, ancora prima di individuare un linguaggio
visivo codificato, sia necessario ragionare in modo più strutturale,
sull’architettura delle informazioni, per cercare nuove strade verso
forme di notazione che siano in grado di trasferire in modo trasversale
i concetti di sistema e di esperienza.
Esso permette di inquadrare tutto il sistema di funzionamento
del servizio, evidenziando da un lato gli aspetti visibili all’utente e
dall’altro tutto ciò che invece avviene dietro la linea di visibilità, come
ad esempio le attività di fornitura e di back-office.
far capire
activity map
system of activity map
service specifications
blueprint
actors’ map
far vedere
interaction table
offering map
moodboard
system map
use cases
customer journey map
storyboard
far fare
touchpoints
mock-up
experience prototype
2.
G. L. Shostack (1983)
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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LIVE|WORK
BLUEPRINT
1
Parlando di comunicazione con i tecnici, sicuramente non si può
prescindere dall’unico strumento attualmente divenuto una forma
standard per la notazione del servizio, il blueprint.
parte del processo di interazione con il servizio e con i suoi strumenti.
Da parte dell’operatore vengono invece mostrate tutte le corrispondenti
attività necessarie per far sì che l’utente compia il suo percorso.
e uno storyboard: ogni passaggio chiave che contraddistingue
l’interazione tra utente e operatore è in questo caso rappresentato da
un’illustrazione.
Il blueprint nasce con una forma piuttosto diversa da quella che
vediamo qui illustrata, poichè nasce come strumento ingienieristico di
descrizione del processo su modello dei diagrammi di flusso utilizzati
per descrivere l’interazione nell’ambito delle tecnologie digitali.
Il blueprint presenta il vantaggio quindi di riprodurre in modo
completo il flusso di attività che contraddistingue il servizio, mettendo
in risalto i momenti di contatto, e quindi di maggior interazione, tra
un attore e l’altro.
Il tentativo di rendere il blueprint uno strumento di notazione più
espressivo è in realtà un tentativo molto diffuso ed è legato all’esigenza
di creare un’apertura di questo strumento verso altri progettisti o altre
figure coinvolte nel processo.
La caratteristica principale, fin dalle origini dello strumento, è
quella di rappresentare l’intero processo di erogazione del servizio con
un doppio flusso di attivitià, quello dell’utente, al di sopra della linea
di visibilità, e quello dell’operatore o dell’ente erogatore, in parte al di
sopra ma prevalentemente al di sotto della linea di visibilità . Dalla
parte dell’utente vengono così illustrate le singole azioni che fanno
Dal modello di partenza, la struttura è stata poi utilizzata come base
per arrivare a delle forme di notazione più espressive, che riuscissero a
completare il racconto con elementi relativi agli aspetti più qualitativi
dell’interazione, come in questo caso sopra illustrato eseguito ad opera
dello studio inglese Live|Work. Notiamo infatti come lo strumento
proposto sia una sorta di incrocio tra un blueprint schematico
Anche immaginando di utilizzare questo strumento per il dialogo
con i tecnici, che quindi sono più familiari probabilmente ad un
certo tipo di comunicazione, è utile fornire maggiori stimoli visivi
che rendano più immediata la lettura stessa della rappresentazione e
integrino ulteriori aspetti altrimenti esclusi dalla descrizione.
1. Visualizzazione estesa del blueprint del servizio realizzato da Live|Work
Da molto tempo i progettisti cercano uno strumento “oggettivo” di
rappresentazione del servizio, un pò come se fosse la tavola tecnica di
un prodotto. In questo momento, a livello di notazione, il designer può
fare affidamento su questo strumento -il blueprint- e pochi altri. La
prima aspettativa per il futuro riguarda la possibilità di inventare nuovi
strumenti che siano in grado di estendere la notazione del processo alle
figure coinvolte nella co-produzione, seguendo le direzioni indicate da
François Jégou e da Nicola Morelli. In questo senso può essere utile
ragionare sulla possibilità aperta dalla ricerca nell’ambito delle forme
di rappresentazione di sistemi complessi, inaugurata nella nostra
Facoltà dal gruppo di Density Design. In questo modo potrebbero
essere individuati nuovi criteri di rappresentazione che riescano ad
esempio a superare la rigida struttura consequenziale delle tecniche
fino ad ora utilizzate, che forse in alcuni casi diventa limitante.
120
Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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La fase di implementazione è il momento
in cui lo staff viene addestrato a servire
in modo efficace l’utente.
la formazione del personale
La comunicazione rivolta agli operatori è una tappa fondamentale,
proprio per l’importante ruolo che questi soggetti rivestono all’interno
del servizio. Allo stesso tempo questa è una situazione molto diversa
da quelle approfondite in precedenza poichè non si ha più un contatto
diretto tra progettisti e interlocutori, ma semplicemente degli artefatti
o altri strumenti di mediazione che diventano portatori del messaggio.
Gli strumenti comunicativi non sono più quindi elementi di supporto
al dialogo o all’interazione tra gli attori, ma diventano mezzi autonomi
di trasmissione di informazioni e concetti.
Un ulteriore fattore critico è rappresentato dal fatto che la
comunicazione, oltre a non essere diretta ma mediata, avviene
rivolgendosi a gruppi di persone non più noti e circoscritti come lo
erano il campione di verifica, i committenti e i tecnici. Soprattutto
con il crescere delle dimensioni di un servizio diventa difficile
identificare chiaramente questi soggetti, conoscerli e progettare una
comunicazione appropriata. A tal proposito ricordiamo che in questa
situazione la distanza cognitiva tra le parti coinvolte aumenta e diventa
ancora più importante calibrare il linguaggio della comunicazione, per
assicurare l’accessibilità e la comprensibilità dei messaggi.
Nel design dei servizi le organizzazioni tendono ad investire molto
nella comunicazione agli utenti, considerati e “coccolati” come i
consumatori di un prodotto, trascurando viceversa la comunicazione
agli operatori, nonostante essi contribuiscano tanto quanto gli utenti
alla creazione dell’esperienza, soprattutto se il personale è a diretto
contatto con gli utenti stessi.
implementazione
Gli operatori sono l’interfaccia con cui
dialoga l’utente.
Ci sono due possibilità per risolvere questo passaggio fondamentale
della comunicazione agli operatori. La prima, attuabile soprattutto
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quando si ha a che fare con un servizio di dimensioni ridotte, prevede
il coinvolgimento degli stessi operatori all’interno del processo di
design, inserendoli nel cosiddetto campione di verifica. Così facendo
è possibile, oltre che co-progettare sulla base delle loro esigenze
e indicazioni, accompagnare questi operatori in una conoscenza
approfondita del servizio passaggio per passaggio, elemento per
elemento. In tal modo, essi arrivano ad acquisire automaticamente
coscienza della struttura in cui sono inseriti, delle prestazioni offerte e
delle modalità di azione e di comportamento previste.
Questo meccanismo di coinvolgimento nel processo è la soluzione
migliore per assicurarsi che il servizio sia costruito attorno agli
operatori oltre che agli utenti e che esso venga in seguito erogato
nel modo più corretto, ma purtroppo questa strada non è sempre
perseguibile. Ci sono moltissime situazioni, direi la maggior parte,
in cui o per questioni di budget o per questioni di estensione
del servizio (pensiamo ad esempio ad un servizio nel settore
pubblico), l’operatore viene informato al termine del processo, nel
momento dell’implementazione. È quindi questa la fase in cui è
determinante agire da un punto di vista comunicativo per ottenere un
comportamento adeguato nel successivo momento di erogazione.
Una possibilità è quella addestrare gli operatori attraverso dei corsi
formativi. Indipendentemente però dal fatto che ci sia questo impegno
formativo o meno, il designer può progettare degli strumenti che
supportino queste persone nel comprendere quale sia il loro compito
e come svolgerlo.
Questi stessi strumenti diventano indispensabili in una situazione
in cui una vera e propria formazione degli operatori non esiste.
Pensiamo all’eventualità che venga apportata una modifica sostanziale
ad un servizio già esistente e funzionante: prima di procedere con la
messa in atto della modifica prevista, sarà necessario comunicare il
cambiamento agli operatori, e questo, nella maggior parte dei casi,
potrà essere fatto solamente attraverso degli appropriati artefatti
comunicativi.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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contesto
Formazione del personale: contenuti
Ma cosa deve essere comunicato all’operatore? Se pensiamo da un
lato alla complessità del servizio nella sua totalità e dall’altro al ruolo
degli operatori, appare evidente come non sia necessario e nemmeno
opportuno che essi conoscano ogni aspetto nel dettaglio.
Le persone che formano il cosiddetto front-line staff sono la
faccia dell’organizzazione: allo scopo di offrire esperienze piacevoli e
soddisfacenti all’utente, è fondamentale assicurarsi che il personale che
si interfaccia con lui sia ben preparato e selezionato.
Detto ciò, gli strumenti progettati devono porre l’operatore nelle
condizioni di sapere cosa deve fare e di riuscire a svolgere quelle
attività nel migliore dei modi. Questo significa che essi devono
conoscere e apprendere in modo specifico quali sono le modalità
d’interazione, qual è l’offerta del servizio e come è strutturato il sistema.
La comunicazione affronterà quindi questi tre temi con un livello di
dettaglio sufficientemente approfondito, come specificato nel modello
a lato.
Nel caso l’addestramento del personale venga risolto attraverso
dei percorsi formativi, i vantaggi sono moltissimi. In questo caso
infatti si ha un controllo immediato delle singole persone e di come
apprendono le informazioni trasmesse. La formazione è inoltre in
grado di abbracciare tutti i contenuti necessari per fornire un quadro
completo del mondo in cui queste persone si troveranno ad operare.
La formazione è infine uno strumento basato sull’interazione e sul
contatto tra individui, elemento identificato come il metodo migliore
per apprendere e assumere dei comportamenti.
Qualora non vi sia questa possibilità, l’impresa diventa ardua,
proprio perchè si ha a che fare con il comportamento umano.
Però, allo stesso tempo, il ruolo di questi operatori è così centrale
nel determinare l’esperienza dell’utente, che il progettista non può
trascurare in alcun modo nessun aspetto della comunicazione ad essi
rivolta; assicurandosi innanzi tutto che il passaggio delle informazioni
necessarie avvenga.
sistema
Al contrario, come emerge dalla ricognizione eseguita nel mondo
degli strumenti esistenti, il tema della comunicazione agli operatori è
un aspetto poco trattato e sicuramente poco progettato. Esistono dei
tentativi in questo senso rappresentati dalla costruzione di storyboard,
di templates, di role script e di linee guida.
actors’ map
Gli strumenti esistenti riescono ad
indicare all’individuo un comportamento?
Prima ancora di parlare di modalità comunicative, ci chiediamo
se questi strumenti siano in grado di trasmetterre, di raccontare, di
rappresentare i contenuti qui illustrati. Probabilmente il progettista,
proprio come nel caso della comunicazione all’utente, non deve
affidarsi unicamente agli artefatti comunicativi in quanto tali, ma il
discorso può essere esteso verso tutti quei dispostivi e quelle strutture
che permettono all’operatore di svolgere la propria attività. A maggior
ragione, ancora una volta, se si desidera che queste informazioni o
conoscenze non siano un qualcosa che giunge dall’alto, ma che nascano
da forme di co-produzione e qundi di comunicazione trasversale.
fattibilità
=
metaphor
evidences
offerta
a<<
b<<
>>
>>
use cases
storyboard
guide-lines
offering map
role script
templates
interazione
training
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
People are people, the only difference
between a person working here and a
person not working here is that we’re
paing for them 1
.
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Formazione del personale: effetti
Partendo dal presupposto che la qualità dell’interazione è
fondamentale e che in questo senso le relazioni che si formano tra il
personale e gli utenti sono di primaria importanza, procediamo con
l’analisi delle finalità che il designer deve avere in mente progettando
gli strumenti rivolti all’operatore. Il controllo degli effetti della
comunicazione sul personale è essenziale perchè queste reazioni
vanno a determinare l’atteggiamento e il comportamento stesso
assunto da questi individui.
L’obiettivo principale è riuscire a supportare queste persone nello
svolgere al meglio il loro ruolo professionale, ciò significa che l’hub
-se vogliamo così definirlo- di richiamo è il livello comportamentale.
L’operatore viene messo nelle condizioni di prendere delle decisioni,
questo appunto come elemento di base nel determinare gli altri effetti
della comunicazione, non di secondaria importanza.
Per agire sul livello energetico è indispensabile a priori un controllo
sugli effetti emotivi teso ad evitare che il personale sia oggetto di
frustrazioni legate al proprio ruolo o al tipo di comunicazione a lui
destinata. Un esempio in questo senso è offerto dal caso di Starbuck’s,
il cui personale viene addestrato e monitorato così assiduamente
nello svolgimento della propria attività da provocare una sensazione
negativa di controllo sull’individuo da parte dell’organizzazione.
Quindi è opportuno supportare e dialogare con il personale, ma
nel rispetto e nella valorizzazione delle capacità individuali, al fine
di evitare di evitare questo senso di frustrazione controproducente
rispetto all’interazione con l’utente. Non stiamo più parlando di una
forma di comunicazione puramente informativa, ma di qualcosa che
entra a diretto contatto con l’emotività della persona e con le sue
capacità operative.
Quindi ricapitolando l’operatore deve essere messo nelle condizioni
di assumere uno specifico comportamento; per farlo è necessaria una
determinata predisposizione emotiva; il risultato finale è l’approdare
ad un livello riflessivo tale per cui l’operatore sa come prendere queste
decisioni, ha fatto propri quegli elementi e li ha trasformati in solide
conoscenze.
1.
P. Simpson in S. Parker, J. Heapy (2006)
Pensiamo ad un semplice artefatto come può essere un template
che descrive all’operatore come interagire con l’utente: grazie ad esso
l’operatore saprà quali sono le parole esatte che dovrà utilizzare, ma
potrebbe sentirsi piuttosto sminuito per la mancanza di fiducia
dell’azienda nelle proprie capacità; utilizzerà infine questo strumento
come supporto all’azione ogni volta che si presenterà la situazione
descritta nel template, nella speranza che il rischio di una situazione
imprevista sia minimo. È questo ciò che desideriamo o possiamo
progettare di meglio?
Sulla base di queste osservazioni, possiamo riconoscere che fornire
all’operatore le adeguate informazioni e l’adeguato supporto ha
immediatamente un risvolto positivo anche sul suo livello emotivo.
Quanto più gli operatori sono informati
e formati, tanto più si sentono parte del
sistema e motivati nello svolgere bene
il loro compito per apportare qualità
nell’esperienza dell’utente.
Un elemento fondamentale su cui agire è proprio quello della
motivazione:
Non è tanto significativo dire alle
persone cosa devono fare, quanto
spiegare loro perchè è importante che lo
facciano.
Solo una comprensione delle ragioni profonde può infatti spingere
questi operatori a modificare il proprio comportamento in modo
permanente: così come è emerso durante l’incontro con Toke, è più
importante spiegare loro il perchè di ciò che devono fare rispetto a
il che cosa. Come il designer può quindi rispondere a queste nuove
esigenze?
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Formazione del personale: modalità
L’operatore è in genere il destinatario di una quantità incredibile
di materiale informativo, a cui si affida lo scopo di raccontargli qual è
l’offerta del servizio e come egli deve svolgere la propria attività.
Vediamo questi strumenti anche all’interno della mappa:
guidelines, templates, role script fanno parte di questa mole di
materiale informativo atto a far capire all’operatore com’è strutturato
il servizio e come interagire con l’utente. Tutti strumenti incentrati
sulla comprensione simbolica e oltretutto spesso composti con un
linguaggio tutt’altro che accessibile.
Bisogna evitare che le indicazioni
date all’operatore rimangano dei
valori astratti, sentenze sulla mission
dell’organizzazione che queste persone
dovrebbero fare proprie o lunghe
descrizioni testuali dell’attività, tutto
materiale che si accumula inutilizzato
nelle cartelle personali.
Una prima ipotesi per capire come può essere migliorato questo
processo comunicativo è quindi quella di attribuire all’operatore un
ruolo attivo nella comunicazione, per accentuare il coinvolgimento
e riproporre delle situazioni simili a quelle formative in senso
tradizionale. Strumenti comunicativi capaci di differenziarsi, per
la loro funzionalità, dalla baraonda di materiali in cui gli operatori
sono sommersi, strumenti che diventino, ad esempio, veri e propri
supporti nel momento di erogazione, integrando la comunicazione nei
dispositivi utilizzati per l’ interazione con l’utente o per lo svolgimento
delle attività.
Ma questa è solo un’indicazione, in realtà il problema è ancora più
radicato e coinvolge le modalità espressive utilizzate per comunicare.
In effetti se pensiamo al personale di servizi dall’estensione enorme,
come un servizio pubblico, è difficile immaginare che questi individui
siano così intenzionati ad assumere un atteggiamento attivo nei
confronti della comunicazione proposta. E questo non vale certamente
solo per i servizi pubblici.
Rimane la formazione, strumento dall’efficacica indiscussa, ma
come può essere “sostituito” quando non è possibile per ragioni di
estensione e di budget?
Ma cosa significa costruire il modello
mentale del servizio?
Mi sembra necessario procedere individuando nuovi strumenti,
da un lato innovativi per il tipo di relazione che riescono a stabilire
con l’interlocutore e dall’altro lato innovativi per le modalità con cui
mostrano, raccontano, descrivono il servizio. Nel cercare quali siano
queste nuove opportunità, mi sembra utile considerare l’importanza
dell’aspetto motivazionale, perchè la conoscenza delle ragioni che
stanno alle spalle delle singole azioni, è fondamentale affinchè queste
persone si creino un modello mentale del servizio.
Forse più che una rappresentazione o un racconto per casi, che
è il metodo più diffuso, dovrebbero essere concepiti nuovi strumenti
in grado di trasmettere questo modello senza vincolarlo alle singole
situazioni. In questo senso tutte le evidenze e i punti di contatto
con il servizio possono fornire un importante appiglio anche nella
comunicazione all’operatore, perchè sono gli strumenti e i mezzi che
lui stesso utilizza per interagire con l’utente e che danno visibilità al
processo, alle sue azioni e alle loro dirette conseguenze.
D’altronde, anche gli strumenti che agiscono attraverso il far vedere,
stentano ad assumere un’importanza decisiva. Essi hanno il vantaggio
di mostrare, e quindi di attivare dei meccanismi più immediati di
ricezione del messaggio, ma cosa mostrano? E come?
far capire
guide-lines
a<<
far vedere
b<<
>>
>>
templates
role script
use cases
actors’ map
storyboard
evidences
offering map
=
metaphor
training
far fare
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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DOMUS ACADEMY
LA PERLA
1
2
3
e nel tentativo di trasfromarli in opportuni prinicipi di organizzazione
del luogo e in opportune regole di comportamento per le commesse.
Proprio per queste ragioni è apparso fondamentale riuscire a tradurre
in un’esperienza le qualità distintive riconosciute come valori del
mondo LaPerla.
I nuovi spazi progettati per la vendita sono luoghi che contribuiscono maggiormente al processo stesso di vendita, attraverso
la loro capacità di comunicare mediante il visual merchandising,
mediante le strutture e il sistema organizzativo e soprattutto mediante
il personale.
Nell’ambito della ricerca sui temi della progettazione e della
comunicazione del servizio, i punti di riferimento in Italia sono
sicuramente rappresentati dal Politecnico di Milano e da Domus
Academy. Il Politecnico, in quanto ente universitario, è totalmente
o quasi totalmente orientato verso l’aspetto accademico, viceversa
Domus Academy pone le sue competenze a disposizione delle aziende
esterne, fornendo un’attività di ricerca e consulenza mirata.
In questo panorama, molte sono state le occasioni per Domus
Academy di affrontare la progettazione e l’innovazione nel mondo
dei servizi e diversi sono stati i casi in cui si è affrontato il tema della
comunicazione verso gli operatori.
Tra le diverse esperienze, quella qui illustrata è piuttosto rilvante
perchè esemplificativa di come il momento della comunicazione agli
1-2. Frames estratti dal cd rom
operatori non sia solo un’occasione per trasmettere indicazioni rispetto
alle attività da svolgere o ai comportamenti da assumere, ma anche
un’opportunità per raccontare i valori legati al servizio.
La consulenza di Domus Academy è stata richiesta dal gruppo
LaPerla con lo scopo di migliorare l’esperienza d’acquisto all’interno
dei propri punti vendita. Questo obiettivo è stato raggiunto mediante
un duplice intervento, composto da un aspetto di riorganizzazione
dello spazio all’interno del punto vendita e da un aspetto di formazione
del personale al servizio della clientela.
Un intervento quindi teso a riprogettare i principali elementi
coinvolti nella percezione del servizio da parte dell’utente, quello
strutturale e quello di interazione con il personale stesso. Il filo
condurre è da rintracciare nella codifica iniziale dei valori del marchio
Riconosciuto questo ruolo centrale dello staff che lavora a
diretto contatto con i clienti, proprio come in ogni servizio basato
sull’interazione faccia a faccia, è stato progettato questo video per la
formazione delle commesse in conformità con i valori individuati.
Questo strumento, suddiviso in sezioni che definiscono le diverse
tematiche che devono essere illustrate ed assimilate dal personale, ha
sicuramente il merito di raccontare attraverso un percorso visivo una
serie di comportamenti, di attività e di valori.
La scelta di una modalità di rappresentazione così figurativa e di
un racconto altrettanto dettagliato nelle descrizioni è emblematica
dello scopo formativo di questo strumento. Formare, quindi, facendo
vedere.
Nel momento dell’acquisto, a tutti gli aspetti che caratterizzano
il luogo e il personale, si sommano gli elementi di comunicazione
promozionale e informativa, come i cataloghi o i poster. Tutti questi
elementi nel loro complesso concorrono nel trasmettere alla clientela
le caratteristiche ed i valori su cui è fondato il marchio e tutti questi
elementi rappresentano simultaneamente, all’interno del punto
vendita, il maggiore contatto del consumatore con il marchio stesso.
3.
Il menù di navigazione attraverso cui è possibile accedere ai diversi contenuti
In una situazione diffusa in cui si tende a non riconoscere la dovuta
importanza all’operatore a contatto con l’utente e in cui gli strumenti
di comunicazione a lui destinati sono privati di qualsiasi elemento
progettuale e considerati oggetti di scambio interno, questo video,
costruito appositamente per raccontare all’operatore dei valori e delle
azioni, diventa un esempio assolutamente interessante.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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STAFF TRAINING
BUPA HOSPITALS
La formazione del personale diventa un tema rilevante proprio
nelle situazioni in cui il servizio è incentrato totalmente sulla relazione
tra le persone dello staff e gli utenti.
Tra tutti i contesti possibili, probabilmente l’ospedale è uno di
quelli che richiedono un’attenzione maggiore nella gestione di questo
contatto, a causa degli elevatissimi interessi messi in gioco da parte
degli utenti stessi. I membri del personale sono l’unico vero punto di
riferimento all’interno della struttura ed è indispensabile che si crei un
senso di fiducia assoluta nei loro confronti.
La percezione e il senso di fiducia del singolo individuo non
dipendono unicamente dal personale; sono stati fatti moltissimi
studi che mettono in evidenza come anche le strutture e gli strumenti
utilizzati svolgano un ruolo fondamentale in questo senso. La stessa
IDEO ha intrapreso con il progetto per il De Paul Health Center un
ripensamento della disposizione degli elementi architettonici e delle
informazioni in modo funzionale rispetto al paziente, per aumentare
il suo senso di orientamento e la comprensione di ciò che succede
attorno a lui. Sicuramente è utile lavorare sulla struttura del luogo e su
una maggiore trasparenza del sistema, ma non solo.
Il gruppo ospedaliero inglese BUPA si è sempre mostrato molto
attento a questo aspetto e all’utilizzo di strumenti comunicativi per
creare un maggiore contatto con l’utente. Basta visitare il sito internet
degli ospedali BUPA o vedere gli spot promozionali per rendersene
conto: con un linguaggio semplice e non caratterizzato, BUPA ha creato
dei personaggi immaginari davvero originali (costruiti attraverso le
forme geometriche, quindi assolutamente astratti), e li ha utilizzati per
raccontare alcuni aspetti del servizio, mostrando l’ospedale non come
il luogo dove si va perchè si è malati ma come il luogo dove si possono
trovare le soluzioni ai problemi quotidiani per vivere meglio.
Gli ospedali BUPA hanno lavorato moltissimo anche sulla
formazione del personale, in particolare è stato chiesto a ciascun
membro dello staff di rispondere alla domanda:
“If you were doing your job brilliantly, what would it look like?”
Sono stati così raccolti risultati molto interessanti e ci si è
posti quindi il problema di come comunicare questo modello
di comportamento senza ricorrere ad un rigido e inadatto set di
indicazioni. Un elenco di descrizioni si sarebbe rilevato infatti di scarsa
efficacia (vedi a questo proposito le osservazioni compiute rispetto alle
modalità di comunicazione nei paragrafi precedenti).
1
2
I risultati di questa osservazione sul campo sono stati quindi
trasformati in una serie di profili d’eccellenza, che ricoprono tutti i
principali ruoli previsti dal personale, dai responsabili del servizio
catering fino ai medici. Questi profili mettono in evidenza una serie di
valori condivisi all’interno del gruppo e a cui le persone possono fare
riferimento nello svolgere le proprie attività.
A ciascun membro dello staff è stata data la possibilità di accedere
al profilo di eccellenza desiderato attraverso un sistema centrale in
cui sono stati raccolti questi stessi profili. Più che definire delle liste
specifiche di attività, questi profili sono dei soggetti a cui ispirarsi,
rendendo molto più vicini e tangibili determinati valori che non
possono essere insegnati attraverso un set di regole.
L’aspetto interessante contenuto in questa scelta è proprio quello
di cercare di dare un volto a questi aseptti intangibili e di renderli
veramente un punto di riferimento per le figure del personale,
superando quelle forme di comunicazione tradizionalmente utilizzate
con scarsa efficacia.
Tutti questi personaggi sono l’espressione, sotto forme diverse, di
come, attraverso il proprio comportamento e le proprie attività, si
lavori per un unico obiettivo, che è la mission dell’ospedale stesso:
prendersi cura delle vite che si hanno tra le mani.
La stessa tecnica, basata su un’indagine presso il personale e
l’individuazione di modelli d’eccellenza, è stata adottata anche da Tesco,
la nota catena di supermercati. In questo caso è stato fatto uno sforzo
enorme per raggiungere tutti i componenti dello staff e dall’analisi sono
state estratte “four things we do for customers and six things we do for
each other”. Al contrario in questo caso si è arrivati ad una lista corta e
semplice da memorizzare, che si è subito diffusa tra tutto il personale
di Tesco. Probabilmente in un contesto come quello dell’ospedale
una lista veloce di aspetti sarebbe risultata una semplificazione poco
credibile e troppo astratta, mentre risultava perfetta per i commessi
dei supermercati. Non dimentichiamoci infatti che il progetto dello
strumento comunicativo è strettamente legato al contesto e ai valori
stessi su cui si fonda l’erogazione dello specifico servizio.
1-2. Immagini che ritraggono un’infermiera del BUPA Hospital di Birmingham durante due diversi momenti di contatto con i pazienti, diretto e telefonico
132
Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Arriviamo infine a parlare di comunicazione all’utente.
Tutto ciò che è stato pensato, ideato,
progettato e costruito rappresenta
un valore che deve essere acquisito
dall’utente.
Uno dei temi da cui siamo partiti ragionando sulla comunicazione
del servizio riguarda la sua componente intangibile, criticità questa
che investe in modo rilevante il momento finale di messa in scenza
dell’esperienza. La scarsa icogenia del servizio rende infatti complessa
l’individuazione di strategie comunicative adeguate: come lo si può
rappresentare? Come si può spiegare all’utente cos’è il servizio e quali
prestazioni mette a sua disposizione?
mettere in scena l’esperienza
Sperimentiamo ogni giorno in prima persona quanto i servizi siano
spesso, molto spesso, mal comunicati, vivendo situazioni di disagio
che condizionano profondamente la nostra percezione del servizio
stesso; situazioni che potrebbero essere risolte attraverso un progetto
adeguato degli aspetti comunicativi.
Questo accade con più frequenza nel servizio pubblico, ovvero
quando l’utente non è più un individuo parte di un gruppo ristretto
e noto a cui il servizio si rivolge, ma un’entità singola in una massa
estesa e indeterminata di utenti. Per renderci conto di come cresca la
difficoltà di fronte ad un pubblico indifferenziato, immaginiamo ad
esempio quali diversi problemi incontreremmo nel comunicare un
servizio di re-inserimento lavorativo per dirigenti altamente qualificati
e nel comunicare viceversa un generico servizio per l’impiego.
erogazione
Rispetto ai focus precedentemente descritti, questo è il caso in cui
si presenta la maggiore difficoltà nell’identificare con precisione gli
interlocutori, i quali sono spesso posti ad una significativa distanza
cognitiva rispetto a progettisti ed ente erogatore, distanza che la
comunicazione deve considerare e in qualche modo colmare.
Un primo aspetto rilevante è che questa fase di erogazione del
servizio vede, più di ogni altra, la sovrapposizione tra il progetto del
1.
G. Anceschi (1992)
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servizio stesso e il progetto della comunicazione.
La comunicazione non si rivela
solamente negli artefatti promozionali
e informativi, ma le componenti stesse
del servizio -gli elementi dell’interfacciadiventano il canale attraverso cui esso
comunica la propria esistenza, rendendo
visibile l’esperienza offerta.
È quindi necessario distinguere, come ci ricorda Anceschi, tra la
comunicazione promozionale del servizio, che passa attraverso i canali
standard della promozione, quelli utilizzati per la comunicazione, ad
esempio, di un prodotto ai consumatori, e la comunicazione legata
invece alle fisicità del servizio, appunto l’interfaccia.
Iterface, zone, area, scene where interactions take place. 1
Gli elementi che costituiscono l’interfaccia sono il luogo, inteso
come ambiente fisico e sensoriale che circonda l’utente, gli strumenti,
ovvero gli oggetti e i dispositivi con cui egli entra in contatto, le
informazioni, sia funzionali che simboliche, e le persone, gli operatori,
contraddistinti da un preciso aspetto e comportamento.
Dal punto di vista dell’utilizzatore,
l’immagine e l’identità del servizio,
ciò che esso offre e come funziona, si
concretizzano nell’interfaccia: ciò che
egli sperimenta, vede e sente. L’utente
è in grado di interagire con esso solo se
tramite l’interfaccia si forma un modello
mentale corretto del funzionamento del
sistema.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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contesto
Mettere in scena l’esperienza: contenuti
Considerando questo concetto della sovrapposizione tra strumenti
legati alla fisicità del servizio e strumenti legati alla comunicazione in
senso tradizionale, andiamo a definire quali sono i contenuti coinvolti
nella messa in scena dell’esperienza.
Come abbiamo già visto in altri casi, all’utente non interessa
conoscere tutto ciò che è il servizio, tanto meno in modo dettagliato.
Le lunghe catene che l’utilizzatore non vede sono presenti
nella macchina e nella situazione, ma vi sono ripiegate, si
fanno piccine perché tutto funzioni, non c’è dunque bisogno
che vengano esplicitate. 2
Il sistema che opera dietro le quinte per garantire che sia possibile
l’erogazione non è quindi un oggetto che rientra nella comunicazione
all’utente, se non come indicazione generale riguardo all’esistenza di
un ente erogatore con determinate caratteristiche.
Ad esempio se Regione Lombardia eroga delle borse di studio, è
importante che l’utente identifichi la struttura che sta alle spalle del
beneficio che riceve, in un’ottica di trasparenza del servizio, nulla
di più. In altri casi l’esigenza di comunicare il sistema che supporta
l’erogazione può invece essere legata alla volontà di creare un universo
di valori attorno all’esperienza stessa, diventando una scelta strategica
consapevole.
La comunicazione verterà principalmente attorno a due assi, quello
dell’offerta, affinché l’utente si faccia un’idea chiara delle prestazioni
messe a sua disposizione, e quello dell’interazione, affinché l’utente
capisca come accedere a queste prestazioni. Offerta ed interazione
saranno quindi gli oggetti della comunicazione trattati ad un livello
specifico e sono proprio questi gli elementi che concorrono alla
costruzione del modello mentale di funzionamento del servizio.
Osservando la mappa, notiamo due strumenti fondamentali che
risultano trasversali rispetto ai contenuti, il naming e l’identità del
servizio.
Non potendo sempre fare affidamento sull’esistenza di un prodotto
fisico di riferimento, attribuire al servizio un nome e conferirgli
un’identità visiva diventa fondamentale per assicurarne la visibilità
e la riconoscibilità da parte del pubblico. L’identità aziendale nasce
proprio nel mondo dei servizi, per supportare la loro comunicazione:
uno dei primi casi di progetti di immagine coordinata è proprio
quello di Agip, che ha utilizzato una forte caratterizzazione visiva per
assumere riconoscibilità agli occhi del pubblico.
2.
D. Boullier in A. Semprini (1992)
Esistono poi una serie di strumenti, prettamente legati all’interfaccia
del servizio, che sono un importante canale per la trasmissione di
contenuti relativi alle modalità di interazione, pensiamo ad esempio
al potenziale comunicativo proprio dei sistemi di segnaletica, delle
architetture (sia fisiche che virtuali), oltre che delle evidenze del
servizio e dello staff che lo eroga. Tutti elementi che parlano all’utente,
dicendogli sia come relazionarsi con il servizio che quali sono le
prestazioni offerte.
sistema
Spostandoci sul versante dell’offerta, compaiono una serie di
artefatti di tipo informativo, tra cui ricordiamo la mappa dell’offerta,
e artefatti promozionali, siano essi comunicati stampa, inserzioni
pubblicitarie, occasioni promozionali, eventi aperti al pubblico.
Mentre l’interazione si avvale di strumenti molto efficaci dal punto
di vista comunicativo, perchè, se ben progettati, intervengono in modo
puntuale nel momento in cui l’utente ha la necessità di entrare in
contatto con il servizio, per quanto la comunicazione delle prestazioni,
è evidente la difficoltà nel raccontare questi contenuti così poco
iconici.
A testimonianza di tutto ciò, l’utilizzo di una grande quantità
di materiale informativo nel tentativo di raggiungere l’utente e di
spiegargli opportunità, offerte, prestazioni, impegni, e così via.
Pensiamo a tutti i materiali di questo tipo che vediamo entrando in
una banca: bacheche che straripano di volantini, brochures, locandine
e quant’altro possa descrivere offerte e promozioni di ogni genere.
Non possiamo non interrogarci rispetto all’effettiva efficacia di questo
genere di artefatti a cui però è affidato un importante compito.
Il materiale informativo che sommerge
ogni bacheca di qualsiasi servizio
difficilmente stabilisce un contatto con il
pubblico a cui è rivolto.
Non pensiamo quindi di risolvere i problemi di comunicazione
del servizio continuando a produrre altro materiale informativo di
questo tipo; disegnare la comunicazione del servizio è molto di più,
significa saper utilizzare in modo coerente ed integrato gli strumenti
tradizionali da un lato e tutte le componenti messe a disposizione
dall’interfaccia dall’altro per trasferire i valori e il modello di fruizione
all’utente.
fattibilità
customer events advertising
=
metaphor
architecture
offering map press release promotional sales on line - real time information
staff
offerta
evidences
wayfinding
interazione
naming
identity
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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We are tired of being treated as nobodies
with no personalty by monolithic
insitutions, we want to be recognised and
understood.3
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La percezione dell’esperienza vissuta è
determinata dall’impatto emotivo che
essa ha sull’individuo.
INF
OR
MA
ZIO
NI
RS
PE
DIS
PO
E
ON
Come ci suggerisce il termine stesso utente, derivato dal latino uti,
servirsi, ciò che ci aspettiamo dal servizio è proprio questo, che ci offra
un supporto costruito attorno a noi utilizzatori. Sempre di più, nel
corso dell’evoluzione di questa disciplina è stato attribuito all’individuo
un ruolo centrale, sempre più è stato considerato la persona di cui
assicurarsi il benessere e la soddisfazione. Francesco Marsciani ne
Il Senso delle Cose, illustra molto bene questo orientamento verso la
centralità dell’utente, descrivendo la transizione attraverso la metafora
dell’evoluzione della poltrona del dentista: da semplice paziente,
l’individuo diventa una persona a tutto tondo, con i suoi sentimenti, i
suoi timori e i suoi stress.
La comunicazione deve orientare i suoi sforzi prima di tutto
verso l’aspetto emotivo, per garantire questa percezione del servizio
costruito attorno all’individuo ed evitare qualsiasi tipo di situazione
di disagio che possa condizionarne negativamente l’esperienza. Un
primo livello, che riguarda le reazioni emotive, è quello relativo alla
predisposizione di situazioni in cui l’utente si sente a proprio agio,
condizione indispensabile per consentire l’accesso al servizio e lo
sviluppo di un’immagine positiva di esso. Immaginiamo che una
mamma porti suo figlio nel nuovo centro per l’infanzia della città, in
questo caso non sono tanto importanti le informazioni che vengono
fornite quando giunge sul luogo per la prima volta, quanto il senso di
accoglienza, di sicurezza e di comfort percepibile attraverso l’ambiente
e le persone che lo gestiscono.
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Mettere in scena l’esperienza: effetti
Quante volte ci siamo lamentati di un servizio. Quante volte
siamo diventati irascibili dopo aver parlato con un operatore che non
comprendeva affatto le nostre ragioni, quante volte abbiamo sbagliato
direzione in un luogo pubblico o fatto la fila sbagliata.
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3.
S. Parker, J.Heapy (2006)
Al progettista spetta il compito di
tutelare il benessere dell’utente
controllando i risvolti comunicativi di
tutti gli elementi che compongono
l’interfaccia.
Un secondo livello è rappresentato dal tentativo di controllare
attraverso la comunicazione lo sviluppo di specifici stati emotivi, ritenuti
significativi per vivere in un determinato modo l’esperienza. Le scelte
comunicative possono infatti produrre una serie infinita di sfumature
emotive, ed è importante individuare qual è quella desiderata e su
quella strutturare la comunicazione. Cambia totalmente la prospettiva,
ad esempio, se desideriamo che gli utenti del nostro albergo si sentano
dei divi holliwoodiani o i membri di una comune. Il livello emotivo
risulta quindi fondamentale come primo effetto che pone le basi per la
costruzione del modello mentale del servizio da parte dell’utilizzatore,
condizionando quindi anche i successivi momenti che riguardano
l’aspetto comportamentale e quello cognitivo.
Nel caso di servizi simili ad altri già noti il processo di costruzione
del modello mentale avviene molto più agevolmente perchè l’utente
ha dei punti di riferimento che guidano la costruzione del modello
stesso. Non si può dire lo stesso per i casi invece che vedono coinvolti
servizi innovativi. In questi casi la costruzione del modello mentale
avviene gradualmente ed è legata alla reazione emotiva scaturita
dall’interazione, alla possibilità di comprendere qual è il proprio
ruolo e come è strutturato il sistema, ovvero come agire a livello
comportamentale e infine, si arriva ad avere un modello mentale
vero e proprio quando l’utente ha fatto proprie queste conoscenze,
ha compreso il servizio ed è assolutamente in grado di agire al suo
interno.
138
Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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Mettere in scena l’esperienza: modalità
A causa della sovrapposizione tra elementi di comunicazione
tradizionale ed elementi di comunicazione attraverso l’interfaccia,
l’utente passa continuamente da un livello di coinvolgimento all’altro.
Da situazioni in cui è soggetto passivo, a situazioni in cui è assoluto
protagonista dello scambio comunicativo, attraverso tutto ciò che
stabilisce l’interazione con il servizio.
Questa prima osservazione ci porta a capire come il designer abbia
a disposizione un grande potenziale comunicativo, rappresentato
da tutti gli strumenti, i dispositivi, le strutture con cui l’utente
entra in contatto per poter accedere ed usufruire del servizio. Sono
proprio questi elementi dell’interfaccia, questi punti di contatto e
queste evidenze, i mezzi più interessanti attraverso cui progettare la
comunicazione.
Una tendenza sempre più sviluppata è inoltre quella che considera
il momento dell’erogazione come il momento in cui ha veramente
luogo la co-produzione del servizio: produzione e consumo avvengono
simultaneamente e avvengono perché viene data la possibilità all’utente
di comunicare con il sistema, attraverso strumenti di dialogo.
LU
Il modello della co-produzione del valore fa riferimento proprio
alla possibilità di prevedere gradi diversi di mobilitazione da parte
dell’utente, che corrispondono al riconoscimento di nuovi valori in
gioco nella relazione.
L’opportunità è quella di formulare delle
offerte e progettare delle modalità di
interazione che siano in grado di attivare
la partecipazione dell’utente attraverso
la valorizzazione delle sue risorse.
E quando si ha a che fare con queste situazioni di co-produzione,
la comunicazione diventa un perno attorno a cui strutturare il servizio
stesso. Ma procediamo con ordine, partendo dall’idea di comunicazione
del servizio come un progetto totale che coinvolge artefatti e interfacce,
per poi andare a vedere in seguito cosa succede quando, oltre a tutto
ciò, la comunicazione diventa elemento trasversale per consentire
questa co-produzione.
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far vedere
far capire
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press release
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real time information
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advertising
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customer events
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far fare
naming
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
Entrando nel merito delle modalità espressive utilizzate nel
momento dell’erogazione per comunicare all’utente e costruire il suo
modello mentale, emergono diverse questioni critiche.
Innanzitutto, come è possibile osservare nella rappresentazione degli
strumenti nella precedente mappa relativa alle modalità espressive, si
assiste ad una sovrapposizione tra le diverse aree. Tale distinzione non
è più così chiara proprio perchè questi strumenti sono collocati in
una situazione molto più immersiva, che è quella della messa in scena
dell’esperienza. I diversi livelli si sovrappongono quindi e si fondono
in strumenti che sono contemporaneamente elementi di visibilità del
servizio, strumenti di interazione e canali per la comprensione.
Prendiamo ad esempio in considerazione il luogo, fondamentale
dal punto di vista della percezione da parte dell’utente, intendendo per
luogo l’ambiente fisico o virtuale dove avviene l’esperienza del servizio.
All’interno del luogo agiscono una serie di strumenti -l’architettura,
gli oggetti, i supporti, la segnaletica- elementi che diventano canali
attraverso cui mostrare il servizio e allo stesso tempo strumenti per
direzionare le azioni degli individui e infine, tutti insieme, si rivelano
indispensabili per far capire quali sono le possibilità offerte dal servizio
stesso e come esso funziona.
Il nostro comportamento viene
influenzato e modellato dall’ambiente
in cui ci troviamo.
Tutti gli aspetti che compongono questi luoghi andranno quindi
gestiti nel migliore dei modi per direzionare gli effetti emotivi che
guidano la percezione degli individui:
People get psychologically managed by rooms and corridors
to adopt behaviour that suit the organisations and support
its systems. 4
Come dicevamo si intrecciano tecniche e modelli che utilizzano
la modalità del far vedere, con quelli che utilizzano la modalità del
far capire e quelli che agiscono attraverso il far fare. Prendiamo come
esempio l’aspetto segnaletico: la modalità utilizzata per comunicare
è senz’altro quella far fare, la segnaletica ci dà delle indicazioni che
orientano il nostro movimento. La segnaletica è anche un modo che
agisce attraverso il far capire, perchè ci dà dei riferimenti rispetto
al sistema con cui siamo entrati in contatto e ci aiuta a costruire un
modello mentale di come esso è organizzato. La segnaletica è infine
qualcosa che mostra, dando visibilità alle funzioni e alle prestazioni
offerte dal servizio.
Il far vedere, e quindi la componente iconica, ha sicuramente
una grande importanza nel dialogo con l’utente, per la necessità di
dare tangibilità e visibilità al servizio. In questo senso agiscono sia
gli strumenti più legati all’aspetto promozionale, come le campagne
pubblicitarie, i comunicati stampa, gli eventi e le promozioni, sia gli
strumenti come le evidenze che trasformano i concetti e le performance
su cui è basata l’erogazione del servizio in oggetti tangibili, per aiutare
proprio l’utente a visualizzare meglio quali sono queste performance e
a sentire il servizio più vicino, più a diretto contatto con l’individuo.
4.
5.
S. Parker, J.Heapy (2006)
G. Bettetini (2003)
L’aspetto indicale, rintracciabile in tutto ciò che si colloca nell’area
del far fare, è fondamentale perchè l’utente non fa già parte del
servizio, come ad esempio l’operatore, e quindi è solo attraverso i
fattori comunicativi che può riconoscere il suo ruolo e scoprire come
relazionarsi con il mondo che lo circonda. L’indicalità può emergere in
forme anche molto diverse tra loro; possiamo ritrovarla in un pannello
segnaletico, così come nella configurazione di uno spazio, così come
nel look identificativo dell’operatore, tutto ciò che stabilisce una
relazione tra utente e servizio.
Parlando infine di come la comunicazione possa essere finalizzata
ad un far capire, non possiamo non porre l’accento sul fatto che l’utente
ha un proprio universo semantico e cognitivo che deve essere rispettato
per garantire l’accessibilità alle informazioni e al servizio stesso.
Il potenziale significante di un messaggio è tanto più
facilmente individuabile e socialmente ripetibile nelle
diverse occasioni d’uso, quanto più convenzionali e
socializzati sono i codici che ne governano i segni. 5
Queste osservazioni non risultano affatto scontate nel panorama
che attualmente ci circonda. Sembra che manchi da parte di chi
progetta i servizi e la loro comunicazione il possesso di queste
conoscenze e che la comunicazione rivolta all’utente venga affidata
più alle regole ereditate dal mercato dei beni commerciali che ai
nuovi concetti di esperienza e di servizio. Il risultato è la produzione
di una grande quantità di materiale comunicativo che esiste senza
aver individuato un destinatario a cui rivolgersi, materiale in cui il
linguaggio specialistico dell’organizzazione si mescola al linguaggio
comune degli utenti dando vita a messaggi indecifrabili.
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IDENTITÀ E SERVIZIO
POSTE ITALIANE
Poste Italiane risulta sicuramente un caso significativo per mostrare
alcuni aspetti rilevanti che coinvolgono la sfera della comunicazione
all’utente e per dimostrare quanto l’aspetto comunicativo sia integrato
nel servizio e sopratutto nell’esperienza di interazione con esso.
Parlare di Poste Italiane è interessante anche perchè il caso è a tutti
noto: ognuno di noi ha sperimentato il servizio, non una, ma più e più
volte, e soprattutto ognuno di noi ne ha sperimentato il rinnovamento.
E infatti il racconto di questo caso non può che partire dal momento
in cui, qualche anno fa, il servizio è passato da pubblico a privato e
ha rilanciato quasi completamente la propria offerta, accostando al
servizio postale un vero e proprio sistema bancario.
Il cambiamento a livello di organizzazione del servizio è stato
accompagnato da un rinnovamento totale dell’aspetto comunicativo,
necessario per dare evidenza alla trasformazione avvenuta e per
supportare nel modo migliore le esigenze legate alle nuove prestazioni
offerte.
Interessante è poter valutare come agiscono le diverse forme di
comunicazione in un caso, come questo, che porta ad una innovazione
rispetto al modello precedente, perchè l’obiettivo è quello di riuscire a
trasmettere al pubblico un vero e proprio modello mentale.
Il primo passo in questa direzione è rappresentato dal rifacimento
dell’immagine coordinata di Poste Italiane, con un progetto che mira
alla creazione di una forte identità per rendere molto più visibile la sua
presenza capillare sul territorio e per esprimere il salto di qualità del
servizio, lasciandosi il più possibile alle spalle l’immagine del vecchio e
inefficente servizio postale italiano.
Ma la comunicazione del servizio è una chiave fondamentale
per dar vita ad un’esperienza che sia realmente soddisfacente per
l’individuo. Non possiamo trattarla con tale superficalità.
In questo senso la comunicazione
verso l’utente deve ancora individuare
e perfezionare dei mezzi propri, che
sappiano rispondere alle specifiche
esigenze legate alla comunicazione del
servizio.
Si apre un mondo, che molti studi e agenzie di comunicazione
stanno iniziando ad esplorare, che coinvolge aspetti di orientamento
visivo-simbolici e aspetti di identità, integrati e finalizzati alla
comunicazione dell’esperienza.
1. Moodboard di presentazione del progetto di immagine coordinata che mostra l’utilizzo del colore come elemento che conferisce identità e visibilità del servizio.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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queste ampie vetrate, che rendono visibile l’interno dalla strada e
invitano all’ingresso. Ecco perchè sono scomparsi invece i vecchi
sportelli, in cui utente e operatore dialogavano attraverso la fessura
di un vetro.
Ed ecco ancora perchè è comparsa la segnaletica, che adottando un
linguaggio in parte verbale e in parte simbolico, cerca di posizionare
le diverse funzioni all’interno del luogo e di orientare il movimento
dell’utente.
La necessità, in particolare, a cui ha risposto il progetto di
segnaletica, è quella di comunicare la presenza di nuove prestazioni
offerte dal servizio, distinguendo le aree destinate all’erogazione dei
servizi bancari dalle aree destinate all’erogazione dei servizi postali.
Sicuramente in termini di orientamento spaziale e di organizzazione del luogo, sono stati fatti enormi passi in avanti rispetto al
modello precedente, apportando un miglioramento nell’esperienza
stessa da parte dell’utente e nella percezione del servizio. Questo non
significa aver raggiunto un risultato perfetto, anzi, possiamo mettere
in evidenza alcune problematiche sollevate proprio dal nuovo progetto
comunicativo, fissando una serie di punti per una riflessione futura. A
conferma di tutto ciò, l’esperienza di ognuno di noi può testimonare
che orientarsi nelle nuove Poste non è un’impresa così semplice.
Dal punto di vista della comunicazione sul luogo, evidenziamo
il problema legato alla denominazione dei servizi, che è fondata
su una terminologia ricca di possibili fraintendimenti e pericolose
sovrapposizioni di concetti, uno tra tutti l’esempio della distinzione tra
Prodotti Postali e Prodotti BancoPosta.
Gli elementi dell’immagine coordinata hanno investito ogni luogo,
strumento, dispositivo coinvolto nell’erogazione del servizio, creando
un sistema d’identificazione estremamente omogeneo e riconoscibile.
L’identità visiva non è basata solamente sull’uso dei colori e del
logotipo, ma anche sul tipo di immagini proposte. Si alternano in
particolare immagini che raffigurano ambienti naturali perfetti, che
conferiscono quest’idea positiva di solidità del sistema, ad immagini
che ritraggono le persone (sia operatori che utenti) nel tentativo di
trasmettere l’idea di un servizio costruito attorno ai singoli individui.
Osserviamo inoltre come, nel progettare gli elementi comunicativi
che caratterizzano l’interazione con il luogo e con le persone, sia stata
garantita l’accessibilità del servizio, attraverso l’abolizione di ogni tipo
di barriera fisica, psicologica o cognitiva. Ecco come sono comparse
2. Le immagini, proposte nei luoghi di erogazione del servizio e declinate sui diversi materiali informativi, contribuiscono alla comunicazione dei nuovi valori e della nuova immagine
del servizio postale, incentrata sul concetto di solidità del sistema.
3. I luoghi hanno rivoluzionato completamente il loro aspetto visivo e strutturale per migliorare sia la loro funzionalità sia il tipo di esperienza proposta all’utente
Il secondo punto che vorrei sottolineare è che ancora una volta
la comunicazione destinata ad informare l’utente sull’offerta del
servizio e ad orientarlo nel sistema è improntata sulla produzione
e distribuzione di un enorme quantitativo di materiale cartaceo
(opuscoli, piccoli depliant, locandine). Tutti strumenti la cui efficacia
risulta poi compromessa dalla quantità e dalla incapacità di stabilire
un contatto conl’utente stesso. In questo senso potrebbe essere fatto
molto, e soprattutto nell’ottica di dare al singolo cittadino la possibilità
di formare un modello mentale proprio del servizio in questione
(essendo un caso, quella di Poste Italiane, in cui proprio l’offerta ha
subito un radicale rinnovamento e una nuova articolazione).
4. L’abolizione degli sportelli e la predisposizione di una segnaletica rendono il servizio più accessibile
e usabile da parte dell’utente.
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Cinque focus. Analisi degli strumenti comunicativi e indicazioni per il progetto
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RED - DESIGN COUNCIL
HEALTH
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il miglioramento della loro esistenza quotidiana. Tutto il percorso
progettato è improntato su un sistema composto da una serie di oggetti
comunicativi che rendono possibile il dialogo del soggetto malato con
una serie di figure che intervengono nel fornire il proprio supporto.
Vorrei concludere questo lungo percorso tra riflessioni teoriche e
casi reali con un questo esempio tratto ancora una volta dal lavoro di
Design Council, anche se, almeno in apparenza, con la comunicazione
ha ben poco a che vedere. In realtà è solo una sensazione, perchè
questo ultimo tassello vuole mostrare proprio come la comunicazione,
e gli strumenti comunicativi in particolare, possono veramente essere
integrati nel progetto del servizio.
Se consideriamo le nuove teorie sulla co-produzione del valore nel
momento dell’esperienza finale, la comunicazione del servizio non è
più quella delle forme tradizionali provenienti dall’alto e nemmeno
unicamente quella dei meccanismi dell’interfaccia che governano
l’aspetto di interazione. Nella logica della co-produzione, progettare
la comunicazione significa predisporre tutti quegli strumenti che
consentono il dialogo e il passaggio di informazioni a livello trasversale
o addirittura bottom-up. Ed ecco che il discorso si ricollega con il tema
della co-progettazione, anche lì infatti il designer si trovava di fronte
all’esigenza di predisporre degli strumenti, strumenti attraverso cui
il soggetto o il gruppo di soggetti partecipanti potesse esprimere la
propria idea e intervenire nel progetto. Ora si tratta di strumenti che
sfruttando logiche simili permettono all’utente di partecipare in prima
persona alla costruzione del servizio nel momento in cui il servizio
ha luogo, e di essere così una parte attiva, estremamente attiva, nella
generazione dell’esperienza.
Il caso che è qui raccontato è un’ottimo esempio di co-produzione
applicata ad un servizio che ha una forte esigenza di flessibilità e
personalizzazione, un servizio a supporto ai malati di diabete per
1. Le card vengono utilizzate dal paziente per individuare i principali problemi che lo affliggono e condividerli con altre persone.
Inizialmente questo strumento è rappresentato da delle carte
tematiche, molto simili alle issue cards utilizzate nella co-progettazione.
Grazie a queste carte, l’utente individua dei temi cruciali per la sua
malattia su cui focalizzare la propria attenzione e le utilizza per riflettere
su questi stessi temi con i medici e con i familiari. Le card selezionate
sono anche un modo per attivare una ricerca sul sito web del servizio,
dove si possono condividere informazioni con altri utenti che hanno
riconosciuto in quei temi dei problemi di particolare importanza. Nel
corso del tempo, attraverso il dialogo con figure esterne o con altri
pazienti, il soggetto può scoprire altre carte tematiche importanti,
rivoluzionando l’ordine di priorità e concentrandosi su nuovi problemi
da risolvere.
essere definiti forse meglio come piattaforme per lo scambio di
informazioni e conoscenze, più che come artefatti comunicativi in
senso stretto.
Questo è un ambito di progettazione emergente. Le riflessioni
sulle modalità precedentemente effettuate rappresentano un possibile
punto di partenza per una ricerca molto più approfondita sui
meccanismi che si attivano in situazioni di co-produzione del servizio
e di comunicazione trasversale. Quali sono gli elementi che rendono
lo scambio bi-direzionale? Quali sono gli strumenti che incentivano
e rendono possibile questi processi? Cosa significa co-produrre
il servizio? Quest’ultimo caso apre quindi un capitolo che ancora
non è stato scritto e di cui ora non ci occuperemo, ma che sarebbe
interessantissimo approfondire per scoprire cosa accade quando la
comunicazione è puro scambio di conoscenze tra soggetti e come il
designer può gestire questi scambi.
Un ulteriore servizio prevede un supporto per la risoluzione di
problemi nella scelta delle nuove abitudini alimentari. In questo
caso, attraverso dei profili, il soggetto può scegliere un coach a cui
affidarsi. Nuovamente può discutere con questa persona dei propri
problemi utilizzando le card come supporto al dialogo, fino arrivare
a definire con questo coach un piano di azione condiviso. Ed ecco
un nuovo strumento di comunicazione, in questo caso votato alla
rappresentazione e descrizione sintetica del processo.
E così via potremmo proseguire il racconto di questo sistema di
servizi o di altri servizi di questo tipo, mettendo di volta in volta in
evidenza questo tipo di supporti alla comunicazione, che possono
2. Il percorso per il miglioramento delle abitudini alimentari viene definito dal paziente e dal proprio tutor attraverso il dialogo, supportato da uno strumento di visualizzazione del
percorso stesso che facilita la condivisione dei diversi passaggi e la conversazione tra i due soggetti.
INDEX
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L’APPROCCIO
ASTRAZIONE vs.
SPECIFICITÀ
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I POSSIBILI UTILIZZI
UNO STRUMENTO ANALITICO E PROGETTUALE
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VARIAZIONI NEL MODELLO
LE DIVERSE TIPOLOGIE
DI SERVIZI
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UN APPROFONDIMENTO
PUBBLICO E PRIVATO
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Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato
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L’APPROCCIO
ASTRAZIONE vs. SPECIFICITÀ
Giunti al termine di questo lungo percorso è il momento di
riflettere sul senso di ciò che è stato fatto e su come questo lavoro può
rappresentare un punto di partenza per ulteriori approfondimenti.
L’approccio è senz’altro un primo elemento rilevante, perchè il tema
della comunicazione del servizio viene affrontato nella sua globalità,
proprio nel tentativo di costituire un ordine delle cose.
Indagare le ragioni profonde che
influiscono sulle scelte comunicative
per creare una sorta di sensibilità, utile
all’analisi critica degli strumenti esistenti
e alla progettazione di nuovi.
Ripercorrendo rapidamente le diverse tappe, emergono gli aspetti
di innovazione contenuti in questo percorso, nella speranza che tutto
ciò diventi davvero uno spunto e un’occasione di miglioramento delle
attuali pratiche di comunicazione nel mondo dei servizi.
Questo percorso ha avuto inizio con l’osservazione dell’operato di
chi progetta servizi e con la lettura dei contributi letterari sul tema,
alla ricerca di ogni possibile traccia dell’aspetto comunicativo, sia nei
casi reali sia nelle teorie elaborate nel corso della recente storia del
design dei servizi. Sono emerse così le criticità legate all’esigenza di
comunicare un sistema intangibile, il servizio, a una pluralità di attori,
circostanze che rendono il tema estremamente complesso.
Partendo da queste riflessioni, ho incontrato alcune figure che
rappresentano importanti punti di riferimento nel mondo dei servizi,
per scoprire quale fosse il loro punto di vista sul tema e quali le loro
aspettative nei confronti del futuro. Una serie di interviste che sono
state molto utili perchè mi hanno guidato in una prima comprensione
relativa allo stato di fatto nella progettazione di strumenti per la
comunicazione del servizio.
Questa fase di analisi è poi sfociata in una ricognizione all’interno
dell’universo degli strumenti esistenti, selezionandone alcuni e
analizzando il loro comportamento, senza la pretesa di voler arrivare
ad una catalogazione esaustiva, ma cercando di evidenziare alcuni
aspetti interessanti. Ho indagato le origini di questi strumenti,
dimostrando che nel design dei servizi sono finiti tutta una serie di
modelli tratti da altre discipline e che solo in questi ultimi anni si è
cercato di individuare nuove tecniche appropriate al nuovo oggetto.
Ho rintracciato le potenzialità comunicative di ciascuno strumento,
mettendo in evidenza come la comunicazione sia un aspetto
fondamentale in tutte le fasi di progetto, dal momento dell’ideazione
a quello dell’erogazione. Una volta sedimentata la conoscenza di questi
stumenti attraverso l’abaco tassonomico e il glossario, mi sono quindi
chiesta come in realtà essi comunichino e quale sia la loro efficacia.
Per scoprirlo sono ripartita dal concetto base di comunicazione,
andando a definire alcuni elementi che incidono sulla comunicazione
stessa nell’ambito considerato, elementi che hanno portato alla
formulazione di un modello, utile per l’analisi e il progetto di nuovi
strumenti.
All’interno di questo modello ho quindi identificato cinque
momenti significativi, rappresentativi delle principali situazioni
comunicative che il designer si trova ad affrontare nel corso della
progettazione e realizzazione del servizio. I cinque focus mi hanno
permesso di approfondire queste particolari situazioni, analizzando
gli specifici strumenti esistenti e delineando le caratteristiche di un
modello ideale di comunicazione.
L’obiettivo non è quello di dichiarare dei parametri per la
comunicazione del servizio, poichè ogni singolo caso presenta delle
specificità tali da non permettere l’individuazione di prescrizioni
univoche.
L’intero ragionamento cerca di conservare, nella enunciazione
dei singoli concetti, un’astrazione tale da consentire l’adattamento
successivo ai casi progettuali.
Non è stata un’impresa facile, considerando soprattutto la varietà di
enti, organizzazioni ed attività che popolano il mondo dei servizi.
Allo stesso tempo inoltre, volevo assolutamente evitare che queste
rimanessero indicazioni fluttuanti, fini a sè stesse, senza un saldo
contatto con la realtà. Per questo motivo ho cercato di arricchire il
discorso con una serie di rimandi a situazioni esemplificative e di
supportare la descrizione dei focus attraverso l’utilizzo di precise case
histories.
Approffitterò quindi di questo ultimo capitolo per completare il
modello attraverso una serie di riflessioni su come esso possa essere
utilizzato e su come alcuni aspetti propri della natura del servizio
incidono in modo significativo rispetto alle indicazioni individuate.
Ricordiamo, prima di tutto, che il ragionamento eseguito analizza la
comunicazione rispetto al tema del progetto, e quindi affrontando tutti
quei problemi che si possono incontrare nel momento in cui il servizio
deve essere sviluppato e fatto conoscere per la prima volta. Comunicare
un servizio, al contrario, già conosciuto, presenta sicuramente dei
meccanismi e degli aspetti differenti. Quindi, un primo elemento
da non dimenticare, è che qui ci si è occupati esclusivamente delle
situazioni in cui l’idea o il servizio stesso vengono comunicati ad un
interlocutore che non conosce l’oggetto della conversazione.
Per capire quanto questo aspetto sia rilevante, pensiamo al caso
dell’utente e al modello del servizio fast-food, noto a chiunque. In
questo caso, se riflettiamo su come comunicare il servizio, appare
evidente che non è necessario esplicitare tutta una serie di aspetti
che stanno già nella mente dell’utente e che risulterebbero fastidiosi o
ridondanti qualora si presentassero.
Anche la comunicazione, come il
servizio, è soggetta ad un’evoluzione nel
corso del tempo.
Probabilmente dopo essere riuscita
a trasmettere il famoso modello
mentale, di cui tanto si è parlato,
essa potrà orientarsi verso altri livelli,
aggiungendo valori e sfumature, un
pò come è avvenuto nel mondo della
comunicazione dei prodotti, in cui si è
passati alla costruzione di mondi
e di stili di vita.
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Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato
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I POSSIBILI UTILIZZI
UNO STRUMENTO ANALITICO
E PROGETTUALE
Proprio nel formulare questo modello
e quindi nel definire gli elementi che
incidono sulla comunicazione nel servizio
e del servizio, prendevo gradualmente
coscienza del fatto che quelle
considerazioni erano un ottimo punto
di partenza per analizzare gli strumenti
esistenti e allo stesso tempo ipotizzare
nuovi strumenti.
si concentrano maggiormente gli sforzi comunicativi. Ecco che ad
esempio applicando questo procedimento al focus sugli operatori,
abbiamo individuato un forte sbilanciamento verso l’area del far
capire, mentre in realtà nel formulare il modello avevamo attribuito
una grande importanza agli strumenti finalizzati al far fare, per poi
scoprire che quest’area risulta in realtà scoperta. Questo è quindi un
esempio in cui la conseguente ideazione di nuovi strumenti andrebbe
a colmare le evidenti lacune.
Il procedimento è piuttosto semplice, proverò quindi a descriverlo
per condividerlo e per permettere ai lettori di applicarlo ad altri casi e
altre situazioni.
La sperimentazione contenuta in seguito si spinge però oltre.
Dall’analisi nel modello è infatti possibile derivare, proprio come
già accade in questa parte teorica, una serie di considerazioni utili
al miglioramento di quella specifica strategia o di quello specifico
strumento. Si passa così alle prime elaborazioni progettuali.
Individuando chi sono gli interlocutori a cui ci rivolgiamo, in che
momento del processo, cosa vogliamo comunicare loro e soprattutto
con quale finalità, si delineano una serie di requisiti che gli strumenti
comunicativi dovranno soddisfare. Conoscere questi primi quattro
elementi descrive una sorta di visione d’insieme della situazione a
cui il progetto comunicativo fornisce una risposta. Questi punti, in
particolare quello relativo agli effetti desiderati e quindi alle finalità
da raggiungere, permettono di definire l’importanza reciproca delle
modalità espressive adottate in un modello ideale di comunicazione.
Proprio l’inserimento degli strumenti in questo modello ideale
permette di formulare l’analisi del loro comportamento e della loro
efficacia.
Il primo passo è quindi quello di stabilire in quali aree ciascuno
di essi rientra, identificando, per ogni focus o per ogni caso, dove
Qui abbiamo trattato situazioni ipotetiche, in cui per assurdo sono
posizionati tutti gli strumenti probabili e possibili in ogni singolo
focus. In realtà, come vedremo direttamente nella seconda parte
della tesi, l’aspetto analitico risulta ancora più interessante quando
applichiamo il modello all’analisi di specifiche strategie.
Progettare sul modello può voler dire in particolare assumere due
possibili atteggiamenti.
Il primo è quello in cui, avendo uno
strumento comunicativo già esistente
e in qualche modo codificato, si decide
di modificare il suo assetto, spostandolo
all’interno del modello stesso.
Questo può voler dire ad esempio prendere uno strumento che
comunica attraverso la modalità del far capire, come ad esempio un
business plan, e trasformarlo in un nuovo strumento che comunica
facendo vedere (sto chiaramente ipotizzando una situazione
totalmente inventata) perchè si è riconosciuta la necessità di avere una
condivisione del piano economico all’interno del gruppo di progetto
che non può essere garantita dal business plan nella sua forma
tradizionale, perchè solo una parte del gruppo sarebbe così in grado
di decifrarlo. Partendo quindi da un’esigenza reale a cui gli strumenti
in questione non forniscono una risposta appropriata, è possibile
modificare le caratteristiche di tali strumenti, con interventi più o
meno ingenti, per conferirgli le nuove caratteristiche o requisiti a noi
necessari. In questo caso si compie una transizione da una modalità
comunicativa all’altra.
Un secondo atteggiamento progettuale è invece quello di chi,
non riconoscendo all’interno del modello degli strumenti adatti
alla situazione o allo scopo prefissato, decide di inventare un nuovo
paradigma di comunicazione.
L’idea per il progetto del nuovo
strumento può scaturire da quelli noti
o da altri mondi, l’importante è che
risponda ai requisiti individuati ed
esplicitati dal modello.
In questo caso il modello non suggerisce solo una modalità
comunicativa, ma diventa espressione di tutti gli aspetti che lo
compongono, che possono rappresentare un vero e proprio brief
progettuale.
Come accennavo poco fa, tutto ciò viene esemplificato attraverso
l’applicazione del modello ad un caso concreto nella seconda parte
p. 51, 53, 98-105
della tesi. Verrà quindi proposto sia un suo uso analitico, rispetto alla
strategia progettuale adottata in quello specifico caso, sia un suo uso
progettuale, prima con un piccolo intervento di transizione di uno
strumento all’interno del modello e in seguito con la progettazione di
un nuovo artefatto comunicativo, partendo da diversi spunti forniti dal
mondo esistente, ma di fatto progettando ex novo, appositamente per
quella specifica situazione.
152
Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato
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153
VARIAZIONI NEL MODELLO
LE DIVERSE TIPOLOGIE
DI SERVIZI
Il modello è stato concepito in modo da tracciare delle indicazioni
che risultino valide indipendentemente dalla specifica natura del
servizio trattato. Non si può però dimenticare l’impatto che la tipologia
di servizio ha sull’aspetto comunicativo e quindi anche sul modello.
Cercheremo quindi in questo capitolo di individuare quali sono gli
aspetti maggiormente rilevanti e di capire come essi incidono sulle
scelte comunicative.
Distinguiamo quindi i servizi basati su
un meccanismo automatizzato e i servizi
basati sull’interazione umana, e ancora
i servizi che avvengono in remoto e i
servizi che avvengono al contrario sul
luogo.
Elena Pacenti ha sistematizzato questi concetti nella sua matrice
automatismo-delocalizzazione, che individua nei quattro quadranti
le quattro rispettive tipologie di servizio ottenute dalla combinazione
di questi aspetti. Vediamo quali sono queste tipologie nello specifico e
come esse condizionano l’aspetto comunicativo.
Nel caso in cui la prestazione del servizio sia locale e completamente
automatizzata, pensiamo ad esempio al bancomat per il prelievo di
denaro dalla banca, la sua interfaccia ha una componente dominante
di prodotto e il progetto dell’interazione tra utente e servizio si riduce
al progetto dell’interazione uomo-macchina. La predominanza del
prodotto determina uno slittamento di tutti gli aspetti comunicativi
verso gli strumenti adottati nel mondo della comunicazione degli
oggetti materiali, riducendo in modo significativo l’esigenza di nuovi
paradigmi di rappresentazione e comunicazione.
Lo stesso vale nel caso in cui l’interfaccia sia automatizzata e
remota, come nel caso dei servizi di home banking, in cui l’utente
accede a determinate operazioni bancarie tramite il proprio personal
computer: l’interfaccia del servizio coincide ancora una volta con il
dispositivo e tutta la comunicazione può essere incentrata su questa
componente tangibile.
Nel caso in cui la prestazione venga erogata tramite accesso remoto
ad operatori umani, il medium di comunicazione utilizzato influenza il
progetto di interazione. È il caso dello sportello telefonico (ad esempio
un numero verde informativo): se consideriamo il lato utente, in
assenza di elementi di evidenza visiva, il progetto dell’interfaccia del
servizio si riduce alla sceneggiatura e la qualità dell’interfaccia risiede
interamente nel progetto delle modalità di accesso, nel tono utilizzato
dall’operatore, nel modo in cui viene impostata la conversazione e così
via. Anche a livello di comunicazione nel servizio inizia a manifestarsi
una maggiore esigenza di adeguati strumenti di notazione, in grado di
rappresentare il processo senza fare affidamento su aspetti tangibili.
L’area storica del servizio è però quella che prevede un luogo
fisico, che è teatro dell’interazione, e degli operatori umani, che
guidano l’interazione stessa. In questo caso l’evidenza fisica del
servizio è costituita da tutti gli elementi che compongono lo spazio
e le sue strumentazioni, nonché dall’aspetto del personale. Mentre
però le componenti di evidenza fisica del servizio “materializzano”
e contengono in una forma che potremmo definire statica il
programma dei gesti e delle istruzioni che guidano l’agire dell’utente,
il comportamento del personale è un aspetto che non può essere
né codificato né pre-programmato, essendo un elemento umano. É
questa la situazione che ci pone di fronte alle più grandi problematiche
dal punto di vista della comunicazione, soprattutto nei confronti del
personale stesso e dell’utenza finale.
Emerge in questa particolare tipologia quindi tutto il tema, trattato
parlando di comunicazione agli operatori, della predisposizione di
una serie di performance possibili tradotte in strumenti di supporto
alla relazione, come i role-script. Anche una segnaletica e delle
informazioni chiare però possono essere importanti perché oltre a
facilitare il comportamento dell’utente, alleviano il lavoro dell’operatore
e favoriscono la relazione.
Il caso dei servizi erogati a livello locale e
face2face è quello più cruciale dal punto
di vista della rappresentazione prima e
della comunicazione poi.
Questo tipo di servizi sono infatti quelli che presentano la necessità
di una messa in scena nel momento dell’erogazione e quindi della
creazione di un modello mentale da parte delle figure coinvolte per
poter dar vita all’esperienza stessa, così come è stata concepita.
Tutto diventa ancora più complesso
quando il servizio è innovativo.
L’innovazione può riguardare l’aspetto tecnologico oppure l’aspetto
“sociale” del servizio, ovvero le relazioni e le prassi delle persone
coinvolte.
Quando si tratta di un servizio face2face, quanto più il servizio
è innovativo, tanto più esso si allontana dalle prassi consolidate,
necessitando di uno sforzo comunicativo sempre maggiore. Ciò
avviene perché sia le persone che lo erogano, sia le persone che
viceversa ne usufruiscono, devono essere poste nelle condizioni
di formare il proprio modello mentale del servizio stesso e del suo
1.
G. Bonsiepe (1992)
p. 51, 53, 120-127
funzionamento, per poter dare vita alla messa in scena, e questo risulta
tanto più un processo lento e difficile quanto più il servizio è distante
da ciò con cui l’utente o l’operatore è abituato ad interagire.
A questo proposito ricordiamo le parole di Bonsiepe riguardo al
paradigma della costruzione di modelli mentali:
L’obiettivo centrale del progetto dell’interfaccia consiste
nell’aiutare l’utente a costruirsi un modello mentale che
riproduce le conoscenze del programmatore, il quale
possiede una visione approfondita dei particolari operativi
del programma. L’utente quindi apprenderebbe l’uso
di un programma grazie alla costruzione di una copia
personale del modello del programmatore. Le difficoltà
nell’apprendimento e nell’uso di un programma vengono
attribuite sia alla mancanza di un modello, sia all’adesione
dell’utente a un modello errato. La qualità di un design
di interfaccia, quindi, si rivelerebbe nella rapidità e nella
correttezza della costruzione di una sua replica da parte
dell’utente. Il paradigma della costruzione dei modelli
mentali si fonda su assunti relativi alle modalità secondo
le quali si realizza l’apprendimento, assunti che non vanno
dati per scontati. 1
154
Estendibilità. Potenzialità e limiti del modello individuato
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UN APPROFONDIMENTO
PUBBLICO E PRIVATO
Questa breve divagazione riguardo alle tipologie di servizio e alle
loro implicazioni nel modello comunicativo, non può che concludersi
con un breve approfondimento sul tema del servizio pubblico e
privato, utile anche per introdurre il progetto di cui si parlerà nella
seconda parte, perfettamente calato nell’ambito pubblico.
Notiamo questa distinzione soprattutto rispetto alla comunicazione
del servizio rivolta all’utente: la differenza tra i due mondi è
perfettamente visibile a tutti noi, soprattutto in Italia, dove l’immagine
del servizio pubblico, a parte alcuni casi eccezionali, è tuttora dominata
da quell’atmosfera vecchia, polverosa e soprattutto confusa.
Non dobbiamo pensare che i servizi
pubblici debbano tendere sempre di
più ad assumere le caratteristiche di
quelli privati, soprattutto a livello di
comunicazione.
Ricordiamo infatti che la prerogativa del servizio pubblico è
proprio data dall’apertura verso qualsiasi tipo di utente, in questo
senso la comunicazione adottata deve mantenere i toni di una
comunicazione che scompare, senza assumere linguaggi o altri aspetti
troppo caratterizzati e orientati verso precise tipologie di utenza.
Se ci rechiamo in un ospedale, non ci
aspettiamo che il luogo sia connotato,
ma sicuramente ci aspettiamo di ricevere
le segnalazioni di cui abbiamo bisogno
per orientarci.
e self is now something we seek
to understand and express, not
something we simply accept. is
raises difficult issues for individuals
as well as our companies and public
services who are still struggling to
escape the historical legacy of mass
provision 1
la propria capacità comunicativa sviluppando nuovi modi per
relazionarsi con gli utenti, per riuscire ad ascoltarli e a rispondere in
un modo che assicuri loro di essere stati capiti.
Il pubblico, a differenza del privato, deve
impegnarsi nel progettare esperienze
che mettono al primo posto il concetto
di persone e di scambio, e non quelli di
target e di indicatori di performance.
Affinchè le persone credano in questa visione, è assolutamente
necessario che ci sia una rinascita e un’innovazione considerevole
nel modo in cui si affronta la progettazione e la comunicazione del
servizio pubblico.
Al primo posto si colloca la necessità proprio di individuare forme
più adeguate di soddisfacimento e di piacevolezza nell’esperienza
del servizio, focalizzandosi su come progettare le organizzazioni e le
strutture intorno al momento dell’interazione con l’utente.
Se già di per sè la richiesta rivolta al mondo della progettazione e
comunicazione dei servizi è quella di staccarsi dai modelli proposti dal
mercato di massa, ancora di più questo vale per i servizi pubblici, che
si devono orientare proprio per loro natura verso forme di assistenza
alle persone e di dialogo.
Quindi più che agire sull’aspetto della promozione e sugli elementi
propri dell’dentità, è fondamentale che i servizi pubblici migliorino
1.
M. Willmott, W. Nelson (2003)
notes 0
155
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Zingale, Salvatore, a cura di, La Semiotica
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Honegger, Bergamo, 2005
grazie...
a Paolo, per la sua presenza, e per la sua passione per le cose
complesse. Grazie.
a Elena, per aver condiviso con me tanti pensieri, con il suo
sguardo critico e il suo entusiasmo,
a Chiara Diana, per essere un importante punto di riferimento,
per avermi sempre trasmesso la sua fiducia e il suo supporto
al professor Zingale, per avermi aiutato a trovare le risposte
che cercavo,
a tutte le persone che ho conosciuto grazie a questa tesi e che
hanno contribuito raccontandomi le loro esperienze, in
particolare ringrazio Nicola Morelli, Roberta Conditi, Toke
Barter e Stefan Moritz.
grazie...
a mamma, papà e nonna, per il loro amore,
a Federica, per aver sopportato una tesi lunga un anno e
una sorella antipatica,
a Chiara, amica e compagna di sempre, indispensabile
esistenza parallela
a Paola, pensando a questi anni insieme e soprattutto al
futuro, e ai sogni che si realizzano
alla dolce Elena, a Giada, a Francesco, ad Andrea, Cecilia,
Angy e tutte le persone che mi sono state vicine,
ai miei colleghi del DARC...ora, giuro, di tesi non si parlerà
più!
autore: Roberta Tassi
relatore: Paolo Ciuccarelli
correlatore: Elena Pacenti
Il progetto della comunicazione per la fase di implementazione
SECONDA PARTE. APPLICAZIONE PROGETTUALE
Politecnico di Milano - Facoltà di Disegno Industriale - Laurea Magistrale in Design della Comunicazione - a.a. 2007/2008
Politecnico di Milano
Facoltà di Disegno Industriale
Laurea Magistrale in Design della Comunicazione
DESIGN DELLA COMUNICAZIONE E DESIGN DEI SERVIZI
Il progetto della comunicazione per l’implementazione
relatore: Paolo Ciuccarelli
correlatore: Elena Pacenti
autore: Roberta Tassi
matricola 207094
a.a. 2007/2008
Il caso: LA RIFORMA DEI SERVIZI PER IL LAVORO IN REGIONE LOMBARDIA p. 12
Tesi stampata in luglio 2008
Font:
Minion
The sans
ELEMENTI DI COMPLESSITÀ NELLA COMUNICAZIONE DEL SERVIZIO REGIONALE p. 22
Colori:
C15 M0 Y0 K80
C35 M0 Y100 Ko
C0 M100 Y50 Ko
COME È STATO COMUNICATO IL SISTEMA DI SERVIZI REGIONALI p. 32
Il vademecum: DIVERSE MODALITÀ PER RACCONTARE IL PROCESSO p.40
COSTRUIRE UN MODELLO DI COMUNICAZIONE DEL SERVIZIO p. 52
INDICE
CONTENUTI
8
9
Il caso:
LA RIFORMA DEI
SERVIZI PER IL LAVORO
IN REGIONE
LOMBARDIA
INTRODUZIONE
DAL METODO AL
PROGETTO
16
17
27
STRATEGIA
UNA PROGETTAZIONE
TOP-DOWN
36
37
47
57
ELABORAZIONE
DEL MODELLO
LE LINEE GUIDA
PER L’INTERAZIONE
66
29
38
48
67
VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
ZOOM SUGLI STRUMENTI
30
31
Il vademecum:
DIVERSE MODALITÀ
PER RACCONTARE
IL PROCESSO
49
50
PROTOTIPO. LA MAPPA
COME STRUMENTO
D’INTERAZIONE
58
60
59
BIBLIOGRAFIA
STRATEGIA
GLI STRUMENTI
42
44
51
61
62
45
55
IL PUNTO DI PARTENZA
REQUISITI PROGETTUALI
63
VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
LA MODALITÀ ESPRESSIVA
71
35
INTERVENTO
PROGETTUALE. DALLA
DESCRIZIONE TESTUALE
AL RACCONTO VISIVO
54
COSTRUIRE UN
MODELLO DI
COMUNICAZIONE
DEL SERVIZIO
VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
GLI STRUMENTI
70
COME È STATO
COMUNICATO
IL SISTEMA DI SERVIZI
REGIONALI
UN NUOVO STRUMENTO
IL VADEMECUM
25
TIPOLOGIA
IL RUOLO CENTRALE
DEGLI OPERATORI
34
43
15
PREMESSA
CIRCOSTANZE E FIGURE
24
ELEMENTI DI
COMPLESSITÀ NELLA
COMUNICAZIONE DEL
SERVIZIO REGIONALE
39
IL LINGUAGGIO DELLA
NOTAZIONE PROGETTUALE
NELLA COMUNICAZIONE
AGLI OPERATORI
ELABORAZIONE
DEL MODELLO
GLI STRUMENTI
21
I SOPRALLUOGHI
LA DISTANZA TRA
PROGETTO E REALTÀ
PROMOZIONE vs.
INFORMAZIONE
IL KIT LABORLAB
TRA BLUEPRINT E
STORYBOARD
LA MAPPA DEL PROCESSO
56
28
20
OFFERTA/INTERAZIONE
UN NUOVO PROCESSO
DI EROGAZIONE
LABORLAB
UN SERVIZIO NEL
SERVIZIO
PROMOZIONE vs.
INFORMAZIONE
UN USO IMPROPRIO
46
19
IL SISTEMA
LA RETE DI OPERATORI
PUBBLICI E PRIVATI
IL CONTESTO
LE POLITICHE ATTIVE
PER IL LAVORO
26
18
14
64
VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
LA STRUTTURA DEL
RACCONTO
65
8
Introduzione. Dal metodo al progetto
INTRODUZIONE
DAL METODO AL PROGETTO
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L’elaborazione del modello e la sua applicazione progettuale si sono
svolti come due percorsi paralleli e complementari: senza il modello
-e quindi la ricerca- non avrei avuto i riferimenti teorici necessari per
affrontare il caso progettuale, viceversa senza il caso non avrei avuto la
possibilità di sperimentare e verficare i ragionamenti.
Il percorso di indagine metodologica e
quello di sperimentazione progettuale si
sono intrecciati supportandosi a vicenda.
È stato proprio questo progetto lo spunto originale a partire da cui
mi sono interessata della relazione tra design della comunicazione e
design dei servizi. Ripercorriamo quindi le tappe di questo percorso.
Un anno fa, nel mese di aprile, è cominciata la mia collaborazione
con DARC, il Centro di Ricerca e Consulenza di Domus Academy. Fin
dal primo colloquio mi è stata anticipata la possibilità di lavorare su
questo progetto trasversale rispetto al mondo della comunicazione e
al mondo dei servizi.
L’idea ha catturato fin da subito la mia attenzione, soprattutto
perchè mi dava l’opportunità di osservare da vicino il progetto di un
servizio pubblico. Il tema è infatti quello della riforma dei centri per
l’impiego ad opera di Regione Lombardia, che sta sperimentando
un significativo cambiamento nella strutturazione del sistema e nella
modalità di erogazione dei servizi regionali.
Elena Pacenti e Chiara Diana, rispettivamente direttrice e art
director del Centro Ricerche, mi hanno subito suggerito la possibilità
di approfittare di questa occasione per occuparmi del tema della
comunicazione del servizio in modo più ampio, andando ad esplorare
questo territorio e a comprenderne i meccanismi.
Una volta presa la decisione, le due strade, quella mia di ricerca
e quella condivisa con loro di progetto, si sono spesso intrecciate,
supportandosi a vicenda. Da una parte la ricerca, coordinata da Paolo
Ciuccarelli, mi forniva una quantità di materiali e di stimoli continui,
spingendomi verso l’esigenza di trovare un sistema di organizzazione
di tutti questi elementi. Dall’altro lato le attività progettuali all’interno
di Domus Academy erano sia momenti di spunto, che occasioni per
testare le configurazioni e le riflessioni elaborate. Questo doppio
volume vuole quindi prima di tutto sottolineare i due filoni entro
cui si è mossa ed è nata la tesi, attribuendo il dovuto spazio non
solo all’apparato metodologico, ma anche al caso progettuale che ha
accompagnato la sua costruzione.
Il caso è qui utilizzato come pretesto per sperimentare l’utilizzo
del modello stesso, sia come strumento di analisi di una strategia
comunicativa esistente, che come strumento di progettazione di nuovi
artefatti comunicativi. Ho potuto così vedere in azione le linee guida
individuate, ottendendo in risposta un’importante conferma rispetto a
che quello che era stato pensato e sedimentato nella prima parte della
tesi. Il mio timore in questo senso derivava dal fatto che, nel tentativo
di comprendere in profondità tutti gli elementi che determinano la
comunicazione del servizio, il ragionamento aveva spesso toccato
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9
aspetti e teorie con un alto livello di astrazione. La mia paura era
proprio quella di allontanarmi troppo dai fattori e dalle problematiche
legate ai casi reali: l’ultima cosa che desideravo era proprio quella
di approdare ad una tesi che rimanesse una divagazione teorica
senza legami con le esigenze concrete. Questo progetto è quindi la
dimostrazione fondamentale e non scontata che le linee guida
individuate hanno senso nel momento in cui vengono applicate ad un
caso specifico.
Un metodo, un modello o delle linee guida rappresentano una
situazione costruita e ideale. Esse ci dicono come il servizio dovrebbe
essere comunicato, proponendo una serie di possibili strumenti e
modalità espressive. Ma poi, quando si passa ad un progetto reale,
ci sono una serie di vincoli che emergono e impediscono la perfetta
ricostruzione della situazione ideale. Di certo il designer non si trova
da solo a compiere una scelta libera rispetto alle indicazioni date,
soprattutto nel caso dei servizi. Un progetto ha dei costi da rispettare,
dei tempi entro cui deve essere portato a termine, delle strategie e
delle politiche che dipendono dai committenti e che non possono
essere trascurate. Più che limitazioni, questi sono i confini entro cui il
designer si muove; diventa quindi ancora più interessante capire qual è
la flessibilità del modello rispetto a delle specifiche variabili.
Ciò che possiamo osservare è il fatto che fino al momento in cui
anche le organizzazioni non si renderanno conto dell’importanza di
progettare i servizi e la loro comunicazione a 360 gradi, le attività
dei progettisti stessi saranno sempre o spesso oggetto di restrizioni,
perchè subordinate ad altri processi decisionali e ritenute di secondaria
importanza.
Nei capitoli successivi è contenuto il racconto di questo caso
progettuale, partendo da una descrizione del servizio, che illustra
gli aspetti principali della riforma dei centri per l’impiego lombardi.
Si passa quindi ad una riflessione sugli aspetti che rendono questo
un caso critico dal punto di vista comunicativo. Viene analizzata
la strategia messa in atto per riuscire a comunicare questi servizi
regionali e infine vengono proposti due strumenti per il migliormento
della comunicazione nei confronti dell’operatore e di conseguenza
anche dell’interazione tra operatore e utente: il vademecum di
visualizzazione del processo e un video che racconta agli operatori
come comunicare il proprio servizio.
INDEX
14
PREMESSA
CIRCOSTANZE E FIGURE
15
16
IL CONTESTO
LE POLITICHE ATTIVE
PER IL LAVORO
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18
IL SISTEMA
LA RETE DI OPERATORI
PUBBLICI E PRIVATI
19
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OFFERTA/INTERAZIONE
UN NUOVO PROCESSO
DI EROGAZIONE
21
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Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia
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PREMESSA
CIRCOSTANZE E FIGURE
Il caso presentato è quello della Riforma dei
centri per l’impiego, promossa da Regione
Lombardia, tesa alla valorizzazione del
capitale umano e alla promozione delle
nuove forme di politica attiva.
Vedremo tutto ciò in modo più approfondito in seguito, ma è utile
introdurre alcuni elementi. Innanzitutto l’importanza di questa
Riforma, che ha come obiettivo quello di creare un nuovo sistema
di erogazione dei servizi promossi da Regione Lomabardia per far sì
che il cittadino sia posto al centro del processo e sia per davvero il
beneficiario delle azioni politiche a lui destinate. I valori che stanno
alla base di questo rinnovamento sono quelli della sussidiarietà e della
centralità della persona: il cittadino, grazie alle politiche, assume degli
strumenti e delle abilità che gli permettono di cercare attivamente le
opportunità promosse dalla Regione per lui e di usufruirne.
Questo programma regionale rappresenta un’innovazione nel
mondo dei servizi per l’impiego in Italia: l’idea è quella di testarlo
in Lombardia per poi individuare un modello standard da applicare
anche nelle altre regioni. Proprio in funzione di questo sviluppo del
programma sono necessarie una serie di riflessioni e di indicazioni
che migliorino la qualità delle prestazioni erogate e definiscano qual
è questo standard.
ARIFL, l’Agenzia Regionale per l’Istruzione, la Formazione e
il Lavoro -l’ente che si occupa della promozione e gestione del
programma- ha chiesto a Domus Academy una consulenza rispetto al
tema della comunicazione del nuovo sistema dei servizi per il lavoro,
dando vita ad una collaborazione tra l’istituzione regionale e il Centro
Ricerche. La richiesta si orientava verso due aspetti. In primo luogo
l’elaborazione di un modello di comunicazione dei servizi al lavoro,
nell’ottica di un coordinamento tra soggetti diversi nell’erogazione
dei nuovi servizi, di una riorganizzazione del sistema a sostegno
dell’impiego, di una sperimentazione di dispositivi di politica attiva
previsti dal programma e dalla legge regionale. In secondo luogo,
si richiedeva un accompagnamento e un supporto nelle decisioni
strategiche relative alle azioni di comunicazione, con l’obiettivo e la
necessità di sperimentare e valutare nuovi strumenti per aumentare
l’efficacia e l’accessibilità delle informazioni relative al programma
regionale.
Da parte di Domus Academy, il primo passo è stato quello di
costituire un gruppo di persone che seguisse l’intero processo. Per
necessità legate al tema, sono state coinvolte figure esperte nel mondo
dei servizi e figure esperte in quello della comunicazione, in modo
da incrociare le competenze interne. In particolare Elena Pacenti
e Michela Marini (inizialmente, poi sostituita da Daria Cantù),
entrambe di provenienza dal mondo dei servizi, si sarebbero occupate
con più attenzione degli aspetti relativi alle prestazioni e all’interazione,
mentre Chiara Diana ed io avremmo seguito con maggior riguardo la
componente comunicativa vera e propria. Le attività di progetto sono
state condotte in modo trasversale, coinvolgendo quindi tutte noi in
ogni fase, così da condividere i diversi aspetti osservati e da assicurare
un aggiornamento costante rispetto ai temi. Elena e Michela si sono
in particolare occupate anche delle relazioni con i committenti,
partecipando a riunioni in modo continuativo per una verifica
costante delle attività dall’una e dall’altra parte.
Inizialmente la difficoltà è stata quella di comprendere a fondo il
tema e l’oggetto di questa Riforma, cosa di fatto sarebbe cambiato nel
mondo dei servizi e nei processi di erogazione e interazione. Uno dei
principali ostacoli era rappresentato dal linguaggio burocratico che
caratterizzava ogni forma di comunicazione proveniente dall’ente
regionale. Un grande aiuto in questo senso è stato offerto dalla
possibilità di partecipare ad una fase di analisi dei centri per l’impiego
attraverso dei sopralluoghi che ci hanno permesso di osservare
direttamente il servizio. I sopralluighi ci hanno inoltre posto di fronte
alle differenze esistenti tra centri pubblici e privati e tra la situazione
reale e quella ideale descritta nel programma.
Successivamente è stato il momento, sia per noi del centro
ricerche che per ARIFL, di fare una sorta di bilancio di ciò che era
stato osservato, identificando una serie di indicazioni utili per il
miglioramento dell’erogazione dei servizi al cittadino.
ARIFL ha incentrato la propria analisi e il proprio output di ricerca
sui livelli essenziali delle prestazioni, andando ad identificare e
verificare una serie di requisiti minimi che sono richiesti ai centri per
poter svolgere il processo previsto dalle misure regionali. La nostra
analisi risulta complementare, essendo più orientata verso i requisiti
minimi e di qualità non tanto legati alla prestazione, quanto alla
comunicazione del servizio e all’interazione operatore-utente.
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16
Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia
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IL CONTESTO
LE POLITICHE ATTIVE
PER IL LAVORO
Il Programma che ha dato vita alla riforma
dei centri per l’impiego nasce nell’ambito
della legge regionale 22/2006 sul mercato
del lavoro in Lombardia.
La legge include all’interno del sistema normativo una serie di
principi, che diventano fondamentali nel determinare il modo in cui i
servizi saranno d’ora in poi erogati dai singoli centri per l’impiego.
alla consultazione dei risultati e delle esperienze di altri.
Il principio delle pari opportunità, infine, si traduce nella
promozione dei principi e delle reali condizioni di parità tra uomini e
donne nell’accesso e nella fruizione dei percorsi occupazionali.
Per rendere possibile tutto questo, la riforma prevede una
sostanziale rivoluzione del sistema di erogazione dei servizi promossi
dalla Regione e dei finanziamenti destinati ai cittadini, sfruttando la
creazione di una rete di centri accreditati e coniando il concetto di
dote. Sono due quindi gli elementi cardine di questa Riforma: la rete, di
cui parleremo nel capitolo successivo, e la dote, che invece proveremo a
spiegare qui di seguito, avvalendoci del confronto con quanto avveniva
in passato.
I principi promossi dalla legge sono quelli
di centralità della persona, libertà di scelta,
valorizzazione del capitale umano e pari
La dote lavoro è una declinazione di
opportunità.
risorse messe in capo alla persona che
Promuovere la centralità della persona significa
rientra in un insieme più ampio di “doti”,
strutturare un sistema in cui non è più il soggetto ad adattarsi ai servizi
disponibili bensì questi ultimi devono modularsi attorno ai fabbisogni
quali il buono scuola, il buono famiglia,...
del singolo individuo, sviluppando per ciascuno un piano d’azione
che accompagnano l’individuo in tutto il
personalizzato finalizzato all’occupazione.
suo percorso di vita.
La libertà di scelta si manifesta nell’esistenza di una rete
dei servizi composta dagli operatori pubblici e privati accreditati,
una rete che consente al beneficiario di accedere ai servizi regionali
scegliendo una delle possibilità tra quelle proposte ed esercitando in
questo modo un proprio diritto fondamentale.
La valorizzazione del capitale umano si
concretizza mediante la creazione di un panorama competitivo, legato
La dote rappresenta un “patrimonio” che ciascun cittadino ha e
che può utilizzare usufruendo delle opportunità speciali promosse da
Regione nell’ambito dei servizi per l’impiego. Grazie alla dote regionale
l’individuo può accedere ad una serie di servizi quali l’accoglienza, la
costruzione di un piano di intervento personalizzato, l’orientamento, la
formazione, il sostegno al reddito e l’inserimento lavorativo.
Prima della Riforma, Regione Lombardia erogava una serie di
finanziamenti assegnando ai centri per l’impiego pubblici delle
quote, in termini economici, che ciascun centro poteva utilizzare
per attività di formazione o inserimento lavorativo a vantaggio dei
singoli cittadini. In un sistema di questo tipo, l’utente era l’anello
finale della catena e soprattutto era privato della libertà di scelta, non
avendo consapevolezza riguardo alla presenza di fondi regionali a sua
disposizione per migliorare la propria posizione occupazionale. In
tal senso l’operatore pubblico rappresentava un vero e proprio filtro,
ricevendo questi fondi e avendo il potere di decidere quanti e quali
cittadini formare attraverso il finanziamento giunto dalla Regione.
I principi di sussidiarietà e di centralità della persona che la Riforma
vuole promuovere pongono invece l’utente al centro del sistema,
prevedendo una serie di strumenti e di processi che lo rendono parte
attiva nel rintracciare il finanziamento a lui destinato, ovvero la dote,
per poterla utilizzare.
Ora Regione Lombardia non fornisce più un pacchetto di soldi
ai centri, ma eroga delle doti destinate ai singoli cittadini, doti
che possono essere utilizzate nall’ambito di specifici programmi
o per attività formative, o per attività di ricerca, o per attività di
apprendimento e inserimento lavorativo.
Il cittadino, in base a questo sistema, va a procurarsi la dote a cui
è interessato, potendovi accedere da uno qualsiasi dei punti che fanno
parte della rete di servizi creata.
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Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia
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IL SISTEMA
LA RETE DI OPERATORI
PUBBLICI E PRIVATI
Nodo centrale della Riforma è la costituzione della rete di operatori
pubblici e privati attraverso cui vengono erogati i servizi speciali
promossi da Regione. La rete è un aspetto fondamentale per consentire
quindi l’accesso dei cittadini alle doti finanziate e per assicurare
l’attuazione dei principi enunciati dalla legge 22/2006.
La rete, promuovendo l’interconnessione e la complementarietà tra i diversi attori che ne fanno parte, favorisce
l’integrazione tra le funzioni da essi svolte, in un sistema
che diventa di reale supporto al cittadino. 1
Attraverso la rete viene quindi assicurato il principio di libertà
di scelta dell’individuo, che può accedere allo stesso servizio, quello
regionale, da più punti. La rete assicura inoltre la centralità della
persona nel sistema: unendo le risorse, i singoli centri per l’impiego
sono in grado di offrire prestazioni personalizzate, appoggiandosi ad
altri centri o enti che sono parte della rete e moltiplicando quindi le
opportunità per l’individuo.
La rete degli operatori, pubblici e privati,
dovrà essere in grado di rispondere
con flessibilità alle diverse esigenze dei
cittadini e delle imprese, dovrà creare una
molteplicità di punti di accesso ai servizi
promossi da Regione, dovrà costituire una
piattaforma di integrazione tra domanda
e offerta visibile all’utente.
1. Presentazione interna del programma LaborLab, maggio 2007
Questo nel disegno ideale del servizio, spostando invece
l’attenzione sulla situazione reale emergono i problemi che ostacolano
la formazione e il funzionamento di questa rete. Il tentativo arduo è
innanzi tutto quello di unire pubblico e privato in un sistema unico
di erogazione dei servizi, nonostante i centri pubblici e quelli privati
vivano due concezioni opposte del servizio stesso. Paradossalmente
il progetto regionale della rete e dell’erogazione di doti, si avvicina
molto allla vocazione del servizio pubblico, ma funziona meglio
come modello per i privati, che fino a questo momento ne hanno
sicuramente tratto più vantaggi.
Per capire meglio quale sia stato l’impatto dovuto alla nascita
di questa rete non possiamo non parlare dell’attuale situazione dei
centri pubblici per l’impiego, che non sono altro che i vecchi uffici di
collocamento.
La tipica atmosfera caotica da ente pubblico italiano è ancora
radicata in questi centri, che si trovano a lavorare con la parte più
svantaggiata della popolazione. Se attualmente l’agenzia di lavoro
interinale Adecco è popolata da persone disoccupate a basso profilo,
nei centri pubblici finiscono quelle persone ancora meno occupabili,
che attraverso le agenzie come Adecco non hanno speranza di trovare
lavoro.
Lo svantaggio per i centri pubblici non è dato solo dal fatto di avere
a che fare con casi ultra problematici, ma anche dal sistema stesso sulla
base di cui erogano servizi: nel centro privato il punto di partenza è
l’azienda, che manifesta la necessità di trovare nuovi dipendenti e
di conseguenza l’agenzia cerca tra i propri utenti delle persone da
collocare; il matching funziona molto bene perchè, guadagnando
dall’azienda, l’agenzia ha convenienza a cercare il maggior numero
di offerte lavorative possibili, trasformandole in opportunità per i
singoli individui. Il centro per l’impiego pubblico presenta invece
un funzionamento opposto: l’operatore si prende in carico il caso
del cittadino che a lui si rivolge e sfruttando una serie di contatti si
impegna nella ricerca di un’occupazione a lui adatta. Il problema è che
per fare questo, l’operatore del centro pubblico non ha a disposizione le
numerose possibilità in termini di offerte, sia lavorative che formative,
che invece possiede un centro privato.
Alla luce di tutto questo, il modello della rete è funzionale nel senso
che, per come è stato progettato, dovrebbe favorire il centro pubblico
nello svolgere l’incontro domanda/offerta sfruttando la condivisione
delle offerte in una piattaforma informatica unica valida per tutta la
rete. Allo stesso tempo dovrebbe incentivare la competitività degli enti
coinvolti permettendo anche ai privati, non più solo ai pubblici, di
erogare le misure speciali regionali.
Questo secondo aspetto è quello che fino a questo momento ha più
messo in crisi il servizio pubblico, perchè l’erogazione di servizi sulla
base dei fondi regionali era la sua prerogativa e la sua principale fonte
di sostentamento: ora che anche i privati possono erogare la stessa
offerta, il pubblico si trova di fronte alla necessità di migliorarsi per
diventare competitivo e non soccombere.
In tutto ciò, sono due gli aspetti fondamentali che ancora mancano
per poter valutare l’effetiva efficacia della rete e il suo funzionamento,
uno è questa piattaforma unica a cui ho fatto riferimento, che
probabilmente presto verrà realizzata. Alla sua esistenza, fondamentale,
è legato un utilizzo più attivo della rete da parte degli operatori per
ricercare al suo interno risorse utili per l’erogazione di servizi in modo
trasversale. Questo aspetto può essere risolto mediante la creazione di
un catalogo della rete, che non sia una semplice lista, ma che classifichi
gli operatori accreditati in base alle diverse tipologie di prestazioni
offerte in modo da rendere possibile l’integrazione de servizi tra l’uno
e l’altro.
Il secondo problema è un tema di comunicazione: la rete deve
essere in qualche modo comunicata al cittadino, proprio perchè se
la rete non acquisisce una propria identità e visibilità, come di fatto
è in questo momento, l’individuo non percepisce la sua esistenza e
quindi non sa come rintracciarla o come utilizzarla. La creazione di
un’identità di rete è quindi un requisito essenziale per consentire il suo
effettivo funzionamento.
20
Il caso. La riforma dei servizi per l’impiego in Regione Lombardia
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OFFERTA/INTERAZIONE
UN NUOVO PROCESSO
DI EROGAZIONE
L’erogazione della dote, ovvero dei
servizi promossi e finanziati da Regione
Lombardia, avviene seguendo un
particolare processo, stabilito come
modello standard valido per tutti i centri
accreditati.
Tutti gli operatori che entrano a far parte di questo sistema regionale
devono essere in grado di costruire un’interazione con l’utente basata
sul processo stabilito, è quindi indispensabile che essi lo conoscano nel
dettaglio e lo implementino nel modo corretto. Ogni dote ha in realtà
alcune specificità che richiedono delle piccole variazioni all’interno
del processo di erogazione, ma sostanzialmente il modello di base
rimane sempre lo stesso ed è quello sancito da LaborLab, il primo
servizio speciale lanciato de Regione lo scorso anno, che è diventato
un programma pilota per la costruzione e la comunicazione di tutte le
misure speciali successive.
Ma come si relaziona il modello concepito con le abituali prassi
degli operatori accreditati? Per rispondere a questo interrogativo non
possiamo che ricorrere ancora una volta alla distinzione tra centri
pubblici e centri privati.
Mentre nel caso dei pubblici, il processodote diventa il modello con cui erogare
servizi, nel caso dei privati si crea una
sorta di doppio processo, quello abituale
e quello previsto dalle misure regionali.
Questo aspetto non ha un grande impatto sui centri pubblici, che
già operavano seguendo prassi molto simili, ma lo ha sui privati, a cui
viene chiesto di far convivere duplici servizi all’interno della medesima
struttura. I privati da un lato continuano a svolgere come sempre le
loro attività, ma dall’altro devono adottare il modello di erogazione
e interazione previsto nel momento in cui forniscono i servizi di
Regione.
In entrambi i casi -pubblico e privato- è comunque indispensabile
comunicare all’operatore questo processo di erogazione delle doti
affinchè venga applicato correttamente. Ciò non significa solo
apprenderne le tappe e i momenti più significativi, ma comporta una
comprensione e un’assunzione ad un livello più profondo dei valori
proposti, che guidano le nuove pratiche di relazione con i beneficiari
stessi.
Il primo impegno che l’operatore si
assume è quello di porre il cittadino al
centro della propria offerta.
All’atto pratico tutto ciò si traduce in un sistema di strumenti, di
cui fanno parte la rete stessa e la dote, che sono mezzi predisposti da
Regione per riuscire a costruire dei servizi speciali attorno ai singoli
cittadini. La rete e la dote sono però solo le due punte dell’iceberg di
questo sistema: in realtà è necessario che gli operatori assumano nuovi
modelli di comportamento e di interazione con gli utenti per essere
conformi ai valori di centralità della persona promossi dalla Regione.
Il nuovo processo prevede l’articolazione del momento dell’offerta
in una serie predefinita di passaggi successivi: il tutto ha inizio con un
primo momento di accoglienza e informazione, che si conclude con
il Patto di Servizio se il cittadino decide di prendere parte ad uno dei
programmi regionali. Avviene quindi l’assegnazione di un tutor e un
colloquio di analisi dei bisogni e orientamento, al termine del quale
inizia la stesura del Piano di Intervento Personalizzato, strumento
cruciale per l’erogazione delle doti, che esplicita tutto ciò che verrà
fatto per e con il beneficiario nei mesi successivi. In seguito si ha il
momento di erogazione vera e propria delle prestazioni, attraverso
una fase formativa o di apprendistato, momento in cui il tutor
mantiene un costante rapporto con l’utente in modo da monitorarne
le attività. Infine si procede con la stesura di una relazione finale e
l’accompagnamento del beneficiario nel mondo del lavoro.
All’interno di questo processo riconosciamo due aspetti significativi
e innovativi. Il primo è relativo all’assegnazione di un tutor, ovvero di
una figura all’interno del centro per l’impiego che si prende in carico i
beneficiari, seguendoli in ogni fase del processo dote. Il tutor diventa
proprio il punto di riferimento per il singolo individuo, l’elemento che
garantisce lo sviluppo di un rapporto più personalizzato con i sistemi
messi a disposizione dalla Regione o dal centro stesso. Il secondo
elemento di valore rispetto alla centralità dell’utente è invece quello
relativo alla costruzione di un Piano di Intervento Personalizzato,
costruzione che avviene mediante il dialogo tra operatore e beneficiario
e che conduce all’individuazione di una serie di misure e di attività
personalizzate in base delle caratteristiche e delle esigenze esibite dal
singolo individuo.
L’utente non è più così il destinatario finale di una serie di servizi,
ma viene integrato nel sistema molto prima, fin dal momento della
costruzione delle misure d’intervento più adatte alle sue specifiche
necessità.
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21
INDEX
24
TIPOLOGIA
IL RUOLO CENTRALE
DEGLI OPERATORI
25
26
STRATEGIA
UNA PROGETTAZIONE
TOP-DOWN
27
28
LABORLAB
UN SERVIZIO NEL
SERVIZIO
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I SOPRALLUOGHI
LA DISTANZA TRA
PROGETTO E REALTÀ
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24
Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale
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TIPOLOGIA
IL RUOLO CENTRALE
DEGLI OPERATORI
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In questo caso non si tratta solamente di gestire adeguatamente
l’interazione, ma anche di farlo mettendo in pratica i principi
d’innovazione su cui si fonda la Riforma.
È necessario predisporre tutti gli
strumenti che consentono al cittadino di
individuare e usufruire delle opportunità
promosse dalla Regione, come è previsto
dalle nuove politiche attive.
L’operatore è uno di questi strumenti.
A questo proposito ricordiamo i ragionamenti contenuti nella
prima parte della tesi e inclusi nel modello presentato relativo alla
comunicazione nel design dei servizi.
Per dare vita ad un servizio efficace e ben comunicato nel momento
della sua erogazione all’utente finale, che è il punto di maggior
interesse perchè è il momento del contatto con i consumatori del
servizio, è necessario gestire in modo adeguato tutte le forme di
comunicazione che precedono quel momento, in particolare anche la
comunicazione agli operatori che lo erogano, in quanto essi stessi sono
una componente dell’interfaccia con cui interagisce l’utente finale.
Cerchiamo di entrare più nello specifico delle attività richieste
all’operatore per comprendere meglio il suo ruolo centrale.
Il processo sancito non prevede che ricadano su di essi solamente
nuove attività di tipo operativo, ma anche una serie di aspetti che
hanno direttamente a che fare con la comunicazione del servizio
all’utente finale e l’interazione con esso.
Tuttò ciò che l’operatore fa è in primo luogo fondamentale per
dare visibilità al servizio e in un secondo momento per renderlo
accessibile e usabile dal punto di vista dell’utente. Questo significa
che ogni operatore deve rispettare una serie di requisiti affinchè il
servizio risulti appunto visibile, accessibile, usabile, ecc. Requisiti
che coinvolgono sia aspetti strutturali e organizzativi, sia aspetti di
comunicazione e interazione.
Nel capitolo precedente ho cercato di ripercorrere in breve cos’è
questa Riforma dei centri per l’impiego e quali cambiamenti ha portato
nell’erogazione dei servizi per il lavoro. Vorrei ora porre l’attenzione
sugli elementi che rendono questo caso interessante dal punto di vista
della comunicazione.
Gli operatori rivestono un ruolo centrale
essendo il mezzo attraverso cui ha luogo
l’interazione con i servizi promossi dalla
Regione.
Per capire come il servizio deve essere erogato e comunicato è
quindi fondamentale spostare la nostra attenzione sull’attività degli
operatori e sulla comunicazione a loro rivolta.
La loro centralità è indiscussa: essi devono prendersi in carico gli
individui e supportarli con dei servizi che siano davvero strutturati
attorno ad essi. Per trasformare i valori della Riforma in realtà, gli
operatori hanno a disposizione un processo a cui attenersi e una serie
di strumenti di supporto, che devono diventare parte delle loro prassi
di erogazione.
Al di là degli specifici impegni che gli operatori si assumono nei
confronti del cittadino nel processo dote, se consideriamo l’attività
di un centro per l’impiego sulla base della matrice automatismodelocalizzazione, essa si colloca tra quelle tipologie di servizio basate
su un’interazione face2face che avviene sul luogo. Ciò significa che
il servizio prevede un’interazione diretta tra il singolo individuo e
l’operatore del centro, il quale deve possedere gli strumenti e le capacità
necessarie per gestire un dialogo di questo tipo.
Pensiamo ad esempio alla necessità che il servizio sia riconoscibile
sul territorio, che non ci siano barriere fisiche, psicologiche o cognitive
che ne impediscono l’accesso, che ci siano degli spazi per l’attesa e degli
spazi per i colloqui individuali a tutela della privacy,... queste sono tutte
misure che l’operatore deve prendere a prescindere dal processo-dote e
dall’erogazione delle misure speciali, perchè rientrano in un insieme di
parametri atti a garantire il “buon servizio”.
Ci sono poi tutta una serie di attività e di requisiti che al contrario
sono indispensabili per consentire il contatto tra le attività di Regione
e i cittadini e l’erogazione di questi servizi. L’operatore dovrà quindi
promuovere queste opportunità nel centro, dargli una visibilità
all’interno della propria offerta, essere in grado di spiegare all’ipotetico
utente che cos’è il processo-dote e di metterlo in atto, passaggio per
passaggio, assegnando un tutor all’individuo e monitorando ogni fase
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lungo tutta la durata del processo stesso. Non stiamo più parlando di
requisiti per un generico “buon servizio” ma di requisiti specifici per
l’erogazione ed in particolare la comunicazione dei servizi offerti da
Regione attraverso i singoli centri.
La centralità degli operatori e la conseguente importanza della
comunicazione ad essi rivolta è qui presentata come una criticità
proprio alla luce dell’esito della precedente fase di analisi. Nella
prima parte della tesi ho infatti mostrato come questo tipo di
comunicazione, rivolta al personale, sia spesso un punto trascurato e
soggetto ai meccanismi comunicativi propri delle relazioni interne alle
organizzazioni, meccanismi in genere non progettati.
Mancano strumenti efficaci a supporto di questa fase di
implementazione del servizio attraverso il personale. Eppure è
evidente l’esigenza di comunicare ai soggetti erogatori attraverso
degli strumenti progettati, in grado di avere un effetto formativo
sull’interlocutore a cui si rivolgono.
Si presenta quindi la situazione di difficoltà preannunciata in cui si
ha la presenza del personale, esso riveste un ruolo fondamentale, ma
non ci sono gli strumenti che riescano a comunicare adeguatamente
con questi interlocutori.
Agli operatori viene destinata una
comunicazione burocratica, in linea con
le consuete forme di comunicazione
interna, nonostante essi siano i soggetti
che devono costruire l’esperienza del
servizio con l’utente e che quindi devono
trasformare quelle indicazioni in una
serie di comportamenti effettivi.
26
Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale
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STRATEGIA
UNA PROGETTAZIONE
TOP-DOWN
La richiesta che viene fatta agli operatori non è di certo una
richiesta poco impegnativa. Si tratta di un cambiamento più o meno
sostanziale, a seconda dei casi, dei propri impegni verso l’utente e di
un’evoluzione nelle attività svolte e nel modo di svolgerle in funzione
del processo-dote stabilito dalla Regione.
Nel momento in cui un operatore decide di procedere con
l’accreditamento, entrando a far parte della Rete dei servizi regionali,
dovrà quindi uniformarsi a determinati requisiti che regolano
l’erogazione di quei servizi.
Data la centralità del suo ruolo all’interno del processo e rispetto
all’utente finale e data la necessità che egli modifichi le proprie abituali
prassi, si presenta un evidente tema di comunicazione. Come spiegare
agli operatori tutto questo? Come colmare questo divario tra il
progetto e la realtà?
Forse ancora prima di rispondere a questi quesiti ci dobbiamo
chiedere se esiste e perchè esiste questo divario.
Ricordo le parole di Sean Miller, di Live|Work, perchè durante la
nostra conversazione io gli chiesi come loro gestivano la comunicazione
con il personale del servizio in fase di implementazione, sapendo che
anche Live|Work si stava occupando di progettazione nell’ambito di
servizi pubblici. Lui mi parlò di co-progettazione, dell’importanza e
della necessità di coinvolgere queste persone nel progetto per poter
da un lato sviluppare un servizio che fosse in linea anche con le loro
aspettative ed esigenze e dall’altro lato infondere in loro la conoscenza
e la consapevolezza delle motivazioni di ogni decisione presa, per
agevolare la successiva messa in pratica ed erogazione del servizio.
In base alle sue parole, l’unico metodo efficace per la formazione del
personale è proprio il suo coinvolgimento nella progettazione stessa
del servizio.
Regione Lombardia non solo non
ha coinvolto gli operatori nella fase
progettuale, ma non si è nemmeno
dotata in seguito di forme di
comunicazione utili per trasmettere loro
il processo stabilito.
Nel momento in cui i progettisti iniziano a parlare sempre di
più di co-produzione e di strategie bottom-up per la generazione, la
comunicazione e lo sviluppo di servizi, ci troviamo ancora di fronte
a situazioni di questo tipo, in cui il progetto è enormemente messo a
rischio dal fatto di essere stato concepito al di fuori della realtà di cui
è parte. Situazione questa in cui anche la comunicazione proveniente
dall’alto diventa decisiva, essendo l’unico mezzo in grado di supportare
l’implementazione.
Indipendentemente dalle condizioni in cui operano i centri per
l’impiego pubblici e indipendemente dagli interessi che governano le
logiche dei centri privati, l’ente regionale ha messo a punto “a tavolino”
questa strategia, basata sui concetti di rete e di dote, per rivoluzionare
il sistema a favore del cittadino, creando una nuova concorrenza tra
pubblico e privato e quindi degli incentivi da entrambe le parti per il
miglioramento delle prestazioni erogate.
Il servizio pubblico si trovava infatti in una situazione stagnante:
essendo l’unico ad usufruire dei fondi regionali, non si preoccupava
del funzionamento effettivo di questi servizi. Ora non è più così, ora
il cittadino può accedere ai finanziamenti e alle misure speciali anche
attraverso i privati, e questo ha l’obiettivo di incentivare il servizio
pubblico a migliorare le propria attività per allinearsi al privato ed
essere competitivo. Sicuramente la direzione è corretta -è così che
funziona in molti stati della Comunità europea- ma si è tradotta in un
sistema che fino a questo momento ha creato più difficoltà che vantaggi
al centro pubblico.
Il servizio pubblico, che opera con un’utenza più disagiata di quella
dei privati, in strutture che spesso non rispondono nemmeno a delle
norme basilari di accessibilità e usabilità degli spazi e soprattutto che
non ha a disposizione un grande database di aziende (che è invece la
base dell’attività di un privato) fatica a sostenere la conocorrenza creata
dal modello regionale.
Dall’altro lato, la Riforma impone ai privati un processo che dal
punto di vista pratico si inserisce bene nelle attività normalmente
svolte, ma che ne ribalta l’approccio. Gli interessi in gioco sono ben
altri rispetto alla centralità dell’utente e alla costruzione delle misure
personalizzate promosse dalla Regione. La logica di base su cui si
fonda l’attività di un privato non è di certo quella di supportare le
persone: le agenzie per l’impiego non lavorano per i cittadini, ma
lavorano per le imprese, sono le aziende i loro clienti e sono le aziende
che pagano la loro attività.
Tutti i processi che si innescano all’interno di un centro privato
nascono dalla necessità di trovare persone da collocare nelle aziende
che esibiscono richieste specifiche, mentre, come sappiamo, le misure
regionali proclamano un percorso esattamente inverso, in cui il punto di
partenza non sono le richieste delle aziende ma i bisogni del cittadino.
Cosa è successo quindi dal momento in cui è stato inaugurato
LaborLab, il primo programma regionale basato sul meccanismo
della dote, ad ora? I centri pubblici faticano ad allinearsi in termini
di qualità del servizio offerto ai centri privati, soffrendo una perdita
delle entrate legate a questi finanziamenti regionali. I centri privati
hanno continuato sostanzialmente ad erogare i loro servizi, ricevendo
fondi dalla Regione qualora i casi trattati rientravano nei requisiti del
programma regionale. L’effettivo utilizzo delle doti a supporto del
cittadino e di una personalizzazione dell’offerta grava completamente
sul buon senso del singolo operatore.
Ho ritenuto opportuno accennare a questi temi che riguardano il
modo in cui la Riforma è stata formulata e messa in atto perchè hanno
inciso molto sul tipo di servizio proposto e sulla sua erogazione. In
realtà questi problemi riguardano politiche e strategie decisionali che
qui non verranno approfondite, mentre ci occuperemo in seguito
esclusivamente della comunicazione di questo modello e di come, in
una situazione di questo tipo, gli strumenti comunicativi siano l’unico
mezzo attraverso cui è possibile trasformare le decisioni provenienti
dall’alto in un concetto o un processo reale.
28
Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale
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LABORLAB
UN SERVIZIO NEL SERVIZIO
“Alla luce del nuovo quadro normativo, il Programma LaborLab
rappresenta la prima attuazione della legge regionale 22/06 e lo
schema di riferimento per sviluppare un modello di governance per la
gestione delle politiche attive del lavoro.”
Comunicare i programmi regionali, di cui LaborLab è un esempio,
ed il loro processo di erogazione, richiede il confronto con un’ulteriore
problematica, tanto considerando il lato operatore quanto quello
utente.
LaborLab e le misure speciali promosse da Regione attraverso la
dote sono infatti una sorta di servizio nel servizio, ovvero utilizzano
come canale di erogazione, e quindi come canale per arrivare al
cittadino, un sistema composto da centri che già erogano altri servizi.
In particolare i centri per l’impiego, ma anche gli enti formativi e le
scuole, sono i soggetti coinvolti che si trovano a sovrapporre i servizi
relativi alla dote alle loro abituali attività.
La sovrapposizione tra servizi grava a
livello operativo sulle prestazioni svolte,
ma grava ancora di più sull’aspetto
comunicativo, soprattutto se si
considerano gli operatori come uno dei
principali veicoli attraverso cui rendere il
servizio visibile e riconoscibile agli
utenti finali.
Aderendo al programma regionale, gli operatori entrano a far
parte di una rete che eroga i servizi-dote, pur mantenendo la propria
identità individuale. Ma come è possibile per il cittadino riconoscere
la rete e i centri accreditati attraverso cui accedere alle doti se ognuno
mantiene la propria identità singola? La comunicazione del sistema è
un problema che sicuramente ci dobbiamo porre e che ha un impatto
sulla comunicazione stessa dei singoli centri partecipanti. Se ognuno
mantiene, come si è detto e come è giusto che sia, la propria identità,
dovrà comunque essere costruita un’altra identità parallela che
accompagni la comunicazione dei servizi offerti dalla rete, rendendoli
visibili e riconoscibili all’interno dei singoli centri.
Alla luce di tutto ciò è fondamentale progettare questa identità
della rete, che ancora non esiste, e far sì che gli operatori accreditati
la esibiscano, così come esibiscono e utilizzano tutti gli strumenti che
Regione mette loro a disposizione per l’erogazione dei propri servizi.
Questo è un tema delicato proprio perchè la nuova identità della
rete va ad inserirsi in contesti già caratterizzati da una propria identità
specifica non modificabile, soprattutto nel caso dei centri privati.
Viceversa i centri pubblici, dominati dalla confusione e dalla nonidentità tipica delle istituzioni italiane, potrebbero cogliere l’occasione
per essere uniformati, aderendo in modo significativo all’identità della
rete. Questo non sarebbe affatto scorretto, perchè la rete e la dote
diventano i meccanismi con cui il servizio pubblico eroga tutti i propri
servizi, e inoltre perchè darebbe una maggiore identità e visibilità a
questi centri la cui esistenza è scarsamente percepita sul territorio.
Cosa significa costruire un’identità dentro l’identità e quindi
comunicare il servizio nel servizio?
Ci occuperemo poi dell’aspetto progettuale vero e proprio, ma
possiamo già immaginare quali siano i requisiti necessari per questa
doppia comunicazione. Il sistema regionale dovrà essere nominato
in modo univoco e contraddistinto da un segno di riconoscimento
che lo renda visibile e identificabile dall’utente. Questo segno di
riconoscimento dovrà quindi essere applicato all’esterno di ogni singolo
centro, per identificare i luoghi accreditati e distinguerli da quelli non
accreditati, e su tutto il materiale informativo prodotto dalla Regione.
L’operatore ha un compito importantissimo, che è quello di dare
visibilità a questo segno e a questo materiale informativo all’interno
del centro e di diventare egli stesso un canale, attraverso il dialogo,
per divulgare informazioni riguardo alle doti e agli impegni assunti da
Regione. L’obiettivo è quello di strutturare la comunicazione in modo
che le informazioni giungano al cittadino, che egli riconosca la rete e il
sistema e che sia in grado di accedere ai servizi da esso proposti.
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Elementi di complessità nella comunicazione del servizio regionale
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I SOPRALLUOGHI
LA DISTANZA TRA
PROGETTO E REALTÀ
Se avessimo dovuto immaginare un processo di progettazione
del servizio, sicuramente avremmo previsto un coinvolgimento degli
operatori nella fase di ideazione del programma e avremmo iniziato il
ragionamento partendo da un’analisi approfondita delle dinamiche e
dei meccanismi che governano il mondo dei servizi per il lavoro. Nella
realtà invece il personale non è mai stato coinvolto ed il progetto non è
di certo partito da un’osservazione dell’esistente.
Una fase di osservazione in realtà c’è stata, ma solo a posteriori,
quando ormai il programma era stato definito e implementato. Solo
dopo il lancio di LaborLab, sono stati condotti questi sopralluoghi con
l’obiettivo di rilevare la situazione attuale e stabilire i requisiti necessari
per l’erogazione del servizio, in linea con i principi promossi dalla
Riforma.
L’osservazione è avvenuta selezionando un campione di centri
pubblici e privati nelle varie province lombarde e svolgendo dei
sopralluoghi presso questi centri per valutare il tipo di attività svolta e
la coerenza rispetto al modello.
Durante le visite, ARIFL, attraverso un investigatore incaricato,
osservava le attività svolte rispetto a dei livelli essenziali di prestazioni
che l’operatore accreditato deve presentare nelle diverse fasi del
processo di erogazione della dote. Contemporaneamente noi di Domus
Academy assistevamo al sopralluogo cercando di catturare il maggior
numero possibile di informazioni rispetto al tema dei requisiti minimi
per la comunicazione del servizio e dell’interazione con l’utente. Per
fare questo ci siamo costruiti una griglia di analisi basata sulle Linee
Guida per l’Interazione individuate da Elena Pacenti nel corso della sua
tesi di Dottorato e abbiamo utilizzato questa griglia sia per valutare gli
aspetti relativi alla comunicazione del singolo centro, sia per valutare
gli aspetti relativi alla comunicazione della rete e dei servizi di Regione
all’interno dei centri.
Abbiamo osservato gli aspetti di identità e visibilità del servizio
sul territorio e di identità e visibilità dei servizi regionali al suo
interno; elementi di accessibilità che coinvolgono tanto la sfera fisica,
quanto quella psicologica e infine quella cognitiva; aspetti di usabilità
del servizio da parte dell’individuo ed in particolare di usabilità del
processo LaborLab; fattori di trasparenza rispetto alle attività del
singolo centro ma anche rispetto alle offerte regionali e infine elementi
di personalizzazione dell’offerta, nell’ottica di una maggiore centralità
dell’individuo.
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La rilevazione ci ha consegnato una grande quantità di informazioni
e soprattutto la consapevolezza che c’era ancora molto da fare affinchè
il modello di LaborLab diventasse una prassi consolidata all’interno
dei centri.
I casi positivi che abbiamo incontrato, ricordo in particolare
Adecco di Brescia e il centro pubblico per l’impiego di Leno (BS),
erano casi in cui era evidente come la personalità e la capacità
dell’operatore responsabile erano i principali fattori nel determinare il
funzionamento e l’efficienza del centro. Questi sono anche i casi in cui
il processo LaborLab veniva erogato nel modo corretto.
L’altro lato della medaglia è rappresentato da tutti quegli operatori
che invece sono totalmente disinteressati al servizio che svolgono nei
confronti del singolo ed orientati alla logica aziendale; questi sono
anche i casi in cui la dote viene usata in modo inappropriato per
finanziare corsi e inserimenti lavorativi non in funzione delle esigenze
del cittadino ma delle esigenze delle imprese.
1-2-3-6. Agenzia Adecco di Brescia
4-5-6. Centro per l’impiego di Leno (BS)
8. Centro per l’impiego di Pavia
INDEX
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STRATEGIA
GLI STRUMENTI
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PROMOZIONE vs.
INFORMAZIONE
UN USO IMPROPRIO
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PROMOZIONE vs.
INFORMAZIONE
IL KIT LABORLAB
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Come è stato comunicato il sistema di servizi regionali
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STRATEGIA
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comunicazione agli operatori
GLI STRUMENTI
far vedere
far capire
Dopo aver ripercorso tutti gli aspetti innovativi che appartengono
a questo nuovo sistema di erogazione dei servizi regionali e dopo
aver illustrato come esso si colloca rispetto alle attuali prassi degli
operatori, sia dal punto di vista delle prestazioni proposte che da
quello dell’interazione messa in atto, passiamo ad analizzare come
tutto questo è stato comunicato ai diretti interessati.
Non sono stati progettati strumenti di
comunicazione per gli operatori.
L’attenzione si è concentrata interamente sulla comunicazione
agli utenti finali, i destinatari delle misure speciali, scavalcando così
un passaggio indispensabile per l’implementazione del servizio.
L’adeguata formazione degli operatori è infatti condizione necessaria
e indispensabile affinchè il servizio esista e sia pronto a soddisfare le
esigenze dei cittadini.
Questo caso è esemplificativo di una situazione diffusa, soprattutto
nel servizio pubblico e più in generale nel mondo dei servizi, per cui
non viene rivolta attenzione alla comunicazione interna, al personale
di erogazione, nonostante esso sia un anello fondamentale di
comunicazione anche verso l’utente.
Venendo a mancare questi passaggio di comunicazione interna,
viene a mancare il collegamento tra il modo in cui il servizio è stato
concepito e il modo in cui il servizio viene erogato nella realtà.
Regione Lombardia non ha quindi previsto alcuna forma di
comunicazione del cambiamento in atto, ma ha predisposto una serie
di strumenti rivolti all’utente nel momento del lancio di LaborLab, il
primo programma improntato sul nuovo sistema. Questi strumenti
sono racchiusi in un kit LaborLab, distribuito ai vari centri per
promuovere il programma al loro interno. Attraverso questi strumenti
di promozione gli operatori stessi sono venuti a conoscenza del
programma in modo più approfondito.
Gli operatori hanno sopperito alla
mancanza di strumenti e di canali di
comunicazione utilizzando quegli stessi
strumenti e canali di comunicazione
destinati all’utente del servizio.
Ovviamente questo ha posto rimedio alla situazione, ma non è di
certo la soluzione ottimale, proprio perchè utente e operatore sono
due interlocutori completamente diversi. È prima di tutto diverso
il ruolo che essi ricoprono e il valore che portano all’interno del
servizio e dell’esperienza del servizio. Questo si traduce nella necessità
di ricevere informazioni di tipo differente: da un lato l’operatore
deve conoscere nel dettaglio le prestazioni offerte, il sistema che le
supporta, e le modalità d’interazione, per poter assumere un corretto
comportamento in fase di erogazione. Dall’altro lato l’utente ha la
necessità di ricevere una comunicazione appropriata affinchè egli
possa conoscere il servizio, in termini di offerta, e usufruirne dando
vita ad un’esperiena di interazione piacevole e soddisfacente. La
differenza tra i due interlocutori investe anche il tema del linguaggio
e del livello cognitivo: l’operatore conosce un lessico e delle procedure
che fanno parte del mondo dei servizi per l’impiego che sicuramente
l’utente invece non conosce. La richiesta di sistemi comunicativi
appropriati e differenti è quindi legata sia ai diversi ruoli ricoperti,
e quindi alle diverse finalità, sia al divario cognitivo e di linguaggio
presente tra i due soggetti.
Vediamo quindi quali sono state le misure di comunicazione
prese nei confronti dell’utente che poi sono divenute fonti di
informazione anche per gli stessi operatori, per poi analizzare in
modo più appronfondito il contenuto di questo Kit LaborLab, che ha
svolto il ruolo principale a tal proposito, unendo appunto funzione
promozionale per l’utente e informativa per l’operatore.
far fare
comunicazione agli utenti
far capire
far vedere
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Come è stato comunicato il sistema di servizi regionali
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PROMOZIONE vs. INFORMAZIONE
UN USO IMPROPRIO
Non essendo stata progettata una vera e propria strategia di
comunicazione rivolta all’operatore e concepita per illustrare il nuovo
modello di erogazione dei servizi, è nata questa forma di utilizzo
improprio degli strumenti comunicativi destinati all’utente, che sono
divenuti il mezzo attraverso cui lo stesso operatore ha appreso il
programma regionale.
Tutte le riflessioni qui contenute prendono come punto di
riferimento LaborLab perchè esso è stato il primo Programma avviato
da Regione, quindi il primo momento in cui sia utenti che operatori
sono entrati in contatto con questo nuovo sistema. Inoltre da quel
momento, le doti erogate da Regione hanno continuato a sfruttare gli
stessi canali di comunicazione, tant’è che esse vengono tutte in modo
errato associate al nome LaborLab, ma questi sono altri problemi di
gestione delle misure speciali e della loro erogazione che non sono
ancora stati affrontati e di cui per ora non ci occuperemo.
Prendendo LaborLab come caso rappresentativo e come modello
sulle cui tracce sono stati comunicate le altre doti, analizziamo in
particolare alcuni elementi che hanno contraddistinto la comunicazione
all’utente e in modo improprio all’operatore: il naming, fondamentale
per presentare al pubblico un oggetto sconosciuto, diventando il
primo significativo elemento di riconoscimento; il progetto di identità
come strumento per costruire una visibilità del servizio offerto; il
kit LaborLab, inviato ai diversi operatori per promuovere il servizio
all’interno del centro e infine il sito web, utilizzato come strumento
informativo per gli utenti e operativo per gli enti erogatori.
L’operatore si è costruito un modello del
funzionamento del servizio attraverso
gli strumenti di promozione destinati ai
cittadini.
Un’impresa praticamente impossibile dal momento che nessuno di
questi strumenti spiega all’operatore cosa egli debba fare, qual è il suo
ruolo, quali sono i cambiamenti previsti dal suo punto di vista e qual è
l’impegno assunto aderendo a questi programmi. Non solo abbiamo a
che fare con una serie di strumenti destinati ad un altro interlocutore e
con funzionalità diverse, ma per di più una serie di strumenti così mal
progettati da risultare di dubbia efficacia anche nell’ambito stesso della
comunicazione all’utente per cui sono stati concepiti.
naming
identity
kit di comunicazione
web site
Il naming è sicuramente fondamentale nel mondo
dei servizi e possiamo segnalarlo come un punto
ancora irrisolto nel caso della comunicazione delle
misure speciali promosse da Regione Lombardia.
Lo stesso discorso con cui abbiamo presentato
l’operazione di naming, vale anche per il progetto
di un’identità visiva dei servizi speciali di Regione.
Così come è accaduto per il nome, non esiste
ancora un riconoscimento visivo per le doti
erogate, ma è stato fatto questo progetto -molto
forte, istituzionale e completo- di immagine
coordinata per il programma LaborLab. Non
è seguito però un medesimo progetto per le
successive misure di accompagnamento, così
che tutto è in questo momento caratterizzato da
un’identià ibrida e non ben definita.
La creazione della rete è stata subito seguita
da una campagna di comunicazione rivolta ai
potenziali utenti in ambito regionale attraverso la
distribuzione di materiale informativo (pieghevoli,
locandine, flyer, vetrofanie), materiale reperibile
all’interno dei centri accreditati e in spazi comuni
come lo Spazio Regione. Ancora una volta notiamo
come tutto questo materiale non spiegava in alcun
modo all’utente il sistema, ma direttamente il
programma LaborLab.
Nel caso di LaborLab si è arrivati addirittura alla
creazione di un sito di Programma e ancora una
volta l’artefatto è stato realizzato senza nessun
tipo di progetto, diventando uno strumento
inutilizzabile.
LaborLab non individua infatti le misure di
accompagnamento regionale ma solo uno dei
programmi previsti, il primo, e risponde alla
necessità di dare rilievo ai concetti di progettualità
(Laboratorio) e di lavoro (Labor) propri di quella
particolare misura di accompagnamento.
Indipendentemente dal fatto che i giochi sonori
e i doppi sensi generati possono dare origine a
delle incomprensioni più che fornire elementi di
maggiore chiarezza, l’uso del termine LaborLab è
andato oltre il concetto iniziale a testimoninanza
della scarsa consapevolezza e della superficialità
con cui è stata affrontata questa scelta.
Quello che succede è che ora anche le altre doti
vengono erroneamente denominate così da
operatori e utenti. Una comunicazione iniziale,
rivolta in particolare agli operatori, di supporto
nella comprensione della riforma e dei singoli
programmi, avrebbe sicuramente evitato questo
tipo di inconvenienti.
La comunicazione di LaborLab è invece stata
supportata da questo progetto di identità che si è
rilevato a suo modo efficace per uniformare tutti
i materiali comunicativi e per rendere in qualche
modo riconoscibile l’intero programma regionale
ad operatori e utenti.
Il tema è ora quello di capire se ha senso creare
un’identità di rete a prescindere dal caso LaborLab
e come far vivere i singoli programmi all’interno di
un riconoscimento che contraddistingua in senso
complessivo l’erogazione delle doti.
Questo kit contiene quindi materiale promozionale
e informativo rispetto ai contenuti e alle finalità del
programma con l’obiettivo di aiutare il pubblico
nell’individuare le opportunità a lui destinate e di
introdurlo nel concetto di rete, da utilizzare per la
libera scelta degli operatori a cui rivolgersi.
Rimane aperta la questione relativa alla reale
efficacia di tutto questo materiale informativo,
chiedendosi se davvero è in grado di “incontrare”
il pubblico e di comunicare ad esso. Inoltre,
rispetto all’operatore, le informazioni qui fornite
non sono così rilevanti, trattandosi di strumenti
promozionali destinati all’utente generico.
Innanzitutto, come nel caso degli altri strumenti,
non sono mai stati creati siti per i successivi
Programmi-Dote, quindi tutto il materiale
informativo necessario -anche quello relativo ad
altri servizi regionali- è finito su LaborLab, che è
diventato una specie di sito raccoglitore di tutte le
doti. Ancora una volta uno strumento nato con un
obiettivo, l’ha poi perso strada facendo.
Il sito è oltretutto inutilizzabile dal punto di vista
dell’architettura delle informazioni: i contenuti
rivolti all’utente e quelli rivolti all’operatore si
intrecciano continuamente, senza riuscire ad
indirizzare nè l’uno nè l’altro verso ciò che interessa
loro. Oltre ad un problema di architettura del sito,
emerge un problema di lebelling, per cui le diverse
aree non sono nominate in modo comprensibile
e tutto ciò rende la navigazione problematica e il
sito stesso non usabile (senza parlare dell’aspetto
grafico che non supporta in alcun modo la
fruizione stessa).
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Come è stato comunicato il sistema di servizi regionali
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PROMOZIONE vs. INFORMAZIONE
IL KIT LABORLAB
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Ripercorriamo quanto è accaduto. Regione Lombardia, ed in
particolare ARIFL -l’ente che promuove queste misure specialiha avviato un’azione comunicativa via e-mail per annuniciare la
possibilità per i centri per l’impiego di accreditarsi al sistema regionale
diventando parte della rete di enti erogatori dei servizi promossi dalla
Regione stessa. Ai centri che si sono così accreditati, sono stati inviati
questi kit LaborLab, che contengono tutto il materiale promozionale
ritenuto necessario per comunicare agli utenti il nuovo Programma
finanziato dalla Regione.
In ogni caso, se volessimo analizzare questi strumenti rispetto
al modello proposto, vediamo come tutta l’azione comunicativa
sia affidata ad artefatti finalizzati al far capire e al far vedere. Tutti
strumenti che scelgono come canale di comunicazione quello del
materiale informativo sotto forma di brochures o poster. Ma pensiamo
alle miriadi di opuscoli e locandine normalmente presenti in un centro
per l’impiego: i messaggi e le informazioni si sovrappongono a tal
punto da comprometterne la ricezione stessa da parte del pubblico a
cui sono destinate.
Il kit contiene degli strumenti in realtà totalmente indatti ad
informare l’operatore, ma questo uso improprio è stato causato
dall’assenza di altre forme di trasmissione delle informazioni, che allo
stesso tempo avevano la necessità di conoscere il processo con cui
erogare questi servizi speciali.
Un ulteriore problema è quello legato al linguaggio -parlo
soprattutto di linguaggio verbale - su cui è costruita la comunicazione.
Da un lato compare il tema dell’abolizione del linguaggio specialistico,
che può compromettere la reale comprensione del messaggio da parte
degli utenti finali. Dall’altro lato emerge invece il tema di identificare
in modo univoco un interlocutore a cui rivolgersi nel progettare questo
tipo di strumenti, onde evitare che si mescolino in un unico oggetto
aspetti che interessano l’utente, aspetti che interessano l’operatore e
aspetti che interessano l’ente regionale stesso
Dagli strumenti promozionali l’operatore
non può apprendere nulla -o quasiriguardo ad attività, valori, modalità
d’interazione e procedure.
Nel kit troviamo: una vetrofania da applicare sulla facciata esterna
del centro per rendere indentificabile al pubblico il centro stesso
come un punto di erogazione dei servizi regionali, un espositore e
delle brochure che spiegano all’utente interessato cos’è il programma
LaborLab, a chi è rivolto e come fare a parteciaparvi, un poster di
promozione del programma e uno storyboard che mette in mostra
il tipo di interazione che si crea tra utente e operatore in un ipotetico
percorso di erogazione della dote.
Una riflessione infine sullo storyboard, che è sicuramente una
direzione corretta per tradurre in un racconto visivo il processo. La
visualizzazione delle informazioni non deve però diventare sinonimo
di un’eccessiva semplificazione dei concetti, anzi dovrebbe essere
un’occasione per chiarire dei passaggi difficili da comprendere.
Viceversa il risultato in questo caso è quello di approdare ad
un racconto che non corrisponde più ad una rappresentazione
dell’interazione reale perche è privato di ogni informazione che vada
oltre il livello elementare descritto.
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3
I materiali promozionali sono l’unico elemento di visibilità del
programma regionale e della rete stessa di servizi.
Non dimentichiamo infine il tangram inserito all’interno del
kit, questa volta destinato per davvero agli operatori, riprendendo
il simbolo su cui è stata costruita l’identità visiva del programma
(qualsiasi commento risulterebbe inadatto).
1. Il tangram contenuto nel kit LaborLab destinato agli operatori accreditati
2. Un dettaglio dello storyboard che racconta il processo di erogazione della dote
3. L’insime degli artefatti comunicativi contenuti nel kit LaborLab
INDEX
42
43
UN NUOVO STRUMENTO
IL VADEMECUM
50
PROTOTIPO. LA MAPPA
COME STRUMENTO
D’INTERAZIONE
51
44
INTERVENTO
PROGETTUALE. DALLA
DESCRIZIONE TESTUALE
AL RACCONTO VISIVO
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TRA BLUEPRINT E
STORYBOARD
LA MAPPA DEL PROCESSO
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IL LINGUAGGIO DELLA
NOTAZIONE PROGETTUALE
NELLA COMUNICAZIONE
AGLI OPERATORI
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Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo
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UN NUOVO STRUMENTO
IL VADEMECUM
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comunicazione agli operatori
far vedere
far capire
In questa situazione, si è presentata l’esigenza di uno strumento
rivolto esclusivamente all’operatore che descrivesse in modo adeguato
il processo di erogazione delle doti. Qualcosa che illustrasse nel
dettaglio il tipo di attività e d’interazione richiesta, sia a livello pratico,
indicando procedure, documenti e strumenti, sia a livello qualitativo,
esplicitando i valori ed i principi coinvolti.
Le procedure, i documenti, gli strumenti,
i valori, i principi e le modalità
d’interazione hanno trovato spazio
all’interno del vademecum.
Approdare a questo risultato non è stato un semplice compito
per la Regione. La difficoltà principale, che ha dilatato i tempi di
produzione del vademecum, è attribuibile alle continue variazioni e
modifiche apportate al processo di erogazione della dote, che è tuttora
una procedura in via di definizione. Questo ha appunto causato un
prolungamento continuo dei tempi necessari per la sedimentazione
delle varie componenti del processo all’interno di uno strumento
comunicativo.
Ma cos’è questo vademecum? Quale è stato l’output finale di questo
grande sforzo di descrizione del processo?
Il vademecum è un documento in
versione pdf, scaricabile dal sito internet
di LaborLab, con una lunghezza pari a
circa 150 pagine.
La lunghezza del documento è variabile perchè in realtà per ogni
dote è stato prodotto uno specifico vademecum, nonostante i processi
siano sostanzialmente gli stessi con alcune minime variazioni.
Regione Lombardia ha esteso dunque all’operatore l’oggetto tipico
delle comunicazioni interne che dominano l’istituzione pubblica. Un
report lunghissimo, dettagliato e ridondante, che spiega all’operatore
come funziona il processo di erogazione della dote.
La finalità comunicativa è quella di far
comprendere all’operatore il processo, in
modo che egli si costruisca un modello
mentale del servizio che eroga e possa
trasformare queste conoscenze in
una serie di comportamenti, azioni e
decisioni.
Ricordiamoci a tal proposito della finalità cognitiva e della finalità
comportamentale di cui abbiamo parlato nella prima parte della tesi.
Ci chiediamo quindi, rispetto a quello che dev’essere il risultato finale,
come comunica questo vademecum. Ci troviamo nella sfera della
comunicazione finalizzata ad una comprensione simbolica, la scelta
effettuata è quella di descrivere attraverso i segni linguistici l’intero
processo.
La prima riflessione a questo proposito riguarda proprio la modalità
comunicativa scelta, perchè ciò che ne deriva è una descrizione
sicuramente meticolosa e rispettosa di ogni elemento, ma allo stesso
tempo impegnativa, poco scorrevole da leggere, piena di rimandi e di
ripetizioni che creano più confusione che chiarezza.
Il vademecum così formulato richiede all’operatore un grande
impegno per la sua lettura e comprensione, oltre che una quantità di
tempo considerevole. Se volessimo conservare un racconto di questo
tipo ma migliorare la sua fruizione potrebbe essere interessante
progettare diversamente l’artefatto in modo da favorire proprio la sua
far fare
lettura, prevedendo ad esempio la possibilità che il lettore scelga più
facilmente quali contenuti desidera approfondire e quali no.
Un altro aspetto che è utile valutare è quello relativo al mezzo
di comunicazione scelto, ovvero il documento testuale; un mezzo
largamente diffuso in questo genere di comunicazioni. Questo può
essere un vantaggio per la familiarità che l’operatore ha con queste
forme di comunicazione, ma dall’altro lato può avere un effetto
negativo di dispersione nel vasto numero di documenti che circondano
l’operatore stesso.
Se infine spostiamo l’attenzione sul tema del linguaggio, emergono
le maggiori problematiche. Il vademecum si è portato al suo interno
tutta una serie di termini specialistici derivati dalle comunicazioni
regionali, termini che rendono la descrizione del processo molto
più difficile da leggere e comprendere per chi non ha una buona
familiarità con quel linguaggio.
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Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo
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INTERVENTO PROGETTUALE
DALLA DESCRIZIONE TESTUALE
AL RACCONTO VISIVO
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comunicazione agli operatori
far vedere
far capire
Il linguaggio burocratico presente all’interno del vademecum si
presenta come un ostacolo per la comprensione dei contenuti da parte
degli operatori. La trasmissione del processo è allo stesso tempo un
nodo cruciale da risolvere per permettere la corretta erogazione delle
doti e lo sviluppo di adeguate strategie d’interazione con gli individui.
È nata così l’idea di tradurre il
vademecum in un artefatto differente,
che eliminasse il problema del
linguaggio burocratico e che rendesse
la comprensione del processo più
immediata.
La costruzione di una versione schematica del percorso-dote
diventa un’opportunità per raggiungere questo obiettivo e per fornire
all’operatore una guida che agevoli la lettura del vademecum stesso.
Spostiamo quindi il focus della comunicazione da una modalità
incentrata sul far capire, ad una incentrata sul far vedere: dalle
centocinquanta pagine di testo scritto ad una rappresentazione
visiva unica del processo; da un artefatto improntato sul linguaggio
burocratico ad una forma di comunicazione più accessibile e
comprensibile anche per i soggetti esterni all’ente regionale.
La comunicazione visiva presenta delle
potenzialità enormi, legate al concetto
di architettura delle informazioni e alle
tecniche di rappresentazione dei processi
complessi.
far fare
Visualizzare il processo aiuta l’operatore
a comprendere in modo più immediato il
sistema stesso, mettendo in evidenza le
fasi, gli strumenti e i valori in gioco.
Consapevoli che una rappresentazione visiva non poteva contenere
la quantità di informazioni raccontate nel vademecum, non abbiamo
mai pensato di sostituire quello strumento, ma semplicemente di
accostarvi un artefatto che ne facilitasse la comprensione e l’utilizzo da
parte dell’operatore.
Nel progettare questo strumento abbiamo tenuto in considerazione
un altro importante aspetto: il momento di interazione tra operatore e
utente. In effetti durante il colloquio di orientamento l’operatore deve
spiegare all’utente quale sarà questo percorso finanziato dalla dote
regionale e di certo non è semplice descrivere verbalmente un iter così
lungo e complesso.
Questo stesso strumento di rappresentazione schematica può
diventare un supporto all’interazione tra operatore e utente, un
supporto che supporta l’operatore nel descrivere al beneficiario il
percorso dote, mostrandogli le tappe fondamentali e favorendo un suo
orientamento all’interno del processo.
Il vademecum diventa così uno
strumento di condivisione del processo
tra operatore e beneficiario.
Questo spiega perchè nello spostare il vademecum all’interno della
mappa esso va ad occupare una posizione intermedia tra il far vedere
e il far fare: uno strumento di visualizzazione del percorso e allo stesso
tempo un artefatto su cui costruire il dialogo.
,46
Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo
TRA BLUEPRINT E STORYBOARD
LA MAPPA DEL PROCESSO
La rappresentazione del processo riprende il modello dello storyboard,
inteso come racconto dell’interazione nel tempo, e il modello del
blueprint, caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di attori, di
una linea di visibilità e dei touchpoint.
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La visualizzazione del processo è stata costruita partendo dalla
lettura del vademecum, da cui è iniziata una faticosa opera di
schematizzazione delle fasi e delle procedure, una schematizzazione
che si è snellita nel tempo, mano a mano che gli elementi venivano
posizionati e definiti con maggiore chiarezza.
Partendo dalla lettura del vademecum,
uno dei primi risultati è stato una sorta di
blueprint molto sintetico.
Questa, che vediamo qui sotto, e che poi è diventata la versione
definitiva, è già un’evoluzione di quei primi grafi estrapolati dal
testo del vademecum. In comune con il tradizionale blueprint del
servizio è rimasta sicuramente la linea temporale lungo cui si snoda
il racconto, che ripercorre cronologicamente le fasi di erogazione di
un intero processo-dote. Inoltre anche qui abbiamo la presenza di
un doppio canale di attività, quello dell’utente e quello dell’operatore,
ognuno svolge specifiche azioni, spesso in diretta corrispondenza l’una
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con l’altra. Ci sono poi attività svolte proprio in contemporanea che
vengono individuate lungo lo schema come momenti di contatto tra le
due figure, proprio come previsto in un blueprint.
L’altro modello riconoscibile nella
rappresentazione è lo stoyboard, inteso
come racconto per fasi successive.
In questo senso il tentativo di ottenere una visualizzazione iconica
di alcuni elementi ha proprio l’obiettivo di attribuire una maggiore
figuratività al racconto e quindi una maggiore immediatezza
interpretativa. In particolare sono stati rappresentati attraverso dei
pittogrammi gli strumenti coinvolti, che contraddistinguono ogni
singolo passaggio all’interno del percorso scandendo il processo e
dando visibilità alle evidenze del servizio con cui utente e operatore
stabiliscono un contatto diretto.
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Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo
IL LINGUAGGIO DELLA
NOTAZIONE PROGETTUALE
NELLA COMUNICAZIONE AGLI
OPERATORI
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Il vademecum. Diverse modalità per raccontare il processo
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PROTOTIPO
LA MAPPA COME
STRUMENTO D’INTERAZIONE
1
l’oggetto racchiude in un pieghevole la visualizzazione del processo e la
spiegazione degli aspetti di qualità su cui si fonda la nuova idea di interazione operatore/utente.
I punti di accesso alla mappa sono
i tre attori coinvolti nel processo di
erogazione dei servizi: ARIFL, operatore e
beneficiario.
Questi attori sono utili per identificare fin dall’inizio i ruoli
all’interno del processo e scegliere il percorso di lettura in base al
proprio ruolo. Questo tipo di configurazione è utile per l’operatore
per comprendere le attività che dovrà svolgere, ma anche il tipo di
relazione che dovrà instaurare con l’utente da un lato e con l’ente
regionale dall’altro. Ribaltando il punto di vista e assumendo la
prospettiva dell’utente, visualizzare il percorso dell’operatore a fianco
al proprio è un modo per percepire con trasparenza il sistema che
supporta l’erogazione del servizio.
I percorsi rappresentano, attraverso il
loro avvicinamento e allontanamento
reciproco, l’andamento dell’interazione
tra i diversi attori.
Essi non sono quindi flussi rigidi, ma percorsi flessibili che si
avvicinano e allontanano l’un l’altro a seconda della maggiore o minore
interazione tra gli attori. I punti raffigurati lungo le intersezioni tra i
percorsi sono i nodi principali della relazione, i nodi che sanciscono il
passaggio da una fase a quella successiva. La rappresentazione diventa
in questo modo estremamente comunicativa rispetto alla natura del
percorso e alla sua evoluzione nel tempo.
Il percorso visualizzato è diventato una
mappa pieghevole, da sfogliare o da
utilizzare come piattaforma di dialogo.
2
3
La rappresentazione è inoltre completata e supportata da un livello
didascalico che racconta i valori coinvolti nelle rispettive fasi, mettendo
in evidenza i principi su cui l’operatore dovrebbe basare l’interazione.
Questo strumento è stato progettato ed approvato dall’ente
regionale ma non è per ora stato realizzato. Approfitterei di questo
fatto per aprire una breve parentesi sui vincoli a cui è soggetto un
progetto reale, che ha delle esigenze in termini di costi e di tempi che
non possono non essere considerate. Queste restrizioni aumentano
ancora di più quando il committente, come in questo caso, è un
ente pubblico, governato da gerarchie che non possono mai essere
scavalcate e che richiedono tortuosi passaggi di informazioni prima di
giungere ad una decisione o una risposta di qualsiasi tipo. Il progetto
reale è interessante proprio per tutti questi elementi che lo governano,
perchè progettare significa anche riuscire a produrre l’artefatto
migliore muovendosi all’interno dei confini stabiliti. In questo senso
vorrei che gli artefatti qui presentati non vengano considerati e valutati
senza pensare al contesto in cui si collocano e ai limiti posti dall’ente
istituzionale di riferimento.
In realtà il nostro intervento non si è limitato alla costruzione dello
storyboard o blueprint del percorso, ma è diventato il progetto di un
artefatto comunicativo che contiene questa visualizzazione e che la
rende visibile all’operatore e condivisibile dal medesimo con l’utente.
1. Il prototipo creato in relazione con uno degli oggetti comunicativi prodotti da Regione per la promozione di LaborLab
2-3. Immagini dell’apertura del pieghevole che presenta la mappa nella parte superiore e una didascalia con la descrizione degli elementi di qualità e degli strumenti coinvolti nella
parte sottostante
INDEX
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55
IL PUNTO DI PARTENZA
REQUISITI PROGETTUALI
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VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
LA MODALITÀ ESPRESSIVA
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ELABORAZIONE
DEL MODELLO
LE LINEE GUIDA
PER L’INTERAZIONE
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VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
LA STRUTTURA DEL
RACCONTO
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ELABORAZIONE
DEL MODELLO
GLI STRUMENTI
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VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
GLI STRUMENTI
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VISUALIZZAZIONE
DEL MODELLO
ZOOM SUGLI STRUMENTI
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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55
IL PUNTO DI PARTENZA
REQUISITI PROGETTUALI
1
Abbiamo raccontato il programma di Riforma dei servizi per il
lavoro e il compito affidato a Domus Academy. Abbiamo evidenziato
gli elementi di criticità di questo caso e analizzato la strategia con cui
è stato comunicato. Abbiamo infine descritto lo strumento principale
di comunicazione agli operatori attualmente utilizzato, il vademecum,
ipotizzando un modo per renderlo più efficace.
Ripartiamo ora dalle ragioni per cui è stato richiesto l’intervento
di Domus Academy per poter introdurre il progetto in corso di
realizzazione, progetto che rappresenta un’occasione per vedere il
modello teorizzato in azione e per sperimentare la costruzione di un
nuovo strumento comunicativo. La richiesta da parte di Regione era
quella di formulare un modello di comunicazione dei servizi al lavoro,
nell’ottica di un coordinamento tra soggetti diversi nell’erogazione
dei nuovi servizi, di una riorganizzazione del sistema a sostegno
dell’impiego, di una sperimentazione dei dispositivi di politica attiva
previsti dal programma e dalla legge regionale.
Sulla base di queste esigenze, è stato avviato un lungo processo teso
alla formulazione di questo modello di comunicazione dei servizi, un
processo durante il quale sono stati vagliati e selezionati una serie
di requisiti e di strumenti, fino ad arrivare ad identificare gli aspetti
essenziali. I punti di riferimento in questa fase di definizione dei
contenuti sono stati da un lato i livelli minimi di prestazioni identificati
da ARIFL e dall’altro ciò che noi ipotizzavamo essere il modello ideale
di erogazione del servizio e di interazione operatore/utente sulla base
dei principi promossi proprio dalla nuova legge regionale. Ulteriori
elementi che hanno facilitato il nostro compito sono stati i risultati dei
sopralluoghi, che mettevano in evidenza una serie di aspetti positivi
e allo stesso tempo una serie di aspetti negativi all’interno delle realtà
analizzate: gli aspetti positivi sono stati trasformati in indicazioni
utili per la costruzione del modello. Non dimentichiamo infine le
linee guida che hanno guidato la stesura di questo modello, ovvero le
indicazioni per il progetto dell’interazione formulate da Elena Pacenti
nel corso del suo Dottorato in Disegno Industriale (1998).
2
Al termine di questa fase di elaborazione del modello è stato
necessario concentrarsi sull’individuazione di uno strumento adatto a
raccontare questo stesso modello a Regione Lombardia e agli operatori
interessati, cercando di evitare che queste indicazioni rimanessero
un’elencazione di buone pratiche fine a sè stessa.
In questo secondo momento sono risultati maggiormente utili i
ragionamenti contenuti nella parte iniziale della tesi, che mi hanno
fornito una visione completa dello stato di fatto nel mondo della
comunicazione agli operatori e una serie di indicazioni relative alle
modalità con cui questo tipo di comunicazione può avvenire in
relazione alle finalità stesse. Quello che era stato l’output della prima
parte di indagine è ora divenuto al contrario il punto di partenza per la
formulazione e la definizione di un progetto comunicativo.
La lunga fase di relazioni con i nostri interlocutori, ente regionale
ed operatori dei centri per il lavoro, ha inoltre portato ad una
conoscenza sempre maggiore del tipo di destinatari a cui questo
strumento è dedicato. Il progetto è stato quindi soggetto ad una
serie di cambiamenti e rifacimenti in corso, per diventare un mezzo
di comunicazione comprensibile ed efficace. Questo ha portato più
volte ad affrontare proprio il tema della comunicazione di un servizio
volta alla sua implementazione, ponendo continuamente di fronte
al problema di dare una visibilità a concetti ed aspetti prettamente
immateriali e difficilmente rappresentabili.
Nelle pagine seguenti verrà quindi illustrato in primo luogo il
metodo utilizzato per costruire il modello di servizio e in un secondo
momento la soluzione comunicativa adottata per rappresentarlo.
Le riflessioni sul modello di comunicazione in fase di implementazione
rappresentano il punto di partenza per capire quali effetti e
contenuti devono essere privilegiati e soprattutto con quali strumenti e
quindi modalità comunicare agli operatori.
1-2-3. Immagini del modello teorico per la comunicazione agli operatori in fase di implementazione (prima parte)
3
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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ELABORAZIONE DEL MODELLO
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I requisiti di comunicazione del servizio sono stati individuati
avendo in mente le Linee Guida per l’Interazione formulate da Elena
Pacenti, i risultati dei sopralluoghi, i livelli minimi di prestazione
richiesti da ARIFL e le diverse fasi che compongono il processo di
erogazione del servizio.
LE LINEE GUIDA
PER L’INTERAZIONE
Il primo passo è stato quindi quello di suddividere il processo
di erogazione dei servizi regionali in specifiche fasi di interazione;
successivamente sono stati individuati lungo il processo una
serie requisiti di comunicazione riconducibili a sei diverse
tematiche (identità, visibilità, accessibilità, usabilità, trasparenza e
personalizzazione).
Sono emerse due diverse tipologie di requisiti, come è stato
evidenziato nella seguente schematizzazione: requisiti che ricadono sul
sistema regionale e sulla sua specifica comunicazione e requisiti invece
di natura più generica che ricadono sul singolo operatore o centro per
l’impiego. Quando si parla, ad esempio, di riconoscibilità della rete
si fa riferimento alla necessità di una serie di strumenti che rendano
PRE-REQUISITI
PRE-REQUISITI
INFORMAZIONE E INFORMAZIONE E
PRIMA ACCOGLIENZA
PRIMA ACCOGLIENZA
ORIENTAMENTO
ORIENTAMENTO
PERSONALIZZAZIONE
PERSONALIZZAZIONE
DEL PERCORSO DEL PERCORSO
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visibile l’esistenza della rete ai cittadini, strumenti la cui realizzazione
e distribuzione verte unicamente su Regione Lombardia. Parlando
invece di accessibilità fisica e cognitiva del servizio si fa riferimento
ad una serie di norme e di strumenti che ciascun operatore dovrebbe
adottare per migliorare la propria prestazione indipendentemente
dall’erogazione dei servizi regionali.
Inizialmente abbiamo pensato ad un racconto che contenesse
entrambe le indicazioni, in modo da costruire un modello completo
del servizio per l’impiego in Lombardia. Questo significava però
mescolare aspetti di diversa natura e soprattutto perdere il punto
di vista sul principale problema, ovvero la comunicazione della rete
di servizi regionali. Da questa mappa sono stati quindi estrapolati
i requisiti relativi al sistema dote ed utilizzati per identificare degli
specifici strumenti adatti alla soluzione di quei singoli temi di
interazione.
MISURE DI
MISURE DI
ACCOMPAGNAMENTO
ACCOMPAGNAMENTO
CONCLUSIONE
DEL PROCESSO
CONCLUSIONE
DEL PROCESSO
comunicazione dellacomunicazione
rete
della rete
riconoscibilità dellariconoscibilità
rete
della rete
identità
identità
visibilità esterna delvisibilità
centro esterna del centro
visibilità
visibilità
multi-canalità
accessibilità
multi-canalità
orientamento nel centro
orientamento nel centro
assenza di barriere assenza
psicologiche
di barriere psicologiche
informazioni sulle attività
informazioni sulle attività
esposizione orari e contatti
esposizione orari e contatti
gestione dei tempi di
gestione
attesa dei tempi di attesa
assenza di barriere assenza
cognitivedi barriere cognitive
autoconsultazione offerte
autoconsultazione offerte
accessibilità
spazi riservati per i colloqui
spazi riservati per i colloqui
condivisione del processo
condivisione del processo
usabilità
usabilità
trasparenza sui servizi
trasparenza
dote
sui servizi dote
monitoraggio delle attività
monitoraggio delle attività
rilevazmento feedback
rilevazmento feedback
indicazione praticheindicazione
di buon esito
pratiche di buon esito
trasparenza
trasparenza
identificazione dell’utente
identificazione dell’utente
personalizzazionepersonalizzazione
interazione con la rete
interazione con la rete
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personalizzazione dei
personalizzazione dei
canali di comunicazione
canali di comunicazione
tracciabilità del percorso
tracciabilità del percorso
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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ELABORAZIONE DEL MODELLO
GLI STRUMENTI
Sulla base della precedente fase di definizione dei requisiti, sono
stati individuati alcuni specifici strumenti che vanno a comporre il
modello di comunicazione del sistema dote rispetto a cinque diversi
temi. Già a partire da questa fase di elaborazione concettuale sono
state immaginate e descritte delle soluzioni comunicative nel modo più
dettagliato possibile, in modo da fornire delle indicazioni specifiche
rispetto agli strumenti e non dei concetti generici. Fin da questo
momento è infatti emersa l’esigenza di attribuire una componente
tangibile a questi concetti immateriali. Vediamo quindi in modo
specifico il modello che è stato definito.
geografia, fornendo i dati per potersi mettere in contatto tra loro.
delle persone a cui rivolgersi.
effettuato dagli operatori.
3. una mappa che mostra i centri accreditati sul territorio. Per dare
visibilità alla presenza della rete sul territorio si è pensato di realizzare
delle mappe, divise per province, sulle quali posizionare i singoli centri
in modo tale da appenderle all’interno delle agenzie e rendere così
accessibile l’intera rete.
7. mappa vademecum del processo. Elemento che racconta in
modo sintetico tutto il percorso della dote, visualizzando i diversi ruoli
(Regione Lombardia, Operatore, utente) con le relative competenze
ed i momenti di incontro. E’ molto utile per capire la dinamica di
svolgimento di un processo di per sé abbastanza complesso, in modo
Personalizzazione
Visibilità dei servizi del sistema
regionale lombardo
Trasparenza
Identità e visibilità della rete
degli operatori
I servizi e le opportunità offerte all’interno del sistema regionale
(sistema dote) devono essere riconoscibili presso tutti gli operatori
accreditati e mostrati in parallelo rispetto alla normale offerta di
servizi del Centro. Strumenti:
La rete degli operatori pubblici e provati accreditati a fornire servizi
offerti da Regione Lombardia (sistema dote) sono parte di un sistema
unico, cui partecipano e aderiscono pur mantenendo le proprie
identità individuali. Tale sistema deve essere visibile agli operatori e
al cittadino attraverso un’identità specifica e dei segni/strumenti di
riconoscimento, che esplicitino gli attori e gli strumenti facenti parte
del servizio. Strumenti:
4. una mappa dell’offerta dei sistemi regionali. Una mappa
dell’offerta è lo strumento che raccoglie e comunica i servizi offerti dal
sistema regionale lombardo, con particolare evidenza sulle doti attive.
5. promozione del servizio su diversi canali. La presenza del
riferimento alla pagina web e al numero verde come requisito da
introdurre in tutti i messaggi promozionali e pubblicitari del sistema
1. un marchio ombrello, come segno dell’appartenenza alla rete.
E’ lo strumento che conferisce una identità della rete degli operatori,
che accompagna tutti i materiali di comunicazione dei servizi che
Regione Lombardia lancia all’interno del sistema dote, e che gli
accreditati possono utilizzare come segno di riconoscimento della loro
dote, sono utili a favorire l’accessibilità del servizio
appartenenza alla rete.
E’ indispensabile che l’accesso ai servizi sia favorito sia a livello di
indicazioni pratiche sia a livello psicologico e che ci siano misure che
ne facilitino la fruizione. Strumenti:
2. un catalogo dei centri accreditati con sistema di localizzazione.
Il catalogo degli operatori con un sistema di localizzazione e un sistema
di filtri, permette sia agli operatori sia agli utenti di individuare i centri
appartenenti alla rete, in base ai servizi offerti e alla loro posizione
Accessibilità e usabilità dei servizi
6. bedge identificativo degli operatori. I cartellini identificativi
aiutano l’utente ad orientarsi nel centro facilitando l’individuazione
tal da non generare fraintendimenti tra utente e operatore.
I servizi offerti e gli impegni reciproci devono essere chiari fin
dall’inizio del processo per stabilire un rapporto di fiducia e per
eliminare possibili fraintendimenti durante le fasi di erogazione. Si
dovrebbe inoltre prevedere una fase finale di valutazione dell’esperienza
da parte dell’utente per poter implementare il servizio. Strumenti:
8. carta dei servizi dote. La carta dei servizi del sistema dote di
Regione Lombardia mette in evidenza i principi e i valori alla base del
sistema e chiarisce gli impegni che gli operatori si assumono a garanzia
della qualità delle prestazioni e dei servizi per la persona.
9. diario di bordo per l’utente. Agenda di supporto al percorso
dote che viene consegnata all’utente all’inizio del percorso, al
momento della redazione del Piano di Intervento Personalizzato (PIP).
Contiene una parte descrittiva della dote (con caratteristiche e mappa
vademecum) e permette di segnarsi le date importanti (come scadenze
o impegni) relative al proprio progetto. Dovrebbe diventare una sorta
di diario di viaggio che raccoglie le impressioni e le riflessioni sulle
esperienze vissute.
10. pratiche di buon esito. Le esperienze di successo di crescita
ed inserimento lavorativo delle persone potrebbero essere comunicate
sotto forma di storie, e offrire così un feed-back positivo sul lavoro
La personalizzazione del servizio rispetto all’utente è un elemento
che aggiunge qualità e migliora la funzionalità del servizio, riuscendo
ad adattare le prestazioni in base alle reali esigenze che emergono nelle
diverse fasi del percorso. Strumenti:
11. card di identificazione dell’utente. Uno strumento di
riconoscimento delle persone che intraprendono il percorso dote
potrebbe essere utile e facilitare gli utenti nel momento in cui
dovessero entrare in contatto con diversi attori della rete, e in
prospettiva diventare una card per accedere a funzioni evolute del
sistema informatico (come la carta regionale dei servizi)
12. strumento di raccolta del materiale relativo al percorso dote
appena realizzato. Una cartelletta personalizzata per la raccolta di tutti
i documenti, report e valutazioni relative al proprio percorso potrebbe
essere consegnata alle persone come una traccia tangibile ed una
testimonianza del percorso realizzato.
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLO
GLI STRUMENTI
Dopo aver individuato i singoli strumenti che compongono il
modello si è posto il problema di raccontarli. Questa esigenza si è
presentata in particolare pensando a quegli strumenti che possiamo
definire innovativi rispetto alle abituali prassi comunicative di Regione
e dei servizi per l’impiego in genere. I nostri interlocutori avrebbero
compreso immediatamente il concetto di promozione su più canali,
ma forse per arrivare a comprendere cos’è un marchio ombrello, o una
mappa dell’offerta, o una carta dei servizi non sarebbe stato sufficiente
illustrare il concetto.
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Era quindi necessario visualizzare gli strumenti. Ma con quale
livello di specificità? Quale linguaggio di rappresentazione scegliere
per mostrarli?
Inizialmente ho sperimentato rappresentazioni più concettuali,
utilizzando tecniche come quella del disegno in outline e
dell’illustrazione, ma rimaneva sempre l’incognita relativa alla
tangibilità di questi elementi. La scelta è stata quindi quella di costruire
davvero gli strumenti, simulandone l’esistenza attraverso fotografie e
fotomontaggi realistici. Solo in questo modo abbiamo avuto la certezza
di raccontare il modello concepito in un modo inequivocabile ed
efficace.
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1. marchio ombrello 2. catalogo on line dei centri accreditati 3. mappa della rete 4. mappa dell’offerta
5. promozione dei servizi 6. bedge identificativo dell’operatore 7. mappa vademecum del processo 8. carta dei servizi 9. diario di bordo 10. pratiche di buon esito
11. card d’identificazione degli utenti 12. report del percorso dote
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLO
LA MODALITÀ ESPRESSIVA
comunicazione agli operatori
far vedere
Le indicazioni individuate sono quindi state tradotte in una serie
di strumenti e visualizzate attraverso di essi. Appare evidente come
tutto ciò avesse infine bisogno di assumere una forma completa che
diventasse il racconto del modello elaborato.
L’occasione in questo senso ci si è presentata quando Regione
Lombardia ha deciso di avviare Agenda di Transizione, ovvero un
programma di incontri per formare gli operatori accreditati dei servizi
per l’impiego, radunandoli in sedute collettive di discussione. Agenda
di Transizione ci offriva la possibilità di pensare ad uno strumento
che fosse distribuito o utilizzato in queste occasioni, che erano già di
per sè sei momenti adatti, trattandosi di momenti di formazione del
personale.
Proprio nel ragionare su come trasformare le nostre indicazioni
in uno strumento di racconto del modello è divenuto importante
ripensare ai contenuti della mia ricerca e alle deduzioni estratte dal
modello. Quello che avevamo erano delle vere e proprie linee guida,
che normalmente vengono tramutate in artefatti stampati, i quali una
volta consegnati all’operatore non fanno altro che andare ad accrescere
la grande mole di materiale informativo che già lo sommerge.
Volevamo quindi partire dal concetto di linee guida, non tanto
come strumento, quanto piuttosto come tipologia di contenuti, per
elaborare un nuovo artefatto comunicativo. Un nuovo strumento che
non fosse un’elencazione stampata facilmente disperdibile in mezzo a
tanti altri materiali comunicativi.
Il fatto di collocarsi in un momento formativo, che prevede
quindi un far fare, ha spinto verso la scelta di uno strumento che in
qualche modo potesse essere di supporto mostrando. Il mostrare, il far
vedere, può essere sicuramente un aspetto interessante per raccontare
qualcosa ad un interlocutore cercando di coinvolgerlo il più possibile
e allo stesso tempo di rendere più chiari, comprensibili, tangibili i
contenuti di cui si sta parlando.
far capire
Il set di indicazioni, in termini di requisiti
e di strumenti, è stato trasformato in un
racconto visivo del modello.
Questo tipo di intervento progettuale risulta interessante proprio
perchè cerca di trasformare uno strumento tipico della fase di
implementazione, quello delle linee guida, in un nuovo strumento
che agisce su una comprensione iconica più che simbolica. Il
tentativo è proprio quello di rendere visibile l’oggetto servizio e la
sua comunicazione, che come abbiamo visto sono caratterizzati da
un’ampia componente immateriale.
far fare
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLO
LA STRUTTURA DEL RACCONTO
LOODDEI L
CLOOMU
MODELM
DINCIC
OAZ
MUIONNE
ICAZIONE
DEL NUDOV
TEMA
ELONSUISOV
O SISTEMA
ROL AVORO
AVOIL
LER
IL P
PERIZI
DEI SERV
DEIIZISERV
Il racconto nasce dall’idea di dare visibilità al modello stesso di
servizio tramutando la sua struttura concettuale in una struttura
tridimensionale vera e propria, con un chiaro riferimento alla
creazione di un luogo ideale in cui avviene l’erogazione dei servizi per
il lavoro regionali.
4. TRASPARENZA
4. TRASPARENZA
Per la costruzione del modello concettuale visibile a lato è risultato
utile riprendere la mappatura iniziale che associava ogni strumento
ad una specifica fase del processo di erogazione. Questo ha appunto
consentito la riorganizzazione dei temi e degli strumenti lungo un
ipotetico percorso all’interno del centro per l’impiego, creando un
contesto utile alla loro spiegazione.
Ad ogni tema e ai suoi strumenti è stata dedicata una specifica
porzione della struttura. Il percorso inizia dagli strumenti di identità
e visibilità della rete, che sono collocati sulla parete esterna proprio
perchè rappresentano gli elementi attraverso cui la rete rende visibile la
sua presenza all’esterno. Procedendo oltre l’ingresso compare un’altra
parete intermedia, che rappresenta invece la visibilità degli specifici
servizi del sistema, visibilità fondamentale per potervi accedere.
Il concetto di accessibilità al servizio è stato associato a quello di
accoglienza e orientamento all’interno del modello, per cui l’operatore
identificato da un bedge posto dietro al suo bancone da reception
con la mappa vademecum del processo. A questo punto è possibile
entrare nel servizio vero e proprio, simulato attraverso l’area dedicata
ai colloqui individuali, in cui vengono messi in campo gli strumenti di
trasparenza del servizio nei confronti del singolo individuo. Infine il
beneficiario termina il suo percorso all’interno del centro e uscendone
porta con sè gli strumenti personalizzati che testimoniano il fatto di
essere stato beneficiario di un percorso dote.
La struttura concettuale diventa così un modello interattivo, in
cui è possibile visualizzare l’approfondimento relativo alle specifiche
tematiche e allo stesso tempo gli strumenti specifici, collocandoli nel
loro esatto contesto di riferimento.
1. IDENTITÀ
VISIBILITÀ
1.EIDENTITÀ
E VISIBILITÀ
DELLA RETE
DEGLI
OPERATORI
DELLA RETE
DEGLI OPERATORI
5. PERSONALIZZAZIONE
5. PERSONALIZZAZIONE
2. VISIBILITÀ
DEI SERVIZI
2. VISIBILITÀ
DEI SERVIZI
DEL SISTEMA
DELDOTE
SISTEMA DOTE
3. ACCESSIBILITÀ
E USABILITÀ
3. ACCESSIBILITÀ
E USABILITÀ
DEI SERVIZI
DEI SERVIZI
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Costruire un modello di comunicazione del servizio
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VISUALIZZAZIONE DEL MODELLO
ZOOM SUGLI STRUMENTI
1. IDENTITÀ E VISIBILITÀ
DELLA RETE DEGLI OPERATORI
MAPPA DELLA RETE
Il modello contiene la rappresentazione sintetica di tutti gli
strumenti, collocati nelle diverse porzioni della struttura in base ai
temi a cui ciascuno di essi fa riferimento.
Il modello diventa un oggetto
navigabile, attraverso cui esplorare
i diversi strumenti progettati.
Selezionando attraverso il puntatore un’area o uno strumento
all’interno della struttura tridimensionale, vengono aperte delle finestre
pop up contenenti una rappresentazione frontale di quella medesima
area. Tale rappresentazione permette di isolare gli specifici elementi,
enfatizzando la loro appartenenza ad un unico tema e consentendone
una visione più dettagliata.
Riproducendo la medesima modalità di navigazione, anche il
contenuto della finestra è navigabile, permettendo di selezionare
uno ad uno ciascuno strumento. A lato, per ogni strumento vengono
visualizzate una o più immagini e una breve descrizione del suo
funzionamento, introducendo quindi le visualizzazioni realistiche
degli strumenti mostrate in precedenza.
La immagini fotografiche conservano la loro capacità di mostrare
gli strumenti in modo chiaro ed esplicito, come se fossero oggetti
realmente esistenti; il modello attraverso cui esse vengono mostrate
favorisce viceversa la comprensione della loro funzione all’interno del
sistema di servizi, supportandone la descrizione.
Tale strumento, posto a conclusione di questo processo di ricerca
e di progetto, rappresenta un’ultima riflessione sui linguaggi e sulle
potenzialità della comunicazione visiva, come mezzi attraverso cui
raccontare il servizio o-in questo caso- le linee guida necessarie per
implementarlo. Strumenti che sono a maggior ragione indispensabili
nelle fasi precedenti l’erogazione delle prestazioni, ovvero nei momenti
in cui l’aspetto immateriale è la componente predominante.
MODELLO DI COMUNICAZIONE
DEL NUOVO SISTEMA
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