Dispensa Ii anno 08-09 - Web server per gli utenti dell`Università

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Dispensa Ii anno 08-09 - Web server per gli utenti dell`Università
Lingua tedesca II
a.a. 2008-2009
Prof. Elena Di Venosa
SINTASSI DEL TEDESCO – ESEMPI TRATTI DAI ROMANZI DI KARL MAY.
Indicazioni per l’esame:
Il corso intende approfondire alcuni aspetti della sintassi tedesca scegliendo esempi da un brano
tratto dal romanzo di Karl May Im Lande des Mahdi, Bd. I, Kap. I, “Ein Chajjal”.
Prima di presentarsi all’esame verificare di aver tutto il materiale richiesto dal programma:
- gli appunti del modulo monografico (ovvero questa dispensa);
- il testo di Karl May (il brano è reperibile stampato a Germanistica e su file in Ariel);
- il libro di Alessandra Tomaselli Introduzione alla sintassi del tedesco, ed. Graphis, Bari 2005;
- l’articolo di Marie Rieger Ausgewählte be-, er- und ver-Verben und ihre Wiedergabe im
Italienischen: ein Forschungsprojekt (disponibile a Germanistica);
- l’articolo di Claudio Di Meola I verbi deittici di moto in italiano e tedesco (disponibile a
Germanistica).
All’esame sarà richiesta la lettura, la traduzione e l’analisi sintattica (sulla base dei dati qui
presentati) di un passo tratto dal testo di Karl May, oltre ai contenuti della dispensa (compresa la
conoscenza dei vocaboli), del libro e dei due articoli in programma.
Si consiglia di leggere prima questa dispensa, e poi il libro della Tomaselli e gli articoli.
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I romanzi di Karl May:
Si possono considerare Abenteuerromane “romanzi di avventure”, e rientrano nel genere della
Reiseliteratur e Jugendliteratur.
La Abenteuer- e Reiseliteratur:
Il genere sorge circa 5000 anni fa e da sempre vede da una parte il narratore, che viaggia, e
dall’altra l’ascoltatore, che rimane affascinato dalle avventure vissute dal viaggiatore. Più il viaggio
avviene in terre lontane, più il viaggio è pericoloso e avventuroso, e meglio può essere raccontato, a
voce o per iscritto.
Ovviamente non si viaggia solo per poi poter raccontare del viaggio, ma è vero che il “narrare” il
viaggio, sia che si tratti di un reportage (Bericht) obiettivo e scientifico, sia che si tratti di un
racconto personale e soggettivo, magari con qualche esagerazione, non si può negare che svolga un
ruolo importante nella elaborazione intellettuale dell’esperienza.
I racconti di viaggio e avventure non interessano solo per la descrizione dei luoghi, ma anche per gli
episodi narrati e come questi rispecchino la mentalità del tempo.
Sono tanti i motivi per cui si intraprende un viaggio: la sete di conoscenza, così come la semplice
curiosità, a volte per avidità, altre volte per spirito di missione, o per voglia di avventure. Nei
racconti emergono soprattutto questi due aspetti: Wissensdurst “sete di conoscenza” e Abenteuerlust
“voglia di avventure”. Se però può essere comprensibile il primo motivo, la semplice voglia di
avventure si giustifica meno, ma non si può negare che nella narrativa i termini Abenteuer e
Abenteurer, che hanno tante sfumature di significato, ricorrono molto frequentemente.
Il significato di Abenteuer: secondo la enciclopedia Brockhaus il termine Abenteuer viene dal
medio alto tedesco aventiure = Begebenheit “evento”, Wagnis “impresa”, dal mediolatino
adventura “wunderbares Erlebnis, ritterliche Tat, zugleich der Bericht darüber”. Mentre ritterliche
Tat, “impresa cavalleresca” è un concetto legato all’epoca medievale, gli altri modi per tradurre il
mediolat. adventura sono più interessanti per il nostro genere narrativo: wunderbares Erlebnis
“esperienza meravigliosa” e Wagnis “impresa audace” (dal verbo wagen “osare”).
Entrambi questi concetti sono relativi al viaggiatore stesso: per un viaggiatore inesperto, anche il
viaggio più breve può sembrare un’impresa. Allora chi sono gli “avventurieri” (Abenteurer)? Nel
medioevo l’avventuriero tipico era un cavaliere (Ritter) audace e nobile oppure, come ricorda
l’accezione odierna, che è abbastanza negativa, poteva essere un Glücksritter, cioè un cavaliere che
si affidava alla fortuna, un “picaro”, che faceva anche errori e doveva affrontare dis-avventure. In
epoche più recenti, quando la figura del cavaliere scompare, l’avventuriero è impersonato dagli
uomini più diversi: un combattente coraggioso, oppure un povero diavolo che deve affrontare le
avversità della vita, oppure può essere un furbetto (Schelm) che si fa largo nella vita con gli inganni;
nella narrativa si incontrano avventurieri di tanti tipi, giovani e vecchi, uomini o (più raramente)
donne (per es. Isadora Duncan).
La vita di un avventuriero si svolge sempre con molti imprevisti e problemi, spesso oscilla tra due
estremi, la fama (Ruhm) e la caduta (Untergang). Nel racconto della sua vita spesso non è
necessario aggiungere degli abbellimenti letterari, perché gli episodi stessi sono abbastanza
avvincenti, quindi lo stile in genere è lineare e sobrio. Questo vale soprattutto per la narrazione di
eventi di personaggi realmente esistiti, le cui esperienze sono a volte più strabilianti di quelli
inventati.
Uno dei personaggi storici più antichi protagonista di una storia avventurosa di viaggi è il medico
egiziano Sinuhe, vissuto nel 1390 a.C. circa: a causa del passaggio di trono a un nuovo faraone,
dovette fuggire dall’Egitto e vivere molti anni insieme ai nomadi del deserto. Egli scrisse le sue
memorie, che sono perdute, ma che hanno fornito la base per tanti racconti su di lui (e anche per un
film).
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Altri personaggi storici famosi per questo genere di letteratura sono Alessandro Magno, Cesare,
Marco Polo, Erik il Rosso, ecc.
I secoli in cui sono maggiormente diffuse le narrazioni di viaggio sono il XVI sec., il secolo delle
scoperte geografiche (Colombo, ma anche Walter Raleigh), e il XVIII sec., dove però predominano
eroi di altro tipo: il Glücksritter e il Betrüger (Casanova, Cagliostro, ecc.). Tra le opere più famose
di questo genere: Defoe: Robinson Crusoe, Verne: Reise um die Erde in 80 Tagen, Swift: Gullivers
sämtliche Reisen, Carroll: Alice im Wunderland, Salgari, Die Piraten des Malaiischen Meeres.
Lo Abenteuerroman /-erzählung rientra nel genere più ampio della Unterhaltungsliteratur. Come
abbiamo accennato prima, gli episodi sono abbastanza sorprendenti da coinvolgere il lettore anche
senza esperienti stilistici particolari; nel complesso si riscontrano in questo genere letterario
elementi della Fabel, che riporta una concatenazione di eventi e azioni dell’eroe, che tiene viva la
Spannung e in cui il lettore si identifica (anche in senso escapista); spesso contiene anche un intento
moraleggiante. Il personaggio principale presenta alcune caratteristiche che affascinano il lettore,
come il coraggio (Mut), l’intelligenza (Klugheit), la resistenza (Ausdauer), la forza (Kraft), ecc.
Dal punto di vista storico il genere letterario da cui sorge l’Abenteuerroman moderno è l’epopea
(Heldenepos), in seguito anche la poesia giullaresca (Spielmannsdichtung) e poi il romanzo
picaresco (Schelmenroman). È un genere letterario di tipo epico, legato alla Heldensage e anche alla
fiaba (Märchen), o per lo meno a una fiaba di tipo più moderno, dove gli eventi più sorprendenti si
svolgono in un contesto reale e logico.
Un esempio di racconto di viaggio è la ballata ironica Urians Reise um die Welt del poeta
preromantico Matthias Claudius (1740-1815), il cui protagonista, Urian, è uno spaccone. Interessa
qui notare il ritornello, Verzähl’ er doch weiter, Herr Urian! che ci ricorda che le storie di viaggio e
di avventure sono sempre ascoltate da un folto pubblico incuriosito (il testo è sull’ultima pagina
della dispensa, p. 34!).
Karl May e la sua opera
Karl May (1842-1912) cresce in una famiglia modesta in un villaggio dell’Erzgebirge sassone; suo
padre è tessitore, e Karl è il quinto di 14 figli. Fino all’età di 5 anni era cieco a causa di una
infezione, che poi grazie a un medico con cui lavorava la madre (levatrice) riesce a curare. Questo
ha fatto sì che il bambino sviluppasse una fervida fantasia.
A scuola impara le lingue straniere e impara a suonare pianoforte, organo e violino. Vedendo che
era portato per lo studio, il padre lo dispensa dai lavori manuali che avrebbe dovuto svolgere per
aiutare in famiglia, e gli permette di leggere libri di geografia, che May impara a memoria. Poi
frequenta anche qualche biblioteca dove legge dei Räuberromane come Rinaldo Rinaldini di
Vulpius.
Poi studia per diventare maestro: a quei tempi la scuola era molto severa: erano gli anni della
Restauration del 1848 e May viene punito severamente per alcune “mancanze”: una domenica
“bigia” la messa e una volta per Natale ruba 6 candele dalle scorte della scuola. Così viene espulso,
ma gli viene permesso di terminare gli studi in un’altra scuola.
Il ragazzo sogna anche di studiare all’università, ma questo non è possibile per motivi economici;
l’attività di maestro inoltre era piuttosto denigrata ai tempi, era considerato un lavoro umile. Questo
suo desiderio di proseguire gli studi si nota anche in molti suoi romanzi, dove il narratore è in prima
persona e si definisce un medico.
Anche quando inizia a lavorare come maestro May si trova a dover affrontare tanti problemi: fa
delle avance alla ostessa, il cui marito lo denuncia, così viene licenziato; trova lavoro in un’altra
città, ma nel 1861, quando torna a casa per le vacanze di Natale, porta via l’orologio e la pipa del
compagno di camera, che lo denuncia, e May viene arrestato appena arriva al suo paese. Viene
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condannato a 6 settimane di carcere non per furto, ma per uso indebito di roba altrui. Ormai la sua
carriera di insegnante, dopo soli due mesi, è finita.
Di questi fatti veniamo a sapere dalla autobiografia di May Mein Leben und Streben (1910).
Si tratta di punizioni fin troppo severe per piccoli “crimini” commessi in buona fede, e questo
colpisce May nel profondo. Per un po’ vive in famiglia, ma nel 1864 se ne va e si trasforma in un
Schelm, facendosi largo nella vita con piccole truffe e furti per vendicarsi delle ingiustizie subite.
Questo lo porta due volte in prigione: nel 1865-1868 e nel 1870-1874.
Dopodiché inizia una nuova vita come redattore a Dresda, che gli permette anche di scrivere lui
stesso testi di vario genere: racconti storici, Dorfgeschichten e Humoresken, poi racconti di viaggio
esotici soprattutto in America e in Oriente. Nel 1878 prova a mettersi in attività per conto suo. Già
l’anno prima era iniziata l’uscita nella rivista Frohe Stunden del suo primo romanzo Auf der See
gefangen che contiene tutti gli elementi dei suoi racconti precedenti: è allo stesso tempo un
Kriminal-, Seeräuber-, Indianer- (pellerossa), Liebes- e Gesellschaftsroman e si svolge in parte in
Germania e in parte negli Stati Uniti.
May diventa dunque un freier Schriftsteller e firma contratti con varie riviste per le famiglie per la
pubblicazione di nuovi romanzi a puntate (Fortsetzungsromane): tra il 1881 e il 1888 escono 5
Reiseerinnerungen aus dem Türkenreiche, che lo rendono famoso e in cui ormai fissa
definitivamente il suo stile che lo renderà autore di best seller. Nel giro di pochi anni escono alcuni
dei suoi romanzi per ragazzi (Jugenderzählungen) più famosi:
Der Sohn des Bärenjägers (1887),
Der Geist der Llano estakata (1887/1888),
Die Sklavenkarawane (1889/1890),
Das Vermächtnis des Inka (1891/1892),
Der schwarze Mustang (1896/1897).
A partire dal 1890 i suoi lavori escono anche in libro e non solo su rivista.
May diventa famoso soprattutto quando i suoi romanzi vengono pubblicati in una raccolta:
Gesammelte Reiseromane (poi con il nuovo titolo Gesammelte Reiseerzählungen, 27 volumi).
Ormai non ha più problemi finanziari e può vivere del suo lavoro. Negli anni ’90 escono altri suoi
romanzi famosi:
la trilogia di Winnetou (1893) (è il nome di un capo Apache)
la trilogia di Old-Surehand (1894-1896)
la trilogia di Mahdi (1895/1896)
May ormai è tanto famoso e apprezzato che viene invitato anche alla corte di Baviera e alla corte
imperiale austriaca.
Finora però i suoi romanzi li ha scritti senza mai viaggiare, anche se questo non veniva detto ai
lettori: In una lettera del 1880 la rivista Deutscher Hausschatz risponde così a un lettore:
Das können wir Ihnen wirklich nicht sagen, wie viel Selbsterlebtes und wie viel
dichterische Zuthaten an May's Reiseabenteuern sind. Das ist aber wahr, daß der
Verfasser alle jene Länder bereist hat, welche den Schauplatz der Abenteuer
bilden; und das ist richtig, daß seine farbenreichen Schilderungen von Land und
Leuten, Thieren und Pflanzen, Sitten und Gebräuchen etc. genau nach der Natur
gezeichnet sind. Also Reisenovellen bietet uns der Verfasser und in diesem Genre ist
er wohl Meister. Gegenwärtig reist er in Rußland und beabsichtigt, bald wieder
einen Abstecher in's Zululand zu machen. Vielleicht trifft er dort den treuen
tapferen Quimbo.
Solo nella marzo 1899, fino al luglio 1900, May intraprende un viaggio in Oriente: Egitto, Ceylon e
Sumatra. Questa esperienza gli dà l’idea per un nuovo tipo di romanzo, una sua invenzione: il
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romanzo di viaggio simbolico (der symbolische Reiseroman). Gli estimatori di May pensano che le
opere create dal 1900 siano i suoi capolavori:
Im Reiche des silbernen Löwen, Band 3 und 4 (1902/1903)
Und Friede auf Erden (1904)
Ardistan und Dschinnistan (1909)
Winnetou IV (1910).
Come ha fatto allora May a descrivere così bene certe zone, se non c’era mai stato? I suoi racconti
sono considerati “etnografici” perché descrivono anche luoghi e oggetti tipici delle terre in cui sono
ambientati. Dal punto di vista letterario questo tipo di letteratura è tipico dell’Illuminismo, quando
erano comuni le descrizioni scientifiche anche a livello divulgativo. Infatti sappiamo che May ha
letto molti testi geografici (non solo ai tempi di scuola) e trattati etnografici, ma alcuni lo hanno
accusato di plagio. I trattati etnografici erano molto diffusi nella seconda metà del XIX sec., perché
quella era l’epoca del colonialismo e si iniziava a provare interesse per le altre popolazioni. May ha
sfruttato anche mappe e guide linguistiche.
Purtroppo la stampa gli ha rovinato il successo degli ultimi anni, perché ha iniziato a rivelare il
passato “scapestrato” del giovane May. In alcune scuole i suoi libri vengono ritirati perché si pensa
che siano pericolosi per i ragazzi. Comunque May muore vicino a Dresda nel 1912 per una
infiammazione polmonare poco dopo un suo Vortrag di grande successo a Vienna.
Alcuni suoi lavori sono stati anche trasposti in film (verfilmen), già alcuni film muti e poi negli anni
’60 e ’70 con film su Winnetou e Old Schatterhand (protagonista di vari racconti, tra cui Der Sohn
des Bärenjägers).
Kinder- und Jugendliteratur:
I romanzi di May rientrano non solo nella Abenteuer- und Reiseliteratur, ma anche nella Kinderund Jugendliteratur.
Questo è il termine generico per indicare tutta quella narrativa destinata a un pubblico non ancora
adulto, e in genere di età tra i 6 e i 16 anni.
Ne fanno parte due sottogruppi:
- die intentionale Kinder- und Jugendliteratur, cioè i testi “consigliati” ai bambini e ai ragazzi, o
pubblicizzati come tali,
- die spezifische Kinder- und Jugendliteratur, cioè i testi redatti intenzionalmente per bambini e
ragazzi. Fanno parte di questo gruppo anche opere per adulti adattate per i giovani, per es. la Bibbia,
e i testi didattici, che nel XIX sec. non si distinguevano ancora dai testi narrativi.
Ovviamente si tratta di testi che possono essere letti anche da adulti e da famiglie, e il sottogruppo
più ampio e più interessante è il secondo, quello dei testi intenzionalmente scritti per i ragazzi.
Dal punto di vista dei contenuti, questa letteratura può essere di tre tipi:
1 - Erziehung- oder Sozialisationsliteratur, che trasmette i valori e le conoscenze necessarie ai
bambini per crescere in modo corretto e ben inseriti nella società; abbiamo visto che il genere si
sovrappone anche alla Fabel: anche la favola, infatti, è adatta sia agli adulti che ai bambini e ha
intento moraleggiante e edificante.
2 – kindgemäße bzw. jugendgemäße Literatur, che segue le teorie della psicologia dello sviluppo e
ha contenuti e scelte lessicali e linguistiche adatte a ogni fase dell’apprendimento del bambino;
3 - Anfänger- oder Einstiegsliteratur, che serve all’acquisizione di regole letterarie, quindi a
seconda dei livelli, possono includere fiabe o racconti orali molto semplici e ripetitivi.
4 - Übergangsliteratur, il proseguimento del tipo precedente, destinato ai ragazzi più grandi per
agevolare il passaggio alla letteratura per adulti.
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Con riferimento al gruppo 2, sono interessanti le teorie della psicologa dell’età evolutiva Charlotte
Bühler, che nel 1918 ha scritto il saggio Das Märchen und die Phantasie des Kindes, in cui
stabilisce tre diverse età di lettura: Struwwelpeteralter, Märchenalter, Robinsonalter.
I romanzi di May rientrano quindi in questo terzo gruppo. I primi due raggruppamenti invece sono
caratterizzati da un insieme di elementi volti allo sviluppo della socializzazione del bambino: il
gioco, la fantasia, l’umorismo insieme alla narrazione di fatti realistici. I testi possono essere in
versi o in prosa e di solito sono accompagnati da immagini che contribuiscono a rendere più
efficace la parola (visuelle Erlebnisfähigkeit). Abbiamo così vari tipi di opere, dalla
Bilderbucherzählung all’illustierter Roman.
L’opera di May può essere considerata Jugendliteratur anche per certi elementi tipici del mondo
infantile che vi si incontrano, per es. quando i personaggi si nascondono in una grotta o strisciano
tra i cespugli, cioè fanno come in certi giochi all’aperto dei bambini, oppure quando ci sono lotte, o
quando ci sono descrizioni che sembrano uscite dalla bocca di un bambino, per semplicità di stile e
per ingenuità. Per es. così viene descritto un personaggio in pigiama (da Winnetou I):
dem kleinen Manne das Aussehen eines Kindes gab, welches sich zum Vergnügen
einmal in den Schlafrock des Großvaters gesteckt hat.
Il brano da leggere:
Si tratta di un estratto dal primo capitolo della Reiseerzählung Im Lande des Mahdi I-III. È in tre
volumi: il I vol. è diviso in 6 capitoli; noi leggiamo un estratto da questo primo capitolo intitolato
“Ein Chajjal” (“fantasma”, “anticristo”). Il II vol. è diviso in 5 capitoli, il III vol. in 4 capitoli. Il
romanzo è uscito a puntate nel 1891/92/93 sulla rivista “Hausschatz”, e poi esce in forma di libro
nel 1895.
Mahdi è una parola araba che significa “il ben guidato” e si attribuisce a un rinnovatore della fede e
del mondo atteso dai musulmani. Il Mahdi più famoso è Muhammad Ahmad (1844-1885, quindi
contemporaneo di May), che nel 1881-83 ha predicato la guerra santa in Sudan contro il governo
egiziano, anche se poi è stato sconfitto.
Il romanzo narra in prima persona delle avventure di un viaggiatore tedesco (che viene creduto un
medico) che arriva in Egitto e incontra un turco che cerca di coinvolgerlo nel suo traffico di schiavi.
Ci sono molte avventure ed episodi, e alla fine ovviamente il cattivo viene sconfitto.
Problemi di sintassi:
Per poter comunicare efficacemente in forma scritta (ma anche orale) è necessario analizzare il
tedesco dal punto di vista sintattico. La sintassi è definita come “lo studio delle modalità con cui le
parole si combinano in unità di estensione maggiore” (cioè in frasi). È importante infatti imparare a
formulare frasi corrette grammaticalmente (quindi con le giuste desinenze, con i verbi coniugati
correttamente), ma anche sintatticamente, cioè mettendo gli elementi della frase nella giusta
successione: per es. ci si deve ricordare dove occorre l’inversione, quando il verbo va in fondo,
dove va la punteggiatura, ecc.
La lingua parlata colloquiale ammette qualche discostamento dalle regole (un discorso orale a volte
è ellittico, oppure ci sono salti concettuali, inoltre c’è l’aiuto della gestualità e della mimica che
permettono di completare il discorso anche in presenza di errori grammaricali e sintattici), ma a noi
per ora interessa il tedesco standard scritto secondo le regole sintattiche tradizionali, perché nella
lingua scritta non ci possiamo aiutare con il contesto e con la gestualità, dobbiamo fare in modo che
tutto quello che scriviamo sia comprensibile attraverso le parole stesse.
Ogni lingua ha sviluppato un suo sistema per indicare la funzione di ogni elemento nella frase. Per
poter esprimere un messaggio correttamente si deve conoscere questo sistema codificato.
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L’espressione avviene mediante:
# l’intonazione (solo nella lingua orale, a volte, come qui, è visibile anche graficamente)
Es.
Die beiden kranken Schwester gingen zum Arzt
Die beiden Krankenschwester gingen zum Arzt
# la posizione degli elementi della frase (nelle frasi affermative il soggetto viene prima dell’oggetto)
Es.
Ich habe beobachtet, wie die Frau das Kind schlug
Ich habe beobachtet, wie das Kind die Frau schlug
# la forma delle parole (ortografia, morfologia)
Es.
er geht schlafen (verbo)
Schlafen ist gesund (verbo sostantivato)
der Peter hat Hans geschlagen (soggetto)
den Peter hat Hans geschlagen (oggetto anticipato, si capisce che è ogg. per l’articolo
declinato all’accusativo)
# la struttura
Es.
Ich habe mit dem Ingenieur gesprochen (“ho parlato, conversato con…”)
Ich habe den Ingenieur gesprochen (“ho avuto un colloquio con…”)
Die Kinder freuen sich über den schulfreien Tag (evento passato)
Die Kinder freuen sich auf den schulfreien Tag (evento futuro)
# la concordanza (declinazione o coniugazione singolare / plurale, maschile / femminile, ecc.)
Es.
Der Student liest, die Studenten lesen, ein guter Student, eine gute Studentin
Per scrivere bene occorre anche la cosiddetta “proprietà di linguaggio”, cioè si deve saper scegliere
la parola giusta, si devono evitare ripetizioni, si deve creare un discorso coerente, ecc. Infatti la
correttezza grammaticale non è sufficiente per trasmettere un messaggio, occorre anche saper
“comunicare” in modo appropriato quel messaggio.
La scelta delle parole dipende anche dal registro linguistico (per es. se indirizziamo il discorso a un
bambino o a un professore) e dal tipo di testo (saggistico, burocratico, o narrativo).
Facciamo l’esempio dell’inizio della Genesi:
Im Anfang schuf Gott den Himmel und die Erde; die Erde aber war wüst und leer,
und Finsternis lag über der weiten Flut; der Geist Gottes jedoch schwebte über der
Wasserfläche.
Qui lo stile è paratattico, cioè abbiamo una serie di frasi principali e non abbiamo pronomi: tutte le
parole (anche ripetute, come Erde) sono dette esplicitamente, il messaggio è immediato.
Se usassimo uno stile più formale, adatto a un saggio, o anche a un testo narrativo non elementare,
il testo potrebbe essere reso in questo modo:
Nachdem Gott zu Beginn Himmel und Erde geschaffen hatte, war letztere, über
deren Gewässer sein Geist schwebte, zunächst noch ungeordnet und leer. Und da es
dunkel war…
Qui lo stile è ipotattico, cioè abbiamo delle frasi secondarie, inoltre incastonate una nell’altra
(Schachtelsätze), e i nomi sono sostituiti da pronomi o da altri elementi per evitare le ripetizioni, es.
letztere, deren).
La frase può essere resa anche in questo modo:
Am Anfang erfolgte seitens Gottes sowohl die Erschaffung des Himmels als auch
die der Erde. Die letztere war ihrerseits eine wüste und leere und ist es auf
derselben finster gewesen, und über den Flüssigkeiten fand eine Schwebung der
Geistigkeit Gottes statt.
Anche in questo caso lo stile è ipotattico, inoltre qui ci troviamo davanti a uno stile nominale
(Nominalstil), infatti invece del verbo schaffen abbiamo il sostantivo Erschaffung, invece del verbo
schweben abbiamo il sost. Schwebung. La frase è decisamente più faticosa da leggere e da capire.
Eppure il messaggio è lo stesso.
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Qualche osservazione generale sulla lingua tedesca:
Prima di tutto dobbiamo tenere presente che il tedesco di oggi è diverso da quello che incontriamo
leggendo i classici del ‘700 e dell’’800. Si sceglievano vocaboli diversi, che oggi suonano arcaici, e
la costruzione delle frasi era sintatticamente più complessa. Anche Karl May usa un tedesco
leggermente “arcaico” nella struttura, ma complessivamente è già abbastanza vicino a noi in quanto
a stile, inoltre il suo tedesco è sintatticamente molto semplice e lineare e facile da capire. Il tedesco
dei classici invece è caratterizzato da frasi più lunghe e incentrate sul verbo, mentre oggi si tende a
scrivere frasi più brevi e incentrate sul nome. Vediamo un esempio lampante: Goethe scrive questa
frase:
Es scheint nicht überflüssig zu sein, genau anzuzeigen, was wir uns bei diesen
Worten denken, welche wir öfters brauchen werden.
Qui abbiamo un’unica proposizione di tipo ipotattico, formata da principale + infinitiva + oggettiva
+ relativa. In tutto 20 parole, di cui 6 forme verbali.
Secondo lo stile nominale più attuale (anche se suona “Papierdeutsch”), questa frase verrebbe scritta
così:
Die genaue Angabe des bei diesen öfters zu brauchenden Wörtern Gedachten
scheint nicht überflüssig.
Qui abbiamo un’unica proposizione, ma costituita da una frase sola, e le parole sono solo 14, di cui
solo 1 verbo (brauchen è in forma participiale). Altre parole che nella versione di Goethe erano
verbi sono state sostituite da sostantivi o aggettivi: anzeigen > Angabe; denken > Gedachten;
brauchen > zu brauchenden.
La stessa frase, in uno stile ancora più attuale, sarebbe la seguente:
Zunächst erfolgt eine Definition der häufiger gebrauchten Wörter.
In questo caso lo stile è diventato “telegrafico”, giornalistico: anche qui abbiamo una proposizione
formata da un’unica frase, e anche qui il verbo è uno solo. Inoltre la frase si è ridotta da 20 a 8
parole. In queste due trasformazioni non abbiamo perso nulla del messaggio: i contenuti sono stati
semplicemente compressi.
Questi esempi dimostrano in che direzione sta andando il tedesco oggi; i verbi risultano meno
importanti dei nomi. Ecco allora che diventano molto frequenti i “verbi funzione” al posto dei verbi
semplici per es. etwas zum Ausdruck bringen invece di etwas ausdrücken, e i sostantivi composti,
che possono sostituire una frase intera, per es. Spitzenkandidat = der Kandidat, der an die Spitze
einer Wahlliste gestellt wird.
Per noi italiani comunque lo stile di Goethe è ancora valido, perché in italiano le frasi ipotattiche
sono ancora largamente usate, e probabilmente per noi è più semplice tradurre una frase in tedesco
in modo sintatticamente simile all’italiano. Va bene anche così, anche se è meglio limitare la
lunghezza delle frasi, in particolare se c’è una secondaria e il verbo è troppo lontano dal nucleo
della frase. Secondo alcuni studiosi, la lunghezza ideale di una frase tedesca è di 13-16 parole
formata da una principale e una secondaria.
Per esprimersi in modo sintatticamente corretto dobbiamo distinguere le parole, il loro ruolo nella
frase, e dobbiamo individuare i sintagmi (cioè gruppi di parole, combinazioni di parole che devono
stare insieme nella frase). In tedesco abbiamo: das Wort “la parola”, der Satz “la frase” e die Phrase
“il sintagma”. Il sintagma può essere chiamato anche Satzglied e Syntagma.
Facciamo un esempio:
Noi leggeremo questo libro = Wir werden dieses Buch lesen.
Le due frasi sono equivalenti, ma il messaggio viene espresso in italiano da 4 parole, e in tedesco da
5. Questo perché il tempo futuro in italiano prevede una forma sintetica (cioè una forma sola flessa),
e il tedesco una forma analitica (cioè ausiliare werden + infinito del verbo).
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Nel caso in cui entrambe le lingue presentino un tempo composto, l’italiano si differenzia dal
tedesco anche per la posizione del verbo retto dall’ausiliare. Per es.
Noi abbiamo letto questo libro = Wir haben dieses Buch gelesen
Noi avremo letto questo libro = Wir werden dieses Buch gelesen haben
Noi dobbiamo leggere questo libro = Wir müssen dieses Buch lesen.
In italiano il verbo precede sempre l’oggetto, in tedesco lo segue nei tempi composti e nelle forme
analitiche. Al presente e preterito l’equivalenza tra italiano e tedesco è prefetta (noi leggiamo questo
libro, wir lesen dieses Buch).
I sintagmi:
In questa frase abbiamo il sintagma dieses Buch / questo libro. Anche se esiste “questo” / “dieses”
da solo, in funzione pronominale, in funzione aggettivale non possono separarsi dall’oggetto che
indica. In questo caso dieses Buch è un sintagma nominale (die Nominalphrase) perché il sostantivo
è quello che qui nella frase svolge la funzione più importante.
Altre possibilità sono:
- sintagma aggettivale (Adjektivphrase), per es. er ist froh über die Reise. Froh può stare da solo,
ma assume un signifivato più completo se si accompagna a un oggetto.
- sintagma avverbiale (Adverbialphrase), per es. er fährt sehr schnell. Anche in questo caso schnell
può stare da solo, ma l’insieme di due avverbi forma un sintagma, una combinazione fissa di
elementi, dato che non si può dire *schnell sehr.
- sintagma verbale (Verbalphrase), per es. er spielt mit dem Ball. Anche qui er spielt può stare da
solo, ma se vogliamo specificare il verbo allora si forma una combinazione unica di parole.
- sintagma preposizionale (Präpositionalphrase): questo è un caso un po’ diverso, perché di per sé
un gruppo di parole legato da una preposizione non può “reggere” una frase. Nelle frasi precedenti
sono sintagmi preposizionali über die Reise, e mit dem Ball.
L’elemento principale di ogni sintagma si chiama “testa”, la parte che lo completa si chiama
“modificatore” (per es. er spielt = testa, mit dem Ball = modificatore).
I complementi:
A volte i sintagmi possono coincidere con i complementi. In italiano abbiamo un termine solo, in
tedesco due, e sono molto importanti:
- Ergänzung, quando il complemento “ergänzt”, cioè “completa” il verbo;
- Angabe, quando il complemento è accessorio, aggiunge dei dettagli alla frase, ma la frase si regge
sintatticamente anche senza.
Per es. Heute kommt Hans mit seiner Mutter: qui dal punto di vista sintattico abbiamo due
possibilità:
seiner Mutter è un sintagma nominale,
mit seiner Mutter è un sintagma preposizionale.
Dal punto di vista grammaticale però ha senso solo il sintagma mit seiner Mutter, che costituisce un
complemento di compagnia. Si tratta però di una Angabe, non di una Ergänzung, perché la frase
Heute kommt Hans è sintatticamente sufficiente, il fatto che venga con la madre è solo un dettaglio
in più.
Nella stessa frase inoltre abbiamo l’avverbio heute, che da solo non può costituire un sintagma, però
ha anch’esso valore di complemento (di tempo).
Il testo:
Dal punto di vista etimologico, il termine testo, der Text, viene dal lat. textus, “tessuto”, part. pass.
di texere “tessere”; indica quindi qualcosa di “tessuto”, di “messo insieme ad arte”, quindi la “trama
di un discorso”, un complesso linguistico, un insieme di un ragionamento o di un racconto.
Ci sono molte interpretazioni di “testo” a seconda che ci rifacciamo a una visione tradizionale di
esso o di una concezione più moderna, generativa e poi pragmatica.
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Secondo una definizione tradizionale il testo è un enunciato autonomo e autosufficiente, che può
essere costituito da una frase o da un libro intero. Inizialmente con testo si indicava qualcosa di
scritto. L’unità testuale studiata dalla grammatica tradizionale era la frase.
Oggi si considera “testo” un enunciato sia scritto che orale, e può essere costituito da una semplice
frase (o singola parola, pensiamo per es. a un’esclamazione, ah!, hilfe!) oppure un’entità più lunga.
Certamente i testi sono unici e irripetibili, in quanto strettamente legati a precise condizioni di
realizzazione, e il loro numero è illimitato.
Anche se gli studiosi più recenti ammettono che anche una singola frase può costituire un testo, è
vero che in un testo più lungo l’unità testuale non può essere la frase singola, perché non ha senso
se non è messa in rapporto con altre frasi attigue o almeno al contesto.
Quindi la definizione più moderna di testo è che si tratta di un insieme strutturato di elementi
linguistici che ci permette di esprimerci in una certa situazione e con una certa intenzione.
In base alla situazione e alla nostra intenzione comunicativa (studiati dalla pragmatica), uno stesso
testo può avere significati diversi. Per es. Wann haben Sie das letzte Mal geduscht?
Questa domanda si può analizzare su tre piani:
- locutivo (successione di suoni, di parole),
- illocutivo (è una interrogativa, scopo del parlante è chiedere qualcosa),
- perlocutivo (dalla situazione si capisce che il parlante vuole offendere).
Quindi se una stessa frase può essere interpretata in modi diversi, la scelta delle parole diventa
fondamentale per poter comunicare un messaggio ben preciso.
Per es. la domanda “non lo capisci?” ha una funzione locutiva e illocutiva neutrale, ma a seconda
del contesto può avere una funzione perlocutiva diversa, per es. può trasmettere stizza da parte del
parlante, che giudica poco perspicace il suo interlocutore. Oppure, se il parlante è un insegnante che
si rivolge a un bambino, manca una funzione perlocutiva della frase, semplicemente si ferma
all’aspetto illocutivo delle frasi interrogative.
In italiano possiamo formulare la domanda anche usando sinonimi di “capire”: “comprendere” o
“afferrare”. Ricordiamo che i sinonimi non sono mai perfettamente equivalenti per registro
linguistico o per semantica.
La domanda “non lo comprendi?”, è di registro linguistico più elevato e non si presta a
interpretazioni particolari della frase. La domanda “non lo afferri?” è invece di registro linguistico
più colloquiale e si presta a interpretazioni perlocutive della frase.
In tedesco avviene lo stesso: la frase può trasmettere una sfumatura di significato diversa, o può
lasciare intendere dei sottintesi, a seconda del verbo che scegliamo:
“verstehst du das nicht?” / “begreifst du das nicht?” / “kapierst du das nicht?”
In tedesco kapieren è di registro colloquiale e implica sempre una mancanza di “comprendonio” da
parte del destinatario del messaggio.
Quindi in un dizionario è bene controllare sempre tutti gli usi di un termine.
Infatti dobbiamo ricordare che “significato” e “senso” di una parola non sono la stessa cosa. Il
significato delle parole dipende dalla storia della lingua, dal luogo in cui la parola viene usata, da
quale gruppo sociale e con quale funzione (cioè “in che senso”):
- il significato (Bedeutung) di una parola costituisce il nucleo semantico relativamente costante nel
variare degli usi, è legato a un concetto: il Duden lo descrive come begrifflicher Inhalt eines
Zeichens; Beziehung zwischen Wortkörper und begrifflichem Inhalt. Il significato può essere
etimologico, proprio o traslato. Per es. Geist ha come significato etimologico quello di “eccitazione,
commozione” e ha più di un significato proprio (o “accezione”) (“spirito”, “anima”, “intelletto”,
“ingegno”); può avere innumerevoli significati traslati, per es. der Zeitgeist.
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- senso (Sinn) invece dipende dal contesto (infatti esistono le espressioni den Sinn von etwas
begreifen, im engeren Sinn, im weiteren Sinn).
In pratica il significato è legato alla langue, il senso alla parole.
Perché è sconsigliato il dizionario bilingue? perché permette solo di tradurre termini concreti, che
hanno un equivalente perfetto nell’altra lingua. Ma anche qui ci possono essere differenze di
concezione dell’oggetto (cfr. “arbitrarietà del linguaggio”, I anno!).
Prendiamo due esempi:
Blockflöte: il dizionario bilingue traduce solo con “flauto dolce”. Manca l’accezione politica che si
trova nei testi della DDR, che nel Duden è spiegata come Mitglied einer Blockpartei in der DDR.
Querdenker: il dizionario bilingue traduce con “persona dalle idee stravaganti”, che per noi ha
un’accezione negativa. Invece nel Duden abbiamo jmd., der eigenständig u. originell denkt u.
dessen Ideen u. Ansichten oft nicht verstanden od. akzeptiert werden. Anche qui c’è l’accezione
negativa data da “originell” (“originale, strano”), ma c’è anche l’accezione positiva data da
“eigenständig”, cioè “autonomo, indipendente”. Quindi il Querdenker non è necessariamente un
folle, è qualcuno che ragiona con la propria testa anche a costo di non essere capito, o che nuota
contro corrente.
Ecco che conoscere la cultura e la storia tedesca è importante per saper interpretare certe parole, che
nessun dizionario bilingue può spiegare, soprattutto se usate in senso metaforico. L’unico modo è
leggere bene le definizioni date dal monolingue.
Primi elementi per la consultazione del dizionario (paragone tra Duden, Wahrig, Langenscheidt):
- dove sono le vocali con umlaut nel dizionario? cercare Fähre – fahren.
- dove sono le consonanti non presenti nell’alfabeto italiano? cercare Jahr, Yoga.
- come è fatta una pagina di un dizionario? In alto c’è la testatina (Kolumnentitel), che dà la prima e
l’ultima voce delle due pagine. Ogni voce è formata dal lemma (Stichwort) e dalla glossa
(Erläuterung, la spiegazione).
- all’interno della glossa si trovano raggruppamenti maggiori di più significati o usi (es. se un verbo
è usato transitivamente o intransitivamente, oppure un ambito semantico particolare) e all’interno di
questi raggruppamenti ci sono altre voci con le diverse accezioni. A seconda del vocabolario, si
possono distinguere con numeri romani e numeri arabi, oppure con numeri arabi e lettere, ecc.
È importante che ognuno scopra come è strutturato il proprio dizionario, grazie anche alle
spiegazioni che si trovano di solito all’inizio sul retro di copertina e all’elenco dei simboli e delle
abbreviazioni.
Un dizionario non serve solo a verificare l’ortografia di un termine e per cercarne i sinonimi, ma
anche per controllare la grammatica. Tutti i maggiori dizionari hanno all’inizio utili tabelle
riassuntive della grammatica. Per es. paradigma di bersten; declinazione di Held.
Anche il lemma spiega alcuni aspetti grammaticali della parola: subito dopo il lemma è indicato
l’articolo, l’eventuale desinenza del gen. sing. e del plurale. Il Wahrig invece indica il numero della
tabella dove è riportato lo schema della declinazione del nome. Lo stesso vale per i verbi: dopo il
lemma di solito è indicato il paradigma se il verbo è forte e viene dato l’ausiliare. Il Wahrig rimanda
alle tabelle.
Quando cerchiamo una parola dobbiamo fare attenzione non solo ai sinonimi, che di solito
emergono dalle spiegazioni dei lemmi, ma anche agli omografi / omonimi e ai termini polisemici,
che i dizionari scelgono di indicare in modo diverso, con singoli lemmi, oppure con distinzioni
all’interno della glossa di un unico lemma.
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Lemmi scelti per il confronto:
- übersetzen: il lemma fa vedere se il prefisso è separabile o non separabile: una linea sotto la vocale
indica che quella è la vocale tonica lunga; un puntino sotto la vocale indica che quella è la vocale
tonica breve.
- Atlas: termine polisemico.
- angst / Angst: avverbio / aggettivo (minuscolo); sostantivo (maiuscolo).
- Steuer: omonimia di die / das Steuer
- Satz: termine polisemico.
- werfen: diversi usi: con oggetto diretto / indiretto, senza oggetto, ecc.
- come si trova l’equivalente tedesco di “Egitto” e di “postino”?
- come si trova il contrario di Schwäche, Dummheit, frieren? nella definizione di solito si trova una
frase con Mangel an… (“mancanza di”).
Struttura del testo:
der Text (-e)
der Abschnitt (-e)
testo
capoverso, paragrafo
das Satzgefüge (-n)
periodo,
“frase complessa”
der Satz (ä-e)
proposizione, frase,
“frase semplice”
das Satzglied (-er)
sintagma,
complemento
parola
das Wort (ö-er)
parte di testo (scritto) compresa tra due capoversi
(in italiano “capoverso” indica sia l’inizio e la fine,
che il brano stesso all’interno dei due punti)
unità sintattica complessa, di massima estensione,
identificabile con una frase composta almeno da
due proposizioni. In tedesco di solito si tratta di un
Hauptsatz + uno o più Nebensätze.
unità sintattica indipendente e di senso compiuto,
formata almeno da soggetto e predicato. L’unione
di più frasi (per mezzo di coordinazione o
subordinazione) dà vita a un periodo.
elemento della frase che ha una funzione sintattica,
per es. soggetto, predicato, oggetto, complemento
Scomponendo ulteriormente, individuiamo anche Morphem > Phonem > Laut > Buchstabe.
Come visto più sopra, i sintagmi sono chiamati Syntagma, Phrase o Satzglied e possono essere di
tipo verbale, nominale, ecc. in base all’elemento più importante della stringa di testo analizzata.
Questi segmenti di testo vengono chiamati sintagmi quando si fa l’analisi sintattica del testo. Ma se
si fa l’analisi logica, verranno chiamati complementi (Ergänzung o Angabe, come già visto).
Quindi nella frase ich komme mit meiner Mutter abbiamo
- meiner Mutter = sintagma nominale;
- mit meiner Mutter = sintagma preposizionale / complemento di compagnia.
Ora vediamo invece che Satzglied in italiano può essere chiamato anche costituente della frase. In
linea di massima si tratta dello stesso segmento di frase, che però è analizzato dal punto di vista
strutturale, cioè nelle varie possibilità che hanno gli elementi di legarsi tra loro.
Ecco che ich meiner non si legano insieme, mentre meiner + Mutter si possono unire, sia con
preposizione che senza preposizione (es. ich gebe meiner Mutter etwas). Queste unioni di parole
non solo hanno un senso (cioè sono “interrogabili”, es. mit wem kommst du?), ma hanno anche la
caratteristica di “sostituibilità” (cioè: ich komme mit meinem Vater, mit meiner Schwester, ecc.).
Inoltre possono essere spostati all’interno della frase, anche se i singoli elementi rimangono nella
stessa sequenza. Per es. Mit meiner Mutter werde ich nie kommen.
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In una frase più lunga la “spostabilità” si nota ancora di più. Per es. Jeden Morgen kauft meine
Mutter die Zeitung / Meine Mutter kauft jeden Morgen die Zeitung / die Zeitung kauft meine Mutter
jeden Morgen.
Questi sono esempi di Kontaktstellung: cioè questi sintagmi sono unità sintattiche e anche logiche.
In questo la lingua tedesca non si discosta da altre lingue.
L’unica differenza si nota nel predicato, caratterizzato dalla Distanzstellung. Infatti nei tempi
composti o nelle forme analitiche il predicato si scompone e si interrompe l’unità logica. Es.
in tedesco: Meine Mutter hat die Zeitung gekauft.
in inglese: My mother has bought the newspaper,
in italiano: Mia madre ha comprato il giornale.
(la Kontaktstellung / Distanzstellung è stata studiata da Admoni).
Questo significa che in tedesco (come già in latino) i sintagmi hanno perso in parte la funzione
logica-sintattica; dove questa si è persa, i sintagmi hanno assunto una nuova funzione, strutturale,
cioè per dare un’“ossatura” alla frase intera.
Questo lo si vede per es. nella frase secondaria: il soggetto e il verbo sono uno all’inizio e l’altro
alla fine della frase, la “delimitano”, es. dass sie die Zeitung gekauft hat.
Ma questo vale anche per i verbi con prefisso separabile: sie liest die Zeitung vor. Qui l’elemento
semantico è dato dal vor-, che specifica il verbo. Tutti questi elementi ci fanno capire che il tedesco
è una lingua centrifuga, che sposta verso l’esterno proprio gli elementi più importanti per capire la
frase. Come afferma Admoni (ma lo si nota comunemente), l’attenzione è costretta a rimanere viva
fino alla fine della frase.
Questa caratteristica del verbo di tendere verso l’esterno ci fa capire che il tedesco è una lingua
diversa dalle altre lingue romanze e germaniche: è di struttura SOV invece che SVO, anche se
alcune frasi (come già visto) sono simili a quelle di altre lingue, cioè quando il tempo è semplice.
La regola però del “verbo al secondo posto” è valida anche per il tedesco, infatti il verbo oltre a
essere importante dal punto di vista semantico (e per questo tende a spostarsi in fondo) trasmette
importanti categorie grammaticali quali persona e tempo: sono queste categorie grammaticali che
devono essere al secondo posto. Nei tempi semplici le categorie grammaticali sono date dal verbo
stesso, nei tempi composti e nelle forme analitiche è l’ausiliare a fornirle, e infatti l’ausiliare sta al
secondo posto.
Vediamo in dettaglio il valore “grammaticale” e “strutturale” del predicato, basandoci sulla frase
affermativa normale: la struttura della frase è chiamata verbale Klammer (“graffa verbale” o “graffa
frasale”) o Satzklammer. (Die Klammer significa anche “parentesi”, infatti nei dettati diciamo
“Klammer auf - Klammer zu”. Klammer altrimenti significa “graffa”, anche “molletta”.)
La graffa frasale costituisce l’ossatura del Satzfeld (“campo della frase”); il campo a sua volta
include tutti i Satzglieder, i costituenti della frase.
Quando il verbo è in seconda posizione si creano diversi campi (studiati dalla Felderanalyse):
il Vorfeld = ciò che precede il predicato, quindi per es. nelle affermative è il soggetto;
il Mittelfeld = ciò che è chiuso tra le graffe;
il Nachfeld = non c’è sempre, dipende se qualcosa segue il Mittelfeld.
Es.
Vorfeld
linke
Mittelfeld
rechte
Nachfeld
Satzklammer
Satzklammer
Peter
hat
ein Buch
gelesen,
als er mit der
Bahn nach Bonn
fuhr.
Peter
liest
ein Buch,
Ø
wenn er mit der
Bahn nach Bonn
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Peter
hat
ein Buch
lesen wollen,
Peter
kauft
ein neues Buch
ein,
fährt.
als er mit der
Bahn nach Bonn
fuhr.
wenn er in Bonn
ist.
Nella graffa sinistra c’è sempre un verbo finito (che dia almeno le indicazioni grammaticali se non
semantiche), la graffa destra è variabile, può anche essere vuota, come nella seconda frase, o
completata in vario modo, con un participio, un prefisso separabile, ecc.
Anche la secondaria può essere scomposta in campi: la frase […] um mich nach einem Privatlogis
umzusehen (primo Abschnitt del testo) può essere divisa nel seguente modo:
Vorfeld
linke Satzklammer
um
Mittelfeld
mich nach einer Privatlogis
rechte Satzklammer
umzusehen.
Nachfeld
Il numero maggiore di informazioni si incontra nel Mittelfeld:
- il soggetto e le principali Ergänzungen del verbo:
Gestern abend hat der Vater (Subjekt) den Kindern (Dativ-Objekt) eine Geschichte (Akk-Objekt)
erzählt.
- gli avverbi:
Ein Geschichtenerzähler muss wahrscheinlich manchmal sein Gedächtnis sehr anstrengen.
- le Angaben, anche sintagmi e secondarie, purché non siano troppo lunghe:
Die Kinder hörten mit Hingabe und ohne zu ermüden dem Geschichtenerzähler zu.
- la negazione nicht:
Wir haben die alten Geschichten nicht vergessen.
- tutte le particelle che si spargono nel Mittelfeld:
Haben wir denn nicht eigentlich diese Geschichte doch schon mal von dir gehört?
Ci sono tre tipi di frase:
Verb-Erst-Satz (V1), quando il verbo è in prima posizione;
Verb-Zweit-Satz (V2), quando il verbo è in seconda posizione;
Verb-Letzt-/End-Satz (V-End), quando il verbo è in ultima posizione.
Quando il verbo è in prima posizione, tutti gli elementi sono chiusi nella graffa, es. (in grassetto il
Satzfeld, chiuso tra due Klammer):
Mach bitte alle Fenster auf!
Könnte er doch endlich kommen!
Nella lingua colloquiale può essere omesso, sottinteso, qualche elemento, es.
Vorfeld
linke
Mittelfeld
rechte
Satzklammer
Satzklammer
Ø
komme
heute nicht
Ø
kenne
ich nicht
Nachfeld
Nel primo caso manca il soggetto, nel secondo caso manca il compl. ogg. Si tratta di casi particolari
di apparente mancanza di Vorfeld. Nella lingua parlata le frasi ellittiche sono molto frequenti, e
lasciano sottintendere parti della frase facilmente deducibili dall’ascoltatore.
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Esempio (tratto dalla Tomaselli) in cui il Mittelfeld è la parte della frase che contiene il maggior
numero di informazioni:
Vorfeld
Gestern
LSK
hat
Mittelfeld
RSK
der Direktor (endlich) den Schülern vorgestellt.
die neue Lehrerin
Nachfeld
La parte centrale, il Mittelfeld, rimane centrale anche se la frase fosse secondaria: rimane
“insensibile” all’asimmetria causata dalla diversa posizione del verbo:
Vorfeld
LSK
dass
Mittelfeld
RSK
der Direktor (endlich) den Schülern vorgestellt hat.
die neue Lehrerin
Nachfeld
Nel Mittelfeld però gli elementi possono essere disposti anche in modo diverso:
Vorfeld
Gestern
LSK
hat
Mittelfeld
RSK
der Direktor die neue Lehrerin einem vorgestellt.
alten Beamten
Nachfeld
Cioè con i sostantivi non è così rigida la regola dat + acc.: si deve parlare di “tendenza d’ordine”.
Diverso è il caso dei pronomi, dove invece è rigida la regola nom. + acc. + dat.:
Gestern hat er sie ihm vorgestellt.
Anche la Tomaselli quindi non è convinta della regola del TEKAMOLO, secondo cui la tendenza è
sogg. + dat. + acc. + TeKaMoLo: è solo un aiuto per gli studenti. La sigla riguarda:
TEmporalbestimmung (complemento di tempo)
KAusalbestimmung (complemento di causa)
MOdalbestimmung (complemento di modo)
LOkalbestimmung (complemento di luogo)
Una frase che segue questa struttura è la seguente:
Heute bin ich mit dem Auto nach Mailand gefahren, con l’indicazione del tempo per prima e quella
locale per ultima. (È possibile anche Ich bin heute mit dem Auto nach Mailand gefahren.)
Però è possibile anche questa variante:
Wie bist du heute nach Mailand gefahren?
Heute bin ich nach Mailand mit dem Auto (und nicht mit dem Zug) gefahren.
In effetti la tendenza è di mettere il complemento di tempo subito e quello di luogo in fondo, ma la
struttura può variare a seconda delle esigenze comunicative:
- dipende dal contenuto informativo;
- dipende dalla lettura contrastiva di un costituente:
In questo caso il complemento di modo segue quello di luogo perché l’elemento da sottolineare è
Auto.
Questa struttura è condizionata da diversi fattori:
1) la struttura tema-rema: è quella che dà alla sintassi una funzione comunicativa. Infatti a seconda
di come sono posti gli elementi, il messaggio è leggermente diverso.
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Il tema è l’argomento di un testo; il rema è l’insieme delle informazioni riguardanti il tema. Il tema
può essere non espresso (cioè noto ma non esplicito), mentre il rema è necessariamente espresso
perché costituisce il contenuto vero e proprio del testo, altrimenti verrebbe a mancare la sua
funzione informativa.
Tendenzialmente il tema viene prima del rema. Infatti nell’esempio precedente l’informazione
Mailand è già nota, mentre mit dem Auto fornisce un’informazione nuova.
2) la definitezza: ciò che è definito (quindi più noto, più “tematico”) tende a precedere ciò che è
indefinito (quindi meno noto, più “rematico”). È definito un sintagma nominale con articolo
determinativo o un nome proprio; è indefinito un sintagma nominale con articolo indeterminativo o
un plurale generico.
Nella frase di prima:
Gestern hat der Direktor den Schülern die neue Lehrerin vorgestellt
Gestern hat der Direktor die neue Lehrerin einem alten Beamten vorgestellt.
il sintagma die neue Lehrerin è definito, einem alten Beamten è indefinito.
3) la pesantezza: i complementi più “leggeri”, cioè formati da meno parole, quindi di solito i
pronomi, precedono i complementi più pesanti (e quelli introdotti da preposizione tendono a essere
messi per ultimi). La Tomaselli a proposito fa questo esempio:
Ich habe Mario meiner alten Kollegin aus Berlin, die du schon kennengelernt hast, vorgestellt.
??Ich habe meiner alten Kollegin aus Berlin, die du schon kennengelernt hast, Mario vorgestellt.
Qui si propone di mettere Mario per primo perché è il complemento più “leggero”. Però non è del
tutto sbagliata la seconda ipotesi (infatti è segnalata come “molto dubbia”), perché il complemento
oggetto può stare vicino al verbo che lo richiede.
4) nelle frasi passive secondarie il soggetto tende a essere spostato verso destra, es.
Hans hat seiner Mutter eine neue Freundin vorgestellt.
… dass Hans seiner Mutter eine neue Freundin vorgestellt hat.
… dass seiner Mutter eine neue Freundin vorgestellt wurde.
Qui nella frase attiva abbiamo la regolare successione dat.+acc, che si riconferma (trattandosi di
Mittelfeld) nella secondaria. Con il passivo abbiamo uno spostamento: il soggetto grammaticale
(quello d’agente, Hans, sparisce) si sposta a destra, mentre di solito nelle secondarie il soggetto
viene messo per primo (in pratica il Mittelfeld rimane immutato).
Lo studioso che meglio ha spiegato la struttura tema-rema è Harald Weinrich (Textgrammatik,
20053). Anche Weinrich riconosce che la distinzione in tema/rema ci serve per valutare la
comprensibilità di un testo.
Affinché un testo sia più comprensibile, il parlante deve fare in modo che l’ascoltatore non debba
fare la fatica di prestare attenzione a ogni singolo segno linguistico. Allora per semplificare la
comprensione, il parlante fornisce al suo testo un diverso profilo informativo, in modo che
l’ascoltatore rivolga la sua attenzione solo verso le informazioni più importanti.
Queste informazioni vengono suddivise in base a quelli che Weinrich chiama Stufen der
Auffälligkeit, cioè “gradini di vistosità, visibilità”. Le informazioni cioè vanno da un minimo di
vistosità (Horizont, “orizzonte”) a un massimo di vistosità (Fokus, “focus”). Il focus è la parte del
testo che richiede la massima attenzione da parte dell’ascoltatore. Tra l’orizzonte e il fuoco si
pongono vari gradini di “vistosità”, che si inseriscono nel testo secondo la Thema-Rhema-Struktur:
È tematico ciò che è meno vistoso, più vicino all’orizzonte;
è rematico ciò che è più vistoso, più vicino al fuoco.
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Quindi il Mittelfeld è ricco di informazioni, dalle quelle meno importanti alle più importanti, che
spingono l’ascoltatore ad aumentare la sua attenzione man mano che procede la frase. Spesso il
crescendo di informazioni corrisponde a un crescendo dell’intonazione, es.
Vorfeld
ich
linke Satzklammer
bin
Mittelfeld
gestern abend ziemlich früh ins Bett
rechte Satzklammer
gegangen
La posizione degli elementi varia a seconda dell’elemento che si vuole sottolineare. Esempio:
Vorfeld
LSk Mittelfeld
RSk
Die Bank
hat
in München eine neue Filiale
eröffnet
Die Bank
hat
eine neue Filiale in München
eröffnet
Nel primo caso interessa maggiormente l’oggetto, nel secondo caso il luogo.
Quindi per rendere una informazione “vistosa” (Fokussierung) si ricorre a:
1- intonazione
2- posizione all’interno della graffa verbale, meglio se alla fine del Mittelfeld
Questi due modi si possono combinare e portano a una gradazione molto sfumata della vistosità.
L’intonazione rende accettabili anche strutture sintatticamente scorrette, per es.
Das Kind spricht *spricht das Kind.
Das Kind spricht Deutsch *spricht Deutsch das Kind.
Cioè è corretta la successione soggetto + verbo (come già visto).
Ma queste “varianti” sintattiche sono ammissibili se accompagnate da una intonazione particolare
(nel parlato) e da una particolare interpunzione nello scritto. Per es. spricht das Kind? è strutturata
in senso corretto se intesa come interrogativa. Nel secondo caso probabilmente la frase sarebbe
accettabile con un punto esclamativo e una particolare intonazione: spricht Deutsch das Kind!,
anche se di solito, quando si vuole enfatizzare una parte della frase, la si mette in prima posizione,
quindi è più probabile trovare Deutsch spricht das Kind! (e così il verbo passa di nuovo in seconda
posizione).
Infatti in alcuni tipi di frase è possibile che parte del Mittelfeld si sposti nel Nachfeld o nel Vorfeld.
Questo si incontra soprattutto nella lingua colloquiale, in cui la disposizione a cornice, quella
regolare, viene spesso disattesa: questo fenomeno si chiama Ausrahmung (cioè esclusione dal
Rahmen, dalla “cornice”) oppure Linksverssetzung / Rechtsversetzung (dislocazione a sinistra o a
destra). Si incontra quando si vuole enfatizzare una parte della frase, es.
Ihr einziger Sohn ist gefallen in diesem furchtbarem Krieg (dislocazione a destra).
Den Hans, den habe ich schon kennengelernt. (dislocazione a sinistra)
Questo vale anche per lo scritto quando il verbo della rechte Satzklammer risulta troppo lontano e
non è più facilmente individuabile, es.
Die Delegation setzt sich zusammen aus mehreren Vertretern des Ministeriums und einer
Expertengruppe.
I casi più comuni in cui avviene una dislocazione a destra per motivi sintattici (e non enfatici), in
cui rimangono uniti i sintagmi, sono:
1. nelle frasi in cui compare un complemento di paragone:
du hast dich wie ein kleines Kind benommen. du hast dich benommen wie ein kleines Kind.
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wir sind diesmal länger als im vorigen Jahr unterwegs geblieben. wir sind diesmal länger unterwegs geblieben als im vorigen Jahr.
2. nelle relative:
er hat mich in das Ferienhaus, das seinen Eltern gehört, eingeladen. er hat mich in das Ferienhaus eingeladen, das seinen Eltern gehört.
3. con l’infinito retto da zu:
es hat zu regnen aufgehört. es hat aufgehört zu regnen.
A seconda dell’intonazione e della punteggiatura, che aiutano a interpretare l’intenzione del
parlante, si possono individuare tre tipi di frase (cfr. sopra p. 14):
Verb-Erst-Satz (V1), quando il verbo è in prima posizione;
Verb-Zweit-Satz (V2), quando il verbo è in seconda posizione;
Verb-Letzt-/End-Satz (V-End), quando il verbo è in ultima posizione.
Il verbo si può trovare in prima, seconda o ultima posizione nei seguenti tipi di frase:
- (V2) Aussagesatz (affermativa, dichiarativa), es. Die Sonne scheint
- Fragesatz (interrogativa), da distinguere in:
- (V1) Entscheidungsfrage (“domanda chiusa”), es. Kommst Du mit? (in questo caso la
risposta sarà ja / nein / vielleicht;
- (V2) Ergänzungsfrage (“domanda aperta”), es. Wer kommt mit? (in questo caso si dà una
risposta informativa).
- (V1) Aufforderungssatz (esortativa, imperativa) es. Bring mir das Buch!
- (V2) Ausrufesatz (esclamativa), es. Wie kalt ist es heute!
- (V1, V-End) Wunschsatz (ottativa), es. Wenn das Wetter schöner wäre! Wäre das Wetter schöner!
- (V1) Konzessivsatz, es. Kann man ein Beispiel finden, so wird alles viel anschaulicher.
- (V1) der Einschub (parentetica), es. Es ist wohl so, sagte Peter.
La coreferenza (Koreferenz):
La coreferenza è la relazione che lega due espressioni linguistiche riferite allo stesso referente
testuale, cioè quando due elementi della frase esprimono lo stesso oggetto, per es.:
Gestern habe ich einen Vogel beim Nestbau beobachtet. Der Vogel war klein. Ich wollte den Vogel
fotografieren.
Qui il referente testuale è der Vogel, che viene semplicemente ripetuto. Anche se le frasi sono
corrette, per migliorare lo stile le tre frasi si potrebbero collegare con diversi coreferenti: iperonimi,
iponimi e pronomi. Es.
Gestern habe ich einen Spatz beim Nestbau beobachtet. Der Vogel war klein. Ich wollte ihn
fotografieren.
Qui abbiamo un iponimo (der Spatz), il suo iperonimo (der Vogel) e un pronome (ihn).
Lo stesso vale con gli avverbi di luogo, di modo, ecc., es.
Er ist mit dem Auto nach Paris gefahren > Er ist mit dem Auto dorthin gefahren / Er ist damit nach
Paris gefahren.
Anafora e catafora:
L’anafora e la catafora sono un riferimento a una parte della frase che precede o che segue.
- ANAFORA (Anapher): è il caso più frequente, quando i riferimenti testuali sono a sinistra, ovvero
sono già stati espressi, e poi vengono ripresi, a destra, dai coreferenti (avverbi, pronomi, ecc.), es.
Er ist nach Paris gefahren, weil er dort arbeiten wird.
dort fa riferimento a Paris, che è già stato espresso prima.
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- CATAFORA (Katapher): è quando il coreferente (un nome, un pronome, un aggettivo o un avverbio,
un elemento qualsiasi che si collega a qualcos’altro) è a sinistra e così anticipa il riferimento
testuale, a destra, es.
Was heißt “unmöglich”? Das heißt, dass das Problem unlösbar ist.
Qui das è il coreferente: è anaforico di “unmöglich”, ma è cataforico della frase dass das
Problem…, cioè anticipa il riferimento testuale, costituito da una frase intera.
Posizione di es e das:
- il pronome ES, che Weinrich chiama Horizontpronomen-es, ha valore non solo di pronome, ma in
molti casi ha il ruolo di Vorsignal ovvero di Platzhalter nel senso che dirige l’attenzione verso un
altro elemento della frase.
- il pronome DAS, invece, oltre a svolgere il ruolo di pronome (in tutti i casi, dativo, plur., ecc.),
svolge anche il ruolo semantico della “vistosità” e quello sintattico di legare tra loro gli elementi
della frase. In questo caso Weinrich parla di Fokuspronomen-das, che in questa funzione si trova
solo al nominativo o accusativo singolare.
Esempi di es quando svolge la sua regolare funzione di pronome:
Può trovarsi nel Vorfeld solo quando sostituisce un soggetto, quindi nel caso di
Das Kind hat die Mutter geküsst Es hat die Mutter geküsst.
Dass er nicht kommen wird ist unglaublich Es ist unglaublich.
Es può sostituire anche un aggettivo:
Die neue Zufahrtstraße ist überflüssig, und der riesige Parkplatz ist es auch.
Quando la frase inizia con una subordinata soggettiva non si può mettere poi es, perché il soggetto è
già espresso, è la frase stessa.
dass er nicht kommen wird,_ ist unglaublich.
Però è ammessa la frase
dass er nicht kommen wird, das ist unglaublich,
perché la subordinata è una dislocazione a sinistra, e das è un coreferente anaforico.
(è simile alla frase già vista den Hans, den habe ich schon kennengelernt).
Questo tipo di frase con dislocazione a sinistra dell’elemento da evidenziare si chiama ReferenzAussage-Struktur, es.
Und die Lehrer, die saßen alle um den Tisch.
Der Mann an der Ecke, der raucht eine Zigarette.
Qui troviamo Lehrer in funzione di referente (Referenz), ripreso insieme al predicato (Aussage)
mediante il pronome die in funzione di co-referente anaforico. Qui si capisce che die non è pron.
relativo, altrimenti introdurrebbe una secondaria con verbo in fondo. Altri esempi:
In der Stadt, da hab ich gestern den Leo getroffen
(con il complemento di luogo e altri complementi indiretti il co-referente è da).
Nel testo di Karl May, p. 4, riga 26, c’è la frase: Aber ich denke, Sie wollen nach Suez.
Questa costruzione si chiama Abhängige Verbzweitkonstruktion: es.
Ich weiß, du kannst das (invece di Ich weiß, dass du das kannst).
Si può trovare anche nella lingua scritta. Consiste nel sostituire una secondaria introdotta da
congiunzione con una principale senza congiunzione, quando la frase è retta da una “matrice”
(Matrixkonstruktion), che di solito contiene un verbo dicendi o sentiendi. Però non tutti i verbi di
questa categoria seguono questa struttura con uguale frequenza: glauben, finden, das Gefühl haben
sono seguiti spesso da principale, altri meno, come hoffen e sicher sein, altri ancora (erwarten, sich
wundern, bezweifeln) non si usano mai in questo modo. Questa costruzione è rara soprattutto
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quando la matrice contiene una negazione. È frequente invece quando la matrice è alla prima
persona singolare e al presente. Una costruzione simile si trova nel discorso indiretto, es.
Er befürchtete, er habe / hätte einen Fehler gemacht,
la differenza è che con il discorso indiretto c’è più libertà di tempi e persone, però si è legati al
congiuntivo.
Una funzione particolare di es è quella del “segnaposto” (Platzhalter-Es, Platzhalter im Vorfeld):
- Nelle costruzioni passive impersonali si trova es nel Vorfeld nelle frasi affermative, es.
Es wurde die ganze Nacht getanzt.
Se trasformiamo questa frase in una interrogativa “chiusa” (Entscheidungsfrage, risposta sì/no), il
soggetto impersonale sparisce:
Wurde die ganze Nacht getanzt?
Questo perché le interrogative chiuse prevedono il verbo in prima posizione, quindi non c’è un
Vorfeld da occupare.
- Con i verbi intransitivi; in questo caso è anche una questione di “Auffälligkeit”, che cresce man
mano che l’elemento si sposta a destra, es.
Es wartet mein Freund auf der Straße.
Es sind viele Jungen gekommen.
Anche in questo caso il discorso vale solo per l’affermativa, mentre es sparisce nella interrogativa:
Sind viele Jungen gekommen?
Diversamente dal caso precedente (Es wurde die ganze Nacht getanzt), qui il soggetto c’è (viele
Jungen): es non sostituisce viele Jungen, ma anticipa il soggetto, ha una funzione cataforica. Si
potrebbe sostituire anche con una particella avverbiale, per es. Da sind viele Jungen gekommen.
Questo dimostra che l’importante è mettere qualcosa nel Vorfeld. Infatti se il Vorfeld è già occupato
da un altro elemento, es sparisce. Es.
Es friert mich > Mich friert.
Es wird ihr schlecht > ihr wird schlecht.
Anche la frase passiva di prima, se viene girata, perde es:
Es wurde die ganze Nacht getanzt > Die ganze Nacht wurde getanzt.
Quando es è relativo a un oggetto (e il verbo è quindi transitivo) non può mai stare nel Vorfeld ma
solo nel Mittelfeld, infatti es svolge anche la funzione di oggetto impersonale, es.
ich habe es eilig
o di coreferente cataforico, es.
ich bedaure es, dass Hans nicht mitgekommen ist.
Altrimenti il pronome es, quando svolge funzione di pronome ed è debolmente accentato, occupa
sempre la cosiddetta Wackernagel Position = subito a destra della linke Satzklammer (il nome
deriva da Jakob Wackernagel, un indeuropeista, il primo che ha fatto studi a proposito).
Questa tendenza è piuttosto stabile, e non riguarda solo es, ma tutti i pronomi debolmente accentati
(cfr. più sopra):
Morgen will Anna der Chefin den Bericht übergeben
Morgen will sie der Chefin den Bericht übergeben
Morgen will ihr Anna den Bericht übergeben
Morgen will ihn Anna der Chefin übergeben.
Eventualmente si ammette il soggetto subito dopo il verbo, ma nessun altro complemento nominale;
subito dopo il soggetto va comunque messa la parte pronominale:
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Morgen will Anna ihr den Bericht übergeben.
Morgen will Anna ihn der Chefin übergeben.
La posizione di nicht:
Quando una frase presenta una Rahmenkonstruktion allora generalmente nicht si pone prima della
parte da negare e quindi va nel Mittelfeld:
Anna hat das Buch nicht gelesen.
Anna liest das Buch nicht vor.
Ma se la frase ha solo il verbo nella linke Satzklammer, allora la negazione (della frase intera) va in
fondo:
Anna liest das Buch nicht.
Di regola poi se è solo una parte della frase da negare il nicht si pone prima dell’elemento da
negare. In termini sintattici si dice che la negazione si pone am linken Rand ihres Fokus, cioè sta al
margine sinistro del Fokus, ovvero della parte da negare. In genere il Fokus è contrastivo, cioè la
frase si può completare con un sondern. Es.
Es scheint, dass Otto die Schere nicht in die Schublade gelegt hat (sondern in den Müll
geworfen hat).
Quindi nicht in questo caso viene considerato sia un avverbio di negazione, sia una Fokuspartikel.
Nel testo ci sono diversi casi di nicht; il caso più interessante è a pag. 2, il par. 4:
Das glaube ich nicht […], so können Sie nicht diese für Sie schwierige Stellung einnehmen:
qui si vede chiaramente la volontà di May di negare solo la “schwierige Stellung”.
Pag. 3, riga 4:
Und Sie mich nicht?
Qui vediamo che la negazione tende ad andare in fondo (in ital. sarebbe “e Lei non me?”).
Die Zeichensetzung:
La punteggiatura va messa ogni volta in cui si desidera favorire la Übersichtlichkeit della frase e del
testo e va sempre prima di una subordinata. Le nuove regole hanno apportato cambiamenti
soprattutto in presenza di und: in questo caso il Duden dice che oggi c’è più libertà nel mettere le
virgole.
Nelle seguenti frasi una volta era obbligatorio mettere la virgola se dopo und cambiava soggetto:
Johanna spielte auf dem Klavier und Johannes sang dazu.
Die Katze miaute und der Hund bellte.
Oggi non è più necessario se la struttura della frase è semplice e facilmente leggibile. Ma se la frase
è un po’ più lunga o complessa il Duden consiglia (non obbliga!) di mettere la virgola:
Er traf sich mit meiner Schwester, und deren Freundin war mitgekommen.
Peter liest die Zeitung, und Hans repariert die Uhr.
Lo stesso vale per oder:
Ich gehe ins Kino(,) oder ich besuche ein Konzert.
La virgola può essere messa se si sente la necessità di evitare fraintendimenti o per rendere più
chiara la struttura della frase.
È importante saper individuare i segmenti della frase. Fondamentale è mettere la virgola prima di
una secondaria.
- nel caso delle infinitive:
. le infinitive semplici, cioè non introdotte da congiunzioni, es.
Er versuchte(,) die Angelegenheit zu bereinigen.
Den Grund festzustellen(,) ist nicht möglich.
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In questi casi è meglio mettere la virgola, anche se la Rechtschreibung non lo impone più, perché la
frase, anche visivamente, è più chiara.
. mettere la virgola è ancora più utile nel caso di infinitive brevi, dove è meglio tenere separate le
frasi, es.
Er hasste es(,) abzuspülen.
Sein Vorschlag(,) zu warten(,) wurde abgelehnt.
. invece quando l’infinitiva è introdotta da una congiunzione la virgola deve essere messa:
Sie konnte nichts besseres tun, als zu gehen.
Er sagte dies, ohne mich dabei anzusehen.
. anche quando l’infinitiva è introdotta da un sostantivo o da un avverbio pronominale deve essere
separata da una virgola, es.
Sie spielte mit dem Gedanken, eine Wohnung zu kaufen.
Er hat den Wunsch, den Arbeitsplatz zu wechseln.
Ich bin hier dafür, abzustimmen.
- in caso di discorso indiretto: se prima era necessario mettere la virgola solo con la frase
affermativa, es.
“Heute gehe ich ins Kino”, sagte er.
ora si deve mettere la virgola anche quando la frase riportata si conclude già con un punto
esclamativo o interrogativo, che già delimita la frase, es.
“Warum darf ich das nicht?”, fragte er.
“Geh endlich!”, sagte sie.
Osservazione della punteggiatura di qualche brano del testo:
Als ich seiner Aufforderung nicht sofort folgte, hielt er mir mit der linken Hand die
Flasche entgegen und winkte mit der rechten so angelegentlich, daß sein schwerer,
faßförmiger Leib in schütternde Bewegung kam; das konnte der Stuhl, welcher ohne
Lehne war und schusterschemelartig nur aus drei dünnen Beinen und einem dünnen Sitze
bestand, nicht aushalten; er knackte zusammen, und der Dicke fuhr mit einem lauten
Krach zur Erde nieder. (1, 25-30).
Ich sprang hinzu_ und konnte mich zunächst nur davon überzeugen, daß sein letzter
Ausruf »o meine Flasche!« sehr begründet war. Er hatte sie an einer der erwähnten
Säulen zerschlagen_ und hielt nur noch den leeren Hals in der Hand. Der Inhalt hatte
sich über sein Gesicht und seinen ganzen Anzug ergossen. Die andern Gäste blickten
lächelnd herüber, aber keiner von ihnen machte Miene, herzukommen, um ihm beim
Aufstehen behilflich zu sein. (2, 1-5)
»Bu-war partschasi - der hat seinen Teil!«_ sagte der Türke lachend, indem er die
Flaschen öffnete, um sich und mir einzugießen. (3, 26-27)
L’aspetto (Aktionsart):
In tedesco l’aspetto si chiama Aktionsart, cioè “tipo di azione”. Infatti l’aspetto esprime il modo in
cui si svolge l’azione (Verlaufsweise) e la gradualità in cui si svolge l’azione (Abstufung). Infatti
l’azione si può svolgere in senso temporale (zeitlich) o in senso contenutistico (inhaltlich):
- zeitlicher Verlauf: Ablauf, Vollendung; Anfang, Übergang, Ende
- inhaltlicher Verlauf: Veranlassung, Intensität, Wiederholung, Verkleinerung.
Spesso i due modi in cui l’azione si svolge si intersecano. L’aspetto non deve essere confuso con il
tempo, cioè il quando l’azione avviene (nel passato, nel presente, nel futuro).
In base a questi punti di vista possiamo individuare i seguenti aspetti:
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- verbi imperfettivi (detti anche durativi) (durative, imperfektive Verben): indicano il puro
svolgimento di un’azione, senza dire nulla sulla gradualità dell’azione, o sul suo inizio o fine. Sono
verbi durativi per es. arbeiten, blühen, essen, laufen, schlafen.
Rientrano tra gli imperfettivi anche:
- i verbi iterativi (iterative Verben), che esprimono la ripetizione dell’azione, es. flattern,
gackern, streicheln.
- i verbi intensivi (intensive Verben), che esprimono una intensificazione dell’azione, es.
brüllen, saufen, sausen.
- i verbi diminutivi (diminutive Verben), che esprimono un indebolimento dell’azione, es.
hüsteln, lächeln, tänzeln.
- verbi perfettivi (perfektive Verben): sono verbi che delimitano l’azione dal punto di vista
temporale oppure esprimono il passaggio da un evento a un altro. In base a questa gradazione
dell’azione si possono distinguere i seguenti sottogruppi di verbi perfettivi:
- verbi ingressivi o incoativi (ingressive, inchoative Verben), che indicano l’inizio di
un’azione, es. aufblühen, einschlafen, entflammen, erblicken, loslaufen.
- verbi egressivi (egressive Verben), che indicano la fase finale o la conclusione di
un’azione, es. erjagen, platzen, verblühen, verklingen, zerschneiden.
- verbi mutativi (mutative Verben), che esprimono il passaggio da uno stato a un altro, es.
reifen, rosten, sich erkälten: in questo caso vediamo che la radice di questi verbi è nominale,
es. reifen < reif; rosten < Rost; erkälten < kalt.
- verbi causativi o fattitivi (kausative, faktitive Verben), che descrivono un’azione che
provoca un mutamento di stato, es. beugen, öffnen, senken, sprengen.
Non è semplice classificare i verbi in base all’aspetto, perché si tratta di una categoria semantica
che prevede molte sfumature, ed è difficilmente inseribile in un sistema grammaticale.
Alcuni dei verbi appena visti esprimono un aspetto già in sé, grazie alla loro semantica: la maggior
parte dei verbi base ha valore imperfettivo, es. arbeiten, lesen, schlafen, ma ce ne sono anche alcuni
che esprimono un significato perfettivo, es. finden, kommen, treffen, sterben.
Però il più delle volte per esprimere l’aspetto ci si deve aiutare in vari modi, per es.
- con l’aggiunta di elementi lessicali, es.
- aspetto durativo:
Er arbeitet immer, unaufhörlich
Er arbeitet und arbeitet
Er arbeitet weiter
- aspetto ingressivo: Es klingelte plötzlich
Es begann zu regnen
- aspetto egressivo: Es hörte auf zu regnen
- aspetto iterativo:
Er pflegte abends spazieren zu gehen
- con costruzioni sintattiche particolari (cioè con verbi ausiliari o verbi funzione), es.
- aspetto durativo:
Der Schüler bleibt sitzen (cfr. der Schüler sitzt)
Er ist beim Arbeiten (cfr. er arbeitet)
- aspetto ingressivo: Er ist im Begriff zu verreisen (cfr. er verreist)
Er setzt die Maschine in Betrieb
- aspetto egressivo: Er bringt die Arbeit zum Abschluss
Er setzt die Maschine außer Betrieb
- aspetto mutativo: Das Mädchen wird rot (cfr. das Mädchen errötet).
- con uno dei meccanismi di Wortbildung (derivati con prefisso o suffisso, composti, metafonia,
apofonia). A noi interessano soprattutto i verbi derivati, con prefisso, es.
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blühen:
reißen:
o con suffisso, es.
bitten:
klingen:
lachen:
schlucken:
erblühen
aufblühen
verblühen
abreißen
zerreißen
(ingressivo)
( “ )
(egressivo)
(egressivo)
( “ )
betteln
klingeln
lächeln
schluchzen
(iterativo) (+ apof.)
( “ )
(diminutivo) (+ metaf.)
(intensivo)
Ci sono poi i verbi causativi o mutativi derivati da nomi o aggettivi, come già accennato:
glatt:
glätten
offen:
öffnen
e ci sono i verbi composti, es.
gehen:
losgehen
schlagen:
totschlagen
In base agli esempi di derivati abbiamo messo insieme verbi con prefisso separabile e inseparabile
(erblühen, aufblühen, ecc.), e abbiamo distinto questi dai composti (losgehen, totschlagen), il cui
elemento separabile è un aggettivo o un avverbio. Questa è la suddivisione che troviamo in Helbig /
Buscha, ma in altre grammatiche si può trovare una suddivisione diversa dei verbi con prefisso:
- sono considerati composti i verbi con prefisso separabile (quindi non solo quando il prefisso è un
avverbio o un aggettivo, ma anche quando è una preposizione)
- sono considerati derivati i soli verbi con prefisso inseparabile (i prefissi che non hanno un
significato proprio, cioè:
beentergeempverzerPer indicare l’aspetto comunque sono più appropriati i verbi con prefisso non separabile, che hanno
questa funzione esclusiva. I verbi con prefisso separabile invece possono anche avere un significato
più letterale di verbo + preposizione o + avverbio.
Vediamo allora alcuni usi dei prefissi non separabili, che possono svolgere più funzioni, cioè
possono esprimere più aspetti:
- per esprimere ingressività si usano principalmente i prefissi er-, ent-:
rot sein / rot werden
erröten (anche in italiano, ar-ross-ire)
müde sein / müde werden
ermüden (anche in italiano, af-fatic-ar-si)
brennen
entbrennen “scoppiare, in-fiammarsi”,
zünden
entzünden, “in-fiammarsi, ac-cendersi”,
- per esprimere egressività si usano principalmente i prefissi ver-, er-:
blühen verblühen,
“sfiorire”
erjagen
“prendere
[a caccia]”, “cogliere”,
jagen
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- per esprimere intensità, per mettere in rilievo un’azione, si possono usare vari prefissi, senza
modificare il valore del verbo base. Si tratta di varianti generalmente considerate di registro
linguistico più alto, es.
schützen / beschützen
“proteggere”
retten / erretten
“salvare”
bleiben / verbleiben
“rimanere” (il secondo è usato nelle formule
burocratiche, come in wir verbleiben mit freundlichen Grüßen…)
fliehen / entfliehen
“fuggire”
Altri prefissi si possono usare per esprimere non un aspetto, ma una sfumatura di significato del
verbo base:
- per esprimere la negazione di un evento si possono usare diversi prefissi, es.
fesseln / entfesseln
“incatenare” / “scatenare”, “liberare dalle catene”
achten / verachten / missachten
“stimare” / “disprezzare”
hören / überhören
“udire” / “non sentire, ignorare”
- per esprimere un evento fallito si usano soprattutto ver- e miss-, es.
“camminare” / “perdersi”
laufen / sich verlaufen
deuten / missdeuten
“interpretare” / “fraintendere”
- per esprimere un’azione che contrasta con la norma si usano über- o unter- (in questi casi il
prefisso è sempre atono), es.
fordern / überfordern / unterfordern “esigere” / “pretendere troppo” / “richiedere poco”
schätzen / überschätzen / unterschätzen “valutare” / “sopravvalutare” / “sottovalutare”.
- per esprimere un evento distruttivo di solito si usa zer-, es.
schlagen / zerschlagen
“colpire” / “fracassare”
reden / zerreden
“parlare” / “parlare troppo di” (es. etwas zerreden).
Come visto a proposito di glatt > glätten e offen > öffnen, da basi aggettivali si creano verbi
causativi o mutativi. Ci sono molti casi di questo tipo anche mediante prefissazione, es.
da sostantivi:
das Gold > vergolden
das Gitter > vergittern, umgittern “munire di inferriata”
= “dotare qualcosa di” (versehen mit).
die Mutter > bemuttern (jdn. bemuttern “fare da mamma a”)
der Wirt > bewirten (jdn. mit Getränken bewirten “servire”)
= “comportarsi come” (sich verhalten wie)
das Gift > entgiften “depurare”
die Schuppe > entschuppen “squamare”
= “privare di, portare via qualcosa da” (etwas von etwas wegnehmen)
der Film > verfilmen
die Trümmer > zertrümmern “trasformare in macerie, frantumi” (es. bei der Explosion sind
alle Fensterscheiben zertrümmert worden.)
= “trasformare in” (etwas zu etwas machen)
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der Trottel > vertrotteln “rimbecillire”
die Waise > verwaisen “diventare orfano”
= “diventare qc.” (zu etwas werden)
das Gift > vergiften “avvelenare”
die Kette > verketten “chiudere qc. con la catena”
= “fare con l’aiuto di” (etwas mit Hilfe von tun):
da aggettivi:
frei > befreien
möglich > ermöglichen
frisch > erfrischen
= verbi “causativi” transitivi, che esprimono l’azione del “fare qc.” (etwas machen)
bleich > erbleichen
arm > verarmen
flach > verflachen “appiattire”
= verbi “ingressivi”, intransitivi o riflessivi, che esprimono l’azione del “diventare qc.” (etwas
werden)
Vediamo dunque che lo stesso prefisso può svolgere più funzioni. Per es. ver-:
- per indicare errore: rechnen > sich verrechnen “sbagliare a calcolare”
- per indicare il materiale: Gold > vergolden “dorare”
- per svolgere un’azione tratta da un aggettivo: deutlich > verdeutlichen “chiarire, spiegare”
- per indicare uno “spreco”: trinken > vertrinken, es. das Geld vertrinken
- per indicare un’azione svolta durante qualcosa: schlafen / verschlafen: einen Termin verschlafen
“dimenticare un appuntamento [perché si è dormito troppo]”
Sono molto più diffusi e produttivi i verbi con prefisso separabile perché meglio si inseriscono nella
struttura sintattica tipica tedesca, quella della graffa frasale.
Alcuni verbi con prefisso non sono tratti necessariamente dalla base, o meglio la base non è più
riconoscibile o usata singolarmente. Questi verbi si chiamano “demotivati”, es.
bedeuten
bewegen
erinnern
Tra quelli “motivati”:
entkommen < kommen
erkennen < kennen
bedanken < danken
La valenza (die Valenz):
La valenza è studiata da una corrente grammaticale molto diffusa in area tedesca a partire dagli anni
’60, la Dependenzgrammatik (Grammatica della dipendenza), secondo cui i principali elementi
della frase dipendono dal verbo.
La Grammatica della dipendenza si basa sulla teoria della valenza proposta dal francese Tesnière
nel 1953: “valenza” significa che il verbo ha un forte valore sintattico, ha il potere di pretendere che
alcuni elementi siano presenti. Secondo questa teoria, i verbi possono essere:
- avalenti o con valenza zero (nullstellig o nullwertig), come regnen, che può stare da solo;
- monovalenti (einstellig) come schlafen, dove occorre solo il soggetto;
- bivalenti (zweistellig) come wohnen, che ha due elementi obbligatori (Ergänzungen);
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- trivalenti (dreistellig) come legen, che richiede soggetto, oggetto e determinazione spaziale.
Altri elementi collegabili al verbo sono le Angaben, elementi facoltativi, come gli avverbi, le
determinazioni temporali, ecc.
La derivazione verbale:
Può causare due fenomeni:
- uno sintattico: si ristruttura la cornice valenziale (Valenzrahmen) del verbo-base mediante:
- Transitivierung (“transitivizzazione”)
- Inkorporation (“incorporazione”
- uno semantico: l’azione viene descritta nel suo svolgimento o in una sua particolare fase, per es.
quando un verbo con prefisso assume l’aspetto intensivo, egressivo, ecc., come erretten, verblühen.
Transitivierung:
I verbi intransitivi diventano transitivi, cioè ricevono un oggetto all’accusativo; quindi cambia il
numero di complementi o la valenza. I verbi-base possono essere:
- monovalenti
schlafen > etwas verschlafen
- bivalenti con oggetto al dativo
jdm. folgen > jdn. verfolgen
- bivalenti con oggetto preposizionale
auf etwas steigein > etwas besteigen (es. einen Berg)
um etwas bitten > etwas erbitten (es. seine Hilfe)
erbitten (a-e) ha due significati:
1. “implorare perdono”. Duden: (geh.) höflich, in höflichen Worten um etw. für sich selbst bitten:
“implorare gentilmente per sé”. Es.
jmds. Verzeihung erbitten
ich erbat mir seine Hilfe
baldige Antwort erbeten (“[è] richiesta una pronta risposta”)
Quindi erbitten può sostituire il verbo bitten um da verbo con oggetto preposizionale passiamo a
un verbo con oggetto diretto. Ma cambia anche il registro linguistico.
2. “cedere alle preghiere”. Duden: <e.ÿ+ sichÿ+ lassen> (veraltend) aufgrund von Bitten bereit sein
(etw. zu tun). Es.
ich ließ mich erbitten, ihnen die Miete zu stunden;
er hat sich nicht erbitten lassen (gab den Bitten nicht nach). “è stato irremovibile”
In questo caso lassen può essere considerato un verbo funzione, perché si lega a erbitten in una
costruzione fissa.
erbieten (o-o)
sich erbieten (geh.): sich bereit erklären (etw. zu tun); seine Dienste anbieten: “offrirsi”
er erbot sich, ihr bei den Aufgaben zu helfen “si offrì ad aiutarla nei compiti”
erbeten (debole)
durch Beten zu erlangen suchen: das lang erbetete Glück “cercare di ottenere con le preghiere”
Inkorporation:
Quando il verbo-base prende il prefisso, il complemento diretto diventa indiretto e viceversa, cioè
cambiano i ruoli degli elementi (e cambiano di posto). Il prefisso be- è uno dei più produttivi, e il
fenomeno è ben visibile:
streuen / bestreuen
ich streue Zucker auf die Torte
ich bestreue die Torte mit Zucker
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bauen / bebauen
die Firma X baut ein Hochhaus (in der Stadt)
die Firma X bebaut die Stadt (mit Hochhäusern)
In questi esempi l’oggetto diretto (Zucker, Hochhaus) diventa un oggetto preposizionale, mentre e il
complemento di luogo (Torte, Stadt) (obbligatorio con streuen, trivalente, e non obbligatorio con
bauen, bivalente) diventa l’oggetto diretto (obbligatorio in entrambi gli esempi). Nel caso di
Hochhaus, nella frase con bebauen dobbiamo usare il plurale (Hochhäuser): questo ci mostra che la
variante derivata (bestreuen, bebauen) assume una sfumatura di significato diversa: “spargere” /
“cospargere di” e “costruire” / “riempire di”, “corredare di” (in questo caso “di costruzioni”).
Il fenomeno dell’incorporazione è ancora più evidente con alcuni prefissi che coincidono con una
preposizione, si tratta di um-, durch- e über-, perché il verbo base regge quella prepozione, che si
trasforma in prefisso, es.
wickeln / umwickeln:
er wickelt Isolierband um das Kabel
er umwickelt das Kabel mit Isolierband
Qui umwickeln non è separabile e significa “fornire qc. di qc. avvolgendolo”. È transitivo e richiede
l’ausiliare haben (er hat das Kabel mit Isolierband umwickelt).
Però c’è anche um|wickeln: il prefisso è separabile, e il significato è “letterale”, è la “somma” degli
elementi, cioè “avvolgere diversamente”, es.
die Schnur muss umgewickelt werden
um|wickeln significa anche “avvolgere / avvolgersi in qc.”, es.
ich wickle dem Kind einen Schal um
(però si potrebbe dire anche ich wickle einen Schal um das Kind)
fahren / durchfahren:
er fährt durch den Tunnel
er durchfährt den Tunnel
“passa attraverso il tunnel”
“percorre, attraversa”
durchfahren non separabile significa “attraversare, percorrere” (er durchfährt die Gegend) ed è
transitivo (er hat das Land durchfahren).
durch|fahren separabile invece è intransitivo come il verbo base e richiede l’ausiliare sein. Significa
“passare attraverso”, “passare senza fermarsi”, “senza interruzione”, es.
er fährt unter einem Tunnel durch NB con dativo!
der Zug fährt in Hamburg durch (passa senza sosta)
der Zug fährt bis Hamburg durch (arriva senza soste intermedie)
malen / übermalen:
er malt über den Fleck
er übermalt den Fleck
In questo caso übermalen non è separabile e diventa transitivo; significa “dipingere sopra”,
“ritoccare”.
Con il prefisso separabile über|malen è registrato solo come colloquiale con il significato di
“dipingere fuori dai margini”, es.
er hat beim Malen ein paarmal übergemalt.
I verbi-funzione (Funktionsverben):
Nel testo abbiamo espressioni come:
er hatte ein Kohlenbecken in der Hand, mit dessen glühendem Inhalte er die
Tschibuks der Gäste in Brand zu setzen pflegte. (2, 13-15)
über dessen Gestalt ich beinahe in Schreck geraten wäre. (5, 26-27)
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daß sein schwerer, faßförmiger Leib in schütternde Bewegung kam (1, 27-28)
Si tratta di morfemi lessicali (verbi, per es. qui setzen, geraten, kommen) che assumono una
funzione di morfemi grammaticali, cioè abbandonano il loro valore semantico per assumere la mera
funzione di mezzo grammaticale. Appartengono a questa classe:
- gli ausiliari, che servono a formare i tempi verbali: haben, sein e werden si svuotano del loro
significato per diventare semplici indicatori del passato, futuro e del passivo.
- qualsiasi altro verbo che si usa abbinato ad altro, es.
machen
zumachen
einen Spaziergang machen
Qui machen è il verbo-base, che modifica il suo significato se abbinato a zu- e che se abbinato a una
Ergänzung perde il suo valore “letterale”, qui: fare una passeggiata = passeggiare, “machen” non ha
il valore di “fare” concretamente qualcosa, assumono un valore più o meno astratto.
Anche in questo caso non tutti i linguisti descrivono il fenomeno allo stesso modo; secondo Heinz
Griesbach fanno parte dei Funktionsverben, come vediamo qui, anche i verbi derivati (o composti),
quelli che hanno un prefisso separabile che può avere significato proprio e che così condiziona il
siginficato del verbo base.
Altri esempi:
stellen
gehen
reißen
schneiden
kommen
herstellen “produrre”
eine Frage stellen “porre una domanda”
umgehen “aggirare, girare intorno” zur Neige gehen “volgere al termine”
abreißen “strappare”
Witze reißen “raccontare barzellette”
zuschneiden “tagliare [per dare una forma]” Gesichter schneiden “fare le smorfie”
umkommen “morire, andare a male” in Vergessenheit kommen “cadere nell’oblio”
- il verbo tun, che può assumere una funzione di ausiliare e quindi di verbo funzione quando un
complemento viene evidenziato nel Vorfeld e occorre un predicato che riempia la graffa sinistra, es.
Arbeiten tut er nur, wenn er Geld braucht.
(in italiano: “lavorare lo fa solo se…”, in italiano occorre anche un pronome cataforico)
Lieben tut er sie nicht, aber heiraten will er sie
Arbeiten tust du nicht, aber gut leben willst du.
Secondo Helbig / Buscha invece i verbi-funzione sono solo i sintagmi formati da verbo + parte
nominale, es.
Wir gaben den Mitarbeitern Nachricht = wir benachrichtigten die Mitarbeiter
Peter kam in Wut = Peter wurde wütend
La scelta del verbo singolo o del verbo funzione dipende dal parlante. In questi esempi le due
varianti sono analoghe:
Der Arzt fragt den Kranken
=
Der Arzt stellt dem Kranken Fragen.
Die Bäume blühen
=
Die Bäume stehen in Blüte.
Ich freue mich über das Geschenk =
Das Geschenk macht mir Freude
A volte invece le due forme si usano in registri linguistici diversi:
besuchen
Einen Besuch abstatten (più formale)
von jdm. grüßen
Grüße ausrichten
beweisen
den Beweis erbringen
sich setzen
Platz nehmen
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Oppure indicano diversi aspetti dell’azione:
etw. bewegen
in Bewegung setzen (incoativo)
etw. bewegen
in Bewegung halten (durativo)
prüfen
eine Prüfung ablegen (egressivo)
Oppure può cambiare la prospettiva, indicando azioni passive:
Die Ware unterliegt einer Kontrolle (“sottostare a un controllo”)
Das neue Stück gelangte zur Aufführung (lett. “giungere alla rappresentazione”)
Der Roman fand Anerkennung (lett. “trovare apprezzamento”, “essere apprezzato”)
La differenza tra un Funktionverbgefüge e una normale combinazione di verbo + complemento è
che quest’ultima combinazione è libera e può verificarsi con qualsiasi elemento lessicale, es.
Er begegnete mir freundlich (höflich, nett…)
Das Dorf liegt an der Küste (dort, in Italien…)
Er fuhr nach München (Berlin, Amerika…)
Invece i Funktionsverbgefüge sono combinazioni fisse, in cui gli elementi non sono sostituibili:
Er setzte die Maschine in Betrieb
Ein Verkauf unseres Hauses kommt nicht in Frage
Dein Wohlergehen liegt mir am Herzen.
Come mostrano questi esempi, spesso il verbo funzione si lega a un sintagma preposizionale (anche
per es. in Kraft treten, in Erwägung ziehen), ma abbiamo già visto anche casi di verbo + oggetto
diretto o indiretto, ma non preposizionale, come gli esempi sopra:
einer Kontrolle unterliegen
Anerkennung verbreiten
Nel caso di combinazione nome + verbo sorge il problema se considerare questa combinazione una
normale Prädikatergänzung (complemento predicativo) oppure come un Funktionsverbgefüge.
Gli studi a proposito non chiariscono il problema perché dobbiamo tenere conto della riforma
ortografica: gli studi precedenti il 1996 studiano determinate combinazioni perché scritte in un certo
modo, oggi le stesse combinazioni devono essere valutate in modo diverso, perché con la riforma
ortografica sono diventati Funktionsverbgefüge o non lo sono più.
Per es. prima della riforma ortografica c’erano combinazioni contraddittorie come
Auto fahren /
radfahren
Nel primo caso avevamo un Funktionsverbgefüge, cioè una combinazione fissa Auto + fahren, nel
secondo caso un verbo composto. Oggi questa contraddizione è stata eliminata trasformando anche
la seconda espressione in un Funktionsverbgefüge, Rad fahren.
Questo è più comodo perché se auto- e rad- fossero stati prefissi separabili, si sarebbe posto il
problema di metterli maiuscoli quando si separano, es. ich fahre Rad. Invece in questo modo si
semplifica e si generalizza la regola.
Altri casi di passaggio da una categoria a un’altra per la semplice separazione del composto verbale:
- achtgeben > Acht geben
er gibt auf seine Gesundheit nicht Acht.
- eislaufen > Eis laufen
er geht oft Eis laufen.
- kopfstehen > Kopf stehen
als sie die Nachricht bekamen, standen sie Kopf.
(“essere confuso, sorpreso”)
- *maschineschreiben Maschine schreiben (il dizionario, sia quello precedente la riforma, sia
quello nuovo, riporta solo il participio passato maschine(n)geschrieben) “scrivere a macchina”, es.
ich habe den ganzen Nachmittag Maschine geschrieben
(ma: ich habe den Aufsatz mit der Maschine geschrieben).
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- pleite gehen Pleite gehen (con le vecchie regole era già staccato ma minuscolo) “fallire”, es. die
Firma ist Pleite gegangen. (però ich bin pleite, “sono al verde”, minuscolo perché avverbio,
esistente solo in questa costruzione, mentre die Pleite “la bancarotta”).
Così ora sono state eliminate molte oscillazioni. Oltre all’esempio di Auto fahren ci sono altre
espressioni formate da verbo + nome scritti separati già da prima della riforma:
- Schlange stehen “stare in coda”, “fare la fila”
- Schluss machen (mit) “farla finita”, “smettere”.
Tutte queste espressioni sono caratterizzate dall’uso del sostantivo senza l’articolo, si confronti per
es. liest du schon wieder Zeitung? con
ich lese gerade die Frankfurter Allgemeine Zeitung.
Nella frase a destra si tratta di un giornale specifico, nella frase a sinistra si intende l’azione, in
generale, della lettura del giornale: Zeitung lesen è quindi un verbo funzione.
Lo stesso vale quando il verbo funzione si compone di verbo + aggettivo: alcune espressioni sono
rimaste unite come una volta e si trovano nel dizionario alla lettera con cui inizia il prefisso; altre
espressioni si sono separate e si trovano sotto il verbo o sotto il primo elemento. In generale, si
separano quando il significato è letterale, e si uniscono quando il significato è traslato, ma non è
sempre così, e non sempre il significato si capisce dal contesto. Es.
- feststellen: qui le regole non cambiano: abbiamo il prefisso separabile sia per il significato letterale
di “fissare” (ich stelle die Sessellehne in der richtigen Höhe fest), sia per il significato traslato di
“constatare” (ich stelle seine Mitschuld fest), e all’infinito è considerato un verbo unito, il dizionario
riporta il lemma “feststellen”.
- wahrnehmen “scorgere, percepire”: anche qui le regole non cambiano; nel dizionario il lemma
appare unito. Il significato è solo traslato (ich nehme ein Geräusch wahr). In italiano abbiamo
l’espressione “prendere per vero”, che però dovremmo tradurre con etwas für wahr halten.
- schwarzsehen: con le nuove regole sono stati distinti i due significati principali di questa
espressione. Prima il lemma era solo “schwarzsehen” sia con il valore di “vedere nero, in modo
pessimista”, sia con il significato di “guardare la televisione senza canone”. Oggi il significato
letterale è espresso da “schwarz sehen” (sotto il lemma “schwarz”), es. immer muss er alles schwarz
sehen (una volta: schwarzsehen), e il secondo significato da “schwarzsehen” (unito, sotto il lemma
“schwarzsehen” come prima della riforma): er bezahlt die Gebühr, weil er nicht schwarzsehen will.
- schwarzarbeiten: esiste il lemma “schwarzsehen” (anche prima della riforma c’era il lemma
“schwarzfahren”), quindi all’infinito il verbo è unito:
man sollte nicht schwarzarbeiten.
Anche prima della riforma ortografica era così.
In altri casi schwarz ha il valore avverbiale di “illegalmente” e si usa con verbi ma in forma
separata; sotto il lemma “schwarz” si trovano espressioni come:
etw. schwarz kaufen;
schwarz über die Grenze gehen;
etw. schwarz (in Schwarzarbeit) tun;
schwarz Bus fahren (mit dem Bus schwarzfahren).
In quest’ultimo caso abbiamo il verbo funzione Bus fahren equivalente a Auto fahren e a Rad
fahren; si può usare però anche il verbo schwarzfahren (unito), in questo caso non si può usare Bus
senza articolo.
- voll laufen: prima c’era il lemma “vollaufen”, con due l. Oggi si scrive con tre l ma separato, e
l’espressione è sotto il lemma “voll”. Significa “riempirsi fino all’orlo”, es. lass die Wanne voll
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laufen!, ma con il riflessivo sich voll laufen lassen significa “ubriacarsi”. Entrambi i significati una
volta erano sotto “vollaufen”, oggi sono sotto “voll”.
- totmachen: si trova sotto il lemma “totmachen”, è separabile ma all’infinito si scrive unito, sia con
il significato concreto di “uccidere”, es. warum willst du die Spinne totmachen?, sia con il
significato metaforico di “distruggere la concorrenza”, es. wir wollen die Konkurrenz totmachen.
C’è anche l’espressione riflessiva sich totmachen (non c’era nel Wahrig vecchio), es. er hat sich für
sie totgemacht “si è rovinato la salute, i nervi, per lei”.
Combinazioni simili sono anche quei verbi che reggono un altro verbo: si tratta dei verbi werden,
lassen, e i modali:
Sie wird uns morgen besuchen,
Wir müssen ihn benachrichtigen,
Das Buch lässt sich gut verkaufen,
Er ließ den Besucher lange warten.
Questi casi possono essere considerati Funktionsverbgefügen perché la parte all’infinito non è retta
da zu.
Lo stesso vale quando l’infinito è retto dai verbi gehen, bleiben, lernen, helfen, lehren, heißen e dai
verbi di percezione sehen, hören, fühlen, spüren. Es.
Wir hörten den Jungen im Garten singen (questo è un caso di “accusativo con l’infinito” (a.c.i.),
cioè l’oggetto del verbo coniugato è anche il soggetto del verbo all’infinito)
Sie spürte ihr Herz schlagen (anche questo è un caso di a.c.i.)
Das Kind lernt schreiben.
L’infinito non è retto da zu anche in determinate locuzioni dopo haben, finden e legen. Es.
Du hast gut reden,
Er hat sein Auto vor dem Haus stehen,
Sie fand den Toten auf dem Boden liegen,
Sie legt das Kind schlafen.
In tutti gli altri casi abbiamo un verbo-matrice (verbo pieno oppure una copula o un verbo-funzione
+ aggettivo / sostantivo) che può reggere un infinitiva introdotta da zu:
- verbo pieno
Es freut mich, dich zu sehen (soggetto)
Ich freue mich, dich zu sehen (oggetto)
- copula + aggettivo
Es ist gesund, täglich zu turnen (soggetto)
Er war einverstanden, das Buch zu bezahlen (oggetto)
- verbo-funzione + sostantivo
Es bereitet ihr Freude, alle zu beschenken (soggetto)
Er hat Angst, ihr die Wahrheit zu sagen.
- verbo-fase
Er begann zu sprechen
Sonntags pflegt er lange zu schlafen;
(però bleiben fa eccezione: Trotz ihrer Bitte blieb er sitzen)
Das Kind hörte auf zu weinen.
- semi-modali, cioè sono diversi dai modali perché hanno una coniugazione regolare, ma
sono simili ai modali perché specificano l’azione del verbo retto. Altra differenza con i modali:
richiedono zu (solo brauchen nella lingua colloquiale viene usato anche senza zu): si tratta di
brauchen, scheinen, bekommen, belieben “piacere, volere” gedenken “commemorare”, suchen (nel
senso di versuchen) e wissen:
Er schien sie gut zu kennen.
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Er braucht heute nicht (zu) kommen
Niemand bekam den Schwerkranken zu sehen.
nel testo leider noch kein einziges zu sehen bekommen (7, 24)
Er beliebt zu scherzen.
Wie lange gedenken Sie in Berlin zu bleiben? (= beabsichtigen, di registro elevato)
Sie sucht ihren Kummer zu vergessen (= versuchen, di registro elevato)
Er weiß sich stets zu benehmen.
Er wusste viel zu erzählen.
nicht aushalten können (9, 6):
Questo è un caso di Ersatzinfinitiv, o “doppio infinito”.
hatte holen lassen (13, 23):
Se un caso di Ersatzinfinitiv si verifica in una proposizione secondaria, la costruzione diventa più
complessa a causa dell’Oberfeld. Questo termine indica la posizione anticipata dell’ausiliare, che
non compare, come nelle secondarie “semplici”, all’ultimo posto, bensì prima del participio e
dell’infinito retto dal verbo coniugato.
**********************************
Testi utili (oltre a quelli in programma):
Testi di Karl May:
- Hermann Wiedenroth (ed.), Karl Mays Werke, Berlin 2004 (CD-ROM, Digitale Bibliothek 77);
Monografia introduttiva a Karl May:
- Martin Lowsky, Karl May, Stuttgart 1987 (Sammlung Metzler 231);
Studi linguistici:
- ABC der schwachen Verben, München 1969;
- ABC der starken Verben, München 1970;
- Vladimir Admoni, Über die Wortstellung im Deutschen, in: H. Moser (ed.), Wege der Forschung
XXV, Darmstadt 1969, pp. 376-380;
- Heinz Griesbach, Neue deutsche Grammatik, Gmain 2000.
- G. Helbig / J. Buscha, Deutsche Grammatik. Ein Handbuch für den Ausländerunterricht, Berlin
2001;
- Willy Sanders, Gutes Deutsch – Besseres Deutsch: Praktische Stillehre der deutschen
Gegenwartssprache; Darmstadt 1996;
- Harald Weinrich, Textgrammatik der deutschen Sprache, Hildesheim 20053
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Matthias Claudius, 1740-1815
Urians Reise um die Welt
Wenn jemand eine Reise tut,
So kann er was verzählen.
D'rum nahm ich meinen Stock und Hut
Und tät das Reisen wählen.
Refrain:
Da hat er gar nicht übel drum getan,
Verzähl' er doch weiter, Herr Urian!
2. Zuerst ging's an den Nordpol hin;
Da war es kalt bei Ehre!
Da dacht' ich denn in meinem Sinn,
Das es hier beßer wäre.
Refrain:
3. In Grönland freuten sie sich sehr,
Mich ihres Ort's zu sehen,
Und setzten mir den Trankrug her:
Ich ließ ihn aber stehen.
Refrain:
4. Die Eskimos sind wild und groß,
Zu allen Guten träge:
Da schalt ich Einen einen Kloß
Und kriegte viele Schlänge.
Refrain:
5. Nun war ich in Amerika!
Da sagt ich zu mir: Lieber!
Nordwestpassage ist doch da,
Mach' dich einmal darüber.
Refrain:
6. Flugs ich an Bord und aus in's Meer,
Den Tubus festgebunden,
Und suchte sie die Kreuz und Quer
Und hab' sie nicht gefunden.
Refrain:
7. Von hier ging ich nach Mexico Ist weiter als nach Bremen Da, dacht' ich, liegt das Gold wie Stroh;
Du sollst'n Sack voll nehmen.
Refrain:
8. Allein, allein, allein, allein,
Wie kann ein Mensch sich trügen!
Ich fand da nichts als Sand und Stein,
Und ließ den Sack da liegen.
Refrain:
9. D'rauf kauft' ich etwas kalte Kost
Und Kieler Sprott und Kuchen
Und setzte mich auf Extrapost,
Land Asia zu besuchen.
Refrain:
10. Der Mogul ist ein großer Mann
Und gnädig über Massen
Und klug; er war itzt eben dran,
'n Zahn auszieh'n zu lassen.
Refrain:
11. Hm! dacht' ich, der hat Zähnepein,
Bei aller Größ' und Gaben!
Was hilfts denn auch noch Mogul sein?
Die kann man so wohl haben!
Refrain:
12. Ich gab dem Wirth mein Ehrenwort,
Ihn nächstens zu bezahlen;
Und damit reist' ich weiter fort,
Nach China und Bengalen.
Refrain:
13. Nach Java und nach Otaheit
Und Afrika nicht minder;
Und sah bei der Gelegenheit
Viel Städt' und Menschenkinder.
Refrain:
14. Und fand es überall wie hier,
Fand überall 'n Sparren,
Die Menschen grade so wie wir,
Und eben solche Narren.
Refrain:
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