Untitled - Fondazione dell`Ordine degli Architetti di Milano

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Untitled - Fondazione dell`Ordine degli Architetti di Milano
Frank O.Gehry
dal 1997
La Triennale Di Milano
viale Alemagna, 6 T +39 02 724341
F +39 02 89010693
triennale.it
Ufficio Stampa Antonella La Seta Catamancio
Damiano Gullì
Marco Martello
Mattia Pozzoni
T +39 02 72434241/205/247
F +39 02 72434239
[email protected]
Le immagini e i testi
sono scaricabili dal sito
press.triennale.it
La Triennale di Milano presenta Frank O. Gehry
dal 1997, a cura di Germano Celant, la prima
esposizione dedicata a Frank O. Gehry che riunisce
la selezione dei progetti realizzati a partire dall’importante svolta stilistica del 1997, costituita
dal Guggenheim Museum di Bilbao, fino ad oggi.
La mostra, curata da Germano Celant, è realizzata
in collaborazione con Frank O. Gehry e Gehry Partners
LLP, e resa possibile anche grazie all’assistenza
di importanti istituzioni internazionali quali il
Guggenheim Museum di Bilbao, AGO - Art Gallery
of Ontario di Montreal e DAC - Dansk Arkitektur
Center di Copenhagen.
I progetti in mostra, per la maggior parte inediti,
sono stati selezionati insieme all’architetto americano,
ideando un evento espositivo che indaghi oltre
agli edifici anche le loro relazioni con il territorio in
un’ottica di progettazione più urbanistica: da DZ Bank
Building di Berlino (1995-2001), a AGO - Art Gallery
of Ontario (2000-2008), dal Jay Pritzker Pavilion
di Chicago (1999-2004), all’Interactive Corporation
Headquarter di New York (2003-2007), fino al resort
Atlantis Sentosa di Singapore e alla sede di Abu Dhabi
del Guggenheim Museum, la progettazione dei quali
è cominciata tra il 2005 e il 2006.
Parallelamente, saranno proiettati in video
i materiali relativi alle tecnologie utilizzate da Gehry
nelle diverse fasi del processo creativo e costruttivo.
Interviste e display che illustrano la nascita
e la specificità del gruppo Gehry Technologies,
le modalità dell’ideazione con il software Catia
in rapporto alla progettazione tradizionale, la sua
complessità e le possibilità di ottimizzazione
nel processo di creazione architettonica.
L’esposizione sarà arricchita da un catalogo
pubblicato da Skira, che riunirà tutti i progetti
di Frank O. Gehry, esposti e non esposti a Milano,
dall’innovativo strappo linguistico del Guggenheim
Museum di Bilbao ad oggi. Introdotto da un saggio
critico di Germano Celant, il libro ripercorre dal 1997
i recenti progetti dell’architetto vincitore del Pritzker
Architecture Prize 1989, per la maggior parte inediti,
attraverso i disegni a mano, i disegni di studio,
le elaborazioni in 3D, i modelli e le fotografie del
costruito: dal Walt Disney Concert Hall di Los Angeles
(1989-2003), alla Corcoran Gallery di Washington DC
(1999-2005), dal The Experience Music Project
di Seattle (1995-2000), al complesso abitativo
di Beekman Street a New York (2003-2009).
Le architetture, che costituiscono l’highlight del lavoro
di Gehry Partners LLP negli ultimi dieci anni, saranno
raccontate attraverso i filmati, le fotografie, i disegni,
i modelli relativi alle varie fasi di elaborazione
del progetto, nonché le parole dell’architetto.
Frank O.Gehry dal 1997
Triennale di Milano
27.09.2009_10.01.2010
a cura di Germano Celant
Ingresso: 8/6/5 euro
Catalogo Skira
Orari:
martedì-domenica 10.30-20.30
giovedì 10.30-23.00
“Siate sempre voi stessi”, dice Frank Gehry ai suoi
allievi. “Imparate a essere voi stessi e diventerete
i veri esperti del vostro lavoro. Tutti possono parlare
di voi e di ciò che fate, ma solo voi potete essere
gli esperti del vostro lavoro.” Questo insegnamento è
in realtà un modo di intendere la vita, e in tutti i lavori
di Gehry – dai primi esperimenti degli anni cinquanta
fino ai grandiosi progetti di oggi – si avverte questa
urgenza di essere sempre padroni delle proprie idee,
giudici di se stessi.
Venice © Gehry Partners LLP
Una ventina di anni prima di realizzare il Guggenheim
Museum di Bilbao, Frank Gehry progettava edifici
come la sua casa di Santa Monica, smontando,
sventrando, usando materiali poveri e scarti delle
periferie urbane, scardinando il rassicurante rigore
del movimento moderno e creando invece plastiche
fratture, squarci che si aprivano nei muri come spiragli
per la fantasia, il sogno, l’immaginazione. Alla fine
degli anni settanta, Mendini scriveva sulle pagine
di “Domus” che i lavori di Gehry erano “volutamente
effimeri, che riscattavano le palizzate, le assi dei
sottotetti, le tubature dell’acqua. Azioni di iperrealismo compiute sul provvisorio, sul non finito,
sul semilavorato industriale…”.
Ma il lavoro di Frank Gehry era destinato ad
andare molto oltre. Continuando a essere se stesso,
l’architetto canadese ha spesso cambiato prospettiva,
mutando il suo pensiero e passando attraverso
evoluzioni imprevedibili e discontinuità fino a
quando, alla metà degli anni novanta, ha realizzato
il Guggenheim Museum di Bilbao, equilibrio perfetto
tra forma e contenuti, slancio plastico, fluidità,
dinamismo e al tempo stesso solidità. In questo
edificio è racchiusa tutta la vita di Gehry: la pop
art, il costruttivismo russo, Tatlin, Malevič, Matisse.
“Nel Guggenheim Museum c’è anche Moby Dick”,
aggiunge lo stesso Gehry, alludendo non solo
alle rassicuranti forme organiche chiaramente
presenti nella sua architettura, ma anche alle tensioni
dell’animo umano che vibrano inquiete tra
le pagine di Melville.
La scintillante pelle metallica del Guggenheim
Museum di Bilbao è come una Medusa che seduce
e conduce in un altro mondo tutti coloro che si
fermano a guardarla. C’è all’interno di questo edificio
un pensieroguida, un concetto chiave talmente forte
da attrarre milioni di persone da ogni parte del
mondo, e tutti, indistintamente, si abbandonano
all’incantesimo esercitato dalle sue fluide pareti
metalliche, che sembrano sciogliersi di giorno sotto
il sole per poi raffreddarsi di notte, cambiare forma
e ripresentarsi sotto nuove sembianze ad altri
visitatori, ugualmente meravigliati e pronti
a lasciarsi conquistare dal potere dell’architettura.
Continuando a osservarlo, un’altra immagine
si sovrappone a quella di Tiziano. A poco a poco,
Carlo V diventa Don Chisciotte; l’imperatore sfuma
nel cavaliere errante che vaga piegato dai raggi
del sole, combattendo i fantasmi della mente, come
giganteschi mulini mossi dal vento dei pensieri.
Nel Don Chisciotte di Cervantes ho ritrovato l’essenza
di Gehry, la sua ironia, la sua voglia di apprezzare
il mondo disprezzandone la superficialità, l’ipocrisia,
la falsità. Nell’armatura di Don Chisciotte ho rivisto
la sua casa di Santa Monica, realizzata con materiali
di scarto, pezzi di lamiera e legni recuperati ai margini
delle grandi metropoli industriali.
Mi soffermo sui significati di quest’edificio perché
la mostra della Triennale, curata da Germano Celant,
è interamente dedicata agli ultimi dieci anni di
progettazione di Gehry, partendo dal Guggenheim
Museum di Bilbao quale emblematico e fondamentale
strappo linguistico. Visitando la mostra tutti potranno
indagare il lavoro di Gehry, dai suoi schizzi e dai primi
modelli in cartoncino piegato fino alle più sofisticate
renderizzazioni tridimensionali. Tutti potranno cercare
i significati nascosti nelle sue architetture, le ragioni
di un successo così universale, facile da comprendere
e difficile da spiegare.
Nella figura evanescente di Don Chisciotte, che si
allontana verso un orizzonte impossibile, mi pare
di cogliere il senso di un edificio così unico da essere
considerato l’ultima opera d’arte del XX secolo o la
prima del terzo millennio. Nel Guggenheim Museum
di Bilbao si realizza l’incontro tra sacro e profano,
dove il sacro è l’arte contenuta al suo interno,
il profano la folla che ogni giorno si raduna
“pro-fanum”, letteralmente “davanti al tempio”.
Passeggiando attorno al Guggenheim Museum
di Bilbao, all’ombra delle sue volute metalliche,
ho pensato spesso al quadro di Carlo V dipinto
da Tiziano. L’armatura luccicante dell’imperatore,
l’ambigua curvatura della groppa del cavallo, proteso
verso un nemico invisibile e forse inesistente, la
violenza del chiaroscuro rendono quasi metafisica
quell’immagine, un prodotto della fantasia
dell’inconscio. Provo le stesse sensazioni
di fronte all’edificio di Gehry.
Solo il sacro può entrare, ma se il tempio
è il Guggenheim Museum di Gehry restare fuori
è già essere dentro. Perché questo edificio è arte;
perché noi siamo il nostro tempio. Tornano alla mente
le parole di Frank Gehry quando invita i suoi studenti
a “essere sempre se stessi”. Tornano alla mente le
parole di sant’Agostino, quando diceva: “Amerai
il prossimo tuo come te stesso, ma impara prima
ad amare te stesso, altrimenti ingannerai il prossimo
e non saprai mai amarlo come te stesso.”
Davide Rampello
Presidente della Triennale di Milano
Telluride © Gehry Partners LLP
Un’esposizione sull’opera di Frank O. Gehry è un
evento di significato mondiale in qualsiasi momento
e circostanza. Tuttavia questa presentazione alla
Triennale riveste aspetti unici. A parte la mostra
tenutasi al Solomon R. Guggenheim Museum
di New York nel 2001, che copriva il suo percorso
dal 1968 e accennava ai progetti successivi al
Guggenheim Museum Bilbao, l’edificio terminato
nel 1997 che ha contributo all’affermazione
internazionale dell’architetto, questa è la prima
antologica che, attraverso modelli e documenti,
disegni e video, nonché contributi tecnologici, copre
in maniera sistematica l’intera produzione dal 1997
al 2009: una panoramica esaustiva e dettagliata
che si è potuta realizzare selezionando dall’enorme
archivio, concreto e virtuale, della Gehry Partners
di Los Angeles.
L’impresa di coniugare questo progetto e questa
pubblicazione sull’opera di Frank O. Gehry non
sarebbe stata possibile senza l’entusiasmo di Frank
stesso, che alla mia titubante richiesta di rinnovare
un nostro dialogo cominciato nel 1975, che era
transitato nella sua prima monografia edita nel 1985
da Rizzoli, New York, e si era poi ampliato, nel 1986,
nella sua prima mostra italiana ed europea da me
curata al Museo d’Arte Contemporanea del Castello
di Rivoli, realizzando a Milano un’esposizione sul suo
lavoro più recente, ha subito abbracciato il progetto.
Devo quindi ringraziarlo per la generosità e l’energia
con cui si è sottoposto a un lavoro di selezione delle
sue architetture più significative degli ultimi dieci
anni, mettendo a disposizione il suo tempo e i suoi
collaboratori, nonché materiali unici e inediti,
mai usciti dal suo studio.
Il compito di curare un’esposizione di questa scala,
con oltre cento modelli, implica l’aiuto di collaboratori
e di esperti, di ricercatori e di ricercatrici dediti
a un impegno continuo e professionale. Nell’ambito
della Gehry Partners non potevo trovare persone e
specialisti migliori di Meaghan Lloyd e di Edwin Chan,
che, affiancati da Amy Achorn, Joyce Shin, Tensho
Takemori e Laura Stella, nel corso di molti mesi hanno
prestato la loro esperienza e la profonda conoscenza
del lavoro di Gehry, indicandoci le scelte migliori
e più significative. Un particolare ringraziamento
va inoltre a tutto lo staff della Gehry Technologies
per la generosità con cui ha messo a disposizione
materiali straordinari e sorprendenti, il cui uso
sta modificando il processo di progettazione
e costruzione in architettura.
Sono inoltre profondamente grato a Davide Rampello
che, sin dal mio primo accenno a una possibilità
di mostrare la produzione meno conosciuta di Gehry,
ha dato il suo consenso e il suo apporto. Alla Triennale
di Milano, vorrei esprimere il mio grazie ad Andrea
Cancellato e a tutto lo staff dell’istituzione milanese,
da Roberta Sommariva a Nick Bellora, da Violante
Spinelli Barrile a Damiano Gullì, da Francesca
De Mattei a Maria Chiara Piccioli, Pierantonio
Ramaioli, Marina Gerosa, Marco Martello e Mattia
Pozzoni, che ha permesso di dare realtà e concretezza
a tutte le indicazioni e le richieste, a volte difficili
e problematiche, per una qualificazione della
manifestazione. Oltre a questi, il ringraziamento
va a coloro che, a vario titolo, hanno arricchito
il progetto, in particolare Nausicaa Berbenni,
Andrea Romano, Alessia Salerno, Arianna Vanini.
Per l’aspetto di coordinamento, di reperimento
e di identificazione delle opere sono grato a Chiara
Spangaro, che con la sua disciplina e la sua abilità a
sovrintendere i mille aspetti di questo lavoro, nonché
con la sua ricerca d’archivio, ha dato forma ai contenuti
scientifici e all’impianto editoriale della monografia
e alla struttura espositiva del progetto antologico
che, con orgoglio, si possono definire unici. Un sincero
grazie va a Pierluigi Cerri, con Francesca Stacca,
Marta Moruzzi e Francesca Ceccoli che, con profonda
sensibilità e raffinatezza estrema, hanno dato
immagine e corpo alla comunicazione, al percorso
e all’allestimento, dove l’opera di Gehry si esalta.
Per il consenso a mettere a disposizione materiale
prezioso e storico, proveniente dalle loro collezioni,
ringrazio Juan Ignazio Vidarte, direttore del
Guggenheim Museum Bilbao. E Lucia Aguirre
con Irune Otxoa per il prezioso prestito del modello
del museo basco; e rivolgo il mio sentito grazie
a LVMH - Moët Hennessy, Louis Vuitton e Kerzner
International per l’aiuto logistico nel reperimento
e nello spostamento di alcuni importanti materiali,
e insieme sono debitore verso l’inestimabile
disponibilità e la generosa adesione di prestatori
e collezionisti che desiderano rimanere anonimi.
Per la realizzazione di diversi settori dell’esposizione
sono stati fondamentali i contributi di Ultan Guilfoyle,
che ha prestato i suoi filmati e le sue videoriprese, un
ricco contributo mediatico che amplia l’informazione
sui progetti in mostra, e Hanif Janmohamed
della Vanilla 5 Creative, a cui si deve la realizzazione
di tutti i video sulle tecnologie utilizzate nel processo
creativo e progettuale di Gehry.
E ancora, per le informazioni ricevute, un sincero
grazie va ad Antonietta Mirabelli dell’AGO - Art Gallery
of Ontario, Toronto, a Kirsten Kiser di Artspace e a
Sanne Lindhardt di DAC - Danish Architecture Centre,
Copenhagen.
Grazie anche a Massimo Vitta Zelman e a tutto
lo staff Skira per il lavoro e l’attenzione posti nella
realizzazione di un catalogo così ricco: da Stefano
Piantini e Luca Molinari, a Marcello Francone
ed Emma Cavazzini, da Sara Salvi ed Elena Carotti,
con Morena De Filippo, Alessandro Prandoni
ed Emily Ligniti, a Paola Lamanna e Lucia Crespi.
Infine un ringraziamento va, in Milano, al team
del mio studio, da Francesca Cattoi a Marcella Ferrari,
affiancate da Elisa Genna e Mariví García Manzano,
che in questi lunghi mesi hanno condiviso, insieme
a Paris e Argento, la mia famiglia, le mie tensioni
teoriche, scientifiche ed emotive. Grazie a tutti.
Germano Celant
Frank O. Gehry
Guggenheim Museum Bilbao
Bilbao, Spagna
Il Guggenheim Museum Bilbao è il risultato di una
straordinaria collaborazione tra l’amministrazione
della Regione Basca, che ha finanziato e possiede
il progetto, e la Solomon R. Guggenheim Foundation,
che gestisce il museo e fornisce le principali collezioni
d’arte. Il museo rappresenta il primo passo nel
recupero dell’antico quartiere lungo la riva sud del
fiume Nervión, in cui fiorivano commerci e magazzini.
Accessibile direttamente dalla zona degli affari
e dal centro storico, il Guggenheim si trova al centro
di un triangolo culturale formato dal Museo de Bellas
Artes, dall’università e dall’antico municipio. La piazza
collocata all’ingresso favorisce il collegamento
pedonale tra i due musei e tra la città vecchia
e il lungofiume. Il Puente de La Salve, che collega
l’ottocentesco centro città con le aree periferiche,
attraversa il sito all’estremità orientale e conferisce
al museo lo status di porta della città.
L’ingresso principale del Guggenheim conduce a un
ampio atrio centrale in cui un sistema di passerelle
curvilinee, ascensori di vetro e scale a chiocciola
congiunge le gallerie espositive disposte in maniera
concentrica su tre livelli. Su questo atrio centrale
spicca un soffitto dalla forma scultorea che, grazie
ad aperture a vetri, inonda di luce tutto l’ambiente.
Le dimensioni straordinarie dell’atrio, che si innalza
fino a un’altezza di oltre 50 metri sul livello del fiume,
sono un invito a installazioni monumentali su misura
e a eventi speciali.
La Guggenheim Foundation ha richiesto spazi
espositivi da dedicare a una collezione permanente,
a una temporanea e a una selezione di opere di artisti
viventi. Per rispondere a questa esigenza sono stati
creati tre tipi distinti di aree espositive. La collezione
permanente è suddivisa in due gruppi di gallerie,
ciascuno costituito da tre spazi quadrati e consecutivi
impilati al secondo e al terzo piano del museo. La
collezione temporanea è collocata in una spettacolare
galleria a forma di rettangolo allungato che si estende
verso est e passa sotto il Puente de la Salve
per terminare con una torre sul lato più lontano.
Le opere degli artisti viventi sono installate in una
serie di gallerie curvilinee distribuite in tutto il museo,
in modo che il loro lavoro possa essere messo in
relazione con le collezioni permanenti e temporanee.
L’esterno del Guggenheim Bilbao è costituito
principalmente da pietra calcarea spagnola e pannelli
di titanio: le forme rettangolari dell’edificio sono
ricavate nel calcare, quelle più plastiche sono state
ottenute col titanio. Ampie pareti vetrate permettono
al visitatore di ammirare splendidi scorci del fiume
e della città circostante.
Il progetto del museo si ispira alla scala e alla trama
della città di Bilbao e richiama gli antichi materiali da
costruzione degli edifici del lungofiume, dimostrando
così di essere una risposta ponderata alle tradizioni
storiche, economiche e culturali della zona.
Area
28.500 m2
Calendario
Inizio progetto: 1991 / inizio costruzione: 1993 / completamento: 1997
Architetto
Design Partner Project Manager Project Architect Project Designer Project Team
Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Vano Haritunians
Douglas Hanson
Edwin Chan
Richard Barrett, Karl Blette, Tomaso Bradshaw, Matt Fineout, Robert G. Hale, David Hardie, Michael Hootman,
Grzegorz Kosmal, Naomi Langer, Mehran Mashayekh, Christopher Mercier, Brent Miller, David Reddy, Marc Salette, Bruce Shepard, Rick Smith, Eva Sobesky, Derek Soltes, Todd Spiegel, Jeffrey Wauer, Kristin Woehl
Walt Disney Concert Hall
Los Angeles
Walt Disney Concert Hall
Los Angeles, California
Situata al centro di Los Angeles accanto al Music
Center, in una zona importante dal punto di vista
storico e culturale, la Walt Disney Concert Hall
è la sede della Los Angeles Philharmonic Orchestra.
Al sito, in gran parte coperto di giardini, si accede non
soltanto dalla sala da concerto, ma anche dalle strade
adiacenti. L’atrio d’ingresso della Walt Disney Concert
Hall, accessibile dalla strada, rimane aperto durante
tutta la giornata: grazie ad ampi pannelli di vetro
manovrabili si possono facilmente raggiungere
vari servizi quali un Gift Shop, un ristorante e una
caffetteria, un parcheggio interrato e uno spazio
dedicato a performance preconcerto. Quest’ultima
area può ospitare conferenze inerenti al concerto,
programmi educativi e altre esibizioni programmate
o improvvisate in tutto l’arco della giornata.
Il fulcro del progetto è la sala da concerto da
duemiladuecentosessantacinque posti, la cui forma
interna è diretta espressione dei parametri acustici.
I posti a sedere circondano il palco dell’orchestra.
Le pareti di legno e il soffitto, anch’esso di legno,
simile a una vela, danno allo spettatore l’impressione
di trovarsi all’interno di un’enorme nave, contenuta
tra le pareti della sala. L’organo a canne progettato
appositamente occupa una posizione centrale, in alto,
dietro l’orchestra. Lucernari e un’ampia finestra
sul retro della sala consentono alla luce naturale
di illuminare i concerti diurni.
L’esterno della Walt Disney Concert Hall è rivestito
con pannelli di acciaio inossidabile. L’orientamento
dell’edificio, insieme al gioco di curve e piegature
dei muri esterni, offre al visitatore che si inoltra nelle
vie adiacenti, nei giardini o nelle piazzette circostanti
la vista di un insieme di composizioni dal carattere
spiccatamente plastico. La sala da concerto è
circondata da un’ampia area tecnica dietro le quinte,
aperta su un giardino privato riservato ai musicisti.
Il teatro multifunzione Roy and Edna Disney, da
duecentocinquanta posti, è dedicato ai programmi
del California Institute of the Arts (CalArts); è
compreso nella base dell’edificio e vi si può accedere
dalle strade circostanti. Questa sala, che ha un atrio
d’ingresso separato, una galleria d’arte e una
caffetteria, è una delle sedi principali per gli eventi
del CalArts a Los Angeles. Nel sottosuolo è situato
un garage da duemilacinquecento posti auto su sei
livelli, al quale si accede da tre strade limitrofe.
Area
200.000 m2
Calendario
Inizio progetto: 1987 / inizio costruzione: 1999 / completamento: 2003
Architetto
Design Partner Project Partner Project Manager
Project Architects
Senior Detailer
Project Designer
Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
James M. Glymph
Terry Bell
David Pakshong, William Childers, David Hardie, Kristin Woehl
Vartan Chalikian
Craig Webb
Der Neue Zollhof
Düsseldorf, Germania
Il complesso è situato al centro di Düsseldorf,
sul margine orientale del porto sul Reno, nei pressi
della sede amministrativa del Nordrhein-Westfalen.
Questo tratto di lungofiume occupato in prevalenza
da magazzini è stato riqualificato e trasformato
in una zona pubblica che ospita per lo più agenzie
di comunicazione e studi d’arte. L’area del porto
confina a sud col quartiere residenziale e a est con
il distretto finanziario e amministrativo. Il recupero
di questa zona prevede la creazione di un polo
di attrazione per la città, sottolineando al tempo
stesso la sua crescita dal punto di vista culturale
ed economico.
Il sito, pianeggiante, è attiguo alla passeggiata
del lungofiume e gode di ampie vedute del Reno
in entrambe le direzioni. I margini orientale e
occidentale sono segnati da nuove costruzioni e una
linea tranviaria definisce il confine meridionale lungo
Stromstraße. A nord, invece, il sito si affaccia sul porto
sportivo dello Zollhafen e, più in là, sul Park Bilk.
Il programma prevedeva 28.000 metri quadrati
di uffici e aree commerciali in tre edifici separati,
con un progetto che favorisse gli spazi aperti
minimizzando i volumi costruiti. L’ubicazione dei tre
edifici sottolinea la convergenza di Brückenstraße
e Wupperstraße, lasciando aperto in tal modo il sito
in direzione del quartiere residenziale attraverso
Stromstraße. Il complesso costituisce inoltre
un contrappunto al tipico sviluppo orizzontale
delle costruzioni adiacenti, risultando in una serie
di torri di media altezza raggruppate insieme.
Il programma comprende varie agenzie di pubblicità,
di assicurazioni e simili. Le tre torri sono formate da
elementi da 300 a 500 metri quadrati raccolti intorno
a un nucleo centrale, in una volumetria articolata che
permette grande flessibilità di locazioni finanziarie.
Ai piani la disposizione degli uffici può essere aperta
o modulare. Le torri si affacciano su una vasta piazza
con una rete di stradine che le collegano al porto.
Il parcheggio è sotterraneo. La divisione del progetto
in tre edifici distinti fa sì che ciascuno dei tre locatari
abbia una propria ampia visibilità.
I tre edifici sono costruiti con piatte lastre di
calcestruzzo e le facciate esterne sono caratterizzate
da finestre ritagliate nella muratura. Ciascun gruppo
è caratterizzato da un diverso materiale di rifinitura:
quello centrale è interamente rivestito di pannelli
metallici; la torre orientale, la più alta, è costituita
da volumi curvilinei finiti a gesso; quella occidentale
è un insieme di volumi in mattoni. Tutti gli edifici
hanno finestre manovrabili per una ventilazione
naturale; l’articolazione delle aperture e il rapporto
con la pelle della costruzione è simile in tutte e tre
le strutture. L’organizzazione dei volumi, raggruppati
a grappolo, aumenta al massimo il numero di uffici
con vista sul fiume.
La geometria, l’insieme dei volumi e i materiali usati
per l’esterno rendono ciascuna costruzione un pezzo
unico. Grazie all’impiego di finestre identiche
e all’intimo rapporto delle torri con il quartiere,
il progetto nel suo insieme assume la funzione
di elemento unificatore in questo contesto urbano.
Area
28.000 m2
Calendario
Inizio progetto: ottobre 1994 / inizio costruzione: autunno 1996 / completamento: 1999
Architetto
Design Partner Project Architect Project Architect Project Designer Project Coordinators
Project Team
Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Tomaso Bradshaw
Terry Bell
Craig Webb
Brent Miller, Lisa Towning, Kristin Woehl
Jim Dayton, John Goldsmith, Jeff Guga, Michael Jobes, Naomi Langer, Steven Pliam, Jörg Rügemer,
Charles Sanchez, Bruce Shepard, Rick Smith, Eva Sobesky, Tensho Takemori, Laurence Tighe, Scott Uriu,
Flora Vara, Jeffrey Wauer
Edificio DZ Bank
Berlino, Germania
Il DZ Bank è un edificio a uso misto che nella parte
commerciale ospita la sede berlinese della DZ Bank
e in quella residenziale contiene trentanove
appartamenti. La prima parte è orientata verso
Pariser Platz e la porta di Brandeburgo, l’altra guarda
verso Behrenstraße.
Sia la facciata su Pariser Platz che quella su
Behrenstraße sono rivestite in calcare color camoscio,
che ben si intona con la porta di Brandeburgo. Le
facciate hanno dimensioni diverse e ciascuna adatta
le proprie proporzioni all’area urbana in cui è inserita.
Quella su Pariser Platz è caratterizzata da una serie
di semplici aperture ritagliate nella muratura e da
bovindi profondamente incassati, che permettono
alla costruzione di armonizzarsi naturalmente
con quel tessuto urbano unico nel suo genere
che è il sito della porta di Brandeburgo.
L’ingresso principale su Pariser Platz è coperto da una
tettoia di vetro. L’alto foyer offre una vista sull’ampio
atrio interno che sfoggia un soffitto e un pavimento
di vetro ricurvo. Un’arcata rivestita in legno conduce
agli ascensori degli uffici, ubicati su entrambi i lati
dell’atrio. Gli spazi per gli uffici sono organizzati
intorno all’atrio e orientati verso l’interno per godere
della luce naturale che proviene dal soffitto di vetro.
La sala-conferenze principale si trova all’interno
di un guscio dalla forma scultorea situato al centro
del pavimento di vetro dell’atrio. La sala, rivestita
di acciaio inossidabile all’esterno e di legno
all’interno, sembra fluttuare nella fluida profondità
dello spazio. Altri servizi per conferenze sono ubicati
sotto il pavimento di vetro al primo piano interrato,
intorno a un ampio atrio che può essere collegato con
la caffetteria, situata sotto la volta di vetro principale,
per creare un vasto spazio adatto a ospitare rinfreschi
e riunioni.
Un secondo atrio interno, più piccolo, serve la parte
residenziale del complesso. Da questo, la luce naturale
penetra in entrambi i lati di ogni appartamento.
Uno specchio d’acqua in fondo all’atrio, ben visibile
dagli ascensori di vetro presenti in questa sezione,
arricchisce la luce di una qualità dinamica.
Gli appartamenti sono di varia misura: dai monolocali
alle maisonnettes situate ai due piani più alti.
Area
20.000 m2
Calendario
Concorso: agosto 1995 / inizio progetto: ottobre 1995 / inizio costruzione: dicembre 1996
completamento: maggio 2001
Architetto
Design Partner Project Designer Project Architects
Project Team
Model Builders
CATIA Modeling Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Craig Webb
Marc Salette, Tensho Takemori
Jim Dayton, John Goldsmith, George Metzger, Jörg Rügemer, Eva Sobesky, Laurence Tighe, Scott Uriu
Kirk Blaschke, Nida Chesonis, Tom Cody, Jeff Guga, Leigh Jerrard, Michael Jobes, Tadao Shimizu
Bruce Shepard, Rick Smith
The Ray and Maria Stata Center for Computer,
Information and Intelligence Sciences,
Massachusetts Institute of Technology
Cambridge, Massachusetts
Il Ray and Maria Stata Center del Massachusetts
Institute of Technology (MIT) si propone, in primo
luogo, di fornire laboratori di ricerca e uffici
al Computer Science and Artificial Intelligence
Laboratory (CSAIL), al Laboratory for Information
and Decision Systems (LIDS) e al Department of
Linguistics and Philosophy (L&P). Inoltre, lo Stata
Center comprende strutture più generiche destinate
all’uso della comunità del MIT nel suo complesso.
Uno degli obiettivi fondamentali che hanno guidato
il progetto riguardava il bisogno di combinare
strutture di ricerca semiprivate per il CSAIL, il LIDS e
l’L&P Department con strutture più generiche per la
comunità del MIT. Gli elementi del programma relativi
alla ricerca dovevano essere nettamente distinti da
quelli pubblici e didattici, eppure integrati nello stesso
edificio. Questo obiettivo è stato raggiunto collocando
i primi nella zona settentrionale e i secondi in quella
meridionale, al di sotto di uno spiazzo verde sopraelevato e rivolti verso il campus del MIT. Le due zone
si incontrano lungo un corridoio di circolazione
chiamato Student Street. La Student Street diventa
il punto di separazione ma anche di intersezione tra
questi due mondi e si collega direttamente al sistema
di circolazione interno al MIT, noto come Infinite
Corridor. Lungo la Student Street si trovano una sala
conferenze da trecentocinquanta posti a sedere, due
aule a gradinate da novanta posti e due aule piane
da cinquanta posti. A queste si aggiungono una
caffetteria, vari servizi e sale di ritrovo per gli studenti,
un asilo e una palestra, che comprende un centro
fitness e sale per lezioni di ballo. Un parcheggio
su due piani e una struttura di servizio, che gestisce
le consegne per questo settore del MIT, sono situati
sotto questo livello.
Oltre alla combinazione di uffici e zone dedicate alla
ricerca semiprivati con strutture didattiche e pubbliche
più accessibili, la comunità scientifica aveva la
necessità di distinguere due identità, pur rimanendo
un’unità coerente. Per questo motivo, lo Stata Center
si eleva dalla sua base sotto forma di due bracci-torri.
Il William H. Gates Building sorge all’estremità
orientale dello Stata Center e ospita le strutture
per il CSAIL. L’Alexander Dreyfoos Building si trova
all’estremità occidentale del centro e accoglie gli spazi
per il LIDS e l’L&P Department. Le torri si elevano
da un basamento a due piani chiamato Warehouse.
Il Warehouse è condiviso da tutti i dipartimenti dello
Stata Center, ai quali offre spazi molto flessibili per
i progetti di ricerca su grande scala. In cima a questa
base e tra le due torri si apre uno spazio che prende
il nome di Upper Terrace, circondato da sale riunioni
e spazi sociali condivisi da tutti i dipartimenti e
articolati in una serie di elementi singoli collegati da
un tronco di circolazione a mezzaluna che si estende
dal Warehouse e dalla Student Street verso ciascuna
estremità attraverso ampie scalinate attigue a due
cortili interni aperti. I laboratori di ricerca sono ubicati
all’interno delle torri e sono divisi in “quartieri”, in
genere di due piani, all’interno dei quali si riuniscono
i gruppi che si dedicano allo stesso campo di ricerca.
Ciascun quartiere comprende un ascensore centrale,
una sala di ritrovo centrale a doppia altezza
e laboratori a doppia altezza che creano una
connessione visiva e fisica tra i due livelli. In genere
i quartieri sono organizzati con i laboratori al centro
e gli uffici lungo il perimetro. I laboratori sono
costituiti da spazi aperti o chiusi, in base all’attività
di ricerca cui sono destinati. La pianta generale
del quartiere si irradia dalla sala di ritrovo a doppia
altezza, lo spazio più pubblico, a una fascia di uffici
lungo il perimetro, gli spazi più privati. Le sale di
ritrovo si impilano alle spalle dell’estensione verticale
dei cortili interni e offrono viste sull’Upper Terrace.
Sono stati studiati ulteriori sistemi di costruzione
shell and core per dare massima flessibilità ai gruppi
di ricerca, che devono adattarsi regolarmente a diversi
campi e metodi. La struttura principale dell’edificio è
realizzata con solette piatte e colonne di calcestruzzo
che possono essere lasciate nude. Un piano d’accesso
sopraelevato crea un plenum di mandata dell’aria per
un sistema di ventilazione a dislocamento che limita
l’uso di tubazioni orizzontali e aumenta la comodità
e la versatilità. I diffusori d’aria possono essere
aggiunti o spostati per permettere modifiche
alla disposizione delle pareti divisorie. Anche la
distribuzione dell’energia elettrica avviene attraverso
la cavità del pavimento e la rete di diffusione dei dati
si snoda sia sotto di esso che su passerelle aeree
locali per una facile gestione dei cavi. Il sistema
di illuminazione è progettato per consentire le diverse
attività di ricerca in qualsiasi zona dei laboratori.
Tutti gli uffici e gran parte dei laboratori ricevono
luce naturale, con sistemi di protezione installati
per controllare i riflessi. Negli spazi dove è richiesto
l’assorbimento del suono, la faccia inferiore
della soletta del soffitto è insonorizzata.
Le pareti esterne dello Stata Center sono rivestite
di mattoni, acciaio inossidabile e alluminio dipinto.
Le due ali a torre sono semplici volumi in mattoni
con finestre incassate e pareti inclinate alla base.
Tra le ali a torre si inseriscono elementi in acciaio
inossidabile più complessi, o spigolosi e sfaccettati
con rivestimento piatto, o ricurvi con rivestimento
drappeggiato. Le finestre sono integrate in alloggi
di acciaio inossidabile che sporgono dalla facciata.
Gli spazi condivisi articolati negli elementi che
circondano la Upper Terrace sono rivestiti ciascuno
con uno dei materiali primari usati per l’esterno:
mattoni, acciaio inossidabile e alluminio dipinto.
L’entrata principale del William H. Gates Building
è rivestita di acciaio inossidabile ondulato, così
come alcune delle tettoie che identificano e riparano
i diversi ingressi dello Stata Center. Un sistema
progettato su misura e composto da un muro
non portante in vetro, una facciata e dei lucernari
è impiegato per creare le entrate, per scandire
il passaggio tra i vari elementi dell’edificio e per
portare la luce naturale all’interno dei grandi spazi
per le lezioni e le riunioni. I due cortili interni,
che visivamente collegano le due torri tra loro
e al Warehouse, costituiscono l’espressione principale
del muro di vetro. L’uso di materiali diversi crea
una gamma di colori e trame che evidenzia e rafforza
l’intensità della composizione architettonica
complessiva.
Area
66.890 m2
Calendario
Inizio progetto: 1998 / inizio costruzione: 2001 / completamento: 2004
Riconoscimenti 2005 Build New England Award
Architetto
Project Partner Project Designer Project Architect / Partner Assistant Project Designer Assistant Project Architect Assistant Project Architect Core Project Team Project Team Gehry Partners, LLP
James M. Glymph
Craig Webb
Marc Salette
Rachel Allen
Laurence Tighe
David Rodriguez
Helena Berge, Henry Brawner, Vartan Chalikian, Christine Clements, Edward Duffy, Yono Hong,
James Jackson, Thomas Kim, Jason Luk, Yannina Manjarres-Weeks, Frank Melendez, Emilio Melgazo,
Ngaire Nelson, Gaston Nogues, Yanan Par, Douglas Pierson, David Plotkin, Derek Sola, Karen Tom,
Stephen Traeger, Monica Valtierra-Day, Yu-Wen Wang, Jeffrey Wauer
Chris Banks, Christopher Barbee, Herwig Baumgartner, Saffet Bekiroglu, Tom Bessai, Tomaso Bradshaw,
Tina Chee, Susannah Dickinson, Brian Flores, Raymond Gaetan Jr., Craig Gilbert, Jeff Guga, Dari Iron,
Michael Kempf, Kurt Komraus, Irwin Larman, Dennis Lee, Frank Medrano, Clifford Minnick,
Robyn Morgenstern, Scott Natvig, Janine Nesseth, Birgit Schneider, Robert Seelenbacher,
Dennis Shelden, Bruce Shepard, Suren Sumian, Gavin Wall, Bryant Yeh, Brian Zamora
Atlantis Sentosa
Sentosa Island, Singapore
Atlantis Sentosa
Sentosa Island, Singapore
L’obiettivo per l’isola di Sentosa era quello di creare
una meta unica e coinvolgente in cui l’universo
virtuale potesse intrecciarsi con quello materiale.
Le architetture sono ispirate alle creature dell’Oceano
che sembrano emerse dal mare e adagiate in questo
strano luogo. Fisicamente il progetto si integra senza
sbavature con il lussureggiante paesaggio tropicale
e offre un punto focale per il lato settentrionale
dell’isola.
Atlantis Sentosa è una proposta presentata
a un concorso per una struttura ricettiva integrata
sull’isola di Sentosa, a Singapore. Le enormi Sails
of Sentosa – grandi vele di vetro alte fino a 90 metri
– ne sono l’elemento centrale. Il complesso contiene
un grande atrio centrale, un Aquasphere (un acquario
del XXI secolo), giardini d’inverno, Aquaventure
(un nuovo parco acquatico), Coral Lagoon (un reef
per le immersioni), quattro eccezionali alberghi,
uno stabilimento termale, un casinò, strutture
per convegni e oltre cinquanta tra punti vendita
e ristoranti.
Ciò che distingue questa proposta di struttura ricettiva
integrata è la sovrapposizione del virtuale alla realtà
fisica. Tecnologie semplici e moderne, come i bracciali
RFID, sono state sviluppate per far sì che ciascun
visitatore abbia un’esperienza unica. Ogni elemento
all’interno del complesso è dotato di una tecnologia
di display su misura in grado di soddisfare individualmente ciascun ospite. Per la struttura è stato
appositamente ideato un originale gruppo di esseri
chiamati Aquabrid: incrocio tra antiche creature
marine e tecnologia moderna, gli Aquabrid sviluppano
caratteristiche particolari per ogni visitatore e fungono
da guida e da interfaccia attraverso il complesso.
Il risultato è un paesaggio ispirato alle favolose isole
degli antichi miti greci, intriso di cultura singaporiana,
arricchito con tecnologie futuristiche e rinnovato
per il XXI secolo e oltre.
Area 343.000 m2 complessivi circa, più aree esterne
Calendario Progetto per il concorso: gennaio-ottobre 2006
Architetto
Design Partner Partner Project Team
Architetto Design Partner Project Leader Project Team
Gehry Architects New York, PC
Frank O. Gehry
Tensho Takemori
Jacob Atlas, Elmer Barco, Susan Beningfield, Tina Chee, Yasu Chiaya, Thomas DeVoss, Leif Halverson,
Betty Kassis, Meaghan Lloyd, Rachel MacMillan, Ruben Markarian, Brian O’Laughlin, Kiwoo Park, Rui Sato,
Samuel Suh, Tate Wilson
Greg Lynn FORM
Greg Lynn
Florencia Pita
Adam Fure, Brittney Hart, John Klein, Paul Locke, Fred Scharmen
Art Gallery of Ontario
Toronto, Ontario
AGO - Art Gallery of Ontario
Toronto, Ontario
L’Art Gallery of Ontario si trova a Toronto, Canada.
Fondata nel 1900 da un gruppo di privati cittadini
col nome di Art Museum of Toronto, è attualmente
al decimo posto nella classifica dei musei d’arte
più grandi dell’America del Nord. In seguito
all’acquisizione di oltre diecimila opere e alla nuova
campagna per la trasformazione dell’Art Gallery
of Ontario si sono resi necessari la ristrutturazione
e l’ampliamento del museo, grazie ai quali lo spazio
espositivo è aumentato della metà rispetto a quello
originario e la circolazione interna è stata completamente riorganizzata.
L’esterno del museo è stato trasformato mediante
l’aggiunta di una facciata sopraelevata in vetro
leggermente ricurvo e legno di abete Douglas
che si estende per l’intero isolato. Questa facciata,
che comprende una galleria di sculture, permette
l’ingresso della luce naturale e connette lo spazio
espositivo a quello urbano.
Una scala a spirale, che parte dalle passerelle del
secondo piano della Walker Court e sale attraverso
la copertura di vetro, collega i vari piani della nuova
ala sud.
L’ingresso principale è stato spostato in modo
da allineare l’atrio con il nucleo storico del museo.
Il punto d’incontro all’angolo tra Dundas e McCaul
Street, accessibile ai pedoni, comprende negozi,
ristoranti, un teatro e uno spazio riservato a progetti
d’arte contemporanea raggiungibili dalla strada.
Elementi chiave della ristrutturazione dell’Art Gallery
of Ontario sono la luce e l’esposizione all’ambiente
circostante. La luce naturale che irrompe dai molteplici
lucernari ricavati nelle gallerie e le facciate in vetro
conferiscono grande intensità all’esperienza visiva
all’interno del museo. L’uso del vetro permette
la vista del Grange Park a sud e di Dundas Street
a nord, collegando il museo all’ambiente urbano
che lo circonda.
L’ala sud rivestita di vetro e titanio, che comprende tre
piani e affaccia su Grange Park, è stata creata ex novo
per ospitare il nuovo centro per l’arte contemporanea
e uno spazio dedicato a eventi speciali.
Area Area ristrutturata: 17.000 m2 circa / area di nuova costruzione: 8918 m2 / area totale: 51.096 m2
Calendario
Inizio progetto: 2000 / inizio costruzione: 2005 / completamento: 2008
Architetto
Design Partner Project Designer Project Partner Project Manager
Project Team
Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Craig Webb
Brian Aamoth
Jeffrey Wauer
Laura Bachelder, Susan Beningfield, Henry Brawner, Peter Buffington, Zachary Burns, Lisa Cage, Leon Cheng,
Cara Cragan, Rogan Ferguson, Anna Marie Flaherty, Craig Gilbert, Douglas Glenn, Elizabeth Grace, Jeff Guga,
Leif Halverson, David Hardie, Patrick Hwang, Randy Jefferson, Laura Killam, Su Kim, Nathalie Kull, Julie Lai,
Natalie Magarian, Colby Mayes, George Metzger, David Pakshong, Apurva Pande, John Passmore,
Douglas Pierson, Ronald A. Rosell, Jason Tax, Lauren Taylor, Karen Tom, Stephen Traeger, Aaron Turner,
Monica Valtierra-Day, Heather Waters, Adam Wheeler
The Jay Pritzker Pavilion
Chicago, Illinois
Situato all’interno di Grant Park, tra Michigan Avenue
e Columbus Drive, lungo le rive del lago Michigan,
il Jay Pritzker Pavilion è un spazio all’aperto che ospita
esibizioni della Grant Park Symphony Orchestra,
ma anche concerti di jazz e world music.
Il Pavilion è un elemento di design dalla natura
altamente scultorea rivestito con pannelli di acciaio
inossidabile. La zona del palco è invece rivestita di
abete americano. Il Pavilion è visibile dalle strade
cittadine circostanti e si propone come punto focale
per il nuovo Millennium Park. Presenta una serie
di gradinate mobili che accolgono un’orchestra
composta da centoventi elementi e una gradinata
per un coro fino a centocinquanta membri. Le aree
del retroscena sono condivise con l’attiguo Music
and Dance Theater. Grandi porte di vetro permettono
l’uso del Pavilion nei mesi invernali per eventi pubblici
come pranzi e cene di gala, ricevimenti e conferenze.
Un sistema di illuminazione ornamentale valorizza
il Pavilion con getti di luce colorata e proiezioni
durante gli spettacoli serali.
I posti a sedere per il pubblico si trovano in due zone:
quella principale dispone di quattromila sedili fissi
ed è ubicata nelle immediate adiacenze del Pavilion;
alle sue spalle, una zona con tappeto erboso accoglie
ancora fino a settemila persone in un ambiente più
informale.
L’audio delle esecuzioni è rafforzato e amplificato
da gruppi di altoparlanti collocati di fronte al Pavilion.
Inoltre, un impianto dislocato di rinforzo e amplificazione del suono è sospeso a un graticcio che copre
l’intera area del prato, che misura 56 x 28 metri.
Questo sistema sonoro offre al pubblico un senso
più pieno del suono prodotto sul palco e tiene
sotto controllo il volume nel quartiere circostante.
Il graticcio, che ha la forma di una cupola appiattita,
è costituito da tubi di acciaio ricurvi posti a una
distanza di 20 metri l’uno dall’altro ed è sorretto
da piloni cilindrici di calcestruzzo rivestiti con pannelli
di acciaio inossidabile.
Il Pavilion si trova sopra un parcheggio interrato su tre
livelli. In corrispondenza di quello più basso passano
una corsia per autobus e i binari della metropolitana,
che corrono in prossimità di Grant Park.
Un ponte pedonale lungo 293 metri che attraversa
Columbus Drive collega il Pavilion alla zona orientale
di Grant Park e alle rive del lago Michigan. Il ponte,
di legno Pau Lupe e acciaio inossidabile, funge
da smorzatore acustico per i rumori del traffico
che scorre al di sotto.
Area 16.723 m2
Calendario
Inizio progetto: 1999 / inizio costruzione: 2001 / completamento: 2004
Riconoscimenti
Best Public Space, Wallpaper Design Awards, 2004
Merit Award, Structural Engineers Association of Illinois, 2005
Merit Award (BP Bridge), National Steel Bridge Alliance, 2005
Architetto
Design Partner Project Designer Project Architect Project Team
Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Craig Webb
Manoucher Eslami
Reza Bagherzadeh, Chris Banks, Saffet Bekiroglu, Tom Besai, James Jackson, Leigh Jerrard, Kurt Komraus,
Jason Luk, David May, Christopher Mazzier, Frank Medrano, Sy Melgazo, Napoleon Merana, Christopher Mercier,
Julianna Morais, Diego Petrate, Lynn Pilon, Birgit Schneider, Tensho Takemori, Karen Tom, Scott Uriu, Adam Wheeler
Fondation Louis Vuitton
Parigi, Francia
La Fondation Louis Vuitton, in tutto 8900 metri
quadrati, sorgerà presso il Jardin d’Acclimatation,
accanto al Bois de Boulogne, nella zona occidentale
di Parigi. L’edificio segnerà l’entrata al giardino
con un androne al pianterreno che fungerà da
ingresso anche per il museo. Questo atrio centrale
è pensato come un vivace spazio sociale, con una
caffetteria e un centro di documentazione interattivo.
Direttamente accanto all’entrata è collocato un ampio
spazio polivalente accessibile al pubblico, che può
essere usato come auditorium da trecentoquaranta
posti o come ambiente per mostre o eventi.
La Fondation comprende una serie di strutture
didattiche per bambini volte a integrare quelle
già presenti all’interno del giardino.
L’edificio sarà occupato dal museo per 3200 metri
quadrati, comprendenti una serie di gallerie
progettate per accogliere sia la collezione
permanente, sia mostre temporanee. Il museo
includerà anche vari “padiglioni”, ciascuno dei quali
sarà dedicato a installazioni site-specific create
da singoli artisti.
Grandi pareti di vetro offriranno vedute mozzafiato
ai visitatori durante i loro spostamenti da una galleria
all’altra, integrando il paesaggio nell’esperienza
del museo e creando un forte legame tra questo
e il Jardin d’Acclimatation. Opere d’arte site-specific
collocate nel giardino adiacente al museo rafforzeranno questa relazione.
L’uso del vetro quale elemento principale per l’esterno
riveste un ruolo primario nell’architettura della
Fondation Louis Vuitton. La sua trasparenza farà sì
che l’edificio completi l’ambiente naturale circostante.
Si auspica che la Fondation Louis Vuitton funga
da ponte tra il Bois de Boulogne, l’enorme parco
all’estremità occidentale di Parigi, e il Jardin
d’Acclimatation, un parco giochi per bambini situato
al suo interno.
Area
8.900 m2
Calendario
Inizio progetto: 2005
Architetto
Design Partner Project Designers
Project Partner Project Manager Project Architect Project Team
Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry
Edwin Chan, Craig Webb
Terry Bell
Laurence Tighe
Thomas Kim
Laura Bachelder, Lizbeth Barcena, Caroline Binachon, Vartan Chalikian, Paul Davis, Cyril Desroche,
Christoph Groth, Richard Horth, Krikor Hovaguimian, Charles Jones, Charalambos Kannavias, Paul Kibayashi,
Teak Kim, Kumiko Koda, Paul Locke, Rafael Lopez, David O’Brien, Tonya Ohnstad, Guvenc Ozel, Alejo Paillard,
Lukas Raeber, Shridar Rao, Gregory Saboka, Marc Salette, Stanley Su, Norihito Toyama, Paola Vezzulli,
Jessica Voigt, Geoffery Von Oeyen
Edificio IAC
New York, New York
I nuovi uffici della IAC, situati a New York
nel quartiere di West Chelsea, sono stati sviluppati
in collaborazione con la Georgetown Company,
una società immobiliare privata diversificata
con sede a Manhattan. L’edificio è il fiore all’occhiello
newyorkese della società e sorge tra 18 th e 19 th Street,
di fronte ai Chelsea Piers e al complesso ricreativo
del quartiere.
La nuova sede della IAC è una torre di nove piani
con una facciata in vetro scolpito che sorge su
un sito di 2729 metri quadrati sul lato orientale
di 11th Avenue. Comprende un parcheggio sotterraneo
ausiliario per settanta automobili e si eleva
per 47,24 metri dal livello del marciapiede.
La struttura di cemento ha una facciata in vetro
isolata e provvista di uno speciale rivestimento
con particelle di ceramica integrate per migliorare
l’efficienza energetica.
Le pareti diagonali dell’edificio, le colonne inclinate
e gli spazi irregolari hanno permesso la diversificazione delle configurazioni e degli uffici open space.
All’esterno dell’atrio si apre un cortile pensato
per ospitare eventi.
Cliente
IAC / InterActiveCorp
Area 12.077 m2
Calendario
Inizio progetto: 2003 / inizio costruzione: 2004 / completamento: 2007
Architetto
Design Manager Design Partner Project Architect Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Craig Webb
John Bowers
Edificio in Beekman Street
New York, New York
L’edificio di Beekman Street sorge su un sito di 3902
metri quadrati nella Lower Manhattan. Si tratta di una
torre di settantacinque piani a uso misto che ospita
locali scolastici (dall’asilo all’ultimo anno della scuola
pubblica), uffici del New York Downtown Hospital
e oltre novecento unità abitative.
Le sue proporzioni classiche seguono le regole
dell’architettura newyorkese sulle rientranze, creando
la tipica configurazione “a torta nuziale”. La torre di
appartamenti rivestita di acciaio inossidabile si eleva
da un basamento rivestito di mattoni color camoscio
che costituisce un semplice piedistallo per la forma
scultorea della struttura sovrastante. Questa parte
di edificio è occupata da una scuola pubblica, che
copre i gradi d’istruzione dall’asilo all’ultimo anno
delle superiori, dagli uffici, dall’atrio del condominio
e da un piccolo spazio commerciale. Sul tetto
del basamento si trovano una piscina coperta
e altre strutture per i residenti.
La parete esterna della torre si increspa in morbide
pieghe che richiamano quelle di un tessuto. Questa
configurazione si ispira al drappeggio classico
delle sculture di Gian Lorenzo Bernini. Le finestre
degli appartamenti si aprono in questo scultoreo
rivestimento di acciaio inossidabile. Emergendo in
corrispondenza del culmine delle pieghe, le finestre
diventano bovindo provvisti di sedili all’interno
degli appartamenti. Lo scintillante rivestimento
cattura la luce solare della sera in maniera simile
al Chrysler Building, riflettendo un bagliore tenue
nutrito dai colori del cielo, del fiume e degli edifici
circostanti.
A causa del complesso disegno della parete esterna
della torre, ciascun piano ha una configurazione
diversa. Ogni unità abitativa assume una forma unica
in corrispondenza del punto di unione con la facciata.
L’articolata geometria della superficie della parete
a cortina è mappata con Digital Project™,
una piattaforma software sviluppata dalla Gehry
Technologies. Molti dei subappaltatori del progetto
useranno questo modello digitale per fabbricare e
costruire alcuni degli elementi principali dell’edificio.
L’impresa che ha in subappalto il muro non portante
– Permasteelisa USA – sta usando il modello per
fabbricare pannelli nel suo stabilimento altamente
meccanizzato.
Il sito si trova tra Spruce Street a nord e Beekman
Street a sud. Sia a est che a ovest dell’edificio
si aprono due piazze interne all’isolato disegnate
in collaborazione con Field Operations e Piet Oudolf.
La piazza occidentale crea il contesto paesaggistico
per una porta carraia che permette ad automobili
e pedoni di accedere ai vestiboli degli appartamenti.
Una tettoia scultorea disegnata da Frank Gehry
fa da soffitto alla porta carraia e all’atrio e trasmette
a chi vi arriva il senso dell’unità del luogo.
L’edificio è situato in una zona della Lower Manhattan
con poche altre torri, vicino alla City Hall e al suo
magnifico parco. Il Woolworth Building di Cass
Gilbert e il ponte di Brooklyn, punti di riferimento
nel paesaggio di Manhattan, sono i suoi vicini più
prossimi. Con i suoi oltre 260 metri d’altezza, una
volta completato sarà un acquisto importante per lo
skyline newyorkese e il più alto edificio residenziale
di Manhattan e fornirà, nel contempo, spazio prezioso
alla comunità newyorkese.
Area 102.193 m2
Calendario
Inizio progetto: 2003 / inizio costruzione: 2007 / completamento previsto: 2010
Architetto
Design Partner Project Partner Project Designer Project Architect / Manager Project Team Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Terry Bell
Craig Webb
John Bowers
Saffet Bekiroglu, Susan Beningfield, Berenika Boberska, Henry Brawner, Gesa Buettner, Sarah David,
Shikha Doogar, Liron Elkan, Manoucher Eslami, Craig Gilbert, Jaeson Greer, Joanne Heinen, Faris Hermiz,
Mark Homes, Claire Imatani, Betty Kassis, Michael Kilkelly, Kumiko Koda, Gregory Kromhout, Julie Lai,
Irwin Larman, Shawn Leong, Yeekai Lim, Sabrina Lupero, Gerhard Mayer, Alvar Mensana,
R. Scott Mitchell, Julianna Morais, Judith Mussel, Amy Nicholson, John Passmore, Steve Price, Rui Sato,
Jennifer Seely, Michael Sims, Ian Stuart, John Szlachta, Stacey Thomas, Karen Tom, Monica Valtierra-Day,
Lucianna Vidal, Shailesh Virley, Anne Whitacre, Leslie Wilson, Yuichiro Yamaguchi
Guggenheim Museum Abu Dhabi
Abu Dhabi, UAE
Il Guggenheim Museum sorgerà sull’isola di Saadiyat,
vicino alla città di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti.
Farà parte di una serie di progetti legati a musei
ubicati nel distretto culturale di Saadiyat, che a sua
volta rientra nel piano generale di sviluppo dell’isola.
L’edificio sarà situato sulla punta nord-occidentale
dell’isola. Sarà creata una penisola che servirà
sia da sito per il progetto, sia da frangiflutti
per proteggere la zona nord-orientale di Saadiyat.
I frangiflutti saranno impiegati per creare una
passerella perimetrale continua intorno al museo,
che permetta ai pedoni di godersi la veduta
del Guggenheim, nonché il panorama del golfo
e di Abu Dhabi.
L’obiettivo dichiarato del Guggenheim Abu Dhabi
è di definire nuove prospettive per la visione
e l’esperienza dell’arte. Il concept design del museo
permette ai visitatori di viverlo in modo unico,
smorzando i confini tra spazi interni ed esterni.
Nel cuore dell’edificio si apre un cortile che funge
da principale spazio di orientamento per chi visita
il museo. Questo luogo è rinfrescato con mezzi attivi
e passivi e costituisce un ambiente confortevole
per i visitatori grazie all’adattamento del concetto
delle tradizionali torri del vento disseminate
in questa zona del mondo.
Gli spazi espositivi sono riconducibili a tre elementi
principali: gallerie per la collezione permanente,
gallerie per mostre speciali e una serie di ambienti
che danno vita a un Centro per la cultura araba,
islamica e mediorientale. Ciascuno gode di strutture
proprie per la circolazione dei visitatori ed è
configurato in modo da rispondere ai requisiti
programmatici di ogni ala espositiva. I gruppi
di gallerie sono collegati da ponti sospesi sul cortile
centrale e ognuno di essi è provvisto di mezzi per
la circolazione verticale, cosicché i visitatori possono
spostarsi all’interno dell’edificio in qualsiasi direzione.
Il linguaggio dei volumi è configurato in modo
da creare un rapporto complesso e stimolante
tra gli spazi espositivi e quelli di circolazione e per
offrire qualche istante di respiro al visitatore mentre
si sposta attraverso l’edificio. L’organizzazione
del museo offre ai curatori una grande flessibilità
e ai visitatori un’esperienza sempre nuova.
È previsto che il Guggenheim Abu Dhabi sia
la prima di una serie di istituzioni per la fruizione
e la conoscenza del sapere e delle arti costruite
come parte del piano generale per il distretto culturale
dell’isola di Saadiyat e costituirà un punto focale
di questo tipo nella regione.
Area
42.000 m2
Calendario Inizio progetto: 2006 / completamento (concept design iniziale): febbraio 2007
completamento (concept design attuale): dicembre 2008
Architetto
Design Partner Project Partner Project Manager Project Designer Project Architect Design Team
Gehry Partners, LLP
Frank O. Gehry
Brian Aamoth
Gavin Langley
Anand Devarajan
Jeffrey Wauer
Elmer Barco, Danny Bazil, Richard Cagasca, Lisa Cage, Jason Conner, Jenna Gibson, Stan Gray, Mark Homes,
Charles Jones, Luke Kautz, Yichen Lu, Becher Neme, Sven Neumann, Jamie Norden, Brian O’Laughlin, Tae Park,
Stanley Su, Jeffrey Temple, Mok Wai Wan, Heather Waters
Frank O.Gehry
dal 1997
Germano Celant
Catalogo della mostra
2009, Skira/La Triennale di Milano
edizione inglese e italiana, 28 x 30 cm
320 pagine, 532 colori, cartonato
ISBN 978-88-572-0178-8 I, -0179-5 E
70,00 euro
L’unica monografia completa sugli ultimi dodici anni
di attività del grande architetto. Il volume, pubblicato
in occasione della grande esposizione a cura di
Germano Celant presso la Triennale di Milano, riunisce
tutti i progetti di Frank O. Gehry realizzati a partire
dall’importante svolta stilistica del 1997, costituita
dal Guggenheim Museum di Bilbao, fino ad oggi.
Introdotto da un saggio critico di Germano Celant,
il catalogo ripercorre dal 1997 i recenti progetti
dell’architetto vincitore del Pritzker Architecture Prize
1989, per la maggior parte inediti, attraverso i disegni
a mano, i disegni di studio, le elaborazioni in 3D,
i modelli e le fotografie del costruito: dal Walt Disney
Concert Hall di Los Angeles (1989-2003) a DZ Bank
Building di Berlino (1995-2001), dal Jay Pritzker
Pavilion di Chicago (1999-2004) alla Corcoran Gallery
di Washington DC (1999-2005), dal The Experience
Music Project di Seattle (1995-2000) a AGO - Art
Gallery of Ontario (2000-2008), dall’Interactive
Corporation Headquarter di New York (2003-2007)
al complesso abitativo di Beekman Street a New York
(2003-2009), fino al resort Atlantis Sentosa di
Singapore e alla sede di Abu Dhabi del Guggenheim
Museum, la progettazione dei quali è cominciata
tra il 2005 e il 2006.
Germano Celant è dal 1995 Direttore della
Fondazione Prada (Milano), dal 2007 è Curatore
della Fondazione Aldo Rossi (Milano), dal 2008
è Curatore della Fondazione Emilio e Annabianca
Vedova (Venezia), mentre dal 2009 è responsabile
scientifico per Arte e Architettura della Triennale
(Milano).
Dal 1989 al 2008 è stato Senior Curator per l’arte
contemporanea del Solomon R. Guggenheim
Museum di New York. Conosciuto internazionalmente
per la sua teorizzazione dell’Arte povera, nel 1987
ha ricevuto il Frank Jewett Mather Award, massimo
premio statunitense per la critica d’arte. Nel 1997
è stato curatore della XLVII Biennale di Venezia. Nel
2004 è stato Supervisore artistico per Genova 2004,
Capitale Europea della Cultura, nel cui ambito
ha curato la mostra Arti&Architettura, 1900-2000.
Dal 1977 è contributing editor di “Artforum” e dal
1991 di “Interview”, New York; dall’ottobre 1999
collabora per il settimanale “L’Espresso”, Roma.
Frank O.Gehry
dal 1997
Mostra e catalogo a cura di
Germano Celant
Realizzazione allestimento e grafica
Eurostands Spa
Triennale di Milano
27.09.2009 _10.01.2010
in collaborazione con
Frank O. Gehry
e
Gehry Partners, LLP
Sistema di illuminazione
iGuzzini
Ricerca scientifica e coordinamento
Chiara Spangaro
con
Edwin Chan
Paul Locke
Meaghan Lloyd
Joyce Shin
di Gehry Partners, LLP
Collaborazione
Amy Achorn
Marcella Ferrari
Laura Stella
Tensho Takemori
Coordinamento organizzativo
Roberta Sommariva, Violante Spinelli Barrile
Settore Iniziative, La Triennale di Milano
Progetto di allestimento e grafica
Studio Cerri & Associati
Pierluigi Cerri
Alessandro Colombo
in collaborazione con
Francesca Ceccoli
Marta Moruzzi
Francesca Stacca
Video
Ultan Guilfoyle
Hanif Janmohamed, Vanilla 5 Creative
Realizzazione disegni a parete
Nausicaa Ber
benni
Andrea Romano
Arianna Vanini
Coordinamento tecnico
Nick Bellora, Marina Gerosa
Ufficio Servizi Tecnici, La Triennale di Milano
Ufficio stampa
Antonella La Seta Catamancio
Damiano Gullì, Marco Martello,
Mattia Pozzoni
Ufficio Stampa, La Triennale di Milano
Impianto luci
Marzoratimpianti
Trasporti
Crown Fine Arts
Assicurazioni
Lloyd’s tramite Progress Insurance Broker
Servizi Tecnici
Koiné
Con il supporto di
Main sponsor
Media partner
Partner tecnici
Ringraziamenti
Arnell Group
Capitaland
Gehry Technologies, Inc.
Greg Lynn Form
Imaginary Forces
Kerzner International
Kirsten Kiser, Artspace
Sanne Lindhardt, DAC
Danish Architecture Centre, Copenhagen
LVMH Moët Hennessy - Louis Vuitton
Antonietta Mirabelli, AGO
Art Gallery of Ontario, Toronto
Roberta Verteramo
Juan Ignazio Vidarte, Lucia Aguirre con Irune Otxoa,
Guggenheim Museum Bilbao, Bilbao
Fondazione La Triennale di Milano
Consiglio d’Amministrazione
Davide Rampello
Presidente
Mario Giuseppe Abis
Giulio Ballio
Renato Besana
Ennio Brion
Flavio Caroli
Angelo Lorenzo Crespi
Claudio De Albertis
Alessandro Pasquarelli
Fondazione Museo del Design
Ufficio Servizi Amministrativi
Giuseppina Di Vito
Paola Monti
Ufficio Stampa
Antonella La Seta Catamancio
Damiano Gullì
Marco Martello
Mattia Pozzoni
Triennale di Milano Servizi Srl
Collegio dei Revisori dei conti
Salvatore Percuoco Presidente
Maria Rosa Festari
Direttore Generale
Andrea Cancellato
Comitato scientifico
Aldo Bonomi, industria, artigianato, società
Francesco Casetti, nuovi media, comunicazione
e tecnologia
Germano Celant, arte e architettura
Severino Salvemini, economia della cultura
Settore Affari Generali
Annunciata Marinella Alberghina
Francesca De Mattei
Laura Maeran
Franco Romeo
Settore Biblioteca, Documentazione, Archivio
Tommaso Tofanetti
Michela Benelli
Elisa Brivio
Claudia Di Martino
Cristina Perillo
Elvia Redaelli
Consiglio d’Amministrazione
Silvia Corinaldi Rusconi Clerici, Presidente
Mario Boselli
Andrea Cancellato, Consigliere Delegato
Collegio dei Revisori dei conti
Francesco Perli, Presidente
Domenico Salerno
Maurizio Scazzina
Ufficio Servizi Tecnici
Pierantonio Ramaioli
Franco Olivucci
Alessandro Cammarata
Xhezair Pulaj
Direttore Generale
Andrea Cancellato
Collegio Sindacale
Salvatore Percuoco, Presidente
Maria Rosa Festari
Andrea Vestita
Triennale Design Museum
Direttore
Silvana Annicchiarico
Ufficio Servizi Tecnici
Marina Gerosa
Nick Bellora
Attività museo
Roberto Giusti
Ricerche museali
Marilia Pederbelli
Collezioni e Rete dei Giacimenti
Giorgio Galleani
Ufficio iniziative
Carla Morogallo
Web designer
Cristina Chiappini
Ufficio Servizi Amministrativi
Anna Maria D’Ignoti
Isabella Micieli
Laboratorio di Restauro, Ricerca
e Conservazionein collaborazione
con il Politecnico di Milano
Ufficio Marketing e Comunicazione
Valentina Barzaghi
Maria Chiara Piccioli
Olivia Ponzanelli
Dipartimento di Chimica, Materiali
e Ingegneria Chimica - Sezione Materiali
Ufficio Iniziative
Maria Eugenia Notarbartolo
Partner Istituzionali della Triennale di Milano
Settore Iniziative
Laura Agnesi
Roberta Sommariva
Violante Spinelli Barrile
Consiglio d’Amministrazione
Arturo Dell’Acqua Bellavitis, Presidente
Gianluca Bocchi
Maria Antonietta Crippa
Responsabili della Ricerca
Marinella Levi
Lucia Toniolo
Restauratrice
Roberta Verteramo
Ricercatrice PhD Student
Francesca Toja
Logistica
Giuseppe Utano
Partner fondatore del Triennale Design Museum
Triennale di Milano
Mostre in programma
Roger Ballen 1982-2009
7 ottobre - 8 novembre 2009
La città fragile
19 novembre 2009 -10 gennaio 2010
Triennale Design Museum
Edizione in corso
Seconda interpretazione
Serie Fuori Serie
dal 21 marzo 2009
La seconda interpretazione di Triennale Design Museum illustra
il paesaggio contemporaneo del design italiano che dalla ricerca
sperimentale arriva fino ai mercati di massa, usando sia materiali
artigianali, sia tecnologie avanzate, e dalle imprese start up arriva
fino alle grandi imprese globalizzate. Il titolo Serie Fuori Serie indica
gli estremi di un circuito dinamico dove la produzione industriale
riceve energia dalla sperimentazione più avanzata e autonoma
della ricerca indipendente e, viceversa, quest’ultima si alimenta
in un contesto produttivo che prevede anche il prototipo
fuori serie e il pezzo unico.
MINI & Triennale CreativeSet
Mostre in programma
Martino Gamper
5 ottobre - 8 novembre 2009
Mostre in corso
Lorenzo Damiani
23 settembre - 25 ottobre 2009
Mostre in programma
Massimiliano Adami
3 novembre - 22 novembre 2009
Matteo Bazzicalupo e Raffaella Mangiarotti [deepdesign]
2 dicembre -10 gennaio 2010
Paolo Ulian
12 gennaio - 28 febbraio 2010
Triennale DesignCafé
Triennale Bovisa
Mostre in corso
Gioielli di Carta
15 settembre - 25 ottobre 2009
Mostre in programma
Ceramica d’este
27 ottobre - 29 novembre 2009
Mostre in programma
Il gesto del suono 2.0
1 ottobre - 1 novembre 2009
Atelier Bovisa Sandro Chia
10 novembre 2009 -15 gennaio 2010
Triennale di Milano Incheon
Corea del Sud
Triennale Design Museum
Prima Interpretazione
Le Sette Ossessioni del Design Italiano
dal 15 settembre 2009
Triennale di Milano Incheon
Corea del Sud
Giovedì speciale Triennale
Tutti i giovedì sera la Triennale di Milano
rimane aperta fino alle 23:00.
Dalle 19.00 un solo biglietto da 10,00 euro
permette di visitare tutte le mostre,
il Triennale Design Museum e prendere un aperitivo
al Triennale DesignCafé (fino alle 21:00).
Visite guidate
La Triennale di Milano, in collaborazione con Ad Artem,
mette a disposizione dei visitatori un qualificato servizio
di visite guidate in lingua italiana, francese e inglese.
Visitatori singoli
In occasione del Giovedì Speciale Triennale è stato istituito
un servizio di visite guidate per i visitatori singoli:
alle ore 20:00 di tutti i giovedì di apertura della mostra.
Prenotazione obbligatoria.
Costo a persona: 5,00 euro + biglietto
Gratuito per i minori di 6 anni
Gruppi
Le visite guidate per gruppi hanno una durata di 90 minuti circa.
I gruppi si intendono formati da un minimo di 15
e da un massimo di 25 persone. Prenotazione obbligatoria.
Informazioni e prenotazioni
Ad Artem
T +39 02 6597728
www.adartem.it
[email protected]