Untitled - Fondazione dell`Ordine degli Architetti di Milano
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Frank O.Gehry dal 1997 La Triennale Di Milano viale Alemagna, 6 T +39 02 724341 F +39 02 89010693 triennale.it Ufficio Stampa Antonella La Seta Catamancio Damiano Gullì Marco Martello Mattia Pozzoni T +39 02 72434241/205/247 F +39 02 72434239 [email protected] Le immagini e i testi sono scaricabili dal sito press.triennale.it La Triennale di Milano presenta Frank O. Gehry dal 1997, a cura di Germano Celant, la prima esposizione dedicata a Frank O. Gehry che riunisce la selezione dei progetti realizzati a partire dall’importante svolta stilistica del 1997, costituita dal Guggenheim Museum di Bilbao, fino ad oggi. La mostra, curata da Germano Celant, è realizzata in collaborazione con Frank O. Gehry e Gehry Partners LLP, e resa possibile anche grazie all’assistenza di importanti istituzioni internazionali quali il Guggenheim Museum di Bilbao, AGO - Art Gallery of Ontario di Montreal e DAC - Dansk Arkitektur Center di Copenhagen. I progetti in mostra, per la maggior parte inediti, sono stati selezionati insieme all’architetto americano, ideando un evento espositivo che indaghi oltre agli edifici anche le loro relazioni con il territorio in un’ottica di progettazione più urbanistica: da DZ Bank Building di Berlino (1995-2001), a AGO - Art Gallery of Ontario (2000-2008), dal Jay Pritzker Pavilion di Chicago (1999-2004), all’Interactive Corporation Headquarter di New York (2003-2007), fino al resort Atlantis Sentosa di Singapore e alla sede di Abu Dhabi del Guggenheim Museum, la progettazione dei quali è cominciata tra il 2005 e il 2006. Parallelamente, saranno proiettati in video i materiali relativi alle tecnologie utilizzate da Gehry nelle diverse fasi del processo creativo e costruttivo. Interviste e display che illustrano la nascita e la specificità del gruppo Gehry Technologies, le modalità dell’ideazione con il software Catia in rapporto alla progettazione tradizionale, la sua complessità e le possibilità di ottimizzazione nel processo di creazione architettonica. L’esposizione sarà arricchita da un catalogo pubblicato da Skira, che riunirà tutti i progetti di Frank O. Gehry, esposti e non esposti a Milano, dall’innovativo strappo linguistico del Guggenheim Museum di Bilbao ad oggi. Introdotto da un saggio critico di Germano Celant, il libro ripercorre dal 1997 i recenti progetti dell’architetto vincitore del Pritzker Architecture Prize 1989, per la maggior parte inediti, attraverso i disegni a mano, i disegni di studio, le elaborazioni in 3D, i modelli e le fotografie del costruito: dal Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (1989-2003), alla Corcoran Gallery di Washington DC (1999-2005), dal The Experience Music Project di Seattle (1995-2000), al complesso abitativo di Beekman Street a New York (2003-2009). Le architetture, che costituiscono l’highlight del lavoro di Gehry Partners LLP negli ultimi dieci anni, saranno raccontate attraverso i filmati, le fotografie, i disegni, i modelli relativi alle varie fasi di elaborazione del progetto, nonché le parole dell’architetto. Frank O.Gehry dal 1997 Triennale di Milano 27.09.2009_10.01.2010 a cura di Germano Celant Ingresso: 8/6/5 euro Catalogo Skira Orari: martedì-domenica 10.30-20.30 giovedì 10.30-23.00 “Siate sempre voi stessi”, dice Frank Gehry ai suoi allievi. “Imparate a essere voi stessi e diventerete i veri esperti del vostro lavoro. Tutti possono parlare di voi e di ciò che fate, ma solo voi potete essere gli esperti del vostro lavoro.” Questo insegnamento è in realtà un modo di intendere la vita, e in tutti i lavori di Gehry – dai primi esperimenti degli anni cinquanta fino ai grandiosi progetti di oggi – si avverte questa urgenza di essere sempre padroni delle proprie idee, giudici di se stessi. Venice © Gehry Partners LLP Una ventina di anni prima di realizzare il Guggenheim Museum di Bilbao, Frank Gehry progettava edifici come la sua casa di Santa Monica, smontando, sventrando, usando materiali poveri e scarti delle periferie urbane, scardinando il rassicurante rigore del movimento moderno e creando invece plastiche fratture, squarci che si aprivano nei muri come spiragli per la fantasia, il sogno, l’immaginazione. Alla fine degli anni settanta, Mendini scriveva sulle pagine di “Domus” che i lavori di Gehry erano “volutamente effimeri, che riscattavano le palizzate, le assi dei sottotetti, le tubature dell’acqua. Azioni di iperrealismo compiute sul provvisorio, sul non finito, sul semilavorato industriale…”. Ma il lavoro di Frank Gehry era destinato ad andare molto oltre. Continuando a essere se stesso, l’architetto canadese ha spesso cambiato prospettiva, mutando il suo pensiero e passando attraverso evoluzioni imprevedibili e discontinuità fino a quando, alla metà degli anni novanta, ha realizzato il Guggenheim Museum di Bilbao, equilibrio perfetto tra forma e contenuti, slancio plastico, fluidità, dinamismo e al tempo stesso solidità. In questo edificio è racchiusa tutta la vita di Gehry: la pop art, il costruttivismo russo, Tatlin, Malevič, Matisse. “Nel Guggenheim Museum c’è anche Moby Dick”, aggiunge lo stesso Gehry, alludendo non solo alle rassicuranti forme organiche chiaramente presenti nella sua architettura, ma anche alle tensioni dell’animo umano che vibrano inquiete tra le pagine di Melville. La scintillante pelle metallica del Guggenheim Museum di Bilbao è come una Medusa che seduce e conduce in un altro mondo tutti coloro che si fermano a guardarla. C’è all’interno di questo edificio un pensieroguida, un concetto chiave talmente forte da attrarre milioni di persone da ogni parte del mondo, e tutti, indistintamente, si abbandonano all’incantesimo esercitato dalle sue fluide pareti metalliche, che sembrano sciogliersi di giorno sotto il sole per poi raffreddarsi di notte, cambiare forma e ripresentarsi sotto nuove sembianze ad altri visitatori, ugualmente meravigliati e pronti a lasciarsi conquistare dal potere dell’architettura. Continuando a osservarlo, un’altra immagine si sovrappone a quella di Tiziano. A poco a poco, Carlo V diventa Don Chisciotte; l’imperatore sfuma nel cavaliere errante che vaga piegato dai raggi del sole, combattendo i fantasmi della mente, come giganteschi mulini mossi dal vento dei pensieri. Nel Don Chisciotte di Cervantes ho ritrovato l’essenza di Gehry, la sua ironia, la sua voglia di apprezzare il mondo disprezzandone la superficialità, l’ipocrisia, la falsità. Nell’armatura di Don Chisciotte ho rivisto la sua casa di Santa Monica, realizzata con materiali di scarto, pezzi di lamiera e legni recuperati ai margini delle grandi metropoli industriali. Mi soffermo sui significati di quest’edificio perché la mostra della Triennale, curata da Germano Celant, è interamente dedicata agli ultimi dieci anni di progettazione di Gehry, partendo dal Guggenheim Museum di Bilbao quale emblematico e fondamentale strappo linguistico. Visitando la mostra tutti potranno indagare il lavoro di Gehry, dai suoi schizzi e dai primi modelli in cartoncino piegato fino alle più sofisticate renderizzazioni tridimensionali. Tutti potranno cercare i significati nascosti nelle sue architetture, le ragioni di un successo così universale, facile da comprendere e difficile da spiegare. Nella figura evanescente di Don Chisciotte, che si allontana verso un orizzonte impossibile, mi pare di cogliere il senso di un edificio così unico da essere considerato l’ultima opera d’arte del XX secolo o la prima del terzo millennio. Nel Guggenheim Museum di Bilbao si realizza l’incontro tra sacro e profano, dove il sacro è l’arte contenuta al suo interno, il profano la folla che ogni giorno si raduna “pro-fanum”, letteralmente “davanti al tempio”. Passeggiando attorno al Guggenheim Museum di Bilbao, all’ombra delle sue volute metalliche, ho pensato spesso al quadro di Carlo V dipinto da Tiziano. L’armatura luccicante dell’imperatore, l’ambigua curvatura della groppa del cavallo, proteso verso un nemico invisibile e forse inesistente, la violenza del chiaroscuro rendono quasi metafisica quell’immagine, un prodotto della fantasia dell’inconscio. Provo le stesse sensazioni di fronte all’edificio di Gehry. Solo il sacro può entrare, ma se il tempio è il Guggenheim Museum di Gehry restare fuori è già essere dentro. Perché questo edificio è arte; perché noi siamo il nostro tempio. Tornano alla mente le parole di Frank Gehry quando invita i suoi studenti a “essere sempre se stessi”. Tornano alla mente le parole di sant’Agostino, quando diceva: “Amerai il prossimo tuo come te stesso, ma impara prima ad amare te stesso, altrimenti ingannerai il prossimo e non saprai mai amarlo come te stesso.” Davide Rampello Presidente della Triennale di Milano Telluride © Gehry Partners LLP Un’esposizione sull’opera di Frank O. Gehry è un evento di significato mondiale in qualsiasi momento e circostanza. Tuttavia questa presentazione alla Triennale riveste aspetti unici. A parte la mostra tenutasi al Solomon R. Guggenheim Museum di New York nel 2001, che copriva il suo percorso dal 1968 e accennava ai progetti successivi al Guggenheim Museum Bilbao, l’edificio terminato nel 1997 che ha contributo all’affermazione internazionale dell’architetto, questa è la prima antologica che, attraverso modelli e documenti, disegni e video, nonché contributi tecnologici, copre in maniera sistematica l’intera produzione dal 1997 al 2009: una panoramica esaustiva e dettagliata che si è potuta realizzare selezionando dall’enorme archivio, concreto e virtuale, della Gehry Partners di Los Angeles. L’impresa di coniugare questo progetto e questa pubblicazione sull’opera di Frank O. Gehry non sarebbe stata possibile senza l’entusiasmo di Frank stesso, che alla mia titubante richiesta di rinnovare un nostro dialogo cominciato nel 1975, che era transitato nella sua prima monografia edita nel 1985 da Rizzoli, New York, e si era poi ampliato, nel 1986, nella sua prima mostra italiana ed europea da me curata al Museo d’Arte Contemporanea del Castello di Rivoli, realizzando a Milano un’esposizione sul suo lavoro più recente, ha subito abbracciato il progetto. Devo quindi ringraziarlo per la generosità e l’energia con cui si è sottoposto a un lavoro di selezione delle sue architetture più significative degli ultimi dieci anni, mettendo a disposizione il suo tempo e i suoi collaboratori, nonché materiali unici e inediti, mai usciti dal suo studio. Il compito di curare un’esposizione di questa scala, con oltre cento modelli, implica l’aiuto di collaboratori e di esperti, di ricercatori e di ricercatrici dediti a un impegno continuo e professionale. Nell’ambito della Gehry Partners non potevo trovare persone e specialisti migliori di Meaghan Lloyd e di Edwin Chan, che, affiancati da Amy Achorn, Joyce Shin, Tensho Takemori e Laura Stella, nel corso di molti mesi hanno prestato la loro esperienza e la profonda conoscenza del lavoro di Gehry, indicandoci le scelte migliori e più significative. Un particolare ringraziamento va inoltre a tutto lo staff della Gehry Technologies per la generosità con cui ha messo a disposizione materiali straordinari e sorprendenti, il cui uso sta modificando il processo di progettazione e costruzione in architettura. Sono inoltre profondamente grato a Davide Rampello che, sin dal mio primo accenno a una possibilità di mostrare la produzione meno conosciuta di Gehry, ha dato il suo consenso e il suo apporto. Alla Triennale di Milano, vorrei esprimere il mio grazie ad Andrea Cancellato e a tutto lo staff dell’istituzione milanese, da Roberta Sommariva a Nick Bellora, da Violante Spinelli Barrile a Damiano Gullì, da Francesca De Mattei a Maria Chiara Piccioli, Pierantonio Ramaioli, Marina Gerosa, Marco Martello e Mattia Pozzoni, che ha permesso di dare realtà e concretezza a tutte le indicazioni e le richieste, a volte difficili e problematiche, per una qualificazione della manifestazione. Oltre a questi, il ringraziamento va a coloro che, a vario titolo, hanno arricchito il progetto, in particolare Nausicaa Berbenni, Andrea Romano, Alessia Salerno, Arianna Vanini. Per l’aspetto di coordinamento, di reperimento e di identificazione delle opere sono grato a Chiara Spangaro, che con la sua disciplina e la sua abilità a sovrintendere i mille aspetti di questo lavoro, nonché con la sua ricerca d’archivio, ha dato forma ai contenuti scientifici e all’impianto editoriale della monografia e alla struttura espositiva del progetto antologico che, con orgoglio, si possono definire unici. Un sincero grazie va a Pierluigi Cerri, con Francesca Stacca, Marta Moruzzi e Francesca Ceccoli che, con profonda sensibilità e raffinatezza estrema, hanno dato immagine e corpo alla comunicazione, al percorso e all’allestimento, dove l’opera di Gehry si esalta. Per il consenso a mettere a disposizione materiale prezioso e storico, proveniente dalle loro collezioni, ringrazio Juan Ignazio Vidarte, direttore del Guggenheim Museum Bilbao. E Lucia Aguirre con Irune Otxoa per il prezioso prestito del modello del museo basco; e rivolgo il mio sentito grazie a LVMH - Moët Hennessy, Louis Vuitton e Kerzner International per l’aiuto logistico nel reperimento e nello spostamento di alcuni importanti materiali, e insieme sono debitore verso l’inestimabile disponibilità e la generosa adesione di prestatori e collezionisti che desiderano rimanere anonimi. Per la realizzazione di diversi settori dell’esposizione sono stati fondamentali i contributi di Ultan Guilfoyle, che ha prestato i suoi filmati e le sue videoriprese, un ricco contributo mediatico che amplia l’informazione sui progetti in mostra, e Hanif Janmohamed della Vanilla 5 Creative, a cui si deve la realizzazione di tutti i video sulle tecnologie utilizzate nel processo creativo e progettuale di Gehry. E ancora, per le informazioni ricevute, un sincero grazie va ad Antonietta Mirabelli dell’AGO - Art Gallery of Ontario, Toronto, a Kirsten Kiser di Artspace e a Sanne Lindhardt di DAC - Danish Architecture Centre, Copenhagen. Grazie anche a Massimo Vitta Zelman e a tutto lo staff Skira per il lavoro e l’attenzione posti nella realizzazione di un catalogo così ricco: da Stefano Piantini e Luca Molinari, a Marcello Francone ed Emma Cavazzini, da Sara Salvi ed Elena Carotti, con Morena De Filippo, Alessandro Prandoni ed Emily Ligniti, a Paola Lamanna e Lucia Crespi. Infine un ringraziamento va, in Milano, al team del mio studio, da Francesca Cattoi a Marcella Ferrari, affiancate da Elisa Genna e Mariví García Manzano, che in questi lunghi mesi hanno condiviso, insieme a Paris e Argento, la mia famiglia, le mie tensioni teoriche, scientifiche ed emotive. Grazie a tutti. Germano Celant Frank O. Gehry Guggenheim Museum Bilbao Bilbao, Spagna Il Guggenheim Museum Bilbao è il risultato di una straordinaria collaborazione tra l’amministrazione della Regione Basca, che ha finanziato e possiede il progetto, e la Solomon R. Guggenheim Foundation, che gestisce il museo e fornisce le principali collezioni d’arte. Il museo rappresenta il primo passo nel recupero dell’antico quartiere lungo la riva sud del fiume Nervión, in cui fiorivano commerci e magazzini. Accessibile direttamente dalla zona degli affari e dal centro storico, il Guggenheim si trova al centro di un triangolo culturale formato dal Museo de Bellas Artes, dall’università e dall’antico municipio. La piazza collocata all’ingresso favorisce il collegamento pedonale tra i due musei e tra la città vecchia e il lungofiume. Il Puente de La Salve, che collega l’ottocentesco centro città con le aree periferiche, attraversa il sito all’estremità orientale e conferisce al museo lo status di porta della città. L’ingresso principale del Guggenheim conduce a un ampio atrio centrale in cui un sistema di passerelle curvilinee, ascensori di vetro e scale a chiocciola congiunge le gallerie espositive disposte in maniera concentrica su tre livelli. Su questo atrio centrale spicca un soffitto dalla forma scultorea che, grazie ad aperture a vetri, inonda di luce tutto l’ambiente. Le dimensioni straordinarie dell’atrio, che si innalza fino a un’altezza di oltre 50 metri sul livello del fiume, sono un invito a installazioni monumentali su misura e a eventi speciali. La Guggenheim Foundation ha richiesto spazi espositivi da dedicare a una collezione permanente, a una temporanea e a una selezione di opere di artisti viventi. Per rispondere a questa esigenza sono stati creati tre tipi distinti di aree espositive. La collezione permanente è suddivisa in due gruppi di gallerie, ciascuno costituito da tre spazi quadrati e consecutivi impilati al secondo e al terzo piano del museo. La collezione temporanea è collocata in una spettacolare galleria a forma di rettangolo allungato che si estende verso est e passa sotto il Puente de la Salve per terminare con una torre sul lato più lontano. Le opere degli artisti viventi sono installate in una serie di gallerie curvilinee distribuite in tutto il museo, in modo che il loro lavoro possa essere messo in relazione con le collezioni permanenti e temporanee. L’esterno del Guggenheim Bilbao è costituito principalmente da pietra calcarea spagnola e pannelli di titanio: le forme rettangolari dell’edificio sono ricavate nel calcare, quelle più plastiche sono state ottenute col titanio. Ampie pareti vetrate permettono al visitatore di ammirare splendidi scorci del fiume e della città circostante. Il progetto del museo si ispira alla scala e alla trama della città di Bilbao e richiama gli antichi materiali da costruzione degli edifici del lungofiume, dimostrando così di essere una risposta ponderata alle tradizioni storiche, economiche e culturali della zona. Area 28.500 m2 Calendario Inizio progetto: 1991 / inizio costruzione: 1993 / completamento: 1997 Architetto Design Partner Project Manager Project Architect Project Designer Project Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Vano Haritunians Douglas Hanson Edwin Chan Richard Barrett, Karl Blette, Tomaso Bradshaw, Matt Fineout, Robert G. Hale, David Hardie, Michael Hootman, Grzegorz Kosmal, Naomi Langer, Mehran Mashayekh, Christopher Mercier, Brent Miller, David Reddy, Marc Salette, Bruce Shepard, Rick Smith, Eva Sobesky, Derek Soltes, Todd Spiegel, Jeffrey Wauer, Kristin Woehl Walt Disney Concert Hall Los Angeles Walt Disney Concert Hall Los Angeles, California Situata al centro di Los Angeles accanto al Music Center, in una zona importante dal punto di vista storico e culturale, la Walt Disney Concert Hall è la sede della Los Angeles Philharmonic Orchestra. Al sito, in gran parte coperto di giardini, si accede non soltanto dalla sala da concerto, ma anche dalle strade adiacenti. L’atrio d’ingresso della Walt Disney Concert Hall, accessibile dalla strada, rimane aperto durante tutta la giornata: grazie ad ampi pannelli di vetro manovrabili si possono facilmente raggiungere vari servizi quali un Gift Shop, un ristorante e una caffetteria, un parcheggio interrato e uno spazio dedicato a performance preconcerto. Quest’ultima area può ospitare conferenze inerenti al concerto, programmi educativi e altre esibizioni programmate o improvvisate in tutto l’arco della giornata. Il fulcro del progetto è la sala da concerto da duemiladuecentosessantacinque posti, la cui forma interna è diretta espressione dei parametri acustici. I posti a sedere circondano il palco dell’orchestra. Le pareti di legno e il soffitto, anch’esso di legno, simile a una vela, danno allo spettatore l’impressione di trovarsi all’interno di un’enorme nave, contenuta tra le pareti della sala. L’organo a canne progettato appositamente occupa una posizione centrale, in alto, dietro l’orchestra. Lucernari e un’ampia finestra sul retro della sala consentono alla luce naturale di illuminare i concerti diurni. L’esterno della Walt Disney Concert Hall è rivestito con pannelli di acciaio inossidabile. L’orientamento dell’edificio, insieme al gioco di curve e piegature dei muri esterni, offre al visitatore che si inoltra nelle vie adiacenti, nei giardini o nelle piazzette circostanti la vista di un insieme di composizioni dal carattere spiccatamente plastico. La sala da concerto è circondata da un’ampia area tecnica dietro le quinte, aperta su un giardino privato riservato ai musicisti. Il teatro multifunzione Roy and Edna Disney, da duecentocinquanta posti, è dedicato ai programmi del California Institute of the Arts (CalArts); è compreso nella base dell’edificio e vi si può accedere dalle strade circostanti. Questa sala, che ha un atrio d’ingresso separato, una galleria d’arte e una caffetteria, è una delle sedi principali per gli eventi del CalArts a Los Angeles. Nel sottosuolo è situato un garage da duemilacinquecento posti auto su sei livelli, al quale si accede da tre strade limitrofe. Area 200.000 m2 Calendario Inizio progetto: 1987 / inizio costruzione: 1999 / completamento: 2003 Architetto Design Partner Project Partner Project Manager Project Architects Senior Detailer Project Designer Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry James M. Glymph Terry Bell David Pakshong, William Childers, David Hardie, Kristin Woehl Vartan Chalikian Craig Webb Der Neue Zollhof Düsseldorf, Germania Il complesso è situato al centro di Düsseldorf, sul margine orientale del porto sul Reno, nei pressi della sede amministrativa del Nordrhein-Westfalen. Questo tratto di lungofiume occupato in prevalenza da magazzini è stato riqualificato e trasformato in una zona pubblica che ospita per lo più agenzie di comunicazione e studi d’arte. L’area del porto confina a sud col quartiere residenziale e a est con il distretto finanziario e amministrativo. Il recupero di questa zona prevede la creazione di un polo di attrazione per la città, sottolineando al tempo stesso la sua crescita dal punto di vista culturale ed economico. Il sito, pianeggiante, è attiguo alla passeggiata del lungofiume e gode di ampie vedute del Reno in entrambe le direzioni. I margini orientale e occidentale sono segnati da nuove costruzioni e una linea tranviaria definisce il confine meridionale lungo Stromstraße. A nord, invece, il sito si affaccia sul porto sportivo dello Zollhafen e, più in là, sul Park Bilk. Il programma prevedeva 28.000 metri quadrati di uffici e aree commerciali in tre edifici separati, con un progetto che favorisse gli spazi aperti minimizzando i volumi costruiti. L’ubicazione dei tre edifici sottolinea la convergenza di Brückenstraße e Wupperstraße, lasciando aperto in tal modo il sito in direzione del quartiere residenziale attraverso Stromstraße. Il complesso costituisce inoltre un contrappunto al tipico sviluppo orizzontale delle costruzioni adiacenti, risultando in una serie di torri di media altezza raggruppate insieme. Il programma comprende varie agenzie di pubblicità, di assicurazioni e simili. Le tre torri sono formate da elementi da 300 a 500 metri quadrati raccolti intorno a un nucleo centrale, in una volumetria articolata che permette grande flessibilità di locazioni finanziarie. Ai piani la disposizione degli uffici può essere aperta o modulare. Le torri si affacciano su una vasta piazza con una rete di stradine che le collegano al porto. Il parcheggio è sotterraneo. La divisione del progetto in tre edifici distinti fa sì che ciascuno dei tre locatari abbia una propria ampia visibilità. I tre edifici sono costruiti con piatte lastre di calcestruzzo e le facciate esterne sono caratterizzate da finestre ritagliate nella muratura. Ciascun gruppo è caratterizzato da un diverso materiale di rifinitura: quello centrale è interamente rivestito di pannelli metallici; la torre orientale, la più alta, è costituita da volumi curvilinei finiti a gesso; quella occidentale è un insieme di volumi in mattoni. Tutti gli edifici hanno finestre manovrabili per una ventilazione naturale; l’articolazione delle aperture e il rapporto con la pelle della costruzione è simile in tutte e tre le strutture. L’organizzazione dei volumi, raggruppati a grappolo, aumenta al massimo il numero di uffici con vista sul fiume. La geometria, l’insieme dei volumi e i materiali usati per l’esterno rendono ciascuna costruzione un pezzo unico. Grazie all’impiego di finestre identiche e all’intimo rapporto delle torri con il quartiere, il progetto nel suo insieme assume la funzione di elemento unificatore in questo contesto urbano. Area 28.000 m2 Calendario Inizio progetto: ottobre 1994 / inizio costruzione: autunno 1996 / completamento: 1999 Architetto Design Partner Project Architect Project Architect Project Designer Project Coordinators Project Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Tomaso Bradshaw Terry Bell Craig Webb Brent Miller, Lisa Towning, Kristin Woehl Jim Dayton, John Goldsmith, Jeff Guga, Michael Jobes, Naomi Langer, Steven Pliam, Jörg Rügemer, Charles Sanchez, Bruce Shepard, Rick Smith, Eva Sobesky, Tensho Takemori, Laurence Tighe, Scott Uriu, Flora Vara, Jeffrey Wauer Edificio DZ Bank Berlino, Germania Il DZ Bank è un edificio a uso misto che nella parte commerciale ospita la sede berlinese della DZ Bank e in quella residenziale contiene trentanove appartamenti. La prima parte è orientata verso Pariser Platz e la porta di Brandeburgo, l’altra guarda verso Behrenstraße. Sia la facciata su Pariser Platz che quella su Behrenstraße sono rivestite in calcare color camoscio, che ben si intona con la porta di Brandeburgo. Le facciate hanno dimensioni diverse e ciascuna adatta le proprie proporzioni all’area urbana in cui è inserita. Quella su Pariser Platz è caratterizzata da una serie di semplici aperture ritagliate nella muratura e da bovindi profondamente incassati, che permettono alla costruzione di armonizzarsi naturalmente con quel tessuto urbano unico nel suo genere che è il sito della porta di Brandeburgo. L’ingresso principale su Pariser Platz è coperto da una tettoia di vetro. L’alto foyer offre una vista sull’ampio atrio interno che sfoggia un soffitto e un pavimento di vetro ricurvo. Un’arcata rivestita in legno conduce agli ascensori degli uffici, ubicati su entrambi i lati dell’atrio. Gli spazi per gli uffici sono organizzati intorno all’atrio e orientati verso l’interno per godere della luce naturale che proviene dal soffitto di vetro. La sala-conferenze principale si trova all’interno di un guscio dalla forma scultorea situato al centro del pavimento di vetro dell’atrio. La sala, rivestita di acciaio inossidabile all’esterno e di legno all’interno, sembra fluttuare nella fluida profondità dello spazio. Altri servizi per conferenze sono ubicati sotto il pavimento di vetro al primo piano interrato, intorno a un ampio atrio che può essere collegato con la caffetteria, situata sotto la volta di vetro principale, per creare un vasto spazio adatto a ospitare rinfreschi e riunioni. Un secondo atrio interno, più piccolo, serve la parte residenziale del complesso. Da questo, la luce naturale penetra in entrambi i lati di ogni appartamento. Uno specchio d’acqua in fondo all’atrio, ben visibile dagli ascensori di vetro presenti in questa sezione, arricchisce la luce di una qualità dinamica. Gli appartamenti sono di varia misura: dai monolocali alle maisonnettes situate ai due piani più alti. Area 20.000 m2 Calendario Concorso: agosto 1995 / inizio progetto: ottobre 1995 / inizio costruzione: dicembre 1996 completamento: maggio 2001 Architetto Design Partner Project Designer Project Architects Project Team Model Builders CATIA Modeling Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Craig Webb Marc Salette, Tensho Takemori Jim Dayton, John Goldsmith, George Metzger, Jörg Rügemer, Eva Sobesky, Laurence Tighe, Scott Uriu Kirk Blaschke, Nida Chesonis, Tom Cody, Jeff Guga, Leigh Jerrard, Michael Jobes, Tadao Shimizu Bruce Shepard, Rick Smith The Ray and Maria Stata Center for Computer, Information and Intelligence Sciences, Massachusetts Institute of Technology Cambridge, Massachusetts Il Ray and Maria Stata Center del Massachusetts Institute of Technology (MIT) si propone, in primo luogo, di fornire laboratori di ricerca e uffici al Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory (CSAIL), al Laboratory for Information and Decision Systems (LIDS) e al Department of Linguistics and Philosophy (L&P). Inoltre, lo Stata Center comprende strutture più generiche destinate all’uso della comunità del MIT nel suo complesso. Uno degli obiettivi fondamentali che hanno guidato il progetto riguardava il bisogno di combinare strutture di ricerca semiprivate per il CSAIL, il LIDS e l’L&P Department con strutture più generiche per la comunità del MIT. Gli elementi del programma relativi alla ricerca dovevano essere nettamente distinti da quelli pubblici e didattici, eppure integrati nello stesso edificio. Questo obiettivo è stato raggiunto collocando i primi nella zona settentrionale e i secondi in quella meridionale, al di sotto di uno spiazzo verde sopraelevato e rivolti verso il campus del MIT. Le due zone si incontrano lungo un corridoio di circolazione chiamato Student Street. La Student Street diventa il punto di separazione ma anche di intersezione tra questi due mondi e si collega direttamente al sistema di circolazione interno al MIT, noto come Infinite Corridor. Lungo la Student Street si trovano una sala conferenze da trecentocinquanta posti a sedere, due aule a gradinate da novanta posti e due aule piane da cinquanta posti. A queste si aggiungono una caffetteria, vari servizi e sale di ritrovo per gli studenti, un asilo e una palestra, che comprende un centro fitness e sale per lezioni di ballo. Un parcheggio su due piani e una struttura di servizio, che gestisce le consegne per questo settore del MIT, sono situati sotto questo livello. Oltre alla combinazione di uffici e zone dedicate alla ricerca semiprivati con strutture didattiche e pubbliche più accessibili, la comunità scientifica aveva la necessità di distinguere due identità, pur rimanendo un’unità coerente. Per questo motivo, lo Stata Center si eleva dalla sua base sotto forma di due bracci-torri. Il William H. Gates Building sorge all’estremità orientale dello Stata Center e ospita le strutture per il CSAIL. L’Alexander Dreyfoos Building si trova all’estremità occidentale del centro e accoglie gli spazi per il LIDS e l’L&P Department. Le torri si elevano da un basamento a due piani chiamato Warehouse. Il Warehouse è condiviso da tutti i dipartimenti dello Stata Center, ai quali offre spazi molto flessibili per i progetti di ricerca su grande scala. In cima a questa base e tra le due torri si apre uno spazio che prende il nome di Upper Terrace, circondato da sale riunioni e spazi sociali condivisi da tutti i dipartimenti e articolati in una serie di elementi singoli collegati da un tronco di circolazione a mezzaluna che si estende dal Warehouse e dalla Student Street verso ciascuna estremità attraverso ampie scalinate attigue a due cortili interni aperti. I laboratori di ricerca sono ubicati all’interno delle torri e sono divisi in “quartieri”, in genere di due piani, all’interno dei quali si riuniscono i gruppi che si dedicano allo stesso campo di ricerca. Ciascun quartiere comprende un ascensore centrale, una sala di ritrovo centrale a doppia altezza e laboratori a doppia altezza che creano una connessione visiva e fisica tra i due livelli. In genere i quartieri sono organizzati con i laboratori al centro e gli uffici lungo il perimetro. I laboratori sono costituiti da spazi aperti o chiusi, in base all’attività di ricerca cui sono destinati. La pianta generale del quartiere si irradia dalla sala di ritrovo a doppia altezza, lo spazio più pubblico, a una fascia di uffici lungo il perimetro, gli spazi più privati. Le sale di ritrovo si impilano alle spalle dell’estensione verticale dei cortili interni e offrono viste sull’Upper Terrace. Sono stati studiati ulteriori sistemi di costruzione shell and core per dare massima flessibilità ai gruppi di ricerca, che devono adattarsi regolarmente a diversi campi e metodi. La struttura principale dell’edificio è realizzata con solette piatte e colonne di calcestruzzo che possono essere lasciate nude. Un piano d’accesso sopraelevato crea un plenum di mandata dell’aria per un sistema di ventilazione a dislocamento che limita l’uso di tubazioni orizzontali e aumenta la comodità e la versatilità. I diffusori d’aria possono essere aggiunti o spostati per permettere modifiche alla disposizione delle pareti divisorie. Anche la distribuzione dell’energia elettrica avviene attraverso la cavità del pavimento e la rete di diffusione dei dati si snoda sia sotto di esso che su passerelle aeree locali per una facile gestione dei cavi. Il sistema di illuminazione è progettato per consentire le diverse attività di ricerca in qualsiasi zona dei laboratori. Tutti gli uffici e gran parte dei laboratori ricevono luce naturale, con sistemi di protezione installati per controllare i riflessi. Negli spazi dove è richiesto l’assorbimento del suono, la faccia inferiore della soletta del soffitto è insonorizzata. Le pareti esterne dello Stata Center sono rivestite di mattoni, acciaio inossidabile e alluminio dipinto. Le due ali a torre sono semplici volumi in mattoni con finestre incassate e pareti inclinate alla base. Tra le ali a torre si inseriscono elementi in acciaio inossidabile più complessi, o spigolosi e sfaccettati con rivestimento piatto, o ricurvi con rivestimento drappeggiato. Le finestre sono integrate in alloggi di acciaio inossidabile che sporgono dalla facciata. Gli spazi condivisi articolati negli elementi che circondano la Upper Terrace sono rivestiti ciascuno con uno dei materiali primari usati per l’esterno: mattoni, acciaio inossidabile e alluminio dipinto. L’entrata principale del William H. Gates Building è rivestita di acciaio inossidabile ondulato, così come alcune delle tettoie che identificano e riparano i diversi ingressi dello Stata Center. Un sistema progettato su misura e composto da un muro non portante in vetro, una facciata e dei lucernari è impiegato per creare le entrate, per scandire il passaggio tra i vari elementi dell’edificio e per portare la luce naturale all’interno dei grandi spazi per le lezioni e le riunioni. I due cortili interni, che visivamente collegano le due torri tra loro e al Warehouse, costituiscono l’espressione principale del muro di vetro. L’uso di materiali diversi crea una gamma di colori e trame che evidenzia e rafforza l’intensità della composizione architettonica complessiva. Area 66.890 m2 Calendario Inizio progetto: 1998 / inizio costruzione: 2001 / completamento: 2004 Riconoscimenti 2005 Build New England Award Architetto Project Partner Project Designer Project Architect / Partner Assistant Project Designer Assistant Project Architect Assistant Project Architect Core Project Team Project Team Gehry Partners, LLP James M. Glymph Craig Webb Marc Salette Rachel Allen Laurence Tighe David Rodriguez Helena Berge, Henry Brawner, Vartan Chalikian, Christine Clements, Edward Duffy, Yono Hong, James Jackson, Thomas Kim, Jason Luk, Yannina Manjarres-Weeks, Frank Melendez, Emilio Melgazo, Ngaire Nelson, Gaston Nogues, Yanan Par, Douglas Pierson, David Plotkin, Derek Sola, Karen Tom, Stephen Traeger, Monica Valtierra-Day, Yu-Wen Wang, Jeffrey Wauer Chris Banks, Christopher Barbee, Herwig Baumgartner, Saffet Bekiroglu, Tom Bessai, Tomaso Bradshaw, Tina Chee, Susannah Dickinson, Brian Flores, Raymond Gaetan Jr., Craig Gilbert, Jeff Guga, Dari Iron, Michael Kempf, Kurt Komraus, Irwin Larman, Dennis Lee, Frank Medrano, Clifford Minnick, Robyn Morgenstern, Scott Natvig, Janine Nesseth, Birgit Schneider, Robert Seelenbacher, Dennis Shelden, Bruce Shepard, Suren Sumian, Gavin Wall, Bryant Yeh, Brian Zamora Atlantis Sentosa Sentosa Island, Singapore Atlantis Sentosa Sentosa Island, Singapore L’obiettivo per l’isola di Sentosa era quello di creare una meta unica e coinvolgente in cui l’universo virtuale potesse intrecciarsi con quello materiale. Le architetture sono ispirate alle creature dell’Oceano che sembrano emerse dal mare e adagiate in questo strano luogo. Fisicamente il progetto si integra senza sbavature con il lussureggiante paesaggio tropicale e offre un punto focale per il lato settentrionale dell’isola. Atlantis Sentosa è una proposta presentata a un concorso per una struttura ricettiva integrata sull’isola di Sentosa, a Singapore. Le enormi Sails of Sentosa – grandi vele di vetro alte fino a 90 metri – ne sono l’elemento centrale. Il complesso contiene un grande atrio centrale, un Aquasphere (un acquario del XXI secolo), giardini d’inverno, Aquaventure (un nuovo parco acquatico), Coral Lagoon (un reef per le immersioni), quattro eccezionali alberghi, uno stabilimento termale, un casinò, strutture per convegni e oltre cinquanta tra punti vendita e ristoranti. Ciò che distingue questa proposta di struttura ricettiva integrata è la sovrapposizione del virtuale alla realtà fisica. Tecnologie semplici e moderne, come i bracciali RFID, sono state sviluppate per far sì che ciascun visitatore abbia un’esperienza unica. Ogni elemento all’interno del complesso è dotato di una tecnologia di display su misura in grado di soddisfare individualmente ciascun ospite. Per la struttura è stato appositamente ideato un originale gruppo di esseri chiamati Aquabrid: incrocio tra antiche creature marine e tecnologia moderna, gli Aquabrid sviluppano caratteristiche particolari per ogni visitatore e fungono da guida e da interfaccia attraverso il complesso. Il risultato è un paesaggio ispirato alle favolose isole degli antichi miti greci, intriso di cultura singaporiana, arricchito con tecnologie futuristiche e rinnovato per il XXI secolo e oltre. Area 343.000 m2 complessivi circa, più aree esterne Calendario Progetto per il concorso: gennaio-ottobre 2006 Architetto Design Partner Partner Project Team Architetto Design Partner Project Leader Project Team Gehry Architects New York, PC Frank O. Gehry Tensho Takemori Jacob Atlas, Elmer Barco, Susan Beningfield, Tina Chee, Yasu Chiaya, Thomas DeVoss, Leif Halverson, Betty Kassis, Meaghan Lloyd, Rachel MacMillan, Ruben Markarian, Brian O’Laughlin, Kiwoo Park, Rui Sato, Samuel Suh, Tate Wilson Greg Lynn FORM Greg Lynn Florencia Pita Adam Fure, Brittney Hart, John Klein, Paul Locke, Fred Scharmen Art Gallery of Ontario Toronto, Ontario AGO - Art Gallery of Ontario Toronto, Ontario L’Art Gallery of Ontario si trova a Toronto, Canada. Fondata nel 1900 da un gruppo di privati cittadini col nome di Art Museum of Toronto, è attualmente al decimo posto nella classifica dei musei d’arte più grandi dell’America del Nord. In seguito all’acquisizione di oltre diecimila opere e alla nuova campagna per la trasformazione dell’Art Gallery of Ontario si sono resi necessari la ristrutturazione e l’ampliamento del museo, grazie ai quali lo spazio espositivo è aumentato della metà rispetto a quello originario e la circolazione interna è stata completamente riorganizzata. L’esterno del museo è stato trasformato mediante l’aggiunta di una facciata sopraelevata in vetro leggermente ricurvo e legno di abete Douglas che si estende per l’intero isolato. Questa facciata, che comprende una galleria di sculture, permette l’ingresso della luce naturale e connette lo spazio espositivo a quello urbano. Una scala a spirale, che parte dalle passerelle del secondo piano della Walker Court e sale attraverso la copertura di vetro, collega i vari piani della nuova ala sud. L’ingresso principale è stato spostato in modo da allineare l’atrio con il nucleo storico del museo. Il punto d’incontro all’angolo tra Dundas e McCaul Street, accessibile ai pedoni, comprende negozi, ristoranti, un teatro e uno spazio riservato a progetti d’arte contemporanea raggiungibili dalla strada. Elementi chiave della ristrutturazione dell’Art Gallery of Ontario sono la luce e l’esposizione all’ambiente circostante. La luce naturale che irrompe dai molteplici lucernari ricavati nelle gallerie e le facciate in vetro conferiscono grande intensità all’esperienza visiva all’interno del museo. L’uso del vetro permette la vista del Grange Park a sud e di Dundas Street a nord, collegando il museo all’ambiente urbano che lo circonda. L’ala sud rivestita di vetro e titanio, che comprende tre piani e affaccia su Grange Park, è stata creata ex novo per ospitare il nuovo centro per l’arte contemporanea e uno spazio dedicato a eventi speciali. Area Area ristrutturata: 17.000 m2 circa / area di nuova costruzione: 8918 m2 / area totale: 51.096 m2 Calendario Inizio progetto: 2000 / inizio costruzione: 2005 / completamento: 2008 Architetto Design Partner Project Designer Project Partner Project Manager Project Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Craig Webb Brian Aamoth Jeffrey Wauer Laura Bachelder, Susan Beningfield, Henry Brawner, Peter Buffington, Zachary Burns, Lisa Cage, Leon Cheng, Cara Cragan, Rogan Ferguson, Anna Marie Flaherty, Craig Gilbert, Douglas Glenn, Elizabeth Grace, Jeff Guga, Leif Halverson, David Hardie, Patrick Hwang, Randy Jefferson, Laura Killam, Su Kim, Nathalie Kull, Julie Lai, Natalie Magarian, Colby Mayes, George Metzger, David Pakshong, Apurva Pande, John Passmore, Douglas Pierson, Ronald A. Rosell, Jason Tax, Lauren Taylor, Karen Tom, Stephen Traeger, Aaron Turner, Monica Valtierra-Day, Heather Waters, Adam Wheeler The Jay Pritzker Pavilion Chicago, Illinois Situato all’interno di Grant Park, tra Michigan Avenue e Columbus Drive, lungo le rive del lago Michigan, il Jay Pritzker Pavilion è un spazio all’aperto che ospita esibizioni della Grant Park Symphony Orchestra, ma anche concerti di jazz e world music. Il Pavilion è un elemento di design dalla natura altamente scultorea rivestito con pannelli di acciaio inossidabile. La zona del palco è invece rivestita di abete americano. Il Pavilion è visibile dalle strade cittadine circostanti e si propone come punto focale per il nuovo Millennium Park. Presenta una serie di gradinate mobili che accolgono un’orchestra composta da centoventi elementi e una gradinata per un coro fino a centocinquanta membri. Le aree del retroscena sono condivise con l’attiguo Music and Dance Theater. Grandi porte di vetro permettono l’uso del Pavilion nei mesi invernali per eventi pubblici come pranzi e cene di gala, ricevimenti e conferenze. Un sistema di illuminazione ornamentale valorizza il Pavilion con getti di luce colorata e proiezioni durante gli spettacoli serali. I posti a sedere per il pubblico si trovano in due zone: quella principale dispone di quattromila sedili fissi ed è ubicata nelle immediate adiacenze del Pavilion; alle sue spalle, una zona con tappeto erboso accoglie ancora fino a settemila persone in un ambiente più informale. L’audio delle esecuzioni è rafforzato e amplificato da gruppi di altoparlanti collocati di fronte al Pavilion. Inoltre, un impianto dislocato di rinforzo e amplificazione del suono è sospeso a un graticcio che copre l’intera area del prato, che misura 56 x 28 metri. Questo sistema sonoro offre al pubblico un senso più pieno del suono prodotto sul palco e tiene sotto controllo il volume nel quartiere circostante. Il graticcio, che ha la forma di una cupola appiattita, è costituito da tubi di acciaio ricurvi posti a una distanza di 20 metri l’uno dall’altro ed è sorretto da piloni cilindrici di calcestruzzo rivestiti con pannelli di acciaio inossidabile. Il Pavilion si trova sopra un parcheggio interrato su tre livelli. In corrispondenza di quello più basso passano una corsia per autobus e i binari della metropolitana, che corrono in prossimità di Grant Park. Un ponte pedonale lungo 293 metri che attraversa Columbus Drive collega il Pavilion alla zona orientale di Grant Park e alle rive del lago Michigan. Il ponte, di legno Pau Lupe e acciaio inossidabile, funge da smorzatore acustico per i rumori del traffico che scorre al di sotto. Area 16.723 m2 Calendario Inizio progetto: 1999 / inizio costruzione: 2001 / completamento: 2004 Riconoscimenti Best Public Space, Wallpaper Design Awards, 2004 Merit Award, Structural Engineers Association of Illinois, 2005 Merit Award (BP Bridge), National Steel Bridge Alliance, 2005 Architetto Design Partner Project Designer Project Architect Project Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Craig Webb Manoucher Eslami Reza Bagherzadeh, Chris Banks, Saffet Bekiroglu, Tom Besai, James Jackson, Leigh Jerrard, Kurt Komraus, Jason Luk, David May, Christopher Mazzier, Frank Medrano, Sy Melgazo, Napoleon Merana, Christopher Mercier, Julianna Morais, Diego Petrate, Lynn Pilon, Birgit Schneider, Tensho Takemori, Karen Tom, Scott Uriu, Adam Wheeler Fondation Louis Vuitton Parigi, Francia La Fondation Louis Vuitton, in tutto 8900 metri quadrati, sorgerà presso il Jardin d’Acclimatation, accanto al Bois de Boulogne, nella zona occidentale di Parigi. L’edificio segnerà l’entrata al giardino con un androne al pianterreno che fungerà da ingresso anche per il museo. Questo atrio centrale è pensato come un vivace spazio sociale, con una caffetteria e un centro di documentazione interattivo. Direttamente accanto all’entrata è collocato un ampio spazio polivalente accessibile al pubblico, che può essere usato come auditorium da trecentoquaranta posti o come ambiente per mostre o eventi. La Fondation comprende una serie di strutture didattiche per bambini volte a integrare quelle già presenti all’interno del giardino. L’edificio sarà occupato dal museo per 3200 metri quadrati, comprendenti una serie di gallerie progettate per accogliere sia la collezione permanente, sia mostre temporanee. Il museo includerà anche vari “padiglioni”, ciascuno dei quali sarà dedicato a installazioni site-specific create da singoli artisti. Grandi pareti di vetro offriranno vedute mozzafiato ai visitatori durante i loro spostamenti da una galleria all’altra, integrando il paesaggio nell’esperienza del museo e creando un forte legame tra questo e il Jardin d’Acclimatation. Opere d’arte site-specific collocate nel giardino adiacente al museo rafforzeranno questa relazione. L’uso del vetro quale elemento principale per l’esterno riveste un ruolo primario nell’architettura della Fondation Louis Vuitton. La sua trasparenza farà sì che l’edificio completi l’ambiente naturale circostante. Si auspica che la Fondation Louis Vuitton funga da ponte tra il Bois de Boulogne, l’enorme parco all’estremità occidentale di Parigi, e il Jardin d’Acclimatation, un parco giochi per bambini situato al suo interno. Area 8.900 m2 Calendario Inizio progetto: 2005 Architetto Design Partner Project Designers Project Partner Project Manager Project Architect Project Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Edwin Chan, Craig Webb Terry Bell Laurence Tighe Thomas Kim Laura Bachelder, Lizbeth Barcena, Caroline Binachon, Vartan Chalikian, Paul Davis, Cyril Desroche, Christoph Groth, Richard Horth, Krikor Hovaguimian, Charles Jones, Charalambos Kannavias, Paul Kibayashi, Teak Kim, Kumiko Koda, Paul Locke, Rafael Lopez, David O’Brien, Tonya Ohnstad, Guvenc Ozel, Alejo Paillard, Lukas Raeber, Shridar Rao, Gregory Saboka, Marc Salette, Stanley Su, Norihito Toyama, Paola Vezzulli, Jessica Voigt, Geoffery Von Oeyen Edificio IAC New York, New York I nuovi uffici della IAC, situati a New York nel quartiere di West Chelsea, sono stati sviluppati in collaborazione con la Georgetown Company, una società immobiliare privata diversificata con sede a Manhattan. L’edificio è il fiore all’occhiello newyorkese della società e sorge tra 18 th e 19 th Street, di fronte ai Chelsea Piers e al complesso ricreativo del quartiere. La nuova sede della IAC è una torre di nove piani con una facciata in vetro scolpito che sorge su un sito di 2729 metri quadrati sul lato orientale di 11th Avenue. Comprende un parcheggio sotterraneo ausiliario per settanta automobili e si eleva per 47,24 metri dal livello del marciapiede. La struttura di cemento ha una facciata in vetro isolata e provvista di uno speciale rivestimento con particelle di ceramica integrate per migliorare l’efficienza energetica. Le pareti diagonali dell’edificio, le colonne inclinate e gli spazi irregolari hanno permesso la diversificazione delle configurazioni e degli uffici open space. All’esterno dell’atrio si apre un cortile pensato per ospitare eventi. Cliente IAC / InterActiveCorp Area 12.077 m2 Calendario Inizio progetto: 2003 / inizio costruzione: 2004 / completamento: 2007 Architetto Design Manager Design Partner Project Architect Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Craig Webb John Bowers Edificio in Beekman Street New York, New York L’edificio di Beekman Street sorge su un sito di 3902 metri quadrati nella Lower Manhattan. Si tratta di una torre di settantacinque piani a uso misto che ospita locali scolastici (dall’asilo all’ultimo anno della scuola pubblica), uffici del New York Downtown Hospital e oltre novecento unità abitative. Le sue proporzioni classiche seguono le regole dell’architettura newyorkese sulle rientranze, creando la tipica configurazione “a torta nuziale”. La torre di appartamenti rivestita di acciaio inossidabile si eleva da un basamento rivestito di mattoni color camoscio che costituisce un semplice piedistallo per la forma scultorea della struttura sovrastante. Questa parte di edificio è occupata da una scuola pubblica, che copre i gradi d’istruzione dall’asilo all’ultimo anno delle superiori, dagli uffici, dall’atrio del condominio e da un piccolo spazio commerciale. Sul tetto del basamento si trovano una piscina coperta e altre strutture per i residenti. La parete esterna della torre si increspa in morbide pieghe che richiamano quelle di un tessuto. Questa configurazione si ispira al drappeggio classico delle sculture di Gian Lorenzo Bernini. Le finestre degli appartamenti si aprono in questo scultoreo rivestimento di acciaio inossidabile. Emergendo in corrispondenza del culmine delle pieghe, le finestre diventano bovindo provvisti di sedili all’interno degli appartamenti. Lo scintillante rivestimento cattura la luce solare della sera in maniera simile al Chrysler Building, riflettendo un bagliore tenue nutrito dai colori del cielo, del fiume e degli edifici circostanti. A causa del complesso disegno della parete esterna della torre, ciascun piano ha una configurazione diversa. Ogni unità abitativa assume una forma unica in corrispondenza del punto di unione con la facciata. L’articolata geometria della superficie della parete a cortina è mappata con Digital Project™, una piattaforma software sviluppata dalla Gehry Technologies. Molti dei subappaltatori del progetto useranno questo modello digitale per fabbricare e costruire alcuni degli elementi principali dell’edificio. L’impresa che ha in subappalto il muro non portante – Permasteelisa USA – sta usando il modello per fabbricare pannelli nel suo stabilimento altamente meccanizzato. Il sito si trova tra Spruce Street a nord e Beekman Street a sud. Sia a est che a ovest dell’edificio si aprono due piazze interne all’isolato disegnate in collaborazione con Field Operations e Piet Oudolf. La piazza occidentale crea il contesto paesaggistico per una porta carraia che permette ad automobili e pedoni di accedere ai vestiboli degli appartamenti. Una tettoia scultorea disegnata da Frank Gehry fa da soffitto alla porta carraia e all’atrio e trasmette a chi vi arriva il senso dell’unità del luogo. L’edificio è situato in una zona della Lower Manhattan con poche altre torri, vicino alla City Hall e al suo magnifico parco. Il Woolworth Building di Cass Gilbert e il ponte di Brooklyn, punti di riferimento nel paesaggio di Manhattan, sono i suoi vicini più prossimi. Con i suoi oltre 260 metri d’altezza, una volta completato sarà un acquisto importante per lo skyline newyorkese e il più alto edificio residenziale di Manhattan e fornirà, nel contempo, spazio prezioso alla comunità newyorkese. Area 102.193 m2 Calendario Inizio progetto: 2003 / inizio costruzione: 2007 / completamento previsto: 2010 Architetto Design Partner Project Partner Project Designer Project Architect / Manager Project Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Terry Bell Craig Webb John Bowers Saffet Bekiroglu, Susan Beningfield, Berenika Boberska, Henry Brawner, Gesa Buettner, Sarah David, Shikha Doogar, Liron Elkan, Manoucher Eslami, Craig Gilbert, Jaeson Greer, Joanne Heinen, Faris Hermiz, Mark Homes, Claire Imatani, Betty Kassis, Michael Kilkelly, Kumiko Koda, Gregory Kromhout, Julie Lai, Irwin Larman, Shawn Leong, Yeekai Lim, Sabrina Lupero, Gerhard Mayer, Alvar Mensana, R. Scott Mitchell, Julianna Morais, Judith Mussel, Amy Nicholson, John Passmore, Steve Price, Rui Sato, Jennifer Seely, Michael Sims, Ian Stuart, John Szlachta, Stacey Thomas, Karen Tom, Monica Valtierra-Day, Lucianna Vidal, Shailesh Virley, Anne Whitacre, Leslie Wilson, Yuichiro Yamaguchi Guggenheim Museum Abu Dhabi Abu Dhabi, UAE Il Guggenheim Museum sorgerà sull’isola di Saadiyat, vicino alla città di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Farà parte di una serie di progetti legati a musei ubicati nel distretto culturale di Saadiyat, che a sua volta rientra nel piano generale di sviluppo dell’isola. L’edificio sarà situato sulla punta nord-occidentale dell’isola. Sarà creata una penisola che servirà sia da sito per il progetto, sia da frangiflutti per proteggere la zona nord-orientale di Saadiyat. I frangiflutti saranno impiegati per creare una passerella perimetrale continua intorno al museo, che permetta ai pedoni di godersi la veduta del Guggenheim, nonché il panorama del golfo e di Abu Dhabi. L’obiettivo dichiarato del Guggenheim Abu Dhabi è di definire nuove prospettive per la visione e l’esperienza dell’arte. Il concept design del museo permette ai visitatori di viverlo in modo unico, smorzando i confini tra spazi interni ed esterni. Nel cuore dell’edificio si apre un cortile che funge da principale spazio di orientamento per chi visita il museo. Questo luogo è rinfrescato con mezzi attivi e passivi e costituisce un ambiente confortevole per i visitatori grazie all’adattamento del concetto delle tradizionali torri del vento disseminate in questa zona del mondo. Gli spazi espositivi sono riconducibili a tre elementi principali: gallerie per la collezione permanente, gallerie per mostre speciali e una serie di ambienti che danno vita a un Centro per la cultura araba, islamica e mediorientale. Ciascuno gode di strutture proprie per la circolazione dei visitatori ed è configurato in modo da rispondere ai requisiti programmatici di ogni ala espositiva. I gruppi di gallerie sono collegati da ponti sospesi sul cortile centrale e ognuno di essi è provvisto di mezzi per la circolazione verticale, cosicché i visitatori possono spostarsi all’interno dell’edificio in qualsiasi direzione. Il linguaggio dei volumi è configurato in modo da creare un rapporto complesso e stimolante tra gli spazi espositivi e quelli di circolazione e per offrire qualche istante di respiro al visitatore mentre si sposta attraverso l’edificio. L’organizzazione del museo offre ai curatori una grande flessibilità e ai visitatori un’esperienza sempre nuova. È previsto che il Guggenheim Abu Dhabi sia la prima di una serie di istituzioni per la fruizione e la conoscenza del sapere e delle arti costruite come parte del piano generale per il distretto culturale dell’isola di Saadiyat e costituirà un punto focale di questo tipo nella regione. Area 42.000 m2 Calendario Inizio progetto: 2006 / completamento (concept design iniziale): febbraio 2007 completamento (concept design attuale): dicembre 2008 Architetto Design Partner Project Partner Project Manager Project Designer Project Architect Design Team Gehry Partners, LLP Frank O. Gehry Brian Aamoth Gavin Langley Anand Devarajan Jeffrey Wauer Elmer Barco, Danny Bazil, Richard Cagasca, Lisa Cage, Jason Conner, Jenna Gibson, Stan Gray, Mark Homes, Charles Jones, Luke Kautz, Yichen Lu, Becher Neme, Sven Neumann, Jamie Norden, Brian O’Laughlin, Tae Park, Stanley Su, Jeffrey Temple, Mok Wai Wan, Heather Waters Frank O.Gehry dal 1997 Germano Celant Catalogo della mostra 2009, Skira/La Triennale di Milano edizione inglese e italiana, 28 x 30 cm 320 pagine, 532 colori, cartonato ISBN 978-88-572-0178-8 I, -0179-5 E 70,00 euro L’unica monografia completa sugli ultimi dodici anni di attività del grande architetto. Il volume, pubblicato in occasione della grande esposizione a cura di Germano Celant presso la Triennale di Milano, riunisce tutti i progetti di Frank O. Gehry realizzati a partire dall’importante svolta stilistica del 1997, costituita dal Guggenheim Museum di Bilbao, fino ad oggi. Introdotto da un saggio critico di Germano Celant, il catalogo ripercorre dal 1997 i recenti progetti dell’architetto vincitore del Pritzker Architecture Prize 1989, per la maggior parte inediti, attraverso i disegni a mano, i disegni di studio, le elaborazioni in 3D, i modelli e le fotografie del costruito: dal Walt Disney Concert Hall di Los Angeles (1989-2003) a DZ Bank Building di Berlino (1995-2001), dal Jay Pritzker Pavilion di Chicago (1999-2004) alla Corcoran Gallery di Washington DC (1999-2005), dal The Experience Music Project di Seattle (1995-2000) a AGO - Art Gallery of Ontario (2000-2008), dall’Interactive Corporation Headquarter di New York (2003-2007) al complesso abitativo di Beekman Street a New York (2003-2009), fino al resort Atlantis Sentosa di Singapore e alla sede di Abu Dhabi del Guggenheim Museum, la progettazione dei quali è cominciata tra il 2005 e il 2006. Germano Celant è dal 1995 Direttore della Fondazione Prada (Milano), dal 2007 è Curatore della Fondazione Aldo Rossi (Milano), dal 2008 è Curatore della Fondazione Emilio e Annabianca Vedova (Venezia), mentre dal 2009 è responsabile scientifico per Arte e Architettura della Triennale (Milano). Dal 1989 al 2008 è stato Senior Curator per l’arte contemporanea del Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Conosciuto internazionalmente per la sua teorizzazione dell’Arte povera, nel 1987 ha ricevuto il Frank Jewett Mather Award, massimo premio statunitense per la critica d’arte. Nel 1997 è stato curatore della XLVII Biennale di Venezia. Nel 2004 è stato Supervisore artistico per Genova 2004, Capitale Europea della Cultura, nel cui ambito ha curato la mostra Arti&Architettura, 1900-2000. Dal 1977 è contributing editor di “Artforum” e dal 1991 di “Interview”, New York; dall’ottobre 1999 collabora per il settimanale “L’Espresso”, Roma. Frank O.Gehry dal 1997 Mostra e catalogo a cura di Germano Celant Realizzazione allestimento e grafica Eurostands Spa Triennale di Milano 27.09.2009 _10.01.2010 in collaborazione con Frank O. Gehry e Gehry Partners, LLP Sistema di illuminazione iGuzzini Ricerca scientifica e coordinamento Chiara Spangaro con Edwin Chan Paul Locke Meaghan Lloyd Joyce Shin di Gehry Partners, LLP Collaborazione Amy Achorn Marcella Ferrari Laura Stella Tensho Takemori Coordinamento organizzativo Roberta Sommariva, Violante Spinelli Barrile Settore Iniziative, La Triennale di Milano Progetto di allestimento e grafica Studio Cerri & Associati Pierluigi Cerri Alessandro Colombo in collaborazione con Francesca Ceccoli Marta Moruzzi Francesca Stacca Video Ultan Guilfoyle Hanif Janmohamed, Vanilla 5 Creative Realizzazione disegni a parete Nausicaa Ber benni Andrea Romano Arianna Vanini Coordinamento tecnico Nick Bellora, Marina Gerosa Ufficio Servizi Tecnici, La Triennale di Milano Ufficio stampa Antonella La Seta Catamancio Damiano Gullì, Marco Martello, Mattia Pozzoni Ufficio Stampa, La Triennale di Milano Impianto luci Marzoratimpianti Trasporti Crown Fine Arts Assicurazioni Lloyd’s tramite Progress Insurance Broker Servizi Tecnici Koiné Con il supporto di Main sponsor Media partner Partner tecnici Ringraziamenti Arnell Group Capitaland Gehry Technologies, Inc. Greg Lynn Form Imaginary Forces Kerzner International Kirsten Kiser, Artspace Sanne Lindhardt, DAC Danish Architecture Centre, Copenhagen LVMH Moët Hennessy - Louis Vuitton Antonietta Mirabelli, AGO Art Gallery of Ontario, Toronto Roberta Verteramo Juan Ignazio Vidarte, Lucia Aguirre con Irune Otxoa, Guggenheim Museum Bilbao, Bilbao Fondazione La Triennale di Milano Consiglio d’Amministrazione Davide Rampello Presidente Mario Giuseppe Abis Giulio Ballio Renato Besana Ennio Brion Flavio Caroli Angelo Lorenzo Crespi Claudio De Albertis Alessandro Pasquarelli Fondazione Museo del Design Ufficio Servizi Amministrativi Giuseppina Di Vito Paola Monti Ufficio Stampa Antonella La Seta Catamancio Damiano Gullì Marco Martello Mattia Pozzoni Triennale di Milano Servizi Srl Collegio dei Revisori dei conti Salvatore Percuoco Presidente Maria Rosa Festari Direttore Generale Andrea Cancellato Comitato scientifico Aldo Bonomi, industria, artigianato, società Francesco Casetti, nuovi media, comunicazione e tecnologia Germano Celant, arte e architettura Severino Salvemini, economia della cultura Settore Affari Generali Annunciata Marinella Alberghina Francesca De Mattei Laura Maeran Franco Romeo Settore Biblioteca, Documentazione, Archivio Tommaso Tofanetti Michela Benelli Elisa Brivio Claudia Di Martino Cristina Perillo Elvia Redaelli Consiglio d’Amministrazione Silvia Corinaldi Rusconi Clerici, Presidente Mario Boselli Andrea Cancellato, Consigliere Delegato Collegio dei Revisori dei conti Francesco Perli, Presidente Domenico Salerno Maurizio Scazzina Ufficio Servizi Tecnici Pierantonio Ramaioli Franco Olivucci Alessandro Cammarata Xhezair Pulaj Direttore Generale Andrea Cancellato Collegio Sindacale Salvatore Percuoco, Presidente Maria Rosa Festari Andrea Vestita Triennale Design Museum Direttore Silvana Annicchiarico Ufficio Servizi Tecnici Marina Gerosa Nick Bellora Attività museo Roberto Giusti Ricerche museali Marilia Pederbelli Collezioni e Rete dei Giacimenti Giorgio Galleani Ufficio iniziative Carla Morogallo Web designer Cristina Chiappini Ufficio Servizi Amministrativi Anna Maria D’Ignoti Isabella Micieli Laboratorio di Restauro, Ricerca e Conservazionein collaborazione con il Politecnico di Milano Ufficio Marketing e Comunicazione Valentina Barzaghi Maria Chiara Piccioli Olivia Ponzanelli Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica - Sezione Materiali Ufficio Iniziative Maria Eugenia Notarbartolo Partner Istituzionali della Triennale di Milano Settore Iniziative Laura Agnesi Roberta Sommariva Violante Spinelli Barrile Consiglio d’Amministrazione Arturo Dell’Acqua Bellavitis, Presidente Gianluca Bocchi Maria Antonietta Crippa Responsabili della Ricerca Marinella Levi Lucia Toniolo Restauratrice Roberta Verteramo Ricercatrice PhD Student Francesca Toja Logistica Giuseppe Utano Partner fondatore del Triennale Design Museum Triennale di Milano Mostre in programma Roger Ballen 1982-2009 7 ottobre - 8 novembre 2009 La città fragile 19 novembre 2009 -10 gennaio 2010 Triennale Design Museum Edizione in corso Seconda interpretazione Serie Fuori Serie dal 21 marzo 2009 La seconda interpretazione di Triennale Design Museum illustra il paesaggio contemporaneo del design italiano che dalla ricerca sperimentale arriva fino ai mercati di massa, usando sia materiali artigianali, sia tecnologie avanzate, e dalle imprese start up arriva fino alle grandi imprese globalizzate. Il titolo Serie Fuori Serie indica gli estremi di un circuito dinamico dove la produzione industriale riceve energia dalla sperimentazione più avanzata e autonoma della ricerca indipendente e, viceversa, quest’ultima si alimenta in un contesto produttivo che prevede anche il prototipo fuori serie e il pezzo unico. MINI & Triennale CreativeSet Mostre in programma Martino Gamper 5 ottobre - 8 novembre 2009 Mostre in corso Lorenzo Damiani 23 settembre - 25 ottobre 2009 Mostre in programma Massimiliano Adami 3 novembre - 22 novembre 2009 Matteo Bazzicalupo e Raffaella Mangiarotti [deepdesign] 2 dicembre -10 gennaio 2010 Paolo Ulian 12 gennaio - 28 febbraio 2010 Triennale DesignCafé Triennale Bovisa Mostre in corso Gioielli di Carta 15 settembre - 25 ottobre 2009 Mostre in programma Ceramica d’este 27 ottobre - 29 novembre 2009 Mostre in programma Il gesto del suono 2.0 1 ottobre - 1 novembre 2009 Atelier Bovisa Sandro Chia 10 novembre 2009 -15 gennaio 2010 Triennale di Milano Incheon Corea del Sud Triennale Design Museum Prima Interpretazione Le Sette Ossessioni del Design Italiano dal 15 settembre 2009 Triennale di Milano Incheon Corea del Sud Giovedì speciale Triennale Tutti i giovedì sera la Triennale di Milano rimane aperta fino alle 23:00. Dalle 19.00 un solo biglietto da 10,00 euro permette di visitare tutte le mostre, il Triennale Design Museum e prendere un aperitivo al Triennale DesignCafé (fino alle 21:00). Visite guidate La Triennale di Milano, in collaborazione con Ad Artem, mette a disposizione dei visitatori un qualificato servizio di visite guidate in lingua italiana, francese e inglese. Visitatori singoli In occasione del Giovedì Speciale Triennale è stato istituito un servizio di visite guidate per i visitatori singoli: alle ore 20:00 di tutti i giovedì di apertura della mostra. Prenotazione obbligatoria. Costo a persona: 5,00 euro + biglietto Gratuito per i minori di 6 anni Gruppi Le visite guidate per gruppi hanno una durata di 90 minuti circa. I gruppi si intendono formati da un minimo di 15 e da un massimo di 25 persone. Prenotazione obbligatoria. Informazioni e prenotazioni Ad Artem T +39 02 6597728 www.adartem.it [email protected]