l`Eco di Febbraio 2012
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l`Eco di Febbraio 2012
Anno 4- Numero 1– 15/01/2012 Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca QUARESIMA 2012 Carissimi, la quaresima è tempo di cure speciali. Cura dimagrante. Via tutte le brutte abitudini, grasso superfluo della vita. Bevande, fumi, cibi, sguardi, svaghi, parole e abitudini fuori posto; pensieri, progetti, desideri meschini e avvilenti; assenteismo dal lavoro, da casa, dagli affetti. Questo il banco di smagrimento. Cura ricostituente. La forza viene dai sacramenti. Eucarestia e confessione sono il pane e l'appetito ripreso. Insieme sfamano e nutrono, rafforzano e fanno ingrandire. Atto di umiltà e obbedienza, l'accostarvisi degnamente: rifornimento sicuro per il viaggio quotidiano. La preghiera poi è sicura vitamina universale. Quanto preghiamo in un giorno? Dalla risposta capiamo le nostre depressioni e il girare a vuoto. Cura di responsabilità. Mi prendo a cura dei vicini con impegno. Ma i poveri sono la mia grande famiglia. Che faccio per loro? L'avete fatto a me, ci dirà quel giorno. Arrossiremo. Quello che diamo a un povero ritorna moltiplicato. Abbiamo una quaresima per vedere il povero che bussa alla porta, al telegiornale, dai bollettini delle guerre. Queste tre cure producono il miracolo di una vita contenta. Basta poco, una quaresima. don Giancarlo 1 MERCOLEDI 22 FEBBRAIO Inizio Quaresima (Astinenza e digiuno) ORE 9 e 18.30 MESSA e IMPOSIZIONE delle CENERI ORE 15.30 – In chiesa per i bambini --------------------------------------------------------------------------------------------------------- GIORNATE EUCARISTICHE - QUARANTORE 23 / 24 / 25 FEBBRAIO 2012 In questi tre giorni proponiamo all’intera comunità cristiana l’Adorazione Eucaristica. L’Eucarestia è come una “lente” attraverso la quale veri ficare il volto e il cammino della nostra Chiesa. L’Eucarestia è il motore dell’intera attività della comunità. Tutto porta all’Eucarestia e tutto parte dall’Eucarestia. Gesù si è fatto pane per noi, sostiene e nutre la nostra vita. Ricevendo e accogliendo il Signore siamo una cosa sola anche tra noi. Questo si deve riflettere anche nella nostra vita: ∗ nella capacità di perdono ∗ nella disponibilità al servizio verso i poveri ∗ nelle forme di volontariato Se pensiamo e viviamo la comunione con Cristo, allora si aprono gli occhi. “I cristiani – leggiamo nella lettera a Diogneto – sono uomini come gli altri”, eppure “meravigliano tutti per il loro modo di stare insieme, che ha dello straordinario ”. Essi “non si distinguono per il paese in cui vivono né per la lingua che parlano, né per le abitudini di vita. Non si isolano nelle loro città, né usano linguaggi particolari”, eppure “sono l’ani ma del mondo”. E’ la sfida “di essere testimoni credibili di Gesù Risorto attraverso una vita nuova, una vita rinnovata, capace di cambiare non solo se stessi ma anche la società in cui viviamo”. Significa essere davvero “il sale della terra e la luce del mondo”. D.Giancarlo PREGHIERA Ecco, comincia una nuova Quaresima, Signore, e io sono venuto qui a ricevere sul mio capo le Ceneri e a sentire quelle parole che mi richiamano alla Conversione. Signore, riconosco il male che ho compiuto: ho ridotto tante cose in cenere, ho sprecato il mio tempo, ho tradito la tua Alleanza, ho chiuso il mio cuore all’amore, alla compassione, alla giustizia, ho provato un piacere perverso a distruggere, a sporcare e a imbrattare tutte le cose belle e grandi che hai messo nelle mie mani. Signore, sento vergogna e dispiacere per la sofferenza che ho provocato, per la cattiveria che ho seminato, per il sospetto, il pregiudizio, la durezza che ho diffuso attorno a me. Signore, ti prego: cambia questa mia vita. Tu puoi far venir fuori il nuovo anche dalle mie ceneri, tu puoi guarire, sanare anche le ferite più profonde, tu puoi restituire questa mia esistenza alla bellezza, alla dignità, alla bontà che le hai impresso, come un marchio, alla sua origine. Signore, questa Quaresima diventi per me come una nuova primavera: fammi ascoltare la tua voce che mi parla del tuo amore e della tua misericordia. 2 EVITIAMO LA SPESA NEI GIORNI FESTIVI U F ermate la giostra impazzita del commercio, vogliamo scendere. Chi ci sta a sottoscrivere la protesta, a chiedere un deciso passo indietro al governo? La liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali - una delle “rivoluzioni” contenute nel decreto “Salva Italia”, oggi legge dello Stato nelle ultime settimane ha dispiegato i suoi e etti, ben visibili anche a Reggio Emilia. I cartelli “domenica aperto” sono spuntati dappertutto, in città e in provincia, senza aspettare concertazioni di sorta. Per il bene del Paese, dicono. Per spingere i consumi. Per incontrare le esigenze dei cittadini, che sarebb ero cambiate (?). No, noi non ci stiamo. E comunque non vogliamo apparire remissivi al punto di indurre i leader del mercato e i pochi che traggono vant aggio da questa situazione a pensare ad un comodo silenzio-assenso di marca cattolica. Così non si rispetta la domenica. Non si santi-ca la festa, per chi cred e, e – per tutti – non si fa il bene dell’Italia. Mantenere un giorno di riposo il più possibile unico per tutti, per le famiglie e per la comunità, è un patrimonio fondamentale, un presidio di civiltà. Non è una merce ch e va in saldo, e non convince l’idea che al supermark et si possano manipolare a piacimento, come i cartellini dei prezzi in corsia, le ricorren ze e i distinguo del calendario. Gli enti locali stanno provando in questi giorni ad adegu are i propri ordinamenti alle novità di legge e a mettere d’accordo i grandi gruppi della distribuzione, ma il danno ormai sembra fatto. E poi come si fa a chiedere a un competitore del mercato di stare in panchina, se vede il concorrente in campo, libero di non seguire regole che non ci sono più? Ci sono senz’altro considerazioni di ordine economico da svolgere, perché la perplessità, laicamente parlando, è tanta. Davvero porta più incassi tenere sempre su le saracinesche, quando la crisi internazionale peggiora e l’economia stenta a girare? Non è un controsenso? E comunque sono le considerazioni di carattere etico e antropologico che ci premono maggiormente. Chi ha la peggio, in questo scenario, sono i lavoratori del commercio e le loro famiglie. Sono anche i titolari di piccoli negozi, costretti a turni di lavoro disumani per regg ere la con correnza. La parola “liberalizzazione” mostra sulla loro pelle la sua grottesca ambival enza. Per sentirci più liberi come clienti, abbiamo “bisogno” che altre person e come noi mariti e mogli, giovani, padri e madri – siano meno libere, costrette ad accettare turni più pesanti e in ogni caso a staccare la spina in giorni diversi, dentro la stessa casa. Non è schizofrenia sociale? Sono liberalizzazioni o nuove schiavizzazioni? Finché siamo in tempo, chiediamo un argine a questa deregulation. Almeno noi cristiani, evitiamo di far spesa nei giorni festivi. Una manovra del genere non può salvare l’Italia perch é non salva la famiglia, che resta la sua grande spina dors ale. Anzi, la grava ulteriormente, frantumando la settimana e s- lacciando le relazioni. Come se dilatare lo spazio per gli acquisti fosse una cura alla crisi profonda d el nostro tempo. Edoardo Tincani Dal prossimo anno al bando i libri esclusivamente cartacei na circolare del ministero chiarisce che tutti i testi dovranno essere "in forma mista o interamente scaricabili da internet". Molte famiglie potrebbero trovarsi di fronte a un'altra spesa. Duro colpo al mercato dell'usato Fra pochi mesi, i nuovi libri di testo digitali soppianteranno tutti i testi "soltanto" cartacei. E a settembre, le famiglie italiane potrebbero trovarsi alle prese con una spesa inattesa: l'acquisto di libri di testo nuovi in sostituzione di quelli già acquistati, magari per un biennio o un triennio. La novità è contenuta nella circolare numero 18 emanata dal ministero dell'Istruzione sull'adozione dei libri scolastici per il prossimo anno. "La scelta dei libri di testo nelle scuole statali di ogni ordine e grado - recita in premessa la nota ministeriale - costituisce rilevante momento di espressione dell'autonomia professionale e della libertà di insegnamento dei docenti e ha ormai trovato una compiuta regolamentazione ad opera della circolare" 16 del 10 febbraio 2009, voluta dall'ex ministro Mariastella Gelmini. La novità più importante è che tutti i testi distribuiti soltanto in forma cartacea dovranno essere sostituiti da testi più tecnologici. "Le adozioni da effettuare nel corrente anno scolastico a valere per il 2012/2013 - precisa la circolare presentano una novità di assoluto rilievo, in quanto, come è noto, i libri di testo devono essere redatti in forma mista (parte cartacea e parte in formato digitale) ovvero debbono essere interamente scaricabili da internet". Le case editrici, in parecchi casi, si sono attrezzate alla rivoluzione copernicana voluta da Gelmini sui libri di testo: cinque/sei anni di blocco delle adozioni e graduale passaggio ai libri hi-tech. Ma non tutti i testi scolastici attualmente in circolazione sono dotati del cdrom o, meno che meno, è possibile scaricarli da internet. E non solo. Le nuove edizioni digitali, in sostituzione delle obsolete edizioni cartacee, daranno un colpo al mercato dell'usato che ha finora garantito alle famiglie testi a buon prezzo, ma ancora in uso. Le case editrici, nel rivedere le vecchie edizioni, coglieranno l'occasione per aggiornarne i contenuti e già un libro di quest'anno potrebbe essere troppo vecchio per settembre. "Per l'anno scolastico 2012/2013 - ammonisce la nota - non possono più essere adottati né mantenuti in adozione testi scolastici esclusivamente cartacei: i libri di testo in adozione dall'anno scolastico 2008/2009 (in cui ha trovato per la prima volta applicazione la legge n. 169/2008) devono essere sostituiti da testi in forma mista o scaricabili da internet, nel caso in cui siano in forma interamente cartacea". Dal 26 FEBBRAIO al 4 MARZO 2012 CHE TEMPO FA IN FAMIGLIA? Settimana della famiglia. Iniziative e proposte per il dialogo in casa. Una scelta condivisa da tutta la famiglia (Figli e genitori insieme) Programma e iniziative in altre pagine del giornalino. 3 Le pale dei vecchi nella Siberia d’Emilia E l’Emilia si risvegliò assediata dalla neve “Ma qui a spalare sono solo gli anziani” C ome diceva lord Baden Powell? «Non esiste il cattivo tempo, esiste solo il cattivo equipaggiamento». Quale potrà mai essere il «buon equipaggiamento» di una regione intera, quando vengono giù dal cielo sessanta centimetri di neve in poche ore? «Pare che gli scienziati della Nasa abbiano inventato una tecnologia sofisticatissima, si chiama pala più sale». Le pale passano, il sale c’è, ma è chiaro che non bastano. Siamo nel cuore dell’Emilia epicentro di un blizzard che non si vedeva da un quarto di secolo. Paralisi bianca, ore intere per tornare a casa, uffici decimati, treni che si fermano, camion di traverso, scuole e perfino cimiteri chiusi, eppure è neve, solo neve. Dove sono le nevi di un tempo? Eccole, sono sempre quelle, ma non sembrano più le stesse, ora la “bianca visitatrice” è un’ospite prepotente che ti ruba le giornate. C’è chi ha chiesto le ferie, le scuole chiudono fino a domenica, ma i bimbi chi li tiene? In auto si corre dai nonni, ma si viaggia a sette, otto chilometri l’ora. E d’un tratto non riconosci più i tuoi posti, la mappa della città ti esplode davanti smisurata. Si passa da zone in cui si vede il nero dell’asfalto ma subito dopo c’è una spanna di poltiglia, sarà un problema di pale o di bilanci comunali? La verità forse è un’altra: non nevica più su un territorio, nevica su uno stile di vita, il nostro, che è appena tollerabile quando si rispettano i suoi tempi obbligati. Tempi scanditi dalla macchina del Novecento, l’automobile. Ed è l’auto infatti che si corre a liberare per prima dalla coltre, ai piedi i moon boot della settimana bianca. Pochi i marciapiedi liberati, perfino davanti a casa, come sarebbe obbligatorio. Abbiamo incontrato una squadra di extracomunitari spala l’accesso ad alcune case, forse li paga qualcuno. Ma, chi dovrebbe spalare i marciapiedi? Chi ha un lavoro prova a raggiungerlo, le mamme cercano di recuperare i figli a scuola. Restano i pensionati, ecco infatti chi vedi con la pala in mano: gli anziani che già sostengono l’economia familiare occupandosi dei nipotini, ora gli tocca anche questa corvée. Vai pure in pensione nonno, vacci che ti riposi… Si protesta nei bar contro chi decide che lo stadio resterà chiuso per neve. Non si accetta che possa cambiare qualcosa. «Non ci si può fermare per un po’ di neve», lo senti ripetere ovunque. E invece sì, sono secoli che la neve ci rallenta, impone un altro passo agli uomini. Ma no, la neve non ci sta nei tempi nostri, non è prevista. Tutto deve continuare come da agenda. Il sindaco di Bologna invita gli anziani a non uscire di casa, non è una preoccupazione inutile, lo sa benissimo che tutti vogliono, anzi pretendono di fare quel che avevano previsto di fare. Abbiamo finalmente vedo una squadra di giovani condòmini spalare il cortile, scherzano, finirà con una birra. La vista dei campi canuti è poetica e rilassante, ma se ti giri la città è ovunque, e la città che abbiamo costruito non prevede la neve. Le rotatorie spuntate ovunque velocizzano il traffico ma solo da secche, con la neve trasformano anche la pianura in una sequenza di tornanti da montagna, ecco la Punto che ha appena fatto un testacoda. Però anche il Suv slitta in curva: ma quale fuoristrada, sta a una jeep come un culturista sta a un pugile. Il benzinaio sta mettendo le catene per un cliente, «Oggi è l’ottavo, non lo sa fare nessuno». La neve, ripeto, non è prevista. Le pale da neve sradicano i dossi rallentatori, il centro commerciale fuori città è aperto ma il parcheggio è semivuoto, la cultura dell’auto è ibernata, i tergicristallo tirati su sembrano zampette di mosche stecchite. Sull’A1 la polstrada fa uscirei Tir e li vedi fermi a decine, spiaggiati come balene, gli autisti danesi imprecano come portuali. Un pannello luminoso invita a consultare un qualche www, ma poi? La tecnologia ha un limite, non puoi mica spalare la neve via Internet. Non è un terremoto questa nevicata grande ma non tremenda, non è uno tsunami, ma è devastante perché ci mette di fronte, senza le protezioni taumaturgiche della tecnologia, al nostro rapporto col tempo, non solo quello meteorologico, quello dell’orologio. «Sono i giorni della merla» alza le spalle una barista vicino a Modena, ha l’età per ricordare cosa significa: i più freddi dell’inverno. Tempo smemorato, che non sa più che esistono le stagioni, e che d’inverno fa freddo e magari nevica. 4 COSI’ FAN TUTTI? A l mattino guardati allo specchio e dì: “ Questo sono io, mi piaccio. Complimenti! Non voglio proprio cambiarmi con nessuno!” Se ti comporti così, sei saggio due volte. Primo, perché se ti accetti senza complessi sei sempre simpatico. Secondo, perch é solo chi ama se stesso, può essere in pace con gli altri. D N O N ecidi di nascere. Se non vivi ora, quando incominci? Non badare agli altri che magari decidono di darsi alla forchetta o al ballo. Tu decidi di avere solo sapore di te, non di “Così fan tutti”. on rassegnarti mai. Ti possono lanciare pietre, puoi urtare contro le pietre, ma se tieni duro con tutte quelle pietre puoi fare le fondamenta della tua casa. dia il fermacart e, l’immobilismo. Solo di due cose sarai sempre ricco: del tuo impegno e delle tue preghiere. on farti sconti. Non lasciare fiorire la muffa sotto i piedi: sfidati almeno una volta al giorno. Insomma un po’ di grinta, un po’ di coraggio! Non sei più il bimbo che succhia i biberon offerto dalla mamma. S N R S P tacca la spina e beviti, di tanto in tanto un po’ di cielo. Che senso ha passare tutta la vita nei “canali” della televisione? Stare dalla parte della natura non è un optional: è stupore e meraviglia, è arrivare al buon Dio creatore. on accontentarti di essere un barattolo di egoismo soddisfatto. Avere l’auto non è tutto. Non di solo benzina vive l’uomo! ompi la solitudine, strappati da te stesso e mettiti in un gruppo che tiri. Se molti sognano insieme, è l’inizio di qualcosa di nuovo. frutta le tue monete. Sai bene che anche a te il Signore ha affidato monete d’oro da spendere: sono le tue doti, le tue capacità, la tua età … Non fare l’avaro per paura degli altri, per invidia o per pigrizia. Buttati in buoni affari! rega così: “ Dammi oggi il mio silenzio quotidiano!”. U n silenzio magari breve, ma costante. Garantito: la tua anima diventerà vasta come l’aurora al mare! (Giuseppe Pellegrino) Qualche regola per vivere la vita P rendi in mano il timone della tua vita e scegli la rotta. Hai soltanto questa possibilità, quaggiù: non copiarla da altri. A vivere si impara vivendo. Lo scopo della vita è di essere felici, non di arrivare primi. Non confrontarti con gli altri: ognuno è diverso e ha un suo valore. E ricorda che per salire bisogna faticare scalino dopo scalino. Qualunque sia il problema, pensa che puoi farcela. Guard a il buono che c’è intorno a te, e non smettere di meravigliarti. Se non sei luminoso come il Sole, non per questo sei un nuvolose nero. Sei uno strumentista in una grande orchestra. Ci sono partiture meravigliose per ogni strumento. Impara a suonare bene la tua vita. Nella melodia della storia, il tuo pezzo è appena iniziato. Puoi controllare te stesso e quindi sei responsabile. Le tue decisioni, le tue emozioni, la tua realtà interiore, dipendono da te. Non dare colpa ad altri: tu puoi distinguere il bene dal male. Vivere è sempre correre qualch e rischio. Non avere paura di sbagliare, né dell’ignoto. Gli errori contengono una lezione per il futuro. E non rifugiarti nelle abitudini: ti bloccheranno. Momenti di depressione e smarrimento, voglia di lasciare perd ere, ansia e preo ccupazioni non mancano in nessuna vita. Non lasciarti mai schiacciare: c’è sempre un’altra occasione. Sii onesto, gentile, rispettoso, tollerante. Ribellati contro l’ingiustizia, la stupidità, la cattiveria. Se i grandi “no” sono ardui, comincia da quelli piccoli. Impara ad amare. Anche se vedi intorno a te divorzi e separazioni, non credere che non sia possibile amarsi per sempre. Amare non è mai un gioco. Ma il cuore ha bisogno di allenamento. 5 AMARE CASTAMENTE E' POSSIBILE La testimonianza di una coppia di fidanzati che ha deciso di vivere controcorrent e il tempo della preparazione al matrimonio Gentile redazione, sono un ragazzo di 22 anni, studio all'Università di Palermo e, come tutti i giovani della mia età, mi destreggio tra mille impegni e tante speranze. Scrivo questa mia testimonianza spinto dall'amore, da quell'amore che noi uomini abbiamo reso complicato e vuoto di ogni signifi cato, da quell' amo re tradito per ris cattarlo. Il 18 dicembre del 2008 è una data molto importante per me, infatti quel giorno, dopo circa un mese che ci conos cev amo, in un modo molto semplice e privo di parole pronunciate con le labbra, ma ricco di speranze dettate dal cuore, io e la mia ragazza ci siamo fidanzati. Il modo in cui è iniziato il nostro amore credo che rispecchi molto bene la semplicità e la genuinità dell'amore vero, io e lei non ci siamo fatti mai chissà quali grandi discorsi, ma con poche parole, spesso solo con il modo di fare di entrambi, siamo cresciuti e il nostro rapporto si è sempre più completato e continua a completarsi di giorno in giorno. Il nostro rapporto è molto libero, stiamo quasi sempre insieme, studiamo insieme, ci divertiamo insieme. Amiamo moltissimo stare da soli in intimità e questo credo abbi a reso molto più profondo il nostro rapporto e la nostra donazione recip roca. La donazione che ci siamo fatti l'un l'altro, che rinnoviamo ogni giorno, ci ha portato ad essere una coppia molto unita e ci ha fatto acco rgere, quasi senza parlarne, di condividere progetti di vita e valori sublimi: tra questi la castità. Noi non avevamo mai discusso se avere o no dei rapporti sessuali prematrimoniali, non ne avevamo mai parlato, eppure fin dal primo giorno percepivo la purezza e l'infinita bellezza del nostro amore che non avrei osato mai macchiare rubando qualcosa che ancora non mi appartiene. Strada facendo ci siamo acco rti di condividere questo desid erio, di voler sublimare il nostro amore fino al dono supremo di noi stessi nell'anima e anche nel corpo, senza bruciare le tappe ma vivendo il nostro cammino di fidanzati come opportunità. Opportunità di sperimentare il rispetto e la fedeltà recip roca, fed eltà ch e si esercita maggiormente nella castità, vista come conservazione del nostro corpo in vista di una donazione definitiva. Opportunità di diventare fo rti, di non lasciarci rend ere s chiavi dagli istinti ma di guidare questi nostri istinti con la ragione e di indirizzarli verso il completamento del nostro rapporto. La nostra scelta di non avere rapporti sessuali da fidanzati non è nata né dalla paura, ch e molti giovani purtroppo hanno, del fatto che la mia ragazza potesse rimanere incinta, né da un a imposizione esterna, né tanto meno dall'assopimento dei nostri sensi, i quali restano in modo straordinario vivi e pulsanti, ma tale scelta nasce dalla consapevol ezza della grandezza del nostro amore: dalla convinzione ferma che avere un rapporto sessuale significa fond ersi in modo totale e definitivo, e ciò presuppone un'unione di anime che [...] soltanto il matrimonio potrà darci. La nostra castità dunque è frutto del nostro amore. I nostri tre anni di cammino di coppia mi hanno insegnato che non sarei stato capace di donarmi alla mia ragazza in maniera così totale se non avessimo vissuto la castità; se infatti avessimo avuto rapporti sessuali, specialmente p er me ch e da uomo sono più proiettato verso una dimensione "epidermica" del rapporto, la mente e il cuore sarebb ero stati annebbiati dal godimento fisico momentaneo e ciò mi avrebbe impedito di assaporare il piacere della donazione quotidiana alla mia amata nelle piccole scelte della vita che sempre comport ano qualche sacrifi cio: sarebbe una finzione se a tali sacrifi ci si accomp agnasse la "ricompensa" del sesso, non sarebbe più una scelta d'amore ma sarebb e solo una meschina scelta utilitaristica; per di più credo che senza la nostra castità il nostro rapporto sarebb e rimasto molto superficiale, le nostre anime non avrebbero potuto mai raggiungere quel grado di intimità spirituale che hanno. Quando le nostre anime saranno sigillate insieme dal sacramento allora sarà anch e massima la predisposizione dei nostri corpi ad unirsi e donarsi, allora sarà veramente un'unione vera, autentica, pura, voluta, amata, eterna. Certamente da uomo non nascondo che vivere la castità non è una scelta facile: i sensi sono sempre attivi e vivi e, più il cammino va avanti, più cresce il nostro amore e più sento che il mio corpo è sempre più proiettato verso l'unione fisica con la mia amata; tuttavia continuare ad essere casti per me non è mai un "resistere". Resistere s arebb e una costri zione, una cosa artificiale, invece la nostra castità non è una costrizione, è un cammino di amore recipro co, ragione per cui non abbiamo "paura" del cont atto, di stare insieme da soli di sera in macchina, di viaggiare insieme, di scambiarci i nostri teneri abb racci, non abbiamo paura di amarci fino in fondo: siamo infatti consapevoli della grandezza dell'Amore e questo ci dà la motivazione necessaria a non macchiarlo. Anche perché siamo fermamente convinti che la sostanza d el nostro amore non sta nel rapporto fisico, e la scelta di camminare verso il matrimonio non nasce dall'esigenza di voler consumare il nostro rapporto al più presto, ma dalla volontà di donarci l'un l'altra ogni nostro istante, ogni nostro giorno, di vivere insieme la nostra quotidianità dirigendoci mano nella mano verso il Cielo, che vogliamo già anticipare sulla terrà costruendo una famiglia in cui regni l'Amore. Mirko Se tutti lavorassero per il proprio pane e niente più, ci sarebbe abbastanza cibo e tempo libero per tutti... i nostri bisogni si ridurrebbero al minimo, il nostro cibo si semplificherebbe. Allora mangeremmo per vivere, anziché vivere per mangiare. M. Ghnadi 6 CLAMOROSO: E' INVERNO E FA FREDDO Giornali e televisioni riversano una serie di luoghi comuni, contraddittori fra di loro, e frasi di buon senso piazzate a caso senza un senso logico, figurarsi il valore scientifico Estate:"sempre eccezionale". Inverno:"sempre eccezionale . Non vi preoccupate, non state leggendo le previsioni climatiche per fine secolo, si tratta di due voci del "Dizionario dei luoghi comuni" di Gustave Flaubert (1784-1880), un'enciclopedia del "pensiero banale" redatta con ironia pungente osservando la realtà del XIX secolo. Leggendo i quotidiani e seguendo i servizi televisivi di questi anni la situazione non sembra cambiata di molto: fa notizia il caldo ad agosto e l'arrivo del freddo in inverno, di volta in volta l'esperto di turno ci spiega che siamo davanti ad un evento eccezionale che però si è già verificato 5,10,30 o 100 anni fa. Nonostante che i fenomeni meteorologici "locali" non possano dirci nulla su cosa sta accadendo a livello globale, ci stanno abituando che essi, come le favole di una volta, hanno una morale per insegnarci che ormai l'uomo ha stravolto il clima globale e sta distruggendo Gaia. Anche l'arrivo dei venti gelidi da oriente e le relative nevicate di questi giorni, per di più in coincidenza con i tradizionali "giorni della merla", non sono una novità. Eppure anche stalvolta più di qualcuno ci racconta che siamo di fronte all'arrivo di un eccezionale raffreddamento dovuto ad un eccezionale riscaldamento globale (una mistificazione analoga ad affermare che tale evento da solo dimostra scientificamente l'inesistenza del "global warming"). Dante Alighieri nel XXX canto del Purgatorio (verso 85), ad esempio, quando descrive come il suo cuore sembra congelarsi alle parole di Beatrice, rappresenta benissimo l'effetto dei venti orientali: "Sì come neve tra le vive travi/ per lo dosso d'Italia si congela,/ soffiata e stretta da li venti schiavi, / poi, liquefatta, in sé stessa trapela,/ pur che la terra che perde ombra spiri, / sì che par foco fonder la candela;". Proprio come fa la neve sugli alberi (vive travi) dell'Appennino (lo dosso d'Italia) quando spirano i venti gelidi dalle terre slave (venti schiavi), quando la Bora o Burian o il Grecale scendono dalle lande congelate dell'Europa orientale. La neve soffiata e stretta si cristallizza sui rami degli alberi, sui faggi, sulle querce, sugli olmi dell'Appennino, proprio come ora il suo cuore. Finché il mite Scirocco, il vento che spira dall'Africa (la terra che perde ombra, dove cioè le ombre spariscono perché il Sole è vicino allo zenit), soffiando la fonde facendola gocciolare dai rami sul terreno (in sé stessa trapela), come fa il fuoco che fonde la candela. Se Dante, senza satelliti e computer, conosceva così bene l'effetto meteorologico dei venti da Est, si era sicuri che a fine gennaio il loro arrivo non si sarebbe mai potuto dirsi inatteso, viene in mente la domanda: "Se non ora, quando?". Le certezze però sono presto cadute, e gli interventi degli esperti in questi giorni ne sono una testimonianza imbarazzante. Un caso poi è addirittura da scuola: un articolo sull'imminente arrivo del freddo da est inizia con il sopratitolo sorprendente e cerchiobottista "I conti col freddo: un po' inatteso e un po' scontato". Ma che vorrà dire? Inatteso o scontato? Si tratta dell'intervento del meteorologo Francesco Laurenzi, pubblicato dal quotidiano Avvenire l'1 febbraio, dal titolo "Vortici polari e venti di buriana. Stavolta è veramente inverno". Del meteorologo col farfallino della RAI abbiamo già scritto in passato, ma ora andiamo a leggere con attenzione alcune affermazioni del noto meteorologo. Ecco la prima fras e, "Con meraviglia riscopriamo che alla fine di gennaio e all'inizio di febbraio può fare freddo e può anche nevicare. È strano, ma non troppo. È strano il nostro comportamento sempre pronto a meravigliarsi per una bella giornata di sole o per una candida nevicata. Il tempo è mutevole e nessuna meraviglia se a un tratto riscopriamo l'inverno dopo aver vissuto una stagione avara di piogge con le cime delle montagne tutt'altro che imbiancate. Rileggo la conclusione: "Prepariamoci, con saggezza e senza eccessivi timori. Come da secoli l'uomo sa fare quando arriva l'inverno, quello vero" ."Come da secoli l'uomo sa fare ", ma non era Laurenzi stesso che poche righe sopra aveva scritto:" Tutto normale? Direi di no. Siamo decisamente fuori dalle medie"? Insomma, una serie di luoghi comuni, contraddittori fra di loro, e frasi di buon senso che sembrano piazzate a caso senza un senso logico, figurarsi il valore scientifico. Si direbbe che lo scopo dell'autore fosse più che altro trovare un compromesso, accontentare tutti. Anche se su un giornale cattolico ci si aspetterebbe ch e si seguisse l'indicazione: "Il vostro parlare sia - sì, sì; no, no". Ed in alcuni casi, per la fisica d ell'atmosfera, aggiungerei anche "non so". L'assistenza non ha valore a meno che non venga prodigata con piacere, quando si esercità per dare nell'occhio o per paura dell'opinione pubblica, è gravosa e avvilente. L'aiuto dispensato senza gioia non benefica né il datore né il ricevente; invece scompaiono gli altri piaceri e le altre passioni se paragonati alla gioia che procura il prendersi lietamente cura del proprio prossimo. 7 Gesù nel matrimonio, vino della festa Il Vescovo ai fidanzati: “Fate del vostro tempo un itinerario di fede” della gioia comunitaria. Al termine della celebrazion e don Angelo Orlandini, disponendo la rimozione delle sei anfore, dirà: “Ora togliamo l’acqua e vi diamo il vino. La pastorale familiare… fa miracoli”. Una battuta in versione twitter o sms, però rivelatrice di un impegno, quello di accompagnare le nuove coppie, che la Chiesa sta cercando di non fermare al giorno dei fiori d’arancio. Ne è prova anche il sussidio Giovani sposi… non da soli, che il Vescovo consegna agli animatori della pastorale del matrimonio mentre si canta Popoli tutti acclamate. E non è ancora tutto. La prima parte dell’incontro, che si svolge nella navata centrale del Duomo, è una celebrazion e artistica della bellezza dell’amore sponsale. ndrea e Valentina leggono t esti poetici, da Bob Dylan a Giovanni Paolo II, intervallati dalle danze prep arate dall’associ azio ne Balliamo sul mondo. Sono 17 ballerini scalzi, quattro uomini e tredici donne, che utilizzano la danza popolare come strumento di conoscenza e veicolo di una cultura di pace. In Cattedrale, nelle loro leggere vesti blu e bianche, propongono dei passi della tradizione ebraica caratteristici degli sposalizi. Nell’ultimo cerchio che si forma i ballerini coinvolgono anche alcuni dei presenti; fa un certo effetto vedere alternarsi, sul pavimento, piedi nudi e… doposci. In un clima di accoglienza e di armonia, un serpentone di person e che si tengono per mano scende a tempo di musica nella chiesa sotterranea per la liturgia della Parola. Così anche il pensiero si trasferisce a C an a, l uo g o geog rafico e spir ituale in cui Cristo realizza le at t es e degli innam o rati , rend end o l i part eciIncontri fidanzati col Vescovo. Daniela e Nicola coppia guida di pi del S. Anselmo riceve il mandato dal Vescovo Adriano s u o S ì, è vero, il “fidanzamento” è cambiato molto, da quando vanno di moda le convivenze. E anche i “fidanzati” di oggi forse hanno un aspetto meno sognante, qualche anno in più quando arrivano al “sì” ed un senso d’apparten enza alla comunità cristiana diverso rispetto ai tempi in cui sposarsi in chiesa era la strada maestra dell’amore di coppia. Ma a fortiori, visti i morsi della recessione economica e l’aria di crisi che soffi a s u tanti matrimoni anche “collaudati”, il segreto sta nella volontà d’invitare alle nozze Gesù e di camminare insieme negli alti e bassi che s’incontreranno. Questo proposito viene manifestato con esemplare chiarezza da una sessantina di coppie che la sera del 13 febb raio, in un lunedì sera sottozero, partecipano alla veglia nella vigilia di San Valentino in Cattedrale. Ad attenderli, innanzitutto, il Vangelo-guida dello sposalizio di Cana (Gv 2, 1-11). Sono quindi presenti il Vescovo Adriano, lo staff dell’Ufficio diocesano di Pastorale familiare, un buon numero di sposi e parroci che curano in tandem i corsi di preparazione al sacramento nuziale. E tanti segni eloquenti. a rosa che le donne ricevono entrando in Duomo è l’omaggio al patrono degli innamorati. Poi ci sono le giare posizionate al centro della cripta, da cui i futuri sposi prenderanno l’acqu a per farsi reciprocamente il segno della croce in fronte. Simpatica anche l’idea della bottiglietta di lambrusco che si riceverà uscendo, prima di intrattenersi con intrigoni e cioccolat a fumante nei locali della mensa del Povero, in Vescov ado: è richiamo all’episodio evangelico e simbolo A L 8 Amore e trasformando l’acqua dell’abitudinarietà o della tiepidezza nel vino pregiato e abbondante donato agli sposi. All’omelia monsignor Adriano Caprioli appare paternamente incoraggiante. Riprende più volte il discorso che Benedetto XVI ha rivolto proprio ai fidanzati in piazza del Plebiscito ad Ancona l’11 settembre 2011, durante il Congresso Eucaristico Nazional e. In particolare, il Vescovo torna alle domande che due nubendi, Massimiliano e Fabiana, posero in quell’occasione a papa Ratzinger. a prima questione riguarda la fiducia nella Provvidenza. Come conserv arla, in un tempo che precarizza lavoro e relazioni, allungando spesso indefinitamente i tempi della scelta di sposarsi? È vero, commenta il pastore diocesano, “quando ci si sposa emerge anche l’aspetto faticoso ed incerto del volersi bene” e sembra a volte venir meno il vino della festa. Ma in quei frangenti, come a Cana di Galilea, “entra in gioco un’altra coppia”, quella formata da Maria e Gesù, che aiuta a rispondere ad un secondo interrog ativo importante per chi si sposa in chiesa, cioè quale testimonianza dare e ricevere all’interno della comunità. Si entra qui nella dimensione sociale ed eccl esiale del matrimonio. E il Vescovo presenta un parallelo col brano evangelico. Maria a Cana, dopo aver osservato “Non hanno vino”, fa superare al Figlio l’iniziale turbamento (“Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”) indicando ai servitori “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. In questo modo la Beata Vergine aiuta Gesù a “nascere una seconda volta”, inaugurando la sua vita pubblica, e al tempo stesso regala un insegnamento prezioso, colto dal Papa e fatto suo dal Vescovo Adriano nelle esortazioni finali. “Fate tesoro di queste parole, le ultime di Maria riportate nei Vangeli, quasi un suo testamento spirituale, e avrete sempre la gioia della festa: Gesù è il vino della festa!”. E ancora, rivolto in modo speciale ai fidan zati: “Abbiate co raggio, anche nelle difficoltà. Fate del tempo che state vivendo un itinerario di fede”. L Edoardo Tincani Quel Cantico d’amore Per San Valentino, un libro tutto da riscoprire I l Cantico dei cantici – dicev a S. Agostino – costituisce uno dei più enigmatici libri del Vecchio Testamento. Vi si celebra l’amore sensuale in forma poetica ma esplicita. Così esplicita da creare imbarazzo a studiosi ebrei cristiani che hanno preferito darn e una lettura simbolica: per essi, il “Cantico” evocherebbe, con le espressioni di un amore umano, l’amore di Jahvè per Israele o di Cristo per la Chiesa. Non mancano interpretazioni più azzardat e, che rischiano di diventare a loro volta fonte d’imbarazzo. Più logico è vedere nel “Cantico” il riconoscimento del carattere sacro dell’amore coniugale. Il “Cantico”, prima di giustificare l’amore col matrimonio, giustifica il matrimonio con l’amore. E, respingendo moralismi e ipocrisie, proclama che l’amore è desiderio della persona amata. Proviamo ad approfondire. Il Cantico dei cantici è un dialogo in cui si alternano le voci di una donna e di un uomo, ma predomina la voce della donna (intervengono però an che altre voci). La condizion e della donna è quella di una rag azza molto giovane, controllata dai familiari, che desidera incontrare l’amato, ma deve farlo di nascosto e affront are v arie diffi coltà. Vari pas si inducono a questa interpretazion e: i fratelli le danno incarichi che ella non ha rispettato (1,6), si preoccupano per la su a fragilità e giovinezza (8,8). La ragazza (ch e si chiama Sulamita) reagisce con orgoglio rivendicando la sua femminilità: “i miei seni sono torri” proclama (8,10), ma, nello stesso tempo, entra in un paradosso: “Oh, tu fossi mio fratello!” dice all’amato. “Incontrandoti per via ti bacerei/ né alcuno riderebbe di me!” (8,1). Sembra la condizione femminile in una società molto repressiva. Tuttavia ciò non impedisce alla ragazza di proclamare la sua appartenen za all’amato e il suo compiacimento per questa appartenen za: “Io sono del mio diletto e la sua brama è rivolta a me” (7,11). Fino a quando il grido amoroso diventa trionfante consapevo lezza “perché potente com e la morte è l’amo re” (8,6). I l mondo greco ignora una simile passionalità. Eros, il Desiderio, di cui parla Platone nel Simposio, non è legato ad una persona, semplicemente perch é ne ignora l’esistenza. Eros desidera corpi o ani me, ma ignora la persona, la sua unicità e il suo valore assoluto, e perciò i suoi “oggetti amorosi” sono intercambiabili, tappe di una vertiginosa scalata verso una bellezza tras cen dente. Nean che Aristotele, nelle sue varie “Etich e”, ha intravisto una passione “potente come la morte” fra le forme della affettività umana. Il mondo ebraico conosce la passione perch é conosce la persona. L’uomo e la donna sono immagini di Dio, ogni uomo e ogni donna è un’immagine di Dio, irripetibile, e pertanto il suo valore è assoluto e un’intera vita non basta ad esplorarne il mistero. La coppia, inoltre, e non il singolo, acquista il potere di dare la vita – il che ne fa un’ulteriore immagine di Dio. I l mondo ebraico ci mostra varie figure femminili, da Eva a Sara, da Rebecca a Rachel e – ma nessuna è simile, per tenerezza e co raggio, alla rag azza del “Cantico”. Forse solo Ester o Rut sono paragonabili alla Sulamita. Ma Ester e Rut sono legate alla storia di Israele, mentre la Sulamita libera il canto del suo amore al di sopra della storia. La Sulamita è una Eva “che canta”. Canta le gioie e i dolori dell’amore. Canta soprattutto l’attesa dell’am ato, che è insieme gioia e dolore. Il suo canto fa rifiorire il giardino dell’Eden. 9 EDUCARE I FIGLI? I GENITORI OSCILLANO TRA IL DISINTERESSE E UN AMORE SOFFOCANTE E MORBOSO I genitori di oggi non hanno né la voglia né il coraggio di imporre nessuna regola e così i figli diventano insicuri e insoddisfatti sera fa guard avo la televisione. Seduta. Sul divano. Insieme a Qualche mio marito. Già tali affermazioni racchiudono divers e notizie notevoli, e infatti credo che ci siano stati diversi lanci di agenzia su questo. L'evento ha del sensazionale, da breaking news della Cnn come minimo, se contate, poi, che non dormivo. E così durante un filmetto western (indovinate chi teneva il telecomando) mi sono imbattuta in una grafica inquietante, con un rullo a scorrimento: "Avete un figlio tra i due e i dieci anni e siete ancora vivi? Telefon ate allo 02…" Lì per lì ho pensato che fosse un'indagine sugli orfani (ho detto che ero sveglia, mica che sono intelligente). Poi ho capito – dopo una cigolante messa in moto dei neuroni – che era una battuta. Camila Raznovich stava cercando ospiti da invitare al suo programma sui genitori. L'ironia veniva dal fatto, se ho capito bene, che essere genitori sarebb e un'impresa devastante, e che sopravvivervi non è affatto scontato. Me lo confermano diverse interviste rilasciat e da Camila, e la lettura sommaria che ho dato al suo libro, M'ammazza, in cui lei racconta come la sua vita sia stata sconvolta dall'arrivo della figlia Viola, che sembra a tratti l'unico essere umano al di sotto dei dieci chili mai comparso sulla faccia della terra (insomma, tanti particolari erano proprio così necessari? Andavano immortalati in un volume? E' davvero necessario sconvolgersi così tanto?). Mi dispiace, sarà che i miei bambini non sono più bebè, e ho già dato, ma io di questi blog, libri, siti, community che ironizzano e gigioneggiano e ricamano su quanto sia faticoso tirare su i figli non ne posso più. E trovo i figli degli altri noiosissimi (quello che gli altri pensano dei miei, chiaramente). Cioè, ci si può scherzare per qualch e paginetta, sì, ma non è che se ne può fare arg omento sempiterno di conversazione. Non è che essere genitori sia così devastante, così totalizzante, così impegnativo. Certo, è chiaro, nei primi mesi il bambino ha molto bisogno della presenza materna, (e neanche così tanto, sennò come farebbero le eroi che mamme che ne hanno avuti cinque, sei, sette, dieci?) ma comunque non è qualcosa che ti uccide, non se non sei tu a permetterlo, né una donna può essere mai totalmente definita dalla maternità. Confesso che non ho mai visto il programma di Camila, su la 7. Sarei anche curiosa, ma è alle 5 e qualcosa. Del pomeriggio, che se fosse mattina avrei qualche speranza (è l'ora in cui spengo il computer e vado a letto). Apriamo una parentesi: come cavolo si fa a mettere un programma per mamme, o comunque genitori, a quell'ora? A quell'ora se si ha la fortuna di non lavorare più, si sta con i bambini. Come cavolo si fa a guardare la televisione? Spero tra l'altro, non sono fatti miei ma non posso fare a meno di preoccuparm ene, che la trasmissione sia registrata, altrimenti la conduttrice sarebbe costretta a lasciare sua figlia proprio nel momento in cui se è possibile di solito si sta a casa, tra merende, compiti, amici (o attività, per i più grandi). Io alle mie colleghe mamme promosse alle conduzioni dei tg del tardo pomeriggio o della sera faccio sempre le condoglianze, e loro mi guardano strano. Comunque, sempre fermo restando che la trasmissione in questione non l'ho vista, vorrei provare un po' a ragionare su questo modo di essere genitori che vediamo dilagare in Italia, legato credo in modo perverso al fatto che di bambini qui da noi se ne fanno meno che in tutti, proprio tutti gli altri paesi del mondo, fatto salvo il Giappone. Legato anche all'emergen za educativa ch e abbiamo tutti sotto gli occhi. I miei figli sono davvero normalissimi, ma a differenza di molti altri reagiscono agli stimoli esterni (vedo ragazzini ai quali le cose vengono ripetute quindici volte senza ottenere una minima risposta); sanno che se il padre dice una cosa non si discute (con la mamma ci si prova sempre); non andrebbero mai a scuola senza avere fatto tutti i compiti (pare una rarità). Il minimo sindacale, secondo me. Poi hanno talenti, qualità, settori in cui eccellono, altri in cui fanno un po' pena. Normali insomma. Ma il problema che affligge i ragazzini di oggi è che non ascoltano. Non rispettano le regole. Le discutono anche all'asilo. E' che i genitori non hanno né la voglia né il coraggio di imporre loro nessuna frustrazione. La voglia perché mettere regole è faticoso, in un primo momento. Richiede un ragionamento lucido, e uno sforzo nel momento iniziale (poi un bambino "regolato" sarà molto meno faticoso, ma ci vuole un investimento). Il coraggio perché per decidere quando e quali e quanti no dire bisogna avere un'idea della vita, da che parte si va e perché e per dove. Un'idea di vita basata sulla sensazione, sull'emozione, sull'opinione, difficilmente partorirà regole ch e non siano il capriccio o la disponibilità del momento (sono stanca, allora dico sì ai videogiochi così me ne sto a quattro di spade sul letto). E così si oscilla tra un amore soffocante e morboso, e il disinteresse. Senza mai responsabilizzare, chiedere ai ragazzi di caricarsi qualcosa sulle spalle. Non a caso, secondo me, la Ratznovich deve la sua notorietà a programmi sul sesso, nei quali per anni ha promosso ed esaltato in tutti i modi un'idea della sessualità vissuta nella massima libertà e autodeterminazione, senza limiti che non fossero autoimposti. Etero, omo, bi, trans (e tutte quelle altre etichette che mi confondo sempre, perché per me c'è solo maschio o femmina): ognuno fa come vuole. Questo il modo di pensare più diffuso, vincente, prevalente, dominante, e non è mica solo colpa della conduttrice, che tra l'altro mi è anche simpatica (e da bambina ha anche subito vicende dolorose) con cui me la sono presa oggi. Sarà che ho sonno e come i bambini faccio i capricci. Purtroppo non ho più otto anni, sennò avrei qualcuno che mi manderebbe a dormire con la forza. Era comodo essere bambini con dei grandi che sapevano ben e da che parte and are (sbagliavano anch e strada, prend evano delle belle tramvate, ma almeno con ferma decisione e indiscutibile autorevolezza). 10 Tanti auguri a … Vorremmo fa re tan auguri ai ragazzi della nos tra pa rrocchia che nel mese di Marzo compiranno gli anni Agcaoili Francesco 19-mar Akram Farwa 01-mar Akram Sayma 05-mar Arapi Rajmonda 24-mar Artioli Tommaso 08-mar Atzei Simon 05-mar Baah Wendy Manu 14-mar Bahadorighoch ani Dariush 10-mar Barbieri Valentina 31-mar Barilli Matteo 19-mar Becchi Letizia 02-mar Beltrao Faco Pedro 13-mar Bernardi Leonardo 27-mar Bertani Mia 21-mar Berti Federico 15-mar Bonini Giulia 03-mar Borello Stefania 05-mar Bozza Mattia 10-mar Braglia Davide 11-mar Braglia Martina 10-mar Bregu Mikael 29-mar Bronzino Assia 13-mar Buscema Alessandro 13-mar Camurri Nicolo' 11-mar Canevari Filippo 10-mar Cantiello Francesco 01-mar Carretti Giovanni 12-mar Casali Leonardo 30-mar Casamassima Francesco 27-mar Caselli Benedetta 10-mar Catellani Edoardo 21-mar Cavazzoni Chiara 20-mar Cepelli Davide 16-mar Cesaraccio Rossella 11-mar Chen Jie 04-mar Chiesi Francesco 13-mar Colli Simone 18-mar Contini Valentina 07-mar Coppola Jacopo 26-mar Corcella Savino 14-mar Corradini Riccardo 31-mar Cottafavi Chiara 09-mar Cristofanelli Tommaso 26-mar Curti Giulia 30-mar D'Andrea Giad a 17-mar De Biase Marco 24-mar Delle Vergini Antonio 07-mar Delmonte Eva Libera 11-mar D'Errico Mattia 20-mar Di Martino Fabrizio 19-mar Esposito Gianluca 28-mar Falso Vincenzo 29-mar Ferrari Chiara 19-mar Ferrari Federi co 06-mar Ferreira Arthur 26-mar Ferri Ilaria 18-mar Foderaro Simona 22-mar Gabor Adina Laura 24-mar Gallo Alessandro 04-mar Ghidorzi Silvia 24-mar Giangolini Andrea 09-mar Giansoldati Eleonora 06-mar Gibertoni Gabriele 08-mar Grigoras Lored ana 20-mar Grisendi Veronica 01-mar Grisenti Alessia 09-mar Grossi Anna 04-mar Guerra Stefano 15-mar Guidetti Sofia 18-mar Guion Christian 09-mar Iacu zio Braian 14-mar Iacu zio Nevin 26-mar Ibatici Gabriele 31-mar Irali Federico 09-mar Ji Kai Lun Linda 01-mar Lazzarini Alice 21-mar Mandia Teres a 01-mar Manghi Melissa 03-mar Mangi Julia 24-mar Mantegazza Matteo 30-mar Mariani Pietro 08-mar Martinenko Davide 15-mar Mazzu cch elli Nicole 23-mar Menozzi Loren zo 26-mar Miari Isabella 15-mar Minzera Simone 15-mar Miraka Oliverta 16-mar Mocerino Biagio 26-mar Mohamed Adel Gharib Abdellatif Mohamed Heba 12-mar Morelli Matteo 25-mar Mussini Giulia 25-mar Mussini Ilaria 24-mar Obeng Osei Kwame 14-mar Paglia Valentina 16-mar Pala Elisa 13-mar Palihawadan a Manuli Bimansha 31-mar Palladini Alessio 29-mar Paolini Elisa 04-mar Paparcon e Luca 05-mar Paterlini Greta 12-mar Patti Gabriele 26-mar Pederzini Samuele 04-mar Pellegrini Aurora 31-mar Pelli Sebastian 27-mar Pomata Valentina 29-mar Ponti David 24-mar Pratizzoli Alice 10-mar 11 Procaccianti Michela Rabitti Alice Rabitti Daniela Ramelli Giulia Reni Alessandro Rinaldi Letizia Rinaldi Nicolas Ristani Tolin Rivara Valentina Rossi Jacopo Ruggiero Francesco Santoro Michele Savona Giuseppe Sharova Viktoriya Simonazzi Sebastiano Sitera Josef Soliani Marinella Spadazzi Leon ardo Tamelli Giorgio Libero Troka Ensi Valentini Daniele Viani Lara Xie Peiyan Yeboah Williams Attah Zambelli Francesco Zanelli Mary Elizabeth 19-mar 15-mar 18-mar 10-mar 04-mar 29-mar 19-mar 19-mar 29-mar 30-mar 15-mar 25-mar 10-mar 20-mar 05-mar 15-mar 14-mar 03-mar 19-mar 04-mar 24-mar 20-mar 10-mar 20-mar 30-mar 26-mar L ’a ng o l o d el i l c a nt a st o r i e LA STORIA DELLE MASCHERE Forse sono esistite da sempre. Le portavano gli uomini delle caverne quando si dedicavano ai loro strani riti magici. Ci sono due tipi di maschere: quelle facciali che nas condono il volto e quelle a elmo che nascondono completamente la testa. C’e’ stato un momento in cui la maschera la portavano tutti. La maschera nel 1800 la si usava nei balli e nei festeggiamenti di carnevale. Cinquecento anni fa gli attori della commedia dell’ arte crearono le masch ere personaggio, dal servo sciocco e dall’ intrigante nacquero maschere come Arlecchino e Brighella. In teatro mantennero a lungo questa caratteristica, finche’ il declino della Commedia dell’ Arte li allontanò pian piano dai palcoscenici per limitare la loro presenza nei teatri dei burattini e nelle sfilate di carneval e. P U L CI NE L L A Figura buffa e goffa; un gran naso, mascherina nera, gobba, cappello a punta, camiciotto e pantaloni bianchi. E’ una delle maschere italiane più popolari. Probabilmente originaria di Napoli: anche il suo nome sembra ch e derivi dal napol etano “polen e” (pulce). E’ una figura essen zialmente popolare. Impertinent e, pazzerello, chiacchierone, è la personificazione del dolce far nient e. Le sue più grandi aspirazioni sono il mangiare e il bere. Pur essendo spesso fatto oggetto di pesanti bastonate, egli riesce simpatico anche ai potenti che prende in giro e inganna con amabile fu rbizia. Pulcinella è una maschera di Napoli, forse il suo nome proviene da “Pulcinello”, cioè “pi ccolo pulcino”. Pulcinella porta il capp ello a pan di zucchero, una mas chera nera con il naso adunco, cioè grosso e curvo; poi indossa un camiciotto e i calzoni molto larghi e bianchi. Porta con sé un mandolino, sa cantare dolcemente. Le sue scarp e sono nere e lunghe con dei calzini rosa scu ro. Ha l’abitudine di ubriacarsi e di mangiare in abbondanza; e’ un bastonatore, cioè picchia con il suo bastone. E’ anche buono, ma egoista, ovvero pensa solo per sé A R L E C CHI NO Il nome deriverebbe d al fran ces e antico Hellequin, diavolo buffo delle leggend e medievali. Nel XVI s ecolo Arlecchino divenne l a maschera piu’ popolare d el Teatro d ell’Arte italiano; all’abito multicolore aggiunse una maschera nera sul viso, un cappello bianco, una borsa di cuoio legata alla cintura e una spatola di legno (batocio). Agli inizi personificava il servo lazzarone e tru ffaldino, mezzano e cinico. In seguito, soprattutto con Carlo Goldoni, si trasformo’ nel popolano malizioso ma in fondo onesto e s ensato. Compagna di Arlecchino e’ Colombina CO LOMBI NA L’unica masch era femminile ad imporsi in mezzo a tanti personaggi maschili e’ Colombina o Smeraldina, briosa e furba serv etta. E’ vivace, graziosa, bugiarda e parla veneziano. E’ molto affezionata alla sua signora, altrettan to giovane e graziosa, Rosaura, e pur di renderla felice e’ disposta a combinare imbrogli su imbrogli. Con i padroni vecchi e brontoloni va poco d’ accordo e schi affeggia senza miserico rdia chi osa importunarla man candol e di rispetto. Abitualmente non porta la maschera e indossa una cuffia e un vestito a strisce bianche e blu che spiccano sulla gonna blu e sulle cal ze ross e. Ha il grembiule a balze e sul lato e’ arricchito da un fiocco ros a. Sulla fibbia delle scarpe c’e’ un fiocchetto azzurro. E’ allegra e sapiente, civetta e furba, maliziosa e pungente, spensierata, chiacchierina. Prende in giro le persone che le stanno vicino ed e’ portata a farsi beffe di loro. D O T T O R B AL A NZ O NE Il Dottor Balanzone e’ un costume tipico di Bologna; è una maschera che rappres enta un personaggio pedante e brontolone; spesso parla tanto e non conclude nient e, ma è anche dotto e sapient e. In testa ha un cappello nero a larghe falde; indossa una toga lunga e n era, il panciotto e i pantaloni neri. Ha un merletto bianco sui polsi e, sul collo, un bel colletto di pizzo. Porta le calze bi anche e delle s carp e nere con t anto di tacco. Ha i b affetti all’insù. Molto spesso tiene un libro sotto il braccio che complet a la sua immagine. Procede impert errito nei suoi discorsi senza spavent arsi delle colossali baggianate che dice P ANTALONE E’ una maschera veneziana; veste sempre molto semplicemente: ai piedi porta le pantofole; ha un camicione e una calzamaglia rossi con un colletto bianco e sopra indossa un mantello nero. Porta una maschera in faccia e una cinta alla vita. In testa ha una cuffi a aderente ch e sembra un tutt’uno con la masch era. Pantalone ha un carattere particolare: e’ nervoso e “rompiscatole” perche’ e’ il vecchio brontolone e testardo. Lui spende poco, e’ attaccato al suo denaro. Qualch e volta la gente lo lascia p erdere perch e’ si lamenta sempre. Impersona un vecchio mercante v enezi ano avaro e brontolone. Ebbe in un primo tempo il nome di Magnifico, e assunse poi quello di Pantalone de’ Bisognosi. 12 Da Sanremo una penosa performance coi soldi dei telespettatori POVERO ADRIANO, POVERA RAI T ristezza e indignazione. Questi sono i sentimenti più forti, dopo lo sproloquio di Celentano a San Remo nella serata del 14 febbraio. Più per la Rai che per il Molleggiato. Già, la Rai. Che spende 700mila euro per la performance di un artista che si crede il Padreterno e pretende un’ora di spettacolo tutta per sé, nella serata di più alta audience nell’intero anno, in cui poter dire e fare quel che gli pare, senza conco rdare preventivament e i contenuti dei suoi “sermoni” e senza interruzioni pubblicitarie. Roba che neanche il presidente della Repubblica a San Silvestro. Uno scandalo pagato con soldi pubblici, quelli del canone, mai come in questo caso davvero mal spesi. “A me come cantante è piaciuto; quanto al resto, è vero che è andato un po’ fuori dalle righe, ma l’uomo di spettacolo non si discute”: così Mauro Mazza direttore di Rai 1, consumando chili di unghie sugli specchi. Ecco, il discorso riguarda la Rai, più che Celentano. Il quale si è avventurato su questioni più grandi di lui col piglio del “sotutto-io-e-adesso -vi-insegno”. Ma anche questo si sapeva. Non era la p rima volta, proprio in Rai. Il Profeta vi aveva già “cant ato” i suoi improperi. Lasciando poi ai direttori la briga di raccogliere i cocci. E stavolta? Addosso alla Chiesa, ai suoi sacerdoti e ai suoi giornali (Avvenire e Famiglia Cristiana), colpevoli - a suo dire - di parlare di tutto fuorché di Dio e della vita eterna. Tanto che i due giornali andrebbero chiusi. E addosso alla Consulta e ai suoi giudici, colpevoli di aver tradito il popolo sovrano e di aver cestinato un milione di firme per i referendum sulla legge elettorale. E addosso all’alta velocità, e a Merkel e Sarkozy, che pretendono di vendere armi alla Greci a in cambio degli aiuti... Come a dire che qualcosa di buono gli è anche uscito, in un’ora fuori controllo. Come un orologio rotto che due volte al giorno dice l’ora giusta, commenta Michele Brambilla su La Stampa. Per il resto, ha fatto il predicatore “vecchio e p atetico”, è la stoccata di Francesco Merlo su Repubblica. Che la Rai l’abbia fatta grossa se n’è acco rta anch e Lorenza Lei, direttore generale, tanto da commissariare San Remo per le successive serate inviando un vicedirettore con pieni poteri. Ma non ce li aveva lei, la Lei, i pieni poteri? Quanto ai due giornali cattolici, le reazioni sono state ferme e seren e quanto basta. “Tutto questo”, ha risposto Marco Tarquinio di Avvenire, “perché abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata, si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo e farle funzion are per un anno intero”. Ai lettori, comunque, assicura che “continueremo a parlare e far parlare di Dio, degli uomini, e delle donne di questo mondo. Soprattutto di quelli che in tv non ci vanno mai, neanche gratis”. “Sono sorpreso da un attacco ch e non ha senso”, commenta a sua volta don Antonio Sciortino dal settimanale dei Paolini; “evidentemente Celentano non conosce Famiglia Cristiana!”; a meno che “non abbia voluto rispondere alle critich e mosse da Famiglia Cristiana e Avvenire sul suo compenso in un momento in cui il Paese è alle pres e con problemi economici. Trovo che sia scorretto che si usi il mezzo pubblico per consumare qualche piccola vendetta”. Di “vuoto di conoscenza di ciò che le testate cattoliche professionalmente sono e vuoto di conoscenza del servizio che esse svolgono per la crescita umana, culturale e spirituale della società tutta” parla il Sir, l’agenzia della Cei. “Un vuoto voluto, e quindi ancor più triste”, continua, “perché a tutti è possibile conoscere e comprendere il ruolo laico dei media cattolici nel nostro Paese. È dunque più l’amarezza che il disappunto a prendere il sopravvento... Ma il giorno dopo c’è, forse, da attendersi che a p arole insensat e, cioè impensate, seguano parole pens ate e di scusa. Anche senza microfono ”. “Per fortuna i giornali non dipendono da Sanremo e ancor meno da Celentano, le cui battute senza senso fanno rid ere chi può godersi Sanremo ma non cambiano un Paese che ha bisogno oggi più di ieri di giornali di idee e di identità come Avvenire e Famiglia Cristiana”, dice Fran co Siddi, il segretario della Fnsi (Federazione Nazionale Stampa Italiana). “Questa volta”, conclude, “neanch e per p aradossi si riesce a dare un senso a quello che un grande artista come Celentano dopo tanta attesa dice. Ha perso il senso che in altri tempi sapeva invece recup erare. Per fortuna le bussole sono altre”. Volendo trovare una consolazione, si può dire che “grazie” al decad ente show di Celentano le testate cattoliche hanno ricevuto un’indiretta pubblicità. Le espressioni di sostegno sono fioccat e numerose e il ruolo degli organi d’informazione d’ispirazione cristiana (inclusi i settimanali cattolici) è uscito raffo rzato dal mesto siparietto sanremes e. Quanto al resto, ci sarebbe ancora da dire delle ripetute e inutili volgarità di Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, i due comici (ma non c’era tanto da ridere) d elle Iene riciclati dall’anno scorso. E dello stesso Adriano con le molle. E di Rocco gufo Papaleo, ineffabile maggiordomo di sua “immensità”... Ma basta così. E che i lettori abbiano pietà di questo nostro sproloquio. (red) 13 Ciao amici di S. Anselmo! Mi chiamo Monica Prati, sono una vostra parrocchian a, anche se il lavoro mi ha spinto Oltralpe; sono figlia di Osvaldo e Anna Prati e, quando ho occasione di tornare in Italia, è un piacere immenso incontrare tanti amici e volti amici! Io e mio marito Henning, vorremmo condividere con voi un progetto che, insieme ad un paio di amici, abbiamo cominciato e intendiamo portare a compimento durante il 2012. Era la fine del 2010 quando abbiamo fondato una organizzazione chiamata Schools for Children of the world (SCW), con sede in Germania, dove allora abitavamo. Lo scopo che ci siamo preposti è quello di provvedere a migliorare l’istruzione in alcuni paesi del “terzo mondo” che si trovano in difficoltà a farlo da soli, aiutandoli a costruire gli edifici scolastici. Dopo il disbrigo delle pratiche burocratich e è stata la volta per noi di apprendere da chi aveva giàa intrapreso questo cammino partendo da un’altra parte del mondo: l’America. Il nostro amico Bill ha costruito ad oggi 75 scuole in Honduras e da un anno sta lavorando ad un altro progetto ad Haiti. Potete consultare il sito dell’associazione USA (http:// www.schoolsforchildren.org) Il primo progetto che ci si è presentato era per una comunità in Liberia. Come prima reazione tutti abbiamo detto che non ce la sentivamo, la Liberia, giusto fuori dalla Guerra civile, un paese con nessuna connessione, nessun legame affettivo per noi etc..; e comunque, lì in necessità e che chiedeva aiuto. La Liberia sembrav a essere quello che Dio aveva in serbo per noi…ma noi chiaramente non eravamo sulla stessa lunghezza d’onda… E allora in cerca di alternative, Henning, mio marito, si èmesso in contatto con un suo collega e amico, anche lui impegnato in progetti caritatevoli, e la risposta, a sorpresa era che il suo ultimo progetto era in Liberia e intendeva impegnarsi per quel paese così in difficoltà… e due… Nostro figlio, qui a Budapest, ha cominciato a giocare a cal cio, uno degli allenatori della società di colore, allora ho deciso di sentire se per caso lui conosceva, o aveva in mente un’idea che avess e più senso dalla Liberia…prima domanda, da dove vieni… e lui: Liberia…e tre.. E noi – ok, Liberia sia! Ci siamo da allora impegnati nel costruire il progetto di base, capire quali fossero veramente le necessità della comunità che chiedev a aiuto, era una scuola, un asilo, cosa? Le nostre line guida sono: Coinvolgimento della comunità locale Costruzione con supporto della comunità locale Impegno da parte di comunità enti culturali locali di mantenere e fornire personal e per la scuola Così la decisione di fare un viaggio nella comunità, parlare con il ministro dell’educazion e per capire I bisogni ed ottenere l’impegno per i docenti. Henning e Bill sono così partiti per Monrovia a Settembre, un viaggio di 10 giorni per vedere e capire la direzione da prendere, se c’era l’intenzione di lavorare in una certa maniera et c.. Henning, non e 'mai stato colpito cosi 'tanto dall’intenzionalità del gruppo di giovani che ha incontrato, ragazzi, uomini, direi di 26 anni che stanno compiendo il curriculum di terza media. La Guerra civile ha tolto a molti per 14 anni la possibilità di imparare a leggere e a scrivere – ad oggi I giovani adulti, eta’ fra I 16 e 28 anni sono per lo più analfabeti. E questa è la necessità che ci approntiamo a servire costru endo un centro educativo per la comunità. http://www.schoolsforchildren.org/?cat=62 Il centro servirà come punto di incontro, offrirà classi per adulti, per leggere, scrivere, due stanze per asilo e una sala comune per lo sviluppo della musica e arte, questo principalmente per servire da catalizzatore nella comunità. Contiamo di cominciare I lavori a Marzo e di finire la gran parte della costruzione prima delle piogge che hanno il picco intorno ad Agosto. Avremo un coordinatore del progetto locale, che é stato identificato durante il viaggio di Henning a Bill e sarà seguito dal comitato locale. Noi continueremo ad essere coinvolti nel seguire I lavori, programmiamo di avere un altro viaggio verso la fine dell’anno. Al momento, stiamo raccogliendo fondi per il progetto di cui sopra, ma stiamo anche raccogliendo tempo, di persone che ci vogliono aiutare; se non ve la sentite una preghiera per far si che riusciamo a raccogliere abbast anza fondi e abbast anza aiuto e’gia tanto! Se siete interessati a donare, di sotto gli estremi bancari, se invece avete voglia di fare quella goccia nel mare e fare la differenza nella vita di qualcuno, vi prego, senza esitazione di contattarmi! La mia e-mail è [email protected] La nostra organizzazion e ha l’impegno assoluto di devolvere ogni donazione 100% al progetto. Abbiamo, come tutte le organizzazioni piccoli costi, che però sono coperti interamente dalle famiglie fondatrici (noi e I nostri amici). Grazi e per l’attenzion e e un saluto da Budapest. Monica 14 GIANNA JESSEN, LA RAGAZZA SOPRAVVISSUTA ALL'ABORTO M i chiamo Gianna Jessen, ho 23 anni, sono stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica era incinta di sette mesi quando andò da Planned Parenthood nella California del sud e le consigliarono di effettuare un aborto salino tardivo. Un aborto salino consiste nell'iniezione di una soluzione di sale nell'utero della madre. Il bambino inghiottisce la soluzione, che brucia il bambino dentro e fuori, e poi la madre partorisce un b ambino morto entro 24 ore. Questo è capitato a me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18 ore e sono stata partorita VIVA il 6 aprile 1977 alle 6 del mattino in una clinica per aborti della California. C'erano giovani donne nella stanza che avevano appen a ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire bambini morti. Quando mi videro, provarono l'orrore dell'omicidio. Un'infermiera chiamò un'ambulanza e mi fece trasferire all'ospedale. Fortunatamente p er me il medico abortista non era alla clinica. Ero arrivat a in anticipo, non si aspettavano la mia morte fino alle 9 del mattino, quando sarebb e probabilmente arrivato per il turno d'ufficio. Qualcuno ha detto che sono un "aborto mal riuscito", il risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e Signori, dovrei essere cieca, bruciata... dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo! Rimasi all'ospedale per circa tre mesi. Non c'era molta speranza per me all'inizio. Pesavo solo nove etti. Un medico una volta mi disse che avevo una gran voglia di vivere e che lottavo per la mia vita. Alla fine potei lasciare l'ospedale ed essere data in adozione. Per via di una mancanza di ossigeno durante l'aborto vivo con la paralisi cereb rale. Quando mi fu diagnosticata, tutto quello che potevo fare era stare sdraiata. Dissero alla mia madre adottiva che difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare. Non riuscivo a tirarmi su e mettermi a sedere da sola. Attraverso le preghiere e l'impegno della mia madre adottiva, e poi di tanta altra gente, alla fine ho imparato a sedere, a gattonare e stare in piedi. Camminavo con un girello e un apparecchio ortopedico alle gambe poco prima di compiere quattro anni. Fui adottata legalmente dalla figlia della mia madre adottiva, pochi mesi dopo che cominciai a camminare. A volte cado, ma ho imparato a cadere con grazia dopo essere caduta per 19 anni. Sono così grata per la mia paralisi cerebrale. Mi permette di dipendere verament e solo da Gesù per ogni cosa. Sono felice di essere viva. Sono quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati ad un bambino nell'utero. Non penso che nessuna persona concepita sia una di quelle cose. Ho incontrato altri sopravvissuti all'aborto. Sono tutti grati per la vita. Solo alcuni mesi fa ho incontrato un'altra sopravvissuta all'aborto. Si chiama Sarah. Ha due anni. Anche Sarah ha la paralisi cerebral e, ma la sua diagnosi non è buona. È cieca ed ha delle gravi crisi . L'abortista, oltre ad iniettare nella madre la soluzione salina, la inietta anche nelle piccole vittime. A Sarah l'ha iniettata nella testa. Ho visto il punto della sua testa dove l'ha fatto. Quando parlo, non parlo solo per me stessa, ma per gli altri sopravvissuti, come Sarah, ed anche per quelli che non possono parlare... Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo. È un tessuto o qualcos'altro quando non è il momento giusto. Un bambino è un bambino quando c'è un aborto spontaneo a due, tre, quattro mesi. Un bambino è chiamato tessuto o massa di cellule quando l'aborto volontario avviene a due, tre, quattro mesi. Perché? Non vedo differen za. Che cosa vedete? Molti 15 chiudono gli occhi... La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia vita. È stata un grande dono. Uccidere non è la risposta a nessuna domanda o situazione. Fatemi vedere come possa essere la risposta. C'è una frase incisa negli alti soffitti di uno degli edifici del parlamento del nostro stato [la California]. La frase dice: "Ciò che è moralmente sbagliato, non è corretto politicamente". L'aborto è moralmente sbagliato. Il nostro paese sta spargendo il sangue degli innocenti. L'America sta uccidendo il suo futuro. Tutta la vita ha valore. Tutta la vita è un dono del nostro Creatore. Dobbiamo ricevere e cons ervare i doni che ci sono dati. Dobbiamo onorare il diritto alla vita. Quando le libertà di un gruppo di cittadini indifesi sono violate, come per i nascituri, i neonati, i disabili e i cosiddetti "imperfetti", capiamo che le nostre libertà come NAZIONE e Individui sono in grande pericolo. Learn ed Hand, un giurista americano rispettato (del nostro secolo) disse: "Lo spirito della libertà è lo spirito che non è troppo sicuro di essere giusto; lo spirito della libertà è lo spirito che cerca di capire le opinioni degli altri uomini e donne; lo spirito della libertà è lo spirito che pesa i loro interessi insieme ai propri, senza pregiudizi; lo spirito della libertà ci ricorda che nean che un passero cad e a terra inosservato; lo spirito della libertà è lo spirito di Colui che, circa 2000 anni fa, ha insegnato all'umanità la lezione che non ha mai imparato, ma non ha mai dimenticato; che c'è un regno dove gli ultimi saranno ascoltati e considerati accanto ai più grandi." Il Salmo 52,2-4 dice: "Lo stolto pensa: «Dio non esiste». Sono corrotti, fanno cose abominevoli, nessuno fa il bene. Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio che cerca Dio. Tutti hanno traviato, tutti sono corrotti; nessuno fa il bene; neppure uno." Adolf Hitler una volta disse: "L'abilità ricettiva delle grandi masse è solo molto limitata, la loro comprensione è piccola; d'altro lato la loro smemoratezza è grande. Essendo così, tutta la propaganda efficace dev e essere limitata a pochissimi punti che a loro volta dovrebbero essere usati come slogan finché l'ultimo uomo sia capace di immaginare che cosa significhino tali parole". Gli slogan di oggi sono: "Il diritto di una donna di scegliere", "Libertà di scelta", eccetera. C'era una volta un uomo che parlava dall'inferno (n e parla il capitolo 16 di Luca) che disse: "Sono tormentato da questa fiamma". L'inferno è reale. Così lo è Satana, e lo stesso odio che cro cifisse Gesù 2000 anni fa, ancora si trova nei cuori dei peccatori oggi. Perché pensat e che questa intera aula tremi quando menziono il nome di Gesù Cristo? È così perché Egli è REALE! Egli può dare grazia per il pentimento e perdono a voi ed all'America. Noi siamo sotto il giudizio di Dio – ma possiamo essere salvati attraverso Cristo. Dice la Lettera ai Romani: 5,8-10: "Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perch é, mentre erav amo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo NEMICI, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita." La morte non ha prevalso su di me... ed io sono così grata!!! Giovani per la vita Scoraggiati. Depressi. E così, poco per volta, portati a pensare che non ci sia nulla per cui lottare, nulla per cui sperare, e forse addirittura nulla in cui credere. Risultato, i giovani d’oggi hanno paura. Arretrano. E finiscono per rifiutare la vita, in tutte le sue dimensioni: dall’impegno quotidiano per la scuola o per chi è in difficoltà, alla partecipazione in famiglia e in società fino alla costruzione di progetti per il futuro. Ma quali potrebbero essere gli input da dare, ai giovani, per ricominciare a credere nel domani e a lottare, ogni giorno, per costruirlo? Il pedagogista Ezio Aceti ne ha cinque. 1- Volare in alto. Gli adolescenti devono crederci: volare in alto si può. «E non mi riferisco – spega subito Aceti – a quei sogni irraggiungibili che sfociano nella megalomania e che spesso appartengono ai nostri ragazzi. Quando dico a un giovane che deve volare alto voglio assecondare il suo modo di ragionare per assoluti, e in astratto, sulle cose reali. Se vola alto, arriverà a realizzare quel progetto. E se non lo realizzerà del tutto, ne uscirà comunque migliorato, fiducioso nelle proprie capacità». È questa la prima sfida e il primo dovere di ogni genitore, educatore, politico. 2- Ricominciare sempre. «Vale di più chi sbaglia mille volte, e si rialza, di chi è perfetto e la prima volta che cade non è capace di rimettersi in piedi». Per Ezio Aceti il motto di ogni giovane dovrebbe essere questo. Perché la vita è anche errore. Senza giovani consci delle proprie debolezze, segnati dal sacrificio e persino dalla sofferenza, eppure capaci di continuare a sperare e costruire, non c’è cultura della vita. 3- Coerenza. È fare quello che si dice. «E fare, dire quello che si pensa, quello che viene da dentro, quello che ci contraddistingue», spiega Aceti. I giovani “aperti” alla vita «non hanno un volto per la loro vita pubblica e uno per la vita privata, come troppo spesso viene loro insegnato e fatto passare dagli adulti». La vita non si sdoppia, non si finge. Mai. 4- Amore. L’amore si educa ed è sempre possibile. E apre alla vita, che porta i giovani ad accoglierla, a difenderla. Il ritratto di egoismo e individualismo della nostra società offerto dai media li porta a credere che l’amore sia estinto, superato. «E questo quando i nostri ragazzi sono un concentrato di energie ed emozioni pronte ad esplodere in amore, che poi significa amore verso se stessi (e quindi autostima, coraggio) e amore verso gli altri». 5- Cuore. «Il cuore è il luogo dove capitano le cose più importanti, la riserva da cui attingere forza, il libro su cui sono iscritti i cromosomi che ci rendono quello che siamo – continua Aceti -. Va detto, e ripetuto, ai giovani che devono avere cuore, che devono guardarsi dentro se vogliono diventare buoni adulti. Mi spingo oltre, a volte, e spiego loro che il cuore è anche il posto dove parla Dio. Perché Dio è una cosa concreta, che deve entrare a far parte della loro vita nei fatti, nelle cose». Anche la vita oggetto di speculazione Il bond sulla morte, ritratto della finanza La notizia è che una banca, la tedesca Deutsche Bank, si è messa a vendere prodotti finanziari per scommettere sulla morte delle persone. Non è uno scherzo. Il fondo si chiama «Db Kompass Life 3» e la sua attività è molto semplice: offre certificati che permettono di guadagnare sui decessi anticipati di 500 cittadini americani dai 72 agli 85 anni. Il campione di vecchietti, ovviamente, si è offerto volontario e ha messo a disposizione degli "investitori" tutte le cartelle cliniche necessarie a valutare i profili di rischio. Considerati i tempi di crisi, per i capitali in cerca di rendimenti può essere un buon affare anche in un’ottica – come direbbero gli esperti della materia – di diversificazione degli investimenti. Se infatti il prodotto "sottostante", cioè la vita dell’anziano in questione, durasse non più di un anno oltre la data di morte prevista, allora si potrebbe ottenere un rendimento del 6%. Al di sotto di questa soglia l’investitore perderebbe la metà della scommessa. L’aspetto inquietante della vicenda, come si può intuire, più che nella riduzione della vita umana a un calcolo probabilistico – in fondo le polizze vita ci sono sempre state – è nel sovvertimento di un ordine morale, nell’idea purtroppo molto attuale che l’economia e la finanza vengano prima della dignità e della vita delle persone, e non il contrario. Non si tratta più di un’assicurazione per proteggere i familiari dal rischio di una scomparsa prematura, ma di una allucinante scommessa finanziaria sul "default" di un essere umano. Che poi questo sia d’accordo o meno, cambia poco. E non sorprende che a protestare sia stata per prima proprio l’associazione delle banche tedesche, inorridita dalla facilità con cui sia stato oltrepassato un confine morale considerato invalicabile. Fino a poco fa la banca, come altre istituzioni finanziarie, aveva giocato con l’esistenza delle persone attraverso prodotti che si "limitavano" – si fa per dire – ad acquistare polizze vita di individui non più in grado di pagare i premi, passando a riscuotere in caso di decesso. Un affare, pare, da 700 milioni di euro. Ma il "bond morte", come è stato ribattezzato l’ultimo azzardo del mercato, supera ogni immaginazione. A ben vedere però rivela un modus operandi in linea con quanto avviene da tempo, tutti i giorni, sui mercati internazionali. I "creativi" della banca hanno semplicemente portato in un certificato la cultura economica e finanziaria della quale sono imbevuti, appresa sui banchi delle migliori università internazionali. L’idea, cioè, che lo strumento finanziario non debba servire a sostenere e migliorare l’economia reale – in questo caso la vita dei vecchietti o dei loro eredi – ma, cambiando la propria finalità, diventi un modo per realizzare il maggior profitto possibile speculando sulla vita delle persone, ridotte a oggetti, beni, merce di scambio. Quello che i nonni in questione forse non sanno è la capacità che a certi livelli ha ormai la finanza di condizionare l’economia reale, fino a trasformare le aspettative in esiti. Non è affatto escluso, per spiegarci, che quando i contratti sulla morte anticipata di un pensionato diventeranno numerosi, allora probabilmente molti altri scommettitori penseranno valga la pena investire sui certificati di morte. E qualcuno troverà il modo di fondare nuove agenzie per la valutazione del rischio, come si fa con i rating sugli Stati, così da tenere il mercato sotto controllo. Al primo colpo di tosse dell’anziano, poi, anche i medici incominceranno a comprare i bond morte, sperando di guadagnare a loro volta. E a quel punto nuovi investitori penseranno che la persona sia veramente sul punto di passare a miglior vita, e così lo "spread" con il bond del vicino di casa crescerà ulteriormente, facendo aumentare l’attesa per un funerale. Quando alla fine tutti avranno da guadagnarci nel "fallimento" del nonno è abbastanza probabile che l’avidità trovi molti alleati e ottenga il suo atteso sacrificio. Se questa vi sembra una storia già sentita non state sbagliando. La finanza speculativa ha già da tempo oltrepassato "quel" confine, come la crisi sta drammaticamente mettendo in luce. La caduta dell’ultimo velo di ipocrisia per l’iniziativa della banca tedesca può solo aiutarci a prendere coscienza di quanto sia urgente ristabilire il giusto ordine dei valori anche in economia. Riportando gli strumenti al servizio della vita umana, e non il contrario. 16 Il valore della paghetta Sporchi, maledetti e sempre troppo pochi, i soldi, che si chiamino dollari, sterline, rubli, rupie, o per ora, euro, dominano la nostra esistenza quotidian a, secondi forse soltanto alla s alute, che spesso dipende - anch’essa - dal reddito. Eppure lamentazioni e liti a parte (i problemi del borsellino sono la prima causa di divorzio negli Stati Uniti) sono ancora un argomento un po’ tabù e spesso evitato al tavolo della famiglia. Quando chiedevo a mio Padre, con il quale si poteva parlare di tutto, quanto guadagnasse, la sua risposta era s empre: “Abbastan za per mantenere te e quei mangiapane a tradimento dei tuoi fratelli e sorelle” Un’analisi strutturalmente corretta, ma non molto istruttiva. Se ne parla e se ne discute, invece molto nelle famiglia americane. L’occasione migliore e più ovvia per affront are con i figli il tema che dominerà la loro vita di adulti è quando arriv a il temuto momento della “paghetta”. Quando è giusto dare, alla bambina ch e comincia a muoversi da sola nel mondo, al figlio che comincia a volersi comprare il gelato senza dipendere dalla benevol enza del nonno? E come devono comportarsi loro, i figlio, quando raggiungono l’età nella quale i quattrini cominciano ad avere un senso, proporzionato ai costi e alle spese? Nessuno, spiegano gli educatori in America e i molti consiglieri che affrontano l’argomento anche su pubblicazioni serie di finanza, ha un diritto naturale alla “paghetta” soltanto perché è figlio. Pagate le spese necessari e, tutto il resto è negoziabile. E in questa parola, “negoziare” sta la possibile soluzione del dilemma. Genitori e figlio devono imparare presto a trattare fra di loro . “Si insegna on fatica e pazien za ad andare in bicicletta”, osserva Jerry Lyn ch, finanziere di grand e nome, ”eppure pochissimi prendono il tempo di spiegare ai figli le regole elem entari della finanza, dare e av ere, entrate e uscite, interessi attivi e passivi.”. adri e madri devono affrontare la richiesta di aumento, che sicurament e verrà, in base alla legge universale secondo la quale “tutte le mie amiche hanno più soldi di me” cercano di far capire non esiste nel vuoto intergalattico, ma è, o dovrebbe essere, la funzione di quello che uno fa. Racconta un sito che colleziona le richieste più stravaganti dei figlio che un’incantevole adolescente chies e alla madre un ritocco alla paghetta “perch é tutti mi dite che sono adorabile” Se i aumento la paghetta, tu che cosa fai n cambio? Ti impegni a riassettare la cucina tutte le sere? A portar fuori il cane anche quando vengono giù secchiate di acqua o incombe un’afa micidiale? Caricherai la lavastoviglie? Se te ne dieci alla settimana (dieci sembra essere un numero magico e diffuso) qu anti di questi diesi metterai da parte? Aiuterai regol armente la so rellina a fare i compiti di matematica (richiest a crud ele, perché mette i fratelli maggiori nelle mani dei più piccoli, notoriamente carogn ette e vendicativi) Come tutti i negoziati anche questo ha due facce. Quando si va a bussare per un aumento, si deve essere prep arati. Imparare, fanciulli , a precedere la domand a con un’offerta preventiva: se mi date di più, io farò quanto segue. Magari non è vero, ma suona disarmante. Chiedete dieci per ottenere cinque, lasciando al genitore o a chi ne fa le veci l’ illusione di avere vinto il tira-e-molla. Evitate riferimenti alle comp agne e ai compagni che h anno di più, perché qualcuno ch e ne av rà più di voi ci sarà sempre, nella vita, e rosicare nel confronto garantisce infelicità. Prima comincia l’educazione all valore dei soldi, alla triste realtà del “nessuno ti regala niente” meglioè. Con televisione, internet, educazione scolastica, amici, giornali, non c’è più la temuta necessità di spiegare ai figlio “le cose della vita”. ma riPresentato il logo della Gmg 2013 mangono il mistero dei n grande cuore, che racchiude, stilizzati, a partire soldi e il problema della dalla zona sup eriore, in verd e, la Croce p ellegrina paghetta. e il “Pão de Açúcar”, il “Pan di Zucchero”, la famos a Ci sarebbe un’altra solucollina di Rio de Janeiro. Al centro, in giallo oro, il Cri- zione, drastica e definitisto Redentore, simbolo della città e, nella parte bassa, in va, come pare si stia adotblu, è riportato il litorale brasiliano. Simboli e colori tando con successo in brasiliani per il logo, presentato ieri sera, della Gmg di molte nazioni europee e Rio de Janeiro (23-28 luglio 2013) che ha p er tem a in Italia. Quella di lascia“Andate e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). re tutti senza soldi. Il che, Vista nel suo complesso l’immagine rappresen - automaticamente, abolita, infatti, Gesù che chiama i suoi e li invia ad annuncia- rebbe anch e il dramma re il Regno dei cieli. L’autore del logo si chiama Gusta- della paghetta. vo Huguenin, un grafico di 25 anni, nativo di Cantagalo, regione montagnosa d ello Stato di Rio de Janeiro, risultato vincitore tra 200 partecip anti. A premiarlo è stato dom Orani João Tempesta, vescovo di Rio e presidente del Comitato per la Gmg 2013, alla presenza di oltre 100 vescovi, autorità civili e politiche come il governatore dello Stato di Rio, Sérgio Cabral. In un’intervista al sito dell’arcidiocesi di Rio, Huguenin, che frequenta un gruppo di rinnovamento carismatico cattolico, ha affermato che il suo lavoro “è stato frutto di fed e e preghiera. Sono felice che questa immagine venga associata all’incontro di tanti giovani con Cristo e con il Papa nelle giornate di Rio”. P U 17 Foibe, il giorno del ricordo Con tante scuse Inizia la riscossa delle buone maniere Le buone maniere hanno ancora un senso? O sono piuttosto un vezzo un po’ snob? A chiederselo è Henry Alford, opinionista del New York Times che spiega come nacque il suo libro A Modern Guide to Manners e ne spiega il senso: “ Un giorno il mio fruttivendolo, mentre pesava un sacchetto di mele, ne fece cader una per terra, la raccolse e la rimise dentro senza scusarsi. Ero Così irritato che decisi di scusarmi io al posto suo. Così dissi: “Mi spiace”. Aggiungendo “ mi spiace, non volevo che lei facesse cadere la mia mela”. A quel punto lui arrossì e fissò lo sguardo su un punto lontano, come se stesse ricevendo istruzioni telepatiche dallo spazio profondo. Quel giorno diedi il via ad una vera e propria campagna di “scuse inverse”. Un battaglia al confine tra etichetta e surrealismo portata avanti con testardaggine. “Una volta - continua Alford - una giovane donna mi investì con il suo trolley. Dal mio imbarazzo e dlla sua straniante incapacità di accennare ad alcun gesto o parola di scusa scaturì, pressappoco, questo dialogo: “ Mi scusi tanto! Sa, oggi nessuno lo dice più così lo faccio io per gli altri. Perlomeno queste parole saranno state emanate nell’universo. E magari le può dare un’idea di cosa dire la prossima volta”. Lei rispose: “D’accordo ci penserò”. Dopo essersi divertito a sperimentare questo sistema per un paio di mesi, Alford si decise a scrivere una sorta di galateo moderno, prendendo atto dell’evoluzione tecnologica che ha trasformato i nostri comportamenti: “Oggi possiamo fare molte più cose di un tempo ma si sono moltiplicate le possibilità di commettere gaffe”. Qualche esempio? “Faceboo k ci incoraggia a sfoggiare la nostra popolarità davanti a tutti, ma magari sarebbe non pubblicare sulla nostra bacheca foto di feste alle quali i nostri amici non sono stati invitati, per non farli sentire esclusi” Meglio no n essere troppo social, insomma. E attenzione all’egocentrismo esibito: “Sono tanti quelli che usano facebook come se fosse un monologo: avvisano tutti i loro amici di ogni minima cosa che li riguardi, ma non rispondono mai alle notifiche sulle attività altrui. Preferiscono al limite, auto commentare i propri post. Personalmente trovo che la frase più malinconica delle contemporaneità sia: “Tizio ha commentato la sua foto”. La rete di per sé non ci rende più maleducati. Ci fornisce solo molte più occasioni per essere inopportuni. D’altro canto la si può usare anche per trasmettere messaggi negativi n modo indiretto ed elegante: ad esempio, come far capire a qualcuno che vogliamo tenerlo a distanza? Diluendo la densità della comunicazione se ci cerca al telefono possiamo rispondere con una email. Se ci scrive uan email, gli risponderemo con un messaggio via facebook e cos’ via. Fino al silenzio totale. Messaggio chiaro e senza scuse. Il presidente del Senato Schifani ha visitato la Foiba di Basovizza dove ha deposto una corona d'alloro in memoria degli infoibati. "Sono qui per ricordare le vittime delle Foibe e per dare un segnale di testimonianza alle nuove generazioni". Rivive il dramma delle Foibe BASOVIZZA (TRIESTE) - "Sono qui per ricordare le vittime delle Foibe e per dare un grande segnale di testimonianza alle nuove generazioni affinch é non cedano alle tentazioni della violenza e dell'odio". Nel Giorno del ricordo delle vittime delle foibe, il presidente del Senato Renato Schifani ha visitato la Foiba di Basovizza dove ha deposto una corona d'alloro in memoria degli infoibati, vittime dei partigiani comunisti di Tito. Ad accogliere Schifani a Basovizza il prefetto di Trieste, Alessandro Giacch etti, e le autorità locali. COSA SONO LE FOIBE. Le foibe sono pozzi naturali sul Carso dove i 'titini', alla fine della Seconda Guerra Mondiale gettarono migliaia di persone, alcune ancora vive con una pietra al collo o legate insieme con il fil di ferro. Si tratta di persone colpevoli di essere italiane o contrarie al regime di Tito. Sono circa duemila le salme finora riesumate ma molte cavita' sono irraggiungibili ed e' difficile un calcolo esatto degli ''infoibati''. Si pensa siano circa diecimila persone. Tra gli italiani vi erano persone legate al regime fascista ma soprattutto gente comune. FINI: "CONSERVARE MEMORIA DI UNA PAGINA TRAGICA". "E' mia convinzione che la capacità del nostro popolo di conservare la propria identità storica la si riconosca anche e soprattutto dal suo senso di unità, di fratellanza e di condivisione nella rievocazione delle pagine storiche più tristi e dolorose". Così Gianfranco Fini, presidente della Camera, inaugurando a Montecitorio una mostra fotografica in memoria delle vittime delle foibe, "un percorso nel ricordo struggente" realizzato da Piero Delbello, direttore dell'Istituto per la cultura istrianofiumano-dalmata. "UNA TRAGEDIA CHE E' STATA OGGETTO DI RIMOZIONE". Si tratta di "una tragedia vissuta dagli italiani delle terre ad riatiche oggetto di una voluta rimozione. Quella pagina di storia strappata è stata ricucita nella memoria nazionale dalla legge istitutiva della ricorrenza che oggi onoriamo. Ricordiamo in questo giorno di raccoglimento la necessità di sostenere sempre i valori dell'uomo e della dignità della persona oggi patrimonio comune e indiscusso dell'Italia e dell'Europa unita. Come ha ricordato il Capo dello Stato Giorgio Napolitano negli incontri con i presidenti di Croazia e Slovenia, la rievocazione di quella terribile esperienza collettiva deve essere oggi fattore di fratellanza e amici zia tra i popoli, affinché mai più accada che l'ideologismo, in tutti i suoi segni e le sue declinazioni, possa trascinare l'umanità nell'abominio del genocidio e della persecuzione razzi ale e religiosa". 18 19 20 21 22 23 I nuovi orfani Da qualche tempo i giornalisti aprono la posta con un moto d’angoscia. Finiti i tempi in cui i lettori si arrovellavano su destra e sinistra. Ora parlano di licenziamenti, debiti, rese esistenziali. Ieri mi ha scritto un uomo di 56 anni: aveva una moglie, un figlio, una piccola attività e un mutuo in banca. Poi l’azienda è fallita, la moglie lo ha lasciato portandosi via il ragazzino e la banca gli ha messo alle costole un’agenzi a di recupero crediti. Non sapendo dove andare, è tornato nel grembo di sua madre, che lo ha ripreso in casa con amore e sofferenza perché non è un figliol prodigo ma uno sconfitto della vita. Quando avevo l’assolutezza dei Un “decalogo” vent’anni ero un potenziale minidi perdono e di pace stro tecnico che teorizzava la meritocrazia e disprezzava i medioio è amore, gioia, verità, pace e cri, i pigri, i falliti. Mio padre mi ci vuole coinvolgere nella sua accus ava di infondere nelle utopie liberali lo stesso fanatismo che comunisti e fascisti mettevano nelle loro. Mi spiegava che stessa vita. Per questo dice: non farti idoli sulla terra; credi solo in me! il mondo non è abitato da supereroi, che la maggioranza degli Dio vuole intrattenersi con noi come uomini è fragile, poco competitiva ed esposta ai venti del decon amici. Per questo dice: non allontanere il tuo cuore da me, stino, e che una società è tale se riesce a garantire anch e a cocon parole cattive. storo un tenore di vita dignitoso. Lo Stato sociale ha rappreDio ci vuole riunire tutti attorno a sé. Per questo dice: dedica sentato la trasposizione pratica del discorso di mio padre. Ne ogni settimana un giorno tutto per me e voi insieme. abbiamo abusato con sprechi e ruberi e. Ma quell’obbrobrio di buon cuore ci ha tenuti insieme. Ora che Dio vuole farsi conoscere da noi come Padre. Per questo dice: si sta estinguendo sotto il peso del debito, milioni di persone si onora papà e mamma, capirai meglio come io ti sono Padre. scoprono sole con le loro debolezze, i loro errori difficilmente Dio, vita infinita, vuole farci capaci di gustare la vita eterna. Per questo dice: innamorati di ogni vita, anche piccola ed indirimontabili. Non saranno le sferzat e di qualche ministro a rifesa. scattarle, ma una politica economica che riparta da quel che Dio è amore generoso, fino al dono totale di sé. abbiamo perduto: l’umanità. Per questo dice: non guastare la tua capacità di amare, con piaceri egoistici. LA PAURA DELLA LUCE Dio è dono infinito e tutta la creazione è un regalo. ossiamo perdonare un bambino quando ha paura del Per questo dice: impara la gioia del donare, e non la tristezza buio. La vera trag edia della vita è qu ando un uomo ha della disonestà. paura della luce. È come un lampo di luce questa intuizione di Dio è limpidissima trasparen za, è fedeltà assoluta e perenne. Platone, il grande pensatore greco. Ed è proprio sulla luce ch e Per questo dice: non mentire, ma sappi godere dello splendore si gioca il contrasto che egli ci propone. Da un lato la tenebra, della Verità. grembo oscuro che giustamente il bambino teme e ch e invece Dio è bontà e gioia, e vuol metterci a parte di tutti i suoi beni. per molti adulti diventa il paesaggio in cui ci si rifugia. C'è, Per questo dice: non desiderare ciò che ti impedisce di amare infatti, anche esteriormente, un mondo della notte che si ani- alla grande. ma appena è calato il sole sulle nostre città. Lo rappresentav a Dio vuole farci felici, ammettendoci a vivere con lui per semgià il libro di Giobbe quasi in presa diretta: «Quando non c'è pre. Per questo dice: non farti abbagliare dal “fascino delle luce si alza l'omicida per assassinare il misero e il povero; ricchezze”, perch é ti rubano il cuore e ti allontanano da me. nella notte s'aggira il ladro. L'occhio dell'adultero attende il buio e pensa: Nessun occhio mi vedrà! E si cala sul viso una sciarpa. Nelle tenebre si forzano le case. Tutti costoro di giorno se ne stanno nascosti, non vogliono saperne della luce» (24, 14-16). Assassini, ladri, ruffiani, prostitute, adulteri, criminali vari sono il popolo Orario S. Messe della notte che teme la luce. Ma c'è un'altra paura della luce che non è né sociologica né Giorni feriali psicologica. Ed è il sottrarsi allo sfolgorare Ore 07:00 recita delle Lodella verità perché essa ti costringerebb e a di mutare mentalità e vita. Si preferisce chiudere Ore 18:30 S. Messa gli occhi, un po' come confessava Kafka nei confronti di Cristo: «Lui è un abisso di luce. Giorni festivi Bisogna chiudere gli occhi per non precipitar- Ore 09:00 S. Messa vi!». Ma lasciamo la parola proprio a Gesù Ore 11:00 S. Messa per siglare questa nostra rifl essione: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato Sabato più le tenebre che la luce- Chi fa il male odia CONFESSIONI: Ore 9/10.15 -11.15/12.30 – 15.30/18.30 la luce e non viene alla luce perché le sue op eOre 10:30 S. Messa a Villa Primula re non vengano riprovat e. Invece chi fa la veriS. Messa prefestiva tà viene verso la luce, perché appai a chiara- Ore 18:30 mente che le sue opere sono state fatte in Dio» (Giovanni 3,19-21). D P Avvisi della Parrocchia S. Anselmo 24