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• Sac. CARLO B E N E D E T T O MAESTRO - SEGRETARIO COMUNALE TAVAGNASCO SUA STORTA CIVILE E RELIGIOSA 889 - 1923 IVREA STAB. TIPO - LITOGRAFICO L. GARDA 881 - . M SÌ : - • < A I Il : CON M I E I APPETTO S C O L A R I DI MAESTRO OFFRO B DEDICO T a v a g n a s c o , 24 Giugno 1923. BENKDKTTO D o n CARLO. • A *. L PREFAZIONE -M li -i li 25 luglio 1914, il Consiglio Comunale, ad unanimità di voti, mi nominava suo Segretario, ed il giorno 31 stesso mese, il Commissario Prefettizio, cav. Antonio Malvasio, mi consegnava l'ufficio ed archivio alla presenza del Sindaco, sig. Girodo Angelin G. Battista. L'archivio era un po' disordinato, ma coadiuvato efficacemente, coli'opera intelligente, attiva e paziente del Sindaco, l'ordinamento fu in breve effettuato. Rilevai documenti preziosissimi e proposi studiarli per compilare queste memorie: Ma sopravenne la guerra, ed in ufficio si accumularono i lavori, e dovetti rimandare il mio scritto a guerra ultimata. Quanto in queste pagine scrissi lo raccolsi da documenti ed atti comunali, da consultazioni di biblioteche ed archivi pubblici. Fu un lavoro lungo, faticoso; prezioso sussidio mi tornarono non poche opere di storia locale canavesana, fornitemi dali :'l.mò e carissimo cav. u f f . Guido Accotto di Strambino ed i consigli del dotto e studioso canDomenico Gavino della Cattedrale d'Ivrea. Di questo rendo loro pubbliche grazie. Nello scrivere queste pagine cercai rievocare gli istituti cittadini e la vita carminale e religiosa dei secoli passati, serenamente, senza apprezzamenti soggettivisti. Credo aver raggiunto in parte il mio scopo. Il cav. u f f . Guido Accotto, affezionassimo alle cose nostre, volle graziosamente donarmi le belle fotografie che qua e colà adornano il libro, rendendolo più bello ed elegante. Gli mando sentite grazie, anche per l'affezione sempre dimostratami e per l'interessamento continuo di ogni cosa buona di Tavagnasco. Ho dedicato la storia ai miei scolari di oggi e di ieri e di quelli che avrò domani perchè lo studio delle grandezze cittadine, delle azioni di quei Consoli, custodi vigili e gelosi delle libertà comunali, li spinga a rinnovare e perpetuare in questa terra i loro esempi. Chiudo il mio studio con un ricordo ai valorosi nostri Caduti ijt guerra, ripubblicando quanto diedi alle stampe nella circostanza della loro glorificazione, quando, nel 1919, il Municipio inaugurò per il primo nel Canavese la Lapide agli Eroi. Tavagnasco, 24 giugno 1923. BENEDETTO D. Segretario CARLO CAPO I. TAVAGNASCO LA - ANTICHITÀ CASTELLATA ARDUINO DI ARCHEOLOGICHE SETTIMO VITTONE - D'IVREA. Tavagnasco. Tavagnasco f u sempre una t e r r a della Castellata di Settimo Vittone ; ma fin dai tempi più remoti in essa sorse la vita comunale, colle libertìi e franchigie. Non si può precisare l ' a n n o ed il secolo in cui siasi costituito il Comune, poiché la vita comunale è per le piccole t e r r e un fatto di vita sociale oscuro e misterioso. Non di r a d o essa nacque, si sviluppò e prosperò accanto alla Chiesa plebanale, che vicino o nel recinto stesso del Castello sorgeva. Da noi non fu così; la Parrocchia sorse, dopo duecento e più anni di vita comunale, c o n t r a s t a t a e non voluta dal Signore feudale e dal Pievano, a lui ligio e dipendente. Le memorie più antiche risalgono al 1200, e sono i documenti delle vecchie p e r g a m e n e , che TAVAGNASCO sanciscono i nostri statuti, le nostre libertà e fissano, collo scritto, le vetuste leggi ed antiche consuetudini buone, praticate per r e t t o governo della vita comunale della Villa di Tavagnasco. Si t r a t t a di consuetudini che, per antichità del tempo, non è più dato conoscere il nome dei notai che le scrissero e le registrarono, tramandando di generazione in generazione le prescrizioni. " Certos alios antiquos notarios pubblicos, sub certis temporibus, de quibus propter vetustatem propria nomina videri et legi possibile non est „. (Statuti Comunali 1291). Ma se gli statuti scritti, ancora superstiti, dopo seicento e più anni, risalgono al 25 febbraio 1291, dagli incisi in essi descritti, t r a t t a n d o di libertà e franchigie, osservate " de generatione in generatione continue usque iti diem presentivi, gradatim observatas „, si può concludere con certezza che il nostro Comune già esistesse nel secolo decimo. Tavagnasco doveva essere in quel tempo un povero manipolo di case, sparse qua e colà, a ridosso dell'alta rupe, su cui si innalza il Monte Gregorio, ed alle falde della scoscesa montagna, franata più volte nella vita millenaria di questa terra. Ma i suoi vecchi e forti abitanti avevano serbato in se la fierezza degli antichi salassi, sulle cui roccie serbavano le antiche t o m b e , scavate nel vivo sasso, le cui vestigia si perpetuano, ancor oggi, sulla rocca di Bardanzone. Essi, anche attra- 11 verso alla dominazione romana, serbarono questa fierezza, e ruinata questa potenza, che romanizzò e civilizzò il mondo antico, nell'oscuro periodo dell'invasione barbarica, serbarono viva la fiamma della indipendenza e della libertà. La vita comunale, ultimo residuo di vita romana, non tardò a svilupparsi; rimarrà sempre un'incognita insolubile la ricostruzione delle libertà comunali nostrane, ed a noi non sarà dato conoscere come i nostri padri le conquistarono. Antichità Archeologiche. Sulla rupe di Bardanzone, che severa si eleva oltre 200 metri a picco, a sera dell'abitato, in località denominata la Balma, scavate nella roccia viva, vi sono due tombe ancor ben conservate. È un piano roccioso, largo una cinquantina di m 3 , a cui si accede per una rozza scala diroccata, scavata nella roccia. Su questo piano, a metà della roccia di Bardanzone, vuole la tradizione che si elevasse un castello ; ma più che castello, doveva essere una torre di segnalazione, con ai piedi un modesto rifugio, in cui riparavano gli uomini di Tavagnasco nei momenti di pericolo delle invasioni o passaggio di truppe nemiche. 11 piano fu artificialmente allargato nella roccia stessa, perchè si notano sulla parete della rupe il taglio a colpi di scalpello. SETTIMO Le tombe, in numero di quattro, sono tagliate nel vivo sasso, e dalle due, in buon stato di conservazione, si nota incisa nel sasso il vuoto, ove adagiavasi la testa del defunto ^ Misurano m. 2,10 di lunghezza per m. 0,G2 di larghezza nella parte superiore, ove deponevasi la testa, e m. 0,65 ove componevansi le estremità inferiori. La profondità della tomba varia da m. 0,50 o m. 0,(50. Queste tombe furono visitate dal comm. avvocato Giovanni De Jordanis, incaricato della sovrintendenza dei monumenti del Circondario, e dal cav. uff. Guido Accotto, e pare risalgano esse all'epoca preromana. La località è comunale. Settimo Vittone. Settimo Vittone, la terra a cui Tavagnasco fu per secoli legata e dipendente, era così chiamato perchè posto " ad septimum lapidem ab Eporedia „ a sette miglia romane da Ivrea. Il suo nome ci indica la origine romana ed era come un luogo di rifornimento o sosta sulla strada romana che tendeva ad Aosta " VAugusta Prcetoria „, fondata in onore dell'Imperatore Augusto. A Settimo venne aggiunto il nome di Vittone - da un Guido o Guidonius o Vidonius, parente di Guido di Spoleto, re d'Italia. Questo Guidone, dei Marchesi d'Ivrea, vi aveva un castello, accanto al quale VITTONE IO sorse l'antica chiesa pievanale di S. Lorenzo, matrice di Tavagnasco fino al 1445. Questa antichissima chiesa, monumento nazionale, la tradizione la dice tempio pagano, consacrato al sole, almeno nella parte occupata dal tempietto, trasformato in battistero. In questa chiesa vuole la tradizione che sia stata sepolta la Beata Ansgarda, regina di Francia. Questa infelice sovrana, ripudiata dal proprio consorte Ludovico il Balbo, re di Francia, e figlio di Carlo il Calvo, si sarebbe ritirata nel castello di Settimo, presso i parenti, dopo il ripudio, passando la vita in preghiere ed opere elemosiniere. Ansgarda era figlia di un conte Arduino, ed erasi unita in matrimonio, in giovanile età, con Ludovico il Balbo, da cui ebbe due figli, Carlomanno e Ludovico ; ma il coniugio era inviso allo suocero Carlo il Calvo, e la fece ripudiare. Ludovico il Balbo sposò poi una Adelbeida. Chi fosse il Conte Arduino, padre di Ansgarda, non si sa, ma probabilmente era della famiglia degli Anscarii, Marchesi d'Ivrea. L'iscrizione posta sulla porta del tempio di S. Lorenzo dice: " Eie Beata Ansgarda, Gallice Regina, condita an. salutis DCCCLXXXIX „ (qui fu sepolta la Beata Ansgarda, regina di Francia, nell'anno della salute 889), ma non merita considerazione, essendo posta recentemente e solo in conseguenza della persistente tradizione e non di documenti autentici. 14 STOMA DI TAVAiìNASCO Quivi pure un Marchese d'Ivrea, Attone Anscario, addolorato per le sciagure toccate alla sua famiglia, con a t t o 1° ottobre 894, rogato Teoldo, fondava un ospedaletto, con chiesa dedicata a S. Leodigario, nella quale si fece tumulare, coll'iscrizione: u Atto Anscarius Marchio Eporedice „ Attone Anscario, Marchese d ' I v r e a . Con a t t o 30 ottobre I(i37, rogato Torrioni, il Conte S. Martino d'Agliè faceva trasportare le sue ossa nella chiesa del castello d'Agliè. La donazione di Anscario sussiste tuttora nella tenuta, annessa al fabbricato denominato l'Ospedaletto, di proprietà ora della Congregazione di Carità. Una iscrizione marmorea, posta sulla casa dell'Ospedaletto, perpetua la memoria delle beneficenze del pio Marchese : " Anscari dpporediensis Marchionis Pietas Pauperum et pellegrinorum extra Burgum Septimi Victoni erexit hospitium et dotavit illuni anno salutis DCCCLXXXXIIII „ (la pietà del Marchese d ' I v r e a Anscario verso i poveri ed i pellegrini eresse, fuori del borgo di Settimo Vittone-, un Ospizio e lo dotò. Anno 894). Nella chiesa di S. Leodigario, come vedremo più avanti, i fedeli di Tavagnasco venivano a compiere le loro funzioni funerarie, prima che avessero una chiesa propria. Settimo e le sue corti (per corti nei diplomi imperiali o papali si intendevano i cascinali, od i gruppi di case o frazioni dipendenti da un ca- SETT1MO VITTONE 15 stello) ebbero fino ab antico intimi rapporti coi marchesi d ' I v r e a . 11 pio Anscario, marchese d ' I v r e a , fu della parentela ed antenato di quel fiero guerriero che fu Ardoino. Forse anche S. Leodigario, vescovo d'Autun, in cui onore fu eretta la chiesetta annessa al l'Ospedaletto, opera benefica di Anscario, era della loro famiglia. Arduino d'Ivrea. Arduino, la fulgida gloria canavesana nel tenebroso medio evo, il rappresentante della riscossa Italica contro gli Ottoni di Germania, ossia il Germanesimo, larvato di Romanità, nella porpora imperiale, fioiy sul finir del secolo decimo, ed agli albori del secondo millennio cristiano e primo della capitale canavesana, Ivrea. La Marca d'Ivi-ea comprendeva t u t t o l'attuale territorio della diocesi d ' I v r e a , Vercelli, Novara e Vigevano e parte di Pavia, in una parola il Canavese, il Novarese e Vercellese, ed Arduino entrò nel governo della sua Marca nell'anno 990. Gli imperatori di Germania, per diminuire la potenza dei grandi feudatari, avevano concesse numerose carte di immunità ed esenzioni ai Vescovi, fino a crearli Conti e Signori delle Città vescovili e loro distretti; di qui il malcontento e le lotte dei Conti coi Vescovi. Arduino divenne il Capo della riscossa ed attorno a lui si raccolsero numerosi i feudatari. Ma nelle sue contestazioni coi Vescovi egli andò molto più oltre degli altri suoi contemporanei. La lotta si svolse accanita contro il Vescovo d ' I v r e a Varmondo e Pietro 111 di Vercelli. In un assalto alla città, di Vercelli, durante una processione penitenziale, in una domenica di febbraio del 997, le genti di Arduino incendiarono la Cattedrale ed il Vescovo stesso rimase ucciso. Ma questo racconto non è vero: l'eccidio del clero vercellese avvenne il 13 dicembre 901, non per opera di Arduino, ma degli Ungheri ed Ariani: " Idibus decembris, occisio totius cleri facta ab Hunni et Ariani „ (Kalen. Vercellens). 11 Vescovo Liutvardo, cancelliere di Carlo il Grosso, riuscì a fuggire coi suoi tesori; ma nel ritorno in Italia, dopo aver devastato la Valle di Aosta, gli Ungheri lo sorpresero e lo uccisero. (M. G. H.). Pietro III è morto in modo tragico il 13 o 17 febbraio 997, b a r b a r a m e n t e trucidato: " spectante, consentente et forsan mandante Harduino Eporediensi Marcinone „ (alla presenza, consenziente e forse anche per comando del Marchese d ' I v r e a Arduino), non a Vercelli, ma fuori (Capit. Arcivesc. di Vercelli). Benché l ' I m p e r a t o r e Ottone H I , nel suo diploma del 999, incolpi Arduino dell'uccisione del ARDUINO D'iVREA Vescovo Pietro, perchè " ucciso, poi non t e m e t t e di abbruciarlo morto „, " Episcopum Petrum Vercelleniem interferii, et interfèctum incendere non expavit „, pure non è assodata la sua colpa. Il Vescovo fu ucciso alla presenza di Arduino, ma non per suo ordine, nè per comando, bensì per un conflitto, suscitato dai fratelli di S. Guglielmo da Volpiano, alla presenza del Vescovo stesso. Certo che di questo episcopicidio Arduino portò le funeste conseguenze, ed a Roma, in piena Corte papale, alla presenza di numerosi Vescovi, egli tentò di scolparsi, ma vien condannato a durissima penitenza e posto a bando dell'Impero. Qui incomincia la sua politica subdola: Arduino, deposto dal Marchesato, governa a mezzo del figlio Arduicino, e, forte della fedeltà dei suoi vassalli, potente per le aderenze parentali della famiglia Berengaria, resiste, fermamente deciso, alle ingiunzioni imperiali, continuando a reggere la sua Marca come se nulla fosse accaduto. Caccia dalle sue sedi i Vescovi di Vercelli e d'Ivrea, non curandosi delle scomuniche per due volte ingiuntegli dal Vescovo eporediese Varmondo, finche la rivolta e la ribellione lo portò vittorioso a Pavia, e qui ; nella magnifica Basilica di San Michele, vien proclamato e riconosciuto Re d ' I t a l i a dai Signori, fra il frastuono delle l a n d e e le acclamazioni cesaree dei grandi, di " Ave Arduinus Rex Italia„. (Ti salutiamo Arduino, Re d'Italia). 18 Ma l'epopea della gloria di Arduino t r a m o n t a , e dopo la disfatta di Verona, avvenuta nell'aprile del 1004, il ñero Marchese si ripara fra i pochi suoi fidi vassalli del Canavese, mentre il 15 maggio 1004 una nuova dieta a Pavia, nella stessa Basilica di S. Michele, lo proclama decaduto ed incorona nuovo Re d ' I t a l i a Enrico II, imperatore di Germania. La proclamazione e l'incoronazione di Enrico viene ferocemente contrastata dai Pavesi e dai fautori di Arduino; il sangue imporpora le vie della città ; ogni palagio costituisce una rocca ed ogni via è inaccessibile pel numero dei cadaveri ingombranti. Ma la repressione violenta e terribile, compiuta da Enrico li, spense i bollori della fazione Arduinica. Tutte le opposizioni sparvero, quantunque a Roma, per opera dei Crescenzi, otto giorni dopo l'incoronazione df Enrico II, in San Pietro, si rinnovassero le giornate sanguinose di Pavia. Arduino attese il ritorno di Enrico l i in Germania e con un ultimo e disperato tentativo terrorizzò le città di Vercelli e Novara, scacciandone i Vescovi e devastando le t e r r e di t u t t a la contrada. Ma ornai la stella Arduinica era t r a m o n t a t a , ed in settembre del 1014 egli si ritira dalla lotta e ripara nel monastero di Fruttuaria, in S. Benigno Canavese, da lui fondato. Depone sull'altare le insegne reali ed, indossando il saio monastico, segue il precetto di penitenza ordinatogli da Papa ARDUINO I)'IVREA 19 Silvestro quindici anni innanzi. Il 14 dicembre 1015 le sue labbra tremolanti chiedenti insistentemente perdono a Dio, ed i suoi occhi, affissati nelle sacre reliquie degli ostiari del tempio monastico, da lui fondato, si chiusero nella pace del Signore. La sua anima affranta non ritrovò le sue arditezze, ed il suo corpo invano cercò nella pace del sepolcro quella quiete inutilmente in vita desiderata. Più volte i suoi resti mortali cambiarono sede, tantoché neppur ora, nei sotterranei dei sepolcreti del Castello di Masino, hanno un asilo definitivo. Così si è spento Arduino, il grande guerriero, il potente duce Canavesano, ma le leggende del Piemonte sono ancora piene di memorie e t u t t o r a il popolo Canavesano, dopo un millennio, lo ricorda con affetto ed orgoglio. I moderni scrittori parlano di lui, rappresentandolo campione del pensiero e della libertà d ' I t a l i a contro il servilismo teutonico, mentre i contemporanei lo qualificano episcopicida, scomunicato e monaco penitente, quasi esempio di santità. Ma la tradizione popolare del popolo devoto circondò la memoria del contrastato duce di una aureola di venerazione. Lo scomunicato diviene il prediletto dei favori della Regina del Cielo; la SantaVergine gli appare nel suo Castello d ' I v r e a e gli ordina di gettare le fondamenta dei tre celebri Santuari del P i e m o n t e : la Consolata di Torino, Belmonte nel Canavese e Crea nel Monferrato. LA S I G N O R I A CAPO IJ. LA SIGNORIA DEI VESCOVI D ' I V R E A - LA BOLLA DI P A P A O N O R I O III - LA S C O M U N I C A CITTÀ ALLA D'IVREA. La Signoria dei Vescovi d'Ivrea. Sul finire del secolo X la politica degli imperatori di Casa di Sassonia mutò condotta nei rapporti della società feudale. 1 grandi feudatari avevano aumentato in potenza, ed anche in Italia governavano e si comportavano come veri sovrani, senza punto curarsi gran che dell'autorità e dipendenza dall'Imperatore. P e r t a n t o Ottone I, per abbassare la potenza dei duchi di Germania, aveva eguagliato a loro nei diritti politici gli Arcivescovi di Treviri, Magonza e Colonia, facendoli grandi elettori. La stessa condotta tenne, lui ed i suoi quattro successori, in Italia, concedendo ai Vescovi esenzioni e privilegi, lino ad investirli dell'autorità sovrana nella città, capoluogo di diocesi. In tal modo, sotto apparenza di proteggere la religione, si portava un gravissimo colpo alla potenza dei grandi feudatari. DEI VESCOVI D ' I V R E A 21 Ancor vivente Arduino, Ottone III, con diploma 9 luglio 1000, concesse al Vescovo d ' I v r e a l'esenzione e vari privilegi, motivo non ultimo delle lotte e contrasti che il gran Marchese eporediese ebbe col Vescovo Varmondo d ' I v r e a e Pietro III di Vercelli. In base a questo diploma, i Vescovi d ' I v r e a si arrogarono l'autorità comitale sulla Città. Più tardi l'imperatore Corrado con suo diploma 1° aprile 1027 dichiarò Ivrea città libera dell'impero, sotto la dipendenza del Vescovo Conte, confermandole il diritto di b a t t e r e m o n e t a , come l'ebbe sempre, quando la città era capitale della Marca; ciò faceva per aver sempre l a città d'Ivrea dimostrato fede e divozione sincera verso l'impero. Al Vescovo Ugone, e successori, confermò il possesso delle terre in circuito della città, fino alla Valle d'Aosta, cioè fino al Lys o Dora di Valesa. Molte altre terre vengono assegnate al Vescovo eporediese con tale diploma. Quantunque il diploma di Corrado non sembri autentico, t u t t a v i a è certo che, alla fine del secolo XI, il Vescovo'di Ivrea era il vero Signore del Canavese e grandi e piccoli feudatari prestavano alla chiesa eporediese l'omaggio feudale. Fu in quel tempo che i Signori di Settimo, in un colle loro corti e possessioni in Tavagnasco, passarono alla dipendenza del Vescovo d ' I v r e a . 22 STORIA DI TAVAGNASCO La Bolla di Papa Onorio III. Papa Onorio 111, con Bolla 17 luglio 1223, riconferma al Vescovo d ' I v r e a i possessi fattigli da Re e Principi e gliene concede dei nuovi. Questo diploma conferma al Vescovo il possesso di Settimo Vittone, Montestrutto con le loro dipendenze e co^i. Quando il Vescovo Oberto, il 7 marzo 1227, procede ad una solenne ricognizione di t u t t i i feudi della sua Chiesa, troviamo nominati i feudi dei Signori della Valle di Montalto, computati i feudi di Castelletto in Cesnola, dipendente dai Signori di Settimo. Ma nel 1237, il 31 dicembre, il Vescovo d ' I v r e a ed il Comune di quella Città stipulano dei patti relativi al Castello di Settimo Vittone. La vertenza si agitava contro certi statuti della città di Ivrea pregiudicanti i diritti del Vescovo sul feudo di Settimo. In questo atto venne riconosciuto al Vescovo il possesso della quarta parte del castello o i'eudo, e le restanti tre parti in possesso comune fra il Comune d ' I v r e a e la Chiesa Vescovile. Ne conseguiva che il Castellano di Settimo, per gli effetti feudali, doveva prestare omaggio e fedeltà al Vescovo e suoi successori per la parte spettante al Vescovo ; e per le tre parti in comunione col Comune d ' I v r e a ; i Consuli e rappresentanti della Città prestavano omaggio e fedeltà al Vescovo. LA R O L L A D I PAPA ONORIO H I 23 L'atto viene chiuso colla descrizione di tutti gli intervenuti fra cui figurano vari nomi di Tavagnasco, come Filippone de Puteo, Giovanni de Morello. 11 1° giugno 1238 il signor Corrado, nel Castello di Settimo, consegna e dichiara gli obblighi della Consorteria della Valle di Montalto (così si chiamavano le terre dipendenti dal Vescovado di Ivrea da quella Città fino a Pont S. Martin). Viene stabilito che i signori di Montalto e Settimo debbano inviare a loro spese un armigero per la scorta al Vescovo, quando deve recarsi a Roma per l'incoronazione dell'Imperatore, e sostenervi inoltre a titolo di debito feudale le spese di viaggio. Non possono essi designare chi di loro deve accompagnare il Vescovo, ma questi sceglierà chi meglio gli talenta fra i vari Signori Consortili. Quale quota del fodro feudale sono stabilite 10 libre, ripartite fra le diverse chiese : per la chiesa di Torre Daniele soldi 20; per la chiesa di S. Lorenzo di Settimo soldi 11; per la chiesa di S. Eusebio di Montalto soldi 20. Così il signor Corrado deve fornire un somaro col l'equipaggio perchè, coll'armigero, accompagni il Vescovo quando si reca a Roma per l'incoronazione dell'Imperatore; ma questo equipaggio deve essere somministrato di comun concordo coi Signori Consortili de Valesa. Se il quadrupede ritorna deve essere restituito ai Signori de Valesa, 24 LA SCOMUNICA se muore nel viaggio non ha obbligo il Signore di Settimo di rifonderne i danni. Nel 1232 ai 2G e 27 di agosto il signor Merlo del fu sig. Oberto, il turpe, di Settimo Vittone e la sua madre Giacobina, vendono a Guglielmo e Peronino, tigli del Signore Nicolo di Montestrufcto, quanto possedevano in Settimo Vittone, Nomaglio, Cesnola, Carema, Tavagnasco e Valle di Montalto. Il Vescovo Oberto conferma la vendita f a t t a e con tale a t t o i due citati fratelli tennero, quale feudo della Chiesa d ' I v r e a , quanto il signor Merlo teneva nel nostro paese e negli altri della castellata. La giurisdizioue feudale e comitale del Vescovo sulla città d ' I v r e a e vari paesi del Canavesano, non tardò a cadere in discredito. La stessa città d ' I v r e a più volte incluse nei suoi statuti leggi e regolamenti che pregiudicavano i diritti ed a t t e n t a v a n o alla Signoria dei Vescovi, motivo per cui i Vescovi scomunicarono più volte i P o d e s t à ed i Credenzieri. La scomunica alla Città d'Ivrea. Il Vescovo Oberto, per la vertenza intorno al Castello di Settimo Vittone ed ai diritti di Signoria della Chiesa d ' I v r e a sui nostri paesi, contrastati dal comune d ' I v r e a , scomunicò il P o d e s t à ed i Consiglieri e pose l ' i n t e r d e t t o a t u t t a la Città. Dalle censure vennero solo prosciolti, quando la ALLA CITTÀ D'IVREA 25 Città stipulò l ' a t t o di sopra menzionato e riconobbe i diritti di Signoria del Vescovo sulle nostre t e r r e . In questo tempo la storia n o s t r a n a registra le famose lotte dei feudatari delle varie t e r r e del Canavese che vanno sotto il nome del tussinaggio. Il tussinaggio era una vasta congiura, combinata nel 1229, fra i popolani della libera Città d ' I v r e a contro i nobili Castellani per ispegnerli, e soggiogarli al dominio della Città. Per mediazione del Vescovo Oberto, del Marchese di Monferrato, Bonifacio IV, del Conte Cotofredo di Biandrate ed altri, fra cui i Signori di Settimo Vittone, il 24 s e t t e m b r e 1229, con pubblico ¡strumento, r o g a t o Ugone e Stefano, notai d ' I v r e a , si fece una pace, e f r a gli articoli con tale a t t o fissati, eravene uno che stabiliva di fare pace 0 guerra secondo il parere del Consiglio di Città, composto per m e t à di cittadini e per m e t à di Signori Castellani. Nel 1248 l ' i m p e r a t o r e Federico II dona Ivrea e t u t t o il Canavese a T o m m a s o l i di Savoia; ma t a l e donazione non ebbe alcun effetto per la m o r t e del d o n a t o r e , a v v e n u t a il 13 dicembre 1250 a Ferentino. Diffatti nel 1250 e seguenti il Vescovo Giovanni di Barone riceve la fedeltà e l'omaggio di t u t t i 1 Vassalli del Canavese, e li investe dei varii feudi in cui era diviso. OLI CAPO III. GLI S T A T U T I - IL C O N S O L E - LE LIBERTÀ ED I PRIVILEGI DEL 1404 - I BANDI VICINANZA DIMENTO DIFESA DEI DEI CONFRARIA BENI BOSCHI DI S. - IL PODESTÀ CAMPESTRI COMUNALI - LA - TASSA - PER LA GOLA DELLA SPIRITO. Gli Statuti. La carta più antica, esistente nel Comune, sono gli Statuti. Risalgono all'anno 1291 e vennero omologati il 25 febbraio 1291, indizione quarta, sulla piazza pubblica di Tavagnasco, presso la Casa della Contraria di S. Spirito, presenti quali testi i nobili Enrieto Vallino, Pietro Zonza di Quassolo, Giovanni di Valesa ed altri. Furono concessi dal signor Giacomo di Settimo Vittone, Podestà in quell'anno, e vennero letti ai Consoli, ai Credenziari è uomini di Tavagnasco, presenti gli altri Consorti aventi giurisdizione in Tavagnasco cioè i Signori di Montestrutto, Castelletto e d'Ivrea. Probabilmente i Signori d ' I v r e a erano i Soleri. STATUTI 27 11 Can. Saroglia, nella sua Eporedia Sacra, menziona un prete Antonio Solerio, dei Signori di Tavagnasco, ed un Solerio intervenne nella lite per l'erezione della Parrocchia, mentre un altro Pietro Solerio aveva fatto erigere un altare nella chiesetta, non m u r a t a , occultamente distrutto, prima che tosse eretta la Chiesa e l'Oratorio di Santa Margherita, divenuto poi Chiesa parrocchiale. Gli Statuti erano la Magna Carta del Comune, la legge che disciplinava t u t t a la vita civile e sociale del borgo. Quelli del 1291, divisi in 35 capitoli, riportano le antiche e buone consuetudini, ricevute fin da tempo immemorabile da vari notari " i cui nomi, dice il documento, per la antichità del tempo non si possono più conoscere nè leggere „. Si può con certezza stabilire che, fin dal 1000, vi funzionasse da noi la vita comunale, coi privilegi e le concessioni descritte negli Statuti stessi. Gli Statuti del 1 291, ritoccati il 21 giugno 1383, con atto rogato Odonino, notaio di Settimo Vittone, vengono pubblicati nella forma dei codici esistenti nell'anno 1474, il 25 ottobre. La pubblicazione è f a t t a in modo solenne, avanti la Chiesa parrocchiale, presenti Arnulfo, Signore di Settimo e di Tavagnasco, Arnaldo, Signore di Montestrutto, a nome degli altri Consorti, i Signori di Castelletto, Quincinetto e d ' I v r e a ; il Consoie di Tavagnasco 28 STORIA DI TAVAGNASCO Lino Giolitto e Credenzieri, rappresentati da Pant a l o n e Filipone. Alla pubblicazione presenziava il notaio ducale Giacomo Vola di Brosso, estensore dell'atto e del testo dei nuovi statuti, ed il notaio imperiale Pietro Borelli, di Cavaglià, protocollatore dell'atto. ì nuovi Statuti contengono 63 capitoli, e sono redatti in cinque copie, in latino, scrittura gotica antica. Due copie in grandi pergamene, con in calce le Bolle di approvazione dei conti e duchi Sabaudi, da Bianca di Monferrato, tutrice del principe Carlo Giovanni Amedeo di Savoia a Carlo Emanuele IV. Questa prima Bolla d'approvazione dei nostri Statuti, emanata da Torino in data 25 settembre 1481, porta i sigilli del Duca di Savoia, ed è firmata dal segretario ducale Cosma, controsegnata dal notaio Pietro Borelli, da Cavaglià, della Diocesi di Vercelli. Più tardi, verso il 1600, venne, a cura della Comunità, ordinata una copia in italiano degli Statuti, r e d a t t a dal notaio Carlo Francesco Pilatone, cittadino d'Ivrea, residente a Torino. Altre tre copie in latino, con caratteri dell'alfabeto usuale, esistono nell'archivio. Le due copie originali sono: una in formato foglio grande, scritto in gotico fittissimo, munite in fondo del sigillo del notaio Vola Giacomo di Brosso; l'altra, pure in gotico, occupa un grosso rotolo di pergamena, lungo m. 0,83, largo m. 0,53. È questo il OLI STATUTI '29 famoso codice che si presentava al Signor Podestà all'atto dell'immissione nel suo ufficio, perchè vi giurasse di osservare quanto in esso eravi stabilito. Il codice del rotolo dei vecchi Statuti del 1291 non si trova più in Comune; da testimonianze di un processo per la segreteria criminale, risulta esistente ancora nel 1667, e veniva esso pure presentato al Podestà all'atto dell'insediamento del suo ufficio. Molti sono i documenti che furono trafugati dall'Archivio; ciò spiega come il Comune ricorse all'Autorità Vescovile "perchè emettesse in varie circostanze i noti moniti di scomunica contro i sottrattori di carte e documenti dalle mani della Comunità. Così il 3 di marzo 1579 si tenne una pubblica Vicinanza per implorare dal Vescovo la scomunica, ai sensi della Bolla Pontificia, emanata da Papa Gregorio XIII, in favore della Comunità di Tavagnasco e Contraria di S. Spirito, in data 15 luglio 1578, contro gli usurpatori dei beni ed i sottrattori di documenti. Questa Bolla più non sussiste nell'Archivio. Mancano pure 19 documenti relativi alla lite dell'erezione della Parrocchia, ma si conservano le Bolle membranacee di Mons. Bonifacio Della Torre e di Mons. Giov. Parella del 1409 e 1444. Un rotolo monitorio di scomunica, richiesto dal Comune, venne pubblicato nelle Chiese di Brosso STORIA DI TAVAGNASCO e Traversella nella l a , 2 a e 3 a domenica di giugno 1663 e Pasqua e Corpus Domini del 1664, per ordine del Vicario Generale Monsignor Alberga Giovanni. Altro monito scomunicatorio, per ordine del Vicario Capitolare, Mons. Giov. Luigi Rambaudo, dietro richiesta della Comunità, venne pubblicato nel 1714-, nel giorno di Natale, nella Pasqua, Pentecoste e Corpus Domini del seguente anno, nelle Chiese di Tavagnasco, Quincinetto, Quassolo, Brosso e t e r r e della Valle di Traversella. L'atto è del tenore seguente : " 1. Si monisce ogni e qualunque persona di qualsiasi grado e condizione, t a n t o ecclesiastica, che secolare che fosse informata, o potesse aver notizia sì per aver veduto, che sentito dire, et in ogni altro modo sapesse chi avvi esportato o fatto esportare, et ritenga scritture, appartenti tanto a detta Comunità di Tavagnasco, che alla Chiesa Parrocchiale, Confraternita del Gesù, S. Spirito, et S. Sebastiano, pubbliche o private, Registri, Statuti, Catasti, Privilegi, investiture, Consegnamenti, Scritture di credito con valor Luoro et ogni altra sorte, lo dovrà propalare sotto pena della scomunica, con espressione dei luoghi, persone e tempi. " 2. Chi restasse informato et in qualunque maniera potesse aver notizia chi abbi tagliato et esportato o fato tagliare ed esportare boschi GLI STATUTI 31 sì proprii di detta Comunità, che delle suddette Confraternite sì comuni che interdetti in picciola o grande quantità d'anni 25 inclusivamente in puoi tanto forestieri che circonvicini che del medesimo luogo di Tavagnasco, rispetto però quanto a questi di Tavagnasco di detti boschi solamente interdetti. " 3. Chi sapesse chi habbi riempito o dato causa al riempimento con materiali d'ogni sorte t e r r e o teppe in varie stagioni dell'anno 1706 inclusivamente in puoi della Roggia, conducente l'acqua dal fiume Dora a molini di detto luogo di Tavagnasco, et ogni altro modo habbi impedito il libero corso d'acqua lo debba dire propalare sotto pena di scomunica. " 4. Chi sapesse o in altra maniera fosse informato chi habbi debiti verso detta Comunità e Confraternite sì per f a t t i , proventi, obvenzioni, legati, o per causa di maneggi de proventi di esse, come priori, regolatori, sacristani, procuratori che per altri motivi e cause lo propalerà sotto pena come sopra. 8 5. Chi avesse notizia o havesse sentito dire chi habbi esportato o fatto esportare in grande o picciola quantità di cera, e ceriotti proprii della Chiesa Parrocchiale di esso luogo di Tavagnasco che delle Confraternite suddette lo dovrà propalare sotto pena di scomunica. E t finalmente chi sapesse o restasse informato e havesse sentito dire t u t t o o parte, del contenuto nei suddetti capi lo propalerà sotto pena della scomunica come soppra. Datata Ipporugiae die decima urtava mentis millesimo septimgentesimo decimo quarto. JOAN. decembris RAMIÌAUDUS Arcliidiaconus Vicarius Generalis Capituraris Il Console. 11 Console era il capo della Comunità, la persona giuridica clie r a p p r e s e n t a v a e t u t e l a v a gli interessi della collettività, e rispondeva del buon a n d a m e n t o della vita sociale ed amministrativa della Comunità. Era p e r t a n t o rivestito dell'autorità di legiferare e punire, s u b o r d i n a t a m e n t e a certe condizioni e circostanze speciali e locali. Il Consiglio della Credenza, r a p p r e s e n t a t o da q u a t t r o Credendari o Sindaci, coadiuvavano in questa bisogna il Console; ma quando erano in campo questioni di interesse generale, o di mandati speciali per atti od azioni, che coinvolgessero le finanze od il patrimonio pubblico, si doveva sentire il voto dei capi famiglia, radunati in pubblica Vicinanza. La Vicinanza, Consiglio dei capi famiglia, come anche la Credenza, si convocava sulla piazza pubblica, a v a n t i la Chiesa parrocchiale, generalmente dopo la Messa parrocchiale domenicale, o dopo il IL CONSOLE 33 Vespro. Per la validità delle deliberazioni occorreva l'intervento di due terzi dei capi famiglia. Tutti dovevano intervenire, e chi non interveniva, entro tre giorni, susseguenti alla convocazione, doveva giustificare il motivo della sua assenza, sotto pena del bando di 12 denari (art. 2 degli Statuti). La pubblica Vicinanza, ordinata dal Console e dai Credenzieri, veniva convocata a suono di campana e con pubbliche grida attorno al paese, a mezzo dei messi e campari comunali. I signori Consortili, aventi giurisdizione sulla t e r r a di Tavagnasco, nè il Podestà potevano impedire le Vicinanze; queste, e così i Consigli della Credenza, si tenevano a beneplacito del Console, nelle ore e luogo da lui stabilito (art. 51 Statuti). L'autorità illimitata del Console di convocazione della Credenza e Capi famiglia, fu una conquista, strappata ai Signori Consortisti, solo dopo il 14:04:. Nei vecchi Statuti del 1291, ed in quelli del 1383, l'autorità del Console non è così spedita ed indipendente. I 35 primi Capitoli degli Statuti del 1474 (che sono gli antichi Statuti), contengono prescrizioni generiche e vaghe in merito alle attribuzioni ed autorità del Console. Nulla vien stabilito per la loro nomina, nè da chi ricevano il mandato delle loro pubbliche mansioni, nè quanto tempo queste duravano. In una parola è una prima conquista di libertà, ma t u t t o è ancora in mano 34 KTOKIA D I TAVAONASCO al Signore fendale, il quale nomina Consoli, Credenzieri e Podestà, e questi non sono che un alter ego del Signore, che per mezzo suo legifera e governa. Diffatti i primi tre Capitoli prevedono le pene ed i bandi da applicarsi ai contravventori agli ordini del Console e del Podestà. Il Podestà era il giudice, incaricato dell'Amministrazione della Giustizia sia penale, criminale che civile. Per questa sua carica riceveva dalla Comunità, qual suo stipendio, 50 soldi imperiali. (Capo 29). Il Capitolo 3" stabilisce norme per la procedura giudiziaria da seguirsi extra giudizio dal Podestà, ed in via amministrativa dal Console contro i contumaci ai loro ordini. I Capitoli 4°, 5°, 6°, 7°, 8° e 9° fissano le pene contro i furti campestri o cose di valore, i bandi speciali per i danni e le offese alle persone, mentre per le frodi alle persone e proprietà, con incendi, e spostamento di termini od altre appropriazioni indebite sono seriamente punite con bandi descritti nei Capitoli 10° e 11°. Le ingiurie e parole offensive, pronunciate innanzi al Podestà, sono punite, come pure il giuoco dei dadi e gli altri giuochi proibiti. Nel Capitolo 17° e seguenti vengono date le norme relative alla devoluzione dei proventi dei bandi, la facoltà di mitigare e rimettere, dietro intervento del Console e Credenzieri, le pene pe- IL CONSOLE 35 cuniarie, salvo però sempre i diritti spettanti al Podestà ed al proprietario danneggiato od offeso. È un piccolo codice di procedura penale, breve, conciso nelle sue istruttorie, limitato a reati e colpe di piccola entità e di gravità molto relativa, giacche per i reati gravi vi erano allora metodi molto disbrigativi e semplici: occhio per occhio, dente per dente. Una prescrizione molto curiosa, che rivela una conquista, era quella del Capitolo 27°. Il Podestà, prima di insediarsi nell'esercizio del suo mandato, doveva prestare giui'amento nelle mani del Console. Questa prescrizione non sollevò alcuna recriminazione per parte dei Signori feudatari, per duecento e più anni, quando il Console, da loro nominato, non era che una loro creatura. Ma quando, nel 1404, strappate maggiori libertà, il Consolato divenne elettivo per parte dei Capi famiglia, ed il Console fu e divenne un vero simbolo della volontà popolana, le cose mutarono. I Conti pretesero che i Podestà, da loro nominati e loro giusdicenti, più non prestassero il solito giuramento nelle mani del Console, vedendo in questo atto una dedizione della loro autorità alla volontà ed autorità del popolo. Ma i Consoli ed il popolo difesero questo loro diritto, contrastando al giudice, non giurante, l'esercizio dell'amministrazione della giustizia, come in seguito diremo. 3<; STORIA DI TAVAGNASCO Le libertà ed i privilegi del 1404 Gli Statuti e le libertà, concesse dai Signori feudatari nel 1291 alla Comunità, vennero, nell'anno 1404, migliorati ed aumentati di nuove e grandi concessioni. Non si conosce la causa di questa liberalità, certo deve esservi avvenuto qualche f a t t o straordinario, forse la stessa Signoria dei Sabaudi, stabilitasi nel Canavese fin dal 1313. Comunque sia " i Signori feudatari consorziati in giurisdizione sopra Tavagnasco „, dice il documento, " hanno migliorato questi Statuti che li è parso e piaciuto migliorare e li hanno confermati nell'anno corrente 1404, indizione seconda e giorno 13 di maggio, come anche fece il nobile Enrieto, tìglio del nobile Arnaldo della Città di Ivrea e podestà nel corrente anno „. Da questo inciso appare manifesto che il Comune d'Ivrea, succeduto nei diritti consortili dei Soleri, in forza dell'atto 31 dicembre 1237, relativo al feudo della contea di Settimo, concluso col Vescovo Oberto, continuava esercitare i diritti feudali sopra Tavagnasco, e quindi entrò cogli altri Signori consorziati ad approvare le nuove concessioni statutarie. In tal anno il Podestà d ' I v r e a sarebbe stato il nobile Enrieto. Le concessioni del 1404 non sono che un re- LE LIBERTÀ ED I PRIVILEGI DEL 1404 37 colamento ai vecchi Statuti, fissando le modalità per l'interpretazione di certi capitoli non abbastanza chiari e precisando più nettamente la posizione del Console, del Podestà e dei Credenzieri, regolando la loro nomina e durata in ufficio. Come già dissi, il Console, colle prescrizioni del 1404, divenne un funzionario elettivo popolare. Difatti il Capitolo 61° dice: " Più hanno sta" bilito ed ordinato detti Signori Consorti, Comu" nità e huomini di Tavagnasco e niuno d'essi " discrepante, ma tutti consenzienti che detta Co" munità et huomini di Tavagnasco possino eleg" gere e deputare uno o più Consoli, e Sindici e " Credenzieri ed estimatori dei banni dati ed altre " persone per gli affari ed interessi di detta Co" munità in qualsivoglia modo e maniera ecc. „. Il Console ed i Credenzieri eletti dovevano prestar giuramento nelle mani di quelli scadenti, prima di entrare in carica. Ordinariamente il Console fu uno solo, e la sua carica era annuale; a lui spettava riscuotere le entrate e pagar le spese, ed in questa bisogna si faceva coadiuvare anche da altri, ma il responsale del denaro pubblico era lui. Nel 1600 erano due i Consoli, e restavano in carica un semestre; la loro gestione finanziaria ed il loro mandato consolare cessava al 30 giugno e 31 dicembre. Le nomine venivano fatte generalmente nelle feste di S. Giovanni Battista al 24 giugno e S. Giovanni Evangelista 27 dicembre. 38 STOUIA 1)1 TAVAGNASCO Curioso era il sistema di votazione; non restano documenti per le nomine Consolari nel 400, ma da documenti posteriori, risulta che facevasi qualche volta per acclamazione, ma più soventi per votazione, sopra una terna, proposta dal Console scadente, combinata coi Credenzieri. La Vicinanza dei Capi famiglia all'uopo congregata sulla piazza della Chiesa, dopo la Messa parrocchiale, udita la proposta dei tre eligendi, ne scartava, dopo libera discussione, uno, e sopra i due rimasti si faceva il voto, portando ogni elettore nel cappello del Segretario del Comune una pietruzza od un frammento di mattone. A votazione finita operavasi lo scrutinio, contando il numero delle pietruzze e quello dei frammenti di mattone. Veniva proclamato eletto chi dei due, il cui segno convenzionale di voto, precedentemente stabilito, aveva riportato maggior numero di punti. Era il sistema della p u n t a t u r a della fava bianca e fava nera sopra due nomi, precedentemente proclamati, in uso presso molti Comuni ed Associazioni corporative (Vicinanza 1669). La nomina dei Credenzieri veniva altresì f a t t a dalla Vicinanza il giorno stesso della nomina del Console, subito dopo i vespri, ed avveniva per acclamazione sopra una lista precedentemente concordata. Il Console eletto doveva dare il suo beneplacito assenso per gli eletti, ma poteva anche dissentire e nominarne altri di sua fiducia. In questo LE LIBERTÀ El) I P R I V I L E G I DEL 1404 39 caso la Vicinanza faceva le sue riserve, e gli eletti di nomina consolare non potevano ingerirsi in nessun negozio della Comunità, senza procura speciale di volta in volta dai Credenzieri, nominati dalla Vicinanza (Vicinanza 27 dicembre 1668). Il Podestà. Il Podestà invece veniva eletto per turno ogni anno dai Signori consortisti. " Di più, dice il Capitolo 53°, hanno stabilito ed ordinato detti Signori Consorti di Settimo, Castelletto, Montestrutto, Quincinato e d ' I v r e a e detta Comunità e uomini di Tavagnasco di reciproco consenso di tutti essi che del resto, ed in perpetuo detti Siguori siano obbligati, e debbano in detto luogo di Tavagnasco eleggere e deputare un Podestà di retti costumi e di buone qualità e giusdicente, ossia istruito nelle leggi e diritto comune, secondo le loro annate e per le porzioni di tempo che a detti Signori spetti di eleggerlo, i quali Podestà e giudici siano tenuti e obbligati e debbano con loro giuramento osservare tutti e ciascuno dei sovra ed infrascritti statuti e di amministrare le ragioni di ognuno, e la giustizia t a n t o nelle cause civili che criminali e miste nella piazza, presso la Chiesa di detto luogo di Tavagnasco, agli uomini e comunità di detto luogo di Tavagnasco, e non in altro luogo, e i quali particolari di detto luogo possano 40 ridurre e costringere quivi t a n t o per le cause civili, come le criminali come sopra „. Ed il Capitolo 58° stabiliva che " i Signori Consorti di Settimo, Montestrutto, Castelletto e d'Ivrea, ed i loro Podestà, Luogotenenti o Giusdicenti nel luogo di Tavagnasco, in niuna maniera possano, ne debbano addurre, o condurre o citare o arrestare o rimettere o compellare o convenire alcuna persona di Tavagnasco, ne tradurre fuori dei fini di Tavaguasco per qualsivoglia ragione causa civile o criminale commessa o da commettersi, salvo fosse il caso grave di pena di sangue o m o r t e ; solo per questi casi gravi di morte possano condurre ai loro castelli detti malfattori; e che per tutti quelli altri casi siano da arrestarsi e detenersi in curia (tribunale) nella piazza e quivi giudicarsi in forma comune. Debbano e siano tenuti i detti Signori, o loro Giusdicenti, o Vassallardi lasciarli andare tali così arrestati, per cause non di sangue o morte, prestando loro sigurtà in detto luogo da altri pel colpevole, perchè così è stato convenuto e combinato di mutuo consenso e concordia di essi Signori nessun discordante „. Questi due Capitoli delli Statuti concedevano una grande libertà ed una garanzia molto democratica. Gli uomini di Tavagnasco avevano, nel tenebroso Medio Evo, tanto detestato, perchè t a n t o poco conosciuto, conseguita un'autonomia, in materia di legislazione giudiziaria, superiore a IL PODESTÀ 41 quella dei nostri tempi di libertà, fratellanza ed uguaglianza. Era certo una grande conquista e non stupisce se la Comunità fu sempre gelosissima di questo prezioso privilegio. Nell'Archivio comunale vi sono cinque grandi volumi di atti giudiziari, contenenti una vera miniera di documenti antichi t u t t i diretti a tutelare questo insigne privilegio della Curia locale. Ma oltre questo privilegio, pel Capitolo 49", si concedeva il diritto di caccia e pesca gratuita con reti, nasse ed armi t a n t o nelle acque del fiume Dora, che nei boschi e venerie comunali o sorti dei fini di Tavagnasco. La caccia e pesca era libera ed a piacere proprio, e si poteva vendere a chiunque gradiva tale personale diritto. Il Capitolo 55° concedeva facoltà di esercire i molini, le piste dell'olio e canapa, le fucine da ferro, e di fabbricarne dei nuovi, e costrurre forni, cose t u t t e che in quei tempi erano di monopolio fiscale, dirò così dei Signori ; ma oltre a ciò col Capitolo 56° si concedeva altresì di poter costrurre fortificazioni e cintare le case della Villa di Tavagnasco di alte mura e fossati per difenderne le famiglie in essa Villa residenti, massime nei tempi pericolosi e questo in perpetuo. Il Console ed i Credendari avevano poi piena libertà di radunarsi per far le loro Vicinanze, 42 STORIA DI TAVAGNASCO credenze e gride, procure e sindacati e per qualsiasi altro negozio od interesse della Comunità. 11 Podestà, nè i suoi Giusdicenti, nè i Signori di Settimo o Consorti potevano frapporre alcun ostacolo. Inoltre il Console poteva imporre pene, con bandi sino a cinque soldi, dare e ricevere giuramenti nelle sue mani, far elevare contravenzioni a chi portava danni ai boschi e beni del Comune e punire chi non osservava gli Statuti in t u t t e le cose che riguardavano il patrimonio comunale e l'osservanza del buon andamento amministrativo. Il Console (Cap. 61°) veniva poi eletto dalla Comunità e dai capi famiglia di Tavagnasco, liberamente ed indipendentemente dai Signori di Settimo e Consorti e dal Podestà e loro Giusdicenti, e così i Credenzieri. Prima di entrare in officio prestavano giuramento sui Vangeli nelle mani del Console e Credenzieri scadenti di osservare fedelmente gli Statuti. La Vicinanza. 11 sistema di convocazione dei capi famiglia per la Vicinanza, così si chiamava l'assemblea dei capi famiglia, era fatto a suono di campana e per pubblica grida dei Messi comunali. La Vicinanza tene vasi sulla pubblica piazza, avanti la Chiesa, e sotto il portico di questa; il Nodaro della Comunità riceveva i voti. LE VICINANZE Le Vicinanze avevano luogo per la nomina del Console e Credenzieri; per quella del Parroco e per gli affari di principale importanza, quando si deliberavano cose di interesse pubblico. Sono accuratamente conservate le testimoniali delle nomine dei Parroci e Consoli, e quelle riflettenti alla lite per l'erezione della Parrocchia, sua dotazione, la difesa dei Jus Patronato sulla Chiesa e nomina del Curato. Dai verbali di varie Vicinanze risulta che anche le donne, purché fossero capi famiglia, avevano voto deliberativo; anch'esse intervengono alle Vicinanze (Vicinanza del 27 maggio 1725). Nel Capitolo 42° degli Statuti del 1474 i Signori di Settimo e loro Consorti, cioè i Signori Gottifredo e Martino suo nipote; Signori fratelli Domenico e Francesco, Ottone e fratello Giacomo dei Signori di Settimo; i Signori Giacomo e Bertolino e Gottifredo di Montestrutto ; e Signori Bertolino e Giacomo del Castelletto di Cesnola e i Signori d'Ivrea e Quincinetto, promisero nominare certi buoni e periti uomini per conoscere ed esaminare il fatto del pascolo delle capre, con mandato di stendere i relativi bandi da osservarsi. Ma pare che i " buoni uomini „ eletti nelle persone di: Pietro Vola. Giovanni di Nomaglio, Pietro di Binfà, Giovanni di Olivero, Aimonetto di Colmia, Bernardo di Anglesio, Guglielmato Zenelato e Pietro de Julio, nulla abbiano fatto. 44 STORIA D I TAVAGNASCO 11 Console, Gregorio Girodo, valendosi quindi della facoltà del Capitolo 52° degli Statuti, convocò la Vicinanza dei capi famiglia, ed il 28 aprile 1553, sulla piazza ed avanti alla Chiesa, presenti anche il parroco Antonio Girodo, furono approvati i bandi pel pascolo delle capre. L'atto pubblico fu rogato dal notaio Giacomo figlio di Ardissone Piasotto di Tavagnasco, cittadino d ' I v r e a . Questi bandi delie capre furono il primo regolamento che disciplinò il pascolo caprino, il quale, mal regolato, recava ingente danno ai boschi del Comune, con grave danno alla Contraria di S. Spirito ed ai poveri di Tavagnasco ; giacche " per causa dei danni recati dalle capre ai castagneti, le elemosine di castagne alla Confraria erano grandemente diminuite, ed i poveri, carichi di famiglia, dice il documento, nel tempo d'autunno più non possono godere della spigolatura delle castagne, venendo queste raccolte dai padroni con grande diligenza, essendo scarso il raccolto „. Da questo inciso dell'¡strumento dei 23 aprile 1553, risulta spiegata la consuetudine t u t t o r a praticata dalla Congregazione di Carità, succeduta alla Confraria di S. Spirito, di non concedere sussidi in denaro ai poveri nel mese di ottobre. In questo mese i poveri avevano facoltà, f a t t a la raccolta delle castagne, di perlustrare i castagneti. e le ultime castagne cadute, o quelle non diligentemente raccolte, erano a lor devolute. I BANDI CAMPESTRI 45 I Bandi campestri. I Bandi del pascolo capre furono, in embrione, il regolamento dei pascoli e dei boschi, redatto in 25 Capitoli dal Cpmune e ricevuti dal notaio Dialeii Cuglieratti il 19 agosto 1725, ampliati più tardi in un vero Regolamento di polizia rurale ed urbana locale con ordinato 4 luglio 1789, e vistati il ti luglio 1789 in Pi verone dal feudatario Giovanni Leone Conte di Tavagnasco. Le penalità contro i contravventori per un terzo furono devolute dal Senato, approvante i bandi, al feudatario Conte Leone di Tavagnasco. Negli antichi Statuti, in virtù del Capitolo 17°, le penalità non superiori ai cinque soldi venivano percepiti dal Comune; quelle da cinque a dieci soldi al Podestà; e se la penalità oltrepassava i dieci soldi veniva liquidata metà al Podestà e metà al signore o padrone da cui dipendeva il multato o condannato. Se poi questi non dipendeva da alcuno, t u t t o il provento spettava al Podestà. Ma poteva avvenire che il multato non possedesse nulla, ed allora il Podestà condannava a pagare con pena corporale. Quale fosse questa pena non è indicata, ma vi è t u t t a ragione a ritenere che consistesse in qualche buona frustata per le colpe lievi, la prigione, congiunta colle pene 4(i STORIA DI TAVAGNASCO corporali, poiché era in facoltà al Console intervenire e mitigare ed anche perdonare il colpevole miserabile e non solvibile. Se non può pagare, dice il Capitolo 20° degli Statuti, si punirà corporalmente a giudizio di un leguleio del luogo, col parere del Console e Credenzieri. Godimento dei Beni comunali. Il Comune, attualmente possessore di 1026 giornate di terreno, nel solo territorio di Tavagnasco, oltre le due grandi alpi in Comune di Quincinetto, continua concedere il godimento dei beni comunali ai Capi famiglia, residenti e nati nel suo territorio. E una consuetudine millenaria, già negli Statuti accordata, regolandone il modo e prevenendo, con opportune prescrizioni, i danni e gli sfruttamenti alla proprietà. Il Capitolo 21° stabilisce che il raccolto dell'erba e del fieno e lo sfondamento degli alberi in montagna non si inizi che dopo la festa di Saut' Eusebio, che celebravasi, come si sa, nella diocesi d ' I v r e a , il primo di agosto. Chi avesse falciato erba o f a t t e altre raccolte nei siti comunali prima di quella data pagherebbe 5 soldi di pena e t u t t o il raccolto cadrà in beneficio del Comune. La raccolta dell'erba o delle foglie era subordinata al consenso della Vicinanza per quelle GODIMENTO DEI BENI COMUNALI 47 famiglie che non avevano uomini; chi contravveniva pagava la pena di soldi cinque e l'erba raccolta cadeva in mani del Comune. Era pure concesso il pascolo alpestre nei siti comunali, e vi sono i registri di consegna del bestiame pascolante fin dal secolo XVI. Pel Capitolo 45° si era stabilito che, e per l'erbaggio racolto, e per la pastura, si doveva pagare in proporzione del bestiame che si teneva, f a t t a eccezione degli animali da lavoro. La taglia era quella fissata dagli Statuti approvati il 21 giugno 1383, e non viene più espressamente nominata, trattandosi di tassa già da secoli in vigore. Per la difesa dei boschi. 11 Capitolo 35° dice che i Signori Consorti hanno migliorato ed ampliato gli Statuti colle seguenti prescrizioni in data 13 maggio 1404, indizione seconda, col beneplacito anche del nobile Enrieto figlio del nobile Pietro di Arnaldo della città d'Ivrea e Podestà di quell'anno. Le migliorie consistono in severi bandi per la tutela delle fontane e dei boschi. Sono sei Capitoli di saggie e provvide prescrizioni; nessuno può recidere, abbattere rami o piante t a n t o di alto che basso fusto, t a n t o in montagna che nelle comunie o sorti. Le sorti erano le proprietà proprie. Anche in queste si poteva solo recidere gli alberi morti. 48 STORIA 1)1 T A V A O N A S C O Sulle comunie era solo lecito fare legna per proprio uso e per ardere, ma doveva precedere la licenza del Podestà o del Console. Il contravventore pagava venti soldi di pena. Cosi la raccolta delle ghiande sia coi porci o con cesti era vietata fino a che non veniva permessa colla grida del Camparo o Messo. Diciotto soldi di pena colpiva il contravventore, aument a t a il doppio se la contravvenzione veniva f a t t a collettivamente da varie persone per un sol padrone ed ognuna pagava il taglio. La raccolta delle ghiande aveva una certa importanza facendosi in vasta scala l'allevamento porcino. Coi Capitoli 24° e 25° si regola il pascolo dei porci, ed il Comune deputava un pubblico porcaro per la custodia dei maiali, alla stessa guisa che oggidì si deputa un pubblico pecoraio pel pascolo delle pecore. Al porcaio pubblico tutti dovevano rimettere la custodia del pascolo dei proprii maiali sotto pena di dodici soldi di bando al giorno per ogni giorno di ritardata consegna. La tassa della Confraria di S. Spirito. Riservandomi a parlare più ampiamente dell' Istituto della Contraria di S. Spirito, quando t r a t t e r ò delle Opere Pie locali, accenno solo che il Capitolo 43 u degli Statuti faceva obbligo ad ogni LA TASSA D E L L A CONFRARIA DI S. SPIRITO 49 contrario sia uomo che donna di pagare alla Confraria di S. Spirito la sua quota, cioè vino nella vendemmia, biada nella festa di S. Michele e denaro nella festa di S. Martino. Il contravventore pagherebbe la quota quadruplicata. L'ammontare di questa quota non ho avuto agio di trovare in che misura e proporzione consistesse. LE CAPO IV. LE CROCIATE GNORIE - GUELFI E DECADENZA GHIBELLINI DEL - LE POTERE SIDEL VESCOVO. Le Crociate. Mentre i Vescovi attendevano al consolidamento della loro autorità comitale sui vari feudi canavesani, lottando or contro questo o quel feudatario, in Europa si svolgeva la grande impresa bellica delle Crociate. Principi e re, nobili e cavalieri, infervorati dalle predicazioni di Pietro l1 Eremita e da S. Bernardo, si fregiavano il petto della croce, e, colle armi in mano, veleggiavano in Oriente per liberare il Sepolcro di Cristo e la t e r r a Santa dalle mani dei turchi. Otto furono le Crociate svolte dall'anno 1095 al 1270, ma all'infuori della prima, poco di rilevante ottennero le altre. Il regno cristiano di' Gerusalemme, costituitosi nell'anno 1099, colla presa della città Santa,' per parte dei Crociati, capitanati dal pio Goffredo di Buglione, cadde il 4 luglio 1187, dopo appena un secolo di esistenza; più CROCIATE non risorge, non ostante che cinque altre grandi spedizioni si facessero in Oriente. A queste memorande e gloriose imprese i Marchesi del Monferrato, colle loro genti, si segnalarono strenuamente nella difesa di Tripoli e Tiro, e più tardi ereditarono il regno di Cipro, ultimo residuo del regno latino di Gerusalemme. Anche il Conte di Savoia Amedeo III, colle sue genti, prese parte alla seconda Crociata, ma vi morì a Cipro nel 1148 senza giungere in Palestina. La quarta Crociata, capitanata da Bonifacio, Marchese del Monferrato, non giunse in terra Santa. Arrivati i Crociati a Costantinopoli, si immischiarono nelle fazioni dell'impero greco e fondarono l'impero latino di Costantinopoli (1202). Altri tentativi in Palestina si ripeterono nel secolo XIII, ma Gerusalemme non fu ritolta ai turchi. Le Crociate portarono un grande beneficio all' Europa ed alla società cristiana, poiché in quelle lontane imprese gli umori battaglieri ed avventurieri dei principi europei trovarono uno sfogo, e risparmiarono non poche guerre all'Europa. Guelfi e Ghibellini. Le città, sotto il governo dei Vescovi, durante i secoli XII e XIII, godettero una certa libertà, ma le frequenti lotte dei nobili e popolani funestarono la vita cittadina, acuirono fortemente nel sec. XIII, I>E SIGNORIE e si formò due grandi fazioni, i Guelfi ed i Ghibellini. Durante le grandi lotte, che gli imperatori Federico Barbarossa e Federico II ebbero col P a p a e Comuni d ' I t a l i a , Guelfi erano partigiani della causa papale, Ghibellini della causa imperiale ; ma quando queste lotte furono superate, ed i Comuni delle città, italiane ebbero le loro libertà, Guelfi e Ghibellini chiamavansi i partigiani di questa o quell'altra famiglia che contendevansi il primato nella città. Presso di noi le lotte, senza però qualificarsi uè Guelfi ne Ghibellini, si fecero forti ed accanite all'epoca del tuchinaggio, come già dicemmo. Le Signorie. Colla morte di Federico II (1250) cessano le lotte dei Comuni d'Italia cogli imperatori. Ogni città inaugura, senza contrasti, il governo popolare comunale. Risorsero ben presto le fazioni, fomentate dagli antagonismi t r a famiglia e famiglia maggioritaria, avida di preminenza nel governo comunale. Si videro così orribili lotte fratricide che al dir di Dante : " L i vivi tuoi, l'un l'altro si rode Di quei che un muro ed una fossa serra „. Purgatorio - Canto VI. 63 Le funeste compagnie di ventura, triste e pessima accozzaglia di gente d'armi d'ogni paese e nazione, avida di saccheggio, rapine e morte, venivano invocate dalle fazioni, pur di escludersi vicendevolmente dal potere. Molte volte colla compagnia di ventura veniva intruso al governo uno straniero, come accadde a Firenze ed altrove. Decadde quindi l'istituto Comunale e subentrò a questo governo popolare quello di un Signore, eletto di comune accordo, od anche imposto da una fazione. In tal modo sorsero le Signorie dei Visconti a Milano (1277), dei Gonzaga a Mantova, degli Scaligeri a Verona, dei Carraresi a Padoya, degli Estensi a Ferrara, dei Medici a Firenze. Presso di noi avvenne qualche cosa di simile. Il Marchese di Monferrato, valendosi delle discordie, estese i suoi dominii nel Canavese fino ad edificare forti e castelli nella stessa città d'Ivrea, ottenendone il 12 novembre 1266 la padronanza. Questi fu Guglielmo VII, il Grande, penultimo degli Aleranici ; ma perchè il Vescovo Federico non riconobbe la sua Signoria, nè volle legittimare le sue usurpazioni, in danno della Città e Chiesa d ' I v r e a , Guglielmo lo fece imprigionare. Papa Clemente IV, conosciute le gesta del Marchese Monferrino, da Viterbo, il 6 giugno 1267, emanava il Breve di scomunica, delegando Giovanni, prevosto di Verrès, di intimarla, con t u t t a LE S I G N O R I E solennità, a Guglielmo. La scomunica fu letta nella Chiesa Cattedrale d'Ivrea, presente il Clero e popolo il 27 giugno 1267 (Arch. Vescov. Ivrea). Ma ben altre furono le prepotenze di Guglielmo; esse sono enumerate in un libello di testi redatto dal Diacono Filippo, Canonico d ' I v r e a , e present a t o ai delegati Apostolici. Il dominio del Monferrato rimase sinistramente memorando, e sul suo governo è ricamata la leggenda, ancor oggi cara al popolo Canavesano. 11 popolo insorto uccide il Marchese e ne dirocca il suo Castello. Tale eccidio sarebbe avvenuto per opera di una Mugnaia, cui il Marchese fece ingiuria. Ma se la leggenda è storicamente non vera, e se il Carnevale d ' I v r e a , glorificazione di questa leggenda, è un' istituzione affatto moderna, che non conta più di cento anni, sta però il f a t t o che il dominio dei Marchesi di Monferrato in Ivrea e nel Canavesano fu inviso e detestato. La Città d'Ivrea conservò fino al secolo XVIII una curiosa cerimonia all'atto di immissione in ufficio del Podestà e Credenzieri del Comune. Questi facevano una gran cavalcata al Castellazzo, e spezzato un rudere dalle macerie dello smantellato maniero, knciavanld nel sottostante fiume Dora, pronunciando la frase, segnacolo della rivoluzione popol a n a : " Hoc in spretimi olim Marchionis Montisferrati „. Questo in odio alla memoria del Marchese del Monferrato. ì)0 Guglielmo VII, non punto trucidato dalla Mugnaia, si rappattumò col Vescovo e coi rappresentanti del Comune nell'anno 1277, e con atto 23 luglio 1278 divenne il vero Signore della città, fissando la sua dimora al Castellazzo da lui edificato. Morì nel 1292 in una gabbia di ferro, posto dagli Alessandrini, dopo la prigionia di lui avven u t a , in seguito ad una disfatta subita per un f a t t o d'arme. Vi successe nel Governo il figlio Giovanni, ultimo dei Marchesi Aleranici, ma in Ivrea le fazioni Guelfe e Ghibelline continuavano desolare la città,-finché, morto il Marchese, la Signoria d ' I v r e a passò al Conte Amedeo V di Savoia, nominato dall' Imperatore Enrico VII. Decadenza del potere del Vescovo. Abbiamo già nel secolo xiu molti esempi di potenti feudatari e vassalli della Chiesa d'Ivrea intenti, a più riprese, a scuotere il dominio vescovile. Questo andò in completo sfacelo, quando nel secolo xiv si acuirono anche fra noi le ire dei Guelfi e Ghibellini. 1 potenti Marchesi del Monferrato furono quelli che diedero il colpo di grazia, e quando il Vescovo, per liberarsi dalle loro prepotenze approvò la nota dedizione nel 1313 della città d'Ivrea al Conte di Savoia, il potere vescovile sulla città e sul Canavese si può dire di fatto 56 STORIA DI TAVAUNASCO cessato, quantunque virtualmente questo fosse salvaguardato nel t r a t t a t o di dedizione. A precipitare il dominio dei Vescovi concorse la terribile e spaventosa guerra del Canavese, scoppiata per opera delle fazioni dei Guelfi e Ghibellini nel 1334. Durò sino al 1353, e non vi fu terra e castello nel Canavese che non provasse i funesti effetti di saccheggi, incendi e devastazioni. I castelli di Sparatone, presso Caluso, di Silvestri, presso Valperga, di Vicagi nella contea di Castellamonte, vennero rasi al suolo, così dei castelli di P o n t e Rivarolo. Erano tempi in cui vagavano al soldo di questo o quell'altro signorotto, o di questa o quell'altra fazione o città, le note Compagnie di Ventura, int e n t e solo a devastare, incendiare e saccheggiare. Furono il vero flagello d ' I t a l i a per t u t t o il secolo xiv, ed il Canavese ne sentì le loro prepotenze in questa spaventosa guerra. Anche Ivrea ed il suo contado subì danni gravissimi, poiché le ire dei Guelfi e Ghibellini tenevano belligeranti il fiore del suo patriziato. I Vescovi, ad ammansare questi feroci odi, rimisero in varie riprese il loro dominio temporale sopra questa o quell'altra terra e castello. Così il Vescovo Palaimo, nel 1337, cedeva al Conte Amedeo VI di Savoia i diritti sopra i castelli di Chivasso, S. Giorgio, Verolengo ed Orio. Il 9 gennaio 1357 il Vescovo Giacomo De Fran- DECADEN'ZA D E L P O T E R E DEL VESCOVO 57 cisco cedeva allo stesso Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, i diritti del Vescovado sopra Montestrutto, Nomaglio, Settimo Vittone, Tavagnasco, Cesnola, Rolengio e t u t t a la valle di Valesa, Quincinetto, Carema, con monizione a tutti gli abitanti di questi castelli e borghi di riconoscere per loro Signore tale Principe. Ma il dominio dei Savoia era ancor sempre contrastato dal Marchese di Monferrato, il quale cacciati a tradimento dalla città d'Ivrea i Guelfi, partigiani del Conte di Savoia, si fece nominare Signore. Ne nacque un fiero contrasto col Conte Verde, che, non ostante l'arbitrato dell'Arcivescovo Giovanni Visconti di Milano, non fu superato. I Savoia, scontenti che l'Arcivescovo avesse serbato per metà la giurisdizione in città al Monferrato, scesero in campo colle armi, e con una strepitosa vittoria, riportata a Strambino, sulle armi del Marchese, lo obbligarono a rinunziare ogni Signoria sugli Eporediesi e contado. Amedeo VI, il Conte Verde, acquistò dai Soleri i fabbricati sulla piazza del Castello, vicino alla Cattedrale, li abbattè e fece costrurre il magnifico castello delle quattro torri, t u t t ' o r a esistente. Il Marchese Teodoro II, con ultimo disperato tentativo, poco dopo il famoso parlamento di Trino (5 aprile 1396) marciò sopra Ivrea, assoldando il famoso Facino Cane. Saccheggiati i dintorni della città, distrutti i castelli di S. Martino e di Settimo Rottaro, il feroce condottiero cingeva Ivrea d'assedio. Fu sconfitto per la resistenza delle truppe cittadine, ed il Castello del Marchese sul colle Castellazzo venne diroccato dalla ira popolare. Teodoro II si pacificò coi Savoia col matrimonio della contessa Margherita di Savoia, la Beata, nel 1403. La dote in 30 mila Genovine portata al Monferrato suggellò la pace, ed il Marchese Teodoro abbandonò per sempre la città di Ivrea col suo contado, ritenendo però in possesso gli antichi feudi Canavesani. Il dominio Sabaudo, sopra Ivrea e contado, venne così definitivamente stabilito nel 1404. CAPO V. GLI SCISMI L'EREZIONE RELIGIOSI DELLA PARROCCHIA Gli scismi religiosi. Mentre nel regime politico e civile delle Città e Comuui d ' I t a l i a avvenivano i mutamenti dianzi accennati, ed ovunque consolidavasi il potere delle Signorie di qualche potente famiglia, un altro importante avvenimento succedeva nella cristianità. Morto Papa Bonifacio VT1II, dopo una fugace apparizione sulla Sede di S. Pietro di Benedetto XI, il Veltro preconizzato da Dante, per intrighi di Filippo il Bello, re di Francia, veniva eletto Papa Clemente V. Questi vi trasportava la Sede Apostolica ad Avignone in Francia, e per 70 anni i Papi, tutti francesi, colà risiedettero in volontario' esilio. Il Petrarca e S. Catterina da Siena furono i benemeriti del ritorno dei Papi a Roma nel 1377. Ma se i Papi ritornarono alla loro Sede, non poterono impedire gli scismi, scoppiati subito dopo l'elezione di Urbano VI, primo Papa nominato dopo il ritorno da Avignone. Alcuni Cardinali, 60 STÒRIA DI TAVAGNASCO sdegnati dei modi e delle riprensioni del nuovo Papa, e desiderosi di ritornare ad Avignone, elessero un altro Papa nella persona del Cardinale Roberto di Ginevra, che assunse il nome di Clemente V i l i e ritornò ad Avignone. Lo scisma era dunque scoppiato e per mezzo secolo funestò la chiesa, seminando numerosi scandali e generando gravi mali. Il Concilio di Pisa, convocato nel 1409, ebbe un triste epilogo ed aumentò il male creando un terzo Papa nella persona di Alessandro V. Queste erano le tristi vicende politiche e religiose quando il Comune e gli uomini di Tavagnasco si decisero a costituirsi in Parrocchia autonoma con chiesa e sacerdote proprio. L'erezione della Parrocchia. Il 1400 s'apre per Tavagnasco ricco di fortunosi eventi; t u t t a la vita cittadina é assorbita nella lotta per la erezione della Parrocchia. Per quattrocento e più anni Tavagnasco dipendette religiosamente dalla Pieve di S. Lorenzo martire, eretta nel castello di Settimo Vittone. La chiesa di S. Lorenzo è antichissima, e dopo quella di S. Pietro, in Torre Daniele, matrice di t u t t e le chiese della Valle (dipendendo da essa anche la Valle del Lys), fu una delle prime chiese parrocchiali. L ' E R E Z I O N E DELLA PARROCCHIA (¡1 \ L'accesso alla chiesa parrocchiale era disastroso, non t a n t o per la distanza, quanto pel tragitto del fiume Dora, scorrente t r a le poche case del comune di Tavagnasco ed il borgo di Settimo Vittone. Promotori dell'erezione della Parrocchia furono il Console Giovanni Lasbianca ed i Credenzieri Antonio De Filippone e Giuseppe De Colmia, unitamente ad alcuni Consignori di Tavagnasco, cioè i Soleri d'Ivrea ed i Conti di Montestrutto. Monsignor Bonifacio della Torre, Vescovo di Ivrea, aderendo alle suppliche ed alle cause addotte dalla Comunità e dai precitati Consignori, con suo decreto del 9 luglio 1409 erigeva nel territorio della Comunità di Tavagnasco la chiesa parrocchiale, sotto il titolo di S. Margherita Vergine e Martire, con obbligo alla Comunità stessa di costrurre una chiesa con cimitero annesso, sotto il titolo stesso, nella piazza della Villa, accanto alla casa della Contraria di S. Spirito. Annessa alla chiesa doveva pure, a spese della Comunità, edificarsi la casa canonicale per l'abitazione di un sacerdote, il quale, con t u t t e le prerogative dei parroci, celebrasse nella chiesa da costruirsi gli offi&i divini, amministrasse i Santi Sacramenti e compiesse i funebri dei defunti della nuova Parrocchia. La chiesa doveva esser murata e coperta a volta, con un altare decente per conservarvi il SS. Sacramento; nella chiesa stessa 62 STORIA DI TAVAGNASCO dovevasi costruire il fonte battesimale. All'altare della nuova chiesa dovevano trasportarsi le indulgenze ed i privilegi di un certo altare, anticamente costrutto dal nobile Pietro de Solerio, in detta villa di Tavagnasco, altare che venne occultamente e temerariamente distrutto, in un coll'oratorio, ove esso si trovava eretto. Da quest'inciso della Bolla di Bonifacio lì risulta che Tavagnasco, nel 1409, non aveva neppur un Oratorio, poiché l'antica chiesuola, eretta dal nobile Pietro de Solerio d'Ivrea, era stata violentemente ed occultamente a b b a t t u t a da vandali ignoti. Secondo una costante tradizione questa umile chiesuola, in onore di S. Margherita e dei Ss. Sebastiano e Barnaba, si trovava alla sommità dell'attuale via di S. Barnaba, ove ancora si vede un affresco sopra la casa dei fratelli Balla. Il decreto di Monsignor Bonifacio motiva il provvedimento di smembrazione dal fatto che il popolo di Tavagnasco, per le difficoltà di accedere alla Chiesa Plebanale di S. Lorenzo, stante il corso del fiume Dora, fra i due borghi, non poteva essere religiosamente assistito. " Molte persone, per la povertà, non potevano pagare il porto del transito della Dora, e per mesi e mesi restavano appartati dalla chiesa, senza sentire la Santa Messa, nè visitare la chiesa parrocchiale, nè assistere ai divini offici, nè ricevere i Santi Sacramenti, quale si conviene a buoni cat- L'EREZIONE DELLA PARROCCHIA tolici. Essi rimangono lontani dalle funzioni divine e vivono come bestie, intenti solo alle occupazioni materiali ed ai negozi secolari „. Manent, dice il documento, tanquam bestia in bestiali negotio, et bestiali opere intenti „. La Bolla vescovile ripetutamente, in due incisi, menziona che la Pieve di Settimo Vittone è ricca di proventi e redditi, meglio di qualsiasi altra chiesa della Diocesi, e quindi il Pievano può benissimo provvedere abbondantemente alla sua sostentazione ed al decoro della sua chiesa senza le sovvenzioni della misera popolazione delle 40 famiglie della Villa di Tavagnasco. Perciò dovendosi solo e sempre avere innanzi agli occhi la salute delle anime, ed a questa al di sopra di t u t t o pensare e provvedere, per debito d'ufficio pastorale, e per autorità ordinaria, di cui il Vescovo è rivestito, e per concessione del diritto canonico : " Serie ordinamus in honore Christi, B. Marice Virginis gloriosce, Apostolorum Petri et Bauli, et inclitorum Martirum Sabini, Bessi et Thegidi, nec non B. Virg. et Mart. Margherita, cuius sub nomine ac vocabulo est infrascripta Ecclesia construenda et consecranda ecc debere construere et dedicari et consecrari „. In onore di Cristo, delia B. e Gloriosa Vergine Maria, dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo e degli incliti martiri, nostri patroni i Santi Savino, Besso e Tegolo, e della Beata Vergine e Martire Santa Margherita, sotto il cui nome e titolo deve consecrarsi la nuova Chiesa, seriamente ordiniamo e decretiamo che venga edificata, dedicata e consecrata la precitata Chiesa. (Dalla Bolla Vesc. di erezione). Il decreto concede, in vista della dotazione che il Comune f a r à della nuova chiesa, alla Comunità ed uomini di Tavagnasco il diritto di presentare il sacerdote da investirsi quale parroco della chiesa parrocchiale erigenda " per predictos homines et Comunitatèm Tavagnasei tanquam Patronos diete ecclesice construendee et per nos et succegsores nostros confirmandus et instituendus „. La chiesa dovrà pure corrispondere al Pievano della chiesa di S. Lorenzo in Settimo, a titolo di matricità, quelle tassazioni dal Vescovo fissate " reservando Plebano antiquee ecclesice Septimi per nos moderando taxatione ipsius juris nobis impositum reservata „. In seguito a questo decreto la Comunità lavorò alacremente per o t t e n e r e dal Duca di Savoia, Amedeo V i l i , il permesso di costrurre la nuova chiesa, ed in d a t a 13 luglio 1409 Sua Altezza Ducale e m e t t e v a il rescritto favorevole. La popolazione si mise allora in opera e la chiesa in breve t e m p o venne edificata. Questa non era certo delle proporzioni, nè della eleganza architettonica della presente; era una modesta chiesuola, poco più grande della (G. Accotto) (pag. 60) L'EREZIONE DELLA PARROCCHIA (55 attuale chiesa del Gesù, con portico antistante, sotto il quale il Podestà rendeva giustizia, con una sola navata, capace di contenere appena 300 persone o poco di più. In fondo vi era una tribuna riservata alla Confraternita del Gesù, quando questa nel 1545 si installò in detta chiesa, e alcuni altari di modeste proporzioni eretti nei secoli posteriori. F r a gli altari si notavano quello della Confraternita di S. Sebastiano, del Gesù, dei santi Barnaba e Bernardo, in cui trovavasi la cappellania del prete Bernardo Piasotto, eretta con suo testamento 1632. La lite della Parrocchia. # o Edificata la chiesa, e costrutto il cimitero annesso, quella rimase senza sacerdote e questo non potè accogliere le salme dei defunti. Il pacifico e canonico riconoscimento della nuova Parrocchia venne fieramente contrastato dal Pievano Vincenzo Ubertino dei Signori di Settimo e dai nobili suoi parenti, i Signori feudatari. Sgraziatamente mancano i primi documenti di questa lunghissima lite, ma dalle memorie rimaste in archivio e dagli atti del 1444, si desume che la prima opposizione venne per i pretesi diritti di Matricità e per un certo scrupolo di coscienza di volere invariato t u t t o quanto il territorio della Pieve. Nel 1432, il 7 agosto, intervenne una con- ftg STOMA TU TAVAGNASCO venzione t r a la Comunità e il Pievano, ma senza alcuna conseguenza. P e r d u t a ogni speranza di amichevole soluzione, il Comune ricorse alle vie legali, e citò il Pievano ed i Consignori di Settimo al tribunale del Vescovo. Monsignor Giovanni Parella, con a t t i citatori del 15 dicembre 1443, faceva obbligo alle p a r t i di trovarsi nel Palazzo vescovile il 22 dicembre all'ora 21 per rispondere del f a t t o di opposizione al decreto di Mons. Bonifacio, circa l'erezione della nuova Parrocchia in Tavagnasco. La lite fu a b b a s t a n z a speditiva; il Comune insisteva sulle motivazioni, menzionate nella stessa Bolla dell'erezione, e Mons. Di Parella sposava a p e r t a m e n t e la causa, dichiarando che le richieste erano " justa et honesta, quindi non sunt negando, „ giuste ed oneste, quindi da accogliersi. Il Pievano ed i Consignori del Castello di Settimo, fin dalle prime comparse, negarono sfacc i a t a m e n t e le cause esposte dalla popolazione di Tavagnasco. Secondo loro, il t r a g i t t o del fiume D o r a , non p o r t a v a gravi inconvenienti, perchè nella maggior p a r t e dell'anno il fiume è guadabile, e quando ciò non è possibile, vi è sempre la barca per t r a n s i t a r l o . Non vi è più di un miglio per accedere alla chiesa di S. Lorenzo ; inoltre è falso che il Pievano di Settimo sia ricco, e che nessun d e t r i m e n t o finanziario possa a v e r n e colla sottrazione della popolazione di Tavagnasco. LA LITE DELLA PARROCCHIA 07 Colla costruzione della chiesa di S. Margherita in Tavagnasco, autorizzata da Mons. Bonifacio, il Pievano, t u t t e le feste, vi provvede ora in essa la celebrazione della S. Messa, ed una o due volte alla settimana si p o r t a a d e t t a chiesa per funzioni. Quindi le istanze non sono da accogliersi, anzi il Pievano, i Signori di Settimo Vittone ed il Comune stesso di Settimo, si oppongono all'erezione della Parrocchia (Comparsa 8 - 1 1444). In u n ' a l t r a Comparsa (14 gennaio 1444) il Pievano e Consignori impugnano la Procura ed il Mandato del Console Antonio De Lasbianca, e Credenzieri, ed invocano le pene contro i falsari, giacché la Comunità, ed i Capi famiglia non li h a n n o autorizzati alla lite. Ma il 20 febbraio, stesso anno, i Credenzieri facendovi riserve di comprovare la regolarità del Mandato e la legale Procura in capo al nobile Domenico De Solerio, insistono che la distanza della chiesa di S. Lorenzo è l a m p a n t e m e n t e , e dimostrato dal f a t t o che, a mitigare quest'incomodo, ai fedeli di Tavagnasco, fu già, ab antico, concesso di usare l'antichissima chiesa di S. Leodigario, posta poco fuori del borgo di S e t t i m o , in piano, e quivi soddisfare il precetto pasquale, e seppellire i loro defunti colle relative funzioni funerarie. Ridicolo asserire che la Dora sia guadabile, essendovi abbondantissima acqua anche in febbraio, che pur è periodo di magra. P e r altra p a r t e LA L I T E D E L L A il Vescovo Bonifacio, avendo autorizzato l'erezione della chiesa di S. Margherita, ne consegue che questa debba esser Parrocchia. 11 Pievano ed i Consignori, con a t t o rogato nel Castello di Settimo il 9 marzo 1444, con intervento anche dei signori Giovanni e Francesco, Consorti della Valle di Montalto, ribeccano t u t t e le deduzioni di Tavagnasco; ma ornai la causa era vinta, e Mons. De Parella, il 19 marzo 1444, emanava la sentenza di separazione della Villa di Tavagnasco dalla pievania di S. Lorenzo martire in Settimo Vittone, erigendo una nuova Parrocchia nella chiesa di S. Margherita in Tavagnasco, con giurisdizione in t u t t o il territorio del Comune, nei modi e forme e coi privilegi del decreto di Monsignor Bonifacio della Torre 9 luglio 1409. La sentenza venne p o r t a t a a Losanna per la apostolica ratificanza di P a p a Felice V. Strana coincidenza di avvenimenti storici; già ho accennato che si era al tempo dell'ultimo scisma religioso. Nel 1444, nella Chiesa, vi erano due Papi, ed è noto come a Basilea, in Svizzera, erasi legittimamente convocato un concilio di Cardinali e Vescovi per rimediare ai gravi mali della cristianità. Ma l'assemblea degenera in seduta tumultuosa e, deposto Papa Eugenio IV, nomina il 5 novembre 1439, quale Papa, il Duca Amedeo Vili di Savoia, che assume il nome di Felice V, ottenendo l'obbedienza dei Vescovi piemontesi, savoiardi, francesi PARROCCHIA (39 e vari altri. Eugenio IV, a Roma, continua aver l'obbedienza del restante della cristianità. Felice V lissa la sua sede pontifìcia in Losanna, ed k in questa città che i rappresentanti del Vescovo d ' I v r e a e del Comune di Tavagnasco presentano la sentenza di erezione della Parrocchia per l'apostolica approvazione. Felice V il 6 novembre 1448 pone l'approvazione agli atti del Vescovo eporediese colla solita forinola: " Nulli ergo omnino homini liceat hanc prcesentem rneam approbationis, confirmationis et constitutionis infringere vel ea ausu timerario contraere signis aut attemptare; sumpserit indignatione omnipotentis Dei et Beatorum App. Petri et Bauli se noverit incurrendi. Datum Lausanne octavo idiis novembris anno a nativitate Domini 1448 Pontificati nostri anno 9° „. Nessun pertanto ritenga per lecito di infirmare o con qualsiasi atto temerario opporsi od attent a r e a questa mia presente approvazione e conferma della erezione in parola ; sappia che incorrerebbe nell' indegnazione di Dio Onnipotente e dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo. Losanna 6 novembre 1448, anno 9° del nostro Pontificato, Felice V Papa. La Parrocchia di Tavagnasco, unica nella storia della Chiesa eporediese, ottenne la sanzione della sua esistenza canonica da un a t t o papale di Felice V, di Casa Savoia, quello stesso che già quar a n t a n n i prima, come principe laico e duca del Piemonte, acconsentiva il 13 luglio 1409 alla Comunità di Tavagnasco la costruzione della Chiesa. Felice Y, il 7 aprile 1449, abdicò a Losanna il papato, ed il Pontefice Nicola V lo nominò Cardinale di Sabina e Legato Apostolico in tutti i paesi, dove, quale antipapa, aveva avuto l'obbedienza. In tal modo finì l'ultimo scisma nella Chiesa Romana. L'erezione Canonica della nostra Parrocchia ebbe, colla rinunzia di Felice V, una legittimazione sommaria dal vero P a p a di Roma, essendosi sanzionati t u t t i gli atti emanati da Losanna. Ditatti nella causa papale, agitata dal Comune contro i Signori di Settimo nel 1663-1665 nella Curia Romana pel fatto del jus P a t r o n a t o e del diritto del banco nella Chiesa Parrocchiale, la Santa Sede tenne in benigna considerazione la Bolla di P a p a Felice V del 6 novembre 1448, e sentenziò in favore del Comune di Tavagnasco. CAPO VI. I DIRITTI DOTE S. DI MATRIC1TÀ - IL P R I M O DELLA BARNABA CURATO P A R R O C C H I A - BENEFICIO - BENEFICIO DI DI PATRONATO BALLA - I LEGATI AL BENEFICIO - C R O N O LOGIA DEI P A R R O C I - SERIE DEI CURATI. I diritti di Matricità. La sentenza 19 marzo 1444 di Mons. Parella costituì definitivamente la Parrocchia, e mentre i Cursori vescovili davano corso alle formalità delle intimazioni della Sentenza alla parte avversa, e, nella chiesa della Pieve di S. Lorenzo, veniva pubblicamente annunziato il Decreto Vescovile, la Comunità spiava le mosse del Pievano e dei Consiguori di Settimo, per premunirsi in caso di un eventuale appello. L'appello non venne; si intavolarono subito le pratiche per fissare i diritti di Matricità e definire le riserve sollevate dal Pievano quale titolare della Chiesa Madre. Mons. De Parella incaricò i famosi giusperiti Giorgia De Gromo e il prete Pietro Cantone a definire la vertenza, e, con ¡strumento rogato da 72 STORIA DI TAVAGNASCO Enrico Vigna De Ponte, in data l'3 marzo 1448, fu stabilito " che in segno di smembrazione il Comune ed i parrocchiani di Tavagnasco, insieme col parroco, ogni anno dovessero portarsi colla Croce processionalmente alla Chiesa Matrice di S. Lorenzo in Settimo Vittone nella festa di San Lorenzo e quivi ascoltare la Messa, offerendo un cero di sei libbre alla Chiesa, ed al Pievano prò tempore soldi sei, pari a t r e grossi di Savoia. Ed in tal modo portarsi pure a detta Chiesa Matrice il secondo giorno dopo Natale e Pasqua, nella festa di S. Leodigario, ed il terzo giorno di Pentecoste „. Ma la Comunità e la popolazione, fin dal primo anno non si portò, perchè non fu possibile organizzare la processione. Console e Credenzieri si recarono privatamente e pagarono i diritti di Matricità. I n t a n t o il Pievano Ubertino, l'oppositore della nuova parrocchia, permutò il suo beneficio nel 1457 col Canonico Giovanni dei Signori di S. Martino di Yische, e questi con a t t o 26 febbraio 1460, rogato Ardissone Lasbianca, esonerò la Comunità e la popolazione di presentarsi processionalmente alla Chiesa Matrice, ma fu convenuto che il Console ed i Credenzieri, insieme col proprio parroco, privatamente, si presentassero alla Chiesa di S. Lorenzo, nel giorno della festa titolare, ed offrissero il cero di sei libbre, ed i tre grossi di Savoia. I DIRITTI DI MATRIOITÀ 73 " Per le feste di S. Leodigario, secondo giorno di Natale, Pasqua e terzo giorno di Pentecoste, più non fossero tenuti presentarsi, ma, a titolo di decima, la Comunità, a mezzo dei Consoli e Credenzieri, dovesse presentarsi in perpetuo a S. Lorenzo in modo privato nel giorno di S. Martino e pagare, a titolo di esenzione dell'offerta, dovuta nelle quattro precitate feste, 20 grossi di Savoia. In caso di mancato adempimento il Pievano prò tempore potesse prendere ipoteca sui beni del Comune e di ogni proprietario Agente, Console o Credenziere Comunale prò tempore „. Il 21 gennaio 1491 il Pievano D. Martino De Advocatis faceva rinunzia di questi diritti, ma ne nacque una lite. Il 2 luglio 1493 una Sentenza arbitrale annullava tutti i diritti della Matricità ; il Comune pagava però al Pievano, con a t t o 29 novembre 1493, di cui trovasi l'originale in Comune, 80 fiorini di Savoia in dipendenza, dice la quietanza, dell'atto rogito Giov. Batt. di Buronzo il 2 luglio 1493. L'atto di pagamento, avvenne nell'Ospedale di S. Andrea di Vercelli, nella sala superiore, presente il fratello del Pievano, rettore dell'Ospedale. Il Pievano Grassis Polato, il 4 agosto 1690, intavolò presso il Tribunale Vescovile di nuovo la causa dei diritti di Matricità, ma dopo un anno terminò colla piena vittoria per Tavagnasco. Il Primo Curato. Fissati i canoni per i diritti di Matricità alla Chiesa di S. Lorenzo, il Comune e Capi famiglia procedettero alla nomina del primo Curato (10 gennaio 1445). Estensore dell'atto fu il notaio Ardissone Lasbianca, ed il nominato fu il prete Don Giacomo Vola, da Brosso, già cappellano della Chiesa di S. Margherita, durante la lite della Cura. Il Console Giovanni De Benedetto, nel giorno seguente, promosse dal Vescovo la sollecita investizione del nominato, avvenuta il 24 aprile 1445. Appena il Curato Vola fu in possesso della Parrocchia, il Comune indisse la pubblica vicinanza dei Capi famiglia ed il 2 aprile 1446, sulla pubblica piazza, il Console e la Credenza, avuto il consenso dei 40 Capi famiglia, costituiva la dote alla nuova Parrocchia con beni comunali. Il notaio Ardissone Lasbianca fu l'estensore dell'atto. finaggio di Tavagnasco e suo territorio, nel luogo detto Gerbione o Caudana " loco dicto alli Zerbioni alias La Caudana „. Sono descritte 17 coerenze di privati ed una del Comune. 2° Una casa, presso la Chiesa, colla corte. 3° Una pezza di Gerbido in via Croce sopra la via pubblica in parti uguali col Comune. 4° Una pezza Bosco-donni colle coerenze di Martino de Puteo (Pozzo), Guglielmo de Gnorra e Pietro de Conso. 5° Una pezza di Gerbido in regione Mondea sopra la via pubblica. 6° Una pezza di Gerbo e rocca alla Sengia di Cotta colle coerenze della Comunità e Giovanni de Tadeo, Pietro de Franchino, e da altra parte " parietis magnw rupis „ la gran parete della rupe. I sopradescritti stabili il Comune, col consenso dell'università di tutti i vicini (capi famiglia) li rimetta al Parroco, quale dote del beneficio parrocchiale. Dote della Parrocchia. Benefizio di S. Barnaba L'atto Lasbianca descrive minutamente i beni stabili che vengono dal Comune assegnati al P a r roco : 1° " TJnam petiarn terree, etc. „. Una pezza di t e r r a prato, campo e gerbido dell'estensione " quattuor bona jugera et circa, sita in finibus et territori Tavagnasci „, di circa quattro giornate nel Nel 1632 il Prete Bernardo Piasotto Curato di Villata Vercellese, con suo testamento, conservato nel Comune, fra i tanti suoi eredi istituiva altresì erede la Cappella dei Ss. Barnaba e Bernardo, eretta nella Chiesa parrocchiale di Tavagnasco, cui legava gli stabili Rivetta, prato di 76 STORIA DI TAVAONASCO tavole 20 e 3 piedi; Vigna alli Pretti di tavole 10 ed un orto al Ronco di tavole 5, più il censo di 100 ducatoni verso il Comune di Tavagnasco di cui all'atto di mutuo 7 giugno 1780, con obbligo di nominare, per parte dei suoi parenti fino al quarto grado, il Cappellano di detto altare dei Ss. Barnaba e Bernardo perchè vi celebri tre messe settimanali. 11 Cappellano sarà sempre il Parrocco protempore; di qui ne segui che alla morte dei parroci, i patroni della Cappella di S. Barnaba, finché non si estinse la parentela del P r e t e Piasotto, nominavano il Cappellano, previo accordo col Comune, e questi coi Capi famiglia nominavano poi il Parroco nella persona del Cappellano stesso. Così si fece il 1 maggio 1669 per la nomina del Curato Bernardo Franchino. Ma la famiglia subito si estinse e la nomina del Cappellano di S. Barnaba passò al Comune, il quale finì di conglobare al Beneficio Parrocchiale la dote di S. Barnaba. Benefizio di Patronato Balla. Con testamento 19 giugno 17 53 la famiglia Balla, da cui uscirono Religiosi insigni, fondava una cappellania laicale col capitale di fr. 1500 in t a n t i censi fruttanti L. 60 annue. 11 parroco investito di questo reddito doveva celebrare N. 52 messe all'altare del Rosario. I LEGATI AL B E N E F I C I O 77 I legati al Beneficio. Con ¡strumento 24 dicembre 1782, rog. Campiglie, Girodo Martino, permutava colla Parrocchiale lo stabile: Campo - regione Chiossure o Monclea di tav. 12,6 cedendole la vigna Pretti di tavole 18 e piedi 4, che unite alle 16 tavole già preesistenti del beneficio di S. Barnaba, si ha l'attuale vigna dei Pretti ni tavole 34 circa. Con altro ¡strumento 22 dicembre 1782, rogito Campiglie Giovanetto Domenico, donava il campo di Chiossure, che unito al legato di Anna Maria Franchino, rog. Allera, 17 maggio 1818, si ebbe l'attuale orto della Parrocchiale di tavole 29 circa col peso di 4 Messe cantate annue. Con testamento Canetto, 10 dicembre 1906, Anna Maria Cerei legava al beneficio gli stabili, col peso di 4 Messe cantate annue ; Prelle prato di tav. 25,6; Chiossure prato di tav. 14,6. L'attuale Beneficio Parrocchiale resta così costituito in giornate 6 e t a v . 31 circa, più un legato f r u t t a n t e L. 85 annue circa, col peso delle SS. Quarantore. Oltre a ciò vi" sono alcuni titoli nominativi proventi di piante di alto fusto e altri censi riscattati. 11 Governo Napoleonico concedeva la congrua di L. 600 annue, portata dalle leggi in vigore a L. 2500, corrisposte dal R. Economato ogni anno. CRONOLOGIA D E I Cronologia dei Parroci. Il Parroco di Tavagnasco, fin dall'erezione della parrocchia, ebbe il titolo di Curato. Primo Curato fu il Prete : Giacomo Vola, da Brosso, nominato il 10 gennaio 1445. Resse la parrocchia fino il 2 aprile 1491, anno della sua morte. Anni sono fu collazionato un Catalogo dei Curati e messo in un gran quadro in Sacrestia. Figurano un Prete Giolito Marco ed un altro, curati immediati successori di Don Vola. Il Marco Giolito ed il Francesio non furono mai parroci, forse solo coadiutori, nell'età senile del Don Vola. L'atto di istituzione canonica del Curato Giov a n n i Lasbianca, secondo parroco, venne rogato il 10 novembre 1491 da Pietro Tibaldo da Tavagnasco. F r a i testi apparsi in quest'atto vi è precisamento il prete Don Marco Giolitto, e l ' a t t o dice é'spressamente che il prete Giovanni Lasbianca " fu nominato dal Comune e uomini di Tavagnasco causa obiti Presbiteri Jacobi Vola „ per motivo della m o r t e del prete Giacomo Vola, curato, morto il 2 aprile 1491. L'elenco fe quindi errato ; dagli atti di nomina dei parroci, esistenti in Comune, e bolle di investizione, risulta vero ed autentico il seguente catalogo, già pubblicato vanni Saroglia nella sua che concorda pienamente e Vescovili dell'Archivio PARROCI 79 dal Dotto Canonico GioEporedia Sacra, elenco coi documenti Comunali Comunale. Serie dei Curati, 1. Giacomo Vola da Brosso f 1491. 2. Giovanni Lasbianca da Tavagnasco che rinunziò (anno 1514) in favore di 3. Antonio Violetta da Tavagnasco f 1520. id. 4. Stefano Girodo t 1545. id. 5. Pietro Cornetto t 1554. id. 0. Antonio Girodo t 1594. id. 7. Giovanni Girodo t 1590. id. f 1598. 8. Martino Voletta 9. Bernardo Francesio, id., già parroco di Quincinetto nel 1590 f 1030. • 10. Giacomo Franchino da Tavagnasco f 1009. 11. Bernardo Franchino id. f 1092. 12. Bernardo Franchino id. f 1^30. 13. Martino Balla id. f 1753. 14. Martino Balla id. f | 15. Gian Martino Balla id. f. 10. Vittorio Girodo id. f 1859. 17. Bartolomeo Clemente Raga da Baio che rinunziò nel 1884. 18. Giov. Battista Arvat da Carema, promosso Canonico nella Cattedrale f 1897. 19. Stefano Caretti da Sale attuale Curato. Nelle nòmine dei parroci, sorse una opposizione per parte di. una fazione della Comunità e Capi famiglia nel 1730 per la nomina del prete Martino Balla, con Vicinanza. 12 marzo 1730. Ne nacque una lite, ma il Senato Reale, veduti gli atti, impose al Comune di sottoporre all'ordinario Vescovile d ' I v r e a la nomina del Martino Balla per. l'investitura canonica, rigettando le pretese del sacerdote Giuseppe Capra, economo. L ' a l t a r e della C o n f r a t e r n i t a del Gesù. (pag. 88) » CAPO VII. CONFRATERNITE E SOCIETÀ RELIGIOSE - F R A T E R N I T A DI S. S E B A S T I A N O - CON- CONFRA- T E R N I T A DEL S S . R O S A R I O - C O N F R A T E R N I T A DEL SS. SACRAMENTO - CONFRATERNITA DELLA D O T T R I N A CRISTIANA - C O N F R A T E R NITA DEL G E S Ù - I C A P P E L L A N I DEL GESÙ. Confraternite e Società religiose. V La più antica associazione religiosa, con finalità di beneficenza, era la Confraria di S. Spirito. Se ne parla nel capitolo 43 degli Statuti; ogni contrario deve pagare la sua quota cioè : vino nella vendemmia, biada nella festa di S. Michele, denaro in quella di S. Martino. Quadruplicata sarà la quota al contravventore. Un priore, eletto ogni anno, il Console e Credenzieri formano il Consiglio Amministrativo. La solennità di Pentecòste, fèsta generale della fratellanza, veniva solennizzata con un banchetto, cui partecipavano primi i poveri, ed anche i Contrari, se le finanze lo permettevano. Natale, Ascensione del Signore, Corpus Domini ed Assunzione della Vergine erano solennità prescritte per la distribuzione di viveri in pane, vino, castagne e carni. La Contraria aveva stabili ed una casa accanto alla vecchia Chiesa Parrocchiale. I più antichi c o n s e g n a m e l i noti'sono quelli rogati nella Chiesa Parrocchiale il 15 giugno 1496, in c a p o : 1° a Giovanetto Pietro per una mina di b i a d a ; 2° a P i e t r o di Lasbianca pel prato Neiro per due quart a r o n i di segala ; 3°.ad Marnano Antonio e F r a n c e s i Giovanni per cinque grossi di Savoia nella festa dell'Assunta; 4° ad Ottino Gnorra per t r e q u a r t a r o n i di biada nell'Ascensione del S i g n o r e ; 5° a Balla Antonio per una libra d'olio nella festa di Pentecoste, per una casa; 6° a Vola U m b e r t o per una pezza nei fini di Tavagnasco un grosso di Savoia; 7° a P e r o n e t t o di Lasbianca q u a t t r o denari nell'Ascensione; 8U a Ragio Antonio un censo di o t t o denari nell'Ascensione; 9° ad Antonio di Lasbianca q u a t t r o q u a r t a r o n i di castagne. I Signori di M o n t e s t r u t t o con a t t o r o g a t o il 28 gennaio 1499, nell'abazia di S. Stefano d ' I v r e a , consegnano a Giuseppe Sala un Censo in favore della Contraria di 15 q u a r t a r o n i di castagne bianche nella festa di S. Andrea, e due q u a r t a r o n i pure di castagne in capo a Giovanetto ed Antonio de Col mia. Il 5 s e t t e m b r e 1564 i signori Gastaldo ed Isabella dei Conti di S. Martino" consegnano a Bernardo Vercellotto col peso di due q u a r t a r o n i di biada e mezzo di castagne bianche, una gal- lina e sei quarti di grossi di Savoia. Anche il provento del torchio e l'infeudazione del medesimo si devolveva alla Contraria. Il 1° novembre 1518 P i a s o t t o Gregorio transò una lite, versando somme pel fatto di Amministrazione e tacitò altresì i reclami della pia Società di S. Sebastiano. Confraternita di S. Sebastiano. E antichissima, preesisteva alla stessa parrocchia, probabilmente e r e t t a nel vecchio sacello in capo alla via di S. B a r n a b a , d i s t r u t t o occult a m e n t e , come a p p a r e dalla Bolla di erezione della Parrocchia. L'altare vi godeva grazie ed indulgenze, t r a s p o r t a t e dalla Bolla del Vescovo Bonifacio, all'altare di S. Margherita nella Chiesa parrocchiale, di nuova erezione. Questa Confrat e r n i t a deve esser sorta dopo la terribile pestilenza che nel 1313 desolò l'Italia ed il Canavese. La finalità del Sodalizio era onorare il Santo per o t t e n e r e la protezione contro la peste e le malattie epidemiche. La Confraternita si estinse or sono 50 anni, s u b e n t r a n d o alla priorata di S. Sebastiano quella di S. Antonio. Nell'Archivio Comunale vi sono i conti resi dai Priori di S. Sebastiano a v a n t i ai Procuratori di Chiesa. Si STORIA DI TAVAGNASCO CONFRATERNITA I)ELI,A DOTTRINA CRISTIANA 85 Confraternita del SS. Rosario. Confraternita della Dottrina Cristiana. E' antichissima ed era eretta nella vecchia Chiesa all'altare del SS. Rosario. E' errato che sia stata fondata dal Curato Gian Martino Balla, come scrive il Can. Saroglia. Essa esisteva già fin dal ltìOO, ed il Giorgio Francesio nel 1654, rogato Girodo, faceva legati al Sodalizio. Attualmente non vi sono più Confratelli, canonicamente inscritti; il Priore viene eletto e raccoglie, in certe solennità, le poche elemosine dei fedeli, durante le funzioni. La Chiesa continua far celebrare per i defunti di questa Confraternita alcune inesse dopo le feste della B. Vergine. E r e t t a per zelare la frequenza ai Catechismi ; anche di questa Compagnia non vi rimane più alcun vestigio. Reca penosa sensazione considerare che t u t t e queste Confraternite non siano oggidì che ricordi di un passato, come i ruderi di un maestoso castello, che il viandante, nel suo passaggio, contempla mesto e silenzioso, pensando ad una vita religiosa, completamente trapassata. Fu appunto in occasione di una Visita Pastorale, quando il Comune fece il Coro e la Sacrestia della vecchia Chiesa verso il 1657, che Mons. Vescovo restò meravigliato di vedere attorno al Coro e sulle balaustre oltre 30 ceri dei vari priori e sottopriori delle Confraternite. Confraternita del SS. Sacramento. Era stata eretta per zelarvi l'adorazione al SS. Sacramento e curare un accompagnamento devoto e numeroso quando vien recato in Viatico. Teneva solenni processioni alle terze di ogni mese attorno alla Chiesa Parrocchiale. Attualmente più non vi sono Confratelli ; quale memoria del pio Sodalizio, si impartisce la benedizione col Venerabile, dopo la messa Parrocchiale la terza domenica d'ogni mese. Confraternita del Gesù. E l'unica Confraternita superstite, con Chiesa propria. La sua origine si deve ricercare nelle predicazioni di S. Vincenzo Ferreri. Questo santo fu l'apostolo della Spagna, Francia ed Italia, durante la desolazione dei scismi religiosi del quattrocento. Le popolazioni Canavesane, infervorate dalle sue predicazioni, si unirono in Corporazioni e gli ascritti, in onore della flagellazione del Signore, percorrevano le città e campagne in lunghe processioni penitenziali, praticando la flagellazione. Alle opere penitenziali, unirono le opere caritatevoli verso i poveri, nelle varie manifestazioni delle opere di misericordia, ricordate dal Vangelo. Nobili e plebei si aggregavano a questi devoti consorzi, noti sotto il nome di Battuti, e, scelta una Chiesa, ivi tenevano le loro adunanze religiose e corporative. Ad Ivrea la corporazione scelse l'oratorio del recluso frate Giacobino, annesso alla Cattedrale, occupando i locali dei Soleri. La Confraternita, mal veduta, e presa in diffidenza dalla nascente dominazione sabauda, venne sbandata dal Vescovo. I Confratelli resistettero, non solo, ma malmenarono in malo modo il Segretario Vescovile, nipote del Vescovo (anno 1399). Eliminate le diffidenze, sorsero le Confraternite fiorenti in t u t t o il Canavese, ed a Tavagnasco, con a t t o rogato Giorgio Piasotto 19 aprile 1540, veniva costituita la Confraternita dei disciplinanti, sotto il titolo della Madonna degli Angeli e del SS. Nome di Gesù. Postulatori del sodalizio erano i signori Lasbianca Ardissone, Girodo Gregorio, Martino Violetta, Giacomo Piasotto a nome proprio e di molti altri di Tavagnasco. La Confraternita ebbe la sua sede nella Chiesa parrocchiale, sopra una tribuna da farsi, sulla quale doveva pure trovarsi l'altare confraternale. Fine della Compagnia e r a : imitare la vita di Gesù astenendosi dai vizi, e praticando opere di misericordia e di suffragio ai defunti. Con lettere Vescovili 19 aprile 1540 il Vicario Generale approvava la Confraternita. Non tardarono gli urti fra Parroco e Confratelli. — L'antichissimo libro delle nomine degli ufficiali, cominciato il 18 aprile 1540, dopo le elezioni dell'anno 1585 ha una n o t a : " in tale anno furono portate a casa dei Confratelli tutte le cose e arredi della Compagnia „. " Et prima un banco a casa del prete Antonio e soi nipoti di Girodo Petro pià la croce granda a casa lorro. A casa di Gregorio Girodo la catedra et un banco; pià a casa di Giorgio Balla cento cappe e le tovaglie, più i libri nel suo archivio „, e così vengono elencati tutti gli oggetti portati via dalla Chiesa parrocchiale. Per tredici anni più non sono segnate alcune nomine; vengono riprese nell'anno 1598 con la nomina dei Priori ed Ufficiali. Nell'anno 1600 i Confratelli, con atto 1° maggio rogato Francesio, acquistarono l'area su cui sorge l'attuale Chiesa del Gesù. Il 31 marzo 1614, si nominarono i procuratori nelle persone dei Confratelli Girodo Giov. Battista, Bertino Pietro, Franchino Antonio e Piasotto Giovanni per la raccolta dei denari ed ultimare i lavori della Chiesa Confraternale. Mancano alcuni libri di Ordinati e non può fissarsi quando la Confraternita sia stata ultimata. Certo che nel 1642 già in essa vi si funzionava; il provvido Pantaleone Alberto da Issime, con suo testamento 18 ottobre 1642, lega lire mille con obbligo celebrare in t u t t e le domeniche e feste di precetto la S. Messa nella Chiesa della Confraternita dal Cappellano a comodità del popolo. Benefattore insigne fu il Giorgio Francesio, che in vita spese somme per la Chiesa. Il magnifico altare in legno, con doppio ordini di colonnati a spirale, in bel barocco, con preziosa tela, figurante la Circoncisione del Salvatore, è dono di questo pio e devoto Confratello. Morendo, con suo testamento 30 agosto 1654, legava due censi del capitale di L. 125 caduno, rogiti Girodo 1646 e Bochis 1653. Lega inoltre una lira una volta tanto alle Compagnie di S. Sebastiano e del SS. Rosario, erette nella Chiesa Parrocchiale di Tavagnasco. Con testamento 9 novembre 1755 rogato Capra Joannes Francesco lega L. 1500, col peso di una Messa settimanale nella Chiesa della Confraternita. Detta somma fu ceduta in mutuo ai Procuratori della Chiesa Parrocchiale, quando si edificava l'attuale Chiesa. Nella Confraternita prese poi incremento l'opera del mutuo contro l'usura. I Cappellani del Gesù. Fin dal 1600 compaiono i Cappellani della Confraternita del Gesù. Essi oltre alle funzioni del Sodalizio dovevano altresì fare scuola. Antichissimi sono i capitolati delle loro nomine ; venivano fatte dalla Credenza del Comune, che corrispondeva una somma a carico del bilancio, in unione col Priore della Confraternita. Lo stipendio non raggiunse mai, compreso l'alloggio, le 400 lire. II. Cappellano doveva funzionare la Confraternita, celebrando in tutti i giorni festivi all'alba la Messa, prestarsi per le confessioni. 11 rogito Cagnassione fissa pure i suoi diritti nelle sepolture e gli obblighi del Parroco verso questi. Nel 1785 quando il Comune progettò l'attuale Casa Comunale fissò l'alloggio del Cappellano nelle stanze ora occupate dall'Archivio e Segreteria. CAPO V i l i . IL C I N Q U E C E N T O : CONDIZIONI POLITICHE-RELI- G I O S E : L ' E V O M O D E R N O : LA L O T T A S T A T U T I - LA LOTTA DEGLI S T A T U T I - IL PER DEGLI L'OSSERVANZA COMUNE. Il Cinquecento Condizioni politiche-religiose - L'Evo Moderno La lotta degli Statuti. La scoperta dell'America, f a t t a da Cristoforo Colombo nel 1492, aprì ai popoli d ' E u r o p a un nuovo orizzonte nel campo della nautica e della geografia. Gli Europei si diressero al nuovo Mondo, lo conquistarono con immenso vantaggio al commercio. Si introdussero in Europa nuove materie, quali il cotone, i tabacchi ed altri generi che costituirono quei grandi fatti d'ordine economico, designanti il trapasso del Medio Evo all'Evo Moderno. Ma sorse pure un nuovo f a t t o politico. La feudalità è quasi a t t e r r a t a ; le varie Signorie, sorte e consolidatesi nei secoli xiv e xv, h a n n o accentrato nelle loro mani i grandi feudi, sopprimendo e restringendo q u a n t o poteva esser d ' i n t o p p o al loro p o t e r e assoluto. La caduta d e l l ' I m p e r o R o m a n o d'Oriente in m a n o dei turchi, colla presa, di Costantinopoli nel 1453, portò in Italia t u t t i quei dotti e scienziati che r a p p r e s e n t a v a n o il patrimonio classico dell'antichità. Si determinò così un nuovo f a t t o intellettuale, noto sotto il nome di Rinascimento nelle a r t i e scienze. Le corti di Firenze, d ' U r b i n o , di Roma, F e r r a r a e Napoli divennero centri di coltura. L'invenzione della stampa, le istituzioni delle università ed il mecenatismo, d a t o alle scienze da Papi e Principi, contribuirono l a r g a m e n t e allo sviluppo di questo nuovo movimento intellettuale, che culminò in Italia e fu non ultima causa della r i f o r m a protestantica. Vero è che alla diffusione del P r o t e s t a n t e s i m o concorsero cause politiche e religiose. Il t r a s p o r t o della S. Sede ad Avignone ed i conseguenti scismi rilassarono la disciplina e la severità dei costumi nel clero. Inoltre la vita scandalosa di alcuni P a p i ed il fasto mondano di non pochi Cardinali, piutt o s t o guerrieri che sacerdoti, posero la Chiesa in condizioni sì interne che esterne da favorire una presa d'assalto, anziché porla in s t a t o di difesa. Anche da noi si n o t a v a un certo disordine nel clero. E r a n o prebende, accordate a semplici tonsurati, che neppur si ordinavano in sacris, e gestivano le chiese e parrocchie a mezzo di sacerdoti. E r a il riflesso di un gran male che t o r m e n t a v a ed inquinava t u t t a la vita e l'organismo della Chiesa. 92 STORIA DI TAVAGNASCO La Francia aveva mire cupide in Italia, e dopo l'insuccesso di Carlo V i l i colla sua calata per la conquista del Napoletano, nel 1498, Luigi XII ritenta l'impresa. Col t r a t t a t o di Granata (11 novembre 1500) Francesi e Spagnuoli sono uniti per spodestare Federico III di Napoli, ma vengono in guerra fra loro quando si spartirono la preda. 11 nostro Massimo d'Azeglio illustrò questi tristi fatti nel suo Ettore Fieramosca. Mentre queste imprese belliche tormentavano la vita politica d'Italia, Tavagnasco sosteneva la sua guerra, non cruenta, ma non meno accanita. La lotta per l'osservanza degli Statuti. Giovanni Giacomo, figlio del signor Arnaldo di Settimo, nel gennaio 1500 entra in Tavagnasco e sulla piazza siede al banco del Podestà, amministra la giustizia, punto curandosi delle prescrizioni e liberalità degli Statuti. Ai vani reclami del Console e Credenzieri, la Comunità e uomini si appellano al Duca di Savoia. Il ricorso ha due parti; nella prima si espone il diritto di fatto. Tavagnasco ha Statuti e secondo questi domini partecipantes in jurisditione teneatur singulo anno eligere un buon uomo per la carica del Podestà, questi, prima di immettersi nell'esercizio del suo ufficio, deve giurare di osservare gli Statuti. Da oltre un mese Giovanni Giacomo dei LA LOTTA L'ER GLI STATUTI 93 Signori di Settimo, dicendosi Podestà, siede in tribunale, e punto curando di esibire le patenti di nomina a tale officio, intavola processi, pronuncia condanne. Invitato a giurare l'osservanza degli Statuti ed attenersi alle loro prescrizioni, non solo rifiuta, ma procede contro i Credendari e lo stesso Console. 11 ricorso viene accolto; il Duca Filiberto, con lettera del 1 aprile 1500, manda a citare il signor Giacomo Giovanni di Settimo a presentarsi innanzi al Magnifico Consiglio Ducale della propria residenza e giustificare il suo operato. 11 processo si svolge non solo contro il signor Giovanni Giacomo, ma anche contro Lodovico de Martignone Clavario della Curia di Tavagnasco. Essi debbono rispondere del mancato giuramento di osservanza degli Statuti e dell'atto arbitrario di procedura contro il Console, Credenzieri ed altri uomini condannati di 10 fiorini di multa. Questo singolare processo si svolge accanitamente da ambi le parti. I Signori di Settimo vogliono consolidare più autocraticamente quel residuo di signoria rimastale in forma giurisdizionalmente per il diritto feudale; ma i privilegi e le liberalità, accordate nei secoli passati, volenti o nolenti, più non si possono revocare. Col dominio sabaudo, estesosi da due secoli nelle nostre vallate, la loro signoria era subordinata al vassallaggio verso questa Casa. STORIA D I TAYA6rNASCO Questo processo lungo e minuto rivela t u t t a la pedanteria meticolosa delle curie forensi di quel secolo. Sono comparse, contro comparse, testimoniali e memoriali. Mandati e testimonianze interminabili, e dagli atti, esistenti in Comune (quattro grossi volumi in formato di foglio), risulta che i legulei del cinquecento bizzanteggiavano in modo accademico straordinario. La lite dura dodici anni ed i procuratori delle due parti sfoggiano in comparse settimanali con una puntualità inappuntabile, ribeccando sarcasticamente gli argomenti e le prove della tesi avversaria. Molti sono i documenti allegati nella causa e da essi si conosce quale fosse il diritto vigente in quei tempi, e quali le liberalità e le autonomie del diritto comunale. La nomina del Podestà veniva f a t t a con a t t o notarile dai vari Consignori partecipanti in giurisdizione su Tavagnasco. Il signor Giovanni Giacomo di Settimo, l'attore della causa, fu nominato con a t t o 13 novembre 1499, rogato Bernardino De Alberto. I Consignori intervenuti a quella nomina lo costituirono Podestà " in hornines omnes, singulos et personas et subclitos, dicto loco Tavagnaschi, una cum omnibus emolumentis, onere et ìionore „ ; sopra tutti gli uomini ed ogni singola persona ed abitanti in detto luogo di Tavagnasco, con tutti gli emolumenti, onori e pesi. LA LOTTA PER O L I S T A T U T I 95 11 4 aprile 1500 Giacomo Giovanni, Podestà, assumeva, per Clavario del Tribunale, Lodovico De Martignone, coinvolto anche lui nel processo. Ma questo avvocato fiscale, tale era il mandato del Clavario di Curia, diè filo da torcere ai Credenzieri di Tavagnasco. Con minuto memoriale, presentato il 17 giugno 1500, fa una contro deduzione di 25 quesiti, coi quali si sforza con abili cavillazoni impugnare la stessa autenticità degli Statuti. La causa assume intanto proporzioni grandiose. La Corte ducale deve intervenire ed il duca Filiberto con suo rescritto del . . . . giugno 1500 proibisce al Podestà ed " expresse, dice il rescritto, jubemus sub poena Centum librarurn „ di esercitare qualsiasi a t t o di giurisdizione contro gli uomini di Tavagnasco, e di non dar corso agli atti emanati " nec provvisu facias, nisi primo furato de observando eorum statuta et capitula „, perchè è pendente la lite innanzi al nostro Consiglio, e pel 15 luglio lo cita a comparire personalmente innanzi al Consiglio ducale nella città d'Ivrea, sotto la stessa pena in caso di mancata comparsa. Ma il podestà cavilla sull'autenticità del rescritto, onde è che la Comunità presentò una nuova supplica al Duca, accusando naturalmente il Podestà di continuare impudentemente ed impunemente esercitare il suo officio, violando apertamente gli Statuti. LA LOTTA PER La supplica della Comunità arriva alla Corte ducale contemporaneamente ad u n ' a l t r a del Podestà nella quale larvatamente si getta il dubbio che i suoi antenati abbiano veramente accordato simili S t a t u t i ; i Signori di Settimo hanno tollerato che in Tavagnasco vigessero gli Statuti, sempre quando non urtassero il diritto comune. Ma ora la Comunità di Tavagnasco pretende perfino impedire l'esercizio della giurisdizione ordinaria del diritto comune e vuole impuniti molti delitti. Infiniti mali sono venuti alla Castellata e numerosi misfatti vengono perpetrati che, secondo il diritto comune di t u t t a la dominazione ducale sabauda, devono punirsi. Tavagnasco, secondo il Podestà, era divenuto un asilo di malfattori. Tuttavia il Duca non fece tanto buon viso a tutti questi addebiti e, con rescritto 17 giugno 1500, ingiungeva nuovamente, quanto in sostanza aveva ordinato col precedente " tibì committimus et mandamus „, che, per l'officio di Podestà, e per gli affari di giurisdizione in detto luogo di Tavagnasco, si attenga alle prescrizioni degli Statuti dei Comune, perchè vi è lite pendente. La causa adunque vertiva sul f a t t o dell'autenticità degli Statuti, e subordinatamente, se essi dovevano considerarsi leggi, ed immunità locali. La vertenza era quindi gravissima e la Comunità ne conosceva t u t t a la portata. Vincere la causa equivaleva continuare fruire delle centenarie li- GLI STATUTI 97 bertà ed immunità, perderla voleva dire ritornare indietro nel servaggio di oltre tre secoli. Gli Statuti erano stati conquistati dalla Comunità sul finire del secolo xi, e, della loro autenticità, poco poteva dire il Duca ed il suo Consiglio, poiché essi vigevano prima della dominazione sabauda nelle nostre terre. Bisognava quindi risalire agli atti antichi, alle testimonianze, ma più di t u t t o alla consuetudine oltre trecentenaria. La Comunità possedeva i rotoli membranacei degli Statuti del 1291, e poi quelli pubblicati ed autenticati dal Notaio Giacomo Vola da Brosso nel 1474 addì 25 ottobre. Questi erano poi stati autenticati da Bianca di Savoia e dallo stesso duca Filiberto. Ma proprio questi, il Podestà, Signore di Settimo, li impugnava, negando perfino che il Vola fosse un notaio. Sventuratamente mancano alcuni volumi di questo interessante processo, nei quali certamente si riportano atti e documenti di una preziosità storica locale interessante, ma dai q u a t t r o volumi esistenti vi sono dati e documenti di grande importanza. La Comunità, con una pazienza ammirabile, ed una costanza, degna dell' importanza delia causa, ricostituisce in un volume tutti i giuramenti dei Podestà, prestati dall'anno 1430 al 1474, anno in cui il Vola pubblicò gli Statuti autenticati dai Sabaudi, e poi da quest'anno fino all'anno del 1498, in cui il Podestà, il signor Arnaldo, avo del gg STORIA DI TAVAGNASCO Podestà Giovanni Giacomo, contestava gli Statuti, prestò giuramento secondo gli Statuti stessi; Statuti, a cui egli intervenne, quale Consignore di giurisdizione, sopra di Tavagnasco, alla loro pubblicazione. Questi atti originali di giuramento dei Podestà per t u t t o il secolo antecedente alla pubblicazione del Codice statutario del Vola nell'anno 1474, sono importantissimi perchè comprovano la pratica antichissima, prima del dominio Sabaudo, delle liberalità municipali di Tavagnasco. Il Comune. Le libertà ed immunità comunali si riannodano all' idea classica del Municipio Romano. Questa sopravisse alla caduta dell' Impero, ed anche in mezzo al vertiginoso succedersi di popoli barbari, vicendevolmente eliminantisi, il popolo vinto, nel suo servaggio, godeva di una certa immunità e libertà. Diffatti e Goti e Longobardi si inchinavano all' istituto romano, ed al popolo vinto lasciavano libertà di regolarsi, nell'istituto famigliare e religioso, a seconda della loro consuetudine e credenza. Sorse così potente e venerata l'autorità della Chiesa, la quale col monopolio delle scienze e delle arti, totalmente non curate dai barbari, divenne la tutrice naturale del popolo vinto. Così si tramandava e si maturava l'idea della IL COMUNE 99 municipalità, mentre i popoli barbari, vincitori, si consumavano in lotte fratricide, insanguinando le terre, devastando e saccheggiando. Il feudalismo iissò quegli antichi e violenti avventurieri al suolo con un feudo, e la religione ingentilì e ammansò la loro ferocia. L'antico popolo oppresso risorse, si accomunò, nei secoli posteriori, ai dominatori, e per una serie di avvenimenti, accanto al governo feudale, sorse prima nelle città e poi nei paesi il Comune, con diritti di libertà. La genesi delle libertà comunali nelle Castellate delle campagne non è cosa di facile ricostruzione; molte volte si produsse a t t r a verso alla conquista cruenta e violenta. Noi la troviamo già pacificamente costituita nel sec. xi, poiché il documento statutario del 1291 dice che in esso sono raccolte le immemorabili consuetudini ed usanze, già rogate da antichi notai, di cui si è perduta la memoria. Adunque già almeno cento anni prima vi erano carte statutarie rogate e scritte da notai. Non meraviglia se la Comunità, nella lotta per i suoi Statuti, così t a n t o si accalorasse. Ai documenti ed altri scritti si aggiunsero numerose testimonianze raccolte dai paesi del vicinato. Nei processi avevano gran peso le testimonianze orali giurate, poiché scarsi e pochi erano i documenti scritti, mancandovi in quei tempi l'istruzione nel popolo. Questa era monopolio di 100 STORIA DI TAVAGNASCO ' pochi, ed anche i Consoli e Credenzieri erano completamente analfabeti. Solo il notaio ed il segretario sapevano lettere, quindi la testimonianza era molto apprezzata. Nel nostro processo vennero esaminati undici testi: Bernardo di Brosso, Pietro di Settimo, Ardizzone di Martignone di Settimo Vittone, Bartolomeo di Giovanni Cagnino di Settimo Vittone, Bertolino di Giovanni Perotto di Settimo, Antonio de Ferreria di Baio, Arnaldo di Albiana da Quincinetto, Antonio da Quincinetto, Martino de Pramotton de Vert, Biagio de Auformito di Baio e Oddonino da Settimo. L'istruttoria di questi testi forma un volume di 53 fogli. Ogni teste doveva rispondere sopra varii formulari, concernenti l'autenticità, la pratica e consuetudine degli Statuti e libertà della Comunità di Tavagnasco. Le proposizioni formulate erano una cinquantina. Il processo aveva assunto proporzioni colossali; dal Tribunale d ' I v r e a si porta a Torino colle citatorie del 5 settembre 1502, e dalle memorie frammentarie degli atti si prolunga per 12 anni. La sentenza definitiva fu pronunciata il 2 ottobre 1512 con istrumento rogato "per nobilem et egregium Antonium De Florido, secretarium ducalem Sabaudium „, del qual tenore tutti sono informati. Da una pergamena dell'anno 1512 del 10 del IL COMUNE 101 mese di ottobre si rileva il verbale della pubblica Vicinanza tenuta sulla piazza della Chiesa dei Consoli, Credendari e " Vicinantia totius universitate comunitatis et hominum et capita domorum 'favaguaschi „, e vengono tutti nominati. La Vicinanza è convocata perchè approvi la Sentenza arbitrale concordata il 2 ottobre a Torino " per Magnificimi Dominum Bernardinum ex dominis Aladii (Aglie) colleteralem Magnifici filii illustrissimi Brincipis Domini Caroli Sabaudice ducis et nobilem et <egregium Rogerium Antonium Massimi causidicum arbitros arbitratores et amirabiles electos prò parte nobilium Joannis et .... ex dominis Septimi Victoni; nec non per magnificum et generosum juris utriusque doctorum et ducalem. Joliannem Fiar avelli collateralern et nobilem et egregium Michaelem Dentis Thaurini causidicum, et cegregium Johanetum de Ottino notarium et Georgium de Giroclo, ambos de Tavagnasco etiam arbitros arbitratores et amirabiles espositores electos prò parte diete civitatis Tavagnaschi super causis et diff'erentis vertentibus inter nobiles de Septimo et dictam civitatern Tavagnaschi, de quibus in eorum processibus latius apparet „. La sentenza del notaio Antonio Violetta figlio di Giacomo di Tavagnasco, ducale ed imperiale notaio e rogatore dell'atto della Vicinanza, viene letta " de verbo ad verhum „ parola per parola e spiegata perchè venga ratificata, omologata e approvata, promettendo la solenne stipulazione del Console Ottino Gnorra, i Credendari ed i Capi famiglia sopra descritti " et Consnl, dice l'atto, Credendarii et vicini supr ascritti laudaverunt, ratificaverunt et omoloyaverunt ed approbaverunt „; la sentenza e la Vicinanza termina con dichiarare che rinunziano gli uomini di Tavagnasco ogni aggressione, ogni inganno, ogni mal animo, ogni istanza di azione sia per giusta come ingiusta causa; vivere in buona pace coi Signori di Settimo e vivere e regolarsi secondo i proprii diritti e Statuti. Il testo della sentenza concordata da quel collegio arbitrale di uomini dotti e periti, sia da parte dei Signori di Settimo, che del Comune e uomini di Tavagnasco, non mi è dato conoscerlo perchè nell'archivio furono asportati non pochi documenti, che risultavano esistenti nell'inventario del 150+ ed in quello al tempo del dominio francese napoleonico. Di un valore inestimabile sarebbero quelli del quattrocento, ma di essi non sopravanzano che poche pergamene, una decina; più numerose sono le pergamene del cinquecento e quasi al completo gli atti del seicento. . Così aveva termine, dopo dodici anni, questa importante lite. Tavagnasco otteneva piena vittoria nel riconoscimento delle sue liberta. Ma più avanti vedremo che i Signori di Settimo ritornarono altre volte, nel decorso dei secoli, alla carica contro gli Statuti, ma questi rimasero sempre inviolabilmente in vigore fino alla fine del sec. XVIII. CAPO IX. LA RIFORMA P R O T E S T A N T I C A - IL D U C A C A R L O III DI SAVOIA - IL M O L I N O - LE DEL CANALE DEL OPPOSIZIONI MOLINO. La Riforma protestantica. Mentre il Comune di Tavagnasco sosteneva la grande lotta per la difesa dei suoi privilegi, in Europa ed in Italia avvenivano rivolgimenti politici e religiosi, caratterizzati e noti nella storia sotto il nome di Riforma e Guerre religiose. Nel 1517, il 1° novembre, aVittemberga Martin Lutero, frate Agostiniano, inizia la sua predicazione religiosa. Mosso da invidia che il Papa avesse affidato ai domenicani la predicazione delle indulgenze per la fabbricazione della Basilica di San Pietro, assale questi con una virulenza incredibile. Favorito ed istigato in sulle prime dagli stessi suoi correligionari per spirito di opposizione ed animosità d'ordine, Lutero intacca il dogma e si aderge a riformatore della Chiesa. La predicazione di Lutero trova terreno favorevole in Germania e la favoriscono la parte viziosa del clero, molti letterati e scienziati pagani, 104 STORIA DL TAVAONASCO ma sopratutto l'ignoranza e corruzione dei costumi nel popolo, l'avarizia e prepotenza dei principi, desiderosi delle rendite della Chiesa. In t r e anni la Germania è protestante. Contro Martin Lutero sorge Enrico VIII, re d'Inghilterra, colle armi e colla penna e si merita dal Papa il titolo di " Difensor Videi „ Difensore della Fede, ma ben presto Enrico si fa protestante e trascina nell'apostasia l'Inghilterra t u t t a . Il Papa gli aveva negato l'annullamento del suo matrimonio con Caterina d'Aragona, e condannate le sue nozze adultere con Elisabetta Tudor; • ciò bastò cambiare il difensore della fede in un fervente protestante. Mentre divampava la propaganda protestantica, guerre fratricide e spaventóse avvenivano t r a Francesco I re di Francia e Carlo V imperatore e re di Spagna. 11 Duca Carlo III di Savoia. Carlo III, duca di Savoia, denominato il Buono, trovavasi in mezzo ai due contendenti; in sulle prime tentò di mantenersi neutrale, ma si alienò sempre più la Francia e mai riuscì amicarsi Carlo V. Anzi questi, vistolo debole ed indeciso, considerò i suoi Stati come paesi di fatto in suo potere e, sotto parvenza di difesa, fece occupare le principali città del Piemonte. Ciò provocò la discesa in I L DUCA CARLO 111 D I SAVOIA 105 Piemonte dei Francesi e Francesco 1 nel 1537 dichiarò senz'altro il Piemonte unito alla Francia. Così pel periodo di circa 20 anni le nostre terre furono teatro di guerre e saccheggi, di lotte e prepotenze fra Francesi, Spagnoli e truppe mercenarie tedesche di Carlo V. Queste poi riempirono di terrore non poche contrade d'Italia, ed a Roma, nel 1527, si abbandonarono ad un sacco così feroce da sorpassare la stessa brutalità degli infedeli Turchi, ed il vandalismo dei barbari di Genserico. Il Duca di Savoia intanto perdeva per sempre la città di Ginevra, il paese di Vaud, e la stessa Torino, con t u t t e le città e paesi del contado, cadute in mano ai Francesi. Carlo III si ritirò a Vercelli e continuò regnare sulle poche città rimastele, fra cui Ivrea ed Aosta. Fu a Vercelli, che, in mezzo a questo disordine politico, la povera Comunità di Tavagnasco, fedele al suo Signore Carlo III, ricorse perchè tutelasse e difendesse i suoi privilegi ed i suoi diritti sul Molino. Il Molino. Fin dal 1291 la Comunità aveva un molino, con diritto di macinazione dei cereali, pesta della canapa e torchiatura di olio, senza corrispondere al Signore i diritti feudali. 10F» STORIA DI TAVAGNASOO Il Capitolo 55 degli Statuti stabilisce che il Comune e gli uomini possano d'ora in avvenire ed in perpetuo, oltre agli edifizi dei molini e delle piste, paratoie, fucine da ferro da mano, ecc., che possano farne altre a loro libero volere, aprire condotture di acque con canali e roggie, fare paratoie, ecc., " possint, dice il documento, et valeant a modo usepre, in perpetuum ultra edificia molendinorum et pistarum et alia quce dictum Comune habet, possint et valeant ipsi homines et Comune Ta> vagnasci alia quce cumque iedificia molendinorum pistarum, ferrieras, ect. facere, vel fieri facere ad eorum plenam voluntatem „. 11 Comune adunque, molto prima del 1174, possedeva un caseggiato di molino, azionato dall'acqua; lo a t t e s t a n o gli Statuti. Questo molino e pista è precisamente l'attuale, ora di proprietà della Congregazione di Carità. L'acqua che lo azionava, prima del cinquecento, non derivava dal fiume Dora, ma probabilmente dal rio Luvia e Fontana. Lo comprova il ricorso della Comunità al principe di Savoia, il duca Carlo III, del 26 gennaio 1552. Dice il ricorso: " Narrant homines loci Tavagnaschi, subditi magnifici Domini Vidiet, quod jam spatio trigiuta annorum prossime preteritorum, et ultra expósitas ipsi fuerunt et sunt soliti ducere aquarn ex fiumine Durice a finibus et territorio Quincenati ad molendina, et alia iedifìcio ipsius loci Tavagnaschi ex licentia et auctoritate Dominationis vestris, etc. „. I L MOLINO 107 Espongono gli uomini di Tavagnasco sudditi del magnifico Signore Yuliet, che già per lo spazio di trenta anni ultimamente scorsi ed oltre, essi sogliono derivare l'acqua dal fiume Dora dai fini di Quincinetto per condurla ai molini ed altri edifici dello stesso luogo di Tavagnasco per licenza ed autorizzazione della Sovranità Vostra. E noto che solo nell'anno 1518 il Comune incominciò indennizzare vari proprietari tanto di Tavagnasco che di Quincinetto pel fatto di aver danneggiato ed usurpato proprietà per costrurre una roggia, larga sei piedi, per condurre ai molini l'acqua dal fiume Dora. Causa et occasione, e la frase comune degli atti di pagamento di esproprio, damili illati in facendo et ducendo rugiam de fiumine Durke latitudinis pedum sex „. Non si conosce l'atto di autorizzazione ducale, accennato nella supplica del 1552: probabilmente esso non sussiste, e la roggia dal torrente Luvia, ove anticamente derivavasi l'acqua, al fiume Dora, venne f a t t a in base a quell'antichissimo privilegio " dominorum habentiurn jurisdictionem in dicto loco et finibus Quincinati „. " D i quei Signori che avevano giurisdizione in detto luogo e fini di Quincinetto, i quali, colla concessione degli Statuti alla Comunità, fin dal 1291, avevano, col capitolo 55, ammesso il diritto di costrurre acquedotti, paratoie ed altri manufatti per condurre acqua ai molini „. 108 STORIA DI TAVAOXASCO Mancandovi nei torrenti, massime nel tempo estivo, l'acqua, il Comune, nel 1500, pensò di prolungare la roggia da rio Luvia alla Dora. I lavori di prolungo debbono esser avvenuti repentinamente e senza t a n t e formalità di esproprio. Non stupisce se nacquero contestazioni, ma la Comunità procedette imperturbata nei suoi lavori, lavorando spavaldamente nei fondi altrui alla stessa guisa di quel che avviene ai giorni nostri, da parte di non poche Ditte e Società anonime di impianti, di condotture di acque e di energie elettriche. Finche i tracciati ed i lavori si facevano nei fondi di piccoli la cosa procedette fra le proteste accademiche, ma quando si toccarono proprietà di Signori, ne vennero le formali inibizioni ed allora i Credenzieri del Comune desistettero dalle loro prepotenze e praticando il motto antico " divide et impera „ indennizzarono i più arrendevoli, per superare le opposizioni dei più tenaci. L'opera d'indennizzo fu laboriosissima, ma la Comunità, con abile mossa, provocò dal Duca Carlo il 18 febbraio 1516 un rescritto sanatorio delle opere fatte. Che sia stato concesso questo rescritto risulta da una domanda del Comune del 29 aprile 1726, quando, per opporsi all'assegnazione dei molini alla Congregazione di Carità, richiese all'Archivio di Stato il rescritto. Questo rescritto fu riconfermato da un altro del 20 gennaio 1561 ; II. MOLINO 109 ma di essi non si conosce il tenore perchè spariti dall'Archivio. Le lettere ducali del 1516 facilitarono l'opera di indennizzo e di esproprio. Con a t t o 30 maggio 1518 si tacitò i fratelli Enrieto da Quincinetto e con a t t o 14 giugno stesso anno Giovanni Clapeto. Coi seguenti atti 3 maggio 1519 - 6 maggio 1521 - 2 novembre 1521 e 2 febbraio 1528 si espropriarono e si tacitarono i reclami di Ludovico Ronserio ; dei fratelli Martino e Giacomino De Clapeto; Giacomo De Vigna; Antonio De Clapeto ; Alasina moglie di Tomaso De Vigna, e Giovanni Molinero, tutti di Quincinetto, e possessori di pezze nei fini di Quincinetto, in regione Remol, attraversate per sei piedi dalla roggia. Con a t t o del 6 maggio 1521, rogato Piasotto Giorgio, si quitanzarono gli esproprii del Nicola Antonio, Domenico e Bernardo Morello, proprietari, sui fini di Tavagnasco. Risultano identificati in tale a t t o gli stabili che vanno dal torrente Luvia al rio Renauchio, e resta così provato che i molini, prima del 1516, venivano azionati dall'acqua del torrente Luvia. Nel fatto del pagamento degli esproprii vi fu una sosta di circa 6 anni, ma gli indennizzi si riprendono nell'anno 1534 e con atti 30 maggio 1534 e 10 dicembre 1535 si soddisfano Domenico ed Antonio Clapeto per gli stabili in regione 110 STOBIA DI TAVAGNASCO Bernol, ed i fratelli Schina per quelli in regione Rivassi. Il 24 giugno 1589, Giovanni De Vigna, castellano di Quincinetto, a nome del Conte Orlando dei Signori di Montaldo e luogotenente dei Signori i Conti di Settimo, fa opposizione ai lavori della roggia per i terreni sotto la giurisdizione di Quincinetto e protesta danni e spese. Dall'atto appare chiaro che la roggia era già, fatta e solo non intendeva accettare l'indennizzo offerto dal Comune. Ma t a n t o clamore viene sedato e con a t t o 28 ottobre 1539 rogato De Cagnis t u t t o è accomodato, anzi lo stesso conte Giovanni De Valesa, Consignore di Caretna e Quincinetto, con a t t o 8 gennaio 1540 ratifica egli pure la transazione e l'omologazione f a t t a dagli altri Consignori col Comune di Tavagnasco. La Comunità potè quindi portare a compimento il canale del molino, derivando direttamente dal fiume Dora l'acqua, ma occorsero spese ingenti e noie gravissime. Solo cogli atti 12 ottobre 1541 20 marzo 1542 e 12 ottobre 1552 si ultimarono i pagamenti degli esproprii ai più restii. Dagli atti citati, e da molti altri, che per brevità si omette la loro citazione, risulta chiaro che il canale attuale del molino, nella parte superiore al Rio Luvia, fu costrutto nel primo ventennio del 1500, esclusivamente per derivare acqua dal fiume Dora per i molini e non per altri usi. Ili MOLINO 111 L'acqua che attualmente si deriva da detto canale per uso irriguo dai privati è un fatto abusivo e non un diritto. Tale uso derivava dal fatto, che essendo il canale del molino di proprietà del Comune, come patrimonio della Contraria di San Spirito, prima della costituzione della Congregazione di Carità, gli uomini di Tavagnasco erano tenuti a mantenere il canale con prestazioni di mano d'opera gratuita, come si vedrà parlando della Congregazione, ed in conseguenza di questo fruivano dell'acqua per uso irriguo, alla stessa guisa che si fruisce del pascolo di cotizzo. Le opposizioni del Canale del Molino. Nell'anno 1547 il fiume Dora ebbe uno spostamento di letto, ed il canale del molino restò privo d'acqua. La Comunità iniziò lavori di scavo attraverso al ghiaieto del letto, abbandonato dal fiume, per raggiungere di nuovo l'acqua, ma si opposero Stefano e Simone Clapeto, Michele Enrieto e Pietro Mollo ed altri di Quincinetto. Sorse una lite portata al Senato, il quale fece un sopraluogo a mezzo di una Commissione, presieduta da Giov. Michele Pattono. La Commissione non potè dar corso al suo mandato, perchè gli oppositori denunciarono per sospette le testimoniali redatte. Si era al tempo delle perturbazioni politiche, quando francesi e spagnuoli scorrazzavano da padroni le nostre terre. 11 duca Carlo, rifugiatosi a Vercelli, sovrano di nome e non di fatto, mancava di autorità e potere, ed ognuno si governava a suo talento. Aveva lo sventurato Sovrano t e n t a t o inutilmente, con una convocazione a Chieri dei tre stati, cioè i Comuni, il Clero ed i nobili, di consolidare il potere. Ma t u t t i erano rimasti apatici alle sue richieste, ed egli, abbandonato Torino ai francesi, si era riparato a Vercelli. Fu in questa città che più volte i Consoli di Tavagnasco a lui ricorsero per salvaguardare i diritti del canale del molino. Il duca Carlo, udito che la prima Commissione, da lui incaricata, in merito alla presa dell'acqua, nulla aveva potuto fare, ne costituì una nuova. Questa, il 14 dicembre 1547, fece il suo sopraluogo e rilevò t u t t e le cose e le querimonie. L'atto redatto è una esauriente perizia testimoniale dello stato di presa del canale del nostro molino, ed una riconferma dei diritti goduti per rescritto ducale 18 febbraio 1516. La Comunità fece quindi i suoi lavori di presa e portò l'acqua nel canale. La d u r a t a di questi lavori fu abbastanza lunga, ma ultimati, gli uomini di Tavagnasco ebbero la sorpresa di vederseli rovinati, perchè quelli di Quincinetto fecero una grossa diga nel fiume, otturando così l'imbocco Ruderi del Castello di Montestrutto. (G. Accotto) (pog. 126) LA L O T T A PER OLI STATUTI 113 al canale e rovinando di notte tempo la presa. Si ricorse di nuovo al Duca con supplica 26 gennaio ; in questa, esposte le cose, si pregava S. A. di porre sotto la sua salvaguardia la roggia stessa. Carlo III, con rescritto 8 gennaio 1552, dato da Vercelli, controfirmato dal Senato, prendeva sotto sua tutela il canale del molino; mandava a tutti gli ufficiali di multare di cento ducati d'argento chiunque ancora attentasse, otturasse od impedisse in qualsiasi modo la presa dell'acqua dal lìume Dora. Il rescritto concludeva, che chi in avvenire facesse danni al canale del molino, incorreva nella sua indegnazione. Ciò voleva dire, commetteva una azione di lesa dignità, ducale, e quindi passibile della morte. Gli uomini di Tavagnasco fecero allora innalzare gli stemmi ducali sul Canale, mentre il rescritto veniva pubblicato a voce alta in Quincinetto il 1° febbraio 1552 e se ne stendeva a t t o pubblico di divulgazione. Così erano liquidate le opposizioni e pendenze al retto funzionamento del canale ; l'anno seguente moriva il Duca, mentre i suoi dominii erano in completo sfacelo. Vi succedeva il figlio Emanuele Filiberto. I L DUCA E M A M U E L E CAPO X. IL D U C A E M A N U E L E COMUNALE DAGGIO E SULLA FILIBERTO - LA PROPRIETÀ P R I V A T A - IL P O R T O E PE- DORA. Il Duca Emanuele Filiberto. Morto Carlo 111 il Buono nel 1553, lo Stato Sabaudo di f a t t o più non esisteva. Francesi e spagnuoli ne occupavano le varie piazze e forti, colle città e terre. Anche il Canavese era in mano ai francesi, e la ruina di Casa Savoia, sempre cresciuta durante il governo del debole Carlo, pareva consumata. Non fu così: Emanuele Filiberto, suo figlio, principe pio, valoroso e saggio riacquistò i dominii perduti, consolidando il nome del suo antico e nobile casato. Giovanissimo militò alle dipendenze degli spagnuoli, e quando morì suo padre, trovavasi ben voluto dal re di Spagna, Filippo II. Egli seppe condurre con t a n t a abilità la guerra contro la Francia che, il 10 agosto 1557, a San Quintino, diede la famosa battaglia costringendola alla pace di Castel Cambresis. La Spagna riconoscente, e per diminuire la i FILIBERTO 115 potenza della Francia, fece includere nelle condizioni di pace la restituzione al Duca dei suoi dominii. Giunto il tempo assegnato dal t r a t t a t o per la partenza dei francesi dalle nostre terre, questi-, sotto vari pretesti, temporeggiavano a sgombrare. Gli spagnuoli dal canto loro protestavano di non lasciar le fortezze e le terre in loro potere, se i francesi non abbandonavano il Piemonte. Ma t a n t e difficoltà la prudente e saggia politica di Emanuele Filiberto seppe superare. 11 Cardinale Gerolamo della Rovere, suo fedele ambasciatore alla Corte di Francia, coi suoi maneggi e negoziati abilmente disimpegnò il suo mandato, t a n t o presso al Re, che Caterina de Medici, arbitra delle sorti di Francia, dopo la morte del re Enrico IL Ottenne lo sgombro, da parte dei francesi, da Torino, Chivasso, Chieri, Villanova d'Asti. Più tardi il Duca ottenne Pinerolo e Savigliano, e nel 1575 anche Asti e Santhià. Il Canavese ritornava sotto il dominio dei Savoia, ed il 27 luglio 1559 entrava in Ivrea il nuovo governatore ducale, che recatosi al palazzo del Comune, dava ai rettori della città affidamento delle benevoli espressioni del suo Signore. Così cessava fra noi il dominio francese, e la bianca croce dei Savoia ritornava sventolare sulle torri delle nostre castella e dei nostri comuni. Emanuele Filiberto pose ogni suo studio per risanare LA P R O P R I E T À i mali che angustiavano i suoi sudditi ; ristorò le finanze del pubblico erario, protesse l'agricoltura, le arti e le scienze, dando incremento alle università ed agli istituti di scienze. Prescrisse per gli stati del Piemonte l'uso negli atti pubblici della lingua italiana, fondò istituti pii, ospedali, monti di pietà in Torino, Mondovì e Vercelli, e stipulò leghe e t r a t t a t i di commercio con vari stati e per fin coi turchi. 11 suo governo fu saggio, impront a t o alle r e t t e norme della giustizia; e mentre dove prima il Duca di Savoia non avrebbe t r o v a t o a mutuo mille scudi, senza pegno, Emanuele Filiberto non pagava più per interessi di debiti che L. 482 annue. Sotto di lui la popolazione aumentò di un quarto e fu dai contemporanei salutato il nuovo fondatore della Monarchia della sua Casa. La proprietà comunale e privata. 11 Comune appare già proprietario di stabili fin dalla sua costituzione. Negli Statuti del 1291 vi sono varii bandi per la tutela del patrimonio stabile. Le Comunie non erano che stabili su cui i particolari, osservate certe prescrizioni consolari, potevano fare erba, legna e pascolo. Vi era anche la Contraria di San Spirito, la quale, quantunque corpo separato, veniva dalla Credenza amministrata, ed il suo patrimonio stabile formava un quid unum col patrimonio comunale. COMUNALE E P R I V A T A 117 Sventuratamente non vi sono più atti che descrivano il patrimonio stabile comunale prima del 1400. Da un inventario dell'anno 1504 risultano descritti ed elencati numerosi atti ed istrumenti, concernenti a transazioni, compromessi, consegnamenti t r a gli uomini e Comunità di Tavagnasco ed i Signori di Settimo Vittone e Montestrutto, ma è un patrimonio irreparabilmente perduto. Dai pochi atti conservati di quell'epoca, risulta che la proprietà comunale era estesissima, e, fatta eccezione dei pochi beni allodiali dei Signori di Settimo o loro parenti, e qualche sporadica proprietà allodiale di poche famiglie di Tavagnasco, t u t t o era comunale. Una grande proprietà possedevano pure gli uomini ed il Comune di Tavagnasco nel territorio della Comunità di Montestrutto, per cui nacque il gran litigio, durato per oltre due secoli, circa l'imposto ducale, come si vedrà. Dall'atto di costituzione dotale della Parrocchia fatto dalla Comunità, e rogato Lasbianca il 2 aprile 1446, risultano coerenziali in piano, colle proprietà comunali, varie proprietà private. Si può quindi dire che il passaggio della terra ai contadini, fra noi era in quel secolo già un fatto compiuto. Da varie pergamene di consegnamenti, t a n t o dalla Comunità che dai Signori di Settimo Vittone, di Baldissero e di Castellamoute, si rileva che, nella Comunità, vi era un apposito libro dei consegnamenti, ma questo è pure perduto. 118 STORIA DI TAVAGNASCO I consegnamenti erano t e r r e allodiali, date in godimento ai privati, dietro un corrispettivo al Signore in t a n t e annualità di frutti, di castagne, biada, vino, burro, latte, oltre alle prestazioni di mano d'opera, di roide e di denaro. Venivano rinnovati quasi sempre alle stesse condizioni alla morte t a n t o del proprietario, che dello sfruttatore del fondo. Così il Conte Leodigario di Settimo il 6 giugno 1459 fa risultare per a t t o pubblico il suo consegnamento a Guglielmo Gnorra da Tavagnasco. Sono un'infinità di stabili descritti, tenuti in allodio da detto Signore in Tavagnasco. Una enfiteusi intervenne invece nel 1470 fra Reginaldo, Signore di Montestrutto, ed un certo Giovanetto, ed il 10 ottobre 1482, in Biella, il Magnifico Sinore Teodoro del Giovaneto Gavini dei Signori di Settimo vende un'infinità di censi, gravanti sulla Comunità di Tavagnasco e suoi uomini. L'atto membranaceo porta descritti t u t t i gli uomini di Tavagnasco intervenuti. Rimangono ancora alcuni consegnamenti della Comunità, fatti nel 1524 ad alcuni particolari, Ardissone e Michele di Franchino, consistenti in t r e pezze di terreno, cioè due campi in regione Prelle, ed un prato in Mondea, alla condizione di pagare al Comune, ogni a n n o , nella festa di S. Andrea, due quartaroni di castagne bianche. Così il 24 di aprile il Bernardo Vachiero riceve LA P R O P R I E T À COMUNALE E PRIVATA 119 dalla Comunità il consegnamento di un castagneto in regione a La Val, con onere di rendere alla Comunità stessa, nel giorno di S. Andrea, quattro quartaroni di castagne bianche. Nel 1511 il 10 di ottobre il reverendo prete Giacomo dei Signori di Settimo e Pievano di Settimo mette in vendita tutti gli stabili allodiali, posseduti in Tavagnasco. La vendita viene f a t t a con due incanti: uno il 14 ottobre e l'altro il 24 ottobre 1511, con contratto definitivo il 31 dello stesso mese. Sono descritti i beni venduti, col nome dei particolari, a cui erano dati in consegnamento e coll'affitto dato in n a t u r a annualmente. Tale affitto consisteva ordinariamente in quartaroni di castagne bianche e in alcuni grossi di Savoia. Nel 1522 ai 30 settembre S. A. Ducale Carlo III di Savoia ratifica il consegnamento di vari censi ed acquisti della Comunità dal Signore Giacomo di Montestrutto. Il 2 di dicembre 1540 la Comunità e gli uomini di Tavagnasco, tenevano una grande pubblica Vicinanza ed acquistavano, riscattando dal signor Amedeo di Castellamonte, t u t t e le ragioni dei censi a lui dovuti per la successione del sig. Giovanni figlio del signor Manfredo, discendente di Enrico dei Signori di Settimo. Il Cinquecento fu per Tavagnasco un secolo d'oro, perchè, oltre al riscatto di tanti pesi e censi 120 STORIA D I TAVAGNASCO dai Signori di Settimo e loro parenti, la Comunità sistemò altresì, nella prima metà del secolo, i suoi molini colla costruzione della roggia. La proprietà p r i v a t a , in regione Pretti, Rivassi e Remol era estesissima in quel tempo. Nella seconda metà del Cinquecento la proprietà comunale viene a u m e n t a t a , e con a t t o 3 maggio 1553 si acquista ai Ronchi una vigna dai fratelli Tombarello di Montalto oltre a permute coi privati (atto 22 febbraio 1557). Ma l'acquisto di maggior rilevanza fu quello della Nave col pedaggio di transito sul fiume della Dora. Il Porto e p e d a g g i o sulla Dora. 11 fiume della Dora, scorrente fra Settimo Yittone e Tavagnasco, portava sulle sue acque un naviglio, denominato il porto. Consisteva in una grossa barca, fermata alla riva destra del fiume, nella località t u t t o r a denominata a La Barca „, dove vi si trovava pure un casotto, con orto pel portinaro, il quale, dietro ad una tariffa di pedaggio, t r a s p o r t a v a da una p a r t e all'altra del fiume i transitanti, colle loro merci e bestiami. Questa nave era di proprietà feudale dei Signori di Settimo, e vi esigevano il pedaggio a mezzo di un loro incaricato. Già abbiamo accen- I L PORTO E P E D A G G I O SIILI.A DORA 121 nato che Mons. Vescovo, nella Bolla di erezione della Parrocchia, accenna a questo pedaggio che i Signori esigevano dagli uomini e persone di Tavagnasco, anche per accedere alla Chiesa Parrocchiale di S. Lorenzo, motivo per cui molti, per la povertà, non potendo pagare il transito, da anni ed anni vivevano lontani dalla Chiesa e dalle cose sacre. I Signori eli Settimo Vittone godevano questo pedaggio fino ab antico, e prima della venuta della dominazione Sabauda. I Sabaudi diedero loro varie investiture di questo pedaggio; la più antica (e forse la prima data dai Savoia) fu quella del 17 febbraio 1358. Ma nel 1557 il sig. Domenico del fu Melchiorre de Meo dei Signori di Settimo fece un mutuo col Bernardo Ricarandi di Settimo di scudi 7 d'oro d'Italia e 8 fiorini di Savoia e lo garantì sul naviglio e pedaggio del porto della Dora. La casa della nave, coll'orto e la barca e diritto di pedaggio del transito, era un feudo indiviso del signor Amedeo de Meo di Settimo coi nipoti Agostino e Melchiorre, figli del signor Giovanni Domenico de Meo; e l'Amedeo con a t t o 4 marzo 1567, a nome proprio e del suo genero Besso de Caffàrello, vende alla Comunità di Tavagnasco per 25 scudi d'oro d ' I t a l i a " tutti i canoni e censi e debiture annuali che la Comunità e uomini di Tavagnasco sono tenuti corrispondergli, IL PORTO E PEDAGGIO tanto in biada, castagne, vino, noce, soldi, avena, grossi, roide e servizi, più i suoi diritti sulla casa ed orto della barca, colla barca e pedaggio del transito sul fiume Dora „. Ma siccome la casa e la barca erano stati ipotecati con facoltà, di riscatto al Ricarando, la Comunità se la dovette intendere con questo creditore. 11 giorno seguente, 5 marzo 1667, anche i . nipoti Agostino e Melchiorre figli del Giovanni Domenico de Meo, rinunciando al privilegio della minorità, vendono essi pure alla Comunità i loro diritti sulla casa e barca per 20 scudi d'oro. Ma l'acquisto è contrastato ferocemente dal Bernardino Ricarando, che non vuol sapere di accogliere il riscatto e lo svincolo dell'ipoteca (Atto 21 gennaio 1557). La vertenza viene trascinata per vari anni fra contrasti da ambe le parti, e fu p o r t a t a innanzi al signor Carlo Vulliet, governatore della Valle d'Aosta, di Montestrutto e Tavagnasco. Venne t r a n s a t t a con a t t o 2 ottobre 1 5 8 9 ; al Ricarando si corrispose, dalla Comunità, scudi 6 d'oro d'Italia, più, vita sua durante, per se, domestici e bestiami l'esenzione del pedaggio pel transito. La Comunità aveva però ottenuta l'investitura della nave da Sua Altezza il Duca Carlo Emanuele fin dal 12 febbraio 1582, prestando il solito omaggio feudale. S U L L A DORA 12;5 Una pergamena descrive il cerimoniale dell'omaggio, consistente nel giuramento prestato dal Causidico Giov. Pietro Ardizzone, procuratore della Comunità, il quale, inginocchiato ai piè del Duca, colle mani sui vangeli, giura il " debito omaggio e fedeltà ligia, confessandolo unico Princepe e suo Signore senza riservarvi alcun altri Signori, affermando et riconoscendo che la detta Comunità et homini di Tavagnasco et loro heredi et successori sono, saranno ed esser voglino e devino sempre et in perpetuo veri homini ligi et fideli et boni sudditi nostri et dei da noi successori e tengono a causa del nostro Prencipato di Piemonte li sudetti beni e ragioni feudali, in feudo come sopra „. Poi fissa le tariffe del transito in due quarti per un uomo a piedi ed un grosso a cavallo ed il doppio quando vi è molta gente e così per i bestiami. La Comunità pagò in segno di servitù ed omaggio tre ducati ogni venti anni. Questa fu la prima investitura, sempre ripet u t a alla morte di ogni duca fino alla cessazione del dominio sardo colla Rivoluzione francese. Altro acquisto importante fu quello che la Comunità ed i Vercellotto Antonio e nipoti Gregorio e Giovanni Girodo, Giovanetto Giovanni e Franchino Antonio, fecero dal Pievano Giacomo e Cristoforo Giovanni, tìgli del signor Giovanni Antonio Henrico di Settimo. L'atto fu rogato il 4 settembre 1583. Si cedevano al Comune ed ai 124 STORIA D I TAVAGNASCO predetti acquisitori tutti i beni allodiali dai predetti fratelli d'Henrico, posseduti in Tavagnasco, con tutti i diritti delle investiture e consegnamenti del 1° dicembre 1535, 8 dicembre 1540 e 20 gennaio 1558, con i censi, roide, prestazione di servizio, di denaro, più la metà delle ragioni da loro ereditate dai signori Lorenzo ed Enrico e Gaspardo d'Isabella dei Conti di Baldissero e Conti di S. Martino, salvo i diritti al sig. Antonio di Baldissero sui luoghi venduti in Tavagnasco, riservato però immutato per loro e successori il diritto di giurisdizione ed impero sopra Tavagnasco. La vendita dei numerosi stabili avvenne dietro il pagamento di 700 scudi d'Italia in oro, 9 fiorini di Savoia, da corrispondersi in un anno, a decorrere dalle prossime feste di Natale. La Comunità acquistava per t r e n t a scudi, esentandosi così dai pesi e debiture verso gli Enrico, mentre quelle che essi esigevano dai privati venivano passate con tale a t t o di vendita ai compratori. Così i Yercellotto, i Girodo e Franchino, oltre a diventare proprietari, subentravano in certi diritti ai nobili di Settimo. Non era questo il primo passo fatto dalla plebe verso alla posizione nobiliare, dirò così; già la pot e n t e famiglia dei Lasbianca aveva nei secoli passati fatti molti acquisti, e si era costituita una posizione di priorità nel paese. I L PORTO E P E D A G G I O S U L L A DORA Questa famiglia, larga che alla coltura materiale agli studi, e quindi fin dal bianca sempre alle cariche quali segretari o notai. 125 di censo stabile, più dei campi, attendeva 1300 si trovano i Lascomunali e del foro, CAPO XI. LA LOTTA PER OLI ALLOGGIAMENTI LITE T A V A G N A S C O DUCA E MONTESTRUTTO C A R L O E M A N U E L E I - LA — MILITARI: «•« - IL PESTE. — La lotta per gli alloggiamenti militari Lite Tavagnasco-Montestrutto La minuscola comunità di Montestrutto ebbe nel Medioevo u n ' i m p o r t a n z a singolare. Il castello, dominava a cavaliere del monte, come sentinella vigile, l'imbocco della Valle d ' A o s t a ; le poche casipole addossate, come t u t t o r a si vedono alle falde della rocca, erano a b i t a t e da fidi popolani del Signore. Esse f o r m a v a n o e formano una comunità ed una castellata, minuscola, ma non priva di importanza. A sud della rocca, lungo il corso del fiume Dora, stendevasi una vasta pianura, incolta, come lo era ancora un s e s s a n t a n n i fa, e questa era il campo usuale degli alloggiamenti di t u t t e le t r u p p e t r a n s i t a n t i per la Vallata. Per diritto feudale, vigente in ogni castello, ogni Signore di feudo doveva fornire il vettovagliamento alle genti d'armi e seguito del suo Signore, se questi passava nelle t e r r e della sua Castellata. Col dominio temporale dei Vescovi nei nostri paesi, il fodrum imperiale corrispondevasi al Vescovo, e già vedemmo, come con a t t o 1° giugno 1288, il Signore di Settimo, Corrado il Piccolo, aveva riconosciuto l'onere di prestare il fodrum regale al Vescovo d ' I v r e a , suo Signore, quando questi doveva recarsi a Roma per l'incoronazione dell' Imperatore (*). Oltre a questo onere in denaro, vi era la spesa dell'armigero e dell'equipaggio della cavalcata. E r a n o oneri, ripartiti f r a le diverse terre delle due Castellate, Settimo Vittone e Montalto, imposti per il decoro e per l'autorità Comitale del Vescovo, Signore dei nostri paesi. Con a t t o 9 gennaio 1357 il Vescovo Giovanni Giacomo De Francisco cedeva la Signoria temporale al Conte di Savoia Amedeo VI, più noto col nome di Conte Verde, ed il fodrum corrisposto al Vescovo pel decoro dell'autorità Comitale passò ai Savoia. Questo diritto, negli atti pubblici del tempo, viene qualificato per " tasso imposto per la patria maestà della Serenissima dominazione del Conte di Savoia „. Oltre a questo tasso si doveva contribuire nelle spese di vettovagliamento del corteo Comitale, quando i Conti di Savoia vi passavano per recarsi nei loro dominii in Savoia. (*) Vedi pag. 20 (ove si parla della Signoria dei Vescovi). Gli uomini di Tavagnasco possedevano varii beni allodiali nel Comune di Montestrutto, e quindi dovevano partecipare negli oneri per mantenere il decoro della dominazione Sabauda, ma in questa quota di concorso erano sorte molte querimonie. Dopo un secolo di contese e di reciproci dispetti il 16 dicembre 1480, con a t t o rogato Ferrariis Sebastiano, la Comunità e uomini di Tavagnasco accettano di concorrere colla Comunità e uomini di Montestrutto nella quarta parte delle tasse, spese ed oneri imposti e da imporsi per parte dell 1 illustrissima dominazione del Duca di Savoia, ed in conseguenza di tale dominazione, gravanti sulla Comunità e uomini di Montestrutto, " tam per modemum lllustrissimum Principem Dominum nostrum Carolimi Sabaudiw Ducerti et successores „, salvo per gli armigeri e la Curia ducale ed i curiali di passaggio e peregrinanti per esso luogo di Mont e s t r u t t o e di t u t t i i pesi e spese da sostenersi. Ma il 28 giugno 1520 vengono venduti dai proprietari di Tavagnasco quasi t u t t i i beni stabili allodiali posti in territorio di Montestrutto, e quindi l'eccezione sollevata al pagamento dell'onere in parola. Pretendevano non solo una diminuzione di tasso nella quota di concorso nelle spese, bensì una totale esenzione, e, siccome V importo veniva esatto a mezzo della Comunità, questa si rifiutò. Nacque quindi la lite, ed essendo allora sotto la LITE TAVAGJF ASCO - M O N T E S T H U T T O 129 dominazione francese, il litigio vertiva sulla quota di concorso, pretesa da Montestrutto, per gli oneri e le imposte dalla dominazione della Serenissima Maestà del re di Francia: " quartam partem omnium onerurn ipsis de Monteastructo a tempore reductionis presentís patrice canapitiane sub obedientia serenissime maiestatis regie gallice occursorum usque in odiernum, una cum omnibus et singulis damnis et expensis „. Un concorso della quarta parte in t u t t e le imposte e danni e spese sostenute dal giorno dell'occupazione francese. Il 14 dicembre 1554 Ivrea era caduta in mano ai francesi, e con Ivrea i paesi circostanti. Si era al tempo delle lotte di Carlo V, imperatore, con la Francia, e come già si disse il duca di Savoia Carlo il Buono, debole e sempre indeciso, non aveva saputo difendere i suoi sudditi. 11 Piemonte era stato invaso dalle truppe francesi e spagnuole : vicendevolmente combattentesi, occupavano città e paesi governandoli come padroni. Ivrea ed il suo contado difeso dagli Spagnuoli, capitanati dal generale Morales, resistette all' invasione francese, finche il 14 dicembre 1554 cadde in mano ai francesi. Il 19 dicembre si portarono a Donnaz e qui fu f a t t a una tregua coi Valdostani, che in effetto fu il riconoscimento del dominio francese fra di noi. Fu appunto in questo tempo che sorse la 1;.J0 STORIA DI LITE TAVAGNASCO lite degli imposti t r a Tavagnasco e Montestrutto, e che per lettere citatorie di Enrico II, re di Francia, d a t a t e da Torino il 20 maggio 1555, il Comune di Tavagnasco doveva presentarsi innanzi al regio Commissario del Tribunale d' Ivrea per rispondere alle richieste della Comunità di Montestrutto. Ma la lite venne t r a n s a t t a amichevolmente, dopo due anni di comparse, il 15 luglio 1577, nella Chiesa di S. Andrea, in Settimo Yittone. Mediatori ed arbitri furono Bernardo Gnerro di Montalto Dora, notaio e castellano di Montestrutto e Podestà di Tavagnasco, e Agostino de Grua di Chiaverano, pure notaio e castellano. Il Console di Tavagnasco Antonio Perotto ed i Credenzieri ed il Console Antonio Peter e Credenzieri di Montestrutto convennero: 1° di vivere amichevolmente come buoni vicini ; 2° la Comunità di Tavagnasco concorrerebbe per la quinta parte delle spese ed oneri col Comune di Montestrutto per il passaggio e per l'alloggiamento dei soldati in qualsiasi modo stazionati, sia per i Signori o loro agenti od ufficiali che ora sono o saranno, sia per i principi, ma l'importo della spesa dovrà denunciarsi, e solo per la quinta p a r t e concorre; 3° non concorrerà per nessuna spesa il Comune di Tavagnasco per gli armigeri ed agenti di TAVAGNASCO - MONTESTRUTTO 131 Curia e spese di manutenzione dei canali. Per le spese, i danni e gli oneri sostenuti per il regime del re di Francia, Tavagnasco paga una volta t a n t o 70 scudi in ragione di 8 fiorini per ogni scudo di danno e spesa sopportata " scutos septua(jinta, ad rationem de ftorenis octo prò singulo 4° si cessa ogni azione pendente in qualsiasi foro e tribunale. La transazione p o r t a l a data del 15 luglio 1577. i Il Duca Carlo Emanuele I. Emanuele Filiberto, dopo un ventennio di pace, morì nel 1580, e gli succedette il figlio Carlo Emanuele 1, principe vivace, impetuoso ed irrequieto. Alla scaltrezza ed intelligenza univa una smania insaziabile di operare e dominare. Trovò lo stato fiorente per buona amministrazione e forte di un buon esercito, che suo padre aveva saputo formarsi; inoltre il pubblico erario era ben ricco ed in condizioni floride; il giovane Duca non potè rimanere inerte. Smanioso di aumentare la sua potenza, ambizioso di forti e potenti alleanze, Carlo Emanuele I non tardò a gettarsi nelle imprese bellicose che funestarono l'Europa sul finire del secolo xvi. Nel 1589 si apre la prima guerra religiosa in Francia: i protestanti, più noti nelle storie col nome di Ugonotti, si accapigliano coi cattolici, e IL Carlo Emanuele si intromette in queste guerre civili e religiose di oltre Alpi, a sostegno della parte cattolica. Occupa il Salimene, porta la guerra nel Delfinato in Francia, e tenta, ma inutilmente, di occupare Ginevra ed il suo contado, perduto da Casa Savoia, ai tempi del Duca Carlo III. Per t u t t o il tempo che governò Carlo Emanuele 1 fu un continuo guerreggiare, ed i suoi popoli, dove non soffrirono direttamente i danni e gli orrori della guerra, sentirono gli aggravi di questa. Nel primo periodo del guerreggiare, le armi del Duca Sabaudo furono vittoriose, ma nel 1591 il generale francese Lesdigueres scende in Piemonte, e, rotte le sottili milizie del Duca, rioccupa il Marchesato di Sai uzzo ed invade il Pinerolese. Ivrea ed il Canavesano non soffrirono in questo primo periodo invasioni di soldatesche nemiche, ma risentirono gli aggravi finanziari della guerra per le forniture militari e gli imposti che si dovevano corrispondere. Fu in quell'anno che la povera Comunità di Tavagnasco, impossibilitata a fornire le armi ed i vettovagliamenti imposti, il 15 novembre 1591, ricorse al Duca perchè " ditta compra de armi di liberarli, od almeno moderargliela et tassargliela a r a t t a di giornate di terra cultiva et in ogni caso prorogarla al tempo sino alla racolta dell'anno veniente „. Ma la domanda ebbe un insuccesso, DUCA CARLO E M A N U E L E I 133 ed il Delegato Rivetti ha esatto la fornitura di armi e vettovagliamenti sotto pena ai contravventori di scudi 25 e fiorini 9 di tassa. Allora la Comunità, unitamente ai Signori del luogo, inoltrò un' istanza alla Duchessa Catterina d'Austria, moglie del Duca Carlo Emanuele I, assente da Torino. Nella supplica, esposte le misere condizioni della Villa di Tavagnasco, costituita di solo 30 fuochi, molti dei quali, non murati, e coperti eli poche lose, si invoca l'osservanza dei rescritti di grazia già ottenuti, e la riduzione dei carichi e gravami di guerra a quelli pel passato corrisposti. 11 6 luglio 1595 l ' I n f a n t e donna Catterina d'Austria accoglieva la supplica, e " per le cause n a r r a t t e eshimiamo le Comunità dei luoghi et homini della C a s t e l l a l a di Settimo Vituone delle singoli alloggiati e personali de' soldatti et cond o t t a r e dei bagarii, salvo il caso di necessità et dove vi saranno ordini firmatti del Duca mio Signore Carlo Emanuele o da Noi o dal Consiglio generalle di Guerra „. Inoltre inibiva gli agenti della Città d ' I v r e a , i colonnelli, gli ufficiali di guerra o loro forrieri a molestare Tavagnasco o li luoghi della Castellata di Settimo " sotto pena di 200 scudi d'oro al fisco ducale „. Di questo privilegio la Comunità di Tavagnasco se ne valse contro il Console Balla Michele fu Bernardo chiamandolo responsale delle spese occorse per le truppe alloggiate nel 1614 del Conte di Castelletto ; e contro il Console Morèllo Giovanni per la loggiata alle truppe del Marchese Vertoe nell'agosto 1615. Verso questo infelice Console la Comunità fu molto dura perchè, dopo una dispendiosa lite, fu condannato a pagare in proprio 3646 fiorini e 22 grossi per le alloggiate concesse alle truppe del Vertoe, durante il suo Consolato. Non avendo mezzi per affrontare tale onere dovette subire il 4 agosto 1626 un gaggio di t u t t i i suoi beni, messi poi all'asta 1' 11 e 17 agosto stesso anno. Padre di 12 figli, lo sventurato ex Console ricorse alla grazia ducale, e trovò mitigata t a n t a severità, ma dovette ancora pagare 1577 fiorini. I n t a n t o colle discese, per i dislocamenti di truppe dalla Francia e Germania, in Piemonte era scoppiata la peste, e nel Canavese e nei nostri paesi infieriva, facendo non poche vittime. Settimo Vittone, come posto di passaggio dalla Valle di Aosta al Biellese e Canavese, fu sottoposto alla vigilanza di uno speciale Commissario di sanità. Ma molti deludevano la vigilanza del Commissario, e, notte t e m p o , dalla Valesa e dai paesi circonvicini a Settimo Vittone giungevano al casotto della barca di Tavagnasco, e qui, per corruzione, od anche per violenza, staccavano la nave e t r a n sitavano lungo la Dora, alla sponda opposta, più sotto Settimo Vittone, non poche persone di contrabbando, le quali portavansi di buon mattino sul mercato di Ivrea, e ritornavano tardi e di n o t t e tempo alle loro abitazioni, valendosi del solito veliero. Venne quindi richiamata l'attenzione e la sorveglianza del Magistrato di pubblica sanità, perchè un simile contrabbando di transito di persone favoriva l'infierire del morbo. Con rescritto 27 gennaio 1579 fu stabilito che il transito ad Ivrea fosse libero per la mercatura a t u t t e quelle persone che, a giudizio del Commissario di sanità, residente in Settimo Vittone, o del Console di Tavagnasco e rispettivi luoghi, non fossero contagiose, ma pene severissime ed arbitrarie fossero ingiunte al portoniere di Tavagnasco che transitasse in qualsiasi tempo persone forestiere o non conosciute, perchè la contagione della peste era stata portata da genti e viandanti provenienti dalle Fiandre e Paesi Bassi. 11 rescritto porta la firma di Federico de Ferrerò ed il bollo ducale. La peste. Questo rescritto di libertà di commercio, benché temperato dalle formalità delle visite del Commissariato di sanità o della Credenza di Tavagnasco, non tardò generare molti abusi, che inasprirono il contagio del morbo pestilenziale. Nel 1585 scoppiò furibonda l'epidemia, e furono tanti i casi di morte che Tavagnasco venne senz'altro isolato, ed una pattuglia di archibugieri a cavallo, alla dipendenza di un caporale e di un sergente, sorvegliava il borgo, perchè nessuno potesse uscire dal suo territorio. Venne organizzato un servizio di monatti pel trasporto dei morti. La peste infierì ferocemente, gli ultimi morti furono nella villa nel giorno 28 ottobre 1585 ed alle cascine nel 29 di ottobre 1585. Cessato il morbo i monatti sottoposero gli abitanti alla quarantena, durante la quale fecero l'abbruciamento di non poche masserizie e la disinfezione delle case e contrade. " E poiché, dice la Vicinanza del 21 gennaio 1586, t u t t o il paese, col suo fìnaggio, si trova netto e ben purgato dalli monatti da V. S. mandati e fatte le dovute visite, si ritrova ora detto luogo in t u t t a buona sanità, come pruovano le testimonianze presentate. Si supplica la Vuostra Magnifica Signoria si degni liberarli dal bando, nel quale per detta contagione si ritrovano, concedendo la supplicata licenza di puoter conversare e t r a t t a r e colle terre sane e non sospette come per avanti facevano „. La Vicinanza prega di rimuovere quindi i soldati a cavallo archibugieri, posti per guardia, cioè il caporale Serafino Bussolaro, Bernardino Mora sergente tutti di Rivalta, e Matteo Ceresia di Rivalta, Cassiano Cardino, ecc., t u t t i soldati di guardia. CAPO XII. IL S E I C E N T O - I N F E U D A Z I O N E MONIO DI PRETI - I TASSI LA LITE PER RICORSI DI LA ED I CARICHI DEGLI TRANSAZIONE MONFERRATO - DEI BENI - - PATRI- IMPOSTI - IMPOSTI - I GUERRE DEL - I M U T U I DELLA C O M U N I T À P E S T E - LA G U E R R A CIVILE MONTE - COME FUNZIONASSE M E N T O - DENUNCIA DEL IN PIE- IL R E C L U T A - VINO. Il Seicento. Il Cinquecento per la Comunità di Tavagnasco fu un secolo di vita Comunale fortunoso. I Consoli ottennero il pieno riconoscimento, dall'autorità ducale Sabauda, delle loro libertà e franchigie; inoltre la Comunità sistemò i suoi molini, aumentò la proprietà, svincolandola da tutti i canoni e censi, dovuti ai feudatari. Fu un secolo di prosperità ed, anche in mezzo all'anarchia, in cui si t r o v ò il ducato Sabaudo, durante il governo di Carlo III, non ebbe soffrire gravi incomodi. Sotto il dominio francese di Enrico II ottenne una riduzione degli imposti, dovuti alla Comunità di Mont e s t r u t t o per la nota transazione del 1557. La proprietà privata, colle vendite fatte dagli Enrico Conti di Settimo, passò in mano ai particolari di Tavagnasco, e la Comunità ne ebbe un vantaggio, perchè più fàcile tornava ad esigere i carichi e gli imposti Comunali dai privati. Ma il periodo di prosperità si chiuse; e d u r a n t e il governo di Carlo Emanuele la Comunità non tardò sentire gli oneri delle gesta bellicose di questo irrequieto principe. La vita Comunale nel Seicento fu molto agit a t a e ciò in conseguenza che il Console, dovendo esigere dai particolari gli imposti ed i carichi di guerra, questi si trovava di fronte agli amministrati in una posizione poco simpatica. Nella prima metà del Seicento il Consolato divenne semestrale, anziché annuale, ed i Consoli presero la lodevole abitudine di rendere i loro conti al termine della loro gestione. La vita Comunale, dalle numerose testimonianze di un processo contro il Curato Franchino Giov. Giacomo, procedeva in quel secolo molto patrialcamente. All'infuori delle pubbliche Vicinanze dei Capi famiglia, nessun altro deliberato Comunale veniva steso a verbale. Solo per i mandati di procura per affari di grave interesse comune, come la ricerca di denaro, i mandati alle liti, le nomine dei Consoli e Credenzieri, dei P a r roci, le spese di ripari rilevanti alla Chiesa, alla nave sulla Dora, tutti gli altri negoziati venivano deliberati solo oralmente. Ciò spiega perchè nel Cinquecento e Seicento pochi sono i verbali degli ordinati Comunali. La Comunità aveva completa autonomia, imponeva oneri, vendeva ed acquistava, intentava liti, faceva transazioni e compromessi indipendentemente dall'autorità ducale; solo faceva sanzionare il suo operato dalla Vicinanza dei Capi di casa. Ma quando l'autorità ducale per i bisogni dell'erario impose le debiture ed i carichi fiscali, allora la vita Comunale mutò fisonomía, ed i Consoli e Credenzieri interpellarono sempre, in ogni loro atto, il voto dei Capi casa; e per 1 carichi e gli imposti dei tassi, con questi si univano, ricorrendo alle loro antiche franchigie per ottenerne esenzioni od almeno mitigazioni. Gli imposti venivano pubblicamente enumerati ad alta voce, sulla piazza pubblica, luogo di adunanze della Credenza e Vicinanza, ed il Console ne curava l'esazione direttamente. Compaiono così i primi ruoli di esazione, t a n t o Comunali che ducali, e siccome le debiture verso il fisco ducale gravavano sul registro dei beni allodiali, esenti solo quelli di carattere feudale e di pertinenza ecclesiastica, o di ecclesiastici, così appaiono pure elencati i vari beni immuni. Questi beni immuni, ed il tentativo di aument a r n e il numero per parte di alcune famiglie, procurarono non pochi litigi alla Comunità, la quale in varie circostanze si oppose energicamente a qualsiasi infeudazione di beni, sia rendendoli patrimonio sacro degli ecclesiastici, sia di pertinenza di Enti ecclesiastici. Era il sistema in uso in quei tempi per sfuggire al pagamento dei carichi ed imposti sì Comunali che Ducali. La Comunità intentò una lite all'atto di costituzione del patrimonio sacro del Chierico Giuseppe Giovenale di Lasbianca, dei Signori di Tavagnasco e Nomaglio, quando, il 18 giugno 1658, si iniziarono le pubblicazioni canoniche, nella Chiesa di Tavagnasco, per l'ordinazione sua, e ciò perchè u bona in eo contenta sint obnoxia, et hipotecata credito ducali, etc. „ - i beni che si vogliono assegnare in patrimonio sacro sono soggetti ed ipotecati alle debiture Ducali ed a quelle Comunali. In questa causa intervenne il reverendo Priore di S. Michele, della Metropolitana di Torino, Carlo Mattia Lasbianca, zio del Giovenale, a comprovare che i beni, offerti pel patrimonio sacro in contestazione, erano i medesimi già immuni, per privilegio apostolico del gennaio 1556, e passati in suo patrimonio sacro ; che quindi la Comunità non poteva opporsi in alcun modo al patrimonio stesso. Nella stessa guisa si fece una lunghissima e violentissima lite contro il Curato Giacomo Franchino e nipote Giov. Battista Franchino e zio Girodo Giov. Battista, quando questi chiesero ed ottennero con Rescritto ducale 9 aprile 1652 l'infeudazione dei loro beni privati, e l'investitura dei medesimi il 4 giugno 1552. La lite col Curato Franchino non fu iniziata che dieci anni posteriori alla infeudazione ; la Comunità contestò ed impugnò l'infeudazione stessa, e forse questa lite fu una rappresaglia contro il Curato, per esser questi stato troppo indulgente se pur non favorevole al Conte Fabrizio di Settimo ed ai Lasbianca, i quali 'posero il banco e fecero erigere una tomba nella Chiesa Parrocchiale, attentando .così alla proprietà ed al diritto di padronato della Comunità sulla Chiesa stessa. La lite si svolse con un accanimento generale e comparvero quali testi, in favore della Comunità, ex Consoli e le più influenti persone del luogo, come Gregorio Giovanetto, Battista Franchino ex Consoli e Credenzieri, e gli stessi cugini del Curato ed altre personalità di Quassolo, come Bernardo Allera, Giacomo Barasa ed altri di Baio. Inoltre la Comunità ottenne un monito scomunic a t o n e da Mons. Giovanni Alberga, Vicario Generale della Diocesi d ' I v r e a , in data 18 maggio 1668, intimato dal Console Bernardo Girodo e Consiglieri ed Agenti della Comunità contro t u t t i quelli che, consapevoli del fatto dell' infeudazione per cui si litigava, non avessero denunziato il vero in caso di citazione. 14>2 STORIA D I TAVAGNASCO I lettori saranno meravigliati che si tacesse t a n t o scalpore per un fatto di così poca rilevanza e molti si domanderanno in che consistesse 1" infeudazione degli stabili. Infeudazione dei beni. II Duca Carlo Emanuele, per assestare le finanze dell'erario pubblico, con editto 22 agosto 1650, aveva stabilito di accrescere l'infeudazione di 500 scudi d'oro del tasso stabilito che era di scudi 2500, e che t u t t i quei che intendevano infeudare i loro beni allodiali, godessero tutti i privilegi, benefìci, utilità, immunità ed esenzioni dei beni feudali. In altre parole il governo Ducale aveva bisogno di denaro, e chi infeudava i suoi beni, e pagava all'erario quel diritto di infeudazione una volta tanto, riceveva l'investitura dei suoi stabili dal Sovrano, e, prestandogli omaggio, vita dur a n t e del Sovrano, gli stabili erano esenti da ogni tassa, carico o debiture t a n t o verso il governo Ducale, che verso l'erario Comunale. I Comuni avevano un diritto di prelazione, sopra i privati, e loro potevano, offrendo denaro di infeudazione, esentarsi ed esentare i loro amministrati dai carichi e debiture locali. La Comunità tenne una pubblica Vicinanza in fine di marzo 1552 e t r a t t ò coi Capi casa la questione; ma i nipoti del Curato Giov. Giacomo Franchino, e il fratello del Curato Giov. Battista Franchino, dissero non essere il caso che il Comune facesse debiti o cercasse denari per infeudare i suoi beni ; essi avevano denaro e infeuderebbero i loro particolari beni, posseduti in Tavagnasco, e quando il Comune fosse in condizione di aver denaro, cederebbero l'infeudazione loro in favore del Comune. Il Curato però pare che non abbia f a t t o profferte specifiche in merito. L'infeudazione avvenne quindi con t u t t e le formalità e conseguenti privilegi ed immunità e, quando la Comunità volle colpire di tasso gli stàbili dei Franchini e del Curato, questi allegarono le esenzioni feudali. Quanto era corso nella Vicinanza del marzo dell'anno 1552 nulla risult a v a per iscritto e, mancandovi un a t t o autentico, i Franchini si coprivano colle loro franchigie. Ne sorse pertanto la lite che durò per tre anni. Venne poi t r a n s a t t a con a t t o 11 luglio 1667: il Curato Franchino e nipoti cedono l'infeudazione al Comune sotto certe clausole, le quali si riducevano di non esser molestati per il tasso di imposte per i passati anni di infeudazione, e di pagare le somme versate al fìsco per l'infeudazione stessa. Patrimonio di preti. Un curioso stato di patrimoni di sacerdoti di Tavagnasco, redatto dal Console Bernardo Girodo, rogato il 2 ottobre 1662 dal notaio Bartolomeo Piasotto, ci enumera i vari sacerdoti di Tavagnasco, col l'ammontare del loro patrimonio sacro, immune da tasse e carichi, per un estimo di ducati 2433: 11 sacerd. rev. Curato Franchino ducati 16-2-7-0 17-2-2-0-0 ld. don Bernardo Franchino 24-9-2-1 P r e t e Giovenale Lasbianca . 7-0-10-2-0 Giov. Martino Girodo . Giov. Martino Girodo Cu 6-2-1-1-0 r a t o di Donnaz . ! 1-0-4-2-6 „ Giov. Riva . • • • 9-1-7-3-5 Don Angelo Riva . . 11-0-4-2-6 P r e t e Giovanni Piasotto 4-2-6-0-6 P r e t e Giovanni Balla . » 9-0-0-0-0 Capitolo della Cattedrale I tassi ed imposti. La Francia, t r i b o l a t a , sulla line del Cinquecento, dalle discordie politiche e religiose, colla assunzione al trono di Enrico IV. dopo la sua conversione al Cattolicismo (23 luglio 1593), trovava una via d'uscita dalla spaventosa anarchia, in cui era caduta. Pacificati gli animi interni, Enrico IV apri le t r a t t a t i v e con Filippo II di Spagna e Cario Emanuele Duca di Savoia, e col t r a t t a t o di Vervins 2 maggio 159S lece pace colla Spagna e con quello di Lione, 17 gennaio 1601, col Duca di Savoia. Con questo t r a t t a t o venne riconosciuto a Carlo Emanuele il possesso del Marchesato di Saluzzo, occupato dalle truppe sabaude, durante le guerre civili di Francia, ed a questa sottratto. Ma dovette il Duca cedere alla Francia La Bresse, Burgey e la Baronia di Gex e pagare 100 mila scudi. L'annessione del Saluzzese ai domimi di Savoia fu una conquista importante. I francesi, col possesso di una provincia italiana, nel cuore degli stati del Duca, al di qua della barriera delle Alpi, costituivano un pericolo continuo alla sicurezza degli stati del Piemonte. La Francia con t u t t a facilità poteva invadere gli stati del Duca di Savoia. Il possesso del Marchesato di Saluzzo fu una vantaggiosa conquista, ma aveva costato spese ingenti e lunghi anni di guerre disastrose. La C o m u n i t à di Tavagnasco, quantunque avesse ottenuto nel 1595 il rescritto dalla Duchessa di esenzioni di vari carichi di contributi bellici, pure non tardò anch'essa sottostare a t u t t e le spese ed imposti degli armamenti ed alloggi militari. Ma vi erano altresì i concorsi nelle spése con altre t e r r e della Castellata e segnatamente con Montestrutto. Questa Comunità pretese maggiori contributi nelle cellade e spese di cavalleria sostenute nel quinquennio 1595-1600. io 146 STORIA T)I TAVAGNASCO La lite per i carichi e gli imposti. La Comunità di Tavagnasco si rifiutò e ottenne quanto erasi convenuto colla nota transazione del 1557 (*). I rapporti quindi delle due terre si facevano ogni giorno più tesi; i Consoli e Credenzieri di Montestrutto, visto inutile ogni reclamo, diedero ordine ai campari della Comunità di sequestrare t u t t e le bestie e derrate degli uomini di Tavagnasco, che transitassero per Montestrutto, per recarsi al mercato d ' I v r e a . 11 primo sequestro fu di due vacche in danno di Racchio Giacomo, il 12 gennaio 1600, e d u n a asina al Signore di Lasbianca. Il Racchio, non avendo soddisfazione del danno patito, intentò lite alla Comunità di Montestrutto, e con esso intervenne pure la Comunità di Tavagnasco in difesa dei suoi amministrati. Il signor Alessandro Orengiano, dei Signori di Romano, con sentenza 11 luglio 1600, Consigliere e Senatore ordinario e Prefetto d ' I v r e a e del Canavese, stabiliva : 1° essere stato mal proceduto nel sequestro delle due vacche del Racchio, per parte del Comune di Montestrutto, perchè per la transazione del 15 luglio 1577, si doveva far precedere al sequestro le infruttuose notifiche delle taglie e dei (*) Vedi pagina 130. LA L I T E PER I CARICHI E IMPOSTI 147 carichi da pagarsi; 2° dovere la Comunità e uomini di Tavagnasco concorrere nella quinta p a r t e di t u t t e le spese e gli imposti e carichi presenti e futuri, in qualsiasi modo e forma, sostenuti o da sostenersi dalla Comunità di Montestrutto per S. A. Ducale Serenissima, e per le spese ed interessi a carico della Comunità stessa, pel ritardato pagamento, salvo le spese quali facessero i soldati della Corte di S. A. o suoi cortigiani. La Sentenza del Prefetto Orengiano aveva esteso (interpretando ampiamente il contenuto della transazione 1557) l'onere del contributo, facendo concorrere Tavagnasco in t u t t e le spese per il governo ducale, mentre nella transazione erano eccettuate le spese della cavalleria. La Comunità si appellò ed il 10 dicembre 1601 il Tribunale ducale di Torino emanava u n ' a l t r a Sentenza che accoglieva l'istanza di Tavagnasco, e dichiarava che " la Comunità e uomini di Tavagnasco non erano tenuti a contribuire alla Comunità di Montestrutto nelle spese di cavalleria e soldati da cavalli, ma solo nelle spese delli soldati da piedi „. Lieti della riportata vittoria, gli uomini di Tavagnasco fecero istanza di esser completamente esonerati da ogni quota di concorso in materia di carichi ducali e spese di guerra, perchè più nessun stabile essi possedevano in territorio di Montestrutto. Ma, dagli atti originali prodotti, risulta che l'onere di concorso non si fondava sopra i beni allodiali, anticamente posseduti in Montestrutto, ma piuttosto sul latto giuridico che la Comunità e uomini di Tavagnasco, fin " dal tempo antichissimo, ed anche al presente, sono della dipendenza di giurisdizione alternata delle Castellate dei Signori di Montestrutto e di Settimo fittone, possedenti di beni noverati nel diretto dominio dei Signori stessi, e quindi sul dominio che essi avevano sugli uomini stessi per certe prestazioni „. E siccome fra i suddetti Signori di Settimo e Montestrutto si erano ripartiti i beni in modo che per le due parti delli cinque Consignori, aventi giurisdizione su Tavagnasco (cioè Settimo Vittone, Montestrutto, Castelletto di Cesnola, Ivrea e Quincinetto) dipendevano dal Castello di Montestrutto, così anche per gli uomini, secondo questa divisione di giurisdizione alternata, venne f a t t a la liquidazione dell'obbligo di concorrere nella quarta p a r t e degli oneri pel tasso, carichi verso il dominio ducale. Solo dopo la presa, l a t t a dai francesi, della città d ' I v r e a e dintorni nel 1555, la Comunità e gli uomini di Tavagnasco elevarono eccezioni pel concorso della quarta parte delle spese in parola, con memoriale 20 giugno 1555, e la vertenza, dòpo due anni, venne t r a n s a t t a coll'atto noto del 1557, riducendo il concorso ad una sola quinta p a r t e dei carichi. Ma la transazione fu fatta, prò bono pacis, e per evitare spese ; in linea di diritto la Comunità e gli uomini di Tavagnasco, pel fatto di sudditanza feudale, dovevano corrispondere il quarto e non la quinta parte del tasso. 11 Senato di Torino il 28 gennaio 1602 sentenziava in favore della Comunità e uomini di Montestrutto, ed anche per il capo del concorso delle cellade, la sentenza della Corte ducale dice : " Dichiariamo che da esse non sono liberati quelli di Tavagnasco per la transazione del 1557, ma esser tenuti a concorrere colla Comunità di Montestrutto per la quinta parte „. Dagli atti e testimonianze, addotte in questo processo, che si prolungò ancora tino al 1662, si conosce che (gli imposti dei tassi e dei carichi per la Serenissima dominazione del governo ducale sabaudo), fin dall'anno in cui Monsignor Giacomo De Francisco, in data 9 gennaio 1357, cedeva le sue ragioni feudali sopra Settimo, Tavagnasco e Montestrutto, ecc. al Conte Amedeo di Savoia, i Consignori feudali, sopra Tavagnasco, avevano ripartiti gli oneri delle cavalcate e gli imposti e carichi per la dominazione ducale. Per tale riparto Tavagnasco doveva concorrere una quarta parte degli oneri colla Comunità e Signori di Montestrutto, la dodicesima parte con Settimo Vittone, e lire due di imposta sul libro fondiario colla città d'Ivrea, succeduta in giurisdizione feudale su Tavagnasco, in conseguenza delle note controversie sorte t r a la città ed i vescovi 150 STORIA D I TAVAGNASCO pel possesso del Castello e feudo di Settimo, composte sotto il Vescovo Monsignor Oberto, come si disse a pag. 22. La sentenza del 28 .gennaio 1602, coll'inciso dell'obbligo del concorso nelle cellade, sollevò un'altra eccezione: nuove opposizioni sorsero dalla Comunità di Tavagnasco, la quale pretendeva di solo esser tenuta alle spese del vettovagliamento dei fanti a piedi, e non per le spese del fieno e paglia, entrando queste forniture nelle spese di vettovagliamento dei soldati a cavallo, ne per le cellade ed utensili. Così la lite veniva risollevata e ritornava da capo. Questa lite ci dà occasione di conoscere t u t t e le truppe e le compagnie di soldati transitanti ed alloggiati per un trentennio, vale a dire dal 1598 al 1628. Molte compagnie facevano altresì la quarantena, perchè sospette di peste, come nel movimento di truppe del 1598 dalla Savoia nel Canavese. Erano spese assai rilevanti, ed una nota descrittiva di tali carichi, presentata e liquidata il 28 gennaio 1602, p o r t a una spesa di 207 ducati, più altri 408 per l'anno 1601, un totale di ducati 615. Le loggiate, f a t t e per ordine del Prefetto Ferrerò e Castellano Avogadro nell'agosto 1598, port a n o per Tavagnasco un contributo di fiorini 89 e grossi 9, ed, oltre questi oneri, si doveva altresì concorrere nelle spese militari colla città d'Ivrea. Ma avendo la Comunità e gli uomini di Tavagnasco LA L I T E TER I CARICHI E IMPOSTI 151 dovuto sopportare gli aggravi delle loggiate nel 1600 delle compagnie di Don Ferrante Canalesino, del Conte di Gattinara, del Barnabo di Barbo, del Trivulzi, del Conte Amedeo di Savoia, questa rifiutò pagare il contributo alla città d'Ivrea, e così si intavolò una nuova lite, che solo con sentenza camerale del 20 novembre 1658 fu terminata. I ricorsi di transazione. Abbiamo detto che la lite dei tassi con Montes t r u t t o era ritornata, non ostante tre sentenze, allo stato iniziale. Le due Comunità stabilirono di prendere un'altra via. L'imposto del contributo di Tavagnasco verso Montestrutto dipendeva dal f a t t o che, già fin dal 1400, Tavagnasco teneva beni, semoventi dal Castello di Montestrutto, e quindi, fin ab antico, quando fu fissato il tasso per la " ducalis Sabaudice dorninationis „ doveva concorrere nella quarta parte degli oneri, cioè scudi 10 e Montestrutto scudi 30 d'oro, e dopo la transazione del 1557 nella quinta parte, cioè scudi S. Nel 1630 avvenne la separazione del registro, ed il catasto, per Tavagnasco, fu compilato da Giov. Battista e Gregorio Girodo, pubblicato il 2 dicembre 1631 nelle terre della Castellata ed approvato con lettere ducali di Vittorio Amedeo I. In conseguenza di questa separazione del catasto ad ogni Comunità venne accollato il proprio tasso; 152 STORIA D I TAVAGNASCO Montestrutto, erroneamente, non venne esonerato della quinta parte di tasso, dovuta a Tavagnasco per gli oneri degli antichi beni semoventi del Castello; ciò manteneva in piedi i litigi. Le due Comunità stesero allora ricorso alla Camera dei Conti, facendo presente la cosa e l'errore corso. Il ricorso firmato da Pietro Peter, Console di Montestrutto, e da Martino Girodo, Console di Tavagnasco, ebbe buon esito; la Camera dei Conti il 10 dicembre 1682 stabiliva che i tassi ducali ogni Comunità se li avrebbe pagati direttamente, indipendentemente dai diritti delle possessioni feudali, e quindi stabiliva che Tavagnasco pagherebbe: scudi d'oro 33 e soldi 8 come terra della Castellata di Settimo Vittone ; scudi 8 e soldi 8 in concorrenza dell'antico sollievo della città d ' I v r e a , rappresentante gli antichi diritti ; scudi 8 in rappresentanza degli sgravi verso Montestrutto, in totale scudi d'oro 49, soldi 13, più altri scudi 16 e soldi 11 per l'aumento del tasso, e così in t u t t o scudi d'oro annui 66 e soldi 4. Montestrutto pagherebbe scudi 32, più T aumento di scudi 10 e soldi 13, e così in t u t t o scudi 42 e soldi 13. Vittorio Amedeo I , con suo decreto 15 dicembre 1632, approvava tale riparto. La lite pare che dovesse esser finita, ma furono di nuovo sollevate eccezioni, e solo nel 1662 la questione dei tassi fu definita, accettando i tassi del decreto ducale sopra citato. GUERRE DEL MONFERRATO 153 Guerre del Monferrato. Il 22 dicembre 1612 muore Francesco IV di Gonzaga, marchese del Monferrato, senza prole maschile. Carlo Emanuele occupò il Monferrato, ma ebbe contraria la Spagna, la quale sostenne i diritti di successione a Ferdinando di Gonzaga, fratello del duca morto. Il Monferrato era già s t a t o desiderato dai Savoia, quando si estinse nel 1533 il ramo dei Paleogi, colla morte dell'ultimo marchese, Giovanni Giorgio. Il duca di Savoia, Carlo il Buono, aveva lo stato alla mercè dei francesi e spagnuoli, e dovette acconciarsi ed accettare la sentenza di Carlo V, che assegnava il Monferrato ai Gonzaga. Anche questa volta, morto il duca Francesco IV, prevalse la Spagna; Carlo Emanuele fu costretto accettare l'accordo di Milano ed abbandonare il Monferrato. Ma la guerra non tardò a scoppiare, poiché, morto nel 1627 il duca Vincenzo II, senza prole, questi chiamava in successione Carlo I di Nevers. La Spagna allora si alleò col duca di Savoia, perchè vedeva un pericolo alla sua politica in Italia, che un principe, imparentato colla Casa di Francia, governasse il Monferrato. Alessandro Manzoni, nei suoi Promessi Sposi, accenna a questa guerra, e ricorda la calata dalla Germania dei famosi Lanzichenecchi, di cui tanto GUERRE DEL paura aveva il buon Don Abbondio. Ma se le truppe tedesche fecero in Valtellina e nel paese di Lucia numerose depredazioni, in Piemonte le truppe francesi, capitanate dal re Luigi XIII e dal famoso Cardinale Richelieu, non stettero certo colle armi in mano. Quasi t u t t i i domini del Duca furono occupati. Si conservano in Comune due fascicoli, in cui son descritti t u t t i i comandanti e ufficiali coi loro cavalli e uomini di servizio alloggiati e ripartiti f r a le case di maggiorenti di Tavagnasco nel primo semestre dell'anno 1626, e quelli alloggiati dal giorno 13 giugno al 19 dicembre del 1630. Tali loggiate venivano fatte e ripartite per ordine del Console e della Credenza, alla quale spettava altresì di fare il riparto delle spese ed esigerle dai particolari, versandole poscia a mani del Comandante della loggiata. A titolo di cronaca accenno i comandanti che in detti anni si sono succeduti negli accampamenti ed alloggi in Tavagnasco. Il 9 gennaio 1626 Compagnia del Conte di Torrigny ; il Console Francesco Colmia, con assistenza dei Credenzieri Girodo Battista, Morello Domenico, fa bandire la grida dell'ordine di loggiata, e riparte, a mezzo di grida, gli ufficiali ed i cavalli fra le case dei notabili particolari. Così in casa di Girodo Stefano, vi sono 8 cavalli, 3 soldati e 5 ufficiali per 12 giorni. MONFERRATO 155 In casa di Girodo Stefano, 4 soldati, 8 sergenti, 10 cavalli per 19 giorni. In casa di Balla Giovanni, 4 soldati, 9 sergenti, 11 cavalli per 1 6 giorni. In casa di Bertino Pietro, 4 soldati, 9 ufficiali, 11 cavalli per 19 giorni, e così in altre case. Nel marzo vi è l'accampamento del Conte di Cercenasco colle solite ripartizioni dei soldati e cavalli nelle varie case. Nel maggio si trovano gli uomini della Compagnia dei corazzieri del Conte di Lincor che sostano fino al luglio 1626. Nel 1628 vi è invece una loggiata di cavalleria francese alle dipendenze del capitano Aumon Aginulfo ; ma pare che questi francesi fossero prigionieri perchè l'ordine di accamparli era venuto da Torino il 23 giugno 1628 dal Conte Urbano di Piossasco. Tale cavalleria doveva esser ripartita fra tutti i paesi della Castellata di Settimo Vittone, ed in Tavagnasco vi dovevano esser alloggiati N. 10 cellade, ripartite nelle diverse case dal Console, il provvido Bernardo Balla. Nel registro invece degli accampamenti dell'anno 1630, ordinati dal Conte di Yerrua, si trovano accampati le compagnie dei carabini o carabinieri e soldati a cavallo, sotto il comando del Conte Carlo di Parella. Il riparto degli ufficiali e uomini coi cavalli viene fatto dai Consoli nelle varie case, ma per 15() STORIA D I TAVAGNASCO ogni particolare e stabilito il giorno dell'alloggio, la sua durata, la spesa in denaro e gli utensili da fornirsi in uso. Così Girodo Pietro paga ducati 30 per t r e giorni, per la spesa del maresciallo ; ducati 90 per i cinque soldati di servizio; ducati 72 per fieno e biada ai 4 cavalli; ducati 18 per una mula e per desinare dato ad altri soldati e sergenti ducati 9 ; sua taglia completa ducati 219. Franchino Antonio per un soldato, un sergente e cavallo ducati 31 per un giorno e mezzo. Al signor Prospero Lasbianca per un soldato, un cavallo ed un ufficiale per 6 giorni ducati 52. Dai registri suaccennati si conoscono gli aggravi sofferti da queste popolazioni per le guerre del Monferrato. Ma altre imposte venivano addossate ai Comuni. I mutui della Comunità. Le guerre, anziché terminare, si inasprivano, e le terre del Ducato sabaudo venivano ogni giorno aggravate di oneri finanziari. La Comunità, non avendo mezzi per far fronte ai carichi ducali, ricorre al mutuo. Vi era in quei tempi, grazie alle immunità feudali, categorie di persone, che, in mezzo a t a n t a penuria di denaro e ad infinite richieste di contributi per sollevare il fisco, essi se ne restavan indisturbati, e nessuna I MUTUI DELLA COMUNITÀ 157 molestia, nessuna imposta versavano per queste bisogne pubbliche. Erano i pescecani di quei tempi, i quali, oltre non soffrire gli aggravi della guerra, fornivano a mutuo i loro ducati e scudi d'oro, con un tasso più o meno legale. Il primo mutuo contratto dalla Comunità e uomini di Tavagnasco, per fronteggiare i carichi di guerra, e gli imposti degli alloggi militari, fu quello del rogito Tinivella 16 giugno 1611. Con tale atto si mutuavano mille scudi d'oro dal signor Pietro Giacomo Mastallone, segretario ducale in Torino, con formazione di un censo annuo di fiorini 720, valuta in scudi 80 da fiorini 9 l'uno, pagabile ogni sei mesi. La somma mutuata era assicurata con ipoteca sul forno e sul molino. Con Vicinanza 9 febbraio 1622 si autorizzava il Console a fare un nuovo mutuo con i monaci di S. Agostino d ' I v r e a di scudi 700, per poter pagare il censo Mastallone ed altri aggravi. Con rogito Bochis 12 febbraio 1622, il mutuo è cont r a t t o e padre Giovanni Angelo Balla, da Tavagnasco, Priore del Convento, versa alla Comunità scudi 700, di fiorini 9 caduno in moneta di 79 doppie d'Italia, fiorini 47 e doppie di Spagna 33 e mezza di fiorini 48 l'una. Il mutuo veniva assicurato con ipoteca sui gerbidi dei Campassi, ed il pagamento del censo era a semestri in scudi 49 di 9 fiorini l'uno, netto da ogni carico ducale. La Vicinanza del 1° maggio 1623 autorizza il li A P E S T E Console ad estinguere il mutuo col sig. Pietro Mastallone, valendosi del denaro mutuato dagli Agostiniani d ' I v r e a ; ma questo non era più t u t t o disponibile, ed allora con a t t o 1° maggio 1628, rogato Martino Girodo, la Comunità vende a Morello Giovanni e Perotto Domenico con diritto di riscatto due giornate del gerbido del Gorì, ed un quarto della pezza dei Campassi o Piani in montagna coi pescaggi. La liquidazione del credito Mastallone viene solo saldata il 24 dicembre 1624, col pagamento di ben 1768 fiorini di solo interesse a r r e t r a t o . Con atto 14 aprile 1626 rog. Bochis, la Vicinanza dei Capi famiglia vende a Giorgio Villa tre giornate di terreno al gerbido Gorì per 102 scudi d'oro e sei fiorini, e così si saldano t u t t e le pendenze col Mastallone e altre spese di urgenza per la Comunità. Il denaro mutuato dai Padri di S. Agostino d ' I v r e a viene restituito in due volte; una con a t t o 14 febbraio 1628, l'altra con a t t o 12 febbraio 1629, entrambi rogati da Gregorio Girodo. La Comunità aveva così assestati t u t t i i suoi debiti, mitigato le imposte ai suoi amministrati, ma aveva dovuto vendere quasi t u t t o il" gerbido del Gorì, e parte della proprietà ai Campassi o Piani. Senonchè proprio quando sembravano le cose volgersi in meglio, ecco che scoppia un'altra volta la peete. 159 La peste. È la famosa peste del 1630 che tanto desolò il Piemonte e la Lombardia, di cui Alessandro Manzoni fece un pietoso quadro, descrivendo scene commoventi e desolanti. L'epidemia non fece cessare la guerra, che continuò più feroce, aumentando così la miseria. 11 duca Carlo Emanuele, che con tanto ardore aveva combattuto per l'annessione ai suoi domimi del Monferrato, vi moriva il 26 luglio 1630, senza veder compiuto il sogno da lui e dai suoi antenati t a n t o tempo vagheggiato. A lui successe Vittorio Amedeo I, suo figlio, cognato del re di Francia pel matrimonio con Cristina, figlia di Enrico IV, più nota col nome di Madama Reale. Nel 1631 la Francia fa la pace col Duca di Savoia, e col t r a t t a t o di Cherasco, Trino ed Alba, con 82 terre del Monferrato, vengono in possesso di Vittorio Amedeo I, ma egli deve cedere alla Francia Pinerolo ed accettare l'alleanza con questa. Così il Piemonte potè finalmente avere un po' di tregua. Anche Tavagnasco sofferse terribilmente la la peste nel 1630; la tradizione vuole che infierisse più furiosa di quella del 1585. Un rescritto del magistrato di Sanità di S. A. Ducale, visto il rapporto del dottor Bartolomeo Bailetti, sullo LA GUERRA stato di sanità di Tavagnasco, il. 12 settembre 1631 " dichiara libero ed immune di contagio pestifero la t e r r a di Tavagnasco, ed accorda piena libertà ai suoi abitanti di riprendere i loro commerci e traffici in qualsiasi città e terra, purché sane ed immune, in t u t t o il dominio delh stati di Sua Altezza Serenissima, mediante però la presentazione della bolletta di sanità, sia per loro, che pel loro bestiame, sotto pena di cinquecento scuti d'oro in Comune e cento in particolare applicabili dall'Ufficio di sanità a chi trafficherà senza munirsi di tale bolletta di sanità „. La peste adunque non era ancor cessata; la rigidezza di queste prescrizioni comprovano che nel 1631 il morbo ancora desolava le terre del Piemonte. La guerra civile in Piemonte Dopo la pace di Cherasco le guerre continuarono" il duca Vittorio Amedeo I, s t r e t t a l'alleanza colla' Francia, combatteva contro la Spagna e vi morì addì 8 ottobre 1637. Di lui restavano alcune figlie e due figli, Francesco Giacinto e Carlo Emanuele, dei quali il primo aveva cinque anni e t r e l'altro Era usanza nella Casa di Savoia che, durante la minorità dei duchi, la reggenza spettasse non solo alla madre, ma anche ai primi parenti maschi. Appena morto il duca Vittorio Amedeo I, CIVILE IN PIEMONTE 161 il fratello di lui, Cardinale Maurizio, partì da Roma per venire in Piemonte ad assistere la cognata nella reggenza. Ma questa, che era Cristina di Francia, più nota col nome di Madama Reale, sorella di Luigi XIII, re di Francia, si oppose dichiarando che, per volontà del defunto Duca, a lei sola spettava. Il Cardinale Maurizio, di fronte alla volontà del fratello defunto, si acquetò; ma quando l'anno seguente morì il piccolo duca Francesco Giacinto, le cose mutarono, e, non potendo più la Duchessa allegare la volontà del marito defunto per la minorità del secondogenito Carlo Emanuele, il Cardinale ed il fratello Tommaso, principe di Carignano, assunsero la reggenza. Si oppose la Duchessa, sostenuta dalla Francia, ma i due Principi, favoriti dalle popolazioni, ent r a r o n o in Piemonte ed occuparono Ivrea, Biella, Torino, mentre Madama Reale ed i franeesi ritennero le altre città e terre. La guerra civile era scoppiata; durò per breve tempo, poiché, il 29 aprile 1640, Torino fu occupata dal Conte d ' H a r court, ed il principe Tommaso scampò dalle mani del Cardinale Richelieu, per pura generosità del Conte. Il di lui fratello, Cardinale Maurizio, com i n c i ò t r a t t a r e colla cognata e nel 1642 venne f a t t a la pace ; fu concordato che il Cardinale Maurizio governerebbe Nizza, il principe Tommaso Ivrea e Biella, e Madama Reale Torino col restante del u STORIA DI TAVAGNASCO ducato. Con essa firmerebbero, nel tempo della minorità del Duca, gli atti più importanti. Durante questa guerra civile Tavagnasco dovette concorrere con denaro e vettovagliamento. Si conserva un ordine del Cardinale Maurizio del 6 luglio 1041, che si intima di consegnare, entro 15 giorni, sacchi duecento tredici di grano di emine cinque l'uno, da pagarsi in Ivrea nelle mani del ricevitore della provincia. Come funzionasse il reclutamento. È noto che il duca Emanuele Filiberto si fosse formato un esercito proprio colle genti del suo ducato. L'istruzione militare veniva f a t t a sulle piazze dei capoluoghi la domenica, dopo la Messa, e t u t t a la milizia, composta di 8 colonnelli, radunavasi in mostra a Pentecoste ed a S. Martino. Ogni paese ed ogni t e r r a mandava un certo numero di soldati. Nel 1622, ai 25 di febbraio, il conte Manfredo d'Agliè fa una levata di soldati in Tavagnasco e manda trovarsi f r a otto giorni equipaggiati di armi n. 17 uomini. L'equipaggiamento per cadun uomo, descritto nell'ordine di chiamata, consisteva " in corsaletti al petto e schiena, bracciali, manufole, mezzo cossale, e morrione ossia borgognotta, i moschetti e le bandoliere di corame negro, stampati d ' a r g e n t o , li archibugi inferriati da guerra COME F U N Z I O N A S S E IL RECLUTAMENTO 163 con le loro fiasche e fiocchi di color d'argento, ed il tutto ben pulito per dar mostra al nimico e avviso „. " In caso di mancanza di presentazione il Comando darà la multa di scudi venticinque di oro oltre le altre pene arbitrarie „. In u n ' a l t r a nota sono, nel 1626, reclutati quattordici uomini, e sono tassati 56 altri proprietari di scudi d'oro uno caduno, eccetto Bertolosio Battista, Girodo Pietro e Giov. Battista Girodo che ne pagano due per equipaggiare i soldati chiamati. Altra levata d'uomini viene f a t t a nel 1641, il 6 di ottobre, per difendere la Valle d'Aosta. Dalle chiamate vi erano le esenzioni, così Franchino Domenico, Sala Bernardino, Filippono Giacomo, Antonio Polo e Giov. Franchino, Credenzieri, ricorrono al Conte, Comandante le truppe d'Ivrea, per essere esentati di partire per la difesa di Chivasso nel 1638 " perchè il loro carico di consiglieri e l'ufficio quotidiano non permettono di allontanarsi dal paese, e quindi secondo gli ordini reali di Sua Altezza Ducale li rendono immuni da servizio militare „. Il Comandante con rescritto 6 settembre 1638 riconosce questo loro privilegio e li esenta dalla chiamata. Oltre alla fornitura delle armi vi era pure il vettovagliamento in grano, foraggio e denaro. Nel 1630, cotizzata di 22 sacchi di grano, la Comunità COME F U N Z I O N A S S E fa istanza di venir solo tenuta alla fornitura di 12 sacchi, come pel passato, ed esonerare dal contributo le persone povere. La requisizione della gran a r i a veniva f a t t a in proporzione delle bocche di soldati che si accampavano nelle t e r r e della Castellata, e cioè ogni sacco di grano, di emine 5 l'uno, era sufficiente per 95 bocche; quindi t a n t i sacchi quanti erano i gruppi di soldati attendati, ripartiti in 95 uomini per gruppo (Decreto del Consiglio di guerra in Vercelli a Tavagnasco nel 9 settembre 1636). In quest'anno la Comunità ricorse al Consiglio di guerra per avere almeno per quindici giorni l'esonero dai servizi di guerra per t u t t i i capi di casa rimasti in paese, e sospendere, pagando al fisco 5 lire, l'onere ad ognuno di provvedersi un moschetto, come pure di soprassedere a quindici giorni il pagamento di lire 250 per poter ripartire detta somma fra i capi famiglia. Ma il Consiglio di guerra il 28 luglio 1636 ordinava ai capi famiglia, rimasti in Tavagnasco, di prestarsi ai servigi di guerra pel trasporto del vettovagliamento ad Ivrea (esonerati solo il Console ed i Credenzieri), e provvedersi il moschetto; quanto al pagamento delle L. 250 il Console le versasse e si rifondesse coi capi famiglia, non molestando però quelle persone che erano immuni ed esonerati dai pagamenti, come da n o t a rimessa (30 luglio 1636). IL RECLUTAMENTO 165 In mezzo a queste strettezze, mentre la Comunità faceva sforzi inauditi per sopperire le spese di guerra, vigilava altresì alla tutela del suo patrimonio e delle sue immunità. Così otteneva un rescritto ducale di Vittorio Amedeo I del 12 dicembre 1636, col quale si inibiva ai paesi vicini di tenere navi sul fiume Dora per transitare persone e robe a Settimo Vittone, Montestrutto od altrove, e puniva con pena di cento marche d'argento chiunque avesse molestato il Comune di Tavagnasco dal possesso di derivare acqua per le bialere del molino. È la prima volta che compare nei rescritti ducali il titolo di Re di Cipro, al Duca di Savoia. Più tardi, e cioè con rescritto ducale di Carlo Emanuele II, il 7 gennaio 1552, il Comune otteneva che il molino e la sua roggia fossero presi sotto la regia protezione. È saputo che i Savoia ereditarono il titolo Reale di Cipro e di Gerusalemme, e sempre lo conservarono gelosamente fino alla proclamazione del Regno d ' I t a l i a avvenuta nel 1861. In conseguenza di questa onorificenza regia i Duchi Sabaudi fregiarono i loro stemmi della corona reale, ed i Principi di loro Casa vennero salutati Altezze Reali. Quando Papa Urbano VIII con decreto concistoriale assegnava ai Cardinali il titolo di Eminenza Reverendissima, alla Corte dei Duchi di DENUNCIA Savoia si fece gran rumore. Il Cardinal Maurizio, figlio di Carlo Emanuele I, sorse a protestare contro il decreto ; egli pretendeva di poter ritenere il titolo di Altezza Reale, che, quale figlio del Duca Sabaudo, pretendente Re di Cipro e di Gerusalemme, gli spettava. La questione si fece molto grossa, e fra la Curia di Roma e la Corte di Torino si minacciò una r o t t u r a diplomatica per questo affare, ma la Santa Sede finalmente acconsentì di accordare al Cardinal Maurizio di Savoia, oltre al titolo di Eminenza, anche quello di Altezza Reale, e così si terminò l'incidente. Denuncia del vino. In questo periodo vi è pure un ordine di denuncia del vino, ed i capi di casa, convocati in pubblica Vicinanza dal Console e Credenzieri il 17 gennaio 1634, ascoltano la pubblicazione dell'ordine di S. A. f a t t a a grandi grida dal camparo P e r o t t o Domenico di denunciare il vino. La denuncia veniva ricevuta dal notaio, segretario del Tribunale del Podestà, Girodo Gregorio, che col seguito del Tribunale e dei Consoli passò di casa in casa e visitò le cantine, descrivendo per ogni cantina il numero delle botti, la loro lunghezza e capacità e vino contenuto. Questo curioso a t t o di consegna del vino occupa 12 fogli di scritto, pari a 24 pagine, e sono descritte ben 1 69 botti DEI. VINO 167 di varie dimensioni, ripartite in 69 grotte o cantine. La denuncia del vino era per la gabella; è proprio il caso di ripetere colla Scrittura Sacra, che nulla di nuovo vi è sotto il sole; già anche allora vi era la tassa del vino, come la è applicata ai nostri giorni. IL TRIBUNALE CAPO XIII. IL T R I B U N A L E DEL P O D E S T À - LE LITI PER S E G R E T E R I A DEL T R I B U N A L E - LA LITE LA NEL 1 6 0 7 - LA LITE DEL 1 6 6 2 - IL C O L L E G I O DEI N O T A I E S A C E R D O T I - M A T T I A LASBIANCA LA L E G G E N D A DI PROSPERO LASBIANCA - I BALLA - LA LITE DEL P A T R O N A T O DELLA CHIESA - IL D E L I B E R A T O DEL D I R I T T O DI SULLA PATRONATO ROCCHIA - INTIMAZIONE RINUNCIA SULLA DELLA PAR- SENTENZA P A P A L E E SUA E S E C U Z I O N E - A T T O DI P E R MESSO DI R I P O S I Z I O N E DEL B A N C O CHIESA P A R R O C C H I A L E - LITE PER E NELLA CACCIA PESCA. Il Tribunale del Podestà. Abbiamo accennato che per privilegio statutario, fin dal 1291, Tavagnasco aveva un Tribunale proprio, chiamato la Podesteria. Sede del Tribunale era Tavagnasco, e, secondo il costume romano, le cause venivano t r a t t a t e all'aperto, sulla piazza pubblica, avanti la Chiesa Parrocchiale, sotto il cui portico eravi il seggio del Podestà. Il Podestà, giudice ordinario per t u t t e le cause, t a n t o civili che criminali, era nominato annual- DEL PODESTÀ 1<>9 mente, secondo l'alternativa, dai Conti di Settimo ed altri Consignori aventi giurisdizione civile sopra Tavagnasco. Anteriormente al 1600 non vi esistono registri nè ruoli di cause ; vi sono bensì numerosi a t t i di cause, t a n t o civili che criminali, t r a t t a t e e definite con regolari sentenze. La procedura, nelle civili, veniva iniziata con la presentazione al Podestà di un libello querelatorio fatto direttamente dall ' a t t o r e o da un suo procuratore. 11 libello esponeva l'oggetto della domanda e la sommaria produzione delle prove e chiedeva giustizia. Il Podestà mandava alla parte avversaria la notifica citatoria, e così, a base di memoriali e contro memoriali, si discuteva la causa nelle settimanali sedute pubbliche sulla piazza e poi il Podestà pronunciava la sentenza. 11 Tribunale aveva un segretario, nominato sempre dalla Comunità: soventi da questa veniva incaricato a ricevere a suo nome il giuramento del Podestà stesso. Vi erano i giusdicenti od avvocati patrocinatori di cause sì civili che penali; il Procuratore fiscale ed il Clavario per l'esazione delle multe e l'esecuzione degli atti coercitivi fiscali. Molte sono le cause agitate nanti questo Tribunale, ed i registri esistenti nell'Archivio Comunale contengono infinità di atti con sequestri di mobili e subasta in odio a vari particolari locali. 11 Capitolo 3° degli Statuti descrive minutamente la procedura nelle cause civili per azioni in materia di danno sofferto, o come aventi diritto di essere soddisfatti per lavori o mutuazioni di opere o denaro. " 11 convenuto se non si presenta, dopo due citazioni, verrà condannato ad una multa di 12 denari; e dopo una terza ed ultima citazione, persistendo la contumacia, il Podestà manderà il Console od altro in casa del contumace e si procederà al sequestro dei beni mobili per quel valore di cui all'oggetto della causa. " 11 sequestro deve avvenire con t u t t e quelle formalità di detto Capìtolo, e cioè previa domanda del creditore, il giuramento e la valorizzazione dei beni sequestrandi f a t t a avanti due testi giurati. Il sequestro r i m a r r à fino al pagamento o soddisfazione della domanda del creditore. " 11 condannato in contumacia per 15 giorni avrà facoltà di riscattare il sequestro; per t u t t o il tempo che questo rimarrà, le spese di conservazione delle cose sequestrate sono a carico dell'attore, con diritto di rivalsa. Passati i 15 giorni, con ordine del Podestà, il creditore può vendere la cosa sequestrata. Se non vi sono beni mobili in casa del debitore, si sequestrano i f r u t t i pendenti dalle t e r r e o da quelle da lui condotte e possedute nei fini di Tavagnasco „. Le liti per la Segreteria del Tribunale. Il Segretario del Tribunale doveva stendere le sentenze emanate dal Podestà, ma in Camera di Consiglio, dirò così, era il consulente giuridico che trascinava il Podestà a sentenziare secondo giustizia e formule statutarie del Comune. La formalità delle procedure e la loro andata in conclusione era regolata dal Segretario, quindi l'importanza della carica. Gli Statuti riservavano al Comune il diritto di eleggere il Segretario della Podesteria, e tale privilegio era per la Comunità una garanzia, che il Podestà, nominato dal Conte, amministrerebbe la giustizia secondo le libertà comunali, salvaguardando le immunità e libertà conquistate. Non meraviglia se i Conti di Settimo Yittone, quali Signori capi della Castellata, da cui Tavagnasco dipendeva, tentarono a più riprese di privare la Comunità del diritto di nomina del Segretario. La prima lite della Segreteria di Curia venne intentata nel 1554, quando i francesi occuparono la Castellata di Settimo Yittone. Fu allora che i Signori di Settimo vollero rifarsi della perdita subita, durante il ducato di Carlo III, nella lite dell'osservanza degli Statuti. Gli atti di lite ci riportano le testimoniali originali dei giuramenti dei Podestà dal 1 524 al 1554, ed in essi vien descritto minutamente lo sfarzoso cerimoniale del giuramento e immissione di possesso del Podestà nelle sue funzioni di giudice. All'apertura dell'anno giudiziario, questi, seguito dal Clavario, si presentava sulla piazza di Tavagnasco. Là lo attendeva il Console del Comune, attorniato dalla Credenza; grande folla si trovava sulla piazza, chiamata dal suono della grossa camp a n a , e dalle grida del camparo comunale, che girava per le vie acclamando e notificando ai capi famiglia il giuramento del signor Podestà. Sopra un tavolo, avanti allo scranno del Podestà, erano aperti i rotoli degli Statuti comunali, colle lettere ducali, bolle di approvazione ed i vangeli. Il Podestà, lattosi largo fra la folla, si presentava al Console ed alla Credenza ed esibiva l'atto suo di nomina, che veniva letto ad alta voce dal Segretario della Comunità. Ciò f a t t o il Console invitavalo a prestare nelle sue mani giuramento " de observando Statuta et bonas consuetudines eiusdem loci „, di osservare gli Statuti e t u t t e le buone consuetudini del luogo, disimpegnando l'ufficio di Podestà con giustizia e fedeltà. F a t t o il giuramento gli si presentava dal Console il Segretario del Tribunale, che giurava nelle mani del Podestà. Questi immesso in funzione delle sue mansioni, assisteva dallo scanno Podestario, fìsso sotto il portico della Chiesa, alla rog a t o n e dell'atto di giuramento che, letto e firmato dal Segretario, veniva rimesso al Console. Il Podestà apriva quindi il ruolo delle cause e rendeva giustizia. Contro questa secolare procedura il Podestà sig. Oddonino di Tamagno si oppose. Entrato in Tavagnasco il giorno 8 gennaio 1555, si presenta al Console e, prestato giuramento, rifiuta di accettare, quale Segretario, quello nominato dalla Comunità. Il Console protesta, ma il Podestà tien fermo ed inizia le cause, assumendosi un segretario di sua fiducia. La Credenza allora stende ricorso al Re Enrico 11, suffragandolo con l'esibizione delle copie di giuramento dei Podestà e Segretari dall'anno 1521 al 1554. Il re Enrico II di Francia, si era sotto il dominio francese, con rescritto reale 2 aprile 1555, d a t a t o da Torino, ordinava senz'altro ai Conti di Settimo, ed al Podestà, da loro nominati, di accettare, sotto pena di 25 marche d'argento, in ogni atto giudiziario, il Segretario presentato dalla Comunità di Tavagnasco, fino a sentenza della lite pendente. Questa venne t r a t t a t a dal causidico Alberto Andrea, cittadino di I v r e a ; e dopo un anno di lunghe comparse ed interrogazioni di 28 testi, fu sentenziato riconoscendo il buon diritto al Comune. LA L I T E La lite del 1607. 1 Conti di Settimo, n e l l ' a l t e r n a t i v a della loro giurisdizione, t e n t a r o n o sempre di esimersi dall'osservanza degli S t a t u t i . Nel 1607 il conte Cristoforo de Enrico dei Signori di Settimo, pretese di esercitare le attribuzioni di Podestà senza curarsi del giuramento consolare. Si oppose la Comunità e la causa per direttissima venne subito t e r m i n a t a dal signor Alessandro Orengiano, dei Signori di Romano, p r e f e t t o d ' I v r e a e del Canavese, con sentenza 23 giugno 1607. La sentenza dice: " Pronunciamo esser s t a t o mal proceduto per d e t t o signor Giov. Cristoforo nel c o m a n d a m e n t o lasciato per lui contra gli uomini di d e t t o luogo di doverli giurari come puodestà di Tavagnasco per l ' a l t e r n a t i v a di sua giurisdizione la sequella a v a n t i che esso avesse giurato l'osservanza delli S t a t u t t i et buone consuetudini di esso luogo di Tavagnasco e facendo sopra questo giustizia alle detti parti. Diciamo esso sig. Gio. Cristoforo esser t e n u t o giurare e far giurare per p r o c u r a t o r legittimo nelle mani dil Consule di Tavagnasco o dil Segretaro qual per d e t t a Comm u n i t à sarà elletto d'osservuare alla d i t t a Comun i t à et huomini luoro s t a t u t t i e buone consuetudini e questo s o t t o pena di nullità di ogni a t t o qual v e r r à fare in contrario. Dechiarandu la dittione seu posta per queste f a t t o in detti S t a t u t t i n o n DEL 175 1607 esser p r o p r i a m e n t e a l t e r n a t i v a ma i m p o r t a r e ordine et a u g m e n t o di obbligare detti Signori di d o v e r e giurare l'osservanza d'essi Statuti nelle m a n i dil Consule salvo che la Comunità elegga secretaro a ricevere le prestazione di detto giuram e n t o compensando le spese sportule in scuti t r e d'oro. Alessandro Orengiano, Senator e P r e f e t t o „. La lite del 1662. Il conte Fabrizio' Giov. P i e t r o di Settimo fu l'ultimo del suo casato che t e n t ò disperatamente la prova della rivendicazione del suo dominio autocratico su Tavagnasco. Gli Statuti concedevano al Conte di poter nei r e a t i di sangue t r a d u r r e al castello, e tenere nelle proprie carceri, i delinquenti di Tavagnasco. Egli volle quindi fare le istruttorie per tali reati nel castello stesso, ed escludere dal processo il segret a r i o del Tribunale di Tavagnasco. Sorse subito l'opposizione del Comune, ma il Conte si fece forte del disposto dell'articolo 58, ampliando la concessione descritta in esso articolo, e s f r u t t a n d o la benigna condiscendenza che t a n t i particolari di Tavagnasco, rei di r e a t i criminali, si erano p o r t a t i al castello di Settimo per il loro processo. Ma il Capitolo 58 era chiaro a per qualsivoglia causa civile o criminale, commessa o da commettersi, nessuno poteva esser giudicato fuori dai fini di Tavagnasco, ne esser t r a d o t t o arrestato fuori del territorio, salvo per i casi gravi di pena di sangue e di morte „. Il Comune non poteva quindi transigere e non a m m e t t e v a affatto che il Conte o suo Giusdicente e Podestà estendesse più oltre del concesso in questa materia. La lite venne agit a t a nauti il Senato, ed il Conte chiamò a raccolta t u t t i i suoi Vassalli e portò al processo un volume di testimonianze di persone influenti da t u t t i i paesi della Castellata. Sono preti, sono i parroci di vari paesi, sono i maggiorenti di Settimo, Mont e s t r u t t o , Quincinetto, Nomaglio e Borgofranco che t u t t i concordi attestano di aver veduto ed assistito a cause criminali di gente di Tavagnasco, arrestati e giudicati nel castello di Settimo. La Comunità da parte sua replica con altre prove e testimonianze, ma più di t u t t o con estratti di processi criminali, t r a t t a t i in Tavagnasco fin dal 1580. ' ^ Con sentenza del 24 ottobre 1662 il Senato manteneva il Conte nel possesso o quasi possesso di eleggere il Luogotenente o Tribunale, t a n t o del luogo che dei forestieri, a suo beneplacito, mentre però elegga un giorno certo giuridico della settimana, nel quale o il Podestà o il suddetto Conte saranno tenuti giudicare nel luogo di Tavagnasco per li bisogni dei particolari d'essa Comunità. Pilone alpestre via S. Maddalena. (G. Accotto) (pag. 218) LA L I T E DEL 1662 177 Nel riguardante la causa in parola dichiariamo la medesima nel possesso o quasi di eleggere del Tribunale il Segretario. La sentenza veniva impugnata dal Conte, e per altri quattro anni si agitò la causa. Il 16 dicembre 1666 il conte Fabrizio otteneva una sentenza che gli riconosceva il quasi possesso di eleggersi nelle cause criminali il Segretario, ma la sentenza fu ñeramente contrastata dalla Comunità, e la lite si prolungò ancora per anni. Mancandovi gli atti non risulta come sia stata definita la causa, ma dal libro delle cause criminali, esistente in Comune, consta che il Conte di Settimo sempre ha t r a t t a t o in Tavagnasco le cause criminali, ai sensi dei Capitoli statutari, eccettuati gli estremi dei delitti di sangue e di morte. Ciò comprova che la Comunità ottenne il rispetto delle sue immunità e libertà. Le competenze del Tribunale, che in antico erano estesissime, vennero poi limitate. Esularono dalla sua competenza le cause dei delitti di lesa Maestà o di sicurezza dello Stato, e t u t t e quelle azioni che interessassero il fisco erariale e le leggi ducali. Nel 1700 furono limitate a questo Tribunale le cause puramente civili, ed allora la Segreteria del Tribunale venne appaltata di triennio in triennio dal Comune al miglior offerente, come si dirà più avanti. COLLEGIO Il Collegio dei Notai e Sacerdoti. Le immunità e i privilegi degli Statuti monopolizzavano n e l l ' E n t e Comune uffici e cariche di importanza sociale. Più tardi la Comunità costituì il Corpo religioso della Parrocchia ed ottenne il Padronato. Il Tribunale del Podestà, la Comunità e la Parrocchia avevano i loro funzionari, i loro capi e questi di nomina Comunale. Sorse quindi, fin dai primi secoli di vita Comunale, un collegio di notai, segretari ed avvocati e più tardi, quando fu e r e t t a la Parrocchia, una corporazione di sacerdoti. Dato lo spirito campanilistico dei tempi e per un sentimento di protezionismo non disgiunto da idee autonomistiche, per secoli e secoli Tavagnasco scelse sempre i suoi funzionari ed impiegati da questi corpi di intellettuali, ed i parroci dai sacerdoti locali. La famiglia dei Lasbianca primeggiò e le antiche pergamene del trecento e quattrocento registrano i nomi e portano impresse le sigle dei notai ed avvocati di questa illustre famiglia, benemerita nell'erezione della Parrocchia. La celebrità di questa famiglia culminò nel nome di Mattia Lasbianca, primo segretario, membro del Reale Consiglio di Carlo Emanuele, ed in vari illustri sacerdoti ed avvocati che occuparono p r e l a t u r e nella Metropoli Torinese. D E I NOTAI E SACERDOTI 179 Vengono nel Cinquecento i Vercellotto, i Piasotto, i Violetta, i Francesio ed i Girodo, notai, segretari e sacerdoti arbitri e difensori nelle lotte locali per la roggia del molino e le contese con Montestrutto ed i vassalli di Settimo. Seguono nel seicento e settecento i Franchino ed i Balla che monopolizzarono nelle loro mani per quasi un secolo la vita civile e religiosa di Tavagnasco, ponendo alla direzione della parrocchia tre curati successivi con cappellani al Gesù tutti della casa Balla, e t e r m i n a , nell'Ottocento, la sequela dei funzionari ed impiegati nella famiglia dei Morello, che nel periodo burrascoso della rivoluzione sono gli esponenti delle idee di libertà ed i paladini della rivoluzione. Colla morte degli avvocati e notai Morello quest'ondata di intellettualismo è arenata e la fiamma di uomini intellettuali e studiosi è spenta, ma il popolo di Tavagnasco così attivo e laborioso, studiando la storia del suo passato, riprenderà le nobili tradizioni, in questo campo, dei suoi padri. 11 faro di luce che sempre illuminò questa terra nella sua millenaria vita civile e religiosa, fino ad assurgere nei Lasbianca e nei Balla alle prime cariche dello Stato, del Foro e delle Prelature ecclesiastiche, ritornerà a brillare facendo rivivere in nuove energie le nobili tradizioni degli avi. Mattia Lasbianca. Nel secolo xvi la coltura del Mattia Lasbianca era risalita a grande rinomanza, e, da notaio collegiate, passò segretario alla prefettura di Fossano e quindi alla carica di primo segretario del Senato Ducale di Torino. Questa carica seppe disirapegnare con grande abilità da meritarsi particolare attenzione del Duca Emanuele Filiberto e di Carlo Emanuele, che nel 1582 lo inviò castellano a Settimo Torinese, carica da lui coperta fino al 1584. Ma in quest'anno lo richiamava a Torino e lo faveva primo segretario della Suprema Corte dei Conti (25 febbraio 1584). Perciò il Duca volle a t t e s t a r e t u t t a la stima e l'affetto per Mattia Lasbianca, e con rescritto 31 dicembre 1584 conferiva a lui, al suo padre ed ai loro discendenti il titolo e grado di Conti di Tavagnasco e Nomaglio, e lo ascriveva fra i grandi della Corte Ducale. Qui non si arrestava la carriera ascensionale del nostro Mattia Lasbianca, perchè il Duca, con mota proprio, il 4 luglio 1603, lo istituiva Procur a t o r e generale, patrimoniale, fiscale e membro del Supremo e Reale Consiglio. Il Duca Carlo Emanuele, re di Cipro, disse di Mattia Lasbianca : " Ha sempre speso il suo tempo in virtuose azioni, mi ha servito con molta affezione, prontezza e soddisfazione „. Miglior elogio non poteva ripromettersi il Lasbianca. Nell'Archivio Comunale esiste del Lasbianca Mattia una quietanza di pagamento, f a t t o in Torino il 20 dicembre 1602, scritta di suo pugno, per un credito da lui riscosso dai Girodo Giovanni e Franchino Giovanni, per l ' i m p o r t o di scudi 80. La leggenda di Prospero Lasbianca. L'antica e nobile famiglia dei Lasbianca aveva col signor Mattia acquistato il titolo nobiliare di Signori di Tavagnasco e Nomaglio. I suoi membri occuparono le più alte cariche dello Stato, ed i preti Carlo Mattia Priore alla Metropolitana di Torino, e Giovanni Canonico alla Collegiata di Moncalieri, quelle ecclesiastiche. II signor Prospero, ultimo dei Lasbianca, aveva t e n t a t o , col conte Fabrizio di Settimo, introdurre il banco di famiglia nella Chiesa di Tavagnasco, ma il Comune gli aveva fatto la nota lite del Padronato. Si ritirò egli nel suo feudo alpestre, t u t t ' o r a denominato " Lasbianca „, e qui visse vita eremitica. Non scendeva più al piano, ed il figlio, il prete Iuvenale, lo pregava a desistere da quella vita. Il signor Prospero voleva rivivere colassù la vita di S. Antonio e dei vecchi anacoreti della Tebaide. Alternava il lavoro manuale colla preghiera, ed il f r a t t o del lavoro, i pochi famigliari, lo recavano s e t t i m a n a l m e n t e al piano ai poveri perchè pregassero per lui, per la sua famiglia che in lui si estingueva. E r a n o molti anni che il Lasbianca, salito lassù, più nessuno r a v v i c i n a v a . Anche il figlio Giovenale più non l'aveva veduto. Il Curato Bernardo F r a n chino gli manda un'ambasciata, lo prega a scendere nel gran giorno della Pasqua a pregare nella Chiesa. Lo desideravano i figli, i nipoti, già vecchi anche loro, lo b r a m a v a t u t t a la gente. Il nonagenario vecchio scende, aveva un gran mantello sulle spalle ed un bordone in mano come gli antichi Romei. Attraversa le vie del paese e parea un pellegrino del secolo undecimo che si avviasse, dopo lunga peregrinazione, a sciogliere un voto. Lo seguiva la gente silenziosa, ed il vecchio venerando e n t r a nell'antica chiesina, quella chiesa per cui gli antichi notai ed i preti dei Lasbianca t a n t o avevano f a t t o per erigerla in Parrocchia. In breve la chiesa fu assiepata di gente. Il vecchio Lasbianca si p r o s t r a all'altare e colle braccia aperte, come un antico orante delle catacombe cristiane, fa devota e fervida preghiera. Si alza ed ai pie' del Curato fa la confessione. Avevaio il Parroco dolcemente ammonito a lasciare il suo alpestre romitario e t o r n a r e al piano, dove più fàcile poteva compiere i suoi doveri religiosi. Ma il vecchio Lasbianca a m a v a la solitudine dell'eremo, come i monaci antichi. Lassù, nelle ore di funzioni sacre, s'univa in ispirito all'anima dei fedeli, e con loro p r e g a v a , partecipando ai misteri divini. Alzatosi dai pie' del Sacerdote si libera della vecchia zimarra e la depone sopra un raggio di sole, che dalla finestra cadeva sull'altare, a t t r a versando il coro. 11 logoro mantello, testimone delle virtù e penitenze del signor Prospero, si ferma sul raggio, sospeso come sur una corda, e la gente, a t t o n i t a , osservava. Il Lasbianca ginocchioni a t t e n d e il Sacerdote che gli rechi il Corpo di Cristo in Sacramento. " Ya, gli disse il Curato, la t u a virtù e santità oggi il Signore volle manifestare qui nel suo tempio, al cospetto del suo popolo „. Il Lasbianca, ricevuto il Pane Eucaristico, si chiuse in profondo raccoglimento e pregava, pregava. 11 popolo l'osservava e la preghiera del venerando vecchio si prolungava. Si avvicinò il Curato don Franchino, lo riscosse, m a il signor Prospero Lasbianca era morto, m o r t o in ginocchio, in a t t o di preghiera, irrigidito nelle membra in un'estasi divina, come in tal guisa mille e trecento e più anni era morto S. Paolo E r e m i t a nel deserto della Tebaide. il raggio di luce sosteneva ancora in alto il vecchio mantello del nonagenario romita, ma il I sole per la lunga preghiera del Lasbianca si era già, s p o s t a t o , ed ora pioveva vivido e radioso, attraverso ai vetri istoriati della finestra, ed avvolgeva nella sua luce la salma orante. Una combinazione di luce formava a t t o r n o alla bianca canizie del capo del morto un'aureola risplendente trasformandolo in una ieratica figura dei Santi del deserto. Il popolo piangeva, pregava, applaudiva. Così si era spento l'ultimo stipite dei Lasbianca, gloria, onore e decoro di Tavagnasco. Ho scritto questa leggenda che ancora oggi corre di padre in figlio nella tradizione orale del popolo di Tavagnasco. Ho voluto riunire nel quadro della morte del Lasbianca i t r a t t i caratteristici della morte di S. Paolo Eremita, come li descrive S. Girolamo, perchè la leggenda fosse più completa, guadagnandovi in bellezza, senza nulla scapitarci nel valore storico. Personaggio storico è il Lasbianca, ma è una semplice leggenda il meraviglioso mantello. I Baila. P. Giov. Angelo Balla, Priore del Convento degli Agostiniani d ' I v r e a , confessore del Duca di Mantova. Avv. teologo Giovanni Pietro Balla, insigne teologo ed avvocato di gran grido al Senato di RALLA 185 Torino, era una celebrità dei tempi e difese numerose cause. Gian Martino teol. Balla, nato il 25 novembre 1758, laureato in teologia, precettore della famiglia del conte Pocchettini di Serravalle, senatore del Regno; mons. Luigi Pocchettini, di cui fu precettore, l'ebbe in gran considerazione. Nella visita pastorale del 1826 volle recarsi sulla sua t o m b a e pregare pace al suo antico maestro, tessendone l'elogio. Fu nominato parroco dalla Comunità nel 1789, ma non vi prese possesso che nel 1794. Morì in buona età il 25 novembre 1818, ebete e pieno di acciacchi, come già lo zio D. Martino Balla, suo predecessore. Scrisse una vita di S. Savino. Contemporaneo vi era il notaio Dionisio Balla pure di questa famiglia. Davide Balla nato nel 1827, laureato in teologia e leggi a Torino con pieni voti. Conobbe parecchie lingue come l'ebraico, il greco, il latino, il tedesco, l'inglese ed il francese e collaborò in vari giornali; morì in Torino nel 1862. P . Prospero J o a n n e s , camaldolese, nato il 2 maggio 1716, lettore di teologia nell'Eremo di Lanzo, del quale fu Priore. Fu nominato Padre Generale degli Eremi del Piemonte e confessore del Re Vittorio Amedeo III. Scrisse t r e t r a t t a t i di teologia, morale e filosofia. Vincenzo avv. Francesio, Consigliere di Pref e t t u r a e Membro del Dipartimento della Dora LITE sotto il Governo francese. Suo padre già erasi stabilito ad Ivrea ove teneva un ben avviato negozio. Morendo lasciò un vistoso patrimonio di circa 100 mila lire alla Parrocchia di S. Maurizio d ' I v r e a a scopo di beneficenza e di culto. Colle leggi del 1890 sulle Opere pie parte del legato venne assegnato alla Congregazione di Carità d ' I v r e a . La lite del Patronato della Chiesa. Il Conte Fabrizio fu nemico ostilissimo delle libertà ed immunità comunali di Tavagnasco. Mentre agitava la lite per le franchigie civili e giudiziarie, spalleggiato dai Signori di Lasbianca (il signor Prospero, capostipite di questa famiglia maggioritaria), e secondato dal Curato D. Giacomo Franchino, cercò di p e r t u r b a r e il Comune dal suo centenario possesso di P a t r o n a t o della Chiesa Parrocchiale. Nel 1660 introdusse nella Chiesa un banco suo proprio personale, in segno di padronanza, e con lui anche il sig. Prospero Lasbianca. Ma il popolo, nottetempo, sfondò le porte della Chiesa, ed asport a t i i banchi sulla pubblica piazza, li abbruciò. Il Conte e i Lasbianca rimisero altri banchi e si riservarono in d e t t a Chiesa tombe sepolcrali di famiglia. Il Comune allora stese ricorso alla Curia Vescovile, reclamando la scomunica contro chiunque DEL PATRONATO DELLA CHIESA 187 presumesse porre banchi od altri segni di padronanza nella Chiesa Parrocchiale, essendo questa stata edificata a spese del Comune e dei Capi famiglia, senza alcun concorso dei Vassalli e Signori del luogo. Mons. Filiberto Milliet, Vescovo d'Ivrea, in calce alla supplica della Comunità, riconobbe il diritto al Conte Fabrizio e Vassalli, e minacciò la scomunica a chi li molestasse nei loro diritti. Il Comune otteneva proprio il contrario delle sue suppliche; ma quando il parroco di Tavagnasco pubblicò alle porte della Chiesa la risposta e l'ordine del Vescovo, emanato il 10 luglio 1660, il Comune aveva già preparato la supplica appellatoria al Nunzio Apostolico della Corte Ducale di Torino, Mons. Carlo Roberto de Vittorio, Arcivescovo di Tarso, ed ì suoi delegati partivano il giorno stesso alla volta di Torino, per presentare, col procuratore, l'appello contro il decreto del Vescovo d ' I v r e a . I delegati comunali al ritorno di Torino comunicarono alla p a r t e avversante le lettere citatorie del Nunzio, segnate sotto la data del 12 luglio 1660. La Comunità non aveva d o r m i t o ; il Conte e la Curia Vescovile d ' I v r e a furono sgomentati. Il giorno 15 luglio il popolo di Tavagnasco vide pubblicato alle porte della Chiesa Parrocchiale le lettere citatorie del Nunzio, mentre il camparo comunale Colmia Giov. Battista faceva le notifiche giudiziarie alle parti avversarie. 188 STORIA DI TAVAGNASCO Fu quindi iniziata la lite che venne t r a t t a t a , per delega nella Curia Vescovile d'Ivrea, avanti al Vicario Generale Mons. Giovanni Domenico Alberga. Dopo due anni circa di comparse il giorno 4 febbraio 1662 Mons. Alberga sentenziava in favore del Conte Fabrizio, rigettando i capitoli e domande della Comunità. Il giorno 6 febbraio il Procuratore del Comune, Don Antonio Vugliano, stendeva appello al Nunzio Apostolico di Torino. La causa fu quindi trasmessa alla Curia Romana, ed il 28 novembre 1662 veniva iniziata. Gli atti di questo voluminoso processo sono preziosissimi poiché il Comune, a sostegno del suo buon diritto, dovette raccogliere t u t t i gli atti ed i documenti relativi all'erezione e dotazione della Chiesa e Parrocchia, le nomine ed atti di istituzione dei primi parroci. Con questi atti resta comprovata la proprietà del Comune della Chiesa e Cimitero e il diritto di padronato attivo, esercitato dal Comune e Capi famiglia fin dalla fondazione della Parrocchia. Così molti atti, sventuratamente perduti nelle pergamene originali, vengono in copia autentica riportati in questo lungo processo. Il 24 gennaio 1663 il Supremo Tribunale della R o t a sentenziava in favore del Comune e uomini di Tavagnasco, riconoscendogli il diritto di P a t r o n a t o sulla Chiesa: non esser lecito e non potersi L I T E D E L PATRONATO DELLA CHIESA 189 permettere che il Conte Fabrizio di Settimo Vittone ponesse o tenesse nella Chiesa Parrocchiale del Comune alcun banco o sedile " dicimus, decernimus et declaramus ac definitive sententiamus non licuisse nec licere eidem D. Corniti Fabritio iponere scannum seu scanna in dieta Ecclesia ubi de j u r e patronatus eiusdem Comunitatis et hominum etc. „. La sentenza annullava poi ogni a t t o e sentenza pronunciata dalla Curia d ' I v r e a ed imponeva al Conte di rimuovere il banco o qualsiasi altro sedile in detta Chiesa posto, condannandolo nelle spese. La sentenza venne notificata con lettere membranacee dal Pronotario Apostolico Monsignore Saluzio Albertonio, e con t u t t a solennità pubblicata in Tavagnasco dal cursore Giovanni Battista Mussetto, della Curia del Nunzio Aposto- \ lieo di Torino. Ma il Conte Fabrizio non si acquetò e di nuovo si appellò allo stesso Tribunale Romano, e la causa continuò ancora due anni. La Curia Romana il 17 luglio 1665 riconfermava la prima sentenza, dicendo " confirmamus et approbamus in omnibus et per omnia, et confirmata et approbata haberi volumus et mandamus etc. ,,. Confermiamo ed approviamo in t u t t o e per tutto, e comandiamo e vogliamo che si abbia per confermata ed approvata. Così il Conte Fabrizio per la terza volta veniva condannato. La Comunità e la popolazione di Tavagnasco RINUNCIA vedevano sanzionato dallo stesso Tribunale della S. Rota il suo diritto di P a t r o n a t o sulla Chiesa Parrocchiale. Con questa importante Sentenza era oramai cessato, dopo duecento armi, ogni rapporto di sudditanza t r a la Chiesa Parrocchiale di Tavagnasco e la Pieve di S. Lorenzo in Settimo Vittorie. I pretesi diritti dei p a t r o n i , i Signori di Settimo, erano pubblicamente ed autorevolmente dichiarati insussistenti. Il deliberato sulla rinuncia del diritto di Patronato sulla Parrocchia. L ' I n t e n d e n t e della Provincia, con sua lettera 15 dicembre 1823, invitava il Consiglio Comunale a deliberare sulla rinuncia del diritto di P a t r o n a t o della Parrocchia. I consiglieri, non ostante l'intervento del signor Ferdinando Aimini, giudice del Mandamento " si trovarono concordi a dichiarare che la Comunità non ha mezzi per pagare il supplemento di congrua al signor Curato, essendo i redditi comunali neppure sufficienti a far f r o n t e alle spese necessarie e di somma utilità per il pubblico „. " Riguardo alla rinuncia del diritto di P a t r o n a t o , siccome tal diritto non appartiene solo all'Amministrazione Comunale, ma bensì a t u t t i indistintamente li Capi di famiglia residenti su questo ter- DEL DIRITTO DI PATRONATO 191 ritorio, il Consiglio si riconosce incompetente e non munito dell'opportuno mandato di chi ha tale diritto per procedere a qualsiasi rinuncia, t a n t o più che essa mancherebbe di corrispettivo, poiché la congrua che hanno sempre goduto i signori Curati prò tempore di questa Parrocchia venne per intero formata a spese di questi abitanti, e se il Governo Reale crede conveniente di esercire lui per l'avvenire il diritto di P a t r o n a t o , il Consiglio Comunale spera della di lui giustizia e che questo Comune e popolazione vengano indennizzati delle spese fatte per la formazione della congrua, spese che, nel caso gli si toglie il diritto di Patronato, rimarrebbero senza oggetto. Il Consiglio manda a rassegnare il presente deliberato all'111.""' signor Intendente per quell'effetto che di ragione „. Al presente deliberato, l'Intendente rispondeva in calce : " Visto ; se la Comunità di Tavagnasco ravvisa realmente vantaggioso alla popolazione il liberarsi del peso di provvedere la Parrocchia della mancante congrua mediante la rinuncia al gius P a t r o n a t o che compete alla medesima ed ai Capi di casa, deve avere l'opportuno ricorso all'Ecc.' 1 ' 0 Senato per ottenere la facoltà di quelli convocare per emettere in proposito la loro deliberazione. Ivrea, li 3 aprile 1824. L'Intendente: (firma illeggibile) „. Il Comune più nulla fece ed il gius P a t r o n a t o è ancora in pien vigore ai giorni nostri. Anzi nel 1838 il Comune incaricava l'ing. Germano Ferrando a formare una perizia, con minuti capitolati di appalto, per la costruzione di numero 72 banchi di noce per la Chiesa Parrocchiale, quattro dei quali, collocati in prospettiva dell'altare maggiore, di sei piedi manuali per ognuno, serviranno per li Signori Consiglieri della Comunità e Priori della Chiesa stessa prò tempore. Li quali banchi saranno lavorati pulitamente e tutti q u a t t r o palchettati con tavole di brengola rossa, con radici e panelli in noce, sedili ed inginocchiatoio pure in noce. Seguono poi i Capitoli generali e particolari ed una spesa complessiva di L. 2304,64. Con questo il Comune attestava all'Autorità governativa il suo proposito di mantenere fermo il diritto di P a t r o n a t o . Intimazione della Sentenza Papale e sua esecuzione. D. Marco Gaddio Dottore in ambe leggi Pronotario e Succolettore Apostolico Assessore Generale di Giustizia ed in questa particolare dall' III."10 e Rev.m" Mons. Carlo Cerri Auditore Decano della Sacra Rota Romana specialmente delegato. INTIMAZIONE DELLA SENTENZA 193 PAPALE Al primo Chierico, Prete, Nodaro, Nunzio, Serviente generale o Messo giurato richiesto, salute. Visti gli atti esecutoriali d'ordine nostro fatti all'istanza delli Magnifici Sindici di Tavagnasco et in odio dell'111.mu sig. Conte Fabrizio di Settimo principalmente la remozione et abduttione del Banco per sua parte reposto, dalla Chiesa Parrocchiale di detto luogo di Tavagnasco, Ordinatione sua seguita, e del t u t t o suo tenore considerato, vi Comaiettiamo e Mandiamo di Intimare e Notificare, come Notifichiamo a detto sig. Conte Fabrizio di Settimo detta esportazione e così intimando inibirgli come noi con questo più tortemente inibiamo di più riporre esso ne altro Banco in detta Chiesa ed al Signor Curato del luogo di permettere alcun a t t o pregiudiciale a questo nostro sotto pena di scudi Cento d'oro per caduno et ogni volta al sig. Procuratore della Rev. da Camera Apostolica per quali si competono rispettivamente e della Scomunica in sussidio. Dechiariamo l'esecuzione delle presenti da farsi in persona domestica di caduno d'essi il t u t t o alla forma e mente di nostra delegazione valida. Dato in Tavagnasco li 27 maggio 1667. Il medesimo delegato fir. G-ADIO. Il banco venne rimosso dalla Chiesa, presente il Delegato Apostolico, e p o r t a t o nella casa paterna del Curato D. Giacomo Franchino. 194 STORIA DI TAVAGNASCO Curato e Conte si trovarono molto male, ma non t a n t o ben disposti alla Sentenza erano la Curia Vescovile d ' I v r e a e quella del Nunzio Apostolico di Torino. Il Conte Fabrizio rifiutò rilevare il Comune dalle spese sostenute dalla lite, e questo dovette ricorrere al Duca perchè intimasse al Conte il pagamento in parola. Ma il Conte era Maggiordomo di Corte e vi godeva larghe protezioni; si intavolarono quindi pratiche officiose perchè il Duca, colla sua a u t o r i t à civile, interponesse i suoi buoni uffici presso il Comune. 11 Duca chiamò a Torino il Console e Consiglieri, e verbalmente si accomodò la cosa nel senso che il Comune riporrebbe il banco in chiesa. Ritornati da Torino, il console convocò il Consiglio e fu concertato di riporre nella Chiesa il famoso banco, facendo rogazione con a t t o pubblico, di quanto si faceva, inviandone copia a S. A. R. il Duca. L ' a t t o vienne steso dal notaio Martino Girodo ed è del seguente t e n o r e : Atto di p e r m e s s o di riposizione del banco nella Chiesa Parrocchiale. L'anno milleseicento sessantasette ed alli sei di ottobre in Tavagnasco, avanti me Martino Girodo ducale notaio e segretario vagnasco: del Tribunale di Ta- PERMESSO D I RIPOSIZIONE DEL BANCO 195 Sono comparsi e personalmente costituiti li provvidi Martino figlio di Battista fu Antonio Franchino, moderno Console e Gabriele figliuolo di fu Antonio Pozzo quali espongono esser gionti ieri sera dalla città di Torino et avere havutto udienza da S. A. R. per il fatto del banco che l'III.»" Sig. Conte Fabrizio Setto di Settimo, Maggior Domo di Sua Maestà Reale haveva f a t t o riporre nella Chiesa Parrocchiale del presente luogo et qual banco indi in virtù di Sentenza di Sua Santità sia stato ordinata l'esportazione di tal banco fuori di Chiesa, in virtù della qual Sentenza fu qua sotto li 27 del prossimo passato maggio il M. Ill. mo e Rev. Sig. D. Marco Gaddio, Dottor d'ambe leggi, pronotario e succullettore Apostolico, Assessore generale et in questa parte dall'Ili." 10 Sig. Rev. m0 Mons. Carlo Cerri Auditore Decano della Sacra Rota R o m a n a , specialmente delegato, qual delegato fece asportare detto banco fuori della suddetta Chiesa e fu riposto nella corte della casa del M. Rev. d0 P r e t t e D. Giacomo Franchino Curato della parrocchiale del luogo con precetto di non lo permettere alcun a t t o pregiudiciale al suddetto Ordine, sotto pena di scudi cento d'oro per caduna volta et ogni volta alla R. Romana Camera Apostolica et della scomunica; li quali Martino Franchino, Console, et Gabriele Pozzo riferiscono qua alli provvidi Martino Girodo, Gregorio Giovanetto, Antonio fu Giovanni Pietro 196 STORIA DI TAVAGNASCO Girodo, Stefano Colmia, Domenico fu Giov. Antonio P e r o t t o t u t t i Consiglieri ed agenti di detta Comunità di Tavagnasco et nobile Bartolomeo Piasotto nodaro e segretaro della suddetta Comunita e luogo siccome da Sua Reale Altezza comanda a detti Agenti della Comunità di Tavagnasco di dovere fare riporre lo stesso banco nella Chiesa Parrocchiale et luogo dove era et in essa e volendo detti Consiglieri et Agenti della Comunità di Tavagnasco obbedire prontamente alli Comandi di detta Real Altezza non solamente in ciò ma a qualsivoglia altro comando come sono tenuti et obbligati, perciò si è fatto prendere detto banco nella predetta corte del Curato Franchino dove sia per ordine del suddetto signor delegato Apostolico fu rimesso come in effetto il t u t t o si è eseguito puntualmente deliberatamente dalli suddetti Console e Consiglieri et Agenti della suddetta Comunità e ne chiedano pubbliche testimoniali, le quali Io sottoscritto notaro ho ricevuto et concesse e per le presenti concedo alla presenza delli Sigg. D. Bernardo Franchino Cappellano e Provvido Pietro Balla e Bernardo Giovanetto testi richiesti et astanti. M A R T I N O G I R O D O Notaro. Così aveva termine la lite del Padronato vinta in linea di diritto, ma perduta in pratica per imposizione di ordine regio. Il governo Ducale con Carlo Emanuele II, ma più con quello di Vittorio PERMESSO D I R I P O S I Z I O N E D E L BANCO 197 Amedeo lì, era molto assoluto ed imperativo. I Comuni dovevano soventi dar corso agli ordini regi, senza t a n t o discutere, peua la spesa in proprio di una compagnia di soldati fino a che l'ordine non fosse osservato. Era un sistema dei tempi. Il Conte Fabrizio otteneva una rivincita, ma doveva pagare al Comune la parcella delle spese della lite, le quali ascendevano a L. 1030 per la prima causa (1663), ed a ducatoni 261 più L. 66 e soldi 20 per la seconda sentenza (1667). Cessando l'opposizione del Comune, il Conte, riponendo il banco in Chiesa, non cadeva nelle scomuniche, ne nella pena di 100 scudi d'oro in favore della Camera Apostolica. 11 banco però, morto il Conte Fabrizio, venne rimosso ed i feudatari più nessuna pretesa sollevarono in merito. Così andavano le cose nel 1600. La lite per la caccia e pesca. Contemporaneamente alle liti del Padronato della Chiesa, e della Segreteria del Tribunale Criminale, il Conte Fabrizio aveva intentata al Comune la lite per la caccia e la pesca. La Comunità e uomini di Tavagnasco pel capitolo 49 degli Statuti avevano il privilegio 8 in perpetuo di poter pescare, cacciare con li filati, ordegni soliti, nasse, reti, a qualsiasi caccia e pesca da farsi o prendersi, t a n t o nel fiume Dora, LITE che nelle sorti et Comunie delle fini di Tavagnasco liberamente e senza contradizione alcuna a loro libero piacere e volontà e di dette pesche e caccie farne t u t t o quello gli piacesse e di poterle alienare ogni e qualunque volta gli piacesse e di servirsene t a n t o in uso proprio come pel altri „. Il Conte Fabrizio fece inibire la pesca nel fiume Dora e la caccia nei pressi dei finaggi di Montestrutto e di Settimo Vittone con un editto del 13 gennaio 1664. Il contravventore era punito con 10 scudi d'oro di multa, e Pietro Pecco era deputato a sorvegliare i finaggi. La pubblicazione dell'ordine Comitale fu impedita aspramente in Tavagnasco, che non avvenne ; e la Comunità fece citare il Conte al Senato Ducale. Per sommario processo il Duca Carlo Emanuele II il 7 aprile 1665 sentenziava in favore della Comunità di Tavagnasco. " Pronunciamo, dice la sentenza, nel summarissimo possessorio della pesca (e caccia) di quali nelli atti doversi in odio al Conte Giov. Pietro Fabrizio di Settimo mantenere, come manteniamo, la Comunità e uomini di Tavagnasco, ecc. „. Il Conte era così anche in questa lite sonoramente b a t t u t o . Tre furono le liti intentate dal Conte Fabrizio, e t u t t e contemporaneamente a g i t a t e : quella della Segreteria e del Tribunale Criminale, quella del P a d r o n a t o sulla Chiesa Parrocchiale e questa della caccia e pesca, e t u t t e vittoriosamente PER LA CACCIA E PESCA 199 vinte dal Comune, ma le spese furono enormi, t a n t o più che altra lite vertiva contro il Curato Franchino per l'infeudazione e contro Montestrutto per il fatto degli imposti. Eppure, non ostante t a n t e lotte ed ingenti spese, Tavagnasco unita come un'anima sola difese le sue libertà ed immunità non badando a spese ed a sacrifizi. IL LIBRO D E I CAPO XIV. IL LIBRO DEI DEBITI - IL F R A N A M E N T O DELLE R O V E R E - VISITA D E L L ' A N N O 1 6 7 7 - L ' E R E ZIONE DELLE C H I E S E C A M P E S T R I - CHIESA DI S. MARIA M A D D A L E N A - 2 a R I C O S T R U Z I O N E DELLA C A P P E L L A - A C Q U I S T O MUANDE t ACQUISTO ALPE DELLE ALPI CAMPASSI O P I A N E L L O - RIPARTIZIONI DI BENI C O M U N A L I AI P A R T I C O L A R I - A C Q U I S T O BALMAZ MANDA IN T E R R I T O R I O ACQUISTO DEL ALPI B O N Z E E DI D O N N A Z - DO- FEUDO. Il libro dei debiti. Le numerose liti e gli oneri dei contributi delle guerre e varie altre spese di interesse pubblico, quale il concorso per le opere di r i a t t a m e n t o del Naviglio d ' I v r e a , avevano g e t t a t o il Comune alla vera rovina finanziaria. La citta d ' I v r e a aveva ottenuto, il 10 luglio 1567, da Emanuele Filiberto l'approvazione di 25 richieste in favore dei suoi dazi e gabelle. Tavagnasco, per rescritti ducali, 20 dicembre 1658, veniva esentato da simili contributi. Dov e t t e sostenere non pochi litigi contro la città DEBITI 201 e soventi i pontonieri e gabellieri di P o r t a Aosta molestavano i suoi uomini, quando si portavano al mercato; quindi nuove istanze per ottenere rispetto alle immunità ed esenzioni. Cessate le guerre del Monferrato, il Piemonte, durante la minorità del Duca, si era alleato colla Francia. Madama Reale doveva non poche volte piegare ai voleri del Cardinal Richelieu, arbitro delle cose di Francia, e tenere in pie' di guerra il suo esercito con forti aggravi per i suoi sudditi. Il Comune di Tavagnasco vedeva così aumentati i suoi contributi di guerra e triplicate le debiture in grano e foraggio. Doveva annualmente pagare al Comando militare di Vercelli lire 757 e soldi 10 in rate mensili. Non stupisce se la Comunità, con pubblica Vicinanza del 20 giugno 1613, ricorresse al Principe Tommaso, reggente del Canavese, facendo risultare con prove di fatto che " resta impossibile per ora agli uomini di Tavagnasco possino suplire, stante la grande penuria che hanno in provvedere e comprare robe per il vivere loro e delle famiglie e possino sopportare altre spese di guerra, e che non hanno di che far denari; hanno costituito e costituiscono in loro luogo e di esso Comune procuri ed agenti e negozianti per ricevere dinari come imprestilo e obbligar li beni di essa Comunità e ciò per pagate le esposte debiture „. '202 STORIA DI TAVAGNASCO Gli agenti nominati a mutuar denaro furono Franchino Domenico, Giovanetto Giacomo, Rachio Battista e Colmia Giovanni. Abbiamo già veduto che varii mutui erano stati contratti dal Comune. Con atto rogato Armandis, 29 novembre 1629, il Comune aveva mutuato dal Michele di Bagnolo di Pinerolo ducatoni 800, pagati con a t t o rogato Biava 11 febbraio 1631. Ma questo pagamento era stato saldato con la contrazione di un altro mutuo, autorizzato dalla Vicinanza 26 maggio 1630 e contratto dal P r e t e Bernardo Piasotto, da Tavagnasco, Curato di Villata Vercellese, per l ' i m p o r t o di ducatoni 100, oltre la somma sborsata al nobile Bagnolo in 800 ducatoni. Il mutuo, regolarmente stipulato dagli Agenti comunali in Villata Vercellese il 7 giugno 1630, con rogito Giacomo Bartolino, notaio imperiale del Collegio di Novara, veniva garantito sui molini e forno Comunale. Due anni dopo il prete don Piasotto moriva, e con suo t e s t a m e n t o 10 novembre 1632 legava alla Cappella di S. Barnaba e Bernardo, annessa alla Chiesa parrocchiale di Tavagnasco, beni mobili ed immobili rimanenti in Tavagnasco, dedotti quelli assegnati ai suoi nipoti, più il censo dipendente dal mutuo della Comunità di Tavagnasco, di cui all'atto sopracitato 7 giugno 1630, rogato Bartolino. IL LI1ÌRO D E I DEBITI '203 Il t u t t o doveva formare la dote di una Capp e l l a t a di famiglia con patronato come si disse. Il 15 novembre 1643 la Comunità vende il censo verso Milano dottor Bernardino di 80 scudi annui e fiorini 9 garantito sulle proprietà della Comunità in regione Rovere fra il riale Luvia e vari particolari. Quali fossero le ristrettezze finanziarie della Comunità lo si desume dal libro dei crediti compilato, con t u t t i gli atti relativi delle costituzioni dei mutui, ai sensi dell'ordine di Sua Altezza Ducale Vittorio Amedeo II in data 31 marzo 1681. In detto libro si trovano i seguenti mutui : Atto 10 dicembre 1652, rogito Favario, mutuo di ducati 1070 dal signor Giov. Battista Nasis della Parrocchia di S. Odorico d ' I v r e a : 8 II denaro sborsato dal signor Giov. Battista Rubeo quale dote della figlia Paola Lucia, moglie del Nasis, fu numerato in tant'oro, cioè dopie 50 mettà Spagna et mettà Italia et il rimanente in tanto argento spendibile nelle mani delli agenti procuratori della Comunità di Tavagnasco li Provvidi Taddeo Girodo Consolo, e consiglieri Gioanetto Gregorio, Giovanni Colmia et Giov. Bertino „. Molti beni della Comunità venivano ipotecati per tale mutuo. Atto 11 luglio 1666 rogato Bartolomeo Piasotto " per la penuria del denaro pel riscatto dell'infeudazione sui beni del Curato Don Giacomo Franchino e nipoti, la Comunità mutua dal notaio STORIA DI TAVAGNASCO Giov. Serra Borgognone del Borghetto d ' I v r e a L. 300 „. Il capitale viene, alla morte del Serra, ereditato dalla Confraternita del Gesù d ' I v r e a per testamento 23 gennaio 1669. La Vicinanza generale dei capi casa 2 di gennaio 1661 " per poter terminare le litti pendenti (vi erano quelle pel padronato della Parrocchia, per il Tribunale e l'infeudazione) autorizzano il Console della Comunità e Inoro agenti a mutuare dalle monache di S. Michele d'Ivrea dinaro sufficiente, assicurandolo sidle proprietà della Comunità e cioè Alpe Campasso con pescaggi boschi; confinante coli'Alpe li Riali della Comunità di Brosso, dalla Comunità di Traversella per altri alpi ed il Pianello della Comunità di Tavagnasco „. - " Li Provvidi Gabriele Pozzo, Consule modello della Comunità di Tavagnasco e li agenti Consiglieri dicono et promettono che detta pezza di Campasso è fertille e libera da ogni censo, canone, fitto, immune da ogni carico ippoteca „. " Il denaro fu sborsato in lire mille d'argento di soldi vinti l'una ducali e numerate dalla Reverenda Signora Abbatissa Giulia Margherita Ciceri. La Comunità si obbligava pagare un censo annuo di lire 62, franco da ogni gravame, ma redimibile, a t t o rog. Girodo il 23 dicembre 1661 „. Senonchè il denaro mutuato dovette far fronte alle debiture militari, ed il Comune per fronteggiare le spese delle liti pel p a t r o n a t o della Chiesa IL LIBRO DEI DEBITI 205 per sei anni agitate avanti la Curia di Roma, il 17 settembre 1667, dovette mutuare altre mille duecento e cinquanta lire dalle monache di San Michele assicurate sulle pezze di circa 50 giornate sui fini di Tavagnasco (Rossen) coerenziali i particolari di Feipiano, il riale Luvia, il riale Fontano ed altri beni Comunali. Ma il 16 settembre 1671 le finanze dell'erario Comunale erano di nuovo esauste, ed allora per la terza volta il Monastero di S. Michele mutua lire cinquecento perchè la Comunità possa far fronte ai carighi e debiture militari, vincolando la somma ricevuta sulla pezza della Comunità in regione Rivassi, con facoltà di riscatto. La Comunità aveva ornai ipotecato t u t t o il suo patrimonio stabile, ed, a gravare le difficoltà della vita amministrativa, si scatenarono sui suoi monti torrenziali alluvioni che franarono roccie e piante danneggiando i coltivi, formando quell'enorme delta di ruina che è l'attuale monticello delle Rovere su cui oggi si coltivano i migliori vigneti di Tavagnasco. Il franamento delle Rovere. A notte dell'abitato fino al torrente Fontano trovasi ora una collinetta a schiena d'asino che dalla Cappella di S. Bernardo scende digradando come un immenso delta di un fiume fino alle rive IL FRANAMENTO DELLE della Dora Baltea, il cui letto, forzato dal delta stesso, segua una larga curva, incassata fra la montagna del Gibetto nei fini di Cesnola e Settimo Vittone. Questa collinetta la cui estensione è di giornate 150 circa è prodotto di numerosi franamenti avvenuti nei secoli passati. La tradizione vuole che la Dora Baltea ab antico scorresse lambendola montagna di Tavagnasco, che si alzava scoscesa, come t u t t o r a si vede, a sera dell'abitato. Fu un f r a n a m e n t o staccatosi dal monte che spostò il corso della Dora più ad oriente fino a spingerla nell'attuale letto. Questa prima frana deve esser avvenuta molto anticamente, poiché dagli atti dell'erezione della parrocchia nel 1409, il fiume Dora scorreva già nel letto attuale. 1 franamenti continuarono; ma la prima frana, di cui esistano memorie documentate e conservate, risale al 1615. Allora il Duca Carlo Emanuele I esonerò, per 10 anni, il Comune per una vigesima p a r t e dei tassi e carighi ducali. Nel 1641 un nuovo f r a n a m e n t o devastò i coltivi e vigneti delle Rovere, e di questa frana si hanno gli atti di visita degli agenti ducali e la grazia di esonero del ventesimo dei tassi ducali per parte del Cardinale Maurizio e Principe Tommaso di Savoia. (Rescritto emanato da Biella il 14 maggio 1642). Prima che scadesse il privilegio della grazia, nell'anno 1649, avvenne un altro franamento e ROVERE 207 ruinò gran parte dei beni in Piazzo e Tornacar. La ruina maggiore fu quella dell'alluvione dell'autunno del 1666. Il Luvia ed il Renanchio, ingrossati da una spaventosa t r o m b a d'acqua, avulsero piante, sassi ed inghiaiarono accumulando un'enorme quantità di rovina in t u t t a la regione delle Rovere. I vigneti furono totalmente asportati o sepolti ed il paese stesso corse pericolo di inondazione. 11 voluminoso a t t o delle testimoniali di visita descrive minutamente i danni e le proprietà rovinate di 46 particolari, i quali non potevano più identificare l'ubicazione dei loro fondi. Gli atti di visita, incominciati il 16 dicembre 1666, vengono prolungati per t u t t o l'anno 1667. Durante quest'anno gli agenti e periti ducali si portano a più riprese a Tavagnasco e valutano con interrogatori, perizie e misure l'estensione ed il reddito di ogni stabile danneggiato e consolidano il tasso ducale per ognuno, facendone il difalco per grazia sovrana. Carlo Emanuele II, visto il rapporto della Camera dei Conti, e gli atti di visita del 12 dicembre 1666 e 27 aprile 1667, emise il 2 marzo 1668 un rescritto di grazia che " per 10 anni condonava alla Comunità di Tavagnasco la sesta • p a r t e dei tassi ducali (esclusa però la parte di tasso dovuta alla signora Principessa Ludovica Maria mia sorella), ed inibiva chiunque a molestare la Comunità per l'esazione dei tassi „. Dal rescritto risulta che la Comunità doveva pagare di tasso ducale annue L. 2025, da cui togliendo il sussidio di L. 506,5, restano L. 1518,15 soldi - dedotto V, in L. 379,13 : 9 di sussidio militare, restano L. 1 1 3 9 , 1 : 3 — dedotte L. 1 8 9 , 4 : 5 grazia del franamento, restano L. 9 4 9 , 4 : 5 che la Comunità doveva ancora al fisco regio. Visita dell'anno 1677. Cadendo nel 1678 il privilegio della grazia dell'esenzione dei tassi, la Comunità ottenne il 27 aprile 1677 una nuova visita peritale per valutarne i danni e supplicare la proroga della grazia. Gabriele Grondana, per mandato della Camera dei Conti, nel novembre 1677, fece la visita. Gli atti contengono una minuta descrizione degli stabili danneggiati nel 1666 e non ancora completamente bonificati. Si rileva che, causa i franamenti e le corrosioni, delle 463 giornate e mezza di terreno coltivo, gravato degli imposti ducali, ben 135 giornate furono inghiaiate dalla Dora e coperte dai f r a n a m e n t i dei torrenti Luvia, Fontano e Renanchio, ma di " dette giornate corrose ed • inghiaiate, S. A. Ducale e Reale ha f a t t o defalco dai carighi a ragione di 21 % per cento, e sott r a t t e 30 giornate di beni ecclesiastici immuni da imposte, il resto del Registro vien soggetto al pagamento dei carighi e t u t t a la quantità del Registro delle suddette giornate, incluse alcune montagne scossese che non si può misurare ad ogni modo se gli è adossato al Registro a ducati 2270 e grossi dieci et ora causa di detto defalco della corrosione e f r a n a m e n t o diminuito uno e mezzo per cento ducati 481 „. Adunque la frana della m i n a , avvenuta in questo tempo, aveva sepolte ben circa 135 giorn a t e di terreno coltivo. Ma i franamenti continuarono a più riprese per t u t t o il trentennio ultimo del 1600, sicché la Comunità fece replicate istanze alla clemenza sovrana, ottenendo vari rescritti di esenzioni d'imposte. Così veniva esentata dal pagamento della debitura militare di L. 737 annue con rescritto 17 luglio 1677. Nel 1687 si impiantava il nuovo Catasto ed il Notaio misuratore Giov. Giacomo Violetta, Collegiate di Quassolo e Podestà di Baio, procedeva, d'ordine del Senato, alla misurazione di t u t t o il territorio e formazione del nuovo Catasto. Una nuova alluvione si scatenava nel 1688 sulle alpi ed i franamenti ed inghiaiature rovinarono quanto eravi già ridotto a coltivo. La Comunità ricorse nuovamente alla grazia sovrana. Con rescritto 8 marzo 1689 Vittorio Amedeo II concedeva per dieci anni, a decorrere dal " 1° gennaio 1688 la riduzione dei carichi ordinari e straordinari, rilevanti sopra il tasso 7 6 6 - 1 5 ' rper sussidio militare a L. 131 : 1 3 . 4 ' H ed a sole emine 4 di grano ogni anno ; a condizione però che la Comunità e li particolari usino ogni diligenza a ridurre in stato coltivo li terreni corrosi ed inghiaiati „. Venivano incaricati i Vassalli signore di Buniato e Bagnolo e Negroni provvedere " a che le bonifiche vengano f a t t e „. Il rescritto aveva effetto fino a t u t t o l'anno 1697. Ma nel 1698 cadde una forte tempesta accomp a g n a t a da f r a n e , onde la Comunità ottenne il rescritto 17 agosto 1693, che " inibiva, a favore della Comunità supplicante, ogni molestia da parte di chi spetta riscuotere il sussidio militare, sotto pena di scudi venti d'oro al fisco regio e la nullità degli a t t i „. Il rescritto p o r t a unito il calcolo della debit u r a , la quale a m m o n t a a L. 1692 e soldi 13. Venivano dedotte, per causa della frana, L. 633, e per la t e m p e s t a altri due quinti. Nel 1698 il maltempo continuò imperversare sulle regioni alpestri, procurando nuovi scoscendimenti, e per altri dieci anni venne concesso il sollievo degli imposti militari e tassi ducali con rescritto 22 agosto 1699. Oltre alle spese del contributo militare, per l'erario pubblico vi era il concorso delle spese e carichi in comune cogli altri paesi della Castellata di Settimo Vittone, ed in detto anno la Comunità otteneva altresì in questi contributi un leggero sollievo. Nel 1705 e 1706, e precisamente nella stagione autunnale, le alluvioni ritornarono f r a n a r e grandemente. Le proprietà, dalle relazioni esistenti, risultano danneggiate (sempre sulla collinetta delle Rovere) per l'estensione di 153 giornate di terreno coltivo e 69 piedi " e cioè giornate 139 e piedi 36 coperte delle f r a n e ; inghiaiate giornate 10 e piedi 20; innitate col limo della Dora e torrenti giornate 1 e piedi 20, e sopra detti beni d'esso territorio, allodiali e catastrati e fruttiferi, concorrenti al pagamento dei carichi ed imposti, per l'escresenza et innondazioni, t a n t o delli predetti q u a t t r o rivi: Fontano, Renauchio, Luvia e Piovana, che uscendo ai loro alvei hanno corroso li detti beni, lasciando grandi cumuli di giare et pietre di smisurata grossezza con seppellimento di alberi di castagne, ecc. „. La Commissione regia inviata, constatava pien a m e n t e il danno, ed Anna d'Orleans, per grazia di Dio, Duchessa di Savoia e Regina di Cipro, con suo rescritto graziatorio, essendo il Duca in guerra, in data 27 luglio 1707 esentava la Comunità da ogni carico di imposta e concorso bellico. " Per le quali somme graziate, per dieci anni, inibiamo a detta Comunità, suoi Sindaci e Consiglieri, dalli Tesorieri generali e di militia, dal Direttore del comparto generale del grano e da chionque altro ogni sorta di molestia, ai quali ordiniamo di dovere in ognuno dei dieci anni spe- dire a favore della suddetta Comunità le respettive quittanze per l ' a m m o n t a r e di dette somme graziate. Che mediante la ritenzione di copia autentica di queste di detto parere e conto sia ricevuto d'uno dei Sindaci, sottoscritta dal Segretaro di detta Comunità nel primo del suddetto dei dieci anni, e la sola quittanza nelli seguenti e vogliamo che siano essi contabili discaricati nei lor conti dalla nostra Camera, alla quale et a chionque spetta, mandiamo osservare la presente grafia in t u t t o e per t u t t o senza difficoltà poiché la mente di S. Altezza Reale è la nostra „. ( Cotizzo personale . Torino, 2 luglio 1707. F.° ANNA imporre il cotizzo delle bocche nell'imposta di L I e soldi 8 per bocca, esclusi i poveri e miserabili. E r a una vera tassa di famiglia o fuocatico, come ¿ d e n o m i n a ai nostri giorni. Nel 1786 si applicò altresì la tassa giocatico di professione Risultano tassati come nel seguente schema. N. 727. A1 .. Abitanti [ Minori di 7 anni N. 109 \ 29 Esenti da tasse . Poveri . . • » ( Immuni . • • JL_JLLL Totale • • N. 255 — Visto: Bellegarde. Il favore di questo decreto venne alla sua scadenza rinnovato per altri dieci anni, e persistendo i mali tempi e le tempeste si ottenne un nuovo rescritto dalla R, Camera dei Conti, il 19 gennaio 1728, p r o r o g a n t e il favore delle parziali esenzioni dei tassi fino a t u t t o il 1736. Nel 1 700, causa i disboscamenti e le frane, si scatenarono numerose t e m p e s t e , e le più gravi furono quelle del 1720 - 1736 - 1749 - 1758. Varie Commissioni reali, recatesi sul posto, esonerarono dalle tasse ed imposte, e corrisposero sussidi, ripartiti proporzionatamente ai danni. Fu in causa a queste intemperie che la Comunità, a pareggiare il suo bilancio, dovette nel 1755 Tassati ; Negozianti ed osti i Boari Totale . • . L. 466 . • „ 8 j ^ • L- 480,5 I boari erano t r e soli, gli osti due ed i negoe le famiglie tassate 154, con N. 466 persone cotizzate a L. 1 per ogni persona. z i a n t i s e i , L'erezione delle Chiese campestri. Il f r a n a m e n t o della Rovina delle Rovere fu di una estensione straordinaria, ma anche il t o r r e n t e * S o trascinò, durante queste alluvione molti materiali da formare il promontorio di Piazzo. I n questi franamenti del Piovano furono ing h i a i e corrose oltre 10 giornate i c o U m La popolazione a premunirsi da simili disastri 214 STORIA D I TAVAGNASCO dalle forze dinamiche delle acque e telluriche si rivolse a Dio. Il Comune, accogliendo i voti della popolazione, si fece promotore e costrusse le varie Cappelle campestri. Le prime furono quelle dei Ss. Bernardo e Barnaba in Luvia e di S. Maria e Pietro in Piazzo. Gli avi avevano già eretto una Cappelletta con p i t t u r e in Liva, e questa segnava il punto di partenza dei terreni comunali, banditi pel pascolo caprino (Vicinanza 11 maggio 1642), ma non era probabilmente che un pilone, e venne travolto nelle f r a n e del 1667. Con causato del 1710 il Comune deliberava l'erezione dell'attuale Chiesetta di S. Bernardo bilanciando L. 200, di cui 50 da corrispondersi al pittore che vi dipingesse la Beata Vergine, circondata dai Ss. Bernardo da Mentone e Barnaba Apostolo. La Cappella venne posta proprio all'imbocco della Valle fra le regioni Rossen, Feipiano e Pianetto, donde era p a r t i t a la frana, quasi a presidio contro f u t u r e f r a n a t u r e . In quell'epoca si formulò il voto della processione votiva alla detta Cappella nel giorno dell'Ascensione, facendo una rogazione penitenziale ai Santi qui venerati per ottenere il patrocinio contro il cattivo tempo. All'imbocco della rovina del Piovano si edificava la Cappelletta di S. Maria di Piazzo e Santi Pietro e Germano, e facevasi voto della processione penitenziale di S. Marco. EREZIONE DELLE CHIESE CAMPESTRI 215 La Cappella di Piazzo devastata dalle intemperie veniva con deliberazione del Consiglio Comunale del 4 giugno 1810, a cento anni dalla sua costruzione, riedificata nel disegno attuale. La Chiesetta trovasi ora ridotta in stato indecente, ed in essa fu i n t e r d e t t a la celebrazione della Santa Messa. Mentre si attendeva alla edificazione delle due Chiesette, in regione della Crocetta, il Comune deliberava la costruzione del Santuarietto del a B Vergine dell'Annunziata, con disegno elegante e semplice. La Chiesa venne edificata n e g l i anni 1 7 1 2 - 1 7 1 8 . Il conto liquidato il 15 dicembre 1713 dal Console Giovanni Bernardo Francesio, Pietro Cerei Antonio Joannes ed altri Consiglieri p o r t a una spesa generale, sostenuta sul Bilancio comunale di L. 1552, soldi dieci. Dai libri dei conti e dai causati del Comune, t a n t o nella costruzione della Chiesa della Crocetta, come in quelle di S. Bernardo, di Piazzo e della Rovere oltre alla prestazione gratuita di molta mano d operà, vi era altresì la fornitura per p a r t e del Comune di cibarie, vino, pane, patate, ecc., ai più poveri. Chiesa di S. Maria Maddalena. In questo tempo venne pure edificata la Cappella di S. Maria Maddalena sulle alpi comunali dei Piani a m. 1400 di altitudine. La Cappella C H I E S A D I S. MARIA nel 1735 già minacciava rovina. Il Comune con suo ordinato 4 luglio 1735 stende il capitolato d'appalto per le opere di riparazione alla " Cappella propria di questa Comunità, la quale si trova minacciante rovina „. 1 ripari consistevano: l u Rifare la muraglia t u t t o intorno alla Cappella dalla volta in su ad un'altezza b a s t a n t e a sostenere il t e t t o fuori di volta. 2" Rifare t u t t o il coperchio in lose e boscami i quali si p o t r a n n o prendere sul Comune come sarà indicato dalla Comunità. 3° Riparare il muro di dietro e della facciata della Chiesa. 4° Avanti la Cappella fare due pilastri con suo coperto sopra con padiglione in modo che le persone possino stare al coperto nell'udir la Messa, i pilastri devono aver piedi o t t o , li pilastri devono esser quadri di grossezza proporzionata e di pietra. La sabbia da usarsi ben p u r g a t a . Tutto questo lavoro, con aggiunta di cavigliare a ferro li cantoni e la Mandrina, intorno al coperto da farsi avanti la Cappella, fu a p p a l t a t o e deliberato a Piasotto Pietro fu Bernardo per L. 79 con a t t o di sottomissione 14 agosto 1735 e dietro presentazione di sigorta di mastro Filippone Giovanni e Tibaldo Giovanni. Il 25 s e t t e m b r e 1735 fu collaudato il lavoro e ritrovatolo eseguito a perfezione si concesse una bonifica di lire due. MADDALENA 217 Nel 1797 al 25 agosto la Cappella doveva di nuovo esser riparata, ed il Comune deliberò a Girodo Celestino fu Martino i ripari secondo la perizia Pecco. La Cappella ristorata venne arred a t a dal Comune di sei candellieri, carte gloria e necessarie suppellettili per la celebrazione della Messa con una spesa di L. 97. Alla Cappella alpestre, durante la stagione estiva, si celebrava la Messa domenicale ed il popolo presentava le sue offerte in derrate e latticini. I fondi di denaro venivano dati a mutuo secondo la bolla di Papa Pio V, ma la Cappella non possedeva stabili. Fu il nobile Pozzo Antonio che con suo testamento 1° novembre 1832, rogato Allera, legava alla Cappella una montagna di giornate 1 e tavole 52, in regione Gian Piovano. Il t e s t a m e n t o dice: " Lego alla Cappella, eretta nelle presenti fini, regione di Piani, il prato e cascina, situati sul presente territorio, regione Gian Piovano, a cui coeredi il Comune e Giuseppe Franchino „. Il testamento non pone alcun peso ed onere; non ultimo motivo per cui, in seguito alle leggi 15 agosto 1867 e 11 agosto 1870, la donazione Pozzo veniva indemaniata con verbale di possesso 6 novembre 1871. Con pubblico appalto 8 marzo 1872 veniva dal Demanio venduta a Giovanetto Eusebio fu Battista. Il Comune se avesse agito salvava la donazione 218 STORIA D I TAVAGNASCO dall'indemaniazione, poiché il lascito Pozzo veniva sui catasti antichi accollonato alla Comunità, quale proprietaria della Cappella di S. Maria Maddalena ; ma si era al tempo, in cui le idee liberali di separazione t r a Chiesa e Stato ponevano le amministrazioni civili pubbliche in uno stato di contrasto e di r o t t u r a colla Chiesa, e la Comunità nou fece valere i suoi diritti. Ciò che omise il Comune, lo fece l'Autorità Ecclesiastica diocesana. Mons. Moreno, stese memoriali e ricorsi, e valendosi dei suoi forti appoggi alla Corte ed influenza sopra il Re Vittorio Emanuele II, riscattò dal demanio il legato Pozzo, come fece per le dotazioni delle Cappelle di S. Quirico alle Trovinasse in Settimo Vittone e Scalaro in Quincinetto. Vennero quindi dal Demanio emessi a l t r e t t a n t i titoli nominativi sul debito pubblico del Regno, intestati alla Cappella di S. Maria Maddalena, allo scopo di potere provvedere in detta Cappella il servizio festivo della Messa alla popolazione nei mesi estivi, dichiarando così la Cappella quale succursale della Chiesa parrocchiale. 2 a Ricostruzione della Cappella. La Chiesa della Maddalena nel 1848 era completamente r o v i n a t a ; il Comune fece allestire il progetto attuale dell'ing. Lomaglio e ricorse a 2a RICOSTRUZIONE DELLA CAPPELLA 219 Mons. Luigi Moreno per il decreto di demolizione del vecchio sacello, onde ricostruire ex novo la Cappella sotto il titolo di S. Maria Maddalena ed Anna. Il decreto vescovile veniva rimesso il 2 agosto 1848 ed il Cpmune con pubblico appalto 28 agosto 1848 deliberava i lavori di ricostruzione in favore di Racchio Pietro per la somma di L. 1544. Il 16 giugno 1849 chiedevasi l'autorizzazione per abbattere N. 16 larici ed il legname occorr e n t e pel t e t t o . L'ispettore forestale, previo verbale di verifica, autorizzava il 18 luglio 1849 l'abbattimento del legname dalle foreste comunali. La Cappella, nel 1850, era ultimata, ma restavano le porte ed i banchi ; con deliberato 1° luglio 1850 il Comune le appaltava a Balla Giovanni per L. 180, vendendo il legname residuato. Nel luglio 1851 celebravasi la festa di S. Maddalena nella nuova Chiesa e l'anno seguente si inaugurava la modesta casetta del Cappellano. Attualmente la Cappella presenta profonde screpolature, e la facciata minaccia rovina, causa i cedimenti del terreno, su cui erroneamente la si volle per due volte riedificare. L'Amministrazione della Chiesa Parrocchiale, valendosi dei fondi della Cappella, sta progettando gli opportuni ripari, ma il male sta nelle fondazioni e nell'immenso peso della volta a pietra, gravitante sui muri. Se questa 220 STORIA DI TAVAGNASCO massiccia volta venisse sostituita con un semplice ed elegante soffitto in larice, a guisa delle basiliche romane, derivando il legname dalle pinete comunali, verrebbe soppressa una delle cause dei cedimenti del suolo, ma p u r t r o p p o l'ubicazione della Cappella trovasi in t e r r e n o con sottosuolo franabile e forse non t a r d e r à molto che l'edificio rovini una t e r z a volta. Acquisto delle Alpi Muande. Il Seicento fu per Tavagnasco un secolo di disastro finanziario, ma prima che il secolo spirasse si era p o t u t o a t t u a r e un risanamento completo delle finanze comunali. Le numerose liti erano state vittoriosamente coronate ed anche quella colla città d ' I v r e a pel f a t t o dei pesi, misure e pedaggi felicemente t r a n s a t t a il 23 gennaio 1 6 8 9 . Il Comune col p a g a m e n t o annuo di uno scudo, 7 soldi e 4 denari o t t e n e v a per i suoi amminis t r a t i l'esenzione dei dazi, gabelle e pedaggi, quando si recavano ad Ivrea. Con a t t o 25 aprile 1679 la Comunità faceva acquisto dell'alpe Muanda coi pescaggi e casolari per l ' i m p o r t o di L. 500, somma riscossa in seguito a transazione sopra mutui avvenuti t r a il Comune ed il Curato nel 1647 e 1650. Ma quest'acquisto veniva completato con a t t o ACQUISTO D E L L E A L P I MUANDE 221 13 giugno 1697 comperando l'altra alpe Muanda del Corno dai Bernardo padre e Bernardino figlio Sala di Tavagnasco. La proprietà comunale era così a u m e n t a t a , m e n t r e lo stesso anno con a t t o 6 maggio si era estinto il censo di 56 ducati verso il sig. Braglia, liberando così da ogni ipoteca il molino, il p r a t o dei P r e t t i , la casa della barca ed il naviglio stesso sulla Dora. Si era pure estinto con a t t o 12 maggio 1692 il censo di L. 1070 verso il signor Meinardi d ' I v r e a , credito ereditato dallo suocero Nasis. Alla stessa guisa si quitanzava ogni debito verso la Confrat e r n i t a del Gesù d ' I v r e a ( a t t o 15 maggio 1693). Rimanevano più solo in piedi i censi verso il Convento di S. Michele descritti a pag. 204 e questi pare che siano stati prescritti in favore del Comune colla soppressione avvenuta del Monastero di S. Michele al t e m p o della Rivoluzione francese. Acquisto dell'Alpe Campassi o Pianello. Il Giov. Bernardo Francesio nel 1707 vendeva a certo Giovanetto Giacomo fu Domenico l'Alpe dei Campassi o Pianello. Questa vendita, secondo una curiosa leggenda, segnava il principio della ruiua della famiglia dei Francesio. Una fata anticamente, passando sull'Alpe dei Campassi o Pianello, stanca ed assetata, riceveva ACQUISTO A L P E ospitalità nel tugurio alpestre dal capostipite dei Francesio. La tata, g r a t a delle cortesie ricevute, prima di lasciare il cascinale, preconizzava al vecchio Francesio le grandezze della sua casa. I Francesio avrebbero grandeggiato e, varcati i confini del proprio paese, un ramo dei suoi discendenti si formerebbe ad Ivrea un'invidiabile posizione sociale ed un largo censo patrimoniale. Sacerdoti, notai ed avvocati illustrerebbero la famiglia, e le cariche religiose e civili del paese lungamente verrebbero da loro occupate. La parabola ascensionale della famiglia si arresterebbe quando un capro, ritornando dal pascolo dalla bocchetta del Gallo, portasse nel cascinale del Pianello, infisso sulle sue corna, un lupo. Da quel giorno la prosperità famigliare si arresterebbe, e m e n t r e il ramo dei Francesio, stabilitosi ad Ivrea, si estinguerebbe nel nome di un illustre giureconsulto, che legherebbe il suo vistoso patrimonio ai poveri del rione della Chiesa di S. Maurizio di quella c i t t à , il ramo rimasto in Tavagnasco, per dissesti finanziari, decadrebbe dalla sua posizione fino a rasentare la povertà. La leggenda si avverò, e colla vendita dell'Alpe Campassi incominciò per i Francesio la parabola discendente. Ma il sig. Giacomo Giovanetto, dovendo fronteggiare impegni finanziari, t r e anni dopo l'acquisto dell'Alpe, dovette porre di nuovo in vendita il Pianello. Fu allora che il CAMPASSI O P I A N E L L O 223 Console Joannes indisse il 30 novembre 1711 una Vicinanza dei Capi famiglia, e propose l'acquisto dell'Alpe. Alla Vicinanza intervennero 3/4 dei Capi casa e furono concordi nel deliberare l'acquisto pel prezzo di L. 1600. Alla Vicinanza fece opposizione certo Gnorra Gregorio, ma l'opposizione venne superata da Girodo Martino fu Giovanetto che si offerse ad affitt a r e l'Alpe per dieci anni, all'annuo affitto di lire o t t a n t a , purché la Comunità l'acquistasse. Il deliberato della Vicinanza dei Capi casa doveva essere vistato dal Direttore patrimoniale della Provincia d ' I v r e a , sig. Chiaverotti, il quale volle esaminare vari testi, fra cui i Francesio, già proprietari dell'Alpe, e ciò per garantirsi se l'acquisto tornava di vera utilità al Comune. Dalle testimoniali risulta che l'Alpe era capace di tenere per t u t t a l'estate da 25 a t r e n t a vacche ed alt r e t t a n t e bestie m i n u t e : capre, pecore. L'estensione dell'Alpe era quella descritta al foglio 33 del Catasto con un imposto di Do. 18. Il 3 dicembre 1711 il Direttore Chiaverotti vistava il deliberato della Vicinanza, e con a t t o rogito De Vineis del 21 gennaio 1712, il Comune acquistava dal Giovanetto Giacomo l'Alpe Pianello o Campassi per L. 1600. Ripartizione di beni comunali ai particolari. Con Sindacato 9 ottobre 1695 la Vicinanza dei Capi famiglia decretò che " ad ognuno fosse manifesto che la Comunità di questo luogo possiede sul suo territorio diversi beni comuni e sottoposti al pubblico Catasto et la maggior parte incolti et susseguentemente di poco profitto al pubblico e particolari del luogo, stando nello stato che sono, i quali, quando se ne assegnino a ciascun particolare capo di casa una uniforme quantità di misura con ridursi indi in coltura puorno riuscire di considerevole utilità di essi particolari et utile al pubblico non solamente per i frutti che verranno a ricavarsi da tali beni, ma per il sollievo del Registro che si farà a questo coll'estimo per detti beni assegnandi da sottoporsi all' imposto „. Si stabilì quindi di concedere ad ogni Capo famiglia una mezza' q u a r t a n a t a di beni stabili in piano nelle regioni Gori, Rivassi, Gerbioni, ed in montagna in regione Luvia ed Airale. Vennero deputati alla misura ed all'estimo a seconda della ubicazione e coltura del terreno i nob. P e r o t t o Giacomo e Francesio Bernardo, Consiglieri della Comunità, conoscitori e pratici nella misura e nell'estimo di ogni valba. La divisione ed il riparto avvenne in questo modo. F o r m a t i 137 lotti, colla descrizione di ogni Chiesa Parrocchiale. (G. Accotto) (pag. 270) RIPARTIZIONE DI BENI COMUNALI 225 lotto, sia per l'ubicazione, coerenze, misura e valutazione, in t a n t i bollettini, questi vennero arrotolati e deposti in un cappello in mani di un fanciullo di nove o dieci anni e " puoi ogni capo casa estrasse uno di tali bollettini, e quello sorteggiato era il lotto a lui spettante „. Ognuno doveva accontentarsi ed accettare il lotto che la sorte gli assegnava. L'estrazione dei lotti avvenne sulla piazza il 7 febbraio 1696, e terminato il sorteggio si stese pubblico a t t o dal Segretario comunale, notaio De Vineis-. L'incasso ritirato dal Comune fu di L. 8584, che vennero impiegate a sollievo del pubblico bilancio. Tutti i capi casa accettarono il loro lotto, soddisfatti dell'assegnazione ; vi fu solo un compenso ai lotti di Girodo Bernardo, Filippone Giovanni e Colmia Bartolomeo, quali lotti perchè più scadenti, e aggiunse un frazionamento di alcuni trabucchi in regione Rovinassi. Così t u t t e le famiglie di Tavagnasco ebbero una porzione di terreno e t u t t i divennero proprietari. Acquisto Alpi Bonze e Balmaz in territorio di Donnaz. Fu un acquisto, ma subordinato a riscatto, quello dell'Alpe Bonze e Balmaz. L'acquisto preceduto da varie t r a t t a t i v e e deliberazioni, venne con a t t o 28 luglio 1741, rogato Dialeij Cuglierato, 16 226 STORIA D I TAVAGNASCO acquistato dalla Comunità, per L. 2999 e soldi cinque dal mercante Giovanni Battista Francesio di Tavagnasco, residente in Ivrea, parrocchia di S. Maurizio, e procuratore di Perrone Giovanni Giuseppe di Donnaz, proprietario dell'Alpe. 11 21 settembre 1719 il P e r r o n e Giov. Giuseppe fa domanda a mezzo del procuratore legale che il Comune acconsentisse al riscatto dell'Alpe Bonze. Con ordinato in pari data viene acconsentito il riscatto, a condizione che la Comunità sia rilevata da ogni spesa e rimborsata la somma versata al mercante Francesio all'atto dell'acquisto. Domanda acquisto del Feudo. Nel 1746 era m o r t o l'ultimo Vassallo, avente signoria sopra Tavagnasco, e non aveva lasciato discendenti in linea di capacità di acquisto di ragioni feudali. Il feudo era quindi devoluto a S. M. il Re, il quale dispose che venisse messo in vendita dalla R. Finanza. La Comunità, con ordinato 9 gennaio 1747, deliberò di mandare a Torino il Girodo Giovanni Stefano con procura di addivenire all'acquisto del feudo di Tavagnasco a nome della Comunità stessa, e ciò, dice la deliberazione, per evitare altre liti e noie col nuovo Vassallo, avendo " questa Comunità per lungo possesso il P a d r o n a t o attivo sopra la Parrocchia, i diritti di pesca e caccia, il porto e DOMANDA ACQUISTO D E L FEUDO 227 pedaggio sulla Dora, e la Segreteria del Tribunale Civile „. Ma pare che la pratica sia fallita perchè il feudo di Tavagnasco venne assegnato ai Leone di Piverone col titolo di Conte Leone di Tavagnasco, titolo che t u t t ' o r a ritengono. CAPO XV. REGNO DI VITTORIO FRANCESE LA C A S A - AMEDEO RIFORME II - INVASIONE AMMINISTRATIVE - COMUNALE. Regno di Vittorio A m e d e o li. Il Duca Vittorio Amedeo I I iniziò il suo governo, dopo la morte del padre Carlo Emanuele II, nel 1675, e per i primi anni dovette subire l'influenza francese nel regime delle cose governative. Colla lega di Augusta si schierò contro la Francia nel 1690. Nel 1700 scoppiò in Europa la guerra di successione spagnuola, ed il Duca, uno dei pretendenti alla corona, si trovò contro la Francia, accanto all'Austria. Le vicende di questa lunga guerra sono n o t e : il Piemonte fu grandemente danneggiato, e Torino stesso venne dai francesi assediato e liberato solo il 7 settembre 1706. Nella difesa di Torino si segnalò per la sua carità il Beato Sebastiano Valfrè, così venerato, e Pietro Micca, eroe immolatosi, facendo saltare le mine della Cittadella, impedendo ai francesi l ' e n t r a t a nella città. Questa guerra durò 13 anni e, colla pace di Utrecht 11 aprile 1713, Vittorio Amedeo II otteneva la Sicilia col titolo di Re, la conferma del Monferrato, Alessandria, Lomellina ed altre t e r r e donategli dall' Imperatore. Tavagnasco, grazie alle esenzioni sovrane, pel f a t t o delle frane ed alluvioni p a t i t e , ebbe una mitigazione nelle quote di concorso delle spese belliche, ma dovette subire allo scoppio della guerra di successione spagnuola i disastrosi effetti dell' invasione francese. Invasione francese. Il 1704 fu un anno di desolazione per Ivrea ed i paesi circonvicini. 1 francesi, vinte le milizie sabaude, occuparono Ivrea ed il Canavese, seminando la desolazione e la ruina ovunque. Fu alla fine di agosto che i francesi, presa Vercelli, si diressero alla volta di Ivrea per assalirla. La città difesa da tremila uomini presentava un aspetto desolante; 20 mila uomini, alle dipendenze del duca di Vendòme, eransi accampati nei pressi del lago di Azeglio, saccheggiando e spogliando i paesi. Le popolazioni di quei paesi, irritate dai saccheggi, insorsero e trucidarono quanti francesi capitavano nelle loro mani, ma le vendette e crudeltà di questi non t a r d a r o n o a sedare l ' i n surrezione delle popolazioni canavesane. Furono incendiati Palazzo e varii casali di Burolo e Bollendo, e T incendio pauroso si vide nottetempo da Ivrea. Ad Ivrea i n t a n t o fervevano le opere di fortificazione e così nella valle di Aosta e specialmente al forte di Bard. Tavagnasco in seguito a chiamate dell'ottobre 1703, aveva il fiore della sua gioventù sotto le armi, e d u r a n t e le opere di fortificazione 50 altri uomini dovevano prestar servizio ducale nelle cond u t t u r e dei foraggi e vettovagliamenti ad Ivrea, a Bard e ad Aosta. Si lavorava alacremente sulle sue montagne ad a b b a t t e r e piante per farne assi, pali ed altri oggetti di fortificazioni. Un b a t t a glione, capitanato dal Sculenburgo, stanziò nel suo territorio dal fine di maggio fino al principio di luglio del 1704 e fu " un quasi saccheggio „. In un altro ritorno dei soldati comandati dal cavalier Radingh dalla Savoia, si dovettero alloggiare " duecento e più mule cariche di munizioni e d e t t a Comunità di Tavagnasco fu a s t r e t t a somministrarle il fieno ed aiutar al t r a s p o r t o delle munizioni al di là della Dora. Sappiamo inoltre che pendente il soggiorno del generale Radingh d e t t a Comunità di Tavagnasco ha patito gravi contribuzioni t a n t o in denaro che in bestiami ed in formaggi, granaglie, calcine ed altre robe pel servizio del forte di Bard e passo della Bardeisa e per t u t t o il tempo dell'assedio d ' I v r e a e del Castiglio d'Ivrea, e per t u t t o il mese di settembre 50 uomini dovevano riparare e fare difese verso Quassolo. Caduta Ivrea in mano ai francesi al fine del settembre, per sfuggir l'incendio delle case sue e cassine, è convenuto ad essa Comunità di Tavagnasco soccombere a contribuzioni in denari, granaglie, fieni e bosco e continuata sempre et ancora al presente continua col tagliamento di una quant i t à di p i a n t e ; talché vi è succeduta la miseria dei particolari che molto stentano a mantenersi il vivere e di luoro famiglie per non poter più aver alcun traffico ne negozio, nel quale consisteva il maggior aiuto dei medesimi particolari, perchè in questo finaggio non si raccoglie che castagne, alquanto fieno, pochi marsaschi et ortaglie con qualche vino non sufficiente al mantenimento dei particolari, aggiongendo anche che, a causa della siccità occorsa in detto anno passato (1704), si è raccolto poco fieno ed a pena una decima parte delle castagne in modo che detti particolari si ritrovano ridotti in estrema miseria massime per aver perso quasi tutti li bestiami o sia per la metà e più d'essi circa „. (Esami di testimoni f a t t o dal Direttore della Città d ' I v r e a sig. Chiaverotti Chiampo). Queste testimoniali di giuramento confermano la relazione stesa a Sua Maestà Reale e Ducale dalla Comunità di Tavagnasco nel marzo del 1705 per ottenere la grazia della diminuzione delle contribuzioni di guerra. 232 STORIA DI TAVAGNASCO Da essa risulta che, caduta Ivrea in mano dei francesi il 30 settembre 1704, dopo un eroico e memorando assedio di 32 giorni, Tavagnasco, per non vedersi rasa al suolo ed incendiata, dovette " pagare alli francesi subito 1500 ducati, 95 emine di grano „. Questa taglia deve essere stata pagata al passaggio del duca di Vendóme, quando il 1°ottobre 1704 marciò alla volta del forte di Bard. 11 generale Reding con solo 200 uomini riuscì sostenersi nel forte per 9 giorni, ma arresosi il 10 ottobre, il piccolo manipolo di valorosi veniva condotto prigioniero ad Ivrea il giorno 11. La calma però dei dintorni d ' I v r e a era p e r t u r b a t a da continue scorrerie dei soldati ducali e piemontesi che aumentavano la miseria, con inibire il vettovagliamento alle truppe francesi padroni della Città. Essi giungevano fin sotto le mura della desolata città, sequestrando le bestie da macello e da lavoro, intercettando derrate alimentari e minacciando d'impiccare agli alberi chiunque portasse viveri e commestibili alla Città. Il governatore francese d'Arene ebbe non poco a fare per calmare il fermento delle popolazioni e dovette continuamente far perlustrare le campagne ed i paesi da pattuglie a r m a t e . Tali erano le tristi condizioni nel 1705 del nostro paese. La guerra intanto culminò col celebre assedio di Torino del settembre 1706; ma quando il 7 set- INVASIONE FRANCESE 233 t e m b r e 1706 Torino, colla famosa battaglia, fu liberata dal pericolo francese, e l'esercito nemico messo in rotta, nel Canavese vi fu una levata di scudi contro gli aborriti francesi. Il principe Eugenio di Savoia ricuperò con una marcia trionfale le t e r r e Canavesane. In Ivrea i cittadini, sollevatisi contro il presidio nemico, lo fecero prigioniero il 12 settembre, ed il 14 settembre le milizie piemontesi rientravano in città e sulle torri sventolava nuovamente la croce dei Sabaudi. Il Carret ed i soldati francesi vennero t r a d o t t i prigionieri a Torino. Da un resoconto presentato dalla Comunità di Tavagnasco a S. M. il Duca risulta descritto il conto delle contribuzioni ed angherie pagate ai nemici francesi negli anni 1704, 1705 e 1706. Nel 1704 si pagarono al Carret, governatore francese : P e r contributo militare L. 1200 Per grano . . . . „ 288 P e r taglia 66,13.4 Totale . . L. 1554,13.4 Nel 1705 contributo e grani L. 1279,4.6 Nel 1706 „ „ „ 1278,4.6 Per il quartiere d ' i n v e r n o dell'anno 1705 L. 706 e per l'anno 1706 L. 420 di Francia pari a L. 560 piemontesi in virtù dell'ordine dell'Intendente Carret del 28 maggio 1 706. Dette somme pagate sono quitanzate dal La Croix. '234 STORIA D I TAVAGNASCO Sempre per ordine del francese Carret per granaglie si dovette pagare in detto anno L. 817 : 8. Di t u t t e queste somme pagate ai nemici, dur a n t e la cattività francese, la Comunità ne chiamava rimborso al ritorno del dominio dei nostri Sovrani; ed il 4 novembre 1706, il Direttore ducale d ' I v r e a , sig. Chiaverotti Chiampo, ne ammetteva il rimborso purché non venisse alcun pregiudizio al Regio patrimonio. Ma la Comunità richiedeva inoltre di fruire dei benefici di cui al rescritto per i danni delle frane. Perchè questo fosse preso in considerazione si dovette procedere ad una revisione generale dello stato dei beni coltivi e del Catasto, per mano degli agrimensori camerali i signori Giacomo Ronco, Giov. Martini, Vincenzo Scoto, Henrieto Brusco, Carlo Scova, Giov. Fietta (80 luglio 1709). Di grande importanza è questa revisione perchè sono descritte t u t t e le proprietà, colla loro colt u r a , degli Enti Comuni, Contraria di S. Spirito, Parrocchiale di S. Margherita, Beneficio di S. Barnaba, unito poi alla Parrocchiale, Capitolo del Duomo e Confraternita del Gesù. Riforme Amministrative. Vittorio Amedeo II, colla pace d'Utrech, otteneva la Sicilia col titolo di Re, ma il suo regno in quest'isola fu poco beneviso. La questione del RIFORME AMMINISTRATIVE 235 Tribunale di Monarchia lo pose in urto colla Santa Sede e col sentimento religioso degli isolani. Pertanto, dopo la guerra di successione austriaca, colla pace di Parigi (17 febbraio 1720) la Sicilia fu assegnata all'Austria, e Vittorio Amedeo otteneva la Sardegna col titolo di Re. Il Regno di Vittorio Amedeo l i è contraddistinto per le grandi riforme nel campo amministrativo dei Comuni. Con R. Editto, 11 giugno 1704, il Console diviene un quasi funzionario del Governo e la sua nomina fu regia. Già sul finire del secolo xvn il Console più non si nominava dai Capi famiglia, ma sopra una lista di sei candidati, preparata dal Consiglio Comunale. I loro nomi, scritti sopra sei foglietti di c a r t a , arrotolati da un fanciullo, ed includenti ognuno una fava, di cui cinque bianche ed una nera, venivano estratti a sorte. Restava nominato Console quello nel cui foglietto si rinveniva la fava nera (Verbale 27 dicembre 1697). L ' E d i t t o del giugno 1704, avocando al Governo la nomina del Console, prescriveva al Consiglio la presentazione di una rosa di t r e persone di buona fama, registranti, capaci di sbrigare il regio servizio nel Comune, difendere le vedove, i pupilli ed orfani, non parenti, nè in lite o debito col Comune. La rosa f a t t a dal Console, alla presenza della Vicinanza dei Capi famiglia, veniva trasmessa 236 STORIA DI TAVAGNASCO al Referendario del Regio Patrimonio d'Ivrea, che sceglieva il Console, e giurava, secondo il solito, sugli Statuti. Il Console non era più contabile, come pel passato; le riscossioni ed i pagamenti venivano operati da un apposito Cassiere. Le decisioni del Consiglio dovevano riportare il visto di approvazione del Direttore del Regio Patrimonio, tramutatosi più tardi nell' Intendenza della Provincia. Appaiono così i Causati preventivi delle entrate ed uscite comunali. Simile procedura di elezione venne presto modificata, ed il Console ritornò di nomina comunale di triennio in triennio. Il Consiglio, ridotto a sei Consiglieri, convocato dal Console sulla piazza, formava la rosa di t r e candidati, nominando col favore della sorte chi dei tre doveva prestare servizio nel primo anno, chi nel secondo e chi nel terzo. Il Console così eletto si nominava due o quattro Consiglieri, scegliendoli fra i buoni registranti, ed aventi qualità, di capacità amministrativa, e ciò sotto pena di scudi d'oro cinque. Il Consiglio componevasi di sei Consiglieri, e Console e Consiglieri prestavano g i u r a m e n t o , innanzi alla Vicinanza, sugli Statuti nelle mani del Segretario della Comunità (Ordinati 1° gennaio 1728). Questo sistema di nomina, con formazione di una terna, rimane ancora in vigore nelle nomine RIFORME AMMINISTRATIVE 237 dei Priori, e nella Confraternita locale, fino a pochi anni fa, il Priore nominato si formava il Consiglio. Era una disposizione di legge civile applicata agli Enti religiosi e persistita nei medesimi attraverso ai mutamenti e rivolgimenti politici. Ma con R. Editto 29 aprile 1733 il Consiglio veniva ridotto al Sindaco e due Consiglieri. 11 Consolato era abolito e con esso non pochi privilegi statutari. Il Consiglio così formato non poteva più convocarsi se non con preavviso al Podestà, il quale poteva assistere alle sedute. 1 tre rappresentanti comunali si nominavano il Sindaco, scegliendolo nel loro seno, e questi vi prestava giuramento nelle mani del Podestà o suo delegato. Trascorso un anno il Sindaco veniva dal Consiglio surrogato, con designazione a Sindaco di uno dei due Consiglieri. Al terzo anno veniva assunto a Sindaco l'altro Consigliere e nominavasi dal Consiglio un nuovo Consigliere per surrogare chi aveva coperto la carica da Sindaco t r e anni in antecedenza. La Comunità perdeva della sua autonomia e veniva sottomessa al controllo del signor Podestà. Questi non aveva più obbligo di prestare giuramento avanti al Sindaco, ma bensì doveva ricevere quello del Sindaco e dei Consiglieri. La Segreteria del Tribunale veniva messa al pubblico bando, una specie di concorso, a base di titoli di studio e di pagamento di un canone al Comune, variabile da L. 30 a L. 10 annue. 238 STORIA D I TAVAGNASCO 11 Segretario faceva suoi i diritti fiscali del Tribunale, ma doveva anche prestarsi ad ogni evenienza a fungere da Segretario della Comunità. I contratti erano triennali. La Vicinanza dei Capi famiglia era di fatto abolita e t u t t o il regime amministrativo comunale concentrato nelle mani di poche famiglie preeminenti periodicamente succedentesi nelle cariche municipali. I Vicini, ancor sul principio del settecento, benché privi di voto deliberativo, intervenivano per ratificare i deliberati dei Credenzieri. Colle ultime riforme potevano assistere alla pubblicazione dei deliberati fatti con pubbliche grida dal camparo, nei giorni festivi, all'uscir del popolo dalle funzioni religiose di Chiesa. Ogni voto era abolito e le loro assemblee si conservavano più solo per la nomina del Parroco. Coll'av vento della rivoluzione francese ritornano le formole democratiche e le liberta, ma gli antichi Vicini non riacquistano che il diritto elettorale amministrativo. È una conquista moderna, ma non é il diritto legislativo delle antiche forme statutarie, quando i Capita domorum o Vicini legiferavano l'ordinamento comunale, e gli homines o Credenzieri ne eseguivano gli ordini. Le libertà comunali erano perdute ed il Comune autonomo, fissato sugli Statuti del 1200, è un ricordo di un glorioso passato che più non ritorna. LA CASA COMUNALE 239 La Casa comunale. L'antica Casa comunale, quella della Contraria di S. Spirito, consisteva in una camera con torchio da vino sottostante. Accanto vi era la casa della Congregazione, formata da una tettoia, che serviva da cucina per cuocere la minestra ai poveri in certe solennità, con un forno in fondo, sul quale trovavansi due stanzuccie, prospicienti al cortile della Parrocchia. Erano catapecchie, e l ' I n t e n dente aveva inutilmente f a t t o obbligo al Comune di provvedere una casa decente per poter ordinare bene l'archivio. Nel 1788, con ordinato 13 agosto, la Comun i t à , anche per evitare " le pene arbitrarie in proprio contro gli amministratori „, intimate dall'Intendente Ghilini, con decreto 17 maggio 1788, si decise alla costruzione dell'attuale Casa comunale. Il disegno preparato dall'architetto Buschetti comprendeva anche a pian terreno un forno, e precisamente nel locale a pian terreno verso la Casa parrocchiale. La costruzione fu f a t t a con accordo della Congregazione di Carità, dovendosi demolire il minacciante casolare di sua spettanza in coerenza colla Gasa parrocchiale. Con ordinato 31 agosto 1788 la Congregazione annuiva al progetto partecipatole dal Comune e richiedeva la dovuta autorizzazione per la demolizione e cessione al Comune del suo vecchio caseggiato in un col concorso di L. 1084 per la costruzione della nuova Casa comunale. Demoliti i vecchi fabbricati si omise la costruzione del forno, portato dal progetto. Da qualche tempo era prevalso l'uso delle focaccie (miasse) portato dalla valle di Vico, ed il consumo del pane veniva limitato alle cotture di Natale, come si pratica ancor oggi in molti luoghi alpestri della Valle di Aosta, quindi era sufficiente per i bisogni del pubblico il forno di Cappellino. Nel locale a pian terreno verso la Casa parrocchiale si formò la scuola, e si cedette a Girodo Martino il sito destinato al forno a condizione che cedesse lunghesso al fabbricato della casa, nella parte prospiciente il suo cortile, due metri circa di terreno per porvi due latrine, di cui una t u t t ' o r a esiste. Alla Congregazione si assegnò le altre due stanze a pian terreno verso mezzogiorno per riporvi il suo archivio e distribuirvi ai poveri le granaglie e offerte. Gli uffici comunali erano al piano superiore; la sala consulare sopra la scuola e l'archivio sopra il porticato dell'atrio. Le due stanze poste sopra quelle della Congregazione, ora adibite ad uffici di Segreteria e Catasto, erano per il Cappellano comunale, Rettore di scuola. Con ordinato 23 maggio 1798 si costrusse poi ancora lo stanzino sopra la scala assegnandolo al Cappellano. L a facciata della Chiesa Parrocchiale secondo il primo disegno. (pag. 283) LA CASA COMUNALE '241 Assunse l'appalto dei lavori il capomastro Ferrerò Angelo, e solo nel 1792 si diede mano alla costruzione. Ma sorsero contestazioni coli'impresa all'atto del collaudo, avvenuto il 25 giugno 1793, e benché il contratto portasse una spesa complessiva di L. 3100, per dirimere ogni litigio, si fece una bonifica all'impresa di L. 800, in totale una spesa di L. 3900. I n t a n t o i moti rivoluzionari di Francia avevano eccitati gli animi e sulla nuova Casa comunale non tardò sventolare la bandiera della libertà e rivoluzione. Si vedono t u t t o r a sulle porte degli uffici comunali gli alberi della libertà, sormontati dal berretto frigio colle bandiere repubblicane. Contemporaneamente il Comune ordinava al sig. Zaverio Capisardo da Biella l'orologio attuale del campanile collaudato dall'orologiaio Domenico Massa da Caluso il 9 giugno 1792. SS CAPO XVI. CONGREGAZIONE DI CONGREGAZIONE CARITÀ - LA IRRIGUA - R I S C A T T I - REDDITI LITE PER DELLA L'ACQUA DI C A N O N I - D I S S E S T O FINANZIARIO - C O M I T A T O DI B E N E F I C E N Z A ACQUISTO CONDIZIONI DELL'ALPE ATTUALI BONZE E BALMAZ DEL P I O - ENTE. Congregazione di Carità. Vittorio Amedeo II, per sbandire dai proprii Stati la mendicità, con editto 6 agosto 1716, istituiva nelle città e luoghi di sua dominazione le Congregazioni di Carità, assegnandone i beni delle antiche Contrarie di S. Spirito. Ma queste non furono t a n t o docili agli ordini regi, benché con regolamento 17 aprile 1717 si disciplinasse il funzionamento delle nuove pie Istituzioni e si richiamasse tassativamente l'osservanza del R. Editto del 1716. Si dovette emanare un nuovo Regio Editto il 25 giugno 1721, imponendo l'osservanza della legge con pene gravissime, quali " gli arresti, le carcerazioni allorché i Priori delle Contrarie di Santo Spirito o loro deputati volessero sottrarsi all'ordine regio „. P e r t a n t o i Comandanti delle Provincie dovevano obbligare i Priori e gli Amministratori delle Contrarie a comparire innanzi loro e fare remissione alle Congregazioni dei loro beni e redditi. In conseguenza di questo ordine il Console Girodo Giacomo, come da ordine del signor Torre, Governatore del Castiglio e Comandante la Città d ' I v r e a , radunò il 5 agosto 1721 i Consiglieri Piasotto Giov. Antonio, Racchio Pietro, Girodo Giovanni e Giovanetto Battista ed il Priore della Contraria Bertino Giov. Pietro, e con pubblico a t t o si deputò il Console ed il Priore della Contraria a portarsi dal predetto Governatore in Ivrea per rimettere alla Congregazione di Carità 8 t u t t i li beni, mulini e forni di questo luogo e suo territorio posti, colle altre annualità „ e di protestare per parte di ridetta Confraria e Comunità come in detto a t t o si dice. La Confraria possedeva un discreto patrimonio stabile, e cioè l'alpe Campassi Piane di 261 giornate, di cui 65 di pascolo, i molini, i forni, molti canoni e prestazioni in n a t u r a di vino, biade, castagne e perfin galline. Il 12 agosto 1721 il Console e Priore, deputati dalla Comunità, soddisfacendo al regio biglietto, ad Ivrea, avanti il Governatore, fanno remissione dei beni della Confraria alla Congregazione di Carità, in persona di Filippono Giacomo e P e r o t t o Giacomo, deputati da questa. 11 Console, a nome della Comunità, fa le riserve, protestando per parte del Comune e Confraria che detti enti e loro amministratori non intendono " stante la presente dimissione fatta, di essere più per l'avvenire tenuti nè essi, ne la Comunità di Tavagnasco, di cui rappresentano il Consiglio, all'escavazione e purgazione della roggia di detti molini ed essere scaricati dalla somministranza, fin qui sempre fatta, di libbre sei di cera per la novena e feste della Pentecoste alla Chiesa Parrocchiale. Dichiarando che avendo essa Comunità e Contraria impiegati parte dei suddetti redditi nell'edificazione della Chiesa Parrocchiale e Cappelle campestri e queste non ancora perfezionate nè provviste del necessario, massime delle suppellettili sacre, come pure della spesa di un predicatore nel quaresimale, chiedendo perciò abbia poi la Congregazione di carità a supplire t u t t o e promettendo sotto obbligo di essa Contraria e Comunità „ (rogato Rousseau). Il Comune inoltrava ricorso per rivendicare i molini e forni, basandosi sul f a t t o che il patrimonio della soppressa Contraria di S. Spirito era " un medesimo corpo colla Comunità, vedendosi preso e considerato promiscuamente l'uno per l'altro e che il Consiglio della Comunità, come Comune, era quello che faceva d e t t a Contraria, che aveva però per l'ispezione di provvedere i bisogni ed occorrenze della Chiesa ed insomma era la Comunità considerata sub diversis respectibus e conseguentemente non aver mai potuto la Contraria godere detti molini e forni, salvo che per destinazione della Comunità a cui ancora spettano, e conseguentemente non potersi essere compresi nell'ordinanza della dimissione dei beni a favore della Congregazione di Carità „. (Atto 12 agosto 1721). 11 1° settembre 1726 il Sostituto Segretario generale Laurenti respingeva il ricorso del Comune dicendo " che gli atti menzionati altro non concludono, nè provano se non che la Comunità era in continue spese per la manutenzione del canale e molini e non era capace a r i t r a r r e alcun reddito dai medesimi e t u t t o consumasse colle annuali distribuzioni solite farsi dalle Confrarie, meritamente soppresse, e non esser caso ad ent r a r e in lite e dispendi nuovi alla Comunità per questa remissione perchè la Comui,tà veniva scaricata da ogni obbligo di manutenzione della roggia ed altri pesi che soffriva verso la Chiesa „. In tal modo veniva costituita e dotata la . Congregazione ed entrava in carica un'amministrazione presieduta dal Parroco, con dipendenza dal Vescovo diocesano. La nuova istituzione si diè subito ad ordinare le nuove e n t r a t e e sovvenire i poveri con altri criteri. Cessarono quindi quelle baldorie che si iniziavano con giornalieri conviti nella fèsta dell'Ascensione per culminare nei t r e 246 STORIA D I TAVAGNASCO giorni della Pentecoste e chiudersi nel giorno del Corpus Domini. I poveri, in tali feste, abbondavano di ogni ben di Dio, ma durante l'anno soffrivano f a m e ; ebbero invece un soccorso ripartito a seconda delle necessità individuali ed in circostanze in cui queste si facevano più sentite. Tuttavia il mal costume dei baccanali non potè subito sopprimersi, e la Congregazione dovette conservare le grandi caldaie ed il locale dove, nella Pentecoste, si usava cuocere le minestre ed imbandire le mense. Queste per alcuni anni si continuarono, come protesta, m a n t e n u t e dai privati, finché caddero in disuso. Redditi della Congregazione. La Comunità nel 1726 sollevò opposizione alla Congregazione per la rivendicazione dei molini, forno, ed Alpe Campassi o P i a n i ; ma l'avvocato generale Laurenti colle conclusionali 1° settembre 1726 rifiutò il consenso al Comune per qualsiasi lite in materia. Venne t u t t a v i a riconosciuto alla Comunità il possesso dell'Alpe Campassi o Piani. La nuova istituzione aveva molti nemici ed i particolari sorsero contro essa chiamando che venissero rivedute le contabilità dall'anno 1721 al 1730, giacché i direttori suoi li aveva gravati con numerose collette e sperperato i ricavi. REDDITI DELIA CONGREGAZIONE 247 Fu incaricato il Segretario comunale Dialey Cuglierati ad aprire un'inchiesta sui reclami e riferire. Dall' inchiesta e relazione del 12 novembre 1730 risultano descritti t u t t i gli stabili dei beni semoventi dal diretto dominio della Congregazione, come causa avente dall'ex Contraria di S. Spirito, sui quali stabili, per antichi c o n s e g n a m e l i , gravavano canoni di prestazioni in natura. Sono 22 famiglie, oltre la Comunità, tenute corrispondere in complesso 24 emine di segala, 12 emine di castagne bianche, 4 brente di vino e 7 pinte, oltre alcuni rubbi di burro, grasso e qualche gallina. La Comunità per l'alpe Campassi e Piani deve rubbi uno di burro e per l'alpe Giasso e Pianello rubbi due di formaggio. Attualmente questo canone è corrisposto in denaro, L. 10 annue. Le opposizioni si acuirono, l'Amministrazione si dimise, ed il Segretario comunale ebbe la gestione per circa 3 anni. Con sua relazione 12 luglio 1733, rilevava le tristi condizioni finanziarie dell ' E n t e . Più nessun reddito si ricavava dai molini; l'Amministrazione non può costituirsi perchè le spese enormi di manutenzione del Canale consumano il poco reddito del molino e del forno. I lavori di spurgo e di ripari fatti dai Capi famiglia, quando sussisteva la Contraria, erano a carico della Congregazione. " Più nessuno vuole esser tenuto a tali lavori, non essendo più stabile comunale, ed anche a causa 248 STORIA DI TAVAGNASCO delle calamità dei tempi, mentre oltre alle tempeste sofferte per più anni continui, nell'anno corrente si sono patite rovine gravissime con esportazioni di tenimenti di beni intieri, causa del che vengono li particolari impossibilitati a vivere „. " Il massimo reddito del molino e forno ascende ad emine di segala 100, insufficiente alle spese. I redditi consistono : 1. Casasco con forno in Pino di tavole 2 ; 2. Casaschi con molini torchio ad olio in regione P r e t t i „ 4; 3. P r a t o con viti - P r a di Dora „ 7.6; 4. Vigna e gerbo - Rovera „ 22.0; 5. Casasco e corte al Trovallo „ 4.0 ; 6. Chiapetto in Busse „ 10.0; 7. Chiapetto in Vallarei „ 13.0; 8. Chiapetto in Praglia a Quassolo „ 8 „. La relazione termina con proporre amministratori il Curato D. Martino Balla, il Cappellano D. Antonio Giovanetto,-il Sindaco P e r o t t o Giacomo, i due primi Consiglieri comunali J o a n n e s Antonio, Girodo Antonio, Giovanetto B a t t i s t a e Balla Stefano „. Ma la costituita Amministrazione non tardò avere noie. La nuova istituzione era poco benevisa alla popolazione perchè soppiantando l'antica Confraria trasformava una fondazione secolare a cui t a n t e tradizioni e t a n t e costumanze erano legate. La soppressa Confraria, quale ente dipendente LITE PER L'ACQUA IRRIGUA^ 249 dal Comune, sussidiata da tutti i Contrari registranti, ammetteva al godimento dei suoi beni tutti, poveri e ricchi, e le annuali imbandigioni nella circostanza della Pentecoste avevano un qual cosa di attrattivo. La lite per l'acqua irrigua. P r i m a dell'erezione della Congregazione la manutenzione del Canale del molino era a carico dei particolari di Tavagnasco. Ogni qualvolta occorresse un riparo il Console, a mezzo di grida, e col suono della campana, annunciava l'ordine del lavoro, e tutti dovevano fare quei t a n t i giorni di roida (così chiamavasi la prestazione gratuita della mano d'opera), a seconda della durata del lavoro. Chi mancava veniva multato di una lira, esatta in modo fiscale dal Podestà. Una volta all'anno si purgava il Canale. Nell'atto di immissione di possesso del Canale alla Congregazione vedemmo il Console protestare perchè si rilevasse la Comunità ed i particolari da questo onere. Colla manutenzione del Canale la Congregazione divenne passiva, ed il Comune sperava in tal modo poter riacquistare il molino, giacché l'ente pio avrebbe ricorso al Procuratore generale dei poveri per sbarazzarsi da una passività. Ma questi si era opposto alle richieste del Comune quando il 19 aprile 1726 ricorse al Governo regio per essere autorizzato intentar lite per ricuperare i suoi molini ; non vi era quindi alcuna speranza che la Congregazione potesse liberarsi da tali onerosi edifìzi. Sorsero presto querimonie, e alcuni proprietari nel 1744, causa la siccità, aprirono bocchetti lungo il Canale, e derivarono acqua col tacito consenso della Congregazione. Si scavò f r a t t a n t o un fosso lungo 26 trabucchi, in regione Pretti, sotto il Canale, ed in esso si introdusse in certe epoche l'acqua derivandola dal Canale stesso. La Congregazione fece chiudere l'imboccatura del fosso e si oppose a qualsiasi derivazione di acqua a scopo irriguo. P r o t e s t a r o n o Morello Antonio, Piasotto Giov. Antonio e Franchino Bernardo, ed il 5 aprile 1775 si intavolò una lite. A questi particolari s e n e unirono più tardi altri 15, e durante il litigio altri ancora, fino a raggiungere il numero di 44. Tutti pretendevano il diritto di derivare acqua per uso irriguo dei loro stabili posti in varie regioni, sia nella parte superiore che inferiore ai molini. La lite si protrasse oltre 10 anni senza nulla concludere, all'infuori di una serie di comparse preziosissime, raccolte in un memoriale di produzioni a stampa dove si trovano antichissimi documenti di gran valore storico. In conclusione i particolari, con atti e documenti, sostenevano il possesso del diritto irriguo dal fatto che essendo il Canale del molino stato costruito dalla Comunità, coll'opera dei particolari registranti di Tavagnasco, questi avevano diritti acquisiti. L'immissione del medesimo, f a t t a dalla legge alla Congregazione, con l ' a t t o 12 agosto 1721, non pregiudicava questi diritti. Inoltre il Console, a nome della Comunità, protestò contro questo passaggio, anzi il Comune aveva nel 1726 inutilmente steso domanda di essere rimesso al possesso dei suoi molini. E r a una serie di imposizioni arbitrarie, ope legis, ma non si potevano annullare gli antichi atti di acquisto dei terreni, attraverso cui passa il Canale, a t t i stipulati dal Comune e pagati col denaro dei particolari registranti (atti 1516 al 1547). Essendo proprietà comunale, i particolari avevano sempre avuto diritto dell'uso dell'acqua, t a n t o più che la manutenzione del Canale ed il suo spurgo si faceva gratuitamente dai particolari. P e r contro la Congregazione insisteva sulla proprietà del Canale, venutole con l ' a t t o 12 agosto 1721, con l'onere della manutenzione del Canale. Avendo il Comune ottenuto l'esonero della manutenzione del medesimo, decadevano t u t t i i pretesi diritti dei particolari. Inoltre il Canale, non essendo più cosa comunale, non vi si a m m e t t e v a il godimento dell'acqua quale cosa comunale. Impugnava che sempre si fosse usato l'acqua per uso irriguo, ed insisteva sui danni ai suoi edifìzi, perchè divertendo l'acqua per altri usi, questi dovevano 2B2 STORIA D I TAVAGNASCO restare inazionati. Ma i particolari comprovavano con scritture private che essi usavano già l'acqua col fosso inferiore al Comune in regione Pretti, lungo 26 trabucchi, e domandavano l'uso dell'acqua solo nei giorni festivi quando il molino non macinava. La lite non fu liquidata perchè le stesse amministrazioni si dimettevano, non volendo urtare contro la popolazione, ed il Curato don Martino Balla, vecchio con mal d'occhi da un anno e mezzo, restò solo a dirigere la Congregazione (1781). Le cose andarono male talché intervenne il Vescovo Mons. Ottavio Pochettini, il P r e f e t t o d ' I v r e a ed il signor Panietto, Segretario della Provincia, e furono di nuovo rimessi in carica tutti i direttori. Intanto nel 1780 il litigante Piasotto Giovanni adiva all'incanto triennale del molino con intesa di lasciare, durante il suo contratto, usufruire agli altri conlitiganti l'acqua. Vennero le contestazioni, ma il Magistrato della Regia Giunta ritenne valido il contratto d'appalto. L'Amministrazione si dimise come protesta e restarono in carica più solo t r e direttori. Nell'incanto del 1783 un altro litigante Franchino Bernardo adì al nuovo appalto e t u t t a l'Amministrazione si dimise. Intervenne nuovamente il Vescovo ed il Senatore Prefetto d'Ivrea pur di ricostituire l'Amministrazione, ma tutti i direttori fecero una protesta collettiva, dichiarandosi pronti LITE PER L'ACQUA IRRIGUA 253 a voler assistere i poveri in tutto, fuorché nelle liti " perchè non volevano inimicarsi li parenti o creditori, couciossiachè è difficile trovar nel luogo di Tavagnasco di 200 famiglie circa, avere un numero sufficiente di amministratori che non sieno parenti o debitori coi litiganti „. La lite si protrasse molto languidamente, e senza più alcun interesse attivo da parte dell'Amministrazione, finché sopravvenuti i moti rivoluzionari del 1793 di Francia, coi rivolgimenti politici del Piemonte, più non ebbe seguito e rimase insoluta. Coi mutamenti di governi, durante il periodo rivoluzionario francese e napoleonico, più non si fece parola: i bocchetti ed i canali aperti lungo il Canale a scopo irriguo rimasero e la cosa passò in giudicato e insoluta. In questi anni si è risollevata la questione, ma in modo extragiudizialè. Noi riteniamo che se il buon diritto esiste nei particolari di derivare acqua dal Canale, perchè questo, ab antico, era cosa comunale, questo diritto deve essere subordinato ad oneri verso la Congregazione di Carità, ora secolare proprietaria. E come, ab antico, i particolari per avere la macinazione della granaglia la Comunità faceva a lor carico la manutenzione del Canale ed il suo spurgo colle roidi annuali, così ora se essi vantano diritti (e li possono vant a r e solo come li vantavano i litiganti del 1775 e nel modo e cogli atti da quelli citati), devono corrispondere alla Congregazione o il contributo della manutenzione della roggia come facevasi prima del 1721, quando questa era della Comunità, o concorrendo nella spesa, o corrispondendo un annuo canone. E questa una vertenza centenaria, rimasta sempre insoluta, ma che si impone ora a risolverla nell'interesse della Congregazione e dei particolari stessi, non dimenticando il fine benefico e caritativo del pio Ente, costituito per i poveri e non per egoismi di proprietari e registranti. Riscatto di canoni. Vari particolari, per antichi consegnamenti, erano tenuti fornire alla Congregazione, succeduta nei diritti alla Contraria di S. Spirito, vari generi in n a t u r a per allestire nella festa di S. Croce e del Corpus Domini minestre ai poveri. Ricorsero a Mons. Vescovo perchè, col versamento di un capitale equo, li liberasse da questo onere. Mons. Giuseppe Ottavio Pochettini, il 10 luglio 1789, emanava un decreto col quale autorizzava la Congregazione di Carità ad accettare da ogni particolare il corrispettivo . di lire sei per ogni coppo di castagne bianche, tenuto a corrispondere per la minestra. " La Congregazione doveva devolvere la somma sborsata da ogni proprietario in un impiego sicuro in stabili o mutuo ed il reddito proveniente da detti capitali impiegati convertirlo in acquisto di granaglia da ridursi perpetuamente in pane e distribuirlo ogni anno ai poveri di Tavagnasco in surrogazione della minestra soppressa in quei tempi che stimerà più opportuno la Congregazione „. (Decr. Vescov. 1789). Dissesto finaziario. La Congregazione andava verso la rovina finanziaria, più non facevansi le esazioni, la lite per la derivazione dell'acqua creava continui ostacoli alle amministrazioni, e queste si succedevano o non funzionavano. Così pel decennio 1790-1800 la confusione era massima, t a n t o più che i rivolgimenti politici non permettevano all'autorità civile di sorvegliare ed intervenire energicamente nell'andamento amministrativo dell'Opera Pia. Erasi proclamata la repubblica in Piemonte ed il 27 ottobre 1800 d'ordine del Commissario Moretta si costituiva una nuova Amministrazione t a n t o della Congregazione che della Confraternita. La nuova Amministrazione ebbe un gran fare per riordinare le finanze e " stupiti i nuovi amministratori del deplorevole stato a cui venne r i d o t t a questa pia Opera per incuria e mala amministrazione dei passati tempi, deliberano procedere senza ritardo alla disamina dei conti delli affittavoli del 256 STORIA D I TAVAGNASCO molino e stabili e dalli esattori e procedere alla riscossione e di incominciare a procedere contro li eredi di Giov. Colmia Salet, abitanti in Baio, per la resa dei conti dal 1781 al 1788, del loro padre che fu tesoriere „. Ordinato 16 frimaro (10 dicembre 1800). Con successivi ordinati vengono sistemate le contabilità verso gli altri esattori e affittavoli. La Congregazione nel 1800 non disponeva che L. 100, in sei biglietti da f. 16 : 18.4 caduno del Governo sardo, che " a giorni vanno ridursi di niun valore, massime in seguito a manifesto pubblicato dal Governo Repubblicano, 30 frimaro anno 9° repubblicano (21 novem. 1800). Si faceva altresì intimazione al Curato Gian Martino Balla a rendere conto della gestione degli anni in cui fu solo ed unico amministratore e rimettere carte e documenti che teneva. P r i m a che volgesse al termine dell'anno 9° Repubblicano ed alli 7 nivoso (28 dicembre 1800) la Congregazione aveva a sue mani L. 1882 e potè formare il bilancio. Si fecero nuovi affittamenti agli stabili e, migliorate le e n t r a t e , il pio Ente potè funzionare regolarmente. Benemerito in quest'opera di risanamento finanziario fu il Presidente municipale Morello Giov. Pietro, delegato della Repubblica nel governo del Comune, finché venne eletto Maire il Giovanni Morello. COMITATO D I BENEFICENZA 257 Comitato di beneficenza. Con Decreto del Prefetto del Dipartimento della Dora (22 fruttidoro anno xi Repubbl.), la Congregazione di Carità venne trasformata in Comitato di beneficenza ed il Maire Giovanni Morello installò il 19 settembre 1803 (24 fruttidoro) la nuova amministrazione. Il Comitato funzionò sotto altro nome, ma con identiche finalità della cessata Congregazione di Carità, fino all'epoca della ristorazione del Governo sardo, dopo la caduta napoleonica. Acquisto dell'alpe Bonze e Balmaz. L'alpe Bonze e Balmaz, riscattata dal P e r r o n e Giov. Giuseppe dal Comune di Tavagnasco, venne messa all'appalto pubblico dal Comune di Donnaz il 16 dicembre 1928. La Congregazione il 9 dicembre, avuta autorizzazione rial Vescovo, delibera adire all'asta e rimase deliberataria dell'alpe al prezzo di L. 10500, pagabili in due anni. Firmatari del contratto furono il Sindaco Morello Giov. Pietro ed il Curato Don Girodo Vittorio, amministratori. Vennero quindi vendute t u t t e le piante di castagne, tenute dalla Congregazione sui siti comunali, il 30 marzo 1829 per L. 8091,9 ; ma essendo insufficiente tale somma a saldare il debito verso il Comune di Donnaz si mutuarono L. 3000 dal 17 CONDIZIONI 258 sig. De-la-pierre di Gressoney con atto 22 novembre 1880, saldando il debito. Condizioni attuali del Pio Ente. Per t u t t o il secolo xix il Pio Istituto seguì gli atti di ordinaria amministrazione, non senza numerosi e costosi litigi, tanto cogli affittavoli dei molini che coi privati pel fatto dell'acqua. Tuttavia si fecero economie e si acquistarono rendite nominative, fruttanti l'annuo interesse di L. 766. Ma le passività, sono enormi, gli affitti degli stabili sono insufficienti a coprire le spese di manutenzione e le imposte regie. Ai poveri non sopravanza che il reddito delle L. 766 del certificato di rendita dello Stato, quando anche da questo fondo non si detraggano somme per fronteggiare le spese della manutenzione degli stabili. Il Canale del molino, che già nella relazione del Commissario Dialey, del 1738, risultava passivo, è ora divenuto una vera arpia, che assorbe non solo il povero affitto del molino, ma anche altri redditi. Trovasi ora completamente disfatto, senza bocca di presa, assassinato lungo il suo percorso da baraggi e bocchetti per derivare acqua a scopo irriguo privato, tutti intenti a sfasciarlo, sfruttarlo, senza alcun pensiero di ripararlo. L'alpe Bonze di una estensione enorme non frutta che l'annuo affitto di L. 1850, mentre le sole spese di imposta rag- ATTUALI DEL PIO ENTE 259 giungono la favolosa cifra di L. 1 1 2 4 , 6 0 . I cascinali, le vie di accesso da un'alpe all'altra sono rovinate. Se la Congregazione dovesse rimettere in buon stato le baracche ed i cascinali, non sarebbe sufficiente il capitale dell'alpe stessa. 11 Canale del molino ed i molini, mentre fruttano un annuo interesse di L. 1300 per fitto, assorbono L. 5 8 5 , 1 0 di tassa fabbricato, e se l'Amministrazione dovesse sistemare il Canale, dovrebbe venderlo per pagare i lavori di sistemazione. Le condizioni finanziarie sono quindi avviate al fallimento : già nel presente anno si dovettero sospendere i sussidi ai poveri per parecchi mesi per mancanza di fondi. Il prospetto finanziario pel corrente anno è come segue: ENTRATA L. 2073,50 Fitto Alpi Bonze e stabili „ 1300,00 Fitto Molino 766,50 Rendite nominative . . „ 110,00 Canoni . . . . • • • TOTALE L. ENTRATA 4250,00 S P E S E I m p o s t e . . • L. Spese d'ufficio . „ Sussidi ai poveri „ Canone Asilo . 1760,00 234,00 1200,00 150,00 L. 3344,00 Spese manutenz. „ 906,00 TOTALE SPESE . L. 4250,00 - i i9f;nnn Ma si dovrà defalcare dai sussidi dei poveri L. 500 per ammortizzare un debito di L. 1000, oltre alle spese per la ricognizione del diritto dell'acqua. Con un tale stato di cose la Congregazione è un Ente passivo, e l'unica via di soluzione sarebbe l'alienazione della proprietà, ma questo urta nelle vedute del pubblico, che vede in questo un male ed una rovina dell'Ente, laddove questa sta proprio nella proprietà. CAPO XVII. IL P A D R O N A T O A T T I V O DEL C O M U N E - PRIVILEGI DEI P A T R O N I - ONERI E DOVERI DEI P A T R O N I - RIPARI ALLA VECCHIA CHIESA - LA S A C R A M I S S I O N E - LA C O S T R U Z I O N E CHIESA PARROCCHIALE COSTRUZIONE DI M A T T O N I E FONDI DELLA C H I E S A - LA CHIESA - C O R O TORI - DELLA N U O V A PER LA FORNITURA CONSACRAZIONE DELLA ED O R G A N O - I P R O C U R A - L'AMMINISTRAZIONE AMMINISTRAZIONE DI DI CHIESA - CHIESA. Il padronato attivo del Comune. Il Comune o Comunità, Municipio o Municipalità, come vien designato attraverso ai secoli negli atti pubblici, l'ente civile amministrativo Comune, esercitò sempre il padronato attivo sulla Chiesa e Parrocchia. Questo diritto gli è stato accordato da Mons. Bonifacio della Torre, Vescovo d ' I v r e a , nella bolla di erezione della Parrocchia del 9 luglio 1409. Non fu una graziosa e liberale concessione, ma un diritto riconosciutogli in forza degli antichissimi canoni (ex cap. 25 de Jure padronatus) 262 STORIA DI PADRONATO TAVAGNASCO sintetizzati in quella formula canonica " Patronus faciunt dos, cedificatio fundus „, e cioè diventa patrono chi fabbrica, od offre la dote, o dà, uno stabile, per una chiesa o beneficio parrocchiale o ecclesiastico. Il Comune, come Comune, ed i Capi famiglia, come contribuenti e registranti del Comune, promossero come vedemmo l'erezione della Chiesa Parrocchiale e del Benefìcio. La prima Chiesa parrocchiale e l'attuale, fu fabbricata a spese del Comune, col concorso dei Capi famiglia, registranti sul catasto comunale. La parrocchia fu d o t a t a con beni di proprietà del Comune, ceduti al parroco prò tempore, con a t t o rogato Ardissone Lasbianca 2 aprile 1446 come si disse a pag. 74. Chiesa e casa parrocchiale furono fabbricate su fondi stabili di proprietà comunale. (Atto rogato Racchio 1761). Il Comune ottemperò a t u t t i i tre requisiti del Diritto Canonico, ed ebbe ed ha di pien diritto il padronato della Chiesa e Parrocchia. Questo diritto, colla pubblicazione del Codice canonico per parte di P a p a Benedetto XV il 15 sett e m b r e 1917, è pienamente riconosciuto nel canone 1448 che dice: " Il diritto di padronato è quel complesso di privilegi, con certi oneri, che compete per concessione della Chiesa ai fondatori cattolici di chiese o di benefìzi „. Tutti possono esser patroni " Jus patronatus ATTIVO DEL COMUNE 263 acquirere possunt fideles omnes in Ecclesia, clerici et laici, viri vel foemince et persona} morales seu Comunitates „. (Glossa ad v. Qui Christianis). Tutti i cristiani laici ed ecclesiastici, uomini e donne ed anche le persone morali od Enti o Comuni, possono esser patroni. P a p a Alessandro VII, con due sentenze della Sacra Rota, pubblicamente confermò al Comune di Tavagnasco ed ai Capi famiglia che lo compongono, il diritto di P a t r o n a t o t a n t o sulla Chiesa che sulla Parrocchia. Questo diritto secolare qualche ingenuo vuole contrastare, negare al Comune, riversandolo solo sulla Comunità religiosa. Ma è un cavillo puerile e ridicolo. Sta il f a t t o del possesso. Oltre agli atti di fondazione della Chiesa e Parrocchia, esistenti nell'Archivio Comunale, che non si possono annullare, vi sono le bolle Vescovili e Papali, coi verbali di nomina di t u t t i i parroci e loro immissioni di possessi, conservati dal 1445 ad oggi. 11 Comune nella sua vita secolare esercitò sempre questo diritto, sostenne t u t t e le spese fino ad oggi, per la Chiesa, Cimiteri e Parrocchia. Con a t t o di sottomissione 4 settembre 1715 il Comune deliberava a Giov. Ubertino Maggia di Sordevolo la costruzione dell'attuale casa parrocchiale, secondo il disegno di Carlo Francesco R a m a per 890 ducatoni d'oro. Nel capitolato vi è l'obbligo di demolizione dei vecchi muri, ed, a collaudo '264 STORIA DI TAVAGNASCO definitivo in t r e anni, il saldo dell'importo della spesa. 11 16 giugno 1860 si facevano, secondo il progetto dell'ingegnere Ferrando, altri ripari alla casa parrocchiale per l ' i m p o r t o di L. 2800. Colla sistemazione dell'acqua potabile, si concesse alla P a r rocchiale l'uso interno dell'acqua. La Chiesa attuale e le Cappelle, come si disse a suo luogo, furono edificate dal Comune, col concorso di obblazioni degli amministrati. PR1VILEGI DEI PATRONI 265 stico deve corrispondergli un soccorso per fronteggiare la sua miseria. Questi privilegi, riconfermati da Papa Benedetto XV, se fanno obbligo al patrono, e quindi al Comune nel caso nostro, delle spese per la manutenzione della Chiesa e Parrocchia, danno pure un diritto, in caso di mancaza di mezzi, di avere dalla Chiesa e dal Beneficio un aiuto, se questi dispongono somme e fondi. Oneri e doveri dei Patroni. Privilegi dei Patroni. Secondo il canone 1455 del Codice Canonico i patroni godono del privilegio : I o di presentare alla Chiesa e Beneficio parrocchiale il P a r r o c o ; 2° onore di luogo preeminente nella Chiesa, con banchi e scanni (ed il Comune ha riservati i due banchi con soppedana di costruttura speciale presso la balaustra dell'altare maggiore. — (Appalto banchi Chiesa) ; 3° diritto di innalzare nella Chiesa gli stemmi proprii, e per questo nei coretti il Comune fece dipingere, nel loro costume caratteristico, i Credenzieri e Consiglieri della Comunità, non avendo stemmi speciali il Comune; 4° In caso che il patrono si trovi in povertà, la Chiesa od il Beneficio parrocchiale od ecclesia- Sono tassati dal Canone 1 4 6 9 : 1° denunziare al Vescovo ed autorità competenti se i beni mobili ed immobili della Chiesa o Beneficio vengono dilapidati ; 2° di nuovo riedificare o riparare la Chiesa ; 3° aumentare o concorrere nelle spese di manutenzione della Chiesa o Parrocchia, se la dote non è più sufficiente a mantenere con decoro il pubblico culto. P e r le spese di riparo alla Chiesa il canone 1186 stabilisce che il dovere prima spetta all'amministrazione di Chiesa, e, se questa non ha fondi, al P a t r o n o . Il P a t r o n o perde il diritto di patronato, se rifiuta le spese necessarie, salvo a riacquistarlo quando le faccia nel tempo prefisso dal Vescovo. '266 STORIA DI TAVAGNASCO Ripari alla vecchia Chiesa. La vecchia Chiesa, edificata dal Comune nel 1409, non aveva che un solo altare ed era privo di coro. Questo fu edificato colla sacrestia dal Comune, e nei libri dei conti comunali del 1649 e 1650 vi sono descritte le spese sostenute in questa bisogna. Si fecero notevoli ripari al campanile e fu in questa circostanza che Mons. Vescovo, nella visita pastorale, restò sorpreso per lo sfoggio di numerosi ceri, disposti a t t o r n o al nuovo coro dalle varie priorate delle Confraternite. In occasione di una visita pastorale nel 1751, Mons. Vescovo interdisse le processioni a t t o r n o alla Chiesa e Cimitero annesso, ed inibì le tumulazioni nel Cimitero pel t r a t t o ove transitava il corteo processionale del SS. Sacramento nelle terze domeniche di ogni mese. Il Comune con suo ordinato 12 gennaio 1755 " deliberava di acquistare 15 trabucchi di terreno privato allodiale, sotto la muraglia del Cimitero, onde ampliarlo e f o r m a r e un comodo passaggio di transito delle processioni, non potendo perm e t t e r e il Comune che queste venissero soppresse e così fosse m e n o m a t a la solennità del culto „. L'ordinato riportava il visto d e l l ' I n t e n d e n t e della provincia e l'insinuazione. Questo acquisto unitamente agli altri dell'atto Racchio, 12 marzo 1761, come si dirà più a v a n t i , comprovano la RIPARI ALLA VECCHIA CHIESA 267 proprietà comunale, checche ne dica altri, della Chiesa Parrocchiale./ Il Comune, mutati i t e m p i , e diminuita la religiosità, può disinteressarsi, ed anche rinunziare questi suoi diritti, ritenendo in tal modo di esser esonerato dal peso della manutenzione dei fabbricati ed edifìci di culto e spese relative. Tali spese però, secondo le vigenti disposizioni civili, restano sempre a carico del Comune, come lo comprova la giurisprudenza costante dei vari tribunali, corti e sezioni di Stato. La stessa legge comunale nelle disposizioni transitorie all'art. 329 fa a carico del Comune le spese in parola. Cittadino non di nascita, ma solo temporaneo, di questa terra, non caldeggio conservazioni di simili diritti e privilegi. La proprietà comunale delle Chiese ed il diritto di padronato fortemente e tenacemente sostenuta, difesa e m a n t e n u t a dalle passate Amministrazioni Comunali, attraverso ai vari litigi agitatisi nei tribunali civili ed ecclesiastici, può anche esser ora a b b a n d o n a t a e rinunziata. È bene che la Chiesa sia libera completamente nell'esercizio delle sue attribuzioni, ed anche per la provvista del Curato e R e t t o r e della Chiesa abbia completa libertà. P a p a Benedetto XV, nella promulgazione del nuovo Codice canonico nel 1917, senza abolire completamente questi diritti ai Comuni e Capi STORIA DI L A SACRA TAVAGNASCO famiglia, li subordinò, restringendone l'antico diritto. La nomina cosidetta popolare più non avviene sopra un sacerdote prescelto dal Comune, ma sopra una terna presentata dal Vescovo diocesano. La Sacra Missione. L'anno 1745, addì 11 febbraio, il Consiglio Comunale deliberava e richiedeva ai Preti della Missione di inviare alcuni Missionari per la Missione " non ancora mai f a t t a in questa Parrocchia. A causa che la Chiesa è molto angusta, dice la deliberazione, e non puote capire t u t t o il popolo, non può farsi d ' i n v e r n o e quindi si faccia in aprile o maggio, prima che il popolo vada in montagna. In tal tempo si puotrà anche predicare in piazza non essendovi più freddo „. La Missione si ripete nel 1747 e nel 1750, richiesta anche questa volta dal Comune con ordinato 8 dicembre 1749. Ma la Missione più clamorosa fu quella del 1753, principiata il 29 aprile e t e r m i n a t a il 27 maggio con una processione generale del SS. Sacramento e benedizione solenne alla campagna impartita col Santissimo " nella pezza di Filippone Giacomo, presso la cascina di Praballo „. Erano predicatori i padri Blancy cappuccino, padre Boza e P. Guilardi dottrinari. Al Comune fu regalata una immagine a stampa di S. Vincenzo de' Paoli, MISSIONE 269 firmata dai Missionari, ancora conservata nella sala comunale. 11 Sindaco e Consiglio fecero stendere negli Ordinati un indirizzo di ringraziamento a nome del Comune ai Padri Predicatori ed al Padre Generale della Missione (Ordinati 1753, pag. 29). Le Missioni continuarono ed anche durante il periodo turbolento della dominazione francese (Ordinato del Comune 23 gennaio 1811), e sotto la reggenza della Cura di D. Vittorio Girodo. Dur a n t e il periodo delle guerre dell' indipendenza non vi furono più Missioni, e furono riprese e di nuovo predicate per t r e volte sotto l'attuale Parroco, a cura del medesimo. L'antico sentimento religioso in questi ultimi tempi è molto rilassato, ed alle Missioni, come alle altre funzioni, più non accorre numerosa la popolazione. Le cause di questo indifferentismo religioso sono molteplici e non è il caso enumerarle. Le S. Quarantore, furono legate dalle damigelle Morello. * La costruzione della nuova Chiesa Parrocchiale. L'antica padronato e coronate da capace solo Chiesa Parrocchiale, a t t o r n o al cui possesso si sono svolte t a n t e lotte, gloriose vittorie, era troppo angusta, di circa 500 persone; inoltre, pel 270 deflusso delle acque dall'abitato, l'area della piazzetta avanti stante erasi rialzata e nelle pioggie veniva soventi innondata, essendo il pavimento molto inferiore al suolo della piazza. La Chiesa per l'intemperie e vetustà di tempo era rovinata ed il Comune aveva ventilato più volte i ripari. La proposta di una nuova Chiesa riportava favorevole l'opinione pubblica. Il Comune nei bandi di appalto della barca sul fiume Dora del 30 dicembre 1760, pel triennio 1761-1763, aveva incluso nel Capitolato l'art. 8, che faceva obbligo al pontoniere " di passare e ripassare sovra detto fiume colla nave t u t t e le persone che conducevano calcina o boscami, anche con bestie, per servizio di questa Comunità all'occasione, massime che per p a r t e della medesima facesse costruere una nova chiesa e ciò senza pagamento alcuno di dritto per detto t r a g h e t t o „. Fu il 4 marzo 1761 che il Comune deliberò definitivamente la costruzione dell'attuale Chiesa Parrocchiale sul disegno del Marazio. Trascriviamo e il tenore dell'Ordinato: " Testimoniali di Ordinato per V ampliazione della Chiesa Parrocchiale. — L'anno del Signore 1761 ed alli 4 marzo, in Tavagnasco et nella suolita stanza ove suole rautiarsi l'ordinario Consiglio della Comunità di questo luogo, avanti me Segretario sottoscritto, congregata la Comunità di questo luogo in persona delli nobili Giacomo Franchino COSTRUZIONE DELLA NUOVA CHIESA 271 sindaco, Giovanni Pietro Girodo et Antonio Franchino consiglieri di questa medesima, facienti e rappresentanti l'intiero consiglio d'esso Comune, li quali informati dello stato presentaneo rovinoso et indecente della Chiesa parrocchiale del presente luogo, sotto il titolo di S. Margherita, di padronato del popolo e della medesima Comunità e di sua insufficienza a comodamente capire li parrocchiani per essere solamente capace di numero 500 persone, quando che essi sono in numero di 778 maggiori di anni sette, oltre numero 114 minori et informati perciò della necessità che non solo si venghi r i p a r a t a ma anco ampliata e con tal opportunità venga destinata p a r t e d'essa chiesa per piazzetta pubblica avanti per maggior convenienza et affine che si possa dar libero corso alle acque ivi concorrenti in tempo di pioggia pluviali del luogo che passando presentemente nanti d'essa Chiesa attiqua immediatamente folda s'innoltrano nella stessa Chiesa in occasione di escrescenze et quindi vengono incorporate in d e t t a Chiesa, surrogando non solo la piazzetta che è ora dietro d e t t a Chiesa, ma anco altre tavole q u a t t r o circa di sito esistente dietro d'essa, posseduto da particolari, alcuno dei quali è pronto di smetterlo cautativamente, purché segua il detto trapasso ed ampliazione da t u t t o il popolo gradito e desiderato. Perciò avendo già f a t t o procedere al tipo (o disegno) di d e t t a COSTRUZIONE D E L L A NUOVA 272 Chiesa p r e s e n t a n e a dal signor ingegnere Marazio Giovanni P i e t r o coli'indicazione in esso dello stato a cui si desidera a d d u r r e a spese però principalm e n t e della Chiesa istessa provvista di fondo, intendendo che se ne r a p o r t i l ' o p p o r t u n o permesso dal Supremo Magistrato o da chi sia spediente h a n n o d e p u t a t o et d e p u t a n o il nobile Giov. Stefano Girodo di questo luogo affinchè supplichi o t t e n e r l o e faccia quindi le parti o p p o r t u n e cedono testimoniali e per me Segretario ricevuto e sottoscritto. GIACOMO FRANCHINO, Sindaco. Giov. et PIETRO GIRODO ANTONIO FRANCHINO, Consiglieri. BACCHIO, Segretario „. 11 14 marzo 1761 il Consiglio, n u o v a m e n t e convocato, d e p u t a il Girodo Giov. Stefano p o r t a r s i a Torino per conferire col p r o c u r a t o r e del Comune, ed i n t e r v e n u t i i sottodescritti particolari, si roga l ' a t t o di cessione al Comune. " In secondo luogo f a t t i chiamare nel presente Consiglio li Giov. Antonio Giovanetto fu ^ r e g o r i o ; Giovanetto B e r n a r d o fu Gregorio; Giov. B a t t i s t a Balla fu P i e t r o ; Antonio F r a n c h i n o fu Giovanni; Giov. P i e t r o Girodo fu M a r t i n o ; Gregorio Giovan e t t o fu Giacomo et significandoli il s e n t i m e n t o e determinazione di questa Comunità a riguardo delle variazioni ed ampliazione di d e t t a Chiesa parrocchiale nel modo e f o r m a di cui in d e t t a CHIESA 273 p i a n t a o figura del signor a r c h i t e t t o Giov. P i e t r o Marazio delli 4 c o r r e n t e s f a t t a l i quivi p r e s e n t a t a e richiesti a volere caduno di essi vendere o carit a t e v o l m e n t e d i s m e t t e r e e cedere quella porzione dei rispettivi fondi o siti che a t e n o r di d e t t a pianta deve occuparsi per la costruzione della nova Chiesa parrocchiale, t u t t i li suddetti particolari, in considerazione di che si t r a t t a di t e n u e q u a n t i t a t i v o di t e r r e n o da occuparsi in t e s t a delle rispettive loro pezze con la formazione di d e t t a nova Chiesa si sono dimostrati p r o n t i ed offerti di cedere, come cedono alla p r e s e n t e Comunità, p r e s e n t e stipulante et a c c e t t a n t e in persona di detti Sindaco et Consiglieri graziosamente et senza p r e t e s a alcuna e t per l'effetto della costruzione di d e t t a Chiesa parrocchiale la q u a n t i t à delle rispettive loro pezze, che possedono in questi fini denominati li campi della Chiesa, cioè : 1° da d e t t o Giovanni Antonio Giovanetto in misura di piedi n o v e ; 2° da d e t t o Bernardo Giovanetto in misura di piedi n o v e ; 3° da d e t t o Giov. B a t t i s t a Balla in misura di tavole una ; 4° da d e t t o Antonio F r a n c h i n o in misura di piedi sei ; 5° da d e t t o Giovanni P i e t r o Girodo in misura di piedi sei ; 6° da d e t t o Gregorio G i o v a n e t t o in misura 18 274 STORIA D I TAVAGNASCO di piedi n o v e , così che rileva la misura delle porzioni di pezze cedute a tavole q u a t t r o e piedi t r e et in coerenza della piazzetta esistente dietro la Chiesa vecchia parrocchiale et della s t r a d a , che t e n d e al p r a t o di Dora e che sono necessarie per la costruzione della nova Chiesa parrocchiale, a n o r m a et secondo della p i a n t a o sia figura di quali rispettive pezze per d e t t a concorrente liber a m e n t e spogliandosi, ne h a n n o investito come ne investiscono per ogni effetto s u d d e t t o la Comunità suddetta come sopra in persona di detto Sindaco et Consiglieri presenti e stipulanti et a c c e t t a n t i obbligandosi anzi s o t t o m e t t e n d o s i caduno di detti particolari cedenti di continuare a p a g a r e in avvenire et in p e r p e t u o li carighi e t r i b u t i regi. Successivamente detti Sindaco et Consiglieri avendo, come dichiarano, riconosciuto consistere un fondo che si t r o v a a v e r e la Chiesa Parrocchiale s t a t o sin o r a messo in disparte con risparmi ed elemosine in lire settemila, quali possono esser quasi sufficienti per la spesa della calcina et m a e s t r a n z a , giacché i materiali in pietre si t r o v a n o in abbondanza nelle presenti m o n t a g n e e che li particolari si favano come t u t t i si sono offerti p r o n t i a gratis t a n t o li lavori a t t o r n o d e t t e pietre che la cond o t t a di esse „. L ' a t t o segue con d e m a n d a r e al Sindaco a richiedere il permesso al Vescovo ed A u t o r i t à civili per la costruzione in p a r o l a , ed è insinuato al COSTRUZIONE D E L L A NUOVA CHIESA 275 foglio 634 del libro 315 il 17 marzo 1761, firma Bonafide e sottoscritto R a m a - I v r e a . Il 27 marzo 1761, Monsignor Vescovo d ' I v r e a annuiva con suo decreto alla demolizione della vecchia Chiesa e ricostruzione della medesima secondo il disegno del Marazio. Il Comune allora inoltrò il seguente ricorso al Senato del Re : " llir ed Ecc.mi Signori, La Comunità di Tavagnasco della Provincia d ' I v r e a e Diocesi per li motivi e cause risultanti dal qui unito Ordinato delli 14 corrente mese ha destinato e risolto di devenire alla ricostruzione della di lei Chiesa parrocchiale nel modo e forma r i s u l t a n t e dalla pianta f o r m a t a d a l l ' a r c h i t e t t o e m i s u r a t o r e Giov. P i e t r o Marazio delli 4 pure cadente. Con a v e r n e a tal effetto r i p o r t a t a s o t t o li 27 medesimo l ' o p p o r t u n a permissione del di lei superiore ecclesiastico Monsignor d ' I v r e a , che pure si unisce, e come da d e t t o Ordinato la cessione dai proprietari dei fondi di quella piccola porzione d'essi che deve occuparsi con l'ampliazione di d e t t a nuova Chiesa con essersi li detti p r o p r i e t a r i obbligati anche per d e t t a q u a n t i t à occupanda al pagam e n t o dei tributi, ed ora con fede di t u t t o q u a n t o sovra si ricorre alle EE. VV. : Supplicandole si degnino p e r m e t t e r e la ricostruzione di d e t t a Chiesa nel modo e forma risultante da d e t t a figura come meglio. — 11 che della grazia. N E G R O , Procuratore del Comune '276 STORIA DI TAVAGNASCO La d o m a n d a , p a s s a t a all'Avv. Generale Bruno, r i p o r t a v a il p a r e r e favorevole, ed in d a t a 29 aprile 1761 il Senato e m e t t e v a il seguente r e s c r i t t o : " Il Senato di S. Maestà in Torino sedente : Veduta l'allegata supplica, sportaci per p a r t e della Comunità di Tavagnasco, colle conclusioni in pie d'essa dell'Avvocato Generale a cui è s t a t a c o m u n i c a t a ; il t e n o r e del t u t t o considerato abbiamo permesso e per le presenti p e r m e t t i a m o alla Comunità supplicante di occupare t a v o l e 5,3,2 sito della piazzetta esistente dietro la n a r r a t a Chiesa, e t a v o l e 4,3 sito allodiale cedutogli da Giov. B a t t i s t a Balla in t a v o l e una, da Giovanni, Antonio, B e r n a r d o e Gregorio Giovanetto in piedi nove caduno, e da Antonio Franchino e Giovanni P i e t r o Girodo in piedi sei caduno per ricostrurre ed ampliare la n a r r a t a sua Parrocchiale e p o r t a r l a con tavole 2,6,4 della Chiesa oggi esistente e t a vole 1,6,6 del suo Cimitero dall'antica misura di t a v o l e 8,9,4 a quella di t a v o l e 13,7 con che si profani il r e s t a n t e della vecchia Chiesa e p r i m a d ' i n t r a p r e n d e r e l'opera li Balla, Giovanetto, F r a n chino e Girodo passino sottomissione in a t t o autentico et insinuato con obbligazione generale di loro persone e beni et ipoteca speciale di un qualche fondo ad elezione del Consiglio Comunale della Comunità supplicante di continuare in p e r p e t u o per li siti dai medesimi r i s p e t t i v a m e n t e ceduti il COSTRUZIONE DELLA NUOVA CHIESA 277 p a g a m e n t o dei carighi facendone t e n e r e f r a un mese indi prossimo copia autentica ad d e t t o Consiglio ed alla Segreteria n o s t r a civile. In cui fede: D a t o in T o r i n o , li 29 a p r i l e 1761. Per l'Ecc.mo Senato CARLO, Reale Sostituto della Segreteria NOMIS P . — Civile. BRUNO, Avv.t0 Da questo rescritto senatorio si rileva la ristrettezza dell'antica Chiesa e Cimitero, e la sever i t à del fisco nell'esazione dei tributi. L'atto, di sottomissione dei Giovanetto, Balla, Franchino e Girodo venne r o g a t o Racchio il 10 dicembre 1761, ore 29, nella Sala comunale, stipulante il Sindaco ed i due Consiglieri, con garanzia d ' i p o t e c a per effetto dei t r i b u t i regi sulla p a r t e ceduta al Com u n e per la costruzione della Chiesa sopra una serie di beni proprii in esso descritti. Fondi per la costruzione della Chiesa. L'Amministrazione della Chiesa disponeva un fondo di L. 7 0 0 0 ; i procuratori di Chiesa, nomin a t i dal Comune, raccoglievano oblazioni, m a e r a n o poche, poiché già t u t t i i particolari si e r a n o quot a t i di prestazioni g r a t u i t e di m a n o d ' o p e r a . Il Comune stanziò nei suoi Causati ogni anno le seguenti s o m m e : 278 STORIA D I FORNITURA DI TAVAGNASCO Anno 1761 - 13 agosto (per la costruzione della nuova Chiesa) L. 750 „ 1762 - 1 0 maggio - Causato „ 500 1763 - 18 aprile „ „ 400 1764 - 26 luglio „ „ 500 1765 - 14 settembre „ „ 500 1765 - 2 dicembre - Ordinato „ 800 1766 - 28 giugno - Causato „ 500 TOTALE . . . L. 3950 Con ordinato 4 giugno 1768 il Consiglio Comunale fa una dettagliata relazione dello stato dei lavori, e " giusta il calcolo formato dal Capomastro Romanini, direttore et impresaro di detta opera, vi abbisognano più di ottantamila mattoni per formare la volta, la di cui spesa, s t a n t e la qualità che si ricerca di essi e per la longa et faticosa condotta dei medesimi di circa otto miglia, viene a rilevare una spesa di L. 3000 circa „, delibera quindi supplicare " come supplicano umilm e n t e Sua Maestà Reale di voler segnare per t r a t t o di sua Regia grazia di p e r m e t t e r e alla Comunità l'alienazione dei tassi e capitali ascendenti a t u t t o a L. 4910 „ . Ma m e n t r e si attendeva questa grazia, con ordinato 28 luglio 1768, si stabiliva di anticipare un fondo di L. 600 all'impresa per le più urgenti spese, ed il Consiglio mandava al Segretario comunale Cleriuo di recarsi a Torino per sollecitare da S. M. il Re il rescritto per devolvere MATTONI 279 il capitale di L. 4 9 1 0 , di cui all'ordinato del 4 giugno 1768, per la costruzione della volta della Chiesa. Fornitura di mattoni. Con atto rogato Comparione 29 maggio 1768 il Comune stipulava con Ottello Giacomo di Antonio ed Ottello Giov. Maria, entrambi di Romano Canavese, la fornitura di 20 mila mattoni, ma sorsero poi delle querimonie liquidate dal Podestà di Tavagnasco e Romano nel 1769. I mattoni condotti dagli Ottello da Romano furono 50 mila, ed il 9 luglio 1769 si emise la, quietanza saldo del pagamento in capo a Giacomo Ottello da Romano per l ' i m p o r t o di L. 1105 e soldi 10. — Il numero dei mattoni occorsi per la volta della Chiesa è di 86.583, così ripartiti: da Giacomo e Giov. Ottello da Romano N. 50.260 da Michele Ottello da Romano „ 15.780 id. id. id. „ da diversi particolari dì Banchette dal 30 giugno al 4 luglio 1769 „ al 6 luglio da Banchette „ dal 10 al 12 luglio 1769 „ 7.026 7.250 2.733 3.534 TOTALE . . . N. 86.583 Le spese sostenute dal Comune e bilanciate nei Causati comunali, dianzi descritte, ascendono a L. 9460. Di ogni Causato veniva, con apposito 280 STORIA DI TAVAGNASCO ordinato, richiesta autorizzazione all'Intendente, previa pubblicazione all'Albo pretorio, e per mezzo di grida al popolo, durante l'uscita dalle funzioni di Chiesa, per t r e feste consecutive. Oltre a queste spese il Comune sostenne varie somministrazioni di cibarie e vino ai lavoratori e persone povere che lavoravano g r a t u i t a m e n t e per la Chiesa. La Confraternita del SS. Nome di Gesù vi concorse con lire mille, e con altre mille lire mutuate, provenienti dal legato J o a n n e s col peso di una Messa settimanale nella Chiesa del Gesù. Nella visita pastorale del 1826 la Confraternita faceva rimostranza al Vescovo Mons. Pochettini perchè provvedesse a che la Chiesa o Comunità restituisse la somma mutuata, od almeno ne assumesse il peso delle 50 Messe annuali. Il Vescovo ordinò la restituzione. Il Comune, esaurite le risorse dei fondi di Chiesa, ed i concorsi in proprio, mise a concorso sottoscrizioni, fra i maggiorenti e migliori registranti, la posa della pietra fondamentale e quella che a t t u a l m e n t e si t r o v a sull'architrave, scritta a caratteri d'oro. F r a i vari concorrenti vi fu il Francesco J o a n n e s che offerse L. 300, ma il notaio Balla coprì l'offerta in L. 3 2 5 , e vi intervenne processionalmente e vi collocò la pietra fondamentale di detta Chiesa. " Ora non volendo più corrispondere che L. 300, ed a t u t t i gli incombenti a questo fine, il Con- FORNITURA DI 281 MATTONI siglio di questa Comunità ha deputato e deputa il consigliere Girodo Stefano ed il causidico Gaida procuratore legale della Comunità a promuovere gli atti e compellire il notaio Balla a fare il suo pagamento „. (Ordinato 7 settembre 1765). La Chiesa nel 1771 era ornai ultimata e vi si attendeva alle pitture delle varie icone ed affreschi che si vedono t u t t ' o r a , meravigliosamente conservati. I fondi erano ornai esausti e le offerte private insufficienti. P e r proseguire l'opera il Comune con ordinato 15 giugno 1771 deliberò prelevare dalla Cassa del Gabellotto L. 500 per ultimare la decorazione e le pitture delle sacre icone, opera di Colombo Giovanni B a t t i s t a , da Bergamo, pittore del Teatro Regio di Torino. Il Comune nella costruzione della Chiesa quindi speso con ordinati vari (pag. 279) L. ordinato 28 luglio 1768 . „ „ 4 giugno 1768 . 15 giugno 1771 „ 15 febbraio 1763 TOTALE . più fondo di elemosine . TOTALE . L. „ aveva 3.950 600 4.910 500 1.000 10.960 7.000 L. 17.960 Aveva inoltre concesso di a b b a t t e r e dai proprii boschi il legname occorrente. La Chiesa venne a costare un venti mila lire oltre le prestazioni 282 STORIA DI FORNITURA TAVAGNASCO gratuite, e valutando il tutto, ritenendo che il denaro si corrispondeva in oro ed argento, si può concludere che la spesa sia ascesa a lire t r e n t a mila, pari a lire trecento mila della valuta monetaria dei npstri giorni. La Chiesa venne aperta al culto con benedizione provvisoria la vigilia del Corpus Domini dell'anno 1770. Sull'architrave della p o r t a maggiore, venne collocata le seguente inscrizione : D. 0 . M. E t d. Margarita Populus Sacram .edem, sua Ad Dio Onore an. Ottimo della e excitata Popolo, gli Ricostruita Massimo Benemerente Questa Uomini a Dedicarono.' di Patrona Tavagnasco proprie Sacra anno 283 p o p u l i Margarita T a v a g n a s c i Magnanimitas sic condidit an. 1761 mdcclxxi Santa • Margherita Il P i a Tavagnasci impensa Dedicaverunt. A Benemerenti MATTONI in linea retta, in stile classico, colonnati e lesene doriche e joniche, con una sola p o r t a centrale. Venne modificata nell'attuale facciata barocco, con elegante pronao stile classico e t r e portali di magnifico effetto con sculture pregievoli, riportanti nei panelli i fatti più salienti del martirio di S. Margherita. L'antica facciata è riprodotta come da disegno, conservato nel Comune, sul frontone doveva port a r e la scritta : D. 0 . M. Diyceque P a t r o n « Hominesque DI Spese Casa 1761 , La lapide segna la data dell' inizio dei lavori e della posa della pietra fondamentale, avvenuta il 2 giugno 1761. (Ordinato 7 settembre 1765 contro Balla). 11 piano dell'ing. Marazio portava una facciata La consacrazione della Chiesa. La Comunità, con suo Ordinato 27 aprile 1785, dietro richiesta di Mons. Gius. Ottavio Pochettini, Vescovo, a mezzo dell'Intendente della Provincia d ' I v r e a , cav. Ghilini, deliberava la spesa della visita pastorale e consacrazione della Chiesa P a r rocchiale. L'Ordinato venne subito approvato dall ' I n t e n d e n t e , ed il Vescovo, il 80 maggio 1785, consacrava la Chiesa, ordinando al Comune di rimuovere dalla facciata della Chiesa il torchio di vino, costrurre il Battistero in m a r m o , e provvedere agli stalli del Coro ed armadi della Sacrestia. 284 storia di t a v a g n a s c o Con Ordinato 17 maggio 1786 il Consiglio Comunale incaricava l'ingegnere architetto Pelazza a stendere la perizia preventiva per l'esecuzione delle opere ordinate dal Vescovo. La perizia descrive minutamente il progetto del Battistero, ed, a disegno fatto, si riserva stendere quella degli scranni corali ed armadi della Sacrestia. Il Battistero, collocato nel 1787, portò una spesa di L. 95, soddisfatta, con mandato del Comune, in d a t a 11 dicembre 1787. Coro ed Organo. Il Coro cogli armadi della Sacrestia, ed il leggio del Coro, venduto nell'ottobre 1922 per L. 1500 all'antiquario Rossi di Milano, proveniva dall'ex Convento di S. Bernardino di Ivrea. Quest'acquisto deve esser stato fatto sul finire del secolo xvm e probabilmente verso il 1790, ma essendovi avvenuti i moti rivoluzionari della rivoluzione francese, vi mancano non pochi documenti contabili nell'archivio e quindi non si può precisare l'anno dell'acquisto. La Comunità nell'ordinato del 4 giugno 1810 delibera: " La Chiesa Parrocchiale è finalmente t u t t a a r r e d a t a di suppellettili sacre, dotata d'organo, di stalli del Coro, ed inoltre si ha un fondo di cassa di franchi 8 6 6 : 1 ed un credito di L. 300 verso il Comitato di beneficenza, f a t t o dal Comune coro ed o r g a n o 285 di Tavagnasco, con assenso di Mons. Vescovo di Ivrea fin dal 1801 e varie somme rilevanti dei Priori dei vari Altari e Cappelle e Compagnie, quindi non essendovi più altre spese, si propone di fare in stucco l'Altare Maggiore di detta Chiesa Parrocchiale, sul disegno del Gallo da Mongrando. Per questo Altare occorre la spesa di L. 600 „ (Verbale del Consiglio Comunale 4 - 6 - 1 8 1 0 ) . Venne quindi demolito il vecchio altare, e la sua mensa fu incorporata al pavimento nel centro del Presbitero, come si vede ancor oggi, e la Chiesa r e s t ò sconsacrata. Il nuovo altare in stucco a colori marmorei, con elegante ciborio e grandioso trono, armonizza nella sua eleganza colla vastità del tempio. Sulla mensa venne solo collocata una pietra sacra, ma il 30 novembre 1911 l'Amministrazione di Chiesa, valendosi di un legato di L. 3000 di Girodo Barbassa Antonio, e del concorso di munifici oblatori, quali il cav. Battista Girodo, Franchino Giuseppe e di t u t t a la popolazione, unitamente al provento di un banco di beneficenza, decorò internamente la bella Chiesa, opera di Giovanni Capriolo, da Vercelli; ed il 30 novembre 1911 Mons. Filippello, Vescovo di Ivrea, la consacrava per la seconda volta. 286 storia di t a v a g n a s c o I Procuratori e l'Amministrazione di Chiesa. Il Comune di Tavagnasco, quale proprietario e patrono della Chiesa Parrocchiale e Cappelle, fin dal 1500 provvide all'Amministrazione di Chiesa nominando speciali Procuratori, denominati " Procuratori di Chiesa „. Due furono, ed i primi atti di nomina risalgono al 1° luglio 1596, rogato Girodo. Nella causa i n t e n t a t a nel 1756 contro il Parroco D. Martino Balla, avanti al Senato, sono riportati t u t t i gli atti di nomina dei Procuratori dal 1596 al 1756. Il mandato dei Procuratori di Chiesa era: ricevere, unitamente al Parroco e Segretario della Comunità, le offerte in denaro da tutti i Priori di Chiesa e Cappelle campestri; impiegare tali redditi nei bisogni di Chiesa e manutenzione del culto, con mandato t a n t o cumulativo, che individuale ; a costringere per vie legali alla resa dei conti i Priori od altri debitori verso la Chiesa e Cappelle, rendendo, ogni qualvolta che il Comune richiedesse, i conti. 1 Procuratori di Chiesa facevano t u t t e le spese ordinarie e straordinarie, e solo quando i fondi erano insufficienti od esauriti il Comune concorreva nelle spese e provviste necessarie al culto. Questo mandato dei Procuratori di Chiesa è sempre ben specificato negli atti di nomina dal i procuratori e l'amministraz. di chiesa 287 1596 al 1879, e il mandato di procura veniva approvato dall'Intendente (poscia dal P r e f e t t o quando si abolì l'Intendenza) e registrato. Molti furono gli atti coattivi svolti dai Procuratori di Chiesa contro i morosi ai pagamenti. I redditi di Chiesa venivano custoditi in sacrestia, luogo di adunanza dei Priori e Procuratori, nella cassa-forte, e le chiavi venivano custodite una dalla Comunità, l'altra dal Parroco. Nel 1756 il Curato Don Martino Balla volle rompere questa secolare pratica, ed amministrare i redditi di Chiesa indipendentemente dai Procuratori nominati dalla Comunità. Ai vani reclami del Sindaco (ordinato 12 luglio 1756), il 18 luglio si diede mandato al Procuratore legale Negro di citarlo nanti il Real Senato, intavolando la causa con Decreto Senatorio 21 agosto 1756. La lite parve volgesse a composizione coll'atto rogito Suppo 9 ottobre 1756, avanti al Regio Intendente della Provincia d'Ivrea. In esso a t t o sono riconosciuti i diritti del Comune, ma il Curato sollevò altre eccezioni, e con nuove lettere citatorie del Senato, 28 marzo 1757, si ripigliò la causa, che venne poi t r a n s a t t a avanti il Segretario Generale del Senato di Torino, con a t t o rogato Cagnassone, 21 dicembre 1757. In quest'atto è riconosciuto al Comune il diritto, quale patrono della Chiesa, di ingerirsi nell'Amministrazione dei redditi della medesima, nominando, come pel passato, due Procuratori di Chiesa. Un inventario di t u t t i gli arredi e titoli e mobili di Chiesa doveva redigersi e deporne copia nell'archivio del Comune. Inoltre in detta transazione dal Capo 4° e seguenti sono descritti tutti gli emolumenti funebri di stola bianca e nera, i diritti parrocchiali per le nozze e novene, le questue in natura, in segala, e quelle in montagna in occasione delle benedizioni dei casali alpestri, da farsi ogni anno dalla festa di S. Maria Maddalena a S. Anna, il peso della cera per le sepolture e l'emolumento parrocchiale, le funzioni funebri dei morti, le benedizioni alla barca o quelle funzioni che intendesse il Comune od i privati ordinare. L ' a t t o fu stipulato a Torino avanti il Segretario del Senato Gallo, ed è firmato dal Curato Martino Balla, da Giov. Pietro Cerey, rappresent a n t e il Comune, e dai testi Negro e Monte procuratori legali del Comune e del Parroco. All'atto Cagnassone seguono 12 Capitoli di inserzioni, nei quali sono descritti tutti i doveri del Parroco, le funzioni che deve compiere, i diritti e gli emolumenti che può percepire, i diritti e gli oneri del Comune come patrono della Chiesa e Parrocchia. Cosi veniva t e r m i n a t a una tediosa lite, ed il Comune, come ben disse n e l l ' a t t o di procura del 31 luglio 1757 in capo a Cerey Giov. Pietro e Girodo Giov. Stefano: " F a voti che venga a Interno della Chiesa Parrocchiale. (G. Acootfo) terminare ogni rancore, e segua la pace t r a questo pubblico ed il signor P a r r o c o „. Copia d e l l ' a t t o fu pure trasmessa alla Curia Vescovile ed al Parroco. Amministrazione di Chiesa. La Chiesa e le Cappelle campestri di proprietà e p a t r o n a t o del Comune e Capi famiglia, sempre catastate al Comune fin dai più antichi Catasti, ebbero un'Amministrazione unica di Chiesa formata dal Parroco, due Procuratori di Chiesa, nominati dal Comune e dai Priori delle Compagnie erette nella Chiesa. I Priori avevano ed hanno t u t t ' o r a il mandato di raccogliere le offerte dei fedeli, sia in Chiesa che fuori. I Procuratori di Chiesa avevano la parte fiscale e legale: promuovere la resa dei conti dei Priori, ed agire contro i debitori morosi. Negli anni passati si facevano offerte vistose in natura, burro, vino, animali, messe in vendita dai Priori per incanto. Il pagamento si faceva con mora di tempo, ma nell'annata e prima della resa dei conti. Contro i morosi agivano i Procuratori di Chiesa con a t t i nanti il Podestà o Tribunali. Vi erano i libri dei conti tenuti nell'archivio che trovavasi nella sacrestia; i Priori, resi i conti, si portavano i loro libri particolari alla propria casa. I Procuratori di Chiesa o t t e n u t a la resa dei conti 290 STORIA FFR T A V A G N A S C O li presentavano al Consiglio Comunale che li approvava e venivano rimessi al Curato per riporli nell'archivio di Chiesa. Quest'archivio di Chiesa ora più non sussiste e, dato l'assalto che si fa alla morte di ogni Parroco, non solo in Tavagnasco, ma in quasi t u t t e le P a r rocchie, dagli eredi dei Parroci, gli archivi parrocchiali non sono sempre regolarmente conservati. Molte carte e documenti scompaiono, ed a Tavagnasco pare che fossero stati persino asportati i registri di battesimo. Sarebbe utile che l'Autorità competente fosse molto severa in questa parte, e l'archivio di Chiesa, separato dalla casa parrocchiale, ritornasse nella sacrestia di ogni singola Chiesa Parrocchiale e vi funzionasse regolarmente l'Amministrazione col suo Tesoriere-Contabile, e si rendesse pubblicamente il Conto annuale con affissione alle porte della Chiesa. È una prescrizione dello stesso Sinodo diocesano, che stese apposito regolamento, osservato in nessuna o ben poche Chiese Parrocchiali. La Chiesa possedeva anche stabili non direttamente ma indirettamente per le Confraternite in esse erette. Così la Compagnia del Corpus Domini teneva una cantina, acquistata per L. 200 nel 1719, s t a t a ceduta alla Parrocchiale, quando il Comune fece l'attuale Casa parrocchiale come si disse. Possedeva l'Amministrazione di Chiesa varie piante di AMMINISTRAZIONE DI CHIESA 291 castagne, di noci, cedutele dal Comune per i bisogni della Chiesa. Dieci di queste piatite di noci, vendute a pubblico incanto dal Comune, con a t t i 8 - 1 5 e 22 febbraio 1829 rimase deliberatario il Girodo Barbassa Giovanni Pietro di Giovanni Antonio per L. 112, pagate a mani dei Procuratori di Chiesa (Atto rog. Giov. Pietro Morello, Segretario comunale). Altre piante vengono vendute con a t t o 18 febbraio 1830. Attualmente la Chiesa non possiede alcuna pianta, ne altra rendita fissa, se non una di lire mille nominali in adempimento del legato Girodo Barbassa ed i proventi dei fedeli, oltre il reddito in Cartelle nominative del legato Pozzo della Cappella di S. Maria Maddalena ai Piani. CAPO XVII. LE ULTIME LITI COI VASSALLI E PER I F1NAGGI LA LITE C O N Q U I N C I N E T T O - IL G I U R A M E N T O DI F E D E L T À AL D U C A . Le ultime liti coi Vassalli e per i finaggi. 1 vassalli di Settimo, nel 1747, si estinsero nella linea avente i diritti feudali sopra Tavagnasco, ma prima che la loro giurisdizione cessasse vollero ancora intentare un'ultima causa in rivendicazione dei loro diritti. Le regie Costituzioni, Libro 6, tit. 3, capo 6,. lett. 13, faceva facoltà, ai vassalli di r i s c a t t a r c i diritti e privilegi di ragione feudale. L'abate Giacomo Antonio Massimo di Setto, a nome del fratello, conte Giov. Battista, aveva costrutto, in territorio di Montestrutto, di fronte al gerbido del Gori, fini di Tavagnasco, un molino e posto una nave sul fiume Dora pel transito degli accorrenti a tal molino. 11 molino era stato dato in esercizio, con regolare contratto, a tal Pecco Antonio di Montestrutto. La Comunità di Tavagnasco vide in questo fatto una lesione ai suoi diritti, sia pel transito della Dora che per i molini da essa eserciti in suo territorio da oltre 800 anni. Ricorse pertanto alla Camera dei Conti e intavolò un'ultima lite coi vassalli. Nella procedura della causa i Conti presentarono una serie di investiture e consegnamene. Quali successori dei Signori di Montestrutto, fin dal 27 aprile 1564, avevan giurisdizione e diritti feudali sopra Montestrutto e Nomaglio, specialmente sui rivaggi e molini. Con investitura 7 settembre 1582 il Signore Bernardo Giov. Pietro, in persona del figlio Ardizzone, riceveva in feudo Montestrutto, Settimo Vittone, Quincinetto, Tavagnasco, coi loro diritti, pertinenze, ragioni feudali, fra le, quali i rivaggi del fiume Dora ed i porti sul medesimo. Contro la serie dei documenti, presentata dai Signori di Settimo Vittone, in difesa delle loro richieste, la Comunità di Tavagnasco opponeva le varie investiture ducali e regie del porto della nave e pedaggio su t u t t o il fiume, da Tavagnasco a Borgofranco. La Comunità aveva acquistato, con a t t o 5 marzo 1567, rogito Vercellotto e Martino Girodo, dai Signori fratelli Agostino e Melchiorre, del fu Signore Domenico De Meo, per 93 scuti d'oro il porto e pedaggio sulla Dora. Con altro atto, 5 maggio 1567, Domenico Recarando vendeva pure alla Comunità le ragioni sue su tale naviglio, in conseguenza dell'atto 21 gennaio 1557, verso i signori del Castelletto di Cesnola. Con a t t o 13 febbraio 1547 la Comunità di Tavagnasco, per non valersi del porto dei Signori di Settimo Vittone, avevano stipulato una convenzione coi fratelli Lodovico e Giacomo de Pecco pel trasito dei particolari di Tavagnasco sul naviglio da loro tenuto sulla Dora nei fini di Montestrutto. Con p u b b l i c a Vicinanza 26 giugno 1569, i Capi famiglia di Tavagnasco ratificavano l'instrumento di acquisto del porto e naviglio di Montestrutto fatto dal Console di Tavagnasco Bernardo Balla col Signore magnifico Carlo Vulliet di San Pietro, Castellano e Signore di Montestrutto a causa e ragioni di sua moglie signora Filippa, al prezzo di scudi 25 d'oro. Inoltre, per disposizione statutaria, Tavagnasco fin dal 1291 aveva diritto di esercire, con privilegio di esclusività, i molini a vantaggio dei suoi abitanti e degli altri rivieraschi del fiume Dora. Non poteva quindi la Comunità permettere che venisse aperto un molino nei dintorni, t a n t o meno a Montestrutto, ove aveva per gli strumenti sovracitati diritti acquisiti. I vassalli potevano invocare le costituzioni regie in materia di riscatto, di privilegi e diritti feudali, ma il riscatto doveva avvenire con intesa delle parti, e Tavagnasco non voleva rinunziare ai suoi privilegi secolari ed ai suoi diritti acquistati con t a n t a fatica e sacrifizio. Ma altra controversia aveva sollevato il Signore di Settimo. Verso il 1739 in regione alpestre Vallareis, di proprietà Comunale, il Conte di Settimo aveva fatto assaggi per ricerche minerarie d'argento. Con regolare contratto aveva costituito col tesoriere provinciale sig. Amosso una società anonima per uso minerario. Aveva impiantato officine, forni, ed aperto canali con derivazioni di acqua, la quale veniva poi lasciata cadere lungo il pendio del monte scosceso sopra l'abitato. Tutto questo lavorio era stato fatto dal Conte, senza punto curarsi dei diritti proprietari della Comunità, e le officine già funzionavano ad onta dei reclami del Comune. La Comunità fu quindi costretta a divenire alle vie giudiziarie e, con Ordinato 3 marzo 1739, fece giudizialmente opposizione alle opere del signor conte Giacomo Filippo di Setto, citandolo avanti al Senato. Tanto la lite del porto e molino di Montestrutto, quanto questa delle miniere, pare che siansi risolte colla- morte del Conte, avvenuta nel 1747. Le miniere rimasero inazionate per essere poi messe in attività 100 anni dopo dall'impresa Froment, ma con poco profitto. Attualmente sono abbandonate. Nelle investiture posteriori la Comunità continuò godere sempre il privilegio esclusivo del porto della nave sulla Dora. La città d'Ivrea, in forza delle Patenti 18 luglio 1733, aveva risollevato la questione del pedaggio, del peso delle bovine e merci portate sul mercato. Si dovette farla citare nanti il Senato e riportare in causa tutti i documenti dei vecchi privilegi e libertà, già sancite nella Sentenza istromentale del 28 ottobre 1453. Con tali documenti si ottenne nuova giustizia ed esenzioni di tasse e pedaggi. La lite con Quincinetto. Nel 1753 il t o r r e n t e Renanchio aveva straripato riversandosi sul territorio di Quincinetto, trasportandosi in esso il letto. Si fecero opere di riparo e di deviazione in regione Tornacar. Tavagnasco si oppose, e intavolò una lite, che durò oltre trent'anni. Molte furono le perizie ed i sopraluoghi della giustizia durante il corso della lite. Si fece pure la causa del finaggio e furono esumati documenti e testimoniali, risalenti al 1557. La lite si concluse con una transazione, amichevolmente conclusa, colla fissazione dei finaggi attuali nel 17 7 5. L ' i n c a r t a m e n t o voluminoso di questa lite riporta documenti importantissimi del 1500, riflett e n t i alle concessioni acquarie dell'attuale Congregazione di Carità, e preziosi piani planimetrici dei finaggi da regione Tornacar al fiume Dora. Altra lite colossale fu quella colla Comunità di Brosso per i finaggi alpestri dell'alpe Riali e Giasso. Causa del litigio era un t r a t t o di terreno, circoscritto nel piano figurativo dell'architetto Zani delti 10 gennaio 1836, assegnato al Comune di Brosso, mentre il piano 8 giugno 1833 del misur a t o r e Germano Ferrando lo attribuiva a Tavagnasco. 11 Comune di Tavagnasco vantava su questo t r a t t o di terreno conteso il pacifico possesso fin dal 1780, quando pér la prima volta Brosso ventilò, in via amministrativa, una protesta. Vi erano poi le testimoniali di confini del 7 agosto 1709. Ciò non ostante la causa fu perduta, forse perchè Tavagnasco non seppe o non potè far valere titoli possessori. La lite, svolta avanti il pretore di Lessolo, veniva perduta. R i t e n t a t a al Tribunale di Ivrea si riportava una nuova condanna con sentenza 28 agosto 1865, riconfermata in appello ed in cassazione. Il Comune veniva condannato altresì al pagamento di L. 3780, importo di frutti ed interessi goduti pel terreno conteso, che ascesero poi a L. 5000, t r a n s a t t i con deliberazione 31 maggio 1870. Il 28 agosto 1893 il Comune ritentava una ricognizione di confini, ma la causa era ormai perduta e per sempre. U n ' u l t i m a lite si svolse contro la Comunità di Montestrutto, iniziata nel 1828 per motivi di 298 finaggio. La Dora Baltea si era spostata nel suo corso, occupando alcuni terreni comunali, lasciandone porzione oltre la sponda del nuovo letto. La lite si agitò molto animatamente e solo nel 1876 si terminò coi confini attuali. Altra lite vittoriosa pel Comune fu quella int e n t a t a nel 1883 contro i fratelli Morello Domenico, Bartolomeo, Giovanni ed altri fu Giovanni per la rivendicazione del tenimento dei Rivassi. Il ponte, t r e volte riedificato, causò t r e liti contro le rispettive imprese Giachino, sor Giovanni Battista e Ferro. Leggendo la storia del Comune fa penosa impressione questo continuo litigio del Comune; ma anche attraverso a queste ingenti spese si rivela l ' i n n a t a oculatezza del popolo di Tavagnasco, custode geloso dei diritti e delle libertà comunali. E mentre in altri Comuni la vita cittadina si trascina fra la noncuranza della gran massa del pubblico, ed il patrimonio comunale viene amministrato fra l'universale apatia, fra noi' invece pulsa vibrante la difesa del patrimonio comune. Mercè di questa oculatezza litigiosa Tavagnasco potè, durante la sua vita comunale millenaria, mantenere alti i suoi ideali di liberta e di privilegio comunale, difendere e tutelare i suoi Istituti cittadiui ed il patrimonio dei suoi padri, t a n t o nel campo civile che religioso. Un vegeto vecchietto, ardente fautore delle I L GIURAMENTO D I F E D E L T À AL DUCA 299 vecchie tradizioni, mi diceva un giorno scherzando: Roma caput mundi - Tavagnasco è la seconda, ed in questa espressione rivelava con orgoglio l'anima dei vecchi Consoli e Credenzieri forti nelle lotte delle liberta cittadine. Il giuramento di fedeltà al Duca. Il primo atto di giuramento di fedeltà al Duca fu f a t t o con t u t t a solennità, avanti al Console e Credenza il 7 aprile 1585. Nell'atto sono descritti tutti i Capi famiglia che hanno giurato, ma molti essendo in montagna giurarono il giorno seguente. I giuramenti di fedeltà si rinnovavano alla morte di ogni Duca, ed in circostanze di avvenimenti straordinari, massime durante perturbazioni belliche del Monferrato e della guerra di successione spagnuola. Nel secolo xvm il giuramento di fedeltà veniva prestato da Procuratori e Delegati comunali direttamente in Torino, nella Cattedrale di S. Giovanni, nelle mani di S. M. Reale o del primo Ministro di Stato. Così fecero i Delegati di Tavagnasco il 20 novembre 1730. CAPO XVIII. LA RIVOLUZIONE PIEMONTE FRANCESE E INVASIONE - RIFORME AMMINISTRATIVE ABOLIZIONI DIRITTI E DEL ED PRIVILEGI. La Rivoluzione francese e I n v a s i o n e del Piemonte. Nell'anno 1789 una grande rivoluzione mise sossopra t u t t a la Francia e dalla Francia portò poi lo scompiglio in t u t t a l ' E u r o p a , ma specialm e n t e in Italia. La rivoluzione francese fu il più grande avvenimento dopo la venuta del Cristianesimo e stabilimento del feudalesimo, all'epoca di Carlo Magno. Essa segna una nuova èra nella vita sociale e civile dei popoli. T u t t o ciò che vi era di antico, buono o cattivo, t u t t o fu abolito e vennero solennemente pubblicati i diritti di uguaglianza e libertà f r a t u t t e le classi di cittadini. Vennero quindi aboliti i privilegi e franchigie del re, dei nobili, del clero, delle provincie, città e comuni; aboliti i conventi e le corporazioni religiose ed artigiane ; abolita la nobiltà, la monarchia. Era una violenta reazione a q u a n t o erasi fino allora praticato colle leggi e pubbliche istituzioni. Si abolì la religione, si m u t a r o n o le f o r m e dei giudizi, gli ordini delle milizie, i confini delle Provincie, i nomi dei mesi, dei giorni e la sequela degli anni. Al rivolgimento politico e sociale seguì il t e r r o r e e caddero infinito numero di vittime, f r a cui personalità distinte ed eminenti, anche nel campo delle scienze. Dalla Francia lo scompiglio passò in Europa, ed il primo a subirne le più o meno funeste conseguenze fu il Re di Sardegna. Vittorio Amedeo IH, indignato contro la rivoluzione, non volle riconoscere la repubblica f r a n cese e le ruppe guerra. Ottenne dal P a p a che le Chiese, i Benefizi ecclesiastici, i Vescovadi e le Confraternite devolvessero una p a r t e di lor redditi ed alienassero le cose preziose in favore del fisco reale. La guerra si c o m b a t t è valorosamente, ed i francesi mai poterono valicare le Alpi; ma il 27 marzo 1796 Napoleone B u o n a p a r t e prese il comando dell'esercito di 38.000 francesi, laceri, scalzi e sprovvisti di ogni cosa, e, valicate le alpi, sbaragliò l'esercito sardo ed invase il P i e m o n t e . 11 re Vittorio Amedeo I I I , che da q u a t t r o anni prodemente c o m b a t t e v a e sempre aveva ricusato di t r a t t a r e coi francesi " r e p u t a n d o , così diceva, di esser disonorato se t r a t t a s s e un'alleanza con quei briganti „, poco sostenuto dall'Austria, d o v e t t e chiedere un armistizio a Cherasco. Si concluse una pace, in forza della quale il Piemonte si separò dall'alleanza dell'Austria, e lasciò alla Francia la Savoia e Nizza, pagando inoltre dieci milioni di lire. 11 18 ottobre 1796 moriva Vittorio Amedeo e succedevagli Carlo Emanuele IV, il quale abolì i diritti feudali, t u t t i i privilegi e fece alleanza offensiva e difensiva colla Repubblica francese. Vano ed inutile ripiego ; il Piemonte fu invaso di francesi e le idee rivoluzionarie ebbero una larga diffusione, tacitamente acconsentita dal Governo reale. La posizione della monarchia divenne quindi insostenibile ed il Re, nel dicembre 1798, abbandonò il Piemonte, abdicando, e, ritiratosi in Sardegna, continuò a governare l'isola per t u t t o il periodo dell'epopea Napoleonica. Furono quindi mandati in t u t t o il Piemonte dei Commissari a raccogliere i suffragi per la sua annessione alla Francia. Pel Canavese fu -deputato il celebre Carlo Botta, il quale, il 21 febbraio 1799, ottenne 13 mila voti. Venne creato un Governo provvisorio in Piemonte, formato dai t r e Carli: Carlo Giulio, Carlo Bossi e Carlo Botta, t u t t i tre canavesani. 11 Canavese fu la prima t e r r a piemontese part e g g i a l e con ardore per la libertà ed idee repubblicane. Ad Ivrea si era formato un fiorente Club di patrioti, dove il Canonico Moretta, penitenziere del Duomo, era uno dei principali esponenti. Questo canonico divenne poi il Commissario repubblicano durante la breve vita della Repubblica Cisalpina. Di lui si conserva un decreto del 13 Termidoro, anno 8 ( P agosto 1800), quando ordinò la precettazione di vari lavorieri per la demolizione del forte del Castiglio d'Ivrea, il quale " cagiona forti riclami per parte dei Superiori Francesi „. Tavagnasco doveva inviare 1 manovali, 10 Settimo Vittone, 3 Cesnola, 5 Quincinetto, 2 Montestrutto, 6 Carema, 6 Quassolo, 5 Nomaglio e 6 Andrate. Con altro decreto pari data " viene prescritta la spesa per la demolizione di questo forte a spese delle Comunità della provincia; si è perciò formato il riparto per un abbuonconto regolato a norma del rispettivo tasso. Mandiamo perciò ai rispettivi esattori di pagare la somma a cadun Comune fissata, fra 5 giorni a mani del Cittadino tesoriere Choc; spirati li quali si spedirà senz'altro l'alloggio militare. — P e r Tavagnasco la spesa a m m o n t a a lire 38 : 7 : 4. Firmato: M O R E T T A „ . Fu appunto in queste circostanze che a Tavagnasco, il Cittadino Morello Giov. Pietro, Commissario repubblicano, fece scolpire sulle porte della nuova casa Comunale l'albero della libertà col berretto frigio, ed innalzò sulla piazza uu grand'albero della liberta, innanzi al quale pronunciò un elegante discorso. La spesa di questa festa repubblicana costò al Comune la somma di L. 126, pagata sul Conto 1801. La Repubblica erasi adunque costituita; ma l'Austria, collegata colla Russia, invase il Piemonte e la Repubblica Cisalpina fu rovesciata. Si ristabilirono le antiche amministrazioni e forme di governo. I n t a n t o fra noi sostò per t u t t o il mese di settembre 1799 un distaccamento di soldati austriaci, alloggiati nella Chiesa del Gesù e nella campagna. Il vettovagliamento sostenuto dalla Comunità e dai particolari fu molto gravoso. Esiste in Comune un unico a t t o di vita comunale, un ordinato per le somministrazioni alle t r u p p e austriache. Queste soldatesche, come in t u t t e le circostanze simili dei grandi rivolgimenti politici, erano poco disciplinate e ciò spiega i molti atti vandalici, i saccheggi compiuti qua e colà nel Canavese, dur a n t e il loro breve soggiorno. Gli austro-russi si facevano precedere con proclami che essi venivano per " rimettere sul trono il Re, detronizzato dalla rivoluzione, per il trionfo della religione e per liberare dal giogo francese la nazione del Piemonte „. Il soggiorno fra noi delle soldatesche austriache die luogo, alla loro partenza, ad una violenta manifestazione contro la temporanea Amministrazione comunale, da loro intromessa in Municipio, sotto la presidenza del Sindaco Balla Lino. Gli austriaci avevano f a t t o un po' man bassa nelle requisizioni e, partiti, i particolari di Tavagnasco stesero domande al Governo repubblicano per bonifica ed indennizzo delle spese e danni. Tavagnasco era simpatizzante ai moti francesi ed alle idee rivoluzionarie, tuttavia il Governo repubblicano era corto di mezzi, e prima di accogliere le domande, richiese un'esposizione chiara e completa delle spese sostenute e dei danni patiti. Le somministrazioni consistevano in 6 bovine, in meliga, pane, segala, olio, burro, lardo, salame, formaggio, legna, carbone, galline, capponi, ed in una discreta quantità di vino. Oltre alle cibarie vi era fieno e paglia; il Girodo Stefano fu Giovanni dovette nel 29 settembre 1799 " per espresso ordine del Comandante della salmeria preparare una cibaria a t u t t i li officiali e domestici con una spesa di L. 276 e 7 soldi „. Il paese, alla partenza dei soldati, restò completamente sprovvisto e nella miseria. I danni sofferti e le spese sostenute per le somministrazioni ammontavano a L. 1849 e soldi 10 e chiedevaseue indennizzo. Ma il Governo repubblicano, fatte le sue riserve, ordinava al Cittadino Commissario a citare " t u t t i li predetti Cittadini Lino Balla ex sindaco, Antonio P e r o t t o e Gian Battista Pozzo ex consiglieri ed il Cittadino nodaro Stefano Girodo, segretaro scaduto della Comunità, per dichiararli tenuti all' indennizzazione 20 STORIA D I LA R I V O L U Z I O N E TAVAGNASCO verso la Municipalità pel cattivo stato e confufusione in cui lasciarono l'Archivio, non ostante l'onorario ricevuto, come per l'impiego di alcune contabilità „. In sostanza il Governo rivoluzionario apriva la serie delle sue vendette politiche, e chiamava in proprio responsali i rappresentanti comunali per le somministrazioni ordinate alle truppe austriache, d u r a n t e il fugace ripristinamento del Governo Sabaudo. Il Governo repubblicano si stabilì definitivamente in Piemonte colla battaglia di Marengo, e nel Comune si festeggiò la vittoria di Napoleone, con fuochi ed innalzamenti di albero di libertà e discorsi patriottici. Anima di t u t t o questo movimento repubblicano erano i Cittadini avvocati Giovanni Morello e Giovanni Pietro Morello. Il primo Commissario repubblicano, poi Maire; il secondo segretario della Comunità per t u t t o il tempo del dominio francese. La loro attività amministrativa e politica è descritta in un bel volume, dove sono raccolti t u t t i gli atti, le circolari ed i provvedimenti adott a t i dal Comune, durante il Governo Napoleonico. Grande importanza ebbe la coscrizione militare e severe punizioni colpivano i renitenti od i disertori alle chiamate. Il 23 agosto 1808 è pubblicato l'elenco di 15 coscritti reclutati, r e f r a t t a r i o disertori, t u t t i condannati nei loro genitori alle 307 FRANCESE multe, varianti da L. 10 a L. 16 caduno ; ed il 29 settembre del 1809, è pubblicato un altro elenco di 9 renitenti o disertori, o forzatamente mobilitati con le pene inflitte. L'elenco è il seguente : 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. M o r e l l o G i u s e p p e f u D o m e n i c o o r a alle a r m i Balla I g n a z i o di L i n o ora alle a r m i Franchino Gaudenzio fu Bernardo ricercato P o z z o G i o v . B e r n a r d o di G i o v . o r a a l l e a r m i P e r o t t o Giov. D o m e n i c o di Giov. m o b i l i t a t o V a c c i n e r ò Giov. P i e t r o di Giov. „ G i o v a n e t t o Giov. A n t . di B e r n a r d o „ Franchino Giov. f u Bernardo „ S a l a v i l l a B e r n a r d o di B e r n a r d i n o „ fr. „ „ „ „ „ „ „ „ 1,12 102,88 3,39 166,00 51,37 82,21 108,83 3,39 154,00 Le penalità dovevano essere applicate proporzionatamente alla gravità della renitenza o diserzione ed al patrimonio posseduto. Questi documenti rivelano il disagio sofferto dalle popolazioni durante le leve forzate delle guerre napoleoniche. La vita comunale, in questo periodo burrascoso e gravoso per contribuzioni e sovvenzioni all'impero napoleonico, non potè granché prosperare. I Morello che ressero le sorti del Comune furono benemeriti per il riordinamento delle finanze, per vari lavori di straordinaria amministrazione, quale fu quella di formare un primo fondo per la costruzione di un ponte in pietra sul fiume Dora. 11 fondo è così costituito colla deliberazione comunale 10 pratile, anno xi repubblicano: 1. C a p i t a l e l i q u i d a t o al c o n t o a n n o x . 2• „ a v a n z o r e d d i t i e d a d d i z i o n a l i n anno xi 3 mutuato dalla Confraternita TI del G e s ù 4. vendita boschi cedui . . . 5. „ v e n d i t a sito alle B r u e r e . . 6. R i m b o r s o d a l l a N a z i o n e p e r s o m m i n i s t r a n z e alle t r u p p e f r a n c e s i . . . TOTALE . . . L. 897,00 „ 600,00 „ 1500,00 „ 2000,00 „ 500,00 „ 1506,68 L. 7003,68 Altri lavori straordinari f u r o n o la costruzione dell'Altare Maggiore della Chiesa Parrocchiale, come si disse a pag. 285. Riforme Amministrative ed abolizioni diritti e privilegi. Col Governo repubblicano vennero aboliti t u t t i i privilegi e diritti feudali, i titoli nobiliari, le immunità, i pedaggi, ecc. Di conseguenza gli stat u t i ed i privilegi di Tavagnasco furono aboliti. Il Tribunale del P o d e s t à venne soppresso e Tavagnasco venne unito alla Giudicatura di Pace del Tribunale d ' I v r e a . Il 20 piovoso, anno x della Repubblica, il Maire faceva istanza al Cittadino Commissario del Tribunale d ' I v r e a di aggregare Tavagnasco al Cantone della Giudicatura di Pace del Tribunale di Settimo Yittone per questi motivi: 8 1° P e r c h è Tavagnasco si t r o v a in distanza di 5 miglia da Ivrea; " 2° Perchè gli a b i t a n t i del Comune per portarsi ad Ivrea sono costretti a passare e t r a versare il cantone di Settimo Yittone e p a r t e di quello di Chiaverano; " 3° Perchè la comunicazione t r a il Comune ed Ivrea viene ben spesso e massime nei t e m p i piovosi i n t e r r o t t a dai t o r r e n t i Lassa, Ribesio et altri su cui non vi esiste alcun ponte. E siccome per a l t r a parte il Comune è in t o t a l e vicinanza a Settimo Yittone, Capoluogo di un' a l t r a Giudicatura, chiedesi che Tavagnasco venga segregato dalla Giudicatura d ' I v r e a e riunito a quella di Settimo Vittone „. Con Decreto Consolare 8 frimaio, anno xi, pubblicato nel Bollettino, n u m . 185, Tavagnasco veniva unito definitivamente al Tribunale di Settimo Vittone. Il Consiglio Comunale, composto di undici Consiglieri, ebbe g r a n da fare per rispondere a t u t t e le richieste della P r e f e t t u r a del Dipartim e n t o della Dora. I beni comunali, secondo gli antichi S t a t u t i , venivano goduti dai particolari, dietro una tassa di cotizzo. Il Governo repubblicano, aboliti gli Statuti, esigeva l'affitto degli stabili comunali. Si oppose la Comunità, e con r i p e t u t e deliberazioni, e segnatam e n t e quella del 9 piovoso, a n n o xi, o t t e n n e rimanesse in vigore l'uso s t a t u t a r i o . Non minor lavorìo si d o v e t t e fare per mant e n e r e in vigore il diritto di pedaggio sulla barca pel passaggio della Dora e sul p o n t e di cui erano 310 STORIA DI RIFORME TAVAGNASCO in corso le pratiche per la sua costruzione. Curiosa è poi l'imposta accollata sulle porte e finestre delle case, sia per il loro numero che per grandezza; ma i due Commissari incaricati della tassazione, con verbale 8 frimaio, anno xn, riferivano che a Tavagnasco vi erano solo 5 case soggette a tale imposta, ma erano poco abitate. Riforma importante fu l'impianto dello Stato Civile. I registri di nascita, morte e matrimonio erano tenuti dai Parroci. 11 Governo repubblicano ordinò che in ogni Comunità si tenessero i registri di Stato Civile. Già il 2 frimaio, anno xi, si era proceduto ad un censimento generale della popolazione. Risultò il seguente Stato Civile: Giovani Ragazze Uomini ammogliati . Vedovi Donne m a r i t a t e . . Vedove TOTALE POPOLAZIONE N. 265 262 . N. 121 ) 20 i . „ 121 ^ 181 „ 60 j . N. 819 Ma nell'anno 1806 alli 30 marzo in obbedienza al Decreto del P r e f e t t o del 20 marzo, il Maire Giovanni Morello ordinò al Curato D. Martino Balla a consegnargli tutti i registri parrocchiali, libri, carte e memorie che riflettono lo Stato Civile, e cioè nascite e battesimi, decessi, pubblicazioni e celebrazioni di matrimoni per essere AMMINISTRATIVE 311 inventariati e rimessi e t r a s p o r t a t i nell'archivio di questa Mairée. Il Curato fece la consegna dei libri e se ne stese regolare inventario. I registri parrocchiali furono continuati coi registri di Stato Civile per gli anni 1 8 0 6 - 1 8 0 7 - 1 8 0 8 - 1 8 0 9 . Per gli anni 1812-1813-1814 sono affatto imperfetti, ritrovandosi poche nascite e morti, e ciò per la noncuranza degli abitanti a conformarsi alla legge dello Stato Civile 20 ventoso, anno xi. Quelli degli anni dal 1806 al 1809 sono in stato più perfetto, ed ogni anno si è trasmesso al Tribunale una copia di registro. Attualmente nell'archivio non sussistono che registri frammentari di questi anni. I registri parrocchiali trasportati in Comune erano i seguenti: 1° Libro delle nascite, legato in pergamena, principiato il 1590, col 1° a t t o di nascita, registrato il 14 aprile 1590, contiene pagine 165, ultima nascita registrata il 2 maggio 1723. 2° Libro di nascite, senza titolo, principiato solo " Declaratio rescripta baptismorum, liber. C.} con pag. 168 e molti intervalli in bianco, finiente die prima juni 1794. Vachiero Joannes Antonius. 3° Altro libro di nascite di 30 facciate, terminato con l'atto di Bernardus Victorius Vachiero 15 aprilis 1806. 4° Libro dei morti, principiato nel 1669 il 6 maggio, continuato e scritto sino a pag. 184, e poi si porta registrato il battesimo di Antonio Naviora die 23 augusti 1716. 5° Altro libro dei morti, voluminoso, in pergamena, continuato per alquante facciate fino al decesso di Filippone Bernardus, 14 junii 1794. 6° Altro libro dei morti, continuato sino a pagina 34, irniente colla morte di Margarita Giovanetto, 4 aprile 1806. 7° Libro dei matrimoni, incominciato il 1591 con l'ultimo matrimonio di Giov. Antonio Vachiero con Oatterina Balla, celebrato il 28 aprile 1806. Colla ristorazione del dominio Sabaudo nel 1814 lo Stato Civile cessò, e la tenuta dei registri ritornò ai Parroci, ma in questo frattempo, causa queste novità, i registri di nascita, morte e matrimonio sono incompleti perchè vi fu un po' di confusionismo. I Parroci più non registravano le nascite e morti, e molti in Comune non si recavano a denunziarle. Caduto Napoleone, dopo la disfatta del suo esercito a Mosca, il Re Vittorio Emanuele I, il 20 maggio 1814, fece il solenne ingresso nel suo Stato, ricostituito dal Congresso di Vienna. " Meraviglioso spettacolo di vero entusiasmo fu quel giorno quando dal Ponte sul Po apparì la bonaria figura del desiderato Re Sabaudo „. 11 popolo di Torino aveva innalzato il Tempio della Gran Madre di Dio, quale monumento votivo per la cessazione del dominio straniero. Vittorio Emanuele I regnò fino ai moti del 1821. CAPO XIX. LA VIABILITÀ P U B B L I C A - IL P O N T E SULLA - LE FONTANE PUBBLICHE FANTILE - LA D O T A Z I O N E - DORA L'ASILO IN- D E L L ' A S I L O - IL PATRONATO S C O L A S T I C O - L'EDIFICIO S C O - LASTICO IL - CIMITERO USANZE - C O S T U M A N Z E - INDUSTRIE E E F E S T E - LA O P E - RAIA E LA FILARMONICA - C O N C L U S I O N E . La viabilità pubblica. La viabilità pubblica nel 1800 era ben meschina cosa. Nell'abitato le vie mancavano di selciato, fu solo nel 1861 che il Comune deliberò di selciare le vie, che pel deflusso irruente delle pioggie, negli acquazzoni violenti estivi, trasformavano le strade in veri ritani. Le strade che dall'abitato conducevano agli altri paesi erano molto ristrette. In forza di R. Biglietto 4 febbraio 1783, la strada che dalla barca tendeva a Settimo fu ampliata con esproprio a carico della Comunità. Il progetto di tale ampliamento, secondo il tipo dell'ing. Buschetti, portò al Comune una spesa di L. 1000. La vecchia strada della barca venne poi abbandonata, e con a t t o rogito Pellerei 26 marzo 1832, il Comune acquistò dalla Congregazione di Carità di Settimo Yittone e dai particolari t u t t a l'area dell'attuale strada che dal ponte conduce al Capoluogo di Settimo. Così in quell'epoca si era pure acquistato dai vari particolari di Tavagnasco l'area occorrente per la strada che dal crocicchio della Rovina tende al ponte formando l'attuale strada dal Capoluogo di Tavagnasco al Casotto del ponte. Anticamente in tale t r a t t o vi era solo un sentiero a pedone. La strada alla barca e molini era quella t u t t ' o r a denominata: Via della Dora Baltea, che dalla casa Volpe tende alla ferrovia, e dal sottovia ferroviario va al fiume. La bella strada comunale, ora di manutenzione provinciale, lungo la quale sorgono la Società Operaia, l'Asilo e le Scuole, fu ampliata e sistemata recentemente. Di migliore effetto e molto più comoda sarebbe se l'Amministrazione di allora fosse stata di vedute più larghe e meno egoistiche, ed avesse a d o t t a t o il progetto rettilineo che faceva capo alla Cappelletta che sorge sul crocicchio della piazzetta della Rovina. Altro abbellimento edilizio fu la selciatura della piazza comunale colla posatura dei lastroni in pietra per la circolazione dei carri. Il Ponte sulla Dora. Fu deliberato colla consigliare delli 17 settembre 1827, approvando il progetto dell'archi- t e t t o Storero, e messi in appalto i lavori con a t t o 28 aprile 1828 in favore dell'impresa Giachino Giovanni Pietro da Quincinetto. Nel 1835 il ponte era ultimato e l'Ingegnere capo della Provincia ne collaudava le opere il 10 ottobre 1835. La spesa complessiva per tale opera, liquidata addì 11 dicembre 1836, ammontava a L. 41.500 pagate intieramente dal Comune. Ma il 16 ottobre 1839 una grande alluvione ingrossò il fiume Dora; il ponte fu completamente asportato, rovinando una pila, danneggiando uno spallone, e lasciando intatte due pile. Il Comune diede allora incarico all'ing. cav. Melchiorri a presentare un progetto per ricostrurre il ponte ; ne presentò due, uno in t u t t a massoneria, con t r e arcate in mattone, l'altro con arcate in legname, con un preventivo rispettivo in L. 31.686,51 pel primo progetto e L. 36.724,80 pel secondo. Mentre il Comune deliberava sulla scelta del progetto e sui mezzi per fronteggiare la spesa una nuova alluvione rovinò le pile superstiti, asportandole. Fu allora dato incarico all'ing. Girelli d ' I v r e a di progettare un nuovo piano di un ponte con tre campate con spalloni, pile ed archi in mur a t u r a e tavolato e parapetti in legname. 11 progetto allestito il 13 settembre 1848 venne sottoposto al Consiglio Comunale, ma non fu accett a t o perchè ritenuto non solido, e fu preferito il progetto dell'ing. Lomaglio, che portava cinque 316 STORIA r i . PONTE SULLA 1)1 TAVAGNASCO archi di in. 16 caduno con pile e spalloni alle testate come sono al presente. La spesa per questa nuova opera portava una somma di L. 50.300. L'impalcatura era ancora in legno. Il Consiglio Comunale in sua seduta del 30 gennaio 1850 ne approvò il progetto, mandando ad allestire le pratiche per le opere d'appalto, seguito in favore di sor Giov. Battista, con a t t o di sottomissione 29 marzo 1850 a L. 49.620. I lavori vennero subito iniziati, pescando nel fiume quanto del materiale del vecchio ponte si potè rinvenire. Il Genio Civile nel febbraio 1852 si recava sul posto per una visita sullo stato dei lavori, e la Comunità, perchè questi potessero procedere speditamente, prima che la magra delle acque cessasse, offrì all'impresa per due giorni cento operai, precettati, col sistema delle roidi, dagli abitanti locali, e così il 24 aprile 1852 si potè appaltare il pedaggio sul ponte stesso già ultimato. II ponte nuovo non aveva gli archi, ma solo l'impalcatura in legno posata sulle pile. Questa essendo molto deperita venne sostituita con gli archi in muratura, come a t t u a l m e n t e si trovano. 1 lavori di appalto seguirono il 26 maggio 1884, e furono deliberati con a t t o di sottomissione 5 agosto 1884 al signor Ferro Marco per L. 26.838. Contemporaneamente costruivasi la Stazione ferroviaria sulla linea Ivrea-Aosta, e con delibe- 317 DORA razione consigliare 31 agosto 1884 il Comune insisteva presso il competente Dicastero perchè la nuova Stazione fosse denominata " Stazione di Tavagnasco „ e non " Stazione di Settimo Vittone „, essendo questa completamente situata in territorio del Comune. Sul Ponte Dora il Comune fu autorizzato con Decreto Camerale 22 dicembre 1832 a riscuotere il pedaggio nell'ammontare seguente: Tariffa di -pedaggio sid Ponte Dora del Comune di Tavagnasco. Baltea 1. Per ogni persona a piedi . 2. Per ogni bovino, cavallo, mulo, asino 3. Per vetture a due ruote o quattro con una sola bestia e conducente 4. Per vetture con due bestie . . . » 5. Per ogni persona in dette vetture . 6. Per ogni carretta a due buoi o carrettone con una sola bestia, se carica 7. „ „ „ se scarica 8. Per ogni carro a due bestie mulattiere se carico 9. „ „ „ se scarico L. 0,05 „ 0,05 „ 0,25 0,30 „ 0,05 „ 0,25 „ 0,15 „ 0,10 „ 0,30 10. Per ogni bestia in più . se carico „ 0,10 11. „ „ „ se scarico „ 0,05 12. Per ogni capra, montone o maiale „ 0,02 318 STORIA D I TAVAGNASCO Avvertenze. 1. Sono esenti dal pagamento dei diritti di transito gli Ufficiali dei Supremi Magistrati e le a l t r e persone legittimamente privilegiate. 2. I diritti di pedaggio sono dovuti solo dai forestieri che transitano sul ponte e da t u t t i i carrettoni, ancorché del Comune, colla riduzione di L. 0,05 quando il conducente è del paese. 3. A maggiore spiegazione si dichiara che chiunque transiti e ritorni nella giornata debba pagare un solo diritto, ed i particolari del luogo godono dell'esenzione anche per le bestie bovine loro proprie. 4. Saranno esclusi dal pagamento gli stipendiati e salariati del Comune. Il diritto di pedaggio cessò di essere esatto il 31 dicembre 1921. Le Fontane pubbliche. Prima del 1883 Tavagnasco, quantunque fornito di numerose sorgenti d'acqua, difettava dibuona acqua. P e r l'uso domestico sorgevano qua e là nel paese pozzi, i quali, massime nei periodi di pioggia, contenevano acque cattive, e nei tempi di siccità mancavano affatto di acqua. Nel 1883 il Comune affidò l'incarico al Segretario comunale, geom. Giovanetto Benedetto, di studiare un piano per dotare parte dell'abitato L E FONTANE PUBBLICHE 319 di acqua potabile, derivandola dalla fontana di Bardanzone, che sovrasta, in regione alpestre, l'abitato stesso. Il calcolo preventivato delle spese per tale conduttura fu di L. 1979,30. Le opere di impianto vennero fatte con prestazione gratuita dai particolari ed iniziate il 5 agosto 1883. Nell'anno seguente la conduttura d'acqua nella parte dell'abitato, in sezione Cappellino e della Chiesa, era una cosa compiuta. Dieci anni dopo veniva dato incarico all'ing. Giovanni Camandona di allestire un nuovo progetto per dotare d'acqua il rimanente del paese, vale a dire il cantone Ronco e Rovina, derivandola dalla fontana di Fiart. Altro progetto fu pure presentato dal geometra Amos. Anche i lavori di queste condutture d'acqua furono fatti a t r a t t a t i v a privata con prestazione gratuita di mano d'opera e con sottoscrizioni libere fra gli abitanti nel 1895. Attualmente Tavagnasco è dotato di abbondante e buona acqua potabile che zampilla in ben sette fontane pubbliche, alle quali sono uniti grossi abbeveratoi per uso pastorizia. Alle fontane fece seguito la costruzione di tre lavatoi pubblici, costrutti secondo le esigenze igieniche, non disgiunti da un buon gusto estetico d'arte. Con susseguenti deliberati il Consiglio Comunale concesse l'acqua interna alla Casa Parrocchiale (delib. 1 0 - 3 - 1 9 0 3 ) , alle Scuole ed alloggi 320 STORIA D I TAVAGNASCO degli insegnanti, al forno e caseifìcio ed all'Asilo Infantile. Data l'abbondanza d'acqua, la Comunità potrebbe con grande vantaggio al bilancio concedere l'acqua anche ai particolari moderandone l'uso con apposito regolamento e con una tassazione per ogni utente. • L'Asilo Infantile. Nel 1894 moriva la signora Vaccinerò Domenica, legando al Comune una casa con un orto annesso in via Ravenna per erigere un Asilo Infantile. 11 Comune accettava il legato ed iniziava le pratiche per a t t u a r e la volontà della pia testatrice. L'Asilo Infantile era di grande necessità e bene desiderato dalla popolazione, ma vi mancavano i fondi per la sua erezione e dotazione. Nel 1903 il signor Girodo Stefano Molinera risolveva una grande difficoltà regalando l'area dell'attuale sede del Pio Ente, donazione accett a t a ad unanimità dal Consiglio Comunale in sua seduta del 21 marzo 1903. Il Consiglio Comunale formulò quindi lo Stat u t o dell'Istituto e ne allestì le pratiche per la sua erezione in Ente Morale, cosa avvenuta con R. Decreto 3 dicembre 1903. Il 22 gennaio 1901 il Comune appaltava le opere dell'edifìcio, secondo il progetto dell' inge- L'ASILO INFANTILE 321 gnere Peona, ed insediava la prima Amministrazione, nominata il 19 gennaio 1904, sotto la presidenza del cav. Francesco Girodo. Mentre l'Amministrazione ultimava i lavori si aprirono sottoscrizioni e la popolazione t u t t a concorse, a seconda delle proprie disponibilità, perchè l'Asilo fosse ultimato e funzionasse regolarmente. Il Comune fu ed è t u t t o r a il grande benefattore dell'Asilo, continuando a sussidiarlo con L. 500 annue. La Congregazione, oltre al contributo annuo di L. 150, durante la guerra lo sussidiò colla somma di L. 930. L'Asilo Infantile è sorto colla beneficenza di tutti, ma a titolo di pubblica lode sono degni di speciale menzione i seguenti benefattori, i quali concorsero maggiormente colle loro private offerte: 1. Girodo Stef. fu Gio. Molinera - area L. 5000 offerte » 11110 2. Cav. Girodo Battista 1250 . . . » 3. Signora Rosa Pai » 1200 Ti 4. Cav. Francesco Girodo . . » Volpe Antonio . . . . V 2000 5. » 3570 6. Caretti D. Stefano . . . V » 3110 » 7. Canonico Pietro Bertini » 1050 » 8. Franchino Giuseppe fu Bern. » La dotazione dell'Asilo. Eretto l'Asilo, la carità della pubblica beneficenza fece sorgere delle persone benevoli che 21 322 STORIA D I TAVAGNASCO IL PATRONATO gareggiarono e gareggiano nel beneficare il Pio Ente. La dote è così costituita: 1. C e r t i f i c a t o R e n d i t a n o m i n a t i v a n . 6 8 0 . 8 1 7 , l e g a t o d i V a c h i e r o D o m e n i c a , a n n u o i n t e r . L . 105 2. C e r t i f i c a t o R e n d i t a n o m i n a t i v a n . 7 4 8 . 9 6 6 , legato cav. B a t t . Girodo, capitale L. 5000 3. C e r t i f i c a t o n . 7 8 4 . 8 0 8 , l e g a t o P e r o t t o L u c i a e Girodo Sofia, capitale L. 700 . . . 4. C e r t i f i c a t o n. 7 6 5 . 9 8 8 , l e g a t o B e r t i n o C a t terina, capitale L. 500 5. C e r t i f i c a t i n . 7 9 0 . 7 1 9 - n. 2 0 2 . 2 0 6 , d o n a zione B e n e d e t t o D. Carlo, capitale L . 2000 „ 196 „ 28 „ 21 „ 85 6. C e r t i f i c a t o n . 2 9 2 . 5 8 4 , p r o v e n t i B a n c o d i b e n e f i c e n z a , a n n o 1922, c a p i t a l e 10 m i l a „ 7. C e r t i f i c a t o n . 3 2 1 . 2 1 0 , l e g a t o P e r o t t o L u c i a moglie Giuseppe, capitale L. 400 . . . „ 8. L e g a t o M o r e l l o G i o v a n n i , c a p i t a l e L . 5 0 0 in corso di acquisto R e n d i t a „ TOTALE . . . L. 500 20 25 980 Carità. U l t i m a m e n t e il compianto Morello Giovanni fu Giacomo, morendo, si ricordò del n o s t r o P a t r o n a t o e legò L. 500, che furono investite in Rendita nominativa. S t a n t e la r i s t r e t t e z z a finanziaria del Pio I s t i t u t o , poche cose può f a r e ; t u t tavia si confida che la generosità dei b e n e f a t t o r i non mancherà di sussidiare la modesta istituzione. A noi Insegnanti tocca farla conoscere e zelarne il suo appoggio. L'Edificio Scolastico. Tavagnasco è uno dei pochi f o r t u n a t i Comuni che vanti una bella Casa Scuola. Il compianto sig. Antonio Volpe fu il principale p r o m o t o r e ; morendo legò al Comune l ' a r e a occorrente pel nuovo edifìcio, vincolando i Consiglieri, a l l o r a in carica, a versare ognuno L. 100. Il v e r s a m e n t o si effettuò il 21 giugno 1908 e gli oblatori s o n o : Il Patronato Scolastico. Nel 1 9 1 4 , dietro iniziativa degli I n s e g n a n t i locali, Morello Olimpia e lo scrivente, coadiuvati dal Comune, è sorto in E n t e Morale il P a t r o n a t o Scolastico. P r i m o b e n e f a t t o r e è il cav. Francesco Girodo che offerse la vistosa oblazione di L. 500, investita in Rendita n o m i n a t i v a , f r u t t a n t e l ' a n n u o interesse di L. 21. Il Comune concorre coll'annuo contributo di L. 50 e L. 30 la Congregazione di 323 SCOLASTICO •per Nome dei Consiglieri oblatori di L. l'edifìcio scolastico: 1. G i o v a n e t t o G i u s e p p e - S i n d a c o 2. G i r o d o Stefano (Molinera) - . . L. 100 Assessore „ 100 „ „ 100 100 „ „ „ 1 0 0 100 100 3. G i o v a n e t t o E r m e n e g i l d o . . . 4. F r a n c h i n o G i o v a n n i f u B e n e d e t t o . 100 „ „ 5. M o r e l l o P i e t r o „ 6. M o r e l l o G i u s e p p e f u D o m . - C o n s i g l i e r e 7. G i r o d o F r a n c e s c o „ A riportare . L. 700 Riporto 8. F r a n c h i n o G i u s e p p e . 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. . . L. Consigliere Cerei Giovanni „ Colmia F r a n c h i n o Francesco „ Morello Domenico . . . . „ Giovanetto Bernardo fu Bernardo „ Franchino Eusebio . . . . „ Bertino Giuseppe „ Volpe A n t o n i o oblatore del terreno. 15 n TI . . n 100 100 100 n 100 n n 16. G i o v a n e t t o B e n e d e t t o - S e g r e t a r i o TOTALE n . 700 100 100 100 100 L . 1500 La Giunta Provinciale Amministrativa, con sua ordinanza 15 s e t t e m b r e 1910, a p p r o v a v a l'accettazione del legato Volpe Antonio di cui al testam e n t o 25 giugno 1908, e d e m a n d a v a al Comune di Tavagnasco ad esperire le ulteriori pratiche perchè l'edificio Scuola sorgesse al più presto possibile. Il 29 s e t t e m b r e 1910 il P r e f e t t o e m a n a v a il Decreto che il p r o g e t t o dell'edificio scolastico di Tavagnasco, secondo il disegno dell'ing. Giovanni Camandona, era a p p r o v a t o . Bandito l'appalto dei lavori pel 25 o t t o b r e 1910 al prezzo: 1° Lavori da m u r a t o r e , fabbro, ecc. L. 18.160,95 2° „ da falegname . . . . « 2.688,95 TOTALE . . . L. 20.819,90 veniva poi deliberato all' impresa R a v e r a per L. 19.928,32, con a t t o di sottomissione in d a t a 15 aprile 1911. L'edificio collaudato ed u l t i m a t o nel 1911, veniva inaugurato c o l i ' a n n o scolastico 1911-1915. Sul frontone della p o r t a venne collocata una lapide m a r m o r e a che ricorda i b e n e f a t t o r i dell'istruzione pubblica popolare di Tavagnasco. Essi sono: il cav. B a t t i s t a Girodo che, morendo, con suo t e s t a m e n t o 8 n o v e m b r e 1912, legava alle scuole L. 2000. F u r o n o dal Comune devolute all ' a r r e d a m e n t o delle scuole stesse. Il compianto Volpe Antonio che legò l ' a r e a dell'edificio scolastico e l'avv. Secondo Morello legatario di L. 100 annue per l'istruzione popolare. Il Cimitero. Tavagnasco ebbe il suo primo cimitero nell'anno 1409 quando Mons. Bonifacio della T o r r e erigeva la Chiesa parrocchiale in Tavagnasco. Fu quell'anno m e m o r a n d o , ed è registrato nelle vecchie pergamene, gelosamente custodite nel Comune, perchè allora Tavagnasco più non d o v e t t e t r a f u g a r e , su deboli barche, sulle acque della Dora le salme dei suoi morti, per t u m u l a r l e nel vecchio sacello di S. Leodigario, extra burgum di S e t t i m o Vittone. Il Cimitero del 1409 fu sostituito dal vecchio Cimitero ancora adiacente alla a t t u a l e Chiesa p a r rocchiale nel 1761, ed in esso si t u m u l a r o n o le salme fino all'anno 1867. I n quell'anno il colèra 326 STORIA D I TAVAGNASCO morbus infierì crudelmente in Tavagnasco, ed il Cimitero si trovò troppo angusto per seppellire i numerosi morti. Si dovette improvvisare un campo funerario attiguo alla Chiesa dell'Annunciata, divenuto poi il Cimitero. Ma anche questo Cimitero era troppo angusto, ed il Comune fin dal 1902 aveva fatto allestire l'attuale progetto dall'ing. Camandona, che, per esigenze di bilancio, solo dopo 21 anno di approvazione, e precisamente nell'ottobre scorso, si poterono iniziare i lavori di ingrandimento, ultimandoli nel maggio 1923. Il Cimitero, nella sua modestia, sorge bello ed elegante, degno monumento alla pietà dei nostri defunti, ed ove t u t t i un giorno ci troveremo uniti in un sentimento di eterna uguaglianza, fidenti in una speranza di eterna vita. Il progetto include nel suo frontispizio centrale la Chiesetta comunale della SS. Annunciata, edificata dal municipio nel 1713, che, col suo classico peristilio a colonnati dorici, abbellisce con eleganza artistica l'insieme della facciata della necropoli, a cui si accede per due portali, stile dorico, disposti in simmetria ai lati della chiesetta. Dietro la Chiesa, e precisamente a ridosso della parete del coro, ove anticamente vi era il campo del Cimitero degli accattolici, venne edificata la cappella mortuaria e l'ossario, terminante in un t e t t o coronato da una balaustrata in stile classico. IL CIMITERO 327 Il campo degli accattolici fu rimosso dal retrocoro della Chiesa dell'Annunciata, perchè luogo centrale del nuovo Cimitero, e posto a sinistra del portale d'ingresso a sud della Chiesa stessa. La domenica 13 maggio, convocati dal Sindaco, la Giunta, i Consiglieri, le Amministrazioni della Congregazione, dell'Asilo infantile, P a t r o n a t o scolastico, Società operaia e filarmonica si unirono colla popolazione e sfilarono al Cimitero per l'inaugurazione e benedizione. Precedeva il corteo l'Asilo infantile, le scuole colle bandiere, le priore, il municipio e le amministrazioni pubbliche, il clero, la banda locale, la Società operaia e la popolazione. Al Cimitero, lo scrivente, a nome del municipio, pronuncia un discorso, rievocando le antiche cerimonie dei quattro precedenti cimiteri, spiegando l'importanza del rito presente a cui l'Amministrazione comunale, fedele alle tradizioni degli antichi consoli e credenzieri, volle far rivivere gli esempi dei padri. Rivolto invito al Curato a benedire la nuova necropoli, questi, premesse parole di ringraziamento alla civica Amministrazione, seguì il rito religioso. La banda locale prestò gentilmente servizio durante la cerimonia e la chiuse con una commovente marcia funebre. Prese per ultimo la parola il Sindaco che ringraziò a nome della Comunità le Autorità e le Amministrazioni intervenute e sciolse l'adunanza. Industrie e usanze. Tavagnasco fu sempre un borgo eminentemente pastorizio. Già, nel 1291 gli Statuti fissano le regole del pascolo pubblico e nel quattrocento appaiono i primi ruoli del bestiame quotizzato pel pascolo comunale. 1 capi bovini in quei tempi sono poco numerosi, più abbondanti invece sono le capre ed i porci. Le capre rappresentavano il patrimonio del povero, giacche tutti, anche i nullatenenti, possedevano almeno una capra pascolante sui siti comunali. Ma questi animali recavano gravissimi danni ai boschi ed alle foreste, ed il Comune a più riprese fece contro di loro severissimi bandi. I bandi più antichi sono quelli del 1527, ma essi restano quasi di niun effetto. La Vicinanza del 31 maggio 1565, constatando i numerosi danni, recati dall'ingente bestiame caprino, emana un bando severissimo, multando di sessanta soldi ogni capra, che qualsiasi proprietario pascolasse sui siti comuni dopo la festa di S. Andrea di quell'anno. Questo bando doveva aver effetto per nove anni consecutivi e ciò perchè i boschi potessero rinvigorirsi e crescere. Tutti gli uomini potevano elevare contravvenzione contro chi fosse stato sorpreso al pascolo nei siti comunali e l'ammenda si devolveva per un terzo al chiavaro del Tribunale di Tavagnasco, un secondo terzo all'accusatore e l'ultimo terzo al Comune. I pascoli alpini ed i prati al piano, così ben concimati ai nostri giorni, erano in quei tempi ben poca cosa. Oltre due terzi del territorio al piano era gerbido incolto : solo qua e colà appariva qualche prato e campo. Sulla collina delle Rovere e per varie regioni alpestri coltivavasi largamente la segala, di cui confezionavasi il pane casalingo, con cotture in massa a Natale, come ancora si usa in molti luoghi alpestri in Valle d'Aosta. Questo raccolto era preziosissimo, e su di esso prelevavasi un manipolo che ogni capo famiglia offriva al signor Curato, non a titolo di decima, ma quale elemosina per la recita del Passio in ogni domenica prima della Messa parrocchiale, dalla festa dell' Invenzione a quella dell' Esaltazione di S. Croce. II campanaro riceveva pure un manipolo di segala da ogni faniiglia pel suono delle campane, durante la recita del Passio, e per quello durante i temporali. (Ordinato 1786). Nelle varie nomine dei campanari gli Ordinati fanno speciale obbligo di questo suono. Mutati i tempi, la coltivazione della segala scomparve e maggior incremento si diede alla pastorizia, alla coltivazione del granoturco, e specialmente delle cipolline. Il numero del bestiame bovino nel 1721 Ir 330 STORIA D I TAVAGNASCO era di solo 233 capi, mentre quello caprino di 371 capi. Attualmente il patrimonio bovino è di circa 500 capi, mentre le capre non raggiungono i 162 capi. Le pecore che nel 1700 non venivano allevate ora formano un cespite di forte introito al Comune per l'appalto della cosidetta bargeria pubblica. Tutti i proprietari possedono capi ovini che vengono affidati pel pascolo ad un pubblico pastore, il quale nella stagione estiva emigra su alpi della Valle Soana e del Chiusella, m e n t r e da ottobre a maggio rientra nel Comune e pascola il numeroso armento sulle alpi comunali e nelle proprietà, p r i v a t e , corrispondendo al Comune un canone annuo di affitto. Il pecoraio pubblico appare per la prima volta negli atti comunali del 1809, e la bergeria sostituì l'armento del porcaio pubblico, di cui trovansi nei capitolati degli stessi Statuti comunali del 1291 le norme del pascolo. Il pecoraio pubblico è il custode, dietro convenzioni speciali, delle pecore di ogni particolare; gode il latte e ne forma i formaggi pecorini a suo esclusivo vantaggio, mentre la lana e gli agnelli vengono ceduti al proprietario della pecora. P e r regolamento antico comunale, sui pascoli comuni ogni particolare non può pascolare che t r e agnelli e 12 capre. Ogni pecora non consegnata al pecoraio pubblico è sottoposta ad una tassa in favore del Comune. INDUSTRIE E USANZE 331 La produzione casearia è una ricchezza speciale, e la lavorazione del burro e formaggi, nei mesi invernali, viene f a t t a collettivamente nel caseificio locale, mentre nella stagione estiva si fa individualmente sulle alpi, ove trovasi il bestiame al pascolo. Altra fonte di ricchezza è la coltivazione dei cipollini, più noti in commercio colla denominazione di " cipollini d ' I v r e a „. Intieri campi vengono coltivati con sistemi razionali. Ma il reddito veramente importante è la p a s t u r a : fieni imponenti vengono falciati nella pianeggiante campagna che bella e rigogliosa si stende dall'abitato alle sponde del fiume Dora. È un male che la popolazione non abbia ancor potuto sorpassare certi contrasti ed a t t u a t o il progetto irriguo, da anni allestito, rendendo così più bella, florida e lussureggiante la grande distesa del piano che dalla regione Pretti e Chiossure stendesi ai confini del Gori e Verni. Anche la coltivazione della vite è molto estesa e curata di speciale attenzione, ma il vino non costituisce un reddito particolare, essendo poca la sua esportazione. Costumanze e feste. La popolazione celebra con particolare solennità le sue feste religiose con funzioni e grandi 332 STORIA D I TAVAGNA9C0 imbandizioni dove regna la più schietta cordialità, ed allegria. Le feste più solenni sono quelle dei Santi, anticamente venerati, e di ogni festività vi ha il suo Priore o Priora, il re della festa, che dispensa prodigalmente l'ospitalità a t u t t o il paese. In queste solennità siedono a tavola coi priori duecento ed anche cinquecento commensali, fraternizzando ad agape comune clero, a u t o r i t à , priori, uomini, donne e bambini. La guerra, coi suoi disagi, ha per qualche anno sospeso queste festività luculliane, ma ora rifioriscono e di nuovo la priorata viene celebrata coi tradizionali conviti. Non sempre, in simili contingenze, vien s e r b a t a ' l a serenità della moderazione e non poche volte si eccede in bevande, rasentando il baccanale. Le priorate più solenni sono quelle del Gesù, titolare della Confraternita omonima, di S. Antonio Abate, del Corpus Domini, di S. Margherita, patrona, di S. Matteo Apostolo. Priorate di minor importanza sono quelle dell'Annunciata, del SS. Rosario. — Anticamente solennizzavansi quelle di S. Spirito, dei Ss. Barnaba e Bernardo e di San Sebastiano. La priorata di S. Maria Maddalena ai Piani è festa alpestre, e non pochi anni assurge ad una caratteristica speciale, dove convengono da Brosso e dalla Valle di Traversella comitive di gitanti. COSTUMANZE E PESTE 1 matrimoni sono celebrati con suoni e canti. Gli sposi al ritorno dal prammatico viaggio nuziale sono ricevuti alla stazione dalla musica e, dopo l'offerta dei fiori e la recita dei sonetti, vengono accompagnati alla casa. Tutto il paese, grandi e piccoli, parenti o non parenti, t u t t i partecipano alla bicchierata della tradizionale brenta, bevendo alla coppa comune. Queste libazioni, mantenute in certi limiti, sarebbero una vera benedizione di pace, ma non poche volte si sovrabbonda, rasentando il baccanale, motivo per cui la severità stessa dell'istituto famigliare può soffrirne sia moralmente che finanziariamente. L'infanzia e la t u r b a dei ragazzi dovrebbe affatto bandirsi da queste ed altre notturne feste danzanti, copiosamente irrorate dall'umor di Bacco. Nessuna buona impressione possono rit r a r r e ; questo io dico non per catoneggiare, ma semplicemente pel bene morale di essi, cui sono preposto istruire ed educare. L'emigrazione, affatto sconosciuta nei secoli passati, prese nella seconda m e t à del secolo scorso grande sviluppo. L'America, la Francia, la Prussia ed il Sud dell'Africa furono le mete dell'emigrazione temporanea. L'operaio di Tavagnasco laborioso, economico ed attivo, in quei paesi stranieri fu sempre apprezzato e, non pochi, ritornando a questi nostri monti, portarono una discreta fortuna. Molte STORIA D I TAVAGNASCO famiglie si formarono una vera ricchezza, appaltando sia all'estero che in Italia lavori di pubblica utilità. Tali i Volpe, i Girodo e Franchino. Parlando di usanze e buoni costumi non voglio tacere della buona pratica che il Comune aveva nel secolo x v i i i e precedenti. Ho accennato che nelle sue modeste risorse, la Comunità mai dimenticò l'istruzione del popolo, e fin dal 1 600 si trovano le nomine ed i capitolari dei Cappellani maestri. Ma oltre l'istruzione del popolo il Comune amava pure inviare a sue spese alla Regia Università di Torino quei soggetti che davano affidamento di intelligenza e buona volontà di studio. Con Ordinato 8 marzo 1729 delibera inviare a quell'Ateneo il giovane Francesio Giuseppe di Giorgio, e nel 1739 il giovane P e r o t t o Domenico fu Giov. Battista. Anche il teol. Balla Martino ed altri di questa famiglia furono inviati dal Comune alla R. Università. Il Francesio Giuseppe divenne un valente avvocato, e difese in alcune cause di finaggio la Comunità contro quella di Quincinetto. Di questa famiglia fu pure l'avv. Martino Francesio e Vincenzo, l'insigne benefattore della Parrocchia di S. Maurizio d ' I v r e a . La Operaia e la Filarmonica. Sono sorte nel 1893 con belle sedi proprie in via del Ponte e via S. Barnaba. La Società tiene CONCLUSIONE 335 un ben avviato magazzino di generi alimentari ed uno spaccio di vino. La Filarmonica ingentilisce coi suoi armoniosi concenti le nostre feste cittadine e tradizionali. Conclusione. Mi resterebbe ora parlare del periodo della Guerra Europea, quando la nostra balda gioventù militava nelle file del nostro glorioso esercito, quando negli uffici comunali si accumularono infinite mansioni e si dovette pensare ai mobilitati, alle loro famiglie, alle operazioni di reclutazione, di requisizione e di razionamento. Trattandosi di cose e di persone t u t t ' o r a viventi e di atti che personalmente, quale funzionario comunale e sacerdote, mi possono riguardare, credo mio dovere deporre la penna, e lasciare ad altri il compito di continuare l'opera mia modesta. In questo periodo di sofferenze e sacrifizi, coronato dalla vittoria e dalla grandezza della nostra Patria, f a t t a più grande e più forte dal sangue dei suoi eroi, ho cercato di fare quanto era in mio potere, e quanto consentivano le mie facoltà e forze perchè l'opera mia di impiegato comunale e sacerdote tornasse di aiuto ai combattenti, alle loro famiglie e di grandezza alla nostra cara e bella Italia. Se la storia del passato è maestra della vita, le pagine scritte possano ritemprare le giovani energie alle preclari gesta degli a n t e n a t i , dei Lasbianca, dei Vercellotto, dei Balla, dei Piasotto, dei Girodo e Francesio, luminari nel campo della vita intellettiva e benefica, continuando, in questo millenario borgo, a perpetuare le virtù nobili e gli esempi dei Padri. I N D I C E pagina DEDICA • . . . PREFAZIONE 5 7 CAPO I . Tavagnasco . . . Antichità archeologiche Settimo Yittone Arduino d ' I v r e a . . . . . . . . . . . . . . 9 11 . 1 2 15 CAPO II. L à Signoria dei Vescovi d ' I v r e a L a Bolla di P a p a Onorio I I I L a scomunica alla Città d ' I v r e a . . . . . . . . 20 22 24 . CAPO III. Gli Statuti Il Console Le libertà ed i privilegi del 1404 . . Il Podestà L a Vicinanza . . . . . . I Bandi campestri . . . . . Godimento dei beni comunali P e r la difesa dei boschi . . . . L a tassa della Confraria di S. Spirito . . . . . . . . . . . 26 32 36 39 42 45 46 47 48 CAPO I V . L e Crociate . . . . . . . Guelfi e Ghibellini L e Signorie . . . . . . . Decadenza del potere del Vescovo . . . . . . . . 50 51 52 55 I N D I C E INDICE C A P O V. Gli scismi religiosi . . L'erezione della P a r r o c c h i a L a lite della P a r r o c c h i a . . . CAPO V I . I diritti di Matricità II primo Curato . . . . . . Dote della P a r r o c c h i a . . . . Benefizio di S. B a r n a b a Benefizio di P a t r o n a t o Balla . . I legati al Benefizio Cronologia dei P a r r o c i Serie dei Curati Confraternite Confraternita Confraternita Confraternita Confraternita Confraternita I Cappellani CAPO VII. e Società religiose . di S. Sebastiano del SS. Rosario del SS. Sacramento . della Dottrina Cristiana del Gesù . . . del Gesù . . . . . . . • . . . . . . . . • . • CAPO X I . 59 60 . 6 5 L a lotta per gli alloggiamenti militari - Lite Tavagnasco-Montestrutto . . . • . . 1 2 6 Il Duca Carlo Emanuele 1 131 L a peste 135 71 74 74 75 76 77 78 79 81 83 84 84 85 85 89 CAPO V i l i . II Cinquecento: Condizioni politiche-religiose - L ' E v o moderno - L a lotta degli Statuti . . . L a lotta per l'osservanza degli Statuti . . . Il Comune 90 92 98 CAPO IX. L a R i f o r m a protestantica Il D u c a Carlo I I I di Savoia Il Molino L e opposizioni del Canale del Molino 103 104 105 . . . • . IH CAPO X. Il D u c a Emanuele Filiberto L a proprietà comunale e privata Il P o r t o e pedaggio sulla Dora . PasÌBa PHgin* HI . 1 1 6 120 CAPO X I I . Il Seicento Infeudazione dei beni Patrimonio di preti I tassi ed imposti La lite per i carichi e gli imposti I ricorsi di transazione . . Guerre del Monferrato . . I mutui della Comunità L a peste . . . . . . La guerra civile in Piemonte Come funzionasse il reclutamento Denuncia del vino . . . . . . . . . . . . . . . . . • . . • . • 137 142 143 144 146 . 1 5 1 . 1 5 3 156 159 160 162 . 1 6 6 CAPO X I I I . II Tribunale del P o d e s t à 168 Le liti per la Segreteria del Tribunale . . . 1 7 1 La lite del 1607 174 L a lite del 1662 175 Il Collegio dei Notai e Sacerdoti . . . . 1 7 8 Mattia Lasbianca . . . • • • . 1 8 0 L a leggenda di Prospero Lasbianca . . . . 181 I Balla 184 L a lite del Patronato della Chiesa . . . . 186 II deliberato sulla rinuncia del diritto di P a t r o n a t o sulla Parrocchia . . . . . . . 1 9 0 Intimazione della Sentenza P a p a l e e sua esecuzione. 192 Atto di permesso di riposizione del banco nella Chiesa Parrocchiale . . . . . . 194 Lite per la caccia e pesca 197 INDICE INDICE CAPO XIV. Pa8ina ' Il libro dei debiti Il franamento delle Rovere . . . . . Visita nell'anno 1677 L'erezione delle Chiese campestri . . . . Chiesa di S. Maria Maddalena 2 a ricostruzione della Cappella Acquisto delle Alpi Muande Acquisto dell'Alpe Campassi o Pianello . . . Ripartizione di beni comunali ai particolari . . Acquisto Alpi Bonze e Balmaz in territorio di Donnaz D o m a n d a acquisto del F e u d o . 200 205 208 213 215 218 220 221 224 225 226 CAPO XV. R e g n o di Vittorio Amedeo I I Invasione francese . . . R i f o r m e amministrative . . L a Casa comunale . . . CAPO . . . . . . 228 229 234 239 . . . XVI. Congregazione di Carità . . . R e d d i t i della Congregazione . . L a lite per l'acqua i r r i g u a . Riscatto di canoni . . . . Dissesto finanziario . . . . Comitato di beneficenza . . . Acquisto dell'Alpe Bonze e Balmaz . Condizioni attuali del P i o E n t e CAPO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242 246 249 254 255 257 257 258 XVII. Il P a d r o n a t o attivo del Comune . . . . Privilegi dei P a t r o n i . . . . . . . Oneri e doveri dei P a t r o n i R i p a r i alla vecchia Chiesa . . . . . . L a Sacra Missione . . . . . . . L a costruzione della nuova Chiesa Parrocchiale F o n d i per la costruzione della Chiesa . . . . 261 264 265 266 268 269 277 pagina F o r n i t u r a di mattoni . . . L a consacrazione della Chiesa . Coro ed organo . . . . I Procuratori e l'Amministrazione di Amministrazione di C h i e s a . . 279 283 284 286 289 . . . Chiesa . . . CAPO X V I I . Le ultime liti coi Vassalli e per i finaggi L a lite con Quincinetto . . . . II giuramento di fedeltà al Duca CAPO 292 296 299 XVIII. L a Rivoluzione Francese e l'invasione del Piemonte R i f o r m e amministrative e abolizione diritti e privilegi 300 308 CAPO X I X . L a viabilità pubblica . . . Il P o n t e sulla Dora L e F o n t a n e pubbliche L'Asilo Infantile L a dotazione dell'Asilo Il P a t r o n a t o scolastico . . L ' E d i f i c i o scolastico Il Cimitero Industrie e usanze . . . Costumanze e feste L a Operaia e la Filarmonica Conclusione . . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . 3 1 3 314 318 320 321 322 323 325 328 331 334 335 M O R T I N O S T R I SOSTEGNO - SPERANZE O - DELLA F I O R E I N C L I T O DI G I O V E N T Ù FAMIGLIA PRECLARA C P E R LA GRANDEZZA D E L L A PATRIA EROI o I COMPAESANI VIVONO LA VOSTRA MEMORIA FULGIDA DI A T T I M I R A B I L I E D E S E M P I O QUESTE SOLENNI PAGINE RIEVOCANTI VIRTÙ E GESTA NOBILI A VOI CONSACRO clavagnasco, 25 TTiaggio 1919. BENEDETTO D o n Segretario. CARLO AI PRODI SOLDATI GIRODO RACCHIO PIETRO MARTINO GIOVANETTO MARTINO VACHIERO GIOVANETTO GIRODO PIETRO'l4° FRANCHINO 159« FANTERIA POZZO GIOVANNI GIRODO POZZO LINO GIOVANETTO GIOVANETTO CEREY BALLA VOLPE ANTONIO COLMIA FRANCHINO 4 ° A L P I N I CLASSE 4 ° A L P I N I CLASSE 5o GENIO CLASSE 1886 1893 1895 1896 1895 1883 2 ° G E N I O CLASSE 1884 4» A L P I N I CLASSE 2 0 5 ° F A N T E R I A CLASSE 2 3 ° F A N T E R I A CLASSE GIACOMO 1894 1886 1 1 1 ° F A N T E R I A CLASSE GIOVANNI ANTONIO GIRODO 1895 1 1 5 ° F A N T E R I A CLASSE PIETRO GIUSEPPE 1884 CLASSE 7 ° F A N T E R I A CLASSE VITTORIO 1882 1 5 9 » F A N T E R I A CLASSE DARIO GIUSEPPE 1889 CLASSE F A N T E R I A CLASSE GIO. B A T T I S T A ANGELIN 1889 7 7 ° F A N T E R I A CLASSE GIACOMO GIO. P I E T R O GIOVANETTO GIRODO 1 0 ° FANTERIA BERNARDO GRANT MORELLO 4» A L P I N I CLASSE 1 6 2 » F A N T E R I A CLASSE 4o A L P I N I CLASSE 8 ° F A N T E R I A CLASSE 1890 1896 1892 1898 1899 O T T A V I O 5 4 ° F A N T E R I A CLASSE 1 8 8 9 VALOROSAMENTE CADUTI SOL CAMPO O DISPERSI IN FORTUNOSI COMBATTIMENTI DELL'IMMANE GUERRA EUROPEA FEROCEMENTE ORGANIZZATA DALLA BARBARIE TEUTONICA VITTORIOSAMENTE VINTA DAGLI ESERCITI VALOROSI DELLE POTENZE D E L L ' I N T E S A TAVAGNASCO MEMORE DEI SUOI FIGLI IMMOLATISI P E L TRIONFO DELLA GIUSTIZIA E GRANDEZZA DELLA PLAUDENDO ADDITA PATRIA AI POSTERI IL LORO EROISMO 1915 o 1918 (Fac-simile della Lapide, collocata sulla Casa Comunale) Caporale Girodo Pietro di Celesti n o e fu. T a d d e o Anna nato a Tavagnasco il 12 gennaio 1889 morto sul campo il 30 agosto 1915 C a r a t t e r e mite, buono, t e m p r a r o b u s t a di m o n t a naro, a t t e n d e v a colla f a m i g l i a alla coltivazione dei c a m p i . G i o v a n e di p o c h e p a r o l e , n a s c o n d e v a , s o t t o l a s c o r z a r u d e dei s u o i m o d i , u n c u o r e a d a m a n t i n o e g e n e r o s o c h e lo r e n d e v a c a r o a i c o e t a n e i . Mobilitato, p r e s t ò servizio nel 4° A l p i n i fin dal g i o r n o della dichiarazione di g u e r r a . Il p i o m b o n e m i c o lo c o l p i v a il 3 0 a g o s t o 1 9 1 5 i n p i e n o p e t t o . S e p o l t o a R e g i o n e Dollie. m Racchio Martino di Martino e Girodo Margherita morto a Tavagnasco il 3 settembre 1889 morto sul campo il 25 agosto 1915 M i n a t o r e d i p r o f e s s i o n e , p r i v o di m e z z i di f o r t u n a , n o n p o s s e d e v a c h e l ' a r t e s u a p e r s o s t e n t a r e i s u o i cari. L a v o r a v a n e l l e m i n e di C a l e a , q u a n d o f u m o b i l i t a t o n e l 162° F a n t e r i a . I n v i a t o al f r o n t e , n e l c o m b a t t i m e n t o s e g u i t o n e l B o s c o di V a r a g n a , s o t t o il f o r t e di B u s a di V e r , cad e v a v a l o r o s a m e n t e il 2 5 a g o s t o 1915. F u s e p o l t o sul c a m p o . Giovanetto Martino Giovanetto Pietro nato a Tavagnasco il 31 gennaio 1882 morto sul campo il 18 gennaio 1916 nato a Tavagnasco il 19 ottobre 1884 morto il 2 settembre 1918 figli fu Michele e di V a c l i i e r o G i o v a n n a Martino, calzolaio di p r o f e s s i o n e , a t t i v o e l a b o r i o s o , s e p p e f o r m a r s i col s u o l a v o r o u n a d i s c r e t a f o r t u n a . M o b i l i t a t o n e l l ' o t t o b r e del 1915, a b b a n d o n ò il d e s c h e t t o e c o r s e n e l l e t r i n c e e d e g l i a s p r i d i r u p i della V e n e z i a G i u l i a . I n u n c o m b a t t i m e n t o a B o s c o C a p p u c c i o , in s e g u i t o a f e r i t a d ' a r m a d a f u o c o al c o s t a t o , c a d d e sul c a m p o s t e s s o il 18 g e n n . 1916. P i e t r o , p a s s ò gli a n n i g i o v a n i l i a l l ' e s t e r o . L a v o r a n d o , q u a l e scalpellino, e m u l ò il f r a t e l l o n e l f o r m a r s i u n p o ' di f o r t u n a . R i m p a t r i a t o allo s c o p p i a r della g u e r r a , v e n n e a g g r e g a t o al 2° G e n i o e l u n g o l ' I s o n z o p r e p a r ò le t r i n c e e e d i c a m m i n a m e n t i d a o p p o r r e alle insidie nemiche. N o n la m o r t e g l o r i o s a sul c a m p o l ' a t t e n d e v a , m a la t r i s t e solit u d i n e d e l l ' a g o n i a p r o l u n g a t a f r a gli s t e n t i e le c r u d e l t à della p r i gionia nemica. L o n t a n o dalla p a t r i a , dalla a d o r a t a f a m i g l i a , m o r ì c o n s u n t o d a g l i s t e n t i n e l l ' o s p e d a l e di Z w i c l i a u il 2 s e t t e m b r e 1918. ———O-S-^-SKi Vachiero Pietro fu Giovanni e di Girodo Caterina nato a Tavagnasco il 7 dicembre 1884 morto ad, Imola il 26 agosto 1916 Contadino, p r e s i e d e v a alla direzione del n u m e r o s o b e s t i a m e della sua famiglia. B u o n o , a f f a b i l e , era da t u t t i b e n v o l u t o ; s e m p l i c e n e i m o d i , r i v e l a v a il s u o o t t i m o c u o r e . M i l i t ò n e l 14° F a n t e r i a f i n d a l l ' i n i z i o della g u e r r a . F e r i t o sul c a m p o di b a t t a g l i a , m a n c a v a nell'Osped a l e m i l i t a r e d i I m o l a il 2 6 a g o s t o 1916. - S e p o l t o a Piratello. Giovanetto Bernardo f u B a t t i s t a e di F r a n c h i n o Maria nato a Tavagnasco il 18 settembre 1895 morto sul campo il 7 agosto 1916 V i s s e i n p a t r i a g l i a n n i p i ù b e l l i d e l l a v i t a , circ o n d a n d o d ' a f f e t t o la m a d r e ; m i n a t o r e a b i l e , g i o v a n e a t t i v o ed i n t r a p r e n d e n t e . M o b i l i t a t o a l l o s c o p p i a r d e l l a g u e r r a , f u r e c l u t a t o n e l 77° F a n t e r i a e d i v i a t o s u l l ' I s o n z o . I s a c r i colli c h e f a n c o r o n a a G o r i z i a lo v i d e r o p e r l u n g h i mesi vincere le insidie e gli assalti del fer o c e n e m i c o , e b a t t e r s i d a e r o e . A C o s t o n e S. M a u r o , in faccia a Gorizia, per gravissima ferita in pieno petto, c a d d e v a l o r o s a m e n t e s u l c a m p o il 7 a g o s t o 1 9 1 6 . R a c c o l t o p i e t o s a m e n t e f u s e p o l t o a S. M a u r o . S u l s u o c o r p o si t r o v ò u n a c a r t o l i n a i n d i r i z z a t a a l l a m a d r e . P r e s a g o d e l l a s u a s o r t e , le i n v i a v a u n u l t i m o s a l u t o , c h i a m a n d o l a erede delle sue sostanze p a t e r n e . Giovanetto Antonio fu Battista e di F r a n c h i n o Maria Girodo Grant Giacomo di A n t o n i o e di O t t i n o Maddalena nato a Tavagnasco il 26 giugno 1893 morto a Tavagnasco l'il aprile 1917 nato a Tavagnasco l'8 luglio 1894 morto il 18 ottobre 1916 Non p a v e n t ò i pericoli d'una l u n g a navigazione e d a l l ' A m e r i c a f e c e r i t o r n o p e r n o n m a n c a r e al s a n t o dovere. Bigonciaio di p r o f e s s i o n e , g i o v a n e f e r v e n t e ed ent u s i a s t a , volle, q u a l e v o l o n t a r i o , p r e c e d e r e d i d u e m e s i la sua c h i a m a t a alle armi. C o m p i u t a l ' i s t r u z i o n e v e n n e a r r u o l a t o n e l 159° F a n t e r i a e d i n v i a t o i n t r i n c e a . P r e s e p a r t e a diversi"-combattimenti n e i pressi di C a s t e r i n . M o r i v a n e l l ' O s p e d a l e d a c a m p o n . 0 1 4 0 il 1 8 o t t o b r e 1 9 1 6 i n s e g u i t o a m a l a t t i e p e r f a t t o d i g u e r r a . F u sep o l t o a d Oleis n e l C i m i t e r o c o m u n a l e . A r r u o l a t o , d o p o pochi mesi di d e g e n z a a l l ' O s p e dale militare d ' I v r e a , nella sua b r e v e convalescenza m o r i v a i n T a v a g n a s c o 1' 11 a p r i l e 1917. O n o r e al v a l o r o s o . Morello Gio. Pietro eli B e r n a r d o e f u B a l l a Antonia nato a Tavagnasco il 17 novembre 1886 morto il 1° novembre 1916 C o n t a d i n o , t u t t o e solo O c c u p a t o d e ' s u o i c a m p i , n o n n e g ò alla g r a n M a d r e il b r a c c i o , u s o p i ù a m a n e g g i a r la v a n g a , c h e lo s c h i o p p o . Col 159° F a n t e r i a prese p a r t e a v a r i e azioni ; colpito da m a l a t t i e cont r a t t e n e i d i s a g i d e l l e t r i n c e e , m o r i v a il 1° n o v e m b r e 1916 n e l l ' O s p e d a l e da c a m p o n. 222. F u sepolto a Buttrio. m Giovanetto Gio. Battista fu | I Basilio e di Kilippone Maria nato a Tavagnasco il 24 giugno 1886 morto l'il dicembre 1916 P e r la P a t r i a e g l i c o m b a t t è e c a d d e , n o n f e r i t o d a l p i o m b o n e m i c o , m a t r a v o l t o f r a le s p i r e o r r i b i l i di u n a v a l a n g a nella n o t t e d e l l ' 1 1 d i c e m b r e 1816 in V a l C a p r a r a , i n u n a o p e r a z i o n e di r i c o g n i z i o n e . Muratore esperto, lavoratore indefesso, era l'unico sostegno della vecchia genitrice. U n a croce, r o z z a m e n t e i n t e s s u t a d a i c o m p a g n i , r i c o r d a a i p o s t e r i la t o m b a d e l n o s t r o e r o e . Girodo-Angelin Dario di Pietro e F r a n c h i n o Clementina » Franchino Giuseppe fu B e r n a r d o e di G i o v a n e t t o Giovanna nato a Tavagnasco il 29 ottobre 1893 morto il 13 ottobre 1916 nato a Tavagnasco il 7 agosto 1895 morto il 26 giugno 1916 F i g l i o u n i c o d i s t i m a t a ed a g i a t a f a m i g l i a , a t t e n 1 d e v a a l l a s u a m o d e s t a i n d u s t r i a di f a b b r o - f e r r a i o , q u a n d o la P a t r i a lo c h i a m ò s o l d a t o . I n q u a d r a t o n e l 115° F a n t e r i a , p r e s e p a r t e a v a r i e azioni nei m e m o r a n d i g i o r n i della p r e s a di Gorizia. L e c o l l i n e d i Y e r t o i b a lo v i d e r o b a t t e r s i d a e r o e . I l p i o m b o n e m i c o n e l c o m b a t t i m e n t o del 13 o t t o b r e 1 9 1 6 lo c o l p i v a , e d il s u o c o r p o m a r t o r i a t o r i c e v e v a sepoltura sul campo. M a r i t o e p a d r e a f f e z i o n a t o , o p e r a i o a t t i v o ed int e l l i g e n t e , soldato v a l o r o s o , lascia nel cordoglio la m o g l i e , i g e n i t o r i , ed o r f a n a u n a t e n e r a b a m b i n a . F a n c i u l l o , si m o s t r ò s c o l a r o s v e g l i o e b u o n o ; g i o v a n e , m i n a t o r e i n t e l l i g e n t e e d a t t i v o ; s o l d a t o n e l 111° F a n t e r i a , non m e n o b r a v o e valoroso in varie operaz i o n i s u l l ' I s o n z o . N e l c o m b a t t i m e n t o del 26 g i u g n o 1916 sul glorioso altipiano dei S e t t e C o m u n i cadde eroicam e n t e . L ' a r m a o m i c i d a c h e lo s t e s e e s a n i m e , t o l s e a l l a sua f a m i g l i a u n figlio a d o r a t o , alla P a t r i a u n a sper a n z a . L a s c h i e r a dei m a r t i r i del d o v e r e v e n n e a c c r e sciuta di u n eroe. •in Bfi Pozzo Giovanni di Antonio e Giovanetto Maria Girodo Vittorio Isidoro f u B a t t i s t a e di F r a n c h i n o Tersilla nato a Tavagnasco il SO agosto 1896 morto il 6 agosto 1916 nato a Tavagnasco il 19 agosto 1895 morto il 19 giugno 1917 V e n i v a a r r u o l a t o n e l 7° F a n t e r i a e d i n v i a t o sxdl ' I s o n z o . N e l l a m e m o r a n d a g i o r n a t a d e l l a p r e s a di G o r i z i a c a d e v a t r a v o l t o ' n e l t u r b i n e d e l l a b a t t a g l i a il 6 a g o s t o 1916. M i n a t o r e alle m i n e di S. D a l m a z z o di T e n d a , v e n n e , p e r la c h i a m a t a a l l e a r m i , a r r u o l a t o n e l m a g n i f i c o c o r p o d e l 4° A l p i n i . S e g n a l a t o s i i n t a n t i s c o n t r i v i t toriosi, p e r scalate e dirupi, r i t e n u t i inaccessibili, nel f a t t o d ' a r m e del 19 g i u g n o 1 9 1 7 n e l l a l o c a l i t à d i M o n t e O r t i g a r a , il f e r r o n e m i c o d i l a n i a v a il s u o p o v e r o c o r p o . M u r a t o r e di p r o f e s s i o n e , g i o v a n e d i o t t i m e q u a l i t à , s e p p e e s s e r e b u o n s o l d a t o . Il s u o c o r p o , s t r a z i a t o clai dardi infernali del nemico, non p o t è aver pacifica s e p o l t u r a . L o s p i r i t o s u o i m m o r t a l e sia i s p i r a t o r e d i a m o r p a t r i o ai l o n t a n i . •E • o G l o r i a al v a l o r o s o . Giovanetto Giovanni Pozzo Lino di A n t o n i o e f u G i o v a n e t t o Lucia di G i u s e p p e e di F r a n c h i n o Giovanna nato a Tavagnasco il 24 novembre 1883 morto il 25 aprile 1917 nato a Tavagnasco il 24 gennaio 1890 morto a Trento il 20 dicembre 1918 F o r t e e d a i t a n t e di p e r s o n a , l a v o r ò o r a l l a m i n a , o r a i c a m p i p e r f o r n i r e i m e z z i di s u s s i s t e n z a a i s u o i bambini, orfani di madre. Abile tiratore, v e r o figlio delle A l p i nostre, a n i m a f i e r a d i m o n t a n a r o , lo v i d e r o le r u p i s c o s c e s e d e l T r e n t i n o e le e p i c h e c r e s t e d e l g r u p p o d e l M o n t e N e r o p e r l u n g h i m e s i v i n c e r e le i n s i d i e n e m i c h e . F e r i t o p e r d u e volte in aspri c o m b a t t i m e n t i , v e n n e i n t e r n a t o , ed inab i l e alle f a t i c h e d i g u e r r a , o t t e n n e l ' e s o n e r o p r e s s o l a d i t t a B r e d a . R i t o r n a t o al C o r p o d e l 4° A l p i n i , d i n u o v o p r e s e p a r t e alle u l t i m e operazioni belliche che p o r t a rono i nostri a Trento. L e dure f a t i c h e , s o p p o r t a t e da f o r t e soldato nel 5° G e n i o p e r p o d e r o s i l a v o r i d i d i f e s a s u l l ' I s o n z o , s f i b b r a r o n o la s u a m a s c h i a t e m p r a d i v e c c h i o m i n a tore. P e r e g r i n ò di o s p e d a l e in ospedale, finché, cons u n t o , n e l p e r i o d o di u n a b r e v e l i c e n z a di c o n g e d o , c i r c o n d a t o d a l l ' a f f e t t o d e i s u o i c a r i , m o r i v a il 2 5 a p r i l e 1917, l a s c i a n d o o r f a n i d u e t e n e r i f a n c i u l l i . © Û I l m o r b o c r u d e l e l ' i n c o l s e e d il 2 0 d i c e m b r e 1 9 1 8 moriva a Trento, lasciando orfani due teneri angioletti. Balla Antonio Cerey Giuseppe di Bernardo e Giovanetto Margherita di Antonio e Girodo Lucia nato a Tavagnasco il 14 dicembre 1896 morto il 6 novembre 1918 nato a Vico il 5 marzo 1892 morto a Iloms il 3 dicembre 1918 L a s c i ò il n o s t r o B o r g o , o v e a t t e n d e v a a l l ' a g r i c o l t u r a , p o r togliersi zaino e fucile nel 205° F a n t e r i a . I n v i a t o al f r o n t e , n e l d i s a s t r o d i C a p o r e t t o p a s s a v a p r i g i o n i e r o al n e m i c o . F r a g l i s t e n t i e l e s o f f e r e n z e visse la sua d u r a p r i g i o n i a in v a r i c a m p i di concent r a m e n t o . S o s p i r ò la p a t r i a l o n t a n a , le a g i a t e z z e d e l l a f a m i g l i a , ed, i n m e z z o a l l e t o r t u r e d e l l a f a m e , l a s u a v i g o r o s a e s i s t e n z a si c o n s u n s e . I l g i o r n o s t e s s o d e l l a f i r m a d e l l ' a r m i s t i z i o le f o r z e gli m a n c a r o n o . R i c o v e r a t o all'ospedale di P e t r o v a r a d i n o , morì, q u a n d o i suoi c o m p a g n i di p r i g i o n i a f a c e v a n o r i t o r n o alla P a t r i a . F u s e p o l t o n e l c i m i t e r o d i P e t r o v a r a d i n o il 6 n o v e m b r e 1918. V i d e la luce a Vico Canavese, ove la f a m i g l i a , pov e r a di risorse, r i s i e d e v a p e r r a g i o n e di l a v o r o ; passò a T a v a g n a s c o gli a n n i della sua giovinezza, l a v o r a n d o o r a q u a l m i n a t o r e o r a in f a t i c o s i l a v o r i a l p e s t r i . P r o n t o eli i n g e g n o , r o b u s t o e s n e l l o d i m e m b r a , e n t r ò n e l 23° F a n t e r i a , p a s s a n d o il s e r v i z i o d i g u e r r a i u t e r a m e n t e i n L i b i a . Si t r o v ò i n a v v e n t u r o s i s c o n t r i coi n e m i c i e c o g l i i n d i g e n i r i b e l l i . D a l u n g h i a n n i a t t e n d e v a r i v e d e r e la f a m i g l i a , m a il m o r b o c r u d e l e r e c i d e v a l a s u a r o b u s t a f i b r a n e l l ' o s p e d a l e d i H o m s il 3 d i c e m b r e 1918, a l l a v i g i l i a d i u n a s o s p i r a t a l i c e n z a . » Girodo Giacomo di Ignazio e fu Vaclaiero Volpe Antonio fu Pietro e fu Giovanetto Maria nato a Tavagnasco il 25 dicembre 1898 morto il 3 aprile 1917 nato a Tavagnasco il 12 maggio 1899 morto a Tavagnasco il 1" gennaio 1919 T r a s c o r s e la s u a v i t a g i o v a n i l e f r a l e b a l z e e d i p a s c o l i a l p i n i , d i e t r o al n u m e r o s o a r m e n t o p a t e r n o . A n i m a v i v a c e , p i e n o d i v i t a , c o n e n t u s i a s m o si a r r u o l ò n e l 4° A l p i n i . S i p r e p a r a v a c o n f e r v o r e a l l e a z i o n i b e l l i c h e , q u a n d o a l l a v i g i l i a d e l l a p a r t e n z a p e r il f r o n t e u n a p o l m o n i t e f u l m i n a n t e g l i t r o n c ò la v i t a l e e s i s t e n z a n e l l ' O s p e d a l e m i l i t a r e d ' I v r e a il 3 a p r i l e 1917. L a v i t a , c h e gli s o r r i d e v a b e l l a e g a i a p e r g l i a g i e l ' a f f e t t o d a cui e r a c i r c o n d a t o , f u b r u s c a m e n t e t u r b a t a dalla p e r d i t a r e p e n t i n a dei g e n i t o r i e dalla cont e m p o r a n e a sua c h i a m a t a alle armi. A n i m o buono e mite, t u t t o s o p p o r t ò con eroismo e s e p p e m o s t r a r s i buon soldato nell'8° Fanteria. Le sofferenze morali e d i d i s a g i d e l l e f a t i c h e di g u e r r a s c o s s e r o f o r t e m e n t e il s u o f i s i c o . A l l o n t a n a t o d a l l a z o n a d ' o p e r a z i o n e p e r e g r i n ò diversi ospedali, e f u i n v i a t o in licenza in a t t e s a di u n a r i f o r m a . I l 1° g e n n a i o 19.19 s p i r ò s e r e n a m e n t e c i r c o n d a t o d a l l ' a f f e t t o f r a t e r n o d e i suoi"ca"ri. r SAC. CARLO BENEDETTO Maestro Segretario O R Comunale I A •bella Colmia Franchino Ottavio fu G i u s e p p e e di F r a n c h i n o Maddalena nato a Tavagnasco il 13 aprile 1889 morto il 25 novembre 1918 A l l a c a m p a g n a di L i b i a fece s e g u i t o quella della g u e r r a E u r o p e a , e d il n o s t r o O t t a v i o s e p p e s e m p r e m o s t r a r s i valoroso soldato. Si t r o v ò in diversi scontri, m a v e n n e poi adibito ai servizi delle retrovie e più t a r d i in quelli f u o r i z o n a di o p e r a z i o n e . F a t t o i n a b i l e a i s e r v i z i di g u e r r a , q u a l e o p e r a i o c o m a n d a t o f u i n v i a t o a l l e m i n i e r e d i Col d ' E l z a , e q u i il m ò r b o c r u d e l e r e c i d e v a la s u a g i o v i n e e s i s t e n z a il 2 5 n o v e m b r e 1918. Processione Pasquale e belle Sacre tn T A V A G N A S C O •JTCKX^V IVREA Stab. Tipo-Litografico L. ' G a r d a 1825 \ PREFAZIONE I I H o racolto in q u e s t o l i b r e t t o le Sacre laudi, t a n t o c a r e al p o p o l o di T a v a g n a s c o . O g n i a n n o , n e l l a sol e n n i t à pasquale, suscitano veri e n t u s i a s m i alla processione delle varie Cappelle stazionali, e r e t t e dalla pietà dei padri, p e r voto e volontà del Comune. L ' o r i g i n e d i q u e s t a p r o c e s s i o n e di g i u b i l o p a s q u a l e , cui, d o p o t a n t i secoli, a c c o r r e la p o p o l a z i o n e , d e v e r i p o r t a r s i al p r i n c i p i o d e l secolo X V I I . N e l l a m i a S t o r i a s o p r a q u e s t o a n t i c o b o r g o , h o d e t t o c h e il p o p o l o di Tavagnasco fu d u r a m e n t e p r o v a t o da inclemenze tell u r i c h e . S p a v e n t o s i cicloni, s c a t e n a t i s i s u i s u o i m o n t i , e b b e r o p e r e f f e t t o il f r a n a m e n t o d e l l e R o v e r e . L a p r i m a f r a n a r i s a l e al 1615, m a q u e l l a c h e f o r tqeum ò ed allarmò gli antichi padri, f u e lel na t ed e dl la' annnneog g i1666. N e l l ' o t t o b r e di q u e l l ' a n n o u n ciclone, s e g u i t o d a s p a v e n t o s a t r o m b a d ' a c q u a , si r o v e s c i ò s u l l ' A l p e d i Tavagnasco. Il torrente Reuanchio e Luvia ingrossarono enormemente, e dall'Alpe Campassi (Alpe Piani) al L e t t o l a , il t e r r e n o si s p r o f o n d ò e, s o t t o l ' i m p e r v e r s a r e del ciclone, f u t r a v o l t o e t r a s c i n a t o in piano. R u m a n d o formò l'attuale collinetta a notte dell'abitato, d e n o m i n a t a delle R o v e r e . I terreni comunali alpestri e boschivi, parte scomp a r v e r o , p a r t e si t r a s f o r m a r o n o e 4 6 p r o p r i e t à p a r t i colari al p i a n o f u r o n o c o m p l e t a m e n t e s e p o l t e d a l l a frana. Gli a t t i di v i s i t a del 16 d i c e m b r e 11>66, p r o l u n g a t i a t u t t o il 2 7 a p r i l e 1667, p e r p a r t e d e i d e l e g a t i d u c a l i , d e s c r i v o n o m i n u t a m e n t e lo s p a v e n t o s o c a t a c l i s m a tellurico. Carlo E m a n u e l e II, duca nostro, visto i r a p p o r t i d e g l i a t t i di v i s i t a , c o n r e s c r i t t o di g r a z i a 2 m a r z o 1668, " condonava al Comune di Tavagnasco ¡rm^K) anni, la sesta parte dei tassi ducali (esclusa però la parte di tasso, dovuto alla signora Principessa Ludovica Maria mia sorella), ed inibiva chiunque a molestare il Comune per l'esazione dei ta<si ". ( A t t i d i v i s i t a D u c a l e 16661667. A r c h i v i o C o m u n a l e T a v a g n a s c o ) . — R e s t a v a la C o m u n i t à di T a v a g n a s c o a l l e g g e r i t a d i L . 1076 a n n u e di t a s s o e d o v e v a p i ù solo c o r r i s p o n d e r n e L . 949; 4 : 5. Le frane continuarono negli anni 1 6 8 7 - 8 9 - 9 3 - 9 7 . Q u e s t i f r a n a m e n t i f e c e r o s c o m p a r i r e il l a g h e t t o , s i t u a t o sull'Alpe C o m u n a l e dei C a m p a s s i ; l a g h e t t o d a t o in i p o t e c a , c o l l ' a i p e s t e s s a , c o n a t t o r o g a t o G i r o d o il 2 3 d i c e m b r e 1 6 6 1 , a l l e m o n a c h e d i S. M i c h e l e di I v r e a pel m u t u o di L . 1000 e soldi 21; m u t u o cont r a t t o d a l C o m u n e c o n V i c i n a n z a 2 g e n n a i o 1661, p e r f r o n t e g g i a r e la l i t e d e l p a t r o n a t o d e l l a C h i e s a c o n t r o il C o n t e F a b r i z i o d i S e t t i m o V i t t o n e . II l a g h e t t o e l ' A l p e s t e s s a d e i C a m p a s s i s c o m p a r vero, a p r e n d o s i s o t t o di essa q u e l l ' a m p i o v a l l o n e che dall'altezza della Chiesa della Maddalena, sull'Alpe P i a n i del C o m u n e , va fino all'Alpe Letcola, F e i p i a n o e M a r c o r i n o , d e n o m i n a t a il Kevers. I n s e g u i t o a q u e s t i d i s a s t r i t e l l u r i c i la p o p o l a z i o n e si r i v o l s e a D i o , e d il C o m u n e , a c c o g l i e n d o i v o t i , si fece p r o m o t o r e ed eresse le q u a t t r o Cappelle del piano, d i S. B e r n a r d o e B a r n a b a al L u v i a , di S. C a t e r i n a alla R o v e r e , della SS. A n n u n z i a t a a Giairole, e dei Ss. M a r i a , P i e t r o , M a r c o e G e r m a n o i n P i a z z o . Le cappelle vennero contemporaneamente edificate, m a i l a v o r i , c a u s a lo s c o p p i o d e l l a g u e r r a s p a g n u o l a , dovettero sospendersi. L a p r i m a cappella e r e t t a f u quella dei S a n t i B e r n a r d o e B a r n a b a i n L u v i a ( c a u s a t o d e l 1710) e d e i Sà, Maria, P i e t r o , G e r m a n o , Marco in Piazzo. Nelle v i c i n a n z e e c a u s a t i c o m u n a l i s o n o d e s c r i t t e le s p e s e s o s t e n u t e d a l C o m u n e p e r l ' e r e z i o n e e la p i t t u r a d e l l e sacre icone delle d u e chiesette. N e l c a u s a t o d e l 1702 e r e l a t i v a v i c i n a n z a , v e n i v a p u r e d e l i b e r a t a l ' e r e z i o n e d e l " Santuarietto della Beata Annunciata " i n G i a i r o l e . M a l ' o p e r a i n t r a p r e s a si sospese p e r la g u e r r a della successione s p a g n u o l a . I f r a n c e s i , i n v a s o il C a n a v e s e , p r e s a I v r e a , o c c u p a r o n o T a v a g n a s c o con u n a p a t t u g l i a di soldati. N e l l ' o t t o b r e 1 7 0 4 la s u a g i o v e n t ù v e n n e a r r u o l a t a n e i r e p a r t i f r a n cesi, e d u n b a t t a g l i o n e n e m i c o , nel m a g g i o 1704, c a pitanato da Scurlemburgo, stanziò nel territorio, fino al l u g l i o . V i f u u n s a c c h e g g i o i n v a s t a s c a l a p e r p e t r a t o in t u t t o l'abitato. C e s s a t a la g u e r r a , l ' e r e z i o n e d e l l e pestri venne portata a compimento. Cappelle cam- P e r la sola c h i e s e t t a d e l l ' A n n u n z i a t a , il C o m u n e v i s p e s e L . 1552, o l t r e le c i b a r i e e s o m m i n i s t r a z i o n i in n a t u r a (Conto Comunale del 15 dicembre 1713). LE PROCESSIONI. A q u e s t ' e p o c a r i s a l g o n o le p r o c e s s i o n i v o t i v e di P a s q u a e dell'Ascensione. L a processione di P a s q u a , a d u e secoli di d i s t a n z a , c o n s e r v a a n c o r a t u t t o il s u o e n t u s i a s m o , la s u a f r e s c h e z z a p o e t i c a , c o n q u a s i il c o m p l e t o concorso del popolo. Quando, alcuni anni s o n o , si v o l l e r i d u r r e t a l e p r o c e s s i o n e il p o p o l o i n s o r s e e t u t t o u n i t o f o r t e m e n t e si o p p o s e e le p r o c e s s i o n i c o n t i n u a n o l ' i t i n e r a r i o secolare stazionale dei P a d r i . Quattro s o n o le S t a z i o n i processione. di q u e s t a _ s i m o è l ' a n n u n c i o a M a r i a S S . d e l l a R e s u r r e z i o n e di C r i s t o ; E l l a cessi i p i a n t i ed i s o s p i r i , p e r c h è g i o i a , a l l e g r e z z a e c a n t i s o n o s p u n t a t i : " Cristo è risorto ". TERZA lunghissima ^¡§5 PRIMA STAZIO.NE A Piazzo. STAZIONE Alla Cappella della Rovina. È l ' a n i m a c r i s t i a n a c h e si r a l l e g r a , p e r c h è il C r i s t o Risorto h a debellato i suoi nemici dalo e trionfa diffon- la s u a g l o r i a in t u t t o il m o n d o . C e l e b r a t e le g l o r i ^ r i c o r d a g l i i n u t i l i c o n a t i d i S a t a n a e dei n e m i c i Alla C a p p e l l a dei S a n t i in P i a z z o ^ f f r i f i c a n o i m a r t i r i di C r i s t o , i q u a l i , s u p e r a t i i t o r m e n t i e v i n t a la p u g n a , g o d o n o del t r i o n f o di C r i s t o , l o r o D u c e e M a e s t r o . L a L a u d a , a coro di p o p o l o c a n t a t a , è t u t t a u n a f e s t i v i t à di allegrezza e gioia. Il popolo, nella letizia pasquale, g o d e dei t r i o n f i e della gloria dei m a r t i r i e n e i n v o c a la p r o t e z i o n e . SECONDA STAZIONE Alla Chiesa dell'Annunziata. U n a seconda Stazione viene f a t t a a q u e s t a bellissima chiesetta, che, nella sua m o d e s t a mole, p r e s e n t a u n a b e l l a g r a z i a d i a r c h i t e t t u r a sia n e l l ' i n t e r n o , c o m e n e l s u o c l a s s i c o p e r i s t i l i o a c o l o n n a t i d o r i c i , d e l l a eleg a n t e facciata. L a L a u d a q u i v i c a n t a t a è u n a a p o t e o s i del M i s t e r o p a s q u a l e . L a r e s u r r e z i o n e d e l ' C r i s t o , la s u a a p p a r i z i o n e , gli a n n u n c i a m e z z o d e g l i A n g e l i , t u t t o è d e scritto scultoriamente con frasi poetiche, con concetti r i g i d a m e n t e l i t u r g i c i , t r a t t i d a l A 7 angelo e d a l l a l i t u r g i a della Chiesa. Molti p u n t i h a n n o s o m i g l i a n z a colla Seq u e n z a P a s q u a l e del " Y i c t i m e p a s c h a l i s " , p a r t e i n t e g r a n t e d e l l a M e s s a d e l l a s o l e n n i t à di P a s q u a . B e l l i s - di C r i s t o , e c o m p i a n g e i p e c c a t o r i , c h e , s p r e z z a n t i la g r a z i a , m i s e r a m e n t e p e r i s c o n o n e l l a c o r s a t r i o n f a l e del Cristo Risorto. QUARTA STAZIONE Alla Chiesa di S. Catterina alle Rovere. È l ' a p o t e o s i d e l l a V e r g i n i t à . S o n o le V e r g i n i di C r i s t o , c h e , s p r e z z a t e le v a n i t à c a d u c h e del m o n d o , seo-uor'io il m i s t i c o S p o s o , G-esù, c o r o n a dei V e r g i n i . L e S a n t e V e r g i n i M a r g h e r i t a e C a t t e r i n a , qui v e n e r a t e e p a t r o n e del l u o g o , s o n o m a g n i f i c a t e p e r la l o r o v i r t ù . Il Canonico Giov. Pietro Enrietti, prevosto di Quincinetto dal 1808 al 1843, Canonico della Cattedrale d'Ivrea, poeta e professore di Rettorica, avrebbe composte, per le processioni di Travagnasco, queste Laudi. Sono bellissime per forma e graziositd di verso, dense di elevati concetti rigidamente conformi alla dottrina e tradizione cattolica. E' un componimento sacro inedito del dotto Canoniche son ben lieto di poterlo pubblicami attestando questo omaggio all'autore dopo 100 anni. 3s-<5$jia)^5c - S t a z i o n e alla Cappella dei S.S. MARIA, PIETRO, MARCO e G E R M A N O in Piazzo. PRIMA Inno ai LAUDA Martiri. Facciam tutti allegrezza Del sempiterno acquisto, Che i M a r t i r i di Cristo H a n f a t t o in cielo. L o d i a m l ' a r d e n t e zelo Che del Divin onore M o s t r a l i con g r a n v a l o r e A varie genti. 0 0 celebre Vittoria, C h e in sì b r e v e g u e r r a G e t t a i n e m i c i in t e r r a E il cielo e s p u g n a . Qual più felice p u g n a , E qual maggior ventura I n questa valle oscura A v e r si p u o t e ? Vinsero croci e r u o t e Di ferro, fuoco e morte Di qualsivoglia s o r t e Più crudele. E senza f a r querele Contro chi l'offendea, Ciascun in Dio tenea Fissa la m e n t e . E d ora dolcemente, P o s t o il d u o l o i n oblio, Godon.del Sommo Iddio Sì a l m a presenza. E della g r a n s e n t e n z a E del t e r r i b i l g i u d i z i o E da ciascun suplizio Or son sicuri. Spiriti beati e puri P r e g a t e Dio p e r noi, C h e al f i n d i a c o m ' a voi Tal sicurezza. venturosi stenti, 0 ben patite pene, O n d e sì p r e s t o v i e n e E t e r n a gloria ! / SECONDA LAUDA X Alla Chiesa dell'Annunziata Resurrezione de! Cristo. N o n più, Maria, n o n più sospiri e pianti, Ma gioia, allegrezza e dolci canti, E c c o il S i g n o r e , P i e n di s p l e n d o r e Risorto vien a te. D a l l ' a l t o se n e v o l a u n c o r c e l e s t e , Schiere d ' a n g e l i v e n g o n ben leste, D ' a b i t o bianco E a n c i n t o il f i a n c o , P o r t a t i la n u o v a a T e . N u o v a ci d a n , c h e h a n c h i u s o l ' i n f e r n o E il ciel p e r n o i a p e r t o è in e t e r n o , C h e il d o l c e C r i s t o È stato visto Con s o m m a podestà. U s c i t o è il C r o c e f i s s o d a l l a t o m b a , Come dall'Arca, candida colomba P a c e si a p p o r t a , Che tanto importa P e r la f e l i c i t à . V e n g o n o le d o n n e c o n a c c e s e v o g l i e Di v e d e r l o r i s o r t o , E i t u t t e a c c o g l i e Cortesemente E dolcemente; O che benignità ! D i s c e p o l i s m a r r i t i in u n r i d u c e 11 M a e s t r o , il P a s t o r , il f o r t e D u c e Tutti animati E consolati. A m m i r i a m sua beltà. Alfin sen vola per l ' a e r sereno, Avendo rallegrato tutti appieno, 0 lieto giorno, Di gloria adorno, P o r t a i c u o r con sè. TERZA LAUDA / A l l a Cappella della Rovina II trionfo di Cristo Risorto. Or t'allegri alma fedele E la l i n g u a s c i o l g a al c a n t o , Abbia fin l'amaro pianto C h e la g u a n c i a t i b a g n ò . Quel Gesù che f r a i t o r m e n t i T u p i a n g e v i in croce m o r t o , Dalla tomba E i risorto, N u o v a vita ripigliò. C o n s a t a n n o il m o n d o c i e c o Vani sforzi opporre tenta, E segrete frodi inventa L e sue glorie ad oscurar. I n s e n s a t i chi con Dio A combatter l'armi prende, E il D i v i n v o l e r p r e t e n d e V a n a m e n t e dissipar. E i col sito p o t e n t e ' b r a c c i o R o t t e a l f i n le d u e p o r t e D e l l ' i n f e r n o e della m o r t e 11 s e n t i e r d i v i t a a p r ì . Oggi esalta P r e n d e il E c'invita A contare il p i a n o e il m o n t e , cielo f o r m a p i ù bella, in sua favella u n sì b e l dì. S ì c a n t i a m o i n n i di l o d e , P i e n o il c u o r di g r a t o a m o r e , Al gran nostro Redentore, Nostro Dio e nostro Re. E i p e r noi lascia la t o m b a , D ' o n o r c i n g e il v e l m o r t a l e E l'esercito infernale P e r noi m e t t e sotto i piè. A l m e g i u s t e ohe nel suo seno A c c o g l i e v a A b r a m o il S a n t o , E c c o il d ì b r a m a t o t a n t o C h e v i s c h i u d e la p r i g i o n . Voi p u r o g g i a l z a t e il c a p o a s e g u i r il R e di g l o r i a , A c a n t a r la sua v i t t o r i a E la n o s t r a redenzion. Alla m o r t e , ai mali eterni Dannato l'uomo primiero, S e c o t r a s s e il m o n d o i n t i e r o In ugual calamità. Con Gesù, sua gioia e vita, L ' u o m perduto oggi rinnova E il c a m m i n s i c u r ritrova Di beata eternità. QUARTA LAUDA Di virtù r a r e ornate, A v a n t i al lor S i g n o r e Gioiscono per amore In seguitarlo, Stazione alla Chiesa delle SS. CATERINA e MARGHERITA alle Rovere. f Verginità beata che t a n t o piaci a Dio, P u r o e m o n d o il c u o r m i o E lieto fai. ' E con c a n t i lodarlo, A u n sol c e n n o u b b i d i r l o , E a lor cuor unirlo Eternamente. Beata Che Che Un quella m e n t e aspira a questo stato, d a l ciel g l i è d a t o tesor tale. P e r t e sciolto da' guai, D a i p i a c e r i del m o n d o , Sarò sempre giocondo E in Dio felice. Perchè già spiega l'ale A questa gloria immensa, D o v e il g r a n D i o d i s p e n s a Alte ricchezze. L'alma Delle m e m b r a e del senso, F u g g i r à , come penso, Eterna morte. E m o s t r a sue bellezze, Che dan sommo contento; 0 c h e p i a c e r io s e n t o I n sol p e n s a r l o ! che felice sorte Delle vergini pure, P e r c h è son senza cure E senza affanni! Voglio di cuor b r a m a r l e , E a quelle aspirare, Cristo, mio sposo, a m a r e E poi goderlo. 0 dominatrice P a s s a n o i loro anni "Con Cristo e con Maria, Che fanno compagnia. 0 Verginelle! I o b r a m o di v e d e r l o Nel c e l e s t e g i a r d i n o , Come Ortolan Divino In mezzo a rose. T u t t e f i o r i t e e belle, E p i e n e di s p l e n d o r e , E di celeste fiore Inghirlandate, F r a vergini gloriose A m a quel giardin, spera L' eterna primavera l u paradiso. M a n t i e n i il c u o r d i v i s o Dal f a n g o della terra, Muovi continua guerra Al crudo inferno. E in q u e l b e n s u p e r n o , O v ' è il t u o s p o s o in g l o r i a , P r o c u r a con A render vittoria lieto. A l m a , nessun cor t'allieti, Sii t u p u r g e n e r o s a E la p a l m a g l o r i o s a T ' a s p e t t a i n cielo. F a t e che, senza velo, S i g n o r la f a c c i a v o s t r a V e d i a m in p a t r i a nostra, E godiam sempre. ^
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