L`ape e la farfalla
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L`ape e la farfalla
Il Giornale del PiloAlbertelli di Roma Set/Ott 2012 Numero 1 Anno VI L'ape e la farfalla Davide Galeotti V ola come una farfalla, pungi come un'ape - diceva un grande di non troppo tempo fa, uno che di sfide ne sapeva qualcosa. E OndanomalA, tenendo fede al nome che la vuole travolgente, impetuosa, inarrestabile, la sua sfida, quella di ricominciare ogni anno a pubblicare articoli, pensieri, poesie , interviste, facezie degli studenti del Pilo Albertelli riassicurandosi sempre l'appoggio dei lettori e rinnovandosi, a volte con improvvisi salti di qualità (incontri con personaggi, interviste rilevanti, pubblicazioni su settimanali nazionali come il Venerdì) che sono la nostra "puntura di ape", ormai da sei anni continua a vincerla e a spiccare nuovamente, ogni settembre, il volo, farfalla di carta in un cielo di sogni, idee, iniziative. Eppure, così come questa ad un certo punto precipita e l'ape quando perde il pungiglione muore, anche il Vostro giornale è soggetto allo scorrere inarrestabile del tempo. I redattori sostengono, uno dopo l'altro, l'esame di maturità, lasciano la scuola, non possono logicamente più occuparsi del giornalino e a sostenere e portare avanti il nostro rotocalco d'istituto deve essere chi resta. Per questo, come i veterani del Pilo ricorderanno, sollecitiamo ogni anno la Vostra partecipazione (laddove per Voi si intende Albertellianità vecchia e nuova, dalle quarte ginnasiali alle terze li- Redazione 2012/2013 ceali, ai professori e ai collaboratori, insomma chiunque abbia un legame con il fu Umberto I) raccogliendo (finora) frutti ogni volta rigogliosi grazie ai "pezzi" sempre nuovi di promettenti articolisti inviatici tramite l'indirizzo e-mail del giornale [email protected]. L'invito che vi rivolgiamo dunque è a dare il vostro contributo anche con i componimenti più bislacchi (dato che la rubrica Liberamente -quella impaginata VOLUTAMENTE (!) al contrario per intenderci- è nata proprio per ospitarli) o specialistici (le nuove rubriche di cinema, moda e appuntamenti vengono introdotte in questo numero appunto per questo) o, ancora, recapitandoci i vostri messaggi o gli aforismi più memorabili di studenti e professori a voi vicini attraverso la Cassetta della Posta situata al secondo piano, se proprio non ve la sentite di scrivere un articolo e mandarcelo tra una versione e l'altra. Nel caso poi conosciate una società o un'associazione interessata a comprare uno spazio pubblicitario sul nostro magazine o vogliate collaborare a più stretto contatto con la redazione di OndanomalA, saremo felici di accogliere qualunque vostra proposta: basta rivolgersi al redattore più vicino o contattarci durante la distribuzione (che si svolgerà come al solito durante la ricreazione vicino ai distributori del secondo e terzo piano). Ci auguriamo dunque che la nostra metaforica apefarfalla continui a volare e a sorprendere e che, nel farlo, salga sempre più in alto, spinta dalle ali del Vostro sostegno. Settembre/Ottobre 2012 2 Anno VI Numero 1 La pagina istituzionale C Carlo Cozzolino, Nicola Venneri, Sofia Bonelli, Bianca Trevisani ome ogni anno tra ottobre e novembre si svolgono le elezioni per rinnovare i vari organi collegiali della scuola. Prima di votare riteniamo sia necessario fare chiarezza su cosa siano e quali funzioni svolga ognuno di essi a beneficio dei nuovi arrivati come dei "veterani". Ci affianchiamo dunque ai promotori dell'accurata campagna divulgativa che ha avuto luogo giorni fa nel comune sforzo di fornire a tutti gli studenti un veicolo di informazione completo ed efficace, elencando di seguito i principali organismi operanti nell'istituto e per l'istituto accompagnati dalle loro caratteristiche: L'Assemblea di classe è l’ organo più vicino a tutti gli studenti; ogni classe ha la facoltà di richiedere un’assemblea di due ore una volta al mese, gestita dai due rappresentati da poco eletti mediante votazione democratica dai compagni. I rappresentanti di classe hanno peraltro anche la funzione di riportare le esigenze e le richieste emerse durante l'assemblea sia al consiglio di classe (costituito da professori e rappresentanti dei genitori) che al comitato studentesco. Il Comitato studentesco è un'assemblea costituita da tutti i rappresentanti delle varie classi, dai rappresentanti d’istituto e dai membri della consulta provinciale, che eleggono un proprio presidente. Il compito del comitato è di ascoltare e discutere le problematiche espresse dai rappresentanti di classe che poi verranno riferite al consiglio d’istituto. Viene convocato una volta al mese generalmente al di fuori dell’orario scolastico; ha infine la funzione di stabilire quando svolgere l’assemblea messa a disposizione dal Centro d’istituto e quale argomenti affrontare Servizi Amministrativi dell'Ufficio nel corso di essa. Scolastico Regionale per discutere iniziative, progetti ed eventuali diffiLa rappresentanza d’istituto è costi- coltà da sottoporre alla Direzione tuita da quattro rappresentanti del Generale per lo Studente (apposito corpo studenti eletti democratica- ufficio del Ministero della Pubblica mente da tutti gli allievi della scuola. Istruzione). I presidenti delle varie Essa si assume il compito di portare la CPS (studenti anche loro eletti voce degli studenti al consiglio d’isti- all'interno delle Consulte stesse) si tuto e alla preside, incaricandosi riuniscono inoltre a livello nazionale inoltre di trovare le migliori soluzioni periodicamente allo scopo di moniai problemi scolastici. torare e cercare di ottimizzare il proprio operato realizzando collaboLa Rappresentanza alla Consulta Pro- razioni interregionali o concordando vinciale degli Studenti è l’organo sco- la stesura di programmi comuni da lastico che opera al di fuori della presentare sia alle singole Consulte scuola rappresentando l’istituto nelle che Al Ministero. riunioni della consulta, appunto, consiglio degli studenti che Speriamo che questo breve riassunto comprende i rappresentanti di tutte le vi chiarisca le idee e vi dia l’"imput" scuole della provincia. I rappresentanti necessario per informarvi meglio su della consulta sono due, anch’essi chi vi rappresenta e sul ruolo che eletti per votazione democratica da avete all’interno della scuola. tutti gli studenti e, insieme ai loro colleghi degli altri istituti, si riuniscono con frequenza regolare nella sede Anno VI Numero 1 3 Settembre/Ottobre 2012 ILVA DELENDA EST: T aranto, colonia Magnogreca; Taranto, città dei due Mari e del Ponte Girevole; Taranto, piazzaforte degli Aragonesi nel bel mezzo delle rotte commerciali del Mediterraneo; Taranto, base della Marina Militare Italiana e città marinara in ogni suo aspetto.... ma anche Taranto l'Inquinata, Taranto città del Molo Polisettoriale, Taranto città violentata ormai da tanto, tanto tempo... Tutto comincia negli ultimi fulgori del XIX secolo con l'installazione nel Mar Piccolo dell'Arsenale Militare della Marina del Regno D'Italia, seguita, decenni dopo (1961), mentre l'arsenale si avvia verso un lento smantellamento per inefficienza, da quella degli stabilimenti per la siderurgia a ciclo integrale della statalizzata Italsider Alti Forni, stavolta poco prima dell'ingresso alla Città Vecchia. E' un'azienda dalla storia complicata l'Italsider: ex Ilva (dal 1905), acquisita nel '21 dal mussoliniano Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), si è ingrandita durante il boom economico del dopoguerra risollevando la siderurgia italiana e cambiando nome nell'attuale. Nel '61 l'Italsider cerca un coronamento alle sue ambizioni: una città ancora affamata di "benessere" da boom disposta a sopportare la costruzione delle acciaierie più grandi d'Europa in cambio di posti di lavoro. Taranto è quella città. Peccato che il "sogno" non duri a lungo: nell' '83 lo Stato cede alla Finsider la quota di maggioranza della "Nuova Italsider" e nel '95 anche il colossale polo tarantino viene ceduto al gruppo Riva Acciaierie. Davide Galeotti Lo scorso agosto, dopo lustri di perizie anti-inquinamento, di battaglie legali perse e solo raramente vinte, dopo che l'incidenza dei casi di malattie respiratorie croniche e di tumore ai polmoni nel quartiere Tamburi e dintorni ha raggiunto gli estremi per essere definita a tutti gli effetti una catastrofe epidemiologica, il GIP di Taranto, dott.sa Patrizia Todisco, ha ordinato finalmente il sequestro degli impianti a seguito degli inquietanti risultati della perizia condotta dal prof. Annibale Biggeri, esperto del settore incaricato dal giudice stesso. Scatenando un vespaio: la città si è divisa, tra ecologisti e operai tenuti in scacco da Riva che minaccia di licenziare tutti, il governo non si esprime chiaramente sulla questione, i custodi giudiziari nominati dalla Procura sembrano figure in procinto di dissolversi al calore dei fuochi delle acciaierie, che intanto continuano a produrre, i casi di tangenti versate a chi di dovere per "addolcire" i risultati delle indagini si sono moltiplicati (ricordiamo quelle, ormai ascese agli onori della cronaca, "passate" da Archinà, addetto ILVA alle relazioni esterne a Lorenzo Liberti, consulente della Procura), i se- gretari generali dei sindacati non sono riusciti ad essere risolutivi rimediando solo una magra figura davanti agli operai manifestanti ("zittiti" dal cosiddetto "comitato spontaneo dell'apecar- 16/08/2012) e l'aria di Taranto è ancora appesa a un filo. Alla deriva in mezzo al mare di informazioni propinate dalle testate nazionali, abbiamo deciso di chiedere maggiori chiarimenti al sig. Angelo Di Leo, giornalista presso il Corriere del Giorno di Puglia e Lucania e Tarantino d.o.c., indubbiamente più vicino allo svolgersi dei fatti in questione, nonché all'ex assessore alla pubblica istruzione del comune di Taranto dott.sa Anna Rita Lemma (PD), ora docente di lettere in un istituto superiore tarantino, ferma osteggiatrice della condotta ecologicamente irresponsabile dell'ILVA s.p.a. -Quali sono gli elementi che rendono l'Ilva di Taranto così pericolosa per la salute dei cittadini rispetto ad altri stabilimenti simili? A. Lemma-Le ragioni sono diverse. L'area industriale di Taranto è di va- Settembre/Ottobre 2012 stissime dimensioni , del tutto sproporzionate rispetto quelle della città con cui, peraltro, confina ; l'eccessiva vicinanza al popoloso quartiere Tamburi è l'altro motivo di estrema preoccupazione. L'intervento della Magistratura ha infine evidenziato l'inadeguatezza degli impianti, non a norma e quindi incompatibili proprio con la difesa della salute dei Tarantini. -Come mai, nella sua opinione, si è deciso di intervenire solo oggi? A. Lemma- In realtà la Magistratura negli anni è ripetutamente intervenuta , a partire dagli anni 80, quando cioè l'attuale stabilimento privato apparteneva ancora al gruppo IRI ed era quindi azienda di Stato. E' evidente , quindi, che a venir meno è stata la volontà di governare una politica industriale rigorosa in materia di ambiente e salute. Le Leggi italiane ed i Governi succedutisi non hanno vincolato la crescita produttiva di quell'impianto , autorizzandolo a produrre senza investire come dovuto in tecnologie adeguate. Anche la politica locale , Sindaci, Presidenti di Provincia e Presidenti di Regione non hanno saputo e forse voluto costringere i Governi centrali ad un'azione severa ; ecco perchè oggi appaiono deboli e subiscono l'accusa 4 di connivenza con una proprietà, il gruppo Riva, che ha preso tanto restituendo certo, posti di lavoro, ma anche rovine ambientali e malattie. La logica del massimo profitto è riuscita a prevalere e la città, silenziosa per tantissimo tempo, ha subito nel timore di perdere tanti posti di lavoro. -Mario Desiati, direttore editoriale di Fandango Libri e oriundo di Martina Franca, sulle pagine del numero de "L'Espresso" del 30 agosto definiva Taranto "la città attualmente più divisa in Italia, forse in Europa". E' vero secondo lei? E se sì, la frattura è solo tra ambientalisti ed operai che temono per il proprio posto o c'è dell'altro? A. Lemma- La conflittualità è da sempre una caratteristica di questa città che molto spesso non ha saputo fare fronte comune rispetto i propri problemi e nella ricerca , quindi, delle soluzioni più utili. Sulla questione ambientale a me sembra che lo scontro sia strumentalmente utilizzato da parte di chi fa fatica ad accettare che i Tarantini vivano ormai con insofferenza questa invadenza industriale; non è vero che un'acciaieria debba per forza inquinare ed avvelenare chi ci lavora e chi vive in quei luoghi; impianti in tutte le parti del mondo dimostrano il contrario; salute e lavoro , quindi, vanno insieme e chi si Anno VI Numero 1 ostina a riacuire lo scontro, mostra un approccio ottocentesco ai temi dell'industrializzazione. Il punto è un altro: Riva deve investire ingentissime risorse per adeguare la sua acciaieria ; il Governo deve essere forte e capace , tanto da costringere il privato a rispettare la Legge , quindi ad investire tanto e bene. Sarebbe davvero devastante se decidesse di abbandonare perchè quelle aree, come ho detto in partenza, estesissime , sono una vera bomba ecologica e Taranto non potrà mai avere le risorse adeguate per risanarle . Del resto il principio che , chi inquina paga, deve trovare applicazione. A me sembra quindi che forse, dopo tanti anni e per la prima volta, non solo la città abbia voglia di essere protagonista del suo futuro ma si sia ritrovata unita nel chiedere innanzitutto al Governo centrale attenzione, serietà ed una vera e moderna politica industriale. A. Di Leo- Credo che non sia tanto Taranto ad essere divisa quanto la popolazione della fabbrica. E gli impianti, da anni, ospitano operai che per la maggior parte arrivano dalla provincia. I tarantini hanno le idee ben chiare in questo periodo. Molto più di prima. Chi vive la città ogni giorno se ne accorge agevolmente. - Secondo lei, c'è il rischio che Riva chiuda definitivamente e licenzi tutti? A. Di Leo- Riva non ha mai minacciato di licenziare tutti. Il ricatto occupazionale striscia nel sottobosco dell'intreccio politica-aziendasindacato. Temo che l'Ilva da un momento all'altro possa annunciare il ricorso alla Cigs o alla mobilità, questo si. L'azienda punta al dissequestro, pare di capire. Perché il punto e' questo: Aia o no, autorizzazioni a produrre o no, si sta parlando di un'azienda Settembre/Ottobre 2012 5 sottoposta a sequestro penale: gli impianti sono ritenuti lo strumento di un inquinamento costante e addirittura giudicato ' consapevole. A. Lemma- Voci sempre meglio informate riferiscono di sì; si fa riferimento ad impianti in fase di costruzione in altri Paesi . Personalmente ritengo difficile che questo accada, soprattutto nell'immediato futuro e certamente potremo essere certi delle sue scelte solo in base al piano di investimenti che al momento non risulta essere stato opportunamente presentato. -Nel 2006 uno studio della U.E. quantificava il costo annuale dei danni apportati all'agricoltura e dei mancati investimenti sul territorio dovuti all'inquinamento (in Italia) in una cifra oscillante tra i 2,4 e i 17,3 miliardi di euro. Ma la stessa Unione non ha mai elaborato un piano per far fronte alla necessità incombente di bonificare le aree a rischio? A. Di Leo- Non mi risulta. Ci sono invece fondi disponibili per le produzioni eco compatibili. Quanto alla bonifica delle aree inquinate, il Governo italiano e la Regione Puglia hanno appena stanziato (spostando per lo più fondi da altri capitoli di bilancio) 336 milioni. Ma sono pochi rispetto all'entità del danno prodotto dal 1961 in poi (dal 1995 privato, sino ad allora siderurgico pubblico). -Allontanandosi dal caso particolare per avere una visione più ampia del problema, sempre L'Espresso intitolava "Puglia Avvelenata" uno degli articoli di punta del numero del 30 agosto. Nel servizio venivano messi in luce le caratteristiche e il grado di pericolosità dei siti industriali pugliesi che, a dir la verità, sono molti e non di piccola entità. Dalla Centrale termoelettrica dell'Enel (Brindisi), alla Cementir alla stessa Ilva in tutto se ne annoverano 498 tra Foggia e Santa Maria di Leuca. Perchè una tale densità di impianti proprio in una regione con un così delicato equilibrio ambientale? A. Lemma- Immagino che dipenda dalla sua posizione; tantissimi chilometri di costa ed aree portuali favorevoli per il deposito e lo stoccaggio dei materiali. Inoltre la Puglia solo negli ultimi anni ha scoperto la sua vocazione turistica prendendo consapevolezza delle sue innumerevoli potenzialità ; arte, storia, bellezze naturali e, non ultima, la sua splendida tradizione enogastronomica sono settori in cui si investe da pochissimi anni a questa parte. Prima era terra assetata di lavoro e fondamentalmente povera per cui tali insediamenti, allora, sono sembrati un'apparente risposta al bisogno di lavorare dei pugliesi. A. Di Leo- Perché la Puglia e' una penisola, perché i suoi porti sono geograficamente strategici, perché 60 anni fa la fame era tale da indurre a pensare che l'industria fosse miracolosa, non solo necessaria e inquinante. -Ci scusi la banalità, sig. Di Leo, ma Lei è pro o contro l'Ilva? Oppure, come pensa si possa risolvere il problema dell'inquinamento a Taranto? Anno VI Numero 1 A. Di Leo- Non si può essere pro e contro, in questa fase. Si deve essere lucidi e consapevoli. Ed io credo che l'Ilva debba rispettare la legge, seguire le norme che tutelano l'ambiente. E come l'Ilva anche l'Eni e la Cementir. E la stessa Marina Militare che per tutto il Novecento ha inquinato il Mar Piccolo. Taranto ha il diritto di pensare ad un futuro diverso ma anche il dovere di garantire il presente occupazionale. La linea sottile sulla quale stiamo camminando tutti, guardando giù il burrone, muove proprio su questo paradosso. Di pancia, sogno una città senza fumi e ciminiere. Razionalmente, spero che si possa trovare una soluzione eco compatibile. Ma servono persone serie e perbene in tutti i ruoli che questo dramma prevede. Servirebbe una politica di spessore, tanto per cominciare, che adesso non c'è. Ecco l'altro problema di Taranto. Non so come andrà a finire. Ripeto, stiamo parlando di una azienda sequestrata i cui capi sono tuttora agli arresti domiciliari. E leggendo gli atti della magistratura, e' difficile anche immaginarlo il dissequestro, oggi 21 ottobre. Settembre/Ottobre 2012 6 Anno VI Numero 1 “Non siamo venuti qui per sentirci bene” I l risveglio ad Oranienburg (35 km a nord di Berlino) è di poche parole, per noi 15 partecipanti al campo di lavoro. Chi resta in attesa degli effetti della caffeina con la tazza in mano -ormai vuota da un pezzo, chi se ne sta alla finestra a fissare il cielo uggioso delle sette del mattino, chi imburra distrattamente una fetta di pane, chi apparentemente sembrerebbe già in attività, in giardino, a gonfiare le ruote della bicicletta. Tutte le mattine, sotto il cielo della provincia berlinese, perlaceo e umido, eternamente autunnale, ognuno si concede del tempo per sé e con sé; per parlarsi e prepararsi con quella lucidità e quella presenza che solo dopo tanta esperienza saremmo riusciti a trovare durante il lavoro. Ogni giorno arriviamo al campo di concentramento, parcheggiamo con ordine le biciclette e popoliamo per primi il memoriale del campo di concentramento di Sachsenhausen. Ognuno ha il suo posto e le sue mansioni: chi studia in archivio, chi lavora nel museo, a chi toccano gli stranianti lavori di giardinaggio. Il museo e il memoriale non sono ancora attivi prima del nostro arrivo. Tutto sembra così assopito e lontano che non mi rendo conto, nessuno si rende conto: ci mettiamo all’opera quasi con allegria. Così quello che liberiamo dalle sterpaglie ci sembra solo un muro, malandato come tanti: non ancora la baracca. Scavando troviamo una scatola di fagioli vecchia cinquant’anni, che strano! Con cura e distacco la maneggiamo come i documenti in archivio, quasi convinti di essere i primi a toccarli. Torniamo nella nostra residenza chiacchierando ad alta voce in inglese: un nutrito coro di accenti non inglesi di quindici ragazzi e tredici diverse nazionalità. In queste occasioni , più volte ci siamo ritrovati a parlare, dopo una giornata di lavoro, di uno strano senso di disorientamento emotivo che pareva accomunare le giornate di tutti. Come dire, una specie di foschia mentale che non Claudia Severa ho saputo definire per molto tempo. Ora per provare a spiegare quello che ho provato, voglio risalire a un concetto che ci è stato essenziale per mettere a fuoco le nostre impressioni. Un professore danese ci ha parlato, a proposito della storia del campo di concentramento di Sachsenhausen, del concetto di storicizzazione: un processo che coinvolge noi, persone nate prima e dopo il 1945. I testimoni sopravvissuti, nostri contemporanei, presto non saranno più con noi, e quel passato che hanno reso presente per così tanto è destinato a diventare “storia contemporanea”, una sorta di presente immaginario che si fa lontano e sconfina nella memoria. Questa nuova consapevolezza crea in noi una coscienza storica. Tale acquisizione crea una memoria collettiva che riguarda un passato abbastanza vicino da generare spettri, fantasmi che non smettono mai di farci visita. Ebbene, ci sono dei luoghi in cui questa realtà “nel mezzo” che viviamo è messa costantemente di fronte ai nostri occhi. E’ esattamente questa la sensazione che non siamo mai riusciti a toglierci di dosso in quel posto: il costante senso di sospensione . Non sono riuscita, mai, a trovare un compromesso con me stessa. Passo tra le stesse baracche, varco gli stessi cancelli, schiudo le stesse porte, tocco gli stessi oggetti. Ma tutto odora di passato, di distanza; e troppo è stato manipolato. Costruzione e ricostruzione, rovine e allestimento, la realtà di un oggetto e il suo uso effettivo, la sua esposizione. Questa esibizione, questo sistematico esporre e chiarire non lascia spazio al vero orrore. L’orrore vero l’ho provato poche volte, ma come una fitta terribile, perché non lo stavo aspettando: taglio l’erba e penso al mio cane, ne parlo con la mia compagna coreana. In quel preciso istante mi capita di alzare gli occhi al cielo e sentire delle grida soffocate, l’eco di un pianto viene dalla baracca accanto. In quel preciso istante il “memoriale” diventa invisibile. “Sono in un campo di concentramento”, provo dolore. Quello stesso giorno un giornalista ci intervista. Ma sono troppo assorta e non ho molta voglia di parlare. Interrompo il colloquio dopo poco perché ho quasi la nausea. “Ma in fin dei conti, sapeva quale fosse il tipo di lavoro. Insomma, lei mi sembra afflitta. Ma è un lavoro così utile, entusiasmante. Sembra la prima volta che sente parlare di queste cose” ; Masha, la ragazza russa, spezza per me il silenzio –è quasi l’unica volta dopo quattro giorni che la sento parlare: “Credo che il punto sia: va bene così. Siamo venuti qui per sentire. Signor F., non siamo venuti qui per sentirci bene”. Settembre/Ottobre 2012 7 Anno VI Numero 1 UNA PICCOLA PREFAZIONE S ono più di dieci anni che mi occupo della Donazione Sangue nel nostro Istituto , ed ancora mi faccio prendere dall'emozione che mi coglie quando vedo i miei alunni e non , dedicare la mattina a fare qualcosa di meraviglioso per gli altri , per quelli meno fortunati di noi , per chi soffre ! Alcuni di loro riescono persino a vincere l' idiosincrasia che hanno verso gli aghi , i camici bianchi , la vista del sangue , pur di regalare un pò di vita a chi la vita la vede fuggire via ed attende solo un gesto per PROF.ssa RITA RENZI riuscire a tornare a sorridere ! Grazie , ragazzi , siete grandi ! Ieri c'è stata la prima donazione dell'anno scolastico ( la seconda ci sarà in aprile / maggio ) , ed abbiamo avuto la gradita sorpresa di avere tra noi la Preside del nostro Liceo , la quale si è commossa alla vista della numerosa e sentita partecipazione dei ragazzi : ha confortato chi stava donando , ha raccontato episodi della sua vita a chi vedeva un pò teso, insomma , ci è stata vicina , comprendendo bene l'importanza del gesto . Abbiamo avuto anche un espo- nente dei genitori , il primo in assoluto in oltre dieci anni di donazioni e, speriamo, il primo di una nutrita schiera di genitori donatori futuri . C'è stato anche chi , pur essendo pronto a donare , non ha potuto farlo , ma ciò nonostante ritengo sia egualmente encomiabile ! GRAZIE RAGAZZI ! La solidarietà di cui, oggi in particolar modo , abbiamo così tanto bisogno , vuol dire metter in comunione con l'altro un tratto della propria vita e voi siete CAMPIONI DI SOLIDARIETA' !!! TESTIMONIANZE Valerio Rosati III A Molti ,in qesta giornata ,hanno donato per la prima volta , ed io sono uno di questi . Pur avendo già fatto vaccini e prove allergiche ,devo dire che riempire un intero sacchetto da quasi mezzo litro , mi impensieriva un pochino ! Eppure , con la presenza di questi camici bianchi cordiali e disponibili , l'unico momento in cui ho ricordato cosa ero venuto a fare è stata la leggera puntura con cui ho iniziato ....ed un braccio un pò dolorante alla fine ! Diego Sibilia III A Anche svenire ha il suo perchè !!!! Davide Licci III A Nonostante sia agofobo , ho vinto la mia paura ed ho deciso di compiere un atto socialmente utile . Sicuramente è un'esperienza da rifare . Marco Guarneri III E E' bello, però fa senso ! Valeria de Angelis III E Sono fiera di me perchè , nonostante la paura , è la terza volta che dono e questo mi rende felice : sapere che questa mia piccola, bellissima azione potrà aiutare qualcuno in difficoltà . Alessandro Cirilli ( ex alunno ) Donare un decimo del proprio sangue è un piccolo gesto che può aiutare chi ha davvero bisogno .....La sensazione è quella di una iniezione di morfina ! Settembre/Ottobre 2012 8 Anno VI Numero 1 UNA PERSONA NORMALE...MOLTO SPECIALE D onare il sangue? Fossi matto! Ma hai visto che ago ti ficcano nel braccio? Senza dire che prima ti bucano il dito con una lancetta dolorosissima. No, non son mica un'eroe io! E per chi poi? Per qualcuno che manco conosco. No“Scusami ma stai dicendo un sacco di stupidaggini. Allora cominciamo dall'eroe. Chi dona il sangue non è mica un eroe, ci mancherebbe altro! Chi dona il sangue è una persona normale come me e come te, soltanto un poco speciale. Anzi questa è quasi la definizione che del donatore hanno adottato all'associazione Carla Sandri dell'Ospedale San Giovanni alla quale io sono iscritto. Quella definizione dice testualmente donatore di sangue: una persona normale...molto speciale. Mi hanno detto che l'hanno mutuata dalla definizione del pilota da caccia dell'Aeronautica Militare. Be' un poco speciale chi dona il sangue lo è davvero. Pensa un po': tu dai una parte di te, e che parte! La dai ad uno che non conosci, che non hai mai visto. E a te che te ne viene? Economicamente un bel niente. Anzi,quello che riceverà il tuo sangue non ti dirà nemmeno grazie. Perché? Perché è un gran maleducato? No, questo no. Non ti ringrazia semplicemente perché non sa chi quel sangue glielo ha dato. Be', al tempo d'oggi non c'è nessuno che fa niente per niente, contraddice ogni regola di mercato. E sì, il donatore è proprio una persona speciale. Tutto oggi gira intorno al dio denaro, ma torniamo invece ad essere umani. Il donatore di sangue è proprio uno che vuol tornare ad essere umano. Ma, venendo a noi, ho parlato prima di una persona che riceverà il Agostino Fremiotti sangue che tu hai donato, l'ho detto tanto per semplificare, ma non è così: non è una sola persona che tu aiuterai a guarire con la tua donazione ma le persone saranno diverse perché...” “Senti, smettila, non sprecare altro fiato tanto non mi convinci. A me quell'ago così grande non piace proprio. “ “Allora veniamo all'ago, anzi cominciamo con la puntura iniziale al dito. Serve per sapere se hai abbastanza emoglobina per poter donare. Non è che la prima delle tante analisi che ti verranno praticate e che ti verranno poi inviate a casa in busta chiusa o, se proprio lo preferisci, che potrai ritirare direttamente al centro trasfusionale dove sei andato a donare. La puntura al dito viene fatta con uno strumentino talmente sottile che assomiglia non ad uno spillo ma a mezzo spillo. Che male vuoi che faccia un cosino così. Ora veniamo all'ago per il prelievo, questo subisce tantissime procedure di affilatura che lo rendono del tutto indolore.” “Va bene, mi arrendo.” “No aspetta, non ho finito, ci sono tante altre cose che devi sapere. Allora ti stavo dicendo che con una sola donazione si possono aiutare più persone, è vero: il sangue intero viene diviso in tre sacche: in una vanno i globuli rossi che possono essere trasfusi a chi è anemico, nell'altra vanno le piastrine che verranno trasfuse a chi manca di queste piccole cellule tanto preziose che possono essere carenti per tanti motivi, ma soprattutto a causa di terapie antitumorali. L'ultima frazione è quella del plasma, questo a sua volta può essere frazionato nei suoi tanti componenti: gammaglobuline, fibrinogeno, fattori della coagulazione, tra cui i fattori per i bambini con quella brutta malattia che è l'emofilia. Quindi con una sola donazione si possono aiutare molte persone, e poi...” “Basta, basta, mi hai convinto.“ “No, permettimi di dirti altre cose. Finora abbiamo parlato, diciamo, di altruismo, ma c'è da dire anche qualcosa su chi il sangue lo dona. Bene, ecco una buona notizia: sembra proprio che chi dona sistematicamente il sangue, il cosiddetto donatore periodico, abbia una vita più lunga di chi non dona. I motivi sono tanti, il più evidente è che il donatore fa un controllo periodico del proprio stato di salute. Sì, i motivi sono tanti, ma a me piace sottolinearne in particolare uno: dopo la donazione ci si sente veramente contenti, e io penso che essere contenti di sé aiuta, e come, a vivere.” “Scusami, un' ultima obiezione: quello che dà fastidio è che per donare si deve essere a digiuno. Io se non mangio qualcosa al mattino sto veramente male.” “Anche questa del digiuno è una leggenda metropolitana. Prima di donare si può benissimo fare una colazione leggera, si può prendere un caffè, un tè o anche un succo di frutta insieme ad una o due fette biscottate. Quelli che vanno evitati sono il latte e i latticini. Se vuoi ti spiego il perché:” “No, no, Basta così, sei riuscito a convincermi. Domattina vado a donare.” “Non c'è bisogno che tu vada, presto verranno qui al nostro Istituto quelli del Centro Trasfusionale del San Giovanni con i volontari dell'Associazione Carla Sandri. Così non ti devi neppure scomodare.” Settembre/Ottobre 2012 9 Anno VI Numero 1 L'OROLOGIO R icordo come accadde. Mentre camminavo sotto porticati ampi e deserti, al riparo di un cielo grigio, mi trovai di fronte un uomo. Indossava un abito color topo e stringeva una logora valigetta. Sul suo viso si allungava un sorriso sottile, i suoi occhi affilati come coltelli. «Scusi» mi disse. «Stavo cercando proprio lei.» «Me?» «Questa consegna è per lei» mi rispose l'uomo. Mi guardai attorno; ero solo. «Consegna? Ma cosa sta dicendo?» L'uomo estrasse dalla valigetta un piccolo orologio da taschino dorato; le lancette scandivano il tempo in senso antiorario e al centro del quadrante erano presenti dei numeri. «Questo» continuò il signore «dovrà consegnarlo lei stesso a un suo amico. La persona a cui lo consegnerà, morirà allo scoccare dello mezzanotte del giorno zero indicato dai numeri del quadrante. E se non lo consegnerà, invece, sarà lei a morire.» Io non risposi. Quell'uomo doveva avere qualcosa che non andava. Ma mentre mi interrogavo sul da farsi, mi accorsi a stento dell'orologio che mi scivolava fra le mani. Quando alzai lo sguardo, non c'era più nessuno. Era come se avessi immaginato tutto. Tornai a casa. Osservai lo strano percorso delle lancette, il loro avvolgere il tempo in modo innaturale e inquietante. Provavo un senso di pericolo imminente: ma mi sbagliavo, mi dissi. Non poteva essere Nicola Savino vero ciò che aveva detto quell'uomo. Ma se invece non avesse mentito? Per salvarmi avrei dovuto regalare l'orologio a qualcuno: e se quel qualcuno fosse morto? Se mai fosse accaduto una cosa del genere, pensai, forse non avrei più chiuso occhio per i sensi di colpa. Ma non aveva senso rifletterci: non sarebbe accaduto nulla. Così presi l'orologio fra le mani, e, dopo avergli dato un ultimo sguardo, lo gettai in un cassetto. Quella notte non riuscii a dormire, mi svegliai urlando. Avevo sognato l'uomo con la valigetta: mi seguiva sotto un cielo d'inchiostro, e nel silenzio non si sentiva che il cupo rintocco di lancette lontane. Il giorno dopo cercai di non pensarci, e ripresi la mia vita di sempre; scuola, pranzo, compiti. Credetti di aver scordato quella stupida storia, ma d'un tratto, nel silenzio della mia camera, percepii il rumore del meccanismo dell'orologio. Tic. Tic. Tic. Feci finta di niente, ma dopo qualche minuto mi dovetti alzare. Presi l'orologio (allora mancava un giorno alla mezzanotte) e lo nascosi nelle profondità dell'armadio. Ma non riuscii a concentrarmi comunque: riaffiorarono i pensieri del giorno prima e sentii incombere le tenebre più nere. Negli occhi, solo l'immagine di una lapide e quel ticchettare malefico. Mi risvegliai che era domenica. Avevo lasciato l'orologio nell'armadio, ma l'orologio aveva lasciato in me una strana inquietudine. Il cielo era nero, pioveva. Al riparo di un ombrello, uscii per andare a messa. Nei dipinti che affrescavano le pareti della chiesa, però, non potei che notare un particolare molto strano. In un volto scorsi le stesse labbra sottili, gli stessi occhi piccoli e dardeggianti. E tutto questo all'ombra di un paio di grosse corna. Mi dissi che non era possibile: l'uomo con la valigetta assomigliava a Lucifero! Chiusi gli occhi, li riaprii. Sentii rimbombare Settembre/Ottobre 2012 10 nel silenzio il battere delle lancette. Appena fui a casa, recuperai l'orologio; mancavano solo pochi minuti allo scadere del tempo, e ogni tic nella mia testa si amplificava in una sentenza oscura. Tic. Tic. Tic. Gli occhi affilati e dardeggianti del diavolo che mi osservavano, un sorriso maligno sul suo volto. Una lapide e quel ticchettare che mi perseguitava e che mi stava spingendo sempre di più alla pazzia. Una risata malefica, il mio cadavere. Il cuore cominciò a battermi forte nel petto. Non aveva senso agitarsi tanto: era solo uno stupido orologio che funzionava male! Lo lasciai sulla scrivania e mi diressi nel salotto. Accesi la tv. Passavano i mi- nuti, ma il cuore non rallentava il suo battito e nella mia mente il diavolo affondava il suo coltello incandescente. Inquietudine, angoscia. E se fosse stato tutto vero? Sarei morto? No, no, no. Il battito del cuore accelerava. Mi alzai di corsa e recuperai l'orologio. Mancavano pochi secondi alla mezzanotte. Panico, paura. Mi avvicinai a passo svelto. Lo presi; lo gettai a terra; il quadrante si frantumò in mille pezzi. Le lancette si fermarono. E ora scende la notte e precipito all'inferno e sentirò il calore delle fiamme e un dolore allucinante e udirò urla ed echi e quell'orribile suono ¨C quel maledetto suono ¨C che fa solo tic tic tic... Ma l'orologio era ancora lì, sul pavimento, e io continuavo a fissarlo col re- Anno VI Numero 1 spiro mozzato. Dopo un momento di silenzio scoppiai a ridere. Risi come non mai; una risata acuta e nervosa, che fece rabbrividire persino me. Non potevo crederci: non era successo nulla ¨C sarebbe mai potuto accadere qualcosa? Nulla! E io ci avevo creduto? Mi ero fatto prendere dalla suggestione; perché di questo si trattava: di pura suggestione! Allora mi lasciai cadere sul letto, e continuai a ridere per minuti interi. Solo allora mi resi conto dell'ombra che si allungava sulle pareti della mia camera, e della valigetta che si posava sul pavimento. «Ciao» mi disse il diavolo. Smisi di ridere; e cominciai a urlare. Ciack, si chiude P Simone Marino & Davide Galeotti iù di 3000 film girati dal 1937 ad oggi, 90 candidature all'Oscar, 47 prestigiose statuette vinte per non parlare dei maggiori premi di cinematografia europei, 22 teatri di posa, innumerevoli collaborazioni con regie estere bisognose di un set d'eccellenza, un settore completamente dedicato all'elaborazione digitale, un'ampia formazione professionale fornita a generazioni di maestranze di scena (coreografi, costumisti, scenografi, fonici, ecc.) e tutto ciò non volendo menzionare la spinta economica data alla costruzione dal nulla del Quartiere Tuscolano. Questo, in breve, il curriculum dei magici, storici, venerati Studios di Cinecittà. Questo quel che tra poco, forse, andrà perso per sempre. Già, perchè gli Studi cinematografici alle porte di Roma, per decenni all'apice del prestigio, in declino dalla fine degli anni '60 e solo da qualche anno in parte risorti dalle proprie ceneri grazie alla modernizzazione di impianti e macchinari, stanno per chiudere definitivamente per far posto a chilometri quadrati di alberghi e centri benessere, ennesimo polo di cultura italiano vittima di un'amministrazione, quella dell'imprenditore Luigi Abete (proprietario dal '97 di Cinecittà Studios s.p.a.), avida quanto incapace di riqualificare ciò che già si ha, di elaborare un piano manageriale più complesso del semplice distruggere-ricostruire, nuovo e (rigorosamente) in cemento armato. Da sempre interessati al Cinema come branca importante della cultura contemporanea, noi di OndanomalA abbiamo deciso di dare risalto alle rivendicazioni dei lavoratori di Cinecittà (che, se gli studi chiudessero, perderebbero la propria attività oltre che la propria storia professionale) tramite un' intervista raccolta presso il presidio "Cinecittà Okkupata" che occupa pacificamente da ormai qualche mese l'ingresso agli stabilimenti: (intervista raccolta presso il sig. Guido Giovinazzi, tecnico di scena con esperienza pluriventennale a Cinecittà) Inviati OndanomalA- " Sig. Guido, perchè Cinecittà sta chiudendo?" G.G.- "Cinecittà sta chiudendo grazie ad una gestione ingiusta e insana degli Studi che ha creato, con la sua inefficienza, un calo della produttività degli impianti. Sembra quasi che questa crisi sia stata vo- Settembre/Ottobre 2012 11 Anno VI Numero 1 più economici rinunciando alle eccellenze di Cinecittà. Questo non è essere competitivi, ma portare la propria azienda al default." I.On.-" Cinecittà Shows Off, la mostra che da diversi mesi tenta di riavvicinare la gente agli Studios mostrandoglieli dall'interno non è quindi servita a ridare un pò di ossigeno alle finanze degli impianti?" luta e provocata ad arte perchè si creasse questa situazione in cui, per ricreare indotto qui negli studios, devono, dicono, essere costruiti all'interno alberghi e centri benessere per le produzioni ospiti. E' noto a tutti però che, quando una regia chiede di poter utilizzare i nostri impianti, cast e regia alloggiano nei vari alberghi della Capitale; non vedo dunque la necessità di cementificare in questo modo l'area. quei fondi statali che negli scorsi anni sono spariti (ammicca n.d.r.) per far sì che Cinecittà ridiventi set appetibile per le produzioni italiane e straniere; quindi i lavoratori, oggi finalmente riuniti in un unico documento sindacale, chiedono al sig. Abete che ceda il passo a persona più ferma e qualificata nel gestire la società." I.On.- "Chi sono quindi le persone che si sono schierate qui contro questo progetto lesivo dell'industria cinematografica italiana?" G.G-" Certo che sì, anche se alcuni servizi erano fin troppo compiacenti verso il progetto Abete. Qualche tempo fa su La Repubblica, Pupi Avati, dichiarava di aver dovuto lasciare la presidenza di Cinecittà Holding per l'inefficienza riscontrata nel menagement interno che penalizzava le piccole produzioni in favore di altre più facoltose che poi di fatto non hanno mai stipulato contratti fissi, causa i prezzi esorbitanti degli affitti dei teatri imposti paradossalmente per rimediare alla mancanza introiti." G.G.- "Innanzitutto, qui c'è una gran parte dei lavoratori di Cinecittà, intenzionati, con l'appoggio delle istituzioni, a difendere queste che sono testimonianze sacre per la cinematografia moderna e contemporanea e a lanciare un serio progetto di riqualifica della gestione degli studi che non preveda demolizioni o tagli dell'organico." I.On.- " Ma la vostra iniziativa non viene sostenuta dai Media?" I.On.- "Quale dunque la proposta delle I.On.- "E' per questo che per esempio maestranze nel caso Cinecittà non film recenti come Diaz hanno snobbato Cinecittà per essere girati in dovesse più chiudere?" paesi come Romania e Bulgaria?" G.G.- "Innanzitutto si potrebbero e si dovrebbero ristrutturare i teatri di G.G.-" Certamente. Tante produzioni posa e le apparecchiature con l'aiuto di sono state costrette a rivolgersi a studi G.G-" Al contrario: l'esposizione viene tutt'ora visitata da turisti e comitive ed è in parte servita a ricolmareil deficit di Cinecittà. E' un'ottima iniziativa e dimostra come non ci sia bisogno di parcheggi e alberghi per risollevare gli Studi, anche perchè una buona fetta dei terreni è già stata venduta a suo tempo per edificare il centro commerciale Cinecittà2." I.On.-" Peraltro tutto il Tuscolano gode di un'aria relativamente più pulita rispetto al resto della città anche grazie alla zona ricca di vegetazione degli Studi..." G.G.-" Verissimo, questa zona è, insieme al Parco degli Acquesotti, il polmone verde del quartiere. Anche per questo la nostra protesta è fortemente appoggiata dalla cittadinanza che, qui alla decima circoscrizione e nelle piazze della zona esprime il suo consenso verso le maestranze occupanti." I.On.-" Parlando per finire proprio delle autorità locali e quindi della X circoscrizione, come rispondono alla vostra iniziativa?" G.G.-" Anche in questo caso abbiamo il loro pieno appoggio, visto che ci hanno anche concesso l'autorizzazione all'occupazione di suolo pubblico per lo spazio dove abbiamo impiantato il nostro presidio. Speriamo quindi che anche con il loro aiuto il piano scellerato di Abete non Settembre/Ottobre 2012 12 venga attuato e che Cinecittà si salvi spendere di più per i teatri di posa. Più dalla chiusura definitiva." in generale, perchè in Italia sono così poco considerate le produzioni indiPer completare il nostro servizio e pendenti senza grandi sponsor alle ascoltare anche il parere di chi la ca- spalle rispetto, che so, alla Francia?" mera no ce l'ha materialmente in mano, abbiamo poi deciso di intervistare G.P.-" Quella del cinema è innanzitutto brevemente Giuseppe Piccioni, regista un'industria volta al guadagno. Peraltro affermato e autore del film "Il Rosso e in Italia ci sono poche risorse e tanti il Blu" (di recente uscita) presso la "Li- bravi attori e registi non hanno la forza breria del Cinema" (Trastevere, Via economica necessaria per emergere. In dei Fienaroli) di cui è proprietario: più adesso, improvvisamente in crisi, si è deciso di mettere al primo costo nella I.On-" Dott. Piccioni, come sa gli Studi lista dei tagli necessari il settore cultudi Cinecittà stanno chiudendo, o rale e questo non è affatto un buon sealmeno, questa è la notizia ufficiale. gno." Come vive questa situazione la comunità italiana dei registi e degli attori?" I.On-" Quale potrebbe essere quindi secondo lei una soluzione ai problemi G.P.-" La sensazione che si ha è che di Cinecittà e del cinema italiano?" non sia stato fatto tutto il possibile e che certi progetti siano stati portati G.P.-" Ci vorrebbe la bacchetta magica avanti con fin troppa disinvoltura. Ci- (ride n.d.r.) o, in alternativa bisognenecittà è già stata messa in ginocchio rebbe porre nei posti di responsabilità una volta dopo il '69. Speriamo che persone competenti che risolvano il questa volta non venga scritta la parola problema senza per questo tagliare fine su questa città del cinema ormai incontrollatamente. Riguardo poi al entrata nel mito. nuovo cinema italiano, ci si deve pur inventare un mercato: ovvero, si può I.On-" A Cinecittà ci hanno detto che anche girare un film, ma se non ritante piccole produzioni sono state bi- sponde agli interessi del momento inestrattate in favore di altre disposte a vitabilmente resterà lì in disparte... Anno VI Numero 1 bisogna lavorare di fantasia che è poi il nostro mestiere." I.On-" E ritornando al pezzo di storia del cinema che stiamo per perdere, perchè Cinecittà non attrae più neanche le grandi produzioni internazionali (l'ultimo regista straniero a girare un signor film negli Studios è stato Martin Scorsese con Gangs of New York nel 2002)?" G.P.-" Prima di tutto, da quando è finita l'epoca dei "colossal" in costume la necessità di avere un teatro di prova stabile è sempre più diminuita, e poi i costi sono quelli che sono, tanti (anche registi italiani) vanno a girare in altri paesi dove gli studi chiedono meno. La luce di Cinecittà si è opacizzata e non credo che nella cinematografia possa più brillare come una volta. Ormai gli Studios vengono usati per lo più per produzioni televisive. Eppure penso che possano continuare ad essere sé stessi in quanto cimelio inestimabile del cinema mondiale." Settembre/Ottobre 2012 13 Anno VI Numero 1 Cinep(h)ilo Simone Marino IL DITTATORE (di Larry Charles) Sacha Baron Cohen torna con una produzione più grande dei suoi due film precedenti. Interpretando un dittatore di nome Aladeen, ha cercato di frullare, in modo ironico, dentro il personaggio, i molto probabili comportamenti di tutti quei despoti che conosciamo molto bene e, agli italiani, per qualche piccolo particolare, potrebbe ricordare quello che da Grillo è stato soprannominato “Mister B”. Molto sessismo, molto razzismo, molte manie di grandezza, misoginia come se piovesse: un classico dittatore. Naturalmente, tante risate. Dall'inizio fino alla fine. Ma sono poche quelle provocate da espedienti intelligenti. Il resto di questi sono sì demenziali come in “Borat”, ma non, allo stesso tempo, ugualmente raffinate. Alla fine è quasi una semplice commedia all'americana. Il già citato “Borat” e “Bruno” sono lontanissimi. C'è da capire solo perché alcuni critici italiani osannino il cinema politicamente scorretto de “Il dittatore”, dopo aver demolito quello di Albanese in “Qualunquemente”. Mistero... e voto basso meritato: 5 MARLEY (di Kevin Macdonald) Bob Marley raccontato per filo e per segno in un documentario straordinariamente accurato. L'infanzia e l'adolescenza travagliate e minate dal razzismo, la scoperta della musica, le prime band. Tutta la sua breve e determinante vita filmata dal documentarista premio Oscar, Kevin Macdonald, che è riuscito a girare questo film con il permesso della famiglia Marley. Riprese tra la Jamaica e la Germania, tra il Regno Unito e gli U.S.A. Tutto meraviglioso. Inutile spendere alcuna parola sulle musiche. Voto 9. L'unico neo è il fatto che sia stato in programma solo un giorno perché evento speciale. I distributori forse non sanno che spesso, a metà giugno, alcune persone vanno al mare. PROJECT X – UNA FESTA CHE SPACCA (di Nima Nourizadeh) Un nano nel forno, uno gnomo da giardino pieno di extasy rubato ad uno spacciatore, ragazze che si tuffano in piscina nude (o quasi), un cinquantenne che vuole ridiventare adolescente per una notte, droga, alcool, droga, alcool e ancora tanta droga e tanto alcool. Tutto organizzato da tre sfigati con la “esse” maiuscola. Se Todd Phillips, regista di “Una notte da leoni” e “Parto col folle”, ci ha fatto sognare e divertire con quei suoi svitati personaggi immersi in clamorosi “trips”, qui, in veste di produttore, lascia la macchina da presa e l'affida all'esordiente Nima Nourizadeh, che ci trasporta completamente, grazie alla trovata del falso documentario, in una nottata epica. Le risate sono assicurate e senza freni. Sono perlopiù provocate dall'allucinata pazzia che generano alcool, droghe, ormoni, eccitazioni e sregolatezza. Soprattutto se questa è dettata da tre ragazzi che non l'hanno mai provata. Il film, pur dovendo rappresentare una festa selvaggia, non arriva ad un giudizio eccellente perché alcune cose sono totalmente fuori dalla normalità. Chi, però, è un fervido credente dell'irrazionalità, può benissimo farlo arrivare ad un voto più alto. Totale anarchia. Voto 6,5. Settembre/Ottobre 2012 14 Anno VI Numero 1 BELLA ADDORMENTATA (di Marco Bellocchio) UN AMORE DI GIOVENTU' (di Mia Hansen-Love) Vedendo un film del genere capiamo un'altra grande differenza fra il cinema italiano e quello francese. Tralasciando il fatto che da loro (come ha sottolineato Nanni Moretti all'apertura dell'ultimo festival di Cannes) “il cinema qui, a differenza di altri paesi, è un'industria finanziata e rinnovata che è parte integrante della società”, tralasciando solo questo fatto, si potrebbe iniziare questa recensione col dire che la trama di questo film è banalissima (da un punto di vista esclusivamente cinematografico, sia chiaro, e non umano): l'amore di una ragazza per un ragazzo. Un amore che si prolunga per dieci anni e che risale alla prima giovinezza. Un amore, appunto, di gioventù. Girato con estrema eleganza (che delle volte porta ad una troppa lentezza) e incentrato sull'interpretazione femminile (bellissima e bravissima Lola Creton), paragoniamolo, ora, all'unico film italiano che ha provato a raccontare un amore adolescenziale. L'unica cosa che mi viene in mente è “Tre metri sopra il cielo”. Non si vuole essere ripetitivi col commentare quel film. Però, vi invito a vederli tutti e due. Voto 3. Dio, no! Mi sono confuso. “Un amore di gioventù”, voto 7. L'ESTATE DI GIACOMO (di Alessandro Comodin) Ci si sente quasi come se si stesse spiando. Perché la macchina da presa, con lunghi piani sequenza e passaggi in movimento, sembra soltanto il terzo incomodo fra i due personaggi che popolano la scena. “Terzo incomodo” qui è inteso in modo positivo, non si fraintenda. Ma, davvero, da un lato ci si sente appagati nel vedere la felicità di questo ragazzo sordo, Giacomo, che da poco ha ripreso a sentire qualcosa, ma dall'altro si prova un po' di colpa nello stare lì in mezzo a tutta quella gioia. I giorni estivi trascorrono calmi sul fiume Tagliamento, dove lui e la sua amica Stefi vanno a divertirsi. Per un'ora è così: le loro escursioni, le loro risate, il loro ozio. Poi, negli ultimi venti minuti, Stefi lascia il posto a Barbara, anche lei affetta da sordità. E Barbara e Giacomo si amano. Un film (anzi, docu-fiction) che è una dichiarazione d'amore verso la vita e la natura e un affresco su come certe “barriere” possano non essere vere barriere. Bella anche la colonna sonora. Pardo d'oro al festival di Locarno e voto 8. Qui in Italia, come ormai succede da diversi secoli, la religiosità cattolica non sempre è un bene. Vedasi con “Habemus Papam” di Moretti: un elemento isolato se ne era uscito dicendo che era un film che non andava visto. Sull'ultima opera di Bellocchio, invece, prima ancora che venisse vista, si sono scatenate polemiche a non finire. E meno male che si crede in Dio, e non nella Chiesa. Altrimenti avrebbe già fallito come azienda. “Bella Addormentata” NON è un film su Eluana Englaro. Racconta le vicende di alcuni personaggi durante gli ultimi giorni di vita della ragazza. Un senatore della PDL in crisi di identità, che non sa se appoggiare la mozione per fermare la morte di Eluana; la figlia di questo politico, fervente cattolica, che protesta contro la fine dello stato vegetativo e che si innamora di un ragazzo pro-morte; uno psicologo dei politici, che vaga furbetto tra questi; una grande ex-attrice che ora è solo una madre troppo credente, con una figlia nelle stesse condizioni di Eluana; infine, un dottore che si prende cura di una tossicodipendente che vuole togliersi la vita. E' un film contrastante, che muove emozioni enormi e che tratta temi come la morte, la vita e l'amore. Ma soprattutto, è un film che parla dell'Italia, la vera bella addormentata, per Bellocchio. Dove un caso privato si trasforma in un caso pubblico, politico e religioso. E dove non esiste il rispetto per il pensiero altrui. Prove attoriali magnifiche (più di tutti Servillo, Herlitzka, Rohrwacher, Riondino, Falco e Sansa), potenti musiche comandate dagli archi e fotografia cupa orchestrata da un Daniele Ciprì in doppia veste al festival di Venezia. Niente leone d'oro. Premio Mastroianni per l' attore esordiente, impegnato anche nel film di Ciprì (Fabrizio Falco, che per quanto riguarda la recitazione giovanile del film, aggiusta il disastro combinato da Brenno Placido, figlio del più noto Michele). Voto 8,5. Settembre/Ottobre 2012 15 Anno VI Numero 1 Gatta... ci cova Caterina Gatta Bentor nati tra i banchi di scuola vecchi lupi e benvenute nuove reclute. Questa è una rubrica di poche pretese, con l'intento di ricollegare passo dopo passo la mia vita per Roma, città immensa che ogni giorno mi lascia instupidita per la sua bellezza e che ogni giorno m’innamora. Non faccio altro che presentare itinerari e curiosità, ma a volte lo vedo come il mio minuscolo tributo a questa città che mi ha regalato tanto, nonostante la frenesia, la cattiva amministrazione e tutti i problemi in cui è annegata. Oggi passeggiata strana, niente percorso indicato, niente indicazioni stradali, oggi ci affidiamo alla già straripante memoria di Caterina che scrive curiosità senza un nesso logico. No, forse non è il caso. Oggi...oggi...oggi il vento nei capelli, il rumore delle foglie dei platani del lungotevere che si muovono, oggi una grattachecca da sora Mirella e una serata da ‘freni e frizioni’. Oggi l'estate che se ne va. Il Tevere che scorre sotto i suoi ponti possenti. Oggi l'Isola Tiberina con i suoi alberi frondosi e i due ponti, Fabricio e Cestio, che la ancorano privandola della libertà di galleggiare, zattera sciolta, fino al lido di Ostia. Ponte Fabricio, anche detto ponte quattro capi su cui ancora camminiamo leggeri, inconsapevoli di calpestare quasi duemila anni di storia, deve il suo secondo nome alle quattro teste che ci scrutano all'ingresso. Secondo leggenda le teste rappresenterebbero i quattro architetti incaricati del restauro che ebbero vari conflitti in vita ma, fatti poi decapitare da Sisto V per condotta immorale, furono idealmente riappacificati dal papa ponendo le loro teste in un unico blocco di marmo. In realtà, la spiegazione è sempre meno poetica della fantasia delle leggende, e queste non sono altro che due erme di Giano quadrifonte. All’approdo dell’isola si può leggere al lato del ponte l'iscrizione di Innocenzo XI che si vanta di un restauro necessario e poderoso: “ Innocenzo XI Pontefice Massimo, in un unico ponte, i due Fabricio e Cestio che cadevano per la vecchiaia, oppressi dal peso, restituì al decoro primitivo (…)” L’isola secondo tradizione si è formata nel 501 poiché i romani dopo la cacciata di Tarquinio il superbo, gettarono il suo frumento nel Tevere, massa su cui si depositarono tutti i detriti che galleggiavano nel fiume creando un’isola. In realtà si tratta di un’isola di origine vulcanica, che venne poi sagomata a forma di nave, con al centro l’obelisco che avrebbe dovuto rappresentare l’albero maestro della nave, abbattuto in seguito dall’urto di un carro e fatto sostituire da papa Pio IX con un’edicola reggicroce. Sull’isola poi ci sarebbero tantissimi aneddoti, ma non posso permettermi un inserto sull’isola tiberina. Uno per tutti la simpatica ricorrenza della festa dei cocomeri, durante la quale, oltre ai banchetti di contadini romani, i ragazzi trasteverini si gettavano nel fiume per recuperare le angurie che gli spettatori divertiti lanciavano in acqua. Il gioco fu poi vietato perché i nuotatori erano spesso trascinati dalle correnti e a volte finivano malamente nelle ruote dei mulini, all’epoca numerosi in quel tratto di fiume in cui le correnti sono particolarmente forti. Bene, adesso vi consiglio una buona oretta di riposo al sole del piazzale posteriore dell’isola. Sdraiatevi sugli scalinoni con una comoda borsa sotto la testa e godetevi le ultime ore di sole, ricordo di un’estate ormai prosciugata; chiudete gli occhi e godetevi questo respiro di bellezza, di eternità, in una città che non potrete mai sentire così vostra. Settembre/Ottobre 2012 16 Anno VI Numero 1 Il rosso e il blu L a professoressa Calcagno entra in classe come una furia, durante l'ora di greco:- Ragazzi, ragazzi! Oggi pomeriggio dalle due e mezza in poi, qui a scuola, ci sono i provini per un film, “Il rosso e il blu” di Giuseppe Piccioni. Venite, mi raccomando!-. E andiamoci, mi dico. Alle due e mezza, al secondo piano, nell'aula che due anni fa era del III C, quella proprio accanto a dove siede ogni giorno la nostra Rosa, c'è una fila enorme. Tutti accalcati, tutti ammucchiati ed eccitati per quella cosa: un provino. Un provino per un film. Passa il tempo, non ricordo quanto precisamente. Ho in mente soltanto il momento in cui mi chiamano dentro. Ci sono una ragazza e un ragazzo che si aggirano tra i venti e i trent'anni. La ragazza è seduta, si presenta:- Ciao, io sono Chiara. Lui invece è Massimo-. Le presentazioni sono fatte e inizia il fatidico provino. Il nome, il cognome, l'attore preferito, il proprio rapporto col cinema e la recitazione. Poi Massimo scatta ad ognuno qualche foto. Loro due sono molto cordiali, ci fanno sentire a nostro agio. -Lasciate il numero di uno dei vostri genitori e forse sarete richiamati-. Ricordo bene che sono tornato a casa verso le cinque e ho pranzato. Qualche giorno dopo mia madre mi dice che l'hanno chiamata e che devo andare a fare un provino per la parte di Ciacca. Quando vado allo studio in Viale Giulio Cesare sono un po' emozionato. So già che molto probabilmente non sarò all'altezza, però, che mi importa? Dopo circa una settimana e mezza Simone Marino mi richiamano: c'è un incontro, sempre negli stessi studi, col regista e gli altri ragazzi. Insomma, alla fine, per farla breve, mi prendono. Come comparsa, ma mi prendono. Due settimane di lavorazione, esclusi i week-end. Mandano una mail a mia madre. Dovrò portare alla scuola in cui giriamo (la Manzoni, a Monteverde) una valigia con tutti i costumi richiesti: scene invernali, autunnali, primaverili, pre-estive, di mezza stagione... In più, poiché minorenne, ci dovrà sempre essere un adulto delegato da mia madre (quindi mia nonna) a presenziare, durante le riprese. E allora ecco che iniziano le giornate di lavorazione. Con il 75 vado, ogni mattina, da Santa Maria Maggiore a Monteverde. E il primo giorno sono felice di vedere alcuni ragazzi dell'Albertelli: Carlo Cozzolino, Luca Davoli e Lavinia Carpentieri. All'inizio siamo tutti quanti spaesati. Ci mandano dalla costumista per farle controllare i vestiti; poi ci trasferiscono al trucco, dove ci sistemano i capelli, quella poca barbetta che abbiamo e alle ragazze le truccano per bene. Ci dispongono quindi per i banchi, c'è un caos enorme... giriamo anche delle scene in esterna, all'entrata della scuola. Iniziamo con l'ultima (poi tanto sistemano tutto al montaggio...), quella in cui nell'ultimo giorno di scuola usciamo felici e urlanti. Subito dopo giriamo la prima, e già mi inizio a chiedere come gli attori non si confondano con le emozioni quando girano una scena dopo l'altra, con salti temporali giganteschi. E' forse in questa parte il momento più difficile di tutti (e stiamo solo al primo giorno): la prima scena del film è ambientata d'inverno. Nella realtà è luglio. E fa parecchio caldo. Tutti con maglioni, piumoni, scarponi e pantaloni lunghi. Ogni stop del regista, è come una visione mistica. Possiamo bere un po' e le truccatrici passano con i fazzoletti a tamponare il sudore, Settembre/Ottobre 2012 sempre più violento. Le giornate passano, conosciamo le altre scene da girare, conosciamo gli attori. Mentre c'è un attimo di pausa in classe (ormai eravamo diventati una classe vera, nel giro di un giorno e mezzo) chiacchieriamo un po' e entra dentro Scamarcio. Il tanto atteso Riccardo Scamarcio. Sì. Ma la vera star non è tanto lui, né tanto meno Margherita Buy. E' il maestro, la vera stella: Roberto Herlitzka. Personalmente non lo avevo mai sentito nominare. Ma Massimo, il ragazzo dei provini, che in fase di produzione è assistente alla regia, mi dice che è un noto attore teatrale e che ha acquisito parecchia fama con “Buongiorno, notte”, di Marco Bellocchio. Mi dice che è un film sul rapimento di Aldo Moro. Incuriosito, lo guardo. E resto a bocca aperta. Semplicemente fantastico! Quindi, mi riprometto di farmi fare una foto con lui... Nel frattempo le riprese continuano e sale la stanchezza, ogni giorno, sempre di più. Ma sale anche la voglia di fare, di stare dentro questo film. Ogni giorno siamo immersi dentro al set e capiamo cosa significhi girare un film. Noi siamo abituati ad andare al cinema, a sederci comodi, magari con una Coca o con i pop corn, e alla fine ad alzarci e a commentare, o a ridere. Ma fare un film non è solo mettere su un punto x la macchina da presa e a dire “azione”. Un film è fatto da quei ragazzi che portano i caffè, che magari sono pagati niente, da quei tecnici e da quegli elettricisti che sistemano i cavi, dalle truccatrici che ad ogni stop entrano in scena a sistemare qualcosa, dal direttore della fotografia che chiama un altro stop perché magari c'è una luce messa 17 male, da gente sempre incalzata, richiesta e in preda al panico. E tutto questo è buffo, visto dagli occhi di ragazzi che stanno lì quasi per caso. Arriviamo all'ultimo giorno. Siamo un po' in ritardo con le riprese e lavoriamo quasi fino alle otto di sera. Quando Piccioni urla “stop, buona!”, nasce un applauso spontaneo da tutti. Tutti felici, all'inizio. Ma poi capiamo che è tutto finito e che è l'ultima volta che camminiamo alla Manzoni di Monteverde. Non siamo poi così felici... Dopo un po' di tempo ci viene riferito che il film uscirà a febbraio 2012. Poi viene spostata la data: aprile. E ancora, poi, spostata: settembre. E il film forse va a Venezia. Purtroppo le cose non vanno così, ma ci si accontenta comunque. Su youtube e in tv arrivano anche i primi trailer. La felicità è alle stelle. Arriva poi la notizia che il lunedì 17 settembre ci sarà l'anteprima per la stampa al cinema Adriano (ah, dimenticavo di dire che un'anteprima per noi ragazzi già era stata fatta verso aprile, ma io ero in gita a Monaco; un'altra anteprima era stata proiettata per il pubblico al Nuovo Sacher, verso la fine di ago- Anno VI Numero 1 sto, ma io non lo sapevo e stavo al Barberini a vedere Batman... Va be'...). Arrivato all'Adriano, dopo un anno e mezzo rivedo finalmente tutti i miei compagni di film, di classe. Arriva anche Piccioni, sorridente, ci saluta tutti. E uno dopo l'altro arrivano Herlitzka, Scamarcio e Buy. Al primo, appena arriva, mi ci precipito davanti. E, finalmente, dopo che per due settimane non ero riuscito a chiedergliela, conquisto una foto. La stessa cosa vale per la Buy. Insieme agli altri facciamo foto anche con i giovani protagonisti del film, bravissimi(Silvia D'Amico, per la prima volta sullo schermo, Nina Torresi, già vista ne “La bellezza del somaro”, e Davide Giordano, figlio di Albanese in “Qualunquemente”). Finite di fare le foto, ci si avvicina una donna della produzione che ci informa che abbiamo due possibilità: entrare in sala a vedere il film oppure restare fuori e fare le foto col cast per i fotografi. Decidiamo di stare fuori e la prima visione, per quanto mi riguarda, salta ancora. Intanto il tg3 fa anche un'intervista a noi ragazzi. Verso mezzogiorno e mezza c'è la conferenza stampa con regista, produttori, attori, distributori, giornalisti: domande su domande (anche un pochino banali), risposte su risposte. Tutto questo è successo in poco meno di un anno e mezzo: e ora, venerdì 21 settembre 2012, data ufficiale dell'uscita nelle sale, sono le 20:30 e mi trovo al cinema Giulio Cesare, per la prima del film aperta al pubblico e col regista. Buona visione. A me... Ma anche a voi. Settembre/Ottobre 2012 18 Anno VI Numero 1 Crescere CoscienziosaMente L a tanto vaneggiata superiorità del liceo classico, a dire di noi stessi che lo frequentiamo, consiste nel farti "aprire la mente". Ma cosa vuol dire? E sarà vero? Secondo me lo studio della filosofia e della cultura occidentale fin dalla prima antichità (letteratura greca e latina) in effetti è un ottimo strumento per comprendere la realtà che ci circonda, cogliere le similiarietà fra gli avvenimenti storici e quello che accade oggi e, soprattutto, per creare quella che potremmo definire "una coscienza critica". Una coscienza critica è ciò che ti permette di leggere una poesia e trarne il significato che preferisci ma anche di leggere un articolo di un qualsiasi giornale e distinguerne i fatti dalle invenzioni e manipolazioni mediatiche che tanto dilagano al giorno d'oggi. Comunque c'è da considerare il fatto che siamo un popolo di amanti del calcio e dei reality show, si dà eccessivo valore ai soldi che sembrano essere il bene supremo e spesso si pensa, anche se non lo si dice "se posso rubare rubo, perché lo fanno tutti"; questo è il modo d'essere che va per la maggiore. Sta a voi giudicare la moralità di questo genere di ragionamenti ed anche se ci sia la necessità di un'inversione radicale di tendenza. Metteteli dunque in parallelo agli scandali politici, che sono una specie di pozzo profondo in cui guardando dentro rimani attonito, a dir poco privo di speranze. E pensi: "non basterebbe il cratere di un vulcano per G.Noviello contenere tutta questa ..." diciamo, per non essere volgari, "cacca". Mi chiedo sempre più spesso quanto la politica e i problemi sociali influenzino la vita dei giovani. A volte penso "per niente" e mi dispiaccio, quasi tremo. Tremo in quanto la nostra vita, l'obbiettivo della specie umana, è il miglioramento. Per migliorarsi in un paese come questo, affondato in un pantano così profondo creato dalla coppia fissa corruzione-omertà, è fondamentale una e una sola cosa più delle altre: imparare a ragionare con la propria testa. E' difficile perché, pur frequentando il Classico, nessuno ti insegna direttamente questo, né -a parte rari casia fare una critica o a fare un commento personale. Ma ce lo insegna la Storia, che l'ignoranza rende forti i padroni e piega la schiena al popolo. Il "tripharmakon del padrone" ce lo ha trasmesso Orwell: "Ignorance is Strength, Freedom is Slavery, War is Peace". E l'ignoranza dilaga in Italia; anche se il fenomeno dell'analfabetismo è praticamente scomparso, l' illetteratismo, o analfabetismo funzionale, è presente e più forte che nel resto d'Europa e consiste nell'avere le capacità minime di lettura, scrittura, calcolo ma senza saperle applicare in modo funzionale alla vita quotidiana. Capite da soli quanto possa essere facile da una parte manipolare e dall'altra essere manipolati. A questo punto bisogna convincersi che noi, futuro del paese, possiamo fare meglio di Settembre/Ottobre 2012 come è stato fin'ora, se ci sorreggiamo sulla cultura, l'impegno, il rispetto e l'onestà, evitando di farci strumentalizzare e di essere solo "la massa" che si fa portare da una parte e dall'altra perché incapace di avere e sostenere delle idee. A volte infatti sembra che alla maggior parte delle persone non vada affatto di pensare. Noi dobbiamo esigere un futuro migliore, anche se a livello occupazionale per esempio si prospetta addirittura peggiore del passato. Siamo in un periodo di crisi, è vero, ma determinata da un modello di società razionalmente sbagliato, basato sul consumo, pur sapendo che le risorse sono minori del fabbisogno totale; eppure qui mangiamo, mangiamo, mangiamo, e in altre zone del mondo non c'è il minimo necessario per vivere. Hanno continuato a "mangiare" fino a indebitarsi e poi hanno detto ai cittadini che sono loro a dover pagare il debito (il debito pubblico in Italia è pari a 30.000€ per ogni persona, neonati compresi). Io l'unico spiraglio di luce lo vedo negli occhi dei giovani che, usando la Propria coscienza e la Propria opinione, decidono di non accettare la situazione. Mi spaventano tuttavia quella schiera di giovani asserviti a certi movimenti di estrema destra, che sanno solo ripetere ciò che vien loro impartito senza saper fare un'analisi storica e quindi riconoscere i fatti dalle menzogne. Li riconosci: sorrisi beffardi di chi ha la sicurezza di avere sempre le 19 spalle coperte; sono quelli che quel giorno a Piazza Navona si sono scontrati con caschi e sbarre di ferro contro gli studenti in protesta, e che nel frattempo i poliziotti in qualche modo tutelavano. Sono anche quelli che affiggono ILLEGALMENTE i manifesti intorno alla nostra scuola, con degli slogan equivoci e ingannatori, che celano gli intenti reali. In Italia infatti nonostante esista il reato di apologia del fascismo, esso è strutturato in modo tale da permettere comunque in sostanza l'associazione a gruppi di stampo fascista (ricordate che comunque è una legge creata da Mario Scelba il 20 giugno del 52', il quale faceva parte della DC e si era distinto come nemico del comunismo). Il primo articolo di questa legge dice: "..si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza Anno VI Numero 1 quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista." Mai notato niente del genere ? Ad ogni modo badate bene a non cadere nei tranelli di motti come "no alla scuola dei baroni" e simili; e ricordate sempre che la nostra Patria, la nostra Costituzione, la nostra Scuola, che non a caso si chiama Pilo Albertelli, sono antifasciste, libere, laiche, e sono ciò che dobbiamo difendere. Se saremo gli intellettuali di domani, non aspiriamo alla classe dirigente, aspiriamo a una società migliore, aiutiamo dunque così nuove coscienze a formarsi, difendiamo e riportiamo in auge i valori della Resistenza, questo è il vero compito che ci aspetta, come intellettuali. Settembre/Ottobre 2012 20 Scatti da matti Foto IV Ginnasiali Anno VI Numero 1 Settembre/Ottobre 2012 21 Anno VI Numero 1 Settembre/Ottobre 2012 22 Anno VI Numero 1 Il Pilo veste PRADA ! Paola Guarneri N uova rubrica di moda e beauty a che vi terrà aggiornati sulle tendenze stagionali … trattando degli argomenti più disparati , potrebbe essere una valida fonte di ispirazione e informazione. [TRENDZ] autunno-inverno 2013 Make-up … it’s all about Focus: tutto sta nel focalizzare l’attenzione sugli occhi e/o sulle labbra: on Lips : le labbra sono messe in primo piano con l’utilizzo di rossetti sui toni del color bordeaux-vinaccia , esclusivamente matt ( si adattano moltissimo a chi ha una carnagione molto chiara) lasciando gli occhi e l’incarnato molto naturali. Trend utilizzato sulle passerelle di Nina Ricci e Gucci. On Eyes : il trucco ad alone sui toni caldi come il marrone è un trend sofisticatissimo, sta bene infatti con qualunque colore di occhi e dona molta profondità allo sguardo. È perfetto sulle labbra un rossetto nude. On Lips and Eyes : occhi segnati da eyeliner stile anni ’50 con codina all’insù e bocca a cuore . Make-up che racchiude il trend 2012 delle labbra aggiungendone un altro: l’eyeliner geometrizzato e spezzato . Bye, bye alla linea nera, sottile e sofisticata alla Audrey Hepburn. Hair : UP! I capelli sono raccolti sulla nuca molto lenti e formano una cipolla disordinata, molti ciuffi di capelli sono lasciati cadere ai lati; velocissimo da fare e decisamente glamour! Fashion outfits : Rock style - [go dark!] Abiti con linee pulite ma che virano al dark ; accessori borchiati abbinati a pants In pelle con larghe magliette o bluse, il tutto abbinato a stivali larghi con cinghie. - [Punta sulle calze!] Abito classico sul nero cui vuoi dare un po’ di vita? Indossa delle calze degne di attenzione: rosse o gialle o, se sei disposta a esagerare, opta su colori fluo. Direttore: Davide Galeotti - II A Impaginazione e grafica: Salvatore Diocaro - II E Fotografia: Paola Guarneri - II E Redazione: Ilaria Catanzaro - III E Davide Galeotti - II A Adriano Mamone - I A Claudia Severa - III E Arianna Turchini - II E Caterina Gatta - III C Simone Marino - I C Filippo Cicchetti - I E Chiara Valeri - I E Giulia Parenti - II B Silvia Pellegrini - I E Hanno collaborato: Prof. Agostino Fremiotti Prof. Rita Renzi G.Noviello - II A Nicola Savino - I C Dario Amodio - I C Settembre/Ottobre 2012 23 Anno VI Numero 1 La posta del Pilo Lentamente ma inesorabilmente comincerò a sentire la mancanza di questi corridoi e di coloro che li hanno attraversati in questi cinque anni... Ora ti guardo e mentalmente ringrazio tua madre per aver messo al mondo un figlio così figo. Caro ragazzo del II E, sei il dio che salva le mie giornate uggiose. Che ne dici di incontrarci alle macchinette del 2° piano per un caffé? Un'ammiratrice molto, ma molto segreta Chiedo cortesemente ai/alle ragazzi/e del Pilo di evitare di fumare in bagno durante la ricreazione: si creano file lunghissime ed è impossibile tornare in classe in breve tempo. Se vi manca la sigaretta, esiste un apposito cortile poco distante. Ma sì, ammassiamo massivamente una massa di massoni nel Massachusetts Kant, sei il mio incubo! “Martina Z. I E sei troppo bella, me fai impazzì” Dal tuo ammiratore più grande, “mannarino”- PS- ci vediamo il 26, fatti bella per me! “Ti dichiaro guerra, Imperatore Palpatine!” by Giulio Cesare imperator XCV! Armagnocchi! by Lucy “Marta Modesti ti aspetto in I C...” R.D.- rimarrei ore saldato ai tuoi occhi! Galeotto anticaglia! Sotèr occhio al sacco ;) @Matteo/Rocky; Balboa aveva Adriana e te??? Giulio marinaio! Giulio toccalegno; anche quest’anno vinceremo insieme! Damiano finalmente in pantaloni normali! Sara Faraone! “Pistilli culturista! <3” “Szemone Marino sei il mio sogno ricorrente” by trottolino amoroso Davide pompati di meno!!!! Carlotta non avrai mai la mia maglietta ! “Dario Amodio sei un fregno” by quello che non ti aspetti Sudati Sudoku LIBER IL DARK SIDE DEL GIORNALE DEL PILO ALBERTELLI DI ROMA MENTE FRIZZI, LAZZI, POESIE DA RIDERE, COMICITA' DA PIANGERE APPARENTI SCEMENZE, LATENTI GENIALITA': LIBERATE LA MENTE! Ipse Dixit Frasi memorabili & strafalcioni di studenti e professori Prof. D.: "Se ogni parola esiProf. D.: "La cosalità della cosa!" stesse, allora anche "Truglù" sarebbe nel dizionario" Prof. C. : il "cum" narrativo è come il prezzemolo, sta dappertutto! ... Perchè Epicuro praticava l'Hakuna Matata. Prof. C.: "Ragazzi, oggi dobbiamo fare un test; so che avreste preferito Prof. A: "ah, scusate, ho sbaun toast, ma avrete un test!D: gliato classe, ma ci vediamo la prossima ora, A FRAPPE'!" Prof. A: "Ragazzi, la parabola è sempre rivolta verso l'ano (*l'alto)" Prof. M.: "Ma santa Madonna! E qui mi autoinvoco!" Prof. C: "Bè in effetti Newton era un persona decisamente SPIGOProf. M.: "... e poi nell'anno 33 LOSA" muore un signore di nome Cristo." Prof: Se non compattassimo i carboidrati in glicogeno e il glicogeno in grassi... rotoleremmo per strada; saremmo dei Barbapapà!!! Prof: Cicerone cita Eraclito Alunna: E come mai non lo Tarzan invece???? Classe: O.O