Tagli, il piano in due tempi
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Tagli, il piano in due tempi
LUNEDÌ 7 APRILE 2014 ANNO 53 - N. 14 www.corriere.it Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Piazza Venezia 5 - Tel. 06 688281 Roncalli e Wojtyla Il cardinale Poupard: «I miei due Papi santi» Oggi su Risparmio Rendimenti bassi: come guadagnarci Salone del Mobile Idee e produzione L’energia creativa Armando Torno a pagina 25 CorrierEconomia Drusiani, Marvelli e Sabella nel supplemento Da domani in regalo uno speciale di 80 pagine SANITÀ E SPRECHI L’EQUITÀ NEGATA Giannelli Riforme Brunetta attacca: l’ex sindaco vuole distruggerci di TOMMASO LABATE A PAGINA 8 Riforme: Forza Italia è divisa sulla linea da tenere con la maggioranza. Il governo, nell’eventualità che Berlusconi si sottragga all’accordo sancito con Renzi, il «patto del Nazareno», lancia un avvertimento. Il ministro Maria Elena Boschi: «Se Forza Italia dovesse sfilarsi dall’accordo, i numeri per andare avanti ci sarebbero comunque». «patrioti» in cella, i «serenissimi»: episodi da decifrare. Ma il popolo veneto non va criminalizzato. A PAGINA 33 - A PAGINA 9 Marco Cremonesi Il premier: sforbiciate su Motorizzazione e consorzi di ANTONELLA BACCARO Coppa Davis, Italia in semifinale dopo 16 anni Titoli di Stato T agli alla spesa pubblica: il viceministro Enrico Morando spiega che le operazioni quest’anno saranno straordinarie, ma diventeranno strutturali entro il 2016. Il premier Matteo Renzi: sforbiciate su Motorizzazione e consorzi. Quei risparmi per 3 miliardi sui tassi ALLE PAGINE 2 E 3 Piccolillo A PAGINA 3 di STEFANIA TAMBURELLO REUTERS / ALESSANDRO BIANCHI e CIRO DE LUCA A PAGINA 5 Galluzzo, S. Rizzo Impresa di Fognini I Risorge il tennis mpresa degli azzurri del tennis in Coppa Davis: battuta (3-2) la Gran Bretagna a Napoli. Fognini, sostenuto dall’amica Flavia Pennetta (nel tondo), ha travolto Murray. Di Seppi il punto decisivo. Italia in semifinale dopo 16 anni. di ROBERTO PERRONE A PAGINA 49 © RIPRODUZIONE RISERVATA di SERENA DANNA CONTINUA A PAGINA 33 I Tagli, il piano in due tempi Ma la Silicon Valley è conformista? opo le dimissioni di Brendan Eich, il ceo di Mozilla, organizzazione per il software libero, costretto a lasciare per le sue posizioni contro i matrimoni gay, sono in tanti a chiedersi se il conformismo liberal non si sia impadronito della Silicon Valley. Eich, stimato professionista della programmazione e inventore del linguaggio Javascript, è stato licenziato per aver finanziato nel 2008 la Proposition 8, il referendum popolare che fino allo scorso anno ha reso illegale in California i matrimoni tra persone dello stesso sesso. di MARZIO BREDA Parla Morando (Economia): operazioni straordinarie nel 2014, strutturali entro il 2016 La più grande democrazia al mondo Il voto lungo un mese della nuova India di DANILO TAINO L’ India al voto per la svolta. Le elezioni dureranno fino al 12 maggio. Dopo dieci anni di coalizione, il partito del Congresso, gestito dall’indipendenza del 1947 dalla dinastia Nehru-Gandhi, scivola verso una sconfitta storica. Il favorito, Modi, punta per vincere su valori e crescita. A PAGINA 12 Il manager costretto a lasciare Mozilla per le sue idee sui matrimoni gay D IL VENETO? UN ERRORE COLPEVOLIZZARLO DA PAGINA 6 A PAGINA 11 L’inchiesta Il caso «Bimbi adescati» Arrestato l’ambasciatore in Turkmenistan Dama bianca Il mistero della cattura anticipata di FIORENZA SARZANINI di FULVIO BUFI ALLE PAGINE 18 E 19 Caccia dejavu.it Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano 9 771120 498008 40 4 0 7> frastrutture, ricerca, personale e accesso alle cure più innovative». Non è un risultato scontato, visto che anche in questa materia lo Stato, a causa del Titolo V della Costituzione, deve scendere a patti col sistema delle autonomie, ma è il minimo che si possa fare. Secondo il rapporto del commissario per la revisione della spesa, Carlo Cottarelli, l’incidenza della spesa sanitaria pubblica sul Prodotto interno lordo è salita dal 5,7% del 2000 al 7,1% del 2013. Dal 2009 le uscite non crescono più, essendosi fermate intorno a 111 miliardi di euro l’anno, ma il peso sul Pil, dice il commissario, deve scendere se l’Italia vuole riuscire a ridurre le tasse. Si può fare, a partire dall’applicazione di criteri uniformi negli acquisti (costi standard), dalla famigerata siringa agli appalti più importanti. E invece, proprio a causa della gestione inefficiente della Sanità, metà delle Regioni sono commissariate, col risultato che i cittadini pagano pesanti addizionali Irpef per coprire i buchi di bilancio. Il tutto mentre il 50% degli assistiti e il 70% delle ricette sono esenti dal pagamento del ticket, con punte dell’86% nel Sud. Uno spreco inaccettabile ai danni degli onesti: prestazioni regalate agli evasori mentre c’è chi non ha i soldi per andare dal dentista. Il Def che Renzi varerà domani sarà diverso dai precedenti solo se conterrà un credibile percorso pluriennale di tagli strutturali della spesa pubblica, come premessa di altrettanti tagli permanenti delle tasse. Non ci possono più essere zone franche. È stato lo stesso Renzi a dirlo, ponendo giustamente anche il tema delle spese militari. Sanità e pensioni sono i principali capitoli di spesa del bilancio. Tutti sappiamo che contengono ampie sacche di spreco. Adesso vanno rimosse. Boschi: andiamo avanti anche senza di loro su Senato e legge elettorale Forza Italia divisa sul patto con Renzi Ultimatum del governo a Berlusconi di ENRICO MARRO I Servizio Clienti - Tel 02 63797510 mail: [email protected] Del lunedì NON È SOLO UNA QUESTIONE DI NUMERI n queste ore alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Economia si stanno facendo le ultime verifiche sul testo del Def, il Documento di economia e finanza che domani verrà approvato dal governo, il piano triennale che, nelle intenzioni di Matteo Renzi, dovrà conciliare il rilancio della crescita con il rispetto del percorso di risanamento dei conti pubblici («non perché ce lo chiede l’Europa, ma per i nostri figli»). Al centro della manovra per il 2014 ci sarà il taglio, da maggio, delle tasse di 80 euro al mese per i lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 1.500 euro netti, ha promesso lo stesso presidente del Consiglio, per un costo su base annua di 10 miliardi. Per il periodo maggio-dicembre il governo deve quindi trovare 6,6 miliardi per finanziare lo sgravio Irpef. Le coperture ci sono tutte e verranno dai tagli di spesa, assicura Renzi. La credibilità dell’operazione bonus in busta paga si misurerà, in Italia e in Europa, proprio su questo, cioè su quanta parte delle risorse necessarie a far salire gli stipendi medio-bassi verrà da riduzioni permanenti della spesa pubblica. Il presidente e il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan dovranno saper respingere i veti dei ministri. Non ci possono essere capitoli di spesa esclusi a priori, nemmeno la Sanità, dove gli sprechi sono doppiamente gravi, perché tolgono risorse preziose che potrebbero essere impiegate per migliorare un servizio fondamentale che, in tante parti d’Italia, è a livelli ancora inaccettabili. È vero, il ministro della Sanità è impegnato in una trattativa con le Regioni per un nuovo Patto per la Salute che faccia risparmiare «dieci miliardi di euro in tre, quattro anni» da investire, spiega Beatrice Lorenzin, nello stesso settore «in in- In Italia EURO 1,40 Elezioni politiche L’ultradestra non sfonda in Ungheria di PAOLO VALENTINO Design ed Expo LE LUCI DI MILANO, LE SPERANZE DEL PAESE di BEPPE SEVERGNINI D iciotto milioni di euro solo per aperitivi e cene. Non è, per fortuna, il supremo, vergognoso eccesso di qualche Consiglio regionale. È la somma che verrà spesa a Milano durante il Salone del Mobile (9-14 aprile), e va ad aggiungersi ad altri dati strabilianti, in questo momento economico: 730 eventi in programma, 300 mila visitatori attesi, oltre 160 milioni di euro in arrivo per alberghi e alloggi in affitto. Salone del Mobile è un nome riduttivo. Poiché non si può cambiare, eliminiamo la preposizione: Salone Mobile. In fondo, da anni, scuote e mobilita la città. E come la festa di Hemingway, impreziosita dallo stesso aggettivo, segna uno scarto d’umore. Se Milano, negli anni Dieci del XXI secolo, trovasse l’energia di Parigi negli anni Venti del XX secolo, l’Italia cambierebbe passo. Le due cose — umore e passo — vanno insieme, infatti. Non si può correre tristi. CONTINUA A PAGINA 27 A PAGINA 13 con un articolo di Annachiara Sacchi PRENDI NOTA, DAI IL TUO 5x1000 A FISM. Non dimenticare questo numero quando andrai a firmare per il 5x1000. È il numero che ogni ann o ci aiuta a finanziare la ricerca co ntro la sclerosi multipla. Scegli anche tu di donare il 5x1000 alla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla, firmando sulla dichiarazione dei redditi nel riquadro “finanziamento della ricerca scientifica e della università” e inserendo il codice fiscale 95051730109. Anch’io ho scelto di vivere in un mondo libero dalla sclerosi multipla. (Gaia Tortora) www.aism.it numero verde: 800.094.464 Codice Fiscale FISM: 95051730109 A PAGINA 21 2 Primo Piano Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Il governo I conti pubblici Il Def Taglio Irap per sei mesi E arriva la stretta sugli statali ROMA - Stretta finale sul Def (documento di economia e finanza) che il governo intende presentare domani e che conterrà stime della crescita del Pil dello 0,8% e del rapporto deficit/Pil del 2,5-2,6% (1,8% nel 2015). Il governo ieri ha confermato che intende procedere al taglio del cuneo fiscale per 10 miliardi (a regime) a maggio e a quello dell’Irap del 10% (a regime). Il primo dovrebbe riguardare tutti i redditi fra gli 8 mila e i 25 mila euro con un beneficio massimo di 80 euro sui più bassi. Esclusi gli incapienti(quelli con un reddito fino a 8 mila euro, che sono esentasse). L’Irap costerà un miliardo, recuperato dall’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Le coperture, è ormai certo, verranno prevalentemente dalla spending review che potrebbe attestarsi tra i 4 e i 5 miliardi. Cinque i macrosettori presi nel mirino dal commissario Carlo Cottarelli: gli stipendi della pubblica amministrazione, i costi della politica, le spese per consumi e e per trasferimenti, i tagli nei ministeri. Il governo è tenuto a recuperare, senza però misure strutturali, anche un miliardo per la cassa integrazione in deroga, 800 milioni per i mancati tagli alle detrazioni e probabilmente un altro miliardo per le spese incomprimibili, come quelle per le missioni dei militari. Il conto dunque arriva a circa 8 miliardi. I tagli alla pubblica amministrazione dovrebbero aggirarsi sui 350-400 milioni e riguardare le retribuzioni dei dipendenti superiori ai 70 mila euro e quelle dei dirigenti ministeriali, con un criterio di gradualità. E’ possibile cioè che per gli apicali (circa 400) si applichi il tetto dello stipendio del primo magistrato di Cassazione (311 mila euro) o quello del presidente della Repubblica (240 mila). Per quelli di prima e poi di seconda fascia ci sarebbe una riduzione del 20% e del 15%. Dalle spese per gli acquisti e per i trasferimenti si recupererebbero circa 1,5 miliardi. Quanto ai tagli ai ministeri, i 500 milioni richiesti a Difesa e Sanità sono quelli che per ora creano maggiori polemiche. Per ciascuno degli altri ministeri il risparmio si aggira sui 100 milioni. A. Bac. Revisione della spesa Le nuove stime I tassi 2,2 EFFICIENTAMENTO DIRETTO Acquisti e appalti on line* +0,8% previsione di crescita 2014 per l’Italia Stipendi dirigenti* RIORGANIZZAZIONI Spese enti pubblici* 1,0 0,5 0,8 0,3 0,2 0,1 0,3 0,2 0,4 2,0 RIDUZIONE TRASFERIMENTI 2,6% stima rapporto deficit-Pil commissione Ue per il 2014 Sanità* 1,0 0,5 0,5 0,1 0,3 1,8 Pensioni * TOTALE 1,0 2,0 SPESE PER SETTORI Difesa* 1,8 0,4 COSTI POLITICA Rendimento Spread con i bund tedeschi titoli di Stato a 10 anni (punti base) Nuova versione su 2014 Tabella Cottarelli su 2014 7,0 4,5 *Le voci in chiaro per ciascun comparto sono quelle che hanno subito una variazione Belgio 59 Finlandia 28 Francia 47 Germania - Grecia 453 Irlanda 138 ITALIA 162 Olanda 15 Portogallo 231 Spagna 160 Svezia 58 Gran Bretagna 113 2,15% 1,83% 2,02% 1,55% 6,08% 2,93% 3,17% 1,71% 3,86% 3,15% 2,13% 2,68% «Le coperture? Con meno spesa e l’Iva sui pagamenti alle imprese» Morando: impossibile oggi usare il margine sotto il 3% del deficit ROMA – «Lo so che volete sapere le coperture del taglio del cuneo fiscale ma il grosso del nostro lavoro in queste ultime ore riguarda il taglio della spesa da 32 miliardi nel 2016. Non saranno molto sexy per i giornali, ma sono in assoluto i più importanti perché se nel 2014 possiamo agire con operazioni straordinarie nel 2016 devono esserci tagli per 32 miliardi. Altrimenti viene giù tutto il castello». Il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, vorrebbe parlare solo a cose fatte perché «il lavoro è ancora in corso». Ma intanto, tra le righe, lascia emergere la strategia in due tempi del governo Renzi. C’è un prima e c’è un dopo le elezioni europee. Il «prima» contempla il mantenimento delle promesse fatte nel «mercoledì magico»: tagliare il cuneo fiscale a 10 milioni di italiani e l’Irap del 10% a regime. Ma La parola Def ‘‘ Vice ministro Enrico Morando, 63 anni, vice ministro dell’Economia anche rispettare il dogmatismo europeo fino all’ultima virgola: niente sforamento del tetto del 3% del rapporto deficit/pil, niente utilizzo del margine che ci separa da quel 3%. «Almeno nel contesto attuale, senza intesa preventiva e senza aver pre- polt ro nafrau.com © RIPRODUZIONE RISERVATA La manovra e i mercati Salone Internazionale del Mobile 8 - 13 Aprile 2014 Milano Rho Fiera, Pa diglione 20 Stand D 19 - E 20 Grantorino, designed by Jean-Marie Massaud Acronimo che sta per Documento di economia e finanza, il Def viene presentato dal governo al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno. È il principale strumento di programmazione economico-finanziaria dell’esecutivo. Gli obiettivi di bilancio fissati nel Def costituiscono anche il punto di riferimento per le successive decisioni del governo. Dal 2011 il Def è stato allineato, per tempistica e contenuti, agli standard della governance europea. sentato il Def (documento di economia e finanza) col piano di rientro, utilizzare questo margine non è possibile» spiega Morando. Così come non si potrà far valere nell’immediato il calo degli interessi sul debito: «Intanto parliamo di cifre non roboanti: qualcosa sarà possibile ricavare perché le previsioni del governo Letta sull’ammontare degli interessi erano prudenziali ma la riduzione di queste settimane dello spread è importante soprattutto nel medio-lungo periodo per la credibilità del Paese». E non per finanziare il taglio del cuneo fiscale? «Per ora la ricaduta è più vicina allo zero. Il tempo di realizzazione non può che avere il respiro di un anno e mezzo, due anni...». Quanto alla maggiore Iva che deriverà dal pagamento dei debiti della Pubblica amministra- zione, Morando è più ottimista: «Questa sì che è una partita seria: se ci riesce, quest’anno pagheremo almeno 40 miliardi». Si può dire che in termini di maggiore Iva produrrà circa 4 miliardi? «Meno». Spendibili nell’immediato? «Già calcolabili oggi, ma poi dipenderà da Fiscal compact Le regole Ue sui vincoli di bilancio inizieranno a essere applicate nel 2015 e nel 2016 quando si farà il decreto dei pagamenti». Il messaggio è chiaro: la linea Padoan per cui le coperture devono essere strutturali tiene. La spending review sarà la principale fonte di risorse per le prime misure del governo Renzi, quel- Primo Piano Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 3 # Lo spread Risultati definitivi a fine anno, i dubbi sull’utilizzo anticipato Rendimenti % dei titoli Stato guida CTZ CCT BTP decennale 7,5 7,5 7,0 7,0 6,5 6,5 6,0 6,0 5,5 5,5 5,0 5,0 4,5 4,5 4,0 4,0 3,5 3,5 3,17 3,0 3,0 2,5 2,5 2,0 2,0 1,5 1,5 1,0 1,0 0,5 2008 Fonte: Banca d’Italia-Bollettino Statistico 2009 2010 2011 2012 0,5 2014 2013 CORRIERE DELLA SERA Il ministro Martina le del «prima delle elezioni europee». Se poi parte di quei tagli a fine anno non si realizzassero, si ricorrerà a operazioni straordinarie e si sfrutterà l’eventuale crescita del pil. Per ora il programma dei tagli 2014 apparirà tanto più solido se sarà sostenuto da un’operazione titanica nel 2015 e nel 2016, quando cominceranno a essere applicate le regole del fiscal compact. Solo se l’intero pacchetto apparirà ben strutturato e credibile, il Def (con il taglio del cuneo fiscale incorporato) avrà il via libera dell’attuale apparato che decide per l’Unione europea. Che però è prossimo a essere rinnovato. E qui inizia il «dopo» elezioni. «A giugno ci saranno molte questioni da porre - annuncia Morando -: a partire dall’avanzo commerciale della Germania che crea problemi quanto il disavanzo di altri Paesi». Se davvero l’Ue cambierà registro, la linea del rigore potrà essere allentata. Ma se questo non avvenisse, allora a Renzi toccherà davvero attuare alla lettera il durissimo piano dei tagli che sta predisponendo in queste ore per i prossimi due anni. Irriferibile in campagna elettorale. Antonella Baccaro Via elicotteri, aereo, affitti Così l’Agricoltura trova cento milioni ROMA - Sarà profonda la riorganizzazione del ministero delle Politiche Agricole per la spending review. Il piano ben articolato del ministro Maurizio Martina, che verrà annunciato nei prossimi giorni, prevede tagli e razionalizzazioni. Eccolo. A partire dai primi risparmi aggiuntivi di circa 100 milioni di euro che il ministro sta mettendo a punto in queste ore. Tre elicotteri A109 e un aereo Piaggio da 9 posti, della flotta del Corpo Forestale, verranno dismessi. Si tratta di un risparmio previsto di 1,5 milioni di euro l’anno a regime solo per la gestione. Ai quali bisognerà aggiungere le spese di manutenzione e gestione. Il Corpo Forestale dovrà dismettere anche dieci sedi attualmente in affitto ed accorpare le strutture e gli immobili nelle riserve naturali dello Stato. Un milione di euro l’anno di risparmio si prevede dai tagli al sistema informatico della forestale. Ma la scure di Martina si abbatterà anche sulle spese gestionali degli enti controllati: i membri dei consigli di amministrazione dovrebbero scendere da cinque a tre. Oppure, dove la dimensione organizzativa o finanziaria lo consenta, diventare un organo monocratico. Cancellate le indennità di presenza e i gettoni, ridotti i contratti a tempo determinato. Altri risparmi potranno derivare dalla riduzione della presenza sul territorio, in particolare degli enti di ricerca, che potrebbe diventare interregionale. I principi di delega relativi alle erogazioni dei contributi in agricoltura permettono di procedere a una revisione dei criteri di gestione e di sviluppo del sistema informatico. E questo, mentre si parla di chiusura dei consorzi di bonifica e di difese delle colture agricole, è solo l’inizio. Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Tesoro fa i conti sui tassi Finora 3 miliardi di risparmi La replica della Lagarde sui suggerimenti alla Bce ROMA — La riduzione dello spread a 161 punti e dei rendimenti dei titoli pubblici all’emissione e sui mercati secondari, è andata oltre le previsioni. Il calo dei tassi dei Btp decennali al 3,17%, venerdì scorso, ha polverizzato il minimo storico dall’introduzione dell’euro registrato nel 2005, superando le stime non solo del governo ma anche della Banca d’Italia e degli altri istituti di ricerca. Il primo effetto - fatto salvo quello del rilancio dell’immagine del debito italiano presso gli investitori - è senza dubbio un risparmio nei conti del Tesoro. Difficile azzardare la cifra, quando gli esperti del ministero di via XX Settembre stanno ancora facendo i conti, ma si può ipotizzare con sufficiente approssimazione che la minor spesa per interessi rispetto alle previsioni superi abbondantemente i tre miliardi di euro. Resta da vedere se il governo vorrà utilizzare tale somma - che si attesterebbe attorno ai tre miliardi, una volta calcolati i possibili maggiori impegni per i pagamenti della Pubblica Amministrazione e per il servizio del debito per finanziare le misure annunciate, prima fra tutte il taglio del cuneo fiscale. Il risparmio infatti, come spiega il viceministro Enrico Morando, è a spread costante, presuppone cioè che il differenziale tra i rendimenti del Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata non torni ad aumentare troppo. I calcoli andrebbero fatti a fine anno e comunque si tratterebbe di impiegare ex ante un risparmio futuro. Gli interrogativi, insomma, non mancano: è certo comunque che gli investitori sono tornati a guardare con molto interesse all’Italia che nei prossimi mesi dovrà collocare sui mercati, solo per far fronte alle scadenze, 285 miliardi di titoli con aste particolarmente impegnative nei mesi di agosto e settembre. Alla fine di marzo i titoli di Stato in circolazione erano pari a 1.768.986,78 euro con una vita media di 6,32 anni. La discesa dei tassi è stata rapida. Un dato vale per tutti: il tasso medio di interesse dei titoli di Stato, che nel 2013 aveva toccato il minimo storico del 2,08% a fine febbraio, senza calcolare quindi il tutto esaurito delle aste di marzo, è sceso all’1,57%. Un trend che è proseguito in marzo e che sembra destinato a continuare anche nei prossimi mesi, pure se ci sono i rischi connessi al ristagno dell’economia europea. Un’occasione per mi- Leader Christine Lagarde, 58 anni, dirige il Fondo monetario internazionale La polemica Diciamo ciò che abbiamo da dire quando riteniamo sia appropriato. Non siamo guidati dall’agenda di altre istituzioni La parola Spread ‘‘ Riferito ai titoli di Stato, lo «spread» indica la differenza tra i rendimenti delle obbligazioni governative italiane, in particolare i Btp, e il Bund tedesco, sulla scadenza decennale. Maggiore è lo spread, più alto è il rischio percepito dagli investitori verso i Btp italiani. Pertanto, se lo spread aumenta significa che sale anche il rischio «insolvenza» per l’Italia. E quando lo spread tra Btp e Bund sale, significa che i Btp rendono di più rispetto ai Bund, poiché sono percepiti come sempre più rischiosi e pertanto il governo italiano, per poter collocare i titoli di Stato, dovrà offrire cedole più elevate agli acquirenti, con conseguente impatto negativo sul deficit statale. surare questo ritorno di fiducia sull’Italia e sui suoi titoli, segnalato recentemente anche dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sarà l’appuntamento di Washington, dove nei prossimi giorni si riuniranno il G7 e il G20 finanziario e si svolgeranno gli incontri primaverili del Fondo monetario (Fmi) e della Banca mondiale. Si tornerà a discutere di come mettere in sicurezza la crescita economica e per l’Europa di come far arrivare il credito all’economia superando i rischi di deflazione e del ristagno. Al centro dell’interesse saranno anche le mosse della Bce (Banca centrale europea), dopo l’annuncio del presidente Mario Draghi di una possibile operazione di stimolo all’economia con acquisto di titoli privati e pubblici per allargare la massa monetaria (quantitative easing) sul modello Usa. Ed è proprio a Draghi che ieri il direttore generale del Fmi (Fondo monetario internazionale), Christine Lagarde si è rivolta per rintuzzare le critiche, seppur ironiche, da lui ricevute. Draghi in pratica aveva invitato Lagarde a non dare suggerimenti alla Bce alla vigilia della riunioni del consiglio direttivo, a meno di non fare lo stesso con la Banca centrale Usa. «Diciamo quello che abbiamo da dire quando riteniamo che sia appropriato dirlo. Non siamo guidati dall’agenda di altre istituzioni. Riteniamo da tempo che la Bce debba affrontare il tema dell’inflazione» ha sostenuto Lagarde. A Washington, forse, il chiarimento. Stefania Tamburello © RIPRODUZIONE RISERVATA RYANAIR.COM Vola Low Cost Stoccolma a (Skavsta) Posti assegnati Secondo bagaglio a mano gratis Prenota entro la mezzanotte del 10 Aprile 14. Tasse incluse. Offerta di sola andata a partire da, valida per viaggiare a Maggio e Giugno. Spese opzionali escluse. Per termini e condizioni visita il sito Ryanair.com. Partenze da vari aeroporti italiani. Visita Nyköping Esplora il sentiero svedese di Sörmland. Avvicinati al mare in kayak. A soli sette minuti dall’aeroporto di Stoccolma Skavsta. www.visitnykoping.se € 29 .99 Primo Piano Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 5 Il governo Le strategie Dalla Motorizzazione alle municipalizzate Le «sforbiciate» promesse da Renzi Nel mirino anche Aci e consorzi di bonifica. La domenica a Palazzo Chigi per il Def In lista con i «dem» Idea Tardelli Ma lui disse: «Non sono ferrato» Ultime ore per definire le liste alle Europee per il Partito democratico e tra le ipotesi di candidatura spunta il nome dell’ex calciatore Marco Tardelli. La possibilità ai piani alti del Nazareno viene avanzata con cautela. «Si tratta ancora di un’ipotesi non definita». Marco Tardelli, 59 anni, centrocampista della Nazionale campione del mondo nel 1982 — il suo urlo di esultanza al gol nella finale contro la Germania è diventato un’icona del calcio — vive da tempo a Londra. Durante la recente visita nella capitale britannica del premier Matteo Londra L’incontro tra Renzi e Tardelli ripreso dalla Rai Renzi i due si sono incontrati a un ricevimento. Le telecamere della trasmissione rai Gazebo hanno colto uno scambio di battute (nella foto). Renzi, rivolgendosi all’ex calciatore dice: «È vero che hai un po’ di idee politiche? Ne sarei entusiasta». Poi il presidente del Consiglio presenta il campione del mondo azzurro al sindaco di Londra Boris Johnson: «Lui è il numero uno, segnò la rete del due a zero nella finale dei Mondiali di calcio del 1982 contro la Germania». La domanda di Renzi sulle idee in politica di Marco Tardelli resta in un primo momento senza risposta, ma viene ripresa al termine del servizio quando il giornalista del Corriere fiorentino David Allegranti chiede all’ex calciatore un giudizio sul premier italiano: «Abbiamo iniziato bene» risponde Tardelli che, come consiglio a Renzi, suggerisce di «lavorare tanto». Di fronte alle domande il — forse — prossimo candidato del Pd alle Europee si ritrae dicendo: «Io in politica non sono molto ferrato». © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — Quante volte ad ogni italiano è toccato pensare che la Motorizzazione è un ente inutile, poco efficiente, stressante per le sue code, svilente per la mancanza di rapidità? Al presidente del Consiglio forse è toccato più che ad altri, visto che tutti gli uffici della motorizzazione civile sono appena entrati nel suo mirino. Ha detto che il Senato, le Province, il Cnel, sono solo «un antipasto». Poi arriveranno altri provvedimenti, altre sforbiciate, altre soppressioni. E l’elenco è al momento in formazione sulla sua scrivania. «Sforbicia-Italia» è il nome del progetto, annunciato in un’intervista al Quotidiano nazionale. Tradotto significa cancellazione, riforma, riorganizzazione di tutto quello che non funziona nel sistema pubblico. Per maggio Renzi ha promesso un intervento mai visto prima sul funzionamento della pubblica amministrazione. Ha già puntato l’indice contro le Soprintendenze, nel discorso sulla fiducia a Montecitorio, i Tar, il sistema delle autorizzazioni e delle conferenze di servizio per gli appalti pubblici, ora l’elenco si va allargando: «Interverremo su tutte le sacche di micropotere e sottopotere, santuari che finora nessuno ha mai pensato di toccare, e non risparmieremo nessuno», dice il premier. Oltre agli uffici delle motorizzazioni, da Palazzo Chigi, trapela che potrebbero essere in qualche modo travolti dai provvedimenti del governo anche la rete dell’Aci, i consorzi di bonifica, il sistema delle municipalizzate. Per i dettagli occorrerà attendere, così come per l’elenco completo, ma in sintesi si capisce già oggi che alcuni organismi faranno la fine del Cnel, l’or- L’incontro La visita di Casini: ha una capacità di lavoro impressionante, corregge da solo i conti gano costituzionale che Renzi punta a chiudere, altri verranno profondamente riformati. «Già da ora in tanti possono cominciare a tremare», dicono nel governo. Ieri Renzi ha trascorso quasi interamente la domenica a Palazzo Chigi. È uscito alle otto del mattino, per andare a messa, chiesa di Santa Maria in Via, poi è rientrato nel suo studio e ha lavorato per il resto della giornata. Insieme a lui il sottosegretario Luca Lotti e in serata anche Graziano Delrio. Di pomeriggio è andato a trovarlo Pierferdinando Casini, un incontro di poco meno di un’ora, un giro d’orizzonte sui provvedimenti in cantiere, non solo al Senato e la conferma di un rapporto amicale: «Corregge da solo il Def, ha una capacità di lavoro impressionante», dice l’ex presidente della Camera, che insieme al premier ha visto degli scampoli della partita della Fiorentina. Oggi probabilmente Renzi continuerà il suo lavoro sul Def insieme al commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, e al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Dopo il documento di previsione finanziaria, che sarà presentato domani, toccherà al decreto legge che introdurrà gli sgravi fiscali di cui circa dieci milioni di italiani dovrebbero beneficiare nella busta paga di maggio. Ieri fonti del governo hanno smentito qualsiasi retromarcia sul taglio dell’Irap: a fine anno le imprese dovrebbero pagare il 5% in meno, nel 2015 la sforbiciata all’imposta più odiata dagli imprenditori dovrebbe arrivare al 10% dell’ammontare attuale. Mercoledì il capo del governo sarà a Verona, fra gli stand di Vinitaly, poi nel pomeriggio alla riunione della direzione del Pd. Sabato aprirà la campagna elettorale del suo partito, a Torino, insieme a Chiamparino e Fassino, in vista del voto per il rinnovo del Parlamento europeo, che in Piemonte sarà abbinato alle elezioni regionali e comunali. Fra i candidati più in vista del Pd, per il parlamento di Bruxelles, Giusi Nicolini, nota alle cronache come sindaco di Lampedusa. Marco Galluzzo © RIPRODUZIONE RISERVATA L’agenda delle riforme 1 2 Il Def pronto per domani La nuova Camera Alta 3 4 L’iter in Aula dell’Italicum Le misure del Jobs Act Il premier è al lavoro sul Def (documento di economia e finanza) che contiene il quadro previsionale di spesa e indica le linee delle riforme: il governo deve presentarlo domani. Al momento sarebbero evitati tagli lineari e ci sarebbe una salvaguardia del capitolo Sanità Essendo una riforma costituzionale, la trasformazione del Senato in un’Assemblea delle Autonomie prevede tempi più lunghi di quella della legge elettorale: la timeline dettata da Palazzo Chigi per l’approvazione in prima lettura è prima delle Europee del 25 maggio Lo scorso 12 marzo l’aula di Montecitorio ha varato l’Italicum con 365 sì, 156 no e un astenuto. Il testo della riforma della legge elettorale, che vale solo per la Camera, è ora al vaglio del Senato. Il governo punta alla sua approvazione definitiva prima delle Europee Dal 27 marzo è alla Camera il decreto Lavoro che semplifica contratti a termine e apprendistato. Il 31 marzo, poi, è partito sempre alla Camera l’iter per il ddl delega sul lavoro del ministro Poletti (dalla riforma degli ammortizzatori sociali alla semplificazione del codice del lavoro) Il caso De Guido era dipendente della fondazione ma lavorava per i democratici. Il giudice ordina il reintegro: ma nei partiti non si applica Licenziato in tronco nel limbo tra Pd e Ds: l’articolo 18 non vale di SERGIO RIZZO V ent’anni a lavorare per un partito, e questo è il ringraziamento: licenziato senza preavviso. Magari ci sta pure, direte. Le casse dei partiti si stanno prosciugando ed è questo il risultato inevitabile. Se non fosse che la storia di Carmine De Guido, un «pollo di allevamento” (come lui stesso si autodefinisce) del Pds, poi dei Ds, e infine del Partito democratico, con i tagli ai costi della politica c’entra fino a un certo punto. Tutto comincia infatti due anni fa, nel febbraio del 2012, quando ancora la scure doveva abbattersi sui rimborsi elettorali. È allora che arriva a Taranto, dove De Guido in quel momento presta servizio per il Pd, una telefonata del tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti: il quale annuncia al Nostro la chiusura di un rubinetto rimasto aperto, dice, anche troppo a lungo. Gli spiega che Ds e Pd sono due soggetti diversi, e il primo non può formalmente continuare a pagare gli stipendi per il secondo. «Guadagnavo 1.300 euro al mese. Il mio stipendio si è interrotto da un giorno all’altro senza che mai sia arrivata la lettera di licenziamento», racconta De Guido. La ragione è forse che quella lettera nessuno la può, o la vuole firmare. E qui si toccano con mano le conseguenze assurde del metodo usato per far nascere il Partito democratico: non con una fusione fra i Ds e la Margherita che sarebbe stata la strada più logica (e forse avrebbe anche impedito certi abusi come quelli emersi nel caso che ha coinvolto l’ex tesoriere margheritino Luigi Lusi), bensì creando un soggetto nuovo e lasciando in vita i due partiti fondatori. Di fatto morti, ma giuridicamente ancora in vita. In una frazione di secondo, nel febbraio del 2012, De Guido si ritrova figlio di nessuno. Non è più riconosciuto come dipendente dei Ds, che non esistono più, ma nemmeno risulta in forza al Pd, per cui invece lavora. Dice: «Avevo formale contratto di lavoro con la federazione di Taranto dei Ds ma i soldi arrivavano da Roma. Il passaggio dai Ds al Pd La causa La sentenza è stata impugnata da tutte e due le controparti. «Ho scritto a tanti, da D’Alema fino a Renzi, ma non è successo niente» non è mai stato contrattualmente formalizzato, ma nei fatti lavoravo per il Partito democratico. Tant’è che il mio posto di lavoro era la sede della federazione provinciale del Pd. Lo sapevano tutti, da Sergio Blasi (l’ex segretario regionale, ndr) al suo successore Michele Emiliano». Nel partito, De Guido non è proprio un ragazzino di bottega. A giugno compie 49 anni e per quasi tredici, dal marzo del 1993 al dicembre 2005, ha lavorato al Bottegone. Era uno di quelli della sinistra giovanile di Stefano Fassina e Nicola Zingaretti e si occupava della sicurezza urbana. Poi nel 2006 viene trasferito a Taranto. Ha in tasca un regolare contratto della federazione diessina, dove c’è scritto: «funzionario politico». Il passaggio al Pd è impalpabile. Tanto per lui quanto per suo fratello Vincenzo, che è addirittura segretario della sezione Gramsci-città vecchia, prima dei Ds e poi dei democratici. L’attività politica continua, insomma, come se nulla fosse accaduto: nel 2009 De Guido ha l’incarico di seguire la campagna elettorale di Elena Paciotti per le europee. Fino a quel famoso giorno di febbraio. La cosa però non finisce lì. «Nell’agosto del 2012», continua De Guido, «c’è un incontro a Bari nella stanza di Blasi, con i tesorieri provinciali e regionali, e anche il tesoriere nazionale Antonio Misiani. Il tuo problema sarà risolto, dicono. Idem mi dice Fassina. E poi Emiliano. Ma alle rassicurazioni non seguono i fatti». Sfinito, fa una causa di lavoro contro la federazione diessina di Taranto e il Pd provinciale e a luglio del 2013 il giudice impone il reintegro di De Guido. Motivo: il licenziamento verbale non è Chi è La carriera Carmine De Guido, 48 anni, dal ‘93 al 2005 lavora a Roma per Pds e Ds. Nel 2006 va a Taranto con un contratto da funzionario politico della federazione dei Ds Nel Pd Nel 2012, quando già lavorava per il Pd (nato nel 2007) viene licenziato dal tesoriere Ugo Sposetti: non risulta dipendente dei Ds, che non esistono più, ma nemmeno del Pd. Vince la causa di lavoro e nel 2013 il giudice impone il reintegro, mai avvenuto ammesso. Però non succede niente, nonostante il partito venga inondato dalle sue lettere: «Ho scritto a Massimo D’Alema, Pier Bersani, Sposetti, Fassina. All’attuale responsabile degli enti locali Stefano Bonaccini. Ho scritto anche a Renzi. Tutto inutile». Rinuncia persino al reintegro, nella speranza di incassare almeno gli arretrati e la liquidazione. Anche perché se venisse reintegrato (e poi da chi, dai Ds che non esistono più o dal Pd?) potrebbe a quel punto scattare un licenziamento con tutti i crismi, che in base a un provvedimento del 1990 La telefonata di Sposetti Nel febbraio 2012 la telefonata del tesoriere ds: siamo due soggetti diversi. E De Guido si ritrova fuori senza neanche una lettera esclude i partiti dall’applicazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Con il risultato di subire, oltre al danno, anche la beffa. Per tutta risposta la sentenza del giudice del lavoro viene impugnata dalle controparti. Mentre scattano i pignoramenti alla sede tarantina del Pd. Alla domanda se abbia ancora la tessera del partito in tasca, De Guido risponde che non è riuscito a rompere del tutto, al punto che per sei mesi ha anche dato una mano alla presidente regionale Anna Rita Lemma. Quanto a quella tessera, sostiene di non averla più rinnovata. Dice di avere soltanto quella di un’associazione da lui fondata: «Le Belle città». Inguaribile ottimista. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Primo Piano Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Il governo Le riforme In tv Boschi sicura sul Senato: noi andiamo avanti anche senza Forza Italia Il ministro democratico per le Riforme e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, 33 anni, ieri durante «L’Intervista» su SkyTg24, dove si è detta convinta che le riforme si faranno anche senza l’apporto di Forza Italia (Photomasi) Il ministro: ci sono i numeri, nessun piano B ROMA — «Scommetto sulla tenuta dell’accordo con Forza Italia». «Se poi dovesse sfilarsi, sono convinta che i numeri ci siano. Il Pd è compatto, Forza Italia deve vincere alcuni dissidi interni». Ne è convinta Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme. La trasformazione del Senato in una Camera non elettiva andrà avanti. Anche nell’eventualità che Silvio Berlusconi si sottragga all’accordo. «Non ci facciamo scoraggiare da chi mette i bastoni fra le ruote», assicura il ministro a Maria Latella su Sky Tg24. Riconfermando che «non ci sono margini di trattativa» sul Senato non elettivo. Ma questo, assicura, «non significa che non sarà democratico». Il clima è però sempre più teso. Sabato scorso Silvio Berlusconi, che il 10 riceverà il verdetto sul suo futuro giudiziario (domiciliari o servizi sociali), aveva parlato di «riforma del Senato inaccettabile». E anche se in serata aveva in parte corretto il ti- ro riconfermando «l’impegno preso», quelle parole pesano. Anche alla luce di quel fuorionda nel quale il suo consigliere politico Giovanni Toti (ex direttore di Tg4 e Studio Aperto), a microfono aperto, a Mariastella Gelmini si faceva sfuggire: «Berlusconi non sa cosa fare con Renzi perché ha capito che questo abbraccio mortale ci sta distruggendo, ma non sa come sganciarsi. È angosciato dal 10». Forza Italia reagisce alle parole del ministro Boschi. «Pd compatto? Era all’estero o non ha letto i giornali», ironizza Toti e Maurizio Gasparri rincara: «Pensi al disastro del Pd super lacerato. Piuttosto che un Senato di nominati corte dei miracoli proporremo la sua totale abolizione». E Nichi Vendola (Sel) afferma che «il Pd è ricattatore sulle riforme. Perché dice “prendere o lasciare”». Ma il governo va avanti. E con il ministro Boschi si schiera subito Angelino Alfano, ministro dell’Interno e leader del Nuovo centrodestra: «Siamo pronti anche a strappi e a rotture: chi vuole star- All’asta su eBay Vendute le prime 6 auto blu. Per 56.900 euro Vendute su eBay le prime 6 auto blu usate del governo, con incassi superiori al valore che le vetture hanno sul mercato dell’usato. La prima è stata un’Alfa 166 del 2007 con 126.718 chilometri percorsi, pagata 8.150 euro. Poi è stata assegnata una vettura «gemella», sempre Alfa, con chilometraggio appena inferiore (126.686) a 7.100 euro. Quindi è stata la volta di due berline Bmw 525d del 2009, vendute a 14.050 e 12.050 euro ed entrambe con più di 150.000 chilometri. Infine sono state piazzate due Lancia Thesis 2.4 Jtd del 2008 e del 2009, con poco meno di 200 mila chilometri, a 8.000 e 7.550 euro. In totale, lo Stato ha incassato ieri sera 56.900 euro. Le auto ancora in vendita sono 151. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il progetto La proposta dell’esecutivo 1 Nel piano del governo il Senato delle autonomie non darà la fiducia agli esecutivi e sarà composto da 143 senatori (più 5 a vita) non eletti e senza indennità La composizione dell’Assemblea 2 L’ipotesi del governo prevede un Senato così composto: governatori, sindaci dei capoluoghi, 2 consiglieri regionali e 2 sindaci per ogni Regione I dubbi e i paletti del centrodestra 3 Il centrodestra critica la forte presenza di amministratori locali nel nuovo Senato. Sabato l’affondo di Berlusconi: «Sosteniamo il patto ma il progetto è indigeribile» ci, ci sta. Se non ci saranno i due terzi andremo a referendum e la riforma sarà decisa dal voto popolare». Mentre il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, di Scelta civica, aggiunge: «Sulle riforme la maggioranza sembra compatta e coesa sui quattro paletti fondamentali di questa riforma. C’è un accordo di maggioranza e credo sia la base da cui partire». Il ministro Boschi va oltre. E si dice pronta a una doppia scommessa. Una sul proprio partito: «Il Pd sarà compatto al momento del voto, la linea è già stata decisa sia dalla nostra base che dagli organismi del partito». E l’altra sull’ex Cavaliere: «Scommetto sulla tenuta dell’accordo con Forza Italia, ne sono convinta e anche le parole di Berlusconi di ieri sera (sabato, ndr) vanno in questa direzione. Probabilmente ci sono dei contrasti interni a FI che sicuramente risolveranno». Ma la scommessa vera sarà quella di farcela anche senza il partito di Berlusconi: «Le preoccupazioni del presidente del Senato Pietro Grasso non sono fondate perché calcoli alla mano Pd, Ncd, Sc, Per l’Italia e autonomie sono in grado di approvare la riforma», assicura il ministro. Tornando alle polemiche sull’appello lanciato da alcuni costituzionalisti contro i contenuti della riforma, Boschi si difende: «Ci sono molti illustri costituzionalisti con cui mi sono confrontata che sostengono questa riforma e la accolgono. C’è invece una minoranza di professori, che tutte le volte che si propone un cambiamento, si oppone. Io vengo Fermezza Anche Alfano tira dritto: «Chi vuole starci ci sta Siamo pronti ad andare al referendum» da una famiglia contadina e ne vado orgogliosa, ma ci sono tanti cittadini italiani che hanno studiato e si sono stancati di promesse non mantenute della classe politica». E comunque, dice chiaro il ministro, nessun voto ad ottobre: «Non pensiamo a un piano B in caso di fallimento». Virginia Piccolillo © RIPRODUZIONE RISERVATA M5S Il leader 5 Stelle: chi ha visto le primarie pd per le Europee? Grillo, sfida aperta a «Renzie»: è come il leader nordcoreano MILANO — «Renzie è nudo. Ripeto. Renzie è nudo. Vinciamonoi!». Se la prende ancora una volta con Matteo Renzi, Beppe Grillo, concludendo con questa frase un post sul suo blog, pubblicato ieri con il titolo «Primarie pd, chi le ha viste?» e accompagnato da un fotomontaggio del volto del presidente del Consiglio sul corpo del leader nordcoreano Kim Jong-un. «Hanno destato scandalo le europarlamentarie del M5S — scrive online il leader, che stasera sarà a Milano per il suo tour «Te la do io l’Europa» —. Oltre 33.000 persone che decidono liberamente e insieme tutti i candidati delle liste per le elezioni europee hanno fatto storcere il naso a giornalisti paladini del partito unico e a un manipolo di schiaccia bottoni messi in Parlamento da segretari di partito e lobbisti. Nessuno parla invece delle primarie del Pd per le Europee». L’attacco è all’inquilino di Palazzo Chigi nonché segretario democratico: «Le regole sono semplici. Il votante è uno solo: il caro (nel senso che è costato due euro a ogni elettore pd) leader Renzie. I potenziali can- didati devono essere foglie di fico (si parla di Tardelli, l’ex calciatore), ex ministri finiti nel dimenticatoio (come la Kyenge o De Castro), pasdaran di partito (Bresso, Cofferati, Emiliano, Cozzolino). L’ebetino sa che le primarie sarebbe- Dalla Rete al palco Il fotomontaggio Il leader M5S Beppe Grillo ieri sul blog ha pubblicato un post contro Renzi illustrato da un fotomontaggio (sopra) con il volto del premier sul corpo del leader nordcoreano Kim Jong-un Il tour Dopo le prime tre tappe a Catania, Napoli e Ancona, stasera Beppe Grillo sarà al Teatro Linear4Ciak di Milano con «Te la do io l’Europa» ro state un flop, nessuno avrebbe partecipato alle ennesime buffonarie, nessuno avrebbe pagato altri due euro per sostenere ancora Berlusconi. Ha quindi optato per il votante unico: lui stesso, ma si è smascherato da solo. Gli elettori del pd contano zero». Sempre sul blog, poi, ieri è stato postato un video che riprende i momenti di tensione tra i manifestanti e le forze dell’ordine durante un presidio NoTav: «Il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Scibona manganellato dai poliziotti al presidio NoTav. Le immagini si commentano da sole...». Si legge ancora nel testo di commento alle immagini: «Il senatore Scibona è stato colpito con alcune manganellate dalle forze dell’ordine durante una marcia popolare ad Arquata Scrivia, durante la quale i cittadini hanno manifestato contro la costruzione della Tav. Finalmente la polizia ha cambiato bersaglio. Finalmente la polizia si è decisa a manganellare i politici. Certo che iniziare proprio da noi ci sembra un pochino eccessivo». R. P. © RIPRODUZIONE RISERVATA 8 Primo Piano Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera # Il centrodestra Le scelte La linea dura di Berlusconi sulle riforme: non farò regali da sventolare alle urne Subito l’Italicum e nuova legge sul Senato. I timori per l’udienza del 10 A Brindisi Addio a Mennitti Ex sindaco e deputato Giornalista, politico, deputato e sindaco, Domenico Mennitti (foto sotto) è morto ieri mattina a 75 anni nella sua casa a Brindisi dopo una lunga malattia che lo costrinse nel 2011 a lasciare la poltrona di primo cittadino a metà del secondo mandato. In molti ieri l’hanno ricordato, a destra come a sinistra: da Berlusconi, che lo ebbe a fianco come coordinatore nazionale ai tempi della nascita della prima Forza Italia, e sottolinea «la finezza della sua cultura, ma soprattutto la sua inesauribile fede nella libertà», a Nichi Vendola che lo descrive come «un intellettuale vero, raffinato e curioso, un politico coerente e di grande rigore morale». Sindaco dal 2004, ai tempi d’oro del contrabbando, era stato chiamato a ripulire il volto della città che un anno prima era stata travolta da una tangentopoli e dall’arresto del suo predecessore Giovanni Antonino. Già da allora si dibatteva della realizzazione di un rigassificatore a Brindisi, e Mennitti pur sapendo dell’accordo esistente tra il premier inglese Tony Blair e l’allora premier Berlusconi, non esitò a scendere in piazza contro l’impianto a fianco di Vendola, agli ambientalisti, e gran parte dei cittadini: alla fine vinse la battaglia. Vicesegretario nazionale e deputato del Msi ininterrottamente dal 1979 al 1991, Mennitti è stato anche l’ideatore, e per quattordici anni, il direttore del settimanale la Gazzetta di Brindisi. Nel 1994 ha fondato e diretto la rivista di cultura politica Ideazione. Nel 1991 aveva guidato il quotidiano Roma di Napoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — Cercano di rassicurarlo: «Non sarà così dura, l’affidamento ai servizi sociali è pressoché scontato, e la libertà di movimento, di azione, di parola sarà ampia». Ci provano a tenerlo tranquillo. Ma mentre il conto alla rovescia verso il 10 aprile avanza inesorabile, Silvio Berlusconi è di umore sempre più nero. Per lui ieri una giornata ad Arcore, tra studio e parco, con pochi amici e il sempre presente Giovanni Toti, e tanti pensieri ad affollarsi nella sua testa, uno più bellicoso dell’altro. Perché, dicono, nelle ultime ore l’ex Cavaliere si sta convincendo che bisogna invertire la rotta, costi quel che costi. E si perda quel che si perda, che da perdere in fondo non c’è più tanto. «Umiliato» come si sente per dover scontare una pena che «non merito, perché sono assolutamente innocente, e che mi rifiuto di accettare come se fosse una cosa normale», il leader azzurro fa sentire la sua voce nelle kermesse di partito, torna a denunciare i «quattro golpe della sinistra giudiziaria» contro di lui, alza i toni sul governo, chiama la sua gente all’unità dei «moderati» per la battaglia delle Europee del 25 maggio e addirittura augura a tutti «buona rivoluzione». Perché, come dice Daniela Santanchè, il 10 aprile «cambia la storia di questo Paese, non si potrà farlo passare come un giorno qualunque». Cosa possa davvero succedere dal momento in cui Berlu- sconi comincerà a scontare la sua pena — e le modalità con cui lo farà non sono ovviamente indifferenti — è difficile da dire. Già nel partito torna ad affiorare la divisione tra chi vorrebbe fare fuoco e fiamme contro la decisione del tribunale di sorveglianza, e chi cercare di andare avanti con meno danni possibile. Ma lo spartiacque sarà l’atteggiamento sulle riforme. A ieri, il leader di Forza Italia era durissimo: «Non mi faccio prendere in giro da Renzi, Lo sfogo Il leader ai suoi: il premier non ha fatto niente per me, non ha nemmeno detto una parola sull’ingiustizia immensa che sto per subire Su Rai3 Il consigliere politico di FI Giovanni Toti ieri a «Che tempo che fa» non faccio le riforme a tutti i costi e tantomeno gli regalo una vittoria da sventolare alle Europee dopo che lui, nella sostanza, non ha fatto nulla per me, non ha nemmeno pronunciato una parola sull’ingiustizia immensa che sto per subire». E dunque, «o la riforma cambia davvero e appare chiaro che sono loro che sono venuti dalla nostra parte e non noi a rimorchio loro, o per me non se ne fa niente». Sono almeno due le richieste dirette: una profonda modifica del ddl di riforma del Senato, e l’inversione dell’esame dei testi: prima la legge elettorale, poi quella costituzionale. E, sostanzialmente, il riconoscimento che Forza Italia è tutt’altro che «accodata» al Pd, ma è motore trainante delle riforme. «Se possiamo far capire ai nostri elettori che queste sono soprattutto le nostre riforme, possiamo andare avanti. Altrimenti, non daremo il sangue a Renzi», insiste Berlusconi. Tanto più prima del voto per le Europee, che vede Forza Italia con pochi argomenti forti da spendere. Uno è certamente l’esclusione «intollerabile del nostro leader dalle liste», come dice anche Toti. L’altro è un’idea di Europa che, pur senza poter sposare gli slogan antieuro di Grillo, è decisamente diversa «da quella degli euroburocrati». Un po’ poco per contrastare l’avanzata di Renzi «che — si lamenta Berlusconi — occupa tutti i giorni le tv in maniera ossessiva» o dei partiti che posso- no fare opposizione a tutto campo. Ed è vero che l’idea di puntare sul simbolo con il nome Berlusconi «è per noi un brand forte, che ci serve per resistere», come dicono gli azzurri, ma la preoccupazione è grandissima. Per questo la scelta sulla linea da tenere sulle riforme, dopo il 10 aprile, diventa inevitabile. Mezze misure servirebbero a poco. Verdini, l’uomo della trattativa, sta tentando di tenere assieme i fili, è stato lui sabato sera a pretendere dall’ex premier la nota con cui si precisava che «non si vogliono far saltare le riforme», ma una vasta area del partito chiede più durezza: «Le modifiche che vorrebbero concederci sono poche. Per noi questo testo resta inaccettabile», insiste Paolo Romani. Serve un vertice, una linea chiara. E serve capire «quanto Renzi è disposto a darci. Suicidarci non possiamo», dicono da Arcore. E ancora una volta le riforme appaiono appese a un filo. Paola Di Caro © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista «Legge elettorale entro Pasqua o salta tutto. Su Palazzo Madama testo scritto con i piedi, Zagrebelsky e Rodotà hanno ragione» Brunetta contro Verdini: Renzi vuole distruggerci «Denis sta provando a salvare il salvabile Ma la maggioranza di noi, compreso Silvio, pensa che dobbiamo difenderci dal premier» ROMA — «Ma certo che sono d’accordo con Rodotà e Zagrebelsky, che tra l’altro sono due autorevoli colleghi. La riforma costituzionale di Renzi è scritta coi piedi». Alle 17.56 in punto di ieri, Renato Brunetta si ritrova persino ad applaudire quel tandem di «professoroni» (il copyright è di Maria Elena Boschi) che da anni sono un punto fermo del fronte antiberlusconiano e che oggi accusano il premier di autoritarismo. Poi il capogruppo di Forza Italia fa un passo in avanti. E detta le condizioni al presidente del Consiglio: «Vogliamo il rispetto dei patti. Per cui diciamo sì alla riforma del Senato a due condizioni. La prima è che la legge elettorale venga approvata in via definitiva prima di Pasqua. La seconda è che si ritorni alla bozza di cui Renzi aveva discusso con Berlusconi al Nazareno. Altrimenti…». Il ministro Boschi dice che andranno avanti «anche senza Forza Italia». E giura che una maggioranza c’è. «È falso. Renzi ha vinto il congresso e s’è preso quel che restava del Pci-Pds-Ds. Ma nei gruppi parlamentari del Pd è in estrema minoranza. Tanto alla Camera quanto al Senato». La Boschi dice che non è vero. «La Boschi sa benissimo che ho ragione io. Me l’ha anche detto, sa? Mentre approvavamo l’Italicum alla Camera, infatti, la dolce ministra mi telefonava per ripetermi di tenere compatti i miei deputati perché lei non era altrettanto sicura della tenuta di quelli del Pd. Per cui, invito la Boschi e anche Guerini a pensarci bene E l’obiettivo finale è quello di fregarci il consenso. Ma visto che non abbiamo l’anello al naso, non glielo permetteremo. Il sì alla riforma del Senato arriverà solo alle due condizioni che le ho detto». Una è l’approvazione immediata dell’Italicum… «Ma lo sa che la legge elettorale non è stata neanche incardinata in Senato? Strano, vero? Glielo dico io perché. Perché Renzi, che sa benissimo di essere in difficoltà coi numeri di Palazzo Madama, vuole rinviare il tutto a dopo le elezioni europee. Così fa campagna elettorale facendo finta che sia tutto bello che approvato, come gli ottanta euro in busta paga e la farsa dell’Irap. E spera di metterci tutti davanti al fatto compiuto una volta che avrà vinto le elezioni. Ma non andrà così». La seconda condizione è il ritorno al- prima di parlare delle divisioni dentro Forza Italia. Invece che alle nostre pagliuzze, pensino alla trave che hanno nei loro occhi. Quanto a Renzi…». Quanto a Renzi? «Renzi non pensi di avere a che fare con D’Alema o con qualche altro dei suoi rottamati. Noi siamo più bravi di loro. E non ci frega, anche perché abbiamo capito benissimo che cosa ha in testa». Che cosa? «Come Monti e Letta prima di lui, Renzi vuole metterci alle strette con un atteggiamento tra lo sbruffone e il ricattatorio. Il voto per Forza Italia 37,3 % 35,2 % 30,6 % 29,4 % 25,2 % 21% 23,7 % 20,9 % 20,6 % 21,6 % Politiche Europee Politiche Europee Politiche Europee Politiche Politiche Europee Politiche 1994* 1994 1996* 1999 2001 2004 *alla Camera **Pdl, nato dalla fusione tra FI e An 2006 2008** 2009** 2013** CORRIERE DELLA SERA Chi è Capogruppo Renato Brunetta, nato a Venezia, economista, è stato consigliere economico per i governi Craxi e Amato negli anni Ottanta Con Forza Italia Dal 1999 si schiera con Forza Italia di cui è parlamentare europeo per due legislature. Viene nominato ministro per la Pubblica amministrazione nel 2008 durante il quarto governo Berlusconi. È stato capogruppo alla Camera per il Popolo della libertà e attualmente ricopre la stessa carica in Forza Italia la bozza del Nazareno. Che diceva? «L’accordo prevedeva sì il superamento del bicameralismo perfetto e la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie. Ma non si parlava di senatori non eletti, né di questa follia dei 21 membri scelti dal Quirinale, né delle altre distorsioni previste dalla riforma licenziata da Palazzo Chigi, che di fatto non esiste». Al momento, quindi, Forza Italia dice no. Ma lei non può negare che tra voi ci siano dei distinguo… «Non lo nego. E faccio anche i nomi. Verdini, per esempio, ha una linea responsabile e correttamente, dal suo punto di vista, prova a salvare il salvabile. Ma la stragrande maggioranza di noi, Berlusconi compreso, fa i conti con la realtà. Pensa che Renzi voglia distruggerci e farà di tutto per evitarlo». Un po’ la tesi dell’«abbraccio mortale» di cui parlano Toti e Gelmini... «Altolà. Non commento il fuorionda. È una cosa rubata. C’è anche un reato previsto dal codice, si chiama ricettazione». Temete il 10 aprile, giorno in cui si conoscerà la sorte di Berlusconi? «Al contrario. Berlusconi ha sempre dimostrato che nelle difficoltà dà il meglio di sé». Lei continua a sostenere l’ipotesi di tornare alle larghe intese dopo il voto delle Europee? «Le elezioni del 2013, vinte dal centrosinistra con un margine dello 0,37%, hanno dato quest’esito. Renzi, entrato in campo con una congiura di palazzo, se ne sta approfittando. Invece la strada dovrebbe essere — in tre punti — pacificazione, riforme istituzionali condivise, rilancio dell’economia». Tommaso Labate © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 9 Piazza dei Signori La manifestazione per l’indipendenza del Veneto organizzata ieri della Lega a Verona (Foto Newpress) La manifestazione Salvini carica i militanti. E sul palco si rivede Bossi Lega, pienone in piazza per i secessionisti veneti «Fuori o li liberiamo noi» A Verona la protesta per i «patrioti» DAL NOSTRO INVIATO Il governatore lombardo Maroni non si ricandida «Ora largo ai giovani» DAL NOSTRO INVIATO Ex ministro Roberto Maroni, 59 anni, ministro del Lavoro e dell’Interno nei governi Berlusconi. Ex segretario della Lega, ora guida la Regione Lombardia VERONA — Maroni come Paganini: non fa il bis. Il governatore lombardo ieri non era a Verona per la manifestazione in solidarietà degli indipendentisti arrestati. Era già sabato sera nel capoluogo veneto, quando una labirintite l’ha costretto a tornare a Varese. Ma ha comunque annunciato la sua intenzione di non ricandidarsi alla guida della Lombardia: «L’ho sempre detto: largo ai giovani. E non era un modo di dire». Il governatore lombardo ritiene infatti che occorra «preparare una transizione normale, fisiologica. E non violenta come quella di Matteo Renzi con Enrico Letta. Il ricambio non può avvenire in maniera traumatica, per rottamazione, come fosse una guerra tra generazioni». Soprattutto, «nella vita si possono fare tante cose utili anche a prescindere dalla politica». Roberto Maroni dice che non c’è alcuna novità: «Io avevo già detto di voler chiudere con la politica. Il ruolo nella Regione Lombardia, che è gravoso, ha solo allungato di cinque anni il mio impegno con la cosa pubblica». M. Cre. © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 10,2 i separatisti arrestati dal Ros dei carabinieri in un blitz del 2 aprile scorso, 15 le persone fermate in Veneto. Il gruppo è accusato di terrorismo, eversione del sistema democratico e della fabbricazione di armi la percentuale dei voti ottenuta dalla Lega alle Europee del 2009. In quella tornata elettorale il Carroccio ottenne in Veneto il 28,3% e fu il partito più votato nelle province di Belluno, Treviso, Verona e Vicenza VERONA — «La libertà non si mette in discussione, la libertà non si processa». L’ira e la commozione leghiste invadono il cuore di Verona. La manifestazione in solidarietà dei 24 venetisti arrestati dalla Procura di Brescia con le accuse di terrorismo ed eversione fornisce al Carroccio una spinta vistosa. E al termine, l’umore è euforico per l’unità ritrovata. Matteo Salvini, il segretario leghista, lancia la promessa che è anche, quasi, un ultimatum: «Gli arrestati, che magari in questo momento condividono un pasto forse con uno spacciatore marocchino, torneranno a essere uomini e donne libere: questo è il nostro impegno». Salvini aggiunge anche una data: «Il 25 aprile è la festa della Liberazione ma è anche la festa di San Marco. E noi saremo nelle piazze di ogni Comune e valle del Veneto». Ma se per quella data gli indipendentisti non saranno fuori dal carcere, andremo là noi: manifesteremo di fronte a ogni galera in cui sono stati rinchiusi». La manifestazione inizia con Salvini che chiama sul palco bambine e bambini figli di militanti: «Questi sono i nostri pericolosi terroristi. Terroristi di terza elementare. Perché questa manifestazione è per loro. Per la loro libertà futura». I timori della vigilia sono fugati: la piazza dei Signori è piena. E Salvini ha vinto la sua scommessa. La mossa del segretario leghista, il convocare la manifestazione in solidarietà dei 24 arrestati, poteva rivelarsi una buccia di banana. Una scarsa partecipazione e magari qualche polemica da parte degli indipendentisti più intransigenti avrebbe potuto offuscare l’iniziativa. Perché il paradosso, ma fino a un certo punto, è che i leghisti si sono mobilitati in solidarietà di forze politiche e militanti che spesso accusano la Lega, come minimo, di essersi venduta il sogno indipendentista in cambio delle confortevoli poltrone di governo nello scorso decennio. Ma, appunto, la ripresa dei consensi per la Lega di cui parlano i sondaggi si è trasformata anche in mobilitazione. E il Carroccio può certificare la riconquista delle piazze che nei giorni belli furono loro. Un buon auspicio per le Europee e le ammini- strative. La piazza è piena di striscioni anche estrosi («Chiavegato come Mandela, Rocchetta come Martin Luther King»), i giovani padani continuano ad accendere fumogeni rossi e gialli (come la bandiera veneta), arriva un gran cannone montato su una carriola con delle baguette al posto delle munizioni. Sul palco, orlato da un gigantesco striscione («Patrioti veneti liberi») salgono i parenti degli arrestati. E anche Umberto Bossi, con occhialini da sole: «Donne e uomini delle colonie padane, non hanno messo in carcere qualche veneto ma il popolo veneto. È incredibile. Ma devono stare attenti. Noi oggi siamo qui perché volevamo venire ad abbracciarvi: perché il Veneto ha risvegliato la Padania». Flavio Tosi (che probabilmente sarà il capogruppo alle Europee) è fiam- meggiante: «Queste persone sono state arrestate per avere una opinione. È pazzesco: i veri delinquenti sono per le strade, e lo Stato ne vuole liberare a migliaia con l’indulto. Uno Stato normale non arresta le persone perché hanno idee diverse da quelle del potere costituito. Questo è vergognoso». Poi, se la prende con gli ispettori del lavoro che ieri hanno passato al setaccio gli stand del Vinitaly: «Sono andati a rompere i coglioni a chi lavora per sbarcare il lunario». Luca Zaia, il governatore, indica il Tricolore che sventola fuori dalla Prefettura: «È un peccato che non ci sia la bandiera del Veneto. È grave. Non è una bandiera di terroristi ma di 1100 anni di storia conosciuta in tutto il mondo. Deve essere chiaro che l’indipendenza non è un fatto di partito ma di popolo». Sul palco Il fondatore della Lega Umberto Bossi e l’attuale segretario Matteo Salvini (Errebi) Il segnale Il recupero nei sondaggi è confermato dalla partecipazione della base: un buon segnale per le Europee Il messaggio L’annuncio del segretario: «Noi siamo pacifici ma non fessi. Pronti a manifestare davanti alla galera» Il gran finale è per Matteo Salvini: «Forse questi arresti sono stati fatti per farci saltare i nervi. Ma noi sorridiamo. Perché ci hanno fatto un regalo: ci hanno ricordato che siamo una comunità, che non ci sono gli orticelli. Ma noi siamo pacifici, anche se non fessi. E se verrà toccato qualcun altro sarà come se ci avessero toccato tutti». Il nuovo corso leghista è comunque lontanissimo dalle battute contro i «terun»: Salvini non dimentica un pensiero anche per «la gente del Sud tenuta in ostaggio da 70 anni da chi vuole solo i loro voti». Marco Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano 11 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Verso le elezioni I partiti Lega Nord Basta euro Scelta europea Fratelli d’Italia -An Europee, la carica dei simboli da Io non voto a Forza Juve Partito delle aziende Movimento 5 Stelle Valentino presidente Nuovo centrodestra-Udc Oggi alle 16 scade il termine per la registrazione Accanto ai loghi dei partiti aumentano le provocazioni Io non voto Casapound Italia Partito popolare italiano Sacro romano impero L’Altra Europa Democrazia cristiana Lista del grillo parlante Chiam. per il Piemonte Pensionati e invalidi Lega padana La catena Italia dei valori Recupero maltolto Pensionati Consumatori Partito internettiano Lega per l’Italia In coda La fila all’esterno del Viminale per depositare i simboli in vista delle Europee. In testa il senatore leghista Roberto Calderoli (Ansa) MILANO — Lo scudo crociato si fa in quattro: lo storico marchio democristiano è richiamato dalla lista che vede uniti Nuovo centrodestra e Udc e da altre tre formazioni. Pure il simbolo dell’euro ricorre quattro volte: a volerlo sulla scheda, però, è soprattutto chi la moneta unica non la vorrebbe in Europa. Forza Italia inserisce il nome di Berlusconi, il Pd il richiamo al Pse. C’è tempo ancora fino alle 16 di oggi per presentare al Viminale i simboli delle liste per le Europee del 25 maggio. Tutti i big l’hanno fatto ieri. E, con loro, anche una miriade di nuove proposte e liste minori. Così, finito l’andirivieni al ministero dell’Interno e le prime operazioni di accreditamento, erano una quarantina ieri i simboli che campeggiavano sulla bacheca (in questa pagina li pubblichiamo, dall’alto a sinistra, in ordine di presentazione). Tra cui anche la lista «Io non voto». Che su una scheda elettorale potrebbe far pensare a un paradosso o a una provocazione (o ai fan di Magritte e della frase «questa non è una pipa» sotto il disegno di una pipa). Invece, per dirla con la parole del presidente e fondatore Carlo Gustavo Giuliana, vorrebbe rappresentare quello che «virtualmente è il primo partito d’Italia»: l’astensione. È stata la Lega la prima formazione a presentare il simbolo: «Basta euro», si legge in basso. E nella bacheca, proprio accanto, ce n’è un altro con la stessa dicitura, scritta gialla su sfondo azzurro: Basta euro è la lista, non apparentata con il Carroccio. Il simbolo della moneta unica è preso a calci, in un disegno, sul logo di un’aspi- rante lista che propone un mix di valori: è Forza Juve-Bunga bunga-Usei, dove la sigla sta per Unione sudamericana emigrati italiani. E contro l’euro è anche la Lista del grillo parlante, dove la parola Grillo campeggia in evidenza e già in passato ha suscitato le ire del leader cinquestelle. Ma loro rivendicano di rappresentare un altro Beppe Grillo, omonimo e più «vero», visto che il fondatore del Movimento, sottolineano, si chiama Giuseppe Grillo. A rischio ricorso è Chiamiamolo per il Piemonte, il cui simbolo a prima vista può sembrare quello della lista per le regionali Le sigle Una quarantina i simboli finora presentati. Ci vorranno due giorni per stabilire chi sarà ammesso alle elezioni di Chiamparino (una sagoma in rosso del Monviso): raggruppa gruppi di sinistra che si oppongono all’ex sindaco di Torino. A Sud guarda invece il partito Terra nostra, che vuole chiedere al Parlamento Ue una commissione d’inchiesta sulla terra dei fuochi. Compare, e riporta indietro negli anni, il simbolo dei Democratici di sinistra, presentato per evitare che altri lo imitino. Vecchia conoscenza è il Partito internettiano, con la chiocciola (@). La lista Recupero maltolto presenta un salvadanaio blu con la scritta «Stati € Uniti», c’è una bilancia invece nel simbolo della lista Sacro romano impero liberale e cattolico. Tante le aspiranti formazioni dei pensionati (ora da soli, ora con i giovani, ora con i consumatori). Alcune sigle potrebbero piantare grane, o ricorsi, alle formazioni già presenti in Parlamento. «Queste contestazioni non sono una novità», commenta Dore Misuraca, parlamentare di Ncd che ieri ha depositato il simbolo: il nome di Alfano è tra il logo di Ncd e, con le sigle Udc e Ppe, uno scudo crociato. Il marchio democristiano compare in altri loghi. In quello della Democrazia cristiana, partito guidato da Angelo Sandri, che ne rivendica la primogenitura citando addirittura la Cassazione. Altri due scudi sul logo dei Cristiani democratici uniti (Cdu) e quello, senza «Libertas», del Partito popolare italiano. Il simbolo del Movimento 5 Stelle è stato consegnato da un avvocato milanese, Francesco Bellocchio. Tra gli altri partiti, Scelta europea che unisce Scelta civica, Centro democratico e Fare. Depositato anche L’Altra Europa con Tsipras, quello dei Fratelli d’Italia e dell’Italia dei Valori. Destre unite raggruppa il partito di Storace, Io Sud di Poli Bortone e Fli di Menia. Se oggi scade il termine per i simboli, per le liste, con le firme necessarie, c’è tempo fino al 16 aprile. Due giorni saranno dedicati a ricorsi e modifiche: mercoledì si saprà quali saranno ammessi a cominciare la battaglia, a suon di firme, per un posto sulla scheda. Renato Benedetto © RIPRODUZIONE RISERVATA Forza Juve Bunga Bunga Pensionati Destre unite Cdu Io cambio Partito democratico Terra nostra Mse Nuova Italia Democratici di sinistra Insorgenza civile Forza Italia Pensioni e lavoro Movimento disabili Green Italia Verdi Italia moderata 12 Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Esteri Dinastia A sinistra Rahul Gandhi, 43 anni, figlio di Sonia e dell’ex primo ministro Rajiv, vicepresidente del Partito del Congresso. In un comizio ieri a New Delhi ha lanciato un duro attacco contro il leader della destra Narendra Modi (Ansa/ Maria Grazia Coggiola) Elezioni Il Partito del Congresso verso una sconfitta storica Le vacche sacre e il Pil Le divinità dell’India che vota per la svolta Mani tese Donne indiane intorno alla foto di Modi (Epa) Il favorito, Modi, punta su valori e crescita L’iniziativa Un racconto per immagini Sguardi Nella foto sotto, la candidata dell’Aam Aadmi Party, Medha Patkar, durante un comizio a Mumbai (Nishant Shukla/ Fabrica) DAL NOSTRO INVIATO NEW DELHI — Non bisogna lasciarsi ingannare dalle vacche sacre. Ieri, vicino alla Connaught Place di New Delhi, una aveva infilato le corna in un cartellone con la faccia barbuta di Narendra Modi, l’uomo avviato a diventare il prossimo primo ministro indiano. Non riusciva a liberarsi. E non sapeva, la poveretta, di essere diventata parte della campagna elettorale. Che proprio Modi, candidato in grande vantaggio nelle elezioni per le quali la più grande democrazia del pianeta inizia a votare oggi, è il suo difensore irremovibile, che non la lascerà mai sola. L’ultimo tema che il leader nazionalista indù ha sollevato per attaccare il governo, per dire, è l’esportazione di carne bovina, in pieno boom nonostante il divieto (teorico) di macellare le vacche: una pratica che Modi definisce anti-indù, chia- Paese musulmano non turbato dalla questione. Il problema è che fare diventare il commercio di carne un tema elettorale forte è sembrato a molti commentatori mettere al centro del dibattito questioni di identità culturale e religiosa — la sacralità delle vacche che danno latte e sono care alle divinità indù — allo scopo di polarizzare lo scontro, di stimolare il nazionalismo indù. Ed è qui che occorre non farsi ingannare. La polarizzazione ideologica è in effetti alta, la più alta di sempre in queste elezioni (814 milioni di indiani chiamati alle urne), ma non è tutto, anzi: di base, c’è un’India moderna, giovane, istruita che vuole parlare di crescita, di opportunità, di lotta alla pover- La maratona elettorale 814,5 milioni tà e alla violenza contro le donne e per la quale la «rivoluzione rosa» arriva molto in basso nella lista delle priorità. Una nuova India che pensa, anch’essa, che queste elezioni siano uno spartiacque, le più importanti di sempre, ma per altri motivi. È che la posta in gioco è tra le più alte per tutti. Dopo dieci anni di governo di coalizione, il partito del Congresso — gestito sin dall’Indipendenza del 1947 dalla dinastia NehruGandhi — quasi certamente subirà una sconfitta storica, che potrebbe spingerlo verso il declino e chiudere l’era del dominio della famiglia più potente dell’India moderna. L’ultimo sondaggio, ieri, dava il Bjp, il partito di Modi, e la coalizione che si è co- Srinagar Chandigarh Shimla gli elettori registrati, 100 milioni in più rispetto al 2009 Jaipur stituita attorno a esso possibili vincitori di 246 seggi nel prossimo parlamento: non lontani dalla maggioranza assoluta di 272, facilmente raggiungibile grazie all’alleanza con qualche partito locale. Il Congresso rischia invece di dimezzare i seggi, a meno di cento: una sconfitta che metterebbe fuori gioco l’ultimo dei Gandhi, Rahul, figlio di Sonia, dell’ex primo ministro Rajiv, nipote di Indira Gandhi, pronipote di Jawaharlal Nehru. Non solo: nell’alternativa tra Rahul e Modi — tra il figlio della dinastia e l’ex venditore di tè — l’India deve scegliere quale strada prendere, in economia e nella società: il paternalismo dello Stato del primo o l’apertura ai mercati del secondo. Le più grandi elezioni del mondo iniziano oggi e termineranno il 12 maggio. Nei 28 Stati e nei 7 Territori dell’India gli elettori andranno alle urne in nove giorni diversi New Delhi Lucknow 23 milioni i giovani al voto per la prima volta, pari al 2,9%. Nel 2009 erano lo 0,8% Il progetto di Fabrica Si tratta di uno degli scatti firmati da 10 giovani fotografi indiani che racconteranno il loro Paese nei 45 giorni dell’elezione più grande del mondo: il progetto «Lok Sabha» di Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Benetton Group, è curato da Enrico Bossan e Manik Katyal Da oggi su Corriere.it Un viaggio nelle contraddizioni e nei colori della democrazia indiana in collaborazione con il «Corriere della Sera»: il racconto per immagini del voto per il rinnovo della Camera bassa («Lok Sabha» in lingua hindi), sarà da oggi online sul sito web di Fabrica e su corriere.it ma «rivoluzione rosa» e contro la quale invoca un voto per fermare quella che ritiene essere una continua spinta contro i valori della Nazione operata da dieci anni di governo guidato dal partito del Congresso, laico e statalista. In senso stretto, Modi ha ragione. Il ministero dell’Alimentazione ha ammesso che l’India è diventata il principale esportatore di carne al mondo, 1,89 milioni di tonnellate nell’ultimo anno, il 50% in più in un quinquennio. Per lo più si tratta di pezzi di bovino che escono con l’etichetta di bufalo e tornano a essere pezzi di vacca quando arrivano nei macelli del vicino Bangladesh, Patna 28.341 i votanti registrati come «altro genere» sessuale, opzione possibile per la prima volta Gandhinagar Calcutta Bhopal Bhubaneshwar Mumbai Hyderabad Panaji Bangalore Chennai Pondicherry 930.000 i seggi in tutto il Paese, il 12% in più rispetto a quattro anni fa Imphal Aizawl 426 milioni gli elettori uomini, contro i 387 milioni di donne Itanagar Gangtok Trivandrum LE DATE 7 aprile 9 aprile 10 aprile 12 aprile 17 aprile 24 aprile 30 aprile 7 maggio 12 maggio Port Blair La retorica e la gestualità della campagna elettorale, dunque, prendono le forme e i temi più delicati e li alzano a simboli. Da un lato le vacche sacre, la difesa dei templi indù dalla presunta invadenza musulmana, l’attacco a Sonia Gandhi, presidente del Congresso, in quanto italiana e dunque protettrice dei due marò trattenuti a Delhi. Sul lato opposto, le accuse a Modi di dividere il Paese per linee religiose e tribali, di non avere difeso i musulmani in un massacro del 2002 nello Stato del Gujarat di cui era già chief minister, di portare l’India verso il conflitto nazionalista interno e forse esterno con il vicino Pakistan. La realtà, però, è che questo parlare di vacche sacre è la coda di un Paese che è già cambiato e cambierà ancora. I giovani indiani istruiti, urbani, classe media, hi-tech, accanto ai Ganesh e ai Shiva hanno elevato una nuova divinità, il Pil, l’aumento del prodotto lordo. Di gran lunga il primo pensiero di questi elettori, almeno un terzo di quelli totali, è l’economia, negli ultimi tempi caduta a un tasso di crescita del 5%, troppo basso per assorbire l’aumento della popolazione. Ed è sull’economia, su dieci anni di riforme non fatte, di corruzione lasciata correre, di burocrazia oppressiva che il governo del Congresso verrà giudicato e condannato. E che Modi — visto da ricchi e da poveri come un uomo che fa e favorisce la crescita al di là delle divisioni ideologiche che provoca — verrà con ogni probabilità eletto primo ministro. I risultati si sapranno a metà maggio: si inizia a votare oggi, nello Stato nord-orientale dell’Assam, e le elezioni nelle 543 circoscrizioni andranno avanti, in nove giornate, in 35 tra Stati e territori, per oltre un mese. Mentre l’onda favorevole a Modi si gonfia di giorno in giorno. Garantisce crescita, lavoro, istruzione, strade e forse tempi duri per i musulmani. Vedremo. In più, per non rischiare, promette un santuario vicino a Porbandar, la città natale di Mohandas Gandhi: ospiterà diecimila vacche, il Mahatma le venerava. CDS Danilo Taino @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA Argentina La presidente suggella il sacramento cattolico per una bambina figlia di una coppia omosessuale Cristina Kirchner fa da madrina al battesimo gay BUENOS AIRES — La presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner è da ieri madrina della bambina di una coppia di donne omosessuali. Il battesimo di Uma, nata per inseminazione artificiale il 27 gennaio, ha avuto luogo nella cattedrale di Cordoba, seconda città del Paese, ed è il primo caso benedetto in Argentina dalla Chiesa cattolica che riguardi il figlio di una coppia gay. Mentre il papa (argentino) Francesco ha più volte condannato le nozze omoses- Nella cattedrale Karina Villarroel (sin.) e Soledad Ortiz con la figlia Uma (Afp) suali, legali nel Paese dal 2010, il vescovo di Cordoba ha invece dato il suo assenso al battesimo. Il caso di Uma è anche il primo di «madrinaggio» della peronista Kirchner «al di fuori del decreto che autorizza che il capo di Stato sia la madrina di tutti i settimi figli, maschi o femmine», ha precisato l’ufficio della leader 61enne che ieri non ha presenziato alla cerimonia, preferendo inviare una sua rappresentante. Da quando ha assunto la presidenza nel 2007, la Kirchner è diventata la madrina di circa 400 bambini. La richiesta di diventare madrina di Uma era stata mandata alla Kirchner via Facebook da Soledad Ortiz, la madre biologica, e da Karina Villarroel, unite in matrimonio un anno fa. «Nè mia moglie nè io siamo cattoliche praticanti, ma abbiamo pensato che nostra figlia meritasse di essere battezzata», ha dichiarato Villarroel, ex poliziotta. «Abbiamo chiesto alla presidente perché i nostri diritti li dobbiamo a lei. E lei ha risposto con un grande gesto». R.E. © RIPRODUZIONE RISERVATA Esteri 13 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 # Il voto a Budapest Ex capo dell’Ira Orbán padrone d’Ungheria Ma l’ultradestra non sfonda McGuinness a cena dalla Regina Maggioranza «costituzionale» al premier DAL NOSTRO INVIATO BUDAPEST — L’Ungheria è ancora Viktor Orbán e Viktor Orbán è ancora l’Ungheria. Si è proposto come padre della nazione e il popolo magiaro gli ha dato nuovamente fiducia. Il premier nazionalista ha vinto le elezioni politiche, infliggendo una grave sconfitta all’opposizione di centrosinistra, che non è riuscita a contrastarlo. Ma un successo, pur non facendo l’exploit, può vantarlo anche Jobbik, il partito neofascista e antisemita, che vorrebbe condizionare da destra il capo del governo e che spesso gli ha fornito un alibi per le sue misure più controverse Le dimensioni della vittoria di Orbán non erano però definitive ancora nella tarda serata. Quando era stato contato quasi il 90% delle schede, Fidesz, il partito del primo ministro, aveva circa il 45% dei consensi, 7 punti in meno del 2010, flessione quasi fisiologica dopo 4 anni al potere. L’Alleanza democratica di centristi, liberali e socialisti non superava il 25%, a conferma di una strutturale incapacità di offrire una risposta non sciovinista alle ansie e alle speranze 199 degli ungheresi. Salivano invece dal 16,7% al 21% per cento gli estremisti di Jobbik, confermando il loro sinistro radicamento nella società magiara, ma fallendo l’obiettivo del secondo posto, cui avevano puntato con una campagna in doppiopetto. L’incertezza riguardava la distribuzione dei seggi in seno all’Orszaghaz, il Parlamento di Budapest, ridotto da 386 a 199 deputati. Mancavano infatti pochi seggi a Viktor Orbán per riconfermare nella Casa della Nazione la maggioranza dei 2/3, che gli ha permesso di rimodellare il Paese in senso autoritario. Sarebbe un trionfo e un segnale verde a proseguire sulla strada, che lo reso popolare ma lace- rante in patria e controverso in Europa. Se invece Orbán dovesse accontentarsi «solo» di una maggioranza assoluta, l’opposizione avrebbe una base migliore da cui ripartire, ma si aprirebbero pericolosi spazi di manovra per la destra razzista e xenofoba. Alle 11 di sera, il premier si è presentato raggiante davanti ai suoi sostenitori, riuniti lungo un argine del Danubio. Con dietro lo sfondo spettacolare della collina di Buda illuminata, Orban è apparso commosso e ispirato: «Ogni dubbio è svanito, abbiamo vinto. Fidesz ha il record europeo dei consensi. Possiamo essere fieri: siamo il Paese più omogeneo d’Europa. Il popolo ungherese ha detto no all’odio. Il nostro posto è nell’Unione europea ma con un forte governo na- 10 Alle urne Donne ungheresi al seggio ieri pomeriggio in una cittadina fuori Budapest (Reuters/Laszlo Balogh) I seggi del nuovo Parlamento. Quello uscente ne contava 386. Nel 2010 Fidesz aveva ottenuto la maggioranza dei due terzi milioni Gli abitanti dell’Ungheria. Viktor Orbán è stato primo ministro dal 1998 al 2002 e nuovamente a partire dal 2010 zionale. Lavorerò tutti giorni per far diventare l’Ungheria un Paese magnifico”. E’ stata una campagna elettorale completamente polarizzata intorno alla sua figura. Con buone ragioni, gli avversari lo hanno accusato di aver manipolato la democrazia, imponendo una nuova Costituzione che di fatto elimina ogni controllo e mette sotto il dominio del governo gli organi di garanzia, la giustizia, la banca centrale, perfino le istituzioni culturali. Orbán ha anche messo il bavaglio ai media e limitato l’accesso alla pubblicità elettorale per i suoi avversari. Di più, la sistematica occupazione dello Stato da parte di Fidesz ha alimentato un sistema clientelare e onnivoro, ribattezzato la «piovra magiara». Ma sul piano economico, la sua stravagante ricetta di populismo, protezionismo e liberismo, ha funzionato. Almeno per la classe media, che ha visto migliorare sensibilmente le proprie condizioni, mentre più di 4 milioni di ungheresi rimangono sotto la soglia di povertà. L’ex eroe del dissenso anti-sovietico ha ridotto le tasse, le tariffe elettriche e quelle telefoniche, ma ha imposto balzelli da Robin Hood su banche e multinazionali straniere. Ha incassato 5 mila miliardi dai fondi europei, ma ha inveito contro la dittatura dell’Ue, additata come il nemico. Soprattutto si è ammantato dei simboli nazionali, agitando la retorica del Paese negletto e accusando chi dissente di tradire l’Ungheria. Alla fine Viktor Orbán ha avuto ragione. E qualunque sarà l’esito, sarà ancora lui il volto dell’Ungheria in Europa. Alla vigilia di un’elezione continentale che si annuncia nel segno dei populismi anti-europei, il tribuno di Budapest che semina tempesta e raccoglie miliardi, rischia di rivelarsi un inquietante battistrada. Paolo Valentino © RIPRODUZIONE RISERVATA LONDRA — Il vice primo ministro nordirlandese Martin McGuinness parteciperà domani a una cena di Stato con la regina Elisabetta II al castello di Windsor in occasione della visita del presidente irlandese Michael Higgins, la prima di un capo di Stato della Repubblica d’Irlanda in Gran Bretagna. McGuinness era dirigente dell’Ira quando nel 1979 l’organizzazione uccise Lord Mountbatten, ultimo viceré dell’India e zio del principe Filippo. Poi era stato negoziatore nel processo di pace in Irlanda del Nord. «Anche se la partecipazione di McGuinness può non essere ben accolta da chi si oppone al cambiamento, si tratta di un nuovo esempio dell’impegno del Sinn Fein per un avvenire fondato sulla tolleranza e l’uguaglianza», ha dichiarato Gerry Adams, presidente del partito a cui appartiene McGuinness. La regina ha già incontrato McGuinness a Belfast nel giugno 2012: i due si erano stretti la mano davanti alle telecamere (nella foto), un gesto impensabile solo pochi anni prima. Esteri 15 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Rapporto Una delle maggiori Ong internazionali ha investigato su un progetto sanitario che la World Bank propone al mondo come esempio da seguire. Il Corriere l’ha letto in anteprima Maseru L E S O T H O AFRICA SUDAFRICA Quando non c’è la salute In Lesotho le aspettative di vita si fermano a 50 anni (a sinistra, pazienti con la tubercolosi). È il terzo Paese al mondo per la diffusione dell’Aids. Ha 2 milioni di abitanti: 10 bambini su 100 non raggiungono i 5 anni L’ospedale modello dell’Africa? «Uno scandalo targato Onu» Oxfam accusa la Banca Mondiale per il piano Lesotho La vicenda L’ospedale L’ospedale di Maseru (foto sotto), una partnership tra pubblico e privato promossa dalla World Bank, («la banca dell’Onu» contro la povertà), costa allo Stato del Lesotho (uno dei più poveri al mondo) il 51% del budget sanitario La World Bank Sostiene che il modello dell’ospedale di Maseru (che ha fruttato alla banca oltre 700 mila dollari in consulenze) sia da esportare in altri Paesi e non solo in Africa Oxfam L’organizzazione umanitaria denuncia gli sprechi del piano Lesotho in un rapporto che sarà pubblico da oggi. I costi dell’ospedale stanno togliendo fondi ai necessari interventi di sanità pubblica nelle aree rurali Neve, Aids e povertà: il montagnoso Lesotho è uno dei pochi Paesi africani dove nevica spesso. È tra i più poveri al mondo: 10 bambini su 100 muoiono prima di vedere cinque inverni, le aspettative di vita si fermano a 50 anni (nel 1990 era di più: 60), il 25% delle donne è sieropositivo. La World Bank, che è un po’ la Banca dell’Onu con il motto «lavorare per un mondo senza povertà», sostiene di aver fatto al piccolo Lesotho un bel regalo (da esportare in tutta l’Africa): un «ospedale modello» da 425 posti letto basato su una partnership tra pubblico e privato. Oxfam, una delle più importanti ong mondiali, ha scritto un rapporto per dimostrare che si tratta di un regalo avvelenato. Il Corriere, con un ristretto gruppo di giornali come il Guardian e il Financial Times, ha letto in anteprima il rapporto Lesotho in cui Oxfam denuncia la Banca Mondiale (e l’Ifc, il suo braccio per gli investimenti nel settore privato), chiede un’inchiesta i n d i p e n d e n te e propone di fermare la creazione di altri ospedali come quello che «sta portando alla bancarotta» il povero Lesotho. «Quell’ospedale è uno scandalo — dice al Corriere Winnie Byanyimaha, ingegnere aeronautico, ugandese, direttrice di Oxfam International —. Un’inchiesta dovrebbe valutare se ci sia stata anche corruzione. Di certo quell’affare ha reso più poveri i poveri e più ricchi gli investitori di Netcare e Tsepong». Il modello finanziario promosso dalla Banca Mondiale è fatto in modo tale da garantire ai privati (gruppo principalmente sudafricano) un ritorno del 25% e un guadagno del 7,6% maggiore al capitale iniziale. Nel 2026 il Regina Mamohato di Maseru, capitale del Lesotho, passerà al governo. Ammesso che il sistema sanitario pubblico non sia nel frattempo andato a fondo. Per la gestione dell’ospedale aperto nel 2011, affidata interamente al partner privato Netcare (una multinazionale), lo Stato spende 67 milioni di dollari all’anno, tre volte i costi del vecchio Elisabetta II, ovvero il 51% La Nigeria sorpassa il Sudafrica: prima economia del continente I l sorpasso o il collasso: la disastrata caotica Nigeria, l’immenso e fragile calderone africano che mescola petrolio e corruzione, il terrorismo di Boko Haram e il cinema di Nollywood, si fa i conti in tasca e scopre che la sua economia è più grande di quella sudafricana: 510 miliardi di dollari di pil contro 370. Aggiornando le voci di bilancio ferme al 1990, aggiungendo per esempio il settore telecomunicazioni (nel 2000 c’erano 30 mila cellulari, oggi 113 milioni) il Paese più popoloso del continente (sono in 170 milioni) diventa da un giorno all’altro il più ricco. Un salto una tantum del 100% rispetto al 2012. Che se non cambia il reddito pro-capite (nella patria di Mandela è tre volte quello nigeriano) fa bene all’ego nazionale. E attira gli investitori (m.fa) dell’intero bilancio sanità. La lievitazione delle spese, sostiene la World Bank, è dovuta al fatto che un numero maggiore di pazienti si sono rivolti all’ospedale. Oxfam contesta con ragione questa versione. Anche accettandola, quei 425 letti costerebbero comunque una cifra enorme: 44% del budget, che non a caso il governo nei prossimi anni sarà costretto ad aumentare (ma soltanto per ripagare gli investitori). Un contratto capestro, sostiene Byanyimaha, che tra l’altro è costato al Lesotho 723 mila dollari in più per la consulenza della Banca Mondiale che dovrebbe combattere la povertà (possibilmente gratis). Bel regalo al Lesotho. Per risparmiare qualcosa, il governo di Maseru pensa di costruirgli accanto un piccolo centro per gestire i pazienti in eccedenza del Regina Mamohato. Ma il problema più grave, dice al Corriere Anna Marriott, curatrice del rapporto Oxfam intitolato «Una pericolosa deviazione», non si vede a Maseru, dove la sede del Parlamento è un regalo dei cinesi (meno avvelenato di quello della World Bank). Tre quarti dei 2 milioni di abitanti del Lesotho vivono fuori, tra le gole e gli altopiani, la siccità e la neve: per il 25% di loro il primo avamposto sanitario (spesso derelitto) sta a tre ore di strada (impervia). Il buco nero dell’«ospedale modello» toglie fondi dove servono di più: agli interventi di sanità primaria e secondaria nelle aree rurali. Secondo la Banca Mondiale il nuovo ospedale registra una riduzione del 41% del tasso di mortalità (rispetto a quello vecchio). Ha tagliato del 10% il numero delle donne che muoiono per il parto in città. Anna Marriott ricorda che per una donna incinta che muore in città, in campagna ne muoiono quattro. Per loro la World Bank potrebbe consigliare al governo del povero innevato Lesotho di finanziare un servizio taxi in elicottero... Michele Farina @mfarina9 © RIPRODUZIONE RISERVATA Esteri 17 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Il personaggio L’ex compagna del presidente Hollande torna al governo in grande stile. La vicenda coinvolge Autostrade per l’Italia Il premier 42enne: ora lascio Tutti pazzi per Ségolène «Basta nuove imposte no all’ecologia punitiva» La neo ministra vuole azzerare l’eco-tassa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Denuncia l’«ecologia punitiva», Ségolène Royal, e in questo modo sa di conquistare buona parte dell’opinione pubblica: in tempo di crisi economica l’attenzione per l’ambiente a molti sembra un lusso, soprattutto se finanziato con altre tasse. Così, appena tornata al governo, e in grande stile, come numero tre incaricata dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia, la neo ministra Royal ha subito chies to d i a z z e r a r e l’«eco-tassa», ovvero lo strumento approvato in epoca Sarkozy per fare pagare ai grossi camion un pedaggio anche sulle strade statali, grazie al sistema satellitare messo a punto da Autostrade per l’Italia. L’idea era finanziare nuove infrastrutture e mezzi di trasporto relativamente puliti, come tram e treni, con i soldi presi ai Tir che inquinano (succede da anni in Germania). Ma nel novembre scorso, quando tutto era pronto, la rivolta dei Berretti Rossi in Bretagna ha convinto il governo a sospende- Contro Il provvedimento Ségolène Royal, ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia, contesta l’«eco-tassa» La rivolta La tassa fu pensata per far pagare ai grossi camion un pedaggio anche sulle strade statali. La rivolta dei Berretti Rossi in Bretagna (foto Afp) ha fatto sospendere il progetto re il progetto, tra proteste, scontri con la polizia e varchi dati alle fiamme dai manifestanti. All’epoca, Royal era già con loro, ma contava poco. Adesso che è ministro, l’ex compagna del presidente François Hollande riporta la questione in primo piano: una responsabile dell’Ecologia che sfida gli ecologisti. «Voglio ripartire da zero e vedere quali altre possibilità ci sono per finanziare le infrastrutture — ha detto il giorno dopo l’insediamento —. I francesi hanno già pagato molte imposte, bisogna tassare chi inquina, lo capisco, ma l’ecologia non deve essere punitiva» (anche se, nel 2006, Royal voleva introdurre lo stesso sistema nel Poitou-Charentes, la regione di cui è presidente). La popolarità di Royal — già alta, al 60% — è destinata ad aumentare. Ma c’è un aspetto che la ministra non ha sfiorato, e che è destinato a occupare il dibattito dei prossimi giorni. Che non verte tanto sulle differenze teoriche tra «ecologia punitiva» e «ecologia positiva», ma su «chi paga?». Sullo sfondo, c’è la gara vinta nel giugno 2012 dal consorzio Ecomouv’, nel quale Autostrade per l’Italia ha il 70%. Fu un successo notevole, vista la difficoltà del mercato pubblico francese per gli stranieri: forti della tecnologia Telepass, gli italiani si sono aggiudicati l’appalto per fornire i dispositivi a tutti i mezzi superiori alle 3,5 tonnel- Finlandia Il ritorno Ségolène Royal, 60 anni. Sopra, la prima pagina di «Le Monde» di ieri: è lei la star late, ed equipaggiare 15 mila chilometri di strade statali con varchi che rilevano i passaggi e fanno pagare di conseguenza. Il contratto tra lo Stato francese ed Ecomouv’ ha una durata di 13 anni, e la rottura costerebbe a Parigi una penale fino a un miliardo di euro. Già da adesso la Francia dovrebbe pagare 18 milioni di euro al mese per un sistema che non usa. Entro 15 giorni sarà consegnato al governo un rapporto che dovrebbe orientare la scelta definitiva, ma la presa di posizione di Royal non è l’unico segnale poco favorevole. All’epoca delle manifestazioni, l’allora sindaco di Digione François Rebsamen invocò un’inchiesta, «mi domando cosa c’è sotto, perché questa società italiana...». Adesso Rebsamen, come Royal, è appena entrato nel nuovo governo Valls, in qualità di ministro del Lavoro. Il partito contrario all’eco-tassa cresce, ma sarà complicato abolirla per poi pagare, con i soldi dei contribuenti, un miliardo di penale agli italiani: la tentazione è denunciare l’accordo con Autostrade invocando ritardi nella consegna del sistema. Più che uno scontro ideologico, si prepara una battaglia legale. Stefano Montefiori Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA HELSINKI — Il primo ministro finlandese Jyrki Katainen ha annunciato che si dimetterà da capo del governo e leader del «Partito di coalizione nazionale» nel prossimo mese di giugno. A 42 anni Katainen — ministro delle Finanze nel 2007-11, premier dal 2011, alla guida della formazione di centro-destra nell’ultimo decennio — ha dichiarato di considerare esaurito il suo percorso nella politica nazionale. Leader Jyrki Katainen, 42 anni L’ex enfant prodige delle finanze finlandesi punta ora a un posto nella nuova Commissione Europea o ad altro incarico nelle istituzioni Ue. L’inaspettato annuncio ha sollevato preoccupazione per la tenuta dell’ampia e litigiosa coalizione di governo: non è esclusa la prospettiva di elezioni anticipate rispetto alla naturale scadenza del 2015. Ieri Katainen si è invece detto fiducioso che l’esecutivo reggerà. 18 Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Cronache Filippine Bosio è il nostro ambasciatore in Turkmenistan. L’ipotesi di precedenti segnalazioni «Nel resort con i bimbi adescati» Arrestato un diplomatico italiano Le rotte del turismo sessuale Dall’Europa occidentale Dal Nordamerica Europa dell’Est Asia L’accusa: i piccoli hanno tra 6 e 11 anni. Il ministero: massima trasparenza Caraibi ROMA — La comunicazione trasmessa all’Italia assicura che l’arresto è avvenuto all’interno di un appartamento affittato per una breve vacanza nel resort «Splash Island» di Laguna, una località di vacanza che si trova non molto distante da Manila. Le autorità locali smentiscono alcune voci che parlavano invece di una cattura avvenuta in un parco pubblico. L’unica cosa certa è che Daniele Bosio, 46 anni, dal 2 dicembre scorso primo ambasciatore italiano in Turkmenistan, è stato fermato mentre era in compagnia di alcuni bambini che avrebbero tra i 6 e gli 11 anni. E per questo è adesso accusato di aver violato la legge sulla tutela dei minori. Vuol dire pedofilia, turismo sessuale. Il provvedimento è già stato convalidato dal giudice che entro una settimana fornirà comunicazioni sui prossimi passi dell’inchiesta. Ma la scelta della Farnesina imposta dal ministro Federica Mogherini di diramare una nota ufficiale per assicurare «massima tra- America Latina sparenza e rigore» sembra accreditare la possibilità che quella delle autorità filippine non sia un’iniziativa infondata. E questo contribuisce a far aumentare l’imbarazzo per una storia che, se confermata, avrebbe risvolti agghiaccianti. Accade tutto due giorni fa. Il diplomatico è arrivato nella capitale da poco, va a prendere alcuni bambini. Nessuno sa bene dove li abbia prelevati, se vivano presso una casa famiglia o se abbiano i genitori. C’è anche la possibilità che li abbia incontrati per strada, adescati tra le centinaia di piccoli abbandonati e convinti a seguirlo con la promessa di un regalo. In ogni caso trascorre con loro alcune ore prima che la polizia decida di fermarlo. Ad allertare gli agenti di Laguna è stata una donna australiana impegnata in attività contro la tratta dei minori e questo alimenta il sospetto che l’uomo fosse in qualche modo tenuto sotto controllo, che nei suoi confronti ci siano stati precedenti «allertamenti». Quando gli agenti lo catturano i bambini sono ancora con Bosio. Il diplomatico viene portato presso gli uffici della polizia, intanto si decide di allertare immediatamente l’ambasciata italiana a Manila. E da lì parte la comunicazione ufficiale per il ministero degli Esteri. Comincia l’interrogatorio preliminare per chiarire alcune circostanze, poi viene avvisato il giudice. I bimbi vengono intanto trasferiti presso la sede della Ong filippina «Bahay Tuluyan», che lavora in coordinamento con la Onlus internazionale Ecpat (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking). Bosio nega categoricamente di aver adescato i piccoli. Spiega di averli incontrati per strada e poiché lui è impegnato in attività di difesa dei minori ha deciso di portarli con sé per poterli assistere. «È un terribile equivoco», ripete e lo dice anche al funzionario italiano che assiste a tutte le fasi della procedura. Giura di poter produrre la documentazione che prova tutto questo. La sua difesa non appare comunque sufficiente a scagionarlo, il giudice convali- Il parroco accusato di pedofilia Don Desio sospeso dal vescovo Don Giovanni Desio, il parroco arrestato sabato mattina con l’accusa di pedofilia, è stato sospeso da tutti gli incarichi ecclesiastici, e sarà anche «oggetto di un procedimento al nostro interno». Ad annunciarlo è stato il vescovo di Ravenna, monsignor Lorenzo Ghizzoni, poco prima di celebrare ieri mattina la messa nella parrocchia di don Desio. da l’arresto anche se stabilisce che non venga trasferito in carcere. Il diplomatico deve comunque rimanere a disposizione delle autorità, non può lasciare Manila fino a nuove disposizione. Il suo status probabilmente influisce sulla scelta della misura di adottare, ma non sulla contestazione. Anche perché non appare affatto chiarito in che modo Bosio sia entrato in contatto con i bambini. E non viene escluso che possa aver versato soldi per tenerli con sé. Nei casi più gravi la legge filippina prevede la reclusione perpetua dell’imputato e in ogni caso punisce con la contestazione di pedofilia «le lesioni fisiche e psicologiche, la crudeltà o la trascuratezza, l’abuso sessuale o lo sfruttamento dei minori di 18 anni». E specifica che per «crudeltà» si intendono tutti quegli atti che «sviliscono, degradano o avviliscono la dignità di un bambino come essere umano». Fiorenza Sarzanini [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Il processo Dal Giappone Africa Sudest asiatico 80.000 gli italiani coinvolti nel turismo sessuale La prostituzione minorile Thailandia O RD EM E P ROGRES SO Brasile Filippine Nepal Cina India Rep. Dominicana Pakistan Russia Sri Lanka Taiwan Vietnam Europa/Africa Numero dei minorenni sfruttati Costo 300.000 500.000 100.000 150.000 600.000 575.000 30.000 40.000 50.000 30.000 60.000 40.000 300.000 10/40$ 5/30$ 5/40$ 10/40$ 10/30$ 20/30$ 10/30$ 10/40$ 5/10$ 10/50$ 50/90$ 5/20$ - Fonte: ECPAT Italia www.ecpat.it Mercoledì l’appello per il delitto di Garlasco Il ritorno in aula di Stasi Dal capello alla bicicletta gli otto punti da chiarire «Io sono pronta, sono sempre stata pronta». Rita risponde come farebbe una bambina davanti all’appello della maestra: «Ci sono». E promette che sarà presente in aula a ogni udienza. Mercoledì la terza Corte d’Assise d’Appello di Milano rialzerà il sipario sull’omicidio di sua figlia, Chiara Poggi, uccisa a 26 anni la mattina del 13 agosto 2007 nella villetta di famiglia, a Garlasco. Si ricomincia tutto daccapo perché dopo le assoluzioni in primo e in secondo grado, la Cassazione ha deciso che è da rifare in appello il processo contro Alberto Stasi, all’epoca fidanzato di Chiara e da sempre sott’accusa per il delitto. «Risultato impossibile» Dopo quasi sette anni, quindi, siamo a un nuovo punto di partenza e a indicare la strada da seguire ci sono le cento pagine con le quali i giudici della Suprema Corte hanno spiegato perché il lavoro dei colleghi di primo e secondo grado non poteva bastare a chiudere per sempre il caso Garlasco. Seguendo la loro ricostruzione dei fatti, dicono in sostanza gli Ermellini, non era possibile «pervenire a un risultato di assoluzione o di condanna contrassegnato da coerenza, credibilità e ragionevolezza». Quelle cento pagine tracciano la stessa linea disegnata dall’avvocato della famiglia Poggi, Gianluigi Tizzoni, e rimettono in discussione praticamente tutti i passaggi-chiave del processo. «Sono indicati ben otto punti che dovranno essere letti in modo logico e unitario. Noi ci concentreremo su quelli», anticipa Tizzoni. Mentre il professor Angelo Giarda, che difende Alberto, ripete che «i punti sui quali si dovrebbe rinnovare il dibattimento sono già stati oggetto di accertamenti nel processo di primo grado» e sulla sentenza della Cassazione che ha rimesso in dubbio le assoluzioni di primo e La coppia Alberto Stasi assieme all’ex fidanzata Chiara Poggi. La ragazza è stata uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco: aveva 26 anni secondo grado dice: «È stato rifatto il processo invece di parlare delle sole questioni di legittimità». L’appello bis dovrebbe completare l’esame che riguarda la camminata di Alberto sulla scena del delitto: completarlo significa comprendere anche i gradini della scala sulla quale Chiara è stata trovata morta. Si dovrà approfondire anche la mappatura delle tracce di sangue nella villetta del delitto. E stavolta dovrebbe entrare in scena anche la famosa bicicletta nera da donna, mai sequestrata, che la famiglia Stasi possedeva e che però è sempre rimasta nell’azienda del padre di Alberto, anche dopo che una testimone ha descritto una «bicicletta nera da don- Cronache 19 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 L’intervista La difesa del dipendente della Farnesina al telefono «Non sono un pedofilo Volevo solo farli divertire portandoli alle giostre» ROMA — L’ambasciatore italiano Daniele Bosio risponde dal suo cellulare quando nelle Filippine, dove si trova, è quasi mezzanotte: «Non sono un pedofilo, quelle contro di me sono accuse infondate», giura con la voce trafelata di un uomo sconvolto. Da molte ore ormai è ospite del locale commissariato di polizia di Laguna, sospettato di aver violato la legge che punisce gli abusi sui minori. Gli agenti — anche dopo che il giudice ha convalidato il suo arresto — gli consentono ancora di comunicare con l’Italia via telefono e per email. Bosio, nato a Taranto, 46 anni, ambasciatore italiano in Turkmenistan dal dicembre scorso, fino a due giorni fa era un semplice italiano in vacanza a Laguna, pittoresco centro termale tra le colline, a soli 100 chilometri da Manila. Poi qualcuno è andato dalla polizia a raccontare una storia: l’italiano si sarebbe portato nella sua camera d’albergo un gruppetto di ragazzini per abusarne sessualmente a pagamento. Un’accusa tremenda, ma Bosio al telefono si difende e smentisce: «Non è vero, li ho solo portati alle giostre». La Farnesina, in queste ore complicate, naturalmente confida nella «buona fede» del suo diplomatico e si augura che già stamane «la vicenda si chiarirà e il Le tappe Il delitto Il 13 agosto del 2007 Alberto Stasi, 24 anni, trova la sua fidanzata uccisa sulle scale che portano in cantina, a casa di lei, a Garlasco (Pavia) Le assoluzioni Alberto, da sempre il solo indagato del delitto, è stato assolto in primo grado il 17 dicembre del 2009, sentenza confermata in appello il 7 dicembre 2011. Assoluzione anche per il reato di detenzione di materiale pedopornografico L’annullamento Il 18 aprile del 2013 la Cassazione decide di annullare l’assoluzione e rinviare tutto di nuovo in Corte d’Appello, caso rarissimo dopo un doppio verdetto a favore dell’imputato Il nuovo appello Fra due giorni Stasi sarà di nuovo in aula per l’appello bis Le frasi Non è fango Non ho nemici per cui non voglio parlare di fango. Non so cosa possa essere successo, chiarirò tutto Due o tre giri Non ho violato quei bambini, lo giuro. Ho solo pagato per loro due o tre giri Volevo che stessero bene na» davanti a casa Poggi la mattina del delitto. Quarta questione da rivedere: l’esame di un capello trovato nella mani di Chiara. E ancora: la Cassazione indica «la necessità di una integrazione tecnica delle verifiche svolte» sulle unghie della vittima. A questi cinque accertamenti suggeriti dalla Suprema Corte va aggiunta l’indicazione principale degli Ermellini, che era anche un “rimprovero” ai giudici di primo e secondo grado: non è stato usato «un approccio corretto agli indizi», sono stati «illogici», hanno «parcellizzato» gli elementi che dovevano leggere in modo unitario. E proprio da queste considerazioni nascono gli otto punti di cui parla l’avvocato Tizzoni e sui quali si sofferma la Suprema Corte. Le scale e le scarpe Il primo: si è preferito puntare su una ipotesi alternativa che lo stesso giudice di secondo grado ritiene «fantasiosa e astrusa» piuttosto che seguire con correttezza e «congruenza logica» i dati di fatto del delitto. Numero due: sono state considerate congetture dati che in precedenza erano stati ritenuti accertati e che riguardano i «rapporti personali della vittima con l’imputato» e «le criticità dei rapporti sessuali tra gli stessi». Tre: l’assenza di alibi di Alberto fra le 9.12 e le 9.35 «era un indizio grave e preciso da collegare logicamente con gli altri». Quattro: le scarpe pulite nonostante il sangue sulla scena del delitto. In questo caso i giudici suggeriscono di valutare la questione non soltanto assieme a tutti gli altri indizi ma anche integrando la logica con la statistica visto che sull’argomento non sono arrivate certezze scientifiche. Cinque: la Cassazione rileva le imprecisioni nel racconto di Alberto e dice che, di nuovo, non sono state considerate in modo logico. Stessa cosa per il punto sei: ciò che Alberto ha raccontato chiamando gli operatori del 118 e i carabinieri. «Ricostruito illogicamente» pure il punto numero sette, cioè «la omessa menzione della bicicletta nera da donna da parte di Stasi», ritenuto «un potenziale indizio». E ultimo: da rivedere il ragionamento sulla «presenza delle impronte digitali di Stasi e del Dna di Chiara sul dispenser del sapone liquido del bagno». Vecchi argomenti. Tutti da rileggere. Giusi Fasano © RIPRODUZIONE RISERVATA nostro ambasciatore verrà rilasciato». Oltretutto, la sua storia umana e professionale indurrebbe a grande cautela: Bosio, infatti, per anni all’estero ha collaborato con illustri Ong impegnate nell’assistenza ai minori (come McDonaldHouse e BigBrothers quand’era console a New York) e pure in Italia (con la Caritas di Roma e l’associazione Peter Pan) ha dato una mano spesso e volentieri nella battaglia contro i tumori infantili. Insomma, parrebbe molto strano quest’improvviso voltafaccia: da angelo a orco. Che gli abbiano teso una trappola, un agguato? «Non penso — dice lui stesso da Laguna —. Io non ho nessun nemico, perciò non voglio parlare di fango, di sicuro non La carriera Daniele Bosio, 46 anni, è nato a Taranto. Ha iniziato la carriera diplomatica alla Farnesina nel 1995. È stato ad Algeri, come console a New York e poi fino al 2013 a Tokyo conoscevo la severità della legge filippina (la massima pena prevista per questo tipo di abusi è l’ergastolo, ndr), perciò non so cosa possa essere successo. Spero di chiarire tutto». Insomma, a quanto pare, secondo lui si tratterebbe di un gigantesco equivoco. Bosio, che non è sposato, viene descritto da qualche ex collega come un amico dei bambini, «spesso coinvolto nell’organizzazione di feste alle quali partecipava travestendosi da clown e confezionando palloncini». Non solo: sembra che proprio a Manila avesse contribuito al finanziamento per la costruzione di una scuola. Inoltre, chi conosce bene le Filippine e ci ha vissuto a lungo anche con im- portanti incarichi internazionali racconta di vere e proprie bande di ragazzini manipolati da adulti e specializzati nel ricattare i turisti: li attirano con qualche scusa, si fanno fotografare con loro e poi minacciano di andare alla polizia a denunciarli se non ricevono in cambio del denaro. E il più delle volte, per non avere guai, i turisti pagano zitti e subito i loro baby estorsori. Marco Scarpati, presidente della onlus Ecpat Italia, che si batte da anni contro la prostituzione minorile e il turismo sessuale nel mondo, racconta però che i bimbi trovati in compagnia di Bosio sono stati poi accompagnati nel centro protetto della Ong Bahay Tuluyan di Laguna. «Ma a me sembra comunque una storia assurda», commenta Mario Vattani, ministro plenipotenziario e già console a Osaka, nel 2011, ai tempi in cui anche Bosio lavorava in Giappone: «Io lo conosco bene — dice Vattani — é una persona molto seria, efficiente, brava, lui era il capo dell’ufficio commerciale di Tokyo, diede una grossa mano alle imprese italiane interessate a investire là. Non lo so, se può valere un’impressione, ecco, direi che io proprio non ci credo che Daniele sia un accalappia-bambini». Bosio, primo segretario ad Algeri fino al 2002, poi console a New York e quindi primo consigliere commerciale dell’ambasciata italiana a Tokyo dal 2010 al 2013, nel dicembre scorso ha ricevuto il gradimento del governo del Turkmenistan e si è insediato nel suo nuovo ufficio di Ashgabat, la capitale. «Non ho violato quei bambini, giuro, ho pagato loro due-tre giri su una giostra, volevo solo farli divertire», ha ripetuto ieri sera ai vertici della Farnesina. Ma l’ultima parola non è ancora scritta. Fabrizio Caccia © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 21 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Roma Arrestata subito invece che alla consegna della droga Giudizio immediato per la dama bianca Il giallo della cattura prima reazione di fronte agli investigatori: «Sono stata tradita». Ma da chi? Non solo. Le disposizioni impartite dalla procura prevedevano di tenere riservata l’informazione che la cattura fosse stata disposta dai magistrati di Napoli. Quello della Gagliardi doveva sembrare un fermo casuale. Così non è stato e anche in questo caso c’è il sospetto che la fuga di notizie sia servita ad avvisare i suoi interlocutori, mettendoli in guardia sul fatto che i telefoni della donna e quello dei suoi contatti fossero sotto controllo. Ecco perché la sua collaborazione potrebbe diventare preziosa per Gagliardi a processo, rischia 10 anni ROMA — Almeno dieci anni di carcere ed esclusione dai benefici per i detenuti. Appare ormai segnata la strada giudiziaria di Federica Gagliardi, 34 anni, la «dama bianca» arrestata il 13 marzo scorso all’aeroporto di Fiumicino con 24 chili di cocaina nascosti in un trolley e in uno zainetto. Perché entro la fine della settimana dovrebbero arrivare i risultati della perizia ordinata dai pubblici ministeri di Civitavecchia sulla polvere bianca. E subito dopo sarà disposto il giudizio immediato. Vuol dire processo veloce, senza ulteriori accertamenti, per l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti. Vuol dire soprattutto una lunga reclusione che la donna potrebbe «alleggerire» se decidesse di collaborare. Ed è proprio questo l’obiettivo dei magistrati di Napoli che da tempo indagavano sull’importazione di droga dal Venezuela per conto della camorra. Anche perché ci sono ancora numerosi misteri da chiarire. Finora la linea scelta dall’indagata è quella del silenzio. Ma non si può escludere che una condanna pesante la convinca alla fine a parlare. I pubblici ministeri hanno individuato il «broker» che l’ha assoldata per La vicenda L’arresto Federica Gagliardi, 31 anni, soprannominata la «dama bianca», viene arrestata lo scorso 13 marzo all’aeroporto di Fiumicino dalla Guardia di finanza (nella foto, un momento del fermo della donna). Nella valigia trasportava panetti di cocaina per 24 chilogrammi I viaggi istituzionali Federica Gagliardi diventa famosa quando appare accanto al presidente Berlusconi, in Canada o America Latina, in viaggi istituzionali. Poi prova, senza successo, a entrare in politica effettuare almeno due «trasporti» da Caracas. Più complicato appare scoprire la rete dei clienti. Anche perché sulle fasi della cattura pesano troppi interrogativi. Il 13 marzo, dopo aver avuto la conferma che Gagliardi si era imbarcata sul volo diretto a Roma, i pubblici ministeri di Napoli firmarono un decreto di «ritardato sequestro» del carico di droga. Vuol dire che la donna doveva essere pedinata fino all’avvenuta consegna dei due bagagli pieni di cocaina. In questo modo sarebbe stato così individuato, e probabilmente catturato, anche il mediatore consentendo agli inquirenti di aggiungere tasselli fondamentali per l’inchiesta. E invece non è andata affatto così. La «dama bianca» è stata prelevata subito dopo l’atterraggio, mentre era ancora sulla scaletta dell’aereo. Perché si è deciso di non attendere il passaggio al varco del controllo documenti? Perché i finanzieri in servizio presso lo scalo di Fiumicino e quelli provenienti da Napoli hanno preferito agire subito pregiudicando la possibilità di L’uomo in Venezuela Individuato il broker che l’ha assoldata a Caracas, ora i pm cercano di scoprire la rete dei clienti pedinarla e dunque di effettuare altri arresti? La giustificazione è che ci fosse il rischio di perdere il carico. E questo alimenta un ulteriore sospetto: Gagliardi doveva passare dal varco autorità, quello che non prevede alcun tipo di controllo. La donna, che in passato aveva viaggiato al seguito di Silvio Berlusconi quando era presidente del Consiglio e poi per un lungo periodo ha fatto parte dello staff di alcuni politici, avrebbe avuto la rassicurazione di uscire dall’aeroporto senza dover effettuare alcuna fermata. Si spiegherebbe così la sua In missione con Berlusconi Federica Gagliardi il 24 giugno 2010 al seguito dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi all’arrivo all’aeroporto di Toronto per prendere parte al G8 (foto Ansa) chi indaga. Finora il suo legale Nicola Capozzoli ha escluso categoricamente questa possibilità. «La mia cliente si difenderà», ha sempre dichiarato. Nell’organizzazione camorristica Gagliardi è certamente un pesce piccolo, ma le sue conoscenze nel mondo della politica e dell’imprenditoria portano a personaggi famosi e potenti. Ecco perché sono ancora in molti a temere che possa cambiare strategia processuale, rivelando che cosa ci sia davvero dietro la scelta di diventare «corriere» per conto dei clan camorristici. Anello di congiunzione tra la criminalità e i palazzi romani. Fulvio Bufi Fiorenza Sarzanini © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 23 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 # Reportage Marchi storici mangiati dalla camorra De Magistris: cittadini delusi? Le aspettative erano alte Degrado Un coltello spunta dalla tasca di un giovane. Foto sotto: la Galleria Umberto e il porto La scheda A Napoli Secondo la Confcommercio sono 890 i negozi napoletani «morti» tra il 2012 e il 2013, con molti marchi storici perduti In Campania In base ai dati più», sostiene Antonio Bassolino che, risolte le grane giudiziarie e avendo sul capo solo (gravi) responsabilità storiche, sta diventando una specie di coscienza critica di se stesso e dei suoi concittadini: «La città vive una crisi di ruolo senza precedenti, ci si scanna sul San Carlo, i cinesi scappano dal porto dopo il sangue che avevamo buttato per portarceli». La distanza tra città reale e politica s’allarga. Sia il governatore Caldoro che il sindaco de Magistris sono alle prese con il tentativo di raddrizzare i conti: entrambi parlano con toni trionfalistici senza cogliere questo distacco. «Il dieci per cento dei ragazzi fugge all’estero a studiare, in termini di élite è un’emorragia esiziale», dice Mauro Calise, politologo della Federico II. Gigi de Magistris sta vivendo la sua secon- Le novecento saracinesche abbassate nella Napoli dei bilanci in rosso I dati di due anni. L’azienda principale, il porto, è senza presidente DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — La mamme minacciarono le mamme. Maria ed Anna Aieta, mogli di Edoardo Contini e Ciccio Mallardo, nobiltà camorrista, andarono dalla moglie di Salvatore Vinciguerra: «Accumminciamm’ d’e piccirill’», cominciamo dai bambini, le dissero. Così gli affari e la dignità dei Vinciguerra, commercianti di vestiti tra Poggioreale e il Vomero sin dagli anni Cinquanta, iniziarono a morire: via un negozio, poi una casa, otto anni in mano al clan, da padroni a servitori, LE SFIDE DEL SUD sotto interessi usurai del 120 per cento. Fino alla rovina, al coraggio di denunciare, alla disperazione di scappare dalla città. «Questa gente è il nostro tumore», ha messo a verbale Nicola Vinciguerra, il capostipite, davanti ai magistrati che hanno scritto l’ordinanza contro il clan Contini, 90 arresti a fine gennaio. Andrebbe studiata nelle scuole la storia di famiglia del vecchio Nicola: perché descrive nei dettagli la sostituzione dell’economia legale con quella illegale, causa ed effetto del disastro napoletano. Alla Confcommercio di piazza Carità purtroppo allargano le braccia, in piena amnesia: «Vinciguerra? Non mi pare che stesse a Napoli città», ci dice Luigi Di Raffaele, pur cortese e prodigo di dati preziosi: 890 sono i negozi napoletani «morti» tra il 2012 e il 2013, con molti marchi storici perduti. L’associazione tende a spostare il male in provincia: Torre Annunziata, Castellammare e simili paradisi. «Qui va meglio, non ci rovini l’immagine», sospira il presidente, Pietro Russo, che ce l’ha con la stampa: «Pure Caserta la fate diventare Napoli», dice, alludendo alla nera epopea di Nicola Cosentino. Comprensibile. «Be’, abbiamo più slot di Las Vegas ma ce puzzamm ‘e famm’, moriamo di fame. Almeno i mafiosi la costruirono, Las Vegas! I nostri camorristi manco hanno la visione»: Russo alla fine è uomo di spirito. La relazione del Comitato sull’ordine e la sicurezza del 31 marzo coglie il nodo: «È il riciclaggio l’attività preponderante». La camorra si prende «bar, ristoranti, imprese edili, pompe funebri, panifici... e impone i propri prodotti agli altri commercianti: caffè, farina, calcestruzzo». Persino gli addobbi di Natale. Lo chiamano «mercato parallelo»: il clan «affida» partite di merce al negoziante e poi piglia l’intero guadagno. La Dia sottolinea «una persistente anomalia nel sistema d’impresa napoletano: cresce in modo smisurato il numero delle imprese non classificate, prive cioè del codice di classificazione di attività economica, in quanto di fatto non aprono, non producono, non creano posti di lavoro. Scatole vuote, funzionali a celare atti- vità illecite e produrre false fatturazioni». Antonio, uno dei proprietari di «Ciro a Santa Brigida», lo spiega in stile Bellavista: «Io l’ho sempre detto ai finanzieri. Statevi accorti non ai clienti senza scontrino, ma agli scontrini senza cliente!». La camorra imprenditrice coi suoi soldi a costo zero è rivale imbattibile, specie in tempi di crisi del credito e affitti in risalita: una sola piazza di spaccio del clan Di Lauro fruttava un milione di euro al mese (e le piazze erano una ventina). Bankitalia ha un dato terribile sulla Campania: «Tra il 2008 e il 2012 sono uscite dal mer- cato circa 8.400 imprese l’anno». Il male sta qui, e può essere letale se poi si incrocia con 86 clan e quattromila affiliati, venti rapine al giorno (girare con un iPhone è pericoloso), strade sporche e dissestate, saracinesche abbassate anche nella storica Galleria (quattro chiusure recenti). Il male sta qui, anche se a volte è agevolato dal malato: Salvatore Vinciguerra, uno dei fratelli del vecchio Nicola, aprì lui stesso la porta ai Contini, «così nessuno poteva chiederci il pizzo». «Gli imprenditori non hanno politici con cui parlare, a Napoli i politici non esistono raccolti dalla Banca d’Italia tra il 2008 e il 2012 sono uscite dal mercato circa 8.400 imprese l’anno I clan Sono stati censiti 86 clan, che si stima possano contare su quattromila affiliati. In media si verificano venti rapine al giorno da chance per evitare il dissesto. Ha ammesso col Corriere del Mezzogiorno che quando vagheggiava una raccolta differenziata al 70 per cento era esaltato e in campagna elettorale (motivazione che a Berlusconi varrebbe la lapidazione). Prova a vendere le partecipate, buco nero dei conti comunali (ma il suo vecchio assessore ripudiato, Riccardo Realfonzo, ridacchia: troppe perdite, chi se le compra?). «Questa è una città viva», giura il sindaco, gongolando per il successo della coppa Davis: «I napoletani delusi da me? Le aspettative erano altissime, se pigli Maradona non tolleri una giocata sbagliata». Più so- Il rapporto Il Comitato sull’ordine e la sicurezza: il riciclaggio è l’attività preponderante, lo chiamano «mercato parallelo» brio Stefano Caldoro, che rivendica successi di bilancio importanti sulla Sanità (ma a prezzo di tagli e tasse), investimenti record (ma purtroppo i livelli di disoccupazione restano altissimi). Caldoro non è un politico «di popolo» però si andava conquistando una preziosa etichetta di affidabilità. L’etichetta rischia di essere stracciata da un’inchiesta nata sul suo capo-staff e alter ego Sandro Santangelo: truffa e riciclaggio. «Nessun fastidio, chi fa politica deve stare sotto scrutinio», dice lui, pacato. In realtà il politico più potente oggi è, incarcerato Cosentino, il suo ex sodale Gigino Cesaro, assolto in giovinezza dall’accusa di essere vicino a Cutolo con una insufficienza di prove e un «quadro probatorio non tranquillizzante». «Il nostro problema non sono i boss, sono le istituzioni che ne hanno emulato il metodo», tuona Lina Lucci, tostissima leader della Cisl. Cesaro è sponsor di Riccardo Villari alla presidenza del porto. Villari è un medico, come Massidda a Cagliari. Quando il Consiglio di Stato ha stabilito che forse la medicina non è la massima competenza per gestire un porto, Massidda è caduto, Villari è stato bloccato. «È strumentale sostenere che, mancando il presidente, il porto non funzioni», smorza Caldoro, che quando si tornerà a votare non potrà prescindere da Cesaro. I partiti stanno affinando disegni di legge per aggirare la sentenza. Ovvio: il porto sarebbe la più grande azienda campana, vanta 26 milioni di crediti, ma non li incassa; la riqualificazione vale un miliardo. Il candidato tecnico era Dario Scalella, manager puro, che ha già ripulito i conti di Napoli Servizi per de Magistris. Veti incrociati lo hanno affondato; siamo a due anni di impasse. Il prefetto Musolino ha avuto una bella idea: manda carabinieri e poliziotti nelle scuole a raccontare storie di camorristi finiti male. Tema: «Fare il camorrista non conviene». Quando si potrà passare al tema «Fare la persona perbene conviene», Napoli avrà iniziato a guarire dal tumore. Goffredo Buccini © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 25 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Il ricordo del presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura: Giovanni XXIII lo chiamò a Roma nel 1959, Giovanni Paolo II lo fece cardinale Insieme L’intervista Con Roncalli Il cardinale Paul Poupard con Giovanni XXIII: Roncalli lo chiamò a Roma nel 1959 quando era un giovane sacerdote Con Wojtyla Sua eminenza Poupard al fianco di Giovanni Paolo II: fu Wojtyla a volerlo cardinale nel 1985 «Io che ho servito i due Papi santi vi racconto chi erano» Poupard: Wojtyla pregò e la suora guarì di ARMANDO TORNO Incontriamo a Roma il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura e di quello per il Dialogo Inter-Religioso. Ha lavorato con Giovanni XXIII e con Giovanni Paolo II, i due Papi che saranno santificati il prossimo 27 aprile. Di entrambi ha un ricordo vivissimo. Gli abbiamo rivolto qualche domanda. Eminenza, quando entrò in contatto con papa Roncalli? «Nel 1959 mi chiamarono a Roma, alla Segreteria di Stato. Ero un giovane sacerdote preparato per fare il cattedratico. Mi ero laureato all’Institut Catholique di Parigi e poi alla Sorbona. Poteva essere un’esperienza di qualche mese ma una sera il sostituto mi chiamò e pronunciò queste parole: “Il Papa ti vuole”. Giovanni XXIII mi ricevette in biblioteca e si fece raccontare la mia storia. Poi si alzò, mi prese le mani e disse: “Tu sei un giovane sacerdote e io un vecchio Papa. E se vuoi servire la Chiesa non puoi rifiutare il tuo aiuto”». Lei quindi rimase... «E come potevo disobbedire al Papa? Cominciai a lavorare alla Segreteria di Stato. Donai a Giovanni XXIII le mie tesi di laurea e lui trovò il tempo per leggerle. Mi disse: “Quando avevo la tua età ero anch’io appassionato alla storia della Chiesa”. Era molto alla mano. Né possiamo dimenticare che fu un vero genio della comunicazione. Durante la visita alla Santa Sede della figlia di Krusciov e del marito, li conquistò dicendo che avrebbe pregato per i loro bambini (se ne fece dare il nome); anzi con la signora usò un’espressione che partiva dalla Genesi, mettendola subito a suo agio: “Dio fece la luce e io vedo luce nei suoi occhi”. Insomma, colpiva l’immediatezza, la semplicità. Paolo VI parlò di “Santa ingenuità”. Un giorno si rivolse a me chiamandomi “Caro monsignore”, e io subito replicai: “Santità non sono monsignore”; e lui: “Abbia pazienza, qui tutti lo diventano”. I romani, allorché il Papa cominciò a uscire dal Vaticano, lo chiamarono “Giovanni fuori le mura”». Si attendeva da tempo la sua santificazione... «Non vorrei contraddirla, ma tutti lo considerarono subito santo. Era il 4 giugno del 1963, l’indomani della sua Comunicativo Giovanni XXIII era molto alla mano, fu un vero genio della comunicazione Santo subito Tutti considerarono Roncalli subito santo. Fu Paolo VI a indicare la via abituale Presidente Il cardinale Paul Poupard è presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura (Ansa) come benedizione per i secoli futuri». Il suo ricordo... «... è ancora vivissimo. A Istanbul c’è una via a lui dedicata e quando ci fu la cerimonia, una decina d’anni fa, ero presente. Il capo della comunità ebrai- Giovanni Paolo II era tagliente, definì le decisioni di Yalta una ingiustizia Fumi d’incenso Wojtyla non sopportava i cortigiani, era indifferente dinanzi ai fumi dell’incenso Ai fedeli di piazza San Pietro papa Francesco ieri ha donato un Vangelo tascabile. «Prendetelo, portatelo con voi e leggetelo ogni giorno», ha raccomandato. La canonizzazione L’albo dei santi I beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II saranno iscritti nell’albo dei santi il prossimo 27 aprile, seconda domenica di Pasqua, intitolata proprio da Wojtyla al culto della Divina Misericordia. Lo ha decretato papa Francesco lo scorso 30 settembre, nel corso del Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione dei due beati Il programma Per accogliere i milioni di fedeli da tutto il mondo le chiese del centro di Roma saranno aperte tutta la notte del 26 aprile, per una sorta di notte bianca della preghiera. Una piattaforma digitale darà la possibilità ai pellegrini di accedere alle news. La celebrazione religiosa potrà essere seguita anche sui maxischermi situati su via dei Fori Imperiali e su quelli allestiti probabilmente in piazza Navona, piazza del Popolo, Castel Sant’Angelo e piazza di Santa Maria Maggiore Giudizi Il dono del Pontefice Da Francesco un Vangelo ai fedeli morte. Fui chiamato per dare la mia testimonianza alla tv francese e presi un taxi, di corsa, per recarmi alla Rai dove si sarebbe effettuato il collegamento. Il conducente mi disse, vedendomi uscire dalla Segreteria di Stato: “Papa Giovanni, papa buono, papa santo”. Era una delle infinite voci comuni. Anche i vescovi, durante la ripresa dei lavori del Concilio, desideravano proclamarlo santo per acclamazione. Fu Paolo VI a indicare la via abituale. Il cardinale Léon-Joseph Suenens, arcivescovo di Bruxelles, ebbe l’incarico di ricordarne la figura dinanzi ai padri conciliari e utilizzò parole evangeliche. Disse: fu un uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni, e come Giovanni il Battista la sua missione fu breve, interrotta dalla morte; la sua santa memoria resterà ca disse: “Nel nostro calendario non sono previsti santi, ma se ci fossero metteremmo subito papa Roncalli”. Né dobbiamo dimenticare che alla sua morte in Vaticano giunsero migliaia di lettere di musulmani, di agnostici e di ebrei che offrivano le loro preghiere per lui. Alcune le lessi nell’intervista alla tv francese». Giovanni Paolo II l’ha creata cardinale... «...nel 1985. Lo conobbi molto tempo avanti, anzi lo incontrai la prima volta, arcivescovo di Cracovia, a cena a Roma. Mi disse: “Ma cosa fanno in questa misteriosa Segreteria di Stato?”. Poi lo rividi all’Università Cattolica di Lublino, al tempo in cui ero rettore dell’Institut Catholique di Parigi. Quella volta — eravamo a teatro — mi confidò che anch’egli da giovane “faceva teatro”». Dovette essere un pontefice di polso... «Sì, lo era, ma aveva anche un dono raro: non sopportava né i cortigiani (c’era sempre qualcuno pronto a lodare le sue poesie), né le insinuazioni; anzi quando ne udiva qualcuna aveva uno scatto fisico di fastidio. Credeva nella virtù di ascoltare con pazienza. E poi, mi sia consentita una battuta: Giovanni Paolo II provava una santa indifferenza dinanzi ai fumi dell’incenso! Concludo ricordando che non sistemava i discorsi a seconda della persona che aveva davanti, ma esprimeva quel che sentiva, senza precauzioni. E poteva proferire giudizi taglienti: per esempio, mi disse che le decisioni di Yalta furono una profonda ingiustizia. Parlando di Gorbaciov affermò che avrebbe dovuto cambiare il sistema senza cambiare di sistema». Scusi eminenza, ma papa Wojtyla ha dato vita al Pontificio Consiglio della Cultura e ha scelto lei... «Vorrei ricordare come sono andati i fatti. Ricevetti Sua Santità a Parigi il 1° giugno 1980 e lo accompagnai l’indomani all’Unesco dove, tra l’altro, dichiarò che la Polonia, radiata dalla carta geografica d’Europa dai suoi potenti vicini, poté sopravvivere nei secoli soltanto grazie alla sua cultura. E la cultura, sottolineò, è la realtà che unisce tutti gli uomini. Tre settimane dopo mi chiamò a Roma per sostituire il cardinale König all’allora segretariato per i non credenti. A pranzo mi chiese: “Come vedi la cosa?”. Risposi richiamandomi a Paolo VI: per dialogare bisogna avere un terreno comune: il primo dialogo, con i cristiani non cattolici, ha il Vangelo; il secondo, con i credenti non cristiani, la religione; il terzo, con i non credenti, la cultura. Da lì si mosse qualcosa. Ci pensò e poi nacque il Pontificio Consiglio per la Cultura, accanto al segretariato per i non credenti». La sua santità invece è stata rapida... «Per me Giovanni Paolo II resta un pozzo di preghiera, un uomo di Dio. Una volta, durante una colazione, gli dissi che suor Beatrice, che mi aiutava, avrebbe dovuto affrontare un’operazione grave. Il Papa smise subito di mangiare e si raccolse in preghiera. L’intervento riuscì pienamente». La casa del cardinale è piena di libri. Sul tavolo, uno, in francese, ha come titolo Au coeur du Vatican (edizioni Perrin/Mame). Anche in tal caso si va da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II. Aggiunge sua eminenza: «Non l’ho scritto appositamente. È uscito nel 2003». © RIPRODUZIONE RISERVATA Opening soon Via Mercato 8, MILANO La registrazione Google e il marchio «occhiali» Per i suoi occhiali-computer Google sta cercando di registrare la parola «occhiali» come marchio. Ma c’è qualche ostacolo. Google, che ha coniato con un certo successo il termine «Google Glass», un programma di ricerca e sviluppo di Google Inc. con l’obiettivo di sviluppare occhiali dotati di realtà aumentata. Ma il Patent and Trademark Office degli Stati Uniti ha sollevato un’obiezione: che il marchio è troppo simile ad altri di software per computer che contengono la parola «occhiali». E che inoltre in inglese il termine glass ha altri significati: vetro, binocolo, bicchiere. Insomma un termine generico che potrebbe creare confusione ai consumatori. Gli avvocati hanno contestato che la proposta del marchio di Google possa confondere. Così hanno riproposto la domanda di registrazione del marchio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 27 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Designweek Il commento Luci della città e speranze del Paese SEGUE DALLA PRIMA All’università Gli allestimenti per il Salone del Mobile alla Statale di Milano. La kermesse sul design si apre domani e si concluderà il 13 aprile (Piaggesi) «Milano, il Salone e il Rinascimento della nostra creatività» SINTESI VISIVA/PAOLO POCE La città di Milano ha una forma a ruota: il suo destino è muoversi. Il Salone (del) Mobile, come il recente BookCity, non è solo un’occasione di esperimenti, incontri, condivisione e aperitivi. È, a sua volta, l’aperitivo del grande banchetto che verrà, ed è sempre più vicino: Expo 2015, dedicato all’alimentazione. I ritardi — quanti giorni buttati, da quel 31 marzo 2008, quando Milano ottenne di poter organizzare l’evento! — devono convincerci a raddoppiare gli sforzi. Possiamo rinunciare alle Vie d’Acqua, all’Orto Planetario e a qualche stazione della metropolitana: alla faccia, no. Nuovi scandali come quelli che hanno colpito Infrastrutture Lombarde — era così difficile prevedere che certe pessime abitudini amministrative non fossero scomparse? — sarebbero devastanti. Milano non li merita e non li vuole. Milano è «una città di slanci, temperati da un garbato scetticismo» (Alberto Savinio). Oggi, come altre volte nella storia recente, le è venuta la voglia di scuotersi. Il Salone (del) Mobile è l’occasione perfetta. Perché non è il ritrovo annuale di un’industria e alcuni mestieri (design, architettura, arredamento, illuminazione): è la festa della città aperta. E Milano, quando si apre, respira e fiorisce. Quando si chiude, sospira e appassisce. Il successo — perfino eccessivo, secondo gli albergatori — degli «affitti brevi», e lo scambio frenetico di divani e letti attraverso siti dedicati, è più di un fenomeno di moda. È una novità che sembra fatta apposta per Milano, città pratica, frettolosa e generosa. Altre città d’Italia sono, indiscutibilmente, più spettacolari: Roma, Venezia, Firenze. Ma, affaticate dal turismo, vivono l’afflusso di massa come un’invasione. Milano, invece, somiglia a Genova e Torino: avere il mondo in casa è una novità, e regala energia. Raramente questi scatti sono segnati dalla politica; più spesso, dall’economia. «Io capovolgo Milano e voi affrettatevi a raccoglierne il contenuto in una busta di pelle nuova nuova: ecco, sono gli affari», scriveva Giuseppe Marotta in uno dei più affettuosi ritratti della città (A Milano non fa freddo, 1949). In sessantacinque anni è cambiato molto: questo no, e lo vedremo nei prossimi giorni. La temperatura di Milano dipende dal cuore, ma si misura intorno al portafoglio. Non sottovalutatela: è una febbre allegra, e riscalderà l’Italia. Pistoletto: amo la Triennale e la cotoletta «Quello di cui abbiamo bisogno. Come persone, come intellettuali, come italiani». Per conoscere e farsi conoscere. Per mettere in comunicazione lo spirito creativo individuale e la responsabilità collettiva. In una città, Milano, che diventa epicentro dell’idea, del progetto, della società futura. «Energia pura» tra installazioni, mostre, colloqui con i designer. Il Salone del Mobile secondo l’artista Michelangelo Pistoletto: perfetta miscela di intuito e produzione, di unicità e avanguardia. «Da qui partono idee che fanno il giro del mondo». In un viaggio tra i padiglioni della Fiera, gallerie e una buona cotoletta alla milanese. Umore buono, forma smagliante: dopo una sciata domenicale nel Monginevro, l’ottantenne protagonista della corrente dell’arte povera si prepara alla settimana milanese del design, da Arte povera Michelangelo Pistoletto è nato a Biella quasi 81 anni fa. Pittore e scultore, è uno dei maggiori interpreti della cosiddetta corrente dell’arte povera. Ha iniziato a 14 anni come apprendista nella bottega del padre restauratore di quadri domani fino a domenica a Rho. Oggi pomeriggio parteciperà a un incontro su design e sostenibilità con Alessandro Mendini, Chiara Bertola e Giacinto di Pietrantonio alla Fabbrica del Vapore; mercoledì racconterà il suo progetto «Il terzo Paradiso» nel SuperOrtoPiù, orto urbano pensile di 750 metri quadrati da lui progettato. Ma ogni anno Pistoletto — famoso in tutto il mondo per la «Venere degli Stracci», i quadri specchianti (da «Donne nude che ballano» all’«Uomo con i pantaloni gialli») e le provocazioni (gli specchi infranti della Biennale di Venezia del 2009, «l’Italia riciclata» del 2012) — dalla sua casa di Biella raggiunge Milano durante il Salone del Mobile. Per curiosare, raccogliere spunti, «respirare un’aria diversa». Il motivo: «Qui c’è la storia, la cultura, il Rinascimento, il nostro Dna». C’è la creazione «collegata alla creatività». C’è l’arte applicata «che fa sue le problematiche globali: se manca la capacità di proporre e produrre visio- Le installazioni in città Dall’alto, una delle installazioni del Fuori Salone all’Università Statale; il SuperOrtoPiù di Michelangelo Pistoletto; i preparativi per la manifestazione in via Savona (Poce/ Fotogramma) Il supplemento domani con il «Corriere» Storie e piaceri in 80 pagine Beppe Severgnini Un supplemento gratuito di 80 pagine in occasione dell’apertura del Salone del Mobile: «Design» esce con il Corriere della Sera di domani (a Milano, mercoledì nel resto d’Italia). Sezioni dedicate a tendenze, storie e piaceri, con una ricca parte finale sulla «design week milanese» e su tutti i protagonisti del Fuori Salone. La copertina è stata realizzata dai fratelli brasiliani Fernando e Humberto Campana. ni, anche i movimenti collettivi perdono sostanza». Un grande artista in mezzo ai mobili e ai loro ideatori. Connubio possibile? «Certamente. Abbiamo vissuto un’epoca in cui tutta l’attività artistica e parte di quella museale sono state orientate verso la moltiplicazione. Anche il designer è un artista che si dedica alla produzione di un oggetto. Ma basta con le esagerazioni seriali: dobbiamo ritrovare il rapporto primordiale con l’unicità. Il progettista deve disegnare l’unico». Itinerario d’autore di un biellese «globale» che nella sua intensa carriera ha esposto a New York, Pechino, Parigi, Berlino, Lisbona, Tel Aviv, Tokyo. «Quando sono a Milano passo sempre dalla galleria Christian Stein di corso Monforte». Ma le tappe del Salone sono precise. La vitalità della zona di Brera, da culla di pittori e scultori a «design district». I padiglioni di Rho, imprescindibili. Come la Triennale, che in questi giorni ospita la mostra del Design Museum: «Il design italiano oltre le crisi. Autarchia, Austerità, Autoproduzione» (esposto anche il vestito cucito da Pietra Pistoletto, figlia di Michelangelo, con decine di slip femminili). E naturalmente il Superstudiopiù di via Tortona, con l’orto sul tetto che durerà fino a tutto il semestre dell’Expo 2015 e accoglierà il tracciato del «Terzo Paradiso», segno creato da Pistoletto per promuovere l’incontro tra natura e attività umane. Qui si alterneranno dibattiti, incontri con paesaggisti, architetti, agronomi, concerti, serate dedicate al food. A proposito di cibo, Pistoletto rivela: «Spesso a Milano, con mia moglie Maria, andiamo al Bagutta». Piatto? «Cotoletta». Architetto più amato? «Ettore Sottsass, impareggiabile». Luogo preferito della città? «La Cascina Cuccagna: molto interessante». Omaggio a Milano. «Solo qui certe cose possono succedere. Da qui può partire il sogno di un design etico». © RIPRODUZIONE RISERVATA Annachiara Sacchi © RIPRODUZIONE RISERVATA Le nomine Martina inserisce Cotarella, Antinori e Frescobaldi nel comitato scientifico per la promozione dei prodotti delle cantine italiane L’enologo di D’Alema e due marchesi per l’Expo dei vini DAL NOSTRO INVIATO VERONA — Riccardo Cotarella, 65 anni, è l’uomo del vino per l’Expo 2015. E’ il presidente degli enologi italiani. Tra le 60 e più aziende di cui è il super consulente, c’è anche quella dell’ex premier Massimo D’Alema, “La Madeleine”, nome proustiano per 15 ettari in Umbria tra Narni e Orticoli, in cui sono stati prodotti i vini Sfide, Nerosé e NarnOt. L’incoronazione di Cotarella è avvenuta ieri pomeriggio al Vinitaly di Verona. L’annuncio è stato dato dal ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, al Vinitaly di Verona. Cotarella guiderà il comitato dei “saggi” che deciderà che fare per divulgare e promuovere il vino all’Esposizione universale di Milano, all’interno del Padiglione Italia, in 2.000 metri quadrati. Sarà il Vinitaly a realizzare e gestire il Padiglione del vino. «Scelta di competenza, esperienza e professionalità», l’ha definita il democratico Martina. «Accordo importantissimo», per Diana Bracco, presidente di Expo. Con Cotarella, a fianco di Bracco, ci saranno nel comitato scientifico due marchesi toscani a capo di storiche famiglie del vino, Pietro Antinori, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, e Vittorio Frescobaldi, presidente di Grandi Cru. Poi il presidente di Federvini Lamberto Vallarino Gancia, della famiglia piemontese che fondò l’azienda degli spumanti e il presidente di Unione italiana vini, il veneto Domenico Zonin, figlio di Gianni, banchiere e produttore con quartier generale a Gambellara. Affiancati dal direttore generale di VeronaFiere Giovanni Mantovani; da Ruenza Santandrea, presidente del gruppo cooperativo Cevico e da Raffaele Boriello, vice capo di gabinetto del ministero. Umbro Riccardo Cotarella è nato a Monterubiaglio (Terni) 65 anni fa. Ha conseguito il titolo di enologo a Conegliano nel 1968 Cotarella, umbro, è stato uno dei protagonisti del Rinascimento del vino dopo la scandalo del metanolo del 1986. Ha un carnet, non solo italiano, che più vario non si può: dalla cantina pugliese del giornalista Bruno Vespa a quella della comunità di San Patrignano. Per “Wine Advocate” è uno degli uomini più influenti al mondo nel settore. È anche produttore, con il fratello Renzo: la sua Falesco, vigneti a Montefiascone e Montecchio, produce 2,5 milioni di bottiglie di qualità l’anno con ricavi per 10 milioni. Da ragazzo sognava di fare il geometra, ma il padre gli impose gli studi in Enologia a Conegliano, L’incarico Saggi L’enologo Riccardo Cotarella guiderà il «comitato dei saggi» che deciderà come divulgare e promuovere il vino all’Esposizione universale di Milano, all’interno del Padiglione Italia, in 2.000 metri quadrati. L’Expo Avrà luogo a Milano tra il primo maggio e il 31 ottobre 2015. Il tema è: «Nutrire il pianeta, energia per la vita» la prima scuola del genere d’Italia, istituita dal re Vittorio Emanuele II nel 1876. Quel diploma gli ha aperto la strada a una carriera anche accademica: è docente di Viticoltura all’Università della Tuscia di Viterbo e accademico aggregato dei Georgofili. Ora tocca a lui e agli altri “saggi” preparare lo sbarco a Milano di un settore che ha registrato l’anno scorso un giro d’affari di 12 miliardi, di cui 5 grazie all’export. «Ce la metteremo tutta perché questa è una occasione che non ci ricapiterà più chissà per quanti anni — dice Cotarella — ciò che faremo sarà raccontare il mondo del vino italiano. Non servono maghi della comunicazione, ma autenticità». Luciano Ferraro © RIPRODUZIONE RISERVATA 29 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Cultura ilClassico Poeta, romanziere, saggista, Gaston Criel fu assistente di Jean Cocteau e vicino agli esistenzialisti. Fu tra i primi in Europa a capire la rivoluzione del jazz. Nel 1948, a seguito di un lungo periodo di reclusione per motivi politici, pubblicò un pamphlet dal titolo Swing in cui celebrava il potere del ritmo. Ora lo pubblica Elliot (traduzione di Raphaël Branchesi, pp. 54, e 7,50). Opera Domani alla Scala il capolavoro del compositore francese. L’omaggio all’«Eneide» si intreccia con l’influenza di Piccinni e Spontini Quando Berlioz fece cantare Virgilio «I Troiani» figli di una commovente fedeltà al poeta. Senza dimenticare Shakespeare di PAOLO ISOTTA «Heu fuge, nate dea, teque his» ait «eripe flammis. / Hostis habet muros, ruit alto a culmine Troia». (Vergilii Aeneidos, II, 289-90) «Ah fuggi, figlio della dea» dice, «e scampa alle fiamme. Il nemico occupa le mura; Troia precipita dall’alto della rocca». (Virgilio, Eneide, II, 289-90) At regina gravi iamdudum saucia cura / volnus alit venis et caeco carpitur igni. (Aeneidos, IV, 1-2) Ma già la regina, tormentata da un profondo affanno, nutre una ferita nelle vene, e un cieco furore la divora. (Eneide, IV, 1-2) F ra queste due coppie di versi rientra la vicenda dei Troyens di Berlioz. Or giacché nella musica poche cose esistono d’altrettanto sublime dell’Opera dedicata alla caduta di Troia e alla vicenda dell’infelice Didone (Enea a Cartagine) per trattarne incomincerò dalla conclusione. Una retta prospettiva critica su quest’Opera e su Berlioz in genere non è possibile, e infatti quasi sempre è mancata, se non s’inquadra questa figura di compositore e poeta dal punto di vista del suo ductus stilistico. Il primo errore prospettico nasce dal fatto di considerare Hector Berlioz un compositore romantico, anzi il compositore romantico per eccellenza. Invece egli romantico non è: e lo si vede sol che lo si confronti con quello ch’è l’autore classicoromantico più puro, Schubert; o se lo si accosti al più alto esponente dell’epoca classico-romantica, Wagner. In realtà il Berlioz giovane, quello della Sinfonia fantastica, è l’unico esponente d’una sorta di mostruoso classicismo barocco; che in parte può corrispondere alla retorica asiana nella storia della letteratura latina. Del Romanticismo egli ricomprende bensì gli aspetti: ma, appunto, non di quello musicale, di quello letterario e pittorico. Ha qualcosa di simile agli eccessi di Victor Hugo; e lo si può accostare a Théodore Géricault: però non a quello, ultraclassico e venato di un tanto di caravaggismo, della Zattera della Medusa, ma a quello degli studî di teste dei ghigliottinati. Infatti quando io pubblicai decennî fa la monografia berlioziana di Henry Barraud misi tra le illustrazioni questi teschi: nella Sinfonia fantastica v’è il cader d’una testa nel paniere e addirittura la sua ostensione alla folla da parte del boia. Ma Berlioz subisce una profonda trasformazione. Quello della Sinfonia fantastica, il ductus del quale è quanto di più anticlassico esista, non è il più grande né il più vero. Più egli procede nell’età più migliora; onde i suoi capolavori supremi sono il Te Deum, l’Oratorio L’enfance du Christ, l’Opera Scelte stilistiche I ritmi di spasmodica velocità sono drammaticamente efficaci. Nella «Caccia reale e temporale» compare un sassofono. E i balletti sono tra i più belli di sempre shakespeariana Béatrice et Bénédict (tratta da Tanto rumore per nulla) e, appunto, Les Troyens. Qui egli è un artista profondamente classico. Lo è dunque a prescindere dal suo rapporto con Virgilio; ma grazie al suo rapporto con Virgilio il suo esser classico s’invera. Virgilio l’accompagnò tutta la vita sin da giovanissimo; ed è con Shakespeare il suo nume tutelare. Nei Troiani egli riuscirà a farli stupendamente convivere. Berlioz era, lo sanno tutti, un uomo di profonda cultura e un latinista; oltre che un grandissimo scrittore: in prosa, non parlo del poeta drammatico al servizio del compositore. Sin da giovanissimo, vincitore (sia pur tardivo) del Prix de Rome, la campagna romana fu uno dei suoi luoghi dell’anima. Nei Mémoires parla moltissimo di essa e di Virgilio; ancor più lo fa in quello ch’è uno dei più straordinarî documenti della storia musicale dell’Ottocento, il suo epistolario, finalmente e faticosamente pubblicato lungo i decennî. Faccio dunque una delle tante citazioni possibili. «Talvolta, quando, anziché il fucile, avevo con me la chitarra, ponendomi al centro di un paesaggio in armonia con i miei pensieri, mi riaffiorava alla memoria, ov’era sepolto fin dall’infanzia, un canto dell’Eneide: improvvisavo allora uno strano recitativo su un’armonia ancor più strana, e mi cantavo la morte di Pallante, la disperazione del buon Evandro […]». Mi fermo qui perché tutto il passo riguarda gli ultimi libri del Poema, proprio quelli non compresi nei Troiani; ma cito la sua conclusione: «… Rimpiangevo quei tempi poetici nei quali gli eroi, figli degli Dei, portavano così belle armature e lanciavano eleganti giavellotti la cui punta lampeggiante era adorna d’un cerchio d’oro». Ricordo allora un po’ di date. Vagheggiati tutta la vita, I Troiani vennero composti rapidamente fra il 1856 e il 1858; fomite ne fu la terribile principessa Carolina di Sayn-Wittgenstein, la compagna di Liszt nonché sua mancata moglie (la vicenda è degna di Scarpetta: alla fine Liszt si fece sacerdote per non sposarla), la teologa, la quale in questo caso, aiutata anche dall’odio che portava a Wagner, fece qualcosa Le prove di «Les Troyens» di Berlioz, con la regia di David McVicar, in scena alla Scala da domani pomeriggio sino al 30 aprile: l’opera venne scritta fra il 1856 e il 1858 di davvero meritevole e degno di tramandarne la memoria. Berlioz riuscì a vedere del suo capolavoro solo un’esecuzione parziale, al Théâtre-Lyrique (non all’Opéra!) nel 1863: con gli atti dal terzo al quinto, chiamati I Troiani a Cartagine. Egli era già malatissimo di quella sorta di infiammazione al colon cronicizzatasi che, senza essere un tumore, ne produceva gli effetti. L’ultima Opera venne circondata da un incredibile rispetto nazionale (Meyerbeer, dimostrandosi anche qui uno degli uomini meravigliosi del suo secolo, andò a tutte le recite con la partitura in mano) e internazionale. Ma la prima rappresentazione completa non si ebbe che nel 1890 a Karlsruhe a opera del grande wagneriano Felix Mottl e all’Opéra nientemeno che nel 1921; e le esecuzioni storiche vanno da quella del Covent Garden degli anni Cinquanta diretta da Colin Davis a quella diretta da Georges Prêtre alla Rai di Roma nel 1969 a opera di Francesco Siciliani (Cassandra era la non sempre intonata Marilyn Horne mentre Didone la grandissima Shirley Verrett) a quella diretta al Metropolitan da James Levine nel 1983, ove Cassandra è il più grande soprano drammatico dal 1945 a oggi (perché Anita Cerquetti si ritirò presto), Jessye Norman, Enea uno straordinario Placido Domingo giovane, e l’allestimento meraviglioso è dovuto al regista Fabrizio Melano e alle scene e costumi di Peter Wexler. Esso è fedelissimo all’antichità e quasi archeologico nei mille particolari dei costumi e dei totem che sfilano nelle processioni sceniche: giusta il desiderio dell’Autore di esserlo: tale ne era lo scrupolo di Berlioz ch’egli andò da Flaubert, del quale era da poco uscito il romanzo Salammbô dedicato alla guerra dei mercenarî contro Cartagine nel periodo intercorrente tra la prima e la seconda Punica, per avere ragguagli per l’allestimento della storia di Didone. Poi v’è la raffinatissima incisione realizzata nel 1994 coi complessi di Montréal da Charles Dutoit. I tre direttori che nel dopoguerra meritano di essere ricordati per i Troyens sono dunque Prêtre (che riprese l’Opera alla Scala nel 1982), Levine (straordinario anche per l’essere il suo video realizzato dal vivo in teatro: e che precisione, oltre che fuoco!) e Dutoit. Gli altri seguono in ordine sparso. Si comprende che qualsiasi allestimento sposti l’epoca della rappresentazione costituisce un doppio imperdonabile tradimento, a Virgilio e a Berlioz. I luoghi dell’Eneide sui quali Berlioz scrive la poesia della sua Opera provengono quasi tutti dal II e dal IV libro; altre piccole aggiunte vengono dal I e dal III. Ma per avere il preciso ragguaglio dei rapporti dei Troyens con l’Eneide occorre leggere il saggio del sommo Ettore Paratore pubblicato sul programma della Scala nel 1982. La fedeltà di Berlioz a Virgilio è commovente; ma egli coniuga il Mantovano a Shakespeare, come ho detto, per la creazione del suo più grande personaggio tragico, la Cassandra che riempie di sé il I e il II atto. Virgilio accenna di sfuggita alla vicenda della profetessa inascoltata per maledizione d’Apollo e il suo destino è da noi conosciuto per l’Agamennone di Eschilo; ma Berlioz la mostra preda delle sue preveggenti immagini di distruzione e morte e poi creatrice di una morte eroica per sé e le vergini troiane sfuggenti allo scempio dei soldati e di Pirro (Neottolemo) con un suicidio rituale collettivo. Qui ella dice, dopo essersi trafitta e porgendo il pugnale alle compagne: «Tiens, la douleur n’est rien!», che secondo me è una citazione dalle Epistole di Plinio il Giovane e dal XVI libro degli Annales di Tacito, là ove Arria, la moglie di Cecina Peto, con- dannato a morte da Nerone, si trafigge e nel porgergli il pugnale profferisce: «Paete non dolet», «Peto, non si soffre». Figurette comiche desunte direttamente da Shakespeare sono i soldati che scherzano nel V atto. Or Cassandra è causa del non sapersi attribuire I Troiani al giusto ethos storico-stilistico: giacché il drammatismo intensissimo della sua parte, le grandi campiture dei bassi orchestrali a sottolineare il suo gesto teatrale, il quasi espressionismo dei suoi Recitativi (ma allora non si riesce a collocare stilisticamente la sublime Aria Malheureux roi!) la fanno erroneamente ascrivere a un Romanticismo musicale del quale ella non fa parte. Cassandra discende dalla grande rettorica classica: per comprenderlo occorre conoscere uno dei sommi amori di Berlioz e di Wagner, Spontini: e segnata- Lo spettacolo Cinque atti in cinque ore Dirige Antonio Pappano ]Hector Louis Berlioz (La Côte-Saint-André 1803 – Parigi 1869) è stato un compositore e teorico della musica francese (a sinistra ritratto da Émile Signol ). ]La sua opera Les Troyens, in cinque atti, andrà in scena alla Scala da domani al 30 aprile. È una coproduzione con Royal Opera House, San Francisco Opera e Wiener Staatsoper. Durata: 5 ore e 31 minuti (inizio alle 17.30). Dirige Antonio Pappano, regia di David McVicar. Nel cast Gregory Kunde, Fabio Capitanucci, Anna Caterina Antonacci e Daniela Barcellona. mente quello dell’Olympie e dell’Agnes von Hohenstaufen. Cassandra è figlia d’uno Spontini moltiplicato per due. Didone è figlia d’un elegantissimo, ma non per questo meno espressivo, Classicismo gluckiano, mozartiano e (non lo si capisce perché non se ne ha la cultura necessaria) piccinniano: la Didon di Niccolò Piccinni è tra i modelli di Berlioz: su testo di Marmontel è del 1783. Prima di parlare ancora della partitura dirò qualcosa del suo linguaggio. Il giovane Berlioz è notevole sotto l’aspetto ritmico e sovente melodico ma è assai carente sotto quello armonico che traveste grazie alla sua geniale invenzione timbrica. Ma nell’Enfance e nel Te Deum anche l’armonista è sommo: nei Troyens è squisito e non voglio solo mettere in rilievo la sua tecnica della modulazione ma l’uso del pedale armonico, che nella Chanson d’Hylas con che si apre il V atto, nel Settimino (il quale, inno alla notte com’è, è una versione sintetica e francese del diatonismo – finalmente – di O sink hernieder Nacht der Liebe del II atto del Tristan und Isolde) e altrove è straordinario. Il classicismo lo porta addirittura a citazioni dello stile bachiano: nelle appoggiature di Didone e nel coro del III atto Gloire á Didon. Lo si cita come esempio di stile pomposo da grand-Opéra ed è invece una solenne Passacaglia… Allora, i ritmi di spasmodica velocità nei Troyens sono uno dei mezzi più sicuri di drammatismo. Ma le invenzioni timbriche sono supreme. L’apparizione dell’ombra di Ettore nel II atto è preceduta da grandiosi annunci dei bassi orchestrali e accompagnata dal timbro sinistro dei corni con la sordina sopra spenti pizzicati (le battute d’introduzione orchestrale al II atto contengono uno dei più terribili usi della banda interna mai creati: la banda è quella delle fanfare greche durante la distruzione della città: e il disegno che fa è lo stesso che nella Fantastica è esposto dal corno a introduzione del Sabba: donde si vede esser esatta la mia idea che i compositori ricorrono a figure musicali costanti – il Figuralismo – per trasporre musicalmente immagini simili): allora non si può non pensare a come ciò anticipi l’inizio del II atto del Crepuscolo degli Dei di Wagner con l’apparizione ad Hagen dell’ombra di Alberich, la più potente raffigurazione del Male dell’intera storia delle arti: dico arti, non musica. L’orchestrazione della Caccia reale e temporale del IV atto è uno dei prodigi della musica e qui Berlioz fa il più bell’uso del sassofono (questo meraviglioso strumento non abbastanza sfruttato dai compositori) mai avutosi nella storia. La Caccia reale e temporale è anche un conciso ma completo Poema Sinfonico trasponente in musica i versi 130-172 del IV libro che da solo vale tutti quelli di Liszt, se si eccettuano le due Sinfonie: vi partecipa anche il coro femminile, senza parole, a volgere in musica il summoque ulularunt vertice nymphae («dalle più alte vette ulularono le Ninfe») del verso 168. Vi sono inoltre nei Troyens dei balletti così belli e raffinati che il solo termine di confronto mi paiono quelli di Mozart per l’Idomeneo. Naturalmente essi, per quanto attiene alla danza dei Negri, sono anche uno dei più delicati contributi all’esotismo musicale che vi siano stati. Adesso debbo pormi la terribile domanda: riesce Berlioz a essere alla stessa altezza di Virgilio? E la risposta può essere una sola: ci arriva quasi ma non lo può del tutto. E questo perché l’altezza di Virgilio in tutta la storia delle arti è stata raggiunta solo da Giotto, Dante, Raffaello e Wagner. Su questo punto debbo fare un’aggiunta importante: si crede solitamente, alla stregua delle dichiarazioni nelle opere teoriche, che Wagner disprezzasse la civiltà romana al confronto con quella greca e che pertanto non sia da Virgilio influenzato. Nel mio libro La virtù dell’elefante che uscirà a settembre per la Marsilio dimostro invece l’influenza enorme di Virgilio su luoghi capitali dell’invenzione del Sommo. Un rapporto tra Virgilio e Wagner va invece visto indirettamente in questo: il commento all’Eneide di Ettore Paratore, apparso per la collana Lorenzo Valla della Mondadori (uno dei vanti della cultura italiana) è qualcosa di tale vastità e ricchezza tematica che può essere qualificato solo siccome wagneriano. Su Didone debbo fare un’importantissima postilla. Un altro vanto della cultura italiana è il volume del 1932 Il libro di Didone di Corso Buscaroli: una traduzione del IV libro dell’Eneide seguita da un commento di una ampiezza e copiosità pure queste wagneriane. È affatto introvabile anche in antiquariato: non c’è nessun editore che abbia il coraggio di ripubblicarlo? © RIPRODUZIONE RISERVATA Terza Pagina 31 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Narrativa «La casa sulla roccia» (Mondadori) di Antonio Monda sullo sfondo della metropoli Elzeviro Piero Ottone e il bilancio dei suoi novant’anni AMANTE DEL MARE DIRETTORE TRA I FLUTTI di LUCA GOLDONI S ono stato uno spettatore della realtà italiana, ma non ho mai aspirato a cambiarla: così afferma Piero Ottone nel prologo al libro Novanta (i suoi anni). Che strepitosa civetteria. Buon Dio, egli non diede l’assalto al Palazzo d’Inverno, ma come neo direttore del «Corriere della Sera» fu il primo della grande stampa a sostenere che i comunisti non avevano la coda. Quando giunse in via Solferino, io e tanti redattori come me, fummo lacerati da un conflitto tra la fedeltà sentimentale a Spadolini, Montanelli — cioè ai simboli della tradizione borghese — e l’attrazione per il nuovo che avanzava con Ottone: la corazzata della maggioranza silenziosa riconvertita in un’agile porterei da cui decollava Pasolini con le sue picchiate in poesia contro i rivoluzionari figli di ricchi, che ferivano a pietrate i poliziotti figli di poveri. Piero Ottone al «Corriere» Ritrovo questi spunti in Novanta (Longanesi, pagine 240, e 14,90), bilancio esistenziale di un giovane novantenne, intrecciato con quasi un secolo di storia italiana. Dall’infatuazione adolescente per Mussolini, agli illuminanti esordi in carriera all’estero: nella Londra che «viveva il suo declino con trasognata eleganza». Nella Germania anno zero. Nell’avventura in Russia: una fiabesca traversata in slitta della Siberia, mentre Kruscev inceneriva Stalin. Poi il ritorno nell’Italia del «miracolo», l’amicizia con Agnelli e Pirelli, il meglio di una fauna «più altezzosa che autorevole». Pollice verso per Enrico Mattei, boiardo strapotente: durante un incontro i sovietici gli chiesero: «Lei non è il capitalista padrone dell’Eni né un funzionario: come la chiamiamo?». «Enrico», rispose. E qualcuno postillò: solo il nome, come i re. Personalmente, ricordo la consegna del mio primo pezzo. Lo lesse in piedi con larghi cenni di assenso. Poi passò all’analisi: «Ottimo l’attacco però lo sposterei in chiusura… impeccabile questo concetto, ma lo posporrei a quello successivo… azzeccata questa sintesi però spezza il ritmo… questo capoverso funziona ma contraddice quello precedente, che ne dici di spostarlo verso la fine?». Io dissi: «Permetti?». Presi il mio articolo, lo accartocciai e con un sorriso lo gettai nel cestino. Anche lui sorrise e mi disse grazie. Tutto molto British. Mi rifeci quan- New York, lezioni di vita e di dolore Una donna, il passato: così la boxe segna le svolte dell’esistenza di PIERLUIGI BATTISTA do mi spedì nel golfo di Napoli dove Enzo Majorca difendeva il suo record di profondità in apnea. Vinse lui, ma riemerse in stato di sincope, e ci misero mezz’ora sulla barca a riportarlo in vita. Cominciai il pezzo così: «Un cadavere italiano campione del mondo». Mi citò agli onori della riunione di mezzodì. Ero entrato trionfalmente nell’altra metà del suo mondo: il mare. Quando Montanelli lasciò il «Corriere» in aspra polemica con Ottone e Giulia Maria Crespi, e fondò «Il Giornale», tante firme del «Corriere» lo seguirono. Un giorno fui contattato dal mitico Egisto Corradi, parmigiano come me, che in nome di Montanelli mi offrì ponti d’oro. Riflettei a lungo e poi confessai che ero lusingato e commosso, ma per me «Corriere della Sera» non era una testata. Era una musica che mi portavo nel cuore dal tempo in cui, ragazzino, sognavo proprio la Lettera 22 di Indro. Quando comunicai a Ottone la mia decisone, lui — un po’ depresso per tante defezioni – mi ringraziò e aggiunse: «Quindi?». «Quindi niente — risposi — fine della trasmissione ». Credo d’esser stato uno dei pochi rimasti senza contropartite. Da allora Ottone non mi lesinò la sua riconoscenza, sfatando la vulgata del bravo direttore, ma con un mini iceberg nel petto. Una volta, per presentare un mio libro, guidò la sua Clio fino a Sanremo (senza rifornirsi mai dal cane sputafuoco di Mattei). Ricordo un suo pensiero: Luca ci fotografa con un obbiettivo deformante, per questo ci ferisce ma ci fa ridere. Mi sorprese parlando venti minuti senza un foglietto di appunti... Io studente, alle prese con un testo, lo sottolineavo furiosamente, convinto che un concetto ben evidenziato si trasferisse automaticamente nella mia mente. Ma finivo col sottolineare tutto rischiando di imprimermi solo le frasi non sottolineate, tipo «non si può non osservare che». Così ho fatto con Novanta: mi è piaciuto tutto, dagli episodi che ignoravo alle verità storiche riaccese però dal taglio personalissimo di un testimone-protagonista. A volte doppia sottolineatura, per esempio sul narcisismo di Berlusconi che si paragona senza imbarazzo a Cesare e Napoleone. Cade e risorge il narcisista, e stupisce che ne siano rimasti ubriacati tanti, intelligenti e colti. Il fenomeno si spiega solo col disorientamento contemporaneo, specie in un Paese come il nostro, le mani in Europa e i piedi in Africa. Il libro si chiude con la dolcezza del congedo di Goethe dal pellegrino che tanto ha camminato: scende la sera, tutto è pace, aspetta un poco, presto riposerai anche tu. Lunga vita a Piero Ottone. Anzi a Piero. Solo il nome, come i re. © RIPRODUZIONE RISERVATA Convegno domani a Milano La sfida dei traduttori dietro i grandi successi editoriali Convegno a Milano sul mestiere del traduttore letterario. Si tiene domani all’Università Cattolica (via Nirone 15, ore 16.30) nell’ambito del ciclo di seminari Editoria in progress e ha per titolo Traduttori e grandi successi editoriali. Intervengono Ilide Carmignani (vincitrice del Premio Nazionale per la Traduzione 2013, nota per le versioni di Borges, Garcìa Márquez, Neruda e Sepúlveda), Nicoletta Lamberti (Dan Brown, Follett e Grisham) e Yasmina Melaouah (Alain-Fournier, Enard, Genet, Pennac). Coordina l’incontro Alba Mantovani. C’ è ancora la sua New York, in questo La casa sulla roccia di Antonio Monda che è l’ideale prosecuzione, con nuovi protagonisti ma immersi nella stessa elettrizzante atmosfera newyorkese, del precedente L’America non esiste. Ma c’è una sensibilità per un mondo emotivo che si disancora da un preciso destino di spazio e di tempo per cogliere significati profondi e «universali»: il destino, la separazione, la fedeltà a se stessi. L’inscindibilità di passione e violenza, persino, raffigurata e impersonata da due memorabili incontri di boxe nello scenario chiassoso e febbrile del Madison Square Garden. La boxe come metafora della vita e che Monda predilige con un gusto del dettaglio che cattura il lettore e lo fa entrare in quel microcosmo di sangue e dolore, forza e orgoglio, brutalità e intelligenza. Leggete le pagine in cui nel romanzo, come se si parlasse di Ettore e Achille, si racconta cosa accade dentro e attorno a quel ring prima nel match tra il cubano Benny Paret ed Emile Griffith e poi nella sfida tra Joe Frazier e Muhammad Ali, il nome nuovo preso da Cassius Clay dopo essersi rifiutato di andare in Vietnam e aver perso legalmente il titolo di campione del mondo. Si verrà catturati da un concentrato di destini che condensano le svolte della vita. È tra questi due appassionanti incontri che si misura lo scacco di una vita in cui si dimenticano i momenti «grandi» e irripetibili della vita. Nel primo match Liz si immerge nel catino ribollente del Madison Square Garden con Luis. È il momento magico in cui l’amore sembra spalancare grandiose prospettive, dove tutto risuona con un timbro particolarissimo e mai più riproducibile nella sua pienezza. È una febbre che fa sentire invincibile e sfrontato chi ne è travolto, una stagione della vita unica in cui l’arte e il sesso, la letteratura, la parola, la boxe, i volti delle persone, tutto sembra un regalo del destino. Poi c’è il secondo incontro. Liz non si chiama più così. Ora l’uomo che sarà l’uomo del suo matrimonio, il padre dei suoi figli, la persona che la renderà sicura di sé, che la farà entrare nel mondo solido di chi a New York sta bene, è pienamente inserito nei circuiti dorati della finanza e del mer- 24 marzo 1962, Madison Square Garden: il combattimento tra Emile Griffith e il cubano Benny «Kid» Paret. Il match è citato nel romanzo cato dell’arte, vive in splendidi appartamenti con vista su Central Park, insomma suo marito la chiama Beth. Beth va a vedere la boxe con Warren. Ed è tutto diverso dalla prima volta con Luis. Il cambio del nome segnala il cambio di un ordine esistenziale nuovo. Così nuovo che non prevede la L’autore ] Il romanzo «La casa sulla roccia» di Antonio Monda è pubblicato da Mondadori (pp. 144, e 17) ] Monda, giornalista e scrittore, insegna alla New York University ed è direttore artistico del festival letterario Le Conversazioni di Capri. Vive nella metropoli americana con la moglie e i figli ] Ha pubblicato, tra l’altro: «La magnifica illusione (Fazi, 2004); per Mondadori «Assoluzione» (2008), «Hanno preferito le tenebre» (2010), «Lontano dai sogni (2010) e L’America non esiste (2012); «Nella città nuda» (Rizzoli, 2013) presenza di Luis, l’uomo del momento magico di Liz. Nuovo. Non inferiore, più sbiadito, più incolore, più «coniugale» e dunque necessariamente più scialbo, secondo i dettami dell’amore romantico e folle di cui si è nutrita la letteratura moderna. Ma diverso: la vita di Beth, non più la vita di Liz. Luis no. Luis resta quello di prima, ardente e forte. O meglio, noi lo possiamo immaginare così. Perché nel romanzo di Monda la presenza fisica di Luis si dissolve. Monda scrive a lungo dell’universo morale ed esistenziale di Beth. Ma deve lasciare quello di Liz, perché prevede Luis, non ne può prescindere. Sappiamo però che Luis non dimentica mai Liz. E alla fine sappiamo che Beth ha come cancellato Luis, ma non è vero, quel momento magico è stato seppellito, coperto dalla quotidianità degli anni, cacciato in un angolo invisibile. Ma c’è, esiste. E si risveglierà dolorosamente anche se strati di cenere sembrano aver sepolto la brace ancora incandescente a distanza di decenni. Nel romanzo di Monda questa drammatica frattura avviene senza frastuono: semplicemente sembra svanire. Liz decide di lasciare Luis e di abbandonare quella vita irripetibile. Punto. Perché? Perché gli imperativi del destino sembrano aver dettato questa regola. È la fragilità dei legami che colpisce e sferza un autore come Monda. Il quale è corazzato da una solida cultura nella quale i legami devono essere seri, duraturi, impegnativi, costanti, coraggiosi, persino auto-sacrificali. Mentre invece si rende conto che il vento dell’esistenza scompiglia i progetti, trascina le persone lungo rotte non previste. Dove è improbo restare fedeli a se stessi, seguire la voce delle sfide, vivere sempre a un’altezza vertiginosa. Questo è lo scenario morale di questo romanzo. In cui poi, certo, c’è New York, c’è questa straordinaria civiltà declinata al futuro e che rende tutto instabile, effervescente, problematico, ma incredibilmente vitale. Dove la serietà della vita, il suo ancoraggio a qualcosa di roccioso, e il titolo dal richiamo evangelico allude proprio a questo, è sempre così esposto ai rovesci dell’esistenza. E per questo provoca dolore, quello raccontato da Antonio Monda. © RIPRODUZIONE RISERVATA Guerra fredda Caduto il segreto sulle carte negli Usa La Cia pubblicò «Živago»: dopo anni di sospetti la prova in 130 documenti di CRISTINA TAGLIETTI L a pubblicazione in russo del Dottor Živago, capolavoro di Boris Pasternak uscito per la prima volta in assoluto nell’edizione italiana di Feltrinelli nel 1957, è un lungo romanzo, al quale ogni tanto si aggiunge un nuovo capitolo. Un intrigo internazionale con tanto di agenti segreti i cui contorni sono stati ricostruiti nel corso degli anni benché siano rimaste molte zone d’ombra. Il contributo della Cia alla prima edizione in russo del romanzo era stato messo in luce da Paolo Mancosu in un documentato volume apparso negli Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli lo scorso anno, dal ricercatore russo Ivan Tolstoj, in un saggio del 2008, ma già lo slavista Carl Proffer lo aveva ipotizzato nel 1987. Ora 130 documenti desecretati della Cia danno consistenza alla tesi. Li hanno richiesti due studiosi, Peter Finn e Petra Couvée, autori di The Živago Affair: The Kremlin, the Cia and the Battle over a Forbidden Book in uscita il 17 giugno, del quale ieri il «Washington Post» ha offerto una sintesi. Secondo i due storici non ci sono prove che l’interesse della Cia nella pubblicazione in russo del libro consistesse nell’aiutare Pasternak a vincere il Nobel, come si è spesso detto. Invece una nota rivolta a tutti i capi settore della Soviet Russia Division dell’agenzia spiega: «Possiamo fare in modo che i cittadini sovietici si chiedano che cosa c’è che non va nel loro governo se l’opera letteraria di un uomo riconosciuto come il più grande scrittore russo vivente non è disponibile nel loro Paese, nella loro lingua». Durante la Guerra fredda, d’altronde, i servizi segreti americani usarono spesso i libri come arma di propaganda e circa dieci milioni di copie di volumi e riviste banditi nell’Europa orientale furono distribuiti segretamente oltrecortina. Le operazioni di pubblicazione del libro (una versione pubblicata in Olanda e una tascabile stampata direttamente nel quartier generale dell’agenzia) furono condotte dalla Soviet Russia Division, controllate dal direttore Allen Dulles e autorizzate dalla Casa Bianca. Dopo un primo tentativo di organizzare re distribuito all’Expo internazionale attraverso il padiglione del Vaticano. L’operazione suscitò le ire di Giangiacomo Feltrinelli che deteneva i diritti dell’opera e i primi sospetti sul coinvolgimento della Cia. La quale, però, come testimonia un telegramma del direttore Dulles riportato dal «Washington Post», valutò che la pubblicazione, nonostante tutto, era valsa la pena. Dopo questa tiratura iniziale, l’agenzia cominciò a programmare una nuova pubblicazione, questa volta clandestina, del volume. «Dati i problemi di sicurezza, legali e tecnici, si raccomanda che un’edizione tascabile venga stampata al Obiettivo destabilizzazione Il testo di Pasternak venne stampato in russo per essere distribuito in Urss. Un volume in uscita rivelerà i dettagli Boris Pasternak (1890-1960) un’edizione pirata del romanzo attraverso un piccolo editore di New York (la prima ufficiale in russo, di Feltrinelli, sarà del 1961), la Cia contattò il servizio segreto olandese con cui aveva stretti rapporti e nel settembre 1958 il primo Dottor Živago in russo uscì da Mouton all’Aia. Si parla di pochissime copie, un migliaio: 200 restarono a Washington, 200 furono mandate a Francoforte, 100 a Berlino, 100 a Monaco, 25 a Londra e dieci a Parigi. Il pacco più grande, con 365 libri, fu inviato a Bruxelles per esse- quartier generale (della Cia, ndr) utilizzando il primo testo Feltrinelli e attribuendolo a un editore fittizio», rivela una nota. Nel luglio 1959, novemila copie del Dottor Živago vennero pubblicate in due volumi, perché fosse più facile nasconderli, e attribuite alla fittizia Société d’Edition et d’Impression Mondiale di Parigi. Il libro di Finn e Couvée promette di combinare tasselli sparsi, ma è difficile credere che il mistero di Živago sia davvero risolto. © RIPRODUZIONE RISERVATA 33 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Idee&opinioni Corriere della Sera SMS Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile PICCOLE PATRIE È stato un voto contro i talebani. Tra le tante interpretazioni emerse e che verranno elaborate delle elezioni presidenziali afghane di sabato almeno una è assodata: chi è andato alle urne lo ha fatto a suo rischio e pericolo, sfidando apertamente le minacce talebane. Negli ultimi tempi avevano attaccato la sede della commissione elettorale centrale, sparato sui commissari delle province, persino assaltato l’hotel Serena nel cuore della capitale. Ma non è servito: oltre 7 milioni si sono messi in fila ai seggi. Quasi tre milioni in più delle presidenziali nel 2009. È questa una semplice verità ripetuta da un piccolo rivenditore di testi scolastici incontrato ieri nel mercato popolare di Kabul: «I talebani volevano che disertassimo le urne. Invece ci siamo andati molto più numerosi del previsto. Ovvio che hanno perso. La loro assenza è stata la loro sconfitta». Emerge così un dato sostanziale di speranza per i sostenitori della democrazia in Afghanistan: i talebani costituiscono certamente una forza militare notevole, come tutti i gruppi violenti organizzati composti da militanti fanatici e ben finanziati, persino sostenuti dall’estero, possono causare danni enormi e destabilizzare il Paese, tuttavia la grande mag- gioranza della popolazione non sta con loro. Tutt’altro, se aiutata dalle forze dell’ordine e posta nelle condizione di scegliere un’alternativa ragionevole, è pronta a rischiare la vita pur di non ricadere sotto il loro giogo. Ma attenti ai facili entusiasmi. Difficoltà anche più gravi cominciano ora, con l’avvio di una fase estremamente delicata. Le prime indicazioni pongono Abdullah Abdullah candidato in testa con ampio margine. Però, facilmente si andrà al ballottaggio. E proprio allora i talebani potrebbero tornare a colpire più duri che mai, questa volta affondando il coltello in un sistema eroso dalle sue debolezze interne. C’è chi dice abbiano risparmiato le forze al primo turno per essere più aggressivi al secondo, che è quello decisivo. Gli afghani hanno votato, ma la fiducia verso il sistema politico e i suoi leader è minata dalla corruzione galoppante in tutti i settori. Sui social network locali crescono dubbi sugli scrutini. Già fioccano le accuse di brogli e irregolarità. La strada resta in salita. Lo abbiamo già visto in Iraq: non basta votare per fare una democrazia. Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA PROGRAMMI BBC ALLA COREA DEL NORD DUBBI SULLA «DIPLOMAZIA DEL PELUCHE» L’umanità non ne sentiva la mancanza. I bambini che negli anni Novanta vi si abbeveravano fino all’impazzimento dei genitori non ne hanno memoria. E gli stessi produttori li abbandonarono nel 2001. Eppure i Teletubbies, personaggi d’animazione colorati e squittenti che la Bbc riversò nelle tv e nei dvd di mezzo mondo, si apprestano a una nuova vita, la più improbabile, nel più improbabile dei luoghi. La Corea del Nord. Il britannico The Independent scrive che la Bbc e le autorità di Pyongyang hanno siglato un accordo per la messa in onda nella Repubblica democratica popolare non solo dei Teletubbies, ma anche di Top Gear e della leggendaria serie di fantascienza Dr Who, inaugurata nel 1963, sospesa nell’89 e ripresa nel 2005. Prodotti innocui. Se ne era parlato a gennaio e l’operazione ha la piena copertura del Foreign Office di Londra: per il capo della diplomazia William Hague è «un buon metodo per migliorare la comprensione del mondo in una società così chiusa». La diplomazia dei peluche televisivi può far sorridere ma si muove in un contesto di segnali che gli osservatori occidentali non hanno mancato di registrare. A fine 2010 era andato in onda «Sognando Beckham», film del 2002 con un’acerba Keira Knightley. E, con l’avvento al potere del giovane Kim Jong-un si sono visti show para-disneyani, band che evocano il pop sudcoreano, persino una first lady dalle concessioni glamour. Senza contare il ricorso al potere seduttivo dello sport: dalla star del basket Nba, Dennis Rodman, ospite del leader, alla maratona di domenica prossima aperta ad atleti stranieri. Se però si cercano i segni del cambiamento, occorre scrutare altrove: tra le élite, negli appetiti e nelle manovre di Cina e Russia, negli abboccamenti sottotraccia. La dottrina del Songun («prima i militari») resta infatti il pilastro dello Stato, le intemperanze balistiche e verbali non cessano, i diritti umani restano un capitolo orrendo. Non saranno i Teletubbies a redimere la Corea del Nord. Marco Del Corona @marcodelcorona leviedellasia.corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA La lunga e complessa storia del Veneto una regione che non va colpevolizzata di MARZIO BREDA «L e idee non si arrestano», intima il cartello portato da un paio di ex alpini con la bandiera di San Marco legata al collo. I due vecchiotti non lo sanno, ma è uno degli slogan usati dopo il 7 aprile 1979 dalle migliaia di autonomi, con il passamontagna calato sul volto e le spranghe in pugno, che assediarono Padova chiedendo la libertà per Negri, Scalzone, Ferrari Bravo, Vesce e un gruppo di altri intellettuali del disciolto Potere Operaio, finiti in cella con l’accusa di essere membri della direzione strategica delle Br e le menti del sequestro e del delitto di Aldo Moro. Trentacinque anni più tardi, la scena si sposta a Verona e ancora una volta la gente trova sotto casa le forze dell’ordine schierate a far fronte a una folla di manifestanti giunti in città per protestare contro l’arresto di una cupola di «cospiratori», cui si contesta di stare preparando una nuova, imminente stagione di terrore eversivo, in nome di una Serenissima Repubblica defunta più di due secoli fa. Ma stavolta non c’è bisogno che gli agenti e i carabinieri in assetto da combattimento indossino i caschi e alzino i manganelli: coloro che riempiono piazza dei Signori sembrano, e per lo più sono, famiglie con i figli nel passeggino, e magari qualche cane al seguito. Con l’aria di chi si concede una gita di primavera. O, visto che qualcuno si trascina dietro un grosso Tanko di plastica pronto a sparare pagnotte, con la voglia di sberleffo di chi partecipa a una sfilata di carnevale. Due fotografie di cronaca, due diversi teoremi giudiziari — il primo fu smontato dai processi, il secondo chissà quale fine farà — e la stessa sgradevole sensazione diffusa, nel Veneto. Dove, oggi più che mai, dà fastidio l’idea di passare in blocco come vittime di un eterno e ricorrente malessere, pronti in cuor proprio a giustificare chi si rifugia in «bislacche nostalgie e approssimazioni mitologiche» (così disse Andrea Zanzotto a proposito del commando che assaltò il campanile nel 1997) e, in quanto tali, esposti a ogni riprovazione nazionale. Insomma, un popolo fino a un po’ di tempo fa tenuto ai margini e quasi disprezzato perché povero, culturalmente indigente e politicamente gregario sotto le bandiere di Dc e Lega, e poi detestato perché ricco, egoista e senza etica, oggi teme d’essere criminalizzato perché si mostra troppo tiepido, se non proprio solidale, con chi avrebbe attivato un «laboratorio» nel quale si lavorava a materializzare un altro incubo italiano: la DORIANO SOLINAS AI SEGGI IN MASSA CONTRO I TALEBANI MA LA VIOLENZA INCOMBE SULL’AFGHANISTAN secessione del Nordest. Sui «patrioti» chiusi in cella alcuni giorni fa incombono accuse gravi, che potrebbero costare loro fino a 15 anni: pene che in Italia spesso non vengono inflitte neanche ad assassini colti in flagrante. Ed è un fatto che molti, tra quanti hanno studiato le carte della Procura di Brescia, esprimano sbalordimento e incredulità per le ipotesi di reato che vi sono configurate. Ora, non sappiamo se il vero torto degli arrestati è solo di aver scherzato col fuoco. O di aver peccato d’ingenuità inseguendo fantasmi e calpestando il buonsenso, come quei manifestanti che ieri hanno fatto salire sul palco veronese perfino dei bambini. Di sicuro, come confidava compiaciuto un fedelissimo di Tosi, «l’inchiesta ha ottenuto l’effetto di resuscitare un cadavere: il venetismo. E con esso di riaccendere l’ansia di veder rinascere dovunque qualsiasi altra patria perduta...». I promotori di un referendum separatista dimenticano che la nostra Costituzione esclude una simile possibilità Un esito perverso ma oggettivo. Che si riflette nella pretesa leghista di chiedere al più presto un referendum per l’indipendenza del Veneto, sul modello di quelle consultazioni popolari che si terranno a settembre in Scozia o, a novembre, in Catalogna. Perché da noi dovrebbe essere un tabù, ripetono — adesso con più fiato — i vari Salvini e Borghezio, dato che l’Europa riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli? Semplicemente perché la nostra Magna Charta esclude in linea di principio una simile possibilità. A meno che la strada non sia aperta da una legge costituzionale che il Parlamento italiano non voterà mai. Ecco quindi che la vicenda degli ultimi «serenissimi» va riletta in un’altra chiave, se si vuole evitare che offra nuove occasioni di frustrazione e vittimismo. La ricorrente domanda «chi secede da chi, se già si ha il senso che quasi non esista più l’Italia?» imporrebbe di inserire questo episodio tra i dossier in cui si raccolgono i tanti segnali di slogatura tra i cittadini e lo Stato, per cercare di decifrarli e ricomporli. Del resto, come raccomandava Indro Montanelli parlando di Umberto Bossi, quando il leader della Lega era ancora in versione barbarica e rivoluzionaria, «visto che non possiamo mettergli le manette, non ci resta che invitarlo a cena e parlargli. Ci piaccia o non ci piaccia». © RIPRODUZIONE RISERVATA GUERRA E PACE Bombe a Damasco, la normalità siriana di DAVIDE FRATTINI POCO TOLLERANTI CON CHI DICE NO A NOZZE GAY CONFORMISMO LIBERAL A MOUNTAIN VIEW SEGUE DALLA PRIMA La rivelazione, arrivata pochi giorni dopo la nomina ad amministratore delegato, ha scatenato una rivolta nella comunità di Mozilla, che ha presto superato i confini di Mountain View, al punto che il sito di dating online «Ok Cupid» ha invitato i suoi utenti a boicottare il sistema di navigazione Firefox (di proprietà dell’associazione). Se da un lato è opportuno ricordare che Mozilla, a differenza di Google o Facebook, non è un’azienda, ma un’organizzazione non profit nata negli anni Novanta per promuovere il libero accesso alla rete, dall’altro, l’episodio è specchio di un corto circuito del mondo della tecnologia, da sempre caratterizzato da una strana miscela di cultura libertaria e capitalismo neoliberista. La stessa che coniugava valori hippy e avidità economica negli anni Settanta, e che — in tempi più recenti — ha portato i cyberattivisti a unirsi alle aziende simbolo dell’oligopolio digitale contro i tentativi del Congresso americano di regolamentare Internet (vedi le proposte di legge Sopa e Pipa) o a difendere personaggi come Kim Dotcom, il fondatore del sito di downloading illegale Megaupload, proprietario di una villa da 18 milioni di dollari. Tanta tolleranza non è riuscita ad abbracciare le posizioni anti matrimoni gay di Eich, rimosso per un’opinione personale non consona al clima della Valle. Il giornalista Andrew Sullivan, omosessuale e repubblicano, ha denunciato come illiberale l’atteggiamento di Mozilla — «La decisione mi ha disgustato — ha scritto su The Dish —, e dovrebbe disgustare tutti quelli che credono in una società aperta e basata sulle diversità», mentre il New York Times si è interrogato sulla natura del progressismo targato Silicon Valley. Tuttavia Mozilla ha ribadito che crede «nella diversità e nella libertà di parola». Conservatori esclusi? Serena Danna © RIPRODUZIONE RISERVATA D ue anni e mezzo fa Ehud Barak prediceva: «I giorni di Bashar Assad sono contati». Sei mesi dopo Barack Obama dava al leader siriano poche settimane. Da allora il ministro della Difesa israeliano è andato in pensione, passeggia ogni mattina sulla spiaggia di Tel Aviv con il labrador Spinee, mentre il presidente americano ha ridimensionato la già scarsa voglia di lasciarsi trascinare in un’altra guerra mediorientale. Più realistiche — di un realismo disperato — sembrano le previsioni di una donna sciita che è fuggita dall’assedio dei miliziani a Sayida Zeinab, dove la periferia di Damasco diventa campagna. Spera che il figlio possa entrare nell’esercito governativo e combattere gli insorti sunniti quando compirà 15 anni. Nel 2027. Lo proclama ad Anne Barnard del New York Times che scrive del suo recente viaggio nella capitale siriana e racconta di come il rumore del traffico abbia soppiantato il rimbombo costante delle esplosioni. Sono diminuiti di intensità i colpi di artiglieria che dalla cima del monte Qassiun bersagliano le posizioni dei ribelli asserragliati nei palazzoni grigi dei sobborghi. La calma è apparente (a Damasco ieri un proiettile di mortaio ha ammazzato due persone vicino al teatro dell’Opera) ed è stata imposta con le operazioni militari delle truppe lealiste appoggiate dagli Hezbollah libanesi, il movimento sciita filo-iraniano. Quartieri accerchiati dove neppure il pane può entrare (e tantomeno i civili uscire), raid incessanti con quelle che vengono chiamate «botti bomba» sganciate dagli elicotteri a pochi metri dai tetti, arresti di massa degli oppositori. È questa calma apparente che permette ad Assad e al suo clan di proiettare un arrogante senso di normalità. La decisione del parlamento sulla nuova legge elettorale presidenziale per garantire al capo il terzo mandato (i siriani — chi di loro ci riuscirà — dovrebbero votare prima dell’estate). L’annuncio della creazione di un’agenzia spaziale (con macabra ironia da parte del regime, i razzi per ora sono quelli che cadono sulle città). Le foto pubblicate dal leader su Instagram: in riu- Anche gli americani sembrano accettare l’esito in cui cinesi e russi hanno sempre sperato: Assad può restare al potere nione con i ministri del governo, a una manifestazione di esultanti sostenitori, in visita a una scuola. Come se dalle proteste pacifiche del marzo 2011 i morti non fossero cresciuti fino a 150 mila (le Nazioni Unite hanno smesso di contarli per mancanza di fonti indipendenti), come se i siriani rimasti senza casa non fossero 9 milioni: 2 milioni e mezzo scappati nei Paesi confinanti, la maggior parte rifugiati in patria, dispersi in quella che era la loro nazione. Gli europei e gli americani sembrano ormai accettare l’esito che i cinesi e i russi hanno sempre pensato/sperato: «Bashar può restare al potere». Anche se dovesse dominare un territorio frammentato, vulnerabile agli attacchi di una guerriglia quasi permanente. Le milizie ribelli sono ancora in grado di colpire Damasco, nelle province a Nord spadroneggiano gli estremisti islamici e l’esercito non riesce ad avanzare, a Sud — dove tutto è cominciato con le manifestazioni nella città di Deraa — gli insorti hanno conquistato poche settimane fa il carcere del distretto, un’importante vittoria simbolica. Bashar può restare al potere ma sembra probabile che si avveri il calcolo della madre scappata da Sayida Zeinab. Fra 13 anni suo figlio dovrà ancora combattere. @dafrattini © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 35 italia: 52495258535051 Lettere al Corriere LE MOLTE PREVISIONI SBAGLIATE SUI RISULTATI DELLE ELEZIONI TURCHE Risponde Sergio Romano Sono rimasto stupito dalla nota sul reprobo Erdogan. Il suo giudizio abitualmente corretto ed equilibrato mi è parso lasciare il posto a espressioni forti e trancianti, quasi da persona schierata e moralista Osmano Roveda osmanoroveda@ hotmail.it Caro Roveda, uppongo che lei si riferisca al passaggio di un articolo sulla Turchia (Corriere del 27 marzo) in cui ho scritto, prima delle elezioni, che «il nuovo Sultano» era «ferito, forse azzoppato». «Ferito» mi sembra ancora la parola che può meglio spie- S TETTO ALLE RETRIBUZIONI Manager pubblici Caro Romano, trovo demagogico e inopportuno il provvedimento del governo Renzi di abbassare i compensi dei manager pubblici fissandone il tetto in base allo stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione. E tutto ciò alla faccia della tanto sbandierata meritocrazia! Ritengo infatti che non possono paragonarsi le responsabilità di un manager che amministra milioni di euro e gestisce centinaia di dipendenti con quelle di un presidente di Cassazione che — pur con il dovuto rispetto — è un dipendente «tout court» dello Stato e che non è né amministrativamente né economicamente responsabile delle sue decisioni. I manager pubblici, invece, sono responsabili del successo delle aziende da loro guidate e delle eventuali ripercussioni negative sui loro dipendenti. Mi sembra giusto che i loro compensi debbano essere calcolati in base ai risultati positivi conseguiti ed ai benefici sociali apportati. Domenico Agostini [email protected] Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a: «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79 gare le rabbiose reazioni alla campagna contro la sua persona nelle settimane precedenti e l’ammonimento («saranno puniti») che ha lanciato al Paese dopo la vittoria. «Azzoppato», invece, è chiaramente sbagliato. Nonostante il testa a testa fra i due candidati di Ankara e, forse, qualche irregolarità nelle procedure di voto, Erdogan ha riportato una indiscutibile vittoria. L’errore non è soltanto mio, ma è certamente un errore, e occorre cercare di capire perché sia stato commesso. Credo che le ragioni siano almeno due. In primo luogo abbiamo applicato alla crisi i criteri astratti dell’ortodossia demoOccorre riconoscere che non è facile, soprattutto per uno Stato, decidere le retribuzione di uomini e donne sulla base del merito. Il criterio apparentemente più obiettivo, da usare come termine di giudizio, diventa così quello della gerarchia e della anzianità. Forse il vero errore in questa vicenda è quello di applicare, a imprese che devono operare sul mercato, misure strettamente burocratiche. Naturalmente questo non sarebbe accaduto se molti dirigenti e amministratori delegati non avessero dato l’impressione, come ha detto di Putin la cancelliera Merkel, di vivere in un altro mondo. DAL MESE DI MAGGIO Quegli 80 euro in più È sempre più forte il rischio che gli 80 € che ci entreranno nelle buste paga in maggio ci usciranno poi come costi La tua opinione su sonar.corriere.it Giovanni Toti (Forza Italia): l’abbraccio con Matteo Renzi ci sta distruggendo. Siete d’accordo? cratica: se vi è corruzione, il popolo non può che essere indignato e severo. Abbiamo dimenticato che l’elettore fa le sue scelte sulla base di considerazioni non sempre razionali. Prova sentimenti di simpatia e antipatia, è attratto dallo stile di un candidato e respinto da quello di un altro, perdona i peccati della persona che ispira la sua fiducia, vota Tizio per impedire la vittoria di Sempronio. Non può sorprendersi del trionfo di Erdogan l’italiano che ha assi- stito alla lunga parabola di Silvio Berlusconi nel corso di due decenni; non può sorprendersene il francese che assiste al ritorno in scena di Nicolas Sarkozy nonostante i sospetti sulla provenienza del denaro che ha finanziato le sue campagne elettorali. In secondo luogo abbiamo sottovalutato l’importanza di una Turchia profonda, soprattutto anatolica, che è molto grata a Erdogan per la sua politica sociale, per il sostegno fornito alla piccola e media industria, per la lunga crescita del Paese negli anni del suo governo, per la riforma sanitaria e il considerevole miglioramento del livello © RIPRODUZIONE RISERVATA si continuerà su questa strada potrà venire il dubbio che quello di Renzi sulla evasione fiscale sia una forma di «silenzio-assenso». aggiuntivi sotto forma di tagli ai servizi. Sarebbe l’ennesima occasione persa perché a pagare la crisi non siano i soliti noti, ovvero i lavoratori dipendenti e i pensionati, quelli che non possono scappare alla tagliola del fisco perché l’Irpef è trattenuta direttamente alla fonte, ogni mese, busta paga o pensione che sia. C’è poco di sinistra e di nuovo in tutto questo. E su evasione fiscale, lavoro nero e concorrenza sleale continua un preoccupante silenzio del governo Renzi: infatti su questo terreno segnali di «cambiare verso» non si vedono, con il forte rischio di un regalo fatto alle imprese che lavorano (e sfruttano le persone) fuori dalle regole. Se Claudio Gandolfi, Bologna PARADOSSI / 1 Cani e pesci In Francia un giudice si è messo in testa di far deporre un Labrador che sarebbe stato testimone di un omicidio. Risultato: fiasco totale. Siccome l’India continua a prenderci in giro, quando avranno esaurito le scuse e tutti i rinvii possibili, non è da escludere che la Corte suprema indiana decida di chiamare a testimoniare pesci e cetacei che incrociavano in quelle acque all’epoca dei fatti. Prevedo che i pesci, proverbialmente, faranno scena muta... SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì di vita. Gli è grata, incidentalmente, anche perché Erdogan è musulmano, vuole restaurare le antiche tradizioni, non guarda il popolo dei fedeli dall’alto in basso come l’intellighenzia laica di Istanbul e di Smirne. Il fatto che sia autoritario, irritabile e intollerante non è considerato un difetto, ma, in alcune circostanze, una qualità. Paradossalmente Erdogan è ammirato e rispettato nel suo Paese con sentimenti molto simili a quelli di cui beneficiò Kemal Atatürk quando creò la Turchia moderna. Kemal era laico, Erdogan è musulmano. Ma il brusco stile dei loro governi è molto simile. 29 No 71 Teodoro Lascella [email protected] La domanda di oggi Il ministro Maria Elena Boschi: avanti con le riforme anche senza Forza Italia. Ce la faranno? PARADOSSI / 2 Salario minimo È stato approvato il decreto legge che prevede di non penalizzare con il carcere chi venga condannato a pene non superiori ai quattro anni e chi abbia la fedina penale pulita. Leggo che si vorrebbe attuare in tempi ristretti una legge per l’introduzione del salario minimo pena il carcere per chi non rispetterà la legge. Della serie: non sappia la mano destra quello che fa la mano sinistra! Graziano Nadali Tolmezzo (Ud) FORZE DELL’ORDINE Uso dei cellulari La passione per cellulari e smartphone ha contagiato anche tanti componenti delle pattuglie delle forze dell’ordine. Costoro di frequente, mentre sono in servizio,armeggiano sui tasti. Vigilanza e prevenzione sono servizi incentrati sulla osservazione a 360 gradi del territorio, ma se gli occhi degli addetti sono troppo puntati sui display l’attività ne risente e i risultati pure. Alessandro Prandi alessandro.prandi51@ gmail.com Interventi & Repliche Difendere i prodotti «made in Italy» Bpt incamerati da Bankitalia L’Aquila: le parole di Paolo Aielli A proposito della lettera «Più birra meno vino, nelle abitudini degli italiani» (Corriere di ieri), chi scrive non sembra preoccupato. Io, al contrario lo sono, primo perché il nostro vino, apprezzato in tutto il mondo, è una grande risorsa, poi registra un calo colturale nel gusto della buona cucina.Che si può fare? Bisognerebbe far conoscere a tutti quanti tipi di vino produciamo e che ognuno si sposa con specifici piatti. La lettera termina ricordando che la birra ha un grado alcolico inferiore, io invece ricordo che chi beve birra ne beve il doppio e i conti si pareggiano. In una intervista (Corriere, 23 marzo), il presidente di Coldiretti ha affermato che la legge del gennaio 2011 sulla etichettatura dei prodotti alimentari aveva generato molte aspettative, perché poteva fermare inganni del finto «made in Italy» sugli scaffali dei supermercati: dal concentrato di pomodoro cinese, all’olio tunisino, dai prosciutti italiani ottenuti con suini allevati all’estero, alla pasta «made in Italy» prodotta con grano di oltre confine. Purtroppo, quella legge, a tutt’oggi, non ha avuto i decreti attuativi. Ecco un settore su cui si dovrebbe concentrare l’intervento del governo ! Nel 1988 ho consegnato alla Tesoreria dello Stato di Milano 2 milioni di lire in Bpt come cauzione per la licenza di un agenzia d’affari e l’anno scorso ho raccolto la documentazione necessaria allo svincolo della stessa e ottenere la restituzione della somma. Ieri ho ricevuto una comunicazione dalla Ragioneria dello Stato, la quale mi comunica che i miei titoli nel frattempo sono scaduti, prescritti e incamerati dalla Bankitalia. Capisco che l’ignoranza non è ammessa, ma mi chiedo: non sarebbe doveroso da parte dell’ufficio competente avvisare l’interessato prima di appropriarsi del suo denaro affidato in custodia? Mariella Mercalli,, Milano Giuliana Valle, [email protected] Nell’articolo «”Abbiamo commesso errori e ritardi ma L’Aquila non è una città morta”», pubblicato ieri a pagina 20, per un salto tipografico sono scomparse le virgolette a una frase di Paolo Aielli, direttore dell’Ufficio Ricostruzione dell’Aquila. La frase corretta è: «A 5 anni dal sisma solo un migliaio di abitanti del centro storico sono riusciti a tornare nelle loro case e molti non hanno utenze e servizi», sostiene Aielli. I cittadini dicono invece che nessuno è ancora rientrato. «Nella ex zona rossa – aggiunge Aielli – in effetti abitano in qualche decina. Ma era una scelta». Ci scusiamo. © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI DEL LUNEDÌ CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger CONDIRETTORE AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Luciano Fontana CONSIGLIERI VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli Fulvio Conti, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DIRETTORE GENERALE DIVISIONE QUOTIDIANI Alessandro Bompieri Particelle elementari di Pierluigi Battista Stato intransigente ma non con tutti M a sì, che lo Stato mostri la faccia più feroce che ha, con questi guerrieri alticci che delirano sull’indipendentismo veneto. Che si smantelli senza pietà il loro Tanko di ferraglie e cartone. Ben vengano le retate per questi bulli veneti che si preparano al telefono per piani secessionisti, armati di qualche eventuale pistola di provenienza albanese. Nessuna indulgenza: tutti in galera, e il loro capo in cella d’isolamento. Massima intransigenza. Massima inflessibilità. Si aspetta il sequestro dei fiaschi di vino con cui gli indomiti combattenti di San Marco innaffiano le loro fantasticherie eversive. Lo Stato non fa sconti, con nessuno. Anzi, con qualcuno sì. Certo, è poco credibile lo Stato che si fa severamente arcigno con le cartelle Equitalia, ma non sa onorare i suoi debiti con le imprese che hanno lavorato per le amministrazioni pubbliche e che da anni non ricevono il dovuto. Però bisogna far rispettare la legge: giusto. Bisogna che si sappia che è inammissibile costruire ridicoli e innocui carri armati in garage: giusto. Non bisogna guardare in faccia a nessuno, nemmeno a quella rubizza di qualche veneto sfessato che insegue sogni di indipendenza, come i mattocchi del villaggio. Bisogna dare una lezione esemplare. Almeno con questi veneti rozzi e impresentabili. Perché se invece hai l’espressione sexy degli okkupanti abusivi del Teatro Valle a Roma, se viene coinvolto qualche attore figo e un sacco di sinistra, allora puoi permetterti di appropriarti all’infinito di un bene pubblico, farne quello che vuoi senza renderne conto a nessuno, non pagare le bollette Severi con gli che tanto a pagare ci pensa il eversori veneti, Comune, evadere tranquillamente i contributi Siae facendo tolleranti sleale a chi paga le con gli okkupanti concorrenza tasse e rispetta la legge, addiritdel Valle a Roma tura accompagnare alla porta i funzionari della Digos che si sono presentati e hanno dovuto alzare i tacchi per non disturbare gli artisti creativi che si sono impossessati con la sopraffazione di un «nostro» teatro. Non hanno capito, quei veneti avvinazzati che si parlano al telefono come tante comparse della commedia dell’arte, che l’intransigenza dello Stato è a velocità variabile: velocissima con gli sfigati, lentissima con chi gode di amicizie, considerazione, appoggi politici nella giunta di Roma, solidarietà di clan. A volte la legge va fatta rispettare fino alle estreme conseguenze, con la cella di massimo isolamento per il capo dei guerrieri. A volte no: meglio non apparire come biechi oppressori che vogliono soffocare la libera creatività e la genialità artistica di artisti che parlano come un volantino stampato, con il linguaggio legnoso, arido e incolto appreso e digerito «ner movimento». Fanno la faccia feroce in Veneto, tra i guerrieri alticci di San Marco, che è tanto facile. Occupano un teatro storico e nessuno osa eccepire, controllare. La prossima volta lascino perdere il Tanko. Si muniscano di un attore alla moda. È più efficace. © RIPRODUZIONE RISERVATA Bozzetto Il consumo di vino e birra Vittorio Mochi [email protected] @ E-mail: [email protected] oppure: www.corriere.it oppure: [email protected] Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli [email protected] - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. 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Romanzi, novelle e teatro” € 9,30; con “English da Zero” € 12,39; con “Biblioteca della Montagna” € 10,30 39 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Spettacoli Box office Usa «Captain America», debutto da record: 96,2 milioni di dollari Captain America: il soldato d’inverno, sequel Disney del kolossal con Chris Evans nei panni del supereroe, travolge il box office Usa: con 96 milioni di dollari è il film che realizza il maggior incasso di sempre in aprile, superando gli 86,2 milioni di Fast & Furious 5 (2011). Secondo Noah (17 milioni contro i 44 del debutto), seguito da Divergent (13 milioni). Le stelle Piccola patria Il percorso di ricatti e vendette di due giovani ragazze e di un immigrato albanese nel Nordest Yda evitare YYinteressante YYYda non perdere YYYYcapolavoro In arrivo Il film scava nelle tensioni sociali di chi ha perso ogni speranza Ottimo il cast, illuminato dalle due protagoniste, al loro esordio nel cinema di PAOLO MEREGHETTI B asterebbe la lettura dei giornali di questi giorni, con il bulldozer trasformato in carro armato e nascosto nel capannone dietro casa, per convincersi che il quadro raccontato da Alessandro Rossetto non è per niente esagerato né tanto meno irrealistico: la «piccola patria» del Nordest cova risentimenti e rabbie, incuba umori e sogni (o paure) che rischiano di trasformarsi in detonatori. E i suoi abitanti sembrano aver perso ogni senso del limite, incapaci di capire dove e quando fermarsi prima che la tragedia diventi irrepaIl film rabile. Per quedel sto la forma cinematografica Mereghetti del noir sembra per una volta davvero l’unica capace di raccontare la tensione e il rischio che si annidano nel quotidiano. Per una volta liberato da ogni zavorra letteraria o dai giochini risaputi di chi affida alla memoria cinematografica la voglia di raccontare situazioni a rischio (magari con qualcuno convinto di potere imitare Bogart o Mitchum), il percorso di ricatti, rabbie e vendette che Rossetto ha creato insieme a Caterina Serra e Maurizio Braucci funziona alla perfezione per restituire allo spettatore la tensione che una situazione socialmente esplosiva rovescia addosso ai suoi abitanti. E senza bisogno del delitto, dell’indagine poliziesca o della figura rassicurante Amiche Da sinistra, Roberta Da Soller (30 anni) e Maria Roveran (24) nel film «Piccola patria» Risentimenti, ricatti, sete di denaro Il volto del Nordest oltre la morale Rossetto racconta con forza un viaggio antropologico dell’investigatore privato: il noir di Piccola patria è il nero assoluto di chi ha perso ogni speranza o remora morale, di chi rumina dentro di sé la propria insoddisfazione fino a farla esplodere, di chi pensa che solo i soldi, i schèi, possano essere risolutivi. E proprio dai soldi prende l’avvio il film, soldi ottenuti facendo commercio del proprio corpo ma in modi contorti, ricattatori, in parte accondiscendendo in parte ribellandosi: è la tecnica che Renata (Roberta Da Soller) usa con Rino (Diego Ribon), disposto a pagare per soddisfare una sessualità complessata e repressa. E disposto Esce «Caustic Love» Nutini: adesso canto il sistema moda Dopo cinque anni torna Paolo Nutini (27 anni, foto). Il 15 aprile il cantautore scozzese pubblicherà «Caustic Love», album dal cuore soul. Nel disco c’è anche «Fashion», duetto con Janelle Monáe: «È un pezzo sul sistema della moda. Mi è venuto pensando alla mia ex che ci lavorava e a Miley Cyrus. Non sono contro la moda, ma bisogna stare attenti a come influenza le ragazzine», ha detto ieri a Milano. Nutini sarà in tour in Italia a luglio: il 16 a Genova, il 17 a Piazzola sul Brenta, il 19 a Roma. per questo anche a farsi coinvolgere — sempre tramite Roberta — nei giochi amorosi di Luisa (Maria Roveran) che usa l’inconsapevole Bilal (Vladimir Doda) come «esca» per il voyeurismo dell’uomo (lei fa l’amore con il ragazzo bendato e accetta la presenza silenziosa di Rino). Quello che il «terzo incomodo» non sa è che le due amiche lo stanno fotografando per un ricatto che permetta loro di lasciare quella soffocante «piccola patria» e iniziare una nuova vita altrove, lontane dai condizionamenti che sembrano venir loro dalla famiglia, dal lavoro, dall’ambiente ottuso e bigotto. Tutto questo Rossetto lo racconta con un occhio fortemente partecipe, che sfrutta i propri precedenti documentaristici per restituire allo spettatore un tessuto dove notazioni sociali e ritratti antropologici si fondono per trovare uno nell’altro la propria spiegazione e giustificazione. L’ambiente contraddittorio e deturpato dove alberghi ultramoderni sono circondati da abitazioni rurali, capannoni di- Autore Documentarista Alessandro Rossetto (51 anni, a sinistra) è laureato in Antropologia culturale. Documentarista, produttore e sceneggiatore, ha girato «Il fuoco di Napoli» e «Bibione Bye Bye One». «Piccola patria» è il suo primo film smessi e cascine semiabbandonate; le ovvietà e le banalità dei discorsi in libertà, tra amici o a folcloristici raduni politici (ma le immagini della kermesse di Indipendenza Veneta sono assolutamente autentiche); il chiuso delle case dove il quotidiano nasconde tensioni o ambiguità (Rino che ruba i soldi dal portafogli della sorella, convinto di poterla «ricattare» con un affetto ai limiti dell’incesto); tutto questo aiuta a delineare l’atmosfera in cui le due ragazze pensano di costruire il loro ricatto ma anche a capire come le persone coinvolte — Rino e poi il rabbioso padre di Luisa, Franco (Mirko Artuso) — possono diventare all’improvviso incontrollabili e pericolosi. Anche se a un certo momento l’affetto per l’incolpevole Bilal spingerà Luisa a ripensare al suo piano (scatenando la rabbia e la vendetta dell’amica che si sente tradita), il film non vuole assolvere nessuno. L’immoralità degli uomini, convinti di poter usare i soldi per permettersi tutto fa il paio con l’amoralità delle ragazze, disposte a usare i loro corpi e la loro sessualità senza nessuna remora. E alla fine il film non ha compassione nemmeno per la madre di Luisa, una specie di «madonna dolorosa», schiacciata tra la rabbia del marito, l’indifferenza della figlia e il peso di un quotidiano stentato e senza speranza, che Lucia Mascino rende con misura e partecipazione commovente. Così come non ha una sbavatura tutto il cast, illuminato dalla prova delle due protagoniste entrambe esordienti. Certo, a volte il film sembra cercare un po’ troppo l’effetto «arty», con i suoi commenti musicali in forma di cantata sacrale (che parlano di estati senza ombre, piazze senza pace e prati senza fiori) o con un montaggio che sembra compiaciuto della propria ellitticità, ma sono piccoli difetti che passano in secondo piano di fronte alla forza complessiva di questo viaggio antropologico dentro un mondo che sembra lontano ma che può prendere forma all’improvviso in ognuno di noi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Danza Il coreografo spagnolo Victor Ullate porta a Milano il suo spettacolo sulla musica di Ravel: «Un gioco sensuale tra due amanti» Il «Bolero» entra in un cabaret degli anni Venti «C redo che ciascuno venga al mondo co n u n co m p i to preciso. Il mio è formare ballerini che abbiano un segno particolare. Mi piace mettermi dentro di loro ed estrarre il meglio, aiutandoli a proiettare in scena il talento. L’ho imparato da Maurice Béjart». Tra i pigmalioni della danza, il coreografo spagnolo Victor Ullate, 66 anni, è ancora attivissimo nello sfornare giovani promesse destinate a diventare stelle: la lista del passato è lunga, da Tamara Rojo ad Angel Corella. Gli ultimi «nati» sono i ventenni Marlen Fuerte, cubana, e Josué Ullate, figlio dello stesso Victor, «artista rivelazione sulla scena contemporanea» al- Stelle Marlen Fuerte e Josué Ullate, entrambi 20enni, in «Bolero» l’ultimo Premio Positano. Sulla sensualità giovane e graffiante di Josué e Marlen, Ullate ha modellato il suo caliente Bolero in arrivo per la prima volta in Italia, in versione integrale, al Teatro Manzoni di Milano dal 9 al 13 aprile. Ambientato in un cabaret dei ruggenti anni Venti (epoca cui risale la celebre partitura in crescendo di Ravel), il balletto esalta l’esplosivo binomio maschile-femminile: «Il mio Bolero ruota intorno a una coppia di amanti: il desiderio che li avvince è amplificato dai clienti seduti nel cabaret — spiega Ullate —. La sensualità di cui è intrisa la musica di Ravel ti avvolge e ti prende come una droga che chiede sempre di più. Nel finale è inevitabile che il pubblico si alzi in piedi». Tra le giovani stelle della compagnia madrilena di Ullate, oggi diretta dal fido Eduardo Lao, c’è pure un ventiduenne di Catania, Cristian Oliveri, diplomato alla Scuola della Scala. L’incandescente fusione di classico, contemporaneo, folclore (appreso dal grande Antonio Ruiz Soler) è la matrice stessa dello stile Ullate e riflette il paradosso artistico di La vedova Courtney Love: ogni giorno penso a Cobain A vent’anni dalla morte di Kurt Cobain (1967 – 1994), il leader dei Nirvana suicidatosi con un colpo di fucile, la vedova Courtney Love, sposata con lui dal 1992 al 1994, ha rivelato alla rivista musicale Nme di «pensare ogni giorno al marito». «La morte di Kurt — ha detto Hole — è stato il colpo più basso». Aggiungendo poi che commemorerà in privato la data: «È una cosa solo mia. Mi rende ancora triste che sia successo. Ogni singolo giorno». questo spagnolo costretto, nella propria terra, a cercare radici diverse. «Da bambino — racconta — volevo diventare un ballerino di flamenco, ma nella mia città natale, Saragozza, c’era solo la scuola di danza classica diretta da Maria De Avila. Ero l’unico maschio in una classe di femmine, all’inizio fu durissima». A 17 anni, poi, l’incontro del destino: Maurice Béjart lo ingaggiò a Bruxelles nel suo leggendario Ballet du XX Siècle. «Non sapevo una parola di francese — ricorda il coreografo —, ma la compagnia era in auge e aveva ballerini meravigliosi come Jorge Donn, mio coetaneo. E Béjart era un genio, fu un privilegio guardarlo creare». Al compianto Béjart, con il quale lavorò per 14 anni, Ullate dedica l’intenso omaggio Après Toi. Valeria Crippa © RIPRODUZIONE RISERVATA Spettacoli 41 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Debutto Applausi e un paio di «buu» per «La carriera di un libertino» a Lipsia In giugno alla Fenice Al centro, il basso-baritono finlandese Tuomas Pursio in «La carriera di un libertino» di Igor Stravinsky. La première dell’opera è andata in scena a Lipsia con la regia di Damiano Michieletto. Il 27 giugno arriverà alla Fenice di Venezia DAL NOSTRO INVIATO LIPSIA — Pregustando lo scandalo, lo staff della Fenice ha aspettato con curiosità e timore la reazione del pubblico tedesco alla scena del bordello (prevista da Stravinsky), così come l’ha apparecchiata Damiano Michieletto, ambientandola in una piscina tra amplessi mimati, coristi e figuranti fanno l’amore in due, in tre, un’orgia in piena regola, ma si resta in mutande e giarrettiere senza troppe nudità. «Mi hanno chiesto di non esagerare», sorride ironico il regista. The Rake’s Progress (La carriera di un libertino) ha sfiorato i dieci minuti di applausi, più due buu a cui Michieletto ha risposto con un bacio. Il giovane regista d’opera italiano, dopo La Bohème del 2012 a Salisburgo, ha messo la freccia ed è richiesto più di un cantante lirico, ha progetti fino al ‘19, Londra e Parigi, Amsterdam e Berlino, il Met e Madrid. La Scala è l’unico teatro italiano, a parte Venezia dove il 27 giugno (con un diverso cast) arriverà questo Stravinsky neoclassico in versione hot, che non ha alcun rimando alle incisioni di Hogarth da cui tutto muove. Quello di Lipsia è un teatro strano, dapprima culla delle regìe concettuali con Peter Konwitschny, poi il rifiuto del pubblico e il tuffo indietro (inconsueto in Germania) verso la tradizione. Michieletto è il tentativo di tornare a uno sguardo moderno, benché la sua visione incline a un’idea di narrazione forte Stravinsky in piscina L’eros diventa libertà La rilettura di Michieletto «E non dovevo esagerare» Regista Damiano Michieletto (39) sbatta con le pretestuosità tedesche del regietheater: «Per me è importante raccontare una storia, con un linguaggio teatrale che ti coinvolga e ti stupisca». Questo è il viaggio di Tom e di Nick, «nomi quasi da cartone animato». Tom è uno scapestrato che ha ereditato un bel gruzzolo e non vede l’ora di dissiparlo; Nick è il diavolo che gli presenterà il conto. Ironia e tragedia, è un viaggio interiore verso l’ignoto, dalla lussuria alla disperazione, la perdita delle illusioni. Lo spet- tacolo, diretto da Anthony Bramall, comincia in un sereno ambiente domestico campestre, un barbecue accompagnato dalla musica che è quasi una pastorale e che presto assorbirà ogni forma strumentale e citazioni d’opera. Il libertino oggi è ascritto alla sola sfera erotica: Michieletto rende Tom (unica concessione al gusto tedesco: il calzino corto) una vittima della sua ansia di libertà e della sua inquietudine. Tom viene visto in parallelo a Nick, che di cognome si chiama Shadow, Mr Ombra. Il diavolo non veste Prada ma cambia continuamente costume e anima, postino, cardinale che celebra le nozze tra Tom e Baba la turca, chef che suona il violino (geniale invenzione diabolica paganiniana). Le prostitute del bordello sono visualizzate nella piscina, ricoperta di monete d’oro (la mercificazione del denaro) e sovrastata da enormi scritte al neon con i sette vizi capitali, a sottolineare l’eccesso: sono in latino per dare un tono epico e per un omaggio alla lingua che a tratti usò Stravinsky; poi, rovesciate, diventano una gabbia arrugginita. Allo stesso modo, nell’idea dello spazio come metafora del viaggio, le pareti della piscina si alzano e diventano quelle lerce del manicomio in cui Tom finirà i suoi giorni. Michieletto, conquistata Lipsia, teme La Fenice? «No, l’importante è essere coerenti con un progetto e le proprie idee, per certi versi la partecipazione con la foga mi piace». Nel disco «Piccolo universo» Ylenia, la voce che unisce i sogni alle radici del Sud D a una parte la collaborazione con Gino De Crescenzo (in arte Pacifico), dall’altra quella con la pianista Giulia Mazzoni, e in mezzo il suo mondo. Anzi, il suo «Piccolo universo», come recita il titolo dell’album d’esordio di Ylenia Lucisano, 24 anni e una voglia di far sentire l’anima più che la gola. Non a caso di lei Pacifico dice: «Ylenia “canta” i testi. Le parole non la disturbano, si capiscono. Non ha fretta di liberare la voce, di raggiungere l’acuto. Lei sente il testo, e il suo impegno più che mostrare la voce è scandire e comunicare». E per comunicare le sue emozioni, la cantautrice nata in Calabria ha scelto di dividersi tra il pop e il folk, dieci brani che raccontano sogni, speranze e tradizioni di questa ragazza che vive a Milano e che per pagare l’affitto e le bollette di casa lavora come receptionist in un centro benessere. Lei però è sicura che arriverà il suo momento, che potrà finalmente lasciare la «spa» e dedicarsi esclusivamente alle sue canzoni: «L’unica cosa che voglio fare, anche perché è uno dei pochi modi che ho di dare forma ai miei pensieri». Che, a dispetto della sua giovane età, sono perlopiù gonfi di malinconia: «La felicità Pop e folk mi crea disagio. Dalle difficoltà Ylenia Lucisano riesco a ricavare più linfa. Mi (24), cantautrice piace crollare per poi rialzarmi». di origini calabresi Era così anche da piccola, quando con il papà Carlo alla chitarra si esibiva nei pianobar o ai matrimoni. Il cd «Piccolo universo» (che è anche il titolo del brano da cui è stato tratto il video visibile da oggi su Corriere.it) è per Ylenia il «punto di equilibrio, la sospensione dalla vita reale, la dimensione in cui ritrovo me stessa per come voglio essere, senza filtri. Con le ingenuità e gli entusiasmi tipici della mia età». Lei, «una sognatrice proiettata verso il futuro, ma legata alle tradizioni», nel disco (che esce il 15 aprile) dà il meglio di sé nei brani cantati in dialetto calabrese («per ringraziare la mia terra»): «A mot e luna» e «Jett ‘u sal». Nell’album c’è anche un pezzo, «Riscoprirmi», che parla di autoerotismo: «Per me è un atto di libertà e d’amore, che aiuta non solo ad ascoltare il proprio corpo, ma soprattutto il cuore e la mente». P. El. Valerio Cappelli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Ne l cu ore di Mi lano la nu ova ospitalità 5 stelle lusso A pochi passi da via Monte Napoleone, dal Te atr o alla Scala e dal quartiere di Brera. Offre volumi maestosi, preziose opere d’arte, arredi antichi e un giardino secolare. 98 lussuose e luminose camere e suites tutte con ampi terrazzi. 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Sotto, Hamsik e Benitez delusi (Ansa, Pegaso) Il Napoli va k.o. Addio sogni di secondo posto per il Napoli: la squadra di Benitez è stata battuta a Parma da un gol di Parolo I bianconeri devono rispondere alla Roma che si porta a -5 Un Destro potente batte il Cagliari arà interessante vedere il rendimento della Roma in Champions. È vero che nel calcio il futuro non esiste perché lo determinano anche i rinforzi degli avversari,ma l’idea è quella di avere davanti una squadra diversa, con particolarità che possono prendere in contropiede un calcio abbastanza statico come quello internazionale. La Roma è una mescolanza di idee, la più profonda è quella della confusione organizzata. Difesa chiusa, poi ripartenze quasi tutte di prima con giocatori che non hanno difficoltà a saltare l’uomo. In Europa non si usa quasi più il dribbling. Per mancanza di qualità e dovere di possesso palla. Ma se salti l’avversario, hai subito quello che ottieni dopo dieci passaggi. La Roma si ritira sempre ma solo per aprire spazi agli attaccanti. E quando decide di usare pressione fisica sull’avversario, lo fa a ondate, con passaggi brevi, immediati. Questo comporta qualità tecnica superiore e sveltezza di pensiero. In Italia è facilitata dal poco delle altre squadre. In Europa potrebbe funzionare la sorpresa di un gioco italiano reso internazionale dall’esattezza del complesso. La Roma ha qualcosa meno della Juve, ma anche qualcosa di più. Ha in meno l’abitudine a vincere, forse la somma di individualità porta a un totale inferiore. Ma sa L’uomo in più gestire allo stesso modo le fasi della partita e ha un Gervinho è uno paio di giocatori che dei pochi giocatori disorientano. Il più tanto improbabili importante è Gervinho, la base stessa della quanto redditizi confusione organizzata. Si è visto poche volte un giocatore tanto improbabile e così redditizio. Gervinho è un virus nel cervello ormai quasi elettronico del calcio. Non è previsto, combina danni con la sua sola presenza. L’altro è Destro, un ragazzo sfuggito a tanti. Ha un po’ (sottolineo un po’) di Boninsegna e Riva, ha qualità chiare di centravanti che normalizzano la scintilla caotica di Gervinho. La Roma ha perso questo campionato, ci sono pochi dubbi, ma sta diventando una di quei piccoli ingressi che ogni tanto il calcio lascia alle grandi novità. Penso che Destro andrà ai mondiali al posto di Gilardino o Osvaldo. Parte appena più indietro Immobile, che è attaccante più rotondo, da ultimi trenta metri, mentre Destro è da pura area di rigore. Non penso andrà in Brasile Toni anche se ha fatto tutto benissimo. È solo tardi. Nella commedia tra l’Inter e l’Europa mi sembra sia sfuggito un passaggio. Thohir ha messo un confine a Mazzarri, ma Mazzarri gli ha fatto subito sapere di non gradire l’ultimatum. Così Thohir è tornato indietro e gli ha restituito fiducia. Mazzarri fa fatica a dare un significato alla squadra, ma sa che ha tenuto insieme i cocci della società e di avere un contratto che vale più di una decina di milioni complessivi. Con tutta l’Inter data in garanzia alle banche per i futuri investimenti, sono cose che pesano. È per questo semmai il caso che Hernanes dia il suo meglio, che Alvarez e Guarin finiscano di diventare giocatori veri, che Jonathan e Nagatomo si definiscano per quello che sono, buoni giocatori, né più né meno. Pochi nell’Inter hanno una differenza. Fra questi probabilmente Icardi. © RIPRODUZIONE RISERVATA 44 Sport Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Dati interessanti e prospettive inquietanti L’Inter vale la metà del Milan: i conti non tornano ma... un po’ è vero di DANILO TAINO I n Italia, ma anche in giro per l’Europa, circola sempre più forte l’idea che occorra, con urgenza, organizzare una cordata di Inter Patriots. Per salvare l’Inter. Non tanto da Mazzarri e dai rigori di Milito: dal crollo della società, qualcosa che fa temere un declino lungo e insopportabile per milioni di tifosi. A dare il senso dell’emergenza è stata, la settimana scorsa, una semplice valutazione, di quelle che si fanno sul retro di una scatola di fiammife- ri. Si è detto che il Milan cercherebbe un acquirente per il 30% della società e il prezzo che ha chiesto per la quota sarebbe di 250 milioni. Riportato al cento per cento, fa 830 milioni, che sarebbe il valore della squadra di Berlusconi (in realtà la totalità delle azioni, cioè il controllo, vale di più, ma lasciamo perdere). Sul fronte Inter sappiamo invece che i Moratti hanno venduto a Erick Thohir il 70% della società per 75 milioni più 250 (o 180) di debiti. Anche nel caso più generoso, la valutazione del cento per cento porta a 465 milioni (compreso il premio di controllo). L’Inter vale la metà del Milan? Scandaloso per qualsiasi tifoso. Ma, ahinoi, vicino al vero. Secondo l’analisi «Football Money League» della società di consulenza Deloitte, nella stagione 20122013, l’Inter ha venduto biglietti allo stadio per 19 milioni di euro, la Juve per 38, il Milan per 26, il Manchester United per 127, il Real Madrid per 119 e il Barcellona per 118. I diritti televisivi sono stati di 82 milioni per i nerazzurri, 166 per i bianconeri, 141 per i rossoneri, 188 per la squadra di Madrid e altrettanti per quella catalana. Sponsorizzazioni e merchandising, infine: Inter 68 milioni, come la Juve, Milan 96, Bayern 237, Real Madrid 212, Psg 255. Numeri che raccontano una sola storia: dal punto di vista imprenditoriale, l’Inter non è in grado di competere, in Europa di certo, sempre meno anche in Italia. L’idea di Massimo Moratti che l’Inter sia sempre stata una passione di famiglia, e mai un’azienda, sommata al mistero Thohir, capitalista senza capitali, hanno condotto a un punto in cui la prospettiva del declino, di lungo periodo se non definitivo, è reale. E non ci sono segni che indichino una svolta. «È per questo che è urgente mettere assieme al più presto una cordata di Inter Patriots», dice (dalla Svizzera) Marco Mazzucchelli, banchiere ma soprattutto interista. Per rilanciare la società su un progetto: stadio, merchandising, calciatori. L’idea deprimente di valere metà Milan può mobilitare tifo e capitali? @danilotaino © RIPRODUZIONE RISERVATA Il vertice Hernanes: «Milito è il rigorista e si sentiva di calciare» Thohir: sì a Mazzarri «Però usciamo da questa situazione» Tecnico confermato ma legato all’Europa MILANO — L’Inter non è più sola al quinto posto, raggiunta dal Parma a quota 50, ma, almeno a parole, Erick Thohir continua a pensare positivo. «Il nostro rapporto professionale con Mazzarri continuerà anche nella prossima stagione», ha ribadito ieri mattina al termine del summit, già programmato da tempo, tra presidente, tecnico, il d.g. Fassone e il d.s. Ausilio. «E ne avremo un altro a fine aprile e uno a metà maggio per preparare la prossima stagione anche perché con i Mondiali la finestra di mercato sarà corta». L’Inter del futuro è stato l’argomento principale del summit, però è stata fatta anche un’analisi approfondita della situazione attuale dopo l’ennesimo deludente pareggio a San Siro, quello di sabato sera con il Bologna. Il presidente è consapevole che un girone dopo, rispetto al suo insediamento (15 novembre 2013), molto è cambiato, ma in peggio. Prima della trasferta di Bologna (24 novembre), Palacio e soci erano nella scia del Napoli (terzo) che nell’anticipo del 23 aveva perso in casa con il Parma (0-1). Ora la squadra di Mazzarri rischia di perdere anche l’ultimo posto disponibile Jesus, stagione finita Per Juan Jesus lesione al legamento del ginocchio destro: tre mesi di stop. Domenica c’è la Samp per andare in Europa League (il sesto), sia pure passando dai preliminari. A lasciare perplesso Thohir, e non solo lui, è la totale mancanza di equilibrio dell’Inter che nel 2014 è passata da un inizio disastroso (2 punti nelle prime 5 partite) a una risalita incoraggiante (14 punti nelle 6 successive), prima di conquistarne solo 3 nelle ultime 4 gare (Atalanta, Udinese e Bologna in casa, Livorno fuori). Thohir ha provato a fare e farsi coraggio pensando alle ultime 6 sfide. «Credo che saranno emozionanti oltre che impegnative con Sampdoria, Parma, Napoli, Lazio, Milan e Chievo. Vedremo i risultati». Appunto. Tutto dipende, inevitabilmente, da quelli. La conferma di Mazzarri, come da contratto in scadenza nel giugno 2015, è scontata solo in caso di conquista di un posto in Europa League. Ma se l’Inter dovesse rimanere fuori dalle coppe per la seconda stagione consecutiva, il presidente potrebbe decidere di cambiare allenatore, anche se in questa eventualità si ritroverebbe con tre tecnici a busta paga: oltre a Mazzarri, pure Stramaccioni ha ancora un anno di contratto. Morale: «Dobbiamo capire come uscire insieme da questa situazione» ha detto il presidente, prima di dedicarsi al rigore sbagliato da Milito. «L’ho già detto in un’ altra situazione: ci sono casi in cui non sai se ridere o piangere, però sono convinto Nerazzurri Mazzarri si dispera. A sinistra, sofferenza in tribuna. Da sinistra, Chivu, Bedy Moratti, Thohir e Angelomario Moratti (Forte) che se andremo avanti a lavorare, a concentrarci, a riesaminare e limare certe situazioni, otterremo dei buoni risultati». Ne è convinto pure Hernanes che ieri è tornato sul fatale errore di Milito. «I due rigoristi sono lui e Palacio, Diego se la sentiva di calciarlo ed è andato sul dischetto, anche se avrei voluto calciarlo io». Brutte notizie, intanto, per Juan Jesus: gli accertamenti radiografici hanno evidenziato una lesione al legamento del ginocchio destro. E domenica c’è la Samp di Sinisa Mihajlovic che non ha per niente gradito la prestazione della sua squadra contro la Lazio ed ha annullato il giorno di riposo che aveva concesso ai suoi giocatori. Franco Fiocchini Quando sui punti non si trata di LUCA BOTTURA ARGH CONDICIO V Finalmente svelato il perché della candidatura di Tardelli col Pd alle Europee. Renzi vuol cambiare verso, lui gli ha regalato quello che lanciò nell’82 con la Germania. EXIT POLLI V Tramonta invece Balotelli candidato con Forza Italia: nel suo caso, la croce sul simbolo equivarrebbe alla firma del candidato e invaliderebbe tutti i voti. BISOGNA SAPER PERDARE V «Se perdavamo questa sera, dai, questa sera insomma credo non fosse il risultato giusto» (Davide Ballardini, Serie A Live, Premium). LA RISPOSTA ERA «SÌ» V «C’avevate un fogliettino scritto che diceva che non dovevate combattere negli ultimi giri?». «Uff, questa domanda, Stella, non è una domanda da fare veramente. Non si può! Non esiste, basta, non si parla più! Scusami, eh, però». «Figurati, è la tua risposta» (Stella Bruno e Nico Rosberg, Pole Position, Raidue). IL DADO È TRATO V «Andate a vedere gli ultimi dieci anni che ho fatto, fate le considerazioni dei punti, quello che ho fatto, e trate le conclusioni» (Edy Reja, Benedetta Domenica, Sky). TACCHETTI A SPILLO V «Io sono sicuro che Rolando ha i tacchetti 17 centimetri» (Billy Costacurta, Inter-Bologna, Sky). POTENZIALISMI V «A volte Icardi (foto) lo prende la frenesia: io credo che qui avesse potuto fare meglio» (Billy Costacurta, Skycalcioshow). LIMPIDISMI V «I miei attaccanti mi sono piaciuti molto in particolar modo i centrocampisti» (Eusebio Di Francesco, Skycalcioshow). PROFESSIONE DECODER V Da umile fan del Bologna (e da contributore da circa 70 euro al mese) chiederei se possibile a Sky di mettere un sottopancia col risultato quando la mia squadra, o una qualunque piccola, gioca con le grandi. L’altra sera, nel dopo gara, ho dovuto aspettare mezz’ora per capire con chi aveva fatto 2-2 l’Inter. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Milan Il tecnico ha il dubbio Balotelli e una certezza: la partita di Genova più importante del derby e della sfida con la Roma Seedorf: «Col Genoa la gara più difficile delle 7 che mancano» MILANO — Nella giornata in cui Barbara Berlusconi (che sabato in occasione di uno spot girato con Shevchenko su casa Milan ha messo in contatto telefonico l’ucraino con il papà) incontra ad Abu Dhabi personalità politiche e imprenditori locali, il Milan di Seedorf, reduce da un pareggio e due vittorie, cerca a Genova la partita della maturità. «Delle sette gare che ci mancano, quella con il Genoa è la più difficile e la più importante». A dire il vero in calendario prima della fine della stagione ci sarebbero anche la Roma all’Olimpico (25 aprile) e il derby (4 maggio). Ma tant’è. Ricomparso il sereno a Milanello dopo i risultati positivi ottenuti e ricreatosi il feeling fra l’allenatore olandese e Adriano Galliani (la scorsa setti- mana hanno pranzato insieme due volte a Milanello, tornando a confrontarsi su temi tecnico-tattici), i toni sono più distesi. «In realtà la pressione c’è sempre, perché il Milan è abituato a lavorare per grandi obiettivi» si schermisce l’olandese che non smette di inseguire l’Europa League. «Purtroppo non c’è solo l’Inter davanti a noi in classifica, ma abbiamo tante squadre: questa è la vera complicazione». Contro il Genoa degli ex Gilardino e Antonini, l’allenatore milanista, già senza Muntari (distrazione miotendinea al polpaccio destro) e Essien (lesione del semimembranoso della coscia destra) è preoccupato per le condizioni di Balotelli che da due giorni ha qualche linea di febbre. Ieri Mario ha viaggiato verso Genova da Genova, ore 21 GENOA (3-4-3) 1 Perin 8 Burdisso 4 De Maio 15 Marchese 21 Motta 69 Sturaro 91 Bertolacci 13 Antonelli 10 Sculli 11 Gilardino 77 Konate MILAN (4-2-3-1) 32 Abbiati 25 Bonera 13 Rami 5 Mexès 21 Constant 18 Montolivo 34 De Jong 10 Honda 22 Kakà 23 Taarabt 45 Balotelli Arbitro: Banti di Livorno Tv: ore 21 Sky Sport 1, Sky Supercalcio, Premium Calcio Internet: www.corriere.it Tutto ok Clarence Seedorf, 38 anni, ha superato il momento critico e ora guarda avanti con fiducia (Ansa) solo in macchina con un fisioterapista e non con il pullman della squadra. Seedorf è comunque fiducioso di recuperarlo per stasera, altrimenti è pronto Pazzini. Al centro del progetto (e dei trequartisti) resiste sempre Kakà, lusingato dall’offerta dell’Orlando City. In settimana è partita la campagna della mozione degli affetti per convincere l’ex Pallone d’Oro a restare a Milano. Il tecnico rossonero però non sbilancia in previsioni: «C’era questa situazione anche prima che Ricky andasse a Madrid. Lui sa che cosa pensiamo io, la società e i tifosi. Nessuno qui vuole nascondere i propri sentimenti, ma rispettiamo la sua decisione di avere l’ultima parola su quello che sarà il suo futuro. Ha detto di voler restare concentrato su queste sette partite, ne riparleremo a fine stagione». Blandisce Honda che preferirebbe giocare più centrale («anche Messi ha giocato decentrato a destra, non credo sia un problema») e mostra pragmatismo nella spiegazione di certe decisioni: «Abate, Poli e El Shaarawy, se poco impiegati, rischiano il Mondiale? Prima di tutto arrivano le esigenze del club e poi quella della nazionale. Io devo operare scelte per il Milan, non per l’Italia. E poi credo che se Prandelli ha in mente di convocarli, li porterà in Brasile a prescindere». Il futuro è adesso: «La ricostruzione della squadra e i trofei da conquistare vanno di pari passo. L’unico modo per rifondare è vincere, gli obiettivi del Milan non cambiano». Come sono lontani i tempi in cui erano centrali nel discorso la filosofia e il progetto. Monica Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 45 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 # Garcia’s way Risolta la pratica di Cagliari e oggi tutti in attesa del posticipo bianconero Risalita I biancocelesti vicini all’Europa 1 3 Cagliari Roma Marcatori: Destro 32’ p.t.; Destro 11’ e 28’, Pinilla (rig.) 44’ s.t. CAGLIARI (4-3-1-2): Avramov 5; Pisano 5, Oikonomou 4, Astori 4, Avelar 4,5; Dessena 5, Conti 5, Ekdal 6 (Eriksson 5 5’ s.t.); Cossu 5 (Ibraimi 5 23’ s.t.); Pinilla 5, Nenè 6 (Ibarbo 6 12’ s.t.). All.: Lopez 4,5 ROMA (4-2-3-1): De Sanctis 6; Maicon 7, Benatia 6,5, Castan 6,5, Romagnoli 6 (Torosidis 6 1’ s.t.); De Rossi 7, Nainggolan 7,5 (M. Bastos s.v. 39’ s.t.); Florenzi 6, Pjanic 6,5 (Taddei s.v. 29’ s.t.), Gervinho 7,5; Destro 8. All.: Garcia 7,5 Talento Keita, 19 anni, supera la guardia di Palombo, 32 (Inside) La Samp dura 20 minuti poi l’Olimpico deserto è tutto di Keita e Candreva Arbitro: Massa 4,5 Ammoniti: Pjanic, Astori, Romagnoli, Destro, Florenzi. Recuperi: 1’ più 4’ Implacabile Mattia Destro, 23 anni, in gol. La giovane punta ha firmato la sua prima tripletta in giallorosso (Ansa) Destro riscalda la Roma Per un giorno a meno 5 Tripletta dell’attaccante, Cellino licenzia Lopez JUVENTUS ROMA NAPOLI 81 p. 76 p. 64 p. 32ª 33ª 34ª 35ª 36ª 37ª 38ª Livorno UDINESE Bologna SASSUOLO Atalanta ROMA Cagliari Atalanta FIORENTINA Milan CATANIA Juventus GENOA Lazio UDINESE INTER Cagliari SAMPDORIA Verona La seconda classificata si qualifica ai gironi di Champions, la terza va ai playoff di Champions DAL NOSTRO INVIATO CAGLIARI — Garcia’s way. Settantasei punti, 17 marcatori diversi, 10 vittorie in trasferta, 12 punti sul Napoli e un posto in Champions ormai sicuro, la stessa naturalezza nel giocare con il possesso palla o in contropiede. Ma, soprattutto, la creazione di un gruppo che non ha più paura di nulla e la crescita di quasi tutto il parco giocatori. Può darsi, anzi è probabile, che i numeri non portino alla Roma nessun trofeo, in questa stagione. Il «valore aggiunto» apportato dal suo tecnico, però, è oltre ogni previsione. La Roma non vinceva a Cagliari dal 1995, ma questo è solo uno dei tanti tabù violati in questa stagione. In mancanza di Totti, in panchina per un problemino muscolare, si è preso la Non dovrebbe esserci prova tv Quel colpo malDestro CAGLIARI – (l.v.) Colpo malDestro. L’arbitro Massa ha visto un contatto tra l’attaccante e Astori (foto Sky), ammonendo il difensore per la sua protesta e fischiando una punizione per il Cagliari (valutando così l’azione). La prova tv sarebbe da escludere. Destro si è difeso a Sky Sport: «Il contatto c’è, ma è lui per primo ad allargare le braccia, poi io cado per terra... Ho gli occhi chiusi, non lo vedo neanche. E poi Astori è un amico». In MAIUSCOLO le partite in trasferta scena Mattia Destro, che ha segnato una tripletta (la prima in serie A), battuto il suo record di gol (13 in sole 18 presenze, al Siena ne aveva segnati 12 due stagioni fa) e lanciato un messaggio forte al c.t. Prandelli in vista del Mondiale. Destro, che segna un gol ogni 83 minuti, è un esempio lampante di Garcia’s way. Il tecnico gli fa vedere video di Suarez, Higuain e Tevez per chiedergli i miglioramenti (fase difensiva, pressing, rifiuto quasi fisico della sconfitta) per diventare un centravanti di primo livello. Un lavoro per l’oggi e per il domani. La Roma, abituata al possesso palla, ieri ha colpito con le ripartenze: tre su tre, chirurgiche. Nainggolan è stato decisivo sui primi due gol. Gervinho è entrato da protagonista nell’1-0 e nel 3-0. Ieri pomeriggio i giallorossi avevano la possibilità di mettere pressione alla Juventus, facendola dormire una notte con un vantaggio (+5) importante ma non più oceanico. Era una responsabilità in più, portata a termine con efficacia e personalità. Peccato solo per i tre diffidati ammoniti (Pjanic, Destro e Florenzi, che salteranno RomaAtalanta) e soprattutto per l’infortunio muscolare, nel finale, di Benatia. Oggi gli esami medici, si teme uno stop di 2/3 settimane. Il Cagliari ha provato a resistere con l’aggressività: Daniele Conti, svillaneggiato a lungo dagli ultrà romanisti, ha acceso la miccia con un colpo maligno a Pjanic, non visto (come altro) dall’arbitro Massa. Lopez (esonerato in serata da Massimo Cellino che ha richiamato Pulga: «Avrei voluto evitarlo, ma Lopez mi ha costretto») ha cercato di bloccare De Rossi con una marcatura a uomo di Cossu e ha preferito i muscoli di Pinilla e Nené alla velocità di Ibarbo, sbagliando. Ma il dislivello tra le squadre della serie A, ormai, rende scontato il 75% delle partite del campionato. Fa ancora più male, però, vedere i rossoblù, una squadra storica che ha vinto anche uno scudetto, giocare dentro un cantiere. Dopo il 3-0 della Roma la curva degli ultrà ha iniziato a dileggiare il presidente Cellino, in partenza per Leeds. Chi prenderà il suo posto deve, per prima cosa, preoccuparsi dello stadio. Cagliari e i tifosi del Cagliari meritano rispetto. Luca Valdiserri © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — È il talento sbarazzino di Keita, la freschezza senza pensieri di questo ragazzo 19enne, cresciuto nella «cantera» del Barcellona, a scuotere la Lazio, a spingerla di prepotenza verso la vittoria contro una brutta Sampdoria (2-0) e a restituirle le speranze, tutte intere, di un posto in Europa League. L’idolo nuovo della tifoseria biancoceleste — sempre impegnata nella «guerra fredda» contro il presidente Lotito (all’Olimpico circa 10 mila spettatori) — continua a marchiare il presente lasciando presagire un futuro davvero prezioso, per lui e per la Lazio. Ha avuto pure vita facile ieri Keita, persino più agevole del previsto contro un avversario Lazio Sampdoria 2 0 Marcatori: Candreva 42’ p.t.; Lulic 28’ s.t. LAZIO (4-3-3): Berisha 5,5; Konko 6, Biava 6,5, Cana 7, Radu 6; Onazi 6, Biglia 4, Lulic 6,5 (Minala s.v. 31’ s.t.); Candreva 7,5, Postiga 5 (Mauri 6,5 15’ s.t.), Keita 7,5 (Perea s.v. 42’ s.t.). All.: Reja 7 SAMPDORIA (4-2-3-1): Da Costa 5,5; De Silvestri 5, Mustafi 5, Regini 5, Berardi 4,5; Palombo 6, Krsticic 5 (Renan s.v. 29’ s.t.); Gabbiadini 6 (Sansone 5,5 12’ s.t.), Eder 5,5, Soriano 5; Maxi Lopez 5 (Okaka 5,5 15’ s.t.). All.: Sakic 5 Arbitro: Calvarese 5 Espulso: Biglia 11’ s.t. Ammoniti: Regini, De Silvestri, Keita, Lulic Recuperi: 1’ più 4’ morbido e senza temperamento, incapace di una reazione significativa persino dopo l’espulsione di Biglia all’inzio del secondo tempo (11’), che non ha impedito alla squadra di Reja addirittura di raddoppiare con Lulic (28’). La palla di Keita per Candreva, trasformata in rete poco prima del riposo (42’) è stato solo la punta di un iceberg ricco di invenzioni e di giocate. Col baby spagnolo e lo stesso Candreva (al nono centro, capocannoniere della squadra), vero trascinatore del gruppo, la Lazio può dunque scalare di nuovo la classifica, che adesso la vede a soli due punti dal quinto posto. Certo la strada per l’Europa rimane tortuosa, soprattutto alla luce del calendario che attende i biancocelesti, a cominciare dalla trasferta di domenica prossima a Napoli. Ma un gruppo capace di sopportare assenze pesanti come quelle di Klose (out all’ultimo momento ieri, sostituto da uno spento Postiga), Ledesma, Dias e Gonzalez, e di non farsi affliggere dall’inferiorità numerica, può — e deve — giocarsi fino in fondo le non poche chance di rimanere nel circuito internazionale. Della Sampdoria c’è poco da dire. Solo non vorremmo essere nei panni dei giocatori, alla ripresa dei lavori. Mihajlovic, in tribuna per squalifica, non deve aver affatto gradito una prestazione tanto inconsistente e svogliata. La sua squadra, parecchio temuta alla vigilia dalla Lazio, è stata in partita forse per una ventina di minuti nel primo tempo. Poi si è liquefatta. Sinisa dovrà capire perché. Giuseppe Toti © RIPRODUZIONE RISERVATA Sicurezza I bianconeri stasera con in mente una sola idea: battere il Livorno e tenere a distanza rassicurante i giallorossi Conte pretende la sua solita Juve, spietata e vincente Gli spietati tornano a casa. La prima Juventus di Antonio Conte chiuse il campionato senza sconfitte, ma con ben 15 pareggi, perdendo 8 punti con le ultime sei squadre del campionato. Questa Juve gioca anche contro i record e nonostante la sconfitta di Napoli è ancora in corsa per quota 100. È chiaro che quel che interessa ad Antonio Conte da ieri pomeriggio è solo quota 5, che separa la sua squadra dalla Roma. È meglio così, nell’ottica contiana, dato che le motivazioni non possono essere vaghe nemmeno contro una «piccola» come il Livorno che arriva allo Stadium, dove hanno già perso quindici squadre su quindici. È anche questo il segreto dello strepitoso progresso ju- ventino negli ultimi tre campionati: quest’anno con le ultime sei della classifica sono arrivate solo vittorie, con 24 punti su 24. Sembra facile ma non lo è: la Roma se avesse i 4 punti persi con Cagliari e Sassuolo all’Olimpico sarebbe adesso a un’incollatura dai campioni d’Italia. E che dire del Napoli che ha perso ben 12 punti con cinque delle sei squadre oggi sul fondo della classifica? «Dobbiamo affrontare sette finali da qui all’ultima giornata. Dobbiamo vincerle tutte per stare veramente tranquilli» ha rilanciato Antonio Conte, dopo la notte europea di Lione. La sua squadra c’era riuscita già all’andata, arrivando a un filotto complessivo di dodici successi consecutivi. Poi è arrivato Torino, ore 19 JUVENTUS (3-5-2) 1 Buffon 4 Caceres 19 Bonucci 3 Chiellini 26 Lichtsteiner 6 Pogba 21 Pirlo 8 Marchisio 22 Asamoah 14 Llorente 10 Tevez LIVORNO (4-4-2) 1 Bardi 7 Castellini 85 Coda 33 Valentini 17 Ceccherini 11 Mesbah 41 Duncan 27 Biagianti 19 Greco 21 Belfodil 26 Siligardi Arbitro: Gervasoni di Mantova Tv: ore 19 Sky Supercalcio, Sky Calcio 2, Premium Calcio Internet: www.corriere.it Leader Carlitos Tevez, 30 anni, 18 gol in campionato con la maglia della Juventus (Afp) il record di vittorie interne, strappato al Torino tricolore che si era fermato a 14. Certo, per la legge dei grandi numeri, Conte oltre a tenere sempre alta la tensione della sua squadra toccherà anche ferro, perché ogni serie è fatta per essere interrotta. Ma non è questo il momento, con la Roma di nuovo vicina e la qualificazione in semifinale di Europa League in discesa, ma ancora aperta. Vincere sempre è l’unico modo per non crearsi ansie da prestazione. Proprio per questo e per il ruolo di arbitro imparziale della Juve nella lotta alla salvezza (i bianconeri dovranno affrontare anche Bologna, Sassuolo e Cagliari) andrà probabilmente in campo la migliore formazione possibile: la par- tita più importante della settimana, per le condizioni che si sono create, può anche essere considerata questa con il Livorno di Mimmo Di Carlo. Il tecnico che all’andata non c’era ha già battuto la Juve quando allenava Mantova e Chievo e dopo la rimonta con l’Inter ricorda che «niente è impossibile». Nella Juve Marchisio giocherà al posto dello squalificato Vidal. In difesa Conte recupera Ogbonna e Peluso per la panchina, ma dovrebbe giocare ancora con il terzetto dell’ultimo mese, con Caceres vice Barzagli. In attacco c’è il dubbio principale: accanto a Llorente ci sarà Tevez o l’argentino riposerà dopo essere, uscito per un piccolo problema all’adduttore a Lione? Nessuna sorpresa se un combattente come l’Apache tornerà subito in campo: il capo indiscusso degli spietati è lui. Paolo Tomaselli © RIPRODUZIONE RISERVATA 46 Sport Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Caduta Vince il Parma dell’ex Donadoni Il Napoli va in tilt e De Laurentiis si scontra col tifoso Scintille tra Higuain e Benitez DAL NOSTRO INVIATO PARMA — Un girone dopo, cambia solo il killer: il Parma stende ancora il Napoli con un gol di Parolo, bello quanto quello di Cassano il 24 novembre al San Paolo. Il risultato finale è 6 punti a zero per Donadoni (che, da ex poco amato, li vivrà come 12), il Parma in quota Europa League (50 come l’Inter) e il Napoli sempre più lontano dal secondo posto e dall’idea di squadra che Benitez insegue da mesi invano. Ma, in fondo, dov’è la novità? È da mesi che i Rafa Boys attaccano e staccano la spina senza un motivo plausibile. Non stupisce dunque che dopo il trionfo sulla Juve sia arrivato questo k.o., peraltro contro una signora squadra che aveva fatto 17 partite utili prima delle ultime tre sconfitte. E non deve servire come alibi il rigore negato da Bergonzi a Zapata: avrebbe forse dato il pari al Napoli, ma non avrebbe risolto alcuni limiti strutturali che con le squadre «non grandi» emergono puntuali. Sarà stato perché il Parma ha dovuto fare a meno di Amauri (squalificato) e Cassano (infortunato) oppure perché il Napoli, su intervento dell’arbitro, ha dovuto rinunciare alla nuova maglia da battaglia «Camo Xtreme» (un’evoluzione della classica mimetica, con spruzzate di giallo troppo pop pure per Andy Warhol) a causa della possibile confusione cromatica con gli avversari, è stata a lungo una partita dal sapore di chiuso, la mancanza d’aria causata da una grande applicazione tattica, e dunque da mediana intasata. Il Napoli teneva palla senza frutto: Serie A / 32ª giornata 1 0 Parma Napoli Marcatore: Parolo 10’ s.t. PARMA (4-5-1): Mirante 6; Cassani 6,5, Paletta 6,5, Felipe 6,5, Molinaro 6; Schelotto 6, Acquah 6, Marchionni 6, Parolo 7 (Munari s.v. 35’ s.t.), Biabiany 6 (Cerri s.v. 47’ s.t.); Palladino 6 (Gobbi s.v. 44’ s.t.). All.: Donadoni 6,5 NAPOLI (4-2-3-1): Reina 6; Henrique 6, Fernandez 6,5, Albiol 6, Ghoulam 5; Jorginho 5,5, Inler 5; Callejon 5,5 (Mertens 6 23’ s.t.), Hamsik 5 (Pandev s.v. 36’ s.t.), Insigne 5,5; Higuain 5 (Zapata 6,5 23’ s.t.). All.: Benitez 5,5 Arbitro: Bergonzi 5 Ammoniti: Cassani, Marchionni, Acquah, Zapata, Parolo, Albiol, Mirante Recuperi: 1’ più 4’ In rete Marco Parolo, centrocampista di 29 anni, festeggia dopo il gol che ha permesso al Parma di battere sul suo campo il Napoli (Ap) Callejon tagliava invano, Insigne vagava, Hamsik era sempre spalle alla porte, Higuain era bloccato dal duo Paletta-Felipe e le fasce occupate dal bel lavoro di Schelotto e Biabiany abbassati sulla linea mediana e pronti a ripartire, mentre i rientri di Palladino aprivano varchi per gli inserimenti centrali. Solo una smagliatura nei blocchi difensivi avrebbe interrotto lo stallo ed è ciò che è avvenuto nel Napoli a inizio ripresa. Spaziature dilatate, calo di concentrazione, tristezza improvvisa al pensiero della vittoria della Roma nel pomeriggio, chissà cos’è stato. Comunque sia — dopo che Reina ha anticipato in volo Schelotto in area piccola — al 10’ il Parma ha colpi- to: il Napoli ha scoperto il lato sinistro (dove Ghoulam ha sempre sofferto), Paletta ha servito Cassani che ha spedito in mezzo. Lì, a rimorchio, è arrivato Parolo che, bruciato lo statuario Inler, ha punito dal limite con una volée perfetta. Benitez ha reagito inserendo Mertens per Callejon e Zapata per sua maestà Higuain, il quale, uscendo, ha bofonchiato qualcosa di brutto contro Rafa, che nel dopopartita, pur furibondo, ha glissato sull’episodio. Mossa giusta, comunque, ancorché tardiva: Zapata al 31’ è caduto in area a contatto con Mirante in uscita, era più rigore che no, ma si è preso addirittura un giallo, come se non fosse possibile cadere in area senza per forza simulare. Qui il Napoli finalmente si è acceso: ancora Zapata (due volte di testa) e Insigne hanno sfiorato il pareggio, che non sarebbe stato immorale. Ma ormai era troppo tardi. E il nervosismo in campo contagiava anche Aurelio De Laurentiis, venuto alle mani all’uscita con un tifoso del Napoli che chiedeva spiegazioni per la sconfitta. La triste fine di una sera da dimenticare. Alessandro Pasini © RIPRODUZIONE RISERVATA Punti totali In casa Fuori casa Serie A Classifica Punti d’oro Udinese k.o., i viola blindano il 4° posto Uno spettacolo al Cuadrado La Fiorentina va Il colombiano fa la differenza DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — È il migliore in campo e l’uomo di cui, durante l’estate, si parlerà di più. Juan Guillermo Cuadrado, 26 anni il 26 maggio, ala imprendibile e fulminante, spacca Fiorentina-Udinese facendola pendere con decisione dalla parte viola. È lui a segnare, con la complicità di Danilo, il gol che a metà primo tempo rompe l’equilibrio. Ed è sempre lui, nel momento cruciale della ripresa, a guadagnare il rigore che Gonzalo Rodriguez trasforma nel 2-0. Come non bastasse, dopo la rete di Bruno Fernandes che ha procurato qualche patema d’animo a Montella nell’eterno recupero, colpisce la traversa del possibile 3-1 con un destro secco e forte. A Genova, domenica scorsa, Cuadrado aveva fatto il terzino e la Fiorentina si era fermata sullo 0-0 contro la Sampdoria. Stavolta da attaccante, nel 4-3-1-2 scelto dall’Aeroplanino per fronteggiare la solita emergenza e la crisi di Matri, trascina i compagni verso una vittoria che serve a blindare il 4° posto e a invertire il trend negativo dell’ultimo periodo. Prima di piegare l’Udinese, due mesi dopo averlo fatto in Coppa Italia, i viola al Franchi avevano perso 4 delle ultime 6 partite, compresa quella dolorosa contro la Juventus in Europa League e ben 3 su 4 in campionato. La Fiorentina non è solo Cuadrado, arrivato al 10° gol stagionale. Gonzalo Rodriguez dà sicurezza alla difesa e il ritorno di Pizarro migliora la circolazione della palla in mezzo al campo. Ma è il CHIEVO VERONA 0-1 Toni (Ve) 20’ s.t. Arbitro: Tagliavento di Terni INTER BOLOGNA 2-2 Icardi (In) 6’, Cristaldo (Bo) 35’, Icardi (In) 18’ s.t., Kone (Bo) 28’ s.t. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo LAZIO SAMPDORIA Candreva (La) 42’, Lulic (La) 28’ s.t. Arbitro: Calvarese di Teramo 2-0 ATALANTA SASSUOLO 0-2 Sansone (Sa) 33’, Sansone (Sa) 26’ s.t. Arbitro: Orsato di Schio (Vi) CAGLIARI ROMA 1-3 Destro (Ro) 32’, Destro (Ro) 11’ s.t., Destro (Ro) 28’ s.t., Pinilla (Ca) rig. 44’ s.t. Arbitro: Massa di Imperia CATANIA TORINO 1-2 Bergessio (Ca) 2’, Farnerud (To) 34’ s.t., Immobile (To) 38’ s.t. Arbitro: Rocchi di Firenze FIORENTINA UDINESE 2-1 Cuadrado (Fi) 25’, Rodriguez (Fi) rig. 27’ s.t., Fernandes (Ud) 37’ s.t. Arbitro: Celi di Bari PARMA NAPOLI 1-0 Parolo (Pa) 10’ s.t. Arbitro: Bergonzi di Genova JUVENTUS LIVORNO Arbitro: Gervasoni di Mantova oggi 19,00 GENOA MILAN Arbitro: Banti di Livorno oggi 21,00 Spagna ALMERIA OSASUNA 1-2 ATLETICO MADRID VILLARREAL 1-0 BARCELLONA REAL BETIS 3-1 REAL SOCIEDAD REAL MADRID 0-4 RAYO VALLECANO CELTA VIGO 3-0 MALAGA GRANADA 4-1 ELCHE GETAFE 1-0 SIVIGLIA ESPANYOL 4-1 REAL VALLADOLID VALENCIA LEVANTE ATHLETIC BILBAO oggi 22.00 Classifica: 79 Atletico Madrid 78 Barcellona 76 Real Madrid 56 Athletic Bilbao 53 Siviglia 50 Real Sociedad 49 Villarreal 40 Valencia, Levante, Espanyol 38 Malaga 36 Celta Vigo, Rayo Vallecano 35 Elche 34 Granada 33 Osasuna 31 Getafe 30 Real Valladolid, Almeria 22 Real Betis Gioia Juan Cuadrado, 26 anni, festeggia il suo gol sotto la curva: ha anche mimato un incomprensibile strangolamento (Ansa) G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite S 22 18 33 34 35 41 40 41 52 41 43 45 39 44 44 47 50 58 61 57 PALERMO EMPOLI CESENA (-1) CROTONE LATINA TRAPANI SIENA (-8) AVELLINO VIRTUS LANCIANO MODENA PESCARA SPEZIA BARI (-3) BRESCIA VARESE CARPI TERNANA NOVARA CITTADELLA PADOVA REGGINA JUVE STABIA Punti 66 53 52 51 51 49 48 48 48 45 45 45 43 43 43 43 41 36 32 31 27 16 MARCATORI: 18 RETI: Immobile (TOR), Tevez (JUV) 16 RETI: Toni (VER) 14 RETI: Palacio (INT), Higuain (NAP), Rossi (FIO) 13 RETI: Destro (ROM), Balotelli (MIL), Gilardino (GEN) 12 RETI: Callejon (NAP), Paulinho (LIV), Berardi (SAS), Cerci (TOR) 11 RETI: Llorente (JUV), Cassano (PAR), Denis (ATA), Vidal (JUV) 10 RETI: Paloschi (CHI), Di Natale (UDI) 9 RETI: Gabbiadini (SAM), Eder (SAM), Candreva (LAZ) 33ª giornata PALERMO-AVELLINO CITTADELLA-SIENA REGGINA-LATINA VIRTUS LANCIANO-MODENA 2-0 1-0 0-1 1-3 PROSSIMO TURNO: Sabato 12/4, ore 18.00: Sassuolo-Cagliari, ore 20.45: RomaAtalanta. Domenica 13/4, ore 12.30: Bologna-Parma, ore 15.00: VeronaFiorentina, Livorno-Chievo, Napoli-Lazio, Sampdoria-Inter, Torino-Genoa, ore 20.45: Milan-Catania. Lunedì 14/4, ore 20.45: Udinese-Juventus. PROSSIMO TURNO: Venerdì 11/4, ore 20.30: Cesena-Spezia. Sabato 12/4, ore 15.00: Avellino-Brescia, Crotone-Carpi, Empoli-Ternana, Latina-Novara, ModenaJuve Stabia, Pescara-Cittadella, Siena-Virtus Lanciano, Trapani-Palermo, VareseBari. Domenica 13/4, ore 12.30: Padova-Reggina. Inghilterra Lega Pro 1ª div./A JUVENTUS ROMA NAPOLI FIORENTINA INTER PARMA LAZIO ATALANTA VERONA TORINO MILAN SAMPDORIA GENOA UDINESE CAGLIARI CHIEVO BOLOGNA LIVORNO SASSUOLO CATANIA Punti 81 76 64 55 50 50 48 46 46 45 42 41 39 38 32 27 27 25 24 20 G 31 32 32 32 32 32 32 32 32 32 31 32 31 32 32 32 32 31 32 32 V 26 23 19 16 12 13 13 14 14 12 11 11 10 11 7 7 5 6 6 4 N 3 7 7 7 14 11 9 4 4 9 9 8 9 5 11 6 12 7 6 8 MANCHESTER CITY SOUTHAMPTON 4-1 ASTON VILLA FULHAM 1-2 CARDIFF CITY CRYSTAL PALACE 0-3 HULL CITY SWANSEA 1-0 NEWCASTLE UNITED MANCHESTER UNITED 0-4 NORWICH CITY WEST BROMWICH ALBION 0-1 CHELSEA STOKE CITY 3-0 EVERTON ARSENAL 3-0 WEST HAM UNITED LIVERPOOL 1-2 TOTTENHAM HOTSPUR SUNDERLAND oggi 21,00 Classifica: 74 Liverpool 72 Chelsea 70 Manchester City 64 Arsenal 63 Everton 57 Manchester United 56 Tottenham Hotspur 48 Southampton 46 Newcastle United 40 Stoke City 37 West Ham United 36 Hull City 34 Aston Villa, Crystal Palace 33 Swansea 32 West Bromwich Albion, Norwich City 27 Fulham 26 Cardiff City 25 Sunderland P 2 2 6 9 6 8 10 14 14 11 11 13 12 16 14 19 15 18 20 20 V 15 13 10 9 7 7 9 10 9 7 7 6 7 8 7 5 3 4 4 4 N P V 0 0 11 3 0 10 4 2 9 3 4 7 8 2 5 7 2 6 4 3 4 2 4 4 2 5 5 5 4 5 4 4 4 5 5 5 4 4 3 2 5 3 4 6 0 2 9 2 7 6 2 5 7 2 1 11 2 6 6 0 N 3 4 3 4 6 4 5 2 2 4 5 3 5 3 7 4 5 2 5 2 P 2 2 4 5 4 6 7 10 9 7 7 8 8 11 8 10 9 11 9 14 F 67 65 59 51 51 52 42 37 47 47 47 40 34 35 30 26 26 34 31 24 Francia OLYMPIQUE MARSIGLIA AJACCIO 3-1 PARIS SAINT GERMAIN STADE REIMS 3-0 BASTIA SOCHAUX 2-2 BORDEAUX RENNES 2-2 GUINGAMP MONTPELLIER 1-2 LORIENT EVIAN TG 1-1 TOLOSA LILLE 1-2 SAINT ETIENNE NIZZA 1-1 VALENCIENNES LIONE 1-2 MONACO NANTES Classifica: 79 Paris Saint Germain 63 Monaco 60 Lille 55 Saint Etienne 51 Lione 48 Olympique Marsiglia 44 Bordeaux, Tolosa, Stade Reims 41 Bastia 39 Nizza 38 Rennes, Montpellier, Lorient 37 Nantes 35 Guingamp, Evian Tg 29 Valenciennes 27 Sochaux 19 Ajaccio G 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 33 V 19 14 13 14 13 12 14 12 13 11 12 11 12 10 11 12 9 8 7 7 6 2 N 9 11 14 9 12 13 14 12 9 12 9 12 10 13 10 7 14 12 11 10 9 10 P 5 8 6 10 8 8 5 9 11 10 12 10 11 10 12 14 10 13 15 16 18 21 BRESCIA-PESCARA JUVE STABIA-VARESE SPEZIA-PADOVA BARI-EMPOLI CARRARESE CREMONESE 1-0 FERALPI SALO' SAN MARINO 3-1 LUMEZZANE REGGIANA 0-1 PAVIA ALBINOLEFFE 0-3 SUDTIROL SAVONA 1-0 VENEZIA COMO 2-2 VICENZA PRO VERCELLI 1-1 VIRTUS ENTELLA PRO PATRIA 0-0 Classifica: 54 Virtus Entella 48 Pro Vercelli 44 Cremonese 43 Vicenza (-4), Sudtirol 40 Savona 39 Como 38 Venezia, Albinoleffe (-1) 35 Feralpi Salo’ 31 Reggiana 30 Carrarese 28 Lumezzane 26 Pro Patria (-1) 20 San Marino 19 Pavia V 11 7 7 7 8 6 10 9 7 9 5 5 9 5 7 5 7 7 4 5 4 1 N P 4 2 7 2 7 2 6 3 4 4 6 4 4 2 4 3 6 4 4 3 5 6 7 5 5 3 7 5 6 3 5 7 5 5 6 4 6 7 6 5 5 8 6 10 Udinese 2 1 Marcatori: Cuadrado 25’ p.t.; Gonzalo Rodriguez (rigore) 27’, Fernandes 37’ s.t. FIORENTINA (4-3-1-2): Neto 6; Tomovic 6,5, Gonzalo Rodriguez 6,5, Diakitè 6,5, Pasqual 5,5; Aquilani 6,5, Pizarro 7 (Anderson s.v. 49’ s.t.), Ambrosini 6,5; Ilicic 5 (Wolski 5 30’ s.t.); Cuadrado 7,5, Matos 6,5 (Matri s.v. 33’ s.t.). All.: Montella 6,5 UDINESE (3-5-1-1): Scuffet 6; Heurtaux 6, Danilo 5, Bubnjic 5 (Lazzari 5 12’ s.t.); Widmer 6, Badu 6 (Nico Lopez s.v. 40’ s.t.), Allan 5,5, Pereyra 6,5, Gabriel Silva 5,5; Bruno Fernandes 6,5 (Yebda s.v. 49’ s.t.); Muriel 5. All.: Guidolin 6 Arbitro: Celi 5,5 Ammoniti: Badu, Ambrosini, Muriel, Danilo, Pereyra, Heurtaux Recuperi: 2’ più 4’ Punti totali In casa Fuori casa Serie B Classifica G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite Fiorentina V N P F S 8 5 3 50 23 7 4 6 42 27 6 7 4 38 25 7 3 7 46 40 5 8 4 31 27 6 7 4 45 39 4 10 3 48 33 3 8 6 35 34 6 3 7 32 34 2 8 7 46 32 7 4 6 43 41 6 5 5 35 40 3 5 8 36 36 5 6 5 42 43 4 4 9 44 47 7 2 7 37 42 2 9 5 43 41 1 6 9 31 42 3 5 8 30 41 2 4 11 33 49 2 4 10 31 54 1 4 11 29 57 3-0 CARPI-TRAPANI 2-4 NOVARA-CROTONE 2-2 TERNANA-CESENA 3-0 3-2 1-1 0-2 Lega Pro 1ª div./B BENEVENTO CATANZARO 0-0 GROSSETO LECCE 0-1 GUBBIO L'AQUILA 0-4 NOCERINA PAGANESE 0-3 PERUGIA VIAREGGIO 2-1 PONTEDERA BARLETTA 3-1 PRATO ASCOLI 0-3 SALERNITANA PISA 1-0 Classifica: 59 Frosinone, Perugia 58 Lecce 49 L’Aquila 48 Catanzaro 46 Pisa, Pontedera 45 Salernitana 44 Benevento 40 Grosseto 36 Prato, Gubbio 27 Viareggio 24 Ascoli (-4) 21 Barletta 16 Paganese 12 Nocerina (-2) colombiano, soprannominato la vespa per velocità e imprevedibilità nei movimenti, a fare la differenza con scatti improvvisi, dribbling perfetti, accelerazioni letali. Un campione, anche con qualche eccesso, come nel festeggiamento dopo la rete. Il balletto, sotto la curva Fiesole, si conclude mimando uno strangolamento e una macabra impiccagione. Significati? Nessuno, la freccia viola improvvisa e a volte si lascia trascinare. Non lo fa, invece, con le parole perché sa come muoversi quando il discorso scivola sul futuro. «Non ci penso, ora ho in testa solo la Fiorentina». Neppure lui sa cosa succederà nei prossimi mesi. Andrea Della Valle e la famiglia Pozzo affronteranno la que- stione nel giro di un mesetto. Cuadrado è in comproprietà libera tra i due club che filano d’amore e d’accordo. I friulani lo valutano 35 milioni, i viola un po’ meno di 30 e nell’operazione sono pronti a sacrificare qualche giovane di belle speranze. L’intesa non è impossibile, anzi. Ma non sarà facile trattenere Cuadrado a Firenze nella prossima stagione. Su di lui, oltre alla Juventus, si stanno muovendo i grandi club stranieri: prima il Bayern Monaco, poi il Manchester United, adesso è la volta del Real Madrid. In tribuna, contro l’Udinese, spuntano un paio di osservatori del Barcellona. E qualche fila più in là si nota Vincenzo Di Palma, preparatore dei portieri della nazionale, spedito al Franchi da Prandelli per valutare il giovane Scuffet, che potrebbe fare il terzo portiere al Mondiale. Il baby fenomeno conferma le sue qualità, ma Cuadrado stavolta gli ruba la scena. In attesa di Gomez e Rossi, è lui il top player di Firenze. Montella non sa se ridere o piangere: contro il Napoli, nella finale di Coppa Italia, la vespa viola sarà squalificata. Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA Fischio finale di Paolo Casarin Napoli senza un rigore segno che la tv serve A rbitraggi accettabili in questo turno di campionato, anche se non sono mancati errori di valutazione e perfino qualche «vuoto» nel controllo delle fasi di gioco. Nulla di nuovo, anzi la conferma che durante le partite di A gli arbitri sbagliano poco, ma talvolta non riescono a vedere delle azioni significative che meriterebbero il loro intervento. Viene a mancare perciò il provvedimento immediato tecnico e disciplinare, che può, talvolta, avvenire solo per l’intervento disciplinare del martedì firmato dal giudice sportivo. In questi tempi si riparla, non solo in Italia, di aiuto tecnologico per il difficile lavoro dell’arbitro e degli assistenti, senza sottolineare abbastanza che un eventuale intervento di soccorso in tempo reale non potrebbe che avvenire a opera della medesima direzione di gara ed essere limitato a eventuali «vuoti» di controllo. Si potrebbe obiettare che con sei arbitri esperti si dovrebbe raggiungere il totale controllo della partita: i fatti dicono che questa perfezione è teorica. L’espulsione «suggerita» di Zidane, per la testata a Materazzi, riportò in tempo reale la regolarità nella finale della Mondiale del 2006. Massa in Cagliari-Roma, dopo un contrasto tra Astori e Destro, ha punito con il giallo il solo difensore sardo per una reazione causata da un intervento alto di Destro sul viso di Astori, sfuggito evidentemente a Massa. Il quale, peraltro, non è sembrato in buona giornata. Del tutto apprezzabile la direzione di Inter-Bologna da parte di Mazzoleni: anche il rigore concesso all’Inter è stato corretto. Tagliavento ha diretto con sicurezza il derby di Verona che si è così giocato in modo cavalleresco. Il buon Celi, in Fiorentina-Udinese, ha ecceduto nel lasciar correre falli chiari: dall’intervento di Allan sul viola Wolski, non fischiato, è arrivato il gol friulano. Severo invece nella concessione di un rigore ai viola per un contatto tra Danilo e Cuadrado in area. Bergonzi in Parma-Napoli dialoga con tutti, ammonisce giustamente molti calciatori, ma il giallo a Zapata per simulazione è sbagliato. Dalla tv l’entrata di Mirante sulle gambe di Zapata era da rigore. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 47 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Europa & salvezza Il Sassuolo ferma l’Atalanta Toro ok a Catania esonerato Maran BERGAMO — Per un sogno europeo, quello dell’Atalanta, che diventa più sfumato, ce n’è un altro, quello di salvezza del Sassuolo, che diventa più nitido. Miracoli del calcio e del 2-0 degli emiliani al Comunale. Un risultato poco prevedibile alla vigilia vista la forma dei nerazzurri (6 vittorie consecutive, un record) e lo score dei neroverdi (14 sconfitte nelle ultime 17 partite, ultimo successo fuori casa contro la Samp 5 mesi fa). Un risultato che permette al Sassuolo di accorciare momentaneamente sul Livorno terzultimo (ora è a un punto) e sul Bologna (è a 3 lunghezze). Pronti via e d è solo Atalanta. Nei primi 25’ crea tre occasioni nitide sprecate da De Luca e scongiurate dalla reattività in area piccola dei difensori avversari. Gli uomini di Di Francesco tengono botta e passano con Sansone, bravo a sfruttare un mancato rinvio della retroguardia nerazzurra e a freddare con un diagonale Consigli. Nella ripresa arriva il raddoppio degli emiliani, sempre con Sansone. La sua punizione velenosa dalla trequarti non viene toccata da nessuno e beffa ancora Consigli. Sempre più ultimo il Catania. La sconfitta con il Torino è costata la panchina a Rolando Maran, sostituito da Maurizio Pellegrino, coordinatore fino all’altro ieri, del settore giovanile. I siciliani sono a un passo dalla B, i granata guardano all’Europa. Matto Magri © RIPRODUZIONE RISERVATA Atalanta Sassuolo 0 2 Marcatore: Sansone 33’ p.t e 26’ s.t. ATALANTA (4-4-2): Consigli 6; Benalouane 5, Lucchini 5,5, Yepes 6, Del Grosso 6; Estigarribia 5,5 (Livaja s.v. 33’ s.t.), Cigarini 5, Carmona 6 (Baselli s.v. 26’ s.t.), Bonaventura 6; De Luca 5,5 (Betancourt 5,5 19’ s.t.); Denis 5,5. All.: Colantuono 5,5 SASSUOLO (4-3-3): Pegolo 6,5; Gazzola 5,5, Antei 6, Cannavaro 6, Longhi 6; Biondini 6 (Chibsah s.v. 41’ s.t.), Magnanelli 6, Missiroli 6; Berardi 6 (Rosi s.v. 31’ s.t.), Zaza 6,5 (Floccari s.v. 31’ s.t.), Sansone 7. All.: Di Francesco 6,5 Arbitro: Orsato 6 Ammoniti: Zaza, Antei, Del Grosso, Cannavaro, Yepes, Carmona, Lucchini Recuperi: 0’ più 5’ Catania Torino 1 2 Marcatori: Bergessio 2’ p.t.; Farnerud 34’, Immobile 38’ s.t. CATANIA (4-3-3): Andujar 6; Peruzzi 5 (Biraghi 5 42’ p.t.), Gyomber 5, Bellusci 6, Rolin 6 (Spolli s.v. 23’ s.t.); Izco 5, Lodi 5, Plasil 6; Barrientos 5,5 (Castro s.v. 32’ s.t.), Bergessio 6, Monzon 5. All.: Maran 5 TORINO (3-5-2): Padelli 6; Bovo 6, Glik 6, Moretti 5,5; Maksimovic 5,5 (Meggiorini s.v. 20’ s.t.), Kurtic 6 (Farnerud 6,5 33’ p.t.), Tachtsidis 5,5, El Kaddouri 6, Darmian 6; Cerci 6 (Basha s.v. 44’ s.t.), Immobile 6,5. All.: Ventura 6,5 Arbitro: Rocchi 5,5 Ammoniti: Peruzzi, Darmian, Rolin, Maksimovic, Glik, Immobile Recuperi: 1’ più 3’ La ricorrenza Milan 1974 1976 Juventus 1976 1986 Un’avventura cominciata nell’aprile 1974 alla guida del Milan, una collezione di vittorie e di record ineguagliati Inter 1986 1991 Juventus 1991 1994 Bayern 1994 1995 Cagliari 1995 1996 Bayern 1996 1998 Fiorentina 1998 2000 Italia 2000 2004 40 Trapattoni, un fischio in panchina con febbre a MILANO — Tutto è cominciato all’aeroporto di Linate domenica 7 aprile 1974. Quarant’anni fa. «Fulmine» Conti, allora factotum del Milan, va ad accogliere Giovanni Trapattoni, in rientro dalla Germania, dove è andato a visionare il Borussia Moenchengladbach, avversario dei rossoneri tre giorni dopo, nella semifinale di andata di Coppa delle coppe e gli dà l’annuncio: «Andiamo a casa del presidente», che è Buticchi. In una situazione difficilissima (Rocco se n’è andato), «Maldini si è dimesso stasera», dopo cinque sconfitte consecutive, l’ultima, qualche ora prima, con il Verona (2-1). Il presidente annuncia a Trapattoni che sarà lui l’allenatore del Milan. Il Trap in panchina è già stato, come vice di Rocco e al posto di Rocco, squalificato. Però quella contro i tedeschi è l’investitura ufficiale, la prima volta da «capo allenatore» e l’esordio coincide con una partita di grande spessore: 2-0 al Borussia, che al ritorno vincerà soltanto 1-0. In finale, il Milan perde contro il Magdeburgo (2-0) e l’anno dopo, Trapattoni sarà di nuovo il secondo, per tornare a guidare i rossoneri in proprio nell’ottobre 1975: Buticchi ha lasciato, Rivera ha preso in mano la società. Trapattoni chiude al terzo posto, ed è un grande risultato, alle spalle del Torino e della Juve. Ormai ha capito quale sarà il suo mestiere. E quando gli viene prospettata l’idea di fare il vice di Marchioro, decide che è venuto il momento di correre da solo. Ha la possibilità di firmare per il Pescara o l’Atalanta, ma arriva la telefonata di Boniperti. Lo vuole alla Juve, al posto di Parola, perché il sorpasso granata rende obbligatorio il cambio. I due si trovano a Novara; si conoscono dai tempi della nazionale; parlano a lungo; si spiegano. Trapattoni firma. E forse gli tornano in mente le parole di Rocco, il suo maestro: «Giovannino mi parla sempre di diagonali e di bisettrici, ma il calcio è una cosa semplice». Ma la svolta improvvisa lo porterà a dire, nel giorno del suo 70° compleanno: «Della mia vita non posso lamentarmi; ho lavorato molto; ho avuto anche tanta fortuna e ho capito che bisogna volare basso, perché inseguiamo un pallone che è pieno d’aria». Nell’estate ‘76, in zona milanista gira una battuta velenosa: «Non si vede perché Trapattoni abbia preferito fare il vice di Boniperti piuttosto che il secondo a Marchioro». Arrivano Boninsegna (per Anastasi) e Benetti (per Capello). Il «vice» di Bo- Indigesti L’arbitro Moreno, il «biscotto» di Svezia-Danimarca e la mano di Henry niperti ci sa fare, e lo dimostra a San Siro (7 novembre 1976), proprio contro il Milan: da 2-0 per i rossoneri a 3-2 per la Juve. Al primo anno, maggio 1977, vince Coppa Uefa (a Bilbao) e scudetto (a Genova). È solo l’inizio di un decennio con 6 scudetti e 7 coppe. È una simbiosi perfetta: la Juve cresce con il Trap e il Trap cresce con la Juve. Stravede Ciclismo, donna investita da Vansummeren: è grave Benfica 2004 2005 Stoccarda 2005 2006 Ben 23 trionfi Chi è Giovanni Trapattoni è nato a Cusano Milanino (Mi) il 17 marzo 1939. Calciatore del Milan dal 1957 al 1971, poi una stagione a Varese, l’infortunio e il ritiro. Dal 1974 ha iniziato la carriera di allenatore. Ha debuttato in panchina il 10 aprile 1974, Milan-Borussia Moenchengladbach 2-0 (Coppa delle Coppe) Il palmares Da allenatore ha conquistato: 7 scudetti 1977, 1978, 1981, 1982, 1984, 1986 (Juventus), 1989 (Inter) 2 Coppe Italia 1979, 1983 (Juventus) 1 Supercoppa italiana 1989 (Inter) 1 campionato tedesco 1996 (Bayern) 1 Coppa di Lega tedesca 1997 (Bayern) 1 Coppa di Germania 1998 (Bayern) 1 campionato portoghese 2005 (Benfica) 1 campionato austriaco 2007 (Salisburgo) 3 Coppe Uefa 1977, 1993 (Juventus), 1991 (Inter) 1 Coppa delle Coppe 1984 (Juventus) 1 Supercoppa europea 1984 (Juventus) 1 Coppa dei Campioni 1985 (Juventus) 1 Coppa Intercontinentale 1985 (Juventus) 1 Nations Cup 2011 (Irlanda) I suoi record È l’allenatore italiano più vittorioso a livello di club. Con il croato Tomislav Ivic, l’austriaco Ernst Happel e il portoghese José Mourinho ha vinto almeno un campionato nazionale di prima divisione in quattro Paesi diversi (nel suo caso Italia, Germania, Portogallo e Austria). È il quinto allenatore al mondo, terzo in Europa, con il maggior numero di trofei internazionali per club vinti (7 trofei su 8 finali). Con il tedesco Udo Lattek, è l’unico allenatore ad avere vinto le tre principali manifestazioni Uefa per club, unico con la stessa squadra. Ha il record (irraggiungibile) di Coppe Uefa vinte: 3 Salisburgo 2006 2008 Irlanda 2008 2013 ? Aspettando la prossima squadra per lui anche l’avvocato Agnelli, che gli riconosce serietà, competenza, correttezza nei rapporti, voglia di lavorare, attenzione ai particolari, capacità di motivare il gruppo. Da Prandelli, che fa la riserva, a Platini, passando per Furino, Bettega, Tardelli (gli cambi subito ruolo, da terzino a centrocampista), Gentile, Scirea e Boniek, il Trap sa sempre come muoversi e come muovere i suoi campioni, anche se non tutto è in discesa. Deve lottare con chi lo accusa di essere un difensivista e di predicare un calcio superato, mentre imperversa la «zona» di Liedholm nella Roma campione d’Italia (8 maggio 1983). È il mese della caduta di Atene (25 maggio) contro l’Amburgo. Ma non è quello il momento di lasciare la Juve e non solo perché il giorno dopo l’Avvocato gli dirà: «Ci hanno insegnato a leggere e a scrivere, ma è passata. Andiamo avanti». Nell’aprile 1986, sceglie l’Inter, dopo l’ultimo scudetto con la Juve. È la sfida più difficile, in una squadra che non vince il campionato dal 1980 e nel momento in cui irrompe in rossonero il tornado Berlusconi. Al terzo anno, conquista lo scudetto con record di punti (58), davanti al Napoli di Maradona e al Milan degli olandesi e nel 1991 consegna all’Inter una coppa internazionale (Uefa), dopo 26 anni. Il ritorno a Torino non è felicissimo, però arriva un’altra Coppa Uefa e, dopo il ribaltone in società, nel 1994, inizia l’avventura del Trap all’estero. Lo ingaggia il Bayern; un anno, prima di tornare n Italia, a Cagliari e di riprendere la strada per Monaco, dove vince Bundesliga e Supercoppa (1997), litiga con Strunz, porta a casa anche la Coppa nazionale (1998). Lo chiama la Fiorentina e sfiora lo scudetto (1999), prima del quadriennio in nazionale. La partita con la Corea del Sud, al Mondiale 2002, quello dell’acquasanta, lascia il segno nel suo inguaribile ottimismo, perché si rende conto che il calcio non è così bello come ha sempre voluto pensare e non può certo sorridere, quando l’arbitro Moreno finisce in galera. O quando l’Italia esce dall’Europeo 2004 per il biscotto fra Svezia e Danimarca. Riparte dal Benfica ed è subito scudetto; torna in Germania (Stoccarda), ma viene esonerato; riparte dal Salisburgo, ed è un’altra volta scudetto (2007). Dal maggio 2008, è il c.t. dell’Irlanda e lì, oltre ad una straordinaria popolarità, capisce che si può anche perdere un playoff, per un colpo di mano (francese) visto da tutto lo Stade de France, ma non da un arbitro svedese (18 novembre 2009). Ha lasciato l’Irlanda a ottobre 2013, dopo aver portato la squadra alla fase finale dell’Europeo e aver mancato la qualificazione al Mondiale in Brasile. Ma molto presto tornerà in panchina da c.t. di una nazionale africana (Algeria, Marocco o Costa d’Avorio). A 75 anni (23 trofei in bacheca), non guarda alla pensione, «perché la forza dell’uomo è nel futuro. Conta avere entusiasmo, coraggio, voglia di fare e di crescere». Il fischio del Trap compie 40 anni. La storia continua. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA Basket, 15 successi di fila in campionato Cancellara cambia pelle e vince il Fiandre Milano soffre ma batte anche Cantù Per realizzare il suo ennesimo capolavoro Fabian Cancellara ha dovuto cambiare pelle. Si è inventato sprinter e ha conquistato il Giro delle Fiandre, da un secolo la corsa più amata dai belgi, facendosi beffa dei tre giovani corazzieri fiamminghi con cui era andato in fuga (Van Avermaet, Vanmarcke e Vandebergh) grazie alla sua arma tattica più spuntata: la volata. Un capolavoro di intelligenza, coraggio e fantasia che ha zittito il milione di belgi radunati lungo il percorso. Cancellara ha distrutto la fitta rete di alleanze costruite contro di lui, schiantato sull’ultimo «muro» i rivali storici Boonen e Sagan, promosso da solo l’inseguimento di un gruppetto di fuggitivi prima di piazzare l’unica volata di gruppo vincente della sua vita e di gran lunga la più importante. Il terzo Fiandre conquistato da Cancellara segna anche la crisi ufficiale dello slovacco Sagan, da un anno all’inseguimento di una grande classica ma sempre lontano dalla vittoria. La corsa confina ancora l’Italia nel limbo dei Paesi di seconda fascia del grande ciclismo: dei 25 azzurri in gara si sono visti davanti — con affanno — solo Paolini e Pozzato e soltanto quattro 4 italiani sono arrivati nei primi 50. La folla lungo il tracciato ha provocato un incidente drammatico nelle fasi iniziali della gara, quando il belga Vansummeren ha investito una spettatrice, trasportata in condizioni gravissime all’ospedale. Marco Bonarrigo © RIPRODUZIONE RISERVATA Pozzato è 17° Ordine d’arrivo 1. Cancellara (Svi) 259 km in 6.15’25’’ (media: 41,407 km/h) 2. Van Avermaet (Bel) s.t. 3. Vanmarcke (Bel) s.t. 4. Vandenbergh (Bel) s.t. 5. Kristoff (Nor) a 8’’ 6. Terpstra (Ola) a 18’’ 7. Boonen (Bel) a 35’’ 15. Degenkolb (Ger) a 1’25’’ 16. Sagan (Cec) s.t. 17. Pozzato (Ita) s.t. 36. Paolini (Ita) a 3’52’’ Le prossime gare del Nord 13/4: Parigi-Roubaix 20/4: Amstel Gold Race 23/4: Freccia Vallona 27/4: Liegi-Bastogne-Liegi MILANO — In principio era l’Impero milanese contro il Papato canturino, ma anche il 153° derby EA7-AcquaVitasnella è ancora una grande battaglia. C’era una volta... E adesso c’è ancora, un’altra notte speciale, vissuta dagli oltre 12 mila ormai rituali nel Forum esaurito. Un derby bello e spietato, velenoso, durante il quale il coraggio e l’orgoglio di Cantù ha cercato di speronare Milano con una scialuppa. Soltanto due punti (67-65) a 4’ dalla fine, a incendiare il mare di emozioni. Quando la partita era diventata cosa di famiglia Gentile, tra Stefano il canturino (14) e Alessandro il milanese (13), che nell’ultimo spericolato volo si infortunava procurandosi un trauma contusivo al flessore della coscia destra. L’ultima ondata era così per David Moss (16 punti) che spezzava anche la resistenza di uno splendido Joe Ragland (27). Con Melli (11), e qualche ormai ordinaria follia di Jerrells (11), Milano aveva tentato il primo affondamento (62-45 al 28’) che avrebbe soffocato qualsiasi altra squadra che non fosse Cantù, e la sua irriducibile trincea. Milano tiene il Forum inviolato, alla 14ª vittoria casalinga, 15ª consecutiva in campionato. Fa paura la sua capacità di reazione in ogni situazione. Ma è c’è anche Siena che merita il massimo rispetto, la società morta con i ragazzi che camminano, al secondo posto in solitudine. Werther Pedrazzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Serie A 26ª giornata Montegranaro-Brindisi Siena-Sassari Reggio Emilia-Roma Varese-Caserta Pesaro-Cremona Avellino-Bologna Venezia-Pistoia Milano-Cantù Classifica Milano Siena Cantù Brindisi Sassari Roma Reggio E. Caserta 42 36 34 34 32 30 26 24 83-80 82-81 89-76 72-67 86-91 72-80 70-74 76-71 Varese 22 Avellino 22 Pistoia 22 Venezia 22 Bologna 22 Cremona 20 Montegranaro 16 Pesaro 12 48 Sport Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Maldonado fa volare Gutierrez Paura in pista La sequenza dell’incidente di Gutierrez (Ipp). La sua Sauber è decollata, investita al 42° giro dalla Lotus di Pastor Maldonado, per poi capottarsi in pista prima di tornare in assetto normale e arrestarsi su un lato del circuito. Gutierrez è uscito illeso dall’abitacolo, Maldonado è stato penalizzato di cinque posizioni sulla griglia di partenza del Gp della Cina e di tre punti sulla licenza. F1 In Bahrein trionfo Mercedes con duello show in famiglia vinto da Hamilton su Rosberg. Rossa indietro in tutte le aree Lotta libera e senza paura Lewis batte Nico «il nemico» Com’è lenta la Ferrari: «Dimentichiamo questa gara» Ordine d’arrivo Gp del Bahrein Circuito di Sakhir 57 giri di 5,412 km per 308,238 km 1. Hamilton (Gbr) Mercedes in 1.39’42’’743 (media: 185,476 km/h) 2. Rosberg (Ger) Mercedes a 1’’085 3. Perez (Mes) Force India a 24’’067 4. Ricciardo (Aus) Red Bull a 24’’489 5. Hulkenberg (Ger) Force India a 28’’654 6. Vettel (Ger) Red Bull a 29’’879 7. Massa (Bra) Williams a 31’’265 8. Bottas (Fin) Williams a 31’’876 9. Alonso (Spa) Ferrari a 32’’595 10. Raikkonen (Fin) Ferrari a 33’’462 11. Kvyat (Rus) Toro Rosso a 41’’342 12. Grosjean (Fra) Lotus a 43’’143 13. Chilton (Gbr) Marussia a 59’’909 14. Maldonado (Ven) Lotus a 1’02’’803 15. Kobayashi (Gia) Caterham a 1’27’’900 16. Bianchi (Fra) Marussia a 1 giro Giro più veloce Il 49° di Rosberg (Ger) Mercedes, in 1’37’’020 (media: 200,816 km/h) Ritirati 18° giro: Sutil (Ger) Sauber, incidente 19° giro: Vergne (Fra) Toro Rosso, fondo piatto danneggiato 34° giro: Ericsson (Sve) Caterham, perdita d’olio 40° giro: Gutierrez (Mes) Sauber, incidente 41° giro: Magnussen (Dan) McLaren, rottura frizione 56° giro: Button (Gbr) McLaren, rottura frizione Mondiale piloti 1. Rosberg (Ger) 61 2. Hamilton (Gbr) 50 3. Hulkenberg (Ger) 28 4. Alonso (Spa) 26 5. Button (Gbr) 23 6. Vettel (Ger) 23 7. Magnussen (Dan) 20 8. Bottas (Fin) 18 9. Perez (Mes) 16 10. Ricciardo (Aus) 12 11. Massa (Bra) 12 12. Raikkonen (Fin) 7 13. Vergne (Fra) 4 14. Kvyat (Rus) 3 Mondiale costruttori 1. Mercedes 111 2. Force India-Mercedes 44 3. McLaren-Mercedes 43 4. Red Bull-Renault 35 5. Ferrari 33 6. Williams-Mercedes 30 7. Toro Rosso-Renault 7 Prossimo appuntamento 20/4: Gp Cina a Shanghai DAL NOSTRO INVIATO SAKHIR — L’hanno fatto apposta. Se lo possono permettere. L’avevano anche anticipato il sabato: vi regaleremo spettacolo. Sono stati di parola: appuntamento alla curva 1, sorpasso e controsorpasso, duelli a filo di ruota, staccate al limite e ruote fumanti, tutto il repertorio della F1 quando è bella. Lo rivendicano bagnati dallo champagne, mentre sul podio festeggiano (con l’ex d.t. della Ferrari Aldo Costa, ed è l’ennesima pugnalata per i rossi) la terza vittoria su tre della Mercedes, la prima di Hamilton in Bahrein. Lewis: «Una gara bellissima, Nico è stato leale, tenerlo dietro con le gomme soft è stata una delle imprese più difficili della mia vita. Ripensavo ai tempi dei kart, una volta l’ho superato all’ultimo giro, credevo facesse lo stesso». Rosberg: «Uno spettacolo da vedere in tv, una bella giornata per lo sport, le critiche ora smetteranno. Mi di- spiace molto arrivare secondo dietro Lewis ma è stata la gara più entusiasmante della mia carriera». Duelli al via quando Hamilton si libera di Rosberg, che partiva dalla pole. E ancora più drammatici alla fine, dopo che la safety car li aveva ricompattati e il tedesco montava gomme soft, Alonso non si scoraggia «Fino a quando l’aritmetica non mi condannerà, io mi sentirò in lotta per il titolo» più veloci. Ma Hamilton è imbattibile quando è in serata magica. Se c’era un modo per uccidere le polemiche sulla Formula noia, la Mercedes l’ha trovato. Lotta libera e senza paura tra i suoi due galletti (Toto Wolff: «Noi non diamo ordini di scuderia»). Se c’era un modo per umi- liare il resto del mondo, questo è il migliore. Senza la safety car per lo spettacolare incidente di Gutierrez (che si è capovolto dopo un contatto con Maldonado, punito di cinque posizioni sulla griglia della Cina e tre punti sulla patente) avrebbero doppiato quasi tutti. Sergio Perez, che con la Force India ovviamente motorizzata Mercedes, è arrivato 3°, ha preso 24’’ negli ultimi 11 giri. Le Ferrari di Alonso, nono, e Raikkonen, decimo, ben 32’’. Il dramma per le Rosse, guardate da vicino dal presidente Luca di Montezemolo che ai box alternava una smorfia dopo l’altra fino ad andarsene prima del traguardo («Non c’è molto da vedere, è un dolore vedere la Ferrari così lenta»), è che ha funzionato tutto. Certo, Kimi ha avuto una partenza pessima, in cui si è toccato di nuovo con Magnussen (come in Malesia), dilapidando subito il 5° posto sulla griglia. Ma non sarebbe cambiato moltissimo, perché ieri le Ferrari venivano Deluso La smorfia di delusione di Fernando Alonso al termine del Gran premio del Bahrein (Colombo) passate da tutte le parti. «Avevo dietro la Force India e in un attimo, puff, spariva. Ci manca velocità», racconta Raikkonen. Alonso (che partiva 9°) non ha niente da recriminare: «È andato tutto bene, partenza, strategia; anche la macchina, dopo il problema di sabato, era ok». E questo è anco- ra più allarmante: la Ferrari è irrimediabilmente lenta, 1’’5 al giro più della Mercedes. Non che sia una sorpresa: il circuito con tanti rettilinei e poche curve era il peggiore possibile. «Qui sono emerse le nostre lacune, ora dimentichiamo questa gara», invita Stefano Domenicali. La Ferrari è indietro in tutte le aree. Motore, certo, che ieri era pure al massimo della potenza. Ma anche telaio e aerodinamica, che conta ancora qualcosa dato che le due Red Bull, pur partendo 13ª e 10ª sono state davanti (Ricciardo ha finito addirittura 4°, sverniciando il titolatissimo compagno). Ma questa, volendo, non è solo una brutta notizia, perché i rossi sono convinti di avere molte aree in cui guadagnare decimi preziosi. In Cina ci sarà qualche piccola novità, poi comincerà uno sviluppo costante. E i due giorni di test, domani e mercoledì qui in Bahrein (guiderà Alonso) serviranno come il pane. «Non siamo stupidi, sappiamo cosa dobbiamo fare», assicura Kimi. «Se mi sento in lotta per il Mondiale? Me lo chiedete ogni giorno, sperando dia una risposta negativa. Ma non ve la darò fino a quando non lo dirà l’aritmetica. E spero sia ad Abu Dhabi», ripete Alonso. Sarebbe bello se quei due prima o poi facessero parte dello show. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Barbera&champagne E Ricciardo diventò il Giustiziere P ur di fare bella figura con chi paga gli stipendi; pur di far contenti spettatori abbioccati e manager allarmati, si sono presi tutti a cazzotti. Quelli della Mercedes nel loro ring irraggiungibile, con Hamilton stile Muhammad Ali contro George Foreman. Una lezione di tattica e potenza rifilata a Rosberg, coperto di lividi alla fine, eppure pronto a lanciare la rivincita, contando sulla presunta discontinuità del Muhammad-Ginetto. Perez ha messo giù Hulkenberg sulla pista che più ama; Massa ha messo dietro Bottas e le due Ferrari, roba da andare a nanna contento per tre settimane. Poi, soprattutto, Ricciardo. È lui la vera sorpresa dell’anno, ancora una volta davanti a King Seb. La questione è spessa perché, in tre gare, questo ragazzone australiano ha ridimensionato pesantemente il suo predecessore, Webber, e l’attuale, illustrissimo partner. Un’impresa salutata da parecchia gente nel paddock, come un atto di giustizia. E adesso chi, negli ultimi 4 anni, non ha digerito i 4 titoli di Vettel, tratta Ricciardo come il Giustiziere della Notte. Un eroe inatteso e pronto per nuove avventure. Maldonado, il peso welter del Venezuela aveva, pure lui, una gran voglia di menare le mani. Non è riuscito, in 39 giri, a incrociare il compagno Grosjean e così ha mollato un gancio secco a Gutierrez, peso piuma messicano, spedendolo a testa in giù. Siccome cercasi emozioni disperatamente, invece di una squalifica riceverà un encomio. Sul rumore delle macchine ancora non ci siamo ma almeno un bel gesto che tanto ci conforta, spaventandoci un po’. Giorgio Terruzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Doppietta Lewis Hamilton e Nico Rosberg guidano le loro Mercedes verso la doppietta nel Gp del Bahrein. Le Frecce d’argento stanno dominando l’avvio di stagione (Afp) Il caso Animato vertice dove Montezemolo e Ecclestone restano molto critici, mentre Todt difende la sua creatura attaccando Divergenze: «Macchine da elettricisti», «Rispettare le regole» DAL NOSTRO INVIATO SAKHIR — I toni: un po’ attutiti, diciamo in linea con i suoni del motore. Anche se qualche acuto i pesi massimi della Formula 1 scesi in campo in Bahrein per fare il punto su noia, rumore, regole, calo di spettatori lo regalano. Prima della gara, perché dopo, le macchine ridimensionano alcune critiche (non tutte però). Bernie Ecclestone, Luca di Montezemolo, Jean Todt. Costretti a parlarsi e a parlare, ciascuno con il suo stile. Bernie: «Questa F1 è inaccettabile per il pubblico». Montezemolo: «Le macchine sembrano un negozio di elettricisti». Todt: «Non siamo la Repubblica delle banane, ci sono le regole». Partiamo dalla fine: dopo una giornata di incontri, tutti sono d’accordo nel cercare di modificare il suono al motore e una ditta esterna sarà incari- cata di vedere se si può intervenire sugli scarichi. Per il resto si dovrà aspettare. Come Luca di Montezemolo (più preoccupato per la condizione delle Rosse per la verità, «non sono contento, mi aspetto un passo avanti») sapeva anche prima di entrare nel paddock del Bahrein. Però, nel vertice con Bernie Ecclestone a Londra, è stato lui ad agitare le acque. Perché? «Perché non è mai successo che il pubblico fosse così poco contento. E se uno ha un’azienda che comincia a vendere meno deve porsi il problema. È chiaro che per quest’anno si può fare pochissimo, forse solo qualcosa per il rumore. Capisco la posizione della Mercedes che vince e non vuole toccare niente. Ma noi come Ferrari dobbiamo pensare al futuro e avere una visione di questo sport. Per noi la F1 è vitale, non possiamo rischiare di snaturarla. Noi l’avevamo detto anche Discussione Ecclestone e Montezemolo prima che i piloti tassisti, preoccupati del consumo, non ci piacciono. Un anno fa avevamo chiesto dieci chili di benzina in più e Mercedes e Renault non hanno voluto». Però gli ingegneri dicono che i consumi non sono poi la preoccupazione principale: «È vero, ma è anche una questione di perce- zione — insiste Montezemolo — è passato il messaggio che in pista non si spinge: basterebbe accorciare di qualche giro le gare. Poi queste macchine sono un misto tra un negozio di elettricisti e una centrale elettrica e le regole sono troppo complicate, la gente non capisce cos’è il flussometro. Qualcuno potrebbe anche pensare che ci sono aree poco chiare». La Ferrari però ha la possibilità di esercitare il diritto di veto: pentito di non averlo usato? «No, perché noi eravamo contrari ai quattro cilindri e siamo riusciti a imporre il sei. Usare il veto contro i turbo avrebbe significato dire no a un’innovazione tecnologica». Sul tema dello show Ecclestone (che ha anche annunciato l’ingresso di due nuovi team l’anno prossimo) gli dà ragione: «Qualche cambiamento andrebbe fatto, senza danneggiare le prestazioni della Mercedes. Così co- m’è la nuova F1 non è accettabile per il pubblico». Non è d’accordo Todt a cui piace persino il suono del motore («L’ho sentito ai box Mercedes e mi è sembrato bello, il mio amico Bernie ha l’apparecchio acustico a forza di farsi rovinare l’udito dai motori»): «Non siamo nella Repubblica delle banane, i cambiamenti si possono fare solo nelle regole, non certo perché a qualcuno non piacciono le novità. Chi perde poi, si lamenta sempre». È la frase più pesante, in un discorso che si sforza di essere conciliante: «Per ogni cambiamento serve l’unanimità dei team. I piloti tassisti? Non credo che Rosberg e Hamilton si sentano così. I consumi? La F1 è sempre stata anche una questione di efficienza. Il vertice del motor sport non può essere lontano anni luce dalle macchine di serie». a.rav. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 49 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Golf, Crespi vince in Spagna Semifinali, Macerata e Piacenza ok Atletica, a Milano il re è Kiprop Marco Crespi, monzese, 36 anni il prossimo novembre, ha vinto con 278 colpi (-10) l’NH Collection Open, torneo in calendario sia nell’European Tour che nel Challenge Tour, disputato sul percorso de La Reserva de Sotogrande Club de Golf nei pressi di Cadice, in Spagna. Crespi ha staccato di 2 colpi lo spagnolo Jordi Garcia Pinto e lo scozzese Richie Ramsay. Playoff semifinali scudetto, risultati di gara 1 nella serie al meglio delle cinque partite: Lube Banca Marche Macerata-Casa Modena 3-0 (25-23, 26-24, 25-21); Copra Elior Piacenza-Sir Safety Perugia 3-1 (2522, 25-17, 12-25, 25-18). Mercoledì 9 aprile, alle 20.30, gara 2 a campi invertiti. Kenya, Kenya, Eritrea: è il podio della 14a maratona di Milano. Primo Francis Kiprop (2.08’53’’), secondo Stephen Kipkemei Tum (2.10’41’’) e terzo Ghebre W. Kibrom (2.11’12’’). A Danilo Goffi, sesto, a 41 anni (2.17’20’’), il titolo tricolore. Tra le donne successo della Jepkesho (2.28’40’’). A Parigi il re è l’etiope Kennenisa Bekele, già veloce (2.05’03’’) al debutto sui km 42,195. Coppa Davis Gran Bretagna k.o., ci aspetta la Svizzera di Federer Fognini l’eroe innamorato prende in spalla l’Italia È semifinale dopo 16 anni L’azzurro annienta Murray, di Seppi il 3-2 Tutti i risultati Italia-Gran Bretagna 3-2 Così ieri V Fognini (Ita) b. Murray (Gbr) 6-3, 6-3, 6-4 V Seppi (Ita) b. Ward (Gbr) 6-4, 6-3, 6-4 Così venerdì V Fognini (Ita) b. Ward (Gbr) 6-4, 2-6, 6-4, 6-1 V Murray (Gbr) b. Seppi (Ita) 6-4, 7-5, 6-3 Così sabato V Fleming-Murray (Gbr) b. Bolelli-Fognini (Ita) 6-3, 6-2, 3-6, 7-5 Le altre sfide V Giappone-Rep. Ceca 0-5 La Repubblica Ceca sbriciola in trasferta il Giappone: gli ultimi due singolari sono andati a Rosol e Vesely V Francia-Germania 3-2 La Francia rimonta da 0-2 e grazie a Tsonga e Monfils si qualifica per la semifinale in casa V Svizzera-Kazakistan 3-2 Gran colpo di reni della Svizzera, che perdeva 2-0 a sorpresa, in casa a Ginevra, con il Kazakistan: Federer e Wawrinka hanno conquistato il doppio e, ieri, vinto i rispettivi singolari, assicurandosi il posto in semifinale contro l’Italia Così le semifinali 12-14 settembre V Francia-Rep. Ceca V Svizzera-Italia Così in finale La finale è in programma dal 21 al 23 novembre La storia DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — «Niente voglio e niente spero ca tenerte sempe a fianco a me!». Le strofe di «O Surdato Nnammurato» scuotono lo stadio alla Rotonda Diaz. Cantano tutti per Fabio «the Fab» Fognini, ligure di Ponente, calciatore per passione, tennista nel pieno della sua maturità, che gioca la partita perfetta, senza sbavature («Con questa continuità non me l’aspettavo neanch’io»), da soldato innamorato, con la sua musa, finalmente, in tribuna a sostenere il cambiamento dell’ex distruttore di racchette. L’amica «speciale» Flavia Pennetta è lì, bella e partecipe. Fabio Fognini schianta Andy Murray in tre set. Ci cospargiamo il capo di cenere ma non credevamo nell’incredibile, dopo il crollo verticale nel doppio, dopo il sabato in cui a Fabio non riesce nulla, neanche, come svela su Twitter, il test antidoping: gli occorrono 4 ore e 30’. L’Italia supera la Gran Bretagna 3-2. Dopo l’Everest di Fabio (terzo top 10 battuto in carriera), Andreas Seppi non può non salire sulla sua mezza collina, annientando James Ward, l’eroe di San Diego che qui oppone solo una fiera, ma inutile resistenza all’inevitabile. È tornata la Coppa Davis all’italiana, tormento ed estasi. Il bello dell’Insalatiera è che, per definizione, è mista. Il grande match di Fognini contro Murray potrebbe rimanere una scatola vuota (a parte l’accresciuta au- tostima personale) se Andreas Seppi non completasse il percorso. E questo accade. Il parziale domenicale è sei set a zero per l’Italia che, 16 anni dopo, torna tra le prime quattro del Gruppo Mondiale. Ci attende la Svizzera a casa sua, ma questa è un’altra storia. «Per ora ci godiamo questa vittoria di carattere, di spessore morale, le grandi doti di questi ragazzi» commenta capitan Barazza. È un altro Fognini quello che si presenta davanti alla statua equestre del generale Armando Diaz, quello del bollettino della vittoria del 1918. E anche i numerosi tifosi britannici, che nei giorni precedenti erano stati su- Stremato Fabio Fognini, 26 anni, ligure di Arma di Taggia, numero 13 del mondo, festeggia il trionfo sul numero 8 Andy Murray. La fasciatura protegge il costato dopo il colpo che Fabio stesso si è inferto a Miami tirando un dritto (Ansa) Andreas scatena la festa Mucchio selvaggio di azzurri intorno ad Andreas Seppi, 30 anni, che sul 2-2 non ha mancato il match point contro Ward. In squadra, pensando al futuro, c.t. Barazzutti aveva chiamato anche i giovani Quinzi e Donati (Ap) periori in tifo e sostegno ora «risalgono in disordine le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza». Basta vedere il volto corrucciato di Andy Murray che non crede ai suoi occhi, che scuote i riccioli come se fosse Harry Potter a cui hanno rubato la bacchetta magica. «La verità è che io ho semplicemente giocato peggio. Lui ha risposto benissimo e ha tirato sempre sulle linee». Dopo 19 successi di fila in Coppa, Murray, incassato il primo game strappando il servizio a Fognini, tiene il suo e sul 2-0 si illude di essere in discesa. Invece, comincia il Fognini show. The Fab Fabio non sbaglia nulla, fluttuando nella bolgia, domandola: le righe, gli angoli sono posti conosciuti dove i colpi di Fognini si depositano comodi. Dopo quel primo servizio perso, lascia solo due possibili break a Murray. Tira palle corte stordenti, incrocia diritti da campione, serve solido e regolare (anche se è qui che prova ancora un po’ di dolore). Andy si arrende, senza alibi. «In Davis è sempre così, è giusto che il pubblico di casa sostenga i suoi tennisti». L’unico momento di paura è sul 4-3 del terzo, quando Fabio ha dei conati di vomito. Tensione, affanno, mai paura. «Ci ho messo la faccia e anche qualcosa di più. Ho risposto presente. Ha pagato. Ho lavorato tanto per un momento come questo. È uscito fuori il mio miglior tennis. Dolore? Il primo giorno di più». Fabio guascone tenero, soldato felice. Un altro sportivo che si fortifica sul senso di accerchiamento, cerca i nemici, conta chi ci credeva e chi no. Corrado, il nostro ingobbito speciale, racconta: «Sicuramente sabato non eravamo abbattuti, perché c’era ancora da giocare». Così, sul 2-2, ecco Andreas Seppi. In fondo il piano originario è rispettato. Cambiati i fattori, resta il prodotto: 2-2 e ultimo match decisivo. Andreas, che quest’anno ha fatto fatica a superare il primo turno, ammette che «quando ho visto Fabio battere Murray ho pensato che non potevo sprecare questa occasione». James Ward resiste un set, quando i due contendenti perdono otto servizi sui dieci giocati. Dopo la storia del match si affievolisce. Ward aggrappato solo al servizio e agli errori di Seppi. Andreas, nel terzo, si prende due break di vantaggio così può sprecarne uno. Poi accende la festa. Un pensiero ci consola, canterebbe il soldato innamorato pensando alla sintesi di capitan Barazza: «Se non stanno attenti, con noi rischiano tutti». Roberto Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA Il ritorno ai piani alti dell’Insalatiera tra ricordi, aneddoti, mondanità e belle donne: l’ultima, Flavia Pennetta, è la musa che ha ispirato l’estro di Fognini Lacrime e gossip nel salotto buono della Davis Dal trionfo di Pietrangeli & Co. in Cile nel ‘76 alla nobiltà ritrovata di Napoli DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Boris Becker lo diceva di Wimbledon, noi della Coppa Davis: è il salotto del tennis italiano. Un posto esclusivo, ma al tempo stesso pubblico, dove intrecciare sport e mondanità, agonismo e gossip, emozioni e contraddizioni. In fondo non molto distante da un salotto della politica pronto ad accogliere i rampanti e ad accantonare i decaduti. Un posto con una Grande Bellezza dietro le spalle, ma negli ultimi anni un po’ malinconico, meno intrigante, come se la Coppa Davis, la storica competizione a squadre del tennis, non fosse più un ospite brillante capace di catalizzare l’attenzione. Forse ci voleva una città come questa dove i circoli sono cose serie per rimettere le nostre racchette al posto in cui stavano. Il Tennis Club Napoli (anno di fondazione 1905), tra quarti di nobiltà, religiosità (la benedizione dell’impianto del cardinale Sepe, gli striscioni, prima del match di Fognini con le invocazioni a San Gennaro) e pettegolezzo, è stato cornice ideale per rimettere il tennis italiano al posto in cui stava venti, trent’anni fa. Nel 1976 vincevamo la nostra unica Coppa Davis in Cile. E non ci volevamo neanche andare, per via della dit- tatura di Pinochet. Molti decenni dopo, Nicola Pietrangeli rivelò che, mentre ufficialmente il Pci era per il boicottaggio, in via segreta, su invito dei compagni cileni che non volevano il loro Paese troppo isolato a livello in- Tifosa speciale Flavia Pennetta incita Fognini con la sorella di Fabio, Fulvia (Ansa) ternazionale, ufficiosamente aveva fatto sapere che non avrebbe messo ostacoli insuperabili alla spedizione azzurra. Ecco, il ritorno della Coppa Davis, è il ritorno di un tennis da romanzo, il tennis di Nicola Pietrangeli e poi della generazione d’oro, Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli. Nick è, con Lea Pericoli, l’anello di congiunzione tra questo tennis e quello. Nick e Lea sfidano il tempo, beati loro, sempre uguali, ambasciatori alla ricerca di qualcosa da proporre. Lo hanno trovato qui, sul lungomare di Napoli, tra sole e scrosci di pioggia. Adesso si potrà parlare di Fabio Fognini e di Flavia Pennetta, «l’amica speciale» arrivata al momento giusto a chiamare l’impresa dell’ultimo talento del tennis italiano. Nicola, che ogni volta ha una fidanzata sempre più giovane, tira un sospiro di sollievo. Non si dovrà sottoporre a un supplizio come ad Harare, Zimbabwe, 2003, il punto più basso del nostro tennis, retrocesso in serie C. C’era poco da dire allora e Nicola, per far entrare i pochi giornalisti nella vip loun- Gli antenati Pietrangeli Classe 1933, due Roland Garros (Olympia) Panatta Classe 1950, Roma-Parigi-Davis nel ‘76 ge (l’unico luogo del cadente impianto dove si poteva rimediare una ciotola di riso), dovette raccontare se stesso al ministro dello Sport, che lo aveva visto vincere uno dei suoi due Roland Garros e voleva abbeverarsi ai suoi ricordi. Da allora, ogni volta che ci incontra Nicola rammenta: «Me so sacrificato pe’ voi». Adesso, seduto accanto a Lea, come sempre, ha assistito a una grande vittoria del tennis italiano, a una Davis ritrovata, ma soprattutto non più litigiosa, come l’ultima che arrivò in semifinale, sedici anni fa. Vogliamo dirlo? Dal punto di vista dell’unità del gruppo perfino meglio di quella di Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli. Certo, quella aveva un altro peso tecnico, era un meraviglioso coacervo di singoli. Quella era figlia dei travagliati Anni 70, dove tutto era politica, anche lo sport. Questa è nata negli anni in cui l’affezione per la politica è vicina allo zero. Però, ora come allora, un grande risultato sportivo è un grande risultato sportivo. E fa bene a quest’Italia che ha bisogno di speranza. Fognini non ne aveva con Murray. E invece eccolo qui, che se ne va con Flavia Pennetta. Il salotto Davis ha riaperto. Il salotto, le altre sono stanze private. r. per. © RIPRODUZIONE RISERVATA 50 Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera CorriereMotori Tendenze La nicchia delle dreamcar sopravvive alle difficoltà del mercato Otto cilindri La McLaren 650S Spider: monta un motore biturbo 8 cilindri 3.8 da 650 cavalli (da qui la sigla del nome) Sportive Vetture che viaggiano oltre i 300 km/h e costano una fortuna Pistaaa! RONDA (Spagna) — La sensazione fortissima, intensa, materiale della tenuta di strada e delle prestazioni, per fortuna, c’è ancora. Con buona pace di tutti coloro che danno per scontata la trasformazione dell’auto in un elettrodomestico, un dispositivo automatico che fa tutto da sé e che si lascia «guidare» lo stretto necessario o addirittura per niente. La conferma viene dal lancio quasi contemporaneo di una serie di sportive vere: auto da «guidare» eccome. Raffinatissime nella tecnologia (con tutti i vantaggi che questo comporta sul piano del controllo e della sicurezza) e nel design, ma capaci di far vivere al pilota (pilota, non conducente) un’esperienza fisica e sensuali sempre più rara. Vetture belle e con un’anima, insomma, destinate a chi — tra coloro che possono permettersi i relativi prezzi da capogiro — vuole ancora divertirsi al volante. Dalla McLaren 650S alla Porsche 911 Carrera Targa, dalla Jaguar F-Type Coupé alla Bmw Serie 2 Coupé M. Una nicchia, forse, ma di certo un segmento dell’industria automobilistica che contribuisce a far girare l’economia nel suo complesso. Sarebbe ora che lo capissero anche i legislatori italiani, che negli ultimi anni hanno azzoppato con troppi balzelli un mercato che nel nostro Paese potrebbe diventare il volano per un rilancio dell’auto a tutti i livelli. La McLaren, per esempio, ha un potenziale commerciale ben superiore alle pochissime unità consegnate in Italia dal 2011, anno di apparizione della 12C. Nata come coupé e poi affiancata dalla spider, la supersportiva inglese si è subito affermata come una delle Gt più interessanti del mo- Chi non può permetterseli, comunque li sogna. Per chi non può farne a meno, arriva una raffica di bolidi. A cominciare dalla «mostruosa» McLaren 650S mento. Confortata dal successo dei primi passi, la McLaren propone ora la 650S, di fatto la versione evoluta e ancora più sportiva della 12C, rispetto alla quale — tengono a segnalare — è stato cambiato il 25 per cento delle componenti. Disponibile come coupé e Spider, questa novità parte, rispettivamente, da 235.250 e 259.500 euro. Non è difficile riconoscere la 650S, perché prosegue il corso stilistico inaugurato con l’ibrida e potentissima P1 a tiratura limitata di inizio 2013. Il muso è certamente meno aggraziato, più aggressivo. Le grandi prese d’aria e il labbro inferiore conferiscono più efficienza aerodinamica e, quindi, stabilità alle velocità eleva- te. L’alettone posteriore è mobile: si solleva in frenata e sui dossi, ma al contempo, se serve, si abbassa in rettilineo. Sospensioni ulteriormente irrigidite. Freni con dischi in carboceramica. Il motore biturbo a otto cilindri di 3,8 litri eroga 650 cavalli (da qui la sigla del nome), invece dei 625 precedenti. Ulteriori modifiche hanno riguardato la gestione del cambio a sette marce a doppia frizione con comandi in stile Formula 1 e il controllo di stabilità, con interventi studiati per rendere ancora più sportiva (e divertente) la risposta. Per conoscere le possibilità reali di un’auto di questo livello si deve per forza scendere in pista, ed è quello che abbiamo fatto sul bellissimo circuito Ascari in Andalusia. I livelli d’eccellenza della 12C sono stati ulteriormente elevati dalla nuova Gt, un po’ meno confortevole, ma più efficace del mezzo da cui deriva. La tenuta di strada è elevatissima, con una grande precisione di guida e un comportamento che rassicurano. Tre le modalità d’uso: normale, sportiva e da circuito. Quest’ultima minimizza il controllo di stabilità con la possibilità di far sbandare il posteriore ed esercitarsi nell’arte del controsterzo. Non serve comunque essere Alonso o Vettel per gustare le qualità della 650S. Su strada si viaggia sempre con ampi margini di sicurezza. Il motore spinge con decisione anche in basso, ma si scatena letteralmente da 5.000 giri sino quasi alla linea rossa degli 8.500. La coupé raggiunge la velocità massima di 333 orari, con la partenza assistita che permette di accelerare da 0 a 100 in 3 secondi netti. Bastano 8,4 secondi per toccare i 200 e si arriva a 300 in 25,4 secondi. Non è da sottovalutare neppure la frenata, più modulabile di prima: a 100 all’ora, la 650S si ferma in soli 30,5 metri. Roberto Gurian © RIPRODUZIONE RISERVATA Anteprima Ancora una nuova versione della piccola luxury car Lancia di cui nel 2013 sono stati venduti oltre 70 mila esemplari Tante Ypsilon Elefantino, come in una collezione di moda MILANO — Dalla storia di un grande archivio privato, la Biblioteca della Moda, una location di Milano (unica nel suo genere, dove si possono leggere libri ed oltre 45.000 mila riviste, sull’evoluzione della moda e del costume, dal 1860 ad oggi) esce la nuova identità e personalità della Lancia Ypsilon Elefantino 2014. Patrizia Martello, sociologa e specialista per trendwatching, Alba Cappellieri, presidente del corso di laurea in Design della Moda al Politecnico di Milano e Mauro Galligari, esperto di tendenze nel campo della moda e del design, coordinati da Antonella Bruno, capo del brand Lancia EMEA, hanno dato vita all’incontro con questo modello che — an- che in tempi di magra — lo scorso anno ha venduto più di 70 mila unità e ha visto il proprio market share crescere del 18% in Italia e del 14% in Europa. Questa è la forza di una vettura che si rinnova e reinventa, in modo costante, per essere sempre attuale e moderna. La Ypsilon pare continuare un processo di crescita sociale, che supera la sua funzione principale di mezzo di trasporto. Oltre all’eleganza di forme senza tempo, si arricchisce di contenuti selettivi, nella ricerca di una personalizzazione per soddisfare le esigenze, sempre più dettagliate, di una clientela che, anche attraverso una city car, vuole trasmettere le caratteristiche principali del proprio caratte- La scheda DIMENSIONI Lunghezza: 384 cm; larghezza: 167 cm; altezza: 151 cm MOTORE A benzina, 4 cilindri in linea, 1.242 cc, 69 cavalli. Cambio manuale a 5 marce PRESTAZIONI Velocità massima: 163 km/h; 0-100 km/h: 14,5 secondi; consumo medio: 5,2 litri/100 km; emissioni CO2: 120 g/km PREZZO 10.450 euro La nuova lancia Ypsilon Elefantino che viene lanciata in 4 versioni re. Una piccola, grande macchina, apprezzata dalle donne sopra i 30 anni (nel 2013, in Italia, per il secondo anno consecutivo, Ypsilon si è classificata come l’auto più femminile del suo segmento, ma gli uomini l’hanno comunque scelta per il 30%), determinate ed indipendenti, capaci di osare senza ostentazione. La nuova collezione, di questo si tratta, alla stessa tregua di una sfilata di moda, presenta colori freschi, allegri che evadono nel gusto di un «lime», di un «watermelon» e di un «coconut», giallo, rosso, bianco , tonalità che si rincorrono in tutta la vettura, dai copriruota al logo sul montante della porta, dalle cuciture a contrasto al marchio Ypsilon sul sedile. Entro giugno Lancia offrirà la possibilità di scegliere tra «pacchetti di colore» presenti anche sugli specchietti retrovisori e sui copri cerchioni, senza trascurare decorazioni animalier, camouflage o pois, un mosaico costituito da oltre 150 combinazioni possibili. Quattro le versioni. Allestimento Elefantino 2014, Gold, Platinum e la serie speciale Momodesign, equipaggiate con motori: 1.2lt Fire EVO II da 69 cavalli, 1.2 lt Fire EVO II GPL da 69 cavalli, 0.9 lt TwinAir da 85 cavalli, abbinato al cambio manuale o robotizzato, il turbodiesel 1.3 lt Multijet II da 95 cavalli e 0.9 lt Turbo TwinAir Metano da 80 cavalli, con prezzi che partono da 10.450 euro per la Lancia Ypsilon Elefantino 2014, a cinque porte, con clima, radio CD/ MP3. Bianca Carretto © RIPRODUZIONE RISERVATA Motori 51 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Il museo della Ferrari si ingrandisce ancora e celebra la California «California Dreaming»: la canzone dei Mamas & The Papas non c’entra, ma è musica anche questa per le orecchie dei fan del Cavallino. Venerdì 11 aprile al Museo Ferrari di Maranello apre la mostra «California Dreaming», e nell’occasione viene inaugurata la nuova area destinata ai ragazzi e al pit stop. Il piazzale davanti al Museo (nella foto, un’immagine del Bmw progetto) è stato ridisegnato, dando alla struttura che accoglie 320 mila visitatori l’anno un’impronta — recita il comunicato Ferrari — «adeguata al marchio più forte al mondo». La nuova ala del Museo propone due vere Formula 1 trasformate in simulatori, a disposizione di «piloti» in erba, fra 90 e 140 centimetri di altezza. Queste monoposto si affiancano ai due simulatori Jaguar che fanno già divertire (e sudare) gli adulti. Un’altra monoposto è attrezzata per la prova di cambio gomme, con tempo cronometrato e foto ricordo. «California Dreaming» presenta alcuni modelli rarissimi, dalla monoposto di Ascari alla 500 Miglia di Indianapolis alla 712 CanAm, accanto a pezzi mai esposti in pubblico. © RIPRODUZIONE RISERVATA Porsche La parabolica delle Nascar Sotto la F-Type coupé Cinquant’anni di 911 Targa per testare la 2 Coupé M è nascosta la Granturismo nel segno della tecnologia LAS VEGAS — A vederla dal sfruttabile già intorno ai 1.300 gibasso, la parabolica dello Speed- ri. Il cambio automatico a 8 rapway di Las Vegas fa impressione: porti con paddle al volante assel’angolo di banking è di 31 gradi, conda le esigenze sportive (l’alal limite delle vertigini, ma è in ternativa è un manuale 6 marce). questo punto che «una vettura Il tutto accompagnato da un Nascar passa a oltre 300 km/h», sound al doppio scarico da vettuspiegano i tecnici Bmw prima di ra tuning anni 80. La M235i passa affidarci il volante della Serie 2 da 0 a 100 km/h in 4,8 secondi e la Coupé M235i. Si può spingere, velocità massima, misurata sul insomma. Anche se, avvertono, campo (curva parabolica a parte), «la vettura è di serie, meglio non è di 250 km/h. La frenata è sicura superare in curva i 200 orari». ed efficace anche se ci si poteva Primi giri per prendere aspettare una «presa» confidenza, poi la samaggiore, in particolafety car lascia la pire nelle staccate alla sta. Il feeling con la fine dei veloci rettiLo scatto M235i è subito linei. Dettagli da quello giusto. Le pista. A colpire in La Bmw M235i dimensioni compositivo è il conmonta un motore patte (meno di 4 fort: nonostante 6 cilindri in linea 3.0 metri e mezzo) le sospensioni turbo benzina aiutano a indivipiù rigide e l’asda 326 cv: da 0 a 100 duare le traiettorie setto ribassato (la in 4,8 secondi buone, al resto ci Serie 2 Coupé è venpensano telaio e assetduta anche in versione to, regolato su misura per 218d, 220i, 220d e 225d), il guidatore. Lo sterzo è preciso e non ci sono compromessi in tersempre pronto a correggere mini di comodità e piacere di guieventuali errori d’impostazione. da, in particolare se equipaggiata Sportiva e facile da guidare. Diffi- con il sistema di assetto adattivo cile trovare di meglio nel seg- (costa 780 euro). I consumi dimento. Porsche Cayman compre- chiarati (poco attendibili quelli sa. Il motore è il 3 litri 6 cilindri in misurati in circuito) sono di 13,1 linea turbo benzina da 326 cavalli km/litro. La Bmw Serie 2 Coupé e 450 Nm: meno potente di con- M235i è in vendita a 48.050 euro. correnti come Mercedes A45 Alessandro Marchetti Tricamo AMG, ma con una coppia più © RIPRODUZIONE RISERVATA LLEIDA (SPAGNA) — «Nel 90% Dietro l’aggressività estetica e le dei casi — sostiene Wayne Darley, prestazioni ridondanti, infatti, ha Global Brand Manager di Jaguar — contenuti e caratteristiche da strai clienti della F-Type Coupé arrive- dista: il comfort è ragionevolissiranno da altri marchi, principal- mo, gli allestimenti sono curati e la mente BMW e Porsche». Ma il ruo- qualità di vita a bordo è elevata. lo di procacciatrice di nuovi adepti Il motore portante della gamma non è la sola ragione per cui sul- è il V6 di 3 litri con compressore l’auto è stata incentrata la più volumetrico da 340 o 380 CV, fruigrande campagna di lancio della bilissimo ai bassi regimi. Ma di postoria di Jaguar. «Con la F-Type vo- tenza ce n’è sempre più di quanta gliamo cambiare la percezione del ne occorre per divertirsi, anche nostro marchio — prosegue Darley perché, grazie alla struttura in allu— per prepararci all’arrivo minio, il peso della Coupé è della suv derivata dalla contenuto. concept CX17 e della La clientela preferiXE». Nel 2016 la prirà sicuramente la Fino a 380 cv ma e già nel 2015 la «S» da 380 cv seconda, che do(81.690 euro inveIl motore portante vrà sfidare Audi ce dei 69.890 della della gamma Jaguar A4, BMW Serie 3 e «normale») per la F-Type Coupé è il V6 Mercedes Classe C presenza di so3.0 con compressore e finire nelle mani spensioni elettrovolumetrico da 340 anche di clienti non niche, differenziale o 380 cavalli necessariamente alla autobloccante, freni ricerca di «inglesità». maggiorati e sistema di La F-Type Coupé, in efscarico attivo: accessori che fetti, è più essenziale nelle forme, ne sottolineano la doppia anima e, razionale nei contenuti ed emozio- all’occorrenza, la trasformano da nale nel carattere rispetto alle ulti- compassata GT mondana ad anime Jaguar. Si avvantaggia sulla spi- male da pista, eccitante nel caratteder per il prezzo più basso di circa 7 re e «maleducato» nella sonorità. mila euro a parità di contenuti e il In cima alla gamma, poi, c’è la bagagliaio degno di questo nome «R», con un 5 litri V8 sovralimen(315 litri, ma 407 se lo si riempie fi- tato da 550 cv, che è a portata di pono al lunotto), che le permette di chi per il prezzo di 107.550 euro. essere impiegata come una granSaverio Villa turismo, quale effettivamente è. © RIPRODUZIONE RISERVATA BARI — Il ritorno alle origini è La trazione è esclusivamente a quatsottolineato dalla presenza dell’arco tro ruote motrici. di sicurezza in metallo alle spalle dei In prova con la 4S dotata del modue posti anteriori. La Targa è, da tore più potente si ritrova il compormezzo secolo esatto, una 911 dalle tamento caratteristico delle 911 più caratteristiche particolari. August recenti. Se non ci sono problemi Achleitner, responsabile del proget- nella guida più tranquilla, il comto, la descrive così: «Allo stesso tem- portamento è comunque rassicupo è una cabrio e una coupé. La sua rante anche forzando l’andatura. formula non è invecchiata ma è Una leggera tendenza ad allargare la piuttosto maturata per essere al pas- traiettoria in entrata di curva rende so con i tempi». Della 911 Targa del facile capire le possibilità di un’auto 1964 sono dunque rimasti il citato che, ad ogni buon conto, può toccarollbar centrale e il grande re i 294 orari e accelerare da 0 lunotto avvolgente. Doai 100 km/h in 4,6 seconpo 50 anni non è più di con il cambio Pdk in necessario scendere opzione che è piaceAspirati dall’auto per riporvole da usare in more il tettuccio e godalità automatica La Porsche 911 dere della guida a così come manuaTarga monta motori ca p o s co p e r to . le, con le solite tre 6 cilindri aspirati 3.4 L’operazione è ogmodalità di utilize 3.8 da 350 e 400 gi automatica, e si zo: normale, Sport e cavalli. Con cambi esegue in 19 seconSport Plus. La frenata a sette marce di, pur se ci si deve è eccellente, con spazi sempre fermare perché d’arresto ridotti e noteil lunotto si sposta di una vole resistenza alla fatica. Il spanna oltre il limite della carrozze- livello di comfort è elevato, anche se ria. La meccanica e il telaio sono è meglio viaggiare a capo scoperto quelli della 911 dell’ultima genera- solo a velocità da passeggio o appezione, con un aumento di peso di na superiori. La circolazione d’aria 110 kg nei confronti della coupé e di all’interno è infatti elevata. In con40 kg rispetto alla Cabriolet. I motori segna a maggio, la nuova Porsche è sono gli stessi sei cilindri aspirati di in vendita a partire da 113.111 euro 3,4 e 3,8 litri da 350 e 400 cv di fami- nella versione S e da 128.240 euro in glia, con la possibilità di scegliere quella 4S con il motore da 400 cv. un cambio meccanico oppure a dopr.g. pia frizione Pdk, entrambi a 7 marce. © RIPRODUZIONE RISERVATA L’iniziativa Mercedes offre 500 euro per ogni cliente trovato da studenti di oltre 25 anni: «Le più intraprendenti sono le ragazze» In seimila per vendere le Smart e pagarsi le spese dell’università ROMA — La prima impressione è quella di essere arrivati al casting del Grande Fratello. Del resto la società incaricata di fare i colloqui è la stessa. È sabato mattina e di fronte allo Smart Center di via Fontana a Roma un fiume di ragazzi attende il proprio turno per tentare la fortuna. I 500 più bravi diventeranno degli «Smart Angels», e cioè dei procacciatori di vendita di automobili. Trovare il nuovo Jordan Belfort, alias Leonardo DiCaprio in «The wolf of Wall Street», non sarà facile, ma il marchio tedesco ci crede e pensa che puntare sui giovani sia l’unico modo per battere la concorrenza. Per partecipare all’iniziativa il requisito obbligato- rio è quello di essere studenti universitari dell’ultimo anno o laureati da non più di 12 mesi. E alla faccia di chi li ha definiti «choosy» o «bamboccioni» oltre 6 mila ragazzi hanno già inviato la loro candidatura. Gli «angeli» potranno vendere fino a cinque veicoli guadagnando una provvigione di 500 euro per ogni contratto segnalato e concluso poi in concessionaria da un dipendente Smart. La loro arma vincente sarà lo sconto di 3 mila euro che potranno offrire a tutti i potenziali clienti. Il contratto avrà termine a fine ottobre, in contemporanea con il lancio dei due nuovi modelli della casa: la «Fortwo» e la «Forfour». Gli aspiranti venditori arri- Un momento dei colloqui per aspiranti «Smart Angels». I prescelti potranno procacciare fino a cinque clienti guadagnando 500 euro per ogni affare che andrà in porto. Possono partecipare alle selezioni studenti universitari dell’ultimo anno o laureati da non più di dodici mesi vano da tutte le facoltà, da medicina ad archeologia, con una prevalenza di laureandi in giurisprudenza, economia e ingegneria. Qualcuno è alla prima esperienza, mentre altri hanno già fatto qualche picco- lo lavoretto. Le più spigliate, a detta dei selezionatori, sono le donne. L’età media dei candidati è tra i 25 e i 27 anni e il loro punto debole, soprattutto all’inizio, è la timidezza. Ma dopo i primi momenti rompono il ghiaccio e si impegnano per convincere la commissione di essere dei buoni venditori. La possibilità di guadagnare un totale di 2.500 euro senza essere vincolati da un impiego fisso, potendo anche studiare, li alletta molto. Alcuni useranno questi soldi per fare un viaggio all’estero, ma i più ci pagheranno l’affitto mensile della stanza in cui vivono. Amici e parenti sono i primi da cui andranno a proporre l’affare e c’è chi ha già pensato a una strategia: aprire una pagina facebook dedicata oppure ridurre il proprio guadagno per aumentare lo sconto. L’intuizione di dare lavoro ai ragazzi è di Fabrizio Barra, direttore di Smart in Italia: «Abbiamo bisogno di persone che ci portino nuovi clienti. E visto che la disoccupazione tra i giovani ha superato il 40% ho pensato di dare una possibilità ai migliori». Un progetto in cui il management italiano ha piena fiducia. «È un’eccellenza che vogliamo presentare alla casa madre e poi esportare a livello internazionale» afferma Paolo Lanzoni, direttore della comunicazione di Mercedes-Benz Italia. E non è detto che l’avventura degli «Smart angels» termini a novembre. «Con l’arrivo dei nuovi modelli avremo bisogno di altre forze e di nuove idee» conferma Barra. Anche perché non si tratterà di un lancio convenzionale: «Stavamo pensando di far pagare 2.500 euro per 18 mesi e poi di lasciare la possibilità di ridare indietro l’auto. Insomma, di vendere solo gli accessori» spiega il direttore. La competizione per aggiudicarsi un posto più solido è quindi aperta e solo il tempo potrà dire chi vincerà. Alice Dutto © RIPRODUZIONE RISERVATA 53 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Il Tempo Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile IL SOLE OGGI Bari Sorge alle TTramonta alle LE PREVISIONI PREV PRE VISIONI Palermo Bologna Firenze 6:25 19:23 6:42 19:34 6:44 19:48 6:45 19:48 Torino 6:58 20:04 Napoli 6:36 19:33 Roma Milano 6:42 6:52 19:58 19:41 Genova DOMANI Trento Aosta Venezia 6:54 19:58 LA LUNA 6:39 19:46 MERCOLEDÌ Nuova Primo quarto Piena Ultimo quarto 31 mar. 7 apr. 14 apr. 22 apr. VENERDÌ GIOVEDÌ Trieste Venezia Milano Torino Bologna Genova Firenze Ancona Perugia La presenza dell'alta pressione sulla nostra Penisola non garantirà sempre bel tempo soleggiato sulle nostre regioni, infatti se lunedì qualche pioggia interesserà ancora la Calabria, martedì e mercoledì passaggi temporaleschi interessano prima le regioni settentrionali, poi quelle adriatiche centrali e infine il Sud. Bel tempo nella giornata di giovedì mentre da venerdì il tempo peggiora nuovamente con l'arrivo di nuove piogge e temporali. L’Aquila ROMA Campobasso IN EUROPA Bari Potenza Napoli Catanzaro Cagliari LE TEMPERATURE ERAT ERA ATURE DI OGGI 20 Aosta 22 Torino 22 Genova 23 Bologna 24 Roma 17 Campobasso 21 R. Calab Calabria a 21 Catania Catania 23 21 22 24 24 20 18 19 24 19 15 17 21 22 22 22 Milano Trento Venezia Trieste Firenze Fire r nze re Perugia Ancona L’Aquila L L’A quila Napoli Bari Potenza Cata Palermo Palermo Palerm Paler mo Alghero Alghero ro Cagliari Cagliar a cura di Olbi VENTO Sole Nuvolo Coperto Pioggia Rovesci Temporali Neve Moderato Forte Molto forte Calmo LE TEMPERATURE DI IERI IN ITALIA min max Ancona Aosta Bari Bologna Bolzano Brescia Cagliari 11 8 13 10 10 10 11 17 19 17 21 20 22 20 S = Sereno P = Pioggia N N N S S N N min max 7 10 11 9 10 16 17 14 17 14 20 22 23 25 Campobasso Catania Crotone Cuneo Firenze Genova Imperia N = Nuvoloso R N P S N S S L’Aquila Lecce Messina Milano Napoli Olbia Palermo T = Temporale min max 5 13 12 9 13 9 15 17 17 16 22 22 20 18 C = Coperto N R P S N N N Parma Perugia Pescara Pisa Potenza R. Calabria Rimini V = Neve min max 9 6 7 9 7 11 12 21 17 20 21 11 16 19 R = Rovesci S N N N P P N Roma Torino Trento Trieste Udine Venezia Verona min max 8 10 11 13 10 11 11 22 21 20 23 22 23 22 2 4 7 5 4 6 2 9 3 2 5 Puzzles by Pappocom 3 6 8 3 7 6 5 8 LA SOLUZIONE DI IERI 9 6 8 9 1 7 Altri giochi su www.corriere.it 4 8 7 8 1 5 2 3 4 9 6 6 9 2 1 4 7 3 8 5 4 7 5 3 1 9 6 2 8 1 3 8 7 6 2 5 4 9 9 2 6 4 8 5 7 3 1 8 6 7 2 3 1 9 5 4 3 5 9 8 7 4 1 6 2 2 1 4 9 5 6 8 7 3 Agitato 25 5 Helsinki Oslo 9 Berlino Amsterdam 14 Londra 22 Kiev 18 Varsavia 15 Milano Vienna 20 Belgrado 23 20 24 Lisbona 24 Fronte Caldo 19 Bucarest Tirana 24 Fronte Freddo 23 Atene 18 Tunisi Algeri Ankara 17 18 Roma Barcellona Madrid 11 Praga 20 Parigi Bassa Pressione 10 13 17 Dublino L Stoccolma 12 Copenaghen Edimburgo 11 22 21 Pechino S N N N N NORD AMERICA 8 33 a 10,99 euro più il prezzo del quotidiano Bogotà 13 Tokyo Fronte Occluso Vancouver 9 Giacarta San Francisco 23 Los Angeles 30 S 20 Sydney È disponibile in edicola con il Corriere della Sera il primo dvd dell’opera che ripercorre a ritroso la carriera tv di Mina in Rai. Proposte canzoni e show dal 1972 al 1978. 27 AFRICA Casablanca 26 26 Chicago Santiago New York 9 27 28 20 24 Il Cairo 23 Lima 17 17 N Caracas 19 Seul Delhi Shanghai Bangkok SUD AMERICA 14 In edicola con il Corriere Le esibizioni di Mina in Rai Il primo dvd Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 5 4 3 6 9 8 2 1 7 Mosso ASIA AUSTRALIA B = Nebbia Sudoku Difficile 7 5 Alta Pressione MARE Debole Nebbia H Una vasta area di alta pressione con contributo Nord africano interessa buona parte dell'Europa portando tempo abbastanza stabile sulla quasi totalità delle nazioni. Il flusso perturbato atlantico interessa con piogge e temporali il Regno Unito, l'estrema Francia settentrionale e la Scandinavia. Una vecchia depressione mediterranea invece, porta piogge sulle zone Sud orientali del continente. 32 29 Rio de Janeiro Buenos Aires Nairobi Lagos 22 Luanda 29 31 Città del Capo Città del Messico Oggi su www.corriere.it I più letti Europee I simboli La storia In vista delle elezioni del 25 maggio, le liste tra big e bizzarrie. Salvati dall’esercito Serie A e l’inchiesta di Report 1 Tosi da non mandare in onda e spesa pubblica 2 Tagli centralizzati da maggio e riforme: «Avanti 3 Boschi anche senza Forza Italia» scomparso, arriva 4 Aereo un nuovo segnale De Benedetti e il 5 Grillo: dossier contro Casaleggio Tutti i gol Le sintesi e le reti realizzate nella 32ª giornata di campionato. Coppa Davis Amarcord Italia Dalla vittoria del 1976 alla semifinale di quest’anno: fotostoria. Una famiglia americana era bloccata nel Pacifico con la barca in avaria e una bimba malata. Interviene la Marina militare con i parà. Le foto e il video. 54 Lunedì 7 Aprile 2014 Corriere della Sera Tv in chiaro Teleraccomando Rai1 di Maria Volpe PER CAPIRE PER DISCUTERE Inchieste, torna Formigli mette Milena Gabanelli Renzi sotto esame Torna Milena Gabanelli (foto) con una inchiesta molto interessante e che ci riguarda davvero tutti. La giornalista è entrata nel mondo del caffè e ha detto: «Da stasera i baristi e i consumatori cambieranno abitudini». L’espresso è stato inventato in Italia, ma la «tazzina» che beviamo nei bar è di buona qualità? Che miscele comprano i maggiori torrefattori e cosa vendono ai bar, solo caffè o anche altro? Il secondo servizio è a Verona, sull’amministrazione Tosi, il quale un mese fa aveva querelato l’autore dell’inchiesta, accusandolo di costruire un falso scoop ai suoi danni. Corrado Formigli (foto) festeggia stasera la centesima puntata del suo talk politico molto seguito (circa il 6%di share) Titolo della puntata è «L’abbraccio mortale», ovvero un bilancio dei primi 50 giorni dell’esecutivo in carica. Il giornalista si domanda e chiede ai suoi ospiti: il destino del governo è nelle mani di Renzi o di Berlusconi? In studio Debora Serracchiani, Governatore della Regione Friuli e vice segretario Pd, Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, Paolo Mieli, Presidente di RCS Libri e la costituzionalista Lorenza Carlassare. Report Rai3, ore 21.05 Piazza pulita La7, ore 21.10 Rai2 Rai3 rai.it rai.it 6.45 UNOMATTINA. Attualità 10.00 UNOMATTINA STORIE VERE. Attualità 10.30 UNOMATTINA VERDE. Attualità 11.00 TG 1. 11.25 UNOMATTINA MAGAZINE. Attualità 12.00 LA PROVA DEL CUOCO. Varietà 13.30 TELEGIORNALE. 14.00 TG 1 ECONOMIA. Attualità 14.10 VERDETTO FINALE. Attualità 15.20 LA VITA IN DIRETTA. Attualità. Conduce Paola Perego, Franco Di Mare. Nel programma: Rai Parlamento Telegiornale; Tg 1 18.50 L’EREDITÀ. Quiz 20.00 TELEGIORNALE. 20.30 AFFARI TUOI. Varietà 21.10 CAROSELLO RELOADED. Doc. SERA 21.15 FILM UNA COPPIA MODELLO. (Commedia, Italia, 2014). Regia di Fabrizio Costa. Con Bianca Guaccero, Sergio Assisi, Daniele Pecci. Nel programma: Tg1 60 secondi 8.05 PROTESTANTESIMO. Attualità 8.35 DESPERATE HOUSEWIVES - I SEGRETI DI WISTERIA LANE. Telefilm 10.00 TG2 INSIEME. Attualità 11.00 I FATTI VOSTRI. Attualità 13.00 TG 2 GIORNO. 13.30 TG 2 COSTUME E SOCIETÀ. Attualità 13.50 MEDICINA 33. Rubrica 14.00 DETTO FATTO. Attualità 16.15 COLD CASE - DELITTI IRRISOLTI. Telefilm 17.45 TG 2 FLASH L.I.S. METEO 2. 17.50 RAI TG SPORT. 18.15 TG 2. 18.45 SQUADRA SPECIALE COBRA 11. Telefilm 20.30 TG 2 20.30. 21.00 LOL :-). Serie 21.10 REX 6. Telefilm. Con Francesco Arca, Augusto Zucchi, Pilar Abella 22.55 INTELLIGENCE. Telefilm. Con Josh Holloway, Meghan Ory, Marg Helgenberger 23.50 TG 2. 23.20 PORTA A PORTA. Attualità. Conduce Bruno Vespa 0.55 TG1 NOTTE. 1.25 CHE TEMPO FA. 1.30 SOTTOVOCE. Attualità 0.05 FILM BANLIEUE 13. (Azione, Francia, 2004). Regia di Pierre Morel. Con Cyril Raffaelli, David Belle Rete4 rai.it Canale5 Italia1 La7 MTv mediaset.it/rete4 mediaset.it/canale5 mediaset.it/italia1 la7.it mtv.it 8.00 AGORÀ. Attualità 10.00 MI MANDA RAITRE. Attualità 11.10 TG3 MINUTI. 11.15 ELISIR. Attualità 12.00 TG 3. 12.25 TG3 FUORI TG. Attualità 12.45 PANE QUOTIDIANO. Attualità 13.10 IL TEMPO E LA STORIA. Attualità 14.00 TG REGIONE. 14.20 TG 3. 14.50 TGR LEONARDO. Att. 15.05 TGR PIAZZA AFFARI. Attualità 15.10 TERRA NOSTRA. Telefilm 16.00 ASPETTANDO GEO. Documenti 16.40 GEO. Documenti 19.00 TG 3 / TG REGIONE. 20.00 BLOB. Attualità 20.10 SCONOSCIUTI. Reality 20.35 UN POSTO AL SOLE. Soap 8.15 HUNTER. Telefilm 9.40 CARABINIERI. Telefilm 10.45 RICETTE ALL’ITALIANA. Attualità 11.30 TG 4 TELEGIORNALE 12.00 DETECTIVE IN CORSIA. Telefilm 12.55 LA SIGNORA IN GIALLO. Telefilm 14.00 LO SPORTELLO DI FORUM. Attualità 15.30 HAMBURG DISTRETTO 21. Telefilm 16.35 MY LIFE - SEGRETI E PASSIONI. Telenovela 16.50 IL COMANDANTE FLORENT. Telefilm 18.55 TG 4 TELEGIORNALE 19.35 IL SEGRETO. Telenovela 20.30 TEMPESTA D’AMORE. Soap Opera 8.45 MATTINO CINQUE. Attualità 10.00 TG 5 ORE 10. 11.00 FORUM. Attualità 13.00 TG 5 13.40 BEAUTIFUL. Soap Opera 14.05 GRANDE FRATELLO 13. Reality 14.10 CENTOVETRINE. Soap Opera 14.45 UOMINI E DONNE. Talk show 16.05 GRANDE FRATELLO 13. Reality 16.15 IL SEGRETO. Telenovela 17.10 POMERIGGIO CINQUE. Attualità 17.50 TG5 MINUTI. 18.50 AVANTI UN ALTRO! Quiz 20.00 TG 5 20.40 STRISCIA LA NOTIZIA - LA VOCE DELL’IRRUENZA. Tg Satirico. Conduce Ficarra e Picone 8.45 UNA MAMMA PER AMICA. Telefilm 10.30 DR. HOUSE MEDICAL DIVISION. Telefilm 12.25 STUDIO APERTO. Nel programma: Meteo.it 13.00 SPORT MEDIASET. 13.40 GRANDE FRATELLO 13. Reality 14.10 I SIMPSON. Cartoni 14.35 DRAGON BALL GT. Cartoni 15.25 VECCHI BASTARDI. Varietà 16.20 URBAN WILD. Varietà 17.25 COME MI VORREI. Varietà 18.05 I SIMPSON. Cartoni STUDIO APERTO ANTICIPAZIONI. 18.30 STUDIO APERTO. METEO.IT. 19.20 C.S.I. - SCENA DEL CRIMINE. Telefilm. Con William Petersen 7.50 OMNIBUS METEO. Attualità 7.55 OMNIBUS. Attualità 9.45 COFFEE BREAK. Attualità. Conduce Enrico Vaime 11.00 L’ARIA CHE TIRA. Attualità. Conduce Myrta Merlino 13.30 TG LA7. 14.00 TG LA7 - CRONACHE. 14.40 LE STRADE DI SAN FRANCISCO. Telefilm. Con Karl Malden, Michael Douglas 16.40 COMMISSARIO CORDIER. Telefilm. Con Pierre Mondy, Bruno Madinier, Antonella Lualdi 18.10 L’ISPETTORE BARNABY. Telefilm. Con John Nettles, Jane Wymark 20.00 TG LA7. 20.30 OTTO E MEZZO. Attualità 14.15 SCRUBS. Serie 15.10 MODERN FAMILY. Telefilm 16.00 COMPAGNI DI BALLO. Varietà 16.50 TEEN MOM 2. Varietà 17.50 TEEN CRIBS. Varietà 18.20 COMPAGNI DI BALLO. Varietà 19.20 RAGAZZE: ISTRUZIONI PER L’USO. Varietà 20.15 NEW GIRL. Telefilm 21.10 LE RAGAZZE DEL REDNECK HEAVEN. Varietà 22.00 ARE YOU THE ONE? UN ESPERIMENTO D’AMORE. Varietà 23.00 GEORDIE SHORE. Varietà 21.05 REPORT. Reportage. Conduce Milena Gabanelli 23.00 VISIONARI. Attualità. Conduce Corrado Augias 24.00 TG 3 LINEA NOTTE. 0.10 TG REGIONE. Nel programma: Meteo 3 21.15 QUINTA COLONNA. Attualità. Conduce Paolo Del Debbio 23.55 TERRA. Attualità 0.55 TG 4 NIGHT NEWS. 1.15 ROSA SHOCKING 1984 . Varietà 21.10 GRANDE FRATELLO 13. Reality. Conduce Alessia Marcuzzi 0.15 GRANDE FRATELLO LIVE. Reality 0.40 TG 5 NOTTE. Nel programma: Rassegna stampa; Meteo.it 21.10 FILM 40 CARATI. (Thriller, Usa, 2012). Regia di Leth. Con Sam Worthington, Elizabeth Banks, Jamie Bell. Nel programma: Tgcom 23.25 TIKI TAKA - IL CALCIO È IL NOSTRO GIOCO. Sport 21.10 PIAZZAPULITA. Attualità. Conduce Corrado Formigli 24.00 TG LA7 - NIGHT DESK. Attualità 1.10 MOVIE FLASH. Attualità 1.15 OTTO E MEZZO. Attualità. Conduce Lilli Gruber 1.05 FUORI ORARIO. COSE (MAI) VISTE. Attualità. Conduce Enrico Ghezzi. Nel programma: Free Zone 2.00 APPUNTAMENTO CON GABRIELLA FERRI. Musicale 2.45 MODAMANIA. Attualità. Conduce Jo Squillo 1.10 STRISCIA LA NOTIZIA - LA VOCE DELL’IRRUENZA. Tg Satirico 1.45 UOMINI E DONNE. Talk show 1.45 STUDIO APERTO - LA GIORNATA. 2.00 SPORT MEDIASET. 2.35 HERCULES. Telefilm. Con Kevin Sorbo, Michael Hurst 1.55 COFFEE BREAK. Attualità. Conduce Tiziana Panella 3.05 L’ARIA CHE TIRA. Attualità. 4.45 OMNIBUS . Attualità Deejay TV 15.00 OCCUPY DEEJAY 16.00 VIA MASSENA 2. Serie 16.30 FUORI FRIGO. Varietà 16.55 DEEJAY TG. 17.00 DEEJAY HITS. Musicale 18.00 FELICITY. Telefilm 18.55 DEEJAY TG. 19.00 REVENGE 1. Telefilm 20.00 DIMMI QUANDO. Varietà 22.00 DEEJAY CHIAMA ITALIA . Varietà 23.30 ALIAS. Telefilm 0.30 LOREM IPSUM. Musicale DATI DI PROGRAMMAZIONE FORNITI DA COMPUTIME Film e programmi Sam Worthington fa il doppio gioco Beckinsale, il risveglio della guerriera Rai4 L’ex poliziotto Nick Cassidy (Sam Worthington, foto) minaccia di uccidersi saltando dal tetto di un hotel di Manhattan. Ma l’aspirante suicida nasconde in realtà un inaspettato segreto... 40 carati Italia 1, ore 21.10 Dodici anni dopo l’eccidio degli umani contro vampiri e lycan, Selene (Kate Beckinsale, foto) si ridesta dall’ibernazione di cui era prigioniera, e scopre di avere una figlia dai poteri eccezionali. Underworld: il risveglio Cielo, ore 21.10 Pecci e Assisi mariti neoseparati Il sergente Renner sminatore in Iraq Per due coppie di coniugi arriva il giorno della separazione in tribunale. Al termine della udienza Enzo (Daniele Pecci) si dispera, al contrario del libertino Adriano (Sergio Assisi) che... Una coppia modello Rai1, ore 21.15 Un gruppo di artificieri e sminatori in Iraq, capeggiati dal sergente James (Jeremy Renner), affrontano molti pericoli insieme, uniti da un legame fraterno. The Hurt Locker Rai Storia, ore 21.20 Rai5 rai.it rai.it 8.40 STREGHE. Serie 9.25 ROBIN HOOD. Serie 10.10 PRIVATE PRACTICE. Serie 10.55 BROTHERS AND SISTERS. Serie 11.45 STREGHE. Serie 12.25 STREGHE. Serie 13.15 FLASHPOINT. Serie 13.55 PRIVATE PRACTICE. Serie 14.45 BROTHERS AND SISTERS. Serie 15.30 90210. Serie 16.15 VERONICA MARS. Serie 17.00 ROBIN HOOD. Serie 17.50 RAI NEWS - GIORNO. 17.55 STREGHE. Serie 18.40 STREGHE. Serie 19.25 XENA. Serie 20.25 HEROES. Serie 21.10 FILM THE BERLIN FILE. (Azione). Regia di Seungwan Ryoo. 23.20 FILM CONFESSIONS. (Drammatico). Regia di Tetsuya Nakashima. 19.00 PROKOFIEV. Musica 19.40 PROKOFIEV, CAJKOVSKIJ. Musica 20.35 PASSEPARTOUT. Attualità 21.15 5 BUONI MOTIVI. Attualità 21.20 IL GABBIANO. Teatro 24.00 RITRATTO DI ANNA PROCLEMER. Documentario Rai Storia Rai Rai Premiumrai.it Movie 18.10 TOPAZIO. Telenovela 18.55 PAGINE DI VITA. Telenovela 19.40 INCANTESIMO. Soap Opera 20.10 IL MARESCIALLO ROCCA. Serie 21.10 UN CICLONE IN CONVENTO. Telefilm 23.00 ESSERE ATTORE. Attualità rai.it 19.10 ITALIANI ALL’OPERA! Documenti 20.30 IL TEMPO E LA STORIA. Documenti 21.15 REWIND-BINARIO CINEMA. Documenti 21.20 REWIND-BINARIO CINEMA. Documenti 23.25 CORTOREALE. Documenti 14.40 16.55 17.00 19.15 rai.it FILM THE TERMINAL. RAI NEWS - GIORNO. FILM AMEN. FILM QUESTO E QUELLO. 21.15 FILM UOMO BIANCO, VA’ COL TUO DIO! 23.00 FILM BODY OF EVIDENCE - IL CORPO DEL REATO. 0.40 RAI NEWS - NOTTE. Rai Gulp rai.it Real Time realtimetv.it Class Tv DMax La7d dmax.it class.it la7.it 17.55 WINX CLUB. Cartoni 18.20 GULP GIRL 2013/2014. Attualità 18.45 GRACHI. Telefilm 19.30 VIOLETTA. Telefilm 20.20 VICTORIOUS. Telefilm 20.45 VICTORIOUS. Telefilm 21.10 WINX CLUB. Cartoni 21.35 WINX CLUB. Cartoni 22.25 KUNG FU PANDA. Cartoni 19.40 IL BOSS DELLE TORTE. Attualità 20.10 BEST BAKERY. Attualità 21.10 EXTREME MAKEOVER: DIET EDITION. Attualità 22.10 DIMMI COSA MANGI... Attualità 22.40 DIMMI COSA MANGI... Attualità 12.00 LAW&ORDER. Telefilm 14.00 QUELLI DEL LUNEDÌ. Rubrica sportiva 16.00 TG GIORNO. Attualità 16.30 TG SPORT. Attualità 17.00 DISTRETTO DI POLIZIA 1. Serie 20.40 FILM THE BREAKFAST CLUB. 17.45 SWORDS: PESCA IN ALTO MARE Pesca 18.35 RIVER MONSTERS Pesca 19.30 AFFARI A TUTTI I COSTI. Doc, 20.20 BANCO DEI PUGNI. Documentario 21.10 TOP GEAR. Attualità 22.50 BANCO DEI PUGNI. Documentario 18.00 THE DR. OZ SHOW. Varietà 18.55 TG LA7. 19.00 FOOD MANIAC. Attualità 19.10 CUOCHI E FIAMME. Attualità 21.10 FILM I RAGAZZI STANNO BENE. 23.00 PRIME SUSPECT. Telefilm Rai YoYo Iris Cielo La5 Tv 2000 rai.it 18.30 LA PIMPA. Cartoni 18.55 MOFY. Cartoni 19.10 LA CASA DELLE API (THE HIVE). Cartoni 19.30 DOTTORESSA PELUCHE. Cartoni 19.50 CARTONI DELLO ZECCHINO. Cartoni 20.10 PEPPA PIG. Cartoni 21.20 IL PICCOLO REGNO DI BEN E HOLLY. Cartoni iris.mediaset.it 15.44 FILM TRENO DI PANNA. 17.38 NOTE DI CINEMA. 17.45 FILM UN SOLO GRANDE AMORE. 19.31 A-TEAM. Telefilm 20.13 RENEGADE. Telefilm 21.04 FILM THE KINGDOM. 23.10 FILM SPY GAME. 1.40 FILM FIGLI DELLA RIVOLUZIONE. cielotv.it 20.10 AFFARI DI FAMIGLIA. Varietà 21.10 FILM UNDERWORLD: IL RISVEGLIO. (Azione, Usa, 2012). Di Måns Mårlind, Björn Stein. Con Kate Beckinsale 22.55 LADYBOY: IL TERZO SESSO. Documentario mediaset.it 17.05 NON DITELO ALLA SPOSA. Doc. 18.15 PARENTHOOD. Telefilm 19.15 GLEE. Telefilm 20.10 UNA MAMMA PER AMICA. Telefilm 21.10 FILM GIOCO D’AMORE. 23.35 UOMINI E DONNE. Talk show tv2000.it 20.00 ROSARIO DA LOURDES - IN DIFFERITA. Religione 20.30 NEL CUORE DEI GIORNI INDACO. Attualità 20.55 TG TG. 21.20 FILM L’AGNESE VA A MORIRE. 23.30 KOJAK. Telefilm 55 Corriere della Sera Lunedì 7 Aprile 2014 Pay Tv Film e programmi Divieti che regolano la vita sociale Ogni episodio del programma (foto) racconta le diverse regole «bibliche» (dal cibo al sesso, dal lavoro all’educazione dei figli) svelandone l’origine. E non mancheranno sorprese e curiosità Come Bibbia comanda History Channel, ore 22 Il colonnello Brando impazzisce in Vietnam Sky Cinema Sport 14.20 HOTEL TRANSYLVANIA In occasione del 118° compleanno della figlia, Dracula, proprietario dell’Hotel Transylvania, invita gli amici più stretti e nessun umano. Sky Cinema Family 15.30 TOTAL RECALL - ATTO DI FORZA Nonostante ami sua moglie, Douglas si sottopone a un’esperimento in grado di cancellare per sempre i ricordi di un’esistenza frustante. Sky Cinema Hits HD 16.30 NEW POLICE STORY L’ispettore Wing torna a lavorare dopo un periodo di depressione. Di Benny Chan. Sky Cinema Max HD 17.20 DON CAMILLO Campione d’incassi nella stagione 1952-53, un classico interpretato dalla coppia consolidata G. Cervi e Fernandel. Sky Cinema Classics 18.35 THE KARATE KID - LA LEGGENDA CONTINUA Remake della saga originaria con R. Macchio. Stavolta è un ragazzo americano a trasferirsi a Pechino, incontrando il bullo di turno. Sky Cinema Max HD 19.05 AGENTE 007 - LICENZA DI UCCIDERE James Bond (S. Connery) deve fermare il dottor No. Storica scena con U. Andress in bikini. Primo film ispirato ai romanzi di Ian Fleming. Sky Cinema Classics 21.00 IL CAVALIERE DELLA VALLE SOLITARIA Oscar alla miglior fotografia per la pellicola diretta da G. Stevens. Sky Cinema Classics WOMB Distrutta dalla morte dell’uomo che ama, Rebecca decide di rivolgersi al Dipartimento di Replicazione Genetica... Sky Cinema Cult IL GRANDE E POTENTE OZ Oscar Diggs, un illusionista ciarlatano, viene trasportato nel fantastico Regno di Oz. Prequel del celebre film del 1939. Sky Cinema Family TERREMOTO NEL BRONX Jackie Chan, nei panni dell’ispettore Keung, arriva a New York per un matrimonio e si mette subito nei guai. Sky Cinema Max HD 21.05 SCOOBY-DOO Scooby-Doo, con Fred, Daphne (S. M. Gellar), Shaggy e Velma hanno sciolto l’attività di acchiappamostri, ma tornano in azione. Boomerang 21.10 CI VEDIAMO DOMANI Alla ricerca dell’occasione della vita, Marcello apre un’agenzia funebre in un paesino pugliese di ultranovantenni... Sky Cinema 1 HD 88 MINUTI A. Pacino, nei panni di uno psicologo che collabora con il tribunale, ha a disposizione solo 88 minuti per continuare a vivere. Sky Cinema Hits HD 22.35 THE MEDALLION Un detective di Honk Kong (J. Chan) si ritrova trasformato in un guerriero immortale che possiede poteri straordinari. Sky Cinema Max HD 22.55 GATTACA - LA PORTA DELL’UNIVERSO Set galeotto tra i protagonisti della pellicola, E. Hawke e U. Thurman, ambientata nel futuro. Nomination agli Oscar. Sky Cinema Cult 23.00 RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A RITROVARE L’AMICO MISTERIOSAMENTE SCOMPARSO IN AFRICA? A. Sordi e B. Blier partono per l’Angola. Sono sulle tracce del cognato N. Manfredi. Commedia diretta da E. Scola nel 1968. Sky Cinema Classics 23.05 THE HOST Seoul: in seguito a un esperimento riuscito male, un vorace mostro emerge dal fiume Han seminando il terrore e catturando una bambina. Sky Cinema 1 HD 23.15 BRATZ Sasha, Jade, Yasmin e Cloe sono le quattro adolescenti del gruppo delle Bratz, appena giunte alla high school. Sky Cinema Family 0.10 DESPERADO Un pistolero, l’amico e una ragazza contro un criminale. A. Banderas, S. Hayek e Q. Tarantino nel film diretto da R. Rodriguez. Sky Cinema Max HD 15.15 SURF: NAUTICAL ADVENTURES LANDLOCKED COUNTRY Yacht & Sail 15.30 CICLISMO: 1A TAPPA Giro dei Paesi Baschi. Diretta Eurosport 16.45 CALCIO: CAGLIARI - ROMA Serie A Sky Sport 1 HD 17.10 CALCIO: CATANIA - TORINO Serie A Sky Sport 1 HD 17.30 CALCIO: CHIEVO - VERONA Serie A Sky Sport 1 HD 18.15 CALCIO: CAGLIARI - ROMA Serie A Sky Sport 1 HD 18.25 CALCIO: INTER - BOLOGNA Serie A Sky Sport 1 HD 18.30 SOLLEVAMENTO PESI: 69 KG UOMINI Campionato Europeo. Diretta Eurosport 19.00 WRESTLING: WWE EXPERIENCE Sky Sport 2 HD 20.15 SOLLEVAMENTO PESI: 58 KG DONNE Campionato Europeo. Differita Eurosport 20.55 CALCIO: GENOA - MILAN Serie A. Diretta Sky Sport 1 HD 21.30 BASKET: LA CLIPPERS - LA LAKERS NBA Sky Sport 2 HD 22.45 KITE WORLD CUP 2012 Yacht & Sail 23.00 RALLY: 3A TAPPA Abu Dhabi Challenge. Differita Eurosport 23.20 SOLLEVAMENTO PESI: 69 KG UOMINI Campionato Europeo Eurosport Serie Tv Intrattenimento Ragazzi Documentari Riedizione con 53 minuti in più del capolavoro di Francis Ford Coppola. In Vietnam, il capitano Willard deve uccidere il colonnello Kurtz (Marlon Brando, foto) che, impazzito, ha ingaggiato una sua guerra privata. Apocalypse Now Redux Cinema Energy, ore 21.15 L’impresario Brignano sbaglia business 14.00 15.20 15.55 16.50 Uno spiantato (Enrico Brignano, foto) decide di aprire l’unica agenzia di pompe funebri di un paesino della Puglia, popolato solo da ultranovantenni. Ma il tempo passa e i vecchietti restano in salute... Ci vediamo domani Sky Cinema 1, ore 21.10 17.20 18.15 19.20 20.05 21.00 21.05 21.30 21.45 21.50 21.55 SUMMER DAYS Disney Channel A.N.T. FARM Disney Channel MEDIUM Fox Life UNA MAMMA PER AMICA Fox Life LAW & ORDER: UNITÀ SPECIALE Fox Crime HD HOW I MET YOUR MOTHER Fox HD UN BLOG DA CANI Disney Channel CRIMINAL MINDS Fox Crime HD N.C.I.S. Fox Crime HD BUONA FORTUNA CHARLIE! Disney Channel A TUTTO RITMO Disney Channel PIPPI CALZELUNGHE DeAkids N.C.I.S. Fox Crime HD LIFE BITES Disney Channel James Franco mago da strapazzo Mediaset Premium Oscar Diggs (James Franco) mago da strapazzo, fugge a bordo di una mongolfiera e arriva nel favoloso mondo di Oz. Lì, viene preso per il salvatore tanto atteso, che ucciderà la strega cattiva. Il grande e potente Oz Sky Cinema Family, ore 21 13.46 HART OF DIXIE. Telefilm MYA 14.13 ZOOM. Show Premium Cinema 14.21 DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION. Telefilm JOI 14.22 NEMICO PUBBLICO N.1 - L’ORA DELLA FUGA. Film Premium Cinema 14.34 TEXTUALITY. Film MYA 15.05 PROJECT GREENLIGHT 2. Documentario Studio Universal 14.15 BARBIE RAPERONZOLO DeAkids 15.00 PROJECT RUNWAY USA 8 Fox Life 17.00 MASTERCHEF AUSTRALIA Sky Uno 17.15 CHI VESTE LA SPOSA-MAMMA CONTRO SUOCERA LEI 19.10 JUNIOR MASTERCHEF ITALIA Sky Uno 19.20 PROJECT RUNWAY ITALIA DAILY Fox Life 19.55 IN CUCINA CON GIALLOZAFFERANO Fox Life 21.00 L’ASSASSINA DAGLI OCCHI BLU Sky Cinema Passion HD 21.10 ALESSANDRO IL CONQUISTATORE Sky Uno 22.00 LA GUERRA DELLE TORTE LEI 22.05 ALESSANDRO BORGHESE MUSICA DA CHEF Sky Uno 15.09 DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION. Telefilm JOI 15.40 EVITA. Film Studio Universal 15.57 FAIRLY LEGAL. Telefilm JOI 16.16 UNA MAMMA PER AMICA. Telefilm MYA 16.38 SHUTTER ISLAND. Film Premium Cinema 16.48 FAIRLY LEGAL. Telefilm JOI 17.04 FAIRFIELD ROAD. Film Tv MYA 14.40 THE REGULAR SHOW Cartoon Network 15.25 TEEN TITANS GO! Cartoon Network 16.35 THE LOONEY TUNES SHOW Boomerang 17.25 LBX K2 18.15 POKEMON NERO&BIANCO: AVVENTURE A UNIMA E ALTROVE K2 18.45 THE LOONEY TUNES SHOW Boomerang 19.10 MALEDETTI SCARAFAGGI Boomerang 20.10 I DALTON DeAkids 20.40 THE LOONEY TUNES SHOW Boomerang 20.50 I FANTASMI DI CASA HATHAWAY Nickelodeon 18.00 CLOSE UP. Documentario Studio Universal 18.34 RITORNO AL FUTURO. Film Studio Universal 18.42 HART OF DIXIE. Telefilm MYA 19.17 SANCTUM. Film Premium Cinema 19.25 PSYCH. Telefilm JOI 19.30 PARENTHOOD. Telefilm MYA 20.17 PSYCH. Telefilm JOI 20.20 PARENTHOOD. Telefilm MYA 14.15 COME È FATTO Discovery Science 15.05 ESPERIMENTI ESPLOSIVI National Geographic 16.05 LE CITTÀ SEGRETE History Channel 17.00 BIG HISTORY: MEGA-INGEGNERIA History Channel 18.10 CASE IMPOSSIBILI: HAWAII Discovery Channel HD 19.00 AFFARI DI FAMIGLIA History Channel 20.00 AFFARI A QUATTRO RUOTE Discovery Channel HD 21.00 CACCIATORI DI MITI History Channel 21.25 COSA TI DICE IL CERVELLO? National Geographic 22.00 MARCHIO DI FABBRICA: EUROTUNNEL Discovery Channel 20.40 A NOI PIACE CORTO. Show Studio Universal 21.00 SPECIALI JOI. Rubrica JOI 21.15 LES MISÉRABLES. Film Premium Cinema 21.15 SHAMELESS. Telefilm JOI 21.15 PARENTHOOD. Telefilm MYA 21.15 COLPO GROSSO. Film Studio Universal 22.06 MERCY. Telefilm MYA A fil di rete di Aldo Grasso Quando la disabilità incontra amore e sesso R appresentare la disabilità in tv non ha nulla di scontato: per questo, ogni nuovo tentativo va considerato con molta attenzione e cautela. Su Real Time è iniziata una nuova serie, si chiama «Undateables» ed è un docureality inglese che racconta le storie di giovani affetti da diverse sindromi, come la Tourette, l’Asperger, il nanismo, che hanno serie conseguenze fisiche e psichiche e condizionano la loro possibilità di comunicare e stabilire relazioni sentimentali e sesVincitori e vinti suali (sabato ore 19.10 e, nuova puntata, domenica, ore 23.05). Michael «Undateables» significa letSheen teralmente (e provocatoriaIl fantasy mente) «non frequentabili», di Italia 1 perché il programma racconta batte la l’aspirazione profonda dei proscienza di Rai3. Sabato tagonisti a incontrare un comsera all’insegna della pagno o una compagna di vita fantasia su Italia 1, da amare, aiutati da alcuni con «The Adventurer. professionisti di un’agenzia Il mistero dello scrigno d’incontri. Ma cosa succede di Mida», con Michael quando alle già complicate reSheen: per 1.495.000 gole dell’attrazione si aggiunspettatori, e una gono gli impedimenti legati share del 6% all’handicap? Di fronte a questi programDonato mi, bisogna sempre chiedersi Carrisi se stiamo assistendo a una La scienza rappresentazione realistica e di Rai3 delicata, o a un uso retorico dei superata buoni sentimenti, a un’esaspedalla fantasia di Italia razione del pietismo che a vol1. Appuntamento del te circonda l’handicap. «Undasabato di Rai3 con teables» pare un tentativo riuDonato Carrisi e il scito, perché la speranza e il suo «Sesto Senso», desiderio dei protagonisti sodedicato al rapporto no sempre mostrati insieme fra cervello e pancia: alla consapevolezza profonda per 897.000 spettatori, della difficoltà di conseguirli. e una share del 3,8% Intervistato sul programma, lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, uno dei massimi esperti sul tema, ha spiegato che «è una novità collegare l’handicap alla sessualità, o all’innamoramento, all’incontro, al corteggiamento e alla seduzione. È culturalmente difficile nel nostro Paese, dove esistono molte barriere. È difficile dire chi ha l’handicap: le persone normali che creano barriere o chi aspira a un contatto, a un affetto, in un corpo che ha delle difficoltà a esprimersi?». © RIPRODUZIONE RISERVATA Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv 22.16 UNITED STATES OF TARA. Telefilm JOI 22.52 UNITED STATES OF TARA. Telefilm JOI 22.59 NIP’N TUCK. Telefilm MYA 23.25 PHILADELPHIA. Film Studio Universal 23.27 CHUCK. Telefilm JOI 23.54 ANNA KARENINA. Film Premium Cinema 23.54 0.12 0.46 0.57 GOSSIP GIRL. Telefilm MYA CHUCK. Telefilm JOI DANCE ACADEMY. Telefilm MYA DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION. Telefilm JOI 1.17 DANCE ACADEMY. Telefilm MYA 1.35 DISASTRO A HOLLYWOOD. Film Studio Universal 1.44 DR. HOUSE - MEDICAL DIVISION. Telefilm JOI