Giustizia USA e getta
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Giustizia USA e getta
Anno II - Numero 278 - Martedì 26 novembre 2013 Direttore: Francesco Storace Attualità Roma Cronaca Il Papa e Putin messaggeri di pace La gomitata di Rossin e la bagarre sul bilancio Violenze sulle donne anche nella “giornata” a pag. 3 Vilipendio al Capo dello Stato Due pesi e due misure artiamo dal presupposto che in un Paese civile, democratico, nessuno dovrebbe essere al di sopra del giudizio della pubblica opinione. Neanche il Presidente della Repubblica. Per questo motivo, il reato di vilipendio al Capo dello Stato dovrebbe essere abolito. Per evitare anche eventuali performance di pubblici ministeri in cerca di gloria, che per farsi notare agli occhi del Colle denunciano chiunque osi solo criticare il Quirinale. L’articolo 278 del codice penale, che punisce con la reclusione da uno a cinque anni chi offende l’onore o il prestigio della più alta carica dello Stato, è un provvedimento datato, inadeguato. Purtroppo, però, questo “delitto” non è stato né cancellato né rivisto. E c’è chi è finito nel registro degli indagati, perseguitato dalla giustizia, erroneamente. E’ il caso di Francesco Storace, all’epoca dei fatti (2007) parlamentare – e che quindi non poteva essere chiamato a rispondere delle sue parole durante l’esercizio della sua funzione, così come previsto dall’articolo 68 della nostra Costituzione – che è stato messo alla gogna (prima di essere prosciolto) e che attende ancora una pronuncia da parte della Corte Costituzionale per il conflitto di attribuzione sollevato dai pm capitolini. Per aver criticato Napolitano, che si era espresso in favore di Rita Levi Montalcini accusata dalla Lega Nord di approfittare dei finanziamenti dello Stato per il suo ex istituto di ricerche - anche per colpa della negligenza e della disonestà intellettuale dell’ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella. C’è poi chi è finito alla sbarra, come Maurizio Belpietro, direttore di Libero, addirittura per una vignetta. Due pesi e due misure, come sempre. Perché c’è infatti chi ha fatto molto peggio e non ha pagato. Come per esempio Marco Travaglio, il vice direttore de il Fatto Quotidiano che lo scorso 14 agosto ha ridicolizzato la più alta carica dello Stato con espressioni offensive - con riferimento ad arbitrii, abusi, ingerenze politiche, ignoranza delle leggi e delle norme, fino al sarcasmo e alla irrisione per l’età del presidente – e se l’è cavata. E adesso una domanda sorge spontanea: cosa succederà ad Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, che nell’editoriale di ieri ha bollato Napolitano come “un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più alta carica dello Stato?” I procedimenti giudiziari, così come il carcere – sia chiaro – non si augurano a nessuno. Neanche al peggior nemico. Ma la legge deve essere uguale per tutti. Oppure abolita. Federico Colosimo P Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Rossi a pag. 6 Alle pagg. 9 e 10 BERLUSCONI CHIEDE LA REVISIONE DEL PROCESSO DIRITTI TV ALLA VIGILIA DEL VOTO SULLA DECADENZA di Igor Traboni odici testimonianze, di cui sette completamente nuove, tutte dagli Stati Uniti. Ecco la leva che Silvio Berlusconi intende azionare, alla vigilia del voto al Senato sulla sua decadenza, per chiedere la revisione del processo sui diritti tv. Incontrando i giornalisti ieri pomeriggio nella nuova sede romana di Forza Italia, Berlusconi è tornato a lamentarsi proprio per la fissazione del voto a domani, mercoledì, “in violazione di ogni principio legale". Il Cavaliere ha parlato anche di alcune di queste carte americane, ad iniziare da una sorta di ‘dichiarazione giurata’ da parte dell’ex amministratore delegato del gruppo Agrama, che recita: "Sivio Berlusconi non ha mai ricevuto nessun pagamento da Agrama, Gordon o Lorenzano né da qualsiasi altra persona loro connessa. Berlusconi non ha mai partecipato allo schema da loro ideato per spartirsi i profitti. Io credo che questa testimonianza, come le altre 11, smentiscano alla base quello che ha deciso il collegio feriale della Cassazione per quanto riguarda la mia condanna”. Ma la conferenza stampa di ieri ha avuto anche una parte più prettamente politica, con una sorta di messaggio-appello da parte di Berlusconi ai senatori del Pd e del Movimento 5 stelle: "Vi chiedo di riflettere nell'intimo della vostra coscienza a maggior ragione visto che il voto è palese. Non tanto per la mia persona, ma per la nostra democrazia. Valutate le nuove prove e i documenti che stanno arrivando". Silvio Berlusconi si appella così al Pd e al M5S in vista del voto sulla decadenza. "Lasciate che si esprima la magistratura in Italia e in Europa prima di assumere una deci- D Giustizia USA e getta Il Cavaliere cita altri 12 testimoni e nuove carte statunitensi Poi si appella alla coscienza dei senatori Pd e 5 stelle sione, in caso contrario vi assumerete una grave responsabilità e sul parlamento ricadrebbe una macchia incancellabile", ha aggiunto Berlusconi, dicendosi poi non disposto a fare un passo indietro: "Sono costretto, tra virgolette, a restare ancora in campo nonostante la veneranda età", mentre il Cav ha poi preferito glissare sul comportamento di Napolitano che, di fatto, gli ha respinto l’ulteriore richiesta di grazia. Un appello accolto con sostanziale freddezza dai senatori democratici, mentre è stato respinto al mittente, con la solita protervia, dai grillini. Poche ore prima, intervistato in radio, Berlusconi era stato invece ancora più pesante, ancora nei confronti della magistratura, parlando di un vero e proprio “colpo di Stato”. Intanto la macchina organizzativa di Forza Italia è al lavoro per definire il sit in di protesta che domani pomeriggio avrà luogo, sempre a Roma, contemporaneamente al voto in Senato, il cui esito appare comunque scontato. Nelle ultime ore, infatti, l’unico distinguo è arrivato da Casini, che potrebbe votare contro. L'ARROGANZA DEL GOVERNATORE MERITA UNA RISPOSTA POPOLARE IE SO’ IE E VU NUN SIT NU CAZZ! Il Movimento per An prepara una manifestazione in Puglia di Francesco Storace ichi Vendola come il marchese del grillo in formato barese, ma di sicuro con un effetto simpatia esattamente opposto a quello dell'Albertone nazionale. Lui, il governatore pugliese, davvero si sente come l'unto del Signore, che pure rimproverava a Berlusconi. Ogni due per tre si trova in mezzo a guai giudiziari, eppure non ne vuole sapere di mollare la poltrona. Con me lo pretese. Mi bastarono ventiquattr'ore per lasciare quella del ministero della Salute, senza neppure un avviso di garanzia. Mi bastò leggere di accuse infamanti sulla prima pagina del Corriere della Sera per rassegnare le dimissioni dal governo del Paese. Vendola no, lui può fare come gli pare. E' il popolo che va svegliato. Va suscitata l'indignazione in cui la sinistra e' maestra, ma ora deve pagare. Per il suo vicepresidente condannato, il compagno Frisullo; per i traffici nella sanità anche se la giudice amica della sorella ha detto che non c'entrava nulla il governatore pugliese; per l'Ilva e la concussione di cui adesso Vendola e' chiamato a rispondere. In pratica, l'agenzia regionale per l'ambiente, era soggetta alle sue pressioni - dice la procura della Repubblica - in favore del management dell'Ilva di Taranto. Una fabbrica che ha dato lavoro a molti ma N che ha seminato anche lutti, secondo gli inquirenti. E Vendola e' ora nel mirino per le scelte politiche adottate e le telefonate imbarazzanti con i dirigenti del colosso industriale. L'inchiesta giudiziaria e' denominata "ambiente svenduto" e la dice lunga sulla magagne riscontrate dai magistrati. Quel che colpisce e' che di fronte al capo di un'amministrazione accusato di pretendere una posizione più morbida verso l'Ilva dall'agenzia che invece è chiamata a fare il suo dovere proprio a tutela dell'ambiente, lui resti al suo posto. No, Vendola si deve dimettere e questa sera proporrò ai fondatori del movimento per Alleanza nazionale di organizzare una grande manifestazione di piazza in Puglia per rappresentare un popolo stanco dei due pesi e delle due misure. Per alcuni le telefonate costano l'allontanamento dalla vita politica istituzionale; Vendola pretende persino di essere premiato.... Concussione di serie A e concussione di serie B... Il presidente della Puglia deve cessare il suo atteggiamento arrogante e lasciare la poltrona che occupa. Se le accuse saranno confermate, avrà compiuto atti che meriterebbero da soli il pubblico ludibrio. Siamo garantisti, ma anche lui ha il dovere di attendere senza fare danno il corso della giustizia. Io ho aspettato sette anni. Ora lo faccia lui. 2 Martedì 26 novembre 2013 Attualità IL CAPO DELLO STATO HA INVIATO UNA MISSIVA ALLA CORTE D’APPELLO DI PALERMO: “NON HO NULLA DA RIFERIRE” Trattativa Stato-mafia, Napolitano tace Il presidente della Repubblica era stato citato come teste per una lettera ricevuta dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio di Giorgio Musumeci Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come sarei ben lieto di potere fare se davvero ne avessi da riferire”. È questo il passaggio più importante della lettera inviata dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla Corte d’Assise di Palermo che sta indagando sulla trattativa stato-mafia. Una missiva nella quale l’inquilino del Quirinale spiega il suo rifiuto ad essere ascoltato come teste dai giudici, in merito alla lettera speditagli dal suo ex consulente giuridico, Loris D’Ambrosio, nel giugno 2012. In quella lettera, D’Ambrosio faceva riferimento al periodo che va dall’89 al 93, anni nei quali era in servizio all’Alto commissariato per la lotta a Cosa Nostra e al ministero della Giustizia, esprimendo il “vivo timore di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”. A tal riguardo, i magistrati di Palermo intendono sapere proprio a quali eventi l’ex consulente del Quirinale si riferisse nella sua lettera sfogatoria. Data l’impossibilità di sentire lo stesso D’Ambrosio, deceduto per un infarto nel luglio 2012, la Procura siciliana ha quindi deciso di sentire il presidente della “ Repubblica, nella speranza che questi potesse fornire chiarimenti. Tuttavia, Napolitano ha declinato l’invito. Nella lettera spedita alla Procura il 31 ottobre scorso, il capo dello Stato esclude di aver avuto indicazioni dal suo ex consigliere giuridico, anche riguardo al “vivo timore” a cui questi ha fatto “generico riferimento nella drammatica lettera del 18 giugno”. Inoltre sottolinea di non avere mai avuto modo, neppure in privato, di chiedere spiegazioni all’ex consulente riguardo quel passaggio inquietante. L’inquilino del Quirinale esclude pure di avere avuto occasione di confrontarsi con D’Ambrosio su vicende “relative ad anni nei quali –scrive testualmente Napolitano- non lo conoscevo ed esercitavo funzioni pubbliche del tutto estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafia. Dei problemi relativi alle modalità dell’eventuale mia testimonianza – conclude il capo dello Stato nella lettera- la corte da lei presieduta è peraltro certamente consapevole come ha, nell’ordinanza del 17 ottobre, dimostrato di esserlo, dei “limiti contenutistici” da osservare ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2012”. La lettera di Napolitano è già stata depositata dal presidente della Corte d’Assise di Palermo, Alfredo Montalto. Tuttavia, conoscere la verità sulle parole di D’Ambrosio, al momento resta impossibile. L’unica certezza è che D’Ambrosio era stato coinvolto in uno scambio di telefonate con l’ex ministro degli Interni nel 92, Nicola Mancino, che chiedeva un intervento del capo dello Stato sulla Procura nazionale antimafia per far avocare alla Procura di Palermo l’inchiesta sulla Trattativa. L’unico a poter sapere cosa tormentasse D’Ambrosio, era Giorgio Napolitano. Ma tant’è. DOPO LA ROTTURA NEL PDL, IL GOVERNO TESTA LA NUOVA MAGGIORANZA. MA SULLA MANOVRA RESTATO MILLE INCOGNITE Letta pone la fiducia sulla legge di stabilità lla fine, sulla Legge di Stabilità il governo porrà la fiducia. Ad annunciarlo è stato Dario Franceschini, ministro per i Rapporti con il Parlamento e per il Coordinamento delle attività di Governo. “Rispetteremo totalmente il lavoro del Parlamento ponendola sul testo che la Com- A missione bilancio sta ultimando –ha dichiarato Franceschini-. La fiducia è necessaria non soltanto per garantire i tempi di approvazione ma anche per verificare politicamente, con chiarezza e senza ambiguità, nel luogo proprio e sull’atto più importante, il rapporto fiduciario tra governo e maggioranza parlamentare”. Dunque, quello della manovra di bilancio, si preannuncia come il primo banco di prova per la maggioranza che sostiene l’esecutivo guidato da Enrico Letta, dopo la rottura avvenuta nel Pdl e la con- seguente fuoriuscita dei governativi guidati da Angelino Alfano. Contro la decisione del Governo si sferra Forza Italia che, attraverso le parole del vice presidente del Senato, Maurizio Gasparri, si chiede su quale testo venga posta la fiducia, date le numerose incognite che incombono ad esempio in materia di casa e pensioni. Riguardo gli immobili, ad esempio, si parla di un fondo da 3-400 milioni da destinare ai comuni per le detrazioni sui carichi familiari; restano molti dubbi anche relativamente alla sanatoria delle cartelle esattoriali e la sdemanializzazione delle spiagge. Intanto, nel fine settimana è stato approvato l'emendamento sul cuneo fi- scale che restringe la platea dei beneficiari ai redditi sotto i 35 mila euro. Niente di fatto, invece, riguardo la tanto millantata rivoluzione delle pensioni. È stato ritirato, infatti, l’emendamento al ddl stabilità che garantiva la rivalutazione delle pensioni fino a 4 volte la minima (2 mila euro) e introduceva il contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro (il 5%) sin dai 90 mila euro. Aldilà della fiducia, non è ancora possibile sapere quando, effettivamente, il testo approderà in aula. I lavori della Commissione Bilancio sono andati avanti a rilento, posticipando così la presentazione del testo in aula prevista per ieri pomeriggio. G.M. PUNTO E A CAPO Scacco matto sulla partita mediorientale di Biagio Cacciola ethanyau e la dittatura dei Saud ci sono rimasti molto male. L'accordo sul nucleare iraniano li ha spiazzati. L'Iran torna con questo accordo,che gli consente l'arricchimento dell'uranio fino alla soglia del 5%, al centro dell'area regionale piu' conflittuale del mondo. Obama ha praticamente dovuto riconoscere, insieme al subalterno Fabius, ridicolo ministro degli esteri francesi, la validita' dell'azione russa in Medio Oriente. In estate lo stop ai bombardamenti su Damasco con la scusa delle armi chimiche. Successivamente lo smantellamento degli arsenali chimici della Siria. Tutte vittorie russe sulla scena politica internazionale. Una Russia che puo' senza remore rivendicare il ruolo di vero dominus internazionale. Netanyau, obtorto collo, lo ha dovuto riconoscere, volando a Mosca per essere 'rassicurato' da Putin. Qualche anno fa cio' sarebbe stato impossibile. Per non parlare dei miliardi di dollari sbloccati nei confronti dell'Iran dagli americani ,con il regime degli ayatollah ,alleato strategico della Siria ,riconosciuto piu' importante delle lagne di Israele e della dittatura arabo saudita. Una dittatura che vede con questo ritorno alla grande dell'Iran sulla scena mediorientale, messa a repentaglio la pretesa di stato guida ,seppure a suon di petrodollari. Un vero schiaffo in faccia a chi nel Medioriente e' abituato con la prepotenza e il danaro a indirizzare le sorti dei quell'area. L'accordo di Ginevra ,almeno per sei mesi, riapre formalmente i colloqui tra gli Usa e il presidente Rohani. Lo stesso presidente che in pochi mesi ha sganciato la Persia dalla retorica a cui ci aveva abituato Ahmenjad, portandola fuori dalle sanzioni e ribaltando l'isolamento fortemente voluto da Israele e Arabia saudita. Infatti ora sono questi i paesi in difficolta' ,e gia' Israele ha annunciato il 'dispetto’ verso i colloqui di pace con i palestinesi autorizzando 800 insediamenti abitativi in zone palestinesi. Uno sfregio nei confronti non solo di Abu Mazen, ma anche del segretario agli esteri americano Kerry. A questo bisogna aggiungere il passaggio dell'Egitto in zona d'influenza russa ,dopo la cacciata della fratellanza mussulmana dal potere . Senza dimenticare l'inutilita' di 10 anni di guerra in Iraq ,ora su posizioni filosiariane e scite. Ginevra ha sancito la disfatta dell'asse islamico-sionista . Uno scacco matto nella continua partita del Vicino oriente. N CONTINUA IL BRACCIO DI FERRO TRA BANCA E FONDAZIONE Mps, ecco l’aumento di capitale da 3 miliardi di Federico Colosimo n aumento di capitale monstre, da 3 miliardi di euro, al fine di scongiurare la bancarotta. Stamattina il Cda della banca rossa Mps si riunirà e darà il via libera all’operazione, fissando un’assemblea già per la fine di dicembre. I vertici dell’istituto di credito – in attesa del via U ✝ Il direttore Francesco Storace, l'amministratore Roberto Buonasorte e tutta la redazione de Il Giornale d'Italia si stringono intorno alla famiglia Centi per la perdita del caro amico Piero libera dell’Unione Europea, che arriverà entro pochi giorni – continuano a premere sull’acceleratore e vanno al duello con la fondazione. Non sarà certamente una seduta tranquilla, quella odierna. Con Alessandro Profumo e Antonella Mansi pronti a sfidarsi a suon di stoccate e colpi bassi. L’ente socio, a braccetto con la sinistra, vuole rallentare a tutti i costi i tempi di approvazione del piano perché ha paura di perdere quel che resta del patrimonio che ha in cassa. E per allontanare lo spettro di nuovi investitori stranieri pronti ad entrare in scena prepotentemente. Il management, al contrario, vuole uscire al più presto dalla gravissima situazione di insolvenza che potrebbe portare dritti alla nazionalizzazione. A sostenere l’operazione e a scendere letteralmente in campo, un consorzio di garanzia composto da 10 banche. Come global coordinator, Ubs, Mediobanca, Citigroup e Goldman Sachs. In qualità di joint-bookrunner, Societé Generali, Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Merrill Lynch, Morgan Stanley e Barclays. A queste dovrebbero affiancarsi altre 3 banche minori che però non sarebbero ancora state decise. Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] 3 Martedì 26 novembre 2013 Attualità In Vaticano lo storico incontro: la situazione in Siria ma non solo al centro dei colloqui Il Papa e Putin costruttori di pace Sullo sfondo anche relazioni migliori tra la chiesa cattolica e quella ortodossa russa di Igor Traboni durato circa 35 minuti ieri sera il colloquio privato tra papa Francesco e il presidente russo Vladimir Putin nella Sala della Biblioteca dell'appartamento papale. Il colloquio è avvenuto alla presenza di un interprete ed è stato anticipato da imponenti misure di sicurezza in tutta Roma. Al centro la volontà del perseguimento della pace in Siria, sottolineando "l'urgenza di far cessare le violenza e di favorire iniziative concrete per una soluzione pacifica del conflitto". L'udienza in Vaticano - cominciata con quasi 50 minuti di ritardo, dovuti al ritardato arrivo del presidente russo impegnato in altri appuntamenti romani - fa seguito alla lettera che il Papa, all'inizio di settembre, scrisse a Putin in quanto presidente come padrone di casa del G20 che si teneva a San Pietroburgo. In quell'occasione il Pontefice, alla vigilia della giornata di preghiera e digiuno per la pace in Siria, faceva appello ai grandi della terra affinché trovassero "una soluzione che evitasse l'inutile massacro a cui stiamo assistendo". Proprio la sanguinosa crisi siriana È e l'urgenza di un ritorno alla pace nella regione sono stati dunque al centro dell'incontro in Vaticano. Sulla Siria ieri mattina era intervenuto anche il ministro degli Esteri russo Lavrov: "Sarebbe un gravissimo errore e una responsabilità criminale ctrascurare la possibilitàcdi trovare una soluzione con la conferenza di Ginevra 2. Sullo sfondo l'auspicio espresso dal Patriarcato di Mosca che la visita di Putin in Vaticano aiuti a rafforzare le relazioni tra Russia e Santa Sede e anche quelle tra la Chiesa ortodossa russa e quella cattolica romana. Pochi giorni fa, il 12 novembre, il Papa ha ricevuto il metropolita Hilarion, considerato il "ministro degli esteri" del Patriarcato di Mosca, nello stesso giorno in cui il patriarca Kirill accoglieva a Mosca il cardinale di Milano Angelo Scola. Quest’ultimo può essere considerato il gran tessitore dell’incontro con Putin, assieme all’arivescovo metropolita di Mosca, l’italiano Paolo Pezzi. Riferendosi alla possibilità di un incontro in territorio neutro tra il patriarca e il Papa, il metropolita Halarion aveva detto: "Non siamo ancora pronti per dire quando e dove avverrà questo incontro, ma ci stiamo lavorando”. Al termine il Pontefice e il presi- dente si sono scambiati i doni. Il Papa ha regalato a Putin un mosaico con una veduta dei Giardini Vaticani. Il presidente russo ha donato al Pontefice un'icona della Madonna di Vladimir, una delle immagini più venerate della Chiesa ortodossa. Putin si è fatto il segno della croce secondo l'uso ortodosso e ha baciato l'ìcona mariana, subito dopo baciata anche dal Pontefice. Dopo l'udienza papale, Putin accompagnato dai ministri russi degli Esteri e della Difesa - ha incontrato il segretario di Stato vaticano, monsignor Pietro Parolin. Anche questo incontro è durato circa mezzora. Il corteo di auto di Putin è uscito dal Vaticano alle 19.10. Putin si è poi recato al Quirinale per incontrare Napolitano e ha infine cenato con Berlusconi.. MAGISTRATURA, POLITICA E GIORNALISMO, IL LEADER DI AZIONE CIVILE NON SI È FATTO MANCARE NULLA Il ritorno dorato di Ingroia: ex di tutto Tra le polemiche, il “rivoluzionario rosso” è stato nominato commissario di Sicilia e Servizi dall’amico Crocetta di Giuseppe Giuffrida tornato, Antonio Ingroia, ed è più vispo che mai. La sberla presa alle scorse elezioni politiche, per l’ex pm malato di megalomania, è ormai un ricordo lontano. E pure le polemiche con il Consiglio Superiore della Magistratura sono roba da archivio. Lui, del resto, c’aveva provato a diventare eroe dell’antimafia. A suo parere, le carte necessarie a finire nei libri di storia c’erano tutte: Era nato a Palermo, in magistratura si era fatto le ossa a fianco di Paolo Borsellino, ha tentato per una vita di mandare in galera Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, indossando le vesti del giustizialista che arriva dove la politica non è capace di arrivare. Spronato dagli elettori delusi da un centrosinistra più confuso che persuaso, si era pure candidato a premier convinto di fare il botto. Non c’era trasmissione televisiva che non lo vedesse nel parterre degli ospiti. Quando camminava per strada sembrava il fercolo di Santa Rosalia; tutti lo fermavano, incitandolo ad andare avanti nella sua operazione legalità. Perfino i ragazzini lo riconoscevano. E poco importava se il motivo di tale popolarità non fosse il suo operato alla Procura di Palermo ma l’imitazione che Maurizio Crozza ne faceva in tv, prendendone di mira l’entusiasmo nell’esporre il suo programma di governo paragonabile a quello di un prete durante un’orazione funebre. Antonio Ingroia il botto l’avrebbe fatto comunque. Tanto ci si è messo, che alla fine l’ha fatto davvero; nell’acqua, però, con la sua “Rivoluzione Civile” alle elezioni. lui, abituato alle temperature palermitane, potrebbe venire un coccolone. Non ci sta perché per lui, il capitolo magistratura è chiuso. Ormai è un uomo della pubblica amministrazione. Dunque, il giorno dopo aver messo piede al Nord, l’ex politico se ne va un mese in ferie, e il 14 giugno, annuncia le dimissioni dalla magistratura. Peccato però che, pochi giorni più tardi, è la magistratura stessa a farlo decadere per mancata presenza sul posto di lavoro. Cose da pazzi. Un eroe dell’antimafia come lui si ritrova, tutt’ad un tratto, con una mano davanti e una di dietro. Fuori dal Parlamento e fuori dalla magistratura. È Da Santa Rosalia a Rosario poco santo La depressione da fallimento politico, per l’eroe mancato Ingroia è durata pochissimo. L’8 aprile scorso, infatti, l’illustrissimo governatore della Sicilia, Rosario Crocetta - uomo da sempre impegnato a trovare impiego agli amici- decide di imbarcare nella sua squadra di cognomi eccellenti, ex dirigenti della Questura, estimatori e segretarie, pure l’ex magistrato. Quale posto migliore per Ingroia, che quello di presidente di Riscossione Sicilia, società che si occupa delle imposte in terra sicula? Era pronto a tornare, Antonio. Più vispo che mai. Già si vedeva davanti agli occhi il saldo del suo conto bancario, mantenuto in ottima salute grazie ai soldi dei suoi conterranei. A fermare il sogno, però, ci pensano nientemeno che i suoi ex colleghi della Iustitia. Il Csm, infatti, irrompe a gamba tesa e invita il magistrato a prenotarsi un biglietto per Aosta dov’è stato incaricato di svolgere le sue funzioni. Com’è fredda la mia Valle Ma Antonio non ci sta. E non solo perché in Valle d’Aosta fa notoriamente freddo ed ad uno come Ci pensa l’Avvocatura dello Stato Fortuna che c’è Crocetta, che sotto i fumi delle petrolifere di Gela, perennemente lì a coprire il meraviglioso sole siculo, ha pensato di bene di nominare Antonio Ingroia quale nuovo commissario di Sicilia e Servizi, società pubblica per l’informazione. Non fosse altro che la società siciliana aveva già le carte dal notaio per avviare l’iter di scioglimento. Dinanzi al “no” secco del notaio e alle perplessità del consiglio d’amministrazione della partecipata, la nomina dell’ex magistrato rimane congelata per mesi. A porre fine alla barzelletta, a novembre inoltrato, ci pensa l’Avvocatura dello Stato, che dà il via libera al percorso tracciato da Crocetta di liquidare la società e nominare un nuovo commissario. Dunque, l’ex magistrato può insediarsi. Dal canto suo, Ingroia, ha rispolverato l’abito di uomo della legalità, promettendo ferro e fuoco contro chiunque abbia ostacolato la sua nomina. Intanto, gli amministratori della società, in vista della scadenza del contratto di servizio con la Regione a fine dicembre, hanno inviato il preavviso di licenziamento ai settanta dipendenti. Ma niente paura. È tornato, Antonio Ingroia, ed è più vispo che mai. 4 Martedì 26 novembre 2013 Attualità IN ONDA SU RAI UNO IL DOCUMENTARIO DI SILVIA GIRAL UCCI SUL LA PADOVA DEGLI ANNI DI PIOMBO “Sfiorando il muro” dell’indifferenza. Che andrebbe abbattuto di Cristina Di Giorgi Sfiorando il muro”. Un titolo estremamente evocativo per un documentario che si propone di tracciare un percorso nella Padova degli anni 70. Una città in cui, il 17 giugno 1974, hanno perso la vita, uccisi dalle Brigate rosse, i militanti del MSI Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci. Le prime vittime del terrorismo rosso, che inaugura così il passaggio dalle azioni dimostrative allo spargimento di “ sangue. Sfiorando il muro su cui, oggi come ieri, campeggiano scritte. Che a volte chiedono giustizia, altre ricordo e altre vendetta. Un muro, quello di una delle case della periferia di Padova in cui ha vissuto la nonna di Silvia Giralucci (figlia di Graziano e autrice del documentario, andato in onda domenica sera su Rai Uno), su cui qualcuno ha scritto “Fuori i compagni del 7 aprile”, firmato falce e martello. E’ da questa scritta e da questo muro che Silvia inizia il suo viaggio in quel periodo difficile, per lei – allora bambina – e per tutti coloro che, in un modo o in un altro lo hanno vissuto. “Sfiorando il muro” nasce dall’esigenza di spiegare lo spirito degli anni Settanta ad un ragazzo di oggi. E di fare i conti – per l’autrice e regista – con il proprio passato. Quello personale, fatto di dolore per la mancanza del padre, e quello generale, fatto di politica vissuta in modo intenso, totalizzante e a volte, purtroppo, anche violento. Nel rispetto assoluto del travaglio interiore di una figlia, cresciuta senza le risposte che, da adulta, ha avuto il coraggio di andarsi a cercare, il lavoro di Silvia Giralucci lascia, almeno in parte, una certa sensazione di incompiuto. Soprattutto per quanto riguarda la comprensione delle ragioni e delle motivazioni di quella che, a quanto pare, continua ad essere “la parte sbagliata”. Nel documentario c’è infatti una lunga sequenza che racconta di eventi e personaggi della sinistra, con tanto di interventi e testimonianza di un “cattivo maestro” di allora che, ancora oggi, rivendica senza pudore né vergogna la vio- lenza compiuta. Altrettanto importante lo spazio dedicato a Pietro Calogero, il magistrato che si occupò delle indagini sul Fronte della Gioventù patavino prima (1975) e su Autonomia operaia poi (1979) e che rilancia l’ormai noto teorema degli “opposti estremismi”, senza peraltro in alcun modo riconoscere il peso e le responsabilità di una certa frangia della magistratura, politicamente orientata, in molto di quel che accadde in quegli anni bui, a Padova e non solo. Non manca nemmeno un accenno ai “tanti giovani – scrive la stessa Giralucci – che avevano creduto nel movimento del ’77, che videro in quell’operazione (gli arresti del 7 aprile ai danni di Autonomia operaia) l’inizio della repressione, la fine dei sogni”. Quello che sembra mancare, nonostante la testimonianza di Stefania Paternò (allora dirigente del FdG), è uno sforzo maggiore di indagine e di comprensione sulla comunità politica missina, sul significato che aveva allora essere di destra, sul senso che ha, oggi, ricordare chi a quell’appartenenza ideale ha sacrificato tutto. Per carità, ha ragione chi sottolinea che “Sfiorando il muro” non è stato fatto per rafforzare la memoria identitaria della destra. Ed è altrettanto vero che rappresenta comunque un passo avanti nell’abbattere quel muro di indifferenza che la città di Padova e l’Italia tutta hanno costruito attorno ai morti “fascisti”. Resta però anche la mancanza di accuratezza e completezza – per quanto di possibilità e materiale a disposizione l’autrice ne avesse non poco – nel descrivere “l’altra parte”. A questa carenza, vissuta come un’altra occasione persa da tutti coloro che si aspettavano qualcosa in più dal documentario di Silvia Giralucci, rispondono i volti sereni dei ragazzi che, inquadrati brevemente, hanno reso omaggio alla memoria dei due missini assassinati a Padova il 17 giugno 1974. E, con altrettanta limpidezza, le parole di Mario Bortoluzzi, allora militante del FdG di Padova, che scrive: “credo che un ragazzo ‘fascista’, oggi ultracinquantenne, se avesse l'occasione di essere sentito dall'autrice potrebbe dirle: in quegli anni ho rischiato la mia vita e quella dei miei cari per difendere il semplice diritto di esistere della mia gente, avendo ben presente davanti agli occhi il sacrificio di Suo Padre e di Giuseppe Mazzola. Ciò facendo, ho fatto definitivamente mio il valore inestimabile della libertà”. Secondo la Corte d’Assise di Roma “non è chiaro se quella pur grave azione delittuosa potesse avere un’efficacia destabilizzante” Assolti gli assassini di Quattrocchi Una sentenza che suscita indignazione e contro la quale il pm Erminio Amelio ha presentato ricorso in Appello di Emma Moriconi ome si potrebbero definire delle persone che uccidono un italiano e ne tengono prigionieri altri tre per 58 giorni? Secondo i giudici italiani non sono terroristi. Parliamo di Ahmed Hillal Qubeidi e Hamid Hillal Qubeidi, arrestati durante la liberazione di Salvatore Stefio, Umberto Cupertino e Maurizio Agliana, loro carcerieri e assassini di Fabrizio Quattrocchi. La loro identità, dicono i giudici, non è comprovata. Come a dire che quando sono stati catturati mentre facevano la guardia ai tre prigionieri si trovavano lì per caso. Inoltre, sostengono, il loro collegamento con gruppi eversivi non è evidente. Infine, l’esecuzione non è un atto di terrorismo. Insomma, per la Corte d’Assise di Roma non ci sono terroristi né eversivi, a meno che ad essere tenuta prigioniera non sia una giornalista che si chiama Giuliana Sgrena. Poco conta, probabilmente, che Carlo Azeglio Ciampi abbia assegnato a Quattrocchi una Medaglia al Valor Civile con la motivazione “vittima di un brutale atto terroristico rivolto contro l’Italia, con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l’onore del suo Paese”. Non solo: “non è chiaro se quella pur grave azione delittuosa potesse avere un’efficacia destabilizzante da poter disarticolare la stessa struttura essenziale dello stato democratico”, dicono. Proprio così: “efficacia destabilizzante”. Cioè, per essere definiti terroristi e per essere condannati, due assassini devono uccidere con “efficacia destabilizzante”? e occorre che tale efficacia sia tale da “disarticolare la stessa struttura dello stato democratico”? L’omicidio di Fabrizio Quattrocchi, ucciso barbaramente affinché l’Italia capisse che le truppe dovevano ritirarsi dall’Iraq, non è dunque, per i giudici italiani, un atto eversivo. C Non lo è la segregazione di tre ostaggi che avrebbero avuto lo stesso destino di Quattrocchi se non fossero stati liberati. Ebbene, quell’ “amor di Patria” citato da Ciampi nella motivazione della Medaglia al giovane Quattrocchi, non lo ha ripagato con la medesima passione. Quel sacrificio supremo, per i giudici del nostro Paese, non vale nulla. Nulla conta la testimonianza di Stefio secondo cui uno dei rapitori avrebbe più volte affermato di aver preso parte all’attentato di Nassirya: le sue dichiarazioni sono state ritenute “semplici vanterie dirette ad accrescere il timore delle vittime”. Ogni italiano ricorda sin troppo bene le immagini di quel giovane che gridava “vi faccio vedere come muore un italiano”, mentre un colpo stava per colpirlo alla nuca. Il filmato di quel fatto, trasmesso parzialmente dalla tv italiana, ha fatto rabbrividire, generando nella popolazione un sentimento di rabbia mista ad orrore. Ogni “italiano”, a prescindere dall’appartenenza politica. È davvero deprimente leggere il Fatto Quotidiano quando scrive: “La decisione della corte d'Assise di Roma scatena gli attacchi della destra”. Come sa- rebbe a dire “della destra”? che significa? Che la sinistra, invece, plaude all’assoluzione di due terroristi assassini? Sarebbe davvero il colmo. Fabrizio Quattrocchi, la cui vicenda ha commosso tutto il mondo, viene così calpestato dalla sua Italia, ucciso per la seconda volta, lui insieme alla sua memoria. Il pm Erminio Amelio, che aveva chiesto per i due indagati la condanna a venticinque anni per finalità terroristiche, ha annunciato di aver presentato ricorso in Appello contro la sentenza. 5 Martedì 26 novembre 2013 Mobilitazione e forti disagi a Roma per i cortei pro-Stamina I malati tornano in piazza per la “libertà di cura” Dopo il no della Lorenzin a ricevere i manifestanti, caos a Montecitorio di Francesca Ceccarelli onostante le temperature artiche, un’altra giornata di fuoco nella Capitale: stavolta a infiammare le strade romane una nuova manifestazione del Comitato Pro-Stamina. “Libertà di cura” è quello che chiedono i pazienti assieme alla possibilità di essere ascoltati dalle istituzioni. Tensione massima quando è stato annullato l’incontro fra la delegazione di manifestanti pro-Stamina e i rappresentanti delle istituzioni inviati dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Sarebbe stata giudicata infatti “irricevibile” da parte della presidenza del Consiglio dei ministri la presenza del presidente di Stamina Foundation, Davide Vannoni, clausola che la delegazione di malati aveva definito imprescindibile affinché l’incontro avvenisse. Dopo il no a priori i manifestanti si sono fatti ancora più numerosi in piazza Montecitorio, tanto che si sono verificati anche due lievi malori fra le persone in protesta che hanno tentato di sfondare N il cordone delle forze dell’ordine. I portoni della Camera sono stati sbarrati e un nuovo reparto di poliziotti in assetto antisommossa è stato fatto arrivare per proteggere l’ingresso. “I malati e i familiari, in questa fase, sono disposti ad autotassarsi per sostenere le spese dovute alle terapie presso gli ospedali pubblici (carotaggi ed infusioni) al fine di non gravare sul Servizio sanitario nazionale” hanno ripetuto i manifestanti. In un volantino distribuito al presidio davanti la Camera dei Deputati, l’elenco dettagliato elencate delle richieste alle istituzioni: l’emissione di un decreto ministeriale d’urgenza che introduca l’istituzione di cure compassionevoli di emergenza, sulla falsa riga del decreto Turco-Fazio del 2006, per i malati gravi e in pericolo di vita; l’immediato sblocco delle liste d’attesa degli spedali Civili di Brescia, per i circa 140 malati in attesa di iniziare le cure con le cellule staminali secondo il metodo Stamina; l’autorizzazione anche per gli altri ospedali ad erogare i medesimi trattamenti. E ancora: “L’avvio di una sperimentazione scientifica ministeriale eseguita con i crismi di trasparenza, con un Comitato tecnico scientifico internazionale e nomina di un organismo internazionale e indipendente di valutazione, che non sia composto da scienziati che abbiano conflitti di interesse, ovvero che abbiano già espresso pubblicamente giudizi negativi sulla metodica Stamina. Attualità Libia Bengasi in rivolta: morti e feriti negli scontri A Bengasi è stato d’allerta: così è stato deciso da Abdullah alSaiti, governatore militare della seconda città della Libia, in seguito ai combattimenti tra le forze speciali dell'Esercito e le milizie del gruppo salafita Ansar al-Sharia che hanno sconvolto ieri la città. Attraverso la tv locale Nabaa, i funzionari del ministero della Sanità hanno dichiarato che le morti sarebbero al momento 14, tra cui cinque militari, mentre i feriti sarebbero 51, di cui la metà civili. Il governo ha inoltre revocato immediatamente tutte le licenze concesse ai soldati libici, invitandoli a riprendere immediatamente servizio, mentre gli abitanti sono stati esortati a non uscire di casa. Un portavoce delle forze speciali, colonnello Milud al-Zwei, ha spiegato che la battaglia “è divampata dopo che i salafiti avevano attaccato una pattuglia nei pressi del loro quartier generale”. La battaglia si è concentrata in prossimità di una clinica gestita dai jihadisti nel quartiere settentrionale di Selmani. Alcuni testimoni hanno riferito il verificarsi di veri e propri combattimenti a colpi di armi pesanti, mentre una densa coltre di fumo si è sollevata dalla zona di Ras Obeida. Ansar al-Sharia è un gruppo filo- al-Qaeda, considerato il responsabile dell'attacco terroristico del settembre 2012 contro il consolato Usa della città di Bengasi, in cui persero la vita quattro persone, tra cui l’ambasciatore americano Chris Stevens. Da tempo si ripetono gli sforzi delle forze armate libiche per contenere i militanti islamici e le decine di milizie rivali che nel 2011 parteciparono alla rivolta contro il regime di Mu’ammar Gheddafi ma che, dopo la sua caduta, si rifiutarono di lasciare le armi. Solo Domenica la Libia era stata al centro dell’incontro londinese tra il premier libico Ali Zeidan e il segretario di Stato Usa, John Kerry. “Il Regno Unito, gli Stati Uniti e i nostri amici vogliono aiutare la Libia per darle la stabilità di cui ha bisogno” aveva detto Kerry. Un impegno sottolineato anche dal capo del Foreign Office, che ha parlato della necessità di “aiutare il governo e il popolo liF.Ce. bico”. Martedì 26 novembre 2013 6 Storia I successi del gerarca crescono a dismisura, come la sua popolarità. Un personaggio che dà lustro al Fascismo e all’Italia Italo Balbo Governatore in Libia / 3 “Amo la vita per l'amore che soggioga, per il dovere che innalza, per l’Idea che ci rende uomini e che fa diventare le nostre anime sublimi” di Emma Moriconi a colonia libica con Balbo diventa sviluppatissima: dalla Tunisia all’Egitto un’arteria la attraversa: si chiama “Balbia”. Quando Mussolini vi si reca in visita è fieramente orgoglioso del lavoro svolto dal Governatore. Il Duce è accolto con entusiasmo dalle popolazioni libiche. Atterra a Tripoli in serata ed entra in città a cavallo di un destriero bianco. Le fiaccole e i 2.600 cavalieri che lo seguono sono uno spettacolo unico. Il giorno successivo Mussolini brandisce la spada dell’Islam, forgiata da un orafo fiorentino. Quando torna in Italia, Benito parla di Balbo e della sua immane opera con la sorella Edvige, che anni dopo riferisce: “Non potevo esprimere a mio fratello che un’impressione favorevole su quanto avveniva nella nostra colonia, consule Balbo. Gli dissi anche del cambiamento che si era verificato nell’uomo: al che sorridendo mio fratello mi chiese come se la cavasse l’antico repubblicano nei rapporti frequenti che doveva avere, ad esempio, con la principessa Jolanda di Savoia e con suo marito, conte Calvi di Bergolo, ufficiale superiore a Tripoli. Risposi che avevo visto Balbo davanti alla principessa e al consorte comportarsi con un felice equilibrio fra la dignità inerente alla sua carica e le forme protocollari dell’ossequio dovuto a rappresentanti L risulta decisamente interessante: “La straordinaria diffusione del volo umano - scrive infatti il quotidiano - le linee intercontinentali e quelle a basso costo ci permettono di apprezzare meglio quanto sia stata importante l’intuizione geniale dell'alpino ferrarese: capire che il volo sarebbe stato alla portata di tutti soltanto organizzandolo non come impresa eroica di pochi audaci, ma come prassi quotidiana per uomini comuni che possono volare tranquilli, certi di una perfetta organizzazione a terra come in cielo. Con le sue trasvolate atlantiche - dice poi - Balbo ha fatto fare un passo avanti all'umanità. A chi ancora obiettasse che si trattò di un’impresa fascista, occorre per forza rispondere come rispose nel dopoguerra il sinItalo Balbo, al centro fra Benito Mussolini e un altro gerarca, durante una serata di gala in Libia daco di Chicago stupito all’ambasciatore della Dinastia, il tutto su un fondo di tolo: “Balbo, aviatore (e governatore) italiano che gli chiedeva di cambiare disinvoltura; mi compiacqui con lui sempre più attuale” e, nel sommario: il nome alla strada dedicata a Balbo: anche per il suo stile”. “Ora che il Fascismo è materia solo “Perché, non ha trasvolato l’AtlantiIl Giornale di qualche giorno fa deper gli storici, emerge l’importanza co?”. dicava ad Italo Balbo un pezzo da tidelle sue imprese”. Un passaggio Insomma, come a voler dire che in questa Italia alla rovescia sembra non si possano esaltare le gesta e le opere di un grande uomo come Italo Balbo solo perché fu un fascista. Come se quel Ventennio della storia d’Italia debba essere cancellato e, qualora se ne debba parlare per forza, lo si possa fare solo in senso negativo. Ebbene il Ventennio fascista è un pezzo della storia d’Italia, con le sue luci e le sue ombre: datosi che sulle ombre si è scritto a fiumi, si faccia altrettanto con le luci. Ecco, Italo Balbo è un personaggio che al Fascismo ha dato lustro. Il suo coraggio, la sua spinta innovativa, il suo animo ardimentoso hanno indotto spesso alla sua identificazione con un personaggio cavalleresco rinascimentale: Balbo è invece un uomo del suo tempo, con uno spirito vulcanico ed una determinazione fuori dal comune. Dice di se stesso: “Così è il mio animo: io amo la vita per la natura, per il bello, per il sole che irradia, per l'amore che soggioga, per il dovere che innalza, per l'Idea che ci rende uomini e che fa diventare le nostre anime sublimi”. Del resto Italo Balbo alla giovane età di 26 anni è uno dei quadrumviri della Marcia su Roma e a 27 entra nel governo: una carriera iniziata presto e in grande. Purtroppo, finita altrettanto presto per un banale quanto tragico incidente. (… continua …) [email protected] 7 Martedì 26 novembre 2013 Roma e Lazio È INIZIATA IN AULA GIULIO CESARE LA “MARATONA” SULLA MANOVRA FINANZIARIA NOTA A MARGINE Caschetto in testa, Marino va alla battaglia del bilancio La gomitata di Rossin un assist per il sindaco Corsa contro il tempo, con centinaia di migliaia di emendamenti Ma gli occhi sono puntati sull’atteggiamento ondivago dei 5 Stelle l sindaco? Come Caterina Caselli. Il caschetto non è però d’oro, ma bianco. E di plastica. Reduce dal sopralluogo a La Nuvola, il nuovo centro congressi griffato Fuksas all’Eur, Ignazio Marino si è voluto portare il souvenir in aula Giulio Cesare per la discussione del bilancio. Non si tratta soltanto di voler richiamare una battaglia da affrontare in trincea per l’approvazione di una manovra che conosce solo due baratri: quello di una maggiorata imposizione fiscale da una parte, quello del commissariamento del Comune dall’altra. No. Il caschetto richiama ormai solo la gomitata galeotta che il primo cittadino si è beccato durante concitate fasi durante la discussione avviata domenica. Alle sue spalle, il presidente del consiglio comunale Mirko Coratti, fronteggiava la dura contestazione dei rappresentanti dell’opposizione. Tra questi c’era Dario Rossin, di Fratelli d’Italia, dai banchi della maggioranza arrivava un altro dal temperamento “focoso”, Gianluca Peciola. Tra i due l’alterco si accendeva un po’ troppo, fino ad arrivare alle mani, ma a rimetterci era proprio il sindaco, colpito da una gomitata. Volontaria? No? Inutile chiederselo: fatto sta che l’indomani è stato proprio il “ferito” (ovviamente in maniera assolutamente lieve) a sdrammatizzare, utilizzando appunto il caschetto per mostrare la filosofia con la quale ha preso l’accaduto. Meno filosofia rischia di utilizzare l’ufficio di presidenza, I al cui vaglio sarebbero delle sanzioni da operare proprio nei confronti di Rossin. Tant’è. L’episodio fa da sfondo allo scontro in atto per il bilancio. Con la maggioranza che vorrebbe approvare nel più breve tempo possibile la manovra per scongiurare la vergogna del commissariamento e l’opposizione che cerca invece di strappare, attraverso centinaia di migliaia di emendamenti, singoli successi a livello politico su quelli che potrebbero essere punti più o meno qualificanti del proprio programma elettorale. La maratona sul bilancio, a prescindere dagli effetti che potrebbe avere il suo risultato finale, è anche un momento di verifica politica per la maggioranza. La manovra pare decisamente sostenuta da Si- nistra Ecologia Libertà, più tiepida è l’accoglienza di Pd e liste civiche. Tanto che ieri mattina, quando si sono aperti i lavori, i banchi erano ben poco popolati e il numero legale è subito mancato. Un segnale chiaro di disaffezione da parte degli stessi consiglieri di maggioranza, mentre lo stesso sindaco era in tutt’altre faccende affaccendato. In tutto questo, il maggiore dei punti interrogativi è rappresentato dal comportamento di parte delle opposizioni. Alfio Marchini, a dispetto di qualche voce su un suo possibile salvagente verso la giunta Marino al momento del voto, si è pubblicamente espresso con un giudizio negativo nei confronti del bilancio. Difficile perciò che possa anche pensare all’astensione. Ben diverso l’atteggiamento del Movimento 5 Stelle. Il silenzio della fazione grillina, in questi primi sei mesi di giunta Marino, è stato assordante. Anche durante la discussione del bilancio, De Vita e soci stanno facendo i pesci in barile. Loro dicono di essere “guardiani” della democrazia in questa fase. Sarà interessante vedere da che parte saranno, questi guardiani, quando sarà il momento di alzare la mano per esprimere il proprio parere. Robert Vignola La gazzarra in consiglio comunale restituisce collante a una maggioranza senza più slancio na buona regola per un buon politico: il gomito non si alza. Un’altra buona regola per un buon politico: il gomito non si alza nemmeno per colpire un avversario. Intendiamoci: la nottata dei veleni in aula Giulio Cesare non è stata certamente la prima, né sarà l‘ultima rissa di cui l’opinione pubblica sentirà parlare, che abbia per palcoscenico le varie istituzioni. Quando si amministra, e si devono portare le istanze della gente dentro il palazzo, in fondo è meglio essere sanguigni che esangui. Ma il sangue non deve mai annebbiare il cervello: in primo luogo per non lasciare neanche uno spiraglio aperto alla pratica della violenza politica, in secondo luogo per non macchiare le proprie giuste convinzioni con l’ombra dell’arroganza. Ecco, è giusto che si parli ancora di ombra, visto che il diretto interessato della gomitata a Ignazio Marino ha riferito che non si è avveduto, in quei concitati momenti, di aver colpito il sindaco e che questa non era minimamente la sua volontà. O forse, chissà, è stata la testa del chirurgo a colpirne il gomito. Botte da orbi, si diceva un tempo… Fatto sta che Dario Rossin, il consigliere protagonista di questa storia, è stato il migliore degli assist-men proprio per il sindaco Marino. L’immagine di U quest’ultimo, ridotta rasoterra da pochi mesi di amministrazione guidata con furia demolitrice e assoluta insipienza, può infatti ora aggrapparsi alla figura da vittima che questa storia gli ha riservato. Magari ricompattando anche le truppe della coalizione che si stavano stufando di sostenerlo, perché nulla coagula le forze della sinistra quanto un avvenimento del genere. Ecco qui, servito su un piatto d’argento, l’autogol della cosiddetta destra moderata che siede in Campidoglio. I segnali sono chiari, il riflesso pavloviano nelle varie anime della maggioranza è già scattato e queste venderanno la pelle pur di far restare Marino, che pure alcuni di loro ritengono inetto, sulla poltrona di sindaco di Roma. Di questo, oltre che della gomitata, Rossin dovrebbe davvero chiedere scusa. Bruno Rossi CRISI POLITICA SENZA SBOCCO, ELEZIONI A MAGGIO UN ALTRO INCREDIBILE EPISODIO A CIAMPINO Cade la giunta, anche Civitavecchia al voto Baby-nomade costretta a rubare dal marito Spaccatura insanabile a sinistra, volano gli stracci tra Sel e Pd Quando i carabinieri sono arrivati nel campo, le due famiglie si stavano “contendendo” la ragazzina ivitavecchia è senza amministrazione comunale. Si aggiungerà quindi, centro del Lazio più importante per quella tornata, alla lista dei Comuni che dovranno eleggere sindaco e consiglio nel prossimo maggio. L’epilogo ha avuto luogo tra domenica sera e ieri mattina. Il sindaco Pietro Tidei, ex parlamentare del Pd (padre di Marietta, che siede oggi ai banchi della Camera) aveva rassegnato le dimissioni domenica. Era stato l’estremo tentativo di osteggiare l’operazione politica di sfiducia già in atto, con otto consiglieri di maggioranza (quattro di Sel, tre di liste civiche e l’ex capogruppo del Pd) che si stavano contestualmente riunendo con altrettanti consiglieri di minoranza per arrivare alla chiusura della stagione amministrativa iniziata nel maggio dell’anno scorso. Niente da fare: ieri mattinagli stessi 16 consiglieri hanno fatto pervenire le proprie contestuali dimissioni dal consiglio comunale, facendo automaticamente decadere l’amministrazione. La “caduta” di Civitavecchia ha mandato in fibrillazione tutto il centro-sinistra della provincia di C no spaccato che spacca il cuore, uno squarcio sulla vita dei campi nomadi che fa brandelli delle buone parole dei benpensanti, sempre pronti ad organizzare una difesa d’ufficio per i protagonisti di storie allucinanti. Così, come quelli che sono sempre pronti a definire leggenda metropolitana l’utilizzo quanto meno spregiudicato che i nomadi fanno dei figli (speso volentieri altrui). Poi si scopre che di metropolitana c’è la stazione di Ponte Mammolo, dove una giovane si è vista portar via il figlioletto di otto mesi da una ospite dei noti campi. Oppure si viene a sapere di episodi agghiaccianti, come l’ultimo che arriva dalle cronache di Ciampino. All'inizio sembrava una lite tra esponenti nomadi di diverse etnie all'interno di un campo nomadi, ma quando sono intervenuti i carabinieri del posto, hanno capito che le due fazioni, una di origine U Roma. In particolare ci va giù duro Rocco Maugliani, segretario provinciale del Pd, secondo il quale “è deplorevole l’atteggiamento tenuto da Sel, i cui quattro consiglieri, tradendo il mandato elettorale, hanno messo nelle mani di Moscherini, il vero artefice del dissesto economico del comune, le loro dimissioni, annullando di fatto qualsiasi spazio di confronto. Si tratta di un fatto di una gravità inaudita che non potrà non avere ripercussione sulla fase politica e amministrativa che si apre in provincia di Roma e nel Lazio”. Maugliani ha anche annunciato che l’ex capogruppo civitavecchiese del partito, il suo quasi omonimo Flavio Magliani, sarà deferito agli organi del Pd per l’espulsione. Ma dalla sponda di Sel ci pensa Giancarlo Torricelli, coordinatore dell’area metropolitana di Roma per i vendoliani. “Quella di Civitavecchia è una crisi di governo annunciata. L’ormai ex Sindaco, Tidei, ha per troppe volte voltato le spalle al programma di centrosinistra, sottoscritto con le altre forze politiche della maggioranza. A rendersi conto della situazione ci sono anche esponenti dello stesso partito democratico, che non hanno esitato a chiedere a Tidei un passo indietro, dopo aver condiviso con noi la forte preoccupazione riguardo la deriva che l’ex Sindaco aveva preso”. R. V. serba e l'altra di origine macedone, stavano litigando per una ragazzina. Si tratta di una sedicenne, di origine macedone, domiciliata nel campo di Ciampino e che già tre anni fa era andata in sposa ad un ragazzo del campo di Castel Romano, di origini serbe, di due anni più grande di lei secondo un accordo stipulato tra le famiglie. Ma ora la ragazzina voleva rompere quel patto e voleva rientrare nella sua famiglia di origine. Questo ripensamento ha fatto accendere la lite. I carabinieri intervenuti, dopo aver placato gli animi hanno ricostruito la vicenda ed hanno accertato che la famiglia acquisita, costringeva la minore a rubare nella Capitale a bordo dei mezzi pubblici o nelle vie del centro di Roma, con guadagni molto alti che però doveva consegnare alla famiglia del marito. La ragazzina, dicono convinti gli inquirenti, era in uno stato di soggezione continuativa, costretta a rubare. Per questo motivo i militari hanno sottoposto a fermo i due uomini per riduzione in schiavitù ed hanno accompagnato la ragazza in una comunità di accoglienza su disposizione del Tribunale per i minorenni. Questo, anche questo, accade nei campi: che si trovi un accordo per combinare matrimoni, e soprattutto che questi accordi poi consegnino ragazzine alla schiavitù più totale, fino a costringerle a… rischiose attività di famiglia. E gli italiani dovrebbero “integrarsi”? Gustavo Lidis 8 Martedì 26 novembre 2013 Dall’Italia GENOVA GROSSETO - AL PROCESSO JACQUELINE ABAD QUINE Concordia, teste in lacrime: “Ho dovuto mentire” L'assistente del direttore di crociera: "Feci tornare i passeggeri in cabina anche se volevano salire sulle scialuppe" e fu ordinato di dire ai passeggeri che "era tutto sotto controllo", che "c'era un black out" e che "dovevano tornare nelle cabine" ma "le persone erano agitate e volevano salire sulle scialuppe". Piange e confessa quanto sa, Jacqueline Esabeth Abad Quine, la peruviana assistente del direttore di crociera, ascoltata ieri come teste dai giudici di Grosseto nell'ambito del processo sul naufragio della Costa Concordia. La testimone è la stessa visibile nei video girati dai passeggeri radunati nell'area muster station dopo l'urto della nave e il blackout che fece accendere le luci di emergenza, che diede l'annuncio "Abbiamo un problema elettrico, appena sarà risolto, tutto tornerà a posto. Per questo abbiamo le luci di emergenza, è tutto sotto controllo". Dopo aver rivissuto quei tragici momenti la donna ha detto in lacrime: "I passeggeri volevano salire sulle lance, spingevano per andare via, ma noi non avevamo ordine del comando e non potevamo farli salire sulle scialuppe - ha ricordato la peruviana - Il mio compito era calmare i passeggeri e di avviarli all'imbarco. Chiamai il mio capo, il direttore di crociera Francesco Raccomandato, che mi rispose: l'equipaggio sta spaventando i Sciopero selvaggio: tre inchieste in corso La Procura indaga per numerosi reati Sono centinaia i dipendenti nel mirino L on si è ancora spenta l’eco della paralisi al servizio di trasporto pubblico, che Genova conosce ora l’inchiesta giudiziaria. Con risvolti penali che potrebbero riguardare, almeno stando ai primi passi mossi dalla magistratura, centinaia di persone. Si tratta degli stessi dipendenti dell’Amt che si sono resi protagonisti dello sciopero selvaggio. Al momento, presso la Procura della Repubblica di Genova, risultano aperti ben tre fascicoli. Uno riguarda l'irruzione a Palazzo Tursi per la seduta del consiglio comunale: le accuse sono allo stato dei fatti contro ignoti e riguardano l’ipotesi di resistenza, danneggiamento e violenza o minaccia ad un corpo amministrativo. Gli inquirenti hanno ricevuto la segnalazione della Polizia Municipale e visioneranno anche i filmati televisivi registrati nell’occasione. Una seconda inchiesta riguarda invece l’astensione stessa dal N passeggeri. Dì all'equipaggio che si deve tornare nelle cabine". Poi "feci il mio primo annuncio ai passeggeri in italiano, inglese e spagnolo". L'ordine di abbandono della nave, ricorda ancora la teste, "fu dato dal comandante in seconda Bosio: abbandonare la nave e stare calmi, disse in italiano e inglese. I passeggeri urlavano, volevano imbarcarsi subito". Jacqueline Abad ricorda, poi le fasi dell'evacuazione. "C’erano bambini abbracciati ai genitori, due bimbi si erano persi e col mio staff li cercavamo. Rivivere tutto daccapo è veramente pesante, anche perché ricordo che a un certo punto, disperata, chiesi aiuto a Dio". Poi spiega c'era una ''zattera gonfiabile che l'equipaggio non apriva perché, mi dicevano, che aspettavano l'ordine del comando, che telefonavano ma non rispondeva nessuno dal ponte di comando''. La donna ha inoltre ricordato di aver contribuito a formare ''la catena umana'' e di essere salita su una lancia ''con 150 persone, tutte le lance erano strapiene''. ''Quando la mia lancia è arrivata, ho visto la nave che si ribaltava, ho avuto tanta paura, io ero salva ma pensavo a chi era a bordo. Io sono devota al Signore della Misericordia e gli ho detto: Adesso vieni te. E mi dici cosa fare. Non so cosa fare, adesso vieni te e mi dici cosa fare per aiutare tutti questi passeggeri". Carlotta Bravo personale: l’ipotesi di reato è interruzione di pubblico servizio, legata allo sciopero selvaggio. In questo caso stanno arrivando le multe, pesanti: l'importo complessivo ammonta a circa due milioni di euro. Infine c’è l’inquietante storia del proiettile spedito in una busta indirizzata al presidente di Amt, Lino Ravera, e intercettata negli uffici postali dell’aeroporto. Intanto l'Autorità di garanzia per gli scioperi ha deliberato l'apertura di un procedimento di valutazione del comportamento dei sindacati Faisa-Cisal, Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uil Traporti, in occasione delle giornate di astensione improvvisa dal servizio del personale Amt. Non solo: in ballo c’è pure la richiesta di rimborso da parte dei consumatori. A presentarla è stata Furio Truzzi, Presidente Nazionale di Assoutenti, che quantifica in 50 euro giornalieri il rimborso da chiedere per ogni utente Amt. Valter Brogino MILANO - IN TEMPI DI CRISI TORINO - LA DENUNCIA DI UN POLIZIOTTO DELLA MUNICIPALE Si cercano spalatori di neve: 3400 iscrizioni alle liste ‘Operai del furto’ in manette, sgominata banda di rumeni Tanti gli italiani in coda, la maggior parte uomini con più di 40 anni, che sperano di potersi assicurare quei 75 euro netti al giorno anche se per brevissimo tempo Dietro il taccheggio un’organizzazione criminale. La refurtiva veniva poi reintrodotta sul mercato nero a costi ridotti o portata all'estero n tempi di crisi anche la neve viene vista, da tanti, come una nuova opportunità di lavoro. A Milano sono infatti ben 3.400 le domande, l'85% delle quali presentate da italiani, degli spiranti spalatori di neve. Numeri record che segnano una crescita una crescita del 25% sullo scorso anno e che dimostrano come, mentre fino agli anni ottanta al 'lavoretto' stagionale puntavano principalmente gli studenti per raccogliere qualche soldo, alle soglie del 2014 la situazione è profondamente mutata. Ormai chiunque, dal giovane all'anziano, sogna una città imbiancata per potersi così assicurare quei 75 euro netti al giorno, che salgono a 90 se il turno è di notte. E' Luciano Recaldini, responsabile del personale per l'Amsa, che gestisce il ciclo dei rifiuti e pulisce le strade della città, a spiegare come funziona il pagamento e come viene reclutato il personale. "Ora paghiamo con i voucher Inps entro 20 giorni dalla giornata lavorata spiega Recaldini - anche per non dover gestire buste paga o simili". Entro il pomeriggio precedente alla discesa in campo degli spalatori, il Comune deve avvisare l'Amsa, che ha poche ore per contattare i candidati. "Quest'anno contiamo di arrivare a 7mila iscritti dal sito internet - aggiunge Recaldini - ma sappiamo che solo una parte poi si presenta". Fino a oggi sono tutti stati avvisati telefonicamente, mentre quest'anno saranno allertati via sms. A chi conferma viene dato appuntamento alle 7 del mattino dopo a una fermata della metropolitana, in modo che N I anche con la città bloccata si possa raggiungere il punto di ritrovo, dove un caposquadra dipendente Amsa ha la lista del gruppo, spiega il lavoro e consegna l'attrezzatura. Insomma, nella capitale lombarda, saranno in migliaia quest'anno ad incrociare le dita affinché la neve scenda copiosa imbiancando la città, così da potersi assicurare almeno quell'entrata. E nonostante si tratti di un lavoro a brevissima durata troviamo 'in coda' tantissimi italiani, percentuale che è aumentata anche rispetto allo scorso anno, quando gli spalatori 'made in Italy' erano infatti il 5% in meno, nel 2010 (quando è cominciato il reclutamento on line) il 7% in meno. Tra gli stranieri i più numerosi sono gli egiziani (1,8% del totale) e i romeni (1,6%). Pochissime le donne (10%), numerosi invece i candidati con più di 40 anni (il 25%). Segno per l'appunto di una crisi che ha colpito in particolare i padri di famiglia. Barbara Fruch on rubavano per fame, come purtroppo sono costretti a fare di questi tempi alcuni cittadini, bensì per alimentare un mercato nero tanto florido da essere gestito da una vera e propria organizzazione criminale. E' stata sgominata a Torino una banda specializzata in furti seriali nei supermercati. I carabinieri della Compagnia di Chivasso, hanno arrestato tre persone di origini romene. Il gruppo rubava cosmetici, liquori, shampoo; i furti venivano messi a segno grazie a giubbotti 'magici', con tasche supplementari, in grado di far sparire e trasportare la refurtiva fuori dai negozi. A finire in manette sono stati marito, moglie e un loro complice, tutti romeni; sono accusati di due furti, avvenuti a breve distanza l'uno dall'altro, durante i quali hanno rubato oltre 2.000 euro di merce. Non solo: il trio potrebbe aver realizzato decine di colpi in tutta la provincia di Torino, la cui refurtiva veniva poi reintrodotta sul mercato nero a costi ridotti o portata all'estero. I carabinieri stanno cercando di individuare il capo dell'organizzazione che potrebbe disporre di una rete di 'operai del furto' alle sue dipendenze. Una modalità di agire che non va sottovalutata.I furti nei supermercati sono un fenomeno molto diffuso e anche costoso per la colletti- vità. A pagare le spese del taccheggio sono infatti i consumatori, la gente che prova in ogni modo a risparmiare sulla spesa. Secondo quanto rivela l’ultimo rapporto del Centre for Retail Research, nel 2010 in Italia i furti nella grande distribuzione costano ben 163 euro a famiglia, nonostante il calo dei furti registrato dal 2009 al 2010 (-5,9%). Come mai? Anzitutto l'aumento del prezzo che deriva dal rincaro dei prodotti a cui i commercianti ricorrono per compensare le perdite. A questo si aggiungono però anche i costi per potenziare i sistemi di sicurezza, quasi un miliardo di euro in Italia negli ultimi dodici mesi. Sommando queste due voci, perdite e investimenti in sicurezza, e dividendo il totale per ogni famiglia italiana si arriva a 163 euro, una sorta di tassa annuale che ogni famiglia è comunque costretta a pagare. Miriana Markovic 9 Martedì 26 novembre 2013 Dall’Italia Orrore in Puglia. Ancora violenza, vittima una ragazzina abusata da dieci persone, compresi alcuni minori 14enne stuprata dal branco: 4 arresti a Trani L’idea sarebbe nata da una falsa pagina di facebook che dipingeva la giovane come “disposta a tutto” di Chantal Capasso anni. Fra i componenti del branco alcuni di loro sono già noti dalle Forze dell’Ordine. La triste vicenda ha inizio in un giorno di primavera di un anno fa. La vittima convinta di fare un giro in scooter è stata avvicinata da un gruppo di ben 10 ragazzi che l’hanno convinta a fare un giro con lei. Ma l’hanno condotta in un luogo appartato dove 5 di loro hanno abusato a turno di lei davanti agli occhi divertiti degli altri che la trattenevano con la forza. Ma questo è stato solo l’inizio di una lunga serie di soprusi ed abusi perpetuati dal gruppo sulla minorenne che la minicciavano perché continuasse a subire senza parlarne. Vano il tentativo della 14enne di buttare la sim del telefonino. Finalmente il coraggio della vittima a denunciare il fatto ai Carabinieri di Molfetta, consentendo alla Procura di acquisire un quadro giudiziario gravissimo ed arrestare i colpevoli, ora ai domiciliari. Dalla conferenza stampa indetta, ieri mattina, dalla Procura di Trani alla presenza del procuratore aggiunto Francesco Giannella e del pm inquirente Mirella Conticelli, è emerso che l’idea della violenza sia partita da un falso profilo Facebook , nella quale la 14enne si dichiarava “disponibile a tutto”. La triste vicenda iniziata ad aprile 2012 e continuata in estate, è terminata in seguito alla denuncia della vittima esausta e tormentata dalle continue minacce. eri la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Sempre ieri la notizia: una ragazzina di 14 anni stuprata dal branco. Bestie travestite da esseri umani dove la loro mascolinità frustrata e repressa si sfoga contro chi non può difendersi. Dove la vigliaccheria prende il sopravvento, la propria colpevolezza mitigata dall’aver commesso il fatto con altri, li rende più forti. Ma a subire è una ragazzina, una futura donna, lacerata anche nell’anima. È successo a Molfetta a nord di Bari. Il Giudice per le Indagini Preliminari di Trani, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha ordinato ai Carabinieri della Compagnia di Molfetta di arrestare quattro giovani, tutti maggiorenni, accusati di aver violentato in gruppo un ragazza quattordicenne. Messi agli arresti domiciliari con le terribili accuse di violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona, il tutto aggravato dal fatto che la vittima fosse minorenne, dal numero superiore a 5 degli stupratori e dalla circostanza che la povera ragazza abbia dovuto subire le violenze sottoposta al limitazioni della libertà personale. Le indagini, coordinate dalla procura di Trani proseguono per identificare gli altri presunti componenti del gruppo. Tra questi, tre sarebbero minorenni, mentre gli altri avrebbero tra i 18 e i 24 I RIMINI - CARABINIERI ARRESTANO VIOLENTATORE SQUALLIDA STORIA DA SALERNO Attira donna in una stanza e abusa ripetutamente di lei Venduta dalla madre per pochi spiccioli Dava la figlia tredicenne in pasto a un avvocato di 60 anni uovo caso di baby prostituzione dopo lo scandalo dei Parioli. Un'altra storia squallida e agghiacciante quella che arriva da Salerno, dove una minorenne è stata spinta dalla madre a vendersi ad un amico di famiglia di circa 60 anni per pochi spiccioli. A fare luce sulla vicenda sono stati i carabinieri della stazione di Mercatello, dopo aver ricevuto il mese scorso la segnalazione di un conoscente di mamma e figlia, il quale ha richiamato l'attenzione degli agenti sugli atteggiamenti equivoci ed estremamente sospetti che l'uomo aveva nei riguardi della ragazzina. Pare, infatti, che il 60 enne si recasse spesso sotto l'abitazione dell'amica dove prelevava la ragazzina con la propria autovettura. Dopo appostamenti e accertamenti vari, gli inquirenti si sono convinti della fondatezza delle indicazioni e hanno appurato che la madre dell’adolescente, in cambio di denaro e altri regalini, induceva la figlia a prostituirsi. Stando alle prime notizie, la ragazzina non avrebbe avuto rapporti con altre persone al di fuori del pedofilo che è stato arrestato. I carabinieri hanno fermato quest’ultimo nei pressi della propria abitazione mentre era in compagnia della ragazzina che è stata subito presa in consegna da una psicologa e trasferita successivamente N veva approfittato della confidenza di una nuova amica per attirarla in una stanza e abusare di lei. I carabinieri di Rimini hanno arrestato A.M., 42enne originario della provincia di Avellino ma residente in Romagna, in esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Rimini. L’uomo deve rispondere dell’accusa di violenza sessuale e lesioni personali ai danni di una giovane sammarinese. I fatti sono avvenuti nell’aprile di quest’anno. L’uomo aveva conosciuto la ragazza in un noto pub della riviera ove svolgeva saltuariamente l’attività di “buttafuori”. Da un primo approccio “de visu” i due, attraverso Facebook, cominciano una corrispondenza; poi una sera si danno appuntamento presso un albergo ove l’uomo svolgeva la funzione di guardiano notturno. La A donna, fidandosi del nuovo amico, si reca presso l’albergo di cui l’uomo addirittura vantava di essere proprietario. Dopo aver parlato e bevuto insieme, la ragazza decide di rientrare a casa ma, prima di andarsene, approfitta per andare in bagno. L’uomo a questo punto la segue e approfittando della sua prestanza fisica, usa violenza nei suoi confronti. Il giorno successivo all’evento, con le lacrime agli occhi, la giovane trovava il coraggio di raccontare l’intera vicenda ai Carabinieri della Stazione di Rimini. I militari avviavano un’accurata indagine i cui esiti venivano rapportati all’Autorità giudiziaria. Di qui l’epilogo di questa ennesima triste storia di violenza con la notifica del provvedimento cautelare. L’uomo è attualmente agli arresti domiciliari. Gustavo Lidis in una casa famiglia del salernitano. Il sessantenne e la donna sono stati arrestati e rinchiusi nel carcere di Fuorni (Salerno). Lei è accusata di aver favorito gli incontri sessuali della figlia, l’uomo invece di atti sessuali su minorenni al di sotto dei 14 anni. Dopo i casi di Roma e di Milano, si ripropone il fenomeno della baby prostituzione e vengono fuori le responsabilità di genitori molto spesso “distratti” o addirittura colpevoli, per aver addirittura indotto una figlia a vendere il proprio corpo. Una brutta, pessima storia che fa il paio con quanto già emerso fin troppo spesso negli ultimi giorni. Complice lo sfondo del quartiere esclusivo nel quale si svolgeva lo squallido commercio di carne, l’episodio delle baby squillo ai Parioli di Roma fa ancora parlare di sé, con ampia divulgazione dei ributtanti scambi di email che facevano da corollario alla mercificazione di due ragazzine. Ma anche dalla Sicilia si sono aperti squarci agghiaccianti, con la triste vicenda dell’adolescente che i genitori avevano dato in pasto al loro datore di lavoro, un ottantenne. Ora, da Salerno, l’ennesima prova di quanto l’infanzia sia tradita, a volte addirittura dalla stessa famiglia che dovrebbe tutelarla. Barbara Fruch 10 Martedì 26 novembre 2013 Società LA CRIMINOLOGA, INTERVISTATA DAL GIORNALE D’ITALIA, FORNISCE PREZIOSI CONSIGLI PER SCONGIURARE IL RISCHIO DI ABUSI Roberta Bruzzone: le vittime vengano difese ogni giorno Attenzione alle prime avvisaglie: l’isolamento è il subdolo inizio di una spirale senza fine. Dalla quale si può e si deve uscire Non amo le ricorrenze. Le vittime di violenza non vanno ricordate, vanno difese concretamente ogni giorno dell'anno”: è quanto scrive sul suo profilo facebook la criminologa Roberta Bruzzone, impegnata da tempo proprio sul fronte del supporto alle situazioni di violenza. Un impegno costante, quotidiano, che vede la nota criminologa girare per l’Italia e all’estero per tenere incontri durante i quali spiega come difendersi, come prevenire la violenza, trovare dove essa subdolamente si annida. Così, mentre viaggia da Taranto a Gallipoli, da Potenza a Bari, trova anche qualche minuto da dedicare ai lettori del Giornale d’Italia: “Laddove c’è bisogno di noi, noi ci siamo – ci dice – finché una potenziale vittima non è in salvo, noi non ci muoviamo. La via d’uscita dalla spirale di violenza in cui chiunque può cadere c’è, bisogna solo crederci. Essa passa per la forza della vittima stessa di reagire al degrado in cui può essere stata trascinata”. Roberta Bruzzone è sempre in movimento, sempre pronta a difendere e a tutelare chi ha bisogno di lei e della sua squadra. “Le vittime di violenza sappiano che ci sono persone in prima linea pronte ad aiutarle – continua – senza preoccuparsi della questione economica: non si chiedono soldi, ciò di cui abbiamo bisogno è soltanto la loro forza, la loro volontà di uscirne. Certo, il percorso è tortuoso, duro, ma restituisce a chi lo intraprende una vita nuova. Bisogna sapere che chi è violento non cambia, semmai peggiora”. Roberta cerca di essere presente ovunque può, è la sua missione: “vado ovunque sia possibile perché so che con una presenza diretta è più facile intercettare i problemi ed aiutare. È per questo motivo che viaggio molto, per raggiungere più persone possibile. A tutti coloro con cui ho occasione di parlare, spesso in dibattiti pubblici, riesco a far capire quali “ sono le avvisaglie, i primi sentori di trovarsi in una situazione a rischio”. Le chiediamo di spiegarlo anche a noi, in modo da poter diffondere anche tra i nostri lettori quelle informazioni che possono aiutare a capire, ad uscire dal baratro, a prevenire. “La prima avvisaglia – ci dice – è l’isolamento. Prima di arrivare alla violenza il soggetto isola la sua vittima, spesso in maniera subdola: non la fa lavorare, le impedisce di frequentare amici e famiglia d’origine, atteggiandosi a protettore, in qualche modo, fornendo di sé l’immagine di quello che pensa a tutto, su cui si può contare. In tal modo la vittima si affida completamente a lui, in perfetta buona fede. Ogni tentativo di isolamento è un pessimo indicatore, la vittima è completamente abbagliata. All’inizio – continua – la vittima interpreta questo atteggiamento come care attenzioni nei suoi confronti e quando si rende conto che si è venuta a formare una sorta di simbiosi asfittica, tenta di ricominciare a condurre una vita “normale”. Ricomincia a voler riprendere i contatti con i suoi amici, con la famiglia, con il lavoro, con la società in genere. È lì che arrivano le botte, le minacce, la fase più terribile”. Bisogna fare molta attenzione, insomma: Roberta Bruzzone lo ribadisce. “L’escalation – aggiunge – non conosce limiti, dunque bisogna uscirne prima possibile”. Ciò non toglie che bisogna tentare sempre di trovare una via d’uscita: “Quelle che muoiono – dice infatti la criminologa – sono quelle che si sono ribellate tardi”. Quindi è necessario agire tempestivamente, non lasciare che il tempo passi pensando che le cose si risolvano da sole. Roberta Bruzzone ci saluta con una raccomandazione: “verificare sempre a chi ci si sta rivolgendo. Accertarsi che si stia parlando con persone di comprovata e documentata esperienza in questo campo, perché spesso si può incappare in associazioni improvvisate il cui solo interesse è quello di mercificare il dolore delle persone”. A questo proposito segnaliamo ai nostri lettori due strutture di comprovata esperienza e professionalità, alle quali ci si può rivolgere senza correre rischi e con la certezza di trovare aiuto concreto: l’Associazione La Caramella Buona Onlus contro la pedofilia al sito www.caramellabuona.org e l’associazione SOS vittima onlus sul sito personale di Roberta Bruzzone, www.robertabruzzone.it , dove potrete trovare tutte le informazioni per contattare in maniera del tutto riservata gli operatori che volentieri si metteranno a vostra disposizione. Emma Moriconi [email protected] PER CHI AVEVA DATO PER SCONTATO UNA NUOVA APERTURA CULTURALE C’È STATA LA SMENTITA SPAGNA Egitto, quale “primavera” per le donne? Critiche al libro ‘Sposati e sii sottomessa’: “E’ apologia della violenza” Diritti femminili ai minimi storici: a nulla è servita l’ondata rivoluzionaria dei mesi scorsi ai dare nulla per scontato: soprattutto quando si parla di diritti. L’Egitto post-rivoluzionario non sembra essere appunto un paese per donne, nonostante l’ondata “primaverile” che ha investito l’area mediorientale. Questa la situazione fotografata da un nuovo sondaggio condotto dalla “Fondazione Thomson Reuters”, interpellando centinaia di esperti nei 21 membri della Lega Araba più la Siria (sospesa dall’organizzazione nel 2011). La nazione simbolo di questo fenomeno si rivela infatti la peggiore per i diritti femminili nel mondo arabo, peggiore dell’Arabia Saudita dove le M donne sono trattate come eterne minorenni ed è proibito loro anche guidare l’auto e della Siria, dove sono usate come “armi di guerra” con rapimenti e stupri sia da parte del regime che di alcuni gruppi ribelli, e addirittura dello Yemen, dove un quarto sono sposate prima dei 15 anni (tutti Paesi che comunque seguono di poco). Dopo l’Egitto solo l’Iraq, considerato “più pericoloso per le donne oggi che ai tempi di Saddam Hussein”. A ottenere un punteggio positivo l riguardo solo le Isole Comore, piccolo arcipelago nell’Oceano Indiano: benché non garantisca la libertà di espressione politica, non di- scrimina le donne in caso di divorzio, in politica (il 20% dei ministri) né sul posto di lavoro (il 35%), “grazie anche all’eredità francese nel sistema legale”. “Colpisce — spiega al Corriere Monique Villa, l’amministratrice delegata della Fondazione — che i Paesi delle Primavere arabe siano tra gli ultimi”. Addirittura il 99% delle egiziane afferma di aver subito molestie in strada: un dato simile a quello che si registra in Yemen e in crescita perfino in Tunisia. Pochi i segnali positivi nel rapporto che comunque deve sottostare agli alti e bassi delle rivoluzioni: “speriamo che nei prossimi anni la situazione cambi”. La stabilità e la ricchezza favoriscono i diritti delle donne”: infatti ci sono le monarchie ricche del Golfo come Kuwait, Oman, Qatar, dopo le Comore. A nulla vale l’esportazione della democrazia come dimostra l’Iraq: “Sotto Saddam le donne lavoravano — continua la CEO di Thomson Reuters — l’invasione americana non ha migliorato la loro vita: ha lasciato 1,6 milioni di vedove e un tasso femminile di occupazione al 14,5%”. Francesca Ceccarelli l libro “Sposati e sii sottomessa” della giornalista Rai Costanza Miriano, ha destato non poche polemiche, ma non in Italia. Libro pubblicato nel 2011, passato qui da noi abbastanza in sordina. Ma ora rimbalza la notizia, non qui: in Spagna. Il volume distribuito nelle librerie iberiche ha provocato non poco malcontento fra le spagnole. Contestato perchè inneggerebbe alla sottomissione e alla violenza delle donne. "Viola la Costituzione" dicono le donne politiche spagnole. Il libro della giornalista Rai Costanza Miriano, cattolica fervente, moglie e madre di quattro bambini, non piace affatto a Madrid. A pochi giorni dalla sua messa in vendita nell’edizione iberica “Cásate y sé sumisa”, pubblicata dall’Arcivescovado di Granada per i tipi Nuevo Inicio, associazioni femminili e deputati di ogni schieramento e colore hanno criticato quell’immagine di donna “sottomessa” che arriva direttamente dall’Italia. “Ha ragione lui, sposalo, fate un figlio, obbediscigli, fate un altro figlio, tra- I L’autrice Costanza Miriano sferisciti nella sua città, perdonalo, cerca di capirlo, e infine fate un figlio” sono le parole del libro sotto accusa. Leggere frasi del genere farebbe inorridire chiunque. Vanifica un secolo di lotte femministe ed emancipazione in nome della dottrina cristiana del matrimonio. Sconfigge le tante battaglie femministe contro la discriminazione, in una società che a fatica garantisce la parità di diritti fra uomini e donne. In una società dove le donne muoiono ancora per mano di un uomo, del maschio e ciò accade nei paesi Occidentali, eruditi, per così dire. La responsabile delle donne del sindacato Comisiones obreras, Maylo Sánchez, ha preso carta e penna e ha spiegato nero su bianco come questo libro rafforzi i ruoli e gli stereotipi e ponga il maschio in “una condizione di superiorità rispetto alla donna. Mentre ha ottenuto consensi fra alcuni esponenti cattolici. Monsignor Fernandez evidenzia che "il volume tratta della vita sperimentata da una donna cattolica, che ha quattro figli. Il contenuto è molto interessante dal punto di vista cristiano. Il volume - avverte l'arcivescovo - precede una parola di San Paolo e ispira la seconda parte (già uscita in Italia) dedicata ai mariti e intitolata 'Sposati e dai la vita per lei'. Mentre in Spagna, l’indignata Molina controbatte: “il passo verso la violenza di genere è troppo breve”, ricordando i dati divulgati proprio pochi giorni fa: dal 2003 a oggi in Spagna sono state uccise 700 donne, “sottomesse” a mariti e compagni. In Italia solo nel 2013, sono state uccise 100 donne, forse perché non avevano più voglia di “sottomettersi”. Chantal Capasso 11 Martedì 26 novembre 2013 Sport I rossoneri a Glasgow per il futuro. L’ennesima debacle potrebbe costare il posto al tecnico livornese Contro il Celtic Allegri si gioca la panchina In Champions League, match fondamentale anche per il Napoli. Contro i vicecampioni d’Europa del Borussia Dortmund un pareggio consentirebbe l’accesso matematico della squadra di Benitez agli ottavi di finale di Federico Colosimo er il Milan è arrivato il momento della verità. E’ una notte fondamentale per i rossoneri. Cruciale, per Allegri. Contro il Celtic, a Glasgow, in Champions League, una partita decisiva. Da portare a casa, a tutti i costi. In caso di vittoria Kakà e compagni potrebbero infatti staccare il pass per gli ottavi di finale. In una situazione di normalità i 3 punti sarebbero pienamente alla portata del Diavolo, peccato però che in casa Milan è in corso un vero e proprio ammutinamento tra opposte fazioni in lotta per la conquista del potere. Detenuto da una sola persona, Silvio Berlusconi. Che sembrerebbe aver dato un vero e proprio ultimatum al tecnico toscano. Difeso a spada tratta - da sempre da Adriano Galliani (furioso per la situazione venutasi a creare con Barbara Berlusconi), messo ormai con le spalle al muro. Il rapporto tra la squadra e Allegri è ai ferri corti. I giocatori non lo seguono più. A regnare, la confusione. Fra i tweet al veleno alle 5 di mattina (“This is the end”) di Balotelli e i conseguenti ritardi all’allenamento dei giocatori (10 minuti per Super Mario e addirittura 38 per Robinho), il delfino di Giovanni Galeone non sa più che P Il tecnico del Milan Massimiliano Allegri pesci prendere. I tifosi sono esasperati, delusi. E l’impressione, agli occhi di gran parte degli osservatori esterni, è quella di una società in questo momento alla deriva, di una polveriera pronta ad esplodere alla prossima scintilla. In tutto ciò, nel momento più delicato della sua gestione, Allegri dovrà fare i conti anche con assenze importantissime. In quel di Glasgow, il tecnico dei ros- soneri non potrà contare su Mexes e Muntari, infortunati. Al fianco di Zapata, al centro della difesa dovrebbe toccare a Bonera, con Abate e Constant che agiranno sulle fasce. A centrocampo, Montolivo, De Jong ed Emanuelson (Poli scalpita ma partirà dalla panchina) supporteranno il tandem d’attacco formato da Kakà, Matri e l’eterno ribelle, Balotelli, già con le valigie in mano e pronto a trasferirsi Cercateci e ci troverete ovunque. All’indirizzo www.ilgiornaleditalia.org , con un portale all news ed un giornale sfogliabile e scaricabile on-line. Siamo anche su Facebook all’indirizzo www.facebook.com/ilgiornaleditalia.portale. Siamo anche abili cinguettatori, su Twitter, @Giornaleditalia. Tutti i nostri video sul canale Youtube, Il giornale d’Italia. Se volete scriverci, potete farlo all’indirizzo e-mail: [email protected] - nonostante le smentite - al Chelsea di Mourinho. L’unica nota positiva, per concludere, è rappresentata dal fatto che El Shaarawy è stato inserito a sorpresa nella lista dei convocati e si accomoderà in panchina. La tensione è quindi alle stelle, con Devis Mangia e Pippo Inzaghi pronti a subentrare nel caso dovesse arrivare una nuova debacle. Questa sera, alle 20:45, per i rossoneri e Allegri, la prova del nove. Se Atene (Milan) piange, Sparta (Napoli) non ride. Gli azzurri, nell’infuocato stadio Signal Iduna Park del Borussia Dortmund, si giocano la qualificazione. Che potrebbe arrivare addirittura con un turno di anticipo. Un punto, per un traguardo fondamentale, vitale. Ma in Germania, ottenere un risultato positivo contro i vicecampioni d’Europa, sarà difficilissimo. Benitez ha l’arduo compito di risollevare il morale del gruppo, su cui pesano le due sconfitte consecutive in campionato contro la Juventus e il Parma. Lo spagnolo dovrà rinunciare all’uomo più decisivo, Marek Hamsik, out per infortunio. In difesa nessun dubbio sulle fasce: giocheranno Armero a sinistra e Maggio a destra. Al centro la certezza è rappresentata da Raul Albiol, che dovrebbe essere affiancato da Fernandez, favorito su Britos. Inler e Behrami la coppia di centrocampo e la possibile novità potrebbe essere costituita dall’utilizzo di Dzemaili (anziché Pandev) che agirà al fianco di Callejon e Martens (preferito a Insigne) dietro all’unica punta, Higuain. Il Borussia Dortmund, invece, non può far altro che vincere. Per raggiungere in classifica i partenopei a quota 9 punti e continuare il cammino in Champions. Jugen Klopp è chiamato a tener fede al suo soprannome di mago, dal momento che ha una difesa da reinventare e deve ancora finire di raccogliere i cocci dopo la batosta (0-3) arrivata in Bundesliga contro il Bayern Monaco di Pep Guardiola. Le pesantissime assenze di Hummels, Subotic e Smelzer si faranno certamente sentire. Così come quella di Gundogan a centrocampo, vera e propria pedina fondamentale dello scacchiere giallonero. Nessun problema in attacco. Il fenomeno Reus imperverserà come sempre sulla sinistra, il polacco Blaszczykowski sulla destra, mentre il talentuoso armeno Mkhitaryan agirà in posizione centrale alle spalle del terminale offensivo Lewandowski, capocannoniere della Bundesliga con 9 gol. È una notte fondamentale per Milan e Napoli. Vincere è l’unica cosa che conta. 12 Martedì 26 novembre 2013 MOVIMENTO PER ALLEANZA NAZIONALE CIRCOLARE SU ADESIONI E CREAZIONE CIRCOLI MOVIMENTO PER ALLEANZA NAZIONALE Il Movimento per Alleanza Nazionale a partire dal giorno 20 novembre 2013 promuove la campagna di adesione finalizzata alla partecipazione all'Assemblea Costituente che si terrà entro la prossima primavera. Il contributo volontario per l'adesione al movimento è fissato in almeno euro 5 (cinque). I promotori del Movimento per Alleanza Nazionale devono aver compiuto il sedicesimo anno di età e aderire ai principi ispiratori del movimento meglio specificati sia nell'atto costitutivo che nel manifesto degli intellettuali di destra pubblicato nel luglio 2013. Allegata alla presente verrà inviato il modulo di adesione che dovrà essere riempito in ogni sua parte. Per costituire un circolo è necessaria l'adesione di almeno 10 (dieci) promotori che contestualmente alla domanda indicheranno un proprio coordinatore e il nome del circolo, la costituzione del circolo è subordinata alla ratifica da parte del Settore nazionale Organizzazione. Nell'ambito dello stesso comune sarà possibile creare più circoli. In questa prima fase, in attesa della costituente, non vi saranno altre strutture come ad esempio segreteria provinciale o regionale. All'Assemblea costituente hanno diritto a partecipare tutti i promotori, ogni testa varrà un voto. Nei prossimi giorni verrà comunicato l'IBAN bancario ove effettuare i bonifici per il riconoscimento dei circoli. Il Responsabile Nazionale Organizzazione Roberto Buonasorte [email protected] Responsabile dell’Organizzazione Roberto Buonasorte Mail.: [email protected] ✂
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